Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Titolo: | Finanziaria 2007 - A.C. 1746-bis - Schede di lettura (articoli 1-86) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 56 | ||
Data: | 15/10/2006 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Progetti di legge
Finanziaria 2007
A.C. 1746-bis
Schede di lettura
(articoli 1-86)
n. 56
Tomo I
16 ottobre 2006
Il dossier è stato redatto con la collaborazione dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ID0003s1.doc
INDICE
TOMO I
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
Schede di lettura (articoli 1-86)
TITOLO I - DISPOSIZIONI DI CARATTERE FINANZIARIO
CAPO I - RISULTATI DIFFERENZIALI
§ Articolo 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato)
TITOLO II - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENTRATE
§ Articoli 2, 31, 72, 81, 87 e 103 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
CAPO II - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IRPEF E DI ASSEGNI PER IL NUCLEO FAMILIARE
§ Articolo 3 (Imposta sui redditi delle persone fisiche)
§ Articolo 4 (Assegni per il nucleo familiare)
§ Articolo 5, commi 1-15 (Accertamento e contrasto dell’evasione - Studi di settore)
§ Articolo 5, commi 20-24 (Contrasto dell'evasione – Compensi per attività sanitarie)
§ Articolo 5, comma 25 (Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore)
§ Articolo 5, comma 28 (Obbligo di richiesta della registrazione da parte degli agenti immobiliari)
§ Articolo 5, commi 29 e 30 (Contrasto del giuoco irregolare e illegale)
§ Articolo 5, commi 31-33 (Trasmissione di dati doganali e fiscali alle regioni e agli enti locali)
§ Articolo 5, comma 35 (Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni)
CAPO IV - DISPOSIZIONI PER IL RECUPERO DI BASE IMPONIBILE
§ Articolo 6, commi 1-4 (Disposizioni di recupero della base imponibile IRES)
§ Articolo 6, comma 5 (Modalità di pagamento dell’imposta di bollo)
§ Articolo 6, commi 6-10 (Regime tributario degli apparecchi da intrattenimento)
§ Articolo 6, comma 11 (Accise sui tabacchi lavorati)
§ Articolo 6, commi 12-20 (Versamento dell’imposta comunale sugli immobili)
CAPO V - DISPOSIZIONI DI CARATTERE FISCALE CONCERNENTI GLI ENTI TERRITORIALI
§ Articolo 7 (Variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale comunale all'IRPEF)
§ Articolo 8 (Imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche)
§ Articolo 9 (Contributo comunale di ingresso e di soggiorno)
§ Articolo 10 (Disposizioni in materia di imposte provinciali e comunali)
§ Articolo 11, commi 19-23 (Installazioni pubblicitarie ed affissioni abusive)
§ Articolo 11, commi 24-27 (Poteri di accertamento e contestazione immediata)
§ Articolo 11, commi 28-29 (Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)
§ Articolo 12 (Compartecipazione comunale all'IRPEF)
§ Articolo 13 (Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112)
§ Articolo 14 (Modalità di esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali)
CAPO VI - VALORIZZAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO
§ Articolo 15 (Disposizioni in materia di immobili)
§ Articolo 16 (Disposizioni in materia di demanio marittimo e di altri beni pubblici)
§ Articolo 17 (Valorizzazione del patrimonio pubblico)
CAPO VII - MISURE A FAVORE DELLO SVILUPPO
§ Articolo 19 (Credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate)
§ Articolo 20, commi 1-5 (Incentivi fiscali alla ricerca)
§ Articolo 20, commi 6 e 7 (Agevolazioni fiscali per le imprese di produzione musicale)
§ Articolo 20, commi 10-13 (Disposizioni agevolative in materia di IVA e imposta sulla pubblicità)
§ Articolo 20, comma 19 (Agevolazione per titolari diritti di sfruttamento opere di ingegno)
§ Articolo 20, comma 21 (Imposta sui premi delle assicurazioni di veicoli e natanti)
§ Articolo 20, commi 22 e 23 (Tasse automobilistiche)
§ Articolo 21 (Misure a sostegno delle zone franche urbane)
§ Articolo 22 (Agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici)
§ Articolo 23 (Misure di sostegno per la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica)
§ Articolo 24 (Contributi per apparecchi domestici e motori industriali ad alta efficienza)
§ Articolo 27 (Modifiche al regime IVA sulla fornitura di energia termica)
§ Articolo 28 (Modifiche in tema di riutilizzazione commerciale di dati ipotecari e catastali)
§ Articolo 29 (Ristrutturazioni edilizie)
§ Articolo 30, comma 1 (Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)
§ Articolo 30, commi 5 e 6 (Proroga di agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)
§ Articolo 30, comma 11 (Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza di asili nido)
TITOLO III - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SPESE
CAPO I - RAZIONALIZZAZIONE E RIORGANIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
§ Articolo 31 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
§ Articolo 32 (Revisione degli assetti organizzativi. Disposizioni riguardanti i Ministeri)
§ Articolo 34 (Revisione dell'assetto organizzativo del Ministero dell'economia e delle finanze)
§ Articolo 36 (Misure per la realizzazione del Centro polifunzionale della Polizia di Stato di Napoli)
§ Articolo 37 (Misure per assicurare la funzionalità dei servizi di polizia)
§ Articolo 38 (Misure per la realizzazione di programmi di incremento dei servizi di polizia)
§ Articolo 40 (Disposizioni in materia di pagamento degli stipendi)
§ Articolo 41 (Programma di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi)
§ Articolo 42 (Organizzazione del vertice degli enti pubblici non economici)
§ Articolo 43 (Ricorsi in materia pensionistica)
§ Articolo 44 (Controlli di merito nel sistema delle Ragionerie)
§ Articolo 46 (Commissione per la garanzia dell'informazione statistica)
§ Articolo 47 (Riordino, trasformazione e soppressione di enti pubblici)
§ Articolo 48 (Modifiche alla disciplina per la liquidazione degli enti disciolti)
§ Articolo 50 (Liquidazione o fusione della SOGESID)
§ Articolo 51 (Ambito di applicazione di disposizioni di contenimento delle spese)
§ Articolo 52 (Assicurazione contro i rischi da calamità naturali)
§ Articolo 53 (Contenimento della spesa)
§ Articolo 55 (Modifica della disciplina in materia di contributi pluriennali dello Stato)
CAPO II - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PERSONALE
§ Articolo 57 (Assunzioni di personale)
§ Articolo 58 (Risorse per i rinnovi contrattuali del biennio 2006-2007)
§ Articolo 59 (Disposizioni in materia di personale per regioni e enti locali)
§ Articolo 60 (Disposizioni concernenti il personale del Servizio sanitario nazionale)
§ Articolo 61 (Risorse per la professionalizzazione delle Forze armate)
§ Articolo 63 (Trattamento economico dei Ministri)
CAPO III - INTERVENTI PER IL SISTEMA SCOLASTICO PER L'UNIVERSITÀ E PER LA RICERCA
§ Articolo 65 (Istituzione di fondi per la scuola)
§ Articolo 66 (Interventi per il rilancio della scuola pubblica)
§ Articolo 67 (Clausola di salvaguardia)
§ Articolo 68 (Altri interventi in favore del sistema dell'istruzione)
§ Articolo 69 (Università e principali enti pubblici di ricerca)
§ Articolo 70 (Disposizioni in materia di personale delle università e degli enti di ricerca)
§ Articolo 71 (Divieto temporaneo di istituire nuove facoltà e corsi di studio)
§ Articolo 72 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
§ Articolo 74 (Patto di stabilità interno per gli enti locali)
§ Articolo 75, comma 1 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2007)
§ Articolo 75, comma 2 (Compartecipazione provinciale e comunale al gettito IRPEF)
§ Articolo 76 (Disposizioni in materia di organi di governo degli enti locali)
§ Articolo 77 (Disposizioni connesse con la costituzione di nuove province)
§ Articolo 78 (Principi di coordinamento per il contenimento della spesa pubblica delle regioni)
§ Articolo 79 (Razionalizzazione delle dimensioni territoriali degli enti locali)
§ Articolo 80 (Misure di contenimento della spesa degli enti territoriali)
CAPO V - INTERVENTI IN MATERIA PREVIDENZIALE E SOCIALE
§ Articolo 81 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
§ Articolo 82 (Gestioni previdenziali)
§ Articolo 83 (Trasferimenti all'INPS)
§ Articolo 85 (Misure in materia previdenziale)
TOMO II
Schede di lettura (articoli 87-217)
CAPO VI - INTERVENTI IN MATERIA SANITARIA
§ Articolo 91 (Truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale)
§ Articolo 93 (Disposizioni in materia di ricerca sanitaria)
§ Articolo 94 (Iniziative in materia di farmaci)
§ Articolo 97 (Misure per le farmacie rurali)
§ Articolo 101 (Spesa sanitaria della Regione siciliana)
§ Articolo 102 (Modifica del regime delle entrate della regione autonoma Sardegna)
TITOLO IV - INTERVENTI PER LO SVILUPPO E LA RICERCA
§ Articolo 103 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
CAPO II - MISURE DI SOSTEGNO ALL'APPARATO PRODUTTIVO
§ Articolo 105 (Interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate)
§ Articolo 106 (Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica - FIRST)
§ Articolo 107 (Rifinanziamento del Fondo di cui all'articolo 16 della legge 7 agosto 1997, n. 266)
§ Articolo 108 (Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi)
§ Articolo 109 (Fondo di garanzia fidi)
§ Articolo 110 (Promozione della competitività nei settori industriali ad alta tecnologia)
§ Articolo 111 (Coordinamento delle politiche della ricerca applicata e dell'innovazione tecnologica)
§ Articolo 112 (Progetti per la società dell'informazione)
§ Articolo 113 (Fondo di investimento per esigenze di difesa nazionale)
§ Articolo 114 (Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà)
§ Articolo 115 (Imprese pubbliche)
§ Articolo 117 (Autotrasporto)
§ Articolo 118 (Funzionamento dei sistemi informativi del Ministero dei trasporti)
§ Articolo 119 (Modifica all'articolo 1, comma 105, della legge 23 dicembre 2005, n. 266)
§ Articolo 120 (Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione)
§ Articolo 121 (Infrastrutture per la larga banda)
§ Articolo 122 (Transizione alla televisione digitale)
§ Articolo 123 (Esclusione dei progetti cofinanziati dall'Unione europea dalla regola del 2 per cento)
§ Articolo 124 (Unificazione dei fondi venture capital)
§ Articolo 128 (Interventi in favore del marchio «made in Italy»)
CAPO III - INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
§ Articolo 129 (Interventi per la salvaguardia di Venezia)
§ Articolo 130 (Interventi per Roma-capitale della Repubblica)
§ Articolo 133 (Contributi erariali)
§ Articolo 135 (Finanziamento delle opere di preminente interesse nazionale)
§ Articolo 136 (Autonomia finanziaria delle autorità portuali)
§ Articolo 137 (Sviluppo degli hub portuali di interesse nazionale)
§ Articolo 138 (Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate della regione Molise)
§ Articolo 139 (Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate delle regioni Marche ed Umbria)
§ Articolo 140 (Interventi urgenti nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa)
§ Articolo 141 (Strade di rilievo nazionale ed autostrade)
§ Articolo 142 (Finanziamento ANAS Spa)
§ Articolo 143 (Miglioramento della mobilità dei pendolari)
§ Articolo 144 (Sicurezza dei trasporti)
§ Articolo 145 (Interventi per la sicurezza ferroviaria)
§ Articolo 146 (Innovazione tecnologica dell'industria cantieristica)
§ Articolo 147 (Rottamazione traghetti)
§ Articolo 148 (Disposizioni in materia di controlli nel settore agroalimentare e di semplificazione)
§ Articolo 150 (Misure in favore della vendita diretta di prodotti agricoli)
§ Articolo 151 (Convenzioni con le pubbliche amministrazioni)
§ Articolo 152 (Interventi per il settore agricolo)
§ Articolo 154 (Norme per l'internazionalizzazione del sistema agroalimentare)
§ Articolo 155 (Sviluppo della forma societaria in agricoltura)
§ Articolo 156 (Norme in materia di bioenergie)
CAPO V - TUTELA DELL'AMBIENTE E DEI BENI CULTURALI
§ Articolo 157 (Interventi per la difesa del mare)
§ Articolo 158 (Rimborso delle spese per attività antinquinamento marino)
§ Articolo 159 (Contrasto dell'abusivismo)
§ Articolo 161 (Fondo per lo sviluppo sostenibile)
§ Articolo 163 (Disposizioni in materia di beni culturali)
§ Articolo 165 (Norme di razionalizzazione e risparmio in materia di spettacolo)
CAPO VI - INTERVENTI A TUTELA DELL'OCCUPAZIONE
§ Articolo 166 (Interventi a carico del Fondo per l'occupazione)
§ Articolo 167 (Disposizioni in materia di disoccupazione ordinaria)
§ Articolo 169 (Istituzione di indici di congruità)
§ Articolo 170 (Documento unico di regolarità contributiva)
§ Articolo 172 (Comunicazioni relative ai rapporti di lavoro)
§ Articolo 173 (Finanziamento di attività promozionali in materia di salute e sicurezza del lavoro)
§ Articolo 175 (Mobilità lunga)
§ Articolo 176 (Proroga di ammortizzatori sociali)
§ Articolo 177 (Misure per promuovere l'occupazione e l'emersione del lavoro irregolare)
§ Articolo 178 (Misure per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro)
CAPO VII - INTERVENTI IN SETTORI DIVERSI
§ Articolo 181 (Misure per assicurare l'adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali)
§ Articolo 182 (Interventi a sostegno del settore turistico)
§ Articolo 183 (Rifinanziamento del trasporto pubblico locale)
§ Articolo 184 (Agenzie fiscali)
§ Articolo 185 (Debiti pregressi)
§ Articolo 186 (Norma di ripristino delle risorse dell'otto per mille dell'IRPEF destinato allo Stato)
§ Articolo 188 (Autorizzazione di spesa per la partecipazione italiana a missioni internazionali)
§ Articolo 189 (Centro di produzione Spa)
§ Articolo 190 (Fondazione per la ricerca nel campo delle biotecnologie)
§ Articolo 191 (Contributo all'emittenza locale)
§ Articolo 192 (Politiche per la famiglia)
§ Articolo 193 (Piano servizi socio-educativi)
§ Articolo 194 (Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità)
§ Articolo 197 (Prevenzione delle mutilazioni genitali)
§ Articolo 198 (Fondo per le non autosufficienze)
§ Articolo 199 (Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati)
§ Articolo 200 (Interventi di solidarietà sociale)
§ Articolo 201 (Fondo per la montagna)
§ Articolo 202 (Reddito minimo di inserimento)
§ Articolo 203 (Non ripetibilità di somme erogate)
§ Articolo 204 (Fondo per le politiche giovanili)
§ Articolo 205 (Fondo nazionale per le comunità giovanili)
§ Articolo 206 (Disposizioni concernenti l'Istituto per il credito sportivo)
§ Articolo 207 (Contributo al Comitato italiano paralimpico)
§ Articolo 209 (Istituzione di un fondo per le spese di funzionamento della giustizia)
§ Articolo 210 (Crediti d'aiuto per catastrofi e crisi internazionali)
§ Articolo 211 (Razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all'estero)
§ Articolo 212 (Adeguamento della tariffa per i visti nazionali)
§ Articolo 213 (Fondo speciale delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari)
§ Articolo 214 (Finanziamento del servizio antincendi negli aeroporti)
§ Articolo 216, comma 1 (Fondi speciali)
§ Articolo 216, comma 2 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)
§ Articolo 216, comma 3 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)
§ Articolo 216, comma 4 (Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)
§ Articolo 216, comma 5 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)
§ Articolo 216, comma 6 (Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)
§ Articolo 216, comma 7 (Eccedenze di spesa)
§ Articolo 216, comma 8 (Fondi unici investimenti)
§ Articolo 217, comma 1 (Copertura finanziaria)
§ Articolo 217, comma 2 (Coordinamento della finanza pubblica)
§ Articolo 217, comma 3 (Entrata in vigore)
Numero del progetto di legge |
A.C. 1746-bis |
Titolo |
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) |
Iniziativa |
Governo |
Settore d’intervento |
Vari |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
217 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
1° ottobre 2006 |
§ annuncio |
5 ottobre 2006 |
§ assegnazione |
5 ottobre 2006 |
Commissione competente |
V (Bilancio) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II, III, IV, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV |
L’articolo 1 fissa il livello massimo del saldo netto da finanziare e il livello massimo del ricorso al mercato per l’anno 2006 e per i due anni successivi e individua le finalità cui destinare le maggiori entrate che eventualmente dovessero determinarsi rispetto alle previsioni a legislazione vigente.
L’articolo 2 indica gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle disposizioni in materia di entrate.
L’articolo 3 riforma la disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) a decorrere dal 1° gennaio 2007.
Gli interventi contenuti nel presente articolo riguardano la rideterminazione degli scaglioni di reddito e delle relative aliquote d’imposta (comma 1, lettera b)); la soppressione della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (c.d. no tax area) e della deduzione per oneri di famiglia (compresa la deduzione per gli addetti all’assistenza personale, c.d. badanti); l’introduzione delle detrazioni per carichi di famiglia (comma 1, lettera c)) e delle detrazioni per alcune categorie di redditi (comma 1, lettera d)); la determinazione dell’imposta dovuta dai soggetti non residenti (comma 1, lettera e)); la soppressione del contributo di solidarietà del 4 per cento (comma 2); la previsione della riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali in misura corrispondente al maggior gettito derivante dalle rispettive addizionali (comma 4).
Disposizioni di coordinamento normativo sono infine contenute nella lettera a) del comma 1 (determinazione del reddito complessivo) e nel comma 2 (adempimenti del sostituto d’imposta).
L’articolo 4 prevede, a decorrere dal 2007, una rideterminazione dei livelli dell’assegno al nucleo familiare destinata in particolare a favorire i nuclei familiari con figli, a cominciare dai nuclei familiari fino a tre figli, entro un massimale di maggiore spesa pari 1.400 milioni di euro annui.
Il comma 1 dell’articolo 5 disciplina le modalità di revisione e di aggiornamento degli studi di settore, da eseguirsi, di norma, ogni tre anni, sentito il parere dell’apposita commissione di esperti, tenendo conto fra l’altro di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.
Il comma 2 dispone, in via transitoria, che fino all’elaborazione e revisione degli studi di settore mediante l’impiego dei suddetti indicatori di coerenza, per l’applicazione degli studi esistenti si tenga anche conto di specifici indicatori di normalità economica, idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.
Il comma 3 abroga quindi il comma 399 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), il quale disciplinava la revisione quadriennale degli studi medesimi.
Il comma 4 ridefinisce le fattispecie alle quali non si applicano gli studi di settore, elevando fra l’altro a euro 7,5 milioni il limite massimo di ricavi e compensi, oltre il quale non trovano applicazioni gli studi, ed estendendo le condizioni di applicabilità in caso di cessazione o inizio di un’attività.
Il comma 5 stabilisce che le nuove disposizioni introdotte dal precedente comma 4 abbiano effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007, ad esclusione di quella relativa all’inizio dell’attività, efficace dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.
Il comma 6, allo scopo di orientare le attività di controllo nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo cui non sono applicabili gli studi di settore, prevede la determinazione di specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare. Consente altresì all’amministrazione finanziaria di chiedere la compilazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti per gli studi di settore, anche nelle ipotesi di cessazione dell'attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell'attività (che costituiscono ordinariamente causa di esclusione dell’applicabilità degli studi).
Il comma 7 prescrive altresì la determinazione di appositi indicatori di coerenza per l’individuazione dei requisiti minimi di continuità dell’attività, con riferimento al primo periodo d’imposta in cui essa viene esercitata, relativamente a società di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione, esclusi dall’applicazione degli studi di settore.
Il comma 8 rimette l’approvazione dei predetti indicatori a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro il 28 febbraio 2007, con applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.
Il comma 9 prescrive che venga programmata, sulla base di appositi criteri selettivi, una specifica attività di controllo nei confronti dei soggetti che risultano incoerenti per effetto dell'applicazione degli indicatori introdotti a norma del comma 7.
Il comma 10 modifica le condizioni di applicabilità degli studi di settore a fini di accertamento. È soppressa la condizione per cui il contribuente deve avere un periodo d'imposta pari a dodici mesi; l’impiego degli studi è limitato ai casi in cui l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulti inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi.
Il comma 11 dispone che le modificazioni operate dal precedente comma 10, limitatamente a quanto stabilito relativamente ai contribuenti con periodo d’imposta inferiore a dodici mesi, hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2007.
I commi 12, 13 e 14 prevedono – in termini sostanzialmente identici per le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP – l’incremento della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, qualora il maggior reddito d’impresa, d’arte o professione accertato ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato.
Il comma 15 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria aggiuntiva per le medesime violazioni (relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione rilevanti per l'applicazione degli studi di settore) cui si riferiscono i precedenti commi da 12 a 14.
Il comma 16 limita la deducibilità o detraibilità delle spese sanitarie per acquisto di medicinali, agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, subordinandola alla loro certificazione mediante fattura o scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario.
Il comma 17 rende nuovamente indetraibile, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, l’imposta assolta per operazioni inerenti e connesse all’organizzazione e all’esercizio del lotto, delle lotterie, dei concorsi pronostici e delle scommesse, nonché per le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione a queste connesse.
Il comma 18 subordina il riconoscimento delle agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti affetti da minorazione, con ridotte o impedite capacità motorie, alla condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti.
Il comma 19 dispone che, in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefìci fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la restituzione dell’agevolazione fruita. Questa disposizione non si applica per gli invalidi nel caso in cui, a seguito a mutate necessità dovute alla minorazione da cui sono affetti, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti.
Il comma 20 prescrive che i compensi dovuti per le attività di lavoro autonomo mediche e paramediche svolte nell'ambito di strutture sanitarie private siano riscossi dalle stesse strutture, che debbono registrarli, riversarli al prestatore di lavoro autonomo e, a norma del comma 21, comunicarli in via telematica all'Agenzia delle entrate.
Il comma 22 rimette a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle disposizioni attuative dei commi 20 e 21.
Il comma 23 dispone l’applicazione di queste norme dal 1° marzo 2007.
Il comma 24 determina le sanzioni, precisando che restano fermi a carico dei singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo svolgimento dell'attività.
Il comma 25 estende l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto, nella misura del 10 per cento, ai corrispettivi dovuti dal condominio per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate dall’appaltatore nell'esercizio di impresa.
Il comma 26 estende l’ambito di applicabilità del metodo della tassazione inversa (reverse charge) agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, includendovi le cessioni di telefoni portatili e elaboratori elettronici, con i loro componenti e ricambi, nonché di materiali lapidei provenienti direttamente da cave e miniere. Ulteriori casi di estensione possono essere determinati dal Ministro dell’economia e delle finanze. In relazione alle tre nuove fattispecie indicate, il comma 27 differisce l’efficacia della norma fino all’approvazione da parte del Consiglio dell’Unione europea.
Il comma 28 estende agli agenti immobiliari, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari, l’obbligo di chiedere la registrazione e l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro, solidalmente con le parti contraenti.
Il comma 29 dispone che con provvedimenti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nel rispetto degli obblighi comunitari, siano stabilite le modalità per impedire l’offerta non autorizzata di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione, effettuata mediante reti telematiche o di telecomunicazione. Il comma 30 dispone conseguentemente l’abrogazione dei commi da 535 a 538 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 dalla data di entrata in vigore del primo provvedimento emesso ai sensi del comma 29.
Il comma 31 dispone che entro il 31 gennaio di ciascun anno sono trasmessi alle regioni i dati relativi alle importazioni e alle esportazioni, riferiti al sistema doganale. Entro il medesimo termine sono trasmessi alle regioni, alle province autonome e ai comuni i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno precedente dai contribuenti in essi residenti.
A norma, rispettivamente, dei commi 32 e 33, le modalità tecniche di trasmissione sono definite con provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate, emanato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per le dichiarazioni dei redditi, e del direttore dell'Agenzia delle dogane, per i dati doganali.
Il comma 34 prevede l’emanazione entro il 30 giugno 2007 di un provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze con cui sono stabilite, a fini di monitoraggio le modalità per introdurre in tutte le amministrazioni pubbliche i criteri di contabilità economica e i tempi, le modalità e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica da parte degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali dei bilanci standard e dei dati di contabilità.
Il comma 35 ridisciplina le modalità per l’invio – in forma telematica o mediante raccomandata – dell’invito al contribuente a fornire chiarimenti o a produrre documenti in esito all’attività di liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazioni.
Il comma 36 dispone che i soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, i quali deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge, devono indicarne il codice fiscale nella dichiarazione annuale.
Il comma 37 impone agli enti e alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale di comunicare in via telematica all'anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto di contributi che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.
Il comma 1 dell’articolo 6 stabilisce che le rimanenze finali delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale vadano in ogni caso computate in proporzione ai corrispettivi pattuiti.
Il comma 2 interviene sulle modalità di deduzione delle spese sostenute da imprese concessionarie della costruzione e dell'esercizio di opere pubbliche e da imprese subconcessionarie di queste, per il ripristino o la sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione e per la manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di tali beni.
I commi 3 e 4 limitano la possibilità di riporto delle perdite, in diminuzione del reddito di periodi d’imposta successivi, per i soggetti che fruiscono di regimi di esenzione totale o parziale del reddito o degli utili.
Il comma 5 riforma la disciplina del pagamento dell’imposta di bollo, eliminando la possibilità di effettuare il suddetto pagamento mediante l’impiego dell’apposita carta filigranata e bollata e mediante marche da bollo, visto per bollo o bollo a punzone; sono inoltre convertiti in euro e aumentati gli importi degli arrotondamenti e della misura minima.
I commi da 6 a 10 intervengono circa il regime tributario degli apparecchi da intrattenimento.
Il comma 11 stabilisce la possibilità di aumentare l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare, a decorrere dal 2007, un maggior gettito complessivo pari a 1.100 milioni di euro annui.
I commi da 12 a 20 dettano disposizioni dirette a contrastare l’evasione fiscale relativa all’imposta comunale sugli immobili (ICI). A tale scopo è previsto che i dati necessari per la liquidazione dell’imposta siano contenuti nella dichiarazione dei redditi; che il versamento della stessa sia effettuato, a seconda delle circostanze, da parte del sostituto d’imposta o mediante il modello di versamento unitario F24, avvalendosi della possibilità di compensazione prevista per questa forma di versamento. È previsto inoltre che i dati relativi ai versamenti e agli immobili siano trasmessi ai comuni per via telematica, secondo modalità che verranno definite da un successivo decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali.
L’articolo 7 modifica l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’IRPEF istituita con il decreto legislativo n. 360 del 1998.
L’articolo 8 prevede la possibilità per i comuni di istituire con regolamento un’imposta di scopo per finanziare la realizzazione di opere pubbliche.
L’articolo 9 consente ai comuni di istituire con regolamento un contributo di ingresso e di soggiorno dovuto dai soggetti non residenti che alloggino in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici ed agriturismi.
Il comma 1 dell’articolo 10 prevede la possibilità per i comuni di accedere alle informazioni relative all’addizionale comunale e provinciale sull’energia elettrica.
Il comma 2 eleva dal venti al quaranta per cento la misura massima entro la quale le province possono aumentare le tariffe per il pagamento dell’imposta provinciale di trascrizione rispetto alla base predeterminata dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
I commi da 1 a 18 dell’articolo 11 recano disposizioni in materia di autonomia impositiva degli enti locali.
La norma del comma 19 abroga la disposizione che limita la misura della tariffa del canone per l’autorizzazione all’installazione di mezzi pubblicitari (CIMP) al 25 per cento delle tariffe dell’imposta sulla pubblicità.
Il comma 20 abroga la norma che consente ai comuni di rideterminare il canone per l’installazione di mezzi pubblicitari
I commi da 21 a 23 abrogano o modificano una serie di disposizioni per contrastare il fenomeno delle affissioni abusive.
I commi da 24 a 27 consentono il conferimento di poteri di accertamento, di contestazione immediata e di redazione e sottoscrizione del processo verbale di accertamento di alcune violazioni in materia tributaria ai dipendenti degli enti locali e di soggetti privati abilitati ad effettuare le attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.
Il comma 28 prevede che alcuni criteri dettati in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani siano applicabili anche per il calcolo della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.
Il comma 29, in attesa dell’attuazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, prevede che ciascun comune conservi per l’anno 2007 il medesimo regime di prelievo adottato nell’anno 2006. Conferma inoltre l’applicazione di alcune disposizioni in materia di rifiuti speciali.
L’articolo 12 istituisce una compartecipazione comunale all’IRPEF, da ripartire tra i comuni a fini di perequazione e di promozione dello sviluppo economico.
L’articolo 13 chiarisce la ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali circa le funzioni relative agli atti catastali. La norma specifica che ai comuni spettano l’utilizzazione e l’aggiornamento degli atti del catasto e che i comuni partecipano al processo di determinazione degli estimi catastali. Tra le funzioni spettanti allo Stato viene aggiunta la funzione di gestione dei certificati ipotecari.
L’articolo 14 definisce le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali. La norma prevede che i comuni capoluogo di provincia, a decorrere dal 1o novembre 2007, esercitino direttamente le funzioni catastali loro attribuite di utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali. Per gli altri comuni l’esercizio delle funzioni di consultazione delle banche dati catastali inizierà a decorrere dalla stessa data; quella più complessa di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale potrà essere eseguita anche in forma associata oppure sulla base delle convenzioni che saranno stipulate con l’Agenzia del territorio.
I commi 1 e 2 dell’articolo 15 ampliano le ipotesi di utilizzo degli immobili confiscati alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso.
Il comma 3 demanda ad un regolamento, da emanare entro il 30 giugno 2007, l’individuazione dei criteri, delle modalità e dei termini di trasferimento, a titolo gratuito, in favore delle università statali dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato e concessi in uso a tali università per le proprie necessità istituzionali.
I commi da 4 a 9 disciplinano procedure dirette a favorire il contenimento e la razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni dello Stato, anche per ridurre la spesa complessiva dell’uso degli immobili, compresi gli oneri per le locazioni.
Le disposizioni dei commi da 10 a 12 individuano procedure per sanare le difformità tra l’uso effettivo e la destinazione d’uso consentita dagli strumenti urbanistici relativamente agli immobili utilizzati per funzioni di interesse statale, sia di proprietà dello Stato, sia in locazione passiva.
Il comma 13 consente il conferimento di incarichi per la gestione delle attività di liquidazione delle aziende confiscate alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ai sensi della citata legge n. 575 del 1965.
I commi da 14 a 16 sono volti a definire questioni connesse all’attuazione di leggi che contemplano l’assegnazione gratuita o l’attribuzione ad amministrazioni pubbliche, enti, società a totale partecipazione pubblica diritta o indiretta, di beni immobili di proprietà dello Stato.
Il comma 17 incide sulla disciplina relativa alla dismissione del patrimonio immobiliare da parte delle amministrazioni non rientranti nella disciplina sull’edilizia residenziale pubblica, da parte della Concessionaria servizi assicurativi pubblici (CONSAP S.p.a), e delle società derivanti da processi di privatizzazione in cui, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale azionario (azioni ordinarie).
Il comma 18 esenta le amministrazioni dello Stato da qualsiasi tributo ed emolumento per le trascrizioni e annotazioni nei pubblici registri relative ai passaggi di proprietà conseguenti alle misure di sequestro e confisca o fermo amministrativo, operate dagli organi di polizia a seguito di violazioni del codice della strada.
I commi da 1 a 6 dell’articolo 16 riformano i criteri per la determinazione dei canoni demaniali marittimi.
I commi 7 e 8 contengono misure di valorizzazione del patrimonio pubblico.
Il comma 9 interviene in materia di acquisizione delle eredità giacenti da parte dello Stato.
Il comma 15 eleva a cinquanta anni il termine massimo di locazione di immobili dello Stato a province e comuni.
Il comma 1 dell’articolo 17 disciplina, nell’àmbito delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, programmi unitari di valorizzazione degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale.
I commi 2 e 3 riformano la disciplina relativa alla dismissione degli immobili in uso all’amministrazione della Difesa, razionalizzando e coordinando la normativa vigente, per consentirne la piena attuazione.
L’articolo 18 introduce misure volte a favorire la competitività delle imprese, in particolare attraverso la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, operata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con la previsione di ulteriori deduzioni, con speciali disposizioni agevolative nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici. I commi da 2 a 4 dispongono circa l’inizio dell’efficacia delle nuove agevolazioni e il calcolo degli acconti. Il comma 5 provvede a garantire il ristoro delle diminuzioni di entrata derivanti dall’applicazione delle nuove disposizioni, in favore delle regioni che sottoscrivono accordi per la riduzione del disavanzo relativo alla spesa sanitaria.
L’articolo 19 introduce un regime agevolativo, nella forma del credito d’imposta, per le imprese che effettuano investimenti attraverso l'acquisizione di nuovi beni strumentali nelle “aree svantaggiate” del Mezzogiorno che saranno ricomprese nella Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013.
I commi da 1 a 5 dell’articolo 20 concedono per tre anni, a partire dal 2007, un credito d’imposta del 10 per cento per gli investimenti e i costi sostenuti dalle imprese per la ricerca e l’innovazione. La misura è elevata al 15 per cento qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.
Il comma 6 concede alle piccole e medie imprese di produzioni musicali un credito d'imposta per le spese di produzione, di sviluppo, di digitalizzazione e di promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali per opere prime o seconde di artisti emergenti. Il comma 7 determina le condizioni per la fruizione.
I commi 8 e 9 concedono ai docenti delle scuole e delle università statali, per l’anno 2007, un’agevolazione fiscale per l’acquisto di un elaboratore elettronico (personal computer) nuovo.
I commi 10 e 11 consentono la detrazione dell’IVA relativa alle prestazioni alberghiere ed alla somministrazione di alimenti e bevande in occasione di partecipazione a convegni, congressi ed eventi similari.
Il comma 12 introduce una franchigia in relazione all’imposta sulla pubblicità per le insegne di esercizio delle attività commerciali e di produzione di beni o servizi aventi superficie superiore a cinque metri quadrati.
Il comma 13 dispone l’esenzione dall’IVA per le prestazioni socio-sanitarie rese alle persone migranti senza fissa dimora, ai richiedenti asilo, alle persone detenute e alle donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo.
I commi da 14 a 18 estendono l’applicazione di una serie di disposizioni fiscali riferite alle forme pensionistiche complementari, ai fondi d’investimento e agli emittenti di titoli residenti negli Stati membri dell’Unione europea agli analoghi soggetti residenti nei paesi membri dello Spazio economico europeo inclusi nella lista degli Stati che non godono di regime fiscale privilegiato.
Il comma 19 eleva, per i soggetti di età inferiore a 35 anni, dal 25 al 40 per cento, la deduzione forfetaria delle spese ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo derivante dallo sfruttamento delle opere di ingegno.
Il comma 20 ammette la detraibilità dal reddito delle spese sportive sostenute in favore dei minori e dei canoni di locazione per abitazioni degli studenti universitari fuori sede.
Il comma 21 estende l’aliquota del 12,50 per cento, prevista per l’assicurazione obbligatoria dei veicoli e natanti in relazione all’imposta sui premi assicurativi, alle assicurazioni di altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione.
Il comma 22 modifica la tariffa delle tasse automobilistiche, determinando un aumento per le vetture che non sono classificate euro 4 o euro 5, nonché per i veicoli per trasporto promiscuo di peso complessivo superiore a 2600 kg, con esclusione di quelli aventi un numero di posti uguale o superiore a 8 (cosiddetti SUV).
Il comma 23 rimette a decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, le regolazioni finanziarie nei riguardi delle regioni per le maggiori entrate nette derivanti dall'attuazione delle norme del precedente comma e la definizione dei criteri e le modalità per la corrispondente riduzione dei trasferimenti statali.
L’articolo 21 istituisce delle zone franche urbane, da individuare in aree e quartieri particolarmente degradati nelle città del Mezzogiorno, nelle quali favorire lo sviluppo economico e sociale anche attraverso interventi di recupero urbano.
L’articolo 22 prevede alcune agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici).
L'articolo 23 prevede disposizioni volte ad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico e (comma 1)prevede il diritto ad un contributo per la realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici che rispettino particolari parametri di efficienza energetica
L’articolo 24 dispone l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazioni di imposta, per apparecchi domestici e motori industriali ad alta efficienza.
L'articolo 25 comma 1 destina ad un apposito fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'IVA sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera, dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto dal DPEF per gli anni 2007-2011.
Ai sensi del comma 2 le risorse del citato fondo possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale a favore dei cittadini residenti nei territori interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.
Il comma 3 precisa che il Fondo di cui al precedente comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Per il triennio 2007-2009 con una dotazione di 50 milioni di euro annui.
Ai sensi del comma 4 la definizione di condizioni, modalità e termini di utilizzo del suddetto fondo è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia, per la cui adozione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è fissato il termine ultimo di tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge .
Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio conseguenti al dettato dei precedenti commi.
L’articolo 26 modifica una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti. Innanzitutto vengono modificati (commi 1 e 2) gli obiettivi quantitativi di immissione in consumo di biocarburanti in percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti, prevedendosi l’obiettivo del 2,5 per cento, da realizzare entro il 31 dicembre 2008 e quello del 5 per cento entro il 31 dicembre 2010. Viene inoltre eliminata (comma 3) l’esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituita con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20 per cento della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate.
L’articolo 27 modifica la determinazione delle prestazioni di fornitura di energia termica assoggettate all’aliquota IVA agevolata del 10 per cento.
L’articolo 28 modifica la disciplina introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 in relazione alle condizioni di riutilizzazione commerciale di dati ipotecari e catastali.
L’articolo 29 proroga per l’anno 2007 le agevolazioni fiscali (detrazione del 36 per cento e IVA ridotta al 10 per cento) per le spese sostenute per le ristrutturazioni edilizie.
L’articolo 30, al comma 1 fissa all’1,9 per cento per il 2006 e al 3,75 per cento per il 2007 l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), relativamente ai soggetti operanti nel settore agricolo e della pesca.
Il comma 2 proroga, per l'anno 2007, le agevolazioni di carattere fiscale e previdenziale previste in favore delle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché delle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.
Il comma 3 proroga al 31 dicembre 2007 il termine per le agevolazioni fiscali previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina.
Il comma 4 proroga, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, l'applicazione della riduzione, a titolo di deduzione forfetaria, del reddito d’impresa prevista in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante.
Il comma 5 proroga al 31 dicembre 2007 le agevolazioni fiscali relative alle emulsioni stabilizzate, al metano per usi industriali, al gasolio da riscaldamento nelle zone montane, alle imposta sulle reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa ed energia geotermica, al gas metano per usi civili, al gasolio e GPL per riscaldamento impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate nelle zone climatiche E, al gasolio per autotrazione nelle province di Trieste e Udine, al gasolio utilizzato nelle coltivazioni in serra.
Il comma 7 prevede la compensazione tra le somme versate nel periodo d’imposta 2006 a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore adibiti a trasporto merci e i versamenti effettuati dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2007.
Il comma 8 proroga al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006 la deduzione forfetaria di spese non documentate per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore-autotrasportatore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa.
Il comma 9 estende al 2007 i benefìci fiscali relativi ai redditi di lavoro dipendente conseguiti dai lavoratori frontalieri.
Il comma 10 fissa in 3.615,20 euro il limite entro il quale possono essere dedotti dal reddito di lavoro dipendente i contributi di assistenza sanitariaversati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale.
Il comma 11 estende al periodo d'imposta 2006 la detrazione del 19 per cento ammessa per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento delle rette degli asili nido.
L’articolo 31 indica gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle disposizioni in materia di razionalizzazione e riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni.
L’articolo 32 prevede un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri, finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, su proposta di ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis della legge 400/1988. Tra gli interventi previsti: la riduzione degli uffici dirigenziali e l’accorpamento delle strutture periferiche.
L’articolo 33 ha l’obiettivo di razionalizzare la presenza sul territorio delle prefetture, delle questure e dei comandi provinciali dei vigili del fuoco attraverso i regolamenti previsti dall’art. 32. In particolare, viene stabilita una soglia demografica minima di 200.000 abitanti per la determinazione territoriale di tali strutture.
L’articolo 34 dispone la ridefinizione dell’articolazione periferica del Ministero dell’economia e finanze su base regionale e, qualora opportuno, interregionale e interprovinciale.
L’articolo 35reca modifiche all'assetto organizzativo dell'Amministrazione della pubblica sicurezza e all'ordinamento del personale della Polizia di Stato, finalizzate al conseguimento di risparmi di spesa, a tal fine disponendo la soppressione delle Direzioni interregionali della pubblica sicurezza e la razionalizzazione delle strutture per la formazione e l'aggiornamento del personale.
L’articolo 36 proroga al 31 dicembre 2009 l’obbligo per gli enti previdenziali di destinare un’ulteriore quota dei propri fondi annualmente disponibili, in via prioritaria, alla realizzazione o all'acquisto di immobili destinati alle esigenze di edilizia universitaria, e degli istituti pubblici di ricerca, da concedere in uso anche mediante locazione finanziaria agli enti interessati.
L’articolo 37 reca disposizioni dirette ad agevolare l’attività dell’Amministrazione della pubblica sicurezza attraverso lo snellimento sia delle procedure relative alle attività negoziali e ai pagamenti necessari per l’attuazione delle misure di emergenza, sia delle modalità di utilizzazione dei beni sequestrati o confiscati affidati in uso alle forze di polizia.
L’articolo 38 stabilisce che il ministro dell’interno, o per sua delega i prefetti, possa stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali al fine di realizzare programmi straordinari volti ad incrementare i servizi di polizia a tutela della sicurezza dei cittadini.
L’articolo 39 prevede che il personale impiegato nello svolgimento delle funzioni di supporto da parte delle Agenzie e degli enti pubblici non economici nazionali non può eccedere il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate e che a tal fine debbano essere adottati i necessari provvedimenti di riorganizzazione e riallocazione del personale, riducendo contestualmente le dotazioni organiche.
L’articolo 40 prevede che tutte le amministrazioni dello Stato si avvalgano, per il pagamento degli stipendi, delle procedure informatiche e dei servizi del Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro del Ministero dell’economia e finanze.
L’articolo 41 interviene sulla disciplina degli acquisti di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni (comma 1), prevedendo altresì la possibilità per le regioni di costituire, anche unitamente ad altre regioni, centrali di acquisto operanti quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, e la creazione di un sistema a rete tra tali centrali regionali e la Consip s.p.a (commi 7-10). Sono altresì introdotte: l’obbligatorietà del ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario (comma 2); la sperimentazione dell'introduzione della carta di acquisto elettronica per i pagamenti di limitato importo relativi agli acquisti di beni e servizi (comma 3); l’obbligatorietà dell’utilizzo delle transazioni on-line, per le convenzioni quadro per cui è stato attivato il negozio elettronico (comma 4); la possibilità dell’introduzione di un sistema di remunerazione degli acquisti a carico dell’aggiudicatario delle convenzioni-quadro (comma 5).
L’articolo 42 configura un procedimento volto alla riorganizzazione degli enti pubblici non economici nazionali (con talune eccezioni), secondo il quale le competenze del presidente e del consiglio d'amministrazione sono attribuite, rispettivamente, al direttore generale e ad un comitato di gestione composto dai dirigenti di livello apicale dell’ente. Tale processo è avviato dagli enti entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge: all’eventuale inerzia consegue la decadenza dei relativi vertici amministrativi.
L’articolo 43 prevede la soppressione, dal 1° gennaio 2008, dei comitati centrali, regionali e provinciali dell’INPS e dei comitati di vigilanza delle gestioni dell’INPDAP, con conseguente attribuzione delle relative funzioni inerenti i ricorsi amministrativi in materia pensionistica ai dirigenti di entrambi gli Istituti.
L’articolo 44 estende le competenze degli Uffici centrali del bilancio della Ragioneria generale dello Stato, attribuendo loro il compito di valutare la proficuità complessiva della gestione da parte delle amministrazioni centrali.
L’articolo 45 prevede l’istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, della Commissione tecnica per il coordinamento dei rapporti finanziari tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali, con il compito di indicare proposte tecniche sui principi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, di implementare i meccanismi di controllo dei flussi finanziari compatibili con il Patto di stabilità europeo anche sotto il profilo dell'entità del debito pubblico; di operare analisi, monitoraggio e valutazione dei flussi finanziari centro-periferia; nonché di verificare le problematiche classificatorie e di armonizzazione dei bilanci delle amministrazioni pubbliche centrali e decentrate, compatibili con i criteri di contabilità nazionale ed europea. La Commissione tecnica sostituisce l'Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale, istituita dalla legge finanziaria per il 2003.
L’articolo 46 sopprime
L'articolo 47 ridefinisce il processo di riordino, trasformazione e soppressione di enti ed organismi pubblici previsto dall’art. 28 della L. 448/2001, fissando il nuovo termine del 30 giugno 2007 e individuando specifici princìpi e criteri direttivi.
L’articolo 48 abroga la disciplina in materia di liquidazione di enti disciolti, introdotta dalla legge finanziaria 2006, dispone la soppressione dell’Ispettorato Generale per la soppressione degli enti disciolti del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e reca disposizioni volte a definire le posizioni previdenziali pregresse del personale degli enti soppressi (comma 1); assegna inoltre ad un decreto ministeriale annuale la definizione dell’ammontare della remunerazione alla società affidataria (FINTECNA) con riferimento ai servizi di gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti pubblici da questa resi nell’anno precedente (comma 2).
L’articolo 49 contiene disposizioni volte ad accelerare la chiusura della liquidazione dell’ex gruppo EFIM, e dispone a tal fine il trasferimento a FINTECNA S.p.a, o a società da essa interamente controllata, del patrimonio attivo e passivo di EFIM e delle società da questa interamente controllate, in liquidazione coatta amministrativa. Esso dispone inoltre l’estensione della procedura di trasferimento prevista alla società ITALTRADE s.p.a.
L’articolo 50 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a procedere, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a procedere alla liquidazione della Società per la gestione degli impianti idrici Spa (SOGESID) ovvero alla sua fusione per incorporazione in una società interamente partecipata dallo stesso Ministero. Il comma 2 dello stesso articolo elimina la possibilità per altri soggetti di acquisire partecipazioni nella SOGESID, attraverso l’abrogazione del comma 4 dell'art. 10 del D.Lgs. n. 96/1993.
L’articolo 51 estende a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni le disposizioni della legge finanziaria 2006 in materia di limitazione delle spese per incarichi di consulenza, per rappresentanza e per auto di servizio, di limitazione all’acquisizione di immobili, di riduzione del 10 per cento dei compensi per incarichi di consulenza e delle indennità per i componenti di organi collegiali. Le medesime amministrazioni sono tenute ad adeguare le proprie politiche di personale ai principi di razionalizzazione contenuti nella legge finanziaria in esame.
L’articolo 52 integra le disposizioni recate dall’articolo 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, relativo all’assicurazione dei rischi da calamità naturali dei fabbricati, limitando tale regime assicurativo ai soli fabbricati privati, e imponendo la progressiva estensione della copertura assicurativa dei fabbricati di proprietà di privati ai rischi derivanti da calamità naturali.
L’articolo 53 prevede che è accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare, una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni di euro per il 2008 e a 4.922 milioni di euro per il 2009, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato relative alle spese in conto capitale e alle seguenti categorie economiche relative a spese correnti: consumi intermedi; trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese e all’estero, altre uscite correnti; sono escluse specifiche tipologie di spesa. Sono inoltre previste misure che assicurano una certa flessibilità nella gestione del bilancio e sono introdotti incentivi per il personale che si rende parte attiva nel processo di razionalizzazione e miglioramento dell’efficienza.
L’articolo 54 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, non previsti a legislazione vigente, derivanti dall'attualizzazione di contributi pluriennali dello Stato, ai sensi del nuovo comma 177-bis dell'articolo 4 della legge n. 350/2003, introdotto dall'articolo 55 del disegno di legge finanziaria in esame, dotato di 300 milioni di euro per l'anno 2007, in termini di sola cassa.
L’articolo 55 dispone una novella all’articolo 4 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), cui aggiunge il comma 177-bis, recante norme volte ad integrare la disciplina in materia di contributi pluriennali dello Stato. In particolare, il nuovo comma 177-bis dell’articolo 4 della legge n. 350/2003 definisce una procedura per l’utilizzo dei contributi pluriennali, volta ad evitare che dall’attuazione di disposizioni legislative che autorizzano tali contributi possano derivare effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, gravosi per il saldo delle amministrazioni pubbliche.
L’articolo 57 detta disposizioni in ordine alle assunzioni di personale da parte di pubbliche amministrazioni. Si prevede: la possibilità per i Corpi di Polizia di effettuare assunzioni di personale per un contingente complessivo non superiore a 1.000 unità; l’avvio di una graduale stabilizzazione del personale a tempo determinato in possesso di determinati requisiti; limitazioni per alcune pubbliche amministrazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009; la trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro del personale in servizio presso pubbliche amministrazioni con contratti di formazione e lavoro; la proroga, fino al 31 dicembre 2007, dei comandi del personale della società Poste italiane Spa; una ulteriore riduzione della possibilità per alcune pubbliche amministrazioni di avvalersi di personale a tempo determinato.
L’articolo 58 reca disposizioni concernenti i benefici economici spettanti al personale delle amministrazioni statali e non statali per il biennio 2006-2007. A tal fine si incrementano, a decorrere dal 2007, le risorse per il riconoscimento degli incrementi retributivi per il biennio 2006-2007, per il personale delle amministrazioni statali, contrattualizzato e non contrattualizzato, in aggiunta a quelle già previste dalla legge finanziaria per il 2006. Inoltre per quanto riguarda il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, si ribadisce che le risorse per il rinnovo contrattuale del biennio di riferimento, nonché per i miglioramenti economici spettanti ai professori ed ai ricercatori universitari, sono comunque a carico dei rispettivi bilanci
L’articolo 59, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno, rivede a partire dall’anno 2007 gli obblighi delle regioni e degli enti locali relativi al contenimento delle spese per il personale. Ribadendo l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale da perseguire anche tramite la razionalizzazione delle strutture amministrative, l’articolo indica ai medesimi enti, come principi meramente orientativi, una serie di regole fissate per le amministrazioni dello Stato su cui possono far leva, nella loro autonomia, per ridurre la spesa per il personale in funzione del rispetto dei saldi finanziari fissati dalle regole del patto di stabilità interno.
L’articolo 60 detta nuove disposizioni volte a consentire una riduzione della spesa del personale sanitario.
L’articolo 61 riduce, nella misura del 15%, le risorse per la professionalizzazione delle Forze armate, a decorrere dall’esercizio finanziario 2007.
L’articolo 62 stabilisce il potenziamento dell’organico del Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro con sessanta unità di personale, nonché quello del Comando per la tutela dell’ambiente fino a venti unità, da considerarsi in soprannumero rispetto alle dotazioni organiche dell'Arma dei carabinieri previste dalle norme vigenti. Tali incrementi sono disposti al fine di potenziare l'attività ispettiva, di controllo e vigilanza rispettivamente del Ministero del Lavoro e del Ministero dell’Ambiente.
L’articolo 63 riduce del 30 per cento il trattamento economico complessivo dei Ministri e dei sottosegretari di Stato di cui alla L. 212/1952, a decorrere dal 1° gennaio 2007.
L’articolo 64 interviene in materia di trattamento economico dei dirigenti pubblici sotto due profili. Il comma 1 riduce del 50% la misura delle classi di stipendio e degli aumenti periodici biennali previsti per le categorie che ancora usufruiscono di progressioni stipendiali automatiche (magistrati, docenti e ricercatori universitari, dirigenti dei corpi di polizia e delle forze armate). Il comma 2 estende anche ai dirigenti apicali dei corpi di polizia e delle Forze armate la fissazione di limiti massimi ai trattamenti accessori, e demanda all’emanazione di un D.P.C.M. la definizione dei criteri applicativi per l’attuazione della riduzione del 10% della spesa per i dirigenti stabilita dall’art. 22-bis del D.L. 223/2006.
L’articolo 65 riaggrega gli stanziamenti di alcune unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione e dispone la diretta assegnazione delle risorse ivi allocate alle istituzioni scolastiche.
L’articolo 66 prevede i seguenti interventi:
§ ridefinizione - con decreti ministeriali - dei parametri per la formazione delle classi nonché del rapporto docenti di sostegno/alunni(commi 1 e 2);
§ realizzazione di un piano triennale di assunzioni (che interessa 150.000 docenti e 20.000 unità di personale ATA) nonché di piani specifici per la formazione dei docenti di scuola primaria all’insegnamento dell’inglese; la mobilità per i docenti inidonei all’insegnamento e la riconversione dei soprannumerari; nonché di un monitoraggio delle supplenze brevi; riduzione degli orari dell’istruzione professionale (commi 1, 2, 4 e 5);
§ revisione dei titoli utili per l’inserimento nelle graduatorie del personale docente e delegificazione delle medesime (comma 3);
§ riordino degli enti di servizio del ministero: istituzione dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica e contestuale soppressione degli istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione e ricerca educativa (INDIRE); riorganizzazione dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione (INVALSI) (commi 6-11);
§ riduzione (da tre a due) dei revisori dei conti delle istituzioni scolastiche (comma 12);
§ ridefinizione delle procedure concorsuali per i dirigenti scolastici e nomina sui posti vacanti dei candidati al concorso ordinario bandito con decreto direttoriale 22 novembre 2004 (commi 13 e 14);
§ il comma 15 indica le economie di spesa conseguenti all’attuazione dell’articolo.
L’articolo 67 ha la finalità di garantire il conseguimento dei risparmi di spesa che dovrebbero derivare dall’attuazione degli articoli 47 e 66 del disegno di legge finanziaria in esame. Pertanto, nel caso di accertamento di minori economie, si prevede la riduzione delle relative dotazioni di bilancio.
L’articolo 68 reca una serie di interventi concernenti il sistema dell’istruzione: ridefinizione dell’obbligo scolastico e innalzamento dell’età per l’accesso al lavoro; piani di edilizia scolastica; norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro; offerta formativa delle istituzioni scolastiche; disposizioni relative ai libri di testo per l’istruzione secondaria superiore; riorganizzazione dell'IFTS (Istruzione e formazione tecnica superiore) e dell’istruzione degli adulti; finanziamenti per le attrezzature tecnologiche di supporto alla didattica; interventi a favore delle scuole non statali, con particolare riferimento alle scuole per l’infanzia.
L’articolo 69, nel quadro del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, riduce di un punto percentuale rispetto al triennio precedente il tasso di crescita annuale del fabbisogno finanziario rispettivamente nella misura del 3 per cento per il sistema universitario statale (comma 1) e del 4 per cento per gli enti pubblici di ricerca (comma 2). Tale fabbisogno è incrementato degli oneri contrattuali del personale riguardanti competenze arretrate (comma 5).
L’articolo 70 reca disposizioni in tema di personale delle università e degli enti di ricerca, dettando una specifica disciplina per le relative assunzioni meno rigida rispetto agli altri comparti, sulla base dell’importanza dei su menzionati settori per la competitività del Paese. L’articolo autorizza inoltre per il 2007 un piano straordinario per l’assunzione di ricercatori mediante attribuzione dell’idoneità scientifica nazionale.
L’articolo 71 introduce, per gli anni 2007, 2008 e 2009, il divieto per le università di istituire e attivare facoltà e corsi di studio in sedi diverse da quella legale e amministrativa (comma 1) nonché l’obbligo, per le facoltà e i corsi di studio decentrati già esistenti, di integrare le convenzioni con gli enti locali e gli altri enti sottoscrittori, in modo da assicurarne il funzionamento, per almeno venti anni (comma 2).
L’articolo 72 indica gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle disposizioni in materia di enti territoriali.
L’articolo 73 detta la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome con riferimento al triennio 2007-2009. Le regole del patto per le regioni indicano, come fattore di contenimento su cui intervenire, il complesso delle spese finali che devono essere diminuite nel 2007 dell’1,8 per cento rispetto al complesso delle spese finali dell'anno 2005.
In aggiunta ai limiti di spesa è poi fissata una misura di riduzione dell’indebitamento per tutte le regioni e province autonome.
Sono inoltre definiti i criteri per il monitoraggio del rispetto del patto e le misure correttive per il mancato rispetto degli obiettivi annuali.
L’articolo 74 detta la disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali con riferimento al triennio 2007-2009. A differenza della disciplina prevista dalla legge finanziaria 2006, il vincolo del patto per gli enti locali per il triennio 2007-2009 è formulato come riduzione del disavanzo finanziario anziché come limitazione all’incremento delle spese. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 gli enti devono conseguire un saldo finanziario pari a quello medio del triennio 2003-2005, migliorato di una misura che dipende dal livello delle spese correnti nel triennio 2003-2005 e, per i soli enti in situazione di deficit, dal livello del deficit nel triennio 2003-2005.
L’articolo introduce altresì misure volte a contenere la dinamica di crescita dello stock di debito degli enti locali negli anni 2007-2009.
Sono inoltre definiti i criteri per il monitoraggio del rispetto del patto e le misure correttive per il mancato rispetto degli obiettivi annuali, introducendo, in caso di inadempienza, un meccanismo di automatismo fiscale che comporta una maggiorazione dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione.
L’articolo 75, comma 1, provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2007.
Il comma 2, conferma, per l’anno 2007, la compartecipazione dei comuni e delle province al gettito dell’IRPEF.
L’articolo 76, nelle more di una nuova, organica disciplina degli organi di governo degli enti locali, apporta (comma 1) una serie di modifiche a vari articoli del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000), finalizzate ad esigenze di coordinamento della finanza pubblica, e reca disposizioni (commi 2 e 3) volte al contenimento di taluni emolumenti spettanti agli amministratori locali.
L’articolo 77 subordina l'organizzazione degli uffici periferici delle amministrazioni statali nelle nuove province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani (istituite con le leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004) ai princìpi di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche contenuti nei precedenti articoli 33, 34 e 35 del d.d.l. finanziaria.
L’articolo 78 contiene una norma programmatica ai fini del contenimento della spesa pubblica delle regioni in relazione ai costi degli organismi politici e degli apparati amministrativi.
L’articolo 79, al comma 1, mira arazionalizzare i processi di revisione delle circoscrizioni provinciali e di istituzione di nuove province, istituendo a tal fine una commissione di studio presso la Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali e sospendendo, nelle more della sua attività, i procedimenti in corso.
I commi 2, 3 e 4 recano misure finanziarie volte ad incentivare la fusione di comuni e l’esercizio associato di funzioni e servizi.
I commi 5 e 6 vietano la contemporanea partecipazione di comuni ad unioni di comuni ed a comunità montane.
L’articolo 80 reca ulteriori misure di contenimento della spesa degli enti territoriali, limitando sia l’entità massima dei compensi spettanti agli amministratori delle società partecipate da comuni o province sia il numero complessivo dei componenti i relativi consigli di amministrazione. Tali disposizioni valgono quali princìpi per le Regioni.
L’articolo 81 indica gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle disposizioni in materia di previdenza.
L’articolo 82 determina l'adeguamento, per l'anno 2007, degli stanziamenti del bilancio statale a favore della Gestione INPS degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS).
L’articolo 83 provvede ad una regolazione contabile tra le gestioni INPS, al fine di imputare alla “Gestione per l'erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti” una quota di risorse disponibili, corrispondente ai maggiori oneri della medesima gestione, valutati in 534 milioni di euro per il 2005 e in 400 milioni di euro per il 2006.
L’articolo 84 reca alcune disposizioni in materia di previdenza complementare, in primo luogo anticipando al 1° gennaio 2007 la decorrenza della riforma prevista dal D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252. Inoltre: si istituisce un Fondo (gestito dall’INPS) per l’erogazione del TFR, al quale far affluire un contributo pari al 50 per cento della quota di TFR che maturerà dal 1° gennaio 2007 e non destinata a forme di previdenza complementare, stabilendone altresì le modalità di attuazione nonché le procedure di destinazione delle risorse; si introduce una nuova disciplina relativa alle forme di compensazione per i datori di lavoro che conferiscono il TFR alle forme pensionistiche complementari e al suddetto Fondo per l’erogazione del TFR; si stanziano risorse pari a 17 milioni di euro per il finanziamento delle spese per la campagna informativa per adesioni consapevoli alle forme pensionistiche complementari.
L’articolo 85 provvede alla rideterminazione delle aliquote contributive per alcune categorie di lavoratori: artigiani e commercianti, lavoratori dipendenti, lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, apprendisti artigiani e non artigiani. L’articolo inoltre istituisce, per il periodo 2007-2009, un contributo di solidarietà pari al 3% sulla quota di pensione eccedente il limite di 5.000 euro mensili.
L’articolo 86 prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2007, per i lavoratori a progetto e le categorie assimilate iscritti alla gestione separata INPS che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, la corresponsione a carico dell’INPS di un’indennità giornaliera di malattia e di un trattamento economico per congedo parentale.
L’articolo 87 indica gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle disposizioni in materia di sanità.
L’articolo 88 stabilisce i nuovi livelli del finanziamento del servizio sanitario nazionale, cui concorre lo Stato (96.000 milioni di euro per il 2007; 99.042 milioni di euro per il 2008; 102.245 milioni di euro per il 2009), dettando numerose disposizioni (sia sul versante della spesa sia su quello delle entrate) volte a garantire il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica nel comparto sanitario e la riqualificazione della spesa, anche sulla base degli indirizzi concordati in sede di Conferenza Stato regioni. In particolare, sono rafforzati gli strumenti di monitoraggio degli andamenti della spesa e le procedure per procedere all’innalzamento automatico dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e alla maggiorazione dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive nel caso in cui si verifichino scostamenti rispetto agli obiettivi di risanamento della spesa. Per le regioni nelle quali si è registrato un disavanzo nei conti della sanità, è istituito un fondo transitorio integrativo al fine di facilitarne i piani di rientro dal deficit, il cui accesso è condizionato dalla stipula di specifici accordi con i Ministri competenti in ordine alle misure di risanamento necessarie.
La norma introduce infine anche alcune modifiche alla disciplina delle anticipazioni di tesoreria alle regioni delle risorse finanziarie statali destinate al servizio sanitario nazionale.
L’articolo 89 stanzia nuove risorse per 251,5 milioni di euro nel triennio 2007-2009 per l’attuazione di progetti in campo sanitario.
L’articolo 91 introduce misure sanzionatorie a carico di farmacisti e sanitari che commettono truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale.
L’articolo 93 disciplina il finanziamentodi specifici progetti diricerca sanitaria.
L’articolo 94 promuove interventi nel campo della farmacovigilanza e detta disposizioni sui farmaci.
L’articolo 97 proroga, per il periodo 2007-2009, i benefici attualmente previsti per le farmacie con un fatturato ridotto.
L’articolo 99 finanzia la realizzazione di un Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà.
L’articolo 101 aumenta progressivamente la misura della partecipazione della regione Sicilia al finanziamento del Servizio Sanitario nazionale nel suo territorio, attualmente fissata nella misura del 42,5%, fino ad arrivare al 50% nel 2009.
L’articolo 102 modifica l’ordinamento finanziario della regione Sardegna, stabilito dall’articolo 8 dello Statuto speciale. Dispone un aumento delle risorse finanziarie attribuite alla regione Sardegna realizzato con le modifiche all’articolo 8 dello statuto disposte dal comma 1, che attribuiscono alla regione una compartecipazione di 9/10 all’IVA e dei 7/10 di tutte le altre entrate erariali e la definizione, disposta dal comma 2, della questione del gettito dei tributi erariali riscossi fuori dal territorio regionale. Per l’altro verso vengono trasferite alla Regione funzioni fino ad ora esercitate dallo Stato (comma 5).
Il nuovo ordinamento entrerà a regime nel 2010. Con riguardo alle principali compartecipazioni (IRPEF, IRPEG e gli aggiuntivi 7/10 delle altre imposte) il comma 6 fissa infatti un tetto massimo di oneri per lo Stato per gli anni 2007, 2008, 2009. Per gli stessi anni, lo Stato conserva a proprio carico l’esercizio delle funzioni trasferite (comma 8).
Fin dal 2007 invece la regione dovrà provvedere integralmente, secondo quanto disposto dal comma 4, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel proprio territorio, attualmente finanziato dalla Regione solo per il 29%. Per gli anni 2007, 2008, 2009 – ovvero fino alla messa a regime del nuovo sistema - la spesa sanitaria viene finanziata con la compartecipazione IVA. La corrispondente quota verrà infatti attribuita in misura pari all’importo necessario a coprire la spesa sanitaria della Regione, maggiorato di 300 milioni di euro (comma 7). Ad integrazione di quanto dovuto come compartecipazione IVA per gli anni 2004-2006, alla regione viene inoltre attribuito (comma 3) un contributo ventennale di 25 milioni di euro per ciascun anno dal 2007 al 2026.
L’articolo 103 indica gli effetti sui saldi di finanza pubblica delle disposizioni in materia di sviluppo e ricerca.
L’articolo 104 reca disposizioni concernenti misure di sostegno all’innovazione industriale.
Allo scopo di rafforzare l’efficacia di dette misure il comma 1 istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per la competitività e lo sviluppo.
Il comma 2 stabilisce che a valere sulla quota delle risorse del Fondo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico siano finanziati - progetti di innovazione industriale delle aree tecnologiche dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie per la vita, per il made in Italy e delle tecnologie innovative per il patrimonio culturale.
Ai sensi del comma 3 il Ministro dello sviluppo economico, ai fini dell’individuazione del contenuto di ciascun progetto, procede alla nomina di un responsabile di progetto, sentiti i ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri ministri interessati.
L’adozione dei progetti, sulla base delle proposte del responsabile, è demandata al Ministro dello sviluppo economico che vi provvede con decreti adottati previo parere della Conferenza Stato-regioni, di concerto con i ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri ministri interessati. (comma 4).
Il comma 5 demanda al Ministro dello sviluppo economico l’istituzione, con proprio decreto, di regimi di aiuto conformi alle norme comunitarie.
Ai sensi del comma 6 i progetti possono essere cofinanziati da altre amministrazioni sia statali che regionali.
Il comma 7 dispone l’istituzione del Fondo per la finanza d’impresa.
Il comma 8 rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle modalità di funzionamento del Fondo, di cui al precedente comma 7, prevedendo anche la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti.
Fino all’adozione del suddetto decreto, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione UE saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione (comma 9).
Il comma 10 demanda ad un DPCM il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali destinati alla finanza di imprese, individuate dallo stesso decreto.
Il comma 11 interviene in materia di proprietà industriale, attraverso l’istituzione dei diritti su brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e di modelli, nonché i diritti di opposizione alla registrazione dei marchi di impresa.
Il comma 12 introduce un’autorizzazione di spesa per la costituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un’apposita struttura di cooperazione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale destinata ad attività ricognitive e di monitoraggio per il coordinamento delle politiche volte a contrastare il declino dell’apparato produttivo.
Il comma 13, infine, stabilisce che gli interventi del Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, di cui all’art. 11, comma 3, del DL 35/05, siano disposti in base ai criteri e alle modalità stabiliti dal CIPE , con propria delibera, su proposta del Ministro dello sviluppo economico.
L’articolo 105 dispone un incremento delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di 63.273 milioni di euro per il periodo 2007-2015, di cui 100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e 5.000 milioni per l’anno 2009. La determinazione della quota delle risorse suddette da iscrivere nel bilancio per ciascuno degli anni del bilancio pluriennale è demandata alla legge finanziaria (Tabella F).
L'articolo 106 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST).
Ai sensi del comma 2, il Fondo è alimentato in via ordinaria dai conferimenti, annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e dalle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto del citato Fondo per le aree sottoutilizzate.
L’articolo 107 rifinanzia il “Fondo nazionale per il cofinanziamento di interventi regionali nel settore del commercio e del turismo”, istituito ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge 266/97 (c.d. Bersani). In particolare al Fondo sono destinati 30 milioni di euro per l’anno 2007 e 40 milioni di euro annui per il 2008 e il 2009.
L’articolo 108 modifica la disciplina delle società finanziarie che possono essere costituite, per finalità di sostegno al turismo ed al commercio, dai confidi, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998, disponendo nel contempo un finanziamento di trenta milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per il finanziamento di alcune attività di tali società.
L’articolo 109 reca alcune modifiche alla riforma del sistema dei confidi operata con l’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326.
L’articolo 110 rifinanzia le attività previste in favore delle imprese nazionali del settore aeronautico, autorizzando contributi quindicennali da erogare ai sensi dell’articolo 5, comma 16-bis, del D.L. 35/05 (c.d. competitività).
L’articolo 111, al comma 1, prevede la gestione coordinata degli incentivi alla ricerca applicata e alla innovazione tecnologica relativi ai Fondi di competenza dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'università e della ricerca e del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri.
L’articolo 112 autorizza uno stanziamento annuale di 10 milioni di euro per il triennio 2007-2009 da destinarsi alla realizzazione di progetti per la società dell'informazione.
L’articolo 113 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della difesa, un apposito fondo destinato al finanziamento degli interventi a sostegno dell'economia nel settore dell'industria nazionale ad elevato contenuto tecnologico. Il fondo è iscritto con una dotazione di 1.700 milioni di euro per l'anno 2007, di 1.550 milioni di euro per l'anno 2008 e di 1.200 milioni di euro per l'anno 2009.
L’articolo 114 autorizza la spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il rifinanziamento del Fondo relativo agli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà.
Il comma 2 dispone che le amministrazioni interessate agiscano in modo da assicurare criteri coordinati di selezione e valutazione delle domande, anche tramite l'emanazione di bandi unitari e l'acquisizione delle domande di agevolazione presso un unico ufficio, individuando idonee forme di coordinamento per la valutazione integrata delle domande stesse.
L’articolo 115 prevede l’integrazione di 600 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, della dotazione del Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze ai sensi della legge finanziaria 2006, ai fini della corresponsione dei corrispettivi per gli oneri di servizio pubblico sostenuti dalle imprese beneficiarie del Fondo stesso, per i rispettivi contratti di programma (ANAS Spa, ENAV, Poste Italiane Spa e Ferrovie dello Stato Spa).
L’articolo 116 autorizza i committenti tenuti all’applicazione del Codice dei contratti pubblicidi cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ad utilizzare anche i contratti di locazione finanziaria (cd. leasing) ai fini della realizzazione, acquisizione o completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità.
L’articolo 117 assegna al Fondo per misure di accompagnamento della riforma dell'autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica, istituito dall’articolo 1, comma 108, della legge finanziaria n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), la somma di 520 milioni di euro per l’anno 2007, per il proseguimento degli interventi in favore dell’autotrasporto.
L’articolo 118 prevede un aumento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione a decorrere dal 1° gennaio 2007. L’aumento deve assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 45 milioni di euro.
Tali risorse sono destinate per 25 milioni di euro al funzionamento del Centro elaborazione dati (CED) del Dipartimento dei trasporti terrestri e per 5 milioni di euro alla predisposizione del piano generale di mobilità, dei sistemi informativi di supporto, monitoraggio e valutazione di efficacia degli interventi.
L’articolo 119 eleva a 170 milioni di euro l’autorizzazione di spesa, dalla precedente legge finanziaria prevista in 50 milioni di euro, destinata a finanziare per l’anno 2005 la riduzione dei premi INAIL per i dipendenti delle imprese di autotrasporti in conto terzi.
L’articolo 120autorizza uno stanziamento annuale di 5 milioni di euro, a decorrere dal 2007, destinato all’Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.
L’articolo 121 incrementa di 10 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate destinate al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno al fine di completare il suddetto programma e di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda.
L’articolo 122 istituisce presso il Ministero delle comunicazioni il Fondo per il passaggio al digitale, volto a diffondere la tecnologia della televisione digitale sul territorio nazionale, autorizzando la spesa di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Ad un decreto del Ministro dei trasporti è demandata l’individuazione degli interventi e delle concrete modalità di realizzazione dei medesimi, dei requisiti e delle condizioni per accedere agli interventi, delle categorie di destinatari, della durata delle sperimentazioni, nonché delle modalità di monitoraggio e di verifica.
L’articolo 123 prevede l’esclusione dalla cd. regola del 2 per cento delle spese degli enti pubblici non territoriali relative a progetti cofinanziati dall'Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.
L’articolo 124 reca disposizioni concernenti l’unificazione in un unico fondo di tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST spa, destinati ad operazioni di venture capital in paesi non aderenti alla UE, compreso il fondo previsto dall’art. 5, co. 2, lett. c) della legge 84/01.
L’articolo 125,novella il DL 28 maggio 1981, n. 251, conv. con modif. dalla legge n. 394/81, recante disposizioni in materia di internazionalizzazione, prevedendo che il fondo rotativo di cui all’art. 2 di tale decreto-legge – finalizzato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici - possa essere garantito, dall’ente gestore, contro i rischi del mancato rimborso.
L’articolo 126, intervenendo in materia di internazionalizzazione, modifica la legge n. 100 del 1990, istitutiva della SIMEST, con riferimento alla destinazione degli utili conseguiti dalla stessa società, la cui disciplina è contenuta nell’’articolo 3, comma 5, della legge, oggetto specifico della norma in esame.
L’articolo 127 dispone un’integrazione all’articolo 10 del DL 251/81 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane") relativo alla concessione di contributi ai consorzi export multiregionali del settore agroalimentare e turistico-alberghiero, inserendo il criterio della progettualità - come si osserva nella relazione governativa - tra quelli necessari alla concessione dei contributi.
L’articolo 128 dispone un incremento di 20 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 a favore del Fondo istituito dalla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) a sostegno del made in Italy.
L’articolo 129 autorizza la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 - da ripartire secondo i criteri dettati dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295/1998 - per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge n. 139/1992.
L’articolo 130 autorizza la spesa di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione degli interventi per Roma, Capitale della Repubblica di cui alla legge n. 396 del 1990.
L’articolo 132 autorizzata uno stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il finanziamento della promozione della candidatura ad ospitare in una città italiana l'Esposizione Universale che si svolgerà dal 1° maggio al 31 ottobre del 2015.
L’articolo 133 dispone l’incremento di 175 milioni di euro annui dei contributi assegnati al comune di Roma a titolo di concorso dello Stato negli oneri finanziari che il comune sostiene, in dipendenza delle esigenze cui deve provvedere quale sede della Capitale.
L’articolo 134 reca autorizzazioni di spesa per il settore ferroviario, in particolare in favore del Sistema Alta velocità – Alta capacità (AV/AC), a titolo di aumento dell’apporto al capitale delle Ferrovie dello Stato s.p.a., per il rimborso degli interessi e per la restituzione delle quote capitale dei mutui accesi per la realizzazione dello stesso Sistema AV/AC, nonché per la rete tradizionale.
L’articolo 135, al comma 1, provvede al rifinanziamento del Programma infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001, autorizzando la concessione di contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Viene inoltre previsto che dei 100 milioni decorrenti dal 2007, 5 milioni di euro siano destinati alle esigenze infrastrutturali delle capitanerie di porto, mentre il comma 2 autorizza un contributo annuale di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per consentire lo sviluppo del programma di potenziamento ed adeguamento delle infrastrutture del Corpo delle capitanerie di porto - guardia costiera.
L’articolo 136 introduce norme per assicurare l’autonomia finanziaria delle Autorità portuali, in particolare attraverso l’attribuzione alle autorità portuali del gettito della tassa di sbarco e imbarco sulle merci trasportate per via marittima e della tassa di ancoraggio, l’istituzione a decorrere dall’anno 2007 di un fondo perequativo con dotazione di 50 milioni di euro da ripartirsi annualmente tra le autorità portuali, l’autorizzazione per le autorità portuali ad applicare un’addizionale su tasse, canoni e diritti, nonché la rimozione del vincolo del 2% al tetto di spesa delle stesse autorità portuali previsto dalla legge finanziaria per il 2005.
L’articolo 137 reca disposizioni in materia di hub portuali di interesse nazionale, in particolare autorizzando una spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2008 finalizzati allo sviluppo dei porti con connotazioni di hub portuali di interesse nazionale e delle attività di transhipment e dell’intermodalità; viene, inoltre, istituito un apposito Comitato per l’adozione del piano di sviluppo e di potenziamento dei suddetti hub e per la determinazione dell’importo di spesa destinato a ciascuno di essi.
L’articolo 138 prevede risorse finanziarie non inferiori a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici nel territorio della regione Molise, da destinare unicamente ai comuni totalmente evacuati che abbiano, nel contempo, predisposto il relativo piano di ricostruzione, a condizione che gli interventi di ricostruzione siano adottati in coerenza con i programmi già previsti da altri interventi infrastrutturali statali.
L’articolo 139 destina, per la prosecuzione dell'opera di ricostruzione nei territori delle regioni Umbria e Marche colpiti dagli eventi sismici del settembre 1997, un contributo annuo di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 25 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e demanda la ripartizione di tale contributo ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
L’articolo 140 prevede uno stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per il completamento degli interventi infrastrutturali finalizzati alla realizzazione dei sistemi di trasporto rapido di massa di cui alla legge n. 443/2001 (c.d. “legge obiettivo”); inoltre, si prevede che ai fondi destinati a cofinanziare le opere di cui alla legge n. 443/2001 si applichi la procedura contabile e di rendicontazione prevista per i fondi stanziati ai sensi della legge n. 443/2001.
L’articolo 141 dispone che, in attesa del recepimento della direttiva 2006/38/CE del 17 maggio 2006, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture, vengano individuate, con apposito DPCM, le tratte della rete stradale di rilievo nazionale e autostradale nelle quali applicare il nuovo sistema di tariffazione previsto dalla citata direttiva.
L’articolo 142 detta disposizioni relative al finanziamento e all’attività dell’ANAS. In particolare: il comma 1 impone all’ANAS l’obbligo di predisporre un nuovo piano economico-finanziario, riferito all'intera durata della concessione (il cui limite massimo, in base al comma 2, è innalzato da trenta a cinquanta anni) e prevede la sottoscrizione di una convenzione unica.
I commi 3 e 4, rispettivamente, destinano all’ANAS una parte del canone annuo a carico degli enti concessionari e il nuovo sovrapprezzo istituito sulle tariffe di pedaggio di tutte le autostrade.
I commi 5 e 6 rispettivamente, dettano disposizioni dirette a realizzare l'autonomia e la piena separazione organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile delle attività dell’ANAS volte alla vigilanza e controllo sui concessionari autostradali ed escludono la possibilità per l’ANAS di affidare ad una o più società da essa costituite lo svolgimento dei compiti previsti all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 26 febbraio 1994 n. 143.
I commi 7 e 8, infine, recano, rispettivamente, la soppressione del Fondo centrale di garanzia per le autostrade e ferrovie metropolitane e il subingresso di ANAS nella gestione dell'intero patrimonio e nei relativi rapporti e l’estensione ai finanziamenti pubblici erogati ad ANAS di talune disposizioni recate dalla finanziaria 2006 per il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale a copertura degli investimenti funzionali ai compiti di cui essa è concessionaria ed all'ammortamento del costo complessivo di tali investimenti.
L’articolo 143 concernente il miglioramento della mobilità dei pendolari istituisce reca l’istituzione di un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale il cui ammontare è fissato in 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 144 interviene in materia di sicurezza dei trasporti, stabilendo che Ministro dei trasporti provvede – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge – all’aggiornamento del Piano nazionale della sicurezza stradale previsto dall’art. 32 della legge n. 144/1999, per il quale viene autorizzata la spesa di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009
L’articolo 145 autorizza un contributo 10 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 al fine della realizzazione di interventi volti all'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza in un’ottica di incremento della sicurezza della circolazione; a decorrere dal 2008 il contributo è destinato alle gestioni commissariali governative e alle ferrovie di proprietà del Ministero dei trasporti.
L’articolo 146 interviene in materia di innovazione tecnologica dell’industria cantieristica, prevedendo l’autorizzazione per il Ministero dei trasporti a concedere un contributo non superiore al 20% delle spese sostenute dalle imprese iscritte agli albi speciali delle imprese navalmeccaniche previste dall’art. 19 della legge n. 234/1989 per specifici progetti
L’articolo 147 reca disposizioni in materia di rottamazione di traghetti, modificando l’articolo 4 della legge n. 13/2006 relativa all’ammodernamento della flotta; in particolare, vengono stanziati 30 milioni di euro - per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 - per la demolizione di unità non più conformi ai più avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino e la cui età sia superiore a venti anni.
L’articolo 148 è volto a razionalizzare il sistema dei controlli sulla qualità dei prodotti agroalimentari, intervenendo, in particolare, sulle competenze dell’Ispettorato centrale repressione frodi e dell’AGEA, nonché sui controlli nei settori vitivinicolo e ortofrutticolo.
L’articolo 149 detta norme sul sistema idrico nazionale e in materia di enti irrigui. La disposizione, in particolare, trasferisce alle regioni Puglia e Basilicata le funzioni spettanti al dicastero agricolo sull’Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, proroga di un ulteriore anno l’attività dell’Ente irriguo umbro toscano ed esclude le spese per l’energia utilizzata per il sollevamento dell’acqua, allo scopo di consentire la sua distribuzione, dal taglio degli stanziamenti per consumi intermedi.
L’articolo 150 detta norme volte a promuovere la vendita diretta di prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli.
L’articolo 151 innalza il valore dell’importo annuale massimo degli appalti con gli imprenditori agricoli che le amministrazioni pubbliche possono stipulare, in deroga alla normativa vigente, per lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio.
L’articolo 152 reca una serie di interventi nel settore agricolo. La disposizione interviene, in particolare, sui fondi per l’imprenditoria giovanile, sui fondi per le imprese colpite dall’influenza aviaria, sui consorzi agrari, sul trattamento di integrazione salariale dei lavoratori agricoli nelle aree colpite da calamità naturali e sulle risorse finanziarie di ISMEA.
L’articolo 154 è volto a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari, introducendo benefìci fiscali, in termini di deduzione dal reddito d’impresa, per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati all’estero.
L’articolo 155 è volto a favorire lo sviluppo della forma societaria in agricoltura, consentendo alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, che siano società agricole, di optare per l’applicazione di un regime fiscale più favorevole, cioè di essere tassate in base al reddito catastale agrario.
L’articolo 156 detta norme volte a promuovere le bioenergie. In particolare, la disposizione interviene sul contingente annuo di biodiesel esente da accisa (commi 1 e 2), sulla promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche (comma 3), sull’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola (comma 4), sui carburanti ottenuti da produzioni vegetali e sulle materie plastiche ottenute da prodotti agricoli (comma 5).
L’articolo 157 destina risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per l'attuazione di programmi annuali di interventi per la difesa del mare previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 e dei protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dalle azioni di inquinamento del 16 febbraio 1976, ratificata con legge 25 gennaio 1979, n. 30.
L’articolo 158 reca alcune disposizioni relative alle spese per le attività di antinquinamento marino, prevedendo in particolare la determinazione delle spese sostenute per gli interventi di tutela dell’ambiente marino conseguenti a danni provocati dai soggetti di cui all’art. 12 della legge n. 979 del 1982 attraverso l’applicazione del cd. tariffario internazionale SCOPIC e la parziale destinazione delle somme recuperate per le attività di difesa del mare dagli inquinamenti.
L’articolo 159, al fine di contrastare l’abusivismo edilizio nelle aree naturali protette, contiene un’autorizzazione di spesa per attuare un programma triennale straordinario per la demolizione delle opere abusive nelle aree naturali protette nazionali ed estende a tutte le aree protette l’acquisizione gratuita, a favore degli enti di gestione o dei comuni, delle opere abusivamente costruite all’interno del loro perimetro.
L’articolo 160 prevede l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. La disposizione inoltre demanda ad un successivo decreto interministeriale l’individuazione delle modalità per l'erogazione dei finanziamenti e definisce le priorità per l’individuazione delle misure finanziate.
L’articolo 161 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, del Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche, l'educazione e informazione ambientale e progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile. Lo stesso articolo determina la dotazione del fondo in 25 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 e demanda ad apposito decreto interministeriale l’individuazione annuale delle misure prioritarie da finanziare con il fondo.
L’articolo 163 prevede una serie di misure in materia di beni culturali che riguardano:
§ il personale del Ministero, con la proroga di alcuni contratti di lavoro a tempo determinato;
§ il funzionamento e le risorse della Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS Spa);
§ l’istituzione di un Fondo per l’attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo stato e le autonomie (finanziato con 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009) finalizzato al sostegno di interventi in materia di attività culturali svolte sul territorio italiano;
§ un finanziamento di 31,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per interventi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio;
§ un finanziamento di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009Il comma 6 al Fondo per la produzione, la distribuzione l'esercizio e le industrie tecniche previsto dell'art. 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28.per interventi a sostegno di istituzioni, grandi eventi di carattere culturale e ulteriori esigenze del settore dello spettacolo;
§ un’autorizzazione di spesa per l’anno 2007 di 10 milioni di euro a favore del Fondo in favore dell’editoria per ipovedenti e non vedenti istituito dalla legge n. 291 del 2003 (articolo 1, tabella A, n. 86).
L’articolo 164 autorizza la spesa la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2007 a favore delle accademie e delle istituzioni superiori musicali, coreutiche e per le industrie artistiche, riservando 10 milioni alla ristrutturazione ed alla manutenzione straordinaria degli immobili e 10 milioni di euro al funzionamento amministrativo e didattico.
L’articolo 165 reca una serie di misure volte a razionalizzare gli interventi e conseguire economie di spesa nel settore dello spettacolo. In particolare:
§ sono abrogati gli articoli 37 e 40 della legge 14 agosto 1967, n. 800 concernenti contributi alle attività di promozione e produzione lirica e musicale nonché l’articolo 8 del DPR 21 aprile 1994, n. 394 e i titoli III e IV del D.M. 21 dicembre 2005 in materia di parchi di divertimento e relativa autorizzazione all'esercizio;
§ sono modificati i criteri di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo a favore delle fondazioni lirico sinfoniche demandandone la definizione, ora esplicitata nel D.Lgs. 367 del 1996, ad un decreto ministeriale non avente natura regolamentare;
§ sono introdotte nuove norme per contrastare la mancata restituzione da parte delle imprese di produzione cinematografica delle somme erogate dallo stato a valere sul Fondo per le attività cinematografiche previsto dal D.Lgs. n. 28 del 2004;
§ viene modificato il D.Lgs. n. 28 del 2004 in materia di sostegno al cinema, prevedendo, tra l’altro, che lo stato acquisisca la completa titolarità dei diritti del film qualora entro cinque anni dall’erogazione non sia restituita almeno una quota parte delle risorse erogate, da definirsi mediante decreto ministeriale insieme con le modalità di erogazione del contributo stesso.
L’articolo 166 prevede, a carico del Fondo per l’occupazione, la realizzazione di una serie di interventi a tutela dell’occupazione, nei limiti degli importi specificamente indicati che comunque saranno stabiliti in via definitiva con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell’economia.
L’articolo 167 è volto ad estendere gli incrementi della durata e della misura dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali disposti dall’articolo 13, comma 2, lettera a) del decreto legge n. 35/2005, ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2007.
L’articolo 168, al fine di coordinare gli interventi di contrasto al lavoro irregolare e all’evasione contributiva, estende alle Camere di commercio l’obbligo, già gravante sulle aziende, enti, istituti e società che stipulano contratti di somministrazione di energia elettrica o di forniture di servizi telefonici, di rendere disponibili i dati contenuti nei rispettivi archivi agli enti pubblici gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
L’articolo 169 prevede, in via sperimentale, l’introduzione di indici di congruità intesi a valutare la congruità del rapporto tra qualità dei beni e servizi offerti e quantità di ore di lavoro impiegate, con particolare riferimento ai settori produttivi a più alto indice di violazione della disciplina in materia di lavoro e di previdenza sociale.
L’articolo 170 è volto ad introdurre una disciplina più generale relativa al Documento unico di regolarità contributiva (DURC), al fine di estenderne l’applicazione anche a settori e situazioni ulteriori rispetto alla normativa vigente, prevedendo in particolare che, a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza sociale siano riservati ai datori di lavoro che siano in possesso del DURC; rispettino gli altri obblighi previsti dalla normativa e rispettino gli accordi e i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
L’articolo 171 è volto ad adeguare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori entrate in vigore in data antecedente al 1° gennaio 1999, destinando le eventuali maggiori entrate all’aumento delle dotazioni del Fondo per l’occupazione.
L’articolo 172 è volto a modificare alcuni aspetti della disciplina relativa alle comunicazioni agli uffici competenti relative al rapporto di lavoro, estendendo a tutti i datori di lavoro l’obbligo della comunicazione preventiva dell’assunzione dei lavoratori (già introdotta recentemente per il solo settore dell’edilizia) e semplificando gli adempimenti del datore di lavoro connessi alle comunicazioni relative all’instaurazione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro.
L’articolo 173 prevede che le risorse del Fondo speciale infortuni, a cui affluiscono le somme introitate per le violazioni alla disciplina dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, possano essere utilizzate anche per il finanziamento di attività promozionali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento ai settori più a rischio sul versante infortunistico.
L’articolo 174 prevede un ulteriore finanziamento, pari a 100 milioni di euro per il 2007, in favore delle attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età, con riferimento all’attuazione dell'obbligo formativo.
L’articolo 175, ai fini della collocazione in mobilità entro il 31 dicembre 2007, è volto a concedere l’istituto della mobilità lunga a 6.000 lavoratori dipendenti da imprese i cui piani di gestione delle eccedenze occupazionali siano stati oggetto di esame presso il Ministero del lavoro nel periodo dal 1° gennaio 2007 al 28 febbraio 2007, disponendo che gli oneri relativi al trattamento di mobilità per il periodo eccedente la durata della mobilità ordinaria sono posti a carico delle imprese beneficiarie e che ai lavoratori ai quali viene concessa la mobilità lunga continueranno ad applicarsi gli attuali requisiti per il pensionamento di vecchiaia e di anzianità.
L’articolo 176 prevede lo stanziamento di 460 milioni di euro per la concessione o la proroga, fino al 31 dicembre 2007, di ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente, subordinatamente alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali definiti con specifici accordi in sede governativa.
L’articolo 177 detta misure volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare, sulla base di accordi aziendali o territoriali, concedendo al datore di lavoro che presenta l’istanza di regolarizzazione agevolazioni relative al versamento di contributi previdenziali e dei premi assicurativi pregressi e prevedendo che il regolare versamento di quanto dovuto per la regolarizzazione contributiva e assicurativa estingue eventuali sanzioni amministrative e penali.
L’articolo 178 è volto a promuovere, sulla base di appositi accordi aziendali o territoriali, la trasformazione dei rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, in rapporti di lavoro subordinato.
L’articolo 179 proroga dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2007 la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti licenziati per giustificato motivo oggettivo, prevista dall’articolo 1, comma 1, primo periodo, del D.L. 4 del 1998. Il diritto all'iscrizione è riconosciuto ai soli fini dei benefici contributivi conseguenti all'eventuale rioccupazione, con esclusione, cioè, dell'indennità di mobilità.
L’articolo 180proroga fino al 31 dicembre 2007, per le imprese non comprese nell'ambito ordinario di applicazione della disciplina dei contratti di solidarietà, il termine - da ultimo prorogato al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 11, del D.L. 68 del 2006 - entro il quale esse possono stipulare i predetti contratti beneficiando di determinate agevolazioni.
L’articolo 181 contiene misure volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali dello Stato, in particolare derivanti dalle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, nonché dalle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali). A tal fine, la norma introduce il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi comunitari ed internazionali.
L’articolo 182 prevede stanziamenti finalizzati al sostegno del settore turistico per il triennio 2007-2009. In particolare, il comma 3 autorizza la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da assegnare all'Osservatorio nazionale del turismo di cui all'articolo 12 del decreto-legge 11 marzo 2005, n. 35, da destinare specificamente per le attività di monitoraggio della domanda e dei flussi turistici ed identificazione di strategie di interesse nazionale per lo sviluppo e la competitività del settore.
L’articolo 183 reca il rifinanziamento del trasporto pubblico locale, in particolare autorizzando la spesa di 60 milioni di euro per l’espletamento delle funzioni in materia di servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a. delegati alle Regioni ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 422/1997.
L’articolo 184 aumenta i parametri da applicarsi per la determinazione delle dotazioni finanziarie delle Agenzie fiscali (tranne l’Agenzia del demanio).
L’articolo 185 incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2007 il Fondo, istituito dalla legge finanziaria 2006, per provvedere all’estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato.
L’articolo 186 reca una norma finalizzata al ripristino delle risorse dell’otto per mille dell’IRPEF destinato allo Stato, decurtate di 80 milioni di euro a decorrere dal 2004 dalla legge finanziaria 2004. In particolare, le risorse vengono ripristinate per un importo di 45 milioni di euro nel 2007 e integralmente a decorrere dal 2010.
L’articolo 187, al comma 1, istituisce, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un fondo di 400 milioni di euro per l'anno 2007, e di 500 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, destinato a spese di funzionamento dello strumento militare ed alimentato con i pagamenti a qualunque titolo effettuati da Stati o organizzazioni internazionali, ivi compresi i rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Al comma 2 sono destinati 20 milioni al finanziamento di un programma straordinario di edilizia per la costruzione, acquisizione o manutenzione di alloggi per il personale volontario delle Forze armate.
L’articolo 188 autorizza, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di 1 miliardo di euro per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, confermando a tal fine l’istituzione di un apposito fondo nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché il relativo importo. Risulta tuttavia innovata e sostanzialmente delegificata la procedura di riparto delle risorse, che avverrebbe con DPCM per “le sole missioni deliberate con determinazione del Consiglio dei ministri ed atto di indirizzo del Parlamento, previa informazione al Presidente della Repubblica”.
Per la disciplina dei profili ordinamentali delle missioni l’articolo dispone una serie di rinvii normativi ai provvedimenti legislativi che recentemente hanno autorizzato o prorogato le missioni in atto. L’ultimo periodo del comma 5 dispone peraltro che, per le nuove missioni, il trattamento economico e assicurativo del personale interessato sia stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni interessate.
L’articolo 189 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per la proroga della convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa, titolare dell’emittente Radio radicale, stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224.
L’articolo 190 sopprime - a decorrere dall'anno 2007 - l'autorizzazione di spesa correlata alla costituzione della Fondazione per la promozione dello sviluppo della ricerca avanzata nel campo delle biotecnologie prevista nella legge finanziaria per il 2006 (all'articolo 1, comma 341, della legge 23 dicembre 2005, n. 266). Si tratta, in particolare, di 60 milioni di euro per gli anni 2007 e 2008, e 180 milioni di euro per l’anno 2009.
L’articolo 191 prevede un incremento del finanziamento destinato alle emittenti televisive locali pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 192 stanzia 215 milioni di euro annui nel triennio 2007-2009 per integrare le risorse del Fondo per le politiche per la famiglia, precisando i criteri di utilizzo di tali risorse.
L’articolo 193 autorizza una spesa di 100 milioni di euro annua per la realizzazione di un piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi soci-educativi (asili nido, servizi integrativi e asili aziendali).
L’articolo 194 aumenta la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità istituito dal D.L. 223/2006, prevedendo un incremento di 20 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
L’articolo 197 stanzia nuove risorse per l’attività di prevenzione delle mutilazioni genitali femminili.
L’articolo 198 istituisce un “Fondo per le non autosufficienze” con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2007 e di 200 milioni di euro annui per il 2008 e 2009.
L’articolo 199 istituisce un Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati presso il Ministero della solidarietà sociale. La dotazione del Fondo è pari a 50 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
L’articolo 200 riduce da 3 milioni di euro a 750 mila euro, per gli anni 2007 e 2008, il contributo assegnato dal comma 429 della legge n. 266/2005 a favore della Fondazione per la responsabilità sociale d’impresa
L’articolo 201 prevede una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per l’anno 2007 di finanziamento del Fondo nazionale per la montagna.
L’articolo 202dispone una nuova proroga al 30 giugno 2007 dell’utilizzo delle risorse relative agli anni 2001 e 2002 per la prosecuzione della sperimentazione del reddito minimo di inserimento.
L’articolo 203 disciplina i casi di indebita percezione da parte di soggetti extracomunitari delle misure di sostegno a favore dei genitori, previste dalla scorsa legge finanziaria, in caso di nascita o adozione di un bambino.
L’articolo 204 stanzia risorse aggiuntive per il Fondo per le politiche giovanili.
L’articolo 205 stanzia risorse aggiuntive per il Fondo nazionale per le politiche giovanili.
L’articolo 206 assegna all'Istituto per il credito sportivo, per agevolare il credito per la realizzazione di impianti sportivi, un contributo annuo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 207 incrementa di 2, 5 milioni di euro per ciascuno degli esercizi 2007 e 2008, il contributo di 500 milioni assegnato dall’art. 1, comma 580, della legge finanziaria 2006, al Comitato italiano paralimpico e concede al medesimo comitato 3 milioni di euro per l’esercizio 2009.
L’articolo 209 istituisce nello stato di previsione del Ministero della giustizia un Fondo per le esigenze connesse all’acquisizione di beni e servizi dell’amministrazione con una dotazione di 200 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009, demandando a successivi decreti del ministro della giustizia la ripartizione del Fondo medesimo tra le competenti unità previsionali di base.
L’articolo 210, che sostituisce l’articolo 5 della legge n. 209/2000, (Misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati) prevede la possibilità di annullamento o riconversione dei crediti di aiuto accordati a Paesi colpiti da catastrofi naturali o da gravi crisi umanitarie, ovvero per i quali siano state promosse dalla comunità internazionale, con la partecipazione dell’Italia, iniziative che abbiano finalità di sviluppo.
L’articolo 211 prevede che il Ministero degli esteri avvalendosi dell’Agenzia del demanio, definisca entro il 30 luglio 2007 un Piano di razionalizzazione degli immobili di proprietà dello Stato ubicati all’estero, al fine di individuare i cespiti per i quali proporre la dismissione. Una quota dei proventi delle operazioni di dismissione potrà essere destinata alla ristrutturazione, al restauro e alla manutenzione straordinaria degli immobili ubicati all'estero.
L’articolo 212 innalza a 75 euro la tariffa dovuta per il rilascio del visto per il soggiorno e per il transito sul territorio italiano a cittadini di Paesi non appartenenti all’area Schengen.
L’articolo 213 istituisce un Fondo speciale presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all’estero, al quale verranno fatte affluire somme derivanti da atti di donazione e liberalità, nonché i corrispettivi di contratti di sponsorizzazione conclusi con soggetti pubblici e privati. Tali somme saranno impiegate per contribuire alle spese per la manutenzione degli immobili, per i contratti con agenzie di lavoro interinale, e per le attività di istituto.
L’articolo 214 prevede un incremento dell'addizionale sui diritti di imbarco sugli aeromobili pari a 50 centesimi di euro per ogni passeggero, finalizzato a ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti; a tal fine concorre un apposito fondo, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato, per un ammontare pari a 30 milioni di euro,
L'articolo 216, comma 1 stabilisce l’entità dei fondi speciali, che sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.
Il comma 2, approva la tabella C, recante le dotazioni da iscrivere nel bilancio annuale e triennale in relazione a leggi di spesa permanente.
Il comma 3 approva la tabella D, contenente gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme per interventi di sostegno all’economia classificati fra le spese di conto capitale.
Il comma 4 approva le riduzioni di autorizzazioni di spesa contenute nella tabella E.
Il comma 5 approva la tabella F, recante gli importi da iscrivere in bilancio in relazione ad autorizzazioni di spesa a carattere pluriennale.
Il comma 6 autorizza le amministrazioni e gli enti pubblici ad assumere gli impegni di spesa indicati nella medesima tabella.
Il comma 7, dispone l’approvazione dell’allegato 1, nel quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche voci di bilancio (cc.dd. eccedenze di spesa).
Il comma 8, dispone l’approvazione dell’allegato 2, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che costituiscono i fondi unici per gli investimenti.
L’articolo 217, comma 1,dispone l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.
Il comma 2 stabilisce che le disposizioni del disegno di legge finanziaria costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
Il comma 3 fissa al 1° gennaio 2007 l’entrata in vigore della legge finanziaria.
Con riferimento all’articolo 51 - che estende a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni alcune disposizioni sul contenimento delle spese della legge finanziaria 2006 - si osserva che:
§ il mancato richiamo nell’articolo dell’esclusione prevista dall’articolo 1, comma 23, della legge finanziaria 2006 comporta l’applicabilità a tutti gli enti territoriali della disciplina generale sui limiti all’acquisto di immobili. Occorre valutare tale disciplina sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale che, alla luce dell’autonomia finanziaria riconosciuta agli enti territoriali dall’articolo 119 della Costituzione, ha escluso la legittimità costituzionale di vincoli di carattere specifico alle spese di questi enti (cfr. sentenza n. 417/2005). La disciplina limitativa dell’acquisto degli immobili degli enti territoriali prevista dalla legge finanziaria 2006 (limitata al solo anno 2006) è stato oggetto di diversi ricorsi alla Corte costituzionale da parte degli enti territoriali; la Corte non si è peraltro ancora pronunciata sul punto.
Occorre altresì valutare la conformità al riparto di competenze legislative tra Stato e regioni degli articoli 198 e 199, che istituiscono il Fondo per le non autosufficienze ed il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati. La materia dei “servizi sociali” risulta infatti attribuita alla competenza esclusiva delle regioni e la giurisprudenza della Corte costituzionale ha più volte escluso la legittimità costituzionale di fondi con vincoli di destinazione nelle materie di competenza esclusiva o concorrente delle regioni. Lo Stato mantiene la competenza esclusiva nella materia della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ma gli articoli citati indicano espressamente che i fondi sono istituiti “nelle more della definizione” dei predetti livelli.
Con riferimento all’articolo 51 - che estende a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni alcune disposizioni sul contenimento delle spese della legge finanziaria 2006 e prevede per le medesime l’obbligo di adeguare le proprie politiche in materia di personale ai principi previsti dal provvedimento in esame - si osserva che l’articolo, non escludendo espressamente gli organi costituzionali, risulta lesivo dell’autonomia finanziaria e contabile costituzionalmente garantita a tali organi (cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 129 del 1981).
L’articolo 193 appare configurare un nuovo Fondo destinato a promuovere la realizzazione di servizi socio educativi su tutto il territorio nazionale, senza peraltro disciplinare criteri e modalità di riparto delle risorse. Tale aspetto potrebbe rivestire una specifica rilevanza anche alla luce della giurisprudenza costituzionale in ordine ad alcune disposizioni di legge approvate a livello nazionale negli anni scorsi e volte ad ampliare il numero degli asili nido e degli asili aziendali.
Si segnala che il nuovo Fondo per le non autosufficienze di cui all’articolo 198 si affianca al Fondo nazionale per le politiche sociali, differenziandosi da questo anche per le diverse modalità di riparto delle risorse, con particolare riguardo alla mancata previsione di un Intesa o di un parere della Conferenza unificata Stato e autonomie locali. Si ricorda altresì che la Commissione Affari sociali della Camera ha avviato il dibattito sulle proposte di legge in materia, di iniziativa parlamentare e popolare (su tali proposte e sui problemi inerenti il rispetto del titolo V della Costituzione cfr. il dossier del Servizio studi n. 19 del 2006).
Appare opportuno un approfondimento dell’articolo 88, comma 1, lett. c), in base al quale le intese assunte tra le regioni ed i ministeri competenti con i programmi di rientro dal deficit sanitario determinerebbero una deroga ai provvedimenti normativi ed amministrativi adottati dalla regione interessata, intervenendo indirettamente sul sistema delle fonti regionali. Ne andrebbe pertanto valutata la congruità in relazione all’assetto istituzionale delineato nel Titolo V della Costituzione ed in alcuni statuti approvati dalle regioni, che ne tipizzano le fonti.
Riguardo all’articolo 5, comma 19, potrebbe essere opportuno coordinare il termine di due anni relativo alle agevolazioni destinate all’acquisto di autoveicoli per gli invalidi, con quello quadriennale previsto dall’articolo 15, comma 1, lettera c), per la fruizione della corrispondente agevolazione agli effetti dell’IRPEF.
In relazione al comma 37, si osserva che la disposizione avrebbe potuto trovare opportuna collocazione nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.
Con riferimento all’articolo 41, in materia di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni, si osserva che apparirebbe opportuno un più puntuale coordinamento con l’articolo 26 della legge finanziaria 2000; l’articolo disposizione avrebbe potuto, ad esempio, essere formulato come una novella al citato articolo 26.
In merito all’articolo 181 si segnala l’opportunità di coordinare il comma 2 con quanto previsto, in ordine ai poteri sostitutivi esercitabili in caso di inadempimento di obblighi comunitari, dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, e in particolare dagli articoli 11, comma 8, relativo all’attuazione in via regolamentare, 13, comma 2, relativo agli adeguamenti tecnici, e 16, comma 3, in materia di attuazione regionale
Con riferimento all’articolo 1, si osserva che l’importo delle regolazioni debitorie e contabili in esso indicate per gli anni 2007, 2008 e 2009 non sembra coincidere con i dati riportati nel prospetto allegato.
Si valuti altresì l’opportunità di precisare, al comma 4, che la destinazione delle eventuali maggiori entrate rispetto alle previsioni è subordinata al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Con riferimento agli articoli 2, 31, 72, 81, 87 e 103, che indicano gli effetti di delle disposizioni contenute in singoli titoli o capi sui saldi di finanza pubblica, si osserva che:
§ non sono indicati gli effetti sui saldi di finanza pubblica con riferimento delle disposizioni in materia di pubblico impiego (titolo III, capo II) e di scuola, università e ricerca (titolo III, capo III). Non sono altresì indicati gli effetti sui saldi delle misure delle tabelle e degli allegati;
§ in taluni casi i settori sono composti da disposizioni di carattere non omogeneo;
§ i dati indicati non sembrano coincidere con quelli riportati nella relazione tecnica e nei relativi allegati;
§ occorre chiarire i motivi che hanno indotto ad ascrivere alle disposizioni sugli enti territoriali effetti positivi in termini di saldo netto da finanziare, rilevanti soprattutto per il 2007 (1.622 milioni di euro). Quest’ultimo saldo si riferisce infatti al bilancio dello Stato, che, come è noto, con comprende gli enti territoriali.
In relazione all’articolo 5, comma 11, che dispone l’applicazione di nuove norme a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2007, si osserva che, non trattandosi nel caso di specie di norme sostanziali relative a un tributo periodico (le quali avrebbero effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data della sua entrata in vigore, a norma dell’articolo 3 della legge n. 212 del 2000), non appare chiaro il significato della limitazione alla sola lettera a) del comma 10.
In relazione al comma 13, si osserva che sarebbe opportuno specificare a quale dei due periodi del comma 4 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 471 del 1997 (riguardanti sanzioni diverse) debba riferirsi il rinvio contenuto nella novella.
In relazione al comma 15, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria “aggiuntiva” per le medesime violazioni (relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione rilevanti per l'applicazione degli studi di settore) cui si riferiscono i precedenti commi da 12 a 14, si osserva che la previsione (nel presente comma 15) di una sanzione specifica per “violazioni relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione [nel testo della norma denominati modelli] rilevanti per l'applicazione degli studi di settore” può indurre dubbi circa la sua relazione con le sanzioni introdotte con i commi da 12 a 14. Poiché infatti questi ultimi dispongono l’incremento di sanzioni riferite a fattispecie diverse e determinate (dichiarazioni inferiori al dovuto, esposizione di deduzioni o detrazioni non spettanti etc.), nell’ipotesi in cui ricorrano contestualmente le violazioni relative al contenuto dei modelli, non sembrerebbero applicabili separatamente per queste sole violazioni. I riferimenti operati nella novella del presente comma 15 all’ “articolo 1, comma 2” (invece che 2-bis) e all’ “articolo 5, comma 4” (invece che 4-bis) sembrerebbero confermare quest’interpretazione. Verrebbe meno, pertanto, il carattere “aggiuntivo” della sanzione prevista dal presente comma 15, ove dovesse intendersi come sanzione da cumularsi con la precedente (fra l’altro, ciò comporterebbe l’assoggettamento della medesima condotta a due sanzioni di eguale natura).
Si segnala altresì, in relazione al medesimo comma 15, che la previsione di una sanzione da applicarsi “in aggiunta alla sanzione prevista all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 5, comma 4” indurrebbe a ritenere che tale sanzione possa essere irrogata soltanto ove la condotta qui individuata sia stata realizzata unitamente alle violazioni contemplate nei due articoli citati. Infine, il mancato richiamo dell’articolo 32, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 446 del 1997 (introdotto dal comma 14) parrebbe escludere l’applicabilità della sanzione in relazione agli allegati alle dichiarazioni IRAP.
In relazione al comma 17, che sarebbe stato più corretto abrogare direttamente le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972, invece che i commi 7 e 8 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005, che le hanno inserite mediante novella. Per altro, l’applicazione di tali disposizioni è soggetta a condizione sospensiva in attesa dell’approvazione della Commissione europea.
In relazione al comma 19, sembra doversi riferire alle agevolazioni previste per i veicoli destinati ai soggetti affetti da invalidità o menomazioni, in connessione con quanto disposto dal precedente comma 18 e secondo le indicazioni della relazione governativa. Tuttavia, stante la sua formulazione in termini generali, per prevenire dubbi interpretativi, sarebbe opportuna una precisazione a tale riguardo.
Si segnala che la formulazione letterale del comma 5 dell’articolo 20 subordina all’autorizzazione della Commissione europea l’efficacia di tutte le norme del medesimo articolo, il quale contiene anche disposizioni per cui tale autorizzazione non appare pertinente.
Sempre con riferimento all’articolo 20, si segnala che la misura del credito d’imposta non è indicata nel testo del comma 6, mentre nella relazione governativa al provvedimento si specifica che il limite massimo del credito è stabilito in 100.000 euro per un triennio.
Con riferimento al comma 1 dell’articolo 21, occorre valutare l’opportunità di mantenere per tali aree la denominazione zone “franche”, che letteralmente farebbero presupporre a zone extradoganali, o di sostituirla con quella di zone “zone a fiscalità differenziata od agevolata”.
In relazione alla formulazione del comma 2 si evidenzia che tale disposizione fa riferimento alle “riduzioni di cui al comma 1” sebbene tali riduzioni non siano presenti nella richiamata disposizione.
In relazione alla formulazione del comma 2 dell'articolo 25 si osserva che l'espressione "nuove infrastrutture ... che ... abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici" appare eccessivamente generica essendo, viceversa, opportuno fornire indicazioni più precise sulle modalità di individuazione di tali infrastrutture.
In particolare, appare utile chiarire l’eventuale rapporto fra le infrastrutture di preminente interesse nazionale di cui alla legge obiettivo (21 dicembre 2001, n. 443) e le nuove infrastrutture di cui al presente comma.
Con riferimento all’articolo 26, comma 2, si segnala che la formulazione letterale del comma 3 dell’articolo 2-quater ivi introdotto fa decorrere il termine di emanazione del previsto decreto ministeriale dalla data di entrata in vigore “della presente legge”, anziché – come dovrebbe essere trattandosi di novella che accede a un testo già in vigore – da quella di entrata in vigore “della presente disposizione”.
In relazione all’articolo 29, comma 1, riguardante la proroga delle agevolazioni fiscali per il recupero del patrimonio edilizio,si segnala che la collocazione dei limiti già previsti per la sola detrazione IRPEF (quota del 36 per cento delle spese e limite di 48.000 euro per unità immobiliare) nell’alinea sembrerebbe comportarne l’applicazione nelle fattispecie contemplate sia nella lettera a), sia nella lettera b), estendendone quindi l’efficacia anche all’agevolazione in materia di aliquota IVA.
All’articolo 39, comma 3 si osserva che il testo non individua il termine entro il quale i provvedimenti di riorganizzazione debbano essere trasmessi alle amministrazioni destinatarie.
Al comma 5, si osserva che il testo non specifica i tempi di trasmissione dei risultati del monitoraggio a decorrere dal 2009, anno in cui tale attività è da considerarsi a regime.
Con riferimento all’articolo 51, che estende a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni alcune disposizioni sul contenimento delle spese della legge finanziaria 2006, si osserva che:
§ l’articolo estende una disposizione che prevede un obbligo di relazione entro il 30 novembre 2006; dato che questo termine sarà scaduto al momento dell’entrata in vigore della legge finanziaria, appare opportuno fissare un diverso termine per le amministrazioni che saranno soggette alla disciplina limitativa in conseguenza dell’articolo in esame;
§ il mancato richiamo dell’esclusione prevista dall’articolo 1, comma 23, della legge finanziaria 2006 comporta l’applicabilità a tutti gli enti territoriali della disciplina generale sui limiti all’acquisto di immobili.
Con riferimento all’articolo 53, che prevede l’accantonamento e la conseguente indisponibilità di una quota delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato, si osserva che:
§ a differenza di precedenti interventi legislativi di riduzione degli stanziamenti di bilancio, che si applicavano solo alle spese di carattere discrezionale, la disposizione in esame sembra applicarsi anche alle spese di carattere obbligatorio: occorre pertanto acquisire puntuali indicazioni circa la praticabilità e le conseguenze di una riduzione di carattere generale di spese derivanti per lo più da fattore legislativo, anche alla luce dell’ampio meccanismo di flessibilità gestionale introdotto dall’articolo;
§ ai fini di una valutazione dell’impatto della disposizione, appare necessario allegare, come avvenuto in precedenti occasioni, un elenco delle unità previsionali di base interessate dalla disposizione medesima, con indicazione dell’entità di ciascun accantonamento;appare altresì opportuna l’indicazione della quota percentuale interessata dall’accantonamento rispetto al totale degli stanziamenti delle categorie economiche interessate;
§ sono esclusi dall’accantonamento gli stanziamenti relativi “alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni”. Tale disposizione dovrebbe essere finalizzata ad escludere dall’accantonamento gli stanziamenti relativi alle confessioni religiose che concorrono al riparto della quota dell’8 per mille dell’IRPEF (cioè la Chiesa cattolica, l’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa evangelica valdese, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, l'Unione delle Comunità ebraiche italiane). La legge n. 222/1985 riguarda peraltro solo la Chiesa cattolica, mentre i rapporti con le altre confessioni religiose sono disciplinati sulla base di leggi successive che dovrebbero essere richiamate espressamente.
All’articolo 57, comma 1, si osserva che la disposizione non prevede in quale modo si proceda alla ripartizione del contingente complessivo di assunzioni tra i vari Corpi di polizia.
Al comma 2, si osserva che andrebbe chiarito l’inciso “previste da norme di legge”, con riferimento alle procedure selettive.
Al comma 4, si osserva che la platea delle pp.aa. cui si applica la disposizione non coincide perfettamente con quella di cui al comma 95 della legge n. 311/2004, includendo anche i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Al comma 6, si osserva che sarebbe opportuno esplicitare che si tratta di assunzioni di “personale a tempo indeterminato”.
Al comma 14, si osserva, sul piano della formulazione, che alla lettera h-bis) sarebbe opportuno sostituire le parole: “per la copertura delle posizioni” con le seguenti: “personale necessario alla copertura delle posizioni”.
All’articolo 59, comma 2, si osserva che andrebbe precisato se la disposizione “sanzionatoria” relativa al divieto di assunzioni riguardi tutti gli enti sottoposti al patto di stabilità interno, o al contrario solamente gli enti locali come previsto dalle precedenti leggi finanziarie.
Con riferimento all’articolo 67 - che prevede una clausola di salvaguardia in caso di mancato conseguimento dei risparmi che dovrebbero discendere dalle misure in materia dall’attuazione degli articoli 47 e 66 del disegno di legge finanziaria, relativi al riordino degli enti pubblici e ad interventi in materia di scuola disponendo una riduzione di determinati stanziamenti di bilancio - si osserva che la disposizione non indica né quando né come intervenire per accertare le minori economie ed addivenire alle riduzioni di bilancio.
Con riferimento all’articolo 68, comma 12, che incrementa complessivamente di 100 milioni di euro a decorrere dal 2007 gli importi attualmente iscritti nelle u.p.b “Scuole non statali”,si osserva che la destinazione prioritaria delle risorse alle scuole per l’infanzia appare eccessivamente generica, in quanto non consente di individuare con certezza i criteri con cui devono essere effettuati gli aumenti negli stanziamenti di bilancio.
Con riferimento agli articoli 73 e 74, che disciplinano il patto di stabilità interno per regioni, province e comuni, da cui dovrebbe derivare un effetto di miglioramento dell’indebitamento netto stimato in 4.380 milioni di euro per il 2007, 4.920 milioni di euro per il 2008 e 5.420 milioni di euro per il 2009, si osserva che tale miglioramento dovrebbe essere aggiuntivo rispetto a quello derivante dall’applicazione del patto di stabilità sulla base della legge finanziaria 2006, i cui effetti dovrebbero essere già considerati nel quadro tendenziale.
Con riferimento all’articolo 74, che disciplina il patto di stabilità interno per gli enti locali, si osserva che, in base alla formulazione letterale della lettera a) del comma 3, non appare del tutto chiara l’esclusione degli enti in situazione di avanzo dal computo della misura del miglioramento del disavanzo di cui alla medesima lettera a). Sembrerebbe infatti che l’esclusione degli enti in avanzo riguardi solo l’applicazione dei coefficienti: ne deriverebbe che questi enti, nella determinazione del proprio concorso alla manovra, sarebbero tenuti a considerare, oltre alla media triennale 2003-2005 delle spese correnti moltiplicata per gli indicati coefficienti, anche l’intero ammontare dell’avanzo di cassa relativo al medesimo triennio. Un’interpretazione letterale porta così alla conseguenza – paradossale – di penalizzare fortemente gli enti in avanzo rispetto agli enti in deficit.
Appare necessario coordinare l’articolo 80, comma 3, ove si richiama l’indennità di missione per gli amministratori locali di cui all’art. 84 del testo unico sugli enti locali, con l’art. 76, co. 1, lett. l), che novella l’art. 84 citato sopprimendo l’indennità di missione ivi prevista.
All’articolo 84, comma 10, che modifica l’articolo 8 del D.L. 203/2005, si osserva che andrebbe valutata la congruità della data di decorrenza delle misure di compensazione in termini di riduzioni contributive, dal momento che tali benefici sono previsti solamente a decorrere dal 1° gennaio 2008, mentre i maggiori oneri per i datori di lavoro per la perdita di parte del TFR maturando si determinerebbero già dal 1° gennaio 2007. Appare opportuno, inoltre, un chiarimento in ordine agli effetti prodotti dalla abrogazione implicita del comma 3 del vigente articolo 8 del D.L. 203/2005, in considerazione dei tempi necessari per il completamento del processo di istituzione e distribuzione della tessera sanitaria.
Con riferimento all’articolo 106 si segnala che la relazione illustrativa precisa che le risorse del FAR, del FIRB, del FAS per la parte di competenza del MIUR e i rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato confluiranno al FIRST a decorrere dal 2007. Tale decorrenza non risulta presente nell'articolo in esame.
In relazione al comma 5 si segnala che l'autorizzazione di spesa da destinare ad integrazione del FIRST viene quantificata dalla relazione illustrativa in 300 mln. di euro per il triennio mentre la relazione tecnica e l’allegato 7 confermano il valore riportato nell’articolato per l’anno 2009 di 360 mln. di euro.
Con riferimento all’articolo 116 si segnala che alla possibilità che il contratto di leasing sia in concreto riconducibile all’appalto di fornitura, appare necessario un chiarimento circa l’opportunità di modificare il comma 5, così da fare riferimento anche a tale tipologia di contratti d’appalto.
Con riferimento all’articolo 128 si segnala che relazione illustrativa al disegno di legge in esame nel commentarlo fa riferimento ad una riduzione da 10 a 1 milione di euro dell’importo da destinare, sempre ai sensi dell’art. 4, comma 61, alla scuola superiore dell’economia e delle finanze. Tale riduzione non è presente nel testo del citato articolo 128.
All’articolo 136 relativo all’autonomia finanziaria delle autorità portuali, si fa presente che il comma 7 demanda la revisione della disciplina sulle tasse e i diritti marittimi ad un regolamento ai sensi dell’articolo 17 comma 3, della legge n. 400 del 1988, che disciplina i regolamenti ministeriali. Non appare chiaro il senso di tale richiamo al comma 3 dell’articolo 17, atteso che il regolamento inciderà su un oggetto disciplinato da atti normativi di rango primario e, pertanto, verrà a configurare un’ipotesi di delegificazione contemplata, invece, al comma 2 dell’articolo 17 della legge n. 400 del 1988. Si fa, inoltre, presente che, pur richiamandosi un regolamento ministeriale, il comma 7 in esame individua quale soggetto legittimato all’emanazione del regolamento il “Governo” e non il “Ministro”.
In relazione all’articolo 142, posto che il comma 1 prevede in termini alquanto generici che la sottoscrizione della convenzione unica avvenga “in occasione di tali approvazioni”, sarebbe opportuno specificare a quale atto di approvazione si riferisce.
Occorre un chiarimento in ordine alla portata del comma 2, che sembra attribuire in via unilaterale al Ministero la facoltà di adeguamento della durata della concessione.
Più in generale, posto che i commi 1 e 2 impongono all’ANAS un obbligo di rinegoziazione della convenzione e sembrano attribuire al Ministero la facoltà di modificare unilateralmente la durata della concessione, occorre un chiarimento circa la loro compatibilità con il carattere convenzionale del rapporto tra ANAS e Ministero.
Con riferimento al comma 3, atteso che esso impone una rinegoziazione per legge di clausole contrattuali, può essere utile un chiarimento circa la sua compatibilità con la natura di contratto di diritto privato delle convenzioni tra ANAS e concessionarie.
Con riferimento alla formulazione del comma 5, in relazione alle finalità della norma (quali si desumono anche dalla relazione illustrativa) appare opportuno specificare che essa è diretta “anche” (e non via esclusiva) a realizzare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4.
Occorre modificare la formulazione del comma 7 per chiarire l’erroneo riferimento interno al comma 7.
Nell’articolo 145, recante interventi per la sicurezza ferroviaria; non appare chiaro quali siano i soggetti destinatari del finanziamento per l’anno 2007.
In merito all’articolo 147 in materia di rottamazione di traghetti, si segnala che non è previsto il termine di emanazione del decreto ministeriale chiamato a definire i criteri e le modalità di attribuzione dei benefìci alle imprese. Si rileva, inoltre, che la rubrica del nuovo articolo 4 della legge n. 13/2006,su cui incide l’articolo 147 del provvedimento in esame, richiama il fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l’ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima lacuale e fluviale, previsto nella precedente formulazione dell’articolo 4 e non più contemplato dall’articolo come modificato.
In relazione all’articolo 157 il riferimento ai programmi annuali di interventi per la difesa del mare dovrebbe essere più propriamente indirizzato al Piano generale in difesa del mare e delle coste dall'inquinamento e di tutela dell'ambiente marino di cui all’art. 1 della legge n. 979, in quanto la stessa legge non fa menzione di singoli programmi annuali. In alternativa, l’articolo potrebbe rinviare genericamente all’attuazione degli interventi per la difesa del mare previsti dalla stessa legge n. 979.
Riguardo all’articolo 159 si osserva che occorre riformulare il comma 2, sostituendo il riferimento all'art. 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 con quello all’art. 31, comma 6, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
In relazione all’articolo 160, con riferimento al comma 2, si osserva che - per una maggiore chiarezza - sarebbe opportuno specificare, benché implicito, che i finanziamenti in esso contemplati attingono alle risorse del fondo di cui al comma 1.
Con riferimento al comma 4, sembrerebbe opportuno una riformulazione al fine di far riferimento alle risorse di cui al comma 5 anziché al comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 120 del 2002.
In merito all’articolo 161, con riferimento all’istituzione del Fondo per lo sviluppo sostenibile, se si vuole mantenere la scelta di creare un nuovo fondo piuttosto che rifinanziare – per le tre tipologie progettuali indicate nel comma 1 – quello previsto dall’articolo 109 della legge 388/2000, sembra opportuno denominare diversamente il fondo istituito dalla norma in commento al fine di evitare una rischiosa duplicazione con quello esistente.
All’articolo 168, comma 1, si osserva che andrebbe precisato meglio quali siano le informazioni che le CCIAA devono trasmettere agli enti pubblici gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
Al comma 2, si osserva che non è chiaro se l’obbligo di mettere i dati anche a disposizione del Ministero del lavoro si riferisca esclusivamente alla CCIAA o anche alle società e degli enti di somministrazione di energia elettrica e di forniture di servizi telefonici. Si ricorda che tali ultimi soggetti, ai sensi della normativa vigente sono tenuti a metterli a disposizione (anche con collegamenti telematici) solamente degli enti pubblici previdenziali ed assistenziali.
All’articolo 169, comma 2, si osserva che non appare chiarissimo il riferimento alle “violazioni in materia di incentivi ed agevolazioni contributive”. Sarebbe stato invece più opportuno riferirsi alle violazioni in materia di regolarità delle assunzioni e di regolarità contributiva.
All’articolo 170, comma 1, si osserva che andrebbe precisato meglio quali siano gli “obblighi di legge” da rispettare per usufruire dei benefici previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza sociale, in particolare se si intende far riferimento esclusivamente a quelli specifici ratione materiae (normativa lavoristica e previdenziale).
All’articolo 171, comma 2, per evitare difficoltà interpretative, andrebbe chiarito se si intende adeguare l’importo delle sanzione amministrativa pecuniaria solamente con riferimento alle violazioni relative all’ “omessa istituzione e l’omessa esibizione dei libri matricola e paga”, o invece (come sarebbe più ragionevole) si intende disporre tale adeguamento per tutte le violazione relative alle fattispecie di cui agli articoli 20 e 21 del D.P.R. 1124 del 1965.
All’articolo 172, comma 1, si osserva che la disposizione andrebbe meglio formulata, prevedendo che le agenzie di lavoro sono tenute ad effettuare le comunicazioni relative all’assunzione, alla proroga e alla cessazione dei rapporti di lavoro temporaneo entro il venti del mese successivo alla data in cui si è verificato l’evento e quindi rispettivamente l’assunzione, la proroga o la cessazione.
Al comma 4, sembrerebbe che la disposizione a cui si intende far riferimento non è l’articolo 1 (indicato erroneamente nel testo) bensì l’articolo 01 del decreto legge n. 2/2006, introdotto dalla relativa legge di conversione.
All’articolo 177, comma 4, si osserva che la parola “non” andrebbe riferita nel testo alla definitività dei provvedimenti amministrativi e giurisdizionali e non alla eventuale ricezione di tali provvedimenti.
Al comma 6, si osserva che la disposizione, almeno sul piano letterale, sembrerebbe prevedere l’estinzione dei reati e delle sanzioni amministrative relative esclusivamente al mancato versamento o alla mancata denuncia contributiva mensile all’INPS, mentre nulla viene disposto per le omissioni o irregolarità relative alle registrazioni sui libri di cui è obbligatoria la tenuta (che integrano ipotesi di evasione e non di semplice omissione). Andrebbe valutata l’opportunità di estendere anche a tali fattispecie di violazioni gli effettivi estintivi connessi alla regolarizzazione.
Al comma 7, andrebbe chiarito, al primo periodo del comma in esame, se la sospensione temporanea delle ispezioni riguardi esclusivamente le ispezioni relative alla sicurezza e alla salute sui luoghi di lavoro, o al contrario tutte le ispezioni volte a verificare il rispetto degli obblighi in materia di condizioni di lavoro e di previdenza sociale.
All’articolo 178, comma 6, si osserva che la disposizione, almeno sul piano letterale, sembrerebbe prevedere l’estinzione dei reati e delle sanzioni amministrative relative esclusivamente al mancato versamento o alla mancata denuncia contributiva mensile all’INPS, mentre nulla viene disposto per le omissioni o irregolarità relative alle registrazioni sui libri di cui è obbligatoria la tenuta (che integrano ipotesi di evasione e non di semplice omissione). Andrebbe valutata l’opportunità di estendere anche a tali fattispecie di violazioni gli effettivi estintivi connessi alla regolarizzazione.
Riguardo all’articolo 181 andrebbe valutata l’effettiva portata normativa dei commi 1 e 2, dal momento che l’obbligo per le regioni (e per gli ulteriori enti indicati al comma 1) di rispettare i vincoli comunitari ed internazionali discende direttamente da quanto previsto dall’articolo 117, primo comma, Cost. Inoltre, l’esercizio dei poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale deriva già – per i casi disciplinati dall’articolo in esame – dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003 e dai citati articoli 11, comma 8, 13, comma 2, e 16, comma 3, della legge n. 11 del 2005.
Andrebbe anche valutata l’effettiva omogeneità del comma 12 rispetto al complessivo contenuto del medesimo articolo, che introduce una procedura di carattere generale attivabile dallo Stato in caso di inadempimento di obblighi comunitari ed internazionali.
In riferimento all’articolo 183, relativo al rifinanziamento del trasporto pubblico locale, si fa presente che non appare chiaro il senso del riferimento al comma 2 dell’articolo 20 del D.Lgs. 422/1997 in relazione all’obbligo di garantire il livello dei servizi stabilito dagli accordi di programma. Tale garanzia risulta infatti prevista al secondo periodo del comma 2 dell’articolo 20, soppresso dallo stesso articolo 183
Con riferimento all’articolo 186, volto al ripristino delle risorse dell’otto per mille dell’IRPEF destinato allo Stato, decurtate dalla legge finanziaria 2004, si osserva che la disposizione da esso novellata dovrebbe continuare a specificare che la riduzione di 80 milioni di euro riguarda gli anni 2004, 2005 e 2006. Potrebbe altrimenti insorgere un’incertezza interpretativa circa l’applicabilità della decurtazione a questi anni.
Con riferimento all’articolo 216, comma 7, che dispone l’approvazione dell’allegato relativo alle cc.dd. eccedenze di spesa, si osserva quanto segue:
§ in taluni casi, il finanziamento delle cc.dd. eccedenze di spesa riguarda autorizzazioni di spesa espressamente qualificate dalla legge come limiti di spesa (come nel caso delle agevolazioni postali all’editoria – legge n. 67/1998 e decreto-legge n. 353/2003: art. 3) o in relazione alle quali è già stato emanato il dirigenziale della Ragioneria dello Stato di avvenuto raggiungimento dei limiti di spesa (come nel caso del fondo per l’equa riparazione dei danni subiti per violazione del termine di ragionevole durata del processo – legge n. 89/2001). In questi casi, più che di una applicazione della disciplina sulle cc.dd. eccedenze di spesa (legge n. 468/1978, art. 11, comma 3, lettera i-quater), introdotta dal decreto-legge “tagliaspese”), sembrerebbe trattarsi di un vero e proprio rifinanziamento delle relative leggi. Si valuti l’opportunità di una riflessione sul punto, anche perché l’inserimento di un finanziamento tra le eccedenze di spesa ha riflessi sull’esame parlamentare: le eccedenze di spesa sono infatti considerate non emendabili;
§ sotto il profilo degli effetti finanziari, non sono stati stimati effetti in termini di indebitamento netto dalla disposizione in esame.
Con riferimento all’articolo 217, comma 1,che dispone l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente, si rileva che il medesimo prevede tra i mezzi di copertura 1.000 milioni di euro per il 2007 e 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, derivanti da un disegno di legge delega, il cui testo e la relativa relazione tecnica non risultano ancora disponibili. Si osserva che l'utilizzo di risorse provenienti da un disegno di legge di delega pone un problema di coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura, in quanto tali mezzi devono sussistere a decorrere dal primo anno del triennio considerato dal prospetto. Ne deriva che le risorse derivanti dalla delega - che si realizzano subordinatamente all'emanazione della disciplina attuativa - devono necessariamente prodursi già nel 2007, al fine di evitare che la normativa delegata entri in vigore successivamente alla data del 1o gennaio 2007 e, pertanto, una parte delle risorse poste a copertura della legge finanziaria risulti affidata ad una disciplina non ancora vigente alla predetta data.
Per ulteriori osservazioni si rinvia alle schede di lettura.
Schede di lettura
(articoli
1-86)
Articolo 1
(Risultati differenziali del bilancio
dello Stato)
1. Per l'anno 2007, il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato in termini di competenza in 29.000 milioni di euro, al netto di 3.820 milioni di euro per regolazioni debitorie. Tenuto conto delle operazioni di rimborso di prestiti, il livello massimo del ricorso al mercato finanziario di cui all'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ivi compreso l'indebitamento all'estero per un importo complessivo non superiore a 4.000 milioni di euro relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2007, è fissato, in termini di competenza, in 240.500 milioni di euro per l'anno finanziario 2007.
2. Per gli anni 2008 e 2009 il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio pluriennale a legislazione vigente, tenuto conto degli effetti della presente legge, è determinato, rispettivamente, in 26.000 milioni di euro ed in 18.000 milioni di euro, al netto di 3.150 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, per le regolazioni debitorie; il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 214.000 milioni di euro ed in 208.000 milioni di euro. Per il bilancio programmatico degli anni 2008 e 2009, il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, rispettivamente, in 19.500 milioni di euro ed in 10.500 milioni di euro ed il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 208.000 milioni di euro ed in 200.000 milioni di euro.
3. I livelli del ricorso al mercato di cui ai commi 1 e 2 si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
4. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, le maggiori entrate rispetto alle previsioni derivanti dalla normativa vigente sono interamente utilizzate per la riduzione del saldo netto da finanziare, salvo che si tratti di assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali, improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese, situazioni di emergenza economico-finanziaria ovvero riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi di sviluppo ed equità sociale indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
L’articolo 1 fissa il livello massimo del saldo netto da finanziare e il livello massimo del ricorso al mercato per l’anno 2007 (comma 1) e per i due anni successivi, 2008 e 2009 (comma 2), compresi nel bilancio pluriennale.
Tali disposizioni costituiscono parte del contenuto necessario della legge finanziaria.
In base alla disciplina vigente, la legge finanziaria deve infatti indicare il livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare in termini di competenza, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale, comprese le eventuali regolazioni pregresse specificamente indicate (art. 11, comma 3, lettera a), della legge 5 agosto 1978, n. 468).
Il saldo netto da finanziare rappresenta, nel bilancio dello Stato, la differenza tra le entrate finali e le spese finali, cioè, rispettivamente, il totale delle entrate, escluse quelle derivanti da accensione di prestiti, e il totale delle spese, escluse quelle relative al rimborso dei prestiti in scadenza[1].
Il ricorso al mercato rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui è necessario fare ricorso al debito per fare fronte alle spese che si prevedono nel corso dell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali. L’entità del ricorso al mercato coincide pertanto, in sede di bilancio di previsione, con quella dell’accensione di prestiti[2].
Sono altresì individuate le finalità cui destinare le maggiori entrate che eventualmente dovessero determinarsi rispetto alle previsioni a legislazione vigente (comma 4).
Il comma 1 fissa, per l’esercizio 2007, il livello massimo del saldo netto da finanziare, in termini di competenza, in 29.000 milioni di euro.
Il DPEF 2007-2011 presentato nel luglio scorso e le risoluzioni parlamentari con cui è stato approvato, avevano fissato, a livello programmatico, un limite massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato per il 2007 pari a 29.500 milioni di euro, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie.
Tale importo è determinato al netto di 3.820 milioni di euro per regolazioni debitorie.
Si osserva peraltro che tale importo non sembra coincidere con i dati riportati nel prospetto allegato sulle regolazioni contabili e debitorie, da cui si desume un importo di regolazioni contabili e debitorie pari a 6.820 milioni di euro.
Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) espone, per il 2007, un saldo netto da finanziare, in termini di competenza, pari a 7.035 milioni di euro al lordo delle regolazioni debitorie. Al netto delle regolazioni debitorie (pari a 3.150 milioni di euro), il saldo risulta pari a 3.885 milioni di euro.
Riguardo alle regolazioni contabili e debitorie, la legge finanziaria reca un apposito prospetto (collocato dopo il prospetto di copertura e prima delle tabelle) nel quale sono distintamente indicate, per gli anni 2007, 2008 e 2009 le regolazioni contabili e debitorie risultanti dalla legge di bilancio e dalle disposizioni contenute nella legge finanziaria. Le regolazioni così evidenziate sono poste a confronto con quelle presenti nel disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per il 2006 (come emendato nel corso dell’esame parlamentare).
Dai dati del prospetto risulta che le regolazioni contabili e debitorie iscritte nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 ammontano a 3.150 milioni di euro, risultanti da 26.931 milioni di euro di entrate e 30.081 milioni di eurodi spese correnti.
Ad esse si aggiungono, in quanto previste dalla legge finanziaria, le seguenti regolazioni debitorie:
- 670 milioni di euro di spese correnti relativi alla voce di Tabella C “Decreto legislativo n. 446 del 1997, articolo 39, comma 3: integrazione del Fondo sanitario nazionale in relazione alle minori entrate IRAP”;
- 3.000 milioni di euro di spese correnti per rimborsi IVA previsti in Tabella A alla voce relativa al Ministero dell’economia e delle finanze.
Le regolazione debitorie sembrerebbero ammontare dunque complessivamente a 6.820 milioni di euro.
Per quanto riguarda il ricorso al mercato, il comma 1 stabilisce, per l’anno finanziario 2007, un livello massimo, in termini di competenza, di 240.500 milioni di euro.
Nel suddetto limite è compreso anche l’indebitamento all’estero, per un importo complessivo non superiore a 4.000 milioni di euro, relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2007.
E’ opportuno, infine, ricordare che il livello massimo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato non corrisponde all’obiettivo della manovra annuale di finanza pubblica concordato con l'Unione europea.
Quest’ultimo, infatti, in conformità ai parametri comunitari, è rappresentato dall’indebitamento netto del conto delle amministrazioni pubbliche, di cui l’amministrazione statale è una parte. I saldi del bilancio dello Stato, dunque, per quanto diversi dal saldo del conto delle pubbliche amministrazioni (anche perché elaborati secondo criteri contabili differenti), devono risultare coerenti con quest’ultimo.
Il DPEF per il 2007-2011 stabilisce, per il 2007, un obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche pari a 2,8% del PIL, obiettivo confermato dalla nota di aggiornamento presentata contestualmente al disegno di legge finanziaria.
Il comma 2 determina il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza,per gli anni 2008 e 2009, con riferimento sia al bilancio pluriennale a legislazione vigente sia al bilancio pluriennale programmatico.
Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) dispone, all’articolo 23, l’approvazione del bilancio pluriennale dello Stato e delle aziende autonome per il triennio 2007-2009.
Il bilancio pluriennale viene approvato nella duplice versione “a legislazione vigente” e “programmatica”.
A seguito dell’approvazione del disegno di legge finanziaria, gli effetti delle disposizioni in esso contenute vengono integrati, mediante le Note di variazioni, oltre che nel bilancio annuale per il 2007, anche nel bilancio pluriennale a legislazione vigente. Pertanto la versione del bilancio pluriennale a legislazione vigente, risultante nella legge di bilancio come approvata dal Parlamento, espone le previsioni di bilancio, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, determinate in modo da scontare gli effetti delle misure recate dalla legge finanziaria.
Per gli anni successivi al 2007, il bilancio pluriennale programmatico tiene conto non solo delle misure contenute nella manovra per il 2007, ma anche degli obiettivi che si intendono conseguire attraverso ulteriori manovre da sottoporre al Parlamento nel biennio successivo (saldi del bilancio programmatico).
Per quanto riguarda gli anni successivi al 2007, il comma 2 in esame fissa i saldi del bilancio pluriennale a legislazione vigente nei seguenti valori:
§ per il 2008:
- il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, in termini di competenza, in 26.000 milioni di euro, al netto di 3.150 milioni di euro di regolazioni contabili e debitorie;
- il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, in termini di competenza, in 214.000 milioni di euro;
§ per il 2009:
- il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, in termini di competenza, in 18.000 milioni di euro, al netto di 3.150 milioni di euro di regolazioni contabili e debitorie;
- il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, in termini di competenza, in 208.000 milioni di euro.
Si osserva anche in tal caso che l’importo delle regolazioni contabili e debitorie indicato non sembra coincidere con i dati riportati nel prospetto allegato, da cui si desume un importo pari a 6.150 milioni di euro.
Il disegno di legge di bilancio dello Stato per l’anno 2007 e per il triennio 2007-2009 (A.C. 1747) reca un bilancio pluriennale dello Stato a legislazione vigente che espone per gli anni 2008 e 2009 un saldo netto da finanziare di valore positivo (saldo netto da impiegare), pari, al lordo delle regolazioni debitorie, rispettivamente, a 4.386 milioni di euroe a 5.611 milioni di euro e, al netto delle regolazioni debitorie, pari a 7.536 milioni di euro per il 2008 e a 8.761 milioni di euro per il 2009.
Per quanto riguarda il bilancio pluriennale programmatico:
§ per il 2008:
- il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, in termini di competenza, in 19.500 milioni di euro, da intendersi al netto delle regolazioni contabili e debitorie;
- il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, in termini di competenza, in 208.000 milioni di euro;
§ per il 2009:
§ il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, in termini di competenza, in 10.500 milioni di euro, da intendersi al netto delle regolazioni contabili e debitorie;
- il livello massimo del ricorso al mercato viene determinato, in termini di competenza, in 200.000 milioni di euro.
Si ricorda che il DPEF 2007-2011 non reca il quadro del bilancio programmatico. Per quanto concerne il conto delle amministrazioni pubbliche, il DPEF 2007-2011 ha fissato, per il 2008 un obiettivo di indebitamento netto pari al 2,2% del PIL, confermato dalla nota di aggiornamento. Per gli anni successivi la nota di aggiornamento ha rivisto in senso positivo le previsioni di indebitamento netto del DPEF (pari a 1,6% nel 2009, 0,8% nel 2010 e 0,1% nel 2011), portandole all’1,5% nel 2009, allo 0,7% nel 2010 e fissando per il 2011 un obiettivo di accreditamento netto dello 0,1%.
Il comma 3 specifica che i livelli massimi di ricorso al mercato finanziario di cui ai precedenti commi 1 e 2 si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare in via anticipata o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
La disposizione, che viene ordinariamente inserita nella legge finanziaria, è diretta a consentire margini di flessibilità nella gestione del debito pubblico.
Il comma 4 individua le finalità cui destinare le maggiori entrate che eventualmente dovessero determinarsi, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, rispetto alle previsioni a legislazione vigente.
In generale, le disposizioni di cui al comma in esame possono ricondursi alla previsione dell’articolo 11, comma 4, della legge n. 468/78 ai sensi del quale “la legge finanziaria indica quale quota delle nuove o maggiori entrate per ciascun anno compreso nel bilancio pluriennale non può essere utilizzata per la copertura di nuove o maggiori spese”.
Il comma in esame prevede, in particolare, che le eventuali maggiori entrate che si registrassero, in ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, rispetto alle previsioni a legislazione vigente, siano destinate interamente alla riduzione del saldo netto da finanziare, salvo che siano utilizzate per la copertura finanziaria di:
§ interventi urgenti ed imprevisti rivolti a fronteggiare calamità naturali;
§ improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese;
§ situazioni di emergenza economico-finanziaria;
§ riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi di sviluppo ed equità sociale indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
Il comma 4 riproduce un’analoga disposizione contenuta nelle leggi finanziarie per il 2003, 2004, 2005 e 2006 (legge n. 289/2002, legge n. 350/2003, legge n. 311/2004, legge n. 266/2005).
L’unica differenza consiste infatti nella specificazione che le riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi del DPEF devono riferirsi ad obiettivi di sviluppo ed equità sociale.
Si valuti l’opportunità di precisare che la destinazione delle eventuali maggiori entrate rispetto alle previsioni è subordinata al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Articoli 2, 31, 72, 81, 87 e 103
(Effetti sui saldi di finanza pubblica)
Titolo
II
Disposizioni in materia di entrate
Articolo 2
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente titolo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare: 2.283 milioni di euro per l'anno 2007; 3.356 milioni di euro per l'anno 2008; 4.983 milioni di euro per l'anno 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico: 268 milioni di euro per l'anno 2007; -849 milioni di euro per l'anno 2008; 249 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 268 milioni di euro per l'anno 2007, -849 milioni di euro per l'anno 2008 e 249 milioni di euro per l'anno 2009.
Titolo III
Disposizioni in materia di spese
Capo I
Razionalizzazione e riorganizzazione delle
pubbliche amministrazioni
Articolo 31
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare: 176 milioni di euro per l'anno 2007; -4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico: 2.908 milioni di euro per l'anno 2007; 4.495 milioni di euro per l'anno 2008; 5.266 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 3.408 milioni di euro per l'anno 2007; 5.065 milioni di euro per l'anno 2008; 5.366 milioni di euro per l'anno 2009.
Capo IV
Enti territoriali
Articolo 72
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare: 1.622 milioni di euro per l'anno 2007; 28 milioni di euro per l'anno 2008; 16 milioni di euro per l'anno 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico: 4.409 milioni di euro per l'anno 2007; 4.948 milioni di euro per l'anno 2008; 5.436 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 4.409 milioni di euro per l'anno 2007; 4.948 milioni di euro per l'anno 2008; 5.436 milioni di euro per l'anno 2009.
Capo V
Interventi in materia previdenziale e sociale
Articolo 81
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare 1.622 milioni di euro per l'anno 2007, 2.076 milioni di euro per l'anno 2008 e 3.078 milioni di euro per l'anno 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico -526 milioni di euro per l'anno 2007, -1.355 milioni di euro per l'anno 2008 e -2.098 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione -526 milioni di euro per l'anno 2007, -1.355 milioni di euro per l'anno 2008 e -2.098 milioni di euro per l'anno 2009.
Capo VI
Interventi in materia sanitaria
Articolo 87
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare -6.553 milioni di euro per l'anno 2007, -4.617 milioni di euro per l'anno 2008 e -5.997 milioni di euro per l'anno 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico 2.970 milioni di euro per l'anno 2007, 3.218 milioni di euro per l'anno 2008 e 4.127 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione 2.970 milioni di euro per l'anno 2007, 3.218 milioni di euro per l'anno 2008 e 4.127 milioni di euro per l'anno 2009.
Titolo IV
Interventi per lo sviluppo e la ricerca
Capo I
Effetti finanziari
Articolo 103
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente titolo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
d) saldo netto da finanziare: -7.859 milioni di euro per l'anno 2007, -7.595 milioni di euro per l'anno 2008 e -10.711 milioni di euro per l'anno 2009;
e) fabbisogno del settore pubblico: -5.351 milioni di euro per l'anno 2007, -5.309 milioni di euro per l'anno 2008 e -5.241 milioni di euro per l'anno 2009;
f) indebitamento netto della P.A.: -5.236 milioni di euro per l'anno 2007, -5.134 milioni di euro per l'anno 2008 e -4.981 di euro per l'anno 2009.
Per la prima volta la legge finanziaria indica, all’inizio dei singoli titoli o capi, gli effetti sui tre saldi di finanza pubblica delle disposizioni contenute nei titoli o capi medesimi.
Sono stati così individuati 6 settori:
§ entrate (titolo II);
§ razionalizzazione e riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni (titolo III, capo I);
§ enti territoriali (titolo III, capo IV);
§ previdenza (titolo III, capo V);
§ sanità (titolo III, capo VI);
§ sviluppo e ricerca (titolo IV).
Si segnala che non sono indicati gli effetti sui saldi di finanza pubblica con riferimento delle disposizioni in materia di pubblico impiego (titolo III, capo II) e di scuola, università e ricerca (titolo III, capo III).
Non sono altresì indicati gli effetti sui saldi delle misure delle tabelle e degli allegati.
Si osserva altresì che in taluni casi i settori sono composti da disposizioni di carattere non omogeneo. Ad esempio, nell’ambito del settore della sanità è compresa una disposizione che modifica il regime delle entrate della regione Sardegna (art. 102), i cui effetti sono riferibili solo parzialmente alla spesa sanitaria. Il settore della ricerca e sviluppo (titolo IV) comprende disposizioni che riguardano ambiti molto differenziati: sostegno all’apparato produttivo (capo II); infrastrutture e trasporti (capo III); agricoltura (capo IV); ambiente e beni culturali (capo V); occupazione (capo VI); settori diversi (capo VI). L’ultimo capo contiene disposizioni varie, alcune delle quali avrebbero potuto trovare più opportuna collocazione in altri settori.
Si tratta in particolare di disposizioni in materia di: obblighi comunitari e internazionali; turismo; trasporto pubblico locale; agenzie fiscali; debiti pregressi dello Stato; ripristino dell’otto per mille IRPEF di pertinenza statale; difesa e missioni internazionali di pace; emittenza locale; famiglia; pari opportunità; assistenza sociale; montagna; politiche giovanili e sport; spese di giustizia; cooperazione allo sviluppo; patrimonio immobiliare estero.
Gli effetti sui saldi di finanza pubblica sono i seguenti:
(dati in milioni di euro)
|
Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno settore pubblico |
Indebitamento netto P.A. |
||||||
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
|
Entrate |
2.283 |
3.356 |
4.983 |
268 |
-849 |
249 |
268 |
-849 |
249 |
Razionalizzazione
e riorganizzazione P.A. |
176 |
-4 |
-4 |
2.908 |
4.495 |
5.266 |
3.408 |
5.065 |
5.366 |
Enti territoriali |
1.622 |
28 |
16 |
4.409 |
4.948 |
5.436 |
4.409 |
4.948 |
5.436 |
Previdenza |
1.622 |
2.076 |
3.078 |
-526 |
-1.355 |
-2.098 |
-526 |
-1.355 |
-2.098 |
Sanità |
-6.553 |
-4.617 |
-5.997 |
2.970 |
3.218 |
4.127 |
2.970 |
3.218 |
4.127 |
Sviluppo e ricerca |
-7.859 |
-7.595 |
-10.711 |
-5.351 |
-5.309 |
-5.241 |
-5.236 |
-5.134 |
-4.981 |
TOTALE |
-8.709 |
-6.756 |
-8.635 |
4.678 |
5.148 |
7.739 |
5.293 |
5.893 |
8.099 |
Il saldo netto da finanziare è il saldo del bilancio dello Stato, risultante dalla differenza tra le entrate finali e le spese finali (con esclusione dunque delle operazioni di accensione e rimborso prestiti), in termini di competenza.
Il fabbisogno è il risultato differenziale relativo ai conti di cassa, che evidenzia l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi con riferimento al complesso delle operazioni di parte corrente, in conto capitale e finanziarie. Si tratta di un dato monetario, in quanto costituisce il quantitativo di risorse monetarie e finanziarie necessarie a colmare lo squilibrio tra i flussi di entrate e di spese. Esso è riferito al settore pubblico, costituito dal settore statale, dagli altri enti delle amministrazioni centrali, dalle amministrazioni locali e dagli enti di previdenza[3]. L’andamento di questo saldo ha importanti ripercussioni in termini di debito pubblico, poiché esso è finanziato con nuove emissioni di titoli del debito e rappresenta in larga misura l’incremento annuo dello stock.
L’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni è il saldo conclusivo del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, risultante dalla differenza tra le spese complessive e le entrate complessive; è espresso in termini di competenza economica[4], secondo le convezioni adottate in sede Eurostat, sulla base del SEC95[5]. Esso costituisce il parametro di riferimento per il rispetto dei vincoli sul disavanzo previsti a livello europeo.
Il Governo ha dunque deciso, con un’innovazione di un certo rilievo, di dare evidenza nel testo normativo a saldi parziali, in precedenza desumibili solo dalla relazione tecnica e dai relativi allegati (in particolare dall’allegato n. 7).
Secondo la relazione illustrativa, l’indicazione in articolato degli effetti sui saldi di finanza pubblica costituisce una «innovazione, di natura essenzialmente conoscitiva, che intende offrire elementi per innestare con più precisione la valutazione degli effetti di correzione delle singole misure sugli andamenti tendenziali.»
Si osserva che i dati indicati dagli articoli in esame non sembrano coincidere con quelli riportati nella relazione tecnica e nei relativi allegati. Appare pertanto necessario un chiarimento da parte del Governo.
Occorre altresì che il Governo fornisca elementi puntuali circa i criteri di ricostruzione degli andamenti tendenziali dei singoli settori, al fine di consentire una verifica sulla congruità degli effetti stimati sui saldi di finanza pubblica. Apparirebbe altresì opportuno distinguere all’interno dei singoli settori tra gli effetti positivi e gli effetti negativi in termini di saldi, ai fini di una migliore comprensione dell’effetto complessivo.
Si ricorda al riguardo che la risoluzione al DPEF 2007-2011 (Ventura ed altri n. 6-00004), approvata dall’Assemblea della Camera nella seduta del 26 luglio 2006, ha impegnato il Governo a fornire, in occasione della sessione di bilancio, quadri informativi relativi ai conti della pubblica amministrazione che consentano di individuare gli andamenti per sottosettori (amministrazioni centrali, enti territoriali ed enti di previdenza), anche con riferimento all'andamento del debito; analogamente, mettere a disposizione un quadro aggiornato degli andamenti tendenziali, sempre con riferimento al conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, anche per aggregati riconducibili ai sottosettori nonché alle politiche di settore, tanto di spesa che di entrata.
Si osserva inoltre che occorre chiarire i motivi che hanno indotto ad ascrivere alle disposizioni sugli enti territoriali effetti positivi in termini di saldo netto da finanziare, rilevanti soprattutto per il 2007 (1.622 milioni di euro). Quest’ultimo saldo si riferisce infatti al bilancio dello Stato, che, come è noto, con comprende gli enti territoriali.
Non sembra che dall’introduzione in articolato degli effetti sui saldi di finanza pubblica possa discendere una cogenza normativa dei medesimi, dal momento che gli effetti sui saldi delle disposizioni della legge finanziaria non appaiono determinabili con esattezza a priori.
Non è del resto prevista una clausola di salvaguardia nel caso in cui dall’attuazione delle disposizioni non derivino gli effetti indicati.
Si ricorda infine che la citata risoluzione al DPEF 2007-2011 ha impegnato il Governo a fornire informazioni dettagliate sugli effetti prodotti, sia sul versante della spesa che sul versante dell'entrata, dai provvedimenti legislativi in vigore, in raffronto con le relative previsioni.
Si valuti pertanto l’opportunità di verificare la disponibilità del Governo a fornire, in corso d’anno, informazioni sul conseguimento degli effetti sui saldi di finanza pubblica ascritti alla manovra.
Articolo 3
(Imposta sui redditi delle persone
fisiche)
1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 3, relativo alla base imponibile, al comma 1, le parole: «nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12» sono soppresse;
b) l'articolo 11 è sostituito dal seguente:
«Art. 11. - (Determinazione dell'imposta). - 1. L'imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:
a) fino a 15.000 euro, 23 per cento;
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;
c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;
d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;
e) oltre 75.000 euro, 43 per cento.
2. L'imposta netta è determinata operando sull'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, le detrazioni previste negli articoli 12, 13, 15 e 16 nonché in altre disposizioni di legge.
3. Dall'imposta netta si detrae l'ammontare dei crediti d'imposta spettanti al contribuente a norma dell'articolo 165. Se l'ammontare dei crediti d'imposta è superiore a quello dell'imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo d'imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi»;
c) l'articolo 12 è sostituito dal seguente:
«Art. 12. - (Detrazioni per carichi di famiglia). - 1. Dall'imposta lorda si detraggono per carichi di famiglia i seguenti importi:
a) 800 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro;
b) 800 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati. La detrazione è aumentata a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni. Le predette detrazioni sono aumentate di un importo pari a 70 euro per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro; per ogni figlio successivo al primo l'importo di 95.000 euro è aumentato di 15.000 euro. La detrazione è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori. In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo;
c) 750 euro, da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.
2. La detrazione di cui al comma 1 spetta a condizione che le persone alle quali si riferisce possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.
3. Le detrazioni per carichi di famiglia sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate a quello in cui sono cessate le condizioni richieste.
4. Se i rapporti di cui al comma 1 sono pari a zero, minori di zero o uguali a 1, le detrazioni non competono; negli altri casi, il risultato dei predetti rapporti si assume nelle prime quattro cifre decimali»;
d) l'articolo 13 è sostituito dal seguente:
«Art. 13. - (Altre detrazioni).- 1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), spetta una detrazione dall'imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro nell'anno, pari a:
a) 1.840 euro se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;
b) 1.338 euro, aumentata del prodotto tra 502 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro;
c) 1.338 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.
2. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), spetta una detrazione dall'imposta lorda, non cumulabile con quella di cui al comma 1, rapportata al periodo di pensione nell'anno, pari a:
a) 1.725 euro se il reddito complessivo non supera 7.500 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;
b) 1.255 euro, aumentata del prodotto tra 470 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.500 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 7.500 euro ma non a 15.000 euro;
c) 1.255 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.
3. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 50, comma 1, lettere e), f), g), h) e i), 53, 55, 66 e 67, comma 1, lettere i) e l), spetta una detrazione dall'imposta lorda, non cumulabile con quelle previste nei commi 1 e 2, pari a:
a) 1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro;
b) 1.104 euro se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 50.200 euro.
4. Se il risultato dei rapporti indicati nei commi 1, 2 e 3 è maggiore di zero, lo stesso si assume nelle prime quattro cifre decimali»;
e) all'articolo 24 il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Dall'imposta lorda si scomputano le detrazioni di cui all'articolo 13 nonché quelle di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a), b), g), h), h-bis) e i). Le detrazioni per carichi di famiglia non competono».
2. All'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, lettera a), primo periodo, le parole da: «al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2, del medesimo testo unico, rapportate al periodo stesso» sono sostituite dalle seguenti: «ed effettuando le detrazioni previste negli articoli 12 e 13 del citato testo unico, rapportate al periodo stesso» e, al secondo periodo, le parole: «Le deduzioni di cui all'articolo 12, commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «Le detrazioni di cui agli articoli 12 e 13»;
b) al comma 3, primo periodo, le parole: «delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «delle detrazioni eventualmente spettanti a norma degli articoli 12 e 13».
3. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il comma 350 è abrogato.
4. I trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali sono ridotti in misura pari al maggior gettito loro derivante dalle disposizioni del presente articolo, secondo le modalità indicate nell'articolo 20, comma 23, da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata».
L’articolo 3 riforma la disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) a decorrere dal 1° gennaio 2007.
Gli interventi contenuti nel presente articolo riguardano la rideterminazione degli scaglioni di reddito e delle relative aliquote di imposta (comma 1, lettera b)); la soppressione della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (c.d. no tax area) e della deduzione per oneri di famiglia (compresa la deduzione per gli addetti all’assistenza personale, c.d. badanti); l’introduzione delle detrazioni per carichi di famiglia [comma 1, lettera c)] e delle detrazioni per alcune categorie di redditi [comma 1, lettera d)]; la determinazione dell’imposta dovuta dai soggetti non residenti [comma 1, lettera e)]; la soppressione del contributo di solidarietà del 4 per cento (comma 2); la previsione della riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali (comma 4).
Disposizioni di coordinamento normativo sono infine contenute nella lettera a) del comma 1 (determinazione del reddito complessivo) e nel comma 2 (adempimenti del sostituto di imposta).
Si segnala infine che l’articolo in commento non contiene una disposizione analoga alla clausola di salvaguardia, mediante la quale, nella scorsa legislatura, era consentito ai contribuenti, per i quali, dall’introduzione di nuove disposizioni, fosse derivato un aggravio della tassazione, di continuare ad applicare, per un certo periodo, il regime previgente[6].
Secondo la relazione tecnica allegata al presente disegno di legge, gli effetti di cassa derivanti dall’articolo 3, comprensivi degli effetti indotti sulla tassazione del trattamento di fine rapporto, ammontano a:
- 433 milioni di euro per il 2007;
- 1.031 milioni di euro per il 2008;
- 972 milioni di euro per il 2009.
Si ricorda infine che la rideterminazione degli importi dell’assegno al nucleo famigliare, prevista dall’articolo 4 del presente disegno di legge, dovrà essere attuata, con un successivo decreto del Ministro per le politiche della famiglia, in coerenza con la riforma dell’IRPEF contenuta nel presente articolo 3.
L’articolo 3, comma 1, lettera a), novella l’articolo 3, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sopprimendo il riferimento, ai fini della determinazione della base imponibile IRPEF, alle deduzioni di cui all’articolo 11 (deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, c.d. no-tax area) e all’articolo 12 (deduzione per oneri di famiglia) del TUIR, le quali sono soppresse dall’articolo 3 in esame.
L’articolo 3, comma 1, lettera b), che sostituisce l’articolo 11 del TUIR – introducendovi la materia attualmente contenuta nell’articolo 13[7] – modifica gli scaglioni e le aliquote dell'imposta sui redditi delle persone fisiche che passano da tre (oltre il contributo di solidarietà, per il quale si veda infra) a cinque secondo lo schema seguente:
CLASSI DI REDDITO (in euro) |
Aliquote
|
|
fino a |
15.000 |
23% |
da 15.000 |
a 28.000 |
27% |
da 28.000 |
a 55.000 |
38% |
da 55.000 |
a 75.000 |
41% |
oltre |
75.000 |
43% |
Gli scaglioni e le aliquote IRPEF vigenti a decorrere dal 1° gennaio 2005[8] sono invece i seguenti:
CLASSI DI REDDITO (in euro) |
Aliquote |
fino a 26.000 |
23% |
da 26.000 a 33.500 |
33% |
oltre 33.500(*) |
39% |
(*) I redditi superiori a 100.000 euro sono inoltre gravati attualmente dal contributo di solidarietà nella misura del 4 per cento (su cui vedi infra), per la parte di reddito che eccede tale importo.
Nella tabella sottostante sono poste a confronto le aliquote vigenti (compreso il contributo di solidarietà) con quelle proposte dal disegno di legge in esame:
CLASSI DI REDDITO (in euro) |
Aliquote vigenti |
Aliquote proposte |
fino a 15.000 |
23% |
23% |
da 15.000 a 26.000 |
27% |
|
da 26.000 a 28.000 |
33% |
|
da 28.000 a 33.500 |
38% |
|
da 33.500 a 55.000 |
39% |
|
da 55.000 a 75.000 |
41% |
|
da 75.000 a 100.000 |
43% |
|
oltre 100.000 |
43% |
Oltre alla sopra illustrata riforma degli scaglioni e dell’aliquota dell’imposta, il nuovo articolo 11 del TUIR si differenzia rispetto al vigente articolo 13 del medesimo TUIR per i seguenti aspetti:
§ al comma 1 del nuovo articolo 11 viene soppresso il riferimento alle deduzioni previste dagli articoli 11 (deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, c.d. no-tax area) e 12 (deduzioni per oneri di famiglia) del TUIR, che vengono abrogate dall’articolo 3 in esame;
Mediante la deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione, si riconosce l’esenzione dall’IRPEF in favore di una quota di reddito di importo pari alla deduzione (c.d. no-tax area). L’importo base della deduzione è di 3.000 euro, con incrementi differenziati[9] in relazione alla natura dei redditi percepiti dal contribuente. La deduzione spetta a condizione che il reddito complessivo del soggetto non superi determinati limiti e, all’interno di tali limiti, spetta in misura decrescente al crescere del reddito[10];
§ viene meno la disposizione contenuta nel vigente comma 1-bis dell’articolo 13 del TUIR, il quale prevede l’esenzione dall’IRPEF per i soggetti alla formazione del cui reddito complessivo concorrono soltanto redditi di pensione non superiori a 7.500 euro, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze[11];
§ il comma 2 del nuovo articolo 11 prevede che l’imposta netta si ottiene detraendo dall’imposta lorda, oltre agli importi indicati agli articoli 15 (detrazioni per oneri) e 16 (detrazioni per canoni di locazione) del TUIR, anche le nuove detrazioni previste dagli articoli 12 (detrazioni per carichi di famiglia) e 13 (altre detrazioni) del TUIR (per le quali v. infra).
L’articolo 3, comma 1, lettera c), che novella l’articolo 12 del TUIR, sostituisce le deduzioni per oneri di famiglia[12], con detrazioni per carichi di famiglia.
Si ricorda innanzitutto che per deduzioni s’intendono i valori che si possono sottrarre dal reddito complessivo, con un beneficio rapportato all'aliquota marginale raggiunta dal contribuente. Queste operano pertanto in modo diverso rispetto alle detrazioni, che invece abbattono l'imposta da pagare.
Le deduzioni per oneri di famiglia attualmente vigenti sono le seguenti:
a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile (persone obbligate agli alimenti) convivente con il contribuente o percipiente assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Tale somma deve essere ripartita tra coloro che hanno diritto dalla deduzione;
c) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni, in alternativa alla deduzione di cui alla precedente lettera a);
d) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
e) 3.200 euro, per il primo figlio, se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato.
È infine prevista una deduzione, di importo massimo pari a 1.820 euro, per le spese documentate sostenute dal contribuente, in proprio favore o nell’interesse delle persone indicate nell'articolo 433 del codice civile, per gli addetti alla assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana.
Il vigente articolo 12 del TUIR prevede un meccanismo in base al quale si determina, in misura decrescente al crescere del reddito, l’importo delle deduzioni sopra indicate effettivamente spettante al contribuente[13].
Le nuove detrazioni per carichi di famiglia sono le seguenti:
a) 800 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato.
La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro[14];
b) 800 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, di età superiore a tre anni.
L’importo è aumentato a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni.
Per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo.
L’importo base della detrazione è aumentato di 70 euro per ogni figlio portatore di handicap.
La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro; per ogni figlio successivo al primo l'importo di 95.000 euro è aumentato di 15.000 euro.
La detrazione è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori[15]. In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo;
c) 750 euro, da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile[16](persone obbligate agli alimenti) che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.
Il comma 2 del nuovo articolo 12 del TUIR conferma che le detrazioni sopra indicate, come le precedenti deduzioni, spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Anche il comma 3 del nuovo articolo 12 del TUIR riprende una previsione già stabilita per le precedenti deduzioni: le detrazioni sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate al mese in cui sono cessate le condizioni richieste.
L’articolo 3, comma 1, lettera d), recante il nuovo articolo 13 del TUIR, reintroduce le detrazioni differenziate in relazione alle diverse categorie di redditi.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 349, della legge n. 311 del 2004 ha eliminato le detrazioni spettanti in base alla tipologia di reddito posseduta e secondo prestabilite fasce di reddito complessivo, per redditi di lavoro dipendente, di pensione, di lavoro autonomo e d'impresa dei soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata. Tale sistema di detrazioni è stato sostituito dalla deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (c.d. no tax area, prevista dal vigente articolo 11 del TUIR, del quale viene ora proposta l’abrogazione), i cui importi sono modulati in relazione alle differenti categorie di reddito.
Le detrazioni per i redditi di lavoro dipendente, esclusi i redditi di pensione, e assimilati[17], rapportate al periodo di lavoro nell’anno, sono le seguenti (comma 1 del nuovo articolo 13 del TUIR):
a) 1.840 euro se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante, in relazione ai giorni di lavoro svolti durante l’anno, non può essere inferiore a 690 euro;
b) 1.338 euro, ai quali si aggiunge un importo pari al prodotto tra 502 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro;
c) 1.338 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro[18].
Le detrazioni per i redditi di pensione, non cumulabili con quelle per i redditi di lavoro dipendente, rapportate al periodo di pensione nell’anno, sono le seguenti (comma 2 del nuovo articolo 13 del TUIR):
a) 1.725 euro se il reddito complessivo non supera 7.500 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante, in relazione al periodo di pensione goduto nell’anno, non può essere inferiore a 690 euro;
b) 1.255 euro, ai quali si aggiunge un importo pari al prodotto tra 470 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.500 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 7.500 euro ma non a 15.000 euro;
c) 1.255 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.
Le detrazioni per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali non si applicano le detrazioni previste, per questo tipo di lavoro, dal comma 1 del nuovo articolo 13 (si veda la relativa nota), per i redditi di lavoro autonomo, per i redditi d’impresa, comprese le imprese minori, per i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente e per i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere sono quelle appresso indicate (comma 3 del nuovo articolo 13 del TUIR). Tali detrazioni non sono cumulabili con quelle di cui ai commi 1 e 2:
a) 1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro;
b) 1.104 euro se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 50.200 euro.
La lettera e) del comma 1 sostituisce il comma 3 dell’articolo 24 del TUIR, riconoscendo, in favore dei soggetti non residenti – oltre ad alcune detrazioni per oneri[19], già previste nell’attuale formulazione del citato articolo 24 del TUIR – anche le detrazioni differenziate per alcune categorie di redditi, secondo quanto previsto dal nuovo articolo 13 del TUIR (introdotto dalla lettera d) del presente comma 1).
Si segnala che in materia si sono recentemente registrati due interventi:
§ l’articolo 36, comma 22, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 258, il quale ha escluso la possibilità di applicare la deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (vigente articolo 11 del TUIR) e la deduzione per oneri di famiglia (vigente articolo 12 del TUIR) ai soggetti non residenti;
§ l’articolo 3, comma 7, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (in corso di conversione, A.C. 1750), che ha sospeso l’efficacia della disposizione sopra citata per l’anno 2006.
Il comma 2 dell’articolo 3 modifica l’articolo 23 del D.P.R. 28 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, relativo alle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, allo scopo di coordinare il citato articolo con le modifiche apportate al TUIR dal comma 1 del presente articolo 3.
Il sostituto d’imposta, nell’effettuare le ritenute ai fini delle imposte sui redditi, in luogo delle deduzioni previste dagli attuali articoli 11 (deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione) e 12, commi 1 e 2 (deduzioni per oneri di famiglia, con esclusione della deduzione per gli addetti all’assistenza personale), del TUIR, dovrà tener conto delle detrazioni stabilite dal nuovo testo degli articoli 12 (detrazioni per carichi di famiglia) e 13 (detrazioni differenziate per alcune categorie di redditi) del medesimo TUIR, modificati dal presente articolo 3. Analoga sostituzione è operata in relazione alle dichiarazioni che il lavoratore deve fare in ordine alla spettanza delle deduzioni/detrazioni (lettera a) del comma 2).
Il sostituto di imposta dovrà poi tener conto delle nuove detrazioni sopra indicate, in luogo delle precedenti deduzioni, in sede di conguaglio relativo all’anno precedente o, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, tra le ritenute operate e l’imposte effettivamente dovuta (lettera b) del comma 2).
Il comma 3 dell’articolo 3 in esame abroga l’articolo 1, comma 350, della citata legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), relativo al contributo di solidarietà. Si tratta di un contributo, pari al 4 per cento e gravante sulla parte di reddito imponibile eccedente l’importo di 100.000 euro, rispetto al quale si prevede l'applicazione delle disposizioni in materia di imposte sui redditi ai fini della sua dichiarazione, versamento, accertamento, riscossione e contenzioso. Tale contributo di solidarietà sembrerebbe configurarsi attualmente come una sorta di quarta aliquota del 43 per cento, applicabile alla quota di reddito superiore a 100.000 euro.
Il comma 4 dell’articolo 3 rinvia ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 della legge n. 281 del 1997 (Stato-città ed autonomie locali e Stato-regioni), per la riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali in conseguenza del maggior gettito derivante a detti soggetti dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo. Per l’individuazione delle modalità di riduzione dei trasferimenti statali, il presente comma 4 rinvia all’articolo 20, comma 23, del presente disegno di legge (si veda la relativa scheda di lettura).
La previsione di un aumento del entrate delle regioni e degli enti locali si basa sulla considerazione che le addizionali IRPEF spettanti a detti soggetti sono calcolate sul reddito complessivo del contribuente, al netto degli oneri deducibili (articolo 50 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998). Se questo reddito viene ridotto per l’applicazione delle deduzioni (che, come sopra indicato, operano sul reddito), anche l’importo spettante alle regioni e agli locali subisce una riduzione. Le detrazioni invece si applicano sull’imposta lorda del contribuente e pertanto hanno effetto esclusivamente ai fini dell’IRPEF di competenza statale.
La relazione tecnica allegata al presente disegno di legge stima un incremento del gettito dell’addizionale regionale all’IRPEF nella misura di 325 milioni di euro annui, e un incremento del gettito dell’addizionale comunale all’IRPEF nella misura di 81 milioni di euro annui.
Articolo 4
(Assegni per il nucleo familiare)
1. Nei limiti della maggiore spesa di 1.400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007 gli importi complessivi dell'assegno al nucleo familiare indicati nelle relative tabelle sono rideterminati, con decreto del Ministro per le politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della solidarietà sociale, nonché, relativamente alla verifica del rispetto del limite di spesa di cui al presente comma ed alla verifica della coerenza con la riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 3, con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con riferimento ai nuclei familiari con figli, a cominciare dai nuclei familiari fino a tre figli. Restano fermi i criteri di rivalutazione dei livelli di reddito familiare ai fini della corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2, comma 12, del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.
L’articolo in esame prevede una rideterminazione degli importi complessivi dell’assegno al nucleo familiare (di seguito “assegno”), di cui all’articolo 2 del D.L. 13 marzo 1988, n. 69, convertito dalla L. 13 maggio 1988, n. 153.
L’assegno per il nucleo familiare è stato introdotto con decorrenza 1° gennaio 1988 dal richiamato D.L. 69 del 1988. Si tratta di una prestazione di carattere previdenziale, erogata con cadenza mensile su richiesta del lavoratore o del pensionato, unitamente agli altri elementi della retribuzione o della pensione .
L’assegno ha la funzione di integrare la retribuzione dei lavoratori che si trovano in determinate situazioni familiari di reddito.
Beneficiari dell’assegno sono[20]:
§ i lavoratori dipendenti che prestino la propria attività nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla nazionalità;
§ i titolari di pensione derivante da un precedente rapporto di lavoro;
§ i lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi .
Come anche precisato, da ultimo, nella circolare INPDAP n. 21 dell'8 giugno 2005, la normativa dell'assegno per il nucleo familiare si applica ai nuclei familiari dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e la concessione dell’assegno è subordinata alla circostanza che la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante comunque da lavoro dipendente sia superiore al 70% del reddito familiare complessivo. Nel caso in cui nel nucleo sia compreso un familiare che in un anno abbia avuto un reddito complessivo negativo derivante da perdite connesse ad attività di lavoro autonomo o di impresa, il reddito negativo è da considerare, ai fini che qui interessano, uguale a zero. In concreto, quindi, la perdita di reddito da parte di un componente del nucleo familiare non comporta la riduzione del reddito conseguito dagli altri componenti.
Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare, il rispetto di determinati limiti di reddito, la non fruizione di altri trattamenti di famiglia.
Per quanto concerne i limiti di reddito ai fini della corresponsione dell’assegno, è necessario individuare il reddito familiare dichiarato per l’anno precedente quello della domanda.
In particolare il reddito da considerare è quello risultante dalla somma dei redditi percepiti, nell’anno solare precedente il 1° luglio dell’anno cui la domanda si riferisce, da tutti i soggetti che compongono il nucleo familiare al momento della domanda, o nel periodo di riferimento della domanda (L. 153 del 1988, articolo 2, comma 9) .
Si osserva che concorrono a formare il reddito familiare i redditi complessivi assoggettabili all’IRPEF e quelli di qualsiasi natura, ivi compresi, se superiori a € 1.032, 91 euro annui, i redditi esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta.
Nel caso in cui il reddito complessivo familiare sia composto da redditi diversi (ad esempio di impresa, di capitale), l’assegno spetta soltanto se la somma dei redditi di lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente supera il 70% del reddito complessivo familiare.
I livelli di reddito sono rivalutati annualmente, con effetto dal 1° luglio di ogni anno, in misura pari alla variazione della percentuale dell’indice ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT, intervenuta tra un anno e l’altro.
Gli importi erogati a titolo di assegno per il nucleo familiare non concorrono a formare base imponibile ai fini contributivi e fiscali.
L’ammontare dell’assegno, unico per l’intero nucleo familiare, è determinato in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare e al relativo reddito complessivo. La prestazione erogata è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito in corrispondenza di soglie di esclusione a seconda della tipologia familiare.
Il pagamento dell’assegno viene generalmente effettuato dal datore di lavoro che anticipa la somma spettante al lavoratore e chiede poi il rimborso all’ente previdenziale tramite conguaglio con la denuncia contributiva mensile.
Gli importi dell’assegno per il nucleo familiare, validi per il periodo 1° luglio 2006 – 30 giugno 2006, sono stati determinati con la circolare INPS n. 83 del 16 giugno 2006.
Al fine di valorizzare la posizione del coniuge che svolge prevalentemente attività di cura del nucleo familiare, l’articolo 1, comma 559, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), ha stabilito l’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare al coniuge dell’avente diritto a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 2005 .
Si ricorda, infine, che l’articolo 13 del D.P.R. 917 del 1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) ha stabilito ai fini dell’IRPEF specifiche detrazioni per carichi di famiglia, in relazione al reddito complessivo posseduto.
In particolare, l’articolo in esame prevede una rideterminazione, entro un massimale di maggiore spesa pari 1.400 milioni di euro annui, a decorrere dal 2007, dei livelli dell’assegno, destinata a favorire i nuclei familiari con figli, a cominciare dai nuclei familiari fino a tre figli.
Secondo la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, l’obiettivo prioritario della riforma è quello di introdurre “una corretta progressività complessiva del sistema di sostegno dei redditi familiari”, superando i difetti presenti attualmente in tale sistema derivanti dall’operare combinato degli assegni (come stabiliti dalle attuali Tabelle) con le detrazioni IRPEF. In particolare, rileva la relazione, “le attuali tabelle implicano, al passaggio dei relativi scaglioni di reddito familiare, riduzioni molto accentuate dell’assegno, nell’ordine anche di 300 euro l’anno per figlio. La conseguenza è che al passaggio di scaglione si determinano le cosiddette <<trappole della povertà>>: a un aumento del reddito guadagnato corrisponde una riduzione del reddito disponibile della famiglia”.
Un altro obiettivo della riforma, si legge nella relazione, “è quello di sostenere in misura maggiore rispetto all’attuale non solo le famiglie con redditi bassi, ma anche quelle con redditi medi”.
Si riproduce di seguito la tabella esemplificativa riportata nella relazione illustrativa, che fornisce “un esempio del modo in cui potrà attuarsi la riforma con riferimento agli assegni per i nuclei familiari con uno, due o tre figli”.
Nuclei con 1 figlio |
Importo annuale dell’assegno |
Fino a 12.499 euro di reddito familiare |
1.650 euro |
Da 12.500 euro in avanti |
L’importo decresce di 9,3 euro per ogni 100 euro di maggior reddito familiare a partire da 12.500 euro fino ad un reddito di 25.799 euro; da 25.800 euro in poi l’importo decresce di 1,2 euro per ogni 100 euro di maggior reddito familiare fino ad azzerarsi a 61.000 euro |
Nuclei con 2 figli |
Importo annuale dell’assegno |
Fino a 12.499 euro di reddito familiare |
3.100 euro |
Da 12.500 euro in avanti |
L’importo decresce di 13 euro per ogni 100 euro di maggior reddito familiare a partire da 12.500 euro fino ad un reddito di 29.999 euro; da 30.000 euro in poi l’importo decresce di 2,3 euro per ogni 100 euro di maggior reddito familiare fino ad azzerarsi a 66.500 euro |
Nuclei con 3 figli |
Importo annuale dell’assegno |
Fino a 12.499 euro di reddito familiare |
4.500 euro |
Da 12.500 euro in avanti |
L’importo decresce di 11,5 euro per ogni 100 euro di maggior reddito familiare a partire da 12.500 euro fino ad un reddito di 34.999 euro; da 35.000 euro in poi l’importo decresce di 4,4 euro per ogni 100 euro di maggior reddito familiare fino ad azzerarsi a 78.700 euro |
Assegno aggiuntivo per nuclei con 3 figli e un solo genitore |
Importo annuale dell’assegno |
Fino a 14.499 euro di reddito familiare |
800 euro |
Da 14.500 euro in avanti |
L’importo dell’assegno aggiuntivo decresce di 8,6 euro per ogni 100 euro di maggior reddito familiare a partire da 14.500 euro fino ad azzerarsi |
La rideterminazione dei livelli deve essere effettuata con decreto del Ministro della famiglia, da emanarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della solidarietà sociale nonché - sia ai fini dell’osservanza del richiamato limite di spesa sia della verifica della coerenza con il nuovo sistema del calcolo dell’IRPEF di cui al precedente articolo 3 (cfr. al riguardo la relativa scheda) - con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Restano comunque fermi i criteri di rivalutazione previsti dall’articolo 2, comma 112 del richiamato D.L. 69 del 1988, in precedenza richiamati.
Secondo la relazione tecnica, dalla disposizione in esame derivano i seguenti maggiori oneri (in mln. di euro):
2007 |
2008 |
2009 |
1.400 |
1.400 |
1.400 |
Articolo 5, commi 1-15
(Accertamento e contrasto dell’evasione -
Studi di settore)
1. Dopo l'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, è aggiunto il seguente:
«Art. 10-bis - (Modalità di revisione ed aggiornamento degli studi di settore). - 1. Gli studi di settore previsti all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, sono soggetti a revisione, di norma, ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell'ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti di cui all'articolo 10, comma 7. Nella fase di revisione degli studi di settore si tiene anche conto dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.
2. Ai fini dell'elaborazione e della revisione degli studi di settore si tiene anche conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico».
2. Fino alla elaborazione e revisione degli studi di settore previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, che tengono conto degli indicatori di coerenza di cui al comma 2 dell'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 1 del presente articolo, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006, ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, si tiene altresì conto di specifici indicatori di normalità economica, idonei alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Ai fini della relativa approvazione non si applica la disposizione di cui all'articolo 10, comma 7, secondo periodo, della legge 8 maggio 1998, n. 146.
3. Il comma 399 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è abrogato.
4. Il comma 4 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«4. La disposizione del comma 1 del presente articolo non si applica nei confronti dei contribuenti:
a) che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro;
b) che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;
c) che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività».
5. Le disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificate dal comma 4 del presente articolo, hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1o gennaio 2007, ad esclusione di quella prevista alla lettera b) dello stesso comma che hanno effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.
6. Nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo, per i quali non si rendono applicabili gli studi di settore, sono individuati specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare. Ai medesimi fini, nelle ipotesi di cessazione dell'attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell'attività, può altresì essere richiesta la compilazione del modello, allegato alla dichiarazione, previsto per i soggetti cui si applicano gli studi di settore.
7. Per i soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, con riferimento al primo periodo d'imposta di esercizio dell'attività, sono definiti appositi indicatori di coerenza per la individuazione dei requisiti minimi di continuità della stessa, tenuto conto delle caratteristiche e delle modalità di svolgimento della attività medesima.
8. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 28 febbraio 2007, sono approvati gli indicatori di cui al comma 7, anche per settori economicamente omogenei, da applicare a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.
9. Sulla base di appositi criteri selettivi è programmata una specifica attività di controllo nei confronti dei soggetti che risultano incoerenti per effetto dell'applicazione degli indicatori di cui al comma 7.
10. All'articolo 10, comma 1, della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «con periodo d'imposta pari a dodici mesi e» sono soppresse;
b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «qualora l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi».
11. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificate dal comma 10 del presente articolo, limitatamente alla lettera a), hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2007.
12. All'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d'impresa dichiarato».
13. All'articolo 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 4 è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata».
14. All'articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se il maggior imponibile, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quello dichiarato».
15. Al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo l'articolo 8 è inserito il seguente:
«Art. 8-bis - (Violazioni relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione rilevanti per l'applicazione degli studi di settore) - 1. In aggiunta alla sanzione prevista all'articolo 1, comma 2, e all'articolo 5, comma 4, nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, si applica la sanzione amministrativa da euro cinquecento a euro millecinquecento».
Il comma 1 dell’articolo 5 disciplina le modalità di revisione e di aggiornamento degli studi di settore, introducendo apposite disposizioni in un nuovo articolo 10-bis inserito nella legge 8 maggio 1998, n. 146.
La legge 8 maggio 1998, n. 146, contiene un complesso di disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario. In particolare, l’articolo 10 regola le modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento.
Gli studi di settore, introdotti dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.
Ciascuno studio di settore risulta, in particolare, costituito da tante funzioni di ricavo e di compenso quanti sono i gruppi omogenei di contribuenti nei quali sono stati suddivisi tutti coloro che operano nello stesso settore di attività. La derivazione della funzione di ricavo prende le mosse dall’elaborazione di un’ampia struttura informativa attinente ai dati contabili ed extracontabili dei contribuenti, pervenendo alla determinazione di indici statistici specifici per ogni categoria economica, ai quali è possibile ragguagliare la situazione del singolo contribuente.
Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.
In particolare, tale revisione è stata prevista dapprima dall’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con finalità di controllo delle tendenze inflative rilevate in occasione del passaggio alla nuova moneta dell’euro, per i settori in cui si fossero manifestate o fossero in atto abnormi dinamiche di aumento dei prezzi. Per altro, tale operazione non risulta essere stata condotta a termine; il controllo dei prezzi nella filiera agroalimentare da parte della Guardia di finanza è stato quindi nuovamente disposto dall’articolo 2 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231.
Finalità più propriamente tributarie riveste invece la revisione quadriennale disposta in via generale per i medesimi studi dall’articolo 1, commi da 399 a 401, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), la quale, ai commi da 407 a 411, ne ha altresì disciplinato l’impiego a fine di accertamento. Tale possibilità è estesa, nei riguardi dei soggetti che esercitano attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, nonché degli esercenti arti o professioni, anche al caso in cui emergano, nel periodo d’imposta da accertare, significative situazioni di incoerenza rispetto agli indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale stabiliti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La possibilità di adeguamento alle risultanze degli studi di settore senza sanzioni e interessi, nel primo anno di applicazione, è stata altresì estesa ai periodi precedenti e riferita anche all’imposta regionale sulle attività produttive. In questo caso dev’essere tuttavia versata una maggiorazione del 3 per cento calcolata sulla differenza tra ricavi e compensi derivanti dall’applicazione degli studi e quelle annotati nelle scritture contabili, quando tale differenza sia superiore al 10 per cento.
Il nuovo articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, aggiunto dal presente comma, stabilisce, al comma 1, che gli studi di settore sono soggetti a revisione, di norma, ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore stesso ovvero della sua ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti prevista dall'articolo 10, comma 7.
Trattasi di commissione istituita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, formata da esperti dallo stesso designati, tenendo anche conto delle segnalazioni delle organizzazioni economiche di categoria e degli ordini professionali. Spetta ad essa esprimere parere, prima dell'approvazione e della pubblicazione dei singoli studi, circa la loro idoneità a rappresentare la realtà cui si riferiscono. L'attività consultiva è svolta dai componenti a titolo gratuito.
La disposizione prescrive altresì che nella revisione si tenga conto anche dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli studi di settore rispetto alla realtà economica cui si riferiscono.
La revisione è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno: sembra quindi che entro tale termine debbano essere individuati (in base alle previste scadenze triennali) gli studi di settore da sottoporre a revisione nel corso dell’anno.
Il comma 2 della novella aggiunge che per l'elaborazione e la revisione degli studi di settore deve anche tenersi conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.
Nell’applicazione degli studi di settore a fine di accertamento, l’analisi della coerenza – sulla base di indici (ad es.: produttività per addetto, rotazione di magazzino) determinati in relazione alle singole aree economiche – costituisce una fase fondamentale per individuare anomalie nei dati comunicati dal contribuente, anche in presenza di ricavi dichiarati congrui rispetto agli importi presunti in base al pertinente studio di settore. Gli indici di coerenza fanno riferimento a comportamenti ritenuto “normali” nel settore economico considerato. Lo scostamento rispetto ad essi consente di riconoscere elementi critici, ad esempio in relazione all’impiego di personale irregolare, a situazioni anomale di magazzino o di area acquisti ovvero a irregolarità di natura contabile.
La relazione tecnica stima i seguenti effetti finanziari (in termini di cassa, in milioni di euro):
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2007 |
2008 |
2009 |
Per la revisione triennale degli studi |
- |
+626 |
+1.150 |
Per la generalizzazione degli indicatori di coerenza |
+2.598 |
+1.762 |
+1.762 |
Per l’introduzione dell’analisi di coerenza specifica per singolo studio di settore |
- |
+866 |
+1.453 |
Il comma 2 del presente articolo 5 dispone, in via transitoria, che fino all’elaborazione e revisione degli studi di settore, mediante l’impiego degli indicatori di coerenza previsti dal comma 2 dell'articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998 (introdotto dal comma 1 del presente articolo: v. supra), per l’applicazione degli studi esistenti si tenga anche conto di specifici indicatori di normalità economica, idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da esso svolta. Questi indicatori sono approvati senza il parere della commissione di esperti, altrimenti previsto dal già citato articolo 10, comma 7, secondo periodo, della legge n. 146 del 1998.
L’applicazione degli indicatori ha effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 ai sensi dell'articolo 1 (precisamente, comma 1) del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.
L’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1999, al comma 1, stabilisce che le disposizioni dell'articolo 10, commi da 1 a 6, della legge n. 146 del 1998, relative all’applicazione degli studi a fine di accertamento, si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta nel quale entrano in vigore gli studi di settore, anche nel caso in cui gli studi medesimi siano pubblicati nella Gazzetta ufficiale entro il 31 marzo del periodo d'imposta successivo a quello di entrata in vigore.
Il comma 2 stabilisce invece che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore degli studi le disposizioni dell'articolo 10, comma 8, della citata legge n. 146 del 1998 (che consente di stabilire, con i decreti di approvazione degli studi, criteri e modalità di annotazione separata dei componenti negativi e positivi di reddito rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi nei confronti dei soggetti che esercitano più attività).
Il comma 3, in conseguenza della nuova disciplina della revisione triennale degli studi di settore, introdotta dal comma 1, dispone l’abrogazione del comma 399 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), il quale ne disciplinava la revisione quadriennale.
Il comma 399 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 stabilisce che gli studi di settore sono soggetti a revisione, di norma, ogni quattro anni dalla data dell’entrata in vigore o dell'ultima revisione, al fine di mantenerne la rappresentatività rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione può essere disposta anche prima del suddetto termine, tenuto anche conto di dati e informazioni ufficiali quali i dati di contabilità nazionale, sentito il parere della commissione di esperti. La revisione è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.
Il comma 4 del presente articolo 5 ridefinisce le fattispecie alle quali non si applicano gli studi di settore, sostituendo il comma 4 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che attualmente le disciplina.
La nuova formulazione adegua i riferimenti al testo unico delle imposte sui redditi, in conseguenza delle modificazioni apportate (anche alla numerazione degli articoli) dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, innalza da lire 10 miliardi (pari a euro 5.164.568,99) a euro 7,5 milioni il limite massimo di ricavi e compensi, oltre il quale non trovano applicazioni gli studi, e dispone l’applicabilità degli studi a fine di accertamento in caso di inizio dell'attività da parte lo stesso soggetto entro sei mesi dalla cessazione della precedente, nonché quando l'attività costituisca mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti.
Testo vigente |
Nuova formulazione |
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4. Le disposizioni del comma 1 del presente articolo non si applicano nei confronti dei contribuenti che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 53, comma 1, esclusi quelli di cui alla lettera c), o compensi di cui all'articolo 50, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 10 miliardi di lire. Le citate disposizioni non si applicano, altresì, ai contribuenti che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta ovvero che non si trovano in un periodo di normalesvolgimento dell'attività. |
4. La disposizione del comma 1 del presente articolo non si applica nei confronti dei contribuenti: a) che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro; b) che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti; c) che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività. |
Rispetto alla formulazione della lettera a), si osserva che il richiamo dell’articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi è equivalente a quello all’articolo 50, contenuto nel testo vigente (riferito alla numerazione degli articoli antecedente il decreto legislativo n. 344 del 2003).
Il comma 1 dell’articolo 54 del TUIR stabilisce che il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.
Il riferimento all’articolo 85 (corrispondente al vecchio articolo 53), comma 1, lettera c), del medesimo testo unico è integrato dall’aggiunta delle lettere d) ede), di nuova introduzione, che disciplinano affini tipologie di ricavo, alle quali è dunque estesa l’esclusione, e che quindi non concorrono al raggiungimento del limite per l’applicabilità degli studi di settore.
L’articolo 85, comma 1, del TUIR definisce la nozione di ricavo.
La lettera c) riguarda i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l'esenzione prevista dall'articolo 87 (Plusvalenze esenti), anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.
La lettera d) si riferisce ai corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44 emessi da società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l'esenzione prevista dall'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.
La lettera e) riguarda, infine, i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, diversi da quelli indicati alla lettere c) e d), che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.
La precisazione inserita nella lettera b) estende le possibilità di applicazione degli studi di settore nell’ipotesi di cessazione dell’attività (che costituisce di regola causa ostativa alla loro applicabilità a fini di accertamento), specificando che gli studi si applicano:
1) quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;
2) quando lo stesso soggetto che ha cessato l’attività la riprenda entro sei mesi dalla data di cessazione.
Rispetto a questa seconda ipotesi, sembra doversi concludere – in ragione delle caratteristiche dello strumento – che l’applicabilità del pertinente studio resti subordinata alla circostanza che la nuova attività sia riferibile al medesimo settore economico dell’attività cessata. Sarebbe per altro opportuno un chiarimento a questo riguardo.
La relazione tecnica annette alle disposizioni concernenti il limite di applicabilità degli studi di settore e la ridefinizione delle cause di esclusione effetti finanziari stimati in un maggior gettito (in termini di cassa) di 332 milioni di euro per l’anno 2007 e di 278 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009.
Il comma 5 dispone circa l’applicazione delle nuove norme introdotte dal precedente comma 4, stabilendo che esse abbiano effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007, ad esclusione di quella indicata alla lettera b), che hanno [recte: ha] effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.
Viene così anticipata con effetti di retroattività – in tacita deroga al disposto dell’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) – l’efficacia della nuova regola (che non sembra avere natura interpretativa) circa l’applicabilità degli studi di settore in caso di cessazione e successivo inizio di attività da parte del medesimo soggetto o di mera prosecuzione dell’attività altrui.
L’articolo 3 della legge n. 212 del 2000 stabilisce che – salvo il caso delle norme di interpretazione autentica, le norme tributarie non hanno effetto retroattivo, e che, relativamente ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.
Il comma 6, allo scopo di orientare le attività di controllo nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo cui non sono applicabili gli studi di settore, prevede la determinazione di specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare.
Ai medesimi fini, nelle ipotesi di cessazione dell'attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell'attività (che costituiscono ordinariamente causa di esclusione dell’applicabilità degli studi), si stabilisce che possa venire richiesta la compilazione del modello, allegato alla dichiarazione, previsto per i soggetti cui si applicano gli studi di settore. Si tratta del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, da allegarsi alla dichiarazione dei redditi.
Il comma 7 prescrive altresì la determinazione di appositi indicatori di coerenza per l’individuazione dei requisiti minimi di continuità dell’attività, con riferimento al primo periodo d’imposta in cui essa viene esercitata, relativamente ai soggetti indicati all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (società di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione), esclusi dall’applicazione degli studi di settore. Tali indicatori sono definiti tenendo conto delle caratteristiche e delle modalità di svolgimento dell’attività medesima.
La relazione governativa ìndica a questo riguardo l’esistenza di “una quota significativa di società di capitali (15-20%) che risultano fiscalmente inattive dopo periodi brevissimi (anche meno di un anno) dall’inizio dell’attività”, rilevando che “queste società dichiarano sovente livelli di ricavi relativamente inferiori rispetto a quelli medi dichiarati dalle società appartenenti a settori economicamente omogenei che iniziano l’attività e la proseguono per periodi più lunghi”. La stessa relazione chiarisce che gli indici di coerenza dovranno essere definiti partendo dagli analoghi indicatori degli studi di settore, con gli adeguamenti necessari per tener conto dei fenomeni specifici rilevati nell’analisi della particolare fattispecie.
Il comma 8 rimette l’approvazione dei predetti indicatori a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro il 28 febbraio 2007. Tali indicatori potranno essere elaborati anche per settori economicamente omogenei, e dovranno trovare applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 (quindi con efficacia retroattiva).
Dalla formulazione del testo non risulta chiaramente la natura (ordinatoria o perentoria) del termine previsto per l’approvazione. Nella prima ipotesi, sarebbe altresì opportuno chiarire se, qualora l’approvazione intervenga dopo tale termine, ne rimanga ferma l’applicabilità al periodo d’imposta 2006.
La relazione tecnica annette alle disposizioni concernenti l’introduzione di indicatori di normalità economica per i contribuenti non soggetti all’applicazione degli studi di settore (comprese le società di capitali) effetti finanziari stimati in un maggior gettito (in termini di cassa) di 358 milioni di euro per l’anno 2007 e di 221 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009.
Il comma 9 prescrive che venga programmata, sulla base di appositi criteri selettivi, una specifica attività di controllo nei confronti dei soggetti che risultano incoerenti per effetto dell'applicazione degli indicatori introdotti a norma del comma 7.
Il comma 10 modifica le condizioni di applicabilità degli studi di settore a fini di accertamento, definite dall'articolo 10, comma 1, della legge 8 maggio 1998, n. 146.
In particolare, con la lettera a) è soppressa la condizione per cui il contribuente deve avere un periodo d'imposta pari a dodici mesi; la lettera b) specifica invece che gli studi sono impiegati qualora l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta [recte: risulti] inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi. Secondo quanto rilevato dalla relazione governativa, l’applicazione a contribuenti con periodo d’imposta inferiore a dodici mesi richiederà un affinamento del modello statistico-matematico.
La stessa relazione rileva che la previsione di applicabilità ai soli contribuenti le cui dichiarazioni non risultino coerenti con gli studi è resa opportuna da ragioni di coordinamento con l’abrogazione del comma 2 dello stesso articolo 10 (che conteneva analoga clausola relativamente agli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni), operata dall'articolo 37, comma 2, lettera a), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Rimangono ferme le cause di esclusione stabilite dal comma 4 dello stesso articolo 10, così come sostituito dal comma 4 del presente articolo (v. supra).
La relazione tecnica, a fine di cautela, non stima il maggior gettito che potrà derivare dalla presente disposizione.
Il comma 11 dispone che le modificazioni operate dal precedente comma 10, limitatamente a quanto stabilito dalla lettera a) relativamente ai contribuenti con periodo d’imposta inferiore a dodici mesi, hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2007. La disposizione è motivata nella relazione governativa con la necessità di adeguare il modello statistico-matematico a questa nuova applicazione.
Si osserva che, l’entrata in vigore della presente legge essendo prevista dall’articolo 217 nel 1° gennaio 2007, e non trattandosi nel caso di specie di norme sostanziali relative a un tributo periodico (che avrebbero effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data della sua entrata in vigore, a norma dell’articolo 3 della legge n. 212 del 2000), non appare chiaro il significato della limitazione alla sola lettera a) del comma 10.
I commi 12, 13 e 14 prevedono – in termini sostanzialmente identici per le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP – l’incremento della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, qualora il maggior reddito d’impresa, d’arte o professione accertato ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato.
A questo fine:
a) il comma 12 integra con un nuovo comma 2-bis l'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi). L’articolo trova applicazione con riferimento alle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi;
Il nuovo comma 2-bis prevede che la misura della sanzione minima e massima indicata al comma 2 (ossia la sanzione dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito, stabilita per la dichiarazione di reddito imponibile inferiore a quello accertato o comunque di imposta inferiore a quella dovuta o credito superiore a quello spettante, nonché per esposizione di indebite detrazioni d'imposta o indebite deduzioni dall'imponibile) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento non si applica se il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d'impresa dichiarato»;
b) il comma 13 aggiunge, nell'articolo 5 del medesimo decreto legislativo n. 471 del 1997, un nuovo comma 4-bis, da applicarsi alle dichiarazioni relative all’imposta sul valore aggiunto (IVA);
Anche in questo caso la misura della sanzione minima e massima prevista dal comma 4 (rispettivamente, cento e duecento per cento della differenza in caso di dichiarazione di imposta sul valore aggiunto inferiore al dovuto o eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quanto spettante) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata.
Si osserva a questo proposito che il comma 4, qui richiamato, oltre alla fattispecie descritta, disciplina, nel secondo periodo, le violazioni riguardanti la dichiarazione periodica, alle quali dichiara applicabile la diversa sanzione indicata nel comma 3 (sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni). Per evitare dubbi interpretativi, sarebbe opportuno specificare a quale dei due periodi debba intendersi operato il rinvio.
c) il comma 14 aggiunge, nell'articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, un nuovo comma 2-bis, da applicarsi alle dichiarazioni relative all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Anche in questo caso la misura della sanzione minima e massima prevista dal comma 2 (rispettivamente, una e due volte l’ammontare della maggiore imposta dovuta in caso di dichiarazione di imponibile inferiore a quello accertato o imposta inferiore al dovuto) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata.
In aggiunta alle sanzioni introdotte dai commi precedenti, il comma 15 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria, in misura fissa determinata nel minimo e nel massimo, per colpire le medesime violazioni relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione rilevanti per l'applicazione degli studi di settore. Nel già citato decreto legislativo n. 471 del 1997, dopo l'articolo 8, è a questo fine inserito il nuovo articolo 8-bis.
Esso, in aggiunta alla sanzione prevista dall'articolo 1, comma 2, e dall'articolo 5, comma 4, commina la sanzione amministrativa da euro cinquecento a euro millecinquecento nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La relazione governativa osserva che la previsione di una sanzione aggiuntiva, specificamente riferita alla violazione, rivestirebbe particolare efficacia, in quanto “applicabile indipendentemente dall’esperibilità dell’azione di accertamento, e pertanto anche a seguito di specifici accessi atti a rilevare la veridicità dei dati e delle informazioni forniti dal contribuente con i modelli annuali”.
Si osserva a questo riguardo che la previsione (nel presente comma 15) di una sanzione specifica per “violazioni relative al contenuto degli allegati alla dichiarazione [nel testo della norma denominati modelli] rilevanti per l'applicazione degli studi di settore” può indurre dubbi circa la sua relazione con le sanzioni introdotte dai precedenti commi da 12 a 14. Poiché infatti questi ultimi dispongono l’incremento di sanzioni riferite a fattispecie diverse e determinate (dichiarazioni inferiori al dovuto, esposizione di deduzioni o detrazioni non spettanti etc.), nell’ipotesi in cui ricorrano contestualmente le violazioni relative al contenuto dei modelli, non sembrerebbero applicabili separatamente per queste sole violazioni. I riferimenti operati nella novella del presente comma 15 all’ “articolo 1, comma 2” (invece che 2-bis) e all’ “articolo 5, comma 4” (invece che 4-bis) sembrerebbero confermare quest’interpretazione. Verrebbe meno, pertanto, il carattere “aggiuntivo” della sanzione prevista dal presente comma 15, ove dovesse intendersi come sanzione da cumularsi con la precedente (fra l’altro, ciò comporterebbe l’assoggettamento della medesima condotta a due sanzioni di eguale natura).
Si segnala altresì, in relazione al medesimo comma 15, che la previsione di una sanzione da applicarsi “in aggiunta alla sanzione prevista all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 5, comma 4” indurrebbe a ritenere che tale sanzione possa essere irrogata soltanto ove la condotta qui individuata sia stata realizzata unitamente alle violazioni contemplate nei due articoli citati. Infine, il mancato richiamo dell’articolo 32, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 446 del 1997 (introdotto dal comma 14) parrebbe escludere l’applicabilità della sanzione in relazione agli allegati alle dichiarazioni IRAP.
Il 31 maggio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta alle frodi fiscali (COM(2006)254).
La comunicazione, sottolineando la carenza di stime sull’ammontare delle imposte non percepite a causa della frode fiscale, mira a facilitare la cooperazione tra gli Stati membri per garantire il funzionamento regolare del mercato interno e la tutela degli interessi finanziari della Comunità e punta a lanciare un dibattito tra le parti interessate nel quadro di una strategia antifrode a livello europeo.
Il documento pone in rilievo alcuni elementi di criticità relativi alla situazione attuale:
- in relazione alla frode dell’IVA, sottolinea lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri degli strumenti offerti dal Reg. (CE) n. 1798/2003 in tema di cooperazione amministrativa in materia di IVA;
- in materia di accise, si richiama l’eventualità di dovere adottare ulteriori misure, rispetto a quelle previste dalla disciplina vigente, soprattutto a fronte di ulteriori fenomeni di frode, quali il contrabbando e la contraffazione di alcool e tabacco;
- si evidenziano alcuni problemi di funzionamento nel campo della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri (linguistici, di mancanza di risorse umane, ecc.);
- si rileva lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri delle strutture di sostegno e di assistenza operativa a livello comunitario, in particolare delle risorse dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) che agisce come piattaforma di servizi per le unità operative degli Stati membri;
- si richiama l’attenzione sull’esigenza del rafforzamento della legislazione in materia di assistenza alla riscossione per migliorare il recupero delle tasse non versate allo Stato.
La Commissione individua tra i punti deboli del sistema attuale la tassazione delle vendite a distanza, dei mezzi di trasporto nuovi e d’occasione. Ricorda poi che alcuni Stati membri si sono dimostrati favorevoli ad estendere l’utilizzo del meccanismo dell’autoliquidazione che in taluni settori, come quello della costruzione, si è dimostrato efficace. Parallelamente a tale meccanismo occorrerebbe ampliare gli obblighi di dichiarazione supplementari rispetto a quelli attuali per evitare nuovi rischi di frode, fermo restando che la semplificazione del quadro fiscale è un elemento chiave della politica fiscale, iscritta nel quadro più ampio della strategia di Lisbona.
Il documento tratta poi la necessità di una maggiore cooperazione con i paesi terzi e le possibilità di modifica del sistema comune dell’IVA e dell’accise.
Il 7 giugno 2006 il Consiglio ECOFIN ha adottato conclusioni sulla citata comunicazione preannunciando di volere:
- esaminare tutte le questioni sollevate dalla comunicazione in materia di frode, comprese le eventuali modifiche giuridiche al sistema IVA;
- proseguire più specificamente con l'ausilio della Commissione l'analisi del ricorso all'inversione contabile come meccanismo per affrontare la frode in materia di IVA;
- tornare sull'argomento per l'ultima sessione nel 2006 al fine di poter orientare gli ulteriori lavori della Commissione.
La Presidenza di turno finlandese ha poi chiesto alla Commissione di presentare al più presto una proposta di direttiva che consenta agli Stati membri di optare per l'applicazione di un meccanismo di inversione contabile per le cessioni interne tra imprese quando l'importo della fattura supera i 5.000 EURO.
16. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 10, comma 1, lettera b), dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Ai fini della deduzione la spesa sanitaria relativa all'acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario»;
b) all'articolo 15, comma 1, lettera c), dopo il secondo periodo, è inserito il seguente: «Ai fini della detrazione la spesa sanitaria relativa all'acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario».
17. I commi 7 e 8 dell'articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono abrogati.
18. Le agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, con ridotte o impedite capacità motorie, sono riconosciute a condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti.
19. In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefici fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la differenza fra l'imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione delle agevolazioni stesse. La disposizione non si applica per i disabili che, in seguito a mutate necessità dovute al proprio handicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti.
(omissis)
36. I soggetti di cui all'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme.
37. All'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, dopo il comma 25 sono inseriti i seguenti:
«25-bis. Ai fini dei controlli sugli oneri detraibili di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del testo unico sulle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale devono comunicare in via telematica all'Anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto dei contributi versati di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 51 del citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
25-ter. Il contenuto, i termini e le modalità delle trasmissioni sono definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate».
Il comma 16 dell’articolo 5 limita la deducibilità o detraibilità delle spese sanitarie per acquisto di medicinali, agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, subordinandola alla loro certificazione mediante fattura o scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario.
In particolare, la lettera a) introduce tale condizione relativamente alle spese sanitarie sostenute per l’acquisto di medicinali dai soggetti affetti da grave e permanente invalidità o menomazione.
A questo fine, viene inserito un nuovo periodo nell’articolo 10, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
L’articolo 10, comma 1, lettera b), del TUIR, nel testo vigente, consente di dedurre dal reddito complessivo, agli effetti dell’IRPEF, le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione). Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o di premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo; si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito
La lettera b) introduce la medesima clausola – relativa alle spese per medicinali – nell’articolo 15, comma 1, lettera c), del medesimo testo unico, che disciplina la detrazione consentita a tutti i contribuenti per le spese sanitarie.
L’articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR consente di detrarre dall’imposta lorda le spese sanitarie, nella misura del 19 per cento e limitatamente alla parte eccedente lire 250 mila (pari a euro 129,11). Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica (diverse da quelle riferite alle invalidità e menomazioni sopra richiamate), e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere. Disposizioni speciali riguardano le spese riguardanti i mezzi (compresi i veicoli) necessari all'accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione e al sollevamento e per sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione degli invalidi. Anche in questo caso, si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta.
La relazione tecnica annette alle presenti disposizioni effetti finanziari stimati (in termini di cassa) in un maggior gettito di 113,5 milioni di euro per l’anno 2008 e in 65 milioni di euro per l’anno 2009.
Il comma 17 rende nuovamente indetraibile, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, l’imposta assolta per operazioni inerenti e connesse all’organizzazione e all’esercizio del lotto, delle lotterie, dei concorsi pronostici e delle scommesse, nonché per le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione a queste connesse.
Sono abrogati, a questo fine, i commi 7 e 8 dell'articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
Il comma 7 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005 ha inserito nel comma 3 dell’articolo 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, concernente l’imposta sul valore aggiunto, l’ulteriore lettera e-bis), la quale comprende le operazioni relative all’esercizio, prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione su lotto, lotterie, concorsi pronostici e scommesse tra quelle cui non si applica l’indetraibilità prevista per le operazioni esenti inerenti e connesse all’organizzazione e all’esercizio delle attività indicate all’articolo 10, n. 6) e 7), del medesimo D.P.R.
Ha altresì aggiunto nel comma 5 dello stesso articolo 19 un’ulteriore disposizione, che esclude, per le stesse operazioni, l’applicazione della disciplina del cosiddetto pro rata di detraibilità dell'imposta sugli acquisti di beni e servizi strumentali alle operazioni esenti.
Il comma 8subordina l’efficacia di queste disposizioni alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.
I numeri 6) e 7) del citato articolo 10 (esenzione IVA) del D.P.R. n. 633 del 1972 riguardano le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e al CONI e all’UNIRE, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate (numero 6) e le operazioni relative all'esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all'esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate (numero 7).
La relazione tecnica annette alla presente disposizione effetti finanziari stimati in un maggior gettito pari a 60 milioni di euro annui. La stima è conforme alla perdita di gettito indicata precedentemente in relazione all’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005, che aveva introdotto la disposizione abrogata.
Si osserva, con riferimento alla formulazione del presente comma, che sarebbe stato più corretto abrogare direttamente le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972, invece che i commi 7 e 8 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005 che le hanno inserite mediante novella. Per altro, l’applicazione di tali disposizioni è soggetta a condizione sospensiva in attesa dell’approvazione della Commissione europea.
Il comma 18 subordina il riconoscimento delle agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti affetti da minorazione (identificati mediante il richiamo all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104)[21], con ridotte o impedite capacità motorie, alla condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti.
Tra le agevolazioni fiscali concesse agli invalidi (ovvero alle persone cui essi risultano fiscalmente a carico) per l’acquisto di autoveicoli, si richiamano:
- la detrazione d’imposta, nella misura del 19 per cento delle spese sostenute per l’acquisto di mezzi necessari alla locomozione dei soggetti portatori di handicap, prevista agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche dall’articolo 15, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. La detrazione d’imposta spetta integralmente – cioè senza applicazione della franchigia di euro 129,11 normalmente prevista per la detrazione delle spese mediche – una sola volta in un periodo di quattro anni;
- l’applicazione dell’aliquota IVA del 4 per cento sull'acquisto di veicoli adattati all’uso degli invalidi (concessa agli invalidi dall’articolo 1 della legge 9 aprile 1986, n. 97, ed estesa ai soggetti definiti dall’articolo 3 della citata legge n. 104 del 1992 – legge quadro sull’handicap – dall’articolo 8, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449). L’agevolazione è riconosciuta una sola volta nel corso del quadriennio, salvo il caso in cui il veicolo precedente sia stato cancellato dal pubblico registro automobilistico. L'IVA agevolata si applica attualmente ai soli motoveicoli e autoveicoli, nuovi o usati, con limiti di cilindrata: fino a 2.000 centimetri cubici, se con motore a benzina, e fino a 2.800 centimetri cubici, se con motore diesel;
- l’esenzione dal pagamento dell’imposta erariale di trascrizione, dell'addizionale provinciale all'imposta erariale di trascrizione e dell'imposta di registro per gli atti di natura traslativa o dichiarativa (cioè i passaggi di proprietà) aventi per oggetto i suddetti veicoli (articolo 8, comma 4, della citata legge n. 449 del 1997). A seguito della soppressione dell’imposta erariale di trascrizione e dell'addizionale provinciale, l’agevolazione deve riferirsi all’imposta provinciale di trascrizione, istituita dall’articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;
- l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica per i suddetti motoveicoli e autoveicoli (articolo 8, comma 7, della medesima legge n. 449 del 1997).
Il comma 19 dispone che, in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefìci fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la differenza fra l'imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione delle agevolazioni stesse.
Questa disposizione non si applica per gli invalidi nel caso in cui, a seguito a mutate necessità dovute alla minorazione da cui sono affetti, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti.
La norma sembra doversi riferire alle agevolazioni previste per i veicoli destinati ai soggetti affetti da invalidità o menomazioni, in connessione con quanto disposto dal precedente comma 18 e secondo le indicazioni della relazione governativa. Tuttavia, stante la sua formulazione in termini generali, per prevenire dubbi interpretativi, sarebbe opportuna una precisazione a tale riguardo.
Il già citato articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR prevede attualmente che la detrazione ammessa per i veicoli destinati ai soggetti con capacità motorie ridotte spetti per un solo veicolo e sull’importo massimo di euro 18.075,99 entro un periodo di quattro anni.
La reiterazione del beneficio, per acquisti effettuati entro il periodo predetto, è possibile soltanto ove il primo veicolo per il quale sia stata utilizzata la detrazione venga cancellato dal pubblico registro automobilistico. Qualora il veicolo sia stato rubato e non ritrovato, la detrazione spetta nuovamente anche entro il quadriennio, nel medesimo limite di spesa massima, detrattone l'eventuale rimborso assicurativo.
Potrebbe essere opportuno coordinare il termine biennale, previsto dalla presente disposizione, quello quadriennale, previsto per la fruizione dell’agevolazione agli effetti dell’IRPEF.
La relazione tecnica annette alle disposizioni dei commi 18 e 19 effetti finanziari stimati in un maggior gettito (in termini di cassa) di 26,7 milioni di euro per il 2006, 75,4 milioni di euro per il 2007 e 56,5 milioni di euro per il 2009.
Il comma 36 dispone che i soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (individuati mediante riferimento all'articolo 2 del TUIR), i quali deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge (secondo quanto previsto dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del medesimo TUIR), devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme.
L’articolo 10, comma 1, lettera c), del TUIR ammette la deduzione degli assegni periodici corrisposti al coniuge – ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli – in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
Il comma 37, anche in connessione con le disposizioni introdotte dal precedente comma 16, lettera b), impone agli enti e alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale di comunicare in via telematica all'anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto di contributi che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.
A quest’effetto, nell'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sono inseriti due nuovi commi. Il primo (comma 25-bis) dispone tale comunicazione, espressamente volta ad agevolare i controlli sugli oneri detraibili previsti dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del TUIR.
La lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del TUIR stabilisce infatti che si considerano rimaste a carico del contribuente – agli effetti della detrazione ammessa – anche le spese rimborsate
1) per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo;
2) per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta. Questa fattispecie si verifica, in particolare, per i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che, entro il limite ammesso, non concorrono a formare il reddito a norma dell’articolo 51, comma 2, lettera a), del medesimo TUIR.
Il nuovo comma 25-ter rimette invece la fissazione del contenuto, dei termini e delle modalità delle trasmissioni a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Si osserva che la disposizione avrebbe potuto trovare opportuna collocazione nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.
Il 29 ottobre 2004 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte (COM(2004)728) relativo alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA, che comprende:
- una proposta di modifica della direttiva 77/388/CEE (“Sesta direttiva IVA”) con lo scopo di semplificare gli obblighi IVA;
- una proposta di direttiva che disciplina il rimborso dell’IVA, già previsto dalla direttiva 777/388/CEE, per i soggetti di imposta che risiedono in un altro Stato membro;
- una proposta di modifica del regolamento (CE) 1798/2003, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.
Il pacchetto di proposte è stato esaminato dal Parlamento europeo in lettura unica il 7 settembre 2005. Il 7 giugno 2006 il Consiglio, nell’ambito della procedura di consultazione, ha deciso la continuazione dei lavori sugli altri elementi del pacchetto di misure IVA, allo scopo di giungere ad un accordo globale entro la fine dell'anno.
Lo scopo principale del pacchetto di proposte è quello di alleggerire l’onere amministrativo a carico dei soggetti che, in ragione della propria attività economica, devono assolvere obblighi IVA in un Paese diverso da quello nel quale risiedono. A tal fine, tra l’altro, la Commissione prende in esame le spese per le quali non è possibile ottenere una detrazione totale dell’IVA, con l’obiettivo di ravvicinare le normative nazionali, che in proposito divergono notevolmente.
Secondo la Commissione si potrebbe prevederel’indetraibilità dell’imposta soltanto per:
a) spese di divertimento o di rappresentanza;
b) spese relative a viaggi, alloggio, alimenti e bevande, diverse da quelle sostenute dal soggetto passivo nell'esercizio della sua attività per fornire a titolo oneroso prestazioni di viaggio, alloggio, alimenti e bevande;
c) spese relative ai veicoli stradali a motore, ad eccezione dei veicoli che il soggetto passivo detiene a titolo di scorte mercantili e dei veicoli da lui messi in vendita nell'esercizio della sua attività, nonché dei veicoli usati come taxi, destinati alla scuola guida o ad essere dati a noleggio o in leasing;
d) spese relative a imbarcazioni o aeromobili esclusi quelli destinati unicamente al trasporto commerciale di persone o beni.
Il 7 novembre 2006 è previsto l’accordo politico del Consiglio sull’atto finale.
Il 16 marzo 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[22] in relazione al trattamento IVA applicato in Italia all’IVA detraibile assolta dai soggetti passivi non stabiliti nel territorio italiano prima della loro registrazione in Italia ai fini IVA.
La lettera richiama i principi ribaditi dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza Rompelman del 14 febbraio 1985) in base ai quali il diritto alla detrazione è un diritto fondamentale del soggetto passivo che quest’ultimo può esercitare sin dalle prime operazioni effettuate. Secondo la Corte uno Stato membro non può nemmeno limitare il periodo entro il quale le eventuali operazioni preliminari danno diritto alla detrazione.
La Commissione in particolare ritiene che il trattamento applicato all’IVA a monte in base alla legislazione italiana, assolta prima dell’espletamento di tutte le formalità amministrative relative alla nomina del rappresentante fiscale, risulta incompatibile con le disposizioni del Trattato CE contenute:
- nell’articolo 49 (divieto di restrizioni alla libera prestazione di servizi);
- nell’articolo 90 (divieto per qualunque Stato di applicare a prodotti di altri Stati membri imposizioni interne superiori a quelle applicate ai prodotti similari nazionali; divieto di applicazione ai prodotti di altri Stati membri di imposizioni interne tese a proteggere indirettamente altre produzioni);
- nonché contenute:
- nella sesta direttiva IVA (Dir. 77/388/CE, sulla base imponibile uniforme) che regola, in particolare, il diritto alla detrazione (art. 17) e gli obblighi dei contribuenti in regime interno (art. 22).
Articolo 5, commi 20-24
(Contrasto dell'evasione – Compensi per
attività sanitarie)
20. La riscossione dei compensi dovuti per attività di lavoro autonomo mediche e paramediche svolte nell'ambito delle strutture sanitarie private è effettuata in modo unitario dalle stesse strutture sanitarie, le quali provvedono a:
a) incassare il compenso in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo e a riversarlo contestualmente al medesimo;
b) registrare nelle scritture contabili obbligatorie, ovvero in apposito registro, il compenso incassato per ciascuna prestazione di lavoro autonomo resa nell'ambito della struttura.
21. Le strutture sanitarie di cui al comma 20 comunicano telematicamente all'Agenzia delle entrate l'ammontare dei compensi complessivamente riscossi per ciascun percipiente.
22. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono definiti i termini e le modalità per la comunicazione prevista dal comma 21 nonché ogni altra disposizione utile ai fini dell'attuazione dei commi 20 e 21.
23. Le disposizioni di cui ai commi da 20 a 22 si applicano a decorrere dal 1o marzo 2007.
24. Per le violazioni delle disposizioni di cui ai commi 20 e 21 si applicano rispettivamente gli articoli 9 e 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. Restano fermi in capo ai singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo svolgimento dell'attività.
I commi da 20 a 24 introducono disposizioni volte ad agevolare le funzioni di controllo in relazione alle attività di lavoro autonomo di carattere medico e sanitario svolte in strutture sanitarie private.
In particolare, il comma 20 stabilisce che i compensi dovuti per le attività di lavoro autonomo mediche e paramediche svolte nell'ambito di tali strutture sono riscossi unitariamente dalle stesse strutture sanitarie, le quali provvedono a incassare il compenso, in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo, contestualmente riversandolo al medesimo, e a registrare il compenso riscosso per ciascuna prestazione nelle scritture contabili obbligatorie, ovvero in apposito registro.
A norma del comma 21, le stesse strutture sanitarie comunicano in via telematica all'Agenzia delle entrate l'ammontare dei compensi complessivamente riscossi per ciascun percipiente.
Il comma 22 rimette a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione dei termini e delle modalità per la comunicazione telematica, nonché delle altre disposizioni attuative dei commi 20 e 21.
Infine, a norma del comma 23, l’applicazione di queste disposizioni decorre dal 1° marzo 2007.
Si ricorda che il terzo comma dell’articolo 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (recentemente introdotto, unitamente al successivo, dal comma 12 dell’articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006) impongono agli esercenti arti o professioni – anche in forma associata – di tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui debbono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese.
Il quarto comma stabilisce inoltre che i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico. La disposizione non si applica quando il pagamento consista in un importo unitario inferiore a 100 euro.
Il comma 12-bisdello stesso articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006 ha stabilito che quest’ultima norma abbia applicazione graduale: il limite è infatti stabilito in:
1.000 euro, fino al 30 giugno 2007;
500 euro dal 1° luglio 2007 fino al 30 giugno 2008,
100 euro dal 1° luglio 2008.
Il comma 24 stabilisce le sanzioni applicabili per la violazione delle disposizioni dei commi 20 e 21.
Per la violazione dell’obbligo d’incasso o la mancata registrazione dei compensi si applica l’articolo 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 riguardante le violazioni degli obblighi relativi alla contabilità in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, che in particolare commina la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire quindici milioni (pari rispettivamente a euro 1032,91 ed euro 7746,85) a chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, e gli altri libri, documenti e registri prescritti dalle leggi tributarie.
Per la mancata trasmissione telematica si applica invece l’articolo 11 del medesimo decreto legislativo n. 471 del 1997, che sanziona fra l’altro l’omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria, comminando sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni (pari rispettivamente a euro 258,23 ed euro 2.065,83).
Restano fermi a carico dei singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo svolgimento dell'attività.
La relazione tecnica, atteso il carattere procedurale delle disposizioni, rinunzia prudenzialmente a stimare il maggior gettito che potrebbe conseguirne.
Articolo 5, comma 25
(Ritenute sui corrispettivi dovuti dal
condominio all’appaltatore)
25. Dopo l'articolo 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«Art. 25-ter - (Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore). - 1. Il condominio quale sostituto di imposta opera all'atto del pagamento una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percipiente, con obbligo di rivalsa, sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate nell'esercizio di impresa.
2. La ritenuta di cui al comma 1 è operata anche se i corrispettivi sono qualificabili come redditi diversi ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera i), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».
Il comma 25 dell’articolo 5 estende l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto, nella misura del 10 per cento, ai corrispettivi dovuti dal condominio per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate dall’appaltatore nell'esercizio di impresa.
Il condominio è già qualificato come sostituto d’imposta, con l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto sulle somme e valori da esso corrisposti, in particolare per le prestazioni che diano luogo a redditi da lavoro dipendente o assimilati, ovvero a redditi di lavoro autonomo, escluse in questo caso le prestazioni effettuate nell’esercizio di imprese (articoli 23, 24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi). Per i redditi da lavoro dipendente, la ritenuta è operata secondo le aliquote vigenti per l’imposta sui redditi delle persone fisiche; per i redditi assimilati e quelli di lavoro autonomo, la misura della ritenuta è stabilita nella misura del 20 per cento.
A fini di accertamento, l’articolo 32, primo comma, numero 8-ter), dello stesso decreto consente agli uffici finanziari di richiedere agli amministratori di condominio negli edifici dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale.
L’articolo 7, nono comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, obbliga gli amministratori di condominio negli edifici a comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori.
La presente disposizione inserisce nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, un nuovo articolo 25-ter, a norma del quale il condominio, all'atto del pagamento dei corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate nell'esercizio di impresa, è tenuto a operare, quale sostituto d’imposta e con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percipiente.
La ritenuta è operata anche se i corrispettivi sono qualificabili come redditi diversi ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera i), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
L’articolo 67, comma 1, lettera i), del TUIR qualifica come redditi diversi i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente, se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
La presente disposizione determina un aumento di gettito esclusivamente in termini di cassa, mediante il meccanismo degli acconti e dei saldi, che la relazione tecnica stima in 110 milioni di euro per l’anno 2007, mentre per la medesima ragione è indicata per l’anno 2008 una diminuzione (sempre in termini di cassa) di 43 milioni di euro.
26. All'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il sesto comma è sostituito dal seguente:
«Le disposizioni di cui al quinto comma si applicano anche:
a) alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l'attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore;
b) alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all'articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come sostituita, da ultimo, dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, nonché dei loro componenti ed accessori;
c) alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;
d) alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le disposizioni di cui al quinto comma si applicano alle ulteriori operazioni individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, in base alla direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, ovvero individuate con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nelle ipotesi in cui necessita la preventiva autorizzazione comunitaria prevista dalla direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977».
27. Le disposizioni di cui alle lettere b), c) e d) del sesto comma dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dal comma 26 del presente articolo, si applicano alle cessioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione della misura ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.
Il comma 26 dell’articolo 5 estende l’ambito di applicabilità del metodo della tassazione inversa (reverse charge) agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.
È modificato a questo fine l’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il quale individua i soggetti passivi dell’imposta.
In particolare, la lettera a) del presente comma 26 sostituisce il sesto comma del medesimo articolo 17 (aggiunto dall'articolo 35, comma 5, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006). La nuova formulazione proposta stabilisce che l’applicazione delle modalità di fatturazione e di pagamento dell’imposta previste nel quinto comma del medesimo articolo 17[23] si applicano:
a) alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili, oppure nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;
Si tratta della fattispecie prevista nel vigente sesto comma, la cui introduzione era stata motivata nella relazione governativa al decreto-legge n. 223 del 2006 (A.S. 741), come misura volta a “contrastare fenomeni fraudolenti consistenti nella creazione di piccole imprese che realizzano lavori edilizi nel quadro di opere complesse, fatturano regolarmente le prestazioni con l’applicazione dell’IVA, ma poi omettono di versare il tributo, che lucrano illecitamente, per poi sparire, salvo ricostituirsi in forme analoghe”.
b) alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all'articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641[24], nonché dei loro componenti e accessori;
c) alle cessioni di elaboratori elettronici (personal computer) e dei loro componenti e accessori;
d) alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere.
Di conseguenza, il destinatario della cessione o prestazione viene ad essere tenuto al pagamento dell'imposta, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente o dal subappaltatore senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 21 e seguenti del medesimo decreto e con l'indicazione della norma qui contemplata, deve essere integrata dal destinatario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro delle fatture o dei corrispettivi (previsti rispettivamente dagli articoli 23 o 24) entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. Lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro dei beni e servizi acquistati (previsto dall'articolo 25).
Secondo le norme vigenti, questa forma di imposizione si applica anche alle cessioni di oro da investimento (legge 17 gennaio 2000, n. 7) e agli apporti di beni immobili ai fondi d'investimento immobiliare chiusi (articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410).
La lettera b) dello stesso comma 26 aggiunge nel medesimo articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972 un nuovo comma, a tenore del quale il metodo di tassazione inversa si applica alle ulteriori operazioni individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze:
- con propri decreti, in base alla direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006;
La direttiva 2006/69/CE del Consiglio modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l'evasione fiscale.
In particolare, l’articolo 1, primo paragrafo, numero 7), modifica l’articolo 21, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE, nella versione figurante nell’articolo 28 octies della stessa autorizzando gli Stati membri a stabilire che, per le sottoindicate operazioni, il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti esse sono effettuate:
i) prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili nonché la consegna di lavori immobiliari, considerata cessione di beni ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5;
ii) messa a disposizione di personale per l’esecuzione delle attività di cui al punto i);
iii) cessioni di taluni beni immobili (fabbricati diversi dai fabbricati nuovi, e fondi non edificati), qualora il cedente abbia optato per l’imposizione dell'operazione;
iv) cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di avanzi, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto riciclabili nonché di materiali di scarto parzialmente lavorati, e determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi figuranti nell’allegato M;
v) cessioni di beni dati in garanzia da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo in esecuzione di questa garanzia;
vi) cessioni di beni successive alla cessione del diritto di riserva di proprietà ad un cessionario che esercita tale diritto;
vii) cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.
Gli Stati membri possono specificare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi contemplati e le categorie di prestatori, cedenti o destinatari cui queste misure possono applicarsi. Essi possono altresì limitare l’applicazione delle misure ad alcune delle cessioni di beni o prestazioni di servizi figuranti nell’allegato M. Delle disposizioni nazionali adottate deve essere informato il comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto.
- con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (ossia con regolamento ministeriale), nelle ipotesi in cui necessita la preventiva autorizzazione comunitaria prevista dalla direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.
L’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva 77/388/CEE, prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ciascuno Stato membro ad introdurre o a prorogare misure particolari di deroga alla predetta direttiva, al fine di semplificare la procedura di riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali.
Il comma 27 stabilisce che le disposizioni delle lettere b), c) e d) del sesto comma dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, come modificato dal precedente comma 26 (v. supra), si applicano alle cessioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione della misura da parte del Consiglio dell’Unione europea, ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977.
È pertanto differita, in attesa dell’autorizzazione europea, l’applicazione del metodo di tassazione inversa alle cessioni di telefoni portatili, elaboratori elettronici, materiali lapidei.
Nell’ambito del pacchetto di proposte (COM(2004)728), presentato il 29 ottobre 2004, relativo alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA (richiamato nella scheda relativa al comma 17 dell’articolo 5) è prevista un’estensione del meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge).
Tale meccanismo (in base al quale l’imposta deve essere assolta dal cliente, se soggetto IVA nello Stato in cui avviene la transazione, anziché dal prestatore del servizio o dal cedente e quindi rende l’acquirente debitore dell’imposta), per le operazioni che coinvolgono imprese soggette ad IVA nello Stato membro in cui ha sede l’acquirente, fa sì che l’imposizione avvenga nel luogo di consumo, senza che il fornitore sia soggetto a obblighi fiscali in tale paese. La proposta della Commissione tende ad estendere questo meccanismo, già obbligatorio per alcune operazioni, a vari altri casi.
Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta modificata di direttiva sul luogo delle prestazioni di servizi (COM(2005)334). La proposta originaria (COM(2003)822) riguardava soltanto i soggetti passivi mentre la proposta modificata concerne anche i soggetti non passivi, e stabilisce che il luogo di tassazione è quello di destinazione del servizio anziché, come previsto attualmente, quello del prestatore.
La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata il 16 maggio 2006 dal Parlamento europeo che ha proposto alcuni emendamenti. Il Consiglio ha esaminato la proposta il 7 giugno 2006, decidendo di continuare i lavori allo scopo di giungere ad un accordo politico sull’atto finale nella riunione del 7 novembre prossimo.
Articolo 5, comma 28
(Obbligo di richiesta della registrazione
da parte degli agenti immobiliari)
28. Al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 10, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
«d-bis) gli agenti di affari in mediazione iscritti nella sezione degli agenti immobiliari del ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari»;
b) all'articolo 57, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Gli agenti immobiliari di cui all'articolo 10, comma 1, lettera d-bis,) sono solidalmente tenuti al pagamento dell'imposta per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari».
Il comma 28 dell’articolo 5 estende agli agenti immobiliari, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari, l’obbligo di chiedere la registrazione e l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro, solidalmente con le parti contraenti.
A questo fine è integrato il dettato degli articoli 10 e 57 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
La lettera a) modifica l'articolo 10, che individua i soggetti obbligati a chiedere la registrazione.
I soggetti obbligati sono attualmente:
a) le parti contraenti per le scritture private non autenticate, per i contratti verbali e per gli atti pubblici e privati formati all'estero, nonché i rappresentanti delle società o enti esteri, ovvero uno dei soggetti che rispondono delle obbligazioni della società o ente, per le operazioni delle rispettive società o enti;
b) i pubblici ufficiali (notai, ufficiali giudiziari, segretari o delegati della pubblica amministrazione etc.) per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati;
c) i cancellieri e i segretari per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell'esercizio delle loro funzioni;
d) gli impiegati dell'amministrazione finanziaria e gli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza per gli atti da registrare d'ufficio in mancanza di richiesta da parte degli altri soggetti obbligati.
A questi soggetti vengono quindi aggiunti con la nuova lettera d-bis) gli agenti di affari in mediazione iscritti nella sezione degli agenti immobiliari del ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari.
La lettera b) modifica l'articolo 57, che individua i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di registro, introducendo un nuovo comma 1-bis, a norma del quale gli agenti immobiliari suddetti sono solidalmente tenuti al pagamento dell'imposta per le medesime scritture private.
Articolo 5, commi 29 e 30
(Contrasto del giuoco irregolare e
illegale)
29. In coerenza ai principi recati dall'articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ed al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore, con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le modalità per procedere alla rimozione dell'offerta, attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione. I provvedimenti di cui al presente comma sono adottati nel rispetto degli obblighi comunitari.
30. Dalla data di entrata in vigore del primo provvedimento emesso ai sensi del comma 29, i commi da 535 a 538 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono abrogati.
Il comma 29 dell’articolo 5 dispone che con provvedimenti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nel rispetto degli obblighi comunitari, siano stabilite le modalità per impedire l’offerta non autorizzata di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione, effettuata mediante reti telematiche o di telecomunicazione.
A questo fine, la disposizione richiama i princìpi recati dall'articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nonché la finalità di contrastare la diffusione del giuoco irregolare e illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del giuoco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore.
L'articolo 38 del decreto-legge n. 223 del 2006 prevede fra l’altro che vengano disciplinati, tramite regolamenti da emanarsi entro il 31 dicembre 2006, ai sensi dell'art. 16, comma 1, della sopra citata legge n. 133 del 1999:
- le scommesse a distanza a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori (scommesse cosiddette peer to peer); tale tipo di giuoco consente ai giocatori di scommettere gli uni contro gli altri su un determinato evento senza più un banco tradizionale;
- i giuochi di abilità on-line (skill games) con vincita in denaro, nei quali l'abilità dei giocatori prevale, rispetto al risultato, sull'elemento aleatorio. Per questo tipo di giuochi è prevista un'aliquota d'imposta pari al 3 per cento della somma giocata;
- le caratteristiche dei "negozi" specializzati nella vendita del giuoco, ovvero:
- agenzie di scommessa;
- sale pubbliche da gioco;
- sale destinate al gioco del Bingo (D.M. 31 gennaio 2000).
Il comma 2 prevede il riordino dell'attuale sistema distributivo dei giuochi a base sportiva con la costituzione di una rete strutturata di punti vendita e a tal fine novella il comma 287 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004).
Si dispone quindi che, con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, vengano stabilite le modalità per procedere alla rimozione dell'offerta, attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro mancanti di concessione, autorizzazione, licenza o altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione. Si specifica che tali provvedimenti debbono rispettare gli obblighi comunitari.
La disposizione sembra intesa a ovviare a obiezioni circa la compatibilità delle norme, adottate in precedenza (v. infra, nella presente scheda, nonché, in calce a questa, il paragrafo: Procedure di contenzioso in sede comunitaria), con i princìpi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Secondo consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi devono, in primo luogo, essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale; in secondo luogo, devono essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e, in terzo luogo, non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo. In ogni caso, devono essere applicate in modo non discriminatorio.
Nelle sentenze 24 marzo 1994 (causa C-275/92, Schindler), 21 settembre 1999 (causa C-124/97, Läärä e altri) e 21 ottobre 1999 (causa C-67/98, Zenatti), la Corte di giustizia ha ammesso che le restrizioni alle attività di giuoco possono essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale, quali la tutela del consumatore e la prevenzione della frode e dell'incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al giuoco, rilevando tuttavia come le restrizioni fondate su tali motivi e sulla necessità di prevenire turbative all'ordine sociale debbano essere idonee a garantire la realizzazione dei detti obiettivi, nel senso che tali restrizioni debbono contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico.
Più recentemente, nella sentenza 6 novembre 2003 (causa C-243/01, Gambelli e altri), la stessa Corte ha concluso che “una normativa nazionale contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi previste, rispettivamente, agli articoli 43 CE e 49 CE”, statuendo che “spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi”. Agli effetti di tale verifica, la Corte ha enunziato alcuni criteri, osservando fra l’altro:
1) che, “laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giuochi d'azzardo o alle scommesse affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di tale Stato non possono invocare l'ordine pubblico sociale con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti come quelli oggetto della causa principale” (n. 69);
2) che le restrizioni imposte in materia di bandi di gara per le concessioni relative alla gestione di scommesse su eventi sportivi “devono essere indistintamente applicabili, vale a dire con le stesse modalità e con gli stessi criteri agli operatori” stabiliti in qualunque Stato membro (n. 70), in particolare prevedendo requisiti di partecipazione che non siano fissati in termini tali da poter essere soddisfatti, in pratica, più facilmente dagli operatori nazionali che non da quelli stranieri (n. 71);
3) che le restrizioni imposte non debbono eccedere quanto necessario per conseguire l'obiettivo perseguito (n. 72).
In relazione a ciò, il comma 30 dispone che dalla data di entrata in vigore del primo provvedimento emesso ai sensi del comma 29, rimangano abrogati i commi da 535 a 538 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Il comma 535 della legge n. 266 del 2005 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) segnali ai fornitori di connettività alla rete internet, ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che mediante esse forniscono servizi telematici, i casi di offerta, attraverso dette reti, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro che siano illegali, mancando delle concessioni, autorizzazioni, licenze o altri titoli previsti dalla legge. Qualora il fatto costituisca reato, permangono naturalmente i poteri dell'autorità giudiziaria.
Ai sensi del comma 536, i destinatari delle segnalazioni sono obbligati ad adottare misure tecniche, che verranno stabilite con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, atte a impedire l'utilizzazione delle reti di cui sono gestori, o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento di giuochi, scommesse o concorsi pronostici illeciti.
In caso di violazione dell'obbligo suddetto, è prevista dal comma 537 una sanzione amministrative pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ogni violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.
Per l'applicazione delle disposizioni testé esaminate, il comma 538 prescrive la collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, la Polizia postale e delle telecomunicazioni e il Corpo della Guardia di finanza. Quest'ultimo si avvale dei poteri ad esso riconosciuti ai sensi del D.Lgs. n. 68 del 2001 (Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell'articolo 4 della legge 31 marzo 2000, n. 78). Tale cooperazione avverrà secondo i criteri e le modalità individuati dall'AAMS d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
Le disposizioni per l’applicazione delle norme testé illustrate sono state emanate dal direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato con provvedimento del 7 febbraio 2006 (Rimozione dei casi di offerta in assenza di autorizzazione, attraverso rete telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2006.
L’articolo 1 individua le finalità e reca le definizioni rilevanti per l’applicazione del provvedimento, fra cui quella di “fornitore di servizi di rete”, distinguendo a questo riguardo tra il fornitore di connettività (access provider: ogni soggetto che consente all'utente l'allacciamento alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, anche concedendo al cliente uno spazio, da gestire autonomamente, sul disco fisso del proprio elaboratore), il fornitore di servizi di providing (service provider: ogni soggetto che, una volta avvenuto l'accesso alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, consente all'utente di compiere determinate operazioni, quali l'utilizzo della posta elettronica, la suddivisione e catalogazione delle informazioni, il loro invio a soggetti determinati, etc.) e il fornitore di contenuti, (content provider: ogni operatore che mette a disposizione del pubblico informazioni e opere di qualsiasi genere caricandole sulle memorie del proprio server e collegando tale server alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, nonché colui che si obbliga a gestire e ad organizzare le pagine «web» immesse in rete dal proprio cliente).
L’articolo 2 prevede che l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato comunichi ai fornitori di servizi di rete l'elenco degli operatori non autorizzati stabilendo i termini entro i quali essi sono tenuti a interrompere la prestazione dei propri servizi nei riguardi di questi ultimi. L’elenco degli operatori non autorizzati è pubblicato anche nel sito della predetta Amministrazione (www.aams.it).
L’articolo 3 disciplina la responsabilità dei fornitori di servizi di rete per le informazioni fornite mediante i loro servizi dagli operatori non autorizzati, nel caso in cui non interrompano la prestazione del servizio nei termini prescritti dall’Amministrazione.
L’articolo 4 esclude l'obbligo generale di sorveglianza e di ricerca da parte dei fornitori dei servizi di rete circa la presenza di attività di giuoco non autorizzate.
Il fornitore è comunque tenuto a informare tempestivamente l’Amministrazione qualora venga a conoscenza di attività o informazioni riguardanti attività di giuoco esercitate da un operatore non autorizzato, destinatario di suoi servizi, e a fornire tempestivamente le informazioni in suo possesso per l'identificazione, anche a fine preventivo. Il fornitore è altresì civilmente responsabile nei confronti di terzi per il contenuto dei servizi offerti nel caso in cui non abbia eseguito la prescritta interruzione dei servizi o se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole di un servizio, non abbia provveduto ad informarne l’Amministrazione.
L’articolo 5 commina la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione delle disposizioni relative all’interruzione della prestazione dei servizi di rete, ferma restando l'eventuale responsabilità penale dei fornitori.
Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[25]per violazione del diritto comunitario.
La Commissione ritiene che le autorità italiane hanno adottato senza previa notifica le disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) e il decreto 7 febbraio 2006 (prot. n. 2006/4249/giochi/UD) che impongono ai fornitori di servizi rete italiani l’obbligo di oscurare i siti internet che offrono servizi di scommesse on-line e i cui operatori non sono in possesso delle autorizzazioni italiane richieste.
Pertanto, secondo la Commissione, l’Italia avrebbe violato gli obblighi imposti dall’articolo 8 della direttiva 98/34/CE come modificata dalla direttiva 98/48/CE che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.
Articolo 5, commi 31-33
(Trasmissione di dati doganali e fiscali
alle regioni e agli enti locali)
31. Entro il 31 gennaio di ciascun anno sono trasmessi alle regioni i dati relativi all'import/export del sistema doganale; entro il medesimo termine sono trasmessi alle regioni, alle province autonome e ai comuni i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno precedente dai contribuenti residenti.
32. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, emanato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati delle dichiarazioni nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.
33. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane sono stabilite le modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati dell'import/export alle regioni.
Il comma 31 dell’articolo 5 dispone che entro il 31 gennaio di ciascun anno sono trasmessi alle regioni i dati relativi alle importazioni e alle esportazioni, riferiti al sistema doganale.
Entro il medesimo termine sono trasmessi alle regioni, alle province autonome e ai comuni i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno precedente dai contribuenti in essi residenti.
La disposizione sembra intesa a favorire la partecipazione delle regioni e degli enti locali alle attività di accertamento, secondo quanto previsto – relativamente ai comuni, anche dall’articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
Il comma 1 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 203 del 2005 attribuisce ai comuni intervenuti nell’accertamento fiscale il 30 per cento delle maggiori somme, relative a tributi statali, riscosse a seguito degli accertamenti cui abbia contribuito l’intervento del comune interessato.
Il comma 2 prevede misure amministrative intese ad agevolare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento.
La determinazione delle modalità tecniche per l’accesso alle banche dati e per la trasmissione ai comuni, anche in via telematica, di copia delle dichiarazioni relative ai contribuenti in essi residenti è rimessa a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali.
Lo stesso provvedimento dovrà determinare le forme per la partecipazione dei comuni all’accertamento fiscale anche attraverso società ed enti partecipati dai comuni stessi e comunque da essi incaricati delle attività di supporto ai controlli fiscali sui tributi comunali.
Con il medesimo provvedimento saranno infine individuate le ulteriori materie per le quali i comuni partecipano all’accertamento fiscale; in relazione a quest’aspetto è previsto che il provvedimento sia adottato d’intesa con il Direttore dell’Agenzia del territorio, per i tributi di competenza di questa, e possa prevedere anche un’applicazione graduale in relazione ai diversi tributi.
Le forme di partecipazione dei comuni all’accertamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche sono previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
A questo fine, l’articolo 44 prescrive ai centri di servizio di trasmettere ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi le copie delle dichiarazioni dei redditi presentate dalle persone fisiche e agli uffici delle imposte di trasmettere ai medesimi comuni le proprie proposte di accertamento in rettifica o d’ufficio (con le successive integrazione e modificazioni) relative a persone fisiche[26].
Il comune di domicilio fiscale del contribuente, avvalendosi della collaborazione del consiglio tributario se istituito, può segnalare all'ufficio delle imposte dirette qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, e indicare – anche nel caso di omissione della dichiarazione – dati, fatti ed elementi rilevanti con la loro idonea documentazione. A tal fine il comune può prendere visione presso gli uffici delle imposte degli allegati alle dichiarazioni già trasmessegli in copia dall'ufficio stesso.
In relazione alle proposte di accertamento, il comune può inoltre proporre l'aumento degli imponibili, fornendone idonea documentazione.
Per questi adempimenti, il comune può chiedere dati e notizie alle amministrazioni ed enti pubblici, che debbono rispondere gratuitamente.
Le proposte di aumento non condivise dall'ufficio delle imposte devono essere trasmesse a cura dello stesso, con le proprie deduzioni, all'apposita commissione operante presso ciascun ufficio, la quale determina gli imponibili da accertare[27].
L’articolo 51 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, consente ai comuni di indicare all'ufficio del registro elementi per la valutazione di beni immobili o diritti reali immobiliari, ai fini dell'eventuale rettifica del valore dichiarato.
Il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), all’articolo 9, facoltizza i comuni a segnalare all'anagrafe tributaria dati e notizie, desunti da fatti certi, indicativi di capacità contributiva delle persone fisiche che risiedono nei rispettivi territori, vi possiedono beni o vi svolgono attività economica, nonché dati e notizie relativi ai soggetti, diversi dalle persone fisiche residenti, operanti o aventi beni nei rispettivi territori.
Non risulta essere stato emanato il decreto del Ministro per le finanze che avrebbe dovuto disciplinare le modalità e i termini delle segnalazioni.
Per quanto riguarda il concorso delle regioni, l’articolo 10 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, ha stabilito che le regioni a statuto ordinario partecipano all'attività di accertamento relativa ai tributi erariali, rimettendo a decreto del Ministro delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la determinazione delle modalità attuative, da stabilirsi in analogia con quanto previsto dal citato articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973[28].
Anche in questo caso, il previsto decreto non risulta essere stato emanato.
Il comma 32 dispone che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, emanato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati delle dichiarazioni, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche indicate dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale).
Il comma 33 rimette invece a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane la fissazione delle modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati relativi a importazioni ed esportazioni alle regioni.
34. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabilite, a fini di monitoraggio, le modalità per introdurre in tutte le amministrazioni pubbliche criteri di contabilità economica, nonché i tempi, le modalità e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica da parte degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali dei bilanci standard e dei dati di contabilità.
Il comma 34 prevede l’emanazione entro il 30 giugno 2007 di un provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze con cui sono stabilite, a fini di monitoraggio:
§ le modalità per introdurre in tutte le amministrazioni pubbliche i criteri di contabilità economica.
La norma si riferisce alle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) entro il mese di luglio di ciascun anno l’ISTAT provvede a definire l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato.
Per il 2007, il comunicato ISTAT è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2006.
§ i tempi, le modalità e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica da parte degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali dei bilanci standard e dei dati di contabilità.
Per contabilità economica si intende il sistema contabile che consente la valutazione economica dei servizi e delle attività prodotti dalle organizzazioni produttrici di beni e/o di servizi attraverso la valorizzazione monetaria delle risorse da queste acquisite ed impiegate.
Il D.Lgs. n. 279/1997, emanato in attuazione della legge n. 94/1997, ha previsto l’introduzione, per le pubbliche amministrazioni, di un sistema di contabilità economica analitica per centri di costo, che si affianca alla contabilità finanziaria dei tradizionali documenti di bilancio.
Tale sistema è stato attuato, in via sperimentale e in forma semplificata, a partire dall’esercizio 2000, limitatamente alle amministrazioni dello Stato.
In sostanza, mentre il bilancio registra tutte le operazioni di carattere monetario e, in particolare, per quanto concerne le uscite, tutte le operazioni che comportano un esborso, il nuovo sistema individua i costi di gestione di ciascuna organizzazione amministrativa, vale a dire l’entità delle risorse impiegate in un determinato periodo di tempo per lo svolgimento delle funzioni e dei servizi propri di quella amministrazione.
Il sistema di contabilità economica analitica si articola in centri di costo, servizi e piano dei conti.
I centri di costo rappresentano le strutture amministrative che impiegano le risorse e alle quali sono imputati i relativi costi. Al livello più elevato, i centri di costo coincidono con i centri di responsabilità amministrativa (nel caso dei dipartimenti, con gli uffici di livello dirigenziale generale sussistenti all’interno del dipartimento).
I servizi rappresentano le attività svolte dai singoli centri di costo, in vista del raggiungimento degli obiettivi ad essi assegnati: l’individuazione dei servizi permette quindi di quantificare i costi in rapporto alle singole attività dell’amministrazione e agli obiettivi da essa perseguiti.
Il piano dei conti è lo strumento mediante il quale viene effettuata la rilevazione economica dei costi, in base alla natura delle risorse impiegate. Il piano dei conti è strutturato su tre livelli di dettaglio; anche in questo caso ciascuna amministrazione, nella costruzione del proprio sistema di controllo interno di gestione, può scomporre le voci di costo in livelli di dettaglio ulteriori.
Le singole amministrazioni sono chiamate a predisporre, per ciascun centro di costo, un budget che quantifichi i costi previsti in rapporto alle singole voci del piano dei conti e li ponga in correlazione con gli obiettivi da perseguire e con le singole attività (i servizi) svolte dal centro di costo.
Nel Manuale dei Principi e regole contabili del sistema unico di contabilità economica delle Pubbliche amministrazioni (cfr. il D.M. Economia 22 aprile 2004) sono esposti i principi fondamentali e le regole contabili relative al Sistema unico di contabilità economica delle pubbliche amministrazioni. Il Manuale contiene:
§ i principali riferimenti normativi che sono alla base del sistema contabile;
§ i concetti di base della contabilità economica analitica e le differenze fra quest'ultima e la contabilità finanziaria;
§ i principi contabili generali da applicare alla contabilità economica analitica dello Stato;
§ le regole analitiche per voce del Piano dei conti aggiornato (cfr. Decreto Legislativo n. 279 del 7 agosto 1997, Tab. B, e successive modificazioni), ed i criteri per l’attribuzione dei costi sia ai centri di costo sia alle missioni istituzionali;
§ i principi generali di rappresentazione dei dati raccolti dal sistema contabile.
Articolo 5, comma 35
(Comunicazione degli esiti della
liquidazione delle dichiarazioni)
35. Al decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, l'articolo 2-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 2-bis. - (Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni) - 1. A partire dalle dichiarazioni presentate dal 1o gennaio 2006, l'invito previsto dall'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, è effettuato:
a) con mezzi telematici ai soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, che portano a conoscenza dei contribuenti interessati, tempestivamente e comunque nei termini di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell'invito;
b) mediante raccomandata in ogni altro caso.
2. Il termine di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica dell'invito di cui alla lettera a) del comma 1 del presente articolo.
3. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono definiti il contenuto e la modalità della risposta telematica».
Il comma 35 dell’articolo 5 ridisciplina le modalità per l’invio – in forma telematica o mediante raccomandata – dell’invito al contribuente a fornire chiarimenti o a produrre documenti in esito all’attività di liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazioni.
Si tratta dell'invito previsto dall'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, a norma del quale, nel caso di tributi per i quali il contribuente è tenuto al versamento diretto, prima di procedere all’iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Lo stesso obbligo sussiste anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minore rimborso d’imposta rispetto a quello richiesto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione di queste disposizioni.
La procedura per l’invio è stata determinata dall’articolo 2-bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, il quale ha disposto che, a partire dalle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 2006, l'invito suddetto sia effettuato:
a) con mezzi telematici qualora la dichiarazione sia stata trasmessa mediante uno dei soggetti intermediari indicati nell’articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322: in questo caso l’intermediario, se previsto nell'incarico di trasmissione, informa i contribuenti interessati circa gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell'invito, tempestivamente e comunque nel termine stabilito dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 (trenta giorni);
b) mediante raccomandata con avviso di ricevimento in ogni altro caso.
Il comma 2 dello stesso articolo ha disposto che il predetto termine di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 462 del 1997 decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello della trasmissione telematica dell'invito.
Si ricorda che l’obbligo, per l’amministrazione finanziaria, di comunicare gli esiti dei controlli automatici delle dichiarazioni è contenuto anche nell’articolo 36-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, per quanto riguarda le imposte dirette, e nell’articolo 54-bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA. Inoltre, l’articolo 36-bis, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede l’obbligo di inviare la comunicazione anche relativamente agli esiti del controllo formale in materia di imposte dirette.
L’articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, secondo cui l'Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (liquidazione delle imposte, dovute in base a dichiarazioni, mediante procedure automatizzate), relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata;
Il presente comma 35 sostituisce il citato articolo 2-bis del decreto-legge n. 203 del 2005.
Le differenze, rispetto alla vigente formulazione sopra riferita, attengono ai seguenti aspetti:
a) nel caso di invio con mezzi telematici, l’intermediario è comunque tenuto a informare i contribuenti interessati, indipendentemente dall’esistenza di espressa convenzione in tal senso contenuta nell’incarico di trasmissione;
b) nei casi di invio mediante raccomandata non è più richiesto l’avviso di ricevimento.
L’avviso di ricevimento consente al mittente di ricevere (mediante cartolina firmata dal destinatario o da chi ha effettuato il ritiro) la conferma dell'avvenuta consegna della spedizione a destinazione. Il costo del servizio è attualmente di centesimi 60 per l'Italia e di centesimi 65 per l'estero.
c) viene aggiunto un comma 3, in base al quale la definizione del contenuto e della modalità della risposta telematica è rimessa a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Articolo 6, commi 1-4
(Disposizioni di recupero della base
imponibile IRES)
1. All'articolo 93 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, il comma 5 è abrogato. La disposizione del periodo precedente si applica alle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale la cui esecuzione ha inizio a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2006.
2. All'articolo 107, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, al terzo periodo, le parole: «nell'esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quinto», sono sostituite dalle seguenti: «in quote costanti nell'esercizio stesso e nei cinque successivi».
3. All'articolo 84, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito la perdita riportabile è diminuita in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un reddito imponibile. Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti».
4. Le disposizioni dell'articolo 84, comma 1, secondo e terzo periodo, introdotti dal comma 3 del presente articolo, si applicano ai redditi prodotti e agli utili realizzati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006.
I commi da 1 a 4 dell’articolo 6 modificano disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, relativi alla determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito delle società (IRES).
Il comma 1 dell’articolo 6, che abroga l’articolo 93, comma 5, del TUIR, stabilisce che le rimanenze finali delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale vadano in ogni caso computate in proporzione ai corrispettivi pattuiti.
L’articolo 93 del TUIR disciplina la valutazione, ai fini delle imposte sui redditi, delle rimanenze finali delle opere, delle forniture e dei servizi di durata ultrannuale, stabilendo che esse vadano computate in base ai corrispettivi pattuiti[29]. Il comma 5 del citato articolo 93 consente però all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate di autorizzare le imprese, che contabilizzano le rimanenze a costi specifici e imputano i corrispettivi interamente nell’esercizio di ultimazione dell’opera, a utilizzare questo criterio anche ai fini della determinazione del reddito.
La disposizione in commento si applica alle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale la cui esecuzione ha inizio a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2006.
La relazione illustrativa al disegno di legge in esame osserva che l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 93 del TUIR “si rende necessaria in considerazione delle difficoltà operative incontrate dagli Uffici nell’enucleare i presupposti dell’autorizzazione e per allineare il trattamento fiscale dei lavori in questione alla rappresentazione in bilancio imposta per gli stessi dagli IAS” (ossia dai princìpi contabili internazionali, recentemente introdotti).
La relazione tecnica valuta nella seguente misura le variazioni di gettito annue conseguenti all’abrogazione dell’articolo 93, comma 5, del TUIR:
- per il 2007: 34,1 milioni di euro per competenza e nessun effetto per cassa;
- per il 2008: 5 milioni di euro per competenza e 60,3 milioni di euro per cassa;
- per il 2009: 5 milioni di euro per competenza e -16,9 milioni di euro per cassa;
- per il 2010: si prevedono effetti di cassa per 5 milioni di euro.
Il comma 2 dell’articolo 6, che novella l’articolo 107, comma 2, del TUIR, modifica le modalità di deduzione delle spese sostenute da imprese concessionarie della costruzione e dell'esercizio di opere pubbliche e da imprese subconcessionarie di queste, per il ripristino o la sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione e per la manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di tali beni.
L’articolo 107 del TUIR consente la deducibilità dal reddito di impresa di alcuni tipi di accantonamento. In particolare il comma 2 del citato articolo 107 disciplina gli accantonamenti effettuati dalle imprese concessionarie della costruzione e dell'esercizio di opere pubbliche e le imprese subconcessionarie di queste per far fronte alle spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione e alle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di tali beni. Tali accantonamenti, che non sono alternativi all’ammortamento, sono deducibili, entro i limiti previsti. Se le spese effettivamente sostenute in un esercizio per le finalità sopra indicate sono superiori al fondo di accantonamento, l’eccedenza è deducibile in un periodo massimo di quattro esercizi, a partire da quello nel quale si è verificata l’eccedenza.
Per effetto delle modifiche introdotte dal comma 2 in esame, l’ammontare delle spese effettivamente sostenute in eccedenza rispetto al fondo di accantonamento è ora deducibile in quote costanti in sei esercizi (l’esercizio nel quale si è verificata l’eccedenza e i cinque successivi).
La relazione tecnica non ascrive alla norma in commento alcuna stima in termini di recupero di gettito.
Il comma 3 dell’articolo 6, che introduce due nuovi periodi nell’articolo 84, comma 1, del TUIR, limita la possibilità di riporto delle perdite, in diminuzione del reddito di periodi di imposta successivi, per i soggetti che fruiscono di regimi di esenzione totale o parziale del reddito o degli utili.
L’articolo 84 del TUIR prevede che la perdita di un periodo d'imposta può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta, diversi dalle plusvalenze esenti di cui all'articolo 87 del TUIR.
Per effetto delle modifiche introdotte dal comma 3 in esame le perdite riportabili, realizzate dai soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito[30], sono diminuite in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione che sarebbe applicabile in presenza di un reddito imponibile (nuovo secondo periodo dell’articolo 84, comma 1, del TUIR). Le perdite realizzate dai soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile[31] sono riportabili per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti (nuovo terzo periodo dell’articolo 84, comma 1, del TUIR).
La disposizione in commento si applica ai redditi prodotti e agli utili realizzati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2006 (comma 4 dell’articolo 6).
La relazione illustrativa osserva che la modifica normativa in esame “consente di creare una simmetria tra imponibilità del risultato positivo (utile) e deducibilità del risultato negativo (perdita) nonché di incrementare la base imponibile.”
La relazione tecnica valuta nella seguente misura le variazioni di gettito di cassa conseguenti alla novella all’articolo 84 del TUIR:
- per il 2007: nessuna variazione;
- per il 2008: nessuna variazione;
- per il 2009: 11,6 milioni di euro;
- per il 2010: 6,6 milioni di euro.
Articolo 6, comma 5
(Modalità di pagamento dell’imposta di
bollo)
5. L'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Modi di pagamento). 1. L'imposta di bollo si corrisponde secondo le indicazioni della tariffa allegata:
a) mediante pagamento dell'imposta ad intermediario convenzionato con l'Agenzia delle entrate, il quale rilascia, con modalità telematiche, apposito contrassegno;
b) in modo virtuale, mediante pagamento dell'imposta all'ufficio dell'Agenzia delle entrate o ad altri uffici autorizzati o mediante versamento in conto corrente postale.
2. Le frazioni degli importi dell'imposta di bollo dovuta in misura proporzionale sono arrotondate ad euro 0,10 per difetto o per eccesso a seconda che si tratti rispettivamente di frazioni fino ad euro 0,05 o superiori ad euro 0,05.
3. In ogni caso l'imposta è dovuta nella misura minima di euro 1,00, ad eccezione delle cambiali e dei vaglia cambiari di cui, rispettivamente, all'articolo 6, n. 1, lettere a) e b), e n. 2, della tariffa - Allegato A annessa al presente decreto, come modificata dalla tariffa allegata al decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 agosto 1992 n. 196, per i quali l'imposta minima è stabilita in euro 0,50.».
Il comma 5 dell’articolo 6 sostituisce integralmente l’articolo 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, concernente i modi di pagamento, l’arrotondamento e la misura minima dell’imposta di bollo.
Dal confronto tra la norma vigente e quella proposta si rilevano le seguenti modifiche:
§ l’imposta di bollo non potrà più essere corrisposta mediante l’impiego dell’apposita carta filigranata e bollata e mediante marche da bollo, visto per bollo o bollo a punzone;
§ gli uffici dell’Agenzia delle entrate sostituiranno gli uffici del registro per il pagamento dell’imposta in modo virtuale;
§ per l’imposta dovuta in misura proporzionale, l’arrotondamento sarà effettuato a 0,10 euro (anziché 100 lire) per difetto o per eccesso, a seconda che si tratti rispettivamente di frazioni fino ad euro 0,05 (anziché 50 lire) o superiori ad euro 0,05 (anziché 50 lire);
§ l’imposta sarà dovuta nella misura minima di euro 1 (anziché 100 lire), ad eccezione delle cambiali e dei vaglia cambiari, per i quali l’imposta minima è stabilita in euro 0,50 (anziché 500 lire);
§ non sarà più consentito all’intendenza di finanza di autorizzare singoli uffici statali a riscuotere l'imposta per le domande presentate agli uffici stessi e per gli atti e documenti da essi formati.
La relazione tecnica osserva che gli interventi relativi all’arrotondamento, data la compensazione tra gli importi stessi da arrotondare, non comporteranno alcun effetto erariale. Per la fissazione di una più elevata misura minima stima un recupero di gettito di modesta entità e di problematica valutazione.
La relazione governativa osserva che la cessazione dell’utilizzo dei valori bollati consentirà “una notevole riduzione dei costi di produzione degli attuali valori bollati in cartaceo, dei costi di distribuzione, attualmente effettuata dalla società Poste italiane SpA su tutto il territorio nazionale”.
Articolo 6, commi 6-10
(Regime tributario degli apparecchi da
intrattenimento)
6. All'articolo 39, comma 13, primo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo le parole: «somme giocate», sono inserite le seguenti: «, dovuto dal soggetto al quale l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha rilasciato il nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. A decorrere dal 26 luglio 2004 il soggetto passivo d'imposta è identificato nell'ambito dei concessionari individuati ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, ove in possesso di tale nulla osta rilasciato dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. I titolari di nulla osta rilasciati antecedentemente al 26 luglio 2004 sono soggetti passivi d'imposta fino alla data di rilascio dei nulla osta sostitutivi a favore dei concessionari di rete o fino alla data della revoca del nulla osta stesso».
7. All'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il comma 13-bis è sostituito dal seguente:
«13-bis. Il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d'imposta, con riferimento a ciascun anno solare, mediante versamenti periodici relativi ai singoli periodi contabili e mediante un versamento annuale a saldo. Con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono individuati:
a) i periodi contabili in cui è suddiviso l'anno solare;
b) le modalità di calcolo del prelievo erariale unico dovuto per ciascun periodo contabile e per ciascun anno solare;
c) i termini e le modalità con cui i soggetti passivi d'imposta effettuano i versamenti periodici e il versamento annuale a saldo;
d) le modalità per l'utilizzo in compensazione del credito derivante dall'eventuale eccedenza dei versamenti periodici rispetto al prelievo erariale unico dovuto per l'intero anno solare;
e) i termini e le modalità con cui i concessionari di rete, individuati ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, comunicano, tramite la rete telematica prevista dallo stesso comma 4 dell'articolo 14-bis, i dati relativi alle somme giocate nonché gli altri dati relativi agli apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, da utilizzare per la determinazione del prelievo erariale unico dovuto;
f) le modalità con cui l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può concedere su istanza dei soggetti passivi d'imposta la rateizzazione delle somme dovute nelle ipotesi in cui questi ultimi si trovino in temporanea situazione di difficoltà».
8. Fino alla emanazione dei provvedimenti indicati nel comma 13-bis dell'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, come sostituito dal comma 7 del presente articolo, il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d'imposta con le modalità e nei termini stabiliti nei decreti del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 8 aprile 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2004, e 14 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26 luglio 2004, e successive modificazioni.
9. Dopo l'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono inseriti i seguenti:
«Art. 39-bis. - (Liquidazione del prelievo erariale unico e controllo dei versamenti). - 1. Per gli apparecchi previsti all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avvalendosi di procedure automatizzate, procede, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico, alla liquidazione dell'imposta dovuta per i periodi contabili e per l'anno solare sulla base dei dati correttamente trasmessi dai concessionari in applicazione dell'articolo 39, comma 13-bis, lettera e), ed al controllo della tempestività e della rispondenza rispetto al prelievo erariale unico dovuto dei versamenti effettuati dai concessionari stessi.
2. Nel caso in cui risultino omessi, carenti o intempestivi i versamenti dovuti, l'esito del controllo automatizzato è comunicato al concessionario di rete per evitare la reiterazione di errori. Il concessionario di rete che rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nel controllo dei versamenti, può fornire i chiarimenti necessari all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.
3. Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definite le modalità di effettuazione della liquidazione del prelievo erariale unico e del controllo dei relativi versamenti, di cui al comma 1.
Art. 39-ter. - (Riscossione delle somme dovute a titolo di prelievo erariale unico a seguito dei controlli automatici). - 1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi del comma 1 dell'articolo 39-bis, risultano dovute a titolo di prelievo erariale unico, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico. Per la determinazione del contenuto del ruolo, delle procedure, delle modalità della sua formazione e dei tempi di consegna, si applica il regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321.
2. Le cartelle di pagamento recanti i ruoli di cui al comma 1 sono notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico.
3. L'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il concessionario di rete provvede a pagare, con le modalità indicate nell' articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 2 dell'articolo 39-bis ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione, in sede di autotutela, delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dallo stesso concessionario di rete. In questi casi, l'ammontare della sanzione amministrativa per tardivo od omesso versamento è ridotto ad un sesto e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.
4. Qualora il concessionario di rete non provveda a pagare, entro i termini di scadenza, i ruoli di cui al comma 1, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procede alla riscossione delle somme dovute anche tramite escussione delle garanzie presentate dal concessionario di rete ai sensi della convenzione di concessione. In tal caso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato comunica al concessionario della riscossione l'importo del credito per imposta, sanzioni e interessi che è stato estinto tramite l'escussione delle garanzie e il concessionario della riscossione procede alla riscossione coattiva dell'eventuale credito residuo secondo le disposizioni di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.
Art. 39-quater. - (Accertamento e controlli in materia di prelievo erariale unico). - 1. Gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nell'adempimento dei loro compiti si avvalgono delle attribuzioni e dei poteri indicati nell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. Per l'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche si applicano le disposizioni dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
2. Il prelievo erariale unico è dovuto anche sulle somme giocate tramite apparecchi e congegni che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d'azzardo, privi del nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, nonché tramite apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui al predetto articolo 38, comma 5, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo. Per gli apparecchi e congegni privi del nulla osta il prelievo erariale unico, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dal soggetto che ha provveduto alla loro installazione. È responsabile in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative il possessore dei locali in cui sono installati gli apparecchi e congegni privi del nulla osta. Per gli apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, il maggiore prelievo erariale unico accertato rispetto a quello calcolato sulla base dei dati di funzionamento trasmessi tramite la rete telematica prevista dal comma 4 dell'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dai soggetti che hanno commesso l'illecito o, nel caso in cui non sia possibile la loro identificazione, dal concessionario di rete a cui è stato rilasciato il nulla osta. Sono responsabili in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative relativi agli apparecchi e congegni di cui al quarto periodo, il soggetto che ha provveduto alla loro installazione, il possessore dei locali in cui sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora non siano già debitori di tali somme a titolo principale.
3. Gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procedono all'accertamento della base imponibile e del prelievo erariale unico dovuto per gli apparecchi e congegni di cui al comma 2 mediante la lettura dei dati relativi alle somme giocate memorizzati dagli stessi apparecchi e congegni. In presenza di apparecchi e congegni per i quali i dati relativi alle somme giocate non siano memorizzati o leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati, gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determinano induttivamente l'ammontare delle somme giocate sulla base dell'importo forfetario giornaliero definito con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
4. Gli avvisi relativi agli accertamenti di cui ai commi 2 e 3 sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui sono state giocate, tramite gli apparecchi e congegni indicati negli stessi commi 2 e 3, le somme su cui è calcolato il prelievo erariale unico.
Art. 39-quinquies. - (Sanzioni in materia di prelievo erariale unico). - 1. La sanzione prevista nell'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni, si applica anche alle violazioni, indicate nello stesso comma 1, relative al prelievo erariale unico.
2. Nelle ipotesi di apparecchi che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d'azzardo, privi del nulla osta di cui all'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e nelle ipotesi di apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui al predetto articolo 38, comma 5, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, si applica la sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell'ammontare del prelievo erariale unico dovuto, con un minimo di euro mille.
3. Se sono omesse o sono effettuate con dati incompleti o non veritieri le comunicazioni cui sono tenuti i concessionari di rete ai sensi del comma 13-bis, lettera e), dell'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si applica la sanzione amministrativa da euro cinquecento ad euro ottomila.
Art. 39-sexies. - (Responsabilità solidale dei terzi incaricati della raccolta delle somme giocate). - 1. I terzi incaricati della raccolta di cui all'articolo 1, comma 533, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono solidalmente responsabili con i concessionari di rete per il versamento del prelievo erariale unico dovuto con riferimento alle somme giocate che i suddetti terzi hanno raccolto, nonché per i relativi interessi e sanzioni.
2. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definite le modalità di accertamento e di contestazione della responsabilità solidale di cui al comma 1.
Art. 39-septies. - (Disposizioni transitorie). - 1. Per le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi del comma 1 dell'articolo 39-bis, risultano dovute per gli anni 2004 e 2005 a titolo di prelievo erariale unico, nonché di interessi e di sanzioni, i termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 39-ter, previsti a pena di decadenza per rendere esecutivi i ruoli e per la notifica delle relative cartelle di pagamento, sono rispettivamente fissati al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010.
2. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definiti i dati relativi alle annualità di cui al comma 1 che i concessionari di rete devono comunicare all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nonché i relativi termini e modalità di trasmissione».
10. I termini di cui all'articolo 14-quater, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, sono fissati, rispettivamente, al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2009 per l'anno 2004 e al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010 per l'anno 2005.
I commi da 6 a 10 dell’articolo 6 intervengono sul regime tributario degli apparecchi da intrattenimento.
Il comma 6 provvede ad individuare il soggetto passivo d’imposta relativamente alle somme giocate sugli apparecchi e congegni da intrattenimento collegati in rete.
Integrando il comma 13 dell’articolo 39 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, la norma stabilisce che il prelievo erariale, fissato nella misura del 13,5% delle somme giocate, che si applica agli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, collegati in rete, è dovuto dal soggetto al quale l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha rilasciato il nulla osta previsto dall'articolo 38, comma 5, della legge n. 388 del 2000.
In particolare, è fatto riferimento alla data del 26 luglio 2004, giorno, a decorrere dal quale i nulla osta di messa in esercizio sono rilasciati esclusivamente ai concessionari.
Pertanto, a decorrere dal 26 luglio 2004 i soggetti passivi d'imposta sono identificati nei concessionari per la gestione telematica degli apparecchi, individuati ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972, ove in possesso di tale nulla osta rilasciato dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
I titolari di nulla osta rilasciati antecedentemente al 26 luglio 2004 sono soggetti passivi d'imposta fino alla data di rilascio dei nulla osta sostitutivi a favore dei concessionari di rete o fino alla data della revoca del nulla osta stesso.
Il comma 7 sostituisce il comma 13-bis del citato articolo 39.
Il testo vigente del comma 13-bis prevede che, con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, siano definiti termini e modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi da intrattenimento previsti dall'articolo 110, comma 6, del TULPS (R.D. n. 773/1931).
Il nuovo testo del comma 13-bis definisce i contenuti della disciplina tributaria del prelievo unico erariale (PREU), specificando che esso è assolto dai soggetti passivi d'imposta, con riferimento a ciascun anno solare, mediante versamenti periodici relativi ai singoli periodi contabili e mediante un versamento annuale a saldo. Con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono individuati:
a) i periodi contabili in cui è suddiviso l'anno solare;
b) le modalità di calcolo del prelievo erariale unico dovuto per ciascun periodo contabile e per ciascun anno solare;
c) i termini e le modalità con cui i soggetti passivi d'imposta effettuano i versamenti periodici e il versamento annuale a saldo;
d) le modalità per l'utilizzo in compensazione del credito derivante dall'eventuale eccedenza dei versamenti periodici rispetto al prelievo erariale unico dovuto per l'intero anno solare;
e) i termini e le modalità con cui i concessionari di rete comunicano, tramite la rete telematica i dati relativi alle somme giocate nonché gli altri dati relativi agli apparecchi da intrattenimento da utilizzare per la determinazione del prelievo erariale unico dovuto;
f) le modalità con cui l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può concedere su istanza dei soggetti passivi d'imposta la rateizzazione delle somme dovute nelle ipotesi in cui questi ultimi si trovino in temporanea situazione di difficoltà.
Il comma 8 reca una disposizione transitoria sulle modalità di versamento del PREU sino all’emanazione dei provvedimenti indicati nel precedente comma, disponendo che il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d'imposta con le modalità e nei termini stabiliti nei decreti del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 8 aprile 2004 (G.U. n. 86 del 13 aprile 2004) e 14 luglio 2004 (G.U. n. 173 del 26 luglio 2004), e successive modificazioni.
Il comma 9 introduce sei nuovi articoli nel decreto-legge n. 269 del 2003.
Il nuovo articolo 39-bis disciplina la liquidazione del prelievo erariale unico e il controllo dei versamenti, stabilendo che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avvalendosi di procedure automatizzate, procede, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico, alla liquidazione dell'imposta dovuta per i periodi contabili e per l'anno solare sulla base dei dati correttamente trasmessi dai concessionari e al controllo della tempestività e della corrispondenza dei versamenti effettuati dai concessionari stessi rispetto al prelievo erariale unico dovuto.
Qualora i versamenti dovuti risultino omessi, carenti o intempestivi, l'esito del controllo automatizzato è comunicato al concessionario di rete per evitare la reiterazione di errori: questo può fornire i chiarimenti necessari all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Infine è rimessa a decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la definizione delle modalità di effettuazione della liquidazione del prelievo erariale unico e del controllo dei relativi versamenti.
Il nuovo articolo 39-ter disciplina la riscossione delle somme dovute a titolo di prelievo erariale unico a seguito dei controlli automatici, specificando che esse, unitamente agli interessi e sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello per il quale è dovuto il prelievo erariale unico.
Qualora il concessionario di rete non provveda a pagare, entro i termini di scadenza, i ruoli, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procede alla riscossione delle somme dovute anche tramite escussione delle garanzie presentate dal concessionario di rete ai sensi della convenzione di concessione.
Si dispone, peraltro, che l'iscrizione a ruolo non sia eseguita, in tutto o in parte, se il concessionario di rete provvede a pagare le somme dovute, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione, in sede di autotutela, delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dallo stesso concessionario di rete. In questi casi, l'ammontare della sanzione amministrativa per tardivo od omesso versamento è ridotto ad un sesto e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione
Il nuovo articolo 39-quater disciplina gli accertamenti e i controlli in materia di prelievo erariale unico. In particolare vengono attributi agli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato i poteri previsti in materia di accertamento dell’IVA, indicati nell'articolo 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, e di accesso, ispezione e verifica di cui al successivo articolo 52.
La disposizione specifica, inoltre, che il prelievo erariale unico è dovuto anche sulle somme giocate tramite apparecchi e congegni che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d'azzardo, privi del nulla osta, nonché tramite apparecchi e congegni muniti del nulla osta, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo.
Per gli apparecchi e congegni privi del nulla osta il prelievo erariale unico, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dal soggetto che ha provveduto alla loro installazione. È responsabile in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative il possessore dei locali in cui sono installati gli apparecchi e congegni privi del nulla osta.
Per gli apparecchi e congegni muniti del nulla osta, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, il maggiore prelievo erariale unico accertato rispetto a quello calcolato sulla base dei dati di funzionamento trasmessi tramite la rete telematica, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dai soggetti che hanno commesso l'illecito o, nel caso in cui non sia possibile la loro identificazione, dal concessionario di rete a cui è stato rilasciato il nulla osta.
Sono responsabili in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative relativi agli apparecchi e congegni di cui al quarto periodo, il soggetto che ha provveduto alla loro installazione, il possessore dei locali in cui sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora non siano già debitori di tali somme a titolo principale.
Gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procedono all'accertamento della base imponibile e del prelievo erariale unico dovuto per gli apparecchi e congegni mediante la lettura dei dati relativi alle somme giocate memorizzati dagli stessi apparecchi e congegni.
In presenza di apparecchi e congegni per i quali i dati relativi alle somme giocate non siano memorizzati o leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati, gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determinano induttivamente l'ammontare delle somme giocate sulla base dell'importo forfetario giornaliero definito con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Gli avvisi relativi agli accertamenti sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui sono state giocate le somme su cui è calcolato il prelievo erariale unico.
Il nuovo articolo 39-quinquies determinale sanzioni in materia di prelievo erariale unico. In particolare prevede la sanzione amministrativa da euro 258,23 a euro 2.065,83 (da cinquecentomila a quattro milioni di lire) prevista dall’articolo 11, comma 1, del D.Lgs n. 471 del 1997, per i casi di omissione di comunicazioni prescritte dalla legge tributaria, mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi o loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere; inottemperanza all'invito a comparire e a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di finanza.
Nelle ipotesi di apparecchi che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il giuoco d'azzardo, privi del nulla osta, e nelle ipotesi di apparecchi e congegni muniti del nulla osta, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, si applica la sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell'ammontare del prelievo erariale unico dovuto, con un minimo di euro mille.
Infine è prevista la sanzione amministrativa da euro 500 ad euro 8.000 per omissione o incompletezza o falsità le comunicazioni tramite la rete telematica cui sono tenuti i concessionari di rete ai sensi del comma 13-bis, lettera e), dell'articolo 39 precedentemente illustrato.
Il nuovo articolo 39-sexies stabilisce la responsabilità dei terzi incaricati della raccolta delle somme giocate, in solido con i concessionari di rete, per il versamento del prelievo erariale unico dovuto con riferimento alle somme giocate che i suddetti terzi hanno raccolto, nonché per i relativi interessi e sanzioni. Rinvia ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, la definizione delle modalità di accertamento e di contestazione della responsabilità solidale.
Il nuovo articolo 39-septies reca una disposizione transitoria relativamente alle somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati, risultano dovute per gli anni 2004 e 2005 a titolo di prelievo erariale unico, nonché di interessi e di sanzioni, fissando i termini, previsti a pena di decadenza per rendere esecutivi i ruoli e per la notifica delle relative cartelle di pagamento, rispettivamente, al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010.
Infine il comma 10 del presente articolo 6 dispone, relativamente alle somme che risultano dovute a seguito di controlli automatici effettuati per l’imposta sugli apparecchi da intrattenimento, la ridefinizione dei termini per rendere esecutivi i ruoli a titolo definitivo (D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14-quater, comma 1) e per notificare le cartelle di pagamento recanti i ruoli stessi (D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14-quater, comma 2), fissandoli rispettivamente al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2009 per l'anno 2004 e al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010 per l'anno 2005.
Articolo 6, comma 11
(Accise sui tabacchi lavorati)
11. All'articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: «e a 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006» sono sostituite dalle seguenti: «, a 1.000 milioni di euro per l'anno 2006 ed a 1.100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007».
Il comma 11 dell’articolo 6 concede la possibilità di aumentare, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare, a decorrere dal 2007, un maggior gettito complessivo pari a 1.100 milioni di euro annui (con un aumento di 100 milioni rispetto all’incremento di gettito già disposto per l’anno 2006).
Nel determinare l'aumento dell'aliquota sarà necessario tenere conto anche dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, recante norme in tema di regime di imposizione fiscale sui prodotti oggetto di monopolio di Stato.
Il citato articolo 2 della legge n. 825 del 1965 prevede che l’inserimento di ciascun prodotto soggetto a monopolio fiscale nelle tariffe, contenute nelle diverse tabelle allegate alla stessa legge n. 825 del 1965, è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono stabiliti in conformità a quelli richiesti dai fabbricanti e dagli importatori. Le richieste per l’inserimento in tariffa presentate dagli interessati devono essere corredate, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto, da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti alla variazione proposta.
Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, lettera a), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:
a) sigarette....................................... 58,50%;
b) sigari e sigaretti............................ 23%;
c) tabacco da fumo........................... 56%;
d) tabacco da masticare.................... 24,78%;
e) tabacco da fiuto............................ 24,78%.
Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dal citato articolo 28, comma 1, lett. a), dell’articolo 28 del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.
Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.
In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[32]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.
Si ricorda poi che l’articolo 2, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,(legge finanziaria per il 2004) ha stabilito che i decreti con i quali, ai sensi dell’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modifiche e integrazioni, può essere disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette devono assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il D.M. 15 ottobre 2004 (pubblicato nella G.U. n. 262 dell’8 novembre 2004) con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58 per cento al 58,50 per cento
L’articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), modificato dalla disposizione qui illustrata, ha previsto che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avrebbe potuto essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo nella misura di 500 milioni di euro per l’anno 2005 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 25 ottobre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 255 del 2 novembre 2005), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione del tabacco da fumo dal 54 per cento al 56 per cento.
Da ultimo l’articolo 1, comma 551, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), ha previsto che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avrebbe potuto essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati in misura tale da assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi.
Articolo 6, commi 12-20
(Versamento dell’imposta comunale sugli
immobili)
12. Nel quadro delle dichiarazioni dei redditi relativo ai fabbricati sono specificati, per ogni immobile, oltre all'indirizzo, l'identificativo dell'immobile stesso costituito dal codice del comune, il foglio, la sezione, la particella e il subalterno.
13. La dichiarazione dei redditi contiene tutte le indicazioni utili ai fini del trattamento dell'imposta comunale sugli immobili. Con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti gli elementi, i termini e le modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui al primo periodo.
14. L'imposta comunale sugli immobili dovuta dai soggetti che si avvalgono dell'assistenza fiscale prevista dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, è liquidata e versata dal sostituto d'imposta, direttamente o sulla base degli appositi modelli trasmessi dagli intermediari fiscali. I contribuenti, che presentano la dichiarazione di cui al comma 13 senza avvalersi dell'assistenza fiscale, indicano i dati relativi all'imposta comunale sugli immobili nella medesima dichiarazione.
15. L'imposta comunale sugli immobili dovuta può essere compensata con crediti di altra natura, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.
16. I contribuenti che, secondo le disposizioni normative vigenti, non presentano la dichiarazione, ma possiedono redditi derivanti da proprietà immobiliari, compilano il modello di versamento di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.
17. Le somme riscosse, una volta ripartite dalla struttura di gestione di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sono accreditate dalla Banca d'Italia presso ciascuna tesoreria comunale.
18. Con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definite le modalità di trasmissione telematica ai comuni dei dati relativi ai versamenti e agli immobili.
19. Le disposizioni di cui ai commi da 13 a 18 si applicano alle dichiarazioni che saranno presentate nell'anno 2008.
20. Nelle dichiarazioni presentate nell'anno 2007 per ogni fabbricato deve essere indicato l'importo dell'imposta comunale sugli immobili dovuta per l'anno in corso.
I commi da 12 a 20 dell’articolo 6 dettano disposizioni dirette a contrastare l’evasione fiscale, relativa all’imposta comunale sugli immobili (ICI). A tale scopo è stabilito che i dati necessari per la liquidazione dell’imposta siano contenuti nella dichiarazione dei redditi; che il versamento della stessa sia effettuato, a seconda delle circostanze, da parte del sostituto d’imposta o mediante il modello di versamento unitario F24, avvalendosi della possibilità di compensazione prevista per questa forma di versamento. È prevista inoltre la trasmissione telematica ai comuni dei dati relativi ai versamenti e agli immobili, secondo modalità che verranno definite da un successivo decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali.
A norma del comma 12, nella dichiarazione dei redditi, nel quadro relativo ai redditi dei fabbricati, debbono essere indicati, per ciascun fabbricato, oltre all'indirizzo, i relativi dati catastali (codice del comune, foglio, sezione, particella e subalterno). La stessa dichiarazione deve contenere tutte le indicazioni utili ai fini del trattamento dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), secondo quanto verrà definito da un apposito decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (comma 13 e secondo periodo del comma 14).
Inoltre, in considerazione della circostanza che le disposizioni dei commi da 13 a 18 si applicano alle dichiarazioni che saranno presentate nell'anno 2008 (rectius: a decorrere dall’anno 2008), nelle dichiarazioni presentate nell’anno 2007 dev’essere indicato l'importo dell'imposta comunale sugli immobili dovuta per l'anno in corso (comma 20).
I commi 14 e 16 prevedono che l’imposta comunale sugli immobili dovrà essere versata con le seguenti modalità:
§ versamento da parte del sostituto d’imposta, direttamente o sulla base degli appositi modelli trasmessi dagli intermediari fiscali, per quanto riguarda l’imposta dovuta dai contribuenti che si avvalgono dell’assistenza fiscale. La disposizione sembra prevedere che sia lo stesso sostituto d’imposta a liquidare l’imposta (comma 14);
§ versamento mediante i modelli di versamento unitario F24 da parte dei soggetti che non presentano la dichiarazione dei redditi, ma posseggono redditi derivanti da proprietà immobiliari (comma 16).
Nulla è disposto in relazione alle modalità di versamento dell’imposta da parte dei soggetti che presentano la dichiarazione dei redditi senza avvalersi dell’assistenza fiscale.
Si ritiene opportuno ricordare che in materia di imposta comunale sugli immobili, già l’articolo 37, comma 55, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha previsto che l'imposta comunale sugli immobili potesse essere liquidata in sede di dichiarazione dei redditi e versata mediante il versamento unitario, disciplinato dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate dovranno essere definiti i termini e le modalità per l'attuazione della citata disposizione.
Il comma 15 prevede che l’imposta comunale sugli immobili può essere compensata con i crediti di altra natura, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, il quale disciplina il versamento unitario con il modello F24.
Le somme riscosse, una volta ripartite dalla struttura di gestione prevista dall'articolo 22 del citato D.Lgs. n. 241 del 1997, sono accreditate dalla Banca d'Italia presso ciascuna tesoreria comunale (comma 17).
L’articolo 22 del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che, entro il primo giorno lavorativo successivo a quello di versamento delle somme da parte delle banche e di ricevimento dei relativi dati riepilogativi, un'apposita struttura di gestione attribuisce agli enti destinatari le somme a ciascuno di essi spettanti, tenendo conto dell'eventuale compensazione eseguita dai contribuenti.
Con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dovranno essere definite le modalità di trasmissione telematica ai comuni dei dati relativi ai versamenti e agli immobili (comma 18).
La relazione tecnica stima che le disposizioni in commento avranno i seguenti effetti di cassa:
§ 360 milioni di euro per il 2007;
§ 220 milioni di euro per il 2008;
§ 220 milioni di euro per il 2009.
Articolo 7
(Variazione dell'aliquota di compartecipazione
dell'addizionale comunale all'IRPEF)
1. All'articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, concernente «Istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, a norma dell'articolo 48, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall'articolo 1, comma 10, della legge 16 giugno 1998, n. 191», sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. I comuni, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, possono disporre la variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale di cui al comma 2 con deliberazione da pubblicare nel sito individuato con decreto 31 maggio 2002 del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 5 giugno 2002. L'efficacia della deliberazione decorre dalla data di pubblicazione nel predetto sito informatico. La variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale non può eccedere complessivamente 0,8 punti percentuali. La deliberazione può essere adottata dai comuni anche in mancanza dei decreti di cui al comma 2»;
b) al comma 4:
1) le parole: «dei crediti di cui agli articoli 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «del credito di cui all'articolo 165»;
2) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «L'addizionale è dovuta alla provincia e al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1o gennaio dell'anno cui si riferisce l'addizionale stessa, per le parti spettanti. Il versamento dell'addizionale medesima è effettuato in acconto e a saldo unitamente al saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. L'acconto è stabilito nella misura del 30 per cento dell'addizionale ottenuta applicando le aliquote di cui ai commi 2 e 3 al reddito imponibile dell'anno precedente determinato ai sensi del primo periodo del presente comma. Ai fini della determinazione dell'acconto, l'aliquota di cui al comma 3 è assunta nella misura deliberata per l'anno di riferimento qualora la pubblicazione della delibera sia effettuata non oltre il 20 gennaio del medesimo anno ovvero nella misura vigente nell'anno precedente in caso di pubblicazione successiva al predetto termine»;
c) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Relativamente ai redditi di lavoro dipendente e ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, l'acconto dell'addizionale dovuta è determinato dai sostituti d'imposta di cui agli articoli 23 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di nove rate mensili, effettuate a partire dal mese di marzo. Il saldo dell'addizionale dovuta è determinato all'atto delle operazioni di conguaglio e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. In caso di cessazione del rapporto di lavoro l'addizionale residua dovuta è prelevata in unica soluzione. L'importo da trattenere e quello trattenuto sono indicati nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui all'articolo 4, comma 6-ter, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni»;
d) il comma 6 è abrogato.
2. All'articolo 1, comma 51, primo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: «e 2007» sono soppresse.
L’articolo 7 modifica l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’IRPEF istituita con il decreto legislativo n. 360 del 1998.
L’addizionale comunale all’IRPEF, istituita dal decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, è composta di un’aliquota divisa in due parti: un’aliquota base di compartecipazione, fissata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali; un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti individuati dalla legge di un massimo di 0,5 punti percentuali, con un incremento annuo non superiore a 0,2 punti percentuali. La legge 13 maggio 1999, n. 133, ha poi previsto che l’addizionale all’IRPEF riguardi non solo i comuni, ma anche le province, stabilendo che l’aliquota base di compartecipazione comprenda, indicandole distintamente, oltre che l’addizionale comunale, anche quella provinciale. Non essendo stato adottato il decreto del Ministro dell’economia chiamato a definire la “parte fissa”, dell’aliquota, l’articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha previsto, esclusivamente per l’anno 2002, a favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario una compartecipazione al gettito dell’IRPEF in una misura parti al 4,5 per cento di quanto riscosso.
Le misure legislative adottate nella XIV legislatura in materia di addizionali comunale e provinciale all’IRPEF hanno in primo luogo riguardato la reiterazione e l’integrazione del regime transitorio previsto dall’articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per quel che concerne la compartecipazione al gettito IRPEF. In secondo luogo, alcune disposizioni hanno previsto la sospensione degli effetti degli aumenti deliberati dai comuni dell’altra parte dell’aliquota, facoltativa e variabile, la cui applicazione è rimessa a ciascun comune .
In particolare, per quanto attiene al primo aspetto:
§ l’articolo 25, comma 5, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) ha esteso anche all’anno 2003 la compartecipazione al gettito dell’IRPEF inizialmente prevista dall’articolo 67 della legge n. 388 del 2000 per il solo anno 2002;
§ l’articolo 31, comma 8, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha aumentato la compartecipazione, per l’anno 2003, dal 4,5 per cento al 6,5 per cento; la medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1 per cento, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni;
La compartecipazione dei comuni e delle province al gettito dell’IRPEF è stata poi confermata per gli anni 2004, 2005 e 2006 (rispettivamente legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, co. 18; legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, co. 65; legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 152).
Con riferimento alla sospensione degli aumenti dell’addizionale, si ricorda che:
§ l’articolo 3, comma 1, della legge n. 289 del 2002 ha disposto, tra le altre cose, la sospensione degli aumenti dell’addizionale comunale all’IRPEF deliberati dopo il 29 settembre 2002 fino a quando non fosse intervenuto un accordo in sede di Conferenza unificata tra Stato regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale;
§ l’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004 ha prorogato il blocco fino al 31 dicembre 2006. La disposizione prevede comunque, per i comuni che non se ne siano avvalsi in precedenza di aumentare l’aliquota dell’addizionale all’IRPEF per il triennio 2005-2007. Gli effetti di tali aumenti rimarranno comunque sospesi, in forza della disposizione, fino al 31 dicembre 2006.
La lettera a) del comma 1 consente ai comuni di variare l’aliquota facoltativa e variabile dell’addizionale IRPEF nella misura massima di 0,8 punti percentuali, anziché, come previsto dal decreto legislativo n. 360 del 1998, nella misura massima di 0,5 punti percentuali con un incremento annuo dello 0,2 per cento.
Vengono inoltre aggiornate le previsioni normative in ordine alla procedura di adozione della variazione dell’aliquota. Si prevede infatti che la variazione debba essere decisa con regolamento comunale (nel testo attualmente vigente invece non si precisa il tipo di atto con il quale adottare l’aumento) con deliberazione da pubblicare nel sito internet individuato con il decreto 31 maggio 2002 del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia, vale a dire il sito www.finanze.it a cura dell'Ufficio federalismo fiscale del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze (nel testo attualmente vigente si prevede che la deliberazione dell’aumento venga pubblicata su un sito individuato con decreto del Ministro dell’economia, emanato di concerto con il Ministro della giustizia).
Il numero 1) della lettera b) del comma 1 aggiorna il riferimento al testo unico sulle imposte sui redditi (TUIR) contenuto nel comma 4 dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998 alla nuova numerazione del testo unico successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 344 del 2003 istitutivo delll’IRES (il decreto legislativo provvedeva infatti anche ad una rinumerazione del testo unico) e alle modifiche normative intervenute. La disposizione prevede che l’addizionale sia dovuta se per lo stesso anno risulta dovuta l’imposta sul reddito delle persone fisiche, al netto delle detrazioni per essa riconosciute e dei crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero, ai sensi dell’articolo 165 (e non più degli articoli 14 e 15) del TUIR. Si tratta di una modifica formale in quanto l’articolo 15 corrisponde, nella vecchia numerazione del TUIR, all’articolo 165, mentre l’articolo 14, che prevedeva un credito di imposta sugli utili distribuiti da società ed enti è stato abrogato dal decreto legislativo n. 344 del 2003.
Il numero 2) della lettera b) del comma 1 prevede che l’addizionale sia dovuta alla provincia e al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell’anno cui si riferisce l’addizionale.
In proposito il comma 6 dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998 prevedeva invece che l’addizionale fosse dovuta alla provincia e al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 31 dicembre dell’anno cui si riferisce l’addizionale. Tale disposizione è abrogata dalla lettera d) del comma 1.
Si prevede inoltre che il versamento sia effettuato in acconto e a saldo, con un acconto stabilito nella misura del 30 per cento dell’importo ottenuto applicando l’aliquota all’imponibile IRPEF dell’anno precedente. L’aliquota da applicare è quella dell’anno di riferimento se la delibera è stata pubblicata non oltre il 20 gennaio del medesimo anno; in caso contrario si utilizza l’aliquota dell’anno precedente.
In proposito, il decreto del Ministro dell’economia del 20 dicembre 1999, che attualmente disciplina la materia, prevede invece che l’addizionale determinata dal sostituto d'imposta all'atto di effettuazione delle operazioni di conguaglio è trattenuta dallo stesso in tre rate uguali a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le operazioni di conguaglio sono state effettuate o, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, in unica soluzione nel periodo di paga in cui sono state svolte le dette operazioni; gli importi trattenuti vanno versati entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui gli importi sono stati trattenuti. Si effettua un versamento unico anche se l'addizionale è riferita a sostituiti di imposta domiciliati in comuni diversi. L'addizionale dovuta in autotassazione (e cioè pagata direttamente dai contribuenti) è versata entro il termine di pagamento a saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche risultante dalla dichiarazione dei redditi.
Anche la lettera c) del comma 1 interviene sulle modalità di pagamento dell’addizionale prevedendo che per i redditi da lavoro dipendente la stessa sia determinata dal sostituito d’imposta e l’importo sia trattenuto in un numero massimo di nove rate mensili, effettuate in nove rate mensili, a partire dal mese di marzo. Il saldo dell’addizionale dovuta è invece determinato all’atto delle operazioni di conguaglio e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. In caso di cessazione del rapporto di lavoro l'addizionale residua dovuta è prelevata in unica soluzione.
Conseguentemente alle disposizioni introdotte dal comma 1, al comma 2 viene abrogato il riferimento all’anno 2007 contenuto nell’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005). La norma consente di variare per gli anni 2005, 2006 e 2007 l’aliquota dell’addizionale ai soli comuni che non si siano avvalsi in passato di tale facoltà.
Come già si è detto (cfr. supra), gli aumenti eventualmente deliberati dai comuni non avevano comunque effetto in forza del blocco previsto fino al 31 dicembre 2006.
La disposizione in commento fa venire meno la condizione limitativa della facoltà di aumentare l’aliquota dell’addizionale prevista dall’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004.
Si osserva infine che il disegno di legge finanziaria non conferma, per l’anno 2007, il blocco degli aumenti dell’addizionale comunale IRPEF.
La relazione tecnica rileva che dall’introduzione dell’acconto del 30 per cento dell’addizionale comunale deriverà un aumento del gettito in termini di cassa di 500 milioni di euro per l’anno 2007.
Articolo 8
(Imposta di scopo per la realizzazione di
opere pubbliche)
1. A decorrere dal 1o gennaio 2007, i comuni possono deliberare, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, l'istituzione di un'imposta di scopo destinata esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche individuate dai comuni nello stesso regolamento tra quelle indicate nel comma 5 del presente articolo.
2. Il regolamento che istituisce l'imposta determina:
a) l'opera pubblica da realizzare;
b) l'ammontare della spesa da finanziare;
c) l'aliquota di imposta;
d) le modalità di versamento degli importi dovuti.
3. L'imposta è dovuta, in relazione alla stessa opera pubblica, per un periodo massimo di cinque anni ed è determinata applicando alla base imponibile dell'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, un'aliquota nella misura massima dello 0,5 per mille.
4. Per la disciplina dell'imposta si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta comunale sugli immobili.
5. L'imposta può essere istituita per le seguenti opere pubbliche:
a) opere per il trasporto pubblico urbano;
b) opere viarie, con l'esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;
c) opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;
d) opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini;
e) opere di realizzazione di parcheggi pubblici.
6. Il gettito complessivo dell'imposta non può essere superiore al trenta per cento dell'ammontare della spesa dell'opera pubblica da realizzare.
7. Nel caso di mancato inizio dell'opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i contribuenti possono chiedere il rimborso degli importi versati entro il termine di cinque anni dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.
L’articolo 8 prevede la possibilità per i comuni di istituire con regolamento un’imposta di scopo per finanziare la realizzazione di opere pubbliche.
Con il termine di “imposta di scopo” si intende una forma di imposizione che trova la sua giustificazione nel collegamento tra imposizione e destinazione del gettito. L’imposta di scopo costituisce quindi una deroga al principio dell’unità del bilancio, in base al quale nel bilancio la corrispondenza tra entrate e spese deve essere garantita a livello globale, non essendo possibile stabilire una specifica correlazione tra una singola entrata ed una singola spesa.
In particolare, il comma 1 rimette ad un regolamento comunale, emanato ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, l’istituzione dell’imposta che deve essere destinata esclusivamente alla copertura (per una percentuale che il comma 6 stabilisce come non superiore al 30 per cento) della realizzazione di specifiche opere pubbliche, rientranti nelle tipologie individuate dal comma 5 dell’articolo.
In proposito, si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
Il comma 5 individua le seguenti tipologie di opere pubbliche per le quali può essere istituita l’imposta di scopo:
a) opere per il trasporto pubblico urbano;
b) opere viarie, con esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;
c) opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;
d) opere di risistemazione di parchi e giardini;
e) opere di realizzazione di parcheggi pubblici.
Il comma 2 prevede inoltre che il regolamento comunale istitutivo dell’imposta indichi:
a) l’opera pubblica da realizzare;
b) l’ammontare della spesa da finanziare;
c) l’aliquota di imposta (sul punto cfr. però il comma 3);
d) le modalità di versamento degli importi dovuti.
I commi 3 e 4 collegano la base imponibile e la disciplina dell’imposta di scopo a quelle previste per l’imposta comunale sugli immobili (ICI).
In particolare, il comma 3 prevede che l’imposta sia calcolata applicando alla base imponibile dell’ICI un’aliquota che il Comune può individuare fino alla misura massima dello 0,5 per mille.
Il comma 5 prevede inoltre l’applicazione all’imposta di scopo delle disposizioni in materia di ICI.
In proposito, si ricorda che il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili, istituita con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato destinato a qualsiasi uso; soggetti passivi dell’imposta sono i proprietari o i titolari di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione); la base imponibile è costituita dal valore degli immobili (il valore dei fabbricati è determinato dal prodotto tra le rendite catastali e appositi moltiplicatori diversificati per gruppi catastali; il valore delle aree fabbricabili è quello di mercato al 1° gennaio di ciascun periodo di imposta; il valore dei terreni agricoli è il risultato del prodotto tra il reddito dominicale e un moltiplicatore pari a 75); l’aliquota dell’imposta è determinata dal Comune, ciascun anno per l’anno successivo, e deve essere definita in misura compresa tra il 4 e il 7 per mille; in assenza di delibera del Comune si applica il 4 per mille.
Il comma 7 prevede infine che, in caso di mancato inizio dell’opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i contribuenti possono chiedere il rimborso degli importi versati entro il termine di cinque anni dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.
Articolo 9
(Contributo comunale di ingresso e di
soggiorno)
1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i comuni, con apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, possono deliberare l'istituzione di un contributo di soggiorno, operante anche per periodi limitati dell'anno, destinato ad interventi di manutenzione urbana ed alla valorizzazione dei centri storici.
2. Il contributo è dovuto dai soggetti non residenti che prendono alloggio, in via temporanea, in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro-turistici ed in altri similari strutture ricettive situate nel territorio comunale.
3. Sono esenti dal contributo i soggetti che alloggiano nelle strutture destinate al turismo giovanile ed in quelle espressamente previste dal regolamento comunale.
4. Il contributo è stabilito entro la misura massima di cinque euro per notte.
5. Il regolamento che istituisce il contributo determina:
a) le misure del contributo, stabilite in rapporto alla categoria delle singole strutture ricettive;
b) le eventuali riduzioni ed esenzioni, determinate in relazione alla categoria ed all'ubicazione della struttura ricettiva, alla durata del soggiorno, alle caratteristiche socio-economiche dei soggetti passivi avendo riguardo, tra l'altro, alla numerosità del nucleo familiare, all'età ed alle finalità del soggiorno;
c) l'eventuale periodo infrannuale di applicazione del contributo;
d) i termini e le modalità di presentazione della dichiarazione e del pagamento del tributo.
6. I gestori delle strutture ricettive di cui al comma 2 provvedono al versamento del contributo, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, e presentano al comune la relativa dichiarazione, nel rispetto dei termini e delle modalità stabilite dal regolamento comunale.
7. Gli avvisi di accertamento per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione e per l'omesso, ritardato o parziale versamento del contributo devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione od il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.
8. Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell'importo dovuto; per l'omesso, ritardato o parziale versamento del contributo si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. L'irrogazione delle sanzioni avviene secondo le disposizioni di cui agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.
L’articolo 9 consente ai comuni di istituire, con un regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, un contributo di soggiorno (comma 1).
In proposito, si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
Anche se la disposizione individua la finalità del tributo in interventi di manutenzione urbana e di valorizzazione dei centri storici, esso non si configura comunque per le sue caratteristiche, di seguito esposte, come un’imposta di scopo.
Il contributo è dovuto (comma 2) dai soggetti non residenti che alloggino in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici ed agriturismi; sono esenti i soggetti che alloggiano in strutture dedicate al turismo giovanile. Il regolamento comunale può inoltre prevedere ulteriori forme di esenzione (comma 3). Il comma 4 fissa nella misura massima di cinque euro per notte la misura del contributo; la misura esatta del tributo, insieme alle eventuali forme di esenzione sono individuate dal comma 5, così come i termini e le modalità di dichiarazione e di pagamento. Il regolamento può pure stabilire che il contributo sia dovuto unicamente in un determinato periodo dell’anno.
Il comma 6 stabilisce che il contributo sia versato dai gestori delle strutture ricettive, i quali poi si rivarranno sui loro clienti, soggetti passivi dell’imposta.
Il comma 7 fissa nel quinto anno successivo il termine per l’emissione di avvisi di accertamento per la mancata o ritardata dichiarazione ovvero il mancato o ritardato pagamento del contributo. In altre parole, ritardi o omissioni nelle dichiarazioni o nei pagamenti possono essere contestate dall’amministrazione pubblica solo entro il quinto anno successivo.
Il comma 8 individua le sanzioni per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione ovvero per l’omesso o ritardato o parziale versamento del contributo. In particolare, per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione si prevede una sanzione dal cento al duecento per cento dell’importo. Per l’omesso pagamento si applica invece la sanzione dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997.
L’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 prevede che chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato
Le sanzioni sono irrogate secondo le disposizioni degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997.
L’articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che all’irrogazione delle sanzioni amministrative provveda l’ente compente all’accertamento del tributo (nel caso della disposizione in commento il comune); disciplinando la procedura per la contestazione da parte dell’ente dell’omesso o ritardato pagamento.
L’articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 disciplina invece i casi in cui risulta possibile procedere all’irrogazione immediata della sanzione.
L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718) destinata ad aiutare gli Stati membri e le autorità locali e regionali a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee. La strategia per l’ambiente urbano è una delle sette strategie previste dal sesto programma d’azione in materia di ambiente. Il suo obiettivo è favorire una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitaria in materia ambientale, attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche tra le autorità locali.
Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia in cui, tra l’altro:
- chiede agli Stati membri sia d’intensificare gli sforzi per fare in modo che le città, con le loro politiche possano raggiungere una elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, sia di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento (collegati alla politica di coesione) per affrontare i problemi dell’ambiente urbano, come pure le opportunità nell’ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[33];
- incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, tra cui segnatamente meccanismi innovativi e flessibili per il finanziamento del rinnovamento urbano;
- invita l’Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell’ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l’attuazione della gestione ambientale integrata.
Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia tematica sull’ambiente urbano nella quale sottolinea l’importanza delle problematiche relative alla sostenibilità della gestione urbana, del trasporto urbano, dell’urbanistica, della costruzione urbana. Rileva inoltre la necessità di garantire un adeguato finanziamento comunitario, segnatamente grazie a programmi e stanziamenti specifici.
Sugli orientamenti strategici per la coesione si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 105.
Il 13 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “La politica di coesione e le città: il contributo delle città e delle agglomerazioni alla crescita e all’occupazione nelle regioni” (COM(2006)385.
Il documento, rivolto alle autorità nazionali, regionali e locali, vuole essere uno strumento di aiuto nella preparazione del nuovo ciclo di programmi relativi alla politica di coesione. Nel documento vengono suggerite azioni rivolte a rendere le città più attraenti, a creare reti di comuni, a rafforzare il ruolo di polo di crescita, a favorire lo spirito d’impresa, l’innovazione e l’economia della conoscenza, a sostenere le PMI, a ridurre le disparità tra quartieri e gruppi sociali, e a lottare infine contro la delinquenza.
Articolo 10
(Disposizioni in materia di imposte
provinciali e comunali)
1. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite, sentite l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'Unione delle province italiane (UPI), le modalità ed i termini di trasmissione, agli enti locali interessati che ne fanno richiesta, dei dati inerenti l'addizionale comunale e provinciale sull'imposta sull'energia elettrica di cui all'articolo 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, e successive modificazioni, desumibili dalla dichiarazione di consumo di cui all'articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, presentata dai soggetti tenuti a detto adempimento, nonché le informazioni inerenti le procedure di liquidazione e di accertamento delle suddette addizionali.
2. Al comma 2 dell'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, la parola: «venti» è sostituita dalla seguente: «trenta».
Il comma 1 dell’articolo 10 prevede la possibilità di trasmettere agli enti locali interessati i dati inerenti l’addizionale comunale e provinciale sull’imposta sull’energia elettrica.
L’addizionale comunale e provinciale sull’energia elettrica è prevista dall’articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988, il quale prevedeva che per ogni kWh di consumo di energia elettrica venisse istituita una addizionale nelle seguenti misure:
a) lire 36 in favore dei comuni per qualsiasi uso nelle abitazioni, con esclusione delle seconde case, e con esclusione delle forniture, con potenza impegnata fino a 3 kW, effettuate nelle abitazioni di residenza anagrafica degli utenti limitatamente ai primi due scaglioni mensili di consumo quali risultano fissati nelle tariffe vigenti;
b) lire 39,5 in favore dei comuni, per qualsiasi uso nelle seconde case;
c) lire 18 in favore delle province per qualsiasi uso in locale e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200.000 kWh di consumo al mese. Le province hanno facoltà di incrementare detta misura fino a 22 lire per kWh. Le province devono deliberare la misura dell'addizionale entro i termini di approvazione del bilancio di previsione e notificare entro dieci giorni dalla data di esecutività copia autentica della deliberazione all'ente che provvede alla riscossione per gli adempimenti di competenza.
L’articolo 2, comma 39, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) è intervenuto sulle addizionali comunale e provinciale sull’energia elettrica, estendendone l’applicazione anche d’acconto non solo alle imprese distributrici, compresi i grossisti, ma anche alle imprese produttrici.
In particolare, i comuni potranno accedere:
a) alle dichiarazioni di consumo
in base al comma 5 dell’articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione, emanato con decreto legislativo n. 504 del 1995, la dichiarazione di consumo, oltre alle indicazioni occorrenti per l'individuazione della ditta (denominazione, sede, ubicazione dell'officina, codice fiscale e numero della partita I.V.A.), deve contenere tutti gli elementi necessari per l'accertamento del debito d'imposta.
b) le informazioni sulle procedure di liquidazione e di accertamento delle addizionali.
L’accesso alle informazioni è disciplinato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, sentita l’ANCI e l’Unione delle province italiane, entro due mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.
Il comma 2 eleva dal venti al quaranta per cento la misura massima entro la quale le province possono, ai sensi dell’articolo 56, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, aumentare le tariffe per il pagamento dell’imposta provinciale di trascrizione rispetto alla base predeterminata dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze secondo quanto previsto dall’articolo 56, comma 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997.
In base all’articolo 56 del decreto legislativo n. 446 del 1997, le province possono con regolamento istituire l’imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. L’imposta è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta della formalità. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è stabilita la misura dell’imposta provinciale di trascrizione per tipo e potenza dei veicoli.
1. Per la notifica degli atti di accertamento dei tributi locali e di quelli afferenti le procedure esecutive di cui al testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, e successive modificazioni, nonché degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province, ferme restando le disposizioni vigenti, il dirigente dell'ufficio competente, con provvedimento formale, può nominare uno o più messi notificatori.
2. I messi notificatori possono essere nominati tra i dipendenti dell'amministrazione comunale o provinciale, tra i dipendenti dei soggetti ai quali l'ente locale ha affidato, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e delle altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, nonché tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza, capacità ed affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate, previa, in ogni caso, la partecipazione ad apposito corso di formazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale, ed il superamento di un esame di idoneità.
3. Il messo notificatore esercita le sue funzioni nel territorio dell'ente locale che lo ha nominato, sulla base della direzione e del coordinamento diretto dell'ente ovvero degli affidatari del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni. Il messo notificatore non può farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti.
4. Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.
5. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati; se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama, salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Gli avvisi devono contenere, altresì, l'indicazione dell'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato, del responsabile del procedimento, dell'organo o dell'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela, delle modalità, del termine e dell'organo giurisdizionale cui è possibile ricorrere, nonché il termine di sessanta giorni entro cui effettuare il relativo pagamento. Gli avvisi sono sottoscritti dal funzionario designato dall'ente locale per la gestione del tributo.
6. Nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.
7. Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione; l'ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza.
8. La misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a decorrere dalla data dell'eseguito versamento.
9. Il pagamento dei tributi locali deve essere effettuato con arrotondamento all'euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, ovvero per eccesso se superiore a detto importo.
10. Gli enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di tributi locali.
11. Gli enti locali, nel rispetto dei principi posti dall'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, stabiliscono per ciascun tributo di propria competenza gli importi fino a concorrenza dei quali i versamenti non sono dovuti o non sono effettuati i rimborsi.
12. Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1o gennaio dell'anno di riferimento; in caso di mancata approvazione entro il suddetto termine le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.
13. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ed in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, gli enti locali e regionali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi al gettito delle entrate tributarie e patrimoniali, di rispettiva competenza. Per l'inosservanza di detti adempimenti si applicano le disposizioni di cui all'articolo 161, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabiliti il sistema di comunicazione, le modalità ed i termini per l'effettuazione della trasmissione dei dati.
14. Le norme di cui ai commi da 4 a 13 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
15. Al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5 dell'articolo 9, le parole da: «il relativo ruolo» fino a: «periodo di sospensione» sono soppresse;
b) sono abrogati: il comma 6 dell'articolo 9; l'articolo 10; il comma 4 dell'articolo 23; l'articolo 51, ad eccezione del comma 5; il comma 4 dell'articolo 53; l'articolo 71, ad eccezione del comma 4; l'articolo 75; il comma 5 dell'articolo 76.
16. Al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 4 dell'articolo 5 è abrogato;
b) al comma 2 dell'articolo 8, dopo le parole: «adibita ad abitazione principale del soggetto passivo» sono aggiunte le seguenti: «, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica»;
c) all'articolo 10, il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.»;
d) i commi 1, 2, 2-bis e 6 dell'articolo 11 sono abrogati;
e) all'articolo 12, comma 1, le parole: «90 giorni» sono sostituite dalle seguenti: «60 giorni» e le parole da: «; il ruolo deve essere formato» fino alla fine del comma sono soppresse;
f) l'articolo 13 è abrogato;
g) il comma 6 dell'articolo 14 è abrogato.
17. Al comma 53 dell'articolo 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Resta fermo l'obbligo di presentazione della dichiarazione nei casi in cui gli elementi rilevanti ai fini dell'imposta dipendano da atti per i quali non sono applicabili le procedure telematiche previste dall'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, concernente la disciplina del modello unico informatico».
18. Le lettere l) e n) del comma 1 e i commi 2 e 3 dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono abrogati.
I commi da 1 a 3 dell’articolo 11 intervengono in materia di poteri di accertamento degli enti locali e prevedono la possibilità per i dirigenti degli uffici competenti di tali enti di nominare uno o più messi notificatori. Tali messi potranno provvedere alla notifica:
- degli atti di accertamento dei tributi locali;
- di quelli riguardanti le procedure coattive per la riscossione delle entrate patrimoniali, e dei proventi di servizi pubblici previste dal regio decreto n. 639 del 1910;
- degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province.
Il comma 2 individua i requisiti soggettivi per la nomina a messo notificatore:
tali soggetti possono essere nominati:
- tra i dipendenti dell’amministrazione comunale o provinciale;
- tra i dipendenti dei concessionari del servizio di riscossione comunale.
La possibilità di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, è prevista dall’articolo 52, comma 5, lettera b) del decreto legislativo n. 446 del 1997 che la norma richiama. In proposito, si ricorda tuttavia l’intervenuta riforma del sistema nazionale della riscossione (prevista dall’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005) che ha affidato il servizio nazionale della riscossione ad una società a capitale prevalentemente pubblico, la “Riscossione SpA” e alle società da questa partecipate.
- tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza e affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate.
Il comma 3 prevede che il messo eserciti le sue funzioni nel territorio dell’ente locale che lo ha nominato e che non possa farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti.
I commi da 4 a 13 recano disposizioni in materia di autonomia impositiva degli enti locali, individuando su molti aspetti (accertamento, sanzioni, riscossione, possibilità di effettuare compensazioni) una normativa di carattere generale in luogo delle disposizioni specifiche dettate per i diversi tributi (imposta comunale sulla pubblicità, imposta sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, imposta comunale sugli immobili).
I commi da 4 a 9 dell’articolo 11 recano varie disposizioni in materia di accertamento e di riscossione dei tributi propri degli enti locali. In particolare:
- si consente agli enti locali di procedere alla rettifica delle dichiarazioni in complete o infedeli, nonché all’accertamento di ufficio (comma 4);
- si prevede l’applicazione degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 per l’irrogazione delle sanzioni (comma 4).
L’articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che all’irrogazione delle sanzioni amministrative provveda l’ente compente all’accertamento del tributo; disciplinando la procedura per la contestazione da parte dell’ente dell’omesso o ritardato pagamento.
L’articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 disciplina invece i casi in cui risulta possibile procedere all’irrogazione immediata della sanzione.
- si descrivono le caratteristiche degli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio (comma 5);
- si stabilisce al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo il termine per la notifica del provvedimento di esecuzione (comma 6);
- si stabilisce in cinque anni dal giorno del versamento il termine per la richiesta da parte dei contribuenti delle somme versate e non dovute (comma 7);
- si stabilisce in novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza il termine per il rimborso da parte dell’ente locale (comma 7);
- si fissa in tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale la misura annua degli interessi (comma 8);
- si prevede che il pagamento dei tributi locali sia effettuato con arrotondamento all’unità per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi o per eccesso se risulta superiore a tale importo (comma 9);
I commi da 10 a 13 dell’articolo 11 recano alcune disposizioni di carattere generale in ordine all’autonomia impositiva degli enti locali.
In particolare si prevede:
- la possibilità per gli enti locali di disciplinare le modalità con le quali compensare debiti e crediti di imposta, in analogia a quanto previsto dalla legislazione statale all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 10);
- la possibilità per gli enti locali di stabilire i limiti quantitativi per gli esoneri dalle imposte o dai relativi rimborsi, nel rispetto dell’articolo 25 della legge n. 289 del 2002, il quale rimette ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di dettare disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche (comma 11);
- l’obbligo per gli enti locali di deliberare le tariffe e le aliquote sui tributi di propria competenza entro la data fissata dalle norme statali per la deliberazione dei bilanci di competenza, con effetto comunque dal 1° gennaio dell’anno di riferimento (comma 12);
La legislazione vigente individua nel 31 dicembre dell’anno precedente il termine per la presentazione del bilancio di previsione. Tale termine è stato tuttavia in passato in più occasioni prorogato al 31 marzo o anche al 31 maggio del medesimo anno a cui il bilancio si riferisce.
- l’obbligo di comunicare al Ministero dell’economia, ai fini del coordinamento della finanza pubblica[34] i dati relativi al gettito delle entrate tributarie (comma 13).
In caso di inosservanza dell’obbligo si prevede l’applicazione dell’articolo 161, comma 3, del testo unico sugli enti locali emanato con decreto legislativo n. 267 del 2000, il quale dispone la sospensione dell'ultima rata dei trasferimenti erariali a valere del fondo ordinario in caso di mancata redazione dell’apposita certificazione sui principali dati di bilancio e del rendiconto.
Il comma 14 dispone in via generale che le norme di cui ai commi da 4 a 13 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della legge.
Il comma 15 abroga una serie di disposizioni relative all’imposta comunale sulla pubblicità e le affissioni, alla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche e alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in materia di riscossione, accertamento, rimborsi, sanzioni ed interessi, di cui al decreto legislativo n. 507 del 1993, che risultano superate dalle disposizioni di cui ai commi da 4 a 13.
Con riferimento alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani si ricorda che i decreto legislativo n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi) prevedeva la soppressione della tassa e l’istituzione di una tariffa a copertura della gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani a decorrere dal 1° gennaio 1999. Tale termine è stato tuttavia più volte prorogato e si sono introdotti termini differenziati in ragione della popolazione e del grado di copertura dei costi del servizio registrato nel 1999. Attualmente per i comuni che raggiungessero nel 1999 un grado di copertura del servizio superiore all’85 per cento ovvero compreso tra il 55 e l’85 per cento è stato previsto un periodo transitorio di sette anni a decorrere dal termine originario del 1° gennaio 1999 per l’adozione della tariffa (cfr. infra scheda sui commi 28-29 dell’articolo 11).
Il comma 16, oltre ad abrogare, alle lettere d), e), f) e g), le disposizioni in materia di accertamento, riscossione e sanzioni dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), che risultano superate dalle disposizioni di cui ai commi da 4 a 13, modifica anche altri aspetti di tale tributo.
In particolare, la lettera a) abroga il comma 4 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992, che individua una specifica disciplina in materia di imposizione dell’ICI per i fabbricati non iscritti in catasto nonché per i fabbricati per i quali sono proposte variazioni permanenti (per tali immobili le disposizioni richiamate prevedono infatti che il valore sia determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti). In proposito la relazione illustrativa precisa che si è inteso abbandonare il concetto oramai superato di “rendita similare”.
La lettera b) precisa che, ai fini della detrazione ICI spettante per l’abitazione principale, si intende per “abitazione principale” quella di residenza anagrafica.
La lettera c) prevede che nei procedimenti di fallimento o liquidazione coatta il curatore o il commissario liquidatore devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l’avvio della procedura. Essi sono inoltre tenuti al versamento dell’imposta per il periodo di durata della procedura di fallimento entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili. In proposito la relazione illustrativa afferma che la finalità della norma è individuata nell’opportunità di assicurare al comune la conoscenza dell’avvio della procedura di fallimento.
Il comma 17 integra le disposizioni dell’articolo 37, comma 53, del decreto-legge n. 223 del 2006, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, convertito con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, che sopprimevano l’obbligo di dichiarazione degli immobili di proprietà ai fini dell’imposizione dell’ICI[35], rinviando tuttavia la soppressione all’operatività del sistema di circolazione dei dati catastali dell’Agenzia del territorio.
La disposizione in commento prevede ora che l’obbligo di dichiarazione dell’ICI permanga comunque per gli elementi rilevanti per i quali non siano applicabili le procedure telematiche degli atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, previste dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997.
La disposizione del comma 18 abroga le lettere l) e n) del comma 1 nonché i commi 2 e 3 dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446[36].
L’articolo 59, comma 1, del decreto legislative n. 446 del 1997, reca disposizioni relative alla potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili. Esso prevede che con regolamento, i comuni possono:
- in base alla lettera l) semplificare e razionalizzare il procedimento di accertamento anche al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti e potenziare l'attività di controllo sostanziale, secondo i seguenti criteri direttivi;
- in base alla lettera n) razionalizzare le modalità di esecuzione dei versamenti, sia in autotassazione che a seguito di accertamenti, prevedendo, in aggiunta o in sostituzione del pagamento tramite il concessionario della riscossione, il versamento sul conto corrente postale intestato alla tesoreria del comune e quello direttamente presso la tesoreria medesima, nonché il pagamento tramite sistema bancario.
I successivi commi 2 e 3, anch’essi abrogati dalla presente disposizione, prevedono rispettivamente:
a) il comma 2 che se sono adottate norme regolamentari nella materia di cui alla lettera l) del comma 1, nel territorio del comune non operano, per gli anni di vigenza del regolamento, le disposizioni di cui agli articoli 10, commi 4 e 5, primo periodo, 11, commi 1 e 2, 14, comma 2, e 16, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
Si tratta delle seguenti disposizioni:
- gli articoli 10, commi 4 e 5, primo periodo, disciplinano le modalità di dichiarazione dell’ICI;
- l’articolo 11, commi 1 e 2;
- 14, comma 2;
- 16, comma 1;
b) il comma 3 che nelle disposizioni regolamentari di cui alla lettera l) del comma 1 può essere stabilita per anni pregressi la eliminazione delle operazioni di liquidazione sulla base delle dichiarazioni ovvero la loro effettuazione secondo criteri selettivi.
Articolo 11, commi 19-23
(Installazioni pubblicitarie ed
affissioni abusive)
19. All'articolo 62, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «in modo che detta tariffa» fino alla fine del periodo sono soppresse.
20. Il comma 1 dell'articolo 7-octies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, è abrogato.
21. Al fine di contrastare il fenomeno delle affissioni abusive, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) il comma 2-bis dell'articolo 6, il comma 1-bis dell'articolo 20, l'articolo 20-bis, il comma 4-bis dell'articolo 23 e il comma 5-ter dell'articolo 24 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni;
b) il comma 13-quinquies dell'articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
c) il terzo comma dell'articolo 6 ed il quarto comma dell'articolo 8 della legge 4 aprile 1956, n. 212, e successive modificazioni.
22. All'articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole da: «sono a carico» fino a «del committente» sono sostituite dalle seguenti: «sono a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile»;
b) al comma 19, il terzo periodo è soppresso.
23. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dall'articolo 20-bis, comma 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.
I commi 19 e 20 intervengono in materia di canone per l’installazione di mezzi pubblicitari (CIMP).
Con la disposizione del comma 19 dell’articolo 11 viene soppressa parzialmente la disposizione dell'articolo 62, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nella parte che limita la misura della tariffa del CIMP al 25 per cento in più rispetto alle tariffe dell’imposta sulla pubblicità
L’articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997[37], disciplina il Canone per l'installazione di mezzi pubblicitari (CIMP).
Si tratta di un canone che i comuni possono adottare sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa. Tale istituzione è possibile qualora, con regolamento[38] adottato a norma dell'articolo 52, venga esclusa l'applicazione nel territorio del comune, dell'imposta comunale sulla pubblicità di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.
Il regolamento comunale deve, in base al comma 2:
a) individuare la tipologia dei mezzi di effettuazione della pubblicità esterna che incidono sull’arredo urbano o sull’ambiente;
b) prevedere le procedure per il rilascio e per il rinnovo dell’autorizzazione;
c) indicare le modalità d’impiego dei mezzi pubblicitari nonché le modalità e i termini di pagamento del canone;
d) determinare la tariffa con criteri di ragionevolezza e gradualità tenendo conto della popolazione residente, della rilevanza dei flussi turistici presenti nel comune, delle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e dell’impatto ambientale, in modo che la tariffa stessa, comprensiva dell’eventuale uso di aree comunali, non ecceda di oltre il 25 per cento le corrispondenti tariffe stabilite ai sensi del decreto legislativo n. 507 del 1993 per l’imposta comunale sulla pubblicità e deliberate dall’amministrazione comunale nell’anno solare antecedente l’adozione della delibera di sostituzione dell’imposta comunale sulla pubblicità con il canone;
e) equiparare, ai soli fini del pagamento del canone, i mezzi pubblicitari installati senza la preventiva autorizzazione a quelli autorizzati, e prevedere sanzioni amministrative pecuniarie per l’installazione dei mezzi pubblicitari non autorizzati, determinandole in misura non inferiore all’importo della relativa tariffa, né superiore al doppio della stessa tariffa;
f) determinare la tariffa per i mezzi pubblicitari installati su beni privati in misura inferiore di almeno un terzo rispetto agli analoghi mezzi pubblicitari installati su beni pubblici.
Il regolamento può anche prevedere, con carattere di generalità, divieti, limitazioni e agevolazioni.
Le prescrizioni contenute nella lettera d) del comma 2 sono oggetto di modifica ad opera del comma 19 in commento, che sopprime le parole da: «in modo che detta tariffa» fino alla fine del periodo.
Si tratta della parte della lettera d), che prevede che: “la tariffa, comprensiva dell'eventuale uso di aree comunali, non ecceda di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite ai sensi del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, per l'imposta comunale sulla pubblicità in relazione all'esposizione di cui alla lettera a) e deliberate dall'amministrazione comunale nell'anno solare antecedente l'adozione della delibera di sostituzione dell'imposta comunale sulla pubblicità con il canone”
La relazione governativa al provvedimento evidenzia che il fine della norma è quello di eliminare un limite che è piuttosto stringente per l’autonomia regolamentare degli enti locali.
Si segnala peraltro che la relazione governativanel commentare la disposizione in esame fa erroneamente riferimento al comma 18 dell’articolo 11.
Il successivo comma 20 dell’articolo 11, abroga il comma 1 dell'articolo 7-octies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43[39].
Ilcomma 1 dell’articolo 7-octies, qui abrogato, consentiva ai comuni di rideterminare per l’anno 2005, ove occorresse, la misura del CIMP secondo le disposizioni del descritto articolo 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e nel rispetto di quanto previsto dalla lettera d) del comma 2 del medesimo articolo, cioè del limite del 25% in più della tariffa dell’imposta sulla pubblicità.
In deroga all’articolo 52, comma 2, del citato D.Lgs. n. 446 del 1997 (il quale prevede che i regolamenti che disciplinano le entrate dei comuni, deliberati entro il termine previsto per l’approvazione del bilancio, non abbiano effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo), il comma 1 stabiliva che l’eventuale rideterminazione del canone per l’anno 2005 fosse adottata entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
La rideterminazione avrebbe dovuto essere disposta con deliberazione del comune, con la disciplina prevista dall’articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (competenza, termini, comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze e notizia nella Gazzetta ufficiale).
Era altresì previsto nel comma 1 che solo a decorrere dall’esercizio di bilancio 2006, e non anche quindi per il 2005, la rideterminazione tenesse conto della rivalutazione annuale sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall’ISTAT.
Con l’abrogazione disposta dal comma 20 in esame viene pertanto meno la base giuridica della rideterminazione dei canoni CIMP eventualmente operata dai comuni per l’anno 2005.
I commi 21 e 22 abrogano o modificano una serie di disposizioni relative all’affissione di manifesti ed alla disciplina dell’affissione abusiva.
La ratio delle modifiche, come anche indicato nella relazione governativa al provvedimento, è quella di contrastare il fenomeno delle affissioni abusive nonché quella di “ripristinare anche il principio di responsabilità per le affissioni abusive in capo sia al committente la pubblicità, sia al detentore del mezzo pubblicitario”.
Le norme che vengono abrogate dai commi 21 e 22 in commento erano state tutte introdotte dall’articolo 1, commi da 480 a 483 dellalegge30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).
Una parte di esse sono contenute nel decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507[40], che disciplina l’imposta di pubblicità ed il diritto sulle pubbliche affissioni.
Si ricorda che le pubbliche affissioni sono soggette, in base all’articolo 1 del decreto legislativo n. 507 del 1993, al pagamento di un diritto a favore del comune nel cui territorio sono effettuate
Il servizio delle pubbliche affissioni (art. 18) è inteso a garantire specificatamente l'affissione, a cura del comune, in appositi impianti a ciò destinati, di manifesti di qualunque materiale costituiti, contenenti comunicazioni aventi finalità istituzionali, sociali o comunque prive di rilevanza economica, ovvero, ove previsto, e nella misura stabilita nelle disposizioni regolamentari di cui all'art. 3, di messaggi diffusi nell'esercizio di attività economiche.
Il servizio deve essere obbligatoriamente istituito nei comuni che abbiano una popolazione residente superiore a tremila abitanti; negli altri comuni il servizio è facoltativo.
Il diritto è dovuto in solido da chi richiede il servizio e da colui nell'interesse del quale il servizio stesso è richiesto, a favore del comune che provvede alla loro esecuzione Il diritto è comprensivo dell'imposta sulla pubblicità.
E’ invece assoggettata ad imposta di pubblicità (art. 5), la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile.
Fruiscono di un’agevolazione nella misura del 50% della tariffa, le seguenti tipologie di manifesti, elencati all’articolo 20:
a) i manifesti riguardanti in via esclusiva lo Stato e gli enti pubblici territoriali, che non rientrano nei casi per i quali è prevista l'esenzione;
b) i manifesti di comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;
c) i manifesti relativi ad attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;
d) i manifesti relativi a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza;
e) gli annunci mortuari.
L’articolo 20-bis prevede che qualora tali manifesti siano affissi nella quota del 10% degli spazi ad essi obbligatoriamente riservata da parte del comune ai sensi dell’articolo 20, gli stessi manifesti siano esenti dal diritto sulle affissioni.
L’agevolazione è invece del 50% (in base al comma 1-bis dell’articolo 20) qualora i manifesti in questione siano affissi da persone fisiche negli spazi non riservati.
Il comma 2 dell’articolo 20-bis ha disposto la sanatoria delle violazioni norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2005), relativamente alle violazioni commesse mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari.
Il comma 2 stabiliva inoltre la non applicabilità delle disposizioni dell’articolo 15, commi 2 e 3, della legge n. 515 del 1993 (Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica).Si tratta delle seguenti:
il comma 2 dell’articolo 15 della legge n. 515 del 1993 prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1 milione di lire a 50 milioni di lire in caso di inosservanza delle norme di cui all'articolo 3 (propaganda elettorale per il voto a liste, a gruppi di candidati o a singoli candidati a mezzo di manifesti e giornali murali);
il comma 3 pone a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile le spese sostenute dal comune per la rimozione della propaganda abusiva nelle forme di scritte o affissioni murali e di volantinaggio (cfr. comma 486).
Il comma 21, lettera a) dell’articolo 11 in commento abroga l’intero articolo 20-bis. Sono inoltre abrogate le seguenti disposizioni:
- il comma 2-bis dell'articolo 6, che dispone la non applicazione dell'imposta sulla pubblicità per i soggetti che usufruiscono della riduzione al 50 per cento del diritto sulle pubbliche affissioni;
- il comma 1-bis dell'articolo 20, che prevede l’applicazione della riduzione al 50% del diritto sulle pubbliche affissioni per le persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi riservati di cui dall'articolo 20-bis
- l'articolo 20-bis,che obbliga i comuni a riservare il 10 per cento degli spazi totali per l'affissione dei manifesti ai soggetti di cui all'articolo 20 (Stato, comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro; manifesti relativi ad attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali; manifesti relativi a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza; annunci mortuari);
- il comma 4-bis dell'articolo 23, che in materia di sanzioni dispone che se il manifesto riguarda l'attività di soggetti elencati nell'articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto d'affissione e che non sussiste responsabilità solidale;
- il comma 5-ter dell'articolo 24; che in materia si sanzioni amministrative prevede che se il manifesto riguarda l'attività di soggetti elencati nell'articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale
Viene inoltre abrogato dalla lettera b) del comma 21 il comma 13-quinquies dell'articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Si tratta della norma che prevede che se il manifesto riguarda l'attività di soggetti elencati nell'articolo 20 sopra citato, il responsabile sia esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione. Non sussiste anche in questo caso responsabilità solidale
Infine, la lettera c) del comma 21 abroga il terzo comma dell'articolo 6 ed il quarto comma dell'articolo 8 della legge 4 aprile 1956, n. 212, recante “Norme per la disciplina della propaganda elettorale”. Si tratta delle seguenti norme che prevedono che:
- nel caso di sottrazione o distruzione di stampati, giornali murali od altri, o manifesti di propaganda elettorale sia responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione e che non sussista responsabilità solidale
- sia responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione e che non sussista responsabilità solidale nel caso di violazione del divieto di effettuare propaganda elettorale luminosa o figurativa dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le elezioni.
Il comma 22 dell’articolo 11 apporta modifiche all'articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, recante “Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”:
L’articolo 15 contiene l’elencazione delle sanzioni e prevede al comma 3, che le spese sostenute dal comune per la rimozione della propaganda abusiva nelle forme di scritte o affissioni murali e di volantinaggio sono a carico esclusivamente dell'esecutore materiale e che non sussiste responsabilità solidale neppure del committente
Con la modifica della lettera a) del comma 22, le parole da: «sono a carico» fino a «del committente» sono sostituite dalle seguenti: «sono a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile».
La modifica della lettera b) del comma 22 sopprime, al comma 19, il terzo periodo. Si tratta della disposizione in base alla quale per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo si applicano le disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689[41], salvo quanto diversamente disposto. Non si applica l'articolo 16 della medesima legge n. 689 del 1981, che prevede il pagamento in misura ridotta[42]. La responsabilità in materia di manifesti è personale e non sussiste responsabilità neppure del committente.
Il comma 23 fa salvi gli effetti prodotti dall'articolo 20-bis, comma 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, abrogato dal comma 21 dell’articolo 11 in commento.
Si tratta della norma in materia di spazi riservati che dispone che le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia d'affissioni e pubblicità commesse fino all'entrata in vigore della disposizione stessa, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia.
Tale versamento deve essere effettuato a favore della tesoreria del comune competente o della provincia qualora le violazioni siano state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso la provincia provvede al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali compete l'obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005. In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia destinerà le entrate al settore ecologia. La definizione di cui al presente comma non dà luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni. Il termine per il versamento è fissato, a pena di decadenza dal beneficio di cui al presente comma, al 31 maggio 2005. Non si applicano le disposizioni dell'articolo 15, commi 2 e 3, della legge 10 dicembre 1993, n. 515
In proposito la relazione illustrativa afferma che la finalità delle disposizioni di cui ai commi da 19 a 23 deve essere individuata nell’opportunità di ripristinare il principio di responsabilità per affissioni abusive sia al committente la pubblicità e sia al detentore del mezzo pubblicitario.
Articolo 11, commi 24-27
(Poteri di accertamento e contestazione
immediata)
24. I comuni e le province, con provvedimento adottato dal dirigente dell'ufficio competente, possono conferire i poteri di accertamento, di contestazione immediata, nonché di redazione e di sottoscrizione del processo verbale di accertamento per le violazioni relative alle proprie entrate e per quelle che si verificano sul proprio territorio, a dipendenti dell'ente locale o dei soggetti affidatari, anche in maniera disgiunta, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di riscossione delle altre entrate, iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 68, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, relative all'efficacia del verbale di accertamento.
25. I poteri di cui al comma 24 non includono, comunque, la contestazione delle violazioni delle disposizioni del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. La procedura sanzionatoria amministrativa è di competenza degli uffici degli enti locali.
26. Le funzioni di cui al comma 24 sono conferite ai dipendenti degli enti locali e dei soggetti affidatari che siano in possesso almeno di titolo di studio di scuola media superiore di secondo grado, previa frequenza di un apposito corso di preparazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale stesso, ed il superamento di un esame di idoneità.
27. I soggetti prescelti non devono avere precedenti e pendenze penali in corso né essere sottoposti a misure di prevenzione disposte dall'autorità giudiziaria, ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, salvi gli effetti della riabilitazione.
I commi da 24 a 27 dell’articolo 11 consentono il conferimento di poteri di accertamento, di contestazione immediata e di redazione e sottoscrizione del processo verbale di accertamento di alcune violazioni in materia tributaria ai dipendenti degli enti locali e di soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.
Il conferimento dei suddetti poteri è disposto con provvedimento adottato dal dirigente dell'ufficio competente e si riferisce alle violazioni delle entrate dell’ente locale e alle violazioni che si verificano sul territorio dell’ente locale. Mediante rinvio all’articolo 68, comma 1, della legge n. 488 del 1999, si chiarisce che il conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni comprende i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia prevista per gli atti pubblici dagli articoli 2699 e 2700 del codice civile (comma 24).
Il comma 25 prevede che tra i poteri conferiti ai sensi delle disposizioni in commento non rientra la contestazione delle violazioni al codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992) e che la procedura sanzionatoria amministrativa è di competenza degli uffici degli enti locali.
Per quanto riguarda i requisiti dei soggetti ai quali vengono conferite le funzioni in esame, si prevede che tali soggetti:
§ siano in possesso di titolo di studio di scuola media superiore di secondo grado;
§ abbiano frequentato un apposito corso di preparazione e qualificazione, organizzato dall’ente locale;
§ abbiano superato un esame di idoneità;
§ non abbiano precedenti e pendenze penali in corso e non siano sottoposti a misure di prevenzione disposte dall’autorità giudiziaria[43], salvi gli effetti della riabilitazione (commi 26 e 27).
Articolo 11, commi 28-29
(Tariffa per la gestione dei rifiuti
urbani)
28. I criteri indicati nel secondo e nel terzo periodo del comma 3 dell'articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sono applicabili anche ai fini della determinazione delle superfici per il calcolo della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani di cui all'allegato 1, punto 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.
29. Nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:
a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 resta invariato anche per l'anno 2007;
b) in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e dell'articolo 57, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
I commi 28 e 29 dell’articolo 11 dettano disposizioni in materia di tariffa per la gestione dei rifiuti urbani e di tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Le misure adottate nella XIII legislatura relativamente alla tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU)[44] si sono innestate sulla disciplina dettata dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi), che prevedeva la soppressione della tassa e l'istituzione di una tariffa a copertura dei costi di gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, a decorrere dal 1° gennaio 1999. Tale termine, dopo un primo differimento al 1° gennaio 2000 (articolo 31, comma 7, della legge 23 dicembre 1998, n. 448), è stato ulteriormente modificato dall’articolo 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000). In particolare, la disposizione ha previsto che i comuni debbano adottare la tariffa entro termini diversificati in ragione della popolazione o del grado di copertura dei costi del servizio registrato nel 1999[45]. Nel corso della XIV legislatura tali termini sono stati reiteratamente prorogati, da ultimo dall’articolo 1, comma 134, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che ha elevato a sette anni il termine per l’adozione della tariffa da parte dei comuni che raggiungessero nel 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85 per cento; il termine è stato parimenti elevato a sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85 per cento.
La disciplina della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani è ora contenuta nell’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che riproduce sostanzialmente le disposizioni dell’abrogato articolo 49 del decreto legislativo n. 22 del 1997, sopra citato.
Il comma 28 prevede che i criteri di cui al secondo e nel terzo periodo del comma 3 dell'articolo 70 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dettati in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, siano applicabili anche per il calcolo della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.
I citati periodi dell’articolo 70, comma 3, del D.Lgs. n. 507 del 1993 prevedono che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento per la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani non può in ogni caso essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, con quelli dell'Agenzia del territorio. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, per l'eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento.
La relazione governativa osserva che il legislatore, nell’introdurre, con l’articolo 1, comma 340, della legge n. 311 del 2004, la disposizione di cui ora si estende l’applicazione, “non ha tenuto conto della circostanza che un congruo numero di comuni ha già introdotto in via sperimentale la tariffa per la gestione dei rifiuti di cui all’articolo 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997”. Grazie alla norma in commento si renderebbe quindi possibile “armonizzare il criterio di calcolo della superficie per le diverse forme di prelievo, non sussistendo alcuna particolare ragione atta a giustificare un differente metodo di determinazione.”
Il comma 29 dell’articolo 11 prevede che, in attesa dell’attuazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, di cui al sopra citato articolo 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006:
§ per l’anno 2007 resti invariato in ciascun comune il regime di prelievo per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato per l’anno 2006,
§ in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuino ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997.
Il citato articolo 18, comma 2, lettera d), stabilisce che è di competenza dello Stato la determinazione dei criteri qualitativi e quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.
Il citato articolo 57, comma 1, prevede che le norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle specifiche norme adottate in attuazione dello stesso decreto legislativo. A tal fine ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai rifiuti pericolosi.
Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che si compone di una comunicazione e di una proposta di direttiva per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.
La strategia individua un obiettivo a lungo termine che mira a fare dell’Europa una società che ricicla, che cerca di contenere la produzione di rifiuti e che trasforma in risorsa i rifiuti che non possono essere evitati. L’attenzione è focalizzata sul concetto di ciclo di vita[46] nella politica di gestione dei rifiuti. La strategia prevede l’obbligo per gli Stati membri di predisporre programmi nazionali per la prevenzione dei rifiuti.
Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni sulla strategia tematica con quali accoglie favorevolmente la strategia della Commissione. La proposta di direttiva verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.
Il 23 giugno 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[47] ritenendo che la normativa nazionale di recepimento violi la direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.
In particolare, la Commissione sostiene che l’articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) sia in contrasto con gli obblighi derivanti dall’articolo 1(a) della direttiva citata, poiché prevede che siano esclusi dall’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 (che ha recepito la direttiva 75/442/CEE come modificata):
- sostanze o oggetti destinati alle operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti non esplicitamente elencate agli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/97;
- beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino pregiudizio all’ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un intervento preventivo di trattamento, quando quest’ultimo non configuri un’operazione di recupero fra quelle elencate all’allegato C del decreto legislativo n. 22/97.
La Commissione è del parere che una siffatta esclusione costituisca un'indebita restrizione della nozione di rifiuto, e quindi dell'ambito d'applicazione della normativa italiana sulla gestione dei rifiuti. Di fatto, l'interpretazione prospettata dal legislatore italiano avrebbe per effetto una limitazione dell'applicazione delle disposizioni della direttiva alle sole fattispecie identificate dalla normativa italiana, escludendone altre non prevedibili a priori che potrebbero invece esservi assoggettate ed in relazione alle quali un'interpretazione estensiva della nozione di rifiuto si renderebbe necessaria. Ciò secondo la Commissione si pone in contrasto colle disposizioni della direttiva, che non possono essere derogate da una norma di diritto interno.
Si segnala per altro che il citato articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) è stato abrogato dall’articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia[48] per violazione del diritto comunitario con riferimento alla deroga alle disposizioni sulla gestione dei rifiuti di cui all’allegato I della direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.
Secondo la Commissione l’Italia è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 in quanto:
- ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 25 a 27 e comma 29, della legge 308 del 15 dicembre 2004, alcune sostanze o oggetti, che ai sensi della direttiva 75/442 sono da considerarsi rifiuti, vengono sottratti all’ambito della legislazione italiana sui rifiuti;
- sono state adottate disposizioni volte a restringere l’ambito di applicazione della direttiva 75/442 in Italia, con riferimento alla definizione di rifiuto di cui all’articolo 1, lettera a) della medesima direttiva.
Secondo la Commissione, dall’invio del parere motivato nel dicembre 2005, l'Italia non ha ancora conformato la sua normativa alla legislazione dell'UE. Al contrario, il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante norme in materia ambientale, ha riconfermato tale normativa, ed è per questo che la Commissione ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia.
L’8 febbraio 2006 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[49] per la mancata presentazione dei piani di gestione dei rifiuti previsti dalle direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE per la provincia di Rimini e per la provincia autonoma di Bolzano nonché per le regioni Friuli Venezia Giulia, Lazio e Puglia.
Articolo 12
(Compartecipazione comunale all'IRPEF)
1. In attesa del riassetto organico del sistema di finanziamento delle amministrazioni locali in attuazione del federalismo fiscale di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione, è istituita, in favore dei comuni, una compartecipazione del 2 per cento al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. La compartecipazione sull'imposta è efficace a decorrere dal 1o gennaio 2008 con corrispondente riduzione annua costante, di pari ammontare, a decorrere dalla stessa data, del complesso dei trasferimenti operati a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. L'aliquota di compartecipazione è applicata al gettito del penultimo anno precedente l'esercizio di riferimento.
2. Dall'anno 2008, per ciascun comune è operata e consolidata una riduzione dei trasferimenti ordinari in misura proporzionale alla riduzione complessiva, di cui al comma 1, operata sul fondo ordinario, ed è attribuita una quota di compartecipazione in eguale misura, tale da garantire l'invarianza delle risorse.
3. A decorrere dall'esercizio finanziario 2009, l' incremento del gettito compartecipato, rispetto all'anno 2008, derivante dalla dinamica dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, è ripartito fra i singoli comuni secondo criteri definiti con decreto emanato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa da realizzare in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. I criteri di riparto dovranno tenere primariamente conto di finalità perequative e dell'esigenza di promuovere lo sviluppo economico.
4. Per i comuni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, all'attuazione del presente articolo si provvede in conformità alle disposizioni contenute nei rispettivi statuti, anche al fine della regolazione dei rapporti finanziari tra Stato, regioni, province e comuni.
L’articolo 12 istituisce una compartecipazione comunale all’IRPEF, da ripartire tra i comuni a fini di perequazione e di promozione dello sviluppo economico.
Sulle attuali forme di compartecipazione dei comuni all’IRPEF cfr. supra scheda articolo 7.
Il comma 1 dell’articolo 12 individua nel due per cento l’aliquota della compartecipazione e stabilisce che questa sia prevista a decorrere dal 1° gennaio 2008. In conseguenza della compartecipazione si prevede una riduzione corrispondente dei trasferimenti erariali operati a valere del fondo ordinario previsto dall’articolo 34, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 504 del 1992.
Si prevede inoltre che l’importo complessivo della compartecipazione da attribuire ai comuni venga calcolato applicando l’aliquota al gettito del penultimo anno precedente l’esercizio di riferimento.
I commi 2 e 3 definiscono le modalità con le quali il gettito derivante dalla compartecipazione verrà distribuito dai comuni.
Il comma 2 prevede in primo luogo che dall’anno 2008 nei confronti di ciascun comune venga operata una riduzione dei trasferimenti erariali proporzionale a quella operata a livello nazionale, e quindi attribuita in misura uguale una quota della compartecipazione all’IRPEF, in modo da garantire l’invarianza delle risorse.
Si deve ritenere che la ripartizione proporzionale tra i vari comuni della riduzione dei trasferimenti erariali debba avvenire assumendo come criterio quello della capacità fiscale dei residenti nel territorio comunale.
Il comma 3 prevede che a decorrere dal 2009 l’incremento del gettito di compartecipazione dovuto all’incremento dell’IRPEF sia ripartito tra i comuni secondo criteri definiti con decreto del Ministro dell’interno, tenendo primariamente conto di finalità perequative e dell’esigenza di promuovere lo sviluppo economico.
Il decreto del Ministro dell’interno dovrà essere emanato di concerto con il Ministro dell’economia e il Ministro degli affari regionali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città.
Sembra pertanto evincersi che la ripartizione tra i comuni della compartecipazione IRPEF avverrà per una quota fissa (pari al gettito di compartecipazione del 2008) in modo proporzionale alla capacità fiscale della popolazione residente e per una quota variabile sulla base dell’incremento del gettito IRPEF rispetto all’anno 2008 secondo finalità perequative e con le modalità che saranno stabilite dal decreto del Ministro dell’interno. In proposito, si rileva comunque l’opportunità di una più chiara formulazione della norma.
Si prevede infine, al comma 4, una clausola di salvaguardia dell’autonomia riconosciuta alle regioni a Statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.
Articolo 13
(Modifiche al decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112)
1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 dell'articolo 65:
1) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) alla tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure e certificati ipotecari»;
2) la lettera h) è sostituita dalla seguente:
«h) alla gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni di cui alla lettera g), assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il sistema pubblico di connettività e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati»;
b) la lettera a) del comma 1 dell'articolo 66 è sostituita dalla seguente:
«a) alla utilizzazione ed all'aggiornamento degli atti catastali, partecipando al processo di determinazione degli estimi catastali fermo restando quanto previsto dall'articolo 65, comma 1, lettera h)».
L’articolo 13 modifica alcune norme del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[50]relative al decentramento delle funzioni catastali ai comuni, chiarendo la ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali per le funzioni relative agli atti catastali.
In particolare vengono modificati gli articoli 65 e 66 di tale decreto legislativo, che elencano rispettivamente le funzioni mantenute allo Stato e quelle conferite agli enti locali.
L’articolo 66, comma 1, lett. a), attribuisce ai comuni le funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché la revisione degli estimi e del classamento.
Correlativamente, l’articolo 65, lettera h), dispone che allo Stato rimanga la gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni e il loro coordinamento operativo attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni, consentendo l’accesso dei soggetti interessati ai dati.
Con la modifica recata dal comma 1, lettera b), dell’articolo 13, viene novellato il suddetto articolo 66, nel senso di eliminare dalle competenze dei comuni quella riguardante la conservazione degli atti del catasto terreni.
Ai comuni rimangono pertanto le funzioni di utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali, cioè la possibilità di utilizzare le banche dati catastali.
Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, in precedenza attribuita ai comuni, la nuova formulazione chiarisce anche che i comuni partecipano al solo processo di determinazione degli estimi, ed elimina il riferimento alle funzioni relative al classamento.
La relazione governativa al provvedimento chiarisce a tale proposito che la partecipazione al processo di determinazione degli estimi catastali include sia la funzione di attribuzione specifica alla singola unità, sia l’intervento in relazione ad eventuali future revisioni.
L’articolo 61 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, definisce il classamento come l’operazione consistente “nel riscontrare sopraluogo per ogni singola unità immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria (...) che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe”, disponendo che le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria e alle caratteristiche che hanno all'atto del classamento.
Il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dalla legge 311 del 30 dicembre 2004, finanziaria 2005 (articolo 1, commi 335 e seguenti). Anche la Corte costituzionale nella sentenza 37 del 26 gennaio 2004 ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".
Si ricorda altresì che la questione del trasferimento delle funzioni catastali ai comuni è stata oggetto nella scorsa legislatura di due risoluzioni presso la Commissione VI (Finanze)[51], il cui iter non si è peraltro concluso, e di un’audizione informale del direttore dell’Agenzia del territorio, svolta il 14 luglio 2005.
Nel successivo articolo 14 del disegno di legge finanziaria sono definite le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali (cfr. la relativa scheda).
Il comma 1, lett. a), n. 1, del presente articolo 13, apporta invece modifiche all’articolo 65, comma 1 del decreto legislativo n. 112 del 1998, nel quale sono elencate le funzioni mantenute dallo Stato. In particolare viene modificata la lettera d), che affidava allo Stato la tenuta dei registri immobiliari, con l’esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione di visure ipotecarie.
In base alla norma novellata, allo Stato si confermano affidate le funzioni di tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure. Viene peraltro aggiunta, come funzione spettante allo Stato, la gestione dei certificati ipotecari.
Una seconda modifica all’articolo 65 del decreto legislativo n. 112 del 1998, riguarda la riformulazione della lettera h), operata dal comma 1, lettera a), n. 2, del presente articolo.
La norma vigente prevede che allo Stato spetti la gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni e consentendo l'accesso ai dati ai soggetti interessati.
La norma novellata aggiorna tale formulazione, come spiega la relazione governativa al provvedimento, per renderla coerente con le modifiche intervenute in questi anni, tra cui il Codice della pubblica amministrazione digitale.
La norma novellata dispone che allo Stato spetti la gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il Sistema pubblico di connettività (SPC), e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati.
Si ricorda a tale proposito che il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42 , recante “Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione, a norma dell'articolo 10, della legge 29 luglio 2003, n. 229”, è intervenuto nel campo del coordinamento informativo ed informatico dei dati delle pubbliche amministrazioni sostituendo la preesistente Rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA), istituita ai sensi dell’art. 15, comma 1, della legge n. 59 del 1997.
Il nuovo sistema, denominato Sistema pubblico di connettività e cooperazione (SPC), è ritenuto maggiormente idoneo a garantire l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i sistemi informativi delle diverse amministrazioni pubbliche, centrali e locali, consentendo a queste di utilizzare i servizi telematici per elaborare ed erogare i propri servizi direttamente ai cittadini e alle imprese.
II successivo decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, recante il “Codice dell'amministrazione digitale, ha recentemente abrogato il precedente decreto legislativo n. 42 del 2005, facendone confluire i contenuti nello stesso Codice.
A proposito della conservazione, utilizzazione e l'aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano l'articolo 9, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito dalla legge n. 133 del 1994, ha previsto il censimento, da parte del Ministero delle finanze, di tutti i fabbricati e la loro iscrizione nel catasto edilizio urbano, con la nuova denominazione di "catasto fabbricati". In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28 recante il regolamento per la costituzione del catasto fabbricati e per le modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale, il quale ha disposto la formazione del catasto dei fabbricati, affidando transitoriamente al dipartimento del territorio del Ministero delle finanze, la sua conservazione in base alla legge istituiva del "nuovo catasto edilizio urbano" (R.D.L. n. 652 del 1939, conv. dalla L. n. 1249 del 1939), e l'aggiornamento eseguito dagli uffici o affidato in appalto.
Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, la materia era stata delegificata con l'articolo 3, commi 154 e 156 della legge n. 662 del 1996 (provvedimento collegato 1997), il quale aveva disposto un complessivo riordino in materia catastale da attuarsi con l'emanazione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, per:
a) la revisione generale delle zone censuarie e delle tariffe d'estimo;
b) la qualificazione, classificazione ed il classamento degli immobili;
c) la revisione delle commissioni censuarie;
d) la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali.
Nel complessivo disegno di riforma vi erano tre elementi essenziali: in primo luogo, la partecipazione diretta dei comuni, a cui spettava il potere di definizione delle microzone; in secondo luogo, l’adozione di criteri di tipo parametrale e, infine, l’utilizzazione di tecnologie informatiche e telematiche, allo scopo di razionalizzare la tassazione del mercato immobiliare e di assicurare una concreta trasparenza nella definizione dei valori.
In attuazione della delega sono stati emanati, due regolamenti: il D.P.R. n. 138 del 1998, recante le norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri, nonché delle commissioni censuarie, e il D.P.R. n. 139 del 1998, recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali. Con il D.P.R. n. 138del 1998 si è perseguito in particolare l’obiettivo di imprimere una accelerazione alle operazioni da tempo avviate sia da parte degli uffici periferici del Dipartimento del Territorio (poi Agenzia del territorio, in seguito alla riforma del Ministero delle finanze), sia da parte dei comuni.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2000 sono state individuate le risorse per il trasferimento ai comuni delle funzioni in materia di catasto. In particolare, secondo quanto convenuto nell’accordo del 1° giugno 2000 in sede di Conferenza unificata, si è concordato il passaggio delle funzioni in maniera graduale, in considerazione dell’importanza del servizio del catasto nel processo di acquisizione delle entrate e della necessità di armonizzare il trasferimento delle risorse con la costituzione della citata Agenzia del territorio.
Il D.P.C.M. 22 luglio 2004 ha successivamente modificato il comma 1 dell'articolo 6 del D.P.C.M. 19 dicembre 2000 portando da tre a cinque anni i termini per individuare le risorse finanziarie, umane, strumenti e organizzative da trasferire ai Comuni per l'esercizio delle funzioni in materia di catasto. Il termine per il trasferimento delle funzioni catastali ai comuni previsto è stato pertanto, in base a tale decreto, differito fino al 26 febbraio 2006.
L’articolo 1, comma 3 del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito dalla legge 11 marzo 2006, n. 81ha recentemente previstonorme per la semplificazione dei servizi catastali. Il comma 3, in particolare ha rimesso a un provvedimento interdirigenziale dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, la fissazione dei termini e delle modalità per la progressiva estensione delle procedure telematiche, disciplinate dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997[52], a tutti i soggetti e a tutti gli atti. Tra gli atti ai quali dovranno essere estese le procedure telematiche, sono inclusi la registrazione di atti e denunce, la presentazione di dichiarazioni di successione, le trascrizioni, iscrizioni ed annotazioni nei registri immobiliari e le volture immobiliari, da qualunque titolo derivanti.
L’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997 stabiliva che alla registrazione di atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, si provvedesse, a decorrere dal 30 giugno 2000, con procedure telematiche. Era prevista l’emanazione di un decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, per la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche, e a particolari tipologie di atti, nonché l'eventuale attribuzione di un codice unico immobiliare.
Il comma 2 disponeva inoltre che le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonché le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali fosse attivata la procedura telematica, venissero presentate su un modello unico informatico da trasmettere per via telematica unitamente a tutta la documentazione necessaria. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto interdirigenziale 13 dicembre 2000[53], con cui è stato approvato il modello unico informatico e sono state disciplinate le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati per gli adempimenti in materia di atti immobiliari. Con successivi provvedimenti interdirigenziali del 1° agosto 2002, del 18 aprile 2003 e del 9 giugno 2004 sono state disposte la progressiva estensione del regime di obbligatorietà a tutti i distretti notarili relativamente agli atti di compravendita di immobili (registrazione, trascrizione e voltura) e l’estensione del regime di facoltatività del modello unico informatico ad ulteriori tipologie di atti.
Si ricorda infine che l’articolo 34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha introdotto in via transitoria (sino all'attivazione del modello unico per l'edilizia previsto dallo stesso decreto-legge), una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata con la collaborazione dei comuni.
Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione[54] e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.
Le procedure attuative di tale norma, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti saranno disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Articolo 14
(Modalità di esercizio delle funzioni
catastali conferite agli enti locali)
1. A decorrere dal 1o novembre 2007 i comuni capoluogo di provincia esercitano direttamente per il territorio di competenza, eventualmente anche in forma associata con comuni della provincia, le funzioni catastali attribuite ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dall'articolo 13 della presente legge, salva la facoltà di convenzionamento di cui al comma 3 del presente articolo per le funzioni ivi elencate.
2. I comuni non capoluogo di provincia, a decorrere dallo stesso termine, esercitano direttamente, anche in forma associata o attraverso le comunità montane, i servizi di consultazione delle banche dati catastali per il territorio di competenza, nonché il controllo degli atti di aggiornamento catastale, messi a disposizione dall'Agenzia del territorio, con segnalazione alla stessa delle incoerenze.
3. Le funzioni di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale sono esercitate, anche in forma associata con altri comuni, oppure a cura dell'Agenzia del territorio, sulla base di apposite convenzioni da stipulare senza oneri per i comuni e le comunità montane.
4. L'Agenzia del territorio, con provvedimento del Direttore, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, predispone entro il 1o ottobre 2007 specifiche modalità d'interscambio in grado di garantire l'accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale. Le modalità d'interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l'unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell' ambito del sistema pubblico di connettività.
5. L'Agenzia del territorio salvaguarda il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all'utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso su tutto il territorio nazionale la circolazione e la fruizione dei dati catastali; fornisce inoltre assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale.
6. Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 30 giugno 2007, sono rideterminate le risorse umane, strumentali e finanziarie, inclusa quota parte dei tributi speciali catastali, da trasferire agli enti locali che esercitano le funzioni catastali. L'assegnazione di personale potrà aver luogo anche mediante distacco. Con gli stessi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono, altresì, stabilite le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, i termini di comunicazione da parte dei comuni o loro associazioni dell' avvio della gestione delle funzioni catastali. L'attuazione del presente comma non deve comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. Al fine di compiere un costante monitoraggio del processo di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo l'Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, elabora annualmente l'esito della attività realizzata, dandone informazione al Ministro dell'economia e delle finanze.
L’articolo 14 definisce le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali, in relazione alle modifiche alla ripartizione delle competenze tra Stato ed enti locali disposte dal precedente articolo 13 (v. la relativa scheda).
In base al comma 1 dell’articolo 14, i comuni capoluogo di provincia, a decorrere dal 1o novembre 2007, esercitano direttamente per il territorio di competenza, eventualmente anche in forma associata con comuni della provincia, le funzioni catastali loro attribuite ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dall'articolo 13 del presente disegno di legge finanziaria. Si tratta delle funzioni di utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali. La conservazione delle banche dati catastali è invece di competenza dell’Agenzia del territorio.
Si ricorda infatti che il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dall’articolo 1, commi 335 e seguenti, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005). Anche la Corte costituzionale nella sentenza 26 gennaio 2004, n. 37, ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".
In base alla norma del comma 1, la gestione degli atti è possibileanche in forma associata tra capoluoghi ed è altresì fatta salva la facoltà di stipulare convenzioni con l’Agenzia del territorio per le funzioni elencate nel successivo comma 3, cioè quelle più complesse di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale.
La relazione governativa al provvedimento evidenzia che tali disposizioni sono necessarie per rendere concretamente attuabili l’avvio e la realizzazione dell’esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali.
Il comma 2 dell’articolo 14 reca invece disposizioni applicabili ai comuni non capoluogo di provincia. Anche per questi, a decorrere dal 1° novembre 2007 è previsto l’esercizio diretto, anche in forma associata o attraverso le comunità montane, dei servizi di consultazione delle banche dati catastali per il territorio di competenza. È previsto inoltre il controllo degli atti di aggiornamento catastale, messi a disposizione dall'Agenzia del territorio, con segnalazione alla stessa delle eventuali incoerenze.
La disposizione del comma 3 riguarda invece le più complesse funzioni di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale da parte dei comuni non capoluogo. Per l’esercizio di tali funzioni non si fissa un termine specifico, prevedendosi la possibilità di esercitarle anche in forma associata con altri comuni, oppure sulla base di apposite convenzioni da stipulare con l'Agenzia del territorio, ma senza oneri per i comuni e le comunità montane.
L’attribuzione di tale funzione ai comuni è prevista dall’articolo 34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, che ha introdotto in via transitoria (sino all'attivazione del modello unico per l'edilizia previsto dallo stesso decreto-legge), una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata proprio con la collaborazione dei comuni.
Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.
Le procedure attuative di tale norma, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti avrebbero dovuto essere disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (quindi entro il 10 giugno 2006).
Il comma 4 rinvia ad un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche del Codice dell’amministrazione digitale[55], la predisposizione, entro il 1o ottobre 2007, di specifiche modalità d'interscambio in grado di garantire l'accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale.
Le modalità d'interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l'unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell' ambito del sistema pubblico di connettività.
In base alla condizione posta nel comma 5, l'Agenzia del territorio è tenuta a salvaguardare il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all'utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso su tutto il territorio nazionale la circolazione e la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia deve inoltre fornire assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale.
Il comma 6 rinvia ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 30 giugno 2007, la rideterminazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie, inclusa la quota parte dei tributi speciali catastali, da trasferire agli enti locali che esercitano le funzioni catastali.
È previsto che l'assegnazione di personale possa aver luogo anche mediante distacco.
Con gli stessi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dovranno poi essere altresì stabilite le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, i termini di comunicazione da parte dei comuni o loro associazioni dell'avvio della gestione delle funzioni catastali.
L'attuazione del presente comma non dovrà inoltre comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In base al comma 7, infine, l'Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, deve rendere un’informativa annuale al Ministro dell'economia e delle finanze sull’esito dell’attività realizzata. Tale informativa dovrebbe consentire un costante controllo del processo di attuazione delle disposizioni del presente articolo.
Articolo 15
(Disposizioni in materia di immobili)
1. Al comma 2, lettera a), dell'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo le parole: «protezione civile» sono aggiunte le seguenti: «e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse,».
2. La lettera b) del comma 2 dell'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituita dalla seguente:
«b) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, ad enti, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti o sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché alle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni. Se entro un anno dal trasferimento l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi».
3. All'articolo 2, comma 1, della legge 2 aprile 2001, n. 136, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Entro la data del 30 giugno 2007, con regolamento da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati i criteri, le modalità e i termini del trasferimento in favore delle università statali di cui al presente comma».
4. Al fine di razionalizzare gli spazi complessivi per l'utilizzo degli immobili in uso governativo e di ridurre la spesa relativa agli immobili condotti in locazione dallo Stato, il Ministro dell'economia e delle finanze, con l'atto di indirizzo di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, relativo all'Agenzia del demanio, determina gli obiettivi annuali di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato.
5. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo unico nel quale confluiscono le poste corrispondenti al costo d'uso degli immobili in uso governativo e dal quale vengono ripartite le quote di costo da imputare a ciascuna amministrazione.
6. Il costo d'uso dei singoli immobili in uso alle amministrazioni è commisurato ai valori correnti di mercato secondo i parametri di comune commercio forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività.
7. Gli obiettivi di cui al comma 4 possono essere conseguiti da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, sia attraverso la riduzione del costo d'uso di cui al comma 5 derivante dalla razionalizzazione degli spazi, sia attraverso la riduzione della spesa corrente per le locazioni passive, ovvero con la combinazione delle due misure.
8. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare sono stabiliti i criteri, le modalità e i termini per la razionalizzazione e la riduzione degli oneri, nonché i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni da parte delle amministrazioni usuarie e conduttrici all'Agenzia del demanio, la quale, in base agli obiettivi contenuti nell'atto di indirizzo di cui al comma 4, definisce annualmente le relative modalità attuative, comunicandole alle predette amministrazioni.
9. Dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 8, sono abrogati il comma 9 dell'articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, gli articoli 24 e 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, nonché il comma 4 dell'articolo 62 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
10. Al fine di favorire la razionalizzazione e la valorizzazione dell'impiego dei beni immobili dello Stato, nonché al fine di completare lo sviluppo del sistema informativo sui beni immobili del demanio e del patrimonio di cui all'articolo 65 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, l'Agenzia del demanio, ferme restando le competenze del Ministero per i beni e le attività culturali, individua i beni di proprietà dello Stato per i quali si rende necessario l'accertamento di conformità delle destinazioni d'uso esistenti per funzioni di interesse statale, oppure una dichiarazione di legittimità per le costruzioni eseguite, ovvero realizzate in tutto o in parte in difformità dal provvedimento di localizzazione. Tale elenco è inviato al Ministero delle infrastrutture.
11. Il Ministero delle infrastrutture trasmette l'elenco di cui al comma 10 alla regione o alle regioni competenti, che provvedono, entro il termine di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, alle verifiche di conformità e di compatibilità urbanistica con i comuni interessati. In caso di presenza di vincoli l'elenco è trasmesso contestualmente alle amministrazioni competenti alle tutele differenziate, le quali esprimono il proprio parere entro il termine predetto. Nel caso di espressione positiva da parte dei soggetti predetti, il Ministero delle infrastrutture emette un'attestazione di conformità alle prescrizioni urbanistico-edilizie la quale, qualora riguardi situazioni di locazione passiva, ha valore solo transitorio e obbliga, una volta terminato il periodo di locazione, al ripristino della destinazione d'uso preesistente, previa comunicazione all'amministrazione comunale ed alle eventuali altre amministrazioni competenti in materia di tutela differenziata.
12. In caso di espressione negativa, ovvero in caso di mancata risposta da parte della regione, oppure delle autorità preposte alla tutela entro i termini di cui al comma 11, è convocata una conferenza dei servizi anche per ambiti comunali complessivi o per uno o più immobili, in base a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383.
13. Per le esigenze connesse alla gestione delle attività di liquidazione delle aziende confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, fermi restando i principi generali dell'ordinamento giuridico contabile, l'Agenzia del demanio può conferire apposito incarico a società a totale o prevalente capitale pubblico. I rapporti con l'Agenzia del demanio sono disciplinati con apposita convenzione che definisce le modalità di svolgimento dell'attività affidata ed ogni aspetto relativo alla rendicontazione e al controllo.
14. Laddove disposizioni normative stabiliscano l'assegnazione gratuita ovvero l'attribuzione ad amministrazioni pubbliche, enti e società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di beni immobili di proprietà dello Stato per consentire il perseguimento delle finalità istituzionali ovvero strumentali alle attività svolte, la funzionalità dei beni allo scopo dell'assegnazione o attribuzione è da intendersi concreta, attuale, strettamente connessa e necessaria al funzionamento del servizio e all'esercizio delle funzioni attribuite, nonché al loro proseguimento.
15. È attribuita all'Agenzia del demanio la verifica, con il supporto dei soggetti interessati, della sussistenza dei suddetti requisiti all'atto dell'assegnazione o attribuzione e successivamente l'accertamento periodico della permanenza di tali condizioni o della suscettibilità del bene a rientrare in tutto o in parte nella disponibilità dello Stato, e per esso dell'Agenzia del demanio, così come stabilito dalle norme vigenti. A tal fine l'Agenzia del demanio esercita la vigilanza e il controllo secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 luglio 1998, n. 367.
16. Per i beni immobili statali assegnati in uso gratuito alle amministrazioni pubbliche è vietata la dismissione temporanea. I beni immobili per i quali, prima della data di entrata in vigore della presente legge, sia stata operata la dismissione temporanea si intendono dismessi definitivamente per rientrare nella disponibilità del Ministero dell'economia e delle finanze e per esso dell'Agenzia del demanio.
17. Il comma 109 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che i requisiti necessari per essere ammessi alle garanzie di cui alle lettere a) e b) del citato comma debbono sussistere in capo agli aventi diritto al momento del ricevimento della proposta di vendita da parte dell'amministrazione alienante, ovvero alla data stabilita, con propri atti, dalla medesima amministrazione in funzione dei piani di dismissione programmati.
18. Dopo il comma 3 dell'articolo 214-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«3-bis. Tutte le trascrizioni ed annotazioni nei pubblici registri relative agli atti posti in essere in attuazione delle operazioni previste dal presente articolo e dagli articoli 213 e 214 sono esenti, per le amministrazioni dello Stato, da qualsiasi tributo ed emolumento».
I commi 1 e 2 dell’articolo 15 ampliano le ipotesi di utilizzo degli immobili confiscati alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso.
La relazione tecnica stima che dai commi 1 e 2 possano derivare risparmi per:
§ 12,2 milioni di euro per il 2007;
§ 29,7 milioni di euro per il 2008;
§ 57,7 milioni di euro per il 2009.
La legge 31 maggio 1965, n. 575, recante “Disposizioni contro la mafia” prevede il potenziamento della lotta al crimine organizzato mediante l’utilizzo delle cosiddette misure di prevenzione patrimoniali (sequestro e confisca). Tali misure differiscono dalle pene in senso stretto e dalle misure di sicurezza in quanto sono irrogate indipendentemente dalla previa commissione di un fatto costituente reato (ante delictum) per contenere la pericolosità sociale di determinate categorie di soggetti (in questo caso, i sospettati di appartenenza alla mafia e ad altre organizzazioni criminali).
L’articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965 prevede che, nel corso del procedimento di applicazione di una delle misure di prevenzione personale previste dalla legge n. 1423 del 1956 (sorveglianza speciale, divieto o obbligo di soggiorno), il tribunale possa procedere al sequestro di beni del sospettato quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Con l’adozione della misura di prevenzione personale, la confisca di prevenzione è disposta dallo stesso tribunale, contestualmente all’adozione della misura di prevenzione personale, o anche successivamente all’adozione della medesima purché non ne sia ancora cessata l’esecuzione, nel caso in cui non venga dimostrata la legittima provenienza dei beni sequestrati.
L’articolo 2-undecies della legge individua la procedura mediante la quale sono devolute allo Stato, da parte dell’amministratore nominato dal tribunale, le somme oggetto di confisca, nonché la procedura di destinazione dei beni immobili confiscati.
Il comma 1 dell’articolo 15, che novella l’articolo 2-undecies, comma 2, lettera a), della legge 31 maggio 1965, n. 575, prevede che i beni immobili confiscati ai sensi della stessa legge possono essere mantenuti al patrimonio dello Stato e utilizzati, oltre che per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile, anche,qualora siano idonei, per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse. Resta ferma la possibilità di vendere gli immobili confiscati per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso.
Il comma 2 dell’articolo 15 novella l’articolo 2-undecies, comma 2, lettera b), della citata legge n. 575 del 1965, prevedendo che, in alternativa alla destinazione di cui al comma precedente, gli stessi immobili possono essere trasferiti, per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria al patrimonio del comune (come prevedeva già la versione originaria della norma) oppure anche (come previsto dalla presente disposizione) al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito ai soggetti espressamente indicati; rispetto all’elenco contenuto nella versione originaria della norma, sono ora aggiunte le associazioni ambientaliste, di cui all’articolo 13 della legge n. 349 del 1986.
Il comma 3 dell’articolo 15, che integra l’articolo 2, comma 1, della legge 2 aprile 2001, n. 136, prevede che entro il 30 giugno 2007 dovrà essere emanato un regolamento, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, per l’individuazione dei criteri, delle modalità e dei termini di trasferimento, a titolo gratuito, in favore delle università statali dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato e concessi in uso a tali università per le proprie necessità istituzionali.
La relazione tecnica stima che dal comma 3 possano derivare risparmi per:
§ 2 milioni di euro per il 2007;
§ 4 milioni di euro per il 2008;
§ 6 milioni di euro per il 2009.
L’articolo, comma 1, della legge n. 136 del 2001[56] ha disposto che i beni immobili concessi in uso a università statali per le proprie necessità istituzionali siano trasferiti a titolo gratuito a queste ultime, anche ai fini dell’eventuale attuazione di progetti di valorizzazione. Secondo la relazione governativa, la previsione di un regolamento di esecuzione consegue alla necessità di fissare modalità e tempi certi per il citato passaggio.
I commi da 4 a 9 disciplinano procedure dirette a favorire il contenimento e la razionalizzazione sistematica degli spazi in uso alle amministrazioni dello Stato, anche per ridurre la spesa complessiva dell’uso degli immobili, compresi gli oneri per le locazioni passive.
La relazione tecnica prevede che dai commi da 4 a 9 possano derivare risparmi per:
§ 17,5 milioni di euro per il 2007;
§ 42 milioni di euro per il 2008;
§ 70 milioni di euro per il 2009.
Il Ministro dell'economia e delle finanze, con l'atto di indirizzo relativo all'Agenzia del demanio, determina, con riferimento immobili in uso governativo e condotti in locazione dallo Stato, gli obiettivi annuali di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, anche differenziandoli per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato (comma 4).
Tali obiettivi possono essere conseguiti da parte delle amministrazioni centrali e periferiche, usuarie e conduttrici, sia attraverso la riduzione del costo d'uso, derivante dalla razionalizzazione degli spazi, sia attraverso la riduzione della spesa corrente per le locazioni passive, ovvero con la combinazione delle due misure (comma 7).
Il comma 5 prevede l’istituzione di un Fondo unico, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. In tale fondo confluiscono le poste corrispondenti al costo d'uso degli immobili in uso governativo e da tale fondo vengono ripartite le quote di costo da imputare a ciascuna amministrazione.
Il costo d'uso dei singoli immobili in uso alle amministrazioni è commisurato ai valori correnti di mercato, secondo parametri forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare, praticati nella zona per analoghe attività (comma 6).
Il comma 8 demanda a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la fissazione dei criteri, delle modalità e dei termini per la razionalizzazione e la riduzione degli oneri, nonché i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni da parte delle amministrazioni usuarie e conduttrici all'Agenzia del demanio, la quale, in base agli obiettivi contenuti nell'atto di indirizzo di cui al comma 4, definisce annualmente le relative modalità attuative, comunicandole alle predette amministrazioni.
Il comma 9 dispone – con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto previsto dal comma 8 – l’abrogazione delle seguenti disposizioni:
§ articolo 55, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998);
Il citato comma prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri adotti misure finalizzate a ridurre gradualmente l'utilizzo di immobili presi in locazione da privati da parte delle pubbliche amministrazioni. Le predette amministrazioni rinegoziano i contratti di fitto locali attualmente in essere con privati, con l'obiettivo di contenere la relativa spesa almeno nella misura del 10 per cento rispetto al canone di locazione vigente.
§ articoli 24 e 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000);
Il citato articolo 24 prevede che il Ministro del tesoro adotti con proprio decreto misure finalizzate a ridurre gradualmente, almeno del 3 per cento nel corso dell'anno 2000 e almeno del 5 per cento per ciascuno degli anni 2001 e 2002, l'ammontare dei metri quadri degli immobili utilizzati dall'insieme delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e l’importo delle spese di manutenzione degli immobili in uso alle stesse amministrazioni.
Il citato articolo 26, relativo all’acquisto di beni e servizi, prevede che il Ministero del tesoro stipuli convenzioni con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria. I contratti conclusi con l'accettazione di tali ordinativi non sono sottoposti al parere di congruità economica.
§ articolo 62, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001).
La citata norma prevede che per la stipula dei contratti di locazione sottoscritti in attuazione di piani di razionalizzazione, disciplinati dai precedenti commi dello stesso articolo, non sono richiesti il parere di congruità del canone di locazione, né la previa attestazione dell'inesistenza di immobili demaniali e il nulla osta alla spesa.
Le disposizioni di cui ai commi da 10 a 12, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa, sono dirette a risolvere le questioni derivanti dal “disallineamento” tra l’uso effettivo e la destinazione d’uso consentita dagli strumenti urbanistici degli immobili utilizzati per funzioni di interesse statale, sia di proprietà dello Stato, che in locazione passiva. Per far fronte a queste problematiche, si propone un procedimento di consolidamento della legittimità delle opere e delle destinazioni d’uso esistenti.
La relazione tecnica prevede il seguente ritorno economico in conseguenza dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 10 a 12:
§ 0,5 milioni di euro per il 2007;
§ 0,5 milioni di euro per il 2008;
§ 0,5 milioni di euro per il 2009.
Il comma 10 stabilisce che l'Agenzia del demanio, anche al fine di completare lo sviluppo del sistema informativo sui beni immobili del demanio e del patrimonio[57], ferme restando le competenze per il Ministero per i beni e le attività culturali, debba individuare i beni di proprietà dello Stato per i quali si rendono necessari:
- l'accertamento di conformità delle destinazioni d'uso esistenti per funzioni di interesse statale;
- la dichiarazione di legittimità per le costruzioni eseguite;
- la dichiarazione di legittimità per le costruzioni realizzate in tutto o in parte in difformità dal provvedimento di localizzazione[58].
L’elenco è inviato al Ministero delle infrastrutture.
Il Ministero delle infrastrutture, a sua volta, trasmette l'elenco alla regione o alle regioni competenti, che provvedono alle verifiche di conformità e di compatibilità urbanistica con i comuni interessati, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di presenza di vincoli l'elenco è trasmesso contestualmente alle amministrazioni rispettivamente competenti, le quali esprimono il proprio parere entro il termine predetto. Nel caso di espressione favorevole da parte delle suddette amministrazioni, il Ministero delle infrastrutture emette un'attestazione di conformità alle prescrizioni urbanistico-edilizie la quale, qualora riguardi situazioni di locazione passiva, ha valore solo transitorio e obbliga, una volta terminato il periodo di locazione, al ripristino della destinazione d'uso preesistente (comma 11).
In caso di espressione contraria, ovvero in caso di mancata risposta da parte della regione, oppure delle autorità preposte alla tutela entro i prescritti termini, è convocata una conferenza dei servizi anche per ambiti comunali complessivi o per uno o più immobili, come previsto dal D.P.R. n. 383 del 1994 (comma 12).
L’articolo 3 del citato D.P.R. n. 383 del 1994 stabilisce che, qualora l'accertamento di conformità abbia dato esito negativo, oppure l'intesa tra lo Stato e la regione interessata non si perfezioni entro il termine stabilito, viene convocata una conferenza di servizi. La conferenza valuta i progetti definitivi relativi alle opere e si esprime entro sessanta giorni dalla convocazione, apportando ad essi, ove occorra, le opportune modifiche, senza che ciò comporti la necessità di ulteriori deliberazioni del soggetto proponente. L'approvazione dei progetti all'unanimità sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le concessioni, anche edilizie, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta, previsti da leggi statali e regionali.
Il comma 13 prevede che l’Agenzia del demanio possa conferire incarichi a società a totale o prevalente capitale pubblico per la gestione delle attività di liquidazione delle aziende confiscate alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ai sensi della citata legge n. 575 del 1965. I rapporti con l'Agenzia del demanio sono disciplinati con apposita convenzione che definisce le modalità di svolgimento dell'attività affidata ed ogni aspetto relativo alla rendicontazione e al controllo.
La relazione tecnica stima nei seguenti termini il ritorno economico dell’iniziativa di cui al comma 13:
§ 0,4 milioni di euro per il 2007;
§ 0,6 milioni di euro per il 2008;
§ 0,6 milioni di euro per il 2009.
I commi da 14 a 16, come si legge nella relazione governativa, sono volti a definire una complessa problematica connessa all’attuazione di leggi che contemplano l’assegnazione gratuita o l’attribuzione ad amministrazioni pubbliche, enti, società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di beni immobili di proprietà dello Stato, per consentire il perseguimento delle finalità svolte dall’amministrazione ricevente ovvero strumentali all’attività da questa svolta. Le criticità si riferiscono all’esatta individuazione del concetto di strumentalità e all’individuazione del soggetto preposto all’accertamento del suddetto requisito e della sua permanenza nel tempo.
Il comma 14 individua il concetto di strumentalità, stabilendo che la funzionalità dei beni allo scopo dell'assegnazione o attribuzione è da intendersi concreta, attuale, strettamente connessa e necessaria al funzionamento del servizio e all'esercizio delle funzioni attribuite, nonché al loro proseguimento.
Il comma 15 attribuisce all'Agenzia del demanio la verifica, con il supporto dei soggetti interessati, della sussistenza dei suddetti requisiti all'atto dell'assegnazione o attribuzione e successivamente l'accertamento periodico della permanenza di tali condizioni o della suscettibilità del bene a rientrare in tutto o in parte nella disponibilità dello Stato, e per esso dell'Agenzia del demanio, così come stabilito dalle norme vigenti. L’Agenzia del demanio esercita le proprie funzioni in materia nel rispetto del D.P.R. 13 luglio 1998, n. 367, “Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di presa in consegna di immobili e compiti di sorveglianza sugli immobili demaniali“.
Il comma 16 vieta la dismissione temporanea degli immobili statali, assegnati in uso gratuito alle amministrazioni pubbliche. Gli immobili, per i quali, prima della data di entrata in vigore del presente disegno di legge, sia stata operata la dismissione temporanea, si intendono dismessi definitivamente per rientrare nella disponibilità del Ministero dell'economia e delle finanze e per esso dell'Agenzia del demanio, che può pertanto disporne.
La relazione tecnica prevede, per i commi da 14 a 16, il seguente ritorno economico:
§ 0,8 milioni di euro per il 2007;
§ 0,8 milioni di euro per il 2008;
§ 0,8 milioni di euro per il 2009.
Il comma 17 incide sulla disciplina relativa alla dismissione del patrimonio immobiliare da parte delle amministrazioni non rientranti nella disciplina sull’edilizia residenziale pubblica, da parte della Concessionaria servizi assicurativi pubblici (CONSAP S.p.a), e delle società derivanti da processi di privatizzazione in cui, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale azionario (azioni ordinarie).
Il comma 17, in particolare, reca una norma interpretativa autentica dell’art. 3, comma 109 della legge n. 662 del 1996, in virtù della quale il requisito di inquilino necessario per essere ammesso a godere delle garanzie di prelazione per l’acquisto e per il rinnovo del contratto di locazione, previste dallo stesso comma 109 (lett. a) e b)), debbono sussistere in capo agli aventi diritto al momento del ricevimento da parte della amministrazione alienante della proposta di vendita, ovvero alla data da essa stabilita con propri atti in funzione dei piani di dismissione programmati:
In particolare, si ricorda che l’art. 3, comma 109 della legge n. 662 del 1996 garantisce:
§ nel caso di vendita frazionata e in blocco, anche a cooperative di abitazione di cui siano soci gli inquilini, il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto (lettera a));
§ il rinnovo del contratto di locazione, secondo le norme vigenti, agli inquilini titolari di reddito familiare complessivo inferiore ai limiti di decadenza previsti per la permanenza negli alloggi di edilizia popolare. Per famiglie di conduttori composte da ultrasessantacinquenni o con componenti portatori di handicap, tale limite è aumentato del venti per cento (lettera b)).
La relazione tecnica prevede che il comma 17 comporti i seguenti risparmi:
§ 0,3 milioni di euro per il 2007;
§ 0,5 milioni di euro per il 2008;
§ 0,8 milioni di euro per il 2009.
Il comma 18, novellando l'articolo 214-bis del Codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), esenta le amministrazioni dello Stato da qualsiasi tributo ed emolumento per le trascrizioni e annotazioni nei pubblici registri relative ai passaggi di proprietà conseguenti alle misure di sequestro e confisca o fermo amministrativo, operate dagli organi di polizia a seguito di violazioni del codice della strada, ai sensi degli articoli 213, 214 e 214-bis del Codice della strada.
La relazione tecnica prevede i seguenti risparmi di spesa per il Bilancio dello Stato, in conseguenza all’approvazione del comma 18:
§ 1,8 milioni di euro per il 2007;
§ 1,8 milioni di euro per il 2008;
§ 1,8 milioni di euro per il 2009.
Articolo 16
(Disposizioni in materia di demanio
marittimo e di altri beni pubblici)
1. Il comma 1 dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è sostituito dal seguente:
«1. I canoni annui per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo sono determinati nel rispetto dei seguenti criteri:
a) classificazione, a decorrere dal 1o gennaio 2007, delle aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei nelle seguenti categorie:
1) categoria A: aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica;
2) categoria B: aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica. L'accertamento dei requisiti di alta e normale valenza turistica è riservato alle regioni competenti per territorio con proprio provvedimento. Nelle more dell'emanazione di detto provvedimento la categoria di riferimento è da intendersi la B. Una quota percentuale pari al 10 per cento delle maggiori entrate annue rispetto alle previsioni di bilancio derivanti dall'utilizzo delle aree, pertinenze e specchi acquei inseriti nella categoria A è devoluta alle regioni competenti per territorio;
b) misura del canone annuo determinata come segue:
1) per le concessioni demaniali marittime aventi ad oggetto aree e specchi acquei, per gli anni 2004, 2005 e 2006 si applicano le misure unitarie vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge e non operano le disposizioni maggiorative di cui ai commi 21, 22 e 23 dell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; a decorrere dal 1o gennaio 2007, si applicano i seguenti importi aggiornati degli indici ISTAT maturati alla stessa data:
1.1) area scoperta: euro 1,86 al metro quadrato per la categoria A; euro 0,93 al metro quadrato per la categoria B;
1.2) area occupata con impianti di facile rimozione: euro 3,10 al metro quadro per la categoria A; euro 1,55 al metro quadro per la categoria B;
1.3) area occupata con impianti di difficile rimozione: euro 4,13 al metro quadrato per la categoria A; euro 2,65 al metro quadrato per la categoria B;
1.4) euro 0,72 per ogni metro quadrato di mare territoriale per specchi acquei o delimitati da opere che riguardano i porti così come definite dall'articolo 5 del testo unico di cui al regio decreto 2 aprile 1885, n. 3095, e comunque entro 100 metri dalla costa;
1.5) euro 0,52 per gli specchi acquei compresi tra 100 e 300 metri dalla costa;
1.6) euro 0,41 per gli specchi acquei oltre 300 metri dalla costa;
1.7) euro 0,21 per gli specchi acquei utilizzati per il posizionamento di campi boa per l'ancoraggio delle navi al di fuori degli specchi acquei di cui al numero 1.3);
2) per le concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime si applicano, a decorrere dal 1o gennaio 2007, i seguenti criteri:
2.1) per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone è determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento. L'importo ottenuto è moltiplicato per un coefficiente pari a 6,5. Il canone annuo così determinato è ulteriormente ridotto delle seguenti percentuali, da applicare per scaglioni progressivi di superficie del manufatto: fino a 200 metri quadrati, 0 per cento; oltre 200 metri quadrati e fino a 500 metri quadrati, 20 per cento; oltre 500 metri quadrati e fino a 1.000 metri quadrati, 40 per cento; oltre 1.000 metri quadrati, 60 per cento. Qualora i valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare non siano disponibili, si fa riferimento a quelli del più vicino comune costiero rispetto al manufatto nell'ambito territoriale della medesima regione;
2.2) per le aree ricomprese nella concessione, per gli anni 2004, 2005 e 2006 si applicano le misure vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge e non operano le disposizioni maggiorative di cui ai commi 21, 22 e 23 dell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; a decorrere dal 1o gennaio 2007, si applicano quelle di cui alla lettera b), numero 1);
c) riduzione dei canoni di cui alla lettera b) nella misura del 50 per cento:
1) in presenza di eventi dannosi di eccezionale gravità che comportino una minore utilizzazione dei beni oggetto della concessione, previo accertamento da parte delle competenti autorità marittime di zona;
2) nel caso di concessioni demaniali marittime assentite alle società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro affiliate alle Federazioni sportive nazionali con l'esclusione dei manufatti pertinenziali adibiti ad attività commerciali;
d) riduzione dei canoni di cui alla lettera b) nella misura del 90 per cento per le concessioni indicate al secondo comma dell'articolo 39 del codice della navigazione e all'articolo 37 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328;
e) obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il transito gratuito all'arenile;
f) riduzione, per le imprese turistico-ricettive all'aria aperta, dei valori inerenti le superfici del 25 per cento».
2. Il comma 3 dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è sostituito dal seguente:
«3. Le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo si applicano, a decorrere dal 1o gennaio 2007, anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto».
3. All'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«4-bis. Ferme restando le disposizioni di cui al precedente articolo 01, comma 2, della presente decreto, le concessioni di cui al presente articolo possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a cinquanta anni in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare».
4. All'articolo 5 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Le somme per canoni relative a concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico ricreative versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1o gennaio 2004 ai sensi dell'articolo 03, comma 1, sono compensate con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione».
5. I commi 21, 22 e 23 dell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e il comma 4 dell'articolo 10 della legge 17 dicembre 1997, n. 449, sono abrogati.
6. Le disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, si interpretano nel senso che le utilizzazioni ivi contemplate fanno riferimento alla mera occupazione di beni demaniali marittimi e relative pertinenze. Qualora, invece, l'occupazione consista nella realizzazione sui beni demaniali marittimi di opere inamovibili in difetto assoluto di titolo abilitativo o in presenza di titolo abilitativo che per il suo contenuto è incompatibile con la destinazione e disciplina del bene demaniale, l'indennizzo dovuto è commisurato ai valori di mercato, ferma restando l'applicazione delle misure sanzionatorie vigenti, ivi compreso il ripristino dello stato dei luoghi.
7. Dopo l'articolo 693 del codice della navigazione è inserito il seguente:
«Art. 693-bis. - (Destinazione dei beni demaniali non strumentali al servizio della navigazione aerea). - I beni demaniali non strumentalmente destinati al servizio della navigazione aerea sono gestiti dall'Agenzia del demanio in base alla normativa vigente, garantendo un uso compatibile con l'ambito aeroportuale in cui si collocano.
Si considerano non strumentali i beni non connessi in modo diretto, attuale e necessario al servizio di gestione aeroportuale.
Gli introiti derivanti dalla gestione dei beni di cui al primo comma del presente articolo, determinati sulla base dei valori di mercato, affluiscono all'erario».
8. Dopo l'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, è inserito il seguente:
«Art. 3-bis. - (Valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione). - 1. I beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell'articolo 1 possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.
2. Il Ministero dell'economia e delle finanze può convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre all'approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili di cui al presente articolo.
3. Agli enti territoriali interessati dal procedimento di cui al comma 2 è riconosciuta una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione dovuto ai sensi dell'articolo 16 del testo unico di cui al decreto Presidente della Repubblica 30 giugno 2001, n. 380, per l'esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione. Tale importo è corrisposto dal concessionario all'atto del rilascio o dell'efficacia del titolo abilitativo edilizio.
4. Le concessioni e le locazioni di cui al presente articolo sono assegnate con procedure ad evidenza pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni.
5. I criteri di assegnazione e le condizioni delle concessioni o delle locazioni di cui al presente articolo sono contenuti nei bandi predisposti dall'Agenzia del demanio, prevedendo, in particolare, nel caso di revoca della concessione o di recesso dal contratto di locazione il riconoscimento all'affidatario di un indennizzo valutato sulla base del piano economico-finanziario.
6. Per il perseguimento delle finalità di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni di cui al presente articolo, i beni medesimi possono essere affidati a terzi ai sensi dell'articolo 143 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in quanto compatibile».
9. Allo scopo di devolvere allo Stato i beni vacanti o derivanti da eredità giacenti, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno ed il Ministro dell'economia e delle finanze, determina con decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri per l'acquisizione dei dati e delle informazioni rilevanti per individuare i beni giacenti o vacanti nel territorio dello Stato. Al possesso esercitato sugli immobili vacanti o derivanti da eredità giacenti si applica la disposizione dell'articolo 1163 del codice civile sino a quando il terzo esercente attività corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale non notifichi all'Agenzia del demanio di essere in possesso del bene vacante o derivante da eredità giacenti. Nella comunicazione inoltrata all'Agenzia del demanio gli immobili sui quali è esercitato il possesso corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale deve essere identificato descrivendone la consistenza mediante la indicazione dei dati catastali.
10. Stralciato.
11. Stralciato.
12. Stralciato.
13. Stralciato.
14. Stralciato.
15. All'articolo 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Per i soggetti di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 11 del presente regolamento, qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 2, secondo periodo del presente articolo, la durata delle concessioni o locazioni può essere stabilita in anni cinquanta».
L’articolo 16 reca, ai commi da 1 a 6, una riforma del sistema di determinazione dei canoni annui per concessioni demaniali marittime rilasciati con finalità turistico ricreative.
La materia relativa alle concessioni demaniali marittime è disciplinata in via generale dagli articoli da 36 a 52 del codice della navigazione, con il relativo regolamento di esecuzione.
Il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, ha articolato la misura dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreative in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise in tre categorie (A, B e C) in base alla diversa valenza turistica, e ha demandato alle regioni la loro collocazione all'interno di tali categorie.
Lo stesso decreto-legge ha quindi fissato per ogni categoria la misura base del canone e ha stabilito, all’articolo 03, che i canoni annui sono determinati, a decorrere dal 1° gennaio 1994, con decreto del Ministro della marina mercantile, emanato sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei criteri direttivi fissati dal comma 1 del medesimo articolo 03. Il regolamento per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative è stato quindi approvato con D.M. 5 agosto 1998, n. 342.
L’articolo 04 del medesimo decreto-legge ha stabilito altresì che detti canoni annui siano aggiornati annualmente, con decreto del Ministro della marina mercantile, sulla base della media degli indici determinati dall'ISTAT per i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati e per i corrispondenti valori per il mercato all'ingrosso.
Si ricorda che l’articolo 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ha conferito alle regioni e agli enti locali numerose funzioni già spettanti all’amministrazione dei trasporti e della navigazione, con eccezione – fra l’altro – di quelle attribuite alle autorità portuali. In particolare, il comma 2, lettera l), ha conferito alle regioni le funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia. Tale conferimento non opera nei porti finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 136 del 12 giugno 1996, e successive modificazioni.
Le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti e sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando l’utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative, erano già state delegate alle regioni dall’articolo 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. L’articolo 8 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 535, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647, aveva consentito alle amministrazioni regionali di avvalersi delle capitanerie di porto e degli uffici da esse dipendenti in conformità ad apposita convenzione gratuita stipulata con il Ministro dei trasporti e della navigazione, prevedendo che tali uffici esercitassero le funzioni in materia di demanio marittimo destinato ad uso turistico-ricreativo in relazione funzionale con l'amministrazione regionale.
Il comma 22 dell’articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto che dal 1° gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione ad uso turistico-ricreativo fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del 300 per cento.
L'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha poi sostituito il testé illustrato comma 22, stabilendo che con decreto interministeriale, da emanare entro il 30 giugno 2004, venissero assicurate maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2004; qualora il decreto non fosse stato adottato entro il predetto termine, i canoni per la concessione d'uso avrebbero dovuto essere rideterminati, con effetto dal 1° gennaio 2004, con la suddetta rivalutazione del 300 per cento.
Con successivi provvedimenti[59], il termine del 30 giugno 2004 per l’adeguamento dei canoni demaniali marittimi è stato differito, da ultimo al 31 dicembre 2006 dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (in corso di conversione: A.C. 1750).
Si è invece proceduto all’ordinario aggiornamento dei medesimi canoni, secondo quanto disposto dal richiamato articolo 04 del decreto-legge n. 400 del 1993. La misura di essi è stata da ultimo stabilita, per il 2006, con il decreto del direttore generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna 28 novembre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2006). Il decreto ha disposto che le misure unitarie dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime sono aggiornate, per l’anno 2006, applicando un aumento del 2,85 per cento alle misure unitarie dei canoni determinati per l’anno 2005.
Il comma 1, lettera a), della disposizione in commento, sostituendo il comma 1 dell’articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, prevede una nuova articolazione delle aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei in due categorie (A e B) anziché nelle quattro (A, B, C e D) attualmente previste.
Nella tabella sottostante è riportato il confronto tra la ripartizione attualmente vigente e quella prevista dall’articolo in commento.
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D.L. 400/1993 |
Art. 16 |
Categoria A |
aree, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica |
aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica |
Categoria B |
aree, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico a normale valenza turistica |
aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica |
Categoria C |
aree, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico a minore valenza turistica |
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Categoria D |
pertinenze demaniali marittime di cui all’articolo 29 del codice della navigazione Questa categoria non è stata considerata nei provvedimenti di determinazione della misura dei canoni di concessione. |
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La lettera b)del comma 1 interviene invece sulla misura del canone annuo prevedendo che per gli anni 2004, 2005 e 2006 si applichino le misure unitarie previgenti e non trovi pertanto applicazione la prevista maggiorazione prevista dall’articolo 32, comma 22, del decreto-legge n. 269 del 2003, più volte differita, che quindi non avrà attuazione.
Conseguentemente, il successivo comma 5 abroga le disposizioni dei commi 21, 22 e 23 dell’articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 che, come già si è ricordato, disponevano in ordine alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi
In proposito, si rileva che il bilancio di previsione per il 2006, a differenza di quanto avvenuto negli anni precedenti, scontava gli effetti derivanti dall’aumento dei canoni demaniali marittimi disposto dal decreto-legge n. 269 del 2003. Infatti, come affermato dal rappresentante del Governo nel corso dell’esame in sede consultiva del decreto-legge n. 206 del 2006[60], nel capitolo 2612 dello stato di previsione dell’entrata, dai proventi dei canoni demaniali marittimi risulta atteso un gettito pari a 210 milioni di euro, di cui 140 da attribuire all’applicazione delle disposizioni del decreto-legge n. 269 del 2003. Tale previsione di gettito è stata confermata nel disegno di legge di assestamento per il 2006, approvato in prima lettura dalla Camera (A.C. 1254).
Si prevede quindi che a decorrere dal 1° gennaio 2007 si applichino i nuovi importi, aggiornati in base agli indici ISTAT maturati alla stessa data. La norma individua quindi la nuova misura dei canoni (per i cui importi v. supra, il testo dell’articolo premesso alla presente scheda).
Il comma 2 sostituisce il comma 3 dell’articolo 03 del decreto-legge n. 400 del 1993, prevedendo che le misure dei canoni demaniali marittime, come ridefinite dal comma 1, si applichino anche, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.
Nel testo attualmente vigente il comma 3 dell’articolo 03 interviene su materia diversa, prevedendo che l’accertamento dei requisiti di alta, normale e minore valenza turistica, in relazione alle specifiche aree richieste in concessione ovvero in relazione a concessioni in essere, è riservato all'autorità competente.
Il comma 3 aggiunge invece un comma 4-bis al citato articolo 03, prevedendo che, ferme restando le disposizioni del comma 2 dell’articolo 01, le concessioni demaniali marittime possono avere una durata compresa tra sei e cinquanta anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare.
Il citato comma 2 dell’articolo 01 prevede che le concessioni demaniali marittime, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo comma dell'articolo 42 del codice della navigazione.
Il comma 4 prevede, mediante una novella all’articolo 5 del decreto-legge n. 400 del 1993, che le somme per canoni demaniali marittimi versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1° gennaio 2004 sono compensate con quelle da versare allo stesso titolo.
Il comma 6 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 8 del decreto-legge n. 400 del 1993.
Tale norma prevede che, a decorrere dal 1990, gli indennizzi dovuti per le utilizzazioni senza titolo di beni demaniali marittimi, di zone del mare territoriale e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero per utilizzazioni difformi dal titolo concessorio, sono determinati in misura pari a quella che sarebbe derivata dall'applicazione dei canoni come previsti dal decreto-legge n. 400 del 1993 (sul quale interviene la modifica del comma 1 dell’articolo in commento), maggiorata,rispettivamente, del duecento per cento e del cento per cento.
Al riguardo, la disposizione in commento precisa che l’indennizzo nella misura stabilita dall’articolo 8 è dovuto solo in caso di mera occupazione di beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze. Se invece l’occupazione consiste nella realizzazione di opere inamovibili sui beni demaniali marittimi in difetto assoluto di titolo abilitativo (vale a dire abusive) o in presenza di un titolo abilitativo incompatibile con la destinazione e disciplina del bene demaniale, l’indennizzo deve essere commisurato ai valori di mercato e devono essere comunque applicate le misure sanzionatorie previste, compresa la demolizione degli edifici interessati.
I commi 7 e 8 prevedono misure di valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato.
In particolare, il comma 7, attraverso l’inserimento di un nuovo articolo 693-bis nel codice della navigazione (parte seconda – navigazione aerea), consente all’Agenzia del demanio di gestire, in coerenza con la normativa vigente, i beni demaniali non strumentalmente destinati al servizio della navigazione aerea (vale a dire non connessi in modo diretto, attuale e necessario al servizio di gestione aeroportuale), garantendo un uso compatibile con l’ambito aeroportuale in cui si collocano. Si prevede altresì che gli introiti derivanti dalla gestione di tali beni, determinati sulla base dei valori di mercato, affluiscano all’erario.
Il comma 8 inserisce invece un nuovo articolo 3-bis nel decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001.
Il decreto-legge n. 351 del 2001 contiene una serie di disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. In particolare, gli articoli da 1 a 3 del decreto-legge hanno introdotto una nuova procedura di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, la cartolarizzazione[61]
L’articolo 3-bis prevede la possibilità di concedere o locare a terzi i beni immobili individuati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge.
L’articolo 1 del decreto-legge n. 351 del 2001 prevede che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, anche in funzione della formulazione del conto generale del patrimonio, di cui agli articoli 5, comma 2, della legge 3 aprile 1997, n. 94, e 14, comma 2, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, l'Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individua, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso gli archivi e gli uffici pubblici, i singoli beni, distinguendo tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile. Si prevede inoltre che l'Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individui i beni degli enti pubblici non territoriali, i beni non strumentali in precedenza attribuiti a società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, riconosciuti di proprietà dello Stato, nonché i beni ubicati all'estero. L'individuazione dei beni degli enti pubblici e di quelli già attribuiti alle società suddette è effettuata anche sulla base di elenchi predisposti dagli stessi
La concessione e la locazione sono assentite a titolo oneroso per un periodo non superiore a cinquanta anni e risultano finalizzate alla riqualificazione e riconversione dei beni attraverso interventi di recupero, restauro e ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o di servizio dei cittadini, nel rispetto delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Viene definita, al comma 2 dell’articolo 3-bis, la procedura per l’attuazione di quanto disposto al comma 1, in particolare si prevede il ricorso ad una conferenza di servizi o alla promozione di accordi di programma con gli enti territoriali interessati. A tali enti è riconosciuta, in base al comma 3, una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo per l’esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione che il concessionario dovrà corrispondere ai sensi dell’articolo 16 del D.P.R. 30 giugno 2001, n. 380.
Il D.P.R. n. 380 del 2001 reca il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. L’articolo 16 prevede che il rilascio del permesso di costruire comporti la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione
La disposizione di cui al comma 4 prevede che le concessioni e le locazioni siano assegnate con procedura ad evidenza pubblica, per un periodo tale da garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario e comunque non eccedente i cinquanta anni. A predisporre i bandi, in base al comma 5, è chiamata l’Agenzia del demanio; in particolare, in caso di revoca della concessione, dev’essere previsto il riconoscimento di un indennizzo all’affidatario
Infine, nel comma 6 del nuovo articolo 3-bis, si prevede la possibilità di affidare a terzi i beni medesimi, sulla base dell’articolo 143 del codice dei contratti pubblici relativi a servizi e forniture, emanato con il decreto legislativo n. 163 del 2006.
L’articolo 143 del codice dei contratti pubblici disciplina le concessioni di lavori pubblici, come strumento alternativo all’appalto. Si tratta sostanzialmente di un modello di “project financing” (vale a dire l’affidamento di un servizio ovvero della realizzazione di un’opera da parte di un’amministrazione pubblica ad un privato che viene remunerata attraverso la gestione che il privato medesimo compie dell’opera). In base all’articolo 143 del codice, le concessioni hanno, di regola, ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica. Qualora la stazione appaltante disponga del progetto definitivo ed esecutivo, ovvero del progetto definitivo, l’oggetto della concessione, quanto alle prestazioni progettuali, può essere circoscritto al completamento della progettazione, ovvero alla revisione della medesima, da parte del concessionario. La controprestazione a favore del concessionario consiste, di regola, unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati. Tuttavia, il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla remunerazione degli investimenti e alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare. Nella determinazione del prezzo si tiene conto della eventuale prestazione di beni e servizi da parte del concessionario allo stesso soggetto aggiudicatore, relativamente all'opera concessa, secondo le previsioni del bando di gara. Infine, si prevede che, a titolo di prezzo, le amministrazioni aggiudicatrici possono cedere in proprietà o in diritto di godimento beni immobili nella propria disponibilità, o allo scopo espropriati, la cui utilizzazione sia strumentale o connessa all’opera da affidare in concessione, nonché beni immobili che non assolvono più a funzioni di interesse pubblico. La concessione ha di regola durata non superiore a trenta anni.
In proposito, si osserva che andrebbe meglio definito (anche in relazione al comma 1, che contempla la concessione o la locazione) il rapporto tra la fattispecie di affidamento di beni del patrimonio immobiliare pubblico a privati, prevista dalla disposizione in commento, e l’istituto della concessione a terzi prevista in linea generale dall’articolo 143 del codice dei lavori pubblici.
Il comma 9 dell’articolo 16 rimette invece ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno ed il Ministro dell’economia, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge l’individuazione dei criteri per l’acquisizione dei dati e delle informazioni per individuare i beni giacenti o vacanti nel territorio dello Stato, allo scopo di devolvere i beni medesimi allo Stato. Si prevede l’obbligo di comunicazione all’Agenzia del demanio da parte di chi eserciti su tali beni un possesso corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale. Nella comunicazione il bene deve essere identificato mediante l’indicazione dei dati catastali. Fino a quando non venga effettuata tale comunicazione al bene si applica l’articolo 1163 del codice civile, e pertanto non decorrono i termini di usucapione.
L’articolo 1163 del codice civile prevede che il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l'usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata.
Il comma 15 dell’articolo 16 eleva a cinquanta anni il termine massimo delle concessioni o locazioni del patrimonio immobile dello Stato nei riguardi di regioni, province e comuni. L’articolo 14, comma 1, del D.P.R. n. 296 del 2005, recante il regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione di beni immobili appartenenti allo Stato fissa tale termine in linea generale in sei anni, elevabile, in presenza di determinate condizioni a diciannove anni.
La relazione tecnica attribuisce alle misure di revisione dei canoni demaniali marittimi (comma 1) un effetto di maggiore entrata, per il triennio 2007-2009 di 153 milioni di euro nel 2007, di 158 milioni di euro nel 2008 e di 160 milioni di euro nel 2009; alle misure di utilizzo dei beni del demanio aeroportuale (comma 7) un effetto di maggiore entrata di 3 milioni di euro nel 2007, 9,5 milioni di euro nel 2008 e di 10 milioni di euro nel 2009 e alle misure di valorizzazione del patrimonio dello Stato (comma 8) un effetto di 1,4 milioni di euro nel 2007, di 4,1 milioni di euro nel 2008 e di 9,5 milioni di euro nel 2009.
Articolo 17
(Valorizzazione del patrimonio pubblico)
1. All'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente comma:
«15-bis. Per la valorizzazione di cui al comma 15, l'Agenzia del demanio può individuare, d'intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione d'interventi di sviluppo locale. Per il finanziamento degli studi di fattibilità dei programmi facenti capo ai programmi unitari di valorizzazione dei beni demaniali per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali si provvede a valere sul capitolo relativo alle somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata. È elemento prioritario di individuazione, nell'ambito dei predetti programmi unitari, la suscettività di valorizzazione dei beni immobili pubblici mediante concessione d'uso o locazione, nonché l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità».
2. All'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 13-bis, le parole: «L'Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa» sono sostituite dalle seguenti: «Il Ministero della difesa, con decreti da emanare d'intesa con l'Agenzia del demanio» e le parole: «da inserire in programmi di dismissione per le finalità di cui all'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni» sono sostituite dalle seguenti: «da consegnare all'Agenzia del demanio per essere inseriti in programmi di dismissione e valorizzazione ai sensi delle norme vigenti in materia»;
b) al comma 13-ter, le parole da: «il Ministero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «con decreti emanati ai sensi del comma 13-bis sono individuati: a) entro il 28 febbraio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a 1.000 milioni di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2007; b) entro il 31 luglio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a 1.000 milioni di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2007»;
c) al comma 13-ter, come da ultimo modificato dalla lettera b) del presente comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con le modalità indicate nel primo periodo del presente comma e per le medesime finalità, nell'anno 2008 sono individuati, entro il 28 febbraio ed entro il 31 luglio, beni immobili per un valore pari a complessivi 2.000 milioni di euro»;
d) i commi 13-quinquies e 13-sexies sono abrogati.
3. Il comma 482 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è abrogato.
Il comma 1 dell’articolo 17 disciplina, nell’àmbito delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, programmi unitari di valorizzazione degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale.
Il comma in esame si riferisce agli immobili individuati dall’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 451. I beni così individuati sono stati sottoposti a procedure di cartolarizzazione tramite trasferimento a società veicolo appositamente costituite che hanno provveduto alla dismissione degli immobili stessi.
L’articolo 3, comma 15, del citato D.L. n. 351 del 2001, prevede che il Ministro dell'Economia e delle Finanze convoca una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre all'approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto di individuazione da parte dell’Agenzia delle entrate. Lo stesso comma 15 rimette ai decreti del Ministro dell’economia di trasferimento alle società veicolo, la fissazione dei criteri per l'assegnazione agli enti territoriali interessati dal procedimento di una quota, non inferiore al 5 per cento e non superiore al 15 per cento, del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.
Il comma 1 dell’articolo 17 in esame, che inserisce un nuovo comma, il 15-bis, all’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001, prevede che, per la valorizzazione di cui al citato comma 15, l'Agenzia del demanio può individuare, d'intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale.
Il secondo periodo del nuovo comma individua le risorse per il finanziamento degli studi di fattibilità necessari per la realizzazione dei programmi di valorizzazione, utilizzando le somme presenti sul capitolo relativo alle somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto dei beni immobili; per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale; nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata.
Nella predisposizione dei programmi in commento dovrà essere valutata con priorità la possibilità di valorizzare gli immobili pubblici mediante concessione d'uso o locazione e l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.
Secondo quanto si legge nella relazione illustrativa “La norma comporta ritorni di gestione delle concessioni d’uso finalizzate ad attività economiche; effetti indotti di natura sociale e territoriale; razionalizzare e ottimizzare i patrimoni pubblici presenti in un determinato contesto territoriale, attraverso operazioni di permuta, trasferimento, concessione d’uso, ecc.; fornire immobili pubblici, principalmente in concessione d’uso per lo sviluppo di attività economiche, coerenti con le strategie di programmazione economica comunitaria, nazionale e regionale.”
La relazione tecnica prevede un ritorno economico di:
§ 4,6 milioni di euro per il 2007;
§ 9,3 milioni di euro per il 2008;
§ 14 milioni di euro per il 2009.
Il comma 2 introduce alcune modifiche all’articolo 27 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.
In particolare, alla lettera a), mediante novella del comma 13-bis del citato articolo 27, si inverte la procedura di individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa non più utili ai fini istituzionali: tale attività compete ora direttamente al Ministero della Difesa, che vi provvede con decreti da emanarsi di intesa con l’Agenzia del demanio, e non più a quest’ultima di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa stesso.
Inoltre, tali beni non sono più inseriti in programmi di dismissione per le finalità di cui all’articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate), ma sono consegnati alla medesima Agenzia del demanio ai fini dell’inclusione in programmi di dismissione e valorizzazione previsti dalla legislazione vigente.
L’articolo 3, comma 112[62], della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha previsto l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettandone le relative disposizioni procedurali e disponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[63].
Per quanto attiene alle procedure di dismissione il comma 112 dell’articolo 3 della legge n. 662 prevede quanto segue:
- le alienazioni, permute, valutazioni e gestioni degli immobili possono essere effettuate previo conferimento di specifico incarico a società a prevalente capitale pubblico, avente particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare (lettera a);
- per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990[64] (lettera b);
- alla determinazione del valore dei beni da alienare e da ricevere in permuta[65] provvede la società affidataria tenendo conto della incidenza delle valorizzazioni conseguenti alle eventuali modificazioni degli strumenti urbanistici rese necessarie dalla nuova utilizzazione. La valutazione è approvata dal Ministro della difesa a seguito di parere espresso da una commissione di congruità nominata con decreto del Ministro della difesa, composta da esponenti dei Ministeri della difesa, del tesoro, delle finanze, dei lavori pubblici e da un esperto in possesso di comprovata professionalità nel settore, su indicazione del Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato (lettera c);
- i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa e l'approvazione può essere negata qualora il contenuto convenzionale risulti inadeguato rispetto alle esigenze della Difesa anche se sopraggiunte successivamente all'adozione del programma (lettera d);
- ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, il Ministero della difesa comunica l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia sulla eventuale sussistenza dell’interesse storico-artistico, individuando, in caso positivo, le singole parti degli immobili soggette a tutela. (lettera e). In merito a tale ultima previsione, va tuttavia segnalato che con l’articolo 16, comma 6, della legge 28 luglio 1999, n. 266, èstata estesa alle predette dismissioni l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base alle quali i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il previsto regolamento è stato approvato con D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283.
Le lettere b) e c) del comma 2 recano modifiche al comma 13-ter dell’articolo 27. Tale norma prevedeva che, nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis del medesimo articolo, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individuasse beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima entro il 28 febbraio 2005[66].
Le disposizioni in commento stabiliscono ora il valore complessivo degli immobili da individuare ai fini della dismissione (2 miliardi di euro nel 2007 e 2 miliardi di euro nel 2008), determinando altresì scadenze temporali in corso d’anno entro cui procedere all’individuazione ed alla successiva consegna dei beni all’Agenzia del demanio.
La lettera d) del comma 2 dispone infine l’abrogazione esplicita dei commi 13-quinquies e 13-sexies del più volte citato articolo 27 del D.L. 269/2003.
Il comma 13-quinquies prevede che la Cassa depositi e prestiti, entro trenta giorni dalla data d’individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, concede anticipazioni finanziarie pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro .
Il comma prosegue disponendo che le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del medesimo D.L. n. 269 del 2003. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.
Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Ministero della difesa su appositi fondi, relativi ai consumi intermedi ed agli investimenti fissi lordi. Tali fondi saranno ripartiti, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa. Del decreto dovrà essere data comunicazione, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, alle Commissioni parlamentari competenti ed alla Corte dei conti. Sull'obbligo di rimborso alla Cassa depositi e prestiti delle somme ricevute in anticipazione e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze[67].
Il comma 13-sexies stabilisce che, fermo restando quanto previsto dal comma precedente, una parte delle somme derivanti dalle procedure di valorizzazione e dismissione degli immobili della difesa, di cui ai commi 13 e 13-bis, sopra commentati, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009, sia destinata all'ammodernamento ed alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, della Spezia e di Taranto. Inoltre, viene stanziata l’ulteriore somma di 30 milioni di euro per l’anno 2005, per il finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente.
Il comma 3 abroga espressamente il comma 482 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Il comma 482 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), ha codificato un nuovo procedimento di alienazione, condotto direttamente dal Ministero della difesa – Direzione generale dei lavori e del demanio che, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio, individua con apposito decreto gli immobili militari da alienare. Tale programma di alienazione avviene secondo una procedura analoga a quella relativa alle alienazioni immobiliari disposte dall’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (collegato per il 1997).
La disposizione compie un’inversione di tendenza rispetto a quanto previsto, anche se per la "prima applicazione", dall'articolo 1, comma 443, della legge n. 311/2204 (finanziaria 2005), che lasciava all’Agenzia del demanio il compito di procedere alla dismissione. Il comma 482 in commento prevede invece che le alienazioni, permute, valorizzazioni e gestioni dei beni, siano effettuate direttamente dal Ministero della difesa. Anche per tali alienazioni si applica il comma 5 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006, che destina i "maggiori proventi", rispetto a quelli iscritti in bilancio a legislazione vigente, sembra doversi intendere, alla riduzione del debito.
Il nuovo procedimento di alienazione deroga alla legge 24 dicembre 1908, n. 783, recante “Unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato”, ed al relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 17 giugno 1909, n. 454, nonché alle norme della contabilità generale dello Stato, fermi restando i princìpi generali dell’ordinamento giuridico contabile. Nel corso del procedimento di alienazione, il Ministero ha la facoltà di avvalersi di società pubblica o a partecipazione pubblica, con particolare qualificazione professione ed esperienza commerciale nel settore immobiliare, per ricevere consulenza tecnica ed operativa.
La determinazione del prezzo d'asta è decretata dalla Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa. Peraltro, la dismissione può avvenire a trattativa privata, qualora il valore del bene sia determinato come inferiore a 400.000 €.
La valutazione dell'immobile è determinata previo parere di conformità da parte di un’apposita commissione, nominata dal Ministro. Essa è composta da esponenti del Ministero della difesa e di quello dell'economia, nonché da un esperto di comprovata professionalità nella materia. A presiedere la commissione è un magistrato amministrativo o un avvocato dello Stato.
Unita alla valutazione del bene è la determinazione di criteri per l'assegnazione agli enti territoriali interessati di una quota del ricavato. Tale quota è tra il 5 ed il 15 per cento del ricavato attribuibile alla vendita dell'immobile.
L'approvazione dei contratti di trasferimento di ciascun bene è attribuita al Ministero della difesa, che può negarla per sopraggiunte esigenze di carattere istituzionale.
1. All'articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) sono ammessi in deduzione:
1) i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro;
2) per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, un importo pari a 5.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta;
3) per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, un importo fino a 10.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia; tale deduzione è alternativa a quella di cui al numero 2), e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001;
4) per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, i contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato;
5) le spese relative agli apprendisti, ai disabili e le spese per il personale assunto con contratti di formazione lavoro, nonché, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, ivi compresi quelli per il predetto personale sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l'attestazione di effettività degli stessi sia rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto negli albi dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale»;
b) al comma 4-bis.1, dopo le parole: «pari a euro 2.000» sono inserite le seguenti: «, su base annua,» e le parole da: «; la deduzione» fino a: «di cui all'articolo 10, comma 2» sono soppresse;
c) al comma 4-bis.2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le deduzioni di cui ai commi 1, lettera a), numeri 2) e 3), e 4-bis.1 sono ragguagliate ai giorni di durata del rapporto di lavoro nel corso del periodo d'imposta nel caso di contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale, nei diversi tipi e modalità di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, ivi compreso il lavoro a tempo parziale di tipo verticale e di tipo misto, sono ridotte in misura proporzionale; per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e), le medesime deduzioni spettano solo in relazione ai dipendenti impiegati nell'esercizio di attività commerciali e, in caso di dipendenti impiegati anche nelle attività istituzionali, l'importo è ridotto in base al rapporto di cui all'articolo 10, comma 2»;
d) al comma 4-ter, le parole: «la deduzione di cui ai commi 4-bis e 4-bis.1» sono sostituite dalle seguenti: «le deduzioni indicate nel presente articolo»;
e) dopo il comma 4-quinquies sono aggiunti i seguenti:
«4-sexies. In caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui al regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, in materia di aiuti di Stato a favore dell'occupazione, in alternativa a quanto previsto dal comma 4-quinquies, l'importo deducibile è, rispettivamente, moltiplicato per sette e per cinque nelle suddette aree, ma in questo caso l'intera maggiorazione spetta nei limiti di intensità nonché alle condizioni previsti dal predetto regolamento sui regimi di aiuto a favore dell'assunzione di lavoratori svantaggiati.
4-septies. Per ciascun dipendente l'importo delle deduzioni ammesse dai precedenti commi non può comunque eccedere il limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli altri oneri e spese a carico del datore di lavoro e l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettera a), numeri 2), 3) e 4), è alternativa alla fruizione delle disposizioni di cui ai commi 4-bis, 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies».
2. Le deduzioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), numeri 2) e 4), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, come da ultimo modificato dal comma 1 del presente articolo, spettano, subordinatamente all'autorizzazione delle competenti autorità europee, a decorrere dal mese di febbraio 2007 nella misura del 50 per cento e per il loro intero ammontare a decorrere dal successivo mese di luglio, con conseguente ragguaglio ad anno di quella prevista dal citato numero 2).
3. La deduzione di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 3), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, come da ultimo modificato dal comma 1 del presente articolo, spetta in misura ridotta alla metà a decorrere dal mese di febbraio 2007 e per l'intero ammontare a decorrere dal successivo mese di luglio, con conseguente ragguaglio ad anno.
4. Nella determinazione dell'acconto dell'imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo d'imposta in corso al 1o febbraio 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3; agli stessi effetti, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1o febbraio 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3; agli stessi effetti per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1o marzo 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si determinerebbe applicando le disposizioni del comma 1 senza tenere conto delle limitazioni previste dai commi 2 e 3.
5. Al fine di garantire alle regioni che sottoscrivono gli accordi di cui all'articolo 88, comma 1, lettera b), della presente legge, un ammontare di risorse equivalente a quello che deriverebbe dall'incremento automatico dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive, applicata alla base imponibile che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni introdotte dal presente articolo, è ad esse riconosciuto, con riferimento alle esigenze finanziarie degli esercizi 2007, 2008 e 2009, un trasferimento pari a 89,81 milioni di euro per l'anno 2007, a 179 milioni di euro per l'anno 2008 e a 191,94 milioni di euro per l'anno 2009. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, le somme di cui al periodo precedente sono ripartite in proporzione al minor gettito dell'imposta regionale sulle attività produttive di ciascuna regione.
L’articolo 18 introduce misure volte a favorire la competitività delle imprese, in particolare attraverso la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, operata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con la previsione di ulteriori deduzioni, con speciali disposizioni agevolative nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici.
Il comma 1 modifica i princìpi per la determinazione del valore della produzione netta agli effetti dell’IRAP, contenuti nell'articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
La lettera a) sostituisce la lettera a) del comma 1 del predetto articolo 11. In base alla nuova formulazione, rimangono deducibili per tutti i soggetti passivi i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, le spese relative agli apprendisti, ai disabili e le spese per il personale assunto con contratti di formazione lavoro, nonché, per tutti i soggetti passivi diversi dalle amministrazioni pubbliche e dalle amministrazioni degli organi costituzionali e delle regioni a statuto speciale [indicati mediante riferimento all'articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e)], i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, compresi quelli sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l’effettività degli stessi sia asseverata da uno dei soggetti indicati nella disposizione.
Sono inoltre previste le seguenti nuove fattispecie deducibili in favore dei soggetti passivi diversi dalle amministrazioni pubbliche sopra indicate, escluse le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti:
1) un importo pari a 5.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta, ovvero
2) un importo fino a 10.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia: questa deduzione è alternativa a quella testé indicata, riferita ad ogni lavoratore, e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione della regola de minimis stabilita dal regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001 (la cui efficacia cesserà il 31 dicembre 2006: v. infra, Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE);
3) i contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. La relazione governativa segnala che la presente deduzione ha carattere innovativo solo per i soggetti passivi che determinano la base imponibile con metodo analitico (imprese ed esercenti arti e professioni), in quanto, per i soggetti che determinano invece la base imponibile con il metodo retributivo (enti non commerciali, ex articolo 10 del decreto legislativo n. 446 del 1997), l’esclusione di tali oneri opera già a regime.
La lettera b) interviene invece sul comma 4-bis.1 del medesimo articolo 11.
Il vigente comma 4-bis.1 riconosce una deduzione dalla base imponibile, nella misura di euro 2.000 per ogni lavoratore dipendente impiegato nel periodo d'imposta fino a un massimo di cinque, ai soggetti passivi diversi dalle amministrazioni pubbliche sopra indicate, con componenti positivi che concorrono alla formazione del valore della produzione non superiori, nel periodo d'imposta, a euro 400.000; la deduzione è ragguagliata ai giorni di durata del rapporto di lavoro nel corso del periodo d'imposta e ridotta proporzionalmente nel caso di contratti di lavoro a tempo parziale. Limiti ulteriori riguardano gli enti non commerciali residenti e le società ed enti non residenti. Ai fini del computo del numero di lavoratori dipendenti per i quali spetta la deduzione non si tiene conto degli apprendisti, dei disabili e del personale assunto con contratti di formazione lavoro.
La presente disposizione precisa che la deduzione è accordata nella misura di euro 2.000 su base annua. Vengono inoltre espunte le disposizioni speciali riguardanti i rapporti di lavoro di durata inferiore al periodo d’imposta, i contratti di lavoro a tempo parziale nonché gli enti non commerciale e le società ed enti non residenti, per coordinamento con quanto è disposto nella successiva lettera c).
La lettera c) integra il comma 4-bis.2 dello stesso articolo 11, aggiungendo una disposizione sul calcolo delle deduzioni. In base alla nuova norma, le deduzioni previste al comma 1, lettera a), numeri 2) e 3) (nuove deduzioni per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato impiegati) e al comma 4-bis.1 (deduzione per i soggetti con componenti positivi fino a euro 400.000):
a) sono ragguagliate ai giorni di durata del rapporto di lavoro nel corso del periodo d'imposta;
b) nel caso di contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale, nei diversi tipi e modalità previste all'articolo 1 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES), compreso il lavoro a tempo parziale di tipo verticale e di tipo misto, sono ridotte in misura proporzionale;
c) per gli enti non commerciali residenti e le società ed enti non residenti, spettano solo in relazione ai dipendenti impiegati nell'esercizio di attività commerciali; in caso di dipendenti impiegati promiscuamente anche nelle attività istituzionali, l'importo è ridotto in base al rapporto stabilito per la determinazione della base imponibile di tali enti dall'articolo 10, comma 2, dello stesso decreto legislativo n. 446 del 1997.
La lettera d) coordina la formulazione del comma 4-ter del medesimo articolo 11, prevedendo – per i soggetti la cui attività è esercitata nel territorio di più regioni – che le deduzioni previste dall’intero articolo 11 (e non più le sole deduzioni previste dai commi 4-bis e 4-bis.1) siano applicate sul valore della produzione netta prima della ripartizione dello stesso su base regionale.
La lettera e) introduce una disposizione agevolativa per le imprese che impiegano donne lavoratrici rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato posta dal regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, in materia di aiuti di Stato a favore dell'occupazione (la cui efficacia termina il 31 dicembre 2006: v. infra, Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE).
A norma dell’articolo 2, primo paragrafo, lettera f), di questo regolamento, rientra nella nozione di «lavoratore svantaggiato» qualsiasi persona appartenente ad una delle categorie ivi definite, che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro: in particolare è considerata tale “qualsiasi donna di un'area geografica al livello NUTS II (v. infra) nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti”.
L’articolo 5 dello stesso regolamento ìndica le condizioni che debbono soddisfare i regimi di aiuti a favore dell'assunzione di lavoratori svantaggiati e disabili da parte delle imprese e qualsiasi aiuto accordabile nell'ambito di tali regimi.
L'intensità lorda di tutti gli aiuti relativi all'occupazione dei lavoratori svantaggiati o disabili di cui trattasi, calcolata in percentuale dei costi salariali su un periodo di un anno successivo all'assunzione, non deve superare il 50% per i lavoratori svantaggiati o il 60% per i lavoratori disabili.
Quando l'assunzione non rappresenta un incremento netto del numero di dipendenti dello stabilimento interessato, il posto o i posti occupati devono essersi resi vacanti a seguito di dimissioni volontarie, di pensionamento per raggiunti limiti d'età, di riduzione volontaria dell'orario di lavoro o di licenziamenti per giusta causa e non a seguito di licenziamenti per riduzione del personale; inoltre, fatto salvo il caso di licenziamento per giusta causa, al lavoratore o ai lavoratori deve essere garantita la continuità dell'impiego per almeno 12 mesi.
L’agevolazione prevista dal nuovo comma 4-sexies è configurata come aumento della deduzione per incrementi dell’occupazione relativamente alle aree svantaggiate, ed è alternativa alla quintuplicazione prevista per i nuovi occupati in tali aree dal comma 4-quinquies nei quattro periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004.
Il comma 4-quinquiesprevede che, per i quattro periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, l'importo deducibile determinato ai sensi del comma 4-quater (entro 20.000 euro annui) è:
1) quintuplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato che istituisce la Comunità europea (gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione), individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006 e da quella che verrà approvata per il successivo periodo;
2) triplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del medesimo Trattato (aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse), individuate come sopra.
Per quanto riguarda l'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato, la deroga si applica a regioni del livello II della NUTS con un prodotto interno lordo (PIL) pro capite calcolato in standard di potere d'acquisto inferiore al 75% della media UE. Si tratta, quindi, di regioni svantaggiate rispetto alla media europea.
L’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato copre invece gli aiuti destinati ad altri tipi di aree in difficoltà che risultano svantaggiate rispetto alla media nazionale. L'elenco delle zone del livello III della NUTS che possono beneficiare di tale deroga è stabilito dalla Commissione su proposta degli Stati membri i quali possono giustificare tale proposta in base a criteri nazionali.
I territori saranno individuati nella Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013.
Con l’approvazione, da parte della Commissione dell’Unione europea, degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati sulla GUCE C54 del 4 marzo 2006), sono stati definiti i criteri per la predisposizione da parte dei singoli Stati della Carta di aiuti a finalità regionale, che dovrà essere notificata entro il 2006 alla Commissione.
Gli Orientamenti hanno stabilito che potranno beneficiare degli aiuti a finalità regionale di cui all’articolo 87.3.a) quelle regioni in cui il PIL pro capite non supera il 75% della media dell’Unione.
Per quanto riguarda l’Italia, relativamente alle aree ammesse alla deroga ex articolo 87.3.a) del Trattato, sono ricomprese nell’Allegato V degli Orientamenti le regioni Calabria (67,93), Campania (71,78), Sicilia (71,98) e Puglia (72,49), mentre la Basilicata (77,54) rientra in un regime particolare a motivo del c.d. “effetto statistico” (regioni in cui il PIL pro capite risulta inferiore alla media calcolata relativamente all’Europa a 15, ma superiore a quella riferita all’Europa a 25). Tali regioni beneficeranno di un regime transitorio sino al 31 dicembre 2010.
I nuovi “Orientamenti” determinano, altresì, una riduzione dell’intensità di aiuto, che è pari al 30% in ESL (equivalente sovvenzione lorda) per le regioni con il PIL pro capite inferiore al 75% della media UE, al 40% per le regioni con il PIL inferiore al 60% UE e al 50% per le regioni con il PIL inferiore al 45% della media UE.
Le aree ammesse alla deroga ex articolo 87.3.c) del Trattato, poiché si tratta di circoscrizioni comunali, saranno specificamente individuate nella Carta degli aiuti in corso di predisposizione.
Nella nuova ipotesi, l'importo deducibile è, rispettivamente, moltiplicato per sette e per cinque nelle suddette aree, ma in questo caso l'intera maggiorazione spetta nei limiti di intensità e alle condizioni previsti dal predetto regolamento sui regimi di aiuto a favore dell'assunzione di lavoratori svantaggiati.
Il nuovo comma 4-septies dispone comunque che per ciascun dipendente l'importo delle deduzioni ammesse nell’intero articolo non può comunque eccedere il limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli altri oneri e spese a carico del datore di lavoro; inoltre, l'applicazione delle nuove deduzioni introdotte nel comma 1, lettera a), ai numeri 2), 3) e 4), è alternativa alla fruizione delle disposizioni previste dai commi 4-bis per le piccole imprese e 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies in materia di deduzioni per nuovi occupati.
La relazione tecnica stima le conseguenze finanziarie delle disposizioni proposte in una diminuzione di gettito dell’IRAP pari, in termini di competenza, a 2,88 miliardi di euro per il 2007, a 4,68 miliardi di euro per il 2008 e a 4,80 miliardi di euro per il 2009. In termini di cassa, la diminuzione di entrata è stimata in 2,45 miliardi per il 2007, 4,41 miliardi per il 2008 e 4,68 miliardi per il 2009.
Il comma 2 subordina l’applicabilità delle nuove deduzioni introdotte dalla lettera a), limitatamente ai numeri 2) e 4), all'autorizzazione delle competenti autorità europee; ove questa sia concessa, le agevolazioni decorreranno dal mese di febbraio 2007 nella misura della metà, e per il loro intero ammontare dal successivo mese di luglio, conseguentemente ragguagliandosi ad anno la deduzione prevista dal citato numero 2).
Il comma 3 stabilisce che la deduzione introdotta dalla lettera a), numero 3), spetta in misura ridotta alla metà a decorrere dal mese di febbraio 2007, e per l'intero ammontare a decorrere dal successivo mese di luglio, con conseguente ragguaglio ad anno.
Il comma 4 disciplina la determinazione dell'acconto dell'imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo d'imposta in corso al 1° febbraio 2007 (data di inizio di alcune agevolazioni, a norma dei precedenti commi 2 e 3. A questo fine potrà assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3. Agli stessi effetti, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° febbraio 2007, potrà assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si sarebbe determinata applicando in tale periodo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3, e per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° marzo 2007, può assumersi, come imposta del periodo precedente, la minore imposta che si determinerebbe applicando le disposizioni del comma 1 senza tenere conto delle limitazioni previste dai commi 2 e 3.
Il comma 5 stabilisce che, al fine di garantire alle regioni che sottoscrivono gli accordi di rientro dai disavanzi per la spesa sanitaria, previsti dall'articolo 88, comma 1, lettera b), del presente disegno di legge (v. la scheda corrispondente), un ammontare di risorse equivalente a quello che deriverebbe dall'incremento automatico dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive, applicata alla base imponibile che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni introdotte dal presente articolo, è ad esse riconosciuto, con riferimento alle esigenze finanziarie degli esercizi 2007, 2008 e 2009, un trasferimento pari a 89,81 milioni di euro per l'anno 2007, a 179 milioni di euro per l'anno 2008 e a 191,94 milioni di euro per l'anno 2009. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, le predette somme sono ripartite in proporzione al minor gettito dell'imposta regionale sulle attività produttive di ciascuna regione.
Il 20 settembre 2006 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica su un progetto di regolamento volto a modificare e a sostituire il regolamento (CE) n. 69/2001 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di importanza minore (“de minimis”), che giungerà a scadenza il 31 dicembre 2006. Il nuovo regolamento sarà valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. La Commissione invita le parti interessate a comunicare le proprie osservazioni sul progetto sottoposto a consultazione entro il 20 ottobre 2006.
L’iniziativa della Commissione si iscrive nell’ambito del piano d’azione “Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerari di riforma degli aiuti di Stato 2005-2009” (COM(2005)107) presentato dalla Commissione il 7 giugno 2005 allo scopo di razionalizzare e di semplificare le procedure in materia di aiuti di Stato.
Il progetto di regolamento propone di innalzare la soglia degli aiuti “de minimis” concessi nell’arco di 3 esercizi finanziari ad una stessa impresa da 100.000 (come previsto nel regolamento (CE) n. 69/2001) a 200.000 euroal fine di tenere conto dell’andamento dell’inflazione e del PIL nell’UE fino al 2006 e dei probabili sviluppi durante il periodo di validità del regolamento (CE) n. 69/2001. Tale massimale si applica a prescindere dalla forma dell’aiuto de minimis o dall’obiettivo perseguito e a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine comunitaria. Gli aiuti de minimis non possono essere cumulati con aiuti statali relativamente allo stesso progetto.
Le nuove disposizioni dovrebbero applicarsi, a certe condizioni, anche agli aiuti concessi prima della loro entrata in vigore, compresi i settori esclusi dal campo di applicazione del regolamento (CE) n. 69/21 quali i trasporti e la commercializzazione e trasformazione di prodotti agricoli. Esse, inoltre, si applicheranno soltanto agli aiuti trasparenti ovvero agli aiuti il cui importo preciso potrà essere determinato in anticipo, senza effettuare un’analisi del rischio.
La Commissione propone di escludere dal campo di applicazione degli aiuti de minimis alcuni settori in quanto già disciplinati da norme specifiche.
Di conseguenza, in base al nuovo progetto, sarebbero esclusi dal campo di applicazione del futuro regolamento:
- gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore del trasporto stradale[68];
- gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000;
- gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del Trattato;
- gli aiuti concessi alle imprese per attività nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli elencati nell’allegato I del Trattato solo nei casi seguenti: quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate o quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito ai produttori primari. Tale categoria di aiuti, di conseguenza, non dovrebbe più essere soggetta al regolamento (CE) n. 1860/2004 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti de minimis nel settore dell’agricoltura e della pesca;
- gli aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri. La Commissione precisa che non costituiscono di norma aiuti all’esportazione gli aiuti inerenti ai costi di partecipazione a fiere commerciali né quelli relativi a studi o servizi di consulenza necessari per il lancio di prodotti nuovi e o esistenti su un nuovo mercato;
- gli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione;
- gli aiuti ad imprese attive nel settore carbonifero ai sensi del regolamento (CE) n. 1407/2002.
Infine, il nuovo progetto di modifica fornisce indicazioni precise in materia di prestiti, conferimenti di capitale, capitale di rischio e garanzie.
Esso stabilisce, in particolare, che:
- gli aiuti concessi sotto forma di prestiti sono trattati come aiuti de minimis trasparenti se il beneficiario non è un’impresa in difficoltà e l’equivalente sovvenzione lordo è calcolato sulla base dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione e se il prestito è assistito dalle normali garanzie;
- gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non sono considerati come aiuti de minimis trasparenti a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore alla soglia de minimis;
- gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio non sono considerati aiuti de minimis trasparenti a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato non preveda apporti di capitali pubblici per un importo non superiore alla soglia de minimis per ogni impresa destinataria;
- gli aiuti individuali nel quadro di un regime di garanzia a piccole e medie imprese che non sono imprese in difficoltà sono trattati come aiuti de minimis trasparenti se il prestito totale che sottende la garanzia individuale fornita nell’ambito di tale regime non supera 1.700.000 euro per impresa beneficiaria e la garanzia non supera l’80% del prestito. Nelle intenzioni della Commissione, questo dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere regimi di garanzia a favore delle PMI senza eccessivi oneri burocratici e assicurando la certezza del diritto. Sotto questo profilo il nuovo regolamento integrerà gli orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese pubblicati dalla Commissione il 19 luglio 2006.
L’8 settembre 2006 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica su un documento di lavoro in vista della revisione degli aiuti di Stato a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione (RSI). La Commissione invita le parti interessate a presentare le proprie osservazioni entro il 13 ottobre 2006.
Considerato che nel contesto della strategia di Lisbona il livello attuale di ricerca, sviluppo e innovazione è insufficiente per l’economia europea, la Commissione sottolinea la necessità di modernizzare e potenziare le attuali regole in materia di aiuti di Stato in questo settore al fine di garantire una maggiore crescita nell’UE.
A tal fine la Commissione intende, in particolare, estendere le attuali possibilità di aiuto a favore della ricerca e dello sviluppo a nuove azioni a sostegno dell’innovazione considerata non in senso astratto, ma legata ad attività concrete, volte espressamente a rimediare a fallimenti del mercato che ostacolano l’innovazione e per le quali i benefici derivanti dagli aiuti di Stato possono controbilanciare eventuali distorsioni della concorrenza e del commercio.
La Commissione, inoltre, intende promuovere una migliore amministrazione degli aiuti di Stato concessi in questo settore, aumentando l’ambito delle esenzioni per categoria, attualmente limitate agli aiuti alle PMI. A tal fine le misure di aiuto alle RSI meno problematiche saranno oggetto di un futuro regolamento generale sulle esenzioni per categoria. La Commissione precisa, infine, che non saranno autorizzate le misure di aiuto che escludono la possibilità di sfruttare i risultati della RSI in altri Stati membri.
Per quanto riguarda il campo di applicazione della nuova disciplina proposta dalla Commissione, essa si applicherà agli aiuti di Stato alle RSI in campo ambientale, viste le numerose sinergie da sfruttare tra l’innovazione finalizzata alla qualità e al rendimento e quella volta ad ottimizzare l’uso dell’energia, la gestione dei rifiuti e la sicurezza. Inoltre gli aiuti a favore dell’occupazione e della formazione dei ricercatori continueranno ad essere disciplinati dagli specifici strumenti sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione e della formazione, ovvero dal regolamento (CE) n. 68/2001, relativo agli aiuti destinati alla formazione, e dal regolamento (CE) n. 2204/2002, relativo agli aiuti a favore dell’occupazione. Sono, infine, esclusi dal campo di applicazione della disciplina gli aiuti per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo a favore delle imprese in difficoltà in conformità degli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.
In considerazione del maggiore rischio che determinate misure possano provocare distorsioni della concorrenza e degli scambi, la Commissione intende procedere ad una valutazione dettagliata della compatibilità di una misura di aiuto con il mercato comune in base ad un test comparativo articolato in tre fasi: le prime due concernenti gli effetti positivi della misura ai fini del conseguimento di un obiettivo di comune interesse e la terza gli effetti potenzialmente negativi di distorsione degli scambi e della concorrenza nonché il saldo tra effetti positivi e negativi. La valutazione dettagliata riguarderà, in particolare, le misure che rientrano nel campo di applicazione di un regolamento di esenzione per categoria e, per quanto riguarda le misure che rientrano nel campo di applicazione della nuova disciplina proposta, gli aiuti a progetti e studi di fattibilità, gli aiuti all’innovazione del processo e o dell’organizzazione in attività relative a servizi e gli aiuti ai poli di innovazione a condizione che, per tutte le fattispecie contemplate, l’importo dell’aiuto superi i 5 milioni di euro.
La nuova disciplina dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2013. La Commissione applicherà la disciplina a tutti i progetti di aiuto notificati sui quali deve rendere una decisione dopo la sua pubblicazione anche nel caso in cui i progetti siano stati notificati prima della pubblicazione. La nuova disciplina prevede, infine, una serie di obblighi a carico degli Stati membri i quali sono tenuti a:
- esprimere il loro accordo incondizionato alle misure proposte entro 2 mesi dalla data di pubblicazione della presente disciplina. In caso contrario la Commissione riterrà che lo Stato membro non concorda con le misure proposte;
- adattare alla nuova disciplina i vecchi regimi entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore e presentare relazioni annuali relative a misure di aiuto a favore della RSI.
Il 25 agosto 2006 si è conclusa una consultazione pubblica su un progetto di regolamento finalizzato ad estendere di un anno, fino al 31 dicembre 2007, il periodo di validità del regolamento (CE) n. 2204/2002 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione.
Articolo 19
(Credito d'imposta per nuovi investimenti
nelle aree svantaggiate)
1. Alle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali nuovi indicati nel comma 3, destinati a strutture produttive ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013, è attribuito un credito d'imposta secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 9.
2. Il credito d'imposta è riconosciuto nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013 e non è cumulabile con il sostegno de minimis né con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili.
3. Ai fini del comma 1, si considerano agevolabili le acquisizioni, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di:
a) macchinari, impianti, diversi da quelli infissi al suolo, ed attrezzature varie, classificabili nell'attivo dello stato patrimoniale di cui al primo comma, voci B.II.2 e B.II.3, dell'articolo 2424 del codice civile, destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1;
b) programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell'impresa, limitatamente alle piccole e medie imprese;
c) brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi, per la parte in cui sono utilizzati per l'attività svolta nell'unità produttiva; per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in tali beni sono agevolabili nel limite del 50 per cento del complesso degli investimenti agevolati per il medesimo periodo d'imposta.
4. Il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 3 eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta, relativi alle medesime categorie dei beni d'investimento della stessa struttura produttiva, ad esclusione degli ammortamenti dei beni che formano oggetto dell'investimento agevolato effettuati nel periodo d'imposta della loro entrata in funzione. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l'acquisto dei beni; detto costo non comprende le spese di manutenzione.
5. L'agevolazione di cui al comma 1 non si applica ai soggetti che operano nei settori dell'industria siderurgica, delle fibre sintetiche, come definiti rispettivamente agli allegati I e II agli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europa n. C 54 del 4 marzo 2006, nonché ai settori della pesca, dell'industria carbonifera, creditizio, finanziario e assicurativo. Il credito d'imposta a favore di imprese o attività che riguardano prodotti o appartengono ai settori soggetti a discipline comunitarie specifiche, ivi inclusa la disciplina multisettoriale dei grandi progetti, è riconosciuto nel rispetto delle condizioni sostanziali e procedurali definite dalle predette discipline dell'Unione europea e previa autorizzazione, ove prescritta, della Commissione europea.
6. Il credito d'imposta è determinato con riguardo ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d'imposta e deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile ai fini dei versamenti delle imposte sui redditi; l'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal sesto mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.
7. Se i beni oggetto dell'agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione. Se entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti; se nel periodo di imposta in cui si verifica una delle predette ipotesi vengono acquisiti beni della stessa categoria di quelli agevolati, il credito d'imposta è rideterminato escludendo il costo non ammortizzato degli investimenti agevolati per la parte che eccede i costi delle nuove acquisizioni. Per i beni acquisiti in locazione finanziaria le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche se non viene esercitato il riscatto. Il credito d'imposta indebitamente utilizzato che deriva dall'applicazione del presente comma è versato entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verificano le ipotesi ivi indicate.
8. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono emanate le disposizioni per l'effettuazione delle verifiche necessarie a garantire la corretta applicazione delle presenti disposizioni. Tali verifiche, da effettuarsi dopo almeno dodici mesi dall'attribuzione del credito di imposta, sono, altresì, finalizzate alla valutazione della qualità degli investimenti effettuati, anche al fine di valutare l'opportunità di effettuare un riequilibrio con altri strumenti aventi analoga finalità.
9. L'efficacia del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.
L’articolo 19 introduce un regime agevolativo, nella forma del credito di imposta, per le imprese che effettuano investimenti attraverso l'acquisizione di nuovi beni strumentali nelle “aree svantaggiate” del Mezzogiorno.
La disposizione sostituisce, con alcune differenze sostanziali e procedurali, la precedente disciplina prevista dall’articolo 8 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) per favorire gli investimenti nelle aree depresse, che, peraltro, verrà a scadenza il 31 dicembre 2006.
Nella XIV legislatura la disciplina sul credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate è stata oggetto di interventi legislativi volti a garantire che l’attuazione della normativa risultasse in linea con le previsioni di spesa effettuate.
In particolare, con un primo intervento (D.L. n. 138 del 2002) l’accesso al beneficio è stato subordinato alla preventiva autorizzazione da parte dell’Agenzia delle entrate, al fine di attribuire all’amministrazione la possibilità di monitorare il grado di utilizzo del credito medesimo. Peraltro, questa previsione si è tradotta in una massiccia prenotazione di risorse da parte delle imprese interessate, che di fatto ha immobilizzato per intero le disponibilità stanziate.
Con un secondo intervento (legge finanziaria per il 2003, art. 62) sono stati stabiliti alcuni vincoli all’utilizzazione del credito maturato attraverso la fissazione di un tempo massimo, decorrente dalla presentazione dell’istanza, per l’esecuzione dell’investimento e per il godimento del relativo beneficio fiscale. Si è, inoltre, previsto uno scaglionamento annuale per la sua fruizione e una penalizzazione - consistente nella perdita del diritto al contributo e nel divieto per dodici mesi di presentazione di una nuova istanza – in caso di mancato rispetto dei vincoli temporali assegnati. Infine, è stato introdotto l’onere, per i beneficiari, di comunicare all’amministrazione, in sede di istanza, i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, dei contributi fruiti e di quelli ancora da utilizzare.
Gli investimenti devono essere effettuati in strutture produttive ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Si tratta dei territori che saranno individuati nella Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013.
Con l’approvazione da parte della Commissione dell’Unione europea degli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale” (pubblicati nella GUCE C54 del 4 marzo 2006), sono stati definiti i criteri per la predisposizione da parte dei singoli Stati della Carta di aiuti a finalità regionale, che dovrà essere notificata entro il 2006 alla Commissione.
Gli Orientamenti hanno stabilito che potranno beneficiare degli aiuti a finalità regionale di cui all’articolo 87.3.a) quelle regioni in cui il PIL pro capite non supera il 75% della media dell’Unione.
Per quanto riguarda l’Italia, relativamente alle aree ammesse alla deroga ex articolo 87.3.a) del Trattato, sono ricomprese nell’Allegato V degli Orientamenti le regioni Calabria (67,93), Campania (71,78), Sicilia (71,98) e Puglia (72,49), mentre la Basilicata (77,54) rientra in un regime particolare a motivo del c.d. “effetto statistico” (regioni in cui il PIL pro capite risulta inferiore alla media calcolata relativamente all’Europa a 15, ma superiore a quella riferita all’Europa a 25). Tali regioni beneficeranno di un regime transitorio sino al 31 dicembre 2010.
I nuovi “Orientamenti” determinano, altresì, una riduzione dell’intensità di aiuto, che è pari al 30% in ESL (equivalente sovvenzione lorda) per le regioni con il PIL pro capite inferiore al 75% della media UE, al 40% per le regioni con il PIL inferiore al 60% UE e al 50% per le regioni con il PIL inferiore al 45% della media UE.
Le aree ammesse alla deroga ex articolo 87.3.c) del Trattato, poiché si tratta di circoscrizioni comunali, saranno specificamente individuate nella Carta degli aiuti in corso di predisposizione.
Sono considerano agevolabili le acquisizioni, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di:
a) macchinari, impianti, diversi da quelli infissi al suolo, e attrezzature varie, destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali indicate;
b) programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell'impresa, limitatamente alle piccole e medie imprese;
c) brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi, per la parte in cui sono utilizzati per l'attività svolta nell'unità produttiva; per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in tali beni sono agevolabili nel limite del 50 per cento del complesso degli investimenti agevolati per il medesimo periodo d'imposta.
Per tali investimenti, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013, è attribuito un credito d'imposta nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013 e non è cumulabile con il sostegno de minimis[69] né con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili.
Sono esclusi i soggetti che operano nei settori dell'industria siderurgica, delle fibre sintetiche, della pesca, dell'industria carbonifera, creditizio, finanziario e assicurativo.
Il credito d'imposta a favore di imprese o attività che riguardano prodotti o appartengono ai settori soggetti a discipline comunitarie specifiche, ivi inclusa la disciplina multisettoriale dei grandi progetti, è riconosciuto nel rispetto delle condizioni sostanziali e procedurali definite dalle predette discipline dell'Unione europea e previa autorizzazione, ove prescritta, della Commissione europea.
Il comma 4 specifica le modalità di determinazione del credito d'imposta, commisurato alla quota del costo dei beni acquistati, eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta relativamente alle medesime categorie di beni d’investimento della stessa struttura produttiva (esclusi agli ammortamenti dei beni acquistati con l’agevolazione, nel solo periodo d’imposta in cui entrano in funzione). Per i beni in locazione finanziaria, si considera il costo sostenuto dal locatore per il loro acquisto, escluse le spese di manutenzione.
Il comma 6 stabilisce cheil credito d'imposta è determinato con riguardo ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d'imposta, e deve essere utilizzato immediatamente in compensazione in sede di dichiarazione dei redditi.
Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile ai fini IRAP, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 (deduzione degli interessi passivi) e 109, comma 5 (determinazione del reddito di impresa) del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986).
L'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione, a decorrere dal sesto mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.
Il comma 7 disciplina i casi in cui si provvede alla rideterminazione del credito d’imposta per ritardata ultimazione, dismissione, cessione, diversa destinazione dei beni.
Il comma 8 rinvia a uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, per l’emanazione delle disposizioni per l'effettuazione delle verifiche necessarie a garantire la corretta applicazione delle presenti disposizioni. Tali verifiche, da effettuarsi dopo almeno dodici mesi dall'attribuzione del credito di imposta, sono, altresì, finalizzate alla valutazione della qualità degli investimenti effettuati, anche al fine di valutare l'opportunità di effettuare un riequilibrio con altri strumenti aventi analoga finalità.
Il comma 9 subordina l'efficacia delle disposizioni in oggetto all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Il 3 luglio 2006 si è conclusa una consultazione pubblica su un progetto di regolamento relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti. La Commissione intende adottare il regolamento entro la fine dell’anno al fine di consentirne l’entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2007.
La Commissione sottolinea l’importanza degli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti al fine di favorire lo sviluppo delle regioni più svantaggiate, tramite la concessione di un sostegno agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro. Essi sono destinati, in particolare, a promuovere l’ampliamento, la razionalizzazione, l’ammodernamento e la diversificazione delle attività delle imprese ubicate nelle regioni più sfavorite, in particolare incoraggiando le imprese a insediarvi nuovi stabilimenti.
Per quanto riguarda il campo di applicazione del regolamento proposto, la Commissione precisa che esso comprenderà esclusivamente i regimi di aiuto trasparenti ovvero gli aiuti per i quali è possibile calcolare esattamente l’equivalente sovvenzione lordo come percentuale della spesa ammissibile ex ante, senza dover effettuare una valutazione di rischio. Esso, inoltre, sarà applicabile agli aiuti ad hoc, ovvero agli aiuti individuali che non sono concessi in base ad un regime di aiuti, soltanto nel caso in cui essisiano utilizzati per integrare aiuti concessi sulla base di un regime trasparente di aiuti a finalità regionale agli investimenti, con un limite massimo per la componente ad hoc del 50% degli aiuti totali da concedere per l’investimento.
Saranno esclusi dal campo di applicazione del regolamento determinati settori disciplinati da norme specifiche: l’industria carbonifera e siderurgica, le fibre sintetiche, la costruzione navale, la pesca e l’acquacoltura, le attività economiche nel ramo manifatturiero o dei servizi. I regimi di aiuti a finalità regionale destinati ad attività turistiche non sono, invece, considerati come destinati a settori specifici e sono pertanto soggetti alla disciplina del regolamento proposto.
Relativamente al settore agricolo, il regolamento proposto non si applicherà alle attività connesse con la produzione primaria (agricoltura e allevamento) dei prodotti di cui all’allegato I del Trattato CE. Si applicherà, invece, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli ad eccezione di quei prodotti che imitano o sostituiscono latte e prodotti lattiero-caseari di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1898/87 relativo alla protezione della denominazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari all’atto della loro commercializzazione.
Il regolamento proposto, infine, non si applicherà agli aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, fra cui gli aiuti subordinati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d’importazione o agli aiuti destinati alla creazione di una rete di distribuzione in altri Stati membri.
La Commissione precisa che le nuove disposizioni lasciano impregiudicato l’obbligo degli Stati membri di notificare la concessione di aiuti individuali in conformità degli obblighi assunti in relazione ad altri strumenti di aiuti di Stato, ed in particolare per quanto riguarda gli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.
Richiamandosi all’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato, in base al quale gli aiuti non devono, in genere, avere come unico effetto la riduzione dei costi sostenuti da un’impresa e devono essere proporzionati agli svantaggi da superare per conseguire i benefici socioeconomici auspicati nell’interesse comunitario, la Commissione ritiene opportuno limitare il campo di applicazione del futuro regolamento agli aiuti a finalità regionale concessi in relazione ad investimenti iniziali. Gli aiuti diversi dagli aiuti all’investimento nonché gli aiuti relativi al funzionamento e gli aiuti ai servizi di consulenza a favore delle piccole imprese di nuova costituzione resteranno pertanto soggetti all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato. La Commissione precisa, inoltre, che l’esenzione prevista dal nuovo regolamento non deve essere applicata agli aiuti cumulati con altri aiuti di Stato, inclusi quelli concessi da amministrazioni nazionali, regionali o locali, o con misure di sostegno comunitarie, oppure cumulati con altri finanziamenti comunitari o nazionali, relativamente agli stessi costi ammissibili o allo stesso progetto di investimento, quando l’importo degli aiuti cumulati superi i massimali fissati dal regolamento proposto.
Il nuovo regolamento si applicherà ai regimi di aiuto che entreranno in vigore o a cui verrà data esecuzione dopo il 31 dicembre 2006. Esso rimarrà in vigore fino a quando verrà sostituito da un nuovo regolamento o, al più tardi, fino al 31 dicembre 2013. Alla scadenza del periodo di validità del regolamento proposto, i regimi esentati continueranno a beneficiare dell’esenzione fino alla data di scadenza delle carte degli aiuti a finalità regionale in vigore.
Il regolamento proposto stabilisce, infine, l’obbligo per gli Stati membri di conservare per un periodo di 10 anni registrazioni dettagliate dei regimi di aiuti esentati in virtù del presente regolamento e degli aiuti individuali concessi in applicazione di tali regimi e di presentare relazioni annuali sull’applicazione del regolamento.
Per la riforma degli aiuti de minimis si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.
Per gli orientamenti alla coesione si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 105.
Articolo 20, commi 1-5
(Incentivi fiscali alla ricerca)
1. A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2009, alle imprese è attribuito un credito d'imposta nella misura del 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo, in conformità alla vigente disciplina comunitaria degli aiuti di Stato in materia, secondo le modalità dei commi successivi. La misura del 10 per cento è elevata al 15 per cento qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.
2. Ai fini della determinazione del credito d'imposta i costi non possono, in ogni caso, superare l'importo di 15 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta.
3. Il credito d'imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile ai fini dei versamenti delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive dovute per il periodo d'imposta in cui le spese di cui al comma 1 sono state sostenute; l'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.
4. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuati gli obblighi di comunicazione a carico delle imprese per quanto attiene alla definizione delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili e le modalità di verifica ed accertamento della effettività delle spese sostenute e coerenza delle stesse con la disciplina comunitaria di cui al comma 1.
5. L'efficacia del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea.
I commi da 1 a 5 dell’articolo 20 concedono un credito d’imposta per gli investimenti e i costi sostenuti dalle imprese per la ricerca e l’innovazione.
Il credito d’imposta, in base al comma 1, è concesso alle imprese per tre anni, a decorrere dal periodo d'imposta 2007 e fino al periodo d'imposta 2009, nella misura del 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo.
Per quanto riguarda le definizioni di “ricerca industriale” e “attività di sviluppo precompetitivo”, queste sono mutuate dalla disciplina generale comunitaria degli aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo, contenuta nella Comunicazione della Commissione 17 febbraio 1996 “Disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo”[70], chesi applica fino al 31 dicembre 2006per tutti gli aiuti alla ricerca e sviluppo, diversi da quelli effettuati dalle PMI (v. infra).
Si segnala, a tale proposito, che la Commissione europea ha avviato, l’8 settembre 2006, una consultazione pubblica in vista della revisione degli aiuti di Stato a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione (RSI) (cfr. la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18).
Per ricerca industriale si intende la ricerca mirante ad acquisire nuove conoscenze, utili per mettere a punto nuovi prodotti, processi produttivi o servizi o migliorare prodotti, processi produttivi o servizi esistenti.
Per attività di sviluppo precompetitiva si intende la concretizzazione dei risultati della ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno per prodotti, processi produttivi o servizi (ad esempio: creazione di un primo prototipo, progetti di dimostrazione iniziale o progetti pilota, ecc.).
Diversa è invece la nozione di ricerca fondamentale: si tratta di un'attività che mira all'ampliamento delle conoscenze scientifiche e tecniche non connesse ad obiettivi industriali o commerciali e che come tale è considerata sempre compatibile con le regole di concorrenza, e non è oggetto disciplina relativa agli aiuti di Stato.
La misura dell’agevolazione concessa dal comma 1 dell’articolo 20 è poi elevata al 15 per cento qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca.
In base al comma 1, risultano pertanto agevolati gli investimenti per la ricerca industriale e lo sviluppo precompetitivo effettuati sia “intra muros” cioè all’interno dell’impresa stessa, che quelli “extra muros” cioè i finanziamenti destinati a soggetti esterni all’azienda. L’agevolazione è concessa a tutti i tipi di imprese, senza distinzione alcuna: si applica quindi sia per le piccole e medie imprese (PMI) che per le grandi imprese e a prescindere dal settore di operatività dell’impresa stessa.
Nella relazione governativa si evidenzia, a tale proposito, che gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese risultano, in base ai dati ISTAT, concentrati su poche grandi imprese: il 47,2% dei costi è infatti sostenuto dalle prime 30 imprese italiane.
Il comma 2 dell’articolo 20 fissa peraltro un limite massimo di importo su cui applicare il credito d’imposta, prevedendo che i costi su cui calcolare il credito non possano, in ogni caso, superare l'importo di 15 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta.
La relazione tecnica stima un onere per la concessione del credito d’imposta, pari a circa 446 milioni di euro per l’anno 2007.
L'efficacia dell’agevolazione concessa è peraltro subordinata, come prevede anche espressamente il comma 5, all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea. La concessione del credito andrà pertanto notificata in tempo utile alla Commissione europea, che ne valuterà la compatibilità con la vigente disciplina comunitaria degli aiuti di Stato.
Si segnala che la formulazione letterale del comma 5 subordina all’autorizzazione della Commissione europea l’efficacia di tutte le norme del presente articolo, anziché, come parrebbe doversi intendere, di quelle dei soli commi da 1 a 5.
Per quanto riguarda le regole applicabili agli aiuti di stato, si ricorda che il Trattato che istituisce la Comunità europea, che prevede tra i suoi obiettivi il rafforzamento della competitività dell'industria comunitaria, vieta, di conseguenza, gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati.
In particolare, ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato sono ritenuti "incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".
Rispetto a tale divieto generale posto dall’articolo 87, sono tuttavia ammesse alcune deroghe di pieno diritto (paragrafo 2) ovvero deroghe eventuali (paragrafo 3). Tra queste ultime vi sono gli aiuti di Stato in ricerca e sviluppo in quanto destinati "a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo" (lettera b)) e "ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche" ( lettera c).
Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate in tempo utile alla Commissione, che ne valuta la compatibilità con il Trattato (art. 88, par. 3).
L’attuazione di tale disciplina ha portato a definire precise condizioni di ammissibilità, tra l’altro, per gli aiuti c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela). Nel regolamento 98/994/CEdel 7 maggio 1998, il Consiglio ha infatti stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (tra questi rientrano quelli per le piccole e medie imprese, per la ricerca e allo sviluppo, per la tutela dell’ambiente per l’occupazione e la formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis).
Il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità.
Su queste basi, la Commissione ha adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI, modificato da ultimo dal Regolamento (CE) n. 364/2004, che ne estende l’applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo[71].
In base a tale ultimo regolamento, gli aiuti alla ricerca e allo sviluppo per le PMI, sono esentati dalla notificazione preventiva se l'intensità dell'aiuto, calcolato sulla base dei costi ammissibili del progetto, non supera:
§ il 100% per la ricerca fondamentale;
§ il 60% (75% massimo se sussistono condizioni particolari) per la ricerca industriale;
§ il 35% (50% massimo se sussistono condizioni particolari) per attività di sviluppo precompetitivo.
La disciplinadel regolamento – che peraltro introduce un massimale del totale dei costi ammissibili all’aiuto (25 milioni di euro e 40 milioni di euro nel caso di progetti Eureka ) oltre il quale esso è comunque vietato – non si applica a una serie di settori per i quali sono dettate normative speciali (carbosiderurgico, costruzioni navali, fibre sintetiche, industria automobilistica, trasporti, pesca, prodotti agricoli).
Nel comma 3 del presente articolo 20 sono indicate le modalità applicative per fruire del credito. Il credito d'imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi ma esso:
§ non concorre alla formazione del reddito;
§ non concorre alla formazione della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Il credito d’imposta non rileva inoltre ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, né rispetto ai criteri di inerenza delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo testo unico.
L’articolo 96 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.
Il credito d’imposta è altresì utilizzabile, in base al comma 3, per ridurre i versamenti delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), dovute per il periodo d'imposta in cui le spese sono state sostenute.
L'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[72], a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.
Si ricorda che in base all’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in 1 miliardo di lire (pari a euro 516.456,90) per ciascun anno solare.
Il comma 4 rinvia ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione degli obblighi di comunicazione a carico delle imprese per quanto attiene alla definizione delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili e le modalità di verifica ed accertamento della effettività delle spese sostenute e coerenza delle stesse con la disciplina comunitaria di cui al comma 1.
Per gli aiuti di Stato relativi alla ricerca e all’innovazione, si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.
Articolo 20, commi 6 e 7
(Agevolazioni fiscali per le imprese di
produzione musicale)
6. Le piccole e medie imprese di produzioni musicali possono beneficiare di un credito d'imposta a titolo di spesa di produzione, di sviluppo, di digitalizzazione e di promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali per opere prime o seconde di artisti emergenti.
7. Possono accedere al credito d'imposta di cui al comma 6, fermo restando il rispetto dei limiti della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/ 2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, solo le imprese che abbiano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 15 milioni di euro e che non siano possedute, direttamente o indirettamente, da un editore di servizi radiotelevisivi.
Il comma 6 dell’articolo 20 concede alle piccole e medie imprese di produzioni musicali di beneficiare di un credito d'imposta per le spese di produzione, di sviluppo, di digitalizzazione e di promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali per opere prime o seconde di artisti emergenti.
Si segnala che la misura del credito d’imposta non è definita nel testo del comma 6, mentre nella relazione governativa al provvedimento si specifica che il limite massimo del credito è stabilito in 100.000 euro per un triennio.
La relazione tecnica al provvedimento non contiene inoltre alcuna indicazione rispetto alla copertura finanziaria della disposizione in esame.
Il comma 7 limita l’accesso all’agevolazione disposta dal comma 6 alle sole imprese che abbiano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 15 milioni di euro e che non siano possedute, direttamente o indirettamente, da un editore di servizi radiotelevisivi.
La norma dispone inoltre che sia necessario il rispetto dei limiti della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/ 2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, evidentemente per rendere compatibile tale aiuto con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di stato, le quali prevedono – tra l’altro - che il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità.
A tale proposito si ricorda che il regolamento (CE) n. 69/2001, giungerà a scadenza il 31 dicembre 2006. Esso è pertanto in corso di modifica in sede europea (cfr. la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18), e il nuovo regolamento che lo sostituirà dovrebbe applicarsi dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.
Si ricorda che il Trattato che istituisce la Comunità europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate alla Commissione, che ne valuta la compatibilità con il Trattato (art. 88).
L’attuazione di tale disciplina ha portato a definire precise condizioni di ammissibilità, oltre che per particolari settori (siderurgia, costruzioni navali, industria automobilistica, ecc.), per gli aiuti a carattere regionale e per quelli c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela).
In particolare per gli aiuti orizzontali, nel regolamento 98/994/CEdel 7 maggio 1998, il Consiglio ha stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (piccole e medie imprese, ricerca e allo sviluppo, tutela dell’ambiente, occupazione e formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis).
Su queste basi, la Commissione ha adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI.
Quanto alle misure di aiuto di importanza minore, rientranti nel c.d. de minimis, va segnalato che essi sono attivabili su tutto il territorio nazionale, e con riferimento non solo alle PMI ma anche alle grandi imprese. Si tratta di aiuti che, in quanto particolarmente esigui, non hanno un impatto sensibile sulla concorrenza tra gli Stati membri, e possono quindi essere adottati in deroga al divieto e alle procedure di informazione previsti dal Trattato.
Tale categoria di aiuti, originariamente definita nella comunicazione della Commissione 92/C 213/02, è stata poi modificata con la comunicazione della Commissione 96/C 68/06(pubblicata in GUCE C 68 del 6 marzo 1996) e, da ultimo, dal Regolamento (CE) n. 69/2001 (GUCE L 10 del 13/1/2001), che resta in vigore fino al 31 dicembre 2006.
Nella categoria de minimis rientrano gli aiuti che non superano complessivamente la soglia di 100.000 euro nell'arco di 3 anni[73]. Il limite riguarda qualsiasi aiuto pubblico accordato a tale titolo, e tutte le categorie di aiuti, indipendentemente dalla loro forma o obiettivo.
Non sono ammessi aiuti de minimis a favore di attività connesse all’esportazione[74]; sono inoltre esclusi dall’applicazione della disciplina del de minimis alcuni settori sottoposti a normative specifiche (settore dei trasporti, dell'agricoltura e della pesca[75]).
Ulteriori specificazioni sono recate dal Regolamento CE n. 69/2001 in ordine alle modalità di calcolo della sovvenzione e alle misure che gli Stati devono adottare per rendere possibile il controllo della Commissione.
A tale proposito il regolamento prevede che gli Stati provvedano alla registrazione e alla raccolta di tutte le informazioni concernenti l’applicazione delle disposizioni contenute nel regolamento. Le registrazioni relative ad un singolo aiuto sono conservate per dieci anni dalla data di concessione; in caso di un regime di aiuti della durata di dieci anni, il periodo di conservazione (sempre di dieci anni) decorre dalla data di concessione dell’ultimo aiuto. Qualora la Commissione ne faccia richiesta scritta, lo Stato interessato è tenuto alla trasmissione di tutte le informazioni ritenute necessarie entro il termine di venti giorni lavorativi ovvero entro un termine più lungo se fissato nella richiesta stessa.
Per la riforma degli aiuti “de minimis”, si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.
8. Per l'anno 2007, ai docenti delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, nonché al personale docente presso le università statali spetta una detrazione dall'imposta lorda e fino a capienza della stessa nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino ad un importo massimo delle stesse di 1.000 euro, per l'acquisto di un personal computer nuovo di fabbrica.
9. Con decreto di natura non regolamentare, adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'università e della ricerca, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 8.
Le disposizioni contenute nei commi 8 e 9 dell’articolo 20 concedono ai docenti delle scuole pubbliche e delle università statali un’agevolazione fiscale per l’acquisto di un elaboratore elettronico (personal computer) nuovo.
L’agevolazione, in base al comma 8 è concessa, per il solo anno 2007, per l'acquisto di un elaboratore elettronico nuovo di fabbrica a tutti i docenti delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, nonché al personale docente presso le università statali.
L’agevolazione consiste in una detrazione d'imposta, nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico per l’acquisto, fino ad un importo massimo della spesa pari a 1.000 euro.
Viene pertanto concessa una detrazione dall’imposta lorda che può arrivare al massimo a 190 euro, riferita all’acquisto di un solo elaboratore elettronico.
La detrazione è concessa – come del resto prevede la normativa vigente, all’articolo 13, comma 2 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), per tutte le altre detrazioni d’imposta – solo nei limiti di capienza dell’imposta lorda.
Ciò significa che non sarà possibile usufruire della detrazione, qualora al contribuente non risulti un’imposta lorda dovuta di ammontare sufficiente a poter operare la detrazione.
Il comma 9 rinvia la definizione delle modalità di attuazione di questa disposizione ad un decreto di natura non regolamentare, adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'università e della ricerca.
La relazione tecnica stima in conseguenza di questa misura una riduzione di gettito pari a 78 milioni di euro per il 2007.
Un’agevolazione riferita al medesimo oggetto era stata concessa dall’articolo 4, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, in base al quale, nel corso dell'anno 2004, i docenti delle scuole pubbliche e delle università statali potevano acquistare un elaboratore portatile da utilizzare nella didattica, usufruendo di riduzione di costo e di rateizzazione, in base ad apposita indagine di mercato esperita dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) Spa. L’attuazione è stata disciplinata con il decreto dei Ministri per l'innovazione e le tecnologie, dell'economia e delle finanze e dell'istruzione, dell'università e della ricerca 3 giugno 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 164 del 15 luglio 2004). I benefìci sono stati poi prorogati al 2005 dall'articolo 1, comma 206, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il cui comma 207 li ha altresì estesi al personale dirigente e non docente.
Articolo 20, commi 10-13
(Disposizioni agevolative in materia di
IVA e imposta sulla pubblicità)
10. All'articolo 19-bis.1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le parole: «, a somministrazioni di alimenti e bevande, con esclusione» sono sostituite dalle seguenti: «e a somministrazioni di alimenti e bevande, con esclusione di quelle inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simili, erogate nei giorni di svolgimento degli stessi,».
11. Per l'anno 2007 le detrazioni di cui al comma 10 spettano nella misura del 50 per cento.
12. Al comma 1-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, dopo le parole: «fino a 5 metri quadrati» sono inserite le seguenti: «; l'imposta è dovuta per la sola superficie eccedente i 5 metri quadrati».
13. All'articolo 10, primo comma, numero 27-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, dopo la parola: «devianza,» sono inserite le seguenti: «di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo».
Le disposizioni dei commi 10 e 11 dell’articolo 20 consentono la detraibilità dell’IVA relativa alla prestazioni alberghiere e alla somministrazione di alimenti e bevande, in occasione di partecipazione a convegni, congressi ed eventi similari.
In base alla normativa vigente, contenuta nell'articolo 19-bis.1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633[76], non è ammessa in detrazione ai fini IVA l'imposta relativa a:
- prestazioni alberghiere;
- somministrazioni di alimenti e bevande, con esclusione delle somministrazioni effettuate nei confronti dei datori di lavoro nei locali dell'impresa o in locali adibiti a mensa scolastica, aziendale o interaziendale e delle somministrazioni commesse da imprese che forniscono servizi sostitutivi di mense aziendali;
- prestazioni di trasporto di persone;
- transito stradale delle autovetture e autoveicoli i cui all'articolo 54, lettere a) e c), del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285).
La detrazione è invece ammessa qualora tali fattispecie formino oggetto dell'attività propria dell'impresa.
In materia di detraibilità dell’IVA, l’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE (c.d. sesta direttiva IVA) afferma il principio del diritto a detrazione integrale dell'IVA versata a monte da un soggetto passivo nel quadro della sua attività soggetta a imposta. Il paragrafo 7 consente agli Stati membri di escludere o di limitare il diritto alla detrazione su taluni beni purché sussistano "motivi congiunturali" che giustificano tale misura, fatta salva la consultazione con il comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (il c.d. “Comitato IVA”) istituito dall’articolo 29 della medesima direttiva.
Recentemente la Corte di giustizia delle Comunità europee, con una sentenza in data 14 settembre 2006, relativa alla causa C. 228/05, ha dichiarato incompatibili con l’ordinamento comunitario le disposizioni presenti nell’ordinamento italiano in materia di limitazioni alla detraibilità dell’IVA versata in relazione alle spese per ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli aziendali. Si tratta di una delle ipotesi di indetraibilità assoluta elencate nell’articolo 19-bis 1 del D.P.R. n. 633 del 1972, in particolare dell’ipotesi contenuta nella lettera c) del comma 1 dell’articolo 19-bis 1.
Il comma 10, modificando parzialmente la lettera e) dell’articolo 19-bis 1, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (recante la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), esclude dal previgente regime di indetraibilità le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande, qualora tali spese siano inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simili, e sianoerogate nei giorni del loro svolgimento.
L’indetraibilità permane pertanto per le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande che non siano effettuate in occasione dei citati eventi.
Si ricorda che il regime di indetraibilità delle prestazioni alberghiere è stato oggetto di una risoluzione (Romoli ed altri n. 7-00742), approvata dalla Commissione VI (Finanze) il 19 gennaio 2006[77].
Il comma 11 limita l’entità dell’agevolazione per l’anno 2007, stabilendo che per tale anno le suddette detrazioni spettino nella misura del 50 per cento.
Con riguardo al comma 10, la relazione tecnica al provvedimento stima una riduzione annua di gettito pari a 74 milioni di euro, limitata per l’esercizio 2007 a 37 milioni di euro.
Il comma 12 dell’articolo 20 interviene sulle fattispecie esenti dall’imposta comunale sulla pubblicità, modificando il comma 1-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507[78].
In tale articolo 17 è contenuta l’elencazione delle operazioni esenti dall’imposta. In particolare il comma 1-bis prevede che l'imposta non sia dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono.
L’esenzione è attualmente prevista solo per insegne con superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.
In base alla modifica apportata dal presente comma 12, viene aggiunta a tale previsione la specificazione che l'imposta è dovuta per la sola superficie eccedente i 5 metri quadrati.
La disposizione del comma 12 intende pertanto confermare l’esenzione dall’imposta per le insegne di superficie fino a cinque metri, mentre introduce per quelle di superficie superiore a cinque metri quadrati una franchigia in base alla quale l’imposta si pagherà solo sulla parte eccedente i cinque metri e non sull’intera superficie, come previsto dalla norma vigente.
Resta invariata la facoltà dei comuni di disporre l'esenzione dal pagamento dell'imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore a tale limite, secondo quanto previsto dallo stesso comma 1-bis dell’articolo 17.
La relazione tecnica al provvedimento in esame non ìndica oneri derivanti a carico del bilancio dello Stato dalla disposizione del comma 12.
Il comma 13 dell’articolo 20 dispone l’esenzione dall’IVA per le prestazioni di assistenza a persone svantaggiate.
La norma modifica l'articolo 10, comma 1, numero 27-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, che elenca le operazioni esenti dall’IVA.
Tra le operazioni esenti dall’IVA sono ricomprese, al numero 27-ter) dell’articolo 10, le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, rese da organismi di diritto pubblico, da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, previste all'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, o da enti aventi finalità di assistenza sociale e da ONLUS, in favore di:
- anziani e inabili adulti;
- tossicodipendenti e malati di AIDS;
- handicappati psicofisici;
- minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza.
Con la modifica recata dal presente comma 13, il numero 27-ter dell’articolo 10, comma 1, viene modificando aggiungendo l’esenzione anche per le prestazioni socio-sanitarie rese ai seguenti soggetti:
- persone migranti, senza fissa dimora;
- richiedenti asilo;
- persone detenute;
- donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo.
Le suddette prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale saranno pertanto esenti, a condizione che siano rese da uno dei seguenti soggetti:
- organismi di diritto pubblico;
- istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, previste all'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833[79];
- enti aventi finalità di assistenza sociale;
- ONLUS[80].
Qualora le prestazioni socio-sanitarie siano invece erogate da altri soggetti, esse sono soggette all’aliquota ordinaria del 20 per cento, salvo alcuni casi specifici di riduzione dell’aliquota.
Si ricorda a tale proposito che l’articolo 1, comma 467 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha assoggettato all'aliquota IVA ridotta del 4 per cento una serie di prestazioni socio-assistenziali effettuate da parte di cooperative e loro consorzi in favore di:
- anziani;
- inabili adulti,
- tossicodipendenti,
- malati di AIDS;
- handicappati psicofisici;
- minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza.
L’assoggettamento delle prestazioni sopra indicate all’IVA nella misura del 4 per cento, a differenza di quanto avviene per le operazioni esenti, consente alle cooperative ed i loro consorzi, di detrarre l’IVA pagata sugli acquisti.
Si ricorda infatti che le operazioni attive esenti dall’IVA danno luogo alla indetraibilità dell'imposta afferente i beni e i servizi acquistati ed utilizzati per la loro effettuazione. Nell'ambito delle operazioni detassate, le attività esenti da imposta ai sensi dell'art. 10 del DPR n. 633 del 1972 danno luogo infatti al rispetto di tutti gli adempimenti formali richiesti per le operazioni imponibili, ma non consentono la detrazione dell’imposta assolta a monte, secondo la regola del pro rata percentuale, che determina una quota di indetraibilità dell'IVA passiva sulla base di un rapporto matematico. L’IVA detraibile è pari al seguente rapporto:
- [operazioni con diritto alla detrazione / (operazioni con diritto alla detrazione + operazioni esenti)].
La relazione tecnica al provvedimento annette alla disposizione del comma 13 una perdita di gettito, di entità non rilevante, stimata prudenzialmente in 1 milione di euro.
14. Nell'articolo 10, comma 1, lettera e-bis), primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124» sono aggiunte le seguenti: «, nonché quelli versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239».
15. Il comma 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è sostituito dal seguente:
«2. La lettera e-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituita dalla seguente:
"e-bis) i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall'articolo 8 del medesimo decreto. Alle medesime condizioni ed entro gli stessi limiti sono deducibili i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239"».
16. All'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, sull'istituzione e disciplina dei fondi comuni d'investimento mobiliare, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel primo periodo del comma 1, le parole: «situati negli Stati membri dell'Unione europea, conformi alle direttive comunitarie e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 10-bis,» sono sostituite dalle seguenti: «conformi alle direttive comunitarie situati negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 42 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,»;
b) al comma 9, le parole: «situati negli Stati membri della Comunità economica europea e conformi alle direttive comunitarie» sono sostituite dalle seguenti: «conformi alle direttive comunitarie situati negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239».
17. Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è sostituito dal seguente: «Tuttavia, se i titoli indicati nel precedente periodo sono emessi da società od enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, ovvero da quote, l'aliquota del 12,50 per cento si applica a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, o collegati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, per le obbligazioni e titoli similari diversi dai precedenti».
18. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni, le parole: «in mercati regolamentati italiani» sono sostituite dalle seguenti: «in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni.
Il comma 14 dell’articolo 20 estende la deducibilità dal reddito, ai fini delle imposte sui redditi, per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, attualmente prevista[81] solo nel caso dei soggetti istituiti ai sensi della legislazione italiana (decreto legislativo n. 124 del 1993), anche a quelli versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo[82], che rientrino nella lista dei paesi con i quali risulta possibile attuare lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevista dall’articolo 11, comma 4, lettera c) del decreto legislativo n. 239 del 2004 (la lista è contenuta nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996).
Si tratta della c.d “white list”, vale a dire la lista dei paesi non ricompresi nella “black list” degli Stati a regime fiscale privilegiato, con i quali non risulta possibile stipulare convenzioni per evitare le doppie imposizioni.
La relazione governativa precisa, al riguardo, che la presente disposizione trae origine dalla necessità di allineare la normativa interna a quella comunitaria, ponendo così fine al contenzioso in essere presso la Corte di giustizia della Comunità europea (cfr. infra, sezione: Documenti all’esame dell’Unione europea).
Il comma 15, attraverso la modifica dell’articolo 21 del decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari, prevede la sostituzione dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis) del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) DPR n. 917 del 1986, che stabilisce la deducibilità per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari. Viene in particolare adeguata la formulazione, sostituendo il richiamo al decreto legislativo n. 252 del 2005 in luogo di quello al decreto legislativo n. 124 del 1993, attualmente citato.
Si ricorda che l’articolo 21, comma 8, del decreto legislativo n. 252 del 2005 dispone l’abrogazione del decreto legislativo n. 124 del 1993. L’articolo 23 del medesimo decreto legislativo prevede che tale disposizione entri in vigore dal 1° gennaio 2008. Sul punto interviene ora l’articolo 84 del disegno di legge finanziaria che anticipa l’entrata in vigore della disposizione (insieme a quella dell’intero decreto legislativo n. 252 del 2005) al 1° gennaio 2007 (cfr. scheda relativa).
L’articolo 21, comma 2, già provvede alla sostituzione dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del TUIR,prevedendo che la deducibilità dalle imposte sui redditi spetti per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005 alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’articolo 8 del medesimo decreto.
L’articolo 8 del decreto legislativo n. 252 del 2005 individua le modalità di finanziamento delle forme pensionistiche complementari mediante la contribuzione dei lavoratori e del datore di lavoro e mediante il conferimento del maturando trattamento di fine rapporto (TFR).
La disposizione qui illustrata, invece, oltre a ribadire la deducibilità dal reddito per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari, di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’articolo 8 del medesimo decreto, consente, alle medesime condizioni, di dedurre anche i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che rientrino nella lista dei paesi con i quali risulta possibile attuare lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevista dall’articolo 11, comma 4, lettera c) del decreto legislativo n. 239 del 2004 (la lista è contenuta nel già citato decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996).
La disposizione modifica la norma vigente (comma 14) e sostituisce la novella contenuta nell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 252 del 2005 (comma 15), destinata ad entrare in vigore contestualmente con l’entrata in vigore dell’intero decreto legislativo di riforma della previdenza complementare. Poiché per altro l’articolo 84, comma 1, del presente disegno di legge anticipa al 1° gennaio 2007 tale entrata in vigore, la disposizione del comma 14 non sembra suscettibile di produrre effetto.
Analogo riferimento agli Stati aderenti allo Spazio economico europeo rientranti nella “white list” è introdotto dal comma 16, che interviene sulle disposizioni tributarie sui proventi delle quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, di cui all’articolo 10-ter della legge n. 77 del 1983, con la quale venne stabilita la prima disciplina dei fondi di investimento mobiliare in Italia.
La legge n. 77 del 1983, fatta eccezione per l’articolo 10-ter e per l’articolo 9, è stata abrogata dall’articolo 214 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d testo unico della finanza - TUF).
In particolare, alla lettera a) viene integrata la disposizione del comma 1 di tale articolo, la quale, nel testo attualmente vigente, prevede che venga operata una ritenuta del 12,50 per cento sui redditi di capitale derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti[83], effettuata da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (quali i fondi di investimento) situati negli Stati membri dell’Unione europea, conformi alle direttive comunitarie e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983.
L’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983 disciplinava la collocazione in Italia di quote degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari aventi sede in uno degli Stati della Comunità economica europea. L’articolo è stato abrogato dall’articolo 214 del TUF(cfr. supra) e la materia è ora disciplinata dall’articolo 42 del TUF medesimo.
La presente disposizione interviene sull’individuazione dei soggetti ai quali si applica la ritenuta del 12,50 per cento, prevedendo che vi siano inclusi non solo gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari situati negli Stati membri dell’Unione europea, attualmente previsti, ma anche quelli situati negli Stati aderenti allo Spazio economico europeo e inclusi nella cosiddetta “white list” (cfr. supra, comma 14). Si prevede inoltre la sostituzione del riferimento all’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983, ora abrogato, con quello all’articolo 42 del TUF, che disciplina la medesima materia.
La lettera b)del comma 16 prevede poi che anche l’applicazione del comma 9 dell’articolo 10-ter, il quale attualmente consente agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero negli Stati membri della Comunità europea di avvalersi delle convenzioni stipulate dalla Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni, venga estesa agli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo e inclusi nella “white list” (cfr. supra, comma 14).
Analogo riferimento agli Stati aderenti nello Spazio economico europeo ed inclusi nella “white list” viene introdotto dal comma 17, nella disciplina delle ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale prevista dall’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
In base a tale articolo, l’aliquota del 12,50 per cento per la ritenuta sugli interessi su obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi si applica ai titoli emessi da società diverse dalla banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate nei mercati regolamentati italiani, solo se il tasso di rendimento effettivo:
non risulta superiore al doppio del tasso ufficiale di sconto per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi negoziati in mercati regolamentati nell’Unione europea o collocati mediante offerta al pubblico
non risulta superiore al tasso ufficiale di sconto aumentato di due terzi per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi non negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea.
Se non sono rispettate queste condizioni, l’aliquota applicata risulta del 27 per cento.
Il presente comma 17 sostituisce il riferimento alle azioni non negoziate nei mercati regolamentati italiani ovvero non negoziate in mercati regolamentati dell’Unione europea con quello alle azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” (cfr. supra comma 14). La negoziazione in mercati di Stati aderenti allo stesso Accordo sullo spazio economico europeo viene inoltre integrata nella determinazione delle condizioni cui è subordinata l’applicazione dell’aliquota del 12,50 per cento.
Si prevede cioè che agli interessi su obbligazioni e titoli emessi da società diverse dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list”, si applichi l’aliquota del 12,50 per cento, se il tasso di rendimento effettivo:
a) non risulta superiore al doppio del tasso ufficiale di sconto, per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi, negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” o collocati mediante offerta al pubblico;
b) non risulta superiore al tasso ufficiale di sconto aumentato di due terzi, per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi non negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list”.
Se non sono rispettate queste condizioni, l’aliquota applicata risulta del 27 per cento.
Il comma 18, con finalità di coordinamento con la disposizione del comma 17, sostituisce, nell’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996, il riferimento ai mercati regolamentati italiani con quello ai mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati membri aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” (cfr. supra, comma 14).
L’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996, nel testo attualmente vigente, prevede che la ritenuta alla fonte del 12,50 per cento non si applichi agli interessi su obbligazioni e titoli emessi da società il cui capitale sia costituito da azioni emesse in mercati regolamentati italiani.
Secondo la relazione tecnica, dalle disposizioni dei commi da 14 a 17 dell’articolo 20 deriva, con riferimento al triennio 2007-2009, una perdita di gettito stimata (in termini di cassa) in un milione di euro per il 2007, sedici milioni di euro per il 2008 e 9,5 milioni di euro per il 2009.
Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di proporre ricorso alla Corte di giustizia nell’ambito della procedura di infrazione[84] relativa alla disciplina fiscale dei contributi ai fondi previdenziali e assicurativi (segnatamente di cui al D.Lgs. n. 124/93 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, al D.Lgs. n. 47/2000 “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare”, e al D.P.R. n. 917/86 recante il testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).
Secondo la Commissione la disciplina italiana sopra richiamata presenterebbe profili di discriminazione nei confronti dei fondi e delle imprese assicuratrici stabiliti all’estero[85]. Le norme in questione comporterebbero, infatti, la limitazione della deducibilità ai soli contributi versati ai fondi pensione italiani (ovvero quelli costituiti in conformità alle disposizioni del codice civile italiano e, se del caso, riconosciuti dalle autorità amministrative nazionali), con l’esclusione di quelli versati a fondi pensione aventi sede all’estero.
Ciò, secondo la Commissione, dissuaderebbe gli interessati ad affiliarsi alle imprese e fondi di previdenza stabiliti in altri Stati membri e disincentiverebbe questi ultimi a offrire i propri servizi previdenziali in Italia. Si configurerebbe, pertanto, la violazione del principio di libera prestazione dei servizi, sancito dall’art. 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Per altro, la normativa italiana costituirebbe una violazione anche della libertà di circolazione dei lavoratori dipendenti (art. 39 TCE) e della libertà di stabilimento di quelli autonomi (art. 43). Infatti, coloro che, avendo esercitato un’attività professionale in un altro Stato membro ed essendo iscritti ad un regime di previdenza complementare in tale Stato, si trasferiscano per lavoro in Italia, non sarebbero ammessi a beneficiare dello stesso trattamento fiscale riconosciuto ai contributi versati ai fondi italiani. Infine, nella misura in cui i trasferimenti effettuati dai lavoratori ai fondi pensione rappresentano movimenti di capitale, l’esclusione del beneficio della deducibilità per i versamenti ai fondi pensione stranieri costituirebbe una violazione del principio di libera circolazione dei capitali, sancito dall’art. 56 del TCE.
Articolo 20, comma 19
(Agevolazione per titolari diritti di
sfruttamento opere di ingegno)
19. All'articolo 54, comma 8, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese» sono inserite le seguenti: « , ovvero del 40 per cento se i relativi compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni».
Il comma 19 dell’articolo 20, attraverso una modifica dell’articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, eleva, per i soggetti di età inferiore a 35 anni la deduzione forfetaria delle spese ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo derivante dall’utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno e di brevetti industriali e di processi, dal 25 per cento attualmente previsto in via generale per tutti, al 40 per cento.
La relazione tecnica attribuisce alla norma, per il triennio 2007-2009, un effetto di perdita di gettito in termini di cassa di 5,45 milioni di euro per l’anno 2008 e di 3,15 milioni di euro per l’anno 2009.
20. All'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera i-quater) sono aggiunte le seguenti:
«i-quinquies) le spese, per un importo non superiore a 210 euro, sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica rispondenti alle caratteristiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o Ministro delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e le attività sportive;
i-sexies) i canoni di locazione derivanti dai contratti di locazione di natura transitoria stipulati o rinnovati ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un comune diverso da quello di residenza, distante da quest'ultimo almeno 100 chilometri e comunque in una provincia diversa, per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi, per un importo non superiore a 2.633 euro»;
b) al comma 2, le parole: «e) e f)» sono sostituite dalle seguenti: «e), f), i-quinquies) ed i-sexies)».
Il comma 20 dell’articolo 20, inserendo nell’articolo 15, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) le lettere i-quinquies e i-sexies, concede la detrazione del 19 per cento dall'imposta lorda per i seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:
1) lettera i-quinquies):spese sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni.
La detrazione è fissata in un importo non superiore a 210 euro annui;
Un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per le politiche giovanili e le attività sportive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provvederà ad individuare le caratteristiche delle associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, che dovranno, peraltro, provvedere alla consegna del relativo documento fiscale da portare in detrazione.
Si segnala che la formulazione del testo fa riferimento ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o Ministro delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e le attività sportive (anziché Ministro delegato per le politiche giovanili e le attività sportive).
2) lettera i-sexies): canoni di locazione derivanti dai contratti di locazione di natura transitoria stipulati o rinnovati, ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, della legge n. 431 del 1998, dagli studenti universitari fuori sede per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi.
La disposizione richiede che la facoltà universitaria sia ubicata in un comune diverso da quello di residenza, il quale disti da quest'ultimo almeno 100 chilometri e sia comunque situato in una provincia diversa.
La detrazione è fissata per un importo non superiore a 2.633 euro annui.
Articolo 20, comma 21
(Imposta sui premi delle assicurazioni di
veicoli e natanti)
21. All'articolo 1-bis, comma 1, della legge 29 ottobre 1961, n. 1216, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Tale misura si applica anche alle assicurazioni di altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione».
Il comma 21 dell’articolo 20 modifica la legge 29 ottobre 1961, n. 1216, recante “Nuove disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi.
In particolare la disposizione sostituisce il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1-bis, che era stato introdotto dall’articolo 353 del codice delle assicurazioni private, emanato con D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209. Ai sensi dell'articolo 355 dello stesso decreto legislativo, il codice delle assicurazioni è entrato in vigore il 1° gennaio 2006.
Il comma 1 del citato articolo 1-bis della legge n. 1216 del 1961 fissa nella misura del 12,5 per cento l’aliquota dell’imposta sui premi delle assicurazioni obbligatorie della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti.
Al secondo periodo, esso prevede inoltre che tale misura (12,5 per cento) resti ferma anche nel caso in cui con lo stesso contratto relativo all’assicurazione della responsabilità civile siano assicurati anche altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione.
Precedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 209 del 2005 (il quale, come si è detto, ha introdotto l’articolo 1-bis della legge n. 1216 del 1961), l’imposta era già fissata nella suddetta misura del 12,5 per cento sia per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione di veicoli e natanti, sia per l’assicurazione globale per i danni causati dalla loro circolazione e per altri rischi inerenti agli stessi.
Sulla materia è intervenuto l’articolo 24 del D.L. n. 273 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 51 del 2006, che ha differito di un anno (1° gennaio 2007) l’efficacia del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1-bis della legge n. 1216 del 1961, introdotto dal citato articolo 353, comma 1, del codice delle assicurazioni. Constatato che la nuova disposizione modificava il regime fiscale previgente (per altro risultante dall’abrogazione implicita di norme risalenti addietro nel tempo) introducendo un regime suscettibile di censure sul piano della tutela della concorrenza, la sospensione venne adottata al dichiarato fine di consentire “entro tale periodo, la correzione, con apposita modifica del Codice delle assicurazioni private, (...) delle riferite contraddizioni e, quindi, a lasciare inalterato il regime finora vigente”.
Il presente comma 21 sostituendo il richiamato secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1-bis, stabilisce che l’imposta si applichi nella stessa misura indicata nel primo periodo (ossia con l’aliquota del 12,5 per cento) anche alle assicurazioni di altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione, senza, pertanto, essere legata direttamente al contratto RCAuto.
La relazione governativa sottolinea che la disposizione “pone rimedio alla ingiustificata diversità di trattamento fiscale che si determinerebbe nei confronti degli assicurati che stipulano separatamente le assicurazioni per la copertura dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, inducendoli a stipulare con lo stesso contratto sia la garanzia RC Auto o natanti, sia le garanzie accessorie.”
Si ricorda che con il provvedimento n. 8546 del 28 luglio 2000, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha richiamato le imprese di assicurazione affinché evitino pratiche commerciali tendenti a concedere coperture assicurative per i rischi inerenti ai veicoli solo se in abbinamento a polizze di responsabilità civile auto, impedendo, di fatto, al consumatore di poter beneficiare di condizioni migliori presso un’altra impresa.
Articolo 20, commi 22 e 23
(Tasse automobilistiche)
22. A decorrere dai pagamenti successivi al 1o gennaio 2007, la tabella di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto del Ministro delle finanze 27 dicembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 31 dicembre 1997, è sostituita dalla Tabella 2 annessa alla presente legge.
23. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono effettuate le regolazioni finanziarie delle maggiori entrate nette derivanti dall'attuazione delle norme del presente articolo e sono definiti i criteri e le modalità per la corrispondente riduzione dei trasferimenti dello Stato alle regioni e alle province autonome.
Il comma 22 sostituisce la tariffa delle tasse automobilistiche stabilita dalla tabella allegata al decreto interministeriale del 27 dicembre 1997, con la tabella 2 allegata al disegno di legge finanziaria per il 2007. Come riportato nella relazione governativa, la disposizione è volta “ad adeguare l’importo del bollo auto alle caratteristiche di talune tipologie di veicoli, che, per le loro dotazioni, si dimostrano indicativi di una spiccata capacità contributiva, tenendo conto altresì di una esigenza di salvaguardia dell’impatto ambientale.”
In particolare l’aumento rispetto alla precedente tassazione è stato formulato in modo da colpire gli autoveicoli maggiormente inquinanti, come risulta dalle successive tabelle:
D.M. 27 dicembre 1997 |
||||
Tipo del veicolo |
Valore annuo del KW |
Valore annuo del CV |
||
Per pagamenti per l’intero anno solare |
Per pagamenti frazionati |
Per pagamenti per l’intero anno solare |
Per pagamenti frazionati |
|
1. Autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo |
2,58 |
2,66 |
1,90 |
1,96 |
2. Autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo con alimentazione a gasolio sprovvisti delle caratteristiche tecniche di cui all’art. 65, co. 5, D.L. 331/1993, conv. dalla L. 427/1993. In aggiunta a quello di cui al punto 1. |
6,63 |
6,63 |
4,88 |
4,88 |
3. Autobus |
2,94 |
3,03 |
2,16 |
2,23 |
4. Autoveicoli speciali |
0,43 |
0,44 |
0,32 |
0,33 |
D.d.l. finanziaria 2007 (A.C. 1746) |
||||
Tipo del veicolo |
Valore annuo del KW |
Valore annuo del CV |
||
Per pagamenti per l’intero anno solare |
Per pagamenti frazionati |
Per pagamenti per l’intero anno solare |
Per pagamenti frazionati |
|
1. Autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo con le seguenti caratteristiche: |
|
|
|
|
a) Euro 0 |
3,00 |
3,09 |
2,21 |
2,28 |
b) Euro 1 |
2,90 |
2,99 |
2,13 |
2,20 |
c) Euro 2 |
2,80 |
2,89 |
2,06 |
2,12 |
d) Euro 3 |
2,70 |
2,78 |
1,99 |
2,05 |
e) Euro 4 e 5 |
2,58 |
2,66 |
1,90 |
1,96 |
2. Autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo di peso complessivo superiore a 2600 kg, con esclusione di quelli aventi un numero di posti uguale o maggiore a 8. In aggiunta a quello di cui al punto 1. |
2,00 |
2,06 |
1,47 |
1,47 |
3. Autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo con alimentazione a gasolio sprovvisti delle caratteristiche tecniche di cui all’art. 65, co. 5, D.L. 331/1993, conv. dalla L. 427/1993. Tale importo è dovuto in aggiunta a quello di cui al punto 1 e, ove ne ricorrano le condizioni, a quello di cui al punto 2. |
6,63 |
6,84 |
4,88 |
5,03 |
4. Autobus |
2,94 |
3,03 |
2,16 |
2,23 |
5. Autoveicoli speciali |
0,43 |
0,44 |
0,32 |
0,33 |
In sostanza, la tabella allegata al comma 22 lascia inalterata la tariffa delle tasse automobilistiche per gli autobus, i veicoli speciali e le vetture euro 4 ed euro 5, mentre determina un aumento della tariffa, in misura progressiva rispetto all’anzianità del veicolo (vetture da euro 0 a euro 3).
La classificazione degli autoveicoli in euro 0, euro 1, euro 2, euro 3, euro 4 ed euro 5 indica il rispetto da parte degli autoveicoli delle direttive della Comunità europea successivamente emanate sull’emissione di inquinanti da parte dei veicoli.
Nella nuova tariffa viene inserita un’altra categoria di autoveicoli (nuovo punto 2), relativa alle autovetture e autoveicoli per trasporto promiscuo di peso complessivo superiore a 2600 kg, con esclusione di quelli aventi un numero di posti uguale o superiore a 8 (questa categoria tende a ricomprendere i veicoli comunemente denominati sport utility vehicle - SUV).
Per tale categoria la tariffa riportata si applica in aggiunta a quella che risulta dalla pertinente categoria del veicolo (euro).
Si ricorda, inoltre, che il comma 1 dell’articolo 7 del D.L. n. 262 del 2006 (in corso di esame - A.C. 1750) concede l’esenzione per due anni dal pagamento delle tasse automobilistiche per coloro che sostituiscano un autoveicolo “euro 0” o “euro 1” acquistandone uno “euro 4” o “euro 5” (l’esenzione aumenta a tre anni in presenza di determinati requisiti).
Il comma 23 stabilisce che con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono effettuate le regolazioni finanziarie delle maggiori entrate nette derivanti dall'attuazione delle norme del precedente comma[86] e sono definiti i criteri e le modalità per la corrispondente riduzione dei trasferimenti dello Stato alle regioni e alle province autonome.
In proposito, si ricorda che le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993, come disposto dagli articoli 23-27 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, emanato in attuazione della delega al Governo conferita dall’art. 4 della legge 421/1992. La tassa automobilistica regionale assorbe l’intera tassa automobilistica prevista dal D.P.R. n. 39 del 1953, recante il testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche.
Le regioni possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche nella misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente. A decorrere dal 1° gennaio 1999, inoltre, il comma 10 dell’articolo 17 della legge n. 449 del 1997 ha previsto l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente alle tasse automobilistiche non erariali, con le modalità stabilite dal successivo decreto del Ministero delle finanze 18 novembre 1998, n. 462.
Successivamente la legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) è intervenuta per sanare il contenzioso costituzionale sorto tra Governo e regioni sulle competenze regionali in materia di tributi, in particolare IRAP e tassa automobilistica. Le regioni Piemonte, Veneto, Campania, infatti, avevano disposto con proprie leggi, tra l’altro, la proroga dei termini (dal 31 dicembre 2002 al 31 dicembre 2003) per il recupero della tassa automobilistica dovuta per l’anno 1999. Queste disposizioni erano state impugnate dal Governo innanzi alla Corte costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni stesse con le sentenze, rispettivamente, n. 296 e 297 del 22-26 settembre 2003 e n. 311 del 2-15 ottobre 2003[87].
Le disposizioni recate dai commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 prevedono sostanzialmente una sanatoria, nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di studio per il federalismo fiscaleper le disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP, in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale. In particolare in tali regioni l’applicazione delle sopra citate imposte opera, fino al periodo d’imposta decorrente dal 1° gennaio 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), e che – entro la stessa data – le suddette regioni sono tenute a rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica.
La legge finanziaria per il 2005 (L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 61) ha confermato la sanatoria per le disposizioni delle leggi regionali in materia di tassa automobilistica e IRAP emanate in violazione dei limiti della loro potestà legislativa, estendendola anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte e promulgate prima del 1° gennaio 2005.
Si ricorda infine che, nelle regioni a statuto ordinario, la tassa automobilistica costituisce uno dei cinque tributi (insieme a IRAP, addizionale IRPEF, accisa sulla benzina, addizionale all'imposta erariale sul gas metano) che formano la quota preponderante del gettito regionale.
Nel territorio delle regioni a statuto speciale la tassa è rimasta un tributo erariale. Ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia e della Sardegna, le regioni a statuto speciale ricevono una compartecipazione della tassa erariale (la Sicilia i 10/10, la Valle d’Aosta i 9/10). Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, invece, la compartecipazione alla tassa erariale è stata sostituita dalla tassa automobilistica provinciale istituita con legge da ciascuna provincia a decorrere dal 1° gennaio 1999, ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. 16 marzo 1992, n. 268[88]. Anche le due province autonome, come le regioni a statuto ordinario, possono introdurre variazioni tariffarie nei limiti di quanto disposto dalla legislazione statale.
Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).
La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.
Secondo la Commissione, la proposta risponde ad una duplice esigenza:
- migliorare il funzionamento del mercato interno (attualmente vi sono 25 diversi regimi impositivi per le autovetture), eliminando gli ostacoli fiscali quali la doppia imposizione, il doppio pagamento della tassa di immatricolazione, le procedure amministrative;
- attuare la strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture. La proposta non prevede l'introduzione di nuove tasse relative alle autovetture, ma mira soltanto alla ristrutturazione di quelle vigenti senza obbligare gli Stati membri che non le applicano ad introdurle.
La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo che l’ha esaminata il 5 settembre 2006.
In una risoluzione sulla quota delle energie rinnovabili nell’UE adottata il 29 settembre 2005 il Parlamento europeo chiede agli Stati membri di applicare gli incentivi fiscali previsti dalla direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità al fine di ridurre le emissioni inquinanti del settore dei trasporti.
Articolo 21
(Misure a sostegno delle zone franche
urbane)
1. Per favorire lo sviluppo economico e sociale, anche tramite interventi di recupero urbano, di aree e quartieri degradati nelle città del Mezzogiorno, identificati quali zone franche urbane, è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Il Fondo provvede al cofinanziamento di programmi regionali di intervento nelle predette aree.
2. Le aree di cui al comma 1 devono essere caratterizzate da fenomeni di particolare degrado ed esclusione sociale e le agevolazioni concedibili per effetto dei programmi e delle riduzioni di cui al comma 1 sono disciplinate in conformità e nei limiti previsti dagli Orientamenti della Unione europea in materia di aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. C 54 del 4 marzo 2006, per quanto riguarda in particolare quelli riferiti al sostegno delle piccole imprese di nuova costituzione.
3. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, formulata sentite le regioni interessate, provvede alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e l'identificazione, la perimetrazione e la selezione delle zone franche urbane sulla base di parametri socio-economici. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità e le procedure per la concessione del cofinanziamento in favore dei programmi regionali e sono individuate le eventuali riduzioni di cui al comma 1 concedibili, secondo le modalità previste dal medesimo decreto, nei limiti delle risorse del Fondo a tal fine vincolate.
4. Il Nucleo di valutazione e verifica del Ministero dello sviluppo economico, anche in coordinamento con i nuclei di valutazione delle regioni interessate, provvede al monitoraggio ed alla valutazione di efficacia degli interventi, e presenta a tal fine al CIPE una relazione annuale sugli esiti delle predette attività.
Il comma 1 istituisce delle zone franche urbane, da individuare in aree e quartieri particolarmente degradati nelle città del Mezzogiorno, nelle quali favorire lo sviluppo economico e sociale anche attraverso interventi di recupero urbano. A tal fine viene istituito un apposito Fondo con una dotazione complessiva di 100 milioni di euro, dei quali 50 milioni a partire dal 2008 e gli altri 50 a decorrere dal 2009. Il Fondo provvede al cofinanziamento di programmi regionali di intervento nelle predette aree.
Come precisa la relazione al provvedimento, tali misure intendono dare “una risposta alle sollecitazioni emerse al Tavolo del Mezzogiorno, coordinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dello sviluppo economico, cui hanno partecipato oltre alle parti Economiche e Sociali tutte le Regioni del Mezzogiorno”.
Si valuti l’opportunità di mantenere per tali aree la denominazione zone “franche”, che letteralmente farebbero presupporre a zone extradoganali, o di sostituirla con quella di zone “zone a fiscalità differenziata od agevolata”.
Si ricorda che il primo esperimento relativo alla creazione di zone franche urbane (che però non sono aree franche ma zone a fiscalità differenziata e agevolata) è stato condotto dalla Francia. In Italia già da tempo è aperto il dibattito sull'utilizzo dello strumento fiscale per favorire lo sviluppo economico di alcune aree del Paese, in particolare di alcune zone geografiche del Sud dove proporre agevolazioni fiscali per favorire l'insediamento di imprese nell'ambito urbano. Anche qui sarebbe dunque opportuno circoscrivere nel tempo i benefici, delimitando i soggetti e le aree, precisando la natura dei vantaggi, riferiti, ad esempio, a esenzioni sugli oneri sociali, imposte sugli utili oppure esenzioni da tributi locali.
Si segnala che l’operatività relativa alla prima sperimentazione della fiscalità a vantaggio del Mezzogiorno non risulta di immediata applicazione, in quanto i fondi sono appostati per il biennio 2008-2009 (comma 1) e bisognerà attendere, dato che tali misure sono destinate ad aree caratterizzate da “particolare degrado ed esclusione sociale”, la loro identificazione e perimetrazione da parte del CIPE (comma 3). Quest’ultimo vi provvederà su proposta del Ministro per lo sviluppo economico, sentite le regioni interessate.
Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, definirà le modalità e le procedure per la concessione del cofinanziamento in favore dei programmi regionali e individuerà le eventuali riduzioni concedibili, nei limiti delle risorse del Fondo vincolate a tal fine.
Inoltre, gli sgravi fiscali previsti dovranno essere sottoposti anche all’assenso dell’Unione europea (comma 2).
Il comma 2 dispone che le agevolazioni concedibili per effetto dei programmi e delle riduzioni di cui al comma 1 siano disciplinate in conformità e nei limiti previsti dagli Orientamenti dell’Unione europea in materia di aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013[89], per quanto riguarda in particolare quelli riferiti al sostegno delle piccole imprese di nuova costituzione.
Gli aiuti di Stato a finalità regionale sono volti a colmare gli svantaggi delle regioni sfavorite, e come tali promuovono la coesione economica, sociale e territoriale degli Stati membri e dell'Unione europea nel suo complesso. Questa specificità regionale differenzia gli aiuti a finalità regionale da altre forme di aiuti orizzontali, quali gli aiuti alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione, all'occupazione, alla formazione o alla tutela ambientale,
Gli Orientamenti della Unione europea in materia di aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013 ne definiscono il campo di applicazione, i limiti in termini di copertura della popolazione[90], i criteri di ammissibilità per la selezione delle regioni da parte degli Stati membri, la forma e massimali degli aiuti, precisandone le metodologie di calcolo.
I medesimi Orientamenti per quanto riguarda gli aiuti alle piccole imprese di nuova costituzione nelle aree assistite, menzionati in particolare dalla norma in esame, evidenziano la necessità di introdurre una nuova forma di aiuto, concedibile in aggiunta agli aiuti a finalità regionale agli investimenti, in considerazione dei bassi livelli di attività imprenditoriale e del numero delle imprese di nuova costituzione inferiore alla media rispetto alle altre regioni. Peraltro, al fine di evitare l'inaccettabile rischio di distorsioni della concorrenza, compreso il rischio di spiazzamento delle imprese esistenti, tali aiuti, secondo i citati Orientamenti, dovrebbero, almeno per un periodo iniziale, essere strettamente destinati alle piccole imprese ed avere ammontare limitato e decrescente.
In relazione alla formulazione del comma 2 si evidenzia che tale disposizione fa riferimento alle “riduzioni di cui al comma 1” sebbene tali riduzioni non siano presenti nella richiamata disposizione.
Il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi, come previsto dal comma 4, sono effettuati - anche in coordinamento con i nuclei di valutazione delle regioni interessate - dal Nucleo di valutazione e verifica del Ministero dello sviluppo economico, il quale presenta al CIPE una relazione annuale in merito ai risultati di tali attività.
Si ricorda che Il 17 aprile 2003 è stata formalmente costituita, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la "Rete dei Nuclei di valutazione e verifica delle amministrazioni centrali e regionali” (Rete NUVV) prevista - insieme alla costituzione e attivazione dei singoli Nuclei - dall’articolo 1 della legge n. 144 del 1999[91], al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo.
Per gli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 19.
Articolo 22
(Agevolazioni tributarie per la
riqualificazione energetica degli edifici)
1. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.
2. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo, a condizione che siano rispettati i requisiti di trasmittanza termica U, espressa in W/m2K, della Tabella 3 allegata alla presente legge.
3. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative all'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici, industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.
4. Per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007 per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.
5. La detrazione fiscale di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 è concessa con le modalità di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e alle relative norme di attuazione previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998, n. 41, e successive modificazioni, attuative delle disposizioni in argomento, sempreché siano rispettate le seguenti ulteriori condizioni:
a) la rispondenza dell'intervento ai previsti requisiti è asseverata da un tecnico abilitato, che risponde civilmente e penalmente dell'asseverazione;
b) il contribuente acquisisce la certificazione energetica dell'edificio, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, qualora introdotta dalla regione o dall'ente locale, ovvero, negli altri casi, un «attestato di qualificazione energetica», predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo, o dell'unità immobiliare ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova costruzione. L'attestato di qualificazione energetica comprende anche l'indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche dell'edificio o dell'unità immobiliare, a seguito della loro eventuale realizzazione. Le spese per la certificazione energetica, ovvero per l'attestato di qualificazione energetica, rientrano negli importi detraibili.
6. Ai fini di quanto disposto dal presente articolo si applicano le definizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 28 febbraio 2007, sono dettate le disposizioni attuative di quanto disposto ai commi 1, 2, 3 e 4.
L’articolo 22 prevede alcune agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici).
In particolare, il comma 1 prevede una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico. Si prevede infatti che gli interventi debbano conseguire un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale (vale a dire il valore di consumo di energia per riscaldamento invernale) inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori massimi consentiti nell’allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.
Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, ha attuato la direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia. Il decreto legislativo è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto, nonché alla promozione della competitività dei comparti più avanzati, attraverso lo sviluppo tecnologico. Tra i precedenti interventi legislativi in materia si ricordano la legge 30 aprile 1976, n. 373, recante “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”, con la quale si è inteso regolare le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari negli edifici pubblici o privati, nonché le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti; la legge 9 gennaio 1991, n. 10, le cui disposizioni sono state dirette a favorire ed incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi.
La tabella citata, di seguito riportata, individua i valori limite consentiti per il consumo annuo di energia per il riscaldamento nei mesi invernali (espressi in KWH) per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso.
Valori limite per il fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso in kWh/m2 anno
Rapporto di forma dell’edificio |
Zona climatica |
|||||||||
|
A |
B |
C |
D |
E |
F |
||||
S/V |
fino a |
a |
a |
a |
a |
a |
a |
a |
a |
oltre |
<0,2 |
10 |
10 |
15 |
15 |
25 |
25 |
40 |
40 |
55 |
55 |
>0,9 |
45 |
45 |
60 |
60 |
85 |
85 |
110 |
110 |
145 |
145 |
I valori limite riportati in tabella 1 sono espressi in funzione della zona climatica, così come individuata all’articolo 2 del decreto del Presidente ella Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e del rapporto di forma dell’edificio S/V, dove:
a) S, espressa in metri quadri, è la superficie che delimita verso l’esterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento) il volume riscaldato V;
b) V e il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano.
Per valori di S/V compresi nell’intervallo 0,2-0,9 e, analogamente, per gradi giorno (GG) intermedi ai limiti delle zone climatiche riportati in tabella si procede mediante interpolazione lineare.
La detrazione spetta (in considerazione della disposizione dell’articolo 217 che stabilisce, come è d’uso, l’entrata in vigore della legge a partire dal 1° gennaio 2007) per un anno, ossia per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.
Il comma 2 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per l’installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari, di strutture opache verticali (pareti), strutture opache orizzontali (pavimenti e coperture), finestre comprensive di infissi, a condizione che tali strutture siano rispondenti a requisiti di trasmittanza termica U espressa in W/mqK (e quindi idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico) indicati nella tabella 3 allegata al disegno di legge finanziaria e di seguito riportata.
Zona climatica |
Strutture opache verticali |
Strutture opache orizzontali |
Finestre comprensive di infissi |
|
|
|
Pavimenti |
Copertura |
|
A |
0,72 |
0,42 |
0,74 |
5,0 |
B |
0,54 |
0,42 |
0,55 |
3,6 |
C |
0,46 |
0,42 |
0,49 |
3,0 |
D |
0,40 |
0,35 |
0,41 |
2,8 |
E |
0,37 |
0,32 |
0,38 |
2,5 |
F |
0,35 |
0,31 |
0,36 |
2,2 |
Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.
Il comma 3 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e industriali, nonché per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.
Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.
Il comma 4 prevede una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.
Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.
Il comma 5 individua le condizioni per fruire delle detrazioni previste dai sopra descritti commi da 1 a 4. In primo luogo, si prevede l’applicazione dei criteri generali individuati per usufruire delle detrazioni d’imposta per la ristrutturazione del patrimonio edilizio dall’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 e dalle relative norme di attuazione, contenute nel regolamento del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998 n. 41.
L’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 stabilisce un regime di detrazioni d’imposta per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Il comma 3, oltre a rimettere ad un decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, la determinazione delle modalità di attuazione e delle procedure di controllo, prevede che in tali procedure siano coinvolte le banche e la società Poste italiane SpA, in funzione del contenimento dell’evasione fiscale e contributiva, ovvero mediante l’intervento delle aziende unità sanitarie locali in funzione dell’osservanza delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro e sui cantieri, prevedendo, in caso di violazione di tali norme, la decadenza dal diritto alla detrazione. Le detrazioni sono ammesse per edifici censiti all’ufficio del catasto o di cui sia stato richiesto l’accatastamento e relativamente ai quali risulti pagata l’imposta comunale sugli immobili (ICI) per gli anni a decorrere dal 1997, se dovuta.
Tra le ulteriori modalità individuate daI regolamento del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998 n. 41, si segnalano gli obblighi, a pena di decadenza del diritto alla detrazione:
- di trasmissione della comunicazione della data in cui avranno inizio i lavori, prima dell’inizio dei lavori stessi, all’Ufficio delle entrate, mediante raccomandata, unitamente ai dati catastali dell’immobile e alle ricevute di pagamento dell’ICI relative agli anni a decorrere dal 1997;
- di comunicazione preventiva all’azienda sanitaria locale territorialmente competente della data di inizio dei lavori;
- di esecuzione del pagamento mediante bonifico bancario dal quale risultino la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;
- di conservazione ed esibizione, su richiesta degli uffici finanziari, delle fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute;
- di trasmissione, per i lavori superiori all’importo di 51.645,69 euro (100 milioni di lire), di una dichiarazione di esecuzione dei lavori sottoscritta da un soggetto iscritto negli albi degli ingegneri, architetti e geometri ovvero da altro soggetto abilitato all’esecuzione degli stessi.
Il regolamento prevede inoltre che le banche presso le quali sono disposti i bonifici trasmettano all’Agenzia delle entrate in via telematica e con le modalità ed entro il termine individuato da un provvedimento dell’Agenzia delle entrate, i dati identificativi del mittente, dei beneficiari della detrazione e dei destinatari dei pagamenti.
Il comma 5 stabilisce poi le seguenti ulteriori condizioni per fruire delle detrazioni:
a) l’asseverazione della rispondenza dell’intervento ai previsti requisiti da parte di un tecnico abilitato, che ne risponde civilmente e penalmente;
b) l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio, se prevista dalla regione o dall’ente locale in base all’articolo 6 del già citato decreto legislativo n. 192 del 2005.
L’attestato di certificazione energetica è previsto per tutti gli edifici di nuova costruzione e per quelli sia intervenuta una ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro di edifici esistenti ovvero la demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati. L’attestato ha una validità temporale di dieci anni.
Qualora la certificazione energetica non sia prevista, il contribuente deve acquisire un “attestato di qualificazione energetica” predisposto e asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo o dell’unità immobiliare e i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa ovvero, nel caso in cui tali limiti non siano stati fissati, quelli fissati per un identico edificio di nuova costruzione. L’attestato di qualificazione comprende anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi.
Anche le spese per la certificazione possono rientrare negli importi detraibili ai sensi dei commi da 1 a 4.
In proposito, si rileva che in base all’articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005 la certificazione energetica dell’edificio sembra essere obbligatoriamente prevista, per gli edifici nuovi o integralmente ristrutturati, laddove la disposizione in commento sembra prefigurare per le regioni e gli enti locali la facoltà di introdurre obbligo in tal senso.
Il comma 6 rinvia, per quanto concerne le definizioni dell’articolo in commento, a quelle fornite dal citato del decreto legislativo n. 192 del 2005. L’individuazione delle modalità attuative dell’articolo è inoltre rinviata ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 28 febbraio 2007.
La relazione tecnica prevede che dalla norma possa derivare una perdita di gettito di 6,5 milioni di euro per il 2007, di 71 milioni per il 2008 e di 44 milioni per il 2009.
Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energetica “Fare di più con meno” (COM(2005)265) inteso ad individuare gli ostacoli che si frappongono al miglioramento dell’efficienza energetica nell’Unione europea, e a proporre una serie di azioni da intraprendere a vari livelli (internazionale, comunitario, nazionale, regionale e locale), coinvolgendo anche i settori dell’industria e dei trasporti.
Il Libro verde è volto ad avviare il dibattito sull’obiettivo di ridurre del 20%, entro il 2020, il consumo energetico dell'Unione europea, mantenendo il migliore rapporto possibile tra costi sostenuti ed efficienza conseguita.
Tale obiettivo può essere raggiunto, secondo la Commissione, attraverso un migliore sfruttamento dell'energia grazie a tecnologie che comportano una maggiore efficienza energetica, ma anche sensibilizzando i consumatori ad integrare l'efficienza energetica nei loro comportamenti quotidiani.
La Commissione raccomanda inoltre di agire adottando misure d’intervento, a livello comunitario, in numerosi settori tra i quali l’edilizia. In particolare, la Commissione intende presentare proposte volte al rafforzamento della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia,anche attraverso l’estensione del suo campo di applicazione a tutte le ristrutturazioni di edifici[92].
Secondo la Commissione un'altra modifica della direttiva potrebbe risultare necessaria per rendere vincolanti, qualora gli Stati membri non le applicassero su base volontaria, le circa 30 norme tecniche elaborate dalla Commissione al fine di fornire agli stessi Stati membri gli strumenti necessari per lo sviluppo di una metodologia integrata di calcolo della prestazione energetica degli edifici.
Il Consiglio ha adottato conclusioni favorevoli sul Libro verde della Commissione nel corso della seduta del 1° dicembre 2005, mentre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul documento il 1° giugno 2006.
In particolare, il Parlamento europeo sottolinea la necessità di ampliare il campo di applicazione della direttiva 2002/91/CE in modo da comprendere le operazioni importanti di rimodernamento di edifici di ogni dimensione e da fornire un finanziamento adeguato per accelerare il rimodernamento degli edifici dotati del più elevato potenziale di risparmio. Il Parlamento inoltre valuta positivamente l'attenzione riservata alle società di servizi energetici (ESCO - Energy Service Company) nel Libro verde, società in grado di stipulare contratti che prevedono l'esecuzione di opere di trasformazione in edifici esistenti, finalizzate a garantire una percentuale di risparmio sulle spese energetiche. L'importo risparmiato, grazie alla diminuzione delle spese energetiche, sarà utilizzato per saldare il contratto. Sarà possibile quindi ottenere un risparmio energetico permanente senza la necessità di finanziamenti supplementari.
Articolo 23
(Misure di sostegno per la promozione di
nuova edilizia ad alta efficienza energetica)
1. Gli interventi di realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici, di volumetria complessiva superiore a 10.000 metri cubi, con data di inizio lavori entro il 31 dicembre 2007 e termine entro i tre anni successivi, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell'edificio inferiore di almeno il 50 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, nonché del fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione, hanno diritto a un contributo pari al 55 per cento degli extra costi sostenuti per conseguire il predetto valore limite di fabbisogno di energia, incluse le maggiori spese di progettazione.
2. Per l'attuazione del comma 1, è costituito un Fondo di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono fissate le condizioni e le modalità per l'accesso e l'erogazione dell'incentivo, nonché i valori limite relativi al fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione.
L'articolo 23 prevede disposizioni volte ad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico.
A tal fine il comma 1 prevede il diritto ad un contributo per la realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici che rispettino particolari parametri di efficienza energetica.
In particolare:
§ gli edifici devono avere volume complessivo superiore a 10.000 metri cubi;
§ i lavori devono avere inizio entro il 31 dicembre 2007 e termine entro i tre anni successivi;
§ il valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell'edificio deve essere inferiore di almeno il 50 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1[93], annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192[94];
§ il fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione deve rientrare nei valori limite definiti da un successivo decreto[95] del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
Il contributo previsto dalla norma è pari al 55 per cento dei maggiori costi sostenuti per conseguire il predetto valore limite di fabbisogno di energia, incluse le maggiori spese di progettazione.
Il comma 2 dispone a tal fine la costituzione di un Fondo di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Le condizioni e le modalità per l'accesso e l'erogazione dell'incentivo saranno fissate successivamente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, unitamente ai valori limite precedentemente citati.
In relazione alla materia su cui verte il presente articolo, si segnala che nel corso del 2005 è stato emanato un importante provvedimento volto ad incentivare il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici: il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, di attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia[96].
Tra le principali disposizioni introdotte dal citato decreto, conformemente alle previsioni della direttiva, vi è l’introduzione (art. 6) di un sistema di certificazione energetica per gli edifici di nuova costruzione nonché per le ristrutturazioni di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1.000 metri quadrati.
Tale certificazione, in verità, era già prevista dalla legge n. 10 del 1991, ma non è stata mai attuata per le difficoltà dei comuni di svolgere un adeguato controllo. Secondo alcuni osservatori, le nuove norme recate dal D.Lgs. n. 192 del 2005 potrebbero rivelarsi efficaci in quanto “può darsi, anzi è probabile, che i controlli da parte dei comuni continuino ad essere carenti. Ma entra in scena un nuovo controllore severissimo: l’utente”[97].
Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22.
Articolo 24
(Contributi per apparecchi domestici e
motori industriali
ad alta efficienza)
1. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+ spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 20 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 200 euro per ciascun apparecchio, in un'unica rata.
2. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, per l'acquisto e l'installazione di motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 kW, nonché per la sostituzione di motori esistenti con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 kW spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 20 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 1.500 euro per motore, in un'unica rata.
3. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, per l'acquisto e l'installazione di variatori di velocità (inverter) su impianti con potenza elettrica compresa tra 7,5 e 90 kW spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 20 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 1.500 euro per intervento, in un'unica rata.
4. Entro il 28 febbraio 2007 con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le caratteristiche cui devono rispondere i motori ad elevata efficienza e i variatori di velocità (inverter) di cui ai commi 2 e 3, i tetti di spesa massima in funzione della potenza dei motori e dei variatori di velocità (inverter) di cui ai medesimi commi, nonché le modalità per l'applicazione di quanto disposto ai commi 1, 2 e 3 e per la verifica del rispetto delle disposizioni in materia di ritiro delle apparecchiature sostituite.
L’articolo 24 dispone l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazione d’imposta, per l’acquisto di apparecchi domestici e l’acquisto e la sostituzione di motori industriali, che avvengano entro il 31 dicembre 2007.
In particolare, il comma 1 prevede una detrazione dall’imposta lorda, per una quota pari al 20 per cento degli importi effettivamente pagati dal contribuente e fino ad un massimo di 200 euro per ciascun apparecchio, per le spese documentate e sostenute entro il 31 dicembre 2007 per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+. La detrazione spetta in un’unica rata.
Si segnala che la direttiva 94/2/CE – recepita nel nostro ordinamento con il D.M. 2 aprile 1998 (“Modalità di applicazione della etichettatura energetica a frigoriferi domestici, congelatori e relative combinazioni”), successivamente modificato dal D.M. 7 ottobre 1998 (“Modalità di applicazione della etichettatura energetica a lavatrici, asciugabiancheria e lavasciuga ad uso domestico”) – è stata successivamente novellata dalla direttiva 2003/66 che, per gli elettrodomestici del freddo, ha aggiunto due nuove classi di efficienza energetica - denominate A+ e A++ - alle sette attualmente previste che vanno da A (efficienza massima) a G (efficienza minima) (Si ricorda che i prodotti definiti energeticamente efficienti ricadono nelle classi A e B).
La Commissione Europea, infatti, rilevando il successo ottenuto dal regime di etichettatura introdotto dalla citata direttiva 94/2/CE che, nel quadriennio dal 1996 al 2000, ha provocato un aumento degli indici di efficienza dei nuovi frigoriferi e congelatori superiore al 30% e rilevando, altresì, che nel 2000 il 20% delle apparecchiature refrigeranti vendute apparteneva alla classe più efficiente (A), con percentuali superiori al 50% in alcuni paesi, ha ritenuto necessario introdurre le due classi addizionali A+ e A++, nell’attesa di una revisione complessiva delle classi di etichettatura energetica (i frigoriferi e congelatori che consumano di più sono classificati «F» e «G»).l
La direttiva 2003/66 è stata recepita con D.M. 21 settembre 2005.
Il comma 2 prevede una detrazione, sempre per una quota al 20 per cento, ma fino ad un valore massimo di 1.500 euro per motore, per l’acquisto e l’installazione di motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW e per la sostituzione di motori esistenti con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW. Anche in questo caso la detrazione spetta in un’unica rata. La detrazione spetta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2007.
Il comma 3 stabilisce una detrazione, per una quota pari al 20 per cento degli importi e fino ad un massimo della detrazione di 1.500 euro per intervento, per l’acquisto e l’installazione di variatori di velocità su impianti con potenza elettrica compresa tra 7,5 e 90 KW. La detrazione spetta, in un’unica rata, per le spese documentate e sostenute entro il 31 dicembre 2007.
Il comma 4 affida ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia, la definizione delle caratteristiche cui devono rispondere i motori ad elevata efficienza ed i variatori di velocità di cui ai commi 2 e 3.
La relazione tecnica attribuisce alla misura agevolativa di cui al comma 1 un effetto di perdita di gettito di cassa di 96 milioni di euro per il 2008 e di aumento di gettito di 41 milioni di euro per il 2009.
Inoltre, alle misure agevolative di cui ai commi 2 e 3 viene attribuito un effetto di perdita di gettito di cassa di 58 milioni per il 2008 ed di aumento di gettito di cassa di 24 milioni per il 2009.
Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energetica “Fare di più con meno” (COM(2005)265).
(Per gli aspetti generali del Libro verde si veda la schedaDocumenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22).
La Commissione raccomanda, tra l’altro, di agire adottando misure d’intervento, a livello comunitario, in numerosi settori tra i quali gli elettrodomestici. In particolare la Commissione intende aumentare il numero di elettrodomestici per i quali è prevista l’etichettatura[98] con lo scopo di informare i consumatori sulle loro prestazioni energetiche. A tal fine essa intende unire alle misure di informazione al consumatore, norme di armonizzazione minima ed accordi volontari. Si ricorda, al riguardo, il nuovo approccio proposto dalla recente direttiva 2005/32/CE relativa all'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia: tale direttiva prevede, tra l’altro, di applicare i requisiti di efficienza energetica, evitando ripercussioni negative su altri aspetti ambientali o altre fasi della vita del prodotto.
Quanto all’industria, il Libro verde della Commissione, pur ricordando i progressi compiuti dal settore industriale in materia di efficienza energetica, sottolinea la necessità di migliorare i risultati già raggiunti, prevedendo, se necessario, adeguati incentivi economici.
Per quanto riguarda le iniziative volte a migliorare l’efficienza energetica del settore industriale, la Commissione segnala che, nell’ambito della direttiva 91/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, è in fase di preparazione un BREF (Best available technology Reference Documents) volto a raccogliere informazioni utili per elaborare le migliori pratiche applicabili ai sistemi energetici utilizzati in numerose tecniche industriali. Sono stati, inoltre, conclusi accordi volontari in alcuni settori industriali al fine di rafforzare le misure di efficienza energetica.
Il Consiglio ha adottato conclusioni favorevoli al Libro verde della Commissione nel corso della seduta del 1° dicembre 2005, mentre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul Libro verde sull’efficienza energetica il 1° giugno 2006.
In particolare il Parlamento europeo ritiene auspicabile rendere più interessante per i consumatori l'acquisto di elettrodomestici di classe "A" (ossia quelli a minor consumo energetico), per esempio attraverso agevolazioni fiscali nei singoli Stati membri o tramite una riduzione dell'IVA a livello comunitario.
1. Il maggiore gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto sui prezzi di carburanti e combustibili di origine petrolifera, in relazione ad aumenti del prezzo internazionale del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011, è destinato, nel limite di 100 milioni di euro annui, alla costituzione di un apposito fondo da utilizzare a copertura di misure di compensazione a favore di regioni ed enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale ai sensi di quanto previsto al comma 2 e di interventi di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali.
2. In attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale che, ai fini del presente articolo, abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo di cui al comma 1 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale da parte dei comuni a favore dei residenti nei territori interessati, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.
3. Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico è istituito il fondo di cui al comma 1 che, per il triennio 2007-2009, ha una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui.
4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le condizioni, le modalità e i termini per l'utilizzo della dotazione del fondo di cui al comma 1.
5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L'articolo 25 contiene disposizioni in materia di fiscalità energetica per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento di infrastrutture energetiche sul territorio.
Si segnala che l'articolo in esame riproduce in maniera pressoché identica il contenuto degli articoli 3 e 4 del disegno di legge A.S. 691, contenente la delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell' energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE.
Tale provvedimento è attualmente all'esame della Commissione 10a (Industria) del Senato, in sede referente[99].
In particolare il comma 1 destina ad un apposito fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera, dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto dal documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011.
Nella relazione governativa che accompagna il presente disegno di legge si segnala che il citato documento di programmazione economica e finanziaria imposta le previsioni di gettito sulla base di un prezzo di 71 dollari per barile di petrolio greggio. Nella citata relazione si segnala, inoltre, come la misura adottata dal presente articolo (istituzione del Fondo presso il Ministero dello sviluppo economico) sia stata fortemente richiesta dai consumatori, che lamentano come in un periodo di prezzi dei prodotti petroliferi in crescita, la fiscalità generale tragga “vantaggio” dalla situazione per effetto dell’incidenza percentuale dell’imposta sul valore aggiunto sulla componente di prezzo costituita dal costo industriale (che ovviamente cresce al crescere de prezzi della materia prima sui mercati internazionali) comprensivo di accisa.
Ai sensi del comma 2, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i ministri dell'economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo previsto dal comma 1 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere socialeda parte dei comuni a favore dei cittadini residenti nei territori interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.
Tali decreti sono adottati in attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale che abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici.
In relazione alla formulazione di questo comma si osserva che l'espressione "nuove infrastrutture (...) che (...) abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici" appare eccessivamente generica: sembrerebbe opportuno fornire indicazioni più precise sulle modalità di individuazione di tali infrastrutture.
Si ricorda che la legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. legge obiettivo)[100] prevede che il Governo individui "le infrastrutture (...) di preminente interesse nazionale". Nell'individuare le suddette infrastrutture il Governo procede secondo finalità, tra l'altro, di garanzia della sicurezza strategica e di contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese. L'individuazione è operata nel Documento di programmazione economico-finanziaria, a mezzo di un programma predisposto dal Ministro delle infrastrutture, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate e inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali.
A tal proposito, il primo programma delle infrastrutture strategiche è stato approvato con la delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121/20016[101]. Nell'allegato4 della deliberazione sono indicate le infrastrutture strategiche nel settore del gas e degli idrocarburi e sono richiamati gli interventi di rilevanza strategica nel settore elettrico previsti nel "Programma triennale di Sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale", deliberato dal GRTN il 24 gennaio 2001.
Si deve aggiungere che la legge obiettivo è stata oggetto della sentenza n. 303 della Corte costituzionale che ne ha dichiarato la legittimità costituzionale, salvo alcune previsioni. In questa sentenza la Corte chiarisce che la Costituzione impone un'intesa tra Stato e regioni nella predisposizione di un programma di infrastrutture che può coinvolgere anche potestà legislative concorrenti. Dopo aver precisato la necessità dell'intesa, la Corte afferma che "non è rilevante se essa preceda l'individuazione delle infrastrutture ovvero sia successiva ad una unilaterale attività del Governo. Se dunque tale attività sia stata già posta in essere, essa non vincola la Regione fin quando l'intesa non venga raggiunta".
Potrebbe essere meritevole di approfondimento l’eventuale rapporto fra le infrastrutture di preminente interesse nazionale di cui alla legge obiettivo e le nuove infrastrutture di cui al presente comma.
Il comma 3 precisa che il Fondo previsto dal precedente comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Per il triennio 2007-2009 si dispone che esso abbia una dotazione di 50 milioni di euro annui.
La definizione di condizioni, modalità e termini di utilizzo del suddetto fondo è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia, per la cui adozione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è fissato il termine ultimo di tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge (comma 4).
Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio conseguenti al dettato dei precedenti commi.
1. L'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Obiettivi indicativi nazionali). - 1. Sono fissati i seguenti obiettivi indicativi nazionali, calcolati sulla base del tenore energetico, di immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale:
a) entro il 31 dicembre 2005: 1,0 per cento;
b) entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;
c) entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».
2. L'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, è sostituito dal seguente:
«Art. 2-quater. - (Interventi nel settore agroenergetico). - 1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4, con le modalità di cui al comma 3. I medesimi soggetti possono assolvere al predetto obbligo anche acquistando, in tutto o in parte, l'equivalente quota o i relativi diritti da altri soggetti.
2. La quota minima di cui al comma 1, calcolata sulla base del tenore energetico, è inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la quota minima di cui al comma 1 può essere incrementata per gli anni successivi al 2007.
3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettati i criteri, le condizioni e le modalità per l'attuazione dell'obbligo di cui al comma 1, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, con priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica, nonché modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e relative sanzioni.
4. I biocarburanti e gli altri carburanti rinnovabili da immettere in consumo ai sensi del presente articolo sono il biodiesel, il bioetanolo, l'ETBE e il bioidrogeno».
3. Ai fini del rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, concorre il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente comma. All'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, i commi 6, 6.1 e 6.2 sono sostituiti dai seguenti:
«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell'ambito di un programma pluriennale, a decorrere dal 1o gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione, è sottoposto ad una accisa, determinata come percentuale dell'accisa sul gasolio per autotrazione, crescente negli anni e nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa. Per il primo anno, l'accisa è fissata al 20 per cento della corrispondente accisa sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, tenendo in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica. Con lo stesso decreto sono stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate. Le presenti disposizioni trovano applicazione dal 1o gennaio 2007 e comunque solo previo espletamento della procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea. Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256.
6.1. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.
6.2. Entro il 1o marzo di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è rideterminata la misura dell'agevolazione di cui al medesimo comma 6».
4. Per l'anno 2007, il contingente di biodiesel di cui al comma 3 è incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, può essere destinato anche ad uso combustione. Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro.
5. Gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.
6. In caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
L’articolo 26 modifica una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti.
Il comma 1 modifica l'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, che ha fissato gli obiettivi indicativi nazionali relativi all’immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili[102].
Tali obiettivi erano fissati nei seguenti termini:
a) entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;
b) entro il 31 dicembre 2010: 2,5 per cento
Gli obiettivi fissati in sede comunitaria con la direttiva 2003/30/CE, cui il decreto legislativo n. 128 del 2005 intendeva dare attuazione, sono differenti, essendo pari al 2% per il 2005 e al 5,75% per il 2010. I diversi limiti introdotti nella legislazione italiana hanno pertanto dato luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea (v. infra).
Con la modifica del comma 1, gli obiettivi di immissione in consumo di biocarburanti vengono modificati, anche per cercare di risolvere il contenzioso comunitario, mantenendo l’obiettivo del 2,5%, ma anticipandolo al 31 dicembre 2008 e prevedendone l’ulteriore innalzamento al 5% per la data del 31 dicembre 2010. Le nuove soglie risultano pertanto così fissate:
a) entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;
b) entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;
c) entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».
Si ricorda che gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale
Il comma 2 dell’articolo 26 sostituisce integralmente l'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2[103], contenente disposizioni per promuovere la produzione e il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola.
A tale proposito occorre preliminarmente segnalare che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006, che il comma 2 dell’articolo 26 in esame intende sostituire, è oggetto di una serie di modifiche puntuali ad opera dell’articolo 156, comma 4, del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda), le quali non sembrano coordinarsi, nei contenuti, con la nuova formulazione dell’articolo 2-quater disposta dal comma 2 del presente articolo 26.
In base alla sostituzione dell’articolo 2-quater operata dal comma 2,a decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti.
Si tratta dei biocarburanti e degli altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4 del nuovo testo dell’articolo 2-quater, cioè del biodiesel, del bioetanolo, dell’ETBE e del bioidrogeno.
Le modalità di immissione sono definite nel successivo comma 3, del novellato articolo 2-quater, il quale rinvia ad un apposito decreto la fissazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità per l'attuazione di tale obbligo, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, dando priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica. Il decreto recherà anche le modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e le relative sanzioni.
Il decreto dovrà essere emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
A tale proposito si segnala che la formulazione letterale del nuovo comma 3 dell’articolo 2-quater fa riferimento, per il termine di emanazione del decreto ministeriale, alla data di entrata in vigore “della presente legge”, anziché – come dovrebbe essere trattandosi di novella che accede a un testo già in vigore – a quella di entrata in vigore “della presente disposizione”.
Per assolvere all’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti, i soggetti sopra indicati possono anche acquistare, in tutto o in parte, l'equivalente quota di immissione o i relativi diritti da altri soggetti.
Il comma 2 dell’articolo 2-quater, nel testo novellato prevede che la quota minima di immissione, calcolata sulla base del tenore energetico, sia inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente.
Tale quota minima può essere incrementata per gli anni successivi al 2007 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
Si ricorda che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006 conteneva le seguenti disposizioni:
Il comma 1 incentivava la produzione e la commercializzazione del bioetanolo, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali previsti dalla normativa comunitaria.
I commi da
I commi 6 e 7 prevedevano che la stipula di un contratto di coltivazione e di fornitura o di un contratto di programma agroenergetico costituisse titolo preferenziale nei bandi pubblici e nei contratti di fornitura che avessero ad oggetto i biocarburanti e che le pubbliche amministrazioni stipulassero contratti o accordi di programma per promuovere la produzione e la ricerca nel settore dei biocarburanti.
Il comma 8 equiparava il biogas[104] al gas naturale, agli effetti delle accise., comportandone l’esclusione dall’assoggettamento ad accisa.
Il comma 9 era volto ad assicurare che l’elettricità prodotta da biomasse o da biogas, oggetto di intese di filiera o di contratti quadro o contratti di programma agroenergetici che fossero stipulati in base alle norme dello stesso decreto, venisse immessa in rete godendo della precedenza, così come previsto in generale per l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs 79/99 .
Il comma 10 prevedeva che gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di carburanti di origine agricola garantissero la tracciabilità e la rintracciabilità del biocarburante utilizzato.
Il comma 11 novellando l’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), faceva rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, anche l’attività svolta dalle aziende agricole dirette alla produzione e alla cessione di energia calorica (e non solo elettrica) e mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche (e non solo agroforestali), qualificandola come attività connessa all’attività agricola
Si segnala che tale ultimo comma 11 del vecchio testo dell’articolo 2-quater, contenente il trattamento fiscale agevolato per le imprese agricole di produzione di energia, non viene più riprodotto nel testo come novellato dell’articolo 26, comma 2, in esame. Questo mal si coordina con la disposizione contenuta nel comma 5 dell’articolo 156 del disegno di legge finanziaria in commento, con la quale si modifica proprio il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, nel senso di ampliare la platea di soggetti tassati in base al reddito agrario estendendola alle aziende agricole dirette alla produzione di biocarburanti.
Il comma 3 del presente articolo 26 prevede che il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle imposte sulla produzione e i consumi), concorra al rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di immissione in consumo di biocarburanti di cui al novellato articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128.
Lo stesso comma 3 provvede a sostituire i commi 6, 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 del testo unico sulle accise, relativi all’applicazione delle accise sugli olî minerali, e recanti in particolare l’esenzione dalle accise per il biodiesel, nei limiti di un contingente di 200.000 tonnellate annue. L’esenzione era concessa nell’ambito di un programma pluriennale di sei anni (dal 2005 al 2010), finalizzato a promuoverne l’utilizzo.
La disposizione novellata elimina l’esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituendola con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, enel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate.
A tale proposito si segnala che lo stesso articolo 21, comma 6, del testo unico delle accise è oggetto di puntuali modifiche ad opera dell’articolo 156, comma 1, del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda), che non si coordinano con la sostituzione del comma 6 qui operata.
L’accisa agevolata si applica sul biodiesel destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione.
Si ricorda che il gasolio usato come carburante sconta attualmente un’accisa di 413 euro per mille litri. Il 20% di tale accisa è pari ad 86,2 euro per mille litri.
La modifica viene inquadrata nell’ambito di un programma pluriennale che, a decorrere dal 1° gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, prevede l’applicazione di una accisa crescente negli anni, ma applicata nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa.
Con decreto interministeriale (del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali), saranno determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, Si terrà in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica.
Il decreto dovrà essere emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e con lo stesso decreto saranno stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate.
Come previsto dal comma 6 dell’articolo 21, nel testo novellato, la concessione di un’aliquota d’accisa agevolata sul biodiesel dovrà essere sottoposta ad autorizzazione da parte della Commissione europea.
Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Si tratta del Regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul biodiesel.
La novella apportata ai successivi commi 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 conferma il testo previgente, con la sola modifica dei termini temporali per la comunicazione, da parte del ministero, rispettivamente dei costi industriali medi del gasolio e della misura dell’agevolazione sul biodiesel.
Il nuovo comma 6.2 (nel testo previgente corrispondeva al comma 6.1) dispone che:
§ entro il 1° settembre (anziché entro il 1° marzo di ogni anno di validità del programma pluriennale) i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunichino al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente;
§ sulla base delle suddette rilevazioni, sia rideterminata la misura dell'agevolazione con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno (anziché entro il 30 ottobre) di validità del programma. La rideterminazione è finalizzata ad evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione.
Il comma 6.1, nel testo novellato, corrisponde nel contenuto al previgente comma 6.2 e prevede che per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultino, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, siano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinunzia, totale o parziale, da parte di un beneficiario alle quote risultanti dalla predetta ripartizione, le stesse vengono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.
Il comma 4 dell’articolo 26 dispone che, per l'anno 2007, il contingente di biodiesel che fruisce dell’aliquota d’accisa agevolata (di cui al comma 3) possa essere incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, possa essere destinato anche ad uso di combustione.
Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata di un importo complessivo pari a 16.726.523 euro, a carico delle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori, di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Si tratta delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le quali sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
In base al comma 5, gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico delle accise, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.
Il comma 6-ter dell’articolo 21 prevede che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il Ministro dell'ambiente ed il Ministro delle politiche agricole e forestali sono fissati, entro il limite complessivo di spesa di 73 milioni di euro annui, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, i criteri di ripartizione dell'agevolazione tra le varie tipologie e tra gli operatori, le caratteristiche tecniche dei prodotti singoli e delle relative miscele ai fini dell'impiego nella carburazione, nonché le modalità di verifica della loro idoneità ad abbattere i principali agenti dinamici, valutata sull'intero ciclo di vita
Il comma 6 regola il caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, stabilendo che le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Nella relazione tecnica al provvedimento si stima una sostanziale invarianza di gettito per le disposizioni complessivamente contenute nell’articolo 26.
L’8 febbraio 2006 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “una strategia dell’UE per i biocarburanti” (COM(2006)34), che prevede un ampio ventaglio di proposte, al fine di incentivare la produzione di combustibili da materie prime agricole. La Commissione intende sostenere un maggior impiego dei biocarburanti, ritenendo che in tal modo si possa ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili, abbattere le emissioni di gas serra, dare nuovi sbocchi allo sviluppo rurale e aprire nuove opportunità economiche in vari paesi in via di sviluppo.
Il documento, che costituisce una integrazione del piano d’azione per la biomassa[105], individua tre finalità precise:
- promuovere i biocarburanti nell’UE e nei paesi in via di sviluppo, e garantire che la loro produzione e utilizzo siano compatibili con l’ambiente;
- avviare i preparativi per un utilizzo su vasta scala dei biocarburanti migliorandone la competitività in termini di costi e aumentando le attività di ricerca sui biocarburanti “di seconda generazione”;
- sostenere i paesi in via di sviluppo, compresi quelli interessati dalla riforma del regime dello zucchero, nei quali la produzione di biocarburanti potrebbe promuovere una crescita economica sostenibile.
La strategia descrive sette direttrici politiche principali nell’ambito delle quali sono raggruppate le misure che la Commissione intende adottare per incentivare la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti. Tra tali misure:
- presentare una relazione, nel corso del 2006, con cui affrontare il tema dell’eventuale riesame della direttiva sui biocarburanti (dir. 2003/30/CE), nella quale approfondire vari aspetti, tra cui quello della definizione degli obiettivi nazionali per la quota di mercato rappresentata dai biocarburanti, l’applicazione di obblighi in materia di biocarburanti e la garanzia della sostenibilità della produzione;
- incentivare gli Stati membri a concedere un trattamento favorevole ai biocarburanti di “seconda generazione”, nell’ambito degli obblighi in materia di biocarburanti;
- istituire un quadro di incentivi legati alla prestazione ambientale dei singoli carburanti e combustibili;
- invitare il Consiglio e il Parlamento europeo ad approvare rapidamente la proposta legislativa intesa a promuovere l’acquisto pubblico di veicoli puliti ed efficienti[106], compresi quelli che utilizzano miscele con percentuali elevate di biocarburanti.
La comunicazione è stata esaminata dal Parlamento europeo il 23 marzo 2006 e dal Consiglio l’8 e il 27 giugno 2006.
Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).
La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.
Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 20, comma 20.
Il 3 febbraio 2006 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia[107] alla quale si contesta la mancata presentazione, entro il 1° luglio 2004, della relazione nazionale annuale sulla promozione dei biocarburanti,: in tal modo l’Italia è venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/30/CE sulla promozione dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.
Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha approvato un pacchetto di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia, per non aver recepito in modo adeguato le direttive comunitarie nel settore dell'energia. In particolare ha deciso:
§ il ricorso davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee per la mancata presentazione della relazione annuale per il 2005 sull’utilizzo dei biocarburanti prevista dalla direttiva 2003/30/CE, il cui termine scadeva il 1° luglio 2005. La Commissione aveva inviato un parere motivato il 4 aprile 2006;[108]
§ l’invio di un parere motivato per non aver spiegato adeguatamente la decisione di fissare obiettivi per i biocarburanti sensibilmente inferiori al valore di riferimento del 2% stabilito per il 2005 dalla stessa direttiva 2003/30/CE[109].
Articolo 27
(Modifiche al regime IVA sulla fornitura
di energia termica)
1. Il punto 122) della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è sostituito dal seguente:
«122) prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell'ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale di cui all'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni; sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l'aliquota ordinaria».
L’articolo 27 modifica la determinazione delle prestazioni di fornitura di energia termica assoggettate all’aliquota IVA agevolata del 10 per cento.
Viene sostituito a quest’effetto il punto 122) della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
La formulazione vigente designa le “prestazioni di servizi relativi alla fornitura e distribuzione di calore-energia per uso domestico”.
La nuova formulazione proposta specifica che l’aliquota agevolata si applica alle prestazioni di servizi e alle forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell'ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale previsto dall'articolo 11, comma 1, del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l'aliquota ordinaria.
Il regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, approvato con D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, all’articolo 11, comma 1, prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro delle finanze (ora dell’economia e delle finanze), per la disciplina del contratto servizio energia.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera p), dello stesso regolamento, per «contratto servizio energia» s’intende l'atto contrattuale che disciplina l'erogazione dei beni e servizi necessari a mantenere le condizioni di comfort negli edifici nel rispetto delle vigenti leggi in materia di uso razionale dell'energia, di sicurezza e di salvaguardia dell'ambiente, provvedendo nel contempo al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell'energia.
La nozione di contratto servizio energia è stata specificata nella circolare del Ministero delle finanze n. 273/E-III-7-170395 del 23 novembre 1998, che ha ribadito l’applicabilità dell’aliquota IVA agevolata del 10 per cento.
Articolo 28
(Modifiche in tema di riutilizzazione
commerciale
di dati ipotecari e catastali)
1. Il secondo periodo del comma 369 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è soppresso.
2. I commi 370, 371 e 372 dell'articolo 1 della legge della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono sostituiti dai seguenti:
«370. I documenti, i dati e le informazioni catastali ed ipotecarie sono riutilizzabili commercialmente, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, soltanto da parte di soggetti autorizzati dall'Agenzia del territorio mediante stipula di apposita convenzione; per l'acquisizione originaria di documenti, dati ed informazioni ipotecarie e catastali, i riutilizzatori commerciali autorizzati devono corrispondere i tributi previsti maggiorati nella misura del 20 per cento. La predetta percentuale di aumento non si applica per la fornitura di quei servizi telematici riservati ai riutilizzatori commerciali autorizzati. La percentuale di aumento può comunque essere rideterminata annualmente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche tenendo conto dei costi complessivi di raccolta, produzione e diffusione di dati e documenti sostenuti dall'Agenzia del territorio, maggiorati di un adeguato rendimento degli investimenti e dell'andamento delle relative riscossioni. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono individuate le categorie di ulteriori servizi telematici che possono essere forniti dall'Agenzia del territorio esclusivamente ai riutilizzatori commerciali autorizzati a fronte del pagamento di un corrispettivo da determinare con lo stesso decreto.
371. Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale non consentito sono dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie nella misura prevista per l'acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell'Agenzia del territorio.
372. Chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale non consentiti, oltre a dover corrispondere i tributi di cui al comma 371, è soggetto altresì ad una sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo ed il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 370. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni».
L’articolo 28 modifica la disciplina introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 in relazione alle condizioni di riutilizzazione commerciale di dati ipotecari e catastali.
I commi da 367 a 373 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 recano norme relative al divieto di riutilizzazione commerciale di documenti detenuti dall'Agenzia del territorio.
In particolare, il comma 367 prevede il divieto di riutilizzazione commerciale di documenti, dati e informazioni catastali e ipotecari acquisiti in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli archivi catastali e dai pubblici registri catastali tenuti dall'Agenzia del territorio.
Il comma 368 definisce la nozione di riutilizzazione commerciale.In particolare, si ha riutilizzazione commerciale quando i documenti sopra specificati sono comunque forniti a terzi, anche in copia e anche quando i documenti stessi siano rielaborati nella forma o nei contenuti, dai soggetti che li hanno acquisiti. Non si avrà invece riutilizzazione commerciale, ai sensi del comma 369, quando i dati o i documenti saranno forniti al solo soggetto per conto del quale gli stessi siano stati acquisiti, a meno che il corrispettivo previsto per la fornitura risulti inferiore all'ammontare dei tributi dovuti agli uffici dell'Agenzia del territorio per l'acquisizione dei documenti.
Ai sensi del comma 370, per ogni atto di riutilizzazione commerciale sono comunque dovuti i tributi speciali ipotecari e le tasse catastali.
Il comma 371 prevede la possibilità di stipulare specifiche convenzioni con l'Agenzia del territorio, che disciplinino modalità e termini della raccolta, della conservazione, della elaborazione dei dati, nonché il limite di riutilizzo consentito. Tali convenzioni possono regolare l'attività di riutilizzo commerciale dei documenti a fronte del pagamento dei tributi previsti anche ai sensi del comma 370.
Il comma 372 stabilisce che la sanzione amministrativa tributaria prevista per chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale ammonta ad una cifra compresa tra il triplo e il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovute ai sensi del comma 370. Si applicano le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie recate dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Il comma 373 demanda l'accertamento delle violazioni alla Guardia di finanza, che si avvale della collaborazione dell'Agenzia del territorio. A tal fine la Guardia di finanza opera con i poteri previsti dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante "Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi".
Al fine di assicurare l'effettività dell'azione di contrasto alla riutilizzazione commerciale viene avviato dalla Scuola superiore di economia e finanze un programma straordinario di qualificazione e formazione, di carattere continuo e specialistico, del personale dell’amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto a tali attività di accertamento. Le risorse destinate alla realizzazione del programma sono reperite a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi in commento e comunque nei limiti di spesa di 5 milioni di euro. L’avvio del programma è previsto entro il 30 aprile 2005. A tale programma di formazione e qualificazione può partecipare, su base convenzionale, anche personale proveniente da enti locali o altri enti pubblici.
Il comma 1 del presente articolo abroga il secondo periodo del comma 369 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, secondo cui anche nel caso di fornitura dei dati a un solo soggetto si presume la riutilizzazione commerciale, salva prova contraria, quando il corrispettivo previsto, o comunque versato, per la fornitura, risulta inferiore all'ammontare dei tributi dovuti per la loro acquisizione.
Il comma 2 sostituisce i commi 370, 371 e 372 dello stesso articolo 1 della legge n. 311 del 2004.
La nuova disciplina prevede che i documenti, i dati e le informazioni catastali e ipotecarie sono riutilizzabili commercialmente, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, soltanto da parte di soggetti autorizzati dall'Agenzia del territorio mediante stipula di apposita convenzione.
Per l'acquisizione originaria di documenti, dati e informazioni ipotecarie e catastali, i riutilizzatori commerciali autorizzati devono corrispondere i tributi previsti, maggiorati nella misura del 20 per cento. L’aumento non si applica ai servizi telematici riservati ai riutilizzatori medesimi.
La percentuale di aumento può comunque essere rideterminata annualmente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche tenendo conto dei costi complessivi di raccolta, produzione e diffusione di dati e documenti sostenuti dall'Agenzia del territorio, maggiorati di un adeguato rendimento degli investimenti e dell'andamento delle relative riscossioni. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono altresì individuate le categorie di ulteriori servizi telematici che possono essere forniti, verso corrispettivo, dall'Agenzia del territorio esclusivamente ai riutilizzatori commerciali autorizzati.
Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale non consentito sono dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie nella misura prevista per l'acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell'Agenzia del territorio.
Oltre a ciò, a carico di chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale non consentiti è comminata la sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo e il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 370.
Il richiamo del comma 370 sembrerebbe riferirsi ai tributi previsti per l’acquisizione originaria dei documenti da parte dei riutilizzatori commerciali, che sono aumentati del 20 per cento rispetto alla misura ordinaria.
Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie).
Articolo 29
(Ristrutturazioni edilizie)
1. Sono prorogate per l'anno 2007, per una quota pari al 36 per cento delle spese sostenute, nel limite di 48.000 euro per unità immobiliare, ferme restando le altre condizioni ivi previste, le agevolazioni tributarie in materia di recupero del patrimonio edilizio relative:
a) agli interventi di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, per le spese sostenute dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007;
b) alle prestazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fatturate dal 1o gennaio 2007.
2. Le agevolazioni di cui al comma 1 spettano a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.
L’articolo 29 proroga per il 2007 le agevolazioni fiscali previste in tema di ristrutturazioni edilizie, facendo riferimento all’articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 e all’articolo 7, comma 1, lettera b) della legge n. 488 del 1999.
Detrazione dall’imposta sui redditi delle persone fisiche
L’articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha prorogato, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2003 al 30 settembre 2003, la detrazione d’imposta ai fini IRPEF per gli interventi di ristrutturazioni edilizie di cui all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998), modificandone in parte la disciplina[110].
La vigente regolamentazione della materia prevede che gli interventi per i quali è ammessa la detrazione sono quelli indicati ai commi 1 e 1-bis del citato articolo 1 della legge n. 449 del 1997, e quelli volti alla bonifica dall’amianto, realizzati su unità immobiliari residenziali e relative pertinenze.
L’importo massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione è stato fissato dalla legge n. 289 del 2002 in 48.000 euro[111], mentre la percentuale delle suddette spese ammesse in detrazione è stata indicata in misura diversa negli anni (36 o 41 per cento) a seconda della possibilità di beneficiare anche dell’agevolazione IVA in misura ridotta (cfr. infra).
La detrazione deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Se le spese sono state sostenute da soggetti, proprietari o titolari di un diritto reale sull'immobile, di età non inferiore a 75 e a 80 anni, la detrazione può essere ripartita, rispettivamente, in cinque e tre quote annuali costanti di pari importo.
In caso di trasferimento dell’unità immobiliare oggetto degli interventi in questione per atto inter vivos, spettano alla persona fisica acquirente dell’unità immobiliare esclusivamente le detrazioni non utilizzate in tutto o in parte dal venditore. In caso di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede, purché questo conservi la detenzione materiale e diretta del bene.
L’articolo 35, comma 19, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, mediante inserimento di un nuovo comma 121-bis nell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo il comma 121 (recante la proroga dell’agevolazione per l’anno 2006), ha introdotto l’ulteriore condizione che il costo della relativa manodopera sia separatamente indicato nella fattura.
L’articolo 29, comma 1, lettera a), proroga quest’agevolazione per l’intero anno 2007.
La stessa disposizione, nell’alinea, ribadisce che, anche per l’anno 2007, il limite di fruizione è stabilito in 48.000 euro per unità immobiliare, e determina la percentuale ammessa in detrazione nella misura del 36 per cento.
Si segnala che la collocazione di questi limiti nell’alinea sembrerebbe comportarne l’applicazione nelle fattispecie contemplate sia nella lettera a), sia nella lettera b), estendendone quindi l’efficacia anche all’agevolazione in materia di aliquota IVA.
IVA ridotta
L’articolo 7, comma 1, lettera b) della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) ha previsto un regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie, stabilendo l’aliquota del 10 per cento, anziché del 20 per cento.
Tale agevolazione, è stata più volte prorogata: da ultimo per gli anni 2004 e 2005, relativamente alle prestazioni fatturate dal 1° gennaio 2004, dal comma 1 dell’articolo 23-bis del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, alla lettera c).
La legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005) non ha potuto concedere ulteriormente tale regime IVA ridotto, in quanto al 31 dicembre 2005 non era stato ancora prorogato il regime comunitario concernente l’IVA ridotta per i servizi ad alta intensità di lavoro. A compensazione la legge finanziaria per il 2006 ha elevato la misura della detrazione al 41 per cento, anziché al 36 per cento previsto per il periodo precedente.
Con la direttiva 2006/18/CE del 14 febbraio 2006, il Consiglio dell’Unione europea ha prorogato tale regime agevolato sino al 31 dicembre 2010.
Conseguentemente l’articolo 35, comma 35-ter, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha ripristinato l’IVA ridotta per le prestazioni fatturate dal 1° ottobre al 31 dicembre 2006. Il successivo comma 35-quater ha ridotto dal 41 al 36 per cento la quota di detraibilità, agli effetti dell’IRPEF, delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizi, riferendo altresì all’abitazione interessata il limite di 48.000 euro.
L’articolo 29, comma 1, lettera b), conferma, per l’anno 2007, il regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie per le richiamate prestazioni fatturate dal 1o gennaio 2007.
Il secondo comma dell’articolo 29 specifica che per beneficiare delle agevolazioni precedentemente illustrate, il costo della relativa manodopera deve essere separatamente indicato nella fattura.
Analoga disposizione era prevista all’articolo 35, comma 35-quater del citato D.L. n. 223 del 2006.
Articolo 30, comma 1
(Proroga di agevolazioni IRAP nel settore
agricolo e della pesca)
1. All'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i sette periodi d'imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per gli otto periodi d'imposta successivi l'aliquota è stabilita nella misura dell'1,9 per cento; per il periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2007 l'aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».
Il comma 1 dell’articolo 30, modificando l’articolo 45, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, fissa anche per il 2006 all’1,9 per cento, anziché al 3,75 per cento, l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP),relativamente ai soggetti operanti nel settore agricolo e della pesca.
La medesima disposizione stabilisce inoltre che, per il periodo d’imposta 2007, l’aliquota è pari al 3,75 per cento.
Occorre ricordare, in proposito, che l’articolo 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, include tra i soggetti passivi i produttori agricoli titolari di reddito agrario, ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Sono tuttavia esclusi dall’imposta i produttori agricoli con un volume d’affari annuo non superiore a 2.582,28 euro (5 milioni di lire) – ovvero a 7.746,85 euro (15 milioni di lire) se operano in comuni montani – i quali sono anche esonerati dagli adempimenti IVA.
Il comma 1 dell’articolo 45 del medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997 aveva previsto, per il settore qui considerato, un’aliquota IRAP del 2,5 per cento per il 1998 (primo anno di entrata in vigore dell’imposta) e aliquote crescenti per il successivo triennio. Tuttavia, disposizioni successive[112] sono intervenute di anno in anno sulla misura dell’aliquota, in modo tale che la stessa è stata sempre applicata, sin dal 1998, nella misura dell’1,9 per cento, rinviandosi agli anni successivi l’entrata in vigore di aliquote superiori.
2. Per l'anno 2007 sono prorogate le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Il comma 2 dell’articolo 30 proroga, per l'anno 2007, le agevolazioni di carattere fiscale e previdenziale previste in favore delle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché delle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari, dall'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), già prorogate per l'anno 2005 dall'articolo 1, comma 510, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) e per l’anno 2006 dall’articolo 1, comma 119, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006)[113].
Il citato articolo 11 della legge n. 388 del 2000 ha esteso, per gli anni 2001-2003, nel limite del 70 per cento, i benefìci fiscali e previdenziali previsti dagli articoli 4 e 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.
L’articolo 4 del citato D.L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, prevede:
- la concessione di un credito d'imposta a favore dei soggetti che svolgono attività produttiva di reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale[114]. Il credito d'imposta è attribuito in misura corrispondente all'IRPEF dovuta sulle retribuzioni e sui compensi – rispettivamente per lavoro dipendente e autonomo – corrisposti ai marittimi che operano a bordo delle navi iscritte nel registro stesso. Il beneficio in esame vale ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative ai redditi suddetti e non concorre alla formazione del reddito imponibile dell'impresa. Il credito d'imposta è riconosciuto anche ai soggetti che, in base a rapporti contrattuali con l'armatore, esercitano a bordo di navi da crociera attività commerciali complementari, accessorie o comunque relative alla prestazione principale;
- un abbattimento nella misura dell’80 per cento – ai fini delle imposte sui redditi e a partire dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 1998 – del reddito derivante dall'utilizzo delle navi iscritte nel Registro internazionale. Anche tale agevolazione è stata estesa al reddito derivante dall'esercizio a bordo di navi da crociera delle attività ricordate al precedente punto, anche se svolte da terzi in base a rapporti contrattuali con l'armatore.
In sostanza, con riferimento alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari (oggetto del comma in esame), l’estensione del beneficio concesso dal sopra illustrato articolo 4 determina, secondo quanto specificato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate 3 gennaio 2001, n. 1, al paragrafo 1.8:
- la concessione alle imprese stesse di un credito d’imposta in misura corrispondente al 70 per cento dell’IRPEF dovuta sulle retribuzioni di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposte al personale di bordo imbarcato;
- l’imponibilità del reddito derivante dall’esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi, nella misura del 44 per cento.
L'articolo 6 del medesimo D.L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 1998, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi al personale imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale. Il beneficio concerne anche le quote a carico dei lavoratori.
Anche il beneficio relativo all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali è stato esteso dall’articolo 11 della legge n. 388 del 2000 alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari nel limite del 70 per cento: per questi soggetti l’esonero contributivo non è quindi totale, ma opera soltanto in tale misura.
Nella relazione tecnica allegata al disegno di legge (A.C. 1746) l’effetto di queste misure viene stimato, in termini di competenza per l’anno 2007, in 14,5 milioni. di euro riferito ai redditi esclusi dalla tassazione, in 14,3 milioni di euro per il credito d’imposta e in 39,8 milioni di euro per l’esonero contributivo.
L’effetto in termini di cassa è stimato quindi in una perdita di gettito di 45,8 milioni di euro per il 2007, e di 33,7 milioni di euro per il 2008 e in un maggior gettito (acconto IRE/IRES 2007) di 10,9 milioni di euro per il 2009.
Il 9 marzo 2006, la Commissione ha presentato una comunicazione relativa al miglioramento della situazione economica dell’industria della pesca (COM(2006)103). Nel documento vengono identificate le cause delle difficoltà economiche del settore aggravate dalla impennata dei costi operativi conseguenti all’aumento dei prezzi del carburante. Vengono altresì individuate una serie di misure e iniziative a lungo termine.
La proposta è stata esaminata dal Parlamento europeo il 28 settembre 2006 che, nella risoluzione approvata, sollecita la Commissione a riconoscere la specificità della piccola pesca costiera e della pesca artigianale nell'ambito della politica comune della pesca e ad analizzare in che misura gli attuali strumenti siano adeguati per rispondere alle esigenze del settore, adattandoli di conseguenza; sollecita inoltre la Commissione a presentare una proposta volta a istituire un programma comunitario di sostegno alla piccola pesca costiera e alla pesca artigianale, che aiuti a coordinare le azioni e canalizzi i finanziamenti di altri strumenti esistenti per rispondere ai problemi specifici di questo segmento del settore
Il Consiglio ha iniziato la discussione della comunicazione il 25 aprile 2006.
Il 22 giugno 2006 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento sugli aiuti de minimis al settore della pesca. Per aiuti de minimis si intendono gli aiuti di Stato considerati tali da non provocare distorsioni della concorrenza. Il progetto innalza a 30.000 euro (dagli attuali 3.000 euro) il massimale degli aiuti de minimis che ciascun beneficiario potrà ricevere in un triennio fiscale, a condizione che tale massimale corrisponda a meno del 2,5% della produzione annuale del settore a livello nazionale. Inoltre, gli aiuti non potranno essere utilizzati per acquistare o costruire nuovi imbarcazioni o per aumentare la capacità della flotta.
Il 4 ottobre 2006 la Commissione ha adottato una decisione relativa alla ripartizione tra Stati membri delle risorse del Fondo europeo per la pesca (FEP) per il periodo 2007-2013. All’Italia sono assegnati 376.594.654 euro .
3. Il termine del 31 dicembre 2006, di cui al comma 120 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2007.
Il comma 3 dell’articolo 30 proroga al 31 dicembre 2007 il termine per le agevolazioni fiscali previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, già prorogate, da ultimo, al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 120, della legge 23 dicembre 2005, n. 366 (legge finanziaria per il 2006)[115].
Le citate agevolazioni fiscali sono state disposte dalla legge 6 agosto 1954, n. 604, e successive modifiche e integrazioni, e consistono nell’esenzione dall’imposta di bollo e nella riduzione delle imposte ipotecarie e di registro applicabili agli atti (di compravendita, permuta, affitto, concessione in enfiteusi, etc.) posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina. Le suddette agevolazioni sono applicabili quando:
1) l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;
2) il fondo oggetto dell’atto sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà o enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso;
3) l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro.
Il trattamento tributario agevolato, tenendo anche conto delle modifiche introdotte dall’articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, si può così riassumere:
§ l'imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 168 euro (mentre l'aliquota ordinaria è pari al 15 per cento del valore dichiarato nell'atto, oppure è ridotta all'8 per cento in caso di acquisto da parte di un imprenditore agricolo a titolo principale);
§ l'imposta catastale è dovuta nella misura ordinaria dell'1 per cento del prezzo dichiarato nell’atto;
§ l'imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di 168 euro (l'aliquota ordinaria è pari al 2 per cento del valore);
§ il contratto è esente da imposta di bollo.
Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 152.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 21 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in materia di deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, si applicano per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.
Il comma 4 dell’articolo 30 proroga, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, l'applicazione della riduzione, a titolo di deduzione forfetaria, del reddito d’impresa prevista in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante.
Per la ristrutturazione delle reti distributive di carburante, l’articolo 21 della legge n. 448 del 1998, al comma 1, dispone la riduzione, a titolo di deduzione forfetaria, del reddito d’impresa degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, per un importo pari alle seguenti percentuali dell'ammontare lordo dei ricavi indicati all'articolo 85 (ex articolo 53), comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1996 (ossia dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa):
a) 1,1 % dei ricavi fino a lire 2 miliardi di lire;
b) 0,6 % dei ricavi oltre lire 2 miliardi e fino a lire 4 miliardi di lire;
c) 0,4 % dei ricavi oltre lire 4 miliardi di lire.
Il successivo comma 2 dell’articolo 21 limitava l’applicazione della deduzione forfetaria indicata al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1998 e ai due periodi successivi. L’articolo 6, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha prorogato l’applicazione di tali disposizioni per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2001 e per i due successivi. È poi intervenuto l'articolo 2, comma 56, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), che ne ha ulteriormente prorogato l'applicazione al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004 e al successivo, nel limite massimo di spesa di 21 milioni di euro. Da ultimo l’articolo 1, comma 129, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) ne ha ulteriormente prorogato l'applicazione al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006, senza tuttavia indicare un limite massimo di spesa).
Articolo 30, commi 5 e
6
(Proroga di agevolazioni in materia di
accise per prodotti energetici)
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2007, si applicano:
a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all'articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l'aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;
b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale, di cui all'articolo 4 del decreto-legge 1o ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane e in altri specifici territori nazionali, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1o ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all'articolo 6 del decreto-legge 1o ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all'articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448;
g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui all'articolo 21, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni;
h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all'articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
6. L'efficacia delle disposizioni di cui al comma 5, lettera a), è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Il comma 5 dell’articolo 30dispone la proroga di alcune agevolazioni in materia di accise applicabili a determinati prodotti energetici, dalla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria fino al 31 dicembre 2007.
La lettera a) del comma 5 prevede il rinnovo della riduzione delle aliquote di accisa:
§ sulle emulsioni stabilizzate di olî da gas ovvero di olio combustibile denso con acqua, contenuta in misura variabile dal 12 al 15% in peso, idonee all’impiego nella carburazione e nella combustione, prevista dall’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) e più volte prorogata[116];
§ sulle medesime emulsioni stabilizzate autoprodotte e utilizzate, dai medesimi soggetti, per usi di trazione e di combustione, e limitatamente ai quantitativi necessari al fabbisogno dei soggetti stessi, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 del decreto-legge n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002[117].
La lettera d) del comma 1, del citato articolo 24 della legge n. 388 del 2000 ìndica i seguenti prodotti e le relative aliquote:
1) emulsione con olî da gas usata come carburante: 474.693 lire (245,16 euro) per mille litri;
2) emulsione con olî da gas usata come combustibile per riscaldamento: 474.693 lire (245,16 euro) per mille litri;
3) emulsione con olio combustibile denso usata come combustibile per riscaldamento:
3.1) con olio combustibile ATZ: 192.308 lire (99.32 euro) per mille chilogrammi;
3.2) con olio combustibile BTZ: 57.154 lire (29,52 euro) per mille chilogrammi;
4) emulsione con olio combustibile denso per uso industriale:
4.1) con olio combustibile ATZ: 80.717 lire (41,69 euro) per mille chilogrammi;
4.2) con olio combustibile BTZ: 40.359 lire (20,84 euro) per mille chilogrammi.
La lettera a) del comma 5, oltre a prorogare al 31 dicembre 2007 il regime agevolativo per tali prodotti, fissa per l’anno 2007 l’accisa per le emulsioni stabilizzate di olî da gas usate come carburante nella misura di 256,70 euro per mille litri. Tale misura corrisponde a quella fissata per l’anno 2006 dall’articolo 1, comma 115, lettera a), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).
L’accisa per le citate emulsioni stabilizzate autoprodotte resta, invece, fissata nella misura originaria di 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri.
Il comma 6 dell’articolo 30 qui illustrato subordina l'efficacia delle disposizione della presente lettera a) alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
L’agevolazione era stata autorizzata dalle disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.
Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, s’intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.
In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).
L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A.
L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato.
Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.
Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione, prevede l’applicazione di un’aliquota ridotta di accisa alle emulsioni acqua/gasolio e acqua/olio combustibile pesante a decorrere dal 1° ottobre 2000 e fino al 31 dicembre 2005, a condizione che tali aliquote differenziate siano conformi agli obblighi stabiliti dalla direttiva medesima, in particolare alle aliquote minime di accisa.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tali agevolazioni, un costo stimabile in 8,9 milioni di euro per il 2007.
La lettera b)del comma 5 ripropone per l’anno 2007 le disposizioni in materia di riduzione dell'accisa sul gas metano, nella misura del 40 per cento, per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi annui.
Anche tale misura agevolativa, introdotta originariamente dall’articolo 24, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), con scadenza al 30 giugno 2001, è stata oggetto di successive proroghe e precisamente:
- al 30 settembre 2001, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;
- al 31 dicembre 2001, ai sensi dell’articolo 4 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;
- al 30 giugno 2002, ai sensi dell'articolo 2 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;
- al 31 dicembre 2002, ai sensi dell'articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002,
- al 30 giugno 2003, ai sensi dell'articolo 21, comma 2, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003);
- dal 2 ottobre 2003 al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’artico 17 del D.L. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003;
- al 31 dicembre 2005, ai sensi dell'articolo 1, comma 511, lettera b), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005)
- al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera b), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
Si ricorda inoltre che il comma 4 dell'articolo 8 della legge n. 448 del 1998, concernente la cosiddetta carbon tax, aveva stabilito la misura delle accise sugli olî minerali da applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2005. In attuazione del medesimo articolo, la misura delle aliquote doveva essere accresciuta per il graduale raggiungimento dei livelli ivi previsti. L’aliquota di accisa per il gas metano usato per combustione per usi industriali era stata pertanto fissata in 0,012 euro (lire 24,2) per metro cubo dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999, n. 287. Il comma 514 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha peraltro abrogato il comma 4 del predetto articolo 8.
In base alla disposizione in esame, la misura dell’aliquota è pari a 0,007 euro (14,52 lire) al metro cubo anziché a 0,012 euro (lire 24,2).
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 88,76 milioni di euro per il 2007.
La lettera c)del comma 5 dispone l’ulteriore proroga, sino al 31 dicembre 2007, dell’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone geografiche individuate dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998.
La richiamata agevolazione si sostanzia in un’ulteriore riduzione del costo del gasolio da riscaldamento ovvero del costo del GPL[118].
Infatti, alla riduzione di costo introdotta dall’articolo 1 del D.P.R. n. 361 del 1999 (0,103 euro per litro di gasolio e 0,133 euro per chilogrammo di GPL, corrispondenti a 200 lire), è stata aggiunta un’altra agevolazione dall’articolo 4 del D.L. n. 268 del 2000, convertito dalla legge n. 354 del 2000. Tale beneficio consiste in una ulteriore riduzione del costo pari a 0,026 euro (50 lire) per ciascun litro di gasolio e per ciascun chilogrammo di GPL, limitatamente al periodo 3 ottobre-31 dicembre 2000.
L’agevolazione è stata successivamente prorogata:
- al 30 giugno 2001, ai sensi dell’articolo 27 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001);
- al 30 settembre 2001, ai sensi dell’articolo 1, comma 9, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;
- al 31 dicembre 2001, ai sensi dell’articolo 5 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;
- al 30 giugno 2002, ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;
- al 31 dicembre 2002, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002;
- al 30 giugno 2003, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);
- al 31 dicembre 2003, ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 1, del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003;
- al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 2, comma 12, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);
- al 31 dicembre 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 511, lettera c), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
- al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera c), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
Per effetto della disposizione qui illustrata, sino al 31 dicembre 2007 troverà applicazione l’ulteriore riduzione pari a 0,026 euro (50 lire) per ogni litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento e per ogni chilogrammo di GPL.
L’agevolazione totale consiste, pertanto, in una riduzione complessiva pari a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile (rispetto all’accisa ordinaria di 0,403 euro[119]) e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL (rispetto all’accisa ordinaria di 0,190 euro[120]).
Il suddetto beneficio, che non è cumulabile con altre agevolazioni in materia di accise, è applicabile ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nei comuni, o nelle frazioni dei comuni:
- ricadenti nella zona climatica F di cui al D.P.R. n. 412 del 1993; vale a dire che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del medesimo D.P.R. n. 412[121];
- facenti parte di province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricade nella zona climatica F;
- della regione Sardegna e delle isole minori, per i quali viene esteso anche ai gas di petrolio liquefatti confezionati in bombole;
- non metanizzati ricadenti nella zona climatica E[122], di cui al citato D.P.R. n. 412 del 1993, e individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Il suddetto beneficio è applicabile altresì ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nelle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al predetto D.P.R. n. 412 del 1993, esclusi dall'elenco redatto con il medesimo decreto del Ministro delle finanze, e individuate annualmente con delibera di consiglio dagli enti locali interessati[123].
Per conseguenza, i soggetti residenti in tali zone pagheranno un’accisa di 0,274 euro per litro per il gasolio da riscaldamento e 0,031 euro per chilogrammo di GPL.
Si ricorda che con la decisione 2001/224/CE del Consiglio, l’Italia è stata autorizzata, in deroga alle disposizioni della direttiva 92/82/CEE, ad applicare, sino al 31 dicembre 2006, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, aliquote ridotte di accisa sul gasolio domestico per riscaldamento e sul GPL usato come combustibile per il riscaldamento e distribuito dalle reti locali, a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 92/82/CEE. In base a tali disposizioni, l'aliquota minima dell'accisa sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata, rispettivamente, in 18 euro per 1.000 litri e in 0 euro per 1.000 litri.
La direttiva 2003/96/CE del Consiglio, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha disposto l’abrogazione, con effetto dal 31 dicembre 2003, della citata direttiva 92/82/CEE.
Peraltro, in base all’articolo 18 e all’allegato II alla direttiva 2003/96/CE, resta ferma la possibilità per l’Italia di applicare, sino al 31 dicembre 2006, l’aliquota ridotta sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento, sempre a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa previste dalla stessa direttiva.
Ai sensi all’articolo 9 della direttiva 2003/96/CE e dell'allegato I alla medesima direttiva, a decorrere dal 1° gennaio 2004 l'aliquota minima dell'accisa, rispettivamente, sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata a 21 euro per 1000 litri e a 0 euro per 1000 litri.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 51,88 milioni di euro per il 2007.
La lettera d) del comma 5 rinnova sino al 31 dicembre 2007 le disposizioni in materia di agevolazione per il calore fornito dalle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero con energia geotermica.
In particolare, si dispone l'applicazione dell’aumento di 0,015 euro (30 lire), per ogni chilowattora di calore fornito, della misura del credito d’imposta previsto a favore dei soggetti che utilizzano, quale fonte di energia alternativa, le reti di riscaldamento alimentate con biomasse o con energia geotermica, di cui all’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448 del 1998.
Si ricorda che il comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 ha disposto circa la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni sulla cosiddetta carbon tax, individuando, in particolare, alcune agevolazioni fiscali compensative. Tra le finalità ammesse a tali agevolazioni, la lettera f) prevede l’adozione di incentivi (nei confronti dei produttori) per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche E ed F, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilowattora di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente. Successivamente, l’articolo 60 della legge n. 342 del 2000 (c.d. collegato fiscale) ha stabilito che la richiamata agevolazione sia usufruibile anche dagli impianti e dalle reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.
Con l’articolo 4, comma 4-bis, del D.L. n. 268 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 354 del 2000, è stato disposto, per il periodo 3 ottobre - 31 dicembre 2000, un aumento dell’ammontare del credito d’imposta di cui al citato articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448 del 1998, nella misura di 30 lire (0,15 euro) per ogni chilowattora di calore fornito. Tale agevolazione è stata successivamente prorogata:
- al 30 giugno 2001, dall’articolo 27, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001);
- al 30 settembre 2001, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;
- al 31 dicembre 2001, dall’articolo 6 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;
- al 30 giugno 2002, dall’articolo 4 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002;
- al 31 dicembre 2002, dall’articolo 1 del D.L. n. 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002;
- al 30 giugno 2003, ai sensi dell’articolo 21, comma 4, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);
- al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003;
- al 31 dicembre 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 511, lettera d), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
- al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera d), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
Si ricorda infine che l’articolo 29 della legge n. 388 del 2000 ha previsto, a partire dal 1° gennaio 2001, la concessione di un contributo, corrisposto nella forma del credito d’imposta, pari a lire 40.000 per ogni chilowattora di potenza impegnata, a favore degli utenti che si collegano ad una rete di teleriscaldamento alimentata dall'energia geotermica o da biomassa. Ciò comporta una riduzione dei costi di allacciamento alla rete, di cui beneficiano i nuovi utenti che si collegano a tali reti, nonché gli utenti che aumentano la potenza impegnata.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) trattandosi di un credito d’imposta, indica, per il rinnovo di tale agevolazione, una perdita di gettito in termini di cassa pari a 8,7 milioni di euro per il 2007 e a 12,8 milioni di euro per il 2008.
La lettera e) del comma 5 prevede il rinnovo di agevolazioni in materia di accisa sul gas metano per usi civili. In particolare, il comma in esame dispone che sia applicata fino al 31 dicembre 2007 la riduzione dell’aliquota d’accisa per i consumi di gas metano disposta, per gli anni 2001 e 2002, dall’articolo 27, comma 4, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001).
L’agevolazione consiste nell’applicazione dell’aliquota nella misura di 0,0407 euro (78,79 lire) per metro cubo, per il gas metano utilizzato per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 metri cubi annui (rispetto ad un’aliquota ordinaria[124] di 0,079 euro, pari a 152,68 lire) e ad euro 0,1351 (lire 261,68) per metro cubo per il gas metano utilizzato per gli altri usi civili (rispetto ad un’aliquota ordinaria di 0,173 euro, pari a 335,57 lire).
Si ricorda che la presente agevolazione, introdotta dal sopra citato articolo 27 della legge n. 388 del 2000, per gli anni 2001 e 2002, è stata prorogata:
- al 30 giugno 2003, dall’articolo 21, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);
- dal 2 ottobre 2003[125]al 31 dicembre 2004, dall’articolo 25, del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003;
- al 31 dicembre 2005, dall’articolo 1, comma 511, lettera e), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
- al 31 dIcembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera e), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
Si ricorda che la riduzione di cui alla lettera in esame opera per i consumi di gas metano per combustione per usi civili, nelle province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricada nella zona climatica F, di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999).
Ricadono nella zona climatica F, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del suddetto D.P.R. n. 412[126].
La nota dell’Agenzia delle dogane n. 4857/V/AGT del 30 dicembre 2005 specifica le aree interessate nei territori delle province di Aosta, Belluno, Bolzano, Trento e Sondrio.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile, per il 2007, in 18,39 milioni di euro in termini di accise e di 20,85 milioni di euro, se si considera anche l’effetto sull’imposta sul valore aggiunto.
La lettera f) del comma 5 proroga sino al 31 dicembre 2007 l’estensione della riduzione di costo del gasolio e del GPL, usati come combustibile per riscaldamento, alle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni facenti parte della fascia climatica E[127].
L’agevolazione si applica con riferimento alle parti di territorio comunale individuate con apposita delibera del consiglio comunale, ancorché la frazione non metanizzata sia ubicata nella sede municipale.
La riduzione di costo, pari complessivamente a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL, è prevista dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998, anch’essa prorogata al 31 dicembre 2007 dalla precedente lettera c) del presente comma (alla cui illustrazione si rinvia).
Il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 448 del 2001, che ha introdotto l’agevolazione, era stato adottato in riferimento alle norme di carattere interpretativo di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, del D.L. n. 268 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 354 del 2000, al fine di precisare il significato da attribuire alla locuzione “frazione di comune”, di cui alla citata lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998.
Infatti, il comma 2 dell’articolo 4 del citato D.L. n. 268 precisa che per "frazioni di comuni" si intendono le porzioni edificate di cui all'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412 del 1993[128], ubicate a qualsiasi quota, “al di fuori del centro abitato ove ha sede la casa comunale”, comprese le aree su cui insistono case sparse.
Il successivo comma 3 del richiamato articolo 4 del D.L. n. 268 specifica, inoltre, che il riferimento alle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E si intende limitato alle sole frazioni non metanizzate della zona climatica E, appartenenti ai comuni metanizzati che ricadono anch'essi nella zona climatica E.
Con il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 448 del 2001, superando il dettato delle richiamate norme interpretative del citato D.L. n. 268 del 2000, la riduzione di costo è stata estesa anche alle frazioni solo parzialmente non metanizzate, compreso il caso in cui nelle medesime sia ubicata la casa comunale.
Con riferimento alla validità temporale dell’agevolazione in esame si ricorda che essa è stata introdotta dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) limitatamente agli anni 2002 e 2003, ed è stata successivamente prorogata:
§ al 31 dicembre 2004, dall’articolo 2, comma 13, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);
§ al 31 dicembre 2005, dall’articolo 1, comma 511, lettera f), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
§ al 31 dIcembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera f), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo della presente agevolazione, un costo stimabile, per il 2007, in 15,94 milioni di euro in termini di accise e di 18,08 milioni di euro, se si considera anche l’effetto sull’imposta sul valore aggiunto.
La lettera g) del comma 5 proroga al 31 dicembre 2007 il regime agevolato di cui all’articolo 7, comma 1-ter, del D.L. n. 417 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 66 del 1992, concernente il gasolio destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine individuati dal D.M. 30 luglio 1993[129].
Ai sensi del comma 1-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 417 del 1991, il regime agevolato previsto per la benzina dall'articolo 7, comma 4, del D.L. n. 534 del 1987, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 1988, a favore della zona franca di Gorizia e della provincia di Trieste, è stato esteso al gasolio, limitatamente al suo uso per autotrazione (n. 14 della tabella A allegata alla legge n. 700 del 1975, modificativa della legge n. 1438 del 1948, istitutiva del regime agevolativo per la zona di Gorizia), destinato al fabbisogno locale della provincia di Trieste e di comuni della provincia di Udine, così come individuati dal citato decreto ministeriale.
Per questi ultimi, il quantitativo di detto prodotto è pari al 40% di quello indicato al n. 14 della citata tabella A; per la provincia di Trieste il quantitativo dello stesso prodotto è pari all'80% del contingente indicato al n. 14 della medesima tabella A.
L’articolo 21, comma 6, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), prorogato dalla disposizione in esame, ha modificato il limite massimo di quantità di gasolio che può essere oggetto dell’agevolazione in parola, fissandolo in 23 milioni di litri per la provincia di Trieste e 5 milioni per la provincia di Udine.
Si segnala che la riduzione delle aliquote di accisa sugli olî minerali consumati nelle province di Udine e Trieste è espressamente consentita dal richiamato allegato II, punto 8, alla direttiva 2003/96/CE. A norma dell’articolo 18, paragrafo 1, della stessa direttiva, l’autorizzazione è concessa previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione e scade il 31 dicembre 2006.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile, per il 2006, in 11,56 milioni di euro in termini di accise e di 13,27 milioni di euro, se si considera anche l’effetto sull’imposta sul valore aggiunto.
La lettera h) del comma 5 proroga, per l’anno 2007, l’esenzione da accisa in favore del gasolio usato per le coltivazioni sotto serra.
L’agevolazione è stata introdotta nella sostanza dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268, convertito dalla legge 23 novembre 2000, n. 354, relativamente al periodo 3 ottobre 2000-31 dicembre 2000. Tale articolo 5 prevedeva l’applicazione, per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra, di un’aliquota di accisa pari allo 0%[130] di quella applicata sul gasolio usato come carburante. Con successivi provvedimenti è stata invece disposta l’esenzione da accisa. In particolare l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) ha disposto l’applicazione di tale agevolazione per il primo semestre 2001. Tale previsione è stata successivamente prorogata:
- al 30 settembre 2001, dall’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 246 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330 del 2001;
- al 31 dicembre 2001, dall’articolo 3 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001;
- al 31 dicembre 2002, dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002);
- al 31 dicembre 2003, dall’articolo 19, comma 4, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);
- al 31 dicembre 2004, dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);
- al 31 dicembre 2005, dall’articolo 1, comma 511, lettera h), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
- al 31 dIcembre 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, lettera h), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
Il comma 4dell’articolo 2 della citata legge n. 350 del 2003, rinvia, per le modalità applicative, alle disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454, adottato, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 21 del 2000, convertito dalla legge n. 92 del 2000.
Il suddetto decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, reca il regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli olî minerali impiegati nei lavori agricoli e orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.
In particolare, l’articolo 2, comma 3, stabilisce che per usufruire delle agevolazioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, i soggetti interessati devono presentare un’apposita richiesta, anche per il tramite delle organizzazioni di categoria, all'ufficio, incaricato dalla regione o dalle province autonome, del servizio relativo all'impiego di carburanti agevolati per l'agricoltura, competente in base all'ubicazione dei terreni. L'ufficio controlla la regolarità delle richieste effettuando, anche con l'ausilio di collegamenti telematici, gli eventuali accertamenti sui dati esposti, e determina, per ciascun soggetto beneficiario, i quantitativi complessivi dei prodotti da ammettere all'impiego agevolato per i lavori da svolgere nell'anno solare.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile, in 27,49 milioni di euro per il 2006, determinato per 22,91 milioni quale minore introito accise e 4,58 milioni quale minore introito IVA.
La Commissione europea, con lettera in data 18 febbraio 2004 (pubblicata sulla GUCE C n. 69 del 19 marzo 2004), ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del Trattato CE nei confronti dell’aiuto di Stato previsto dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268 (Aiuto C 6/04 – ex NN70/01). In data 19 gennaio 2005, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura di esame, ai sensi delle disposizioni sugli aiuti di Stato, circa le riduzioni delle accise sui carburanti utilizzati per il riscaldamento delle serre in Italia.
Il 30 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo Riesame delle deroghe di cui agli allegati II e III della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario in materia di energia elettrica ed elettricità che scadono entro la fine del 2006 (COM(2006)342).
La Commissione ricorda che gli allegati II e III della citata direttiva contengono deroghe che autorizzano gli Stati membri ad applicare aliquote d’imposta ridotte o esenzioni dall'imposizione dei prodotti energetici per vari prodotti e fini. Alcune deroghe sono già scadute e altre scadranno il 31 dicembre 2006.
Secondo la Commissione, per le deroghe corrispondenti a obiettivi non presi in considerazione dalle disposizioni generali della direttiva, la comunicazione costituisce uno degli elementi del contesto nel quale gli Stati membri dovrebbero valutare la loro posizione, in vista dello scadere delle deroghe. Se i singoli Stati membri dovessero ritenere di avere ancora bisogno di una deroga dalla direttiva per considerazioni politiche specifiche, possono presentare una richiesta alla Commissione a norma dell'articolo 19 della direttiva. Tali richieste saranno valutate in base ai loro meriti, tenendo conto in particolare del corretto funzionamento del mercato interno, della necessità di garantire una concorrenza leale e delle politiche comunitarie in materia di ambiente, sanità, energia e trasporti.
Inoltre, la Commissione rammenta che tutte le misure fiscali che potrebbero costituire un aiuto di Stato devono esserle preventivamente notificate al fine di essere valutate ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato.
La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio.
7. Le disposizioni dell'articolo 1, comma 103, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti di spesa ivi indicati, si applicano anche alle somme versate nel periodo d'imposta 2006 ai fini della compensazione dei versamenti effettuati dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007.
Il comma 7 dell’articolo 30 estende all’anno 2007 i benefìci previsti dall’articolo 1, comma 103, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005), disponendo che le somme versate nel periodo d’imposta 2006 a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore adibiti a trasporto merci, fino alla concorrenza di 300 euro per ciascun veicolo, possono essere utilizzate in compensazione dei versamenti effettuati dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2007, nel limite di spesa di 75 milioni di euro.
Per quanto riguarda i veicoli in oggetto, il richiamato comma 103 fa riferimento ai premi assicurativi sulla responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore adibiti al trasporto di merci, di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate, omologati ai sensi della direttiva 91/542/CEE, riga B[131].
Il contributo sui premi delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti – già previsto dall’articolo 11-bis della legge 24 dicembre 1969, n. 990, introdotto dall'articolo 126 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175 – è ora disciplinato dall’articolo 334 del codice delle assicurazioni private, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.
Esso prevede che sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti si applichi un contributo, sostitutivo delle azioni spettanti alle regioni e agli altri enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, nei confronti dell'impresa di assicurazione, del responsabile del sinistro o dell'impresa designata, per il rimborso delle prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.
Il contributo si applica, con l’aliquota del 10,5 per cento (stabilita dall’articolo 38 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in luogo della precedente aliquota del 6,5 per cento), sui premi incassati e deve essere distintamente indicato in polizza e nelle quietanze. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l'importo del contributo.
Per l'individuazione e la denunzia dei premi soggetti al contributo, per la riscossione e per le relative sanzioni si applica la legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e successive modificazioni.
Per quanto riguarda il meccanismo della compensazione, l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, disciplina il versamento unitario delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali. Esso consente la compensazione dei crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.
L’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha stabilito in lire 1 miliardo per ciascun anno solare il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili ai sensi del predetto articolo 17, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale.
La quota utilizzata in compensazione non concorre alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base delle indicazioni fornite a consuntivo dall’Agenzia delle entrate, riversa sulla contabilità speciale 1778 «Fondi di bilancio» le somme necessarie a ripianare le anticipazioni sostenute a seguito delle compensazioni effettuate ai sensi del presente comma 103.
8. Le disposizioni del comma 106 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti di spesa ivi indicati, sono prorogate al periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006.
Il comma 8 dell’articolo 30, prorogando al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006 le disposizioni contenute all’articolo 1, comma 106, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005), dispone che la deduzione forfetaria di spese non documentate consentita dall’articolo 66, comma 5, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, spetta anche per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al 35 per cento di quello spettante per i medesimi trasporti nell’ambito della regione o delle regioni confinanti (ossia nella misura di euro 2,7125).
L’articolo 1, comma 106, della legge n. 266 del 2005 consentiva tale deduzione forfetaria limitatamente al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005.
L’articolo 66 del TUIR disciplina la determinazione del reddito d’impresa dei soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata[132], quando non abbiano optato per il regime ordinario.
Il comma 5 prevede speciali deduzioni forfetarie in favore dei medesimi soggetti, qualora si tratti di imprese autorizzate all'autotrasporto di merci per conto di terzi. In particolare, il primo periodo dispone che il reddito determinato a norma dei commi precedenti sia ridotto, a titolo di deduzione forfetaria di spese non documentate, nelle misure:
a) di euro 7,75 per i trasporti personalmente effettuati dall'imprenditore oltre il comune in cui ha sede l'impresa ma nell'ambito della regione o delle regioni confinanti;
b) di euro 15,49 per i medesimi trasporti effettuati oltre tale ambito[133].
9. All'articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per gli anni 2003, 2004, 2005 e 2006» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007».
Il comma 9 dell’articolo 30 modifica il comma 11 dell’articolo 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), al fine di estendere anche al 2007 i benefìci fiscali relativi ai redditi di lavoro dipendente conseguiti dai lavoratori frontalieri.
Il comma 11 del richiamato articolo 2 della legge n. 289 del 2002 ha disposto l'esenzione dall’IRPEF per una quota (fino a euro 8.000) dei redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera. Concorre infatti a formare la base imponibile la quota dei richiamati redditi eccedente gli 8.000 euro.
Il predetto beneficio spetta ai redditi di lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato[134].
L’esenzione, prevista dalla legge n. 289 del 2002 limitatamente al 2003, è stata prorogata per il 2004 dall’articolo 2, comma 12, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), per il 2005 dall’articolo 1, comma 504, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) e per il 2006 dall’articolo 1, comma 122, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
La circolare dell’Agenzia delle entrate 15 gennaio 2003, n. 2, ribadendo, tra l’altro, quanto già contenuto nella circolare della medesima Agenzia 3 gennaio 2001, n. 1, esplicativa della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001), ha precisato che la disposizione in esame si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria, Repubblica di San Marino, Stato della Città del Vaticano) o in paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco) per svolgere la prestazione di lavoro.
Non rientrano, invece, nella previsione dell’articolo 2, comma 11, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi. A tali lavoratori si applica, invece, il regime di tassazione previsto dal comma 8-bis dell'articolo 51 (già articolo 48), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dall’articolo 36 della legge 21 novembre 2000, n. 342[135].
La relazione tecnica al disegno di legge (A.C. 1746) stima una perdita di gettito nel 2007, in termini di competenza, pari a 27 milioni di euro.
10. Per l'anno 2007, il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.
Il comma 10 dell’articolo 30 fissa in 3.615,20 euro (equivalenti a circa 7 milioni di lire) il limite entro il quale possono essere dedotti dal reddito di lavoro dipendente i contributi di assistenza sanitariaversati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
L’articolo 51 (ex articolo 48) del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, al comma 2, lettera a), fissa tale limite a 7 milioni di lire (3.615,20 euro) fino all'anno 2002; esso sarebbe poi dovuto diminuire a 6 milioni di lire (3.098,74 euro) per l'anno 2003, decrescendo ulteriormente negli anni successivi, in ragione di 500.000 lire (258,23 euro) annue, fino all’importo di 3,5 milioni di lire (1.807,60 euro).
Per il 2007 l’importo sarebbe pertanto determinato in 4 milioni di lire (2.065,82 euro).
Il comma 118 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) aveva già fissato tale limite in euro 3.615,20 per il 2003 e per il 2004, evitando l’applicazione del limite più basso previsto a regime dall’articolo 51 del TUIR. Lo stesso intervento, relativamente all’anno 2005, è stato realizzato con l’articolo 1, comma 505, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) e relativamente all’anno 2006 dall’articolo 1, comma 123, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).
Si ricorda infine che la suddetta lettera a) prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2003, l'importo deducibile, fermi restando i limiti summenzionati, sia pari alla differenza tra un valore base di lire 6.500.000 (pari a 3.356,97 euro) e la misura dei contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale [contributi, questi ultimi, deducibili ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera e-ter), del medesimo testo unico, entro un limite pari a lire 3.000.000 (1.549,37 euro) per gli anni 2003 e 2004; lire 3.500.000 (1.807,60 euro) per gli anni 2005 e 2006 e a lire 4.000.000 (2.065,83 euro) a decorrere dal 2007][136].
La relazione tecnica al disegno di legge (A.C. 1746) indica una perdita di gettito in termini di competenza per il 2007 pari a 10,3 milioni di euro.
Articolo 30, comma 11
(Detraibilità delle spese sostenute per
la frequenza di asili nido)
11. Le disposizioni dell'articolo 1, comma 335, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche relativamente al periodo d'imposta 2006.
Il comma 11 dell’articolo 30 estende al periodo d'imposta 2006 la detrazione d’imposta del 19 per cento per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento delle rette degli asili nido, disposta per il solo 2005 dall’articolo 1, comma 335, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005).
La detrazione, da effettuarsi in base all’articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, era limitata dal richiamato comma 335 al periodo d’imposta 2005.
La norma prevede un limite massimo di spesa di 632 euro annui per ciascun figlio che frequenti l’asilo nido. Pertanto, l’importo massimo della detrazione risulta di euro 120,08.
Sia gli oneri deducibili, sia le detrazioni d’imposta hanno la funzione di ridurre il carico fiscale gravante sul soggetto.
In particolare, gli oneri deducibili, indicati dall’articolo 10 del TUIR, sono rappresentati da alcune fattispecie non aventi un denominatore comune (vi sono, infatti, ricomprese determinate spese mediche, i contributi previdenziali e assistenziali, gli assegni di mantenimento), le quali possono essere portate in diminuzione dal reddito complessivo del soggetto, operando sulla base imponibile dell’imposta.
Le detrazioni d’imposta, disciplinate dall’articolo 15 del TUIR, operano invece una decurtazione dell’imposta lorda, tenendo conto, entro misure prefissate, di oneri sostenuti dal soggetto passivo per il suo stesso mantenimento, ovvero di determinati oneri gravanti su particolari fonti produttive di reddito, nonché di erogazioni liberali effettuate a favore di particolari soggetti per determinate finalità.
L’articolo 15 del TUIR individua gli oneri detraibili dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento, qualora gli stessi non siano già deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo.
Come è ricordato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 2.1, per la nozione di asilo nido deve farsi riferimento all'articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, secondo cui costituiscono asili nido le strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni e a sostenere le famiglie e i genitori. Poiché il presente comma 335 non contiene alcuna precisazione riguardo alle caratteristiche tipologiche dell'asilo, è possibile fruire del beneficio fiscale in relazione alle somme versate a qualsiasi asilo nido, sia pubblico che privato.
Secondo quanto precisato dall’Agenzia, “la detrazione, in aderenza al principio di cassa, compete in relazione alle spese sostenute nel periodo d'imposta 2005, a prescindere dall'anno scolastico cui si riferiscono”. Essa “va divisa tra i genitori sulla base dell'onere da ciascuno sostenuto. Qualora il documento di spesa sia intestato al bimbo, o ad uno solo dei coniugi, è comunque possibile specificare, tramite annotazione sullo stesso, le percentuali di spesa imputabili a ciascuno degli aventi diritto”. Le spese detraibili debbono essere documentate e sostenute secondo i princìpi generali validi in tema di detrazione: la documentazione dell'avvenuto pagamento può essere costituita da fattura, bollettino bancario o postale, ricevuta o quietanza di pagamento.
Articolo 31
(Effetti sui saldi di finanza pubblica)
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare: 176 milioni di euro per l'anno 2007; -4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico: 2.908 milioni di euro per l'anno 2007; 4.495 milioni di euro per l'anno 2008; 5.266 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 3.408 milioni di euro per l'anno 2007; 5.065 milioni di euro per l'anno 2008; 5.366 milioni di euro per l'anno 2009.
Si rinvia alla scheda
generale sugli effetti sui saldi di finanza pubblica a pag.
Articolo 32
(Revisione degli assetti organizzativi.
Disposizioni
riguardanti i Ministeri)
1. Al fine di razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento dei Ministeri, con regolamenti da emanare, entro il 30 aprile 2007, ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si provvede:
a) alla riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale, procedendo alla riduzione in misura non inferiore al 10 per cento di quelli di livello dirigenziale generale ed al 5 per cento di quelli di livello dirigenziale non generale nonché alla eliminazione delle duplicazioni organizzative esistenti;
b) alla gestione unitaria del personale e dei servizi comuni anche mediante strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica;
c) alla rideterminazione delle strutture periferiche, prevedendo la loro riduzione e, ove possibile, la costituzione di uffici regionali o la riorganizzazione presso le prefetture-uffici territoriali del Governo, ove risulti sostenibile e maggiormente funzionale sulla base dei princìpi di efficienza ed economicità a seguito di valutazione congiunta tra il Ministro competente ed il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, attraverso la realizzazione dell'esercizio unitario delle funzioni logistiche e strumentali, l'istituzione dei servizi comuni e l'utilizzazione in via prioritaria dei beni immobili di proprietà pubblica;
d) alla riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo;
e) alla riduzione degli organismi di analisi, consulenza e studio di elevata specializzazione;
f) alla riduzione delle dotazioni organiche in modo da assicurare che il personale utilizzato per funzioni di supporto (gestione delle risorse umane, sistemi informativi, servizi manutentivi e logistici, affari generali, provveditorati e contabilità), non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ogni amministrazione;
g) all'unificazione, da parte del Ministero degli affari esteri, dei servizi contabili degli uffici della rete diplomatica aventi sede nella stessa città estera, prevedendo che le funzioni delineate dagli articoli 3, 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2000, n. 120, siano svolte dal responsabile dell'ufficio unificato per conto di tutte le rappresentanze medesime.
2. I regolamenti di cui al comma 1 prevedono la completa attuazione dei processi di riorganizzazione entro diciotto mesi dalla loro emanazione.
3. Dalla data di emanazione dei regolamenti di cui al comma 1 sono abrogate le previgenti disposizioni regolatrici delle materie ivi disciplinate. Con i medesimi regolamenti si provvede alla loro puntuale ricognizione.
4. Le amministrazioni, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze gli schemi di regolamento di cui al comma 1, il cui esame deve concludersi entro un mese dalla loro ricezione, corredati:
a) da una dettagliata relazione tecnica asseverata, ai fini di cui all'articolo 9, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38, dai competenti Uffici centrali di bilancio, che specifichi, per ciascuna modifica organizzativa, le riduzioni di spesa previste nel triennio;
b) da un analitico piano operativo asseverato, ai fini di cui all'articolo 9, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38, dai competenti Uffici centrali di bilancio, con indicazione puntuale degli obiettivi da raggiungere, delle azioni da porre in essere e dei relativi tempi e termini.
5. In coerenza con le disposizioni di cui al comma 1, lettera f), e tenuto conto del regime limitativo delle assunzioni di cui alla normativa vigente, le amministrazioni statali attivano con immediatezza, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, piani di riallocazione del personale in servizio, idonei ad assicurare che le risorse umane impegnate in funzioni di supporto non eccedano, al 31 dicembre 2008, il 15 per cento dei dipendenti in servizio. I predetti piani, da predisporre entro il 31 marzo 2007, sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nelle more dell'approvazione dei piani non possono essere disposte nuove assunzioni. La disposizione di cui al presente comma si applica anche alle Forze armate, ai Corpi di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
6. Il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione verificano semestralmente lo stato di attuazione delle disposizioni del presente articolo e trasmettono alle Camere una relazione sui risultati di tale verifica.
7. Alle amministrazioni che non abbiano provveduto nei tempi previsti alla predisposizione degli schemi di regolamento di cui al comma 1 è fatto divieto, per gli anni 2007 e 2008, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto.
8. I competenti organi di controllo delle amministrazioni, nell'esercizio delle rispettive attribuzioni, effettuano semestralmente il monitoraggio sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo e ne trasmettono i risultati ai Ministeri vigilanti e alla Corte dei conti. Successivamente al primo biennio, verificano il rispetto del parametro di cui al comma 1, lettera f), relativamente al personale utilizzato per lo svolgimento delle funzioni di supporto.
9. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e il Ministro dell'economia e delle finanze, emana linee guida per l'attuazione del presente articolo.
10. Le direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione, emanate annualmente dai Ministri, contengono piani e programmi specifici sui processi di riorganizzazione e di riallocazione delle risorse necessari per il rispetto del parametro di cui al comma 1, lettera f), e di quanto disposto dal comma 5.
11. Il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti nel piano operativo di cui al comma 4, lettera b), e nei piani e programmi di cui al comma 10 sono valutati ai fini della corresponsione ai dirigenti della retribuzione di risultato e della responsabilità dirigenziale.
12. L'attuazione delle disposizioni del presente articolo è coordinata dall'«Unità per la riorganizzazione» composta dai Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze e dell'interno, che opera anche come centro di monitoraggio delle attività conseguenti alla predetta attuazione. Nell'esercizio delle relative funzioni l'Unità per la riorganizzazione si avvale, nell'ambito delle attività istituzionali, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, delle strutture già esistenti presso le competenti amministrazioni.
L’articolo 32 prevede un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri,finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, su proposta da ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della legge 400/1988[137].
Come si legge nella relazione illustrativa, l’intervento costituisce uno strumento per il contenimento della spesa per le pubbliche amministrazioni previsto dall’art. 53 del disegno di legge.
Il comma 1 dell’articolo in esame individua sette linee di intervento del programma da attuare con i regolamenti di delegificazione.
Innanzitutto (lett. a), si dovrà procedere ad una riorganizzazione delle articolazioni interne di ciascuna amministrazione volta alla riduzione del numero degli uffici di livello dirigenziale generale di almeno il 10 per cento, e degli uffici di livello dirigenziale non generale del 5 per cento; inoltre, si dovranno eliminare le duplicazioni organizzative eventualmente esistenti.
L’organizzazione interna dei ministeri è disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dal D.Lgs. 300/1999, che fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto. Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis della legge 400 (così è stabilito nell’art. 4, co. 1 del D.Lgs. 300/1999). L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (art. 4, co. 4, D.Lgs. 300/1999).
I regolamenti adottati ai sensi del presente provvedimento dovranno diminuire il numero degli uffici anche di livello dirigenziale non generale, intervenendo così in materia che la legge espressamente riserva ad una fonte di rango inferiore (decreto ministeriale).
Una seconda linea di intervento dei futuri regolamenti (lett. c) consiste nella revisione delle strutture periferiche prevedendone, anche in questo caso, la loro riduzione. A questo proposito la disposizione indica due possibili percorsi: o l’accorpamento di tutti gli uffici periferici facenti capo ad una amministrazione in un unico ufficio regionale, oppure il trasferimento delle funzioni svolte da tali uffici all’interno delle prefetture – Uffici territoriali del Governo.
La seconda soluzione riporta alla natura originaria degli uffici territoriali del Governo. Istituiti dall’art 11 del D.Lgs. 300/1999, in sostituzione delle prefetture, avrebbero dovuto assumere la titolarità di tutte le attribuzioni dell’amministrazione periferica dello Stato, ad eccezione di alcune espressamente indicate (affari esteri, giustizia, difesa, tesoro, finanze, pubblica istruzione, beni culturali, agenzie e, successivamente, anche comunicazioni). In seguito, le funzioni degli UTG (che hanno assunto la denominazione di prefetture – uffici territoriali del Governo) hanno mutato le loro funzioni, assumendo un ruolo di coordinamento degli uffici periferici dello Stato (D.Lgs. 29/2004). Anche il DPR 287/2001 che individuava quali amministrazioni avrebbero dovuto trasferire agli UTG i compiti svolti dalle proprie strutture locali è stato abrogato (DPR 180/2006).
Il provvedimento in esame individua almeno due settori specifici in cui vengono indicate le strutture periferiche da riorganizzare, sempre attraverso lo strumento del regolamento di delegificazione:
§ il primo è il Ministero degli affari esteri (lett. g)del comma in esame) che dovrà unificare i servizi contabili degli uffici della rete diplomatica aventi sede nella stessa città estera (vedi infra);
§ il secondo intervento è contenuto nell’art. 33 del provvedimento in esame (cui si rinvia) che provvede alla riorganizzazione delle sedi periferiche del Ministero dell’interno (prefetture, questure, comandi dei vigili del fuoco). In particolare, si prevede la soppressione delle strutture nelle province con popolazione inferiore ai 200.000 abitanti. Pertanto, delle due alternative indicate sopra per la semplificazione delle sedi periferiche – istituzione di in un unico ufficio regionale o accorpamento presso le prefetture – di fatto nelle piccole province sarà praticabile solamente la prima, stante appunto la soppressione della prefettura.
Come accennato, la lettera g) del comma 1 prevede l’esercizio della potestà regolamentare con riferimento al Ministero degli Affari esteri, e segnatamente allo scopo di unificare i servizi contabili della rete diplomatica in un unico ufficio, qualora detti servizi siano ubicati nella stessa città estera. Le funzioni di cui agli articoli 3, 4 e 6 del D.P.R. 120/2000[138]saranno svolte – in base alle norme regolamentari da adottare – dal responsabile dell’ufficio unificato, che agirà per conto di tutte le rappresentanze interessate.
A norma dell’articolo 3 del DPR 120/2000 sono funzionari delegati presso gli uffici all’estero non più i soli capi degli uffici stessi, ma anche i funzionari amministrativi investiti delle funzioni di commissario amministrativo o commissario amministrativo aggiunto, seppure limitatamente alle spese di mantenimento e funzionamento degli uffici e alle spese per stipendi e indennità del personale, e comunque sotto indirizzo e vigilanza dei preposti agli uffici.
In base all’articolo 4 la gestione delle risorse finanziarie assegnate compete a coloro che sono funzionari delegati ai sensi del precedente articolo 3. In particolare, l’articolo 4 riguarda le spese di mantenimento e funzionamento degli uffici, le risorse relative alle quali vengono determinate in base alla relazione previsionale predisposta annualmente, entro il mese di ottobre, dai titolari degli uffici, sentito il commissario amministrativo o il commissario amministrativo aggiunto. Le risorse stabilite vengono assegnate con decreto del dirigente preposto alla Direzione generale del personale e dell’amministrazione del Ministero degli Affari esteri, che può con analogo strumento procedere anche ad integrazioni delle somme, in caso di esigenze nuove e inderogabili. La disponibilità dei fondi assegnati è assicurata con ordini di rimessa valutaria, come già previsto dall’art. 2 della legge 6 febbraio 1985, n. 15 “Disciplina delle spese da effettuarsi all’estero dal Ministero degli Affari esteri”.
L’articolo 6 conferma il meccanismo degli ordini di rimessa anche per i fondi relativi alla terza categoria di spese degli uffici all’estero, ossia le retribuzioni e indennità del personale. L’articolo introduce altresì la possibilità di somministrazione di questa categoria di fondi mediante ordini di accreditamento a favore dei funzionari delegati a norma dell’art. 3.
La terza direttrice di intervento (lett. f) prevede una generale riduzione degli organici di tutte le amministrazioni. A questa misura si accompagna un intervento di contenimento del personale con funzioni di supporto entro il 15% del totale delle risorse utilizzate da ciascuna amministrazione. Si tratta di quei settori di personale (definiti nella relazione illustrativa back office) impegnati in attività di gestione “interna” dell’amministrazione, con una basso grado di differenziazione tra le diverse amministrazioni. In particolare, la lettera in esame ne individua 5:
§ gestione delle risorse umane;
§ informatica;
§ manutenzione e logistica;
§ affari generali;
§ provveditorati e contabilità.
Per la riduzione del personale di supporto, l’articolo in esame (comma 5) prevede una realizzazione secondo una scansione temporaleprecisa: il limite del 15% dovrà essere raggiunto entro il 31 dicembre 2008, sulla base di piani di riallocazione del personale in servizio da predisporre immediatamente, previa consultazione con le organizzazioni sindacali, non oltre il 31 marzo 2007. Detti piani saranno adottati con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Fino alla approvazione dei piani non potranno essere disposte nuove assunzioni.
La riduzione del personale di supporto dovrà essere applicata anche alle Forze armate, ai Corpi di polizia e ai Vigili del fuoco, in modo da liberare risorse, ora utilizzate per altri fini, nelle attività di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza.
Disposizioni analoghe a quelle testé illustrate sono recate dal successivo art. 39 con riguardo alle agenzie ed agli enti pubblici non economici nazionali.
Gli altri criteri – guida per i regolamenti da emanare, indicati dal comma 1, riguardano la riduzione e la riorganizzazione di particolari attività o strutture delle amministrazioni statali: la gestione del personale da realizzare in modo unitario anche attraverso lo sfruttamento degli strumenti di innovazione tecnologica e amministrativa (lett. b); gli uffici con funzioni ispettive e di controllo (lett. d) e gli organismi di analisi, consulenza e di studio (lett. e).
I commi da 2 a 12 delineano il procedimento di adozione dei regolamenti di revisione degli assetti delle amministrazioni dello Stato secondi criteri individuati dal comma 1.
Esso può essere sintetizzato come segue:
§ le direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione (emanate annualmente dai ministri entro 10 giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio - entro il 10 gennaio 2007 - ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 165/2001) provvedono a programmare la riallocazione del personale di supporto in vista della sua riduzione entro il 15 % (comma 10);
§ il Presidente del Consiglio, previo parere del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e il Ministro dell’economia e delle finanze, emana le linee guida per l’attuazione del riassetto delle amministrazioni (comma 9);
§ entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (entro il 28 febbraio 2007) ciascuna amministrazione trasmette al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze gli schemi di regolamento accompagnati da una dettagliata relazione tecnica, che specifichi le riduzioni di spesa previste nel triennio e da un analitico piano operativo (comma 4);
§ l’esame degli schemi di regolamento da parte del Governo deve concludersi entro un mese dalla loro ricezione (quindi al massimo entro il 31 marzo 2007) (comma 4);
§ sempre entro il 31 marzo 2007 dovranno essere predisposti i piani di riallocazione del personale di supporto di cui si è detto sopra (comma 5);
§ i regolamenti prevedono la completa attuazione dei processi di riorganizzazione entro diciotto mesi dalla loro emanazione (comma 2);
§ dalla data di emanazione dei regolamenti sono abrogate le disposizioni regolatrici delle materie ivi disciplinate, la cui puntuale ricognizione è affidata ai medesimi regolamenti (comma 3).
Viene, inoltre, previsto un sistema di controllo e di sanzioni:
§ il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione verificano ogni sei mesi lo stato di attuazione delle disposizioni del presente articolo e ne trasmettono i risultati alle Camere con una relazione specifica (comma 6);
§ anche gli organi di controllo delle singole amministrazioni, effettuano semestralmente il monitoraggio sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo e ne trasmettono i risultati ai Ministeri vigilanti e alla Corte dei conti. Inoltre, dopo due anni, verificano il rispetto delle disposizioni relative al personale utilizzato per lo svolgimento delle funzioni di supporto (comma 8);
§ le amministrazioni che non abbiano provveduto nei tempi previsti alla predisposizione degli schemi di regolamento non possono, per gli anni 2007 e 2008, procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto (comma 7);
§ il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti nel piano operativo di cui al comma 4, e nei programmi di cui al comma 10 sono valutati ai fini della corresponsione ai dirigenti della retribuzione di risultato e della responsabilità dirigenziale (comma 11).
Infine (comma 12), viene istituita una Unità per la riorganizzazione composta dai Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze e dell'interno, con il duplice compito di coordinare le attività delle singole amministrazioni e di monitorare tali attività. Nell'esercizio delle relative funzioni l'Unità per la riorganizzazione si avvale, nell'ambito delle attività istituzionali, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, delle strutture già esistenti presso le competenti amministrazioni.
1. Con i regolamenti di cui all'articolo 32, comma 1, sono altresì determinati gli ambiti territoriali ottimali per l'esercizio delle funzioni di competenza degli uffici periferici del Ministero dell'interno, di cui all'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, tenendo conto dei seguenti criteri direttivi:
a) semplificazione delle procedure amministrative e riduzione dei tempi dei procedimenti e di contenimento dei relativi costi;
b) realizzazione di economie di scala, evitando duplicazioni funzionali;
c) ottimale impiego delle risorse;
d) determinazione della dimensione territoriale, correlata alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, alle realtà etnico-linguistiche, nonché alla popolazione residente che non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;
e) ponderazione dei precedenti criteri, con riguardo alle specificità dell'ambito territoriale di riferimento, anche in relazione alla prossimità dei servizi resi al cittadino.
L’articolo 33 è volto – come precisato nella relazione illustrativa del disegno di legge – alla razionalizzazione della presenza nel territorio degli uffici periferici del Ministero dell’interno tramite la revisione dei loro ambiti territoriali.
Sempre la relazione illustrativa indica due princìpi alla base dell’intervento: da un lato la semplificazione delle procedure amministrative e l’eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali e, dall’altro, la correlazione tra dimensione territoriale degli uffici e le realtà economico-sociali del territorio.
La disposizione costituisce una applicazione specifica di quanto disposto in via generale per tutte le amministrazioni dall’art. 32 del provvedimento in esame. Infatti, l’art. 32 al comma 1, lettera c), prevede, tra gli obiettivi dei regolamenti di delegificazione ivi autorizzati per il contenimento delle spese dei ministeri, la rideterminazione delle strutture periferiche dell’amministrazione centrale e la loro riduzione.
L’articolo in esame stabilisce che i regolamenti di delegificazione di cui sopra, dovranno anche determinare gli ambiti territoriali ottimali per l’esercizio delle funzioni di competenza degli uffici periferici del Ministero dell’interno, ossia delle prefetture – Uffici territoriali del Governo, delle questure e delle strutture periferiche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Vengono poi indicati cinque criteri direttivi per l’emanazione di detti regolamenti, che nel complesso sembrano delineare una riorganizzazione delle strutture periferiche dell’interno che va al di là della mera ridistribuzione territoriale.
Innanzitutto i regolamenti dovranno essere ispirati dal principio della semplificazione amministrativa e della riduzione dei tempi (e dei costi) dei procedimenti.
Inoltre, dovranno perseguire la realizzazione di economie di scala – evitando le duplicazioni funzionali – (secondo criterio) e l’ottimale impiego delle risorse (terzo criterio).
Il quarto criterio è di particolare rilievo, in quanto pone un limite minimo alla dimensione territoriale delle strutture pari a 200.000 abitanti. Vengono previsti anche altri criteri che dovranno sovrintendere alla determinazione dell’ampiezza territoriale (attività economiche, servizi essenziali, tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, realtà linguistica), ma in ogni caso questa non dovrà essere inferiore al limite sopra indicato.
Il carattere imperativo del criterio demografico di cui sopra potrebbe in parte risultare attenuato dal quinto ed ultimo principio, che prevede la possibilità di “ponderare” i precedenti criteri alla luce di altre esigenze, quali quelle derivanti dalla “specificità dell’ambito territoriale di riferimento”, anche in relazione alla “prossimità” dei servizi alla cittadinanza.
Il prefetto è un organo dell’amministrazione dello Stato a competenza generale che rappresenta sul territorio il Governo nella sua unità. Esso è titolare della prefettura - Ufficio territoriale del Governo (U.T.G.), struttura che provvede all’esercizio coordinato dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato.
Le prefetture dipendono strutturalmente dal Ministero dell’interno, del quale svolgono molti dei compiti a livello locale, ma assolvono anche le funzioni, a livello decentrato, di altre amministrazioni centrali.
L’ambito di competenza territoriale del prefetto è la provincia. La legge comunale e provinciale del 1934 prevedeva un preciso obbligo in tal senso stabilendo che ogni provincia avesse un prefetto[139]. La legge del 1934 è stata definitivamente abrogata dalle testo unico delle leggi sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000), ma di fatto tuttora risultano costituite prefetture in ciascuna provincia[140]
Richiami alla dimensione provinciale delle prefetture sono contenuti in numerose disposizioni di legge. Tra queste, l’art. 1 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931[141] che attribuisce al prefetto le funzioni di autorità provinciale di pubblica sicurezza[142].
Ai sensi della stessa norma, anche il questore è autorità provinciale di pubblica sicurezza e, infatti, risultano istituite questure in tutte le province. Mentre il prefetto svolge, in materia di pubblica sicurezza, funzioni di carattere politico-amministrativo nella provincia, il questore esercita funzioni tecnico-operative, sempre a livello provinciale, ed in questo ambito ha compiti di coordinamento dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica. Il questore è un funzionario della Polizia di Stato e dirige il lavoro dei commissariati e delle altre strutture della Polizia di Stato nel territorio. L’art. 32 della legge 121/1981 stabilisce espressamente che la questura è ufficio provinciale.
Anche il terzo soggetto interessato dall’articolo in esame, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è organizzato, a livello locale, su base provinciale: le strutture periferiche del Corpo nazionale si articolano in direzioni regionali, di livello dirigenziale generale, e in comandi provinciali, di livello dirigenziale non generale[143].
Si rammenta, in proposito, che altre strutture periferiche dello Stato prevedono una organizzazione provinciale. Rimanendo nel settore della sicurezza, nel quale operano prevalentemente gli organismi interessati dal provvedimento in esame, si segnalano i seguenti esempi:
§ Arma dei carabinieri: l'organizzazione territoriale dell’Arma comprende comandi interregionali, comandi regionali, e comandi provinciali, quest’ultimi, istituiti in ogni provincia e retti ciascuno da generale di brigata e colonnello[144].
§ Corpo della Guardia di finanza: a livello territoriale comprende comandi interregionali, comandi regionali e comandi provinciali, retti da generale di brigata o ufficiale superiore e costituiti, di norma, da un nucleo di polizia tributaria e da gruppi e reparti operativi, terrestri, navali e aerei[145].
§ Corpo forestale dello Stato: anche in questo caso è prevista una articolazione in comandi provinciali[146].
Per quanto riguarda la dimensione demografica minima di 200.000 abitanti, si rileva che essa dovrebbe riferirsi alla popolazione legale della Repubblica come risultante dall’ultimo censimento del 21 ottobre 2001[147] (si veda la tabella allegata). In questo caso la disposizione in esame interesserebbe 14 province: Vercelli, Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Aosta, Sondrio, Lodi, Gorizia, Massa-Carrara, Rieti, Isernia, Crotone, Vibo Valentia, Enna, Oristano[148].
Per la procedura di adozione dei regolamenti previsti dall’articolo in esame, si rinvia a quanto detto a riguardo nell’articolo 32.
Si ricorda che l’art. 35 del presente disegno di legge interviene sopprimendo le direzioni interregionali della Polizia di Stato.
Si rileva, infine, che nella relazione tecnica non vengono quantificate le conseguenze contabili dell’attuazione del presente articolo.
Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 2001
Torino |
2165619 |
Vercelli |
176829 |
Biella |
187249 |
Verbano-Cusio-Ossola |
159040 |
Novara |
343040 |
Cuneo |
556330 |
Asti |
208339 |
Alessandria |
418231 |
Aosta |
119548 |
Varese |
812477 |
Como |
537500 |
Lecco |
311452 |
Sondrio |
176856 |
Milano |
3707210 |
Bergamo |
973129 |
Brescia |
1108776 |
Pavia |
493753 |
Lodi |
197672 |
Cremona |
335939 |
Mantova |
377790 |
Bolzano - Bozen |
462999 |
Trento |
477017 |
Verona |
826582 |
Vicenza |
794317 |
Belluno |
209550 |
Treviso |
795264 |
Venezia |
809586 |
Padova |
849857 |
Rovigo |
242538 |
Pordenone |
286198 |
Udine |
518840 |
Gorizia |
136491 |
Trieste |
242235 |
Imperia |
205238 |
Savona |
272528 |
Genova |
878082 |
La Spezia |
215935 |
Piacenza |
263872 |
Parma |
392976 |
Reggio nell'Emilia |
453892 |
Modena |
633993 |
Bologna |
915225 |
Ferrara |
344323 |
Ravenna |
347847 |
Forlì-Cesena |
358542 |
Rimini |
272676 |
Massa-Carrara |
197652 |
Lucca |
372244 |
Pistoia |
268503 |
Firenze |
933860 |
Prato |
227886 |
Livorno |
326444 |
Pisa |
384555 |
Arezzo |
323288 |
Siena |
252288 |
Grosseto |
211086 |
Perugia |
605950 |
Terni |
219876 |
Pesaro e Urbino |
351214 |
Ancona |
448473 |
Macerata |
301523 |
Ascoli Piceno |
369371 |
Viterbo |
288783 |
Rieti |
147410 |
Roma |
3700424 |
Latina |
491230 |
Frosinone |
484566 |
L'Aquila |
297424 |
Teramo |
287411 |
Pescara |
295481 |
Chieti |
382076 |
Isernia |
89852 |
Campobasso |
230749 |
Caserta |
852872 |
Benevento |
287042 |
Napoli |
3059196 |
Avellino |
429178 |
Salerno |
1073643 |
Foggia |
690992 |
Bari |
1559662 |
Taranto |
579806 |
Brindisi |
402422 |
Lecce |
787825 |
Potenza |
393529 |
Matera |
204239 |
Cosenza |
733797 |
Crotone |
173122 |
Catanzaro |
369578 |
Vibo Valentia |
170746 |
Reggio di Calabria |
564223 |
Trapani |
425121 |
Palermo |
1235923 |
Messina |
662450 |
Agrigento |
448053 |
Caltanissetta |
274035 |
Enna |
177200 |
Catania |
1054778 |
Ragusa |
295264 |
Siracusa |
396167 |
Sassari |
453628 |
Nuoro |
264859 |
Oristano |
153082 |
Cagliari |
760311 |
Fonte: DPCM 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001
1. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 32, l'articolazione periferica del Ministero dell'economia e delle finanze è ridefinita su base regionale e, ove se ne ravvisi l'opportunità, interregionale e interprovinciale in numero complessivo comunque non superiore a 50 sedi per ciascuna delle strutture di cui al comma 3, in relazione alle esigenze di conseguimento di economie di gestione e del miglioramento dei servizi resi all'utenza.
2. Con le modalità, i tempi e i criteri previsti dall'articolo 32 si provvede:
a) al riordino dell'articolazione periferica del Ministero dell'economia e delle finanze e alla soppressione dei Dipartimenti provinciali del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché delle Ragionerie provinciali dello Stato e delle Direzioni provinciali dei servizi vari;
b) alla ridefinizione delle competenze e delle strutture dei Dipartimenti centrali.
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 32, comma 1, gli uffici di cui al comma 2, lettera a), del presente articolo assumono le seguenti denominazioni: «Direzioni territoriali dell'economia e delle finanze» e «Ragionerie territoriali dello Stato».
4. Previa stipula di apposite convenzioni, gli uffici territoriali dell'economia e delle finanze possono delegare alle aziende sanitarie locali lo svolgimento, in tutto o in parte, delle residue funzioni attribuite alle commissioni mediche di verifica.
L’articolo 34 dispone la ridefinizione dell’articolazione periferica del Ministero dell’economia e finanze su base regionale e, qualora se ne ravvisi l’opportunità, interregionale e interprovinciale.
Il numero complessivo di sedi per ciascuna delle articolazioni territoriali del Ministero stesso non dovrà essere superiore a 50, ai fini del conseguimento di economie gestionali e di miglioramento dei servizi resi all’utenza (comma 1).
La ridefinizione delle articolazioni periferiche del Ministero dell’economia e finanze in tale articolo prevista, costituisce un specificazione del processo di riorganizzazione dei ministeri delineato nell’articolo 32 (cfr. la relativa scheda di lettura)
Con le modalità, i tempi ed i criteri indicati nell’articolo 32 dovrà provvedersi al riordino dell’articolazione periferica del Ministero dell’economia e finanze e alla contestuale soppressione dei Dipartimenti provinciali del tesoro, bilancio e programmazione economica, nonché delle Ragionerie provinciali dello Stato e delle Direzioni provinciali dei servizi vari. Gli uffici facenti capo a tali strutture assumeranno, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento generale di riorganizzazione, di cui all’articolo 32, comma 1, del disegno di legge in commento, il nome di “Direzioni territoriali dell’Economia e delle Finanze” e “Ragionerie territoriali dello Stato” (comma 2, lett. a) e comma 3);
L’art. 10 del D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38, “Regolamento recante le attribuzioni dei Dipartimenti del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché disposizioni in materia di organizzazione e di personale, a norma dell'articolo 7, comma 3, della L. 3 aprile 1997, n. 94 ” disciplina compiti e funzioni dei Dipartimenti provinciali del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, prevedendo che essi svolgano, in sede locale, i servizi di competenza del Ministero, con riferimento anche ai fondi di provenienza comunitaria (comma 1) [149].
I dipartimenti provinciali si articolano in:
a) ragionerie provinciali dello Stato, che svolgono, nei confronti degli organi decentrati delle amministrazioni dello Stato, le funzioni attribuite agli uffici centrali del bilancio presso i Ministeri[150];
b) uffici, servizi, osservatori, commissioni provinciali e altre strutture destinate, in particolare, all'erogazione dei servizi relativi alle pensioni di guerra ed assegni vari a particolari categorie, con le funzioni tecniche ed amministrative connesse; e servizi relativi all'erogazione di trattamenti economici a carico del bilancio dello Stato, ovvero, mediante convenzione, all'erogazione di trattamenti economici a carico di altre amministrazioni pubbliche; nonché, ove necessario, di altri compiti dei Dipartimenti del Ministero.
I Dipartimenti provinciali sono organicamente inseriti nel Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro e dipendono funzionalmente dai Dipartimenti centrali cui afferiscono i compiti e i servizi svolti in sede locale. Le ragionerie provinciali nello svolgimento dei compiti riguardanti la gestione del bilancio e il rendiconto generale dello Stato, rispondono direttamente ed operativamente al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nell'ambito della necessaria integrazione tecnica, giuridica e funzionale dei relativi processi e delle responsabilità che vi sono unitariamente connesse.
Gli effetti positivi ricadenti dalla disposizione in commento sia sul fabbisogno sia sull’indebitamento netto, indicati nell’allegato 7 del d.d.l. in esame, sono pari a 5 milioni di euro per il 2007, 10 milioni di euro per il 2008, 15 milioni di euro per il 2009.
1. Al fine di conseguire economie, garantendo comunque la piena funzionalità dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, le Direzioni interregionali della Polizia di Stato sono soppresse a decorrere dal 1o dicembre 2007 e le relative funzioni sono ripartite tra le strutture centrali e periferiche della stessa Amministrazione, assicurando il decentramento di quelle attinenti al supporto tecnico-logistico.
2. Al medesimo fine di cui al comma 1, l'Amministrazione della pubblica sicurezza provvede alla razionalizzazione del complesso delle strutture preposte alla formazione e all'aggiornamento del proprio personale, nonché dei presìdi esistenti nei settori specialistici della Polizia di Stato.
3. I provvedimenti di organizzazione occorrenti, comprese le modificazioni ai regolamenti previsti dall'articolo 6 della legge 31 marzo 2000, n. 78, e successive modificazioni, e dall'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono adottati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Con successivi provvedimenti si provvede alle revisione delle norme concernenti i dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B, garantendo ai funzionari che rivestono tale qualifica alla data di entrata in vigore della presente legge, l'applicazione ad esaurimento dell'articolo 42, comma 3, della legge 1o aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni, nonché il loro successivo impiego sino alla cessazione del servizio. Con gli stessi provvedimenti, si provvede altresì ad adeguare l'organico dei dirigenti generali di pubblica sicurezza, nonché la disciplina relativa all'inquadramento nella qualifica di prefetto degli stessi dirigenti, assicurando, comunque, l'invarianza della spesa.
5. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo devono derivare risparmi di spesa non inferiori a 3 milioni di euro per l'anno 2007, a 8,1 milioni di euro per l'anno 2008 e a 13 milioni di euro per l'anno 2009.
L’articolo 35, perseguendo l’obiettivo del conseguimento di risparmi di spesa, dispone la soppressione delle Direzioni interregionali della Polizia di Stato e la riorganizzazione delle strutture per la formazione e l'aggiornamento del personale della Polizia di Stato.
Anche la disposizione in commento costituisce, come il precedente art. 33, un’applicazione di quanto stabilito in via generale per tutte le amministrazioni dall’art. 32 del provvedimento in esame: tale disposizione, al comma 1, lettera c), prevede, tra gli obiettivi dei regolamenti di delegificazione ivi autorizzati per il contenimento delle spese dei ministeri, la rideterminazione delle strutture periferiche dell’amministrazione centrale e la loro riduzione.
L’art. 33, cui si rinvia, interviene invece sui criteri per la determinazione territoriale degli uffici periferici del Ministero dell’interno (prefetture, questure e comandi provinciali dei vigili del fuoco), stabilendo una soglia demografica minima di 200.000 abitanti per la loro costituzione.
Il comma 1 dispone la soppressione, a decorrere dal 1 gennaio 2007, delle Direzioni interregionali della Polizia di Stato, stabilendo che le funzioni da esse svolte siano ripartite tra le strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.
Le Direzioni Interregionali della Polizia di Stato sono state istituite con D.P.R. 208/2001[151] (artt. 6-7) nelle città indicate nella Tabella 1 allegata al medesimo D.P.R. (vedi infra).
Sede |
Giurisdizione |
Torino |
Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria |
Milano |
Lombardia ed Emilia-Romagna |
Padova |
Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige |
Firenze |
Toscana, Umbria e Marche |
Roma |
Lazio, Abruzzo e Sardegna |
Napoli |
Campania, Molise, Puglia e Basilicata |
Catania |
Sicilia e Calabria |
Ad esse sono preposti dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B, i quali svolgono le funzioni conferite in esecuzione delle direttive del Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, raccordando l'attività dei propri uffici con quelle degli altri uffici e direzioni centrali del dipartimento della pubblica sicurezza.
Esse operano alle dipendenze gerarchiche e funzionali del Capo della Polizia-Direttore Generale della pubblica sicurezza, svolgendo funzioni ispettive e di controllo in tutti gli uffici ed organi periferici dell'amministrazione della pubblica sicurezza aventi sede nell'area territoriale di competenza.
Le Direzioni interregionali hanno anche funzioni di carattere organizzativo e amministrativo, comprese quelle di documentazione e quelle logistiche, a supporto delle attività istituzionali degli uffici e reparti con funzioni finali aventi sede nel medesimo àmbito territoriale.
Esse concorrono, inoltre, all'elaborazione delle pianificazioni e programmazioni concernenti l'acquisizione e l’assegnazione delle risorse umane, strumentali e logistiche.
Hanno infine funzioni ispettive, di controllo e decentrate di carattere organizzativo e amministrativo.
L'articolazione organizzativa e funzionale delle direzioni interregionali della Polizia di Stato è stata stabilita con decreto del Ministro dell'interno 10 settembre 2001, che ne ha definito le posizioni dirigenziali, nell'àmbito delle dotazioni organiche dei dirigenti della Polizia di Stato e delle assegnazioni di dirigenti del ruolo unico per le funzioni amministrativo-contabili, e le rispettive aree di attività.
Come già ricordato (si veda la scheda relativa all’art. 33 del d.d.l. in esame), altri Corpi di polizia prevedono, nella loro articolazione territoriale, strutture sovraregionali analoghe a quelle ora illustrate. Tra questi:
§ l’Arma dei carabinieri, la cui organizzazione sul territorio comprende i comandi interregionali, i quali esercitano funzioni di alta direzione, di coordinamento e di controllo nei confronti dei comandi regionali e assicurano il sostegno tecnico, logistico e amministrativo di tutti i reparti dell'Arma dislocati nell'area di competenza[152]. Cinque sono i comandi interregionali dell’Arma, retti da un generale di corpo d'armata e dislocati rispettivamente a Milano, Padova, Roma, Napoli e Messina;
§ il Corpo della Guardia di finanza, anch’esso articolato in comandi interregionali, i quali hanno alle dipendenze due o più comandi regionali[153] Si tratta di sei comandi interregionali, ubicati nelle sedi di Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Palermo, ciascuno retto da un generale di corpo d'armata.
Il comma 2 dispone la razionalizzazione delle strutture preposte alla formazione del personale della Polizia di Stato e dei presidi territoriali dei settori specialistici della Polizia di Stato.
Dalla relazione tecnica emerge che la disposizione fa riferimento alla dismissione di sette scuole della Polizia di Stato, la cui attività cesserà, per alcune di esse, all’inizio del 2007, per altre, nel 2008, consentendo il recupero di 800 unità della Polizia di Stato e di 160 dipendenti civili del Ministero dell’interno da destinare ad altre attività.
Si ricorda che il D.P.R. 208/2001 (art. 2, co. 1, lett. b)) annovera, tra gli uffici centri e istituti con funzioni strumentali e di supporto, gli istituti di istruzione, istituiti alle dipendenze del dipartimento della pubblica sicurezza, per le esigenze di istruzione, addestramento, aggiornamento e perfezionamento del personale.
Il comma 3 fissa in sei mesi dalla entrata in vigore della legge il termine per l’adozione dei provvedimenti di organizzazione necessari per l’adeguamento alle modifiche previste dall’articolo in esame della normativa vigente di rango non primario e, in particolare, dei regolamenti di delegificazione emanati ai sensi dell'articolo 17, co. 2, e co. 4-bis, della L. 400/1988.
Il comma 4 rinvia a successivi provvedimenti la revisione della disciplina concernente i dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B.
La revisione dovrà garantire ai funzionari che rivestono tale qualifica alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l’applicazione ad esaurimento delle norme relative all’inquadramento a prefetto previste dall'art. 42, co. 3, della L. 121/1981, e il loro successivo impiego sino alla cessazione del servizio.
I medesimi provvedimenti adegueranno l'organico dei dirigenti generali di pubblica sicurezza e ridefiniranno la disciplina relativa al loro inquadramento nella qualifica di prefetto, nel rispetto dell'invarianza della spesa.
L'art. 42, co. 3, della L. 121/1981[154] disciplina la nomina a dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B e la successiva nomina e inquadramento a prefetto, stabilendo che i dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B:
- sono nominati tra i dirigenti generali di pubblica sicurezza;
- sono inquadrati nella qualifica di prefetto nel termine non inferiore a tre anni dal conseguimento della qualifica conservando a tutti gli effetti l'anzianità maturata anche nella qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza. Gli inquadramenti si effettuano nell'àmbito della dotazione organica di cui alla tabella B[155] allegata al D.Lgs. 139/2000[156], alla copertura fino al massimo di 17 posti di prefetto.
Il comma 5 determina i risparmi di spesa attesi dall’attuazione delle disposizioni dell’articolo in esame.
Articolo 36
(Misure per la realizzazione del Centro
polifunzionale della Polizia di Stato di Napoli)
1. Le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, si applicano agli enti previdenziali fino al 31 dicembre 2009.
(Secondo periodo stralciato).
Il primo periodo dell’articolo 36 (il Presidente della Camera dei deputati, ai sensi dell’articolo 120, comma 2 del Regolamento dei deputati, ha stralciato nella seduta del 5 ottobre 2006 il secondo periodo dell’articolo in esame in quanto disposizione estranea al contenuto proprio delle leggi finanziarie), prevede che l’obbligo per gli enti previdenziali di destinare un’ulteriore quota dei propri fondi annualmente disponibili in via prioritaria alla realizzazione o all'acquisto di immobili destinati alle esigenze di edilizia universitaria, e degli istituti pubblici di ricerca, da concedere in uso anche mediante locazione finanziaria agli enti interessati secondo le disposizioni di cui all’articolo 3 della L. 23 dicembre 1992, n,. 498, debba applicarsi fino al 31 dicembre 2009.
L’articolo 3 della L. 23 dicembre 1992, n,. 498 ha previsto, per gli anni 1993 e 1994, l’obbligo, per gli enti previdenziali, di destinare una ulteriore quota, non inferiore al 25 per cento dei fondi annualmente disponibili, in via prioritaria alla realizzazione o all'acquisto di immobili destinati alle esigenze di edilizia universitaria, anche per uso residenziale, e degli istituti pubblici di ricerca, da concedere in uso anche mediante locazione finanziaria agli enti interessati.
Le università, per far fronte ai relativi oneri, possono utilizzare le proprie disponibilità di bilancio e anche di cassa, nonché i fondi per l'edilizia. Si considerano prioritari gli interventi di completamento di programmi già avviati e gli interventi necessari a rendere funzionali lotti già parzialmente eseguiti.
In ogni caso, la percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare, comunque, il 40 per cento di tali somme e non può essere inferiore al 20 per cento di esse; le parti restanti possono essere impiegate negli altri modi previsti, per ciascun ente, dalle leggi istitutive, dai regolamenti e dagli statuti.
Le percentuali, infine, possono essere variate in relazione a particolari esigenze di bilancio o alla forma di gestione adottata da ciascun ente con decreto del Ministro per il lavoro e della previdenza sociale emanato di concerto con il Ministro per il tesoro ed il Ministro per il bilancio e la programmazione economica (attualmente Ministro dell’economia e delle finanze).
Successivamente è intervenuto l’articolo 1, comma 17, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, che ha prorogato l’applicazione dell’art. 3 della L. 23 dicembre 1992, n. 498 fino al 31 dicembre 2005.
Articolo 37
(Misure per assicurare la funzionalità
dei servizi di polizia)
1. Nell'ambito delle attribuzioni di cui all'articolo 1, secondo comma, della legge 1o aprile 1981, n. 121, il Ministro dell'interno può autorizzare, con proprie ordinanze, il Capo della polizia, direttore generale della pubblica sicurezza, ovvero uno o più prefetti, a porre in essere le attività negoziali e i pagamenti occorrenti per l'attuazione delle misure di emergenza individuate dallo stesso Ministro, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico e nell'ambito delle risorse disponibili.
2. Al fine di assicurare la migliore utilizzazione delle risorse disponibili, i mezzi, gli immobili e gli altri beni sequestrati o confiscati ed affidati in uso alle Forze di polizia sulla base delle disposizioni di legge o di regolamento in vigore, possono essere utilizzati per tutti i compiti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria definiti dall'amministrazione assegnataria.
L’articolo 37 reca disposizioni dirette ad agevolare l’attività dell’Amministrazione della pubblica sicurezza attraverso lo snellimento sia delle procedure relative alle attività negoziali e ai pagamenti necessari per l’attuazione delle misure di emergenza, sia delle modalità di utilizzazione dei beni sequestrati o confiscati affidati in uso alle forze di polizia.
Il comma 1 dà facoltà al Ministro dell'interno di autorizzare il Capo della polizia o i prefetti ad effettuare le attività negoziali e i pagamenti necessari per attuare misure di emergenza.
Tale autorizzazione è conferita dal ministro ricorrendo allo strumento dell’ordinanza, con riferimento a specifiche situazioni individuate dallo stesso ministro, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico e nell'ambito delle risorse disponibili.
In occasione di gravi calamità, il Dipartimento della protezione civile è stato più volte autorizzato, con ordinanze del Presidente del Consiglio[157], a porre in essere le attività negoziali necessarie per fronteggiare tempestivamente tali situazioni, anche in deroga alle disposizioni sui contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ma comunque sulla base di una specifica motivazione e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.
Nell’ambito della gestione del fenomeno dell'immigrazione clandestina, si ricorda che con l’ordinanza del Presidente del Consiglio del 7 novembre 2003[158], il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell’interno è stato autorizzato a porre in essere le attività negoziali per l'attivazione e la gestione dei servizi di accoglienza alle frontiere.
Il comma 2 dispone che beni mobili e immobili sequestrati o confiscati ed affidati in uso alle Forze di polizia possono essere utilizzati per le esigenze di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria individuate dall'amministrazione assegnataria.
In relazione alla gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati[159], si ricorda che, mentre la disciplina per i beni sequestrati e confiscati in sede penale è prevista agli artt. 81-88 delle norme di attuazione del c.p.p[160]., quella relativa alla gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati in sede preventiva è contenuta nella L. 575/1965[161].
La legge è stata oggetto di ripetuti interventi di modifica da parte del legislatore; il più organico intervento di riforma della materia si è, tuttavia, avuto con la L. 7 marzo 1996, n. 109[162] che ha introdotto significative innovazioni finalizzate ad una più razionale amministrazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminalie ad una più puntuale destinazione degli stessi a fini istituzionali e sociali.
Per quanto concerne la destinazione dei beni confiscati, mentre tutte le somme di denaro (confiscate o ricavate dalla vendita di beni mobili o dal recupero di crediti personali) debbono essere obbligatoriamente versate dall’amministratore all’ufficio del registro, per la destinazione dei beni immobili sono previste diverse alternative (L-575/1965, art. 2-undecies, co. 2[163]):
- laconservazione al patrimonio dello Stato, con utilizzazione diretta esclusivamente per esigenze istituzionali tipizzate: giustizia, ordine pubblico e protezione civile;
- il trasferimento al patrimonio del comune ove l'immobile ha sede, con destinazione a fini istituzionali e sociali;
- il trasferimento al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, se si tratta di beni confiscati per il reato di cui associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga (art. 74 del T.U. sulle tossicodipendenze, D.P.R. 309/1990); in questo caso il comune può amministrare direttamente il bene o affidarlo, preferibilmente in concessione, a comunità o enti per il recupero di tossicodipendenti.
Per la destinazione dei beni aziendali sono previste, invece, le seguenti alternative:
- qualora vi siano prospettive fondate di continuazione o ripresa delle attività produttive l'affitto a titolo oneroso a società e imprese pubbliche o private, oppure l'affitto a titolo gratuito, senza oneri per lo Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata;
- la vendita a richiedenti, per importo almeno pari alla stima del competente ufficio territoriale del Ministero dell’economia e delle finanze, qualora vi sia maggiore utilità pubblica;
- la liquidazione, anche in tal caso in presenza di maggiore utilità pubblica.
All’Agenzia del demanio è attribuita la gestione dei beni confiscati e che l’articolo 2 dello statuto della medesima Agenzia individua, tra i compiti dell’ente, la gestione dei beni mobili e immobili e delle aziende confiscati alla criminalità organizzata, nonché dei veicoli sequestrati e confiscati.
L’art. 2-duodecies, co. 2[164], della L. 575/1965 ha istituito un sistema di monitoraggio permanente di tali beni, cui è seguita la creazione di una banca dati per una più efficace gestione. La medesima disposizione ha previsto che il Governo trasmetta ogni sei mesi una relazione al Parlamento sui dati relativi alla consistenza, destinazione ed utilizzazione dei beni sequestrati o confiscati. L’ultima relazione (recante i dati al 31 agosto 2006) è stata trasmessa alle Camere il 19 settembre 2006 (Doc. CLIV, n. 1).
Disposizioni specifiche sono previste per la destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni antidroga (artt. 100 e 101 del T.U. sulle tossicodipendenze, D.P.R. 309/1990):
- i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria antidroga possono essere affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia antidroga;
- i beni mobili ed immobili acquisiti dallo Stato, a seguito di provvedimento definitivo di confisca, vengono assegnati, a richiesta, dell'Amministrazione di appartenenza degli organi di polizia che ne abbiano avuto l'uso e possono altresì essere assegnati, a richiesta anche ad associazioni, comunità, od enti che si occupino del recupero dei tossicodipendenti
- le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal T.U. sulle tossicodipendenze ovvero per il delitto di sostituzione di denaro o valori provenienti da traffico illecito di sostanze stupefacenti o da associazione finalizzata al traffico illecito delle stesse, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei delitti previsti dal T.U..
Con riferimento alla destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando, l’art. 301-bis del T.U. delle leggi doganali[165] dispone che i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria anticontrabbando, sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia, ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.
L’art. 12, co. 8, del T.U. sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998[166]) stabilisce che beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati commessi in violazione delle disposizioni contro l’immigrazione clandestina sono affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.
Articolo 38
(Misure per la realizzazione di programmi
di incremento
dei servizi di polizia)
1. Per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di polizia e per la sicurezza dei cittadini, il Ministro dell'interno e, per sua delega, i prefetti, possono stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali che prevedano la contribuzione logistica o finanziaria delle stesse regioni e degli enti locali, con le modalità stabilite, anche in deroga a disposizioni di legge o di regolamento, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata.
L’articolo 38 stabilisce che il ministro dell’interno e i prefetti, previa delega da parte del ministro, possono stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali al fine di realizzare programmi straordinari volti ad incrementare i servizi di polizia a tutela della sicurezza dei cittadini.
Le modalità per la stipula delle convenzioni, che dovranno prevedere il contributo logistico o finanziario degli enti interessati, sono determinate con decreto del ministro dell'interno, emanato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, dopo aver acquisito il parere della Conferenza unificata Stato-regioni-città. Il testo prevede – peraltro con una formulazione generica – che tali modalità possano essere disposte anche in deroga a disposizioni di legge o di regolamento.
Nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1) s’incontra più d’un riferimento al ruolo chiave nell’agevolare i processi di sviluppo, esercitato dagli interventi dello Stato volti a favorire l’efficace tutela dei diritti, la legalità e la sicurezza dei cittadini e delle imprese.
Tale concetto è particolarmente sottolineato nel capitolo V, dedicato a Sviluppo e competitività del Mezzogiorno e politica regionale, ove si osserva che “la precaria situazione della legalità e della sicurezza in molte regioni meridionali continua a costituire un grave ostacolo allo sviluppo economico e sociale”.
Premesso che “le condizioni di vita dei cittadini e l’accessibilità dei servizi condizionano la capacità di attrazione e il potenziale competitivo di un’area”, il documento conclude sul punto ribadendo l’indispensabilità di “azioni che, soprattutto in alcune regioni del Mezzogiorno, contrastino e prevengano i fenomeni criminali, ripristinando condizioni di adeguata sicurezza”. Tali azioni “andranno condotte con un forte impegno sulla qualità delle risorse umane coinvolte e con un legame alle iniziative territoriali, che è finora mancato”.
1. Il personale utilizzato dalle agenzie e dagli enti pubblici non economici nazionali per lo svolgimento delle funzioni di supporto, ivi incluse quelle relative alla gestione delle risorse umane, dei sistemi informativi, dei servizi manutentivi e logistici, degli affari generali, dei provveditorati e della contabilità, non può eccedere il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate dalle amministrazioni stesse.
2. Le agenzie e gli enti di cui al comma 1 adottano, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i provvedimenti di riorganizzazione e di riallocazione delle risorse necessari per rispettare il parametro di cui al medesimo comma, riducendo contestualmente le dotazioni organiche.
3. I provvedimenti di riorganizzazione e di riallocazione delle risorse di cui al comma 2 sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
4. I processi riorganizzativi di cui ai commi da 1 a 3 devono essere portati a compimento entro il termine massimo di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. I competenti organi di controllo delle amministrazioni effettuano il monitoraggio sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo e ne trasmettono i risultati, entro il 29 febbraio 2008, ai Ministri vigilanti e alla Corte dei conti. Successivamente verificano ogni anno il rispetto del parametro di cui al comma 1 relativamente al personale utilizzato per lo svolgimento delle funzioni di supporto.
6. In caso di mancata adozione entro il termine previsto dei provvedimenti di cui al comma 2, o di mancato rispetto, a partire dal 1o gennaio 2008, del parametro di cui al comma 1, gli organi di governo dell'ente o dell'agenzia sono revocati o sciolti ed è nominato in loro vece, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri vigilanti, un commissario straordinario, con il compito di assicurare la prosecuzione dell'attività istituzionale e di procedere, entro il termine massimo di un anno, all'attuazione di quanto previsto dal presente articolo.
L’articolo 39 reca disposizioni in materia di riorganizzazione e riallocazione di determinate categorie di personale degli Enti pubblici non economici nazionali e delle Agenzie.
Si ricorda che il titolo II del D.Lgs. 300/1999[167] (articoli 8-10) detta le norme generali per l’istituzione delle Agenzie.
Il ricorso all'agenzia si rende opportuno in presenza di funzioni che richiedano particolari professionalità, conoscenze specialistiche e specifiche modalità di organizzazione del lavoro, difficilmente realizzabili all'interno delle strutture ministeriali.
Le agenzie operano in condizioni di autonomia, nei limiti stabiliti dalla legge: dispongono di un proprio statuto; sono sottoposte al controllo della Corte dei conti ed al potere di vigilanza di un ministro; hanno autonomia di bilancio ed agiscono sulla base di convenzioni stipulate con le amministrazioni.
Le Agenzie oggi previste dal D.Lgs. 300/1999 sono le seguenti:
- Agenzia industrie difesa;
- Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici;
- Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture;
- Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale;
- quattro Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio[168]).
L’art. 10 del D.Lgs. 300/1999 configura le agenzie fiscali come agenzie “speciali”, in quanto soggette ad una disciplina speciale derogatoria rispetto a quella generale di cui ai precedenti artt. 8 e 9. La specifica disciplina di queste agenzie è recata dagli artt. 57-72.
Accanto a quelle citate, l’ordinamento prevede una serie di organismi, denominati “agenzie”, istituiti con distinti provvedimenti. Si tratta dei seguenti:
- Agenzia spaziale italiana (ASI);
- Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);
- Agenzia per i servizi sanitari regionali;
- Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali;
- Agenzia nazionale per la sicurezza del volo;
- Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA);
- Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).
- Agenzia italiana del farmaco;
- Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione;
- Agenzia nazionale del turismo.
Da ultimo, l’art. 36 del D.L. 262/2006[169], in corso di conversione, ha istituito l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).
In particolare, il comma 1 prevede un limite all’utilizzo di personale impiegato in specifiche attività da parte degli enti pubblici non economici nazionali e delle Agenzie. Si prevede infatti che il personale impiegato nello svolgimento delle funzioni di supporto, comprese quelle relative alla gestione delle risorse umane, dei sistemi informativi, dei servizi manutentivi e logistici, degli affari generali e dei provveditorati e della contabilità, non può eccedere il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate.
Pertanto, ai sensi del successivo comma 2, gli enti in questione hanno l’obbligo, entro tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, e cioè entro 31 marzo 2007, di adottare i provvedimenti di riorganizzazione e riallocazione del personale ai fini del rispetto del parametro di cui al precedente comma 1, riducendo contestualmente le dotazioni organiche.
I provvedimenti di riorganizzazione citati, ai sensi del comma 3, devono essere trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – nonché al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Si segnala, al riguardo, che il testo non individua il termine entro il quale i provvedimenti di riorganizzazione debbano essere trasmessi alle amministrazioni destinatarie.
Il comma 4 specifica che i processi riorganizzativi devono essere portati a compimento entro il termine massimo di un anno dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.
Il comma 5 prevede un sistema di monitoraggio sull’osservanza delle disposizioni dell’articolo in esame da parte degli organi competenti, i quali altresì hanno l’obbligo di trasmetterne i risultati ai Ministri vigilanti ed alla Corte dei conti entro il 29 febbraio 2009. Gli stessi organi preposti al controllo devono altresì verificare ogni anno il rispetto del limite del 15 per cento delle risorse complessivamente utilizzate per lo svolgimento delle funzioni di supporto.
Al riguardo, si segnala che il testo non specifica i tempi di trasmissione dei risultati del monitoraggio a decorrere dal 2009, anno in cui tale attività è da considerarsi a regime.
Il comma 6 infine dispone che l’inosservanza delle disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2 e quindi sia la mancata adozione dei provvedimenti di riorganizzazione entro il termine previsto sia il mancato rispetto del parametro di riduzione a decorrere dal 1° gennaio 2008, comporta la revoca o lo scioglimento degli organi degli Enti e delle Agenzie. Contestualmente alla cessazione di tali organi è nominato un commissario straordinario, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri vigilanti, allo scopo di assicurare la prosecuzione dell’attività istituzionale e di procedere all’attuazione delle disposizioni in oggetto entro il termine massimo di un anno.
Articolo 40
(Disposizioni in materia di pagamento
degli stipendi)
1. Allo scopo di razionalizzare, omogeneizzare ed eliminare duplicazioni e sovrapposizioni degli adempimenti e dei servizi della pubblica amministrazione per il personale e per favorire il monitoraggio della spesa del personale, tutte le amministrazioni dello Stato per il pagamento degli stipendi si avvalgono delle procedure informatiche e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stipulate apposite convenzioni per stabilire tempi e modalità di erogazione del pagamento degli stipendi e degli altri assegni fissi e continuativi a carico del bilancio dello Stato mediante ordini collettivi di pagamento emessi in forma dematerializzata, come previsto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 31 ottobre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2002.
3. I dati aggregati della spesa per gli stipendi sono posti a disposizione del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ai fini di quanto previsto dall'articolo 58 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
L’articolo 40, al comma 1, prevede che tutte le amministrazioni dello Stato si avvalgano, per il pagamento degli stipendi, delle procedure informatiche e dei servizi del Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro del Ministero dell’economia e finanze.
La previsione è finalizzata alla razionalizzazione ed omogeneizzazione dei servizi della pubblica amministrazione per il personale e a favorire il monitoraggio della spesa per lo stesso.
Nella relazione illustrativa, si ricorda che il Dipartimento suddetto gestisce già oggi, tramite il Service Personale Tesoro (Sistema informativo unico per la gestione del personale della pubblica amministrazione- SPT), 1,5 milioni di cedolini (pari al 40% della pubblica amministrazione e al 100% del comparto Ministeri e Scuole). Con l’estensione del servizio a tutte le amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche (ivi compresi i comparti del Corpo di Polizia e delle Forze Armate, per un totale di 450.000 dipendenti circa), si avrebbero, si osserva, evidenti benefici riguardanti le economie di scala.
Il comma 2 fissa il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame per la stipula di apposite convenzioni tra le amministrazioni interessate ed il suddetto Dipartimento (servizio per la gestione del personale) per stabilire tempi e modalità di erogazione del pagamento degli stipendi e degli altri assegni fissi e continuativi a carico del bilancio dello Stato, mediante ordini collettivi di pagamento emessi in forma dematerializzata, ai sensi del decreto ministeriale 31 ottobre 2002.
Il D.M. 31 ottobre 2002[170] assegna al Centro nazionale di elaborazione e servizi del Sistema informativo del Ministero dell'economia e delle finanze l'erogazione degli stipendi e degli altri assegni fissi e continuativi a carico del bilancio dello Stato e amministrati con ruolo di spesa fissa. Il Centro vi provvede con ordini collettivi di pagamento tratti sui competenti capitoli di spesa, da estinguersi in via ordinaria mediante bonifici da accreditare ai conti correnti bancario o postale intestati ai beneficiari[171] (art. 1).
Gli ordini collettivi di pagamento sono emessi in forma dematerializzata e devono recare: l'indicazione del capitolo di bilancio e del codice del titolo di spesa (71 ovvero 72), le generalità e il codice fiscale dei beneficiari, il numero delle rispettive partite di spesa, le somme spettanti e la data di esigibilità (art. 2).
Gli ordini collettivi di pagamento vengono inviati per via telematica alla Banca d'Italia, che effettua controlli di natura informatica atti a garantire l'autenticità e l'integrità del flusso trasmesso. La Banca d'Italia controlla l'esistenza dei dati sulla base delle specifiche concordate con il Ministero dell'economia e delle finanze. Quindi procede all'estinzione degli ordini collettivi di pagamento e dà corso alle operazioni necessarie per finalizzare il pagamento agli aventi diritto (art. 3)[172].
Il comma 3 prevede che i dati aggregati di spesa siano messi a disposizione del Dipartimento della funzione pubblica per le finalità conoscitive di controllo della spesa previste dall’articolo 58 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
L’art. 58 del D.Lgs. n. 165 del 2001[173] dispone, al fine di realizzare il più efficace controllo dei bilanci e la rilevazione dei costi, con particolare riferimento al costo del lavoro, il Ministero dell’economia e finanze, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, provvede alla acquisizione delle informazioni sui flussi finanziari relativi a tutte le amministrazioni pubbliche.
A tal fine, tutte le amministrazioni pubbliche impiegano strumenti di rilevazione e sistemi informatici e statistici definiti o valutati dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, sulla base delle indicazioni definite dal Ministero dell’economia, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
Ai fini dell'immediata attivazione del sistema di controllo della spesa del personale, il Ministero dell’economia e finanze, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, avvia un processo di integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche che rilevano i trattamenti economici e le spese del personale, facilitando la razionalizzazione delle modalità di pagamento delle retribuzioni. Le informazioni acquisite dal sistema informativo del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato sono disponibili per tutte le amministrazioni e gli enti interessati.
Secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge in commento, i risparmi di spesa derivanti dalla disposizione in commento incidono positivamente sul fabbisogno e sull’indebitamento netto, in misura pari a 5 milioni di euro per il 2007, 10 milioni di euro per il 2008, 20 milioni di euro per 2009.
Tali risparmi sono motivati dal Governo in ragione del fatto che:
§ il Service personale Tesoro (SPT) è già predisposto per potersi integrare facilmente con altri sistemi di gestione delle risorse umane delle altre amministrazioni; dunque, i maggiori costi per SPT sono di marginale entità;
§ il suo utilizzo anche per il personale dei corpi di polizia e delle forze armate consente economie di scala date dalla minore spesa per la gestione di altri sistemi informativi, per la parte dei pagamenti.
Gli effetti della disposizione in commento su i saldi di finanza pubblica, sono così quantificati :
(in mln. di euro)
Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento |
||||||
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
0 |
0 |
0 |
5 |
10 |
20 |
5 |
10 |
20 |
Articolo 41
(Programma di razionalizzazione degli
acquisti di beni e servizi)
1. Nel rispetto del sistema delle convenzioni di cui agli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono individuati, entro il mese di gennaio di ogni anno, tenuto conto delle caratteristiche del mercato e del grado di standardizzazione dei prodotti, le tipologie di beni e servizi per le quali tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro. Le restanti amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono ricorrere alle convenzioni di cui al presente comma e al comma 8 del presente articolo, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. Gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento.
2. Dal 1o luglio 2007, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'articolo 11, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101.
3. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato, anche in deroga alla normativa vigente, a sperimentare l'introduzione della carta di acquisto elettronica per i pagamenti di limitato importo relativi agli acquisti di beni e servizi. Successivamente, con regole tecniche da emanare ai sensi degli articoli 38 e 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, è disciplinata l'introduzione dei predetti sistemi di pagamento per la pubblica amministrazione.
4. Le transazioni compiute dalle amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, avvengono, per le convenzioni che hanno attivo il negozio elettronico, attraverso la rete telematica, salvo che la stessa rete sia temporaneamente inutilizzabile per cause non imputabili all'amministrazione procedente e sussistano ragioni di imprevedibile necessità e urgenza certificata dal responsabile dell'ufficio.
5. Con successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, possono essere previsti meccanismi di remunerazione sugli acquisti da effettuare a carico dell'aggiudicatario delle convenzioni di cui al comma 1 dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.
6. Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il supporto della CONSIP Spa, realizza, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, un programma per l'adozione di sistemi informativi comuni alle amministrazioni dello Stato a supporto della definizione dei fabbisogni di beni e servizi e definisce un insieme di indicatori sui livelli di spesa sostenibili, per le categorie di spesa comune, che vengono utilizzati nel processo di formazione dei relativi capitoli di bilancio. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
7. Ai fini del contenimento e della razionalizzazione della spesa per l'acquisto di beni e servizi, le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza ai sensi dell'articolo 33 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio.
8. Le centrali di cui al comma 7 stipulano, per gli ambiti territoriali di competenza, convenzioni di cui all'articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.
9. Le centrali regionali e la CONSIP Spa costituiscono un sistema a rete, perseguendo l'armonizzazione dei piani di razionalizzazione della spesa e realizzando sinergie nell'utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi. Nel quadro del patto di stabilità interno, la Conferenza Stato-Regioni approva annualmente i programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto della pubblica amministrazione e per la razionalizzazione delle forniture di beni e servizi, definisce le modalità e monitora il raggiungimento dei risultati rispetto agli obiettivi. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
10. È abrogato l'articolo 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
L’articolo 41, comma 1, interviene sulla disciplina degli acquisti di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, introducendo vincoli di obbligatorietà al ricorso alle convenzioni–quadro da parte delle pubbliche amministrazioni, nel modo così sintetizzabile:
§ per le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, è demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione, entro il mese di gennaio di ogni anno, delle tipologie di beni e servizi per le quali le suddette amministrazioni sono obbligate ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni–quadro stipulate dalla Consip s.p.a. Tale individuazione avviene tenuto conto delle caratteristiche del mercato e del grado di standardizzazione dei prodotti;
§ gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento;
§ le restanti amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[174]), tra cui rientrano gli enti territoriali, possono ricorrere alle convenzioni Consip e a quelle stipulate dalle centrali regionali di acquisto (v. infra comma 8), ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti.
Con riferimento agli enti territoriali, si ricorda che la disciplina attualmente vigente esclude i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e i comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti dall’obbligo di utilizzare i parametri di prezzo-qualità delle convenzioni Consip come limiti massimi per la stipula dei contratti (art. 26, comma 3, legge n. 488/99). Tale esclusione appare superata dalla disposizione in esame.
Si ricorda infine che la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento alla vigente disciplina sulla facoltà per gli enti territoriali di ricorrere alle convenzioni Consip e sull’obbligo di utilizzare i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti (sentenze n. 36/2004 e n. 417/2005)[175].
Il comma in esame specifica che le norme suddette sono introdotte nel rispetto del sistema delle convenzioni di cui agli articoli 26 della legge finanziaria 2000 e 58 della legge finanziaria 2001.
Si osserva che apparirebbe opportuno un più puntuale coordinamento con le disposizioni richiamate. La disposizione avrebbe potuto, ad esempio, essere formulata come una novella all’articolo 26 della legge finanziaria 2000.
Nel corso della XIV legislatura i compiti della CONSIP S.p.A.[176], e in generale la disciplina relativa alle modalità di acquisto di beni e servizi da parte delle amministrazioni è stata oggetto di numerosi interventi legislativi che si sono susseguiti, talvolta a distanza di pochi mesi, seguendo indirizzi talvolta ampliativi, talvolta restrittivi.
Oggetto di numerose novelle sono stati in particolare le norme recanti la disciplina dell’acquisto di beni e servizi da parte di amministrazioni statali, centrali e periferiche [177].
Dopo numerosi interventi normativi, la disciplina vigente si fonda sul combinato disposto dell’articolo 26 della legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999), come novellato da ultimo dal decreto – legge n. 168 del 12 luglio 2004, e sull’articolo 58 della legge finanziaria 2001 (legge n. 388/2000).
L’articolo 26 della legge finanziaria 2000, in particolare, attribuisce al Ministero dell’economia e finanze, nel rispetto della vigente normativa in materia di scelta del contraente, la competenza a stipulare, anche avvalendosi di società di consulenza specializzate, selezionate con procedure competitive tra primarie società nazionali ed estere (anche in deroga alla normativa di contabilità pubblica), convenzioni con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi da parte delle amministrazioni dello Stato [178](comma 1).
L’articolo 58 della legge finanziaria 2001 dispone poi in via generale che le convenzioni quadro di cui all’art. 26 sopra citato sono stipulate dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) Spa, per conto del Ministero dell’economia e finanze, ovvero di altre pubbliche amministrazioni. Le predette convenzioni indicano altresì il loro periodo di efficacia.
L’articolo 26, nella formulazione vigente, sancisce la facoltà del ricorso alle convenzioni – quadro per le amministrazioni pubbliche e prevede l’obbligo, per quelle che non intendono avvalersi delle suddette convenzioni, di adottarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per l’acquisto di beni comparabili, anche utilizzando procedure telematiche per l’acquisto.
Da tale obbligo sono esclusi i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e i comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti.
Oggetto delle convenzioni-quadro sono tutti gli acquisti di beni e servizi.
La stipulazione di contratti in difformità dai parametri contenuti nelle convenzioni CONSIP costituisce causa di responsabilità amministrativa e la differenza tra il prezzo stabilito nella convenzione e quello pattuito nel contratto rappresenta un elemento di cui tener conto nella determinazione del danno erariale (comma 3).
Per ciò che concerne le procedure di controllo, in caso di acquisti di beni e servizi effettuati in modo autonomo dalle amministrazioni pubbliche si prevede infatti che i relativi provvedimenti siano trasmessi agli uffici preposti al controllo di gestione (comma 3-bis).
Si stabilisce altresì che il dipendente che abbia sottoscritto il contratto alleghi una apposita dichiarazione, che ha valore di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, con la quale si attesta il rispetto dei parametri di qualità e prezzo fissati nelle convenzioni CONSIP.
Inoltre, i responsabili degli uffici preposti al controllo di gestione sono tenuti a sottoporre con cadenza annuale all'organo di direzione politica una relazione riguardante i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione della disciplina relativa all’acquisto dei beni e dei servizi, di cui allo stesso art. 26 (comma 4).
Il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a presentare annualmente alle Camere una relazione che illustri le modalità di attuazione della disciplina in materia di acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 26 della legge n. 488/1999, nonché i risultati conseguiti (comma 5). La Relazione relativa all’anno 2005 è stata trasmessa al Parlamento in data 5 giugno 2006.
Inoltre, si ricorda che il comma 22 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 ha introdotto nuove disposizioni sulle modalità di acquisto di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche non territoriali e degli enti del servizio sanitario nazionale, qualora il monitoraggio delle spese per beni e servizi della P.A. dovesse evidenziare, a decorrere dal secondo bimestre dell’anno 2006, un andamento tale da potere pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi indicati nel patto di stabilità e crescita presentato agli organi dell’Unione europea.
In tale caso, la norma dispone che le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di aderire alle convenzioni CONSIP stipulate ai sensi dell’art. 26 della legge n. 488/1999 (e non la mera facoltà come previsto dalla normativa vigente), ovvero, nel caso in cui procedano agli acquisti in forma autonoma, l’obbligo di utilizzare i relativi parametri di prezzo-qualità ridotti del 20 per cento, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi comparabili. L’accertamento dei presupposti, da cui dipende l’operatività della disciplina, è demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze[179]. Non sono stati finora adottati provvedimenti in questo senso.
I commi 2-6 recano una serie di disposizioni volte a promuovere il mercato elettronico per l’acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché sistemi informativi comuni, anche finalizzati al controllo della spesa.
In particolare è previsto:
§ l’introduzione dell’obbligo, a decorrere dal 1° luglio 2007, di ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione per le amministrazioni statali centrali e periferiche, per gli acquisti al di sotto della soglia di rilievo comunitario. Sono esclusi da questo obbligo gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie (comma 2).
L’art. 11 del D. P. R n. 101 del 2002, consente in via generale alle unità ordinanti delle amministrazioni di effettuare acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario avvalendosi del mercato elettronico, direttamente dai cataloghi predisposti dagli utenti selezionati attraverso un bando di abilitazione (comma 1). A tale fine, attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze e al Dipartimento per l'innovazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di predisporre gli strumenti elettronici e telematici necessari alla realizzazione dello stesso mercato, anche avvalendosi di proprie strutture e concessionarie, e di curare l'esecuzione, anche attraverso l'affidamento a terzi, di tutti i servizi informatici, telematici, logistici e di consulenza necessari alla compiuta realizzazione del mercato stesso (comma 5).
Si ricorda che l’articolo 28 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) definisce gli importi delle soglie dei contratti pubblici di rilevanza comunitaria. Il Titolo II della Parte II del codice (articolo 121-125) reca la disciplina applicabile ai contratti al di sotto di tale soglia;
§ la sperimentazione da parte del Ministero dell’economia della carta di acquisto elettronica per i pagamenti di limitato importo relativi agli acquisti di beni e servizi, a ciò autorizzato, anche in deroga alla disciplina vigente. L’introduzione dei predetti sistemi di pagamento per la pubblica amministrazione è rimandata dalla norma a successive regole tecniche, da adottarsi ai sensi del codice dell’amministrazione digitale (comma 3).
L’art. 38 del D.Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale) disciplina i pagamenti informatici, prevedendo che il trasferimento telematico di fondi tra pubbliche amministrazioni e tra queste e soggetti privati è effettuato secondo le regole tecniche stabilite con decreto, secondo la procedura di cui all’art. 71 dello del medesimo decreto legislativo[180], di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, della giustizia e dell'economia e delle finanze, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e la Banca d'Italia;
§ l’obbligo per le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie di effettuare le transazioni attraverso la rete telematica, per le convenzioni quadro per cui è stato attivato il negozio elettronico, salvo il caso di temporanea inutilizzabilità della rete per cause estranee alla pubblica amministrazione e per ragioni di imprevedibile necessità ed urgenza certificata dall’ufficio. Anche in tal caso sono esclusi dall’obbligo gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie (comma 4);
§ la possibilità di introdurre, con decreto del Ministero dell’economia e finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, meccanismi di remunerazione sugli acquisti a carico dell’aggiudicatario delle convenzioni–quadro (comma 5);
§ un programma per l'adozione di sistemi informativi comuni alle amministrazioni dello Stato ai fini della definizione dei fabbisogni di beni e servizi e la definizione un insieme di indicatori dei livelli di spesa sostenibili per categorie di spesa comune, da utilizzarsi nel processo di formazione dei relativi capitoli di bilancio. Il programma è realizzato dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il supporto della CONSIP Spa, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (comma 6).
L’articolo 41, ai commi 7-10, prevede inoltre una serie di disposizioni volte alla razionalizzazioni degli acquisti a livello territoriale, attraverso la creazione di un sistema integrato a rete tra centrale statale e centrali regionali, che possono essere all’uopo costituite.
In particolare, è prevista:
§ la possibilità per le regioni di costituire, anche unitamente ad altre regioni, centrali di acquisto operanti quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio, ai sensi dell'articolo 33 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (comma 7).
Il D.Lgs. n. 163 del 2006, all’articolo 33, disciplina gli appalti pubblici e gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza, prevedendo che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi. Tali centrali sono tenute all’osservanza del codice dei contratti pubblici;
§ la competenza delle centrali regionali a stipulare, per gli ambiti territoriali di competenza, le convenzioni quadro per l’acquisto di beni e servizi (comma 8);
§ la costituzione di un sistema a rete tra le centrali regionali di acquisto e la CONSIP Spa, al fine di armonizzare i piani di razionalizzazione della spesa e realizzare sinergie nell'utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi (comma 9);
§ la competenza della Conferenza Stato-Regioni ad approvare annualmente, nel quadro del patto di stabilità interno, i programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto e per la razionalizzazione delle forniture di beni e servizi, nonché a definire le modalità e a monitorare il raggiungimento dei risultati rispetto agli obiettivi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 9).
§ conseguentemente alla creazione del sistema a rete tra Consip s.p.a e centrali regionali di acquisto, è abrogata la vigente disciplina relativa all’acquisto di beni e servizi a rilevanza regionale da parte degli enti decentrati di spesa, di cui all’art. 59 della legge finanziaria 2001 (comma 10).
L’art. 59 della legge finanziaria 2001attribuisce al il Ministero dell’economia e finanze il compito di promuovere aggregazioni di enti con il compito di elaborare strategie per la standardizzazione degli ordini di acquisto per specie merceologiche e la eventuale stipula di convenzioni valevoli su parte del territorio nazionale, a cui volontariamente possono aderire tutti gli enti interessati [181]. Le convenzioni e i prezzi relativi alle singole categorie merceologiche sono pubblicati sul sito INTERNET del Ministero dell’economia. Gli enti devono motivare i provvedimenti con cui procedono all'acquisto di beni e servizi a prezzi e a condizioni meno vantaggiosi di quelli stabiliti nelle convenzioni suddette e in quelle quadro di cui al sopra commentato articolo 26[182].
L’articolo in esame costituisce attuazione dell’obiettivo delineato nel DPEF 2007-2011 di rilancio del programma di razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, attraverso la creazione di un ‘sistema a rete’ tra centrale statale di acquisto di beni e servizi, gestita dalla Consip, e centrali regionali di acquisto. In tale contesto il DPEF ha pure delineato l’opportunità di promuovere tecnologie e procedure innovative di public procurement e di realizzare progetti per comuni piattaforme informatiche per l’acquisto di beni e servizi, specie con riferimento al mercato elettronico.
Nella relazione tecnica si rileva che le disposizioni recate dall’articolo in esame determinano potenziali effetti positivi in termini di risparmi di spesa che prudenzialmente non vengono considerati. Le economie attese verranno accertate a consuntivo.
Il 4 maggio 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva volta a migliorare i mezzi di ricorso nel settore degli appalti pubblici (COM(2006)195). La proposta è intesa a rivedere la direttiva 89/665/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori e la direttiva 92/13/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizio di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.
La proposta in questione è volta a colmare le lacune delle direttive oggetto di modifica in relazione ai termini applicabili ai ricorsi precontrattuali al fine di impedire in tempo utile la firma di contratti la cui aggiudicazione è oggetto di contestazione. In assenza di norme comuni in questo settore, infatti, continuano a rimanere in vigore norme nazionali che, variando notevolmente da uno Stato all’altro, compromettono l’efficacia relativa ai ricorsi precontrattuali. L’intento della Commissione è quello di incoraggiare le imprese a presentare offerte in qualsiasi Stato membro dell’UE, garantendo loro la possibilità di avviare ricorsi efficaci qualora i loro interessi siano stati lesi durante le procedure di aggiudicazione degli appalti.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio che dovrebbe raggiungere l’accordo politico in vista della posizione comune il 4 dicembre 2006.
Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia una parere motivato[183] per aver violato alcune disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici.
La Commissione, in particolare, contesta all’Italia di essere venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/36/CEE (appalti pubblici di forniture); dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/37/CEE (appalti pubblici di lavori); dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 92/50/CEE (appalti pubblici di servizi); dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b, della direttiva 89/665/CEE (appalti di lavori, servizi e forniture). La Commissione precisa che nei rilievi da essa formulati si fa riferimento alle citate direttive 89/665/CEE e 92/50/CEE come interpretate dalla Corte di giustizia nella sentenza “Alcatel[184]” del 28 ottobre 1999.
I rilievi mossi dalla Commissione riguardano la mancata istituzione - da parte delle amministrazioni aggiudicatrici degli appalti pubblici - di un sistema di informazione obbligatoria delle decisioni di aggiudicazione degli appalti nonché di un sistema di tutela giurisdizionale nel settore degli appalti pubblici disciplinati dalle suddette direttive.
La Commissione contesta, in particolare, l’articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 relativa all’istituzione dei Tribunali amministrativi regionali, modificata dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 (recante disposizioni in materia di giustizia amministrativa), in base al quale il ricorso contro gli atti o i provvedimenti della pubblica amministrazione deve essere effettuato entro il termine di 60 giorni a partire dal giorno in cui l’interessato ne ha ricevuto la notifica o ne ha avuto piena conoscenza o, per gli atti per cui non si richiede la notifica individuale, dal giorno in cui è scaduto il termine per la pubblicazione. Secondo la Commissione, da tale disposizione si può dedurre che la normativa italiana non prevede la notifica a tutti i partecipanti alla gara della decisione di aggiudicazione di un appalto. Pertanto, in mancanza di una notifica individuale, un partecipante alla gara di appalto potrebbe venire a conoscenza della decisione anche in un momento successivo alla conclusione del contratto, senza alcuna possibilità di ripristinare la situazione antecedente all’aggiudicazione.
La Commissione sostiene che, per poter presentare ricorso contro una decisione di aggiudicazione in una fase in cui le violazioni possono ancora essere sanate, occorre che i candidati e gli offerenti vengano informati in tempo utile della decisione adottata. A tale riguardo la Commissione ricorda che, ai sensi della normativa comunitaria citata, le amministrazioni giudicatrici sono tenute ad informare entro i termini più rapidi tutti gli offerenti o i candidati delle decisioni adottate in relazione all’aggiudicazione dell’appalto. Anche se le direttive in questione non precisano il momento in cui questa informazione deve avvenire, la Commissione, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, sostiene che la decisione di aggiudicazione dell’appalto deve essere notificata prima della conclusione del contratto.
Il 24 marzo 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[185] per non aver comunicato le misure di recepimento della direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori, di forniture e di servizi.
Nella stessa data la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[186] per la mancata comunicazione delle misure di recepimento riguardanti la modifica dell’allegato VIII alla citata direttiva 2004/18/CE riguardante le caratteristiche relative alla pubblicazione di bandi e avvisi e di informazioni complementari o aggiuntive.
Entrambe le procedure allo stato attuale risultano provvisoriamente archiviate.Sono state, infatti, trasmesse alla Commissione le misure adottate dall’Italia al fine di recepire la direttiva in oggetto e contenute nel D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163 riguardante il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE[187] e 2004/18/CE.
Articolo 42
(Organizzazione del vertice degli enti
pubblici non economici)
1. La presidenza e il consiglio di amministrazione degli enti pubblici non economici nazionali sono soppressi, a far data dalla approvazione delle disposizioni di cui al comma 3.
2. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge sono presentate ai Ministeri vigilanti modifiche delle norme statutarie e dei regolamenti di organizzazione di ciascun ente, che prevedano che le competenze del presidente e del consiglio d'amministrazione sono attribuite, rispettivamente, al direttore generale e ad un comitato di gestione composto dai dirigenti di livello apicale dello stesso ente. Negli enti di ricerca è previsto, altresì, un comitato scientifico per la definizione degli indirizzi e dei programmi di ricerca, composto nel rispetto del principio di pari opportunità.
3. I Ministeri vigilanti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Dipartimento della funzione pubblica, approvano le modifiche di cui al comma 2 entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Nel caso in cui le modifiche degli statuti e dei regolamenti di cui al comma 2 non siano presentate nel termine di un mese, i presidenti e i consiglieri di amministrazione degli enti decadono immediatamente dal proprio incarico ed è nominato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri vigilanti, un commissario straordinario che esercita i poteri degli organi decaduti fino al loro rinnovo sulla base del nuovo ordinamento.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano all'ISTAT, alle università, agli enti previdenziali, all'INAIL e ad enti che svolgono attività promozionale all'estero, nonché agli enti i cui consigli di amministrazione siano in parte designati dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali o da istituzioni previste da accordi o intese internazionali.
6. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
L’articolo 42 in esame, al comma 1, dispone in via generale che la presidenza e il consiglio di amministrazione degli enti pubblici non economici nazionali (sulla cui individuazione v. infra) sono soppressi, a decorrere dalla approvazione delle modifiche degli statuti e dei regolamenti di organizzazione di tali enti richiesti dal successivo comma 2.
Quest’ultimo prevede infatti che, attraverso modifiche delle norme statutarie e dei regolamenti di organizzazione di ciascun ente, da presentare ai Ministeri vigilanti entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame, siano attribuite le competenze del presidente e del consiglio d'amministrazione, rispettivamente, al direttore generale e ad un comitato di gestione composto dai dirigenti di livello apicale dello stesso ente.
Negli enti di ricerca è previsto, altresì, un comitato scientifico per la definizione degli indirizzi e dei programmi di ricerca, composto nel rispetto del principio di pari opportunità.
Ai sensi del comma 3, i Ministeri vigilanti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Dipartimento della funzione pubblica, approvano le modifiche di cui al comma 2, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
L’articolo dispone poi, al comma 4, con riguardo al mancato rispetto del termine di un mese, riferito alla presentazione delle modifiche degli statuti e dei regolamenti di cui al comma 2: in tal caso, i presidenti e i consiglieri di amministrazione degli enti decadono immediatamente dal proprio incarico ed è nominato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri vigilanti, un commissario straordinario che esercita i poteri degli organi decaduti fino al loro rinnovo (che avviene sulla base della nuova disciplina).
Quanto all’ambito di applicazione dell’articolo in esame, la relazione illustrativa afferma che esso comprende gli enti pubblici non economici nazionali individuabili attraverso il richiamo all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001[188] e dall’elenco ISTAT previsto dalla legge finanziaria per il 2005. Per quanto concerne quest’ultimo, il riferimento sembra essere all’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, co. 5 della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005)[189], che comprende varie “tipologie istituzionali” di amministrazioni pubbliche, tra cui si possono ricordare gli “enti produttori di servizi economici”, gli “enti produttori di servizi assistenziali e culturali”, gli “enti e istituzioni di ricerca”.
Il comma 5 esclude dall’ambito di applicazione delle disposizioni in esame numerosi enti, così individuati:
§ ISTAT;
§ Università;
§ enti previdenziali;
§ INAIL;
§ enti che svolgono attività promozionale all'estero;
§ enti i cui consigli di amministrazione siano in parte designati dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali o da istituzioni previste da accordi o intese internazionali (si ricordi che la dizione generale del comma 1 è riferita agli enti pubblici non economici “nazionali”).
Alcune delle categorie escluse appaiono ricorrenti, nell’ambito di disposizioni generali che riguardano il riassetto degli enti pubblici. Si può richiamare al riguardo il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419[190], che ha disposto per un riordino generale del sistema degli enti pubblici nazionali, dal cui ambito di applicazione sono espressamente esclusi gli enti previdenziali, gli enti chiamati ad operare nella promozione e nel sostegno all’attività produttiva nazionale, nonché, per quanto non diversamente disposto, gli enti di ricerca (art. 1).
Il comma 6 esame prevede infine che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 300/1999, il quale reca disposizioni generali sull’ordinamento delle agenzie[191], prevedendo tra l’altro la figura e i compiti del direttore generale e del comitato direttivo che lo coadiuva.
L’articolo 8 del richiamato D.Lgs. 300/1999 prevede tra l’altro che con regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del presidente del consiglio dei ministri e dei ministri competenti, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono emanati gli statuti delle agenzie, in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) definizione delle attribuzioni del direttore generale dell'agenzia anche sulla base delle previsioni contenute nell’articolo 5 del medesimo D.Lgs. con riferimento al capo del dipartimento;
b) attribuzione al direttore generale e ai dirigenti dell'agenzia dei poteri e della responsabilità della gestione, nonché della responsabilità per il conseguimento dei risultati fissati dal ministro competente nelle forme previste dal presente decreto; nell'ambito, ove possibile, di massimali di spesa predeterminati dal bilancio o, nell'ambito di questo, dal ministro stesso;
c) previsione di un comitato direttivo, composto da dirigenti dei principali settori di attività dell'agenzia, in numero non superiore a quattro, con il compito di coadiuvare il direttore generale nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite;
d) definizione dei poteri ministeriali di vigilanza[192];
e) definizione, tramite una apposita convenzione da stipularsi tra il ministro competente e il direttore generale dell'agenzia, degli obiettivi specificamente attribuiti a questa ultima, nell'ambito della missione ad essa affidata dalla legge, nonché di un complesso di ulteriori aspetti, comprensivi dei risultati attesi entro termini ravvicinati e dell’entità e modalità dei finanziamenti;
f) attribuzione all'agenzia di autonomia di bilancio, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del ministero competente; attribuzione altresì all'agenzia di autonomi poteri per la determinazione delle norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento, nei limiti fissati dalla successiva lettera l);
g) regolazione su base convenzionale dei rapporti di collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto, promozione tra l'agenzia ed altre pubbliche amministrazioni, sulla base di convenzioni quadro da deliberarsi da parte del ministro competente;
h) previsione di un collegio dei revisori, nominato con decreto del ministro competente, composto di tre membri, due dei quali scelti tra gli iscritti all'albo dei revisori dei conti o tra persone in possesso di specifica professionalità; previsione di un membro supplente; attribuzione dei relativi compensi, da determinare con decreto del ministro competente di concerto con quello del tesoro;
i) istituzione di un apposito organismo preposto al controllo di gestione ai sensi del decreto legislativo di riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche;
l) determinazione di una organizzazione dell'agenzia rispondente alle esigenze di speditezza, efficienza ed efficacia dell'adozione amministrativa; attribuzione a regolamenti interni di ciascuna agenzia, adottati dal direttore generale dell'agenzia e approvati dal ministro competente, della possibilità di adeguare l'organizzazione stessa, nei limiti delle disponibilità finanziarie, alle esigenze funzionali, e devoluzione ad atti di organizzazione di livello inferiore di ogni altro potere di organizzazione; applicazione dei criteri di mobilità professionale e territoriale previsti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni e integrazioni;
m) facoltà del direttore generale dell'agenzia di deliberare e proporre all'approvazione del ministro competente, di concerto con quello del tesoro, regolamenti interni di contabilità ispirati, ove richiesto dall'attività dell'agenzia, a princìpi civilistici, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità pubblica.
Articolo 43
(Ricorsi in materia pensionistica)
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono soppressi i comitati centrali regionali e provinciali dell'INPS e i comitati di vigilanza delle gestioni dell'INPDAP. I ricorsi amministrativi pendenti presso tali organi sono conseguentemente devoluti ai dirigenti dei due istituti, secondo i principi generali dell'azione amministrativa e del procedimento amministrativo.
L’articolo in esame prevede la soppressione di determinati comitati dell’INPS e dell’INPDAP nonché la devoluzione dei ricorsi amministrativi pendenti ai dirigenti in servizio nei rispettivi Istituti.
In particolare, si dispone la soppressione, dal 1° gennaio 2007, dei comitati centrali, regionali e provinciali dell’INPS e dei comitati di vigilanza delle gestioni dell’INPDAP, con conseguente attribuzione delle relative funzioni ai dirigenti di entrambi gli Istituti.
I comitati centrali dell’INPS sono, ai sensi della L. 30 aprile 1970, n. 639[193], organi dell’Istituto, e sono rappresentati da un comitato esecutivo e una serie di comitati amministratori delle gestioni, fondi e casse (cd. comitati speciali, che attualmente sono 18).
I loro compiti consistono, tra gli altri, nel deliberare sui ricorsi in prima o in seconda istanza (al riguardo il comitato esecutivo delibera in via definitiva sui richiamati ricorsi che esulano dalla competenza dei singoli comitati speciali).
I comitati regionali e provinciali, a livello locale, partecipano alla gestione dell'INPS.
In particolare, il comitato regionale, composto dai soggetti richiamati nell’articolo 42 della L. 9 marzo 1989, n. 88[194], svolge, ai sensi del successivo articolo 43, i seguenti compiti:
- coordinamento dell'attività dei comitati provinciali costituiti nell'ambito della circoscrizione regionale;
- mantenimento del collegamento con l'ente regione ai fini del coordinamento e della reciproca informazione in ordine all'attività e agli orientamenti nei settori della previdenza e dell'assistenza sociale;
- mantenimento dei contatti periodici con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, dei datori di lavoro, con gli enti di patronato e con gli altri organismi similari al fine di fornire informazioni sull'attività dell'Istituto nell'ambito regionale e di raccogliere le indicazioni e le proposte dei predetti organismi;
- presentazione periodica, al consiglio di amministrazione, di una relazione in ordine all'attività svolta ed agli obiettivi da perseguire nell'ambito della circoscrizione regionale;
- decisione, in via definitiva, in merito ai ricorsi relativi alla sussistenza del rapporto di lavoro esclusi quelli relativi ai fondi speciali di previdenza;
- svolgimento dei compiti ad esso assegnati dal consiglio di amministrazione dell'Istituto
I comitati di vigilanza delle gestioni autonome sono stati istituiti con l’articolo 4 del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 479[195] con il compito di predisporre, sulla base degli indirizzi del consiglio di indirizzo e vigilanza, il bilancio preventivo ed il conto consuntivo annuali delle gestioni stesse; proporre le iniziative necessarie per garantire l'equilibrio finanziario della gestione; decidere sui ricorsi proposti dagli interessati, secondo le rispettive discipline.
Ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del D.P.R. 24 settembre 1997, n. 368[196], il comitato di vigilanza di ciascuna gestione:
- predispone per il consiglio di amministrazione, sulla base degli indirizzi del consiglio di indirizzo e vigilanza, il bilancio preventivo ed il conto consuntivo annuale della gestione stessa;
- propone le iniziative necessarie per garantire l'equilibrio finanziario della gestione;
- decide sui ricorsi amministrativi avverso gli atti assunti dall'Istituto in materia di iscrizione, ricongiunzione e riscatto, determinazione della retribuzione annua pensionabile e di contributi, nonché in tema di prestazioni.
La relazione tecnica al riguardo afferma che i comitati dell’INPS soppressi sono complessivamente 140, di cui 18 centrali, 20 regionali, e 102 provinciali, per una spesa pari, nel 2005, ad oltre 5 milioni di euro.
I comitati di vigilanza dell’INPDAP sono invece 6, di cui solamente 2 funzionanti, con un onere, sempre per il 2005, di 27.300 euro.
In relazione a ciò, gli effetti sui saldi di finanza pubblica, sempre secondo la relazione tecnica, sono quantificabili in base alla seguente tabella:
(in mln. di euro)
Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento |
||||||
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
0 |
0 |
0 |
5 |
5 |
5 |
5 |
5 |
5 |
Articolo 44
(Controlli di merito nel sistema delle
Ragionerie)
1. Al comma 2 dell'articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Valutano, infine, la proficuità complessiva della gestione».
L’articolo 44 estende le competenze degli Uffici centrali del bilancio della Ragioneria generale dello Stato, attribuito loro il compito di valutare la proficuità complessiva della gestione da parte delle amministrazioni centrali.
Si osserva che la disposizione legislativa apporta modifiche di carattere frammentario e parziale in un atto non avente forza di legge. Essa assume dunque un diverso grado di “resistenza” rispetto ad interventi modificativi non legislativi successivi.
Gli uffici centrali del bilancio operano alle dipendenze del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’Economia e finanze, e sono disciplinati dall’articolo 9 del D.P.R. n. 38/98[197]. Essi sono istituiti presso tutte le amministrazioni centrali (ministeri) e presso alcune Direzioni generali dei Ministeri. Svolgono il compito di tenere le scritture concernenti la gestione delle relative amministrazioni e controllare la regolarità dei singoli atti di spesa posti in essere dalle amministrazioni medesime.
In particolare, ai sensi dell’art. 9, comma 1, tali uffici provvedono alla tenuta delle scritture contabili e alla registrazione degli impegni di spesa risultanti dai provvedimenti assunti dagli uffici amministrativi sotto la responsabilità dei dirigenti competenti, secondo le modalità del procedimento del controllo preventivo di ragioneria [198].
Trascorsi dieci giorni dalla registrazione dell'impegno, i provvedimenti acquistano efficacia. Entro il predetto termine l'ufficio centrale del bilancio può preannunciare all'amministrazione l'invio di osservazioni circa la legalità della spesa; tali osservazioni, ferma restando l'efficacia degli atti e la facoltà dell'amministrazione di darvi comunque esecuzione, sono comunicate all'amministrazione non oltre i successivi dieci giorni. Il dirigente responsabile dispone circa il seguito da dare al provvedimento e ne informa l'ufficio centrale del bilancio.
Ai sensi del comma 2 del suddetto art. 9, gli uffici centrali del bilancio ricevono dalle amministrazioni i dati relativi alle rilevazioni e alle risultanze di contabilità economica, ed effettuano gli adempimenti richiesti per la loro utilizzazione da parte del Ministero dell’economia[199]. Concorrono, altresì, alla valutazione degli oneri delle funzioni e dei servizi istituzionali delle amministrazioni dello Stato e dei programmi e progetti finanziati nell'ambito delle unità previsionali di bilancio, ai fini della predisposizione del progetto di bilancio di previsione[200].
Nella relazione illustrativa, si rileva che, accanto al controllo di legalità di tipo collaborativo su ogni singolo atto (cd. auditing di legalità) svolto dal sistema delle Ragionerie, tale vasta organizzazione viene investita, con la norma in esame, anche di compiti di valutazione in ordine alla proficuità complessiva delle gestioni delle amministrazioni di competenza.
1. È istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze la Commissione tecnica per il coordinamento dei rapporti finanziari tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali. La Commissione opera sulla base delle direttive del Ministro dell'economia e delle finanze e delle indicazioni del Ministro dell'interno e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e sentita la Conferenza unificata, con i seguenti compiti:
a) indicare proposte tecniche sui principi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
b) implementare i meccanismi di controllo dei flussi finanziari compatibili con il Patto di stabilità europeo anche sotto il profilo dell'entità del debito pubblico;
c) operare analisi, monitoraggio e valutazione dei flussi finanziari centro-periferia;
d) verificare le problematiche classificatorie e di armonizzazione dei bilanci delle amministrazioni pubbliche centrali e decentrate, compatibili con i criteri di contabilità nazionale ed europea.
2. Per l'espletamento della sua attività la Commissione di cui al comma 1 si avvale della struttura di supporto dell'Alta Commissione di studio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, la quale è contestualmente soppressa. A tal fine è autorizzata la spesa di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2007.
3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata, sono definite la composizione e le funzioni della Commissione, sono emanate le disposizioni occorrenti per il suo funzionamento ed è stabilita la data di inizio delle sue attività. Possono essere nominati fino a otto commissari, tre dei quali in rappresentanza delle regioni e degli enti locali, più il Presidente, scelti tra esperti di alto profilo tecnico-scientifico e di riconosciuta competenza in materia di finanza pubblica.
4. La Commissione opera per tre anni rinnovabili, dalla data di inizio della attività stabilita nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 3.
5. La Commissione può avvalersi degli strumenti di supporto previsti per la soppressa Commissione tecnica per la spesa pubblica, ivi incluso l'accesso ai sistemi informativi ai sensi dell'articolo 32, quarto comma, della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni, e della segreteria tecnica, ai sensi dell'articolo 8, commi 4 e 5, della legge 17 dicembre 1986, n. 878.
L’articolo 45 prevede l’istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, della Commissione tecnica per il coordinamento dei rapporti finanziari tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali.
La Commissione opera sulla base delle direttive del Ministro dell'economia e delle finanze e delle indicazioni del Ministro dell'interno e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e sentita la Conferenza unificata.
Alla Commissione sono assegnati i seguenti compiti:
a) indicare proposte tecniche sui principi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
b) implementare i meccanismi di controllo dei flussi finanziari compatibili con il Patto di stabilità europeo anche sotto il profilo dell'entità del debito pubblico;
c) operare analisi, monitoraggio e valutazione dei flussi finanziari centro-periferia;
d) verificare le problematiche classificatorie e di armonizzazione dei bilanci delle amministrazioni pubbliche centrali e decentrate, compatibili con i criteri di contabilità nazionale ed europea.
Si ricorda in proposito che la nota di aggiornamento al DPEF include, tra i provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2007 da presentare entro il 15 novembre, un disegno di legge di delega recante norme di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale.
Il comma 2 stabilisce che, per l'espletamento della sua attività, la Commissione tecnica per il coordinamento dei rapporti finanziari tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali si avvale della struttura di supporto dell'Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale, istituita dalla legge finanziaria per il 2003, la quale viene contestualmente soppressa.
L’Alta Commissione di studio è stata istituita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera b) della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2003, ai fini della attuazione del Titolo V della parte seconda della Costituzione, con il compito specifico di indicare al Governo i princìpi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, 118 e 119 della Costituzione.
La norma istitutiva prevedeva, a tal fine, la predisposizione da parte dell’Alta Commissione di una relazione da presentare al Governo sui princìpi generali del federalismo, sulla base delle indicazioni che avrebbero dovuto essere formulate dalla Conferenza unificata Stato-Regioni ed enti locali. Al Governo spettava il compito di presentare al Parlamento, sulla base della relazione, entro il mese successivo, una proposta di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.
Il termine per la conclusione dei lavori dell’Alta Commissione di studio, fissato dalla norma originaria al 31 marzo 2003, è stato via via prorogato, da ultimo al 30 settembre 2006 dall’art. 4-ter del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 51/2006), prevedendosi altresì lo scioglimento della Commissione nell’ipotesi in cui la scadenza non fosse stata rispettata.
Per quanto concerne i lavori dell’Alta Commissione di studio, va segnalato che la Commissione non ha potuto concludere i propri lavori in ragione del fatto che l’Accordo in sede di Conferenza unificata tra Stato, regioni ed enti locali, che doveva recare gli indirizzi in base ai quali l’Alta Commissione di studio avrebbe dovuto predisporre la propria relazione al Governo, non è mai stato raggiunto. La Commissione ha comunque predisposto un documento (Relazione sull’attività dell’Alta Commissione) che costituisce una sintesi dell’intera attività svolta dalla Commissione in ordine alla determinazione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale[201].
Per la costituzione della nuova Commissione è autorizzata la spesa di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2007.
Come precisa la relazione tecnica, la stima degli oneri necessari per la costituzione della Commissione tecnica è stata effettuata considerando i compensi ai membri della Commissione (prendendo a riferimento i compensi previsti a legislazione vigente per i componenti della soppressa Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo), per complessivi 240.000 euro, e le spese di funzionamento sulla base di quanto già stabilito per la soppressa Commissione, per 260.000 euro.
La composizione e le funzioni della Commissione saranno definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata (comma 3).
Con la medesima procedura, saranno altresì emanate le disposizioni occorrenti per il funzionamento della Commissione e stabilita la data di inizio delle sue attività.
Il comma 3 prevede che possono essere nominati fino a otto commissari, tre dei quali in rappresentanza delle regioni e degli enti locali, più il Presidente, scelti tra esperti di alto profilo tecnico-scientifico e di riconosciuta competenza in materia di finanza pubblica.
L’operatività della Commissione è fissata in tre anni rinnovabili, a partire dalla data di inizio della sua attività stabilita nel emanando decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (comma 4).
Infine, il comma 5 stabilisce che, ai fini dello svolgimento delle proprie funzioni, la Commissione può avvalersi degli strumenti di supporto previsti per la soppressa Commissione tecnica per la spesa pubblica (soppressa a suo tempo contestualmente alla istituzione dell’Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale), ivi incluso l'accesso ai sistemi informativi, e della segreteria tecnica, ai sensi dell'articolo 8, commi 4 e 5, della legge 17 dicembre 1986, n. 878.
In particolare, ai sensi dell'articolo 32, quarto comma, della legge 30 marzo 1981, n. 119, è previsto l’accesso della Commissione al sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato; è previsto altresì che la Commissione possa ottenere, a richiesta, tutti i dati di cui dispongono la stessa Ragioneria generale e la direzione generale del tesoro.
Per quanto concerne la segreteria tecnica, si ricorda che l’articolo 8, commi 4 e 5, della legge n. 878/1986, prevede una segreteria tecnica costituita da otto esperti con il compito di raccogliere e catalogare dati e informazioni, nonché predisporre ricerche di base per le varie sezioni funzionali della spesa pubblica. I componenti della segreteria sono scelti tra persone aventi specifiche esperienze professionali in materia di finanza pubblica e nominati con decreto del Ministro del tesoro (ora Ministro dell’economi), su proposta della Commissione stessa.
La Commissione è inoltre autorizzata, per il raggiungimento di finalità specifiche inerenti ai compiti istituzionalmente ad essa demandati, a disporre la stipula, ove necessario, di contratti di consulenza con esperti, enti o società specializzate.
Si ricorda che la soppressa Commissione tecnica per la spesa pubblica (CTSP), istituita più di 20 anni fa (art. 32 della legge n. 119 del 30 marzo 1981), operava nell'ambito del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 6-bis del D.P.R. 28 aprile 1998, n. 154[202]).
In base al D.Lgs. n. 430/1997 (che ha confermato i compiti già stabiliti dalle leggi n. 119/1981, articolo 32, e n. 878/1986, articolo 8) la Commissione era competente:
- ad effettuare studi ed analisi sui metodi di impostazione del bilancio pluriennale programmatico, secondo quanto stabilito dalla legge n. 468/1978;
- ad effettuare analisi del funzionamento di organi ed enti pubblici e delle relative procedure di spesa;
- a svolgere studi, ricerche e rilevazioni richiesti dal CIPE e dalle competenti Commissioni parlamentari;
- a definire le metodologie per la programmazione dell'attività finanziaria e il monitoraggio dell'attuazione delle manovre di bilancio, nonché per la valutazione tecnica dei costi e degli oneri dei provvedimenti e delle iniziative legislative.
Articolo 46
(Commissione per la garanzia
dell'informazione statistica)
1. La Commissione di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, è soppressa. Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è costituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Commissione per la garanzia dell'informazione statistica.
2. Alla Commissione sono attribuiti poteri di indagine, valutativi e propositivi nei confronti dell'ISTAT e degli altri enti del sistema statistico nazionale, nonché poteri di vigilanza sull'affidabilità, trasparenza e completezza dell'informazione statistica fornita dalle amministrazioni competenti in materia di finanza pubblica.
3. La Commissione è composta di cinque membri, scelti tra professori universitari anche di nazionalità non italiana e dirigenti della pubblica amministrazione, di elevata esperienza nel settore statistico, economico e finanziario. Il presidente e i membri della Commissione sono nominati con la stessa procedura di cui al comma 1. I componenti e il presidente della Commissione durano in carica sei anni e non sono rinnovabili e, se appartenenti ai ruoli delle pubbliche amministrazioni, possono essere collocati in aspettativa o fuori ruolo, secondo le norme e i criteri dei rispettivi ordinamenti.
4. La dotazione organica del personale della Commissione è composta di venti unità. Entro tale contingente, la Commissione può utilizzare personale comandato o distaccato appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione in numero non superiore a sei unità.
5. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 1,2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.
L’articolo 46 sopprime la Commissione per la garanzia dell'informazione statistica, prevedendo al contempo la costituzione di una Commissione con identica denominazione ma con competenze e composizione diverse. Tale costituzione è rimessa a un successivo regolamento di delegificazione: va tuttavia rilevato che il medesimo articolo reca gli elementi essenziali della disciplina del nuovo organismo.
Il comma 1 sopprime
espressamente l’organo in questione, attualmente disciplinato dall’art. 12 del
D.Lgs. 322/1989[203], di riordino
dell’ISTAT e, prevede contestualmente la costituzione, con regolamento di
delegificazione ex art. 17, comma 2,
della L. 400/1988, di una Commissione con eguale denominazione, sempre presso
La scelta di rimettere ad un regolamento di delegificazione l’effettiva istituzione della Commissione, in luogo della diretta novellazione dell’art. 12 del D.Lgs. 322/1989, produce come effetto l’assenza di un organo di garanzia dell’informazione statistica nel (pur breve) periodo che intercorre tra l’entrata in vigore della legge finanziaria e quella del regolamento di delegificazione.
Il comma 2 definisce le competenze del nuovo organo, al quale sono attribuiti:
§ poteri di indagine, valutativi e propositivi nei confronti dell’ISTAT e degli altri enti facenti parte del sistema statistico nazionale;
§ poteri di vigilanza sull'affidabilità, trasparenza e completezza dell'informazione statistica fornita dalle amministrazioni competenti in materia di finanza pubblica.
Ai sensi dell’art. 12, co. 1, del D.Lgs. 322/1989, l’attuale Commissione per la garanzia dell'informazione statistica[204] vigila:
- sulla imparzialità e completezza dell'informazione statistica e contribuisce alla corretta applicazione delle norme che disciplinano la tutela della riservatezza delle informazioni fornite all'ISTAT e ad altri enti del sistema statistico nazionale (SISTAN)[205], segnalando anche al Garante per la protezione dei dati personali i casi di inosservanza delle norme stesse;
- sulla qualità delle metodologie statistiche e delle tecniche informatiche impiegate nella raccolta, nella conservazione e nella diffusione dei dati;
- sulla conformità delle rilevazioni alle direttive degli organismi internazionali e comunitari.
La Commissione ha il compito di esercitare una sorveglianza a carattere generale sull’attività complessiva svolta dagli enti del SISTAN, piuttosto che svolgere un controllo puntuale sui singoli atti.
Il momento più significativo dell’azione della
Commissione è rappresentato dalla formulazione del parere sul programma
statistico nazionale, che consente alla Commissione di valutare l’adeguatezza
delle realizzazioni e dei programmi del sistema delle statistiche pubbliche
sotto il profilo della qualità, imparzialità e completezza.
Come può desumersi dal confronto con la disciplina in vigore, secondo il nuovo modello proposto i poteri della Commissione nei confronti dell’ISTAT appaiono più penetranti; si configura inoltre un nuovo ruolo dell’organo nell’ambito del controllo dei dati relativi alla finanza pubblica.
Quanto alla composizione della Commissione, il comma 3 stabilisce che essa è formata da cinque membri scelti nell’ambito delle seguenti categorie:
§ professori universitari anche di nazionalità non italiana;
§ dirigenti della pubblica amministrazione, di elevata esperienza nel settore statistico, economico e finanziario.
Per la nomina del presidente e dei membri della Commissione, il comma 3 rinvia alla medesima procedura di cui al comma 1, ovvero ad un regolamento di delegificazione.
Si osserva in proposito che la disposizione in esame prevede, per l’adozione di un atto amministrativo (la nomina dei componenti della Commissione), il ricorso ad una fonte (il regolamento di delegificazione) che ha per sua natura carattere normativo.
La disciplina vigente (art. 12, co. 3, del D.Lgs. 322/1989) dispone che la commissione è composta di nove membri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio. Sei membri sono scelti tra professori ordinari in materie statistiche, economiche ed affini o direttori di istituti di statistica o di ricerca statistica non facenti parte del sistema statistico nazionale, e tre tra alti dirigenti di enti e amministrazioni pubbliche, che godano di grande prestigio e competenza nelle discipline e nei campi collegati alla produzione, diffusione e analisi delle informazioni statistiche e che non siano preposti ad uffici facenti parte del sistema statistico nazionale.
La durata del mandato dei componenti della Commissione, compreso il presidente, è di sei anni, e non è rinnovabile; essi, qualora provengano dai ruoli delle pubbliche amministrazioni, possono essere collocati in aspettativa o in posizione di fuori ruolo.
Per quanto riguarda la durata del mandato, la normativa proposta non innova rispetto alla normativa vigente.
Per lo svolgimento della sua attività,
Il comma 5, infine, dispone uno stanziamento di 1,2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007 per il funzionamento della Commissione.
La Commissione europea ha presentato il 22 dicembre 2004 una comunicazione intitolata “Verso una strategia europea di governance delle statistiche di bilancio” (COM (2004) 832) nella quale profila le tre seguenti linee d’intervento:
§ chiarire le disposizioni specifiche sulla qualità dei dati statistici utilizzati nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi, rafforzando i poteri di controllo dei dati da parte della Commissione europea (attraverso Eurostat). Tali nuove disposizioni sono state poi adottate dal regolamento (CE) n. 2103/2005 del Consiglio, del 12 dicembre 2005, relativo alla qualità dei dati statistici nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi;
§ migliorare le capacità operative della Commissione, in particolare di Eurostat e della Direzione generale affari economici e finanziari;
§ stabilire norme applicabili a livello europeo in tema d’indipendenza, integrità e responsabilità degli istituti statistici nazionali.
La Commissione europea ha presentato il 22 marzo 2006 una proposta di regolamento che fissa norme comuni per la fornitura delle informazioni di base sulle parità di potere d’acquisto, nonché per il loro calcolo e la loro diffusione (COM(2006) 135). Scopo della proposta è quello di codificare i criteri già attualmente adottati dagli Stati membri dell’Unione europea e da Eurostat per calcolare annualmente le parità di potere d’acquisto, migliorando la trasparenza, la tempestività e la qualità dell’intero processo di elaborazione dei dati a livello sia d’istituti statistici nazionali sia di Eurostat.
La proposta è all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione.
Articolo 47
(Riordino, trasformazione e soppressione
di enti pubblici)
1. All'articolo 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 30 giugno 2007, il Governo, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale, procede al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici, nonché di strutture amministrative pubbliche nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) fusione degli enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento;
b) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi secondo le modalità previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto dalla lettera d) del presente comma, nonché dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112;
c) razionalizzazione e riduzione degli organi di indirizzo amministrativo, gestione e consultivi;
d) per gli enti soppressi e messi in liquidazione lo Stato risponde delle passività nei limiti dell'attivo della singola liquidazione;
e) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato ai sensi della lettera b)»;
b) i commi 2, 2-bis, 5 e 6 sono abrogati.
2. Dall'attuazione del comma 1 deve derivare un miglioramento dell'indebitamento netto non inferiore a 200 milioni di euro per l'anno 2007, a 300 milioni di euro per l'anno 2008 e a 400 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.
3. La società di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, acquista nell'anno 2007 gli immobili delle gestioni liquidatorie di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, per un controvalore non inferiore a 180 milioni di euro.
L’articolo in esame novella per alcuni aspetti l'articolo 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), già intervenuto in materia di riordino degli enti pubblici, con le medesima finalità – riproposte dall’articolo in esame – di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi.
Si veda al riguardo il testo a fronte riportato in calce alla presente scheda di lettura.
Il comma 1 dell’articolo 28 viene sostituito dal comma 1 dell’articolo in esame, che peraltro ne ripropone alcuni contenuti.
Si prevede infatti – come già faceva il citato articolo 28 - l’intervento di uno o più regolamenti di delegificazione[207], che, per le finalità sopra indicate, sono autorizzati a intervenire in materia di riordino, trasformazione o soppressione di enti pubblici. Tuttavia, il testo attualmente vigente prevede che innanzitutto i regolamenti “individuino gli enti e gli organismi pubblici, incluse le agenzie, vigilati dallo Stato, ritenuti indispensabili in quanto le rispettive funzioni non possono più proficuamente essere svolte da altri soggetti sia pubblici che privati” (e se necessario ne dispongano la trasformazione, fusione etc.), mentre l’articolo 47 in esame affida ai regolamenti direttamente il compito di procedere al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici, nonché di strutture amministrative pubbliche.
Per l’adozione di tali atti, è poi previsto un nuovo termine, individuato nel 30 giugno 2007 (in luogo del 31 dicembre 2006).
I regolamenti in questione devono essere adottati – secondo un procedimento analogo a quello già previsto dall’art. 28 della legge finanziaria 2002 – su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione (in luogo del Ministro per la funzione pubblica), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale.
Diversamente dal vigente art. 28, la norma in esame non limita espressamente il suo oggetto agli enti ed organismi pubblici “vigilati dallo Stato”, né ne precisa il carattere “nazionale”. Si ricorda in proposito che l’art. 117, co. 2°, lett. g), attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva con riguardo all’“ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 15 del 2004, ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, commi 1, 5 e 6 sollevata da alcune regioni in riferimento all'art. 117 della Costituzione. Nell’argomentare le ragioni della decisione, la Corte ha sottolineato la rilevanza delle modifiche intervenute nel frattempo rispetto al testo originario dell’art. 28 (su cui era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale): oltre a rilevare che la disposizione prescrive che il Governo individui gli enti pubblici ritenuti indispensabili e solo eventualmente ("se necessario") provveda alle previste operazioni di trasformazione, accorpamento o fusione, ha considerato particolarmente significativo, ai fini del giudizio, il fatto che l'ambito di applicazione dell'art. 28 sia stato circoscritto, in quanto “i destinatari sono attualmente individuati nei soli enti ed organismi pubblici sui quali lo Stato esercita poteri di vigilanza”.
Vengono quindi individuati i princìpi e criteri direttivi cui devono attenersi i regolamenti. Rispetto all’articolo 28, tale individuazione appare più esplicita ed articolata, e presenta alcune differenze nel contenuto.
A fini di maggior chiarezza e completezza, si ricorda che l’articolo 28[208] prevede attualmente al comma 1 che i regolamenti, da emanare entro il 31 dicembre 2006, individuino gli enti e gli organismi pubblici, incluse le agenzie, vigilati dallo Stato, ritenuti indispensabili in quanto le rispettive funzioni non possono più proficuamente essere svolte da altri soggetti sia pubblici che privati, disponendone se necessario anche la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto privato, ovvero la fusione o l'accorpamento con enti o organismi che svolgono attività analoghe o complementari. Scaduto il termine di cui al presente comma senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti, gli enti, gli organismi e le agenzie per i quali non sia stato adottato alcun provvedimento sono soppressi e posti in liquidazione.
I “principi e criteri direttivi”[209] sono, nel nuovo testo, così indicati:
a) fusione degli enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento (la misura della fusione degli enti che svolgono attività analoghe o complementari era già prevista nel richiamato art. 28, nell’ambito comunque di una formulazione diversa);
b) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi; tale criterio presenta specificazioni ulteriori rispetto ad una disposizione già presente nel comma 1 del vigente articolo 28 (v. infra il testo a fronte). Per la soppressione e messa in liquidazione si rinvia – analogamente a quanto già stabilito dal medesimo art. 28 (comma 6) - alle modalità previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404[210]. Resta fermo quanto previsto dalla lettera d) del presente comma (v. infra) in ordine alla responsabilità finanziaria dello Stato per gli enti soppressi o liquidati, nonché dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63[211], a seguito del quale è stata approvata la convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Fintecna Spa per l'affidamento della gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti soppressi[212];
c) razionalizzazione e riduzione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi;
d) per gli enti soppressi e messi in liquidazione lo Stato risponde delle passività nei limiti dell'attivo della singola liquidazione;
e) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato (ai sensi del criterio di cui alla lettera b) - v. supra);
L’articolo in esame stabilisce contestualmente l’abrogazione dei commi 2, 2-bis, 5 e 6 dell’articolo 28. Si tratta, in sintesi, di disposizioni:
§ che individuano i criteri per l’esclusione dalle trasformazioni o soppressioni degli enti e organismi che svolgono compiti di particolare interesse nazionale (v. infra, più analiticamente, il testo a fronte);
§ che prevedono l’avvalimento – da parte del Ministro dell’economia e delle finanze – di strutture già previste dal D.Lgs. n. 300/99[213] per l’attuazione dell’articolo 28;
§ che subordinano la decisione sulla trasformazione degli enti ad una verifica circa la più proficua erogabilità dei servizi al di fuori del settore pubblico;
§ che rinviano alle modalità di cui alla legge 1404/1956 per la soppressione e messa in liquidazione degli enti (tale rinvio opera comunque in virtù del richiamo presente nella lettera b) - v.supra).
Come si è già accennato, il comma 1 dell’articolo in esame dispone l’integrale sostituzione del comma 1 dell’articolo 28 della legge n. 448/2001. Nel nuovo testo non figura la disposizione che stabilisce la soppressione automatica degli enti per i quali non sia stato adottato alcun provvedimento, entro il termine indicato dal medesimo comma.
Si tratta, più precisamente, della disposizione di cui all’ultimo periodo del vigente comma 1 dell’art. 28, secondo la quale, scaduto il termine per l’emanazione dei regolamenti (31 dicembre 2006, secondo il testo in vigore) senza che si sia provveduto agli adempimenti previsti, gli enti, gli organismi e le agenzie per i quali non sia stato adottato alcun provvedimento sono soppressi e posti in liquidazione.
Il comma 2 dell’articolo in esame quantifica il miglioramento dell'indebitamento netto che deve derivare dall'attuazione del comma 1: esso non deve essere inferiore a 200 milioni di euro per l'anno 2007, a 300 milioni di euro per l'anno 2008 e a 400 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009 (in relazione a tale disposizione, v. l’art. 67 del disegno di legge finanziaria in esame, che dispone per il caso in cui non si producessero tali risultati).
Il comma 3 reca infine una disposizione specifica relativa alla società di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto legge n. 63/2002[214], vale a dire, la società cui è affidata la gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti soppressi, attualmente individuata in Fintecna S.p.a (cui s’è già fatto cenno): l’articolo in esame prevede che essa acquisti nell'anno 2007 gli immobili delle gestioni liquidatorie per un controvalore non inferiore a 180 milioni di euro.
In proposito, si rinvia, sul punto alla scheda di lettura relativa all’art. 48 del ddl in esame,che abroga la disciplina contenuta nella legge finanziaria 2006, all’art. 1, commi 89-91, in materia di liquidazione di enti disciolti.
L. 448/2001 |
Finanziaria 2007 – A.C. 1746 |
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Art.
47. |
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All'articolo 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Art. 28 |
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: |
1. Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 dicembre 2006, il Governo, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale, individua gli enti e gli organismi pubblici, incluse le agenzie, vigilati dallo Stato, ritenuti indispensabili in quanto le rispettive funzioni non possono più proficuamente essere svolte da altri soggetti sia pubblici che privati, disponendone se necessario anche la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto privato, ovvero la fusione o l'accorpamento con enti o organismi che svolgono attività analoghe o complementari. Scaduto il termine di cui al presente comma senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti, gli enti, gli organismi e le agenzie per i quali non sia stato adottato alcun provvedimento sono soppressi e posti in liquidazione. |
1. Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 30 giugno 2007, il Governo, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale, procede al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici, nonché di strutture amministrative pubbliche nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) fusione degli enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento; b) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi secondo le modalità previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto dalla lettera d) del presente comma, nonché dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112; c) razionalizzazione e riduzione degli organi di indirizzo amministrativo, gestione e consultivi; d) per gli enti soppressi e messi in liquidazione lo Stato risponde delle passività nei limiti dell'attivo della singola liquidazione; e) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato ai sensi della lettera b)»; |
2. Dalle trasformazioni o soppressioni di cui al comma 1 sono esclusi gli enti, gli istituti, le agenzie e gli altri organismi pubblici che: a) gestiscono a livello di primario interesse nazionale la previdenza sociale; b) sono essenziali per le esigenze della difesa o la cui natura pubblica è garanzia per la sicurezza; c) svolgono funzioni di prevenzione e vigilanza per la salute pubblica; c-bis) svolgono compiti di garanzia di diritti di rilevanza costituzionale. 2-bis. Ai fini dell'attuazione del presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze può avvalersi della struttura interdisciplinare prevista dall'articolo 73, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. 3. Gli schemi dei regolamenti di cui al comma 1 del presente articolo, al comma 5 dell'articolo 29 e all'articolo 33 sono trasmessi al Parlamento per l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni. Quest'ultimo è espresso entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi di regolamento. Le Commissioni possono richiedere una sola volta ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni per l'adozione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero di schemi di regolamento trasmessi nello stesso periodo all'esame delle Commissioni. 4. Qualora sia richiesta, ai sensi del comma 3, la proroga per l'adozione del parere, e limitatamente alle materie per cui essa sia concessa, i termini per l'emanazione dei regolamenti previsti dal comma 1 sono prorogati di 20 giorni. Trascorso il termine di cui al comma 3, secondo periodo, ovvero quello prorogato ai sensi del terzo periodo del medesimo comma 3, i regolamenti possono comunque essere emanati. 5. La trasformazione di cui al comma 1 è subordinata alla verifica che i servizi siano più proficuamente erogabili al di fuori del settore pubblico. 6. Alla soppressione e messa in liquidazione di cui al comma 1 si provvede con le modalità stabilite dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e successive modificazioni. 7. Tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione non rilevano ai fini fiscali. 8. La disposizione di cui al comma 1 si applica in via sperimentale, sentite le regioni interessate, anche agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ferma restando la natura pubblica degli istituti medesimi, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269. 9. I bilanci consuntivi delle Autorità indipendenti sono annualmente pubblicati in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze. 10. La disposizione di cui al comma 7 si applica anche agli atti connessi alle operazioni di trasformazione effettuate dalle regioni e dalle province autonome. 11. Gli enti competenti, nell'esercizio delle funzioni e dei compiti in materia di approvvigionamento idrico primario per uso plurimo e per la gestione delle relative infrastrutture, opere ed impianti, possono avvalersi degli enti preposti al prevalente uso irriguo della risorsa idrica attraverso apposite convenzioni e disciplinari tecnici. |
b) i commi 2, 2-bis, 5 e 6 sono abrogati. |
Articolo 48
(Modifiche alla disciplina per la
liquidazione degli enti disciolti)
1. I commi 89, 90 e 91 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono sostituiti dai seguenti:
«89. L'Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato è soppresso. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze le competenze dell'Ispettorato sono attribuite ad uno o più Ispettorati generali del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato.
90. Il personale adibito alla data di entrata in vigore della presente disposizione alle procedure di liquidazione previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e successive modificazioni, è destinato alle altre attività istituzionali del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato.
91. Alla definizione delle pregresse posizioni previdenziali del personale degli enti soppressi, per il quale non sia stata ancora effettuata, ai sensi degli articoli 74, 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e della legge 27 ottobre 1988, n. 482, la ricongiunzione dei servizi ai fini dell'indennità di anzianità e del trattamento integrativo di previdenza, provvede la gestione previdenziale di destinazione di detto personale. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'INPS, l'INPDAP e l'INAIL, limitatamente ai trattamenti pensionistici integrativi relativi alla soppressa gestione sanitaria, concordano con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, anche in via presuntiva e a completa definizione delle predette posizioni previdenziali, l'ammontare dei capitali di copertura necessari. L'INPS e l'INPDAP subentrano, a decorrere dalla data di perfezionamento dell'accordo con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, al Ministero dell'economia e delle finanze nelle vertenze innanzi al giudice ordinario e a quello amministrativo, concernenti le pregresse posizioni previdenziali del personale degli enti soppressi».
2. L'ammontare della remunerazione di cui al capitolo 2835 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2006 e successivi è annualmente determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con riferimento ai servizi resi nell'anno precedente dalla società di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, per la gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti pubblici, nel limite dello stanziamento di bilancio a legislazione vigente.
L’articolo 48, al comma 1, novella le norme in materia di liquidazione di enti disciolti, introdotte nella legge finanziaria 2006, sostituendole integralmente.
In particolare, i nuovi commi 89 e 90 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005 dispongono la soppressione dell’Ispettorato Generale per la soppressione degli enti disciolti del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (DRG) e la destinazione del personale adibito alle procedure liquidatorie (previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e ss. mod.) ad altre attività dello stesso DRG.
Le competenze residue del soppresso Ispettorato sono attribuite, con Decreto del Ministro dell’economia, ad uno o più Ispettorati generali del Dipartimento della ragioneria.
Ricostruzione della normativa sulla liquidazione degli enti disciolti
La legge 4 dicembre 1956, n. 1404 ha disposto la soppressione e la messa in liquidazione di numerosi enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale, i cui scopi fossero cessati o non più perseguibili, o che si trovassero in condizioni economiche di grave dissesto o fossero nell'impossibilità concreta di attuare i propri fini statutari.
Era previsto che i provvedimenti di soppressione, liquidazione o incorporazione degli enti medesimi e le relative norme di attuazione fossero promossi dal Ministro per il tesoro ed emanati con decreto presidenziale (art. 1, commi 1 e 2, della legge n. 1404).
Le operazioni di liquidazione sono state gestite dall’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti (I.G.E.D.), ufficio di livello dirigenziale generale, inserito nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. h), del D.P.R. 28 aprile 1998, n. 154, contenente il regolamento sulla nuova organizzazione dell'ex Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione.
Sulla materia è successivamente intervenuto l’articolo 9, comma da 1-bis a 1-sexies, del D.L. 15 aprile 2002, n. 63 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112/2002) che ha ribadito la definitiva soppressione degli enti pubblici di cui alla legge n. 1404/1956, disponendo altresì, al comma 1-bis:
- la cedibilità degli immobili degli enti secondo le modalità previste dal D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (lettera a);
- la destinazione del personale adibito alle procedure di liquidazione previste dalla citata legge n. 1404 del 1956 ad altre attività istituzionali del Ministero dell'economia e delle finanze (lettera b);
- la possibilità, ferma restando la titolarità, in capo al Ministero dell'economia e delle finanze, dei rapporti giuridici attivi e passivi, di affidare la gestione della liquidazione degli enti disciolti, nonché del relativo contenzioso, ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato (lettera c).
Sulla base di tale disposizione, con provvedimento del Ragioniere generale dello Stato, in data 12 dicembre 2002 è stato individuato nella Fintecna – Finanziaria per i settori industriali e dei servizi Spa, società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze[215], il soggetto affidatario dei compiti di gestione della liquidazione, di cui sopra, facendo rinvio ad apposita convenzione per la disciplina dei rapporti della società con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tale convezione è stata approvata con decreto del Ministro dell’economia e finanze 27 settembre 2004[216]
La legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004), ai commi 224-226, reca poi disposizioni in materia di liquidazione degli enti soppressi, al fine di accelerare le relative procedure.
In particolare, il comma 224 interviene in merito alle modalità di dismissione degli immobili degli enti disciolti[217].
Il comma 224 ricomprende nelle procedure di alienazione anche gli immobili di cui al decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 150 del 1° luglio 2003, recante l’individuazione degli immobili di proprietà degli enti soppressi da sottoporre alla procedura della cartolarizzazione[218].
I commi 225 e 226 sonointervenuti in merito alla disciplina e ai poteri attribuiti alla società cui è affidata la gestione della liquidazione degli enti disciolti, la FINTECNA[219].
In particolare, il comma 226 dispone, inoltre, che la società controllata dallo Stato incaricata della gestione della liquidazione eserciti ogni potere finora attribuito all'Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti (IGED), nonché il potere di procedere alla revoca degli incarichi di Commissario liquidatore in essere, anche con riguardo a tutte le liquidazioni di gravemente deficitarie, di cui al comma 1-ter dell’articolo 9 del D.L. n. 63/2002[220].
Infine il comma 229 prescrive alla società affidataria della gestione delle liquidazioni, Fintecna Spa, e congiuntamente al Ministro dell'economia e delle finanze, di riferire annualmente al Parlamento sullo stato della liquidazione degli enti pubblici di cui è stata stabilita la soppressione ai sensi della legge n. 1404 del 1956, per i quali la liquidazione stessa non si sia ancora esaurita al 31 dicembre 2005.
La disciplina introdotta dalla legge finanziaria 2006
Si ricorda qui il contenuto dei commi 89-91 dell’articolo 1 della Legge Finanziaria 2006 che la disposizione in commento sostituisce integralmente:
Il comma 89 stabilisce che il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi degli enti pubblici di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, la cui liquidazione è stata affidata alla FINTECNA s.p.a è trasferito alla società stessa.
Il comma 89 dispone altresì che, all’esito di tale trasferimento, le attività ed i rapporti giuridici attivi e passivi già facenti capo al Ministero dell’economia e delle finanze formeranno patrimonio autonomo e separato, ad ogni effetto di legge, della società. Inoltre, il comma specifica che gli atti concernenti il trasferimento e quelli conseguenti sono esenti da ogni tributo e diritto. Quanto al corrispettivo del trasferimento, esso è determinato sulla base di una relazione di stima redatta da una primaria società specializzata, scelta di comune intesa fra il Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro, e la società intestataria dei rapporti (che dovrà anche farsi carico dell’onere connesso alla predetta stima).
A tale proposito, si richiama quanto ora previsto dall’articolo 47, comma 3 del disegno di legge in commento. In particolare tale disposizione prevede che entro l’anno 2007 la società affidataria della gestione della liquidazione degli enti soppressi (FINTECNA) acquisti gli immobili delle gestioni liquidatorie per un controvalore non inferiore a 180 milioni di euro. Si rinvia, comunque, alla relativa scheda di lettura.
Il comma 90 stabilisce che, per i casi di mancata soddisfazione dei creditori da parte della società neo intestataria dei rapporti attivi e passivi già facenti capo al Ministero dell’economia e delle finanze, continua ad applicarsi la garanzia dello Stato. Tale garanzia è però esclusa in relazione ai crediti rientranti nell'ambito delle liquidazioni gravemente deficitarie e delle liquidazioni coatte amministrative, individuate con provvedimento del Ministero dell’economia e finanze, per le quali la responsabilità continua ad essere limitata all'attivo della singola liquidazione.
Il comma 91 stabilisce che continuano ad applicarsi alle liquidazioni gravemente deficitarie ed alle liquidazioni coatte amministrative le disposizioni in materia di alienazione dei beni immobili contenute nel sopra commentati articolo 9 del D.L. n. 63 del 2002 e commi 224, 225, 226 e 229 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004). Tali disposizioni continuano ad applicarsi anche alle liquidazioni disciplinate dal precedente comma 89 sino alla data stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, che definisce altresì le modalità tecniche di attuazione dei precedenti commi 88, 89 e 90.
Il nuovo comma 91 novellato reca disposizioni volte a definire le posizioni previdenziali pregresse del personale degli enti soppressi, per il quale non è stata ancora effettuata la ricongiunzione dei servizi ai fini dell’indennità di anzianità e del trattamento integrativo di previdenza.
Alla definizione di tali posizioni provvede la gestione previdenziale di destinazione di detto personale.
Limitatamente ai trattamenti pensionistici integrativi relativi alla soppressa gestione sanitaria, l’ammontare dei capitali di copertura necessari è definito, anche in via presuntiva e a completa definizione delle predette posizioni previdenziali, da un accordo tra l'INPS, l'INPDAP e l'INAIL e il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
A decorrere dalla data di perfezionamento dell'accordo, l'INPS e l'INPDAP subentrano al Ministero dell'economia e delle finanze nelle vertenze innanzi al giudice ordinario e a quello amministrativo, concernenti le pregresse posizioni previdenziali del personale degli enti soppressi.
Nella relazione al disegno di legge si osserva che il nuovo comma 91 affronta una annosa situazione pre-contenziosa tra il citato IGED, l’INPS e l’INPDAP (l’INPU), nonché l’INAIL, limitatamente ai trattamenti pensionistici integrativi alla soppressa gestione sanitaria, formulando un accordo di tipo transattivo.
Si ricorda che gli articoli 74, 75 e 76 del il D. P. R 20 dicembre 1979, n. 761, disciplina lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, l’art. 74 riguarda in particolare il trattamento di quiescenza del dipendente, addetto ai presìdi, servizi ed uffici delle unità sanitarie locali, e al comma 3 la ricongiunzione dei servizi e periodi assicurativi connessi con il servizio prestato da tale dipendente presso altre amministrazioni o enti di provenienza; l’art. 75 disciplina la facoltà data al personale sanitario trasferito da altri enti di optare per il mantenimento della posizione assicurativa già costituita nell'ambito dell'assicurazione generale obbligatoria e degli eventuali fondi integrativi di previdenza esistenti presso gli enti di provenienza. L’art. 76 disciplina il trattamento di previdenza del personale sanitario.
Il comma 2 dell’articolo 48 in commento assegna ad un decreto annuale del Ministro dell’economia e finanze la definizione dell’ammontare della remunerazione alla società affidataria (FINTECNA) con riferimento ai servizi di gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti pubblici da questa resi nell’anno precedente.
Per l’esercizio finanziario 2006, le relative somme sono iscritte nel cap. 2835/Economia, u.p.b. 4.1.5.11, e sono pari a 1,5 milioni di euro.
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A. C 1747) le somme risultano iscritte nel cap. 2835/Economia, u.p.b 5.1.2.2, e sono pari a 1,5 milioni di euro.
Si osserva che sarebbe opportuno chiarire il significato dell’espressione “nel limite dello stanziamento di bilancio a legislazione vigente”, usata nel comma in commento.
1. Sono trasferiti alla società FINTECNA o a società da essa interamente controllata, con ogni loro componente attiva e passiva, ivi compresi i rapporti in corso e le cause pendenti, i patrimoni di EFIM in liquidazione coatta amministrativa e delle società in liquidazione coatta amministrativa interamente controllate da EFIM. Detti patrimoni costituiscono tra loro un unico patrimonio, separato dal residuo patrimonio della società trasferitaria. Alla data del trasferimento sono chiuse le liquidazioni coatte amministrative di EFIM e delle predette società, con conseguente estinzione delle stesse e con contestuale cessazione dalla carica dei loro commissari liquidatori. La società trasferitaria procede alla cancellazione di tali società dal registro delle imprese.
2. Il trasferimento decorre dal quindicesimo giorno successivo alla data di presentazione al Ministero dell'economia e delle finanze del rendiconto finale delle liquidazioni coatte amministrative, che è presentato dal commissario liquidatore di EFIM in liquidazione coatta amministrativa entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Al predetto commissario devono essere comunicati, almeno sessanta giorni prima, i rendiconti finali delle procedure delle società di cui al comma 1.
3. Per il trasferimento dei patrimoni di cui al comma 1, il commissario liquidatore di EFIM predispone una situazione patrimoniale di riferimento tenendo conto del rendiconto finale di cui al comma 2. Un collegio di tre periti verifica, entro novanta giorni dalla nomina, tale situazione patrimoniale e predispone, sulla base della stessa, una valutazione estimativa dell'esito finale della liquidazione dei patrimoni trasferiti. Tale valutazione deve, tra l'altro, tenere conto delle garanzie di cui al comma 4, nonché di tutti i costi e gli oneri necessari per il completamento della liquidazione di detti patrimoni, individuando altresì il fabbisogno finanziario stimato per la chiusura della liquidazione medesima. I componenti del collegio sono designati, uno ciascuno, da EFIM e dalla società trasferitaria e il presidente è scelto dal Ministero dell'economia e delle finanze. L'importo massimo del compenso per i periti è determinato dal Ministero dell'economia e delle finanze con il decreto di cui al comma 10 ed è ad esclusivo carico delle parti. Il valore stimato dell'esito finale della liquidazione costituisce il corrispettivo per il trasferimento stesso, che è corrisposto dalla società trasferitaria al Ministero dell'economia e delle finanze, fermo restando quanto previsto al comma 7.
4. Effettuato il trasferimento, la società trasferitaria procede alla liquidazione dei patrimoni trasferiti, avendo per scopo la finale monetizzazione degli attivi, la più celere definizione dei rapporti creditori e debitori e dei contenziosi in corso e il pagamento dei creditori dei patrimoni trasferiti, assicurando il rigoroso rispetto del principio della separatezza di tali patrimoni dal proprio. La società trasferitaria non risponde con il proprio patrimonio dei debiti e degli oneri dei patrimoni ad essa trasferiti in base alla presente legge, ivi compresi quelli sostenuti per la liquidazione di tali patrimoni. Ai creditori dei patrimoni trasferiti continua ad applicarsi la garanzia dello Stato prevista dall'articolo 5 del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 487, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1993, n. 33, e successive modificazioni. Le disponibilità finanziarie rivenienti e conseguenti ai trasferimenti di cui al presente articolo devono affluire su un apposito conto corrente infruttifero da aprire presso la Tesoreria centrale per conto dello Stato, intestato alla società trasferitaria. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze è fissato, tenendo conto del fabbisogno finanziario, come individuato ai sensi del comma 3, l'ammontare delle risorse finanziarie tratte dal predetto conto corrente infruttifero e depositate presso il sistema bancario per le esigenze urgenti ed improcrastinabili relative alla liquidazione dei patrimoni trasferiti.
5. Dalla data del trasferimento, la società trasferitaria subentra automaticamente nei processi attivi e passivi pendenti nei quali sono parti EFIM in liquidazione coatta amministrativa e le società di cui al comma 1, in luogo di essi, senza che si faccia luogo all'interruzione dei processi e senza mutamento del rito applicabile. Le spese legali e di consulenza tecnica relative a tali processi o alle eventuali transazioni non possono comunque superare, per ciascuna vertenza comprensiva di tutti i diversi gradi di giudizio, l'ammontare di 300.000 euro.
6. Al termine della liquidazione dei patrimoni trasferiti, il collegio dei periti di cui al comma 3 determina l'eventuale maggior importo risultante dalla differenza tra l'esito economico effettivo consuntivato alla chiusura della liquidazione e il corrispettivo versato di cui al comma 3. Di tale eventuale maggiore importo, detratto il costo della valutazione, il 70 per cento è attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze e la residua quota del 30 per cento è di competenza della società trasferitaria in ragione del migliore risultato conseguito nella liquidazione.
7. Allo scopo di accelerare e razionalizzare la prosecuzione delle liquidazioni coatte amministrative delle società non interamente controllate, direttamente o indirettamente da EFIM in liquidazione coatta amministrativa, nella stessa data di cui al comma 2 i commissari liquidatori delle stesse decadono dalle loro funzioni e la funzione di commissario liquidatore è assunta dalla società trasferitaria. Il trasferimento delle funzioni è disciplinato dalle vigenti norme in materia di liquidazione coatta amministrativa.
8. Tutti gli atti compiuti in attuazione delle presenti norme sono esenti da qualunque imposta, diretta o indiretta, tassa, obbligo e onere tributario comunque inteso o denominato.
9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano, in quanto compatibili, alla società ITALTRADE Spa in liquidazione.
10. Il Ministero dell'economia e delle finanze stabilisce con uno o più decreti non aventi natura regolamentare i criteri e le modalità di attuazione del presente articolo.
L’articolo 49 contiene disposizioni volte ad accelerare la chiusura della liquidazione dell’ex gruppo EFIM, e dispone a tal fine il trasferimento a FINTECNA S.p.a, o a società da essa interamente controllata, del patrimonio attivo e passivo di EFIM e delle società da questa interamente controllate, in liquidazione coatta amministrativa.
L’Ente partecipazioni e finanziamento industria manifatturiera - EFIM, costituito inizialmente con il D.P.R 27 gennaio 1962, n. 38, successivamente modificato dal D.P.R 9 agosto 1967, n. 1284, con il quale ha assunto l’attuale denominazione, era una holding pubblica cui faceva capo un gruppo diversificato di società manifatturiere operanti principalmente nei settori dell’alluminio, del vetro, meccanico e aerospaziale. I risultati di gestione dell'EFIM non sono quasi mai stati tali da ottemperare all'obbligo di legge di economicità della gestione. L’EFIM è stato quindi soppresso e posto in liquidazione con effetto dal 18 luglio 1992, ai sensi del D.L. 18 luglio 1992, n. 340, reiterato da ultimo dal D.L. n. 487/1992 recante D.L. 19-12-1992 n. 487 “Soppressione dell'Ente partecipazioni e finanziamento industria manifatturiera – EFIM” e convertito, con modificazioni, nella L. 17 febbraio 1993, n. 33[221].
Fintecna S.p.a, Finanziaria per i settori industriale e dei servizi, è una società partecipata interamente dal Ministero dell’economia e finanze. Sorta nel 1993, contestualmente alle criticità emerse nel progetto Iritecna (fusione tra Italstat ed Italimpianti) con il compito di guidare la ristrutturazione delle attività rilanciabili e di avviarne il processo di privatizzazione. Successivamente alla trasformazione dell’IRI in società per azioni, avvenuta con D.L. n. 333 del 1992, nello stesso anno, l’IRI S.p.a è stata fusa per incorporazione in FINTECNA S.p.A. Il Ministero dell’economia ha dunque sostituito la propria partecipazione al capitale dell’IRI s.p.a con la partecipazione, pari al 100%, del capitale di Fintecna S.p.a. Il Ministero dell’economia, in qualità di azionista le ha conferito mandato di coordinamento, gestione e controllo di tutti i processi di liquidazione, ristrutturazione e smobilizzo facenti capo all’IRI[222].
A tal fine, il comma 1 dispone il trasferimento a FINTECNA S.p.a, o a società da essa interamente controllata, del patrimonio attivo e passivo, comprensivo del contenzioso pendente di EFIM e delle società, anch’esse in liquidazione coatta amministrativa, da questa interamente controllate.
Per ciò che attiene al contenzioso, il comma 5 dispone che la società trasferitaria subentra automaticamente nei processi attivi e passivi pendenti in capo a EFIM e alle società da essa controllate, senza interruzione dei processi e senza mutamento del rito applicabile. Le spese legali e di consulenza tecnica relative a tali processi o alle eventuali transazioni non possono comunque superare, per ciascuna vertenza comprensiva di tutti i diversi gradi di giudizio, l'ammontare di 300.000 euro.
I patrimoni del gruppo EFIM così trasferiti costituiscono un unico patrimonio, separato da quello della società trasferitaria FINTECNA (comma 1, secondo periodo). Quest’ultima, ai sensi del comma 4 (secondo periodo) non risponde con il proprio patrimonio dei debiti e degli oneri dei patrimoni ad essa trasferiti in base alla disciplina in commento, né degli oneri sostenuti per la liquidazione di tali patrimoni. Le disponibilità finanziarie rivenienti e conseguenti ai trasferimenti devono infatti affluire su un apposito conto corrente infruttifero, presso la Tesoreria centrale per conto dello Stato, intestato alla società trasferitaria.
I creditori dei patrimoni trasferiti continuano ad essere garantiti dallo Stato, secondo quanto previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n. 487, già citato, di soppressione dell’ente EFIM.
L’articolo 5 del sopra citato decreto-legge disciplina la liquidazione dei debiti dell’ente EFIM soppresso e delle società da esso controllate, disponendo, in particolare, ai commi 2-bis e 2-ter, che sono assistiti dalla garanzia dello Stato gli impegni assunti dal commissario liquidatore in ordine al trasferimento di aziende o di società previsti dal programma di liquidazione, e dai progetti di razionalizzazione industriale delle società controllate, nel primo contenuti, nonché dal progetto di ristrutturazione del comparto ferroviario (comma 2-bis).
Nel quadro della riorganizzazione delle società e aziende operanti nel settore della difesa e dei sistemi aerospaziali, sono garantite dallo Stato le obbligazioni assunte, o comunque facenti carico all'EFIM, e alle società dal medesimo controllate, nonché a società da queste ultime controllate, sia quali fornitrici principali, sia quali cofornitrici o subfornitrici per materiale bellico, in dipendenza di contratti di fornitura stipulati in data anteriore al 31 dicembre 1992 con i Governi degli Stati dell'Iraq, Iran, Libia, Perù, Venezuela e Indonesia, e con committenti, pubblici o privati, appartenenti agli Stati sopra elencati.
Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze è fissato, tenendo conto del fabbisogno finanziario, individuato con le procedure descritte dal comma 3 (v. infra), l'ammontare delle risorse finanziarie tratte dal predetto conto e depositate presso il sistema bancario per le esigenze urgenti ed improcrastinabili relative alla liquidazione dei patrimoni trasferiti.
Alla data del trasferimento, sono chiuse le liquidazioni coatte amministrative delle predette società, con estinzione delle stesse, contestuale cessazione dalla carica dei loro commissari liquidatori e loro cancellazione dal registro delle imprese, cui procede la società trasferitaria (comma 1).
I commi 2-4 pongono, a tal fine, una serie di scadenze e di obblighi:
§ il commissario liquidatore di EFIM è tenuto a presentare al Ministero dell’economia e finanze, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il rendiconto finale delle liquidazioni coatte amministrative afferenti al gruppo EFIM; almeno sessanta giorni prima, al predetto commissario devono essere comunicati i rendiconti finali delle procedure delle società del gruppo;
§ il trasferimento dei patrimoni attivi e passivi del gruppo decorre dal quindicesimo giorno successivo alla data di presentazione del rendiconto finale;
§ il commissario liquidatore di EFIM, ai fini del trasferimento dei patrimoni, predispone una situazione patrimoniale di riferimento tenendo conto del rendiconto finale (comma 3, primo periodo);
§ un collegio di tre periti verifica, entro novanta giorni dalla nomina, la situazione patrimoniale e predispone, sulla base della stessa, una valutazione estimativa circa l'esito finale della liquidazione. La valutazione estimativa deve, tra l'altro, tenere conto:
- delle garanzie nei confronti della società trasferitaria (v. supra),
- di tutti i costi e gli oneri necessari per il completamento della liquidazione dei patrimoni, individuando altresì il fabbisogno finanziario per la chiusura della liquidazione.
I componenti del collegio sono designati, uno ciascuno, da EFIM e dalla società trasferitaria e il presidente è scelto dal Ministero dell'economia e delle finanze. L'importo massimo del compenso per i periti è determinato dal Ministero dell'economia e delle finanze con il decreto di attuazione delle disposizioni in commento ed è ad esclusivo carico delle parti (comma 3, secondo e terzo periodo);
§ il valore stimato dell'esito finale della liquidazione è il corrispettivo per il trasferimento di patrimoni, corrisposto dalla società FINTECNA trasferitaria al Ministero dell'economia e delle finanze (comma 3, ult. periodo), fermo restando quanto previsto circa la decadenza dalle funzioni dei commissari liquidatori (cfr. infra);
§ infatti, ai sensi del comma 7, alla data di trasferimento dei patrimoni a FINTECNA, i commissari liquidatori delle stesse decadono dalle loro funzioni e la funzione di commissario liquidatore è assunta dalla società trasferitaria. Il trasferimento delle funzioni è disciplinato dalle vigenti norme in materia di liquidazione coatta amministrativa;
Si ricorda che la liquidazione coatta amministrativa è una speciale procedura concorsuale a carattere liquidatorio, prevista dall'ordinamento per particolari categorie di imprese in crisi per le quali, o perché lo Stato vi è direttamente impegnato o per gli interessi che esse rispecchiano, il dissesto assume particolare importanza ai fini economici generali. La procedura, disciplinata dalla legge Fallimentare e riformata da ultimo dal D.Lgs. n. 5 del 2006 (R.D n. 267 del 1942, artt. 194-214) assume prevalente carattere amministrativo e nel corso di essa possono individuarsi alcune fasi di natura giurisdizionale finalizzate alla tutela dei diritti soggettivi.
§ l’eventuale maggior importo, risultante dalla differenza tra l'esito economico effettivo consuntivato alla chiusura della liquidazione e il corrispettivo versato al Ministero dell’economia da FINTECNA, è determinato, ai sensi del comma 6, dal collegio dei periti. Tale maggiore importo, detratto il costo della valutazione, è attribuito per il 70 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze e la residua quota del 30 per cento alla società FINTECNA trasferitaria, a titolo premiale per il migliore risultato conseguito;
§ effettuato il trasferimento dei patrimoni, la società trasferitaria procede alla liquidazione dei patrimoni trasferiti con lo scopo di monetizzazione gli attivi, definire nel modo più celere i rapporti creditori e debitori e i contenziosi in corso; pagare i creditori dei patrimoni trasferiti, assicurando il rigoroso rispetto del principio della separatezza di tali patrimoni dal proprio;
Ai sensi del comma 8, tutti gli atti compiuti in attuazione delle presenti disposizioni sono esenti da qualunque onere tributario, comunque denominato.
I criteri e le modalità di attuazione delle disposizioni in esame sono stabilite, ai sensi del comma 10, dal Ministero dell'economia e delle finanze, con uno o più decreti non aventi natura regolamentare.
Infine, il comma 9, estende l’applicabilità delle norme in commento, in quanto compatibili, alla società ITALTRADE S.p.a. in liquidazione.
ITALTRADE s.p.a è una società interamente partecipata dal Ministero dell’economia e finanze, in liquidazione coatta amministrativa.
La FIME TRADING, poi ITALTRADE, rientrava negli enti di promozione per lo sviluppo del Mezzogiorno Essa aveva ad oggetto la commercializzazione di beni, merci, prodotti e servizi l’assunzione di mandati di rappresentanza di imprese agricole, industriali, commerciali, artigiane e di servizi; l’intermediazione, svolta sotto qualsiasi forma; la prestazione di servizi commerciali e di quelli finanziari ad essi connessi. Fino al 1983 ha operato nell’ambito del Gruppo FIME (Finanziaria meridionale S.p.a.)[223]. Nel giugno di tale anno fu separata dal gruppo FIME, a seguito della sottoscrizione di una quota del suo capitale sociale da parte della Cassa del Mezzogiorno, e inserita, in quanto tale, negli enti collegati[224].
Successivamente, è stato disposto il trasferimento al Ministero del tesoro (ora economia e finanze) delle competenze relative a taluni enti di promozione per lo sviluppo del mezzogiorno, tra cui FIME e Italtrade, conferendo a questo mandato di procedere al loro commissariamento, ai fini del loro riordino, ristrutturazione, privatizzazione o liquidazione (D.Lgs. n. 96 del 1993 art. 11, comma 2[225]).
Nella relazione tecnica sono riportati, tratti dal Terzo rapporto sullo stato del processo liquidatorio presentato dal Commissario liquidatore dell’EFIM il 31 dicembre 2005, taluni dati relativi alla liquidazione del gruppo, la quale è giunta “ad uno stadio finale”.
Sulla base di tali dati, i risparmi sono così individuati:
a) con il trasferimento della gestione finale della liquidazione a FINTECNA si avrebbero economie derivanti dall’utilizzo del personale di questa, con una conseguente sensibile riduzione del costo per personale e collaboratori di EFIM, pari a una media annua di 1,3 milioni di euro;
b) l’applicazione del tetto unitario di spesa per legali e consulenti, previsto dal comma 1, determinerebbe anch’esso risparmi. Tale tetto, se fosse stato applicato alla casistica degli ultimi 5 anni avrebbe potuto dare risparmi di quasi 7 milioni di euro;
c) con l’uso di immobili della società trasferitaria, quali sedi sostitutive dell’EFIM rispetto all’ attuale, si avrebbero ulteriori riduzioni di spesa, posto che il costo medio annuo per affitti e manutenzioni degli immobili attualmente sede dell’EFIM è di 750 mila euro;
d) ulteriore risparmio deriverebbe dalla cessazione dei costi per i Commissari liquidatori e dei Comitati di sorveglianza, il cui costo medio annuo è di circa 1 milione di euro;
e) analoghi risparmi derivano pure per le società non interamente controllate dall’EFIM,nelle quali la società trasferitaria si sostituisce agli attuali Commissari liquidatori.
Articolo 50
(Liquidazione o fusione della SOGESID)
1. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a procedere alla liquidazione della Società per la gestione degli impianti idrici Spa (SOGESID) ovvero alla sua fusione per incorporazione in una società interamente partecipata dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze.
2. Il comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, e successive modificazioni, è abrogato.
Il comma 1 dell’articolo in esame autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a procedere, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ad una delle due seguenti possibili operazioni societarie relative alla Società per la gestione degli impianti idrici S.p.A. (SOGESID):
§ liquidazione;
§ fusione per incorporazione in una società interamente partecipata dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze.
Nella relazione illustrativa si legge che l’obiettivo della disposizione in commento è quello di “consentire la liquidazione della Sogesid, qualora il Ministero dell’economia e delle finanze verificasse il completamento della missione originariamente affidata alla società, con il sostanziale perseguimento degli obiettivi rappresentati dagli interventi nel settore idrico promossi dalla cd. legge Galli con particolare riferimento al Mezzogiorno. La liquidazione consentirebbe, inoltre, di evitare il sostenimento di ipotetici oneri finanziari connessi al versamento della quota parte di capitale sociale sottoscritto in sede di costituzione ma non ancora versato, pari a 20 milioni di euro. In alternativa la norma prevede la fusione per incorporazione della Sogesid in altra società interamente partecipata dal Ministero dell’economia, presumibilmente Sviluppo Italia S.p.A., al fine di trasferire a quest’ultima le competenze in materia di promozione e gestione degli interventi del settore idrico. Sarebbe così possibile razionalizzare gli interventi di infrastrutturazione del territorio nel Mezzogiorno, affidando ad un unico soggetto il doppio ruolo di interlocutore delle amministrazioni pubbliche locali – in grado di supportarle nell’attuazione di programmi di sviluppo produttivo e nelle attività progettuali e di realizzazione delle opere – e di referente esclusivo per il Governo per la realizzazione delle politiche di industrializzazione del territorio, perseguendo obiettivi di efficienza e di ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse destinate al settore”.
La SOGESID S.p.A.[226]
La SOGESID, società per azioni a capitale interamente pubblico (Ministero dell'economia e delle finanze), è il soggetto strumentale che, in modo fiduciario, supporta le Pubbliche Amministrazioni centrali e locali (Ministeri, Regioni, ATO, Enti Locali) nel perseguimento delle politiche di industrializzazione nel settore delle risorse idriche, contribuendo all’attuazione delle grandi riforme introdotte con la legge n. 36/1994 (c.d. legge Galli) e con il d.lgs. n. 152/1999.
La SOGESID si configura essenzialmente come società di supporto tecnico delle strutture regionali/locali soprattutto nel Mezzogiorno, attraverso azioni ed interventi che concorrono da un lato ad avviare a soluzione le note criticità e, dall’altro, ad un utilizzo pieno ed efficace delle risorse nazionali e comunitarie (evitando il rischio “definanziamento”).
In particolare, la SOGESID:
- accompagna e contribuisce ad accelerare le fasi della legge Galli e del processo di industrializzazione del settore idrico (ricognizioni, piani d'ambito, assistenza tecnica agli ATO, ecc.);
- svolge attività propedeutiche - studi, progettazioni e assistenza tecnica - all’attuazione di interventi infrastrutturali (APQ, QCS 2000-2006, legge obiettivo n. 443/2001);
- supporta Regioni e Commissari straordinari per le emergenze ambientali nell’attuazione della normativa nazionale che recepisce gli adempimenti comunitari in tema di salvaguardia dei corpi idrici.
- contribuisce - attraverso attività di progettazione, direzione lavori ecc. - al superamento di alcune situazioni di criticità emergenziali sulla base di specifiche ordinanze.
Sotto il profilo strategico, l'attività della SOGESID si inquadra nell'ambito delle azioni volte alla realizzazione delle infrastrutture e alla modernizzazione della Pubblica Amministrazione nel Mezzogiorno.
Normativa di riferimento
Si ricorda che l’istituzione della SOGESID trova il suo fondamento normativo nell’art. 10 del D.Lgs. 3 aprile 1993 n. 96[227] che ha autorizzato il Commissario liquidatore della cessata Cassa per il Mezzogiorno a costituire una società per azioni alla quale affidare in regime di concessione la gestione degli impianti idrici già detenuti dalla stessa Cassa.
L’art. 10 del D.L. 23 giugno 1995, n. 244[228] prevede, inoltre, che il Ministero dei lavori pubblici, per quanto attiene alle funzioni di istruttoria, supporto tecnico, organizzazione e monitoraggio nel settore idrico, da attuarsi in linea con la legge 5 gennaio 1994 n. 36 (cd. legge Galli), possa avvalersi della SOGESID S.p.A.
Alle relative esigenze la Società provvede utilizzando le risorse trasferite o da trasferire a carico del fondo di cui all’art. 19 del D.lgs. 3 aprile 1993 n. 96, e successive modificazioni ed integrazioni, la cui destinazione è decisa dal CIPE.
Lo stesso articolo (comma 2) elenca una serie di compiti che possono essere affidati alla Sogesid.
Il comma 2 elimina la possibilità per altri soggetti di acquisire partecipazioni nella SOGESID, attraverso l’abrogazione del comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, e successive modificazioni[229].
Si ricorda, infatti, che il comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, dispone che al capitale sociale della SOGESID “possono partecipare, nei limiti stabiliti dall'azionista, imprese ed altri soggetti economici, nonché enti locali ed acquedottistici”.
Tale abrogazione, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, è finalizzata ad impedire la possibilità per i privati di acquisire partecipazioni nella SOGESID, e “si rende necessaria alla luce di recentissima giurisprudenza del Consiglio di Stato, per poter affidare direttamente a SOGESID lo svolgimento di servizi pubblici (affidamenti cd. in house)”.
La giurisprudenza richiamata sembra riferirsi alla sentenza n. 4440, depositata il 13 luglio 2006, dalla sezione V del Consiglio di Stato, che “costituisce il primo importante precedente giurisprudenziale del Consiglio di Stato dopo la rivoluzionaria stagione additiva della Corte di Giustizia in tema di in house providing”[230]. Con tale provvedimento il Consiglio di Stato ha sottolineato – in tema di affidamento in house - come la presenza di clausole statutarie che ammettano la cessione di quote sociali a soggetti terzi una volta effettuato l’affidamento senza gara pubblica, pur prevedendo che l’ente locale mantenga la maggioranza delle azioni, possa comportare un aggiramento della disciplina comunitaria.
Articolo 51
(Ambito di applicazione di disposizioni
di contenimento delle spese)
1. A decorrere dall'anno 2007, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 9, 10, 11, 23, 56, 58, 61, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, si applicano alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, di cui all'elenco ISTAT pubblicato in attuazione del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Restano salve le esclusioni previste dai commi 9, 12 e 64 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, nonché quelle in materia di personale e organizzazione previste dalla presente legge. Per quanto riguarda le spese di personale, le predette amministrazioni adeguano le proprie politiche ai princìpi di contenimento e razionalizzazione di cui alla presente legge.
L’articolo 51 estende a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni le disposizioni della legge finanziaria 2006 in materia di limitazione delle spese per studi ed incarichi di consulenza, per rappresentanza e per auto di servizio, di limitazione all’acquisizione di immobili, di riduzione del 10 per cento dei compensi per incarichi di consulenza e delle indennità per i componenti di organi collegiali.
Le richiamate disposizioni di contenimento della spesa si applicano infatti, in base alla disciplina attuale, alle pubbliche amministrazioni previste dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001; tale disposizione, pur contenendo una definizione molto ampia di pubbliche amministrazioni, non ricomprende tutte quelle inserite nel conto economico consolidato[231].
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato sono individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno (art. 1, comma 5, legge n. 311/2004 – Legge finanziaria 2005). L’elenco è stato da ultimo aggiornato dall’ISTAT con comunicato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2006.
Le disposizioni della legge finanziaria 2005 estese dall’articolo in esame a tutte le pubbliche amministrazioni prevedono le seguenti limitazioni:
- una limitazione di carattere permanente della spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione: tale spesa non può essere superiore al 40 per cento di quella sostenuta nel 2004 (art. 1, comma 9, legge n. 266/2005, modificato dall’art. 2 del decreto-legge n. 223/2006);
- una limitazione di carattere permanente della spesa annua per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza: anche in tal caso tale spesa non può essere superiore al 40 per cento di quella sostenuta nel 2004 (art. 1, comma 10, legge n. 266/2005, modificato dall’art. 2 del decreto-legge n. 223/2006);
- una limitazione di carattere permanente della spesa annua per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, con esclusione di quelle operanti per l'ordine e la sicurezza pubblica: tale spesa non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta nel 2004 (art. 1, comma 11, legge n. 266/2005);
- una limitazione di carattere permanente all’acquisizione di immobili: le amministrazioni possono annualmente acquisire immobili per un importo non superiore alla spesa media per gli immobili acquisiti nel precedente triennio (art. 1, comma 23, legge n. 266/2005);
- un riduzione del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005 delle indennità, compensi, retribuzioni o altre utilità comunque denominate, corrisposti per incarichi di consulenza (art. 1, comma 56, legge n. 266/2005);
- un riduzione del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005 delle somme riguardanti indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate, corrisposti ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati (art. 1, comma 58, legge n. 266/2005);
L’estensione della disciplina riguarda anche l’obbligo di trasmettere al Ministro dell'economia e delle finanze una relazione sull'attuazione delle disposizioni concernenti la riduzione dei compensi per incarichi di consulenza e delle indennità per i componenti di organi collegiali e sui conseguenti effetti finanziari (articolo 1, comma 61, legge n. 266/2005).
Si osserva che la legge finanziaria 2006 prevede l’obbligo di trasmettere la suddetta relazione entro il 30 novembre 2006; dato che il termine sarà scaduto al momento dell’entrata in vigore del disegno di legge finanziaria in esame, appare opportuno fissare un diverso termine per le amministrazioni che saranno soggette alla disciplina limitativa in conseguenza dell’articolo in esame.
Si osserva inoltre che non è oggetto di estensione il comma 63 dell’articolo 1 delle legge finanziaria 2006, che prevede, fino al 2008, la destinazione al Fondo nazionale per le politiche sociali delle somme derivanti dall’applicazione delle disposizioni sulla riduzione dei compensi per incarichi di consulenza e delle indennità per i componenti di organi collegiali.
Sono fatte salve alcune esclusioni già previste dalla legge finanziaria 2006. Si tratta in particolare dell’esclusione:
- delle università, degli enti di ricerca e degli organismi equiparati dalla limitazione delle spese per studi ed incarichi di consulenza (art. 1, comma 9, legge n. 266/2005);
- delle regioni, delle province autonome, degli enti locali e degli enti del servizio sanitario nazionale dalla limitazione delle spese per studi ed incarichi di consulenza, per rappresentanza e per auto di servizio e dall’obbligo di riduzione dei compensi per incarichi di consulenza e delle indennità per i componenti di organi collegiali (art. 1, commi 12 e 61, legge n. 266/2005).
Per quanto attiene alla disciplina limitativa all’acquisizione di immobili, si ricorda che la legge finanziaria 2006 escludeva dalla disciplina generale gli enti territoriali (art. 1, comma 23).
Per gli immobili degli enti territoriali soggetti al patto di stabilità interno, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome era infatti prevista una disciplina specifica, limitata all’anno 2006[232] (art. 1, comma 24).
Il mancato richiamo dell’esclusione prevista dall’articolo 1, comma 23, della legge finanziaria 2006 comporta dunque l’applicabilità a tutti gli enti territoriali della disciplina generale sui limiti all’acquisto di immobili.
Si osserva che occorre valutare tale disciplina sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale che, alla luce dell’autonomia finanziaria riconosciuta agli enti territoriali dall’articolo 119 della Costituzione, ha escluso la legittimità costituzionale di vincoli di carattere specifico alle spese di questi enti (cfr. sentenza n. 417/2005). La disciplina limitativa dell’acquisto degli immobili prevista dall’art. 1, comma 24, della legge finanziaria 2006 è stato oggetto di diversi ricorsi alla Corte costituzionale da parte degli enti territoriali; la Corte non si è peraltro ancora pronunciata sul punto.
Il decreto-legge n. 223/2006 ha altresì modificato l’articolo 1, comma 23, della legge finanziaria 2006, escludendo dalla disciplina limitativa dell’acquisto di immobili gli enti previdenziali pubblici destinatari di operazioni di cartolarizzazione. Anche in tal caso il mancato richiamo dell’esclusione comporta l’applicabilità ai detti enti previdenziali della disciplina limitativa.
Restano altresì salve le esclusioni in materia di personale e organizzazione previste dal disegno di legge finanziaria in esame.
E’ infine previsto che le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato adeguino le proprie politiche in materia di spese di personale ai principi di contenimento e razionalizzazione previsti dal disegno di legge finanziaria in esame.
Tra le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni figurano anche gli organi costituzionali, come risulta dall’elenco pubblicato dall’ISTAT. Ne consegue che, in attuazione dell’articolo in esame, le richiamate disposizioni sul contenimento delle spese delle pubbliche amministrazioni dovrebbero applicarsi anche agli organi costituzionali.
Si osserva che l’articolo in esame, non escludendo espressamente gli organi costituzionali dall’applicazione di alcune disposizioni sul contenimento delle spese delle pubbliche amministrazioni della legge finanziaria 2006 e dall’obbligo di adeguare le proprie politiche in materia di personale ai principi previsti dal provvedimento in esame, risulta lesivo dell’autonomia finanziaria e contabile costituzionalmente garantita a tali organi (cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 129 del 1981).
La relazione tecnica non ascrive effetti finanziari alla disposizione in esame.
Articolo 52
(Assicurazione contro i rischi da
calamità naturali)
1. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 202, primo periodo, dopo la parola: «fabbricati» è aggiunta la seguente: «privati»;
b) dopo il comma 202 è inserito il seguente:
«202-bis. Per l'attuazione del sistema assicurativo di cui al comma 202 ed al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione o ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati stipulate successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dal presente comma, ricomprendono anche i rischi derivanti da calamità naturali. Con regolamento emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), sono disciplinate le modalità e i termini di attuazione del presente comma, nonché le modalità e i termini della estensione della citata copertura assicurativa, entro il 31 dicembre 2007, a tutte le polizze in vigore alla medesima data».
L’articolo 52 novella le disposizioni recate dall’articolo 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, relative all’assicurazione dei rischi da calamità naturali, integrandole nel seguente modo:
a) viene precisato che la norma recata dal citato comma 202, finalizzata a consentire l’avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, riguarda i soli fabbricati privati.
Si ricorda che l’art. 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) ha previsto l’istituzione di un Fondo di garanzia (gestito da Consap S.p.A.), con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2005, finalizzato ad avviare un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato.
L’ipotesi di creare un sistema di assicurazione privata contro il rischio da calamità naturali era stato oggetto, in precedenza, di numerosi interventi e iniziative parlamentari, soprattutto al fine di ridurre gli oneri a carico del bilancio dello Stato che, in Italia, sono mediamente dell’ordine di 3,5 miliardi di euro l’anno[233].
Lo stesso comma 202 prevedeva l’emanazione di un regolamento recante disposizioni di attuazione, tra cui soprattutto quelle relative alla disciplina del Fondo e alla costituzione della citata Compagnia di riassicurazione. Tali norme tuttavia non sono ancora state emanate.
b) viene inserito un nuovo comma 202-bis, finalizzato ad estendere la copertura assicurativa dei rischi derivanti da calamità naturali alle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno ai fabbricati di proprietà di privati.
Tale regolamento, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, è volto a disciplinare le modalità e i termini per:
- l’inclusione dei rischi derivanti da calamità naturali nelle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati stipulate successivamente alla data di entrata in vigore del citato regolamento;
- l’estensione della copertura assicurativa dei rischi derivanti da calamità naturali, entro il 31 dicembre 2007, a tutte le polizze in vigore alla medesima data.
Si fa notare, in proposito, che la lettera b) sembra di fatto riproporre, ampliandolo, l’obiettivo previsto dall’articolo 46 del disegno di legge finanziaria per il 2004 (A.C. n. 4489 della XIV legislatura), il cui comma 1, alla lettera a), prevedeva l’ “estensione obbligatoria della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati contro l'incendio, nonché graduale estensione dell'obbligo assicurativo del medesimo rischio alle polizze incendio già in atto”.
Tale norma fu soppressa nel corso dell’esame parlamentare anche in seguito alla segnalazione che il 20 novembre 2003 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato trasmise, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287 del 1990, ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze, dell'interno e delle attività produttive, in merito alle disposizioni contenute nel citato articolo 46[234].
L'Autorità rilevava, infatti, che le disposizioni sarebbero state suscettibili di compromettere l'esplicarsi della concorrenza a danno dei consumatori e del benessere complessivo. In particolare, nella segnalazione, si evidenziava che il collegamento della copertura contro i danni causati agli edifici dagli incendi con quelli derivanti da calamità naturale avrebbe potuto vanificare l'obiettivo perseguito di garantire a tutti la copertura assicurativa, in quanto i destinatari dell'obbligo assicurativo sarebbero stati selezionati sulla base di un criterio occasionale e estraneo all'effettiva esposizione al rischio di catastrofi naturali. Inoltre, l’abbinamento obbligatorio tra l’assicurazione contro gli incendi e quella contro le catastrofi naturali, non essendo imposto da alcuna ragione tecnica, in quanto il verificarsi di un evento non implica di regola il verificarsi dell'altro, avrebbe prodotto effetti anticoncorrenziali, espressamente vietati dalla disciplina comunitaria in materia di concorrenza. L’autorità, inoltre, argomentava dal fatto che l'imposizione dell’obbligo assicurativo per le calamità naturali avrebbe contribuito ad irrigidire la domanda dei consumatori, che sarebbero stati indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche se particolarmente gravose e, infine, che alle imprese non sarebbe stata consentita l'offerta di servizi differenziati secondo le necessità degli utenti e ciò avrebbe prodotto il rischio di omogeneizzazione dell'offerta dei servizi assicurativi contro le calamità naturali.
Ulteriori elementi di criticità erano stati sollevati dalla stessa autorità nel 1999[235]in merito ad una proposta di legge che aveva gli stessi obiettivi ripresi in seguito dal citato articolo 46 dell’A.C. 4489. L’Autorità aveva osservato, già allora, che “la copertura assicurativa degli abitanti di aree particolarmente esposte a rischio implica che gli abitanti in aree meno rischiose corrispondano premi superiori a quelli che si determinerebbero in un libero mercato. Il funzionamento di un siffatto meccanismo mutualistico presuppone che i premi confluiscano ad una medesima impresa, la quale sarà in tal modo in grado di percepire nel complesso risorse idonee a garantire il servizio. Al riguardo si osserva che, di regola, siffatti sistemi ispirati ad elevata solidarietà vengono gestiti da imprese in monopolio o attraverso la costituzione di appositi fondi, che soli possono permettere l'operatività dei necessari meccanismi di sussidio incrociato. In assenza di queste soluzioni, comunque limitative della concorrenza, le imprese tenderebbero a selezionare il rischio e a competere unicamente per la copertura assicurativa dei soggetti con rischio ridotto, lasciando privi di copertura cittadini che la normativa vuole tutelare. L'insieme di tali circostanze induce a ritenere che una copertura assicurativa generale contro le calamità naturali comporta rilevanti ed inevitabili limitazioni alle regole della concorrenza”.
Circa l’estensione della copertura assicurativa alle polizze incendio l’Autorità osservava che “la scelta di introdurre un obbligo di assicurazione sotto forma di garanzia accessoria ad una polizza facoltativa, quale la polizza incendio, potrebbe vanificare l'obiettivo perseguito. In questo caso, infatti, i destinatari dell'obbligo assicurativo vengono selezionati sulla base di un criterio del tutto estraneo alla effettiva esposizione al rischio: solo i soggetti che volontariamente hanno stipulato o stipuleranno una polizza incendio sarebbero infatti tenuti ad acquistare anche una copertura assicurativa contro le calamità naturali. In concreto, si deve considerare che gli unici soggetti per cui ad oggi si riscontra un obbligo di assicurazione contro l'incendio sono coloro che hanno contratto un mutuo ipotecario e che pertanto l'unico risultato sicuro della norma in esame è quello di imporre a questi soggetti un ulteriore obbligo assicurativo. Analogamente si può ritenere che la norma indurrà l'assicurazione di una parte rilevante degli immobili in condominio, per i quali, pur non esistendo uno specifico obbligo assicurativo, è assai diffuso il ricorso a polizze "globale fabbricati", che coprono, tra gli altri, anche il rischio incendio. In una tale situazione, risulterebbero maggiormente assoggettati all'obbligo assicurativo edifici in larga misura situati in aree metropolitane, ovvero in zone a più ridotto rischio di calamità naturale”.
Si segnala, infine, che nel corso dell’indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio, svolta dalle Commissioni riunite VI e X della Camera congiuntamente con le Commissioni riunite 6a e 10 a del Senato, nella seduta del 17 febbraio 2004, il presidente dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), interrogato incidentalmente sull’ipotizzata previsione dell’assicurazione contro i danni da calamità naturali, ha espresso l’opinione che essa, ove adottata, dovrebbe avere estensione generale, per consentire l’esplicarsi del criterio di mutualità che solo può permettere la ripartizione del rischio su base assicurativa. Il presidente dell’ANIA ha ipotizzato un costo annuo variabile tra 70 e 100 euro per persona in relazione a un’abitazione del valore di 100 mila euro. Ha per altro espresso l’avviso che, in caso di catastrofi di grave intensità, non sia possibile evitare l’intervento diretto dello Stato come “assicuratore finale”.
Articolo 53
(Contenimento della spesa)
1. Per gli esercizi 2007, 2008 e 2009, è accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare, una quota, pari rispettivamente a 4.572 milioni di euro, a 5.031 milioni di euro e a 4.922 milioni di euro, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato relative a consumi intermedi (Categoria 2), a trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (Categoria 4), con esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali, ad altri trasferimenti correnti (Categorie 5, 6 e 7), con esclusione dei trasferimenti all'estero aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra e altri assegni vitalizi, delle erogazioni agli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni, ad altre uscite correnti (Categoria 12) e alle spese in conto capitale, con esclusione dei limiti di impegno già attivati, delle rate di ammortamento mutui, dei trasferimenti agli enti territoriali e delle acquisizioni di attività finanziarie. Nell'ambito della rispettiva autonomia gestionale e della necessaria flessibilità di ciascuno stato di previsione, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, alla Corte dei conti e all'Ufficio centrale del bilancio, può procedere a variazioni dei predetti accantonamenti, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie con invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione, restando preclusa la possibilità di utilizzo di risorse di conto capitale per disaccantonare risorse di parte corrente.
2. Il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può comunicare all'Ufficio centrale del bilancio ulteriori accantonamenti aggiuntivi delle dotazioni delle unità previsionali di parte corrente del proprio stato di previsione, da destinare a consuntivo, per una quota non superiore al 30 per cento, ad appositi fondi per l'incentivazione, mediante contrattazione integrativa, del personale dirigente e non dirigente che abbia contribuito direttamente al conseguimento degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione dei processi di spesa.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, con propri decreti da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione, può procedere a variazioni compensative tra capitoli appartenenti a diverse unità previsionali nell'ambito delle Categorie di cui al comma 1, ferme restando le esclusioni ivi richiamate, con invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione. Resta preclusa la possibilità di effettuare variazioni compensative con utilizzo di risorse di conto capitale per far fronte a spese di natura corrente.
Il comma 1 dispone che è accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare (cioè proporzionale) una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni di euro per il 2008 e a 4.922 milioni di euro per il 2009, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato relative alle seguenti categorie:
§ consumi intermedi (categoria 2);
§ trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (categoria 4), con esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali;
§ trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private (categoria 5), a imprese (categoria 6) e a estero (categoria 7), con esclusione dei trasferimenti all'estero aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra e altri assegni vitalizi, delle erogazioni agli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni.
L’ultima disposizione dovrebbe essere finalizzata ad escludere dall’accantonamento previsto dall’articolo in esame gli stanziamenti relativi alle confessioni religiose che concorrono al riparto della quota dell’8 per mille dell’IRPEF (cioè la Chiesa cattolica, l’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa evangelica valdese, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, l'Unione delle Comunità ebraiche italiane). Si osserva peraltro che la legge n. 222/1985 riguarda solo la Chiesa cattolica; i rapporti con le altre confessioni religiose sono disciplinati sulla base di leggi successive che dovrebbero essere richiamate espressamente;
§ altre uscite correnti (categoria 12);
§ tutte le categorie di spese in conto capitale, con esclusione dei limiti di impegno già attivati, delle rate di ammortamento mutui, dei trasferimenti agli enti territoriali e delle acquisizioni di attività finanziarie.
Restano pertanto escluse solo le seguenti categorie economiche relative a spese correnti: redditi da lavoro dipendente (cat. 1), imposte pagate sulla produzione (cat. 3), risorse proprie CEE (cat. 8), interessi passivi e redditi da capitale (cat. 9), poste correttive e compensative (cat. 10) e ammortamenti (cat. 11).
A differenza di precedenti interventi legislativi di riduzione degli stanziamenti di bilancio, che si applicavano solo alle spese di carattere discrezionale, la disposizione si applica anche alle spese di carattere obbligatorio.
Occorre al riguardo acquisire dal Governo puntuali indicazioni circa la praticabilità e le conseguenze di una riduzione di carattere generale di spese derivanti per lo più da fattore legislativo, anche alla luce del meccanismo di flessibilità gestionale introdotto dai commi successivi.
Ai fini di una valutazione dell’impatto della disposizione in esame, appare inoltre necessario acquisire in allegato, come avvenuto in precedenti occasioni, un elenco delle unità previsionali di base interessate dalla disposizione, con indicazione dell’entità di ciascun accantonamento.
La seguente tabella riporta l’ammontare complessivo, iscritto del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (AC 1747), degli stanziamenti riferiti alle categorie economiche interessate dalla disposizione in esame (senza considerare le esclusioni).
(milioni di euro)
|
|
Complessivo |
Oneri giuridicamente obbligatori |
Oneri discrezionali |
Spese correnti |
|
|
|
|
Consumi intermedi |
8.578 |
5.631 |
2.947 |
|
Trasferimenti a amministrazioni pubbliche |
178.824 |
165.415 |
13.409 |
|
Trasferimenti a famiglie e ISP |
3.826 |
3.327 |
499 |
|
Trasferimenti a imprese |
3.840 |
3.442 |
398 |
|
Trasferimenti a estero |
1.490 |
1.455 |
35 |
|
Altre uscite correnti |
6.370 |
6.348 |
22 |
|
Spese in conto capitale |
27.974 |
25.756 |
2.218 |
|
|
Totale |
230.902 |
211.374 |
19.528 |
L’accantonamento previsto per il 2007, pari a 4.572 milioni di euro, riguarda dunque circa il 2,0 per cento del complesso degli stanziamenti riferiti alle categorie economiche interessate. Tale calcolo non considera peraltro le esclusioni previste dalla disposizione in esame (particolarmente rilevanti soprattutto per la categoria dei trasferimenti ad amministrazioni pubbliche): la percentuale rispetto agli stanziamenti effettivamente interessati risulta dunque superiore.
Appare al riguardo opportuna l’indicazione da parte del Governo della quota percentuale interessata dall’accantonamento rispetto al totale degli stanziamenti delle categorie economiche interessate, considerando anche le esclusioni previste dalla disposizione.
Appare altresì necessario un chiarimento circa le modalità con cui sarà operato l’accantonamento rispetto al bilancio a legislazione vigente. Trattandosi appunto di un accantonamento e non di una riduzione, non risulta chiaro se esso sarà effettuato in sede di nota di variazioni o solo successivamente all’approvazione della legge di bilancio. La distinzione ha un certo rilievo, in quanto nel secondo caso l’accantonamento riguarderebbe anche gli stanziamenti disposti dal disegno di legge finanziaria in esame.
Il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia, può procedere, con decreto, a variazioni dei predetti accantonamenti, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie.
Deve in ogni caso essere assicurata l’invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione; è inoltre preclusa la possibilità di utilizzo di risorse di conto capitale per riduzione di accantonamenti di risorse di parte corrente.
I relativi decreti sono comunicati alle commissioni parlamentari competenti, alla Corte dei conti e all'ufficio centrale del bilancio.
La disposizione introduce una rilevante deroga alla normativa vigente di contabilità generale dello Stato, che esclude variazioni compensative fra le unità di spesa oggetto della deliberazione parlamentare[236].
Numerose sono state le eccezioni previste a livello legislativo, generalmente peraltro riferite ad unità previsionali di base specificamente indicate.
Una certa flessibilità nel bilancio è stata inoltre introdotta negli ultimi anni attraverso la previsione di numerosi fondi a ripartizione.
Si osserva che la disposizione in esame introduce un meccanismo molto ampio di flessibilità nella gestione del bilancio, che di fatto consente ad ogni ministro, dopo l’approvazione del bilancio, di modificare la maggior parte degli stanziamenti del relativo stato di previsione, pur se riferiti a spese obbligatorie.
Il comma 2 introduce una disciplina che appare volta ad incentivare iniziative del personale volte a conseguire ulteriori effetti di risparmio.
In particolare, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia, può comunicare all'ufficio centrale del bilancio accantonamenti aggiuntivi delle dotazioni delle unità previsionali di parte corrente del proprio stato di previsione. Questi ulteriori accantonamenti sono destinati a consuntivo, per una quota comunque non superiore al 30 per cento, ad appositi fondi per l'incentivazione, mediante contrattazione integrativa, del personale dirigente e non dirigente che abbia contribuito in maniera diretta al conseguimento degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione della spesa.
Si osserva che anche questi ulteriori accantonamenti sembrano poter riguardare anche spese di carattere obbligatorio.
Si osserva altresì che, nei casi in cui le unità previsionali di base risultino sovradimensionate, la norma potrebbe comportare minori risparmi, in quanto vi è il rischio che siano destinate ai fondi per la contrattazione integrativa risorse che altrimenti sarebbero andate in economia.
Il comma 3 prevede che il Ministro dell'economia, su proposta del Ministro competente, con propri decreti, può procedere a variazioni compensative tra capitoli appartenenti a diverse unità previsionali nell'ambito delle categorie di cui al comma 1, ferme restando le esclusioni ivi richiamate.
Anche in tal caso deve essere assicurata l’invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione e non possono essere effettuate variazioni compensative con utilizzo di risorse di conto capitale per far fronte a spese di natura corrente.
I relativi decreti sono comunicati alle competenti commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione.
Anche in tal caso è introdotta una flessibilità gestionale molto ampia, sulle cui possibili conseguenze si rende necessario un chiarimento.
Come in numerosi precedenti provvedimenti legislativi, approvati sia nel corso della XIV legislatura che della legislatura corrente[237], si intendono conseguire risparmi di spesa attraverso interventi di carattere orizzontale sugli stanziamenti di bilancio.
Si ricorda che l’efficacia di interventi indifferenziati sulle dotazioni di bilancio è stata più volte messa in discussione.
La Corte dei conti, in occasione della relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2004, ha svolto una specifica analisi sugli effetti degli interventi di contenimento della spesa effettuati nel 2004, rilevando una seria difficoltà a conseguire gli obiettivi prefissati con misure di riduzione generalizzata degli stanziamenti di bilancio[238].
Più recentemente, la Commissione istituita dal Ministro dell’economia e delle finanze con l’incarico di effettuare una ricognizione sulla situazione dei conti pubblici nel 2006 (cd. Commissione Faini) è stata unanime nel valutare negativamente l’impatto di misure di riduzione generalizzata della spesa. Secondo il documento trasmesso alle Camere recante una sintesi dei risultati della verifica, «il taglio indiscriminato dei capitoli di spesa comporta faticosi riaggiustamenti a posteriori per non pregiudicare la funzionalità della pubblica amministrazione e l’impatto di programmi già avviati.»
Dall’applicazione della disposizione in esame non sono previsti effetti in termini di saldo netto da finanziare, presumibilmente perché trattasi di accantonamenti e non di vere e proprie riduzioni. Appare peraltro opportuno un chiarimento al riguardo.
Sono invece stimati i seguenti effetti sul fabbisogno di cassa e sull’indebitamento netto:
Secondo l’allegato 7, le minori spese correnti previste dalla disposizione in esame producono effetti positivi sul fabbisogno pari a 1,6 miliardi di euro nel 2007, a 2,5 miliardi di euro nel 2008 e a 3 miliardi di euro nel 2009.
Gli effetti positivi prodotti sull’indebitamento netto sono pari a 2,1 miliardi nel 2007; 3,1 miliardi nel 2008 e 3,1 miliardi nel 2009.
Le minori spese in conto capitale producono invece effetti positivi sul fabbisogno e indebitamento in misura pari a 1,2 miliardi di euro nel 2007; 1,7 nel 2008 e 1,8 nel 2009.
(milioni di euro)
|
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
||||
|
2006 |
2007 |
2008 |
2006 |
2007 |
2008 |
minori spese correnti |
1.600 |
2.500 |
3.000 |
2.100 |
3.070 |
3.100 |
minori spese in conto capitale |
1.210 |
1.660 |
1.810 |
1.210 |
1.660 |
1.810 |
TOTALE |
2.810 |
4.160 |
4.810 |
3.310 |
4.730 |
4.910 |
1. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito, con una dotazione, in termini di sola cassa, di 300 milioni di euro per l'anno 2007, un fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente derivanti dall'attualizzazione di contributi pluriennali, ai sensi del comma 177-bis dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, introdotto dall'articolo 55 della presente legge. All'utilizzo del fondo per le finalità di cui al primo periodo del presente comma si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.
L’articolo 54 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, non previsti a legislazione vigente, derivanti dall'attualizzazione di contributi pluriennali, ai sensi del nuovo comma 177-bis dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, introdotto dall'articolo 55 del disegno di legge finanziaria in esame.
Il citato comma 177-bis infatti introduce una specifica procedura per l’utilizzo dei contributi pluriennali autorizzati da specifiche disposizioni legislative, volta ad evitare che in sede di attuazione di tali norme si possano produrre effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, peggiorativi dei saldi di finanza pubblica.
In particolare, la norma prevede che l’utilizzo, anche mediante attualizzazione, di tali contributi pluriennali sia subordinato ad un apposito decreto emanato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli già previsti dalla legislazione vigente (cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 55).
Qualora si ravvisino effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, il comma 177-bis ne dispone la loro compensazione a valere sulle disponibilità del Fondo appositamente istituito dall’articolo in esame, per neutralizzare gli effetti sui saldi di finanza pubblica derivanti dalla eventuale “attualizzazione” dei contributi pluriennali.
Il Fondo è dotato di 300 milioni di euro per l'anno 2007, in termini di sola cassa.
Come precisato nella relazione tecnica al disegno di legge finanziaria, la natura del fondo non è quella di uno stanziamento di bilancio, iscritto in termini di competenza e cassa, destinato ad essere ripartito, ma quello di una posta di bilancio iscritta soltanto in termini di cassa, finalizzata a compensare gli effetti finanziari derivanti dalle operazioni di mutuo attivate da soggetti esterni alle amministrazioni pubbliche con onere a carico dello Stato.
Pertanto, tale disposizione sconta i suoi effetti finanziari, pari a 300 milioni di euro nel 2007, soltanto sull’indebitamento netto e sul fabbisogno.
All'utilizzo del fondo si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.
Articolo 55
(Modifica della disciplina in materia di
contributi pluriennali
dello Stato)
1. Dopo il comma 177 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è inserito il seguente:
«177-bis. In sede di attuazione di disposizioni legislative che autorizzano contributi pluriennali, il relativo utilizzo, anche mediante attualizzazione, è disposto con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente. In caso si riscontrino effetti finanziari non previsti a legislazione vigente gli stessi possono essere compensati a valere sulle disponibilità del «Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali». Le disposizioni del presente comma si applicano anche alle operazioni finanziarie poste in essere dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, a valere sui predetti contributi pluriennali, il cui onere sia posto a totale carico dello Stato. Le amministrazioni interessate sono, inoltre, tenute a comunicare preventivamente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato e Dipartimento del tesoro - all'ISTAT e alla Banca d'Italia la data di attivazione delle operazioni di cui al presente comma ed il relativo ammontare».
L’articolo 55dispone una novella all’articolo 4 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), cui aggiunge il comma 177-bis, recante norme volte ad integrare la disciplina in materia di contributi pluriennali dello Stato, dettata dai commi 177 e 178 del citato articolo 4 della legge finanziaria per il 2004.
In particolare, il nuovo comma 177-bis dell’articolo 4 della legge n. 350/2003, inserito dalla norma in esame, definisce una procedura per l’utilizzo dei contributi pluriennali, volta ad evitare che dall’attuazione di disposizioni legislative che autorizzano tali contributi possano derivare effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, gravosi per il saldo delle amministrazioni pubbliche.
L’art. 4, comma 177, della legge n. 350/2003 ha introdotto una importante innovazione in relazione alla disciplina dei limiti di impegno, al fine di limitare gli effetti sui saldi di finanza pubblica derivanti dalle autorizzazioni legislative di spesa riguardanti limiti di impegno[239].
In particolare, la norma ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2004, i limiti di impegno, iscritti nel bilancio dello Stato sulla base di specifiche disposizioni legislative, devono intendersi:
§ quale contributo pluriennale dello Stato per la realizzazione di investimenti, di forniture di interesse nazionale e di azioni mirate a favorire il trasporto delle merci con modalità alternative, includendo nel costo degli stessi anche gli oneri derivanti dagli eventuali finanziamenti necessari;
§ ovvero, quale concorso dello Stato al pagamento di una quota degli oneri derivanti dai mutui o da altre operazioni finanziarie che i soggetti interessati sono autorizzati ad effettuare per la realizzazione di investimenti, nel caso in cui il soggetto beneficiario non sia compreso nel settore delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 178 definiva i tempi di applicazione della nuova disciplina stabilita dal comma precedente.
Lo scopo principale della disposizione introdotta dal comma 177 è stato, in sostanza, quello di evitare che lo Stato, a seguito dell’autorizzazione di limiti di impegno, potesse di fatto configurarsi come contraente diretto di mutui, con conseguente imputazione dei relativi effetti sull’indebitamento netto del conto delle amministrazioni pubbliche e sul livello del debito.
La trasformazione dei limiti di impegno in contributi pluriennali ovvero l’esclusione del concorso totale dello Stato al pagamento degli oneri derivanti dai mutui contratti da soggetti esterni alle amministrazioni pubbliche è da connettersi alle regole di contabilità dettate dal SEC95[240], che prevedono che lo Stato, nel caso in cui assuma a proprio carico l’intero ammortamento del mutuo (come accadeva con l’autorizzazione di limiti di impegno secondo la disciplina precedente), sia considerato il debitore diretto. Ciò comporta che, nell’anno in cui il mutuo viene stipulato, l’intero ricavato del mutuo grava sull’indebitamento netto del conto delle amministrazioni pubbliche ed incrementa direttamente lo stock del debito.
Nel prevedere che i limiti di impegno autorizzati concorrano solo parzialmente al pagamento degli oneri derivanti dai mutui attivati da soggetti esterni all’amministrazione pubblica, la nuova disciplina assicura, pertanto, che sia computata ai fini dell’indebitamento netto soltanto la quota iscritta in bilancio ciascun anno.
Sul conto consolidato delle amministrazioni pubbliche viene considerato esclusivamente l’impatto connesso al pagamento del contributo pluriennale e non dell’eventuale mutuo attivabile a fronte dello stesso.
Come evidenziato nella relazione tecnica, si pone tuttavia un problema in relazione agli interventi da finanziare mediante l’attivazione di specifici mutui, per i quali i soggetti attuatori non possono concorrere con proprie risorse al pagamento della relativa rata di ammortamento.
In questi casi, precisa la Relazione tecnica, “le opere pubbliche o gli altri interventi collegati ai predetti finanziamenti attualmente risultano bloccati”.
Il nuovo comma 177-bis dell’articolo 4 della legge n. 350/2003, inserito dalla norma in esame, come già accennato, introduce una specifica procedura volta a garantire che dall’utilizzo delle risorse relative ad autorizzazioni legislative di spesa che autorizzano contributi pluriennali non derivino effetti finanziari gravosi per il saldo delle amministrazioni pubbliche, non previsti dalla legislazione vigente.
In particolare, la disposizione prevede che, in sede di attuazione di tali autorizzazioni di spesa, l’utilizzo, anche mediante attualizzazione, dei contributi pluriennali sia subordinato all’emanazione di un decreto da parte del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente.
Nel caso in cui si riscontrino effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, la norma dispone la loro compensazione a valere sulle disponibilità del “Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali”, appositamente istituito, dal precedente articolo 54 del disegno di legge in esame, per neutralizzare gli effetti sui saldi di finanza pubblica derivanti dalla eventuale “attualizzazione” dei contributi pluriennali (cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 54).
Il riparto del fondo è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Per l’anno 2007, il fondo è dotato di 300 milioni di euro, in termini di sola cassa
Come precisato dalla relazione tecnica, i soggetti attuatori delle opere pubbliche potranno continuare a contrarre mutui e lo Stato pagherà a suo totale carico la rata di ammortamento a valere sui contributi pluriennali che risultano iscritti in bilancio, sui pertinenti capitoli di spesa.
L’impatto finanziario sul fabbisogno e sull’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, nonché sul debito, verrà compensato con l’apposito “Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali”, sul quale verrà iscritta - al momento della sua costituzione - una posta, in termini di cassa, equivalente agli effetti finanziari sull’indebitamento netto.
La indicata procedura si applica anche alle operazioni finanziarie poste in essere, a valere sui predetti contributi pluriennali, dalle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato (individuate dall’ISTAT nel Comunicato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2006, redatto ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge n. 311/2004), il cui onere sia posto a totale carico dello Stato.
Le amministrazioni interessate sono, inoltre, tenute a comunicare preventivamente al Ministero dell'economia e delle finanze (nello specifico, al Dipartimento della ragioneria generale dello Stato e al Dipartimento del tesoro), all'ISTAT e alla Banca d'Italia la data di attivazione delle suddette operazioni finanziarie ed il relativo ammontare.
Si ricorda, infine, che con la direttiva del Presidente del consiglio dei Ministri del 6 giugno 2006, volta alla definizione dei criteri di carattere generale per il coordinamento dell'azione amministrativa del Governo, intesi all'efficace controllo e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica per l'anno 2006, sono state impartite le nuove istruzioni operative relative ai contributi pluriennali previsti ai sensi dell'art. 4, comma 177, della legge n. 350/2003, dirette ad evitare che in sede di attuazione degli interventi finanziati con contributi pluriennali si verifichino effetti non in linea con il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica fissati nel Programma di stabilità.
In particolare, la direttiva, al punto n), stabilisce che:
- la concessione di contribuzioni pari all'intero ammontare del costo dell'opera, comprensivo degli oneri di finanziamento, è subordinata a specifica decretazione del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi dei saldi di finanza pubblica; in caso contrario dovrà essere esclusa;
- nell'ambito degli adempimenti procedurali connessi con la concessione della contribuzione, non devono porsi in essere atti, anche di sola delega all'incasso, dai quali consegua, direttamente o indirettamente, che le eventuali operazioni finanziarie per il finanziamento dell'intervento vengano a risultare classificate secondo i principi contabili per la rilevazione del debito a totale carico dello Stato, con corrispondente accollo del relativo debito. In particolare, le amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali non possono rilasciare delega all'incasso di propri crediti per contribuzioni da amministrazioni statali, a garanzia dell'ammortamento di mutui attivati da soggetti esterni all'aggregato delle amministrazioni pubbliche;
- nell’atto concessivo, l'erogazione della contribuzione dovrà avere un proprio profilo temporale non legato a specifici stati di avanzamento lavori, anche se subordinato - a condizione di revoca e recupero delle contribuzioni già corrisposte - ad adempimenti procedurali di certificazione e monitoraggio della realizzazione degli interventi;
- le amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle statali, potranno rilasciare atti di certificazione della sussistenza di crediti nei propri confronti senza correlata assunzione di obblighi diretti di pagamento a favore di soggetti diversi dal beneficiario.
Articolo 57
(Assunzioni di personale)
1. Per l'anno 2007, a valere sul fondo di cui al comma 96 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, i Corpi di polizia possono essere autorizzati ad effettuare assunzioni per un contingente complessivo di personale non superiore a 1.000 unità.
2. Per l'anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 1 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. Le amministrazioni possono continuare ad avvalersi del personale di cui al presente comma, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione. Le assunzioni di cui al presente comma sono autorizzate secondo le modalità di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
3. Le modalità di assunzione di cui al comma 2 trovano applicazione anche nei confronti del personale di cui all'articolo 1, commi da 237 a 242, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in possesso dei requisiti previsti dal citato comma 2, fermo restando il relativo onere a carico del fondo previsto dall'articolo 1, comma 251, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, fatto salvo per il restante personale quanto disposto dall'articolo 1, comma 249, della stessa legge n. 266 del 2005.
4. Per gli anni 2008 e 2009 le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente. Il limite di cui al presente comma si applica anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali nonché al personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Le limitazioni di cui al presente comma non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette e a quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 25.
5. Le amministrazioni di cui al comma 4 possono altresì procedere, per gli anni 2008 e 2009, nel limite di un contingente di personale non dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al comma 2 del presente articolo.
6. Per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, le amministrazioni di cui al comma 4 non interessate al processo di stabilizzazione previsto dal presente articolo, possono procedere ad ulteriori assunzioni, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 75 milioni di euro a regime. A tale fine è istituito un apposito fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro per l'anno 2008, a 100 milioni di euro per l'anno 2009 e a 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010. Per ciascuno degli anni 2008 e 2009, nel limite di una spesa pari a 25 milioni di euro per ciascun anno iniziale e a 75 milioni di euro a regime, le autorizzazioni ad assumere sono concesse secondo le modalità di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
7. Le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro prorogati ai sensi dell'articolo 1, comma 243, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, possono essere attuate a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel limite dei posti disponibili in organico.
8. Stralciato.
9. Sono prorogati fino al 31 dicembre 2007 i comandi del personale appartenente a Poste italiane Spa.
10. Le assunzioni di cui ai commi 4, 5, 7 e 8 sono autorizzate secondo le modalità di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e dei relativi oneri.
11. All'articolo 1, comma 103, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: «A decorrere dall'anno 2008» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dall'anno 2010».
12. Con effetto dall'anno 2007, all'articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «60 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «40 per cento».
13. I commi 228 e 229 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono abrogati.
14. All'articolo 1, comma 97, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
«h-bis) per la copertura delle posizioni dirigenziali della Presidenza del Consiglio dei ministri;
h-ter) del personale del Ministero degli affari esteri;
h-quater) degli addetti alla sicurezza dell'ENAC».
L’articolo in esame detta disposizioni in ordine a talune assunzioni di personale da parte delle pubbliche amministrazioni.
Al riguardo, va considerato che la legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) ha introdotto all’articolo 1, commi 95-97, per le amministrazioni dello Stato, le agenzie ed alcuni enti pubblici il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 (c.d. “blocco del turn over”).
Una disposizione di analogo tenore era già contenuta nelle precedenti leggi finanziarie: tuttavia, rispetto alle precedenti discipline, il blocco riguarda non un solo anno, ma un triennio (2005-2007). E' stato inoltre previsto che, trascorso tale periodo, le amministrazioni possano assumere personale entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente (art. 1, comma 103).
In particolare, la disposizione del comma 95 dell’articolo unico della legge 311 prevede il divieto di assumere personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 - fatta eccezione per le assunzioni relative alle categorie protette - presso i seguenti enti:
- amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;
- agenzie;
- enti pubblici non economici;
- enti di ricerca;
- enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 .
La previsione si estende anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali ed al personale ancora in regime di diritto pubblico.
Sono peraltro fatte salve un serie di assunzioni previste da previgenti disposizioni, ed espressamente autorizzate, negli anni 2005 e 2006: trattasi delle assunzioni di 1324 agenti della Polizia di Stato e di 1400 carabinieri, con corrispondente incremento dei rispettivi ruoli organici.
Ai sensi del comma 101 del medesimo articolo unico, sono stati esclusi dal blocco del turn over il comparto scuola, le università, gli ordini ed i collegi professionali ed i relativi consigli e federazioni.
E’ stata prevista una disciplina ad hoc per le assunzioni di personale da parte delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, nonché da parte delle camere di commercio e dell’Unioncamere.
E’ stata inoltre disposta, con il comma 96, una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni destinatarie della disciplina di blocco – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - possono assumere, nel triennio 2005-2007, personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime.
Si ricorda che il comma 96 reca una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni per le quali è previsto il blocco del “turn-over” – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di serviziodi particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime.
A tal fine viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del il Ministero dell’economia, le cui risorse dovrebbero consentire circa 3.000/3.500 assunzioni annue. Lo stanziamento del Fondo è stato determinato in 40 milioni di euro per l’anno 2005, 160 milioni per il 2006, 280 milioni per il 2007 e 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.
Il comma 97 indica le priorità da osservare per le assunzioni “in deroga” autorizzate dal comma precedente.
In particolare, deve essere considerata prioritaria l’immissione in servizio:
- del personale del settore della ricerca;
- del personale in servizio nel dicembre 2003, o che abbia prestato servizio per almeno due anni, in posizione di distacco o comando presso l’Azienda per la protezione dell’ambiente e per i Servizi tecnici ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 180/1998 convertito dalla legge 276/1998[241];
- dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e in quelli dei cancellieri C1 dell’Amministrazione giudiziaria;
- del personale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (C.R.A.);
- dei candidati a magistrato del Consiglio di Stato risultati idonei al concorso a posti di Consiglieri di Stato che abbiano conservato, senza soluzione di continuità, i requisiti per la nomina a tale qualifica fino al 1° gennaio 2005;
- dei dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate che abbiano superato uno speciale corso-concorso pubblico unitario, bandito e curato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze;
- del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e al controllo dei confini dello Stato;
- degli addetti alla difesa nazionale e dei vincitori di concorsi banditi per le esigenze di personale civile degli arsenali della Marina militare ed espletati alla data del 30 settembre 2004.
Il comma 1 stabilisce che, per l’anno 2007, i Corpi di polizia possono essere autorizzati ad effettuare assunzioni di personale per un contingente complessivo non superiore a 1.000 unità. Tale assunzione è prevista a valere sul fondo di cui all’articolo 1, comma 96, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
Si osserva che la disposizione non prevede in quale modo si proceda alla ripartizione del contingente complessivo tra i vari Corpi di polizia.
Si ricorda che il comma 246 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006) ha previsto, per l’anno 2006, l’assunzione di 2.500 unità di personale da impiegare direttamente in compiti di ordine e sicurezza pubblica, di cui 1.500 per la Polizia di Stato. Tale assunzione è prevista a valere sul fondo di cui all’articolo 1, comma 96, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005). Il comma 246 dispone inoltre che alla ripartizione di tali unità di personale si provveda con le procedure di cui allo stesso art. 1, comma 96, ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, su proposta del Ministro dell’interno di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e dell’economia e delle finanze[242].
I commi 2, 3, 7, 8 e 9 contengono disposizioni volte alla stabilizzazione del personale lato sensu “precario” presso le pubbliche amministrazioni: personale a tempo determinato, personale con rapporti di formazione e lavoro (CFL), personale in posizione di comando.
Il comma 2, in attuazione di quanto annunciato dal Governo nel DPEF 2007-2011 con riferimento alla stabilizzazione di personale non di ruolo presso le pubbliche amministrazioni, prevede l’avvio di una graduale stabilizzazione del personale a tempo determinato in possesso di determinati requisiti.
In particolare, si dispone che una quota pari al 20% di quanto stanziato per il 2007 nel richiamato Fondo di cui all’art. 1, comma 96, ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sia destinata alla stabilizzazione del personale non dirigenziale (è da intendersi: di pubbliche amministrazioni) che ne faccia apposita istanza e che si trovi almeno in una delle seguenti situazioni:
§ sia già in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;
§ che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;
§ che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Si precisa, inoltre, che la disposizione in esame riguarda il personale che, in possesso dei requisiti sopra citati, sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o “previste da norme di legge”.
Invece alla eventuale stabilizzazione di personale che, pur presentando gli altri requisiti richiesti, sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse, si provvede previo espletamento di prove selettive.
Il comma in esame, non delimitando la platea delle amministrazioni pubbliche che possono procedere alla stabilizzazione, sembrerebbe riferirsi a tutte le amministrazioni sottoposte al blocco del turn-over di cui all’articolo 1, comma 95 della legge n. 311/2004.
Sembrerebbe inoltre che il primo periodo del comma 2 preveda che la stabilizzazione di tale personale possa avvenire senza una apposita procedura selettiva, sulla base solamente della richiesta degli stessi interessati, purché possano far valere un rapporto di lavoro di una certa durata (tre anni almeno) presso le medesime pubbliche amministrazioni instaurato mediante procedure selettive di natura concorsuale o “previste da norme di legge”.
Si osserva al riguardo che andrebbe valutato se la disposizione di cui al comma 2 appare in linea con il disposto dell’art. 97 Cost., con particolare riferimento ai principi del buon andamento della PA e del concorso pubblico.
Si ricorda che, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, appare costante l’affermazione secondo cui il concorso rappresenta la forma generale ed ordinaria di reclutamento di personale nel pubblico impiego, in quanto meccanismo idoneo a garantire il canone dell’efficienza dell’azione amministrativa (tra le tante, sentt. n. 1 del 1999, nn. 205 e 34 del 2004, n. 190 del 2005). Va altresì considerato che la giurisprudenza costituzionale afferma anche che il principio del concorso pubblico non è incompatibile – nella logica di agevolare il buon andamento dell’amministrazione – con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione.
L’orientamento della Corte costituzionale è ben riassunto nella recente sentenza n. 34 del 20 gennaio 2004, della quale si riporta uno stralcio ove, tra l’altro, si richiamano alcune antecedenti pronunzie in materia. “Questa Corte ha riconosciuto nel concorso pubblico (art. 97, terzo comma, della Costituzione) la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione (sentenze n. 194 del 2002, n. 1 del 1999, n. 333 del 1993, n. 453 del 1990 e n. 81 del 1983), ed ha ritenuto che possa derogarsi a tale regola solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell’esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, della Costituzione) ed il cui vaglio di costituzionalità non può che passare attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.
La Corte ha, inoltre, sottolineato che la regola del pubblico concorso può dirsi pienamente rispettata solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi (sentenza n. 194 del 2002).
In particolare la Corte ha riconosciuto come l’accesso al concorso possa essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, sempre che non sia superato “il limite oltre il quale possa dirsi che l’assunzione nell’amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca le possibilità di accesso per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere ‘pubblico’ del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell’interesse pubblico, dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione” (sentenza n. 141 del 1999)”.
In tale ultima occasione la Corte, nel rigettare la specifica questione di costituzionalità[243], ha precisato peraltro che la previsione di una riserva totale avrebbe potuto dare luogo ad illegittimità per irragionevolezza e violazione del principio della “pubblicità” del concorso.
Si osserva inoltre che andrebbe chiarito l’inciso “previste da norme di legge”, con riferimento alle procedure selettive.
Si prevede che le amministrazioni interessate sono autorizzate a continuare ad avvalersi del personale a tempo determinato di cui sopra, nelle more delle procedure di stabilizzazione.
Inoltre, si dispone che le assunzioni in questione siano autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge n. 449/1997, e successive modificazioni.
Si ricorda che l’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), prevede che le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Si prevede inoltre che l’autorizzazione all'assunzione sia disposta con apposito DPCM.
La relazione tecnica, con riferimento alla stabilizzazione del personale precario, afferma che gli oneri del personale a tempo determinato il cui rapporto è stato anno per anno prorogato dalle leggi finanziarie “risultano ormai incorporati nei tendenziali di spesa”.
Si rinvia al comma 5 per quanto riguarda la possibilità di procedere alla stabilizzazione del personale per gli anni 2008 e 2009.
Il comma 3 dispone che le modalità di assunzione, per la stabilizzazione del personale, di cui al precedente comma 2 devono applicarsi anche nei confronti del personale di cui all’articolo 1, commi da 237 a 242 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), purché in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 2. Si tratta di personale legato ad alcune pubbliche amministrazioni da rapporti a tempo determinato via via prorogati nel corso degli anni.
Si ricorda che i commi da 237 a 242 della legge n. 266 del 2005 recano disposizioni volte a consentire ad una serie di amministrazioni pubbliche la proroga, per il 2006, di contratti di lavoro a tempo determinato. Le amministrazioni, organismi ed enti interessati sono i seguenti[244]:
- Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute, Agenzia del territorio: tali amministrazioni sono autorizzate ad avvalersi del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 1, comma 117, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004) (comma 237, primo periodo);
- Ministero dell’economia e delle finanze: tale amministrazione può avvalersi del personale utilizzato ai sensi dell’articolo 47, comma 10, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica per il 1998 (comma 237, secondo periodo);
- Ministero della giustizia: tale amministrazione, per le esigenze del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, può continuare ad avvalersi del personale assunto con contratto a tempo determinato ai sensi dell’articolo 3, comma 66, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, entro il limite di spesa di 6 milioni di euro (comma 238);
- Magistratura amministrativa, INPS, INPDAP e INAIL: gli enti e organi richiamati possono prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato dagli stessi stipulati. In particolare, per quanto concerne gli enti previdenziali, la proroga concerne i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati, già prorogati ai sensi dell’articolo 1, comma 118, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), i cui oneri continuano ad essere posti a carico dei bilanci degli enti predetti (comma 239);
- Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT): tale agenzia può continuare ad avvalersi del personale in servizio nell’anno 2005 con contratto a tempo determinato o con convenzione o con altra forma di flessibilità e di collaborazione, nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2005 dalla predetta Agenzia. I relativi oneri continuano a fare carico sul bilancio dell’Agenzia (comma 240, primo e secondo periodo);
- CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione): tale organismo è autorizzato a prorogare i rapporti di lavoro del personale con contratto a tempo determinato in servizio nell’anno 2005, con oneri che continuano a fare carico sul bilancio del Centro (comma 240, terzo e quarto periodo);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS): l’ente è autorizzato a continuare ad avvalersi del personale in servizio nell’anno 2005 con contratto di lavoro a tempo determinato, nel limite massimo di spesa complessivamente stanziato per lo stesso personale nell’anno 2005, con oneri che continuano ad essere posti a carico del bilancio dell’Ente (comma 241);
- Corpo forestale dello Stato: tale amministrazione può continuare ad avvalersi del personale a tempo determinato assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, nei limiti della spesa sostenuta per lo stesso personale nell’anno 2005 (comma 242).
Per tale personale resta fermo che al relativo onere si provvede mediante il Fondo previsto dall’articolo 1, comma 251, della medesima legge n. 266, facendo salvo per il restante personale (è da intendersi: il personale che non possiede i requisiti di cui al precedente comma 2) l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 1, comma 249, della medesima legge.
Si ricorda che il comma 247 della legge n. 266 prevede che le amministrazioni autorizzate a proseguire nei rapporti a tempo determinato indicati dai commi da 237 a 242 - Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute, dell’economia, Agenzia del territorio e Corpo forestale dello Stato – possono avviare procedure concorsuali per titoli ed esami finalizzate all’assunzione di 7.000 unità di personale con contratto a tempo indeterminato, al fine di garantire con carattere di continuità la prosecuzione delle attività svolte. Tali assunzioni sono previste in deroga al disposto dell’art. 34-bis del D.Lgs. 165/2001; pertanto le amministrazioni interessate non sono tenute ad esperire le procedure di mobilità per verificare la possibilità di ricoprire i posti con personale in disponibilità.
Il secondo periodo del comma 247 pone un criterio per la valutazione dei titoli, nell’ambito delle procedure concorsuali autorizzate: si prevede che vengano considerati prioritariamente i servizi effettivamente svolti presso pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo a quelli prestati presso le amministrazioni che bandiscono i concorsi nei profili professionali richiesti dalle citate procedure di reclutamento, inclusi quelli per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo[245].
Il terzo periodo del comma 247 stabilisce che, ai fini del riparto del contingente di personale, le amministrazioni interessate dovranno inoltrare, entro il 31 gennaio 2006, una richiesta alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell’economia e delle finanze, corredata dall’atto di programmazione triennale del fabbisogno di personale. Alla ripartizione del contingente si procederà con le modalità di cui al comma 4 dell’articolo 35 del D.Lgs. n. 165/2001[246].
Il comma 248 prevede l’invio preventivo della copia del bando dei concorsi autorizzati al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell’economia e delle finanze da parte delle amministrazioni interessate.
Il comma 249 chiarisce che per gli anni 2007 e 2008, all’esito delle procedure concorsuali, le amministrazioni potranno procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato in deroga al blocco del “turn over” di cui all’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Le stesse amministrazioni potranno continuare ad avvalersi del personale a tempo determinato fino al completamento della progressiva sostituzione dello stesso con i vincitori delle procedure concorsuali.
Le modalità di assunzione dei vincitori dei concorsi sono così stabilite (comma 250):
§ le amministrazioni interessate predisporranno i piani di sostituzione del personale a tempo determinato con i vincitori dei concorsi indicando, per ciascuna qualifica, il numero e la decorrenza delle assunzioni nel limite del contingente complessivo di cui al comma 247;
§ i piani, corredati da una relazione tecnica dimostrativa delle implicazioni finanziarie, saranno poi approvati con apposito DPCM, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.
Il comma 251 prevede la costituzione di un apposito fondo, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, con uno stanziamento di 180 milioni di euro, per consentire sia le assunzioni a tempo indeterminato sia il temporaneo prolungamento dei rapporti a tempo determinato. Il trasferimento delle risorse alle amministrazioni interessate è demandato ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei piani di cui al comma 250. Gli enti dotati di autonomia finanziaria provvederanno all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo nell’ambito delle risorse dei relativi bilanci.
A decorrere dall’avvio delle procedure di assunzione dei vincitori dei concorsi, le amministrazioni non potranno più avvalersi di personale a tempo determinato per le funzioni di cui al comma 247 (comma 252).
Infine il comma 253 attribuisce al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di monitorare l’attuazione delle disposizioni recate dai commi da 247 a 252.
Il comma 4 dispone limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 per alcune pubbliche amministrazioni. Si tratta in particolare delle seguenti amministrazioni:
§ amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
§ agenzie;
§ enti pubblici non economici;
§ enti di ricerca;
§ enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001.
Tali amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.
Si consideri che la disposizione in esame in sostanza incide (dettando limiti più restrittivi) sulla possibilità per le suddette amministrazioni di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato per gli anni su indicati, dal momento che l’articolo 1, comma 103, della L. 311 del 2004 prevede che, a partire dall’anno 2008, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 95 - a cui per il triennio 2005-2007 si applica il blocco delle assunzioni -, possano assumere personale entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.
Conseguentemente, il successivo comma 11 dell’articolo in esame provvede appunto a modificare il comma 103 della L. 311/2004, facendo decorrere l’applicazione della relativa disposizione dal 2010 anziché dal 2008.
Pertanto, per il combinato disposto del comma 4 in esame e del comma 103 della legge n. 266/2005, le pubbliche amministrazioni su indicate possono procedere ad assunzioni a tempo indeterminato:
§ per gli anni 2008 e 2009, nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente;
§ a partire dall’anno 2010 entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.
Si osserva che la platea delle pp.aa. cui si applica la disposizione in esame non coincide perfettamente con quella di cui al comma 95 della legge n. 311/2004, includendo anche i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il secondo periodo del comma 4 estende le limitazioni relative alle assunzioni prevista dallo stesso comma anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali ed al personale ancora in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165 del 2001.
Invece le stesse limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette e a quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge n. 331 del 2000, al D.Lgs. n. 215 del 2001 e alla legge n. 226 del 2004, fatto salvo quanto previsto all’articolo 15 (cfr. infra).
La legge n. 331/2000, recante norme per l’istituzione del servizio militare professionale, ha conferito una delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo diretto a disciplinare la progressiva trasformazione dello strumento militare in professionale, attraverso la sostituzione, entro sette anni dall’entrata in vigore del decreto medesimo, dei militari di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa.
La legge n. 226/2004 dispone la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. L’articolo 25, in particolare, riguarda la disciplina temporanea dell’accesso nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo militare della Croce Rossa per gli anni 2004 e 2005. Il comma 1, fatti salvi i posti già coperti attraverso le procedure stabilite dal regolamento di cui al citato D.P.R. n. 332/1997, riserva gli ulteriori posti disponibili, non derivanti da incrementi degli organici, a favore di coloro che prestano o hanno prestato servizio di leva in qualità di ausiliari nelle rispettive Forze di polizia a ordinamento militare e civile e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Per la copertura dei posti si procede secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. Per i posti eventualmente non coperti resta, comunque, aperta a tutti i cittadini in possesso dei requisiti la possibilità di partecipazione ai relativi concorsi.
Se gli ulteriori posti disponibili derivano da incrementi degli organici, il comma 2 prevede, per gli stessi anni 2004 e 2005, che i relativi concorsi siano riservati, secondo le misure percentuali di cui all’articolo 16, comma 4, lettera a), a favore di coloro che prestano o hanno prestato servizio di leva in qualità di ausiliari nelle rispettive Forze di polizia a ordinamento militare e civile; e, secondo le misure percentuali di cui all’articolo 16, comma 4, lettera b), a favore dei volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo.
Per i posti non coperti il comma 3 rinvia alla disciplina prevista dall'articolo 17 della stessa legge 226. Il comma 4 prevede che, nei concorsi di cui al comma 1, relativi all'accesso nelle carriere iniziali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è fatta salva la riserva del 25 per cento dei posti a favore dei volontari dei vigili del fuoco, prevista dal già citato articolo 1, comma 3, del D.L. n. 512/1996[247].
Il comma 5, infine, contiene disposizioni di coordinamento intese a neutralizzare l'effetto di inadeguata alimentazione delle carriere iniziali in parola che, altrimenti, si verificherebbe negli anni 2009 e 2010, dovuto alla maggior durata del periodo di ferma da svolgere nelle Forze armate prima dell'immissione, stabilita dalla legge (quattro anni), rispetto al sistema precedente (tre anni). Si dispone, quindi, che, in deroga a quanto previsto dall'articolo 16, comma 4, della legge, per la copertura dei posti di appuntato e carabiniere, e di appuntato e finanziere del Corpo della guardia di finanza, relativi all'anno 2009, e dei posti di agente e assistente della Polizia di Stato, agente e assistente del Corpo forestale, agente e assistente del Corpo di polizia penitenziaria, relativi all'anno 2010, siano indetti concorsi, secondo le modalità previste dall'articolo 12 del già citato D.P.R. n. 332/1997, ai quali partecipano i volontari delle Forze armate che hanno completato senza demerito la ferma triennale. I vincitori sono immessi direttamente nelle carriere iniziali delle relative amministrazioni.
Il comma 5 attribuisce alle amministrazioni che hanno in servizio personale a tempo determinato con anzianità almeno triennale ed assunto mediante prove selettive di tipo concorsuale o previste da norme di legge, la possibilità di usufruire di limiti meno rigidi per le assunzioni rispetto a quelli fissati dal comma 4. Difatti si dispone che tali le amministrazioni, per gli anni 2008 e 2009, possano procedere alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui al comma 2 (cfr. supra) nel limite di un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 40 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.
In sostanza tali amministrazioni, ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 5, possono procedere complessivamente a nuove assunzioni a tempo indeterminato nei limiti di una spesa pari al 60 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.
Il comma 6 autorizza le amministrazioni pubbliche di cui al comma 4, non interessate dalla stabilizzazione del personale a termine, a procedere ad ulteriori assunzioni, per “fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza”.
Si osserva che sarebbe opportuno esplicitare che si tratta di assunzioni di “personale a tempo indeterminato”.
A tal fine si istituisce un apposito Fondo con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro per il 2008, 100 milioni di euro per il 2009 e a 150 milioni di euro per il 2010.
Si dispone che tali assunzioni siano effettuabili, previo esperimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 25 milioni di euro per ciascun anno iniziale e a 75 milioni di euro a regime. Inoltre si dispone che le assunzioni in questione siano autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge n. 449/1997, e successive modificazioni.
Si ricorda che l’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), prevede che le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Si prevede inoltre che l’autorizzazione all'assunzione sia disposta con apposito DPCM.
Il comma 7 autorizza la trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro del personale in servizio presso pubbliche amministrazioni con contratti di formazione e lavoro (CFL), più volte prorogati dalle recenti leggi finanziarie per l’impossibilità di procedere alla stabilizzazione a causa del blocco del “turn over” (da ultimo dall’articolo 1, comma 243, della legge n. 266/2005).
La stabilizzazione può essere attuata dal momento dell’entrata in vigore del provvedimento (1° gennaio 2007), nel limite dei posti disponibili nei ruoli organici delle singole amministrazioni.
Si ricorda che il comma 243 della legge n. 266 prevede che sia mantenuto in servizio, fino al 31 dicembre 2006, il personale che, avendo partecipato ai corsi di formazione e lavoro e avendo superato le previste prove selettive, non può comunque essere inquadrato in ruolo per effetto del blocco delle assunzioni[248]. Inoltre, lo stesso comma, riproducendo sostanzialmente il contenuto dell’articolo 1, comma 121, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004), precisa che le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro, possano essere effettuate unicamente nel rispetto delle limitazioni e delle modalità previste dalla normativa vigente per l’assunzione di personale a tempo indeterminato.
Il comma 9dispone la proroga, fino al 31 dicembre 2007, dei comandi del personale della società Poste italiane Spa.
Si ricorda che, da ultimo, il comma 244 della legge n. 266/2005 ha disposto la proroga, al 31 dicembre 2006, dei comandi del personale della società Poste italiane Spa e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Spa[249].
Tali comandi erano già stati prorogati al 31 dicembre 2002 dall’articolo 19, comma 9, della L. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), al 31 dicembre 2003 dall'articolo 34, comma 20, della L. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), al 31 dicembre 2004 dall’articolo 3, comma 64, della L. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) e al 31 dicembre 2005 dall’articolo 1, comma 123, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).
Si evidenzia che la proroga di cui al comma 9, al contrario di quelle delle precedenti leggi finanziarie, non riguarda il personale dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Spa.
Il comma 10 dispone una apposita procedura per l’autorizzazione delle assunzioni previste dai commi 4, 5, 7 e 8.
In particolare si prevede che tali assunzioni debbano essere autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 35, comma 4 del D.Lgs. 165/2001 (T.U. del pubblico impiego), sulla base di apposita richiesta delle amministrazioni corredata dalla illustrazione analitica delle cessazioni avvenute nell’anno precedente e dei corrispondenti oneri.
L’articolo 35, comma 4 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 12 restringe ulteriormente (rispetto alla vigente normativa) la possibilità per alcune pubbliche amministrazioni (cfr. infra) di avvalersi di personale a tempo determinato, modificando la previsione di cui al comma 187 della legge n. 266/2005.
Si ricorda che il comma 187 della legge n. 266 ha disposto che, a decorrere dall’anno 2006, le amministrazioni richiamate possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 60 % della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.
Più specificamente, tale norma è diretta:
- alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;
- alle agenzie, comprese le agenzie fiscali;
- agli enti pubblici non economici;
- agli enti di ricerca;
- alle università;
- agli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001[250].
Il medesimo comma 187 precisa che la richiamata disciplina limitativa non trova applicazione per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, per i quali si rinvia alle relative, specifiche disposizioni di settore. Infine, l’ultimo periodo del comma evidenzia che il mancato rispetto dei limiti di spesa in discorso integra un illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.
Il successivo comma 188 contiene una deroga al limite di utilizzo del personale a tempo determinato. Più specificamente, si dispone che gli enti ed istituti indicati possano effettuare assunzioni di personale con contratto a tempo determinato e stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento dei servizi per gli studenti[251]. Gli enti ed istituti sono i seguenti:
- enti di ricerca;
- Istituto superiore di sanità;
- Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro;
- Agenzia per servizi sanitari regionali;
- Agenzia italiana del farmaco;
- Agenzia spaziale italiana;
- Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente;
- CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella p.a.);
- Università;
- Scuole superiori ad ordinamento speciale;
- Istituti zooprofilattici sperimentali.
In sostanza il comma in esame comporta un abbassamento del limite entro cui le amministrazioni richiamate possono avvalersi di personale con rapporti di lavoro “flessibile”, portandolo dal 60% al 40% della spesa sostenuta per le stesse ragioni nel 2003.
La relazione illustrativa afferma che la disposizione è motivata dalla necessità di “limitare la formazione di nuovo precariato, in relazione anche alla progressiva stabilizzazione del personale stesso”.
In base alla relazione tecnica, il comma 12 comporta economie lorde per più di 72 milioni di euro annui.
Il comma 13 dispone la soppressione dell’apposito Fondo finalizzato a potenziare l’attuazione della mobilità, di cui ai commi 228 e 229 della legge n. 266/2005.
I commi 228-230 della legge n. 266 recano disposizioni volte, secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, a “razionalizzare l’allocazione e la distribuzione di personale delle pubbliche amministrazioni, attraverso la messa a punto di un sistema di incentivazione delle procedure di mobilità”.
In particolare, con il comma 228 si costituisce un fondo finalizzato a potenziare l’attuazione della mobilità, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze con uno stanziamento annuale di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.
Destinatarie del suddetto fondo sono le pubbliche amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie - incluse le agenzie fiscali -, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca ed enti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001[252], a condizione che abbiano attivato procedure di mobilità di personale di livello non dirigenziale, attraverso bandi e avvisi o per mobilità collettiva, con il vincolo della destinazione a sedi che presentano vacanze di organico superiori al 40%.
Il successivo comma 229 demanda la definizione dei criteri per l’assegnazione delle risorse del fondo ad un D.P.C.M., su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, e cioè entro il 1° marzo 2006.
Lo stesso comma, inoltre, condiziona l’assegnazione delle risorse, da effettuarsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, all’”effettivo perfezionamento dei trasferimenti per mobilità”.
La relazione illustrativa motiva la soppressione del Fondo sulla base delle scarsissime richieste pervenute per usufruire delle risorse del Fondo, anche a causa della complessità della relativa procedura.
In base alla relazione tecnica il comma 13 comporta, a decorrere dal 2007, economie lorde pari a 20 milioni di euro annui, somma che coincide con l’importo stanziato annualmente per il Fondo in questione.
Il comma 14 integra l’elenco delle categorie di personale di cui è prevista l’assunzione prioritaria ai sensi dell’articolo 1, comma 97, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
Si ricorda che il comma 96 della legge n. 66 reca una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni destinatarie di cui al precedente comma 95 – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del il Ministero dell’economia[253].
Il comma 97, così come successivamente modificato, indica le priorità da osservare per le assunzioni “in deroga” autorizzate dal comma precedente.
In particolare, deve essere considerata prioritaria l’immissione in servizio:
- degli addetti a compiti di sicurezza pubblica e di difesa nazionale, di soccorso tecnico urgente, di prevenzione e vigilanza antincendio;
- del personale del settore della ricerca;
- del personale in servizio nel dicembre 2003, o che abbia prestato servizio per almeno due anni, in posizione di distacco o comando presso l’Azienda per la protezione dell’ambiente e per i Servizi tecnici ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 180/1998 convertito dalla legge 276/1998[254];
- dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e in quelli dei cancellieri C1 dell’Amministrazione giudiziaria;
- del personale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (C.R.A.);
- dei candidati a magistrato del Consiglio di Stato risultati idonei al concorso a posti di Consiglieri di Stato che abbiano conservato, senza soluzione di continuità, i requisiti per la nomina a tale qualifica fino al 1° gennaio 2005;
- dei dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate che abbiano superato uno speciale corso-concorso pubblico unitario, bandito e curato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze;
- del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e al controllo dei confini dello Stato;
- dei vincitori di concorsi banditi per le esigenze di personale civile degli arsenali della Marina militare ed espletati alla data del 30 settembre 2004.
In particolare il comma in esame aggiunge le seguenti ulteriori categorie di personale all’elencazione di cui al citato comma 97:
§ personale necessario alla copertura delle posizioni dirigenziali della Presidenza del Consiglio;
§ personale del Ministero degli affari esteri;
§ addetti alla sicurezza dell’ENAC.
Si osserva, sul piano della formulazione, che alla lettera h-bis) sarebbe opportuno sostituire le parole: “per la copertura delle posizioni” con le seguenti: “personale necessario alla copertura delle posizioni”.
Articolo 58
(Risorse per i rinnovi contrattuali del
biennio 2006-2007)
1. Ai fini di quanto disposto dall'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le risorse per la contrattazione collettiva nazionale previste per il biennio 2006-2007 dall'articolo 1, comma 183, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, a carico del bilancio statale, sono incrementate per l'anno 2007 di 807 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2008 di 2.193 milioni di euro.
2. Le risorse previste dall'articolo 1, comma 184, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per corrispondere i miglioramenti retributivi al personale statale in regime di diritto pubblico per il biennio 2006-2007 sono incrementate per l'anno 2007 di 374 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2008 di 1.032 milioni di euro, con specifica destinazione, rispettivamente, di 304 milioni di euro e di 805 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.
3. Le somme di cui ai commi 1 e 2, comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concorrono a costituire l'importo complessivo massimo di cui all'articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468.
4. Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali per il biennio 2006-2007, nonché quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici al personale di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell'articolo 48, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001. In sede di deliberazione degli atti di indirizzo previsti dall'articolo 47, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i comitati di settore provvedono alla quantificazione delle relative risorse, attenendosi, quale tetto massimo di crescita delle retribuzioni, ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato di cui al comma 1 del presente articolo. A tale fine, i comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell'economia e delle finanze comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale dipendente.
L’articolo in esame reca disposizioni concernenti i benefici economici spettanti al personale delle amministrazioni statali e non statali per il biennio 2006-2007.
A tal fine, i commi 1 e 2 incrementano, a decorrere dal 2007, le risorse per il riconoscimento degli aumenti retributivi per il biennio 2006-2007, per il personale delle amministrazioni statali, contrattualizzato e non contrattualizzato, in aggiunta a quelle già previste dalla legge finanziaria per il 2006 per la corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale.
Si ricorda che i commi 183-186 della legge n. 266 hanno stabilito la quantificazione delle risorse finanziarie destinate al riconoscimento degli incrementi retributivi per il personale delle amministrazioni statali e non statali per il biennio 2006-2007.
In particolare sono stanziati:
- per la contrattazione collettiva nazionale relativa al personale dipendente dalle amministrazioni dello Stato: 222 milioni di euro per il 2006 e 322 milioni di euro a decorrere dal 2007 (comma 183);
- per il personale statale in regime di diritto pubblico: 108 milioni di euro per il 2006, e 183 milioni di euro a decorrere dal 2007, nell’ambito dei quali sono specificamente destinati alle forze armate e alle forze di polizia 70 milioni di euro nel 2006 e 105 milioni di euro a partire dal 2007 (comma 184).
Si prevede in particolare, ai commi 1 e 2 in esame:
§ per la contrattazione collettiva nazionale relativa al personale dipendente dalle amministrazioni dello Stato: un incremento di 807 milioni di euro per l’anno 2007 e di 2.193 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008 (comma 1);
In questo modo si attua quanto disposto dall’articolo 48, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in base al quale il Ministero dell’economia è chiamato a quantificare, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio, l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge finanziaria.
§ per il personale statale in regime di diritto pubblico è previsto un incremento di 374 milioni di euro per l’anno 2007 e 1.032 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, nell’ambito dei quali sono specificamente destinati alle Forze armate e alle Forze di polizia 304 milioni di euro per l’anno 2007 e 805 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008 (comma 2).
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. 165 del 2001, sono tuttora in regime di diritto pubblico:
- i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287;
- il personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario;
- il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.
Come precisato anche dalla relazione, le ulteriori risorse stanziate (ad integrazione dell’indennità di vacanza contrattuale) per il biennio economico 2006-2007 dai commi 1 e 2, sono volte a riconoscere un incremento complessivo a regime delle retribuzioni del personale delle amministrazioni dello Stato del 4,46%, di cui il 3,7% per l’adeguamento ai tassi di inflazione programmata per il biennio (rispettivamente 1,7%e 2%).
Pertanto:
§ per l’anno 2006 restano ferme le risorse stanziate dai commi 183 e 184 della legge finanziaria per il 2006, parametrate all’indennità di vacanza contrattuale;
§ per l’anno 2007 le risorse aggiuntive consentono di attribuire incrementi retributivi del 2%, pari al tasso di inflazione programmata;
§ a decorrere dal 2008, viene attribuito un incremento aggiuntivo del 2,46%.
Il comma 3 dispone che le somme di cui ai precedenti commi 1 e 2 costituiscono l'ammontare complessivo massimo destinato a copertura degli oneri contrattuali per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale – ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera h), della L. 468 del 1978 - e precisa che le somme medesime sono da ritenersi comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP.
Tale disposizione è analoga a quelle di cui all’articolo 1, comma 90, primo periodo, della legge finanziaria per il 2005 e all'articolo 1, commi 181 e 185, della legge finanziaria per il 2006.
Per quanto riguarda il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, il comma 4 ribadisce che le risorse per il rinnovo contrattuale del biennio 2006-2007, nonché per i miglioramenti economici spettanti ai professori ed ai ricercatori universitari[255] sono comunque a carico dei rispettivi bilanci, ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001, il quale stabilisce appunto che per le pubbliche amministrazioni non statali gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale sono posti a carico dei rispettivi bilanci.
Il comma 4 dispone quindi che la quantificazione delle risorse in questione sarà stabilita dagli specifici comitati di settore che, peraltro, dovranno attenersi ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni statali. A tal fine, i richiamati comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell’economia comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale.
Si osserva che l’articolo 47, comma 1, del D.Lgs. 165 del 2001 stabilisce che gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell'ARAN. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato sono sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.
Articolo 59
(Disposizioni in materia di personale per
regioni e enti locali)
1. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica di cui agli articoli 73 e 74 della presente legge, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, anche attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative. A tale fine, nell'ambito della propria autonomia, possono fare riferimento ai princìpi desumibili dalle seguenti disposizioni: a) articolo 32 della presente legge, per quanto attiene al riassetto organizzativo; b) articolo 57, commi 2, 3 e 12, della presente legge, per quanto attiene alle assunzioni, valutando la possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già ricoperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato; c) articolo 1, commi 189, 191 e 194, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa al fine di rendere coerente la consistenza dei fondi stessi con l'obiettivo di riduzione della spesa complessiva di personale. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, fermo restando quanto previsto dalle disposizioni medesime per gli anni 2005 e 2006, sono disapplicate per gli enti di cui al presente comma, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Gli enti che non abbiano rispettato per l'anno 2006 le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto.
3. Agli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
L’articolo in esame, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno fissate dagli articoli 73 e 74 del provvedimento in esame (cfr. infra), rivede a partire dall’anno 2007 gli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità relativi al contenimento delle spese per il personale. Si consideri infatti che, ai sensi degli articoli su citati, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità gli obiettivi di risparmio perseguiti dalla precedente dettagliata disciplina vincolistica di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005 sono confluiti nelle regole del patto di stabilità interno e nei rispettivi saldi finanziari da rispettare.
Pertanto l’articolo in esame, ribadendo l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale da perseguire anche tramite la razionalizzazione delle strutture amministrative, si limita ad indicare ai medesimi enti, come principi meramente orientativi, una serie di regole fissate per le amministrazioni dello Stato su cui possono far leva, nella loro autonomia, per ridurre la spesa per il personale in funzione del rispetto dei saldi finanziari fissati dalle regole del patto di stabilità interno.
In particolare le regioni e gli enti locali, per contenere la spesa per il personale, possono far leva sui principi desumibili dalle seguenti disposizioni:
§ articolo 32 del provvedimento in esame, relativo al riassetto organizzativo (cfr. supra);
§ articolo 57, commi 2, 3 e 12 del provvedimento in esame per quanto attiene alle assunzioni (cfr. supra), considerando l’eventuale opportunità di stabilizzare il personale precario;
§ articolo 1, commi 189, 191 e 194 della legge n. 266/2005, relativamente alla determinazione dei fondi per la contrattazione integrativa;
Si ricorda che i commi da 189 a 196 della legge n. 266 recano interventi in materia di risorse destinate alla contrattazione integrativa del pubblico impiego.
Il comma 187 prevede, a decorrere dal 2006, un limite all’ammontare complessivo dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa dello Stato, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali, degli enti pubblici non economici, inclusi gli enti di ricerca e gli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001, e delle università. Si prevede che tali fondi debbano avere un importo massimo pari a quello previsto per l’anno 2004, come certificato dagli organi di controllo di cui all’articolo 48, comma 6, del richiamato D.Lgs. 165 del 2001 e, se previsti, all’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998)[256].
E’ richiesta la certificazione della compatibilità economico finanziaria dei fondi relativi al biennio precedente per la costituzione (in sede contrattuale) di nuovi fondi (comma 190).
Il successivo comma 191 contiene una clausola di salvaguardia che permette di incrementare l’ammontare complessivo dei richiamati fondi degli importi fissi previsti dai contratti collettivi nazionali, a condizione che tali importi non risultino già confluiti nei fondi dell’anno 2004. Lo stesso comma, inoltre, introduce una disciplina a regime per gli importi che non risultino già confluiti nei fondi dell’anno 2004[257].
Il successivo comma 192, al fine di uniformare i criteri di costituzione dei fondi, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, le eventuali risorse aggiuntive da destinare ai fondi stessi debbano coprire tutti gli oneri accessori, compresi quelli a carico delle amministrazioni, anche se di pertinenza di altri capitoli di spesa.
Ai sensi del comma 193, gli importi relativi alle spese per le progressioni all’interno di ciascuna area professionale o categoria (le cd. progressioni orizzontali), devono continuare ad essere a carico dei fondi pertinenti. Tali importi devono essere, inoltre, portati in detrazione, in ragione d’anno, dai fondi stessi per essere assegnati ai capitoli stipendiali fino alla data del passaggio di area o categoria dei dipendenti che ne hanno usufruito, o di cessazione di servizio a qualsiasi titolo avvenuta. Lo stesso articolo dispone altresì che i richiamati importi debbano essere riassegnati, dalla data individuata in precedenza, ai fondi medesimi in base alla normativa contrattuale vigente.
Il comma 194 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, le amministrazioni pubbliche debbano “tenere conto”, ai fini del finanziamento della contrattazione integrativa, dei processi di rideterminazione delle dotazioni organiche e degli effetti delle limitazioni in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato.
Il successivo comma 195 pone un vincolo di destinazione ai risparmi che deriveranno dall’applicazione delle disposizioni in esame. In particolare, tali risparmi costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni statali, mentre per gli enti diversi dalle amministrazioni dello Stato, devono concorrere al miglioramento dei saldi di bilancio. L’ultimo periodo del comma ribadisce il divieto, negli anni successivi, dell’utilizzo di tali somme ai fini dell’incremento dei più volte citati fondi.
Il comma 196, infine, impone al collegio dei revisori di ciascuna amministrazione, o al diverso, equivalente, organo di controllo interno, di vigilare sulla corretta applicazione delle norme poste dall’articolo in esame, con particolare riferimento alla nullità e inapplicabilità delle clausole contrattuali difformi, di cui all’articolo 40, comma 3, del più volte citato D.Lgs. 165 del 2001.
L’ultimo periodo del comma 1 in esame quindi, per quanto sopra già detto, dispone che le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005 non si applicano più alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità a decorrere dal 1° gennaio 2007, ferma restando la loro applicazione per gli anni 2005 e 2006.
Si ricorda che il comma 98 della legge n. 311/2004 prevede che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007, previa attivazione delle procedure di mobilità e fatte salve le assunzioni del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le misure di cui al comma 98 devono garantire, per le regioni e le autonomie locali, la realizzazione di economie di spesa lorde non inferiori a 213 milioni di euro per l'anno 2005, non inferiori a 572 milioni di euro per l'anno 2006, a 850 milioni di euro per l'anno 2007 e a 940 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale, devono garantire economie di spesa lorde non inferiori a 215 milioni di euro per l'anno 2005, a 579 milioni di euro per l'anno 2006, a 860 milioni di euro per l'anno 2007 e a 949 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.
Inoltre il comma 107 della legge n. 311/2004 prevede che per le regioni, le autonomie locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale le economie derivanti dall'attuazione delle disposizioni conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi.
In attuazione del citato comma 98 citato, sono stati emanati i previsti D.P.C.M. relativi ai criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007 che, distintamente per il personale delle Regioni e del S.S.N. e per il personale degli enti locali, recepiscono sostanzialmente il contenuto dell’Accordo del 24 novembre 2005 concluso in sede di Conferenza unificata. Si tratta: per la parte relativa al personale delle Regioni e del SSN, del D.P.C.M 15 febbraio 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2006, n. 51; per la parte relativa al personale degli enti locali, del D.P.C.M. 15 febbraio 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2006, n. 52.
Si consideri inoltre che il comma 198 della legge n. 266 prevede che le Regioni, gli enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali devono adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 venga ridotta dell'1% rispetto a quella del 2004. L'aggregato di spesa è identificato in modo ampio, e quindi comprensivo degli oneri a carico delle amministrazioni e dell'IRAP sulle retribuzioni, degli oneri per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. Il comma 198 conferma comunque gli obiettivi di riduzione di spesa per il personale già fissati dalla legge finanziaria per il 2005 (articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).
Il comma 199 reca disposizioni per la definizione dell'aggregato relativo alle "spese di personale", sottoposto a riduzione. In particolare tali spese sono considerate al netto:
a) per l'anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi di lavoro;
b) per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, delle spese derivanti dai rinnovi dei medesimi contratti intervenuti successivamente all'anno 2004.
Gli enti interessati dalle disposizioni sopra illustrate potranno fare riferimento, quali indicazioni di principio per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa, alle misure previste nella legge finanziaria in materia di contenimento della spesa per la contrattazione integrativa (commi 189-196), di limiti all'utilizzo di personale a tempo determinato (commi 187-188) e, più in generale, alle altre specifiche misure in materia di personale (comma 200).
Per quanto riguarda il finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004-2005, il comma 202 dispone che ad esso concorrano le economie di spesa di personale riferibili all'anno 2005 come individuate dall'articolo 1, comma 91, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005)[258].
Il comma 203 riguarda gli enti del Servizio sanitario nazionale e precisa che le disposizioni in esame costituiscono “strumento di rafforzamento dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, attuativa dell'art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”. La norma specifica altresì che gli “effetti delle disposizioni in esame”, nonché di quelle previste per i medesimi enti del SSN dall’articolo 1, commi 98 e 107, della legge n. 311 del 2004, sono valutati nell'ambito del "tavolo tecnico" per la verifica degli adempimenti previsto all'art. 12 della Intesa del 23 marzo 2005.
Il comma 204[259] prevede per le regioni e gli enti locali[260], in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa previsti nel citato comma 198, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.Pertanto, al fine del monitoraggio e della verifica di tali obiettivi di risparmio da parte degli enti interessati, il comma prevede che, con D.P.C.M. da emanare previo accordo da concludere in sede di Conferenza unificata entro il 30 settembre 2006, si provveda a costituire un Tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell'Economia e delle Finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell’interno[261].
Ai sensi del comma 204-bis, il risultato della verifica del Tavolo tecnico è trasmesso annualmente alla Corte dei Conti, anche ai fini del referto sul costo del lavoro pubblico di cui al titolo V del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Il mancato invio della documentazione di cui alla lettera a) del comma 204 comporta, in ogni caso, il divieto di procedere a nuove assunzioni a qualsiasi titolo per gli enti inadempienti.
Infine il comma 204-ter prevede una disposizione volta a “premiare” gli enti locali più virtuosi, ai fini dei limiti previsti per la spesa relativa al personale. In particolare si prevede che “ai fini dell’attuazione dei commi 198, 204 e 204-bis” – con esclusivo riferimento agli enti locali che presentano un bilancio in avanzo negli ultimi tre esercizi - sono escluse dal computo delle spese per il personale i costi relativi a contratti di lavoro a tempo determinato e a contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati nel corso del 2005.
Il comma 205 prevede che le economie derivanti dalle misure limitative alle assunzioni di personale per le regioni e le autonomie locali restino acquisite ai rispettivi bilanci ai fini del miglioramento dei relativi saldi.
Infine il comma 206 chiarisce al fine di evitare eventuali ricorsi al giudizio della Corte costituzionale, da parte di regioni – a statuto ordinario o speciale – che ritenessero invasa la proprio sfera di competenza in materia, fermo restando, ovviamente, la possibilità di giudizio della Corte, che le disposizioni sopra illustrate costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, comma 3, e 119, comma 2, della Costituzione.
Il comma 2 dispone un divieto generale di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto per gli enti che non abbiano rispettato per l’anno 2006 il patto di stabilità interno.
Si osserva che andrebbe precisato se tale disposizione “sanzionatoria” riguardi tutti gli enti sottoposti al patto di stabilità interno, o al contrario solamente gli enti locali come previsto dalle precedenti leggi finanziarie.
Si consideri che il comma 150 della legge n. 266/2005, per quanto concerne il monitoraggio degli andamenti finanziari e la verifica del rispetto dei vincoli posti dal Patto di stabilità per gli anni 2006-2008, nonché le eventuali sanzioni da applicare nei confronti degli enti che non abbiano rispettato gli obiettivi, si richiama alla disciplina dettata dall’art. 1, commi 30-35 e 37 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
A sua volta il comma 33 della legge n. 311/2004 prevede che a decorrere dall’anno 2006, gli enti locali inadempienti alle regole del patto di stabilità interno sono soggetti alle seguenti misure:
a) divieto di effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell'ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, nell’ipotesi in cui l’ente sia risultato sempre inadempiente, obbligo di ridurre le spese per l’acquisto di beni e servizi almeno del 10%, rispetto alla corrispondente spesa effettuata nel penultimo anno precedente.
b) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo[262];
c) divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare investimenti.
Il comma 3 precisa che agli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005.
In sostanza le su menzionate disposizioni relative al contenimento della spesa del personale continuerebbero ad applicarsi agli enti locali di minori dimensioni (cfr. infra, articolo 74, per quanto riguarda la delimitazione degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno).
Articolo 60
(Disposizioni concernenti il personale
del Servizio sanitario nazionale)
1. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo d'intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute, sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano in data 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione:
a) gli enti del Servizio sanitario nazionale, fermo restando quanto previsto per gli anni 2005 e 2006 dall'articolo 1, commi 98 e 107 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e, per l'anno 2006, dall'articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento. A tale fine si considerano anche le spese per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni;
b) ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui alla lettera a), le spese di personale sono considerate al netto: 1) per l'anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro; 2) per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, delle spese derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro intervenuti successivamente all'anno 2004. Sono comunque fatte salve, e pertanto devono essere escluse sia per l'anno 2004 sia per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, le spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati nonché le spese relative alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca finanziati ai sensi dell'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
c) gli enti destinatari delle disposizioni di cui alla lettera a), nell'ambito degli indirizzi fissati dalle regioni nella loro autonomia, per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa previsti dalla medesima lettera:
1) individuano la consistenza organica del personale dipendente a tempo indeterminato in servizio alla data del 31 dicembre 2006 e la relativa spesa;
2) individuano la consistenza del personale che alla medesima data presta servizio con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni e la relativa spesa;
3) predispongono un programma annuale di revisione delle predette consistenze finalizzato alla riduzione della spesa complessiva di personale. In tale ambito e nel rispetto dell'obiettivo di cui alla lettera a), può essere valutata la possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già ricoperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato. A tale fine le regioni nella definizione degli indirizzi di cui alla presente lettera possono nella loro autonomia far riferimento ai princìpi desumibili dalle disposizioni di cui all'articolo 57;
4) fanno riferimento, per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa, alle disposizioni recate dall'articolo 1, commi 189, 191 e 194, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, al fine di rendere coerente la consistenza dei fondi stessi con gli obiettivi di riduzione della spesa complessiva di personale e di rideterminazione della consistenza organica;
d) a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge per gli enti del Servizio sanitario nazionale le misure previste per gli anni 2007 e 2008 dall'articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dall'articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono sostituite da quelle indicate nel presente articolo;
e) alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dalle disposizioni di cui alla lettera a) per gli anni 2007, 2008 e 2009, nonché di quelli previsti per i medesimi enti del Servizio sanitario nazionale dall'articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per gli anni 2005 e 2006 e dall'articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per l'anno 2006, si provvede nell'ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza Stato-regioni e pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005. La regione è giudicata adempiente accertato l'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l'equilibrio economico.
Lenorme in esame, al fine di garantire il contenimento della spesa sanitaria, anche in attuazione degli accordi tra Stato e regioni[263], ridefinisce la disciplina sui vincoli alla spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, stabilendo nuovi criteri più flessibili per le regioni (e quindi più aderenti alle diverse realtà territoriali), fermo restando l’obiettivo di contenimento complessivo della spesa collettiva già previsto a legislazione vigente per il triennio 2007-2009.
In particolare (comma 1, lettere a) e d)) tali enti dovranno adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 venga ridotta dell'1,4% rispetto a quella del 2004; restano confermati altresì i vincoli alla spesa per il personale già stabiliti dalle precedenti legge finanziarie per gli anni 2005 e 2006.
Tale aggregato di spesa è identificato in modo ampio, e quindi comprensivo degli oneri a carico delle amministrazioni e dell'IRAP sulle retribuzioni, degli oneri per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni.
La norma specifica altresì alcune modalità di calcolo (comma 1, lettera b)): tali spese devono essere considerate al netto:
§ per l'anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi di lavoro;
§ per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 delle spese derivanti dai rinnovi dei medesimi contratti intervenuti successivamente all'anno 2004;
§ per l’anno 2004 e per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 delle spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati nonché le spese relative alle assunzioni a tempo determinato ed ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca finanziati[264].
Si ricorda che negli anni 2004, 2005 e 2006 sono stati siglati i seguenti contratti collettivi nazionali per il personale del Servizio Sanitario Nazionale:
- 19/04/04: CCNL del personale del Servizio Sanitario Nazionale parte normativa quadriennio 2002-2005 e parte economica I biennio 2002-2003 e (05/06/2006) II biennio 2004-2005;
- 3/11/2005: CCNL della Area della dirigenza medico-veterinaria del SSN parte normativa quadriennio 2002-2005 e parte economica I biennio 2002-2003, (05/07/2006) II biennio 2004-2005;
- 3/11/2005: CCNL della Area della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnica ed amministrativa del SSN parte normativa quadriennio 2002-2005 e parte economica I biennio 2002-2003 (05/07/2006) II biennio 2004-2005.
La norma indica altresì altri obblighi procedurali a carico degli enti interessati, fermi restando gli indirizzi fissati dalle regioni nella loro autonomia (comma 1, lettera c)):
§ individuazione della consistenza organica del personale dipendente a tempo indeterminato (o con altre tipologie di lavoro) in servizio alla data del 31 dicembre 2006 ed della relativa spesa;
§ predisposizione di un programma annuale di riduzione delle predette consistenze, valutando la possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già ricoperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato (cfr. anche l’art. 57 del presente ddl);
§ per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa si dovranno adottare le misure previste dalla legge finanziaria per il 2006[265].
In base al comma 1, lett. d), la verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti è affidata al Tavolo tecnico, di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005.
La Regione sarà giudicata adempiente se sarà accertato l’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario la Regione sarà considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l’equilibrio economico (comma 1, lettera e)).
La relazione di accompagnamento e la relazione tecnica sottolineano che si è provveduto in tale modo a razionalizzare le misure già contemplate dalla normativa vigente. La nuova percentuale di riduzione dell’1,4% rispetto alla spesa del 2004 consente il raggiungimento degli obiettivi di risparmio già previsti dalle norme richiamate così come scontati nel quadro tendenziale di finanza pubblica del DPEF 2007-2001.
Legislazione vigente
L'articolo 1, comma 93, della legge n. 311 del 2004, prevede che le disposizioni di cui al comma stesso costituiscono principi e norme di indirizzo, per diverse amministrazioni, (tra cui, gli enti del Servizio sanitario nazionale), che operano le riduzioni delle rispettive dotazioni organiche, secondo l'ambito di applicazione da definire con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 98. Tale comma prevede - a sua volta - che con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007, previa attivazione delle procedure di mobilità e fatte salve le assunzioni del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale[266] .
Il comma 107prevede che per gli enti del Servizio sanitario nazionale, le economie derivanti dall'attuazione delle disposizioni conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi. Le misure di cui al comma 98, in particolare, per gli enti del Servizio sanitario nazionale, devono garantire economie di spesa lorde non inferiori a 215 milioni di euro per l'anno 2005, a 579 milioni di euro per l'anno 2006, a 860 milioni di euro per l'anno 2007 e a 949 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.
L’Accordo di cui al comma 98, siglato il 28 luglio 2005, al punto 3 stabilisce che dovranno essere stipulati accordi distinti, da un lato, per il comparto degli enti locali, dall’altro, per le regioni e gli enti del servizio sanitario nazionale, al fine di ridurre le rispettive dotazioni organiche, ai sensi del citato comma 93, nonché di individuare i criteri e i limiti, ai sensi del citato comma 98, per le assunzioni a tempo indeterminato nel triennio 2005-2007. Successivamente, con l’Accordo del 24 novembre 2005sono stati individuati i criteri, sulla base del punto 3 del richiamato Accordo del 28 luglio 2005, per l’emanazione dei vari D.P.C.M. previsti dall’articolo 1, comma 98, della legge finanziaria per il 2005.
In particolare, per quanto concerne l’applicazione del richiamato comma 98, nell’ultimo Accordo è stato deliberato che per gli enti del S.S.N. le economie di spesa per il personale stabilite per il triennio 2005-2007 sono pari complessivamente a circa 9,5 milioni di euro, ripartite tra le regioni (sulla base della tabella C allegata al testo dell’accordo), in base ai seguenti criteri:
- quota di accesso nel 2005 alle disponibilità finanziari del SSN di parte corrente, valorizzata nella misura del 20 %;
- rapporto monte salari 2003/totale costi 2003, valorizzato nella misura dell’80%.
Di recente, è stato emanato per la parte relativa al personale delle Regioni e del SSN, il D.P.C.M. 15 febbraio 2006[267].
L'articolo 1, comma 198, della legge n. 266 del 2005, prevede che gli enti del SSN dovranno adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 venga ridotta dell'1% rispetto a quella del 2004.
Si ricorda che i commi 198-206 pongono un vincolo alla spesa per il personale delle regioni, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle autonomie territoriali così indicate:
- comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane ed unioni di comuni (D.Lgs. 267 del 2000[268], articolo 2, comma 1);
- consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali (D.Lgs. 267 del 2000, articolo 2, comma 2).
In particolare, gli enti interessati potranno fare riferimento, quali indicazioni di principio per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa, alle misure previste nella legge finanziaria in materia di contenimento della spesa per la contrattazione integrativa (commi 189-196), di limiti all'utilizzo di personale a tempo determinato (commi 187-188) e, più in generale, alle altre specifiche misure in materia di personale (comma 200).
Per quanto riguarda il finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004-2005, il comma 202 dispone che ad esso concorrano le economie di spesa di personale riferibili all'anno 2005 come individuate dall'articolo 1, comma 91, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005)[269].
Il comma 204 disciplina le modalità di monitoraggio dell'azione di contenimento delle spese per il personale da parte degli enti interessati; in particolare, gli enti del Servizio Sanitario Nazionale e gli enti locali minori sono sottoposti invece a verifica attraverso un'apposita certificazione, sottoscritta dall'organo di revisione contabile, da inviarsi al Ministero dell'Economia e delle Finanze, entro 60 giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario di riferimento.
Si ricorda infine che, con riferimento ai commi 198-206, il Ministero dell’economia e delle finanze (Ragioneria generale dello Stato) ha emanato la circolare n. 9 del 17 febbraio 2006. Premesso che la riduzione dell’1% è da considerarsi aggiuntiva rispetto agli obiettivi di risparmio già prefissati dalla precedente normativa limitativa in materia di assunzioni a tempo indeterminato, si precisa, tra l’altro, che nelle componenti della spesa di personale rientrano anche:
- gli eventuali emolumenti a carico delle amministrazioni corrisposti ai lavoratori socialmente utili;
- gli assegni per il nucleo familiare, buoni pasto e spese per equo indennizzo;
- le somme rimborsate ad altre amministrazioni per il personale in posizione di comando.
Invece dovrebbero escludersi dalle componenti di spesa del personale, tra l’altro:
- le spese per il personale appartenente alle categorie protette;
- per il solo anno 2006, le spese per contratti di formazione e lavoro prorogati al 31 dicembre 2006;
- le spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati, che non comportano quindi alcun aggravio per il bilancio dell’ente;
- le spese per lavoro straordinario ed altri oneri di personale direttamente connessi all’attività elettorale, per cui si prevede il rimborso da parte del Ministero dell’interno;
- le spese per la formazione e le missioni (indennità e rimborsi).
Articolo 61
(Risorse per la professionalizzazione
delle Forze armate)
1. Gli oneri previsti dalla tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché dalla tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, sono ridotti del 15 per cento in ragione d'anno a decorrere dall'anno 2007.
L’articolo 61 del disegno di legge all’esame riduce, nella misura del 15%, le risorse per la professionalizzazione delle Forze armate, a decorrere dall’esercizio finanziario 2007.
Gli oneri relativi al processo di professionalizzazione sono contenuti nella tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché dalla tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226.
L’articolo 3, comma 1 della legge n. 331/2000, recante norme per l’istituzione del servizio militare professionale, ha conferito una delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo diretto a disciplinare la progressiva trasformazione dello strumento militare in professionale, attraverso la sostituzione, entro sette anni dall’entrata in vigore del decreto medesimo, dei militari di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa.
La tabella A, allegata alla legge, determina la misura massima degli oneri relativi agli anni dal 2003 fino al 2020, mentre l’onere a regime a decorrere dal 2020 è quantificato in un importo massimo di 1.096 miliardi di lire. È previsto, tuttavia, che qualora il tasso d’incremento degli oneri indicati nella tabella A risulti superiore al tasso di incremento del PIL indicato dal documento di programmazione economico-finanziario, le quote annue dell’onere corrispondenti alla differenza tra i due tassi di variazione siano determinate dalla legge finanziaria.
La legge n. 226/2004 dispone la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. Il comma 2 dell’articolo 23 prevede che, a decorrere dall'anno 2007 e fino al 31 dicembre 2020 le consistenze dei volontari in ferma prefissata e in rafferma di ciascuna Forza armata sia determinata annualmente con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, secondo un andamento coerente con l'evoluzione degli oneri complessivamente previsti per l'anno di riferimento dalla tabella A allegata alla legge n. 331/2000 e dalla tabella C allegata della stessa legge n. 226/2004.
Il finanziamento previsto per l’esercizio finanziario 2007 è pari a 392, 9 milioni di euro.
Alla riduzione dello stanziamento annuale destinato al reclutamento dei volontari non può non conseguire una riduzione della consistenza dei volontari stessi disposta, a partire dal 2007, dal decreto ministeriale sopracitato.
1. Al fine di potenziare l'attività ispettiva, il Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro è incrementato di sessanta unità di personale, secondo la tabella D allegata alla presente legge, da considerare in soprannumero rispetto all'organico dell'Arma dei carabinieri previsto dalle norme vigenti.
2. Per le finalità di cui al comma 1, è autorizzato il ricorso ad arruolamenti straordinari, per un numero corrispondente di unità di personale, in deroga a quanto previsto dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
3. Nel nuovo contingente deve essere previsto almeno il 50 per cento di unità già in possesso di esperienza e capacità operativa nella materia giuslavoristica.
4. Al fine di potenziare gli strumenti per la lotta all'ecomafia ed alle altre forme di criminalità organizzata in campo ambientale, anche attraverso azioni di ricerca operativa e di intelligence, e per ottimizzare gli interventi di prevenzione e repressione delle violazioni commesse in danno dell'ambiente sul territorio nazionale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato ad avvalersi di strutture specialistiche del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, che è a tale fine autorizzato per l'anno 2007 a ricorrere ad arruolamenti straordinari fino ad un massimo di venti unità di personale, da considerare in soprannumero rispetto all'organico dell'Arma dei carabinieri previsto dalle norme vigenti.
Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce il potenziamento dell’organico del Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro con sessanta unità di personale, da considerare in soprannumero rispetto alle dotazioni organiche dell'Arma dei carabinieri previste dalle norme vigenti. Tale incremento è disposto al fine di potenziare l'attività ispettiva propria di questo nucleo.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro opera alle dipendenze funzionali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e appartiene all'Organizzazione Speciale dell'Arma: in particolare, dipende dal Comando Divisione Unità Specializzate per ciò che attiene all'addestramento, all'ordinamento, alla disciplina ed all'avanzamento. Agisce d'iniziativa, ma anche a supporto dell'attività operativa degli altri Reparti dell'Arma.
I compiti sono prevalentemente diretti ad accertare violazioni in materia giuslavoristica e legislazione sociale, attraverso la vigilanza sull'applicazione delle leggi in materia di lavoro e di previdenza sociale nelle aziende industriali, commerciali, negli uffici, nell'agricoltura e, in genere, ovunque sia previsto un lavoro salariato o stipendiato.
Dal punto di vista normativo, l'inserimento di militari dell'Arma negli Ispettorati del Lavoro risale al 1937, con il Regio Decreto Legge 13 maggio n. 804 art. 2, con cui venivano assegnati militari dell'Arma per i servizi di vigilanza per l'applicazione delle leggi sul lavoro. Successivamente, il D.P.R. n. 520 del 1955, recante norme sulla "Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali", ha riconfermato l'assegnazione del predetto personale distribuito su tutto il territorio nazionale.
In data 1° ottobre 1997 - in ottemperanza del D.M. 31 luglio 1997 di cui all’art. 9 bis, comma 14, della legge 28 novembre 1996, n. 608 - il Comando Generale dell'Arma ha attivato il Comando Carabinieri Ispettorato del Lavoro, ponendone i Nuclei Carabinieri Ispettorato del Lavoro, già preesistenti, gerarchicamente subordinati. Dal 20 aprile 2006 il Comando ha assunto l'attuale denominazione.
Il comma 2 autorizza pertanto il ricorso ad arruolamenti straordinari, per un numero corrispondente di unità di personale, in deroga alle disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche previste all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
Il comma 3 stabilisce che nel nuovo contingente sia previsto almeno il 50 per cento di unità già in possesso di esperienza e capacità operativa nella materia giuslavoristica.
Il comma 4 autorizza il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad avvalersi di strutture specialistiche del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, allo scopo di potenziare gli strumenti per la lotta alle forme di criminalità organizzata in campo ambientale, anche attraverso azioni di ricerca operativa e di intelligence. A tal fine il predetto Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente è autorizzato, per l'anno 2007, a ricorrere ad arruolamenti straordinari fino ad un massimo di venti unità di personale, anche in questo caso da considerarsi in soprannumero rispetto all'organico dell'Arma previsto dalle norme vigenti.
Nel 1986, unitamente all’istituzione del Ministero dell'Ambiente, fu istituito anche il Nucleo Operativo Ecologico (N.O.E.) dei Carabinieri, posto alle dipendenze funzionali di questo stesso ministero con compiti di vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni compiute in materia ambientale. Successivamente, con la legge 23 marzo 2001, n. 93, tale nucleo ha assunto la nuova denominazione di Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente, la cui struttura organizzativa è stata potenziata e calibrata su base interprovinciale, in modo da garantire una presenza qualificata su tutto il territorio nazionale.
Articolo 63
(Trattamento economico dei Ministri)
1. Il trattamento economico complessivo dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato, previsto dall'articolo 2, primo comma, della legge 8 aprile 1952, n. 212, è ridotto del 30 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2007.
L’articolo 63 riduce del 30 per cento il trattamento economico complessivo dei Ministri e dei sottosegretari di Stato di cui alla L. 212/1952, a decorrere dal 1° gennaio 2007.
Ai sensi dell’art. 2 della L. 212/1952, ai ministri Segretari di Stato ed ai sottosegretari di Stato è attribuito uno stipendio pari al trattamento economico complessivo previsto, rispettivamente, per il personale dei gradi I e II dell’ordinamento gerarchico.
Al Presidente del Consiglio dei ministri spetta lo stipendio fissato per i ministri, maggiorato del 50 per cento.
L’importo degli stipendi spettanti ai ministri è stato già ridotto del 10% dalla legge finanziaria per il 2002 (art. 23, co. 1, L. 448/2001[270]). Successivamente, anche lo stipendio dei sottosegretari è stato ridotto del 10% dalla legge finanziaria per 2006 (art. 1, co. 53, L. 266/2005[271]). Entrambe le disposizioni non hanno però novellato la disposizione di riferimento.
Inoltre, la L. 418/1999[272], all’art. 1, stabilisce che ai ministri e ai sottosegretari non parlamentari sia corrisposta, in aggiunta allo stipendio di cui sopra, anche una indennità pari a quella spettante ai membri del Parlamento. I membri del Governo non parlamentari che siano dipendenti pubblici possono optare, in alternativa, per il trattamento di cui all’art. 47 della L. 146/1980 (legge finanziaria per il 1980), che ne prevede il collocamento in aspettativa con la conservazione del trattamento economico spettante (in misura comunque non superiore all’indennità parlamentare).
Stante la formulazione della norma, che fa riferimento al trattamento previsto dall’art. 2, primo comma, della L. 212/1952, sembra doversi intendere che la riduzione effettuata con l’articolo in esame assorba (e non si aggiunga alle riduzioni del 10 per cento successivamente intervenute.
Si potrebbe valutare l’opportunità di redigere la norma in forma di novella al citato art. 2, L. 212/1952.
Il risparmio conseguente alla riduzione è quantificato nella relazione tecnica nella misura di circa 2,338 milioni di euro all’anno a decorrere dal 1° gennaio 2007 (vedi tabella). Dalla medesima relazione tecnica si evince che la riduzione del 30% è riferita al trattamento economico annuo unitario comprensivo degli “oneri riflessi”, ossia degli oneri a carico del datore di lavoro.
|
Unità |
Tratt. econ annuo unitario |
Tratt. econ annuo unitario con O.R. (32,70%) |
Riduzione 30% |
Risparmio complessivo lordo |
Presidente del Consiglio dei ministri |
1 |
92.693 |
123.003 |
36.901 |
36.901 |
Ministri |
25 |
61.795 |
82.002 |
24.601 |
615.015 |
Sottosegretari |
76 |
55.712 |
73.980 |
22.179 |
1.685.594 |
|
|
|
|
euro |
2.337.510 |
Fonte: Ddl finanziaria 2007 (A.C. 1746), relazione tecnica
1. In attesa di una specifica disciplina intesa alla revisione delle relative strutture retributive, finalizzata al superamento delle progressioni economiche articolate in automatismi stipendiali per anzianità nonché all'introduzione di specifici elementi di valutazione della produttività, per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, che ancora fruiscono di progressioni stipendiali automatiche, a decorrere dal 1o gennaio 2007 la misura delle classi di stipendio e degli aumenti periodici biennali previsti dai rispettivi ordinamenti è ridotta del 50 per cento. La riduzione non opera per i ratei maturati al 31 dicembre 2006.
2. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'articolo 34, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono anche disciplinati i criteri applicativi dell'articolo 22-bis, comma 1, dello stesso decreto-legge, sulla base dei medesimi princìpi e modalità. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al primo periodo del presente comma trova applicazione anche nei confronti del personale di cui all'articolo 5, terzo comma, della legge 1 aprile 1981, n. 121, come modificato dall'articolo 11-bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, nonché del personale di cui all'articolo 65, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, e successive modificazioni, in relazione ai trattamenti indennitari comunque denominati in godimento.
L’articolo 64 in esame interviene in materia di trattamento economico dei dirigenti sotto due profili.
Il comma 1 riduce del 50% la misura delle classi di stipendio e degli aumenti periodici biennali previsti per le categorie che ancora usufruiscono di progressioni stipendiali automatiche tra quelle, cosiddette in regime pubblico, indicate dall’art. 3 del D.Lgs. 165/2001. Sono fatti salvi i ratei maturati al 31 dicembre 2006.
Le categorie oggetto della riduzione sono – come chiarito nella relazione illustrativa – magistrati, docenti e ricercatori universitari, dirigenti dei corpi di polizia e delle forze armate, per i quali i rispettivi ordinamenti prevedono l’adeguamento annuale delle retribuzioni in base agli aumenti percepiti dalle altre categorie di personale delle pubbliche amministrazioni.
La disposizione in esame, afferma la norma, ha carattere transitorio e prelude alla realizzazione di una disciplina specifica volta ad eliminare del tutto le progressioni stipendiali automatiche dei dirigenti pubblici, per sostituirle con elementi di valutazione delle produttività.
Il comma 2 interviene sul trattamento economico dei dirigenti pubblici integrando due disposizioni in materia recentemente adottate don il decreto legge 223/2006 (convertito dalla legge 248/2006), il cosiddetto decreto “Visco – Bersani”.
Il secondo periodo del comma estende anche ai dirigenti apicali dei corpi di polizia (capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Comandante generale della Guardia di finanza, Direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e Direttore generale per l'economia montana e per le foreste) e delle Forze armate (Ufficiali Generali o Ammiragli nominati Capi di Stato Maggiore, della Difesa o di Forza Armata) la fissazione di criteri per l’individuazione dei trattamenti accessori massimi, da effettuarsi con decreto del Presidente del Consiglio In questo modo tali categorie vengono equiparate, relativamente ai trattamenti accessori, agli altri massimi dirigenti dello Stato.
L’art. 34, comma 1, del decreto legge 223/2006 ha aggiunto, un periodo al comma 2 dell’art. 24 del D.Lgs. 165/2001 con il quale si stabilisce che i criteri generali per l'individuazione dei trattamenti accessori massimi relativi agli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale siano fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei principi di:
- contenimento della spesa;
- uniformità;
- perequazione.
L’art. 24, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che, per gli incarichi relativi agli uffici dirigenziali di livello generale, la fonte della regolazione è il contratto individuale, sia con riguardo al trattamento economico fondamentale (per il quale si assumono come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali), sia con riferimento agli istituti del trattamento economico accessorio (che è collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione e ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione; nel testo dell’art. 24, comma 2, vigente prima della modifica introdotta dal decreto-legge in esame, non era prevista la fissazione di livelli massimi per gli istituti del trattamento economico accessorio né di criteri per la loro determinazione.
Il primo periodo del comma in esame, inoltre, prevede che lo stesso D.P.C.M. di individuazione dei criteri per la definizione dei trattamenti accessori massimi di cui sopra, dovrà indicare anche i criteri applicativi per l’attuazione della riduzione generalizzata della spesa per i dirigenti stabilita dall’art. 22-bis del citato decreto legge 223.
Tale disposizione stabilisce una riduzione di almeno il 10% della spesa complessiva derivante dagli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale.
La dirigenza pubblica è articolata in due fasce. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali per un periodo di almeno tre anni (art. 23 D.Lgs. 165/2001).
Dal punto di vista delle funzioni che i dirigenti sono chiamati a svolgere la legge distingue tre tipi di incarichi:
- l’alta dirigenza (segretari generali dei ministeri e direttori di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, quali i capi dipartimento). Tali incarichi sono riservati ai dirigenti di prima fascia e sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente (art. 19, comma 3, D.Lgs. 165/2001;
- gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono attribuiti in parte ai dirigenti di prima fascia e in parte, secondo una quota massima pari al 70 per cento della dotazione, a quelli di seconda fascia (art. 19, comma 4, D.Lgs. 165/2001);
- gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale conferiti dal dirigente generale ai dirigenti assegnati al suo ufficio (art. 19, comma 5, D.Lgs. 165/2001.
Destinatari degli incarichi di livello generale e non, possono essere anche soggetti esterni, quali:
- persone di particolare comprovata qualificazione personale, in possesso di particolari requisiti (integrati di recente dal decreto legge n. 115 del 2005) che possono essere incaricate entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli delle amministrazioni statali e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19, comma 6 D.Lgs. 165/2001);
- dirigenti non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni statali, purché dipendenti delle amministrazione pubbliche, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento, secondo i rispettivi ordinamenti, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19 comma 5-bis D.Lgs. 165/2001). Tali incarichi sono conferito a tempo determinato (da tre a cinque anni).
1. A decorrere dall'anno 2007, al fine di aumentare l'efficienza e la celerità dei processi di finanziamento a favore delle scuole statali, sono istituiti nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, in apposita unità previsionale di base, i seguenti fondi: «Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato» e «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche». Ai predetti fondi affluiscono gli stanziamenti dei capitoli iscritti nelle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione «Strutture scolastiche» e «Interventi integrativi disabili», nonché gli stanziamenti iscritti nel centro di responsabilità «Programmazione ministeriale e gestione ministeriale del bilancio» destinati ad integrare i fondi stessi. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse di cui al presente comma. Al fine di avere la completa conoscenza delle spese effettuate da parte delle istituzioni scolastiche a valere sulle risorse finanziarie derivanti dalla costituzione dei predetti fondi, il Ministero della pubblica istruzione procede a una specifica attività di monitoraggio.
L’articolo 65 riaggrega gli stanziamenti di alcune unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione e dispone la diretta assegnazione delle risorse ivi allocate alle istituzioni scolastiche, secondo criteri stabiliti con decreto del ministro della pubblica istruzione che curerà altresì il monitoraggio delle spese e da queste ultime effettuate
Si dispone la costituzione di due fondi, destinati rispettivamentealle competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione degli stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato, ed al funzionamento delle istituzioni scolastiche.
Nei fondi citati confluiscono, dall’esercizio 2007, gli stanziamenti delle unità previsionali di base “Strutture scolastiche” e “Interventi integrativi disabili“ (attualmente allocate nei centri di responsabilità relativi agli Uffici scolastici regionali) nonché le somme attribuite al centro di responsabilità “Programmazione ministeriale”.
Articolo 66
(Interventi per il rilancio della scuola
pubblica)
1. Per meglio qualificare il ruolo e l'attività dell'Amministrazione scolastica attraverso misure e investimenti, anche di carattere strutturale, che consentano il razionale utilizzo della spesa e diano maggiore efficacia ed efficienza al sistema dell'istruzione, con uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione, sono adottati interventi concernenti:
a) nel rispetto della normativa vigente, la revisione a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008, dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi al fine di valorizzare la responsabilità dell'amministrazione e delle istituzioni scolastiche, individuando obiettivi, da attribuire ai dirigenti responsabili, articolati per i diversi ordini e gradi di scuola e le diverse realtà territoriali, in modo da incrementare il valore medio nazionale del rapporto alunni/classe dello 0,4. L'adozione di interventi finalizzati alla prevenzione e al contrasto degli insuccessi scolastici attraverso la flessibilità e l'individualizzazione della didattica, anche al fine di ridurre il fenomeno delle ripetenze;
b) il perseguimento della sostituzione del criterio previsto dall'articolo 40, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con l'individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi;
c) la definizione di un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per gli anni 2007-2009, da verificare annualmente, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, e con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione, circa la concreta fattibilità dello stesso, per complessive 150.000 unità, al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l'età media del personale docente e di definire contestualmente procedure concorsuali più snelle con cadenze programmate e ricorrenti. Analogo piano di assunzioni a tempo indeterminato è predisposto per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), per complessive 20.000 unità. A seguito della piena attuazione del piano triennale per le assunzioni a tempo indeterminato del personale docente, a decorrere dall'anno scolastico 2010/2011, le graduatorie permanenti di cui all'articolo 1 del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, cessano di avere efficacia ai fini dell'accesso ai ruoli nella misura del 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili ai sensi dell'articolo 399 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. Dal medesimo anno scolastico 2010/2011 cessa di avere efficacia la validità delle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi in data antecedente alla data di entrata in vigore della presente legge. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), è successivamente disciplinata la valutazione dei titoli e dei servizi dei docenti inclusi nelle predette graduatorie ai fini della partecipazione dei futuri concorsi per esami e titoli. In correlazione alla predisposizione del piano per l'assunzione a tempo indeterminato per il personale docente previsto dalla presente lettera, è abrogata con effetto dal 1o settembre 2007 la disposizione di cui al punto B. 3), lettera h), della tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143. È fatta salva la valutazione in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta data. Ai docenti in possesso dell'abilitazione in educazione musicale, conseguita entro la data del 2 maggio 2005, di scadenza dei termini per l'inclusione nelle graduatorie permanenti per il biennio 2005/2006 e 2006/2007, privi del requisito di servizio di insegnamento che, alla data di entrata in vigore della legge 3 maggio 1999, n. 124, erano inseriti negli elenchi prioritari compilati ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 febbraio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 1996, è riconosciuto il diritto all'iscrizione nel secondo scaglione delle graduatorie permanenti di strumento musicale nella scuola media previsto dall'articolo 1, comma 2-bis del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333;
d) l'attivazione, presso gli Uffici scolastici provinciali, di attività di monitoraggio a sostegno delle competenze dell'autonomia scolastica relativamente alle supplenze brevi, con l'obiettivo di ricondurre gli scostamenti più significativi delle assenze ai valori medi nazionali;
e) ai fini della compiuta attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, l'adozione di un piano biennale di formazione per i docenti della scuola primaria, da realizzarsi negli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009, finalizzato al conseguimento delle competenze necessarie per l'insegnamento della lingua inglese. A tale fine, per un rapido conseguimento dell'obiettivo sono attivati corsi di formazione anche a distanza, integrati da momenti intensivi in presenza;
f) il miglioramento dell'efficienza ed efficacia degli attuali ordinamenti dell'istruzione professionale anche attraverso la riduzione, a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008, dei carichi orari settimanali delle lezioni, secondo criteri di maggiore flessibilità, di più elevata professionalizzazione e di funzionale collegamento con il territorio.
2. Il decreto concernente la materia di cui alla lettera a) è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il decreto concernente la materia di cui alla lettera b) è adottato d'intesa con il Ministro della salute. Il decreto concernente la materia di cui alla lettera c) è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione.
3. La tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, è ridefinita con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il CNPI. Il decreto è adottato, a decorrere dal biennio 2007/2008-2008/2009, in occasione degli aggiornamenti biennali delle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. Sono fatte salve le valutazioni dei titoli conseguiti anteriormente e già riconosciuti nelle graduatorie permanenti relative al biennio 2005/2006-2006/2007. Sono ridefinite, in particolare, le disposizioni riguardanti la valutazione dei titoli previsti dal punto C.11 della predetta tabella. Ai fini di quanto previsto dal precedente periodo, con il decreto di cui al presente comma sono definiti criteri e requisiti per l'accreditamento delle strutture formative e dei corsi.
4. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 35, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione predispone, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, un piano organico di mobilità, relativamente al personale docente permanentemente inidoneo ai compiti di insegnamento e collocato fuori ruolo. Tale piano, da definire entro il 30 giugno 2007, tiene conto prioritariamente dei posti vacanti, presso gli uffici dell'amministrazione scolastica, nonché presso le amministrazioni pubbliche in cui possono essere meglio utilizzate le professionalità del predetto personale. In connessione con la realizzazione del piano, il termine fissato dalle disposizioni di cui all'articolo 35, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è prorogato di un anno, ovvero fino al 31 dicembre 2008.
5. Il Ministro della pubblica istruzione predispone uno specifico piano di riconversione professionale del personale docente in soprannumero sull'organico provinciale, finalizzato all'assorbimento del medesimo personale. La riconversione, obbligatoria per i docenti interessati, è finalizzata alla copertura dei posti di insegnamento per materie affini e dei posti di laboratorio compatibili con l'esperienza professionale maturata, nonché all'acquisizione del titolo di specializzazione per l'insegnamento sui posti di sostegno. L'assorbimento del personale di cui al presente comma trova completa attuazione entro l'anno scolastico 2007/2008.
6. Allo scopo di sostenere l'autonomia delle istituzioni scolastiche nella dimensione dell'Unione europea ed i processi di innovazione e di ricerca educativa delle medesime istituzioni, nonché per favorirne l'interazione con il territorio, è istituita, presso il Ministero della pubblica istruzione, ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, la «Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica», di seguito denominata «Agenzia», avente sede a Firenze, articolata, anche a livello periferico, in nuclei allocati presso gli uffici scolastici regionali ed in raccordo con questi ultimi, con le seguenti funzioni:
a) ricerca educativa e consulenza pedagogico-didattica;
b) formazione e aggiornamento del personale della scuola;
c) attivazione di servizi di documentazione pedagogica, didattica e di ricerca e sperimentazione;
d) partecipazione alle iniziative internazionali nelle materie di competenza;
e) collaborazione alla realizzazione delle misure di sistema nazionali in materia di istruzione per gli adulti e di istruzione e formazione tecnica superiore;
f) collaborazione con le regioni e gli enti locali.
7. L'organizzazione dell'Agenzia, con articolazione centrale e periferica, è definita con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. L'Agenzia subentra nelle funzioni e nei compiti attualmente svolti dagli Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) e dall'Istituto nazionale di documentazione per l’innovazione e la ricerca educativa (INDIRE), che sono contestualmente soppressi. Al fine di assicurare l'avvio delle attività dell'Agenzia, e in attesa della costituzione degli organi previsti dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, nomina uno o più commissari straordinari. Con il regolamento di cui al presente comma è individuata la dotazione organica del personale dell'Agenzia e delle sue articolazioni territoriali nel limite complessivo del 50 per cento dei contingenti di personale già previsti per l'INDIRE e per gli IRRE, che in fase di prima attuazione, per il periodo contrattuale in corso, conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento. Il predetto regolamento disciplina, altresì, le modalità di stabilizzazione, attraverso prove selettive, dei rapporti di lavoro esistenti anche a titolo precario, purché costituite mediante procedure selettive di natura concorsuale.
8. Al fine di potenziare la qualificazione scientifica nonché l'autonomia amministrativa dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), al decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni, che non devono comportare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato:
a) le parole: «Comitato direttivo» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «Comitato di indirizzo»;
b) l'articolo 4 è sostituito dal seguente:
«Art. 4. - (Organi). - 1. Gli organi dell'Istituto sono:
a) il Presidente;
b) il Comitato di indirizzo;
c) il Collegio dei revisori dei conti»;
c) all'articolo 5, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il Presidente è scelto tra persone di alta qualificazione scientifica e con adeguata conoscenza dei sistemi di istruzione e formazione e dei sistemi di valutazione in Italia ed all'estero. È nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su designazione del Ministro, tra una terna di nominativi proposti dal Comitato di indirizzo dell'Istituto fra i propri componenti. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile, con le medesime modalità, per un ulteriore triennio»;
d) all'articolo 6, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il Comitato di indirizzo è composto dal Presidente e da otto membri, nel rispetto del principio di pari opportunità, dei quali non più di quattro provenienti dal mondo della scuola. Gli otto membri sono scelti dal Ministro tra esperti nei settori di competenza dell'Istituto, sulla base di una indicazione di candidati effettuata da un'apposita commissione, previo avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale finalizzato all'acquisizione dei curricola. La commissione esaminatrice, nominata dal Ministro, è composta da tre membri compreso il Presidente, dotati delle necessarie competenze amministrative e scientifiche».
9. L'INVALSI, fermo restando quando previsto dall'articolo 20 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dell'area V della dirigenza per il quadriennio normativo 2002-2005 ed il primo biennio economico 2002-2003, pubblicato nel supplemento ordinario n. 113 alla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2006 e nel rispetto delle prerogative del dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale, sulla base delle indicazioni del Ministro della pubblica istruzione, assume i seguenti compiti:
a) formula al Ministro della pubblica istruzione proposte per la piena attuazione del sistema di valutazione dei dirigenti scolastici;
b) definisce le procedure da seguire per la valutazione dei dirigenti scolastici;
c) formula proposte per la formazione dei componenti del team di valutazione;
d) realizza il monitoraggio sullo sviluppo e sugli esiti del sistema di valutazione.
10. Le procedure concorsuali di reclutamento del personale, di cui alla dotazione organica definita dalla tabella A allegata al decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, devono essere espletate entro sei mesi dalla indizione dei relativi bandi, con conseguente assunzione con contratto a tempo indeterminato dei rispettivi vincitori.
11. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente e i componenti del Comitato direttivo dell'INVALSI cessano dall'incarico. In attesa della costituzione dei nuovi organi, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, nomina uno o più commissari straordinari.
12. Il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso le istituzioni scolastiche statali è effettuato da due revisori dei conti, nominati dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Ministro della pubblica istruzione, con riferimento agli ambiti territoriali scolastici. La minore spesa derivante dall'attuazione del presente comma resta a disposizione delle istituzioni scolastiche interessate.
13. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità delle procedure concorsuali per il reclutamento dei dirigenti scolastici secondo i seguenti princìpi: cadenza triennale del concorso su tutti i posti vacanti nel triennio; unificazione dei tre settori di dirigenza scolastica; accesso aperto al personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali, in possesso di laurea, che abbia maturato dopo la nomina in ruolo, un servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni; previsione di una preselezione mediante prove oggettive di carattere culturale e professionale, in sostituzione dell'attuale preselezione per titoli; svolgimento di una o più prove scritte, cui sono ammessi tutti coloro che superano la preselezione; effettuazione di una prova orale; valutazione dei titoli; formulazione della graduatoria di merito; periodo di formazione e tirocinio, di durata non superiore a quattro mesi, nei limiti dei posti messi a concorso, con conseguente soppressione dell'aliquota aggiuntiva del 10 per cento. Con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento previsto dal presente comma sono abrogate le disposizioni vigenti con esso incompatibili, la cui ricognizione è affidata al regolamento medesimo.
14. In attesa dell'emanazione del regolamento di cui al comma 13 si procede alla nomina sui posti previsti dal bando di concorso ordinario a dirigente scolastico indetto con decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 94 del 26 novembre 2004, e, ove non sufficienti, sui posti vacanti e disponibili relativi agli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009, dei candidati del citato concorso che abbiano superato le prove di esame propedeutiche alla fase della formazione prevista dal medesimo concorso e abbiano concluso in maniera utile la fase della formazione con la produzione da parte degli stessi di una relazione finale e il rilascio di un attestato positivo da parte del direttore del corso, senza effettuazione dell'esame finale previsto dal bando medesimo. Successivamente si procede, per i posti vacanti e disponibili relativi al medesimo periodo, alla nomina degli altri candidati che abbiano superato le prove di esame propedeutiche al corso di formazione del predetto concorso, ma non vi abbiano partecipato perché non utilmente collocati nelle relative graduatorie; questi ultimi devono tuttavia preliminarmente partecipare con esito positivo ad un apposito corso di formazione, indetto dall'amministrazione con le medesime modalità. Le nomine di cui al presente comma, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono conferite secondo l'ordine della graduatoria di selezione al corso di formazione.
15. Dall'attuazione del presente articolo devono conseguire economie di spesa per un importo complessivo non inferiore a euro 448,20 milioni per l'anno 2007, a euro 1.324,50 milioni per l'anno 2008 e a euro 1.402,20 milioni a decorrere dall'anno 2009.
L’articolo 66 reca misure di razionalizzazione della spesa nel settore scolastico che interessano:
§ il numero di alunni per classe ed il rapporto numerico insegnanti di sostegno/alunni;
§ le assunzioni, la mobilità, la riconversione professionale e la valutazione dei titoli del personale docente;
§ il riordino degli enti di servizio del ministero della Pubblica istruzione;
§ le procedure concorsuali per dirigenti scolastici;
§ i carichi orari dell’istruzione professionale.
Il comma 1 contiene alcune disposizioni immediatamente prescrittive e affida ad uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione (per alcuni dei quali il comma 2 prevede il concerto di altri ministri), la definizione di alcuni interventi.
In particolare, la lettera a) prescrive la revisione (con decreto adottato di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze) dall’anno scolastico 2007/2008, dei parametri per la formazione delle classi e l’innalzamento del valore medio del rapporto alunni/classe dello 0,4 (dall’attuale valore di 20,6 al valore di 21, in misura differenziata per i vari ordini di scuola[273]) con contestuale adozione di misure di contrasto degli insuccessi scolastici attraverso la flessibilità e l’individualizzazione della didattica
La disciplina della formazione delle classi è principalmente recata dal Decreto Intermininisteriale 24 luglio 1998, n. 331[274]; quest’ultimo prevede in linea di massima per le classi di scuola materna un massimo di 25 alunni ed un minimo di 15; per la scuola elementare un massimo di 25 alunni ed un minimo di 10; per la scuola media un massimo di 25 alunni ed un minimo di 15.Disposizioni specifiche sono dettate per classi che accolgano portatori di handicap (art. 10) che possono essere costituite con meno di 25 alunni e, in casi particolari, di 20, nonché per la classi intermedie di ciascun ordine di scuole; per le sezioni ospedaliere e per le zone disagiate.
L’art. 6 del decreto interministeriale 21 marzo 2005 (relativo alle dotazioni organiche dei docenti per l’anno scolastico 2004-2005) ha poi disposto che le prime classi nelle scuole di istruzione secondaria di secondo grado siano costituite con un numero di alunni non inferiore a 20; da elevare a 27 in caso di classi iniziali articolate in gruppi di diversi indirizzi (di almeno 12 alunni ciascuno). E’ stato inoltre previsto l’accorpamento delle classi intermedie e finali qualora se ne preveda il funzionamento con un numero ridotto.
Con riguardo alle citate misure di contrasto agli insuccessi scolastici, l’art. 4 del DPR 8 marzo 1999, n. 275, (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche) prevede l’attivazione di percorsi didattici individualizzati e di iniziative di recupero e sostegno, implicanti anche una diversa aggregazione degli alunni e delle discipline, appunto nell’ambito dell’autonomia didattico organizzativa riconosciuta alle istituzioni scolastiche.
Si ricorda poi che la legge n. 53 del 2003 (cosiddetta Legge Moratti)[275] ha previsto, tra gli interventi del Piano programmatico (di cui all’articolo 1, comma 3) per la realizzazione delle finalità della legge, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto - dovere di istruzione e formazione. In tale ambito, l’articolo 4 del D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 76 (Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione) ha previsto l’adozione di linee guida per la realizzazione di piani di intervento per l'orientamento e la prevenzione ed il recupero degli abbandoni.
Il comma 1, lettera b) prescrive che, con decreto del ministro della pubblica istruzione risultante dal concerto con il ministro della salute, si modifichi il rapporto docenti di sostegno/alunni - definito dall’art. 40, comma 3 della legge 27 dicembre 1997, n. 449[276], in ragione di uno ogni 138 alunni frequentanti le scuole della provincia – con l’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi.
L’art. 40, comma 3, della L. n. 449/1997 ha ridefinito i parametri delle dotazioni organiche degli insegnanti di sostegno prevedendo il citato rapporto di uno a 138. In attuazione di tale disposizione è stato adottato il D.M. 24 luglio 1998, il quale ha poi disposto (art. 44) che “in presenza di handicap particolarmente gravi, il Provveditore agli studi può assumere personale con rapporto di lavoro a tempo determinato anche in deroga al rapporto numerico” prefissato. L’art. 6 del Decreto interministeriale 28 novembre 2001 (Recante determinazione degli organici per l’anno scolastico 2001-2002), ha poi attribuito al dirigente scolastico provinciale l’istituzione e copertura dei posti di sostegno ed al dirigente scolastico l’eventuale copertura di ulteriori posti da attivare “per inderogabili esigenze” dopo il 31 agosto. Da ultimo l’art. 35, comma 7, della legge 289/2002 (Legge finanziaria 2003) ha rimesso l'attivazione di posti di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni al dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale. In attuazione al medesimo articolo della legge finanziaria è stato poi emanato il DPCM 23 febbraio 2006, n. 185, recante ridefinizione della procedura per il riconoscimento della sussistenza dell’handicap.
Il comma 1, lettera c) dispone che (con decreto del ministro della pubblica istruzione di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze e delle riforme ed innovazioni nella p.a) sia definito un Piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di 150 mila unità di personale docente e 20 mila di personale ATA (amministrativo, tecnico ed ausiliario) per gli anni 2007-2009; tale piano sarà sottoposto a verifica annuale.
Si ricorda in proposito che l’articolo 1-bis del DL 97/2004[277]ha previsto l’adozione - entro il 31 gennaio 2005 - di un piano pluriennale di nomine a tempo indeterminato, per il triennio 2005-2008.
Non essendo stato definito quest’ultimo in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico 2005-2006, l’articolo 3 del DL n. 115/2005[278] ha autorizzato assunzioni a tempo indeterminato di personale docente nonché di personale A.T.A (amministrativo, tecnico ed ausiliario), rispettivamente nel numero di 35.000 e 5.000 unità.
Con DM 18 ottobre 2005 è stato poi adottato il Piano pluriennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente nel triennio scolastico 2005/2007: 35.000 già disposte per l’anno scolastico 2005/2006; 20.000 per il 2006/2007; 10.000 per il 2007/2008.
In relazione all’attuazione del piano la medesima lettera c) prevede quanto segue;
§ abolizione - dall’anno scolastico 2010/2011 - dell’utilizzazione delle graduatorie permanenti (di cui all’art. 1 del D.L. 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143), per l’accesso ai ruoli nella misura del 50% dei posti[279] nonché la cessazione della validità delle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente alla legge finanziaria in esame; viene contestualmente demandata ad un decreto ministeriale - previo parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione - l’indicazione dei criteri per la valutazione di titoli e servizi dei docenti inclusi in tali graduatorie ai fini della partecipazione dei futuri concorsi;
§ abolizione - dal 1° settembre 2007 - della valutazione doppia di ogni anno di insegnamento prestato nelle scuole di montagna ed istituti penitenziari (punto B. 3) lettera h) della tabella di valutazione dei titoli allegata al DL 97/2004);
§ inclusione nel secondo scaglione delle graduatorie di insegnamento di strumento musicale nella scuola media dei docenti abilitati per l’insegnamento di educazione musicale, ma privi dei requisiti di servizio alla scadenza dei termini per l’inserimento nelle graduatorie permanenti relative al biennio 2005/2006 2006/2007 (e cioè alla data del 2 maggio 2005). Tali docenti erano inclusi in elenchi speciali relativi alla sperimentazione di scuole medie ad indirizzo musicale[280].
Con riguardo ai contenuti sopra descritti ed alle disposizioni di cui al successivo comma 3, si ricorda che alcune delle misure adottate trovano riscontro nella risoluzione n. 8-00005 (on De Simone ed altri) approvata dalla VII Commissione della Camera il 26 luglio 2006[281].
Il comma 1, lettera d), prevede l’avvio (tramite apposito DM)di un monitoraggio - da parte degli uffici scolastici provinciali - delle supplenze brevi allo scopo di ricondurre gli scostamenti ai valori medi nazionali.
Secondo la relazione tecnica al ddl finanziaria, la disposizione consentirebbe una riduzione di spesa a partire dal 2007.
Si ricorda che le supplenze temporanee del personale docente hanno già formato oggetto di misure di contenimento della spesa adottate nell’ambito di leggi finanziarie o provvedimenti collegati. Per le scuole dell’infanzia ed elementari, l’art. 1, comma 72, della legge n. 662/1996[282] ha consentito la sostituzione dei docenti assenti fino a cinque giorni utilizzando i docenti dell’organico di istituto; l’art. 22, comma 6, della legge 448/2001[283] (legge finanziaria 2002) ha disposto che le istituzioni scolastiche autonome (ad eccezione delle scuole d’infanzia e delle scuole elementari) possano provvedere alla sostituzione del personale docente, assente per un periodo non superiore a quindici giorni con proprio personale docente e che le economie di spesa conseguite concorrano ad incrementare il fondo di istituto.
Il comma 1, lettera e), prescrive (tramite apposito decretoministeriale) l’adozione di un piano biennale di formazione (eventualmente anche a distanza) dei docenti di scuola primaria per l’insegnamento dell’inglese; ciò al fine di dare attuazione alle previsioni dell’art. 1, co. 128, della legge 311/2004[284]
Quest’ultimo ha previsto l’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria[285] fosse impartito dai docenti della classe in possesso dei requisiti richiesti o, in subordine, da docenti inclusi nell’organico di istituto in possesso dei requisiti; solo qualora tale procedura non avesse soddisfatto il fabbisogno, avrebbero potuto essere assegnati posti a docenti cosiddetti “specialisti” (impegnati esclusivamente nell’insegnamento della lingua straniera in sei o sette classi). Si disponeva a tal fine la realizzazione di corsi di formazione, la cui partecipazione era obbligatoria per i docenti privi di requisiti[286].
Secondo la relazione tecnica al ddl finanziaria, la disposizione si rende necessaria a causa delle misure di contenimento della spesa -adottate nel 2005- che hanno impedito all’amministrazione di realizzare i corsi sopra citati.
Il comma 1, lettera f), affida ad un decreto ministeriale la revisione degli ordinamenti dell’istruzione professionale anche attraverso riduzione del carico orario delle lezioni a partire dall’anno scolastico 2007-2008.
La relazione tecnica al d.d.l. specifica che l’orario delle prime due classi verrà portato da 40 a 36 ore, con conseguente risparmio della spesa per i docenti.
Il comma 3 dispone che la tabella di valutazione dei titoli da utilizzare per la compilazione delle graduatorie permanenti del personale docente sia ridefinita in occasione del prossimo aggiornamento biennale (relativo al biennio 2007/2008 e 2008/2009) con decreto ministeriale, sentito il CNPI (Consiglio nazionale della pubblica istruzione), senza modificare comunque i punteggi riconosciuti nelle graduatorie relative al biennio precedente (fatto salvo evidentemente quanto previsto dal comma 1 lettera c) dell’articolo in commento, vedi supra)
Il comma in esame precisa inoltre che dovranno essere rideterminati i punteggi (attualmente un massimo di 3 punti) relativi a master, diplomi di specializzazione, corsi di perfezionamento universitario (punto C11 della tabella) e si definiranno criteri per l’accreditamento delle strutture formative.
Si ricorda in proposito che la tabella in questione, nel passato definita con decreto ministeriale, è ora contenuta all’art. 1 del DL 97/2004 e può quindi essere modificata soltanto con norme di rango primario.
In relazione alla formulazione del testo si osserva che prescrizioni relative alla valutazione dei titoli dei docenti implicanti modifiche della tabella di valutazione sono recate anche dal comma 1 dell’articolo in commento.
Il comma 4 affida – alMinistro per le riforme e leinnovazioni nella pubblica amministrazione di concerto con il Ministro della pubblica istruzione – la predisposizione (entro il 30 giugno 2007) diun piano di mobilità per i docenti inidonei all’insegnamento e collocati fuori ruolo. Quest’ultimoterrà conto delle destinazioni più adeguate alle professionalità in questione, nell’ambito dei posti vacantipresso gli uffici dell’amministrazione scolastica e delle amministrazioni pubbliche. Viene contestualmente prorogato al 31 dicembre 2008 il termine fissato dall’art. 35 comma 5 della legge finanziaria 2002[287] per la risoluzione del rapporto di lavoro del personale sopra citato.
Si ricorda che dall’art. 35 comma 5 della legge finanziaria 2002 aveva disposto che il personale docente dichiarato inidoneo alla propria funzione per motivi di salute ed in seguito ad appositi accertamenti collocato fuori ruolo avrebbe potuto chiedere di transitare nei ruoli dell’amministrazione scolastica o di altra amministrazione statale o di ente pubblico; qualora non transitasse in altro ruolo, sarebbe stato mantenuto in servizio per un periodo massimo di 5 anni (il termine viene a scadenza il 31 dicembre 2007).
Il comma 5 dispone che il Ministro della pubblica istruzione predisponga uno specifico piano di riconversione professionale dei docenti soprannumerari sull’organico provinciale, finalizzato all’assorbimento del medesimo personale entro l’anno scolastico 2007/2008. La riconversione è obbligatoria e finalizzata alla copertura dei posti di insegnamento per materie affini e dei posti di laboratorio compatibili con l’esperienza professionale maturata, nonché all’acquisizione del titolo di specializzazione per l’insegnamento sui posti di sostegno.
L’art. 3, comma 89 della legge finanziaria 2004 (legge 350/2003) ha operato un rafforzamento delle norme in materia di riconversione professionale dei docenti soprannumerari già previste dall’art. 1, comma 1, del DL n. 212/2002 (convertito con modificazioni dalla legge n. 268/2002[288]), disponendo l’istituzione di corsi di specializzazione intensivi, a livello provinciale o interprovinciale, destinati ai soprannumerari delle classi di concorso con esuberi di personale, individuate con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 115 del 2002[289]. Tali corsi, organizzati dagli uffici scolastici regionali,sarebbero stati finanziati annualmente con risorse da reperire nell'ambito degli stanziamenti di bilancio destinati alla formazione del personale del comparto scuola[290].
Il successivo comma 90 ha stabilito il trasferimento (su domanda o d’ufficio) su posti di sostegno dei docenti soprannumerari in possesso del prescritto titolo di specializzazione
I commi 6 e 7 istituiscono (ai sensi degli articoli 8 e 9 del D.Lgs. 300/1999[291]) e disciplinano l’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, con sede a Firenze ed articolazioni periferiche presso gli uffici scolastici regionali.
L’agenzia assume i compiti svolti dagli istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione e ricerca educativa (INDIRE), che vengono contestualmente soppressi[292].
Tale disposizione, secondo la relazione tecnica, consentirà il rientro in servizio di 310 unità di personale (163 docenti e 147 assistenti amministrativi) con conseguente risparmio della spese per supplenze.
Si dispone inoltre che all’organizzazione dell’agenzia provveda un regolamento (adottato ai sensi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400) che ne individuerà la dotazione organica nel limite complessivo del 50% dei contingenti di personale già previsti per l’INDIRE e per gli IRRE ed indicherà le modalità di stabilizzazione, attraverso prove selettive, dei rapporti di lavoro esistenti anche a titolo precario.
In attesa del regolamento citato saranno nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, uno o più commissari straordinari.
Si ricorda che al riordino dell’INDIRE (ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero della pubblica istruzione, con sede in Firenze) e degli istituti regionali di ricerca educativa (enti strumentali dell'amministrazione della pubblica istruzione, dotati di personalità giuridica e autonomia amministrativa e contabile) hanno provveduto i regolamenti adottati con DPR 415/ 2000[293]; e DPR 190/2001[294].
Con riguardo al personale degli istituti:
- la Tabella A allegata al DPR 415/2000 specifica che l’organico dell’INDIRE è costituito da un direttore, 28 tecnici/ricercatori, 23 amministrativi; l’istituto può avvalersi, nei limiti delle disponibilità di bilancio, di un massimo di 15 unità comandate dalla scuola o altre amministrazioni, per particolari esigenze inoltre può avvalersi dell'apporto di esperti, con contratti di prestazione d'opera e contratti di ricerca (artt. 10 e 11);
- ai sensi dell’art. 10 del DPR 190/2001 a ciascun I.R.R.E., in rapporto anche alla consistenza della popolazione scolastica di appartenenza, è assegnato un contingente di personale docente e dirigente della scuola, determinato con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Ministro per la funzione pubblica, su proposta del dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale, da collocare in posizione di comando.
I commi da 8 a 11 intervengono sulla disciplina relativa all’INVALSI recata da ultimo dal D.Lgs. 286/2004[295]. In particolare viene sostituito il comitato direttivo con un comitato di indirizzo di otto esperti di nomina ministeriale (previa selezione affidata ad apposita commissione nominata dal ministro); si dispone inoltre che nell’ambito del comitato sia scelto il presidente; si attribuiscono infine all’istituto compiti di valutazione dei dirigenti scolastici[296].
In relazione al personale viene fissato un termine (6 mesi dall’indizione del bando) per le procedure concorsuali relative al reclutamento.
In attesa della costituzione dei nuovi organi, si dispone la cessazione di quelli attualmente operanti e la nomina uno o più commissari (ad opera del presidente del Consiglio dei ministri su proposta del ministro).
Attualmente ai sensi del D.Lgs. 286/2004 (art. 6) il comitato direttivoè composto dal Presidente e da sei membri, scelti tra esperti nei settori di competenza dell'Istituto, e nominati dal Ministro, di cui uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e due dal Presidente della Conferenza Stato-Regioni. Il Presidente (art. 5), è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro.
L’organico dell’INVALSI è fissato (tabella A allegata al D.Lgs. 286/2004) in 2 unità di dirigenti amministrativi; 24 unita di personale di ricerca; 22 di personale amministrativo[297].
L’istituto può comunque avvalersi al massimo di 10 unità di personale comandato (dalle amministrazioni statali, dalla scuola, dalle università, da enti pubblici del comparto ricerca, ) e- nei limiti delle disponibilità di bilancio – un massimo di 10 esperti (artt. 11 e 12 D.Lgs. 286).
Il comma 12 riduce da tre a due il numero dei revisori dei conti delle istituzioni scolastiche (nominati rispettivamente dal ministro della Pubblica istruzione e dell’economia e delle finanze) edassegna a queste ultime le conseguenti economie di spesa.
Il riscontro di regolarità amministrativa e contabile delle istituzioni scolastiche viene attualmente effettuato da un collegio composto da tre revisori (artt. 57 e 58 DM 44/2001[298]) uno designato dal Ministero della pubblica istruzione, uno dal Ministero dell’economia e delle finanze, ed uno designato d'intesa tra i competenti enti locali). L’attività dei revisori si espleta su più istituti, anche di diverso ordine e grado, aventi sede in un medesimo àmbito territoriale. Ai revisori dei conti spetta un compenso determinato con decreto interministeriale nonché l'indennità di missione ed il rimborso spese secondo le disposizioni vigenti in materia. La relativa spesa grava su una delle istituzioni scolastiche del territorio.
II comma 13 affida ad un regolamento di delegificazione (ex art. 17, comma 2, L. 400/1988) la ridefinizione delle procedure concorsuali per i dirigenti scolastici (disciplinate principalmente dall’art. 29 del D. Lgs 165/2001[299]).
Il predetto regolamento è quindi volto a modificare i requisiti stabiliti dall’articolo 29 del D.Lgs. n. 165 del 2001. Si osserva peraltro che la disposizione in esame non prevede una norma di coordinamento rispetto al citato D.Lgs.
I criteri indicati per il regolamento di delegificazione sono cosi riassumibili:
- cadenza triennale del concorso su tutti i posti vacanti nel triennio;
- unificazione dei tre settori di dirigenza scolastica;
- accesso aperto al personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali, in possesso di laurea, subordinatamente al requisito di un quinquennio di servizio;
- previsione di una preselezione, mediante prove di carattere culturale e professionale (in sostituzione dell'attuale preselezione per titoli), e successive prove scritte ed orali;
- periodo di formazione e tirocinio, di durata non superiore a quattro mesi, nei limiti dei posti messi a concorso, con conseguente soppressione dell'aliquota aggiuntiva del 10 per cento.
Il comma 14 dispone in via transitoria la nomina sui posti vacanti (anche per gli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009) dei candidati al concorso ordinario bandito con decreto direttoriale 22 novembre 2004 (ancora in fase di svolgimento, vedi infra) che abbiano positivamente espletato la prima parte del corso concorso (corso di formazione) e, in subordine, dei candidati esclusi dal corso di formazione (pur avendo superato le prove propedeutiche) previa partecipazione ad apposito corso.
Il reclutamento dei dirigenti scolastici è stato disciplinato, come già segnalato sopra, dall’art. 29 del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[300], il quale ha previsto a tal fine un corso concorso articolato in una selezione per titoli, in un concorso di ammissione, in un periodo di formazione e in un esame finale. Si prescrive inoltre che al corso concorso sia ammesso il personale docente ed educativo delle istituzioni statali che abbia prestato servizio di ruolo per sette anni.
Il medesimo articolo ha disposto altresì che:
- una quota del 50 per cento dei posti per il primo corso concorso fosse riservata a quanti avessero esercitato per almeno un triennio le funzioni di preside incaricato (cosiddetti triennalisti), previo superamento di uno speciale esame di ammissione (art. 29, comma 3);
- dopo l'approvazione delle graduatorie dei vincitori del primo corso concorso non fossero più assegnati gli incarichi annuali (art. 29, co. 5,ultimo periodo, del D.Lgs. 165/2001)[301].
Ulteriori disposizioni per tale procedura sono state poi dettate dall’art. 22, commi 8-10, della legge finanziaria 2002 (L.448/2001)[302] che ha previsto, tra l’altro, un’indizione a sé stante per il concorso riservato ai cosidetti “triennalisti”. Quest’ultimo è stato poi bandito con il Decreto dirigenziale del 17 dicembre 2002[303](emanato a seguito dell’autorizzazione all’avvio delle procedure concorsuali per la copertura di 1500 posti disposta con D.P.R. 21 ottobre 2002[304]). Il medesimo art. 22 (comma 11) della legge finanziaria 2002 ha poi disposto che per l’assegnazione di incarichi di presidenza fossero utilizzate prioritariamente le graduatorie dei candidati cosidetti ”triennalisti”, ammessi al corso concorso riservato per dirigente scolastico[305].
Nel corso della XIV legislatura sono state adottate altre misure[306]: in particolare; è stata prevista(art. 1-sexies del DL 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43) la sospensione del conferimento di nuovi incarichi dall’anno scolastico 2006-2007 e l’indizione di un corso concorso riservato per i titolari di un incarico di presidenza annuale entro il 2005/2006 ed è stata disposta una sanatoria(art. 1-octies dello stesso DL) per gli idonei al concorso riservato del 2002 (già espletato), a suo tempo ammessi con riserva in quanto privi dei prescritti requisiti di servizio.
Dalle graduatorie di tale corso concorso, così rideterminate, si è disposto di attingere, fino al loro esaurimento per la copertura di posti vacanti all’inizio dell’anno scolastico 2006-2007(art 3-bis del DL 30 giugno 2005, n. 115, convertito dalla legge 17 agosto 2005, n. 168).
Nel frattempo con DPR 3 luglio 2004 è stata autorizzata l’assunzione di 1500 dirigenti scolastici nonché l’indizione del primo corso concorso ordinario per il reclutamento di altri 1.500 dirigenti scolastici, poi bandito con Decreto dirigenziale del 22 novembre 2004. I candidati a quest’ultimo -che è in fase di espletamento- sono interessati dalla disciplina transitoria di cui all’art. 66 comma 14 del ddl finanziaria in commento (vedi supra).
Si ricorda infine che, con decreto dirigenziale 3 ottobre 2006[307], il ministero della pubblica istruzione, ha indetto un corso-concorso riservato per il reclutamento di n. 1.458 dirigenti scolastici ai sensi dell' art. 1-sexies del citato DL 7/2005; vi accederanno pertanto coloro che, entro l’anno scolastico 2005/2006, hanno ricoperto la funzione di preside incaricato per almeno un anno.
Il comma 15 indica le economie di spesa conseguenti all’attuazione del presente articolo: l’importo complessivo non dovrà essere inferiore a:
§ euro 448,20 milioni per l’anno 2007,
§ euro 1.324,50 milioni per l’anno 2008
§ euro 1.402,20 milioni a decorrere dall’anno 2009.
L’8 settembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione: “Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione” (COM(2006)481), con la quale la Commissione individua nell’efficienza e nell’equità i temi chiave per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati, come previsto dal quadro della Strategia di Lisbona[308]. La Commissione ritiene, infatti, che solo aumentando il livello medio di capacità della popolazione e migliorando le opportunità per i più bisognosi e per le persone diversamente qualificate è possibile creare maggiore crescita, occupazione e coesione sociale.
Il documento della Commissione ricorda, tra l’altro, che tra i fattori più importanti di efficienza ed equità vi sono la qualità, l’esperienza e la motivazione degli insegnanti e il tipo di pedagogia che utilizzano. La Commissione ritiene inoltre fondamentale il ruolo degli insegnanti nel garantire la partecipazione dei soggetti più svantaggiati; pertanto gli Stati membri dovrebbero elaborare politiche di assunzione in grado di attrarre insegnanti esperti e motivati nelle scuole più impegnative.
La Commissione inoltre riconosce che la soluzione, adottata da molti Stati membri, di attribuire ai singoli istituti maggiore autonomia nel decidere il contenuto dei corsi, la destinazione dei fondi o nell’assumere decisioni sul personale, in combinazione con sistemi di responsabilizzazione centralizzati, ha offerto, sul piano empirico, la possibilità di un miglioramento nel rendimento degli studenti. La Commissione ha sottolineato, tuttavia, la necessità di progettare i sistemi di responsabilizzazione in modo tale da evitare che decisioni decentrate possano avere conseguenze locali potenzialmente inique come, ad esempio, nel caso della delimitazione delle zone di utenza scolastica.
La Commissione, infine, ritiene necessario un suo particolare impegno nello sviluppo di una cultura della valutazione, ritenuta indispensabile per completare il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione europei, nel quadro della Strategia di Lisbona.
Articolo 67
(Clausola di salvaguardia)
1. Al fine di garantire l'effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio di cui agli articoli 47 e 66, in caso di accertamento di minori economie, si provvede:
a) relativamente all'articolo 47, alla riduzione delle dotazioni di bilancio, relative ai trasferimenti agli enti pubblici, ivi comprese quelle determinate ai sensi dell' articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, in maniera lineare, fino a concorrenza degli importi indicati dal comma 2 del predetto articolo 47;
b) relativamente all'articolo 66, a ridurre le dotazioni complessive di bilancio del Ministero della pubblica istruzione, ad eccezione di quelle relative alle competenze spettanti al personale della scuola, in materia lineare, fino a concorrenza degli importi indicati dal comma 15 del predetto articolo.
L’articolo 67 ha la finalità, come precisato dalla relazione illustrativa, di garantire il conseguimento dei risparmi di spesa che dovrebbero derivare dall’attuazione degli articoli 47 e 66 del disegno di legge finanziaria in esame. Pertanto, nel caso di accertamento di minori economie (rispetto a quanto indicato dai medesimi articoli – v. le relative schede), si prevedono le misure di seguito indicate.
Il comma 1, lettera a), relativo all’articolo 47, che ridefinisce il processo di riordino, trasformazione e soppressione di enti ed organismi pubblici di cui all’art. 28 della L. 448/2001, dispone la riduzione delle dotazioni di bilancio, relative ai trasferimenti agli enti pubblici, in maniera lineare, fino alla concorrenza degli importi indicati dal citato articolo 47 (comma 2).
Il comma 1, lettera b), dispone analogamente che, in caso di mancato conseguimento delle economie di spesa discendenti dalle misure indicate per il settore scolastico, previste dall’articolo 66, le dotazioni di bilancio del Ministero della pubblica istruzione (salvo quelle relative alle competenze per il personale) siano ridotte in maniera lineare fino alla concorrenza dei risparmi previsti.
Si osserva che la norma in esame prevede, come clausola di salvaguardia, la riduzione di stanziamenti di bilancio anche di carattere obbligatorio.
Appare opportuno un chiarimento circa le concrete modalità operative della norma.
L’articolo non indica infatti né quando né come intervenire per accertare le minori economie ed addivenire alle riduzioni di bilancio.
Alla luce della complessità degli interventi previsti, sia per quanto riguarda il riordino degli enti pubblici sia per quanto riguarda il settore scolastico, sembrerebbe difficile poter procedere all’accertamento in tempi brevi; qualora le riduzioni fossero attuate in una fase avanzata dell’anno, potrebbe esserci il rischio di problemi gestionali o anche di insufficienza degli stanziamenti da ridurre.
Articolo 68
(Altri interventi in favore del sistema
dell'istruzione)
1. L'istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. L'età per l'accesso al lavoro è conseguentemente elevata da quindici a sedici anni. Resta fermo il regime di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. L'adempimento dell'obbligo di istruzione deve consentire, una volta conseguito il titolo di studio conclusivo del primo ciclo, l'acquisizione dei saperi e delle competenze previste dai curricola relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore, sulla base di un apposito decreto adottato dal Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Nel rispetto degli obiettivi di apprendimento generali e specifici previsti dai predetti curricola, possono essere concordati tra il Ministero della pubblica istruzione e le singole regioni percorsi e progetti che, fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di favorire il successo nell'assolvimento dell'obbligo di istruzione. Le strutture formative che concorrono alla realizzazione dei predetti percorsi e progetti devono essere inserite in un apposito elenco predisposto con decreto del Ministro della pubblica istruzione. Il predetto decreto è redatto sulla base di criteri predefiniti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza Stato-regioni. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione, nonché alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. L'innalzamento dell'obbligo di istruzione decorre dall'anno scolastico 2007/2008.
2. Fino all'attuazione di quanto previsto dal comma 1, proseguono i percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. Restano, pertanto, confermati i finanziamenti destinati dalla normativa vigente alla realizzazione dei predetti percorsi da parte delle strutture accreditate dalle regioni sulla base dei criteri generali definiti con decreto adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza unificata. Dette risorse, per una quota non superiore al 3 per cento, sono destinate alle misure nazionali di sistema, ivi compreso il monitoraggio e la valutazione.
3. Per l'attivazione dei piani di edilizia scolastica di cui all'articolo 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Il 50 per cento delle risorse assegnate annualmente ai sensi del precedente periodo è destinato al completamento delle attività di messa in sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici scolastici da parte dei competenti enti locali. Per tali finalità, le regioni e gli enti locali concorrono, rispettivamente, nella misura di un terzo della quota predetta, nella predisposizione dei piani di cui all'articolo 4 della medesima legge n. 23 del 1996. Per il completamento delle opere di messa in sicurezza e adeguamento a norma, le regioni possono fissare un nuovo termine di scadenza al riguardo, comunque non successivo al 31 dicembre 2009, decorrente dalla data di sottoscrizione dell'accordo denominato «patto per la sicurezza» tra Ministero della pubblica istruzione, regione ed enti locali della medesima regione.
4. Nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e successive modificazioni, il consiglio di indirizzo e di vigilanza dell'INAIL definisce, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della pubblica istruzione e con gli enti locali competenti, indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Il consiglio di indirizzo e di vigilanza dell'INAIL determina altresì l'entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità di cui al presente comma, utilizzando a tale fine anche le risorse che si rendessero disponibili a conclusione delle iniziative di attuazione dell'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 38 del 2000. Sulla base degli indirizzi definiti, il consiglio di amministrazione dell'INAIL definisce i criteri e le modalità per l'approvazione dei singoli progetti e provvede all'approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti.
5. Al fine di favorire ampliamenti dell'offerta formativa e una piena fruizione degli ambienti e delle attrezzature scolastiche, anche in orario diverso da quello delle lezioni, in favore degli alunni, dei loro genitori e, più in generale, della popolazione giovanile e degli adulti, il Ministro della pubblica istruzione definisce, secondo quanto previsto dall'articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, criteri e parametri sulla base dei quali sono attribuite le relative risorse alle istituzioni scolastiche.
6. La gratuità parziale dei libri di testo di cui all'articolo 27, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è estesa agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore. Il disposto del comma 3 del medesimo articolo 27 si applica anche per il primo e per il secondo anno dell'istruzione secondaria superiore e si applica, altresì, limitatamente all'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria, agli anni successivi al secondo. Le istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori sono autorizzate al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori.
7. Per fare fronte alla crescente domanda di servizi educativi per i bambini al di sotto dei tre anni di età, sono attivati, previo accordo in sede di Conferenza unificata, progetti tesi all'ampliamento qualificato dell'offerta formativa rivolta a bambini dai 24 ai 36 mesi di età, anche mediante la realizzazione di iniziative sperimentali improntate a criteri di qualità pedagogica, flessibilità, rispondenza alle caratteristiche della specifica fascia di età. I nuovi servizi possono articolarsi secondo diverse tipologie, con priorità per quelle modalità che si qualificano come sezioni sperimentali aggregate alla scuola dell'infanzia, per favorire un'effettiva continuità del percorso formativo lungo l'asse cronologico 0-6 anni. Il Ministero della pubblica istruzione concorre alla realizzazione delle sezioni sperimentali attraverso un progetto nazionale di innovazione ordinamentale di cui all'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e assicura specifici interventi formativi per il personale docente e non docente che chiede di essere utilizzato nei nuovi servizi. A tale fine sono utilizzate annualmente le risorse previste dall'articolo 7, comma 5, della legge 28 marzo 2003, n. 53, destinate al finanziamento dell'articolo 2, comma 1, lettera e), ultimo periodo, della medesima legge. L'articolo 2 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, è abrogato.
8. A decorrere dal 2007, il sistema dell'istruzione e della formazione tecnica superiore (IFTS), di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144, è riorganizzato nel quadro del potenziamento dell'alta formazione professionale e delle misure per valorizzare la filiera tecnico-scientifica, secondo le linee guida adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione formulata di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
9. Ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali in materia, in relazione agli obiettivi fissati dall'Unione europea, allo scopo di far conseguire più elevati livelli di istruzione alla popolazione adulta, anche immigrata con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana, i centri territoriali permanenti per l'educazione degli adulti e i corsi serali, funzionanti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, sono riorganizzati su base provinciale e articolati in reti territoriali e ridenominati «Centri provinciali per l'istruzione degli adulti». Ad essi è attribuita autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, con il riconoscimento di un proprio organico distinto da quello degli ordinari percorsi scolastici, da determinare in sede di contrattazione collettiva nazionale, nei limiti del numero delle autonomie scolastiche istituite in ciascuna regione e delle attuali disponibilità complessive di organico. Alla riorganizzazione di cui al presente comma, si provvede con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata a norma del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
10. Per gli anni 2007, 2008 e 2009, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro, da iscrivere nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, con lo scopo di dotare le scuole di ogni ordine e grado delle innovazioni tecnologiche necessarie al migliore supporto delle attività didattiche.
11. Per gli interventi previsti dai precedenti commi, con esclusione del comma 3, è autorizzata la spesa di euro 220 milioni a decorrere dall'anno 2007. Su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sono disposte, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, le variazioni di bilancio per l'assegnazione delle risorse agli interventi previsti dal presente articolo.
12. Al fine di dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, a decorrere dall'anno 2007, gli stanziamenti, iscritti nelle unità previsionali di base «Scuole non statali» dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, sono incrementati complessivamente di 100 milioni di euro, da destinare prioritariamente alle scuole dell'infanzia.
L’articolo 68 reca una serie di interventi concernenti il sistema dell’istruzione: ridefinizione dell’obbligo scolastico e innalzamento dell’età per l’accesso al lavoro; piani di edilizia scolastica; norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro; offerta formativa delle istituzioni scolastiche; disposizioni relative ai libri di testo per l’istruzione secondaria superiore; riorganizzazione dell'IFTS (Istruzione e formazione tecnica superiore) e dell’istruzione degli adulti; finanziamenti per le attrezzature tecnologiche di supporto alla didattica; interventi a favore delle scuole non statali, con particolare riferimento alle scuole per l’infanzia.
Gli interventi sopra citati prevedono risorse per complessivi 370 milioni di euro per l’anno 2007, 420 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e 320 milioni dal 2010:
§ 50 milioni per l’anno 2007 e 100 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per l’attivazione dei piani di edilizia scolastica;
§ 220 milioni a decorrere dal 2007 per il sistema di istruzione, di cui 30 milioni di euro per ciascuno degli anno 2007, 2008 e 2009 per le dotazioni tecnologiche;
§ 100 milioni per le scuole paritarie destinati prioritariamente alla scuola dell’infanzia.
I commi 1 e 2 ridefiniscono l’obbligo scolastico e innalzano l’età minima per l’accesso al lavoro.
Il comma 1 dispone che a decorrere dall’anno scolastico 2007/2008 l’istruzione sia impartita obbligatoriamente per almeno dieci anni (e finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età); a tal fine viene elevata a 16 anni l’età per l’accesso al lavoro.
Attualmente l’art. 3 della legge 977/1967[309] dispone che l'età minima per l'ammissione al lavoro sia fissata “al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria” e comunque non possa essere inferiore ai 15 anni compiuti.
Si ricorda inoltre che l’art. 1 del D.Lgs. 76/2005[310], emanato in attuazione della legge 53/2003 (cosiddetta “legge Moratti”) e riprendendo quanto stabilito alla lettera c), comma 1, articolo 2 della predetta legge, fa riferimento alla nozione di “diritto-dovere all’istruzione e alla formazione”; e precisa che è assicurato a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie, anche attraverso l’apprendistato[311].
Tale ultima previsione sembra esclusa dal comma sopra descritto.
La norma, pertanto, sembrerebbe distinguere tra il diritto-dovere, che ai sensi della legge n. 53 (non modificata) è assicurato per dodici anni, e l’obbligo scolastico, che viene assicurato per dieci anni. In entrambe le formulazioni è comunque contenuta la finalizzazione (rispettivamente dell’obbligo o del diritto-dovere)al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.
Viene ribadito il regime di gratuità dei primi tre anni delle scuole superiori o dei percorsi di istruzione formazione professionale (già previsto e finanziato dagli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs 226/2005, recante disciplina del secondo ciclo di istruzione[312]).
Si ricorda che l’innalzamento progressivo del regime di gratuità era stato previsto dal D.Lgs. n. 76 del 2005 in relazione all’attuazione del diritto-dovere all’istruzione e formazione.
Con riguardo ai curricoladel percorso di istruzione obbligatorio si rinvia ad un decreto ministeriale (emanato sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400) recante indicazioni sui primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore.
Sono comunque autorizzati accordi tra Ministero e regioni per l’effettuazione di progetti particolarmente finalizzati alla riduzione della dispersione ed al successo nell'assolvimento dell'obbligo. Questi ultimi potranno essere realizzati da strutture formative accreditate inserite in apposito elenco predisposto secondo criteri predefiniti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza Stato-regioni. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e alle relativi.
Non appare chiaro se questi progetti costituiscano assolvimento dell’obbligo scolastico e quale titolo di studio sia possibile conseguire al termine del percorso.
In linea generale, occorrerebbe inoltre valutare l’opportunità di un coordinamento formale delle norme in commento con le norme contenute nei decreti di attuazione della legge Moratti ed in particolare nel citato D.Lgs. n. 76 del 2005 in materia di diritto-dovere e dispersione scolastica.
Si ricorda poi che la legge n. 53 del 2003 (cosiddetta Legge Moratti)[313] ha previsto, tra gli interventi del Piano programmatico (di cui all’articolo 1, comma 3) per la realizzazione delle finalità della legge, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto - dovere di istruzione e formazione. In tale ambito, l’articolo 4 del D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 76 (Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione) ha previsto l’adozione di linee guida per la realizzazione di piani di intervento per l'orientamento e la prevenzione ed il recupero degli abbandoni.
Il comma 2 nelle more dell’attuazione della nuova disciplina autorizza la prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 28 del citato D.Lgs. 226/2005 confermando i relativi finanziamenti che tuttavia - per una quota massima del tre per cento - vengono destinati a misure di carattere generale ivi compreso il monitoraggio e la valutazione. Per l’effettuazione dei corsi si demanda ad un decreto ministeriale (risultante dal concerto del Ministro della pubblica istruzione con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza) l’indicazione dei criteri in base ai quali le regioni potranno accreditare apposite strutture.
L’articolo 28 del D.Lgs. 226/2005 prevedeva che a partire dall’anno scolastico 2006-2007 il diritto dovere all’istruzione, di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, comprendesse i primi tre anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale realizzati sulla base dell'accordo-quadro in sede di Conferenza unificata 19 giugno 2003. Per tali percorsi sperimentali continuano ad applicarsi l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni 15 gennaio 2004 e l'accordo in sede di Conferenza Unificata 28 ottobre 2004[314].
Il comma 3 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per l'attivazione dei piani di edilizia scolastica di cui all'articolo 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, cui le regioni e gli enti locali concorrono, rispettivamente, nella misura di un terzo.
Il 50 per cento delle predette risorse è destinato al completamento delle attività di messa in sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici scolastici da parte dei competenti enti locali, per le quali le regioni possono fissare un nuovo termine di scadenza al riguardo, comunque non successivo al 31 dicembre 2009, previa sottoscrizione di un “patto per la sicurezza” tra Ministero della pubblica istruzione, regione ed enti locali della medesima regione.
La materia dell’edilizia scolastica è stata disciplinata dalla legge 11 gennaio 1996, n. 23[315] con l’obiettivo di assicurare alle strutture edilizie – considerate elemento fondamentale e integrante del sistema scolastico – uno sviluppo qualitativo e una collocazione sul territorio adeguati alla costante evoluzione delle dinamiche formative, culturali, economiche e sociali.
L’art. 4, co. 2, della L. 23/1996 dispone che la programmazione dell’edilizia scolastica si realizzi mediante piani generali triennali e piani annuali di attuazione predisposti e approvati dalle regioni, sentiti gli uffici scolastici regionali, sulla base delle proposte formulate dagli enti territoriali competenti sentiti gli uffici scolastici provinciali, che all’uopo adottano le procedure consultive dei consigli scolastici distrettuali e provinciali[316].
Alla ripartizione delle risorse tra le regioni provvede il Ministro dell’istruzione con proprio decreto (l’ultimo dei quali, relativo alle prime due annualità del terzo triennio di programmazione (2003-2005), reca la data del 30 ottobre 2003).
Quanto alla ripartizione delle competenze, ai comuni spetta la fornitura e la manutenzione degli edifici da destinare a sede delle scuole elementari e medie, mentre alle province spetta la fornitura e la manutenzione degli edifici da destinare a sede degli istituti di istruzione secondaria superiore, compresi licei, conservatori ed accademie.
L’ultimo intervento legislativo di finanziamento è stato recato dall’articolo 79 della legge finanziaria per il 2003[317] ha autorizzato un limite d’impegno quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dal 2003 per la prosecuzione degli interventi in materia di edilizia scolastica.[318]Nella medesima legge finanziaria, il comma 21 dell’articolo 80 ha altresì previsto interventi straordinari di ricostruzione delle aree danneggiate da eventi calamitosi nonché un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici nell’ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443.
Quanto al termine per il completamento delle opere in commento, si ricorda che l’articolo 9 del DL 266 del 2004[319] autorizzava le regioni a prorogare i termini, non oltre il 31 dicembre 2005, per l’adeguamento degli edifici scolastici alle norme antinfortunistiche[320], prorogando altresì al 31 dicembre 2006 la riserva ad esse destinata del 30% del fondo rotativo per la progettualità, di cui all’art. 1, co. 54, della L 549/1995[321].
Il termine per l’adeguamento è stato poi prorogato di sei mesi dall'art. 4-bis, D.L. n. 314/2004[322].
Il comma 4, prevede la definizione, da parte del Consiglio di indirizzo e di vigilanza dell’INAIL, d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della pubblica istruzione e con gli enti locali competenti, di indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado per l’abbattimento delle barriere architettoniche o l’adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro.
Tali interventi, previsti in via sperimentale per il triennio 2007-2009, rientrano nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38[323].
L’entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità richiamate sono determinate dallo stesso Consiglio di indirizzo e di vigilanza, che utilizzano a tale fine anche le risorse che si rendessero disponibili a conclusione dei progetti formativi e per l'abbattimento delle barriere architettoniche previsti dall’articolo 24 del citato D.Lgs. 38 del 2000.
Sulla base degli indirizzi definiti, infine, lo stesso Consiglio definisce i criteri e le modalità per l’approvazione dei singoli progetti e provvede all’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti.
Il comma 5 reca misure per l’ampliamento dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche anche al di fuori dell’orario di lezione; a tal fine prevede che il ministro della pubblica istruzione definisca criteri e parametri per l’assegnazione di risorse finanziarie alle istituzioni medesime.
L’art. 9 del D.P.R. 275/1999[324] (recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche), richiamato dal comma in esame, dispone che le istituzioni scolastiche realizzino ampliamenti dell’offerta formativa anche in relazione alle esigenze del contesto socio culturale ed in collegamento con iniziative promosse dagli enti locali. Gli interventi citati sono destinati agli studenti ma anche ai loro genitori o comunque in generale agli adulti del territorio. Iniziative complementari e integrative dell'iter formativo degli studenti da realizzare al di fuori dell’orario scolastico erano autorizzate anche dal Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567.
Il comma 6 reca una serie di disposizioni relative ai libri di testo per l’istruzione secondaria superiore.
Il primo periodo, estende agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore la gratuità parziale dei libri di testo, prevista per alunni in possesso di determinati requisiti di reddito, dall'articolo 27, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (finanziaria 1999).
L’articolo 27, comma 1, della legge n. 448 del 1998 ha previsto - con uno stanziamento di 200 miliardi di lire - che i comuni provvedessero a garantire, per l’anno scolastico 1999-2000, la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico, nonché alla fornitura di libri di testo da dare anche in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore. L’articolo rimetteva quindi ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della pubblica istruzione, previo parere della Conferenza Stato-regioni e delle competenti Commissioni parlamentari, l’individuazione delle categorie degli aventi diritto al beneficio. Il DPCM del 5 agosto 1999, n. 320 ha quindi ha indicato i criteri (reddito familiare fino a 30 milioni, salvo aumenti per situazioni particolari) per l'individuazione dei beneficiari della fornitura gratuita o semigratuita dei testi scolastici nella scuola dell’obbligo (in sostanza, a partire dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado, in quanto gli alunni delle elementari già beneficiavano della fornitura gratuita dei libri di testo) nonché della fornitura in comodato (prevista per gli studenti della scuola secondaria superiore) ed ha provveduto a ripartire tra le regioni le somme stanziate dall'articolo citato.
Successivamente l’articolo 53 della legge finanziaria 2000 (legge 488/1999) ha stabilito che le disposizioni introdotte dal summenzionato articolo 27 della legge 448/1998 continuassero ad applicarsi anche nell'anno scolastico 2000-2001, autorizzando a tal fine la spesa di lire 100 miliardi, finanziamento integrato con altri 100 miliardi dalla tabella D della stessa legge finanziaria.
Il DPCM del 4 luglio 2000, n. 226 ha confermato, con alcuni piccoli aggiustamenti, le disposizioni del DPCM n. 320 del 1999, rendendo però - pur in mancanza di un’esplicita previsione legislativa - permanenti i benefici, tramite un rinvio alle disponibilità di bilancio annuali ed una conferma del meccanismo di riparto dei fondi tra le regioni, da aggiornare con gli ultimi dati ISTAT disponibili
La fornitura gratuita dei libri di testo è stata quindi rifinanziata per gli anni seguenti, sempre per l’importo di 200 miliardi di lire - divenuti 103,3 milioni di euro con l’introduzione della nuova moneta - con la tabella D di successive leggi finanziarie[325].
Da ultimo il DPCM. 6 aprile 2006 n. 211, sempre intervenendo sul DPCM del 1999, ha demandato ad un decreto dirigenziale l’aggiornamento delle tabelle con i dall'ISTAT ed ha inserite nelle suddette tabelle le Province autonome di Bolzano e Trento, il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d'Aosta, secondo il dettato della sentenza della Corte costituzionale 419/2001.
La norma in commento va vista in relazione all’estensione dell’obbligo scolastico disposta dal precedente comma 1, ma nello stesso tempo può apparire superflua, in quanto l’articolo 27 della legge 448/1998 prevede appunto la fornitura gratuita o semigratuita dei testi scolastici nella scuola dell’obbligo.
Non appare inoltre chiaro se si intende prevedere per il primo biennio della scuola superiore la sola gratuità parziale escludendo quella totale.
Resta da chiarire infine se si intende incrementare le risorse per la fornitura dei libri di testo con parte delle stanziamento previsto dal successivo comma 11 o se invece l’aumento della platea dei beneficiari si debba affrontare con le somme attualmente a disposizione.
Il secondo periodo del comma in esame dispone che si applichino anche ai primi due anni dell'istruzione secondaria superiore le norme sulla compilazione del libro di testo, e a tutto il corso di studi quelle relative all'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria recate sempre dall’articolo 27 della legge 448/1998.
Il comma 3 del citato articolo 27 ha disposto che con decreto del Ministro della pubblica istruzione siano emanate, nel rispetto della libera concorrenza tra gli editori, le norme e le avvertenze tecniche per la compilazione del libro di testo da utilizzare nella scuola dell'obbligo ed individuati i criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno, da assumere quale limite all'interno del quale i docenti debbono operare le proprie scelte[326].
Per il primo biennio della scuola superiore valgono le stesse considerazioni fatte per il primo periodo in relazione al comma 1 dell’articolo in esame.
Il terzo periodo del comma in esame prevede che le istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori siano autorizzate al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori.
Si ricorda che il più volte citato articolo 27 già prevede la possibilità della fornitura dei libri in comodato per gli studenti dell'istruzione secondaria superiore, mente la norma in commento sembra proporre un meccanismo diverso (il noleggio, per il quale potrebbe essere previsto un corrispettivo) che dovrebbe inoltre riguardare anche il secondo ciclo della scuola primaria.
Non appare pertanto chiaro il significato normativo della disposizione in commento.
Il comma 7 prevede l’attivazione di progetti sperimentali di formazione rivolti a bambini dai 24 ai 36 mesi di età, previo accordo in sede di Conferenza unificata.
I nuovi servizi possono articolarsi secondo diverse tipologie con priorità per la realizzazione di sezioni sperimentali aggregate alla scuola dell'infanzia, ciò nell’ottica di favorire la continuità del percorso formativo 0-6 anni.
Si dispone in proposito che il Ministero della pubblica istruzione concorra alla realizzazione delle sezioni sperimentali attraverso un progetto nazionale di innovazione ordinamentale (secondo le indicazioni dell’art. 11 del DPR 275/1999, regolamento recante norme sull’autonomia delle istituzioni scolastiche[327]) ed assicuri iniziative di formazione per il personale (docente e non docente) da assegnare - subordinatamente ad esplicita richiesta - a nuovi servizi.
Viene contestualmente abrogato l'articolo 2 del D.Lgs. 59/2004,[328] ai sensi del quale possono essere iscritti alla scuola dell’infanzia le bambine e i bambini che compiono i tre anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento; viene pertanto sostituita, secondo la relazione governativa, la disciplina degli ingressi anticipati alla scuola materna con la previsione di un percorso specifico per i bambini dai due ai tre anni.
Si ricorda in proposito che la legge 28 marzo 2003, n. 53[329] aveva previsto, con un'apposita norma transitoria (articolo 7, comma 4), che potessero iscriversi al primo anno della scuola dell’infanzia, per i tre anni scolastici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 (sperimentalmente e subordinatamente alla disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei comuni) i bambini e le bambine che avessero compiuto tre anni di età entro il 28 febbraio, ovvero entro date ulteriormente anticipate, fino al 30 aprile, giorno questo stabilito come data a regime per le iscrizioni, dall’articolo 2, comma 1, lettera e), della stessa legge n. 53 del 2003, nonché dall’articolo 2 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59[330], parzialmente attuativo della medesima.
Quest’ultimo ha inoltre stabilito (articolo 12) che, a decorrere dall’anno scolastico 2003-2004, in via transitoria, possono essere iscritti alla scuola dell'infanzia, in forma di sperimentazione, le bambine e i bambini che compiono i tre anni di età entro il 28 febbraio, compatibilmente con la disponibilità dei posti, la recettività delle strutture, la funzionalità dei servizi e delle risorse finanziarie dei comuni, secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità. Alle stesse condizioni e modalità, può essere consentita un'ulteriore, graduale anticipazione, fino al limite temporale del 30 aprile. La modulazione delle anticipazioni è definita con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI).
L'articolo 6 del DL 30 dicembre 2005, n. 273, recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti e convertito dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha quindi prorogato l'applicazione della descritta disposizione transitoria per l'anno scolastico 2006-2007; un ulteriore proroga per l’anno scolastico 2007/2008 è stata disposta dall’art. 1 comma 6 della legge 12 luglio 2006, n. 228 di conversione del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173.
Alla copertura della spesa connessa ai nuovi percorsi, la disposizione in commento provvede utilizzando le risorse di cui all'articolo 7, comma 5, della legge 28 marzo 2003, n. 53, destinate al finanziamento della sperimentazione delle iscrizioni anticipate alla scuola dell’infanzia ed alla scuola primaria (66.198 euro a decorrere dal 2005).
Il comma 8 dispone - a decorrere dal 2007 - la riorganizzazione del sistema dell'istruzione e della formazione tecnica superiore (IFTS), di cui all'articolo 69 della legge144/1999[331], secondo le linee guida adottate con DPCM, su proposta del Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
L'art. 69 della L. 144/1999 ha previsto, a partire dal 1999 un sistema di formazione tecnico-professionale superiore integrata (FIS), di livello non universitario, denominato sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), al quale si accede di norma con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore. L’articolo dispone inoltre che le regioni programmano l'istituzione dei corsi dell'IFTS, sulla base di linee guida definite d'intesa tra i Ministri della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, la Conferenza unificata[332] e le parti sociali.
Con Decreto 31 ottobre 2000, n. 436, il Ministro della Pubblica Istruzione (di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale e il Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica ) ha emanato un regolamento di attuazione[333] dell'articolo 69 sopra citato. Ai sensi di quest’ultimo, i nuovi percorsi sono gestiti da scuola, università, impresa, formazione professionale.
In sede di Conferenza unificata (ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281) sono stati successivamente adottati vari accordi (tra il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, l’ANCI, l’UPI e l’UNCEM ) per la realizzazione dei percorsi della formazione tecnica superiore: da ultimo l’accordo 29 aprile 2005 ha individuato agli standard minimi delle competenze tecnico professionali delle trentasette figure professionali individuate a suo tempo (con Accordo sancito in Conferenza unificata il 1° agosto 2002); mentre l’accordo 25 novembre 2005 ha riguardato la programmazione per il triennio 2004-2006.
Con riguardo ai finanziamenti l’articolo 69 della legge 144/1999 ha disposto l’utilizzo di risorse assegnate dalle regioni nonché di quote del Fondo per l’offerta formativa (istituito dalla legge 18 dicembre 1997, n. 440)- nei limiti delle somme a ciò riservate dal Ministero della pubblica istruzione in sede di ripartizione annuale del fondo.
Si ricorda inoltre che l’IFTS rientra tra gli interventi finanziati dal piano programmatico[334] predisposto ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 53/2003 (recante delega per il riordino dell’istruzione e della formazione professionale) nonché tra le finalità degli stanziamenti assegnati (90 milioni di euro a decorrere dal 2004) per l’attuazione del medesimo piano dall’art . 3 comma 92 della legge finanziaria 2004 (L. 350/2003)
Il comma 9 dispone il potenziamento dell’istruzione degli adulti con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana da parte degli immigrati; a tal fine affida ad un decretodel Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata, la riorganizzazione dei centri territoriali permanenti e dei corsi serali funzionanti presso le istituzioni scolastiche. Le strutture saranno riarticolate su base provinciale (con la denominazione di Centri provinciali per l'istruzione degli adulti) e dotate di autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, nonché di un proprio organico da determinare in sede di contrattazione collettiva nazionale.
I Centri Territoriali Permanenti, istituiti ai sensi dell’Ordinanza Ministeriale n. 455/1997, hanno raccolto ed integrato unitariamente le precedenti esperienze dei corsi di alfabetizzazione e dei corsi per lavoratori. Le attività per gli adulti si svolgono su più sedi anche non scolastiche e sono coordinate dal Centro Territoriale che ha come riferimento amministrativo e didattico una istituzione scolastica della fascia dell’obbligo e come coordinatore responsabile il suo dirigente. Le attività (alfabetizzazione, apprendimento della lingua ecc), si svolgono mediante corsi lunghi di istruzione o moduli a carattere monografico e si concludono con il rilascio di titoli, certificazioni o attestazioni dei crediti formativi acquisiti. L’accesso è gratuito ed aperto a tutte le età, con precedenza per quanti chiedono il conseguimento di un titolo di studio (licenza media). I docenti sono assegnati dagli uffici scolastici regionali.
In sede di Conferenza unificata è stato adottato, il 2 marzo 2000, un accordo sull’educazione degli adulti, cui ha fatto seguito il 6 febbraio 2001 l’emanazione di linee guida da parte del ministero.
Con riguardo ai docenti si ricorda che l’art. 38 del Contratto collettivo nazionale del comparto scuola per il quadriennio 2002-2005 reca disposizioni sulle assegnazioni e l’orario del personale impegnato nel settore dell’educazione degli adulti in relazione alla specificità dell’attività.
Con riguardo ai finanziamenti, lo sviluppo dell’educazione permanente rientra tra gli obiettivi prioritari indicati annualmente dal ministero della Pubblica istruzione in sede di riparto del Fondo per l’offerta formativa (istituito dalla legge 18 dicembre 1997, n. 440), si ricorda inoltre che l’educazione degli adulti è inclusa tra gli interventi da finanziare ai sensi del piano programmatico[335] predisposto in attuazione dell’art. 1 comma 3 della legge 53/2003 (recante delega per il riordino dell’istruzione e della formazione professionale) nonché tra le finalità degli stanziamenti assegnati (90 milioni di euro a decorrere dal 2004), per l’attuazione del medesimo piano, dall’art. 3 comma 92 della legge finanziaria 2004 (L. 350/2003).
Il comma 10 autorizza - per gli esercizi finanziari 2007, 2008 e 2009 - la spesa di 30 milioni di euro, per incrementare la dotazione di attrezzature tecnologiche di supporto alla didattica in tutti gli ordini di scuola.
Secondo la relazione tecnica, tali somme costituiscono una quota dello stanziamento complessivo (220 milioni di euro) autorizzato dal successivo comma 11. Occorrerebbe pertanto valutare l’opportunità di specificare espressamente, nel predetto comma 10, che nell’ambito degli stanziamenti previsti dal comma 11, una quota parte pari a 30 milioni di euro - per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 – è destinata alle predette innovazioni tecnologiche.
Si ricorda che lo sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione informatica rientra tra le iniziative da finanziare ai sensi del piano programmatico[336] predisposto in attuazione dell’art. 1 comma 3 della legge 53/2003( recante delega per il riordino dell’istruzione e della formazione professionale) nonché tra le finalità degli stanziamenti assegnati (90 milioni di euro a decorrere dal 2004) per l’attuazione del medesimo piano dall’art. 3 comma 92 della legge finanziaria 2004 (L. 350/2003).
Il comma 11 autorizza la spesa di 220 milioni di euro a decorrere dal 2007 per la realizzazione degli interventi previsti dai commi precedenti, ad eccezione delle misure per l’edilizia scolastica disposte e finanziate dal comma 3.
Si rinvia a quanto rilevato per il comma 11.
Il comma 12 incrementa per complessivi 100 milioni di euro a decorrere dal 2007 gli importi attualmente iscritti nelle u.p.b “Scuole non statali” destinandoli prioritariamente alle scuole per l’infanzia.
Si osserva che la destinazione prioritaria delle risorse alle scuole per l’infanzia appare eccessivamente generica, in quanto non consente di individuare con certezza i criteri con cui devono essere effettuati gli aumenti negli stanziamenti di bilancio.
L’8 settembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione: “Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione” (COM(2006)481), con la quale la Commissione individua nell’efficienza e nell’equità i temi chiave per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati i sistemi europei d’istruzione e formazione, come previsto dal quadro della Strategia di Lisbona.
(Per altri aspetti della medesima comunicazione v. la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 66.)
La Commissione ritiene, in particolare, che i sistemi di istruzione e formazione dell’obbligo debbano garantire l’istruzione di base e le competenze fondamentali indispensabili per raggiungere il benessere in una società basata sulla conoscenza. I sistemi scolastici con ”smistamento” precoce degli studenti, inoltre, sono considerati dalla Commissione potenzialmente in grado di esasperare le differenze e di generare effetti ancor meno equi, in termini di rendimento degli studenti e della scuola, in particolar modo nei confronti dei bambini svantaggiati. La Commissione ritiene infine che il posticipo dello smistamento al livello secondario superiore, unitamente alla possibilità di passare ad un altro tipo di scuola, possa ridurre la segregazione e promuovere l’equità, senza che diminuisca l’efficienza.
Il documento della Commissione evidenzia l’importanza di un’istruzione preelementare di qualità elevata, in grado di produrre vantaggi a lungo termine sia sul piano dell’apprendimento che su quello socio-economico, in quanto può limitare, in fasi successive dell’esistenza, spese “riparatorie” collegabili alla criminalità, alla salute e alla disoccupazione.
Quanto all’educazione per gli adulti, la Commissione ribadisce il proprio impegno a proseguire il lavoro già avviato, segnatamente attraverso:
- una proposta di raccomandazione relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (COM(2005)548), presentata il 10 novembre 2005, con cui la Commissione mira a realizzare uno strumento di riferimento europeo che definisca le competenze di base “competenze chiave” da fornire a tutti i cittadini, mediante l'apprendimento permanente, per contribuire alla realizzazione personale, alla partecipazione attiva e al miglioramento dell’occupabilità della persona in economie e società basate sulla conoscenza.
La proposta è stata approvata con emendamenti dal Parlamento in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nel corso della seduta del 26 settembre 2006, ed è in attesa di esame da parte del Consiglio.
- Una proposta di regolamento relativo alla produzione e allo sviluppo di statistiche sull'istruzione e sull’apprendimento permanente (COM(2005)625), presentata il 6 dicembre 2005, che si propone di stabilire un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche nel campo dell’educazione e dell’apprendimento permanente nell’Unione europea.
La proposta è attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione.
- Una proposta modificata di decisione che istituisce un programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente (COM(2006)236) per il periodo 2007-2013, intesa ad istituire un nuovo programma integrato di apprendimento permanente (2007-2013), che sostituisce i programmi Socrates, Leonardo da Vinci, e-Learning e connessi, che verranno a scadenza alla fine del 2006, con quattro nuovi programmi specifici[337].
Sulla proposta il Consiglio ha adottato una posizione comune nel corso della riunione del 24 luglio 2006. Il provvedimento, che segue la procedura di codecisione, dovrà essere esaminato dal Parlamento europeo, in seconda lettura, entro il 30 novembre 2006.
- Una proposta di raccomandazione per la creazione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente(COM(2006)479), presentato il 5 settembre 2006, intesa a fornire, nell’ambito della strategia di Lisbona, uno strumento di riferimento per confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE.
L’adozione della proposta, attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione, si prevede possa avvenire entro il 2007.
Su questo ultimo tema il Parlamento europeo ha approvato, nel corso della seduta del 25 settembre 2006, una risoluzione d’iniziativa, estranea cioè ad un procedimento legislativo, sulla creazione di un quadro europeo delle qualifiche.
Il Parlamento europeo sottolinea la necessità di istituire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze al fine di favorirne la trasparenza, la trasferibilità, il riconoscimento e l’impiego da parte dei vari Stati membri nel pieno rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali.
Il Consiglio europeo di primavera 2005, nelle sue conclusioni, ha ricordato che l’apprendimento permanente costituisce una condizione sine qua non per realizzare gli obiettivi di Lisbona. Tale concetto è stato ribadito anche nelle conclusioni del Consiglio europeo di primavera 2006, che ha sottolineato la centralità dell'istruzione e della formazione all’interno dell'agenda di riforme di Lisbona.
In tale contesto, il Consiglio europeo considera fondamentale il programma di apprendimento permanente 2007–2013, affermando che le strategie nazionali per l'apprendimento permanente dovrebbero avvalersi di un'assistenza crescente a livello comunitario, da parte di programmi di istruzione e formazione quali Erasmus e Leonardo. Il Consiglio europeo ha inoltre posto l’accento sulla necessità di un quadro europeo delle qualifiche (EQF), importante per sostenere una maggiore mobilità e un efficiente mercato del lavoro.
Articolo 69
(Università e principali enti pubblici di
ricerca)
1. Il sistema universitario concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, garantendo che il fabbisogno finanziario, riferito alle università statali, ai dipartimenti e a tutti gli altri centri con autonomia finanziaria e contabile, da esso complessivamente generato in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno determinato a consuntivo nell'esercizio precedente, incrementato del 3 per cento. Il Ministro dell'università e della ricerca procede annualmente alla determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascun ateneo, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse e delle esigenze di razionalizzazione del sistema universitario, garantendo l'equilibrata distribuzione delle opportunità formative.
2. Il Consiglio nazionale delle ricerche, l'Agenzia spaziale italiana, l'Istituto nazionale di fisica nucleare, l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, il Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste e l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, garantendo che il fabbisogno finanziario complessivamente generato in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno determinato a consuntivo nell'esercizio precedente incrementato del 4 per cento annuo.
3. Il fabbisogno di ciascuno degli enti di ricerca di cui al comma 2 è determinato annualmente nella misura inferiore tra il fabbisogno programmato e quello realizzato nell'anno precedente incrementato del tasso di crescita previsto dal comma 2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'università e della ricerca e del Ministro dello sviluppo economico, possono essere introdotte modifiche al fabbisogno annuale spettante a ciascun ente di ricerca ai sensi del presente comma, previa compensazione con il fabbisogno annuale degli altri enti di ricerca e comunque nei limiti del fabbisogno complessivo programmato e possono essere altresì determinati i pagamenti annuali che non concorrono al consolidamento del fabbisogno programmato per ciascun ente di ricerca, derivanti da accordi di programma e convenzioni per effetto dei quali gli enti medesimi agiscono in veste di attuatori dei programmi ed attività per conto e nell'interesse dei Ministeri che li finanziano.
4. Per il triennio 2007-2009 continua ad applicarsi la disciplina di cui all'articolo 3, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
5. Il fabbisogno finanziario annuale determinato per il sistema universitario statale dal comma 1 e per i principali enti pubblici di ricerca dal comma 2 è incrementato degli oneri contrattuali del personale limitatamente a quanto dovuto a titolo di competenze arretrate.
Nel quadro del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, per il triennio 2007-2009, l’articolo 69 riduce di un punto percentuale rispetto al triennio precedente il tasso di crescita annuale del fabbisogno finanziario rispettivamente nella misura del 3 per cento per il sistema universitario statale (comma 1) e del 4 per cento per gli enti pubblici di ricerca (comma 2). Tale fabbisogno è incrementato degli oneri contrattuali del personale riguardanti competenze arretrate (comma 5).
Si ricorda che, per il triennio 2004-2006, il tasso di crescita annuale del fabbisogno finanziario – definito dalla legge finanziaria per il 2004[338] - era fissato rispettivamente nella misura del 4 per cento per il sistema universitario statale e del 5 per cento per gli enti pubblici di ricerca, analogamente a quanto previsto per il triennio 1998-2000 dall’articolo 51, commi 1 e 2, delle legge 27 dicembre 1997, n. 449[339] e per il triennio 2001-2003 dall’articolo 56, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388[340].
La medesima legge finanziaria prevede inoltre che gli enti pubblici di ricerca possono stipulare accordi di programma, impegnando anche risorse proprie, con imprese pubbliche e private, ivi comprese le piccole e medie imprese (comma 3). E’ inoltre stabilito che le strutture universitarie specialistiche operanti nei settori strategici per la diffusione del diritto europeo possono promuovere accordi di programma con enti e imprese pubblici e privati al fine di sviluppare programmi didattici e di ricerca per la formazione di nuove figure professionali e manageriali (comma 4).
Il comma 1 demanda inoltre al Ministro dell’università e della ricerca la determinazione annuale del fabbisogno per ciascun ateneo, previo parere della Conferenza dei rettori delle università italiane, mentre il comma 3 stabilisce che il fabbisogno degli enti di ricerca sia determinato nella misura inferiore tra quello programmato e quello realizzato nell’anno precedente incrementato del predetto 4 per cento. Ulteriori modalità di ripartizione – ivi inclusi i pagamenti concernenti le convenzioni e gli accordi di programma - sono demandate ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta Ministro dell’università e della ricerca e del Ministro dello sviluppo economico.
Il comma 4 conferma – per il triennio 2007-2009 – l’esclusione dalla determinazione del fabbisogno finanziario annuale dell'ASI, dei pagamenti relativi alla contribuzione annuale dovuta all'Agenzia spaziale europea (ESA) nonché i pagamenti per programmi in collaborazione con la medesima ESA e programmi realizzati con leggi speciali, ivi compresa la partecipazione al programma “Sistema satellitare di navigazione globale GNSS-Galileo”.
In materia di finanziamento al sistema universitario, si ricorda che l’articolo 1-ter del DL 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla legge n. 43 del 2005, ha dettato nuove norme per la programmazione e valutazione del sistema universitario a partire dal 2006, procedendo ad una rilegificazione della materia contenuta nel DPR 27 gennaio 1998, n. 25[341], che è stato in parte abrogato.
La nuova disciplina introdotta dal DL n. 7 del 2005 prescrive che le università predispongano annualmente (entro il 30 giugno) piani triennali recanti:
- i corsi di studio da attivare, nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonché quelli da sopprimere;
- il programma di sviluppo della ricerca scientifica;
- le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti;
- i programmi di internazionalizzazione;
- il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo determinato e indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilità.
In ordine alla programmazione si dispone inoltre i che programmi siano conformi a linee di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle università italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari e che le università tengano conto delle entrate acquisibili autonomamente.
I programmi predisposti dalle università, ad eccezione del profilo relativo al fabbisogno di personale, sono sottoposti alla valutazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e periodicamente monitorati sulla base di parametri indicati dal Ministro con il supporto del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, e previo parere della Conferenza dei rettori delle università italiane. Sui risultati della valutazione il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca riferisce al Parlamento al termine di ciascun triennio. Dei programmi delle università si tiene conto nella ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario delle università.
Articolo 70
(Disposizioni in materia di personale
delle università e degli enti di ricerca)
1. Per gli anni 2008 e 2009 le università statali e gli enti di ricerca pubblici possono procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite delle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno. Nel rispetto dei predetti vincoli, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, sentita la CRUI, sono definite le percentuali di assunzioni da destinare ai ricercatori universitari.
2. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 57, comma 5, comunque nei limiti delle cessazioni di cui al comma 1 del presente articolo.
3. Nell'anno 2007, gli enti di cui al comma 1 possono avviare procedure, anche concorsuali, volte alla costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, la cui costituzione effettiva non può comunque intervenire in data antecedente al 1o gennaio 2008, fermi i limiti di cui al comma 1 riferiti all'anno 2006.
4. Ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 3, sono fatte salve le assunzioni conseguenti a bandi di concorso già pubblicati ovvero a procedure già avviate alla data del 30 settembre 2006 e i rapporti di lavoro costituiti all'esito dei medesimi sono computati ai fini dell'applicazione dei predetti commi.
5. In aggiunta a quanto previsto dai commi 1, 3 e 4, entro il 31 marzo 2007, il Ministro dell'università e della ricerca, sentiti il Consiglio universitario nazionale e la CRUI, bandisce un piano straordinario di assunzione di ricercatori mediante attribuzione dell'idoneità scientifica nazionale, definendone il numero complessivo e le modalità procedimentali con particolare riferimento agli ambiti disciplinari e ai criteri di valutazione dei titoli scientifici, didattici e dell'attività di ricerca.
6. All'onere derivante dal comma 5 si provvede nel limite di 20 milioni di euro per l'anno 2007, di 40 milioni di euro per l'anno 2008 e di 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.
L’articolo in esame reca disposizioni in tema di personale delle università e degli enti di ricerca, dettando una specifica disciplina per le relative assunzioni meno rigida rispetto agli altri comparti, sulla base dell’importanza dei su menzionati settori per la competitività del Paese.
Il comma 1, per gli anni 2008 e 2009, autorizza le università statali e gli enti di ricerca pubblici a procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato entro il limite dell’80 per cento delle proprie entrate correnti complessive risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno precedente e comunque entro il limite delle cessazioni avvenute nell’anno precedente (2007). Si precisa che la percentuale di assunzioni destinate ai ricercatori universitari nell’ambito dei limiti complessivi previsti sia stabilita con decreto ministeriale, previo parere della CRUI.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 105 della legge finanziaria 2005[342] prevede che, a decorrere dall’anno 2005, le università adottino programmi triennali del fabbisogno di personale (docente, ricercatore e tecnico; a tempo determinato e indeterminato) tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci; per tale profilo viene esteso alle università il sistema di programmazione già applicato nelle amministrazioni statali.
Si evidenzia che la disposizione in esame prevede una specifica disciplina per quanto riguarda le assunzioni del personale degli enti in questione, che deroga a quella più generale di cui all’articolo 57.
Il comma 2 rinvia all’articolo 57, comma 5 (cfr. supra), per quanto riguarda la possibilità di stabilizzazione del personale con rapporto a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009, precisando che la stabilizzazione debba comunque avvenire nei limiti delle cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato intervenute nell’anno precedente.
Sembrerebbe quindi, dal combinato disposto delle due disposizioni, che le università e gli enti di ricerca possano procedere, per gli anni 2008 e 2009, alla stabilizzazione del personale precario in possesso dei requisiti di cui all’articolo 57, comma 2, nel limite delle cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato intervenute nell’anno precedente.
Il comma 3 prevede che gli enti in questione possono avviare già dal 2007 le procedure concorsuali volte alla costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ma che l’instaurazione effettiva di tali rapporti non può comunque intervenire se non dal 1° gennaio 2008.
Si precisa inoltre che le procedure eventualmente avviate nel 2007 devono comunque rispettare i limiti di cui al comma 1, con riferimento però al bilancio consuntivo relativo all’anno 2006 e alle cessazioni dal servizio avvenute nel 2006.
Si osserva che il comma 3 sembrerebbe riferirsi esclusivamente alle assunzioni da effettuare sulla base della disciplina specifica di cui al comma 1. Pertanto sembrerebbe che nell’anno 2007 le università e gli enti di ricerca possano comunque avvalersi della possibilità di effettuare assunzioni sulla base della disposizione generale di cui all’articolo 1, comma 96, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2006).
Tuttavia, al fine di evitare dubbi interpretativi, sarebbe opportuna una precisazione in tal senso nel comma 3.
Il comma 4 prevede che, “ai fini dell’applicazione dei commi 1 e 3”, si può comunque procedere alle assunzioni conseguenti a bandi di concorso già pubblicati ovvero a procedure concorsuali gia avviate alla data del 30 settembre 2006. Tuttavia le assunzioni effettuate sulla base di tali procedure concorrono comunque al raggiungimento dei limiti di cui sopra.
Sembrerebbe che il comma 4 sia volto ad autorizzare, nel caso di concorsi già banditi, anche al fine di tutelare l’affidamento dei soggetti interessati, l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato già nell’anno 2007 e quindi in anticipo rispetto a quanto previsto dai commi 1 e 3 (che come visto autorizzano le assunzioni solamente a partire dall’anno 2008).
Resta tuttavia ferma la disciplina di cui al comma 1 con riferimento ai limiti per le assunzioni.
Il comma 5 autorizza per il 2007 un piano straordinario per l’assunzione di ricercatori, in aggiunta alle assunzioni previste dai commi precedenti.
In particolare si stabilisce che entro il 31 marzo 2007, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sia bandito un piano straordinario per l’assunzione di ricercatori mediante attribuzione dell’idoneità scientifica nazionale.
Si specifica che il piano dovrà definire il numero complessivo di ricercatori da assumere e le modalità procedurali con riferimento in particolare agli ambiti disciplinari e ai criteri di valutazione dei titoli e dell’attività di ricerca.
Il comma 6, al fine dell’attuazione della disposizione di cui al comma precedente, autorizza la spesa di 20 milioni di euro per il 2007, 40 milioni di euro per il 2008 e 80 milioni di euro a decorrere dal 2009.
Dal tenore della norma il piano sembrerebbe riguardare sia le assunzioni nelle università che negli enti di ricerca.
Al riguardo si segnala innanzitutto che l’idoneità scientifica nazionale è stata recentemente introdotta per le procedure di reclutamento dei docenti universitari.
La legge 4 novembre 2005, n. 230, ha infatti dettato - mediante delega al governo poi attuata tramite il D.Lgs. 6 aprile 2006, n. 164[343] - nuove disposizioni concernenti il reclutamento dei professori universitari.
In particolare, sono previste procedure finalizzate al conseguimento dell’idoneità scientifica nazionale – di durata non superiore a quattro anni – bandite annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per ciascuna fascia (ordinari e associati) e per settori scientifico-disciplinari. Il numero dei soggetti che possono conseguire tale idoneità è pari al fabbisogno delle università, incrementato di una quota non superiore al 40 per cento; l’idoneità non comporta diritto all’accesso alla docenza. I giudizi idoneativi si svolgono presso le università, che sostengono anche gli oneri relativi alle commissioni di valutazione.
Per quanto riguarda i ricercatori universitari, la legge conferma in via transitoria - fino al 30 settembre 2013 - la copertura dei posti di ricercatore a tempo indeterminato mediante le procedure concorsuali previste dalla legge 3 luglio 1998, n. 210[344]. Tale legge aveva trasferito alle università la competenza ad espletare le procedure per la copertura dei posti vacanti e la nomina in ruolo di professori ordinari, nonché di professori associati e di ricercatori.
Il reclutamento dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca è invece regolato sulla base delle norme concernenti il pubblico impiego[345]. Nel rispetto delle norme generali e dei singoli decreti di organizzazione degli enti[346], ciascun ente definisce la programmazione pluriennale del fabbisogno del personale e le singole procedure di reclutamento sulla base dei propri regolamenti interni, generalmente nell’ambito di un piano triennale di attività, formulato e rivisto annualmente sulla base del programma nazionale per la ricerca di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 204 del 1998[347].
La norma in esame sembrerebbe pertanto prefigurare, in deroga alle disposizioni sopra citate, una procedura analoga a quella prevista per il reclutamento dei docenti dalla legge n. 230 del 2005. In tale quadro occorrerebbe valutare l’opportunità che la norma definisca le procedure con cui le università e gli enti di ricerca procedono alle assunzioni dei ricercatori che hanno conseguito l’idoneità nazionale, anche prevedendo il coordinamento con la normativa vigente in materia di reclutamento.
Articolo 71
(Divieto temporaneo di istituire nuove
facoltà e corsi di studio)
1. Per gli anni 2007, 2008 e 2009, è fatto divieto alle università statali e non statali, autorizzate a rilasciare titoli accademici aventi valore legale, di istituire ed attivare facoltà e corsi di studio in sedi diverse da quella ove l'ateneo ha la sede legale e amministrativa.
2. Per le facoltà e i corsi di studio già funzionanti alla data di entrata in vigore della presente legge in sedi didattiche diverse da quelle di cui al comma 1, i competenti organi statutari procedono alla modifica ed integrazione delle convenzioni stipulate con gli enti locali e con gli altri enti pubblici e privati sottoscrittori, in modo da assicurare, per un numero di anni non inferiore a venti, il funzionamento ordinario delle facoltà e dei corsi stessi in termini di risorse finanziarie, strumentali e di strutture edilizie.
3. Le convenzioni di cui al comma 2 sono trasmesse al Ministero dell'università e della ricerca entro il 31 dicembre 2007 per l'acquisizione del parere di congruità del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario. In mancanza di trasmissione o in caso di parere negativo, i corsi di studio sono disattivati a decorrere dall'anno accademico successivo a quello in cui è intervenuta la valutazione, fermo restando il diritto, per gli studenti iscritti, di completare il corso entro la durata legale dello stesso.
L’articolo in esame interviene in materia di programmazione universitaria introducendo per il triennio 2007-2009, il divieto per le università di istituire e attivare facoltà e corsi di studio in sedi diverse da quella legale e amministrativa (comma 1).
Le università devono inoltre provvedere, per le facoltà e i corsi di studio decentrati già esistenti, ad integrare le convenzioni con gli enti locali e gli altri enti sottoscrittori, in modo da assicurarne il funzionamento, per almeno venti anni, in termini di risorse finanziarie, strumentali e di strutture edilizie (comma 2).
Ai sensi del comma 3, le predette convenzioni devono acquisire il parere di congruità del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario. In caso contrario, i corsi di studio sono disattivati, fermo restando il diritto, per gli studenti iscritti, di completare il corso entro la durata legale dello stesso.
L’articolo 1-ter del DL 7/2005[348] ha dettato nuove norme per la programmazione e valutazione del sistema universitario a partire dal 2006 (commi 1 e 2); ed ha contestualmente abrogato alcuni articoli del DPR 27 gennaio 1998, n. 25[349] che disciplinavano la materia.
Il particolare il DL n. 7 del 2005 prescrive che le università predispongano annualmente (entro il 30 giugno) piani triennali recanti:
- i corsi di studio da attivare, nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonché quelli da sopprimere;
- il programma di sviluppo della ricerca scientifica;
- le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti;
- i programmi di internazionalizzazione;
- il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo determinato e indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilità.
In ordine alla programmazione si dispone inoltre i che programmi siano conformi a linee di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle università italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari e che le università tengano conto delle entrate acquisibili autonomamente.
I programmi predisposti dalle università, ad eccezione del profilo relativo al fabbisogno di personale, sono sottoposti alla valutazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e periodicamente monitorati sulla base di parametri indicati dal Ministro con il supporto del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, e previo parere della Conferenza dei rettori delle università italiane[350].
Con Decreti Ministeriali 10 aprile 2006 prot. n. 216/2006 e 11 aprile 2006 prot. n. 217/2006 il ministero dell’istruzione università e ricerca aveva definito rispettivamente: le linee generali di indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2007-2009 ed i criteri per il monitoraggio e la valutazione (ex post) dei risultati dei programmi.
Con nota ministeriale 26 maggio 2006 e stato poi comunicato che in data 22 maggio 2006 il Ministro dell'Università e della Ricerca, on. Fabio Mussi, ha richiesto alla Corte dei Conti per ulteriori approfondimenti, la restituzione dei decreti sopra citati ivi depositati ai fini della registrazione.
I contenuti dell’articolo in esame anticipano pertanto le indicazioni delle linee di indirizzo ministeriali per il triennio 2007-2009 le quali, come sintetizzato sopra, non risultano allo stato perfezionate.
Si segnala infatti, a titolo informativo, che l’allegato 1 al DM 216 /2006 sulla programmazione universitaria (poi ritirato) recava, tra l’altro, indicazioni per l’attivazione di nuovi corsi in sede diversa da quella dell’università; veniva prescritto il rilascio di un’autorizzazione del ministero, previo relazione tecnica favorevole del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario e pareri favorevoli del Comitato regionale (ovvero provinciale) di coordinamento e del Nucleo di valutazione di Ateneo. Si prevedeva inoltre che le strutture edilizie e strumentali fossero assicurate dall’Università, ovvero mediante convenzione, da enti pubblici e privati per un numero di anni non inferiore a 20.
Si segnala in proposito che la disposizione rilegifica una materia demandata ad un decreto ministeriale dal citato art. 1-ter del DL 7/2005.
Articolo 72
(Effetti sui saldi di finanza pubblica)
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare: 1.622 milioni di euro per l'anno 2007; 28 milioni di euro per l'anno 2008; 16 milioni di euro per l'anno 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico: 4.409 milioni di euro per l'anno 2007; 4.948 milioni di euro per l'anno 2008; 5.436 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 4.409 milioni di euro per l'anno 2007; 4.948 milioni di euro per l'anno 2008; 5.436 milioni di euro per l'anno 2009.
Si rinvia alla scheda
generale sugli effetti sui saldi di finanza pubblica a pag.
1. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 con il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.
2. A decorrere dall'anno 2007, è avviata una sperimentazione, con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano indicate dalla Conferenza Stato-regioni, finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario. I criteri di definizione del saldo e le modalità di sperimentazione sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la predetta Conferenza.
3. In attesa dei risultati della sperimentazione di cui al comma 2, per il triennio 2007-2009, il complesso delle spese finali di ciascuna regione a statuto ordinario, determinato ai sensi del comma 4, non può essere superiore, per l'anno 2007, al corrispondente complesso di spese finali dell'anno 2005 diminuito dell'1,8 per cento e, per gli anni 2008 e 2009, non può essere superiore al complesso delle corrispondenti spese finali dell'anno precedente, calcolato assumendo il pieno rispetto del patto di stabilità interno, aumentato, rispettivamente, del 2,5 per cento e del 2,4 per cento.
4. Il complesso delle spese finali è determinato dalla somma delle spese correnti ed in conto capitale, al netto delle:
a) spese per la sanità, cui si applica la specifica disciplina di settore;
b) spese per la concessione di crediti.
5. Le spese finali sono determinate sia in termini di competenza sia in termini di cassa; con riferimento alla competenza, le spese finali si calcolano assumendo i dati di competenza per le spese correnti e quelli di cassa per le spese in conto capitale.
6. Per gli esercizi 2007, 2008 e 2009, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministro dell'economia e delle finanze il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale, nonché dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2007-2009; a tale fine, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze. In caso di mancato accordo si applicano le disposizioni stabilite per le regioni a statuto ordinario. Per gli enti locali dei rispettivi territori provvedono alle finalità di cui all'articolo 74 le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi delle competenze alle stesse attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione. Qualora le predette regioni e province autonome non provvedano, entro il 31 marzo di ciascun anno, si applicano, per gli enti locali dei rispettivi territori, le disposizioni previste per gli altri enti locali dall'articolo 74.
7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono al riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dal comma 6, anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, in misura proporzionale all'incidenza della finanza di ciascuna regione a statuto speciale o provincia autonoma sulla finanza regionale e locale complessiva, anche mediante l'assunzione dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione, entro il 31 marzo 2007 e con le modalità stabilite dai rispettivi statuti, di specifiche norme di attuazione statutaria; tali norme di attuazione precisano le modalità e l'entità dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o comunque per annualità definite.
8. Resta ferma la facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di estendere le regole del patto di stabilità interno nei confronti dei loro enti ed organismi strumentali.
9. Il limite di indebitamento di cui all'articolo 10, secondo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, e successive modificazioni, è ridotto dal 25 per cento al 20 per cento. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano rideterminano il limite del proprio indebitamento in coerenza con la riduzione disposta per le regioni a statuto ordinario.
10. Ai fini del rispetto del principio del coordinamento della finanza pubblica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano autorizzano le proprie strutture sanitarie alla contrazione di mutui e al ricorso ad altre forme di indebitamento, secondo quanto stabilito dall'articolo 3, commi da 16 a 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, fino ad un ammontare complessivo delle relative rate, per capitale ed interessi, non superiore al 15 per cento delle entrate proprie correnti di tali strutture. Le regioni e le province autonome sono tenute ad adeguare i rispettivi ordinamenti; è fatta comunque salva la facoltà di prevedere un limite inferiore all'indebitamento.
11. Sulla base degli esiti della sperimentazione di cui al comma 2, si procede, anche nei confronti di una sola o più regioni o province autonome, a ridefinire legislativamente le regole del patto di stabilità interno e l'anno di prima applicazione delle regole.
12. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito www.pattostabilita.rgs.tesoro.it, le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza, come definita nel comma 5, sia quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero sentita la Conferenza Stato-regioni.
13. Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ciascuna regione e provincia autonoma è tenuta ad inviare, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente e dal responsabile del servizio finanziario secondo un prospetto e con le modalità definite dal decreto di cui al comma 12.
14. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2007-2009, accertato con la procedura di cui al comma 13, il Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, diffida la regione ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di riferimento. Detti provvedimenti devono essere comunicati al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro la medesima data, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 12. Qualora l'ente non adempia, il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, adotta entro il 30 giugno i necessari provvedimenti che devono essere comunicati, entro la medesima data, con le stesse modalità. Allo scopo di assicurare al contribuente l'informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, cura la pubblicazione sul sito informatico di cui al comma 12 degli elenchi contenenti le regioni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelle che hanno adottato opportuni provvedimenti e di quelle per le quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione.
15. Decorso inutilmente il termine del 30 giugno previsto dal comma 14, nella regione interessata, con riferimento all'anno in corso, si applica automaticamente:
a) l'imposta regionale sulla benzina per autotrazione, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, nella misura di euro 0,0258, con efficacia dal 15 luglio;
b) la tassa automobilistica, di cui al titolo III, capo I, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con l'aumento di 5 punti percentuali delle tariffe vigenti.
16. Nelle regioni in cui l'imposta regionale sulla benzina è già in vigore nella misura massima prevista dalla legge si applica l'ulteriore aumento di euro 0,0129.
17. Scaduto il termine del 30 giugno i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto i tributi di cui ai commi 15 e 16.
L’articolo 73 detta la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano con riferimento al triennio 2007-2009.
A differenza dello scorso anno, in cui le regole del Patto erano definite in modo uniforme per tutte le tipologie di enti territoriali, nel disegno di legge finanziaria in esame la disciplina del Patto di stabilità per il 2007 viene definita in modo differenziato per le regioni e per gli enti locali, mantenendo un’impostazione basata sul principio dell’evoluzione controllata della spesa per le regioni (articolo 73) e tornando, invece, ad una impostazione basata sul vincolo riferito alla crescita del disavanzo finanziario per gli enti locali (articolo 74).
Secondo le indicazioni della relazione tecnica al disegno di legge (A.C. 1746), l’effetto di riduzione dell’indebitamento netto per il 2007,che dovrebbe derivare dalle nuove regole del patto per regioni e province autonome, viene stimato nella relazione tecnica in 1.760 milioni di euro, di cui 387 milioni di euro riconducibili alle province e 2.242 milioni ai comuni.
L’effetto sull’indebitamento netto per il 2007 del patto di stabilità per gli enti locali è invece valutato in ulteriori 2.620 milioni di euro (di cui 387 milioni di euro riconducibili alle province e 2.242 milioni ai comuni), per un effetto complessivo di risparmio pari a 4.380 milioni di euro.
Come già previsto dalla normativa precedente, le regole del patto vengono poste in relazione all’esigenza di assicurare il concorso di tutti gli enti territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica (comma 1), in considerazione del fatto che i vincoli sul disavanzo e sul debito, previsti dal Trattato CE e dal Patto di stabilità e crescita, si riferiscono al complesso delle amministrazioni pubbliche.
Il rispetto di tali vincoli, di cui il Governo è responsabile di fronte alle istituzioni comunitarie, dipende dal comportamento di tutti i livelli di governo con autonomia decisionale in materia di entrata e di spesa.
Al tempo stesso, il comma 1 inquadra la disciplina del patto di stabilità interno nell’ambito del titolo V della Costituzione, precisando che la disciplina del patto reca i princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, e 119, comma secondo, della Costituzione.
Il riferimento alla funzione di coordinamento della finanza pubblica vale non solo a indicare la funzione del patto di stabilità interno, ma anche a individuare il fondamento della competenza dello Stato nel dettarne la disciplina con propria legge.
Si osserva peraltro che, ai sensi dell’articolo 217, comma 2, tutte le disposizioni del disegno di legge finanziaria in esame costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
In relazione al Titolo V, il rispetto delle regole del patto di stabilità interno viene altresì posto in relazione all’esigenza di garantire la “tutela dell’unità economica della Repubblica”, che, ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione, può giustificare l’intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni e degli enti locali.
Come già accennato, le disposizioni dell’articolo 73 in esame definiscono una disciplina del Patto di stabilità interno per le regioni, mantenendo, come gli scorsi anni, un’impostazione basata sul principio dell’evoluzione controllata della spesa.
Tuttavia, il comma 2 prevede che, a decorrere dal 2007, venga avviata una sperimentazione, con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario, in sostituzione del criterio di contenimento della spesa, introdotto a partire dal 2002.
I criteri e le modalità per la sperimentazione nonché di definizione del saldo finanziario saranno definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni.
Il comma 11 contiene una disposizione che prevede di poter anticipare in corso d’anno l’operatività delle modificazioni alla disciplina del patto di stabilità interno che dovranno scaturire dalla sperimentazione avviata ai sensi del comma 2 del medesimo articolo.
La norma stabilisce, infatti, che in base agli esiti della sperimentazione si procede a “ridefinire le regole del patto di stabilità interno” anche nei confronti di una sola regione o provincia autonoma. Contestualmente si stabilisce anche il termine (l’anno) dal quale entra in vigore la nuova disciplina. La ridefinizione è operata legislativamente.
Il rinvio alla legislazione successiva non può che riferirsi all’adozione di una legge ordinaria, che potrà essere attivata da un disegno di legge governativo (ma nulla esclude un’iniziativa di carattere parlamentare). Più incerta appare la possibilità di ricorrere ad un decreto-legge, che, ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, può essere adottato solo in casi straordinari di necessità ed urgenza.
Dalla disposizione in esame non può peraltro farsi discendere alcun obbligo di adozione di un provvedimento di carattere legislativo.
Emerge comunque un favor per la strutturazione della disciplina del patto sul governo del saldo finanziario in luogo dei vincoli all’espansione della spesa.
In attesa dei risultati della sperimentazione di cui al comma 2, per il triennio 2007-2009, il patto di stabilità per le regioni e le province autonome continua ad essere basato sul criterio del contenimento delle spese.
Rispetto alla normativa in vigore nel 2006, che definiva vincoli diversificati con riferimento alle spese correnti e alle spese di conto capitale, in particolare imponendo una riduzione delle spese correnti e consentendo una crescita programmata delle spese di investimento, le nuove regole del Patto di stabilità interno prevedono un vincolo unico di riduzione delle spese finali, che includono sia le spese correnti che le spese in conto capitale.
Per le regioni a statuto ordinario, il comma 3stabilisce che per ciascuna regione il complesso delle spese finali per l’anno 2007, come determinato ai sensi del comma 4, non può essere superiore al corrispondente complesso di spese finali dell'anno 2005 diminuito dell'1,8 per cento.
Per gli anni 2008 e 2009, si applica, invece, una percentuale di incremento, rispettivamente, del 2,5 per cento e del 2,4 per cento rispetto all’anno precedente, calcolato assumendo il pieno rispetto del patto di stabilità interno.
Si ricorda che la legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 139, legge n. 266/2005) fissava per il triennio 2006-2008 i seguenti limiti alle spese di parte corrente e di conto capitale delle regioni a statuto ordinario:
§ il complesso delle spese correnti per l'anno 2006 non poteva essere superiore al corrispondente ammontare di spese correnti dell'anno 2004, diminuito del 3,8 per cento.
Per gli anni 2007 e 2008, si sarebbe applicata, invece, la percentuale di incremento, rispettivamente, dello 0,4 per cento e del 2,5 per cento rispetto all’anno precedente;
§ il complesso delle spese in conto capitale nel 2006 non poteva essere superiore al corrispondente ammontare di spese in conto capitale dell'anno 2004, aumentato del 4,8 per cento.
Per ciascuno degli anni 2007 e 2008, si sarebbe applicata la percentuale di incremento del 4 per cento al complesso delle corrispondenti spese in conto capitale dell'anno precedente.
Nella determinazione del complesso delle spese finali rilevanti ai fini del Patto, non si calcolano alcune particolari voci di spesa indicate dal comma 4.
Sono escluse dalla disciplina del patto:
a) le spese per la sanità, cui si applica la specifica disciplina di settore[351];
b) le spese per la concessione di crediti, in quanto, trattandosi di operazioni finanziarie, non sono rilevanti ai fini del conto economico delle amministrazioni pubbliche.
Va segnalato, a tale riguardo, che rispetto alla disciplina precedente, che prevedeva un elenco molto ampio di voci escluse, per il 2007 dal complesso delle spese finali vengono espunte le sole operazioni finanziarie e la sanità, i cui limiti di spesa sono fissati con una disciplina specifica.
Per l’anno 2006, risultavano escluse dal complesso delle spese correnti e in conto capitale le seguenti voci:
§ le spese per il personale, che risultano dalla specifica disciplina dettata dai commi 198-200, nonché dagli esiti della contrattazione;
§ le spese per la sanità, per la quale sono previste regole specifiche, dettate dalla disciplina di settore;
§ le spese per trasferimenti correnti e in conto capitale destinati alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, in quanto voci di spesa che risultano consolidate nell’ambito del conto economico delle P.A.;
§ le spese per interessi passivi;
§ le spese per calamità naturali, di parte corrente e in conto capitale, per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza e le spese sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazioni di stato di emergenza;
§ le spese per oneri derivanti da sentenze che originino debiti fuori bilancio;
§ le spese correnti e in conto capitale derivanti dall’esercizio di funzioni trasferite o delegate da parte delle regioni ed esercitate dagli enti locali a partire dal 1° gennaio 2005, nei limiti dei corrispondenti trasferimenti attribuiti dall’amministrazione regionale;
§ le spese derivanti da concessioni di crediti, in quanto, trattandosi di operazioni finanziarie, non sono rilevanti ai fini del conto economico delle amministrazioni pubbliche.
Inoltre, ai sensi del comma 5, il complesso delle spese finali cui si applicano i vincoli di incremento è considerato con riferimento sia alla gestione di competenza che alla gestione di cassa.
Con riferimento alla competenza, il comma precisa che le spese finali si calcolano assumendo i dati di competenza per le spese correnti e quelli di cassa per le spese in conto capitale (a differenza di quanto disposto in passato, in cui il riferimento era al complesso degli impegni).
Tale modalità di calcolo è volta a definire l’aggregato di spesa in una accezione più simile a quella utilizzata a livello europeo, per il Patto di stabilità e crescita.
I commi 6, 7 e 8 disciplinano le modalità attraverso le quali ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma definisce – d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze - la misura ed i termini del rispettivo concorso al conseguimento degli obiettivi posti dal Patto di stabilità interno.
Come già nelle leggi finanziarie precedenti[352] (da ultimo, la legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 38-40 - Legge finanziaria 2005 e la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 148 – Legge finanziaria 2006), si tratta di una disciplina che:
§ esplicita l’assoggettamento delle regioni a statuto speciale agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dal ‘Patto’ e, dunque, impone ad esse l’obbligo di partecipare alla riduzione della spesa pubblica (rectius, del fabbisogno dello Stato);
§ stabilisce il principio della definizione di una intesa sulla misura e sulle modalità di tale concorso, in ossequio alle potestà e prerogative stabilite dai rispettivi statuti speciali e dalle loro norme di attuazione;
§ prevede l’applicazione della disciplina stabilita per le regioni a statuto ordinario e per gli enti locali della restante parte del territorio nazionale, qualora – per qualsiasi causa – l’intesa non sia raggiunta entro il 31 marzo dell’anno di riferimento
Le regioni a statuto speciale e le province autonome, le quali hanno tutte competenza legislativa primaria in materia di enti locali (ordinamento e finanza) estendono l’applicazione del Patto agli enti locali dei rispettivi territori e, se lo ritengono opportuno, agli enti strumentali che da essa dipendono.
Per ottenere risparmi ulteriori e permanenti per il bilancio dello Stato, il comma 7 introduce una disposizione direttiva, non prevista nelle leggi finanziarie precedenti, intesa a trasferire alle amministrazioni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome gli oneri relativi a funzioni di competenza delle regioni stesse che sono attualmente esercitate dallo Stato. Questa ri-appropriazione di funzioni avverrebbe a totale carico del bilancio della regione e della provincia autonoma ‘ricevente’, senza corrispettivo di ulteriori trasferimenti o maggiorazione di aliquote di compartecipazione ai tributi erariali.
Il comma 6 stabilisce modalità e termini per il raggiungimento dell’intesa con la regione e per la disciplina che deve applicarsi ai rispettivi enti locali:
§ entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento il Presidente della regione o della provincia autonoma trasmette la propria proposta al Ministero dell’economia e delle finanze; si tratta di una disposizione che non era prevista nelle leggi finanziarie precedenti;
§ nel merito, per ciascuna regione la disciplina del patto deve stabilire vincoli di competenza e di cassa, per le spese correnti e per le spese in conto capitale, per modo che i rispettivi andamenti nell’esercizio si conformino e conseguano «gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2007-2009»; questi, pertanto, devono assumere come base per la determinazione dei propri livelli di spesa i medesimi parametri stabiliti dal comma 3 per le regioni a statuto ordinario (v. la relativa scheda);
§ nel caso in cui l’intesa non sia operativa entro il 31 marzo dell’anno di riferimento, alla regione o alla provincia autonoma che non abbia raggiunto l’intesa «si applicano le disposizioni stabilite per le regioni a statuto ordinario»;
§ sanzione analoga è disposta per il caso che entro la medesima data – 31 marzo – la regione o la provincia autonoma non abbia provveduto ad approvare la disciplina da applicare agli enti locali del proprio territorio: a quegli stessi si applicano le disposizioni previste dall’articolo 74 del testo in esame per gli enti locali situati nelle territorio delle regioni a statuto ordinario.
Il comma 7 stabilisce un ulteriore onere a carico della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome: ridurre l’ammontare dei propri finanziamenti a carico del bilancio statale per una «misura proporzionale all’incidenza della finanza di ciascuna regione a statuto speciale o provincia autonoma sulla finanza regionale e locale complessiva»; in altri termini, atteso un determinato «risparmio per il bilancio dello Stato» ciascuna regione a statuto speciale e ciascuna provincia autonoma vi concorre in proporzione al valore percentuale che il complesso della propria finanza (regionale e locale) rappresenta rispetto al valore nazionale della finanza regionale e locale.
Per la verità, più che diretta a stabilire un ulteriore risparmio per il bilancio dello Stato – ulteriore e diverso da quello che la relazione tecnica quantifica a carico del patto di stabilità per il complesso delle regioni e province autonome (al quale concorrono le disposizioni di cui al comma 6), - il comma 7 è inteso a prospettare una diversa modalità di conseguimento dell’obiettivo posto a ciascuna regione dai vincoli stabiliti nel comma 6: le regioni a statuto speciale e le province autonome possono – definendo ed accettando senza corrispettivo finanziario norme di attuazione dei rispettivi statuti – assumere a loro carico ulteriori funzioni (attività amministrative, personale e beni) ora esercitate dallo Stato nei rispettivi territori. La relativa spesa attualmente a carico del bilancio statale diverrebbe per questo una appostazione da ascrivere in economia: un risparmio. In questo caso i relativi decreti di attuazione dovrebbero essere emanati entro il 31 marzo 2007. Il risparmio sarebbe in tal caso permanente, nel caso di funzioni e spese a carattere continuativo, o per annualità definite, nel caso in cui l’onere trasferito concernesse una funzione da esercitarsi, o una spesa da erogare (in forza della legislazione vigente) soltanto per talune annualità.
Il comma 8 consente alle regioni e alle Province autonome di estendere «le regole del patto di stabilità interno nei confronti dei loro enti e organismi strumentali». La disposizione consente alle regioni e alle province autonome di computare nei risparmi a loro carico anche quelli che essi ottengono formalmente a carico di bilanci degli enti e degli organismi della propria finanza decentrata.
Si ricorda, in proposito, che bilancio, risorse e contabilità degli enti strumentali sono disciplinati da ciascuna regione in forza della piena autonomia di organizzazione.
Il comma 9 dell’articolo in esame riduce dal 25 al 20 per cento delle entrate proprie di natura tributaria (Titolo primo dell’entrata) la quota massima annuale che le regioni e le province autonome possono iscrivere in bilancio per l’ammortamento dei mutui in essere (interessi da corrispondere e restituzione del capitale). Per le strutture sanitarie (aziende sanitarie, aziende ospedaliere, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ecc.) il comma 10 fissa la medesima quota al 15 per cento mentre attualmente, nella differenziata disciplina di ciascuna regione, ha anch’essa il 25 per cento come limite massimo.
Il limite massimo dell’onere sul bilancio annuale dell’indebitamento determinato dalla contrazione di mutui o di altre forme di provvista finanziaria non ‘a breve’[353] è stabilito per le regioni a statuto ordinario dall’articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario (la legge finanziaria ‘istitutiva’ delle regioni) con riferimento alle (scarse) entrate che allora affluivano ai capitoli del Titolo Primo dell’Entrata: le risorse di natura tributaria costituivano circa il 10 per cento del complesso delle entrate di quelle regioni. Ne conseguiva di riflesso un forte contenimento alla capacità di indebitamento della regione.
Le norme di contabilità regionale sono state poi integrate e specificate dalla disciplina che ciascuna regione si è data ma quel limite è stato costantemente ribadito perché derivante dalla potestà di coordinamento della finanza e dei bilanci posta dalla Costituzione in mano alla legge dello Stato.
Di fatto però nel tempo, a partire dagli ultimi anni ottanta, la composizione delle entrate delle regioni a statuto ordinario è andata modificandosi significativamente, dacché la maggior parte delle somme che affluivano al titolo secondo del bilancio come trasferimenti erariali è stata sostituita da entrate di natura tributaria, iscritte ora al Titolo primo; così tutti i trasferimenti prima imputati al fondo regionale di sviluppo (art. 9 della legge n. 281/70) e, per quasi l’80 per cento di ogni bilancio regionale, gran parte del finanziamento della spesa sanitaria corrente (il Fondo sanitario nazionale/regionale nelle sue successive trasformazioni).
Queste modificazioni hanno fatto aumentare notevolmente la cifra corrispondente a quel limite del 25 per cento e, corrispettivamente, la capacità di indebitamento della regione nonché lo stock del debito che è andato accumulandosi.
La disposizione in esame riduce quel limite di cinque punti percentuali. Alla nuova misura dovranno immediatamente conformarsi i bilanci in via di approvazione e – secondo i termini di efficacia delle norme di principio - la disciplina di ciascuna regione, quando essa non abbia autonomamente già stabilito un limite uguale o inferiore.
Al nuovo limite dovranno anche adeguarsi le norme di contabilità delle regioni a statuto speciale e delle province autonome pur se in questa materia esse vantano una potestà legislativa di natura primaria. In tal senso si esprime esplicitamente il secondo periodo del comma in esame facendo appello alla competenza concorrente dello stato in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Quel principio è nuovamente e ripetutamente richiamato dal successivo comma 10 per radicare il limite di indebitamento che questo stabilisce al 15 per cento per le aziende sanitarie, le aziende ospedaliere ed ogni altra ‘struttura sanitaria’ nella quale sia organizzato il servizio sanitario regionale. Anche in questo caso l’ultimo periodo del comma esplicita il vincolo per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano imponendo a queste di «adeguare i rispettivi ordinamenti», fatta salva la facoltà di fissare un limite ancora inferiore.
Per le ‘strutture sanitarie’ il limite del 15 per cento è calcolato sull’ammontare delle “entrate proprie” le quali – non di natura tributaria – sono costituite dal trasferimento della regione e dagli incassi diretti per ticket e altre forme di partecipazione diretta dei cittadini all’assistenza sanitaria. Si ricorda per altro che la regione sopporta direttamente a carico del proprio bilancio il ricorso all’indebitamento (o le quote ad essa spettanti) per il ripiano dei disavanzi delle ASL e delle aziende ospedaliere.
Più in generale la potestà di indebitamento delle regioni e degli enti locali e, perciò, anche delle ASL e delle aziende sanitarie, è disciplinata dall’articolo 3, commi 16-21 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004), si tratta di disposizioni emanate principalmente per dare concreta attuazione all’articolo 119, sesto comma, penultimo periodo, delle Costituzione che consente ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni di «ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento». Quelle disposizioni (comma 16, ultimo periodo) obbligano le regioni ad estendere il divieto di indebitamento anche alle aziende sanitarie ed ospedaliere. All’assunzione di mutui sono assimilati «l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata non collegati a un'attività patrimoniale preesistente e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all'85 per cento del prezzo di mercato dell'attività oggetto di cartolarizzazione valutato da un'unità indipendente e specializzata. Costituiscono, inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche.»
Resta salva la disciplina dell’indebitamento a breve e delle anticipazioni di tesoreria.
Il comma 18 elenca dettagliatamente le opere che sono considerate ‘di investimento’ ai fini della legittimità del ricorso all’indebitamento. Quell’elenco può essere aggiornato ed integrato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT (art. 20).
L’articolo 21, come nelle disposizioni in esame, ribadisce che i principi posti da queste norme si applicano anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome le quali sono tenute ad adeguare di conseguenza la propria legislazione.
I commi 12 e 13 dell’articolo in esame definiscono le modalità del monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno.
La disposizione introdotta dal comma 12 delinea per le regioni e le province autonome un sistema sostanzialmente analogo a quanto già previsto dalla disciplina precedente, consistente nell’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa.
La comunicazione dovrà essere indirizzata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, attraverso l’utilizzo del sistema web appositamente istituito per il monitoraggio del patto di stabilità.
Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni.
Nuovi adempimenti, rispetto alla disciplina precedente, sono invece disposti dal comma 13,ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno.
In particolare, la norma prevede che ciascuna regione e provincia autonoma debba inviare, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 12.
I commi in esame determinano gli obblighi che possono essere posti a carico delle regioni e delle province autonome che non rispettano il patto di stabilità interno relativo agli anni 2007-2009 e, contestualmente, la disciplina per l’attivazione del potere sostitutivo da parte dello Stato nel caso in cui esse non adempiano a tali obblighi.
L’attivazione del potere sostitutivo nei confronti delle regioni e delle province autonome fa capo alle disposizioni dell’articolo 120 della Costituzione e alla disciplina attuativa dettata dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3[354]. La disciplina generale prevede che si esplichi obbligatoriamente una procedura contestativa, seguita eventualmente da un termine monitorio e, solo successivamente, dalla attivazione del potere sostitutivo.
In caso di mancato raggiungimento da parte delle regioni e delle province autonome dell’obiettivo annuale posto dal patto, accertato con la certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, ed inviata al Ministero dell'economia entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, il comma 14 in esame prevede l’intervento del Presidente del consiglio dei Ministri che, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), diffida la regione ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di riferimento (fase monitoria).
La «diffida» reca non solo gli elementi conoscitivi e valutativi della decisione, ma anche l’indicazione dei provvedimenti ‘correttivi’ da assumere; la disposizione in esame lascia indefinita la natura e la tipologia delle azioni che il Presidente del Consiglio dei ministri può prescrivere, né indica per questi una eventuale sede valutativa (Conferenza Stato-Regioni o ‘Tavolo politico’, come ad esempio prevede l’intesa del 23 marzo 2005 per la sanità).
Il procedimento di riconduzione dei conti di dell’ente entro i limiti stabiliti dal patto si esplica secondo le seguenti fasi:
1. La regione ‘diffidata’ è tenuta a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato i provvedimenti che intende adottare per riportare i conti in linea con gli obiettivi del patto di stabilità interno, entro la data indicata del 31 maggio, con le modalità che saranno definite dal decreto, di cui al comma 12, relativo alle procedure di monitoraggio.
La regione ‘diffidata’ deve adempiere entro il 31 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento; il termine è posto in via assoluta, senza riferimento ad un tempo minimo che debba intercorrere fra la diffida ed il termine per adempiere.
2. Nel caso in cui la regione o la provincia autonoma non adempia nei termini indicati,il suo Presidente è nominato ex lege commissario ad acta. Questi deve adottare entro il 30 giugno del medesimo anno gli stessi provvedimenti che l’ente[355] non ha assunto entro il 31 maggio, che devono essere comunicati al Ministero dell’economia e finanze, entro la medesima data, con le modalità indicate dal decreto di cui al comma 12.
Ai sensi del comma 17, scaduto il termine del 30 giugno al commissario ad acta è fatto divieto di adottare misure che comprendano l’aumento delle aliquote dei tributi regionali, indicati ai commi 15 e 16.
Queste due fasi sono accompagnate da una disciplina della pubblicità delle situazioni di crisi e della loro evoluzione. Il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato deve infatti pubblicare su di un apposito sito informatico (v. comma 12) le informazioni relative alle:
§ regioni che non hanno rispettato il patto di stabilità,
§ regioni che hanno adottato gli atti (di risanamento) prescritti;
§ regioni i cui commissari ad acta non hanno inviato le prescritte comunicazioni.
Questi elenchi devono consentire al contribuente regionale la conoscenza di provvedimenti correttivi o sanzionatori che prescrivono l’innalzamento delle aliquote di tributi cui essi sono soggetti.
3. Qualora il Commissario ad acta non assuma i provvedimenti prescritti entro il 30 giugno sopra indicato, si attiva la fase sanzionatoria vera e propria; la ‘sanzione’ è costituita dall’aumento diretto (anche questo ex lege) delle aliquote di due imposte regionali per le quali la legge indica anche la misura dell’aumento:
- l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione; imposta istituita con il decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, articolo 17, ma che di fatto non è stata introdotta da nessuna regione. Tre regioni hanno adottato per la verità la relativa legge (Molise L.R. 31-12-2004, n. 38, Piemonte L.R. 31-08-1993, n. 47 e Puglia L.R. 17-02-1994, n. 9) ma la loro efficacia è condizionata alla adozione delle disposizioni applicative; disposizioni che nessuna ha adottato. La misura prescritta dalla disposizione in esame prevede l’applicazione della aliquota massima attualmente applicabile: 0,0258 euro; l’automatismo dovrebbe applicarsi a partire dal 15 luglio dell’anno in cui la procedura sostitutiva è stata attivata.
Il comma 16 specifica che nelle regioni in cui l’imposta si già applica con l’aliquota massima (dovrebbero essere attualmente quelle sopra indicate) la sanzione è ridotta alla metà: 0,0129 euro;
- la tassa automobilistica regionale (da ultimo, articolo 5-quinquies, D.L. 282/2002, convertito in legge n. 27 del 21 febbraio 2003), per una misura pari al 5 per cento dell’imposta vigente che si applica a ciascun veicolo nella regione. Si ricorda che se pure per una misura contenuta, le aliquote sono differenziate per gruppi di regioni che hanno utilizzato la facoltà di modificarle nei limiti previsti dalla legge.
La seguente tabella riassume il contributo delle regioni al miglioramento dei saldi in applicazione delle disposizioni sul patto di stabilità:
Indebitamento netto e fabbisogno
(milioni
di euro)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Regioni |
1.760 |
1.970 |
2.170 |
Totale patto di stabilità |
4.380 |
4.920 |
5.420 |
% concorso Regioni |
40,2 |
40,0 |
40,0 |
Si osserva che tale effetto di miglioramento dell’indebitamento netto dovrebbe essere aggiuntivo rispetto a quello derivante dall’applicazione del patto di stabilità sulla base della legge finanziaria 2006, i cui effetti dovrebbero essere già considerati nel quadro tendenziale.
Articolo 74
(Patto di stabilità interno per gli enti
locali)
1. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 con il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.
2. La manovra finanziaria è fissata in termini di riduzione del saldo tendenziale di comparto per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. La determinazione del concorso di ciascuno degli enti di cui al comma 1 è disciplinata dai commi 3 e 4; i commi 5 e 6 individuano i saldi finanziari che devono registrare il miglioramento corrispondente all'entità del concorso.
3. Per la determinazione del proprio obiettivo specifico di miglioramento del saldo, gli enti di cui al comma 1 devono seguire la seguente procedura:
a) calcolare la media triennale per il periodo 2003-2005 dei saldi di cassa, come definiti al comma 4 e risultanti dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa, solo se negativa, i seguenti coefficienti:
1) province: 0,456 per l'anno 2007, 0,277 per l'anno 2008 e 0,199 per l'anno 2009;
2) comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,500 per l'anno 2007, 0,435 per l'anno 2008 e 0,418 per l'anno 2009;
b) calcolare la media triennale della spesa corrente sostenuta in termini di cassa in ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, come risultante dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa i seguenti coefficienti:
1) province: 0,038 per l'anno 2007, 0,023 per l'anno 2008 e 0,017 per l'anno 2009;
2) comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,034 per l'anno 2007, 0,030 per l'anno 2008 e 0,028 per l'anno 2009;
c) determinare l'importo annuo della manovra mediante la somma degli importi, considerati in valore assoluto, di cui alle lettere a) e b).
4. Il saldo finanziario di cui al comma 3 è calcolato in termini di cassa quale differenza tra entrate finali, correnti e in conto capitale, e spese finali, correnti e in conto capitale, quali risultano dai conti consuntivi. Nel saldo finanziario non sono considerate le entrate derivanti dalla riscossione di crediti e le spese derivanti dalla concessione di crediti.
5. Per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 gli enti devono conseguire un saldo finanziario, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata ai sensi del comma 3, lettera c).
6. Ai fini del comma 5, il saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa, quale differenza tra le entrate finali e le spese finali; il saldo finanziario in termini di competenza, da considerare ai fini del presente comma, è costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi totali e pagamenti totali, per la parte in conto capitale. Nel saldo finanziario non sono considerati:
a) i trasferimenti dallo Stato, sia di parte corrente sia in conto capitale, ivi compresi quelli sostituiti dalla compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche attribuita in regime non dinamico;
b) le spese in conto capitale derivanti da interventi cofinanziati dall'Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale, e le entrate in conto capitale derivanti dai finanziamenti dell'Unione europea;
c) le spese in conto capitale relative alle opere da realizzare in attuazione dei programmi previsti dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, deliberati dal CIPE alla data del 30 settembre 2006;
d) le entrate per riscossione di crediti e le spese per concessione di crediti.
7. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito www.pattostabilita.rgs.tesoro.it, le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza, secondo la definizione indicata al comma 6, sia quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Con lo stesso decreto è definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi del comma 3.
8. Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ciascuno degli enti di cui al comma 1 è tenuto a inviare, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 7.
9. Per gli enti di cui al comma 1 di nuova istituzione nell'anno 2007 o negli anni successivi, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano dall'anno in cui è disponibile la base annua di calcolo su cui applicare dette regole. Per gli enti istituiti a decorrere dall'anno 2003, si fa riferimento alla media degli anni, compresi nel triennio 2003-2005, per i quali sono disponibili i bilanci consuntivi. Se si dispone del bilancio di un solo anno, quest'ultimo costituisce la base annua di calcolo su cui applicare le regole del patto di stabilità interno.
10. Gli enti locali commissariati a decorrere dall'anno 2003, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono soggetti alle regole del patto di stabilità interno dall'anno in cui, dopo la rielezione degli organi istituzionali, sia disponibile una base di calcolo su cui applicare le regole.
11. Al fine di ricondurre la dinamica di crescita del debito nell'ambito degli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011, gli enti di cui al comma 1 possono ricorrere all'indebitamento per gli anni 2007, 2008 e 2009 in misura non superiore, rispettivamente, al 2,6 per cento, al 5,4 per cento e al 6,9 per cento rispetto alla consistenza del debito in essere al 30 settembre 2006. Le predette percentuali possono essere aggiornate sulla base dei nuovi obiettivi programmatici indicati nei Documenti di programmazione economico-finanziaria relativi agli anni successivi.
12. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, autorizza il ricorso al debito da parte di una provincia o di un comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti in misura eccedente il limite stabilito dal comma 11 a condizione che sia compensato da un corrispondente minore ricorso al debito da parte degli altri enti del proprio comparto. In caso di superamento dei limiti risultanti dall'applicazione delle disposizioni del comma 11 e del presente comma, la provincia o il comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti non può più ricorrere alla procedura di compensazione di cui al primo periodo del presente comma. Le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti trasmettono al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il 31 marzo di ciascun anno, una situazione riepilogativa in cui sono evidenziati, secondo un modello definito con il decreto di cui al comma 7, l'importo della consistenza del debito dell'anno precedente e l'eventuale importo del debito netto aggiuntivo realizzato nell'anno di riferimento, con specifica indicazione dell'eventuale quota di debito ceduta o ricevuta ai sensi delle disposizioni del presente comma. È costituito presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali un apposito organismo a composizione mista, le cui regole di funzionamento, numero e modalità di designazione dei componenti sono stabilite con delibera della Conferenza stessa, con il compito di formulare al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali una ipotesi di compensazione.
13. Per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e le comunità montane si applicano le disposizioni di cui al comma 11.
14. Le informazioni previste dai commi 7 e 8 sono messe a disposizione dell'UPI e dell'ANCI da parte del Ministero dell'economia e delle finanze secondo modalità e con contenuti individuati tramite apposite convenzioni.
15. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, accertato con la procedura di cui al comma 8 del presente articolo, il Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, diffida gli enti locali ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di riferimento. Detti provvedimenti devono essere comunicati al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro la medesima data, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 7. Qualora i suddetti enti non adempiano, il sindaco o il presidente della provincia, in qualità di commissari ad acta, adottano entro il 30 giugno i necessari provvedimenti, che devono essere comunicati, entro la medesima data, con le modalità indicate dal decreto di cui al comma 7. Allo scopo di assicurare al contribuente l'informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato cura la pubblicazione sul sito informatico di cui al comma 7 degli elenchi contenenti gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelli che hanno adottato opportuni provvedimenti nonché di quelli per i quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione.
16. Decorso inutilmente il termine del 30 giugno:
a) nei comuni interessati, con riferimento al periodo di imposta in corso, i contribuenti tenuti al versamento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolano l'imposta maggiorando l'aliquota vigente nei comuni stessi dello 0,3 per cento;
b) nelle province interessate, con riferimento al periodo di imposta in corso, l'imposta provinciale di trascrizione, per i pagamenti effettuati a decorrere dal 1o luglio, è calcolata applicando un aumento del 5 per cento sulla tariffa vigente nelle province stesse.
17. Scaduto il termine del 30 giugno i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto i tributi di cui al comma 16.
L’articolo 74 detta la disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali con riferimento al triennio 2007-2009.
A differenza dello scorso anno, in cui le regole del Patto erano definite in modo uniforme per tutte le tipologie di enti territoriali, nel disegno di legge finanziaria in esame la disciplina del Patto di stabilità per il 2007 viene definita in modo differenziato per le regioni e per gli enti locali, mantenendo un’impostazione basata sul principio dell’evoluzione controllata della spesa per le regioni (articolo 73) e tornando, invece, ad una impostazione basata sul vincolo riferito alla crescita del disavanzo finanziario per gli enti locali (articolo 74).
Per quanto concerne gli enti locali, rispetto alla normativa in vigore nel 2006, che stabiliva un vincolo di contenimento delle spese finali, imponendo, in particolare, una riduzione delle spese correnti e una crescita programmata delle spese di investimento, le nuove regole del Patto di stabilità interno per le province e i comuni per il 2007 perseguono l’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario, inteso quale differenza tra entrate finali e spese finali, comprese dunque le spese di in conto capitale, allo scopo di far convergere quanto più possibile, come precisato nella relazione illustrativa, le regole del patto di stabilità interno con quelle previste dal patto di stabilità e crescita, sottoscritto in sede europea.
Secondo le indicazioni della relazione tecnica al disegno di legge (A.C. 1746), l’effetto di riduzione dell’indebitamento netto per il 2007,che dovrebbe derivare dalle nuove regole del patto per gli enti locali, viene stimato nella relazione tecnica in 2.620 milioni di euro, di cui 387 milioni di euro riconducibili alle province e 2.242 milioni ai comuni.
L’effetto sull’indebitamento netto per il 2007 del patto di stabilità per le regioni è invece valutato in ulteriori 1.760 milioni di euro, per un effetto complessivo di risparmio pari a 4.380 milioni di euro.
Come già previsto dalla normativa precedente, le regole del patto vengono poste in relazione all’esigenza di assicurare il concorso di tutti gli enti territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica (comma 1), in considerazione del fatto che i vincoli sul disavanzo e sul debito, previsti dal Trattato CE e dal Patto di stabilità e crescita, si riferiscono al complesso delle amministrazioni pubbliche.
Il rispetto di tali vincoli, di cui il Governo è responsabile di fronte alle istituzioni comunitarie, dipende dal comportamento di tutti i livelli di governo con autonomia decisionale in materia di entrata e di spesa.
Al tempo stesso, il comma 1 inquadra la disciplina del patto di stabilità interno nell’ambito del titolo V della Costituzione, precisando che la disciplina del patto reca i princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, e 119, comma secondo, della Costituzione.
Il riferimento alla funzione di coordinamento della finanza pubblica vale non solo a indicare la funzione del patto di stabilità interno, ma anche a individuare il fondamento della competenza dello Stato nel dettarne la disciplina con propria legge.
Si osserva peraltro che, ai sensi dell’articolo 217, comma 2, tutte le disposizioni del disegno di legge finanziaria in esame costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
In relazione al Titolo V, il rispetto delle regole del patto di stabilità interno viene altresì posto in relazione all’esigenza di garantire la “tutela dell’unità economica della Repubblica”, che, ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione, può giustificare l’intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni e degli enti locali.
Ai sensi del comma 1, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Si conferma pertanto, anche per il triennio 2007-2009, l’esclusione dall’applicazione del patto di stabilità interno dei comuni di minori dimensioni.
Si ricorda che le regole del patto di stabilità dettate dalla legge finanziaria dello scorso anno per il triennio 2006-2008 prevedevano l’applicazione delle regole del patto, oltre che alle province, ai comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti e alle comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti. L’esclusione dei comuni fino a 5.000 abitanti era limitata al solo anno 2006.
Rispetto a quanto disposto dalla legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 266/2005, art. 1, comma 138), dall’applicazione del patto di stabilità per il 2007 vengono inoltre escluse le comunità montane.
Per gli enti di nuova istituzione nel 2007, o negli anni successivi, le regole del Patto di stabilità interno si applicano a decorrere dall’anno in cui è disponibile la base annua di calcolo su cui applicare le regole in esame.
Per gli enti istituiti a decorrere dal 2003, le regole si applicano facendo riferimento alla media degli anni compresi nel triennio 2003-2005, per i quali sono disponibili i bilanci consuntivi. Se si dispone del bilancio di un solo anno, quest'ultimo costituisce la base annua di calcolo su cui applicare le regole del patto di stabilità interno (comma 9).
Per quanto concerne gli enti locali commissariati a decorrere dall'anno 2003, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), il comma 10 dispone che essi siano soggetti alle regole del patto di stabilità interno dall'anno in cui, dopo la rielezione degli organi istituzionali, sia disponibile una base di calcolo su cui applicare le regole.
Come nelle sue prime formulazioni, relative agli anni 1999-2000[356], il patto di stabilità interno per il 2007 prevede il contributo della finanza locale al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per l’anno 2007 e gli anni successivi in termini di riduzione del saldo finanziario tendenziale del comparto (comma 2).
La determinazione del concorso di ciascun ente al raggiungimento dell’obiettivo generale è disciplinata dai successivi commi 3 e 4, che dettano la procedura per la determinazione, per ciascuna tipologia di ente, dell’entità del miglioramento del saldo, e dai commi 5 e 6, che recano l’individuazionedei saldi finanziari, rilevanti in sede di verifica del rispetto del patto, che devono registrare il miglioramento corrispondente all'entità del concorso calcolato ai sensi dei commi 3 e 4.
La procedura per la determinazione, per ciascun ente soggetto al patto, del proprio obiettivo specifico di miglioramento del saldo è definita dal comma 3.
In sostanza, la norma prevede che la misura del concorso di ciascun ente alla manovra complessiva per il triennio 2007-2009 sia corrispondente alla somma, in valori assoluti, degli importi derivanti dall’applicazione di determinati coefficienti alla media del triennio 2003-2005 della propria spesa corrente, considerata in termini di cassa, e alla media dei propri saldi di cassa, del triennio 2003-2005, per i soli enti che presentino una media negativa.
La somma di questi due valori, considerati in valore assoluto, rappresenta l’obiettivo specifico di miglioramento del saldo che, in termini di cassa e di competenza, ogni singolo ente deve realizzare nel triennio 2007-2009 rispetto alla media del triennio 2003-2005.
In particolare, la procedura dettata dal comma 3 per definire l’entità del miglioramento del saldo-obiettivo, prevede che ciascun ente debba:
a) calcolare la media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, come definiti dal comma 4 e risultanti dai propri conti consuntivi. Soltanto se tale media risultasse negativa, gli enti devono applicare ad essa i seguenti coefficienti (numeri 1) e 2) della lettera a) del comma 3):
- per le province: 0,456 per l'anno 2007, 0,277 per l'anno 2008 e 0,199 per l'anno 2009;
- per i comunicon popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,5 per l'anno 2007, 0,435 per l'anno 2008 e 0,418 per l'anno 2009.
b) calcolare la media della spesa corrente sostenuta negli anni 2003, 2004 e 2005, considerata in termini di cassa, come risultante dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa i seguenti coefficienti (numeri 1) e 2) della lettera b) del comma 3):
- per le province: 0,038 per l'anno 2007, 0,023 per l'anno 2008 e 0,017 per l'anno 2009;
- per i comunicon popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,034 per l'anno 2007, 0,030 per l'anno 2008 e 0,028 per l'anno 2009.
c) determinare l'importo annuo della manovra, corrispondente alla somma degli importi, considerati in valore assoluto, derivanti dalle operazioni indicate alle lettere a) e b).
Ai fini del patto di stabilità interno, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 gli enti devono conseguire un saldo finanziario, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura così determinata (comma 5).
Il concorso di ciascun ente alla manovra complessiva è pertanto ottenuto come somma di una quota della spesa corrente e di una quota di deficit, considerati in valore assoluto, come desunti dai rispettivi consuntivi.
In tal modo, come sottolineato anche dalla relazione tecnica, tutti gli enti partecipano al patto di stabilità in ragione del volume della propria spesa corrente.
Gli enti che presentano una situazione di deficit nel triennio 2003-2005 contribuiscono ulteriormente al raggiungimento degli obiettivi di comparto, in misura proporzionale all’ampiezza del loro deficit.
Si osserva che, in base alla formulazione letterale della lettera a) del comma 3, non appare del tutto chiara l’esclusione degli enti in situazione di avanzo dal computo di cui alla medesima lettera a).
Sembrerebbe infatti che l’esclusione degli enti in avanzo riguardi solo l’applicazione dei coefficienti: ne deriverebbe che questi enti, nella determinazione del proprio concorso alla manovra, sarebbero tenuti a considerare, oltre alla media triennale 2003-2005 delle spese correnti moltiplicata per i ricordati coefficienti, anche l’intero ammontare dell’avanzo di cassa relativo al medesimo triennio.
Un’interpretazione letterale porta così alla conseguenza – paradossale – di penalizzare fortemente gli enti in avanzo rispetto agli enti in deficit.
Il saldo finanziario di cui al comma 3, utile ai fini della determinazione dell’obiettivo programmatico per il singolo ente locale, è calcolato in termini di cassa, quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, come risultanti dai conti consuntivi (comma 4).
Nel computo del saldo sono pertanto ricomprese tutte le voci di entrata e di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, con la sola esclusione delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, vale a dire, delle voci di entrata e di spesa di carattere finanziario.
Il saldo calcolato ai sensi del comma 4 tende ad avvicinarsi, quanto più possibile, all’indebitamento netto, vale a dire al saldo rilevante, a livello comunitario, ai fini del divieto di disavanzi eccessivi e del patto di stabilità e crescita; l’indebitamento netto è infatti calcolato in termini di competenza economica[357].
Da un lato, infatti, sono comprese nel saldo le entrate e le spese sia di parte corrente che in conto capitale, in termini di cassa; dall’altro sono escluse tutte le voci di entrata e di spesa relative a operazioni finanziarie, che, come tali, non sono registrate nel conto economico da cui risulta l’indebitamento netto.
Ai fini del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, il comma 5 – come già rilevato - stabilisce che per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 gli enti devono conseguire un saldo finanziario, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata ai sensi del comma 3, lettera c).
Il saldo finanziario considerato dal comma 5 è considerato sia in termini di competenza che in termini di cassa e risulta dalla differenza tra le entrate finali e le spese finali.
In particolare, il saldo finanziario in termini di competenza è costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi totali e pagamenti totali, per la parte in conto capitale. Per la parte corrente dunque, si considera dunque il criterio della competenza (giuridica); per la parte capitale, si considera invece il criterio della cassa.
Anche in tal caso dunque, il saldo tende ad avvicinarsi all’indebitamento netto, che è calcolato in termini di competenza economica[358].
Sono escluse dal computo del disavanzo:
a) le seguenti entrate:
- trasferimenti dallo Stato, sia di parte corrente sia in conto capitale, ivi compresi gli importi derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'IRPEF attribuita in regime non dinamico (in quanto entrata sostitutiva di trasferimenti erariali per pari importo);
- entrate in conto capitale derivanti da finanziamenti dell'Unione europea;
- entrate per riscossione di crediti;
b) le seguenti spese:
- spese in conto capitale derivanti da interventi cofinanziati dall'Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale;
- spese in conto capitale relative alle opere da realizzare in attuazione dei programmi previsti dalla c.d. legge obiettivo (legge 21 dicembre 2001, n. 443), deliberati dal CIPE alla data del 30 settembre 2006;
- spese per concessione di crediti.
I commi 7 e 8 dell’articolo in esame definiscono le modalità del monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno.
La disposizione introdotta dal comma 7 delinea un sistema sostanzialmente analogo a quanto già previsto dalla disciplina precedente, estendendo peraltro l’ambito di applicazione delle procedure di monitoraggio degli adempimenti a tutti gli enti cui si applica il Patto, vale a dire a tutte le province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
In base alla disciplina vigente fino al 2006, dettata dalla legge finanziaria per il 2005 (articolo 1, commi 30, 31, 32, 35 e 37, della legge n. 311/2004), come modificata da ultimo dalla legge finanziaria per il 2006 (articolo 1, comma 150, legge n. 266/2005), le procedure relative al monitoraggio riguardavano tutte le province, i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti.
In base alle disposizioni del comma 7, le province e i comuni soggetti al patto di stabilità hanno l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa.
La comunicazione dovrà essere indirizzata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, attraverso l’utilizzo del sistema web appositamente istituito per il monitoraggio del patto di stabilità.
Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali.
Con lo stesso decreto verrà definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi del comma 3.
In base alla disciplina precedente, ulteriori adempimenti rispetto a quelli indicati dal comma in esame, erano previsti per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, i quali erano tenuti a predisporre, entro il mese di febbraio, una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese rilevanti ai fini del rispetto del Patto, coerente con l’obiettivo annuale.
Al collegio dei revisori dei conti dell’ente, quale organo di revisione economico-finanziario, spettava la valutazione della coerenza tra gli obiettivi trimestrali e l’obiettivo annuale del saldo finanziario. Il collegio era altresì tenuto a verificare, entro e non oltre il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell’obiettivo trimestrale e, in caso di mancato conseguimento, a darne comunicazione sia all’ente che al Ministero dell’economia e delle finanze (per le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti), ovvero alle Ragionerie provinciali (per i comuni con popolazione da 5.000 a 30.000 abitanti).
Il mancato rispetto degli obiettivi trimestrali comportava per gli enti l’obbligo di riassorbire lo scostamento registrato attraverso una azione di contenimento sui pagamenti, sia correnti che di conto capitale, tale da garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti.
All’organo di revisione economico-finanziario dell’ente spettava anche la verifica a consuntivo del rispetto degli obiettivi annuali del patto, sia in termini di competenza che di cassa, con l’obbligo di dare comunicazione al Ministero dell’interno in caso di mancato rispetto dell’obiettivo.
Nuovi adempimenti, rispetto alla disciplina precedente, sono invece disposti dal comma 8,ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno.
In particolare, la norma prevede che ciascuno degli enti soggetti al patto debba inviare, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 7.
Come peraltro già previsto dalla disciplina precedente (art. 1, co. 37, legge n. 311/2004), il successivo comma 14 prevede che le informazioni inviate dagli enti locali ai fini del monitoraggio di cui al commi 7 e 8 siano messe a disposizione dell'UPI e dell'ANCI da parte del Ministero dell'economia e delle finanze secondo modalità e con contenuti individuati tramite apposite convenzioni.
Gli enti soggetti al patto di stabilità, unitamente ai piccoli comuni e alle comunità montane che ne sono esclusi, sono tenuti a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica anche attraverso il contenimento del proprio debito.
Il comma 11 introduce, infatti, alcune misure volte a contenere la dinamica di crescita dello stock di debito del comparto degli enti locali, in linea con gli obiettivi di contenimento della crescita del debito delle amministrazioni pubbliche, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011.
In particolare, la norma dispone che gli enti locali soggetti al patto possano ricorrere all’indebitamento nell’anno 2007 in misura non superiore al 2,6 per cento rispetto alla consistenza del debito in essere al 30 settembre 2006.
Per gli anni 2008 e 2009, le percentuali di incremento dell’indebitamento sono fissate, rispettivamente, al 5,4 per cento e al 6,9 per cento rispetto alla consistenza del debito in essere al 30 settembre 2006.
Tali percentuali possono peraltro essere aggiornate sulla base dei nuovi obiettivi programmatici che verranno indicati nei Documenti di programmazione economico-finanziaria relativi agli anni successivi.
Tali misure di contenimento del ricorse all’indebitamento si applicano anche ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e le comunità montane, ai sensi del comma 13.
Il comma 12 introduce un meccanismo di compensazione tra le diverse esigenze di ricorso all’indebitamento da parte degli enti locali, nell’ambito del rispetto del principio generale della crescita programmata della consistenza complessiva del debito.
In particolare, per i soli enti locali soggetti al patto di stabilità (province e comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti), è prevista la possibilità di ricorrere al debito in misura eccedente rispetto ai limiti stabiliti dai comma 11, nei soli margini derivanti da un minor ricorso al debito da parte di altri enti del comparto.
La norma dispone infatti che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, autorizza il ricorso al debito da parte di una provincia o di un comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti in misura eccedente il limite stabilito dal comma 11, soltanto a condizione che sia compensato da un corrispondente minore ricorso al debito da parte degli altri enti del proprio comparto.
In caso di superamento dei limiti, la provincia o il comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti non può più ricorrere alla procedura di compensazione.
Per quanto concerne il monitoraggio del rispetto dei vincoli di contenimento del debito, il comma 12 prevede che le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti trasmettano al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il 31 marzo di ciascun anno, una situazione riepilogativa in cui sono evidenziati, secondo un modello definito con il decreto di cui al comma 7, l'importo della consistenza del debito dell'anno precedente e l'eventuale importo del debito netto aggiuntivo realizzato nell'anno di riferimento, con specifica indicazione dell'eventuale quota di debito ceduta o ricevuta in applicazione del meccanismo di compensazione.
Presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è istituito un apposito organismo a composizione mista, le cui regole di funzionamento, numero e modalità di designazione dei componenti sono stabilite con delibera della Conferenza stessa, con il compito di formulare al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali una ipotesi di compensazione.
Per quanto concerne il contenimento del debito degli enti locali, va ricordato che con la legge finanziaria per il 2005 sono state apportate alcune modifiche alle disposizioni del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000), volte a ridurre il limite massimo di indebitamento previsto per gli enti locali.
Attraverso una novella all’articolo 204 del T.U., il comma 44 dell’art. 1 della legge n. 311/2004 ha limitato la possibilità di indebitamento degli enti locali riducendo dal 25% al 12% delle entrate relative ai primi tre titoli dell’entrata del rendiconto del penultimo anno precedente l’entità delle spese per interessi che rappresentano il livello massimo di indebitamento degli enti locali, come risultante dall’accensione di mutui e da qualunque altra forma di finanziamento reperibile sul mercato cui l’ente possa accedere (emissione di titoli obbligazionari ed aperture di credito).
In sostanza, l’articolo 204 del T.U., come riformulato, consente che l'ente locale possa assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi ed a quello derivante da garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non sia superiore al 12% (anziché al 25% come previsto nel testo originario) delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui.
La norma introduce peraltro una disciplina transitoria volta a permettere agli enti locali che registrano i più alti livelli di indebitamento una progressiva riduzione nel tempo dell’entità del debito. In particolare, per gli enti locali che alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2005 abbiano superato il limite di indebitamento (12% dell’entità degli interessi rispetto al complesso dei primi tre titoli delle entrate) è fissato un percorso di graduale riduzione del proprio livello di indebitamento, fino al raggiungimento del limite del 12% entro il 2013, secondo le seguenti scadenze:
§ importo annuale degli interessi, rispetto all’ammontare dei primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo esercizio precedente, non superiore al 20% entro la fine dell’esercizio 2008;
§ importo annuale degli interessi non superiore al 16% entro la fine dell’esercizio 2010;
§ importo annuale degli interessi non superiore al 12% entro la fine dell’esercizio 2013.
Le misure di carattere sanzionatorio applicabili agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente, sono definite dai commi 15-17.
La disciplina delineata dai commi in esame è profondamente diversa rispetto a quella in vigore fino all’anno 2006 (definita dall’articolo 1, comma 33, della legge n. 311/2004 e confermate per il 2006, dall’art. 1, comma 150, della legge n. 266/2005).
A differenza della normativa precedente, in cui erano previste misure correttive agli andamenti di spesa degli enti locali nelle ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi del patto[359], la nuova disciplina introduce, in sostanza, un meccanismo di automatismo fiscale (incremento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione), che si attiva qualora l’ente, a seguito della diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri, non adotti autonomamente le necessarie misure per il riassorbimento dello scostamento.
In particolare, i commi in esame definiscono gli obblighi che possono essere posti a carico degli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno e, contestualmente, la disciplina per l’attivazione del potere sostitutivo da parte dello Stato nel caso in cui esse non adempiano a tali obblighi.
L’attivazione del potere sostitutivo nei confronti degli enti territoriali fa capo alle disposizioni dell’articolo 120 della Costituzione e alla disciplina attuativa dettata dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3[360]. La disciplina generale prevede, in sostanza, che si esplichi obbligatoriamente una procedura contestativa, seguita eventualmente da un termine monitorio e, solo successivamente, dalla attivazione del potere sostitutivo.
In caso di mancato raggiungimento da parte degli enti locali dell’obiettivo annuale posto dal patto, accertato con la certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, che gli enti soggetti al patto devono inviare al Ministero dell'economia entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, il comma 15 in esame prevede l’intervento del Presidente del consiglio dei Ministri che, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), diffida gli enti locali ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di riferimento (comma 15).
La disposizione in esame lascia indefinita la natura e la tipologia e delle azioni che il Presidente del Consiglio dei ministri può prescrivere, né indica per questi una eventuale sede valutativa.
Il procedimento di riconduzione dei conti di dell’ente entro i limiti stabiliti dal patto si esplica secondo le seguenti fasi:
1. L’ente è tenuto a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Statoi provvedimenti che intende adottare per riportare i conti in linea con gli obiettivi del patto di stabilità interno, entro la data indicata del 31 maggio, con le modalità che saranno definite dal decreto, di cui al comma 7, relativo alle procedure di monitoraggio.
2. Qualora l’ente diffidato non adempia nei termini indicati, il sindaco o il presidente della provincia, in qualità di commissari ad acta, adottano entro il 30 giugno i necessari provvedimenti, che devono essere comunicati al Ministero dell’economia e finanze, entro la medesima data, con le modalità indicate dal decreto di cui al comma 7.
Ai sensi del comma 17, scaduto il termine del 30 giugno al commissario ad acta è fatto divieto di adottare misure che comprendano l’aumento delle aliquote dei tributi comunali e provinciali, indicati dal comma 16.
Allo scopo di assicurare al contribuente l'informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il comma 15 prevede inoltre che il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato cura la pubblicazione, sul sito informatico, degli elenchi contenenti gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelli che hanno adottato opportuni provvedimenti nonché di quelli per i quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione.
Questi elenchi devono consentire al contribuente la conoscenza di provvedimenti correttivi o sanzionatori che prescrivono l’innalzamento delle aliquote di tributi cui essi sono soggetti.
3. Decorso inutilmente anche il termine del 30 giugno si attiva, automaticamente, la fase sanzionatoria vera e propriacostituita dall’aumento diretto (ex lege) delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione.
Più precisamente:
a) nei comuni interessati, con riferimento al periodo di imposta in corso, i contribuenti tenuti al versamento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolano l'imposta maggiorando l'aliquota vigente nei comuni stessi dello 0,3 per cento[361].
Si segnala che l’addizionale comunale all’IRPEF è ridisciplinata dall’articolo 7 del disegno di legge in esame (cfr. la relativa scheda di lettura)
b) nelle province interessate, con riferimento al periodo di imposta in corso, l'imposta provinciale di trascrizione, per i pagamenti effettuati a decorrere dal 1° luglio, è calcolata applicando un aumento del 5 per cento sulla tariffa vigente nelle province stesse[362].
Effetti sui saldi di finanza pubblica del Patto di stabilità per le regioni
La seguente tabella riassume il contributo delle province e dei comuni al miglioramento dei saldi in applicazione delle disposizioni sul patto di stabilità:
Indebitamento netto e
fabbisogno
(milioni
di euro)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Province |
378 |
428 |
478 |
Comuni |
2.242 |
2.522 |
2.772 |
Totale patto di stabilità (regioni, province, comuni) |
4.380 |
4.920 |
5.420 |
% concorso Province |
8,6 |
8,7 |
8,8 |
% concorso Comuni |
51,2 |
51,3 |
51,1 |
Si osserva che tale effetto di miglioramento dell’indebitamento netto dovrebbe essere aggiuntivo rispetto a quello derivante dall’applicazione del patto di stabilità sulla base della legge finanziaria 2006, i cui effetti dovrebbero essere già considerati nel quadro tendenziale.
Articolo 75, comma 1
(Determinazione dei trasferimenti
erariali agli enti locali per il 2007)
1. I trasferimenti erariali per l'anno 2007 in favore di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 1, commi 153 e 154, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
L’articolo 75, comma 1, provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2007.
Come già nelle finanziarie precedenti, la disposizione è finalizzata a dettare criteri per la definizione dell’entità dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale nel 2007, in modo da consentire l’approvazione dei relativi bilanci.
In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano, ancora oggi, ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992 (articoli 34-43)[363].
Per l’anno 2007, la determinazione dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale è effettuata sulla base dei criteri già adottati dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, commi 153 e 154, della legge n. 266/2005).
Il comma 153 richiamava le disposizioni della legge finanziaria precedente (art. 1, co. 63, legge n. 311/2004), per la determinazione dei trasferimenti erariali per l’anno 2005 confermando, in sostanza, i criteri stabiliti dalla legge finanziaria per il 2003 (art. 31, co. 1, primo periodo, della legge n. 289/2002). In sintesi, l’art. 31, comma 1, della legge finanziaria per il 2003 definiva l’entità dei trasferimenti per il 2003 sulla base dell’articolo 27 della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002), che individua le norme di riferimento per la determinazione dei trasferimenti relativi al 2002, e dell’articolo 24 della stessa legge che, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità per gli enti locali per il 2002, disponeva una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali nel triennio 2002-2004.
Sulla base del richiamo (indiretto) all’articolo 27 della legge n. 448/2001, pertanto, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2007 vengono consolidati i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002, secondo quanto disposto peraltro dalle precedenti leggi finanziarie.
Il richiamo al comma 154dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso annopermette inoltre di confermare, per l’anno 2007, anche la ripartizione dei contributi e delle altre provvidenze disposte in favore degli enti locali nella stessa misura disposta lo scorso anno, al fine di garantire che ad ogni singolo ente venga attribuito nell’anno 2007 lo stesso ammontare di contributi assegnato nel 2006.
In particolare, il citato comma 154 applicava per l’anno 2006 le disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 64, della legge n. 311/2004 che disponeva la ripartizione tra gli enti locali delle maggiori risorse che si sono rese disponibili, a partire dal 2005, a legislazione vigente sui tre Fondi principali(Fondo ordinario, consolidato e perequativo)per il venir meno della riduzione disposta dall’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001[364], pari a circa 340 milioni di euro. La ripartizione viene effettuata, anche nel 2007, nel seguente modo:
a) 260 milioni sono utilizzati per confermare nel 2007 i contributi assegnati nel 2004, ai sensi dell’art. 3, co. 27, secondo periodo, 35, 36 e 141, della legge n. 350/2003:
- contributo di 20 milioni di euro alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato dei servizi (art. 3, co. 27, legge n. 350/2003), al fine di assicurare a tali enti, anche per l’anno 2007 le risorse assegnate nell’anno precedente (31,8 milioni di euro).
- contributo di 180 milioni di euro sul Fondo ordinario, quale incremento in base del tasso di inflazione programmato, previsto ai sensi dell’art. 3, co. 35, secondo periodo, della legge n. 350/2003. Tali risorse aggiuntive sono ripartite, per il 50% alla generalità dei comuni e per il restante 50% ai comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997;
- contributo di 5 milioni di euro per le comunità montane e di 5 milioni di euro per le province (art. 3, co. 141, legge n. 350/2003);
- contributo di 50 milioni di euro per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono assegnate per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Tale contributo è infatti iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti.
b) 80 milioni di euro sono destinati in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244. Si tratta dei comuni c.d. “sottodotati”, le cui risorse, cioè, risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa[365].
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2007, i principali Fondi di parte corrente e di conto capitale destinati al finanziamento degli enti locali risultano determinati come indicato nella tavola seguente:
(milioni di euro)
Cap. |
|
Bilancio |
Assestam |
BLV |
U.P.B. 2.1.2.6 parte corrente |
||||
1316 |
Fondo ordinario |
2.926 |
3.761 |
8.335 |
1317 |
Fondo perequativo |
922 |
936 |
998 |
1318 |
Fondo consolidato |
1.416 |
1.416 |
2.305 |
1319 |
Fondo federalismo amministrativo |
224 |
224 |
224 |
1320 |
Compartecipazione all’IRPEF |
6.600 |
6.600 |
- |
|
TOTALE |
12.088 |
12.937 |
11.861 |
Cap. |
U.P.B. 2.2.3.5 - conto capitale |
|
|
|
7232 |
Fondo sviluppo investimenti comuni e province |
1.276 |
1.276 |
1.012 |
7233 |
Fondo sviluppo investimenti comunità montane |
16 |
16 |
16 |
7235 |
Fondo nazionale speciale per gli investimenti |
- |
- |
- |
7236 |
Fondo nazionale ordinario investimenti |
50 |
50 |
- |
7237 |
Fondo per il federalismo amministrativo |
676 |
676 |
676 |
7238 |
Contributo enti locali titolari di contratti di servizio di pubblico trasporto |
156 |
169 |
109 |
|
TOTALE |
2.174 |
2.187 |
1.812 |
N.B. Nel BLV 2007 l’importo complessivo dei contributi correnti si presenta diversamente allocato sui singoli capitoli, in conseguenza della mancata attribuzione a legislazione vigente della compartecipazione all’IRPEF ai comuni e alle province.
La compartecipazione, infatti, non costituisce una entrata aggiuntiva per i bilanci comunali e provinciali, e la sua attribuzione agli enti territoriali determina una riduzione, di pari importo, degli stanziamenti iscritti sui singoli fondi dei trasferimenti erariali.
Nel BLV 2007, pertanto, i fondi sono stati reintegrati delle somme detrattelo scorso anno per tale finalità per complessivi 6.600 milioni di euro, di cui 5.748 milioni sul Fondo ordinario, 31 milioni sul Fondo perequativo e 821 milioni sul Fondo consolidato.
Come già nel 2006, infine, la dotazione a legislazione vigente per il 2007 dei principali fondi di parte corrente include anche il reintegro della riduzione del 3% dei trasferimenti erariali, disposta su ciascun fondo ai sensi dell’art. 24 della legge n. 448/2001, per il venir meno dell’efficacia di tale disposizione (di cui 227 milioni sul Fondo ordinario, 44 milioni sul Fondo perequativo e 68 milioni sul Fondo consolidato). Pertanto, nel BLV 2007 i trasferimenti erariali iscritti sui tre Fondi principali sono stati reintegrati dell’importo corrispondente al taglio subìto nel triennio 2002-2004.
L’articolo 75 in esame non dispone incrementi dei contributi assegnati agli enti locali sui principali Fondi, ma si limita a confermare, con il comma 1, il quadro normativo delineato dalle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, commi 153-154, legge n. 266/2005).
Sulla base della ripartizione indicata dal comma 154, richiamato dal comma 1 in esame, le risorse confluiranno nel Fondo ordinario (20 milioni per le unioni di comuni, 10 milioni per province e comunità montane, 180 milioni di incremento in base al tasso di inflazione e 80 milioni per i comuni sottodotati), fatta eccezione per 50 milioni di euro che, in quanto destinati ai comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti per finalità di investimento, saranno iscritti nel Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, di conto capitale.
Risorse aggiuntive per gli enti locali sono invece autorizzate dall’Allegato 1, relativo alle “Eccedenze di spesa”, che reca le misure correttive degli effetti finanziari recati da disposizioni legislative ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978, in relazione alla compensazione delle minori entrate derivanti dall’ICI (a tale riguardo, cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 216, comma 7). In particolare, l’allegato dispone:
§ l’incremento di 248,6 milioni di euro per il 2007 e di 44,4 milioni di euro a decorrere dal 2008, del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenzadell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D (si tratta di edifici a destinazione speciali, quali opifici, alberghi, pensioni, teatri, case di cura, banche, residence, ecc).
L’importo di 248,6 milioni di euro per il 2007 si riferisce per 204,2 milioni di euro al ristoro, a titolo di regolazione debitoria, relativo agli anni 2006 e precedenti, e per 44,4 milioni di euro alla compensazione relativa all’anno 2007[366].
§ l’incremento di 11,5 milioni di euro per il 2007 e di 2,9 milioni di euro a decorrere dal 2008 del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenza dell’esenzione dal pagamento dell’imposta stessa delle pertinenze degli edifici di culto, disposta dall’articolo 2, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 206.
In base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, l’ammontare annuo dei trasferimenti compensativi dovuti a partire dal 2004 sarebbe pari a 5,4 milioni di euro, contro lo stanziamento di 2,5 milioni previsto dalla legge n. 206/2003. Pertanto, attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” si provvede a rifinanziare il Fondo ordinario per fronteggiare tali maggiori oneri, pari a 2,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2004.
Un finanziamento aggiuntivo è disposto dall’articolo 133, con riferimento al Comune di Roma, i cui trasferimenti erariali vengono incrementati, a decorrere dal 2007, di 175 milioni di euro, quale contributo aggiuntivo per gli oneri che il comune si assume in quanto capitale della Repubblica. Tali risorse sono iscritte sul Fondo consolidato.
Per quanto concerne i finanziamenti in conto capitale, si ricorda che la Tabella D della disegno di legge finanziaria per il 2007 ha rifinanziato la quota destinata all’ammortamento dei mutui degli enti locali dissestati per 116,2 milioni di euro per ciascuna delle annualità del triennio 2007-2009, nell’ambito del Fondo per lo sviluppo degli investimenti di comuni e province.
Articolo 75, comma 2
(Compartecipazione provinciale e comunale
al gettito IRPEF)
2. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale e comunale al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate, da ultimo, per l'anno 2006, dall'articolo 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono prorogate per l'anno 2007.
L’articolo 75, comma 2, conferma, anche per l’anno 2007, la compartecipazione dei comuni e delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata dalla legge finanziaria per il 2003 (art. 31, comma 8, legge n. 289/2002)[367], nella stessa misura di quella attribuita negli anni precedenti.
Ai sensi del citato articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, la compartecipazione al gettito dell’IRPEF è fissata nella misura del 6,5% per i comuni e dell’1% per le province del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, con riferimento all’esercizio finanziario 2002.
Si tratta delle entrate iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata.
Ai comuni e alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2007, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003), che è risultato pari a 6.600 milioni di euro, di cui 430 milioni di euro per le province.
L’attuazione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascun comune e a ciascuna provincia di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.
La compartecipazione, comportando un’equivalente riduzione dei trasferimenti erariali, non costituisce dunque una entrata aggiuntiva per i bilanci comunali e provinciali.
Poiché dalla compartecipazione all’IRPEF i comuni e le province non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che, nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).
Nel bilancio per il 2006 (legge n. 267/2005), il cap. 1320, U.P.B. 2.1.2.6, dello stato di previsione del Ministero dell’interno, su cui sono iscritte le somme spettanti a province e comuni a titolo di compartecipazione, è stato dotato di 6.600 milioni di euro e, conseguentemente, sono stati ridotti, per pari importo, gli stanziamenti dei trasferimenti erariali di cui ai Fondi ordinario (-5.748 milioni), perequativo (-31 milioni) e consolidato (-821 milioni).
Sulla base della Nota metodologica fornita dal Ministero dell’interno (febbraio 2006), la quota di compartecipazione attribuita per l'anno 2006 è stata determinata in base ai dati, forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, concernenti il gettito IRPEF relativo all'anno 2002, riferibile a ciascun comune e provincia.
Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra i comuni e tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.
Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.
La relazione tecnica rileva che dalla disposizione in esame non derivano oneri, in quanto la compartecipazione al gettito IRPEF è corrisposta fino a concorrenza e con corrispondente riduzione dei trasferimenti statali spettanti a ciascun ente.
In tale sede risulta opportuno segnalare che l’articolo 12 del disegno di legge finanziaria in esame reca una nuova disciplina della compartecipazione dei comuni all’IRPEF, efficace a partire dal 1° gennaio 2008, da applicarsi nella misura del 2 per cento del gettito IRPEF.
L’aliquota di compartecipazione è applicata al gettito del penultimo anno precedente l’esercizio di riferimento.
L’assegnazione della compartecipazione comporta la riduzione annua costante, di pari ammontare, a decorrere dal 2008, dei trasferimenti erariali iscritti sul Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali (cap. 1316/U.P.B. 2.1.2.6 del Ministero dell’interno).
A decorrere dal 2009, l’incremento del gettito della compartecipazione rispetto all’anno precedente, derivante dalla dinamica dell’IRPEF, sarà ripartito fra i singoli comuni secondo criteri di perequazione e di promozione dello sviluppo economico, da definirsi con decreto del Ministro dell'interno, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa da realizzare in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Per approfondimenti, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 12.
Articolo 76
(Disposizioni in materia di organi di
governo degli enti locali)
1. In attesa dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di organi di governo degli enti locali in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate, per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 dell'articolo 27 è sostituito dal seguente:
«2. La comunità montana ha un organo rappresentativo ed un organo esecutivo monocratico composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. L'organo rappresentativo è formato da un rappresentante per ciascun comune eletto dal consiglio comunale»;
b) il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 32 è sostituito dai seguenti: «Lo statuto individua gli organi dell'unione nell'assemblea, formata da un rappresentante per ciascun comune associato nella persona di un componente della giunta o del consiglio comunale, e nel presidente, eletto dall'assemblea, che assume l'amministrazione dell'ente. Lo statuto individua, altresì, le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse»;
c) al comma 3 dell'articolo 32 le parole: «e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte dei consigli dei comuni associati» sono soppresse;
d) il comma 5 dell'articolo 78 è sostituito dal seguente:
«5. Al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori e ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province nonché di altri enti territoriali. I medesimi soggetti non possono ricoprire i suddetti incarichi presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province se non siano decorsi almeno due anni dalla cessazione dall'incarico di sindaco, presidente della provincia, assessore o consigliere comunale o provinciale»;
e) al comma 1 dell'articolo 81 le parole: «Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e i presidenti dei consigli provinciali»;
f) il comma 2 dell'articolo 82 è sostituito dal seguente:
«2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un anno da un consigliere può superare l'importo pari ad un quinto dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8»;
g) il comma 4 dell'articolo 82 è abrogato;
h) la lettera c) del comma 8 dell'articolo 82 è sostituita dalla seguente:
«c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti del consiglio, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province e degli assessori in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura non superiore al 70 per cento della misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana»;
i) al comma 11 dell'articolo 82, le parole: «incrementati o» e il secondo periodo sono soppressi. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni locali adeguano per il futuro gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza di cui all'articolo 82, comma 11, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dalla presente lettera, se superiori a quelli previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, al limite massimo previsto dal medesimo regolamento;
l) l'articolo 84 è sostituito dal seguente:
«Art. 84. - (Rimborsi per spese di viaggio). - 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori dal capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione nel caso di componenti degli organi esecutivi ovvero del presidente del consiglio nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con la Conferenza stato-città ed autonomie locali.
2. La liquidazione dei rimborsi di cui al comma 1 è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.
3. Agli amministratori che risiedono fuori dal capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione a ognuna delle sedute dei rispettivi organi dell'assemblea ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate».
2. Fermo restando quanto disposto dagli articoli 60 e 63 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, l'assunzione, da parte dell'amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società.
3. L'indennità di fine mandato prevista dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, spetta nel caso in cui il mandato elettivo abbia avuto una durata superiore a trenta mesi.
Il comma 1 dell’articolo 76 apporta una serie di modifiche a vari articoli del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (T.U.E.L.), di cui al D.Lgs. 267/2000[368]. Le modifiche sono esplicitamente finalizzate ad esigenze di coordinamento della finanza pubblica e – precisa il testo – sono adottate in attesa dell'entrata in vigore di nuove (organiche) disposizioni in materia di organi di governo degli enti locali, in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lett. p), della Costituzione.
Ai sensi di tale disposizione costituzionale, spetta allo Stato la legislazione esclusiva in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.
Si ricorda che l’art. 2 della L. 131/2003[369] (c.d. “legge La Loggia”), volta ad adeguare l’ordinamento della Repubblica alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione intervenuta con L.Cost. 3/2001, ha previsto una delega al Governo avente ad oggetto l’individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane ai sensi del citato art. 117, co. 2°, lett. p), Cost., nonché l’adeguamento al nuovo Titolo V delle disposizioni vigenti in materia di enti locali. Tale delega non ha trovato attuazione entro il termine per l’esercizio, fissato da ultimo al 31 dicembre 2005.
Come da ultimo ricordato nella Nota di aggiornamento al documento di programmazione economico- finanziaria 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1-bis), tra le iniziative legislative che il Governo intende collegare alla manovra di bilancio 2007-2009 vi è un disegno di legge, in corso di preparazione, avente ad oggetto la revisione del testo unico sugli enti locali.
La relazione illustrativa definisce il complesso di interventi recato dall’articolo in esame come uno “strumento di riorganizzazione e razionalizzazione della materia […] destinato a produrre una significativa riduzione dei c.d. ‘costi della politica’”.
Le modifiche, che incidono sugli artt. 27, 32, 78, 81, 82, 84 del T.U.E.L., mirano in linea generale al contenimento della spesa degli enti locali.
In particolare – e rinviando per i dettagli al testo a fronte riportato in calce alla presente scheda – le modifiche in oggetto:
§ semplificano la composizione dell’organo rappresentativo e dell’organo esecutivo sia delle comunità montane, sia delle unioni di comuni: il primo è composto da un (solo) rappresentante per ciascun comune, il secondo è ridefinito quale organo monocratico; si esclude inoltre che lo statuto delle unioni di comuni possa prevedere ulteriori organi (cfr. il nuovo testo degli artt. 27 e 32, T.U.E.L.);
§ estendono il divieto di cui all’art. 78, co. 5, T.U.E.L., per gli amministratori comunali e provinciali di ricoprire incarichi e assumere consulenze; tale divieto riguarda ora gli enti e le istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza non solo dei rispettivi comuni e province, ma di tutti gli enti territoriali. Limitatamente agli enti e alle istituzioni dipendenti, controllati o vigilati dai relativi comuni e province, il divieto è inoltre temporalmente esteso ai due anni successivi alla cessazione dall'incarico di sindaco, presidente della provincia, assessore o consigliere comunale o provinciale;
§ limitano l’aspettativa (non retribuita) per espletamento del mandato, oggi prevista dall’art. 81 T.U.E.L. per tutti gli amministratori locali[370] che siano anche pubblici dipendenti, ai soli sindaci e presidenti delle province, nonché ai presidenti dei consigli comunali e provinciali;
§ riducono l’entità massima dei gettoni di presenza percepiti dai consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane per la partecipazione a consigli e commissioni, e sopprimono la possibilità di richiedere la trasformazione del gettone di presenza in indennità di funzione (art. 82, co. 2 e 4, T.U.E.L.);
§ riducono l’entità massima delle indennità di funzione spettanti al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane (non oltre il 70 per cento della misura prevista per un singolo comune di eguale popolazione) (art. 82, co. 8, T.U.E.L.);
§ escludono la possibilità per gli organi degli enti locali, oggi prevista dall’art. 82, co. 11, T.U.E.L., di incrementare – entro determinati limiti di spesa – le indennità di funzione e i gettoni di presenza determinati (ai sensi del co. 8 del medesimo art. 82) con regolamento ministeriale[371]. Resta ferma la possibilità di apportare riduzioni a tali emolumenti. Gli eventuali incrementi già disposti devono essere eliminati dalle amministrazioni locali entro un mese dall’entrata in vigore della legge finanziaria;
§ modificano la disciplina dei rimborsi per spese di viaggio degli amministratori locali, sopprimendo l’indennità di missione attualmente prevista dall’art. 84 T.U.E.L. (è previsto in sua vece un rimborso forfetario onnicomprensivo, nella misura fissata con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con la Conferenza stato-città ed autonomie locali).
In relazione agli emolumenti dei consiglieri degli enti locali, la relativa disciplina ha la sua base nell’art. 82 del T.U.E.L., ai sensi del quale (co. 2) ai citati soggetti spetta un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono tuttavia prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari (co. 4). Quanto ai presidenti e componenti degli esecutivi degli enti locali, il medesimo art. 82 (co. 1) prevede una indennità di funzione per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, nonché per i componenti degli organi esecutivi dei comuni e, ove previste, delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.
La determinazione della misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è demandata (co. 8) ad un regolamento ministeriale[372]adottato con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (oggi, dell’economia e finanze), sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali nel rispetto di specifici criteri[373]. Tale misura può (co. 11) essere incrementata (se l’ente non versa in stato di dissesto finanziario) o diminuita con delibera consiliare o della giunta, ma nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal citato decreto ministeriale.
Si ricorda che l’art. 1, comma 54, della legge finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266), all’esplicito fine di soddisfare esigenze di coordinamento della finanza pubblica ha ridotto del 10 per cento – rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005 – le indennità di funzione e i gettoni di presenza spettanti, in virtù della normativa vigente, agli amministratori (regionali e) locali, nonché le utilità comunque spettanti ai medesimi soggetti per la partecipazione ad organi collegiali. La disposizione fa parte di una serie di interventi, recati dalla legge finanziaria 2006 (principalmente, art. 1, co. 52-64), volti al contenimento dei “costi della politica”.
In sintesi, in tali commi si prevede una riduzione pari al 10 per cento di una serie di indennità ed altri emolumenti spettanti:
- ai componenti della Camera e del Senato;
- ai membri del Parlamento europeo eletti in Italia;
- ai sottosegretari di Stato;
- agli amministratori regionali e locali;
- ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali presenti nelle pubbliche amministrazioni e negli enti da queste controllate;
- ai componenti il Servizio consultivo ed ispettivo tributario e di altri organismi il cui trattamento economico sia rapportato a quello per essi previsto;
- al rettore e al prorettore della Scuola superiore dell'economia e delle finanze;
- ai componenti gli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria e militare;
- ai componenti del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana;
- ai componenti del CNEL.
Sono altresì ridotte del 10 per cento le utilità economiche corrisposte per incarichi di consulenza conferiti da parte delle pubbliche amministrazioni.
Il comma 2 dell’articolo 76 in commento esclude che l'assunzione, da parte di un amministratore locale, della carica di componente di organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente possa dare titolo alla corresponsione di emolumenti a carico della società. La disposizione non modifica in alcun modo il regime delle ineleggibilità e delle incompatibilità recato dagli artt. 60 e 63 del T.U.E.L..
Il comma 3, infine, limita la corresponsione dell'indennità di fine mandato prevista dall’art. 10 del regolamento approvato con D.M. 119/2000[374], ai soli casi in cui il mandato elettivo abbia avuto una durata superiore a 30 mesi.
L’art. 10 del regolamento citato dispone che, a fine mandato, spetti ai sindaci e ai presidenti di provincia un’integrazione dell’indennità pari ad una indennità mensile spettante per 12 mesi di mandato, con riduzione proporzionale per periodi inferiori all'anno.
Il testo a fronte che segue tiene conto anche delle ulteriori modifiche all’art. 82 del T.U.E.L. apportate dall’art. 80, co. 7, del d.d.l. in esame (sul quale, v. la relativa scheda di lettura). Tali ultime modifiche sono riportate in carattere neretto sottolineato.
D.Lgs. 267/2000 |
Finanziaria 2007 – A.C. 1746-bis |
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Art.
76. |
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1. In attesa dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di organi di governo degli enti locali in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate, per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, le seguenti modificazioni: |
Art. 27 |
a) il comma 2 dell'articolo 27 è sostituito dal seguente: |
2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze. |
«2. La comunità montana ha un organo rappresentativo ed un organo esecutivo monocratico composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. L'organo rappresentativo è formato da un rappresentante per ciascun comune eletto dal consiglio comunale»; |
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Art. 32. |
b) il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 32 è sostituito dai seguenti: |
2. (...) Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse. |
«Lo statuto individua gli organi dell'unione nell'assemblea, formata da un rappresentante per ciascun comune associato nella persona di un componente della giunta o del consiglio comunale, e nel presidente, eletto dall'assemblea, che assume l'amministrazione dell'ente. Lo statuto individua, altresì, le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse»; |
3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze. |
c) al comma 3 dell'articolo 32 le parole: «e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte dei consigli dei comuni associati» sono soppresse; |
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Art. 78. |
d) il comma 5 dell'articolo 78 è sostituito dal seguente: |
5. Al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province. |
«5. Al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori e ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province nonché di altri enti territoriali. I medesimi soggetti non possono ricoprire i suddetti incarichi presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province se non siano decorsi almeno due anni dalla cessazione dall'incarico di sindaco, presidente della provincia, assessore o consigliere comunale o provinciale»; |
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Art. 81. 1. Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova |
e) al comma 1 dell'articolo 81 le parole: «Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e i presidenti dei consigli provinciali»; |
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Art. 82. |
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1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa. |
1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa. |
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f) il comma 2 dell'articolo 82 è sostituito dal seguente: |
2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'àmbito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. |
«2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali limitatamente ai comuni capoluogo di provincia e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un anno da un consigliere può superare l'importo pari ad un quinto dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8»; |
4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali. |
g) il comma 4 dell'articolo 82 è abrogato; |
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h) la lettera c) del comma 8 dell'articolo 82 è sostituita dalla seguente: |
8. (...) c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana; |
«c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti del consiglio, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province e degli assessori in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura non superiore al 70 per cento della misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana»; |
11. Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi componenti. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario. |
i) al comma 11 dell'articolo 82, le parole: «incrementati o» e il secondo periodo sono soppressi. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni locali adeguano per il futuro gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza di cui all'articolo 82, comma 11, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dalla presente lettera, se superiori a quelli previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, al limite massimo previsto dal medesimo regolamento; |
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Art. 84. |
l) l'articolo 84 è sostituito dal seguente: |
1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché la indennità di missione alle condizioni dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni. |
«Art. 84. - (Rimborsi per spese di viaggio). - 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori dal capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione nel caso di componenti degli organi esecutivi ovvero del presidente del consiglio nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con la Conferenza stato-città ed autonomie locali. |
2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell'indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione. |
2. La liquidazione dei rimborsi di cui al comma 1 è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione. |
3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate. |
3. Agli amministratori che risiedono fuori dal capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione a ognuna delle sedute dei rispettivi organi dell'assemblea ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate». |
4. I consigli e le assemblee possono sostituire all'indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento. |
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2. Fermo restando quanto disposto dagli articoli 60 e 63 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, l'assunzione, da parte dell'amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società. |
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3. L'indennità di fine mandato prevista dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, spetta nel caso in cui il mandato elettivo abbia avuto una durata superiore a trenta mesi. |
La relazione tecnica rileva che dalle disposizioni illustrate possano prodursi “risparmi di spesa di apprezzabile entità – quantificabili in misura non inferiore a 20 milioni di euro annui lordi e verificabili unicamente in sede di conto consuntivo –”.
Articolo 77
(Disposizioni connesse con la
costituzione di nuove province)
1. L'organizzazione degli uffici periferici delle amministrazioni statali sui territori delle istituende province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, in deroga a quanto disposto dall'articolo 4, commi 1 e 2, della legge 11 giugno 2004, n. 146, dall'articolo 5, commi 1 e 2 della legge 11 giugno 2004, n. 147, e dall'articolo 4, commi 1 e 2, della legge 11 giugno 2004, n. 148, resta disciplinata dagli articoli 33, 34 e 35 della presente legge. Resta sospeso ogni procedimento amministrativo in contrasto con le disposizioni dei predetti articolo.
L’articolo 77 subordina l'organizzazione degli uffici periferici delle amministrazioni statali nelle nuove province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani ai princìpi di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche contenuti nei precedenti articoli 33, 34 e 35 del d.d.l. finanziaria, a tal fine derogando alle disposizioni recate sul punto dalle leggi istitutive.
Con le leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004[375] sono state istituite tre nuove province: Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani[376].
Nelle tre leggi istitutive, con formulazione identica (art. 4, co. 1 e 2, L. 146/2004; art. 5, co. 1 e 2, L. 147/2004; art. 4, co. 1 e 2, L. 148/2004), si dispone in ordine all’adozione (con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il ministro dell'interno) dei provvedimenti necessari per l'istituzione nelle nuove province degli uffici periferici dello Stato, incluse le occorrenti variazioni dei ruoli del personale dello Stato.
Le disposizioni citate ricordano peraltro il disposto dell'art. 21, co. 3, lett. f), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 267/2000), ai sensi del quale “l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici”.
L’articolo 77 in commento deroga, come si è detto, alle disposizioni testé citate così da rendere pienamente applicabili anche al territorio delle nuove province le disposizioni sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche recate dagli artt. 33, 34 e 35 del d.d.l. in esame.
Rinviando, per una puntuale illustrazione, alle rispettive schede di lettura, si ricorda che l’art. 33 reca misure volte a razionalizzare la presenza sul territorio delle prefetture, delle questure e dei comandi provinciali dei vigili del fuoco; l’art. 34 ridefinisce l’articolazione periferica del Ministero dell’economia e delle finanze su base regionale e, qualora opportuno, interregionale e interprovinciale; l’art. 35 reca modificazioni all'assetto organizzativo dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, sopprimendo tra l’altro le Direzioni interregionali della Polizia di Stato a decorrere dal 1o dicembre 2007.
Si rileva che l’articolo in commento non menziona, invece, l’art. 32, disposizione di portata generale ove si prevede un programma di riorganizzazione dei ministeri che include, tra gli interventi previsti, la riduzione degli uffici dirigenziali e l’accorpamento delle strutture periferiche.
Articolo 78
(Principi di coordinamento per il
contenimento della spesa pubblica delle regioni)
1. Ai fini del contenimento della spesa pubblica, le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare la riduzione degli oneri degli organismi politici e degli apparati amministrativi, con particolare riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi e del numero di questi ultimi, alla soppressione degli enti inutili, alla fusione delle società partecipate e al ridimensionamento delle strutture organizzative.
2. La disposizione di cui al comma 1 costituisce principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ai fini del rispetto dei parametri stabiliti dal patto di stabilità e crescita dell'Unione europea.
3. I risparmi di spesa derivanti dall'attuazione del comma 1 devono garantire un miglioramento dei saldi finanziari dei bilanci regionali pari al 10 per cento rispetto ai saldi dell'anno precedente.
L’articolo 78 dispone ai fini del contenimento della spesa pubblica delle regioni in relazione ai costi degli organismi politici e degli apparati amministrativi.
La norma fissa il termine di sei mesi entro cui le regioni devono adottare disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare:
- riduzione dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi (e conseguente riduzione del numero degli stessi)
- soppressione degli enti inutili,
- fusione delle società partecipate,
- ridimensionamento delle strutture organizzative.
Il comma 2 specifica che le norme dettate dal comma primo costituiscono principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ovvero si applica nei confronti di tutte le regioni, comprese quelle ad autonomia speciale, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost..
Sembra opportuna una valutazione del principio recato dall’articolo alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale, sotto il profilo del rispetto dell’autonomia organizzativa e dell’autonomia finanziaria costituzionalmente riconosciute agli enti territoriali.
La Corte, in varie pronunce (cfr. ad es. sentt. 50 e 336 del 2005) ha affermato in via generale che la nozione di “principio fondamentale” non può avere carattere di rigidità e di universalità, poiché le “materie” hanno diversi livelli di definizione che possono mutare nel tempo; l’ampiezza e l’area di operatività di tali princìpi, dunque, devono essere calate nelle specifiche realtà normative cui afferiscono e devono tenere conto, in modo particolare, degli aspetti peculiari con cui tali realtà si presentano. Spetta quindi al legislatore operare le scelte che ritiene opportune, regolando ciascuna materia sulla base di criteri normativi essenziali (che l’interprete deve valutare nella loro obiettività e senza essere condizionato in modo decisivo da eventuali autoqualificazioni). Questo orientamento ha consentito alla Corte in più occasioni di considerare legittime, in quanto riconducibili al principio di coordinamento della finanza pubblica, disposizioni statali (prevalentemente comprese in leggi finanziarie) incidenti anche in modo “penetrante” sull’autonomia degli enti territoriali relativa alla gestione della spesa (cfr. ad es. sentt. 4, 17 e 36 del 2004, 417 del 2005).
In altre recenti pronunce, peraltro (tra le quali particolare rilievo assume la medesima sent. 417/2005 testé citata[377]), la Corte, intervenendo sull’ammissibilità di vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali, ha ritenuto che il legislatore statale può legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio, ancorché si traducano (inevitabilmente) in limitazioni indirette all’autonomia di spesa dei suddetti enti, solo con “disciplina di principio” e “per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari”. Sempre secondo la Corte, “la previsione da parte della legge statale di limiti all’entità di una singola voce di spesa non può essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perché pone un precetto specifico e puntuale sull’entità della spesa e si risolve perciò ‘in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell’area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale può prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi”.
Il comma 3 pone come obiettivo di risparmio, un miglioramento dei saldi finanziari dei bilanci regionali del 10% rispetto ai saldi dell'anno precedente.
La disposizione non prevede espressamente controlli o verifiche successive per il rispetto dell’obiettivo del risparmio del 10%. Non ha effetti sui saldi di bilancio.
Articolo 79
(Razionalizzazione delle dimensioni
territoriali degli enti locali)
1. Al fine di razionalizzare la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province, è istituita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'interno, presso la Conferenza unificata, una commissione di studio per la ricognizione delle caratteristiche demografiche, economiche e territoriali delle province attualmente esistenti e per l'elaborazione di parametri demografici ed economici funzionali ad un ottimale dimensionamento delle circoscrizioni provinciali. Della commissione fanno parte rappresentanti di amministrazioni statali, regionali e degli enti locali. Con il decreto istitutivo della commissione sono emanate le disposizioni occorrenti per il suo funzionamento ed è stabilito il termine per la conclusione dei lavori e per la presentazione al Governo della relazione finale. Sino al predetto termine di attività della commissione sono sospesi tutti i procedimenti concernenti la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province. Ai lavori della commissione lo Stato, le regioni e gli enti locali provvedono nell'ambito delle risorse ordinariamente concernenti le attività della Conferenza unificata, senza nuovi o maggiori oneri per i rispettivi bilanci.
2. Ai comuni che procedono alla fusione ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non si applicano, per un triennio, le disposizioni in materia di patto di stabilità.
3. I nuovi comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno diritto a ricevere trasferimenti erariali aggiuntivi pari al 50 per cento dei risparmi di spesa derivanti dalla fusione, calcolati sulla base di specifici criteri stabiliti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Una quota non superiore al 5 per cento di tali trasferimenti aggiuntivi è destinata ad incrementare gli stanziamenti diretti alla retribuzione di risultato dei dirigenti del comune.
4. I comuni che conseguono risparmi di spesa attraverso l'esercizio associato di funzioni e servizi di cui all'articolo 33 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero attraverso gli altri strumenti previsti dagli articoli 24 e 30 del medesimo testo unico, hanno diritto a ricevere trasferimenti erariali aggiuntivi pari al 50 per cento dei risparmi di spesa, calcolati sulla base di specifici criteri stabiliti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Una quota non superiore al 5 per cento di tali trasferimenti aggiuntivi è destinata ad incrementare gli stanziamenti diretti alla retribuzione di risultato dei dirigenti del comune.
5. All'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dall'articolo 76 della presente legge, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«5-bis. Non possono dare luogo alla costituzione di unioni di comuni o, comunque, farvi parte quei comuni che facciano parte delle comunità montane previste dall'articolo 27».
6. I comuni che, alla data di entrata di vigore della presente legge, facciano parte sia di un'unione di comuni sia di una comunità montana devono recedere dall'uno o dall'altro ente entro sei mesi dalla medesima data di entrata in vigore.
L’articolo 79, al comma 1, mira arazionalizzare i processi di revisione delle circoscrizioni provinciali e di istituzione di nuove province.
A tal fine, prevede l’istituzione, presso la Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali, di una commissione di studio, avente il compito di esaminare le caratteristiche demografiche, economiche e territoriali delle province esistenti e di elaborare parametri demografici ed economici funzionali ad un ottimale dimensionamento delle circoscrizioni provinciali.
Quanto alla composizione della commissione, la norma si limita a prevedere la presenza di rappresentanti di amministrazioni statali, regionali e degli enti locali.
Sia l’istituzione della commissione, sia la determinazione delle modalità di funzionamento sono rimesse a un futuro D.P.C.M., da adottare su proposta del ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il ministro dell'interno.
Nelle more dell’attività della commissione, il comma in esame dispone la sospensione di tutti i procedimenti in corso concernenti la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province.
Va segnalato che la durata della sospensione dei procedimenti in corso non è, allo stato, prevedibile: il comma non fissa, infatti, un termine per l’adozione del D.P.C.M. istitutivo della commissione, mentre il successivo termine per la conclusione dei lavori della commissione medesima è, a sua volta, rimesso all’emanando D.P.C.M..
Anche in considerazione di ciò, sembra opportuno un approfondimento degli effetti di tale disposizione sospensiva alla luce delle norme costituzionali che direttamente presiedono alla materia.
Ai sensi dell’art. 133, co. 1°, Cost., il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione.
L’art. 21, co. 3, del testo unico sugli enti locali, approvato con D.Lgs. 267/2000 (T.U.E.L.) ha introdotto una serie di criteri e di indirizzi ai quali i Comuni devono attenersi nell’esercizio dell’iniziativa ad essi attribuita dalla Costituzione.
In particolare, l’articolo prevede che ciascuna circoscrizione provinciale deve corrispondere ad un’area territoriale omogenea per sviluppo sociale, culturale ed economico, e deve avere una dimensione idonea a consentire una programmazione dello sviluppo che favorisca lo riequilibrio complessivo del territorio. Inoltre l’intero territorio di ogni Comune deve far parte di una sola provincia e la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve, di norma, essere inferiore a 200.000 abitanti.
La disposizione prescrive, inoltre, che l’iniziativa dei Comuni deve conseguire l’adesione della maggioranza dei Comuni dell’area interessata che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell’area stessa; l’adesione di ciascun Comune deve essere deliberata dal Consiglio comunale a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Spetta alle province preesistenti garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguate. L’istituzione di nuove province non comporta necessariamente l’istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici.
Il successivo co. 4 dell’art. 21 stabilisce, infine, che le regioni emanano norme volte a promuovere e coordinare le iniziative dei comuni dirette alla revisione delle circoscrizioni provinciali ed alla istituzione delle nuove province.
I commi 2, 3 e 4 dell’articolo 79 recano misure finanziarie volte ad incentivare la fusione di comuni e l’esercizio associato di funzioni e servizi.
L’art. 133, co. 2°, Cost., attribuisce alla legge della Regione, sentite le popolazioni interessate, la competenza a istituire nel proprio territorio nuovi Comuni ed a modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.
L’art. 15 del testo unico sugli enti locali, nel richiamare le disposizioni costituzionali in materia, rinvia anch’esso alla legge regionale vietando tuttavia (co. 1) l’istituzione di nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite; fanno eccezione i casi in cui si procede alla fusione di due o più comuni contigui. In tali casi, la legge regionale istitutiva prevede che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi; inoltre, in aggiunta ai contributi della Regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi alla fusione, contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.
I commi 2 e 3 dispongono i seguenti benefici a favore dei comuni che procedono alla fusione ai sensi dell'art. 15, co. 2, T.U.E.L.:
§ esenzione, per un triennio, dall’applicazione delle disposizioni in materia di patto di stabilità;
§ corresponsione di trasferimenti erariali aggiuntivi pari al 50 per cento dei risparmi di spesa derivanti dalla fusione.
Tali risparmi sono calcolati sulla base di specifici criteri da stabilire con decreto del ministero dell'economia e delle finanze; la norma aggiunge che una quota non superiore al 5 per cento dei trasferimenti aggiuntivi è destinata ad incrementare gli stanziamenti diretti alla retribuzione di risultato dei dirigenti del comune.
Il conferimento di trasferimenti erariali aggiuntivi, nella stessa misura e con le stesse modalità, è riservato dal successivo comma 4 ai comuni che conseguono risparmi di spesa attraverso l'esercizio associato di funzioni e servizi di cui all'art. 33 T.U.E.L. ovvero attraverso gli altri strumenti previsti dagli articoli 24 e 30 del medesimo testo unico.
L’art. 33 T.U.E.L. disciplina l’esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni, con particolare riguardo a quelli di minore dimensione demografica. Previa l’individuazione, da parte delle Regioni e in forma concertata, dei livelli ottimali di esercizio i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie (salvo l’esercizio del potere sostitutivo regionale in caso di inerzia). L’articolo prevede l’elaborazione, anch’essa in forma concertata, di un programma – da aggiornare triennalmente – che individui gli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, da realizzare anche attraverso le unioni di comuni; e la predisposizione da parte delle Regioni di apposite forme di incentivazione.
L’art. 24 T.U.E.L. disciplina l’esercizio coordinato di funzioni, che può essere definito dalla Regione nelle zone individuate quali aree metropolitane[378] previa intesa con gli enti locali interessati, ed attuato attraverso forme associative e di cooperazione, con riguardo a specifiche materie[379].
L’art. 30 T.U.E.L. disciplina infine le convenzioni che gli enti locali possono stipulare tra loro al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, e che possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni.
I commi 5 e 6 vietano la contemporanea partecipazione di comuni ad unioni di comuni ed a comunità montane.
Sia le comunità montane, sia le unioni di comuni sono disciplinate nei loro aspetti generali dal testo unico sugli enti locali, rispettivamente al capo IV e al capo V (art. 32) del titolo II.
Le comunità montane sono definite dall’art. 27, co. 1, come una particolare categoria di unioni di comuni: “enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali”. Le unioni di comuni (art. 32, co. 1) sono “enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza”.
Il comma 5, in particolare, introduce esplicitamente tale divieto nell’art. 32 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000), già modificato dall'art. 76 del d.d.l. in esame (v. la relativa scheda di lettura) aggiungendovi un apposito comma.
Il comma 6 reca una disposizione transitoria riferita ai comuni che, alla data di entrata di vigore della legge, facciano parte sia di un'unione di comuni sia di una comunità montana. Tali comuni dovranno recedere dall'uno o dall'altro ente entro i sei mesi successivi.
Articolo 80
(Misure di contenimento della spesa degli
enti territoriali)
1. Nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore al 70 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia ai sensi dell'articolo 82 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dall'articolo 76 della presente legge.
2. Nelle società a totale partecipazione pubblica di una pluralità di enti locali, il compenso di cui al comma 1, nella misura ivi prevista, è calcolato in percentuale delle indennità di minore importo tra quelle spettanti ai rappresentanti degli enti locali soci.
3. Al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione è dovuto il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché l’indennità di missione alle condizioni e nella misura fissata ai sensi dell'articolo 84 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
4. Nelle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici o privati, i compensi di cui ai commi 1 e 2 possono essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, nella misura di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per cento del capitale.
5. Il numero complessivo di componenti del consiglio di amministrazione delle società partecipate, in tutto o in parte, da enti locali, non può essere superiore a tre, ovvero a cinque per le società con capitale, interamente versato, pari o superiore all'importo determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Le società adeguano i propri statuti entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al primo periodo.
6. Le regioni adeguano ai principi di cui al presente articolo la disciplina dei compensi degli amministratori delle società da esse partecipate e del numero massimo dei componenti del consiglio di amministrazione di dette società.
7. All'articolo 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: «consigli circoscrizionali» sono inserite le seguenti: «dei soli comuni capoluogo di provincia»;
b) al comma 2, dopo la parola: «circoscrizionali» sono inserite le seguenti: «limitatamente ai comuni capoluogo di provincia».
8. Al comma 3 dell'articolo 234 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole «5.000» sono sostituite dalle seguenti «15.000».
L’articolo 80 reca misure di contenimento della spesa degli enti territoriali, ulteriori rispetto a quelle recate da altri articoli (v. in particolare l’art. 76), limitando sia l’entità massima dei compensi spettanti agli amministratori delle società partecipate da comuni o province sia il numero complessivo dei componenti i relativi consigli di amministrazione. Tali disposizioni valgono quali princìpi per le Regioni.
I commi 1 e 2 introducono un tetto massimo al compenso lordo annuale del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione nelle società a totale partecipazione di comuni o province, pari al 70 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia (in caso di società interamente partecipata da più enti locali, si assume come parametro l’indennità di minore importo).
La determinazione della misura delle indennità di funzione per i sindaci e i presidenti delle province è demandata, ai sensi dell’art. 82 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000) ad un regolamento ministeriale, adottato con le modalità e nel rispetto dei criteri indicati dal medesimo art. 82. L’art. 76 del d.d.l. in esame modifica, peraltro, l’art. 82 T.U.E.L. e, più in generale, il regime degli emolumenti e dei rimborsi spettanti agli amministratori degli enti locali. Si rinvia alla scheda di lettura di tale articolo per ulteriori indicazioni sul quadro normativo e sulle modifiche apportate.
Ai sensi del comma 3, il presidente e i componenti del consiglio di amministrazione (presumibilmente, delle stesse società di cui al comma 1) hanno diritto al rimborso delle spese di viaggio, nonché “l’indennità di missione alle condizioni e nella misura fissata ai sensi dell'articolo 84 del testo unico” sugli enti locali, che reca la disciplina dei rimborsi per spese di viaggio per gli amministratori locali.
Si segnala peraltro che l’art. 84 T.U.E.L. è stato interamente riformulato dal comma 1, lett. l), del già citato art. 76 del testo in esame, e che la riformulazione proposta sopprime l’indennità di missione attualmente prevista dall’art. 84 e introduce in sua vece un rimborso forfetario onnicomprensivo, nella misura fissata con decreto del ministro dell'interno, d'intesa con la Conferenza stato-città ed autonomie locali. Appare quindi necessario un coordinamento tra tale disposizione e il comma 3 in esame.
Il comma 4 consente un’elevazione del tetto dei compensi previsto dai primi due commi dell’articolo, con riguardo alle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici o privati, in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali. In particolare, se la partecipazione degli enti locali:
§ è pari o superiore al 50 per cento, i compensi possono essere elevati di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali;
§ è inferiore al 50 per cento, i compensi possono essere elevati di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali.
Il comma 5 pone il limite numerico di tre componenti ai consigli di amministrazione delle società partecipate (anche in parte) da enti locali.
Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare sarà fissato entro sei mesi con D.P.C.M., da adottare su proposta del ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i ministri dell'interno e dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Entro i successivi tre mesi è fatto obbligo alle società di apportare i necessari adeguamenti statutari.
Ai sensi del comma 6, le disposizioni sin qui illustrate costituiscono “princìpi” ai quali le Regioni devono adeguare la propria normativa, con riguardo alle società da esse partecipate.
In ordine alle disposizioni sin qui illustrate, ed alla luce del quadro costituzionale delle competenze regionali e degli enti locali, sembra opportuno valutare se ed, eventualmente, in quale misura esse incidano – benché indirettamente – sull’autonomia organizzativa e di spesa di tali enti.
Si ricorda che l’art. 1, co. 56 e 58, della legge finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266), all’esplicito fine di soddisfare esigenze di coordinamento della finanza pubblica ha ridotto del 10 per cento – rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005 – gli emolumenti (indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate) corrisposti per incarichi di consulenza ovvero ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati, presenti nelle pubbliche amministrazioni e negli enti da queste ultime controllati. Le disposizioni menzionate fanno parte di una serie di interventi, recati dalla legge finanziaria 2006 (principalmente, art. 1, co. 52-64), volti al contenimento dei “costi della politica”. Va tuttavia rilevato che il successivo co. 64 ha escluso l’applicazione (tra gli altri) dei co. 56 e 58 alle regioni, alle province autonome e agli enti locali.
Il comma 7 apporta una novella all’art. 82 (commi 1 e 2) del T.U.E.L., ai sensi della quale i presidenti dei consigli circoscrizionali e i consiglieri circoscrizionali non hanno più titolo alla corresponsione, rispettivamente, dell’indennità di funzione e del gettone di presenza se non nelle circoscrizioni facenti parte dei comuni capoluogo di provincia.
Per un esame puntuale delle modifiche apportate all’art. 82 T.U.E.L., si rinvia al testo a fronte riportato nella scheda di lettura sull’art. 76.
Il comma 8 dell’articolo 80 reca infine una novella all’art. 234 del medesimo testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, relativo alla disciplina dell’organo di revisione economico-finanziario.
La legislazione vigente dettata dall’art. 234 prevede che, mentre negli enti locali di maggiori dimensioni (province, comuni con più di 5.000 abitanti e città metropolitane) l’organo di revisione economico-finanziario sia costituito da un collegio di revisori, composto da tre membri eletti dai rispettivi consigli (scelti uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri), nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità montana a maggioranza assoluta dei membri, scelto tra i soggetti sopra indicati.
La disposizione in esame, novellando il comma 3 del citato art. 234 del T.U.E.L., estende ai comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti la figura del revisore unico.
Articolo 81
(Effetti sui saldi di finanza pubblica)
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare 1.622 milioni di euro per l'anno 2007, 2.076 milioni di euro per l'anno 2008 e 3.078 milioni di euro per l'anno 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico -526 milioni di euro per l'anno 2007, -1.355 milioni di euro per l'anno 2008 e -2.098 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione -526 milioni di euro per l'anno 2007, -1.355 milioni di euro per l'anno 2008 e -2.098 milioni di euro per l'anno 2009.
Si rinvia alla scheda generale sugli effetti sui saldi di finanza pubblica a pag.
Articolo 82
(Gestioni previdenziali)
1. L'adeguamento dei trasferimenti dovuti dallo Stato, ai sensi rispettivamente dell'articolo 37, comma 3, lettera c), della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni, e dell'articolo 59, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è stabilito per l'anno 2007:
a) in 469,16 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori, nonché in favore dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);
b) in 115,93 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ad integrazione dei trasferimenti di cui alla lettera a), della gestione esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.
2. Conseguentemente a quanto previsto dal comma 1, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato sono determinati per l'anno 2007 in 16.650,39 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera a), e in 4.114,39 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera b).
3. Gli importi complessivi di cui ai commi 1 e 2 sono ripartiti tra le gestioni interessate con il procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al netto, per quanto attiene al trasferimento di cui al comma 1, lettera a), della somma di 945,10 milioni di euro attribuita alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni a completamento dell'integrale assunzione a carico dello Stato dell'onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1o gennaio 1989, nonché al netto delle somme di 2,50 milioni di euro e di 57,94 milioni di euro di pertinenza, rispettivamente, della gestione speciale minatori e dell'ENPALS.
4. All'articolo 3, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 335, le parole da: «secondo i seguenti criteri» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «secondo il criterio del rapporto tra contribuzione e prestazioni con l'applicazione di aliquote contributive non inferiori alla media, ponderata agli iscritti, delle aliquote vigenti nei regimi interessati».
5. All'articolo 59, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, il quinto periodo è sostituito dal seguente: «Sono altresì escluse dal predetto procedimento le quote assegnate alle gestioni di cui agli articoli 21, 28, 31 e 34 della legge 9 marzo 1989, n. 88, per un importo pari al 50 per cento di quello definito con legge 23 dicembre 1996, n. 663, rivalutato, a decorrere dall'anno 1997, in misura proporzionale al complessivo incremento dei trasferimenti stabiliti annualmente con legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 37, comma 5, della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni, e annualmente adeguato secondo i medesimi criteri».
6. Al fine di pervenire alla sistemazione del debito di Poste italiane Spa verso la tesoreria statale per sovvenzioni ricevute per pagamenti di pensioni effettuati fino alla fine dell'anno 2000, le anticipazioni di tesoreria ricevute da Poste italiane Spa, ai sensi dell'articolo 16 della legge 12 agosto 1974, n. 370, per il pagamento delle pensioni a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) fino alla predetta data si intendono concesse direttamente all'INPS e, conseguentemente, sono apportate le necessarie variazioni nelle scritturazioni del conto del patrimonio dello Stato.
L’articolo in esame determina l'adeguamento, per l'anno 2007, degli stanziamenti del bilancio statale a favore della Gestione INPS degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS).
La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita dall’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88 , per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato .
Ai sensi della lettera c) dell’articolo 37 della legge n. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.
L’articolo 59, comma 34, della legge n. 449/1997 ha previsto un incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).
Gli incrementi disposti per il 2007, pari complessivamente a 585,09 milioni di euro, sono determinati (comma 1):
a) nella misura di 469,16 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS;
b) nella misura di 115,93 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (ad integrazione) e delle gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.
In proposito, la relazione tecnica afferma che gli importi fissati per il 2006 dall’articolo 1, commi 263-265, della legge finanziaria per il 206, sono stati adeguati, in coerenza con i contenuti del DPEF 2007-2011, nella misura dell’1,7% per il 2006 e del 2,2% per il 2007.
In base al comma 2, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato nel 2007 sono determinati:
§ per il FPLD, le gestioni dei lavoratori autonomi, la gestione speciale minatori e l’ENPALS – in base all'incremento di cui al comma 1, lettera a) – in 16.650,39 milioni di euro (per l’anno 2006 l’importo era infatti pari a 16.181,23 milioni);
§ per il FPLD (ad integrazione) e le gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali – in base all'incremento di cui al comma 1, lettera b) – in 4.114,39 milioni di euro (nel 2006 esso era pari a 3.992,46 milioni).
Ai sensi del comma 3 – che conferma implicitamente i criteri posti dall’articolo 59, comma 34, della L. 449 del 1997 - la ripartizione degli importi considerati nei precedenti commi tra le gestioni interessate deve essere effettuata mediante ricorso alla conferenza di servizi, di cui all'articolo 14 della legge 241 del 1990.
Si ricorda che la conferenza di servizi costituisce uno strumento organizzativo operante nella fase decisoria di procedimenti amministrativi complessi ed è volta ad accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte, attraverso un confronto diretto tra le stesse.
Nell'ambito del primo importo di 16.650,39 milioni di euro, il riparto è al netto delle seguenti quote:
§ 945,10 milioni di euro, attribuiti alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, a completamento dell'integrale assunzione a carico dello Stato dell'onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1° gennaio 1989 ;
§ 2,50 milioni di euro, destinati alla gestione speciale minatori;
§ 57,94 milioni di euro, attribuiti all'ENPALS.
§
Il comma 4, provvede a modificare le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 2, della L. 8 agosto 1995, n. 335.
Il richiamato comma 2 è finalizzato alla rideterminazione del contributo dovuto dallo Stato all’INPS per il concorso agli oneri della GIAS. In particolare, l’ultimo periodo del comma 2 contiene una delega al Governo per procedere entro il 31 dicembre 1999 alla ripartizione dell’importo globale degli oneri, tenendo altresì conto delle effettive esigenze di apporto del contributo dello Stato alle diverse gestioni previdenziali.
I criteri cui attenersi nell’esercizio della delega sono:
- rapporto tra lavoratori attivi e pensionati inferiore alla media;
- risultanze gestionali negative;
- rapporto tra contribuzione e prestazioni con l'applicazione di aliquote contributive non inferiori alla media, ponderata agli iscritti, delle aliquote vigenti nei regimi interessati.
Il comma in esame, modificando parte dell’ultimo periodo del richiamato comma 2, dispone che il criterio da seguire sia unicamente quello del rapporto tra contribuzione e prestazioni con l’applicazione di aliquote contributive non inferiori alla media, ponderata agli iscritti, delle aliquote vigenti nei regimi interessati.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, tale modifica si renderebbe necessaria “in riferimento alle effettive esigenze di apporto del contributo dello Stato alle medesime, rispetto a quanto finora previsto dalla legga n. 335 del 1995”.
Il successivo comma 5 provvede a sostituire il quinto periodo del comma 34 dell’articolo 59 della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), concernente le percentuali di riparto delle somme trasferite all'INPS ai sensi della lett. c) dell'art. 37, comma 3, della L. n. 88 del 1989.
L'art. 59, comma 34, della L. n. 449 del 1997 ha stabilito che, a decorrere dal 1998, le percentuali di riparto dello stanziamento delle somme trasferite all'INPS ai sensi della lett. c) dell'art. 37, comma 3, della L. n. 88 del 1989 - al netto della predetta somma aggiuntiva -siano definite tramite lo strumento organizzativo della Conferenza di servizi (di cui all'art. 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241) e mediante i criteri di cui all'art. 3, comma 2, della L. 8 agosto 1995, n. 335 (applicati in base all'ultimo consuntivo approvato) . Sono escluse dal procedimento di ripartizione le somme spettanti alla gestione speciale minatori e all'ENPALS. Si osserva peraltro che l'art. 4 della legge finanziaria per il 1999 (legge n. 449/1998), riguardo al riparto dello stanziamento in esame relativo al medesimo anno 1999, ricomprende, da un lato, anche le suddette somme aggiuntive di adeguamento ed esclude, dall'altro, (oltre alle quote assegnate alla gestione speciale minatori e all'ENPALS) un importo pari a 2.294 miliardi, direttamente attribuito alla Gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni.
Successivamente, l’articolo 34, comma 9, della L. 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999), modificando il comma 34 dell'art. 59 della L. n. 449 aggiungendo un quinto periodo allo stesso, ha escluso dal medesimo procedimento di riparto, per gli anni 1998 e 1999, due quote - ciascuna pari alla metà dell'importo assegnato alla Gestione degli artigiani e a quella degli esercenti attività commerciali dall'art. 5, comma 1, della legge finanziaria per il 1997 - che sono state direttamente attribuite alle medesime.
La successiva legge finanziaria per il 2000 (L. 23 dicembre 1999, n. 488), all’articolo 35, comma 2, ha stabilito in via permanente l'esclusione delle due suddette quote dal procedimento di riparto.
Il richiamato comma 5 in primo luogo estende al richiamato procedimento di ripartizione anche le quote della gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti e del fondo pensioni lavoratori dipendenti nonché della gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, di cui, rispettivamente, agli articoli 21 e 28 della citata L. 88 del 1989.
Lo stesso comma, inoltre, dispone che una somma pari al 50% dell'importo assegnato alla gestione degli artigiani e a quella degli esercenti attività commerciali sia rivalutato, a decorrere dal 1997, in misura proporzionale al complessivo incremento dei trasferimenti stabiliti annualmente con la legge finanziaria, secondo quanto stabilito dall’articolo 37, comma 5, della più volte richiamata L. 88 del 1989, annualmente adeguato secondo i medesimi criteri.
Il comma 6, infine, prevede che, al fine di pervenire alla sistemazione del debito che Poste italiane S.p.A. ha verso la tesoreria statale per sovvenzioni ricevute per pagamenti di pensioni effettuati fino alla fine del 2000, le anticipazioni di tesoreria ricevute da Poste Italiane S.p.A. per il pagamento delle pensioni a carico dell’INPS, di cui all’articolo 16 della L. 12 agosto 1974, n. 370[380], fino alla fine appunto dell’anno 2000, si devono intendere concesse direttamente all’INPS. Sono quindi apportate le conseguenti variazioni nel conto del patrimonio dello Stato.
Si ricorda che il richiamato articolo 16 ha stabilito che per il servizio relativo ai pagamenti, da parte dell'amministrazione postale, delle pensioni a carico delle varie forme di assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti gestite dall'INPS, l’Istituto è tenuto a precostituire in conto corrente infruttifero presso la Tesoreria centrale, almeno 5 giorni prima della scadenza dei pagamenti, il fondo occorrente ai pagamenti. Per la precostituzione del citato fondo, l'Istituto, in caso di disavanzo delle gestioni relative all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, si avvale temporaneamente delle disponibilità delle gestioni attive da esso amministrate. In difetto delle disponibilità richiamate sono autorizzate, per il pagamento delle pensioni, anticipazioni di tesoreria senza oneri di interessi nei limiti delle somme dovute dallo Stato all'INPS.
Articolo 83
(Trasferimenti all'INPS)
1. Ai fini della copertura dei maggiori oneri a carico della gestione per l'erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui all'articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, valutati in 534 milioni di euro per l'esercizio 2005 e in 400 milioni di euro per l'anno 2006:
a) per l'anno 2005, sono utilizzate le somme che risultano, sulla base del bilancio consuntivo dell'INPS per l'anno 2005, trasferite alla gestione di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, per un ammontare complessivo pari a 534 milioni di euro;
b) per l'anno 2006, sono utilizzate le seguenti risorse:
1) le somme che risultano, sulla base del bilancio consuntivo dell'INPS per l'anno 2005, trasferite alla gestione di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, per un ammontare complessivo pari a 87,48 milioni di euro;
2) le risorse trasferite all'INPS ed accantonate presso la medesima gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno 2005 del medesimo Istituto, per un ammontare complessivo di 312,52 milioni di euro, in quanto non utilizzate per i rispettivi scopi.
L’articolo 83 provvede ad una regolazione contabile tra le gestioni INPS, al fine di imputare alla “Gestione per l'erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti”, istituita dall’articolo 130 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, una quota di risorse disponibili, corrispondente ai maggiori oneri della medesima gestione, valutati in 534 milioni di euro per il 2005 e in 400 milioni di euro per il 2006.
Secondo la relazione tecnica, dato che la disposizione in esame costituisce di fatto una regolazione contabile, intesa ad assicurare il coordinamento tra il bilancio dello Stato e le scritture contabili dell’INPS, essa “non determina alcun effetto di maggiore onerosità né sul bilancio dello Stato né sul conto delle PP.AA.
Pertanto a tale imputazione, per l’anno 2005, si provvede mediante trasferimento di un importo pari a 534 milioni di euro, pari alle somme risultanti (sulla base del bilancio consuntivo INPS 2005) trasferite alla “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” quale eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenza varie[381] (comma 1, lettera a));
Per l’anno 2006 viene disposto l’utilizzo di:
§ 87,48 milioni di euro che risultano – nel bilancio consuntivo dell’INPS per l’anno 2004 – trasferite alla “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” quale eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenza varie[382] (comma 1, lettera b), n. 1);
§ 312,52 milioni per risorse trasferite all’INPS ed accantonate presso la medesima Gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo 2005 dell’Istituto[383], in quanto non utilizzate per i rispettivi scopi[384] (comma 1, lettera b), n. 2).
1. All'articolo 23, commi 1, 5, 7 e 8, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, ovunque ricorrano, le parole: «1o gennaio 2008» e «31 dicembre 2007» sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: «1o gennaio 2007» e «31 dicembre 2006».
2. Con effetto dal 1o gennaio 2007, è istituito il «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile», che è gestito, per conto dello Stato, dall'INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato. Il predetto Fondo garantisce ai lavoratori dipendenti del settore privato l'erogazione dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile, per la quota corrispondente ai versamenti di cui al comma 3, secondo quanto previsto dal codice civile medesimo.
3. Con effetto sui periodi di paga decorrenti dal 1o gennaio 2007, al fine del finanziamento del Fondo di cui al comma 2, al medesimo Fondo affluisce un contributo pari al 50 per cento della quota di cui all'articolo 2120 del codice civile, al netto del contributo di cui all'articolo 3, ultimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297, maturata a decorrere dalla predetta data e non destinata alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. Il predetto contributo è versato mensilmente dai datori di lavoro al Fondo di cui al comma 2, secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 4. La liquidazione del trattamento di fine rapporto e delle relative anticipazioni al lavoratore è interamente effettuata dal datore di lavoro, che provvede a conguagliare la quota corrispondente ai versamenti al Fondo di cui al comma 2 in sede di corresponsione mensile dei contributi dovuti agli enti previdenziali e al predetto Fondo, secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 4.
4. Le modalità di attuazione delle disposizioni dei commi 2 e 3 sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Le risorse del Fondo di cui al comma 2, al netto delle prestazioni erogate, della valutazione dei maggiori oneri derivanti dall'esonero dal versamento del contributo di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, come modificato dal comma 8 del presente articolo, e degli oneri conseguenti alle maggiori adesioni alle forme pensionistiche complementari derivanti dall'applicazione della presente disposizione, nonché dall'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, come da ultimo sostituito dal comma 10 del presente articolo, nonché degli oneri di cui al comma 9, sono destinate, nei limiti degli importi di cui all'elenco n. 1, al finanziamento dei relativi interventi, e in ogni caso nei limiti delle risorse accertate con il procedimento di cui al comma 6.
6. Con il procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono trimestralmente accertate le risorse del Fondo di cui al comma 2, al netto delle prestazioni e degli oneri di cui al comma 5.
7. Gli stanziamenti relativi agli interventi di cui al comma 5, nei limiti ivi specificati, sono accantonati e possono essere utilizzati subordinatamente alla decisione delle autorità statistiche comunitarie in merito al trattamento contabile del Fondo di cui al comma 2 e alla conseguente compatibilità degli effetti complessivi del medesimo comma 5 con gli impegni comunitari assunti in sede di valutazione del programma di stabilità dell'Italia.
8. All'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, dopo le parole: «conferito alle forme pensionistiche complementari» sono inserite le seguenti: «e al Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile». Al medesimo articolo 10 del decreto legislativo n. 252 del 2005, il comma 3 è abrogato.
9. Ai fini della realizzazione di campagne informative intese a promuovere adesioni consapevoli alle forme pensionistiche complementari nonché per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione delle connesse procedure di espressione delle volontà dei lavoratori di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è autorizzata, per l'anno 2007, la spesa di 17 milioni di euro. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di attuazione di quanto previsto dal predetto articolo 8 del decreto legislativo n. 252 del 2005, con particolare riferimento alle procedure di espressione della volontà del lavoratore circa la destinazione del trattamento di fine rapporto maturando, e dall'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005.
10. Al decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 8 è sostituito dal seguente:
«Art. 8. - (Compensazioni alle imprese che conferiscono il TFR a forme pensionistiche complementari e al fondo per l'erogazione del TFR). 1. In relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di trattamento di fine rapporto (TFR) alle forme pensionistiche complementari ovvero al "Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile" istituito presso la tesoreria dello Stato, a decorrere dal 1o gennaio 2008, è riconosciuto, in funzione compensativa, l'esonero dal versamento dei contributi sociali da parte degli stessi datori di lavoro dovuti alla gestione di cui all'articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, per ciascun lavoratore, nella misura dei punti percentuali indicati nell'allegata tabella A, applicati nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari e al predetto Fondo presso la tesoreria dello Stato. L'esonero contributivo di cui al presente comma si applica prioritariamente considerando, nell'ordine, i contributi dovuti per assegni familiari, per maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo al fondo di garanzia di cui all'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, nonché il contributo di cui all'articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845. Qualora l'esonero di cui al presente comma non trovi capienza con riferimento ai contributi effettivamente dovuti dal datore di lavoro, per il singolo lavoratore, alla gestione di cui al citato articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l'importo differenziale è trattenuto, a titolo di esonero contributivo, dal datore di lavoro sull'ammontare complessivo dei contributi dovuti all'INPS medesimo. L'onere derivante dal presente comma è valutato in 455 milioni di euro per l'anno 2008 e in 530 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009»;
b) alla tabella A, le parole: «prevista dall'articolo 8, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «prevista dall'articolo 8, comma 1».
L’articolo 84 reca alcune disposizioni in materia di previdenza complementare e istituisce un Fondo al quale affluisce una quota del trattamento di fine rapporto (TFR) maturando.
In particolare:
§ si anticipa la decorrenza delle nuove disposizioni in materia di previdenza complementare introdotte dal D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, fissandola al 1° gennaio 2007 anziché al 1° gennaio 2008 (comma 1);
§ si prevede l’istituzione di un Fondo gestito dall’INPS, al quale far affluire un contributo pari al 50 per cento della quota di TFR maturata a decorrere dal 1° gennaio 2007 e non destinata a forme di previdenza complementare, stabilendo altresì le modalità di destinazione delle relative risorse (commi da 2 a 7);
§ si estende l’esonero per i datori di lavoro dal versamento del contributo per il Fondo di garanzia presso l’INPS di cui all’articolo 2 della legge n. 297/1982, in proporzione non solo alla quota di TFR destinata alla previdenza complementare ma anche a quella destinata al Fondo per l’erogazione del TFR (comma 8);
§ si prevede il finanziamento delle spese per la campagna informativa per adesioni consapevoli alle forme pensionistiche complementari (comma 9);
§ si introduce una nuova disciplina relativa alle forme di compensazione per i datori di lavoro che conferiscono il TFR alle forme pensionistiche complementari e al Fondo per l’erogazione del TFR (comma 10);
La relazione tecnica sugli oneri finanziari prevede che per effetto della istituzione del Fondo per l’erogazione del TFR e dei connessi obblighi di versamento per il datore di lavoro, si verifichi un ulteriore incremento delle adesioni alla previdenza complementare rispetto alle adesioni valutate con riferimento al D.Lgs. 252/2005[385]. La relazione tecnica prevede “un’adesione alla previdenza complementare sin dal 2007 di circa il 45-50% dei soggetti, con versamento dell’intero 6,91%, per quanto riguarda i lavoratori <neoassunti>(di prima iscrizione alla previdenza obbligatoria in data antecedente al 29 aprile 1993) e attorno al 60% (circa 4 punti percentuali) del TFR per i lavoratori in essere, poi crescente nel tempo per arrivare al 2014 attorno al 55-60% delle adesioni, in quanto, a regime, si prevede un’adesione dei neoassunti per i quali la pensione è calcolata con il sistema contributivo, di poco inferiore al 70%”.
Il comma in esame, come accennato in precedenza, modificando il testo dell’articolo 23 del D.Lgs. 252/2005, provvede ad anticipare la data di entrata in vigore della riforma della previdenza complementare di cui al D.Lgs. 252 dal 1° gennaio 2008 al 1° gennaio 2007. Conseguentemente, vengono modificati i commi 1, 5, 7 e 8 del richiamato articolo 23.
L’articolo 23 del più volte richiamato D.Lgs. 252 del 2005 ha stabilito al 1° gennaio 2008 (comma 1) la data di entrata in vigore del provvedimento, eccetto che per alcune disposizioni, che entrano invece in vigore il giorno successivo alla pubblicazione (cioè il 14 dicembre 2005), e cioè:
- destinazione del contributo di solidarietà al finanziamento della COVIP (articolo 16, comma 2, lettera b));
- disposizioni in materia di vigilanza della COVIP e compiti della medesima (articoli 18 e 19);
- stanziamento per il rafforzamento della vigilanza sulle forme pensionistiche complementari (articolo 22, comma 1).
Lo stesso comma 1 ha previsto, inoltre, per i contratti di assicurazione di carattere previdenziale stipulati fino alla data del 31 dicembre 2007, l’applicazione della disciplina vigente alla data di pubblicazione del provvedimento in oggetto.
Il comma 2 introduce una disciplina transitoria per le aziende che non sono in possesso dei requisiti per accedere al Fondo di garanzia per il credito di cui all’articolo 10, comma 3. In particolare si prevede che, limitatamente al periodo in cui sussista tale situazione e comunque non oltre un anno dall’entrata in vigore del decreto (quindi non oltre il 31 dicembre 2008), ai lavoratori di tali aziende non si applica la norma relativa al conferimento tacito del T.F.R. (meccanismo del silenzio-assenso) di cui all’articolo 8, comma 7. Resta fermo che i lavoratori in questione possono conferire in maniera esplicita, con dichiarazione di volontà, il T.F.R.; in tal caso l’azienda beneficia delle agevolazioni previste dal citato articolo 10, naturalmente con esclusione dell’accesso al Fondo di garanzia.
Il successivo comma 3 dispone che la COVIP emani, entro sei mesi dalla pubblicazione del decreto legislativi, le direttive rivolte a tutte le forme pensionistiche, per dare attuazione alle disposizioni dello stesso decreto. In seguito, entro il 31 dicembre 2007 tutte le forme pensionistiche sono tenute ad adeguarsi, sulla base delle direttive COVIP, alle norme del decreto in esame.
In particolare, le imprese di assicurazione, per le forme pensionistiche individuali “attuate prima della predetta data” (cioè prima del 31 dicembre 2007), sono tenute alla costituzione del patrimonio autonomo e separato e alla predisposizione del regolamento da allegare ai contratti di assicurazione, ai sensi dell’articolo 13, comma 3.
Con il comma 4 si prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, possano ricevere nuove adesioni, anche tramite conferimento del T.F.R., solamente le forme pensionistiche che hanno provveduto agli adeguamenti necessari e conseguentemente hanno ricevuto la relativa autorizzazione dalla COVIP.
Il comma 5 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, le disposizioni dello stesso decreto legislativo, relative alla deducibilità dei premi e dei contributi versati e al regime di tassazione delle prestazioni erogate, si applicheranno anche ai soggetti che a tale data risultano già iscritti a forme pensionistiche complementari.
Il comma 6 prevede che, per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, continui ad applicarsi esclusivamente la normativa previgente, fino all’attuazione della specifica delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera p), della L. 243 del 2004.
I commi 7 e 8 recano disposizioni transitorie per le seguenti categorie di lavoratori:
§ lavoratori assunti prima del 29 aprile 1993 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 124 del 1993) e iscritti entro tale data a forme pensionistiche complementari istituite alla data del 15 novembre 1992 (data di entrata in vigore della legge di delega n. 421 del 1992):
- ai contributi versati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto legislativo si applicano le disposizioni di carattere tributario stabilite dall’articolo 8, commi 4 e 5;
- per le prestazioni previdenziali maturate fino al 31 dicembre 2007 si applica il regime tributario vigente a tale data;
- per le prestazioni previdenziali maturate dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 252, il soggetto interessato può chiedere l’applicazione del regime delle prestazioni previsto. Resta ferma la possibilità di richiedere la liquidazione della prestazione pensionistica in capitale con applicazione del regime tributario vigente al 31 dicembre 2007 “sul montante accumulato a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.
§ lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame: entro la data del 30 giugno 2008 potranno indicare le modalità di conferimento del TFR alla previdenza complementare, secondo le modalità indicate all’articolo 8, comma 7 (cfr. supra).
Il comma in esame, in conseguenza dell’anticipo di un anno dell’entrata in vigore della riforma, modifica alcune date di riferimento nei commi su indicati, in particolare sostituendo il “1° gennaio 2008” con il “1° gennaio 2007” e il “31 dicembre 2007” con il “31 dicembre 2006”.
Conseguentemente a tali modifiche:
§ la data di entrata in vigore del D.Lgs. 252 del 2005 risulta essere il 1° gennaio 2007;
§ continua ad applicarsi la disciplina vigente alla data di pubblicazione del D.Lgs. 252 per i contratti di assicurazione di carattere previdenziale stipulati fino alla data del 31 dicembre 2006;
§ le disposizioni del D.Lgs. 252 relative alla deducibilità dei premi e dei contributi versati e al regime di tassazione delle prestazioni erogate, si applicheranno, a decorrere dal 1° gennaio 2007, anche ai soggetti che a tale data risultano già iscritti a forme pensionistiche complementari;
§ alle prestazioni pensionistiche maturate entro il 31 dicembre 2006, per i lavoratori assunti prima del 29 aprile 1993 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 124 del 1993) e iscritti entro tale data a forme pensionistiche complementari istituite alla data del 15 novembre 1992, si applicherà il regime tributario vigente alla predetta data;
§ per le prestazioni previdenziali maturate dopo l’entrata in vigore del presente decreto legislativo, sempre per i lavoratori assunti prima del 29 aprile 1993, resta ferma la possibilità per il soggetto interessato di richiedere la liquidazione della prestazione pensionistica in capitale con applicazione del regime tributario vigente al 31 dicembre 2006 sul montante accumulato a partire dal 1° gennaio 2007.
Il comma 2 reca l’istituzione, dal 1° gennaio 2007, del “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile” (di seguito “Fondo”)
Il Fondo è gestito dall’INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato.
Il Fondo garantisce ai lavoratori interessati l’erogazione del TFR, secondo quanto previsto dal codice civile, per la quota corrispondente al contributo versato dal datore di lavoro (pari al 50% della quota di TFR maturata dal 1° gennaio 2007 e non destinata a forme di previdenza complementare come specificato nel successivo comma 3 (vedi infra).
Il T.F.R. del settore privato, regolato dall'articolo 2120 del codice civile, come sostituito dall'articolo 1 della L. 29 maggio 1982, n. 297, si configura come una sorta di retribuzione differita e si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5. Esso è rivalutato annualmente, su base composta, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'ISTAT rispetto all'anno precedente.
Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso le stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta, per far fronte a spese sanitarie per terapie e interventi straordinari o all’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli.
La legge di riforma del sistema pensionistico n. 335 del 1995 ha proceduto ad uniformare il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici alla disciplina del trattamento di fine rapporto.
Il successivo comma 3 precisa che con effetto sui periodi di paga decorrenti dal 1° gennaio 2007, al Fondo in precedenza richiamato affluisce (al netto del contribuzione aggiuntiva di cui all’articolo 3, ultimo comma, della L. 297 del 1982), un contributo pari al 50% della quota di TFR maturata a decorrere dalla stessa data e non destinata alle forme pensionistiche complementari di cui al più volte richiamato D.Lgs. 252.
Si evidenzia che il datore di lavoro è tenuto a versare il contributo al Fondo in precedenza richiamato solamente per la quota di TFR che maturerà a decorrere dall’inizio del 2007, per cui le quote di TFR già maturate fino a tale momento rimangono nella disponibilità del datore di lavoro secondo la disciplina di cui all’articolo 2120 del c.c., cioè fino alla cessazione del rapporto di lavoro o fino alla richiesta di anticipazione da parte del lavoratore nei casi previsti dalla legge.
Si evidenzia inoltre che il contributo che il datore di lavoro è tenuto a versare al Fondo in questione è pari al 50 per cento della quota di TFR maturando che non affluisce alle forme di previdenza complementare per espressa volontà del lavoratore. Si ricorda, infatti, che l’art. 8, comma 7 del D.Lgs. 252/2005 prevede che entro sei mesi dall’assunzione o, per i lavoratori già in attività, entro sei mesi dall’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo[386], il lavoratore è tenuto ad esprimere (in maniera esplicita o tacita) la propria volontà sulla eventuale destinazione del TFR maturando a forme di previdenza complementare. Nel caso di mancata espressione di volontà del lavoratore si applica il meccanismo del silenzio-assenso: a decorrere dal mese successivo alla scadenza prevista, il datore di lavoro trasferisce il T.F.R. maturando alla forma pensionistica collettiva individuata secondo la disciplina dello art. 8, comma 7.
Si ricorda che il D.Lgs. n. 252/2005 (articolo 8) innova profondamente la disciplina del finanziamento delle forme pensionistiche complementari, rispetto alle disposizioni del D.Lgs. n. 124/1993.
In primo luogo si prevede che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari possa essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente, nonché attraverso il conferimento del TFR maturando.
Una novità di notevole rilievo è costituita dalla previsione per cui il conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari avviene secondo modalità esplicite o tacite. In particolare, è stato introdotto l’istituto del silenzio-assenso: il conferimento del TFR a forme pensionistiche complementari ha luogo solo se il lavoratore non decida diversamente, in maniera espressa, entro sei mesi dalla data di prima assunzione. Per i lavoratori già assunti al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. 252/2005, i sei mesi decorrono dall’entrata in vigore dello stesso decreto. Nel caso in cui decida in maniera esplicita per il conferimento del T.F.R., il lavoratore ha inoltre facoltà di scegliere, sempre entro sei mesi, la forma pensionistica complementare cui destinarlo.
Nel caso di conferimento tacito (silenzio-assenso), a decorrere dal mese successivo alla scadenza prevista, il datore di lavoro trasferisce il T.F.R. maturando dei propri dipendenti alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale che preveda la destinazione del T.F.R. ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, ai fondi pensione chiusi previsti dalla contrattazione collettiva, ai fondi pensione aperti, oppure ai fondi istituiti da regolamenti di enti o aziende. Tale accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in modo diretto e personale.
In caso di presenza di più forme pensionistiche previste dai contratti o accordi collettivi, il T.F.R. è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. Infine, nel caso in cui non siano applicabili i criteri precedenti, il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare residuale istituita presso l’INPS.
Specifiche disposizioni riguardano i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993, per i quali era già previsto un diverso regime, concernente la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari attraverso il conferimento parziale del T.F.R.
In particolare, ai richiamati soggetti, nel caso in cui risultino già iscritti a forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, o dalla data di nuova assunzione, se successiva, se mantenere il residuo T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo (ciò vale anche nel caso in cui non esprimano alcuna volontà) alla forma complementare collettiva alla quale gli stessi abbiano già aderito.
Nel caso in cui non risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla stessa data, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, se mantenere il T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo, nella misura già fissata dagli accordi o contratti collettivi, ovvero, qualora detti accordi non prevedano il conferimento del TFR, nella misura non inferiore al 50%, con possibilità di incrementi successivi, ad una forma pensionistica complementare.
Nel caso in cui tali soggetti non esprimano alcuna volontà, si applicano i criteri di trasferimento del T.F.R. su decritti con riferimento al conferimento tacito.
Al fine di consentire una scelta consapevole del lavoratore circa la destinazione del TFR, si prevede che, prima dell’avvio del periodo di sei mesi per esprimere la volontà sul trasferimento del TFR, il datore di lavoro debba fornire al lavoratore adeguate informazioni sulle diverse scelte disponibili. Inoltre, trenta giorni prima della scadenza dei sei mesi utili ai fini del conferimento del TFR maturando, il lavoratore che non abbia ancora manifestato alcuna volontà deve ricevere dal datore di lavoro le necessarie informazioni relative al fondo pensione verso il quale il TFR maturando è destinato alla scadenza del semestre.
Le modalità del versamento mensile da parte dei datori di lavoro del richiamato contributo saranno stabilite con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze , da emanare entro un mese dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, e cioè entro il 31 gennaio 2007. Con il medesimo decreto, ai sensi del comma 4, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3.
Lo stesso comma 3, inoltre, dispone che la liquidazione del TFR e delle relative anticipazioni debba essere effettuata interamente dal datore di lavoro, che provvede altresì al conguaglio della quota liquidata corrispondente all’ammontare dei versamenti al Fondo in sede di corresponsione mensile dei contributi dovuti agli istituti previdenziali nonché allo stesso Fondo, secondo modalità stabilite nel decreto in precedenza richiamato.
I successivi commi 5, 6 e 7 disciplinano la destinazione delle risorse del Fondo al finanziamento di interventi per lo sviluppo nonché le relative procedure.
Secondo la relazione tecnica, tali risorse sono stimate in 5.000 mln. di euro per il 2007, 4.540 mln. di euro per il 2008 e 3.980 mln. di euro per il 2009.
Per una disamina puntuale della stima delle risorse da destinare sulla base di quanto indicato dai commi in esame al finanziamento di interventi per lo sviluppo, si rinvia alla tabella contenuta nella relazione tecnica al disegno di legge in esame (pag. 377 dell’A.C. 1746).
In particolare, si prevede: che le risorse del Fondo, al netto delle prestazioni erogate, della valutazione dei maggiori oneri derivanti dall’esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il TFR di cui all’art. 2 della L. 297 del 1982, e degli oneri conseguenti alle maggiori adesioni alle forme pensionistiche complementari derivanti dall’applicazione della norma in esame, nonché dall’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 8 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248 (come da ultimo sostituito dal comma 10 del presente articolo), nonché degli oneri di cui al comma 9, sono destinate al finanziamento di specifici interventi (nei limiti degli importi dell’elenco n. 1) (comma 5).
Si riporta di seguito l’elenco n. 1 allegato al d.d.l. n. 1746[387], relativo agli interventi da effettuare e al relativo stanziamento.
Quote da accantonare
(dati
in mln di euro)
Art./co. |
Intervento |
Saldo netto da finanziare |
Indebitamento netto |
||||
|
|
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
104 |
Fondo competitività |
300 |
400 |
400 |
100 |
200 |
300 |
106 |
Fondo investimenti ricerca scienifica e tecnologica |
300 |
300 |
360 |
150 |
200 |
300 |
115 |
Imprese pubbliche |
600 |
600 |
600 |
500 |
500 |
500 |
117 |
Autotrasporto |
520 |
= |
= |
520 |
= |
= |
134, c. 1 |
Alta velocità/alta capacità |
0 |
900 |
1.200 |
= |
900 |
1.200 |
134, c. 2 |
Apporto capitale ferrovie S.p.A. |
400 |
0 |
0 |
400 |
0 |
0 |
134, c. 5 |
Rifinanziamento rete tradizionale F.S. |
2.00 |
1.200 |
0 |
2.000 |
1.200 |
0 |
187, c. 1 |
Fondo per le spese di funzionamento della Difesa |
= |
350 |
200 |
= |
350 |
200 |
216, c. 3 (tab, D) |
Rifinanziamenti spese di investimento |
2.966 |
3.053 |
8.039 |
1.500 |
1.200 |
1.400 |
TOTALE |
|
6.786 |
6.803 |
10.799 |
5.020 |
4.550 |
3.900 |
Si dispone quindi che attraverso la conferenza dei servizi[388] siano trimestralmente accertate le risorse del Fondo, al netto delle prestazioni e degli oneri indicati nel precedente comma (comma 6);
Gli stanziamenti relativi agli interventi specifici riportati nel citato elenco n. 1, potranno essere utilizzati subordinatamente alla decisione delle autorità statistiche comunitarie in merito al trattamento contabile del Fondo e alla conseguente compatibilità della norma in esame con gli impegni comunitari assunti in sede di valutazione del programma di stabilità dell’Italia (comma 7).
Il comma in esame, integrando il comma 2 dell’articolo 10 del più volte richiamato D.Lgs. 252 del 2005, estende l’esonero a favore del datore di lavoro dal versamento del contributo al fondo di garanzia per il TFR presso l’INPS (di cui all’art. 2 della L. 297 del 1982), disponendo che tale esonero sia computato in proporzione non solamente alla quota di TFR maturando destinata alle forme di previdenza complementare ma anche a quella destinata al Fondo di cui al comma 2 dell’articolo in esame.
L’articolo 10 del richiamato D.Lgs. 252, per compensare il venir meno della disponibilità degli importi accantonati come TFR, ha stabilito misure di carattere tributario e contributivo in favore delle imprese, completando altresì la disciplina di cui all’articolo 8, commi 1 e 2, del D.L. 203 del 2005, con riguardo all’istituzione di un fondo per agevolare l’accesso al credito e alla previsione di riduzione dei contributi previdenziali ed assistenziali.
In particolare, il comma 2 del richiamato articolo 10 ha previsto l’esonero, a favore del datore di lavoro, dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il T.F.R., istituito dall’articolo 2 della citata L. 297, nella stessa percentuale di T.F.R. maturando conferito alle forme pensionistiche complementari.
Si ricorda, al riguardo, che il Fondo di garanzia per il T.F.R. è stato istituito dal richiamato articolo 2 della L. 297 con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del T.F.R. stesso, di cui all'articolo 2120 del codice civile, spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.
Lo stesso articolo, inoltre, ha stabilito che tale Fondo, per le cui entrate ed uscite è tenuta una contabilità separata nella gestione dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, sia alimentato con un contributo a carico dei datori di lavoro a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° luglio 1982.
L’entità di tale contributo, originariamente pari allo 0,03% della retribuzione di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, è stata successivamente elevata allo 0,15% dal D.M. 9 febbraio 1988, a decorrere dal periodo di paga in corso al primo giorno del mese successivo a quello della pubblicazione del decreto stesso, e cioè dal marzo 1988.
Ai sensi dell’articolo 4 del citato D.Lgs. 80 del 1992, per l'anno 1992 l'aliquota contributiva è stata elevata dello 0,05% e, per gli anni successivi, si prevede che sia determinata sulla base dell'andamento gestionale del Fondo stesso.
Si ricorda, infine, che per tale contributo si osservano le stesse disposizioni vigenti per l'accertamento e la riscossione dei contributi dovuti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti. E’ previsto un vincolo di destinazione del contributo alle finalità istituzionali del fondo stesso. Al fine di assicurare il pareggio della gestione, l'aliquota contributiva può essere modificata, in diminuzione o in aumento, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale (attualmente Ministro del lavoro e delle politiche sociali), di concerto con il Ministro del tesoro (attualmente Ministro dell’economia e delle finanze), sentito il consiglio di amministrazione dell'INPS, sulla base delle risultanze del bilancio consuntivo del fondo medesimo.
L’ultimo periodo del comma in esame contestualmente abroga il comma 3 dell’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005, relativo al funzionamento del Fondo di garanzia per agevolare l'accesso al credito delle imprese a seguito del conferimento del T.F.R. a forme di previdenza complementare.
Si ricorda che il comma 1 del citato articolo 8 del D.L. n. 203/2005 ha previsto l'istituzione di un Fondo di garanzia per agevolare l'accesso al credito delle imprese, in favore del quale viene erogato un contributo finanziario a carico dello Stato (anche ai fini dei costi di gestione), pari a 154 milioni di euro per il 2006, 347 milioni per il 2007, 424 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2008-2010 e 243 milioni per il 2011.
Si prevede che la garanzia del Fondo copre fino all'intero ammontare (oltre ai relativi interessi) dei finanziamenti concessi a fronte dei summenzionati conferimenti alle forme pensionistiche complementari effettuati nel periodo 2006-2010.
La definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento e di gestione del Fondo è demandata ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive.
Si consideri peraltro che l’articolo 1, comma 269, lettera a), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), ha riformulato i primi tre periodi del comma 1 dell’articolo 8 del D.L. 203/2005.
In primo luogo, in considerazione dello “slittamento” al 2008 dell’entrata in vigore della riforma della disciplina della previdenza complementare, l’istituzione del Fondo di garanzia è prevista dal 1° gennaio 2008.
La dotazione finanziaria del Fondo di garanzia, dopo le modifiche, risulta essere pari a 424 milioni di euro per ciascuno degli anni tra il 2008 ed il 2012 e a 253 milioni di euro per il 2013.
La garanzia del Fondo copre fino all'intero ammontare (oltre ai relativi interessi) dei finanziamenti concessi a fronte dei summenzionati conferimenti alle forme pensionistiche complementari effettuati nel periodo 2008-2012.
Successivamente il comma 3 del richiamato articolo 10 del D.Lgs. 252/2005 ha precisato che la definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento del Fondo di garanzia, istituito dall’articolo 8, comma 1, del D.L. 203 del 2005, per agevolare l'accesso al credito delle imprese a seguito del conferimento del T.F.R. a forme di previdenza complementare, siano stabilite con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (attualmente Ministro del lavoro e della previdenza sociale), emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive (attualmente Ministro per lo sviluppo economico), la cui emanazione è già stata prevista nel D.L. sopra menzionato. Si dispone inoltre che nella definizione di tali criteri si tenga conto delle prescrizioni indicate in un apposito Accordo stipulato dai Ministri del lavoro e dell’economia e dall’ABI, fermo restando il rispetto della dotazione finanziaria del Fondo.
Si evidenzia che tale abrogazione si raccorda con la nuova formulazione dell’articolo 8 del D.L. 203 del 2005 (prevista dal comma 10 dell’articolo in esame), che implicitamente prevede la soppressione del Fondo in questione (cfr. infra).
Il comma in esame, autorizza, per il 2007, una spesa pari a 17 milioni di euro per il finanziamento delle spese per campagne di informazione intese a promuovere adesioni consapevoli alle forme pensionistiche complementari, nonché per fare fronte agli oneri derivanti dall’attuazione delle connesse procedure di espressione delle volontà dei lavoratori, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 252 del 2005.
Il richiamato articolo 8 ha innovato profondamente la disciplina del finanziamento delle forme pensionistiche complementari, rispetto alle disposizioni del D.Lgs. n. 124/1993.
In primo luogo si prevede che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari possa essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente, nonché attraverso il conferimento del TFR maturando. Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari, nel caso di lavoratori autonomi e di liberi professionisti, è attuato mediante contribuzioni a carico dei soggetti stessi. Nel caso di soggetti diversi dai titolari di reddito di lavoro o d’impresa e di soggetti fiscalmente a carico di altri il richiamato finanziamento è attuato dagli stessi o dai soggetti nei confronti dei quali sono a carico.
Ferma restando la facoltà per tutti i lavoratori di determinare liberamente l’entità della contribuzione a proprio carico, per i lavoratori dipendenti che aderiscono a forme di previdenza complementare, con l’eccezione dell’adesione individuale a fondi pensione aperti e dell’adesione a forme pensionistiche individuali, la misura minima della contribuzione a carico del datore di lavoro o del committente e del lavoratore stesso possono essere fissati dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali. Il livello minimo della contribuzione a carico dei lavoratori, inoltre, può essere determinato dagli accordi tra soli lavoratori.
Il contributo da destinare alle forme pensionistiche complementari è stabilito in cifra fissa oppure:
- per i lavoratori dipendenti: in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR o con riferimento ad elementi particolari della retribuzione stessa;
- per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti: in percentuale del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente;
- per i soci lavoratori di società cooperative: secondo la tipologia del rapporto di lavoro, in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR, ovvero degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori, ovvero in percentuale del reddito di lavoro autonomo, dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente.
Confermando le analoghe disposizioni di cui al D.Lgs. n. 124/1993, nel caso in cui i destinatari delle forme pensionistiche complementari sono dipendenti della pubblica amministrazione, i contributi alle forme pensionistiche debbono essere definiti in sede di determinazione del trattamento economico, secondo procedure coerenti alla natura del rapporto.
Con una novità di notevole rilievo, si prevede che il conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari avviene secondo modalità esplicite o tacite. In particolare, è stato introdotto l’istituto del silenzio-assenso: il conferimento del TFR a forme pensionistiche complementari ha luogo solo se il lavoratore non decida diversamente, in maniera espressa, entro sei mesi dalla data di prima assunzione. Per i lavoratori già assunti al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo in esame, i sei mesi decorrono dal 1° gennaio 2008. Nel caso in cui decida in maniera esplicita per il conferimento del T.F.R., il lavoratore ha inoltre facoltà di scegliere, sempre entro sei mesi, la forma pensionistica complementare cui destinarlo.
Nel caso di conferimento tacito (silenzio-assenso), a decorrere dal mese successivo alla scadenza prevista, il datore di lavoro trasferisce il T.F.R. maturando dei propri dipendenti alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale che preveda la destinazione del T.F.R. ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, ai fondi pensione chiusi previsti dalla contrattazione collettiva, ai fondi pensione aperti, oppure ai fondi istituiti da regolamenti di enti o aziende. Tale accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in modo diretto e personale.
In caso di presenza di più forme pensionistiche alle quali l’azienda abbia aderito, il T.F.R. è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. Infine, nel caso in cui non siano applicabili i criteri precedenti, il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare residuale istituita presso l’INPS.
Specifiche disposizioni riguardano i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993, per i quali era già previsto un diverso regime, concernente la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari attraverso il conferimento parziale del T.F.R.
In particolare, ai richiamati soggetti, nel caso in cui risultino già iscritti a forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, o dalla data di nuova assunzione, se successiva, se mantenere il residuo T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo (ciò vale anche nel caso in cui non esprimano alcuna volontà) alla forma complementare collettiva alla quale gli stessi abbiano già aderito.
Nel caso in cui non risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla stessa data, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, se mantenere il T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo, nella misura già fissata dagli accordi o contratti collettivi, ovvero, qualora detti accordi non prevedano il conferimento del TFR, nella misura non inferiore al 50%, con possibilità di incrementi successivi, ad una forma pensionistica complementare.
Nel caso in cui tali soggetti non esprimano alcuna volontà, si applicano i criteri di trasferimento del T.F.R. su decritti con riferimento al conferimento tacito.
Al fine di consentire una scelta consapevole del lavoratore circa la destinazione del TFR, si prevede che, prima dell’avvio del periodo di sei mesi per esprimere la volontà sul trasferimento del TFR, il datore di lavoro debba fornire al lavoratore adeguate informazioni sulle diverse scelte disponibili. Inoltre, trenta giorni prima della scadenza dei sei mesi utili ai fini del conferimento del TFR maturando, il lavoratore che non abbia ancora manifestato alcuna volontà deve ricevere dal datore di lavoro le necessarie informazioni relative al fondo pensione verso il quale il TFR maturando è destinato alla scadenza del semestre.
Le modalità di attuazione di quanto previsto dal predetto articolo 8 del D.Lgs. 252, con particolare riferimento alle procedure di espressione della volontà del lavoratore circa la destinazione del TFR maturando, nonché di quanto previsto dall’art. 13 dello stesso D.Lgs. 252 relativamente alla disciplina delle forme pensionistiche individuali, sono definite, ai sensi dello stesso comma 9 in esame, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la COVIP, da emanare entro il 31 gennaio 2007.
Il comma 10, lettera a),riformulando l’articolo 8 del richiamato D.L. 203/2005,modifica la disciplina relativa alle forme di compensazione per i datori di lavoro che conferiscono il TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, peraltro prevedendo che tali compensazioni spettino anche per la quota di TFR destinata al Fondo di cui al comma 2 dell’articolo in esame.
In sostanza, con riferimento alla vigente formulazione dell’articolo 8 del D.L. 203, viene confermata (seppur con parziali modifiche) la disposizione di cui al comma 2 relativa alla compensazione costituita dalla riduzione dei contributi sociali.
Al contrario viene implicitamente abrogato il comma 1, relativo al Fondo di garanzia per agevolare l'accesso al credito delle imprese a seguito del conferimento del T.F.R. a forme di previdenza complementare.
Inoltre si prevede implicitamente l’abrogazione dei restanti commi: 3, 3-bis e 3-ter (cfr. infra).
In particolare, il nuovo testo dell’articolo 8 riconosce, a titolo di compensazione in relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di TFR maturando alle forme pensionistiche complementari o al Fondo per l’erogazione del TFR di cui al comma 2 dell’articolo in esame, una riduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2008, del versamento dei contributi di previdenza ed assistenza dovuti da parte degli stessi datori di lavoro alla gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’articolo 24 della L. 88 del 1989[389], per ciascun lavoratore.
La misura della riduzione, prevista dalla Tabella A allegata al D.Lgs. 203/2005, è pari a 0,19 punti percentuali per il 2008 ed aumenta ogni anno fino alla percentuale, a regime, di 0,28 punti, decorrente dal 2014[390]. Tali riduzioni, tuttavia, non si applicano per intero, bensì nella misura percentuale del TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari nonché al Fondo suddetto.
L’esonero contributivo si applica prioritariamente considerando, nell’ordine, i contributi dovuti per assegni familiari, per maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo al fondo di garanzia presso l’INPS per il versamento del TFR di cui all’articolo 2 della più volte richiamata L. 297 del 1982, nonché il contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, di cui all’articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845[391].
Qualora l’esonero di cui al presente comma non trovi capienza con riferimento ai contributi effettivamente dovuti dal datore di lavoro, per il singolo lavoratore, alla gestione di cui al citato articolo 24 della L. 88/1989, l’importo differenziale deve essere trattenuto, a titolo di esonero contributivo, dal datore di lavoro sull’ammontare complessivo dei contributi dovuti all’INPS medesimo.
La disposizione valuta l’onere derivante dalla sua applicazione in 455 milioni di euro per l’anno 2008 e in 530 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.
Si osserva che andrebbe valutata la congruità della data di decorrenza delle misure di compensazione in termini di riduzioni contributive di cui al nuovo articolo 8, dal momento che tali benefici sono previsti solamente a decorrere dal 1° gennaio 2008, mentre i maggiori oneri per i datori di lavoro per la perdita di parte del TFR maturando si determinerebbero già dal 1° gennaio 2007. Ciò a causa sia dell’anticipazione al 1° gennaio 2007 dell’entrata in vigore della riforma della previdenza complementare di cui al D.Lgs. 252/2005, sia dell’introduzione a decorrere dalla stesa data dell’obbligo di versamento di parte del TFR al Fondo di cui al comma 2 dell’articolo in esame.
A seguito della riformulazione dell’articolo 8 del D.L. 203/2005, la lettera b) del comma in esame prevede una modifica di mero coordinamento formale alla tabella A allegata allo stesso articolo 8.
Occorre infine segnalare che il testo vigente dell’articolo 8 in oggetto presenta tre ulteriori commi (il 3, il 3-bis e il 3-ter) che contengono disposizioni in settori diversi da quello trattato, rispettivamente:
a) la proroga dal 31 dicembre 2005 al 30 giugno 2006 il termine per il completamento, sull'intero territorio nazionale, del processo di istituzione e consegna della tessera sanitaria;
b) l’estensione dell’ambito di operatività del Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà, consentiti dalla normativa UE in materia di aiuti di Stato, ad enti non commerciali in situazione di crisi aziendale aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia e operanti nel settore della sanità privata, nonché la proroga al 31 dicembre 2006 della sospensione dei termini di pagamento di contributi, tributi e imposte in favore dei medesimi soggetti;
c) la proroga, non oltre il 31 dicembre 2006, dei trattamenti di CIGS e di mobilità alle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, alle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti ed alle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti).
In relazione alla lettera a) appare opportuno un chiarimento in ordine agli effetti prodotti dalla abrogazione implicita del comma 3 del vigente articolo 8, in considerazione dei tempi necessari per il completamento del processo di istituzione e distribuzione della tessera sanitaria.
Le disposizioni di cui alle lettere b) e c), anche in considerazione dell’esaurimento degli effetti prodotti nell’arco del 2006, sono da considerare di fatto non più operative.
Il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di trasferibilità dei diritti alla pensione complementare (COM(2005) 507). La proposta mira ad agevolare la mobilità dei lavoratori eliminando gli ostacoli derivanti dai differenti ordinamenti nazionali in materia di regimi pensionistici complementari.
Gli obiettivi principali della proposta, sono:
§ facilitare l’acquisizione dei diritti a pensione aziendale o professionale;
§ garantire una tutela adeguata dei diritti in sospeso dei lavoratori in uscita;
§ facilitare il trasferimento dei diritti a pensione acquisiti;
§ assicurare che i lavoratori ricevano adeguate informazioni in caso di mobilità professionale.
Il Consiglio ha proceduto ad un primo esame generale della proposta il 1° giugno 2006. Il Parlamento europeo dovrebbe esaminarla in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, il 14 febbraio 2007.
Articolo 85
(Misure in materia previdenziale)
1. Con effetto dal 1o gennaio 2007, le aliquote contributive per il finanziamento delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani e commercianti iscritti alle gestioni autonome dell'INPS sono stabilite in misura pari al 19,5 per cento. A decorrere dal 1o gennaio 2008, le predette aliquote sono elevate al 20 per cento.
2. Con effetto dal 1o gennaio 2007, l'aliquota contributiva di finanziamento per gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, è elevata dello 0,3 per cento, per la quota a carico del lavoratore. In conseguenza del predetto incremento, le aliquote di cui al presente comma non possono comunque superare, nella somma delle quote dovute dal lavoratore e dal datore di lavoro, il 33 per cento.
3. Con effetto dal 1o gennaio 2007, l'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche sono stabilite in misura pari al 23 per cento. Con effetto dalla medesima data per i rimanenti iscritti alla predetta gestione l'aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche sono stabilite in misura pari al 16 per cento.
4. Con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1o gennaio 2007 la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani è complessivamente rideterminata nel 10 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita la ripartizione del predetto contributo tra le gestioni previdenziali interessate. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche con riferimento agli obblighi contributivi previsti dalla legislazione vigente in misura pari a quella degli apprendisti. Con riferimento ai periodi contributivi di cui al presente comma viene meno per le regioni l'obbligo del pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani di cui all'articolo 16 della legge 21 dicembre 1978, n. 845. A decorrere dal 1o gennaio 2007 ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del capo I del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono estese le disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati e la relativa contribuzione è stabilita con il decreto di cui al secondo periodo del presente comma.
5. A decorrere dal 1o gennaio 2007 e per un periodo di tre anni, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi superino complessivamente un importo pari a 5.000 euro mensili, rivalutato annualmente nella misura stabilita dall'articolo 38, comma 5, lettera d), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è dovuto sull' importo eccedente il predetto limite mensile un contributo di solidarietà nella misura del 3 per cento, destinato al finanziamento della gestione pensionistica di riferimento. Al predetto importo complessivo concorrono anche i trattamenti integrativi percepiti dai soggetti nei cui confronti trovano applicazione le forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui al decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 563, al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, nonché le forme pensionistiche che assicurano comunque prestazioni complementari al trattamento di base ai dipendenti pubblici, inclusi quelli alle dipendenze delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni, ivi compresa la gestione speciale ad esaurimento di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, nonché le gestioni di previdenza per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette, prestazioni complementari al trattamento di base. Ai fini del prelievo del contributo di solidarietà è preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato. L'INPS, sulla base dei dati che risultano dal Casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, e successive modificazioni, è tenuto a fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per il prelievo del contributo di solidarietà, secondo modalità proporzionali ai trattamenti erogati.
6. L'articolo 5, secondo comma del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che, in caso di trasferimento presso l'assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l'importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l'aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge.
L’articolo 85 reca diverse disposizioni in materia previdenziale.
In particolare, si prevede:
§ a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’adeguamento delle aliquote contributive:
- delle gestioni pensionistiche degli artigiani e dei commercianti (comma 1);
- delle gestioni pensionistiche dei lavoratori dipendenti (comma 2);
- delle gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, per i lavoratori autonomi che esercitano un’attività professionale o di collaborazione (comma 3);
- dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani (comma 4).
§ l’istituzione, limitatamente per il periodo 2007-2009, di un contributo di solidarietà sulle quote dei trattamenti pensionistici eccedenti l’importo di 5.000 euro mensili (comma 5);
§ un’interpretazione autentica in merito alle disposizioni in materia della determinazione della retribuzione pensionabile in caso di trasferimento ad enti previdenziali italiani di contributi versati presso enti di paesi esteri (comma 6).
Il comma 1 prevede l’innalzamento delle aliquote contributive pensionistiche per il finanziamento delle gestioni speciali presso l’INPS dei lavoratori artigiani e commercianti.
In particolare, le aliquote contributive per il finanziamento delle Gestioni speciali pensionistiche degli artigiani e dei commercianti sono stabilite in misura pari al 19,50% a decorrere dal 1° gennaio 2007, e al 20% a decorrere dal 1° gennaio 2008.
La legge 4 luglio 1959, n. 463, ha istituito presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1959, una apposita Gestione speciale cui sono tenuti ad iscriversi gli artigiani ed i loro familiari, se coadiuvanti. Tale Gestione, ai sensi della L. 89 del 1988, a decorrere dal 1° gennaio 1989, ha assunto la denominazione di "Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani".
Sono iscritti alla Gestione i titolari e i contitolari di imprese artigiane, nonché i familiari coadiuvanti. Al riguardo, si precisa che sono considerati familiari i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado; mentre l'art. 45 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha stabilito che, in via sperimentale per l'anno 2003, gli imprenditori artigiani iscritti negli albi provinciali, se impossibilitati per causa di forza maggiore all'espletamento dell'attività lavorativa, possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente, di collaborazioni occasionali di parenti entro il secondo grado aventi anche il titolo di studente, per un periodo complessivo - nel corso dell'anno - non superiore a novanta giorni, con il solo obbligo dell'iscrizione all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. A tale ultimo riguardo è intervenuto il successivo decreto-legge n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, il quale, al comma 6-ter dell'art. 21, ha disposto che gli artigiani iscritti negli albi provinciali possono avvalersi di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, anche studenti, per periodi anche frazionati ma complessivamente non superiori a 90 giorni nell'anno, con esonero contributivo condizionato all'assenza di compenso economico e al fatto che la prestazione sopperisca alla temporanea impossibilità dell'imprenditore ad espletare la propria attività lavorativa; resta obbligatoria la sola iscrizione all'INAIL.
Per effetto dell'art. 13 della legge 5 marzo 2001, n. 57, possono iscriversi alla gestione previdenziale degli artigiani i soci lavoratori di società a responsabilità limitata con pluralità di soci in presenza dei seguenti requisiti: la società deve essere costituita per le finalità e nei limiti dimensionali stabiliti dalla legge n. 443/1985 per la generalità delle imprese artigiane; la maggioranza dei soci (in caso di due soci ne è sufficiente uno) deve svolgere in forma prevalente lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo (la manualità va apprezzata in relazione alla natura dell'attività svolta: in senso materiale e tradizionale, ovvero come partecipazione tecnica e operativa); la maggioranza dei soci lavoratori deve detenere la maggioranza del capitale sociale e negli organi deliberanti della società.
Dal 1° luglio 1990 si è passati ad un contributo unico a percentuale, calcolato sul reddito annuo imponibile IRPEF, che dal 1° gennaio 1993 è formato dalla totalità dei redditi d'impresa prodotti nello stesso anno al quale il contributo si riferisce.
Per quanto concerne i contributi, fino al 30 giugno 1990 (data di entrata in vigore della L. 233 del 1990, recante la riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), il sistema di contribuzione della gestione commercianti prevedeva:
- un contributo "capitario" annuo, in cifra fissa, dovuto da ogni assicurato;
- un contributo "aggiuntivo" in percentuale, dovuto dal solo titolare d’azienda.
A decorrere dal 1° luglio 1990 si è passati al versamento di un contributo unico a percentuale, calcolato sul reddito annuo imponibile IRPEF, che dal 1° gennaio 1993 è formato dalla totalità dei redditi d’impresa prodotti nello stesso anno al quale il contributo si riferisce (articolo 3-bis del D.L. 384 del 1992, convertito dalla L. 438 del 1992, recante misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali)[392].
Con effetto dal 1° gennaio 1998, ai sensi dell’articolo 59, comma 15, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), l'aliquota contributiva del 15%, in vigore fino al 31 dicembre 1997, è stata elevata di 0,8 punti percentuali. L'aliquota stessa è, poi, dal 1° gennaio 1999, elevata ogni anno di 0,2 punti fino a raggiungere l'aliquota a regime del 19% nel 2014.
La L. 22 luglio 1966, n. 613, ha istituito presso l’INPS, con decorrenza 1° gennaio 1965, una apposita Gestione speciale assicurativa cui sono tenuti ad iscriversi gli esercenti attività commerciali. Tale Gestione, a partire dal 1° gennaio 1989, ai sensi della L. 89 del 1988, ha assunto la denominazione di "Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali”.
Sono iscritti alla Gestione speciale, previo possesso di determinati requisiti, i seguenti soggetti:
- titolari di aziende che esercitano attività commerciali e turistiche;
- soggetti che lavorano come ausiliari del commercio (agenti e rappresentanti di commercio iscritti nell’apposito albo; agenti aerei, marittimi, raccomandatari; agenti delle librerie di stazione; propagandisti e procacciatori di affari, commissionari di commercio, mediatori iscritti negli appositi elenchi delle Camere di Commercio, titolari degli istituti di informazione);
- familiari coadiutori che lavorano prevalentemente ed abitualmente nell’azienda commerciale.
Dal 1° gennaio 2004 devono iscriversi alla Gestione i produttori di assicurazione di terzo e quarto gruppo ai sensi dell’articolo 44, comma 2, del D.L. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326/2003. Dal 1° gennaio 1997, i promotori finanziari sono soggetti all’obbligo assicurativo presso la Gestione degli esercenti attività commerciali. Sono, inoltre, tenuti ai versamenti contributivi alla gestione commercianti anche i soggetti che svolgono l'attività di affittacamere, che deve essere svolta con i caratteri della abitualità e della prevalenza previsti dalla legge.
Per quanto concerne i contributi, la dinamica ricalca in maniera identica quanto già analizzato in precedenza riguardo alla Gestione INPS degli artigiani,
Con effetto dal 1° gennaio 1998, ai sensi dell’articolo 59, comma 15, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) l’aliquota contributiva del 15,39%, in vigore fino al 31 dicembre 1997, è stata elevata di 0,8 punti percentuali. L’aliquota stessa è, poi, dal 1° gennaio 1999, elevata ogni anno di 0,2 punti fino a raggiungere l’aliquota del 19% a regime.
La seguente tabella riporta le modifiche apportate dalla disposizione in esame rispetto alla normativa vigente.
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Artigiani, aliquota vigente (%) |
17,60 |
17,80 |
18,00 |
18,20 |
18,40 |
18,60 |
18,80 |
19,00 |
Commercianti, aliquota vigente (%) |
17,90 |
18,10 |
18,30 |
18,50 |
18,70 |
18,90 |
19,00 |
19,00 |
Aliquota derivante dalla presente disposizione (%) |
19,50 |
20,00 |
20,00 |
20,00 |
20,00 |
20,00 |
20,00 |
20,00 |
Secondo la relazione tecnica, le maggiori entrate contributive vengono così a delinearsi (dati in milioni di euro):
(impatto in termini di indebitamento netto delle PA)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Al lordo fisco |
1.355 |
1.649 |
1.533 |
1.408 |
1.274 |
1.130 |
1.026 |
965 |
Al netto fisco |
1.355 |
1.129 |
1.094 |
1.057 |
954 |
844 |
776 |
734 |
(impatto in termini di fabbisogno settore statale)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Al lordo fisco |
1.016 |
1.576 |
1.562 |
1.439 |
1.307 |
1.166 |
1.052 |
981 |
Al netto fisco |
1.016 |
1.185 |
1.103 |
1.066 |
979 |
871 |
793 |
744 |
Il comma 2 prevede l’innalzamento di 0,3 punti percentuali dell’aliquota contributiva di finanziamento per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, per la quota a carico del lavoratore. Si prevede comunque che l’aliquota contributiva totale, data dalla somma della quota a carico del lavoratore (anche considerando l’aumento di 0, 3 punti) e di quella a carico del datore di lavoro, non possa essere superiore al 33%.
L'aliquota stabilita per il FPLP per la generalità delle categorie dei lavoratori dipendenti è pari al 32,70%, di cui l'8,89% a carico del lavoratore.
Con il D.M. 21 febbraio 1996 sono stati trasferiti al FPDL dalla gestione prestazioni temporanee una serie di aliquote, complessivamente pari al 4,43%, così ripartite: 0,57% dal contributo maternità, 0,14% dal contributo prestazioni economiche per la tubercolosi, 3,72% dal contributo trattamenti di famiglia.
Per le categorie per le quali non è stato possibile attuare tale trasferimento (in quanto non tenute a versare le aliquote trasferite o, pur essendovi tenute, l'entità delle stesse non presentava la necessaria capienza) l’articolo 27, comma 2-bis, del D.L. 669 del 1996, convertito dalla L. 30 del 1997 ha stabilito l'aumento scaglionato della aliquota FPLD a carico del datore di lavoro con cadenza biennale, a decorrere dal 1° gennaio 1997 e nella misura dello 0,50%, sino a concorrenza di 4,43 punti percentuali.
In via generale, nel FPLD la quota a carico del lavoratore è pari all'8,89%, più l'1% sulla prima fascia di retribuzione pensionabile, qualora l'aliquota IVS a carico del lavoratore sia inferiore al 10%. A ciò si deve aggiungere lo 0,30% per la CIGS straordinaria; e lo 0,50% relativo al contributo di rimpatrio lavoratori extracomunitari, da questi dovuto sino al 31 dicembre 1999[393].
Il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce (articolo 2115 c.c., articolo 19 della L. 4 aprile 1952, n. 218).
Può essere utile infine ricordare che una tabella delle aliquote "storiche" dell'IVS è contenuta nella circolare INPS n. 81 del 13 maggio 2004.
Secondo la relazione tecnica, le maggiori entrate derivanti dalla disposizione in esame vengono così a delinearsi (dati in milioni di euro):
(impatto in termini di indebitamento netto delle PA)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Al lordo fisco |
991 |
1.024 |
1.058 |
Al netto fisco |
720 |
744 |
768 |
(impatto in termini di fabbisogno settore statale)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Al lordo fisco |
839 |
1.019 |
1.053 |
Al netto fisco |
609 |
740 |
765 |
L'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG se il committente è una persona giuridica.
Il comma 3 prevede:
§ l’incremento al 23% dell’aliquota contributiva pensionistica, corrisposta alla Gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 dai lavoratori autonomi che esercitano un’attività professionale o di collaborazione non iscritti ad altre forme pensionistiche;
§ l’incremento al 16%.dell’aliquota contributiva pensionistica, corrisposta alla Gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, dai rimanenti iscritti rispetto ai soggetti di cui al punto precedente.
Si ricorda che sono iscritti alla Gestione separata INPS i seguenti soggetti:
§ professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, pertanto, in tale categoria e sono tenuti al pagamento del contributo previdenziale:
- professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;
- professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;
- professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;
- professionisti senza albo e senza cassa (si pensi alle professioni di consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);
§ collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato T.U.I.R., si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita.
Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:
- amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;
- membri di commissione e collegi;
- soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;
- amministratori di condominio;
§ venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la disciplina del commercio). Per effetto dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000;
§ titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1); per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (D.L. 105 del 2003, convertito dalla L. 170 del 2003);
§ pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività[394];
§ lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.
§ associati in partecipazione: per effetto del comma 157 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
Si ricorda che per il 2006, le aliquote contributive della Gestione separata INPS sono pari al 17,70% (più il contributo dello 0,50% per la malattia, l’assegno familiare e la maternità) per i soggetti non pensionati e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, fino al limite di reddito di € 39.297,01. L’aliquota è aumentata di un punto percentuale (18,70%), sempre tenendo conto il contributo per la malattia, l’assegno familiare e la maternità, sui compensi eccedenti tale somma. Per i soggetti pensioni od iscritti ad altra forma obbligatoria per il 2006 l’aliquota contributiva è pari al 10,00%, mentre per i pensionati titolai di pensione diretta è pari al 15,00%.
La seguente tabella mette a confronto le aliquote a legislazione vigente con quelle introdotte dal comma in esame.
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
Aliquota vigente (%) |
17,90 |
18,10 |
18,30 |
18,50 |
18,70 |
18,90 |
19,00 |
Aliquota presente disposizione (%) |
23,00 |
23,00 |
23,00 |
23,00 |
23,00 |
23,00 |
23,00 |
Secondo la relazione tecnica, le maggiori entrate derivanti dalla disposizione in esame per quanto concerne i lavoratori non iscritti ad altre forme pensionistiche vengono così a delinearsi (dati in milioni di euro):
(impatto in termini di indebitamento netto delle PA)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
Al lordo fisco |
816 |
784 |
752 |
720 |
688 |
656 |
640 |
Al netto fisco |
759 |
486 |
567 |
543 |
519 |
469 |
495 |
(impatto in termini di fabbisogno del settore statale)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
Al lordo fisco |
748 |
787 |
755 |
723 |
691 |
659 |
641 |
Al netto fisco |
691 |
488 |
570 |
546 |
522 |
472 |
496 |
Secondo la relazione tecnica, le maggiori entrate derivanti dalla disposizione in esame per quanto concerne i lavoratori iscritti alla Gestione separata ex articolo 2, comma 26, della L. 335, vengono così a delinearsi (dati in milioni di euro):
(impatto in termini di indebitamento netto delle PA)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Al lordo fisco |
471 |
476 |
481 |
Al netto fisco |
426 |
293 |
355 |
(impatto in termini di fabbisogno settore statale)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Al lordo fisco |
399 |
475 |
480 |
Al netto fisco |
362 |
298 |
361 |
Il comma 4 ridetermina, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, in misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Attualmente, in ragione dell’onere formativo i contributi previdenziali ed i premi assicurativi sono previsti in misura estremamente ridotta, pur garantendo una tutela simile a quella degli altri lavoratori dipendenti.
Si riportano di seguito i nuovi importi dei contributi fissi dovuti per gli apprendisti, con decorrenza 1° gennaio 2006, ai sensi della circolare INPS n. 18 dell’8 febbraio 2006.
Apprendisti |
|
|
Euro |
FPLD |
|
a) contributo settimanale base |
0,0868 |
b) contributo settimanale adeguamento |
2,75 |
CUAF |
|
Contributo settimanale |
0,0347 |
MATERNITA’ |
|
Contributo settimanale |
0,0165 |
INAIL |
|
Contributo settimanale |
0,0930 |
Totale contributo settimanale |
|
Esclusa INAIL |
2,89 |
Compresa INAIL |
2,98 |
N.B.:contributo maternità + contributo INAIL = 0,11 €.
Per le aziende artigiane resta fisso, a carico del datore di lavoro, il contributo di maternità pari a € 0,02 settimanali (€ 0,0165 arrotondato a € 0,02).
L'aliquota a carico dell'apprendista dovuta al FPLD. è fissata nella misura del 5,54%.
Si ricorda che la disciplina dell’apprendistato è stata modificata dal D.Lgs. n. 276/2003[395] con l’introduzione di tre differenti tipologie di contratto, a seconda della qualità e del livello della formazione insita nel rispettivo rapporto:
- il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
- il contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;
- il contratto di apprendistato per percorsi di alta formazione.
Con riferimento al rapporto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, si evidenzia che:
- possono essere assunti con tale contratto i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni di età mentre la normativa previgente prevedeva come età minima sedici anni;
- la durata massima del contratto è fissata in tre anni ed è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale;
- la regolamentazione del contratto è rimessa ad una intesa da raggiungere tra Regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative.
Con riferimento invece al contratto di apprendistato professionalizzante, si evidenzia che:
- possono essere assunti con tale contratto i soggetti di età compresa tra diciotto (ridotta a diciassette per i soggetti in possesso di una qualifica conseguita ai sensi della legge n. 53/2003[396]) e ventinove anni;
- è rimesso ai contratti collettivi stabilire la durata del contratto, che in ogni caso non può essere inferiore a due anni e superiore a sei anni;
- la regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante è rimessa alle Regioni, d’intesa con le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano regionale.
Per quanto riguarda invece l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma universitario, si evidenzia che:
- possono essere assunti come apprendisti soggetti tra 18 e 29 anni (il limite di età minimo si abbassa a 17 anni per i soggetti in possesso di una qualifica professionale);
- la disciplina e la durata dell’apprendistato in esame è rimessa alle Regioni, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative.
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 53, comma 4, del richiamato D.Lgs. 276, ha confermato le disposizioni contenute nella normativa già esistente per quanto attiene alla copertura previdenziale dell’apprendista.
La ripartizione del predetto contributo tra le gestioni previdenziali è stabilita con Decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è cioè entro il 28 febbraio 2007.
Lo stesso comma, altresì, prevede l’estensione dell’applicazione della rideterminazione contributiva in esame anche alle contribuzioni erogate in misura pari a quelle degli apprendisti (come, per esempio, nel caso di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità).
Contestualmente, con riferimento ai periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, si dispone la cessazione, per le regioni, dell’obbligo del pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani di cui all’articolo 16 della legge 21 dicembre 1978, n. 845[397].
Il terzo comma del richiamato articolo 16 dispone che le regioni stipulano con gli istituti assicuratori convenzioni per il pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani.
Lo stesso comma, infine, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’estensione delle disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati, ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del capo I del D.Lgs. 276 del 2003 (vedi supra). La relativa contribuzione è stabilita con il decreto di ripartizione in precedenza richiamato.
Sembrerebbe, anche sulla base di quanto esposto nella relazione tecnica, che la contribuzione per l’indennità di malattia sia ricompresa nel contributo complessivo del 10 per cento di cui al primo periodo del comma in esame.
In base all’articolo 6 della L. 11 gennaio 1943, n. 138, nei confronti di determinate categorie di lavoratori è dovuta in caso di malattia un'indennità economica in regime previdenziale qualora non sia previsto per contratto collettivo un trattamento economico a carico del datore di lavoro in misura pari o superiore all'indennità medesima.
Per il finanziamento delle indennità di malattia, l’articolo 76 della L. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del S.S.N., pone l’obbligo per i datori di lavoro, di versare all’INPS una serie di contributi, variamente modulati per i diversi settori secondo le aliquote attualmente fissate dall'articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, contenute nella tabella 6 allegate alla medesima legge.
Categorie |
Aliquota |
Industria e Artigianato: operai e categorie assimilate compresi i lavoranti a domicilio |
2,22 |
Commercio (terziario): proprietari di Fabbricati, Servizi di Culto: operai ed impiegati e categorie assimilate con esclusione degli impiegati dipendenti da proprietari di stabili, portieri, viaggiatori e piazzisti, dipendenti da partiti politici e associazioni sindacali |
2,44 |
Pubblici esercizi Sull'aliquota del terziario si applica l'aliquota aggiuntiva dello 0,77% (D.M. 1° febbraio 1957; circolare INPS 21 marzo 1985, n. 2084) |
3,21 |
Agricoltura: operai |
0,683 |
Credito, Assicurazione e Servizi tributari appaltati: salariati |
2,55 |
Dal 1° gennaio 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 148, della L. finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004), il trattamento di malattia degli addetti ai servizi pubblici di trasporto viene corrisposto con le medesime modalità previste nel settore industria.
Secondo la relazione tecnica, le maggiori entrate derivanti dal comma 4 in esame vengono così a delinearsi (dati in milioni di euro):
(impatto in termini di indebitamento netto delle PA)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
Al lordo fisco |
1.087 |
1.087 |
1.087 |
1.087 |
Al netto fisco |
1.087 |
621 |
821 |
821 |
(impatto in termini di fabbisogno settore statale)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
Al lordo fisco |
920 |
1.087 |
1.087 |
1.087 |
Al netto fisco |
920 |
693 |
790 |
821 |
Il comma 5 istituisce per il periodo 2007-2009 un contributo di solidarietà pari al 3% sulla quota di pensione eccedente il limite di 5.000 euro mensili.
Negli ultimi anni il legislatore ha già previsto alcune forme di contributo di solidarietà con vigenza temporanea.
Una forma di contributo di solidarietà ha trovato applicazione, per il triennio 2000-2002, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 488/1999 (finanziaria 2000).
In particolare, tale contributo di solidarietà era pari al 2% calcolato sulle quote di trattamento pensionistico - corrisposto da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie - eccedenti il massimale di cui all'articolo 2, comma 18, della legge n. 335/1995[398]. I diversi trattamenti di cui fosse titolare il medesimo soggetto si sommavano ai fini in esame.
Con il D.M. 7 agosto 2000 sono state determinate le modalità ed i termini per la trattenuta del richiamato contributo di solidarietà.
In seguito la legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) ha stabilito, per il periodo 2004-2006, un contributo di solidarietà, a carico di specifici trattamenti pensionistici di base e di alcuni di quelli complementari (o integrativi) che, nel loro complesso, superino una determinata misura[399].
In particolare, il contributo in oggetto è pari al 3% dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatoria e i cui importi risultino complessivamente superiori a venticinque volte l’importo del reddito garantito ai soggetti disagiati titolari di pensione dall'articolo 38, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002), annualmente rivalutato[400].
Quest'ultima misura è pari, per il 2006, a 7167,55 euro, ed è rivalutata[401] ogni anno in base all'incremento - in valori assoluti e non percentuali - del trattamento minimo delle pensioni nel regime generale INPS[402].
Con riguardo al 2006, dunque, il limite di riferimento sarebbe pari a 179.188,75 euro (7.167,55 euro moltiplicati per il coefficiente di venticinque).
Al predetto importo debbono concorrere anche i trattamenti integrativi percepiti da soggetti nei cui confronti trovano applicazione le forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, comprese:
§ quelle di cui al D.Lgs. n. 563/1996[403], recante disposizioni in materia di trattamenti pensionistici, erogati dalle forme pensionistiche diverse da quelle dell'assicurazione generale obbligatoria;
§ quelle di cui al D.Lgs. n. 124/1993, istitutivo del fondi pensione, e al D.Lgs. n. 357/1990, recante disposizioni sulla previdenza degli enti pubblici creditizi;
§ quelle che assicurano comunque prestazioni complementari al trattamento di base ai dipendenti pubblici, inclusi quelli delle Regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge n. 70/1975[404], compresa la gestione speciale ad esaurimento per il personale delle USL, di cui al D.P.R. n. 761/1979, le gestioni di previdenza per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale delle aziende private del gas, per il personale addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette.
Si prevede che l’importo complessivamente assoggettato a contributo non può comunque risultare inferiore al limite di riferimento, al netto dello stesso contributo.
Le risorse derivanti dal contributo di solidarietà, al netto delle minori entrate derivanti dal gettito IRPEF, affluiscono al Fondo nazionale per le politiche sociali[405].
Si consideri inoltre che la legge n. 243/2004 di riforma del sistema pensionistico ha posto, come obiettivo di una delle varie deleghe attribuite al Governo, la previsione - in via sperimentale per il periodo 2007-2015 – di un ulteriore contributo di solidarietà, a carico dei trattamenti pensionistici che, nel loro complesso, superino una determinata misura.
Tale delega, tuttavia, non è stata esercitata dal Governo entro il termine previsto.
Il contributo, pari al 4 per cento, si sarebbe dovuto applicare ai trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, il cui importo risulti complessivamente superiore a venticinque volte l’importo del reddito garantito ai soggetti disagiati titolari di pensioni dall'articolo 38, comma 1, della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002), annualmente rivalutato. La rivalutazione sarebbe dovuta avvenire, fino al 2007, in misura pari all'incremento (in termini assoluti e non percentuali) del trattamento minimo delle pensioni del Fondo pensioni lavoratori dipendenti – ossia con lo stesso meccanismo previsto per il reddito garantito ai soggetti disagiati titolari di pensioni – e, a partire dal 2008, “in base alle variazioni integrali del costo della vita”.
Il contributo di solidarietà era qualificato “non deducibile dall’imposta sul reddito delle persone fisiche”. Inoltre si prevedeva che il trattamento pensionistico complessivo da riconoscersi al titolare non poteva comunque risultare inferiore a venticinque volte l’importo del reddito garantito ai soggetti disagiati titolari di pensioni, rivalutato annualmente.
Tale contributo, destinato al finanziamento della gestione pensionistica di riferimento, è rivalutato annualmente nella misura stabilita dall’articolo 38, comma 5, lettera d), della legge finanziaria per il 2002 (L. 448 del 2001)[406], e a tale importo concorrono anche i trattamenti integrativi percepiti da soggetti nei cui confronti trovano applicazione le forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio già analizzati in precedenza (vedi supra).
Rispetto alle due analoghe forme di contributo analizzate in precedenza, tale contributo si differenzia:
§ per l’entità del trattamento pensionistico su cui è calcolato (5.000 euro);
§ per la destinazione (gestione pensionistica di riferimento).
Si precisa, inoltre, che ai fini del prelievo del contributo di solidarietà, si prende come riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l’anno considerato.
Infine, si prevede l’obbligo per l’INPS, sulla base dei dati che risultano dal Casellario centrale dei pensionati, istituito con D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1388, di a fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per il prelievo del contributo di solidarietà, secondo modalità proporzionali ai trattamenti erogati.
Secondo la relazione tecnica, le maggiori entrate derivanti dalla disposizione in esame vengono così a delinearsi (dati in milioni di euro):
(impatto in termini di indebitamento netto delle PA)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Al lordo fisco |
37 |
37 |
37 |
Al netto fisco |
22 |
22 |
22 |
(impatto in termini di fabbisogno settore statale)
|
2007 |
2008 |
2009 |
Al lordo fisco |
31 |
37 |
37 |
Al netto fisco |
18 |
22 |
22 |
Il comma 6 fornisce un’interpretazione autentica dell’articolo 5, secondo comma, della L. 27 aprile 1968, n. 488[407] in merito alla determinazione della retribuzione pensionabile per i lavoratori rientrati dall’estero (la norma, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, interesserebbe i lavoratori rientranti dalla Svizzera), intesa ad evitare, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, che si determini, a causa di recenti sentenze della Corte di Cassazione, una maggiore spesa pensionistica di rilevante entità.
L’articolo 5, secondo comma, della L. 27 aprile 1968, n. 488 ha stabilito che per retribuzione annua pensionabile si intende la terza parte della somma delle retribuzioni determinate ai sensi dell'articolo 27 e seguenti del testo unico delle norme sugli assegni familiari, estese all'assicurazione IVS dell'articolo 17 della L. 4 aprile 1952, n. 218, risultanti dalle ultime 156 settimane coperte da contribuzione effettiva in costanza di lavoro o figurativa antecedenti la data di decorrenza della pensione. Si prevede inoltre che con appositi provvedimenti attuativi sia stabilito un nuovo sistema di versamento dei contributi dovuti all'assicurazione generale predetta, che consenta la rilevazione diretta della retribuzione assoggettata a contributo.
Il comma in esame afferma che tale disposizione debba interpretarsi nel senso che, in caso di trasferimento presso l’AGO dei contributi versati in Paesi esteri in conseguenza di accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile del periodo interessato è determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato ottenuto per l’aliquota contributiva IVS in vigore nel periodo di riferimento. Lo stesso comma, infine, contiene una clausola di salvaguardia che fa salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli liquidati alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
La Commissione ha presentato, il 13 febbraio 2006, la relazione congiunta sulla protezione sociale e sull’inclusione sociale 2006 (COM(2006)62), successivamente presentata al Consiglio europeo di primavera 2006.
La relazione congiunta si basa sui piani e sugli orientamenti politici formulati dagli Stati membri nel 2005 riguardo ai tre grandi temi dell’inclusione sociale, delle pensioni e della salute e cure sanitarie di lunga durata, presentati nell’ambito del metodo di coordinamento aperto[408].
Il documento della Commissione sottolinea la necessità di un’interazione efficace del metodo di coordinamento aperto con il processo rivisto di Lisbona, affinché le politiche di protezione sociale e di inclusione sostengano quelle per la crescita e l’occupazione, e queste ultime rafforzino gli obiettivi sociali.
Per quanto riguarda le pensioni, la relazione sottolinea, in particolare, che le relazioni sulle strategie nazionali per le pensioni pongono in evidenza l’interconnessione tra i tre obiettivi generali di adeguatezza, sostenibilità e aggiornamento.
La relazione congiunta pone l’accento sulla necessità di rafforzare le misure che incoraggiano il prolungamento della vita attiva. Al riguardo ricorda che ciò costituisce, nel contesto della strategia di Lisbona, un obiettivo europeo, che si traduce nella volontà di portare a 50% il tasso di occupazione dei lavoratori anziani (55-64 anni) e di aumentare di cinque anni l’età effettiva di uscita dal mercato del lavoro. La relazione ricorda che le riforme in corso presso gli Stati membri dell’UE presentano molte differenze, e che in alcuni casi è necessario un ripensamento della questione dell’uscita precoce dal mercato del lavoro. Sottolinea inoltre che affinché i regimi di pensionamento incentivino il prolungamento della vita lavorativa, è necessario che i lavoratori anziani beneficino di un accesso adeguato a posti di lavoro appropriati.
La relazione congiunta considera una priorità promuovere un approccio al lavoro basato sul ciclo di vita, stabilendo un rapporto più stretto fra contributi e prestazioni e garantendo un accesso alla pensione che permetta di mantenere un livello di vita adeguato.
E’ opportuno ricordare al riguardo che il Consiglio europeo di primavera 2006 ha adottato un nuovo quadro per il processo di protezione e inclusione sociale, sulla base della comunicazione della Commissione “Lavorare insieme, lavorare meglio: un nuovo quadro per il coordinamento aperto delle politiche di protezione sociale e di integrazione nell’Unione europea“ (COM(2005)706). In tale ambito sono stati adottati nuovi obiettivi comuni in materia di protezione sociale relativi a ciascuno dei tre assi di intervento: inclusione, pensioni, cure sanitarie e di lunga durata.
L’importanza di una migliore interazione tra regimi previdenziali e mercato del lavoro è sottolineata anche nell’ambito delle linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008[409], approvate dal Consiglio europeo di giugno 2005in conformità alla richiesta del Consiglio europeo di Bruxelles del 22-23 marzo 2005.
Le linee direttrici si articolano in:
§ una raccomandazione[410] del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE)[411], applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità.
§ una decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 recante le linee direttrici per l’occupazione[412] che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.
In particolare, secondo l’orientamento n. 2, occorre salvaguardare la sostenibilità dell’economia nel lungo periodo in vista dell’invecchiamento della popolazione.
A tal fine, gli Stati membri dovrebbero, tra l’altro, riformare e rafforzare i regimi pensionistici, previdenziali e sanitari per assicurarne l’efficienza finanziaria, l’accessibilità e l’adeguatezza sociale.
In base all’orientamento n. 18 occorre promuovere un approccio al lavoro basato sul ciclo di vita, tramite, in particolare:
§ il sostegno all’invecchiamento attivo, comprese condizioni di lavoro appropriate, miglioramento dello stato di salute (sul lavoro) e adeguati incentivi al lavoro e disincentivi al prepensionamento;
§ regimi previdenziali moderni, compresi le pensioni e i sistemi sanitari, che si rivelino adeguati, finanziariamente sostenibili e rispondenti alle mutevoli necessità, in modo tale da stimolare l’attività professionale e il prolungamento della vita lavorativa.
Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali[413], che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate e successivamente esaminati dalla Commissione europea[414].
Il Consiglio europeo di primavera del 23 e 24 marzo 2006 ha accolto favorevolmente la relazione annuale presentata dalla Commissione sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata e ha definito i settori specifici per azioni prioritarie da attuare entro la fine del 2007. In tale ambito il Consiglio europeo ha confermato la necessità di attuare strategie per l’invecchiamento attivo; di considerare incentivi per prolungare la vita lavorativa, i pensionamenti progressivi; ha inoltre ribadito la strategia trivalente, mirante a ridurre il debito pubblico, incrementare i tassi d’occupazione e la produttività e a riformare i regimi pensionistici e sanitari; ha sottolineato, inoltre, l’esigenza di promuovere misure che scoraggino un ritiro anticipato dalla vita lavorativa o riducano i costi pensionistici.
1. A decorrere dal 1ogennaio 2007, ai lavoratori a progetto e categorie assimilate iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, è corrisposta un'indennità giornaliera di malattia a carico dell'INPS entro il limite massimo di venti giorni nell'arco dell'anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a quattro giorni. Per la predetta prestazione si applicano i requisiti contributivi e reddituali previsti per la corresponsione dell'indennità di degenza ospedaliera a favore dei lavoratori iscritti alla gestione separata. La misura della predetta prestazione è pari al 50 per cento dell'importo corrisposto a titolo di indennità per degenza ospedaliera previsto dalla normativa vigente per tale categoria di lavoratori. Resta fermo, in caso di degenza ospedaliera, il limite massimo indennizzabile di centottanta giorni nell'arco dell'anno solare. Per la certificazione e l'attestazione dello stato di malattia che dia diritto alla predetta indennità si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 30-dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e successive modificazioni. Ai lavoratori di cui al presente comma si applicano le disposizioni in materia di fasce orarie di reperibilità e di controllo dello stato di malattia di cui all'articolo 5, comma 14, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni. Ai lavoratori di cui al presente comma, che abbiano titolo all'indennità di maternità, è corrisposto per gli eventi di parto verificatisi a decorrere dal 1o gennaio 2007 un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, la cui misura è pari al 30 per cento del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell'indennità di maternità. Le disposizioni di cui al precedente periodo si applicano anche nei casi di adozione o affidamento per ingressi in famiglia con decorrenza dal 1o gennaio 2007. Le prestazioni di cui al presente comma sono finanziate a valere sul contributo di cui all'articolo 84 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
L’articolo 86 prevede l’estensione, a decorrere dal 1° gennaio 2007, per i lavoratori a progetto e le categorie assimilate iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, di alcuni benefici riconosciuti ai lavoratori in riferimento agli eventi della malattia e del parto.
In primo luogo si prevede la corresponsione di un’indennità giornaliera di malattia, a carico dell’INPS, entro il limite massimo di venti giorni nell’arco dell’anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a quattro giorni.
Ai fini del riconoscimento di tale indennità trovano applicazione i requisiti contributivi e reddituali previsti per la corresponsione dell’indennità di degenza ospedaliera a favore dei lavoratori iscritti alla gestione separata.
Il D.M. 12 gennaio 2001 ha stabilito[415], che, a decorrere dal 1° gennaio 2000, agli iscritti alla richiamata Gestione separata sia dovuta un'indennità di malattia in caso di degenza ospedaliera. Per le degenze iniziate prima di tale data, l'indennità spetta a decorrere dalla data stessa. Da tale beneficio sono esclusi gli iscritti ad altre forme obbligatorie ed i pensionati.
L'indennità è corrisposta a condizione che, nei confronti dei lavoratori interessati, risultino attribuite tre mensilità della contribuzione dovuta alla gestione di cui al comma stesso, nei dodici mesi precedenti la data di inizio dell'evento, ed il reddito individuale non sia superiore, nell'anno solare precedente, al massimale contributivo relativo sia alla base imponibile per la determinazione dei contributi sia alla retribuzione pensionabile, pari, ai sensi del comma 18 dell’articolo 2 della L. 335 del 1995, a 68.172,31 euro[416], diminuito del 30 per cento (pari, cioè, a 47.720,62 euro).
La misura dell’indennità è calcolata in relazione al massimale di contribuzione richiamato, valido per l'anno di insorgenza dell'evento, diviso per trecentosessantacinque giorni, con le seguenti percentuali:
- 8% nell'ipotesi di accredito di contribuzione, fino a quattro mensilità, anche non continuativa, nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero;
- 12% nell'ipotesi di accredito di contribuzione, da cinque ad otto mensilità, anche non continuativa, nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero;
- 16% nell'ipotesi di accredito di contribuzione, da nove a dodici mensilità, anche non continuativa, nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero.
Tali percentuali possono essere variate, con periodicità biennale, in relazione all'andamento della Gestione separata.
L'indennità, inoltre, spetta, fino al massimo di 180 giorni nell'anno solare, per ogni giornata di degenza presso strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate dal Servizio sanitario nazionale ovvero per ogni giornata di degenza, autorizzata o riconosciuta dal Servizio stesso, presso strutture ospedaliere estere.
La misura della prestazione è stabilita in misura pari al 50 per cento dell’importo corrisposto a titolo di indennità per degenza ospedaliera richiamato in precedenza, restando fermo, in caso di degenza ospedaliera, il limite massimo indennizzabile di centottanta giorni nell’arco dell’anno solare.
Ai fini della certificazione e dell’attestazione dello stato di malattia per la fruizione alla relativa indennità trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 2 del decreto-legge 30- dicembre 1979, n. 663[417], convertito dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.
Tale articolo stabilisce che, a decorrere dal 1° giugno 2005, nei casi di infermità comportante incapacità lavorativa, il medico curante trasmette all'INPS il certificato di diagnosi sull'inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica on-line, secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall'INPS medesimo. Il lavoratore è tenuto, entro due giorni dal relativo rilascio, a recapitare o a trasmettere al datore di lavoro, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l'attestazione della malattia.
Si prevede che le modalità tecniche operative e di regolamentazione, al fine di consentire l'avvio della nuova procedura di trasmissione telematica on-line della certificazione di malattia all'INPS e di inoltro dell'attestazione di malattia dall'INPS al datore di lavoro siano individuate con apposito decreto interministeriale dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per l'innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
Le eventuali visite di controllo sullo stato di infermità del lavoratore, ai sensi dell'articolo 5 della legge 20 maggio 1970, n. 300[418], può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti.
E’ prevista, infine, l’applicabilità delle disposizioni in materia di fasce orarie di reperibilità e di controllo dello stato di malattia di cui all’articolo 5, comma 14, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla L. 11 novembre 1983, n. 638.
Il richiamato articolo 5, comma 14, del D.L. 463[419], prevede che qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dai suoi diritti nelle seguenti modalità[420]:
§ prima visita di controllo: perdita totale di qualsiasi trattamento economico per i primi dieci giorni di malattia;
§ seconda visita di controllo:oltre alla precedente sanzione, si applica la riduzione del 50% del trattamento economico per il periodo residuo;
§ terza visita di controllo: interruzione dell’indennità economica previdenziale a carico dell’INPS dal momento della visita fino al termine del periodo di malattia, in quanto il caso si configura come mancato riconoscimento della malattia ai fini della corresponsione della relativa indennità (cfr. al riguardo la circolare INPS n. 65 del 31 marzo 1989).
Si ricorda inoltre che il D.M. 15 luglio 1986, emanato ai sensi dell’articolo 5, comma 13, del citato D.L. 463, ha stabilito che, allo scopo di rendere possibile il controllo dello stato malattia, il lavoratore debba essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale durante tutta la durata della malattia, comprese le domeniche e i giorni festivi, in determinate fasce orarie giornaliere (dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19).
Si dispone, inoltre, la corresponsione ai lavoratori in questione, aventi titolo all’indennità di maternità, per gli eventi di parto verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007, di un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, in misura pari al 30 per cento del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità.
Le disposizioni richiamate si applicano anche nei casi di adozione o affidamento per ingressi in famiglia con decorrenza dal 1° gennaio 2007.
Si ricorda che il quarto periodo del comma 16 dell'articolo 59 della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto, con effetto dal 1° gennaio 1998, per i soggetti iscritti alla Gestione separata INPS che non risultano iscritti ad altre forme obbligatorie, il versamento di un'ulteriore aliquota contributiva, pari a 0,5 punti percentuali, per il finanziamento dell'onere derivante dall'estensione ai medesimi soggetti della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare. A tal fine, si demandava a un decreto del Ministro del Lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con quello del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica (attualmente dell’economia e delle finanze) la disciplina di tale estensione nei limiti delle risorse derivanti dalla suddetta aliquota contributiva.
L'articolo 80, comma 12, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha disposto una interpretazione autentica del citato comma 16, quarto periodo, dell'articolo 59 della legge n. 449/1997, nel senso che l'estensione ivi prevista della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente.
In seguito l’articolo 64 del D.Lgs. 151 del 2001, per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS non iscritte ad altre forme obbligatorie, ha confermato che, ai sensi del comma 12 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, l’istituzione dell’ulteriore aliquota contributiva dello 0,5% per il finanziamento dell'onere derivante dall'estensione ai soggetti iscritti della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente. A tal fine ha previsto che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (attualmente Ministro del lavoro e della previdenza sociale), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è disciplinata tale estensione nei limiti delle risorse rivenienti dallo specifico gettito contributivo. Inoltre si precisa che, fino ad eventuali modifiche apportate con il predetto decreto, continua a trovare applicazione il D.M. 4 aprile 2002, emanato in attuazione dell'articolo 80, comma 12, della L. 23 dicembre 2000, n. 388[421].
Il comma in esame, infine, prevede che gli oneri derivanti dall’estensione delle prestazioni di cui al comma in esame, siano finanziati a valere sul contributo di cui all’articolo 84 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Tale articolo, riproducendo le disposizioni dell’articolo 59, comma 16, della L. 449 del 1997, prevede che, per i soggetti che non risultano iscritti ad altre forme obbligatorie, il contributo alla Gestione separata INPS è elevato di una ulteriore aliquota contributiva pari a 0,5 punti percentuali, per il finanziamento dell'onere derivante dall'estensione agli stessi anche della tutela relativa alla maternità.
[1] Nelle entrate finali sono comprese quelle tributarie, quelle extratributarie e quelle derivanti da alienazione di beni patrimoniali, ammortamenti e riscossione di crediti; nelle spese finali sono comprese le spese correnti e le spese in conto capitale.
La differenza tra entrate e spese finali indica quanto del totale dei prestiti da accendere nell’anno serve per coprire le spese, al netto di quelle per rimborsare i prestiti che scadono nell’esercizio medesimo. Il saldo netto da finanziare misura dunque il debito che deriverà dalla gestione del bilancio per il nuovo esercizio. La restante quota dell’accensione di prestiti serve a rimborsare prestiti già contratti e in scadenza nel corso dell’anno.
[2] Il limite del ricorso al mercato si riferisce alle operazioni di indebitamento a medio e lungo termine (debito patrimoniale). Esso non tiene conto invece delle operazioni di indebitamento a breve termine – principalmente i BOT – che rientrano nella gestione di tesoreria (debito fluttuante).
[3] Gli enti minori centrali, locali e previdenziali non corrispondono esattamente a quelli inclusi nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni.
[4] In base al principio della competenza economica, adottato dal sistema europeo dei conti (SEC95), i flussi sono registrati nel sistema dei conti allorché un valore economico è creato, trasformato o eliminato o allorché crediti e obbligazioni insorgono, sono trasformati o vengono estinti. Il criterio della competenza economica non coincide dunque né con il criterio della competenza (giuridica) né con il criterio della cassa adottati nei bilanci a livello nazionale.
[5] Il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (SEC95) è il Sistema armonizzato di contabilità nazionale, che permette una descrizione quantitativa completa e comparabile della situazione economica dei paesi membri dell'Unione europea (UE), attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). Il SEC95 è stato approvato con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996.
[6] Si vedano le seguenti norme:
- articolo 2 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003);
- articolo 2, comma 12, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004);
- articolo 1, comma 352, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).
[7] La rinumerazione degli articoli del TUIR discende da considerazioni di ordine logico: l’applicazione delle deduzioni è un’operazione che precede la determinazione dell’imposta, mentre l’applicazione delle detrazioni è un operazione successiva a quest’ultima.
[8] L’ultimo intervento in materia è contenuto nell’articolo 1, commi da 349 a 353, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
[9] È previsto un incremento dell’importo della deduzione pari a:
- 4.500 euro se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente o assimilati (esclusi i redditi da pensione);
- 4.000 euro se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi da pensione e assegni equiparati;
- 1.500 euro se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro autonomo o di impresa minore.
Gli incrementi sopra riportati non sono cumulabili tra loro.
[10] La deduzione spetta in ragione del rapporto tra l’importo di 26.000 euro, aumentato degli oneri deducibili e diminuito del reddito complessivo, e un importo di 26.000 euro. Essa può essere usufruita per intero ovvero in parte, a seconda del risultato di tale rapporto. In particolare:
- se il rapporto è uguale o maggiore di uno, la deduzione compete per l’intero ammontare;
- se il rapporto è uguale ad un numero compreso tra zero e uno, la deduzione spetterà in proporzione al risultato ottenuto:
- se il rapporto è zero o minore, la deduzione non spetta.
[11] Il citato comma 1-bis dell’articolo 13 del TUIR concede agevolazioni di minore portata ai titolari di redditi di pensione di importo compreso tra 7.500 e 7.800 euro (ferme le altre condizioni).
[12] Le deduzioni per oneri di famiglia sono state introdotte dall’articolo 1, comma 349, lettera b), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), in luogo delle precedenti detrazioni.
[13] Le deduzioni spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, a cui occorre aggiungere l'importo delle deduzioni e degli oneri deducibili, e quindi sottrarre il reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se il rapporto è pari a zero o minore, la deduzione non compete; se il rapporto è compreso tra zero ed 1, la deduzione spetta in misura proporzionale a tale rapporto.
[14] Se il rapporto è pari a zero (ovvero quando il reddito complessivo è pari a 80.000 euro), minore di zero (ovvero quando il reddito complessivo è superiore a 80.000 euro) o pari a uno (ovvero quando il reddito complessivo è pari a zero) la detrazione non spetta. Pertanto la detrazione spetta esclusivamente quando il rapporto è un numero maggiore di zero e minore di uno, ovvero il reddito complessivo è compreso tra 1 euro e 79.999 euro.
Lo stesso meccanismo di calcolo si applica alle altre detrazioni di cui al nuovo articolo 12 del TUIR, anche se varia l’importo di base (comma 4 del nuovo articolo 12 del TUIR).
[15] La deduzione attualmente vigente può essere ripartita fra i soggetti che vi hanno diritto, nella misura da essi scelta: ciò consente ai contribuenti di adottare la proporzione più conveniente in ragione del livello di reddito di ciascuno.
[16] L'articolo 433 del codice civile prevede che all'obbligo di prestare gli alimenti siano tenuti nell'ordine:
1) il coniuge;
2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
[17] Tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente sono espressamente esclusi dall’applicazione del comma 1 in esame:
- i compensi per l'attività libero professionale intramuraria del personale medico;
- le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del tribunale di sorveglianza, ad esclusione di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;
- le indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni delle regioni, degli enti locali e della Corte Costituzionale, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l'assegno del Presidente della Repubblica;
- le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale;
- gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro.
[18] La detrazione spetta se il risultato del rapporto è maggiore di zero (comma 4 del nuovo articolo 13 del TUIR,applicabile anche alle fattispecie disciplinate dai successivi commi 2 e 3 dello stesso articolo), ovvero se il reddito complessivo è pari, al massimo, a 54.999 euro. La detrazione spetta per intero se il rapporto è pari a uno (ovvero quando il reddito complessivo è pari a 15.000 euro). In tutte le ipotesi intermedie la detrazione sarà decrescente al crescere del reddito complessivo.
[19] Le detrazioni di cui all’articolo 15 del TUIR che sono riconosciute anche ai soggetti non residenti sono quelle relative ai seguenti oneri:
- interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie;
- interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati in dipendenza mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso;
- spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate, nella misura effettivamente rimasta a carico;
- erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali;
- il costo specifico o, in mancanza, il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, in base ad apposita convenzione, ai soggetti e per le attività di cui al punto precedente;
- erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo.
[20] Si ricorda che l’articolo 5 del D.M. 4 aprile 2002 ha esteso la disciplina dell’assegno per il nucleo familiare di cui al citato articolo 2 del D.L. 69/1988, agli iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, tra cui figurano i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto. Precedentemente l’articolo 59, comma 16, della L. 449/1997 aveva previsto, con effetto dal 1° gennaio 1998, per i soggetti iscritti alla citata gestione separata INPS che non risultano iscritti ad altre forme obbligatorie di previdenza, il versamento di un’ulteriore aliquota contributiva pari a 0,5 punti percentuali, per il finanziamento dell’onere derivante dall’estensione ai medesimi soggetti della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare.
[21] La disposizione designa i soggetti con minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
[22] Procedura di infrazione 2002/5450.
[23] In cui si prevede che, per le cessioni imponibili di oro da investimento, di materiale d’oro e di prodotti semilavorati, al pagamento dell’imposta sia tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato (in deroga alla regola generale fissata nel comma 1 dell’articolo 17, che individua come soggetti passivi dell’Iva coloro che effettuano le cessioni di beni o le prestazioni di servizi).
[24] Sostituita, da ultimo, dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995.
[25] Procedura di infrazione 2006/4379
[26] La giurisprudenza tributaria ha comunque chiarito che la mancata trasmissione non costituisce motivo di nullità dell’accertamento (da ultimo Comm. trib. centr., Sez. XII, dec. 8 ottobre-11 dicembre 1997, n. 6235).
[27] Disciplina analoga era prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, per la partecipazione dei comuni all’accertamento dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (INIVIM).
[28] Le leggi 26 novembre 1981, n. 690, 13 aprile 1983, n. 122, 6 agosto 1984, n. 457, e il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, disciplinano la collaborazione agli accertamenti tributari da parte, rispettivamente, delle regioni Valle d'Aosta, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
[29] In sostanza si quantifica la quota dei corrispettivi “maturati” al termine dell’esercizio in proporzione allo stato di avanzamento dei lavori. Eventuali acconti percepiti dall’imprenditore non costituiscono ricavi, ma determinano solo un credito verso il committente.
[30] Si tratta in particolare, come segnalato dalla relazione tecnica, “dell’80 per cento del reddito derivante dalla utilizzazione di navi iscritte nel registro internazionale (tenuto peraltro conto della “tonnage tax”) e del 56 per cento del reddito delle imprese esercenti la pesca mediterranea, costiera e interna”.
[31] I soggetti ai quali si applica la previsione sono, secondo quando indicato nella relazione tecnica, “le cooperative a mutualità prevalente, in considerazione del fatto che una quota dell’utile civilistico (ex art. 12 L. n. 904/77) può essere imputata a riserva indivisibile in esenzione di imposta e che una altra quota è destinata – in sospensione di imposta – a riserva obbligatoria.”
[32] Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.
[33] Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativa ad un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (COM(2004)621), inteso a riunire gran parte degli attuali programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza. Il 27 giugno 2006, il Consiglio ha adottato, secondo la procedura di codecisione, una posizione comune sulla proposta che verrà esaminata in seconda lettura dal Parlamento europeo, nella sessione del 23 ottobre 2006.
[34] La disposizione richiama anche l’articolo 117, comma secondo, lettera r) della Costituzione che affida alla competenza esclusiva dello Stato il coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale.
[35] Tale dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi purché non si verifichino modificazioni dei dati e degli elementi dichiarati: in sostanza la dichiarazione viene presentata solo in occasione dell’acquisto di immobili.
[36] Recante “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”.
[37] Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali
[38] L’esercizio della potestà regolamentare generale delle province e dei comuni relativamente alle loro entrate è disciplinato dall’articolo 52 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997. Esso stabilisce che le province e i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, ad eccezione di ciò che attiene all’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti. I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune o della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati al Ministero delle finanze, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi, e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta ufficiale. Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione. Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie, per vizi di legittimità, avanti gli organi di giustizia amministrativa. Sono infine stabiliti criteri cui i regolamenti debbono attenersi nel disciplinare l’accertamento e la riscossione dei tributi e delle altre entrate.
[39] Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti.
[40] Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.
[41] Modifiche al sistema penale.
[42] La norma ammette il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
[43] La norma richiama la legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante “Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità” e la legge 31 maggio 1965, n. 575, recante “Disposizioni contro la mafia”.
[44] La TARSU è disciplinata dal decreto legislativo 15 novembre 1993 n. 507 (Capo III, articoli 58-81), e successive modificazioni. La tassa è dovuta per il servizio di smaltimento, raccolta, cernita, trasporto, trattamento, ammasso, deposito e discarica sul suolo e nel suolo dei rifiuti solidi urbani interni, e dei rifiuti ad essi equiparati, effettuato nell'ambito di tutto il territorio comunale. Il soggetto passivo obbligato alla corresponsione della tassa è colui che occupa oppure detiene i locali o le aree scoperte interessate al tributo.
[45] I termini temporali previsti sono quelli indicati dall’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1999, n. 158, per quel che concerne il periodo transitorio entro il quale gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi attraverso la tariffa. In particolare: a) tre anni per i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%; b) cinque anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85%; c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%; d)otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.
[46] La comunicazione sottolinea che va tenuto in considerazione, da un punto di vista ambientale, l’intero ciclo vitale delle risorse, essendo ormai riconosciuto che l’impatto ambientale di molte risorse è spesso connesso alla fase del loro utilizzo e non soltanto alla fase iniziale e finale del loro ciclo di vita.
[47] Procedura n. 2002/2213, causa C-263/05.
[48] Procedura d’infrazione n. 2005/4051.
[49] Procedura n. 2002/2284.
[50] Recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[51] Si tratta della Risoluzione 7-00629 (Pepe, Patria), presentata il 19/5/2005 e non discussa, che impegnava il Governo a verificare l'opportunità di mantenere, anche mediante iniziative di carattere normativo, all'amministrazione centrale i compiti relativi alla revisione degli estimi ed al classamento degli immobili, al fine di assicurare la necessaria uniformità sul territorio nazionale nella determinazione delle rendite catastali e di evitare di concentrare in capo ad un unico soggetto, per quanto riguarda l'imposta comunale sugli immobili, la determinazione della base imponibile e della relativa aliquota d'imposta e della Risoluzione 7-00511 (Grandi- Benvenuto) presentata il 22/11/2004 e discussa, ma non conclusa.
[52] Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, recante
“Semplificazione in materia di versamenti unitari per tributi determinati dagli
enti impositori e di adempimenti connessi agli uffici del registro, a norma
dell'articolo 3, comma 134, lettere f) e g), della legge 23 dicembre 1996, n.
[53] Pubblicato nella Gazzetta ufficiale. n. 297 del 12 dicembre 2001.
[54] Si ricorda che le dichiarazioni di variazione possono riguardare la persona del proprietario o del possessore dei beni nonché la persona che gode di diritti reali sui beni stessi, ovvero lo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe catastale.
[55] Si tratta del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
[56] L. 2 aprile 2001, n. 136 Disposizioni in materia di sviluppo, valorizzazione ed utilizzo del patrimonio immobiliare dello Stato, nonché altre disposizioni in materia di immobili pubblici
[57] Lo sviluppo di tale sistema informativo rientra tra le funzioni attribuite all’Agenzia del demanio dall’articolo 65 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.
[58] Il Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale è contenuto nel D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383.
[59] Articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191; articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306; articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168; articolo 3-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248; articolo 2 del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 234.
[60] Seduta del 14 giugno 2006.
[61] Per cartolarizzazione si intende una tecnica finanziaria mediante la quale attività non facilmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sul mercato.
[62] La legge 23 dicembre 1997, n. 449, collegata alla manovra finanziaria per il 1998, all'articolo 17, comma 36, ha introdotto una norma interpretativa del citato comma 112 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo la quale sono fatti salvi gli effetti delle procedure negoziali che erano in corso tra il Ministero della difesa ed altre pubbliche amministrazioni, alla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dallo stesso comma 112 (emanato in data 11 agosto 1997) e finalizzate al trasferimento di beni immobili già destinati ad uso pubblico dai piani regolatori generali.
[63] In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M 11 agosto 1997, recante "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Il decreto contiene un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili, divisi a seconda della regione in cui essi sono collocati. In nota a ciascun immobile, è riportata l’indicazione dell’attuale uso del bene stesso. In data 12 settembre 2000, è stato poi emanato un nuovo D.P.C.M., contenente un ulteriore elenco di nuovi beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da dismettere. Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 che ha provveduto ad espungere dall’elenco degli immobili già individuati 10 di essi, in relazione ad “una aggiornata valutazione delle esigenze strutturali ed infrastrutturali delle Forze armate”. Quindi, con D.P.C.M. 20 ottobre 2003, è stato espunto l'immobile militare denominato Caserma «Palmanova» (aliquota) di Viterbo. Poi, con il D.P.C.M. 20 novembre 2003, è stata espunta la caserma «De Amicis», e concessa in comodato, senza oneri per la finanza pubblica, alla Curia provinciale dei Frati minori d'Abruzzo «San Bernardino da Siena» in L'Aquila. Infine, con D.P.C.M. 27 febbraio 2004, è stato espunto un ulteriore immobile, denominato caserma “Papa”.
[64] La legge n. 142/1990 è stata abrogata dall’articolo 274 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Si veda ora, per gli accordi di programma, l'articolo 34 di tale decreto. Riguardo agli accordi di programma relativi alla dismissione dei beni immobili dell'amministrazione della difesa, l’articolo 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. “collegato ordinamentale”, ha disposto che, nell’ambito dei predetti accordi, possa essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota non superiore al 20 per cento del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a “scomputo” del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.
[65] L’estensione dell'ambito di applicazione della procedura per la determinazione del valore dei beni sia alle vendite che alle permute è stata fatta dall’articolo 43, comma 11, della legge n. 388/2000, che viene diffusamente commentata più avanti.
[66] Il comma è stato modificato dall'articolo 11-quinquies del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa legge di conversione.
[67] Anche questo comma è stato modificato dall'articolo 3 del D.L. n. 106/2005, come modificato dalla relativa legge di conversione.
[68] La Commissione precisa che l’esclusione del trasporto stradale dall’ambito di applicazione del regolamento proposto non mette in discussione il suo atteggiamento favorevole nei confronti degli aiuti di Stato per l’acquisto di veicoli più puliti ed ecocompatibili.
[69] Con regolamento n. 69/2001 la Commissione europea ha fissato l'importo complessivo degli aiuti de minimis accordabili ad una impresa entro la soglia dei 100.000 euro su un periodo di tre anni.
[70] Tale Comunicazione è stata poi modificata dalla Comunicazione della Commissione che modifica la disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo (Gazzetta ufficiale C 48 del 13.2.1998) e dalla Comunicazione della Commissione concernente la proroga della disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca ed allo sviluppo (Gazzetta ufficiale C 111 dell'8.5.2002).
[71] Regolamento (CE) n. 364/2004 della Commissione del 25 febbraio 2004 recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 per quanto concerne l'estensione del suo campo d'applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.
[72] Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.
[73] Qualora gli aiuti vengano erogati in forma diversa dalla sovvenzione diretta in denaro, essi devono essere convertiti, ai fini della commisurazione dei limite, in termini di equivalente sovvenzione lordo.
[74] Si intendono per aiuti all'esportazione quelli direttamente legati alle quantità esportate, alla costituzione e al funzionamento di una rete di distribuzione o alle spese correnti connesse all'attività di esportazione.
[75] A tale proposito, si ricorda che la precedente disciplina escludeva gli aiuti de minimis anche per i settori carbosiderurgico e della costruzione navale.
[76] Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.
[77] Nella risoluzione si impegnava il Governo ad assumere tutte le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, volte a precisare quanto chiarito nella risoluzione dell'Agenzia delle Entrate, Direzione centrale normativa e contenzioso, 4 giugno 2002, n. 168/E relativamente all’applicazione dell'articolo 19-bis 1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, a proposito dell'indetraibilità dell'IVA per le prestazioni alberghiere, per le somministrazioni di alimenti e bevande. In particolare il dubbio interpretativo era se potesse considerasi oggetto dell'attività «propria» dell'impresa, e quindi se potesse essere detraibile l’IVA, l’ipotesi di servizi alberghieri e di ristorazione, acquistati dall'organizzatore di eventi per essere inglobati nel pacchetto ceduto ai propri clienti.
[78] Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.
[79] Legge recante l’“Istituzione del servizio sanitario nazionale”
[80] Le ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), sono definite e disciplinate nel decreto legislativo n. 460 del 1997.
[81] Dall’articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
[82] L’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) è stato firmato nel maggio 1992 tra gli Stati allora membri della Comunità economica europea e gli Stati membri dell’Area europea di libero scambio (EFTA: all’epoca Austria, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svizzera e Svezia. A seguito dell'esito negativo di un referendum tenutosi nel dicembre 1992, tuttavia, la Svizzera non ha ratificato l'accordo; si ricorda inoltre che successivamente alla firma dell’accordo, nel 1995, Austria, Finlandia e Svezia sono entrate a far parte della Comunità europea). Lo scopo del SEE è la creazione di un mercato unico che copra non solo la Comunità europea, ma anche i paesi dell'Area Europea di Libero Scambio. Nel maggio 1995 anche il Liechtenstein è entrato a far parte del SEE.
[83] Vale a dire quelli di cui all’articolo 44 (in precedenza 41), comma 1, lettera g) del TUIR.
[84] Procedura 2002/2291.
[85] Da notizie di stampa, risulta che la Commissione ha avviato procedure di infrazione in materia di tassazione della previdenza nei confronti di altri sette Paesi dell’UE: Belgio, Danimarca, Irlanda, Francia, Portogallo, Spagna e Regno Unito.
[86] La formulazione del testo del comma 23 fa riferimento alle disposizioni del “presente articolo”, anche se, tra le disposizioni contenute all’articolo 20 in esame, solo il comma 22 sembrerebbe avere un impatto finanziario sui rapporti Stato-regioni.
[87] La Corte costituzionale sostiene che, attualmente – ovvero senza che ci sia stata una effettiva attuazione dell’art. 119 della Costituzione, la disciplina sostanziale dell'IRAP e della tassa automobilistica non è divenuta oggetto di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ma rientra nella esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali, secondo quanto previsto dall'art. 117, secondo comma, lettera e). La definizione di tributo proprio, in questi casi, è riferibile esclusivamente alla titolarità del gettito.
[88] L’art. 3 del D.Lgs. 16/3/1992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) dispone infatti che “la regione e le province possono (…) istituire nelle materie di rispettiva competenza tributi e contributi corrispondenti a quelli di competenza delle regioni a statuto ordinario e delle province di diritto comune in armonia con i principi stabiliti dalle leggi che li disciplinano”. La tassa è stata istituita in entrambe le province a decorrere dal 1° gennaio 1999. Da tale data nel territorio delle due province autonome non è stata più applicata la compartecipazione della tassa automobilistica erariale ex DPR 39/1953 (precedentemente fissata nei 9/10).La Giunta può introdurre variazioni tariffarie nei limiti di quanto disposto dalla legislazione statale entro il 31 ottobre di ciascun anno per i pagamenti dell’anno successivo. Altrimenti continua ad applicarsi il tariffario unico nazionale di cui all’art. 17 comma 16 L. 449/1997.
[89] Pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. C 54 del 4 marzo 2006.
[90] In quanto la copertura totale in termini di popolazione nelle regioni assistite nella Comunità deve restare significativamente inferiore a quella delle regioni non assistite.
[91] Recante misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali, pubblicata nella Gazz. Uff. 22 maggio 1999, n. 118, S.O.
[93] V. scheda articolo 22.
[94] Si ricorda che il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia”(GU n. 222 del 23 settembre 2005, SO n. 158), emanato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto. Tale decreto, composto da 17 articoli e 10 allegati tecnici che ne costituiscono parte integrante, disciplina – fra l’altro - la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici, l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici, e i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici.
[95] Come precisato al comma 2.
[96] Per un commento si veda l’articolo intitolato D.Lgs. n. 192/2005: luci ed ombre sul recepimento della direttiva n. 2002/91/CE, a cura del Comitato termotecnico italiano, in “Ambiente e sicurezza” del 20 dicembre 2005.
[97] S. Colombo, F. Giola, F. Soma, Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, pubblicato all’indirizzo internet www.edilclima.it/download/p2000/2029art1.pdf.
[98] La normativa comunitaria vigente in materia di etichettatura degli elettrodomestici comprende la direttiva 92/75/CE, concernente l'indicazione del consumo di energia e di altre risorse degli apparecchi domestici mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti, e le successive modifiche volte a stabilire disposizioni in materia di etichettatura riguardante il consumo di energia di singoli elettrodomestici (direttiva 2003/66/CE per i frigoriferi e i congelatori; direttiva 2002/40/CE per i forni elettrici ad uso domestico; direttiva 2002/31/CE per i condizionatori; direttiva 1999/9/CE per le lavastoviglie ad uso domestico; direttiva 98/11/CE per le lampade ad uso domestico; direttiva 96/60/CE per le lavasciuga biancheria domestiche; direttiva 95/13/CE per le asciugabiancheria ad uso domestico; direttiva 95/12/CE per le lavatrici ad uso domestico; regolamento (CE) n. 2422/2001 per le apparecchiature da ufficio).
[99] A.S. 691 (Interventi sulla fiscalità energetica), art. 3, comma 1: Con le modalità definite dalla legge finanziaria, il maggiore gettito fiscale derivante dall’incidenza dell’imposta sul valore aggiunto, in relazione ad aumenti dei prezzi internazionali del petrolio greggio, può essere destinato, compatibilmente con gli obiettivi previsti dal Programma di stabilità e nel limite di 100 milioni di euro annui, ad un apposito fondo da utilizzare prioritariamente a copertura delle misure di cui all’articolo 4 e, nei limiti delle residue disponibilità, ad interventi di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali, nonché per l’attuazione delle misure di cui all’articolo 2, comma 2, lettere e) e g). 2. Il fondo di cui al comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e, per il triennio 2006, 2007 e 2008, ha una dotazione di 50 milioni di euro annui. 3. Agli oneri recati dalla presente legge, pari a 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede: a) quanto a 5 milioni di euro annui mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, al fini del bilancio triennale 2006-2008, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando, per gli anni 2006 e 2007, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e per l’anno 2008 l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri; b) quanto a 45 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo. 4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4. A.S. 691 (Misure per favorire l’insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche).
1. In attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale, che ai fini del presente articolo abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo di cui all’articolo 3 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale da parte dei comuni a favore dei residenti nei territori interessati, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali. 2. Le previsioni del presente articolo non comportano maggiori oneri o minori entrate per la finanza pubblica.
[100]Recante “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”. In attuazione della delega di cui alla legge 443/2001 è stato adottato il D.Lgs. 20 agosto 2003, n. 190. Tale decreto è stato poi abrogato dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
[101]La delibera è stata in seguito modificata dalla delibera CIPE 14 marzo 2003, n. 10/2003 (Gazz. Uff. 14 luglio 2003, n. 161, S.O.), e dalla delibera CIPE 29 aprile 2004, n. 9/2004 (Gazz. Uff. 16 luglio 2004, n. 165). Con delibera CIPE 25 luglio 2003, n. 63/2003 (Gazz. Uff. 24 ottobre 2003, n. 248), sono state rideterminate le quote dei limiti di impegno stabilite in precedenza.
[102]La finalità di tale decreto (art. 1) è quella di promuovere l'utilizzazione di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili in sostituzione di carburante diesel o di benzina nei trasporti, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di sicurezza dell'approvvigionamento di fonti di energia rispettando l'ambiente, e di promozione delle fonti di energia rinnovabili.
[103]Decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, il cui articolo 26 reca “Interventi nel settore agroenergetico”.
[104] Il biogas carburante, secondo la definizione contenuta nell’allegato I al D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 128, recante Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, è il gas combustibile ricavato dalla biomassa ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti, che può essere trattato in un impianto di purificazione così da ottenere una qualità analoga a quella del gas naturale, al fine di essere usato come biocarburante o gas di legna.
[106] La proposta (COM(2005)634), presentata il 21 dicembre 2005 dalla Commissione, ha come obiettivo quello di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti e contribuire a creare un mercato per i veicoli puliti (per un’illustrazione sui contenuti generali della direttiva, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156 e all’art. 160)
[107] Proc. n. 2004/2296 – causa C-61/06.
[108] Proc. n. 2005/2371.
[109] Proc. n. 2005/2384.
[110] Per quanto riguarda la validità temporale delle disposizioni riguardanti la detrazione delle spese per il recupero del patrimonio edilizio, si ricorda che:
- l’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 si riferisce alle spese sostenute negli anni 1998 e 1999;
- l’articolo 6, comma 15, della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2000;
- l’articolo 2, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2001;
- l’articolo 9, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2002;
- il citato articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 30 settembre 2003;
- l’articolo 1-bis, del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 si riferisce alle spese sostenute dal 1° ottobre al 31 dicembre 2003;
- l’articolo 2, comma 15, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), relativo alle spese sostenute nell’anno 2004, è stato successivamente abrogato dal sottoindicato articolo 23-bis, comma 2, del D.L. n. 355 del 2003;
- l’articolo 23-bis, comma 1, lettera a), del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2005;
- l’articolo 1, comma 121, lettera a), della legge n. 266 del 2005 si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2006.
[111] Concorrono a formare il suddetto importo le spese per gli interventi realizzati in più anni (a partire dal 1998), quando gli interventi più recenti costituiscono mera prosecuzione di interventi precedenti.
[112] Le disposizioni che hanno modificato l’art. 45, co. 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997 sono:
- art. 4, co. 1, del D.Lgs. n. 422 del 1998;
- art. 6, co. 17, della legge n. 488 del 1999 (finanziaria 2000);
- art. 6, co. 12, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001);
- art. 7, co. 9, della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002);
- art. 19, co. 1, della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003);
- art. 2, co. 1, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004);
- art. 1, co. 509, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005);
- art. 1, co. 118, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006).
[113] In precedenza le suddette disposizioni erano state prorogate dall’articolo 2, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).
[114] Il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale (Registro internazionale) è stato istituito dall’articolo 1 del medesimo D.L. n. 457 del 1997. Vi sono iscritte, a seguito di specifica autorizzazione del Ministero dei trasporti e della navigazione (ora delle infrastrutture e dei trasporti), le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. È diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente:
a) le navi che appartengono a soggetti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea;
b) le navi che appartengono a soggetti non comunitari;
c) le navi che appartengono a soggetti non comunitari, in regime di sospensione da un registro straniero non comunitario, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea.
Non possono comunque esservi iscritte le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto.
[115] Le precedenti proroghe sono state operate dalle seguenti disposizioni normative:
- art. 26, co. 3, della legge n. 590 del 1965: proroga al 30 giugno 1983;
- art. 25 del D.L. n. 463 del 1983 (convertito dalla legge n. 638 del 1983): proroga al 30 giugno 1988;
- art. 1 della legge n. 349 del 1988: proroga al 31 dicembre 1991;
- art. 70, co. 3, della legge n. 413 del 1991: proroga al 31 dicembre 1993;
- art. 2, co. 2, del D.L. n. 542 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 649 del 1996: proroga al 31 dicembre 1997;
- art. 4, co. 14, della legge n. 449 del 1997 (collegato 1998): proroga al 31 dicembre 1999;
- art. 10, co. 3, della legge n. 488 del 1999 (finanziaria 2000): proroga al 31 dicembre 2001;
- art. 52, co. 22, della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002): proroga al 31 dicembre 2003;
- art. 2, co. 3, delle legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004): proroga al 31 dicembre 2004;
- art 1, co. 571, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005: proroga al 31 dicembre 2005.
[116] La suddetta disposizione è stata prorogata.
- al 30 settembre 2001 dall’articolo 1 del D.L. n. 246 del 2001, convertito dalla legge n. 330 del 2001;
- al 31 dicembre 2001 dal D.L. n. 356 del 2001, convertito dalla legge n. 418 del 2001;
- al 30 giugno 2002, dal D.L. n. 452 del 2001, convertito dalla legge n. 16 del 2002;
- al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138 del 2002, convertito dalla legge n. 178 del 2002;
- al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003);
- al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003;
- al 31 dicembre 2005 dall’articolo 1, comma 511, lettera a), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
- al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 115, lettera a), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006).
[117] In particolare, ai sensi del citato comma 1-bis e del successivo comma 1-ter, i soggetti interessati possono usufruire delle richiamate agevolazioni a condizione che:
- tali emulsioni abbiano le caratteristiche tecniche indicate nel decreto del Ministero delle finanze 20 marzo 2000, emanato in attuazione dell’articolo 12, comma 3, della legge n. 488 del 1999, contenente le caratteristiche tecniche delle emulsioni di olio da gas e olio combustibile denso con acqua destinate alla trazione e alla combustione;
- il fabbisogno annuo dei soggetti utilizzatori di cui al precedente comma 1-bis ecceda il quantitativo di litri 100.000 per le emulsioni di olî da gas con acqua, e di chilogrammi 100.000 per le emulsioni di olio combustibile denso con acqua.
Quanto alle modalità per l’autoproduzione, nonché all’impiego e al controllo delle emulsioni in oggetto, il successivo comma 1-quater rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che non risulta allo stato emanato.
L’accisa agevolata, introdotta dall’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 452 del 2001, convertito dalla legge n. 16 del 2002, è stata prorogata:
- al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138 del 2002, convertito dalla legge n. 178 del 2002;
- al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003);
- al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003;
- al 31 dicembre 2005 dall’articolo 1, comma 511, lettera a), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
- al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 115, lettera a), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006).
[118] Si ricorda che il comma 10 del richiamato articolo 8 della legge n. 448 del 1998 dispone l’utilizzo di parte dei maggiori proventi che dovrebbero derivare dalla c.d. carbon tax per la concessione di misure compensative degli aumenti delle accise, dirette tra l’altro a consentire, a decorrere dal 1999, una riduzione del costo del gasolio da riscaldamento non inferiore a lire 200 per ogni litro ed una riduzione del costo del GPL da riscaldamento corrispondente al contenuto di energia del gasolio medesimo.
[119] L’accisa ordinaria è quella prevista dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999 (G.U. 15 gennaio 1999, n. 11).
[120] Si veda la nota precedente.
[121] Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20° C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).
[122] Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412 del 1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.
[123] Con la determinazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane del 23 gennaio 2001 sono state approvate le istruzioni per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998, come sostituito dall’articolo 12, comma 4, della legge n. 488 del 1999. Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 17-bis del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 ha stabilito che la disposizione contenuta nel numero 4) della lettera c) del comma 10 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, "si interpreta nel senso che l'ente locale adotta una nuova delibera di consiglio solo se è mutata la situazione di non metanizzazione della frazione".
[124] Le aliquote ordinarie riportate nel testo sono quelle previste dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999 (G.U. 15 gennaio 1999, n. 11).
[125] Per il periodo 1° luglio 2003 – 1° ottobre 2003 l’agevolazione non è stata operante.
[126] Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20° C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).
[127] Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. n. 412 del 1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.
[128] Si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412 del 1993, stabilisce che i comuni aventi porzioni edificate del proprio territorio a quota superiore rispetto alla quota della casa comunale (quota indicata nell'allegato A del medesimo D.P.R. n. 412), qualora detta circostanza, per effetto della rettifica dei gradi-giorno, comporti variazioni della zona climatica, possono, mediante provvedimento del Sindaco, attribuire esclusivamente a dette porzioni del territorio una zona climatica differente da quella indicata in allegato A. Il provvedimento deve essere notificato al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e all'ENEA e diventa operativo qualora entro 90 giorni dalla notifica di cui sopra non pervenga un provvedimento di diniego ovvero un provvedimento interruttivo del decorso del termine da parte del Ministero dell'Industria. Una volta operativo il provvedimento viene reso noto dal Sindaco agli abitanti mediante pubblici avvisi e comunicato per conoscenza alla regione ed alla provincia di appartenenza.
[129] L’agevolazione in argomento aveva una scadenza inizialmente fissata al 31 dicembre 1994 (articolo 1, comma 1-quater, del citato D.L. n. 417 del 1991). Tale scadenza è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 1998, dall’articolo 1, comma 22, del D.L. n. 250 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 349 del 1995. L’agevolazione è stata poi ripristinata, dopo un periodo di intervallo, dall’articolo 24, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) limitatamente all’anno 2001. Le successive proroghe sono state disposte:
- dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002): al 31 dicembre 2002;
- dall’articolo 21, comma 6, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003): al 31 dicembre 2003;
- dall’articolo 2, comma 12, lettera e), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004): al 31 dicembre 2004;
- dall’articolo 1, comma 511, lettera e), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005): al 31 dicembre 2005;
- dall’articolo 1, comma 115, lettera g), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006): al 31 dicembre 2006.
[130] La versione originaria del sopra citato articolo 5, comma 5, del D.L. n. 268 del 2000 prevedeva l’applicazione dell’accisa nella misura del 5% dell’aliquota del gasolio utilizzato come carburante. La misura dello 0% è stata introdotta dalla legge di conversione n. 354 del 2000.
[131] Recepita con decreto del Ministro dell’ambiente 23 marzo 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 77 del 1º aprile 1992.
[132]Il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), al titolo II, individua i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili e gli obblighi relativi, prevedendo la facoltà di contabilità semplificata in favore delle imprese minori (società di persone ed equiparate e persone fisiche esercenti imprese commerciali con redditi annui non eccedenti lire seicento milioni per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero lire un miliardo per le imprese aventi per oggetto altre attività) e di altri soggetti.
[133]Sotto l’imperio delle disposizioni precedentemente contenute nell’articolo 79, comma 8, del TUIR la circolare del 29 settembre 1984, n. 31/9/1123, della Direzione generale delle imposte dirette ha precisato come la deduzione spetti una sola volta per ogni giorno di effettuazione del trasporto indipendentemente dal numero di viaggi effettuati nello stesso giorno e a condizione che questi ultimi vengano effettuati personalmente dal titolare dell'autorizzazione. Con riferimento all'ambito soggettivo di applicazione della disposizione, la circolare n. 129/E-139470 del 27 giugno 2000 della Direzione AA.GG. e cont. trib ha ritenuto che essa sia riferita alle imprese minori ammesse alla tenuta della contabilità separata anche nel caso in cui abbiano optato per il regime ordinario, sempreché i titolari siano intestatari di autorizzazione all'autotrasporto di merci per conto di terzi, e alle imprese familiari esonerate dalla tenuta della contabilità ordinaria, a condizione che i trasporti siano effettuati personalmente dal titolare dell'impresa quale intestatario della relativa autorizzazione. La stessa circolare ricordava come l'articolo 13, comma 4, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, avesse stabilito che la deduzione competeva anche alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, relativamente ai trasporti effettuati personalmente dai soci, nonché alle imprese che hanno optato per la contabilità ordinaria e alle società di cui all'articolo 5 del TUIR, restando escluse le società di capitali di qualsiasi tipo cui non erano applicabili le disposizioni dell'articolo 79 (ora 66) del TUIR.
[134] In precedenza l’articolo 3, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) aveva disposto la totale esclusione dei redditi in argomento dalla base imponibile fiscale, per gli anni 2001 e 2002.
[135] Il comma 8-bis dell’articolo 51 del TUIR definisce specifiche modalità per la determinazione del reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa qualora, nell’arco di dodici mesi, la permanenza all’estero sia protratta per un periodo superiore a 183 giorni. In tal caso, il reddito imponibile viene determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto interministeriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 317 del 1987, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 398 del 1987, che disciplina le modalità di calcolo dei contributi per i regimi assicurativi dei lavoratori italiani operanti all'estero.
[136] Tale deducibilità è subordinata alla condizione che i fondi medesimi siano stati istituiti o adeguati ai sensi dell'art. 9 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
[137] L. 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’art. 17, co. 4-bis così recita: L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2 [regolamenti di delegificazione], su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:
a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;
b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;
c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;
d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali.
[138] D.P.R. 22 marzo 2000, n. 120, Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per l'erogazione e la rendicontazione della spesa da parte dei funzionari delegati operanti presso le rappresentanze all'estero, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[139] Art. 18 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale.
[140] Nella Regione Valle d’Aosta le competenze prefettizie sono attribuite al Presidente della regione e nelle province di Trento e di Bolzano ai rispettivi commissari del Governo per le due province. Non risultano istituite le prefetture nelle 4 nuove province della Sardegna, costituitesi ufficialmente dopo le elezioni amministrative del 2005 (Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias). Si ricorda che le nuove province di Barletta-Andria-Trani, di Fermo e di Monza e Brianza, istituite nel 2004, si potranno costituire a partire dalle elezioni del 2009.
[141] R.D. 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
[142] Si veda anche art. 13 della L. 1 aprile 1981, n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.
[143] D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229, art.. 2.
[144] D.Lgs. 5 ottobre 2000 n. 297, Norme in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'articolo 1 della L. 31 marzo 2000, n. 78, art. 15.
[145] D.P.R. 29 gennaio 1999, n. 34, Regolamento recante norme per la determinazione della struttura ordinativa del Corpo della Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 27, commi 3 e 4, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5.
[146] D.M. 12 gennaio 2005, Individuazione degli uffici dirigenziali di livello non generale centrali e periferici dell'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato.
[147] DPCM 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001.
[148] Due di queste province, Lodi e Massa-Carrara secondo i dati ISTAT provvisori relativi al bilancio demografico del gennaio 2006 hanno superato la soglia dei 200.000 abitanti, mentre la provincia di Nuoro risulta sotto tale soglia per effetto della costituzione delle quattro nuove province sarde, nessuna delle quali arriva a 200.000 abitanti.
[149] Si ricorda sinteticamente che nell’ambito della riforma dell’organizzazione del Governo, con decorrenza dall’inizio della XIV legislatura, è stata prevista l’istituzione del Ministero dell’economia e delle finanze, con la contestuale soppressione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Ministero delle finanze. In particolare, l’articolo 23 del D.Lgs. n. 300 enunzia le attribuzioni del nuovo Ministero, mentre il successivo articolo 24 ne ripartisce la competenza in cinque aree funzionali. La determinazione delle competenze e la loro ripartizione nelle aree funzionali è stata successivamente integrata e modificata dal decreto legislativo 3 luglio 2003, n. 173, emanato in attuazione della legge n. 137 del 2002. Presso il Ministero, in corrispondenza con suddette le aree funzionali, operano attualmente i seguenti dipartimenti : Dipartimento del tesoro; Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato; Dipartimento per le politiche fiscali; Dipartimento dell’amministrazione generale del personale e dei servizi. Si ricorda infine che il decreto-legge n. 181/2006, in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, ha recentemente trasferito le funzioni del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione dal Ministero dell’economia e delle finanze al Ministero per lo sviluppo economico.
L’organizzazione del Ministero è stata definita con i seguenti regolamenti di delegificazione: D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38; D.P.R. 28 aprile 1998, n. 154; D.P.R. 22 marzo 2001, n. 147; D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107; D.P.R. 1° agosto 2002, n. 202.
[150] Ai sensi dell’art. 9 del D. P. R n. 38 del 1998, gli uffici centrali del bilancio operano alle dipendenze del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Essi sono istituiti presso tutte le amministrazioni centrali (ministeri) e presso alcune Direzioni generali dei Ministeri. Svolgono il compito di tenere le scritture concernenti la gestione delle relative amministrazioni e controllare la regolarità dei singoli atti di spesa posti in essere dalle amministrazioni medesime.
[151] D.P.R. 22 marzo 2001, n. 208, Regolamento per il riordino della struttura organizzativa delle articolazioni centrali e periferiche dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, a norma dell'articolo 6 della L. 31 marzo 2000, n. 78.
[152] D.Lgs. 5 ottobre 2000 n. 297, Norme in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'articolo 1 della L. 31 marzo 2000, n. 78, art. 15.
[153] D.P.R. 29 gennaio 1999, n. 34, Regolamento recante norme per la determinazione della struttura ordinativa del Corpo della Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 27, commi 3 e 4, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5.
[154]L. 1 aprile 1981 n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.
[155]La tabella in questione, modificata da ultimo dall'art. 4 del D.L. 31 marzo 2005, n. 45 (conv. L. 31 maggio 2005, n. 89), prevede 156 posti di organico nella qualifica di prefetto.
[156]D.Lgs. 19 maggio 2000 n. 139, Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'articolo 10 della L. 28 luglio 1999, n. 266.
[157] Se ne citano, a titolo esemplificativo, alcune recenti:
- Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 28 luglio 2006, n. 3535, Disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate ad assicurare il soccorso alla popolazione della Repubblica Democratica del Libano attualmente interessato da eventi bellici. (Ordinanza n. 3535);
- Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2006 n. 3526, Disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate ad assicurare il soccorso della popolazione dell'Isola di Giava, nella Repubblica indonesiana, in seguito al verificarsi del sisma del 27 maggio 2006 (Ordinanza n. 3526).
[158] Ordinanza del Presidente del Consiglio del 7 novembre 2003, Ulteriori interventi straordinari ed urgenti per il contrasto e la gestione del fenomeno dell'immigrazione clandestina. (Ordinanza n. 3326).
[159]Il sequestro e la confisca sono misure volte a sottrarre, prima provvisoriamente e poi in via definitiva, agli appartenenti alle organizzazioni criminali la disponibilità giuridica e materiale di beni di illecita provenienza.
[160]In particolare, l’art. 86 stabilisce che tali beni siano venduti, ovvero distrutti se la vendita non risulti opportuna. Tale regola, precisa la disposizione richiamata, non si applica nei casi in cui sia prevista una specifica destinazione delle cose confiscate.
[161]L. 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.
[162]La legge reca "Disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e all'articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Abrogazione dell'articolo 4 del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282".
[163]L’articolo è stato inserito dall’art. 3, co. 2, della L. 109/1996 e successivamente modificato dalla L. 512/1999.
[164]L’articolo è stato inserito dall’art. 3, co. 2, della L. 109/1996.
[165]D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale.
[166]D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[167] D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[168] Ai sensi del D.Lgs. 3 luglio 2003, n. 173 (art. 3, co. 4, 5 e 5-bis), l'Agenzia del demanio è stata trasformata in ente pubblico economico.
[169] D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.
[170] D.M. 31 ottobre 2002 “Pagamento degli stipendi e degli altri assegni fissi e continuativi amministrati con ruoli di spesa fissa, mediante ordini collettivi di pagamento emessi in forma dematerializzata”.
[171] Il D.M. reca inoltre indicazione dei casi specifici in cui gli ordini collettivi di pagamento possono essere estinti anche con altre modalità, che elenca (art. 1, co. 2).
[172] Il D.M. prevede inoltre che all'atto dell'esito degli ordini collettivi di pagamento, gli importi relativi ai pagamenti da eseguire in contanti presso gli sportelli della Banca d'Italia sono versati su un conto in attesa che i creditori si presentino per la riscossione; il conto è fruttifero per il Ministero dell'economia e delle finanze al tasso riconosciuto sul «conto disponibilità per il servizio di tesoreria» istituito con la legge 26 novembre 1993, n. 483. La società Poste italiane S.p.a. riversa sulla contabilità speciale «Poste S.p.a. - servizio di tesoreria» le somme relative ai pagamenti di propria competenza, affluite sul conto di gestione che la stessa detiene presso la Banca d'Italia. La rendicontazione dei titoli estinti viene trasmessa telematicamente alla Corte dei conti e al Ministero dell'economia e delle finanze.
[173] D.Lgs. n. 165 del 2001, “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
[174] Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
[175] Le questioni erano state sollevate da diversi enti territoriali per una presunta violazione dell’autonomia finanziaria ad essi riconosciuta dall’articolo 119 della Costituzione. La Corte costituzionale ha invece riconosciuto alla disciplina impugnata la natura di princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Secondo la Corte, «non può contestarsi la legittimità costituzionale della norma che consente agli enti autonomi di aderire alle convenzioni statali, trattandosi di previsione meramente facoltizzante. Ma anche l'obbligo imposto di adottare i prezzi delle convenzioni come base d'asta al ribasso per gli acquisti effettuati autonomamente, pur realizzando un'ingerenza non poco penetrante nell'autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa, non supera i limiti di un principio di coordinamento adottato entro l'ambito della discrezionalità del legislatore statale» (sentenze n. 36/2004 e n. 417/2005).
[176] Nel corso della XIII legislatura, nel quadro della riforma del Ministero dell’economia e finanze, il D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 414, e il D.M. 22 dicembre 1997 hanno previsto l’attribuzione delle attività informatiche riservate allo Stato in materia di finanza e contabilità pubblica alla CONSIP S.p.A., società con capitale interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze, e operante secondo gli indirizzi strategici stabiliti da quest’ultimo. Le competenze della CONSIP sono state successivamente ampliate in virtù di due interventi normativi, qualificati come funzionali ad un disegno generale di razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni allo scopo di conseguire significativi risparmi di spesa. In particolare, il sopra citato art. 26 della legge finanziaria per il 2000, nella sua formulazione originaria, aveva previsto l’obbligo per le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato all’acquisto dei beni e servizi necessari, avvalendosi di convenzioni stipulate, in forma centralizzata, dal Ministero del Tesoro con fornitori scelti mediante gare ad evidenza pubblica conformi alle norme comunitarie; la facoltà per le pubbliche amministrazioni diverse da quella statale di servirsi delle convenzioni e, in ogni caso, l’obbligo di utilizzarne i parametri di qualità e di prezzo per acquistare beni comparabili. Successivamente, gli articoli 58 e 59 della legge finanziaria per il 2001 hanno introdotto ulteriori norme rafforzative alla disciplina delle convenzioni centralizzate e relative all’acquisto di beni e servizi da parte degli enti decentrati di spesa .
[177] Per una più analitica ricostruzione degli interventi legislativi nel corso della XIV legislatura, si rimanda al Dossier Documentazione e ricerche n. 2/5 del Servizio Studi-Dipartimento Bilancio.
[178] E’ ammesso anche il ricorso alla locazione finanziaria. I contratti conclusi con l'accettazione di tali ordinativi non sono sottoposti al parere di congruità economica
[179]Nel caso di adesione alle convenzioni stipulate dalla CONSIP S.p.A., ai sensi dell’articolo 26 della legge n. 488 del 1999, la disposizione in esame dispone ulteriori limitazioni, prevedendo che le quantità fisiche dei beni acquistati e il volume dei servizi non possa eccedere quelli risultanti dalla media del triennio precedente. I contratti stipulati in violazione degli obblighi indicati dal comma in esame sono nulli e il dipendente che ha sottoscritto il contratto risponde a titolo personale delle obbligazioni eventualmente derivanti dai contratti stipulati in violazione di legge.
[180] L’articolo 71 stabilisce che le regole tecniche sono dettate, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con le amministrazioni di volta in volta indicate nel presente codice, sentita la Conferenza unificata stato-città ed autonomie locali, ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previa acquisizione obbligatoria del parere tecnico del CNIPA in modo da garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività e con le regole di cui al disciplinare pubblicato in allegato B al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Le regole tecniche di cui al presente codice sono dettate in conformità alle discipline risultanti dal processo di standardizzazione tecnologica a livello internazionale ed alle normative dell'Unione europea.
[181] In particolare vengono promosse, sentiti rispettivamente il Ministro dell'interno, il Ministro della sanità e il Ministro dell'università più aggregazioni di province e di comuni, appartenenti a regioni diverse, indicati dalla Conferenza Stato - città ed autonomie locali; più aggregazioni di aziende sanitarie e ospedaliere appartenenti a regioni diverse indicate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; più aggregazioni di università appartenenti a regioni diverse indicate dalla Conferenza permanente dei rettori delle università italiane. In luogo di queste ultime aggregazioni, una o più università possono costituire fondazioni di diritto privato con la partecipazione di enti ed amministrazioni pubbliche e soggetti privati. La norma demanda ad un regolamento di delegificazione la determinazione dei criteri e delle modalità per la costituzione e il funzionamento delle predette fondazioni.
[182] Il Ministro dell’economia, inoltre, con le medesime procedure di cui allo stesso articolo 26, promuove le intese necessarie per il collegamento a rete delle amministrazioni interessate con criteri di uniformità ed omogeneità.
[183] Procedura n. 2002/2243.
[184] Causa C-81/88.
[185] Procedura n. 2006/0282.
[186] Procedura n. 2006/0288.
[187] Direttiva 2004/17/CE che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.
[188]Tale disposizione, cui si fa di consueto riferimento per individuare le amministrazioni e gli enti pubblici, in assenza di ulteriori precisazioni, prevede che “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (per queste ultime, v. infra alcuni elementi).
[189]Tale elenco è pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 174 del 28 luglio 2006.
[190]Recante Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[191]Le agenzie, ai sensi del citato articolo 8, sono strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici. Esse operano al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali.
Le agenzie hanno piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge e sono sottoposte al controllo della Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20. Esse sono sottoposte ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro secondo le disposizioni dettate dal medesimo articolo (comma 4), nonché secondo le disposizioni generali dettate dagli articoli 3, comma 1, e 14 del decreto legislativo n. 29 del 1993 (e successive modificazioni).
[192]che devono comprendere, comunque, oltre a quelli espressamente menzionati nel precedente comma 2 del medesimo articolo:
- l'approvazione dei programmi di attività dell'agenzia e di approvazione dei bilanci e rendiconti, secondo modalità idonee a garantire l'autonomia dell'agenzia;
- l'emanazione di direttive con l'indicazione degli obiettivi da raggiungere;
- l'acquisizione di dati e notizie e l'effettuazione di ispezioni per accertare l'osservanza delle prescrizioni impartite;
- l'indicazione di eventuali specifiche attività da intraprendere.
[193]“Attuazione delle deleghe conferite al Governo con gli articoli 27 e 29 della L. 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”.
[194]“Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.
[195]“Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza e assistenza”.
[196]“Regolamento concernente norme per l'organizzazione ed il funzionamento dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica”.
[197] D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38, “Regolamento recante le attribuzioni dei Dipartimenti del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché disposizioni in materia di organizzazione e di personale, a norma dell'articolo 7, comma 3, della L. 3 aprile 1997, n. 94 ”. Cfr., inoltre, la nota 1 della scheda relativa all’art. 34 del disegno di legge in esame.
[198]l controllo preventivo di ragioneria è disciplinato dall'articolo 11, comma 1, del D. P. R n. 367 del 1994 .
[199] L'articolo 12, comma 2, del D.Lgs. n. 279 del 1997 prevede che le rilevazioni e le risultanze della contabilità economica sono utilizzate dalle amministrazioni interessate e dal Ministero dell’economia e finanze, al quale i dati sono comunicati dalle amministrazioni, ove possibile con evidenze informatiche, per il tramite delle competenti ragionerie, anche ai fini della formulazione dei progetti di bilancio, della migliore allocazione delle risorse, della programmazione dell'attività finanziaria, del monitoraggio degli effetti finanziari delle manovre di bilancio e della valutazione tecnica dei costi e degli oneri dei provvedimenti e delle iniziative legislative nei settori di pertinenza delle competenti amministrazioni.
[200] Inoltre, si ricorda che ai sensi del comma 3 dell’art. 9 in commento, presso ciascun Ufficio centrale del bilancio è costituita una Conferenza permanente, formata dai rappresentanti dell'ufficio centrale del bilancio e dei corrispondenti uffici dell'amministrazione interessata. La Conferenza contribuisce ad assicurare il più efficace esercizio da parte dell’amministrazione dei compiti in materia di programmazione dell'attività finanziaria, di monitoraggio finanziario dell'attuazione delle manovre di bilancio e di valutazione tecnica dei costi e degli oneri dei provvedimenti, delle funzioni e dei servizi istituzionali e delle iniziative legislative nel settore di pertinenza dell'amministrazione. A tal fine la Conferenza elabora in sede tecnica metodologie e criteri di valutazione dei costi e degli oneri finanziari sulla base della specifica disciplina del settore e può compiere, a fini istruttori, le valutazioni relative ai provvedimenti che le sono sottoposti, con particolare riguardo alle relazioni tecniche dei provvedimenti che comportano conseguenze finanziarie, di cui all’art. 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468.
[201]Tale documento è disponibile sul sito internet del Governo, al seguente indirizzo: http://www.governo.it/Presidenza/ACoFF/relazione_attivita_commissione/relazione_attivita_svolta.html.
[202] Regolamento sull'articolazione organizzativa e le dotazioni organiche dei dipartimenti del Ministero dell’economia”.
[203]D.Lgs. 6 settembre 1989 n. 322, Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 della L. 23 agosto 1988, n. 400.
[204]Ulteriori informazioni sono rinvenibili nel sito www.palazzochigi.it/Presidenza/statistica/index.
[205]Il Sistema Statistico Nazionale (SISTAN) è una rete attraverso la quale si attuano le attività di rilevazione, elaborazione, analisi, diffusione e archiviazione dei dati statistici svolte dagli enti ed organismi pubblici di informazione statistica sia a livello centrale che a livello locale. Il compito del SISTAN è quello di realizzare l'unità di indirizzo, l'omogeneità organizzativa e la razionalizzazione dei flussi informativi a livello centrale e locale.
Fanno parte del SISTAN:
- l'ISTAT;
- gli uffici di statistica centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato e delle amministrazioni ed aziende autonome, istituiti e posti alle dipendenze funzionali dell’ISTAT;
- gli uffici di statistica delle regioni e delle province autonome, delle province, dei comuni singoli o associati e delle unità sanitarie locali;
- gli uffici di statistica delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
- gli uffici di statistica, comunque denominati, di amministrazioni e enti pubblici individuati sulla base di direttive del Presidente del Consiglio, sentiti il Ministro vigilante ed il presidente dell'ISTAT;
- gli altri enti ed organismi pubblici di informazione statistica individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
- i soggetti privati che svolgono funzioni pubbliche o servizi di interesse pubblico o che si configurano come essenziali per il raggiungimento degli obiettivi del Sistema stesso.
[206]L’ultimo rapporto della Commissione, riferito al 2005, è stato trasmesso alle Camere, unitamente alla relazione sull’attività dell’ISTAT, il 2 agosto 2006 (Doc. LXIX, n. 1).
[207]Da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
[208]Si tenga presente che l’articolo (in particolare il comma 1) è stato oggetto di svariati interventi di modifica: prima modificato dall'art. 2, L. 6 luglio 2002, n. 137, poi sostituito dall'art. 34, comma 23, L. 27 dicembre 2002, n. 289 ed infine modificato dall'art. 7, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, dall'art. 4, L. 27 luglio 2004, n. 186, dall'art. 8, D.L. 9 novembre 2004, n. 266 (come modificato dalla relativa legge di conversione, e dall'art. 29, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273). Con l'art. 7, del D.L. 8 luglio 2002, n. 138 è stata disposta, in correlazione con quanto previsto dall’articolo 28, la trasformazione in S.p.a. dell’ANAS.
[209]Tale dizione è quella che l’art. 76 della Costituzione riferisce alle norme di delega per l’approvazione dei decreti legislativi, mentre l’art. 17, comma 2, della legge n. 400/88 prevede che la norma di legge che autorizza l’intervento di un regolamento di delegificazione individui le “norme generali regolatrici della materia”.
[210]Recante Soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale.
[211]Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.
La lettera c) dell’articolo richiamato ha stabilito - ferma restando la titolarità, in capo al Ministero dell'economia e delle finanze, dei rapporti giuridici attivi e passivi - che la gestione della liquidazione nonché del contenzioso può essere da questo affidata ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato. La società può avvalersi anche dell'assistenza, della rappresentanza e della difesa in giudizio dell'Avvocatura dello Stato alle stesse condizioni e con le stesse modalità con le quali se ne avvalgono, ai sensi della normativa vigente, le Amministrazioni dello Stato. È, altresì, facoltà della società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti. La società esercita ogni potere allo stato attribuito all'Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Sulla base di criteri di efficacia ed economicità e al fine di eliminare il contenzioso pendente, evitando l'instaurazione di nuove cause, la società può compiere qualsiasi atto di diritto privato, ivi incluse transazioni relative a rapporti concernenti differenti procedure di liquidazione, cessioni di aziende, cessioni di crediti in blocco pro soluto e rinunce a domande giudiziali. Sulle transazioni la società può chiedere il parere all'Avvocatura dello Stato. La società può anche rinunciare a crediti al di fuori delle ipotesi previste dal terzo comma dell'articolo 9 della citata legge n. 1404 del 1956. In base ad una apposita convenzione, sono disciplinati i rapporti con il Ministero dell'economia e delle finanze e, in particolare, il compenso spettante alla società, i profili contabili del rapporto, nonché le modalità di rendicontazione e di controllo.
[212]V. il decreto 27 settembre 2004 (Gazz. Uff. 31 dicembre 2004, n. 306).
[213]Si tratta della struttura interdisciplinare prevista dall’art. 73, comma 1, del D.Lgs. n. 300/1999,
[214]Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112
[215] Più diffusamente, sulla Fintecna, cfr. scheda relativa all’articolo 49 del ddl in commento.
[216] Con la suddetta convenzione (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2004, n. 306) stipulata tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Fintecna Spa è stato regolato l'affidamento della gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti soppressi, ai sensi della legge n. 1404/1956.
[217] Tale comma 224 stabilisce che gli immobili di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del D.L. n. 63/2002, ivi compresi quelli individuati dal decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, possono essere alienati anche nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione affidata, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge medesimo, alla Fintecna Spa.
[218]Si tratta degli immobili dei seguenti enti soppressi: Associazione nazionale per il controllo della combustione (A.N.C.C); Cassa mutua provinciale di malattia per gli artigiani di: Udine, Imperia, Pistoia e Federazione nazionale; Cassa mutua per gli esercenti le attività commerciali di: Chieti, Firenze, Forlì, Salerno, Latina, L'Aquila e Varese; Cassa mutua provinciale di malattia per i coltivatori diretti di: Chieti, Pescara, Penne (Pescara), Massa-Carrara, Torino, Caserta e Federazione nazionale; Cassa mutua nazionale lavoratori giornali quotidiani (C.M.N.L.G.Q.); Ente nazionale lavoratori ciechi (E.N.L.C.); Istituto nazionale gestione imposte di consumo (I.N.G.I.C.); Istituto nazionale istruzione e addestramento nel settore artigiano (I.N.I.A.S.A.); Ente nazionale previdenza dipendenti da enti di diritto pubblico (E.N.P.D.E.D.P); Opera nazionale invalidi di guerra (O.N.I.G.); Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie (I.N.A.M.), Ente nazionale prevenzione infortuni (E.N.P.I.), Opera nazionale maternità e infanzia (O.N.M.I.), Ente nazionale per la previdenza e assistenza per le ostetriche (E.N.P.A.O.).
[219] Il comma 225 ha novellato la lettera c) del comma 1-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 63/2002 prevedendo la facoltà, anziché l’obbligo, per la società cui è stata affidata la gestione della liquidazione degli enti disciolti, di avvalersi dell’Avvocatura dello Stato (lettera a). Ne consegue la facoltà per la società di poter ricorrere all’assistenza, rappresentanza e difesa in giudizio da parte di soggetti privati; la facoltà per la società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti all’Avvocatura dello Stato (lettera b).
[220] Si tratta delle liquidazioni gravemente deficitarie individuate dal Ministro dell’economia e finanze, per le quali il comma 1-ter prevede che si faccia luogo alla liquidazione coatta amministrativa, ovvero le liquidazioni per le quali è comunque opportuno che la gestione liquidatoria resti distinta. Per esse, il comma 1-ter prevedeva che, nelle more della individuazione della società di cui alla lettera c) del comma 1-bis, l'I.G.E.D. proseguisse le procedure di liquidazione con i poteri previsti dalla medesima lettera c) del comma 1-bis.
[221] Al momento della liquidazione l'articolazione del Gruppo EFIM - organizzato per settori di intervento, ciascuno dei quali coordinato da una finanziaria o da una società capo settore - risultava la seguente : settore mezzi e sistemi di trasporto: Aviofer Breda. Principali aziende: Breda Costruzioni Ferroviarie (terrestre); Agusta (aeronautico); settore impiantistica: Efimpianti. Principali aziende: Reggiane, Termomeccanica, Metallotecnica, Breda Progetti e Costruzioni, Edina, Bosco; vetro: Società italiana vetro (SIV); alluminio (Gruppo Alumix): MCS finanziaria. Principali aziende: Aluminia, Sava. Va aggiunta, inoltre, un'azienda di ricerca e sviluppo, l'Istituto Ricerche Breda, specializzata in scienza dei materiali e servizi di ingegneria, e attività in altri campi. In particolare, le società controllate direttamente o indirettamente dall’EFIM individuate con il decreto del Ministro del tesoro 31 ottobre 1992 risultavano complessivamente 114.
[222] La Corte dei conti ha inviato, in data 5 dicembre 2005 la parlamento la Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Fintecna S.p.a per gli anni 2003 e 2004.
[223] Cfr., in proposito, il D.P.C.M. 12 agosto 1978 che aveva introdotto disposizioni per la ristrutturazione ed il riordinamento delle attività degli enti collegati alla Cassa per il Mezzogiorno.
[224] Tale inserimento formale si realizzò con D.L. n. 581 del 1984, convertito, con modificazioni, in L. n. 775 del 1984, recante norme urgenti per la prosecuzione dell’intervento straordinario del mezzogiorno.
[225] D.Lgs. n. 96/1993 ha disciplinato il trasferimento al Ministero dell’economia delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, ai sensi dell'art. 3 della L. 19 dicembre 1992, n. 488.
[226]Scheda tratta da http://www.sogesid.it/societa.html.
[227]Successivamente modificato dall’art. 20 del D.L. 8 febbraio 1995 n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995 n. 104.
[228]Convertito dalla legge 10 agosto 1995 n. 341.
[229]Il testo attualmente vigente deriva, infatti, da una riformulazione operata dall’art. 20 del D.L. 8 febbraio 1995, n. 32.
[230]G. Guzzo Affidamenti in house: Corte di Giustizia e Consiglio di Stato: convergenze parallele. Extraterritorialità, regime transitorio e concorrenza delle società miste secondo la più recente teorica del giudice amministrativo e del legislatore italiano, in Diritto dei servizi pubblici, agosto 2006 - http://www.dirittodeiservizipubblici.it/articoli/articolo.asp?sezione=dettarticolo&id=176.
[231]Il conto economico consolidato è il conto che espone le entrate e le spese del settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche, nell’ambito del sistema di contabilità nazionale. Esso costituisce il quadro contabile di riferimento per la programmazione degli obiettivi di finanza pubblica, sia a livello comunitario (negli aggiornamenti annuali del programma di stabilità) sia a livello nazionale (nel documento di programmazione economico-finanziaria).
[232]L’art. 1, comma 24, della legge n. 266/2005 prevede che nei confronti degli enti territoriali soggetti al patto di stabilità interno, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano i trasferimenti erariali a qualsiasi titolo spettanti sono ridotti in misura pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta nel precedente quinquennio per la stessa finalità.
[233] Fonte: Il Sole 24 ore del 3 ottobre 2004.
[234] Segnalazione AS 270, disponibile all’indirizzo internet: www.agcm.it/agcm_ita/DSAP/SEGNALA.NSF/fbd37caf950c2cf6c12564b3005194de/bc73841f1e3d0c4bc1256deb0052ef11?OpenDocument.
[235] Segnalazione AS 168, disponibile all’indirizzo internet: www.agcm.it/agcm_ita/DSAP/SEGNALA.NSF/fbd37caf950c2cf6c12564b3005194de/10606f8b108d3cb9c12567610034d53e?OpenDocument.
[236]L'articolo 2, comma 4-quinquies, della legge 5 agosto 1978, n. 468 (comma aggiunto dall'art. 1 della legge 3 aprile 1997, n. 94, e modificato dall'art. 27 della legge 17 maggio 1999, n, 144) prevede che con decreti del Ministro competente, su proposta del dirigente responsabile, possono essere effettuate variazioni compensative tra capitoli della medesima unità previsionale; sono escluse le autorizzazioni di spesa di natura obbligatoria, per le spese in annualità e a pagamento differito e per quelle direttamente regolate con legge. I decreti devono essere comunicati al Ministro dell’economia e alle Commissioni parlamentari competenti. Al fine di favorire una maggiore flessibilità nell'uso delle risorse destinate agli investimenti e di consentire la determinazione delle dotazioni di cassa e di competenza in misura tale da limitare la formazione di residui di stanziamento, possono inoltre essere effettuate variazioni compensative, nell'ambito della stessa unità previsionale di base, di conto capitale, anche tra stanziamenti disposti da leggi diverse, a condizione che si tratti di leggi che finanzino o rifinanzino lo stesso intervento. Sono comunque escluse le variazioni compensative fra le unità di spesa oggetto della deliberazione parlamentare. La legge di assestamento del bilancio o eventuali ulteriori provvedimenti legislativi di variazione possono autorizzare compensazioni tra le diverse unità previsionali.
L’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, prevede altresì che variazioni compensative possono essere disposte, su proposta del dirigente generale responsabile, con decreti del Ministro competente, esclusivamente nell'àmbito della medesima unità previsionale di base. I decreti di variazione sono comunicati al Ministro dell’economia, alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.
[237]Cfr. articolo 25 del decreto-legge n. 223/2006.
[238]Per ciò che attiene alla categoria dei consumi intermedi, la Corte ha rilevato come apparirebbe opportuna un’impostazione più attenta ad una più efficace utilizzazione delle limitate risorse a disposizione. In secondo luogo, le misure correttive di natura indifferenziata hanno determinato l’insorgere di regolazioni contabili e debitorie, conseguenti a situazioni di emergenza gestionale. Le amministrazioni, per far fronte alla mancanza di risorse finanziarie, tendono infatti a procedere ad acquisizioni di beni e servizi non coperte dai relativi impegni, scaricandone l’onere sugli esercizi successivi attraverso atti di riconoscimento di debito o la copertura ex post delle obbligazioni assunte. In terzo luogo, gli effetti restrittivi degli interventi attuati con le manovre correttive sono risultati compensati dal crescente utilizzo dei fondi generali di riserva e dei fondi a ripartizione.
[239]Le autorizzazioni di spesa del tipo limiti di impegno vengono infatti disposte prevedendo l'attivazione di mutui o di altre operazioni di finanziamento, delle quali il relativo limite rappresenta il livello massimo di onere finanziario posto a carico del bilancio dello Stato. Le prime quote annuali autorizzate dei limiti di impegno vengono iscritte nella competenza del bilancio dell'anno di decorrenza dei limiti stessi e le successive quote vengono proiettate nel bilancio pluriennale.
[240]Il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (SEC95) è il Sistema armonizzato di contabilità nazionale, che permette una descrizione quantitativa completa e comparabile della situazione economica dei paesi membri dell'Unione europea (UE), attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). Per la registrazione delle operazioni viene adottato il criterio della competenza economica. Il SEC95 è stato approvato con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996.
[241]“Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania”.
[242]Si consideri che sulla disciplina del comma 246 in esame incide l’art. 1 del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272 , con una disposizione relativa all’assunzione di personale della Polizia di Stato, connotata dalla finalità dichiarata di prevenire e contrastare il crimine organizzato e il terrorismo interno ed internazionale, anche in relazione alle esigenze connesse allo svolgimento delle Olimpiadi invernali, nonché assicurare la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. In particolare il comma 1 dell’art. 1 del d.l. citato autorizza l’assunzione, dal 1º gennaio 2006, di un numero massimo di 1.115 agenti ausiliari della Polizia di Stato, frequentatori del 61º e del 62º corso di allievo agente ausiliario di leva, già trattenuti in servizio per effetto dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 45/2005 . E’ disposto che le assunzioni abbiano luogo nell’ambito del contingente di assunzioni autorizzate per l’anno 2006 per la Polizia di Stato, come già detto pari a 1.500 unità.
[243] Sollevata, in riferimento agli articoli 3, 51 e 97 Cost., nei confronti di una legge della Regione Sicilia che prevedeva una riserva di posti per il personale già impiegato con contratti di diritto privato (la riserva era comunque fissata nella misura del cinquanta per cento dei posti disponibili). In tal caso la Corte ha ritenuto appunto “conforme all’interesse pubblico che precedenti esperienze non vadano perdute e anzi che la legge – come peraltro assai frequentemente avviene – preveda per esse una particolare considerazione”.
[244]Si consideri, inoltre, che gli articoli 5 e 5-bis del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, recante “Disposizioni in materia di organizzazione e funzionamento della Pubblica Amministrazione” , prevedono, senza nuovi o ulteriori oneri per la finanza pubblica, rispettivamente, la proroga, per il 2006, dei contratti a tempo determinato stipulati dalla Croce rossa italiana, e la proroga, sempre per il 2006, dei contratti a tempo determinato stipulati dall’Agenzia per le ONLUS, istituita dal D.P.C.M. 26 settembre 2000.
[245]Il criterio suindicato appare volto a prefigurare la maggiore valenza dei titoli vantati dai soggetti, già legati da rapporto a tempo determinato con le amministrazioni interessate, rispetto ai titoli eventualmente vantati da concorrenti esterni.
[246]La disposizione richiamata stabilisce che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
[247] Vedi sopra nel commento all’articolo 16 della legge.
[248] Per contratto di formazione e lavoro si intende un particolare tipo di contratto di lavoro a termine, caratterizzato da una causa mista che risulta dallo scambio fra la prestazione di lavoro da parte del giovane e un'erogazione non soltanto di retribuzione, ma anche di addestramento professionale specifico, da parte del datore di lavoro .
Una delle principali caratteristiche di tale tipo di contratto, che ha contribuito alla sua grande diffusione, è la riduzione degli oneri contributivi a carico del datore di lavoro. Le leggi che si sono susseguite nel tempo hanno delineato un sistema di sgravi che operano in diversa misura a seconda del tipo di impresa, della sua localizzazione e del settore di attività. Tale sistema differenziato di sgravi è stato dichiarato dalla Commissione europea incompatibile con il mercato comune. In conseguenza di tale intervento, Il Ministero del lavoro con la nota n. 5/25389/70/CFL del 15 febbraio 2000 e con la successiva circolare n. 5/26969/70/CFL del 22 giugno 2000, ha fatto presente che i contratti di formazione e lavoro stipulati senza tenere conto dei criteri fissati dalla Commissione "non sono pienamente supportati dalle agevolazioni, ma non per questo perdono la propria qualificazione giuridica di contratti a causa mista e a tempo determinato."
Il contratto di formazione e lavoro ha una durata massima di 24 mesi (per le professionalità intermedie o elevate) o di 12 mesi (contratti miranti ad agevolare l’inserimento lavorativo). In seguito all’intervento dell’UE, per poter usufruire dei benefici contributivi è necessario che il lavoratore abbia un’età inferiore a 25 anni o, se laureato, 30 anni.
[249]Secondo la relazione tecnica originaria, le unità interessate erano circa 350, per una spesa complessiva di circa 9 milioni di euro.
[250] Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).
[251]La deroga opera a condizione che gli oneri derivanti da tali assunzioni non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti stessi o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle Università.
[252] Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).
[253]E’ stato inoltre previsto che ai fini dell’assunzione venga seguita la procedura di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), ai sensi del quale le richieste di autorizzazione ad assumere dovranno essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. L'autorizzazione all'assunzione è disposta con apposito DPCM.
[254]“Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania”.
[255] Si ricorda che il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari è disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che lo regoli in modo organico (cfr art. 3, co. 2, D.Lgs. 165/2001).
[256]Ai sensi del richiamato articolo 48, comma 6, del D.Lgs. 165, l’organo di controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio è il collegio dei revisori dei conti; laddove tale organo non sia previsto, deputati al controllo sono i nuclei di valutazione o i servizi di controllo interno, ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, emanato in attuazione dell’articolo 11 della L. 59 dl 1997, e recante il riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche. Ai sensi dell’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997, per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché per gli enti pubblici non economici e per gli enti e le istituzioni di ricerca con organico superiore a duecento unità, i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli oneri derivanti dall'applicazione della nuova classificazione del personale, certificata dai competenti organi di controllo, laddove operanti, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico-finanziaria. Decorso tale termine, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative.
[257]Al riguardo, la relazione illustrativa al ddl originario afferma che tale disposizione “fa salvi unicamente gli incrementi previsti dai contratti collettivi nazionali e posti a carico dei medesimi”.
[258]Il citato comma 91 prevede che gli oneri dei rinnovi contrattuali e dei miglioramenti economici del personale di amministrazioni non statali sono a carico dei rispettivi bilanci, tenuto anche conto dei risparmi derivanti dalle disposizioni di vincolo alle assunzioni nel pubblico impiego (commi da 93 a 106 della legge finanziaria 2005). Ai comitati di settore è assegnato il compito di quantificare le relative risorse e la quota da destinare all'incentivazione della produttività, attenendosi al "tetto" alla crescita delle retribuzioni stabilito per il personale dello Stato (comma 88 della legge finanziaria 2005).
[259]Così come riformulato dall’articolo 30 del decreto-legge n. 223/2006 (convertito dalla legge n. 248/2006), che ha peraltro introdotto i commi 204-bis e 204-ter nella legge n. 266/2005.
[260]Si consideri che la nuova formulazione del comma 204 introdotta dal d.l. 223/2006 non sembra invece interessare, almeno sul piano letterale, gli enti del Servizio sanitario nazionale (considerati invece, ai fini dei vincoli per il contenimento della spesa, dal citato comma 198), in quanto essi non sono qualificabili "enti locali". Pertanto il controllo sul conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa da parte degli enti del SSN rimarrebbe affidato allo speciale Tavolo tecnico, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, per la verifica degli adempimenti in materia di spesa sanitaria (cfr. art. 1, comma 203, legge finanziaria 2006).
[261]Gli obiettivi del "tavolo tecnico" sono:
a) acquisire, per il tramite del Ministero dell'Economia e delle Finanze, la documentazione da parte degli enti destinatari della norma, certificata dall'organo di revisione contabile, delle misure adottate e dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi di contenimento della spesa per il personale di cui al citato comma 198;
b) fissare specifici criteri e modalità operative per il monitoraggio e la verifica dell'effettivo conseguimento, da parte degli enti, dei previsti obiettivi di contenimento della spesa. La verifica potrà essere effettuata a campione solamente per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti e per le comunità montane con popolazione inferiore a 50.000 abitanti;
c) verificare, sulla base dei predetti criteri e modalità operative, oltreché della documentazione ricevuta, la puntuale applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento;
d) elaborare analisi e proposte operative dirette al contenimento strutturale della spesa di personale per le Regioni e gli enti locali.
[262]La Circolare n. 8/2006 conferma, come lo scorso anno, una interpretazione rigorosa della norma. In particolare, è ribadita la preclusione al ricorso a procedure di mobilità in entrata e all’istituto della somministrazione di lavoro temporaneo (ex lavoro interinale).
[263]L’Intesa in sede di Conferenza Stato Regioni è stata formalmente raggiunta in data 5 ottobre 2006.
[264]Ai sensi dell’art. 12-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge delega n. 421 del 1992), e successive modificazioni.
[265]articolo 1, commi 189, 191 e 194 della legge n. 266 del 2005.
[266] Si ricorda che l’art. 12 del decreto-legge n. 4/2006, recante “"Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione" , convertito con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, stabilisce che le assunzioni a tempo indeterminato di cui all’articolo 1, comma 98, della richiamata legge n. 311 del 2004, relative all’anno 2005, possano essere effettuate secondo le modalità ed i criteri individuati nei D.P.C.M. previsti.
[267] Recante fissazione dei criteri e dei limiti per le assunzioni di personale a tempo indeterminato, per gli anni 2005, 2006 e 2007, per le regioni e gli enti del Servizio sanitario nazionale, in attuazione dell'articolo 1, commi 93 e 98, della legge n. 311 del2004.
[268] “T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”.
[269]Il citato comma 91 prevede che gli oneri dei rinnovi contrattuali e dei miglioramenti economici del personale di amministrazioni non statali sono a carico dei rispettivi bilanci, tenuto anche conto dei risparmi derivanti dalle disposizioni di vincolo alle assunzioni nel pubblico impiego (commi da 93 a 106 della legge finanziaria 2005). Ai comitati di settore è assegnato il compito di quantificare le relative risorse e la quota da destinare all'incentivazione della produttività, attenendosi al "tetto" alla crescita delle retribuzioni stabilito per il personale dello Stato (comma 88 della legge finanziaria 2005).
[270] L. 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).
[271] L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).
[272] Legge 9 novembre 1999, n. 418, Disposizioni in materia di indennità dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato non parlamentari.
[273]Tale previsione è recata nella relazione tecnica al ddl finanziaria.
[274]Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della scuola.
[275]Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
[276]L. 27 dicembre 1997, n. 449 Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.
[277]Dl 7 aprile 2004, n. 97, convertito con modificazioni dalla legge del 4 giugno 2004, n. 143.
[278]DL 30 giugno 2005, n. 115, convertito dalla legge 17 agosto 2005, n. 168.
[279]Ai sensi dell’art. 399 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dall’art. 1, comma 1, della legge 3 maggio1999, n. 124.
[280]I docenti in questione erano inseriti negli elenchi prioritari compilati ai sensi del DM 13 febbraio 1996 Nuova disciplina della sperimentazione musicale, nelle scuole medie statali ad indirizzo musicale. l’art 6 di quest’ultimo disponeva per il reclutamento dei docenti l’iscrizione in un elenco prioritario (aggiornabile ogni triennio) di docenti di educazione musicale a tempo indeterminato o mantenuti in servizio ai sensi dell'art. 44 della legge 20 maggio 1982, n. 270 e di aspiranti a supplenze, purché titolari di diploma specifico per l'insegnamento dello strumento. A tal fine il DM recava un tabella di valutazione dei titoli.
[281]In particolare si impegna il Governo ad incrementare il numero di immissioni in ruolo; predisporre un piano straordinario di assunzioni; rivedere nella tabella di valutazione dei titoli per l’inserimento nelle graduatorie (allegata alla legge 143/04) il punteggio attribuito per l’insegnamento nelle scuole di montagna, e per la frequenza di master, corsi di perfezionamento e di specializzazione; delegificare la suddetta tabella di valutazione ed affidarne la definizione ad un atto amministrativo.
[282]L. 23 dicembre 1996, n. 662 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica (legge finanziaria 1997)
[283] L. 28 dicembre 2001,n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).
[284]Legge finanziaria 2005.
[285]Si ricorda che l’insegnamento di una lingua straniera nella scuola elementare era stato introdotto dalla legge148/1990 (inizialmente a partire dalle classi terze); successivamente l'articolo 2, comma 1, lettera f) della legge n. 53/2003/ (cosiddetta “legge Moratti”)ha introdotto in maniera generalizzata lo studio della lingua straniera; il successivo provvedimento di attuazione – D.Lgs. 59/2004 (recante norme generali relative alla scuola dell’infanzia ed al primo ciclo di istruzione) ha fatto riferimento alla lingua inglese (art. 5).
[286]La misura avrebbe dovuto comportare - secondo la relazione governativa - un recupero sul posto comune di almeno 7.100 docenti (impegnati esclusivamente nella didattica della lingua straniera) per ciascuno degli anni scolastici 2005-2006 e 2006-2007.
[287]L..27 dicembre2002 n. 289, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003).
[288]D.L. 25 settembre 2002, n. 212 (Misure urgenti per la scuola, l'università, la ricerca scientifica e tecnologica e l'alta formazione artistica e musicale) convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 268. l’art. 1, co. 1, del citato DL 212/2002 ha reso obbligatoria la partecipazione ai corsi di riconversione (di cui all'articolo 473 del Testo unico in materia di istruzione - D.Lgs. 297/1994) per i docenti in situazione di soprannumerarietà, appartenenti a classi di concorso che presentino esubero di personale rispetto ai ruoli provinciali; lo stesso DL ha disposto contestualmente l’applicazione delle procedure di mobilità di cui all’art 33 del D.Lgs. 165/2001 in caso di mancata partecipazione ai corsi di riconversione; partecipazione con esito negativo; rifiuto dell’incarico di insegnamento per il quale si è realizzata la riconversione.
[289] Il citato decreto ministeriale, adottato ai sensi dell’art. 1 co. 1 del citato DL 212/2002, computa in 7000 i docenti in esubero (dopo le operazioni di mobilità relative all'anno scolastico 2002-2003).
[290] Si ricorda che le risorse destinate alla formazione sono ripartite annualmente con direttiva ministeriale; il provvedimento ministeriale indica tra l’altro anche gli obiettivi formativi prioritari e tiene conto delle indicazioni, del Contratto collettivo nazionale. Da ultimo l’art. 61 del CCNL sottoscritto il 24 luglio 2003 definisce i seguenti obiettivi formativi: sostegno ai processi di innovazione; miglioramento della qualità professionale; potenziamento dell’offerta formativa; supporto alla riqualificazione dei docenti; introduzione dell’auto aggiornamento.
[291]D.Lgs. 30-7-1999 n. 300 Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59. Gli art. 8 (ordinamento) e 9 (personale)disciplinano in generale le agenzie che svolgono le attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, esercitate da ministeri ed enti pubblici. Esse sono sottoposte alla vigilanza dei ministri competenti ed al controllo della Corte dei conti. Gli statuti sono emanati con regolamenti (ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400); mentre al personale si provvede prioritariamente mediante trasferimento dai ministeri o enti di pertinenza ,in subordine con procedure di mobilità o altre forme di reclutamento.
[292]Le seguenti funzioni svolte dagli enti soppressi possono così riassumersi: ricerca educativa e consulenza pedagogico-didattica; formazione e aggiornamento del personale della scuola; attivazione di servizi di documentazione; collaborazione alla realizzazione delle politiche relative per l’’istruzione degli adulti ed l’ istruzione e formazione tecnica superiore; partecipazione alle iniziative internazionali e collaborazione con le regioni e gli enti locali.
[293]D.P.R. 21-11-2000 n. 415 Regolamento di organizzazione dell'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa, a norma degli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258.
[294]D.P.R. 06-03-2001, n. 190 Regolamento concernente l'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca educativa, a norma dell'articolo 76 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300
[295]D.Lgs. 19 novembre 2004 n. 286, recante Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53 riordina l'INVALSI, facendogli assumere la nuova denominazione di "Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e di formazione", conferendogli lo status di ente di ricerca e confermando la personalità giuridica di diritto pubblico e l'autonomia amministrativa, contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria. L'ente è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ne determina le priorità strategiche per la programmazione delle attività con propria direttiva.
[296] Si ricorda che la direttiva n. 649 del 25 agosto 2006 sull’attività dell’istituto ha integrato la precedente (6 marzo 2006); ed ha affidato tra l’altro a quest’ultimo la predisposizione della terza prova degli esami conclusivi dei percorsi di istruzione secondaria superiore.
[297]L’articolo 7 del contratto collettivo nazionale quadro per la definizione dei comparti di contrattazione, per il quadriennio 2002/2005, sottoscritto in data 18 dicembre 2002, ha stabilito che il personale dell’Istituto va ricompreso, ai fini della contrattazione collettiva, nel comparto del personale delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione.
[298]D.M. 1-2-2001 n. 44 Regolamento concernente le «Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche».
[299]D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
[300]D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[301]L’assegnazione degli incarichi di presidenza di durata annuale per le scuole di istruzione secondaria ed artistica, secondo la disciplina recata dall’art. 477 del D.Lgs. 297/1994 (Testo unico in materia di istruzione), era effettuata sulla base due distinte graduatorie provinciali, riservate a docenti già inclusi nelle graduatorie di merito per concorso a preside o aventi requisiti per partecipare a questi ultimi.
[302]L. 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.
[303]Pubblicato sulla GU IV serie speciale, n. 100, del 20 dicembre 2002.
[304]Autorizzazione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad avviare procedure concorsuali per il reclutamento di dirigenti scolastici.
[305]Con OM. n. 39 del 1° aprile 2004 prot. n. 464, il ministero dell’istruzione università e ricerca ha disciplinato il conferimento degli incarichi di presidenza fino all’approvazione della prima graduatoria del corso-concorso per dirigenti scolastici, confermando, per quanto qui interessa, che i candidati ammessi al periodo di formazione del primo corso-concorso (triennalisti) hanno priorità rispetto agli aspiranti inseriti nelle graduatorie provinciali.
[306]Si ricorda inoltre che l’art. 8-bis del DL 28 maggio 2004, n. 136, convertito dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, aveva esteso alle procedure concorsuali le riserve di posti a favore dei disabili (legge 68/1999); tale disposizione è stata tuttavia dichiarata illegittima dalla sentenza costituzionale 190 /2006.
[307]Gazzetta ufficiale, 4° serie speciale n. 76 del 6 ottobre 2006.
[308] Il Consiglio europeo di primavera 2006, nelle sue conclusioni, dopo avere ricordato che l'istruzione e la formazione sono elementi cruciali per lo sviluppo delle potenzialità dell'UE a lungo termine sotto il profilo della competitività, nonché della coesione sociale, ha sottolineato la necessità di accelerare riforme che pongano in essere sistemi scolastici di elevata qualità che siano tanto efficaci quanto equi.
[309]L. 17 ottobre 1967, n. 97, Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti.
[310]D.Lgs. 15 aprile 2005 è stato emanato il decreto legislativo n. 76 recante Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 53/2003.
[311]Il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30, ha delineato la nuova organizzazione del mercato del lavoro e della relativa disciplina legale. In particolare, l’articolo 48 prevede il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.
[312]Decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53. Il D.Lgs. ha definito nelle linee generali il secondo ciclo dell’istruzione costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell'istruzione e formazione professionale, per il quale lo Stato garantisce i livelli essenziali delle prestazioni.
[313]Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
[314]Nelle more del decreto di attuazione della delega recata in proposito dalla legge 53/2003 (cosiddetta legge Moratti), l’accordo del 19 giugno 2003, sancito in sede di Conferenza unificata, ha previsto la realizzazione, a partire dall’anno scolastico 2003-2004, di una offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale; a tal fine era previsto lo stanziamento di 11,34 milioni di euro a valere sul fondo di cui alla legge 440/97(recante Istituzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi), nonché di 204,71 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui all’articolo 9, comma 5 del DL 148/1993. Successivamente, l’accordo del 15 gennaio 2004, sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni, ha definito gli standard formativi minimi relativi alle competenze di base nell’ambito dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale. Infine, è stato siglato in data 28 ottobre 2004 un accordo per la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi tra il MIUR, il Ministero del Lavoro, le Regioni e gli Enti locali ai fini della spendibilità dei titoli su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento ai percorsi formativi sperimentali avviati sulla base dell’Accordo del 19 giugno 2003.
[315] “Norme per l’edilizia scolastica”.
[316] Si ricorda che l’amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione è stata riordinata dal regolamento approvato con D.P.R. 6 novembre 2000, n. 347, che ha disposto la soppressione dei provveditorati agli studi, presenti a livello provinciale. Inoltre, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 1999, n. 233, recante riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, i consigli scolastici distrettuali e provinciali sono stati sostituiti dai consigli scolastici locali, di nuova istituzione. Si ricorda, altresì, che a fini applicativi e di finanziamento della legge n. 23 del 1996 sono intervenuti, da ultimo, l’art. 5 della legge n. 191 del 1998 (c.d. legge Bassanini-ter), nonché l’art. 2, co. 2, della legge n. 295 del 1998.
[317] Legge 27 dicembre 2002, n. 289.
[318] Con riferimento a limiti di impegno precedentemente autorizzati si ricorda che:
- con la legge finanziaria per il 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488) è stato autorizzato il limite d'impegno quindicennale di 40 miliardi a decorrere dal 2001;
- con la legge finanziaria per il 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388) è stato autorizzato il limite d'impegno quindicennale di 40 miliardi a decorrere dal 2001;
- con la legge finanziaria per il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448) è stato autorizzato il limite di impegno quindicennale di 30,987 milioni di euro a decorrere dal 2004.
[319] Proroga o differimento di termini previsti da disposizioni legislative, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 dicembre 2004, n. 306.
[320] L’art. 15 della L. 265/1999 fissava al 31 dicembre 2004 la data ultima per il completamento degli interventi da effettuare nelle scuole in base alle norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori (D.Lgs. 626/1994), nonché per la sicurezza degli impianti e per la prevenzione degli incendi (L. 46/1990); tali interventi sarebbero stati realizzati sulla base di un programma, articolato in piani annuali attuativi, predisposto dai soggetti o enti competenti.
[321] Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
[322] D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, Proroga di termini,. convertito, con modificazioni dalla legge 1 marzo 2005, n. 26.
[323] “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della L. 17 maggio 1999, n. 144”.
[324]DPR 8 marzo-1999 n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[325] Più precisamente per l’esercizio 2001 dalla legge finanziaria per lo stesso anno (legge 388/2000), per gli esercizi 2002, 2003 e 2004 dalla legge finanziaria per il 2002 (legge 448/2001) e, da ultimo, per gli esercizi 2005 e 2006, dalla legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004).
Il presente disegno di legge finanziaria prevede in Tabella D un rifinanziamento, sempre per il medesimo importo, per il triennio 2007-2009.
[326] In applicazione di tale norma è stato emanato il Decreto Ministeriale 7 dicembre 1999, n. 547, Regolamento recante approvazione delle norme e avvertenze tecniche per la compilazione del libro di testo da utilizzare nella scuola dell'obbligo e criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno della scuola dell'obbligo.
[327]L’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59) prevede che il Ministro della pubblica istruzione, anche su proposta del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, del Servizio nazionale per la qualità dell'istruzione, di una o più istituzioni scolastiche, di uno o più Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamenti educativi, di una o più Regioni o enti locali, promuova, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale. Tali progetti possono riguardare gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, l'integrazione fra sistemi formativi.
[328]D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59, Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53.
[329]Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
[330]Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53.
[331]L. 17 maggio 1999, n. 144, "Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”, articolo 69 (Istruzione e formazione tecnica superiore).
[332]La Conferenza Unificata, sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, è stata istituita dal D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, che ne ha definito anche la composizione, i compiti e le modalità organizzative ed operative (articoli 8 e 9).
Essa opera in tutti casi in cui Regioni, Province, Comuni e Comunità montane sono chiamate ad esprimersi su un medesimo oggetto.
[333] Ai sensi di quest’ultimo i percorsi:
- hanno durata variabile dai due ai quattro semestri ed afferiscono ai seguenti settori: agricoltura; servizi pubblici e servizi privati di interesse sociale; industria e artigianato (manifatture, i.c.t., edilizia); commercio, turismo e trasporti;servizi assicurativi e finanziari;
- sono fondati su curricula riferiti a competenze di base, trasversali e tecnico-professionali;
- sono strutturati in moduli e unità autonomamente significative;
- sono affidati a docenti provenienti per non meno del 50% dal mondo del lavoro con una specifica esperienza professionale maturata nel settore per almeno cinque anni;
- possono non coincidere con le scansioni temporali dell'anno scolastico;
- sono riferiti alla classificazione delle professioni relative ai tecnici intermedi adottata dall'Istituto nazionale di statistica nonché al quarto livello della classificazione comunitaria delle certificazioni.
[334]Il piano predisposto da Governo è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in data 12 settembre 2003; su di esso non ha espresso tuttavia parere la Conferenza unificata Stato regioni autonomie locali.
[335]Il piano predisposto da Governo è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in data 12 settembre 2003; su di esso non ha espresso tuttavia parere la Conferenza unificata Stato regioni autonomie locali.
[336]Il piano predisposto da Governo è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in data 12 settembre 2003; su di esso non ha espresso tuttavia parere la Conferenza unificata Stato regioni autonomie locali per l’espressione del prescritto parere .
[337] Si tratta dei programmi: Comenius, per le attività di istruzione generale fino al compimento del livello di istruzione secondaria; Erasmus, per l’istruzione e la formazione avanzata a livello di istruzione superiore; Leonardo da Vinci, per tutti gli altri aspetti dell’istruzione e della formazione professionale; Grundtvig, per l’istruzione degli adulti, più un programma “trasversale”. La proposta comprende inoltre un programma Jean Monnet a sostegno di azioni connesse all’integrazione europea, di istituzioni e associazioni europee operanti nel campo dell’istruzione e della formazione.
[338]Articolo 3, commi 1 e 2, della legge finanziaria 2004 (Legge 24 dicembre 2003 n. 350).
[339] “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.
[340] Legge finanziaria 2001.
[341]D.P.R. 27 gennaio 1998, n. 25 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell'articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della L. 15 marzo 1997, n. 59).
[342]Legge 30 dicembre 2004 n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.
[343]Riordino della disciplina sul reclutamento dei professori universitari. Il provvedimento, ricalcando sostanzialmente quanto previsto dalla legge delega, disciplina l’idoneità scientifica nazionale, la cui durata è stabilita in quattro anni. Le procedure concorsuali sono bandite, entro il 30 giugno di ciascun anno, con decreto del Ministro per ciascun settore e distintamente per le fasce dei professori ordinari e associati e sono volte ad accertare il possesso della piena maturità scientifica per la fascia dei professori ordinari e della maturità scientifica per la fascia dei professori associati. E’ ribadito che l’idoneità non comporta il diritto all’accesso al ruolo dei professori universitari.
[344]Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo.
[345]Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (rapporto di lavoro) L. 15 maggio 1997 n. 127, art. 3, comma 6 (reclutamento). Norme particolari sui ricercatori sono stabilite all'articolo 15 della legge 24 giugno 1997, n. 196, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, e all'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
[346]Si ricordano tra gli altri: Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.), D.Lgs. del 4 giugno 2003, n. 127; Agenzia spaziale italiana (A.S.I.), D.Lgs. 4 giugno 2003, n. 128; Istituto nazionale di astrofisica (I.N.A.F.), D.Lgs. 4 giugno 2003, n. 138; Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA), D.Lgs. 3 settembre 2003, n. 257; Istituto nazionale di ricerca metrologica (I.N.RI.M.), D.Lgs. 21 gennaio 2004, n. 38.
[347]Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[348]D.L. 31 gennaio-2005 n. 7 (Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti) convertito con modificazioni dalla L. 31 marzo 2005, n. 43.
[349]D.P.R. 27 gennaio 1998, n. 25 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell'articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della L. 15 marzo 1997, n. 59)
[350]Sui risultati della valutazione il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca riferisce al Parlamento al termine di ciascun triennio. Dei programmi delle università si tiene conto nella ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario delle università.
[351] Per il contenimento della spesa sanitaria, che rappresenta la più importante voce di spesa per regioni e province autonome, sono previste regole specifiche, disciplinate dall’articolo 88 del disegno di legge finanziaria in esame.
[352] Il meccanismo del patto di stabilità fu esteso – con una disciplina differenziata - alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dall’art. 1, comma 4, del D.L. 347/2001 (convertito con modificazioni dalla legge405/2001). Già in quel caso la disposizione prevedeva l’obbligo di concordare con il Ministero dell’economia e delle finanze il livello delle spese correnti e dei relativi pagamenti per gli anni 2002, 2003 e 2004, senza, peraltro, fissare alcun termine per la stipula del menzionato accordo, né sanzioni in ipotesi di sua violazione. Solo successivamente, con la legge finanziaria per il 2003 (legge 289/2002) è stato introdotto un esplicito termine (il 31 marzo di ciascun anno) entro il quale addivenire alla sottoscrizione del patto. Con la medesima disposizione di legge è stato stabilito anche che, fino al raggiungimento dell’accordo, i flussi di cassa verso tali enti siano determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica stabiliti per il triennio di riferimento.
[353]Si ricorda che l’indebitamento ‘a breve’ (le anticipazioni di tesoreria e altre forme di provvista finanziaria per periodi inferiori all’anno solare) hanno una diversa disciplina nel quarto comma del citato articolo 10: «Le Regioni possono contrarre anticipazioni unicamente allo scopo di fronteggiare temporanee deficienze di cassa, per un importo non eccedente l'ammontare bimestrale delle quote dei tributi erariali ad esse spettanti. Le anticipazioni devono essere estinte nell'esercizio finanziario in cui sono contratte.»
[354]Per questa ipotesi di potere sostitutivo il primo comma di quell’articolo recita: 8. Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.
1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
[355] Si osservi che l’ente è rappresentato dal medesimo soggetto in qualità di Presidente della Regione o provincia autonoma.
[356]Il patto di stabilità per gli anni 1999 e 2000 prevedeva il contributo della finanza regionale e locale al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per quegli anni attraverso l’obiettivo primario di riduzione del disavanzo degli enti territoriali, per un importo complessivo pari ad almeno 0,1 punti percentuali del prodotto interno lordo. L’obiettivo di riduzione del disavanzo era espresso in termini aggregati con riferimento all’intero comparto degli enti territoriali (regioni a statuto ordinario e province autonome, province e comuni) ed era calcolato come correzione dei saldi rispetto all’andamento tendenziale. Soltanto le successive circolari ministeriali determinarono il risparmio atteso da ciascuna componente del comparto e le modalità tecniche con le quali l’obiettivo si sarebbe tradotto in vincoli posti alla formazione del bilancio di ciascuno degli enti tenuti alla sua osservanza.
[357] In base al principio della competenza economica, adottato dal sistema europeo dei conti (SEC95), i flussi sono registrati nel sistema dei conti allorché un valore economico è creato, trasformato o eliminato o allorché crediti e obbligazioni insorgono, sono trasformati o vengono estinti. Il criterio della competenza economica non coincide dunque né con il criterio della competenza (giuridica) né con il criterio della cassa adottati nei bilanci a livello nazionale.
[358] V. nota precedente.
[359]Si ricorda che in base alla normativa precedente, gli enti locali inadempienti alle regole del patto di stabilità interno erano soggetti alle seguenti misure:
a) divieto di effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell'ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, nell’ipotesi in cui l’ente sia risultato sempre inadempiente, obbligo di ridurre le spese per l’acquisto di beni e servizi almeno del 10%, rispetto alla corrispondente spesa effettuata nel penultimo anno precedente.
b) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
c) divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare investimenti ((con riferimento sia ad operazioni di emissione di titolo di debito, sia di mutuo, prestito o anticipazione).
Adecorrere dal 2006, inoltre, era previsto che tutti gli enti territoriali soggetti alle regole del patto di stabilità, al fine di reperire, attraverso mutui e prestiti obbligazionari, risorse per il finanziamento degli investimenti, fossero tenuti a produrre agli enti creditizi una attestazione circa il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente (comma 35, legge n. 311/2004).
[360] Per questa ipotesi di potere sostitutivo il primo comma di quell’articolo recita: 8. Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.
1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente dellaGiunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
[361]L'addizionale comunale all’IRPEFè stata istituita dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998. L’aliquota dell’addizionale è distinta in due parti, la prima delle quali è rappresentata da un’aliquota di compartecipazione, fissata annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione delle aliquote erariali di IRPEF. Tale aliquota, peraltro, non ha finora ricevuto attuazione.
La seconda parte consiste, invece, in un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. In particolare, ai sensi del richiamato articolo 1, l’ente locale poteva deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell’aliquota non poteva, in ogni caso, essere superiore allo 0,5%. La disciplina introdotta dall’articolo 7 del disegno di legge finanziaria in esame pone il limite massimo allo 0,8%.
[362]L’articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997 ha consentito alle province di istituire, a decorrere dal 1° gennaio 1999, un’imposta provinciale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico, destinata a sostituire l'imposta erariale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico (IET) e l'addizionale provinciale alla suddetta imposta (APIET).
Le tariffe, determinate con decreto ministeriale n. 435 del 1998, possono essere aumentate dalle province fino al 20%. L’IPT viene applicata in misura fissa (150,81 euro + eventuale maggiorazione provinciale) per gli atti di vendita soggetti ad IVA qualunque sia la potenza del veicolo e per gli atti di vendita relativi a veicoli con potenza inferiore a 53 Kilowatt. L’IPT viene, invece, applicata in misura proporzionale per gli atti di vendita non soggetti ad IVA (ad esempio compravendita fra privati) relativi a veicoli con potenza superiore a 53 Kilowatt (es. per autovetture e autoveicoli 3,51 euro per ogni Kw + eventuale maggiorazione provinciale).
[363] Un tentativo di riforma del sistema dei trasferimenti è stato effettuato con il D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244, in concomitanza con l’ampliamento dell’autonomia tributaria degli enti locali disposto dal D.Lgs. n. 446/1997. Tale decreto, tuttavia, non è mai divenuto operativo. La sua operatività è stata definitivamente sospesa dall’articolo 27, comma 1, della legge n. 448/2001.
Le disposizioni di delega adottate durante la XIII legislatura, con l’obiettivo di una revisione del sistema dei trasferimenti agli enti locali in funzione delle nuove esigenze di perequazione connesse all’aumento dell’autonomia impositiva e alla capacità fiscale degli enti locali realizzata nell’ultimo decennio, non hanno ricevuto attuazione.
[364] Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.
In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro per il 2004, di cui 227 milioni di euro a valere sul Fondo ordinario, 68 sul Fondo consolidato e 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo.
[365]A tal fine, le risorse che vengono considerate sono quelle costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I. parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica.
[366]La voce esposta nell’allegato 1 si riferisce all’articolo 64 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001), che prevedeva, a decorrere dal 2001, che il minor gettito ICI derivante dalla autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D fosse compensato con un corrispondente aumento dei trasferimenti erariali.
A partire dall’anno 2001, il Fondo ordinario per gli enti locali è stato pertanto incrementato di 12,9 milioni di euro.
Successivamente, si è provveduto ad integrare tale importo, attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), di 97,9 milioni di euro per il 2004 (riferito per 71,1 milioni di euro al triennio 2001-2003 e per 26,1 milioni di euro al 2004) e di 26,1 milioni di euro a decorrere dal 2005. A tale finanziamento si è aggiunta una ulteriore integrazione disposta dall’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), di 377,8 milioni di euro per il 2006 (di cui 286,9 riferito agli anni 2005 e precedenti e 90,9 relativi al 2006) e di 90,9 milioni a decorrere dal 2007.
L’importo di 452,8 milioni di euro per il 2007 e di 44,4 milioni a decorrere dal 2008, autorizzato dall’Allegato 1 del disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746), si aggiunge, pertanto, alla integrazione già disposta dalle precedenti leggi finanziarie, per compensare i minori introiti dell’ICI.
[367] La compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita per i comuni dall’articolo 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’articolo 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al D.Lgs. n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata, per entrambi gli anni, al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003).
Il medesimo articolo 31 della legge n. 289/2002 ha altresì istituito, per l’anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.
La compartecipazione comunale e provinciale all’IRPEF è stata di anno in anno confermata, per il 2004 dall'art. 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria per il 2004), per il 2005 dall’art. 1, comma 65, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria per il 2005) e per il 2006, dall’art. 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria per il 2006).
[368] D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
[369] L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
[370] e cioè, ai sensi dell’art. 77, co. 2, T.U.E.L., per “i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento”.
[371] Più precisamente, con decreto del ministro dell'interno, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, ex art. 17, co. 3, della L. 400/1988, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
[372] Il D.M. è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio. Il vigente regolamento è stato approvato con D.M. 4 aprile 2000, n. 119.
[373] Oltre all’assenza di maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, i criteri sono i seguenti:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;
c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;
d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;
e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;
f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
[374] Decreto del ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, Regolamento recante norme per la determinazione della misura dell'indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, a norma dell'articolo 23 della legge 3 agosto 1999, n. 265.
[375] L. 11 giugno 2004, n. 146, Istituzione della provincia di Monza e della Brianza; L. 11 giugno 2004, n. 147, Istituzione della provincia di Fermo; L. 11 giugno 2004, n. 148, Istituzione della provincia di Barletta-Andria-Trani.
[376] Con legge della Regione Sardegna 12 luglio 2001, n. 9 sono state inoltre istituite le province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio.
[377] Qualche anticipazione può leggersi nella sent. 36/2004.
[378] Le disposizioni regionali, precisa l’art. 24, si applicano fino all'istituzione della città metropolitana.
[379] Si tratta delle seguenti:
- pianificazione territoriale;
- reti infrastrutturali e servizi a rete;
- piani di traffico intercomunali;
- tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico;
- interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
- raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
- smaltimento dei rifiuti;
- grande distribuzione commerciale;
- attività culturali;
- funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 50, comma 7.
[380]“Norme in materia di attribuzioni e di trattamento economico del personale postelegrafonico e disposizioni per assicurare il pagamento delle pensioni INPS”.
[381]Si fa riferimento a:
- maggiorazioni sociali ex articolo 38 della L. 448 del 1998, per 112,452 mln. di euro;
- contribuzione figurativa invalidi ex articolo 80 L. 388 del 2000, per 103,013 mln. di euro;
- altri oneri pensionistici per 318,535 mln. di euro.
[382]Si fa riferimento a:
- maggiorazioni sociali ex articolo 38 della L. 448 del 1998, per 20,22 mln di euro;
- maggiorazioni sociali ex articolo 38 della L. 289 del 2002 a favore dei cittadini all’estero, per 46,532 mln di euro;
- convenzione sicurezza sociale con la Santa Sede ex L. 244 del 2003, per 20,728 mln di euro.
[383] Si ricorda che il comma 6 dell’articolo 35 della L 448 del 1998 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999) ha istituita presso l'INPS (e presso l'INPDAP) un'apposita contabilità nella quale sono evidenziati i rapporti debitori verso lo Stato da parte delle gestioni previdenziali che hanno beneficiato dei trasferimenti a carico del bilancio dello Stato.
[384]Si tratta di fondi destinati alla copertura di eventuali oneri futuri, in particolare:
- fondo di accantonamento per la copertura delle prestazioni economiche per la tubercoli ex articolo 3, comma 14, L. 448 del 1998 (65 mln di euro);
- fondo di accantonamento dei contributi dello Stato a copertura degli oneri per l’assistenza ai portatori di handicap ex articolo 80, comma 2, L. 388 del 2000 (69,52 mln di euro);
- fondo di accantonamento per la copertura degli oneri per il sostegno della maternità e paternità ex L. 53 del 2000 (20 mln di euro);
- fondo di accantonamento dei contributi dello Stato a copertura degli oneri pensionistici derivanti dalla totalizzazione dei periodi assicurativi ex articolo 71 L. 388 del 2000 (100 mln di euro);
- fondo di accantonamento per la copertura degli oneri per pensionamenti anticipati ex articolo 8 L. 451 del 1994 (58 mln di euro).
[385]Pari a circa il 25% nei primi anni di applicazione poi crescente fino ad arrivare al 35% nel 2014 e al 55% a regime.
[386]Si ricorda che l’articolo 84 in esame anticipa la decorrenza dell’entrata in vigore della riforma della disciplina della previdenza complementare di cui al D.Lgs. 252/2005 al 1° gennaio 2005.
[387] Riportato a pag. 748 dello stampato del ddl n. 1746.
[388] Tale istituto è stato introdotto dall’articolo 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241 , nel caso in cui l’amministrazione procedente ritenga opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo.
La conferenza di servizi deve essere sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.
[389] Ai sensi dell’art. 24 della Legge n. 88/1989 la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti comprende: assicurazione per la disoccupazione involontaria (DS); assicurazione per la tubercolosi (TBC): a decorrere dal 1999 la contribuzione è a carico dello Stato; fondo garanzia TFR; cassa unica per gli assegni familiari (CUAF); cassa integrazione guadagni (industria, edilizia, agricoltura); assicurazione per la malattia; assicurazione per la maternità; fondo rimpatrio per i lavoratori extracomunitari (il relativo contributo è stato soppresso a decorrere dall’anno 2000); cassa per il trattamento di richiamo alle armi; ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni.
[390]La Tabella A (che nel testo iniziale partiva dall’annualità 2006) è stata modificata dall’art. 1, comma 269, lettera b), della legge finanziaria per il 2006, conseguentemente al differimento dell’entrata in vigore della disposizione all’annualità 2008.
[391]“Legge-quadro in materia di formazione professionale”. Il contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è stato previsto dall’articolo 12 della legge n. 160 del 1975 nella misura dell’1,30 per cento della retribuzione. In seguito, a decorrere dal 1° gennaio 1979, l’articolo 25, comma 4 della legge n. 845 del 1978 ha previsto un aumento dell’aliquota di tale contributo in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni.
[392] Poiché non è possibile conoscere in anticipo l’effettiva entità dei redditi che verranno prodotti nel corso dell’anno, il versamento contributivo viene effettuato sulla base dei redditi d’impresa dichiarati nell’anno precedente. L’anno successivo verrà, poi, effettuato un versamento a conguaglio tra l’importo versato in acconto sul reddito d’impresa assunto in via provvisoria e quello da versare in base al reddito effettivamente prodotto.
[393] L'aliquota FPLD dello 0,50% prevista dall'articolo 3, penultimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (relativa all’elevazione delle aliquote contributive a carico dei datori di lavoro, per l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, ivi compresi gli addetti ai servizi domestici e familiari ed i pescatori della piccola pesca, con decorrenza dal periodo di paga in corso alla data del 1° luglio 1982 nella misura dello 0,30 per cento della retribuzione imponibile e con decorrenza dal periodo di paga in corso alla data del 1° gennaio 1983 nella misura ulteriore dello 0,20 per cento della retribuzione imponibile), compresa nell'aliquota complessiva del 32,70%, è versata dal datore di lavoro e detratta dal TFR spettante al lavoratore anziché dalla retribuzione corrente.
[394] Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica (D.M. 2 maggio 1996, n. 282, articolo 4).
[395] Si ricorda che in attuazione delle disposizioni del Titolo VI del Decreto 276 è stata emanata da parte del Ministero del lavoro la Circolare 14 ottobre 2004, n. 40, “Nuovo contratto di apprendistato”.
[396] Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
[397] Legge-quadro in materia di formazione professionale.
[398] Quest'ultimo importo - annualmente rivalutato sulla base delle variazioni dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati - costituisce il limite di imponibile sia contributivo sia pensionistico per i soggetti a cui si applica in via esclusiva il sistema di calcolo contributivo. Essi sono i lavoratori privi di anzianità contributiva alla data del 1° gennaio 1996 ovvero quelli che abbiano optato per tale sistema - secondo la disciplina di cui all'articolo 1, comma 23, della legge n. 335 del 1995 e al D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180, come modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 29 giugno 1998, n. 278.
[399] La disciplina di dettaglio è stata dettata con il D.M. 1° aprile 2004, recante Attuazione dell'articolo 3, comma 102, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 - Definizione delle modalità di applicazione del contributo di solidarietà, per il periodo 2004-2006.
[400] Si ricorda che il citato arti. 38 della legge n. 448 del 2001 ha disciplinato l'aumento della misura dei trattamenti pensionistici in favore di soggetti disagiati, a decorrere dal 1° gennaio 2002, fino al conseguimento di un reddito proprio complessivo pari a 516,46 euro mensili (un milione di lire) per tredici mensilità.
[401] Il meccanismo di rivalutazione è previsto dall'articolo 38, comma 5, lettera d), della citata legge n. 448 del 2001 e dalla relativa norma di interpretazione autentica, di cui all'articolo 39, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
[402] Tale trattamento minimo, a sua volta, è adeguato in base alle variazioni dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Poiché il trattamento minimo è di valore inferiore alla misura annua di cui al suddetto articolo 38, comma 1, ne consegue che quest'ultima si rivaluta solo parzialmente rispetto alle variazioni dell'indice ISTAT.
[403] Il citato provvedimento è stato emanato in attuazione della delega conferita dall'articolo 2, comma 23, lettera b), della legge n. 335 del 1995.
[404] Si tratta dei cosiddetti enti soppressi, messi in liquidazione, ristrutturati o fusi. Gli enti non interessati dal provvedimento richiamati sono stati successivamente soppressi o trasferiti alle regioni, ai sensi della legge n. 382 del 1975 e del D.P.R. n. 616 del 1977.
[405] Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, U.P.B. 3.1.5.1., capitolo 1711.
[406] Si ricorda che il citato articolo 38 ha disciplinato l'aumento della misura dei trattamenti pensionistici in favore di soggetti disagiati, a decorrere dal 1° gennaio 2002, fino al conseguimento di un reddito proprio complessivo pari a 516,46 euro mensili (un milione di lire) per tredici mensilità . Tale importo è annualmente rivalutato in misura pari all'incremento (in termini assoluti e non percentuali) del trattamento minimo delle pensioni del Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
[407] “Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria”.
[408] Il metodo di coordinamento aperto comporta: la definizione di obiettivi comuni; l’elaborazione di piani d’azione nazionali per l’integrazione e di relazioni sulla strategia nazionale, in cui gli Stati membri presentano i progetti politici che intendono realizzare in un periodo di tempo concordato per perseguire gli obiettivi comuni; la valutazione di questi piani e di queste strategie nell’ambito di relazioni congiunte della Commissione e del Consiglio; la collaborazione nel definire indicatori che permettano la comprensione e la valutazione reciproche.
[409] Anche chiamate “Orientamenti integrati”.
[410] Raccomandazione 2005/601/CE
[411] L’articolo 99 del Trattato istitutivo della Comunità europea prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.
[412] Decisione 2005/600/CE.
[413] A ottobre 2005 l’Italia ha presentato il programma nazionale per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (PICO).
[414] Come complemento dei programmi nazionali di riforma, a luglio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione.
[415]Si ricorda, in proposito, che l'articolo 59, comma 16, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), ha previsto uno specifico contributo, pari allo 0,5 per cento ed a carico dei predetti lavoratori, per la tutela della maternità e per gli assegni per il nucleo familiare; inoltre, l'articolo 51, comma 1, della L. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000), ha previsto, tra l'altro, l'estensione, agli iscritti alla predetta gestione, della tutela contro il rischio di malattia in caso di degenza ospedaliera, nei limiti delle risorse derivanti dal citato contributo ed in relazione al reddito individuale.
[416]L’articolo 2, comma 18, della L. 335 del 1995 ha previsto, con decorrenza 1° gennaio 1996, un limite massimo di importo relativo, appunto, sia alla base imponibile per la determinazione dei contributi sia alla retribuzione pensionabile, e cioè alla base di calcolo della pensione, stabilito in misura di 132 milioni di lire, cioè 68.172,31 euro. Sulla quota eccedente di tale importo non si applicano le aliquote contributive né, relativamente all’anzianità conseguita a decorrere dal 1° gennaio 1996, i coefficienti di rendimento pensionistico.
[417]“Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla L. 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile”.
[418]Tale articolo vieta accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, stabilendo che il controllo sulle assenza possa essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro, inoltre, ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.
[419] Così come risultante a seguito della sentenza 14-26 gennaio 1988, n. 78 della Corte Costituzionale
[420] Corte Costituzionale, sentenza n. 78 del 26 gennaio 1988).
[421]Il citato D.M. ha disposto che a decorrere dal 1° gennaio 1998, alle madri lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS, tenute al versamento della contribuzione dello 0,5 per cento di cui al richiamato articolo 59, comma 16, della L. 449 del 1997, è corrisposta un'indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi alla data stessa. Dal beneficio restano escluse le lavoratrici iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie e le pensionate. L'indennità è corrisposta alle lavoratrici in favore delle quali, nei dodici mesi precedenti i due mesi anteriori alla data del parto, risultino attribuite almeno tre mensilità della predetta contribuzione, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.