Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 130 del 20/3/2007


Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

La seduta comincia alle 11.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 16 marzo 2007.

Sul processo verbale (ore 11,03).

LUCIANO D'ULIZIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, faccio presente che nella seduta a cui si è fatto riferimento avevo chiesto la parola in ordine alla questione dei disordini che si erano verificati in quest'aula. Il Presidente mi aveva detto che sarei potuto intervenire al termine della seduta. Sono rimasto tranquillo nel mio scranno per tutta la seduta, al termine della quale però il Presidente non mi ha dato la possibilità di intervenire.
Intervengo ora intanto per rettificare quanto contenuto nel processo verbale, visto che esso non tiene conto della mia richiesta e della volontà di parlare, pure al termine della seduta. Quindi il processo verbale va rettificato.
Le chiedo poi quando potrò intervenire in relazione ai fatti gravi che si sono verificati in quest'aula e che sono del tutto riprovevoli, poiché hanno contribuito a creare un alone negativo nei confronti del Parlamento, la più alta istituzione del nostro paese. Le chiedo quindi quando potrò svolgere il mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia, si è verificato purtroppo uno spiacevole inconveniente. È vero che il Presidente l'aveva invitata a prendere la parola a fine seduta, ma al termine della stessa il Presidente Bertinotti non ha rammentato questo impegno e quindi il processo verbale riproduce esattamente quanto è accaduto. Le assicuro che al termine della seduta odierna, che presiederò io stesso, le darò la possibilità di intervenire sulle vicende cui lei ha fatto riferimento.
Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bimbi, Brugger, Capezzone, Catone, Cordoni, D'Alema, De Castro, De Simone, D'Ippolito Vitale, Fabris, Forgione, Galati, Gasparri, Gozi, Laganà, Fortugno, Leoni, Letta, Licandro, Mancini, Mazzocchi, Meta, Migliore, Oliva, Pinotti, Ranieri, Reina, Rigoni, Scajola e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.


Pag. 2

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese (A.C. 2201-A) (ore 11,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.
Ricordo che nella seduta del 15 marzo sono state accantonate tutte le proposte emendative riferite all'articolo 6 e che nella seduta del 16 marzo sono stati votati, da ultimo, gli identici emendamenti Saglia 10.97 e Campa 10.235.
Ricordo altresì che la Commissione ha presentato nella medesima seduta due ulteriori proposte emendative che saranno stampate nel prossimo fascicolo degli emendamenti.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2201-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 2), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 3).
Ricordo che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 4).
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso l'ulteriore prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 1).
Chiedo al relatore quali indicazioni intenda dare per la ripresa dei nostri lavori.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, potremmo proseguire l'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 10 del decreto-legge.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,08).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2201-A)

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'esame degli emendamenti Campa 10.239 e Saglia 10.270, per la parte ammissibile, sui quali vi è il parere contrario della Commissione e del Governo.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, decorso il termine regolamentare di preavviso, si riprenderanno i lavori con immediate votazioni o sarà possibile intervenire per dichiarazione di voto sugli emendamenti?

PRESIDENTE. Se qualcuno chiedesse di parlare, è evidente che...

TEODORO BUONTEMPO. No, Presidente, sto chiedendo, se alla ripresa dei lavori, a prescindere, si procederà con immediate votazioni o con le dichiarazioni di voto sugli emendamenti.


Pag. 3

PRESIDENTE. Se nessuno chiederà di parlare, passeremo al voto.

TEODORO BUONTEMPO. Ah, se nessuno chiede di parlare... Va bene, Presidente, lei dà sempre risposte invertite; tuttavia, è molto semplice quello che ho chiesto, no? Alla ripresa dei lavori, se un deputato chiede la parola, può parlare o si passa direttamente al voto? È sufficiente dire sì o no, o come lei ritiene, ma non invertire la risposta.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, l'importante è capirsi; mi pare che ci siamo capiti.

TEODORO BUONTEMPO. Va bene; grazie, Presidente.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,30.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Campa 10.239 e Saglia 10.270, entrambi per la parte ammissibile.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, con il mio emendamento propongo di sostituire, al comma 5-bis, primo periodo, le parole: «e, segnatamente, della capacità finanziaria» con le seguenti: «ad eccezione della capacità finanziaria che deve essere dimostrata per una sola sede». Conseguentemente, al comma 5-bis si dovrebbe aggiungere il seguente comma: «La capacità finanziaria deve essere dimostrata annualmente ma soltanto nei primi cinque di attività».
Dopo cinque anni di attività, la capacità finanziaria deve essere ritenuta solida e quindi affidabile. Pertanto, non ha senso che il titolare di più autoscuole dimostri più volte la stessa cosa. In sostanza, riteniamo importante, proprio per i motivi che abbiamo ricordato anche la settimana scorsa, che il titolare di un'agenzia di autoscuola dia determinate garanzie di professionalità, competenza e solvibilità. Mi permetto di insistere perché questo comma sia assolutamente modificato così come il nostro emendamento prescrive.
Vede, signor Presidente, anche i due giorni di interruzione ormai passati dalla prima discussione, svoltasi la settimana scorsa, su questo comma, ci hanno convinto - abbiamo parlato anche con molta gente che ha seguito il nostro dibattito - dell'errore fondamentale che questa maggioranza sta facendo introducendo non una liberalizzazione, bensì una de-professionalizzazione, con conseguenze drammatiche nei confronti di coloro che dovevano, invece, tramite la formazione presso le autoscuole competenti per la materia, essere posti nelle condizioni di acquisire determinate nozioni che avrebbero consentito loro di essere degli automobilisti modello.
Già nella discussione della settimana scorsa abbiamo verificato con quanta ansia moltissime persone seguano il nostro dibattito e siano preoccupate: c'è bisogno di una maggiore preparazione e qualificazione. Questa liberalizzazione, così come viene presentata, che liberalizzazione non è, immetterebbe nel mercato persone che non hanno alcuna competenza, alcuna solvibilità e che non offrono garanzie nei confronti dei cittadini utenti ed automobilisti.
Signor Presidente, chiedo con forza alla maggioranza di cercare di modificare, almeno in parte, tutti questi articoli per tendere quanto meno ad una semplificazione, ma anche ad offrire una certificazione, una garanzia ai cittadini.
Non c'è ombra di dubbio che siamo tutti interessati alle liberalizzazioni, a far sì che lo Stato sia meno invadente, che vi sia meno burocrazia ma, quando si tratta


Pag. 4

della sicurezza dei cittadini, dobbiamo essere certi che queste liberalizzazioni vadano nella direzione giusta.
Gli emendamenti da me proposti - peraltro non capisco perché ammessi solo in parte - tendono a dare maggiore certezza al cittadino, al contribuente e all'utente della strada che oggi - lo vediamo tutti - è sottoposto ad una serie di situazioni di grave disagio: molto spesso, troppi utenti non rispettano il codice della strada non avendo ricevuto un'adeguata preparazione.
Presidente, vedo che mi fa segno che il tempo è scaduto. Mi appello alla maggioranza affinché questo emendamento possa essere accolto, posto che offre un segnale nella direzione che ho illustrato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, dobbiamo ringraziare i colleghi che hanno presentato gli emendamenti in esame, che sono assolutamente ispirati a buonsenso. Con essi si propone che il possesso del requisito della capacità finanziaria debba essere dimostrato annualmente soltanto nei primi cinque anni di attività. In altre parole, dopo che ha dimostrato per ben cinque anni di possedere una capacità finanziaria adeguata al compito che deve svolgere, l'azienda deve soltanto badare ai conti di esercizio ed alla correttezza della gestione. È alquanto strano ciò che si dispone: da un lato, si abbassa la guardia e si eliminano i controlli relativi alla fase di apertura delle autoscuole; dall'altro, si vorrebbe che le aziende in parola dimostrassero ogni anno la loro solidità finanziaria, senza limiti di tempo!
Al riguardo, ritengo che la maggioranza abbia compiuto un grande errore. In un primo tempo, i cittadini hanno anche creduto che si trattasse di provvedimenti tendenti a semplificare il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, tra imprese e pubblica amministrazione; adesso, grazie a questo dibattito, che mi auguro continui con intensità, i cittadini stanno cominciando a capire che non è come sembrava.
Ricordo che ha avuto inizio ieri, e che proseguirà nei prossimi giorni, qui alla Camera, la discussione della mozione con la quale il collega Giovanardi ha posto il Parlamento di fronte alle responsabilità che ad esso competono in merito alle cosiddette «stragi del sabato sera», spesso dovute ad imperizia ed a scarsa professionalità dei guidatori. Ebbene, a fronte di tale fenomeno, noi stabiliamo che coloro i quali sono preposti alla preparazione dei soggetti che chiedono il rilascio della patente di guida possano svolgere la relativa attività imprenditoriale senza che sia garantito il possesso della capacità professionale e dell'esperienza necessarie: richiedere la sola «dichiarazione», e non anche l'autorizzazione, significa che chiunque può improvvisarsi esercente di autoscuola!
L'autorizzazione può essere concessa in tempi brevi od in tempi lunghi: dobbiamo certamente ridurre il tempo necessario per concedere l'autorizzazione; dobbiamo dare al cittadino la certezza del diritto, affinché nessuno risponda alle sue richieste con quel «dipende...» che viene spesso usato dalla cattiva politica (quando si vuole fare intendere che l'autorizzazione non sarà rilasciata se non sono «aiutati» gli ingranaggi...). Tuttavia, a noi sembra che cancellare le autorizzazioni non significhi liberalizzare: si tratta semplicemente di un irresponsabile comportamento della politica, la quale vuole cancellare norme di sicurezza che danno certezza al cittadino: quando si rivolge ad un esercizio privato che, per esercitare l'attività, deve munirsi di un'autorizzazione, il cittadino si sente garantito, tutelato; se si consente di aprire un'autoscuola senza autorizzazione, quali garanzie ha il cittadino? Come fa questi a sapere che la patente non si prende soltanto per collusione tra esaminandi ed esaminatori, ma perché è stata dimostrata una grande capacità professionale, perché l'autoscuola, prima di essere autorizzata, è stata vagliata dalle autorità preposte, che ne hanno constatato l'efficienza e la capacità professionale? Per questo motivo...


Pag. 5


Per questo motivo, noi esprimeremo voto favorevole sugli identici emendamenti Campa 10.239 e Saglia 10.270, invitando ancora una volta la maggioranza ad una riflessione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, anch'io intendo sottoscrivere questi emendamenti, che sono frutto del buon senso e ispirati dalla volontà dei presentatori di creare un sistema nel quale la serietà sia alla base di tutto. L'Unione europea in materia di liberalizzazioni introduce alcuni principi fondamentali, che sono la capacità professionale, l'onorabilità e la capacità finanziaria. Questi sono requisiti essenziali che devono essere mantenuti nel tempo. Mi pare che con questi emendamenti addirittura si proponga che il periodo di tempo debba essere di cinque anni e che il requisito debba essere dimostrato una volta all'anno. Ritengo che questi elementi possano indurre l'obbligo, per gli operatori che esercitano un'attività di grande rilevanza e incidente sulla sicurezza dei cittadini, di dare risposte significative e di dimostrare serietà, anche dal punto vista della capacità finanziaria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, gli identici emendamenti in esame sono costituiti di una parte che ci convince e di un'altra parte che, invece, non ci convince; perciò, esprimeremo su di essi voto contrario. La parte che riteniamo convincente è la seconda, laddove si propone che la capacità finanziaria debba essere dimostrata, annualmente, solo per i primi cinque anni di attività. In altri termini, per i primi cinque anni, la capacità finanziaria deve essere dimostrata ogni anno, dopodiché si dà per assodata. Questo è giusto e positivo. Non si può intervenire sempre e appesantire le procedure, dal momento che di burocrazia, in Italia, ve n'è fin troppa. Perciò, questo è un elemento positivo.
La prima parte di questi emendamenti, però, non ci convince, laddove si propone che la capacità finanziaria debba essere dimostrata per una sola sede. Ciò potrebbe portare ad alcune distorsioni. Ad esempio, nel caso di società in forma diffusa, la mancanza di controllo di ogni singola sede potrebbe condurre al rischio di consentire l'apertura di sedi distaccate non perfettamente efficienti e incapaci, quindi, di fornire un adeguato servizio di preparazione. Riteniamo, pertanto, che per questa via si giunga, non a liberalizzare, ma a deregolamentare un settore molto delicato. Sappiamo tutti quali difficoltà ci siano in questo settore per ottenere un servizio di qualità e sappiamo quanto importante sia la stessa qualità del servizio. Riteniamo che, per questa via, si vada nella direzione opposta. Per questo motivo, pur condividendone la seconda parte, esprimeremo voto contrario sugli identici emendamenti in esame.

CESARE CAMPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Lei è già intervenuto, onorevole Campa. A che titolo chiede di parlare?

CESARE CAMPA. Signor Presidente, dal momento che la Presidenza ha ammesso soltanto una parte del mio emendamento, forse ha ragione il collega nell'affermare che, in questo modo, si può prestare a una dubbia interpretazione. Per questa ragione, intendo ritirarlo. Il principio è che, mantenendo fermo l'obbligo di dimostrare la sua capacità finanziaria, una autoscuola, dopo cinque anni, potrebbe aprire anche altre sedi. Dal momento che la Presidenza ha cassato una parte dell'emendamento, quest'ultimo potrebbe male interpretarsi. Perciò, ne annuncio il ritiro.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'emendamento Campa 10.239 è stato ritirato, mentre resta in votazione l'identico emendamento Saglia 10.270.


Pag. 6

STEFANO SAGLIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, condivido la scelta dell'onorevole Campa ed annuncio il ritiro anche del mio emendamento.

PRESIDENTE. Prendo atto, dunque, che gli identici emendamenti Campa 10.239 e Saglia 10.270 sono stati entrambi ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Saglia 10.260.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, se nel primo caso vi era un dubbio, quel dubbio ora non c'è più. Infatti, con questo emendamento rimane in vita proprio la parte che non ci convince e lo ribadiamo per spiegare il concetto.
La capacità finanziaria di un'autoscuola non è data solo dalla capacità di stare in piedi dal punto di vista economico, ma anche da quella di garantire corsi di formazione, strumentazione idonea, mezzi e quant'altro per offrire un buon servizio.
Ci stupisce - in realtà fino ad un certo punto - il fatto che la Commissione abbia espresso parere favorevole rispetto a questo emendamento. Si tratta di un punto chiave. Non possiamo semplificare a tal punto un servizio così delicato, causando una sottovalutazione dei requisiti indispensabili per rendere un buon servizio.
Come avremo modo di vedere anche negli emendamenti successivi, i requisiti fondamentali sono sicuramente la formazione, la capacità dal punto di vista professionale di rendere un buon servizio, ma anche gli aspetti economici e finanziari, che costituiscono il presupposto per un servizio di qualità.
Perciò, non condividiamo il fatto che si preveda di esercitare il controllo per un'unica sede e non per le sedi distaccate, perché in questo modo si potrebbe ipotizzare la nascita di società-fantasma, laddove ci sia una sede ben organizzata e ben fatta, che farebbe da prestanome per tutto il gruppo, mentre nelle sedi distaccate potremmo avere un servizio di basso profilo (quattro mura e una macchina).
Noi non condividiamo questo sistema: vogliamo con forza che il settore venga semplificato sotto l'aspetto delle troppe regole previste per il mercato e per consentire l'avvio di nuovi servizi, ma senza arrivare ad una deregolamentazione totale; intendiamo evitare che la gente vada in giro - già ne abbiamo troppa! - senza adeguate capacità, causando rischi sociali elevati. Purtroppo, sappiamo cosa succede sulle nostre strade tutti i giorni.
Per questo motivo, secondo noi questo emendamento è assolutamente non opportuno e ci auguriamo che venga ritirato. In ogni caso, la Lega Nord esprimerà un voto contrario sull'emendamento 10.260 per i motivi che ho descritto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo per riprendere il discorso avviato in precedenza. Prima ho ritirato il mio emendamento 10.239, il cui significato si capiva perfettamente nella formulazione originale: è giusta la liberalizzazione e queste autoscuole devono dimostrare la capacità, anche finanziaria, ma un'azienda che sia sul mercato da cinque anni potrebbe anche non dover dimostrare la sua capacità finanziaria e serietà per l'apertura di una seconda autoscuola. Per la verità, la formulazione così come risulta dall'ammissibilità parziale del mio emendamento, solleva dei dubbi, che il mio collega della Lega giustamente mi ha fatto notare, ed io, per evitare fraintendimenti, ho ritenuto di ritirare il mio emendamento.
L'emendamento Saglia 10.260, però, intende introdurre il principio secondo cui la capacità finanziaria deve essere dimostrata per una sola sede, indipendentemente


Pag. 7

dagli anni di esercizio. Quindi, si potrebbe aprire un'autoscuola oggi, dimostrando la capacità finanziaria, e poi aprirne altre cinque o sei nello stesso anno. Non mi sembra che questo sia un elemento di garanzia e, comunque, non era quello che intendevo dire con il mio emendamento 10.239, che ho ritirato proprio perché ritenevo utile ed opportuno garantire di più il cittadino consumatore, il cittadino automobilista.
Dunque, chiedo al collega Saglia di verificare il suo emendamento, su cui mi esprimo in maniera fortemente contraria. Mi stupisco che la Commissione abbia espresso un parere favorevole rispetto a questo emendamento, quando coerentemente avrebbe dovuto farlo anche rispetto al mio emendamento 10.239. Altrimenti non si riesce a capire con che logica noi andiamo avanti!
Mi appello quindi al relatore, persona molto saggia che ha fatto un buonissimo lavoro e che voglio anche oggi ringraziare, in apertura di seduta, insieme a tutti i componenti del Comitato dei nove, per prima la nostra bravissima collega. Credo infatti che sia sfuggito un po' a tutti il senso di questo emendamento. Se dunque fosse giusta l'interpretazione, che prima tutti noi abbiamo dato, compresi il Comitato dei nove, il relatore ed il Governo, dell'emendamento 10.239 a mia prima firma, dichiarandolo parzialmente ammissibile ma con parere contrario nel risultato finale, cioè anche nella parte ammissibile, allora non si riesce a capire perché il parere è invece favorevole sull'emendamento 10.260, ora in esame, visto che in qualche misura deregolamenta e non dà certezze, immettendo sul mercato soggetti che non hanno concretamente dimostrato una capacità operativa che invece potrebbero dimostrare e che certamente dopo cinque anni, dopo averla dimostrata, possono anche riaprire.
Dunque chiedo a lei, Presidente, ed anche al relatore di accantonare l'emendamento 10.260 per chiarire questo equivoco. Torno a ripetere che per me è incomprensibile che il parere della Commissione e del Governo sia contrario sul mio emendamento 10.239, mentre è favorevole sull'emendamento 10.260 in esame. Dico questo anche ringraziando il collega della Lega, il quale ha introdotto un argomento importante, al fine di migliorare questo provvedimento, soprattutto nelle parti dove si concretizzano le garanzie che dobbiamo dare ai nostri cittadini.
Ricordo che oggi è martedì ed è sotto gli occhi di tutti quanto il sabato sera sia un momento del tutto particolare e nero. Non vorrei che, essendo martedì, ci fossimo già dimenticati della giornata del sabato!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Noto che su questa vicenda sta emergendo un fatto preoccupante, sul quale voglio richiamare l'attenzione del relatore. Si vuole introdurre una liberalizzazione, diminuendo i vincoli, per una realtà che è, come dicevo prima, estremamente significativa. Prima mi ero espresso a favore dell'emendamento del collega Campa, il 10.239, proprio perché esso almeno prevedeva nel tempo un elemento di valutazione.
Nutro forti perplessità sul fatto che si possano aprire più sedi senza dover dimostrare il requisito. In altri settori importanti e delicati, come quelli del trasporto delle persone o delle merci, il requisito deve essere addirittura provato ogni anno; inoltre, da parte dei comitati competenti presso il Ministero dei trasporti vi è la possibilità di intervenire per verificare se questo requisito permanga. Dunque l'apertura indiscriminata di più sedi non ha senso e quindi anch'io non sono favorevole sull'emendamento 10.260 in oggetto.

PRESIDENTE. Avverto che il relatore mi ha già manifestato l'intenzione di non accogliere la proposta di accantonamento, avanzata dall'onorevole Campa.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento


Pag. 8

Saglia 10.260, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 383
Votanti 370
Astenuti 13
Maggioranza 186
Hanno votato
284
Hanno votato
no 86).

Prendo atto che il deputato Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che ne avrebbe voluto esprimere uno favorevole.
Prendo atto altresì che il deputato Marinello non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che ne avrebbe voluto esprimere uno contrario.
Passiamo all'emendamento Raisi 10.81.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro e che insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Raisi 10.81, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 396
Votanti 395
Astenuti 1
Maggioranza 198
Hanno votato
162
Hanno votato
no 233).

Passiamo all'emendamento Raisi 10.83.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro e che insistono per la votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Vorrei chiedere al collega Raisi se ci illustra l'emendamento, perché non avendo sotto occhio il testo del provvedimento non riusciamo onestamente a capirne il senso. Chiedo quindi di avere, se possibile, una delucidazione su questa proposta emendativa.

PRESIDENTE. Ovviamente, non è necessario che il suo invito venga accolto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Raisi 10.83, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 395
Votanti 376
Astenuti 19
Maggioranza 189
Hanno votato
145
Hanno votato
no 231).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Raisi 10.82.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Raisi 10.82, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


Pag. 9


Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 383
Votanti 382
Astenuti 1
Maggioranza 192
Hanno votato
158
Hanno votato
no 224).

Prendo atto che i deputati Rocco Pignataro e Cacciari non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario. Prendo, altresì, atto che il deputato Tenaglia non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Raisi 10.85.
Prendo atto che i presentatori non accedano all'invito al ritiro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, l'emendamento in esame risulta del seguente tenore: «5-bis.1. Al comma 5, primo periodo, dell'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, le parole: «insegnante di teoria o istruttore di guida» sono sostituite dalle seguenti: «direttore didattico con comprovata esperienza».
Ci interessa introdurre il riferimento ad una comprovata esperienza, perché, altrimenti, torniamo al punto di partenza. Il servizio reso ai cittadini deve essere di eccellenza e deve essere, pertanto, svolto da persone che hanno esperienza. Siamo favorevoli certamente alla liberalizzazione, ma non acconsentiremo mai che i cittadini vengano istruiti da personale che non abbia una comprovata esperienza.
Richiamo l'attenzione su questo emendamento che non fa altro che ribadire una cosa che dovrebbe essere ovvia: il direttore didattico, l'insegnante di teoria o l'istruttore di guida devono avere una comprovata esperienza. Non si tratta di avere un pensionato over cinquanta, a favore del quale dovremmo certamente intervenire. Spero che in Commissione lavoro si avvii l'esame di provvedimenti che si pongono a favore delle persone che vengono espulse dal mercato del lavoro, prevedendo la possibilità di rientrarvi. Tuttavia, non è certo con questo meccanismo che garantiremo una stabile occupazione a quelle persone che sono state espulse dal mercato del lavoro, facendole rientrare con il ruolo di istruttori di guida, perché hanno, magari, guidato la macchina nei tre anni precedenti. Quindi, pur apprezzando il sistema delle liberalizzazioni, vorrei che si prestasse attenzione al servizio che viene offerto al cittadino.
Il cittadino deve avere la certezza di fruire, rivolgendosi ad una certa autoscuola autorizzata, legalizzata e operante nel mercato, di un servizio di qualità e la qualità viene garantita solo da una comprovata esperienza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, anch'io vorrei svolgere un'osservazione su tale aspetto. Non vi è dubbio che il requisito della comprovata esperienza sia un elemento fondamentale. Non credo che l'intento del ministro proponente, nella «lenzuolata» di liberalizzazioni, sia quello di creare un sistema senza regole, in cui viga quella del più forte o del far west. È altrettanto vero che non possiamo varare una norma per la quale oves, boves et universa pecora possono praticare una attività così importante e così delicata per la sicurezza dei cittadini.
Pertanto, non vi è dubbio che la comprovata esperienza debba essere prevista ma anche verificata, come ricordava l'altro giorno il collega La Loggia. Bisogna prevedere un soggetto che verifichi che la comprovata esperienza sussista nel tempo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, la situazione mi sembra un po' contraddittoria: si presenta un provvedimento di legge che si propone l'obiettivo di tutelare il


Pag. 10

consumatore, ma non si presta la dovuta attenzione agli emendamenti che vanno in questa direzione.
Tra l'altro, in questi giorni è in corso un dibattito abbastanza pesante sui giornali e sui mass media sui tragici incidenti che si verificano il sabato sera per l'incapacità dei giovani di condurre le autovetture o per la facilità con cui si concedono le patenti. Occorre, pertanto, un riflessione più generale su tale problematica. Peraltro, credo che tra breve verrà esaminato un provvedimento proprio sul rilascio delle patenti.
Ritengo che, nel momento in cui si vanno ad offrire maggiori servizi attraverso un processo di liberalizzazione delle autoscuole, vada al contempo tutelato il consumatore garantendo che chiunque vada ad insegnare in quelle scuole sia comunque controllato da un direttore didattico con comprovata esperienza. Questa è una garanzia che si deve offrire al consumatore.
Trovo sinceramente strana l'avversione rispetto a questo emendamento, in quanto esso è coerente con l'impianto generale del provvedimento e non aggiunge niente altro che una salvaguardia nei confronti dell'utente finale. Penso che, con un certo buon senso, questo emendamento dovrebbe trovare l'accordo di tutti. Nel ribadire la mia buona fede nel voler mantenere l'emendamento auspico che da parte del relatore e della maggioranza vi sia un'attenzione al riguardo.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, ribadisco l'invito al ritiro dell'emendamento Raisi 10.85, anche perché vi è un parere favorevole sugli identici emendamenti La Loggia 10.151 e Greco 10.230 presentati dall'opposizione, con i quali, a mio parere, viene risolta meglio la questione relativa alla formazione degli istruttori e dato mandato al Ministero dei trasporti di stabilire entro novanta giorni, magari con un confronto con le associazioni di categoria, se sia più o meno giusto prevedere la figura del direttore didattico.

PRESIDENTE. Onorevole Raisi, forse lei non ha sentito e pertanto le ripeto l'invito. Il relatore insiste nell'invito al ritiro non perché non condivida il contenuto dell'emendamento, ma perché sostiene che vi sono più avanti altri due emendamenti, sempre dell'opposizione, che affrontano la stessa materia in termini a suo avviso più organici. Si tratta degli identici emendamenti La Loggia 10.151 e Greco 10.230. Alla luce di questa nuova argomentazione, le chiedo se intenda accedere all'invito al ritiro del suo emendamento 10. 85 formulato dal relatore.

ENZO RAISI. Presidente, proprio per far vedere che il nostro è un emendamento di buon senso, accedo all'invito del relatore.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Giudice 10. 141 non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo pertanto alla votazione dell'emendamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Presidente, questo emendamento riprende un aspetto già affrontato dall'emendamento Raisi 10. 85; esso è infatti volto a sostituire le parole: «o istruttore di guida» con le parole «e istruttore di guida con almeno un'esperienza quinquennale maturata negli ultimi otto anni».
È questo un aspetto importante nel momento in cui le autoscuole e quindi gli istruttori di guida cercano di trasmettere le proprie competenze a chi vuole ottenere la patente per poter guidare con le dovute capacità. Chi insegna deve avere una determinata esperienza e l'emendamento punta a stabilire che l'istruttore di guida deve avere un'esperienza quinquennale maturata negli ultimi otto anni, quindi anche spezzettata in diversi periodi.


Pag. 11


L'altra parte dell'emendamento parla invece dell'esercizio abusivo dell'attività di autoscuola, volta appunto all'istruzione e alla formazione dei conducenti. L'emendamento stabilisce che «l'istruzione o la formazione dei conducenti impartita al di fuori di quanto disciplinato dal presente articolo costituisce esercizio abusivo». Sono quindi previste sanzioni amministrative e penali per chi non esercita questa attività di istruzione o formazione secondo la disciplina dettata dall'articolo in esame. Ciò come deterrente perché l'esercizio di tale attività non sia svolto da chi vorrebbe farlo in maniera poco chiara e non regolamentata e, pertanto, anche in maniera poco seria nei riguardi di coloro che devono imparare a guidare le automobili.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere quanto appena detto dal collega che mi ha preceduto. Gli onorevoli Giudice e Fallica pongono, giustamente, l'attenzione su una questione (come è stato detto anche dal relatore in precedenza) che è stata risolta, e quindi una parte dell'emendamento in esame è stata già accolta.
Però, la parte relativa all'abusivismo non è ininfluente ed è particolare che sia trascurata proprio da questo Governo, che molto si è impegnato a parlare contro il lavoro nero, il lavoro non regolamentato e precario, che giudica in modo negativo; un giudizio su cui concordiamo, al punto da richiedere di votare a favore dell'emendamento in esame, che prevede che «chiunque esercita o concorre ad esercitare abusivamente l'attività di autoscuola è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10.000 a euro 15.000. Si applica inoltre la pena di cui all'articolo 348 del codice penale, nonché, in caso di possesso di idoneità tecnica, il disposto del comma 9-bis».
Ho appena letto quanto previsto nell'emendamento 10.141 dei colleghi Giudice e Fallica, i quali, non facendo grandi proclami contro il lavoro abusivo e contro il lavoro nero, come fa la sinistra, si adoperano però concretamente, quando svolgono la propria parte di legislatori, inserendo nel testo della norma il contrasto all'abusivismo. L'abusivismo va contrastato non a parole ma con atti concreti, sia l'abusivismo commerciale, sia l'abusivismo degli artigiani, un abusivismo che crea un danno, in primo luogo, a tutti i lavoratori del comparto del lavoro autonomo, che risentono profondamente di questa situazione di concorrenza sleale. Siamo i primi ad essere contro il lavoro nero e contro l'abusivismo, e lo siamo non tanto perché lo diciamo nei nostri programmi elettorali, per poi magari dimenticarcene, ma perché, ogni giorno, costantemente, con il nostro paziente lavoro di parlamentari introduciamo tali concetti anche con dispositivi di legge.
Il valore dell'emendamento in esame presentato dai colleghi Giudice e Fallica di Forza Italia, che voglio veramente ringraziare, sta nel rappresentare un lavoro certosino, minuto, nascosto forse, ma che ribadisce un concetto fondamentale, cioè la volontà da parte del Parlamento italiano (vedremo se l'emendamento sarà approvato) di contrastare il lavoro nero e l'abusivismo, quel fenomeno che, nel caso specifico del lavoro autonomo, è la prima concorrenza sleale nei confronti di soggetti, attività e aziende che sono chiamati a reggere l'economia del nostro paese e che molto spesso non sono valorizzati, anzi sono contrastati da molti elementi che dovremmo modificare con le liberalizzazioni e che, invece, non modifichiamo.
È arrivato il momento, approvando l'emendamento Giudice 10.141, di passare dalle parole ai fatti e dimostrare concretamente che siamo contro l'abusivismo e a favore delle imprese che esercitano correttamente la propria attività.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, intervengo per ricordare che, per


Pag. 12

quanto riguarda il contrasto all'abusivismo, il relatore ha espresso parere favorevole sugli identici emendamenti Giudice 10.149 e D'Agrò 10.231, purché siano lievemente riformulati. Vorrei evitare che, nella giustissima lotta all'abusivismo, andassimo a penalizzare quel padre o quella madre che forniscono un aiuto in termini di esperienza al figlio o alla figlia.

PRESIDENTE. Onorevole Giudice, alla luce di questa osservazione del relatore, che ha espresso parere favorevole sui successivi identici emendamenti Giudice 10.149 e D'Agrò 10.231, le chiedo se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 10.141 formulato dal relatore.

GASPARE GIUDICE. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo dunque atto che l'onorevole Giudice ritira il suo emendamento 10.141.

MASSIMO GARAVAGLIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. L'emendamento è stato ritirato; le darò la parola sul successivo emendamento, onorevole Garavaglia.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Giudice 10.143.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire per rispondere all'osservazione del relatore sul fatto che ci possa essere un'assimilazione del fenomeno dell'abusivismo in relazione alla scuola-guida impartita dal padre o dal nonno che insegnano al figlio o al nipote a guidare l'automobile. Non è proprio questa la questione: l'esercizio abusivo è ben altra cosa, non paragonabile al fatto di insegnare a guidare con il cartello con la «P» dietro l'automobile. È evidente che si tratta di una fattispecie completamente differente. In questo caso, il problema è di evitare che ci siano delle distorsioni e dei fenomeni di abusivismo reale. Già prima è passato un emendamento che non condividiamo che assegna il requisito fondamentale della capacità finanziaria soltanto alla sede principale. Ciò consente l'apertura di sedi, per così dire, fantasma. Per questa via, dunque, già si favorisce una deregolamentazione eccessiva.
Inoltre, l'abusivismo va visto nei due aspetti: non solo sotto l'aspetto contributivo del lavoro nero, senz'altro importante e sanzionabile, ma con riferimento a questo settore molto delicato anche - e soprattutto - sotto l'aspetto della mancanza dei requisiti minimi di servizio, e quindi di qualità del servizio erogato. Chi esercita abusivamente questo tipo di servizio, pertanto, non solo non paga i contributi ed evade le tasse ma, soprattutto, si sottrae a tutta una serie di controlli necessari che sono presenti in un settore molto delicato quale quello considerato. Per questo motivo, il fatto che vi sia una sanzione - sebbene bassa sotto l'aspetto economico - è comunque importante, perché fa passare il messaggio che in questo settore non si scherza.
Riteniamo che questo emendamento debba essere senza dubbio accolto per questi aspetti, cioè non solo per il contrasto al fenomeno del lavoro nero, che dovrebbe vederci sempre e tutti d'accordo non solo a parole, ma anche nei fatti, ma anche per garantire in ogni caso i requisiti minimi che assicurano la qualità del servizio erogato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Presidente, il collega Giudice si è visto in parte accogliere una parte del suo emendamento 10.141 e lo ha ritirato. A mio parere ha fatto bene, perché ha dimostrato che, da parte di Forza Italia, non c'è certamente la volontà di rallentare i lavori. Tuttavia per quanto riguarda il successivo emendamento Giudice 10.143, che riprende in parte ciò che era previsto nell'emendamento Giudice 10.141 e anticipa una parte dell'emendamento sul quale il relatore ha espresso


Pag. 13

parere favorevole, credo sia opportuno metterlo ai voti. Infatti, l'emendamento Giudice 10.143 ha un suo valore, anche perché per una parte di esso il relatore ha già dato parere favorevole. Inoltre, vi è tutta la parte delle sanzioni che non viene ben precisata, così come invece è disciplinata dallo stesso emendamento 10.143 dei colleghi Giudice e Fallica, che ho prima ringraziato e voglio ringraziare anche adesso. Quest'ultimo emendamento non solo dispone riguardo alla lotta all'abusivismo, ma impone anche delle sanzioni. Mi sembra che la preoccupazione del relatore, da buon padre famiglia, sia giusta e legittima.
Tutti siamo padri di famiglia, benchè io però non abbia avuto la fortuna di dare lezioni di guida ai miei figli. Non so se il relatore nelle sue molteplici attività lo abbia fatto (ed è bravo se l'ha fatto), però in questo caso non si tratta di penalizzare i padri o le madri di famiglia, bensì coloro che esercitano abusivamente. Si potrebbe anche essere padri di famiglia e, proprio perché si «tiene famiglia», portare avanti la professione abusiva di istruttore. Quindi, non si tratta di «salvare» il padre di famiglia per il solo fatto che siamo tutti a favore della famiglia: non è in questo modo, infatti, che tale concetto deve essere interpretato! Tutti siamo padri di famiglia, tuttavia tutti noi, se intendiamo esercitare una attività, dobbiamo essere competenti. Se il padre di famiglia in questione non possiede tale competenza, magari non potrà insegnare al figlio come guidare un'automobile, ma potrebbe indicargli, ad esempio, gli atteggiamenti scorretti da non assumere ed iscriverlo ad un'autoscuola.
A tale riguardo, segnalo che, in base ad un'indagine statistica, risulta che le autoscuole lavorano a ranghi veramente ridotti, poiché la presenza media ai corsi di guida tenuti dalle nostre autoscuole è pari a dieci persone, mentre dovrebbero essere circa trenta gli allievi.
Sono convinto, quindi, che sarà opportuno non solo dichiarare di voler contrastare l'abusivismo in tale settore, ma anche votare a favore dell'emendamento Giudice 10.143, o quantomeno accantonarne l'esame per «accorparlo» all'altra proposta emendativa precedentemente citata. In tal modo, infatti, si farà sì che l'unico emendamento mirante a contrastare il fenomeno dell'abusivismo tratti tale questione nella maniera più completa, tenendo conto di tutti i profili esistenti, introducendo, altresì, le sanzioni più opportune.
A mio avviso, infatti, è giusto predicare bene, tuttavia bisogna stabilire anche le sanzioni, poiché, in assenza di queste, la predica non servirà assolutamente a nulla. Lo dico sempre anche al mio parroco, la domenica, quando fa le prediche: infatti, Presidente Castagnetti, talvolta le prediche sembrano rivolte più ad altre persone che non a quelle presenti!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, desidero innanzitutto apporre la mia firma all'emendamento Giudice 10.143, il cui scopo è abbastanza simile a quello perseguito dalle precedenti proposte emendative, comprese quelle accantonate. Nel prosieguo dell'esame del provvedimento, infatti, tratteremo emendamenti molto simili.
Signor Presidente, come accennavo poc'anzi ad un collega, osservo che stiamo affrontando il problema dell'esercizio abusivo dell'attività di autoscuola, prevedendo che chi eserciti tale attività debba soddisfare una serie di requisiti. Noi riteniamo addirittura che quelli previsti dal testo in esame siano assolutamente insufficienti.
A nostro avviso, il possesso dei requisiti minimi richiesti deve essere controllato e, in caso di accertamento, occorre irrogare una sanzione di carattere non penale, ma amministrativo. Infatti, chiunque deve sapere - anche per lanciare un segnale ai cittadini - che si tratta di un'attività particolarmente delicata e che chi esercita la funzione pubblica vi ha prestato un'attenzione particolarmente alta, al punto da prevedere la comminazione di una sanzione


Pag. 14

qualora le regole non vengano rispettate.
La sanzione, quindi, diventa anche uno degli elementi che deve essere valutato da parte del cittadino, il quale, qualora intendesse esercitare una qualsiasi attività per la quale occorra una licenza o una autorizzazione, deve sentirsi garantito anche se egli dovesse essere privo di informazioni adeguate o non dovesse avere la conoscenza completa di quanto è stato realizzato precedentemente. Infatti, se è stata concessa una autorizzazione, dovrà automaticamente risultare che sono state seguite le regole e che sono stati effettuati i necessari controlli; qualora così non fosse, allora, in caso di accertamento, verrà irrogata una sanzione amministrativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, ritengo importante ribadire la richiesta, avanzata dal collega Campa, di accantonare l'esame dell'emendamento Giudice 10.143.
Stiamo infatti parlando di un argomento di grande importanza, la verifica dei requisiti della professionalità e della capacità, per evitare che soggetti abusivi possano operare, prevedendo dunque delle sanzioni in caso di non rispetto delle regole. Inoltre, e guarda caso, l'emendamento presentato dal collega Giudice prevede anche l'introduzione di un altro elemento, e cioè il riconoscimento di un'esperienza quinquennale maturata negli ultimi otto anni: ciò significa che non è possibile consentire a chi, magari trent'anni prima, ha esercitato per un certo periodo l'attività di istruttore di riprendere improvvisamente un'attività così delicata, a distanza di anni (cosa che invece non è stata prevista per le guide turistiche, per le quali sono richiesti due anni di attività svolti negli ultimi cinque anni).
È questo il motivo per il quale ritengo che la questione vada valutata nel suo insieme e invito pertanto il relatore a prendere in considerazione la richiesta avanzata dal collega Campa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giudice 10.143, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 405
Votanti 377
Astenuti 28
Maggioranza 189
Hanno votato
140
Hanno votato
no 237).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto che i deputati Astore e Razzi non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento La Loggia 10.213.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Presidente, prendo la parola, anche a nome del collega La Loggia, che in precedenza aveva evidenziato una curiosa posizione che sta emergendo nel dibattito in corso.
Come accennavo poc'anzi, quando abbiamo affrontato il tema delle guide turistiche, abbiamo evidenziato la necessità che chi svolge quel tipo di attività debba avere esercitato per almeno due anni negli ultimi cinque anni l'attività appunto di guida turistica. Chiunque si trovi in questa condizione potrà evitare di passare attraverso le disposizioni che prevedono la verifica della capacità professionale per l'esercizio dell'attività e quindi potrà tranquillamente dare assistenza e accompagnare in giro per l'Italia i numerosi turisti che giungono nel nostro paese, illustrando


Pag. 15

loro tutti gli aspetti culturali italiani legati alla cucina, ai monumenti, alla storia e così via. Si tratta sicuramente di un aspetto fondamentale e importante e sappiamo quanto il turismo sia determinante per l'economia del nostro paese.
Ebbene, nel provvedimento all'esame si parla anche di sicurezza ma non viene previsto, guarda caso, lo stesso principio. Come è possibile non introdurre un elemento con il quale si leghi l'esercizio dell'attività ad un determinato periodo di tempo vicino alla ripresa eventuale dell'attività stessa da parte del soggetto interessato? Sarebbe come dire che chi avesse esercitato trent'anni prima l'attività di istruttore di guida per due o tre anni, e poi avesse cessato di farlo, potesse essere esonerato dalla dimostrazione del possesso di qualsiasi requisito qualora decidesse di riprendere quell'attività solo in virtù del fatto che trent'anni prima è stato appunto istruttore di guida per un certo periodo di tempo. Ritengo che su questo elemento si debba compiere una profonda riflessione.
I dati che vengono forniti dall'ACI e dall'Istat dimostrano quanto sia importante l'elemento formativo nei giovani e quanto fondamentale sia la necessità di una cultura della vita da anteporre a quella dello sballo e a quella del divertimento assoluto.
Dobbiamo cercare di far crescere nei giovani, in coloro che si apprestano a diventare neopatentati, cioè i conducenti che andranno poi sulle strade, i valori reali, anche attraverso persone qualificate e preparate. Ecco perché l'introduzione di elementi significativi e selettivi porta e produce benefici alla sicurezza di tutti cittadini.
Per questo motivo mi sento di sostenere l'emendamento 10.213 che il collega La Loggia ha voluto presentare, e che mi vede tra i firmatari, chiedendo una valutazione attenta prima di esprimere parere negativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, in occasione delle precedenti sedute dedicate all'esame del provvedimento, e soprattutto durante l'ultima di giovedì scorso, molte voci si sono levate dall'opposizione, ma anche dalla maggioranza, per chiedere di valutare taluni profili del provvedimento nel tentativo di avviare una riflessione sul testo.
A nostro modo di vedere, anche la modifica che verrebbe recata dall'emendamento testé in esame costituisce un aspetto interessante in quanto, trattando dell'istruzione e degli istruttori di guida, interviene sulle modalità con le quali debbano conferirsi, a chi ancora sia sprovvisto di patente e la voglia conseguire, insegnamenti e nozioni necessari per guidare una autovettura. L'emendamento è volto anche a specificare l'esperienza che deve essere stata maturata dall'istruttore; chi insegna deve, cioè, possedere un'acquisita esperienza, della quale viene anche specificata la durata: si fa, infatti, riferimento ad una esperienza quinquennale maturata negli ultimi otto anni. Quindi, si ritiene che cinque anni di esperienza di istruttore maturati negli ultimi otto anni siano un periodo considerevole e anche giusto per potere svolgere l'attività di istruttore di guida.
Considerata la specificità e, peraltro, la sensibilità della materia trattata in ordine al rapporto con la vita quotidiana, riteniamo che l'emendamento in esame rappresenti una proposta di buon senso, che merita una valutazione seria da parte del Comitato dei nove e della maggioranza in modo che, dopo averne apprezzato la portata, si introduca la modifica da questa recata nel testo del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedele. Ne ha facoltà.

LUIGI FEDELE. Signor Presidente, in un momento nel quale quotidianamente si discute di sicurezza e anche il Governo sembra impegnato in tale direzione, sarebbe alquanto strano che poi l'emendamento in esame non venisse approvato.


Pag. 16

Ritengo abbiano fatto bene i colleghi La Loggia e Uggé e gli altri intervenuti dianzi a sostenere questa proposta a cui, tra l'altro, anch'io voglio apporre la firma.
Parliamo tanto di sicurezza ma dobbiamo allora prestare una grande attenzione a quanti di questa dovrebbero essere i cardini ovvero gli istruttori, che insegnano ai giovani le nozioni di guida. Ricordiamo infatti che sono proprio i giovani ad essere soggetti, in questo periodo, a gravi incidenti sulla strada; principalmente, i morti sono mediamente molto più giovani rispetto alla media degli automobilisti! Ritengo vada prestata una grande attenzione all'argomento. Quindi, penso che non sia accettabile far esercitare l'attività di istruttore a chi possiede solo una piccola esperienza, non avendone maturata una più ampia che invece è necessaria. Ritengo che ciò sia nell'interesse generale; non si intaccano chissà quali interessi ma si dà, invece, un segnale di sicurezza, ai giovani in modo particolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Romagnoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, il turismo, oggi, in Italia, è diventato un elemento fondamentale, anche perché, considerato che gli altri settori, del commercio e dell'industria, incontrano gravi difficoltà economiche, il turismo rappresenta un introito importante per il nostro paese. Non possiamo dimenticare peraltro la concorrenza dei paesi confinanti o comunque vicini, come la Grecia, la Spagna e la Turchia.
Per tale motivo, affinché vi sia una giusta considerazione dei turisti che vengono a visitare l'Italia, ritengo che l'emendamento presentato dal collega La Loggia debba essere valutato attentamente per poter constatare che si tratta di un modifica molto importante.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma all'emendamento La Loggia 10.213; se non siamo riusciti fino ad oggi a garantire la sicurezza stradale limitando la possibilità di apertura delle autoscuole, è indispensabile allora creare almeno una «griglia» che possa poi qualificare gli istruttori. Quindi, tutti gli emendamenti fino a questo momento esaminati sono stati interessanti ma quello ora in esame lo è particolarmente; auspico pertanto che il relatore ed il Governo compiano uno sforzo in tal senso. D'altronde, si tratta solo di un requisito, che poi, peraltro, non è neanche così impegnativo; esso permette agli istruttori di garantire quell'esperienza indispensabile per formare gli automobilisti ai fini del rilascio della patente. Come ribadito, sono ormai diversi giorni che continuiamo a fare riferimento alla sicurezza sulle strade, e quindi alla capacità degli istruttori di rendere gli automobilisti in grado di circolare senza rischio. Quindi, Presidente, se fosse possibile forzare un po' la mano, in questo caso...

PRESIDENTE. Lei sa che non posso forzare la mano.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento La Loggia 10.213, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 404
Votanti 372
Astenuti 32
Maggioranza 187
Hanno votato
139
Hanno votato
no 233).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Attili 10.216, Greco 10.228 e La Loggia 10.234.


Pag. 17

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, desidero ribadire la proposta di riformulazione degli identici emendamenti in esame, che consiste nel sostituire le parole: «e istruttore di guida con almeno un'esperienza triennale maturata negli ultimi cinque anni» con le seguenti: «e istruttore di guida con almeno un'esperienza biennale»; inoltre, all'ultima riga, dopo le parole: «dalla data di entrata in vigore» sono da aggiungere le parole: «della legge di conversione».

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Lulli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, gli identici emendamenti in esame prendono in considerazione temi sui quali ci siamo soffermati in precedenza. Ecco perché noi, con molta insistenza, parlavamo di esperienza triennale maturata dagli istruttori di guida. Per la verità, aver insistito, e non poco, su tale tema ha prodotto un certo risultato, tant'è che il relatore ha accettato tale impostazione, proponendo di modificare questi tre identici emendamenti, che peraltro sono stati presentati da diversi gruppi parlamentari (ho fatto riferimento al collega La Loggia che, con il suo emendamento 10.234, ricordava con forza i suddetti temi).
Quindi, da un certo punto di vista, siamo anche contenti del lavoro che abbiamo fatto, se mi si passa questo termine, perché abbiamo convinto la maggioranza ad accedere a richieste che ci sembravano di buonsenso. Per la verità, l'esperienza biennale, ma non più riferita agli ultimi cinque anni antecedenti la data di entrata in vigore di questo provvedimento, lascia un po' l'amaro in bocca. Infatti, l'età avanza, non certo per merito del Governo, e tutti siamo molto più abili rispetto a venti anni fa; quindi, si potrebbe aver svolto l'attività di istruttore di guida a diciassette anni e, magari oggi, a sessantacinque anni, l'esperienza maturata molti anni prima non può servire a molto. Comprendo, comunque, l'impegno del relatore, anche contro un'impostazione del Governo decisamente contraria, e ritengo che sia stato compiuto un passo in avanti.
Per i motivi anzidetti, pur apprezzando l'accoglimento dell'esperienza biennale maturata, preannunzio che ci asterremo su questi identici emendamenti, perché riteniamo che si sarebbe dovuto ancorare questo aspetto ai cinque anni precedenti l'entrata in vigore del provvedimento in discussione. Tengo peraltro a precisare che in fondo il merito del recepimento di questi aspetti è certamente da ascriversi all'emendamento La Loggia 10.234 e agli altri identici emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, desidero apporre la mia firma all'emendamento Greco 10.228 e preannunzio il voto favorevole del mio gruppo, tenendo conto dell'importanza di questo problema ed anche dell'accoglimento di questi tre identici emendamenti da parte del relatore, con la riformulazione proposta. Ciò dimostra, ancora una volta, che gli emendamenti che noi presentiamo non hanno uno scopo ostruzionistico, bensì costruttivo, mirante a migliorare la qualità della normativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, ci asterremo sulla votazione degli identici emendamenti in esame, anche nel testo riformulato. Infatti, si tratta di un compromesso al ribasso. Va bene che passi il messaggio che vi debba essere un'esperienza.
Va bene anche la necessità che l'esperienza sia maturata negli ultimi cinque


Pag. 18

anni, come giustamente faceva rilevare il collega Uggè, di modo che vi sia un'esperienza sul campo, ma noi riteniamo che su questo tema non si scherza.
Il termine di cinque anni ci sembrava più che opportuno, ma si è passati a tre e adesso addirittura a due anni. Non abbiamo dei parametri molto più stringenti sulla capacità finanziaria e quindi riteniamo che si vada verso una eccessiva deregolamentazione, con rischi seri per i cittadini. Un conto è garantire la possibilità di aprire nuovi esercizi e su questo siamo tutti d'accordo, altro è non fornire un servizio buono. Vorrei fare un esempio concreto, per chiarire il concetto: nessuno è obbligato a frequentare un'autoscuola, si può anche prendere la patente da privatista, poi però la persona deve essere in grado di guidare in qualunque circostanza, anche in mezzo al traffico di Milano. L'autoscuola quindi deve fungere da filtro tra questo sistema e l'aiuto che viene fornito.
L'aiuto deve essere fornito in maniera seria e quindi abbassare il livello di serietà nella formazione di coloro che devono rilasciare la patente di guida, che non è certo un documento qualunque, ma deve consentire alle persone di guidare con sicurezza, per sé e per gli altri, non mi sembra opportuno. Pertanto ci asterremo. Siamo d'accordo nel merito ma non siamo d'accordo su un compromesso al ribasso.

PRESIDENTE. Assiste ai nostri lavori e lo salutiamo a nome di tutti il Vicepresidente della Repubblica argentina e Presidente del Senato, Daniel Osvaldo Scioli, che è in tribuna insieme al Presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti (Applausi).

CESARE CAMPA. La «grana» che avanziamo...!

PRESIDENTE. Siamo molto onorati che il Vicepresidente della Repubblica argentina e Presidente del Senato assista ai nostri lavori.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Attili. Ne ha facoltà.

ANTONIO ATTILI. Presidente, ho apprezzato la riformulazione del mio emendamento proposta dal relatore, ma ho qualche perplessità sull'abolizione del vincolo di cinque anni. Tuttavia, considerandola un passo avanti, annuncio il voto favorevole del nostro gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, credo che l'intervento di chi mi ha preceduto dimostri che quando si ragiona in modo razionale le verità vengono fuori e le convergenze si trovano. Ha ragione l'onorevole Attili: togliere il riferimento dell'esperienza professionale agli ultimi cinque anni non risolve il problema; dobbiamo dirlo alla gente. Ci lamentiamo delle stragi del sabato sera e poi permettiamo che coloro che devono insegnare la guida non siano adeguatamente preparati. Sono profondamente insoddisfatto e voterò contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, la disponibilità del relatore su questi emendamenti ci rasserena molto, pur non rispecchiando la formulazione originaria, in quanto si accoglie uno degli elementi costitutivi del testo degli emendamenti stessi.
Anche se la riformulazione proposta non comporta il contenimento dell'esperienza dei tre anni nell'arco dei cinque anni antecedenti, tuttavia, la disponibilità del relatore ad accogliere la modifica relativa all'esperienza triennale dimostra il fatto che la costruttività del dibattito e la permeabilità del testo sono in questo momento funzionali ad una legislazione migliore e condivisa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedele. Ne ha facoltà.


Pag. 19

LUIGI FEDELE. Signor Presidente, il parziale accoglimento degli identici emendamenti in esame da parte del relatore sembra andare, in qualche modo, nella giusta direzione. Diciamoci, però, la verità. Come ricordava poc'anzi il collega Uggè, prevedere tre anni senza indicarne il periodo di riferimento significa quasi nulla, perché una persona può aver svolto l'attività di istruttore per un anno all'età di venticinque anni, per un altro anno a trentacinque o quarant'anni, e per un altro anno ancora a cinquantacinque: in pratica, è come se non avesse mai svolto quell'attività.
Quella di cui si discute è una questione che interessa la sicurezza, non è pertanto né una questione politica né di parte. Per tale motivo, noi sosteniamo che da un lato va bene il parziale accoglimento degli emendamenti in esame, dall'altro però riteniamo che essi potevano essere accolti per intero in quanto ciò non avrebbe spostato nulla, anzi, come sostengo io ed altri colleghi, avrebbe avuto risvolti positivi in termini di sicurezza.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accolgono la riformulazione proposta dal relatore.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Attili 10.216, Greco 10.228 e La Loggia 10.234, nel testo riformulato, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 411
Votanti 311
Astenuti 100
Maggioranza 156
Hanno votato
303
Hanno votato
no 8).

Prendo atto che il deputato Campa non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo all'emendamento Pellegrino 10.257.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento formulato dal relatore.

TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, accolgo l'invito del relatore ed annuncio il ritiro del mio emendamento 10.257.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Pellegrino.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Raisi 10.84 e Campa 10.146.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, prima di entrare nel merito della proposta emendativa che reca la mia prima firma desidero richiamare l'attenzione dell'Assemblea su un'altra questione.
Poc'anzi il Presidente ci ha opportunamente invitato a rivolgere un saluto alla delegazione del Parlamento argentino presente in tribuna. Tutti noi l'abbiamo applaudita; ci auguriamo che in questi giorni il Governo italiano abbia l'opportunità di rappresentare al Vicepresidente della Repubblica argentina tutte le problematiche che i nostri cittadini hanno in sospeso con quel paese. Auspico che l'incontro possa avere effetti positivi. L'applauso andava in quella direzione; in particolare mi auguro che dopo gli applausi arrivino i risultati a favore dei nostri cittadini che all'epoca hanno sottoscritto i famosi bond argentini.
Con gli identici emendamenti in esame noi ribadiamo, forse in maniera un po' testarda, un principio basilare in parte accolto, ma non da tutti, come si evince dal ritiro dell'emendamento 10.257 da parte dei colleghi Pellegrino e Trepiccione i quali, forse per il fatto di appartenere al gruppo dei Verdi, prima hanno ritenuto di presentare una proposta emendativa a favore della sicurezza dei cittadini, dopo hanno fatto marcia indietro per non contrastare il disegno del ministro Bersani.
Noi siamo in presenza di una liberalizzazione sulla quale conveniamo, tuttavia


Pag. 20

vogliamo, lo ripetiamo per l'ennesima volta, che i cittadini siano posti nella condizione di essere sicuri del livello di istruzione che riceveranno frequentando le autoscuole. Quello che noi chiediamo con gli identici emendamenti in esame, è inserire la previsione secondo la quale l'istruttore di guida abbia superato un esame appositamente istituito e regolamentato dalle amministrazioni provinciali sulla capacità gestionale di un'autoscuola. Mi sembra una cosa elementare.
Dopo quanto abbiamo preteso ed ottenuto rispetto al mondo della scuola - molta parte della sinistra, tuttavia, non vuole che si facciano le prove INVALSI, non vuole cioè vedere testare la capacità di insegnamento e di apprendimento -, ed i risultati ottenuti in quel settore sono sotto gli occhi di tutti, vorremmo che le persone, abilitate a svolgere la funzione di istruttore di guida, abbiano prima superato un esame appositamente istituito.
A tale riguardo, i colleghi Pellegrino e Trepiccione avevano precisato nei minimi particolari anche la composizione dei rappresentanti la commissione che doveva valutare questa competenza, ma poi, come detto, hanno fatto - non capiamo il perché - precipitosamente marcia indietro.
Nel nostro emendamento abbiamo prestato attenzione non tanto al dettaglio, come hanno fatto i colleghi Pellegrino e Trepiccione, dettaglio poi cancellato, quanto ad una regola fondamentale, cioè che sia previsto un apposito esame che deve essere sostenuto, che serve a valutare concretamente le capacità di gestione e di insegnamento dell'istruttore di guida. Un esame che non va contro qualcuno, ma a favore dei cittadini che potranno così rivolgersi con fiducia alle autoscuole.
Nel momento in cui a tutte le aziende chiediamo una certificazione di qualità, nel momento in cui andiamo verso l'Europa, nel momento in cui quest'ultima ci richiama ammonendoci di immettere sul mercato dei prodotti certificati, nel momento in cui stiamo parlando di sicurezza, vogliamo proprio noi non avere una certificazione di qualità, efficienza, efficacia e professionalità?
Mi sembra, signor Presidente, di essere in presenza di gente che non vuole assolutamente intendere e che ci fa anche «sgolare» su questo argomento: è da questa mattina che diciamo queste cose e non siamo sostanzialmente ascoltati.
Anche se parzialmente e timidamente il relatore ci dà ragione, perché comprende che abbiamo ragione: è l'Italia che ci dà ragione (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)! Dobbiamo assolutamente avere delle autoscuole che insegnano e che siano certificate per qualità: non serve una liberalizzazione tout court.
Mi scuso per la passione profusa nel mio intervento. Mi auguro che sugli emendamenti Campa 10.146 e Raisi 10.84, che sono di buon senso, si abbia un voto unanime da parte di tutta l'Assemblea. Ciò dimostrerebbe che rispetto a quanto da noi affermato sulla certificazione, sulla certezza dell'insegnamento, segue, di fatto, un'azione concreta.
Signor Presidente, mi appello a lei, che so essere persona di buon senso, così come al relatore e al rappresentante del Governo, affinché vi siano parere favorevole e voto unanime sugli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Uggé. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, mi sembra di ripercorrere una strada già fatta, di rivedere un copione scritto da qualcuno che, da un lato, proclama parole in favore della sicurezza sulle strade, della tutela dei cittadini, di conducenti professionalmente capaci e istruiti, e, dall'altro, introduce la possibilità di largheggiare, evitando di fissare quei criteri e principi seri, effettivamente funzionanti che riescono a preparare la gente.
Sottoporre ad un esame coloro che devono formare le persone, mi pare una


Pag. 21

cosa logica ed evidente così come altrettanto evidente e logico era l'emendamento dei colleghi Pellegrino e Trepiccione, che hanno poi deciso di ritirare la loro proposta emendativa, probabilmente in omaggio al richiamo venuto dalla maggioranza. Anche in quel caso, includere i rappresentanti delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative nella commissione di esame non era altro che un modo per dare garanzie di serietà alla gente. Tuttavia, purtroppo, la vostra maggioranza continua imperterrita ad andare avanti verso una situazione generale di insicurezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei apporre la nostra firma a questi due emendamenti perché, secondo noi, sono quelli più importanti se davvero vogliamo dare un segnale serio a garanzia di un servizio di qualità.
Farò un semplice esempio per far capire l'importanza di un esame che, alla fine, non costerebbe nulla. Supponiamo che il titolare di un'autoscuola straniero - quindi, anche con esperienza pluriennale - si rechi da noi per aprire un'autoscuola. Mettiamo il caso che sia un irlandese e che quindi, fino al giorno prima di arrivare da noi, abbia guidato a sinistra. Una volta arrivato da noi, costui si metterebbe ad insegnare a guidare a destra.
Questo esempio sembra paradossale ma lo è fino ad un certo punto. Noi dobbiamo avere la garanzia che chi insegna e rilascia il certificato abbia dei requisiti minimi.
Il fatto che gli istruttori si sottopongano ad un esame non è un male, ma dovrebbe essere il minimo. Infatti, giustamente alcuni colleghi del gruppo dei Verdi avevano presentato un emendamento in tal senso: è chiaro, è ovvio.
Oltretutto, ribadiamo l'aspetto numerico. Non parliamo di migliaia di persone: quanti saranno mai questi istruttori che devono fare l'esame in provincia? Cento, duecento? Non parliamo di grandi numeri.
Stabilire che qualche centinaio di persone si sottoponga ad un esame è, secondo noi, assolutamente necessario, soprattutto perché ciò garantirebbe la qualità del servizio erogato in un settore fondamentale: spesso e volentieri, i problemi che hanno i nostri giovani sono dovuti al fatto che le scuole non sono serie come una volta (come le autoscuole, non lo sono più le scuole in generale). Pertanto, ci sembra misura necessaria e minima quella di imporre agli istruttori di sottoporsi ad un test serio che ne valuti le capacità.
Nel ribadire che desidero apporre la mia firma agli emendamenti in esame, auspico che l'Assemblea ne sappia cogliere il significato, ovvio e banale, secondo il quale non si può insegnare senza un foglio di carta che attesti che si è in grado di farlo: poiché è così in ogni campo, non si vede perché una regola diversa dovrebbe valere in un settore particolarmente delicato sotto il profilo degli effetti per la società! Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedele. Ne ha facoltà.

LUIGI FEDELE. Signor Presidente, a dire il vero, dopo quello dell'onorevole Campa, presentatore dell'emendamento 10.146 - che anch'io dichiaro di voler sottoscrivere -, e degli altri colleghi che sono intervenuti nel dibattito, non vi sarebbe bisogno di ulteriori interventi; tuttavia, mi sembra molto strano ciò che sta accadendo in un campo così delicato.
Mi dispiace che il ministro dei trasporti non possa ascoltare la discussione, soprattutto perché abbiamo appreso da sue dichiarazioni rilasciate alla stampa che egli vuole impegnarsi per la sicurezza sulle strade, in particolare per la sicurezza dei giovani. Ebbene, noi vediamo che si fa il contrario! Non riesco a capire perché non si possa approvare un emendamento che soddisferebbe l'interesse di tutti: dei nostri figli, dei nostri amici e degli italiani in generale, di chi vuole prendere una patente


Pag. 22

di guida. Un istruttore che deve svolgere un lavoro così impegnativo dovrebbe sostenere un esame: non vedo cosa vi sia di scandaloso!
Credo sia importante che gli emendamenti in esame...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUIGI FEDELE. ...siano approvati. Mi rivolgo al relatore, affinché egli cambi opinione, non nell'interesse mio o del mio partito, ma degli italiani e di chi deve conseguire la patente di guida.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zanetta. Ne ha facoltà.

VALTER ZANETTA. Signor Presidente, ho presentato con l'onorevole Campa l'emendamento 10.146, la cui validità è già stata illustrata dai colleghi. Con la finalità di raggiungere l'obiettivo di ridurre gli incidenti stradali del 50 per cento nel 2010, la nostra proposta si ispira proprio alla logica secondo la quale chi deve insegnare a guidare deve avere una preparazione professionale.
Ci sembra assurdo che la maggioranza non accolga questa proposta di modifica; pertanto, invitiamo i colleghi ad un'ulteriore riflessione. Credo che chi insegna debba avere una professionalità attestata e in qualche misura verificata: in tal modo, conseguiremmo veramente l'obiettivo importante da tutti sbandierato. In realtà, se andiamo a verificare, ci accorgiamo che, non accettando emendamenti di buonsenso come quelli in esame, rischiamo di minare...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

VALTER ZANETTA. ... le scuole-guida, strutture importanti che hanno funzionato. Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, desidero sottolineare l'importanza degli emendamenti in esame.
In un periodo nel quale per fare qualunque cosa serve avere una qualifica, aver sostenuto un esame, avere un patentino, un titolo, un «timbro» che attesti la conoscenza di certe materie, acquisita nei modi dovuti e dopo avere seguito un adeguato corso di lezioni, gli emendamenti in esame mi sembrano conformi alla logica di tutto il contesto, soprattutto se si considera che essi concernono un settore che, come hanno già rilevato molti colleghi, è particolarmente «sensibile» dal punto di vista della sicurezza.
Prevedere che gli istruttori di guida abbiano superato un apposito esame ci sembra dovuto. Del resto, se le leggi italiane prescrivono esami in settori che nulla hanno a che fare con la sicurezza, a maggior ragione un esame deve essere richiesto quando vengano in rilievo esigenze di sicurezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Brevemente, signor sindaco... Signor Presidente - mi scuso -, il buonsenso non ha colore politico: poiché gli emendamenti in esame sono ispirati a buonsenso, desidero apporre ad essi anche la mia firma. Dal momento che la possibilità di istruire presuppone, in questo paese, che la relativa capacità sia comprovata da un «certificato», mi sembra misura di buonsenso stabilire che un istruttore di scuola guida abbia un attestato che ne certifichi l'idoneità a svolgere l'attività.
Poiché la proposta è ispirata a buonsenso, sottoscrivo gli emendamenti e penso che anche il Governo dovrebbe accoglierli favorevolmente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anch'io intendo sottoscrivere gli identici


Pag. 23

emendamenti Raisi 10.84 e Campa 10.146 e caldeggiarne, con forza, l'approvazione. Queste proposte non soltanto sono di buonsenso e di carattere sociale ma attengono anche alla sicurezza. Come è possibile non cogliere l'opportunità per legalizzare uno strumento finalizzato a comprovare che chiunque eserciti un'attività di scuola guida abbia non solo le qualità psico-attitudinali ma anche la capacità di insegnare, la conoscenza del codice della strada e delle regole dell'insegnamento? Solo in tal modo, infatti, potrà insegnare con autorevolezza agli allievi a guidare in sicurezza, come è necessario, nelle nostre strade. Quindi, come vedete, ci sono alcuni risvolti non solo sociali ma anche relativi alla sicurezza. Salireste a bordo di un aereo il cui pilota non fosse in possesso del necessario attestato? Frequentereste una scuola di pilotaggio qualora il docente non fosse in grado di insegnare? Ciò porterebbe al disastro. È la forza della ragione che ci suggerisce di avere istruttori qualificati, di comprovata capacità, che sappiano fare e posseggano le necessarie qualità psico-attitudinali ed è necessario che qualcuno le riconosca loro. Non possiamo ricorrere al «fai da te» nell'insegnamento della guida; è come se portassimo nelle scuole dell'obbligo docenti privi dei requisiti per l'insegnamento.
Non è possibile che questo Parlamento respinga gli emendamenti in esame: in tal modo, avremmo sulla coscienza tutte le morti del sabato sera, causate da una cattiva preparazione dei nostri ragazzi acquisita in autoscuole aperte solamente con l'intento di creare un posto di lavoro, di fare economia, di guadagnare. In questo settore, non si può liberalizzare senza tener presente la qualità, la preparazione. È responsabilità di questo Parlamento regolamentare e prevedere una attestazione per chi dovrà tecnicamente preparare i nostri ragazzi dal punto di vista teorico, pratico e psico-attitudinale. Insomma, è necessario che il Parlamento, con un piccolo bagno di umiltà, riconosca la validità di questi emendamenti e cambi opinione. Solamente gli stolti non cambiano mai opinione! Non rendiamoci ridicoli ancor di più, non indossiamo un paraocchi che ci impedisce di vedere la grande responsabilità che incombe su di noi e che questo emendamento richiama. Noi dobbiamo lasciarcelo fuggire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, intervengo, innanzitutto, per aggiungere la mia firma agli identici emendamenti Raisi 10.84 e Campa 10.146.
In secondo luogo, vorrei svolgere una brevissima riflessione sul fatto che in questo bizzarro paese ci sono tanto certezze, quanto incertezze. Fra le incertezze, sicuramente, iscriverei la mancanza di una prova matematica a supporto della tesi secondo la quale da un esame di ammissione, a qualsiasi livello, deriva automaticamente personale preparato. Fra le certezze, al contrario, c'è la tesi esattamente opposta: siamo sicuri che, da un sistema di deregolamentazione come quello che si introduce con questo meccanismo in questo decreto, non avremo la certezza di avere personale preparato. Ciò è molto grave in un contesto in cui, dal punto di vista della dialettica politica, in questi mesi, le parole d'ordine sono diventate: sicurezza, sicurezza stradale, sicurezza per i nostri figli, attenzione alle stragi del sabato sera e tutto è ciò che ne consegue.

PRESIDENTE. La prego...

GIOVANNI FAVA. Trovo che questa doppiezza da parte del Governo....

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Cagno Abbrescia. Ne ha facoltà.

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, anche io vorrei sottoscrivere questi emendamenti ed esprimere il mio grande sconcerto per come si sta


Pag. 24

procedendo sotto l'aspetto della immissione dei neopatentati nel sistema stradale nazionale.
Credo che nel raffronto con gli altri paesi, almeno quelli europei, gli italiani abbiano un'arma in mano; ciò è provato dalle conseguenze provocate dall'aumento degli incidenti, che sono dannosi non soltanto per chi guida ma anche per coloro con i quali ci si scontra, per la superficialità con la quale i neopatentati vengono immessi nel sistema stradale e, soprattutto, in quello autostradale...

PRESIDENTE. La prego...

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA ...senza che vengano neanche fatte delle prove...

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere l'emendamento Campa 10.146 e riferire che l'associazione italiana famigliari e vittime della strada, in una nota fatta pervenire al ministro dello sviluppo economico, vuole rimarcare il fatto che con la liberalizzazione delle attività delle autoscuole il ministro Bersani ha dimostrato di sottovalutare sia le esigenze di miglioramento del settore, sia le stragi stradali, la cui diminuzione è legata in particolar modo alla formazione del conducente. Questa formazione, come noi sappiamo e per questo sosteniamo l'emendamento dell'onorevole Campa, riguarda soprattutto gli istruttori. Quindi, prego i colleghi di prestare maggiore attenzione a questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Franzoso. Ne ha facoltà.

PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, non riesco a concepire il motivo per il quale relatore e il Governo si ostinino a non accogliere un emendamento così elementare: mi chiedo se qualcuno di noi affiderebbe mai il proprio figlio all'insegnamento di qualcuno che non ne ha i requisiti e i titoli.
Stiamo parlando delle morti del sabato sera, che sono dovute per lo più al comportamento di chi guida. Se il proprietario della scuola guida o l'istruttore non possiedono gli elementi basilari da trasmettere a colui che sta per prendere la patente, né le norme minimali di comportamento etico, né le attitudini né la conoscenza della materia, mi chiedo come possano insegnare o gestire la scuola guida.

PRESIDENTE. La prego...

PIETRO FRANZOSO. Mi auguro che attorno a questi elementi minimali il relatore possa ravvedersi rispetto alla sua cocciuta impostazione di rifiuto ...

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, personalmente, non sono molto favorevole agli esami, giacché gli esami nella vita non finiscono mai e, quindi, non credo si debba procedere ad istituire esami in tutte le occasioni e per tutte le funzioni che vengono svolte.
Mi limito, però, a constatare semplicemente che è singolare che per conseguire la patente si debba sostenere un esame, mentre per insegnare a guidare per ottenere la patente non si debba conseguire un titolo attraverso un esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Questa, signor Presidente, è sicuramente un'anomalia.
Personalmente, però, sono contrario a questo genere di proposta e, quindi, mi asterrò.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gardini. Ne ha facoltà.


Pag. 25

ELISABETTA GARDINI. Anch'io vorrei apporre la mia firma a questo emendamento. Voglio inoltre sottolineare quanto detto dalla collega Pelino. Quello che oggi dicono le famiglie delle associazioni suona come un campanello di allarme. Tutte le famiglie italiane, una volta che avranno capito bene quello che stiamo facendo oggi in aula, saranno tremendamente allarmate. Noi stiamo infatti dicendo alle famiglie con adolescenti che esse rischieranno di mandare i loro ragazzi ad essere istruiti e formati per girare nel traffico così pericoloso, senza avere delle garanzie di standard qualitativi.
Dobbiamo invece cogliere questa occasione per qualificare l'insegnamento, che non deve essere soltanto tecnico. Abbiamo visto quello che succede sulle strade e se andiamo nei pronto soccorsi e nei reparti di ortopedia vediamo qual è l'effetto dell'andare sulle strade. Dobbiamo quindi rafforzare una vera educazione stradale alla guida sicura.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Raisi 10.84 e Campa 10.146, non accettati dalla Commissione né dal Governo, e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 428
Votanti 411
Astenuti 17
Maggioranza 206
Hanno votato
175
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che il deputato Affronti non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti La Loggia 10.202 e Meta 10.203, che sarà l'ultima votazione della mattinata.

ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di poter apporre la mia firma all'emendamento dei colleghi.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Formisano.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti La Loggia 10.202 e Meta 10.203, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 426
Maggioranza 214
Hanno votato
424
Hanno votato
no 2).

Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,10).

LUCIANO D'ULIZIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prego i colleghi, ai quali preannuncio che i lavori riprenderanno alle ore 15,15, di uscire dall'aula nel modo più silenzioso possibile, per consentire al collega D'Ulizia di svolgere il suo intervento.

LUCIANO D'ULIZIA. Colleghi in esodo, mi rifaccio a quanto accaduto la scorsa settimana in questo Parlamento. Vede Presidente, non bisogna reagire alle provocazioni! Non bisogna dare un esempio estremamente negativo, che connoterebbe la nostra istituzione parlamentare come un'istituzione ancora acerba, immatura,


Pag. 26

non dialogante. Quindi, condanno fermamente quello che è avvenuto in quest'aula, cioè il ricorso alla forza bruta, il fatto cioè che alcuni parlamentari siano venuti alle mani.
Noi dobbiamo stigmatizzare tutto ciò. Dobbiamo trovare un metodo, che fermamente condanni e persegua quei parlamentari che hanno fatto ricorso alla forza bruta! Non dobbiamo far sì che questo episodio sia uno dei tanti episodi che si ripetono purtroppo nella storia parlamentare. Dunque la invito, signor Presidente, ed invito soprattutto il Presidente Bertinotti, a prendere dei provvedimenti drastici, perché non può essere preclusa a nessuno la possibilità di esprimere in quest'aula la propria convinzione politica!
Ho assistito quella sera a quello spettacolo degradante, assurdo e incivile. Quindi chiedo al Presidente della Camera, tramite lei che in questo momento lo rappresenta, di assumere un'iniziativa forte, che penalizzi coloro i quali hanno creato quel fenomeno di degrado del Parlamento italiano.
Io non ho peli sulla lingua: credo che vi sia stata una provocazione da parte dell'onorevole Buontempo, ma che sia stata preceduta da un attacco massiccio alla Presidenza da parte di esponenti dell'estrema sinistra.
Non posso accettare (parlo a titolo esclusivamente personale) che in Parlamento si tengano questi comportamenti (mi farò anche promotore di un ordine del giorno per stigmatizzare e condannare questi comportamenti e queste provocazioni)!
Da parte dell'estrema sinistra si è tenuto un certo comportamento, e lo dico con grande rammarico, con un animo rattristato, perché credo nel centrosinistra e nella sinistra, ma non credo nella forza bruta della sinistra che, in certi momenti, cerca di far prevalere le proprie convinzioni (che, lo ripeto, condivido), con atteggiamenti incivili che degradano il Parlamento!
Quindi, signor Presidente, la prego di dar corso ad un'iniziativa - me ne farò promotore -, affinché questi accadimenti non vengano chiusi con qualche accorgimento bonario, ma vengano stigmatizzati e perseguiti, come prevede il regolamento.

PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia, il Presidente, come avviene per prassi costante in queste circostanze, ha chiesto formalmente al Collegio dei questori di svolgere un'istruttoria sui fatti avvenuti nel corso della ripresa notturna della seduta del 15 marzo e proseguiti durante la sospensione della seduta medesima, al fine di riferirne gli esiti all'Ufficio di Presidenza per quanto di competenza.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, in aggiunta a quanto affermato dall'onorevole D'Ulizia...

PRESIDENTE. Non apriamo un dibattito!

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. No assolutamente! Voglio semplicemente dare un mio piccolissimo contributo.
Quella sera, tra le cose assolutamente più incresciose, vi è stata l'aggressione fisica, materiale nei confronti dell'onorevole Saglia (sono pronto a testimoniarlo!), ma nessuno ha manifestato la sua solidarietà, nemmeno nel prosieguo dei lavori. Tra l'altro, questo fatto non traspare nemmeno nei resoconti sommario e stenografico; giustamente, lei obietterà che la seduta è stata di fatto sospesa, ma, alla ripresa dei lavori, non si è manifestata solidarietà nei confronti di un parlamentare, di fatto aggredito in maniera squadristica da oltre dieci parlamentari (mi viene proprio la voglia di non chiamarli più colleghi parlamentari, definendoli in altra maniera, perché si è trattato di una aggressione squadristica) e tutto ciò non traspare. Nessuno ha esternato la propria solidarietà all'onorevole Saglia!


Pag. 27


Colgo l'occasione dell'intervento dell'onorevole D'Ulizia per farlo ora e giustamente ci atterremo tutti alle decisioni della Presidenza.

PRESIDENTE. Come ho appena affermato, rispondendo onorevole D'Ulizia, è in corso un'istruttoria, al termine della quale saranno adottati da parte della Presidenza dei provvedimenti, se ne saranno ravvisati gli estremi.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,15.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Donadi, Folena, Maroni, Migliore, Sgobio ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo per chiederle di rappresentare al Governo la nostra necessità che venga a riferire alla Camera in ordine alla liberazione del giornalista Mastrogiacomo. Tenga conto che - come lei già saprà - il Governo ha deciso di riferire al Senato, forse nella mattinata di domani. Avanziamo questa richiesta non per non essere da meno, ma perché vorremmo che anche quest'Assemblea fosse messa a conoscenza di come sono andate le cose e di quello che il Governo ha da riferire in merito, stante la legittima posizione finora tenuta dall'Esecutivo per fare in modo che la vicenda si concludesse - come, grazie a Dio, è avvenuto - in maniera positiva.
Le chiediamo, dunque, di farsi interprete presso il Governo di questa nostra esigenza. Proprio perché molto probabilmente il Governo andrà domani a riferire al Senato, ritengo sia opportuno garantire una contemporaneità di informazione.

PRESIDENTE. Mi pare che la richiesta sia legittima. Le assicuro che mi farò interprete presso il Presidente della Camera perché interessi il Governo nel senso da lei auspicato.

Si riprende la discussione (ore 15,20).

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2201-A)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono stati approvati, da ultimo, gli identici emendamenti La Loggia 10.202 e Meta 10.203.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso l'ulteriore prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 5).
Passiamo ora all'emendamento Raisi 10.86 sul quale vi è il parere contrario della Commissione e del Governo. Ricordo che anche la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, questo emendamento andrebbe ad irrigidire ulteriormente la situazione di fatto oggi in essere, mentre noi, invece, stiamo operando da tempo - da quando l'attuale Governo si è insediato - per liberalizzare, quindi, per liberare il cittadino dai tanti vincoli burocratici, dai tanti lacci e lacciuoli inutili e dispendiosi, e per consentire alle imprese, ai nostri operatori economici più in generale, di operare in regime di trasparenza e di concorrenza.


Pag. 28


Prendiamo il caso delle autoscuole, di cui stiamo qui discutendo. Il nostro obiettivo non è quello di rendere l'attività delle autoscuole meno assoggettata a controlli, ma semmai di rendere più agevoli e più snelle le procedure. Certamente i controlli non verranno meno: è previsto infatti che tutte le verifiche relative ai requisiti professionali, alla capacità finanziaria, agli standard tecnici e organizzativi possano essere effettuate dagli enti competenti. Quindi, non verranno meno queste funzioni, che dovranno sempre essere riconosciute da chi è preposto ai controlli; ma, soprattutto, non verrà meno la vigilanza che dovrà essere attivata dalle amministrazioni provinciali.
In questo senso abbiamo spostato i compiti della vigilanza tecnica dal Ministero dei trasporti alle amministrazioni provinciali, a cui già competeva la vigilanza amministrativa, introducendo una correlazione tra le attività di impresa, le attività legate allo svolgimento di esercizio commerciale e l'attività svolta dagli enti locali. Anche questa è una piccola forma di federalismo su cui noi ci stiamo incamminando da tempo.
Signor Presidente, non ci può essere chiesto di tornare indietro; noi dobbiamo proseguire su questa strada, dobbiamo procedere sulla strada della semplificazione delle procedure e, quindi, dei procedimenti. Anche la stessa vicenda riferita alla dichiarazione di inizio attività, che dovrebbe sostituire l'autorizzazione che l'amministrazione provinciale doveva rilasciare, non fa venire meno i compiti degli enti preposti al controllo, ma semmai si riconduce anche ad un altro punto di questo decreto-legge, esattamente il comma 9 dell'articolo 9, con cui abbiamo semplificato al massimo le procedure per la costituzione e l'avvio di una attività economica e commerciale. Abbiamo previsto che immediatamente, presso il registro delle imprese, venga rilasciato il codice fiscale ed il numero di partita IVA; in poche parole, concentrandola presso il registro delle imprese, abbiamo evitato tutta la trafila che gli operatori economici dovevano sostenere presso gli uffici dell'INPS, dell'INAIL, presso l'Albo artigiani e la Camera di commercio.
Vi è quindi una linea di continuità all'interno di questo provvedimento, che del resto si riconduce all'altro provvedimento che abbiamo già approvato nel mese di luglio dello scorso anno, con il disegno di legge che il Governo ha presentato e che mi auguro possa essere oggetto di discussione al più presto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Presidente, riprendo le considerazioni svolte nel mio intervento a titolo personale, che ha caratterizzato la chiusura dei lavori antimeridiani, per ribadire un principio che ci è particolarmente caro: quello della qualità dei soggetti che esercitano una funzione sociale, vale a dire quella di istruttore di scuola guida.
Noi crediamo che nel contesto che stiamo affrontando vadano meglio precisate e circostanziate le caratteristiche tecniche ed il livello di preparazione dei soggetti ai quali andremo ad affidare l'istruzione e l'idoneità dei nostri figli. Non so se sia cosa nota alla Presidenza o al relatore, ma oggi gran parte dei soggetti che frequentano le nostre scuole guida provengono da paesi dove il livello minimo di conoscenza delle norme del codice della strada è molto basso, quantomeno per differenze storiche, culturali e geografiche. È chiaro che da no un immigrato mediamente stenta o fatica a comprendere quali sono i meccanismi effettivi della circolazione del nostro complicatissimo codice della strada. Noi temiamo che con la sostanziale deregolamentazione contenuta in questo decreto-legge si possano innescare meccanismi in grado di facilitare in maniera estrema la possibilità da parte di questi soggetti di rivolgersi a quelle agenzie che dovessero nascere garantendo un percorso formativo semplificato e più snello, per usare un eufemismo.
Il timore c'è. Le cronache di tutti i giorni ci hanno abituato a riconoscere la


Pag. 29

serietà del tema che affrontiamo. Il livello di sicurezza sulle strade è spesso minato dal basso livello qualitativo dei soggetti che le frequentano.
Non possiamo pensare che agli istruttori di guida che svolgeranno questa importantissima missione non sia affidato, quantomeno, un compito che discende dalla precisa conoscenza delle norme stesse e da una qualificata preparazione in termini di professionalità. Infatti, nell'intervento precedente avevamo sostenuto e sottoscritto un emendamento analogo, proprio in questa logica. Non crediamo che tale impostazione possa minare un provvedimento che ha in sé, nella propria premessa, una logica liberalizzatrice.
Non siamo convinti del fatto che esista un automatismo per cui, se si pongono limiti in termini di qualità, di conoscenza, di preparazione tecnica specifica dei soggetti che dovranno svolgere tale attività, se ne limiti la libertà. È una questione di professionalità. Per quale motivo non dovremmo usare lo stesso atteggiamento nei confronti dei consulenti che popolano il nostro paese, commercialisti piuttosto che avvocati? Per quale motivo vi deve essere una qualifica professionale per alcuni soggetti e non deve esservi per qualcuno che, oggi, esercita un ruolo che, per noi, ha una funzione sociale?
Insistiamo su questo aspetto che - ahinoi - non ha trovato alcuna rispondenza e disponibilità da parte della maggioranza. Da giorni, affermiamo che avremmo preferito maggiore disponibilità e flessibilità, ma registriamo un nulla di fatto. Riteniamo importante che si prenda atto che stiamo giocando con la pelle dei cittadini. Stiamo parlando di persone che si troveranno ad affrontare le nostre strade pericolose con norme del codice della strada abbastanza rigide con un difetto di fondo: il limite di non poter essere stati preparati in modo adeguato, perché gli istruttori delle scuole guide che usciranno dall'approvazione del decreto-legge in esame non avranno la preparazione opportuna.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Raisi 10.86, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la Commissione V (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 416
Maggioranza 209
Hanno votato
173
Hanno votato
no 243).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 10.450 della Commissione.
Qual è il parere del Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo lo accetta.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.450 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 423
Maggioranza 212
Hanno votato
418
Hanno votato
no 5).

Prendo atto i deputati Delfino e Volontè non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti La Loggia 10.151 e Greco


Pag. 30

10.230, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare...

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 426
Maggioranza 214
Hanno votato
424
Hanno votato
no 2).

Mi dispiace, onorevole Formisano, ma avevo già indetto la votazione.
Prendo atto che i deputati Delfino, Formisano e Volontè non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Meta 10.147 e Giudice 10.148, sui quali vi è un invito al ritiro da parte della Commissione.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro dell'emendamento Meta 10.147, mentre l'onorevole Giudice insiste per la votazione del suo emendamento 10.148.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, volevo ringraziare il presidente Meta che, con molta puntualità ha presentato alcuni emendamenti, come quello che è appena stato ritirato, identico all'emendamento Giudice 10.148.
Per la verità il relatore ha accolto parzialmente il testo di successivi emendamenti. Noi, per spirito di coerenza, voteremo a favore dell'emendamento Giudice 10.148. Ringraziamo quindi il collega Meta per aver presentato un identico emendamento e ci dispiace che successivamente lo abbia ritirato. Tuttavia, forse il suo ritiro ha indotto il relatore ad esprimere un successivamente un parere parzialmente favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, intervengo per ribadire l'importanza di prevedere sanzioni per chi esercita abusivamente l'attività di autoscuola. Al di là di tutto, si tratta di un servizio importante per il quale abbiamo la presenza di lavoratori che, giustamente, devono essere tutelati, a fronte di una potenziale concorrenza sleale da parte di nuovi esercizi che nascono con la possibilità di avere facilitazioni. Le abbiamo ricordate stamattina e ribadiamo adesso alcune questioni, quali la capacità finanziaria ed i controlli che valgono solo per la sede principale e non anche per tutte le altre sedi o il fatto che non viene previsto un esame per stabilire se vi siano delle capacità gestionali minime da parte dei titolari di questi esercizi.
Pertanto, da un lato abbiamo il contrasto dell'abusivismo e del lavoro nero; dall'altro lato, vi sono attività che non rispettano i requisiti e gli standard minimi di servizio. Per questo riteniamo sia importante prevedere anche una sanzione. In caso contrario, come al solito, si rischia di dettare regole generiche. Infatti, a quanto pare andremo ad approvare un emendamento che invita il Governo ad emanare delle direttive e quindi a dare delle regole. Però, si tratta di un intervento non immediato e con una certa discrezionalità. A fronte di queste regole, inoltre, sappiamo che se non vi è una sanzione, ognuno si comporta come gli pare. Quindi, riteniamo opportuno far passare con chiarezza il principio che vi sono significative sanzioni al mancato rispetto della norma.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giudice 10.148, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


Pag. 31

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 433
Votanti 357
Astenuti 76
Maggioranza 179
Hanno votato
108
Hanno votato
no 249).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Giudice 10.149 e D'Agrò 10.231.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Presidente, intervengo per precisare la riformulazione che abbiamo proposto degli identici emendamenti Giudice 10.149 e D'Agrò 10.231. Come avevamo già detto, noi accogliamo il principio della lotta all'abusivismo e le sanzioni previste. Inoltre, inseriamo due modifiche, una delle quali, di carattere sostanziale, è volta ad aggiungere, dopo le parole «L'istruzione o la formazione dei conducenti impartita», le seguenti: «in forma professionale o comunque a fine di lucro». Ciò eviterebbe di penalizzare i casi in cui siano la madre o il padre ad impartire qualche lezione di guida al proprio figlio. Inoltre, alla fine dell'emendamento, la riformulazione prevede l'aggiunta, dopo le parole: «il disposto del comma 9-bis», delle seguenti: «del presente articolo», dal momento che si fa riferimento all'articolo 10 dove sono previste altresì le sanzioni.
Così riformulati, la Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti che consentono una più efficace azione contro l'abusivismo.

PRESIDENTE. Prendo atto che gli onorevoli Giudice e D'Agrò accettano la riformulazione proposta dal relatore dei loro identici emendamenti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intervengo per chiedere di apporre la mia firma all'emendamento D'Agro 10.231, nel testo riformulato. Inoltre, vorrei ringraziare il relatore per aver accolto le nostre indicazioni, anche se con riformulazione. Ciò dimostra, ancora una volta, lo spirito costruttivo che noi stiamo portando avanti sul provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Giudice 10.149 e D'Agrò 10.231, nel testo riformulato, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 427
Votanti 425
Astenuti 2
Maggioranza 213
Hanno votato
425).

Prendo atto che la deputata Zanella non è riuscita a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Raisi 10.89 e Campa 10.157.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, il relatore, esprimendo parere favorevole sugli identici emendamenti Giudice 10.149 e D'Agrò 10.231, ha accolto la nostra impostazione. Per la verità, ha introdotto nel testo degli stessi una riformulazione, prevedendo di non considerare abusivo chiunque eserciti l'attività di autoscuola senza scopo di lucro.
Si tratta di una formulazione che non ci trova pienamente consenzienti: infatti, si


Pag. 32

fa riferimento ai padri di famiglia, tuttavia vorrei osservare che potrebbero esserci anche padri che impartiscono lezioni di guida non ai propri figlioli, ma a quelli degli altri! Risulta sempre molto difficile, inoltre, stabilire se essi esercitino tale attività a titolo gratuito.
Credo che se, dopo avere approvato i precedenti emendamenti, anche se riformulati dal relatore, potessimo approvare gli identici emendamenti Raisi 10.89 e Campa 10.157, avremmo dato una risposta sicuramente positiva a chi non desidera forme di abusivismo in tale ambito. Voglio ribadire che il padre che insegna a guidare al proprio figliolo non è considerato un abusivo; tuttavia, si deve trattare del proprio figlio, e non si deve consentire che un padre di famiglia possa impartire lezioni di guida ai figli di tutti gli abitanti del comune di Venezia!
Voglio sottolineare, in conclusione, l'importanza di approvare gli identici emendamenti Raisi 10.89 e Campa 10.157, pur riconoscendo al relatore che, in occasione dell'esame dei precedenti identici emendamenti, ha parzialmente accettato la nostra impostazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Raisi 10.89 e Campa 10.157, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato
189
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che il deputato Realacci ha espresso erroneamente un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,39).

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, desidero intervenire, in maniera non rituale, sull'ordine dei lavori, anche perché credo che forse sia giunta l'ora di fare un po' il punto della situazione in ordine alle richieste avanzate dall'opposizione.
Premetto, Presidente, che non sono tra coloro, compresi alcuni aderenti al mio stesso partito, che ritengono anomalo - o, peggio ancora, fuori luogo o illegittimo - l'interventismo del Presidente della Camera su questioni politiche, come ad esempio le pensioni, la legge elettorale, l'Afghanistan o le trattative per tenere la conferenza di pace con i talebani.
Ritengo ciò legittimo, perché fa parte anche della trasformazione del ruolo ricoperto dal Presidente del Camera nel sistema bipolare; per cui, è naturale, come è capitato anche in altre legislature, che tale incarico perda un po' la propria natura per diventare una figura «politica». Infatti, esso viene assunto da leader politici e, naturalmente, non si possono dismettere questi panni.
Tuttavia, signor Presidente, non credo che per questo motivo non possano essere date risposte - specie quando queste sono necessarie ed urgenti e quando vengono richieste in più sedi ed a più riprese - o, peggio ancora, possano essere offerte risposte evasive oppure - come è anche capitato, Presidente - risposte che mostrano una profonda mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento.
Mi riferisco, Presidente, ad una serie di questioni che abbiamo posto dall'inizio della settimana, ma che non hanno ancora ricevuto una risposta e che, a nostro giudizio, condizionano un po' anche i nostri lavori. Poco fa, ad esempio, è stato chiesto che il Governo venga rapidamente a riferire non solo al Senato, ma anche alla Camera dei deputati sugli sviluppi e sulle condizioni che hanno determinato il


Pag. 33

fortunato rilascio - per il quale ci compiacciamo tutti - del giornalista Mastrogiacomo. Credo infatti che, su tale questione, non ci si possa limitare ad una presa d'atto di rito, ma si debba subito annunziare che, domani, il Governo interverrà anche alla Camera. Infatti, se l'Esecutivo si recherà al Senato per riferire su questo argomento, ritengo che debba farlo anche in questa sede.
Presidente, vi è ancora una questione che preme a tutta l'opposizione, e della quale è stata investita direttamente la Presidenza della Camera da parte di tutti i gruppi dell'opposizione: è prevista la calendarizzazione in aula del provvedimento sulla cittadinanza, per il quale sarebbe opportuno un rinvio dell'esame, rinvio chiesto non solo da tutti i gruppi dell'opposizione formalmente, per iscritto, al Presidente Bertinotti, ma condiviso anche da alcuni gruppi di maggioranza e per il quale vi è la disponibilità del presidente Violante, a condizione però che il Presidente Bertinotti lo conceda o ne dia un segnale.
Anche relativamente al prosieguo dei lavori sul decreto-legge in esame, Presidente, circolano alcune voci un po' «contraddittorie»: da una parte, viene annunciata o minacciata la seduta notturna; dall'altra nella stessa seduta notturna sarebbe prevista la discussione generale del decreto-legge sulla violenza negli stadi, che è nostra intenzione invece esaminare rapidamente, anche perché sono state approvate talune modifiche presso le Commissioni riunite, e che rappresenta un caso storico, perché sarebbe la prima volta, dall'inizio della legislatura, che questo ramo del Parlamento riesce a rinviare un provvedimento al Senato.
Ebbene, Presidente, sono tutte questioni sulle quali la Presidenza della Camera dovrebbe intervenire. Ad esempio, l'opposizione ha chiesto ed ottenuto che fosse espresso questa settimana un voto che impegnasse il Governo alla vigilia dell'importante Consiglio europeo che si terrà nel prossimo fine settimana e che rilancerà anche il processo costituente, voto già espresso dal Senato: forse la Presidenza della Camera dovrebbe anche assicurare che il voto della Camera avvenga entro giovedì di questa settimana, perché sarebbe la prima volta che la Camera non si esprime alla vigilia di un processo così importante, o, peggio ancora, rischiamo di dare il mandato al Governo dopo che il vertice si sarà già svolto.
Infine, vi è anche una questione che non è solo di stile, ma di sostanza - lei era presente ieri, Presidente - e che, per quanto mi riguarda, ritengo essere, oltre una caduta di stile, anche una occasione persa da parte del Presidente Bertinotti, dei gruppi di maggioranza e dello stesso gruppo al quale lei appartiene.
Il nostro, Presidente, è un paese di cerimonie, riti e commemorazioni, e a questi siamo abituati: il rito è giusto perché serve a mantenere viva la memoria e il significato di quelle date. Ieri è stato il quinto anniversario della tragica uccisione di Marco Biagi (Generali applausi): noi abbiamo chiesto che in quest'aula vi fosse una commemorazione, che invece vi è stata in forma poco più che privata a Bologna, cui nessuna rappresentanza ufficiale della Camera ha partecipato. Abbiamo chiesto allora che, ove non fosse possibile ieri, per dimenticanza, almeno oggi la Presidenza della Camera facesse in quest'aula la commemorazione o annunciasse quali iniziative l'Ufficio di Presidenza intenderà assumere (borse di studio o altro) per ricordare la figura di Marco Biagi.
Presidente, tale sollecito è stato effettuato in aula dall'onorevole Baldelli. Ebbene, non lei, ma un ufficio stampa ha risposto ad un deputato che venerdì scorso il Presidente della Camera, ad una cerimonia che si è tenuta a Milano per intitolare una piazza a Marco Biagi, ha mandato un suo cenno di solidarietà. A nostro giudizio, si tratta di una mancanza di rispetto nei confronti della Camera: non è questo ciò che si chiedeva e ciò che continuiamo a chiedere.
Concludo, Presidente, dicendo che per tre anni, nella scorsa legislatura, abbiamo subito tutti, non soltanto i familiari, ma proprio tutti, l'onta di veder definire la


Pag. 34

legge Biagi come la «legge n. 30» proprio dal partito della Rifondazione comunista. Ecco, Presidente, credo che questa poteva essere l'occasione giusta per significare che, almeno oggi, da parte del Presidente della Camera Marco Biagi non è più un numero (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania)!

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Non intervengo su questioni di competenza del Presidente della Camera, il quale avrà ovviamente modo di rispondere, o attraverso di lei, Presidente Castagnetti, o direttamente, all'onorevole Vito; vorrei segnalare, però, signor Presidente, che noi ci troviamo nella singolare situazione - situazione che si ripete spesso in questa Assemblea - di esponenti dell'opposizione (nella fattispecie, il presidente del gruppo di Forza Italia, Elio Vito) che pongono questioni attinenti all'ordine dei lavori come se, in qualche modo, il disordine dei nostri lavori dipendesse dalla maggioranza. Ritengo sia semplicemente utile ricordare all'onorevole Vito, anche per fare un po' di chiarezza tra tutti noi, quale sia l'evolversi di questo dibattito.
Ebbene, pende all'esame di questo ramo del Parlamento il disegno di legge di conversione di un decreto-legge presentato dal Governo, la cui discussione in questa Assemblea è iniziata più di dieci giorni fa - la discussione sulle linee generali è, infatti, cominciata venerdì dell'altra settimana - e prosegue incontrando un atteggiamento chiaramente ostruzionistico da parte di alcune forze dell'opposizione. Signor Presidente, non ci è sfuggito, e non sfugge a nessuno, che, pur nel quadro di un atteggiamento sin dall'inizio contrario di tutte le forze dell'opposizione, solo da parte di alcune si è manifestato un atteggiamento ostruzionistico.
Ciò, ovviamente, non può non mettere in evidenza l'esigenza della maggioranza, la quale ha tutto il diritto di ottenere la conversione in legge di un decreto-legge molto importante non tanto e non solo per la maggioranza quanto e soprattutto per i cittadini; molto importante, per essere chiari, per gli elettori di tutti i partiti. Ognuno, poi, si assume la responsabilità delle proprie azioni e pertanto non condivido che oggi l'onorevole Vito dichiari, in base a quanto leggo, che i senatori si lamentano perché il provvedimento giungerebbe al loro esame soltanto a cinque giorni dalla scadenza. Non siamo noi, infatti, che stiamo ritardando la conversione di questo provvedimento; se qualcuno si assume la responsabilità di ritardarne i lavori, ovviamente sarà inevitabile che i tempi di esame al Senato saranno più brevi.
Dunque, per chiarezza, signor Presidente, la scorsa settimana, noi, prendendo atto (ci mancherebbe altro!) dell'atteggiamento delle forze di opposizione, e dopo che il Governo aveva chiaramente dichiarato che non avrebbe posto la questione di fiducia, proprio per evitare le polemiche che si sono scatenate ogni volta quando pendevano all'esame del Parlamento dei decreti, abbiamo avanzato una proposta anche sul metodo di lavoro e circa il possibile calendario di questa Assemblea per la scorsa settimana e per questa che sarebbe seguita. Abbiamo proposto che si potesse giungere ad una conclusione di questo esame, dopo oltre dieci giorni di dibattito, nella giornata di oggi in modo da potere, da domani, affrontare questioni importanti che pure pendono al nostro esame, quali il decreto-legge sugli stadi ed il provvedimento sulle intercettazioni telefoniche.
Avevamo dato la nostra disponibilità a trattare anche alcuni provvedimenti sollecitati dall'opposizione, ma, come sappiamo, ciò sarebbe dipeso anche dalla disponibilità dell'opposizione stessa a consentire un lavoro concreto da parte di questa Assemblea per portare a conclusione l'iter di conversione dei due decreti


Pag. 35

pendenti; peraltro, su uno dei due si è registrato persino l'accordo di tutti ieri sera in sede di Commissione.
Ora, il punto è chiaro, vorrei ribadirlo all'onorevole Vito e a tutti gli altri colleghi dell'opposizione: noi rimaniamo disponibili e il Governo non ha alcuna intenzione di porre la questione di fiducia. Abbiamo però la responsabilità, come maggioranza, di portare a compimento l'iter del decreto-legge riguardante le liberalizzazioni e di quello che riguarda gli stadi; se dunque cessa l'atteggiamento manifestato da una parte dell'opposizione sarà possibile ottenere tutto, compresa la soddisfazione della richiesta avanzata - vorrei ricordare all'onorevole Vito - venti minuti fa riguardo all'informativa del Governo sulla liberazione di Daniele Mastrogiacomo. Peraltro, il Governo interviene al Senato e quindi, comunque, formalmente, adempie al suo compito; in ogni caso troveremmo sicuramente il tempo di svolgere un'informativa anche qui e concordiamo sulla richiesta che venga a riferire anche alla Camera.
Però, il problema è che non si può, da una parte, fare di tutto perché si ritardino i lavori e, dall'altra, contemporaneamente protestare perché non si affrontano le questioni che si hanno a cuore. Se vi è la collaborazione di tutti - noi abbiamo dimostrato la nostra attraverso il lavoro svolto (e ringrazio, al riguardo, il relatore Lulli e tutta la Commissione), accogliendo molte delle istanze dell'opposizione -, ebbene, se vi è questa disponibilità, si potrà tranquillamente portare a compimento un calendario che per questa settimana è importante dati i provvedimenti all'ordine del giorno. Diversamente, è del tutto evidente che la maggioranza non potrà che concentrarsi nell'immediato sui due decreti all'ordine del giorno che sono in rapida scadenza e che vorremmo giungessero all'esame del Senato qualche giorno prima del termine, in maniera tale che l'altro ramo del Parlamento sia in grado di discuterli.

PRESIDENTE. Prima di proseguire con gli interventi sull'ordine dei lavori - altri colleghi, infatti, chiedono di intervenire, come è prevedibile in questi casi -, vorrei precisare che sulle questioni anticipate nei giorni scorsi alla Presidenza il Presidente si è attivato presso il Governo e ci farà sapere quali sono le risposte. Altre questioni sono state poste oggi per la prima volta ed è quindi del tutto evidente che non si poteva attendere una risposta immediata.
Quanto al ricordo della scomparsa di Marco Biagi, l'onorevole Baldelli, che ieri aveva sollevato la questione, è testimone che nella seduta di ieri, per quanto non si sia fatta una commemorazione ufficiale, si è comunque ricordata la circostanza anche da parte della Presidenza. Rimane comunque l'impegno del Presidente della Camera di ottenere al più presto una disponibilità da parte del Governo sulle questioni che egli ha posto.
Considerato l'alto numero di richieste di intervento sull'ordine dei lavori, interverrà un deputato per gruppo.

MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza Nazionale condivide completamente le ragioni esposte dall'onorevole Elio Vito. Non ripeterò pertanto le argomentazioni svolte su molte questioni su cui è intervenuto il collega. Voglio richiamare l'attenzione dell'Assemblea ed anche - ed in particolare - della Presidenza su uno dei punti che è stato già trattato, ossia il progetto di legge sulla cittadinanza.
A fronte dell'esigenza di esaminare molti argomenti, come veniva ricordato in precedenza dai colleghi della maggioranza, vi è poi, stranamente, un andamento talvolta «schizofrenico», per cui o i lavori d'aula non vengono programmati con la necessaria frequenza, o nelle Commissioni si verificano delle «corse». Noi abbiamo chiesto al Presidente della Camera di riflettere sulla calendarizzazione del provvedimento sulla cittadinanza. Il testo unificato elaborato in materia dalla Commissione


Pag. 36

è pronto per l'esame da parte dell'Assemblea sin dagli inizi di febbraio. Vi sono state circa tre settimane di mancati lavori parlamentari a causa della crisi di Governo e non si è ancora affrontato l'esame di un progetto così importante. La legge sulla cittadinanza è, infatti, la legge suprema, considerato che è il diritto di cittadinanza che poi fa sorgere i diritti ed i doveri delle persone, quindi è una legge ancora più importante di altre ed ha un rango di rilevanza costituzionale. La discussione in Assemblea del provvedimento è calendarizzata per la fine del mese, peraltro con ritardi sui lavori parlamentari non addebitabili all'opposizione, considerate anche la crisi di Governo e le altre incertezze della maggioranza, ma si pretenderebbe di concludere l'esame degli emendamenti in Commissione, avendo stabilito di votare in Commissione affari costituzionali da lunedì, ossia da ieri, a domani, anche minacciando l'applicazione di un contingentamento su emendamenti che sono stati presentati non in quantità a fini ostruzionistici, ma con spirito costruttivo e responsabile da parte dei gruppi di opposizione.
Ecco perché i presidenti di gruppo, come saprà anche il presidente Castagnetti, hanno avanzato una proposta, poche ore fa. Ovviamente, si tratta di una procedura un po' più accelerata, maturata in Commissione affari costituzionali, peraltro con un ufficio di presidenza che si è appena concluso, la quale è finalizzata a far discutere una legge importante, che nessuno vuole evitare di affrontare, ma che si desidera esaminare con la serenità necessaria. Come sanno i colleghi, spesso un buon lavoro svolto in Commissione, soprattutto in materia di leggi così complesse e delicate, consente, poi, un esame più sereno in Assemblea, perché la Commissione è un luogo in cui approfondimenti e scambi di opinioni si possono realizzare con maggiore serenità, in un contesto più attento, se non altro per ragioni di limiti quantitativi.
Oltre a condividere dunque, a nome del mio gruppo, le considerazioni svolte dall'onorevole Elio Vito, rivolgo un appello alla Presidenza perché su questo su questo specifico punto, essendo questa sera previsto un termine per scegliere non so quanti emendamenti per gruppo e per articolo, tenuto conto che il numero di emendamenti sulla cittadinanza, lo ribadisco, non è tale da presupporre intenti ostruzionistici, vi possa essere un utile contributo ad un più ordinato andamento dei lavori. Si tratta di una proposta sulla quale, peraltro, il presidente della I Commissione, onorevole Violante, ha espresso una valutazione positiva: tutto si collega, infatti, alla legittima iniziativa dei gruppi.

ANTONELLO FALOMI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, mi sembra che sollevare, a questo punto della discussione, le questioni che sono state poste dal collega Elio Vito e dal collega Gasparri sia abbastanza pretestuoso, nel senso che tali questioni - che desidero approfondire in seguito - avrebbero potuto tranquillamente essere sollevate nel corso della seduta di ieri, anziché in una seduta nella quale stiamo cercando di recuperare un enorme ritardo nell'approvazione di questo provvedimento, ritardo dovuto alla continuità degli interventi dal tenore ostruzionistico che vengono svolti da alcuni settori dell'opposizione.
È pretestuoso tale modo di procedere, mentre trovo che siano anche un po' infondate le critiche mosse al Presidente della Camera. Il Presidente della Camera deve certamente essere garante delle istanze dell'opposizione, ma deve essere anche garante delle istanze della maggioranza. Egli deve, cioè, essere garante di tutti. Mi pare che quando si predispone il calendario dei lavori dell'Assemblea le istanze dell'opposizione siano regolarmente registrate. Il punto è che non si riesce mai ad arrivare alla discussione di quei provvedimenti che spesso l'opposizione reclama e ciò è dovuto ad una


Pag. 37

condotta d'aula che, francamente, non mi pare vada incontro alle esigenze che la stessa opposizione solleva.
Quindi queste critiche mi sembrano infondate e pretestuose, e penso che forse il modo migliore per rispondere alle esigenze che qui sono state sollevate sia quello di rispettare i calendari e gli ordini del giorno che la Conferenza dei Presidenti di gruppo stabilisce per la nostra Assemblea. Grazie.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, intervengo sull'ordine dei lavori per avanzare, a nome del gruppo della Lega Nord, la richiesta di allungare i termini di discussione previsti con riferimento alla legge sulla cittadinanza.
È veramente impossibile lavorare in questo modo. Ci sono sicuramente due filosofie che si stanno scontrando. Vi è cioè la filosofia, evidentemente della maggioranza, che è la filosofia della immigrazione libera, che vuole spalancare a tutti le porte della concessione della cittadinanza, e c'è la nostra filosofia. Non è però possibile, non è accettabile che il Parlamento non sia posto nelle condizioni di discutere e di esaminare con attenzione provvedimenti così importanti.
I lavori in Commissione sono stati previsti a tappe non dico forzate, ma inaccettabili, perché in due giorni si pretende di liquidare un provvedimento che stravolgerebbe completamente tutte le norme sulla concessione della cittadinanza, una delle leggi probabilmente più importanti che verrebbe varata in questa legislatura, proprio dal punto di vista degli assetti, senza che ci sia la possibilità di discutere e di esaminare il provvedimento.
Quindi, per questi motivi, noi chiediamo a lei in quanto Presidente di turno, di rappresentare al Presidente della Camera che è stata fatta una richiesta da parte dei Capigruppo di tutte le forze politiche di opposizione per fare in modo che ci siano tempi di discussione accettabili. Non è possibile, Presidente, che una materia così importante venga piegata a strumentalizzazioni di parte, e spiego qual è la strumentalizzazione di parte: si vuole fare una «marchetta» a favore della sinistra radicale perché ci sono provvedimenti che la maggioranza non è in grado di gestire, come il provvedimento sull'Afghanistan, e allora si concede tutto, compreso questi tempi sulla legge sulla cittadinanza, senza rendersi conto degli effetti che questo provvedimento provocherà!

PRESIDENTE. Onorevole Cota, lei ha parlato ed io l'ho lasciata parlare perché ho riconosciuto questa facoltà ad un esponente per gruppo. Per la verità, non stiamo discutendo di questo argomento; adesso stiamo discutendo del provvedimento sulle liberalizzazioni. Informo lei e informo tutti i presidenti di gruppo che alle ore 16,45 il Presidente ha convocato la Conferenza dei presidenti di gruppo, che si svolgerà nella sala dei ministri, al piano aula.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè, con il quale chiudiamo la serie di interventi fin qui succedutisi. Prego, onorevole Volontè, ha facoltà di parlare.

LUCA VOLONTÈ. Non voglio contravvenire alla moda che ha contraddistinto gli interventi fino a poco fa, ma sarò più breve degli altri, Presidente. Anche noi, con una lettera al Presidente Bertinotti, ci siamo pronunciati in merito alla richiesta di dilazione del termine relativo al provvedimento sulla cittadinanza. Confido che lei lo farà presente, perché lei lo sa meglio di me che in serata il Presidente della I Commissione affari costituzionali, in mancanza di un pronunciamento della Presidenza, sarà obbligato a dare corso all'articolo 79, comma 10, che prevede (con il provvedimento «tagliola») il dimezzamento dei tempi ed una discussione limitata a due emendamenti per ogni gruppo sul provvedimento sulla cittadinanza.
Anch'io condivido quello che hanno detto i miei colleghi. La ringrazio per aver


Pag. 38

risposto ieri alla sollecitazione del collega Simone Baldelli. Ritengo sinceramente, però, che non ci sia nemmeno bisogno di far presente che, a seconda degli appuntamenti, anche internazionali, del nostro Presidente Bertinotti, si possa trovare un momento per commemorare la figura di Marco Biagi, non solo per il valore in sé, ma anche per le circostanze che stiamo vivendo rispetto al fenomeno terroristico.
Mi permetto di aggiungere, poi, che non stiamo praticando alcun tipo di ostruzionismo. Tuttavia, mi sembra che da altri colleghi di altre forze dell'opposizione sia venuta (e mi spiace che ciò non sia stato colto dal vicepresidente Giachetti) una proposta di riflessione.
Vi sono argomenti (mi riferisco all'articolo 10 e all'articolo 13, che tenta di modificare, in un provvedimento improprio, una parte della riforma Moratti) che meritano di essere approfonditi, diciamo (e limitiamoci a questo) per l'eterogeneità del provvedimento.
Se si decidesse di affrontare quei quattro, cinque nodi che stanno più a cuore all'Assemblea, forse si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di procedere più rapidamente su altri articoli.
Dunque, credo che alcuni argomenti meritino un approfondimento. Valuti la maggioranza come poter affrontare quest'ipotesi di lavoro, seppur suggerita.

Si riprende la discussione (ore 16,05).

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2201-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento La Loggia 10.206.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, prima di entrare nel merito dell'emendamento in oggetto, vorrei fare una premessa.
Abbiamo assistito, quasi impietriti, all'ennesimo ed ormai rituale pistolotto dell'onorevole Giachetti, pieno di buone intenzioni, il quale, però, dimentica questioni fondamentali che attengono ai tempi e alla gestione del provvedimento in esame.
Il provvedimento è arrivato in quest'aula con oltre dieci giorni di ritardo rispetto a ciò che era stato stabilito con riferimento alla programmazione dei lavori in accordo con la Commissione, a causa della crisi della vostra maggioranza! Dunque, non possiamo accettare che da una maggioranza, che ha dovuto gestire una crisi e che, per questo motivo, ha fatto slittare i tempi, arrivi qualsiasi tipo di commento caustico, come quello dell'onorevole Giachetti!
Non possiamo prestarci a questo tipo di ragionamento! Non ci interessa quali siano le critiche che giungono dal Senato! I tempi di questo provvedimento erano tranquillamente gestibili in una situazione normale! La situazione non è stata normale a causa non dell'opposizione, ma della maggioranza, che è andata in crisi sul voto sull'Afghanistan!
Questo va detto chiaramente a tutti! Se al Senato non ci saranno i tempi per discutere, non ci saranno per colpa della vostra incapacità di governare, per colpa dell'incapacità del Governo di mantenere un equilibrio nel momento in cui eravamo stati chiamati a venire in quest'aula a discutere su questo procedimento! Diversamente, oggi, staremmo esaminando un altro provvedimento, caro onorevole Giachetti! Sarebbero passati dieci giorni da allora! Infatti, il lunedì successivo all'approvazione definitiva del testo in Commissione, eravamo pronti ad esaminare il provvedimento in aula e lo avevamo anche calendarizzato! Non ci siamo venuti per colpa della vostra maggioranza! Non potete imputare all'opposizione alcun tipo di responsabilità e non accetteremo altre lezioni sulla morale da parte di qualsivoglia esponente della maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.


Pag. 39

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, a qualcuno potrà dispiacere che ci soffermiamo a commentare la necessità di avanzare proposte emendative, per cercare di rendere adeguato quello che secondo noi è un provvedimento importante, e che probabilmente si sarebbe potuto affrontare in un modo diverso, attraverso un dialogo più approfondito, verificando effettivamente la portata di determinate normative e tenendo in considerazione momenti simili, laddove si è voluto introdurre formule di decentramento sbagliato che hanno prodotto, per settori importanti e vitali, grandi difficoltà, distonie e problemi alle imprese che dovevano operare quotidianamente.
In un momento nel quale il Governo prende l'iniziativa di presentare un disegno di legge contenente quello che viene definito «pacchetto sicurezza» desideriamo porre la seguente domanda: ma la sicurezza dei cittadini non vale, forse, un provvedimento d'urgenza? Nella scorsa legislatura, quando si volle intervenire per ridurre significativamente gli incidenti e la mortalità sulle strade, vi fu un atto di coraggio del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, professor ingegner Lunardi, su impulso del quale il Governo Berlusconi adottò un decreto-legge che produsse risultati significativi: dopo due anni e mezzo, la mortalità si è ridotta del 19,5 per cento! In questo modo si interviene quando si vuole dare valore ad un problema fondamentale come la sicurezza! La verità è che il vostro provvedimento, dovuto al ministro Bersani, utilizza la parola «liberalizzazione» come copertura.
In realtà, sullo specifico argomento di cui ci stiamo occupando sono intervenuti pronunciamenti di organi comunitari, anche giurisdizionali, i quali hanno chiaramente sottolineato che i soggetti che curano l'istruzione delle nuove generazioni o, in generale, dei soggetti non ancora in possesso della patente di guida, devono mettere tutti costoro in condizione di circolare sulle strade dopo avere acquisito la necessaria conoscenza della normativa, in maniera tale che tengano comportamenti rispettosi delle norme di sicurezza.
Ebbene, allo scopo di dare un significato alla dichiarazione di inizio attività, l'emendamento in esame propone che il ministro, non qualcun altro che non sa nemmeno di cosa si parli, stabilisca le modalità per la dichiarazione medesima. A proposito, ci piacerebbe sapere dove sia il ministro dei trasporti. Benché stiamo esaminando una normativa importante, che lo vede protagonista (dal momento che egli dovrà emanare provvedimenti attuativi), il ministro dei trasporti non è presente: l'Assemblea non sembra essere un luogo «appetito» dal signor ministro o dai suoi sottosegretari!
Ad ogni modo, si vuole dare al ministro dei trasporti la possibilità di intervenire con regolamento per dettare norme che dovranno essere omogenee su tutto il territorio nazionale. Non dimentichiamo che la normativa riguarderà più di cento province: cosa daremo al paese? Un'autoscuola che si comporta in un modo ed un'altra che, in una provincia diversa, si comporta in un altro modo? Già nel settore dell'accesso alla professione, grazie alla bellissima invenzione del ministro Bassanini, abbiano - ahimè! - situazioni difformi sul territorio nazionale: poiché ogni provincia si comporta come vuole, non sono rispettate le garanzie stabilite dalle direttive comunitarie!
Attribuendo al ministro il potere di dettare con regolamento, successivamente all'entrata in vigore del provvedimento, le norme che disciplineranno le modalità per la dichiarazione di inizio attività, l'emendamento in esame tende a realizzare una situazione omogenea su tutto il territorio nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento La Loggia 10.206, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


Pag. 40


Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 466
Votanti 465
Astenuti 1
Maggioranza 233
Hanno votato
210
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che il deputato Tabacci non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giudice 10.207, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 465
Votanti 464
Astenuti 1
Maggioranza 233
Hanno votato
209
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che i deputati Tassone e Grassi non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Prendo atto altresì che i presentatori degli emendamenti La Loggia 10.169, Fava 10.172 e Greco 10.232 non accedono all'invito al ritiro.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti La Loggia 10.169, Fava 10.172 e Greco 10.232, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 474
Maggioranza 238
Hanno votato
214
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che il deputato Grassi non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Chiedo ai presentatori degli emendamenti Fava 10.180, Uggè 10.181 e Attili 10.182 se accettino la riformulazione proposta dal relatore.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, accettiamo la riformulazione ma intendiamo puntualizzare un concetto. In questa giornata si è parlato a lungo di autoscuole che sono di là da venire; tuttavia, bisogna considerare anche quelle esistenti. L'emanazione delle direttive ministeriali potrebbe costituire l'occasione per rendere ancor più seri e validi, per così dire, gli esami per il conseguimento di patenti di guida. Affermo questo proprio alla luce del dibattito che si è aperto sulla necessità di una maggiore sicurezza sulle strade. Quindi, oltre a verificare e regolamentare nel miglior modo possibile le autoscuole di nuova apertura, cerchiamo di cogliere l'occasione per emanare regole più stringenti e pregnanti per quelle già in attività. Questa è l'esortazione che vogliamo indirizzare al Governo in vista dell'emanazione delle ricordate direttive.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, senza ombra di dubbio noi esprimiamo soddisfazione nel constatare che, nella riformulazione proposta, il relatore ha accolto parte dell'emendamento Uggè 10.181, di cui sono cofirmatari i colleghi La Loggia, Fratta Pasini, Giudice, Fallica, Milanato e Fedele e al quale intendo apporre anche la mia firma. Tuttavia, non possiamo accettare - me lo consenta il relatore, il quale, pure, ha compiuto un gesto di buona volontà - che ci si limiti ad accettare la parte degli identici emendamenti in esame relativa alle prescrizioni su locali e orari. Precisiamo meglio. La parte degli emendamenti in esame accettata dal relatore è quella che propone che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore


Pag. 41

della legge di conversione del decreto-legge di cui stiamo discutendo, il ministro dei trasporti emani una o più direttive di revisione dell'esercizio dell'attività di autoscuola con riguardo alle prescrizioni su locali e orari. Tuttavia, gli stessi emendamenti proponevano che le prescrizioni del ministro riguardassero anche l'attrezzatura tecnica e didattica, l'organico e la capacità finanziaria.
Non vi è ombra di dubbio che noi siamo soddisfatti per l'accoglimento della prima parte. Tuttavia, se non approveremo anche la seconda parte, tutto il dibattito odierno e l'impegno profuso da tutto il Parlamento nell'esame di questo decreto-legge sarà vanificato. Dobbiamo adoperarci, infatti, affinché le autoscuole siano non soltanto adeguate in termini di attrezzatura tecnica e didattica, di organico e di capacità finanziarie, ma anche in grado di dare risposte positive in termini di insegnamento ai giovani e a coloro che si presentano per conseguire la patente di guida. Limitarsi alle prescrizioni relative ai locali e agli orari mi sembra davvero contraddittorio. Mi rivolgo a lei, signor Presidente, al presidente della Commissione trasporti, ai rappresentanti dell'Esecutivo - anche se non vedo nessuno, tra i banchi del Governo, che abbia competenze in materia di trasporti - e al relatore, che tanto bene ha operato rispetto alla prima parte, per sottolineare che tutto il suo lavoro sarà vanificato se ci limitiamo a questa riformulazione. Dobbiamo assolutamente approvare l'emendamento Uggè 10.181 al quale, come ho ricordato, aggiungo anche la mia firma, identico sia all'emendamento Attili 10.182, il cui presentatore certamente non appartiene al gruppo di Forza Italia, sia all'emendamento Fava 10.180, di cui sono cofirmatari i colleghi Allasia e Garavaglia.
Signor Presidente, concludo con una perorazione. Siamo quasi al termine dell'esame dell'articolo 10 di questo decreto-legge e stiamo esaminando il nocciolo della questione, il cuore del provvedimento. Le autoscuole dovranno essere in grado di dare una risposta positiva riguardo alle prescrizioni sui locali, che devono essere a norma - questo mi sembra logico, evidente e di buonsenso -, e sugli orari, che devono essere rispondenti alle esigenze dei cittadini. Tuttavia, se eliminiamo il riferimento all'attrezzatura tecnica e didattica, all'organico e alla capacità finanziaria avremo vanificato tutto il nostro lavoro. In fondo, anche i miglioramenti apportati grazie al buonsenso del relatore, di fatto, saranno annullati. Si afferma di voler accogliere il nostro emendamento ma, nella sostanza, non lo si accoglie e, per certi aspetti, si peggiora la situazione. Allora è meglio non convocare neppure la prevista commissione, nei prossimi sei mesi. Che cosa potrà dire una commissione ministeriale, la cui convocazione comporterà un dispendio di energie e di denaro? Dovrà stabilire che i locali siano a norma dal punto di vista igienico-sanitario?
Cosa potrà dire questa commissione? Potrà stabilire che nella scuola guida non si faccia un orario notturno? Mi chiedo quale significato abbia prevedere un termine di sei mesi - al riguardo ci stiamo fidando del Governo - entro i quali il Ministero dei trasporti dovrà emettere delle direttive sull'orario e sui locali.
Chiedo al rappresentante del Governo se sia in grado di esprimere un parere positivo su questo aspetto, perché, se così non fosse, ciò equivarrebbe ad essere contrario a tutta l'impostazione della legge.

PRESIDENTE. Onorevole Attili, accetta la riformulazione del suo emendamento 10.182?

ANTONIO ATTILI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal relatore.

PRESIDENTE. Onorevole Uggè, accetta la riformulazione del suo emendamento 10.181?

PAOLO UGGÈ. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Uggè, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale.


Pag. 42

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, ovviamente non posso che associarmi alle considerazioni svolte dall'onorevole Campa. Vorrei ricordare la motivazione per la quale non riteniamo che questo emendamento sia stato correttamente riformulato. Infatti, qui si parla di qualità di un servizio la cui funzione sociale è stata riconosciuta dal codice della strada, dalla Consulta, dal Consiglio di Stato, dal Parlamento nella seduta della Commissione competente del Senato nell'ottobre del 1988 e dall'Unione europea con la direttiva 2006/123/CE.
Qui non si parla di liberalizzare un settore qualsiasi, ma di intervenire in un settore la cui funzione sociale è riconosciuta da tutte queste istituzioni e dalle norme. Ecco perché è in gioco la qualità del servizio che è messo a disposizione. Ecco perché bisogna identificare gli standard qualitativi.
Per questi motivi, la riformulazione proposta non ci sta bene e non siamo soddisfatti della proposta avanzata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, mi associo alle osservazioni del collega Campa, che mi ha preceduto, per manifestare la mia sostanziale contrarietà rispetto a questa riformulazione, che snatura la finalità stessa del provvedimento. Quindi, annuncio il mio voto contrario.

PRESIDENTE. Onorevole Fava, vorrei farle notare che l'onorevole Garavaglia aveva accettato la riformulazione ed è uno dei firmatari del suo emendamento. Lei, onorevole Fava, è il primo firmatario dell'emendamento, mentre l'onorevole Garavaglia è il terzo ed aveva accettato - ripeto - la riformulazione proposta dal relatore.

GIOVANNI FAVA. Ribadisco che non accetto la riformulazione proposta dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene. Dobbiamo ora procedere alla votazione degli emendamenti.
Avverto che porrò in votazione prima gli identici emendamenti Fava 10.180 e Uggè 10.181 e, successivamente, l'emendamento Attili 10.182, nel testo riformulato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Fava 10.180 e Uggè 10.181, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 425
Astenuti 49
Maggioranza 213
Hanno votato
164
Hanno votato
no 261).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Attili 10.182, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 473
Votanti 463
Astenuti 10
Maggioranza 232
Hanno votato
354
Hanno votato
no 109).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Velo 10.184 e La Loggia 10.208.

ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


Pag. 43

ANNA TERESA FORMISANO. Intervengo per aggiungere la mia firma all'emendamento La Loggia 10.208.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Velo 10.184 e la Loggia 10.208, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
477).

Passiamo all'emendamento Attili 10.210.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Santelli 10.188 e Germontani 10.233.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. La ringrazio, Presidente. Prendo la parola per spiegare l'emendamento. Il comma 9 dell'articolo 10 riguarda l'anticipazione del percorso di liberalizzazione dei servizi automobilistici interregionali. Esso costituisce a nostro giudizio una scelta molto discutibile, in quanto è volto ad abrogare la norma transitoria introdotta in materia dall'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2005. In forza di tale disposizione si prevedeva che fino al 31 dicembre 2010 l'autorizzazione di nuovi servizi di linea fosse subordinata alla condizione che le relazioni di traffico proposte interessassero località distanti più di trenta chilometri da quelle servite nell'ambito dei servizi di linea esistenti.
La ratio sottesa a tale previsione tendeva a salvaguardare, pur nel quadro della transizione dal regime concessorio a quello autorizzatorio dei servizi automobilistici interregionali, le imprese concessionarie che avevano già effettuato notevoli investimenti nel settore, prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina. Ai sensi del comma 9 dell'articolo 10 del decreto-legge in esame questa garanzia verrebbe meno tout-court, laddove invece sarebbe stato meglio procedere in modo meno drastico, riguardo al termine del 2010. Per questo motivo voglio ancora sottoporre all'attenzione del relatore e del Governo questo emendamento, sperando in una modifica del loro parere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Intervengo per sostenere la necessità di accogliere l'emendamento proposto, che sottoscrivo, perché lo condivido. Esso fa riferimento infatti ad una riforma, passata forse sotto silenzio anche magari all'interno del Governo, che ha avuto il coraggio di intervenire sulla legge n. 298 del 1974 (che determinava le regole per il trasporto merci e la tariffazione obbligatoria per questo tipo di attività) e su una legge del 1929, che regolamentava i trasporti interregionali di persone. Noi abbiamo avuto la capacità, il coraggio e la determinazione di confrontarci con le categorie interessate ed insieme ad esse ed al mondo che rappresenta gli interessi della società abbiamo trovato una formulazione sia per il trasporto merci, sia per il trasporto persone, che ha ottenuto la condivisione dei mondi interessati e coinvolti.
Ebbene, in quel momento abbiamo valutato attentamente la necessità di introdurre un periodo transitorio, perché abbiamo visto che ci trovavamo di fronte ad imprese che avevano effettuato degli investimenti, dei quali dovevamo tenere conto


Pag. 44

in termini di sacrificio economico affrontato: è da ciò che deriva infatti la necessità di stabilire per le imprese, che già operano nel settore, un periodo entro il quale doversi avvicinare alla liberalizzazione totale. Quello è stato dunque un atto di responsabilità, una scelta che è stata esaminata a lungo nelle Commissioni parlamentari sia del Senato, sia della Camera. Si è trattato di un provvedimento che è stato approvato dalla Camera con la stessa formulazione decisa al Senato e i decreti legislativi di attuazione si sono basati sui principi contenuti in quella legge delega.
Oggi invece si interviene con un colpo di spugna, quasi volendo anche contrabbandare che qui si vuole intervenire sul trasporto pubblico locale, ma non è così! Questa è una bugia, che qualche giornale veicola, forse non sapendo di cosa parla, per dare credito ad un intervento - che il Governo invece non ha fatto - di liberalizzazione sul trasporto pubblico locale. Si parla invece di trasporto di persone a livello interregionale, cioè fra due o più regioni, che è realizzato da imprese private, che hanno effettuato degli investimenti. Dobbiamo, quindi, tenere anche conto del fatto che esiste la legge delega n. 32, che ha stabilito l'eliminazione delle rendite dei diritti di esclusività con un graduale passaggio.
Pertanto, intervenendo con un decreto-legge che abroga la previsione di un periodo transitorio, si va contro una legge voluta e votata dal Parlamento, quindi contro gli operatori che hanno realizzato degli investimenti. In tal modo non si determinerà certo l'apertura dei mercati, né si produrranno vantaggi per i consumatori, ma si creeranno solo difficoltà agli operatori di questo settore.
Per tale motivo, chiedo di riflettere sulla proposta emendativa, che ho voluto sottoscrivere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, condividendo le argomentazioni degli onorevoli Germontani ed Uggè, vorrei ribadire - è, infatti, incomprensibile - che attraverso il comma 9 di questo articolo in realtà non si liberalizza assolutamente nulla, ma si prevede di eliminare il periodo transitorio riferito ad un processo di liberalizzazione già previsto precedentemente.
È evidente che quando il Parlamento prevede un periodo transitorio e lo inserisce in un testo di legge, si creano aspettative reciproche tanto da parte dello Stato, quanto da parte di chi ha investito in questo settore. In questo caso gli imprenditori legittimamente sapevano che, da parte del Governo, era stato assunto un impegno per cinque anni di transizione.
Credo che dovremmo stare particolarmente attenti anche per il contenzioso che si potrebbe produrre da parte di tutti coloro che vedranno tradite le loro legittime aspettative.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Santelli 10.188 e Germontani 10.233, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 473
Votanti 433
Astenuti 40
Maggioranza 217
Hanno votato
171
Hanno votato
no 262).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lazzari 11.201, del quale è stata proposta una riformulazione, ai fini dell'espressione del parere favorevole.
L'emendamento così riformulato risulta del seguente tenore: «Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: sul mercato nazionale del gas naturale aggiungere le seguenti: nonché di facilitare l'accesso dei piccoli e medi operatori».


Pag. 45


Chiedo ai presentatori se intendano accettare la riformulazione proposta dal relatore.

LUIGI LAZZARI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione proposta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, vorrei cogliere l'occasione per esprimere la soddisfazione anche del gruppo di Alleanza nazionale per l'espressione del parere favorevole sull'emendamento in esame, che vorrei anch'io sottoscrivere. Vorrei, inoltre, soffermarmi su alcuni aspetti di questo articolo: stiamo parlando di un'ipotetica costituzione di una borsa del gas.
In realtà non si chiama borsa del gas, ma punto virtuale di scambio e la possibilità di fare incontrare la domanda e l'offerta nel settore del gas è già prevista, ma di fatto è limitata ad un quantitativo limitatissimo di gas: al punto virtuale si scambia solamente lo 0,47 per cento del gas importato nel nostro paese.
Vorrei anche sottolineare (a tale riguardo presenterò un ordine del giorno) che anche in questa occasione il Governo interviene in maniera decisiva sui poteri dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas. Nella precedente legislatura molto spesso il centrosinistra ha denunciato il Governo Berlusconi per essere intervenuto sulle questioni energetiche, attribuendo al ministero competenze proprie dell'authority.
In questo caso non solo si tratta di competenze dell'authority, ma di interventi che riguardano la regolazione del mercato: il legislatore dovrebbe invece imprimere un indirizzo, fermo restando che la disciplina del settore dovrebbe essere garantita non da decreti ministeriali, ma da delibere dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.
L'obiettivo dell'ordine del giorno sarà quello di chiedere al Governo di dare un segno di vita per quanto riguarda le nomine dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, perché ormai da oltre un anno e mezzo essa ha solamente due componenti, quando la legge in vigore prescrive che siano almeno cinque. È un grave problema, perché se non fossimo in un mercato nell'ambito del quale l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha raggiunto una certa autorevolezza, gli operatori potrebbero ricorrere contro tutte le decisioni che essa emana, creando un caos nel mercato del gas.
Non è infatti possibile che un'authority, che ha compiti importantissimi, sia tuttora costituita soltanto da due commissari. Rivolgo quindi una sollecitazione forte, da un lato a rispettare le prerogative e le norme che regolano il mercato, dunque la funzione dell'authority, dall'altro a completare il collegio con la nomina degli ulteriori tre commissari mancanti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intervengo per chiedere di apporre la mia firma all'emendamento così riformulato.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lazzari 11.201, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 463
Votanti 461
Astenuti 2
Maggioranza 231
Hanno votato
458
Hanno votato
no 3).


Pag. 46


Passiamo all'emendamento Lazzari 11.200, sul quale il Governo ha formulato un invito al ritiro.
Chiedo all'onorevole Lazzari se intenda accedere all'invito.

LUIGI LAZZARI. Sì, Presidente, ritiro il mio emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, propongo di passare all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 13. Per questo motivo, chiederei la sospensione dei lavori dell'Assemblea per un quarto d'ora, per consentire al Comitato dei nove di riunirsi.

PRESIDENTE. Sta bene.
Dunque, su proposta della Commissione, i lavori dell'Assemblea sono sospesi fino alle ore 16,50.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 17,20.

PRESIDENTE. Mi scuso per il ritardo, dovuto all'esame che la V Commissione (Bilancio) ha svolto sugli emendamenti presentati dalla Commissione. È inoltre ancora in corso la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo e in quella sede ho verificato che vi fosse un consenso unanime sul proseguimento dei nostri lavori.
Avverto che la Commissione ha testé presentato le proposte emendative 13.300 e 13-bis.300, il cui testo è in distribuzione e per le quali, secondo quanto risulta alla Presidenza, i gruppi hanno rinunciato alla fissazione di un termine per la presentazione di eventuali subemendamenti.
Chiedo dunque al relatore quali indicazioni intenda dare circa la ripresa dei lavori.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, propongo di ripartire con l'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 13.
Vorrei in primo luogo comunicare la modifica del parere precedentemente espresso su alcuni emendamenti. Contrariamente a quanto avevo avuto modo di dire, la Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Aprea 13.232 e Bono 13.206. Raccomanda l'approvazione del suo emendamento 13.300. Inoltre, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Aprea 13.235 ed invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Bono 13.218, visto che esprime parere favorevole sull'emendamento Bono 13.256. La Commissione esprime altresì parere favorevole sull'emendamento Bono 13.219, se riformulato con la soppressione delle parole «di gestione». Pertanto, il testo dell'emendamento diviene il seguente: «Con apposite convenzioni vengono definiti gli organi dei poli tecnico-professionali». Infine, la Commissione raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 13-bis.300. Sono così esauriti i nuovi pareri concordati in sede di Comitato dei nove.

PRESIDENTE. Chiedo al Governo di pronunciarsi sulle modifiche al parere formulate dal relatore e di esprimere altresì il parere sui due nuovi emendamenti presentati dalla Commissione.

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore ed accetta gli emendamenti 13.300 e 13-bis.300 della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Aprea 13.1, Bono 13.200 e Barbieri 13.244.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, vorrei confermare che il paziente lavoro svolto dal viceministro Bastico e dalla maggioranza ha colmato in parte -


Pag. 47

non sarebbe stato possibile, infatti, colmarlo completamente - il vuoto creato da questo decreto-legge presso la Commissione cultura. Tale lavoro ha comunque ridimensionato la mancanza del confronto tra Governo, maggioranza ed opposizione sulle materie contenute all'articolo 13.
Tuttavia, nonostante la presenza del viceministro Bastico e questo lavoro che la stessa viceministro ha fatto con tutti noi, chiedo la presenza del ministro Fioroni (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Lega Nord Padania, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Alleanza Nazionale). Non possiamo pensare di trattare la riforma degli ordinamenti scolastici in un decreto di carattere economico. Fra poco vedremo perché questo provvedimento è un assurdo, oltre che un insulto a questa Camera. L'assenza del ministro Fioroni in questo momento è ancora più intollerabile.
Forza Italia denuncia con forza il metodo ed il merito con cui il Governo sta procedendo nel riformare gli ordinamenti introdotti nella scorsa legislatura dalla riforma Moratti. Il metodo è inaccettabile: rimanda a deleghe in bianco prive di criteri direttivi; è contraddittorio, oltre al fatto che, ancora una volta, è dilazionatorio. Con arroganza ed evidente inopportunità, il Governo colloca le modifiche della riforma Moratti in un decreto estraneo all'istruzione per oggetto e per materia. Si tratta di arroganza perché, con un unico articolo, si vorrebbero modificare materie diverse, ordinamentali e istituzionali: l'istruzione secondaria superiore, così come l'introduzione di erogazioni liberali in favore delle scuole e i poli degli organi collegiali. Tutto questo in un unico articolo, in una legge omnibus prevalentemente economica.
Per questo, prima ancora di denunciare - cosa che faremo - i limiti delle disposizioni contenute nell'articolo, ne segnaliamo con forza l'inopportunità. Leggendo l'articolo 13 si ha la sensazione di un provvedimento «azzeccagarbugli». È fin troppo evidente l'uso della furbizia come strumento del fare politica. Materie delicate che richiederebbero provvedimenti forse anche urgenti - ma certamente delicati - vengono inserite in un decreto di competenza della Commissione attività produttive, nel silenzio più assordante di quella stessa sinistra che, nella scorsa legislatura, tentò nel Parlamento e nel paese di bloccare un legittimo - quello sì - processo di riforma attraverso leggi delega e decreti attuativi.
Ritornano i tempi bui delle riforme della scuola costrette in leggi di altra natura, come è avvenuto in passato ad esempio per l'obbligo formativo introdotto con la legge n. 144 durante il Governo D'Alema. Per queste ragioni, ancora prima di bocciare il merito del provvedimento, sosteniamo con convinzione la soppressione di queste disposizioni. Queste ultime, violando prima di tutto le competenze della Commissione cultura, hanno impedito alla stessa di valutare le norme con quella profondità e sensibilità che le compete da regolamento. Dunque, questo articolo non merita di essere approvato qui ed ora.
Il Governo in modo sfacciato ha compiuto scelte che non hanno rispettato la legge n. 400 con riferimento alla necessità di prevedere un contenuto omogeneo delle norme e la conseguente coerenza delle disposizioni poste nei decreti-legge. Con tutta evidenza, questo provvedimento non rispetta quelle norme, in particolare rispetto all'articolo 13.
Alla Presidenza della Camera, inoltre, non è stato consentito di tutelare le competenze in sede di assegnazione dei provvedimenti alle Commissioni. Infatti, anche questo articolo è stato assegnato alla X Commissione. Solo dopo vibrate proteste avanzate anche dal presidente Folena, è stato previsto unicamente un parere rinforzato da parte della VII Commissione. Si tratta di scelte che non hanno garantito che l'istruttoria e la fase emendativa avvenissero con disquisizioni di merito nell'ambito della Commissione permanente e che hanno fatto registrare l'esclusione della Commissione cultura dal circuito decisionale sulle materie di propria competenza.


Pag. 48


Un'ultima cosa sul metodo e concludo, Presidente. Forza Italia denuncia con altrettanta forza la gravità delle scelte che sono intervenute anche nel passaggio del testo dalla Commissione attività produttive all'Assemblea. Se i colleghi confrontano il testo, vedranno che vi sono tutta una serie di commi inseriti dopo il primo (1-bis, 1-ter, 1-quater e così via). Ebbene, colleghi, questi punti non sono il frutto di una discussione aperta e franca tra maggioranza e opposizione, ma derivano da una decisione scellerata della maggioranza...

PRESIDENTE. Onorevole Aprea, la prego di concludere. Peraltro, avrà molte altre occasioni di intervenire su questo articolo 13 al nostro esame.

VALENTINA APREA. Ho finito, Presidente. Nel decreto sono stati inseriti punti del disegno di legge ...

PRESIDENTE. La prego di non mettermi in imbarazzo.

VALENTINA APREA. ... Insomma, la maggioranza ha aggravato le questioni legate a questo decreto.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Aprea.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nessuno avvertiva il bisogno di affrontare il tema della scuola nell'ambito di un provvedimento che era nato con ben altre finalità, o meglio, nessuno tranne, evidentemente, il ministro Fioroni, il quale, tentando di destrutturare la cosiddetta riforma Moratti, non ha esitato ad attendere un provvedimento che non c'entrava nulla con tale materia per farvi inserire un articolo (si tratta dell'articolo 13 del decreto-legge in esame) che, entrando «a piedi giunti» all'interno della normativa che disciplina la scuola italiana, la stravolge!
Il ministro, tuttavia, compie ciò in maniera «extraparlamentare», perché, cari colleghi della maggioranza, è bene che soprattutto voi, che avete la responsabilità di approvare i provvedimenti presentati dal Governo, prestiate attenzione a tali aspetto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,31)

NICOLA BONO. Noi, infatti, ci troviamo di fronte ad una modifica sostanziale delle norme che regolano la materia scolastica che risulta contenuta in un provvedimento che non è stato discusso nelle Commissioni a ciò deputate!
Ricordo che la Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati ha espresso solamente un parere sul decreto-legge, non ha potuto svolgere alcun dibattito e non ha potuto emendare (e, quindi, migliorare) il testo della normativa in esame. In altri termini, in quella sede non è stato possibile instaurare un confronto.
Tale confronto, invece, si è svolto presso la Commissione attività produttive, la quale non possiede nessuna competenza in materia scolastica. È soprattutto l'andamento dell'iter in Assemblea del cosiddetto decreto Bersani ad evidenziare, in maniera ancora più marcata, questo gap di confronto democratico su tale argomento. Come è possibile, infatti, pensare di affrontare i problemi della scuola assieme a quelli dei barbieri, dei benzinai, delle guide turistiche, delle autoscuole e del mercato del gas? Ciò significa ridurre e comprimere il tempo necessario per svolgere una riflessione attenta e profonda su temi fondamentali, come ad esempio la gestione e l'indirizzo del settore scolastico nel nostro paese. In tal modo, infatti, avete totalmente banalizzato il dibattito sulla scuola!
Tutto ciò di fronte di una riforma, varata dal precedente Governo, sulla quale si può dissentire, ovviamente, ma che non era ancora entrata in vigore! Ora, dove è la logica quando un ministro, a maggio,


Pag. 49

emana prima un provvedimento volto a sospendere la sperimentazione della riforma della scuola media superiore e poi introduce, all'interno di un provvedimento che riguarda le liberalizzazioni, alcune disposizioni che stravolgono tale riforma?
Volete forse liberalizzare la scuola ? Certo, se lo state facendo allo stesso modo con cui fate finta di liberalizzare l'economia, allora staremo tranquilli, perché non avrà alcuna conseguenza pratica! Tuttavia, se vi è il tentativo «ideologico» di inserire la scuola nell'ambito di un processo di liberalizzazione, allora vorrei osservare che si tratta di una scelta alquanto preoccupante, la quale dovrebbe impensierire sia la maggioranza, sia i settori più attenti della stessa.
Infatti, quando si introducono norme come quella che impone, rispetto alla riforma Moratti, una differenziazione dei licei tecnici, ripristinando la vecchia normativa, oppure si interviene sui poli professionali della formazione o sulle liberalità alla scuola senza consentire ai parlamentari che siedono nelle Commissioni competenti possano confrontarsi ed intervenire, allora siamo in presenza di un Governo che fugge di fronte alle proprie responsabilità, che rifiuta il confronto e che evita di instaurare un dibattito con chi possiede la conoscenza e la competenza in ordine alle materie da esaminare!
Ecco perché sul piano metodologico non siamo d'accordo. Non siamo favorevoli ad un provvedimento che introduce una delega surrettizia: sotto le mentite spoglie della sempre richiamata legge n. 400 del 1988 e, quindi, stabilendo la possibilità teorica dell'emanazione di regolamenti, si nasconde la volontà di dare una delega in bianco al ministro competente per continuare l'opera di destrutturazione della riforma Moratti. Termino il mio intervento perché ho esaurito il tempo per l'illustrazione di questo emendamento, ma avremo modo di tornare sui molti emendamenti successivi. Voglio solo dare atto che, comunque, da parte del Governo c'è stato lo sforzo di farsi carico di alcune proposte emendative che andavano nel senso di migliorare il testo, ma questo mi aiuta a sottolineare che, se avessimo potuto parlarne anche in Commissione, probabilmente oggi avremmo una norma ancora più gestibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vorrei che i colleghi deputati riflettessero attentamente su due obiezioni che, a mio giudizio, sono essenziali rispetto all'articolo 13 del cosiddetto decreto-legge sulle liberalizzazioni, due obiezioni che sono, ad un tempo, di metodo e di principio.
La prima obiezione è questa: che cosa c'entra questo articolo - che parla di disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica - con un provvedimento intitolato: «Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese»? Assolutamente nulla.
Per quale motivo si è voluto inserire l'articolo 13 dopo che l'articolo 12 aveva già introdotto dei provvedimenti particolari riguardanti le revoche di concessioni a società (TAV) che dovevano realizzare - e non l'hanno fatto - importanti servizi ferroviari ? Dunque, se rispetto all'articolo 12 muoviamo semplicemente un'obiezione di opportunità, rispetto all'articolo 13 muoviamo un'obiezione di principio.
Si è voluto agire per decreto-legge - e questa è la seconda obiezione che voglio esternare in quest'aula - per modificare la riforma della scuola del ministro Moratti. Penso che un ministro della pubblica istruzione - come il ministro Fioroni, che fa parte di uno schieramento alternativo a quello della quale era componente il ministro Moratti - abbia il pieno e legittimo diritto di presentare in Parlamento una propria proposta organica di riforma della scuola. Quello che è inaccettabile è continuare a smontare, attraverso decreti-legge e provvedimenti parziali, la prima


Pag. 50

riforma organica del sistema educativo italiano che sia stata approvata dal Parlamento italiano negli ultimi cinquant'anni.
Ciò avviene pezzo a pezzo, come un meccano: un pezzo lo smonta Fioroni, eliminando i tutor attraverso il provvedimento sugli esami di Stato; un pezzo lo smonta Bersani, con l'articolo 13 del decreto-legge; infine, si sospendono le sperimentazioni - terzo momento - per inserire modifiche sostanziali per annullare gli effetti della riforma Moratti.
Resta così, anche dal punto di vista metodologico, un provvedimento centauro: resta in vigore mezza legge Moratti e un'altra mezza legge, che non si sa da chi sia stata fatta e che è il frutto di tanti provvedimenti parziali che vengono introdotti attraverso decreti-legge o provvedimenti di questo Governo.
Vorrei che riflettessimo insieme sulla questione, con quello spirito aperto - come ribadirò anche in fase di dichiarazione di voto finale sul provvedimento, noi abbiamo apprezzato talune misure recate dal provvedimento - che dovrebbe appartenere a tutti i parlamentari, anche a quelli della maggioranza, certamente legati da ovvii legami di maggioranza e anche di disciplina nell'esame dei provvedimenti del Governo. Tuttavia, anche loro dovrebbero riflettere attentamente se davvero sia opportuno procedere in un modo che, indipendentemente dal Governo in carica - nel caso concreto, il Governo di centrosinistra, ma identiche considerazioni si sarebbero potute fare se il Governo fosse stato di centrodestra - ritengo sia assolutamente contrario agli interessi del paese, e in particolare agli interessi degli studenti, dei docenti e del mondo della scuola. Ecco perché noi solleviamo problemi di metodo e di principio su questo articolo 13; problemi che neppure le parziali e positive modifiche introdotte grazie alla paziente tessitura del viceministro Bastico, del presidente della Commissione, del relatore sulla legge e dell'onorevole Aprea hanno risolto e che, invece, restano, nella loro sostanza, ancora assolutamente attuali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, ritengo si sia giunti all'umorismo involontario. Quando, infatti, il presidente Castagnetti ha richiamato la nostra collega, onorevole Aprea, facendole osservare che avrebbe avuto tempo e modo di intervenire sul merito del provvedimento nei cinque, dieci minuti rimanenti per l'esame dell'articolo 13 del decreto, ha forse sottovalutato il fatto che il contenuto di questo articolo è stato per dieci anni all'attenzione del Parlamento. Dapprima, ai tempi dell'onorevole ministro Berlinguer (al riguardo, devo osservare che si stava meglio quando si stava peggio: quanto ci siamo appassionati, allora, in Commissione cultura e in Parlamento, sulle questioni fondamentali, per il nostro sistema formativo, del doppio canale, della formazione professionale, della scuola, delle competenze delle regioni e di quelle nazionali, del contrasto alla dispersione scolastica!), quindi, per un'intera legislatura, l'ultima, quando era ministro Letizia Moratti, il Parlamento per anni ha discusso i contenuti della riforma.
Veramente, dunque, rimango allibito: un lavoro decennale viene riassunto in un decreto-legge il cui titolo non contiene alcun accenno alla scuola! Il decreto reca «Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese»; ebbene, in questo decreto viene pure operata la controriforma scolastica! Si segue la strada del gambero: viene smantellato il doppio canale formazione professionale di alto livello ed istruzione; viene ridotto ad un ruolo assolutamente marginale ed insufficiente - in tal caso, certo, con una visione classista! - la formazione professionale residua per chi proprio rimane indietro (un rifugio in una formazione assolutamente dequalificata); le formazioni in essere diventano ad esaurimento.
Ma di ciò si è mai discusso? In quale ambito si è approfondito questo ritorno


Pag. 51

indietro di dieci anni? Non certo in Commissione cultura; e in Assemblea solo ora, in questi pochi minuti: vi sembra, onorevoli colleghi, che si possa riformare un settore importante come la scuola in questa maniera? Mi rivolgo al collega Folena che sarebbe, in teoria, presidente della Commissione competente; ebbene, come permette di essere esautorato delle sue competenze? Evidentemente, dinanzi al fatto compiuto, non può fare altro che ammettere che la materia scolastica e della formazione professionale sia di competenza della Commissione attività produttive. Certo, una bella visione, alta, del ruolo della scuola e della formazione professionale nel nostro paese, che viene qualificato unicamente come problema produttivo!
Devo anche riconoscere, con dispiacere, che non ho ancora capito come funziona il meccanismo che si è seguito; infatti devo osservare, almeno con riferimento alla mia esperienza governativa, che nessuno, giustamente, si era mai permesso di inserire riforme come quelle scolastiche in decreti-legge.
Nessuno si era sognato di sfidare il Parlamento attraverso forzature di questo tipo, ed oggi siamo di fronte a simili forzature. Noi siamo, quindi, preoccupati per il metodo, che svuota completamente il Parlamento della sua funzione di analisi e di approfondimento. Sì, sarebbe bello dire che l'opposizione si fa in Parlamento; ciò sarebbe vero se al Parlamento stesso fosse dato il modo di farla e di confrontarsi, migliorando i provvedimenti, ma ciò, come è a tutti noto, non è possibile nel caso dell'esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge, ed ancor meno è possibile se con un decreto-legge quale quello in esame, in pochi minuti, si fa la controriforma scolastica.
Nutriamo, quindi, preoccupazioni di metodo e di merito, perché il provvedimento è profondamente sbagliato. La dispersione scolastica aumenterà e non vi sarà la formazione professionale e di livello di cui il nostro paese ha bisogno: pensate soltanto agli extracomunitari, a quanto una formazione professionale di livello sarebbe oggi più indispensabile che mai per dare una risposta ai moltissimi giovani extracomunitari che vogliono, attraverso la formazione professionale stessa, inserirsi nel mondo del lavoro e che, invece, saranno costretti per anni a rimanere parcheggiati all'interno di strutture per le quali non sono votati e nelle quali non sono in grado di imparare un mestiere qualificato, a differenza di quanto è accaduto per generazioni di imprenditori italiani con la formazione professionale, che ha fatto la fortuna di intere regioni d'Italia...

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi...

CARLO GIOVANARDI...per preparare persone - ho concluso, signor Presidente - in grado di confrontarsi con il mercato del lavoro.
Onorevoli colleghi, è avvilente che il Parlamento sia ridotto, in pochi minuti, a dover «prendere o lasciare» qualcosa di profondamente sbagliato e che fa tornare indietro il dibattito sulla scuola italiana nel nostro paese di almeno dieci anni (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, non posso far mancare la mia voce di netto dissenso sul provvedimento che, per come è formulato, è assolutamente un insulto al Parlamento ed alla Commissione competente. Ciò è già stato detto, ma vorrei aggiungere un ulteriore elemento di contestazione: non si è avuto il coraggio di presentare, in un apposito provvedimento, una visione della scuola alternativa a quella del precedente Governo, perché le tensioni presenti all'interno dell'attuale maggioranza hanno impedito di farlo. Di fatto, tra la visione statalista (di cui abbiamo un esempio nei provvedimenti che discuteremo domani in Commissione cultura)


Pag. 52

che caratterizza una parte della sinistra estrema della coalizione ed un'altra visione che potremmo definire sempre statalista, ma meno totalizzante, vi è una notevole differenza. Dunque, per colmare tale differenza si è preferito sottrarsi ad un dibattito chiaro in Commissione cultura, ponendo il Parlamento di fronte al fatto compiuto, di fronte ad un atto di arroganza che, come è stato detto in precedenza e come ho avuto occasione di ribadire in altre sedi, si configura - e sembra uno strano paradosso per una maggioranza di sinistra-centro - come una controriforma. La Controriforma, quella che è avvenuta cinquecento anni fa, era una cosa buona e giusta, mentre quella attuale veramente ci riporta indietro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, è chiaro che anzitutto bisogna chiedersi quale logica ispiri questa normativa e come sia possibile aver esautorato la VII Commissione, che si chiama Commissione cultura, di un argomento che, appunto, riguarda la cultura, riguarda la scuola, riguarda l'istruzione, per affidarlo ad un'altra Commissione nell'ambito di un provvedimento che, invece, si occupa di economia e, come è stato detto, dei problemi e degli interessi di parrucchieri, barbieri ed altre categorie di questo tipo. Si è volutamente espropriata la VII Commissione delle proprie competenze (e credo non si sia trattato di un errore), probabilmente temendo ciò che in quella Commissione sarebbe emerso. Ciò dimostra che da parte di questa maggioranza vi è un disinteresse notevole per la scuola e per l'istruzione. Evidentemente, l'importanza che viene attribuita alla scuola e all'istruzione è quella che viene data a Cenerentola. D'altra parte, abbiamo già notato ed è sotto gli occhi di tutti che la scuola italiana è allo sbando, allo sfacelo: lo dimostrano fatti recenti, quali quelli aventi ad oggetto i telefonini ed il sesso, per non parlare del bullismo.
Abbiamo notato anche un secondo tentativo di esautorazione, questa volta rispetto al Parlamento, inserendo in un decreto-legge queste norme.
È chiaro che queste considerazioni riguardano il metodo. Entrando invece nel merito, devo sottolineare che si tratta di una riforma classista. È strano che dalla sinistra venga proposta una riforma di classe, una riforma classista che divide ricchi e poveri. La riforma Moratti aveva cercato di elevare il livello dell'istruzione, collocando su uno stesso piano istruzione e formazione, dando anche a coloro che si rivolgono alla formazione la possibilità di prepararsi in modo adeguato, in termini di istruzione e di cultura. Questa vostra proposta invece distingue l'istruzione dalla formazione. Ora abbiamo una scuola di serie A e una scuola di serie B.
La scuola di serie A è riservata appunto all'istruzione, ai licei, mentre dall'altra parte, invece, vi è la scuola di serie B, riservata appunto alla formazione, escludendo tutta una fetta di popolazione, una fetta di studenti, dalla possibilità di accedere all'istruzione.
Vorrei dire qualcosa di più forte in questo senso: mi sembra di notare che questa maggioranza di sinistra riservi la possibilità di accedere alle professioni (avvocati, ingegneri, eccetera) a coloro che si rivolgono esclusivamente all'istruzione e, guarda caso, al Sud, mentre al Nord viene relegata soltanto la formazione. Sembra quasi che il Nord sia destinato a produrre solo idraulici o pittori o meccanici, escludendoli dall'istruzione. Non è questo che noi vogliamo.
Il Nord produce, il Nord mantiene tutto il resto della penisola e il Nord, quindi, ha diritto anche all'istruzione. Per tali ragioni chiediamo la soppressione di questo articolo. Voglio pertanto aggiungere la mia firma e quella della Lega Nord all'emendamento Aprea 13.1 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.


Pag. 53

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, nel minuto a mia disposizione, vorrei esprimere qualche «meno male», e qualche «peccato». Meno male, Presidente, che non abbiamo fatto ostruzionismo, perché le nostre proposte in parte sono state accolte. Meno male che il relatore si è reso conto che le nostre proposte erano fondate e meno male che il Governo non ha posto la fiducia, altrimenti non avremmo mai potuto discorrere e modificare questo testo, certamente migliorandolo con un consenso ampio.
Peccato, da un lato, che mentre vengono introdotti i finanziamenti privati nelle scuole i vostri studenti ancora recitino vecchi slogan degli anni Sessanta in cui si dice: «no alla scuola come un supermercato». Peccato che le vere liberalizzazioni nel settore scolastico, ammesso che si possano fare liberalizzazioni in tale settore (e noi crediamo che si possano fare), forse non sono tanto queste, quanto quelle volte a dare alle famiglie, ai giovani, la possibilità di scegliere quale scuola frequentare, senza scuole di serie A e scuole di serie B.
Questa era una proposta che è stata al centro di una battaglia del centrodestra quando era al Governo, il cosiddetto buono-scuola. Ci avete sempre «sparato addosso», ma questa era la vera liberalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Signor Presidente, voglio aggiungere anch'io la mia firma all'emendamento 13.1 dei colleghi Aprea e Garagnani e ribadire che, contrariamente al comportamento di questo Governo, quando al Governo ci eravamo noi la riforma Moratti ha impegnato il Parlamento complessivamente per tre anni e mezzo (fra la legge delega e i decreti attuativi), ed è stata preceduta da stati generali della scuola e preceduta e accompagnata da un intenso dibattito con e dentro il mondo della scuola. Ci troviamo ora, al contrario, ad avere a che fare con un Governo ed un ministro che procedono, appunto, a smantellare la nostra riforma mediante accordi con i sindacati, mediante l'inserimento di emendamenti nella finanziaria seguito dalla successiva richiesta di fiducia e, infine, con l'inserimento di questi temi in un decreto-legge che nulla ha a che fare con la scuola.
Per questo noi di Forza Italia riteniamo che sia opportuno insistere (lo faremo dentro e fuori dal Parlamento) nella critica a questo metodo, che è assolutamente contrario al bene della scuola italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, vorrei soffermarmi brevemente su alcune questioni.
Nessuno mette in dubbio la facoltà di un Governo di rivedere una riforma, ci mancherebbe altro! È legittimo, da parte di chi governa, mettere in discussione e rivedere tutto ciò che è possibile dall'osservatorio del Governo.
Mi soffermo tuttavia su una questione molto delicata. Da questo dibattito emerge un principio, ossia che nelle Commissioni non vi è più competenza. Presidente, vorrei spiegarmi richiamando un esempio: ieri ho incontrato un gruppo di insegnanti, che mi hanno chiesto: «È vero che nel decreto-legge Bersani è prevista la riforma della scuola?». Questi insegnanti erano allibiti. Ho risposto loro che era vero.

PRESIDENTE. Onorevole Formisano...

ANNA TERESA FORMISANO. Mi avvio subito alla conclusione, Presidente.
La domanda che rivolgo a quest'Assemblea è la seguente: possiamo parlare ancora di Commissione cultura, di Commissione attività produttive?
Mi rivolgo, in particolare, al presidente della Commissione cultura, persona stimabilissima. Credo sarebbe opportuno, caro presidente, riunirci attorno ad un tavolo e rivedere le competenze di tutte le Commissioni,


Pag. 54

perché questa sera si è partiti con un principio, ossia che non vi è più competenza legittima nelle stesse.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Aprea 13.1, Bono 13.200 e Barbieri 13.244, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 468
Votanti 466
Astenuti 2
Maggioranza 234
Hanno votato
219
Hanno votato
no 247).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Bono 13.201 e Fava 13.157.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, stiamo parlando della soppressione del primo comma dell'articolo 13. Forza Italia chiede convintamente la soppressione di questo comma, perché rappresenta un passo all'indietro dell'ordinamento scolastico italiano, visto che ripropone un'inopportuna ed indesiderata gerarchizzazione dei percorsi: di nuovo la serie A riservata ai licei, la serie B ai tecnici, la sede C agli istituti professionali. E per i percorsi triennali di competenza regionale vogliamo forse parlare di un diritto di tribuna o probabilmente neppure della serie D?
Infatti, mentre si rimanda al testo unico n. 297 del 1994, ricordo che lo stesso, com'è giusto che sia, ha rimesso ordine tra le norme della scuola. In realtà, gli istituti tecnici sono nati con Bottai nel 1931 e gli istituti professionali nel dopoguerra, quindi le implicazioni di natura giuridica sono numerose!
Con questo comma, da una parte si tradisce lo spirito del titolo V, dall'altra si cerca di aggirarlo. Infatti, si statalizzano nuovamente gli istituti professionali, trasferiti opportunamente alle regioni dalla riforma Moratti, in coerenza con il Titolo V (da sempre la Costituzione prevede questo tipo di istruzione in capo alle regioni); per gli stessi è previsto che non possano più attribuire qualifiche triennali, ma solo diplomi. Con questo espediente sono stati fatti transitare nell'istruzione secondaria superiore e sottratti alle regioni: la furbizia e l'arroganza di cui ho parlato nel primo intervento!
Delle conseguenze nefaste di questa scelta avremo modo di parlare in seguito. Ora mi interessa denunciare che, con questo comma, il Governo decide di mettere una pietra tombale su due tipologie di licei: l'economico e il tecnologico che rappresentavano - se siete onesti, dovete riconoscerlo! - non già un'invenzione del centrodestra, ma la giusta evoluzione di tante sperimentazioni, che in questi decenni hanno interessato gli istituti tecnici e quelli commerciali. Era una modifica attesa e voluta, prevedendo una modernizzazione di questi istituti.
Quindi, gli istituti ed i licei economico e tecnologico rappresentavano una modernizzazione degli istituti tecnici commerciali, volta a ridurre anche i tanti rivoli delle sperimentazioni, che nel tempo si erano sovrapposte e che, in tanti casi, avevano eccessivamente frammentato il sistema. Infatti, vedremo che nei commi successivi lo stesso Governo ritorna esattamente al punto in cui eravamo arrivati noi: mette comunque ordine tra gli istituti tecnici e quelli professionali, ma lasciandoli di serie B e di serie C.
Mi avvio alla conclusione segnalando all'Assemblea che il primo comma dell'articolo 13 riconduce il sistema educativo nazionale allo stato precedente, di conseguenza riporta in vita gli istituti tecnici, in numero di 2368 sul territorio nazionale ed attualmente interessati da 2298 sperimentazioni. Come ben capite, colleghi, gli istituti tecnici sono già cambiati rispetto al famoso testo unico al quale fa riferimento


Pag. 55

il decreto-legge; eppure, torniamo indietro, riportiamo le lancette indietro, perché dobbiamo stare sempre fermi, perché non vogliamo riconoscere che il cambiamento è necessario anche negli ordinamenti, dal momento che la scuola è cambiata rispetto a quella del testo unico. Non voglio parlare poi degli istituti professionali (in numero di 109, anch'essi interessati da tutta una serie di sperimentazioni)!
Se questa è la maggioranza che vuole cambiare il paese - così come si dice di voler fare con il decreto-legge in esame - vi facciamo i nostri complimenti! Nel provvedimento, in modo particolare nell'articolo 13, noi vediamo la morte del cambiamento, la fine della modernizzazione della scuola! Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Aprea.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, uno dei più autorevoli leader della sinistra, l'onorevole D'Alema, nei suoi interventi parla spesso di «paese normale», pensando ad una realtà basata sul diritto, sulla logica, sul rispetto delle opinioni di tutti e sul libero confronto parlamentare. Noi non siamo un paese normale, perché non abbiamo un Governo normale e, soprattutto, un Parlamento normale: assistere al fatto che discutiamo in Assemblea, per la prima volta - in occasione dell'esame di un provvedimento che è già arrivato alla fase conclusiva del suo iter in prima lettura - di un argomento la cui delicatezza emerge già dai primi interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, dimostra che noi non siamo in una situazione normale! Ma chi ha voluto tale anormalità?
Quando ha avuto inizio il dibattito in Commissione cultura, ricordo con chiarezza il nervosismo che serpeggiava nei banchi della maggioranza. Lo stesso presidente della Commissione aveva espresso apprezzamenti non del tutto lusinghieri - sono agli atti - riguardo all'idea di procedere alla riforma della scuola all'interno di un provvedimento riguardante le liberalizzazioni. Pensavamo, pertanto, che legittimamente si arrivasse ad una presa di posizione della maggioranza parlamentare e che si chiedesse al Governo di compiere un passo indietro. Come ho avuto modo di dichiarare allo stesso ministro Fioroni, chi gli vietava di presentare al Consiglio dei ministri un decreto-legge che riguardasse unicamente i temi ed i contenuti contemplati dall'articolo 13 in esame? Qualcuno glielo ha proibito? Oppure Fioroni è un ministro di serie B, non in grado di presentare al Governo un provvedimento d'urgenza proprio e costretto a pietire o ad elemosinare «ospitalità» nei decreti-legge di iniziativa altrui?
La questione non è di poco conto. Nessuno avvertiva l'urgenza di questi provvedimenti, nessuno avvertiva un'impellenza tale da giustificare il ricorso alla decretazione d'urgenza. Al riguardo ci sono varie scuole di pensiero e non intendo articolare una polemica o un confronto sulla sussistenza o meno dei presupposti di tale forma di decretazione. Tuttavia, se questi presupposti c'erano - il Governo riteneva ci fossero, altrimenti non avrebbe proceduto in questo modo - per quale motivo non distinguere tra i provvedimenti? Perché non consentire al Parlamento di intervenire sul merito di questa marcia all'indietro?
In un paese normale non si procede alle riforme strutturali ogni due anni! In un paese normale ad ogni cambio di maggioranza non si stravolgono l'assetto giuridico e l'impianto normativo, che regolano settori fondamentali di altissima sensibilità per la società, come quello della scuola. Più volte, la scuola italiana è stata oggetto di preoccupazioni perché, come ormai è noto, purtroppo la qualità dell'istruzione generalmente impartita agli studenti non è eccellente; le sue lacune sono gravi ed evidenti, soprattutto se la confrontiamo, in ordine ai risultati, con quella della gran parte degli altri paesi, non solo dei più avanzati.

PRESIDENTE. Onorevole Bono...


Pag. 56

NICOLA BONO. Sto per concludere, signor Presidente.
Davanti una situazione del genere, ad una istituzione che evidenzia gravi difficoltà di orientamento e di organizzazione, la risposta del Governo consiste nell'interrompere una riforma introdotta appena un anno e mezzo fa e ancora non entrata in vigore. Ecco il motivo per il quale non siamo un paese normale e il Parlamento deve intervenire, almeno sopprimendo l'articolo 13, comma 1, di questo decreto-legge al fine di potersi pronunciare compiutamente sull'argomento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, dovremo assumerci una responsabilità molto seria quando approveremo quanto è stato proposto. Si dovrebbe far capire al paese, fuori da questa Assemblea, che cosa sta accadendo in quest'aula; sarà difficile farlo. In realtà, il mondo della scuola, che sta attraversando una notevole crisi (è sotto gli occhi di tutti) e che spesso è criminalizzato al di là del giusto e di quanto meriti, subisce continue riforme, continui assalti e continui cambiamenti da anni e anni. Adesso deve subire anche una spaccatura perché, mentre una parte della riforma è stata approvata seguendo altri percorsi, un'altra parte è stata inserita in questa sede, in maniera surrettizia. Quindi, l'unitarietà della formazione, dell'educazione e dei percorsi scolastici è impedita, al pari della possibilità di comprendere quanto sta accadendo da parte delle famiglie. Ciò deriva dalla decisione di procedere ad una parziale riforma del sistema scolastico e agendo nei confronti del settore della formazione professionale in maniera diversa da quanto avviene per i licei. In realtà, si torna indietro e non credo che ce lo possiamo permettere.
Vorrei inoltre ricordare ai colleghi che all'articolo 13, comma 1-bis, si afferma che gli istituti tecnici e gli istituti professionali saranno riordinati e potenziati. Se si leggono attentamente tutte gli emendamenti proposti, non c'è assolutamente alcunché che riguardi il potenziamento.
È vero, essi vengono riordinati, ma non c'è scritto da nessuna parte come saranno potenziati, quindi migliorati e resi più vicini a quelli che si chiamano, con una brutta parola, gli «utenti».
In compenso, visto che non ci viene spiegato nulla di ciò che succederà, al comma 1-quater si dice che saranno adottate linee guida predisposte dal Ministero della pubblica istruzione. Quindi diamo ancora una volta una delega in bianco al ministro della pubblica istruzione, che deve definire delle linee guida per stabilire organici raccordi tra i percorsi degli istituti tecnici professionali e quelli di istruzione e formazione professionale. I percorsi, però, sono i contenuti. Non si tratta solamente di un problema di tecnica e di algebra organizzativa, perché i percorsi - lo ripeto - sono i contenuti.
Stiamo quindi causando un'assoluta spaccatura del mondo della scuola, non solo sappiamo cosa succederà esattamente, ma viene anche affermato che tutto ciò avverrà senza ulteriori aggravi di spesa nell'ambito delle strumentali disposizioni finanziarie a legislazione vigente. Quindi, si fanno delle riforme a costo zero: sappiamo bene che queste sono pessime, perché non si può immaginare di affrontare il mondo della scuola senza investimenti in questo campo.
In conclusione, le famiglie già sono state «stornate» dal mondo della scuola, perché la figura del tutor, del portfolio e tutte le possibilità che esse avevano di intervenire nel mondo della scuola sono stati cancellati. Non si è avuto il coraggio di venire in aula o in Commissione, coinvolgendo il Parlamento in questi cambiamenti radicali del mondo della scuola.
La riforma Moratti avrebbe potuto essere migliorata. Non era la migliore delle riforme possibili e nessuno lo ha mai sostenuto, ma andava accompagnata e migliorata, non abrogata in maniera surrettizia, attraverso un provvedimento in materia di liberalizzazioni.


Pag. 57


Liberalizzare la scuola mi sembra una follia, tanto è vero che la Commissione ha ritenuto doveroso aggiungere la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale alla rottamazione di autoveicoli. La Commissione, quindi, al discorso della scuola, che è fondamentale per i nostri figli, ha accostato la rottamazione degli autoveicoli. Ci dovremmo semplicemente vergognare di far uscire da queste aule un titolo di questo genere. Mi sembra veramente una follia.

PRESIDENTE. La prego...

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Vi sono ragazzi che uccidono, producono dei filmini pornografici nelle scuole, dimostrano un disagio giovanile notevole: se questa è la risposta del Parlamento, stiamo completamente sbagliando obiettivo e una volta in più ne pagheranno le conseguenze le famiglie e i nostri figli [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, il comma 1 dell'articolo 13 secondo me contiene il vulnus costituito da questo presunto smantellamento della riforma Moratti, ossia dalla penalizzazione del liceo tecnologico e, quindi, da una riduzione dell'offerta formativa, che inciderà nella scelta di tante famiglie. Infatti, questo tipo di scuola era richiesto non soltanto dalle famiglie , ma anche dalle autonomie scolastiche, dai dirigenti scolastici e dagli studenti. Essi chiedevano un liceo che coniugasse la volontà di ampliare l'offerta formativa delle attività di laboratorio con la cultura generale, ossia una presenza distintiva e di modernizzazione della nostra scuola.
Dunque, eliminare il liceo tecnologico costituisce sicuramente un passo indietro, perché esso dava l'opportunità di inserirsi nel mondo del lavoro in maniera molto ampia e pertinente, così come veniva richiesto.
Ciò vuol dire anche che il territorio non è stato ascoltato, aggiungendo un altro elemento di grave criticità, perché quando una richiesta proviene dalle scuole, dal territorio, dagli enti locali e dalle province, che in primis devono stabilire gli indirizzi (ed il liceo tecnologico era uno dei più richiesti, mentre noi, con questo articolo, lo aboliamo), dobbiamo porci delle domande, perché sicuramente facciamo compiere un grande passo indietro a tutta la nostra scuola (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. È la seconda volta che intervengo nel dibattito su queste disposizioni, ma da parte del nostro gruppo non c'è assolutamente nessun intento ostruzionistico. Intervengo nuovamente su questo articolo 13, per mettere in evidenza il senso politico di questo intervento normativo, che mi pare chiaro e che vorrei lo fosse anche per tutti. Si fa un decreto-legge, firmato dal Vicepresidente del Consiglio e da dieci ministri, che interviene nel merito di dieci questioni, di competenza di dieci ministeri. Con ciò, si fa la scelta politica di demandare a questo provvedimento una serie di misure, che si sarebbe dovuto o potuto demandare - ma si è scelto di non farlo - ad altrettanti analoghi provvedimenti legislativi. Ciò è avvenuto, probabilmente, a causa di una difficoltà della maggioranza, soprattutto per i suoi numeri al Senato, e per i rapporti delicati che intervengono fra questa Camera e l'altra. Il capogruppo di Forza Italia, precedentemente, ha sottolineato che, per quanto riguarda il decreto-legge sulla violenza negli stadi, è la prima volta che la maggioranza accoglie alcune proposte emendative della minoranza, che riporteranno il provvedimento nell'assai delicata e complicata Assemblea del Senato.


Pag. 58


Ebbene, anche su questo provvedimento, abbiamo notato una disponibilità a discutere ed una apertura da parte della maggioranza. Resta il fatto che si interviene sul tema contenuto in questo articolo 13 - non parlo dell'articolo 12, sul quale c'è una richiesta di stralcio, proveniente da una parte dell'opposizione -, relativo all'inserimento delle modifiche alla riforma Moratti sulla scuola, con uno strumento legislativo come un decreto-legge, come diceva prima il collega Bono, quando invece in un paese normale si dovrebbe intervenire in un altro modo, cioè a fronte di una riforma organica del sistema educativo si oppone una nuova riforma organica del sistema educativo stesso. Non si fa così. Quindi, oggi si può dire che la riforma Moratti della scuola è cambiata grazie ad un decreto-legge sulle liberalizzazioni, che ha come ispiratore il ministro Bersani!
È vero che non è la prima volta. Abbiamo assistito ad uno scambio di ministeri tra il ministro Di Pietro e il ministro Mastella, quando il ministro Di Pietro si occupava dell'indulto, ma il ministro della giustizia era il ministro Mastella. Oggi, possiamo discutere del ministro Bersani che si occupa di modificare la riforma Moratti. Anche questo, secondo me, è contraddittorio con un minimo di logicità e con un minimo di criterio, per ciò che riguarda le procedure amministrative che dovrebbero sovrintendere al percorso legislativo.
Per questo manifesto anch'io non solo sorpresa, ma forte perplessità, su questi commi che sono oggi alla nostra attenzione attraverso l'esame degli emendamenti presentati in Assemblea, in particolare su questo comma, che sopprime il liceo tecnologico e il liceo economico, facendo un balzo all'indietro, cioè tornando alla vecchia istruzione professionale - che oggi peraltro dovrebbe essere di esclusiva competenza regionale - attraverso una nuova figura giuridica, che è quella relativa al settore tecnico-professionale. Si tratta - vorrei che i colleghi della maggioranza se ne rendessero conto - di una profonda distorsione dei meccanismi che sono stati alla base del processo riformatore precedente, che intendeva invece superare questa discrasia, questa dicotomia, tra processo formativo e processo di istruzione professionale. Si interviene ripristinando il vecchio processo di istruzione professionale e si delega allo Stato, attraverso questa nuova figura giuridica del settore tecnico-professionale, una competenza che almeno parzialmente è sinora assolutamente regionale.
Dunque, manifesto perplessità nei confronti del principio che si è voluto introdurre, attraverso la riforma della riforma con un decreto-legge sulle liberalizzazioni. Nutro inoltre forti perplessità ed obiezioni in merito a questo comma, che parla di abolizione del liceo economico e del liceo tecnologico e di ritorno alla vecchia formazione professionale, sia pure nella nuova figura del settore tecnico-professionale attribuito allo Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, non posso che associarmi alle perplessità sollevate dal collega Del Bue per una ragione di merito ed una di metodo.
La ragione di merito risiede nel fatto che l'abolizione dei cosiddetti licei professionali rappresenta un passo indietro rispetto alla disciplina prevista dalla grande riforma Moratti, che il Parlamento ha discusso per lungo tempo nelle Commissioni competenti ed in Assemblea sia alla Camera sia al Senato. Non è stata certo una riforma improvvisata, ma meditata, frutto della volontà forte e determinata di una maggioranza parlamentare che ha vinto le elezioni con ampio margine e che ha governato per cinque anni.
La perplessità di metodo risiede nel fatto che in un decreto-legge si cerchi surrettiziamente di abolire una riforma che ha avuto un percorso lungo ed importante, persino socialmente travagliato, perché vi è stata una forte opposizione dei sindacati.
Tale riforma è stata portata avanti con coraggio e determinazione, ma adesso se


Pag. 59

ne prevede l'abrogazione. Credo che sia profondamente scorretto e lesivo non solo degli studenti, ma di tutte le persone impiegate nel comparto della scuola.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, chiedo, in primo luogo, di sottoscrivere l'emendamento Bono 13.201.
Chiunque esamini questo testo si accorgerà della sua plurima incostituzionalità. Si prevede intanto una delega abusiva che costituisce un ulteriore insulto al Parlamento repubblicano; vi è, inoltre, una presa in giro, quando si stabilisce che questa controriforma si deve attuare senza nuovi o maggiori oneri economici, il che significa che viene violato anche il principio della copertura, della congrua e motivata copertura delle misure che si vanno a varare.
Si tratta di un grande salto all'indietro oscurantista, con l'introduzione di un nuovo classismo nella formazione, per la discriminazione tra le figure dei licei che si erano promossi a dignità culturale uniforme ed omogenea.
Infine, mi chiedo veramente se questo tipo di provvedimento, incostituzionale sotto tutti questi profili, non debba essere attentamente vagliato dal Quirinale nella sua veste altissima di controllo della legittimità costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, vorrei ribadire l'incongruenza del primo comma dell'articolo in esame che, con una leggerezza impensabile, sopprime la grande novità del liceo economico e tecnologico, senza soffermarsi sull'evoluzione della nostra società, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo delle relazioni economiche internazionali, anche alla luce dell'inadeguatezza dell'attuale istituto tecnico commerciale, ad esempio, ad affrontare una serie di tematiche che coinvolgono le giovani generazioni.
I vari provvedimenti del ministro Moratti avevano affrontato tale problematica, sotto il profilo delle caratteristiche e delle configurazioni che può avere la struttura liceale, tenendo conto delle novità della scuola italiana e della società italiana.
La riproposizione del vecchio termine - e di conseguenza la restaurazione del vecchio istituto tecnico-commerciale - come pure l'abrogazione del termine «tecnologico» non fanno altro che riportare all'indietro, non dico le lancette della storia, ma sicuramente quelle della nostra società. Oltre tutto, non ci si è premurati di verificare con un'approfondita discussione i contenuti innovativi contenuti - scusi il bisticcio di parole - nel provvedimento in questione, il quale ha fatto fare un balzo in avanti alla cultura e alla competenza degli istituti tecnici, trasformandoli in licei proprio sulla base di una serie di richieste, di riflessioni e di motivazioni molto forti scaturite dalla componente studentesca, dall'intera società civile e dalle stesse associazioni economiche che richiedono giovani preparati non solo dal punto di vista tecnico, ma anche culturalmente, con una caratterizzazione in senso economico.
Ora, il voler dimenticare questo approccio è una gravissima responsabilità che si accomuna all'altra: aver voluto prescindere da un confronto con le regioni le quali, in modo diretto, in modo particolare a prescindere dalla distinzione, si sono fatte carico del problema. Pertanto, credo di dover ribadire la mia netta contrarietà al primo comma dell'articolo 13, che è estremamente grave perché annulla, senza dibattito, non soltanto una decisione di un Governo e di una maggioranza - questo al limite potrebbe essere tollerabile -, ma soprattutto una decisione scaturita dall'evoluzione della società.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.


Pag. 60

GIUSEPPE CONSOLO. Signora Presidente, colleghi, se ancora ci fosse bisogno - ma non c'è, e lo sappiamo - di una conferma rispetto ad una palese violazione dell'articolo 77 della Costituzione, questo articolo 13 ce ne offrirebbe una, peraltro non richiesta. Ma, per dirla con il gergo fattuale di un ministro dell'Italia dei valori che vi è caro - (il ministro Di Pietro): che cosa c'azzecca la scuola con le liberalizzazioni? La risposta è facile: assolutamente niente. Desidero aggiungere la mia firma, se l'onorevole Bono che è il primo firmatario lo consente, all'emendamento 13.201, perché vorrei - ho chiesto alla sua cortesia, signora Presidente, di poter intervenire - lasciare una traccia scritta e indelebile perché non si dica che, da parte del centrodestra, si sia stati poco rispettosi nei confronti del giudice delle leggi, un giudice che ha più volte ricordato che le caratteristiche di necessità ed urgenza devono essere presenti, come pure l'omogeneità per materia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, vorrei sottolineare un aspetto, anche per rispondere ai colleghi che hanno più volte ripreso alcune polemiche già emerse nella Commissione di merito nonché in Commissione attività produttive. Anche noi, nella VII Commissione, abbiamo sollevato il problema, però ci rendiamo conto che c'è una drammatica urgenza che riguarda l'intero settore dell'istruzione tecnica. Alla sola notizia della riforma Moratti che «licealizzava» l'intera istruzione tecnica, abbiamo assistito ad un pauroso calo delle iscrizioni agli istituti di istruzione tecnica e professionale, con un aumento di popolazione nei licei scientifici...

VALENTINA APREA. Non è vero! È il contrario! Dì altre cose, ma non questo!

ALBA SASSO. ...e tecnologici e nei licei classici, che non potevano e non possono reggere la pressione di una popolazione quasi raddoppiata. Il problema è che questo si è verificato da parte delle famiglie. Ed io inviterei i colleghi a tener conto che molte volte è la società che va più avanti rispetto alle leggi, è la società che fa delle scelte alle quali bisogna in qualche modo prestare attenzione. Questa è una prima questione. Evidentemente le famiglie vogliono un'istruzione tecnica che abbia anche un carattere, una fisionomia unitaria e nazionale E questo riguarda anche l'istruzione professionale.
Passiamo alla seconda questione. Nel corso degli ultimi cinque anni - l'onorevole Aprea non può non ricordarlo - si sono moltiplicati anche da parte del mondo della scuola appelli per la salvaguardia dell'istruzione tecnica, appelli che sono stati promossi dall'associazionismo professionale e dal mondo della scuola. Vorrei anche ricordare, visto che voi spesso siete interessati al pensiero di Confindustria, che spesso questa associazione ha sollevato il problema della limitazione dell'istruzione tecnica.
Voglio ricordare che l'istruzione tecnica nel corso degli anni ha permesso la formazione del quadro intermedio dei tecnici delle attività produttive che hanno reso importanti le imprese. In ultimo voglio sottolineare che qui non si tratta di riportare indietro l'istruzione tecnica, ma di rivederla, perché, se si leggono gli articoli successivi, si constata che vi saranno delle linee guida per definire indirizzi, orari e articolazioni, con un potenziamento dell'istruzione tecnica attraverso la creazione dell'istruzione tecnica superiore come filiera completa attraverso la quale si dovrà articolare l'intero percorso.
Inviterei pertanto i colleghi a riconoscere come questo provvedimento risponda a bisogni già espressi dal paese, dalle famiglie, dalla Confindustria e dal mondo della scuola e come, piuttosto che andare indietro, come voi dite, vada invece avanti. Comunque su questo punto torneremo a discutere nella prossima legge sulla scuola collegata a questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).


Pag. 61

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, avendo pochissimo tempo cercherò di essere veloce, anche se devo chiamare in causa proprio il ruolo della Presidenza di questa Assemblea. Come tutti i colleghi sanno stiamo discutendo la conversione di un decreto-legge che parla di promozione della concorrenza, sviluppo dell'attività economica, nascita di nuove imprese ed altro.
Ora viene fuori la questione della riforma scolastica. Noi sappiamo che il nostro lavoro è organizzato attraverso le Commissioni competenti. Non voglio entrare nel merito, ma voglio porre con grande forza una questione di metodo: è possibile legiferare ingannando le Assemblee parlamentari e introducendo surrettiziamente nel provvedimento in esame questioni di grande valenza che non hanno nulla a che vedere con il tema di cui stiamo discutendo (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e del deputato Buontempo)? Credo che la Presidenza dell'Assemblea dovrebbe farsi carico di rappresentare il sacrosanto diritto dei parlamentari ad essere rispettati da un Governo arrogante che, sotto mentite spoglie, inserisce argomenti senza neppure avere la cura di far venire il ministro della pubblica istruzione ad illustrarci i suoi disegni e le sue preoccupazioni.
Questo, signora Presidente, è molto grave e lo devo rimarcare. Ci attendiamo che la Presidenza della Camera garantisca i diritti di tutti i deputati, che in questo momento mi sembra vengano colpiti [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Presidente, per una volta rinuncio a svolgere un intervento sul merito per rispondere all'intervento dell'onorevole Sasso. L'onorevole Sasso lamentava l'eccesso di confusione generato dalla riforma Moratti nelle scelte delle famiglie in merito all'iscrizione nelle scuole superiori e in particolari nei licei.
Onorevole Sasso, per cinque anni avete trasformato la scuola in un campo di battaglia contro il Governo utilizzandola non solo per protestare contro la guerra in Iraq, ma anche per disobbedire alla riforma Moratti. Soprattutto l'avete usata per diffondere confusione tra i docenti, tra gli alunni e tra le famiglie. Nonostante ciò, lei viene a lamentarsi degli esiti della vostra azione, accusando la nostra riforma. Essa aveva il merito di procedere in modo organico, coordinato e coerente, prendendo a modello le migliori esperienze straniere per permettere a tutti i ragazzi italiani di trovare la propria strada ed esprimere se stessi. Adesso, dopo che la vostra politica in cinque anni ha trasformato le scuole in tazebao ed in luoghi di opposizione al Governo, avete il fegato di lamentarvi di noi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedele. Ne ha facoltà.

LUIGI FEDELE. Signor Presidente, questo problema è stato sollevato anche in sede di Commissione attività produttive, dove con i colleghi si è discusso di questi argomenti. Infatti, non si capivano e non si capiscono tuttora in aula i motivi per i quali in un decreto-legge in materia economica si inserisca lo stravolgimento di una riforma. La riforma Moratti ha avuto un seguito molto lungo, essendo stata discussa e concordata. Essa era adeguata ai tempi, ma adesso con un piccolo «articoletto» la si vuole stravolgere, non andando sicuramente a vantaggio dei ragazzi e dei giovani. Lo abbiamo segnalato in Commissione e vogliamo farlo notare anche in aula. Non è possibile procedere in questo modo perché non si tratta di un tema di poco conto. Forse vi è stata qualche disattenzione e noi stessi non


Pag. 62

sempre riusciamo a renderci conto di quello che stiamo facendo. Tuttavia, la verità è che si stravolge qualcosa che stava procedendo bene. Si sarebbero potute modificare talune norme per migliorare qualche aspetto, ma non procedere a questo stravolgimento, perché certamente così non si va nell'interesse dei nostri ragazzi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, l'emendamento Fava 13.157, presentato dalla Lega, con il quale si chiede la soppressione dei commi che vanno dall'1-bis all'1-quinquies, nonché dell'articolo 13-bis, prosegue l'indirizzo degli identici emendamenti precedenti. Con il mio intervento voglio sottolineare come, con questo articolo, la sinistra ed il Governo mostrino la loro vera faccia, in quanto, contraddicendosi, vanno in senso contrario ad una loro stessa legge. Infatti, si muovono in violazione della riforma del Titolo V della Costituzione, che pone la competenza della formazione e dell'istruzione professionale in capo alle regioni. Questo articolo, invece, prevede la regolamentazione e la riduzione con decreto del ministro della pubblica istruzione dei percorsi, degli indirizzi e perfino del monte ore disciplinare. Addirittura si parla di qualifiche di diplomi da conferire nell'ambito di un repertorio nazionale. Tutto questo alla faccia dell'autonomia e del federalismo tanto decantati!
Inoltre, vorrei segnalare un ulteriore aspetto che ritengo importantissimo. In questo decreto-legge che verte su materie economiche si inserisce di tutto, compresa la questione della scuola. Mi chiedo quale messaggio possano inviare maggioranza e Governo ai nostri studenti ed alle nostre famiglie. È chiaro che tale messaggio è molto semplice: come dicevamo prima, se si invitano i nostri ragazzi ad abbandonare l'istruzione e a preferire la formazione, in pratica li si invita a rinunciare all'istruzione stessa per privilegiare il facile e semplice guadagno di denaro. Si rendono scientemente (si tratta infatti di una scelta voluta) i nostri ragazzi maggiormente condizionabili e manovrabili. D'altra parte, in trent'anni di scuola di sinistra, abbiamo assistito alla caduta dell'istruzione e del livello scolastico, sottesa alla caduta dei valori cui assistiamo all'interno della nostra società.
Questa caduta dei valori ha portato la nostra società ad una condizione estremamente precaria. I nostri giovani sono allo sbando e vengono anzi sollecitati a consumare droga e alcool, a orientarsi verso il divertimento, a non essere più responsabili. I nostri giovani non sono nemmeno più in grado di farsi una famiglia perché deresponsabilizzati. Lo ripeto: in trent'anni di scuola di sinistra si è arrivati ad un lassismo continuo e imperante, nella quale la parola «tolleranza» è stata tradotta nella parola «permissivismo». I nostri giovani hanno capito che i divertimenti e la deresponsabilizzazione sono più facili da raggiungere rispetto all'impegno nella società. Pertanto, noi chiediamo in modo chiaro e netto la soppressione di questo articolo e ci associamo ai colleghi che hanno presentato l'emendamento identico al nostro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, intervengo per ribadire quanto già espresso da altri esponenti del mio partito e dell'opposizione. Non trovo che questa possa essere la sede opportuna per esaminare le disposizioni contenute in questo articolo. Questo provvedimento contiene una serie di misure, che nel merito possono essere condivise o meno. Comunque, esso si ispira ad una logica che in parte condividiamo, vale a dire l'esigenza che nei nostri ordinamenti si eliminino le tendenziali posizioni di oligopolio, rendite di posizione, eccessive complessità dei procedimenti autorizzativi di nuove attività economiche e di nuove imprese e nella sottoscrizione di mutui.
Si tratta di provvedimenti volti a incentivare lo sviluppo, l'occupazione e una


Pag. 63

nuova imprenditorialità. Sulla necessità di avviarci in questa direzione siamo tutti d'accordo. Sul merito del dibattito, come si è visto, ci sono posizioni diverse in relazione alle singole disposizioni e sull'opportunità di alcuni passaggi. Ciò che non riesco a capire, tuttavia, è come un surrettizio stravolgimento di una riforma importante della precedente legislatura quale è stata la riforma Moratti, non possa avvenire nell'ambito di questo provvedimento.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole. Grazie.

ALESSANDRO FORLANI. Pertanto, ritengo che sia necessaria un altra sede per affrontare il problema della scuola e le sue eventuali evoluzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, anch'io come i miei colleghi - condivido quanto detto dagli onorevoli Capitanio Santolini, Giovanardi, Bosi e Forlani - intervengo per segnalare quanto sia assolutamente incredibile questo articolo. Non c'è nessun pregiudizio riguardo la discussione su come eventualmente migliorare la riforma Moratti. Tuttavia, mi sembra veramente incredibile come, attraverso un provvedimento che nulla a che fare con dichiarazioni pubbliche degli esponenti di Governo e del ministro dell'industria e che va per l'appunto a favorire in teoria il consumatore, si tenti di introdurre una sostanziale modifica della riforma della scuola fatta dal Governo precedente e dal ministro Moratti.
Lo dico veramente con tutto il cuore: si può migliorare tutto nella vita, ma non permettere al Parlamento di discutere nel merito un disegno di legge del Governo sul miglioramento della riforma Moratti e introdurre delle modifiche ad essa attraverso un decreto, che per di più non ha nulla a che fare con questo articolo che stiamo discutendo, rende veramente poco credibile tutto l'operato del Governo su un provvedimento come quello delle liberalizzazioni.
Tutti sanno - e concludo, onorevole Presidente - che tra qualche minuto si convocherà la Conferenza dei capigruppo. Immagino che ci sarà una riflessione anche all'interno della maggioranza. Spero che essa porti a considerare favorevolmente la soppressione di due articoli da questo decreto, cioè quello al nostro esame, che modifica la riforma della legge Moratti, e quello successivo, perché francamente non hanno assolutamente niente a che vedere con le liberalizzazioni e con gli interessi del cittadino consumatore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, gli italiani sanno che stiamo cancellando la ricarica dei telefonini, mentre in realtà all'interno del decreto-legge in esame è contenuta una parziale riforma della scuola. Credo che i presidenti di gruppo dell'opposizione farebbero bene a recarsi dal Capo dello Stato, perché i decreti-legge sono emanati dal Presidente della Repubblica. Ricordo che quest'ultimo, in maniera apprezzabile, invita le forze politiche a collaborare insieme; tuttavia, adesso si registra una prevaricazione completa del Parlamento!
Ritengo che le opposizioni del centrodestra, in questo caso non si debbano limitare a pronunciare interventi contrari, poiché bisogna far sapere al paese...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

TEODORO BUONTEMPO. ...che si sta operando una riforma della scuola attraverso l'approvazione di emendamenti riferiti ad un provvedimento che tratta di tutt'altro!
Credo che il Presidente del Camera - e concludo - debba far presente al Capo dello Stato, che ha emanato il decreto-legge


Pag. 64

in esame, che noi chiediamo a lui, con il rispetto che gli si deve, se sia legittimo inserire la riforma del sistema scolastico in questo provvedimento. Mi auguro, quindi, che i presidenti dei gruppi di opposizione vogliano recarsi dal Presidente della Repubblica per difendere le prerogative del Parlamento!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bono 13.201 e Fava 13.157, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 450
Astenuti 4
Maggioranza 226
Hanno votato
192
Hanno votato
no 258).

Passiamo all'esame dell'emendamento Fava 13.240.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 13.240, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 453
Votanti 449
Astenuti 4
Maggioranza 225
Hanno votato
193
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che il deputato Forlani ha espresso erroneamente il proprio voto, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto, altresì, che il deputato Pini non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 13.158.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, ricordo che il nostro intento nel presentare l'emendamento in esame era di ripristinare, nell'articolo 13 del provvedimento, quella configurazione dei sistemi che compongono il secondo ciclo, che era stata originariamente prevista dal Governo in sede di adozione del decreto-legge. Infatti, come i colleghi possono constatare, leggendo il testo del provvedimento in esame, a pagina 54 è riportato un periodo, che noi abbiamo ripresentato sotto forma di emendamento e che, invece, non è più presente nella nuova formulazione contenuta a pagina 55.
Il gruppo di Forza Italia chiede di ripristinare questo primo periodo semplicemente perché la modifica apportata al decreto legislativo n. 226 del 2005, nella prima versione dell'articolo 13 del decreto-legge in esame, incideva sul sistema dei licei coerentemente con l'intento del Governo, vale a dire facendo rivivere gli istituti tecnici e quelli professionali.
Rilevo, inoltre, che quella versione manteneva comunque in vita, ponendolo su un piano di pari dignità rispetto all'istruzione secondaria superiore, il sistema dell'istruzione e della formazione professionale. Insomma, in coerenza con il riconoscimento della validità dei percorsi sperimentali triennali, già avvenuta con la legge finanziaria e ripresa dal comma 1-quater dell'articolo 13 del provvedimento, si riconosceva l'organizzazione di percorsi di istruzione e formazione professionali finalizzati al conseguimento delle qualifiche.
Dunque, è per noi importante mantenere nel sistema il richiamo che rinvia alle


Pag. 65

competenze regionali, anche perché non possiamo pensare - con una scelta che ha più a che fare con la furbizia di tecnica legislativa che con l'esito di un confronto - di eliminare tutta la partita del sistema dell'istruzione e formazione professionale. Quest'ultima, invece, ci consente di raggiungere tutta una serie di obiettivi, primo fra tutti quello di poter prevedere norme generali, quindi standard di competenza anche per i percorsi di istruzione e formazione professionale, che, ancorché non scolastici, dovranno garantire nel triennio, per il conseguimento delle qualifiche, l'acquisizione di saperi di base e saperi professionali.
D'altra parte che si debba determinare un'inversione di marcia per rendere davvero efficaci i percorsi dell'istruzione e della formazione ed anticipare l'ingresso nel mondo del lavoro con competenze adeguate - perché questa è la partita - è quanto ci suggerisce l'Europa, ma è anche quanto si aspettano le realtà più produttive del sistema Italia. Quindi, sia il quadro comunitario europeo, sia la richiesta di qualificazione professionale che emerge dal versante produttivo ci confortano nella volontà di lasciare comunque nell'ordinamento - con una serie di possibilità per il livello nazionale di prevedere standard e qualificazione - il sistema di istruzione e formazione professionale. Pensiamo, infatti, che sia effettivamente opportuno lavorare non solo per l'obbligo di istruzione fino a sedici anni, da spendersi poi con le dovute ed adeguate riforme sia nel canale scolastico che in quello dell'istruzione e formazione professionale, ma anche e soprattutto per il diritto-dovere, cioè la meta del diciottesimo anno di età, che dovrebbe vedere tutti i giovani in possesso di una qualifica professionale o di un titolo di studio.
Allora l'attuale formulazione nell'articolo 13 e quella precedente all'intervento del relatore - che, come Commissione, ha recepito l'accordo col Governo - facevano invece saltare questo equilibrio, per cui senza preventiva discussione, senza nessun esame, quindi con un atto di furbizia legislativa venivano abrogati tanto il sistema di istruzione e formazione professionale, quanto il diritto-dovere citato, che dovrebbero stare a cuore proprio a quella sinistra che crede nella qualificazione professionale, che vuole la mobilità sociale e il raggiungimento del successo formativo per tutti.
In questo caso non si tratta di prevedere semplicemente la frequenza di percorsi, ma ragionare sull'efficacia degli stessi: come e a che età escono i ragazzi dal sistema educativo e sapendo cosa. Queste sono le ragioni per le quali non potevamo accettare quella formulazione ed abbiamo accettato il frutto dell'accordo. A questo punto, ritiro il mio emendamento 13.158 perché l'accordo che abbiamo fatto e che rimanda all'articolo 13-bis mi sembra più completo e mantiene in vita anche il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione. Quindi, signor Presidente, confermo di voler ritirare il mio emendamento 13.158.

PRESIDENTE. Dunque, l'emendamento Aprea 13.158 viene ritirato dal presentatore.

ANTONIO SATTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, ieri tutta l'Italia ha gioito per la liberazione del giornalista Mastrogiacomo: tutti siamo felici del buon esito della vicenda.
Vorrei però ricordare a lei ed al Parlamento che da sei mesi in Sardegna un giovane imprenditore, Titti Pinna, è nelle mani dei sequestratori e nessuno ne parla più.
Vorremmo che il Governo desse qualche indicazione su cosa stia accadendo; l'unica novità è che solo nella città di Bonorva, quella del sequestrato, si fanno ancora manifestazioni popolari in quanto si vuole ancora credere nella possibilità che questo giovane torni in famiglia.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole.
Ovviamente, l'ho lasciata terminare per la delicatezza del tema che lei pone; ma lei


Pag. 66

sa che questo genere di interventi andrebbe effettuato al termine della seduta.
Passiamo, dunque, agli identici emendamenti Aprea 13.6 e Bono 13.202.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Aprea 13.6 e Bono 13.202, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 459
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato
207
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che le deputate Dato e Formisano non sono riuscite ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 13.203, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 468
Maggioranza 235
Hanno votato
211
Hanno votato
no 257).

Avverto che l'emendamento Aprea 13.159 è stato ritirato dai presentatori.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 13.233.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, vorrei rendere omaggio ancora una volta al liceo economico ed al liceo tecnologico affinché questo possa essere un voto in grado di turbare la maggioranza; voglio infatti capire cosa c'era di tanto negativo in questo liceo economico la cui disciplina, recata con decreto legislativo n. 226 del 2005, attuativo della 'nostra' legge, la cosiddetta legge Moratti, recitava così: «Il percorso del liceo economico approfondisce la cultura liceale dal punto di vista delle categorie interpretative dell'azione personale e sociale messe a disposizione dagli studi economici e giuridici. Fornisce allo studente le conoscenze, le competenze, le abilità e le capacità necessarie per conoscere forme e regole economiche, sociali, istituzionali e giuridiche, individuando la interdipendenza tra i diversi fenomeni e cogliendo i rapporti tra le dimensioni globale e locale. Assicura la padronanza di competenze sistematiche nel campo dell'economia e della cultura dell'imprenditorialità (...)».
Voglio soltanto ricordarvi che questo è uno degli obiettivi posti dall'Europa in termini di competenze chiave che i cittadini europei devono comunque possedere. L'articolo 6 del citato decreto proseguiva poi con il seguente tenore: «Il percorso del liceo economico si articola, a partire dal secondo biennio, nei seguenti indirizzi: a) economico-aziendale; b) economico-istituzionale». Il terzo comma indicava poi tutta una serie di specificazioni che avrebbero sicuramente - queste sì - aiutato lo sviluppo del sistema Italia dal punto di vista aziendale: «Nell'indirizzo economico-aziendale lo studente acquisisce in particolare, attraverso le attività e gli insegnamenti obbligatori rimessi alla sua scelta, competenze organizzative, amministrative e gestionali. Tali competenze possono essere orientate sui settori dei servizi, del credito, del turismo, delle produzioni agro-alimentari e della moda, rimessi alla libera scelta dello studente e in relazione al tessuto economico, sociale e produttivo del territorio». Presidente Prodi, ministro Fioroni, questo è quanto serve all'Italia, non il vecchio istituto tecnico che voi state qui di nuovo ripristinando!
Questo è il liceo economico del 2007, quello che avrebbe potuto davvero aiutare


Pag. 67

gli studenti degli istituti economici e commerciali ad avere una forma mentis ed un'abilità professionali per essere imprenditori di sé stessi, ma anche imprenditori reali nei settori che oggi sono a rischio e soffrono di «asfissia» imprenditoriale. E non potete continuare a pensare al vecchio istituto tecnico, con le vecchie materie. Onorevole Sasso, mi spiace per lei, che, in genere, è intellettualmente onesta: lei sa benissimo che il calo delle iscrizioni negli istituti intellettuali non avviene da cinque anni, ma da dieci anni, e che i migliori istituti tecnici sono quelli che il «suo» ministro Berlinguer ha trasformato in licei tecnologici e in licei economici sperimentali, e che sopravvivono ancora. Quindi, con la normativa vigente ci eravamo sicuramente adeguati ed avevamo fatto di queste eccezioni una regola per tutte le altre scuole.
Amici, state sopprimendo il liceo tecnologico, scritto, nell'ultima versione, con la Confindustria. Vi faccio tanti auguri, onorevoli Bastico e Sasso, perché la versione del liceo tecnologico che state sopprimendo è quella che la Confindustria vi chiederà di mantenere, con tutti gli interventi di riforma, e di chiamare istituto tecnico riformato. Conosciamo la Confindustria e le richieste della stessa, e non le cambieranno. Sarete voi che dovrete cambiare e, a quel punto, avrete fatto solo un'operazione nominalistica.
Leggo infine solo la finalità generale del liceo tecnologico che «(...)Approfondisce la cultura liceale attraverso il punto di vista della tecnologia (...)», e non della tecnica, la tecnica non c'è più! Ma come si può pensare, nel 2007, di parlare di istruzione tecnica? Oggi, è l'istruzione tecnologica che conta! Come è possibile pensare di ritornare a cinquant'anni fa? Abbiamo forse messo a tacere le nostre intelligenze? Abbiamo forse sospeso la nostra intelligenza? Amici, è ancora possibile parlare di istruzione tecnica? È l'istruzione tecnologica quella del nostro secolo e, quindi, il liceo economico, per le sue caratteristiche vocazionali ed operative avrebbe sviluppato la rosa degli strumenti per comprendere le problematiche...

PRESIDENTE. Onorevole Aprea, la invito a concludere.

VALENTINA APREA. ...storico-sociali collegate alle tecnologie ed alle loro espressioni. Noi avevamo inserito una serie di indirizzi che, guardate, sono sicura,...

PRESIDENTE. Onorevole, per favore, però...

VALENTINA APREA. ...il Governo Prodi ci riproporrà in un altra salsa e sotto il nome di istituto tecnico. Auguri, ma siete falsi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, onestamente, chiedo scusa ma, pur nel rispetto della legittimità di ciò che fa ognuno, faccio sinceramente fatica a capire che senso abbia il ritiro di emendamenti o trovare intese su emendamenti, quando si contesta la legittimità di inserire in un atto della Camera decisioni che stravolgono la scuola italiana. Allora, si è contro se è una violenza che stiamo subendo, perché non si riforma la scuola in questa maniera e con un provvedimento d'urgenza che tratta di tutt'altro. Il problema non è mettersi d'accordo su una virgola o su un punto e virgola: è una violenza che richiede che l'intera opposizione faccia appello al Capo dello Stato, affinché quest'ultimo intervenga su un provvedimento illegittimo nel suo percorso parlamentare, e chieda allo stesso Capo dello Stato di rinviare alle Camere questa parte dell'articolo 13 di questo provvedimento. È, infatti, il Capo dello Stato che deve garantire noi; non è, in questo caso, la Presidenza della Camera a doverlo fare.
La pregherei di fare presente al Presidente della Camera la nostra richiesta di far arrivare al Capo dello Stato il verbale di questa seduta con le proteste dei deputati che ritengono illegittimo questo percorso,


Pag. 68

che ritengono sia un'offesa alla Camera dei deputati, che ritengono grave, gravissimo, che si voglia riformare la parte essenziale dei nostri licei, con una riforma operata da un'Assemblea che ha la mente orientata a ben altre cose e alle liberalizzazioni.
Ricordo anche le associazioni studentesche: quanti sanno, fra gli studenti, che qui si sta stravolgendo la scuola del nostro paese? Questo messaggio non è passato all'esterno; io mi auguro che la Casa delle libertà voglia fare tutto il possibile previsto dal nostro regolamento per impedire questa violenza contro il Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Vorrei ritornare sull'importanza di questo emendamento, e non si può quindi non tornare anche sull'importanza dei due licei, economico e tecnologico, che vengono soppressi.
Ha ragione l'onorevole Buontempo quando dice che gli studenti probabilmente non sono a conoscenza di cosa il Parlamento (in questo momento, la Camera) stia trattando. Coniugare la cultura generale con la cultura tecnica non significa trascurare l'aspetto tecnico. Sarà perciò sicuramente preoccupata quella Confindustria che voi dite che noi dovremmo interpellare, mentre mi pare invece che questo decreto-legge Bersani rappresenti un momento di asservimento da parte vostra.
Al centro di questi due licei c'è la qualità dell'insegnamento e anche l'approccio, l'introduzione, al mondo universitario. Il liceo economico introduce degli elementi essenziali di innovazione, anche didattica, che portano poi all'iscrizione, all'approccio e all'apprendimento dalla facoltà di economia e commercio con una agevolazione maggiore che altre scuole, altri licei, non davano. Quindi, non solo abbiamo una riduzione dell'offerta formativa, ma abbiamo anche un danno e una preclusione per gli studenti che vogliano scegliere determinate facoltà nel mondo universitario. Ecco che cosa ha coperto il «lenzuolo» di Bersani: ha coperto due importanti licei, due importanti indirizzi per tutto il mondo della scuola e per i nostri studenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. È proprio da questo emendamento, che corregge una formulazione del testo del decreto, che origina l'intento di modifica della riforma Moratti contenuto nel decreto-legge Bersani. Noi riteniamo che questo meccanismo, questo sistema di procedere sia fortemente lesivo nei confronti del Parlamento, innanzitutto perché si tratta di un atto di decretazione di urgenza e quindi, in quanto tale, è già in vigore e, in secondo luogo, perché il Parlamento ha tutto il diritto di poter discutere, ma di discutere nelle Commissioni competenti questi provvedimenti (quindi nella Commissione cultura, e non nella Commissione attività produttive). Il Parlamento ha diritto di discutere di ciò all'interno di un ambito di riforme del sistema scolastico e non all'interno di un decreto-legge sulle liberalizzazioni. Quindi, signor Presidente, noi crediamo che da questo punto di vista l'atteggiamento del Governo sia stato profondamente negativo e che ponga il Governo stesso e la maggioranza nelle condizioni di avere torto marcio rispetto anche a qualsiasi iniziativa riformatrice che sia contraria alla riforma fatta dal Governo precedente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, non entro nel merito della questione che è stata sollevata, che ovviamente riguarda il problema della qualità della legislazione, sul quale anch'io ho delle perplessità. Prendo la parola perché credo che quello dell'onorevole Buontempo sia un modo di


Pag. 69

porre le questioni assolutamente sbagliato, perché noi non possiamo trascinare nelle nostre dialettiche politiche il Capo dello Stato.
Il Capo dello Stato conosce esattamente - e lo ha dimostrato in varie occasioni - il profilo di costituzionalità delle leggi. Possiamo discutere, ma, proprio per mantenere un rapporto giusto tra le istituzioni, non dobbiamo coinvolgere in polemiche politiche il Capo dello Stato. Questo è uno degli aspetti più delicati del nostro modo di procedere.
Mi permetto di dire, Presidente, che, nel passato, ogni volta che si tirava in ballo in modo improprio il Capo dello Stato, la Presidenza interrompeva l'oratore.
Il Capo dello Stato rappresenta l'unità del paese; rappresenta l'elemento di garanzia. Sarà la sua valutazione quella che deve essere fatta. Noi dobbiamo rispettarne l'autonomia e non dobbiamo assolutamente trascinarlo nelle nostre polemiche politiche (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bianco. Ci tengo a precisare che l'onorevole Buontempo ha chiesto semplicemente di informare il Capo dello Stato. Non mi sembrava che vi fosse alcuna forma di mancanza di rispetto, altrimenti questa Presidenza sarebbe intervenuta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, credo che l'onorevole Buontempo abbia usato giudizio nel chiedere l'intervento del Presidente della Repubblica sull'opportunità di inserire quest'articolo all'interno del provvedimento in oggetto.
Sono d'accordo con la collega Formisano, che ricordava come in Commissione attività produttive, in sede di discussione del provvedimento in oggetto, ci siamo trovati molto in imbarazzo nell'esaminare questo articolo che tratta una materia non di competenza della Commissione.
C'è qualcosa nella formulazione di questo decreto-legge che, oggettivamente parlando, stride, come hanno sottolineato molti colleghi che sono intervenuti. Si compie una forzatura nei confronti del Parlamento e delle Commissioni competenti.
Crediamo che questo sia un modo surrettizio per bloccare la riforma Moratti e per proporne una diversa - com'è previsto, peraltro, dal programma dell'Ulivo -, impedendo, tra l'altro, un dibattito serio, complessivo, su un'eventuale modifica della riforma Moratti.

PRESIDENTE. Onorevole Raisi, dovrebbe concludere...

ENZO RAISI. Sto concludendo, Presidente. Invece, si continua ad introdurre, pezzettino dopo pezzettino, elementi di novità e di cambiamento rispetto alle proposte formulate, tra l'altro (com'è stato ripetuto e come vorrei ribadire anch'io in questa sede) in decreti-legge che nulla hanno a che fare con questa materia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, è davvero sorprendente che, in un momento in cui l'economia occupa gran parte del dibattito politico e dell'interesse di tutti noi, si pensi di abrogare una disposizione contenuta nella riforma Moratti riguardante l'istituzione del liceo economico.
Si può ben credere che, oggi, nessun giovane conosca nello specifico la terminologia utilizzata nel settore economico, come prodotto interno lordo e via dicendo.
Quindi, non prevedere l'istituzione di un liceo destinato a trattare temi di interesse quotidiano, rispetto ai quali ci si misura con gli altri paesi dell'Unione europea, certamente, è un intervento certamente non ben costruito.
Invito il Governo a riflettere su ciò che si sta facendo, perché significa lasciare l'Italia in una posizione di retroguardia e non portarla al passo con gli altri paesi più avanzati dell'Unione europea e del contesto internazionale.


Pag. 70

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, intervengo per sostenere l'emendamento in oggetto e per contestare, come ha fatto poco fa la collega Frassinetti, la soppressione del liceo tecnologico e del liceo economico. Si tratta di due nuovi indirizzi di studio introdotti dalla riforma Moratti, particolarmente moderni.
Oggi, stiamo discutendo del destino di tanti giovani, del loro futuro, della loro formazione, e lo stiamo facendo con un decreto-legge. Sopprimiamo con un provvedimento d'urgenza due importanti indirizzi di studio. Lo facciamo, cari colleghi, con un decreto-legge che tratta di tutt'altro - di liberalizzazioni - e, per giunta, senza che le disposizioni in esame siano state esaminato dalla Commissione cultura! È superfluo ricordare che l'esame in sede referente si è svolto presso la Commissione attività produttive, mentre la Commissione cultura ha potuto esprimere soltanto un parere. Insomma, l'esame della riforma è stato sottratto all'organo che ha competenza ad esaminare la materia in sede referente.
Si tratta di un colpo di mano del centrosinistra che noi sicuramente contestiamo. Mi auguro che i colleghi votino a favore dell'emendamento Aprea 13.233: non dobbiamo...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO PEPE. ... fare un passo indietro ma dobbiamo fare passi avanti, nel mondo della scuola come in quello della formazione. Dobbiamo assicurare ai nostri giovani un futuro più sicuro ed in linea con...

PRESIDENTE. Onorevole Antonio Pepe, deve concludere.

ANTONIO PEPE. ... gli studi europei. La norma in esame ci riporta sicuramente indietro (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, ci associamo all'emendamento in esame, che dobbiamo ritenere volto a ridare dignità agli istituti tecnici e professionali elevandoli nuovamente a licei tecnologici ed economici, così come previsto dalla riforma Moratti. Questa esigenza va soddisfatta se vogliamo che l'apertura consistente nel consentire a tutti gli studenti di accedere all'istruzione universitaria non si trasformi soltanto in qualcosa di demagogico.
Purtroppo, è successo, e succede ancora, che studenti i quali si sono dedicati a studi professionali e tecnici si illudano di poter accedere, ad esempio, a corsi universitari nelle materie mediche. A quante storture, a quante vicende negative assistiamo nel mondo della medicina, negli ospedali, nel mondo della sanità in generale, in cui l'incompetenza (non vorrei dire l'imperizia) provoca anche molte morti!
Pertanto, bisogna tornare allo spirito della riforma Moratti e restituire agli istituti in parola il loro vero significato, riassegnando loro pari dignità e pari livello: vogliamo di nuovo il liceo tecnologico ed il liceo economico!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, prendo la parola per denunciare il paradosso al quale assistiamo: mentre la Commissione cultura sta effettuando un'indagine conoscitiva sul sistema della formazione, si introduce in maniera subdola, all'interno di un decreto-legge, una vera e propria controriforma. È inaccettabile sia dal punto di vista procedurale sia dal punto di vista della sostanza degli argomenti che stiamo trattando! La scuola non merita di essere trattata in questa maniera! Vi dovete vergognare (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Bisogna...


Pag. 71

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SILVANO MOFFA. ... avere il coraggio di «depennare» la questione e di affrontarla in maniera seria; in caso contrario, il Parlamento darà una dimostrazione di ignavia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 13.233, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 471
Astenuti 1
Maggioranza 236
Hanno votato
216
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che i deputati Zinzi e Mazzoni non sono riusciti a votare. Prendo atto altresì che il deputato Realacci non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 13.204.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, sono intervenuto in precedenza, con parola sicuramente dotata di minore passionalità rispetto a quella del collega Buontempo, per fare presente in maniera asciutta, non tanto ai colleghi della maggioranza, i quali ormai sono disposti ad ingoiare di tutto pur di tenere in piedi la cariatide governativa, quanto alla Presidenza della Camera, effettivamente, la necessità di rappresentare al Quirinale - così mi ero espresso - una situazione di plurima illegittimità costituzionale.
Oltre agli argomenti che sono stati illustrati, ho sottolineato infatti come non si stia ottemperando alla norma relativa alla copertura. Ciò è dimostrato dalla indegna norma contenuta nell'articolo 13, comma 1-quinquies, che non prevede alcuna copertura finanziaria. Inoltre, si attribuisce abusivamente una delega - è stato sottolineato più volte - con la disposizione contenuta nell'articolo 13, comma 1-quater, che prevede l'emanazione di apposite linee guida, che debbono essere predisposte dal ministro della pubblica istruzione. In altri termini, in un decreto-legge si è inserita una delega il cui carattere abusivo è elevato al quadrato, essendo stata conferita una delega per la delega. Inoltre, si stabilisce che tutto questo debba avvenire entro limiti di tempo praticamente non definiti. Insomma, non ci sono né linee guida, né criteri direttivi, né limiti di tempo. Si tratta di una violazione costituzionale plurima, sulla quale il Capo dello Stato, che formalmente emana i decreti e che ha la facoltà di promulgare, o rinviare alle Camere con proprio messaggio, la legge di conversione in legge di questo decreto-legge, dovrebbe essere richiamato perché compia un esame approfondito di questo gravissimo atto antiparlamentare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, tutti ricorderanno che, quando il ministro Moratti si accingeva ad effettuare la sua riforma, la sinistra protestava, sostenendo che non avesse incontrato in misura sufficiente i rappresentanti del mondo della scuola. Ebbene, onorevole Bianco, neppure in una «Repubblica delle banane» si riforma la scuola con un decreto-legge! È vergognoso! Onorevole Bianco, lei che è persona perbene ed ha a cuore le istituzioni deve convenire sul fatto


Pag. 72

che, purtroppo, la Presidenza della Camera non può interferire sui testi, a meno che si tratti di emendamenti. In questo caso, siamo dinanzi ad un decreto-legge emanato dal Capo dello Stato, nei confronti del quale esprimo un rispetto ancora maggiore.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo...

TEODORO BUONTEMPO. Noi siamo sicuri che egli è garante delle regole e quando chiede che la politica affronti le grandi questioni del nostro paese in maniera bipartisan noi siamo d'accordo. Tuttavia, non so se il Capo dello Stato non sia informato, come gli studenti, di quanto sta avvenendo.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Buontempo.

TEODORO BUONTEMPO. Sì, signor Presidente. Però, se lei suonasse il campanello, anziché interrompere...

PRESIDENTE. L'ho suonato per due volte, onorevole Buontempo!

TEODORO BUONTEMPO. Allora, le chiedo scusa, signor Presidente: non l'ho sentito.

PRESIDENTE. Lo suonerò più forte.

TEODORO BUONTEMPO. Comunque, la ringrazio, signor Presidente.
Noi chiediamo alla Presidenza della Camera di far presente al Capo dello Stato che probabilmente anch'egli è stato ingannato da questo Governo, che con un decreto-legge vuol cambiare una norma (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia - Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Come lei ben sa, onorevole Buontempo, le valutazioni del Capo dello Stato non possono formare oggetto di sindacato da parte delle Camere. Ciò detto, come le è evidentemente noto, i resoconti delle nostre sedute sono pubblici e, dunque, tutti possono prenderne visione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, se è vero che le valutazioni del Capo dello Stato non possono essere oggetto di sindacato da parte delle Camere, è altrettanto vero che, discutendo di provvedimenti come questi, non si può fare a meno di ricordare gli appelli che lo stesso Capo dello Stato ha rivolto e rivolge costantemente, in modo opportuno, al rispetto del ruolo delle regioni e della loro autonomia. Se c'è una ragione che mi induce a condividere i precedenti emendamenti, in particolare, quello in discussione, riferito all'istruzione professionale, è che la mancata approvazione di esso comporterebbe una ennesima lesione dell'autonomia e delle competenze delle regioni. Siamo stati oberati dai ricorsi delle varie regioni, compresa l'Emilia Romagna, da cui provengo, contro tutti i provvedimenti del Governo Berlusconi e del ministro Moratti riguardanti la scuola.
Sono stati ricorsi a getto continuo, che di fatto hanno impedito il normale funzionamento della scuola. Credo che di fronte a un fatto di questo rilievo non basti un atteggiamento di negazione dei presupposti, ma occorre un confronto serio e non a caso nelle audizioni abbiamo visto che, pur timidamente, tutti gli assessori regionali, al di là della loro appartenenza politica, hanno sollevato obiezioni di principio validissime in merito a quella che, di fatto, costituisce una lesione delle loro prerogative essenziali.
Con questo provvedimento si ledono anche quegli esperimenti che hanno dato un frutto e che sono stati valutati positivamente da alcuni quotidiani economici. Mi riferisco anche al rapporto di collaborazione fra regione e sistema della formazione professionale, avviato da regioni come la Lombardia, parzialmente dal Veneto e dalla provincia autonoma di Trento. Queste tre realtà hanno saputo realizzare


Pag. 73

una sinergia in un settore significativo come questo, che di fatto questo provvedimento annulla o, in ogni caso, attenua enormemente.
Questa è la ragione per cui, pur sapendo che c'è un orientamento precostituito e preconcetto, sento di dover condividere la ratio dell'emendamento e di dover invitare l'Assemblea a riflettere su un provvedimento, che per tutti gli aspetti che presenta in questa sede è foriero di conseguenze negative per la scuola italiana e per le autonomie locali, senza effettuare nessuna verifica e distinzione delle modalità di intervento, di approccio e delle zone, in cui la collaborazione è stata realizzata e quelle in cui, invece, non ha avuto luogo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. La ringrazio, signora Presidente, di avermi dato la parola. Ci tengo ad intervenire perché sappiamo tutti assai bene - lei stessa lo ha ricordato - che l'opera del Capo dello Stato non è sindacabile. Non c'era dubbio di sorta su questo.
Credo però che sia compito delle Camere segnalare eventuali vulnus alla nostra Carta costituzionale, come quello che sta avvenendo nella fattispecie. Lo hanno segnalato l'onorevole Benedetti Valentini e l'onorevole Buontempo. Qui c'è una violazione reiterata del precetto costituzionale. Ho segnalato precedentemente la violazione dell'articolo 77 della nostra Costituzione. Abbiamo un obbligo di farlo presente al garante della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Abbiamo un obbligo specifico, perché il Capo dello Stato ha naturalmente notizia di ciò che succede nell'ambito dei lavori di quest'aula, ma noi del centrodestra e di Alleanza nazionale ci sentiamo con la coscienza a posto per aver rimarcato questo grave vulnus.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, in questo confronto vedo una nemesi storica. L'allora assessore regionale Bastico fu in prima linea nel contestare la riforma Moratti, adducendo motivazioni analoghe a quelle nostre di oggi e mobilitando insegnanti, studenti e istituzioni locali perché quella riforma, secondo l'allora assessore Bastico, passava sulle loro teste e non c'era stato nessun tipo di confronto.
Oggi il viceministro Bastico ci presenta una riforma surrettizia, che non tiene conto di quel confronto, che allora chiedeva mobilitando le persone affinché tale confronto avvenisse, forse in una forma militante rispetto all'incarico istituzionale che aveva allora.
Oggi quella stessa persona, con un ruolo diverso, ci presenta una controriforma predisposta senza alcun confronto serio nelle sedi istituzionali con il personale docente o con gli studenti, ossia una controriforma, che nessuno ha potuto discutere e alla fase di elaborazione della quale nessuno ha potuto partecipare.
Crediamo che questa protesta, che in questo momento stiamo manifestando in sede parlamentare, debba essere forte e speriamo che giunga anche a quel corpo docente e a quegli studenti, che allora l'assessore Bastico, assessore della mia regione, l'Emilia Romagna, mobilitò in altro senso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 13.204, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 463
Maggioranza 232
Hanno votato
203
Hanno votato
no 260).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 13.205.


Pag. 74


Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. L'articolo 87 della nostra Costituzione enuncia in maniera molto chiara che il Capo dello Stato promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19,30).

TEODORO BUONTEMPO. Con il rispetto massimo che devo alla sua correttissima figura, non ritengo che la risposta che lei mi ha dato prima, sia un rilievo conforme a quanto avevo affermato nel mio intervento. Credo che nessuno, a cominciare dal sottoscritto, abbia voluto fare rilievi al Capo dello Stato. Conosciamo decentemente bene la Costituzione e oltretutto abbiamo un profondo rispetto per un Capo dello Stato, il quale non manca occasione per invitare la politica a dialogare.
Noi abbiamo chiesto un'altra cosa, proprio in virtù delle prerogative che ha il Capo dello Stato, che non è una persona alla quale non ci si può rivolgere, tanto che è possibile addirittura rivolgergli i ricorsi su quelle materie per le quali non è possibile fare ricorso al TAR. Si ricorre al Capo dello Stato proprio per l'alta e nobile funzione che egli svolge.
Dunque, questo decreto-legge è stato emanato dal Capo dello Stato, su proposta del Governo. Proprio perché si tratta di un decreto-legge, la Camera purtroppo non può approvare o respingere i singoli articoli, però, quando il testo di un decreto-legge arriva alle Camere, l'Assemblea ne è «padrona», nel senso che ha l'autonomia per decidere in piena libertà e in piena coscienza.
Ora il punto è che dei parlamentari osservano che è stata inserita una materia probabilmente sconosciuta agli italiani: questa non è cosa di poco conto, onorevole Bianco, perché non è possibile mascherare, come se si trattasse di un'azione truffaldina, la riforma della scuola sotto un decreto che ha per titolo le liberalizzazioni! Questo è il punto! Pertanto la nostra richiesta, onorevoli colleghi, è che l'articolo 13 venga eliminato dal testo di questo provvedimento. Se si vuole convertire in legge questo decreto, credo che il centrodestra debba fare tutto il possibile perché venga stralciato l'articolo 13. La riforma della scuola non si può fare in questo modo!
Poiché però siamo probabilmente arrivati tardi a queste osservazioni, mi auguro che sia il Senato ad anticipare una battaglia politica, affinché avvenga lo stralcio! Non è possibile che non si sottragga questo articolo ad un dibattito, che riguarda materia di natura economica e liberalizzazioni. In definitiva la nostra richiesta, che rivolgiamo anche al Governo, è di sopprimere questo articolo, eventualmente ripresentando questa materia con un'articolata proposta di legge.
Vedo che il ministro Mussi sta parlando con il Presidente. Ministro, credo che anche lei abbia delle perplessità! Come si fa a riformare la scuola superiore con un emendamento presentato ad un decreto-legge sulle liberalizzazioni?
Onorevoli colleghi, vi deve essere una richiesta forte di stralcio, altrimenti tutto ciò merita un atteggiamento ostruzionistico, perché non venga approvato un decreto che nasconde in sé la riforma della scuola!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, ho una lunga esperienza parlamentare e, pertanto, so che uno dei modi, purtroppo, per insistere su un argomento è quello di sollevare la questione ed è ciò che sta accadendo oggi.
Mi permetto di sottolineare e mi rivolgo, in particolare, agli onorevoli Conti e Buontempo, che, se vogliamo mantenere la nostra funzione istituzionale di parlamentari che svolgono bene la propria funzione, dobbiamo nel contempo essere rispettosi delle altre situazioni.


Pag. 75


Il fatto di sollevare questioni di irregolarità o comunque di scorrettezze costituzionali è un diritto che ci compete nella dialettica parlamentare. L'elemento che, invece, ritengo non corrispondente alla nostra funzione è il fatto di tirare in ballo il Capo dello Stato, quasi che lo stesso non abbia la possibilità di valutare, come peraltro già fatto consentendo l'emanazione del decreto-legge, la costituzionalità o meno di un provvedimento.
La scorrettezza del linguaggio che usiamo sta nel coinvolgere nel dibattito parlamentare il Capo dello Stato. A tale proposito, ritengo che il Parlamento debba essere estremamente prudente. Non credo che dobbiamo dimostrare di avere l'atteggiamento che si ha in altri Parlamenti nei confronti dei Presidenti della Camera o del Senato o del Capo dello Stato, figure che dovrebbero essere circondate da un grande rispetto. Questa dovrebbe essere la nostra funzione di parlamentari! Quando noi coinvolgiamo nelle nostre polemiche politiche questa figura, ritenendo di poter insegnare al Capo dello Stato la funzione che dovrebbe espletare, commettiamo una scorrettezza e dobbiamo astenerci dal farlo!
Il Presidente della Repubblica non può essere coinvolto nelle polemiche di carattere parlamentare, nelle vicende che noi, in un certo senso, qualche volta, anche in modo non appropriato, solleviamo in quest'aula.
Chiedo, pertanto, alla Presidenza della Camera di limitare, quando si parla del Capo dello Stato, il tipo di intervento, perché dobbiamo stare rigorosamente attenti a non usare modi irrispettosi nei confronti di chi dobbiamo mantenere al di fuori ed al di là delle polemiche parlamentari di ogni giorno (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La Presidenza ha già chiarito che le valutazioni del Capo dello Stato non possono essere oggetto di sindacato nella discussione del Parlamento, che stiamo svolgendo. Quindi, invito i colleghi che prenderanno la parola ad attenersi a questo orientamento della Presidenza, chiudendo questa discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, accolgo il suo appello, ma vorrei anche ricordare all'Assemblea che molte parti del decreto-legge in discussione, come abbiamo avuto modo di rilevare nella fase della discussione sul complesso degli emendamenti, sono prive del carattere di straordinarietà e di urgenza e mi sembra che la discussione di questa sera ne sia una prova.
Ritengo, pertanto, necessario richiamare non tanto il Capo dello Stato, ma l'Assemblea, sottolineando tale aspetto.
Ricordo ai colleghi che il Comitato per la legislazione della Camera ha sollevato diciotto obiezioni a questo provvedimento, ma non è stata fornita alcuna risposta (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Quindi, evidentemente, che questo provvedimento non presenti tutti i requisiti propri di un decreto-legge mi sembra al di là di ogni ragionevole dubbio (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Intervengo anch'io per confermare che la tesi sostenuta dai colleghi di Alleanza Nazionale trova un fondamento nell'impossibilità, o incapacità, del Governo di rispondere ad una serie di obiezioni che abbiamo formulato nelle sedi competenti.
Il fatto che in questa occasione noi le rileviamo, facendo anche appello all'alto magistero del Presidente della Repubblica, che su questi problemi si è ripetutamente espresso, non ritengo costituisca cosa disdicevole, o significhi venire meno al rispetto dovuto al garante dell'unità di tutti gli italiani.


Pag. 76


Siamo in presenza di un provvedimento estremamente controverso - come minimo, anomalo - che introduce surrettiziamente modifiche significative concernenti la struttura portante della scuola italiana, avvalendosi di una procedura d'urgenza che non riteniamo assolutamente necessaria; soprattutto, si è venuti meno all'indispensabile dovere del confronto non solo in Assemblea e nelle competenti Commissioni, ma anche riguardo agli enti locali, alle regioni, direttamente interessati da questo provvedimento. Non dimentichiamoci mai che parliamo di formazione professionale e la rivendicazione del ruolo delle regioni è stata fatta ad ogni piè sospinto.
Il richiamo fatto anche al ruolo dell'attuale viceministro alla pubblica istruzione credo sia significativo; infatti, abbiamo una precisa testimonianza di un ex assessore alla scuola, che nel passati si è resa protagonista, a torto o a ragione, di una rivendicazione del ruolo delle regioni in una materia delicata come questa. Stiamo parlando di una materia prevista anche in Costituzione: non sono un costituzionalista, però le modifiche apportate al Titolo V richiamano noi parlamentari ad un preciso rispetto delle regole e, soprattutto, ad evitare intime contraddizioni relativamente ad un provvedimento che, invece, necessita di una ulteriore riflessione, profonda e adeguata: ma ciò non è avvenuto (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, stimolato dalle sempre interessanti parole dell'onorevole Bianco debbo ricordarmi che io stesso mi sono preso la responsabilità, in qualche modo, di invocare l'attenzione del Presidente della Repubblica che, tramite una parola simbolica, durante il primo dei miei interventi, ho chiamato «Quirinale».
Ebbene, voglio dire con molta franchezza, essendo una persona abituata al massimo rispetto delle istituzioni, che, tuttavia, l'uomo della strada può esprimere liberamente, fino a prova contraria, il suo parere su ogni autorità dello Stato (civile, religiosa, militare), compresa la massima: figuriamoci se un parlamentare della Repubblica non può fare altrettanto.
Detto questo, e considerata la mia impegnativa affermazione, voglio anche dire che, personalmente, ho richiamato i cinque punti di evidente incostituzionalità del provvedimento. Una volta che la materia viene indicata in una maniera così precisa e dettagliata non solo non si commette un abuso, ma non si manca neanche di rispetto; richiamare ed appellarsi alle massime cariche garanti della Costituzione costituisce, infatti, un dovere morale e politico. Ciò, affinché coloro che soccombono a colpi di numeri possano vedere accolte le loro richieste concernenti il rispetto dell'ordinamento costituzionale: non vedo di quali altri strumenti democratici possa disporre il parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 13.205, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 449
Votanti 447
Astenuti 2
Maggioranza 224
Hanno votato
202
Hanno votato
no 245).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Fava 13.150. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro espresso dalla Commissione.

MASSIMO GARAVAGLIA. No, Signor Presidente, non lo ritiriamo. Colgo anche


Pag. 77

l'occasione per esprimere qualche opinione sulla riforma contemplata dal decreto-legge e sulla formazione professionale in generale.
Il titolo del decreto-legge reca «Misure urgenti per la tutela dei consumatori». Come hanno sostenuto alcuni colleghi - ma forse non è evidente per tutti - la riforma della scuola ha poco a che fare con la tutela dei consumatori. A nostro avviso, il fatto che si sia scelta questa via rappresenta il segno di una forte debolezza della maggioranza, non ci sono altre motivazioni o altre scuse. Se si voleva (e se si vuole) una riforma della scuola non c'è alcun problema, in quanto rappresenta uno dei compiti più alti ed importanti che può proporsi un Governo o che un ministro possa avere in animo di fare.
Il fatto che non lo si faccia in maniera organica, ma lo si faccia in questo modo, è un forte segnale di debolezza. Come opposizione, non possiamo essere contenti di questa debolezza, perché è una debolezza di tutte le istituzioni. Non si tocca la scuola in questo modo. Oltretutto, cerchiamo di capire anche il perché di questa debolezza parlando in particolare di formazione professionale.
Vediamo un atteggiamento verso la formazione professionale sostanzialmente classista, perché essa viene ritenuta non importante tanto quanto il resto della scuola. Classista lo è anche nei confronti degli insegnanti della formazione professionale, ritenuti sostanzialmente degli insegnanti di serie B rispetto agli insegnanti di serie A della scuola, che trovano puntualmente le conferme e le assunzioni a tempo indeterminato. Gli insegnanti di serie B della formazione professionale devono invece guadagnarsi volta per volta la possibilità di lavorare facendo la progettazione, recuperando a fatica i fondi comunitari ora esauriti.
Non è un bel fare nei confronti di questi insegnanti, tanti dei quali credono veramente in quello che fanno, perché è più difficile insegnare nella formazione professionale. Ricordiamo che nella formazione professionale troviamo gli alunni più difficili da trattare, quelli che per antonomasia non hanno voglia di studiare. Tra l'altro, ciò non è neanche vero, mi ricordo alcuni corsi sperimentali tenuti in provincia di Milano, dove vi era la possibilità, dopo aver conseguito l'attestato di formazione professionale, di continuare nell'istruzione secondaria normale. Ebbene, tanti ragazzi che entravano nella formazione professionale svogliati avevano poi riscoperto negli anni la voglia di studiare e sono stati capaci anche di andare all'università.
Perché, quindi, trattare male gli insegnanti della formazione professionale? Perché trattare male gli alunni della formazione professionale? Secondo noi è veramente ingiusto e classista. Oltretutto, bisogna anche tenere conto dell'invasione senza ritegno delle competenze regionali. Prima di fare questo decreto-legge sarebbe stata necessaria ed opportuna una conferenza Stato-regioni. Niente di tutto questo è stato fatto, si fa la riforma collocandola in un decreto-legge che si occupa di tutt'altro. Il punto è che, dopo una settimana in cui abbiamo discusso di piccoli dettagli relativi a piccoli interventi, ora ci troviamo a discutere dei due unici articoli veramente importanti, quelli che si occupano della TAV e della scuola, gli unici due che con le liberalizzazioni non hanno niente a che fare. Questo è emblematico di un atteggiamento scorretto nei confronti del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, se il Governo Berlusconi avesse adottato una tecnica legislativa come questa, penso che la sinistra avrebbe giustamente riempito le piazze ed organizzato girotondi. Non è possibile inserire la riforma della scuola secondaria e della formazione professionale all'interno di un decreto che dovrebbe essere emanato in base ai requisiti di necessità ed urgenza e che tratta una materia completamente estranea rispetto a quella che stiamo esaminando in questo articolo.


Pag. 78


Chiedo al Governo, in particolare al ministro Mussi che rappresenta il dicastero dell'università e della ricerca scientifica, in base a quale ragionamento sia possibile intervenire sulla scuola contestualmente alla decisione di sopprimere o meno la licenza di un barbiere o di darne una ad un tassista. Qual è il nesso, il rapporto tra la riforma della scuola secondaria e la concorrenza economica, la nascita di nuove imprese o la tutela dei consumatori?
Signor Presidente, ritengo che stiate facendo solo un altro grosso pasticcio, l'ennesimo, che si trasformerà in un danno per le imprese, per i consumatori e soprattutto per la scuola. Penso che vi dovreste semplicemente vergognare di questa tecnica legislativa, di questo modo di fare e di concepire la politica ed rapporti con il Parlamento! Un tema come la scuola non può essere trattato in questo modo ed inserito all'interno di un decreto che verte su tutt'altra materia.
Questa è la verità e questo il vostro modo di agire, che da parte nostra meriterebbe ben altro comportamento. Forse dovremmo scendere in piazza, così come avreste fatto voi se noi avessimo legiferato in questo modo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, come lei avrà potuto notare, i rilievi mossi su quanto abbiamo detto al Capo dello Stato erano assolutamente fuori luogo. Infatti, stiamo rivolgendo al Capo dello Stato un appello. Nel testo del decreto-legge sulle liberalizzazioni è riportata la seguente formulazione: «Il Presidente della Repubblica, visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di rafforzare la libera scelta dei consumatori e di rendere più concorrenziali gli assetti di mercato, favorendo anche il rilancio dell'economia e dell'occupazione; ritenuta altresì la straordinaria necessità ed urgenza di adottare interventi intesi a razionalizzare e contenere i livelli di spesa pubblica nonché in tema di entrate e di contrasto all'evasione ed elusione fiscale; vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata il 30 giugno su proposta del Presidente del consiglio e del ministro dell'economia (...)» eccetera, eccetera...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, deve concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Qualcuno si potrebbe chiedere cosa ci azzecca tutto questo con la riforma della scuola, imbroglioni che non siete altro (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 13.150, non accettato dalla Commissione né dal Governo e su cui la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 442
Votanti 441
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato
199
Hanno votato
no 242).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 13.232.
Ricordo che su questo emendamento la Commissione ed il Governo hanno espresso parere favorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, intervengo solo per prendere atto che il Governo e la maggioranza, alla fine, si sono resi conto che il trattino inserito


Pag. 79

tra le parole «tecnico» e «professionali» non poteva reggere. Tutti abbiamo capito che si trattava di un escamotage per superare il dettato costituzionale con il quale si prevede che l'istruzione professionale sia di competenza delle regioni. Invece, si era fatto degli istituti professionali un corollario dell'istruzione tecnica, prevedendo la riorganizzazione di questi istituti con la fusione in un aggregato di tipo tecnico-professionale.
Non è con la furbizia, evidentemente, che la Corte costituzionale avrebbe potuto accettare questo tipo di riappropriazione centralistica da parte dello Stato in relazione all'istruzione professionale. Inoltre, si sarebbe danneggiata ulteriormente l'istruzione professionale statale poiché, privata delle qualifiche e ricompresa nell'ambito dell'istruzione tecnica, avrebbe completamente perso l'identità. Quindi, il fatto che il Governo ci abbia ripensato e abbia accolto la nostra proposta, da una parte, ripropone il problema dell'istruzione professionale, che ritorna ad essere statale a fronte di quanto prevede il Titolo V della nostra Costituzione, ma, dall'altra, evita almeno che si vada a mortificare ulteriormente l'istruzione professionale fino a quando la Corte costituzionale o le regioni, attraverso l'attuazione del master plan deciso in sede di Conferenza unificata e di coordinamento delle regioni, non diranno l'ultima parola. Purtroppo, questo settore dell'istruzione, più di altri, dovrà vivere una fase di transizione molto lunga. Per ora prendiamone atto e votiamo con convinzione questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)...

PRESIDENTE. Colleghi, cosa succede?

TEODORO BUONTEMPO. Solo degli intolleranti e dei violenti possono reagire in questo modo!

PRESIDENTE. La prego, onorevole Buontempo! Colleghi, lasciate parlare l'onorevole Buontempo! Non è il caso di rumoreggiare in questo modo.

TEODORO BUONTEMPO. Onorevole Presidente, io sono felice che l'onorevole Aprea sia riuscita con la sua decisa battaglia ad eliminare il trattino tra la parola «professionali» e l'altra parola che la precede. Tuttavia, non credo sia un problema di trattino, anche se do merito alla collega di essere riuscita a toglierlo. Il problema è molto serio, onorevole Presidente. Lo diceva il collega Landolfi: se il Governo di centrodestra si fosse permesso per decreto di riformare, nell'ambito della scuola superiore, la scuola professionale, avremmo avuto le barricate nel nostro paese! Il ministro Moratti incontrava gli studenti, promosse la giornata dell'incontro studentesco all'Eur e non bastò neppure quello. Ci furono cortei, disordini, incidenti per le strade. Ora, arriva il Governo di centrosinistra, senza che noi si abbia notizia di un'assemblea studentesca o di un incontro con i docenti e con gli insegnanti.
Io credo che neanche il ministro Bersani sapesse che, mentre lui faceva un decreto sulle liberalizzazioni, vi inserivano anche la modifica del nostro sistema scolastico. Questo è il motivo per il quale io mi asterrò sull'emendamento relativo al trattino, in quanto mi emoziono molto quando penso che l'inserimento dell'articolo 13 sia assolutamente illegittimo. Rinnovo la richiesta che l'articolo 13 venga stralciato da questo provvedimento, cosicchè, togliendolo, si possa finalmente parlare nel merito delle questioni che sono racchiuse nel titolo presentato in questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 13.232, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).


Pag. 80

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 445
Votanti 433
Astenuti 12
Maggioranza 217
Hanno votato
420
Hanno votato
no 13).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 13.160.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Presidente, soltanto per denunciare - e mi rivolgo anche al viceministro Bastico - che anche in questo caso davvero non si capisce il senso di questo periodo all'interno del comma 1-bis al nostro esame. Esso - lo voglio confermare - era materia del disegno di legge. Non si è capito perché la maggioranza - che ha espresso una debolezza da questo punto di vista - ha chiesto di fare entrare nel decreto disposizioni che erano previste in un disegno di legge allegato e che avremmo potuto, Presidente Folena, discutere in Commissione cultura.
Qui vi siete fatti male da soli e non se ne capisce il motivo! Comunque, ci troviamo di fronte ad un periodo, contenuto nel comma 1-bis dell'articolo 13 del decreto-legge in esame, che parla di collegamenti degli istituti di istruzione secondaria superiore con il mondo del lavoro e dell'impresa, ivi compresi il volontariato e il privato sociale, rinviando, ai fini dell'applicazione di tali disposizioni, all'autonomia scolastica.
Vorrei ricordare, tuttavia, che abbiamo approvato l'alternanza scuola-lavoro, nonché istituti che sono attuati con successo, già da tempo, nei sistemi educativi più efficaci dell'Europa e del mondo. Con il presente provvedimento, invece, si torna indietro, poiché si affida semplicemente all'autonomia delle scuole l'eventuale possibilità di attivare collegamenti con il mondo del lavoro, ma senza prevedere un riconoscimento per gli studenti!
Ministro Bersani, come mai lei ha accettato di cancellare i licei economici? Signor ministro, le ricordo che non avevamo mai previsto, nel nostro sistema scolastico, i licei economici, poiché abbiamo ancora gli istituti commerciali! Altro che rivalutare l'istruzione tecnica: lei ha riportato in vita gli istituti tecnici commerciali ed ha lasciato in piedi gli istituti tecnici, quando noi avevamo previsto i licei tecnologici!
Voi agite nello stesso modo per quanto concerne i rapporti con il mondo delle imprese! Ricordo, infatti, che è già in vigore l'alternanza scuola-lavoro, la quale ha cominciato a dare i suoi frutti. Che senso ha, dunque, il secondo periodo del comma 1-bis dell'articolo 13 del decreto-legge in esame? Anche tale disposizione, infatti, è all'insegna del passato e di un mondo che non esiste più: auguri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, desidero innanzitutto svolgere alcune considerazioni generali sul provvedimento in esame. Infatti, nel titolo del presente decreto-legge (faccio riferimento al dossier predisposto dal Servizio studi della Camera dei deputati) di tutto si parla, tranne che della scuola.
Vorrei evidenziare che si è pensato di introdurre, all'interno di un provvedimento d'urgenza che sembrava parlasse solo di varie «lenzuolatine» e «lenzuolate» di liberalizzazioni del ministro Bersani, norme che riguardano un settore così importante e così specifico, come la scuola, senza instaurare alcuna concertazione con le categorie interessate e senza confrontarsi con la Commissione cultura.
Ebbene, ritengo ciò assolutamente irriguardoso nei confronti in primo luogo delle Commissione competente, in secondo luogo dello stesso Parlamento, infine di chi vive e lavora in questo settore. In questo modo, si offendono anche coloro i quali studiano negli istituti professionali, poiché


Pag. 81

essi vengono messi nuovamente in discussione dal provvedimento in esame.
Le ricordo, signor ministro, che le scuole professionali hanno rappresentato e rappresentano ancora un valore aggiunto della nostra società. Dobbiamo pensare, infatti, a quanti operai, anche qualificati, ed a quanti soggetti economici importanti sono usciti proprio da questi istituti negli ultimi anni, se non addirittura nei decenni trascorsi.
In questo caso, con un colpo di spugna si vuole quasi far credere che coloro che escono dalle scuole professionali siano alunni «di serie B», così come si vuole far credere che siano sempre «di serie B» gli insegnanti che operano in tali istituti. Noi crediamo, invece, che nel corso del tempo le scuole professionali abbiano offerto molti contributi importanti al nostro mondo economico, sociale e quotidiano. Riteniamo che molti lavori, che magari vengono oggi considerati con disprezzo (ed a nostro avviso ciò è sbagliato) siano invece importanti e che tali mestieri vengano insegnati proprio in quelle scuole.
Noi crediamo, contrariamente a ciò che si pensa, che «fare l'operaio» abbia ancora un valore sociale. Sappiamo che numerosi ragazzi che escono da queste scuole professionali diventano molto spesso gli operai qualificati, perché in pochi anni di studio hanno imparato a saper svolgere un lavoro. Purtroppo oggi ci siamo messi in testa che i giovani debbano essere tutti dottori, laureati e scienziati, vogliamo far credere loro che studiare significhi uscire dalle università per forza a 25 o a 30 anni, con la «megalaurea», ma poi essi finiscono per rimanere disoccupati, come sta già accadendo in tanti «laureifici» oggi esistenti in Italia.
Fare l'operaio, invece, forse aiuta il giovane ad uscire presto dal mondo scolastico, ad entrare subito nel mercato del lavoro ed a cominciare a mettersi da parte un po' di soldi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale)! Così, anziché sposarsi a 35 o a 40 anni (come fanno molti di coloro che escono dalle scuole), magari possono farlo prima ed hanno la possibilità di costruirsi una famiglia!
A questo sono servite nel tempo passato le scuole professionali e crediamo che debbano servire ancora, perché non deve passare il messaggio che la scuola serve solo a formare i grandi tecnici, i laureati, gli scienziati. Questo è sbagliato perché - vediamo cosa sta accadendo oggi - abbiamo un'eccessiva offerta di scienziati e di laureati, che hanno grandi aspettative sul mercato del lavoro, ma poi si ritrovano a lavorare per 600-700 euro in un call center. Questo accade oggi perché abbiamo loro fatto credere che studiare sia la soluzione di tutti i mali, che basti studiare perché, poi, si avrà da vivere, da mantenersi ed uno stipendio sufficiente. Oggi, purtroppo, tutto ciò non esiste più. Allora, molti di coloro i quali escono dalle scuole professionali hanno una propria qualifica professionale e sanno fare un lavoro, anche se, magari, alla sinistra non piacciono più quei lavori poco qualificati con cui ci si sporca le mani, ma piace solo la cultura, la megaistruzione. Alla sinistra non piacciono più quei lavori per i quali bisogna alzarsi la mattina presto, fare fatica e, magari, sporcarsi le mani, come fanno tanti che escono dalle scuole professionali, che fanno il proprio lavoro con molta dignità, perché piace loro e perché ci credono.
Questo vale anche per chi lavora all'interno: gli insegnanti che lavorano nei centri professionali lo fanno perché piace loro tale attività e veder crescere i loro studenti, che di lì a qualche anno inizieranno un'attività professionale importante. Qualcuno ha già detto che all'interno di questo provvedimento si nota una certa valenza classista, ma al contrario rispetto a quello che faceva una volta la sinistra, cioè una valenza classista a sfavore di chi svolge lavori poco gratificanti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.


Pag. 82

CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo non solo per sottoscrivere questo emendamento, ma anche per ricordare a me stesso e all'Assemblea l'importanza della formazione professionale. Non veniamo dal Veneto e, anche per quanto riguarda il recupero dei drop out, le statistiche stanno a dimostrare che gli istituti di istruzione secondaria di formazione professionale hanno garantito nel nostro Veneto - e penso in tutta Italia laddove c'è la formazione professionale - un recupero di persone, che eventualmente sarebbero state espulse dal mondo della scuola.
Allora, ministro Mussi, non si può affrontare questo tema togliendo una competenza primaria alle regioni, non ancorando il nostro ragionamento - anzi, in questo caso il vostro ragionamento - alla realtà territoriale, alla benemerenza della formazione professionale, che non solo ha insegnato a sapere, ma anche a saper fare, recuperando coloro che prima nella scuola non sapevano studiare, mentre poi sono stati avviati alla formazione professionale, che ha insegnato un metodo di apprendimento, che ha consentito loro di diplomarsi e di proseguire anche a livello universitario.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CESARE CAMPA. Per questo, Presidente, mi appello al buonsenso, sulla base di quanto è stato dimostrato in tutti gli interventi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, intervengo solo per far notare all'Assemblea la solennità del momento. Per la prima volta dall'inizio di questa discussione abbiamo avuto in aula contestualmente il ministro Bersani e il presidente della Commissione. Penso che ciò meriti quanto meno una presa d'atto, vuol dire che il momento sta diventando solenne, evidentemente la discussione sta diventando importante, a prescindere dal fatto che il presidente della Commissione abbia sostato per qualche istante e che, fino ad ora, il ministro abbia dedicato nemmeno un secondo della sua attenzione e del suo interesse al dibattito. Questo è a maggiore riprova del fatto che stiamo dibattendo di qualcosa che, in effetti, nulla attiene con le competenze del Ministero stesso perché stiamo discutendo di scuola in un provvedimento di liberalizzazioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI FAVA. In questo modo sono chiare a tutti le incongruenze del testo al nostro esame e quale sia il livello di attenzione che viene riservato a questo tipo di argomento, non solo dal ministro, ma anche dal sottosegretario, occupatissimo a rispondere al telefono, e dal ministro della pubblica istruzione, che si occupa di altre vicende (sappiamo che ci sono congressi alle porte).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, oltretutto non so come sia stato possibile che la Commissione bilancio abbia potuto dare il suo nulla osta su queste disposizioni, che recano una serie di trasformazioni per le quali non sono individuate le relative coperture finanziarie; non sussiste infatti la copertura per i cambiamenti che vengono operati.
Onorevole Bersani, lei che ha predisposto questo provvedimento - discusso, discutibile, ma che comunque persegue taluni obiettivi - deve ammettere con onestà che non si governa inserendo all'interno di un decreto sulle cosiddette liberalizzazioni la riforma della scuola professionale, che, oltretutto, meriterebbe un dibattito, un approfondimento, un coinvolgimento del mondo della scuola. Non è possibile che si apprenda all'improvviso di tale riforma; come sa - sarà anche una nostra colpa - i provvedimenti all'esame dell'Assemblea sono seguiti prevalentemente dal Comitato dei nove: ogni partito ha il suo rappresentante


Pag. 83

all'interno di tale organo sicché poi ognuno segue l'indicazione e l'indirizzo che viene dato per la votazione. Ad una più attenta lettura noi ci siamo accorti di questo incredibile articolo 13; ebbene, per decreto si riforma la scuola solo nelle dittature! Certo, vi è a chi piacciono rosse e a chi di un altro colore, ma io, che sono profondamente democratico, ritengo che riformare la scuola per decreto equivalga ad una pessima imitazione dei regimi comunisti, che nell'est hanno distrutto per anni la scuola e la qualificazione professionale, dissolvendo anche la possibilità di una crescita della classe dirigente. In quei paesi dell'est europeo solo da qualche anno si comincia di nuovo a lavorare, a studiare e a prepararsi per essere classe dirigente.
È inaudito pensare che nei paesi liberi, nei paesi occidentali, in Italia - culla della cultura e della civiltà - si possa fare ciò per decreto. Per convinzione politica non sono federalista; però, ritengo, cari amici della Lega, che l'articolo 13 del provvedimento in esame dia un colpo mortale al vostro obiettivo di fare in modo che, a livello regionale, operi una specificità di preparazione professionale per l'arricchimento del territorio e delle potenzialità da esso espresse. Ritengo assolutamente indecente e vergognoso che tutto ciò avvenga senza la presentazione di un disegno di legge, senza un dibattito in sede di Commissioni, nella scuola, nel paese, con il «trattino» che va e che viene!
Credo, onorevole Gerardo Bianco, che in segno di rispetto invierò con una lettera questo testo al Capo dello Stato: ritengo infatti che probabilmente qualcuno nei suoi uffici non abbia compiuto il proprio dovere nel segnalare al correttissimo Presidente della Repubblica questo artificio, cui hanno fatto ricorso il Governo e la maggioranza, nascondendo agli italiani che si riforma la scuola superiore e la scuola professionale senza che la stessa riforma sia stato oggetto di confronto e di dibattito (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 13.160, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 429
Votanti 425
Astenuti 4
Maggioranza 213
Hanno votato
189
Hanno votato
no 236).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 13.206, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 440
Votanti 436
Astenuti 4
Maggioranza 219
Hanno votato
429
Hanno votato
no 7).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Fava 13.156 e Bono 13.207.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, torniamo sul punto per evidenziare un aspetto che anche il collega Fugatti ha messo in luce, ovvero che la formazione professionale non deve essere considerata una formazione di «serie B». Allora, considerato che di citazioni se ne fanno molte e se ne fanno spesso, ne facciamo una anche noi. Yves Rocard ebbe modo di dire che chi sa, fa, chi non sa, insegna, chi non sa insegnare, coordina,


Pag. 84

chi non sa coordinare, fa politica. Questa è una citazione che, secondo me, è calzante. La formazione professionale è fatta, appunto, di gente che vuole fare e che sa fare, sia gli insegnanti sia gli alunni. Ora, dare la possibilità, come si propongono questi identici emendamenti, di poter passare da un percorso formativo all'altro è fondamentale. Infatti, già si riscontra un problema notevole, sotto gli occhi di tutti, ossia lo scadimento costante del livello di preparazione dei nostri ragazzi nelle scuole. Le motivazioni di ciò sono molteplici, personalmente ne rilevo una: il fatto che i presidi non abbiano la possibilità di scegliere i docenti. Se, semplicemente, i presidi potessero scegliersi i docenti si avrebbero scuole più professionalizzanti, ma questo, lo ripeto, è una mia opinione personale.
La formazione professionale, come dicevamo, è un tassello importante del sistema scolastico del nostro paese. I ragazzi, a tredici anni magari non hanno molta voglia di studiare. Il problema è che a tredici anni si è un po' giovani; si era un po' giovani alcuni anni fa, oggi ancora di più, ora vi è una generazione abituata a vivere con il portafoglio dei genitori, non abituata a fare sacrifici, e pertanto, a tredici anni, i ragazzi di oggi non sono assolutamente in grado di scegliere un percorso scolastico. Ebbene, cosa si fa? Li si incanala in scuole di «serie A» e in scuole di «serie B», non dando loro la possibilità di scegliere anno per anno. Oltretutto, con il sistema che si delinea nel provvedimento in esame, e non si capisce bene con quale ragione - lo abbiamo detto e ripetuto - si protraggono di due anni - il problema è cosa si faccia in questi primi due anni - gli insegnamenti delle scuole medie, che sappiamo non essere eccelse. Fino a pochi anni fa nelle scuole medie si insegnava anche il latino, ora gli studenti prendono la licenza media conoscendo a malapena le tabelline. La colpa di chi è? La colpa è un po' di tutti. Sta di fatto che, invece di mettere mano a questo problema ed innalzare il livello di selezione - e, quindi, anche di preparazione - delle nostre scuole, non si fa altro che statalizzare ancor più e, pertanto, far scadere ancora il livello. Ora, noi vogliamo che ciò non vada avanti, e che si interrompa questo processo devastante. Cerchiamo pertanto di mantenere ciò che di buono vi è nella riforma Moratti, in particolare la valorizzazione della formazione professionale, sia degli insegnanti sia degli alunni. Per questo motivo non pensiamo che sia opportuno smantellare tutto l'impianto della riforma Moratti, al contrario di quanto si sta facendo, in modo tra l'altro assolutamente scorretto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente intervengo non solo per sottoscrivere l'emendamento Bono 13.207, ma anche per richiamare a ciascuno di noi l'importanza della formazione professionale e della realizzazione dei percorsi formativi, quindi con l'obbligo scolastico, anche all'interno del mondo della formazione professionale. Quando ero assessore, era ministro dell'istruzione Berlinguer, che certamente aveva idee diverse, ma egli aveva dovuto convenire che fosse obbligatorio prendere atto che alcune persone hanno bisogno, per adempiere all'obbligo scolastico, di non perdere anni, di non poltrire all'interno di un istituto tecnico o di un liceo, ma di partecipare ad una formazione professionale tanto benemerita, specialmente quella realizzata dalle regioni o dalle istituzioni accreditate in ambito regionale, che consente, come dicevo in precedenza, anche il recupero al mondo dell'istruzione di persone che in precedenza venivano chiamate drop out, di persone che venivano escluse dal percorso formativo.
Allora non si capisce perché questa pervicacia nel voler considerare la formazione professionale come istruzione di serie B. Non stiamo parlando di una scuola di addestramento professionale.
Nel nostro Veneto c'è una formazione professionale di eccellenza, che forse non ha nulla da invidiare nemmeno alla formazione


Pag. 85

di alta specializzazione, gli IFT, voluti dal nostro precedente ministro della istruzione.
Noi non possiamo assolutamente non convenire che l'obbligo scolastico può e deve essere consentito anche a coloro che ritengono di non frequentare istituti tecnici, ma ritengono invece di frequentare percorsi di formazione professionale triennali, alla fine dei quali viene data una qualifica professionale. Non solo: il 32 per cento delle persone che frequentano la formazione professionale nel Veneto hanno la possibilità di recuperare un loro percorso formativo e accedono poi agli istituti tecnici superiori.
Cosa vuol dire questo? Vuol dire che il discorso delle «passerelle», che prima avete opportunamente approvato con l'emendamento Bono, Filipponio Tatarella, Frassinetti, Perini e Rositani, di fatto viene già realizzato, specie nel Veneto e nella Lombardia, cioè in quelle regioni all'avanguardia. Perché non consentire allora a questi ragazzi, a queste istituzioni, a queste regioni, di poter realizzare l'obbligo scolastico in questa direzione? Mi sembra veramente che ci sia una pervicace volontà di smantellare istituzioni che sono benemerite, percorsi formativi che sono benemeriti. Qualcuno ricordava che forse il nord-est deve moltissimo alla formazione professionale.
Qualcuno del nord-est deve ricordare che le migliaia di imprenditori sono imprenditori proprio perché hanno partecipato alla formazione professionale fornita dalle nostre regioni, dagli enti convenzionati, dalle istituzioni benemerite (io parlo del Veneto con conoscenza di causa).
Allora perché non consentire che l'obbligo possa essere adempiuto in questo modo?
Certo, ci sarà un controllo, certo, ci sarà una verifica, certo, la possibilità non è aperta a tutti, ma è aperta solamente, attraverso questo emendamento, alle istituzioni direttamente dipendenti dalle regioni.
Credo allora che continuare su questa strada significhi dividere il mondo in seria A e in serie B, considerare che solamente il mondo dell'istruzione possa dare dei risultati, mentre noi abbiamo bisogno di gente che sappia apprendere, ma che sappia anche fare. Il saper fare, il più delle volte, ha superato anche il sapere, perché ha dato la possibilità, attraverso il saper fare, di poter rientrare nei mondi del sapere.
Il 30 per cento, dicevo prima, di persone che erano drop-out, che avevano abbandonato il mondo della scuola, sono rientrate, grazie a questa iniziativa benemerita di istituzioni regionali.
Perché abbandonare questo percorso? Questo non si capisce. Ministro Mussi, mi rivolgo a lei, che è il ministro dell'istruzione: perché continuare a dividere il mondo in serie A e in serie B, e non riconoscere invece questi aspetti di grande eccellenza, che il Veneto (parlo del Veneto) ha saputo mostrare? Mi accorgo invece che lei, ministro Mussi, è occupato in altre questioni, fa orecchie da mercante, e non dà risposte positive agli interrogativi sollevati dal Veneto, e non solo dal Veneto. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Condivido anch'io lo spirito di questo emendamento perché contribuisce a restituire dignità alla formazione professionale quale si è consolidata nel nostro paese in molte regioni. Non a caso questo decreto-legge, di fatto, toglie il riconoscimento specifico che è stato tributato dalle istituzioni, dalle associazioni di categoria, al livello e alla qualità della formazione professionale. Basta leggere i principali quotidiani o interloquire con le principali categorie per verificare come, senza fare di ogni erba un fascio, i punti di eccellenza nella formazione professionale siano stati tuttavia toccati. Ora, il provvedimento che questo decreto-legge si propone di emendare, di cassare definitivamente in modo anomalo, di fatto che cosa recepiva? Manteneva, elevava, la qualità della formazione professionale, estendendo anche ad altre discipline


Pag. 86

la formazione stessa, e predisponendo una forma di passaggio anche all'istituto tecnico, nel caso lo studente desiderasse continuare per un altro anno il proprio percorso formativo.
L'emendamento in esame si propone di ristabilire il diritto-dovere all'istruzione.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Garagnani...

FABIO GARAGNANI. Il disinteresse del Governo - sto per concludere, Presidente - e l'assenza del ministro stesso confermano che «si parla tra sordi» e, contemporaneamente, la bontà dell'emendamento medesimo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tondo. Ne ha facoltà.

RENZO TONDO. Signor Presidente, è sotto gli occhi di tutti quanto sia inopportuno, se non addirittura sconveniente, produrre una radicale riforma della scuola e della formazione per decreto-legge.
Il titolo dell'articolo 13 parla pomposamente di autonomia scolastica. Vorrei rilevare come si tratti, invece, di una foga centralista e poliziesca che caratterizza la voglia del Governo di cancellare i provvedimenti assunti dal Governo Berlusconi. State demotivando ulteriormente il già demotivato corpo dei dirigenti scolastici!
Con la legge finanziaria che avete approvato qualche mese fa avete messo in condizioni l'INPS di multare i presidi e i dirigenti scolastici che comunicavano ai centri per l'impiego la documentazione relativa all'assunzione di insegnanti, di bidelli, e di amministrativi chiamati a sostituire gli assenti per malattia o per altro giustificato motivo.

PRESIDENTE. La prego...

RENZO TONDO. La vostra politica liberista consente agli ispettori del lavoro di controllare i presidi, mettendo un pezzo dello Stato contro un altro pezzo dello Stato. Così i presidi sono stati multati e sono stati costretti a pagare di tasca propria sanzioni assurde solo perché si fanno carico di far funzionare...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Tondo.

RENZO TONDO. Naturalmente, di questi problemi non ne parlate. Continuate a demolire quel poco di buono che ancora c'è nella scuola italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, non io, ma il parere del Comitato per la legislazione afferma che: «in difformità alla prescrizione dell'articolo 5, comma 3, della legge n. 400 del 1988, secondo cui il contenuto dei decreti-legge deve essere corrispondente al titolo, il provvedimento non reca alcun riferimento nel titolo ai contenuti degli articoli 13 e 14 (...); il provvedimento non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa; non è corredato della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR)». Il comitato osserva inoltre che «sotto il profilo della specificità e omogeneità di contenuto, sia valutata dalla Commissione opportunità di integrare il titolo del provvedimento con un riferimento (...)».
Quindi, il Comitato per la legislazione sostiene che questo articolo non ha nulla a che fare con un decreto-legge. Ma perché il Governo non ne vuole prendere atto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Fava 13.156 e Bono 13.207, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


Pag. 87

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 450
Astenuti 2
Maggioranza 226
Hanno votato
200
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che la deputata Formisano non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Fava 13.155.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, l'emendamento in oggetto tocca un punto qualificante, in quanto definisce - e mi pare un elemento innovativo che non è contenuto in questo decreto-legge predisposto nel modo che sappiamo - i finanziamenti destinati dalla legge alla realizzazione dei progetti da parte delle istituzioni accreditate dalle regioni.
Il fatto che sia citata quest'ipotesi credo sia particolarmente significativo in presenza di un'ambiguità del decreto medesimo in merito al ruolo svolto dalle istituzioni formative private accreditate presso la regione e che, in molte realtà, svolgono un ruolo di preziosa sussidiarietà e una funzione pubblica a tutti gli effetti, in mancanza della struttura pubblica.
Il provvedimento, per com'è stato formulato, non tiene adeguatamente conto delle difficoltà, dei problemi, delle necessità di adeguamento sotto ogni punto di vista che le istituzioni accreditate hanno e dovranno affrontare, dal punto di vista logistico, dei programmi e del collegamento con le istituzioni statali.
Un altro aspetto che credo di dover ribadire è che, a fronte della funzione pubblica delle istituzioni formative accreditate, bisogna porre il problema di qualificare in modo nuovo rispetto al passato l'istituto dell'accreditamento, in funzione del servizio pubblico svolto dalle predette istituzioni. Ho ritenuto doveroso sottoporre l'osservazione al Governo perché la fretta, nonché la mancanza di dialogo e di confronto dalle quali è stato caratterizzato l'esame del provvedimento lasciano irrisolti alcuni nodi fondamentali che potrebbero esplodere un domani e che già ora - per questo chiedo ai rappresentanti del Governo presenti in aula di farsene carico - stanno ponendo problemi delicati agli studenti, ai docenti ed alle stesse famiglie.
Il modo in cui si è arrivati a creare la situazione attuale lascia sussistere tutta una serie di ambiguità che, invece, meriterebbero attenta considerazione. Sia ben chiaro che occorrerebbe differenziare l'istituto dell'accreditamento per zone disomogenee, in funzione degli obiettivi che le varie istituzioni accreditate dalle regioni si pongono ed anche del collegamento che queste hanno con le realtà, con gli enti locali e con le associazioni di categoria (i quali chiedono, molto spesso, soltanto di aiutare queste formazioni, che si trovano a dover fronteggiare una sorta di indifferenza o di ostilità preconcetta da parte degli enti pubblici).
Signor Presidente, signor ministro, ribadisco che il problema non può essere sottovalutato e che, al contrario, lo sottovaluta - semplicemente non accennandovi - il provvedimento in esame. La bontà dell'emendamento in esame sta nel definire, nello stabilire almeno una priorità, che ritengo debba essere osservata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi della sinistra dell'emiciclo, Duilio, Delbono, Viola, Castagnetti e via dicendo, per chiedere loro cosa dobbiamo fare di questi ragazzi che hanno cominciato un percorso triennale di istruzione e di formazione professionale: li lasciamo per strada? Lo chiedo ai colleghi Duilio e Delbono, con i quali abbiamo sempre valorizzato istituzioni come lo IAL CISL e l'ENAIP, che hanno di fatto realizzato


Pag. 88

percorsi formativi di altissimo livello!
Siamo in presenza di ragazzi che hanno cominciato un percorso triennale; improvvisamente, arriva il Governo di sinistra e dice loro: basta con il percorso triennale! Perdono anni di scuola per andare dove? Chiedo a queste persone che fanno parte della sinistra come ci si possa comportare in questo modo, come si possano disconoscere...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CESARE CAMPA. ...anni di valorizzazione di enti ed istituzioni. Come possiamo accettare un oltraggio del genere? Il ragazzo che ha cominciato un percorso triennale in base al decreto legislativo n. 226 del 2005 ha il diritto sacrosanto di terminare...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole Campa.

CESARE CAMPA. ... quel percorso! Non creiamo difficoltà, non creiamo ulteriori disfunzioni!

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Campa!

CESARE CAMPA. Concludo, signor Presidente, ma vorrei che veramente concludessimo con qualcosa di positivo che mi sembra...

PRESIDENTE. Grazie.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 13.155, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 447
Votanti 442
Astenuti 5
Maggioranza 222
Hanno votato
199
Hanno votato
no 243).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Garagnani 13.168 e Bono 13.208.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è dall'inizio del dibattito che stiamo cercando di evidenziare tutti gli aspetti problematici - rilevanti anche sotto il profilo della legittimità costituzionale - che connotano il provvedimento in esame. Sin dall'inizio ho sottolineato come si trattasse di un provvedimento assunto in maniera quasi extraparlamentare, in quanto non sono state rispettate le competenze delle Commissioni permanenti.
Ebbene, il comma 1-ter dell'articolo 13 costituisce la chiave interpretativa per smascherare il tentativo di realizzare, attraverso una norma apparentemente innocua, uno scardinamento profondo dell'attuale assetto normativo della scuola italiana.
L'articolo 13, comma 1-ter, altro non è che una delega in bianco al ministro, una delega mascherata mediante il ricorso alle previsioni dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988 n. 400. Detta legge, che disciplina le potestà regolamentari dell'Esecutivo, spesso e volentieri è utilizzata da questo Governo come strumento per emanare norme che comportino una profonda e radicale modifica dell'assetto preesistente sfuggendo al dibattito parlamentare e, persino, alle ordinarie regole che presiedono alla concessione della delega legislativa. Come è noto, infatti, per tale delega la Costituzione prevede vincoli ben precisi all'interno dei quali potrà essere esercitata. È in questa cornice ed entro questi limiti che il Governo è posto nelle condizioni di esercitare una potestà che, appunto, non può essere libera nelle


Pag. 89

sue articolazioni, altrimenti ne risulterebbe lesa la volontà parlamentare.
Invece, in questo caso si attribuisce al ministro della pubblica istruzione la possibilità di procedere a ben quattro distinti interventi, due dei quali, in particolare, sono estremamente gravosi sul piano delle conseguenze normative che possono determinare, Se questo testo rimarrà invariato, tali interventi non incontreranno alcuna limitazione, né alcuna condizione. Innanzitutto, il ministro può emanare regolamenti per la riduzione del numero degli attuali indirizzi e il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree di indirizzo. Qual è la condizione, quale il limite entro il quale il ministro può ridurre il numero degli attuali indirizzi? Con quali linee guida e all'interno di quale contesto? Con quali obiettivi di rilancio o di ristrutturazione del progetto educativo?
Un'altra questione è quella della riorganizzazione, cui lo stesso ministro può procedere, sempre attraverso suoi regolamenti, delle discipline di insegnamento al fine di potenziare le attività laboratoriali, di stage e di tirocini. Si tratta di un'altra importantissima e vasta materia nell'ambito della quale il ministro è autorizzato a intervenire con una delega in bianco che, ufficialmente, delega non è ma lo diventa, di fatto, attraverso l'autorizzazione al ricorso alla regolamentazione di cui alla legge n. 400 del 1988. Ci ritroviamo, quindi, con una norma inserita all'interno di un contesto che non le è proprio e che, soprattutto, prevede una possibilità di così vasta portata da scardinare il nostro ordinamento ma anche l'attribuzione delle competenze. Mi rivolgo ai deputati della maggioranza che non possono approvare questa parte del provvedimento, nel modo in cui il Governo lo ha voluto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, molto opportunamente l'onorevole Bono ha riportato il dibattito sull'articolo 13, comma 1-ter. Infatti, dei percorsi triennali cui ci si è riferiti discuteremo in occasione dell'esame dell'articolo 13, comma 1-quater, cioè del comma che si riferisce ad essi e alle competenze delle regioni. Questa discussione è stata anticipata. Mi dispiace, invece, che, avendo parlato di quella norma, non sia stato approfondito il contenuto dell'articolo 13, comma 1-ter. Soltanto l'onorevole Bono ha detto che, con riferimento alla soppressione dei licei economici e tecnologici, il Governo ha compiuto un'operazione di tipo nominalistico. Il Governo, cioè, afferma di voler ritornare agli istituti tecnici e agli istituti professionali. In realtà, però, il Governo pensa di utilizzare il lavoro di riordino che è stato fatto con la riforma Moratti ed elenca tutte le modifiche...

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di consentire alla viceministro di ascoltare l'onorevole Aprea.

VALENTINA APREA. Fa anche una scortesia a me, onorevole Di Gioia.
In realtà, tutte le questioni qui elencate, come la riduzione del numero degli attuali indirizzi, il loro ammodernamento, l'area di istruzione generale, l'aria di indirizzo, la scansione temporale dei percorsi e i relativi risultati di apprendimento, fino al potenziamento delle attività di laboratorio, di stage, di tirocinio, l'orientamento, eccetera, sono tutte le innovazioni che la riforma Moratti aveva introdotto con i licei tecnologici ed economici.
Dunque, cosa accadrà? Accadrà che il contenuto di quegli istituti sarà quello che avevamo previsto noi, perché non si può fare più di tanto. Qui si parla di ammodernamento, ma le modifiche e le forme di modernizzazione - noi preferiamo usare questo termine: persino il lessico che usate nel vostro decreto-legge è vecchio! - alla fine sono quelle. Quindi, avete fatto un'operazione di tipo nominalistico, danneggiando questi percorsi e reintroducendo la gerarchizzazione, per arrivare al punto in cui eravamo arrivati noi. Questo è veramente triste.


Pag. 90


Inoltre, come ha detto molto bene l'onorevole Bono, mascherate deleghe in bianco e ricorrete al regolamento. Di fatto, qui non sappiamo in che misura verranno apportate queste riduzioni di indirizzi, in quale rapporto ci saranno apprendimenti obbligatori e apprendimenti di indirizzo: tutte materie che noi, in decreti puntuali, avevamo portato all'esame del Parlamento. Altro che protestare e invocare la piazza, in questo caso, come avete fatto voi contro le scelte del Governo Berlusconi!
Dai principi generali della legge delega avevamo fatto scaturire dei decreti attuativi puntuali, in cui il Parlamento aveva potuto valutare, per filo e per segno, tutte le modifiche. Qui si parla di un regolamento che, come si sa, ha una portata sicuramente diversa rispetto ai decreti e, soprattutto, si parla di un misero parere che le Commissioni di merito dovranno esprimere rispetto a quello che il Governo avrà potuto decidere senza alcun criterio direttivo preciso. In questo caso, dov'è la Costituzione?

PRESIDENTE. La prego...

VALENTINA APREA. Inoltre, mi dispiace, viceministro Bastico, pensare che, nonostante tutta l'avversità nei nostri confronti, vi servite del lavoro faticoso - in questo caso lo dico io - che noi abbiamo svolto e portato avanti a testa alta nelle Commissioni e nelle aule parlamentari per dire che, guarda caso, alla fine la previsione del monte ore annuale delle lezioni, gli orari e le cattedre saranno quelli del decreto legislativo n. 226 del 2005, i tanto vituperati licei economici e tecnologici.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Aprea.

VALENTINA APREA. Allora, buttiamo giù la maschera. Avevamo fatto un buon lavoro e voi lo scriverete qui, oggi, su queste pagine!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, perché a titolo personale? Su questo emendamento un mio collega ha parlato prima di me?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Buontempo, ha parlato prima di lei l'onorevole Bono.

TEODORO BUONTEMPO. La ringrazio.
Signor Presidente, non ho mai letto su nessun provvedimento che si deleghi il Governo sull'indirizzo generale della scuola.
Questa è una espropriazione del ruolo e della funzione del Parlamento (Applausi del deputato Campa)! Sono materie non delegabili! Non sono beni disponibili! Appartengono alla funzione propria del Parlamento! Se noi, una volta espropriati, non protestassimo, saremmo complici di questo modo indecente di governare il paese!
A me dispiace solo che non ci sia stato il tempo necessario per illustrare nelle scuole ciò che voi state facendo...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole.

TEODORO BUONTEMPO. ....perché così avreste avuto la protesta anche di quei giovani che fanno riferimento a voi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Devo osservare, ovviamente alla viceministra Bastico, dato che non c'è il suo titolare - presumo impegnato ad organizzare, insieme alle associazioni cattoliche, il giorno della famiglia per il 12 maggio: ritengo quindi che il ministro Fioroni possa essere scusato, visto e considerato che si sta occupando seriamente di queste questioni e questo lo assolve da una serie di peccati - che si può anche sostenere che tutto quello che l'ex ministro Moratti, coadiuvata dai suoi


Pag. 91

sottosegretari, ha fatto nei cinque anni di Governo Berlusconi sia sbagliato e che debba essere distrutto.
L'aspetto ridicolo, per alcuni versi anche ambiguo, di questa vicenda è che voi - intendo dire il Governo e l'attuale maggioranza - invece di affermare che non condividete nulla della riforma Moratti, percorrete una strada assolutamente diversa, ricorrete ad un metodo estremamente subdolo (lo hanno già rilevato parecchi colleghi dell'opposizione intervenuti in questo dibattito) anziché contrapporre ad un disegno un altro disegno. Infatti, viceministra Bastico, il centrodestra ha avuto un disegno, che voi secondo me non avete. Voi avete una grande confusione in testa. D'altra parte, l'unica cosa che ha fatto bene quando era assessore in Emilia Romagna è stata quella di distruggere quanto faceva il Governo nazionale!
Lei potrebbe affermare che la maggioranza ha un altro disegno, contrapposto al nostro. Bene, allora confrontiamoci, misuriamoci, tanto in quest'aula non avete problemi di numeri! Ricorrete invece ad un mezzo meschino, qual è quello di inserire in un decreto-legge una questione riguardante la scuola: questa è francamente una causa, che non merita la pena di essere sostenuta.
Nel merito della questione, non riesco a comprendere per quale motivo il Governo non esprima parere favorevole sugli identici emendamenti in discussione. Cosa cambierebbe per voi se venisse soppresso il comma 1-ter dell'articolo 13? Potreste recuperare il contenuto di tale comma, presentando un disegno di legge organico della riforma della scuola. Non potete pensare di ricorrere a mezzucci tendenti a non tenere conto di quello che qui in modo egregio i colleghi Bono e Aprea hanno detto!
Passo ora alla previsione nel comma 1-ter del «previo parere delle competenti Commissioni parlamentari»: viceministra Bastico, le Commissioni parlamentari danno spesso pareri, ma questo Governo se li attacca in una parte poco nobile del corpo (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia - Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)! Non è che da questo punto di vista il Governo tenga molto in considerazione i pareri che le Commissioni parlamentari esprimono.

PRESIDENTE. Onorevole Barbieri, la invito ad attenersi ad un linguaggio più consono all'ambiente.

EMERENZIO BARBIERI. Le chiedo scusa, Presidente. Uso il linguaggio dei contadini della Valle Padana, che sono gli stessi a cui si rifà la viceministra Bastico (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. Colleghi, per favore!

EMERENZIO BARBIERI. Voi dite - ed è molto grave - che nei pareri che devono essere espressi deve essere prevista la riduzione del numero degli attuali indirizzi. Mi domando per quale motivo ciò debba avvenire! Se siete aperti al dibattito parlamentare, come sostenete, perché dovete affermare categoricamente che bisogna ridurre gli attuali indirizzi? Viceministra Bastico, cosa vuol dire che deve, inoltre, essere previsto il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali?

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Barbieri.

EMERENZIO BARBIERI. Mi dica concretamente cosa vuol dire quest'affermazione, che ha solo il significato dell'apodittico!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Garagnani 13.168 e Bono 13.208, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


Pag. 92


Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 421
Votanti 420
Astenuti 1
Maggioranza 211
Hanno votato
182
Hanno votato
no 238).

Prendo atto che il deputato D'Agrò non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 13.209, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 431
Votanti 430
Astenuti 1
Maggioranza 216
Hanno votato
185
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato D'Agrò non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 13.254, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 429
Votanti 428
Astenuti 1
Maggioranza 215
Hanno votato
185
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che il deputato D'Agrò non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 13.234, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 436
Votanti 435
Astenuti 1
Maggioranza 218
Hanno votato
190
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato D'Agrò non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 13.210, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 433
Votanti 432
Astenuti 1
Maggioranza 217
Hanno votato
187
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato D'Agrò non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.300 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, il comma 1-quater è quella parte del provvedimento che si interessa dei


Pag. 93

percorsi triennali di istruzione e formazione professionale finalizzati al conseguimento di qualifiche o diplomi professionali di competenza delle regioni, che, secondo le disposizioni della legge finanziaria, saranno compresi in un apposito repertorio nazionale. Quindi, alcuni paletti sono stati già fissati dal Governo durante la finanziaria.
Devo dire che il comma 1-quater è proprio brutto! Se dovessi esprimere un voto, direi che meriterebbe davvero un'insufficienza da parte del Governo! Intervengo ora, astenendomi dal farlo sugli emendamenti successivi, in particolare su quello da me presentato e sul quale il Governo si è espresso favorevolmente.
Vorrei spiegarvi i motivi per cui boccerei la formulazione del comma 1-quater.
A parte il fatto che trovo scorrettissimo che questi percorsi non debbano essere considerati di pari dignità, che quindi rispuntino soltanto nella parte finale di queste disposizioni ordinamentali, questa misura è di cattivo gusto e non consente al Parlamento di valorizzare questi percorsi e di incoraggiare gli studenti che vi si iscrivono; si tratta, peraltro, di studenti più sfortunati, perché sono quelli che la scuola emargina e boccia e che vanno ad alimentare l'esercito dei drop out. Questo è già molto sconveniente!
Vi prego di rileggere insieme a me queste prime due righe: «Sono adottate apposite linee guida, predisposte dal Ministro della pubblica istruzione e definite in sede di Conferenza unificata...». Vi prego, colleghi, cosa significa l'espressione «in sede di Conferenza unificata»? Alla fine il viceministro Bastico ha giustamente dovuto accogliere il nostro emendamento, che prevede la sostituzione delle parole «in sede di», con le parole «d'intesa con la».
La viceministra Bastico, che è stata autorevole esponente del coordinamento degli assessori regionali, sa bene che solo d'intesa si potranno definire tutte le questioni relative a questi percorsi d'istruzione e formazione professionale, che noi ci auguriamo possano acquisire sempre più una pari dignità rispetto agli altri.
Siamo i primi ad affermare che debbono essere stabiliti con certezza i luoghi dove prevedere questo tipo di percorsi: sicuramente, in questo modo, avremo fatto un buon lavoro. Questi percorsi, infatti, debbono acquisire la titolarità e la dignità per rientrare sia nell'obbligo d'istruzione, sia nel diritto-dovere. Prendo atto quindi che il Governo ha accettato di prevedere l'intesa piuttosto che la definizione, data dalle parole «in sede di».
Chiedo di votare favorevolmente nei confronti di tutti gli emendamenti relativi all'1-quater e, naturalmente, mi ritengo soddisfatta del fatto che il Governo abbia espresso parere favorevole all'emendamento Aprea 13.235.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Attraverso questo emendamento si chiede, giustamente, la cancellazione dell'1-quater. Di che cosa si tratta? Insomma, si afferma che vengono adottate apposite linee guida - salto tutta la parte iniziale -...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Buontempo, ma noi stiamo esaminando l'emendamento della Commissione 13.300 e non la soppressione dell'1-quater.

TEODORO BUONTEMPO. Si trattava di una premessa, ma la ringrazio, lei è molto gentile.
La Commissione, anziché giungere alla cancellazione di articoli che rappresentano una delega in bianco al Governo - anche per quanto riguarda i titoli relativi alle scuole professionali, concernenti la titolarità delle regioni secondo la riforma che è stata attuata - tenta, ancora una volta, di sottrarre alla scuola, alla concertazione tra scuola e studenti, alla politica rappresentata dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, la formazione scolastica delle future generazioni. Ciò, dimostra, ancora una volta, che l'articolo in questione deve essere stralciato da questo


Pag. 94

decreto-legge perché non concerne materia pertinente il provvedimento in oggetto.
Si attua un'operazione di trasformismo nel momento in cui non si ha il coraggio di pensare ad un provvedimento rubricato come «Riforma della scuola superiore e delle scuole professionali».
Ecco perché insisto sulla richiesta di stralcio, ed annuncio che invieremo una lettera al Capo dello Stato, affinché sia riconosciuto che questa materia non doveva essere inserita nel decreto-legge in questione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Prendo la parola su questo emendamento della Commissione che, come è stato detto, rappresenta uno dei tentativi di superare la situazione di contrapposizione che ci sta bloccando in quest'aula. Prima di dire però qualcosa su questo, ho il dovere di manifestare l'opinione mia, in quanto presidente della Commissione cultura, ma anche del gruppo di cui faccio parte, relativa ad un tema che ha attraversato la discussione di questo pomeriggio.
Le colleghe ed i colleghi della Commissione, tanto della maggioranza che dell'opposizione, lo sanno: io non ho condiviso questo modo di legiferare e penso che le osservazioni che il collega Buontempo ha fatto al Presidente della Repubblica, come ha già detto il deputato Bianco, siano totalmente prive di fondamento perché il Presidente della Repubblica ha firmato in piena coscienza e consapevolezza questo decreto-legge. Le vostre, colleghi, sono osservazioni politiche. Tuttavia, credo che noi dobbiamo tenere fortemente presente quanto ha sostenuto nel suo parere il Comitato per la legislazione, così come abbiamo fatto durante l'esame della legge finanziaria. Ricordo che alla fine dell'esame la Camera ha deciso di avviare un percorso volto a riformare le modalità molto esasperate e poco rispettose di una procedura democratica vera nel corso del processo con cui si approva la legge finanziaria, nella quale si è anche operato con dei cambiamenti significativi che riguardavano la scuola.
Il Governo ha inserito legittimamente questo tema in un decreto-legge riguardante le liberalizzazioni. Non vi è nulla di illegittimo perché è stata inserita una norma che a me non piace molto, e che ai colleghi della destra, ho sentito il collega Balzelli, invece piace. Si tratta di una norma che affronteremo e che riguarda le erogazioni liberali alla scuola. Questa è la ragione per cui abbiamo un decreto-legge che affronta insieme tali questioni. Tuttavia, non vi è alcun dubbio, e io credo che dobbiamo discuterne a tutti i livelli, facendolo presente al Governo, che bisogna rivedere il procedimento legislativo, e non solo al fine di non espropriare la Commissione competente. Io non mi sento espropriato, lo dico al collega Giovanardi e ad altri. La nostra Commissione è sede di un dibattito aspro tra maggioranza ed opposizione, ma molto chiaro e netto, in cui non rinunciamo a manifestare le nostre opinioni. Anche su questo decreto-legge il nostro parere è stato talmente significativo da incidere in modo sostanziale nella riscrittura dell'articolo 13.
Quando si discute di riforma della scuola il Parlamento deve essere messo nelle condizioni di discutere di tale riforma. Detto ciò in riferimento ad un'opinione che ho sostenuto e continuo a sostenere soprattutto per il futuro, voglio fare presente che il Governo ha assicurato formalmente alla Commissione ed al Parlamento che intende chiedere lo stralcio per quanto riguarda l'altra parte delle norme riferite alla scuola, inserite nel disegno di legge sulle liberalizzazioni. Credo che tutta una serie di questioni di cui ora si discute potranno trovare una loro sede naturale nel disegno di legge stralciato da quello sulle liberalizzazioni di cui la nostra Commissione si dovrà occupare in modo pieno.
Tuttavia, credo che si debbano evitare rappresentazioni caricaturali della discussione. È stato ricordato che la Commissione cultura ha avviato un'indagine conoscitiva proprio su questi temi, di cui


Pag. 95

stiamo discutendo in modo appassionato, ed in proposito provvederemo a fornire indicazioni anche di tipo legislativo. Rispetto le posizioni dei colleghi del centrodestra, ma sinceramente li sconsiglio dall'usare argomenti di sinistra a sostegno della loro tesi. Voi avete approvato una riforma in cui sono previsti due canali alla fine della scuola media inferiore. È così ed è legittimo. Il collega Garavaglia ed anche altri dicevano qualcosa in proposito del «saper fare». Io invece penso che a 13-14 anni esistano due classi di ragazzi, una composta da figli di papà che possono studiare ed un'altra dai ceti popolari che sa solo fare (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania). Non capisco perché dobbiate commentare in modo nervoso.

PRESIDENTE. Onorevole Folena, deve concludere.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, ho concluso. A me piacerebbe che ci ispirassimo alla nozione di cui autorevolmente ha parlato in Commissione il grande pedagogo Bertrand Schwarz, che la collega Aprea conosce bene perché è stata protagonista del suo invito.....

PRESIDENTE. Onorevole Folena, mi dispiace, ma è andato molto oltre il tempo.

PIETRO FOLENA. Ho concluso. In proposito ha detto che più che il «saper fare», dovremmo insegnare quello che i francesi chiamano il savoir pouvoir agir, cioè il «saper poter fare» (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania), il «saper poter agire». Commentate pure in questo modo, ma ad una scuola in base alla quale non puoi studiare se nasci in determinate condizioni, non credo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dell'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tessitore. Ne ha facoltà.

FULVIO TESSITORE. Signor Presidente, avrei preferito non intervenire (ed infatti fino a questo momento non sono intervenuto), se non fosse stato adottato un metodo di tenace e crescente polemica che francamente non mi sembra possa essere adoperato con tanta sicurezza da parte dell'opposizione. Ho fatto parte del Senato nel corso della XIV legislatura ed allora, prima di procedere ad osservazioni di merito, devo svolgere due considerazioni.
In primo luogo, la situazione nella quale ci troviamo è anche conseguenza del fatto che la precedente maggioranza nel corso della passata legislatura ha ritenuto di poter riformare la scuola italiana soltanto con i voti della propria maggioranza, di dimensioni tali da non consentire spazio alla minoranza. Ricordo bene tale atteggiamento sia per quanto concerne la scuola secondaria, sia per quanto concerne la riforma dello stato giuridico della docenza. Nessuno emendamento, o quasi, presentato dalla minoranza, fu approvato. La minoranza non ebbe altre scelta, perlomeno in un caso, se non quella di compiere un'azione ostruzionistica.
Quando si effettua una riforma in materia scolastica soltanto sulla base dell'idea di una parte, non ci si può lamentare se poi si ricorre ad un metodo in base al quale una maggioranza ed un Governo diversi ritengono di dover e di poter intervenire per modificare quella riforma. Le riforme della scuola si fanno nell'interesse del Paese, cercando il consenso più largo.
Tuttavia, ho affermato di aver assistito a qualcosa di peggio. La riforma sullo stato giuridico della docenza fu tecnicamente «scippata» alla Commissione competente.
Infatti, dopo due mesi, avvalendosi di una figura del regolamento del Senato, si ritenne che senza il completamento del lavoro in Commissione, la riforma dovesse andare in Assemblea. E quella riforma vi andò senza relatore dopo due mesi, conteggiando in questi anche il mese di agosto. Quindi, con questo voglio osservare che ci sono precedenti che non consentono


Pag. 96

una polemica tanto forte da parte di chi forse non è privo di qualche responsabilità, anche per la situazione nella quale ci troviamo adesso.
Voglio compiere un'altra osservazione di metodo: sono convinto - come ha detto il Presidente Folena ed io fui d'accordo con lui - che bisognava adottare un altro sistema, vale a dire quello di un decreto apposito per intervenire su questo punto della riforma della scuola superiore. Tuttavia, ritengo che ricorrano le ragioni d'urgenza e perciò, del tutto correttamente, il Presidente della Repubblica ha autorizzato l'emissione di questo decreto-legge. Tali ragioni sono rappresentate dal fatto che la riforma che venne introdotta in ordine alle scuole professionali, riportando tutto all'omogeneità della scuola liceale, è vecchia e non al livello dello stato attuale della ricerca e dei processi di formazione del nostro paese, e non solo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FULVIO TESSITORE. Non posso parlare cinque minuti?

PRESIDENTE. Ha quasi concluso il suo tempo.

FULVIO TESSITORE. Ho già parlato cinque minuti?

PRESIDENTE. Sì, è il tempo previsto.

FULVIO TESSITORE. Allora, mi avvio alla conclusione. La situazione attuale della ricerca e dei processi di formazione, come sanno coloro che si interessano di questi problemi e che non usano infingimenti nel trattarle, è quella dell'interazione tra i saperi positivi. Si tratta di una concezione di tipo pluralistico, che è precisamente il contrario di forme di omogenizzazione...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

FULVIO TESSITORE. ...come quelle di riportare, fino al punto di snaturarle, le scuole tecnico-professionali nell'ambito liceale. Purtroppo, non posso entrare nel merito e me ne rincresce (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Rusconi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI. Molto brevemente, signor Presidente. Ho ascoltato con attenzione ciò che ha detto la collega Aprea. Probabilmente, le è sfuggito un particolare, con riferimento alla legge n. 53: si ricordava che era finanziata per 200 milioni di euro, a fronte di una previsione di 8.320 milioni. Pertanto, per quanto riguarda la riforma delle scuole superiori, essa era inattuata e inattuabile. Non solo, ma poiché si è molto parlato di metodo, non si dovrebbe dimenticare che proprio il decreto-legge sulle scuole superiori fu approvato con audizioni e con il voto in Commissione in un'unica giornata, il 15 ottobre 2005. Infatti, la scadenza di tutti i decreti era il 17 ottobre. Per questo motivo, non vogliamo discutere di metodo, ma le lezioni di democrazia, probabilmente, nessuno ha il diritto di farle in quest'aula.
Rispetto al discorso del liceo economico...

PRESIDENTE. La invito a concludere...

ANTONIO RUSCONI. Ha ragione, si trattava di un intervento a titolo personale. Mi riservo di intervenire più avanti, la ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Rusconi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. In questo emendamento predisposto dalla Commissione si parla di previa intesa che, in questo caso,


Pag. 97

toglie una competenza esclusiva delle regioni. Non possiamo introdurre elementi di conflittualità.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 21,15)

CESARE CAMPA. Infatti, se il Veneto intendesse sancire le sue competenze garantite a livello regionale conseguendo percorsi di istruzione e di formazione, perché dovrebbe aspettare l'intesa con lo Stato?
Caro Folena, non è il Parlamento ad essere espropriato, ma sono le regioni ad essere spogliate di una loro competenza primaria!
In sostanza, quindi, pur apprezzando lo sforzo che l'onorevole Aprea sta cercando di compiere, prevedendo la stipula di intese preventive, vorrei rappresentare che non possiamo comunque sottrarre alle regioni le loro competenze esclusive (Applausi del deputato Garagnani). Le regioni, infatti, devono continuare ad esercitare la loro competenza in tale materia: pertanto, se siamo davvero federalisti e se vogliamo veramente la sussidiarietà, non dobbiamo permettere di introdurre, pur se sulla base di un'intesa, elementi...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere!

CESARE CAMPA. ...che ledano le competenze esclusive delle regioni (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, colleghi, la minoranza ha assunto un atteggiamento ondivago perché, da un lato, è stata tentata di collaborare con la maggioranza e con il Governo e, dall'altro, ha cercato di praticare l'ostruzionismo. Questa è la situazione in cui ci troviamo, vale a dire la sacrosanta verità che possiamo registrare!
La minoranza è stata ondivaga perché, proprio in occasione dell'esame dell'articolo 13 del provvedimento, doveva difendere la cosiddetta legge Moratti. Si tratta di un provvedimento che - diciamolo pure! - non è funzionale. Ciò perché lo hanno affermato non il centrosinistra o il Governo, ma la Confindustria e le imprese! Esse, infatti, richiedono tecnici, periti industriali e geometri validi!
Non lo affermiamo noi, ma lo dice il mercato! Ricordate quando all'istituto tecnico-industriale di Fermo arrivavano la Magneti Marelli o la FIAT e «prenotavano» i diplomati di tale istituto? Rammentate quando la società metallurgica di Terni «prenotava» tutti i diplomati dell'istituto tecnico-industriale di quella stessa città?
Il Governo e la maggioranza sono costretti a cambiare la cosiddetta legge Moratti perché il mercato, ai fini di una maggiore competitività, ha la necessità di recuperare ciò che la passata maggioranza non ha realizzato ma che noi, in tutta fretta, stiamo realizzando per non perdere la ripresa internazionale!
Guarda caso, questo Governo e questa maggioranza hanno fatto crescere del 2 per cento il PIL del paese, hanno portato ad un disavanzo del 2,3 per cento (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia)...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore!

LUCIANO D'ULIZIA. ...cioè, in poche parole, a riparare agli errori commessi dal Governo Berlusconi (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo)!
Allora, cari amici, non si può sottovalutare un impegno preciso per il lavoro, per lo sviluppo, per (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Per favore!

LUCIANO D'ULIZIA. ...far quadrare i conti che voi avete «disastrato», come più


Pag. 98

volte (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

CARLO CICCIOLI. Vergognati! Stai zitto!

LUCIANO D'ULIZIA. ...ho dimostrato in quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)! Vedete...

PRESIDENTE. Per favore, colleghi! Lasciate intervenire chi sta parlando!

LUCIANO D'ULIZIA. ...io i conti li so fare! La dimostrazione che avete «disastrato» il bilancio dello Stato, che qualche mio collega non sa additarvi come responsabilità (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

ENZO RAISI. Parla in italiano!

LUCIANO D'ULIZIA. Quando il Governo Berlusconi è entrato in carica, il debito pubblico era (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Per favore! Per favore! Evitate interruzioni, peraltro offensive, nei confronti di chi parla e lasciategli svolgere l'intervento!
Prego, deputato D'Ulizia.

LUCIANO D'ULIZIA. ...pari a 1.162 miliardi. Quando Berlusconi ha lasciato il Governo, a quanto ammontava il debito pubblico? A 1.534 miliardi! Voi avete creato un terzo del debito pubblico di questo paese (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
Noi stiamo risanando e stiamo offrendo sviluppo e crescita! Questo è ciò che fanno il Governo di Romano Prodi ed il centrosinistra! Questo (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

CESARE CAMPA. Vergognati! Vergognati!

PRESIDENTE. Per favore! Lei veda di concludere e loro lascino concludere l'intervento, grazie!

LUCIANO D'ULIZIA. Questo articolo 13 consente alla scuola di dare nuovamente risposte al mercato (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

CESARE CAMPA. Questo è l'articolo 13, sulla scuola...!

LUCIANO D'ULIZIA. ...e permette (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Per favore!

LUCIANO D'ULIZIA. ...permette (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Lei si fermi un momento, per favore!

LUCIANO D'ULIZIA. ...alle imprese cooperative (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Deputato D'Ulizia, per favore!

LUCIANO D'ULIZIA. ...ed alle aziende industriali (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Deputato, mi sto rivolgendo a lei! Un attimo per favore (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
Chiedo ai parlamentari di consentire al deputato D'Ulizia di svolgere il suo intervento, che si appresta a concludere. Vi prego, nessuno ha il diritto di impedire che un deputato svolga il suo intervento.
Prosegua pure, deputato D'Ulizia.

ENZO RAISI. Parla italiano!


Pag. 99

LUCIANO D'ULIZIA. Proprio l'articolo 13 permette al nostro paese e alla nostra scuola di dare quelle risposte che le imprese - e fra queste anche quelle cooperative - chiedono, cosa che non è avvenuta con la riforma Moratti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIANO D'ULIZIA. Quindi, noi siamo convinti della nostra posizione, la manterremo e voteremo per questa legge (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo - Applausi ironici dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà (Commenti).
Adesso non vorrete anche impedire «in partenza» l'esercizio del diritto di parola...

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, avevo presentato un emendamento che, sostanzialmente, congelava la legge Moratti e sopprimeva le modifiche concernenti la scuola che sono state introdotte dal Governo in questo decreto-legge. Ritengo che la maggioranza, a cui mi sono attenuto in maniera disciplinata, abbia commesso un errore [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
Non ho bisogno né dei fischi né degli applausi, ma sto facendo un ragionamento, a fine serata, molto pacato e mi rivolgo sia alla maggioranza che all'opposizione. Quando feci la dichiarazione di voto contro la legge Moratti - di cui ho sempre considerato l'aspetto della scelta a tredici anni il carattere più odioso -, mi rivolsi all'allora maggioranza chiedendo se non si ponessero il problema di fare una riforma della scuola senza un minimo di condivisione con l'opposizione. Dissi che potevano perdere le elezioni, perché il meccanismo elettorale fa sì che l'opposizione possa diventare maggioranza e viceversa: questo è il bipolarismo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Chiesi se non si ponessero il problema che sarebbe arrivata un'altra maggioranza, avrebbe fatto un'altra riforma della scuola e, poi, che cosa sarebbe successo? È un ragionamento che vorrei che voi ascoltaste perché riguarda tutti, maggioranza ed opposizione. Adesso noi facciamo questa mini riforma con decreto e, poi, dopo le elezioni, cambia la maggioranza e voi fate un'altra riforma della scuola (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia).
Questo non è il bipolarismo - mi rivolgo alla maggioranza, nella quale sto e che sostengo -, ma un modo in cui si crea l'instabilità delle nostre istituzioni, perché non è possibile che un ragazzo ogni cinque anni debba sapere che, con il cambiamento della maggioranza, cambia la riforma della scuola [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]. Voi che applaudite sapete che vi siete comportati esattamente come si è comportata oggi la maggioranza (Commenti), cioè non avendo la consapevolezza che su questi temi è necessario avere un consenso concertato, per evitare di cambiare ad ogni legislatura la scuola: questo è il punto!
Io avevo presentato un emendamento, in quello che viene prospettato c'è un cambiamento dei termini - mi rendo conto che è un problema diverso, ne do atto agli uffici -, ma mi si è impedito di fare l'operazione del congelamento della legge Moratti e la discussione attraverso un disegno di legge, perché non si cambia la riforma della scuola per decreto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale). Certo, l'opposizione, su questo, ha ragione!

LUCA VOLONTÈ. Vota con noi!

ROBERTO VILLETTI. E noi, se fossimo all'opposizione, ve lo avremmo detto nello stesso modo! Bisogna dire la verità, soprattutto in questa Assemblea, nella quale ci troviamo per mandato del popolo e quindi dobbiamo essere sinceri!

LUCA VOLONTÈ. Vota con noi!


Pag. 100

ROBERTO VILLETTI. Ora, noi abbiamo adottato questo decreto introducendo una riforma della scuola che presenta anche un altro elemento grave: si occupa soltanto di un tassello, ovvero degli istituti professionali. Questo è un modo per trattare i ragazzi in modo discriminato perché ogni volta che si cambia un tassello bisogna cambiare tutta l'offerta formativa; il ragazzo, infatti, sceglie sulla base di tutta l'offerta formativa, senza considerare soltanto gli istituti tecnici e professionali. Una riforma deve essere complessiva ed il mio è un invito che anche molti altri formuleranno in seguito e che spero venga raccolto. Dobbiamo sapere che, su alcune grandi riforme, pur mantenendo le distinzioni e la contrapposizione tra maggioranza ed opposizione, e mantenendo, altresì, il bipolarismo - unico frutto positivo del collasso del sistema politico -, dobbiamo trovare dei punti di convergenza (Commenti del deputato Volontè). Tale è sicuramente il caso della riforma della scuola.

PRESIDENTE. Deve concludere...

ROBERTO VILLETTI. Spero che il Parlamento italiano lo comprenda e che la Camera, che non l'ha fatto oggi, trovi il modo di farlo nei prossimi mesi o, forse, nei prossimi anni. Noi ci rivolgiamo soprattutto al paese, alle esigenze del paese, che non sono quelle di parte o dei partiti...

PRESIDENTE. Deputato Villetti, deve concludere.

ROBERTO VILLETTI. ...sono le esigenze generali delle nuove generazioni, che nella scuola vedono il loro futuro (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, la ringrazio, anche perché sono uno di quei deputati fortunati a cui lei, nelle sue non frequenti presidenze della Camera, dà la parola; ritengo quindi di essere abbastanza fortunato: i miei colleghi hanno la parola dai suoi quattro vice, a me è già la terza o quarta volta che capita la fortuna di avere la parola da lei.
Vorrei fare le seguenti schematiche considerazioni. Ho grande stima del presidente di gruppo de La Rosa nel Pugno, ma se quanto l'amico Villetti ha dichiarato corrispondesse al vero, egli avrebbe un'unica scelta da fare, cioè votare coerentemente con le linee che in questa sede ha sostenuto (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).

LUCA VOLONTÈ. Bravo, Emerenzio!

EMERENZIO BARBIERI. Altrimenti, caro capogruppo Villetti, il fatto che nella seconda Repubblica si «predichi» in un modo e ci si comporti in un altro finisce per avere una valenza forte sotto il profilo della coerenza dei comportamenti.
Voglio poi rivolgermi al presidente dell'Unione nazionale delle cooperative italiane, onorevole D'Ulizia, il quale, oltre ad essere deputato, è ancora per l'appunto presidente dell'unione testé citata. Egli è persona a me simpaticissima per antiche militanze comuni, in questo anno ha permanentemente compiuto un esercizio pari a quello del vecchio adagio, non so se di Confucio e di altri:«Tu bastona la moglie perché lei non sa per quale motivo la bastoni, ma tu lo sai, o meglio (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...
Ebbene, da quando è cominciata questa legislatura, l'unica operazione che l'onorevole D'Ulizia sa compiere bene è dichiarare che tutte le colpe sono del Governo Berlusconi. Se piove, la colpa è del Governo Berlusconi; oggi è grandinato, la colpa è del Governo Berlusconi; i conti pubblici... La colpa è del Governo Berlusconi: insomma, la colpa di quanto di negativo è successo in questo paese è del Governo Berlusconi.
Inoltre, avendo anche letto recentemente un'intervista concessa dal leader cui il collega si ispira e che si muove peraltro


Pag. 101

con molta maggiore saggezza e pacatezza di quella che il collega in questa occasione manifesta, suggerirei all'onorevole D'Ulizia di non avere nei confronti della precedente maggioranza questa fobia permanente, che non mi pare corrisponda al vero.
Poi, cosa c'entra tutta la storia del debito con il provvedimento di cui stiamo parlando? L'onorevole D'Ulizia me lo spiegherà in una fase diversa da questa.
Svolgo un'ultima considerazione nei confronti del mio presidente, ossia il presidente della Commissione cultura. Debbo dire che ho grande stima sul piano personale dell'onorevole Folena, ma non ho capito bene il suo intervento. Egli afferma che questo decreto-legge è sbagliato; se è sbagliato c'è un modo - parlo della parte che riguarda la scuola - per rimediare all'errore, ossia dire al Governo - che esiste in forza del fatto che Rifondazione Comunista lo sostiene - alla viceministra Bastico, al ministro Fioroni: «Guarda che se non stralci queste disposizioni non assicureremo il nostro voto favorevole». Sarebbe un linguaggio che il Governo capirebbe, perché con il terrore che ha di «andare a casa», lo capirebbero anche i bambini delle scuole elementari.
L'onorevole Folena ha fatto riferimento ad una differenza tra noi e voi. Se entrassimo nel merito, bisognerebbe che un giorno riuscissimo a capire dove sia la sinistra e dove il centrodestra su questi temi. Non so cosa sia di sinistra. Presidente Folena, lei ha fatto una battuta sui figli dei ricchi che frequentano alcune scuole, ma venga a vedere in Emilia-Romagna, dove da sempre comandano i comunisti, quali sono i figli dei ricchi e scoprirà che non sono coloro a cui lei pensa, altrimenti si continuano ad utilizzare gli schemi, che si utilizzavano alla fine degli anni Quaranta e che, mi pare, siano superati da questo punto di vista. ....

PRESIDENTE. Deputato Barbieri...

EMERENZIO BARBIERI. Sto concludendo, presidente Bertinotti. Onorevole Folena, per l'onestà intellettuale che la caratterizza, c'è una sola cosa da fare, ossia dire al Governo: «Stralcia questi articoli della scuola per estraneità di materia, per ragionarci nell'ambito di un disegno di legge complessivo...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere...

EMERENZIO BARBIERI. Se lei lo facesse, presidente Folena, noi l'apprezzeremmo molto (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, la conclusione dell'intervento dell'onorevole Folena, che ha adoperato un francesismo, mi ha ricordato un altro francesismo, il rien ne va plus, in termini di fine del ruolo della maggioranza nel Parlamento, di eutanasia della capacità di esercitare un ruolo di governo dei processi legislativi.
Infatti, il vero problema intorno al quale stiamo ruotando è che non si può affermare, come hanno fatto l'onorevole Folena e molti altri esponenti della maggioranza, che questo modo di legiferare non piace e, poi, sostanzialmente avallare lo stesso modo di legiferare. Per questo, va onore al merito dell'onorevole Villetti, di cui condividiamo assolutamente - anche perché lo avevamo espresso, con altre parole all'inizio della seduta - lo stesso concetto, ossia la convinzione che in un paese normale - e l'Italia non è un paese normale - non è possibile e accettabile, - modificare leggi di struttura ad ogni avvicendamento di maggioranza.

PRESIDENTE. Come sapete, abbiamo raggiunto un'intesa nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo nel senso di sospendere l'esame del provvedimento alle 21,30. Tuttavia, vi sono ancora due deputati che hanno chiesto di parlare. Per non dissociare le dichiarazioni di voto


Pag. 102

dal voto, vi pregherei di rimanere in aula ancora per alcuni minuti, in modo da concludere.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, il mio intervento vuole solo riprendere la considerazione, fatta anche dal deputato Villetti, sulla necessità di dare il massimo della stabilità al sistema scolastico, ma, pur condividendo quest'affermazione e adoperandomi affinché quanto da lui auspicato succeda, ritengo che la stessa giustifichi l'intervento con il decreto-legge e, in particolare, il ripristino, contrariamente a quanto prevedeva la legge Moratti, degli istituti tecnici e di quelli professionali all'interno del sistema di istruzione superiore, perché l'offerta formativa che permetta la scelta da parte dei nostri studenti deve essere assicurata nel più ampio ventaglio possibile, in modo che siano rispettati tutti i bisogni formativi (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, intervengo molto velocemente solo perché il collega Folena mi aveva prima chiamato in causa, probabilmente fraintendendo una mia affermazione, dato che nel mio intervento avevo esattamente detto quello che ha sostenuto lui, cioè che gli alunni della formazione professionale hanno la facoltà e il diritto di poter anche passare a formazioni superiori senza problemi. Dico questo giusto per puntualizzare, poi egli, se lo vorrà, avrà modo di vedere il resoconto, anche se ciò non è così fondamentale. Concludo velocemente auspicando che in ogni caso il Governo tenga conto delle perplessità che sono emerse e dell'opportunità che in particolare la parte finale dell'articolo 13, il 13-bis venga stralciata. Grazie.

VALENTINA APREA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Poi passiamo ai voti.

VALENTINA APREA. Si, però qui c'è una questione molto più importante, perché il cosiddetto accordo a cui si era pervenuti riguardava due emendamenti della Commissione (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)...
Con calma debbo osservare che noi abbiamo 130 deputati, che non si sono iscritti tutti a parlare, quindi Forza Italia ha rispettato l'accordo. Abbiamo fatto una battaglia di merito...

PRESIDENTE. Deputata Aprea, svolga il suo intervento, la prego.

VALENTINA APREA. Si Presidente, ha ragione, mi scusi. Quando siamo arrivati all'emendamento 13.158, ho ritirato l'emendamento perché c'era da votare questo 13-bis, in particolare la modifica della lettera «a» del 13-bis.
Ho allora ritirato l'emendamento e ho aspettato il 13-bis.
Osservo invece che adesso l'emendamento risultante dall'accordo con l'onorevole Villetti si vota, si minaccia la fiducia e quindi c'è il pericolo che il secondo accordo non passi.
Presidente, dichiaro di ritirare tutti gli emendamenti in questo momento, se si vota anche il secondo testo dell'accordo.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13.300 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 388
Votanti 386
Astenuti 2
Maggioranza 194
Hanno votato
240
Hanno votato
no 146).


Pag. 103


Secondo le intese raggiunte nella riunione dei presidenti di gruppo che prima ho ricordato, sospendiamo a questo punto l'esame del disegno di legge sulle liberalizzazioni e passiamo al successivo punto all'ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge: S. 1314 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (Approvato dal Senato) (A.C. 2340-A) (ore 21,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2340-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il Presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e VII (Cultura) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la II Commissione, deputato Pisicchio, ha facoltà di svolgere la relazione.

PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, svolgerò oralmente solo una parte della mia relazione; consegnerò poi l'altra parte del testo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, accingendoci all'esame di questo provvedimento, dobbiamo partire da una considerazione fondamentale: si tratta di un decreto-legge che al centro della sua valutazione ha l'ordine pubblico, con inevitabili precipitati relativi a profili penalistici e aspetti che ineriscono alle dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura essenziale del decreto concerne il profilo dell'ordine pubblico. È un elemento che non va dimenticato e che anzi deve rappresentare l'ermeneutica corretta per interpretarlo, senza commettere l'errore di attribuire ad esso valenze taumaturgiche per tutto il complesso mondo dello sport, e di quello calcistico in particolare.
Ad altro provvedimento più organico e mirato sarà consegnato questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo di essere del calcio italiano e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo, assunto sin da oggi, sarà quello di spendersi in modo adeguato e nei tempi adeguati.
All'attenzione nostra, oggi, c'è ben altro: c'è un decreto-legge per la prevenzione e per la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, adottato a seguito dei gravissimi episodi di violenza culminati a Catania con l'omicidio dell'ispettore Raciti, annunciato da una lunga sequenza di atti teppistici di estrema gravità che hanno fatto registrare altre vittime nei campi sportivi di mezza Italia. Violenza, dunque, che nulla ha a che vedere con lo sport.
Questa è la considerazione preliminare che attiene al merito e ai confini del disegno di legge di conversione. Ma esiste anche una preliminare questione di metodo che qui voglio esporre.
Il decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto una maggioranza quasi unanime. Questo fatto politico ha rappresentato e rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe potuto anche rappresentare - sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altro ramo


Pag. 104

del Parlamento - un elemento capace di esercitare un condizionamento per il nostro lavoro.
Le Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del provvedimento, hanno affrontato preliminarmente una questione che travalica il merito stesso del provvedimento, coinvolgendo i rapporti tra i due rami del Parlamento. Come già è avvenuto in passato, la Camera dei deputati si trova in una situazione anomala, determinata dall'asimmetria che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione del diverso rapporto tra maggioranza ed opposizione.
Se non si vuole pervenire ad una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, ispirato al principio del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli che un testo approvato dal Senato, sia pure all'unanimità, può essere modificato dalla Camera ogni qualvolta ciò si dimostri necessario.
Nel caso in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare alcune modifiche al testo approvato al Senato.
La circostanza che, come si ricordava, si tratti di un testo approvato dall'altro ramo del Parlamento all'unanimità (vi sono stati cinque astenuti) ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente modifiche sorrette dalla condivisione unanime di tutti i gruppi. Non tanto come relatore per la II Commissione, quanto piuttosto in veste di presidente di essa, vorrei sottolineare che le Commissioni riunite hanno svolto un proficuo ed attento esame del testo, che ha visto un atteggiamento costruttivo da parte di tutti i gruppi, senza distinzione tra maggioranza ed opposizione. Solo una condivisione unanime delle modifiche può giustificare la trasmissione al Senato di un testo approvato da quel ramo del Parlamento all'unanimità.
Prima di passare all'esame del merito - anzi, prima di consegnare il testo relativo all'esame del merito - vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni hanno approvato tutti gli emendamenti all'unanimità, nonostante che in alcuni casi, per qualche gruppo, ciò abbia significato la rinuncia ad alcune legittime convinzioni. L'obiettivo di tutti è stato uno solo: approvare un testo condiviso che contenesse misure adeguate per contrastare il fenomeno della violenza nello sport.
Per quanto attiene al testo integrale della relazione, al fine di rendere possibile un dibattito più celere, chiedo che la Presidenza ne autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna. Ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Grazie. La Presidenza consente la pubblicazione del testo integrale della sua relazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore, presidente della Commissione cultura, deputato Folena, ha facoltà di svolgere la relazione.

PIETRO FOLENA, Relatore per la VII Commissione. Signor Presidente, mi piacerebbe molto che il decreto-legge in esame, oltre ad essere ricordato come quello che inasprisce - ma rende anche più efficaci - le sanzioni nei confronti degli episodi di violenza che hanno recentemente colpito il mondo del calcio, con l'omicidio del funzionario Raciti e, qualche giorno prima, con l'assassinio di un dirigente di una squadra di calcio dilettantistica in Calabria, potesse in qualche modo passare alla cronaca anche come un provvedimento che lancia un messaggio positivo.
Con il decreto-legge, se approvato così come proposto all'unanimità dalle due Commissioni - l'ha ricordato il presidente Pisicchio -, i minori di 14 anni, ove accompagnati da un genitore, potranno entrare gratuitamente negli stadi per assistere alle partite di calcio. Si tratta di un messaggio che il Parlamento vuole lanciare alla società italiana, ai minori ed ai loro genitori, per recuperare il senso di una festa, di uno sport, di un momento di competizione, ma anche di un grande momento di socializzazione, anche di un


Pag. 105

grande momento di riconoscimento collettivo: chiunque sia tifoso di una squadra di calcio sa che una partita è anche questo.
Io credo che quello al nostro esame, nato essenzialmente come decreto-legge basato sull'aspetto penalistico e repressivo, è stato giustamente emendato dal Senato con l'aggiunta di una seconda parte di natura sociale e sportiva sulla quale noi siamo ulteriormente intervenuti. In tal modo, si configura una disciplina che poggia su due gambe solide: una volta a contrastare più efficacemente, con gli strumenti della legge, la violenza negli stadi; un'altra fatta di norme che, mirando sulla prevenzione, possano permettere di uscire da quella condizione che ha visto una forma di esproprio del diritto alla partecipazione ai grandi eventi collettivi.
Come ho avuto modo di affermare nella relazione svolta in sede di Commissione - alla quale rinvio per ciò che riguarda l'esame approfondito del provvedimento che ci è pervenuto dal Senato - la violenza è l'altra faccia di un calcio malato, di un eccesso di economia, di business, di affari che hanno contribuito a spegnere una parte della partecipazione a questo gigantesco evento. Certamente, ci sono anche altri motivi. In sede di VII Commissione, con il concorso di tutti i colleghi, della maggioranza e dell'opposizione, abbiamo concluso una indagine conoscitiva al riguardo. La prossima settimana esamineremo uno schema di documento conclusivo che darà alcune indicazioni su aspetti di grande rilievo. Ad esempio, ricordo che le società di calcio, oggi, sono società per azioni quotate in borsa e c'è da domandarsi se l'infortunio di un giocatore o l'annuncio relativo alle condizioni fisiche di un giocatore, e gli effetti sulla quotazione in borsa delle società, non finiscano per diventare più importanti dello stesso sistema che regola una leale e piena competizione sportiva.
Mi domando quali paletti dobbiamo mettere alla libertà di impresa, che non deve essere conculcata e che, tuttavia, incontra il suo contrappeso costituzionale nel valore sociale che vogliamo tutelare, quello del diritto allo sport.
Il testo che abbiamo proposto - lo ha ricordato il relatore Pisicchio, con forza - è stato approvato all'unanimità dalle Commissioni congiunte. Ciascuna ha fatto la propria parte. Spogliandomi per un attimo dei panni di relatore e, persino, di presidente di Commissione, anch'io ho dovuto compiere alcune rinunce, con l'obiettivo di proseguire nel solco di un lavoro unitario che il Senato aveva svolto. In tal modo, è stata modificata quella norma irrealizzabile e sbagliata, dal punto di vista costituzionale, che vietava la esposizione di qualsiasi striscione negli stadi ed il divieto è stato limitato ai soli striscioni che inneggiano alla violenza o all'odio.
Allo stesso modo, la flagranza differita - termine ossimoro, vera e propria contraddizione di questo sistema - è rimasta, pur essendo stata circoscritta e riferita soltanto agli elementi video e fotografici. Si tratta di una norma a tempo che scadrà nel 2010 e che non entra a far parte, a regime, dei codici del nostro paese.
L'articolo 7, che aggrava significativamente le pene per lesioni cagionate a ufficiali o agenti di polizia in servizio di ordine pubblico, è stato riferito alle manifestazioni sportive, evitando quella cattiva abitudine secondo cui, nella emanazione di un decreto-legge urgente e di emergenza, legato ad uno specifico fenomeno, si finisce con lo stravolgere l'intero codice, senza badare a tutte le conseguenze e compiendo atti forse discutibili anche sotto il profilo costituzionale.
È dal punto di vista della prevenzione che questo decreto-legge ha subito alcune delle modifiche più significative. Tra esse voglio citare la nuova formulazione dell'articolo 8, comma 4, il quale, accanto al divieto - che rimane in vigore - per le società sportive di intrattenere rapporti finanziari con i club e le associazioni, stabilisce tuttavia la possibilità di stipulare convenzioni che abbiano finalità sociali e di solidarietà con quei club che si dissocino apertamente dalla violenza, nell'eventualità in cui un loro appartenente sia coinvolto in episodi del genere.
La nuova formulazione dell'articolo 11-bis permette, inoltre, di lanciare un messaggio,


Pag. 106

prevedendo che le somme corrisposte a titolo di sanzione pecuniaria per i reati previsti dal decreto-legge servano per alimentare quei positivi programmi sportivi di cui si alla prima parte dello stesso articolo e per aiutare lo svolgimento, prima delle partite, di quelle attività che possano distendere il clima da preparazione bellica che, a volte, c'è negli stadi.
Se noi rompiamo quel clima e creiamo un clima di maggior festa, aiutiamo a determinare una condizione positiva.
Mi permetto di dire che anche le coreografie, quando non sono violente, sono straordinari momenti perfino di creatività e di partecipazione. C'è gente che viene dall'estero in Italia per vedere alcune di queste coreografie e sarebbe assurdo pensare di vietarle.
Credo che la norma più rilevante che abbiamo inteso aggiungere sia costituita dal nuovo articolo 11-ter, recante «Rilascio di biglietti gratuiti per i minori», sul quale ho esordito nella mia relazione. Mi pare che sia un messaggio che possa andare nel profondo della società italiana.
Certo, si poteva fare di più. A me, personalmente, sarebbe piaciuta una norma volta a sospendere la pena per i reati meno gravi e a far sì che i ragazzi che vengono accusati di tali reati possano avere una proposta concreta di una misura alternativa, come tagliare l'erba, pulire lo stadio o essere affidati ad un lavoro che abbia un significato risarcitorio, uscendo dalla logica penalistica.
Il sottosegretario Scotti, a nome del Governo, ci ha detto in Commissione che è allo studio ed in preparazione una norma organica che prevede proprio questa modalità di sospensione della pena, non solo in riferimento ai reati di cui stiamo parlando, ma erga omnes.
Infine, devo dare atto da alcuni colleghi, soprattutto al collega Caparini e al gruppo che rappresenta, di aver posto con grande forza la questione della messa in sicurezza degli stadi. Penso che lavoreremo insieme su un ordine del giorno o su un documento organico, perché è ora che il Parlamento si apra con un disegno di legge governativo e proposte di legge di iniziativa parlamentare ad una riforma organica degli stadi che ci permetta di uscire da quella condizione di assoluta incertezza e cattiva organizzazione che ancora oggi, nel 2007, purtroppo, esiste negli stadi italiani e che obbligatoriamente dobbiamo superare, se vogliamo concorrere efficacemente, ad esempio, ad essere gli organizzatori dei campionati europei di calcio del 2012 e, soprattutto, se vogliamo offrire agli italiani e alle italiane, e a chi ama questo straordinario sport, la possibilità di passare una domenica, un sabato o una serata di festa e non di angoscia (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori e Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Signor Presidente, colleghi deputati, sottosegretario Scotti, credo che abbiamo lavorato fecondamente in Commissione e abbiamo operato dei miglioramenti al testo che proveniva dal Senato. Però, per chiarezza ed anche per brevità dei nostri lavori, ritengo che bisogna esprimere subito un giudizio chiaro sul provvedimento che stiamo esaminando. Non se ne abbia a male il sottosegretario Scotti, ma credo che il decreto-legge del Governo, così come è stato strutturato, fosse essenzialmente orrido in origine e pessimo nel testo licenziato dal Senato.
Quindi, come ho già dichiarato più volte, ritengo che ciò che andremo a costruire sarà comunque giudicato da molti un brutto testo. Intendo dire che quella che si è verificata nei vari passaggi legislativi è stata una procedura graduale di vera e propria riduzione del danno. Lo affermo perché mi risulta evidente che è


Pag. 107

sbagliato l'approccio di fondo con cui il Governo ha affrontato questa materia.
È chiaro, infatti, che il testo del decreto-legge si sviluppa a partire dagli avvenimenti che a Catania hanno avuto culmine nell'omicidio dell'ispettore Raciti e nell'urgenza di dare una risposta a quei fatti gravissimi e ad un'evidente degenerazione delle condizioni di esercizio delle manifestazioni calcistiche.
Questo lo hanno affermato molti colleghi: penso sia un'evidenza difficilmente discutibile. Ma l'errore di fondo è nel credere che un provvedimento quasi esclusivamente repressivo abbia un'efficacia reale. Il relatore per la VII Commissione, il collega Folena, metteva in evidenza l'aspetto positivo che il Senato della Repubblica ha introdotto sul nucleo duro di un provvedimento del Governo che aveva una chiave esclusivamente penalistica, nella misura in cui è riuscito ad introdurre - e noi qui ad ampliare - un elemento che guarda alla promozione dello sport e alla riforma delle condizioni normali di agibilità dei nostri stadi e dell'approccio di numerosi soggetti al fenomeno calcistico.
La domanda che dovremo porci - al Senato hanno tentato di porsela - è perché paiono non funzionare le norme esistenti, a partire della legge n. 401 del 1989, poi successivamente modificata nel 2001. Si tratta di norme che non sono, a differenza di quanto si legge qua e là, particolarmente tenere sotto il profilo penale, anzi. Eppure suonano a conferma che la strada intrapresa è a fondo cieco, se permane l'usanza che le norme approvate restano lettera morta. Da anni, io personalmente, per fortuna non in solitudine, sono convinto che gli stadi siano il terreno di sperimentazione di nuove normative che tendono ad estendersi al resto della società.
Nel testo prodotto dal Governo questa idea risulta, a mio avviso, fortemente confermata. Voi ricorderete, soprattutto i colleghi che hanno più legislature alle spalle, il forte dibattito che ha accompagnato l'istituto della cosiddetta «flagranza differita». Indipendentemente dagli esiti del voto sui vari provvedimenti che la contenevano, è evidente che è aperta la questione del vulnus, anche costituzionale, che questa rappresenta nel nostro ordinamento. È evidente che la sua dilatazione da 36 a 48 ore amplifica questo problema, anche se ne restringe - di questo va dato onestamente merito al Governo - la discrezionalità alla sola documentazione videofotografica. Soprattutto verrebbe a cadere, se confermato il testo del Governo e se confermato il testo del Senato, il carattere provvisorio che anche le passate legislature hanno voluto attribuire a questo istituto della «flagranza differita», cioè verrebbe a cadere il carattere a termine, eccezionale. Se ne darebbe insomma per scontata la definitiva introiezione nel nostro ordinamento.
Questa è la ragione per la quale, nel dibattito che abbiamo avuto in Commissione, abbiamo voluto ridare un termine a questo istituto, mantenendone il carattere di eccezione. Inoltre, sul medesimo versante dello stadio come laboratorio, il Governo dovrebbe spiegare con più evidenza come sia possibile che un provvedimento dichiaratamente volto alla prevenzione e alla repressione dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni calcistiche si dilati invece, modificando il codice penale, fino a comprendere tutte le circostanze e tutti i cittadini, anche molto distanti da quello che dovrebbe essere l'oggetto di questo decreto e del dibattito per la sua conversione in legge. Questo accadrebbe, pur essendo evidente che non esiste, tranne che negli stadi, alcuna necessità o urgenza per un'applicazione così diffusa.
Si è tentato poi di introdurre un vero e proprio reato di opinione con riferimento alle fattispecie previste dall'articolo 2-bis, comma 1, che abbiamo per queste ragioni concordemente riformulato e spero che nessuno se ne dolga. Uno dei due relatori del Senato, nell'iter del decreto in quella Camera, ha fatto più volte presente che in questo decreto sono state inserite dal Governo e confermate dal Senato - e noi non le modifichiamo - misure di prevenzione personali e patrimoniali, che sono previste dalla legislazione


Pag. 108

antimafia, nonostante che metà della Commissione del Senato proponesse di abrogarle e che la restante metà le ritenesse inutili. Eppure sono rimaste in questo testo. Questo ragionamento nasce dalla convinzione che la legislazione di emergenza è un potente veleno, che una volta introdotto nell'ordinamento non ne esce più, anzi tende a corroderlo. Questo paese ne ha avuto esperienza, ma colpisce la naturalezza - lo ribadisco - con cui temi di questo tipo sono stati sottoposti alle Camere: mi riferisco al provvedimento dal carattere di particolare necessità ed urgenza concernente la repressione e la prevenzione delle violenze che si verificano in occasione di manifestazioni sportive di carattere calcistico.
Siamo di fronte ad un mondo, quello del calcio (mi soffermerò molto brevemente sulla questione perché è già intervenuto il relatore Folena e altri lo faranno in seguito), che è destinato a cambiare: mi riferisco alla proprietà degli stadi, alla loro privatizzazione, alle TV a pagamento, al destino del pubblico e dei tifosi organizzati, temi che rimangono sullo sfondo e su cui si annunciano specifici interventi legislativi ed interventi diversi di settore.
Il fatto che siamo di fronte ad un qualcosa che in futuro strutturalmente cambierà è una ragione in più per marcare il carattere di eccezionalità, per cui è possibile la limitazione temporale delle norme che ci accingiamo ad approvare.
L'eccezione è tale - lo credo molto umilmente - quando non si pratica a sufficienza la fatica dell'ordinario. Cosa intendo dire?
Credo sia difficile negare il fatto che la situazione che questo provvedimento contrasta ha molti padri e molte madri, vale a dire ha molti più responsabili dei soggetti concreti i cui reati si intende contrastare!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, purtroppo, il dibattito che stiamo affrontando ci permetterà solo in parte di avviare una riflessione politica seria, pacata e di carattere più complessivo. Lo strumento del decreto-legge non ci aiuta, infatti, in questo. Sono 18 anni ormai che lo Stato affronta il fenomeno della violenza negli stadi a colpi di decreti-legge, fondati principalmente su quello che accade negli stadi o fuori dagli stadi, cioè sull'impatto emotivo provocato da gravi fatti di cronaca.
Il 13 dicembre del 1989 venne approvata la legge n. 401 per la tutela della correttezza dello svolgimento di manifestazioni sportive. Poi, ad ondate successive, sono state via via introdotte, sempre con la tecnica del decreto-legge, quelle che sono state definite misure urgenti per prevenire la violenza negli stadi.
Abbiamo così avuto una sequela di decreti: quello del 1994, del 2001, del 2003, del 2005, sino ad arrivare al decreto-legge oggi in discussione.
La stratificazione di queste norme emergenziali ha delineato un sistema improntato esclusivamente a logiche repressivo-preventive, attraverso il quale sono stati configurati reati specifici, misure di prevenzione, procedure speciali, eccezioni alle garanzie costituzionali.
Dopo vent'anni, siamo al punto di partenza: non è con metodi e logiche di emergenza, con leggi di eccezione o misure speciali, con provvedimenti repressivi e di dubbia costituzionalità, anche se mascherati da misure preventive, che si risolve il problema ed i fatti lo hanno dimostrato. Anzi, la militarizzazione degli stadi e la criminalizzazione generalizzata del tifoso paradossalmente ha favorito la politicizzazione e lo spostamento della violenza nei confronti delle forze di polizia ovvero di chi si trova a rappresentare sul campo lo Stato e a far valere le sue leggi.
La violenza negli stadi, che è culminata di recente nei tragici fatti di Catania, non può essere risolta in questo modo. Necessita di provvedimenti di più ampio respiro che riformulino del tutto l'ormai vecchia legge n. 401 del 1989, soprattutto riportando la normativa nell'alveo costituzionale.


Pag. 109


La democraticità di un paese la si valuta anche dal numero di leggi speciali che vengono approvate.
Già il codice di procedura penale avrebbe degli strumenti - reati e sanzioni, introdotti attraverso vari decreti-legge -, ma questi ultimi non sono stati utilizzati poiché si preferisce sempre fare ricorso a nuovi decreti-legge, a nuove leggi speciali, ad ennesime norme d'emergenza; per fare un esempio, non è stato applicato nemmeno il decreto Pisanu.
A parer mio, si tratta di capire, più che di reprimere, anche perché il pugno duro è mostrato da istituzioni che non hanno fatto rispettare, e non rispettano le leggi: basti pensare alle autorizzazioni in deroga concesse ai gestori degli stadi insicuri, che sono state rilasciate fino a poche settimane fa (tra l'altro, già si sono avute deroghe, nonostante l'emergenza di cui si è discusso sui giornali nelle settimane scorse).
Ritengo che sarebbe stata opportuna un'indagine conoscitiva sull'illegalità diffusa, che ha permesso l'errata programmazione di interventi infrastrutturali, lo spreco di denaro pubblico, l'agibilità di stadi fuorilegge, l'elusione delle normative sulla sicurezza e l'omessa adozione dei provvedimenti conseguenti, ma anche l'ottusa gestione dell'ordine pubblico. Di questo avremmo dovuto discutere, ma così non è stato, quindi oggi ci troviamo ad introdurre nel nostro ordinamento nuove misure autoritarie e ad appesantire quelle già esistenti. Vi è il rischio di introdurre nel nostro ordinamento un vero e proprio cavallo di Troia, che può minare la configurazione democratica e liberale, lo stato di diritto del nostro Paese.
L'Italia, periodicamente, ciclicamente, compie dei passi in avanti sulla via del diritto e sulla scia di una civiltà giuridica, ma poi, improvvisamente, compie dei passi indietro, ha delle battute d'arresto come quella registrata oggi grazie a questo decreto-legge.
Addirittura, il nostro Paese è riuscito a proiettare la sua visione del diritto alla vita anche a livello internazionale nei confronti, ad esempio, di quei paesi che ancora praticano la pena di morte, e si è impegnato a presentare all'ONU una proposta di moratoria universale delle esecuzioni capitali. In ogni caso, successivamente accade che, nonostante gli impegni, i precisi atti d'indirizzo del Parlamento nei confronti del Governo, quest'ultimo venga meno ai suoi proponimenti. A causa di ciò, Marco Pannella, in queste ore, ha dovuto annunciare la ripresa di uno sciopero della fame, proprio per ottenere dal Governo il rispetto degli impegni solenni - reiterati non soltanto dal nostro Parlamento, ma anche dal Parlamento europeo - per la presentazione all'Assemblea generale dell'ONU di una risoluzione per la moratoria della pena di morte. In Iraq, questa notte, ancora una volta dopo l'uccisione di Saddam Hussein, vi è stata un'esecuzione riguardante l'ex vicepresidente iracheno, Yassin Ramadan. Si potrebbero, quindi, verificare nuove vendette, nuovi omicidi ed assassini in quel paese.
Per quanto riguarda il provvedimento in discussione, segnalo, in primo luogo, una gravissima anomalia contenuta nel decreto-legge. Mi riferisco ad una misura di prevenzione adottata dal questore, il cosiddetto Daspo; si tratta di un fatto mai avvenuto in questi anni, caratterizzati anche da una gravissima emergenza sul fronte della criminalità organizzata e della mafia.
Questa misura si applica ai reati, ai comportamenti giudicati pericolosi commessi durante, primo o dopo lo svolgimento di partite di calcio.
Va tanto di moda il modello inglese, tutti lo invocano, ma nessuno ricorda che in Gran Bretagna il corrispettivo del nostro questore si limita a proporre il provvedimento cosiddetto Daspo, mentre è il giudice con una regolare udienza a dover decidere se e in quale misura applicarlo, così come avviene per le altre misure di prevenzione. L'inasprimento della conflittualità esistente tra i tifosi e le forze dell'ordine è stata determinata anche da una eccessiva discrezionalità lasciata ai questori e alle insufficienti garanzie difensive degli imputati.


Pag. 110


Con la conversione del presente decreto-legge noi andiamo a confermare questa anomalia aggravandone gli effetti ed aprendo crepe significative nella nostra Costituzione. Da un lato, sembrano eccessive nei minimi edittali le pene previste per alcuni reati, giacché, se paragonate con altre fattispecie di reato più gravi tolgono al giudice la discrezionalità di stabilire una pena congrua e giusta, dall'altro sembra anche eccessivo che il Daspo che può applicare il giudice abbia una durata minima di due anni, atteso che un reato di modestissima entità non può portare ad un obbligo di presentazione in commissariato così invasivo e per una durata minima che il giudice non può ridurre. Aspetti non conformi alla Costituzione sono invece rappresentati da un altro tipo di Daspo, questo applicato in via addirittura preventiva. Vi è infatti il Daspo che può applicare il giudice con una sentenza, ma vi è anche il Daspo preventivo, quello disposto dal questore, basato non su una denunzia, ma su una relazione di servizio, su delle note informative che vengono dagli organi di polizia.
L'altra anomalia, pesantissima, che apre una breccia pericolosissima nel nostro ordinamento è quella della cosiddetta flagranza differita. Il Daspo preventivo sottrae al prevenuto la possibilità di difendersi in quanto non ha un giudice di merito avanti al quale discolparsi. Questo dice il nostro decreto-legge che stiamo discutendo, perché l'innocente denunziato e «daspato» può sperare nell'archiviazione o nell'assoluzione, mentre l'innocente «daspato» senza denunzia, quello a cui il provvedimento viene applicato in via preventiva, non ha la possibilità di rimuoverlo perché non ha un giudice di merito avanti al quale difendersi. Il TAR infatti è un giudice di legittimità ed il GIP si pronuncia solo sull'obbligo della firma.
Vi è poi la questione del Daspo per chi contravviene al regolamento d'uso nello stadio, qui siamo di fronte a cose veramente ridicole, da tre mesi a due anni se per sbaglio uno che va allo stadio e paga il biglietto si siede in un posto che non è il suo. Ad una semplice sanzione amministrativa non può corrispondere una misura di prevenzione che ha quale presupposto la pericolosità.
Torno ora sulla flagranza differita, oggi estesa a 48 ore e costituzionalmente inconcepibile e criticabile, perché viola l'articolo 13, comma 2, della Carta costituzionale. Introdotta dal decreto-legge Pisanu, fu fortemente osteggiata (lo ricordo soprattutto ai colleghi della maggioranza) dall'allora opposizione. Ricordo da questo punto di vista parole esemplari e condivisibilissime utilizzate da Anna Finocchiaro per contrastare la flagranza differita. Ora è stata introdotta in questo decreto-legge e ci troviamo in una situazione nella quale rischiamo di dare vita a precedenti per cui la flagranza differita può essere applicata non soltanto ai comportamenti relativi al calcio, ma anche ai comportamenti politici, di disobbedienza civile o, in generale, all'attività politica. Si tratta di un brutto precedente.
Da respingere totalmente sono invece le modifiche ancora più restrittive introdotte dal Senato, mi riferisco in particolare al sostanziale divieto di tifo organizzato, che rischia in quanto tale di divenire reato. La disciplina di dettaglio dettata nei giorni scorsi dall'osservatorio sulle manifestazioni sportive, inattuabile e cervellotica, ha poi fatto il resto.
Signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, penso che la semplice ragionevolezza, nella punizione come nella prevenzione, sia l'arma vincente per governare ogni fenomeno. Non servono leggi eccezionali o autoritarie che favoriscono svolte di regime per la nostra società in genere e soprattutto per il business di coloro che vivono e si arricchiscono sul calcio, ovvero i soliti noti. Eccezionali sarebbero l'applicazione delle leggi ordinarie esistenti ed il rispetto del diritto e della Costituzione vigenti. È questa l'eccezionalità che noi vorremmo, ovvero l'applicazione delle leggi esistenti e soprattutto dei princìpi fondamentali del nostro Paese, della nostra civiltà giuridica e del nostro stato di diritto.


Pag. 111

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Signor Presidente, ancor prima della conclusione del dibattito, il gruppo di Forza Italia esprime il suo compiacimento - perché no? - per il risultato che si sta profilando (consideratelo un auspicio) e per l'approvazione di un testo condiviso. Tuttavia, mi auguro anche che il provvedimento sia approvato a larga maggioranza. Pertanto, parteciperemo al dibattito con la convinzione di interpretare il sentire dell'opinione pubblica di un Paese, stufa di questa violenza fanatica e spesso politicizzata che sta devastando l'immagine del calcio italiano e minando i valori stessi sui quali si fonda lo sport.
Il nostro atteggiamento propositivo nei confronti del decreto-legge del Governo si basa anche sulla considerazione che questo provvedimento sia la prosecuzione, anzi l'attualizzazione, delle leggi varate nel corso della passata Legislatura per contrastare la violenza nello sport, che per la verità non trovarono da parte dell'opposizione la stessa accoglienza da noi riservata oggi al decreto-legge del Governo.
Colleghi dell'opposizione, allora ci avevate osteggiato e contrastato, nonostante si trattasse di provvedimenti ai quali voi stessi oggi fate riferimento nel varare questo decreto-legge. Noi invece vi sosterremo, esprimendo al contempo il più vivo compiacimento per il ravvedimento di taluni, dopo aver ascoltato gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Prima di estendere queste note avrei parlato di un solo ravvedimento, mentre adesso ho acquisito che si tratta del ravvedimento di taluni. Tale ravvedimento vi ha portato a superare la remore e le riserve del passato.
E a proposito di ravvedimenti, prendo atto con piacere che si sono convertiti due autorevoli membri del Governo, uno dei quali all'epoca (cito il resoconto stenografico della Camera) sosteneva che per combattere la violenza era sufficiente applicare la legge ordinaria e che i biglietti nominativi - non la violenza! - allontanavano le famiglie dagli stadi. Si è ravveduto anche l'altro autorevole esponente del Governo, che sosteneva (cito sempre il resoconto stenografico) l'esigenza di aprire un tavolo di confronto con gli ultras, sospendendo l'applicazione di norme liberticide come la diffida. So che è assai poco protocollare far riferimento agli interventi che mi hanno preceduto, tuttavia vorrei far presente al collega D'Elia che, se è vero che in Inghilterra il cosiddetto Daspo è attribuito e sentenziato da un giudice, è anche vero che la sua sentenza avviene entro 24 ore dalla comunicazione.
È silente un altro severo oppositore dei provvedimenti contro la violenza dell'altra legislatura, attuale capogruppo di un partito di maggioranza al Senato, che all'epoca sosteneva - e, per la verità, alcuni di questi termini sono riecheggiati anche oggi, proprio qualche minuto fa - che le norme antiviolenza del Governo - cito testualmente - costituivano un laboratorio: oggi gli stadi, domani i cortei. E aggiungeva: «la figura degli steward porta alla militarizzazione degli stadi, il passo successivo sarebbe stata la militarizzazione della società». Il precedente Governo non è riuscito a fare tanto, pare che questo sia un testimone che viene consegnato di Governo in Governo.
Noto anche con piacere che sono state abbandonate alcune tesi proprie di una certa sociologia militante che ha alimentato la mentalità secondo la quale i disadattati, i teppisti, i violenti, specialmente se giovani, vanno capiti e mai puniti, trattati con i guanti bianchi, perché sostanzialmente innocenti. Nessuno ha mai colpa di niente. La colpa è sempre di qualcun altro. Anzi, di qualcosa altro: società, famiglia, sistema. Nel nostro caso - lo abbiamo sentito qualche minuto fa - si tratta della mancanza della cultura sportiva, dei dirigenti delle squadre di calcio, spendaccioni, responsabili di vari bilanci contraffatti, dei comportamenti in campo dei calciatori, dei club, del business e così via. Potrei continuare, ma per gli appassionati di queste tematiche giustificazioniste rinvio alla istruttiva lettura dei verbali delle sedute che si sono svolte sui


Pag. 112

provvedimenti contro la violenza negli stadi negli anni 2001, 2003 e 2005. Il risultato finale fu che le leggi di quegli anni furono annacquate e, durante i dibattiti parlamentari, rese poco incisive ed efficaci, sia per l'atteggiamento denunciato dell'opposizione, sia - lo devo riconoscere onestamente - per un certo ideologico garantismo di alcuni colleghi dell'allora maggioranza.
Non ho fatto questi richiami sul passato per spirito di polemica, ma per controbattere i motivi che oggi sono di nuovo riecheggiati. Il fatto è che si imputa oggi alla precedente legislazione la responsabilità di aver fallito nel contrastare la violenza, perché le norme erano troppo repressive. La realtà era che quelle norme - che di repressivo avevano assai poco -, sono risultate poco efficaci per questo motivo, con un impegno trasversale del Parlamento assai poco apprezzabile.
Ciò premesso, confermo che Forza Italia sosterrà il presente testo, per giungere all'obiettivo di restituire gli stadi ai giovani, alle famiglie, ai tifosi, agli stessi ultras, quelli che vanno allo stadio - e sono la stragrande maggioranza - per vivere una bella giornata di sport. Il fatto che questo impegno sia condiviso mi dà finalmente la consapevolezza che, al di là delle polemiche del passato, siamo tutti coscienti, in testa il Governo, che non possiamo più consentire che gli stadi siano diventati spazi di impunità. Si è finalmente capito, con colpevole ritardo, che la violenza del calcio è ribellione allo stato puro. Ribellione contro le forze dell'ordine, che a Catania ha visto l'uccisione di Raciti e che, a Livorno, ha visto inneggiare a questo assassinio.
Tra i violenti c'è chi va allo stadio senza vedere la partita, ma per insultare, aggredire e, soprattutto, colpire gli agenti. Si tratta di bande criminali che fraternizzano fra di loro, anche se appartengono a tifoserie avverse. I veri nemici sono diventati alleati. È chiaro che il pallone è solo un pretesto ignobile nella sproporzione tra causa ed effetto.
Nessuno vuole la guerra contro certe frange di ultras, ma nessuno, anche all'interno degli stadi, vuole più essere mischiato con i loro traffici e i loro crimini!
Dunque, dimentichiamoci le polemiche del passato e discutiamo insieme su questa degenerazione del tifo, nonché su come combatterla. Credo, infatti, che il provvedimento in esame sia condivisibile anche sotto questo punto di vista.
Concludo dando atto ai presidenti delle Commissioni giustizia e cultura della Camera dei deputati che, anche grazie al nostro contributo, non si è mai ceduto alla tentazione italica di cadere nell'antico vizio del legislatore, allorché si presentano, sull'onda di una forte emozione, dei disegni di legge e poi, una volta «sbollita l'ira», si smarrisce la loro ragion d'essere. Questa volta non si è innestata la marcia indietro e devo dire che di questo deve essere dato atto alle due Commissioni ed ai presidenti che le dirigono. Credo, in conclusione, che sussistano tutti i presupposti per poter svolgere, in sede di dibattito, un buon lavoro.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, chiedo sempre scusa, ma resto seduta per motivi «logistici»!
Illustrissimo Presidente, illustri colleghi, signor rappresentante del Governo, voglio, in questo mio breve intervento, esprimere preliminarmente un apprezzamento per il puntuale lavoro svolto, in questi brevissimi giorni, dalle Commissioni riunite II e VII della Camera dei deputati. Si è trattato di un lavoro impegnativo e stimolante, che ci ha visto intensamente impegnati per convertire in legge il decreto in esame.
Dopo le modifiche apportate dalle Commissioni giustizia e cultura, la normativa avrà un volto molto diverso e non più solamente repressivo. Si tratta di un tema - e parlo come rappresentante del gruppo dei Verdi - che, a nostro avviso, deve costituire sempre l'estrema ratio.
Attraverso il provvedimento in esame, potremo finalmente recuperare i valori fondamentali dello sport. Mi riferisco a


Pag. 113

quei valori che ci consentiranno di superare, come tutti auspichiamo, questo momento traumatico per lo sport italiano, mostrando un grande atto di fiducia nelle sue risorse.
Il decreto-legge in esame è duramente intervenuto, come tutti noi ricordiamo, dopo quei fatti gravissimi che, in una notte, hanno sconvolto il mondo dello sport italiano. Si è trattato di eventi che ci hanno riempito di dolore, a causa della perdita di Filippo Raciti, l'ispettore di polizia ucciso nell'espletamento dei propri doveri.
Con questo provvedimento, lo Stato ha reagito prontamente non solo facendosi carico di una questione rimasta irrisolta, ma anche colmando un vuoto normativo gravissimo. Il decreto-legge in esame manda un segnale sicuramente importante, responsabilizzando, al contempo, le società di calcio e tutti gli altri operatori del settore attraverso nuove e più forti regole che vanno, finalmente, a ridisegnare il quadro legislativo di riferimento.
Non si tratta, come si potrebbe essere portati erroneamente a pensare - ed insisto fortemente su tale aspetto -, di un «pacchetto» di regole punitive per le società di calcio, oppure rivolte a scoraggiare la presenza negli stadi della tifoseria. Sono sicura che queste nuove norme, una volta metabolizzate, stimoleranno una reazione positiva del sistema sportivo, la quale condurrà alla produzione di anticorpi idonei a neutralizzare quelle espressioni di violenza, fisica e verbale, che, come già detto, hanno messo a forte disagio l'intero mondo del calcio.
Si deve capire che l'investimento compiuto oggi sulla sicurezza del calcio non solo equivale ad una assicurazione per il domani, ma rappresenta, altresì, un importantissimo incentivo alla crescita dell'interesse dei cittadini nei confronti dello sport. Non vogliamo che gli stadi ed i luoghi ad essi vicini siano considerati zone a rischio sicurezza. Si prenderà in considerazione, attraverso questa normativa, chi vuole vivere e godere le manifestazioni sportive facendolo finalmente in maniera serena, sicura, lontano da ansie e da paure, e soprattutto senza il rischio di veder trasformata una domenica di divertimento in un momento di angoscia e di dolore. Le modifiche apportate in sede di conversione operano in questo senso, perché confermano la volontà del Parlamento - insisto fortemente su questo aspetto - di riportare negli stadi le famiglie. Stavolta non si tratta solo di parole; per questo è stata deliberata dalle Commissioni riunite un'importante modifica al testo - che io sostengo non soltanto in nome e per conto del mio gruppo, ma anche personalmente -, che ora include un nuovo articolo 11-ter, la cui approvazione da parte dell'Assemblea consentirà l'accesso gratuito negli stadi per i minori di quattordici anni accompagnati. Signor Presidente, questo è un forte, fortissimo richiamo perché lo sport recuperi i suoi valori.
Come abbiamo detto, le norme previste in questo testo sono certamente severe, ma non colpiscono - ripeto - il tifo sano. Per questo c'è stata un'ulteriore limatura, che ha permesso di riscrivere - ringrazio la Commissione giustizia e il nostro presidente, che con grande impegno è intervenuto per dare un senso di legalità e di garanzia al decreto-legge in esame - il divieto riguardante gli striscioni. Il divieto penalmente sanzionato, di cui all'articolo 2-bis, riguarda ora soltanto quegli striscioni e quei cartelli che, comunque, incitino alla violenza o contengano insulti o minacce. Noi non vogliamo che le norme contenute nel decreto-legge portino a processi che riguardano soltanto le intenzioni e non invece a processi ai fatti, e, se vi sono reati, alla loro repressione.
Tante e importanti sono le correzioni e le novità introdotte dalle Commissioni. Ritengo, ad esempio, che sia un fatto positivo che la cosiddetta flagranza differita - un tema che ci ha coinvolto e su cui ognuno di noi ha espresso sentimenti personali ed importanti - torni ad essere una misura eccezionale. Ringrazio il presidente Pisicchio e la Commissione giustizia che, sulla base delle nostre osservazioni, ci ha ribadito come la flagranza differita torni


Pag. 114

ad essere una misura eccezionale e temporalmente limitata fino al 30 giugno 2010.
Resta fermo l'ampliamento della fragranza alle 48 ore anziché alle 36 ore successive, come nel cosiddetto decreto Pisanu, ma l'istituto ritorna giustamente ad essere di carattere temporaneo e perde il carattere di definitività che gli era stato impresso. Allo stesso modo, abbiamo attenuato la portata di alcune previsioni introdotte dal Senato, che, a nostro avviso, non erano condivisibili. Nel testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento, chiunque avesse procurato ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime sarebbe incorso nelle pene rispettivamente previste dall'articolo 583, aumentate della metà. Si sarebbe potuto arrivare per le lesioni gravissime fino a diciotto anni di reclusione. La nuova ipotesi di reato è stata dunque riscritta, punendo chi cagiona lesioni personali gravi o gravissime, in occasione di servizi di ordine pubblico, rispettivamente con la reclusione da quattro a dieci anni o da otto a sedici anni: si stabiliscono, quindi, pene severe, ma non sproporzionate.
Tuttavia, le Commissioni in alcuni casi hanno inasprito le sanzioni: si pensi alle modifiche introdotte al comma 2 dell'articolo 6-bis (legge 13 dicembre 1989, n. 401), che punisce le persone che superano indebitamente una recinzione o una separazione dell'impianto.
In conclusione, tutti noi auspichiamo che le misure sicuramente severe e antiviolenza contenute in questo nuovo provvedimento - tale è stato infatti lo spirito che ha animato il nostro comportamento in sede di Commissioni riunite giustizia e cultura - non rechino solo norme transitorie ma consistano anche in disposizioni (e tale aspetto mi sta più a cuore) che agevolino la formazione di una nuova cultura sportiva. Saremo finalmente in grado di garantire tutte le condizioni necessarie per riportare la sicurezza dentro e fuori gli stadi, in modo che non abbiano più a ripetersi altri tragici episodi quali quello di Catania.
Peraltro, confidiamo anche in un altro risultato; aprendo la discussione con l'illustrazione della relazione della Commissione cultura, l'onorevole Folena ha dichiarato che vi deve essere un clima diverso. Ebbene, a mio avviso, l'articolo 11-ter contribuirà sicuramente a recuperare il senso dello sport per i giovani e le famiglie affinché esso non sia più visto come una forma di antagonismo violento ma, al contrario, come una competizione sana per i giovani che vogliano partecipare alla vita sportiva.
Mi preme svolgere un'ultima osservazione sulla quale insisto e che è anche un invito rivolto alle Commissioni competenti; qualsiasi riforma attenga a sanzioni, a misure interdittive - abbiamo parlato anche dell'affidamento in prova - o a misure proprie degli ordinamenti minorili e a quant'altro deve a mio avviso collocarsi nell'ambito di una riforma organica dei codici penale e di procedura penale, una riforma che finalmente introduca, accanto a sanzioni repressive come il carcere, anche misure interdittive.
È qui presente il rappresentante del Governo, al quale formulo un invito perché finalmente - e non solo per la vicenda dello sport o per la materia sulla quale intervengono le modifiche recate dal provvedimento ora in discussione - si possa introdurre, pur restando il carcere l'extrema ratio, una normativa in tema di sanzioni penali che possa recuperare l'applicazione di misure interdittive, eventualmente mutuate anche da altri ordinamenti. Penso, ad esempio, al giudice di pace o alla giustizia minorile, che prevede istituti come l'affidamento in prova e altri che potranno sicuramente essere utili per una riforma organica delle sanzioni nel diritto penale (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole rappresentante del Governo, come è noto,


Pag. 115

all'indomani dei gravi fatti di Catania è stato emanato il decreto-legge n. 8 del 2007 al fine sia di predisporre adeguati strumenti di reazione ai gravi fenomeni di violenza, che ormai da troppo tempo si verificano sempre più frequentemente nel corso dello svolgimento di manifestazioni sportive, sia di dare al paese un segnale immediato dell'attenzione delle istituzioni a fronte di tali episodi.
Se le manifestazioni calcistiche in Italia si sono purtroppo patologicamente trasformate in un grave problema di ordine pubblico, risulta allora evidente la necessità di porre rimedio a tale stato di cose mediante un intervento legislativo di ampio respiro, ampliativo di quello recato dal testo originario del decreto-legge oggetto di conversione e in realtà, destinato ad inserirsi, senza sostanziale soluzione di continuità, nel solco del cosiddetto decreto Pisanu, che già aveva previsto talune misure repressive, risultate tuttavia inefficaci in sede applicativa a causa di numerose problematicità, anche di carattere strettamente pratico, segnalate dagli operatori di polizia in occasione delle audizioni tenutesi presso il Senato della Repubblica.
Ciò premesso in ambito generale in ordine alla necessità di intervenire con assoluta celerità nella materia in questione, ci si può, a questo punto, soffermare sulla specificità della riforma legislativa e sulle modifiche apportate al testo del decreto-legge da parte del Senato della Repubblica in sede di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto di urgenza.
Ebbene, a tale proposito, il testo oggi all'esame della Camera dei deputati, che ha positivamente incontrato nel corso dell'iter parlamentare una sostanziale unanimità di consensi delle forze politiche, sia di maggioranza, sia di opposizione, appare nel complesso condivisibile, anche e soprattutto per lo spirito di mediazione in esso contenuto.
L'introduzione delle disposizioni previste dal testo oggi in discussione era infatti da considerarsi assolutamente doverosa ed urgente; si pensi alla previsione dell'obbligo di effettiva identificazione dello spettatore sin dal momento della vendita del biglietto mediante l'esibizione di un documento di identità oppure all'imposizione delle prescrizioni di carattere tecnico necessarie al fine dell'adeguamento degli stadi ai più rilevanti standard di sicurezza.
Rispetto a tale ultimo aspetto, peraltro, sia consentita una notazione critica in merito al curioso operato delle società calcistiche, che, dopo aver per anni respinto al mittente ogni richiesta di adeguamento degli stadi, affermando che anche solo l'installazione dei tornelli avrebbe richiesto tempi assai lunghi, all'indomani dell'entrata in vigore del decreto-legge in questione hanno, invece, provveduto ai lavori di adeguamento in pochissimi giorni. Tale condotta appare quantomeno paradossale, per non dire omissiva.
Allo stesso modo, debbono ritenersi positivi i rigorosi limiti imposti in ordine alle modalità di vendita dei titoli di accesso, vietandosi, ad esempio, la vendita o la cessione alla stessa persona giuridica o fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro, così come in ordine ai rapporti tra le società calcistiche al fine della vendita dei medesimi titoli di accesso. Inoltre, si prende atto, anche se tale aspetto ci preoccupa, dell'avvertita necessità, ai fini sia di una significativa reazione ai fenomeni di violenza di assoluta gravità, sia di un'immediata risposta al paese, del generale inasprimento delle sanzioni penali ed amministrative, previste a presidio del rispetto della disposizione in esame.
Pur condividendo nel complesso l'intervento legislativo in esame, riteniamo opportuno segnalare taluni profili di criticità che crediamo perfettibili, quantomeno con una riforma organica della materia.
In primo luogo, sembra problematica l'ulteriore estensione temporale della flagranza di reato, ancorché quale misura temporanea, a causa di evidenti profili di incostituzionalità, senza considerare che in uno Stato di diritto le deroghe al regime ordinario, pur giustificate dall'emergenza, possono comportare il rischio dell'ingiustificata compressione dei diritti, anche di natura processuale. Evidenzio inoltre la perplessità politica, non giuridica, sul concetto


Pag. 116

di temporaneità, trattandosi di misure destinate ad applicarsi addirittura sino al 2010.
Allo stesso modo, riteniamo che le modifiche apportate alla fattispecie di lancio, utilizzo e possesso di materiale pericoloso debbano essere ancorate alla prova certa, non meramente presuntiva, della chiara collegabilità delle condotte contestate alla manifestazione sportiva.
Valutiamo invece come positivo, in ordine all'articolo 7 del testo in esame, come modificato dalle Commissioni riunite, che l'efficacia della relativa disposizione sia stata ancorata alle sole manifestazioni sportive.
Ebbene, pur con le riserve appena espresse, il provvedimento in esame appare indubbiamente condivisibile e necessario, al fine di fare fronte ad episodi di violenza francamente inaccettabili in uno Stato civile quale il nostro e tali da turbare in modo insanabile l'ordine pubblico. Riteniamo, tuttavia, che un approccio di carattere principalmente repressivo, quale quello in esame, nel lungo periodo non sia di per sé idoneo a garantire lo spontaneo rispetto, da parte di cittadini, di regole di civiltà, se non accompagnato sin da ora da iniziative volte a rendere preponderanti nella società i valori morali ed etici dello sport e della pacifica consistenza di ogni differente realtà, così come testimoniati dalla Carta olimpica e così come, del resto, agevolmente desumibili dalla stessa Carta costituzionale. Soltanto in tal modo, infatti, si potrà evitare che si ripetano inaccettabili episodi di violenza, quali quelli verificatisi negli ultimi anni in occasione di manifestazioni calcistiche e di cui i fatti di Catania rappresentano, purtroppo, soltanto il più recente episodio (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte all'ennesima decretazione d'urgenza, nel tentativo di porre fine alla folle spirale che, ormai da troppi anni, domina il calcio italiano. Dal 1997 il nostro calcio sta inesorabilmente perdendo spettatori, e le principali cause sono da imputare proprio alla scarsa sicurezza e praticabilità degli stadi ed anche alla difficoltà nel mantenere la gestione e la sicurezza all'interno degli impianti.
Praticamente, in questi anni, la metà del pubblico ha abbandonato gli stadi, mentre in altri Stati, quali il Regno Unito, che tanto viene portato ad esempio, gli spettatori sono al di sopra del 90 per cento della capienza degli impianti.
Noi ci dobbiamo interrogare sulle cause, sul nostro ritardo ormai cronico, sulla nostra incapacità di affrontare questo problema, di proporre delle soluzioni radicali. Siamo di fronte all'ennesimo caso di decretazione d'urgenza, a misure repressive che sono simboleggiate dalla flagranza differita, una misura che noi abbiamo già avuto modo di contestare, di mal digerire nel momento in cui nella scorsa legislatura c'è stata proposta come il male minore.
Noi riteniamo che essa sia comunque una resa dello Stato di fronte a coloro che non rispettano la legge all'interno degli stadi, un manifesto dell'incapacità nel mantenere la legalità.
Questo è un punto fondamentale che noi vogliamo portare all'attenzione di questa discussione: l'abbiamo votata allora, la voteremo ancora oggi, perché purtroppo sappiamo essere l'unica possibilità di legalità all'interno degli stadi. Siamo tuttavia convinti che si debba fare di più e meglio.
I dati del Viminale hanno confermato le nostre preoccupazioni allorquando avevamo detto che la militarizzazione degli stadi non avrebbe portato ad una soluzione del problema, avrebbe spostato il problema. Infatti così è stato. Sono calati i feriti civili, ma sono drasticamente aumentati i feriti tra le forze dell'ordine. Il culmine è stato raggiunto con la tragedia che ha colpito l'ispettore capo Raciti.
Vedete, noi dobbiamo trarre insegnamento dall'esperienza di altri paesi, altri paesi che prima e meglio di noi hanno affrontato questo problema, questo cancro.


Pag. 117


Il 15 aprile delle 1989 a Hillsborough, proprio in una semifinale di coppa di Inghilterra, morivano 95 persone. Quel momento fu l'apice, per quanto riguarda l'Inghilterra, di una situazione che vedeva uno scontro incancrenito tra lo Stato da una parte e le forze dell'ordine dall'altra.
Loro, come oggi noi stiamo facendo, avevano imboccato prima di quella tragica data, la strada del muro contro muro, delle misure repressive, della militarizzazione degli stadi, delle barriere per separare ed anche per dividere i tifosi.
Purtroppo, loro, prima di noi, compresero l'inadeguatezza di queste misure, al punto che Lord Taylor fu incaricato di individuare quali misure adottare per riformare il sistema.
Sono le misure di cui molti di noi parlano da tempo: il monitoraggio della densità degli spettatori, la gestione degli impianti da parte delle società sportive con gli stewart, la revisione della capacità degli stadi e la vivibilità degli impianti.
Si tratta, insomma, di tante misure che purtroppo oggi da noi rimangono sulla carta. Certo, le società inglesi hanno potuto contare, a differenza delle nostre, della proprietà degli impianti, e quindi questo ha agevolato il processo di ristrutturazione e, o, costruzione di nuovi stadi.
È altrettanto vero che il Football Trust ha messo a disposizione ingenti risorse per questa epocale opera che ha portato poi l'Inghilterra ad ospitare manifestazioni a livello mondiale.
Fu una politica intelligente, quindi, che ha fatto in modo che gli stadi inglesi tornassero ad essere polifunzionali e vivibili sette giorni su sette e che ha riportato le famiglie all'interno degli stadi. Le famiglie erano state espulse da quei luoghi a causa del contrasto tra forze dell'ordine da una parte ed hooligans dall'altra.
A loro è servito oltre un decennio per arrivare a questo risultato. Hanno dovuto affinare, in un percorso legislativo molto complesso, le norme che regolano le manifestazioni sportive che siano trattate come un evento particolare, quindi, con regole particolari.
Al divieto di possesso di sostanze alcoliche, previsto dallo Sporting Event Act del 1985, si è aggiunta, con il Public Order Act del 1986, una fattispecie molto importante, quella del comportamento turbativo della quiete pubblica. Viene punita la condotta, anche se l'effettiva violenza non si compie all'interno dello stadio, poiché è prodromica a disturbare l'ordine pubblico (una fattispecie non prevista nel nostro ordinamento e credo che mai lo sarà). Ciò dà l'idea di come, nel corso del tempo, abbiano dovuto modellare il loro sistema, fino ad addivenire al rafforzamento di tutte le fattispecie, come l'estensione alle 36 ore precedenti e antecedenti la manifestazione, previste nei diversi provvedimenti adottati per il mantenimento della sicurezza.
Il fatto che una sola delle violazioni previste dalla normativa speciale inglese possa portare all'esclusione dallo stadio, fa la differenza rispetto alla nostra normativa. In precedenza, un collega ha fatto riferimento al giudice che emette l'atto di esclusione dallo stadio. Sì, è vero. Ma è altrettanto vero che quest'atto di esclusione viene compiuto nelle ventiquattro ore successive alla manifestazione, che il fermo viene fatto immediatamente e che gli impianti inglesi sono dotati di celle di sicurezza. Nel momento in cui si entra nello stadio, sono affissi i cartelli con gli orari di convocazione del giorno successivo presso il tribunale.
Certo, per noi ciò rappresenta un miraggio, ove si consideri lo stato della giustizia nel nostro paese. Per questo motivo, siamo costretti ad inventarci strumenti impensabili, almeno lo erano alcuni anni fa, come la flagranza differita.
Tra i tre pilastri su cui si è fondata la rinascita del calcio inglese, che, molto spesso, viene preso ad esempio da tutti noi, vi è sicuramente quello concernente gli stadi nuovi. Per questo, abbiamo chiesto al presidente Folena di affrontare tale questione, a bocce ferme, e non attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, ma impiegando il tempo necessario e mettendoci l'attenzione indispensabile. Da qui, la proposta di legge della Lega Nord che


Pag. 118

vede come primo firmatario Giancarlo Giorgetti, che affronta tale problematica fondamentale. Infatti, è necessario ripartire dagli stadi.
È necessario, quindi, mettere in atto in breve tempo un piano di ammodernamento dei nostri impianti.
Il secondo pilastro, altrettanto importante, è costituito dalla gestione della sicurezza all'interno degli impianti affidata alle società di calcio. È necessario ed imprescindibile «smilitarizzare» i nostri stadi; è necessario ed imprescindibile far sì che le società, una volta entrate in possesso degli impianti, ne siano responsabili; è necessario far sì che le società siano responsabili, ovviamente, anche degli oneri per il mantenimento della sicurezza all'interno e all'esterno, in modo tale che non siano più scaricati sulla collettività costi impropri. In terzo luogo, occorre considerare che l'Inghilterra può contare su un sistema giudiziario diverso dal nostro, più efficiente e tempestivo.
Nella XIV legislatura, la Commissione cultura ha affrontato ed approfondito la questione disponendo un'indagine conoscitiva all'esito della quale è arrivata ad approvare, all'unanimità, un documento conclusivo che metteva in evidenza la necessità di procedere a riforme strutturali per arginare e prevenire la violenza. Purtroppo, nulla è stato fatto e nulla è cambiato nel mondo del calcio. Oggi, a pochi giorni dalla conclusione dell'ennesima indagine sulla sicurezza e sullo stato del calcio nel nostro paese, mi auguro che si abbia un segno di discontinuità con il passato e che, sulla base delle numerose dichiarazioni rese in quest'aula ed in Commissione e della volontà espressa da molti esponenti delle varie forze politiche, si riescano finalmente a creare le condizioni affinché gli stadi ritornino ad essere luoghi di civiltà e di cultura sportiva, luoghi in cui le famiglie possano entrare non in virtù di provvedimenti speciali, di decretazioni d'urgenza (come, purtroppo, sta avvenendo oggi), ma semplicemente per il piacere di condividere la gioia di uno sport unico. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie a lei.
È iscritto a parlare il deputato Rusconi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, colleghi, in due miei precedenti interventi in quest'aula, il 26 maggio 2003 ed il 21 settembre 2005, avevo sottolineato con rammarico che era sbagliato legiferare sul tema della sicurezza e della violenza negli stadi solo in conseguenza di fatti gravissimi, in un clima di emergenza ed emotività, ed avevo evidenziato come, a settembre 2005, non fossero stati realizzati negli impianti i dispositivi previsti, parte entro il 1o agosto 2004 e parte entro il 25 febbraio 2005.
Il provvedimento in discussione, ovvero il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 8 dell'8 febbraio 2007, già applicato finalmente con serietà e rigore, è il risultato positivo, però, di una nuova ed ancor più grave emergenza, ovvero l'uccisione dell'ispettore Filippo Raciti, caduto nell'assolvimento del suo dovere e l'aggressione mortale, una settimana prima, ad un dirigente di una società dilettantistica su un campo di terza categoria, alle famiglie dei quali va il nostro cordoglio profondo.
La prima responsabilità, dunque, che ci deve coinvolgere tutti è che, rispetto alle nuove norme previste, non vi potranno più essere atteggiamenti di perdonismo, condiscendenza o addirittura di copertura. Da questo punto di vista, l'immagine dei tornelli installati a San Siro in meno di 48 ore, per permettere l'entrata allo stadio almeno agli abbonati, rivela chiaramente che non vi erano scuse all'applicazione immediata di norme previste dai decreti del 2003 e del 2005.
D'altra parte, come evidenziato ampiamente dalla stampa, il Parlamento, nel corso di una audizione svoltasi in sede di VII Commissione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul calcio professionistico, lo scorso 20 dicembre 2006 era stato avvisato della mancata applicazione del decreto Pisanu. Leggo alcuni stralci dei verbali da una articolo - mi dispiace che il collega Pescante si sia allontanato - che reca un titolo significativo: «È rimasto il centrosinistra


Pag. 119

a difendere il decreto Pisanu». In questi stralci si leggono le dichiarazioni di un responsabile della tifoseria: «Di frequente, poiché ci occupiamo anche della biglietteria, ci vengono chieste delle liste che poi vengono cambiate e la documentazione è relativa a persone che molto spesso non hanno i documenti oppure presentano la documentazione di una persona e poi allo stadio ne entra un'altra». E ancora: «Quando ci arrivano gli elenchi con nomi dichiaratamente inventati e sappiamo che all'interno dello stadio può succedere di tutto ci rendiamo conto che le norme introdotte non possono arrivare alla minima conclusione». Per questo motivo, in sede di Commissione, i deputati del gruppo de L'Ulivo sono stati disponibili ad un confronto nel merito per verificare e accogliere emendamenti che agevolassero l'iter del disegno di legge di conversione del decreto-legge, rinunciando deliberatamente a presentarne dei nostri, per il rischio, gravissimo, che la tempistica prevista per il ritorno del provvedimento al Senato portasse alla decadenza del medesimo. Vorremmo auspicare che questo senso di responsabilità sia assunto in questa Assemblea e in quella del Senato da ogni parlamentare. In gioco non vi è la simpatia o l'appoggio di questa o quest'altra tifoseria; vi è, invece, la credibilità della politica rispetto a fatti gravissimi e dello sport italiano - penso all'importanza della assegnazione all'Italia degli europei di calcio del 2012 - rispetto al contesto internazionale. Basterebbe leggere i dati di confronto degli incidenti avvenuti negli stadi di calcio professionistico italiani nel 2005, nel 2006 e nel solo girone di andata di quest'anno: 59 sono stati gli incontri con feriti, a confronto dei 55 incontri nel solo girone di andata della stagione 2006-2007; vi sono stati 142 feriti tra le forze di polizia, a fronte di 202, 94 feriti civili a fronte di 65 e 96 persone arrestate a fronte di 108.
Vorrei anche rispondere a quella parte di opinione pubblica che ha interpretato gli emendamenti limitati che abbiamo condiviso nelle Commissioni II e VII in maniera pressoché unanime, grazie al ruolo fondamentale di mediazione dei relatori Pisicchio e Folena, come un abbassamento della guardia rispetto alla severità e all'urgenza del provvedimento. Non si tratta solo di rassicurare. Condividiamo l'affermazione che i colleghi del Senato hanno svolto un ottimo lavoro, ampiamente condiviso, ma erano necessarie alcune precisazioni e alcune opportune riformulazioni. L'intervista rilasciata questa mattina dal ministro Melandri al più diffuso quotidiano sportivo chiarisce con puntualità i motivi che hanno condotto Governo e Commissioni di riferimento ad adottare modifiche unanimi. Proprio questa condivisione non permetterà, come è accaduto per il decreto Pisanu, che lobby trasversali cerchino di smantellare quello che è stato costruito faticosamente. D'altra parte, il decreto-legge ha già dimostrato la sua efficacia. Ad oggi, rispetto al panorama desolante della situazione degli stadi italiani successivamente alla tragedia di Catania, solamente lo stadio etneo e quello di Brescia risultano ancora chiusi al pubblico. Di questo positivo obiettivo raggiunto dobbiamo onestamente ringraziare la Lega calcio e riconoscerne il lavoro svolto sulle società professionistiche. Inoltre, questo decreto-legge non dimentica, all'articolo 11-bis, iniziative per promuovere i valori dello sport e, all'articolo 11-ter, più volte richiamato nei precedenti interventi, la necessità per il calcio italiano di un cambiamento di cultura. Mi riferisco alla violenza verbale e, soprattutto, mediatica, e desidero in questa sede ricordare, con rimpianto e riconoscenza, una voce moderata e di grande saggezza come quella di Giorgio Tosatti, recentemente scomparso, lontana dall'esasperazione di rincorrere maggiore audience con trasmissioni urlate che infangano l'idea di lealtà e correttezza nello sport e che elevano il sospetto a giudice.
Se l'obiettivo del legislatore fosse innanzitutto quello di formare gli atleti prima che i tifosi, di condannare esplicitamente e con forza ogni forma di violenza nello sport, di far crescere una cultura dove la sconfitta è una realtà da accettare, senza per forza trovare colpevoli certi,


Pag. 120

dopo infinite e sfinite trasmissioni, moviole e ingiustizie arbitrali, forse la violenza nel calcio sarebbe un fenomeno più limitato.
Questo passaggio ci permette di fare chiarezza, dichiarando apertamente che gran parte dei tifosi appassionati che frequentano le curve non ha nulla a che fare con piccole organizzate frange di facinorosi che non meritano l'appellativo di tifosi. Tale distinzione deve essere netta, con la ferma condanna di ogni forma di violenza, che non può in alcun caso essere giustificata. Infatti, di fronte a vere e proprie aggressioni e violenze brutali, che nulla possono avere a che spartire con il tifo organizzato, ad azioni, simboli, scritte e linguaggi che segnalano riferimenti ad estremismi politici ed offendono la civiltà e la cultura di tutto il paese, non vi possono essere clemenza, tolleranza o tatticismi, comunque inaccettabili. Anzi sarebbe opportuno che tutti i partiti presenti in questo Parlamento prendessero le distanze da episodi e simboli che comunque vogliono evidenziare una provocazione politica.
In conclusione, esprimo due considerazioni ed un auspicio. Il calcio in Italia - lo ricordava prima il relatore Folena - è sicuramente il fattore socializzante maggiore per tanti giovani adolescenti, che troviamo non solo allo stadio, ma a scuola, sul lavoro e nella società. L'obiettivo di questa legge non è solo punitivo, ma quello di rendere questa partecipazione sempre più educativa. Allora, il compito non sarà solo del mondo dello sport, ma della politica, della scuola, della famiglia e degli enti locali.
Una seconda considerazione: il calcio professionistico in Italia è probabilmente il più grande business, ma lo dico anche in senso positivo, dal momento che economisti molto abili hanno dichiarato che il titolo di «campioni del mondo» è servito in maniera autorevole anche per il rilancio dell'economia italiana.
Ebbene, penso che in questi mesi abbiamo avuto due immagini del calcio in questo paese. Dobbiamo lavare, dobbiamo eliminare quella di Catania del 2 febbraio 2007 e dobbiamo riproporre quella esaltante per tutti noi di Berlino del 9 luglio 2006.
L'auspicio è quello che ci deve accomunare tutti: dopo una seconda Commissione fruttuosa nella collaborazione e nel lavoro di indagine sul calcio professionistico, dobbiamo essere tutti consapevoli e responsabilizzati nello scrivere, in modo globale ed organico, una legge sullo sport professionistico in Italia, lontana, una volta tanto, non solo dall'emergenza e dall'emotività, ma soprattutto da nuovi episodi di violenza e di delinquenza (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, data l'ora, cercherò di essere telegrafico, perché dilungarmi a questo punto significherebbe essere fosse offensivo della sensibilità dei pochi colleghi che sono presenti e, in particolare, del Presidente della Camera, del rappresentante del Governo e dei presidenti delle Commissioni giustizia e cultura.
Parlerò, dunque, per sintesi, rimandando eventualmente l'approfondimento dei concetti che vorrei esprimere alla dichiarazione di voto.
Innanzitutto, la violenza nello sport, signor Presidente, autorevole esponente del Governo, è circoscrivibile esclusivamente al sistema del calcio.
Il basket si svolge in palazzi dello sport senza barriera e nel basket si vince o si perde soltanto per un punto, all'ultimo secondo; eppure non c'è mai stata una manifestazione di violenza all'interno di un palazzo dello sport. Nel rugby, che è uno sport più violento del calcio, si vince e si perde per un punto e alla fine le due squadre si danno la mano e il pubblico applaude la squadra che vince. Parlo di sport di squadra. Soltanto nel calcio si verificano episodi di violenza e non solo questi ultimi, che ci hanno drammaticamente colpito: l'assassinio di Filippo Raciti,


Pag. 121

nello spazio prospiciente lo stadio Massimino di Catania, anticipato - non l'avete ricordato e non è bello - dall'omicidio di un povero dirigente di una squadra di terza categoria, in un campetto di terra battuta, come si è intravisto per televisione, della provincia di Cosenza.
Poco dopo la decisione del commissario Pancalli di sospendere le partite di calcio, la domenica successiva, in omaggio alla morte di Raciti e di Licursi, si è dato il permesso di svolgere il torneo giovanile di Viareggio. Ebbene, a Viareggio è successo che una squadra argentina, alla luce di un presunto torto arbitrale, si è messa a rincorrere l'arbitro per prenderlo a botte e a calci. Ciò vuol dire che il mondo del calcio è malato non soltanto a livello professionistico, ma in tutte le sue articolazioni, perché si è fatto del calcio un feticcio e perché del calcio si parla ormai nelle radio, nelle televisioni, in un insieme di esercitazioni, di elucubrazioni giornalistico-sportive, diciamo così, ventiquattr'ore al giorno. È diventato cioè un fenomeno estremamente esaltato, rischiando in tal modo di degenerare in atteggiamenti di eccessiva tensione e di violenza.
In secondo luogo, si interviene con questo decreto-legge alla luce di questi avvenimenti di violenza e per la prima volta facciamo una legislazione speciale per gli stadi. Vorrei che fosse ben chiaro che la legislazione speciale l'abbiamo introdotta in Italia sulla mafia e sul terrorismo. La introduciamo adesso per ciò che riguarda gli atteggiamenti del pubblico negli stadi e nelle zone limitrofe agli stadi. Io, da garantista, ho sempre diffidato delle legislazioni speciali. Sono profondamente ancorato ad un'idea della difesa del diritto dei cittadini. Purtuttavia, guardo con un certo interesse a quei modelli, come quello inglese, che hanno permesso di sconfiggere la violenza negli stadi, partendo da un quantum di violenza non certamente inferiore a quella italiana. Ricordiamoci del fenomeno degli hooligan e di quello che essi combinarono nel 1985 nella partita di finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles e ancor prima in uno stadio inglese, dove vi furono, come ha ricordato prima il collega della Lega, diverse decine di morti.
Guardo ad un modello che ha permesso di sconfiggere la violenza negli stadi e di ripopolare gli stadi di pubblico, di giovani e di famiglie. Nello stesso tempo, mi chiedo fino a che punto riusciremo a garantire diritti elementari con una legislazione appositamente studiata e da applicare negli stadi italiani. Dobbiamo conciliare bene le due cose, anche perché il modello inglese, signor rappresentante del Governo, è certamente repressivo. Quando si parla di garantismo - io sono garantista - non significa che, se vediamo una persona dirigere un razzo contro un calciatore, non lo dobbiamo arrestare. Garantismo significa applicare le leggi in modo tale da non mettere mai in discussione la presunzione di innocenza, se questa presunzione ha spazio.
Il modello inglese è certamente anche repressivo, ma avere un magistrato che fino a mezzanotte resta attivo nella città dove si svolge una competizione calcistica è certamente una garanzia che un processo si fa e che a breve un imputato può subire una sentenza di condanna o di assoluzione: cosa che in Italia non esiste.
Inoltre, il modello inglese è anche un modello disincentivante: ricordiamoci che in Inghilterra sono state abbattute tutte le barriere negli stadi. Non ci sono più le separazioni tra i tifosi di una e dell'altra squadra; inoltre, non ci sono le separazioni tra la tribuna d'onore e la tribuna laterale, tra le curve e le tribune.
Gli spettatori sono comodamente seduti, anche perché gli steward si occupano della disposizione del pubblico e devono controllare la corrispondenza tra il biglietto nominativo ed il posto occupato.
Se voi fate questa operazione, giusta, dei biglietti nominativi, peraltro introdotta a partire dai decreti 2003 e 2005 di Pisanu all'interno degli stadi italiani, dovete prevederla soprattutto per le curve; se lo fate solo per le tribune e per i posti che saranno occupati da persone che non sono certamente personaggi pericolosi, è un'operazione che non serve a nulla. Tuttavia, per applicare la misura del decreto


Pag. 122

sui biglietti nominativi delle curve occorre una sorveglianza, un controllo o da parte delle forze dell'ordine, che non vogliono entrare nelle curve dove ci sono gli ultrà per paura, o da parte degli steward.
Dobbiamo introdurre questa nuova figura degli steward e capire la sua natura, vale a dire se si tratta di un funzionario di pubblica sicurezza o semplicemente di una maschera, come quella dei teatri, all'interno dei stadi. Se è soltanto una maschera, faccio tanti auguri agli steward che si recheranno nelle curve per mettere a sedere i nostri ultrà, disponendoli a seconda dei numeri risultanti nel biglietto nominativo.
Quindi, occorre un'ulteriore attenzione da parte delle autorità che devono vigilare, perché le norme vengano concretamente applicate.
Vorrei esprimere due ultime considerazioni: bisogna sapere cosa fare con gli stadi non a norma. Si dice che il decreto-legge viene applicato agli stadi superiori ai 7.500 posti. Si riduce la capienza minima richiesta prima dall'applicazione del decreto Pisanu (da 10.000 a 7.500).
Vi sono due possibilità: uno stadio da 7.500 posti, che risulta a norma, può contenere questo numero di persone. Uno stadio da 30.000 posti, non a norma, non può contenere neppure 7.500 persone. Non mi sembra logico, per cui avevo introdotto l'eventuale possibilità di modificazione del decreto, prevedendo che gli stadi superiori ai 7.500 posti non a norma vengano derubricati ad impianti inferiori a 7.500 posti.
Certamente, qualcuno potrà obiettare che, ormai, quasi tutti gli stadi stanno per essere messi a norma, quelli che non lo sono già. Ma vi sbagliate completamente, perché gli stadi di serie C1 e C2, costruiti quando le squadre di quelle città erano in serie A o in serie B, non sono affatto a norma e, dal prossimo campionato, voglio vedere che fine faranno quelli che non saranno messi a norma con i tornelli e con tutte le disposizioni previste dal decreto Pisanu e ribadite dal vostro decreto-legge!
Una terza ed ultima annotazione riguarda i biglietti per le squadre ospiti. Leggevo sulla Gazzetta dello sport proprio ieri la difficoltà nella quale si è trovata la questura di Milano, a fronte della invasione di 3 mila tifosi atalantini per la partita Milan-Atalanta che si è svolta allo stadio di San Siro.
Prima si sapeva esattamente quanta gente sarebbe arrivata da fuori, perché i biglietti venivano inviati alle società ospitate, le quali segnalavano alla questura della città quanti tifosi ospiti sarebbero arrivati. Si sapeva con che mezzi sarebbero arrivati, come si doveva affrontarli, scortarli e quali posti dovevano essere attribuiti loro.
Con questo decreto-legge, con il quale vengono praticamente aboliti i pacchetti di biglietti inviati alle società ospiti, le questure non sanno quanti tifosi sopraggiungeranno, in che modalità, e si trovano in forte difficoltà. Pertanto, verificate bene se questa è veramente la misura più idonea per bloccare le trasferte, perché se vogliamo raggiungere tale intento, bisogna abolire i posti per i tifosi ospiti e, conseguentemente, la vendita di biglietti di quei posti ai tifosi ospiti.
In questo modo, non si aboliscono né i biglietti ai tifosi ospiti né si abolisce la possibilità che questi arrivino anche in massa per comprarli direttamente allo stadio o in mattinata o il giorno prima nelle rivendite autorizzate, ed è un problema!
Noi voteremo ad ogni modo a favore di questo provvedimento, perché lo riteniamo una risposta importante e positiva, a fronte di una situazione drammatica come quella che si è creata negli stadi italiani (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, logicamente, vista anche l'ora, non ripeterò i vari richiami ai principi di legalità e di responsabilità, già espressi dal collega Caparini nel suo esaustivo intervento. Permettetemi tuttavia alcune considerazioni, utili a portare un contributo al dibattito, visto che un po' tutti i colleghi intervenuti


Pag. 123

fino ad ora - e un po' anche la stampa e l'opinione pubblica - hanno parlato del modello rappresentato dal sistema inglese. Mi riferisco a quel sistema che ha permesso in pochi anni di trasformare il calcio inglese da regno degli hooligans in un divertimento a misura di famiglie e di giovani e di sposare un principio fondato sulla sportività e sul sano tifo.
In ogni caso, vi è un problema di fondo a carattere culturale: a mio avviso, poche persone conoscono effettivamente i principi cardine di questo famigerato sistema inglese. Comunque, penso che più o meno tutti possano comprendere che nel nostro paese non vi sarebbe bisogno di applicare leggi speciali o decretazioni d'urgenza se la magistratura funzionasse, se le leggi che puniscono comportamenti devianti, violenti venissero effettivamente applicate nei confronti dei delinquenti.
Quindi, bisogna partire anche da questo tipo di ragionamento, anche se, purtroppo, siamo nuovamente costretti - come diceva prima il collega Caparini - a riproporre misure molto drastiche, urgenti, speciali; in ogni caso, riteniamo che debbano fare un passo avanti anche coloro i quali sono deputati a far rispettare la legge. Altrimenti, potremmo prevedere anche pene vicine all'ergastolo, ma se queste ultime non venissero comminate a causa delle lungaggini burocratiche della magistratura il deterrente verrebbe completamente smontato.
Il presidente Folena ha riconosciuto che vi è stato un accordo a 360 gradi che ha coinvolto anche il gruppo della Lega Nord, che ha profuso i suoi sforzi per definire soluzioni pratiche, più che drastiche.
Abbiamo cercato di introdurre i principi del cosiddetto modello inglese, cercando, allo stesso tempo, di crearne uno italiano: ciò, perché bisogna smetterla di mutuare sempre esperienze dall'estero.
Quindi, il contributo tecnico della Lega Nord, che mi premeva sottolineare nella fase della discussione sulle linee generali, è legato alla figura degli steward, che tutti indicano come una seria soluzione per ciò che concerne il controllo preventivo di accesso agli stadi; ad ogni modo, questo decreto-legge manca di alcune basilari puntualizzazioni. Certo, l'articolo 2-ter, introdotto grazie alle sollecitazioni della Lega Nord, ci lascia ben sperare circa un riconoscimento della figura degli steward, che dovrebbero svolgere un serio servizio di sicurezza ausiliaria. Quindi, noi confidiamo molto sul fatto che l'articolo 2-ter, introdotto al Senato, sia in grado di creare delle figure professionalmente valide e moralmente serie ed ineccepibili. Tra l'altro, le società, per ottemperare all'obbligo di svolgere questo servizio di sicurezza ausiliaria, non debbono appoggiarsi a personaggi di dubbia moralità o di dubbia legalità.
Vedete, richiamandomi al modello inglese, ricordo che esiste la figura dello steward prevista per legge: deve avere una formazione professionale, dei requisiti morali e dei compiti ben specifici. Essi non si sovrappongono e non tolgono alcun tipo di competenza alle forze dell'ordine, ma li vanno a coadiuvare. Sanno che possono intervenire sino ad un certo punto, non sono sicuramente armati, ma svolgono il ruolo primario di prevenzione e in qualche modo riescono a fermare principi di risse o tafferugli. Svolgono dei controlli seri, fanno da filtri, che non sono rappresentati solo dai tornelli, ma anche dalla valutazione che queste persone possono dare a chi entra negli stadi o meno, ma per fare ciò, a nostro avviso è necessario che successivamente all'emanazione di questo decreto vi sia un'attenzione alle trasformazioni della società.
A questo punto, è necessario modificare parte del Testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza e dare a queste persone dei compiti ben specifici e, soprattutto, ben conoscendo, Presidente, la sua attenzione per i diritti del mondo del lavoro, riconoscere anche professionalmente queste figure, perché al momento non esistono nell'ordinamento italiano. Abbiamo le forze dell'ordine e le agenzie di vigilanza private. Le stesse figure esistono anche nel cosiddetto modello inglese, ma nel modello inglese esiste anche la figura del servizio di sicurezza ausiliaria.


Pag. 124


Per poter rendere efficace questo decreto-legge è necessario compiere un ulteriore passo in avanti.
Concludo, invitando il rappresentante del Governo, gli esponenti della maggioranza ed il presidente della Commissione a valutare anche la possibilità di inserire in questo decreto un'estensione dell'articolo 7, in modo da rendere efficace la funzione di questo steward. Deve essere chiaro che chi commette un reato nei confronti di queste persone è come se lo commettesse nei confronti di un agente delle forze di polizia, perché altrimenti anche in questo caso il deterrente viene lentamente a scemare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.

PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Scotti, vorrei segnalare due dati positivi. In primo luogo, è giunto un testo non facile e non perfetto, per usare un eufemismo, e ci siamo trovati di fronte ad un interrogativo che lei, Presidente, sa bene essersi presentato molte altre volte. Giunge dal Senato un decreto-legge votato magari all'ultimo momento, che presenta, almeno ad avviso delle Commissioni e dell'Assemblea, delle falle che devono essere sanate in qualche modo, ma non si riesce a farlo perché i tempi sono strettissimi e la diversità della composizione in termini numerici della maggioranza di Camera e Senato spesso «consigliano» di non rimandare al Senato la legge. È un problema serio che si è presentato più volte. Questa volta credo che la Camera abbia fatto bene a prendere in mano la situazione e a decidere di correggere alcuni punti lasciando al Senato la decisione di far decadere o meno il decreto-legge, visto che in passato lo abbiamo dovuto fare sempre noi.
Infatti, siamo stati noi in qualche modo a dover subire. A mio avviso si tratta di un primo dato positivo da non sottovalutare. L'aver ristabilito, almeno su questa materia, il bicameralismo non è un aspetto di poco conto. Si tratta di un esempio.
In secondo luogo, un altro dato positivo è come si è arrivati a questa decisione e come alla fine si sono comportati i gruppi politici. Proprio perché vi era questa necessità e nessuno voleva che, qualora il provvedimento fosse tornato al Senato, non vi fossero i tempi necessari per approvarlo, tutti i gruppi hanno fatto passi indietro rispetto alle loro tesi iniziali. Il testo scaturito da tale atteggiamento non è bellissimo, perché poteva essere molto migliore, con maggiore riflessione ed articolazione e con l'inserimento di alcune linee che avrebbero completato un quadro essenzialmente repressivo. Tutti abbiamo compiuto quindi un passo indietro e si è arrivati all'approvazione di un testo non straordinario, ma che comunque affronta quella situazione di emergenza che ha portato all'emanazione di questo decreto.
Se tuttavia ci fermassimo a questo provvedimento senza proseguire oltre, a mio avviso non avremmo realizzato nulla. In proposito vorrei fare alcuni esempi. Nel decreto è previsto un determinato trattamento nei confronti dei tifosi che, in occasione di partite di calcio, commettono determinati atti nello stadio o nelle sue immediate vicinanze nelle ventiquattro ore precedenti o successive all'evento sportivo. Tuttavia, il problema non è questo, perché esso consiste nel rapporto tra alcuni settori, per fortuna marginali, della tifoseria ultrà e le società. Esso consiste nel ruolo che svolgono queste frange ultrà quando stabiliscono rapporti che sanno molto di ricatto (ed uso il termine vero, anche se crudo) nei confronti della società, e non solo per procurarsi i biglietti o per operazioni di merchandising. Prima qualcuno ha parlato di società quotate in borsa. Non far giocare un certo giocatore o attaccare l'allenatore sono comportamenti che possono far oscillare il titolo. Esiste un problema che riguarda la finanza che ruota intorno al calcio. Se è vero - come è vero - che esistono gruppi i quali cercano di influenzare i comportamenti della società, essi non si fermeranno nelle zone limitrofe. Tuttavia, è già qualcosa aver previsto


Pag. 125

un intervento straordinario vicino allo stadio e nelle ore immediatamente precedenti o seguenti l'evento sportivo.
Ma non ci possiamo fermare qui e credo che il rappresentante della Lega Nord abbia colto un punto essenziale. Si deve proseguire sulla strada della regolamentazione all'interno dello stadio, tuttavia ciò presuppone che si chiarisca definitivamente il problema della proprietà degli impianti. Devono rimanere in mano pubblica? Devono appartenere ai comuni? Bisogna far intervenire le società e vendere loro gli stadi? Bisogna costruire stadi nuovi perché molti di essi sono vecchi e difficilmente ristrutturabili secondo l'ottica della prevenzione?
C'è bisogno di una legislazione complessiva intorno al fenomeno. Il calcio ha questa straordinaria caratteristica, oltre al fatto che è lo sport più praticato e seguito in Italia: è un grande business. Infatti, attorno ad esso girano miliardi. Ho fatto l'esempio dei giocatori, la cui quotazione sale più o meno a seconda di come ne viene iscritta la quotazione a bilancio.
Allora, non si può pensare che tutto questo venga risolto da una legislazione speciale che affronta un aspetto, cioè quello della violenza in un determinato luogo e in determinate circostanze. Noi abbiamo bisogno - e concludo - di una legislazione complessiva che affronti il fenomeno sotto l'aspetto penalistico, repressivo e preventivo, ma anche di regole diverse. Vogliamo che queste società continuino ad essere quotate in borsa? Possiamo arrivare a concludere che vada bene così, ma poi non possiamo lasciare che tutto ciò che ruota attorno all'azienda calcio sia il frutto dell'attività di pochi che magari si travestono da tifosi ultrà e condizionano sia l'andamento della società, sia la partecipazione popolare nei confronti dello sport più bello cui si può assistere negli stadi.
Dopo questo intervento sull'onda dell'emergenza, dobbiamo riprendere tutta la discussione e ripartire da un discorso che parta da premesse culturali, così come accennavamo anche nelle Commissioni. Ci dobbiamo chiedere che cosa debba essere questo sport e come possa vivere insieme alla società, mediante una nuova regolamentazione (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, l'argomento è delicatissimo perché, quando si parla di sicurezza, si chiama direttamente in causa un diritto fondamentale dei cittadini e un dovere precipuo dello Stato. C'è voluto il morto, come nella meno nobile tradizione italiana, per aprire gli occhi e chiudere gli stadi. Episodi di violenza reiterati, consumati ad ogni latitudine del nostro paese sono stati per decenni trascurati e certamente ridimensionati se la violenza viene considerata come un fatto fisiologico, come una valvola di sfogo di una società che regala ogni giorno frustrazioni, e se inoltre si considera il tifo degli ultrà una componente della carovana corrotta del calcio. È difficile ergersi a maestri di vita e salire in cattedra quando chi dovrebbe dare l'esempio dà di matto in campo o crede di poterlo governare con un cellulare, nel senso del telefonino.
Bisogna dire che questioni di natura sociologica si incrociano con problemi di sicurezza, di strutture inadeguate e di stadi fatiscenti. Si è passati dal «torello» - consentitemi la battuta -, quel gioco che i calciatori fanno in allenamento, al «tornello», nelle recenti domeniche divenuto uno spartiacque tra gli stadi vuoti e gli spalti gremiti. Non si poteva fare prima? Perché non si sono dotati stadi come il Meazza di Milano di misure che poi sono state improvvisate in qualche ora?
La verità è che le società preferiscono spendere decine di milioni di euro per calciatori «strombazzati» e mediocri, piuttosto che investire sulle infrastrutture, nonché su quell'operazione «stadi sicuri» che il CONI avrebbe dovuto imporre alla Federcalcio quale condizione per dare il via libera ai campionati.


Pag. 126


Quale rimedio, allora, oltre al giro di vite del Viminale, con i prefetti chiamati a fare da gendarmi sul territorio? Stiamo attenti a non lasciarci infatuare dai modelli anglosassoni o dalle tribune d'onore spagnole, dove i presidenti delle squadre di calcio si siedono accanto per vedere la partita ma poi, in campo, se le danno di santa ragione, con scene, come quelle viste a Valencia, che ricordano più il toro nell'arena!
C'è davvero una cultura dello sport diversa in Inghilterra, come più volte ricordato da numerosi interventi. Non dimentichiamo, tuttavia, che fino a qualche anno fa gli hooligan hanno imperversato e seminato vandalismi e violenze in tutta Europa. È mai possibile che dobbiamo sempre copiare gli esempi stranieri? Si potrebbe adottare il modello tedesco per la legge elettorale, quello inglese per il calcio e, magari, quello olandese per i quartieri «a luci rosse»!
Io sostengo che ci debba essere una «via italiana», come ha detto bene in precedenza l'onorevole Pini, che tenga conto di ciò che è storicamente il calcio nel nostro paese, di quale animosità siano armate le tifoserie e di quali colossali cifre circolino nel paradiso artificiale di uno sport palesemente drogato!
Occorre intervenire sull'educazione scolastica primaria, nonché sul comportamento dei calciatori in campo, i quali istigano alla violenza i tifosi non accettando mai il giudizio ed il fischio dell'arbitro e dimostrandosi arroganti e fragili! Non si può reprimere senza educare, anche se è chiaro che, verso chi calpesta le regole, bisogna essere severi e tempestivi, senza indulgere in facili «buonismi»!
Il gioco del calcio è un bellissimo romanzo popolare, con il finale mai scontato; ma ci sono troppe pagine scure, per cui a molti - io sono tra quelli - viene voglia di chiudere il libro e di buttarlo! Ritengo, allora, che si debbano mettere letteralmente in campo investimenti per le strutture sportive, a partire dalle serie minori. Occorre investire, inoltre, nelle forze dell'ordine, nei giovani e negli educatori, al fine di costruire un futuro nel quale il viaggio allo stadio non sia un'avventura, magari senza ritorno!
Concludendo, vorrei ricordare ciò che è capitato a Filippo Raciti, il quale ha pagato con la propria vita il senso del servizio allo Stato ed ha lasciato due piccoli figli ai quali nessuno - sottolineo: nessuno! - saprà mai spiegare come il padre sia stato ucciso in un giorno nel quale, in Italia, si celebra la più diffusa ed amata festa popolare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, il provvedimento in esame impone sicuramente una riflessione critica, né può essere diversamente considerando che lo stesso trova la sua fonte in un fatto di sangue da molti ricordato. È il fatto di sangue per eccellenza, poiché si tratta della cancellazione volontaria della vita umana a danno di un servitore dello Stato, che prima di essere tale era, come già rammentato, sia un lavoratore nell'esercizio delle sue funzioni, sia un padre di famiglia.
Ancora, era un servitore dello Stato della specie appartenente alle cosiddette Forze dell'ordine, cioè a coloro che mettono in discussione più di altri la propria incolumità fisica a vantaggio di una condizione di sicurezza generale, che si esplica nei confronti dell'intera comunità statuale. È chiaro, allora, che la risposta dello Stato non poteva che essere quella che noi oggi andiamo a proporre: una risposta forte, che nel limite del possibile usa ,alcuni degli istituti già compresi nel codice penale (mi riferisco alle misure di sicurezza), ne introduce di nuovi (penso alla flagranza differita) e, addirittura, si avventura nel discusso e difficilissimo campo del reato di opinione. Si tratta di misure forti, che girano intorno al concetto e all'istituto della pena.
Penso che sia utile alla riflessione generale riportare il concetto di un grande


Pag. 127

maestro del diritto penale, Antolisei, il quale, descrivendo la pena, stabiliva che la stessa ha una funzione di prevenzione generale, perché esercita una minaccia nei confronti dei consociati, ma anche di repressione speciale, perché viene comminata al singolo che viola l'ordinamento giuridico penale. Oggi ci troviamo quindi dinanzi ad una situazione difficile e ad un testo che ne è la logica conseguenza.
È chiaro, la legislazione d'urgenza nasce da un'onda emotiva che, nelle diverse esplicazioni di sensibilità, trova ovviamente consonanze diverse e che inevitabilmente genera un flusso. Si può fare probabilmente un paragone con la legislazione antimafia, che su molti punti mostra i limiti dell'onda emotiva e nel tempo, man mano che l'onda emotiva si calma e che si sviluppano meglio discorsi ed analisi più particolareggiate, i limiti del reflusso.
Allora, non accetto che nel terzo millennio si debba pensare ad un gioco, ad uno sport - seppur nelle sue notevolissime sfaccettature finanziare, societarie, di rilievo sociale, coinvolgendo tante persone e quant'altro - come ad un fenomeno che attiene all'ordine pubblico, che ci costringe a misure di prevenzione di una tale rilevanza da sfiorare molto spesso lo Stato di polizia.
Ho sentito parlare tanto dell'ordinamento e delle misure anglosassoni, ma non so quanto possa considerarsi un fatto positivo arrivare allo stadio con una banca dati di impronte digitali, perché siamo quasi arrivati a ciò. La decretazione d'urgenza nasce in definitiva su un'onda emotiva, che rende ancora più difficili queste considerazioni.
Credo che non potessimo fare altro che recepire, comunque, una forma di risposta che lo Stato repubblicano non può permettersi di non dare. Credo anche che sia nostro dovere e nostra coscienza intavolare quanto prima una riflessione più ampia, che dia vita ad una legge organica che parta da un'analisi più compiuta dei personaggi, degli attori, degli elementi costitutivi della problematica al nostro esame.
Da un lato bisognerà porsi il problema degli stadi, inteso come fenomeno da privatizzare in gestione diretta con i connessi obblighi di custodia e garanzia a favore delle società, che sono quotate in borsa e che hanno ormai una gestione tutta finanziaria; dall'altro, bisognerà anche seguire un approccio diverso e sotto questo profilo taluni elementi sono già contenuti nella decretazione d'urgenza, ad esempio il biglietto gratuito per i minori di quattordici anni. Occorre indubbiamente una riflessione sul punto delle tifoserie. In buona sostanza, si tratta di varare una legge organica che ricomprenda gli elementi base e che, in ipotesi, sappia mutuare dal mondo anglosassone un concetto, che sembra stia trovando spazio all'interno delle commissioni di riforma del codice penale e del codice di procedura penale ovvero quello delle sanzioni prescrittive, vale a dire di quelle sanzioni, che, basandosi su istituti quali l'affidamento in prova ovvero su misure alternative alla detenzione, puntino ad una rieducazione civica e ad un recupero: non ad una resa dello Stato, cioè di tutti noi, dinanzi alla violazione la legge ma alla coscienza di non dover abbandonare la persona che viola la legge, nella consapevolezza che errare è umano e che l'errore può essere recuperato in un percorso dialettico, che tenga per l'appunto conto di tutti gli elementi in campo.
Voglio concludere questo mio breve intervento in tema di sport ricordando a tutti noi che pochi anni fa, negli Stati Uniti - che pure sono un grande paese - si è sospesa la celebrazione di un intero campionato di baseball perché evidentemente gli elementi in gioco erano tali da non essere più compatibili con un ordinamento giuridico ovvero da non essere più compatibili con elementi di civiltà, di rispetto, di dignità della persone intesi nel senso comune di tali termini.
Ciò deve farci riflettere e deve infonderci una consapevolezza; noi discutiamo di un fenomeno complesso che necessita di una legiferazione complessa, ma si tratta pur tuttavia di un fenomeno attinente allo sport, al divertimento, a funzioni di ricreazione e di svago. Queste mai e poi mai,


Pag. 128

dal mio modesto punto di vista, potrebbero addirittura essere qualificate come problematiche di ordine pubblico, di ribellione sociale o, addirittura, di eversione. Ciò sarebbe un fallimento, non solo nostro; lo consegneremmo infatti ai posteri, ai quali è invece nostro dovere dare una speranza in più.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Guadagno. Ne ha facoltà.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, colleghi deputati rimasti e resistenti, considerata l'ora, sottosegretario Scotti, non si può nascondere il clima di violenza e di odio diventato insopportabile negli stadi: insulti, atti di ostilità, scontri fisici tra diverse tifoserie, tra tifoserie e Forze dell'ordine e anche, per la verità, tra giocatori, allenatori, accompagnatori; ma penso anche alla violenza dallo stadio allo studio (quello televisivo).
Ha fatto orrore il caso dell'omicidio dell'ispettore capo Filippo Raciti, ucciso il 2 febbraio scorso a Catania; ma non dimentichiamo, e non vogliamo dimenticarlo, il dirigente della San Martinese, Ermanno Licursi, morto dopo una rissa scoppiata alla fine di una partita del campionato di terza categoria a Luzzi, in provincia di Cosenza. E non dimentichiamo neanche altre vittime, i ventuno morti ultrà in Italia dal 1962 ad oggi: i morti non sono mai parte del sistema.
Questo disegno di legge - che, come si è detto, grazie al lavoro bipartisan svolto in sede di Commissioni, è stato modificato e temperato rispetto al carattere iniziale che aveva al Senato, eccessivamente repressivo - è sicuramente severo, molto rigido e risente dell'onda emotiva dei gravi fatti accaduti (e bisogna sempre fare attenzione a non farsi mai travolgere dalle onde).
Tra le conseguenze negative di questa atmosfera di violenza negli stadi, vi è la disaffezione del pubblico; è una disaffezione dovuta anche alle vicende di tangentopoli, al calcio come business, alla corruzione, al virus del sospetto, all'incertezza del risultato sportivo: il calcio dovrebbe essere spettacolarità ma, quando intervengono accordi segreti, esso ne viene distrutto. Nel 2006 il pubblico del teatro, e dello spettacolo in generale, ha superato quello dei campi sportivi e bisogna gioire sempre dell'aumento di pubblico, mai del contrario. Non basta dire che ciò è stata causato dalla trasmissione in televisione delle partite, perché anche lo spettacolo si può vedere in televisione, eppure in quest'ultimo caso, come ho detto, sono aumentati gli spettatori a teatro. Dobbiamo creare un'atmosfera più tranquilla per chi vuole andare allo stadio, certo non pretendendo l'aplomb di chi va a teatro, dove è maleducazione far suonare il cellulare o parlare mentre si ascolta una rappresentazione; non certo il certo silenzio chiediamo, ma un luogo più sicuro, non solo da un punto di vista di ordine pubblico, ma anche di sicurezza degli stadi, di stadi a norma, riscaldati, illuminati e non fatiscenti.
Le società calcistiche devono sapere che spendere qualche soldo in più per la manutenzione degli stadi e un po' meno nel calciomercato è un investimento per l'affezione allo sport e i club hanno l'obbligo di investire una percentuale dei diritti televisivi anche per queste risorse.
Si parla spesso di «modello inglese». Non bisogna dimenticare che il tanto celebrato «metodo inglese» deriva non solo dalla violenza, ma dall'insicurezza degli stadi: insufficienti vie di uscita per la folla hanno prodotto, nel 1989, la tragedia a Sheffield (96 persone calpestate a morte nella calca all'interno dello stadio).
Nella tragedia - che è stata anche ricordata - allo stadio Heysel, in Belgio, nel 1985, durante lo scontro tra i tifosi del Liverpool e della Juventus, fu il crollo di un muro di sostegno a causare la morte di trentanove persone. Le società calcistiche furono obbligate a modernizzare con impianti sportivi, Manchester insegna: oggi a Manchester non ci sono muri divisori, ma solo pochi steward a dividere le tifoserie.
Per quanto riguarda i tornelli si è parlato, in precedenza, di «ravvedimenti» da parte di questa nuova legislatura rispetto


Pag. 129

alla normativa Pisanu. Debbo dire che si è «ravveduto» anche l'ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che soltanto poco tempo fa, il 10 febbraio 2007, si era invece molto arrabbiato contro la stessa applicazione della normativa Pisanu, perché lo stadio San Siro era stato definito fuori norma secondo le stesse disposizioni del cosiddetto decreto Pisanu e, quindi, si è dovuto giocare a porte chiuse in tale stadio.
Devono essere tornelli ovviamente moderni ai quali non vi è bisogno di fare lunghe file, con un lettore magnetico per la lettura di tessere e biglietti, come si fa in occasione delle grandi mostre e di biglietti nominativi con il controllo della carta di identità, come si fa per imbarcarsi all'aeroporto, con steward come maschere di teatro, che si assicurino che ad un determinato posto sieda il titolare di quel posto. Gli steward non sono polizia privata, controllata dalla società: hanno il compito di sorveglianza in coordinamento con le forze di polizia, senza un numero eccessivo di divise visibili che diano l'idea della militarizzazione all'interno dello stadio, che possano provocare tensione e che distrarrebbero anche molti poliziotti dall'espletamento di altri compiti. Saranno vietati i materiali esplosivi, quali i fumogeni, che creano una atmosfera irrespirabile, in tutti i sensi, con un sistema di videosorveglianza.
Si è parlato della flagranza differita a quarantotto ore per chi è riconosciuto colpevole con foto o riprese, ma non con altro, norma su cui vi sono stati dubbi di costituzionalità. È stato ricordato in precedenza il carattere rigido di questa estensione a quarantotto ore e noi chiediamo garanzie, non solo che si debba trattare di un'eccezione a termine e circoscritta agli stadi, ma vogliamo garanzie che questo tempo serva a fare in modo che si possa avere il tempo necessario per verificare bene i filmati e il materiale fotografico prima di accusare qualcuno. È stato aggravato il Daspo, ossia il divieto di accesso agli stadi in termini di anni. Fin qui la repressione.
Ma è importante è stata anche l'affermazione dell'ingresso gratuito per i bambini minori di quattordici anni, accompagnati da un adulto. Ciò è stato il risultato del lavoro delle Commissioni riunite, per riportare le famiglie negli stadi, per rendere questo sport accessibile e godibile a tutti e non come se uno della famiglia debba lasciare casa per andare a vedere la partita come se partisse per una guerra (e, come si faceva ai tempi delle guerre, solo l'uomo partiva, mentre le donne, i bambini e gli anziani rimanevano a casa). Ciò per fare in modo che, con il sistema del biglietto nominativo, i membri della famiglia possano sedersi insieme.
Infine, concludo dicendo che questo disegno di legge è molto severo nei confronti di chi espone striscioni che incitano alla violenza, non tutti gli striscioni.
Chiunque di voi vede la rubrica su Striscia la notizia, «Striscia lo striscione», sorride per la fantasia usata in alcuni slogan che fanno tutt'altro che incitare alla violenza.
Non vorremmo però vedere più simboli nazisti, non vorremmo più leggere frasi razziste e, con l'ampliamento della legge Mancino, prevista con l'estensione della aggravante discriminatoria anche per orientamento sessuale e identità di genere a firma del ministro della giustizia Clemente Mastella, non vorremmo neanche più vedere slogan omofobi all'interno degli stadi. Grazie. (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, la Camera dei deputati ha svolto un buon lavoro su questo provvedimento. Credo forse - lo dico senza tema di essere smentito - che si tratti della prima vera occasione di confronto sereno tra maggioranza e opposizione su un argomento non solo unanimemente condiviso in ordine agli obiettivi da raggiungere, ma anche ben gestito sul piano del metodo parlamentare.
Se ne sentiva il bisogno dopo un lungo periodo di contrapposizioni che non


Pag. 130

hanno sicuramente recato beneficio al paese in ordine alla bontà della legislazione.
Ci siamo trovati nella difficoltà di dover gestire un provvedimento che proveniva dal Senato in una forma che obiettivamente presentava molte difficoltà interpretative e causava non poche perplessità in ordine alla reale portata delle norme.
Ciò perché a nessuno sfugge che quando si procede alla elaborazione di un provvedimento legislativo sotto la spinta emotiva di fatti gravi come quelli che avevano determinato l'inizio della discussione su questo provvedimento, non sempre il legislatore si muove con la necessaria pacatezza, serenità, e visione dei problemi da affrontare in maniera generale e astratta, come richiederebbe il principio ispiratore di ogni provvedimento di legge.
Fare leggi in stato di emergenza non è mai una buona cosa. Tuttavia, quello che era accaduto a Catania, con la morte tragica dell'ispettore Raciti, e tutto quello che aveva preceduto quell'avvenimento, cioè una continua recrudescenza di fatti violenti che avevano negativamente contraddistinto l'attività che ruota attorno ad uno spettacolo (perché di questo si tratta: uno spettacolo sportivo che attrae decine di milioni di persone nel nostro paese, e non solo nel nostro paese), imponevano da parte del Parlamento delle forme di intervento radicali e decise.
Abbiamo quindi messo mano al provvedimento che ci era pervenuto dal Senato e ne abbiamo avuto la capacità.
Devo quindi dare un giudizio complessivamente positivo del lavoro che è stato svolto, sia per l'equilibrio dei relatori, che hanno sicuramente dato un grande contributo al dialogo e alla costruzione di un percorso comune, sia per la partecipazione serena e determinata, ma anche ispirata a principi di buon senso, da parte di tutte le forze politiche. Abbiamo notato che comunque questo provvedimento si muoveva in termini positivi, perché si è posto immediatamente nella continuità e nel completamento doveroso del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28.
Tale provvedimento è stato il primo vero grande intervento che ha tentato di mettere ordine nella disciplina riguardante la violenza negli stadi, introducendo una serie di disposizioni repressive che hanno prodotto alcuni risultati, ma non tutti positivi. Alcune disposizioni, in ogni caso, abbisognavano di un ulteriore intervento.
L'aspetto positivo del lavoro che abbiamo svolto alla Camera è stato quello di abbinare ad una serie di norme repressive anche la capacità di individuare misure di carattere sociale e culturale, per diffondere i valori dello sport nella società italiana, cosa che forse, in passato, ha registrato un gap per quanto riguarda l'impegno, la capacità e la sensibilità del legislatore.
Abbiamo individuato alcuni temi che andavano modificati ed aggiustati.
Siamo intervenuti sul piano delle dizioni formali attraverso proposte emendative sulle quali diverse forse politiche si sono ritrovate a convergere, sostituendo la definizione «a porte chiuse» con l'espressione più corretta «inibire l'accesso al pubblico negli stadi non dotati di tutti gli impianti di sicurezza previsti».
Abbiamo individuato nella necessità della certezza delle pene uno dei passaggi fondamentali dal momento che, probabilmente, proprio la mancanza di tale elemento è stato alla base della proliferazione della violenza: quando si commettono atti di violenza e non si scontano pene o si scontano pene irrisorie, certamente ciò non è educativo.
Il gruppo di Alleanza Nazionale rivendica il principio della certezza della pena come un motivo conduttore di tutte le sue azioni politiche. E ci ha fatto non poco piacere constatare che questo sentimento è condiviso anche da chi, in passato, ha adottato atteggiamenti più permissivi e, magari, ha votato a favore dell'indulto. Ma si fa sempre in tempo a rivedere le proprie convinzioni.
Abbiamo ritenuto opportuno approfondire il tema del divieto delle manifestazioni esteriori, non solo perché si ravvisavano pericolosi richiami di ipotesi, costituzionalmente non consentite, di perseguimento


Pag. 131

del reato d'opinione, ma soprattutto perché tali norme, così draconiane e, a volte, anche di difficile applicazione, non potevano essere circoscritte all'ambito sportivo. Se avessimo lasciato quell'impostazione, probabilmente avremmo creato un grande vulnus all'impianto costituzionale italiano.
Abbiamo valutato l'inadeguatezza delle norme sulla sicurezza negli stadi e abbiamo ritenuto che alcune di esse andavano corrette. Le abbiamo corrette. Altre hanno bisogno di ulteriori interventi. Infatti, il tema della sicurezza degli stadi, a nostro avviso, non può essere scisso da una diversa regolamentazione della vendita dei biglietti, che non possono non essere nominativi e con posti assegnati. È la prima regola che viene attuata nel cosiddetto sistema inglese, che spesso viene richiamato a sproposito come esempio da seguire, ma che, nei fatti, non viene attuato, perché in Inghilterra l'impianto della gestione dello sport è completamente diverso, a partire dal fatto che la proprietà degli stadi è delle società sportive. Quindi, le società sportive diventano naturalmente i soggetti deputati al controllo della sicurezza e, quindi, devono sperimentare strumenti adatti alla realizzazione concreta della sicurezza.
È stata contestata, quindi eliminata, una norma manifesto che serviva solo a fare pubblicità e che era contenuta nell'articolo 11-bis, con cui si proponeva di promuovere i valori dello sport senza spese aggiuntive per la pubblica amministrazione. È una contraddizione in termini e anche su questo siamo riusciti a trovare una soluzione. Abbiamo «aggiustato» le norme sul Daspo, che sono importanti e fondamentali in quanto, pur essendo repressive, consentono di escludere non solo i soggetti direttamente responsabili, ma anche quelli potenzialmente responsabili di possibili disordini e, di conseguenza, sono certamente destinate a rendere più vivibile l'ambiente degli stadi.
Si è molto discusso sulla flagranza differita. Si tratta di un istituto che, alla fine, tutti abbiamo accettato e condiviso, in quanto dettato da situazioni emergenziali; tuttavia, è stato opportunamente fissato - al 30 giugno 2010 - un termine entro il quale si dovrà valutare la possibilità di un suo superamento. Ci auguriamo davvero che alla data indicata non perduri la necessità di utilizzare l'istituto in parola: al momento attuale, esso è indispensabile per cercare di dare alle forze dell'ordine uno strumento concreto per intervenire, ma sicuramente si porrebbero problemi qualora se ne ipotizzasse una stabilizzazione nel sistema a regime.
Un aspetto problematico sul quale Alleanza Nazionale non ha espresso condivisione è, invece, quello che riguarda le circostanze aggravanti previste per l'ipotesi di lesioni a pubblico ufficiale. Abbiamo condiviso la norma relativa alla recrudescenza della pena - abbiamo anche discusso come farla diventare cogente - ma non riteniamo giusto che questo aspetto di tutela dei pubblici ufficiali, delle forze dell'ordine sia limitato soltanto alle manifestazioni sportive. Non comprendiamo il senso e l'equità di una norma che, a fronte della pericolosità dell'esercizio del dovere di tutela dell'ordine pubblico, distingue tra una manifestazione che avviene all'interno di uno stadio, o che è collegata ad un evento sportivo, e qualunque altra. Questo è un aspetto del provvedimento che non condividiamo. Mi auguro che, al riguardo, vi possa essere un «ravvedimento operoso» da parte del Parlamento; in ogni caso, la distinzione va superata perché le forze dell'ordine hanno il diritto di essere difese dalle leggi dello Stato senza che, nell'apprestare tale difesa, si facciano distinzioni a seconda delle ragioni per le quali si verificano gli incidenti.
Il giudizio di Alleanza Nazionale - e mi avvio a concludere - è favorevole. Noi abbiamo già votato a favore del provvedimento al Senato: l'abbiamo fatto con convinzione, anche se avevamo manifestato già in quella sede alcune perplessità e riserve relativamente ad alcuni aspetti. Devo dire che, in larga misura, fatta eccezione per la questione alla quale ho accennato poc'anzi (in relazione alle lesioni a pubblico ufficiale) quelle perplessità


Pag. 132

e riserve sono ampiamente superate. Non soltanto vi è stata una nostra convergenza sul testo che è stato redatto, ma abbiamo anche partecipato attivamente alla sua elaborazione: sono stati molti gli emendamenti presentati da Alleanza Nazionale che sono stati approvati e condivisi anche dalle altre forze politiche, a dimostrazione di un lavoro che ha portato alla predisposizione di un testo condiviso e di buona fattura.
Nell'esprimere, quindi, la nostra soddisfazione, riteniamo che sull'argomento si debba ritornare al più presto senza la spinta emergenziale, per completare il quadro, il disegno e le definizioni di tutela del diritto alla sicurezza dei cittadini, oltre che delle forze dell'ordine, quando vanno a godere di uno spettacolo coinvolgente e meraviglioso come quello del gioco del calcio (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2340-A)

PRESIDENTE. Avverto che il presidente della Commissione giustizia, deputato Pisicchio, ed il presidente della Commissione cultura, deputato Folena, hanno comunicato di rinunciare alla replica. Dunque, li ringrazio.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. La ringrazio, signor Presidente e, scusandomi, anticipo che impiegherò pochissimo tempo.
Prima di tutto, il Governo ringrazia per il loro impegno il presidente Pisicchio ed il presidente Folena, i quali hanno svolto un'opera meravigliosa; ringrazia altresì tutti i componenti di entrambe le Commissioni per quanto è stato fatto.
Il Governo condivide il testo che è stato licenziato dalle due Commissioni per alcune ragioni, nell'esposizione delle quali mi riferirò ad alcune considerazioni svolte nel corso degli interventi precedenti.
Non si tratta innanzitutto di una legge speciale, perché non deroga ad alcuno dei principi fondamentali del nostro ordinamento. In altri ordinamenti, invece, sono state introdotte leggi speciali per rispondere, con immediatezza ma anche con norme che hanno carattere di specialità, a fenomeni abbastanza gravi che si erano verificati negli anni passati. Si tratta di una legge specifica, per il contesto in cui il fenomeno si verifica. Neppure alcuni istituti di cui si è parlato hanno carattere di specialità.
Nello stesso tempo sono state riviste alcune fattispecie e sono state corrette e meglio individuate le fattispecie incriminatici per quanto riguarda l'aspetto più delicato, cioè quello penalistico. Sono state inoltre riproporzionate le pene e ne sono state ridotte alcune, ritenute eccessive. Esse sono state rapportate non soltanto al quadro delle singole pene previste per le fattispecie di questo contesto, ma anche ad altre ipotesi generali di reato.
Nel provvedimento è stata prevista anche una parte preventiva, specificata in rapporto non soltanto agli interventi di controllo, quali ad esempio la nominatività dei biglietti e i controlli successivi dei posti assegnati, ma anche alle specifiche indicazioni che successivamente saranno contenute nel decreto ministeriale circa la gestione dei campi sportivi. A questo proposito, rispondendo agli inviti rivolti da alcuni gruppi in sede di Commissione, il Governo si dichiara disponibile fin d'ora a impegnarsi a rispettare le indicazioni specifiche che lo stesso decreto dovrà contenere.
È stato attribuito un carattere repressivo alle norme contenute in questo provvedimento, ma sono stati previsti anche alcuni aspetti relativi alla partecipazione a queste grandi manifestazioni sportive anche di interi gruppi familiari. Ad esempio, è stato previsto il cosiddetto quinto biglietto gratuito per favorire la più ampia partecipazione a tali eventi, in tutta serenità.


Pag. 133


Il decreto-legge in esame non è stato completato con misure alternative perché, come ho affermato in sede di Commissione, il Ministero della giustizia si accinge ad approvare un testo, in gran parte già pronto, sulla messa in prova di carattere generalizzato per reati minori. Quindi, l'impegno del Governo è quello di portare a compimento questo testo al più presto possibile.
Il Governo si rende infine conto che si tratta di un tessuto normativo ancora da completare. Più volte è stata richiamata l'incompletezza del testo. È vero: esso va completato in vari aspetti, attraverso una rielaborazione più profonda e più attenta, affinché si dia una risposta definitiva e completa ad un fenomeno che non deve più preoccupare.
L'auspicio del 30 giugno 2010, cui è stato limitato uno dei provvedimenti, quello che maggiormente ha suscitato preoccupazioni, vuole significare che il Governo si impegna a far sì che entro quel termine la situazione sarà normalizzata, in modo da assicurare il pieno godimento di questi spettacoli che interessano tanti cittadini. Quindi, non si avrà più bisogno di ricorrere a misure, che hanno pur sempre il carattere di preoccupazione e di eccezionalità.

PRESIDENTE. Ringrazio il rappresentante del Governo.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani, già preannunziato nella Conferenza dei presidenti di gruppo.

Mercoledì 21 marzo 2007, alle 9:

1. - Informativa urgente del Governo sulla liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo.

(al termine dell'informativa urgente e al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese (2201-A).
- Relatore: Lulli.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1314 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (Approvato dal Senato) (2340-A).
- Relatori:
Pisicchio, per la II Commissione e Folena, per la VII Commissione.

4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.

5. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ed altri; BOATO; ZACCARIA ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (648-1571-1782-1849-A).
- Relatore: Bocchino.


Pag. 134

6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine (1638-A).

e delle abbinate proposte di legge: MIGLIORE ed altri; FABRIS ed altri; CRAXI ed altri; NAN; MAZZONI e FORMISANO; BRANCHER ed altri; BALDUCCI (1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
- Relatore: Tenaglia.

7. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (1609).
- Relatore: Grassi.

8. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DI VIRGILIO ed altri; CASTELLANI ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (780-1891-A).
- Relatore: Di Virgilio.

9. - Seguito della discussione della proposta di legge:
CONTENTO: Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale (782-A).

e degli abbinati progetti di legge: ASCIERTO; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO (809-1967).
- Relatore: Palomba.

10. - Seguito della discussione delle mozioni Bimbi ed altri n. 1-00113, Gozi ed altri n. 1-00114, Elio Vito ed altri n. 1-00120, Maroni e Pini n. 1-00123, Volontè ed altri n. 1-00125, Zacchera e La Russa n. 1-00126 e D'Elia ed altri n. 1-00127 sul rilancio del processo costituzionale europeo e dell'azione dell'Unione europea.

11. - Seguito della discussione delle mozioni Giovanardi ed altri n. 1-00112, Mura ed altri n. 1-00117, Meta ed altri n. 1-00118, Leone ed altri n. 1-00121, Maroni ed altri n. 1-00122, Beltrandi e Villetti n. 1-00124 e Fabris ed altri n. 1-00130 sulle iniziative per contrastare il fenomeno delle cosiddette «stragi del sabato sera».

(ore 15)

12. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 0,25 del 21 marzo 2007.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO PINO PISICCHIO SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2340-A

PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Dobbiamo partire da una considerazione fondamentale accingendoci all'esame di questo provvedimento: è un decreto che ha al centro della sua valutazione l'ordine pubblico, con inevitabili precipitati relativi a profili penalistici e aspetti che ineriscono le dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura essenziale del decreto concerne il profilo dell'ordine pubblico: è un elemento che non va dimenticato e che, anzi, deve rappresentare l'ermeneutica corretta per interpretarlo senza commettere l'errore di attribuire ad esso valenze taumaturgiche per tutto il complesso mondo dello sport.
Ad altro provvedimento, più organico e mirato, sarà consegnato questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo d'essere del calcio italiano, e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo, assunto fin da oggi, saprà spendersi


Pag. 135

in modo adeguato e nei tempi adeguati: alla nostra attenzione oggi c'è ben altro. C' è un decreto per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, adottato a seguito dei gravissimi episodi di violenza culminati a Catania con l'omicidio dell'ispettore Raciti, annunciato da una lunga sequenza di atti teppistici di estrema gravità che hanno fatto registrare altre vittime nei campi sportivi di mezza Italia. Violenza, dunque, che nulla ha a che vedere con lo sport. Questa la considerazione preliminare che attiene al merito ed ai confini del disegno di legge di conversione.
Ma esiste anche una preliminare questione di metodo che io qui voglio affrontare. Il decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto una maggioranza quasi unanime: questo fatto politico ha rappresentato e rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe anche potuto rappresentare, sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altra Camera, un elemento capace di esercitare un condizionamento per il nostro lavoro.
Le Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del provvedimento, hanno preliminarmente affrontato una questione che travalica il merito dello stesso, coinvolgendo i rapporti tra i due rami del Parlamento. Come è già avvenuto in passato, la Camera dei deputati si trova in una situazione anomala determinata dall'asimmetria che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione di un diverso rapporto tra maggioranza ed opposizione. Se non si vuole pervenire ad una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, ispirato al principio del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli che un testo approvato dal Senato, sia pure all'unanimità, può essere modificato dalla Camera ogni qual volta ciò si dimostri necessario. Nel caso in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare alcune modifiche al testo approvato dal Senato. La circostanza che si tratti di un testo approvato dall'altro ramo del Parlamento pressoché all'unanimità (solo cinque astenuti) ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente modifiche sorrette da una condivisione unanime da parte di tutti i gruppi. Non tanto come relatore per la II Commissione quanto piuttosto in veste di presidente di tale Commissione, vorrei sottolineare che le Commissioni riunite hanno svolto un proficuo ed attento esame del testo che ha visto un atteggiamento costruttivo da parte di tutti i gruppi, senza distinzione tra maggioranza ed opposizione. Solo una condivisione unanime delle modifiche può giustificare la trasmissione al Senato di un testo approvato da quel ramo all'unanimità. Prima di passare all'esame del merito vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni hanno approvato tutti gli emendamenti all'unanimità nonostante che in alcuni casi per qualche gruppo ciò abbia significato la rinuncia ad alcune legittime convinzioni. L'obiettivo di tutti è stato uno solo: approvare un testo condiviso che contenesse misure adeguate per contrastare il fenomeno della violenza nello sport.
Per quanto attiene al testo, mi soffermerò principalmente sulle disposizioni che di più attengono alla competenza della Commissione giustizia.
All'articolo 1, recante misure specifiche concernenti la sicurezza degli impianti sportivi come le limitazioni all'accesso negli stadi dove non siano stati completati gli interventi strutturali ed organizzativi previsti dall'articolo 1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, sono state apportate due modifiche. La prima di natura formale, in quanto si è sostituita la formula «a porte chiuse» utilizzata per indicare le partite da effettuare senza la partecipazione del pubblico. Secondo la formulazione adottata nel decreto-legge , infatti, negli stadi non ancora «a norma» le competizioni sono svolte «a porte chiuse». Non si sarebbe trattato di una ragione sufficiente di per sé a giustificare una nuova lettura da parte del Senato, tuttavia, considerato che una nuova lettura da parte del Senato sarebbe stata comunque


Pag. 136

necessaria per altre ragioni, si è ritenuto opportuno sostituire l'espressione in questione con quella della «assenza di pubblico».
Di natura sostanziale è, invece, la modifica al comma 7-bis dell'articolo 1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28 in quanto si è ritenuto opportuno precisare che il divieto di vendita alla stessa persona fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro si estende alle persone giuridiche. Ciò al fine di evitare facili elusioni del divieto nel caso in cui l'acquisto dei biglietti sia effettuato da queste. Forse sul punto è necessaria una ulteriore riflessione, considerato che comunque rimangono fuori gli enti privi di riconoscimento giuridico.
L'articolo 2 è stato marginalmente modificato. Non è stata toccata la parte più importante, cioè quella che amplia l'ambito applicativo del divieto d'accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (il cosiddetto DASPO, anche noto come «diffida»), che, fino al decreto-legge in esame, poteva essere disposto dal questore solo nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per una serie di reati specificatamente individuati dal legislatore. Il provvedimento interviene anche sulle disposizioni vigenti in base alle quali alle persone cui è notificato il DASPO il questore può altresì prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, presso un determinato ufficio o comando di polizia, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto. In primo luogo, il decreto-legge ha esteso l'ambito dei reati che consentono l'applicazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione facendovi rientrare anche quello del possesso di artifici pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive. Ancora più importante è la novità che consente di adottare le predette misure anche sulla base di elementi oggettivi dai quali risulti che il soggetto abbia tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse. Come sottolinea la relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, viene così introdotta la possibilità di applicare il divieto di accesso (ma, anche l'obbligo di presentazione di cui al comma 2 del medesimo articolo 6) indipendentemente non solo dalla condanna, seppure non definitiva, ma anche dalla mera denuncia. Si segnala, inoltre, che l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede un ulteriore caso in cui possono essere disposti DASPO e obbligo di presentazione.
Il decreto-legge è intervenuto anche sulla durata del DASPO e dell'obbligo di presentazione disposti dal questore, prevedendo una durata minima di tre mesi, successivamente aumentata ad un anno nel corso dell'esame presso il Senato. Il Senato ha, inoltre, approvato un emendamento che aumenta da tre a cinque anni l'attuale limite massimo di durata delle citate misure preventive. Si segnala, inoltre, che una disposizione introdotta ex novo dal Senato prevede, poi, che il DASPO possa essere applicato anche nei confronti di minori di 18 anni ultraquattordicenni, stabilendo, peraltro, l'obbligo di notifica del provvedimento all'esercente la potestà genitoriale. Il decreto-legge, a seguito delle modifiche del Senato, ha incrementato la pena prevista per la violazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione. Si segnala che più rilevante dell'aumento di pena è la sostituzione della alternatività tra pena pecuniaria e detentiva con la contestualità delle pene detentive e pecuniarie: ciò significa che è stata sottratta al magistrato la possibilità di valutare in concreto se la violazione degli obblighi disposti dal questore sia effettivamente meritevole di una sanzione detentiva. Si tratta di un aspetto estremamente delicato che consente di introdurre nel dibattito parlamentare una questione di particolare rilevanza. Mi riferisco alla funzione preventiva oltre che remuneratoria della pena detentiva. Il decreto-legge, specie a seguito delle modifiche introdotte pressoché all'unanimità al Senato, inasprisce


Pag. 137

pesantemente le pene attualmente previste nonché introduce nuovi reati puniti con pene detentive. Le Commissioni hanno riflettuto su tale punto: la pena detentiva è il migliore strumento per punire le condotte vietate dal decreto-legge o ve ne sono altre? Mi riferisco alle cosiddette sanzioni alternative, come, ad esempio, ai lavori di pubblica utilità ai quali potrebbero proficuamente essere sottoposti coloro che commettono reati in occasione di manifestazioni sportive. A parte le considerazioni di fondo sull'adeguatezza della pena detentiva come strumento di deterrenza per la commissione di reati, vi è una riflessione alla quale non possiamo sottrarci: il carcere spesso finisce per rovinare definitivamente i giovani che vi sono rinchiusi, i quali entrano in contatto con criminali che li condizionano pesantemente. Si tratta di un discorso delicato che si presta a facili quanto sterili strumentalizzazioni, considerato che la risposta più facile, anche come impatto sull'opinione pubblica, al fenomeno della violenza degli stadi è l'aumento delle pene detentive. Se tale aumento è giustificato per i fatti gravi, non lo è per quelli meno gravi. In questi casi potrebbe essere sufficiente una pena alternativa. Ciò che assolutamente deve essere garantita è la certezza della esecuzione della pena evitando che le norme sanzionatorie finiscano per essere degli sterili proclami. Proprio in relazione a tale tema, il relatore per la VII Commissione ha presentato in sede referente l'articolo aggiuntivo 7.04, diretto a prevedere per i reati commessi in occasione di manifestazioni sportive, con esclusione di quelli che recano danno alle persone, la sospensione del processo e l'applicazione di misure alternative alle pene detentive e pecuniarie, come ad esempio i lavori di pubblica utilità. Tale soluzione avrebbe il pregio di evitare un indiscriminato e pericoloso inserimento di giovani, che comunque hanno sbagliato, nel circuito carcerario nonché di applicare una pena realmente rieducativa. Tuttavia, come avrà modo di chiarire l'onorevole Folena, anche a seguito di un intervento in Commissione del sottosegretario per la giustizia, l'articolo aggiuntivo è stato ritirato con il proposito di trasformarlo in un ordine del giorno. Dal dibattito è emersa la convinzione che il decreto-legge, anche per il suo carattere emergenziale, non sia lo strumento più idoneo per applicare per la prima volta agli adulti un istituto del processo minorile, quale la messa alla prova. Inoltre, il rappresentante del Governo ha annunciato che è allo studio un disegno di legge di modifica del codice di procedura penale che affronta la materia dell'affidamento in prova sia pure in una ottica generale e, quindi, non riferita a particolare reati.
La modifica apportata dalle Commissioni all'articolo 2 ha per oggetto il comma 2. Si tratta di una precisazione più linguistica che normativa in quanto si è eliminata la qualificazione di «morali» dei requisiti previsti dall'articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza in relazione all'incarico che le società sportive possono conferire in riferimento alle attività negli stadi.
Una importante modifica al testo trasmesso dal Senato è stata la sostituzione dell'articolo 2-bis, che introduceva nell'ordinamento il reato relativo al divieto di manifestazioni esteriori. Sulla necessità di modificare la nuova fattispecie penale prevista dal Senato vi è stata una totale e piena condivisione da parte di tutti i gruppi. La norma, al comma 1, introduceva un reato di natura contravvenzionale, punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e consistente nella violazione del divieto di esporre negli impianti sportivi striscioni, cartelli, simboli, emblemi, nonché di svolgere manifestazioni esteriori, anche verbali, riferibili ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. L'incostituzionalità del testo è parsa evidente anche alla I Commissione, che lo ha segnato in una condizione contenuta nel proprio parere favorevole. Anche il Comitato per la legislazione ha ritenuto opportuno sottolineare l'indeterminatezza della fattispecie. In realtà il problema di tale norma non era soltanto l'indeterminatezza


Pag. 138

della fattispecie, la quale si sarebbe potuta sanare attraverso una definizione più puntuale della stessa, quanto la carenza di lesività della condotta, intendendo questa come idoneità della medesima a ledere un bene giuridico meritevole di tutela penale. Le Commissioni hanno convenuto che ci si trovava innanzi ad un reato di opinione privo di un vero e proprio disvalore. In luogo di tale reato le Commissioni ne hanno introdotto uno che invece esprime di per sé un disvalore giuridico. In particolare, anziché vietare striscioni, cartelli, simboli, emblemi nonché rappresentazioni esteriori anche verbali, relativi ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati, si sono vietati striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla violenza o che contengano insulti o minacce. È stata ovviamente fatta salva la cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) che vieta tutte le manifestazioni razziste. L'emendamento ha inoltre soppresso i commi 2 e 3 dell'articolo 2-bis. Sulla opportunità di sopprimere il comma 2 non vi sono dubbi, trattandosi di una disposizione diretta a prevedere una specifica ipotesi del reato di resistenza a pubblico ufficiale che già può essere ricavata in via interpretativa dalla normativa vigente o che presuppone il reato che le Commissioni hanno soppresso. Diverso è il caso della soppressione del comma 3, diretto a rimodulare le sanzioni previste dall'articolo 2, comma 1, della cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) a carico di coloro che, in pubbliche riunioni, compiano manifestazioni esteriori od ostentino emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Mentre i previgenti limiti di pena consistevano nella reclusione fino a tre anni e la multa da 103 a 258 euro, quelli introdotti dal Senato prevedono una reclusione da uno cinque anni e la multa da 10 mila a 50 mila euro. Nel corso dell'esame in Assemblea si potrà valutare se sia stato effettivamente opportuno procedere alla soppressione del comma 3.
L'articolo 2-ter, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato e non modificato dalle Commissioni, contiene disposizioni relative al personale addetto agli impianti sportivi.
L'articolo 3 del decreto-legge interviene sugli articoli 6-bis, comma 1, e 6-ter della legge n. 401 del 1989, che prevedono due distinte figure di reato. Le Commissioni non hanno modificato le disposizioni del testo trasmesso dal Senato, ma hanno previsto una ulteriore modifica all'articolo 6-bis della legge n. 401 intervenendo anche sul comma 2, relativo alla invasione di campo.
Non sono state quindi modificate le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 6-bis, che configura come reato il lancio di materiale pericoloso in occasione di manifestazioni sportive. Sono stati meglio definiti gli oggetti pericolosi, rientrando tra questi i «razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti o comunque atti ad offendere». La condotta, inoltre, non rileva solo quando sia posta in essere nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, ma anche nelle immediate adiacenze degli stessi. Si considerano commessi nei luoghi suddetti i fatti ivi verificatisi nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva. Durante l'esame al Senato, la norma è stata ulteriormente modificata - oltre che con una riscrittura di natura formale del nuovo comma 1 dell'articolo 6-bis - con la precisazione che l'illiceità dei fatti deve essere comunque ricollegabile alla manifestazione sportiva. La novella interessa anche i profili sanzionatori del reato in oggetto: la pena è ora la reclusione da uno a quattro anni, quindi incrementata rispetto a quella precedente, fissata tra i sei mesi e i tre anni.


Pag. 139

Le aggravanti speciali previste dall'articolo 6-bis sono invertite. Mentre in passato si prevedeva un semplice aumento di pena se dal fatto derivava un danno alle persone (quindi l'aumento di un terzo, ex articolo 64 del codice penale) e l'aumento fino alla metà se dal fatto derivava il mancato regolare inizio, la sospensione, l'interruzione o la cancellazione della manifestazione sportiva, il decreto-legge ha invertito l'entità dell'aumento della pena tra le due circostanze. Un emendamento approvato dal Senato ha precisato, tuttavia, che l'aumento di pena debba derivare non dal mancato regolare inizio della gara bensì da «un ritardo rilevante dell'inizio» della stessa. Come si è detto, le Commissioni sono intervenute sul reato di invasione di campo, modificando il comma 2 dell'articolo 6-bis. Le modifiche sono dirette a conferire maggior rigore alla normativa vigente facendo venir meno il requisito del pericolo concreto nonché prevedendo che tra la pena detentiva e quella pecuniaria non vi sia un rapporto di alternatività, bensì di contestualità. In tal modo, nel caso di invasione di campo si realizza comunque un reato da punire con pena detentiva. Se poi dall'invasione deriva un ritardo rilevante dell'inizio, l'interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica la pena è aggravata. Secondo le Commissioni, la condotta di invasione di campo è estremamente pericolosa per l'ordine pubblico all'interno degli stadi, per cui, per tale ragione, è irragionevole che al fatto concreto possa applicarsi solo una pena pecuniaria, come è avvenuto nei confronti di coloro che invadendo il campo hanno determinato nel 2004 l'interruzione di un derby romano, con grave pericolo per l'incolumità pubblica.
Non è stato modificato l'articolo 3-bis nella parte in cui modifica l'articolo 635 del codice penale introducendo una nuova aggravante al delitto di danneggiamento, da applicarsi nel caso in cui il danneggiamento di attrezzature e impianti sportivi sia realizzato al fine d'impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. La pena che sanziona l'illecito aggravato è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 309 euro.
Tra le modifiche più rilevanti al decreto-legge si segnala quella apportata all'articolo 4 relativo alla disciplina dell'arresto in flagranza differita effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive. Le Commissioni non hanno modificato le disposizioni del decreto-legge relative alla disciplina della flagranza differita, ma sono intervenute sulla disposizione diretta a stabilizzare l'istituto, che fino al decreto-legge in esame aveva nel 30 giugno 2007 la scadenza della propria vigenza. Le Commissioni hanno modificato la norma che traduce in istituto a regime la flagranza differita, ma hanno portato al 30 giugno 2007 la scadenza.
Le due modifiche apportate alla normativa in tema di flagranza differita non sono state toccate dalle Commissioni. In primo luogo, il decreto-legge ha eliminato la possibilità di utilizzare «elementi oggettivi» per accertare inequivocabilmente la commissione del fatto. Pertanto, d'ora in avanti si potrà procedere esclusivamente sulla base di filmati e fotografie. Su tale punto si dovrà comunque riflettere in futuro, poiché se si vuole protrarre nel tempo la nozione di flagranza occorre anche individuare strumenti oggettivi idonei ad escludere incertezze nella ricostruzione dei fatti. Non sempre i filmati e le fotografie, specialmente se decontestualizzate, sono in grado di rappresentare fedelmente i fatti. In secondo luogo, il decreto-legge è intervenuto sul termine di durata della flagranza, che viene esteso dalle trentasei alle quarantotto ore. La modifica è stata dettata dall'esigenza di attribuire alle forze dell'ordine un ulteriore lasso di tempo per procedere alle identificazioni ed al successivo prelevamento dei soggetti individuati. È chiaro che qualsiasi aumento dei tempi rende ancora più evidente la deroga al principio della effettività della flagranza. Tuttavia, una volta che si ritiene accettabile la deroga a tale principio non sono le dodici ore in più a far modificare una eventuale valutazione positiva dell'istituto essendo


Pag. 140

queste necessarie per poter applicare in concreto l'istituto della flagranza differita. Ciò che è stato considerato maggiormente rilevante è quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge. Tale disposizione, abrogando l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 28 del 2003 che stabiliva un termine finale per l'efficacia delle disposizioni in materia di flagranza differita e la sottrazione alla disciplina generale delle misure cautelari di cui si dirà a breve, conferiva una definitiva stabilità e normalizzazione a due istituti che sinora erano stati considerati eccezionali e temporanei. Si è ricordato in Commissione che, proprio sulla base di tale natura, gli istituti in questione hanno trovato una loro giustificazione. Si ricorda che questi sono stati trasformati in transitori in sede di conversione del decreto-legge n. 28 del 2003, attraverso la limitazione della loro efficacia al 30 giugno 2005. Tale termine era stato successivamente prorogato al 30 giugno 2007 dal decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115. Le Commissioni hanno ritenuto che un istituto eccezionale, come quello della flagranza differita, non possa essere stabilizzato, ma debba rimanere uno strumento legato a situazioni eccezionali e temporanee. Ci si è anche chiesti se da tale stabilizzazione possa poi conseguire anche una estensione applicativa degli istituti ad ogni ipotesi in cui i reati siano commessi nell'ambito di schieramenti di persone, come può avvenire, ad esempio, nelle manifestazioni politiche. In astratto le considerazioni che giustificano la flagranza differita in occasione di manifestazioni sportive sono valide anche per i cortei politici o comunque per manifestazioni politiche, in quanto anche in tali ipotesi l'arresto in flagranza richiederebbe un intervento delle forze di polizia all'interno del gruppo dei manifestanti. Proprio per evitare ciò, nel 2003 fu conferito il carattere di specialità e temporaneità al nuovo istituto della flagranza differita.
Non sono state modificate le disposizioni, di cui al comma 1 dell'articolo 4, relative all'arresto in flagranza (reale) effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive. Il decreto-legge prevede che questo possa essere effettuato anche nel caso di possesso di materiale. Viene, inoltre, chiarito che l'arresto può essere disposto nel caso di violazione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, anche nell'ipotesi in cui a tale divieto non si accompagni l'obbligo di presentarsi personalmente al comando di polizia. È infine consentito l'arresto nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Sono state confermate le modifiche all'articolo articolo 8, comma 1-quater della legge n. 401 del 1989, secondo cui, nel caso di una serie di reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, le misure coercitive (quali la custodia cautelare e gli arresti domiciliari) possano essere disposte anche per reati la cui pena sia inferiore ai limiti minimi previsti in generale per l'applicazione delle misure cautelari. Ciò allo scopo di evitare che una persona arrestata in base alle previsioni della legge possa poi riacquistare la libertà a causa dell'impossibilità di disporre misure coercitive per tali reati, in quanto aventi limiti edittali di pena insufficienti. La lettera c) prevede che la deroga al regime generale delle misure cautelari si applichi anche nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive che sia stato disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Il comma 3, infine, prevede che - analogamente a quanto già accade per i reati di violazione del DASPO, di violazione degli obblighi di comparizione, di lancio di materiale pericoloso, di scavalcamento di recinzioni dell'impianto sportivo nonché per i reati commessi durante o in occasione di manifestazioni sportive - si proceda sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.
Gli articoli 5 e 6, che non sono stati modificati, hanno per oggetto rispettivamente il sistema sanzionatorio per la violazione del regolamento d'uso degli impianti predisposto sulla base delle linee


Pag. 141

guida approvate dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive nonché l'estensione delle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza commesse in occasione di competizioni sportive.
Altra rilevante modifica al testo trasmesso dal Senato è quella relativa al comma 1 dell'articolo 7. Tale disposizione, come risultante dall'approvazione di un emendamento interamente sostitutivo nel corso dell'esame da parte del Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge, introduceva nel codice penale la nuova fattispecie di reato delle lesioni personali gravi o gravissime commesse in occasione di servizio di ordine pubblico. In particolare, veniva punito con le pene previste dall'articolo 583 del codice penale, aumentate della metà, chiunque procuri ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime. Nel corso dell'esame in sede referente sono emerse diverse critiche nei confronti di tali aggravanti. In primo luogo, è stata sottolineata l'irragionevolezza della sanzione ivi prevista, in quanto venivano parificate senza alcuna giustificazione quelle previste per le lesioni gravissime con quelle relative all'omicidio preterintenzionale. Per tale ragione le aggravanti sono state punite espressamente con la reclusione da quattro a dieci anni (lesioni gravi) ovvero con la reclusione da otto a sedici anni (lesioni gravissime). La scelta di individuare espressamente la pena da applicare è stata dettata dall'esigenza di sottrarre, ai sensi del terzo comma dell'articolo 69 del codice penale, tali circostanze aggravanti al bilanciamento con le circostanze attenuanti. Altra modifica apportata al testo trasmesso dal Senato è stata quella di limitare l'applicabilità delle circostanze aggravanti in questione alle ipotesi in cui queste siano state cagionate in occasione di manifestazioni sportive. Si è ritenuto, infatti, che tale limitazione sia giustificabile in ragione della peculiarità del fenomeno della violenza negli stadi, che vede come prime vittime proprio le forze dell'ordine. Come ho avuto modo di annunciare in occasione dell'approvazione dell'emendamento sostitutivo del comma 1 dell'articolo 7, sarà necessario trovare una formulazione che identifichi senza alcun dubbio nelle forze dell'ordine i soggetti tutelati dalle nuove aggravanti introdotte nel codice penale in relazione al reato di lesioni.
Per quanto attiene alle altre disposizioni, rinvio alla relazione del relatore per la VII Commissione, riguardando materie rientranti nella competenza di tale Commissione.