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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 28 febbraio 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la fibromialgia è una malattia che colpisce prevalentemente le donne rispetto agli uomini, con un rapporto di incidenza pari a circa 9 a 1. La malattia colpisce approssimativamente 2/3 milioni di italiani e la fascia di età più colpita si estende dai 25 ai 55 anni. Dal 1992 l'Organizzazione mondiale della sanità, con la cosiddetta Dichiarazione di Copenaghen, elenca la fibromialgia tra le «Malattie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo»;

    la fibromialgia è una sindrome dolorosa cronica da sensibilizzazione centrale caratterizzata dalla disfunzione dei circuiti neurologici preposti all'elaborazione degli impulsi provenienti dalle afferenze del dolore dalla periferia al cervello;

    la patologia si manifesta, secondo i principali criteri diagnostici, con dolore muscolo scheletrico diffuso e con la presenza di specifiche aree dolorose alla digito-pressione (tender point), l'affaticamento costante, una rigidità generalizzata, l'insonnia e un sonno non ristoratore, il mal di testa, la vescica iperattiva, la dismenorrea, l'ipersensibilità al freddo, il cosiddetto «fenomeno di Raynoud», la sindrome delle gambe senza riposo, l'intorpidimento, il formicolio atipico, il prurito, la sensazione di pressione e di stringimento, una scarsa resistenza all'esercizio fisico e una generale sensazione di debolezza, confusione mentale, alterazione della memoria e della concentrazione, dolori addominali e colon irritabile, dispepsia, intolleranza al caldo, secchezza delle mucose, sintomi urinari e genitali;

    questi sintomi limitano la persona che ne soffre nell'eseguire attività normali e si ripercuote sulle capacità lavorative e sulla qualità della vita. Lo stress, l'ansia e la depressione hanno una netta correlazione con questa patologia e molti pazienti fibromialgici presentano sintomi associabili a malattie autoimmuni, come la tiroidite di Hashimoto, il lupus eritematoso sistemico, l'artrite reumatoide e la sindrome di Sjögren;

    la difficoltà diagnostica dà spesso il via ad un percorso che si protrae per anni, considerato che una cura specifica non esiste ed i pazienti richiedono trattamenti multidisciplinari e farmacologici;

    l'Istituto superiore di sanità la descrive come «una malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso, rigidità muscolare, disturbi del sonno, stanchezza cronica, e riduzione del tono dell'umore». Secondo l'Iss, la fibromialgia può compromettere lo svolgimento delle comuni attività quotidiane, oltre ad avere un impatto negativo sulla maggior parte degli aspetti legati alla qualità della vita;

    nonostante la fibromialgia sia una condizione grave che colpisce un elevato numero di persone, e andrebbe trattata, per l'ampio spettro di sintomatologie, con approccio multidisciplinare, essa non è ancora riconosciuta come malattia invalidante;

    le persone che ne soffrono non riescono a ricevere cure adeguate. La difficoltà diagnostica spesso costringe ad un percorso che si protrae per anni ed a un costoso calvario. Anche se non esiste una cura specifica, essendo una malattia cronica, la fibromialgia richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici convenzionali e non convenzionali;

    essendo la caratteristica principale della fibromialgia il dolore, i malati dovrebbero rientrare pienamente nella categoria delle persone che necessitano di terapia del dolore e dei livelli essenziali di assistenza. Secondo l'articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti (...)». Quindi lo Stato deve riconoscere anche a chi soffre di fibromialgia le cure, le spese mediche e gli esami diagnostici necessari, come per le altre malattie invalidanti;

    sebbene siano passati oltre trenta anni dall'inserimento da parte dell'Oms della fibromialgia nel Manuale di classificazione internazionale delle malattie e benché altre organizzazioni mediche di carattere internazionale la ritengano una malattia cronica, ancora oggi non tutti i Paesi europei condividono tale posizione e, tra essi anche l'Italia;

    nel corso degli anni e delle legislature, compresa quella in corso, sono stati presentati atti di sindacato ispettivo e proposte di legge e molto si sono spese le associazioni dei malati e le loro famiglia per vedere garantiti i loro diritti;

    la regione Liguria, con la delibera n. 871 del 2023, ha inserito la fibromialgia tra le malattie croniche invalidanti e nei Lea; ha riconosciuto inoltre in via sperimentale dal 1° agosto al 31 dicembre 2023 il diritto alla gratuità per alcuni trattamenti farmacologici indicati;

    la regione Sardegna ha reso operativa la somma in precedenza impegnata e assegnata (delibera 10-39 del 16 marzo 2023) per garantire a tutti i malati fibromialgici un sostegno una tantum di 800 euro per il biennio 2023-2024;

    il 19 dicembre 2023 la regione Piemonte ha approvato la legge regionale n. 34 che prevede una serie di disposizioni a favore delle persone affette da fibromialgia: l'erogazione di prestazioni uniformi e qualificate su tutto il territorio regionale; l'inserimento nella vita sociale e lavorativa; l'istituzione di un osservatorio e di un registro regionale;

    a febbraio 2024 il consiglio regionale del Veneto ha approvato all'unanimità la proposta di legge statale, di iniziativa regionale, recante «Disposizioni per il riconoscimento della fibromialgia come malattia cronica e invalidante»;

    sono questi segnali chiari e importanti, che possono e devono essere da stimolo per il Governo per assumere precisi impegni non più prorogabili diretti al pieno riconoscimento della fibromialgia come malattia e il suo inserimento nei Lea, non lasciando alle sole regioni tale iniziativa, la quale se pur positiva rischia di condurre ad una disparità di trattamento sulla base della residenza regionale;

    da segnalare anche le iniziative assunte di regioni, come la Lombardia e Sicilia, le quali attraverso una piattaforma regionale hanno avviato l'individuazione dei centri di riferimento, al fine di favorire la ricerca, la diagnosi e cura della fibromialgia; la piattaforma permetterebbe anche il rapporto e la collaborazione tra tutti i centri;

    al riconoscimento della Fibromialgia come malattia invalidante e al suo inserimento nei Lea vanno associati percorsi di formazione e di aggiornamento di medici e operatori sanitari per il trattamento di questa patologia, anche al fine di definire un piano diagnostico terapeutico che indichi le modalità di presa in carico dei pazienti, così come devono essere avviate, di intesa con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, campagne informative capillari;

    in tale contesto si rende necessario ed opportuno ed improrogabile un intervento legislativo che in particolare riconosca, in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, lo status di malattia invalidante alla sindrome fibromialgica, garantendo ai soggetti che ne sono affetti l'esenzione dalla compartecipazione alla spese sanitarie ed una offerta di servizi, omogenea sul territorio, senza che da differenze di servizi territoriali comporti forme discriminatorie a seconda di dove si risiede cosa che violerebbe il diritto alla salute come sancito dall'articolo 32 della Costituzione;

    il Parlamento europeo ha approvato fin dal 2008 una dichiarazione che, tenuto conto che la fibromialgia non risultava ancora inserita nel Registro ufficiale delle malattie nell'Unione europea, invitava la Commissione europea e il Consiglio a mettere a punto una strategia comunitaria per la fibromialgia in modo da riconoscere questa sindrome come una malattia e a incoraggiare gli Stati membri a migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti;

    il potenziale rischio di disabilità nonché l'incidenza delle patologie associate alla fibromialgia, nonché la diagnosi tempestiva e la definizione di un percorso assistenziale sono essenziali per ridurre i costi esorbitanti che devono sostenere i cittadini per farmaci, visite mediche, indagini diagnostiche e terapie del dolore;

    è necessario altresì sostenere la ricerca ed individuare centri nazionali per la ricerca e lo studio della fibromialgia;

    a sostegno delle persone affette da fibromialgia vi è, inoltre, la necessità di istituire tavoli tra le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali per definire accordi che favoriscano l'accesso delle persone affette da fibromialgia a modalità di lavoro da distanza o di telelavoro, estendendo tale possibilità anche nel pubblico impiego,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte all'inserimento della malattia nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) il fine di garantire alle persone affette da fibromialgia il diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124;

2) a garantire l'accesso a percorsi di assistenza finalizzati alla prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione della malattia attraverso équipe multidisciplinari;

3) ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di aggiungere all'elenco delle malattie croniche la fibromialgia;

4) a promuovere, per quanto di competenza, studi e ricerche sulla fibromialgia al fine di garantire ai malati adeguati livelli di prevenzione, diagnosi e cura anche individuando centri nazionali pubblici;

5) tenuto conto dell'impatto sociale e lavorativo della fibromialgia, a favorire la stipula di accordi tra sindacati dei lavoratori e le associazioni datoriali per garantire la stabilità occupazionale di lavoratrici e lavoratori attraverso il lavoro a distanza o il telelavoro;

6) ad attivare in tempi rapidi la possibilità, previa intesa con le organizzazioni sindacali, per lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego, affetti da fibromialgia di svolgere la propria attività lavorativa a distanza o con modalità di telelavoro;

7) a promuovere con il coinvolgimento delle regioni e delle associazioni impegnate nel sostegno alle persone con fibromialgia, campagne di informazione su tutto il territorio nazionale in particolare finalizzate ad una migliore conoscenza dei sintomi della malattia, nonché dei centri ai quali rivolgersi, delle azioni di prevenzione e di cura ai quali è possibile accedere;

8) ad istituire un apposito tavolo presso il Ministero della salute che veda la partecipazione di esperti, delle associazioni delle persone affette da fibromialgia e dei loro familiari, nonché dalle organizzazioni sindacali allo scopo di acquisire le migliori pratiche e lo stato di avanzamento degli studi e ricerche sulla fibromialgia, la qualità delle diagnosi, dell'assistenza e delle cure, nonché sulle possibilità per lavoratrici e lavoratori del settore privato e pubblico di svolgere le prestazioni a distanza o con modalità di telelavoro, tutte attività per le quali occorre prevedere una relazione annuale al Parlamento.
(1-00254) «Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    la parità di genere è uno dei valori fondanti dell'Unione europea, al centro della Strategia per la parità di genere 2020-2025 e riconosciuta dai piani di ripresa e resilienza adottati dai Governi degli Stati che ne fanno parte. I piani d'intervento nazionali riguardano soprattutto le differenze di genere sul mercato del lavoro, che restano marcate in alcuni Paesi come l'Italia;

    l'attuale contesto europeo vive una persistente fase di crisi che trae origine dalle conseguenze socioeconomiche della pandemia, dalla situazione di instabilità geopolitica europea alimentata dal conflitto bellico russo-ucraino, oramai da quello israelo-palestinese, nonché dalla crisi energetica e climatica. In tale scenario, le disparità di genere si moltiplicano e pongono ai Paesi europei vecchie e nuove sfide a cui le politiche pubbliche dovrebbero trovare risposte capaci di raggiunge l'intera popolazione;

    sul mercato del lavoro, nonostante generali miglioramenti rispetto al biennio precedente, la ripresa mostra una persistenza dei gap di genere, riservando alla componente femminile una posizione subalterna. Secondo dati Eurostat (pubblicati nel rapporto annuale Employment and activity by sex and age a dicembre 2023), in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni al IV trimestre 2022 è stato pari al 55 per cento, mentre la media dell'Unione europea è stata pari al 69,3 per cento. Da tali dati emerge la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia, il cui tasso di occupazione risulta essere quello più basso tra gli Stati Unione europea, di circa 14 punti percentuali al di sotto della media Unione europea a fine 2022. Nel nostro Paese si registra, inoltre, un divario anche nel rapporto tra la popolazione maschile e quella femminile nel mondo del lavoro: le donne occupate, infatti, sono circa 9,5 milioni, laddove i maschi occupati sono circa 13 milioni;

    a ciò si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Tale ultimo aspetto riveste una particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l'attività lavorativa. La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52 per cento, da esigenze di conciliazione e per il 19 per cento da considerazioni economiche. In generale, il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli e arriva al 34 per cento in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni (dati dal «Rapporto plus 2022» di Inapp);

    anche secondo il rapporto Istat Sdgs 2023, infatti, la distribuzione del carico di lavoro per le cure familiari tra uomini e donne non migliora, ma l'istruzione si conferma fattore protettivo per l'occupazione delle donne con figli piccoli. Nel 2022, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5 per cento (+1,6 p.p. rispetto al 2021), mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6 per cento (+2,7 p.p. rispetto al 2021). La differenza occupazionale tra lo status di madre e non madre è molto bassa in presenza di un livello di istruzione più elevato, con un valore dell'indicatore pari a 91,5 per cento;

    il lavoro domestico può essere considerato cruciale per la partecipazione femminile al mercato del lavoro e fondamentale per una maggiore conciliazione vita-lavoro. Non a caso, come emerge chiaramente dai dati dell'osservatorio Domina, nel relativo rapporto annuale 2023, l'occupazione femminile (che tradizionalmente si avvantaggia di più della collaborazione domestica) è più elevata proprio dove ci sono più lavoratori domestici: il report rileva infatti che oltre il 21 per cento del «Pil del lavoro domestico» italiano è prodotto in Lombardia e circa il 45 per cento nel Lazio, in Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana, ovvero nelle aree dove il tasso di occupazione femminile è più elevato e quello di disoccupazione è più basso;

    sebbene vada notata una «distanza» tra dati ufficiali disponibili e dimensione reale del fenomeno tale per cui secondo i dati ufficiali dell'Osservatorio sul lavoro domestico dell'Inps, nell'anno 2021 i lavoratori domestici regolari erano pari a circa la metà di quelli indicati dall'Istat, secondo le stime dell'istituto statistico, il tasso di irregolarità nel settore supera addirittura il 50 per cento. Tali numeri confermerebbero pertanto l'impatto del sommerso, come già riportato nella «Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva», pubblicata contestualmente alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, ove, nell'anno d'imposta 2020, si riportava che l'evasione Irpef del personale domestico si collocherebbe a circa 994 milioni di euro (pari al 30,4 per cento dell'evasione complessiva di tutti i lavoratori dipendenti irregolari, stimata in 3,2 miliardi di euro);

    l'occupazione femminile è poi caratterizzata anche da un accentuato divario retributivo di genere, nonché dal tipo di lavoro svolto dalle donne;

    per quanto concerne la differenza di retribuzione, secondo gli ultimi dati Eurostat già citati, il gap retributivo medio (ossia la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne) è pari al 5 per cento (al di sotto della media europea che è del 13 per cento, come riporta un comunicato stampa della Commissione europea del 14 novembre 2023), mentre quello complessivo (ossia la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini) è pari al 43 per cento (al di sopra della media europea, che è invece pari al 36,2 per cento);

    secondo i dati dell'Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell'Inps, nel 2022 la retribuzione media annua è costantemente più alta per il genere maschile, con una differenza di 7.922 euro (26.227 euro per gli uomini contro 18.305 euro per le donne). Con riferimento a tale settore privato, si segnala che la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 ha tra gli obiettivi quello di ridurre il gender pay gap nel settore privato dal 17 al 10 per cento;

    dal punto di vista delle caratteristiche del lavoro svolto, la bassa partecipazione al lavoro delle donne è determinata da diversi fattori, come l'occupazione ridotta, in larga parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici e una netta prevalenza del part time, che riguarda poco meno del 49 per cento delle donne occupate contro il 26,2 per cento degli uomini (si veda il Gender policies report 2022);

    tra le politiche sovranazionali volte a favorire l'occupazione femminile va ricordata la direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, che dovrà essere recepita entro il 7 giugno 2026. Tale direttiva stabilisce prescrizioni minime per rafforzare l'applicazione del principio della parità retributiva per uno stesso lavoro tra uomini e donne e il divieto di discriminazione in materia di occupazione e impiego per motivi di genere;

    sebbene il diritto alla parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra lavoratori di sesso femminile e maschile sia un principio fondamentale dell'Unione europea, l'effettiva attuazione di tale principio continua a incontrare una serie di ostacoli, come dimostra il dato sul divario retributivo di genere (gender pay gap) nell'Unione europea in base al quale le donne guadagnano a parità di mansioni, in media il 13 per cento in meno rispetto agli uomini;

    il lavoro è uno degli ambiti in cui i divari di genere sono più visibili. Molto spesso le donne incontrano maggiori difficoltà a trovare un impiego e a coprire ruoli di prestigio e responsabilità. Secondo le stime contenute nella recente ricerca di Banca d'Italia: «Le donne, il lavoro e la crescita economica», in Italia solo poco più di una donna su due ha un lavoro, con un tasso di occupazione femminile del 51,1 per cento, ben al di sotto della media europea del 65 per cento;

    le donne più svantaggiate sono quelle con figli, al contrario dei padri che riportano un tasso di occupazione più elevato. Preoccupante è in questo senso il dato evidenziato con riferimento alla cosiddetta child penalty sui redditi da lavoro nel nostro Paese: tra le madri occupate, a 15 anni dalla nascita dei figli, la retribuzione annua è circa la metà rispetto a quella delle donne senza figli;

    il differenziale tra retribuzioni, che si amplifica se si considera il divario retributivo complessivo di genere, determina ripercussioni a lungo termine sulla qualità della vita delle donne, le espone a un maggiore rischio di povertà e perpetua il divario retributivo pensionistico (gender pension gap), che è addirittura pari al 29 per cento nell'Unione europea;

    nella lotta contro la violenza di genere, non si può prescindere da un approccio che parta dal lavoro e dall'occupazione delle donne, troppo spesso ancora oggetto di molestie sul luogo di lavoro e non sufficientemente supportate nel mantenimento dell'occupazione e del reddito oltreché nel percorso di reinserimento lavorativo laddove siano state vittime di violenza;

    da un lato, con la Convenzione n. 190, dal 2019 l'organizzazione internazionale del lavoro (Oil) riconosce il diritto di tutte le persone a un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie, comprese la violenza e le molestie di genere. Ratificata dall'Italia (secondo Paese europeo, dopo la Grecia) il 29 ottobre 2021, la Convenzione rappresenta la prima norma internazionale a fornire un quadro organico di intervento per prevenire e contrastare le molestie nel mondo del lavoro, ma soprattutto ne detta la prima definizione riconosciuta secondo cui le molestie sono un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili che si prefiggono, causano o possono comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico;

    secondo i dati del paper «The Wage Effect of Workplace Sexual Harassment: Evidence for Women in Europe», pubblicato a maggio 2023 dall'Institute for New Economic Thinking, l'alto rischio di molestie sessuali penalizza le donne, riducendone i salari e contribuendo così ad aumentare il divario retributivo di genere. Si è infatti riscontrato un impatto negativo significativo del rischio di molestie sessuali sui salari delle donne occupate, che è maggiore per le lavoratrici altamente qualificate rispetto a quelle poco qualificate: il rischio di molestie sessuali riduce il premio salariale che le lavoratrici percepiscono per il fatto di essere impiegate in posizioni professionali apicali;

    lo studio conclude che, in Europa, le donne impiegate in occupazioni contro-stereotipate – sia in termini di status occupazionale (donne in posizioni apicali) sia in termini di composizione di genere (donne impiegate in ambienti di lavoro in cui la maggior parte delle posizioni apicali sono occupate da uomini) – sono altamente penalizzate, perché sperimentano le conseguenze più severe delle molestie sessuali sui loro salari. Questo tipo di pressioni va considerato quindi come costo aggiuntivo per le donne, anche perché può agire come disincentivo rispetto all'accettare lavori altamente qualificati, andando a incrementare la segregazione orizzontale e verticale di genere nei mercati del lavoro europei;

    dall'altro, sebbene tra il 2015 e il 2022 l'Italia abbia speso complessivamente 157 milioni di euro contro la violenza (circa 20 per misure di sostegno al reddito, 124 per interventi di reinserimento e inserimento lavorativo delle donne fuoriuscite da situazioni di violenza, 12 per l'autonomia abitativa), stando a quanto emerge dallo studio «Diritti in bilico. Reddito, casa e lavoro per l'indipendenza delle donne in fuoriuscita dalla violenza», di ActionAid Italia, si tratta di cifre decisamente insufficienti, corrispondenti a circa 54 euro al mese per donna presa in carico non economicamente autonoma;

    invero, disporre di un reddito sufficiente, di un alloggio sicuro, di un lavoro dignitoso e di servizi pubblici ben funzionanti sono i presupposti essenziali per consentire alle donne non solo di abbandonare situazioni di violenza, ma anche di accelerare il loro processo di empowerment. Per questo devono essere gli elementi costitutivi di una politica pubblica per supportare le donne nel loro percorso verso l'indipendenza economica. Si tratta sostanzialmente di garantire quei diritti economici e sociali tutelati da numerose leggi internazionali – inclusa la Convenzione di Istanbul – e dalla stessa Costituzione italiana;

    ancora lontana, però, è la realtà quotidiana delle donne rispetto alle previsioni normative: come testimoniato da Istat nel corso dell'audizione svoltasi presso la XI Commissione (Lavoro) della Camera il 27 febbraio 2024; quasi la metà delle donne che hanno avviato un percorso di uscita da una violenza subita non è infatti economicamente autonoma. La rilevazione sull'utenza dei centri antiviolenza non solo ha permesso di individuare le donne che hanno subito violenza economica (nel complesso si tratta di 10.515 donne, il 40,2 per cento), ma anche una serie di segnali importanti della dipendenza economica della donna: la percentuale infatti aumenta al 74 per cento se si considerano le donne che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: non sono autonome economicamente, sono arrivate al centro antiviolenza con una richiesta di supporto all'autonomia, al lavoro o di natura economica, hanno subito violenza economica o hanno usufruito del servizio di supporto all'autonomia da parte del centro antiviolenza;

    anche dall'analisi delle chiamate ricevute dal numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking emerge un quadro preoccupante: nel 2023 le violenze economiche sono segnalate dal 19,7 per cento delle donne che contattano il numero 1522. Subiscono di più violenza economica le casalinghe (41 per cento), le lavoratrici in nero (32,9 per cento) e le disoccupate (30,6 per cento); per le occupate la percentuale è pari a 15,9 per cento. Inoltre, le donne che presentano situazioni economiche più svantaggiate subiscono più di frequente violenza dai partner con cui vivono: in particolare ciò si verifica per le disoccupate (53,7 per cento), le casalinghe (79,5 per cento) e le lavoratrici in nero (52,8 per cento);

    i dati raccolti evidenziano quindi ancora quanto il lavoro, l'occupazione femminile e l'indipendenza economica siano un valido ed imprescindibile argine contro la violenza. In Italia, le politiche per l'inserimento lavorativo o il mantenimento dell'occupazione rivolte alle donne vittime di violenza sono poche e frammentarie. Nello specifico, per favorire l'inserimento lavorativo sono stati finanziati in maniera disorganica, generalmente a livello regionale, percorsi di formazione professionale, tirocini, attività di avvio all'autoimprenditorialità, a cui si sommano gli sgravi contributivi per le imprese – introdotti sperimentalmente a livello nazionale – per incentivare l'assunzione a tempo indeterminato di donne che hanno subito violenza;

    la correlazione positiva tra occupazione femminile e livello del prodotto interno lordo è ormai stata stimata da numerose organizzazioni internazionali: più donne al lavoro significa maggiore produzione e creazione di valore aggiunto che si converte in prodotto interno lordo. Non si tratta solo di livello di prodotto interno lordo, ma anche di crescita perché il lavoro femminile innesca una spinta ulteriore di domanda di lavoro e un circolo virtuoso di opportunità;

    uno studio di Eige sui «vantaggi economici dell'uguaglianza di genere» fornisce nuovi solidi riscontri obiettivi dai quali emergono gli impatti positivi della riduzione delle disparità di genere nel mercato del lavoro. Tra le misure a favore dell'uguaglianza di genere che possono ridurre i divari di genere includono, si segnalano in particolare: offerta di assistenza all'infanzia e altre forme di assistenza; cambiamenti della retribuzione e delle condizioni di fruizione del congedo parentale; promozione e sostegno di contratti di lavoro a tempo parziale e flessibili; disposizioni legislative e politiche in materia di parità di retribuzione e di condizioni di lavoro; eliminazione della segregazione di genere a livello di settori e di posti di lavoro; riduzione del numero di interruzioni di carriera tra le donne;

    la stima di Eige sulla crescita del prodotto interno lordo in Europa mostra che, entro il 2050, promuovere la parità di genere in uno scenario di progresso rapido rispetto a quello lento potrebbe aumentare il prodotto interno lordo pro capite in Europa dal 6.1 al 9.6 per cento. Si tratta di un ammontare tra i 1.95 e i 3.15 milioni di milioni di euro. Inoltre, nei Paesi che hanno una situazione di partenza della parità di genere più arretrata, come l'Italia, il potenziale impatto sul PIL è maggiore: i guadagni di PIL potrebbero arrivare nel 2050 a circa il 12 per cento,

impegna il Governo

1) al fine di rilanciare il sistema Paese, a predisporre un piano straordinario e urgente volto a sostenere e promuovere l'occupazione femminile, la conciliazione tempi di vita e lavoro e la genitorialità, in particolare:

  a) adottando iniziative di programmazione concrete che riorganizzino ogni servizio suscettibile di supportare e sostituire il lavoro di cura prevalentemente svolto dalle donne, anche attraverso:

   1) la disponibilità di servizi socio-educativi per la prima infanzia quale diritto esigibile di tutti i bambini, ed il rafforzamento della rete degli asili nido, a partire dai territori più deprivati, con copertura dei posti, adeguati standard qualitativi e condizioni di accessibilità eque e compatibili con le potenzialità di spesa delle famiglie;

   2) il riconoscimento e l'acquisizione di un valore economico del lavoro di cura e domestico, cruciale per la partecipazione femminile al mercato del lavoro e per una maggiore conciliazione vita-lavoro, in particolare adottando un serio piano di sostegno all'occupazione in questo settore, suscettibile di determinarne una maggiore produttività ed una conseguente riduzione dell'area sommersa;

   3) la promozione di progetti a livello comunale che, sostenendo l'occupazione, rispondano in maniera più prossima alle esigenze legate alla cura e all'assistenza, con effetti positivi sia per le famiglie che per coloro che prestano il servizio;

   4) l'incentivazione della creazione di asili nido aziendali attraverso l'istituzione di un «Fondo» nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   5) l'adozione di modelli flessibili di organizzazione del lavoro come la riduzione dell'orario a parità di salario e lo smart working con particolare attenzione ai soggetti fragili e ai genitori con figli di età inferiore ai 14 anni;

  b) prevedendo iniziative volte a una estensione del sistema di tutela delle lavoratrici, sia del comparto autonomo che subordinato, anche attraverso:

   1) l'estensione in termini di durata nonché copertura del congedo di paternità obbligatorio, in modo da ridurre il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali per i padri;

   2) l'incremento del trattamento economico dei congedi parentali e dell'indennità di maternità;

   3) la parificazione degli istituti di modo che siano fruibili da entrambi i genitori indipendentemente dall'attività lavorativa svolta, con particolare riferimento ai genitori con figli minori di 12 anni e alla figura del «secondo genitore equivalente»;

  c) rafforzando e implementando iniziative specifiche di tutela e sostegno delle donne, in particolare delle donne vittime di violenza e con disabilità, e dedicate alle persone transgender, non-binary e gender non-conforming, volte a superare la discriminazione e gli ostacoli che incontrano nel corso dell'intero ciclo lavorativo, con specifico riguardo:

   1) alla promozione e creazione di una cultura lavorativa positiva e inclusiva finalizzata alla prevenzione di comportamenti che possano direttamente o indirettamente determinare l'insorgere di stati di disagio o di danno psichico a carico dei lavoratori e delle lavoratrici;

   2) alla definizione di sistemi premiali che incentivino l'inclusività, la concreta attuazione della eguale valorizzazione del lavoro e siano funzionali alla conservazione del posto di lavoro nel tempo e nelle varie fasi di vita della lavoratrice e dei lavoratori;

   3) alla piena e più estesa garanzia di applicazione dell'articolo 55, comma 4, del decreto legislativo n. 151 del 2001, valida garanzia contro il fenomeno delle cosiddette «dimissioni in bianco», oggi invece messo gravemente a repentaglio da una proposta normativa del Governo, nell'ambito del cosiddetto Collegato lavoro (A.C. 1532-A, articolo 9);

  d) dando piena attuazione alla direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione, in particolare:

   1) attraverso il riconoscimento di un valore economico al lavoro di cura e domestico di modo che, nell'ambito di una considerazione dell'economia quale sistema di riproduzione sociale, esso non si traduca in una valorizzazione di mercato quanto piuttosto una valorizzazione sociale (social provisioning), tale da influenzare alla base la distinzione tra lavoro produttivo e improduttivo, rendendo quindi il lavoro di cura remunerabile e contribuendo a ridurre il differenziale di genere nel mercato del lavoro in termini di retribuzione e benefici;

   2) prevedendo interventi mirati a ridurre il gap pensionistico, attraverso:

    a) il ripristino, nel prossimo provvedimento utile, della disciplina sull'uscita pensionistica per il tramite della cosiddetta «Opzione donna» alle regole vigenti sino al 31 dicembre 2022;

    b) l'adozione di ulteriori misure suscettibili di affrontare in modo più incisivo e risolutivo le condizioni che sono alla base della penalizzazione femminile in campo previdenziale ovverosia la disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro, con particolare riguardo ai bassi livelli contributivi e alle interruzioni di contribuzione per maternità e lavoro di cura.
(1-00255) «Barzotti, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Aiello, Carotenuto, Tucci, Alifano, Amato, Appendino, Ascari, Bruno, Cafiero De Raho, Cantone, Caramiello, Carmina, Caso, Cherchi, Alfonso Colucci, Conte, Sergio Costa, D'Orso, Dell'Olio, Di Lauro, Donno, Fede, Fenu, Ilaria Fontana, Giuliano, Gubitosa, Iaria, L'Abbate, Lomuti, Lovecchio, Morfino, Orrico, Pavanelli, Pellegrini, Penza, Quartini, Raffa, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Scerra, Scutellà, Sportiello, Todde, Torto, Traversi».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni XI e XII,

   premesso che:

    l'assegno unico universale è un beneficio economico per tutte le famiglie che abbiano figli a carico che viene erogato dall'INPS. L'assegno unico universale è stato introdotto dal 1° marzo 2022 con l'obiettivo di riordinare, semplificare e potenziare le misure economiche a sostegno delle famiglie con figli a carico;

    il 16 novembre 2023, la Commissione europea, a seguito di lettera per la costituzione in mora del precedente mese di febbraio con risposta considerata non esaustiva da parte dell'Italia in giugno, ha pubblicato sul portale istituzionale l'elenco dei casi di infrazione adottati periodicamente nei confronti degli Stati membri per inadempienza agli obblighi previsti dal diritto UE: Tra questi anche i casi di infrazione riguardanti il settore Lavoro e diritti sociali per il mancato rispetto delle norme comunitarie da parte dell'Assegno unico universale (AUU) in materia di coordinamento della sicurezza nazionale, disciplinato dal Regolamento (CE 2004/883) e di libera circolazione dei lavoratori (Regolamento (UE) n. 492/2011) e articolo 45 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

    secondo la Commissione europea l'assegno unico violerebbe il diritto europeo e pertanto ha avviato, come detto, una procedura d'infrazione. All'origine della procedura di infrazione avviata da Bruxelles figura uno dei requisiti soggettivi richiesti per poter legittimamente fruire dell'assegno unico. In particolare l'articolo 3 del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, dispone il riconoscimento dell'assegno unico a condizione che, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio il richiedente sia in possesso congiuntamente di una serie di requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, in particolare la Commissione ha deciso in data 16 novembre 2023 di inviare un parere motivato all'Italia per il mancato rispetto delle norme UE in materia di coordinamento della sicurezza sociale (regolamento (CE) 2004/883) e di libera circolazione dei lavoratori (regolamento (UE) n. 492/2011 e articolo 45 del trattamento sul funzionamento dell'Unione europea;

    l'assegno viene, quindi, erogato solo a coloro che risiedono per almeno due anni in Italia che possono beneficiare di tale prestazione e solo se vivono nello stesso nucleo familiare dei figli;

   secondo la Commissione la normativa introdotta viola il diritto della UE in quanto non tratta i cittadini dell'Unione europea in modo equo e pertanto si qualifica come discriminatoria. L'assegno unico pertanto si pone in contrasto con il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale il quale vieta qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale, quali gli assegni familiari;

    quindi secondo la Commissione la richiesta dei due anni di residenza ed il requisito della «vivenza a carico» violano il diritto della Unione europea in quanto non trattano i cittadini in modo paritario. Ciò come detto si qualifica come discriminazione. Il principio di non discriminazione è quello di offrire a tutte le persone la possibilità di un accesso paritario ed equo alle opportunità disponibili nell'ambito della società. Ciò implica che le persone ed i gruppi di persone non siano trattati in maniera meno favorevole in presenza di situazioni equiparabili solo a causa di caratteristiche particolari tra cui sesso, razza, origine etnica, religione, convinzioni personali, disabilità età o orientamento sessuale;

   questa impostazione è stata, tra l'altro, confermata anche dal Tribunale di Trento, con la sentenza n. 121 del 19 settembre 2023, del giudice Giorgio Flaim, che ha condannato l'Inps per condotta discriminatoria. La vicenda riguardava una madre straniera residente in Trentino con un permesso di soggiorno in attesa di occupazione a cui era stato negato l'assegno unico. In particolare secondo il giudice, sulla base di quanto previsto dalla direttiva europea 2011/98/Ue la circolare dell'Inps sarebbe discriminatoria perché violerebbe il principio di parità di trattamento tra cittadini dell'UE e stranieri soggiornanti in Unione europea titolari del permesso unico lavoro (superiori ai sei mesi) tra cui rientra anche il permesso in attesa di occupazione. La direttiva europea citata persegue l'obiettivo di garantire l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano regolarmente nel territorio degli Stati membri nella prospettiva di una politica di integrazione più incisiva e di ridurre le disparità di diritti tra i cittadini dell'Unione ed i cittadini dei Paesi terzi che lavorano regolarmente in uno Stato membro;

   la Commissione ha ritenuto che la risposta del Governo italiano non sia stata adeguata alle eccezioni sollevate nella lettera di costituzione in mora dell'Italia, ha concesso ulteriori due mesi per rispondere e adottare le misure necessarie. In caso contrario, la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell'Unione europea e l'Italia potrebbe subire una condanna,

impegnano il Governo

ad adottare urgentemente iniziative normative dirette ad adempiere a quanto stabilito dalla Commissione europea e dalla citata normativa comunitaria per superare la procedura d'infrazione avviata nei confronti dell'Italia.
(7-00200) «Soumahoro, Quartini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'articolo 22-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 271, ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e con la dotazione di 15 milioni di euro, un fondo in favore dei familiari superstiti degli esercenti le professioni sanitarie, di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari deceduti a causa del contagio da COVID-19;

   con decreto del Ministro per la famiglia, di concerto con il Ministro della salute, del 22 settembre 2022 sono state emanate le relative disposizioni di attuazione che prevedono la collaborazione dell'Inail, successivamente disciplinata dall'accordo stipulato in data 29 dicembre 2022;

   con la circolare INAIL del 3 gennaio 2023 sono state fornite le istruzioni per la presentazione delle istanze e l'erogazione agli aventi diritto;

   l'elargizione è riconosciuta ai familiari delle professioni sanitarie di cui al decreto del 22 settembre 2022, nonché degli assistenti sociali e degli operatori socio-sanitari, che abbiano operato nel periodo di emergenza pandemica per il contenimento del coronavirus e che abbiano contratto una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o come concausa del contagio da COVID-19;

   il de cuius deve aver contratto la patologia nell'esercizio dell'attività lavorativa prestata nel periodo emergenziale, cioè dal 31 gennaio 2020 al 31 marzo 2022, e il decesso deve essere avvenuto entro il 28 dicembre 2022, quale causa/concausa del contagio da COVID-19;

   la speciale elargizione spetta ai familiari superstiti delle vittime, e precisamente: al coniuge o alla persona unita civilmente e ai figli legittimi, naturali o riconosciuti o riconoscibili, adottivi; in mancanza ai genitori naturali o adottivi;

   l'elargizione è una prestazione economica una tantum a carattere indennitario, la cui misura è approvata con decreto del Capo del Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri (Dipofam) in rapporto alla dotazione del Fondo e al numero di vittime per le quali siano state presentate e accolte le istanze da parte dei beneficiari;

   l'istanza deve essere presentata mediante l'apposito servizio online denominato «Speciali elargizioni familiari vittime COVID-19» e l'inserimento delle istanze è stato consentito solo fino alla data del 4 marzo 2023, data di scadenza del termine perentorio;

   la gestione e l'istruttoria delle istanze è stata affidata all'Inail e, in base a quanto previsto dall'accordo stipulato in data 29 dicembre 2022, al termine dell'istruttoria, inoltrerà al Dipofam un elenco contenente i nominativi delle vittime per le quali propone il riconoscimento del beneficio; il Dipofam provvede all'approvazione dell'elenco delle istanze predisposto in esito all'istruttoria e, sulla base del rapporto tra le risorse disponibili nel Fondo e il numero dei lavoratori deceduti per i quali è stata accolta l'istanza, determina con decreto del Capo del Dipartimento stesso la misura della speciale elargizione;

   la prestazione verrà erogata dall'Inail entro sessanta giorni decorrenti dal decreto del Capo del Dipofam che fissa la misura della speciale elargizione, previo trasferimento delle relative risorse finanziarie; nel caso di tardato trasferimento delle risorse il suddetto termine è sospeso;

   il 7 dicembre 2023 sul sito del Dipofam sono stati pubblicati gli esiti dell'istruttoria, curata dall'Inail, delle istanze presentate ai fini della concessione della speciale elargizione, di cui al decreto 22 settembre 2022;

   in aggiunta al predetto Fondo, il 5 aprile 2020 è stato istituito dal Dipartimento della Protezione civile e dalla famiglia Della Valle anche il fondo «Sempre con Voi» le cui risorse sono state destinate ai familiari dei medici, degli infermieri, degli operatori sanitari e dei soggetti con mansioni di supporto e assistenza ai sanitari deceduti a causa del contagio da COVID-19, contratto nell'esercizio delle proprie funzioni;

   il fondo «Sempre con Voi» ha raccolto circa 13 milioni di euro ed è il frutto delle donazioni dei privati, che così hanno voluto dimostrare la loro gratitudine a quanti hanno profuso la propria opera di assistenza nelle strutture sanitarie, fino al sacrificio più grande;

   secondo quanto segnalato da agenzie di stampa e organi di informazione, i familiari non avrebbero ancora ricevuto gli indennizzi del fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per la cui elargizione si attende il decreto del Capo del Dipofam ma avrebbero ricevuto solo le risorse del Fondo «Sempre con voi» –:

   se il Presidente del Consiglio e i ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa, se siano in grado di rendicontare gli esiti sull'utilizzo dei fondi suindicati e quali iniziative di competenza intendano assumere per assicurare che le risorse siano quanto prima elargite ai familiari dei sanitari deceduti a causa del COVID-19, quale riconoscimento per aver pagato con il sacrificio della vita l'aver svolto con dedizione e disciplina il loro lavoro.
(2-00335) «Sportiello».

AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCUTELLÀ, MORFINO, FEDE e L'ABBATE. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   a circa due anni e mezzo dalla sua approvazione e a metà percorso rispetto alla scadenza naturale del 2026, preoccupano i dati sullo stato di avanzamento della spesa del Pnrr: dall'ultima relazione semestrale sull'attuazione del Piano, emerge infatti un ritardo generalizzato nell'attuazione del suddetto e nell'avanzamento delle iniziative di investimento e di riforma;

   al 31 dicembre 2023, dei 194,4 miliardi messi a disposizione per il nostro Paese, da investire entro i prossimi due anni e mezzo, la spesa rendicontata del Pnrr si è infatti attestata su quota 45,6 miliardi di euro, circa un quarto rispetto alla dotazione complessiva, ovvero il 23 per cento del totale, che scende al 22 per cento se si guarda al Piano così come è stato rimodulato;

   in particolare, nel biennio 2021-2022, caratterizzato dall'avvio del Pnrr, l'Italia ha speso e rendicontato 24,4 miliardi di euro, mentre l'anno scorso il dato si è attestato intorno ai 21,1 miliardi di euro;

   va inoltre considerato che in questa prima fase di attuazione, i dati sulla spesa sono stati «trainati» da quei progetti che non prevedono la realizzazione di opere da parte dei soggetti pubblici, come i crediti d'imposta del Superbonus o di Transizione 5.0 per gli investimenti delle imprese. Solo l'anno scorso queste voci hanno rappresentato il 59 per cento di tutta la spesa, mentre la realizzazione di veri e propri appalti non ha superato i nove miliardi;

   sulla base di questi dati, le amministrazioni sono chiamate a spendere – in un arco temporale di soli due anni e mezzo, fino a metà del 2026 — i 151 miliardi che restano, a un ritmo medio di circa cinquanta miliardi all'anno;

   rispetto alle previsioni iniziali, la revisione del Pnrr operata dal Governo non ha d'altra parte permesso di superare le difficoltà alla base dei ritardi, ma ha semplicemente comportato uno slittamento in avanti degli obiettivi da raggiungere e delle spese originariamente assegnate al triennio 2020-2022, con la conseguente maggiore concentrazione della spesa negli anni finali del Piano, a partire dal 2024;

   lo slittamento in avanti degli obiettivi da raggiungere ha anche comportato una diminuzione dei fondi richiesti, passati, relativamente alla quinta rata, da 18 miliardi a 10,6 miliardi;

   i Ministeri sono tra i soggetti attuatori quelli che hanno accumulato i maggiori ritardi, tra cui il Ministero del lavoro (59 milioni su 8,4 miliardi), quello del Turismo (67 milioni su 2,4 miliardi) e il Ministero della salute che ha speso il 3,7 per cento dei suoi 15,6 miliardi di euro;

   per rispettare gli impegni assunti con l'Unione europea, negli anni conclusivi del piano il nostro Paese si troverà a dover gestire una situazione estremamente complessa, dovendo spendere circa 50 miliardi all'anno, con un'accelerazione di spesa che si prefigura molto complessa;

   il Pnrr rappresenta una sfida epocale ed irripetibile e il fallimento nella sua attuazione significherebbe far perdere al sistema Paese la possibilità del suo definitivo rilancio –:

   in che modo il Ministro interrogato per quanto di competenza, intenda intervenire per recuperare il ritardo ad oggi accumulato nella spesa dei fondi del Pnrr a disposizione del nostro Paese e accelerarne i tempi di attuazione, al fine di assicurare, a scadenza, il pieno utilizzo delle risorse stanziate nel Piano in termini di maggiori investimenti nella sanità, nelle scuole, nelle infrastrutture e in tutto ciò che possa consentire all'Italia di affrontare una impegnativa transizione ecologica e digitale, nel segno di una maggiore inclusione sociale.
(5-02085)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   la terza relazione sullo stato di attuazione del PNRR del 31 maggio 2023 segnalava la presenza di 83 interventi caratterizzati da elevate criticità. La maggior parte di questi riguardava interventi volti alla realizzazione di infrastrutture;

   alla luce delle suddette criticità, il Governo italiano ha proposto alla Commissione UE una rimodulazione del Piano con lo stralcio di alcune misure, per un totale di circa 16 miliardi, e il conseguente finanziamento di altri interventi;

   in seguito alla decisione del Consiglio Ecofin dell'8 dicembre 2023, il PNRR italiano ha subito modifiche sostanziali, tali per cui risultano diminuiti gli investimenti pubblici e corrispondentemente aumentati gli incentivi in favore delle imprese;

   secondo quando ipotizzato da Svimez, nel report del 2 febbraio 2024 «La coesione nel nuovo PNRR», le modifiche introdotte danneggiano fortemente i territori meridionali e incidono sensibilmente sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente;

   di fatti, citando il rapporto «sia per le nuove misure di REPowerEU, sia per i nuovi finanziamenti delle altre Missioni, la "quota Sud" risulta sensibilmente inferiore al 40 per cento» mentre «per i definanziamenti, risulta che oltre la metà delle riduzioni effettuate sia riconducibile alle regioni del Mezzogiorno»;

   tali riduzioni, sempre secondo in suddetto report, ridurrebbero la quota di finanziamenti destinati al Sud di poco più di 10 miliardi di euro;

   se tali dati fossero confermati, uno dei tre obiettivi principali del Piano (la riduzione dei perduranti divari sociali ed economici tra Nord e Sud) risulterebbe gravemente compromesso e aumenterebbero i rischi di un ulteriore ampliamento delle divergenze –:

   se intenda fornire informazioni chiare con riguardo alla nuova distribuzione attesa dei fondi PNRR tra Sud e Nord.
(5-02087)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCARI, FORATTINI, MARINO e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   martedì 17 ottobre 2023 si è tenuta una conferenza stampa presso il Ministero dell'agricoltura sugli anticipi dei pagamenti della Pac nel quadro della prima annualità del ciclo di programmazione Pac 2023-2027;

   durante la conferenza stampa il direttore generale di Agea ha riferito che «sono state liquidate 722 mila aziende con 2,4 miliardi contando, entro il 30 giugno, di poter arrivare a 7 miliardi»;

   sempre il direttore di Agea ha dichiarato che «ci sono in Italia 3 milioni e 700 mila ettari ammissibili a domanda Pac e sui quali precedentemente non è stata fatta domanda all'Unione europea, per cui l'Italia ha perso 700 milioni di euro all'anno. Noi vogliamo elaborare questi dati, metterli a disposizione della politica che potrà decidere cosa farne, anche perché questi dati possono essere un volano costruttivo per mettere a disposizione dei giovani terreni e risorse»;

   il direttore Vitale affermava inoltre che Agea «ha dimostrato di rispettare le tempistiche di pagamento. Oggi l'informazione è a disposizione di tutti e Agea è sempre disponibile a fornire dati, stime e analisi sulla propria gestione del comparto agricolo»;

   martedì 20 febbraio 2024 Agea emanava un proprio comunicato stampa attraverso il quale comunicava che la Commissione europea ha considerato ammissibile il primo Annual performance report (Apr 2023), documento che rispecchia e rendiconta l'attività svolta dall'Agenzia nel quadro della prima annualità del ciclo di programmazione Pac 2023-2027;

   in risposta ad una formale richiesta dell'interrogante circa la possibilità di acquisire copia dell'Annual performance report (Apr 2023) il direttore di Agea in data 27 febbraio 2024 comunicava l'impossibilità di dar seguito a tale richiesta adducendo il fatto che l'Apr 2023 prevede specifiche verifiche di controllo da parte della stessa Commissione europea;

   i dati contenuti nel primo Annual performance report (Apr 2023) semplificherebbero il lavoro parlamentare e faciliterebbero il controllo e l'analisi da parte dei cittadini delle informazioni in esso contenute anche in considerazione delle proposte di modifica e di semplificazione della Pac 2023-2027 in fase di discussione –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza volte a garantire l'accesso alla documentazione predisposta da Agea relativa al ciclo di programmazione Pac 2023-2027 assicurando l'imparzialità e la trasparenza dell'azione della stessa Agenzia.
(5-02086)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENZONI, CASTIGLIONE e RICHETTI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a oltre un anno dalla presentazione, l'interrogazione n. 4-00477 sul tema del contrasto alla peste suina africana (PSA) è rimasta senza alcun riscontro;

   la situazione era già allarmante all'epoca, quando era circoscritta a poche regioni, ma da allora l'infezione si è allargata nelle ultime settimane anche a Calabria, Campania, Lombardia ed Emilia-Romagna, oltre che più recentemente alla Basilicata;

   solo nelle ultime settimane nel piacentino gli allevatori hanno lanciato un nuovo allarme dopo aver individuato 40 casi, chiedendo l'apposizione di reti di protezione e l'abbattimento dei cinghiali per bloccare il virus. Inoltre qualche giorno fa, sono stati trovati 17 nuovi casi in Piemonte e Liguria; recentemente, Il Sole 24 Ore ha stimato per la filiera suinicola italiana un valore di oltre 10 miliardi di euro, 40 mila posti di lavoro e 2 miliardi di euro di export;

   le conseguenze dell'espansione della malattia sulle esportazioni di carne suina e di insaccati Dop rischiano di diventare, quindi, ulteriormente drammatiche. Si ricorda, peraltro, che la Cina ha già chiuso all'import di carne suina dall'Italia, causando danni economici importanti alla filiera; dai territori arrivano dati inquietanti anche con riferimento alle recinzioni troppo blande, facili da superare per i cinghiali: si tratta, cioè, di strutture incapaci di fermare realmente gli spostamenti in territori acclivi, tormentati e spesso a fondo roccioso;

   Belgio, Lussemburgo e Francia sono riusciti a sconfiggere la Psa perché hanno applicato alla lettera i protocolli europei: se è vero che è estremamente complesso recintare territori montagnosi come quelli liguri, è altrettanto vero che si sarebbe potuto recintare la parte pianeggiante fra Liguria e Lombardia e a quest'ora non vi sarebbe la Psa a Pavia;

   malgrado siano passati molti mesi dall'inizio dell'emergenza, da ogni parte arrivano notizie di Asl non ancora pronte, sostanzialmente inadeguate a coordinare i piani di abbattimento a causa della carenza di veterinari disponibili per adempiere ai necessari protocolli di bio-sicurezza;

   la messa in sicurezza degli allevamenti di suini attraverso le recinzioni antiintrusioni e le misure di biosicurezza non possono essere lasciate esclusivamente a carico dei suinicoltori italiani;

   non avendo agito per tempo e in modo efficace, si sta mettendo a serissimo rischio una filiera italiana di eccellenza, e anche in Europa c'è grande inquietudine per questa gestione insufficiente, la quale rischia di far tornare l'infezione in Paesi che, invece, erano riusciti a liberarsene, con un potenziale rischio anche di sanzioni europee salate;

   in ultimo, pare non esista un vero censimento dei cinghiali né un'efficace strategia di depopolamento, per la quale sarebbero utili anche gli operatori venatori, che più di chiunque altro conoscono i propri territori e che potrebbero essere utilizzati come bioregolatori;

   in Italia viene, peraltro, importata una quantità elevata di capi di bestiame, quindi è assolutamente prioritario incrementare i controlli all'ingresso, anche alla luce del fatto che il Ministero della salute attribuisce la diffusione del virus al di fuori delle aree di origine (Piemonte e Liguria) prevalentemente proprio alle attività dell'uomo, come l'abbandono nell'ambiente di resti di alimenti a base di carne suina non controllati e provenienti da Paesi infetti e il trasporto del virus mediante mezzi di locomozione, movimentazioni degli animali selvatici –:

   quali iniziative siano state implementate sinora e quali ulteriori siano allo studio per il contrasto alla peste suina africana.
(4-02406)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta scritta:


   PAVANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° maggio 2023 il comune di Marsciano ha trasmesso alla regione Umbria apposita nota con la quale è stato chiesto al Servizio sostenibilità ambientale, Valutazioni ed Autorizzazioni ambientali, quale «Autorità competente», di espletare la procedura di Verifica di Assoggettabilità a VAS per la variante parziale al PRG Parte Strutturale e Parte Operativa per una residua area agricola all'interno della «Macroarea del Cerro»;

   la Verifica di Assoggettabilità a VAS ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e articolo 9 della legge regionale n. 12 del 2010 faceva seguito all'istanza presentata dalla Società BP S.r.l. finalizzata alla realizzazione di una piattaforma logistica ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010, in variante al PRG Parte Strutturale e Parte Operativa, in un'area sita nel comune di Marsciano, Loc. Cerro;

   in esito al predetto procedimento, la regione Umbria, con Determinazione Dirigenziale n. 2650 del 9 marzo 2023 ha espresso la non necessità di sottoporre a VAS la variante parziale al PRG Parte Strutturale e Parte Operativa per una residua area agricola all'interno della «Macroarea del Cerro», sull'assunto che «la tipologia di variante proposta non determina modifiche o ripercussioni sul territorio dal punto di vista ambientale»;

   nel dettaglio, il progetto interessa un'area di circa 11 ettari nella quale si intende realizzare un capannone di circa 7-8 ettari destinato a un sito logistico della grande distribuzione, da utilizzare per la movimentazione di prodotti alimentari confezionati e prodotti per la casa a servizio delle strutture del Gruppo Unicomm S.p.A. presenti in Umbria, Lazio, Toscana e in parte di Marche ed Emilia-Romagna;

   secondo quanto noto all'interrogante, sussisterebbe, su una porzione di quest'area, il rischio di esondazione. Inoltre, la copertura di una così vasta area agricola potrebbe rendere l'intero contesto territoriale meno permeabile e pertanto maggiormente assoggettato a rischi in caso di alluvione;

   il progetto presenterebbe, altresì, criticità di natura infrastrutturale. Nell'area, infatti, transiteranno quotidianamente decine di mezzi pesanti. Inoltre, per accedere al sito logistico occorrerà percorrere l'uscita verso Collepepe – comune di Collazzone, che non risulta essere stato coinvolto – al pari di Anas – nell'iniziativa progettuale;

   come noto, la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) persegue la finalità generale di «assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile e, quindi, nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica»;

   in altri termini, si tratta di un processo di valutazione integrata e partecipata riferita agli impatti più significativi sull'ambiente di piani o programmi con l'obiettivo di perseguire un elevato livello di protezione dell'ambiente;

   tale processo valutativo risulta mancante nel caso di specie, avendo ritenuto la regione Umbria di non sottoporre a VAS il progetto in argomento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere, con il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali interessati, affinché opere quali quella segnalata in premessa, considerati i rischi sopra evidenziati, siano assoggettate a VAS.
(4-02407)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CANGIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in diversi servizi della trasmissione televisiva «Striscia la Notizia» è stato portato alla luce il fenomeno dei cosiddetti «furbetti» dei registratori di cassa, vale a dire rivenditori di registratori di cassa elettronici che praticano nei confronti dei clienti degli escamotage volti ad evitare l'emissione di un regolare scontrino fiscale, generando quindi evasione fiscale;

   a testimonianza del fatto che non si tratta di un fenomeno isolato, già nei mesi scorsi l'inviato del telegiornale satirico, Jimmy Ghione, così come il suo cameraman, sono stati aggrediti dai gestore del bar presente all'interno di una sede di Roma dell'Agenzia delle Entrate, in occasione della registrazione di un servizio giornalistico da cui poteva evincersi una costante pratica di mancata emissione di scontrini fiscali;

   il Governo in carica ha tra i suoi principali obiettivi quello del contrasto all'evasione fiscale, come di recente testimoniato dal Viceministro dell'economia e delle finanze, Maurizio Leo, che, nel corso di un'audizione presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, ha affermato che «l'evasione fiscale è come un macigno, tipo il terrorismo. Quando abbiamo 80-100 miliardi di evasione fiscale capiamo che si deve tutti collaborare»;

   nell'ultimo Programma nazionale di riforma di accompagnamento al Documento di economia e finanza 2023 si legge che il contrasto all'evasione fiscale può concorrere a realizzare gli obiettivi generali di equità sociale e di miglioramento della competitività del sistema produttivo –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché sia contrastato il fenomeno di cui in premessa volto ad evitare l'emissione di scontrini fiscali e quali strumenti intenda predisporre per prevenire tali pratiche da parte dei rivenditori di registratori di cassa elettronici.
(4-02403)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno . — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle misure incentivanti previste dalla riforma Delrio, si è registrato un crescente interesse da parte dei comuni, soprattutto di quelli di ridotta dimensione demografica, nei confronti di nuove forme di governance, in particolare fusioni e unioni, anche in risposta al difficile quadro finanziario e ordinamentale che ha caratterizzato il comparto degli enti locali negli ultimi anni;

   l'articolo 15, comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000 prevede che lo Stato eroghi appositi contributi straordinari per i dieci anni decorrenti dalla fusione di comuni, commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono;

   durante la XVIII legislatura sono state emanate numerose disposizioni, soprattutto di carattere finanziario, al fine di aumentare la dotazione stanziata nel bilancio dello Stato per l'erogazione dei suddetti contributi ed accrescere l'entità della somma erogabile ai singoli comuni. Per l'anno 2023, sono stati ripartiti circa 83 milioni di euro tra 103 enti beneficiari (comunicato n. 3 del 9 maggio 2023);

   nel corso dell'attuale legislatura sono state introdotte significative modifiche alla legislazione vigente sulle fusioni di comuni in relazione all'entità dei contributi da assegnare e agli anni di erogazione;

   dal primo punto di vista, l'articolo 20 del decreto-legge n. 95 del 2012 ha stabilito che dal 2018 il contributo debba essere commisurato al 60 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti agli enti per l'anno 2009 in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascuna fusione. L'articolo 31-quater del decreto-legge n. 21 del 2022 ha aumentato tale limite a 10 milioni di euro a decorrere dal 2024, in caso di enti con popolazione complessivamente superiore a 100.000 abitanti, a condizione che non derivino da fusione per incorporazione;

   successivamente, il comma 6-ter dell'articolo 3 del decreto-legge n. 44 del 2023 ha previsto l'assegnazione per ulteriori cinque anni dei contributi straordinari previsti in favore delle fusioni di comuni che siano entrate in vigore dal 1° gennaio 2014 –:

   se il Ministro interrogato, alla luce delle recenti novità introdotte nell'ordinamento sui contributi da assegnare alle fusioni, al fine di non dover modificare in maniera significativa nel 2024 gli importi stanziati nel 2023 in favore di alcuni comuni fusi, abbia intenzione di intraprendere iniziative, per quanto di competenza, al fine di aumentare le risorse ad essi destinate.
(5-02088)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAVANELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con la delibera di Giunta A prot. n. 16610 del 29 gennaio 2024, il comune di Terni ha deliberato l'acquisto di tre opere pittoriche dell'artista Giovanni Gasparro, per un importo complessivo pari a euro 40.000.00 comprensivo di Iva ed oneri, da acquisire al patrimonio artistico dell'ente e accogliere nella collezione del Museo d'arte moderna e contemporanea Aurelio De Felice finanziando l'acquisizione con parte dei fondi di cui al Cap. 3020/0620, imp. 242/2023;

   la Direzione LL.PP. – Manutenzioni – Patrimonio del comune di Terni, ha inserito tale acquisto all'interno del perimetro dei finanziamenti collegati ai lavori di «Riqualificazione dell'Ex Chiesa del Carmine» finanziati in parte con risorse del PNRR e in parte con i citati fondi di bilancio comunale (Cap. 3020/0620, imp. 242/2023);

   secondo l'amministrazione comunale «l'acquisizione risulta perfettamente coerente con il progetto di recupero funzionale dell'immobile destinato ad attività convegnistiche, espositive e culturali»;

   come segnalato dalla Soprintendenza di Terni con una missiva diretta all'amministrazione comunale, sono molte le emergenze legate al patrimonio storico, artistico e architettonico che il comune avrebbe il dovere di risolvere in via prioritaria;

   risultano ignote le modalità con le quali sono state quotate le opere acquisite: non risultano opere del pittore Giovanni Gasparro vendute per cifre analoghe, con gli unici riconoscimenti pervenuti da parte dell'ex Sottosegretario al Ministero dei beni culturali Vittorio Sgarbi;

   i lavori di riqualificazione dell'ex chiesa del Carmine sono stati finanziati all'interno di un progetto dal valore complessivo di euro 1.650.000, dei quali gran parte finanziati dal decreto del Ministero dell'interno 30 dicembre 2021 con cui è stato assegnato al comune di Terni il finanziamento di euro 1.500.000.00 a valere sulle risorse dei Pnrr – Missione 5, Componente 2 – Investimento 2.1 – «Rigenerazione Urbana»;

   l'articolo 6, comma 5, del decreto di cui sopra prevede che «Nel caso di risparmi derivanti da eventuali ribassi d'asta, il comune, previa formale richiesta al Ministero dell'interno, può essere autorizzato ad utilizzarli per il finanziamento di eventuali varianti in corso d'opera»;

   il comune di Terni in data 25 gennaio 2022 ha siglato l'atto d'obbligo connesso all'accettazione del finanziamento in cui si stabiliscono i termini e le modalità di attuazione dell'intervento;

   in tale documento il comune di Terni, tra l'altro, si obbliga, pena la revoca del contributo, a «dare piena attuazione al progetto così come illustrato nel modello istanza di finanziamento e di sottoporre al Ministero dell'interno le eventuali modifiche al progetto» –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto esposto in premessa e se abbia espressamente approvato la modifica al progetto originario effettuata dal comune di Terni con la quale sono stati destinati 40 mila euro all'acquisto delle opere del pittore Gasparro.
(4-02405)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA ROSSI, BERRUTO, GIRELLI, TONI RICCIARDI, SIMIANI, MARINO e MANZI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, il ruolo dei docenti di sostegno è fondamentale per garantire un'educazione inclusiva e di qualità a tutti gli studenti, compresi quelli con disabilità;

   l'importanza di un adeguato numero di insegnanti specializzati è cruciale per il successo dell'inclusione e per assicurare a ogni studente le risorse necessarie per il proprio sviluppo e apprendimento;

   gli studenti con disabilità, al pari di ogni studente, hanno il diritto ad una formazione adeguata che spesso trova le sue radici e le sue basi nella relazione che si può promuovere solo attraverso la continuità didattica;

   in fase di approvazione cosiddetto decreto proroga termini non risulta approvata, la proroga sostenuta anche da un emendamento depositato dal gruppo Pd, delle assunzioni dalla prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze Gps per chi vi e già inserito e per chi sta frequentando l'VIII ciclo del tirocinio formativo attivo;

   dall'anno scolastico 2021/2022, infatti, gli specializzati sul sostegno inseriti nella prima fascia delle Gps sono stati assunti senza dover svolgere un concorso successivo;

   la mancata proroga per il 2024 configura una disparità di trattamento tra i precari;

   in assenza della suddetta proroga, le pratiche di assunzione relative agli specializzandi del VIII ciclo del corso di specializzazione Tfa sostegno divergono rispetto a quelle previste per i cicli precedenti, comportando ciò una forma di discriminazione;

   al momento, il sistema scolastico italiano è in grave deficit di figure specializzate nel sostegno e pertanto è quantomai urgente utilizzare criteri d'accesso che favoriscano l'entrata di tali figure;

   gli specializzandi non hanno avuto la possibilità di iscriversi con riserva al concorso bandito sul sostegno nonostante la specializzazione in corso che avverrà entro i prossimi due mesi;

   un'assunzione diretta da Gps 1 Fascia sostegno (ex articolo 59 del decreto-legge n. 73 del 2021 e relativa mini call per i futuri specializzati del VIII ciclo e specializzati cicli precedenti, come già avvenuto negli anni precedenti, potrebbe contribuire ad ovviare al problema;

   in questi giorni è stata resa pubblica una petizione degli insegnanti precari che chiedono al Ministro interrogato di rinnovare anche per il prossimo anno scolastico le assunzioni dalla prima fascia delle Gps sostegno e che vengano portate a regime le chiamate da Gps sostegno per le assunzioni in ruolo, mediante la stabilizzazione dell'articolo 59, quale misura non solo transitoria ma strutturale –:

   se il Ministro interrogato non intenda accogliere le richieste dei tanti docenti e prevedere, anche per l'anno scolastico 2024-2025, l'assunzione diretta da Gps 1 Fascia sostegno e la mini call per i futuri specializzati VIII Ciclo, nonché quelli dei cicli precedenti.
(5-02090)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la Condevo, azienda produttrice di componenti per caldaie, con 3 stabilimenti nel Lodigiano, di cui uno a Marudo e due a Vidardo, sta attraversando una fase di grave incertezza che preoccupa i lavoratori;

   la robotizzazione nel corso degli anni ha fortemente impattato sui livelli occupazionali riducendo il numero delle maestranze impiegate soprattutto negli ultimi 20 anni;

   a ciò si aggiungono dinamiche tipiche dei processi di globalizzazione che hanno indotto l'azienda a delocalizzare in altri paesi una parte rilevante della produzione;

   ad oggi più volte è stato fatto ricorso agli ammortizzatori sociali;

   da ultimo nel gennaio 2024 sono scadute le 13 settimane di cassa integrazione ordinaria autorizzate e l'azienda inaspettatamente ha attivato la procedura di mobilità, anticamera del licenziamento, per 34 unità;

   tale procedura sarebbe stata giustificata da parte aziendale in relazione alla normativa europea concernente il limite del 2029 per l'uso delle caldaie a Gas:

   le organizzazioni sindacali sono mobilitate e hanno posto in essere azioni di protesta e sensibilizzazione delle istituzioni al fine di individuare possibili soluzioni;

   la preoccupazione è alimentata anche dall'atteggiamento aziendale che sembra non voler ricercare percorsi condivisi anche per l'utilizzo di strumenti che possano attutire la crisi e tutelare i lavoratori –:

   se il Governo risulti essere a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza intenda tempestivamente attivare al fine di consentire l'utilizzo degli ammortizzatori sociali per i lavoratori interessati dalle procedure di mobilità e verificare la possibilità di soluzioni che riguardano anche il profilo produttivo e industriale per salvaguardare i livelli occupazionali.
(5-02089)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   TORTO, QUARTINI, SPORTIELLO, MARIANNA RICCIARDI e DI LAURO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come segnalato da agenzie di stampa, organi di informazione e pazienti in Italia è diventato introvabile un farmaco essenziale per le persone che soffrono di malattie pancreatiche;

   il medicinale denominato Creon o Creonipe – si legge sull'Ansa – a differenza della quasi totalità dei farmaci, non ha analoghi che possano sostituirlo sul mercato italiano. La carenza dura da diversi mesi ma nelle ultime settimane, si sono intensificate le segnalazioni da parte dei pazienti;

   già nell'ottobre 2023 l'Aifa aveva segnalato il problema, avvertendo che la carenza potrebbe protrarsi fino a fine 2025 e ha quindi invitato i medici a un uso appropriato del medicinale; l'Aifa, peraltro, già in precedenza, aveva autorizzato all'importazione del prodotto dall'estero e vietato qualsiasi esportazione;

   sembrerebbe che l'unica azienda distributrice del prodotto nel nostro Paese abbia aperto un canale diretto con le farmacie per permettere l'approvvigionamento direttamente alla fonte, intercedendo con l'azienda, produttrice del farmaco (Abbott);

   sembrerebbe inoltre che la carenza sia conseguente all'alta richiesta a livello globale e nonostante siano state attivate le predette misure, detta carenza non sembra risolversi;

   questi farmaci contengono quegli enzimi che il pancreas non è più in grado di produrre; sono enzimi essenziali all'organismo per le funzioni vitali e un periodo prolungato di assenza del farmaco per alcuni pazienti significa andare incontro a gravi rischi di malnutrizione;

   è di questi giorni il drammatico grido di aiuto di una cittadina dell'Abruzzo che tramite le piattaforme digitali segnala come «la sua vita e la vita di parecchie persone» dipenda dalla somministrazione di questo farmaco salvavita e «visto che non vuole morire» denuncia la grave situazione e chiede al Ministero della salute una risoluzione urgente;

   più in particolare, la cittadina abruzzese racconta che «nel 2022 è stata sottoposta ad un intervento di resezione alla testa del pancreas a causa di un tumore (adenocarcinoma, rimozione della cistifellea, una parte del duodeno e parte testa del pancreas) e per la carenza di enzimi pancreatici, da due anni assume le capsule di enzimi del CREON: 5 volte al giorno (un flacone contiene 100 capsule per una durata di 20 giorni). È un particolare medicinale di enzimi pancreatici utili per la funzionalità del pancreas, così consente di nutrirmi, poter mangiare e assimilare il cibo. Ma da diversi mesi, esattamente da agosto 2023 il CREON scarseggia e per reperirlo occorre telefonare in lungo e in largo, senza successo di recente, introvabile in Italia. Inserito dall'Aifa nell'elenco dei “Medicinali Carenti”, perché sembrerebbe che le difficoltà siano dovute alla “catena di produzione, distribuzione e approvvigionamento” (...) questa situazione si protrarrà presumibilmente fino al 31 dicembre 2025»-:

   quali iniziative di competenza urgenti e immediate intenda assumere per assicurare a tutti i pazienti che ne hanno bisogno il farmaco descritto in premessa anche rimuovendo, ove necessario, gli ostacoli che si frappongono nella produzione, distribuzione e approvvigionamento.
(3-01028)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Pbt – protonterapia, peraltro nota dagli anni '40, è una forma di adroterapia, volta a trattare diverse tipologie di tumori solidi con fasci esterni di ioni. Al contrario dei classici elettroni o raggi X utilizzati nella radioterapia convenzionale, gli ioni offrono «un'accuratezza conformazionale intrinseca: il loro range nei tessuti è finito e l'energia trasferita per unità di percorso (e quindi la dose, che è la principale responsabile dell'effetto biologico) è massima nella parte finale del loro percorso (picco di Bragg)... questa caratteristica rende possibile il rilascio di una dose elevata al volume bersaglio preservando maggiormente tessuti sani e organi critici rispetto ai raggi X» (Amichetti M., et al., Raccomandazioni per l'impiego della radioterapia con fasci di protoni. Istituto Superiore di Sanità, Rapporti IstiSan 21/12);

   sempre secondo l'istituto superiore di sanità, sebbene i costi di un trattamento di Pbt siano più elevati di quelli di una terapia con fasci di fotoni a elevata complessità (quale radioterapia stereotassica o a modulazione di intensità), tale aumento non appare eccessivo (pari a 2-3). Soprattutto, tale vincolo finanziario non è paragonabile ai vantaggi in termini di benefici sui pazienti. Come riportato in un lavoro di revisione sistematica (2016) su tale rapporto costo/beneficio, il risultato è già sub-ottimale nei casi di tumore a prostata e polmone in stadio iniziale, ed è addirittura favorevole al confronto di altre modalità terapeutiche, per i tumori della base cranica, per casi selezionati di tumore mammario (irradiazione della mammella sinistra con rischio elevato di tossicità cardiaca) e per tumori del distretto testa/collo (irradiazione con rischio elevato di tossicità acuta delle mucose). Ma, soprattutto, per vari tumori pediatrici dell'encefalo;

   il «Medulloblastoma» è uno di questi tumori maligni pediatrici. I trattamenti classici, seppure efficaci, minano di conseguenza a lungo termine i soggetti sopravvissuti, impattando pesantemente sulla loro qualità di vita futura. Proprio in tali frangenti, la protonoterapia ha un'efficacia comparabile alla tradizionale radioterapia, ma può comportare una minore tossicità, come dimostrato da recentissimi studi (da ultimo, Ruggi, A; et al. Toxicity and Clinical Results after Proton Therapy for Pediatric Medulloblastoma: A Multi-Centric Retrospective Study. Cancers 2022, 14, 2747;

   occorre quindi promuovere tale tecnica sia per migliorare la vita dei pazienti, soprattutto pediatrici, che per raccogliere dati sull'efficacia del trattamento in termini di costi/benefici-:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per promuovere investimenti in tale tecnologia nei vari poli ospedalieri italiani, in modo da migliorare la qualità delle cure e diminuire gli effetti collaterali nei pazienti trattati, fra i quali molti bambini, che rappresentano un patrimonio umano da tutelare.
(4-02404)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BARABOTTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la città di Carrara è sede di un ateneo pubblico per lo studio delle arti visive (Afam), noto come Accademia di belle arti, con sede nel Palazzo Cybo Malaspina;

   il complesso, edificato nei primi decenni del XVI secolo, è fra i più importanti edifici della città per pregio artistico e storico, dimora principesca fino al 1805 e quindi destinato da Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone Bonaparte, a sede dell'Accademia di Belle Arti;

   da molti anni, nell'apparente indifferenza di coloro che sono chiamati a guidare l'Accademia di Belle Arti di Carrara, parte della facciata dell'edificio è ricoperta da scritte vergognose, ingiuriose e minacciose o addirittura prive di senso e di rivendicazione che, in tutti i casi, feriscono un luogo così ricco di cultura, storia e bellezza;

   è di tutta evidenza che tali brutture mal si conciliano con il decoro della città, ma queste assumono un significato particolarmente grave e negativo dal momento che compaiono sulla sede di un istituto prestigioso che ha proprio l'altissimo compito di conservare e tramandare arte, bellezza e cultura alle nuove generazioni e all'intera comunità;

   a distanza di oltre tre anni dalla comparsa dalle ultime scritte e dagli ultimi imbrattamenti, il direttore dell'accademia a mezzo stampa ha reso noto che «è pronto da tempo un progetto di restauro la cui esecuzione deve essere sottoposta al necessario iter approvativo», chiedendo al contempo un aiuto alle istituzioni nazionali per far fronte ad una gestione di grande complessità, in considerazione del valore storico e culturale dell'immobile in cui ha sede l'Accademia –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intenda intraprendere per assicurare che sia ripristinato al più presto il decoro delle facciate dell'istituto e se si intenda accertare cause e responsabilità del ritardo sin qui occorso.
(5-02083)


   FOSSI, BRAGA, FURFARO, SPERANZA, BONAFÈ, SARRACINO, BOLDRINI, GIANASSI, DI SANZO, SCOTTO e SIMIANI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i commi da 945 a 951 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022), istituiscono la Fondazione «Biotecnopolo di Siena», al fine di promuovere e di incrementare la ricerca applicata e l'innovazione nel campo delle scienze della vita e per il contrasto alle pandemie;

   la Fondazione svolge funzioni di hub antipandemico, per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di vaccini ed anticorpi monoclonali per la cura delle patologie epidemico-pandemico emergenti. La Fondazione ha il compito di favorire, in collaborazione con altri soggetti nazionali ed internazionali, la realizzazione di programmi per la ricerca, l'innovazione ed il trasferimento tecnologico al sistema produttivo nell'ambito delle applicazioni biotecnologiche finalizzate alla protezione della salute umana, nonché le ulteriori attività progettuali connesse all'attuazione degli interventi del PNRR;

   per la costituzione della fondazione e per la realizzazione del progetto volto ad incrementare la ricerca applicata e l'innovazione nel campo delle scienze umane e delle patologie epidemico-pandemiche è stata autorizzata la spesa di 9 milioni per l'anno 2022, 12 milioni per l'anno 2023 e 16 milioni dall'anno 2024;

   nella governance della Fondazione «Biotecnopolo di Siena» vi sono personalità illustri nel campo scientifico mondiale come il premio Nobel Giorgio Parisi, nominato dall'allora Ministro della salute;

   fino ad oggi sono stati stanziati per questo progetto 36 milioni per il Biotecnopolo e 340 milioni per il centro antipandemico nazionale;

   ad oggi, dopo oltre due anni dall'istituzione della fondazione e del centro antipandemico non vi è ancora traccia dei regolamenti, dei piani operativi e di quant'altro serve per avviare concretamente le attività; né dei bandi per assumere il personale, né di scelte sugli aspetti logistici e immobiliari (come e dove far nascere le strutture fisiche del BTP/CNAP); né di avvio concreto delle attività di ricerca;

   tali criticità sono state evidenziate sulla stampa da Rino Rappuoli, uno dei massimi esperti a livello mondiale di vaccini e direttore scientifico del Centro senese; «il Centro antipandemico è strategico non solo per prevenire un'eventuale futura pandemia ma anche per affrontare problemi attuali, come batteri resistenti agli antibiotici, malattie emergenti, vaccini contro il cancro»; ha dichiarato Rino Rappuoli;

   i ritardi sono stati confermati dal Governo: il Ministro dell'università e della ricerca Anna Maria Bernini ha ammesso di dover ancora nominare il direttore amministrativo della fondazione mentre il Ministro della salute, augurandosi, come tutti noi peraltro, «che la prossima pandemia non si presenti per i prossimi cento anni»;

   il Biotecnopolo ed il centro antipandemico costituiscono attualmente progetti strategici per il nostro Paese ed ulteriori ritardi nella loro attuazione possono compromettere lo sviluppo del progetto, vanificare le risorse impegnate, incentivare la fuga di scienziati e ricercatori all'estero, non dotare il paese di strumenti efficaci per contrastare pandemie e malattie;

   il Biotecnopolo potrebbe inoltre generare enormi ricadute positive per l'economia e l'occupazione di qualità a livello territoriale –:

   per quali reali motivi le attività ed i progetti della fondazione Biotecnopolo siano fermi da oltre due anni e quali iniziative urgenti intendano intraprendere per risolvere le attuali evidenti criticità al fine di sviluppare un centro strategico per il Paese e per Siena anche alla luce delle risorse già stanziate.
(5-02084)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Foti n. 3-01027, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 febbraio 2024, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Matteoni.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Faraone n. 5-02071, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 febbraio 2024, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Monte.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Commissione Urzì n. 5-02079 del 27 febbraio 2024.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Barabotti n. 4-01612 del 22 settembre 2023 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02083.