XIX LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 485 di lunedì 26 maggio 2025
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA
La seduta comincia alle 10.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata Segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
GILDA SPORTIELLO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 23 maggio 2025.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 79, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Discussione della proposta di legge: Semenzato ed altri: Istituzione della Giornata nazionale contro la denigrazione dell'aspetto fisico delle persone (body shaming) (A.C. 1049-A?).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1049-A?: Istituzione della Giornata nazionale contro la denigrazione dell'aspetto fisico delle persone (body shaming).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1049-A?)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Martina Semenzato.
MARTINA SEMENZATO , Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, la proposta di legge di cui l'Assemblea avvia oggi l'esame è finalizzata all'istituzione di una Giornata nazionale contro la denigrazione dell'aspetto fisico delle persone (body shaming).
Il body shaming o derisione del corpo è l'atto di deridere o discriminare una persona per il suo aspetto fisico. Nel body shaming il carattere fisico viene colpito in quanto considerato non aderente ai canoni estetici della cultura in cui la vittima vive e non ha importanza che sia anormale o dannoso per la salute, né che la vittima abbia la possibilità di modificarlo. La vittima viene colpevolizzata e indotta alla vergogna - penso alle tante donne vittime di violenza domestica - riducendone l'autostima e conducendola potenzialmente a problemi come ansia, depressione, disturbi alimentari e, in casi estremi, al suicidio. Il body shaming ha trovato senz'altro terreno fertile a seguito della diffusione dei social media, che hanno amplificato i fenomeni di derisione e di discriminazione, molte volte nel più completo anonimato, in maniera vigliacca. La fascia di età maggiormente esposta è quella delle ragazze e dei ragazzi più giovani, adolescenti o poco più, ma possono esserne vittime anche persone adulte.
Entrando nel merito del contenuto della proposta di legge, che si compone di sei articoli, rilevo che, nel corso dell'esame in sede referente presso la Commissione affari sociali, sono state approvate alcune proposte emendative al testo originario.
L'articolo 1 della proposta di legge, al comma 1, istituisce la Giornata nazionale contro il body shaming, da celebrare il 16 maggio di ogni anno, finalizzata a sensibilizzare i cittadini sulla gravità dei comportamenti offensivi che hanno come obiettivo la denigrazione del corpo di una persona e a promuovere ogni iniziativa utile a prevenire e contrastare condotte volte a denigrare e ridicolizzare una persona per il suo aspetto fisico.
Il comma 2 precisa che la Giornata nazionale non è considerata festiva, in quanto non determina gli effetti civili previsti dalla legge n. 260 del 1949, recante “Disposizioni in materia di ricorrenze festive”. Viene poi previsto che il colore simbolo della Giornata nazionale sia il fucsia, scelto per rappresentare l'ottimismo e l'evoluzione personale, che portano all'affermazione di se stessi, il coraggio di essere se stessi e la capacità di riconoscere il valore delle proprie azioni.
L'articolo 2 prevede che, in occasione della Giornata, le istituzioni pubbliche, le organizzazioni della società civile e le associazioni ed enti del Terzo settore possano promuovere iniziative quali convegni, eventi, dibattiti, incontri, cerimonie, manifestazioni culturali e campagne informative e sociali, finalizzati alla sensibilizzazione e alla prevenzione del body shaming.
L'articolo 3 detta disposizioni relative alla celebrazione della Giornata nazionale negli istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione e formazione, prevedendo che questi ultimi, nell'ambito della propria autonomia, possano promuovere e organizzare iniziative didattiche, percorsi di studio, momenti comuni di riflessione, eventi, dibattiti e incontri dedicati alla comprensione e all'approfondimento del fenomeno delle discriminazioni fisiche e delle conseguenze che ne derivano sulla salute fisica e psicologica delle persone colpite, nonché a promuovere l'accettazione del proprio corpo.
L'articolo 4 prevede che le istituzioni pubbliche, le organizzazioni della società civile e le associazioni e gli enti del Terzo settore possano promuovere campagne informative e di sensibilizzazione sul tema del body shaming, attraverso l'utilizzo dei mezzi di comunicazione telematica, finalizzate a: sensibilizzare l'opinione pubblica sulla gravità del body shaming, sulle eventuali responsabilità penali derivanti da comportamenti riconducibili a tale fenomeno e sulla necessità di contrastarlo; fornire informazioni sulle conseguenze del body shaming sulla salute fisica e psicologica delle persone che ne sono vittima; promuovere l'accettazione del proprio corpo e il rispetto di quello degli altri; promuovere un uso consapevole delle piattaforme sociali telematiche; sviluppare una consapevolezza critica delle immagini ideali e ritoccate nelle piattaforme medesime e nella pubblicità, nonché promuovere un uso consapevole del linguaggio e delle tecnologie digitali; rispetto della reputazione altrui.
L'articolo 5 prevede che il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale possa assicurare adeguati spazi ai temi connessi alla citata Giornata nazionale nell'ambito della programmazione televisiva nazionale e regionale. L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.
In conclusione, Presidente, vorrei ringraziare tutti i gruppi parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione, e il Governo, per aver condiviso l'importanza di legiferare in questa materia, sostenendo la proposta di legge oggi in discussione.
PRESIDENTE. Prima di andare oltre, salutiamo le ragazze e i ragazzi della comunità per minori “Punto a Capo” di Cagliari, che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Grazie di essere qui e benvenuti a Montecitorio (Applausi).
Ha facoltà di intervenire la Sottosegretaria di Stato per i Rapporti con il Parlamento, deputata Matilde Siracusano, che si riserva. È iscritta a parlare l'onorevole Lancellotta. Ne ha facoltà.
ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA (FDI). Grazie, Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, in Italia quasi nove adolescenti su dieci hanno sperimentato, almeno una volta nella vita, commenti offensivi sul proprio aspetto fisico. Per circa tre su dieci questi insulti sono divenuti, purtroppo, una realtà quotidiana. Nel 60 per cento dei casi i colpevoli di questi comportamenti sono i coetanei. Ma non mancano gli episodi nei quali a muovere gli insulti sono adulti e questo accade nel 20 per cento dei casi. La conseguenza più immediata della diffusione di questi comportamenti si riscontra nel pessimo rapporto che molti giovanissimi hanno con il proprio corpo. Circa uno su quattro confessa di non riuscire a guardarsi nudo, neanche quando è da solo.
Gli argomenti sensibili riguardano il peso corporeo, il 55 per cento degli intervistati; l'aspetto delle braccia, dei fianchi e delle gambe, per il 44 per cento; e dei difetti del viso, il 43 per cento. Insulti che, nella maggior parte dei casi, colpiscono donne.
Infatti, il 64 per cento delle donne italiane dichiara di aver subito o di conoscere qualcuno che ha subito atti denigratori del proprio aspetto fisico, mentre sono il 18,6 per cento le donne vittime di body shaming online. E non sono semplici parole, sono ferite che lasciano cicatrici invisibili, che si traducono in vergogna, in isolamento, in disagio, in disturbi alimentari, come anoressia o bulimia. Parole che, in chi è colpito, generano insicurezza e fragilità. Nei casi più gravi spingono anche all'utilizzo di sostanze stupefacenti e alla morte.
È necessario partire da qui, da questo quadro, per affrontare il tema del body shaming e per comprendere appieno l'urgenza e la necessità di questa proposta di legge a prima firma della collega Martina Semenzato. Questi numeri, infatti, evidenziano una realtà allarmante che richiede interventi immediati. Il body shaming, come a tutti noto, è l'atto di deridere e/o discriminare una persona per il suo aspetto fisico, colpendola perché considerata non aderente ai canoni estetici, al modello estetico di una società nella quale l'apparire sembra essere più importante dell'essere. Almeno per alcuni, per fortuna, non per tutti, certamente non per noi.
Il body shaming si traduce in veri e propri atti di bullismo e di cyberbullismo che colpiscono, in maniera trasversale, la società. Oltre ai giovani che restano i più vulnerabili, ne sono state vittime persone impegnate nella politica, nelle professioni, nel mondo della cultura e dello sport.
L'epoca in cui viviamo non aiuta. Lo sviluppo e l'utilizzo, ormai crescente, dei social network aumenta, amplificandola a dismisura, la portata e soprattutto gli effetti di questo fenomeno. L'88 per cento delle persone con disturbi alimentari ha ammesso di utilizzare i social per confrontare il proprio aspetto con quello degli altri e il 50 per cento ha riferito che l'uso dei social ha contribuito allo sviluppo del proprio disturbo. Effetti che, in parte, riescono a trovare un argine nei provvedimenti legislativi, anche di natura penale, che il Governo Meloni e il Parlamento stanno mettendo in campo in questi anni sul fronte del contrasto al bullismo e del cyberbullismo, ai quali il body shaming si iscrive e, più in generale, della violenza di genere. È anche qui un problema culturale, di ristabilire i giusti valori verso i quali, soprattutto i giovani, possono e devono riconoscersi, identificarsi. Bisogna dunque aumentare nella pubblica opinione la consapevolezza nei confronti delle problematiche legate all'accettazione di sé e del proprio corpo. Ed è esattamente questo che, con la proposta di legge che stiamo discutendo, intendiamo fare. Ed intendiamo farlo, innanzitutto, prevedendo che la Repubblica riconosca il giorno 16 maggio come la Giornata nazionale contro il body shaming, in modo da sensibilizzare i nostri concittadini sulla gravità di comportamenti offensivi che hanno come obiettivo la denigrazione del corpo di una persona, come dispone l'articolo 1 della proposta di legge, e ciò anche promuovendo ogni più utile iniziativa che vada in questa direzione.
Attraverso l'articolo 2 viene disposto che, in occasione dell'istituenda Giornata nazionale, le istituzioni pubbliche, le organizzazioni della società civile e le associazioni del Terzo settore promuovano iniziative quali convegni, eventi, dibattiti, incontri, cerimonie, manifestazioni, campagne informative e sociali, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del body shaming, a favorire l'informazione e la sensibilizzazione sul problema della discriminazione basata sull'aspetto fisico, ad incentivare la promozione dell'accettazione del proprio corpo e il rispetto di quello degli altri, alla promozione di un uso maggiormente consapevole del linguaggio e delle tecnologie digitali, in particolare riferimento all'altrui reputazione.
L'articolo 3 detta disposizioni relative alla celebrazione della Giornata nazionale negli istituti scolastici di ogni ordine e grado. La scuola, anche rispetto alla fascia d'età della popolazione maggiormente colpita, può avere un ruolo cruciale nell'arginare il fenomeno del body shaming. È infatti il primo ambiente sociale dove gli adolescenti imparano a relazionare con gli altri e con se stessi.
Per questo, con la proposta di legge oggi in discussione, disponiamo che le istituzioni scolastiche promuovano iniziative didattiche, percorsi di studio, momenti comuni di riflessione, eventi, dibattiti e ogni utile attività dedicata sia alla comprensione e all'approfondimento del fenomeno delle discriminazioni fisiche, sia alle conseguenze che da esso derivano sulla salute fisica e psicologica delle persone colpite.
Con l'articolo 4, poi, viene favorita e stimolata l'iniziativa di istituzioni pubbliche, organizzazioni della società civile e associazioni del Terzo settore a promuovere campagne informative e di comunicazione finalizzate ad evidenziare la gravità del fenomeno e i danni, diretti ed indiretti, che esso provoca in chi resta colpito. Per assicurare e favorire l'ampia diffusione di tali attività comunicazionali viene previsto, con l'articolo 5, che la concessionaria del servizio pubblico radiofonico e televisivo di Stato assicuri adeguati spazi all'interno del proprio palinsesto, nazionale e regionale.
Con la clausola di invarianza finanziaria, di cui all'articolo 6, si chiude l'approvanda proposta di legge. Vedete, proprio perché il body shaming è un fenomeno trasversale, che non risparmia nessuno e che può colpire chiunque, la nostra risposta non può che essere trasversale e corale. Diventa necessario che ogni istituzione, ogni scuola, ogni famiglia, ogni associazione del Terzo settore faccia la propria parte, e l'istituzione della Giornata nazionale contro la denigrazione dell'aspetto fisico rappresenta, senza dubbio, un necessario passo in avanti nel riconoscere il proprio valore al di là dell'aspetto esteriore.
Ogni uomo, ogni donna, ogni ragazzo, ogni ragazza, ha il dovere di essere autentico e il diritto di essere rispettato. Con queste parole, Papa Francesco chiedeva, nel 2023, rispetto per l'autenticità di ogni individuo. Oggi, queste parole vogliamo farle nostre, continuando a percorrere quel solco tracciato dal Governo Meloni già in altri ambiti, per fare emergere l'unicità e il talento di ciascuno di noi, a prescindere dall'aspetto fisico, perché ogni corpo racconta una storia unica e merita rispetto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Semenzato).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sportiello. Ne ha facoltà.
GILDA SPORTIELLO (M5S). Grazie Presidente. Chiaramente ringraziamo la relatrice, perché ha cercato di coinvolgere tutte le forze politiche e ha posto all'attenzione di quest'Aula un tema veramente importante: tutte le discriminazioni, le offese, gli insulti e le intenzioni volte a far vergognare una persona del proprio corpo. Credo che nessuno possa dirsi davvero immune da questo tipo di attacco, ma sicuramente ci sono persone che lo sono più di altre. Penso, per esempio, agli adolescenti e alle adolescenti: il 94 per cento degli adolescenti dichiara di aver subito body shaming e più del 60 per cento tra i ragazzi. Se, invece, guardiamo alle donne, almeno una donna su due dichiara di aver subito body shaming. Non riesce difficile crederlo, perché credo che ognuna di noi qui dentro potrebbe raccontare qualche episodio.
È chiaro che, quando questi episodi avvengono durante l'adolescenza, durante la quale si vive in un corpo in evoluzione, che sta mutando, il fatto è tanto più odioso. Però gli stereotipi legati all'aspetto fisico, gli stereotipi e i giudizi stereotipati intorno sui nostri corpi non nascono nell'adolescenza, ma già intorno ai tre anni. Stiamo parlando di bambini e bambine piccolissimi, stiamo parlando di un'età in cui anche gli stereotipi di genere si formano. Quindi, questo ci fa prendere consapevolezza - almeno lo spero - di quanto sia importante intervenire sulla formazione e agire nelle scuole di ogni ordine e grado, affinché si ponga attenzione al tema, sapendo che già all'età di tre anni i giudizi stereotipati e gli stereotipi di genere trovano terreno fertile e si formano.
Noi chiaramente abbiamo guardato all'istituzione di questa Giornata con gli occhi di chi vuole cogliere l'opportunità di parlare ancora di questi temi, però non posso non esprimere il mio rammarico, quello del gruppo, che già abbiamo espresso in Commissione affari sociali, perché questo testo, che istituisce una giornata dedicata al contrasto al body shaming, occasioni di formazione ed informazione e giornate nelle scuole, inizialmente prevedeva giornate dedicate. Si diceva chiaramente nel testo che, durante questa giornata, i vari enti “promuovevano” iniziative, formazione, eccetera, eccetera. Poi, però, è arrivato un emendamento, approvato proprio prima di entrare in Aula, in cui quel “promuovono” è diventato un “possono promuovere”, lasciando discrezionalità, lasciando una iniziativa, già di per sé non perentoria, non risolutiva, ma quantomeno formativa, al libero arbitrio e alla buona volontà dei vari enti e delle istituzioni.
Questo chiaramente è fonte di rammarico per noi, perché avremmo voluto quantomeno che ci fosse un impegno serio. Infatti, se davvero riteniamo che le Giornate siano importanti, se davvero riteniamo che una tematica, come quella del contrasto al body shaming, sia di fondamentale importanza, che sia legata a fenomeni molto gravi, allora, quando si assume una priorità politica, bisognerebbe essere conseguenti e investire le risorse, affinché anche gli enti e le istituzioni possano dedicare giornate di formazione, eventi e momenti a questi interventi.
L'abbiamo detto prima ed è stato detto già dalla relatrice e da altre colleghe: quando parliamo di body shaming parliamo di tutti gli effetti che possono scaturire successivamente: parliamo di violenze di genere e di disturbi del comportamento alimentare. E, allora, mi permetta, Presidente, di soffermarmi su un aspetto della proposta di legge, quello dedicato alla formazione relativa ai social network. È chiaro: ci vuole una formazione, ci vuole una consapevolezza, ci vuole la giusta presa di coscienza di quello che avviene nei commenti, sui social, quando addirittura bambini e bambine piccolissimi, in tenera età, vengono esposti a commenti di questo tipo, che possono lasciare davvero ferite e traumi, che sono paragonabili addirittura a quelli di un abuso fisico.
Un anno fa, in quest'Aula, avevo chiesto di calendarizzare con urgenza una legge che potesse tutelare, nel nostro Paese, le esposizioni dei minori sui social. Perché? Perché chiaramente sappiamo quanti i minori e le minori esposti sui social - e parliamo spesso di bambini e bambine piccolissimi - siano veramente esposti a una violenza inaudita; sono non solo vittime di violenze, ma anche a rischio per quanto riguarda la salute fisica e psicofisica anche durante la crescita.
Ebbene, purtroppo quest'Aula, a grande maggioranza - fatta esclusione per il mio gruppo politico -, votò contrariamente, probabilmente non ritenendola una priorità e un'urgenza, tant'è vero che un'altra proposta di legge simile è al Senato; da un anno è ferma e non viene ripresa. Spero, quindi, e sollecito un intervento un po' più forte, perché vedete bisogna essere conseguenti: se davvero riteniamo che ci sia un pericolo, che sia un fenomeno davvero importante, allora dobbiamo essere conseguenti e affrontare la questione. Dopodiché, vanno bene la formazione e la consapevolezza, però c'è un altro aspetto - e spero che si possa affrontare presto anche in quest'Aula e a cui sto lavorando molto -: ci vuole una trasparenza degli algoritmi, perché, se non sappiamo quali contenuti vengono premiati dagli algoritmi, allora non sapremo mai veramente che effetto abbia il body shaming e se le piattaforme social si assumano davvero e interamente la responsabilità dei contenuti e degli effetti che generano. Infatti, non possiamo pensare che queste piattaforme siano completamente fuori controllo e non si assumano la responsabilità di quello che succede al loro interno.
Penso, per esempio, ai disturbi del comportamento alimentare: abbiamo migliaia, milioni di contenuti che parlano dei disturbi del comportamento alimentare; abbiamo persone che - senza alcuna evidenza scientifica - danno consigli, impostazioni, diete da seguire, stili di vita che non sono salutari; abbiamo la promozione di stili di vita che, in realtà, alimentano il body shaming, perché impongono l'aderenza a canoni, a stili di vita che non sono per forza salutari per tutte e per tutti, che non necessariamente lo sono, magari sono anche sconsigliati dalle stesse organizzazioni che si occupano della salute.
Quindi, se davvero vogliamo contrastare anche sulle piattaforme social i disturbi del comportamento alimentare, le violenze di genere, le offese, le discriminazioni, quei comportamenti che mirano a far vergognare le persone del proprio corpo, allora bisogna che imponiamo e chiediamo un'assunzione di responsabilità più forte da parte delle piattaforme. Perché, ci sono persone che rischiano di diventare vittime a loro volta dell'algoritmo. Infatti, chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare, chi vive una pressione sociale, il desiderio di voler necessariamente avere un'accettazione, nel momento in cui trova questa accettazione, raccontando un disturbo del comportamento alimentare, una situazione al limite, in cui la propria salute è fortemente messa a rischio, capite che si può diventare vittime di questo ciclo, che si possa aver paura di guarire per non perdere il proprio follower, per non perdere quell'accettazione che si è trovata.
Allora, credo che bisogna davvero affrontarle, queste questioni, e non girare la faccia dall'altro lato, perché, passata la Giornata, in tutti gli altri giorni dell'anno bisogna essere conseguenti e fare determinate azioni. Se davvero vogliamo combattere il body shaming, perché vogliamo combattere anche tutto quello che genera, allora dobbiamo investire di più e non tagliare i fondi per i disturbi del comportamento alimentare. E, allora, dobbiamo investire di più e non tagliare i fondi oppure non implementare, non arricchire i servizi di salute mentale sul territorio, soprattutto per i ragazzi, per le ragazze, per i bambini e per le bambine. Sappiamo benissimo che gli allarmi sono quotidiani rispetto alla necessità di avere dei servizi di salute mentale davvero capillari e davvero presenti sul territorio.
Quindi, noi veramente con spirito costruttivo, sperando che questo sia un lumino nelle volontà del Governo di voler affrontare temi legati al body shaming, noi voteremo favorevole a questa proposta di legge, però chiaramente con l'amarezza di pensare che l'assunzione di responsabilità e delle politiche conseguenti sono ancora lontane (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.
PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signora Sottosegretario Siracusano, prendo oggi la parola per sostenere con convinzione la proposta di legge a prima firma dell'onorevole Martina Semenzato, proposta di legge che ho immediatamente sottoscritto con grande convinzione. È una proposta che propone, appunto, l'istituzione della Giornata nazionale contro il body shaming ed è stata scelta la data del 16 maggio. Questa iniziativa, a cui, signor Presidente, mi consentirà, da adesso in poi mi riferirò con il nome della presentatrice, relatrice e soprattutto promotrice, onorevole Semenzato, come dicevo, signor Presidente, quindi, la legge Semenzato nasce dalla necessità di affrontare un fenomeno purtroppo diffuso e dannoso: la denigrazione dell'aspetto fisico, la denigrazione delle persone, nota appunto come body shaming.
Il body shaming è una forma di violenza psicologica, che consiste nel deridere o discriminare qualcuno per il proprio aspetto fisico, colpendo caratteristiche considerate non conformi a quelli che sono gli standard estetici dominanti. Non importa se queste caratteristiche siano modificabili o meno, né se abbiano alcune volte implicazioni per la salute; la vittima viene colpevolizzata e indotta a provare vergogna, con conseguenze purtroppo gravi per l'autostima, per la salute mentale, con fenomeni di ansia, di depressione, di disturbi alimentari e, nei casi più estremi, addirittura con il suicidio.
Il body shaming spesso assume forme di bullismo, il cosiddetto cyberbullismo, hate speech, concentrandosi appunto sull'aspetto fisico. La diffusione dei social network ha amplificato il fenomeno, esponendo in particolare i più giovani, però dobbiamo dire che nessuna fascia di età, in realtà, è immune da questo. I social media, infatti, contribuiscono a veicolare stereotipi, immagini artefatte, canoni estetici irraggiungibili; contribuiscono a proporre una comparazione continua, contribuendo a creare pressione. Inoltre, come è noto a noi tutti, fungono da amplificatore di insulti, da amplificatore di offese, dato che l'anonimato o la percezione di distanza rispetto alla persona presa di mira portano a un senso di impunità.
Ecco, ricordiamoci, colleghi, che dietro le tastiere non si nascondono degli eroi, non si nascondono dei leoni, ma spesso individui deboli, molte volte anch'essi vittime, ma che poi si tramutano in carnefici.
Anche per questo è importante sensibilizzare e consentire di comprendere le reali conseguenze delle proprie azioni. Le insicurezze relative alla percezione dell'immagine corporea e il desiderio di essere accettati sono particolarmente spiccati nel periodo dell'adolescenza. L'adolescenza, un'età critica, ci siamo passati tutti. Un'età critica per la formazione di ogni individuo, durante la quale essere oggetto di body shaming può essere particolarmente doloroso nelle sue conseguenze e in tutti quei danni emotivi che provoca.
Spesso, e credo che questo abbia anche aumentato la sensibilità della presidente Semenzato a proporre questa proposta di legge, il body shaming rappresenta una manifestazione di violenza di genere. Le nostre bambine, le nostre ragazze, ma anche i nostri bambini, i nostri ragazzi, sono particolarmente esposti a offese e aggressioni basate su commenti negativi riguardanti il loro corpo. Nessuno è immune da questo fenomeno, ma è evidente che le donne subiscano un impatto maggiore, intrappolate molte volte in stereotipi che rendono il loro aspetto fisico un elemento di giudizio predominante.
Ed è questo un problema culturale, è un problema culturale radicato, che alimenta disparità di genere e alimenta le diseguaglianze. I commenti possono riguardare l'altezza, il peso, la forma del corpo, il colore dei capelli, qualsiasi altra caratteristica fisica. È importante, però, specificare che questo tipo di violenza non è per forza correlato con la non corrispondenza a determinati canoni. In molti casi, non vi è nessuna caratteristica reale che esponga a un'offesa. La leva, infatti, sono le normali fragilità legate all'immagine del sé corporeo.
Ne sono esposte anche le personalità pubbliche e, in questi casi, alcune volte, le derisioni possono diventare anche più crudeli. Quindi, il body shaming non è sicuramente un fenomeno nuovo, non nasce con i social, ma è con i social che ha raggiunto dimensioni difficili da gestire. Perché i social che cosa sono? I social sono un archivio, sempre aperto e sempre consultabile, di come si appare agli occhi degli altri, di come gli altri ti giudicano, degli insulti e delle offese. Credo, signor Presidente, che ancora non si è del tutto consapevoli della differenza sostanziale fra l'epoca in cui è vissuta la mia generazione, pur non essendo in realtà proprio in là negli anni, e le nuove generazioni.
Questo è un tema che, secondo me, noi dovremmo porci con maggiore attenzione, perché stiamo accompagnando i nostri figli in un terreno sconosciuto. Provo a spiegarmi con uno spunto che spesso faccio quando parlo con i miei amici dell'infanzia, della scuola, della giovinezza. In rete circola, appunto, un meme sulla mia generazione, che ha di che gioire dell'avere compiuto le più grandi, possiamo dire, stupidaggini, le ragazzate; tutto quello che noi abbiamo fatto quando eravamo giovani, quando andavamo a scuola, è finito nel mondo dell'oblio, è stato dimenticato. Quindi, ognuno di noi oggi ha dimenticato quel momento.
Ma, invece, ora immaginate il contrario, immaginate di poter essere perseguitati, in ogni ambito della vostra vita, a distanza di decenni, da un'immagine di cui, casomai, vi vergognate, perché è un'immagine di quando avevate 15 anni, 14 anni, di un gioco, di uno scherzo che avete fatto con gli amici. Che ne so, da un paio di occhiali che ci rendeva un po' meno belli, da una piccola presa in giro che poteva esserci tra amici; però quell'immagine, quel ricordo, se ben assestato, può creare un grande disagio. Ecco, per noi di Noi Moderati la legge Semenzato rappresenta, pertanto, un intervento necessario e avanzato; un intervento necessario e avanzato per affrontare questo problema, per riconoscere il danno psicologico e di sviluppo a lungo termine che può provocare.
È una legge di civiltà, è una legge che si pone l'obiettivo di proteggere le future generazioni. Di proteggere le future generazioni da modelli di comportamento e canoni estetici che diventano quasi dei prerequisiti per l'accettazione sociale. Rappresentando, di fatto, un approccio completo al tema, la proposta di legge si articola in sei articoli. Istituzione, come dicevo all'inizio del mio intervento, della Giornata nazionale il 16 maggio, per sensibilizzare sull'importanza del rispetto dell'aspetto fisico altrui e promuovere le iniziative contro la denigrazione del corpo. Poi, la promozione di iniziative pubbliche e del Terzo settore, come convegni, eventi culturali, campagne informative per prevenire e contrastare il body shaming. L'elemento culturale è un elemento centrale in questa proposta. Ancora, il coinvolgimento delle scuole, che potranno organizzare attività didattiche e momenti di riflessione sul tema, favorendo l'accettazione di sé e la consapevolezza delle conseguenze del body shaming. Campagne informative sui media digitali, per sensibilizzare sull'uso consapevole dei social e del linguaggio online contrastando la diffusione di immagini e modelli di bellezza irrealistici. Spazi, inoltre, dedicati - sempre nei media - per garantire visibilità al tema all'interno della programmazione nazionale e regionale. Poi c'è un colore - i colori sono simboli, i colori immediatamente ci riportano a qualcosa -, è stato scelto questo colore, il fucsia, proprio per rappresentare l'ottimismo e l'evoluzione della persona.
Signor Presidente, mi faccia dire che mi sento come deputato, come parlamentare, particolarmente orgoglioso di aver sottoscritto questa proposta di legge e di prendere la parola oggi a sostegno di questo provvedimento di buonsenso e di civiltà e pur essendo questa la sede - oggi facciamo la discussione generale - mi sento di invitare i miei colleghi - tutti - a sostenere con convinzione la legge Semenzato. Approvare questa legge significa fare, davvero, un passo importante verso una società più rispettosa e consapevole, un impegno concreto per promuovere il rispetto reciproco e superare gli stereotipi che, a volte, pesano come catene. Onorevoli colleghi, diciamo tutti insieme no al body shaming e sì alla valorizzazione di ogni individuo, il cui valore non dipende da nessuna offesa o viceversa da alcun apprezzamento, ma solo ed esclusivamente dal fatto che una persona esista. Ricordare questa verità fa bene a noi, ricordare questa verità fa bene a tutti e questo provvedimento sicuramente ci aiuterà a farlo nel modo giusto (Applausi della deputata Semenzato).
PRESIDENTE. Passiamo all'ultimo intervento previsto in discussione generale. È iscritta a parlare la deputata Marrocco. Ne ha facoltà.
PATRIZIA MARROCCO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Oggi, in quest'Aula, parliamo di qualcosa che, in un modo o nell'altro, ha toccato ognuno di noi almeno una volta: il body shaming.
Questa proposta di legge è molto importante, è necessaria, come dicevano prima i colleghi che mi hanno preceduta, perché è un tema che affligge la nostra società, soprattutto i nostri giovani. Mi soffermerei non su tutti gli articoli del provvedimento ma soltanto sul primo articolo, quello in cui si definisce il giorno, il 16 maggio, in cui verrà toccata questa tematica, soprattutto nelle scuole. Credo che questa legge non sia soltanto necessaria, ma sia anche una legge giusta e opportuna. Quindi ringrazio la nostra collega Semenzato per aver proposto questa legge così importante.
Credo che oggi, in quest'Aula, bisogna parlare senza parlare di numeri, bisogna parlare senza polemiche, perché l'argomento in discussione è molto importante e ci deve vedere tutti uniti. E proprio perché, come dicevo prima, la tematica di questa legge ha toccato in qualche modo ognuno di noi, dobbiamo essere i primi a mettere al centro l'umanità, solo così riusciremo a far capire ai nostri ragazzi che legiferare su un tema così importante è quello che bisogna assolutamente fare e noi dobbiamo essere, in primis, un esempio.
Non mi soffermerò, Presidente, sugli articoli ma parlerò direttamente ai nostri giovani. Che cos'è quindi il body shaming? È quando una persona viene giudicata, criticata o derisa per il suo aspetto fisico, perché è troppo magra o è troppo grassa o è troppo alta o troppo bassa, per i brufoli, per i capelli, per il colore della pelle, per qualsiasi cosa. A volte succede con insulti diretti, altre volte è solo una battuta, una battuta detta tanto per ridere, ma quello che per qualcuno è uno scherzo per qualcun altro può essere un colpo durissimo, perché, lo sappiamo tutti, le parole pesano, e pesano tanto. È quando si colpisce il corpo, ma le parole arrivano direttamente al cuore, quindi bisogna pensarci, bisogna pensarci tante volte. Vi è mai capitato di sentirvi a disagio per il vostro corpo, di guardarvi allo specchio e pensare: non vado bene così, non sono come dovrei essere? Magari qualcuno vi ha fatto un commento - uno solo - ma ve lo portate dietro, come un'etichetta, come un peso. Questo è il body shaming.
Viviamo immersi in un mondo che ci mostra corpi perfetti sui social, in TV, nelle pubblicità: addominali scolpiti, vita sottile, pelle liscia, sorrisi senza difetti. Ma sapete cosa c'è dietro a quelle immagini? Filtri, ritocchi, luci perfette e molto spesso insicurezza. Sì, perché anche chi è perfetto, spesso si sente sbagliato.
Eppure noi ci confrontiamo con quelle immagini ogni giorno e ogni giorno ci sentiamo meno. Perché io sono così? Ma la vera domanda è: perché dovrei esserlo? Non c'è un modo giusto di avere un corpo, ogni corpo è diverso, ogni corpo ha la sua storia, ogni corpo merita rispetto. Siamo cresciuti con l'idea che dobbiamo piacere agli altri, che dobbiamo rientrare in uno standard, ma sapete una cosa? Non siamo nati per piacere a tutti, siamo nati per essere noi stessi e non c'è nulla di più bello di una persona che si accetta, che si ama e che si difende. Ma c'è anche un'altra faccia del problema. A volte senza accorgercene, siamo noi a fare body shaming, con un commento, con una battuta, con una risatina a scuola o sotto un post. Ogni parola che ferisce è una responsabilità, ogni risata a spese di qualcuno è una scelta. Allora vi chiedo, la prossima volta che vi viene da giudicare o che ci viene da giudicare il corpo di qualcuno, fermatevi, fermiamoci e pensiamo: mi piacerebbe che dicessero questo di me? E se vedete qualcuno che subisce body shaming, non giratevi dall'altra parte, non ridete per non passare per essere i più deboli, ma dite soltanto: non è giusto. Soltanto questo può cambiare tutto, difendere qualcuno non è mai debolezza, è una forza, è rispetto, è umanità.
E infine parliamo di voi, di noi, perché il body shaming più silenzioso è quello che facciamo a noi stessi ogni volta che ci diciamo: faccio schifo, non andrò mai bene, se solo fossi diverso. Siamo noi i peggiori giudici, ma potremmo essere i nostri migliori alleati. Provate, almeno una volta, a guardarvi con gentilezza, a riconoscere non solo quello che vedete ma quello che siete. Il vostro corpo è la casa in cui abitate e merita rispetto, cura e amore. In un mondo che cerca sempre di dirvi quello che dovreste essere, la vera rivoluzione è scegliere di essere se stesso, di usare parole per costruire e non per distruggere, per incoraggiare, per non abbattere, per abbracciare e non per escludere. Le parole possono ferire, ma le parole possono anche guarire. Usiamole quindi col cuore, con coscienza, usiamole per cambiare il mondo, soltanto una volta, un corpo alla volta (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 1049-A?)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Semenzato.
MARTINA SEMENZATO, Relatrice. Grazie, Presidente. Ringrazio tutti i colleghi e le colleghe per la discussione generale. È stato un lavoro condiviso e ringrazio anche per le tante parole emozionanti di oggi. La lotta al body shaming è una lotta che vede tutti e tutte noi in prima linea. Grazie al Governo, grazie al Presidente, grazie alla Sottosegretaria.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la Sottosegretaria di Stato per i Rapporti con il Parlamento, la deputata Siracusano.
MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato per i Rapporti con il Parlamento. La ringrazio, Presidente. Anch'io sento il dovere di ringraziare i colleghi e le colleghe intervenuti con questi straordinari interventi, che hanno offerto spunti di riflessione importantissimi. Hanno illustrato dati allarmanti e rappresentato una realtà drammatica. Ringrazio la relatrice Semenzato, perché, davvero, come hanno detto gli altri colleghi, questa è una proposta di legge importantissima. Rappresento il pieno sostegno del Governo, il pieno sostegno del Ministro Roccella, che ha sempre mostrato grande sensibilità su questi temi.
Lo avete spiegato chiaramente: il body shaming colpisce il corpo, ma ferisce l'anima. È una forma di violenza molto subdola, che mina la sicurezza di tanti giovani. Però - lo avete detto in tanti, l'ha detto l'onorevole Bicchielli, l'onorevole Sportiello - nessuno è immune. È chiaro che le fasce più colpite sono i giovani, i giovani vulnerabili, ma, in realtà, riguarda tutti, riguarda uomini e donne, riguarda anche le psicologie che sembrano essere più solide; anche su quelle, ci possono essere gli effetti devastanti che ha illustrato l'onorevole Lancellotta, come i disturbi del comportamento alimentare, l'ansia, la depressione, l'isolamento, i comportamenti autolesivi, i pensieri suicidari. Questo, purtroppo, riguarda tutti, nessuno è immune, perché gli effetti devastanti dei social, che sono veramente molto invasivi, sono difficili da contrastare. Ripeto: sono talmente tanto invasivi che tutti noi dobbiamo interrogarci scientificamente su come agire.
Questo è un primo passo importantissimo, ma dobbiamo avere la razionalità, la lucidità di stare tutti insieme e comprendere quali siano gli strumenti più efficaci per contrastare questa deriva, che è veramente complicata. Dobbiamo essere anche pragmatici, perché non bastano le frasi del politicamente corretto, a volte non bastano alcune espressioni, ma serve molta concretezza. L'onorevole Marrocco ha fatto un bellissimo intervento e penso alla sua proposta di legge sullo psicologo nelle scuole, che è condivisa anche da altri colleghi e, infatti, c'erano anche tante proposte di legge abbinate; dobbiamo favorire il supporto psicologico capillare e dobbiamo anche avere la consapevolezza che in questo Paese c'è ancora un grande tabù, che noi dobbiamo scongiurare, quello dell'accostamento alla psicoterapia. Per questo, auspico che la sua proposta di legge, onorevole Marrocco, e quelle degli altri colleghi abbinate possano procedere verso un'approvazione celere.
Penso anche allo sport. Abbiamo fatto un intervento importante con il Parlamento: abbiamo modificato la Costituzione e abbiamo inserito lo sport in Costituzione. Dobbiamo dare concretezza a questa modifica costituzionale e investire sullo strumento sport, che è davvero importante in questa direzione. Ne parlavamo prima con la collega, l'onorevole Semenzato, e le ho illustrato un progetto del quale sono stata promotrice (sono stata affiancata dal Ministro Abodi, dal Ministro Schillaci, dal Ministro Valditara): la promozione delle discipline di autodifesa, da combattimento, nelle scuole, che sono discipline educative, che rafforzano la consapevolezza della propria forza. Infatti, il messaggio che qui dobbiamo lanciare e su cui lavorare è che il corpo non è un biglietto da visita, ma è la casa della nostra forza, il tempio dell'anima. La forza è sapere chi siamo e non quello che gli altri vogliono o ci dicono di essere. Quindi, abbiamo questo obbligo importante, questo obiettivo da raggiungere e dobbiamo lavorarci tutti insieme. Quello di oggi è veramente un passo importantissimo. Quindi, rinnovo i ringraziamenti a tutti i colleghi che hanno contribuito a questo obiettivo (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare).
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo “Rita Levi Montalcini” di Lucignano, in provincia di Arezzo, che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Grazie di essere qui e benvenuti a Montecitorio (Applausi).
Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario (A.C. 2355?).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2355?: Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario.
Ricordo che nella seduta del 23 aprile sono state respinte le questioni pregiudiziali Magi e Schullian n. 1, D'Orso ed altri n. 2, Bonafe' ed altri n. 3, Boschi ed altri n. 4 e Zanella ed altri n. 5.
Per richiami al Regolamento.
PRESIDENTE. Prima di aprire la discussione, ho notato che c'è la richiesta - credo per richiamo al Regolamento - dell'onorevole Bonafe'. Prego, onorevole Bonafe'.
SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo per un richiamo al Regolamento, articolo 79, sull'organizzazione dei lavori delle Commissioni in sede referente e sui tempi di esame dei provvedimenti.
Presidente, intervengo per comunicare alla Presidenza quanto è successo giovedì scorso in Commissione in sede referente, quando è stata messa una doppia tagliola per provare a portare il provvedimento in Aula quest'oggi. Il Presidente Fontana è già stato da noi informato sulla pessima gestione dei lavori, ma voglio partire con ordine. Intanto, voglio partire dallo strumento, dal decreto: voglio ricordare che quest'Aula è stata impegnata, da settembre dello scorso anno, sull'esame di un disegno di legge governativo sugli stessi identici temi del decreto che adesso andremo ad esaminare, o meglio del decreto che adesso andremo ad approvare. Quando si stava per concludere l'iter al Senato, il Governo ha pensato bene di fare un decreto. E qui, contestiamo la necessità e soprattutto l'urgenza di un decreto che era talmente urgente, ma era già da un anno che era in discussione.
E poi, Presidente, quello che è successo in Commissione: la denuncia della mancata possibilità per noi - per l'opposizione - di esaminare fino in fondo questo provvedimento. Noi abbiamo presentato alcuni emendamenti; ci è stato chiesto di segnalare gli emendamenti, cosa che abbiamo fatto. Abbiamo iniziato una discussione sugli emendamenti, che non era una discussione ostruzionistica, così come il presidente stesso della Commissione giustizia, Maschio, ha ammesso, ma era una discussione nel merito. Infatti, stiamo parlando di un decreto molto controverso, come vedremo anche in discussione generale.
Meno della metà degli emendamenti è stata approvata ed è stata messa la tagliola giovedì, per portare il provvedimento oggi in Aula, non dandoci la possibilità - perché poi verrà anche messa la fiducia - di discutere la restante parte degli emendamenti. Tralascio il fatto che degli emendamenti che sono stati esaminati - su un provvedimento in prima lettura - nessuno (e stiamo parlando di un numero importante) è stato approvato. Ripeto: si tratta di un decreto in prima lettura.
Il fatto grave che si è consumato, Presidente, che voglio denunciare a quest'Aula, è la doppia tagliola. Effettivamente, ci sono stati casi in cui è stata messa la tagliola sul numero degli emendamenti, ma non si è mai registrata - perlomeno, non su provvedimenti così controversi e così importanti - una doppia tagliola; una tagliola anche sulle dichiarazioni di voto.
Ecco, vogliamo denunciare tutto questo e soprattutto, Presidente - lo dico fin da ora -, non accetteremo altre forzature su questo decreto, che, come ho detto all'inizio, è molto delicato, che tocca temi molto delicati, che attengono alle libertà costituzionali e per il quale vorremmo essere in condizioni, quantomeno, in una discussione dove c'è anche la fiducia, di svolgere in maniera ordinata i lavori d'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaratti, sempre come richiamo al Regolamento. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI (AVS). Intervengo per associarmi alle dichiarazioni fatte dalla collega Bonafe' su questo punto.
L'iter del provvedimento è stato assolutamente anomalo dall'inizio, in verità, signor Presidente, me lo consentirà. Infatti, siamo stati, credo, 13 o 14 mesi a discutere in Aula su questo provvedimento - il vecchio disegno di legge sulla sicurezza - che poi è passato al Senato e, dopo lunghi mesi di discussione al Senato, improvvisamente, quel disegno di legge è diventato un decreto-legge immediatamente efficace. Non si capisce con quale livello di urgenza, ma comunque così è stato.
Quindi, un percorso assolutamente anomalo. Anomalo anche nella discussione che c'è stata in Commissione in queste ultime settimane. È stata una discussione che francamente rasenta il surreale, Presidente, perché ci siamo trovati in una condizione nella quale la discussione non vi è mai stata. Ci sono state, spesso e costantemente, dichiarazioni degli esponenti dell'opposizione che cercavano di argomentare, emendamento per emendamento, quale fosse il punto di vista su quel decreto. E in tutta questa lunga maratona non vi è stata mai una interlocuzione con alcun componente della maggioranza e - questo è ancora più grave, secondo me - neanche con il Governo. Un muro di silenzio di fronte alla questione del decreto Sicurezza.
Ora, seppur il diritto di tacere è un diritto che ovviamente tutti quanti hanno, così come il diritto di parlare, consentitemi di dire che, su un decreto così controverso e così importante, che comunque va a toccare i livelli di libertà personale dei cittadini e delle cittadine, il fatto di avere una posizione così rigida e così assolutamente silenziosa da parte della maggioranza rappresenta certamente un'anomalia che noi ci sentiamo di censurare. Fino ad arrivare ai livelli della tagliola sugli emendamenti.
Voglio precisare che la discussione nostra e di tutta l'opposizione è sempre stata una discussione sul merito. Abbiamo accettato le condizioni poste dalla maggioranza, come quella del contingentamento dei tempi, e tutte le questioni che ci erano state poste, pur di cercare di arrivare al punto centrale, ossia la discussione nel merito delle questioni. Dopodiché, c'è stata una tagliola sugli emendamenti; peraltro, incomprensibile, perché - voglio dirlo - questa è la prima lettura e forse c'era anche il tempo per fare una scelta diversa. Ma poi, addirittura, la tagliola sulla dichiarazione di voto.
Presidente, io credo che non si sia mai visto. E devo dire che, forse, il fatto che fosse giovedì sera e che il tempo e i treni stranamente andassero veloci nel nostro Paese (visto che col Ministro Salvini vanno sempre lenti) o, comunque, stavolta partissero puntuali ha in qualche modo determinato l'orientamento della maggioranza a tagliare le dichiarazioni di voto sul decreto Sicurezza.
Credo che questo sia assolutamente da censurare e noi lo speriamo. L'abbiamo chiesto anche alla Presidenza della Camera di censurare, anche se - diciamo così - vi è stata una risposta abbastanza pilatesca. Ma lo dico col massimo rispetto, ovviamente.
Ciò detto, io penso che sia giusto denunciare qui in Aula il fatto che ci sono state troppe anomalie. Non si può pensare di mettere in campo un decreto come quello sulla sicurezza, che va a incidere direttamente sulle libertà costituzionali e sulle libertà personali, senza che ci sia una discussione in Parlamento e senza che ci sia una discussione in Commissione, che era quello che abbiamo chiesto, perché chi pensa che sia necessario in qualche modo limitare il diritto di manifestare lo deve dire pubblicamente.
Penso che questo sia un diritto-dovere che i parlamentari devono avere (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e della deputata Boldrini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per un richiamo al Regolamento, la deputata D'Orso. Ne ha facoltà.
VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Anch'io intervengo per un richiamo al Regolamento, in particolare sulla violazione dell'articolo 79. Anch'io intendo denunciare delle violazioni e delle forzature del Regolamento della Camera e lo faccio anche da componente della Giunta per il Regolamento per il mio gruppo parlamentare, il MoVimento 5 Stelle.
Vedete, la cosiddetta doppia tagliola, di cui hanno parlato i colleghi che sono intervenuti per informare questa Presidenza - l'abbiamo già fatto con una lettera ma lo ribadiamo, perché merita di essere sottolineato anche in quest'Aula - è forse l'ultima delle mortificazioni, possiamo dire così, che sono state inflitte a questo Parlamento. Perché, vedete, potete consegnarci tutti i precedenti e possiamo andare a cercare e invocare tutti i precedenti possibili, però, c'è da dire una cosa: l'iter di questo provvedimento non ha alcun precedente nella storia di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, non c'è un precedente che si possa effettivamente invocare per questa fattispecie perché, altrimenti - dobbiamo dirlo senza infingimenti - non ci sarebbero 250 giuristi costituzionalisti che hanno denunciato, con un appello pubblico da settimane, queste forzature (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
E allora, qualche anomalia e qualche forzatura deve pur esserci riguardo non solo al Regolamento della Camera, ma forse financo rispetto alla nostra Costituzione. Guardate, faccio un elenco delle anomalie e delle forzature perpetrate con questo provvedimento. Il provvedimento viene scippato. Infatti, era un disegno di legge di iniziativa governativa, si badi. Quindi, era sempre il Governo che aveva dettato il contenuto e anche lo strumento attraverso il quale veicolare quel contenuto. All'inizio, era un disegno di legge. Dunque, questo disegno di legge viene scippato al Senato è viene trasformato in un decreto-legge: infatti, questo decreto-legge è il “copia e incolla” di quel disegno di legge. E già questo la dice lunga sui presupposti di necessità, urgenza e straordinarietà dell'intervento: tutto questo non c'è. Cioè, questi requisiti probabilmente non esistono in questo caso. Ci venisse a spiegare in Aula il Governo - che non ha detto una parola su questo in Commissione - quali sono state le circostanze sopravvenute per poter giustificare un intervento di decretazione d'urgenza.
Ma siamo ancora qui. Torniamo, quindi, ad esaminare questo decreto-legge e questi contenuti alla Camera. Però, ci viene richiesto di segnalare gli emendamenti. Quindi, già una compressione rispetto al numero di emendamenti da esaminare. Ci viene sbandierato, in modo anche spregiudicato, che non ci sarà nessuna istruttoria sui nostri emendamenti e sugli emendamenti delle opposizioni, perché il Governo darà e dà parere negativo su tutto. Quindi, nessun tipo di apertura o interlocuzione, ed erano emendamenti di buon senso, tantissimi di questi, molto chirurgici.
E ancora, anche con dichiarazioni fuori da quest'Aula, viene detto per mari e per monti che questo decreto-legge è blindato. Quindi, arriva un decreto-legge blindato già in prima lettura. Altra forzatura, altra anomalia. Non so se già si è verificato e vorrei, anzi, che gli uffici mi dessero conto di un decreto-legge che viene approvato senza neanche un emendamento, neanche di maggioranza, in sede di Commissione in prima lettura.
E ancora, cosa fate? A fronte di un atteggiamento che non è stato mai ostruzionistico da parte dell'opposizione, fate un contingentamento dei tempi di intervento. Ma probabilmente sbagliate pure a fare i conti perché, nonostante il contingentamento degli interventi da voi imposto, non vi fate neanche bene i calcoli e le presidenze delle Commissioni affari costituzionali e giustizia ci portano, alla fine, alle ore 17 di giovedì scorso - che loro hanno individuato come termine per il mandato al relatore - a discutere meno della metà degli articoli. Non solo degli emendamenti, ma degli articoli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Noi abbiamo un provvedimento di 39 articoli ma ci siamo inchiodati e fermati sull'articolo 15! Vedete se non si può parlare di violazione regolamentare! Per me si può parlare molto di più che di una violazione di tipo regolamentare soltanto.
E ora che fate? Ora vi accingete probabilmente a mettere la fiducia. E quindi anche qui: soffocato, anzi, totalmente neutralizzato, il dibattito sugli emendamenti in Aula. Penso di aver inanellato tutta una serie di forzature. Prese singolarmente, ancora ancora, potete trovare tutti i precedenti che volete, ma io sfido chiunque a trovare un precedente che le contempli tutte insieme (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Veramente, vi sfido a farlo. Sono qua ad aspettare.
Detto questo, io, da componente della Giunta per il Regolamento, posso dire solo una cosa: probabilmente la Giunta dovrebbe anche esprimersi su questa fattispecie, affinché non accada veramente mai più e non si possa invocare ciò che accade oggi come precedente per il futuro, perché davvero vuol dire umiliare il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. In ordine alle considerazioni critiche in relazione alle modalità di esame del provvedimento in sede referente, richiamo, ovviamente nella mia funzione, quanto il Presidente della Camera ha già rilevato. Si tratta, in realtà, di questioni già rappresentate dai presidenti dei gruppi di opposizione in una lettera dello scorso 22 maggio, alla quale, in pari data, come dicevo innanzi, il Presidente della Camera ha già fornito risposte che, anche in questa sede, la Presidenza non può ovviamente che ribadire.
È stata in primo luogo lamentata la circostanza che l'esame del provvedimento nelle Commissioni riunite I e II si sia concluso con una votazione riassuntiva sul mandato al relatore, senza che sia stato possibile procedere all'esame di tutti gli emendamenti segnalati, votazione sulla quale non è stato peraltro possibile per tutti i gruppi di opposizione svolgere le relative dichiarazioni di voto. In proposito, nel ribadire quanto già precisato dal Presidente della Camera, si fa presente che l'organizzazione dei lavori delle Commissioni costituisce specifica prerogativa dell'ufficio di presidenza delle Commissioni riunite.
Ed è proprio al fine di rispettare la calendarizzazione del provvedimento in Assemblea prevista dalla Conferenza dei presidenti di gruppo che l'ufficio di presidenza ha ritenuto di fissare preventivamente la seduta e l'orario entro cui procedere alla votazione riassuntiva sul mandato al relatore. Peraltro, in linea con la prassi già consolidatasi in questa e nelle precedenti legislature, entro il medesimo spazio temporale deve considerarsi comunque ricompreso anche lo svolgimento delle relative dichiarazioni di voto.
Quanto poi, più in generale, alla lamentela circa il non pieno e approfondito esame del provvedimento in sede referente, ci si limita a rilevare che la durata complessiva del relativo procedimento è andata ben oltre il termine di 15 giorni previsto dal Regolamento.
Mi corre l'obbligo, infine, di precisare che nella citata lettera di risposta il Presidente della Camera ha altresì colto l'occasione per ribadire che, pur nel rispetto delle prerogative degli uffici di presidenza delle Commissioni nell'organizzazione dei propri lavori, è necessario che le medesime utilizzino tutti gli spazi e le giornate che il calendario mette a disposizione, affinché l'esame in sede referente possa essere il più possibile completo.
E ciò vale a maggior ragione allorché, come nel caso di specie, ci si trova dinanzi a provvedimenti connaturati da una evidente forte dialettica sul piano politico, ferma restando la necessità di garantire comunque il rispetto delle decisioni assunte dalla Conferenza dei presidenti di gruppo in ordine alla predisposizione del calendario dei lavori dell'Assemblea, con particolare riguardo alla data di inizio dell'esame dei provvedimenti in Aula.
E in questo senso il Presidente della Camera, sempre nella citata lettera di risposta, si è assunto l'impegno di chiedere a tutti i presidenti di Commissione di assicurare l'effettiva applicazione di tale indirizzo.
Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2355.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2355?)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.
Le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la I Commissione (Affari costituzionali), la deputata Montaruli.
AUGUSTA MONTARULI, Relatrice per la maggioranza per la I Commissione. Grazie, Presidente. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 48 del 2025, meglio conosciuto come decreto Sicurezza. Si tratta di un provvedimento ampio, che si innesta nell'ambito dei lavori parlamentari relativi al cosiddetto disegno di legge Sicurezza. Rispetto al testo licenziato dalle Commissioni riunite del Senato, il testo in esame ne riproduce sostanzialmente i contenuti. Le Commissioni affari costituzionali e giustizia ne hanno avviato l'esame lo scorso 16 aprile e, compatibilmente con i tempi a disposizione per la conversione del decreto, hanno comunque ad esso dedicato ampi spazi di approfondimento e di discussione delle proposte emendative.
Al riguardo, mi limito a rilevare che, nell'ampio ciclo di audizioni informali svolto, che ha impegnato le Commissioni per oltre 9 ore di lavoro, le fasi di esame si sono articolate in sedute preliminari alla fase delle votazioni, circa 3 ore di discussione. Infine, le Commissioni hanno dedicato oltre 17 ore all'esame delle proposte emendative, arrivando ad esaminarne 234, tutte presentate dai gruppi di opposizione, sulle circa 550 che sono state segnalate per la votazione tra le 1.900 presentate. Evidenzio, poi, che sono stati acquisiti i pareri favorevoli delle Commissioni in sede consultiva, nonché il parere del Comitato per la legislazione, recante alcune osservazioni.
Vengo, quindi, al merito del provvedimento. Il decreto-legge in esame si propone di 39 articoli. Io esporrò il contenuto degli articoli dall'1 al 12, lasciando poi ai miei altri colleghi relatori, che ringrazio per il lavoro svolto, l'esame dei restanti. L'articolo 1 modifica due articoli del codice penale. La lettera a) introduce l'articolo 270-quinquies.3, detenzione di materiale con finalità di terrorismo, che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque consapevolmente si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull'uso di congegni bellici micidiali, di armi da fuoco o altre armi, di sostanze chimiche, batteriologiche nocive o pericolose, nonché su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza, ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale.
La lettera b) modifica l'articolo 435 del codice penale, aggiungendovi un secondo comma al fine di introdurre un'ulteriore fattispecie del delitto di fabbricazione o detenzione di materie esplodenti. Il citato articolo 435 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o detiene materie esplodenti, asfissianti, accecanti, tossiche o infiammabili, ovvero sostanze che servono alla loro composizione o fabbricazione.
In ogni caso riepilogo qui in forma riassuntiva e sarà disponibile il deposito dell'intera relazione per un richiamo più completo dell'intera normativa. L'articolo 2 interviene sull'articolo 17 del decreto-legge n. 113 del 2018, che, al fine di far fronte alle crescenti esigenze di prevenzione del terrorismo, prevede la comunicazione da parte degli esercenti dell'autonoleggio dei dati identificativi del soggetto richiedente il servizio, per il loro inserimento e raffronto nel Centro elaborazione dati. Amplia le finalità per le quali è possibile inserire le predette segnalazioni e vi ricomprende la prevenzione dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Tale innovazione, come già riportato nella relazione illustrativa, muove dall'esigenza di agevolare le attività di Polizia giudiziaria inerenti alla criminalità di tipo mafioso e al traffico di stupefacenti.
Si prevede poi che siano comunicati per i medesimi fini anche i dati identificativi del veicolo e si consente che il Centro elaborazione dati proceda al raffronto automatico dei dati comunicati con quelli conservati al suo interno, anche con riguardo alle segnalazioni inserite dalle Forze di Polizia. Infine, sempre con riguardo all'articolo 17, si coordina la denominazione della rubrica con i contenuti assunti a seguito della novella in commento. L'articolo 3 introduce modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. La lettera a) modifica il comma 2 dell'articolo 85 del citato codice, al fine di inserire nel novero dei soggetti sottoposti a verifica antimafia le imprese aderenti al cosiddetto contratto di rete.
La lettera b) inserisce nel codice antimafia l'articolo 94.1, volto a prevedere l'esclusione di alcuni divieti e decadenze nei confronti delle imprese individuali. Con l'introduzione del nuovo articolo 94.1 si prevede che, ferma la competenza esclusiva del giudice, il prefetto, qualora ritenga sussistenti i presupposti per l'adozione dell'informativa antimafia interdittiva, possa escludere uno o più divieti e decadenze previsti dall'articolo 67, comma 1, nel caso in cui accerti che, per effetto dei citati divieti, verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento al titolare dell'impresa individuale e alla sua famiglia. La mancanza dei mezzi di sostentamento è accertata su documentata istanza dell'interessato. Il prefetto, quando dispone l'esclusione dei divieti e delle decadenze citati può prescrivere all'interessato l'osservanza di una o più misure amministrative.
Ad ogni modo, le disposizioni dell'articolo 94.1 non si applicano nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado d'appello per uno dei delitti di cui all'articolo 67, comma 8, che richiama i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, nonché i reati di truffa commessa a danno dello Stato o di altro ente pubblico e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, di cui rispettivamente agli articoli 640, secondo comma, numero 1), e 640-bis del codice penale.
L'articolo 4 interviene sul comma 6-bis dell'articolo 3 del codice antimafia, che riguarda la misura di prevenzione dell'avviso orale disposto dal questore, con particolare riguardo al divieto di utilizzare strumenti informatici e cellulari. L'articolo in esame incide sull'individuazione dell'organo giurisdizionale competente.
L'articolo 5 reca disposizioni in materia di condizioni per la concessione di benefici per i superstiti delle vittime di criminalità organizzata, con un particolare riferimento all'esclusione dai benefici per i parenti o affini entro il quarto grado; il comma 2 ne quantifica gli oneri.
L'articolo 6 introduce alcune disposizioni in materia di protezione dei collaboratori e testimoni di giustizia, in particolare per quanto concerne il rilascio di identità di copertura, al fine di elevare ulteriormente il livello di protezione per i soggetti che collaborano con la giustizia.
L'articolo 7, comma 1, lettera a), aumenta da 10 a 30 giorni il termine di impugnazione dei provvedimenti di applicazione delle misure di prevenzione personali, modificando l'articolo 10 del codice antimafia.
La lettera b) interviene sull'articolo 36 del codice antimafia, in tema di amministrazione di beni sequestrati e confiscati, mentre il profilo relativo alla gestione di aziende sequestrate e confiscate, secondo la lettera c), modifica l'articolo 38 del codice antimafia.
La lettera d) del comma 1 dispone l'introduzione, all'articolo 40 (gestione dei beni sequestrati) del codice antimafia, di un nuovo comma 1-bis, che stabilisce che se, nell'ambito dell'accertamento tecnico-urbanistico dei beni sequestrati, viene accertata la sussistenza di abusi non sanabili, con il provvedimento di confisca, il giudice ne ordina la demolizione in danno del soggetto destinatario del provvedimento.
La lettera e) del comma 1 modifica l'articolo 41 del codice antimafia, relativo alla gestione delle aziende sequestrate; mentre la lettera f) prevede l'introduzione del comma 2-ter dell'articolo 44 del codice antimafia, disponendo che si provveda alle comunicazioni di cui al nuovo comma 5-bis dell'articolo 41. Con la lettera g), si prevede che, dopo il provvedimento definitivo di confisca, non possano prestare lavoro presso l'impresa confiscata i soggetti che siano parenti, coniugi, affini o conviventi con il destinatario della confisca o coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per il reato di associazione di tipo mafioso.
La lettera h) del comma 1 prevede che, qualora nel procedimento finalizzato alla destinazione del bene sia accertata la sussistenza di abusi non sanabili, l'Agenzia promuove incidente di esecuzione per avviare il procedimento con cui il giudice dispone la demolizione del bene.
La lettera i) modifica l'articolo 51-bis del codice, in primo luogo introducendo una modifica testuale al comma 1, al fine di stabilire l'iscrizione del provvedimento di sequestro.
La lettera l) interviene sull'articolo 54, comma 2, al fine di prevedere che i crediti prededucibili aziendali siano soddisfatti mediante prelievo delle somme disponibili nel relativo patrimonio aziendale.
Il comma 2 dell'articolo 7 interviene in materia di contributi agli enti locali per la progettazione definitiva ed esecutiva e per la messa in sicurezza del territorio.
L'articolo 8 modifica la definizione di “articolo pirotecnico”, contenuta nel decreto legislativo n. 123 del 2015.
L'articolo 9 interviene sull'ipotesi di revoca della cittadinanza italiana in caso di condanna definitiva per i reati di terrorismo ed eversione ed altri gravi reati, stabilendo che si può procedere alla revoca laddove l'interessato possieda o possa acquisirne un'altra.
L'articolo 10 interviene in materia…
PRESIDENTE. Onorevole, concluda per favore. Ha finito il tempo.
AUGUSTA MONTARULI, Relatrice per la maggioranza per la I Commissione. …di occupazione di immobili destinati al domicilio altrui.
L'articolo 11 introduce la circostanza aggravante comune dell'aver commesso il fatto nelle aree interne e il 12 il danneggiamento in occasione di manifestazioni.
Come ho detto, il provvedimento è assai articolato. Gli altri relatori provvederanno all'eventuale prosieguo.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Montaruli; quindi mi conferma il deposito della sua relazione? Sì, grazie. Ovviamente, è autorizzata.
Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la II Commissione (Giustizia), l'onorevole Bisa.
INGRID BISA, Relatrice per la maggioranza per la II Commissione. Grazie, Presidente. In maniera sintetica, svolgerò la relazione dall'articolo 13 all'articolo 24 e poi lascerò la conclusione al collega Bellomo.
Con l'articolo 13, in riferimento al decreto-legge Sicurezza, abbiamo esteso il cosiddetto Daspo urbano; è un istituto che consente al sindaco di irrogare una sanzione pecuniaria e impartire un ordine di allontanamento dal luogo della condotta illecita, valido 48 ore. In caso di reiterazione, il questore è autorizzato a disporre il divieto di accesso ad una o più delle suddette aree. Conseguentemente, con il comma 2 dell'articolo in commento abbiamo integrato l'articolo 165 del codice penale in materia di obblighi del condannato, prevedendo che, se il divieto di accesso non è osservato, il giudice deve revocare la sospensione condizionale della pena, che, solitamente, è una premialità nei confronti di chi viene condannato.
Con riferimento all'articolo 14, abbiamo inserito il cosiddetto blocco stradale, che è reato, non è più un illecito. Bloccare strade e ferrovie con il corpo umano non è più solo illecito amministrativo, ma diventa reato; la pena è fino a un mese e la multa fino a 300 euro. Se il fatto è compiuto da più persone insieme, la pena sale da 6 mesi a 2 anni e viene eliminata la specifica responsabilità di promotori o organizzatori.
Con l'articolo 15, relativo alle cosiddette madri detenute, abbiamo abrogato l'obbligo di rinviare la pena per donne incinte o madri di neonati. Il rinvio diventa facoltativo ed è facoltà del giudice l'applicazione. Viene precisato che, nel caso in cui gli arresti domiciliari non siano possibili, l'esecuzione debba avvenire presso un ICAM e non in carcere, come abbiamo sentito più volte dire in Commissione; estende anche le cause di revoca del rinvio, se vi sono comportamenti lesivi per il minore.
Con l'articolo 16, relativo alla lotta all'accattonaggio minorile, inaspriamo la disciplina contro l'impiego di minori all'accattonaggio; l'età tutelata sale da 14 a 16 anni e le pene passano da un minimo di 3 anni a un range tra 1 e 5 anni. Viene introdotta un'aggravante anche se vi è l'uso di violenza o l'induzione all'accattonaggio. Si punisce anche chi induce o organizza tale accattonaggio.
Con l'articolo 17, vi è l'assunzione di Vigili urbani in Sicilia.
Con l'articolo 18, vi è una restrizione relativamente alla cannabis sativa; è vietata la commercializzazione delle infiorescenze di canapa, anche se essiccate in forma di oli e resine. Il divieto non si applica alla produzione di semi per usi consentiti. I controlli saranno svolti dall'unità forestale dei Carabinieri.
L'articolo 19 è relativo alle aggravanti per violenza a pubblici ufficiali. Per i reati di violenza, minaccia o resistenza a pubblico ufficiale, si introduce un'aggravante speciale, se la vittima è un agente di pubblica sicurezza. Un'ulteriore aggravante è prevista se tali reati mirano a ostacolare la realizzazione di infrastrutture pubbliche.
L'articolo 20 riguarda le lesioni a pubblici ufficiali o sanitari. Viene esteso il reato di lesioni personali a chi colpisce agenti o operatori sanitari nell'adempimento del loro dovere, non solo durante le manifestazioni sportive. Per le semplici lesioni, si introduce una pena specifica da 2 a 5 anni.
Con l'articolo 21, abbiamo introdotto la videosorveglianza da parte della Polizia e, quindi, le Forze di Polizia potranno utilizzare le bodycam nei servizi di ordine pubblico, trasporto ferroviario e controllo del territorio ed è ammesso anche l'uso in luoghi di restrizione della libertà personale.
L'articolo 22 riguarda le spese legali per agenti indagati. Abbiamo previsto un rimborso fino a 10.000 euro per le spese legali sostenute da agenti di pubblica sicurezza, Polizia giudiziaria e Vigili del fuoco, indagati per fatti di servizio, e questo rimborso vale anche per i loro familiari in caso di decesso. Non vi è invece la rivalsa, se vengono assolti, archiviati o prosciolti.
Con l'articolo 23, abbiamo esteso quanto previsto dall'articolo 22 relativamente alle spese legali anche per le Forze armate.
L'articolo 24 riguarda il depauperamento di edifici pubblici, dove il reato di imbrattamento o danneggiamento è aggravato se commesso su beni pubblici con l'intento di offendere le istituzioni.
La pena prevista è da 6 mesi a 1 anno o da 1 anno e 6 mesi e la multa fino a 3.000 euro; in caso di recidiva la pena può arrivare a 3 anni di reclusione. Questo è un riassunto molto, molto, sintetico per rispettare i tempi degli articoli di mia competenza. Deposito, comunque, la relazione scritta, dove vi è in maniera più dettagliata l'esame di ciascun articolo, e lascio la parola - per l'altra parte della relazione, di competenza della Commissione giustizia - al collega Bellomo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione giustizia, onorevole Davide Bellomo.
DAVIDE BELLOMO , Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Grazie, signor Presidente. Innanzitutto, per far rilevare che è stato intenso il lavoro in Commissione: al netto di quello che ho sentito precedentemente, abbiamo fatto notturne, abbiamo utilizzato tutti i tempi in cui l'Aula non c'era, vi è stata una grossissima e intensa discussione. Quindi, quello che ho sentito prima non è conforme a verità per quello che è accaduto nei lavori intensi in Commissione.
Per quanto riguarda la parte di mia competenza, prendo lo spunto da quello che ha appena detto la collega, perché - frutto del lavoro - si è fatto anche uso del lavoro già fatto in Commissione per quanto riguarda il disegno di legge, che poi pende al Senato, per il quale sono state assorbite tutta una serie di argomentazioni e di indicazioni che sono pervenute alla Commissione per migliorare quel disegno di legge; e poi, in virtù dell'urgenza, è stato emanato un decreto che è andato a coprire le piccole lacune che quel disegno aveva.
Quindi, per quanto mi riguarda, l'articolo 25 è stato emanato per intervenire rispetto a un'esigenza del codice della strada, per inasprire le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi previsti da parte dei conducenti, non solo per l'invito a fermarsi, ma per tutti quegli obblighi che i conducenti devono avere.
L'articolo 26 è stato quello più discusso ed è stato oggetto di numerose indicazioni anche da parte della minoranza, però con una sintesi che, in realtà, non appartiene a quello che è il testo del codice. Infatti, è l'articolo 415 del codice penale che viene toccato, ossia l'istigazione a disobbedire alle leggi, per introdurre un'aggravante a effetto comune se il fatto è commesso all'interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute, quindi al fine di punire non solo chi è all'interno del carcere, ma anche chi è al di fuori.
Sappiamo, purtroppo, che vi è una comunicazione alle volte intensa tra chi è al di fuori e chi è all'interno del carcere e quindi quelle condotte vengono punite anche con riferimento a coloro i quali sono al di fuori dell'istituto penitenziario, ma istigano a delinquere all'interno del carcere.
Vi è poi l'introduzione del nuovo reato, di cui all'articolo 415-bis, ossia la rivolta all'interno di un istituto penitenziario. Va analizzato con attenzione il codice, perché non è solo la colpevolizzazione della cosiddetta resistenza passiva, ma questa deve avere una finalità abbastanza stringente ai fini della commissione di quel reato: è la resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, che non era presente in precedenza nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera e che è stata anche frutto del lavoro intenso e delle indicazioni provenute dalle lunghe discussioni con la minoranza. La cosiddetta condotta di resistenza passiva si riferisce alle condotte che impediscono il compimento degli atti dell'ufficio o del servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza, non qualsiasi resistenza, ed è stata prevista una reclusione da 1 a 5 anni. Sono previste diverse aggravanti: se da questo vi è una lesione permanente o se da questo vi è una morte, sia voluta che non voluta, all'interno del carcere; vi è tutta una declinazione di condotte aggravanti.
L'articolo 27 interviene sul Testo unico sull'immigrazione, che in sostanza parifica tutte le condotte indicate nell'articolo 26 a quelli che sono i centri per l'immigrazione e, quindi, le rivolte anche nei centri per l'immigrazione. Il reato si consuma in caso di partecipazione, promozione, organizzazione o direzione di una rivolta mediante atti di violenza, minaccia o resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza.
L'articolo 28, invece, è quello che ci hanno chiesto più volte le Forze di polizia: non si smette di essere Forze di polizia quando non si è in servizio; quindi, si dà loro la possibilità a portare alcune tipologie di armi senza licenza, anche quando non sono in servizio.
Anche l'articolo 29 coglie una lacuna per la quale il codice della navigazione non era applicabile a tutte quelle indicazioni e a fermi che provenivano da motovedette appartenenti alla Guardia di finanza, e quindi va a coprire questo tipo di vulnus degli articoli 1099 e 1100 del codice della navigazione.
L'articolo 30 è finalizzato alla tutela delle Forze armate impegnate in missioni internazionali, che viene estesa anche agli operatori delle Forze armate in servizio in missioni per lo Stato italiano.
L'articolo 31, proprio alla luce dei periodi di terrorismo nei quali purtroppo viviamo, prevede il potenziamento dell'attività di informazione per la sicurezza.
L'articolo 32 modifica tutta una serie di regolamentazioni e sanzioni per gli esercenti: noi sappiamo che il terrorismo, purtroppo, oggi prende anche molto piede per l'acquisizione di schede SIM che non hanno un'appartenenza ben definita; sono previste delle sanzioni per chi non osserva tutti quegli obblighi fino alla chiusura dell'esercizio.
L'articolo 33 detta previsioni volte a sanare un altro vulnus che esisteva nella società e nelle varie normative, ossia affiancare agli operatori economici vittime di usura un consulente, che effettivamente possa introdurli a una nuova vita con l'accompagnamento dello Stato.
Depositerò anch'io la mia relazione, perché poi vi sono gli altri articoli, 34, 35 e 36, volti a favorire il lavoro esterno dei detenuti per un inserimento degli stessi all'interno della comunità.
L'articolo 37, poi, autorizza il Governo a modificare il regolamento recante le norme sull'ordinamento penitenziario. L'articolo 38 è una clausola di invarianza finanziaria.
Ringrazio, quindi, tutti coloro i quali hanno partecipato alla redazione di questo provvedimento, nonché la minoranza che ha partecipato con dedizione ai lavori delle Commissioni. Deposito anch'io la relazione che, nel suo complesso, è molto più dettagliata e concludo il mio intervento.
PRESIDENTE. Ovviamente tutti e tre i relatori sono autorizzati al deposito della relazione.
Prima di andare oltre, consentitemi di salutare le ragazze e i ragazzi sia dell'Istituto comprensivo “Rita Levi-Montalcini” di Marciano della Chiana, in provincia di Arezzo, sia dell'Istituto comprensivo “Carducci Paolillo” di Cerignola, in provincia di Foggia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Grazie di essere qua e benvenuti a Montecitorio (Applausi).
Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la I Commissione, onorevole Magi.
RICCARDO MAGI , Relatore di minoranza per la I Commissione. La ringrazio, Presidente. Il decreto-legge n. 48, per quanto riguarda le disposizioni in esso contenute e ancor di più e ancor prima per quanto riguarda le caratteristiche dell'iter da un punto di vista procedurale, costituisce una rottura dell'ordine costituzionale da molti punti di vista. Pertanto, invito subito l'Assemblea a respingerlo con nettezza. Esso costituisce un insulto al Parlamento e ai cittadini italiani e produce un'ulteriore lacerazione nel tessuto costituzionale e civico del Paese. Che gli stessi Presidenti delle Camere non lo abbiano rilevato è un preoccupante sintomo di insensibilità istituzionale e della circostanza che le regole dell'ordinamento giuridico sono difese dalle alte cariche dello Stato solo fin dove ciò torni nel loro interesse. Dico questo scandendo queste parole gravi e assumendomene la responsabilità, perché credo davvero che questo provvedimento segni un punto estremamente basso, al quale finora non si era mai arrivati.
Ma andiamo con ordine. Il testo del decreto-legge n. 48 ricalca in massima parte il disegno di legge che questa Camera ha già esaminato nel corso del 2024 (A.C. 1660?). Dopo un'ampia discussione, pur non esente da soprusi procedurali e da forzature di maggioranza, quel provvedimento è approdato in Assemblea con l'aggiunta di molti articoli.
Il sottoscritto, già in quell'occasione, aveva presentato una relazione di minoranza. Il testo è passato al Senato, ramo nel quale il disegno di legge è rimasto all'esame per altri cinque mesi senza che nessuno, nella maggioranza, abbia rilevato la straordinaria necessità e urgenza di intervenire per fare entrare in vigore le disposizioni che si andavano discutendo.
Non certamente il senatore Balboni, Presidente della 1a Commissione del Senato, che, nella seduta dell'Assemblea del 5 novembre 2024, in cui ha risposto ad obiezioni dei senatori di opposizione che sottolineavano le forzature che si andavano producendo anche in quel ramo del Parlamento, si limitava a replicare che la tempistica era stata concordata anche con i gruppi delle minoranze.
In data 18 gennaio 2025, su Il Messaggero di Roma, il Ministro Piantedosi rilasciava un'intervista nella quale rispondeva alla domanda sul disegno di legge Sicurezza: “accoglierete i rilievi del Colle?”. Così il Ministro: “c'è una discussione in atto e buoni presupposti: quelle modifiche, sulle mamme incinte e sull'acquisto delle SIM, in ogni caso, non stravolgono l'impianto del provvedimento. Credo che la cosa più importante, però, sia fare in fretta perché ci sono una serie di normative importanti”. Quindi, secondo il Ministro, in dichiarazioni pubbliche, occorreva fare in fretta per l'importanza dei contenuti, non già per la straordinaria urgenza di intervenire su situazioni che già premevano da oltre un anno.
La Conferenza dei capigruppo del Senato, in data 1° aprile 2025, con il concorso decisionale del Governo, decideva di mettere in calendario, per il successivo 15 aprile, il disegno di legge che aveva subito ulteriori modifiche in punto di quantificazione e copertura finanziaria, ragione per cui era certo che il testo sarebbe tornato alla Camera.
Inopinatamente, il 4 aprile - tre giorni dopo quella Conferenza dei capigruppo in Senato -, il 4 aprile 2025, il Consiglio dei ministri deliberava l'adozione del decreto-legge che sarebbe stato emanato dal Capo dello Stato il giorno 11. La ragione di questo scarto di valutazione del Governo circa l'effettiva urgenza sull'entrata in vigore delle disposizioni che sarebbero state discusse in Senato solo dieci giorni dopo non è nella realtà empirica. Essa è solo nel capriccio politico di chi sente il Parlamento come un intralcio.
Se su Il Sole 24 Ore del 26 marzo già era scritto che alla Lega era invisa la terza lettura della Camera, ancora il 1° aprile 2025, il senatore Salvini, Vicepresidente del Consiglio dei ministri, si mostrava aperto ad alcune modifiche. Due giorni dopo, viceversa, si apprendeva dal Corriere della Sera che lo stesso Salvini era “riuscito”, tra virgolette, a portare a casa un provvedimento bandiera in vista del congresso.
Il punto, colleghi, Presidente, è questo: l'articolo 77 della Costituzione è stato ridotto, come mai prima, a una sorta di placebo. Quello che non era affatto urgente nella Conferenza dei capigruppo del Senato del 1° aprile lo è divenuto improvvisamente il 4 aprile. Di fronte a questo scenario, francamente triste, è persino superfluo rammentare il contenuto delle sentenze della Corte costituzionale che, più volte, hanno ribadito che la straordinaria necessità e urgenza dei decreti-legge consiste in una situazione di fatto che si presenta in modo impellente di fronte alle responsabilità dell'Esecutivo e che ad esse preesiste. Questo anche le più recenti pronunce della Corte costituzionale del 2024.
C'è quindi una gigantesca questione di metodo costituzionale e di rispetto democratico. Il Parlamento è stato umiliato e questa ferita si staglierà per molto tempo nella storia repubblicana e, ovviamente, costituirà e costituisce un precedente estremamente pericoloso.
Ma vi sono anche questioni specifiche molto serie che ineriscono alle singole disposizioni del tutto eterogenee, le quali, peraltro, sono già in vigore. Un primo problema - le passo in rassegna rapidamente, è veramente, Presidente, una galleria degli orrori da un punto di vista giuridico, da un punto di vista politico, da un punto di vista sociale - si pone per l'articolo 9 che prevede la revoca della cittadinanza in caso di condanne per gravi reati di terrorismo. Ebbene, il problema è tutto in punta di diritto. La disposizione è in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione perché, ovviamente, non vale nei confronti di persone che la cittadinanza non l'hanno acquisita successivamente ed è in contrasto con la Convenzione del 1961 sulla riduzione della apolidia e con la CEDU.
Con l'articolo 14 (sorvolo sugli articoli 10 e 11; la relazione di minoranza è già stampata e non c'è tempo per passare in rassegna tutti questi orrori) si arriva a un paradosso politico. Mi rivolgo, per il suo tramite, al rappresentante del Governo, al Sottosegretario Molteni. Nel 1997 - lo ricorderete - la Lega si opponeva alle multe sulle quote latte dell'Unione europea e fece nascere i Cobas del latte che bloccarono la Milano-Venezia e sparsero il letame.
Il reato allora fu abrogato nel 1999 per trarre dall'impaccio penale - Sottosegretario Molteni - molti esponenti della Lega coinvolti. Tra il 2018 e oggi il reato torna a essere introdotto perché così conviene politicamente a una parte della maggioranza. Ancora, di nuovo, un uso strumentale, disinvolto della leva penale. Su questi articoli 10, 11, 14 rapidamente cito un passaggio del comunicato dell'Associazione italiana dei professori di diritto penale: “vengono introdotti, con decreto-legge, almeno quattordici nuove fattispecie incriminatrici e inasprite le pene di almeno altri nove reati. Le condotte oggetto di criminalizzazione appaiono, nella quasi totalità dei casi, espressive di marginalità sociale o di forme di manifestazione del dissenso, con interventi che risultano per diversi profili di dubbia compatibilità con svariati principi costituzionali, compresi quelli di necessaria offensività, sussidiarietà e proporzione. Emblematica in tal senso è la pena per l'occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui, coincidente con quella comminata dall'articolo 589, co. 2, c.p. per l'omicidio con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
C'è poi l'articolo 19 che, sfruttando l'incastro di rinvii tra articoli 336, 337 e 339, prevede una nuova aggravante all'articolo 336 rispetto a chi commette il fatto in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio, con pena fino a tre anni; ne consegue che questa si somma a quella già prevista per i fatti avvenuti durante manifestazioni politiche di dissenso generico, legato a opere pubbliche (ovviamente, il rimando, chiaro, è stato fatto politicamente dagli stessi esponenti del Governo al ponte sullo Stretto di Messina).
All'articolo 20 si compie una scelta normativa tra le più odiose dal punto di vista ideologico. Si prevede che le Forze dell'ordine possano dotarsi di telecamere sulle divise ma non dell'identificativo. In pratica, alle Forze dell'ordine è dato uno strumento di intimidazione senza, però, il bilanciamento della responsabilità.
Per quanto riguarda gli articoli 22 e 23 ribadisco quanto era già contenuto nella relazione di minoranza sul disegno di legge. Con riferimento all'articolo 26 vi è un'aggravante se le condotte ivi descritte avvengono all'interno di un istituto penitenziario ovvero a mezzo di scritti o comunicazioni. Ecco, qui siamo veramente al colmo. Direi che la misura è colma. Sostanzialmente voi punite la fattispecie anche della resistenza passiva, che integra quella di rivolta, con la draconiana sanzione da due a otto anni di reclusione e da uno a cinque anni per i partecipanti.
Presidente, concludo dicendo che questo provvedimento è un manifesto del populismo penale, ovviamente. Soprattutto segna una lacerazione estremamente grave dal punto di vista del rapporto tra organi costituzionali e introduce un modo di legiferare assolutamente caotico; molte disposizioni sono irragionevoli, ma anche sfuggenti; appunto caotiche, indeterminate e aumentano quindi a dismisura la discrezionalità dei giudici. Già sono partite in molti tribunali le richieste di questioni di legittimità costituzionale; pensate, ancora non è neanche convertito il decreto e già sono pendenti davanti alla Corte costituzionale richieste di legittimità costituzionale.
Mi rivolgo a quella parte della maggioranza: oggi vedo che sono assenti, tranne il relatore Bellomo, tutti i colleghi di Forza Italia ed è comprensibile…
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
RICCARDO MAGI, Relatore di minoranza per la I Commissione. Concludo. Ed è comprensibile la loro assenza. Ma proprio voi che avete fatto del garantismo e della lotta alla discrezionalità dei giudici state introducendo una norma che amplia e dilata a dismisura esattamente questo: il populismo penale. Il codice penale come unico modo per affrontare qualsiasi fenomeno sociale. E poi - ripeto e concludo, e stigmatizzo ancora - la gravissima assenza della voce dei Presidenti delle Assemblee e della nostra Assemblea, in particolare, del Presidente Fontana, nello stigmatizzare quanto è avvenuto…
PRESIDENTE. Concluda.
RICCARDO MAGI, Relatore di minoranza per la I Commissione. … che è stata devastante per quanto riguarda le prerogative del Parlamento.
Per quanto ci riguarda il Presidente Fontana non rappresenta e non difende più gli interessi dell'intera Assemblea ma esclusivamente di una parte: la maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa e di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Sottosegretario all'Interno, onorevole Molteni: rinuncia.
È iscritta a parlare la deputata Bonafe'. Ne ha facoltà.
SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Grazie, Presidente. Voglio intervenire per esprimere, fin da subito, la nostra netta contrarietà su questo provvedimento e denunciare le continue forzature di questa maggioranza e di questo Governo, a partire dall'inedito assoluto dell'iter di approvazione e direi anche dell'iter di presentazione di questo provvedimento. Noi stiamo parlando di un decreto che è stato presentato quando al Senato si stava concludendo l'iter di approvazione di un disegno di legge governativo - devo dire del tutto simile - sul quale avevamo iniziato a lavorare da settembre dello scorso anno.
Quindi, insomma, la prima domanda che sorge spontanea è: ma se dopo un anno di lavori presentate un decreto, dov'è la necessità e dov'è l'urgenza per arrivare a presentare un decreto? Ma forse un'urgenza c'è; o, meglio, un'urgenza c'era, ed era quella del congresso della Lega, di aver pronto un provvedimento bandiera, alla faccia del rispetto del Parlamento.
Dopodiché - l'ho già detto prima, Presidente, durante il richiamo al Regolamento che ho fatto - ci sono state inevitabili e pesanti forzature anche durante l'iter di discussione in Commissione. Noi non abbiamo fatto nessun tipo di ostruzionismo, abbiamo sempre discusso i nostri emendamenti nel merito, non ci è stata data la possibilità di discutere tutti gli emendamenti, nonostante ci fosse stato chiesto di segnalarli.
Devo dire che c'è un aspetto abbastanza singolare: noi stiamo comunque parlando di un provvedimento in prima lettura e qui è singolare che nessun emendamento, non dico del Partito Democratico, ma di tutte le opposizioni, sia stato ritenuto meritevole di essere accolto, anche laddove andavamo a migliorare - per quanto si possa parlare di miglioramento - con emendamenti alcuni articoli di questo pessimo provvedimento.
L'ho detto anche prima, durante il richiamo al Regolamento: oltre all'inedito assoluto di un decreto che arriva quando si sta concludendo l'iter di un provvedimento del tutto simile, c'è un altro inedito al quale abbiamo assistito durante i lavori di Commissione, ossia l'inedito della doppia tagliola. Infatti, per carità, ci sono, Presidente, dei precedenti sulla tagliola agli emendamenti, ma abbiamo assistito a un precedente inedito, ossia a una tagliola anche sulle dichiarazioni di voto.
Peraltro, vediamo che oggi sarà posta la fiducia, quindi noi siamo in una condizione continua di forzature che denunciamo, perché, di forzatura in forzatura, qui sta venendo meno il ruolo del Parlamento.
E arrivo al merito di questo provvedimento. Noi riteniamo che questo provvedimento abbia la sicurezza solo nel nome. La sicurezza è un bene costituzionale a noi caro che, però, non si esaurisce come fa la maggioranza - come fate voi - con l'ordine pubblico, ma comprende anche la prevenzione dei fenomeni criminogeni. Ecco, su questo niente è previsto all'interno del provvedimento. Potremmo dire che questo è un provvedimento che, a voler essere generosi a sintetizzare, aumenta solo le pene e istituisce solo nuovi reati, perché è evidente che la logica a cui risponde è quella del panpenalismo emozionale, nonostante il Ministro Nordio, quando si è presentato alle Camere e quando si è presentato in Commissione e nelle interviste iniziali che ha fatto, abbia detto più volte di voler combattere il populismo penale.
Invece, ci siamo esattamente dentro, perché la logica è questa. Cioè, si presenta un fatto di cronaca? Ecco, benissimo, allora meglio agire sull'aumento della pena e non sulle cause profonde, sociali che lo hanno determinato. Faccio alcuni esempi che il Sottosegretario conosce bene.
Intanto, l'aggravante: noi avremo un'aggravante se un certo tipo di reato è commesso in una stazione ferroviaria o nelle immediate vicinanze che, insomma, dà adito a tutto e a niente; cioè, se un reato è commesso all'interno di un parco, in una scuola pubblica o in un ospedale, è un tema; se invece verrà commesso all'interno di una stazione sarà prevista un'aggravante. Questo, insomma, per noi è totalmente un non senso e ci piacerebbe che il Sottosegretario, quantomeno in questa sede - visto che durante i lavori di Commissione non abbiamo avuto grandi opportunità di discuterne insieme - ci potesse spiegare perché è prevista questa aggravante. Ma noi ricordiamo perfettamente che si erano registrati dei fatti di cronaca, ed evidentemente questa aggravante serviva per dare risposte che vanno più ad agire sull'emozionalità che non sulla prevenzione dei reati.
Faccio anche un altro esempio: occupazione arbitraria di immobile, peraltro già sanzionata dal codice penale. Ecco, anche qui è previsto un aumento di pena, peraltro in maniera del tutto sproporzionata. Oggi l'adescamento di minore, che è un reato odiosissimo - io penso che nessuno in quest'Aula lo consideri meno che odioso - verrà punito meno dell'occupazione arbitraria di immobile. Ora, noi siamo per tutelare la proprietà privata - ci mancherebbe altro -, ma io chiedo e mi rivolgo al Sottosegretario: ma davvero pensate che una persona con un disagio abitativo si fermi rispetto all'occupazione abusiva di un immobile solo perché sa di rischiare uno o due anni in più? Io penso che non sia questo il tema.
Peraltro, nel contempo, avete tagliato il Fondo per la morosità incolpevole, avete tagliato il Fondo affitti, avete tagliato i fondi ai comuni, che sono quelli che i comuni utilizzano per dare risposte ai problemi sociali, ai servizi sociali. Non investite sulla riqualificazione del patrimonio edilizio e di edilizia pubblica, che vede in ogni regione un enorme numero di case vuote perché inagibili. Allora, potevate mettere delle risorse lì e riqualificare quel patrimonio di edilizia pubblica, oggi purtroppo inutilizzato, per dare qualche risposta.
Purtroppo questo provvedimento è a invarianza di bilancio - ovvero la sicurezza, come ho detto prima, si riduce a prevedere qualche reato in più, qualche aumento di pena in più - ecco perché non ha niente a che vedere con i temi della sicurezza che pure a noi sono molto cari.
Del resto, Presidente, qual è la sicurezza che si garantisce al Paese mettendo i bambini fino a tre anni in carcere e condannandoli a vivere i loro primi anni di vita fra le sbarre? Ora qui ho sentito dire che gli ICAM non sarebbero carceri. Possiamo dire che sono delle carceri con le sbarre a colori, ma sempre carceri sono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e del deputato Giachetti). Possiamo dirlo? Tant'è che all'interno degli ICAM c'è la Polizia giudiziaria.
Del resto, si sta dicendo che il Governo non è in grado di prevedere soluzioni alternative - perché stiamo parlando di questo, Presidente - per le 20 donne che oggi devono giustamente scontare la loro pena e che hanno dei figli che, appunto, vivranno tra le sbarre.
Noi capiamo l'imbarazzo di Forza Italia e, probabilmente, è per questo imbarazzo che oggi non si sono presentati. Infatti, ricordiamo bene le parole del Ministro Tajani proprio su questo tema ed evidentemente oggi l'assenza è un'assenza che si giustifica anche da questo punto di vista e la capiamo bene.
Ma queste non sono le uniche forzature che sono state fatte: ci sono forzature che forzano evidentemente anche la Costituzione. Cioè, qui si equiparano condannati a semplici denunciati per un numero spropositato di reati, alla faccia del principio del garantismo. Non solo, si passa da una sanzione amministrativa a una sanzione penale per chi ostruisce le vie stradali o ferroviarie con il proprio corpo, magari anche in conseguenza a manifestazioni o a scioperi che, voglio dire, in fondo sono tutelati dalla nostra Costituzione. Non solo, si equipara la resistenza pacifica e passiva a un atto di violenza.
Insomma, come la vogliamo dire, qui c'è una riduzione irragionevole degli spazi democratici che ci allontana dallo spirito della Costituzione, come hanno ben evidenziato i costituzionalisti che, infatti, hanno firmato un appello.
Non solo, Presidente: andate anche a chiudere, dall'oggi al domani, un settore su cui tanti giovani hanno investito in questi anni, per una semplice motivazione ideologica, senza prevedere dei tempi transitori e di accompagnamento e senza prevedere i necessari aiuti per tante aziende che, dall'oggi al domani, hanno dovuto chiudere le proprie attività.
Ora, l'ho detto all'inizio e mi avvio a chiudere: così non si danno i problemi alla sicurezza del Paese. La sicurezza è anche per noi un tema sensibile, è un bene garantito e tutelato dalla Costituzione.
Quello che a noi spiace vedere è che, di una cosa così importante, la maggioranza ne sta facendo un elemento di propaganda, ed è il motivo per il quale noi siamo fortemente contrari a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra e del deputato Giachetti).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Buonguerrieri. Ne ha facoltà.
ALICE BUONGUERRIERI (FDI). Grazie, Presidente. Colleghi, Governo, oggi discutiamo sul cosiddetto decreto-legge Sicurezza, un intervento sicuramente importante, vasto e articolato che, come hanno premesso i relatori che mi hanno preceduta - che ringrazio per la loro introduzione e per il lavoro importante svolto fino ad oggi -, reca disposizioni urgenti in materia di contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata, in materia di sicurezza urbana, di tutela del personale delle Forze di polizia, di vittime dell'usura e in materia di ordinamento penitenziario.
La sinistra, Presidente, anche oggi, lo abbiamo sentito per bocca dei colleghi che sono intervenuti prima di me, ha parlato di forzatura nell'adozione del decreto-legge. Ma, guardi, Presidente, per Fratelli d'Italia, quando in gioco è la sicurezza, il degrado urbano, la violenza nelle carceri, le infiltrazioni terroristiche, il Governo ha il dovere, non soltanto il diritto, di intervenire con urgenza. Quindi, questo decreto, colleghi di sinistra, non è, come voi dite, una fuga dal Parlamento, una fuga dalla discussione e dal confronto, ma è un'assunzione di responsabilità politica da parte del Governo, di fronte a temi che, per noi, sono indubbiamente prioritari e che hanno, quindi, il carattere dell'urgenza.
Vede, Presidente, questo provvedimento, dal mio punto di vista, rappresenta ed evidenzia, in maniera molto chiara, forse più di altri, la diametralmente opposta visione di società della destra rispetto alla sinistra, per la quale, si sa, l'insicurezza non esiste, è soltanto una percezione del cittadino, le carceri vanno chiuse o svuotate e l'occupazione abusiva degli immobili altrui è una giusta battaglia politica. Quando si tratta di scegliere da che parte stare, se dalla parte delle Forze dell'ordine o di chi delinque, la sinistra perde sempre l'occasione di stare dalla parte giusta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che, per noi, è senza se e senza ma, quella delle donne e degli uomini delle Forze dell'ordine, che tutelano, con il loro lavoro quotidiano, la sicurezza di tutti noi.
Vede, Presidente, dispiace vedere, per esempio, che, quando ci sono manifestazioni di solidarietà nei confronti delle Forze dell'ordine, spesso e volentieri, non c'è nessuno di sinistra in piazza, perché, anche qui, in piazza, conta chi c'è, ma conta anche chi non c'è. Noi ci attendiamo, ancora oggi, da una certa parte della sinistra, le scuse, per esempio, per quanto è accaduto a Milano verso i Carabinieri che sono stati accusati di aver ucciso un ragazzo, durante un inseguimento; noi ci attendiamo, ancora oggi, le scuse da parte di una certa parte della sinistra e ci attendiamo i ringraziamenti per quello che fanno ogni giorno le nostre donne e uomini delle Forze di polizia. Ma, credo, purtroppo, che attenderemo ancora a lungo, Presidente.
Con questo decreto, il Governo Meloni riafferma, ancora una volta, in maniera chiara, dalla parte di chi sta: dalla parte degli anziani contro i truffatori, dalla parte dei minori contro chi li sfrutta, dalla parte dei proprietari di casa contro i ladri di casa, dalla parte di chi, Presidente, prende un treno per andare a lavorare o a studiare contro chi, invece, quel treno lo blocca per manifestare, che ne so, contro il cambiamento climatico (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Vede, Presidente, il Governo Meloni sta dalla parte della gente per bene (Commenti di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra), sta dalla parte dell'Italia che studia, che lavora, che produce, che rispetta le leggi, che rispetta i diritti altrui, e lo fa con provvedimenti e con azioni concrete. Lo fa, per esempio - è una norma, che è stata richiamata molto dai colleghi di sinistra, anche in Commissione -, tutelando la proprietà privata che, per Fratelli d'Italia, lo dico chiaramente, è sacra e inviolabile (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Ed è per questo che introduciamo il reato di occupazione abusiva di immobile destinato a domicilio altrui e prevediamo lo sgombero immediato dell'immobile occupato. Una norma di civiltà, Presidente. Quando un anziano va a farsi curare in ospedale, deve preoccuparsi di curarsi e di guarire, non deve preoccuparsi, mentre è ricoverato, che qualcuno gli occupi abusivamente l'immobile. È una norma di civiltà, che, però, Presidente, ha fatto innervosire particolarmente la sinistra e io mi sono chiesta il perché. Forse è perché i colleghi di sinistra, dopo lo ius solis, vorrebbero introdurre anche lo “ius Salis” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), cioè il diritto di occupare abusivamente gli immobili altrui (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Ma, questo, Presidente, non succederà… Li lasci mugugnare, lasci che si innervosiscano anche oggi, durante una semplice discussione generale su un importante provvedimento…
PRESIDENTE. Colleghi, per favore.
ALICE BUONGUERRIERI (FDI). Non ci stupisce: abbiamo visto l'atteggiamento anche durante i lavori di Commissione.
Presidente, non succederà perlomeno fin quando al Governo della nostra Nazione ci sarà Giorgia Meloni, ci sarà Fratelli d'Italia. E le dirò di più: mentre i colleghi di sinistra si irritano per norme di questo genere, noi, invece, siamo particolarmente orgogliosi di una norma che difende la proprietà privata dai soprusi di chi, ancora oggi, ragiona con l'esproprio proletario. E le dirò di più: noi riteniamo vergognoso che chi è pagato dagli italiani per scrivere leggi sieda in Parlamento a fare apologia della violazione delle leggi. Così com'è vergognoso, Presidente, che dei privilegiati occupino le case che sono destinate alla povera gente. Questo per noi è vergognoso.
Presidente, tanti sono i temi. I colleghi del PD, che sono intervenuti prima di me, hanno ricordato il tema, ad esempio, delle detenute madri e, anche su questo tema, in effetti, abbiamo sentito dire di tutto.
Noi saremmo disumani, perché vorremmo far crescere i figli in carcere. Ora, Presidente, come si sa, per Fratelli d'Italia, chi mette al mondo i figli deve essere aiutato e sostenuto. Ma nessuno sconto può essere fatto per chi usa i figli come scudo per non andare in carcere, nessuno sconto può essere fatto per chi usa i minori a scopo di lucro e, soprattutto, non possono esistere situazioni in cui le donne vengono sottoposte a violenza, costrette a fare figli, perché la gravidanza garantisce l'impunità! Questo, Presidente, è disumano. Sottrarre quelle donne dal giogo della criminalità organizzata, difendendo, al contempo, tutti i cittadini italiani, è quello che deve fare uno Stato giusto, è quello che deve fare uno Stato civile.
E, poi, Presidente ancora sul tema delle manifestazioni pubbliche, del blocco stradale e del blocco ferroviario, anche qui i colleghi di sinistra si sono lasciati andare a grande fantasia: l'hanno chiamata una norma liberticida. Secondo qualcuno, con queste norme, impediremmo ai cittadini italiani di manifestare.
Presidente, anche qui, manifestare è un diritto - certo - e il Governo Meloni l'ha sommamente tutelato, questo diritto, ma si può manifestare anche senza sfasciare città e senza aggredire le nostre Forze dell'ordine. E se tu manifesti e danneggi, paghi e rispondi del reato che commetti; se tu, manifestando, aggredisci le Forze dell'ordine, vai in galera (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra); se tu, manifestando, impedisci a me di andare a lavorare, rispondi del reato che commetti.
Perché il tuo diritto finisce nel momento in cui inizia il mio; è un concetto banale per noi di destra. E guardi, Presidente, nessuna norma repressiva che non consente ai cittadini italiani di manifestare.
Così - e lo dico per rammentare un altro provvedimento che a noi di Fratelli d'Italia è stato tanto caro - ai tempi dell'introduzione del cosiddetto - lo ricorderemo - provvedimento denominato Rave party, nessuna norma è stata introdotta come norma che impediva ai giovani di ballare.
È passato del tempo, Presidente, dall'introduzione di quella norma, i giovani continuano a ballare, nessuno per questa norma è andato in galera, ma è finita la fiera degli “sballoni” (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra)…
PRESIDENTE. Colleghi, per favore…
ALICE BUONGUERRIERI (FDI). …che venivano in Italia a sballarsi, occupando immobili altrui e violando le nostre leggi. Risultato pienamente raggiunto, Presidente (Commenti di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
E ancora, noi garantiamo sicurezza tutelando, anzitutto, chi tutela la nostra sicurezza, ovvero le nostre donne e uomini delle Forze dell'ordine e lo abbiamo fatto, ad esempio, aumentando le pene per chi li aggredisce e estendendo la tutela legale, perché, Presidente, per noi è vergognoso che servitori dello Stato, come, ad esempio, il maresciallo Masini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), che è dovuto intervenire a Capodanno, nel riminese, per garantire a tutti noi la sicurezza, sia ancora oggi sottoposto a procedimento penale e in questo senso noi interveniamo, e intendiamo intervenire, per mettere i nostri servitori dello Stato sempre più in condizioni di fare il proprio dovere.
Lo facciamo anche, per esempio Presidente, autorizzando le nostre Forze dell'ordine ad indossare degli strumenti di videosorveglianza. E mentre noi immaginiamo delle bodycam attraverso cui garantire l'incolumità degli agenti e garantirne l'operatività, anche qui i colleghi di sinistra invece propongono una sorta di schedatura, con dei numeri identificativi. Anche qui, Presidente, ritorno a quello che dicevo nella fase iniziale del mio intervento: questo provvedimento, anche nelle piccole norme, manifesta, in maniera chiara, la diversa visione di società tra la destra e la sinistra, perché per noi i delinquenti vanno schedati, non gli uomini e le Forze dell'ordine che lavorano ogni giorno per garantire la nostra sicurezza e la nostra libertà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
E poi, Presidente - lo hanno detto i relatori prima di me - sono davvero tante e diversificate le norme oggetto di questo provvedimento, fra cui per esempio - lo abbiamo detto prima - le norme per il contrasto al terrorismo, che per noi va combattuto sotto ogni sua forma, prevedendo ad esempio, come abbiamo fatto con questo provvedimento, anche fattispecie di reato per la detenzione di materiale utile alla commissione di reati di questo genere.
Lo facciamo inasprendo, ad esempio, le sanzioni per le rivolte in carcere o per le rivolte nei centri di accoglienza e trattenimento. Lo facciamo inasprendo le norme per l'inosservanza di disposizioni impartite dalle nostre Forze dell'ordine, introducendo norme che vanno a concedere dei benefici, ad esempio, ai superstiti delle vittime della criminalità organizzata o che tutelano i collaboratori di giustizia.
Ma infatti, Presidente - e lo sento dalla campanella che ha suonato -, purtroppo oggi il tempo non è sufficiente per entrare nel merito di tutti quelli che sono i provvedimenti importantissimi che con questo decreto verranno approvati. Quindi, concludo dicendo: colleghi, con questo provvedimento non si va a costruire uno Stato autoritario, ma si va a ricostruire uno Stato autorevole e, dopo anni di lassismo sul tema sicurezza della sinistra, il Governo Meloni sceglie la strada dell'ordine, della legalità e della sicurezza, perché, Presidente, non c'è libertà senza sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Piccolotti. Ne ha facoltà.
ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Grazie, Presidente. Discutiamo oggi di un decreto che, nel merito e nel metodo, viola molte prerogative di questo Parlamento ed è una bandiera del populismo penale e di una propaganda che continuamente il Governo rivolge contro gli ultimi, contro le situazioni di marginalità, contro chi protesta e si mobilita, mostrando due facce: una è quella garantista e la faccia garantista viene rivolta sempre a chi, per censo, è nella parte alta della società: i colletti bianchi e chi ha molto denaro a disposizione in questo Paese può sempre contare sul garantismo nel centrodestra, a volte persino alcuni che fanno affari con la criminalità organizzata possono contare su questa difesa garantista a parole; poi c'è l'altra faccia, la faccia giustizialista, securitaria, autoritaria, che viene rivolta, invece, a chi mezzi economici non ne ha e mette in campo elementi di mobilitazione e di protesta, perché quelli sono gli unici strumenti che ha a disposizione per difendere i propri diritti. Questo provvedimento - che per noi è addirittura inemendabile tanto è grave - rappresenta la faccia autoritaria della maggioranza e, non a caso, viene imposto con metodi autoritari, che travalicano i Regolamenti parlamentari.
Guardate, fa quasi ridere quello che abbiamo ascoltato nell'intervento che mi ha preceduto, perché la maggioranza sostiene che vi siano i requisiti di straordinaria urgenza per la conversione di questo decreto, perché dovrebbe affrontare reati gravissimi, che provocano allarme, ma guarda caso questa urgenza si è manifestata solo dopo 14 mesi di discussione. Quando, più di un anno fa, si presentò il disegno di legge governativo evidentemente questa urgenza non c'era e, quindi, ne dobbiamo dedurre che fino a un anno fa nel Paese non c'erano problemi di sicurezza e invece, in questo anno, i problemi sono aumentati a dismisura, talmente tanto che, con un metodo assolutamente inedito, il Governo prende un disegno di legge governativo, che era in discussione al Senato e per il quale era già stata fissata l'Aula - quindi, anche la giornata di discussione e di approvazione -, lo trasforma in un decreto immediatamente vigente e ce lo rimanda qui alla Camera, dove - cosa altrettanto assurda - vengono utilizzate le tagliole, addirittura una doppia tagliola, perché non solo non si devono discutere gli emendamenti che le opposizioni fanno a un testo che fa acqua da tutte le parti, ma non si devono ascoltare nemmeno le parole delle opposizioni, perché questo è il vero segno di questo decreto: il tema è silenziare chi non è d'accordo, impedire che possa parlare, che possa avere visibilità la sua parola. Perché dico così, Presidente? Lo dico perché mi pare evidente che una delle finalità di questo testo è quella, per l'appunto, di impedire che il dissenso sociale che si manifesta nel Paese possa avere voce, possa avere visibilità.
Guardi, questa vicenda si intreccia anche, in qualche modo, a quella del referendum che avremo l'8 e il 9 giugno, perché nella discussione sul referendum la maggioranza si è proposta come promotrice dell'astensionismo. Dice ai lavoratori e alle lavoratrici di questo Paese: non andate a votare, perché non è giusto che vi riprendiate il diritto di non essere licenziati senza giusta causa sul posto di lavoro.
È bene che possano ricattarvi e che possano licenziarvi. È bene che possano chiedervi di fare straordinari non pagati e che possano pagarvi metà in nero e metà in chiaro. È bene che le imprese possano fare di voi quello che vogliono. Da un lato dite questo e dall'altro, quando i lavoratori verranno, anzi, vengono ogni giorno licenziati, a volte in massa, gli togliete persino il diritto di scendere in strada, come fanno sempre, di organizzare un picchetto, di protestare contro quei licenziamenti e, se è necessario per farsi ascoltare, anche di bloccare la strada o di bloccare dei binari ferroviari, perché nella storia del movimento operaio di questo Paese i blocchi, anche quelli stradali e quelli ferroviari, sono stati un potente strumento di emancipazione, uno strumento con cui lavoratori e lavoratrici hanno fatto ascoltare la loro voce. E così come volete togliergli voce nel referendum, inducendoli all'astensionismo, con questo provvedimento cercate di togliergli voce anche dal punto di vista delle mobilitazioni. Mettete uno striscione al lato della strada in modo che non date fastidio a nessuno e che nessuno vi possa ascoltare. Questa è la ratio ed è rivolta ai lavoratori, agli studenti e agli attivisti per il clima.
E vorrei che la deputata di Fratelli d'Italia che ha parlato prima di me mettesse a fuoco che quelli che abbiamo visto nelle strade, i tantissimi giovani che abbiamo visto nelle strade manifestare contro il cambiamento climatico sono esattamente quelli che studiano. È l'Italia che studia che manifesta contro il cambiamento climatico (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché sa che cosa sta accadendo e vuole impedire che voi distruggiate il futuro delle giovani generazioni per assecondare gli interessi rapaci delle grandi società fossili, che vendono gas e petrolio e che fanno affari in barba al pericolo del disastro climatico che abbiamo davanti.
È dentro questo provvedimento un totale disprezzo nei confronti dell'Italia che lavora, Presidente. Si vede anche dalle norme previste sulla cannabis light. Io non so se sia mai successo prima e penso che anche questo sia un unicum senza alcun precedente, ma il decreto ha cancellato in una sola notte 30.000 posti di lavoro in 3.000 aziende per lo più a conduzione giovanile. Dalla mattina alla sera, persone che lavoravano nell'assoluta legalità su una sostanza che non ha alcun potere drogante si sono viste dichiarare illegali e sono costretti oggi a scegliere se perdere il lavoro e chiudere l'impresa oppure delocalizzare all'estero, perché la verità di questo provvedimento è che non sarà più possibile produrre la cannabis light in Italia, ma sarà possibile importarla dall'estero per le norme europee. Quindi, un danno economico anche questo in sfregio alle persone che lavorano e che si erano inventate un'occupazione in un Paese che maltratta i giovani e li spinge all'emigrazione.
L'ultima notazione la vorrei fare sulle occupazioni di case pubbliche per ragioni di protesta. Voglio raccontare questa vicenda. Quando abbiamo vinto le elezioni in Umbria, all'assessorato alla casa è andato un esponente di Alleanza Verdi e Sinistra, Fabio Barcaioli. Una delle prime azioni del nuovo assessore è stata chiedere agli uffici quanti fossero gli alloggi a disposizione della regione e quanti fossero realmente assegnati. Ebbene, abbiamo scoperto che la regione Umbria ha 13.000 alloggi popolari e che circa il 60 per cento di questi alloggi erano vuoti, perché il centrodestra non aveva agito per assegnarli alle persone che ne avevano bisogno e che avevano il diritto di stare in quelle case. Ecco, voi state facendo in modo che chi per protesta occupi quelli alloggi vuoti finisca in galera, quando invece quelle occupazioni sono un'azione di disobbedienza civile e di denuncia di un problema gigantesco, che è quello della casa e della malagestione, da parte di tantissimi enti pubblici, di un patrimonio pubblico che dovrebbe essere orientato alla risoluzione. Voi fingete quando dite che noi difendiamo chi occupa la casa privata di un anziano, perché non è così. Noi difendiamo il movimento popolare di lotta per la casa, perché la casa è un diritto che va garantito a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra). Buttare le persone per strada, sotto i ponti, non è intelligente, oltre che essere un atto ingiusto e...
PRESIDENTE. Concluda.
ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). ...violento - e ho concluso, Presidente -, e non è intelligente nemmeno dal punto di vista della sicurezza. Perché la verità, Presidente, è che questo non è un decreto “sicurezza” e non garantisce la sicurezza di nessuno. È solo un decreto “bavaglio e silenzio” nei confronti delle manifestazioni di chi si oppone alle politiche di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bordonali. Ne ha facoltà.
SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Sottosegretario Molteni, siamo arrivati al decreto Sicurezza. Un vero decreto “Sicurezza”, al di là di quello che dicono i colleghi della sinistra, perché la Lega, con tutta la maggioranza, ha voluto compiere una scelta chiara, netta e coraggiosa, cioè, rafforzare la sicurezza dei nostri territori, proteggere i cittadini onesti e tutelare, soprattutto, con strumenti concreti, chi, in divisa, rischia la vita per garantire ogni giorno a tutti i cittadini la sicurezza. Il provvedimento che oggi portiamo in Aula, al di là di quello che dice l'opposizione, non è un decreto ideologico, è un decreto di realtà. È la risposta concreta a un disagio reale, a un disagio quotidiano che, cari colleghi, non è che si legge nei convegni, basta stare in mezzo alla gente. So che per voi non è abbastanza usuale (La deputata Boldrini: “Ma smettila!”), ma noi della Lega, che siamo quotidianamente nelle piazze, nei mercati e nei quartieri popolari ad ascoltare le persone, sappiamo cosa affligge oggi i nostri cittadini. C'è gente che ha paura di circolare la sera o ha paura di salire su un autobus ad ora tarda, oppure, c'è chi ha trovato la propria casa occupata da sconosciuti - perché ne abbiamo sentite di tutti i colori: non ultime, le dichiarazioni di chi mi ha preceduto - e, purtroppo, ha dovuto affrontare un calvario legale di anni per rientrare in possesso del proprio appartamento.
Voi ci state accusando di aver approvato o di andare verso l'approvazione di un decreto panpenalista, come se tutelare la sicurezza dei cittadini sia qualcosa per cui quasi vergognarsi. Ma forse avete perso di vista cosa vuol dire “panpenalismo”. “Panpenalismo” significa criminalizzare tutto senza criterio, senza giusta proporzione e senza selettività. Ecco, allora non avete letto questo provvedimento, perché qua accade l'esatto opposto. Qui abbiamo selezionato una serie di comportamenti gravi, violenti e soprattutto sistematici - comportamenti che proprio quei cittadini che noi sentiamo ogni giorno ci hanno segnalato - e abbiamo dato allo Stato gli strumenti puntuali per rispondere a questi problemi. Quindi, non c'è nulla di sproporzionato, anzi, c'è una vera proporzione tra la gravità dei fatti e la certezza della risposta. E se dare più forza alle Forze dell'ordine, se rafforzare la sicurezza nei luoghi pubblici, se tutelare chi è stato vittima delle occupazioni abusive, di aggressioni, truffe e violenze, vuol dire essere panpenalisti, allora, sì, abbiamo questa grave colpa: siamo colpevoli di non voler più lasciare soli i cittadini onesti.
Perché, cari colleghi, al di là di quello che state continuando a dire, questo non è un decreto che reprime, questo è un decreto che protegge, e non nasce dalla teoria, ma dalla realtà quotidiana. Quindi, proprio partendo dalla realtà, voglio entrare nel merito del provvedimento e comincio proprio dall'articolo 10, che si occupa del contrasto alle occupazioni abusive di immobili. Ecco, quello che abbiamo sentito in Commissione e a cui abbiamo assistito da parte dell'opposizione è stato assolutamente surreale.
Ci avete incolpato di non aver risposto, di non avere interagito quando intervenivate in Commissione, ma vi garantisco che ci avete lasciato assolutamente senza parole, anche perché era difficile rispondere alle bugie e alle mistificazioni (La deputata Scarpa: “Porta rispetto!”) che avete continuato a raccontare per ore e ore in Commissione, per cui vediamo perché le state raccontando anche adesso.
Mentre noi stavamo cercando di rafforzare gli strumenti contro chi si appropria con la forza delle case altrui - case che, vi ricordo, cari colleghi, sono frutto di sacrificio, di mutui, di una vita di lavoro onesto - voi avete proposto degli emendamenti che, diversamente da quanto diceva la collega che mi ha preceduto, legittimavano le occupazioni - legittimavano le occupazioni! - perché, se non si trattava della prima casa, allora potevamo strizzare l'occhio. La prima casa andava tutelata, ma se non era la prima casa si poteva occupare. Poi, se c'era uno sfratto per morosità incolpevole, anche in quel caso si poteva strizzare l'occhio e far finta di niente.
Ecco, la vostra è una visione completamente rovesciata della legalità: strizza l'occhio ai furbi, agli abusivi e ai racket dell'occupazione, perché - ricordiamolo, colleghi - dietro l'occupazione c'è un vero e proprio racket.
E attenzione: qui nessuno manca di empatia verso chi perde una casa a causa di una difficoltà economica temporanea. Lo sfratto per morosità incolpevole è un problema serio, ma non si risolve con l'illegalità, non si risolve dicendo: va bene, hai avuto dei problemi economici, sei rimasto senza casa e allora vai ad occuparne tranquillamente un'altra. No, non si risolve spalleggiando chi si infiltra in circuiti criminali organizzati. Dietro molte occupazioni c'è un racket e, quindi, spesso chi è rimasto senza casa entra inconsapevolmente in chi gestisce queste occupazioni, diventate un vero e proprio business.
Quindi, colleghi, ecco la differenza tra noi e voi: noi stiamo con chi paga un mutuo, con chi lavora onestamente per comprarsi un tetto, voi state con chi prende con la forza ciò che non gli appartiene. I vostri emendamenti hanno testimoniato che voi andate in quella direzione. Noi invece diciamo “no” senza se e senza ma. Chi occupa abusivamente una casa commette un reato, punto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). E il nostro compito è quello di proteggere chi quella casa l'ha acquistata, costruita e mantenuta, magari con una vita intera di sacrifici. Lo Stato deve stare dalla parte delle persone perbene, non degli abusivi.
Per questo, con l'articolo 10, abbiamo inasprito le pene fino a 7 anni di reclusione e introduciamo lo sgombero immediato entro 30 giorni. Non possiamo più tollerare chi non rispetta le regole e che le persone vengano lasciate sole. Questa, quindi, cari colleghi, non è una giustizia punitiva, è una giustizia responsabile. Voglio ricordarlo a chi dice “Perché avete adottato il decreto? Che urgenza c'era? Perché avete introdotto questo articolo?”. Ecco, queste cose, signori, andatele a dire alla signora anziana di Ispica, il cui alloggio era stato occupato da 5 stranieri e, grazie a questo decreto, in 24 ore le è stato restituito il suo alloggio. Leggete i giornali! Questo decreto sta già dando grandi risultati in tal senso. Oppure volete difendere il rumeno di Mestre che ha occupato un appartamento a Mestre? Anche in quel caso, è stato liberato e il rumeno è in un CPR a Bari.
C'è un altro punto nel decreto sul quale voglio essere chiarissima, perché voi avete tentato, anche in questo caso, di distorcere la realtà, accusandoci di voler limitare il diritto di manifestare. Ecco, lo dico senza esitazione: nessuno in questa maggioranza mette in discussione il diritto di manifestare. Nessuno!
È un diritto sacrosanto, tutelato dalla Costituzione e fondamentale per ogni democrazia. Chi fa politica da anni - io faccio politica da anni - ha vissuto momenti di piazza, di confronto, di dissenso e sappiamo bene quanto sia importante nella storia del nostro Paese poter manifestare liberamente. Però, cari colleghi, c'è un limite chiaro. Quando la manifestazione diventa blocco stradale, occupazione violenta delle piazze, impedimento alla libertà di circolazione non è più una manifestazione, è una prevaricazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Commenti del deputato Giachetti). E troppo spesso - guarda caso - queste forme degenerano proprio dalle frange estremiste legate alla sinistra antagonista, quella che voi oggi state difendendo.
Il diritto di manifestare, cari colleghi, finisce dove inizia il diritto degli altri di lavorare, di muoversi, di vivere in sicurezza. Aggiungiamolo con chiarezza: se già esisteva una sanzione amministrativa, se già era prevista una multa per chi blocca strade e ferrovie, vuol dire che quel comportamento era già vietato, era già sanzionato, non stiamo inventando nulla e non stiamo criminalizzando nulla di nuovo. Non stiamo impedendo il diritto a manifestare che, secondo questo principio, visto che c'era già una sanzione, sarebbe comunque già vietato. Mi sembra ovvio, ma voi probabilmente avete difficoltà ad arrivarci.
Stiamo semplicemente dicendo, colleghi, che se scegli consapevolmente di violare la legge e di impedire agli altri la libertà di movimento, non te la puoi cavare con una pacca sulla spalla e una contravvenzione da 50 euro. Serve un deterrente vero, serio e credibile. Prima, chi si sdraiava in mezzo alla strada o ai binari per bloccare la circolazione se la cavava con una multa. Ora, con questo decreto, risponde penalmente fino a un mese di reclusione.
Abbiamo sentito accuse surreali. Poi ci chiedete perché non abbiamo risposto in Commissione. Ci avete addirittura detto, in Commissione, che con questo nostro articolo rischierebbero la galera persino coloro che vanno in processione religiosa o a un funerale o chi si è attivato per la transumanza degli animali. Ecco, siamo seri. Noi dovevamo rispondere a queste vostre sollecitazioni (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)? Dovevamo fare una cosa di questo tipo (La deputata Scarpa: “Sì, dovevate farlo! Così funziona la democrazia!”)? Alla pazzia non si può rispondere, si assiste inermi.
E ancora, continuando a smontare le vostre bugie una dietro l'altra, avete montato il caso, tutto infondato, sull'articolo relativo alle detenute madri. In Commissione abbiamo, tra l'altro, ascoltato accuse pesanti e strumentali. Ci avete detto che vogliamo mandare i bambini in carcere, che attacchiamo i diritti dei minori, che siamo disumani. Basta leggere il testo, cari colleghi, per capire che è tutto falso quello che voi avete detto.
Oggi, per la legge, la madre condannata può automaticamente accedere a misure alternative al carcere, anche quando i reati sono molto gravi. Ecco, con il decreto diciamo che non è più automatico. Decide il giudice caso per caso, valutando la gravità del reato, la personalità della madre, la tutela del minore. E diciamolo chiaramente: non si parla di carcere per i bambini (altra bugia che dite sempre voi), ma di istituti a custodia attenuata appositi, protetti e con garanzie dedicate. Qui, anche rispetto all'opposizione, cosa vi dovevamo dire? Vi siete contraddetti. Da una parte, c'era chi diceva che i posti negli ICAM non bastavano. Avete continuato a dire: negli ICAM non bastano i posti, voi volete mandare queste donne, negli ICAM ma non bastano i posti e, quindi, le mandate in carcere. Poi, altri di voi dicevano: state facendo una norma per pochissimi casi, è una norma inutile. Ma mettetevi d'accordo con voi stessi: o non bastano gli ICAM o questa norma riguarda poche persone e, quindi, i posti sono sufficienti.
Insomma, dite tutto e il contrario di tutto solo per attaccare il Governo, ma quello che voi dite è senza alcun senso.
Inoltre, ci tengo a chiarirlo ancora una volta, perché, durante il dibattito in Commissione, avete continuato a richiamare ciò che precedentemente, tramite lei, Presidente, hanno continuato a dire i colleghi, richiamando la collega Matone, e lo diciamo ancora una volta, invece: dietro molte di queste donne c'è un sistema criminale spietato! Si tratta di donne costrette a rubare, a borseggiare, sfruttate dalle organizzazioni che le ingravidano appositamente per tenerle fuori dal carcere e usarle come manodopera criminale. Ecco, non vogliamo punire le mamme, vogliamo liberarle, queste donne, con questa norma! Rendetevi conto! Le volete lasciare ancora nelle mani della criminalità? E non parliamo di carceri per i bambini, ma di ICAM (istituti di custodia attenuata), ossia di ambienti protetti seguiti da medici, assistenti sociali ed educatori, e la scelta spetta sempre al giudice, caso per caso. Quindi, smettiamola di raccontare balle, perché lasciarle in strada, queste donne, in mano a sfruttatori, pensate sia più umano? Ma come fate a pensare che sia più umano lasciare per strada queste donne e i loro bambini? Ecco, l'umanità è proteggerle, non abbandonarle! Quindi non siate disumani voi! Non noi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!
Ma non c'è solo, ovviamente, la tutela per queste donne, c'è anche - e non ci vergogniamo a dirlo - la tutela dei cittadini italiani, delle persone perbene, dei lavoratori, degli anziani, dei turisti che ogni giorno vengono borseggiati sui mezzi pubblici, nelle stazioni, nei luoghi affollati. È inaccettabile che le bande di criminali sfruttino la maternità come scudo per restare impuniti. Non si può trasformare la maternità in un lasciapassare per l'illegalità, cari colleghi. Ecco, con questo decreto, non criminalizziamo le madri, spezziamo la catena dello sfruttamento, diamo ai giudici strumenti per valutare, caso per caso, e diamo ai cittadini un segnale forte: lo Stato c'è e protegge i più deboli e non chi li sfrutta.
Ma non ci fermiamo qui. Con questo decreto estendiamo il cosiddetto Daspo. Anche qui ritengo che vada fatta un po' di chiarezza e ricordare ai colleghi da dove nasce il Daspo. Il Daspo nasce con il decreto legge n. 14 del 2017, il cosiddetto decreto Minniti, guarda caso (Minniti, lo voglio ricordare, era un Ministro che non apparteneva al centrodestra). Il decreto Minniti, poi, viene ampliato dal decreto Salvini con il decreto legge n. 113 del 2018, dove vengono allargate le interdittive per i presidi sanitari, le aree destinate allo svolgimento di fiere eccetera, eccetera, e dove vi è anche un inasprimento con la previsione secondo cui chi incorre nella violazione dell'ordine di allontanamento subisce il reato.
Ma forse i colleghi - e qua, tramite lei, Presidente, mi rivolgo al collega Mauri, che, in quel momento, era anche Sottosegretario, mi risulta, se mi ricordo bene - non ricordano le altre modifiche del decreto Sicurezza del Ministro Lamorgese con il decreto n. 130 del 2020, dove c'è un ulteriore ampliamento dell'ambito di applicazione del Daspo urbano, prevedendo che i soggetti che sono stati condannati, anche con sentenza non definitiva negli ultimi 3 anni per reati di vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, non possono stare nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, eccetera, eccetera. Quindi, era stato proclamato come il Daspo per i condannati, ma, evidentemente, i colleghi, oltre ad avere poca memoria, come ho ribadito e ho dimostrato, continuano a raccontare bugie, quando sono contro il Daspo, che abbiamo introdotto noi. Il Daspo urbano è esteso a chi, nei cinque anni precedenti, è stato denunciato o condannato, anche con sentenza non definitiva, per reati contro la persona o contro il patrimonio che sono commessi in prossimità di infrastrutture pubbliche, stazioni ferroviarie, aeroporti, eccetera. Infatti, cari colleghi, c'è la necessità di sicurezza (se parlaste ogni tanto anche voi con i cittadini) in quei luoghi che tutti frequentano ogni giorno per andare a scuola, per andare al lavoro, per spostarsi. È proprio lì che lo Stato deve far sentire la sua forza.
Questa del Daspo, signori, è una misura che i questori attendevano da tempo, e non lo dico per sentito dire, perché chissà. A Brescia - un esempio - la questura l'ha già applicato, grazie al fatto che c'è già un decreto, quindi il questore ha potuto utilizzare questo nuovo strumento che è stato inserito nel decreto. Quindi, colleghi, vi invito a parlare con i cittadini, ma anche con coloro che applicano la legge, le necessità che hanno i nostri questori e le nostre Forze dell'ordine.
Proprio andando velocemente alle nostre Forze dell'ordine, importanti sono gli interventi che abbiamo realizzato anche in tal senso per le loro tutele, per le loro garanzie. In questo caso, rimborsiamo fino a 10.000 euro di spese legali per chi viene trascinato in tribunale solo per aver fatto il proprio dovere. Sì, abbiamo una visione diversa: noi, le Forze dell'ordine, le difendiamo, noi non vogliamo che chi indossa una divisa non venga rispettato. Noi siamo per il rispetto degli uomini in divisa, senza se e senza ma.
Quindi, cari colleghi, ma soprattutto onorevole Molteni: lei, Sottosegretario, si è impegnato molto - tramite il Presidente, sempre - per questo decreto. Penso che a Ispica e a Mestre, grazie a questo decreto, due appartamenti sono rientrati nella disponibilità dei loro legittimi proprietari in 24 ore; la DIGOS di Lecco e di Milano, grazie ancora…
PRESIDENTE. Onorevole, concluda.
SIMONA BORDONALI (LEGA). …a questo decreto - vado verso la conclusione - ha arrestato uno studente egiziano che deteneva materiale che serviva per la propaganda jihadista finalizzato ad attività terroristiche; a Brescia, il questore, grazie ancora a questo decreto, ha allontanato un soggetto pericoloso dalla stazione.
Cari colleghi, questi sono risultati già concreti e a questi si sommeranno tanti altri risultati grazie a questo decreto, per cui, Sottosegretario Molteni, andiamo avanti in questa direzione. I nostri cittadini stanno attendendo da troppo tempo questi interventi.
PRESIDENTE. Onorevole…
SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie Sottosegretario, e penso di avere ben smontato le bugie di questa sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cafiero De Raho. Ne ha facoltà.
FEDERICO CAFIERO DE RAHO (M5S). Grazie, Presidente. Cominciamo con il dire quanto è successo in Commissione: la violazione del Regolamento. Nel pieno rispetto delle parole del Presidente, che lei poc'anzi ci ha letto, va sottolineato che i criteri di organizzazione non possono violare i principi della democrazia e togliere la parola alle opposizioni. Impedire alle opposizioni di parlare degli articoli dal 16 al 39 in un decreto-legge che è arrivato a noi dopo esserne stato il Parlamento spossessato è un fatto, secondo noi, gravissimo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che viola i principi fondamentali della nostra democrazia!
Vede, il decreto-legge tradisce il titolo e non assicura sicurezza. Sicurezza è prevenire e reprimere i reati, ma anche assicurare il rispetto delle regole in ogni settore; è tempestività dell'azione penale e rapidità del processo con l'obiettivo della certezza della pena; sicurezza è difesa dei cittadini, è presenza sui territori delle Forze dell'ordine, alle quali è rimessa la tutela dei cittadini; è protezione delle vittime dei reati. Il Governo, in questo decreto-legge, invece, mostra di intendere la sicurezza come inasprimento delle pene e introduzione di nuovi reati, e già questo evidenzia la miopia del Governo.
Il decreto-legge non stanzia risorse, nulla prevede per gli organici di Polizia e per quelli di magistratura, fortemente carenti: senza uomini dello Stato, come ho detto, non si difendono i diritti; nulla prevede per il sovraffollamento delle carceri e nulla sul recupero e la dignità dei detenuti. La sicurezza deve essere valutata nel rispetto dei principi e dei valori costituzionali del nostro Paese, e al vertice di tutti i diritti c'è il diritto di libertà e la solidarietà come fondamento della nostra democrazia, ma l'ideologia del Governo è tutt'altra.
Nel decreto-legge l'aumento delle pene e l'introduzione di nuovi reati intervengono per restringere gli spazi di dissenso e protesta, che sono espressione del disagio, dell'emarginazione e del degrado sociale. Anche l'Unione camere penali italiane ha espresso un giudizio fortemente critico nei confronti dell'iniziativa legislativa. La critica al pacchetto Sicurezza nasce da una dolorosa riflessione. Guardate, uso parole non mie, ma quelle del presidente dell'Unione camere penali italiane: “Molte norme sembrano ispirate al diritto penale del nemico, volte a colpire determinate categorie di persone: il manifestante, l'imbrattatore, l'occupante, l'irregolare. Si tratta di norme che finiscono con il criminalizzare” - dice sempre il presidente dell'Unione camere penali italiane - “l'emarginazione, il disagio sociale e lo stesso dissenso, colpendo con lo strumento penale situazioni di marginalità che trovano altrove causa e che dovrebbero trovare soluzione nella rimozione delle sue stesse cause e nella prevenzione. Il rimedio penale si rivela in questi casi sproporzionato e sostanzialmente inutile”. Gli avvocati - coloro che hanno, per professione e per giuramento, il dovere di difendere i diritti - hanno ritenuto che queste norme confliggono radicalmente con i fondamenti costituzionali del diritto penale. Guardate, è grave che lo dicano gli avvocati, perché sono quelli ai quali molto spesso ci si è richiamati nella garanzia dei diritti.
Ma cosa avviene con questo decreto-legge? I bambini vengono messi in carcere insieme alle madri. I bambini non possono essere messi in carcere insieme alle madri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e della deputata Boldrini): è un diritto di civiltà questo. Noi siamo per il rispetto dei diritti - certo - come tutti. Per questo è evidente che qualunque violazione deve essere punita secondo le leggi, però non crediamo che si possa intervenire con un nuovo delitto come l'occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui. Di questa norma non vi era bisogno. Perché? Perché già gli articoli 633 e 633-bis introducevano norme che, di per sé, implicavano anche la punizione di comportamenti di questo tipo. Il Governo qui non interviene per colmare la debolezza del sistema pubblico dell'alloggio, per garantire il diritto di una casa a quella larga fascia della popolazione sempre più povera in un mercato immobiliare sempre più inaccessibile, ma mostra il pugno di ferro verso le categorie dei più deboli.
E ancora, viene sanzionata la protesta, il dissenso e il disagio sociale, punendo con la reclusione il blocco stradale e ferroviario di chi ostacola la circolazione con il proprio corpo. Questo è sempre stato un illecito amministrativo, non un delitto. Perché considerarlo oggi un delitto? Sovvertiamo proprio i principi fondamentali e, in questo modo, restringiamo la possibilità di protesta per coloro che perdono il posto di lavoro, per coloro che vogliono delle regole più giuste, per coloro che si trovano in un disagio occupazionale e per tutti coloro che soffrono. Questa è una norma irricevibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e della deputata Boldrini), una norma che non può passare per il nostro popolo e per i nostri concittadini.
Viene introdotto il reato di rivolta negli istituti penitenziari. Ebbene, con le rivolte che ci sono state si poteva anche pensare che una fattispecie di questo tipo andasse ritenuta necessaria. Ma come viene disposta e come viene formulata questa norma? Una norma come questa prevede addirittura che risponda chi esprime una propria protesta o, comunque, partecipa con la resistenza passiva. Ma cos'è la resistenza passiva? È non fare nulla e restare lì, laddove ci sono altri che hanno usato violenza e non si è nemmeno concorrenti, perché negli istituti penitenziari si sa bene cosa avviene: si tratta di contesti nei quali il detenuto più fragile, il detenuto che non appartiene a determinati contesti, è costretto a subire. Quindi, per il semplice fatto di non rientrare in cella si risponde con una pena da 2 a 8 anni, il che è propriamente inammissibile ed è contrario ai principi del nostro diritto penale. Il concorso va sostenuto con un concorso psichico e un concorso materiale; chi non fa niente non può essere punito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e della deputata Boldrini) e lo abbiamo detto per questo e lo abbiamo detto anche per le strutture che riguardano i migranti. Ma mentre il circuito penitenziario oggi presenta il gravissimo vulnus determinato dal sovraffollamento, oggi pensiamo di punire chi opera con una resistenza passiva non rientrando in cella? Questo è ugualmente molto grave.
Nel decreto-legge, peraltro, è previsto un articolo, che è un articolo di una gravità assoluta, ed è l'articolo 31. L'articolo 31 prevede disposizioni per il potenziamento e l'attività di informazione per la sicurezza. Esso consente oggi qualcosa che veramente sovverte i principi della nostra democrazia. Perché? Perché consente che il Presidente del Consiglio autorizzi la costituzione, la promozione e la direzione di un'associazione con finalità terroristiche. La costituzione, cioè il Presidente del Consiglio dice ai servizi: potete organizzare e costituire un'associazione terroristica. È qualcosa di inverosimile! È qualcosa veramente fuori dal mondo delle regole di una democrazia. Già i servizi dovrebbero operare con il rispetto assoluto di ogni regola; in qualche caso, per il terrorismo, è stata prevista una deroga. Ma qui non si prevede la partecipazione, che pure è qualcosa di grave, ma si consente all'appartenente ai servizi segreti di infiltrarsi all'interno di un'associazione che esiste per poter comprendere chi la compone e chi ne opera all'interno. Qui si costituisce un'organizzazione! Abbiamo dimenticato la strage di Bologna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), la strage di piazza della Loggia, la strage di piazza Fontana, laddove da quelle inchieste sono emersi anche sospetti o addirittura responsabilità nei confronti di coloro che facevano parte dei servizi. Allora, norme come queste non sono possibili in un sistema democratico come il nostro.
In questa legge vi sono violazioni di principi cardine del nostro sistema. C'è una violazione della libertà di manifestazione - di manifestazione del dissenso - e noi crediamo che in questo decreto-legge si operano violazioni gravissime ai diritti di libertà e la libertà è il cardine della democrazia, è il cardine della nostra vita, è il cardine della nostra Repubblica. Presidente, questo credo che debba essere un momento di riflessione importante, che non c'è stato consentito in sede di Commissione, ma credo che oggi debba essere sentito da tutti e…
PRESIDENTE. Concluda.
FEDERICO CAFIERO DE RAHO (M5S). …dispiace che tutta la maggioranza di destra non sia presente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo è veramente grave. Ancora una volta si ignora ciò che dicono le opposizioni e questo non può avvenire in un sistema democratico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI (IV-C-RE). La ringrazio, signor Presidente. Prima di portare il mio contributo, che è ovviamente in assoluto dissenso nei confronti del Governo, vorrei, invece, venire incontro al Governo permettendomi un consiglio non richiesto e anche gratuito (lo dico ai membri del Governo che sono seduti al banco, attraverso di lei). Mi stavo domandando, pensando alla filosofia e alla ratio di questo provvedimento, quale potesse essere uno spot, un testimonial per questo provvedimento, che, evidentemente, è un provvedimento da campagna elettorale: non si stanzia una lira, ma si deve fare un manifesto per dire qualcosa.
Pensandoci, signor Presidente - la prego di seguirmi -, mi è venuto in mente un personaggio, che i membri del Governo non possono ricordare perché sono dei bambini rispetto a noi e non hanno l'età per ricordarlo, ma che invece, pensando, pensando e pensando, mi è venuto in mente ed è un suggerimento gratis che do al Governo per poterlo utilizzare.
Non so se lei, signor Presidente, si ricorda quel personaggio che si chiamava Giorgio Bracardi, un famoso comico del 1933, nato nel 1933 e che a un certo punto - non so se si ricorda - si inventò quello sketch che diceva: “Ti piace la minestrina? Mangia la minestrina. Non mangi la minestrina? In galera!”. Perfetto, questo è esattamente lo spirito di questo decreto. Hai sbadigliato…? In galera! Hai fatto… in galera! Qualunque cosa diciamo questo Governo e questa maggioranza lo risolvono attraverso un modo: in galera (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e del deputato Della Vedova)! E d'altra parte è quello che sta facendo dall'inizio legislatura, perché i nove reati aggiuntivi, le aggravanti e via dicendo sono soltanto, diciamo, un regalino, la ciliegina sulla torta di un percorso che il Ministro garantista e liberale Nordio ci ha, come dire, regalato dal giorno in cui ha messo il suo… diciamo… si è seduto su quella sedia, dimenticando completamente quella che è stata la sua storia, ma perfettamente uniformandosi allo spirito collettivo di questa maggioranza.
Ora, io ho grande rispetto del collega Bellomo, che penso sia anche una persona intellettualmente onesta e a un certo punto ho sentito con grande interesse il collega Bellomo che ci spiegava perché non c'è stato nessuno strappo nell'esame di questo provvedimento. E ce lo ha spiegato dicendo: “Si sono fatte anche le sedute notturne”. Cioè, secondo il relatore Bellomo, la democraticità di questo dibattito e via dicendo c'è perché è stato dedicato tanto tempo e si sono fatte le sedute notturne. Dimentica l'onorevole Bellomo - e fanno finta di dimenticarlo la maggioranza e anche il Governo e se lo dimentica anche un po' il collega Trancassini, ma oggi c'è una solidarietà particolare che voglio rivolgere al collega Trancassini, che è qui da solo, solo perché è solo dico, non c'è nessuno della maggioranza, sta qui e quindi… ah no, ecco, adesso si è aggiunta un'altra persona, quindi siete in due, benissimo, benissimo (Commenti)… ma no, no, non mi riferivo a questioni fuori dalla politica, mi riferivo esattamente al fatto che sta qui da solo.
Bene, detto questo, signor Presidente, volevo dire all'onorevole Bellomo che noi siamo stati vittime di forzature continue in Commissione, comprese le doppie tagliole di cui hanno parlato e che questa è l'unica, l'unica ragione per la quale il disegno di legge è stato trasformato in decreto-legge. Perché, se qualcuno avesse l'onestà di dirlo in quest'Aula, se non ci fosse stata questa trasformazione, tutte le forzature che sono state messe in atto dalla maggioranza con le tagliole, i precedenti, eccetera, eccetera, semplicemente non avrebbero potute essere realizzate.
L'oggetto della trasformazione dal disegno di legge in decreto-legge, non c'entra niente l'urgenza, con tutto il rispetto per la signora di Ispica. Magari, se la collega Bordonali potesse spiegare alla signora di Ispica che lo sgombero poteva essere fatto tranquillamente con le norme attuali, non c'era bisogno di un decreto, anche perché l'idea che noi facciamo un decreto per risolvere il problema della signora di Ispica è sicuramente una cosa molto importante, ma avrei qualche problema, perché credo che siamo 59 milioni gli italiani, di questi almeno 100.000 hanno un problema del genere. Immaginare di fare 100.000 decreti specifici per ogni signora di Ispica non è esattamente la filosofia e anche la teoria con la quale si dovrebbero fare le leggi, che dovrebbero riguardare questioni generali e via dicendo. Però è contenta la signora di Ispica e noi in questo caso solidarizziamo con la signora di Ispica, che ha risolto il problema, poteva essere risolto anche diversamente.
Ma, se noi ci siamo trovati a un anno di distanza - lo dico attraverso di lei al collega Bellomo e a tutti i colleghi del centrodestra -, non è che è perché è stato fatto chissà che cosa, è perché il provvedimento è stato sequestrato al Senato per 5 mesi senza fare nulla, e forse qui ritorna l'onestà intellettuale di qualcuno, che ci potrebbe anche spiegare che per 5 mesi non si è fatto nulla perché si stavano scannando dentro la maggioranza. Non è che non si è fatto nulla perché c'era in corso l'ostruzionismo della sinistra, che è sempre cattiva, che voleva non solo tenere tutti gli occupanti, ma mettercene dentro altri 50.000 e via dicendo. No, al Senato è stato bloccato per mesi perché c'erano dissensi all'interno della maggioranza.
Come immaginano questo Governo e questa maggioranza di risolvere i problemi? Semplicemente trasformando improvvisamente - quando hanno trovato un accordo e hanno trovato lo spot elettorale che serviva alla Lega per il congresso, tutto quello di cui abbiamo sentito parlare e via dicendo - un disegno di legge in un decreto-legge, spazzando via sostanzialmente tutto il lavoro che è stato fatto, ma soprattutto spazzando via - e questo lo tenete nascosto, ma questo sicuramente dal punto di vista procedurale è di una gravità inaudita - la possibilità di un dibattito su un tema che non ha nessuna necessità e urgenza - può essere una priorità politica, rispettabilissima, forse lo è per tutti noi, ma non c'è nessuna necessità e urgenza, atteso che il suo corso è stato di un anno in Parlamento, non certo per colpa e responsabilità dell'opposizione -, azzerando e cancellando tutto quello che era stato fatto, ma soprattutto, attraverso ovviamente il decreto e la conseguente fiducia, che arriverà tra qualche minuto - ma io perché sono preveggente, Presidente, non perché siamo ormai abituati a questo -, di fatto spazzando via qualunque possibilità di opporsi anche materialmente, chiedendo almeno un confronto sul merito delle questioni. Questa, onorevole Bellomo, è la ragione per la quale è stato fatto il decreto e questa è la ragione per la quale sono stati compressi non solo i diritti dell'opposizione, ma anche quelli che dovrebbero essere i diritti del Parlamento, della Camera nella sua interezza.
Perché noi oggi, siccome stiamo in maggioranza, siamo contenti che l'opposizione venga legnata in testa - ovviamente metaforicamente parlando - in termini procedurali, dimentichiamo che poi comunque tendenzialmente c'è sempre un'alternanza e poi quando staremo all'opposizione ci lamenteremo e qualcuno dirà “stiamo facendo semplicemente quello che avete fatto voi”. Mi piacerebbe poter rispondere alla collega di Fratelli d'Italia che ci ha spiegato che Fratelli d'Italia sta con la gente perbene. Ora, penso che tutti i dirigenti dei partiti sanno perfettamente che tendenzialmente tutti noi stiamo con la gente perbene. Spero che la collega di Fratelli d'Italia non pensi che noi stiamo con la gente “per male”, io tendenzialmente sto anche con la gente “per male”, perché la vado a trovare in galera, perché mi interesso anche dei problemi di quelli a cui nella vita è capitato di fare del male e penso che sia doveroso da parte nostra, ma non solo perché sono un politico, perché penso che comunque, anche quando le persone fanno del male, abbisognano di essere aiutate a cercare di rimettersi in carreggiata e fare del bene. Quindi, parafrasando con tutti i limiti quella frase che dice “volevo sedermi a un tavolo, ma tutti i posti di quelli che la vedono giusta erano occupati, quindi mi sono messo dalla parte di quelli sbagliati”, diciamo che la collega di Fratelli d'Italia almeno devo dedurre che pensa che la gente perbene sia fuori da qui, perché sta con la gente perbene, ma non sta qua dentro, quindi evidentemente la andrà a cercare da qualche altra parte, ma questo è un problema che riguarda la collega di Fratelli d'Italia.
Non voglio tirarla molto per le lunghe, signor Presidente, i colleghi che sono intervenuti nelle pregiudiziali, che sono intervenuti nel dibattito, hanno messo in rilievo tutte le storture dal punto di vista costituzionale di questo provvedimento, peraltro c'è anche un po', tra virgolette, l' ignominia politica di motivare il decreto-legge per raccogliere quelli che sarebbero stati dei rilievi avanzati dal Presidente della Repubblica; palesemente una falsità, nel senso che è stato riproposto un disegno di legge in cui quei rilievi non sono stati, sostanzialmente, minimamente ripresi, se non addirittura con una presa in giro, quella sulle madri detenute.
Dire che è stato ripreso un rilievo avanzato dalla Presidenza della Repubblica perché, invece di sbattere le madri in galera con i ragazzini, le sbattono negli ICAM… e, come giustamente ricordava la collega Bonafe' poco fa, diciamo sì, forse non siete mai stati, non avete visto mai - lei sì, lo so signor Sottosegretario, ma altri non hanno visto cosa sono gli ICAM -, che sono semplicemente delle galere dove ci sono dei bambini che giocano sopra, sotto il letto della madre e via dicendo, le sbarre ci sono lo stesso, c'è qualche gioco, qualche cosa di colore, ma lì stanno.
E anche teorizzare, come ho sentito dire, che c'è questa pratica perversa per cui un sacco di donne che vogliono compiere reati si fanno mettere incinte perché così non possono andare in galera, uno dice “caspita, ma allora questo è un problema serio, avremo nelle carceri italiane un miliardo - no, non un miliardo, qua ci siamo quasi, perché con il sovraffollamento nelle carceri tra un po' ci arriviamo a un miliardo -, ma avremo 3.000, 4.000, 5.000, 6.000 donne che stanno tutte in carcere, si sono fatte mettere incinte e devono uscire”. Quante sono, a proposito di un decreto di necessità ed urgenza che dovrebbe riguardare categorie generali e non singoli aspetti e via dicendo, le donne che si trovano in questa situazione?
E voi avete fatto un artificio, una finzione: avete mantenuto esattamente quel tipo di impostazione e non avete raccolto quella che, da più parti, vi veniva chiesto fosse raccolta, ossia mandare fuori dal carcere le poche, ma neanche decine - si contano sulla punta di due mani, forse - di donne che, in questo momento, si trovano in questa condizione. Ma voi ce l'avete proprio come problema ideologico: le donne che si fanno mettere incinte per non andare in galera. Avete questa visione che vi riguarda in tutta la costruzione della vostra politica sulla sicurezza e sulla giustizia. E che cosa volete fare? È inutile che parliamo? No, non è inutile, ne parliamo.
E vorrei chiudere con il tema del dissenso. Anche qui, ricordo la Presidente del Consiglio, quando fece il suo primo intervento, qua, in Aula, che, per rendersi simpatica - e, probabilmente, c'è riuscita -, disse che non vedeva l'ora, sostanzialmente, di vedere i ragazzi manifestare contro il Governo, perché questo era un segno di vitalità. Io penso che sia anche giusto. Se, però, non vedi l'ora e quasi li istighi a essere liberi nel manifestare contro il Governo e poi, improvvisamente “in galera!”, allora c'è qualche problema di connessione tra quello che dice all'inizio e quello che dice alla fine. Ripeto: in galera! Cioè, stiamo stabilendo che alcune persone che protestano (le faccio un esempio, onorevole Presidente: durante una manifestazione di disabili, perché non c'è l'abbattimento delle barriere architettoniche e decidono di schierarsi con le carrozzine in mezzo alla strada; le ho viste e conosciute) le mandiamo in galera, perché creano problemi ai passanti, alle cose e via dicendo.
Questa è la ratio, perché fanno cose che gli servono per trasmettere un messaggio e non si rendono conto della caduta che hanno queste cose sulla vita quotidiana delle persone e sull'esercizio dei diritti costituzionali. C'è una sanzione per chi imbratta, per chi ferma il traffico e via dicendo ed è una sanzione amministrativa. Qualcuno si vuole domandare se è sempre esistita una sanzione amministrativa, magari, perché si vuole contemperare il diritto di manifestare, con, dall'altra parte, il dovere di farlo senza creare problemi? Ma l'alternativa può essere la galera? È tutto così. La ratio di questo provvedimento è tutta così.
E chiudo esattamente con la cosa più ignobile, che è quella di equiparare, nelle carceri italiane, il reato di rivolta con quello di resistenza passiva. Ora, signor Presidente, nelle carceri italiane, con, ad oggi, 16.000 detenuti in più (non l'ho mai smesso di dire) e con un numero di suicidi che è in continuo aumento (ce n'è stato uno l'altro giorno), non è un'esagerazione sostenere che gli esseri umani vivano peggio di come i maiali vivono nelle porcilaie, perché nelle carceri italiane, in una parte sostanziosa delle carceri italiane, le persone umane vivono peggio dei maiali nelle porcilaie. Di fronte a una cosa del genere, non è irragionevole che la condizione umana, sollecitata dallo strame della propria dignità, che viene fatta anche per chi deve pagare un prezzo per quello che ha fatto, possa avere voglia di rivolta, di rivoltarsi contro una condizione ignobile nella quale vive. Equiparare chi lo fa in forma violenta a chi lo fa in forma non violenta (per esempio non rientrare dentro il carcere; segnalo che anche il rifiuto del cibo si inserisce in questo contesto) è una cosa non solo di una gravità inaudita, ma è inqualificabile, a meno che non ci sia un disegno.
Chiudendo gli occhi, tornando indietro, qualche mese fa, è stato fatto un provvedimento per la costituzione - non se ne sentiva francamente il bisogno - all'interno della Polizia penitenziaria di gruppi speciali anti-rivolta. Adesso si fa questa operazione in cui si paragona - e si porta sul penale - la resistenza passiva con altro tipo di manifestazione violenta in carcere. La sensazione è che, per affrontare il tema del sistema penitenziario, in attesa che si facciano le caserme, le carceri, eccetera, si pensi di risolvere con lo stesso spirito - in galera! - il problema della condizione di vita all'interno delle carceri, che già è stata sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo 10 anni fa e che, nel silenzio più assoluto del Governo e di tanti altri, quotidianamente viene sanzionata non dai politici, non dalla Polizia penitenziaria, non dagli educatori, ma dai tribunali di sorveglianza.
Solo nel 2023, sono state più di 4.500 le decisioni dei tribunali di sorveglianza di dare uno sconto di pena ai detenuti che avevano fatto ricorso per le condizioni inumane e degradanti. Le stesse motivazioni con le quali, dieci anni fa, si ricorreva la CEDU. Non c'è più bisogno di ricorrere alla CEDU: ormai sono i tribunali di sorveglianza che stabiliscono che lo Stato è fuori legge e, siccome non c'è altra soluzione, certo non c'è quella pecuniaria, si produce la sentenza attraverso lo sconto di pena.
Allora, Presidente, e concludo, al di là dello specifico - e nello specifico, ci sono colleghi che sono intervenuti ancor più di me e meglio di me nel merito di questo provvedimento - a me quello che preoccupa e che spaventa è non solo la cultura, questa la conoscevamo, ma certe volte, quando la cultura si scontra con la realtà dei fatti, l'auspicio è che quantomeno ci possa essere un aggiustamento in positivo della cultura di partenza. La cosa che a me lascia allibito e che credo dovrebbe lasciare allibiti tutti, compresi gli amici e colleghi della maggioranza, è che qui si sa dove si è partiti, ma non si sa dove si va a finire. Ed essendo arrivati a metà del guado in queste condizioni, il dove si andrà a finire credo che debba essere non solo un interrogativo, non solo una preoccupazione, ma un'angoscia vera per qualunque democratico (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e del deputato Della Vedova).
PRESIDENTE. Salutiamo le ragazze e i ragazzi, le docenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore “Filippo Bottazzi”, di Casarano, in provincia di Lecce, che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Grazie di essere venuti e benvenuti a Montecitorio (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Gianassi. Ne ha facoltà.
FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Dinanzi al tema della sicurezza, il Governo sta subendo una delle sue più clamorose sconfitte. Questo è il Governo che è entrato in carica da quasi tre anni. Vinse le elezioni, promettendo che, se avesse vinto, avrebbe risolto ogni problema. A distanza di tre anni, abbiamo un Governo in assoluta e totale confusione e difficoltà.
I dati del Ministero dell'Interno dicono che, nel 2024, i reati per crimini di violenza sono aumentati rispetto al 2023 e, nel 2023, erano aumentati rispetto al 2022. È il primo grave segnale di controtendenza rispetto ai delitti gravi nel nostro Paese. È un fatto che smonta la narrazione e la demagogia del Governo della destra che dice: chi c'era prima di noi, governava male, e adesso con noi tutto cambia. Certo, è cambiato, ma in peggio. E perché è cambiato in peggio? Perché la strategia che questo Governo mette in campo è la solita strategia perdente delle destre, che usano il codice penale stravolgendolo e violentandolo, pensando che, con un tratto di penna scritto su un codice, facendone il campione della irrazionalità, quel codice miracolosamente risolva i problemi nel Paese in materia di sicurezza.
È sempre fallita quella strategia e sta fallendo anche in questo caso, come ammette il Ministro Piantedosi, che è costretto ad ammettere che, a differenza dei suoi predecessori, oggi i reati di violenza stanno aumentando.
Cosa fa il Governo della destra di fronte a questo clamoroso e umiliante, per loro, fallimento? Prende atto che sta sbagliando strategia? Si ferma? Prova ad analizzare i dati? Prova a seguire modelli diversi? No. Usa le solite tecniche: un po' quella che abbiamo ascoltato dalle parlamentari di Lega e Fratelli d'Italia, che sono intervenute, dalla collega Buonguerrieri e dalla collega Bordonali, e cioè, da un lato, è colpa di chi c'era prima, tutti i problemi in questo Paese sono colpa di chi c'era prima, cioè della Lega, ad esempio, che era nel Governo precedente, oppure di Forza Italia, che era nel Governo precedente. No, è colpa di chi c'era prima, della sinistra. E questo è, come dire, il mantra della destra.
Si sono presentati dicendo non: vinceremo, ma non faremo nulla di buono perché è colpa di chi c'era prima, ma: votateci perché noi cambieremo il Paese e dopo 3 anni sono a dire: è colpa di chi c'era prima, e ovviamente è un falso e lo ammette persino il Ministro Piantedosi, che è costretto a dare dati anche in questo caso umilianti per il Governo della destra. Oppure dicono: abbiamo risolto tutti i problemi; sbagliate a dire che stravolgere il codice penale non funziona, perché quando lo abbiamo fatto abbiamo ottenuto grandi risultati. Ad esempio, ancora oggi, la collega Buonguerrieri ci ha ricordato che il reato di raduno musicale illegale, punito oggi grazie all'intuizione geniale del Governo della destra fino a sei anni di galera - più di tanti altri reati molto gravi -, ha consentito di risolvere il problema.
È un po' la storiella che racconta Nordio quando gli capita di passare in Parlamento (ne racconta diverse, no? Ad esempio, quando gli sfuggono i criminali e li riconsegnano con i voli di Stato). Anche sul tema dei rave party il Ministro Nordio, a un question time - mi sembra - al Senato, ha detto, un mesetto fa - e lo ha preso per buono la collega Buonguerrieri - che da quando abbiamo fatto il reato di rave party non ci sono più rave party. Nessuno è arrestato perché non ci sono i rave party. È una bufala. Lo ha detto nella settimana del 13 aprile, in cui ce ne erano stati tre: uno a La Loggia, in provincia di Torino, uno a Massa Marittima e uno a Malga di Vigo Lomaso. Settecento, ottocento persone nei tre rave party con Forze dell'ordine intervenute seriamente perché hanno una grande professionalità, malgrado la scompostezza del Governo. Quindi, è una bufala: non avete risolto nulla, perché non si risolve nulla scrivendo una norma del codice penale.
Avete detto che avreste risolto il problema degli scafisti prevedendo che i reati, puniti giustamente in modo molto grave dal nostro codice penale, ad esempio fino a 15 anni, sarebbero stati puniti in modo più grave: 15 anni e sei mesi, come se gli scafisti, a quel punto, dicono: accidenti, il Governo italiano ha scoperto qual è la strategia per sconfiggere gli scafisti. Portare i reati da 15 anni a 15 anni e sei mesi. Nello stesso tempo, gli scafisti, che fingete di combattere, sono quelli che vengono guidati da un generale libico che voi riconsegnate in Libia con i voli di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Insomma, voi siete una farsa sui temi della sicurezza, siete una presa in giro per gli italiani.
Allora, voi state fallendo e di fronte al fallimento non avete la capacità, l'onestà intellettuale, la volontà di ammettere che state fallendo, di fermarvi, come si fa quando si sta andando a sbattere contro un muro e, invece di prenderlo in pieno, provare ad analizzare e a mettere in campo una strategia diversa. Ad esempio, un consiglio ci permettiamo di dare, visto che citate tutti i casi un po' nei vari comuni italiani - ci stanno molto a cuore; la collega Bordonali ci ha ricordato anche che si fa politica in mezzo alla gente e la ringraziamo - e siccome ci stiamo in mezzo alla gente - ora non c'è più la collega Bordonali - per suo tramite, Presidente, potrà dirle che questo decreto, che hanno celebrato come salvifico rispetto a tutti i problemi, in realtà non li sta risolvendo, proprio perché ci giriamo nei quartieri, nei mercati rionali, nelle periferie e vediamo che hanno gli stessi problemi di un mese e mezzo fa, come era del tutto immaginabile.
Allora, finché voi continuerete a utilizzare questa strategia perdente, riuscirete a ottenere un comunicato stampa da fare all'indomani del provvedimento. Su questo provvedimento è incredibile: il Governo ha fatto la stessa narrazione più volte. Prima ha fatto un disegno di legge governativo, un anno e mezzo fa, e lo ha celebrato dopo il Consiglio dei ministri: abbiamo risolto il problema del Paese. Poi lo ha fatto approvare in Commissione alla Camera con il mandato al relatore: abbiamo risolto i problemi del Paese con questo provvedimento. Poi lo ha fatto votare alla Camera: abbiamo risolto i problemi del Paese. Poi l'ha portato al Senato - non l'ha fatto approvare perché erano divisi e non ce la facevano - e ha fatto il decreto-legge e per la quinta volta ci ha raccontato la stessa storiella, mentre il Paese vive quei problemi in modo sempre più intenso, perché, se nel frattempo togliete, come hanno tolto, 7 miliardi ai comuni, è molto difficile fare sicurezza nelle nostre città. Se il primo avamposto istituzionale del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) viene privato delle risorse per fare rigenerazione urbana, per mandare i mediatori di strada nei quartieri più difficili, per investire nelle scuole, nello sport e nella cultura, se questo viene impedito ai comuni italiani certamente è molto difficile fare prevenzione se, al contempo, non investite in Forze dell'ordine, perché questo provvedimento è un provvedimento a invarianza zero.
Cioè, voi state facendo un provvedimento nel quale dite: garantiamo la sicurezza degli italiani cambiando 40 norme del codice penale ma mettiamo euro zero nella sicurezza. Come pensate di fare sicurezza e prevenzione nel nostro territorio se mettete euro zero nella sicurezza? Non credo che cambierete ovviamente atteggiamento perché vi è rimasta solo la propaganda, però la vita vera, nei quartieri delle nostre città, è sotto gli occhi di tutti.
Questo provvedimento merita di essere contestato anche per il vergognoso metodo che voi avete utilizzato. Innanzitutto, un decreto-legge per scippare il Senato della Repubblica del potere-dovere di esprimersi su questo provvedimento e, in secondo luogo, perché con decretazione d'urgenza stravolgete il codice penale. Il decreto-legge dovrebbe essere usato in modo estremamente cauto e circoscritto quando interviene sul codice penale. È il codice che esprime il potere più forte dell'autorità pubblica, nei confronti di tutti i cittadini e, non potendo - e per fortuna - il nostro Stato togliere la vita, può togliere la libertà ed è scritto lì a quali condizioni lo può fare. Meriterebbe, solo questo elemento, di determinare nelle forze politiche grandissima cautela e grandissima attenzione e, invece, non lo avete fatto. Quindi, con decreto-legge scippate il Senato del compito di esprimersi e con decreto-legge, allo stesso tempo, modificate in modo radicale il codice penale per stravolgerlo, per renderlo contraddittorio e incoerente.
E, a proposito delle incoerenze, qui ce ne sono moltissime. Innanzitutto, quelle del Ministro della Giustizia. Non basta che sia sempre assente ai lavori e lasci il sempre presente Sottosegretario Molteni. Questi provvedimenti sono firmati anche da Nordio, che è il Ministro che diceva e ammetteva candidamente che l'errore politico più grave della destra è pensare di risolvere i problemi della sicurezza scrivendo nuove norme penali. È una falsa credenza, diceva Nordio, che merita di essere stroncata. Nel più clamoroso caso di sdoppiamento della personalità - il dottor Jekyll e mister Hyde della politica italiana - Nordio, dopo essere intervenuto dicendo questo, va in Consiglio dei Ministri e prima firma il disegno di legge e, non contento, firma addirittura il decreto-legge. Ma è la contraddizione e l'incoerenza anche di Forza Italia e lo dico al collega Bellomo, qui oggi presente non solo, credo, in veste di relatore ma per rappresentare anche i banchi vuoti di Forza Italia. Noi ricordiamo bene le parole del leader di Forza Italia, Tajani, che l'estate scorsa ci ricordò, in un momento di pausa dei lavori, che avrebbe combattuto a schiena dritta contro l'articolo 15, che prevedeva la galera per le madri detenute e per i bambini di un'età inferiore a un anno, perché era incompatibile - diceva - con la cultura liberale dello Stato che ha Forza Italia. Da allora cosa è successo? Che il partito di Forza Italia ha votato in quest'Aula il provvedimento e quella norma anche a scrutinio segreto e poi Tajani e la delegazione di Forza Italia, nel Consiglio dei ministri, hanno addirittura votato il decreto-legge che prevede questa norma.
Ma l'incoerenza è anche della Lega. A me hanno veramente colpito le parole della collega Bordonali, la quale ha impiegato tutto il tempo del suo intervento per dire quanto è incoerente la sinistra e la parte restante per dire quanto è giusta la norma dell'articolo 15, che prevede la galera per le madri detenute e per i bambini inferiori a un anno. Per suo tramite, credo non sia un caso di omonimia ma, se non sbaglio, la collega Bordonali, tre anni fa in quest'Aula, votò esattamente il contrario, perché votò la proposta di legge Siani che prevedeva di restringere e non di allargare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) le porte del carcere per i bambini che hanno meno di un anno. Allora, lezioni di coerenza da chi ha votato 3 anni fa l'esatto opposto di quello che vota oggi e oggi, con tutta questa arroganza, ci spiega che è giusto fare così, no, anche no. Fate quel che volete, ma la coerenza non rivendicatela, perché l'avete persa per strada.
Nel merito lo ha detto la collega Bonafe' e lo diranno anche gli altri colleghi e colleghe del mio gruppo, ma qui ci sono norme pericolose. Prevedere che la resistenza pacifica sia una condotta penalmente rilevante è semplicemente una follia pericolosa. Non produce nessun beneficio in termini di sicurezza nel nostro Paese e introduce un principio estremamente pericoloso…
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). …così come - lo abbiamo detto - la norma sulle detenute madri, quando si poteva lavorare sulle case famiglia protette: avremmo garantito la sottrazione di quelle donne al racket, cui voi avete detto che sono sottoposte, avremmo al contempo garantito le esigenze di sicurezza della comunità pubblica e avremmo garantito le esigenze e i diritti dei bambini. Non l'avete voluto fare perché l'ideologia prevale sul buonsenso e ci sono norme assurde…
PRESIDENTE. Onorevole, concluda.
FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). …come il divieto della filiera industriale della canapa, frutto della vostra ideologia, e tutto questo comporta un codice ormai privo di qualunque razionalità.
Per tutte queste ragioni, e le altre che spiegheranno nel dettaglio i nostri colleghi, noi continuiamo a opporci a questo provvedimento sbagliato, che non garantisce e non garantirà sicurezza, ma si prefigge solo lo scopo di fare ideologia e bandiera del diritto penale, con ricadute molto pericolose sul nostro ordinamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Questo è un provvedimento di natura innanzitutto sociale. È un provvedimento di natura sociale perché punta a costruire un modello di società.
Questo modello di società lo dobbiamo chiamare per nome e cognome, altrimenti fuggiamo dalla realtà e anche dalle nostre responsabilità: è un modello di società evidentemente autoritario. I modelli autoritari sognano - poi non è detto che ci riescano, anzi, per fortuna spesso non ci riescono - una società che non protesta e questo, poi, è l'obiettivo specifico di questo provvedimento.
Ma c'è un altro aspetto, perché la società che non protesta fa sempre il paio, è l'altra faccia della medaglia della società e della situazione in cui va tutto bene. Quindi, questo provvedimento è l'altra faccia della medaglia o il secondo tempo - fate voi - dell'Italia dove va tutto bene. Ricorderete l'Italia prospera della Presidente Meloni alla convention dei conservatori a Washington o i nostri titoli di Stato che sarebbero più convenienti dei bund tedeschi, addirittura. Questo per dirci di una realtà che c'è nella testa di chi governa e che, appunto, deve essere in tutti i modi propinata, comunicata.
Invece, la realtà è completamente diversa. Vediamo su quale realtà opera questo provvedimento. Le ore di cassa integrazione, nel 2024, sono passate da 15 milioni a 24 milioni in un solo anno. Sono 25 mesi di calo della produzione industriale. Nel 2024, i lavoratori coinvolti in tavoli di crisi - 32 tavoli di crisi aperti al Ministero delle Imprese e del made in Italy -, che vedono concretamente il loro posto di lavoro a rischio, sono raddoppiati rispetto all'anno precedente: sono passati da 58.000 a 106.000 i lavoratori coinvolti nei tavoli di crisi. A questi, ovviamente, bisogna aggiungere tutti i lavoratori interessati dalle vertenze e dai tavoli di crisi regionali. Gli ultimi dati di qualche giorno fa ci dicono che il 9 per cento dei lavoratori a tempo pieno è povero.
I cambiamenti climatici non li negate più neanche voi, ma solo dei ragazzi e un Papa hanno avuto il coraggio e la forza di porli alla nostra attenzione con la giusta determinazione. Cosa fate di fronte a questo? Intervenite sul blocco stradale, è evidente, non dovevate fare altro, non potevate fare altro. Il sovraffollamento delle carceri è al 133 per cento, i suicidi sono stati 88 solo nel 2024. Cosa fate? Intervenite sulla resistenza passiva dei detenuti.
Le case, gli sfratti: sono 50.000 le famiglie in difficoltà abitativa. Le sentenze di sfratto sono 40.000, quelle appese, 20.000-25.000 sono state eseguite con la forza pubblica. Vi comunico una cosa: quando c'è una sentenza esecutiva di sfratto, l'interessato deve pagare, nel periodo che va dalla sentenza all'esecuzione dello sfratto, una indennità fatta del canone di locazione più il 20 per cento, che si chiama indennità di occupazione senza titolo. Voi nel vostro provvedimento, nel dispositivo all'articolo 10 (anche se nel titolo usate un'altra terminologia), parlate proprio di occupanti senza titolo. Quindi, parliamo di persone che sono in una casa non senza titolo, in realtà, ma che semplicemente pagano l'indennità di occupazione senza titolo. Ecco, erano alcuni esempi.
Sapete cosa hanno in comune queste persone, le lavoratrici, i lavoratori, i giovani che protestano per il clima, i detenuti, gli sfrattati? Hanno in comune il fatto che protestano soltanto con il loro corpo e niente più. Guardate, tutte le sanzioni, tutte le trasformazioni che avete fatto e le aggravanti puniscono reati che vengono commessi esclusivamente con il proprio corpo. Questi non hanno armi, non hanno bombe, non hanno potere, non hanno niente più. Ci mettono soltanto il corpo. Si siedono per terra, si fanno spostare a forza, protestano, ovviamente, perché stanno perdendo il posto di lavoro, per la loro casa, per il clima o perché le condizioni di vita in carcere sono indecenti.
Siamo di fronte, quindi, a una deriva autoritaria? Io credo assolutamente di sì, non c'è nessun dubbio. Analogamente, quello che state facendo oggi lo avete fatto con altri provvedimenti: indebolite la magistratura, quindi ovviamente limitate la possibilità di protestare; controllate l'informazione; occupate con cura i luoghi della decisione; trattate la cultura come terra di conquista; minacciate gli intellettuali. Un intellettuale dalle mie parti diceva che è la somma che fa il totale. Qui è proprio davvero la somma che fa il totale.
Trattate tutto, oltretutto, come un'emergenza, e non solo. È arrivato, qualche minuto fa, anche il carico, perché la signora Presidente del Consiglio con un tweet, in un eccesso di responsabilità istituzionale, in questa situazione sociale, nel momento in cui il Parlamento discute di questo provvedimento, getta benzina sul fuoco. È da irresponsabili in questo momento, nella situazione che sta vivendo il nostro Paese.
Potevate fare un'altra cosa per occuparvi di sicurezza, tra l'altro una cosa semplice, veloce, senza fare grandi provvedimenti, né decreti. Potevate far votare “sì” al quinto quesito referendario, perché è un quesito che si occupa di sicurezza.
Ovviamente, anche quelli precedenti, quelli relativi al lavoro, si occupano di sicurezza delle persone, di sicurezza sul lavoro, di sicurezza dal punto di vista del diritto a conservare il posto di lavoro; anche quella, ovviamente, è sicurezza. Ma il quinto, forse, non si coglie direttamente. Tuttavia, guardate, la possibilità di avere una società più inclusiva, che ti fa faticare di meno per diventare cittadino di un Paese…
PRESIDENTE. Colleghi, un po' di silenzio, per favore.
FRANCESCO MARI (AVS). …è davvero una questione di sicurezza. È una questione - chiamiamola in modo pomposo - di sicurezza nazionale. La sicurezza nazionale passa, nella nostra situazione attuale, anche dalla possibilità di diventare cittadini italiani, al netto di tutti i requisiti necessari, come sappiamo, soltanto dopo cinque anni, anziché dopo dieci. Ma figuriamoci se potevate fare una cosa del genere.
Invece di fare questo, continuate a lavorare al modello autoritario che avete in testa, ma questo modello autoritario, per fortuna, in questo Paese, sta trovando un'opposizione larga, forte, determinata da parte di tanti soggetti politici, istituzionali, cittadini, movimenti, associazioni, che tra l'altro il 31 di questo mese terranno una grande manifestazione per provare a dirvi che non solo la vostra strada è sbagliata, ma che ve la faremo cambiare (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. Preciso che, dopo il prossimo intervento, che è della deputata Ascari, sospenderemo la seduta per 30 minuti.
È iscritta a parlare la deputata Ascari. Ne ha facoltà.
STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Questa è l'ennesima perla, partorita da questo Governo, che prevede varie follie. Facciamo alcuni esempi. Se una donna viene stuprata nei pressi di una stazione, il fatto che lo stupro avvenga in una stazione costituisce un'aggravante; mentre se, per esempio, avviene nell'androne del domicilio, non lo è. In qualsiasi altro luogo pubblico non c'è aggravante. Si crea, in questo modo, un effetto paradossale: lo stesso reato può avere pene differenti non per ciò che è accaduto, ma solo per dove è accaduto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Concentrarsi sull'ambiente, anziché sulla vittima, sposta l'attenzione dal reato alla decenza del luogo. Questa è un'assurdità giuridica e morale, come se commettere uno stupro in un parco sia meno grave che commetterlo in una stazione; cioè, è assurdo leggere e pensare solamente queste norme che avete scritto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Altra norma che avete inserito: permettere che le mamme incinte e i bambini vadano in carcere è un abominio, mentre fate uscire i mafiosi e mentre in carcere entra continuamente di tutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), tra cui i telefonini, e i mafiosi possono continuare tranquillamente a comunicare tra loro, dal momento che nessun regime di 41-bis è a norma. I bambini che vivono in carcere non sono colpevoli, ma subiscono le stesse limitazioni dei detenuti: spazi angusti, assenza di stimoli, contatto quotidiano con la reclusione.
Tenete presente che ci hanno spiegato che le prime parole che imparano sono: “apri e chiudi la cella”. Questo è disumano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! È un trauma, è un trauma che segna per sempre e che può alimentare la stessa marginalità che il sistema penale dovrebbe prevenire.
Le alternative esistono, ve le abbiamo presentate con tantissimi emendamenti, ma non le volete applicare.
Abbiamo presentato emendamenti per prevedere, come alternative, le case famiglia protette, le comunità educative per madri detenute e interventi sociali e giudiziari, prima della detenzione. Ma a tutto questo preferite la scorciatoia repressiva.
E ancora, il Daspo urbano colpisce chi ha ricevuto anche solo una denuncia. Quindi, parliamo di una persona innocente per la giustizia, senza una condanna e, magari, che è stata vittima di una denuncia pretestuosa o, magari, è stato denunciato per una banale lite condominiale. Questo Daspo impedisce l'accesso alle piazze, alle vie, ai luoghi pubblici, alle manifestazioni, comprimendo i diritti alla libera circolazione e alla partecipazione democratica, provocando danni irreparabili nella sfera personale e sociale. Rendetevi conto.
Poi, il blocco stradale. Qui, voglio fare una premessa, perché sarò la prima persona che verrà imputata per il reato di blocco stradale. Perché personalmente, da anni, da quando sono entrata in Parlamento, ma già da prima, andavo, vado davanti alle aziende, con i lavoratori, con le lavoratrici, con i sindacati, appunto, a protestare pacificamente contro condizioni di sfruttamento, di lavoro precario, non dignitoso, contro il caporalato industriale, contro cooperative che, ogni due anni, falliscono e lasciano letteralmente in ginocchio l'azienda, i lavoratori senza uno stipendio, senza pagare le tasse e creando un corto circuito nel mondo del lavoro.
E, allora, questi lavoratori e lavoratrici quale strumento hanno? La protesta pacifica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), il dissenso verso tutto questo, che non dovrebbe neanche succedere. E, allora, che cosa succede? Succede che, purtroppo, a pagare le conseguenze di queste vostre scelte schizofreniche e scellerate saranno proprio le persone più vulnerabili, che, spesso, hanno dietro di sé famiglie e, senza uno stipendio, non possono arrivare alla fine del mese.
Questo blocco, fatto con il proprio corpo, viene fatto diventare un reato. Questo crea un precedente gravissimo sul piano democratico, giuridico e sociale, in primis, perché colpisce, in modo sproporzionato, chi esercita legittimamente il diritto al dissenso. Questa è una forma di interruzione simbolica, temporanea, utilizzata per portare all'attenzione dell'opinione pubblica temi urgenti e spesso ignorati. E, chi lo fa, soprattutto? Lo fanno i lavoratori, le lavoratrici, gli studenti, le studentesse, i movimenti ambientalisti e i soggetti che generalmente sono privi di altri mezzi efficaci per farsi ascoltare. E con questa norma sono i primi a subire la repressione penale, venendo criminalizzati per il semplice esercizio del dissenso.
Lasciatemi dire una cosa: voglio ricordarvi che il dissenso non è un crimine, è un diritto. Il dissenso è un diritto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Il blocco stradale, se pacifico e temporaneo, rientra nelle forme legittime di disobbedienza civile che sono riconosciute a tutti i livelli, anche a livello internazionale. Quindi, colpire penalmente queste condotte equivale a trasformare il dissenso in reato, con un effetto intimidatorio generalizzato nelle mani del potere, per silenziare contestazioni scomode.
Non avete ascoltato nessuno. Nessuno! Avete messo la tagliola, interrompendo il dibattito parlamentare con la vostra arroganza e prepotenza. Circa 300 giuristi autorevolissimi hanno firmato un appello contro questo decreto liberticida. L'Associazione nazionale magistrati e l'Avvocatura vi hanno messo in evidenza i serissimi problemi di metodo e di merito esistenti. Di metodo, perché il ricorso al decreto-legge ha annullato il dibattito in Parlamento. Vorrei ricordarvi che, dall'inizio di questa legislatura, sono quasi 90 i decreti-legge, in cui il Parlamento è un mero passacarte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), è un fantasma il Parlamento. Di merito, perché sono stati introdotti 14 nuovi reati, inaspriti 9, previste aggravanti prive di fondamento che vanno in contrasto con i principi di offensività, tassatività, ragionevolezza e proporzionalità. Avete introdotto nuovi reati per sanzionare in modo sproporzionato condotte che spesso sono frutto di marginalità sociale e non di scelte di vita. Basti pensare che la pena per l'occupazione abusiva di immobili coincide con quella prevista per l'omicidio colposo: rendiamoci conto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Punite lo status della persona, criminalizzando la povertà, l'emarginazione e la vulnerabilità della persona, perché il vostro obiettivo è fare paura e incutere timore. Questo decreto, invece, è la prova provata che è il Governo, che siete voi ad avere un'enorme paura dei cittadini, delle cittadine (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e del loro dissenso libero! Il Governo cosa fa? Usa il suo potere per migliorare le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici? No! Usa il suo potere per dare più risorse a scuola e sanità? No! Per contrastare la violenza sulle donne e sulle mafie? No! Per migliorare le condizioni nelle carceri per detenuti e agenti di Polizia penitenziaria? No! Per fermare il business della morte e del riarmo, con un genocidio in atto a Gaza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? No! No! Usa il suo tempo, le sue risorse e il suo potere per cercare di difendersi dai cittadini, dalle loro proteste pacifiche, che voi volete reprimere, in ogni modo, in questo Paese, che sono uno strumento di legittima difesa. Voglio ricordarvi che una democrazia si misura nella gestione del conflitto, non nella sua cancellazione. Ma, evidentemente, voi siete troppo nostalgici dei tempi più bui della dittatura (Commenti). Sapere gestire il conflitto e il dissenso è da persone forti e mature, che non hanno paura; reprimerlo è da deboli che non hanno altri strumenti.
E voi siete proprio questo: dei deboli, nostalgici, disperati, (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che hanno paura del dissenso, e perciò cercano di ostacolarlo in ogni modo, sfregiando la democrazia. Vergognatevi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!
PRESIDENTE. Come detto in precedenza, sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14,20. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 14,25.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 81, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.
Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2355.
(Ripresa discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Michela Di Biase. Ne ha facoltà.
MICHELA DI BIASE (PD-IDP). Grazie, Presidente e onorevoli colleghe e colleghi. Naturalmente mi riferisco alle colleghe e ai colleghi dell'opposizione perché sto parlando - questo per chi ci ascolta - davanti a banchi praticamente vuoti delle forze di maggioranza e a un volenteroso Sottosegretario, che è qui che ci ascolta in completa e beata solitudine. Questo per dire che si è un po' mortificati francamente da questo dibattito su un tema che dovrebbe starvi particolarmente a cuore, ma così non è.
Inizio con il dire che - un anno fa eravamo in questa stessa Aula - siamo davanti a un tragico déjà-vu, perché ci troviamo a discutere esattamente, con pochissime variazioni, lo stesso testo che abbiamo discusso lo scorso anno. Ve lo ricordate il film sul Giorno della marmotta “Ricomincio da capo”? Ecco è un po' così: il protagonista si svegliava sempre alla stessa ora, sempre con la stessa musica, la stessa musica che suonate, che tra l'altro a noi è andata un po' a nausea, perché gli argomenti sono piuttosto delicati ed entrano nella carne viva delle persone - lo vedremo - con zero o pochissime modifiche che in alcuni casi guardate - se è possibile - sono riuscite addirittura a peggiorare il testo che abbiamo analizzato un anno fa. Quindi, in questo anno che è intercorso l'unica cosa che avete fatto è stata quella di svilire ulteriormente il Parlamento e il dibattito parlamentare, ma su questo non torno perché prima e meglio di me sono intervenuti i colleghi Bonafe' e Gianassi che ci hanno ricordato quanto questo provvedimento non abbia in sé i caratteri di necessità e di urgenza e che, dunque, questa tagliola che avete imposto nella discussione in Commissione e in tutte le altre, nel corso dell'iter, proprio non era necessaria.
Vorrei solamente dire che siamo davanti a questo pacchetto eterogeneo di norme che non mi sarà possibile esaminare e mi concentrerò su quelle che maggiormente trovo gravi e lesive dello Stato di diritto. Ci troviamo davanti a norme che vanno dal reato di resistenza passiva - con riferimento al quale volete di fatto criminalizzare il dissenso e lo fate - a norme gravissime che riguardano le detenute madri.
Lo fate in un certo clima… perché poi uno vorrebbe ogni volta non tornare indietro, ma è un po' complicato non farlo per cui sono tre anni che siamo costretti a parlare del nulla. Prima era il decreto Rave, poi dopo sono stati i provvedimenti del decreto Caivano che non hanno in alcun modo risolto i problemi di questo Paese. Il decreto Caivano addirittura aveva l'ambizione di rivolgersi ai giovani; non ha fatto nulla se non anche in quel caso aumentare le pene e creare maggiori difficoltà.
Penso che sulla vicenda delle detenute madri (io mi concentrerò su questo), come ho avuto modo di dire durante la discussione in Commissione, davvero voi non centrate l'obiettivo, anzi fate di peggio: toccate il fondo. Perché, guardi, la differenza sostanziale tra la nostra posizione e la vostra posizione, su cui mi sarebbe piaciuto davvero potermi confrontare anche in un dibattito sereno, così come dovrebbe essere poi tra forze parlamentari che la pensano anche in modo diverso, è rispetto alla cosa che si mette al centro in questa discussione. Dal nostro punto di vista, dal punto di vista del Partito Democratico ciò che deve sempre rimanere al centro della discussione e del baricentro del diritto è l'interesse supremo del minore.
È molto semplice: dobbiamo capire da quale punto di vista far partire tutta questa discussione. La destra ha scelto di farla partire da tutt'altro obiettivo, da tutt'altro punto di partenza perché per la destra l'obiettivo - ma non lo dico io, su questo posso essere suffragata da tantissimi interventi dei membri di Commissione, dai colleghi parlamentari -, il tema qui è rappresentato dalle donne rom. Per la prima volta facciamo una legge per colpevolizzare, per criminalizzare un'etnia, una cosa che io reputo non sia mai avvenuta nel nostro Paese e che penso dovrebbe essere assolutamente fuori da quello che è lo Stato di diritto.
Lo dico perché ho ascoltato incuriosita - utilizzerò questo termine - alcuni degli interventi di chi mi ha preceduta dove viene accusata l'opposizione di aver detto falsità, menzogne, ma penso che le bugie stiano arrivando tutte e soltanto dalla maggioranza che governa questo Paese. Perché, vede, il cambio repentino rispetto a quello che doveva essere il trattamento delle detenute madri e dei figli al seguito non ce l'ha mica avuto il Partito Democratico. Il Partito Democratico sono anni che ha la stessa posizione: noi reputiamo che i bambini debbano andare all'interno delle case famiglia perché pensiamo - e lo dico con chiarezza, così una volta per tutte forse vi entra nella testa - che i bambini non debbano entrare all'interno delle carceri, è chiaro questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)? Quindi nessuno dia letture che non sono reali, noi pensiamo questo.
Qui coloro che hanno cambiato idea sono le forze di maggioranza che prima hanno votato a favore di un provvedimento che chiedeva la creazione di nuove case famiglia, rimpinguando anche quello che era il fondo e poi oggi che cosa fa? Un passetto indietro rispetto al primo decreto lo fa perché naturalmente, con l'imbarazzo che ha provato Forza Italia, una pur minima rispostina dovevano dargliela.
Ma la pezza è peggiore del buco, perché che cosa viene detto? Viene detto: allora sapete che c'è? Per dare il contentino a Forza Italia - o a coloro i quali si sentono feriti da questa norma - diciamo che le donne incinte o con figli che hanno meno di 1 anno (quindi parliamo di bambini da 0 mesi a 1 anno) non andranno all'interno delle carceri, delle sezioni nido all'interno delle carceri, ma negli ICAM.
La cosa interessante, che io osservo, è che su questo voi siete sollevati, le vostre coscienze sono sollevate, e io mi sono domandata il perché. Come si può essere sollevati dal mandare un bambino in un ICAM? Semplicemente perché negli ICAM non ci siete mai stati, non li conoscete, perché altrimenti sapreste che gli ICAM (che sono Istituti a custodia attenuata per detenute madri) altro non sono - cari colleghe e cari colleghi - che carceri a colori, ma le sbarre ci sono. Forse con colori più familiari per un bambino? Sì, ma guardate che il fatto che i colori siano tenui non significa che non siano carceri a tutti i livelli tant'è che c'è la Polizia penitenziaria. Di questo stiamo parlando.
E quando voi dite: questo è un bel segnale, no, non lo è affatto perché un minore non dovrebbe andarci in carcere e fate peggio perché neanche il codice Rocco era arrivata a tanto, noi ve l'abbiamo detto più e più volte. Il codice Rocco prevedeva che le donne con i minori in carcere non dovevano andarci, ma perché? Perché aveva al centro l'interesse del minore, cosa che invece voi state continuamente e volutamente rimuovendo da questa legge che ci state facendo votare. E fate di peggio perché poi, siccome questa destra ci ha abituato che al peggio non c'è mai fine, che cosa accade?
Qualora una madre avesse un atteggiamento, nel momento della sua detenzione in un ICAM, che potrebbe compromettere l'ordine e la sicurezza - questo sempre perché le norme devono essere chiare e precise, l'ordine e la sicurezza non si capisce, non viene neanche spiegato in che modo, come e dove - qual è la soluzione che le donne, le madri, le cristiane mettono in campo? Togliamo il figlio alla madre. Complimenti, complimenti veramente! Complimenti, perché in un colpo solo non soltanto state calpestando la Dichiarazione ONU dei diritti del fanciullo, che prevede che l'interesse supremo del minore debba essere messo sopra a tutto, non soltanto non prendete in debita considerazione quello che fu il monito mandato dallo stesso Papa Francesco, che addirittura parlava della detenzione dei minori e non dei lattanti - perché qui si parla di bambini; a 4 mesi ancora non hanno i denti e non hanno fatto neanche la dentizione, però il carcere sembra essere un luogo adatto a ospitarli e, appunto, anche per quella fascia d'età voi prevedete che vada bene -, non soltanto non prendete…
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
MICHELA DI BIASE (PD-IDP). …in debita considerazione - e concludo - gli appelli che sono arrivati, ma continuate, in modo ottuso, a raccontare al Paese una verità che non esiste.
Le donne detenute in Italia con i figli sono 11, Presidente. Allora, mi si dirà: sono così poche perché non c'è il nostro provvedimento che ne chiuderà in carcere, insieme ai figli, centinaia. Allora, sapete che novità c'è? Dovete fare gli ICAM, perché in questo Paese ce ne sono quattro e, grazie allo straordinario lavoro del Ministro Nordio, l'ICAM di Lauro non sappiamo neanche che fine ha fatto, perché le tre detenute che c'erano sono state trasferite al Nord Italia.
PRESIDENTE. Concluda.
MICHELA DI BIASE (PD-IDP). Non è così che si affrontano le questioni che riguardano i minori. Non è così che si affrontano le questioni che riguardano i minori! Io penso davvero che vi dovreste vergognare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dori. Ne ha facoltà.
DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. Ci troviamo oggi qui, in Aula, il provvedimento più illiberale della storia repubblicana, intriso di repressione. Non repressione dell'illegalità (magari fosse così); no, repressione delle libertà costituzionalmente garantite. Presidente, io sono stato uno di quelli che, purtroppo, durante i lavori in Commissione non ha potuto fare il suo intervento in dichiarazione di voto sul mandato al relatore. Poi, potete tirar fuori tutti i precedenti possibili per legittimare una doppia - tra l'altro, non una sola - tagliola, ma più andiamo avanti con i precedenti, con i precedenti dei precedenti, più arriviamo fino agli anni Venti, purtroppo, però, del Novecento e non quelli del Duemila.
Evidentemente, la maggioranza aveva necessità di troncare la discussione perché venerdì c'era uno sciopero dei mezzi - uno sciopero dei treni - e quindi giovedì sera aveva necessità di correre a casa per cenare. Quindi, doveva troncare una discussione così importante su un decreto che tocca direttamente il cuore dei diritti della nostra Costituzione, a partire dal diritto di libertà di manifestare. Abbiamo avuto una scrematura dei nostri emendamenti. Come AVS ne avevamo presentati circa 500 e ne abbiamo potuti segnalare una cinquantina.
Ci sono stati contingentamenti dei tempi: noi addirittura, come AVS, non abbiamo avuto nemmeno la possibilità, a un certo punto, di fare gli interventi a titolo personale. Una doppia tagliola sia sugli emendamenti sia sulla dichiarazione di voto; zero emendamenti approvati - nemmeno di maggioranza chiaramente - e meno della metà degli emendamenti trattati. Chiaramente, avremo il voto di fiducia e poi arriverà la seconda Camera, che approverà il testo così com'è. Se mi dite che questa è ancora democrazia parlamentare davvero lo credo uno scherzo. Uno scherzo, però, di cattivo gusto, perché oggi davvero il Parlamento è totalmente schiacciato.
Non diteci che è sempre stato così. Qui davvero è un'escalation continua rispetto al ridurre il Parlamento a mero istituto che ratifica le decisioni del Governo. Basta vedere qui oggi in Aula: qualche membro di maggioranza - ne conto sette o otto - e, in particolare, non vedo nessuno, credo, di Forza Italia, coloro che oltretutto si dichiarano garantisti per i diritti, liberali, e poi approvano - e approveranno così - un decreto-legge soltanto per la loro poltrona, per non andare a casa di fatto, perché basterebbe davvero impuntarsi su quei temi come quello delle madri detenute o su quello della libertà di manifestare in piazza. Pensiamo a quanti giovani in piazza che possono protestare contro i cambiamenti climatici e le politiche del Governo negazionista dei cambiamenti climatici.
Questo per quanto riguarda l'aspetto più dell'iter, del metodo di approvazione di questo decreto-legge, che un tempo, fino a pochi mesi fa, era un disegno di legge. Ricordo che era andato in Consiglio dei ministri nel novembre 2023. Poi abbiamo avuto lunghi mesi di discussione nello scorso anno, fino all'estate scorsa, in Commissione e poi arriva davvero questa mazzata da parte del Governo, semplicemente perché al Senato diventava un pantano da cui non sapevano come uscirne se non a rischio davvero di spaccature all'interno della maggioranza. Quindi, come al solito arriva un decreto-legge che risolve i problemi interni alla maggioranza.
Dobbiamo sempre renderci conto che i provvedimenti non sono per tenere in piedi un Governo, una maggioranza o un Parlamento, ma sono soltanto finalizzati a garantire più diritti per i cittadini, non meno. Noi dovremmo festeggiare - e la stessa maggioranza - nel momento in cui diamo più diritti, non dove li togliamo e dove li andiamo a reprimere. Invece, vediamo davvero una forte soddisfazione, quasi un appagamento. L'abbiamo visto anche in Commissione, dove c'erano anche alcuni sorrisetti dei membri di maggioranza quando noi facevamo emergere, invece, i rischi per i diritti costituzionali.
Eppure, diventa davvero un reato oggi protestare pacificamente anche attraverso l'impiego del proprio corpo. A tutti gli effetti abbiamo parlato, fin dalla scorsa estate, di norma anti-Gandhi. Per voi anche Gandhi dovrebbe finire in carcere nel momento in cui crea un disagio. Certo che una manifestazione crea un disagio: può creare un ritardo a uno che deve andare al lavoro; certo, assolutamente sì, e infatti nessuno qui stava dicendo di non sanzionare. Qui stiamo parlando del passaggio da una sanzione amministrativa a un reato. È questa la sostanza, la gravità di quello che state facendo con questo decreto-legge.
Così come andate a sanzionare la protesta all'interno del carcere, anche lì per desistenza passiva. Per non parlare, poi, del Daspo generalizzato da parte del questore, un super questore che può disporre anche delle limitazioni alla libertà di movimento sul territorio a fronte di una mera denuncia - non di una condanna definitiva o al più una condanna non definitiva -, anche a fronte di una denuncia risalente negli anni, fino a cinque anni prima, anche per reati contro il patrimonio. Quindi, di fatto il questore si può sostituire al magistrato. A questo punto avete fatto addirittura il doppio passo - la maggioranza - dalla separazione delle carriere dei magistrati all'inutilità della magistratura. È sufficiente avere un super questore che può sostituirsi al magistrato, che, invece, per Costituzione ha il compito di garantire e tutelare dei diritti dei cittadini, anche chiaramente, in particolare, i diritti della persona.
Poi, come è stato citato più volte, c'è il tema delle detenute madri: un accanimento nei confronti di una ventina di donne. Questo è l'allarme sociale che, però, solo il Governo percepisce: una ventina di donne che in realtà devono stare dietro le sbarre - ricordiamo che gli ICAM sono comunque strutture detentive, non sono delle case famiglia - con i loro figli neonati. Nemmeno - nemmeno! - durante l'epoca fascista si era arrivati a tanto. Addirittura in epoca fascista si riteneva quella norma, cioè il fatto di differire l'esecuzione della pena nei confronti della donna incinta o con figli neonati, una norma di civiltà giuridica. Oggi, nel 2025, nemmeno quello, perché bisogna andare a colpire da un punto di vista etnico, visto che più volte il Ministro Salvini - lo ricordo fin dal 2018, 2019 - diceva esplicitamente che l'obiettivo era quello di colpire le donne rom.
Ecco, addirittura qui in Aula, mesi fa, quando era in discussione il disegno di legge, quando era ancora un disegno di legge, abbiamo sentito dire dalla maggioranza che, in realtà, lo si fa proprio per queste donne, per proteggerle dal loro nucleo familiare. Quindi, di fatto, noi stiamo dicendo che lo Stato, per proteggere una donna, la mette in carcere. Ecco, questo è il concetto di Paese. Abbiamo davvero - come diceva prima una collega di maggioranza - due idee di Paese diverse, maggioranza e opposizione? Sì, orgogliosamente abbiamo due idee diverse.
Per noi, ad esempio, sarebbe stato importante approvare - e li ripresenteremo anche per l'Aula - quegli emendamenti che, invece, considerano sempre come manifestazione fascista il saluto fascista, il saluto romano. Non capiamo perché chi va ad Acca Larentia e a tutte le altre oscene manifestazioni fasciste non debba subire delle conseguenze e, invece, chi fa una manifestazione contro i cambiamenti climatici rischia il carcere.
Ecco, dunque sì, abbiamo un'idea di Paese differente, e allora davvero, se ritenete di essere antifascisti - ho sentito in questi giorni anche il Sottosegretario - allora ditelo, alzatevi e dimostratelo, approvate anche questo emendamento sul saluto fascista.
Ecco, quindi per concludere, Presidente, davvero qui, sia nei metodi che nei contenuti, ritengo che questo decreto-legge sia il punto più basso della storia repubblicana; per un punto così basso bisogna risalire a qualche decennio fa.
Io auspico, però, anche un intervento da parte del Presidente della Repubblica, perché su questi temi non si può davvero tacere. Lo dobbiamo ai cittadini, a tutti i cittadini, anche a quelli che votano questo Governo e a quelli che hanno votato questo Governo, perché ci sono alcuni diritti che sono assoluti e inalienabili. Quindi, per questo, noi, come opposizioni, continueremo a batterci (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pavanelli. Ne ha facoltà.
EMMA PAVANELLI (M5S). Il decreto Sicurezza, possiamo dirlo, Presidente, è un obbrobrio…
PRESIDENTE. Non funziona il microfono, se si può spostare, cortesemente…
EMMA PAVANELLI (M5S). Questo funziona?
PRESIDENTE. Sì, questo va bene. Quello già non funzionava stamattina con la collega Sportiello…
EMMA PAVANELLI (M5S). Grazie, Presidente.
PRESIDENTE. …poi in serata lo faremo sistemare. Prego.
EMMA PAVANELLI (M5S). Il decreto Sicurezza, possiamo dirlo, è un obbrobrio normativo e antidemocratico, che tende a reprimere i cittadini. In 3 anni questo Governo, il Governo Meloni, ha aumentato i reati, con il risultato devastante di un sovraffollamento delle carceri, senza fondi, senza supporto sanitario o di psicologi, senza educatori, senza aumentare la Polizia penitenziaria, senza fondi per efficientare i nostri tribunali. Questo è il risultato del Governo Meloni: hanno creato tanti piccoli reati, con tante pene esagerate, possiamo dirlo, non per i colletti bianchi, non per chi truffa lo Stato, non per chi non paga le tasse, ma soltanto per i giovani, contro i giovani, contro chi difende il nostro Paese dai cambiamenti climatici, contro chi vuole difendere il proprio posto di lavoro, chi vuole manifestare e avere un pensiero libero, Presidente. Perché per questa maggioranza l'unico pensiero che vale è il suo. L'importante è avere cittadini completamente asseverati al loro pensiero politico. Purtroppo, tutto questo ci porta indietro nel tempo a un periodo che non ci piace.
Certamente non abbiamo la vostra stessa idea politica. E che dire del fatto che un disegno di legge, che è andato avanti per mesi, è stato trasformato in un decreto-legge? Perciò abbiamo un'emergenza, il Governo decide che abbiamo un'emergenza, e qui c'è un'emergenza incredibile: per questo Governo la canapa industriale è un'emergenza.
Allora, tramite lei, Presidente, chiedo al Governo e alla maggioranza che ad oggi non ha saputo rispondere a questa domanda, nemmeno quando il provvedimento era un disegno di legge: qual è l'emergenza? Se non il fatto che voi avete fatto chiudere, di fatto, 3.000 imprese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), avete fatto perdere 30.000 posti di lavoro solo nel settore agricolo, state facendo perdere al Paese oltre 2 miliardi di fondi che stanno girando. Un settore che non chiedeva soldi, non chiedeva fondi, ma chiedeva regole certe; un settore dove i nostri giovani, i giovani laureati, hanno deciso di rimanere nel nostro Paese, di coltivare le nostre terre abbandonate, di tornare a vivere nelle aree interne, di fare impresa, di creare posti di lavoro, di creare quello che chiede la filiera, la filiera del tessile, della cosmetica, della bioedilizia, del packaging, del settore del food and beverage e possiamo andare avanti per ore a raccontare qual è la filiera della canapa.
E, invece, l'ideologia di questo Governo, di questa maggioranza qual è? È di vietarla, di trasformare onesti imprenditori italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), dal giorno alla sera, in delinquenti! Ma non vi vergognate? Non avete nemmeno previsto un periodo transitorio, non avete previsto fondi per poter risarcire quelle imprese, non avete previsto fondi per restituire loro le tasse che hanno pagato anticipando le loro tasse nel 2024, non avete previsto maggiori fondi per la cassa integrazione per i lavoratori.
E sapete un'altra cosa? Questi imprenditori hanno merce da vendere: qualcuno ci ha chiamato, abbiamo parlato con molti di loro, qualcuno con merce addirittura di 40.000-50.000 euro e non sanno cosa farci, perché voi non avete pensato nemmeno a un periodo transitorio.
Oggi sono un imprenditore, questa sera sono un delinquente: questo è il Governo Meloni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), questo è il vostro Governo. E sapete una cosa? L'Unione europea vieta di vietare l'esportazione, pertanto quelle merci arriveranno da altri Paesi. E, allora, ecco i nostri patrioti, i patrioti che vanno soltanto a favorire le imprese degli altri Paesi europei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Vi state rendendo conto del danno che fate? Tant'è che molti imprenditori stanno cercando terreni all'estero e poi venderanno all'Italia. Bravi, ma che dire?
Dopo 26 mesi di crollo industriale - praticamente da quando siete al Governo - continuate a distruggere le nostre imprese, il nostro made in Italy, e non basta nominare un Ministero con le parole “made in Italy” e aprire pseudo-sedi in tutta Italia per favorire il made in Italy. No, quello che serve è fare politiche che abbiano un senso logico.
Stiamo parlando di canapa industriale, non di droga, e non lo dice la sottoscritta, non lo sostiene il MoVimento 5 Stelle ma, addirittura, il World Health Organization e l'Unione europea lo attestano, tant'è che c'è un europarlamentare di destra, di Forza Italia, che ha depositato una petizione urgente all'Unione europea che chiede di fermare, chi? Il Governo italiano, che è della stessa sua maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Forse è per questo che Forza Italia oggi non è in Aula, chissà, chissà…
Certo è che questi imprenditori già da oggi sono qui fuori a manifestare - anche se voi volete vietare queste manifestazioni - e lo faranno domani e dopodomani; questo perché stiamo parlando di imprese imprescindibili. E continuate, appunto, con la vostra propaganda ideologica contro la canapa industriale.
Eppure, 100 anni fa, in Italia, esisteva il Consorzio nazionale della canapa; 100 anni fa, la canapa era considerata un'industria imprescindibile per il nostro Paese. Basti vedere qualche video di quel periodo dell'Istituto Luce, dove si vede che la propaganda di quei tempi è esattamente opposta alla vostra, e non so se dobbiamo ridere o piangere, nel capire che avete i paraocchi; all'epoca, si chiedeva ai cittadini di coltivare la canapa industriale, tant'è che in tutta Italia si coltivava. Chi tra noi, a casa, non ha lenzuola prodotte dalle nonne e dalle bisnonne, fatte con la canapa industriale? Chi non ha mangiato - magari anche oggi - i semi di canapa decorticati (tanti vegetariani e vegani li mangiano, perché hanno grandi quantità di proteine)? Ecco, solo per fare alcuni esempi. Con la canapa si possono fare tante cose: possiamo bonificare. Ricordate quelle famose grandi bonifiche del passato? Si facevano con la canapa, ma anche questo poco importa. Nemmeno la vostra storia riuscite a mantenere in piedi.
Ebbene, oggi, qui, Presidente, denuncio il fatto che questo Governo, il Governo Meloni, sta facendo chiudere oltre 1.000 imprese e sta facendo perdere il lavoro a 30.000 persone. Stiamo parlando di 30.000 famiglie. Stiamo parlando di un settore che, purtroppo, è alla deriva per colpa loro e che si ritroveranno, ci ritroveremo tutti ad avere quei prodotti fatti con la canapa industriale, ma verranno tutti da fuori. Un grande peccato! Non avete capito che questa è un'opportunità. Invece, avete deciso di continuare con questa propaganda ideologica sul nulla, perché non stiamo parlando di droghe, non stiamo parlando di quello che continuate a decantare e a urlare nelle varie televisioni. Perché, se fosse vero quello che dite, allora dovremmo…
PRESIDENTE. Concluda.
EMMA PAVANELLI (M5S). …eliminare tanti farmaci, alcolici e superalcolici. Ma si sa che, forse, è proprio il vostro Governo a volerli al posto dell'acqua, visto che, a quanto pare, l'acqua ci fa molto, ma molto male (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Onorevole, concluda.
EMMA PAVANELLI (M5S). Presidente, chiudo qui il mio intervento. Credo che sicuramente l'Unione europea finirà per metterci le mani e vi obbligherà a fare marcia indietro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cuperlo. Ne ha facoltà.
GIANNI CUPERLO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Anche se la formula può sembrare un po' enfatica, credo che in quest'Aula, oggi, più che un dibattito su un decreto-legge, celebriamo la crisi del Parlamento repubblicano. Siamo giunti qui dopo un confronto praticamente inesistente nelle Commissioni competenti: sono stati esaminati 160 emendamenti, a fronte di oltre 550 proposte depositate. Interi capitoli del provvedimento - da ultimo, quello sulla canapa è stata appena citato - non sono stati neppure esaminati. Si è scelto di calpestare l'allarme lanciato da 300 costituzionalisti, le critiche dell'Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle camere penali: tutto liquidato come il tentativo di sabotare l'azione del Governo.
Nei 31 mesi di vita di questo Esecutivo - non sono pochi - avete aggiunto al codice di procedura penale 48 nuovi reati, per un totale di 417 anni di carcere e con questo decreto si sommano 14 nuovi reati e nuove aggravanti. È una concezione della sicurezza che si traduce in quel panpenalismo - è stato detto - convinto che la propaganda possa agire da deterrenza nei confronti di comportamenti illegali, aggressivi o violenti e il tutto con buona pace di un sovraffollamento carcerario che produce ogni anno - e lo sapete - decine di suicidi e atti di autolesionismo.
Il problema è che, in questo caso, applicate quella stessa concezione anche a forme del dissenso e della protesta condotte in modalità pacifica e non violenta. È, su questo piano, secondo me, che consumate oggi lo strappo più drammatico verso lo Stato di diritto e le garanzie del nostro ordinamento costituzionale: avviene con l'equiparazione dei centri di trattenimento per stranieri extracomunitari al carcere, vuol dire da luogo di detenzione amministrativa a misura di privazione della libertà personale; avviene con il cosiddetto Daspo urbano, che equipara denunciati e condannati; avviene con la previsione che autorizza la Polizia a portare armi, anche diverse da quelle di ordinanza e fuori dagli orari di servizio.
Con le misure che approverete, grazie all'ennesima fiducia, scegliete di comprimere gli spazi democratici a tutela della libertà di manifestazione.
Non è poca cosa, colleghi. Cito anch'io il reato di blocco stradale, introdotto nel lontanissimo 1948 dal Ministro Scelba, per il quale si era sempre prevista una sanzione di tipo amministrativo - reato, peraltro, lo sapete, amnistiato nel 1999 - e che voi oggi reintroducete, trasformando la sanzione amministrativa in un reato penale punibile con una reclusione da 2 a 6 anni. Ma di cosa stiamo parlando? Dei ragazzi e delle ragazze che utilizzano il loro corpo per denunciare i pericoli ambientali; parliamo degli operai dell'Ilva, che utilizzano il loro corpo su una strada per denunciare l'assenza di risposte a una vertenza che si prolunga negli anni.
Non avete ascoltato ragioni. Avete ignorato gli argomenti di merito, come quelli in punta di diritto, che sono echeggiati in decine di audizioni. Vi siete, alla fine, divisi al vostro interno, operando uno strappo ulteriore e convertendo un disegno di legge, già incardinato al Senato, in un decreto ricondotto qui, nell'Aula della Camera. In materia di occupazione arbitraria di immobili, già sanzionata del codice penale, vi spingete ad una punizione più severa dell'adescamento di minori. Equiparate la resistenza passiva alla rivolta violenta, sino a dimostrarvi più arretrati - ne ha parlato, pochi minuti fa, la collega Di Biase -, anche rispetto al codice Rocco del 1941 verso la detenzione.
Pensate che ossimoro: la detenzione di una creatura di 3 anni, costretta a seguire la madre dietro le sbarre di un carcere. Tutto questo per cosa? Per esibire lo scalpo di un presunto lassismo da parte della sinistra e delle opposizioni. Ma, colleghi, ve lo assicuriamo: non c'era e non c'è alcun lassismo da combattere. Esigenze di sicurezza e di giustizia albergano e sono ben radicate anche su questi banchi, vorrei dire, soprattutto su questi banchi, con una sola differenza rispetto a voi - ma non è un dettaglio, è una differenza abbastanza profonda - ed è nella capacità, direi, nella volontà di distinguere sempre tra ciò che è illegale, e come tale va perseguito, e quanto invece riflette una umanità ferita e disposta, nelle forme della non violenza, a testimoniare con il proprio stesso corpo il dovere di una disobbedienza civile, quella disobbedienza civile che anche nel nostro Paese ha una lunghissima, quasi antica, tradizione.
A punire questo, sapete - e lo sapete benissimo -, non sono le democrazie. In ogni parte del mondo, a punire quel bisogno di testimonianza e di libero dissenso sono i regimi, sono le dittature, sono le autocrazie. Vedete, colleghi, noi italiani non possediamo la grandeur dei nostri cugini francesi, però, anche noi abbiamo avuto il nostro Illuminismo e non lo definirei meno glorioso. Si è concentrato, in particolare, in due capitali: a Napoli, nella scuola di un'economia civile fondata sul primato della persona rispetto a quello delle Nazioni, e nella Milano dei diritti e delle libertà dell'individuo: la Milano di Verri, di Beccaria, Dei delitti e delle pene, del rifiuto della pena di morte.
Fa riflettere come voi archiviate le pagine più alte e nobili di una tradizione giuridica che viene da così lontano e che si è riversata nella nostra Costituzione attraverso la coerenza, la sapienza e la radicalità di grandissimi giuristi. Erano personalità di formazione diversa, ma accomunate da quel senso dello Stato che fonda sul sistema delle garanzie uno dei fondamenti della sua stessa esistenza.
E tutto ciò pare non riguardarvi, non interessarvi e, invece, dovrebbe interessarvi e dovrebbe riguardarvi, avvinghiati come siete dentro un patto di potere. Voi fate tutto questo, e noi lo comprendiamo, per mantenere in vita quel vincolo di maggioranza fondato, dall'inizio della legislatura, sull'appalto alla Lega di questa materia, di questa disciplina, sulla garanzia per Forza Italia del provvedimento sulla separazione delle carriere e per il via libera al partito di maggioranza relativa sull'ipotetico e velleitario premierato.
Ma, colleghe e colleghi, pensate davvero che principi scolpiti nel nostro ordinamento costituzionale possano rivelarsi merce di scambio nel segno di un mantenimento del potere?
Abbiamo avuto a disposizione 16 ore per esaminare solamente una parte del decreto, 15 articoli sui 39 complessivi. Poi è intervenuta la ghigliottina - termine terribile - persino sulle dichiarazioni finali di voto, sul conferimento del mandato ai relatori. Siete transitati, passeggiando in silenzio, attraverso l'articolo 31, che consente la direzione e l'organizzazione di associazioni terroristiche da parte dei servizi di sicurezza, autorizzati a compiere azioni che sono in contrasto palese con i principi cardine della nostra democrazia.
Vedete, è facile immaginare che la quantità di ricorsi, già annunciati, presso la Corte costituzionale condurrà ad invalidare parte significativa di queste vostre manifestazioni ideologiche e repressive. Quello che oggi possiamo dire è che state proseguendo un'opera abbastanza sistematica di violazione della sovranità del Parlamento, chiamato a ratificare l'azione legislativa del Governo in una coercizione della stessa libera espressione del pensiero e della volontà dei parlamentari della maggioranza, perché io non dubito, personalmente, che su quei banchi, oggi desolatamente vuoti, siedano colleghe e colleghi che possono maturare una consapevolezza dei limiti, degli errori e dei pericoli che sono insiti nel provvedimento che stiamo e che state per licenziare.
Voi avete battezzato questo decreto con il termine “sicurezza”, ma il paradosso è che la prima sicurezza - concludo, Presidente - a venire negata è quella della rappresentanza e di una dialettica parlamentare che, in altre stagioni, soprattutto su materie sensibili per la dignità del cittadino, avevano conosciuto in quest'Aula ben altre pagine di cronaca, di stile, di cultura politica e istituzionale.
Presidente, colleghi, colleghe, quando si evoca la Costituzione del 1948 siamo tutti nani poggiati sulle spalle di giganti. Ma anche per questo abbiamo una responsabilità, se volete, di ordine morale prima che politica, ed è consegnare a chi verrà dopo di noi, a chi dopo di noi entrerà qui dentro, siederà su questi banchi, col mandato di rappresentare il popolo italiano… a loro dovremmo consegnare intatto il patrimonio di principi e valori che, senza merito alcuno, noi abbiamo ereditato da chi, per quei principi, si è battuto prima di noi.
Oggi voi semplicemente state venendo meno, a mio avviso, nella forma più arrogante a questo dovere. Ciò che possiamo dirvi, 24 ore prima che transitiate lì sotto, in questo stretto corridoio, per pronunciare il vostro ennesimo obbediente “sì” ad un provvedimento così profondamente offensivo e sbagliato, è che, alla fine, sarà anche su questo che voi sarete giudicati. E noi, a voce alta e schiena dritta, quel giorno potremo dire che a questo vostro delirio giuridico ci eravamo e ci siamo opposti. E, credeteci, fuori e dentro quest'Aula solenne continueremo a farlo fino a quando vi avremo sconfitti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signor Presidente. Colleghe e colleghi, signori rappresentanti del Governo, permettetemi prima di tutto di ringraziare - tramite lei, naturalmente, Presidente - la collega Buonguerrieri e la collega Bordonali, che hanno partecipato a questo dibattito: due persone della destra, due persone della maggioranza, a fronte dei 31 interventi complessivi. Permettetemi anche di ringraziare i nostri relatori - l'onorevole Montaruli, l'onorevole Bellomo, l'onorevole Bisa - che ci hanno dato l'emozione di ascoltare la loro voce perché durante tutta la discussione di questo provvedimento abbiamo potuto ascoltare da loro soltanto la formula magica “parere contrario a tutti gli emendamenti”.
E mi dispiace sottolineare, comunque, l'assenza dei Ministri competenti, del Ministro Piantedosi, del Ministro Nordio.
Ovviamente, la mia stima ai colleghi Sottosegretari qui presenti è totale, ma mi dispiace constatare che, su un provvedimento come questo, un provvedimento così importante, che cambia un po' la natura della nostra Repubblica, forse la presenza dei Ministri competenti sarebbe stata un atto dovuto. Allora, perché dico questo? Perché un provvedimento come questo che, come è stato detto già dai colleghi, introduce 14 reati penali nuovi e 16 aggravanti per reati già esistenti, cambia e cambia tanto. Ma perché è stato necessario da parte del Governo e della maggioranza introdurre questi provvedimenti?
Beh, certo, un Paese che ha i salari reali che hanno perso il 10,5 per cento del potere d'acquisto dal 2019 al 2024 forse ha bisogno di provvedimenti come quello che avete messo in campo; un Paese dove il 23,1 per cento della popolazione è a rischio povertà, dove ci sono stati 134 miliardi di danni causati da catastrofi ambientali; un Paese che, nel 2024, ha visto un italiano su dieci rinunciare alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale perché non se lo poteva permettere economicamente. Ecco, qual è la paura del Governo. Qual è la paura della maggioranza? Che coloro che hanno i salari più bassi d'Europa, che chi si avvicina sempre di più alla soglia di povertà, che chi manifesta contro le catastrofi ambientali e contro i cambiamenti climatici, che coloro che non sopportano più questa sanità ingiusta e soltanto per pochi, che queste persone scendano in piazza, che queste persone possano manifestare il loro dissenso, che queste persone possano rivendicare i loro diritti. E allora serviva un provvedimento che restringesse le libertà; le libertà di manifestare, le libertà di poter manifestare il proprio dissenso, anche in forma pacifica e passiva.
Questo serviva, è questo il vostro provvedimento, è questo il provvedimento che avete messo in campo; un provvedimento che in qualche modo vieta il blocco stradale. Ma la norma - lo ha detto bene il collega Cuperlo - che regolamenta questa materia è del 1948; è una sanzione amministrativa, non è un reato penale dal 1948. Eppure, dal 1948 a oggi, nel nostro Paese ci sono state lotte, battaglie, manifestazioni sindacali, scontri sociali. Scontri sociali. E il blocco stradale è stato regolamentato come sanzione amministrativa. Solo oggi diventa reato penale. Ma diventa reato penale soltanto se si usa il proprio corpo, in modo pacifico e non violento, per fare il blocco stradale, così come fanno i giovani attivisti del clima per indicare a tutti qual è il pericolo dei cambiamenti climatici; oppure lo fanno i lavoratori che rivendicano il proprio posto di lavoro con il loro corpo. Ma se ci si va con un mezzo, tipo un trattore, allora non è più reato penale e torna ad essere una sanzione amministrativa. A pensar male, qualcuno diceva, si fa peccato, ma spesso ci si indovina. Voi volete che sulle grandi opere messe in campo da questo Governo, dannose per l'ambiente, dannose per gli interessi del Paese, come il ponte di Messina, come gli inceneritori da rifiuti e tante altre cose, i cittadini non abbiano il diritto di dissentire, di manifestare; anche quello diventa reato penale. Ma in un Paese dove ci sono 50.000 famiglie in difficoltà abitativa come si fa a fare una norma come quella che voi dite? Il problema vero è affrontare il problema della casa e del diritto all'abitazione perché gran parte di queste persone che voi volete punire con un reato penale, con anni di galera, è sfrattata per morosità incolpevole o per finita locazione.
Che volete fare? Queste famiglie le volete mettere tutte quante per strada oppure anche loro hanno il diritto di avere un alloggio? Non è forse una carenza delle istituzioni il fatto di non garantire il passaggio di casa in casa, quando ci sono migliaia e migliaia di alloggi pubblici inutilizzati? Ma non è questa la vostra colpa, la vostra responsabilità, di permettere a queste persone di avere una casa? Come il reato introdotto di rivolta nelle carceri. Guardate che nel nostro Paese per concorrere a commettere un reato è necessario concorrere appunto, concorrere in quel reato, ma fare resistenza passiva, rifiutare il rancio, rifiutare il cibo del carcere oppure mettersi seduti e non fare nulla non è concorrere in un reato. Ma come potete mai immaginare che questo possa avvenire?
Nel Paese c'è richiesta di sicurezza, perché noi non dobbiamo negarlo, non dobbiamo far finta di nulla, ma la sicurezza che si chiede è quella di coloro che vorrebbero un posto di lavoro sicuro; i giovani che combattono contro i cambiamenti climatici vorrebbero un futuro sicuro; le persone che disgraziatamente per proprie colpe vanno in carcere vorrebbero che il carcere fosse un luogo anch'esso sicuro; le persone che non hanno casa - come diceva - vorrebbero essere sicure di averne una. Questa è la sicurezza che noi vogliamo, che questo Governo dovrebbe garantire e che non garantisce a nessuno.
Si è discusso molto sul fatto se questo provvedimento sia importante per la nostra Repubblica. Sì, cambia la natura della democrazia del nostro Paese, perché quando si vanno a toccare i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, come quello di manifestare, quello di esprimere il proprio dissenso, quello di manifestare il proprio pensiero, quando si vanno a toccare questi diritti si mette in discussione l'essenza stessa dello Stato democratico. Voi state minando le basi stesse della nostra democrazia. Questo provvedimento è un salto di qualità, è un'anticamera di regime; questo è ciò che sta accadendo intorno al decreto Sicurezza e dietro la scusa di garantire la sicurezza. Questo non è lo diciamo soltanto noi dell'opposizione, ma lo dicono i costituzionalisti; è scesa in piazza l'Unione delle camere penali - in piazza! - e hanno fatto una manifestazione in piazza.
Voglio ricordarvi, signor Sottosegretario, signora Sottosegretaria, colleghi e colleghe, che in questi giorni c'è un anniversario tristissimo per il nostro Paese: 100 anni fa furono emanate le cosiddette leggi fascistissime, nel 1925. Queste leggi limitavano le libertà individuali e politiche, rafforzando il potere del Governo, limitavano la libertà di espressione. La legge n. 2263 del 24 dicembre 1925 affermava la supremazia del potere esecutivo su quello legislativo, c'era l'eliminazione del voto di fiducia, si introducevano i podestà - signor Ministro Piantedosi, con la sua norma sul fatto che non bisogna commissariare i comuni che sono collusi con la mafia, ma affiancarli con un funzionario del Governo, non è che vuole reintrodurre anche nel nostro Paese adesso, nel 2025, i podestà? -, erano vietati gli scioperi, c'era un inasprimento delle norme di pubblica sicurezza, si cambiava la legge elettorale…
PRESIDENTE. Onorevole, concluda.
FILIBERTO ZARATTI (AVS). Chiudo. Queste erano le leggi fascistissime e francamente somigliano tanto al vostro decreto Sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sportiello. Ne ha facoltà.
GILDA SPORTIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Io non so, oggi che ci troviamo in quest'Aula ed arriva questo decreto Sicurezza, cosa mi preoccupi di più: se mi preoccupa il metodo antidemocratico con cui questo decreto è stato cambiato, con cui questo decreto, da disegno di legge governativo, è diventato un decreto ed è arrivato in Parlamento, silenziando completamente le opposizioni, senza possibilità di modifica, semplicemente imponendo quella che è la volontà del Governo. Ma il merito non mi preoccupa meno, perché in realtà leggendo questo decreto siamo davanti veramente a una svolta autoritaria e repressiva nel nostro Paese ed è molto grave quello che leggiamo ed è molto grave la cultura che sottende ogni rigo di questo decreto.
Non abbiamo ancora saputo, non abbiamo ancora capito - almeno diciamo che non c'è giustificazione razionale che abbia a che fare con la democrazia e con il buonsenso - cosa abbia spinto questo Governo a trasformare un disegno di legge governativo in un decreto-legge. Infatti, se ci fossero stati i presupposti per emanare un decreto avreste dovuto farlo un anno fa, quando questo disegno di legge ha visto la luce (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se non fosse che voi per primi eravate in difficoltà in questo pasticcio in cui ognuno doveva attaccare la propria bandierina e il proprio slogan elettorale, se non fosse stato per questo, se non fosse stato per una pressione nel Paese che sta crescendo e che si è organizzata, se non fosse stato perché le opposizioni qui dentro non vi hanno dato un attimo di respiro su questo decreto, se non fosse stato per il nostro lavoro costante, voi oggi non sareste stati costretti a fare un decreto per cui avete messo in atto delle dinamiche e dei regolamenti che non hanno precedenti nella storia di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Se non fosse già questo preoccupante, andiamo a vedere nel merito quello che state approvando, quello che voi state approvando e di cui voi dovete assumervi la responsabilità: è raccapricciante, ma del resto io mi domando se c'è ancora qualcuno che in questo Paese davvero crede che questa maggioranza e questo Governo prima o poi possano partorire davvero qualcosa che sia negli interessi delle persone che vivono in questo Paese, perché fino ad ora dei problemi che quotidianamente vivono le persone non avete affrontato nulla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Non avete lavorato per chi ha una pensione minima, non avete lavorato per chi non riesce ad arrivare a fine mese, non avete lavorato per implementare i servizi di welfare, non avete lavorato per la sanità, per i lavoratori, le lavoratrici, per i salari, per niente. Sapete per chi avete lavorato? Per i grandi gruppi di interesse; avete lavorato per dare miliardi e miliardi in armi perché ve lo ha chiesto la NATO, perché ve lo hanno chiesto gli Stati Uniti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e voi avete soltanto detto “sì”, trovando, dalla sera alla mattina, decine di miliardi di euro e non siete stati in grado neanche di trovare pochi milioni di euro - sei milioni - per allargare la platea delle persone che può accedere alla prevenzione al cancro al seno.
Allora, mi chiedo: ma davvero vogliamo pensare che state lavorando per il Paese? Questo decreto è soltanto… e sarebbe pure ora che, a due anni e mezzo dalla vostra elezione, scendeste dal vostro palco elettorale e la smetteste di stare in una campagna elettorale perenne, perché qui cosa avete fatto? La sicurezza - alla collega della Lega o di Fratelli d'Italia che è intervenuta prima io vorrei dire che noi per la strada ci stiamo continuamente a sentire quali sono le esigenze delle persone - è un'altra cosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e non sono queste quattro norme in croce che avete messo tirando a caso, mettendo un'aggravante di qua, creando un reato di là, giusto per dire che qualcosa l'avete fatta.
Allora, se qualcuno pensa che in questo decreto si possa parlare - che ne so - di voto di scambio politico mafioso, di corruzione, di finanziamento illecito, di falso in bilancio, di bancarotta fraudolenta, di truffe ai danni dello Stato, non ne troverà mai traccia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Sapete perché? Perché è più probabile che, sfogliando un giornale, troviate che qualche membro di qualche partito di maggioranza, dai comuni fino agli altri livelli istituzionali, possa essere implicato in vicende del genere piuttosto che a trovare delle norme che mirino a combatterle.
Ma, del resto, se avessimo voluto davvero parlare di legalità e di sicurezza, non avremmo mai potuto farlo con la credibilità che ha questo Governo, quel Governo che, lo voglio ricordare, soltanto poco tempo fa ha ridotto il tempo delle intercettazioni - per contrastare davvero la criminalità, per combattere davvero omicidi, per combattere le violenze di genere - a 45 giorni, rendendo praticamente impossibile il lavoro degli inquirenti. Altro che sicurezza, altro che legalità!
Il vero scopo di questo Governo, con un'operazione di maquillage con cui avete gettato qui e lì qualche parola chiave, per far pensare che vi foste interessati dei problemi di qualcuno, in realtà è di ridurre gli spazi di dissenso, gli spazi di libertà di espressione, gli spazi di agibilità politica. Questo è l'unico vostro scopo: reprimere il dissenso, ridurre gli spazi, criminalizzare il dissenso. Lo avete fatto attraverso una serie di norme in cui avete addirittura creato reati per manifestazioni pacifiche, manifestazioni in cui non viene utilizzata violenza. Penso allo sciopero della fame, perché, se in carcere o nei CPR non si obbedisce a un ordine, diventa reato, e quindi su un detenuto che non vuole mangiare per mettere in atto uno sciopero della fame potrebbe vedersi prolungata la pena in virtù dell'aggiunta di un nuovo reato. E questa non è una protesta violenta. Una persona, un lavoratore o una lavoratrice, che vuole dimostrare e manifestare fuori da una fabbrica per rivendicare il suo diritto al lavoro, per rivendicare i diritti che le o gli spettano, non può manifestare con il proprio corpo, perché anche la manifestazione non violenta viene repressa.
E allora, esattamente, di chi e di che cosa avete paura? Avete paura di chi manifesta perché non ha un salario dignitoso? Avete paura di chi vi viene a dire che state investendo in sanità privata, distruggendo quella pubblica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Avete paura di quel mezzo milione di persone che non hanno neanche più le risorse per poter acquistare i farmaci, e di questi 100.000 sono bambini? Avete paura di quelle persone, quei bambini e quelle bambine che vivono in povertà assoluta e il cui unico pasto completo, durante la giornata, è quello che possono ricevere con la mensa scolastica? Queste sono le persone di cui avete paura: quelle che vi chiedono di non investire nel riarmo, quelle che vi chiedono di non avere rapporti con Israele e di condannare il genocidio a Gaza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Voi avete paura di un popolo che non è dalla vostra parte e così intendete criminalizzarlo.
E allora, pur di fare questo, pur di mettere le vostre bandierine ideologiche, avete buttato in mezzo alla strada imprenditori e imprenditrici, i quali, nonostante vi fosse un'incertezza normativa che da tempo dura in questo Paese, avevano comunque deciso di investire e di restare, a differenza di quei 21.000 giovani laureati che, nel 2023, sono stati costretti a lasciare il nostro Paese per andare altrove a costruire il proprio futuro. Avete deciso di mandare in mezzo alla strada 22.000 lavoratori e lavoratrici, vietando la cannabis light per pura propaganda ideologica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché voglio ricordare che la cannabis light ha un contenuto di THC, il contenuto psicotropo, inferiore allo 0,2 per cento e, quindi, non ha alcun potere drogante. Non solo. Siete andati a colpire tutta la filiera, quella che riguarda la bioedilizia, la cosmesi, gli integratori, tutta! E mi chiedo, anche rispetto alla cannabis terapeutica, che impatto avranno le vostre norme? Ma ve lo siete chiesti? Perché addirittura le regioni, tutte le amministrazioni regionali, comprese le vostre, vi hanno detto: fermatevi, perché state facendo un macello!
Se aveste voluto veramente contrastare le emergenze del nostro Paese - non perché siano emergenze, purtroppo sono fenomeni strutturali, ma perché un femminicidio ogni tre giorni avrebbe dovuto scuotervi le coscienze -, avreste potuto fare qualcosa per questo, anziché prevedere, anche lì, solo un reato e niente che possa prevenire, niente che possa realmente aiutare le vittime di violenza. Avreste potuto intervenire contro i reati d'odio, perché sono questi i reati in aumento nel nostro Paese, non quelli che, invece, stanno diminuendo da circa vent'anni.
Contro i reati d'odio, che sono in aumento, voi non solo non muovete neanche un dito, ma spesso - lasciatemelo dire - mettete in atto dinamiche, mettete in atto dichiarazioni, dite cose che sono, esse stesse, motivo di discriminazione, esse stesse transfobiche, omolesbobitransfobiche. E non sarebbe la prima volta. Non sono poche le volte in cui questo Governo, esponenti di queste forze di Governo lo hanno fatto.
Credo veramente che siamo davanti a una svolta, purtroppo, della nostra democrazia. E lo sappiamo che abbiamo di fronte un Governo antisociale, repressivo, reazionario, nostalgico e, perché no, di cultura fascista, e non ne ha fatto mai grande motivo di vergogna.
PRESIDENTE. Onorevole, Concluda.
GILDA SPORTIELLO (M5S). Però, vedete, il nostro è un Paese antifascista. Il nostro è un Paese in cui i diritti delle persone si rispettano. Il nostro è un Paese in cui questo vostro gioco al massacro può durare ben poco, perché c'è un Paese democratico, un Paese che non piega la testa, un Paese che, tutto questo, non lo accetta. Noi non lo accetteremo e continueremo la nostra battaglia contro questo Governo liberticida, repressivo e oppressivo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Toni Ricciardi. Ne ha facoltà.
TONI RICCIARDI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghe e colleghi, Presidente, vorrei cercare di fare con lei un ragionamento. E partirei, Sottosegretario, da quello che un dì scrisse Max Weber. Max Weber si chiedeva: ci dobbiamo chiedere se la libertà e la democrazia siano possibili a lungo termine sotto il dominio del capitalismo maturo. E già su questa domanda di Max Weber noi potremmo interrogarci e riflettere per ore.
Però, la domanda di fondo, Presidente, che volevo pormi, leggendo gli atti di questo ennesimo provvedimento, era la seguente: come si spegne una democrazia, Presidente? Questa è la domanda di fondo, al di là del dettaglio dei singoli articoli, ma come si spegne una democrazia. Ora, vi risparmio le grida manzoniane, perché abbiamo già dato. E mi venivano in mente due autori che hanno scritto, pensato e riflettuto sul Governo, sulla libertà, sulla sicurezza, sulla democrazia o sulle forme di Governo in generale. Voi potevate scegliere Foucault, la “governamentalità”, quando tratta di come si applica la sicurezza per il governo dei processi umani, e no, non lo avete fatto. Potevate affidarvi ai classici, a Hobbes, al Leviatano, ma forse era eccessivo. E avete preferito - guarda caso - affidarvi a un pensatore che non è nemmeno del vostro campo, del vostro pantheon ideale: a Chomsky. Voi state adottando quella che Chomsky definisce la teoria della rana e dell'acqua bollente. Così si spegne una democrazia. Ora, qual è la teoria, Presidente? È che, se tu prendi una rana e la metti nell'acqua bollente, la rana d'istinto salta fuori, perché ha lo shock. E, invece, come fai a farla ammorbidire e a non farle sentire lo shock del lento e progressivo cambio paradigmatico? La metti nell'acqua fredda, accendi il fuoco e piano piano fai alzare la temperatura. E la rana che fa? Si accomoda, perché l'acqua diventa tiepida, ancora più tiepida, tendente al caldo, ed è quasi assuefatta dal piacere che il lento bollore le dà; e nel momento in cui l'acqua bolle, non è più in grado di reagire e perirà. Ecco, credo che voi stiate adottando, con questo provvedimento, esattamente la teoria della rana e dell'acqua bollente.
E ancora, Presidente, se tra qualche lustro qualche storico ascolterà il dibattito parlamentare e leggerà quello che verrà scritto di questa epoca, di questa fase di Governo - mi veniva in mente, Presidente, un riadattamento lessicale che erroneamente è stato sempre ascritto a Bertolt Brecht, ma non è tale -, pensateci un attimo, colleghe e colleghi, se qualcuno, tra qualche anno, pensando a questo provvedimento, dirà: ma io c'ero, sono intervenuti, hanno proibito i rave party e tutto sommato non ho detto niente, perché erano ragazzacci che davano fastidio, sporcavano, imbrattavano, creavano insicurezza, e tutto sommato andava bene. Hanno messo sotto pressione la libertà di stampa e, tutto sommato, i giornalisti rompono le scatole, anzi, era meglio che facessero un po' di pulizia narrativa.
Hanno punito la resistenza passiva, quelli che si ispiravano a Gandhi, e tutto sommato che volete? La legge è disciplina e va rispettata. Hanno dichiarato la GPA reato universale e, tutto sommato, io sono un fervente tradizionalista e mi andava bene. Hanno stabilito che i bambini andassero in carcere perché rispetto alla donna incinta, in questo provvedimento, viene definita come facoltà di chi giudica determinare se debba andare o non andare in carcere con il minore, e non ho detto niente perché aveva commesso un reato. E poi hanno pensato di togliere la cittadinanza a chi aveva commesso dei reati non ben definiti, con una variabilità interpretativa indefinita, e non ho detto niente perché poi non erano di razza pura, non erano italiani puri. Hanno bloccato la trasmissione della cittadinanza a tanti doppi cittadini, a generazioni che hanno reso grande questo Paese attraverso i sacrifici e le migrazioni, e non ho detto niente perché gli italiani all'estero danno fastidio. Ma che cosa vogliono? Pretendono e non danno.
E, ancora, hanno vietato lo sciopero: era inguardabile, penoso, assistere agli operai che bloccavano un'autostrada per evitare la chiusura dei propri stabilimenti. Meglio così, perché debbono circolare, debbono circolare con comodità. E ancora, hanno deciso di dare più armi, anche al di là di quelle in dotazione, perché, tutto sommato, bisognava far rispettare la legalità e la sicurezza.
Ecco, credo che, probabilmente tra qualche anno, qualcuno dirà queste cose e la domanda che noi ci dovremmo porre, colleghe e colleghi, è se ha ancora un senso - questa domanda, purtroppo, Presidente, ce la poniamo sempre più spesso, in quest'Aula - la funzione che noi assolviamo. Ha ancora senso quello che noi, quotidianamente, facciamo qui? Ha ancora senso la funzione legislativa? Ha ancora senso parlare di democrazia rappresentativa in questo posto? E, soprattutto, Presidente, ha ancora senso parlare di democrazia in Italia? Ha ancora senso immaginare quali possano essere le conseguenze di questo provvedimento?
È questo il Paese che immaginate per voi? È questo il Paese che voi immaginate per i vostri figli, per i vostri nipoti? Per voi questo è il Paese che immaginate di aver fatto rinascere con il Governo della prima Presidente del Consiglio donna, quella che ha rotto il tetto di cristallo? E per che cosa l'ha rotto, il tetto di cristallo? Per ingabbiare le donne e questa società in una schiacciante e progressiva cappa repressiva? O perché lo fa? Lo fa probabilmente perché, come diceva Chomsky, Presidente, se vuoi spegnere una democrazia, devi far acclimatare le persone, farle disinteressare, far finta di coccolarle e, lentamente, farle spegnere nel bollore di quell'acqua e non rendersi conto di quello che sta accadendo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ghirra. Ne ha facoltà.
FRANCESCA GHIRRA (AVS). Grazie, Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor Sottosegretario. Io, oggi, più che avvilita mi definisco estremamente preoccupata per la deriva che la nostra democrazia e i nostri lavori parlamentari stanno assumendo.
Intanto, come già è stato sottolineato anche dal collega Zaratti, mi aspettavo che, vista l'importanza che attribuite a questo provvedimento, i Ministri fossero presenti in Aula. Ma mi aspettavo anche una relazione differente con le forze di maggioranza che non solo oggi sono assenti ma che, anche durante l'iter in Commissione, hanno avuto un atteggiamento completamente supino rispetto a quello che è il diktat del Governo e hanno accettato di azzerare, di fatto, un anno di dibattito parlamentare.
Infatti, anche un anno fa eravamo in quest'Aula ad affrontare i contenuti di questo decreto-legge, che allora facevano parte di un disegno di legge privo di alcun carattere di necessità e urgenza che ha assunto durante il dibattito, prima alla Camera e poi in Senato, a causa dell'incapacità della maggioranza di fare sintesi su temi che, evidentemente, non vi trovano d'accordo ma, soprattutto, che si era impantanato per questioni di copertura finanziaria che non si riuscivano a gestire. E quindi si è ricorsi alla trasformazione, del tutto illegittima, in decreto-legge, che confidiamo venga sollevata dalla Corte costituzionale che rimandi al mittente questo che - come ha detto bene il collega Dori - è il provvedimento più illiberale della storia della nostra Repubblica.
Pensavo anche che, dopo il primo decreto che avete fatto approvare alle Camere - il decreto Rave, un grande problema per il nostro Paese - avreste deciso di mettere da parte la propaganda. Invece, man mano che andiamo avanti, non solo il ruolo del Parlamento è sempre più avvilito, azzerato, ma si configura sempre più quello che è il vostro disegno di scardinare le istituzioni democratiche che regolano il nostro Paese e la divisione dei poteri. E lo vediamo con i tre disegni fondamentali che sono la riforma in senso presidenzialista nel nostro Paese, il provvedimento sull'autonomia differenziata e quello sulla separazione delle carriere.
E sembra quasi che questo decreto che stiamo riesaminando nuovamente in quest'Aula sia una sorta di braccio operativo liberticida a servizio di questo disegno che volete mettere in atto che, pur citando 38 volte la parola “sicurezza” all'interno del dispositivo normativo, non ha alcun carattere di garanzia ma è semplicemente autoritario e repressivo perché testimonia, ancora una volta, che, davanti alle difficoltà delle persone più fragili e davanti, in generale, alle forme di dissenso, piuttosto che intervenire con provvedimenti che vadano incontro alle problematiche, voi utilizzate il pugno duro.
E quindi, da un lato, impoverite le persone con provvedimenti come il primo decreto Lavoro, che avete approvato il 1° maggio 2023, dando uno schiaffo a tantissime famiglie italiane non solo attraverso la cancellazione del reddito di cittadinanza, ad esempio, ma anche reintroducendo tutta una serie di misure di lavoro precario, con la reintroduzione dei voucher, impoverendo di fatto lavoratrici e lavoratori del nostro Paese, e dall'altro lato, andate a dire che le statistiche, invece, dimostrano che la qualità del lavoro nel nostro Paese è migliorata. Cosa che non è affatto vera, perché se è vero che è aumentato il numero degli occupati e diminuito quello dei disoccupati, non ci dite mai a quanto ammontano le vere ore lavorate e quindi quanto davvero guadagnano questi nuovi lavoratori e queste nuove lavoratrici che, di fatto, lavorano molto meno di prima e sono più poveri.
E questa vostra tendenza liberticida è anche testimoniata dalla volontà di oscurare completamente i referendum dell'8 e 9 giugno che, invece, vanno nella direzione di restituire tutela e garanzie a quelle lavoratrici e a quei lavoratori che voi state impoverendo.
Sottolineo questo aspetto perché durante questi anni di Governo Meloni la produzione è in costante calo. Allora, come si sposa questo dato con il fatto che i lavoratori e le lavoratrici siano aumentati? È evidente che voi stiate mentendo.
E, peraltro, con questo decreto intervenite anche su settori che dovrebbero starvi a cuore, come quello della cannabis light, che è un settore finora legalissimo e completamente made in Italy, costituito fondamentalmente da imprese giovanili: ne contiamo circa 3.000 con 30.000 lavoratori che hanno fatturati di rilievo e che state andando ad affossare con una furia ideologica senza senso, senza fondamento. E l'ipocrisia è poi certificata dal fatto che i giovani non potranno più produrre in Italia, ma i prodotti dalla canapa potranno essere importati. Quindi, tante persone perderanno il posto di lavoro, tante persone verranno messe in difficoltà, soprattutto quelle che utilizzano, ad esempio, la cannabis terapeutica, che avete anche criminalizzato attraverso le modifiche al codice della strada.
E voi sarete contenti di avere ottenuto questo bellissimo risultato che comporterà nuovi disagi per nuove categorie della nostra società, per poi penalizzarle perché chiaramente il dissenso viene punito. Lavoratori ed eco-attivisti verranno puniti nel caso in cui manifestino, attuino blocchi stradali che, come è stato ben ricordato finora, erano considerati reati di carattere amministrativo e oggi diventano reati penali, andando a peggiorare ulteriormente quelle norme di stampo autoritario e fascista che noi abbiamo sempre criticato e che comunque non erano arrivate a tanto, così come non erano arrivati a tanto per quanto riguarda la questione della rivolta carceraria nei CPR.
Voi andate a sanzionare anche la resistenza passiva, di fatto proibendo a chi vive in condizioni di estremo disagio… perché le nostre carceri fanno schifo, c'è un tasso di sovraffollamento pazzesco, fa freddo d'inverno e caldo d'estate, non c'è acqua potabile, non si può vivere una vita dignitosa. Ecco, voi anziché intervenire per migliorare la qualità della vita della popolazione detenuta, intervenite con provvedimenti che minacciano - per chi già vive in quelle condizioni - di aggravare la sua situazione. Quindi, ulteriormente penalizzate chi ha commesso dei reati e, anziché aiutarli a reinserirsi nella nostra società attraverso processi rieducativi, li condannate a una situazione umiliante e invivibile.
Ancora, appunto, i ragazzi - che si battono contro le vostre politiche “climafreghiste” - adesso rischiano di finire in galera a differenza di chi manifesta, invece, a favore di politiche nostalgiche, come quelle fasciste, che non viene neanche riconosciuto. Voglio citare in questa circostanza un episodio che è successo a Cagliari pochi giorni fa: i ragazzi del Blocco studentesco - pare persino autorizzati dalla questura, ma lo verificheremo tramite un'interrogazione, se il Ministro Piantedosi si degnerà di rispondere - hanno manifestato fuori dal liceo Siotto, dicendo che antifascismo significa mafia. Questi sono messaggi allucinanti che il Governo dovrebbe sanzionare, visto che la nostra Costituzione si fonda sui principi della Resistenza e dell'antifascismo e anche voi dovreste essere orgogliosi di vivere in una Repubblica che si fonda sui principi che ci sono stati regalati dal sangue dei patrioti veri che hanno combattuto contro il fascismo e il nazismo.
Per quanto riguarda, poi, gli sgomberi coatti, anche oggi la Presidente Meloni non ha perso occasione per fare propaganda, quando sappiamo bene che già oggi era possibile sgomberare chi occupa abusivamente un immobile. Ci chiediamo perché, anche in questo caso, non si mettano in atto politiche che consentano a chi non ha una casa di averla, visto che sono 700.000 le famiglie in graduatoria e oltre un milione sono le famiglie che vivono in affitto, ma sono sotto la soglia di povertà e voi, sempre col decreto Lavoro, avevate tagliato i fondi per l'affitto casa e i fondi per la morosità incolpevole, andando a generare un disagio ulteriore che adesso punite con questo decreto.
Chiudo con la questione delle donne in carcere su cui mi sono già soffermata durante il dibattito sulla pregiudiziale che, forse, è la norma più oscena di questo provvedimento e che, anche in questo caso, supera le disposizioni del codice Rocco. Noi ribadiamo che i bambini non dovrebbero mai finire dietro le sbarre e questa degli ICAM è davvero un'ipocrisia perché, di fatto, si tratta di carceri anche in questo caso. Il fatto che voi abbiate stabilito che le donne con bambini sino a un anno possano finire dentro un ICAM o che, sino a 3 anni, possa essere nella disponibilità del giudice stabilire se possano rimanere in carcere…
PRESIDENTE. Concluda.
FRANCESCA GHIRRA (AVS). …o addirittura possano essere sottratti alle loro madri è una cosa di una disumanità gravissima che testimonia il vostro razzismo contro le donne rom. Noi voteremo ovviamente contro questo provvedimento osceno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Alifano. Ne ha facoltà.
ENRICA ALIFANO (M5S). Grazie, Presidente. Il collega Ricciardi, che mi ha preceduto, ha fatto un'osservazione che mi ha colpito. Ha detto: i posteri, quando leggeranno gli atti parlamentari, cosa penseranno? Come possono essere passate tutte queste norme liberticide? Ebbene, voglio aggiungere una cosa: il Parlamento non c'era, noi non c'eravamo. Il Parlamento non c'era nella sua compiutezza, nella sua interezza, perché il Parlamento è impegnato a istituire Giornate. Anche stamattina c'è stata l'istituzione dell'ennesima Giornata, anche se tra poco probabilmente ne istituiremo due per ogni giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) perché i giorni dell'anno sono 365.
Le cose importanti passano, invece, per la decretazione d'urgenza. Ecco, voglio iniziare questo mio intervento con quello che hanno detto i miei colleghi, gli avvocati, che hanno detto che peggio del DDL Sicurezza c'è solo il decreto Sicurezza. Così era titolato un documento dell'Unione delle camere penali, il 5 aprile, in risposta a questo provvedimento nefasto.
Penso che con questo decreto-legge il Governo sia riuscito a mettere d'accordo tutti: l'Accademia, gli avvocati, sulla violazione palese ai principi espressi dalla Costituzione e anche sulla pessima confezione di queste norme. Ciò è avvenuto nonostante ci sia stato un monito all'apertura dell'anno giudiziario, formulato dalla prima presidente della Corte di cassazione, che invitava il legislatore a rispettare i principi di tipicità, di determinatezza della fattispecie e della previa conoscibilità della norma. Tutti principi che sono puntualmente violati da questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
E tutto ciò quando avviene? Mentre c'è un disegno di legge in discussione presso la Camera alta. Improvvisamente il Governo muta sentimento e presenta un decreto-legge, infischiandosene apertamente della mancanza dei requisiti di necessità e urgenza che in re ipsa non esistono, se c'è un disegno di legge che abbiamo esaminato qui alla Camera e che adesso è in Senato. E allora perché si interviene con un decreto-legge? Tra l'altro, si usa la mano pesante, Presidente, la mano pesantissima per costringere i cittadini, per agire in spregio delle libertà fondamentali che sono scritte nella nostra Carta fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), le libertà di tutti, di tutti i consociati. Tutto questo, ovviamente, senza un adeguato dibattito parlamentare.
Noi delle opposizioni, Presidente, non siamo responsabili di quello che sta avvenendo. Si introducono 14 reati nuovi, come se non bastasse il compendio normativo attualmente in vigore, e molteplici aggravanti senza che vi sia un fondamento razionale, con una scrittura che, come dicevo prima, definirla pedestre suona come un complimento. Noi lo abbiamo denunciato in Commissione prima che venisse messa la tagliola. Noi dell'opposizione abbiamo cercato di migliorare questo testo che subiranno gli operatori del diritto e tutti i cittadini. Lo subiranno. Vogliamo fare un esempio?
Parliamo dell'articolo 1 che introduce una nuova inutile ipotesi di reato in materia di terrorismo, ma già c'è un compendio normativo in quella materia ricchissimo. L'Italia ha vissuto la stagione del terrorismo, quindi noi siamo ben attrezzati normativamente. Ebbene, si istituisce la fattispecie di detenzione di materiale con finalità di terrorismo e, nonostante la dicitura dell'epigrafe, Presidente, in realtà, quello che passa in ombra è la condotta; tutto si incentra esclusivamente sull'elemento soggettivo, sulla finalità di terrorismo, ma la condotta è evanescente e tutto questo ci riporta a tempi assolutamente bui che sono estranei alla nostra stessa cultura giuridica. Il codice Rocco era più garantista, il codice fascista.
Noi stiamo costruendo un diritto penale che, come dicevano i giuristi del secolo scorso, è del foro interiore, cioè si punisce l'intenzione prima della condotta. Questo diritto liberticida, ovviamente, è proprio dei regimi repressivi perché punisce senza che vi sia una reale lesione al bene giuridico protetto o anche una messa in pericolo dello stesso ma sulla scorta di una mera intenzione che ovviamente è di difficile prova.
Spesso è indimostrabile, e questo, ovviamente, comporta anche la frustrazione del diritto di difesa. Ma non è finita qui. Oltre a violare i principi fondamentali del diritto penale, in materia, ovviamente, di materialità della condotta, questo provvedimento, di fatto, viola anche il principio di proporzionalità della pena; è stato detto anche da alcuni colleghi che mi hanno preceduto e che hanno analizzato il reato di nuova introduzione, l'articolo 634-bis, cioè l'occupazione abusiva di immobile destinato a domicilio altrui. Ebbene, questo reato ha la stessa pena prevista per l'omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Bene vita contro bene patrimoniale: stessa pena.
Presidente, penso che questa sia una risposta feroce a quello che è stato definito il bisogno emotivo di pena (tremendo) e sia una scorciatoia ignobile per raccattare un po' di consensi, qua e là, senza ovviamente cercare di risolvere i problemi delle persone, le reali difficoltà della fascia di popolazione meno abbiente. Ma non è finita qui, magari fosse finita qui, eh no. Infatti, altro principio ispiratore di questo provvedimento è l'idea di modificare l'asse del controllo sociale, spostandolo nelle mani della Polizia.
Questo tema è stato poco affrontato, in questo dibattito, ma ci sono le prove: l'intento, nemmeno tanto occulto, è quello di depotenziare la magistratura, facendo venir meno il corredo di garanzie alla libertà dell'individuo, che presidia l'operato della stessa. Una prova? La reintegra nel possesso dell'abitazione del denunciante operata direttamente dagli ufficiali di P.G., senza un previo provvedimento dell'autorità giudiziaria. Sembra poca cosa, Presidente, ma qui, alla fine, si travolge lo Stato di diritto.
È vero, c'è la necessità di una rapida esecuzione dei provvedimenti, ma non si può finire col mettere l'esecuzione degli stessi direttamente nelle mani delle Forze di Polizia, senza che vi sia un provvedimento del giudice. È un precedente pericolosissimo. Un'altra prova di quello che dicevo prima è il divieto di accesso che può essere disposto dal questore a ferrovie, aeroporti, metropolitane, ai mezzi di trasporto pubblici, anche a chi è stato solo denunciato. I reati previsti sono tantissimi: tutti delitti contro la persona e delitti contro il patrimonio.
Quindi, abbiamo due titoli di reati che sono previsti dal codice penale; sono tanti, da fattispecie più gravi a fattispecie meno gravi. Il punto è che questo divieto può essere imposto anche a una persona che può risultare innocente e che viene assolutamente pregiudicata nella libertà personale e nella libertà di circolazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Presidente, concludo. Quindi, è un diritto penale, quello che dicevo prima, di polizia, che prescinde dalla stessa colpa individuale. È un diritto penale liberticida che incrimina anche la resistenza passiva nelle carceri e nei CPR, attraverso la criminalizzazione del semplice dissenso; un diritto penale liberticida che eleva il blocco stradale da illecito amministrativo a delitto, punendo anche la protesta di giovani scioperanti; un diritto penale, Presidente - mi preme doverlo dire - che non ha misericordia nemmeno per i più piccoli, nemmeno per i bambini, che si consente che nascano in carcere e che lì vengano allevati; un diritto penale a costo zero, perché non si vuole investire nulla nella prevenzione della criminalità.
Invece, sarebbe necessario proprio investire in questo e rimuovere le cause economiche e sociali che determinano i fenomeni delittuosi. È un diritto penale che va al di là della reale offensività del fatto. Però voglio aggiungere un'ultima cosa, Presidente: ad essere sanzionato non è solo il tipo d'autore, il migrante, il detenuto, l'homeless. No, tutti, tutti possono essere attinti da questo decreto, anche il manifestante…
PRESIDENTE. Concluda.
ENRICA ALIFANO (M5S). …anche lo scioperante, Presidente, che lotta per mantenere il suo posto di lavoro.
Voglio concludere con una frase tratta dal titolo di un testo del professor Sgubbi, che dice che noi andiamo verso un “diritto penale totale”, che punisce “senza legge, senza verità, senza colpa” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stumpo. Ne ha facoltà.
NICOLA STUMPO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Membri del Governo, colleghi, in questa giornata, questi nostri interventi sono l'unico momento di discussione che ci avete consentito. Avete deciso con un'arte tutta vostra di trasformare un disegno di legge del Governo in un decreto; avete impedito ogni discussione e non avete dato la possibilità di porre nessuna delle nostre condizioni all'interno della vostra legge. Eppure, questo è il Parlamento di tutti, non è il vostro Parlamento. È il luogo dove, insieme, opposizione e maggioranza dovrebbero provare a trovare soluzioni comuni a discussioni complesse.
Ma voi avevate bisogno dello scalpo di qualcosa. Avete bisogno costantemente di dare un po' di sangue in più alla belva che ha sempre bisogno di qualcosa in più, e lo fate, lo chiamate decreto Sicurezza, ma altro non è che un decreto di ulteriore propaganda, che state mettendo in campo non per risolvere alcuni problemi, ma per spargere una cortina fumogena al vostro fallimento.
Perché vorrei ricordarvi che siete al Governo ormai da 3 anni. Noi ne avvertiamo il peso per gli errori commessi e per avervi consentito di governare per questi 3 anni. Ma non siete al Governo solo da 3 anni. Negli ultimi 10 alcuni di voi ci sono stati molto più di quanto non ci sia stato io al Governo, molto di più, molto di più. Eppure, continuate a dire che la colpa è degli altri. Iniziate ad avere un minimo senso di pudore, prendetevi le vostre responsabilità e dite che, negli anni in cui questo Parlamento ha condiviso Governi di varia maggioranza, molti di voi ci sono sempre stati e non hanno fatto nulla delle cose che voi, oggi, state soltanto provando a risolvere a chiacchiere, ma non nella realtà.
Salto le questioni che sono state discusse, dalla doppia tagliola, dai tagli che avete messo alla discussione agli emendamenti che non hanno avuto neanche la possibilità di essere discussi. Ma come si fa a parlare di un decreto Sicurezza senza mettere un euro nel capitolo di bilancio? Ma come pensate di dare maggiore sicurezza e rispetto - poi, attraverso di lei, Presidente, dirò qualcosa sulle parole di qualche collega intervenuto precedentemente - alle Forze di Polizia? Ma cosa volete chiedergli di più, senza che ci sia la possibilità di dare qualcosa anche alle Forze di Polizia?
Voi avete detto che fate un ulteriore decreto Sicurezza con invarianza di bilancio: non mettete un euro, quindi, né sulle Forze dell'ordine, né sulle politiche di prevenzione, che dovrebbero essere uno dei punti, dei capisaldi su cui si costruiscono le politiche di sicurezza. E nel Paese di Beccaria, con qualche centinaio di anni di ritardo, continuate a vendere l'idea fallace che la sicurezza la si ottiene, aumentando le pene. È una follia raccontata dalla storia. Non è aumentando le pene che si aumenta la sicurezza di un Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! Siamo tutti italiani, siamo tutti dello stesso Paese, abbiamo tutti lo stesso impianto culturale.
È possibile che, nelle differenze tra destra e sinistra, non abbiamo dei punti in comune ormai che siano dei capisaldi della storia di questo Paese? Sono convinto, e ne sono fiero, che tra la destra e la sinistra di questo nostro Paese ci siano delle grandi differenze, ma dei punti in comune nell'essere parte dell'Italia almeno qualcosa insieme ci dovrebbe essere. Invece niente, voi calpestate tutto; pur di vendere qualcosa che non avete, non riuscite a guardare quelli che sono i valori e la cultura del nostro Paese. Introducete, quindi, nuove pene e nuovi reati, aumentate le pene, ma per fare cosa? Per fare cosa?
Veramente volete dirci che un reato, con una diversa geolocalizzazione, possa avere delle pene diverse? Ma come è possibile pensare di scrivere una legge in cui lo stesso reato, realizzato in due luoghi diversi, abbia due pene diverse? Forse perché è più grave commetterlo in una casa piuttosto che in una stazione, piuttosto che per strada, o è grave il reato di per sé? Perché dovete fare queste distinzioni? Perché avete bisogno di qualche rendita di posizione di qualche Ministro, che deve dire che ha le stazioni ferroviarie a posto? Pensasse, invece, di far arrivare i treni in orario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) piuttosto che raccontare queste bugie. Basterebbe far arrivare gli orari a posto e far andar via la gente a casa, anziché tenerla ore, ore, ore e ore ad aspettare qualcosa che poi fa fatica a partire.
Vi state incattivendo su chi non ha una casa, state cercando di realizzare una società di ingiustizie, compresa quella verso i bambini che dovranno vivere i primi giorni, i primi mesi, i primi anni della loro esistenza in carcere, perché non avete la voglia di guardare non soltanto alla risposta della sicurezza verso alcune persone che hanno commesso dei reati, ma anche all'umanità verso bambini che non hanno nessuna colpa.
Siete un po' dei garantisti à la carte, a seconda di chi vi capita vicino: se c'è qualcuno che ha commesso qualche reato per bilanci falsi gli avete tolto le norme - non che non lo punite -, ma se c'è qualcuno che è incappato in un problema e ha dei figli piccoli mandiamo in galera pure il bambino. Questa è la vostra idea di società, che noi non possiamo accettare, non vogliamo accettare e non vogliamo in nessun modo darvi nessuna copertura.
Vedete, dite che sono norme che servono a rendere più sicura la nostra società. Questa mattina una bimba - perché è minorenne; hanno dovuto chiamare i genitori in questura stamattina - protestava contro questa legge, questo decreto che voi vorreste trasformare in legge. È una bimba - avrà avuto 16 anni -, in una scuola romana; si è incatenata in un luogo pubblico, non ha bloccato una strada (era in un'isola pedonale). I genitori sono stati chiamati in questura e gli hanno notificato un provvedimento. Se non si ha il diritto a 16 anni di protestare per quella che si ritiene un'ingiustizia - c'è bisogno di far arrivare la Polizia dentro le scuole - mi dite voi a questi ragazzini cosa vogliamo dirgli? È questo quello - Presidente, lo dico attraverso di lei - che l'onorevole Buonguerrieri diceva, se non erro, cioè che questo non è un Governo autoritario, è autorevole.
Mi hanno insegnato che l'autorevolezza non ha bisogno di particolari modalità: chi è autorevole riesce ad esserlo. Se devi andare a punire un ragazzino per strada sei solo autoritario, perché non sei autorevole. Questa è la verità dalla quale non si può rincorrere nulla, se non provare a dare un senso diverso da chi vuole avere una società più giusta, più autorevole, questo sì, ma non autoritaria.
Infine, voglio concludere con due ulteriori casi emblematici. Noi siamo solidali anche con quelle Forze dell'ordine che oggi, anziché andare a scovare dei criminali, sono dovute andare a punire quella bambina, a richiamare i genitori, a far andare quella mamma e quel papà in questura, e lo siamo, come ha detto oggi sempre l'onorevole Buonguerrieri, con quelli che la notte di capodanno, a Rosazza, sono dovuti andare perché un Sottosegretario, con un deputato, si divertivano con un'arma. Noi siamo solidali, soprattutto quando succedono queste cose di cui vorremmo sentire non parlare più.
PRESIDENTE. Onorevole, concluda.
NICOLA STUMPO (PD-IDP). Chiudo, Presidente. Infine, due cose in 30 secondi. La prima: nel 2014 il presidente della Lega, ora Ministro, parlando del movimento dei Forconi, che occupavano le strade, disse che bisognava manifestare ed entrare in Parlamento. Pensate con le leggi che hanno scritto dopo cosa sarebbe successo ai Forconi. Per fortuna, c'eravamo noi e hanno fatto le loro manifestazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Infine, l'ultima cosa, perché vi abbiamo sempre concesso di poter essere lì dove voi avete disprezzato la democrazia e lo continueremo a fare. Nell'articolo 31 di questa legge c'è la cosa più vergognosa e chiudo, Presidente. Noi siamo per dare la copertura penale alle persone dei Servizi, dei Carabinieri e della Polizia che facciamo infiltrare per sicurezza pubblica, ma non siamo per dare copertura penale a chi, attraverso quelle persone che fanno quel lavoro, nell'organizzazione del lavoro pensa di poter essere esente penalmente, perché non vorremmo ritornare in luoghi dove già qualcuno ha provato a portare l'Italia e che qualcuno li ha tolti. Noi siamo contrari all'idea che si faccia una giustizia in cui è possibile punire le persone costruendo delle strutture sovversive. Quello no (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gaetano Amato.
GAETANO AMATO (M5S). Grazie, Presidente. Avendo in Aula un Sottosegretario settentrionale, mi tocca dover fare l'etimologia di un termine che userò tra poco. Nella lingua latina - Presidente, tramite lei al Sottosegretario; la Sottosegretaria sicuramente conosce il termine - il termine “mappa” significa tovaglia o tovagliolo e ha questa derivazione, un termine comunemente usato tutt'oggi in alcuni dialetti, che vuol dire strofinaccio sporco, sgualcito, di nessuna importanza e nessun valore, diciamo una “mappina”. Una “mappina” è qualcosa di inutile e lurido, che si può anche calpestare.
Nelle mani di questo Governo ormai non si contano più le volte che la Costituzione è stata trattata a mo' di “mappina”. Lo avete fatto con l'articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità (…)”, con l'articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (…)”, con l'articolo 11 e potrei continuare per altri 10 minuti, citando l'articolo 4 delle disposizioni transitorie e finali, per quanto riguarda il fascismo, e così via fino ad arrivare agli articoli 71 e 72 e, quindi, all'argomento della discussione odierna, dopo che il disegno di legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter dopo lunghi mesi di acceso dibattito parlamentare, dati i discutibilissimi contenuti, è stato trasformato dal Governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna straordinarietà né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza - come la Costituzione impone - al solo scopo di umiliare il Parlamento e i cittadini da esso rappresentati. Ebbene, questo decreto è stato capace di mettere insieme, d'accordo, magistrati e avvocati penalisti. È incredibile: siete stati capaci di questo, avete un gran merito per questo.
Quattordici nuovi reati e nuovi inasprimenti di reati già esistenti. Vogliamo parlare del Daspo urbano? Una misura che equipara condannati e denunciati e poi avete tra le file del Governo un Sottosegretario condannato in primo grado a otto mesi di reclusione per rivelazione di segreto d'ufficio e una plurindagata, anche per truffa ai danni dello Stato, alla guida di un Ministero.
Una serie di disposizioni, dicevo, come quelle sulla casa. A proposito, vi voglio dare un indirizzo dove potete sgombrare qualcuno che occupa illegalmente: via Napoleone III, n. 8, a Roma. C'è CasaPound, diteglielo che vi mandiamo noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Una serie di disposizioni, dicevo, che aggravano gli elementi di repressione verso le libertà individuali e di dissenso. Si introducono nuovi reati per sanzionare in modo sproporzionato condotte che sono spesso frutto di marginalità sociale e non di scelte di vita.
Basti pensare che la pena per l'occupazione abusiva, appunto, coincide con quella prevista per l'omicidio colposo. Inoltre, incriminare la resistenza passiva nelle carceri e nei CPR e, dunque, la resistenza non violenta e la semplice manifestazione del dissenso produce effetti criminogeni, con il rischio concreto che lo stato di detenzione diventi un presupposto per l'irrogazione di nuove e ulteriori condanne. Tra l'altro - mi permetta una parentesi - è un decreto in cui non avete messo un euro per le chiese e per le farmacie. Non state tenendo in considerazione quello che ormai il Ministro Nordio non ha più vergogna di dire: per scappare dallo stalker, le donne devono rifugiarsi nelle farmacie e nelle chiese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ma vi pare normale che un Ministro dica una cosa del genere e voi presentate in Aula un decreto come questo? E tutto questo senza avere possibilità di confronto: apporrete la fiducia. Qualcuno, in un'altra vita, si appellava alla democrazia parlamentare: “Democrazia parlamentare significa che il Parlamento decide. La democrazia parlamentare significa che il Parlamento è centrale. E, di grazia” - diceva questo qualcuno - “posso chiedervi dov'è la democrazia parlamentare nel momento in cui il Parlamento non può discutere provvedimenti così importanti?”. Non sono più riuscito a tenere il conto delle fiducie che avete posto. Le uniche possibilità di confronto e di discussione che ci avete dato hanno riguardato provvedimenti tipo le medagliette ai cuochi o all'istituzione della Giornata nazionale dei tacchi a spillo. Democrazia parlamentare completamente “ammappinata”, per tornare al termine precedente, e senza discussioni, che vi segnalo essere la prima prerogativa dei parlamentari a partire dalla fine delle monarchie assolute e, quindi, più o meno dal XVII secolo. Perché vi comunico che se al Parlamento togliete la discussione in Aula, non c'è più la democrazia parlamentare e non c'è neanche il Parlamento. E vorrei chiedere o avrei voluto chiedere, se fossero stati in quest'Aula (ne vedo solo 4), ai colleghi della maggioranza, che negli anni addietro si lamentavano delle contrazioni dei tempi parlamentari: adesso non conta più il Parlamento? Adesso non conta più la Costituzione? Quando si arriva al Governo, finalmente, Costituzione e Parlamento non ci servono? Quando si arriva al Governo possiamo piegare le istituzioni a nostro piacimento, alle nostre necessità? Beh, noi non la pensiamo così. Pensiamo sia una vergogna porre tagliole, canguri, ranocchie e lupi mannari perché il Governo deve approvare se stesso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), con una Camera dei deputati - diciamoci la verità, colleghi - dove noi facciamo le marionette, perché non abbiamo potuto dire nulla su questo decreto. Anche perché, se si fosse discusso questo provvedimento, qualche buona idea forse potevamo darla anche noi. Avevamo proposto assunzioni di polizia locale, assunzioni straordinarie nelle Forze dell'ordine, Polizia penitenziaria, magistrati, funzionari alla giustizia.
Addirittura, non c'è un commissariato a Caivano e avete fatto il decreto Caivano. Eh beh, non c'è stato nulla da fare: soldi non ce n'erano. E per forza: li avete messi in armi con il Ministro Crosetto che continua a spendere presso le aziende con cui fino a poco fa lavorava e guadagnava. Avete firmato il Patto di stabilità che taglia 13 miliardi l'anno dalla manovra e non si sono potute tagliare le accise. Vi dice niente “accise”? Vi consiglio di andare su YouTube: troverete una bella scenetta di cabaret ben interpretata proprio sulle accise. E sapete cosa significa quando aumentano le accise? Che aumentano i costi per i consumatori. Si chiama “IVA mascherata”: non te la faccio aumentare da una parte e te la metto dall'altra. E la sugar tax, la tassa sui contenuti delle bevande zuccherate che scade tra poco e che già il Vice Ministro Leo ha detto che dovete prorogare? Sempre sul consumatore ricade. E dove li troviamo i soldi per investire in armi? Come diceva il collega Marattin, siete come il mago Oronzo: con l'imposizione delle mani? Eh no, mi sa che le tasse aumenteranno, come sono aumentate fino adesso. E tutti questi soldi vanno in deficit. E se il deficit è ben fatto per andare incontro ai nostri figli, sarebbe anche ben accetto. Ma sulle armi noi che deficit lasciamo ai nostri figli?
Presidente, devo dire che sono molto soddisfatto della capacità parlamentare dei miei colleghi di gruppo, sono molto soddisfatto della loro onestà e della loro capacità di analisi. Però, vi devo confessare che per questo mio intervento non mi sono ispirato a nessuno di loro. No, questo mio intervento è stato fatto a ricalco e a riproposizione di quanto in quest'Aula veniva detto qualche anno fa da un parlamentare che in quello stesso intervento sottolineò i cambiamenti. Come si cambia, diceva il testo di una canzone.
Ho finito, Presidente. Come si cambia per governare. E questo lo disse quella parlamentare a cui confessavo di essermi ispirato, l'onorevole Giorgia Meloni. Adesso, Presidente del Consiglio, non conta più il Parlamento? Adesso non conta più la Costituzione? Quando si arriva al Governo, finalmente, Costituzione e Parlamento non ci servono? Si vergogni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciani. Ne ha facoltà.
PAOLO CIANI (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi ci troviamo ancora una volta a discutere di un decreto-legge in materia di sicurezza. L'ennesimo provvedimento di questo Governo che arriva in Aula senza un confronto parlamentare corretto, utilizzando impropriamente la decretazione d'urgenza e tradendo lo spirito dell'articolo 77 della Costituzione.
Ma al di là del metodo - ne hanno parlato bene i colleghi che mi hanno preceduto - un metodo di per sé grave, è il merito che ci preoccupa e ci preoccupa molto. Questo decreto non è una risposta efficace a un problema reale. Vede, Presidente, la destra parla spesso di sicurezza, è un suo cavallo di battaglia, ma dopo tre anni che governa (alcuni di loro è molto di più che governano), di fronte a problemi quotidiani di sicurezza, continua a cercare scappatoie e a dare la colpa agli altri di ciò che non funziona.
Ma questo provvedimento è un atto ideologico, punitivo ed inefficace. È un intervento che alimenta la paura. È un provvedimento che fa credere, con un pericoloso gioco propagandistico, che inasprisce le pene e allunga le detenzioni e che questo possa bastare a garantire la sicurezza. Ecco, non c'è alcuna prova che un simile approccio riduca i reati. Non lo dice solo il buon senso, lo dicono i dati, gli anni di esperienza, gli studi, i numeri. Non serve moltiplicare i reati e le aggravanti. Qui arrivano 14 nuove fattispecie penali e 9 nuove circostanze aggravanti. Non serve, se non si agisce sulle cause sociali ed economiche.
Più carcere non significa più sicurezza; significa, al contrario, più sovraffollamento, più disperazione, più recidiva. E il sistema penitenziario non ha bisogno di questo perché è già al collasso. Lo sappiamo bene. Al 24 maggio i detenuti sono 63.000, a fronte di una capienza regolamentare che si aggira intorno ai 51.000 posti. Ma la capienza effettiva è ancora più bassa, considerando che oltre 4.500 posti sono inagibili. Questo significa che in molti istituti si arriva a tassi di affollamento superiori al 160 per cento. Le celle sono sovraffollate, i servizi educativi insufficienti, l'accesso al lavoro e alla formazione gravemente compromessi.
E i numeri dei suicidi ci restituiscono una fotografia drammatica: 88 suicidi in carcere nel 2024, già 29 nel 2025. È il dato più alto, quello del 2024, degli ultimi 30 anni. I suicidi non sono solo tra i detenuti, si contano anche tra il personale penitenziario, l'ultimo purtroppo una settimana fa, segno di un sistema logorato, esasperato, lasciato senza risorse. Quando si parla delle Forze dell'ordine, noi siamo accanto alle Forze dell'ordine, anche accanto a quei poliziotti di Polizia penitenziaria lasciati soli in carceri sovraffollate. Ricordiamocelo quando si fa propaganda. Eppure, invece di investire su queste criticità, il Governo sceglie ancora la strada dell'inasprimento delle pene, ancora la strada di più carcere. Penso al tema delle donne e dei bambini. Ne abbiamo parlato negli interventi precedenti. Guardi, Presidente, su questo tema c'è un regresso culturale pazzesco non solo perché ci abbiamo messo secoli a far sì che le colpe dei padri non ricadano sui figli, ma perché oggi le colpe delle madri devono ricadere sui bambini che voi mettete in carcere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
E non solo, per giustificare un provvedimento etnico - perché questo è, sentite come suona un “provvedimento etnico” - voi arrivate a dire che per proteggere delle donne sfruttate, quelle donne devono essere messe in carcere. Pensate se questo lo applicaste ad altri temi e ad altre persone sfruttate. Credo che questo è qualcosa che rimette in discussione principi basilari della nostra civiltà giuridica. Poi si introduce un nuovo reato: quello di rivolta carceraria. Anche qui un'altra cosa assurda: si equipara la resistenza passiva non violenta al reato di rivolta.
Chi di voi è mai entrato in carcere, chi ha parlato con un detenuto, con un agente di Polizia penitenziaria sa bene la grande differenza tra chi commette una resistenza non violenta - magari non accetta il cibo, non si veste, fa qualcosa di passivo - rispetto a chi appicca un incendio, picchia i compagni di cella. Come vi viene in mente di equiparare la resistenza non violenta alla rivolta, con tutto quello che questo può far sì che accada in carcere? Si aumentano le pene in questo caso. Lasciamo la gente di più in carcere, con tutto quello che questo vuol dire: criminalizzare la protesta, irrigidire la repressione, togliere la voce a chi fa una resistenza passiva non violenta. Eppure, alcuni degli effetti di quello che avete fatto già li potete constatare. Lo abbiamo visto con il cosiddetto decreto Caivano: l'inasprimento delle pene non produce risultati. Lo scorso anno, dopo l'approvazione del decreto Caivano, si è registrato un aumento del 48 per cento delle presenze di minori negli istituti penali per minorenni. Non una riduzione della devianza, non un miglioramento della sicurezza, ma più reclusione, più disagio e carceri minorili che oggi scoppiano.
Il Governo continua ad investire sulla repressione e trascura totalmente la prevenzione, l'inclusione. Su questo punto voglio sottolineare un altro aspetto. Voi andate a creare e a intervenire anche nel sistema che riguarda i CPR, cioè i luoghi, i centri di permanenza e rimpatrio per i migranti. È un tema delicato su cui il vostro operato, l'operato del Governo in questi anni è stato quello di un elefante in una cristalleria, in una stanza. Faccio riferimento all'Albania, dove avete speso un miliardo dei nostri soldi, dei nostri contribuenti per aver creato lì un luogo dove portare dei migranti per essere espulsi quando già ci sono dei luoghi analoghi in Italia.
Ma, come se non bastasse, voi andate ad incidere anche in termini penali su questi luoghi che dovrebbero essere luoghi in cui non stanno i delinquenti, perché in Italia chi commette reati sta in carcere e non sta nei CPR, e andate anche lì a inserire norme che creano procedimenti penali. È una deriva pericolosa, è una deriva a tratti autoritaria, che riduce sempre più lo spazio del diritto e allarga quello del potere punitivo, come se la sicurezza si potesse costruire solo con la forza, con le sbarre, con la repressione. Ma la sicurezza non significa questo: sicurezza è giustizia sociale, è coesione, è unità, è equità. Sicurezza è un quartiere illuminato, una scuola che funziona, un luogo di aggregazione aperto nelle periferie, un lavoro regolare, magari non morire di lavoro, perché si muore. Tre nostri concittadini al giorno vorrebbero la sicurezza di non morire sul lavoro. Le nostre figlie, le nostre mogli, le nostre compagne non vorrebbero essere molestate o uccise dai loro compagni. Questa è la sicurezza che vogliamo. Magari non fare ironia quando una donna, magari una bella donna, decide di far politica, perché questo è anche cultura e la cultura provoca anche violenza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).
Ma la sicurezza si ottiene anche con la cultura. Per esempio, allisciare il pelo agli evasori fiscali, che non rubano un portafoglio, ma rubano a tutti noi, rubano i servizi ad ognuno di noi, non è certo un buon viatico per promuovere la sicurezza. Presidente, l'ultima cosa che voglio dire su questo punto, tramite lei, ai nostri colleghi della destra è che più volte, anche questa mattina, io ho sentito dire: voi di sinistra state dalla parte di chi non rispetta le leggi, noi di destra dalla parte di chi rispetta le leggi. Io consiglierei un po' più di pudore quando si parla di queste cose, un po' più di serietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Un po' più di pudore! Io in carcere ci vado da tanti anni a trovare le persone. Ho trovato tante persone, anche di destra e anche politici di destra, in carcere. Non si commette reato per opinione politica, quindi non ci sono difensori della legalità e supporter dell'illegalità. Siate seri! Siate seri perché la sicurezza è un argomento serio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Raffa. Ne ha facoltà.
ANGELA RAFFA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, oggi parliamo del decreto-legge n. 48 del 2025 che la maggioranza ha deciso di chiamare decreto Sicurezza, ma che di sicurezza non porta nulla perché questo decreto porta paura e meno libertà. È un testo autoritario e repressivo, concepito unicamente per colpire il dissenso e impaurire i cittadini. L'unica finalità evidente è reprimere le manifestazioni di dissenso e criminalizzare il disagio sociale, non certo assicurare maggiore sicurezza.
Invece di affrontare seriamente i problemi reali della sicurezza con investimenti e riforme concrete, avete preferito usare il pugno di ferro contro la voce dei cittadini. Voi non state investendo sulla sicurezza di questo Paese, con questo decreto volete che il dissenso nei vostri confronti non possa scendere in piazza. È il decreto per la vostra sicurezza al potere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E non bastasse il merito, anche il metodo avete sbagliato perché avete fatto nascere questo decreto inserendolo in un decreto-legge emanato senza i requisiti di necessità e urgenza previsti dalla Costituzione, un insieme eterogeneo di norme punitive che introducono 14 nuovi reati con ben 9 circostanze aggravanti. Nove! Il tutto a colpi di fiducia e senza un vero dibattito parlamentare. Si tratta di uno scippo delle prerogative del Parlamento, un modo per bypassare il confronto democratico e imporre a forza le misure controverse che ci sono all'interno di questo decreto.
Siamo di fronte a ciò che molti chiamano democratura, ovvero le forme della democrazia rimangono in apparenza, ma nella sostanza il Parlamento viene completamente esautorato e si governa a colpi di decreti autoritari. Non c'era alcuna emergenza reale che giustificasse questo decreto, se non la vostra volontà politica di mettere il bavaglio all'opposizione e alla società civile. Questo Governo ha superato con questo decreto ogni limite. Qui è in gioco lo Stato di diritto e la Costituzione che noi, come parlamentari, abbiamo il dovere di difendere. Non siamo soli in questa denuncia: oltre 300 giuristi autorevoli, come Zagrebelsky, hanno firmato un appello contro questa deriva, sottolineando come in questo decreto l'accento sia posto tutto sull'autorità e sulla repressione, anziché sulla libertà e i diritti.
L'Associazione nazionale magistrati ha evidenziato seri problemi di metodo e di merito, e perfino il Consiglio superiore della magistratura ha lanciato l'allarme, dicendo che con queste norme sono a rischio i diritti fondamentali dei cittadini e si profilano ricadute pesanti per la nostra democrazia.
Quando anche giudici, avvocati, giuristi, società civile e persino parti della vostra stessa maggioranza esprimono sdegno e preoccupazione, forse dovreste fermarvi un attimo e riflettere sulla gravità di ciò che state facendo.
Il diritto di manifestare liberamente e pacificamente è uno dei pilastri di ogni democrazia moderna. La nostra Costituzione, all'articolo 17, garantisce ai cittadini il diritto di riunirsi in luogo pubblico pacificamente e senza armi, come stavano facendo i ragazzi in via del Tritone, che sono stati manganellati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) perché stavano manifestando contro questo decreto!
E all'articolo 21 la nostra Costituzione garantisce la libertà di espressione del pensiero. Eppure, dietro lo scudo retorico della sicurezza, questo decreto mina proprio queste libertà fondamentali, limitandole oltre misura. In nome di un ordine pubblico si colpiscono forme legittime di dissenso che in una società democratica andrebbero tutelate; non represse, tutelate.
Vediamo anche alcune delle misure più allarmanti previste da questo decreto che soffocano il diritto di manifestare, e iniziamo da quelle con cui vengono introdotte nuove aggravanti di reato per chiunque commetta anche il più piccolo danneggiamento o incidente durante una manifestazione pubblica. In pratica, anche un danno materiale minimo, se avviene in occasione di una protesta, sarà punito in maniera molto più severa. Si creano fattispecie speciali di reato in occasione di manifestazioni.
I reati di resistenza od oltraggio a pubblico ufficiale vedono un pesante aumento di pena, se commessi durante cortei o azioni di protesta. In poche parole, si alzano le pene soltanto per coloro che manifestano e hanno il coraggio di scendere in piazza e dire che state sbagliando tutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Voi quelle persone le giudicate e le fate andare in carcere con pene più severe rispetto allo stesso specifico reato commesso in altre occasioni: dovreste vergognarvi!
Il decreto trasforma il blocco stradale o ferroviario da illecito amministrativo - quindi punibile solo con una multa - in un vero reato penale. Basterà che un gruppo di cittadini si sieda pacificamente in strada per bloccare la strada e simbolicamente il traffico, ed ecco che, invece di una sanzione amministrativa, scatterà la reclusione fino a due anni.
Viene punita, dunque, quella forma classica di disobbedienza civile non violenta che in democrazia dovrebbe essere tutelata, non equiparata ad un crimine, e addirittura si arriva a colpire la resistenza passiva: se dei cittadini si limitano a restare seduti per terra, rifiutando di allontanarsi durante una protesta, rischiano di essere trattati alla stregua di rivoltosi. Un'azione non violenta e simbolica viene vista come un problema di ordine pubblico da reprimere; così la piazza, da luogo democratico e di libertà di parola, viene trasformata in un terreno minato dove ogni passo falso può far scattare denunce e manette. Ma mettere la museruola al popolo non significa garantire sicurezza; significa seminare paura, e una società impaurita e privata dei suoi diritti è meno sicura.
Tra le misure più inquietanti spicca l'estensione e l'inasprimento del Daspo urbano. In origine il Daspo era il divieto di accesso alle manifestazioni sportive per i violenti degli stadi, poi è diventato un Daspo urbano per allontanare da certe aree della città persone ritenute moleste e, adesso, con questo decreto, se ne fa un uso ancora più arbitrario e punitivo. L'articolo 13 prevede che possa essere imposto il divieto di accesso a determinate aree (per esempio stazioni, infrastrutture di trasporto, piazze strategiche) a persone semplicemente denunciate, persino se mai condannate in via definitiva.
Un cittadino potrà essere bandito da intere zone della sua città per mesi, se non per anni, con un semplice ordine del questore. Si tratta di una punizione preventiva contro individui scomodi che scatta prima ancora di qualsiasi sentenza e senza il vaglio di un giudice: è uno schiaffo al principio costituzionale di non colpevolezza. Inoltre, è uno schiaffo anche alla libertà fondamentale di circolazione garantita dall'articolo 16 della Costituzione, e questo decreto lo fa con un atto amministrativo deciso dal questore, neanche da un giudice.
Ma voi capite la gravità di quello che avete fatto e di quello che avete messo per iscritto? Di quello che state condannando i cittadini a subire per la vostra incompetenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)?
Qui siamo ben oltre i confini dello Stato di diritto, questa è giustizia preventiva da Stato di polizia. Di fatto, il Governo prefigura un bando per chi protesta, un cartellino rosso preventivo contro attivisti, studenti e cittadini impegnati in cause sociali. Si prende un meccanismo pensato, in passato, per isolare hooligan e delinquenti e lo si applica a chiunque osi alzare la testa contro il Governo.
Un altro capitolo inquietante del decreto è l'enfasi sulla sorveglianza pervasiva. Si autorizza in modo esplicito l'uso delle bodycam indossate dagli agenti durante i servizi di ordine pubblico e, quindi, anche durante cortei e manifestazioni. In teoria, le telecamere sulle divise potrebbero essere uno strumento di trasparenza ma in questo contesto appaiono, chiaramente, come un ulteriore deterrente contro chi manifesta. Il messaggio è: ti teniamo d'occhio, sappiamo chi sei, attento a quello che fai.
Si prevede, inoltre, l'installazione capillare di telecamere fisse in vari luoghi, inclusi i luoghi di detenzione. Per carità, la sicurezza degli agenti e dei cittadini è importante, ma qui si sta costruendo il modello di una società sorvegliata e impaurita in cui ogni gesto di protesta viene schedato e archiviato. Uno Stato che spia e scheda i propri cittadini che dissentono non è uno Stato libero, ma uno Stato autoritario che considera il popolo una minaccia da tenere sotto controllo.
E non poteva mancare, in questo decreto, una norma punitiva, ovviamente, pensata per scoraggiare le proteste contro i grandi cantieri voluti al Governo, ed è la cosiddetta norma anti “no-ponte”. Viene introdotta una nuova aggravante per i reati di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale quando sono commessi con l'obiettivo di impedire la realizzazione di un'infrastruttura strategica. In poche parole, chi protesta attivamente contro opere come il ponte sullo Stretto di Messina rischia pene elevatissime: sommando le aggravanti, si può arrivare fino a 20 o 25 anni di carcere, pene degne di reati mafiosi o di terrorismo per cittadini che, invece, sono soltanto colpevoli di aver provato a fermare un cantiere perché in disaccordo con l'opera.
È una follia punitiva (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) che ha un solo scopo: mettere a tacere qualsiasi comitato, qualunque voce contraria ai vostri progetti di potere.
Però, dall'altra parte, avete perfino tentato di dare il via libera alle mafie per occuparsi della costruzione del ponte sullo Stretto con la norma che aveva inserito Salvini nel decreto Infrastrutture. Fortunatamente, abbiamo il Presidente Sergio Mattarella che ha evitato tutto ciò, eliminando quella norma da quel decreto. Invece di ascoltare le comunità locali, invece di aprire un confronto democratico su opere ad enorme impatto, preferite criminalizzare in blocco il dissenso politico e sociale.
Secondo la vostra logica, il crimine più grave è ormai quello di pensarla diversamente dal Governo e di avere il coraggio di manifestarlo: questo è il crimine peggiore. Di fronte a questo quadro ci chiediamo: in che Paese vogliamo vivere? In un Paese in cui chi critica il potere viene messo al bando letteralmente? In un Paese dove il dissenso è trattato come una piaga da estirpare? Questa visione è indegna di una democrazia moderna. La sicurezza non si ottiene restringendo arbitrariamente la libertà personale; al contrario, uno Stato che ha paura dei suoi cittadini al punto da tenerli sotto ricatto e sotto sorveglianza è uno Stato debole.
In conclusione, questo decreto non aumenta la sicurezza, ma instilla paura, erode i diritti e divide lo Stato dai cittadini. La sicurezza si ottiene rafforzando i diritti e governando con giustizia e con umanità, non con la paura e la repressione.
Stiamo scivolando pericolosamente verso un modello di società blindata e autoritaria, e non possiamo accettarlo. Denunciamo con forza questa deriva liberticida in difesa della libertà e della democrazia che la nostra Costituzione ci garantisce (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Forattini. Ne ha facoltà.
ANTONELLA FORATTINI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo su questo decreto-legge per ribadire la scorrettezza istituzionale messa in campo da questa maggioranza nel gestire questo provvedimento. A questo proposito, vorrei riprendere l'appello pubblicato in questi giorni e sottoscritto da numerosi costituzionalisti, studiosi e docenti di diritto costituzionale che hanno sentito il dovere di intervenire collettivamente di fronte a un episodio istituzionale di particolare gravità: l'adozione, appunto, da parte del Governo, di un decreto-legge che ha assorbito il contenuto del disegno di legge sulla sicurezza, sottraendolo al normale confronto parlamentare e imponendolo con la forza dell'urgenza.
Ecco, la denuncia dei 238 costituzionalisti è chiara: non siamo di fronte a una semplice forzatura procedurale ma a un vero e proprio strappo costituzionale, senza alcuna giustificazione né sul piano formale né sul piano sostanziale.
Il disegno di legge sulla sicurezza era ormai vicino alla conclusione del suo iter parlamentare, ma il Governo ha invece scelto di intervenire con un decreto-legge - strumento previsto dalla Costituzione solo in casi straordinari di necessità e urgenza - per chiudere il confronto politico e imporre d'autorità un impianto normativo che presenta numerosi profili di incostituzionalità. Ecco, i costituzionalisti hanno voluto denunciare non solo il metodo ma anche il merito di questo intervento.
Ci troviamo, infatti, di fronte ad una torsione securitaria che colpisce direttamente i diritti fondamentali e le libertà costituzionali. Si introducono nuove figure di reato e aggravanti in modo vago e indeterminato, in contrasto con i principi di legalità e tassatività. L'aggravante prevista se il reato si commette, ad esempio, all'interno di una stazione ferroviaria ne è un esempio emblematico.
Si reprimono forme di dissenso civile e di partecipazione democratica, equiparando la resistenza passiva e pacifica a condotte violente; si autorizza l'uso di armi da parte delle Forze dell'ordine e anche fuori servizio, con rischi evidenti per l'equilibrio tra autorità e garanzie; si estendono misure come il Daspo urbano, per colpire cittadini non ancora giudicati colpevoli, violando la presunzione di innocenza. Si tratta di un impianto normativo che mina l'architettura costituzionale e ridisegna in modo surrettizio i rapporti tra cittadino e Stato.
Come sottolineato nell'appello, il vero problema non è solo ciò che si fa, ma il disegno politico che si intravede: un modello di governo che si fonda sull'eccezione, sull'urgenza permanente e sull'uso politico del diritto penale come strumento di controllo. Difendere la Costituzione, oggi più che mai, significa respingere questa deriva, significa ricordare che la sicurezza non può mai essere usata come alibi per comprimere i diritti e che la forza della legge deve essere sempre equilibrata dalla forza delle garanzie. Condivido con i costituzionalisti, che hanno sottoscritto l'appello, che gli organi di garanzia costituzionale sappiano vigilare, con fermezza e censura, un intervento normativo che tradisce lo spirito democratico della nostra Carta costituzionale. Condividiamo e ci uniamo a questo grido di allarme per senso di responsabilità e per non essere complici di questo abominio.
Nelle pieghe di questo provvedimento il Governo, inoltre, se la prende, criminalizzandolo, con un settore strategico per il sistema produttivo del nostro Paese: quello della canapa industriale e lo fa per un mero problema ideologico. Ci sono a rischio 3.000 imprese e 12.000 lavoratori, per 900 milioni di euro per i quali non si sono trovate soluzioni concrete. È intollerabile che il Governo continui a ignorare la gravissima situazione in cui è precipitato l'intero comparto della canapa industriale, criminalizzando un settore innovativo e produttivo senza alcun fondamento reale in termini di sicurezza o tutela della salute pubblica.
Il decreto Sicurezza si configura come un atto punitivo e irresponsabile, che mina il principio della leale concorrenza, viola il diritto europeo ed espone l'Italia al ridicolo sul piano internazionale. Con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, oltre 3.000 imprenditori, che coltivavano circa 4.000 ettari di canapa industriale, vengono improvvisamente considerati fuorilegge. A rischio ci sono anche 12.000 posti di lavoro e un volume d'affari annuo pari a circa 900 milioni di euro. Il 95 per cento delle infiorescenze prodotte in Italia è destinato all'esportazione, principalmente verso altri Paesi dell'Unione europea, dove trovano piena legittimità e utilizzo.
Non è stata prevista nessuna proroga per consentire agli operatori di adeguarsi, né è stata concessa una finestra temporale per lo smaltimento o la regolarizzazione delle produzioni. Il provvedimento entrerà in vigore senza un confronto, un ascolto, colpendo un settore che negli ultimi anni ha mostrato dinamismo, innovazione e forte potenziale di crescita. Il Governo deve urgentemente chiarire la distinzione tra usi leciti e illeciti della canapa, promuovendo una regolamentazione equilibrata che favorisca la crescita del comparto e tuteli gli investimenti e l'occupazione.
Non si possono trasformare migliaia di imprenditori da soggetti legali a criminali dall'oggi al domani, né si possono ignorare le gravi ricadute economiche e sociali che questo comporta. È necessario aprire da subito un confronto serio e trasparente per individuare soluzioni sostenibili. La propaganda è una prerogativa del centrodestra, che cerca, ogni giorno e in ogni contesto, di far passare la narrazione edulcorata di un Paese che scivola sempre più in basso. Ebbene, noi diciamo: basta con questa propaganda. Servono responsabilità, visione e rispetto per un settore che merita di essere valorizzato e non distrutto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dell'Olio. Ne ha facoltà.
GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Grazie, Presidente. Governo, colleghe e colleghi, ringrazio i quattro, cinque membri della maggioranza, inclusi i due relatori, che sono qui presenti ad ascoltarci. Siamo qui per discutere oggi il decreto-legge n. 48 dell'11 aprile 2025, il cosiddetto decreto Sicurezza, che sarebbe più onesto chiamare decreto Repressione. Nel decreto ci sono 14 nuovi reati e l'inasprimento di nove esistenti, ma senza un solo investimento serio per la sicurezza.
Dei 39 articoli solo sei prevedono fondi e le cifre sono risibili: meno di 10 milioni nel 2025, 15 nel 2026, 18 nel 2027 e circa 8 milioni a decorrere. Se il componente del Governo vuole, posso passare anche la tabellina con le somme, così si potrà rendere conto di quanti pochi soldi ci sono su questo decreto. È solo una misura propagandistica per nascondere i disastri di questo Governo: la crisi industriale e la mancanza, voluta da questo Governo, di una politica industriale.
Però, c'è una buona notizia per questo Governo, perché con questo decreto-legge siete alla fiducia numero 67; ve ne manca solo una per superare il Governo Renzi, ce la potete fare. Così come siete poco al di sotto del numero di fiducie al mese rispetto al Governo Monti e, udite udite, avete battuto tutti quanti per il rapporto fra leggi approvate con fiducia e leggi totali (siete a circa il 50 per cento).
Questo decreto mira a reprimere il dissenso e a limitare la libertà di espressione. La nostra pregiudiziale di costituzionalità è stata da voi respinta, ma i forti dubbi di incostituzionalità restano, come segnalato da oltre 250 fra costituzionalisti e giuristi nel loro appello. Persino il Ministro Nordio aveva criticato l'eccessivo ricorso alla repressione e la moltiplicazione dei reati al momento di insediamento: “La velocizzazione della giustizia transita attraverso una forte depenalizzazione, quindi una riduzione dei reati” e aveva sottolineato che tale strategia non solo è inefficace nel prevenire i reati, ma contribuisce anche al sovraccarico del sistema giudiziario e al sovraffollamento carcerario.
L'Associazione nazionale magistrati denuncia l'irrazionalità delle aggravanti introdotte e l'Unione delle camere penali evidenzia l'illusione che basti punire per risolvere i problemi sociali. Sembra quasi che per voi punire e colpire siano sinonimi di educare e risolvere i problemi, ma i dati reali sono contro questa posizione. Avete uno strano senso di cosa significhi creare sicurezza: servono più Forze dell'ordine per creare sicurezza; serve più supporto per chi dovrà gestire l'incremento di lavoro che state generando con queste nuove fattispecie di reati, perché creare fattispecie di reati porta con sé un inevitabile aumento dei costi di gestione dei carichi di lavoro. Le uniche assunzioni che avete previsto in questo decreto sono i 100 vigili urbani nei comuni capoluoghi di città metropolitane della Sicilia, ma neanche tutti, solo per quelli in predissesto.
Poi avete messo dei soldi per la tutela legale per ufficiali, agenti di pubblica sicurezza e di Polizia giudiziaria, Vigili del fuoco, personale delle Forze armate, circa 300.000 persone per cui avete messo meno di un milione di euro l'anno, con al massimo 10.000 euro per ciascuna fase di procedimento. Questo significa che, nel peggiore dei casi, potrete dare supporto a 98 persone - ripeto: 98 - all'anno: lo 0,03 per cento di questo numero di persone che lavorano per noi. Complimenti! Avete fatto una bellissima operazione di marketing. Avete detto ai lavoratori del settore: tranquilli, se avete problemi nel corso del lavoro ci pensiamo noi come Governo a mettere i soldi per tutelarvi e a supportarvi nelle spese legali, ma vi siete scordati di dire che solo 98 persone all'anno ce la faranno. Quindi, a chi ci ascolta, che avrà necessità: affrettatevi, perché questi soldi finiranno in fretta.
Questo decreto-legge è nato male. È una vergognosa forma di compressione del dibattito parlamentare. Avete trasformato un disegno di legge in un decreto, copiandolo quasi integralmente, senza una vera urgenza. Avreste dovuto mettere la tagliola, come avete fatto in Commissione qui alla Camera, e potevate chiudere il discorso come disegno di legge. Ma no! Voi avete stabilito delle pene, in termini di reclusione, che sono abnormi rispetto al reato che avete introdotto. Per voi è giusto che una occupazione arbitraria di un immobile destinato a domicilio altrui debba essere sanzionata con una pena da 2 a 7 anni di reclusione? È la stessa di quella prevista per l'omicidio con violazione delle norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro e soprattutto la stessa pena è rivolta a chi occupa una pertinenza. Quindi, per voi, la stessa cosa è occupare una casa e occupare un posto auto, un garage o un box.
La questione è che siete stati voi di questo Governo ad aver contribuito ad aumentare queste situazioni, visto che i morosi incolpevoli finiranno in questa fattispecie, perché voi avete lasciato vuoto per 2 anni il Fondo per il sostegno all'affitto e quello per la morosità incolpevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Vorrei fare una domanda, signor Presidente, al Sottosegretario Molteni e alla Sottosegretaria Siracusano, che sono qui ad ascoltarci.
Una volta che andranno a finire in carcere le persone che occupavano abusivamente un immobile, perché sopra i 4 anni è difficile non andarci e se avete messo una pena fino a 7 anni è probabile che qualcuno ci vada, lo sapete, vero, che aumenteranno i costi di gestione dei detenuti? Un detenuto costa all'anno circa 50.000 euro. Quindi, se anche solo l'1 per cento di queste persone che oggi occupano abusivamente un immobile va a finire in carcere, aumentiamo di circa 30 milioni di euro i costi del sistema carcerario. Possiamo anche escludere i costi che non aumentano all'aumentare del numero di persone, ma, tutto sommato, il problema è che ci sono dei costi certi che voi non avete previsto. Voi lo avete considerato un decreto, una norma a costo zero. Ma cosa ha analizzato veramente la Ragioneria generale dello Stato? Come fanno a dire che non procura oneri per la finanza pubblica? Eppure, in Commissione bilancio, noi bocciamo emendamenti anche solo per potenziali oneri. Qui gli oneri sono certi.
E vogliamo parlare dell'articolo 11, che introduce l'aggravante di avere commesso un reato all'interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie o metro? Ma vi rendete conto, vero, che non si deve mai introdurre un termine qualitativo in una norma di legge? Cosa intendete per “immediate adiacenze”? Cinquanta metri? Cento metri?
Ma ancora peggio è l'articolo 13, che estende il Daspo urbano a coloro che risultano denunciati o condannati. Ora, la chiave di volta qui è il fatto che venga esteso anche ai denunciati e non solo ai condannati. Quindi, basta che un condomino abbia denunciato un altro condomino e questo potrebbe, in teoria, ricevere un Daspo. È una cosa folle, perché oggi il Daspo è una misura emessa dal questore dopo un'istruttoria condotta dalla divisione anticrimine. Mentre, in questo caso, nel provvedimento, non c'è scritto che il questore debba fare un provvedimento motivato, ma solo che può disporre il divieto. Quindi, è a sua personale discrezione.
E qui, ora, Sottosegretario, devo fare un inciso. Con questo articolo, voi estendete il Daspo in maniera preventiva, sulla base di quello che è successo in passato, quindi sull'ipotesi di una possibile reiterazione, e solo sulla base di una denuncia, senza una condanna. Ora, nel nostro ordinamento ci sono tre possibilità per poter richiedere la custodia cautelare. Una di queste è la possibilità di commettere lo stesso reato, quindi la reiterazione, oltre poi al pericolo di fuga e all'inquinamento delle prove. Ora, perché mi sto allungando in questo discorso? Perché un ordine del giorno di Forza Italia - pare appoggiato dal Ministro Nordio - vuole cancellare il presupposto della reiterazione, con la scusa che, siccome le carceri sono sovraffollate, allora eliminando la carcerazione preventiva, almeno per uno dei tre motivi, si potrà ridurre il numero dei detenuti. La logica è che, se Tizio non è stato condannato, non si può presumere che possa ricommettere il reato e, quindi, si dovrebbe cancellare questa possibilità in nome del bilanciamento tra presunzione di innocenza e garanzia di sicurezza. Ma, quindi, Presidente, la domanda che sorge spontanea è: come farà questo Governo, questo Ministro, a dare un parere favorevole a un tale ordine del giorno, quando nel suo stesso decreto-legge ha introdotto l'articolo 13, che di fatto parte dalla reiterazione come presupposto per comminare un Daspo? Se dovesse ricevere parere favorevole, sarebbe un'ulteriore dimostrazione del fatto che le parole “Governo Meloni” e “coerenza” sono praticamente un ossimoro messe nella stessa frase (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Le questure saranno sommerse di lavoro extra, ma non ci sono risorse nuove. Ricordiamo a chi ci ascolta che l'operazione Strade sicure, che mette i militari sul territorio, non è la stessa cosa di avere Forze di polizia dispiegate a coprire la città, perché, se succede qualcosa, sono sempre la Polizia e i Carabinieri a intervenire. E la criminalità predatoria, dopo dieci anni di discesa, è tornata a crescere nel 2023. A noi mancano ancora oltre 22.000 unità fra poliziotti e carabinieri e le assunzioni fatte dal Governo Meloni si basano ancora sui soldi stanziati dai Governi Conte e Draghi. Stiamo ancora aspettando le assunzioni straordinarie e non sostitutive, tanto sciorinate dal Ministro Piantedosi.
E poi l'articolo 18 manda a monte l'intera filiera della canapa, che vale 2 miliardi di fatturato e 22.000 posti di lavoro, senza aver previsto - e questo è folle - alcuna transizione. E anche qui, vorrei sapere dai membri del Governo, come mai la Ragioneria generale dello Stato nella sua relazione tecnica bollinata scrive che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri di finanza pubblica. Quindi, se noi perdiamo 2 miliardi di fatturato in Italia, stiamo dicendo che queste aziende non pagavano le tasse? Non avremo riduzioni di entrate fiscali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Anche le 14 regioni del centrodestra sono contrarie. Così andiamo a favorire la Germania, che va nella direzione opposta, e tutte le aziende straniere, visto che l'80 per cento della canapa che circolava in Europa proveniva dall'Italia. E, infine, tutti gli studi dimostrano che il cannabidiolo non è un principio psicoattivo stupefacente, neanche per l'Organizzazione mondiale della sanità, che anzi lo considera una sostanza sicura, che non crea dipendenza e non provoca danni alla salute, ma il Governo si affida ancora una volta alla Ragioneria generale dello Stato, che dice che, al fine di prevenire il pericolo per la sicurezza, anche stradale, all'incolumità pubblica eccetera, eccetera, si modifica il regolamento.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Quindi, complimenti - chiudo, Presidente -, non sapevo che alla Ragioneria generale di Stato ci fossero medici ed esperti di cannabis, pensavo che si occupassero di soldi. Potrei andare avanti ancora per molto, Presidente, ma devo chiudere. Non parlerò, quindi, della riduzione di libertà nel caso di ostruzione con il corpo, della facoltà data di non incarcerare negli ICAM le donne incinte.
Chiudo solo con una cosa: il tempo in questo caso è tiranno, come questo Governo, che metterà la fiducia su questo provvedimento, perché non solo non sa dialogare, ma non sa neanche riconoscere che talvolta, su argomenti sensibili come questi, una maggiore condivisione e ascolto possono dare i migliori risultati, e che la repressione e la paura non sono la soluzione, ma spesso sono foriere di peggioramenti di situazioni che si vorrebbero migliorare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Scarpa. Ne ha facoltà.
RACHELE SCARPA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Negli ultimi anni si è diffusa la convinzione che, attraverso la pena pubblica, si possano risolvere i più disparati problemi sociali, come se, per le più diverse malattie, ci venisse raccomandata la stessa medicina. Non si tratta di fiducia in qualche funzione sociale tradizionalmente attribuita alla pena pubblica, quanto piuttosto della credenza che, mediante il carcere, si possano ottenere quei benefici che richiederebbero l'implementazione di un altro tipo di politica sociale, economica e di inclusione sociale. Non si cercano solo capri espiatori che paghino con la loro libertà e con la loro vita per tutti i mali sociali, come si faceva nelle società primitive, ma, oltre a ciò, c'è talvolta la tendenza a costruire dei nemici, delle figure stereotipate. E i meccanismi di formazione di queste immagini sono i medesimi che, a suo tempo, permisero l'espansione di idee razziste. Ed è in questo contesto che la missione dei giuristi non può che essere quella di limitare e contenere tali tendenze.
Colleghe, colleghi, queste non sono le parole di un pericoloso sovversivo o di un esponente politico del centrosinistra, sono le parole di Papa Francesco, che le pronunciava a monito futuro, anche per noi che rivestiamo qui un ruolo importante di rappresentanza, un ruolo legislativo, per avvertirci di cosa andrebbe e cosa non andrebbe - soprattutto - fatto quando si scrive una legge, quando si cerca di andare a bersagliare alcuni comportamenti sociali. In questo decreto constatiamo che la maggioranza di Governo sceglie di fare l'esatto contrario.
Tredici nuove fattispecie di reato, 15 nuove aggravanti. Tassatività, proporzionalità, nesso di causalità: tutti miraggi lontani. In compenso, i bersagli sono molto chiari e molto ben individuati, proprio con una modalità di cucire il reato addosso alla soggettività che si vuole colpire: poveri, stranieri, persone colpite da marginalità sociale, movimenti politici che esprimono il dissenso. Tutto questo in un quadro di mortificazione del Parlamento e del lavoro parlamentare, che a me, onestamente, colleghi, dà la nausea. Lo dico di fronte all'Aula semivuota, soprattutto nei banchi della maggioranza.
Noi arriviamo qui a discutere e verrà posta la fiducia su un decreto che è la trascrizione di un disegno di legge di iniziativa governativa, che non ha potuto finire il suo iter al Senato perché c'erano dissidi interni alla maggioranza tali da far sì che ci fosse improvvisamente, dopo un anno e mezzo di discussione parlamentare, la necessità e l'urgenza di portare queste norme sotto forma di decreto e di approvarle il prima possibile, tagliando tutti i tempi della discussione in Commissione, mettendo la tagliola sugli emendamenti, mettendo la tagliola sulle dichiarazioni di voto, con una maggioranza che è stata in un silenzio che aveva del ridicolo. Ed è stato profondamente offensivo, per quanto mi riguarda, arrivare qui e sentire gli unici due interventi delle colleghe di maggioranza, i primi che sentiamo da mesi praticamente, giustificare questi silenzi in Commissione con tono canzonatorio, come per dire: ah, l'opposizione aveva argomentazioni così assurde che noi neanche ci stiamo degnati di rispondere.
Come se non lo sapessero tutti, colleghe e colleghi, che i problemi per cui i tempi si sono accelerati, la discussione è stata tagliata e la forma decreto è stata adottata erano i dissidi interni alla maggioranza. Ora venire qui anche a farci prendere in giro dalle colleghe e dai colleghi di maggioranza che pensano di poter insultare in questo modo l'opposizione, le sue prerogative e il Parlamento tutto è una vergogna! Denota che non c'è veramente più traccia di cultura democratica nella maggioranza di questo Paese e che non c'è un briciolo di rispetto del luogo in cui ci troviamo da parte della destra italiana.
Tutto questo perché serviva la marchetta, la sicurezza sventolata come giustificazione a tutto. Un termine ombrello che comprende le materie più disparate e che giustifica qualsiasi esigenza. Un termine veramente omnicomprensivo che va a coprire gli ambiti più diversi. È anche difficile sapere da dove iniziare nel commentare questo che dovrebbe essere un decreto, che dovrebbe rispondere al criterio dell'omogeneità ma, ormai, è un ricordo distante.
Non si sa nemmeno da dove iniziare e provo a iniziare da quella che secondo me è la cosa più grave. Io non so se i colleghi di maggioranza si siano resi conto che il nostro sistema penitenziario non è in grado di reggere le conseguenze concrete, effettive di questo decreto. E non parlo solo dei nuovi reati e delle aggravanti che andranno a peggiorare, evidentemente, se verranno applicate - e immagino di sì - la situazione delle carceri italiane. Mi riferisco, in particolare, all'articolato più odioso, secondo me, di questo decreto: agli articoli 26 e 27 che fanno riferimento al nuovo reato di rivolta all'interno di carcere o CPR, con questa equiparazione detestabile dei luoghi di detenzione amministrativa e di detenzione penale che abbiamo visto, del resto, anche nella retorica e nella narrazione del decreto Albania.
Facciamo un breve calcolo insieme, colleghi. Nel 2024 il DAP ci dice che ci sono stati circa 1.500 eventi di protesta collettiva all'interno delle carceri italiane. Supponiamo che ad ognuno di questi episodi partecipino, diciamo, quattro persone. Supponiamo, sempre per una stima, visto che la pena edittale massima che proponete per il reato di rivolta in carcere è di otto anni, che, di media, vengano condannate queste persone a quattro anni di carcere ciascuno. Parliamo di 24.000 anni di carcere in più, scaricati su un sistema penitenziario dove non si vede la traccia di un investimento dagli anni in cui siete al Governo. Alla faccia dello stare dalla parte delle Forze dell'ordine che lavorano all'interno delle carceri! Ed andiamo ad aggiungere pure tutti quelli che si rivoltano nei CPR, che non sono pochi perché i CPR sono luoghi patogeni che inducono le persone o a fare male a sé stesse o, a un certo punto, a rivoltarsi contro le gabbie senza alcun tipo di senso in cui sono chiuse; aggiungiamo a questi tutti quelli dei CPR che a quel punto andranno trasferiti in carcere. Questa, per me, è la ricetta dell'implosione del sistema penitenziario italiano risolvibile solo - come ipotizzo - con un'impennata dei suicidi. Forse è questo che voi auspicate a un certo punto? Che ne muoiono così tanti da liberare spazio all'interno delle carceri che non hanno più modo per far respirare né le persone, né i lavoratori.
Questa è, secondo me, una delle conseguenze più gravi che non state assolutamente tenendo in considerazione e lo fate di fronte a numeri che sono spaventosi e che ci sono già costati richiami da parte di tutte le istituzioni sovranazionali possibili e immaginabili, senza che il Ministro Nordio si sia degnato di dare una risposta decente rispetto all'emergenza carceraria che è ancora in corso.
Ma no, facciamo altri reati. Continuiamo con questa politica come se avesse un senso, come se risolvesse qualcosa. A me, personalmente, non fa sentire più sicura questo. Ma non mi fa sentire più sicura per niente. Non mi fa sentire più sicura così come non mi fa sentire più sicura l'idea che dei bambini, sotto un anno, possano passare i primi mesi di vita e di crescita in carcere, sapendo che la deterrenza in questi casi è meno di niente. Non mi fa sentire sicura sapere che chi protesta occupando una casa per criticare la situazione di crisi abitativa che c'è effettivamente andrà in carcere. Perché la mia insicurezza su questo tema è dovuta agli affitti stellari, ai mutui che i miei amici non potranno mai aprire per pagarsi una casa, alle centinaia e centinaia e forse migliaia di famiglie che sono in graduatoria per le case popolari e non riescono ad accedervi. Non mi fa sentire sicura il reato di blocco stradale, perché, ad esempio, il Governo non fa nulla per le ragioni per cui quelle persone bloccano le strade e si fanno arrestare. Non parlo solo della crisi climatica, colleghi, che dovrebbe essere la nostra preoccupazione numero uno. Parlo anche delle crisi industriali che lasceranno, probabilmente, nei prossimi tempi a casa sempre più lavoratori a cui il Governo non sta dando mezza risposta, perché non c'è traccia di politica industriale da parte di questo Governo da due anni a questa parte, che però va a criminalizzare probabilmente i lavoratori che protesteranno per i loro diritti e contro il loro licenziamento.
PRESIDENTE. Onorevole, concluda.
RACHELE SCARPA (PD-IDP). Non mi fa sentire sicura il fatto che la scienza conti così poco per questo Governo da demonizzare e criminalizzare una pianta che ha zero effetti psicotropi e ammazzare un settore solo per fare la solita insopportabile propaganda contro la droga.
Insomma, voi parlate, colleghi, di diritto alla sicurezza. Vi ricordo che non è inserito in Costituzione tra i diritti fondamentali dell'individuo e forse questo non è un caso perché la sicurezza è sempre un equilibrio con la limitazione delle libertà personali ed è un mezzo ma, forse, sarebbe bello parlare di sicurezza dei diritti, sicurezza del diritto alla salute…
PRESIDENTE. Concluda.
RACHELE SCARPA (PD-IDP). …sicurezza del diritto al reddito, al benessere, del diritto alla casa, di risposte sociali a problemi sociali. Ciò che voi non fate in questo ennesimo decreto dove non mettete un euro per dare una risposta a questi problemi. È una bugia imperdonabile agli italiani questa che raccontate. Il diritto penale totale e il diritto sociale zero.
PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere.
RACHELE SCARPA (PD-IDP). Noi non ci stiamo e non ci staremo mai (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata L'Abbate. Ne ha facoltà.
PATTY L'ABBATE (M5S). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, e membri del Governo. Questo decreto Sicurezza di oggi che discutiamo purtroppo è molto di più di un semplice atto normativo perché è una dichiarazione politica, è un manifesto ideologico che porta con sé il tentativo di normalizzare la repressione, di criminalizzare il dissenso e di anestetizzare lo spirito critico del nostro Paese. È una misura che non si limita a rispondere a presunti problemi di ordine pubblico, ma punta dritta al cuore dei principi costituzionali su cui si fonda la nostra Repubblica.
Lo dice chiaramente la costituzionalista Anna Mastromarino che, insieme a oltre 250 accademici, ha lanciato un appello contro questo provvedimento. È un colpo di mano, ha detto. Un abuso di potere esecutivo che ha interrotto un percorso legislativo parlamentare per imporre un decreto-legge senza i requisiti minimi di urgenza o necessità richiesti dalla nostra Costituzione. È una mortificazione del Parlamento questa; del confronto democratico, del ruolo delle opposizioni.
La stessa ONU ha espresso una forte preoccupazione, sottolineando che il decreto mette a rischio il rispetto dei diritti umani fondamentali, tra cui la libertà di movimento, il diritto alla privacy, il giusto processo. Sono tutti valori che dovrebbero essere sacri e intoccabili in una democrazia. Il punto è che questa democrazia voi la state distruggendo. Se entriamo nel merito, il decreto è un lungo elenco di misure punitive: l'introduzione di nuove fattispecie penali, l'inasprimento delle pene, l'ampliamento delle possibilità di utilizzo della forza e di strumenti coercitivi. Parliamo del blocco stradale.
Noi vogliamo ricordarlo anche a chi è a casa che il blocco stradale è una delle forme di protesta più classiche e non violente. Vogliamo ripeterlo: è una protesta non violenta, ma viene trasformata adesso, appunto, in un reato penale punibile fino a 6 anni se attuato da più persone durante una manifestazione. Signori, ma chi va lì comunque a manifestare in modo non violento? Magari i nostri ragazzi, magari anche delle persone, appunto, come diceva il collega, disabili. Ma vi rendete conto di quello che state facendo? Non si tratta più di tutelare, come voi vorreste dirci, la circolazione. Ma chi prendete in giro? Questo è uno scoraggiare la partecipazione pubblica.
Poi c'è la resistenza passiva, la cosiddetta norma “anti-Gandhi”. Eh sì, perché, se Gandhi esistesse in questo momento, magari appena approverete adesso, di nuovo, perché lo approverete, questo decreto Sicurezza, lo avreste messo già in galera. Gandhi lo vediamo già in galera, ma che cosa ha fatto? Ha rivoluzionato il mondo, signori, portando la sua pace, rendiamoci conto. Anche chi si limita, quindi, a sedersi per terra e a rifiutarsi pacificamente di obbedire a un ordine rischia il carcere. Poi ci sono le proteste nelle carceri, scioperi della fame: vi sembrano violenti gli scioperi della fame o la battitura delle sbarre a rumori coordinati? Vengono paragonati a rivolte violente in un Paese dove il tasso di suicidi in carcere è in crescita costante.
Questa misura non è solo miope, è disumana! Si estende il Daspo urbano. Ora anche una semplice denuncia - quindi non una condanna, signori, ripetiamolo, una semplice denuncia - può bastare per interdire una persona dalle aree pubbliche e dalle piazze. Quindi, una persona è ancora innocente, signori, è innocente, che magari ha litigato con un vicino di casa, può essere trattata alla stessa stregua di un delinquente. E non finisce qui. I colleghi vi hanno parlato anche dell'obbligo di rinviare la pena per le donne incinte e con i figli piccoli. Quindi questi bambini cosa racconteranno da grandi? Di essere stati all'interno di un carcere?
Ci rendiamo conto di come stiamo educando questi giovani? Che cosa stiamo dando a questi ragazzi? Fin da bambini gli diamo un grandissimo esempio. Il Forum Disuguaglianze e Diversità ha denunciato l'uso strumentale della percezione di insicurezza, perché voi è questo che state facendo, voi state creando dei nemici solo perché sono utili alla vostra propaganda. I poveri migranti, gli attivisti sono utili a fare propaganda, perché forse non sapete fare altro, perché i veri problemi del Paese, signori, voi non li state risolvendo. Sapete quali sono?
Sono la precarietà nel lavoro, la crisi ambientale, l'accesso alla casa, alla salute, all'istruzione. Vogliamo parlare anche di un sistema industriale che è fermo, ormai è fermo da mesi. Questi sono i veri problemi del Paese. Quindi l'unica cosa che riuscite a fare per portare avanti la vostra propaganda è prendervela con i più deboli, con quelli che non la pensano come voi. Quindi, abbiamo anche l'Associazione nazionale dei magistrati che ha parlato di un diritto penale simbolico, che non risponde ai reali bisogni della collettività, ma serve solo a lanciare segnali ideologici. Si introducono norme di difficile interpretazione e applicazione che puniscono. Che cosa stanno punendo?
Gli stati d'essere più che i comportamenti concreti. Questa è la giustizia dei forti contro i deboli. Anche Giovanni Maria Flick ha denunciato una “pancarcerizzazione”, l'ha chiamata, pericolosa, perché il carcere viene proposto come risposta automatica a ogni forma di devianza, anche sociale. Il diritto penale. che dovrebbe essere l'extrema ratio, viene trasformato in una scorciatoia punitiva.
Il decreto è stato contestato da associazioni come Antigone, dalla Rete No DDL Sicurezza, dai sindacati, dai movimenti studenteschi, dagli spazi sociali. Anche oggi in piazza stanno contestando, e l'unica cosa che avete fatto è averli presi a manganellate qui a Roma, questo avete fatto. E allora, colleghi, chiedo a quest'Aula: che Paese vogliamo per i nostri figli? Un Paese dove ogni atto di dissenso viene criminalizzato, dove la protesta è sinonimo di pericolo, dove il giovane che si batte per il clima, perché quello è il suo futuro, sta difendendo quella casa comune, come ci ha sempre detto Papa Francesco, ma cosa rischia? Rischia la galera (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) per difendere la casa comune, questo state facendo.
E poi, magari, il potente corrotto resta impunito, perché quello è dalla vostra parte. Io non voglio questa Italia, non voglio questo per i nostri figli e per i nostri giovani. Per questo abbiamo presentato e anch'io ho presentato degli emendamenti soppressivi all'articolo 12 e all'articolo 24 del decreto: due misure che colpiscono duramente il diritto di manifestare e di esprimere pacificamente la propria opinione, la propria opinione. Signori, state mettendo il bavaglio ai nostri giovani.
Chiedo a tutti voi di fermarvi un istante e riflettere: questo decreto, che sarà convertito in legge, non renderà l'Italia più sicura. Anche qui, continuate a prendere in giro chi sta a casa. La renderà solo più arrabbiata, più divisa e più repressiva. Non si costruisce la pace sociale con il manganello; non possiamo costruire la democrazia con il carcere, signori. Quindi, possiamo ancora cambiare la rotta, ma ascoltate i nostri ragazzi nelle piazze, ascoltateli qualche volta.
Possiamo difendere la nostra Costituzione; possiamo scegliere se stare dalla parte della paura, quella che voi state infondendo ogni giorno, o dalla parte giusta, dalla parte della sana libertà. Perché oggi non è solo una legge ad essere in discussione; oggi è in discussione l'Italia che vogliamo essere. E noi, come MoVimento 5 Stelle, ostacoleremo l'ennesimo scempio di questo Governo. Un Governo che ha cancellato anche il Manifesto di Ventotene. Vi ricordate quel documento che parlava dei giovani ed era fondato sui valori di libertà, di giustizia e di democrazia? State cancellando tutto, e questo Governo continua a utilizzare il pugno di ferro con i deboli. E con chi, sapete con chi? Con chi osa disturbare il manovratore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!
Concludo, Presidente, concludo con questa frase che non è mia, poi vi dico di chi è: “i popoli ben governati e contenti non insorgono”, perché non ne hanno bisogno. “Le insurrezioni, le rivoluzioni sono la risorsa degli oppressi (…) e chi le fa nascere sono i tiranni” Attenzione! E questo sapete chi lo ha detto? Giuseppe Garibaldi. State cancellando quell'Italia che è stata unita ed è stata fatta per i nostri figli e per il nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle - Commenti)
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. È iscritta a parlare la deputata Carla Giuliano. Ne ha facoltà.
CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Tutte e tutti i colleghi che mi hanno preceduto hanno rappresentato, punto per punto, tutte le cose davvero scellerate e insensate inserite in questo decreto-legge: il blocco stradale, il reato di accattonaggio in cui vengono utilizzati i minori, con una pena sproporzionata che può arrivare a 7 anni, ed è più o meno la stessa pena che è prevista per reati come l'inquinamento ambientale oppure il crollo colposo di grandi opere, cioè il ponte Morandi, che ha fatto le vittime che sappiamo.
Noi certo siamo contro il racket dei minori che vengono utilizzati per l'accattonaggio, ma certamente non riteniamo che questa sia la priorità del Paese, se parliamo di sicurezza. La priorità del Paese, se parliamo di sicurezza, è avere più Forze dell'ordine nelle nostre strade (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), avere gli uffici dei commissariati, delle caserme dei Carabinieri, delle caserme della Guardia di finanza, gli uffici delle Direzioni investigative antimafia, delle Direzioni distrettuali antimafia a pieno organico, e non doversi contendere i vari agenti e il vario personale di Polizia.
I miei colleghi hanno parlato della scellerata norma che punisce la rivolta penitenziaria, quella pacifica, cioè il dissenso pacifico. E fatto da una madre detenuta all'interno di un ICAM o di una struttura carceraria con al seguito suo figlio di appena un anno (o di due o tre anni), se il bambino inconsapevolmente partecipa al non mangiare della mamma, istigando in questo modo altri detenuti a mettersi lo scotch sulla bocca e a non mangiare, probabilmente correrà il rischio di concorrere colposamente in questo gravissimo reato della disobbedienza pacifica.
Probabilmente dovreste invece andare a colpire tutti quei detenuti che aggrediscono la Polizia penitenziaria, che voi avete ridotto al lumicino. Probabilmente dovreste rafforzare le misure per evitare la spaccio di droga nelle carceri. Dovreste proteggere i nostri agenti di Polizia penitenziaria, che anche con personale sotto copertura scovano tanti, tanti, detenuti che hanno micro cellulari nelle loro carceri. Probabilmente dovreste mettere a norma, in una condizione di sicurezza e di dignità sia per chi ci lavora sia per chi vi è recluso, le nostre carceri.
E invece no, pensate a punire ciò che risponde alla pancia del cittadino medio, magari un po' distratto, che non ha voglia di informarsi.
E allora, dopo aver fatto una breve carrellata sugli scempi più inutili e più inopportuni di questo decreto-legge, una cosa - sì - l'avete azzeccata, però ricorda dei tempi un po' remoti. Andate con la mente a circa 100 anni fa. E cioè, con riferimento ai nostri Servizi di sicurezza nazionale, quelli sotto copertura - quindi i servizi segreti - avete ampliato le ipotesi di non punibilità, se i nostri servizi segreti organizzano, promuovono, dirigono e partecipano - con ruoli apicali, non come meri agenti provocatori - a organizzazioni con finalità di terrorismo.
Non credo che ci sia qualcosa di peggiore di uno Stato che alimenta al proprio interno degli agenti e li invita, li promuove quasi, se si rendono promotori di azioni terroristiche. Perché un signore un po' stempiato, di corporatura un po' grassoccia, iniziò forse proprio in questa maniera, dando una parvenza di maggiore sicurezza agli italiani, dando più poteri a quei pochi poliziotti che nel Ventennio fascista erano sul territorio italiano, e poi finì come sappiamo.
E allora io voglio proseguire il mio intervento in una maniera un po' singolare, perché proprio ieri - è stata ovviamente una casualità - aiutavo mia nipote nell'analizzare un testo di prosa riassuntiva, che metteva a confronto due ideologie, anzi due concezioni della natura umana: quella di Machiavelli e quella di Giacomo Leopardi. Voi direte che sono due autorevolissimi autori della letteratura italiana, ma estremamente diversi. Questi due pregiatissimi autori hanno un punto in comune e cioè hanno una visione pessimistica della vita.
La loro concezione della natura umana è malvagia, entrambi dicono che la maggior parte degli uomini sono malvagi. Gli uomini buoni, gli uomini retti, gli uomini onesti, sono in minoranza. La differenza, però, qual è? Che Leopardi prende atto di questa verità con una triste rassegnazione, per cui, secondo la sua concezione pessimistica, ma anche rassegnata, il buono, il giusto, non riesce o riesce poche volte a relazionarsi e a vincere, in senso positivo, sul malvagio e sull'ingiusto, e dovrà rassegnarsi ad essere perdente nella maggior parte dei casi.
Machiavelli, invece, parte dallo stesso presupposto, cioè quello della natura malvagia degli uomini, e, con un triste cinismo, prende atto di questa natura, ma vede una via d'uscita. Da qui la rappresentazione classica della frase di Machiavelli che esprime plasticamente il significato de Il Principe di Machiavelli, “il fine giustifica i mezzi”, che non è quello che volgarmente è diventato oggi. “Il fine giustifica i mezzi”, nella concezione di Machiavelli, vuol dire che un uomo giusto, retto e onesto, se deve confrontarsi con uomini malvagi - e sono la maggioranza - pur conservando le sue virtù, deve avere un'astuzia, che non è però l'astuzia della golpe (cioè della volpe) che Machiavelli considera bestiale, ma è l'astuzia del centauro, cioè, dell'uomo che è uomo per metà (e quindi ha le massime virtù, perché è uomo), ma che nella parte sottostante si comporta come un cavallo, cioè, mette a frutto l'astuzia. E allora, tramite l'astuzia positiva, gli uomini giusti possono mettere all'angolo gli uomini malvagi.
Ecco, Presidente, perché dico tutto questo? Perché questo concetto semplice ma fondamentale, lo ha ripreso - e con questo vado a concludere - in tempi davvero recenti - e sembra però di tornare a 100 anni fa - lo scrittore Umberto Eco che, in un simposio che si è tenuto nel 1995 alla Columbia University, ha presentato un saggio che si chiama Il fascismo eterno. Il “fascismo eterno” o “ultra fascismo”. Quel fascismo, cioè, che si allontana storicamente, come anni, dal Ventennio fascista, ma che è ancora più subdolo e che lui chiama “Ur-fascismo”.
Leggo solo quali sono i punti che collegano il fascismo di Mussolini con l'Ur-fascismo delle democrature e della Presidente Meloni. Il culto del passato, il saluto romano. Il rifiuto della ragione: vedi Salvini che prega la Madonna in modo assolutamente inopportuno. Il culto dell'azione fine a se stessa e la diffidenza per la cultura: voi, come mai prima, avete tagliato i fondi alla cultura e, senza offesa per nessuno, avete scelto dei Ministri della cultura che onestamente non sono all'altezza di ricoprire il ruolo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il rifiuto della critica e dello spirito critico. Blocco stradale…
PRESIDENTE. Concluda.
CARLA GIULIANO (M5S). Sì, grazie. La paura della diversità: la conseguenza è il razzismo e l'omofobia. Mi ricorda anche questo qualcosa. La frustrazione delle classi medie e la piccola borghesia a causa di crisi economiche o pressioni politiche che vengono enfatizzate. Anche questo mi ricorda qualcosa. La Presidente Meloni diceva che avrebbe abolito le accise perché lei era l'underdog della Garbatella. Ancora: machismo. Credo che gli esponenti di Fratelli d'Italia ne siano la plastica rappresentazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Chiudo con la tredicesima e la quattordicesima qualità. Populismo qualitativo, cioè, la negazione dei diritti individuali: il popolo è considerato un insieme unico la cui volontà deve essere interpretata solo ed esclusivamente dal leader (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Chiuda.
CARLA GIULIANO (M5S). Credo che ci siano varie analogie e credo che in questo momento - e ne sono davvero dispiaciuta e preoccupata per le future generazioni e per le mie nipoti - si stia passando dalla dittatura del Ventennio fascista...
PRESIDENTE. Onorevole, deve chiudere.
CARLA GIULIANO (M5S). ...alla democratura del Governo Meloni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Susanna Cherchi. Ne ha facoltà.
SUSANNA CHERCHI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, l'articolo 18 del disegno di legge Sicurezza impone nuovi stringenti limiti alla coltivazione e alla vendita della canapa industriale, con conseguenze drammatiche per l'intero settore che da filiera legalmente solida diventa improvvisamente reato. La canapa di cui sto parlando ha una quantità di THC minore di 0,5 per cento, e adesso vorrei fare una piccola disamina storica, anche per acclarare a che livello di ignoranza viaggia questo governicchio, con una mentalità più retrograda degli uomini del neolitico.
Siamo all'età della pietra, ricordo, infatti, che il più antico manufatto di stoffa di canapa risale all'8000 a.C. anche se in alcuni testi abbiamo trovato - ho trovato diciamo - manufatti di 12.000 anni a.C. nella zona, se non ricordo male, dei laghi laziali. Quindi, praticamente nell'8000 a.C. erano molto più avanti di quanto non lo sia questo Governo nel 2025. Per centinaia di anni è stata la materia prima per la produzione di carta anche in campo medico.
La coltura per uso tessile è un'antica tradizione, in gran parte legata all'espandersi delle Repubbliche marinare - periodo medievale, 1300 d.C. - che le utilizzavano addirittura per fabbricare corde e vele per la propria flotta di guerra. George Washington, addirittura, nel 1765 coltivava piante di canapa. Nella sua tenuta di Mount Vernon era un modello moderno di innovazione agricola. Qui sperimentava con varie tecniche e metodi, tra cui la coltivazione di questa pianta, che considerava non solo per il suo valore pratico ma anche come mezzo per esplorare nuovi metodi agricoli. La sua dedizione alla coltivazione sostenibile - 1765 - ed efficiente era all'avanguardia dell'epoca.
Adesso apro delle virgolette e vorrei leggere un testo che ho trovato durante le mie ricerche: La canapa è stata posta all'ordine del giorno della Nazione perché destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l'estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico-agrario, c'è anche il lato sociale. La coincidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30.000 operai ai quali dà lavoro l'industria canapiera italiana.
Colleghi della maggioranza, a pronunciare queste parole è un imprenditore della cannabis light? No. È un parlamentare del campo progressista? No. Un nostro deputato del gruppo MoVimento 5 Stelle? No. Queste parole sono di Benito Mussolini nel 1925 perché fu proprio col fascismo che la coltura della cannabis, attività sempre fiorente in tutta Italia, raggiunse il suo apice. Col decreto del 1925 iniziarono le riforme agrarie e nel 1934 venne costituita la Federcanapa.
Dopo la prima guerra mondiale è proprio la canapa che il regime - il regime! - identificò come la rinascita agricola ed economica. Infatti, in quel periodo l'Italia rappresentò il secondo produttore dietro solo l'Unione Sovietica. Ma allora io mi chiedo e me lo sono chiesta tante volte: se lo stesso Mussolini fece riferimento all'atto sociale, menzionando l'utilizzo di 30.000 persone nell'industria canapiera italiana per esaltare questo prodotto, perché questo Governo la demonizza tanto? Siete forse più realisti del Re? Perché non avete minimamente pensato al danno economico, che è enorme, che questo provvedimento causerà.
Non capisco. Cui prodest? Ma a chi giova questo? Ma chi è che state avvantaggiando? Mi sto veramente lambiccando il cervello, non riesco a capire chi è che ci guadagna con questa cosa. Lo capirò prima o poi. Non dimentichiamoci che la cannabis e suoi derivati possono essere utilizzati in medicina per una varietà di scopi. L'infiorescenza viene utilizzata per alleviare il dolore neuropatico e oncologico e per ridurre la spasticità muscolare vi sono creme antinfiammatorie che aiutano a lenire i dolori muscolari e articolari. L'olio è buonissimo - detto da me, è veramente ottimo -, aiuta a idratare la pelle, lenire il rossore e l'irritazione. Ha proprietà antibatteriche ed è ricco di acidi grassi, Omega-3 e Omega-6, può essere utilizzato per i suoi benefici nella cura della pelle e dei capelli, li fa anche crescere. La cannabis medica può aiutare a gestire il dolore cronico, compreso quello neuropatico, che può essere associato a lesioni nervose o malattie neurodegenerative, ad esempio il Parkinson. Il tremore del Parkinson, utilizzando questo tipo di medicina, viene meno; cioè, una persona che ha il Parkinson, che non può prendere neanche il bicchiere, perché non riesce a tenerlo, quando usa questa medicina, può prendere il bicchiere e bere l'acqua, giusto sto per capirci. È efficace nel trattamento della nausea e del vomito indotti dalla chemioterapia e dalla radioterapia. Quando c'è un cancro, si fa la chemioterapia, la radioterapia, e si vomita. Può stimolare l'appetito in pazienti con cachessia, anoressia, AIDS o cancro, contribuendo a prevenire la perdita di peso. Può, inoltre, essere utilizzata nel trattamento della spasticità, del glaucoma e per malattie infiammatorie autoimmuni e in alcune condizioni psichiatriche.
Torniamo adesso al provvedimento. L'articolo 18 vuole modificare la legge n. 242 del 2016, che ha come obiettivo il sostegno e la promozione della coltivazione della filiera agroindustriale della canapa. Il Governo vieta l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa, anche in forma semilavorata, essiccata, triturata, nonché dei prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine, gli oli da essa derivati. È una follia pura. Ma neanche una mente più folle poteva partorire una cosa del genere! Vogliamo parlare degli innumerevoli vantaggi di questa filiera? Innanzitutto, riduce l'impatto ambientale, e non è poco; il consumo dei suoli, e non è poco; la desertificazione, e non è poco; contrasta la perdita della biodiversità. La furia ideologica di questo Governo sta per mettere in ginocchio questa filiera con oltre 10.000 posti di lavoro, un fatturato annuo di più di 500 milioni di euro. La filiera della canapa è un pilastro dell'agricoltura sostenibile italiana, con applicazioni che spaziano dalla bioedilizia alla cosmesi, dall'alimentare al tessile. Questo Governo non tiene conto - mentre Mussolini teneva conto delle persone che lavoravano per la canapa, con la canapa, grazie alla canapa - delle 800 aziende agricole che coltivano il prodotto. Ci sono, nel nostro Paese, oltre 1.500 ditte specializzate nella trasformazione. Ci sarà un danno economico enorme, verranno rovinati centinaia di imprenditori di questa filiera grazie a voi; grazie a voi e a un Governo, proprio un Governo che aiuta gli italiani.
Questa filiera, innovativa e in grande ascesa, vale - come già detto - diverse centinaia di milioni di euro e impiega circa 10.000 lavoratori a tempo determinato e 5.000 stagionali assunti durante il periodo estivo. Verranno danneggiati molti giovani che hanno puntato su questo settore: poverini, hanno creduto in voi, poveracci. Il 65 per cento delle aziende agricole che ad oggi operano sul territorio nazionale nella canapa sono gestite da under 40, con una buona percentuale di donne. Questa filiera è diventata una vera eccellenza del made in Italy e verrà distrutta; si arriverà a una delocalizzazione delle aziende. La canapa industriale, coltivata legalmente secondo le norme dell'Unione europea, ha un contenuto di THC così basso che non provoca effetti stupefacenti. Si vogliono, in modo del tutto assurdo, applicare le sanzioni previste in materia di disciplina di stupefacenti e sostanze psicotrope; cioè: bevi un bicchiere d'acqua e ti dicono che stai bevendo vino. Il MoVimento 5 Stelle non ci sta alla narrazione sulla necessità di prevenire fatti legati agli effetti psicotropi. Diciamocelo con forza: la cannabis light non ha niente a che vedere con le sostanze stupefacenti. A conferma di tutto questo, vi ricordo che la Conferenza delle regioni, in tutte le amministrazioni, comprese le 14 governate da voi, dal centrodestra, ha espresso all'unanimità la propria contrarietà all'articolo 18. Quindi, è inaccettabile che questo Governo Meloni, in nome di questa crociata ideologica, scelga di colpire un comparto che non ha niente a che vedere con le droghe, ma che rappresenta un modello virtuoso dell'economia circolare e rigenerazione dei territori. Disposizioni come quella che state facendo voi, fanno fare all'Italia la figura di un Paese retrogrado, antiquato, sorpassato, retrivo. Siamo tornati all'età della pietra agli occhi del mondo e questo ci fa perdere di credibilità. Io, se fossi in voi, mi vergognerei molto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.
ANDREA CASU (PD-IDP). Presidente, onorevole Ministro, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi parlamentari, ci siamo confrontati lungo tutta questa mattinata sulle ragioni della nostra fortissima opposizione a questa iniziativa del Governo, e la prima ragione, ancora prima di entrare negli elementi di merito del provvedimento in esame, è proprio una ragione democratica circa l'iter che ha portato all'approvazione di questo decreto, al passaggio di conversione che stiamo vivendo in Aula e alla corsa che il Governo sta cercando di portare avanti per arrivare alla conversione entro il prossimo 10 giugno.
Perché non possiamo dimenticare che era in corso, che è in corso un confronto su quelle che potevano essere iniziative in un disegno di legge sulla sicurezza che animava la discussione del Senato. Vi era un percorso, una serie di passaggi e una serie di elementi su cui vi erano posizioni diverse. Invece la scelta del Governo di intervenire con la scure di questo decreto-legge è stata anche una sottrazione di spazi al confronto democratico e parlamentare, ed è una sottrazione di spazi che è piovuta sul confronto di quest'Aula, dell'Aula di Montecitorio, in un mese che abbiamo visto già essere il mese in cui abbiamo affrontato 4 decreti. Ci ritroviamo in uno spazio veramente ristretto, sempre più angusto.
Invece pensiamo che, proprio perché la sicurezza è un grande tema, ed è un grande tema che interessa tutte le forze politiche democratiche, che interessa gli enti locali, che interessa le persone, i cittadini, gli operatori della sicurezza, che dobbiamo ringraziare ogni giorno perché sono in prima linea per garantire il diritto alla sicurezza di tutte e tutti noi, interessa i cittadini, interessa anche tutte le diverse forme attraverso cui i cittadini partecipano alla vita politica e democratica, sarebbe stato necessario agire in maniera molto diversa e trovare lo spazio per avviare e portare avanti un vero e serio confronto parlamentare, e non cercare di nutrire anche questo dibattito di quella propaganda che non risolverà i problemi della sicurezza, ma servirà semplicemente ad alimentare una discussione che forse animerà l'entusiasmo di qualcuno, ma sicuramente non risolverà i problemi che abbiamo nel Paese.
Da questo punto di vista, mi permetto di dire che - lo abbiamo sentito in tutti gli interventi e voglio ringraziare le tante colleghe e colleghi che non si sono fermati di fronte alla tagliola esercitata in Commissione e hanno voluto portare in quest'Aula la voce dell'opposizione politica e sociale a questo provvedimento e animarla, intrecciandola con le differenti esperienze e con punti di vista fra loro anche molto differenti, che hanno affrontato i tanti temi emersi qui - sicuramente l'idea di andare nella direzione di 14 nuovi reati e di farlo nella maniera che è stata indicata, andando a inasprire anche molto pesantemente le pene, sicuramente non è la via giusta.
Lo pensiamo come opposizione. Non ho ancora sentito voci del gruppo di Forza Italia e di maggioranza, so che hanno ritirato gli emendamenti e so che, comunque, anche nella maggioranza c'è una discussione. Credo che sia importante riflettere sul fatto che questa strada non sta dando, molto banalmente, i risultati sperati. Anche perché do una notizia ai colleghi della maggioranza: non sono più all'opposizione. Il Governo Meloni c'è da 3 anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Nel momento in cui stanno descrivendo una situazione, non stanno più descrivendo la situazione che possono imputare a qualcun altro; stanno descrivendo le responsabilità di Giorgia Meloni, le responsabilità del Ministro Piantedosi e le responsabilità di un Governo che sta portando avanti quelli che ritiene essere dei risultati, ma che non può più avere un atteggiamento in cui si pensa che, introducendo un nuovo reato, si risolva un problema, se fino a oggi non si è fatto nulla per poterlo risolvere.
Poi vi è un aspetto, l'aspetto che è più lontano e distante dalla sicurezza, che è tutto quello che va verso una direzione di possibile repressione. Da questo punto di vista siamo molto preoccupati, innanzitutto della criminalizzazione della non violenza. La non violenza è un passaggio fondamentale della storia del confronto politico e democratico non solo del nostro Paese. È attraverso la non violenza che si sono conquistati nel mondo importanti avanzamenti da un punto di vista civile e da un punto di vista sociale. Dobbiamo immaginare che non può essere, in nessun modo, messa sullo stesso piano della violenza. La non violenza è una cosa molto diversa dalla violenza, va rispettata e va considerata per quello che è.
Poi vi sono delle scelte - pensiamo alla distruzione della filiera agroindustriale della canapa, veramente solo per una ragione meramente ideologica - che niente hanno a che vedere con quello di cui ci sarebbe bisogno nel Paese. La questione dei bambini in carcere, dei bimbi in carcere, l'abbiamo affrontata tante volte. Oggi abbiamo risentito quei numeri che fanno accapponare la pelle, che fanno mettere i brividi, e poi, soprattutto, il combinato disposto di un Governo che non agisce concretamente per superare una situazione che è già insostenibile dal punto di vista del sovraffollamento carcerario e che, al tempo stesso, invece, va a comprimere la possibilità di quelle persone, che già stanno vivendo una situazione orribile, di poter intervenire anche da un punto di vista non violento per poter manifestare la necessità di un cambiamento.
Ecco, l'insieme di tutti questi aspetti chiaramente preoccupa. Preoccupa per come partecipa e influenza negativamente il confronto democratico della Camera e del Senato; preoccupa per quelle che possono essere le conseguenze, poi, di queste norme, perché, nel momento in cui entreranno nella vita delle persone, abbiamo visto che non garantiranno niente in più in termini di sicurezza, ma, invece, genereranno molte più situazioni di conflitto e di insicurezza sui territori; e poi spaventa per quello che non c'è in questo decreto.
Vorrei concludere con un ulteriore spunto rispetto a quello che, fino adesso, abbiamo visto. Perché vedete, i decreti-legge agiscono, dovrebbero agire - agiscono secondo la nostra Costituzione, ma non secondo quella che, purtroppo, è una prassi che si sta sempre più consolidando - in casi di straordinaria necessità ed urgenza, e se c'è, forse, un aspetto di straordinaria necessità e urgenza che forse poteva essere oggetto di un decreto, e se fosse stato questo l'oggetto del decreto, penso che ci sarebbe stato lo spazio per poter fare un confronto, è quello che viene attestato anche dai numeri, al 31 dicembre 2024, nei documenti di pianificazione delle carenze delle unità di Polizia di Stato: 11.340 donne e uomini delle Forze dell'ordine che mancano rispetto a ciò che servirebbe. E non solo, anche l'età media, il 55 per cento della nostra Polizia ha più di 45 anni.
A fronte di queste carenze, a fronte di queste mancanze, a fronte di queste esigenze, alcuni interventi con alcune assunzioni sono state fatte. Azioni sono state portate avanti, non sufficienti, ma, naturalmente, laddove si interviene per aumentare le risorse a disposizione e il numero di risorse, anche umane, della Polizia di Stato, chiaramente si fa qualcosa nell'interesse del Paese, che vede la nostra attenzione e il nostro favore.
Vi sono i concorsi che sono stati fatti per allievi agenti, il concorso, l'ultimo in particolare, fatto per vice ispettori, e, forse, nei 3.000 idonei non vincitori dell'ultimo concorso per vice ispettori, nei tantissimi ragazzi che attendono veramente quell'occasione di essere chiamati per i concorsi allievi agenti negli ultimi anni, persone già selezionate, persone già chiamate, che immediatamente potrebbero rinnovare la nostra Polizia di Stato, ci sono donne e uomini che potrebbero veramente dare opportunità in più di sicurezza reale, concreta. Non quella repressione, quella demagogia, quella propaganda che si fa istituendo i nuovi reati.
Quella sicurezza che si conferisce quando in un commissariato periferico arrivano dei nuovi agenti, che possono svolgere una funzione utile sul territorio, che possono diventare punti di riferimento, che possono accorciare quel tempo intollerabile che c'è spesso tra la chiamata e l'intervento, che non è assolutamente responsabilità delle donne e degli uomini la Polizia di Stato, ed è nascosta in quelli che non sono numeri, ma sono mancanze che dobbiamo colmare: 11.340 carenze in termini di unità di Polizia di Stato significa minuti in più, ore in più, tra il momento in cui viene chiamata la Polizia e il momento in cui la Polizia può intervenire sul territorio.
E di fronte al tema che non ci sono le risorse, la questione che noi poniamo è che bisogna decidere dove impiegarle le risorse. Perché continuare a spendere soldi, centinaia di milioni di euro per un monumento allo spreco, totalmente inutile in Albania, quando noi potremmo utilizzare quelle stesse risorse per assumere 11.340 unità in più di Polizia in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)?
E allora, se volete occuparvi di sicurezza, facciamolo davvero. Cominciamo a parlare a questi 3.000 idonei non vincitori del concorso di vice ispettori, agli allievi agenti che aspettano da troppi anni, e poi, per chi sta aspettando questa chiamata, c'è il rischio che, se questa chiamata non arriva, scatta pure il raggiunto limite di età e non si può più avere quell'opportunità di servire veramente la Nazione e la Repubblica come si sarebbe voluto. Quindi, su questo tema, che era veramente un'urgenza, non troviamo l'attenzione del Governo, come sulle altre questioni che vengono poste.
Ma dato che per noi la sicurezza è veramente una priorità, sfidiamo il Governo non solo a cancellare le norme sbagliate che sta inserendo, ma a cominciare a guardare negli occhi il Paese e a intervenire per risolvere quella fame di sicurezza che c'è nelle nostre periferie, che c'è nelle nostre città e che non può continuare a essere nutrita con provvedimenti tutti ideologici che non risolvono alcun problema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 2355?)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la I Commissione, l'onorevole Riccardo Magi, che però mi pare di non vedere in Aula. Medesima cosa per la relatrice di maggioranza per la I Commissione, onorevole Montaruli, che mi pare non sia in Aula.
Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la II Commissione, l'onorevole Bellomo, che rinuncia. Chiedo la stessa cosa alla deputata Bisa, che rinuncia.
Ha facoltà di replicare il Ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi.
MATTEO PIANTEDOSI, Ministro dell'Interno. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, il Governo ha apprezzato molto la discussione, anche lunga, che c'è stata su questo provvedimento, che per noi è un provvedimento strategico, che introduce strumenti concreti per rafforzare il contrasto alla criminalità, a garantire una maggiore tutela dei cittadini, in particolare delle fasce più vulnerabili, che a lungo sono state evocate in quest'Aula, e valorizzare anche il lavoro quotidiano delle Forze dell'ordine; questo perché, per noi, il testo contiene, prima di tutto, misure decisive per la sicurezza nazionale, potenziando la capacità di prevenzione e di intervento nei confronti di soggetti radicalizzati, come, peraltro, alcune situazioni hanno evidenziato proprio in questi giorni. Quindi, sarà ora possibile agire tempestivamente anche contro chi detiene o diffonde materiale con finalità terroristiche.
Un forte impulso arriva anche sul fronte della lotta alla criminalità organizzata, con il rafforzamento dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, e l'obiettivo è accelerare, da questo punto di vista, la restituzione di immobili e patrimoni illeciti alle comunità, trasformando i simboli del crimine in presidi di legalità.
Il decreto, secondo noi, è strategico anche perché prevede, tra l'altro, procedure d'urgenza per liberare rapidamente le abitazioni occupate abusivamente, soprattutto in danno di soggetti vulnerabili, e prevede anche più tutela per gli anziani, vittime, spesso, di truffe.
Viene introdotta la figura del tutor per gli operatori economici, vittime di usura, con l'obiettivo di accompagnare in un percorso di reinserimento nel circuito legale.
Infine, grande attenzione è riservata proprio alle Forze dell'ordine, attenzione che è stata invocata ed evocata anche in quest'Aula, e ai Vigili del fuoco, per i quali sono previste maggiori tutele contro le aggressioni e un sostegno economico fino a 10.000 euro per ciascuna fase del procedimento legale, in caso di processi legati a fatti di servizio.
Poi - concludo - è stato evocato molto l'impegno del Governo per il rafforzamento degli organici delle Forze di Polizia. Voglio segnalare che non era questo il provvedimento in cui questo è stato fatto da parte del Governo. Con le leggi di bilancio, approvate negli ultimi anni, noi abbiamo già assunto, da quando siamo in carica, 30.000 unità di Forze di Polizia; quest'anno, contiamo di immetterne, di nuove, 14.000 (Commenti del deputato Quartini) e, nei prossimi due anni, altre 22.000.
Si tratta di un'inversione di tendenza rispetto a una concezione troppo a lungo perseguita, affermata negli anni scorsi, di vedere la sicurezza come fattore di costo e non come un investimento per la sicurezza e, quindi, per la libertà dei cittadini.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 2355?)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).
(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2355?)
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. Ne ha facoltà.
MATTEO PIANTEDOSI, Ministro dell'Interno. Grazie, Presidente, e grazie ancora agli onorevoli deputati. A nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2355?, nel testo delle Commissioni riunite, identico a quello presentato dal Governo.
PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 18,10 presso la Biblioteca del Presidente, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento.
La seduta è sospesa e riprenderà al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo.
La seduta, sospesa alle 18, è ripresa alle 18,45.
Nuova articolazione dei lavori dell'Assemblea per il periodo 27 maggio-30 maggio 2025.
PRESIDENTE. Comunico che, nell'odierna riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 2355? - Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario (da inviare al Senato – scadenza: 10 giugno 2025), nel testo delle Commissioni, è stata convenuta una nuova articolazione dei lavori per la settimana in corso, che è pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.
(Segue sorteggio).
La chiama avrà inizio dall'onorevole Bossi.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare la deputata Susanna Cherchi. Ne ha facoltà.
SUSANNA CHERCHI (M5S). Grazie, Presidente. Davvero non so se sarò ancora in grado di intervenire, tentando di mantenere i nervi saldi e le parole consone al ruolo che ricopro.
Un altro gattino è stato sfregiato, non avete idea di come sono le foto. E lui non ce l'ha fatta. L'annuncio delle volontarie OIPA, che gli hanno detto: Pasqualino, hai combattuto come un leone, volevi vivere, scusaci se non siamo riusciti a salvarti.
È successo la scorsa settimana, le volontarie l'hanno trovato, accolto e curato. Il gattino era veramente molto ferito, con ustioni su tutto il corpo. È stato subito sottoposto a cure veterinarie nell'estremo tentativo di salvarlo: troppo gravi le ferite, le cure sono state inutili.
L'episodio ha suscitato forte commozione, indignazione nella comunità locale, ma le condizioni cliniche si sono aggravate fino all'esito fatale.
Adesso, amore mio, corri libero e perdonaci per quello che ti è stato fatto.
Ma sono stanca anche dell'indignazione e della commozione, se a questo non fa seguito una consapevolezza matura, che spinge le persone a denunciare; i cittadini che sanno e che hanno visto hanno il dovere di andare dalle Forze dell'ordine.
Ma come si fa a non capire che tenere nella propria comunità un mostro demoniaco che si diverte a torturare esserini innocenti o anche essere complici con queste persone crea un problema enorme all'interno del Paese?
Ricordo a tutti che persone così sono veramente pericolose, perché hanno dei disturbi psichici. Non dico di farsi giustizia da soli, ma perlomeno denunciate. Persone che si macchiano di delitti così atroci, allontaniamole dalle nostre comunità, chiudiamole in qualche struttura che cerchi di aiutarle, per quanto è possibile.
E adesso, Pasqualino, scusaci per non averti protetto, non ti abbiamo salvato. Gli uomini non sono tutti dei demoni, ci sono anche delle persone buone.
Ciao, amore mio, ciao Pasqualino, fai buon viaggio e buon ponte.
PRESIDENTE. Assumendomene la responsabilità, consentitemi una piccola interferenza istituzionale per ringraziare, per lo scudetto, i giocatori del Napoli, l'allenatore Conte, il presidente De Laurentiis, tutti noi tifosi del Napoli. Grazie.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 27 maggio 2025 - Ore 16,20:
1. Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario.
(C. 2355?)
Relatori: MONTARULI (per la I Commissione) e BELLOMO e BISA (per la II Commissione), per la maggioranza; MAGI (per la I Commissione), di minoranza.
La seduta termina alle 18,55.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: AUGUSTA MONTARULI, INGRID BISA E DAVIDE BELLOMO (A.C. 2355?)
AUGUSTA MONTARULI, Relatrice per la maggioranza per la I Commissione. (Relazione - A.C. 2355?). Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi! L'Assemblea avvia oggi la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 48 del 2025, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario (C. 2355? Governo).
Si tratta di un provvedimento ampio che si innesta nell'ambito dei lavori parlamentari relativi al c.d. “disegno di legge sicurezza”, approvato in prima lettura alla Camera dei deputati in data 18 settembre 2024 (A.C. 1660?) e in sede referente dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia del Senato in data 26 marzo 2025.
Rispetto al testo licenziato dalle Commissioni riunite del Senato, il testo in esame– pur con alcune modifiche, anche minime, su 12 dei 39 articoli – ne riproduce sostanzialmente i contenuti.
Le Commissioni Affari costituzionali e Giustizia ne hanno avviato l'esame lo scorso 16 aprile e, compatibilmente con i tempi a disposizione per la conversione del decreto – hanno comunque ad esso dedicato ampi spazi di approfondimento e di discussione delle proposte emendative.
Al riguardo, mi limito a rilevare che, oltre all'ampio ciclo di audizioni informali svolto che ha impegnato le Commissioni per oltre 9 ore, le fasi de esame si sono articolate in sedute preliminari alla fase delle votazioni (per circa 3 ore di discussione) e infine le Commissioni hanno dedicato oltre 17 ore all'esame delle proposte emendative, arrivando ad esaminarne 234 (tutte presentati dai gruppi di opposizione) sulle circa 550 che sono state segnalate per la votazione tra le circa 1900 presentate.
Evidenzio, infine, che sono stati acquisti i pareri favorevoli delle Commissioni in sede consultiva, nonché il parere del Comitato per la legislazione recante talune osservazioni.
Vengo adesso al merito del provvedimento.
Il decreto-legge in esame si compone di 39 articoli, distribuiti in sei Capi, recanti rispettivamente:
- disposizioni per la prevenzione e il contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata nonché in materia di beni sequestrati e confiscati e di controlli di polizia (articoli da 1 a 9);
- disposizioni in materia di sicurezza urbana (articoli da 10 a 18);
- misure in materia di tutela del personale delle forze di polizia, delle forze armate e del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché degli organismi di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124 (articoli da 19 a 32);
- disposizioni in materia di vittime dell'usura (articolo 33);
- norme sull'ordinamento penitenziario (articoli da 34 a 37);
- disposizioni finali (articolo 38 e 39).
L'articolo 1 modifica due articoli del codice penale, riferiti a delitti con finalità di terrorismo e contro l'incolumità pubblica.
La lettera a) introduce l'articolo 270-quinquies.3 (Detenzione di materiale con finalità di terrorismo), che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque – al di fuori dei casi di associazione con finalità di terrorismo e di addestramento ad attività con finalità di terrorismo di cui agli articoli 270-bis e 270-quinquies – consapevolmente si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull'uso di congegni bellici micidiali, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche, batteriologiche nocive o pericolose, nonché su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale.
Nella relazione illustrativa si afferma che l'intervento si rende necessario per colmare un vuoto normativo sulla detenzione di documentazione propedeutica al compimento di attentati e sabotaggi con finalità di terrorismo, in quanto nella prassi operativa, “l'ipotesi della detenzione di materiale informativo concernente l'implementazione di metodi e l'approntamento e l'utilizzo di strumenti terroristici non è agevolmente riconducibile alle fattispecie di cui agli articoli 302 o 414 del codice penale, relativi all'apologia o all'istigazione di reati con finalità di terrorismo, o all'articolo 270-quinquies, nella parte in cui punisce l'auto-addestramento ad attività terroristiche”.
La lettera b) modifica l'articolo 435 del codice penale aggiungendovi un secondo comma, al fine di introdurre un'ulteriore fattispecie del delitto di fabbricazione o detenzione di materie esplodenti.
Il citato articolo 435 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o detiene materia esplodenti, asfissianti, accecanti, tossiche o infiammabili ovvero sostanza che servono alla loro composizione o fabbricazione. Con la modifica effettuata dal provvedimento in esame viene stabilito che, fuori dei casi di concorso nel reato di cui al primo comma, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull'uso delle materie o sostanze indicate al primo comma, nonché su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di delitti non colposi contro la personalità dello Stato di cui al libro II, titolo I, del codice penale puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
L'articolo 2 interviene sull'articolo 17 del decreto-legge n. 113 del 2018 che, al fine di far fronte alle crescenti esigenze di prevenzione del terrorismo, prevede la comunicazione da parte degli esercenti dell'autonoleggio dei dati identificativi del soggetto richiedente il servizio, per il loro inserimento e raffronto nel Centro elaborazione dati.
L'articolo in commento, in primo luogo, amplia le finalità per le quali è possibile inserire le predette segnalazioni, ricomprendendovi la prevenzione dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Tale innovazione, come riportato nella relazione illustrativa, muove dall'esigenza di agevolare le attività di polizia giudiziaria inerenti alla criminalità di tipo mafioso e al traffico di stupefacenti.
In secondo luogo, si prevede che siano comunicati per i medesimi fini anche i dati identificativi del veicolo (targa, telaio, passaggi di proprietà e subnoleggio).
In terzo luogo, si consente che il Centro elaborazione dati proceda al raffronto automatico dei dati comunicati con quelli conservati al suo interno, anche con riguardo alle segnalazioni inserite dalle Forze di polizia in merito ai reati di cui al citato articolo 51, comma 3-bis. Si segnala che la novella in commento non era contenuta nel testo del disegno di legge esaminato dal Parlamento.
Infine, sempre con riguardo all'articolo 17, si coordina la denominazione della rubrica con i contenuti assunti a seguito della novella in commento.
L'articolo 3 introduce alcune modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011) in materia di documentazione antimafia riferita ai contratti di rete e di non applicabilità da parte del prefetto dei divieti di contrattare e di ottenere concessioni o erogazioni qualora dall'applicazione di tali divieti derivi il venir meno dei mezzi di sostentamento per l'interessato e la sua famiglia.
La lettera a) modifica il comma 2 dell'articolo 85 del citato codice, al fine di inserire nel novero dei soggetti sottoposti a verifica antimafia le imprese aderenti al cosiddetto “contratto di rete”, in ragione - come si legge nella relazione illustrativa - della sua progressiva diffusione nel tessuto economico-imprenditoriale. In tal caso, le verifiche antimafia si applicano a tutte le imprese partecipanti al contratto di rete, nonché all'organo comune, laddove previsto.
La lettera b) inserisce nel codice antimafia l'articolo 94.1, volto a prevedere l'esclusione di alcuni divieti e decadenze nei confronti delle imprese individuali. Con l'introduzione del nuovo articolo 94.1 si prevede che – ferma restando la competenza esclusiva del giudice, di cui all'articolo 67, comma 5 dello stesso codice– il prefetto, qualora ritenga sussistenti i presupposti per l'adozione dell'informazione antimafia interdittiva, possa escludere uno o più divieti e decadenze previsti all'articolo 67, comma 1, nel caso in cui accerti che per effetto dei citati divieti verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento al titolare dell'impresa individuale e alla sua famiglia. L'esclusione de quo ha durata annuale, prorogabile ove permangano i presupposti accertati.
La mancanza dei mezzi di sostentamento è accertata, su documentata istanza dell'interessato, all'esito di verifiche effettuate dal gruppo interforze istituito presso la prefettura competente ai sensi dell'articolo 90 del codice.
Il prefetto, quando dispone l'esclusione dei divieti e delle decadenze citati può prescrivere all'interessato l'osservanza di una o più misure amministrative di prevenzione collaborativa previste dall'articolo 94-bis, commi 1 e 2, del codice antimafia. In tal caso si applicano i commi 3, primo periodo, e 5 del medesimo articolo 94-bis.
Ad ogni modo, le disposizioni dell'articolo 94.1 non si applicano nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 67, comma 8, che richiama i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, nonché i reati di truffa commessa a danno dello Stato o di un altro ente pubblico e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, di cui rispettivamente agli articoli 640, secondo comma, numero 1) e 640-bis del codice penale.
L'articolo 4 interviene sul comma 6-bis dell'articolo 3 del codice antimafia, che riguarda la misura di prevenzione dell'avviso orale disposto dal questore con particolare riguardo al divieto di utilizzare strumenti informatici e telefoni cellulari. Al fine di adeguare la normativa in esame alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale sul punto (sentenza n. 2 del 2023), l'articolo 5 del decreto-legge n. 123 del 2023 aveva previsto un procedimento giurisdizionale per l'adozione di provvedimenti in tale ambito.
L'articolo in esame incide sull'individuazione dell'organo giurisdizionale competente, con l'introduzione di una distinzione, in forza della quale la competenza ad adottare i divieti rimane in capo al tribunale per i minorenni nel caso in cui il destinatario abbia compiuto il quattordicesimo anno d'età ma sia minore di diciotto anni. Viene attribuita al tribunale in composizione monocratica negli altri casi.
L'articolo 5 reca disposizioni in materia di condizioni per la concessione dei benefici per i superstiti delle vittime della criminalità organizzata, con particolare riferimento all'esclusione dai benefici per i parenti o affini entro il quarto grado di soggetti destinatari di misure di prevenzione o sottoposti al relativo procedimento o a procedimento penale.
In particolare, sostituisce il comma 1 dell'articolo 2-quinquies del decreto-legge n. 151 del 2008 su cui è recentemente intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 122 del 2024, che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui esclude dalla platea dei beneficiari dei parenti o affini entro il quarto grado dei soggetti sopra indicati. Con la nuova formulazione, da un lato si ripristina la previsione dell'esclusione ma dall'altro si prevede che l'esclusione non si applichi qualora risulti che il beneficiario al momento dell'evento abbia interrotto definitivamente le relazioni familiari e affettive e i rapporti di interessi e sociali con i predetti soggetti, ovvero non abbia attuali rapporti di concreta frequentazione con i medesimi. Viene, pertanto, superata l'esclusione assoluta censurata dalla Corte costituzionale.
Il comma 2 ne quantifica gli oneri. Si segnala che tale copertura finanziaria riproduce il testo licenziato dalle Commissioni del Senato con riguardo al disegno di legge ordinario, che era parzialmente diverso da quello approvato dalla Camera.
L'articolo 6 introduce alcune disposizioni in materia di protezione di collaboratori e testimoni di giustizia, in particolare per quanto concerne il rilascio delle identità di copertura al fine – esplicitato nella relazione illustrativa – di elevare ulteriormente il livello di protezione per i soggetti che collaborano con la giustizia.
Il comma 1 modifica i commi 10 e 11 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 8 del 1991. La prima integrazione è finalizzata a consentire l'utilizzazione del documento di copertura anche da parte dei collaboratori e dei loro familiari sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari o che fruiscano della detenzione domiciliare. Sono consentiti inoltre l'utilizzazione del documento di copertura e la creazione di identità fiscali di copertura, anche di tipo societario, da parte del Servizio centrale di protezione, qualora ciò si renda necessario per il compimento di particolari atti o per lo svolgimento di specifiche attività di natura riservata e al fine di garantire la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale delle persone sottoposte a speciale programma di protezione nonché la funzionalità, la riservatezza e la sicurezza delle speciali misure di protezione.
Si prevede inoltre che per l'utilizzazione dei documenti e la creazione delle identità fiscali di copertura il Servizio centrale di protezione si avvalga della collaborazione delle autorità e degli altri soggetti competenti.
Con la modifica del comma 11 si attribuisce al vertice della Polizia di Stato il potere di autorizzare il Servizio centrale di protezione alla creazione di identità fiscali di copertura, anche di tipo societario, e si vieta alle autorità e agli altri soggetti destinatari di tale atto di rifiutarsi di predisporre i documenti e di procedere alle registrazioni e porre in essere ogni adempimento necessario. Inoltre, si prevede che presso il medesimo Servizio centrale vi sia un registro riservato attestante i tempi, le procedure e i motivi dell'autorizzazione al rilascio del documento e ogni altra documentazione relativa alla creazione di identità fiscali di copertura, anche di tipo societario.
Il comma 2 reca una modifica di coordinamento.
L'articolo 7, comma 1, lettera a) aumenta da 10 a 30 giorni il termine di impugnazione dei provvedimenti di applicazione delle misure di prevenzione personali, modificando l'articolo 10 del codice antimafia.
La lettera b), interviene sull'articolo 36 del codice antimafia in tema di amministrazione di beni sequestrati e confiscati al fine di disporre che la relazione dell'amministratore giudiziario sui beni sequestrati illustri nel dettaglio le caratteristiche tecnico-urbanistiche, evidenziando gli eventuali abusi, di prevedere una rapida interlocuzione con gli uffici comunali competenti e recare disposizioni per i casi di particolare complessità o nei quali si renda necessario il coinvolgimento di altre Amministrazioni o di enti terzi e, infine, prevedendo che l'attività di esecuzione delle verifiche tecnico-urbanistiche e di interlocuzione dell'amministratore giudiziario con gli uffici comunali competenti, debba proseguire sino al suo perfezionamento anche dopo il deposito della relativa relazione.
Quanto invece al profilo relativo alla gestione di aziende sequestrate e confiscate, la lettera c) modifica l'articolo 38 del codice antimafia, aggiungendo il comma 3-bis, che prevede che le modalità di calcolo e di liquidazione dei compensi dei coadiutori dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) siano individuate con decreto, di natura regolamentare, del Ministero dell'Interno, da adottarsi di concerto con i Ministri dell'Economia e delle finanze e della giustizia. La disposizione precisa che dall'attuazione del predetto regolamento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La lettera d) del comma 1 dispone l'introduzione, all'articolo 40 (Gestione dei beni sequestrati) del codice antimafia, di un nuovo comma 1-bis, il quale stabilisce che se nell'ambito dell'accertamento tecnico-urbanistico dei beni sequestrati viene accertata la sussistenza di abusi non sanabili, con il provvedimento di confisca il giudice ne ordina la demolizione in danno del soggetto destinatario del provvedimento; si stabilisce, inoltre, che il bene non venga acquisito al patrimonio dell'erario e che l'area di sedime sia acquisita al patrimonio indisponibile del Comune territorialmente competente.
La lettera e) del comma 1 modifica l'articolo 41 del codice antimafia, relativo alla gestione delle aziende sequestrate, al fine di prevedere che il tribunale aggiorni con cadenza almeno annuale la valutazione con cui il giudice delegato ha autorizzato la prosecuzione o la ripresa dell'attività. Si prevede, inoltre, che se mancano concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa e se l'impresa è priva di patrimonio utilmente liquidabile, il tribunale lo comunica all'ufficio del registro delle imprese, che ne dispone la cancellazione entro 60 giorni.
La lettera f) prevede l'introduzione del comma 2-ter dell'articolo 44 del codice antimafia, disponendo che si provveda alle comunicazioni di cui al nuovo comma 5-bis dell'articolo 41 anche a seguito del decreto di confisca emanato dalla Corte d'appello, previo nulla osta del giudice delegato.
Con la lettera g) – che aggiunge il comma 1-bis all'articolo 45-bis del codice – si prevede che, dopo il provvedimento definitivo di confisca, non possono prestare lavoro presso l'impresa confiscata i soggetti che siano parenti, coniugi, affini o conviventi con il destinatario della confisca, o coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per il reato di associazioni di tipo mafioso.
La lettera h) del comma 1 – aggiungendo il comma 15-quater.1 all'articolo 48 del codice antimafia – prevede che, qualora nel procedimento finalizzato alla destinazione del bene sia accertata la sussistenza di abusi non sanabili, l'Agenzia promuova incidente di esecuzione per avviare il procedimento con cui il giudice dispone la demolizione del bene.
La lettera i) modifica l'articolo 51-bis del codice, in primo luogo introducendo una modifica testuale al comma 1 al fine di stabilire che l'iscrizione del provvedimento di sequestro nei pubblici registri avvenga il giorno successivo alla sua esecuzione e non, come attualmente previsto, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. L'obiettivo è quello di evitare la divulgazione della misura cautelare del sequestro prima della sua esecuzione. La stessa lettera i) introduce inoltre il comma 1-bis, il quale prevede che il tribunale e l'ANBSC richiedano l'iscrizione gratuita presso il registro delle imprese delle modifiche riguardanti le imprese sequestrate e confiscate derivanti dalla loro amministrazione.
Infine, la lettera l) interviene sull'articolo 54, comma 2, del codice al fine di prevedere che i crediti prededucibili aziendali siano soddisfatti mediante prelievo delle somme disponibili nel relativo patrimonio aziendale.
Il comma 2 dell'articolo 7 reca delle modifiche all'articolo 1, comma 53, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), in materia di contributi agli enti locali per la progettazione definitiva ed esecutiva per la messa in sicurezza del territorio. In particolare, il citato comma 53 prevede che l'ammontare del contributo attribuito a ciascun ente locale venga determinato entro il 28 febbraio dell'esercizio di riferimento del contributo, con decreto del Ministero dell'Interno, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, tenendo conto di un ordine di priorità ivi indicato, che ricomprende la messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, nonché la messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti e la messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell'ente. Il provvedimento in esame prevede che tra questi interventi prioritari debbano essere ricompresi anche gli interventi relativi alla messa in sicurezza e all'efficientamento energetico dei beni destinati all'ente medesimo con provvedimento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC).
L'articolo 8 modifica la definizione di “articolo pirotecnico”, contenuta nel decreto legislativo 29 luglio 2015, n. 123. Con tale modifica, l'ordinamento interno viene adeguato alla nuova definizione comunitaria di articolo pirotecnico, introdotta nell'anno 2021. Secondo tale nuova definizione, gli effetti calorifici, luminosi, sonori, gassosi e fumogeni sono riferiti non più alle sostanze esplosive contenute nel prodotto, ma al prodotto medesimo.
L'articolo 9 interviene sulle ipotesi di revoca della cittadinanza italiana in caso di condanna definitiva per i reati di terrorismo ed eversione ed altri gravi reati (articolo 10-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91), stabilendo che si può procedere alla revoca ove l'interessato possieda o possa acquisirne un'altra. Al contempo, si estende da tre a dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna il termine per poter adottare il provvedimento di revoca.
L'articolo 10 interviene in materia di occupazione arbitraria di immobili destinati a domicilio altrui.
In primo luogo, si introduce nel codice penale l'articolo 634-bis (Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui), che punisce con la reclusione da due a sette anni la condotta di chi, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze, ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile da parte del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente. Alla stessa pena soggiace chi si appropria di un immobile altrui o di sue pertinenze con artifizi o raggiri ovvero cede ad altri l'immobile occupato.
Ancora, fuori dei casi di concorso nel reato, soggiace alla medesima pena colui che si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l'occupazione.
Il terzo comma del nuovo articolo reca una causa di non punibilità a favore dell'occupante che collabora all'accertamento dei fatti e ottempera volontariamente all'ordine di rilascio dell'immobile.
Il reato è perseguibile a querela della persona offesa salvo il caso in cui sia commesso su immobili pubblici o a destinazione pubblica e il caso in cui sia commesso ai danni di una persona incapace, per età o per infermità.
L'articolo in esame introduce nel codice di procedura penale, con il nuovo articolo 321-bis (Reintegrazione nel possesso dell'immobile), una procedura volta alla reintegrazione nel possesso dell'immobile o delle sue pertinenze con decreto del giudice - nella fase antecedente all'esercizio dell'azione penale, provvede il giudice per le indagini preliminari - che siano stati oggetto di occupazione arbitraria.
Inoltre, se l'immobile occupato corrisponde all'unica abitazione effettiva del denunciante, si disciplina una procedura di rilascio coattivo e di reintegrazione nel possesso ad opera della polizia giudiziaria, previa autorizzazione del pubblico ministero e successiva convalida da parte del giudice.
L'articolo 11, comma 1, introduce la nuova circostanza aggravante comune dell'aver commesso il fatto nelle aree interne o nelle immediate adiacenze delle infrastrutture ferroviarie o all'interno dei convogli adibiti al trasporto passeggeri. Si segnala che l'ambito applicativo di tale circostanza aggravante viene precisato nel testo del decreto-legge con riguardo ai soli delitti non colposi contro la vita e l'incolumità pubblica e individuale, contro la libertà personale e contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, precisazione che non era presente nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
Inoltre, al fine di rafforzare il contrasto al fenomeno delle truffe agli anziani l'articolo in commento, al comma 2, modifica l'articolo 640 c.p. (Truffa) inserendo una specifica ed autonoma ipotesi di truffa aggravata, in caso di cosiddetta “minorata difesa” assistita dalla pena da due a sei anni di reclusione oltre la multa (da 700 a 3.000 euro). L'aumento di pena rende quindi applicabile anche la misura cautelare in carcere.
Il comma 3 integra l'articolo 380 c.p.p. (Arresto obbligatorio in flagranza) al fine di consentire che la misura precautelare ivi disciplinata sia applicabile anche alla descritta truffa aggravata.
L'articolo 12 prevede un inasprimento delle pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora il fatto sia commesso con violenza alla persona o minaccia. Nelle fattispecie aggravata la pena passa dalla reclusione da 1 a 5 anni alla reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni e con la multa fino a 15.000 euro.
INGRID BISA, Relatrice per la maggioranza per la II Commissione. (Relazione - A.C. 2355?). Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi! Facendo seguito alla relazione della collega Montaruli, proseguo con l'illustrazione del provvedimento dall'articolo 13 all'articolo 24.
L'articolo 13, al comma 1, lettera a), estende l'ambito della misura di prevenzione del DACUR, cosiddetto “DASPO urbano”.
Tale istituto consente al sindaco di irrogare una sanzione pecuniaria e impartire un ordine di allontanamento dal luogo della condotta illecita, valido quarantotto ore, nei confronti dell'autore di condotte che impediscono l'accessibilità e la fruizione delle infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze, o di chi – nei suddetti spazi – viene trovato in stato di ubriachezza, compie atti contrari alla pubblica decenza ovvero esercita il commercio abusivo.
In caso di reiterazione della condotta, il questore è autorizzato a disporre il divieto di accesso ad una o più delle suddette aree per un periodo non superiore a dodici mesi – la cui violazione è punita con l'arresto da sei mesi ad un anno -, qualora ravvisi un pericolo per la sicurezza. La novella interviene su tale misura, estendendone l'ambito soggettivo, in quanto ne diventano potenziali destinatari anche soggetti denunciati o condannati anche con sentenza non definitiva nei cinque anni precedenti per delitti contro la persona o il patrimonio. Inoltre, si abroga la norma che prevede la mera possibilità (e non l'obbligo) di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'osservanza del divieto di accesso impartito. Conseguentemente, il comma 2 dell'articolo in commento integra l'articolo 165 c.p. (Obblighi del condannato) prevedendo che, se il divieto di accesso non è osservato, il giudice deve revocare la sospensione condizionale della pena.
Viene, infine, apportata una modifica al comma 6-quater dell'articolo 10 del decreto legge n. 14 del 2017 al fine di prevedere che la disciplina dell'arresto in flagranza differita trovi applicazione anche quando il reato di lesioni ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive ovvero al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni è commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, di cui all'articolo 583-quater c.p.
L'articolo 14 trasforma l'illecito amministrativo commesso da chi impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo, a delitto punibile con la reclusione fino a un mese e la multa fino a 300 euro e lo estende anche ai casi di blocco di strada ferrata, novellando in tal senso l'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 66 del 1948.
Inoltre, inserisce nella citata disposizione un'aggravante speciale ad effetto speciale per l'ipotesi di consumazione del reato da parte di più persone riunite, graduando il trattamento sanzionatorio da sei mesi a due anni di reclusione, mentre sopprime il riferimento all'applicazione della sanzione per i promotori e gli organizzatori.
L'articolo 15, comma 1, abroga all'articolo 146 c.p. (Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena) la disposizione che obbliga a differire l'esecuzione di una pena non pecuniaria se deve aver luogo nei confronti di donna incinta o madre di infante di età inferiore ad anni uno (attualmente prevista ai nn. 1) e 2) del primo comma).
L'abrogazione si estende anche alla disposizione – recata dal secondo comma - secondo cui tale obbligo di differimento non opera o viene revocato se la gravidanza si interrompe, o la madre è dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale o, ancora, se il figlio muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri, sempreché l'interruzione di gravidanza o il parto siano avvenuti da oltre due mesi.
Conseguentemente, si modifica l'articolo 147 c.p. (Rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena), al fine di rendere facoltativo il rinvio della pena restrittiva della libertà personale per tali soggetti - come già attualmente previsto per la madre di prole di età superiore a un anno e inferiore a tre anni - e prevedere anche in tale ipotesi la revoca del provvedimento di rinvio qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio, il figlio muoia, venga abbandonato ovvero affidato ad altri che alla madre. La disposizione in esame integra le ipotesi di revoca, estendendole anche al caso in cui la madre, durante il periodo di differimento, pone in essere comportamenti che causano un grave pregiudizio alla crescita del minore.
Infine, si vieta il differimento della esecuzione della pena nei confronti di donna incinta o madre di infante di età inferiore ad anni tre, se dal rinvio derivi una situazione di pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti.
In questo caso di impossibilità di rinvio della pena, riemerge un trattamento differente. Per la madre con figlio tra uno e tre anni l'esecuzione «può» aver luogo, in alternativa rispetto all'istituto penitenziario ordinario, anche presso gli istituti a custodia attenuata per detenute madri. Invece, per la donna incinta o madre di prole fino a un anno, l'esecuzione «deve» comunque avvenire presso gli ICAM, restando quindi fermo il divieto di esecuzione della pena negli istituti penitenziari.
L'articolo in commento reca gli ulteriori commi da 2 a 7, che non erano presenti nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
Il comma 2 introduce l'articolo 276-bis del codice di procedura penale (Provvedimenti in caso di evasione o di condotte pericolose realizzate da detenuti in istituti a custodia attenuata per detenute madri). In base a tale disposizione, se la persona sottoposta a custodia cautelare in un ICAM evade o tenta di evadere ovvero che tenga condotte che compromettono l'ordine o la sicurezza pubblica dell'istituto stesso, il giudice dispone il trasferimento in carcere.
Il provvedimento è comunicato ai servizi sociali del comune dove si trovano i figli minori del detenuto, in quanto tale trasferimento non implica che gli stessi seguano il genitore nell'istituto penitenziario, fatta salva l'ipotesi in cui sia il loro preminente interesse a richiedere una simile misura. In tal caso, l'istituto deve essere dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie ai minori. Alla luce delle novelle recate dall'articolo in commento, dunque, la custodia in carcere può essere disposta, al ricorrere delle circostanze indicate da nuovo articolo 276-bis c.p.p., anche nei confronti di donne incinte o madri di figli di età inferiore ad 1 anno.
Il comma 3 modifica l'articolo 285-bis del codice di rito con riguardo alle ipotesi in cui possa essere disposta la custodia cautelare presso un ICAM. Analogamente a quanto disposto dal nuovo quinto comma dell'articolo 147 c.p. - introdotto dal comma 1, lettera b), dell'articolo in esame - per l'esecuzione della pena, anche per la custodia cautelare viene stabilito un doppio regime: in primo luogo, per le donne incinte o madri di figli di età inferiore ad 1 anno la custodia potrà essere disposta esclusivamente presso un ICAM. In secondo luogo, per le madri di figli di età compresa tra 1 e 6 anni la custodia potrà essere disposta presso un ICAM solo se le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano.
Il comma 4 inserisce due ulteriori commi all'articolo 293 c.p.p., in materia di adempimenti esecutivi di ordinanza cautelare. In particolare, viene previsto l'obbligo per l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza di dare conto, nel verbale delle operazioni svolte, anche del fatto che tale ordinanza riguardi una donna incinta o una madre (o padre) di prole di età inferiore ai 6 anni, ipotesi che, ai sensi dell'articolo 275, comma 4, c.p.p., escludono la custodia cautelare in carcere; in tal caso il verbale viene trasmesso al giudice prima che il soggetto destinatario dell'ordinanza entri nell'istituto di pena. Conseguentemente, il giudice può sostituire la misura cautelare con una meno grave o disporre l'esecuzione della custodia presso un ICAM prima dell'ingresso del soggetto nell'istituto di pena.
Il comma 5 integra l'articolo 386 c.p.p. con l'aggiunta di due periodi volti a specificare che, in caso di arresto o fermo di una donna incinta o madre di figli di età inferiore ad 1 anno, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria la pongono a disposizione del pubblico ministero conducendola presso un ICAM. Inoltre, si precisa che qualora sia invece madre di figli di età compresa tra 1 e 3 anni, il pubblico ministero può disporre la custodia presso un ICAM.
Il comma 6 apporta modifiche alla fase della custodia dell'arrestato in caso di giudizio direttissimo, di cui all'articolo 558 c.p.p., al fine di stabilire che, in caso di mancanza o di indisponibilità dei luoghi idonei agli arresti domiciliari di cui all'articolo 284, comma 1, c.p.p. o se gli stessi siano ubicati fuori dal circondario in cui è stato eseguito l'arresto, il pubblico ministero dispone la custodia presso un ICAM se l'arrestato è donna incinta o madre di figli di età inferiore ad 1 anno. Il pubblico ministero può, invece, disporre la custodia presso un ICAM se l'arrestato è madre di figli di età compresa tra 1 e 3 anni.
Il comma 7 interviene sull'articolo 678 c.p.p., comma 1-bis, operando il necessario coordinamento conseguente all'abrogazione dei numeri 1) e 2) dell'articolo 146 c.p., da parte del comma 1, lettera a), dell'articolo in esame.
Il comma 8 prevede infine che il Governo presenti alle Camere, entro il 31 ottobre di ciascun anno, una relazione annuale sull'attuazione delle misure cautelari e dell'esecuzione delle pene non pecuniarie nei confronti delle donne incinte e delle madri di prole di età inferiore a tre anni.
L'articolo 16 modifica l'articolo 600-octies (Impiego di minori nell'accattonaggio. Organizzazione dell'accattonaggio) al fine di punire l'impiego di minori sino a sedici anni, anziché sino a quattordici anni come prevede la norma vigente. L'attuale limite massimo della reclusione fino a tre anni viene sostituito dalla pena minima di un anno e massima di cinque anni di reclusione.
Inoltre si novella il secondo comma, che punisce che organizza, si avvale o favorisce la condotta di accattonaggio, al fine di includere nella fattispecie del delitto anche l'induzione all'accattonaggio. Ancora, se il fatto è commesso con violenza o minaccia o nei confronti di persona minore degli anni sedici o comunque non imputabile, è prevista un'aggravante ad effetto speciale che comporta l'aumento della pena da un terzo alla metà.
L'articolo 17 autorizza ciascuno dei comuni capoluogo di città metropolitana della Regione siciliana in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d. pre-dissesto) e che hanno sottoscritto l'accordo per il ripiano del disavanzo e il rilancio degli investimenti ad assumere 100 vigili urbani.
L'articolo 18 novella la disciplina relativa al sostegno e alla promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, legge n. 242 del 2016), al fine, in particolare, di introdurre, per le infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.), il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché per i prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati. Si prevede che, in tali ipotesi, si applicano le sanzioni previste al Titolo VIII del D.P.R. n. 309/1990 in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
La lettera b), numero 2), dell'articolo in commento - riferita alla produzione agricola di semi - non era presente nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera. Tale disposizione esclude che il predetto divieto ricomprenda la produzione agricola di semi destinati agli usi consentiti dalla legge entro i limiti di contaminazione. Inoltre, individua nel Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei carabinieri– e non più nel Corpo forestale dello Stato – l'organo autorizzato ad effettuare i necessari controlli, compresi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa.
L'articolo 19 interviene sull'articolo 336 c. p. (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), sull'articolo 337 c.p. (Resistenza a un pubblico ufficiale) e sull'articolo 339 c.p., integrando il novero delle circostanze aggravanti previste per i citati reati.
Per entrambi i reati è aggiunto un comma, finalizzato a introdurre la circostanza aggravante a effetto speciale dell'aumento della pena fino alla metà se il fatto è commesso nei confronti di (o per opporsi a) un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza.
Con l'integrazione dell'articolo 339 c.p. si aggiunge per tali reati - nonché per quello di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi componenti - una ulteriore aggravante a effetto comune che ricorre se la violenza o la minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici.
Si segnala che l'articolo in commento reca disposizioni in parte differenti rispetto a quelle recate nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera: in primo luogo la circostanza aggravante per i reati di cui agli articoli 336 c. p. e 337 c.p. comporta l'aumento della pena fino alla metà (e non fino ad un terzo); inoltre non viene replicato il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti su quelle aggravanti. Infine, si precisa che l'aggravante riguarda specifiche infrastrutture (mentre nel disegno di legge vi era un generico riferimento alla realizzazione di un'opera pubblica o di un'infrastruttura strategica).
L'articolo 20 novella l'articolo 583-quater c.p. (Lesioni personali a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, nonché a personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali).
In primo luogo viene esteso l'ambito applicativo del reato, in quanto si sostituisce l'espressione “pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive” con quella più ampia di “ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell'atto o a causa dell'adempimento delle sue funzioni”. Inoltre, viene introdotta anche una specifica sanzione, da 2 a 5 anni, per le lesioni semplici, attualmente rientranti nella disposizione generale di cui all'articolo 582 c.p.
L'articolo 21 consente alle Forze di polizia di utilizzare dispositivi di videosorveglianza indossabili nei servizi di mantenimento dell'ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonché in ambito ferroviario e a bordo dei treni. Si prevede inoltre la possibilità di utilizzo dei dispositivi di videosorveglianza nei luoghi e negli ambienti in cui vengono trattenute persone sottoposte a restrizione della libertà personale.
L'articolo 22 reca disposizioni concernenti il riconoscimento – a decorrere dal 2025 - di un beneficio economico destinato alla copertura delle spese legali, quando intendano avvalersi di un professionista di fiducia, sostenute da ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, nonché dai vigili del fuoco, indagati o imputati nei procedimenti riguardanti fatti inerenti al servizio svolto. Tale beneficio non può superare complessivamente l'importo di 10.000 euro per ciascuna fase del procedimento.
La disciplina in esame si applica anche al personale convenuto in giudizi per responsabilità civile ed amministrativa e consente di accedere a tale erogazione anche al coniuge, al convivente di fatto e ai figli del dipendente deceduto.
È fatta salva la rivalsa delle somme corrisposte in caso di accertamento della responsabilità con dolo del beneficiario. Mentre non si procede a rivalsa in caso di archiviazione, di sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento, di assoluzione o di estinzione del reato, salvo che per i fatti contestati in sede penale sia stata accertata la responsabilità per grave negligenza in sede disciplinare.
L'articolo 23 reca una disciplina del tutto analoga a quella descritta nell'articolo precedente, con riguardo al personale delle Forze armate.
L'articolo 24 modifica l'articolo 639 c.p. (Deturpamento e imbrattamento di cose altrui) introducendo un'aggravante di pena - reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi e la multa da 1.000 a 3.000 euro - ove il fatto sia commesso su beni mobili o immobili adibiti all'esercizio di funzioni pubbliche, con la finalità di ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione alla quale appartengono.
Inoltre si interviene in tema di recidiva, introducendo anche in questo caso una specifica aggravante della pena prevendo la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa fino a 12.000 euro.
DAVIDE BELLOMO, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. (Relazione - A.C. 2355?). Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi! Facendo seguito alla relazione della collega Bisa, proseguo con l'illustrazione del provvedimento dall'articolo 25 all'articolo 39.
L'articolo 25 interviene sull'articolo 192 del codice della strada (Obblighi verso funzionari, ufficiali e agenti) per inasprire le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi ivi previsti da parte dei conducenti dei veicoli, quali quello di esibire documenti, consentire ispezioni del veicolo o arrestare il veicolo. La sanzione prevista è da 100 a 400 euro (attualmente, è da 87 a 344 euro).
Per la sola inosservanza dell'invito a fermarsi, la sanzione è fissata da 200 a 600 euro e, in caso di reiterazione nel biennio, si applica anche la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da quindici a trenta giorni. Invece, per il caso di forzatura di un posto di blocco si prevede la sanzione del pagamento da euro 1.500 ad euro 6.000 e la sospensione della patente da tre mesi a un anno.
Infine, viene ritoccata la tabella dei punteggi prevista dall'articolo 126-bis dello stesso codice della strada, al duplice scopo di adeguarla alla nuova articolazione delle condotte e di graduare la decurtazione alla nuova valutazione di gravità.
L'articolo 26, al fine di rafforzare le misure riguardanti la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari integra l'articolo 415 c.p. (Istigazione a disobbedire alle leggi), per introdurre un'aggravante a effetto comune (aumento della pena edittale fino ad un terzo) se il fatto è commesso all'interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute. Il citato articolo 415 prevede la reclusione da 6 mesi a 5 anni.
Ancora, si introduce il nuovo reato di cui all'articolo 415-bis (Rivolta all'interno di un istituto penitenziario). La condotta che integra la fattispecie è quella di partecipazione ad una rivolta, attuata mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza. Si segnala che tale ultima locuzione - riferita alla resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti - non era presente nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
Tali condotte devono essere poste in essere da 3 o più persone riunite. La disposizione in esame qualifica, inoltre, espressamente le condotte di resistenza passiva, quali le condotte che impediscono il compimento degli atti dell'ufficio o del servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza, tenendo conto del numero delle persone coinvolte e del contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio.
La pena base è la reclusione da 1 a 5 anni. Il nuovo articolo 415-bis, punisce, altresì, le condotte di promozione, organizzazione o direzione della rivolta, con la reclusione da 2 a 8 anni.
Inoltre, sono previste alcune aggravanti: la partecipazione alla rivolta con uso di armi è punita con la reclusione da 2 a 6 anni; l'aver promosso, organizzato o diretto la rivolta con uso di armi è punito con la reclusione da 3 a 10 anni; se dal fatto deriva, non volutamente, una lesione personale grave o gravissima la pena è della reclusione da 2 a 6 anni per chi ha partecipato alla rivolta, da 4 a 12 anni per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta; se dal fatto deriva, non volutamente, la morte, la pena è della reclusione da 7 a 15 anni per chi ha partecipato alla rivolta, da 10 a 18 anni per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta. Infine, nel caso di lesioni gravi o gravissime o morte di più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al triplo; la pena della reclusione non può comunque essere superiore a 20 anni.
L'articolo 27, comma 1, interviene sul testo unico immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) per introdurre un nuovo reato – analogo a quello previsto per gli istituti penitenziari dall'articolo 26 -, finalizzato a reprimere gli episodi di rivolta nei centri di trattenimento ed accoglienza da parte di coloro che sono ivi trattenuti.
Il reato si consuma in caso di partecipazione, promozione, organizzazione o direzione di una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, posti in essere da tre o più persone riunite.
Anche per tale fattispecie si specifica quali sono le condotte di resistenza passiva: si tratta delle condotte che impediscono il compimento degli atti dell'ufficio o del servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza, con riferimento al numero delle persone coinvolte e al contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio.
La pena base è la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata da un anno e sei mesi a cinque anni nei confronti di coloro che promuovono, organizzano o dirigono la rivolta.
Inoltre, sono previste alcune aggravanti: se, il fatto è commesso con l'uso di armi, la pena prevista è della reclusione da uno a cinque anni, aumentata da due a sette anni per chi promuove, organizza o dirige la rivolta. La pena della reclusione da due a sei anni è prevista nelle ipotesi in cui si partecipi ad una rivolta nel corso della quale, quale conseguenza non voluta, taluno riporti lesioni personali gravi o gravissime; nella medesima ipotesi, la pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta è da quattro a dodici anni di reclusione.
La novella prevede, inoltre, la pena della reclusione da sette a quindici anni nelle ipotesi in cui si partecipi ad una rivolta che provochi la morte, quale conseguenza non voluta; nella medesima ipotesi, la pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta è da dieci a diciotto anni di reclusione. Nel caso di lesioni gravi o gravissime o morte di più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al triplo; la pena della reclusione non può comunque essere superiore a venti anni.
Il comma 2 modifica inoltre il comma 3-bis dell'articolo 19 del decreto legge n. 13 del 2017, che semplifica le procedure per la realizzazione dei centri di permanenza per i rimpatri attraverso la possibilità di derogare ad ogni disposizione di legge - ad eccezione della legge penale e del codice antimafia - e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Tale disciplina viene estesa anche alle procedure per la localizzazione e per l'ampliamento e il ripristino dei centri esistenti.
L'articolo 28 contiene disposizioni in materia di licenza, porto e detenzione di armi, autorizzando gli agenti di pubblica sicurezza – carabinieri, agenti della polizia di Stato, della Guardia di finanza e del Corpo della Polizia penitenziaria – a portare alcune tipologie di armi senza licenza, quando non sono in servizio.
Si tratta, in particolare, in base all'articolo 42 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (di cui al Regio decreto n. 773 del 1931) di armi lunghe da fuoco, rivoltelle e pistole di qualunque misura, bastoni animati con lama di lunghezza inferiore ai 65 centimetri. La disposizione autorizza quindi il Governo ad apportare le necessarie modifiche al regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (di cui al Regio decreto n. 635 del 1940) con regolamento di delegificazione.
L'articolo 29 estende l'applicabilità delle pene previste dagli articoli 1099 e 1100 del codice della navigazione ai capitani delle navi, italiane o straniere, che non obbediscano all'intimazione di fermo o che commettano atti di resistenza contro navi della Guardia di Finanza impiegate in attività istituzionali.
A tal fine, il comma 1 estende l'applicazione degli articoli 5 e 6 della legge n. 1409 del 1956, attualmente applicabili alle sole fattispecie di vigilanza marittima ai fini della repressione del contrabbando dei tabacchi, anche alle attività del naviglio della Guardia di finanza impegnato in altre funzioni istituzionali nonché ai comandanti di navi straniere.
Inoltre, modificando con il comma 2 gli articoli 1099 (Rifiuto di obbedienza a nave da guerra) e 1100 (Resistenza o violenza contro nave da guerra) del codice della navigazione, il provvedimento prevede la reclusione fino a 2 anni per il comandante della nave straniera che non obbedisca all'ordine di una nave da guerra nazionale nei casi consentiti dalle norme internazionali di visita e a ispezione delle carte e dei documenti di bordo (modifica dell'articolo 1099) e la reclusione da tre a dieci anni per il comandante o l'ufficiale della nave straniera per gli atti compiuti contro una nave da guerra nazionale (modifica dell'articolo 1100).
L'articolo 30 è finalizzato alla tutela delle Forze armate impegnate in missioni internazionali, e a tale scopo integra le disposizioni penali applicabili al personale partecipante e di supporto alle missioni, per prevedere la non punibilità dell'utilizzo di dispositivi e programmi informatici o altri mezzi idonei a commettere delitti contro l'inviolabilità del domicilio e dei segreti, ai sensi del codice penale.
Più in particolare, la norma integra il comma 3 dell'articolo 19 della legge quadro sulle missioni internazionali (legge n. 145 del 2016), che contiene disposizioni in materia penale applicabili al personale che partecipa a tali missioni. Il comma 3, che già prevede la non punibilità per il personale che, nel corso delle missioni internazionali, in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio ovvero agli ordini legittimamente impartiti, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica, per le necessità delle operazioni militari, viene integrato estendendo la non punibilità anche all'uso di apparecchiature, dispositivi, programmi, apparati, strumenti informatici o altri mezzi idonei a commettere i delitti di violazione del domicilio, della corrispondenza e delle comunicazioni, di illegittime interferenze nella vita privata nonché di violazione dei segreti (fattispecie di cui agli articoli da 614 a 623-ter del codice penale).
L'articolo 31 reca disposizioni per il potenziamento dell'attività di informazione per la sicurezza.
La disposizione rende permanenti le norme introdotte, in via transitoria, dal decreto-legge n. 7 del 2015 - e, per effetto di successive proroghe, vigenti fino al 31 dicembre 2024 -, per il potenziamento dell'attività dei servizi di informazione per la sicurezza, conseguentemente abrogando il comma 2 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2015, recante le medesime disposizioni in via transitoria.
La prima norma messa a regime riguarda l'estensione delle condotte di reato scriminabili, che possono compiere gli operatori dei servizi di informazione per finalità istituzionali su autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, a ulteriori fattispecie concernenti reati associativi per finalità di terrorismo. Il testo non si limita a stabilizzare la normativa già introdotta in via transitoria, ma aggiunge al catalogo delle condotte scriminabili la direzione o l'organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico e la detenzione di materiale con finalità di terrorismo (reato quest'ultimo introdotto dall'articolo 1 del provvedimento), la fabbricazione o detenzione di materie esplodenti.
Inoltre, si rende permanente la disposizione relativa all'attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza con funzioni di polizia di prevenzione a personale militare impiegato nella tutela delle strutture e del personale degli organismi di informazione per la sicurezza.
Ancora, si sottrae alla area delle disposizioni transitorie, la tutela processuale in favore degli operatori degli organismi di informazione per la sicurezza, attraverso l'utilizzo di identità di copertura negli atti dei procedimenti penali e nelle deposizioni, e la possibilità di condurre colloqui con detenuti e internati, per finalità di acquisizione informativa per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
Infine, il comma 4 prevede la possibilità per AISI e AISE di richiedere, secondo modalità definite d'intesa, al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e alla Direzione investigativa antimafia le informazioni e le analisi finanziarie connesse al terrorismo, al fine di prevenire ogni forma di aggressione terroristica di matrice internazionale.
L'articolo 32, in primo luogo, modifica l'articolo 30 del codice delle comunicazioni elettroniche (Decreto legislativo n. 259 del 2003) e prevede la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni per i casi nei quali le imprese autorizzate a vendere schede S.I.M. non osservino gli obblighi di identificazione dei clienti, di cui all'articolo 98-undetricies dello stesso codice (comma 1).
In secondo luogo, con riferimento alla conclusione di contratti il cui oggetto sia un servizio per la telefonia mobile, viene previsto che al cliente, se cittadino di Paese non appartenente all'Unione europea, sia richiesto copia del titolo di soggiorno di cui è in possesso ovvero del passaporto o del documento di viaggio equipollente o di un documento di riconoscimento in corso di validità.
Si segnala che tale ultima previsione - riferita alla possibilità di esibire, in alternativa al titolo di soggiorno, copia del passaporto o del documento di viaggio equipollente o di un documento di riconoscimento in corso di validità - non era presente nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
Per il caso in cui il cliente lo abbia smarrito o gli sia stato sottratto, è necessario fornire copia della denuncia di smarrimento o furto (nuovo comma 1-bis dell'articolo 98-undetricies). Infine, ai condannati per il reato di sostituzione di persona (articolo 494 del codice penale), commesso con la finalità di sottoscrivere un contratto per la fornitura di telefonia mobile, si applica altresì la pena accessoria dell'incapacità di contrarre con gli operatori per un tempo da fissarsi tra i sei mesi e i due anni. Tale pena accessoria è irrogata nel caso in cui la condotta accertata sia stata animata dal dolo specifico del fine di sottoscrivere un contratto di telefonia mobile (nuovo comma 1-ter dell'articolo 98-undetricies).
L'articolo 33 introduce nella legge n. 108 del 1996, che detta disposizioni in materia di usura, il nuovo articolo 14-bis, che istituisce un albo di esperti che affianchino gli operatori economici vittime di usura ai fini del reinserimento nel circuito economico legale, stabilendo altresì le norme fondamentali che disciplinano compiti, incompatibilità e decadenza, durata dell'incarico e compenso dei suddetti esperti.
In particolare, l'esperto deve garantire un efficiente utilizzo delle risorse economiche assegnate e deve essere iscritto in un apposito albo, istituito presso l'Ufficio del Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura. Possono fare richiesta di iscrizione all'albo, oltre ai revisori legali, agli esperti contabili, agli avvocati e ai dottori commercialisti iscritti ai rispettivi ordini professionali, anche soggetti dotati di specifiche competenze nell'attività economica svolta dalla vittima del delitto di usura e nella gestione di impresa. In base al comma 3, la richiesta di iscrizione deve essere corredata da una autocertificazione che attesti l'assenza di cause di divieto, sospensione o decadenza di cui all'articolo 67 del codice antimafia.
Il comma 4 dispone che l'incarico di esperto sia conferito dal prefetto della provincia nel cui ambito ha sede l'ufficio giudiziario che procede per il reato di usura ovvero della provincia ove ha sede legale o residenza il beneficiario mentre il comma 5 prevede che del conferimento venga data - tempestivamente - comunicazione alla società CONSAP (Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa), che in base al comma 14 dovrà a sua volta tempestivamente segnalare al prefetto e all'ordine professionale eventuali violazioni dei doveri da parte dell'esperto.
Il comma 6 prevede che all'atto del conferimento dell'incarico all'esperto le somme erogate attraverso i mutui confluiscano in un patrimonio autonomo e separato costituito all'esclusivo scopo di rilancio dell'attività dell'operatore economico vittima del delitto di usura.
Il comma 7 aggiunge che nel caso in cui emerga, anche tramite segnalazione dell'esperto, che l'attività svolta con l'utilizzo delle risorse assegnate non realizzi le predette finalità di reinserimento nel circuito dell'economia legale, i relativi provvedimenti di assegnazione dei benefìci possono essere revocati, con recupero delle somme erogate.
L'esperto, a pena di decadenza, deve attestare di non trovarsi in situazioni di incompatibilità o di conflitto di interessi. Inoltre deve svolgere con diligenza una serie di compiti, puntualmente indicati al comma 8. Nel caso voglia farsi coadiuvare da altri soggetti qualificati, l'esperto deve farne richiesta al prefetto che gli ha conferito l'incarico.
In base al comma 9, all'esperto si applicano, quali cause di incompatibilità, le cause di ineleggibilità e decadenza stabilite dal codice civile per i sindaci di società per azioni.
Inoltre, ai sensi del comma 10, l'esperto è tenuto alla riservatezza sui fatti e sui documenti di cui ha conoscenza in ragione delle sue funzioni, adempie ai suoi doveri con la diligenza del mandatario e risponde della veridicità della relazione annuale.
Il comma 11 fissa la durata dell'incarico in 5 anni e ne prevede la rinnovabilità per una sola volta; sono sempre possibili le dimissioni volontarie dall'incarico, da comunicare, con preavviso di almeno 45 giorni, al prefetto e alla società CONSAP Spa.
Il comma 12 prevede che l'esperto e il beneficiario possono chiedere di essere ascoltati dal prefetto o da un suo delegato in caso di dissenso, di situazioni di particolare gravità e urgenza, di mancato rispetto degli impegni assunti con il piano di investimento.
Il comma 13 prevede che l'incarico dell'esperto sia revocabile dal prefetto, ad esempio a fronte di azioni od omissioni contrarie al corretto esercizio dei compiti di cui al comma 8 che, qualora accertate, danno luogo alla cancellazione dell'esperto dall'albo e alla nomina di un nuovo esperto per garantire la continuità nello svolgimento dell'attività di supporto.
In base al comma 15, il compenso spettante all'esperto è corrisposto annualmente, a seguito della presentazione della relazione annuale a cura del medesimo, a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, senza alcuna decurtazione della somma erogata alla vittima del delitto di usura.
Il comma 16, infine, demanda ad un apposito regolamento, adottato con decreto del Ministro dell'Interno, di concerto con i Ministri della Giustizia e dell'Economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, la normativa di dettaglio circa i requisiti per l'iscrizione all'albo nonché per la tenuta e la gestione del medesimo, il limite al numero di incarichi ricopribili, le modalità di conferimento secondo criteri di trasparenza e con il rispetto del principio di rotazione degli incarichi, la determinazione del compenso minimo e massimo, anche in relazione all'ammontare del beneficio concesso alla vittima di usura, da aggiornare ogni tre anni nonché le modalità per l'audizione, da parte del prefetto, dell'esperto o del beneficiario ai sensi del comma 12.
L'articolo 34 modifica l'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), in primo luogo per inserire nel catalogo dei cosiddetti “reati ostativi” - che escludono la concessione di benefici - quello dell'istigazione a disobbedire a leggi aggravato dal fatto di essere commesso all'interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute, nonché quello di rivolta all'interno di un istituto penitenziario, entrambi oggetto dell'articolo 26 del disegno di legge in esame.
In secondo luogo, fissa in sessanta giorni il termine entro cui l'amministrazione penitenziaria è tenuta ad esprimersi sul merito e rendere eventuali condizioni e prescrizioni ritenute necessarie ai fini dell'accoglimento della proposta di convenzione di inserimento lavorativo di detenuti e internati, da stipulare con soggetti pubblici o privati.
L'articolo 35, modifica la legge n. 193 del 2000, recante “Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti” al fine di estendere le agevolazioni già previste dall'articolo 2 della citata legge in favore delle aziende pubbliche o private che organizzino attività produttive o di servizi impiegando persone detenute o internate all'interno degli istituti penitenziari, anche alle attività che prevedano l'impiego di detenuti assegnati al lavoro esterno.
L'articolo 36 estende la facoltà di assumere in apprendistato professionalizzante, anche ai condannati e agli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e ai detenuti assegnati al lavoro all'esterno.
L'articolo 37 autorizza il Governo, entro dodici mesi, a modificare il regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative della libertà D.P.R. n. 230 del 2000). La disposizione indica i criteri per la revisione della disciplina relativa all'attività lavorativa dei soggetti sottoposti a trattamento penitenziario accomunati, in sintesi, dalla finalità di favorire l'accesso e il reinserimento lavorativo dei soggetti sottoposti a trattamento penitenziario.
L'articolo 38, infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria del provvedimento, salvo quanto previsto dagli articoli 5, 17, 21, 22, 23 e 36.
L'articolo 39 dispone sull'entrata in vigore del decreto, il giorno successivo alla sua pubblicazione.
Aggiornato ai sensi dell'articolo 24, commi 2 e 6, del Regolamento
(Conferenza dei presidenti di gruppo del 26 maggio 2025)
Martedì 27 maggio |
Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2355? - Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario (da inviare al Senato – scadenza: 10 giugno 2025)
|
Mercoledì 28 maggio (ore 9,30) |
Informativa urgente del Governo sulla situazione della Striscia di Gaza |
Mercoledì 28 (al termine dell'informativa urgente e fino alle ore 13,30 e 16,15-18,30, con prosecuzione notturna dalle 20 alle 24) e giovedì 29 maggio (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 e nella giornata di venerdì 30 maggio) |
Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2355? - Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario (da inviare al Senato – scadenza: 10 giugno 2025) Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1074? - Modifiche all'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernenti l'acquisizione di dati relativi al traffico telefonico e telematico per esigenze di tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato Seguito dell'esame dei disegni di legge di ratifica:
Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1049? - Istituzione della Giornata nazionale contro la denigrazione dell'aspetto fisico delle persone (body shaming) |
Mercoledì 28 maggio (ore 15) |
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata |
Venerdì 30 maggio (ore 9,30, con votazioni non prima delle ore 12, ovvero p.m. al termine dell'esame del decreto-legge in materia di sicurezza pubblica) |
Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2280? - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2024 (approvato dal Senato) Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 1672? - Istituzione della Giornata della ristorazione Esame del disegno di legge S. 1445 - Conversione in legge del decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026 (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 6 giugno 2025) |
Il Presidente si riserva di inserire nel calendario dei lavori l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni |
Pdl n. 1074 - Modifiche all'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernenti l'acquisizione di dati relativi al traffico telefonico e telematico per esigenze di tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato
Seguito dell'esame: 6 ore e 40 minuti.
Relatore | 20 minuti |
Governo | 20 minuti |
Richiami al regolamento | 10 minuti |
Tempi tecnici | 15 minuti |
Interventi a titolo personale |
45 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 4 ore e 50 minuti |
Fratelli d'Italia | 48 minuti |
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista | 36 minuti |
Lega - Salvini Premier | 35 minuti |
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE | 31 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 31 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 22 minuti |
Azione-Popolari europeisti riformatori-Renew Europe | 22 minuti |
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE- Centro popolare | 22 minuti |
Italia Viva-il Centro-Renew Europe | 22 minuti |
Misto: | 21 minuti |
Minoranze Linguistiche | 11 minuti |
+Europa | 10 minuti |
Ddl di ratifica nn. 2291, 1915 e 2101
Tempo complessivo: 2 ore, per ciascun disegno di legge di ratifica.
Relatore | 5 minuti |
Governo | 5 minuti |
Richiami al regolamento | 5 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale |
19 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 1 ora e 21 minuti |
Fratelli d'Italia | 11 minuti |
Partito Democratico – Italia democratica e progressista | 15 minuti |
Lega – Salvini premier | 9 minuti |
Forza Italia – Berlusconi presidente - PPE | 8 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 12 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 6 minuti |
Azione – Popolari Europeisti Riformatori – Renew Europe | 6 minuti |
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE - Centro popolare | 4 minuti |
Italia Viva – Il Centro - Renew Europe | 5 minuti |
Misto: | 5 minuti |
Minoranze Linguistiche | 3 minuti |
+Europa | 2 minuti |
Pdl n. 1049 - Istituzione della Giornata nazionale contro la denigrazione dell'aspetto fisico delle persone (body shaming)
Tempo complessivo: 14 ore e 40 minuti, di cui:
Discussione generale | Seguito dell'esame | |
Relatori | 10 minuti | 20 minuti |
Governo | 20 minuti | 20 minuti |
Richiami al regolamento | 10 minuti | 10 minuti |
Tempi tecnici | 20 minuti | |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 22 minuti |
44 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 5 ore e 58 minuti | 4 ore e 46 minuti |
Fratelli d'Italia | 48 minuti | 46 minuti |
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista | 41 minuti | 36 minuti |
Lega - Salvini Premier | 40 minuti | 34 minuti |
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE | 37 minuti | 31 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 37 minuti | 31 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 31 minuti | 22 minuti |
Azione-Popolari europeisti riformatori-Renew Europe | 31 minuti | 22 minuti |
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE- Centro popolare | 31 minuti | 22 minuti |
Italia Viva-il Centro-Renew Europe | 31 minuti | 21 minuti |
Misto: | 31 minuti | 21 minuti |
Minoranze Linguistiche | 18 minuti | 11 minuti |
+Europa | 13 minuti | 10 minuti |
Ddl n. 2280 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2024
Discussione sulle linee generali: 8 ore.
Relatori |
20 minuti (complessivamente) |
Governo | 20 minuti |
Richiami al regolamento | 10 minuti |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 20 minuti |
Gruppi | 5 ore e 50 minuti |
Fratelli d'Italia | 41 minuti |
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista | 44 minuti |
Lega - Salvini Premier | 35 minuti |
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE | 34 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 40 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 32 minuti |
Azione-Popolari europeisti riformatori-Renew Europe | 32 minuti |
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE- Centro popolare | 31 minuti |
Italia Viva-il Centro-Renew Europe | 30 minuti |
Misto: | 31 minuti |
Minoranze Linguistiche | 18 minuti |
+Europa | 13 minuti |
Pdl n. 1672 - Istituzione della Giornata della ristorazione
Discussione sulle linee generali: 8 ore.
Relatore | 10 minuti |
Governo | 20 minuti |
Richiami al regolamento | 10 minuti |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 22 minuti |
Gruppi | 5 ore e 58 minuti |
Fratelli d'Italia | 48 minuti |
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista | 41 minuti |
Lega - Salvini Premier | 40 minuti |
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE | 37 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 37 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 31 minuti |
Azione-Popolari europeisti riformatori-Renew Europe | 31 minuti |
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE- Centro popolare | 31 minuti |
Italia Viva-il Centro-Renew Europe | 31 minuti |
Misto: | 31 minuti |
Minoranze Linguistiche | 18 minuti |
+Europa | 13 minuti |