Doc. XXII, n. 47




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di inchiesta parlamentare si propone l'obiettivo di individuare le molteplici cause che contribuiscono a generare «cattiva spesa» nella sanità pubblica, in particolare indagando sull'inappropriatezza della spesa stessa che, provocando sprechi e corruzione, sottrae una grande quantità di risorse economiche all'azione di tutela della salute del cittadino.
L'inappropriatezza dell'erogazione delle prestazioni sanitarie rappresenta il paradigma del cattivo impiego delle potenzialità di sistema e riveste dunque un ruolo centrale nel quadro della sostenibilità generale della sanità pubblica. La questione è emersa prepotentemente in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, quando il Ministero della salute ed i rappresentanti politici delle amministrazioni statali e degli enti pubblici si sono riuniti per individuare i criteri sui quali impostare il riparto dei tagli per circa 2,3 miliardi di euro al Fondo sanitario nazionale per il 2015.
Nell'ambito di tale negoziato, la richiesta avanzata dai rappresentanti delle regioni di introdurre una responsabilità «patrimoniale» in capo ai medici prescrittori di prestazioni inappropriate è stata bocciata dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin. Il tentativo - peraltro non nuovo - di introdurre una simile normativa (purtroppo) avrebbe probabilmente sortito l'unico, indesiderato risultato di provocare un ulteriore, poderoso aumento del contenzioso nel settore sanitario (già significativo nel nostro Paese) a discapito delle fasce più deboli della popolazione.
L'ipotesi di far ricadere sui sanitari la responsabilità di prestazioni o prescrizioni inappropriate farebbe verosimilmente dilagare i comportamenti difensivi da parte dei medici i quali, sotto la minaccia di penalizzazioni, rischierebbero di rendere ancora più burocratico il proprio comportamento, adeguandolo all'esigenza di evitare sanzioni o procedimenti disciplinari o legali, piuttosto che metterlo al servizio della salute del paziente.
Il maldestro tentativo di spostare sui medici la responsabilità patrimoniale dell'inappropriatezza è però l'evidente cartina di tornasole della scarsa consapevolezza del problema da parte dei decisori e dell'accattivante suggestione per cui i problemi complessi possono avere soluzioni semplici. Il conseguimento di un sempre più elevato livello di appropriatezza delle prestazioni sanitarie dovrebbe invece costituire l'obiettivo fondamentale per tutti gli attori del sistema affinché sia sempre raggiunta la certezza della corretta allocazione delle risorse, dal momento della loro ripartizione nel Fondo sanitario nazionale fino alla generazione della prestazione ultima resa al paziente.
La verifica dell'appropriatezza delle attività del sistema sanitario non concerne soltanto il controllo sull'aderenza della prestazione sanitaria resa rispetto alle reali esigenze del paziente, ma rappresenta la valutazione della coerenza dell'intera catena della spesa sanitaria, per evitare tutte quelle aree di scarsa trasparenza che consentono fughe di risorse in modo non giustificato dalle esigenze della «buona spesa».
Il complessivo processo della spesa va dunque messo a registro in modo virtuoso e adeguatamente verificato, nella piena consapevolezza che l'inappropriatezza nasconde spesso sprechi e talora corruzione che, nell'opacità delle gestioni, trovano il terreno naturale per le proprie attività malaffaristiche.
Anche in quest'ultima direzione si muoverà dunque il lavoro dell'istituenda Commissione parlamentare di inchiesta, finalizzato ad analizzare i meccanismi e le prassi amministrative che, favorendo l'insorgenza di fenomeni di corruzione e di condotte illecite, generano condizioni di inefficacia e inefficienza nell'erogazione dei servizi sanitari, sprechi di risorse pubbliche e indebiti vantaggi per chi delinque. Innumerevoli sono infatti le criticità presenti nell'intero apparato amministrativo del Servizio sanitario nazionale (aziende ospedaliere, personale medico-amministrativo, gestione dei servizi e altro), al centro di frequenti inchieste giudiziarie e giornalistiche, che generano spesso clamorosi scandali, ancora più intollerabili per la pubblica opinione in quanto relativi a una materia che attiene alla difesa dei diritti della parte più debole della popolazione.
In questo senso, si cercherà di non trascurare i risultati parziali a cui giunse la Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale che operò nella scorsa legislatura, in modo da non vanificarne i lavori interrotti con la conclusione della legislatura.
La dimensione di quanto i fenomeni malaffaristici abbiano un pesantissimo impatto sulla nostra economia la fornisce inoltre la Commissione europea, con la sua prima Relazione sulla lotta alla corruzione, pubblicata il 3 febbraio 2014. Da tale indagine è emerso il dato preoccupante secondo cui l'Italia è tra gli Stati membri dell'Unione europea in cui il fenomeno risulta essere più grave, con un giro di affari valutato in circa 60 miliardi di euro l'anno, pari a circa il 4 per cento del prodotto interno lordo. Tra i settori particolarmente colpiti proprio l'assistenza sanitaria.
Importanti progressi nella lotta al fenomeno della corruzione sono stati sicuramente compiuti grazie alla legge n. 190 del 2012; tuttavia, secondo la relazione sulla lotta alla corruzione della Commissione europea - COM(2014) 38 final del 3 febbraio 2014, gli sforzi profusi dall'Italia non sono ancora sufficienti. In tale relazione, la Commissione europea suggerisce infatti di: «(...) potenziare il regime di integrità per le cariche pubbliche elettive, introducendo codici etici e strumenti di rendicontazione del loro operato».
La Commissione consiglia inoltre di sviluppare la capacità dell'Autorità nazionale anticorruzione in modo che essa possa reggere saldamente le redini del coordinamento, garantire maggiore trasparenza degli appalti pubblici e adoperarsi ulteriormente per colmare le lacune della lotta alla corruzione nel settore privato attraverso la regolamentazione del conflitto di interesse, la trasparenza della situazione patrimoniale dei pubblici ufficiali e il rafforzamento dei processi di controllo.
A quest'ultimo proposito, il più recente dossier sulla corruzione nel settore sanitario elaborato dal Corpo della guardia di finanza e risalente all'aprile dello scorso anno certifica come - durante il 2013 - siano stati compiuti oltre 10.000 controlli, circa 1.200 persone siano state denunciate e il Servizio sanitario nazionale abbia subìto, per frodi e danni erariali, oltre 1 miliardo di euro di danni. Altrettanto inquietante è il capitolo delle richieste di risarcimento avanzate dalla Corte dei conti: sono 177 le verifiche e 742 i funzionari pubblici sottoposti a procedimento, 1 miliardo e 5 milioni di euro il totale delle contestazioni. Le verifiche dei primi due mesi del 2014 confermano questa tendenza, considerato che fino al mese di febbraio scorso sono già state segnalate alla Corte dei conti 104 persone e che l'ammontare delle perdite supererebbe i 150 milioni di euro. Sono decine le tipologie degli illeciti riscontrati: dai finti ricoveri al pronto soccorso nelle strutture private, alle iperprescrizioni di farmaci. Il Libro bianco dell'Istituto per la promozione dell'etica in sanità riferisce addirittura di 23 miliardi di euro all'anno persi a causa di sprechi e inefficienze, includendo nel dato reale anche gli episodi non sanzionati.
Partendo dai 114 miliardi di euro di spesa sanitaria per il 2013, è stato rilevato come la corruzione inciderebbe per 6,4 miliardi, a cui vanno sommati 3,2 miliardi di inefficienze e 14 miliardi per sprechi, per un totale di 23,6 miliardi totali di inappropriatezza. Secondo il rapporto della Commissione europea, in Italia i legami tra politici, criminalità organizzata, imprese e scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo sono oggi tra gli aspetti più preoccupanti per il conseguimento degli obiettivi virtuosi di trasparenza e legalità, come testimonia l'elevato numero di indagini per casi di corruzione, sia a livello nazionale che regionale (tra gli ultimi casi più eclatanti si citano quelli della Sicilia, Lombardia, Calabria, Veneto, Lazio, Campania e Piemonte).
A livello territoriale, analizzando il dato sulla corruzione, si rileva come il 41 per cento dei casi si concentra al sud, il 30 per cento al centro, il 23 per cento al nord e il 6 per cento è costituito da diversi reati compiuti in più luoghi.
Fenomeni diffusi di corruzione sono altresì rinvenibili nel settore specifico dell'assistenza previdenziale. La realtà di indebite erogazioni di trattamenti di tutela assistenziale a ciechi civili, invalidi civili, sordi e disabili (spesso concessi in base a giudizi tecnici poco rigorosi) ha finito in questi ultimi anni per ingenerare una forte reazione negativa da parte dell'opinione pubblica.
Numerosi sono stati i controlli straordinari da parte dell'Istituto nazionale della previdenza sociale nelle campagne, condotte ciclicamente, contro i cosiddetti falsi invalidi: 800.000 sono stati quelli effettuati dal 2009 al 2012 e altri 450.000 sono stati messi in programma dal 2013 al 2015 con l'unico obiettivo di contrastare le false invalidità per recuperare la spesa che deriva da pensioni indebitamente percepite e per tutelare il reale diritto alla percezione della prestazione da parte dei veri invalidi.
Ciononostante, secondo i dati del Corpo della guardia di finanza, si attestano attorno a 1.500 all'anno i falsi invalidi (solo lo 0,06 per cento dei percettori di pensioni di invalidità) individuati e denunciati al termine delle procedure di revisione (visita di controllo, eventuale abbassamento della percentuale con sospensione della pensione, ricorso del disabile e giudizio della magistratura pro o contro il disabile).
Alla reazione sociale e ai controlli di merito è ovviamente seguita l'attività giudiziaria, che ha dato luogo a numerosi procedimenti penali, a volte su impulso di privati o delle stesse pubbliche amministrazioni, a volte attraverso autonome indagini dell'autorità giudiziaria in tutto il territorio nazionale. Peraltro, le indagini avviate da quest'ultima e gli accertamenti già svolti in passato anche dalla Commissione interministeriale sui falsi invalidi hanno posto in luce una vasta gamma di irregolarità, alcune di ordine amministrativo altre, invece, inquadrabili nell'ambito di condotte penalmente rilevanti.
Va rilevato infine come l'inappropriatezza, gli sprechi e la corruzione siano in qualche misura correlati anche all'attuale frammentazione dell'intervento regionale del Servizio sanitario nazionale che non consente di ottemperare al meglio all'obbligo sancito dall'articolo 32 della Costituzione di tutelare la salute dei cittadini e di garantire equità nell'accesso alle cure indipendentemente dalla regione di residenza.
Attualmente, nel nostro Paese operano di fatto ventuno sistemi sanitari differenti. Ciò determina una grande differenza delle prestazioni erogate, con una ricaduta diretta sui margini di inappropriatezza e di spreco. In questo senso, la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione attualmente in itinere, concorre a indicare il percorso perequativo collegato all'attuazione dei costi standard e alla centralizzazione degli acquisti, che ad oggi non trova peraltro efficace applicazione. Non esiste nessuna giustificazione per cui un presidio sanitario di uso comune debba avere differenze di prezzo tra una regione e l'altra. Sistemi europei di centralizzazione e standardizzazione degli acquisti per la pubblica amministrazione sono attivi da anni e hanno dimostrato di essere un metodo efficace per garantire la correttezza della spesa sui beni e sui servizi nella pubblica amministrazione e per omogeneizzare la qualità dei prodotti.
La mancata applicazione in Italia di tali processi, anche a causa delle resistenze delle regioni e degli enti locali, rischia di determinare uno sperpero di denaro pubblico ingiustificabile, che deve al più presto essere interrotto. Lo Stato, in accordo con le regioni, dovrebbe determinare le linee guida dell'intero sistema, verificando la corretta applicazione dei modelli di cura e di ripartizione dei fondi, con l'obiettivo di colmare le differenze tra le regioni e di organizzare un sistema sanitario che vada nella direzione di una maggiore equità e universalità.
A queste note distorsioni si aggiungono poi altri problemi che - se non adeguatamente affrontati - rischiano di configurare vere e proprie emergenze: il riferimento è alle gestioni improprie dei beni pubblici, ai sistemi corruttivi che determinano acquisti di beni e servizi inappropriati ed eccessivamente onerosi, alle assunzioni di personale e alle nomine di dirigenti con il solo scopo di garantire clientele politiche o interessi contigui ad amministratori collusi.
In conclusione, inappropriatezza delle prestazioni e delle prescrizioni, corruzione, condotte illecite e sprechi sono profili soltanto apparentemente diversi, ma in realtà tutti afferenti a un'unica e complessa problematica che finisce per ridurre la complessiva affidabilità della nostra sanità pubblica, rafforzando la discrezionalità di apparati burocratici pachidermici, clientelari e talora addirittura malaffaristici difficili da smantellare.
Per fare luce su tutte queste inaccettabili zone d'ombra si propone dunque l'istituzione di una apposita Commissione parlamentare di inchiesta al fine di quantificare la dimensione dei fenomeni a livello nazionale e regionale, e di gettare le basi del necessario percorso di correzione delle disfunzioni che producono inaccettabili voragini che risucchiano risorse economiche, sottratte al diritto alla salute dei cittadini e all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
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