Doc. XXII, n. 59




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi ! — La crisi economica degli ultimi anni ha gravemente toccato il tessuto sociale italiano, colpendo le fasce sociali più deboli in particolare nelle aree del territorio economicamente più depresse. I dati dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla povertà sono allarmanti. Infatti, la povertà in termini assoluti ha interessato il 5,7 per cento delle famiglie e in termini relativi si è attestato al 10,3 per cento nel 2014. L'adozione di politiche di contrasto alla povertà si è spesso rivelata difficile per una serie di ragioni a partire dallo scarso potere negoziale dei beneficiari, per giungere alla politica debole che caratterizza le misure di contrasto. Tra i nuovi poveri risultano in forte aumento i pensionati.
I dati dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) aggiornati ad aprile 2015 attestano che le pensioni erogate sono 18 milioni, di cui 14,3 milioni originate dal versamento di contributi (9,3 milioni assegni di vecchiaia e anzianità, 3,8 milioni di reversibilità, 1,1 milioni di invalidità) e 3,7 milioni puramente assistenziali (invalidità civile, pensioni e assegni sociali). La spesa complessiva per le casse dell'Istituto ammonta a 192,5 miliardi di euro, di cui 19,5 totalmente a carico della fiscalità generale perché i destinatari non hanno pagato contributi. Questi dati si riferiscono però solo alle pensioni dei dipendenti privati e degli autonomi. Per arrivare al totale occorre sommare i trattamenti erogati ai dipendenti pubblici: 2,8 milioni di pensioni, di cui 1,9 di vecchiaia e anzianità, per una spesa di quasi 65 miliardi di euro. L'esborso totale sale così a 257 miliardi di euro annui. Facendo le somme, in tutto le pensioni sono 20,8 milioni, di cui 11,2 milioni di vecchiaia e anzianità e le altre di invalidità o per superstiti.
I pensionati, secondo i dati dell'ISTAT, sono però solo 16,4 milioni. La differenza rispetto al numero dei trattamenti è dovuta al cumulo di diverse tipologie di assegni: ognuno ne riceve in media 1,4 perché somma all'invalidità civile l'indennità di accompagnamento oppure, accanto alla propria pensione, ha diritto anche a quella di reversibilità del coniuge. L'ISTAT calcola che il 67 per cento ha una sola pensione, il 25 per cento due e il 7,8 per cento almeno tre. Le donne, grazie agli assegni di reversibilità, rappresentano il 59,4 per cento di chi beneficia di due pensioni e il 73,9 per cento di chi ne ha più di quattro. Il 64,3 per cento delle pensioni è inferiore a 750 euro. La percentuale sale al 78,2 per cento per le donne. Un dato che però va letto in parallelo con quello sul cumulo degli assegni. L'INPS rileva, per esempio, che su 11,6 milioni di pensioni che non arrivano a 750 euro solo 5,3 si accompagnano a prestazioni riservate a chi ha redditi bassi, dall'integrazione al minimo alle maggiorazioni sociali. I titolari delle altre, dunque, hanno probabilmente anche ulteriori entrate. Tornando alla distribuzione degli assegni per importo, sui 18 milioni di pensioni (escluse dunque quelle dei dipendenti pubblici) 13,2 sono inferiori a 1.000 euro, mentre circa 2,2 si attestano tra i 1.000 e 1.500 euro. Altri 1,6 milioni di assegni vanno dai 1.500 a 2.000 euro. Sopra quella cifra i numeri si assottigliano: poco più di 500.000 trattamenti sono tra 2.000 e 3.000 euro. Oltre il limite di 3.000 euro ci sono solo 312.000 assegni. L'importo medio, secondo l'ISTAT, è di 825 euro mensili, pari a 9.900 euro l'anno. Se si prendono in considerazione anche le pensioni dei dipendenti pubblici e si divide il totale per il numero di pensionati, risulta però che ognuno riceve in media 15.670 euro lordi.
In base alle nuove regole introdotte dalla riforma Fornero, per ottenere il trattamento pensionistico di vecchiaia nel 2015 serviranno 20 anni di contributi e un'età minima di:
a) 66 anni 3 mesi per gli uomini che abbiano svolto un lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo;
b) 66 anni 3 mesi per le donne con lavoro subordinato nel settore pubblico;
c) 63 anni 9 mesi per le donne con lavoro subordinato del settore privato;
d) 64 anni 9 mesi per le donne che hanno svolto un lavoro parasubordinato o autonomo nonché per le donne lavoratrici autonome e parasubordinate.

Nel sistema contributivo rimane anche la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con 70 anni e 3 mesi di età e con 5 anni di contributi versati.
I dati e la normativa parlano chiaro, tuttavia, in una puntata del programma televisivo «Le iene» è stata rivelata una truffa ai danni dei cittadini e dello Stato. Tale truffa è possibile grazie all'applicazione del decreto legislativo n. 564 del 1996 che permette ai sindacalisti di percepire una pensione aggiuntiva a quella dovuta per l'attività principale a fronte di un solo mese di contributi versati come sindacalista. Secondo il decreto legislativo il calcolo della pensione dei sindacalisti si basa soltanto sull'ultimo mese di stipendio percepito, infatti è sufficiente per un sindacalista lavorare solamente un mese con uno stipendio per avere accesso per tutta la vita a una pensione calcolata in base a quell'unico stipendio, come se fosse stato percepito per tutta la vita lavorativa.
Il programma televisivo si è attivato grazie a una segnalazione anonima relativa a un'ex professoressa che, oltre alla pensione per la cattedra ricoperta, ne riceve anche una come membro del Sindacato nazionale autonomo lavoratori scuola avendo percepito lo stipendio da sindacalista durante l'ultimo anno prima della pensione.
Dal servizio condotto da «Le iene» è emerso che il caso segnalato non sarebbe l'unico e che per poter quantificare le truffe effettuate grazie all’escamotage legittimato dal decreto legislativo n. 564 del 1996 sarebbe necessario incrociare i dati in possesso dell'INPS con i dati in possesso dei singoli sindacati e accertare il numero dei pensionati che hanno usufruito dei benefìci di legge e l'ammontare del costo delle operazioni. Una considerazione a questo punto è d'obbligo: visti i dati riportati, abbiamo il dovere di intervenire per far emergere gli abusi e gli illeciti perpetrati ai danni dello Stato e, quindi, dell'intera collettività. A tale proposito, con la presente proposta di inchiesta parlamentare si istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta per condurre un'indagine accurata e fare luce sulla truffa effettuata ai danni dello Stato grazie all'applicazione dei princìpi sanciti dal decreto legislativo n. 564 del 1996, individuando i soggetti coinvolti e l'ammontare delle pensioni percepite.


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