Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 2 agosto 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    alle 10.25 di sabato 2 agosto 1980 un ordigno ad altissimo potenziale esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna, provocando il crollo della struttura sovrastante le sale d'aspetto e di trenta metri della pensilina, e investendo anche due vetture di un treno in sosta al primo binario;

    le conseguenze dell'esplosione furono di terrificante gravità, anche a causa dell'affollamento della stazione in un giorno prefestivo di agosto: rimasero uccise ottantacinque persone, oltre duecento furono ferite;

    quel giorno cominciò anche una delle più difficili indagini della storia giudiziaria; ad oggi, infatti, l'iter processuale, che pur ha già registrato condanne definitive, non è ancora concluso;

    nel 2016, in occasione del trentaseiesimo anniversario della strage di Bologna, nel suo messaggio all'Associazione dei familiari delle vittime, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ribadito che «permangono ancora domande senza risposta e la memoria è anche sostegno a non dimettere gli sforzi per andare avanti e raggiungere quella piena verità, che è premessa di giustizia»;

    ricercare la verità storica e ampliare le basi documentali – anche e soprattutto attraverso la desecretazione degli atti – per agevolare eventuali ulteriori sviluppi in sede giudiziaria è, quindi, urgente e necessario;

    grazie ai numerosi elementi emersi negli anni in ambito giudiziario e parlamentare grazie al lavoro delle diverse Commissioni d'inchiesta, alle testimonianze, alle ricerche e ai saggi pubblicati in materia di politica internazionale, risulta ormai evidente l'esistenza di collegamenti internazionali del terrorismo italiano;

    tra il 1948 e il 1992, nel periodo storico definito Guerra fredda, l'Italia è stata terreno di scontro tra le grandi potenze globali nonché di singoli Stati o realtà politico-territoriali non allineate, implicate o comunque coinvolte nelle varie dinamiche della guerra a bassa intensità tra Est e Ovest e, in modo particolare, interessate al ruolo strategico peculiare della nostra Nazione in Europa e soprattutto nel bacino del Mediterraneo e alle sue specificità socio-politico-economiche;

    tale aspetto era già emerso, in particolare, grazie al lavoro svolto dalle Commissioni parlamentari di inchiesta succedutesi nel corso degli anni, quali la Commissione Stragi e la Commissione Mitrokhin, che hanno raccolto una serie di riscontri probatori in tal senso: da un lato, semplici contatti e collaborazione tattica o strategica tra organizzazioni terroristiche di analogo orientamento politico operanti in diversi Stati; da un altro lato, rapporti con apparati di potenze straniere e persino sostegno o vera e propria etero-direzione da parte di essi;

    nelle Commissioni parlamentari è emerso come il cosiddetto «lodo Moro», ossia l'accordo extra legem tra la cosiddetta diplomazia parallela italiana (affidata a settori dei servizi di informazione e sicurezza) e la dirigenza palestinese, maturato in ambito politico-istituzionale agli inizi degli anni Settanta (in seguito alla strage palestinese alle Olimpiadi di Monaco del 1972) per tutelare gli interessi italiani dalla minaccia di attentati, sia il cuore di molte vicende storico-giudiziarie: occorre, pertanto, che ne siano finalmente chiariti sia le esatte finalità sia i modi di applicazione e le conseguenze che questo patto extra legem determinò sul piano nazionale e nei rapporti internazionali con l'Alleanza atlantica;

    nella relazione sull'attività svolta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro (Doc. XXIII, n. 29, della XVII Legislatura), presieduta dal parlamentare del PD Giuseppe Fioroni, si legge: «Una delle principali acquisizioni è giunta dagli approfondimenti sulla dimensione “mediterranea” della vicenda Moro, con particolare riferimento agli accordi politici e di intelligence che fondavano la politica italiana, in particolare nei riguardi del Medio Oriente, della Libia e della questione israelo-palestinese. Gli approfondimenti sul ruolo dei movimenti palestinesi e del centro SISMI di Beirut hanno consentito di gettare nuova luce sulla vicenda delle trattative per una liberazione di Moro e sul tema dei canali di comunicazione con i brigatisti, ma anche di cogliere i condizionamenti che poterono derivare dalla collocazione internazionale del nostro Paese e dal suo essere crocevia di traffici di armi con il Medio Oriente, spesso tollerati per ragioni geopolitiche e di sicurezza nazionale»;

    con legge n. 124 del 2007 sono stati riordinati i servizi di informazione e sicurezza e la disciplina del segreto di Stato ma la Relazione del Comitato Parlamentare per la sicurezza della Repubblica sull'attività svolta dal 10 febbraio 2022 al 10 agosto 2022, trasmesso alle Presidenze il 19 agosto 2022 (Doc. XXXIV, n. 12) ha ribadito che «l'esigenza prospettata di una modifica della legge n. 124 del 2007 resta inalterata e si auspica possa essere presa in concreta considerazione anche in questa fase conclusiva della legislatura, o comunque già all'avvio della prossima»;

    nel marzo 2008, in occasione del trentesimo anniversario del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro, il Ministro dell'interno Amato propose di rendere accessibili i documenti a suo tempo resi disponibili alla Magistratura e alla Commissione stragi: tale proposta fu recepita dal Presidente del Consiglio Romano Prodi che con una direttiva dell'8 aprile 2008 interessò in questo senso le amministrazioni dello Stato;

    l'Archivio centrale dello Stato fu successivamente individuato come l'istituzione appropriata per assicurare la conservazione unitaria della documentazione sul caso Moro e consentirne la consultazione in un'unica sede;

    il 23 febbraio 2011 la Presidenza invitò nuovamente le amministrazioni interessate ad effettuare i versamenti;

    la declassifica di documenti e informazioni ricade interamente nella sfera di competenza e responsabilità dell'autorità che ne dispose l'attuazione;

    infatti, l'articolo 19, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 novembre 2015, n. 5, prevede che la «declassifica di un'informazione è disposta dall'autorità che ha apposto la classifica ai sensi dell'articolo 42, comma 2, della legge n. 124 del 2007, o da altro soggetto che, a richiesta, sia stato dalla stessa a ciò autorizzato. L'Autorità nazionale per la sicurezza nella generalità dei casi e gli organi di sicurezza di un'amministrazione o ente sovraordinati a quello che ha originato l'informazione, possono disporre la variazione o l'eliminazione della classifica di segretezza attribuita alla medesima da un'autorità sottordinata»;

    il «Codice dei beni culturali e del paesaggio», di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, stabilisce che rappresentano beni culturali «gli archivi e i singoli documenti dello Stato», ivi inclusi quindi gli archivi ministeriali e il versamento «all'Archivio Centrale dello Stato e agli archivi di Stato dei documenti relativi agli affari esauriti da oltre trent'anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione»;

    la direttiva del Presidente del Consiglio del 22 aprile 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n° 100 del 2 maggio 2014, ha previsto la declassificazione e il versamento straordinario all'Archivio centrale dello Stato degli atti concernenti numerosi eventi legati alla storia repubblicana collegati alle vicende di Aldo Moro, successivamente ampliata nella sua portata dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 agosto 2021;

    per la documentazione del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) la Direttiva del 2 maggio 2014 prescrive che siano definiti i criteri con cui sono effettuati i versamenti all'Archivio centrale dello Stato e le modalità con cui si proteggono specifiche informazioni di cui si richiede la tutela nell'interesse della sicurezza di persone, della riservatezza di terzi, ovvero delle relazioni internazionali;

    con riferimento ai fatti citati nella direttiva del 2014, con decreto del Segretario generale del 28 settembre 2016 è stato istituito il Comitato consultivo sulle attività di versamento agli archivi di Stato e all'Archivio Centrale dello Stato della documentazione in oggetto, che, nell'ultima relazione annuale, ha riscontrato gravi carenze circa l'attuazione della direttiva del 2014 e grandi deficienze del materiale coevo ai fatti nelle varie amministrazioni pubbliche: carte mancanti, elenchi di nominativi non consegnati, carte censurate e interi pezzi cancellati proprio in concomitanza con la loro declassificazione;

    in seguito è intervenuta anche la direttiva del Presidente del Consiglio del 2 agosto 2021, che ha manifestato l'intenzione del Governo di «rendere consultabile anche la documentazione concernente l'organizzazione Gladio e quella relativa alla loggia massonica P2», disponendo, a tal fine, «la declassifica dei relativi documenti tuttora soggetti a tale vincolo ed il versamento anticipato di tutta la documentazione riguardante i due citati argomenti all'Archivio centrale dello Stato, da parte delle amministrazioni centrali, ed ai rispettivi Archivi di Stato, da parte delle amministrazioni periferiche»;

    la documentazione versata ai sensi di tale direttiva, tuttavia, è stata trasmessa in formati diversi: una parte solo cartacea, un'altra esclusivamente in copia digitale, ed un'altra ancora sia cartacea che in copia digitale;

    non tutte le Amministrazioni che hanno versato fino ad ora sono state in grado di fornire copie digitalizzate, pertanto tale attività sarà a carico dell'Archivio centrale dello Stato e comporterà dei tempi più lunghi per la messa in consultazione della documentazione;

    la declassifica dei documenti ha permesso di ricostruire molte pagine mancanti e rilevanti della storia italiana del dopoguerra;

    da ultimo, in relazione all'attentato alla Sinagoga maggiore di Roma del 1982: un'azione terroristica che, alla luce di alcuni i documenti declassificati in base alla direttiva del 2014, era stata «prevista» con sedici successivi avvertimenti dall'altera SISDE, ma che non fu comunque sventata;

    in data 28 febbraio 2023 il Presidente del Consiglio dei Ministri e il sottosegretario alla Presidenza hanno dato indicazione di far declassificare e versare in anticipo all'Archivio Centrale dello Stato 163 documenti inerenti ai rapporti SISMI-OLP, già coperti da segreto di Stato fino al 2014 e successivamente classificati e ancora conservati altrove;

    tali carte si vanno così ad aggiungere al versamento dei 32 documenti acquisti dalla Procura della Repubblica di Roma nell'ambito del nuovo procedimento penale relativo al disastro aereo del DC9 Itavia, precipitato nel Mar Tirreno tra le isole di Ponza e Ustica la sera del 27 giugno 1980, e che coprono un periodo di tempo che va dal 1975 al 1985, arrivando a un totale di 195 carte;

    la declassifica degli atti risponde concretamente alla richiesta avanzata dalle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi per fare piena luce e giustizia, quale contributo indispensabile alla ricostruzione di vicende drammatiche che hanno caratterizzato la storia della Repubblica e alla esigenza di trasparenza, conoscibilità ed accessibilità degli atti, provenienti da ricercatori, storici, esperti e semplici cittadini, oltre che dalla magistratura;

    queste finalità rappresentano un dovere che deve essere onorato dagli apparati dello Stato, a vario titolo chiamati in causa, nella direzione di pervenire al superamento di ogni zona d'ombra, rispetto ad avvenimenti che hanno lacerato la coscienza civile della Nazione;

    già il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, nella Relazione sull'attività svolta dal 1° gennaio 2021 al 9 febbraio 2022, trasmessa alle Presidenze il 10 febbraio 2022 (Doc. XXXIV, n. 8), ha evidenziato che «Uno dei limiti che sembra emergere è quello di una consultabilità ed accessibilità rese ardue dalla necessità di atti amministrativi costitutivi espressi ai quali la richiesta è subordinata. Per questo motivo, occorrerebbe in qualche modo invertire i termini della procedura attualmente seguita, recependo il contenuto, ad esempio, del disegno di legge (atto Senato n. 2018 della XVIII legislatura), presentato dal Presidente della Commissione Biblioteca e Archivio storico del Senato, senatore del Partito democratico Gianni Marilotti, che propone una rivoluzione copernicana: stabilita una durata per la segretezza del documento – trenta o quaranta anni – se questa è superata, la consultazione dovrà essere automaticamente consentita. In aderenza a questa possibile modifica di rango legislativo appare apprezzabile la stessa iniziativa del senatore Marilotti, in qualità di Presidente della predetta Commissione, che ha emanato linee di indirizzo per la declassifica del segreto eteronomo sugli atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi, con lo scopo di venire incontro all'alta mole di richieste di consultabilità pervenute all'Archivio storico del Senato. Analogamente, si segnala l'ordine del giorno presentato dallo stesso senatore ed accolto dal Governo durante l'esame della legge di bilancio per il 2022 da parte della Commissione istruzione pubblica e beni culturali del Senato (seduta del 23 novembre 2021) che impegna il Governo, tra l'altro, a rendere accessibili e consultabili, alle condizioni poste dall'articolo 122 del Codice Urbani e salva soltanto l'apposizione del segreto di Stato nei limiti di cui alla legge n. 124 del 2007, anche i documenti degli archivi dello Stato maggiore della difesa, dei servizi segreti e degli organi, enti o uffici per i quali non è contemplato l'obbligo di versamento all'Archivio centrale dello Stato»;

    spetterà al Parlamento valutare se istituire una Commissione parlamentare di inchiesta «sulle connessioni del terrorismo interno e internazionale con gli attentati, le stragi e i tentativi di destabilizzazione delle istituzioni democratiche avvenuti in Italia dal 1953 al 1992 e sulle attività svolte dai servizi segreti nazionali e stranieri, anche relativamente alla scomparsa di Graziella De Palo e Italo Toni e all'attentato del 1982 alla Sinagoga di Roma», sul modello già presentato in Parlamento (Doc. XXII, n. 33);

    con riferimento all'atto di sindacato ispettivo n. 4-01219, con il quale l'interrogante chiedeva chiarimenti in merito alla composizione e al lavoro svolto dal Comitato consultivo sulle attività di versamento dell'Archivio di Stato e agli archivi di Stato sul territorio, istituito presso la Presidenza del Consiglio, il Sottosegretario competente ha avuto modo di rispondere che «sul punto giova ricordare che detto Comitato è stato istituito per la prima volta nel 2016 (con il decreto del Segretario generale pro tempore della Presidenza del Consiglio, del 28 settembre 2016) al fine di dare attuazione alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 22 aprile 2014 sulla declassifica degli atti afferenti alle stragi che hanno colpito l'Italia tra il 1969 ed il 1984, consentendo – in quella sede – un confronto tra rappresentati delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi, rappresentanti delle istituzioni competenti per la conservazione della documentazione di interesse storico oggetto della direttiva, storici e professionisti della ricerca archivistica. Negli anni a seguire, il decreto è stato più volte confermato anche con l'integrazione di associazioni di familiari delle vittime che ne facessero apposita istanza (nel 2019 la composizione fu integrata di tre nuove associazioni rispetto a quelle originariamente previste nel 2016) e, dopo l'adozione in data 2 agosto 2021 di una nuova direttiva del Presidente del Consiglio pro tempore – che ha esteso la declassifica e il versamento anticipato all'Archivio centrale dello Stato anche alla documentazione concernente l'organizzazione Gladio e la Loggia massonica P2 – con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 settembre 2021 è stato ricostituito il comitato consultivo, incardinandolo presso la Presidenza del Consiglio e attribuendo allo stesso compiti più incisivi nelle attività di Impulso e di monitoraggio delle attività di versamento all'Archivio centrale e agli Archivi di Stato della documentazione prevista dalle direttive. L'attuale Governo, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 febbraio 2023 e, a seguire, con il decreto del Segretario Generale del 23 marzo 2023, ha confermato la composizione del comitato consultivo, integrandola con tre ulteriori componenti: due professori ordinari di storia contemporanea (che completano il numero dei 10 esperti previsti e di cui solo 8 risultavano nominati) e il rappresentante dell'associazione “Verità sul disastro aereo di Ustica”, che aveva presentato apposita istanza di partecipazione. Al riguardo si sottolinea che l'integrazione della composizione del Comitato è avvenuta a seguito dell'istruttoria dei competenti uffici della Presidenza del Consiglio che ha confermato la legittima costituzione dell'Associazione richiedente e la coerenza dei relativi fini statutari con le attività del comitato nonché l'elevata e specifica professionalità dei due nuovi componenti provenienti dal mondo accademico. Occorre inoltre ribadire che il Comitato ha poteri e compiti relativi esclusivamente al monitoraggio delle attività di declassifica e di versamento della documentazione da parte delle amministrazioni interessate, nonché alla partecipazione al processo di formazione di soluzioni organizzative e operative che possano consentire la piena attuazione delle citate direttive. All'interno del Comitato l'intento comune di tutti i componenti è quello di consentire, facilitare, supportare e dare impulso al versamento da parte delle Pubbliche amministrazioni della documentazione afferente alle stragi indicate dalle direttive; anzi, proprio tale competenza del Comitato, propedeutica rispetto alla interpretazione a fini giudiziari e storici, esclude qualunque sovrapposizione o interferenza da parte del Comitato sulle successive attività di accertamento dei fatti, che – per la parte di competenza di ciascuno – spetta all'autorità giudiziaria e/o agli storici. Per queste ragioni è particolarmente importante il patrimonio di conoscenze e di esperienze professionali, individuali e collettive, di cui il Comitato può giovarsi nel perseguimento dei propri fini istituzionali e per favorire la messa a punto di iniziative unitarie e condivise. La forte legittimazione di questo Comitato deriva dal fatto che ciascun componente, pur proveniente da contesti istituzionali e civili differenti, persegue un obiettivo comune: facilitare e accelerare il versamento della documentazione all'Archivio centrale di Stato, permettere il più ampio patrimonio informativo a disposizione della collettività e della ricerca storica. Pertanto, il Comitato non può non essere aperto a ulteriori partecipazioni ed integrazioni, come avvenuto anche di recente. Il Governo ha piena autonomia nell'operare tale integrazione, non esistendo alcuna esclusiva da parte di questa o quella associazione nel trattare materia così delicata;

    si sottolinea da ultimo che il Comitato nella sua nuova composizione si è già insediato il 5 maggio 2023 e ha avviato la sua attività con i primi necessari adempimenti. In particolare, è stata trasmessa: una prima nota del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2023 alle amministrazioni interessate ai versamenti di cui alle direttive 2014 e 2021 per sollecitare il completamento delle operazioni di versamento e chiedere la conferma o la nuova designazione dei referenti da parte delle medesime amministrazioni e una seconda nota del Segretario generale del 25 maggio 2023 indirizzata ai Ministeri della giustizia e della cultura con cui si chiede di conoscere lo stato dell'arte della procedura di rinnovo del protocollo sulla digitalizzazione degli atti dei processi storici. Il Comitato si è, inoltre, riunito il 7 luglio 2023 e, in quella seduta, tutto il Comitato ha preso atto favorevolmente degli importanti passi avanti, sia in chiave quantitativa che qualitativa, dei versamenti di documentazione effettuati dalle amministrazioni, nonché della proroga dei finanziamenti per i progetti di digitalizzazione della documentazione versata all'Archivio Centrale e agli Archivi di Stato e dei processi giudiziari di interesse storico. Infine, il Comitato ha condiviso nuove modalità organizzative di lavoro che consentano di accelerare le operazioni di versamento e di risolvere le criticità manifestatesi in taluni settori. Per concludere, si conferma il pieno impegno del Governo a dare impulso alle tematiche della declassifica dei documenti oggetto delle direttive e a far sì che le amministrazioni completino (ed accelerino) il versamento di tutta la documentazione relativa al perimetro di declassificazione di cui alla direttiva del 2014 e alla direttiva del 2 agosto 2021»,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative urgenti, anche di carattere normativo, per la riforma della disciplina del cosiddetto segreto di Stato, per la declassifica e la consultabilità dei documenti declassificati, e l'accelerazione del processo di digitalizzazione;

2) a rafforzare l'intervento pubblico per gli Archivi, puntando alla costituzione di un unico archivio digitale presso l'Archivio centrale dello Stato che raccolga e razionalizzi, al fine di evitare i duplicati, i documenti declassificati esaminati dalle commissioni d'inchiesta, unificando gli archivi esistenti;

3) a proseguire in questa importante operazione di verità e trasparenza facilitando e accelerando il versamento della documentazione all'Archivio centrale di Stato, per mettere il più ampio patrimonio informativo a disposizione della collettività e della ricerca storica;

4) a favorire, per quanto di competenza, l'attività del Comitato consultivo sulle attività di versamento dell'Archivio di Stato e agli archivi di Stato sul territorio, valorizzando l'impostazione pluralista nel perseguimento dei suoi fini istituzionali.
(1-00173) «Mollicone, Cavandoli, Pittalis, Bicchielli, Varchi, Bellomo, Tassinari, Buonguerrieri, Davide Bergamini, Dondi, Bisa, Palombi, Carrà, Pellicini, Matone, La Salandra, Morrone, Pulciani, Pretto, Vinci, Sudano, Colombo, Zinzi, Lucaselli, Malaguti, Gaetana Russo».


   La Camera,

   premesso che:

    esiste un nesso causale biunivoco fra degrado degli ecosistemi, siano essi marini o terrestri, e benessere umano e animale;

   ogni anno, fino a 22 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano nell'ambiente marino e altrettanti nell'ambiente terrestre con enormi conseguenze su ogni essere vivente e habitat: si tratta infatti del materiale più diffuso prodotto dall'uomo rinvenibile nei suoli, nei fiumi, nell'aria e nei mari;

    tra le principali tipologie di rifiuti che contribuiscono a danneggiare i predetti ecosistemi possono annoverarsi anche gli pneumatici, i mozziconi di sigaretta e i palloncini, nonché da ultimi, ma non per importanza, quelli derivanti dallo svolgimento di eventi sportivi, culturali, gastronomici, musicali o fieristici;

    come noto, i mozziconi di sigarette sono composti in buona parte di microplastiche, denominate fibre di acetato di cellulosa. Si tratta di rifiuti i cui tempi di degradazione risultano essere molto lunghi: da 1 a 10 anni a seconda del luogo dove sono abbandonati e spesso provocano la morte di specie viventi che se ne cibano. Inoltre, a causa del trasporto determinato dalle acque meteorologiche, il 90 per cento dei filtri gettati nelle strade cittadine finisce nei corsi d'acque e poi in mare. Nel Mediterraneo il 40 per cento dei rifiuti è proprio costituito dai filtri di sigarette e, solo nel nostro Paese, ogni anno, 14 miliardi di mozziconi di sigarette finiscono nell'ambiente, con conseguenti effetti nocivi per l'ecosistema acquatico, il mondo degli insetti e dei volatili;

   in merito agli pneumatici, rileva ricordare che il tempo medio di decomposizione degli stessi supera i cento anni. La composizione dei materiali rende, infatti, lo pneumatico non biodegradabile o per meglio dire di scarsa biodegradabilità. Questo aspetto accentua il problema ambientale degli abbandoni, unitamente alla verificabilità di processi di combustione, spontanea o dolosa dei medesimi, con conseguente rilascio in atmosfera di fumi pericolosi di metalli pesanti e benzene e conseguente contaminazione di terreno e acque circostanti. A ciò si aggiunga che, da stime effettuate dall'Osservatorio e dalla piattaforma CambioPulito – promosso da Legambiente insieme ai consorzi degli PFU e alle associazioni di categoria Confartigianato, CNA, Airp, Federpneus Assogomma – vengono immessi illegalmente nel mercato nazionale 30-40 mila tonnellate pneumatici, a cui si legano un mancato versamento del contributo ambientale per la loro raccolta riciclo pari a un totale di circa 12 milioni di euro, evasione dell'Iva stimabile in circa 80 milioni di euro ed un'esposizione al rischio di abbandono nell'ambiente di pneumatici fuori uso derivanti da attività illegali, che dunque eludono le regole del sistema nazionale di gestione, a cui vanno aggiunti i costi delle bonifiche necessarie per ripulire il territorio dagli abbandoni illegali;

   per quanto concerne gli eventi sportivi, culturali, gastronomici, musicali o fieristici, ricorrenze e feste implicano la concentrazione di persone (organizzatori, partecipanti, fornitori), materiali ed energia nello stesso luogo per un periodo di tempo limitato, causando diverse pressioni sull'ambiente e sulle risorse naturali in virtù sia della significativa produzione di rifiuti, anche alimentari, che della plastica monouso utilizzata (forchette, bicchieri, piatti), oltre all'utilizzo frequente di palloncini, fortemente pericolosi per l'ambiente e gli animali marini. Questi ultimi, infatti, sono al terzo posto tra i rifiuti più pericolosi per foche, tartarughe e uccelli marini. La plastica morbida che li compone ha 30 volte più possibilità di arrecare danni, anche mortali, agli animali rispetto alla plastica dura delle bottiglie. Una ricerca inglese dell'Università di Wales Swansea ha evidenziato che i pezzi di palloncino costituiscono l'80 per cento dei rifiuti trovati all'interno dello stomaco delle tartarughe marine analizzate;

   infine, la presenza di rifiuti plastici nei mari e sulle spiagge è indubbiamente tra i più pressanti problemi su scala globale del nostro tempo. I fiumi sono responsabili del trasporto verso il mare di grandi quantitativi di plastica, pari a circa l'80 per cento di tutta la plastica in mare. Alcuni più di altri, in funzione, oltre che della localizzazione geografica, della portata, della lunghezza, del territorio che attraversano e del numero di persone che vivono attorno alle sue sponde. Secondo l'indagine Beach litter 2023 di Legambiente, su un totale di 232.800 metri quadri di area campionata sono stati contati 36.543 rifiuti, una media di 961 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia. Al primo posto si confermano i frammenti di plastica (tra 2,5 cm e 50 cm) con il 10,9 per cento sul totale; seguono tappi e coperchi con l'8,6 per cento sul totale e mozziconi di sigarette con il 6 per cento. A chiudere la classifica, all'ottavo e decimo posto, con il 3,1 per cento altri oggetti di plastica;

    la direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, cosiddetta «Direttiva SUP — Single-Use-Plastics», recepita nel nostro Paese con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 196, ha previsto specifiche iniziative destinate alla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente;

    in particolare, sebbene tra le misure di contrasto contenute nella citata direttiva, figurino, per i prodotti del tabacco, l'istituzione di schemi di responsabilità estesa del produttore (articolo 8) e, sia per questi ultimi che per i palloncini, l'apposizione di apposita marcatura che informi il pubblico della presenza di materie plastiche nel prodotto e quale sia il loro impatto sull'ambiente (articolo 7), occorrono misure di rafforzamento atte a fronteggiare emergenze ambientali ancora considerate marginali e scarsamente preoccupanti;

    il Testo unico in materia ambientale (Tua) contempla il «divieto assoluto di abbandono dei rifiuti sul suolo e nel sottosuolo e parimenti nelle acque superficiali e sotterranee». In particolare, l'articolo 192, definisce la fattispecie del reato e impone il divieto di deposito di rifiuti fuori controllo; l'articolo 255 stabilisce le sanzioni amministrative del reato e, infine, l'articolo 256, definisce le sanzioni penali a seconda che l'illecito sia stato commesso da un soggetto privato per il quale è applicata una sanzione amministrativa o una persona giuridica nell'esercizio della propria attività professionale a cui viene applicata una sanzione penale;

    tuttavia le predette sanzioni risultano, ad oggi, poco dissuasive per rendere efficace l'attività di prevenzione e repressione, oltre ad esserci degli importanti gap a livello di enforcement, scarsità di risorse statuali per attività di monitoraggio e di controllo diffuso del territorio nonché una mancanza di coordinazione tra il potere amministrativo e quello giudiziario a livello locale;

    nel corso della XVIII legislatura è stata approvata la cosiddetta legge Salvamare (legge 17 maggio 2022, n. 60) con l'obiettivo di contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla promozione dell'economia circolare, nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi volti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione dei rifiuti medesimi, prevedendo, inter alia, un programma sperimentale triennale di recupero delle plastiche nei fiumi maggiormente interessati da tale forma di inquinamento;

    l'articolo 7 del decreto-legge n. 111 del 2019 (cosiddetto decreto clima) ha riconosciuto, in via sperimentale, un contributo a fondo perduto, nella misura massima di 5.000 euro, a favore di esercenti commerciali di vicinato, di media struttura e a favore degli esercenti di grande struttura, per incentivare la vendita di detergenti o prodotti alimentari, sfusi o alla spina;

   valutato, altresì, che:

    nel giugno 2018, il Ministro dell'ambiente pro tempore Sergio Costa ha lanciato la «Plastic Free Challenge» per liberare le istituzioni dalla plastica usa e getta, grave fonte di inquinamento ambientale impegnando il suo dicastero a diventare plastic free entro il 4 ottobre dello stesso anno e invitando altre Istituzioni, comuni, regioni, università, prefetture, associazioni, catene di supermercati, piccole isole ad aderire alla campagna;

    secondo dati diffusi dall'Agenzia europea per l'ambiente (EEA), i tessuti dei capi d'abbigliamento costituiti da fibre sintetiche, come il poliestere e l'acrilico, sono una delle principali fonti di inquinamento da microplastiche, non solo nella fase di lavaggio ma lungo l'intera filiera, dalla produzione all'uso fino allo smaltimento dei prodotti tessili in quanto rifiuti;

    insieme al cambiamento climatico, l'inquinamento da plastica è la minaccia più dannosa per la salute degli ecosistemi marini e terrestri,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative volte a stanziare adeguate risorse finanziarie in favore degli enti locali per l'installazione, nei luoghi di alta aggregazione sociale, di appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo in linea con quanto già previsto dall'articolo 232-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nonché ad incrementare i controlli volti al contrasto del fenomeno ed avviare campagne informative tese a sensibilizzare i cittadini sulle corrette modalità di smaltimento degli stessi al fine di scongiurare danni significativi all'ambiente;

2) ad assumere le opportune iniziative di carattere normativo tese ad inasprire l'attuale regime sanzionatorio per le violazioni relative all'abbandono di mozziconi di sigarette o piccoli rifiuti di cui all'articolo 255 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e ad estendere le semplificazioni previste dall'articolo 16 della legge 689 del 1981 per la conciliazione e il pagamento delle sanzioni riconducibili alle violazioni per abbandono dei piccolissimi rifiuti, anche ai rifiuti dei prodotti da fumo;

3) a implementare e rafforzare il monitoraggio e la tracciabilità degli pneumatici, lungo tutta la filiera, in modo da limitare le cause illecite di abbandono e risalire alle responsabilità;

4) ad adottare iniziative normative volte a prevedere l'applicazione, indipendentemente dalla qualifica del soggetto (cittadino privato, ovvero titolare di impresa e/o rappresentante di una persona giuridica) in capo al quale la condotta debba e possa essere imputata, dalla pena prevista in materia di abbandono di rifiuti o di deposito incontrollato, per il reato di cui all'articolo 256, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

5) ad adottare, con sollecitudine, iniziative, anche di carattere normativo, volte ad estendere ai promotori ed organizzatori di eventi privati l'obbligo di applicazione e piena conformità ai CAM di cui al decreto ministeriale 19 ottobre del 2022 del Ministero della transizione ecologica, anche valutando l'introduzione di strumenti agevolativi ad hoc quali aliquote Iva ridotte e detrazioni fiscali, nonché a riconoscere il bollino «Eco eventi plastic free» quale marchio nazionale per la certificazione di conformità di un intero evento alla vigente legislazione ambientale, ad opera di un'autorità pubblica;

6) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte ad introdurre, su scala nazionale, il divieto di utilizzo di coriandoli e palloncini di plastica e le cosiddette «lanterne cinesi», utilizzati in occasione di feste, eventi pubblici, ricorrenze o manifestazioni anche sportive, configurabile come abbandono di rifiuti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevedendo l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a 1.000 euro;

7) ad introdurre una severa regolamentazione sull'utilizzo dei fuochi d'artificio, i quali, oltre a rappresentare una fonte di disturbo e di pericolo sia per la fauna selvatica sia per gli animali domestici, danno vita ad una consistente quantità di rifiuti al termine del loro utilizzo;

8) al fine di semplificare ed incentivare la raccolta differenziata e il riciclo nonché di consentire un risparmio sui costi di trasporto di smistamento, in modo particolare degli imballaggi in plastica e altri materiali, ad adottare iniziative normative che rendano strutturale la concessione di contributi alle amministrazioni comunali per l'acquisto e l'installazione dei cosiddetti eco-compattatori, con requisiti tecnici idonei ad accedere al «programma sperimentale mangiaplastica» di cui al decreto del Ministero della transizione ecologica n. 360 del 2 settembre 2021, anche valutando l'introduzione di buoni sconto o ecopunti, spendibili presso gli esercizi commerciali convenzionati, per i cittadini residenti sulla base delle quantità complessivamente depositate presso gli ecocompattatori comunali;

9) ad adottare iniziative normative volte a stanziare adeguate risorse finanziarie in favore degli enti locali per l'introduzione di apposite premialità destinate agli esercizi commerciali, ai pubblici esercizi, ai laboratori di produzione artigianale di alimenti autorizzati alla vendita per asporto, agli operatori del commercio su aree pubbliche, sia in sede fissa sia in forma itinerante, alle attività di catering del settore alimentare e agli esercenti delle attività balneari che non utilizzino e forniscano contenitori, stoviglie, posate, cannucce di plastica non biodegradabile e non compostabile, nonché prodotti, alimentari e non, confezionati in plastica non biodegradabile e non compostabile, al fine di ridurre l'impatto ambientale e il livello dei rifiuti non riciclabili derivanti da materiali da imballaggio;

10) ad adottare iniziative normative volte a reintrodurre e rendere strutturale il contributo economico a fondo perduto rivolto agli esercizi commerciali di vicinato e alla media e grande distribuzione per la predisposizione di spazi dedicati alla vendita di prodotti alimentari e detergenti, sfusi o alla spina, o per l'apertura di nuovi negozi che predispongano esclusivamente la vendita di prodotti sfusi di cui al decreto 22 settembre 2021 del Ministro della transizione ecologica;

11) a favorire all'interno degli edifici pubblici e nelle aree di proprietà comunale, l'installazione di erogatori d'acqua potabile micro filtrata e di borracce, fornite tramite apposite convenzioni con le locali società di reti idriche, allo scopo di promuovere il consumo consapevole e responsabile della risorsa idrica e ridurre notevolmente il consumo d'acqua in bottiglie di plastica;

12) ad istituire un Osservatorio sui fiumi che possa identificare tempestivamente, anche mediante la definizione di adeguati standard di monitoraggio dei rifiuti flottanti, gli impatti ambientali significativi e negativi e, conseguentemente, individuare le opportune misure correttive atte a salvaguardare l'integrità dell'ecosistema acquatico;

13) ad adottare adeguate iniziative normative volte ad incrementare le risorse finanziarie in favore degli enti locali e delle associazioni di settore per l'implementazione di misure tese a contrastare l'inquinamento marino da plastiche tramite sistemi di monitoraggio, intercettazione, installazione di barriere e pulizia degli argini fluviali del proprio territorio nonché per la conseguente gestione dei rifiuti rimossi;

14) ad implementare lo strumento dei contratti di fiume – che dovrà essere coordinato con l'Osservatorio sui fiumi – al fine di favorire una programmazione strategica e negoziata volta alla tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree, come previsto dall'articolo 68-bis del codice dell'ambiente;

15) ad adottare iniziative di competenza volte ad inserire l'educazione ambientale come disciplina curriculare nei programmi didattici delle scuole primarie e secondarie di primo grado, anche valutando la promozione da parte degli istituti scolastici di eventi, iniziative, campagne di comunicazione e sensibilizzazione e corsi di formazione sui temi afferenti alla capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti, soprattutto quelli derivanti da materie plastiche, e all'economia circolare;

16) a dare piena attuazione, per quanto di competenza, alle direttive europee in materia di rifiuti e di economia circolare al fine di migliorare l'efficienza del sistema produttivo e di tutelare l'ambiente dalle conseguenze dall'abbandono incontrollato dei rifiuti, evitando così il rischio di avvio di procedure d'infrazione per il mancato rispetto del quadro normativo eurounitario.
(1-00174) «Sergio Costa, Ilaria Fontana, Pavanelli, L'Abbate, Morfino, Santillo, Caramiello».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 23 giugno 2022 il Consiglio europeo ha concesso alla Moldova lo status Paese candidato dopo che era stata avanzata domanda di adesione nel mese di marzo dello stesso anno;

    già dal 2016 tra l'Unione europea e la Moldova è in vigore un accordo di associazione, siglato nel 2013, comprendente una zona di libero scambio globale e approfondita, per il quale si svolgono costantemente riunioni congiunte per monitorare i progressi compiuti in ambito della cooperazione economica e discutere la collaborazione in materia di giustizia, libertà e sicurezza, la politica estera e di sicurezza comune;

    in questi anni, la Moldova ha manifestato in più occasioni la propria volontà di aderire rapidamente all'Unione europea, conformandosi agli standard richiesti e raggiungendo un livello molto alto di collaborazione in diversi ambiti, come hanno dimostrato i risultati ottenuti dall'accordo di associazione;

    la Moldova ha, inoltre, fin dai primi giorni dell'aggressione russa all'Ucraina assunto una posizione coerente con l'Unione europea di condanna e avviato un processo interno finalizzato ad incrementare la propria autonomia ed indipendenza anche economica dalle forti influenze russe dovute alla posizione geografica, alla complessa composizione etnico-linguistica della popolazione e alla precedente appartenenza all'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche;

    come emerso nella missione che una delegazione della Commissione europea ha tenuto a Chisinàu nel giugno 2023, la Moldova ha rinunciato non senza difficoltà alle proprie forniture energetiche provenienti dalla Transnistria, regione orientale separatista e filorussa già oggi sottoposta a controllo militare da parte della Russia, per appoggiarsi alle reti europee;

    peraltro, la presenza di contingenti militari russi in quest'area è stata già condannata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa in una risoluzione del 15 marzo, che ha definito la Transnistria come regione «occupata» dalla Russia;

    nell'ambito delle riforme interne, la Moldova sta ottenendo ottimi progressi anche perché vi è una solida maggioranza della popolazione favorevole all'adesione all'Unione europea e ai processi di ammodernamento necessari a tal fine;

    in questo contesto internazionale, conseguente all'aggressione russa dell'Ucraina, la Moldova, con il suo sostegno alle posizioni comuni in politica estera dell'Unione europea e il grande lavoro di accoglienza dei profughi ucraini, rappresenta un partner strategico per tutta l'Europa;

    è fondamentale, al pari del processo di integrazione in corso per i Balcani occidentali, che l'Unione europea manifesti chiaramente la volontà di concludere quanto prima possibile il processo di adesione della Moldova nell'Unione europea nella consapevolezza che qualsiasi incertezza avrebbe come conseguenza un raffreddamento delle iniziative di cooperazione con possibili conseguenze anche in ambito di politica estera;

    l'Italia e la Moldova sono particolarmente legati anche dalla presenza nel nostro territorio di una nutrita comunità moldava – una delle più rilevanti nel nostro Paese e la prima comunità al mondo con oltre 100 mila cittadini – e da una forte presenza di investimenti italiani in Moldova che rendono l'Italia uno dei maggiori partner economici, il secondo per numero di società registrate e capitale investito;

    anche in virtù di questa presenza, l'Italia è chiamata a svolgere in quella regione un ruolo protagonista nel processo di integrazione europea che si sta affrontando, anche attraverso un maggior coinvolgimento delle principali società a controllo pubblico volto a rafforzare gli investimenti e la presenza italiana nel mercato moldavo, sfruttando altresì le opportunità offerte dai fondi internazionali disponibili,

impegna il Governo:

   a riaffermare, in tutte le sedi europee ed internazionali, il pieno sostegno dell'Italia al processo di adesione della Moldova all'Unione europea sostenendone una rapida e positiva conclusione;

   a promuovere, anche mediante accordi bilaterali, una maggiore cooperazione e più solide relazioni diplomatiche con la Moldova, anche al fine di sostenere le riforme necessarie alla sua adesione e di favorire maggiori investimenti pubblici e privati nel Paese;

   a sviluppare in particolare la cooperazione in ambito culturale, economico e della formazione tra i due Paesi, anche mediante la valorizzazione e il coinvolgimento della comunità moldava presente in Italia.
(7-00136) «Rosato, Gruppioni».


   La XI Commissione,

   premesso che:

    la ricollocazione nel mondo del lavoro, se non è facile per i giovani, è ancora più difficile per gli over 50 che vengono licenziati, magari in modo inaspettato;

    i lavoratori ultracinquantenni rientrano nella categoria dei «lavoratori svantaggiati» perché fanno fatica ad essere assunti nuovamente, dopo la perdita del posto di lavoro. Nonostante l'età non dovrebbe rappresentare un fattore discriminante, questa discriminazione fa parte, purtroppo, della quotidianità;

    tale problematica appare più evidente nel caso delle donne, penalizzate in ambito lavorativo a tutte le età e sottoposte a un carico generale di mansioni quotidiane maggiore rispetto agli uomini;

    nel nostro Paese le donne, infatti, affrontano più difficoltà degli uomini nel mondo del lavoro (il gender gap è tutt'altro che superato) e sostengono, maggiormente rispetto agli uomini, le attività di cura domestico/familiari;

    i dati sulla conciliazione vita-lavoro mostrano un mercato italiano più rigido della media europea. Le donne godono di minore flessibilità e accettano stipendi più bassi rispetto agli uomini, in particolare le lavoratrici laureate;

    tale divario può essere così sintetizzato: difficile accesso, carriere discontinue, minori opportunità di avanzamento e salari più bassi. Le stesse, infatti, sono molto impegnate a tenere le redini delle famiglie e a sobbarcarsi i lavori di cura gratuiti a esse connesse ed anche le donne in pensione continuano a trascinarsi gli esiti delle scelte obbligate negli anni lavorativi;

    nella graduatoria stilata nell'Annual Report 2022 del World Economic Forum pubblicata nel settembre 2022, è emerso che, relativamente al divario uomo-donna, l'Italia è 25esima su 35 paesi europei e 63esima nel mondo (dato calcolato su 146 Paesi);

    per affrontare questi problemi, il Governo italiano ha implementato alcuni programmi per sostenere l'occupazione femminile e promuovere l'equità del trattamento professionale per uomini e donne;

    ad esempio, il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) prevede investimenti significativi in politiche di conciliazione vita-lavoro, formazione professionale e sviluppo dell'imprenditorialità femminile;

    rimangono ancora, tuttavia, molti fronti su cui lavorare per garantire un'effettiva parità di opportunità per le donne sul mercato del lavoro italiano e per tutelare quelle donne che perdono il lavoro superata la soglia dei 50 anni;

    occorre rilevare che anche per il 2023 sono state mantenute due forme di agevolazioni per le assunzioni di disoccupati over 50;

    una che prevede la possibilità per il datore di lavoro di beneficiare degli sgravi contributivi del 50 per cento previsti dalla cosiddetta legge Fornero (legge n. 92 del 2012) in caso di assunzione di uomini e donne di età superiore ai 50 anni che siano disoccupati da almeno 12 mesi, e l'altra che prevede un ulteriore bonus, ovvero un esonero contributivo del 100 per cento rivolto a quanti assumono donne over 50 disoccupate da almeno 12 mesi;

    nonostante queste misure, il mercato del lavoro si dimostra poco flessibile per le donne non giovanissime, che affrontano un mercato che presenta un tasso generale di disoccupazione più alto per tutte le donne e affrontano enormi difficoltà nel ricollocarsi in ragione dell'età. Ciò appare ancora più evidente dopo i 58 anni;

    i dati Istat di gennaio 2023 mostrano che in Italia il tasso di disoccupazione femminile è del 9,5 per cento mentre quello maschile è del 6,7 per cento. Le occupate sono arrivate sì a 9,87 milioni (più dei 9,77 milioni del 2019, recuperando lo shock del Covid), ma sono soltanto il 51,9 per cento delle donne tra i 15 e i 64 anni, contro il 69,7 per cento degli uomini. Con grandi differenze territoriali da Nord a Sud;

    le misure Ape sociale e opzione-donna hanno in questi anni affrontato il problema delle donne prossime al pensionamento;

    Ape sociale è una indennità economica a carico dello Stato, erogata dall'Inps a soggetti in possesso di particolari condizioni;

    istituita in via sperimentale con la legge n. 232 dell'11 dicembre 2016, per il periodo inizialmente individuato a partire dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, è stata successivamente più volte prorogata, prima al 31 dicembre 2019, poi al 31 dicembre 2020 con la legge n. 160 del 2019, e per ultimo con la legge di Bilancio n. 197 del 2022 per tutto il 2023, pur mantenendo la caratteristica di misura sperimentale;

    l'importo dell'indennità di Ape sociale è pari alla rata mensile della pensione spettante, calcolata al momento dell'accesso alla prestazione e non può, in ogni caso, superare i 1.500 euro mensili. L'indennità viene erogata direttamente dall'Inps in 12 mensilità l'anno e fino al compimento dell'età prevista per la pensione di vecchiaia;

    l'indennità può essere richiesta dagli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e autonomi, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata che abbiano compiuto 63 anni di età e siano in possesso rispettivamente di almeno 30 o 36 anni di contributi;

    i soggetti oggetti che hanno compiuto 63 anni di età possono accedere all'indennità se in possesso di almeno 30 anni di contribuzione e si trovano in una delle seguenti condizioni:

     a) in disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione;

     b) assistono da almeno sei mesi il coniuge o la persona in unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap grave ovvero, dal 1° gennaio 2018, un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

     c) riconosciuti invalidi civili con una percentuale almeno del 74 per cento;

    i soggetti oggetti che hanno compiuto 63 anni di età, possono accedere all'indennità con almeno 36 anni di contribuzione e se, per almeno 6 anni negli ultimi 7 o, come disposto dalla legge di bilancio 2018, 7 anni negli ultimi 10, abbiano svolto delle attività lavorative classificate come particolarmente difficoltose e rischiose, precisamente individuate dalla norma;

    «opzione-donna» nasce come misura sperimentale per la prima volta sedici anni fa, più precisamente nel 2004, dall'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004;

    la norma prevedeva la possibilità per le lavoratrici dipendenti con 35 anni di contributi e 57 anni di età o 58 anni, per le lavoratrici autonome, di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, con requisiti anagrafici e contributivi molto più vantaggiosi di quelli previsti per la pensione anticipata o di vecchiaia, a condizione che optassero per il sistema di calcolo contributivo integrale;

    il decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto Riforma Fornero) conferma la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi di «opzione-donna»;

    esaurita la sperimentazione alla fine del 2015, la legge di bilancio per il 2016 e successivamente la legge di bilancio per il 2017 estendono ulteriormente la possibilità di accedere a «opzione-donna» anche alle lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, abbiano un'età pari o superiore a 57 anni, se dipendenti, o a 58 anni se autonome, fermo restando il possesso, alla medesima data, di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e la condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale;

    si arriva così alla legge di bilancio per il 2019 e il successivo decreto recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni (articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito dalla legge 28 marzo 2019 n. 26), con il quale oltre ad essere ulteriormente prorogata «opzione-donna», viene introdotta «Quota 100». Il decreto-legge innalza i requisiti anagrafici ed estende la misura alle lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per le lavoratrici autonome entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015);

    con le leggi di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019), per il 2021 (legge n. 178 del 2020) e per il 2022 «opzione-donna» viene confermata per l'ennesima volta e, in ultimo, prorogata rispettivamente per le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2020 ed entro il 31 dicembre 2021 abbiano maturato almeno 35 anni di contribuzione e un'età pari o superiore a 58 anni se dipendenti e a 59 anni se autonome;

    la situazione cambia radicalmente con la legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022). La misura «opzione-donna» viene confermata ma viene drasticamente ridotta la platea delle lavoratrici che possono accedervi attraverso l'individuazione di requisiti più stringenti. Nello specifico possono accedervi:

     a) le donne licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;

     b) le donne con disabilità pari od oltre il 74 per cento;

     c) le donne che assistono, da almeno 6 mesi, persone disabili conviventi, con handicap in situazione di gravità ex legge n. 104 del 1992;

    per le donne con età minima 60 anni, sia lavoratrici dipendenti che autonome, è previsto l'anticipo di 1 anno per ogni figlio, entro un massimo di due, quindi a 58 anni per chi ha avuto due o più figli e a 59 anni per chi ha avuto un figlio;

    l'applicazione dei requisiti su citati ha determinato una drastica riduzione delle domande nel corso del 2023;

    ciò che appare particolarmente stringente è il requisito relativo alle donne licenziate che devono necessariamente e lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale;

    a tal proposito l'Inps ha tenuto a precisare che la norma trova applicazione per le lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali risulti, attivo alla data del 1° gennaio 2023, ovvero risulti attivato in data successiva, un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d'impresa di cui all'articolo 1, comma 852, della legge n. 296 del 2006;

    in merito, l'Inps ha specificato che:

     a) per le lavoratrici dipendenti è necessario che il tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale risulti attivo al momento della presentazione della domanda di pensione;

     b) per le lavoratrici licenziate occorre che il licenziamento sia stato intimato nel periodo compreso tra la data di apertura e di chiusura del tavolo e che le stesse non abbiano ripreso attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato successivamente al licenziamento;

    occorre evidenziare che in base ai dati pubblicati sul sito del Ministero delle imprese e del made in Italy nel maggio 2023, il numero dei tavoli attivi, di rilievo nazionale, in carico alla struttura per le crisi di impresa presso il dicastero è pari a 34, e 23 i dossier in via di risoluzione;

    l'attivazione di un tavolo presso il Ministero delle imprese e del made in Italy avviene nei casi di crisi delle aziende di grandi dimensioni, di rilevanza strategica per l'industria italiana, con pesanti ricadute occupazionali, e ha l'obiettivo di salvaguardare il tessuto produttivo e sociale che sostiene il sistema economico nazionale;

    in base a tali presupposti appare evidente che per le donne licenziate a seguito di chiusura, da aziende medio/piccole, che rappresentano la maggior parte del tessuto produttivo del nostro Paese, che non siano gravemente invalide, caregiver, e non abbiano raggiunto i 63 anni di età per accedere ad Ape sociale, non esiste alcun sostegno in caso di licenziamento da parte dell'azienda, stante le su citate enormi difficoltà di ricollocamento nel mondo del lavoro. Ciò anche qualora le stesse abbiano maturato un considerevole requisito contributivo,

impegna il Governo

a valutare ogni iniziativa utile al fine di individuare una misura di sostegno per le donne con età superiore a 58 anni che abbiano maturato almeno 35 anni di contribuzione, licenziate a seguito di chiusura aziendale, nei casi in cui imprese, di qualsiasi dimensione, si trovino in stato di crisi o di insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, ovvero soggette alle procedure di cui alla legge 30 luglio 1998, n. 274.
(7-00135) «Tenerini, Tassinari».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'Italia vanta una popolazione fra le più longeve e si caratterizza per una quota di ultrasessantacinquenni fra le più alte a livello mondiale: a gennaio 2023, i cittadini dai 65 anni in su erano 14 milioni e 177 mila, costituendo così il 24,1 per cento della popolazione nazionale. Questa percentuale, secondo stime Istat, è destinata ad aumentare fino a raggiungere il 34 per cento nel 2050, anno in cui il rapporto sarà di un giovane ogni 3 anziani;

    le attuali tendenze connesse a invecchiamento e denatalità stanno notevolmente modificando la struttura demografica del Paese anche con effetti negativi sulla sua capacità produttiva. Di conseguenza, aumenterà in maniera rilevante l'indice di dipendenza degli anziani e quindi la pressione sul sistema di welfare, incidendo sulla spesa a livello nazionale ma anche delle singole famiglie. In particolare, nel decimo rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano del Centro studi e ricerche itinerari previdenziali del 2023 – che riporta i dati all'anno 2021 – si stima che la spesa per il welfare privato nel 2021 sia stata pari a 40,643 miliardi, di cui 23,05 miliardi di euro sono stati destinati alla spesa per la «non autosufficienza» domiciliare e residenziale;

    all'invecchiamento della popolazione corrisponde un aumento del peso delle patologie cronico-degenerative che diventa sempre più rilevante. In particolare, le cardiopatie dell'anziano (patologie delle valvole cardiache, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale) rappresentano un serio problema non adeguatamente presidiato nel panorama sanitario italiano, in termini di mortalità, disabilità, qualità della vita e utilizzo di risorse umane ed economiche;

    le malattie cardiache dell'anziano fanno parte della più ampia branca delle malattie cardiovascolari, una delle prime cause di morte nel mondo: solo nel 2019, sono stati registrati 18,6 milioni di decessi per cause cardiovascolari, mentre si prevede che, entro il 2030, ci saranno 24 milioni di morti all'anno a causa di queste patologie. In Italia, le malattie cardiovascolari sono responsabili di circa il 44 per cento di tutti i decessi (31,7 per cento per gli uomini e 37,7 per cento per le donne) con una prevalenza più elevata rispetto alla media europea in considerazione dell'elevata età della popolazione italiana;

    nel febbraio 2022, in base ai numeri emersi da un'indagine condotta in 45 ospedali italiani tra novembre 2021 e gennaio 2022, la Società italiana di cardiologia (SIC) ha lanciato l'allarme rispetto al rischio di tornare ai livelli di 20 anni fa in termini di mortalità per infarto e ictus se non si inverte la rotta quanto prima, visto che, in futuro, i pazienti cardiologici potrebbero aumentare non solo in virtù del progressivo invecchiamento della popolazione nazionale ma anche a causa degli effetti a lungo termine della pandemia da Covid-19 poiché, secondo i dati, in coloro che sono stati colpiti dal virus si riscontra un aumento del 20-25 per cento di malattie cardiovascolari;

    in particolare, il Covid-19 ha infatti messo a dura prova i pazienti affetti da cardiopatie, generando notevoli ritardi nella diagnostica preventiva e nella cura delle patologie cardiovascolari incluse le cardiopatie dell'anziano. È stato stimato che l'allungarsi dei tempi per l'accesso in ospedale e ai trattamenti nonché il ritardo nel sottoporsi a interventi terapeutici, ha fatto registrare un ulteriore incremento del 20 per cento della mortalità per coloro che sono affetti da patologie cardiache;

    l'invecchiamento della popolazione ha portato a un forte incremento delle cardiopatie degenerative che traggono origine in età più giovane – da 60 anni in poi – e vengono a maturazione clinica tra i 75-85 anni. A causa dell'invecchiamento demografico e dell'adozione di stili di vita non adeguati, il peso di queste patologie è destinato ad aumentare, con la conseguenza di gravare ulteriormente sui sistemi sanitari nazionali;

   l'allungamento dell'aspettativa di vita ha già reso possibile il manifestarsi di cardiopatie legate all'invecchiamento fisiologico del sistema cardiovascolare: per esempio, le cosiddette «cardiopatie dell'anziano» – in particolare le malattie degenerative delle valvole cardiache – essenzialmente dovute al deterioramento dei tessuti. Sono patologie caratterizzate da elevata morbidità e mortalità e rappresentano spesso causa di disabilità anche fino alla perdita dell'autosufficienza ed esclusione sociale. Queste malattie gravano notevolmente sulle condizioni di vita dei pazienti e sulla società, costituendo una perdita di produttività riconducibile al singolo paziente e all'assistenza dei caregiver. Inoltre, rappresentano un onere significativo per sistemi sanitari nazionali, poiché si ripercuotono sull'equilibrio dei sistemi sanitari in virtù dell'ospedalizzazione che molto spesso risulta necessaria e l'allungarsi delle liste d'attesa. Prevenire queste patologie si traduce quindi in un vantaggio in termini di salute e risorse, oltre che essere fondamentale per frenare il declino funzionale del paziente stesso;

    parallelamente al crescere delle possibilità di trattamento della malattia già conclamata, si è infatti affermata nella comunità scientifica la consapevolezza dell'importanza di interventi preventivi, atti a impedire e ritardare l'insorgenza della malattia stessa: se misure di prevenzione primaria – in termini di modificazione degli stili di vita nelle diverse età e in quelle avanzate – consentono incrementi nell'aspettativa di vita in buone condizioni di salute, la prevenzione secondaria, e quindi le iniziative e attività di screening, offrono il duplice obiettivo di identificare precocemente cardiopatie in atto offrendo quindi un servizio immediato al cittadino e allo stesso tempo di agire in modo previsionale, ponendo un segnale d'allarme su fattori di rischio cardiovascolare e sintomatologie spesso sottovalutate;

    la diagnosi tempestiva delle cardiopatie dell'anziano – e in particolare di quelle valvolari che sono spesso silenti – è cruciale e costituisce una priorità facilmente realizzabile: è possibile effettuare una diagnosi anche già ascoltando il cuore con un fonendoscopio e – nel caso si identifichi un sospetto – si potrà procedere a successivi esami strumentali, come un elettrocardiogramma o un'ecografia, o un consulto specialistico;

    a tal proposito, la Società italiana di cardiologia geriatrica (SICGe) si è fatta promotrice dell'iniziativa Il Cuore di...al fine di fotografare lo stato di salute del cuore degli italiani over 65 sottoponendoli a visita cardiologica, con elettrocardiogramma (Ecg) ed ecocardiogramma. Dai dati raccolti nell'indagine conclusa a maggio 2023 su un campione di oltre 1.200 persone esaminate in dieci piccoli comuni con meno di 3mila abitanti distribuiti su tutto il territorio nazionale, si è osservata una prevalenza di circa il 30 per cento di patologie valvolari nelle forme lieve e moderata – tre volte più alta rispetto a quella stimata fino ad oggi del 10-12 per cento. Nella popolazione che ha partecipato allo studio, il 7 per cento di chi aveva più di 80 anni era affetto da stenosi aortica, il 10 per cento da insufficienza mitralica, il 15 per cento da fibrillazione atriale o scompenso cardiaco, con un'alta percentuale di ipertesi (83 per cento), 19 per cento di diabetici e 56 per cento di dislipidemici. Tutte nuove diagnosi con sintomi silenti e fattori di rischio per cui gli anziani esaminati non erano in trattamento, in grado di generare negli anni successivi patologie cardiache clinicamente rilevanti. In particolare, anomalie della valvola aortica sono risultate complessivamente presenti nel 27 per cento e quelle della valvola mitralica nel 34 per cento dei soggetti osservati;

    l'iniziativa della SICGe ha permesso una stima di massima dei costi necessari all'esecuzione degli screening, evidenziando così anche l'ottimo rapporto costo-efficacia: sia dal punto di vista degli esiti terapeutici sia dei costi che gravano sul sistema sanitario è molto più impattante curare la malattia o le sue complicanze piuttosto che prevenirla o intervenire prima che la malattia si manifesti con sintomi gravi e che degeneri in malattia cronica. L'iniziativa ha avuto anche il merito di identificare cardiopatie in atto sotto-diagnosticate e di agire in modo previsionale, ponendo un segnale d'allarme su fattori di rischio cardiovascolare e sensibilizzando la popolazione ed operatori sanitari su patologie che rischiano di rimanere silenti;

    la necessità di investire sulla prevenzione è dettata dalla sostenibilità stessa del nostro sistema di welfare, fortemente segnato dal peso della cronicità: secondo il rapporto dell'ISTAT 2022, in Italia la spesa per la protezione sociale nel 2020 ha raggiunto il 34,5 per cento del Pil, segnando un incremento di oltre 5 punti percentuali rispetto all'andamento negli anni 2016-2020. Di rilievo come la spesa per le prestazioni sociali sia destinata alla funzione vecchiaia per il 46,5 per cento e alla funzione malattia per il 22,4 per cento. Limitandosi allo specifico delle patologie valvolari, uno studio del CEIS EEHTA – Centre for Economic Evaluation and HTA (Eehta) dell'Università Tor Vergata di Roma ha analizzato la spesa previdenziale nel periodo 2015-2019 evidenziando che per la sola indennità di accompagnamento conseguente a disturbi o malattie delle valvole aortica, mitralica e tricuspidale sono stati spesi circa 29 milioni di euro annui (dato medio sul quinquennio): 17 di questi fanno riferimento alle sole patologie o disturbi della valvola aortica, con un incremento del 35 per cento nel 2019 rispetto al 2015. Nei 5 anni analizzati, sono stati spesi per le indennità di accompagnamento dovute a patologie valvolari oltre 144 milioni di euro, con un aumento complessivo del 22 per cento nell'arco del quinquennio;

    per un'efficace azione di contrasto e pronto intervento alle malattie cardiache dell'anziano, è necessario potenziare e rendere pienamente operativi sistemi di sorveglianza e monitoraggio integrati con linee di azione di cure primarie nonché programmi di prevenzione collettiva di provata efficacia basate su evidenze e dati scientifici;

    per queste malattie né in Italia né a livello europeo esistono programmi di screening estesi e strutturati capaci di raggiungere l'intera popolazione nelle fasce di età più sensibile, come per esempio avviene per i programmi di screening oncologico;

    in un recente evento volto a favorire il confronto ed un lavoro di concerto tra la comunità scientifica e le istituzioni, le società scientifiche coinvolte, SICGE, SIGG ed ANMCO, hanno di comune espresso l'urgenza di intervenire in maniera concreta verso l'attuazione di politiche preventive di diagnosi precoce delle malattie cardiache dell'anziano, considerato il trend di invecchiamento della popolazione. La mancanza di politiche efficaci per una adeguata prevenzione e la transizione demografica sta alimentando un aumento di accessi e ricoveri ospedalieri legati a malattie cardiache. Ogni anno, vengono ricoverati per infarto miocardico acuto circa 150.000 pazienti, con un'età media di circa 68 anni e la metà di questi pazienti ha superato i 65 anni. Inoltre, lo scompenso cardiaco rappresenta un'altra emergenza con oltre 200.000 ricoveri all'anno, di cui 130.000 sono specificamente per questa condizione. Numeri che impattano pesantemente sulle strutture ospedaliere, in termini di costi e come impegno organizzativo. Attività su scala nazionale di screening di precisione verso una specifica fascia di popolazione a maggior rischio di soffrire di malattie cardiache e una prevenzione di comunità svolta all'interno di aree identificabili possono contribuire a un risparmio significativo sui costi sanitari e sociali nel lungo periodo, e portare a un miglioramento della qualità di vita complessiva dell'anziano. Sembra così imporsi la necessità di un cambio di paradigma che ponga l'accento sulla prevenzione, grazie all'istituzione di un sistema strutturato di screening che porti a una maggiore efficacia terapeutica e minori accessi nelle strutture sanitarie, nell'ottica di una maggiore sostenibilità per il Sistema Sanitario Nazionale;

    la Commissione europea ha promosso una Joint Action sulla «Prevenzione delle malattie non trasmissibili - malattie cardiovascolari e diabete» per sostenere gli Stati membri nelle loro azioni contro le malattie non trasmissibili stanziando un budget di 55 milioni di euro. In particolare, la Joint Action sosterrà l'attuazione di progetti di prevenzione delle malattie e di promozione della salute, attraverso interventi basati sulle evidenze (migliori pratiche convalidate, pratiche promettenti basate sulle evidenze, risultati di progetti di ricerca),

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative di competenza volte a istituire un programma di prevenzione secondaria, come strumento di salute collettiva, in ambito cardiaco riguardante quelle fasce che per età sono più esposte allo sviluppo di patologie, ossia istituire un programma strutturato per la diagnosi precoce delle cardiopatie dell'anziano;

   a promuovere modelli di prevenzione che attraverso la raccolta di dati a fine scientifico e la misura dei risultati conseguiti consentano maggiori certezze predittive e la definizione, sulla base delle prove di efficacia, di migliori strategie di salute pubblica, dando priorità a un approccio preventivo;

   a riconoscere e sostenere, con campagne di comunicazione, la valenza dei progetti di screening, sottolineandone la duplice finalità nel fornire un servizio concreto ai cittadini di riscontro immediato sul proprio stato di salute e, nel contempo, sensibilizzando ed educando ad atteggiamenti che nel lungo periodo favoriscono la prevenzione delle patologie;

   a sostenere e valorizzare progetti di diagnosi precoce, simili a quelli promossi da SICGe, nell'ambito delle cardiopatie dell'anziano, con particolare attenzione alle patologie valvolari cardiache poiché generalmente silenti;

   ad adottare un approccio life course come previsto dal Piano nazionale della prevenzione (PNP) 2020-2025, anche in tale ambito, con la consapevolezza che interventi preventivi realizzati con tempestività nelle diverse fasi della vita portino a risultati di salute positivi che si riflettono sulle generazioni successive;

   ad adottare iniziative di competenza per snellire le liste di attesa e i ritardi accumulati a causa dell'emergenza pandemica di Covid-19, dando priorità alla riduzione del sotto-trattamento delle cardiopatie dell'anziano;

   ad avvalersi del coinvolgimento di società scientifiche – come SICGe, SIGG e AMCO – già fortemente impegnate su questi fronti, che grazie alle loro profonde conoscenze professionali possono contribuire ad aggiungere valore sociale alle iniziative di screening e nelle politiche dell'invecchiamento attivo, definendo il costrutto più efficace per l'inclusione della diagnosi precoce delle malattie valvolari cardiache;

   a proporre e sostenere come Paese membro – nell'ambito del progetto europeo sulla Joint Action dedicata alla «Prevenzione delle malattie non trasmissibili» – un progetto dedicato alla diagnosi precoce delle cardiopatie dell'anziano che faccia tesoro dell'esperienza derivata dal progetto SICGe «Il Cuore Di...».
(7-00134) «Ciocchetti, Rosso, Ciancitto, Colombo, Maccari, La Salandra, Marchetto Aliprandi, Ambrosi, Tremaglia».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    il «Callinectes Sapidus», ossia il granchio blu, originario delle coste tropicali americane temperate dell'oceano Atlantico, è una specie infralitorale che vive in acque salmastre, come le foci e i delta dei fiumi, le lagune e i laghi costieri, su fondali sabbiosi o fangosi, fino a 35 metri di profondità e riesce a resistere a temperature che vanno dai 3 ai 35 °C. Il cambiamento delle condizioni climatiche sulla nostra penisola sta favorendo la proliferazione in massa del granchio blu, grazie anche all'assenza di una forte pressione da parte di specie competitrici;

    già dal 2008, la presenza del granchio blu è stata certificata in diverse zone italiane come Puglia, Abruzzo, il bacino di Torre Colimena nel Mar Ionio, il porto di La Spezia in Liguria, la costa orientale della Sicilia, la Sardegna e il litorale romano;

    da almeno tre anni i pescatori del Polesano e del ferrarese sottolineano la presenza del granchio blu nelle proprie acque e della voracità con cui si ciba di vongole, ma anche di gamberi e piccoli pesci che popolano le acque delle lagune dell'alto Adriatico e, da ultimo, anche delle acque dolci del Po;

    proprio l'area del delta del Po, da Scardovari a Comacchio, compresa la parte marittima, a causa della massiccia proliferazione di esemplari di granchio blu, caratterizzati da una notevole voracità e aggressività nei confronti di altre specie, versa in una drammatica condizione. Il granchio blu sta mettendo a rischio l'attività delle diverse imprese ittiche. A ciò si aggiungano anche le altre aree interessate al fenomeno del granchio blu, quali la laguna di Orbetello, Lesina e alcune regioni in Sardegna e Sicilia, le quali segnalano una crescente sofferenza;

    a subire le maggiori ripercussioni di tale «invasione» marina è stata in particolar modo la Sacca di Goro, la quale ha subito danni considerevoli che potrebbero avere importanti ripercussioni sull'economia. Tale laguna salmastra, infatti, intercetta i due bracci del fiume Po nel suo delta: il Po di Goro e il Po di Volano. Tale area peraltro è soggetta a costanti trasformazioni delle correnti marine e risulta di importanza cruciale per l'economia marittima, perché rappresenta il 28 per cento della produzione nazionale di vongole vere, a cui si aggiungono gli allevamenti di cozze e ostriche, generando un'occupazione lavorativa per oltre 1600 famiglie;

    tra le conseguenze negative causate dalla presenza del granchio blu, si segnalano gli effetti negativi prodotti sulle specie algali di cui può nutrirsi, nonché su pesca e attività produttive in genere;

    a causa dell'aumento del 2000 per cento di tali esemplari, i danni fin qui registrati dagli allevamenti di vongole, cozze e ostriche dell'Adriatico, ammontano ad oltre il 50 per cento sulle produzioni;

    gli operatori ittici (acquacoltori e molluscocoltori) hanno ipotizzato che il recente aumento della presenza di tali crostacei sia una delle conseguenze dell'alluvione che ha devastato l'Emilia-Romagna nel maggio 2023. L'ingente afflusso di acqua proveniente dai fiumi, infatti, ha favorito il proliferare di tali specie marine, in grado di adattarsi alle fluttuazioni della salinità;

    l'azione predatoria dei granchi blu, inoltre, causa danni alle reti da pesca e al pescato stesso, oltre a rappresentare una minaccia per le colture ittiche, con importanti diminuzioni delle produzioni che rappresentano un'economia di 100 milioni di euro e producono circa i tre quarti delle vongole consumate in Italia. A rischio sono anche gli stock di spigole ed orate allevate in maniera estensiva, a causa della rapida diffusione di tale crostaceo;

    a ciò sia aggiunga anche il pericolo per l'incolumità dei bagnanti, in quanto è stata segnalata la presenza del granchio blu anche in prossimità delle aree dedite alla attività balneare,

impegna il Governo:

   ad adottare tempestivamente un piano di contenimento dell'infestazione di granchio blu ed eradicazione della minaccia dalle aree colpite, mediante prelievi capillari e conseguente smaltimento degli esemplari catturati, promuovendo altresì un piano di prevenzione per impedirne l'ulteriore diffusione, scongiurando un fenomeno che andrebbe a travolgere il comparto ittico dell'acquacoltura e della molluschicoltura;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta a ristorare i pescatori colpiti dai danni alla produzione e alle attrezzature, istituendo contestualmente un fondo emergenziale dedicato allo smaltimento del granchio blu.
(7-00137) «Castiglione, Gadda».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MALAGUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dai tempi della «Guerra fredda» si consumano conflitti non tangibili e non combattuti con armi convenzionali, ma che si svolgono su piani commerciali, spionaggio industriale, sabotaggi e furti di proprietà intellettuale con agenzie pubbliche e Ministeri nel mirino di aggressori cibernetici;

   sono le cosiddette «guerre ibride» – termine coniato nel 2017 – anche tra grandi potenze, che sviluppano conflitti da remoto sostanzialmente non percepiti dalle masse;

   ultima frontiera delle guerre ibride sono le «operazioni cognitive» che mirano a destabilizzare e aumentare le divisioni e le contrapposizioni all'interno delle società nemiche;

   tali operazioni, specialmente con l'avvento di internet e i progressi nelle neuroscienze, hanno fatto decollare un fenomeno destinato a diventare ancor più pericoloso con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale e delle scienze sociali quantistiche;

   le operazioni cognitive si combattono in rete e possono prevedere l'arruolamento di influencer, blogger e un quantitativo difficilmente quantificabile di attori, aggredendo la salute mentale del singolo o frammentando la società in segmenti detti «camere d'eco»;

   in tali camere si creano bolle digitali in cui individui accomunati da medesime convinzioni si radicalizzano, fomentando aspirazioni antisociali anche esacerbando tensioni etniche, quindi destabilizzando e minando la pace sociale per indebolire la nazione nemica;

   le democrazie occidentali e liberali, a causa della loro apertura e del loro pluralismo, sono particolarmente vulnerabili alle operazioni cognitive che, quindi, richiederebbero un maggiore controllo di quanto avviene in rete e studi psicopedagogici anche sullo sviluppo del pensiero critico delle nuove generazioni –:

   quali strategie di prevenzione e deterrenza si intendano intraprendere in futuro, come suggerito anche dall'Alleanza atlantica, al fine di affrontare un fenomeno sostanzialmente nuovo come le guerre cognitive.
(4-01446)


   PAVANELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 giugno 2023 una violenta alluvione ha colpito parte dell'Umbria e in particolare i territori dei comuni di Assisi, Bastia Umbra, Valtopina e Nocera Umbra;

   il comune di Assisi è risultato essere quello maggiormente interessato dall'evento calamitoso a causa della caduta di 70 millimetri di pioggia in meno di un'ora che ha provocato l'allagamento del bosco di San Francesco e di parte del pronto soccorso. Ulteriori forti alluvioni si sono verificati anche nei giorni a seguire;

   in conseguenza dei suddetti eventi meteorologici avversi si sono verificati due differenti dissesti nei pressi del chilometro 16+800 della SR 444 del Subasio in località Montemezzo – comune di Nocera Umbra, originati dalle frane che hanno coinvolto il versante e prodotto danni alle opere viarie con conseguente interruzione del regolare transito veicolare;

   inoltre, l'esondazione del fiume Tescio, in corrispondenza della SR 147 Assisana al chilometro 9+600, nel comune di Assisi ha provocato danni al ponte ivi ubicato presso il quale era già in corso un intervento urgente di riparazione dei parapetti in pietra e muratura di mattoni lesionati;

   da ultimo, la forte alluvione ha causato diversi dissesti lungo la SP 249 in località Armenzano, presso il comune di Assisi e in particolare il distacco di materiale detritico e roccioso dalle scarpate di monto della strada provinciale, con lesioni alla carreggiata stradale e interruzione della circolazione;

   per sopperire ai citati danni, l'amministrazione provinciale di Perugia è intervenuta con misure di somma urgenza, stanziando circa euro 180 mila, mentre la stima effettuata dal medesimo ente per il ripristino dei danni subiti a seguito delle citate frane ammonta a euro 2.700.000;

   a seguito del tavolo operativo tecnico tenutosi in data 29 giugno 2023 presso gli uffici della regione, si è convenuto di chiedere lo stato di emergenza nazionale ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 1 del 2018 (codice di protezione civile) –:

   se il Governo non intenda deliberare lo stato di emergenza per i territori dell'Umbria colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi nel mese di giugno 2023 e se non si intenda adottare iniziative normative volte a istituire un fondo destinato alla costruzione di tali aree oltre a compensare quanto stanziato in via emergenziale dall'amministrazione provinciale.
(4-01454)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SOUMAHORO e DELLA VEDOVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel colpo di Stato in Niger, i militari fedeli all'autoproclamato nuovo leader del Paese, Abdourahamane Tiani, hanno destituito il presidente Mohamed Bazoum, eletto democraticamente;

   in Niger, la crescita del Pil reale dovrebbe raggiungere quest'anno il 6,9 per cento, per aumentare ulteriormente nel 2024 raggiungendo il 12,5 (Fondo monetario internazionale). Allo stesso tempo oltre 10 milioni di persone vivono in condizioni di povertà estrema;

   il Niger è attualmente il settimo produttore mondiale di uranio e l'Europa è il principale mercato di sbocco del minerale. Un terzo dell'energia nucleare prodotta in Francia dipende dalle miniere di questo Paese;

   in Niger è presente la seconda più grande base militare Usa in Africa, vicino ad Agadez; un'altra è operativa a Niamey. Anche l'Italia, che partecipa alla missione Misin per l'addestramento delle forze di polizia locali, ha in loco circa 300 militari. Nel Niger sono confluiti inoltre i circa 1.500 effettivi francesi che si trovavano nella zona del Sahel nell'ambito dell'operazione Barkhane;

   l'organizzazione dell'Onu per i migranti (O.I.M.) stima che, nei campi di raccolta attorno ad Agadez, a marzo 2023, fossero bloccati oltre 7.000 profughi in condizioni disperate;

   l'Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, ha dato un ultimatum ai golpisti: sette giorni di tempo per liberare Bazoum o saranno adottate «tutte le misure necessarie» tra cui «l'uso della forza». Intanto, i manifestanti sostenitori dei golpisti, dopo che Parigi ha sospeso gli aiuti al Niger a seguito del colpo di Stato, hanno protestato davanti all'ambasciata francese a Niamey dove hanno sventolato anche bandiere russe –:

   quali siano le valutazioni del Ministro interrogato su quanto riferito in premessa e se non ritenga di adottare urgenti iniziative, nelle opportune sedi europee ed internazionali, in relazione alla situazione allarmante in cui versa il Niger, unitamente ad altri paesi del Sahel.
(5-01226)

Interrogazione a risposta scritta:


   COPPO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'intesa raggiunta a Tirana nel mese di luglio 2022 tra Italia e Albania in materia previdenziale e sociale rappresenta un passo in avanti sulla strada dell'integrazione e del riconoscimento dei diritti sociali ed economici dei migranti;

   detto accordo si applica a tutti coloro che esercitano o hanno esercitato un'attività subordinata o autonoma in uno dei due Stati contraenti, con particolare riferimento alle prestazioni pensionistiche, indennità di disoccupazione e indennità di malattia;

   tuttavia, l'accordo non è stato ancora firmato dai Ministeri competenti e occorrerà del tempo per la ratifica da parte dei parlamenti di entrambi gli Stati;

   è evidente la necessità di concludere al più presto sopraddetto accordo sulle pensioni tra Italia e Albania per riconoscere i periodi contributivi maturati nei due Paesi;

   l'urgenza di siglare l'accordo è segnalato da più parti. Si tratta di una misura importante e di giustizia sociale. L'Italia e l'Albania sono due Paesi amici, legati da rapporti storici ed economici, connessi anche dalla migrazione stessa, nonché dal destino comune nell'Unione europea;

   questa situazione penalizza tanto i lavoratori italiani che hanno scelto di prestare servizio in Albania, quanto i cittadini della comunità albanese che lavorano in Italia, che si vedono privati dei diritti pensionistici che hanno acquisito con il lavoro;

   la legge di bilancio per il 2022 ha previsto le risorse necessarie per un accordo bilaterale tra Italia e Albania in materia di sicurezza sociale;

   con decreto del Consiglio dei Ministri albanese n. 634 del 30 settembre 2022 l'Albania ha approvato l'accordo quadro tra Repubblica d'Albania e Repubblica d'Italia come negoziato dalle delegazioni trattanti;

   in data 13 febbraio 2023 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale il proprio assenso tecnico alla firma dell'accordo e al relativo disegno di legge di ratifica –:

   quale sia lo stato attuale della ratifica dell'accordo tra Italia ed Albania in materia di sicurezza sociale e quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di favorirne un rapido iter volto all'entrata in vigore della convenzione.
(4-01457)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARAMIELLO e SERGIO COSTA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della attuale revisione del PNRR, su indicazione del Ministro interrogato, sono state inserite alcune proposte – derivanti dalle esigenze del settore agricolo, agroalimentare e della pesca – con l'obiettivo di rendere realizzabili progetti che non era stato possibile finanziare a causa di un overbooking di richieste;

   in particolare per il capitolo Sviluppo della logistica dei settori agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura, silvicoltura, floricultura e vivaismo, le risorse aggiuntive dovrebbero essere pari a 150 milioni di euro, mentre per la misura Contratti di filiera dei settori agroalimentare, pesca e foreste, il fondo sarà implementato con 2 miliardi di euro;

   proprio in riferimento a quest'ultimo capitolo, è bene ricordare che solo per il V bando agroalimentare l'ammontare delle richieste ammesse a finanziamento è pari a circa 5 miliardi di euro, a fronte di una disponibilità di 690 milioni di euro; per tale ragione, in più di una occasione, gli interroganti avevano posto la richiesta di ulteriori risorse sempre nell'ambito delle disponibilità del PNRR, al fine dello scorrimento della graduatoria di cui al bando citato;

   l'incremento delle risorse per i contratti di filiera è stato accolto con favore da associazioni di categoria e imprese, in quanto lo scorrimento delle graduatorie dei bandi darà spazio a progetti per l'innovazione, lo sviluppo, e il raggiungimento della sostenibilità in agricoltura;

   in tale contesto, il settore della pesca e acquacoltura sembra essere rimasto escluso da questa nuova allocazione di risorse;

   il bando dedicato al settore ittico, scaduto a novembre 2022, aveva l'obiettivo di rilanciare gli investimenti il comparto al fine di valorizzare le relative importanti e significative produzioni nazionali, ed è stato finanziato complessivamente per 50 milioni di euro: 25 milioni per interventi non soggetti ad obbligo di notifica – articolo 2 comma 2 lett. a) del decreto direttoriale prot. n. 229127 del 20 maggio 2022 – e 25 milioni per quelli soggetti ad obbligo di notifica – articolo 2 comma 2 lett. b) del decreto direttoriale prot. n. 229127 del 20 maggio 2022 – ;

   allo stato attuale sono stati presentati 5 programmi la cui graduatoria potrà essere adottata solo agli esiti della valutazione della Commissione europea, e 13 programmi per finanziamenti non soggetti a notifica, la cui graduatoria è ufficialmente pubblicata sul portale del Ministero e, in base ad essa, risultano interamente finanziabili solamente i primi tre progetti, mentre il quarto risulta solo parzialmente finanziabile in base alle risorse disponibili;

   i contratti di filiera rappresentano un elemento innovativo nei comparti della pesca marittima e dell'acquacoltura e possono articolarsi nelle diverse fasi della filiera ittica – da quella di produzione, a quella di trasformazione, dalla commercializzazione alla distribuzione dei prodotti – e per questo andrebbero potenziati in maniera significativa –:

   se, nell'ambito delle risorse destinate ad incrementare la dotazione della misura Contratti di filiera dei settori agroalimentare, pesca e foreste, una parte possa essere dedicata specificamente anche allo scorrimento della graduatoria del bando relativo ai contratti di filiera nel settore pesca e acquacoltura di cui all'articolo 2 comma 2 lett. a) del decreto direttoriale prot. n. 229127 del 20 maggio 2022.
(5-01229)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERGIO COSTA, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO e CARAMIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   lo scorso 26 luglio 2023 la provincia di Trento, per mano del suo Presidente, ha emanato il primo provvedimento in Italia che dispone la cattura e l'abbattimento di due esemplari di lupo nell'area di Lessinia;

   i due lupi saranno abbattuti a causa del fatto che alcuni esemplari, nelle scorse settimane, hanno trovato il modo di superare le recinzioni elettrificate di una Malga, causando la perdita di alcuni capi di bestiame ivi allevati;

   il recinto in questione, per diversi anni, aveva garantito la sicurezza degli animali ed era stato preso come esempio in termini di prevenzione da altre strutture della zona, tuttavia nei mesi di giugno e luglio due episodi di predazione da parte di alcuni lupi hanno provocato l'intervento della provincia;

   il decreto di abbattimento è arrivato dopo una prima valutazione dell'Ispra basata su alcuni principi contenuti nella direttiva habitat;

   tale atto è stato deliberato, in particolare, sulla base della legge provinciale n. 9 del 2018, che permette al presidente della Pat di agire, in sostanza come fosse un ministro, per l'abbattimento di orsi e lupi «per determinati motivi di rilevante interesse pubblico» (previo parere, non vincolante, di Ispra) tra i quali è ricompreso quello di consentire in condizioni rigorosamente controllate su base selettiva e in misura limitata il prelievo di esemplari allo scopo di prevenire gravi danni all'allevamento; le valutazioni dell'Ispra – che pare sia comunque in attesa di ulteriori chiarimenti della provincia, in particolare su come intervenire nel dettaglio e per la predisposizione di un piano –, andrebbero ricercate nella gravità del danno subito dall'azienda, nel fatto che siano stati utilizzati mezzi alternativi, ma che tali mezzi si siano rivelati inefficaci, sul fatto, infine, che l'eventuale abbattimento dei due esemplari non arrecherebbe danno alla popolazione lupo di quella zona;

   tali valutazioni, ancorché effettuate sulla base della specifica direttiva, appaiono però agli occhi dell'interrogante, insufficienti a giustificare l'abbattimento di due esemplari di una specie particolarmente protetta, tra l'altro senza alcuna certezza di risolvere il problema e andando a colpire due componenti di un branco al solo scopo di dissuadere il resto della popolazione;

   l'autonomia regionale o in questo caso provinciale nella gestione della fauna particolarmente protetta appare in contrasto con le normative di tutela e protezione dell'ambiente del nostro ordinamento e della nostra carta costituzionale, specie di fronte a interventi che appaiono avventati quanto non risolutivi del problema –:

   se non intenda acquisire ogni utile elemento, anche tramite Ispra, per chiarire il perimetro di un'eventuale azione che, a parere degli interroganti, sembrerebbe apportare più danni – in una zona, tra l'altro, di spazi ampi di alpeggio – che benefici all'equilibrio ambientale dell'area interessata e se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza, in raccordo con le regioni e le province autonome, per definire in maniera più stringente i confini e le modalità di interventi di tale genere.
(5-01230)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAVANELLI e FEDE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del 2023 è stato registrato un numero crescente di eventi climatici estremi, laddove per gli stessi si intendono tutti gli eventi meteorologici esorbitanti dai valori climatici attesi, come allagamenti, siccità prolungate, frane causate da pioggia e temperature estreme;

   relativamente al periodo intercorrente tra gennaio e maggio 2023, in particolare, è stato registrato il +135 per cento degli eventi climatici estremi rispetto allo stesso periodo del 2022;

   tali episodi risultano strettamente connessi con il cambiamento climatico. L'aumento della temperatura globale, infatti, favorisce l'evaporazione dell'acqua che si accumula nell'atmosfera alterando la frequenza e l'intensità delle piogge. Tale fenomeno causa quindi picchi di siccità alternati a forti eventi temporaleschi;

   il 24 luglio 2023 a Jerzu, in Sardegna, è stata registrata la temperatura di 48,2 °C, la più alta registrata in Europa nel mese di luglio dal 1977;

   contemporaneamente, il numero delle piogge intense e delle alluvioni è in costante crescita parimenti agli allagamenti conseguenti a tali fenomeni atmosferici. Secondo Legambiente, dal 2010 al settembre 2022, in Italia sono state registrate 510 alluvioni (125 nel Centro Italia) e più in generale 1.318 eventi estremi con impatti rilevanti in 710 comuni italiani;

   secondo la stima Eurostat 2023, nel 2021 in Unione europea, a causa degli eventi climatici estremi, sono stati prodotti 56,5 miliardi di euro di danni, pari al 354 per cento in più rispetto al 2020;

   anche secondo lo studio condotto da un gruppo di ricercatori appartenenti al Dipartimento di eccellenza EMbeDS (Economics and Management in the era of Data Science), all'Istituto di economia della Scuola superiore Sant'Anna e alla Pennsylvania State University, pubblicato sui «Proceedings of the National Academy of Sciences», i danni collegati a eventi climatici estremi sono cresciuti in «maniera considerevole» nell'ultimo mezzo secolo con particolare riferimento alle aree climatiche più temperate come Europa e Stati Uniti –:

   quali iniziative di competenza si intenda porre in essere in relazione agli effetti della crisi climatica in atto e alle sue ripercussioni sull'economia e sull'intero comparto produttivo.
(4-01451)


   PAVANELLI e FEDE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 luglio 2023 il Governo, per il tramite del Ministro interrogato, ha annunciato una rimodulazione del Pnrr che, rispetto all'originaria previsione, prevede un taglio di interventi per 15,89 miliardi di euro;

   il taglio interessa per un miliardo di euro anche il progetto relativo all'utilizzo dell'idrogeno in settori hard-to-abate;

   la decarbonizzazione dei settori industriali energivori (cosiddetti hard-to-abate) come acciaio, chimica, ceramica, carta, vetro, cemento, tessile – per i quali è più difficile abbattere le emissioni di gas serra – rappresenta una sfida cruciale nell'ottica degli obiettivi climatici stabiliti a livello comunitario;

   il settore industriale energivoro è stato il più colpito dalla crisi energetica, nonché quello nei cui confronti il Governo è intervenuto con misure emergenziali di natura economica;

   vieppiù, l'impennata del costo dell'energia ha costretto molte di queste aziende – esposte a rischio di fallimento – a modificare la propria programmazione relativa al ciclo produttivo con inevitabili ripercussioni sull'aspetto occupazionale. Più nel dettaglio, la produzione in determinate settimane alternate con settimane di fermata collettiva, in taluni contesti ha determinato il ricorso a strumenti di ammortizzazione sociale nei confronti dei lavoratori;

   il bando Pnrr dedicato all'idrogeno verde nei settori hard-to-abate è finalizzato alla realizzazione di progetti e interventi volti alla sostituzione dei combustibili fossili con l'idrogeno verde nei processi produttivi e rappresenta un'opportunità per ridurre i costi dell'energia;

   l'intero settore energivoro ha richiesto interventi strutturali per contrastare il caro energia e per scongiurare il rischio di crisi aziendali –:

   quali siano le ragioni che hanno condotto alla scelta di tagliare i fondi destinati al bando sull'idrogeno verde nel settore hard-to-abate;

   quali siano le misure strutturali compensative che il Governo intende adottare a fronte del suddetto taglio agli investimenti green destinati al settore energivoro, finalizzate a scongiurare crisi aziendali nell'ipotesi di incremento del costo dell'energia.
(4-01453)


   SERGIO COSTA, CAPPELLETTI, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è di questi giorni la proposta dell'Unesco di inserire Venezia nella lista dei patrimoni dell'umanità in pericolo. La raccomandazione arriva dal World Heritage Centre, secondo il quale «Il continuo sviluppo, gli impatti dei cambiamenti climatici e del turismo di massa rischiano di provocare cambiamenti irreversibili all'eccezionale valore universale» e le misure finora assunte sono «insufficienti», considerata anche l'assenza di una strategia a lungo termine. La decisione finale all'esito della quale Venezia potrebbe essere esclusa dai 900 siti del patrimonio Unesco verrà assunta dai 21 Stati membri del Comitato del patrimonio mondiale, convocati a settembre 2023 a Riad, in Arabia Saudita;

   come rilevato dagli ispettori dell'Icomos (il Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti) le principali criticità riguardano la gestione del turismo di massa, lo sviluppo urbano avviato senza uno studio di impatto su patrimonio, le imbarcazioni a motore all'interno della laguna e le rilevanti problematiche ambientali dell'intero contesto territoriale;

   negli ultimi anni sono stati elaborati e presentati numerosi progetti relatività infrastrutture pubbliche e private altamente impattanti (si tratta, in particolare, dei progetti di collegamento ferroviario con l'aeroporto di Venezia, del Terminal Montiron, del nuovo Hub terra-acqua in area San Giuliano e in area Pili e della nuova torre ad uso residenziale in area del quartiere San Marco), senza la preventiva notifica al Comitato del patrimonio mondiale, espressamente prevista dal paragrafo 172 delle linee guida operative, nonostante le raccomandazioni contenute nel rapporto della missione consultiva UNESCO/ICOMOS/RAMSAR del 27-31 gennaio 2020 e la decisione del Comitato 44 COM. 7B.50 imponessero di subordinare i nuovi progetti a larga scala proposti all'interno del bene e del suo più ampio contesto territoriale all'attuazione di specifiche misure di pianificazione;

   quanto sopra dimostra che l'attuale sistema di gestione non risponde ad una strategia condivisa e ad una visione d'insieme per la conservazione del sito da parte delle autorità competenti, che consentano la effettiva tutela del valore eccezionale universale, per il quale il sito nel 1987 è stato dichiarato patrimonio mondiale dell'Umanità;

   è dunque evidente che è necessario e urgente provvedere alla revisione della legge speciale per Venezia e la sua laguna che preveda un rigoroso sistema di governance del sito, e della buffer zone, e precise indicazioni in merito alle trasformazioni consentite nel territorio, all'esito di puntuali valutazioni di impatto del patrimonio da integrare nelle procedure di pianificazione e realizzazione degli interventi a tutti livelli istituzionali, e che garantisca un efficace coordinamento tra gli enti preposti alla tutela del sito –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere per garantire il necessario dialogo interistituzionale e con gli organismi internazionali di riferimento al fine di scongiurare l'inserimento di Venezia nella lista dei patrimoni dell'umanità in pericolo;

   quali iniziative urgenti intendano adottare per garantire il coordinamento dei soggetti istituzionali competenti al fine di perseguire l'attuazione della Convenzione sul patrimonio mondiale, tenuto conto delle relative linee guida e delle raccomandazioni espresse dall'Unesco, ed affrontare le criticità che interessano Venezia e la sua laguna espresse dal Word Heritage Centre e dall'Icomos;

   se non ritengano opportuno adottare iniziative normative volte a definire nuove e più efficaci forme di gestione e tutela per Venezia al fine di garantire che i progetti di sviluppo all'interno del sito, così come della zona cuscinetto pianificata e dei suoi contesti territoriali, siano previamente notificati al Centro del patrimonio mondiale, secondo le indicazioni delle linee guida operative, e siano subordinati all'espletamento di accurate valutazioni ambientali e di impatto sul patrimonio, prevedendo altresì appropriati parametri di valutazione per monitorare l'efficacia delle misure di tutela adottate.
(4-01456)

CULTURA

Interpellanza:


   I sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della cultura, per sapere – premesso che:

   la città di Sarsina (Forlì-Cesena), nota per aver dato i natali a Tito Maccio Plauto, fondata dagli umbri nel IV secolo a.C. fu sottomessa nel 266 dai romani e divenuta municipio romano venne organizzata sul piano urbanistico e architettonico, sviluppandosi ulteriormente in età augustea;

   i commerci con la vicina città di Ravenna le consentirono un significativo livello di sviluppo;

   nel corso del tempo, nell'area urbana sono state compiute numerose campagne di scavo che hanno documentato l'importanza assunta dalla cittadina in epoca romana e il ritrovamento di numerosi reperti hanno consentito la costituzione del pregevole ed importante Museo archeologico nazionale di Sarsina, indubbiamente uno dei più importanti dell'Italia settentrionale per la ricchezza e la varietà dei reperti contenuti;

   l'amministrazione comunale di Sarsina ha recentemente deciso di ricostruire una vecchia palestra ormai obsoleta e ha stretto un accordo con la società Conad, individuandolo come partner per realizzare sull'area, insieme alla nuova palestra, un supermercato alimentare;

   al termine delle demolizioni del vecchio immobile, sono stati disposti dalla Soprintendenza degli scavi al fine di verificare la presenza nell'area di preesistenze archeologiche;

   la decisione, oltreché dovuta, è risultata quanto mai opportuna visto che proprio in quell'area, adiacente al foro romano, precedenti studi di autorevoli archeologi, tra i quali quelli del professor Jacopo Ortalli, avevano indicato «...con ogni probabilità l'esistenza del principale tempio della città, tempio che deve presupporre una fondazione di età repubblicana e una qualche ristrutturazione in età imperiale (...) la possibile collocazione dell'edificio di culto risulta inoltre pienamente coerente con la scelta del luogo, canonico in quanto sul lato breve settentrionale, il più nobile del foro, e in posizione dominante, di grande risalto scenografico. Notevole appare anche la sua diretta e consequenziale continuità topografica e funzionale con la preesistente area sacra di fase umbra testimoniata dal già ricordato deposito di bronzetti votivi»;

   gli scavi in corso hanno messo in evidenza e certificato che quanto aveva ipotizzato il professor Ortalli corrisponde esattamente a quanto sta emergendo e gli imponenti rinvenimenti e la loro collocazione e forma testimoniano che ci troviamo di fronte al capitolium di Sarsina;

   l'importanza di tale rinvenimento non ha uguali in tutta l'Italia settentrionale;

   purtroppo la portata dell'evento è stata tenuta finora nascosta, visto che l'amministrazione comunale e Conad non solo non hanno fatto sapere nulla, ma le notizie fatte filtrare alla stampa sono fuorvianti e tese a minimizzare entità e qualità di ciò che sta emergendo, con l'intento di nascondere la reale portata dei ritrovamenti;

   mentre, infatti, i cittadini di Sarsina sono stati del tutto tenuti all'oscuro, le notizie fatte trapelare fanno riferimento a una piscina e ad altri resti di scarsa importanza e viene ribadito più volte come «le emergenze archeologiche parzialmente rinvenute nella prima campagna di scavi archeologici verranno rilevate e studiate completamente sia sotto il sedime del fabbricato che sotto l'area del parcheggio (adiacente), il tutto finalizzato poi alla realizzazione di una ricostruzione archeologica 3D in VR di quanto rilevato. Una volta completati i rilevamenti archeologici il terreno verrà ripristinato a copertura e protezione dei manufatti e quindi si procederà alla realizzazione del palazzetto dello sport come previsto dal progetto già autorizzato» –:

   se il Ministro risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se non ritenga del tutto fuori luogo le affermazioni volte a minimizzare, se non a nascondere, quanto sta emergendo dagli scavi e deprecabile mantenere sotto silenzio gli importanti ritrovamenti; senza neppure informarne la popolazione;

   se risulti a conoscenza del motivo per il quale le attività di scavo paiono essersi concentrate e limitate ad un'area più ridotta possibile, escludendo gran parte del terreno dell'ex palestra e se non ritenga che gli scavi debbano invece estendersi all'intera superficie del terreno di proprietà comunale e fino alle quote adeguate a mettere in luce tutto ciò che può rinvenirsi nell'intorno dell'area;

   se non ritenga l'intervento di edificazione di un supermercato alimentare Conad, unitamente ad una palestra, incompatibile con il sito archeologico individuato, vista la straordinaria qualità e importanza dei beni archeologici scoperti, che verrebbero rinterrati prima dell'attuazione dell'intervento edificatorio;

   se non ritenga che l'area in questione, data l'importanza dei beni archeologici in essa presenti, non costituisca già di per sé un bene demaniale ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ed essendo come tale inalienabile, ai sensi del comma 1, lettera a) dell'articolo 54 del medesimo decreto, che ciò impedisca la cessione, anche per soli 30 anni, di diritti edificatori sull'area medesima;

   se non ritenga infine che il ritrovamento del capitolium sarsinate possa costituire, attraverso un accurato progetto di valorizzazione, l'occasione di rilancio della Sarsina romana e umbra e del suo pregevolissimo museo nazionale.
(2-00210) «Zanella».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIPPO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è uno dei Paesi al mondo con la giurisdizione più avanzata in materia di sostegno e promozione del diritto d'autore e dei diritti connessi;

   il decreto legislativo n. 177 del 2021 ha attuato la direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;

   tra le altre cose, sono stati riconosciuti agli autori ed agli artisti interpreti esecutori del settore audiovisivo una serie di diritti e prerogative finalizzati a ridurre il profondo divario che sussiste tra gli incassi dei grandi operatori audiovisivi e gli aventi diritto, anche alla luce dello sviluppo dello sfruttamento delle opere audiovisive sulle piattaforme digitali;

   nello specifico, sono state modificate o introdotte specifiche discipline alla legge n. 633 del 1941 sulla protezione del diritto d'autore, prevedendo il diritto di vedersi riconosciuta una parte dei ricavi derivanti dalle vendite o licenze dei diritti delle opere audiovisive, così come veder adeguati i contratti stipulati nel tempo, con l'introduzione di apposite clausole che prevedano la compartecipazione ai ricavi generati dal successo dell'opera;

   a ciò si aggiungono il diritto di ricevere informazioni utili per la determinazione dei ricavi generati dallo sfruttamento delle opere, il diritto di percepire una remunerazione adeguata e proporzionata, così come il diritto degli artisti e degli autori a vedersi riconosciuta una parte del ricavato ottenuto al botteghino cinematografico;

   queste disposizioni rappresentano il frutto di battaglie fondamentali svoltesi dagli aventi diritto sia in Italia che in sede europea;

   al contrario degli auspici, gran parte delle innovazioni riconosciute dal decreto legislativo n. 177 del 2021 sono rimaste disattese, in particolare le previsioni degli articoli in materia di audiovisivo, nonostante i tentativi delle associazioni di categoria di perfezionare un accordo collettivo che desse concreta attuazione del disposto normativo;

   non ultima, la stessa parcellizzazione delle società di gestione collettiva dei diritti connessi al diritto d'autore, a detta tanto degli operatori che degli stessi artisti e perfino degli utilizzatori, non ha portato i risultati auspicati, falsando un mercato che, per sua stessa natura, non avrebbe potuto reggere ad una liberalizzazione scarsamente regolamentata –:

   quali siano, per quanto di competenza, gli intendimenti del Governo nei confronti delle legittime istanze degli artisti, degli autori e dei lavoratori del settore con particolare riguardo alle maggiori garanzie per interpreti, artisti ed esecutori del settore audiovisivo, ferma restando la libertà negoziale e commerciale riconosciuta dal legislatore europeo.
(4-01452)


   GHIRRA. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che il 28 giugno 2023 è stato firmato a Cagliari, nella sede dell'assessorato degli enti locali, il contratto di valorizzazione della stazione di Capo Figari a Golfo Aranci; realizzata nel 1890 e acquisita nel 1905 dall'amministrazione Difesa, alle ore 16.00 del 6 agosto del 1930 venne utilizzata da Guglielmo Marconi per le prime trasmissioni radio in tecnologia micro-onda di qualità commerciale della storia dell'uomo;

   il complesso in questione si trova all'interno della zona di protezione speciale (Zps) ITB013018 «Capo Figari, Cala Sabina, Punta Canigione e Isola Figarolo», che fa parte della Rete Natura2000 e ricomprende interamente al suo interno il sito di interesse comunitario (Sic) ITB010009 «Capo Figari e Isola Figarolo»;

   tramite accordo di collaborazione del 27 settembre 2017 tra regione Sardegna e Agenzia del demanio, il complesso immobiliare è stato concesso in uso alla regione;

   con deliberazione della Giunta regionale n. 30/36 del 20 giugno 2017 è stato avviato programma Orizzonte Fari, finalizzato alla creazione di un nuovo sistema di ricettività, e con determinazione del Direttore generale degli enti locali e finanze dell'assessorato regionale degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 3357 del 14 dicembre 2018, è stata indetta la procedura di affidamento in concessione, tra gli altri, dell'ex stazione di vedetta di Capo Figari - Comune di Golfo Aranci (SS), da un minimo di anni 6 a un massimo di anni 50;

   con decreto n. 65 del 22 maggio 2018 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il complesso è stato dichiarato di interesse culturale storico artistico ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera d), e dell'articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e sottoposto ai vincoli paesaggistici ex articolo 136 e 142 decreto legislativo n. 42 del 2004 citato, imponendo il restauro conservativo delle strutture e la tutela e salvaguardia delle aree esterne, «nelle quali non dovrà essere compromesso il carattere di naturalità dei luoghi con opere di sistemazione di aree verdi, piscine, percorsi o parcheggi»;

   come emerge dal 2° verbale del tavolo tecnico del 29 novembre 2018, per consentire il cambio di destinazione d'uso dell'immobile si è resa necessaria una variante al piano urbanistico comunale, approvato definitivamente con Dcc n. 18 del 29 aprile 2020; sarebbe stata necessaria anche una modifica del piano di gestione della zona Sic e Zps, ma l'iter – pur avviato – non risulta completato;

   la Batteria Serra, inclusa nell'avviso di gara, non viene mai citata in nessuno dei documenti precedenti; il progetto non è ancora disponibile, ma, come si apprende da notizie di stampa, al suo interno sarebbero previste 2 suite, area benessere/spa ed eventi e una piscina «emozionale», mentre nella stazione semaforica è prevista la realizzazione di 6 suite, sala da pranzo e tè, cantina, terrazza, vasche idromassaggio, mediateca digitale;

   le associazioni ambientaliste Gruppo di intervento giuridico e Italia Nostra hanno denunciato l'insostenibilità dell'intervento e quest'ultima ha chiesto all'assessorato regionale competente l'annullamento in autotutela della procedura di gara;

   un comitato spontaneo di cittadini ha lanciato una petizione per dire «no» all'intervento, raggiungendo a oggi 36.720 firme –:

   se siano a conoscenza della vicenda, se ritengano l'intervento compatibile con il contesto di ampio pregio naturalistico e paesaggistico in cui è inserito il bene, e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare perché la straordinaria area di Capo Figari sia preservata, in considerazione di quanto segnalato in premessa.
(4-01459)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALOMBI, VOLPI e ANGELO ROSSI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge 21 novembre 1991, n. 374, ha istituito l'ufficio del giudice di pace, ricoperto da un magistrato onorario, per l'esercizio della giurisdizione in materia civile e penale secondo le previsioni dettate dalla stessa legge, con l'obiettivo di alleggerire il carico di lavoro della magistratura ordinaria, almeno per i giudizi di minore importanza;

   l'ufficio del giudice di pace di Tivoli versa ormai da anni in una condizione di gravissima sofferenza, a causa soprattutto dell'inadeguatezza «ab origine» delle dotazioni organiche, che non sono state adeguate neanche al momento dell'accorpamento all'ufficio di Tivoli degli uffici del giudice di pace di Palombara Sabina, Palestrina e Castelnuovo di Porto;

   attualmente l'organico dovrebbe comprendere otto unità di personale amministrativo e sei giudici, ma quelli in servizio sono appena la metà, rispettivamente, quattro e tre, per un circondario che comprende 74 comuni e circa 600.000 abitanti;

   nonostante le reiterate segnalazioni e richieste di audizione avanzate dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Tivoli e dal presidente del Tribunale, a quanto consta all'interrogante non si è avuto alcun riscontro concreto da parte delle Istituzioni, fatta eccezione per una nota di risposta del Consiglio superiore della magistratura, certamente non esaustiva nonché della risposta fornita dall'allora Ministro Cartabia a una interpellanza proposta dall'onorevole Lollobrigida in data 19 aprile 2022, il cui contenuto, è però rimasto completamente disatteso;

   secondo quanto consta dall'interrogante, nell'ultimo anno si sono verificati episodi di chiusura degli uffici del giudice di pace di Tivoli a causa della carenza di personale, nonché l'accesso agli uffici è stato più volte contingentato con ovvie negative ripercussioni sulla fruibilità da parte di avvocati e cittadini: il personale amministrativo a causa di pensionamenti e trasferimenti si è ridotto a quattro unità su otto e manca la figura del direttore amministrativo, per cui tutti i servizi sono in paralisi e la stessa attività giurisdizionale subirà decisi rallentamenti, con effetti esiziali per i diritti dei cittadini;

   l'articolo 24 della Costituzione garantisce a tutti di agire in giudizio per tutelare i propri diritti e l'inefficienza dell'ufficio del giudice di pace di Tivoli impedisce ai cittadini del circondario di riferimento l'adeguata tutela giurisdizionale;

   in tutte le sedi si discute della necessità che il cittadino torni ad avere fiducia nelle istituzioni e nella giustizia, e a tal fine occorre in ogni caso garantire la funzionalità dei giudici di pace, nati proprio per agevolare il rapporto dei cittadini con la giustizia;

   l'ufficio del giudice di pace di Tivoli, per parte sua, vive con grande preoccupazione l'evolversi dello scenario perché consapevole che causerà una contrazione nel calendario delle udienze, con gravissima ripercussione sull'esercizio della giurisdizione e ulteriore rallentamento nella celebrazione dei processi penali e civili;

   il tema della ragionevole durata del processo è oggetto di due importanti precetti sovraordinati: l'articolo 111, secondo comma, della Costituzione, secondo cui la legge assicura la ragionevole durata del processo, e l'articolo 6, paragrafo 1, Cedu, in base al quale «Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un Tribunale indipendente e imparziale costituito per legge»;

   quella che l'interrogante considera una lungimirante visione contenuta nei programmi di Governo esposti dal Ministro interrogato deve trovare una concreta e pronta applicazione –:

   se ritenga di assumere iniziative immediate, per quanto di competenza, volte a colmare la grave carenza della pianta organica del giudice di pace di Tivoli, permettendo allo stesso di recuperare la sua piena operatività, a tutto vantaggio dei cittadini.
(4-01450)


   ORRICO, D'ORSO e SCUTELLÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'ufficio del giudice di pace di Rogliano, che serve un bacino d'utenza, la Valle dal Savuto, con circa trentamila residenti, rappresenta un presidio di legalità importante per un territorio interno della provincia Cosenza, fra le più vaste del Paese;

   con la revisione della geografia giudiziaria avvenuta con il decreto legislativo n. 156 del 2012 questo ufficio veniva soppresso;

   tale ultima circostanza veniva evitata a seguito del decreto ministeriale n. 7 marzo 2014, dopo che la locale giunta aveva espresso manifestazione di interesse per il mantenimento dell'ufficio con delibera N. 130/GC del 25 ottobre 2012;

   l'amministrazione comunale, in questi anni, ha così garantito, da sola, la continuità dell'operatività della sede e del servizio del presidio giudiziario, subentrando nella spesa di gestione della sede medesima e assegnando una dotazione di personale;

   in questi anni il comune di Rogliano non è riuscito a condividere le spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia, oltre che del personale amministrativo necessario, con i comuni ricadenti nella competenza territoriale del predetto ufficio giudiziario, né ha avuto riscontro dalla provincia di Cosenza e dalla regione Calabria, interpellate;

   essendo mutata in peius la disponibilità di risorse umane da poter distaccare all'ufficio in questione ed avendo dovuto affrontare un piano di riequilibrio finanziario che impedisce nuove assunzioni, il comune di Rogliano si è visto costretto a chiederne la chiusura, comunicandolo, secondo quanto consta all'interrogante, al Ministero della giustizia, alla Corte d'appello di Catanzaro ed al presidente del tribunale di Cosenza –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministero interrogato per scongiurare la definitiva chiusura dell'ufficio del giudice di pace di Rogliano che ha costituito un rilevante presidio di legalità per il territorio della Valle del Savuto.
(4-01455)


   FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 27 luglio 2023 si è svolta nella caserma A. Salaris a Biella una festa per il personale di polizia penitenziaria della sede circondariale. La Caserma si trova nella struttura della casa circondariale di Biella ed è adibita al pernottamento del personale di polizia penitenziaria. La festa è stata pubblicizzata sul profilo Facebook di Raffaele Tuttolomondo, segretario regionale del Piemonte del sindacato di polizia penitenziaria SiNAPPe, e nel volantino pubblicato si indicano anche i dettagli organizzativi dell'iniziativa che viene presentata con il logo della polizia penitenziaria e come «organizzata dal comandante». Sempre nel volantino si annuncia l'invito a «colleghi distaccati in altre sedi» e la presenza di non meglio specificate «autorità politiche»;

   secondo la cronaca del periodico Il Biellese, alla festa avrebbero partecipato alcuni agenti coinvolti nelle indagini su presunti illeciti nel carcere di Biella, il sindaco della città Claudio Corradino e il sottosegretario di Stato per la Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove –:

   se sia a conoscenza della vicenda e se non intenda approfondirne i dettagli per sapere come sia possibile che a una festa per il personale di polizia penitenziaria del carcere di Biella ci sia stata la presenza di un solo sindacato, di agenti esterni a quella struttura, se risulti che l'invito sia stato esteso anche ad altri sindacati, a rappresentanze politiche e istituzionali, se ritenga adeguato, qualora i fatti fossero accertati, che per un'iniziativa di tal genere si sia usata una struttura pubblica come quella presente nella casa circondariale di Biella, posto che, a parere dell'interrogante, l'evento sembra configurarsi come un'azione di propaganda del tutto inopportuna in quel contesto.
(4-01458)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   DE PALMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle concessioni demaniali turistico-ricreative sono presenti anche attività di spettacolo viaggiante e luna park, installate in genere per pochi giorni e durante la stagione estiva. Tali attività, delle quali il legislatore ha riconosciuto la «funzione sociale» all'articolo 1 della legge n. 337 del 1968, contribuiscono all'offerta di servizi di intrattenimento di famiglie di cittadini e turisti;

   le tariffe minime per le occupazioni demaniali sono state elevate dal 2020 del 700 per cento, raggiungendo i 2.500 euro e nel 2023 hanno raggiunto i 3.377,50 euro, praticamente decuplicate rispetto al 2019;

   tale costo, sommandosi a quelli di energia e carburante, rischia di impedire la prosecuzione dell'attività a numerose imprese del settore, con un conseguente impoverimento dell'offerta turistica dei territori;

   a titolo di esempio un semplice cavallino a moneta per bambini collocato su un lungomare è costretto a pagare oltre euro 3.377,50 anche per soli 7 giorni di occupazione. Si tratta di un importo pari al valore commerciale dell'attrazione e assolutamente non parametrato né alla superficie occupata, circa 1 metro quadro, e tanto meno alla sua redditività, inferiore di almeno 200 volte. Molti esercenti si spostano anche tre volte nell'estate in località marine, dovendo ogni volta versare l'importo minimo e pagando quindi fino a euro 15.000 per lavorare 40 giorni, quando le condizioni meteorologiche lo consentono –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo in merito all'aumento dei canoni demaniali per le imprese dello spettacolo viaggiante e se non ritenga di adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte ad estendere anche a questo settore la previsione di cui al comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 400 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, in materia di concessioni demaniali marittime, il quale dispone che «i canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime, anche pluriennali, devono essere rapportati alla effettiva utilizzazione del bene oggetto della concessione se l'utilizzazione è inferiore all'anno, purché non sussistano strutture che permangano oltre la durata della concessione stessa».
(3-00588)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROGGIANI, PELUFFO e MAURI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a breve in Lombardia inizieranno i lavori nei comuni di Lentate sul Seveso, Barlassina, Seveso, Meda e Cesano Maderno per realizzare le tratte B2 e C dell'autostrada Pedemontana;

   la popolazione residente e le istituzioni locali da tempo manifestano preoccupazione per l'impatto ambientale che la fase di cantierizzazione avrà su una vasta area abitativa che si trova a ridosso del percorso;

   ci sono ritardi nell'erogazione delle risorse per le compensazioni ambientali e viabilistiche, il cui ammontare peraltro alla luce dell'aumento dei costi risulta essere totalmente insufficiente;

   è ancora bloccato, nonostante le prescrizioni del Cipess, il finanziamento dei progetti ambientali di compensazione, tra cui quello della greenway, il percorso ciclabile e pedonale che si dovrebbe inserire nei sistemi della ciclabilità provinciale;

   non è ancora stato sciolto il problema del pedaggio della Milano-Meda, che quando sarà attivo introdurrà una tassa in più per decine di migliaia di pendolari che oggi percorrono quella tratta per andare a Milano a lavorare –:

   se siano conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano assumere per risolvere il problema delle risorse da destinare ai comuni per le opere di compensazione ambientale e il conseguente avvio dei progetti ambientali di compensazione e per garantire una gestione responsabile e sostenibile nella realizzazione di questa importante infrastruttura a tutela della popolazione residente.
(5-01225)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARAMIELLO e PAVANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in Italia si contano oltre 7 milioni di motociclisti, uno dei gruppi più vulnerabili in caso di incidente stradale: a causa della mancanza di una struttura di protezione intorno a loro, i motociclisti sono esposti a un rischio maggiore di lesioni gravi o di decesso;

   i guard rail, posizionati strategicamente lungo le strade, offrono una barriera fisica che può contribuire a ridurre l'energia dell'impatto e impedire al motociclista di finire fuori dalla strada o di colpire oggetti pericolosi. Tuttavia, in molti casi, risultano essere anche causa di gravi lesioni, anche mortali;

   pertanto, con l'introduzione del decreto ministeriale recante «Dispositivi stradali di sicurezza per i motociclisti (Dsm)», nel nostro Paese s'è adottato un sistema di protezione costituito da una banda flessibile di 80 cm di altezza che si applica al piede delle barriere stradali discontinue. Più specificamente, questa tecnologia permette di dissipare l'energia cinetica causata da potenziali collisioni, evitando ai motociclisti che impattano contro la barriera di finire tra le lamiere e i pali di sostegno della stessa, spesso causa di tragici incidenti;

   in particolare, il decreto attuativo, nello stabilire i punti dove vanno istallati, ha disposto che i Dsm vengano installati presso le strade urbane ed extraurbane con velocità di percorrenza superiori ai 70 km/h. Tuttavia, se per l'installazione di queste barriere sulle strade di nuova costruzione non si riscontrano problematiche, è più complesso procedere in tal senso per l'adeguamento di quelle esistenti;

   relativamente all'obbligo di installazione dei Dsm, invece, il decreto ha fornito ampi margini di discrezionalità alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei tratti stradali, obbligati a procedere o meno a seconda del budget a disposizione, ma anche della posizione geografica stradale, della densità del traffico, delle condizioni di percorrenza, della composizione della sede stradale, delle dimensioni della piattaforma e altro;

   ciò premesso, le associazioni di motociclisti ritengono che «imponendo verifiche e obblighi diversi in relazione alla velocità di progetto, all'età delle barriere esistenti e alla marcatura CE, scegliendo di intervenire solo nei punti dove si sono verificati almeno 5 incidenti negli ultimi 3 anni, di fatto si limita di molto il ventaglio dei possibili interventi di messa in sicurezza e si escludono quasi tutte le strade più frequentate da motociclisti». Pertanto, tali associazioni, pur condividendo lo spirito del citato decreto, ne chiedono un miglioramento, così da ottenere una capillare applicazione dei Dsm nelle strade trafficate dai ciclomotori. Più specificamente, chiedono l'applicazione dei Dsm su tutte le barriere metalliche posizionate all'esterno delle curve –:

   se il Ministro interrogato condivida l'opportunità di imporre il Dsm su tutte le barriere metalliche posizionate all'esterno delle curve.
(4-01445)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SCARPA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sono passati ormai cinque mesi dal 26 febbraio 2023, giorno in cui un'imbarcazione con a bordo oltre 180 persone è affondata a largo delle coste di Steccato di Cutro, provocando un tragico bilancio di 94 morti accertati;

   il Governo in questi mesi si è prodigato in conferenze stampa e dichiarazioni politiche, ma non ha mai fornito una ricostruzione esaustiva su quanto accaduto nelle acque di Cutro né sulle eventuali responsabilità;

   ad avviso dell'interrogante, le politiche del Governo in merito all'emergenza migratoria sono inefficaci e sembrano peccare di limiti ideologici che impediscono di affrontarla con serietà. Ad esempio, a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della stessa strage di Cutro, il decreto-legge del 10 marzo 2023 n. 20, convertito dalla legge del 5 maggio 2023 n. 50, – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;

   si apprende a mezzo stampa che tre persone sopravvissute, interrogate in circostanze differenti, hanno riportato di aver visto per ben due volte, nel giorno del naufragio, un elicottero la cui descrizione sembra corrispondere agli aeromobili in dotazione alla Guardia Costiera italiana;

   qualora l'autorità giudiziaria dovesse accertare quanto affermato dalle tre persone sopravvissute, ne discenderebbe in modo inequivocabile l'evitabilità del naufragio o quantomeno la possibilità di contenere degli effetti della tragedia –:

   di quali elementi siano in possesso per fornire, per quanto di competenza, una ricostruzione circostanziata dei fatti relativi al naufragio al largo di Cutro ed indicare quali atti e omissioni hanno impedito di evitare che si realizzassero le condizioni per il verificarsi del naufragio.
(3-00589)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TENERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Samuele Lippi, sindaco di Cecina, è stato colto in flagrante ad acquistare cocaina lunedì 17 luglio 2023 Riparbella, vicino Pisa, ricevendo una sanzione in applicazione dell'articolo 75 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, con annesso ritiro della patente;

   lo stesso si è premurato di far sapere, a mezzo stampa, di essere intenzionato ad avviare un percorso di cura e completa riabilitazione;

   per tal motivo, ha lasciato il proprio incarico, escludendo ad oggi la possibilità di dimettersi, subito dopo aver firmato una dichiarazione di impedimento temporaneo al prefetto con l'auspicio: «A fine estate tornerò in Comune, con più entusiasmo, con più forza di prima»;

   lo stesso sindaco ha dichiarato alla stampa di usare da anni «sporadicamente modiche quantità di stupefacenti»;

   ai sensi dell'articolo 54 del Testo unico degli enti locali «il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende: all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica; allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria; alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto»;

   l'impedimento temporaneo proclamato dal sindaco non si configura come una condizione di impossibilità o malattia determinatasi indipendentemente dalla propria volontà, ma come una circostanza creatasi a seguito di una condotta da lui scelta e perpetrata per diverso tempo e che, come dimostrato dalla sanzione irrogata è in contrasto con la legge;

   tale condotta può aver creato, nel tempo, una pericolosa sovrapposizione tra il ruolo che un amministratore deve ricoprire nel garantire la legalità e l'ordine pubblico, e l'operato dell'uomo che, per reperire la sostanza stupefacente, è presumibilmente entrato in contatto con la rete di spaccio della zona –:

   se ritenga che la condotta del sindaco di Cecina, riportata in premessa, sia compatibile con il ricorso all'impedimento temporaneo ai sensi dell'articolo 53, comma 2 del testo unico degli enti locali.
(5-01228)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORRELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la città di Afragola, in provincia di Napoli, è ritornata alla ribalta negli ultimi giorni, per gravi fatti di criminalità;

   la città era stata ad inizio 2019 scenario di una serie di attentati dinamitardi, fatti gravi e di inaudita pericolosità, che avevano portato in città anche il Ministro dell'interno pro tempore;

   da allora, poco è cambiato, ed ancora oggi la città è sotto un continuo e pericoloso attacco della criminalità organizzata;

   negli ultimi giorni si è assistito, dopo la stagione delle bombe, alla prima «stesa» nella città, ovvero quella violenta azione di intimidazione consistente nell'attraversare a bordo di scooter o autovetture le vie di determinate zone cittadine, esplodendo colpi di arma da fuoco;

   venti bossoli calibro 9 sono stati recuperati dalla scientifica la sera di giovedì 27 luglio 2023 nel quartiere Salicelle, un quartiere popolare a forte rischio sociale, con oltre 5000 residenti alla periferia della città, quartiere sede sia della caserma dei Carabinieri, della stazione di polizia e del Comando della polizia municipale;

   sono passate solo poche ore, e la sera successiva, a pochi metri, sono stati esplosi 30 colpi di mitra, che hanno colpito un 21enne, che era probabilmente l'obiettivo dei raid;

   gli agguati in pieno stile camorristico sono il segnale di una lotta quotidiana e criminale per il controllo del territorio, un territorio che ha anche perso la presenza del Comando della Guardia di finanza, trasferito in un altro comune della provincia di Napoli;

   occorrono atti concreti da parte del Ministro interrogato, con un cospicuo incremento delle forze dell'ordine, in sede stabile, per mettere in campo azioni investigative concrete per smantellare questo stato di radicamento della criminalità locale, nonché nel breve tempo di concerto e tramite la prefettura vanno rafforzati interventi straordinari di controllo del territorio anche con il supporto di ulteriori forze di polizia sul territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e della recrudescenza dell'attività della criminalità organizzata e quali iniziative immediate e di lungo periodo intenda adottare per arginare i fatti criminali nella città di Afragola e contrastare le organizzazioni criminali.
(4-01447)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in relazione al trasporto ferroviario (Trenitalia, TrenitaliaTPer, TreNord e Italo-Ntv), era stato proclamato uno sciopero di 24 ore dalle sigle sindacali di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Orsa Ferrovie e Fast Confsal;

   questo avrebbe dovuto tenersi dalle 3.00 del mattino del 13 luglio fino alle 2.00 di venerdì 14 luglio 2023;

   il tavolo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avviato con i rappresentanti di Trenitalia, di Italo, nonché con i sindacati di categoria, come si evince da notizie stampa, si sarebbe concluso con un nulla di fatto, e le sigle sindacali avrebbero, dunque, confermato lo sciopero dei treni;

   a seguito di ciò, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe inviato ai sindacati un provvedimento di riduzione della durata delle astensioni (ordinanza n. 193 T del 12 luglio 2023), riducendo, dunque, lo sciopero a 12 ore, con durata, intimata, dalle ore 3.00 alle ore 15.00 del 13 luglio 2023 –:

   di quali elementi disponga in ordine alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per garantire la corretta gestione delle relazioni sindacali al fine di scongiurare comportamenti lesivi dei diritti dei lavoratori che legittimamente esercitano il diritto di sciopero, riconosciuto e garantito dall'articolo 40 della Costituzione.
(5-01220)


   MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   una eccezionale ondata di caldo ha attraversato il Paese, nelle ultime settimane, che ha provocato la morte di troppi lavoratori e altri hanno subìto malori e si sono salvati solo grazie al pronto intervento dei soccorsi;

   alle richieste di misure urgenti per far fronte all'emergenza caldo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha risposto proponendo alle parti sociali un protocollo su misure già esistenti nel testo unico 81 e nelle linee guida elaborate dal Ministero della salute, senza alcuna previsione o modalità per renderle più esigibili e vincolanti, tanto più che il Governo stesso non lo avrebbe sottoscritto;

   l'unica previsione positiva è l'annuncio di un decreto per escludere dalle 52 settimane la cassa per il caldo per gli edili e lapidei e qualche correttivo alla cassa per gli agricoli a tempo indeterminato con la possibilità di utilizzo a ore;

   il Governo non prevede neanche un provvedimento per bloccare il lavoro in determinate condizioni e temperature. Un provvedimento che sarebbe necessario e fondamentale per sostenere con la contrattazione diversi orari, turni, pause, la fornitura di dispositivi;

   del provvedimento proposto dal Governo non beneficiano i lavoratori stagionali, i lavoratori non subordinati, e gli addetti ai servizi di pubblica utilità. Ma le temperature estreme interessano anche i luoghi di lavoro dei settori del commercio, del turismo e dei servizi;

   il Governo ad avviso degli interrogati non vede l'urgenza di bloccare le attività con alte temperature e nei settori più esposti, né proteggere l'insieme delle lavoratrici dei lavoratori indipendentemente dai rapporti di lavoro;

   lo stop alle attività lavorative a rischio nelle ore più calde deve interessare tutto il territorio nazionale, ad oggi solo alcune regioni meridionali hanno emesso ordinanze, che vietano il lavoro in condizioni di esposizione al calore tra le 12,30 e le 16, qualora la mappa del rischio indichi un livello alto –:

   se non ritenga urgente assumere ulteriori iniziative più efficaci a tutela dei lavoratori adottando un apposito provvedimento d'urgenza che preveda, tra le altre, il blocco delle attività a determinate condizioni, e temperature, e l'allargamento delle misure anche ai lavoratori stagionali, ai lavoratori non subordinati e ai lavoratori dei settori del commercio, turismo e servizi, rendendo tali misure esigibili e vincolanti, con forme efficaci di controllo e sanzioni nel caso di inosservanza delle disposizioni.
(5-01221)


   AIELLO, BARZOTTI, CAROTENUTO, ORRICO e TUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il settore delle telecomunicazioni è arrivato ad un «bivio drammatico», come hanno scritto in una nota congiunta le segreterie nazionali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, puntualizzando che «sono a rischio reale oltre 20.000 posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle telco, senza calcolare gli effetti che saranno generati nell'intero sistema degli appalti del settore, sia per quel che concerne l'impiantistica, la manutenzione, l'installazione delle reti sia fisse che mobili, che per il settore dell'assistenza clienti nella sua interezza»;

   il settore delle telecomunicazioni, in tutti i Paesi tecnologicamente avanzati, è uno dei pochi comparti ancora in grado di coniugare occupazione di qualità nonostante la fase di grande difficoltà che tutto il continente attraversa;

   in termini di risultati economici, volendo comparare le performance 2022 delle telco europee rispetto al mercato italiano, si evidenzia un quadro con qualche sofferenza nell'intero Continente, ma di certo non paragonabile a quanto avviene nel Paese. Un mercato che brucia oltre un miliardo di ricavi l'anno, con un lento e inesorabile «stillicidio» occupazionale, che nell'ultimo decennio ha praticamente dimezzato la forza lavoro dei maggiori gestori italiani;

   sul versante occupazionale, infatti, il settore è stato caratterizzato negli ultimi 15 anni dal continuo ricorso ad ammortizzatori sociali, esodi incentivati, tagli nella contrattazione aziendale, perdite di professionalità importanti, e blocco pressoché totale del ricambio generazionale;

   in questo scenario, dividere l'industria (le infrastrutture di rete) dai servizi rischia di impoverire ancor di più il settore, trasformando aziende leader del comparto tlc in meri rivenditori di servizi, i cui azionisti di riferimento non sono neanche italiani. Inoltre, in un contesto di mercato ipercompetitivo, le aziende, per poter sostenere questo modello, dovranno continuare a rivedere al ribasso la struttura dei costi, andando a colpire inesorabilmente il costo del lavoro, generando una conseguente continua riduzione dei perimetri occupazionali –:

   in assenza di una legge sulla rappresentanza ovvero di un contratto di riferimento che scongiuri continui ribassi o alternative peggiori quali il ricorso all'offshoring se e quali iniziative intenda adottare al fine di escludere il ricorso a fornitori che applicano contratti «pirata» che generano esclusivamente abbattimenti di salario e riduzioni di diritti per le lavoratrici ed i lavoratori, nonché salvaguardare salari e diritti nel settore tlc, asset strategico per l'intero sistema Paese.
(5-01222)


   GRIBAUDO, SCOTTO, FORNARO, FOSSI, LAUS e SARRACINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 20 agosto 2020 la AFS Service s.r.l., azienda specializzata in servizi alle imprese, con 3.500 dipendenti in tutta Italia, ha iniziato a gestire, in monocommittenza, un polo logistico a Orbassano (Torino) per conto di Amazon;

   AFS ha svolto l'attività con propri dipendenti, utilizzando un magazzino in locazione e investendo ingenti somme al fine di predisporre gli ambienti e formare il personale secondo gli standard ferrei richiesti da Amazon, per il quale ha fornito in esclusiva servizi di smistamento e cross-docking di merci;

   Amazon ha comunicato a AFS la cessazione del contratto a partire dal 31 luglio 2023, provocando nei fatti il licenziamento di 137 dipendenti, di cui 87 con contratto a tempo indeterminato e 50 in somministrazione, che avranno dinnanzi a un futuro incerto conseguente alla mancanza di reddito;

   nel 2021, Amazon ha fatturato in Italia 8,75 miliardi di euro, con un incremento del 21 per cento rispetto all'anno precedente e fatto investimenti per circa 4 miliardi di euro, con un incremento del 38 per cento rispetto all'anno precedente;

   Amazon ha aperto, sempre a Orbassano, a circa 2 chilometri dal sito precedente, un nuovo polo logistico, investendo 50 milioni di euro, dove sarebbero previste circa 500 nuove assunzioni;

   i sindacati hanno chiesto di ricollocare i 137 dipendenti AFS nella nuova struttura Amazon. A fronte del rifiuto sono iniziate agitazioni sindacali sfociate il 21 luglio 2023 in un'assemblea pubblica con presidio organizzata da CGIL Torino a Orbassano di fronte alla sede del comune;

   le organizzazioni sindacali hanno cercato di coinvolgere l'amministrazione comunale di Orbassano per un'intermediazione che portasse a un confronto con la multinazionale, ma, a oggi, non c'è stata risposta da nessuna delle parti;

   Amazon ha motivato la cessazione del contratto e il conseguente licenziamento dei lavoratori in base a mere considerazioni commerciali, senza tenere conto della necessità di preservare i livelli occupazionali e delle competenze acquisite dai lavoratori. I dipendenti AFS sarebbero, infatti, già formati e idonei a prestare la loro opera presso il polo logistico di nuova costruzione, per questo motivo a loro si potrebbe garantire il diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra e se intenda istituire un tavolo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che coinvolga AFS e Amazon, oltre alle parti sociali, al fine di trovare una soluzione che soddisfi le esigenze di tutti.
(5-01223)


   GIACCONE, ANDREUZZA, BISA, BOF, PRETTO e COIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comitato regionale Inps Veneto, nella seduta del 25 luglio 2023, ha approvato un ordine del giorno nel quale è stata manifestata la forte preoccupazione relativamente agli organici delle strutture Inps del Veneto, apprezzandone lo spirito di completo servizio e totale dedizione alle comunità territoriali di riferimento e l'elevata sensibilità sociale dimostrata anche – e non solo – nei confronti dell'utenza durante il difficile periodo della pandemia;

   il comitato lamenta un forte impoverimento del personale, con ricadute oggettive sulle agenzie territoriali Inps, con il rischio di impossibilità operativa ed evidente pregiudizio per le fasce più debole della utenza Inps;

   in tutte le sedi del Veneto, le organizzazioni sindacali hanno proclamato, lo stato di agitazione, in ragione della insufficiente assegnazione di personale alle sedi provinciali, oltre che della disomogenea attribuzione alle stesse sedi sul territorio;

   le recenti immissioni in servizio, avvenute in data 17 aprile e 5 giugno 2023, non sono considerate, in previsione delle ulteriori imminenti uscite, soddisfacenti per una previsione di riequilibrio delle risorse, necessaria alla garanzia della erogazione dei servizi istituzionali nelle sedi del territorio veneto;

   nel corso del 2023, infatti, son previste ulteriori uscite, per pensionamento o mobilità, per circa 245 unità, peraltro estremamente professionalizzate, vedendo ulteriormente aggravarsi la situazione degli organici su tutte le strutture della regione –:

   se corrisponda al vero la forte carenza di personale di cui in premessa – ed in che termini – e, in caso di risposta affermativa, quali iniziative di competenza intenda adottare con urgenza al fine di soddisfare il reale fabbisogno di organico dell'Inps, organizzare una corretta gestione ed equa distribuzione territoriale del personale in servizio all'Inps, nonché garantire l'erogazione delle prestazioni istituzionali assegnate all'Istituto e lo smaltimento della giacenza di arretrato accumulatosi in alcune linee di prodotto/servizio delle strutture territoriali di produzione proprio a causa della mancanza del personale amministrativo, medico e legale.
(5-01224)

PROTEZIONE CIVILE E POLITICHE DEL MARE

Interrogazioni a risposta orale:


   GIRELLI. — Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riferiscono che le segnalazioni di danni giunte alla Protezione civile di regione Lombardia tramite il portale Raccolta scheda danni (Rasda) hanno già superato la quota di 1,65 miliardi di euro e che, per la sola provincia di Brescia, i danni ammonterebbero a più di 160 milioni;

   questi dati sono stati confermati dall'assessore regionale alla Protezione civile della regione Lombardia, Romano La Russa, che chiede che sia il Governo centrale ad intervenire;

   l'interrogante ricorda che nella seduta del 25 luglio 2023 il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/1194-AR/99 per chiedere un intervento urgente in favore dei territori lombardi fortemente danneggiati dal maltempo;

   si tratta, quindi, a parere dell'interrogante, di una questione urgente che prescinde da questioni di carattere politico;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, per consentire in tempi rapidi lo stanziamento dei fondi necessari per i primi, urgenti, interventi in favore dei cittadini danneggiati dal maltempo.
(3-00586)


   FORATTINI e GIRELLI. — Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riferiscono che le segnalazioni di danni giunte alla protezione civile di regione Lombardia, giunte tramite il portale Raccolta scheda danni (Rasda), hanno già superato la quota di 1,65 miliardi di euro e che, per la sola provincia di Mantova, i danni ammonterebbero a più di 70 milioni;

   questi dati sono stati confermati dall'assessore regionale alla Protezione civile della regione Lombardia, Romano La Russa, che chiede che sia il Governo centrale ad intervenire;

   l'interrogante ricorda che nella seduta del 25 luglio 2023 il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/1194-AR/99 per chiedere un intervento urgente in favore dei territori lombardi fortemente danneggiati dal maltempo;

   si tratta, quindi, a parere dell'interrogante di una questione urgente che prescinde da questioni di carattere politico –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo, per consentire in tempi rapidi lo stanziamento dei fondi necessari per i primi, urgenti, interventi in favore dei cittadini danneggiati dal maltempo.
(3-00587)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CURTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la disciplina del differimento e della rateizzazione del T.f.s., il trattamento di fine rapporto spettante ai dipendenti pubblici, è stata oggetto di molteplici modifiche, a partire dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1997 che ha introdotto un termine dilatorio di un anno per il versamento di tale liquidazione. Anche a causa del perseguimento di obiettivi «spending review», gli interventi normativi che si sono succeduti hanno di fatto incrementato i termini per il conseguimento del T.f.s. a scapito dei beneficiari;

   infatti, mentre per i dipendenti privati le procedure per la corresponsione dell'analoga somma si concludono entro poche settimane dalla data di pensionamento e in unica soluzione, per quelli pubblici sono stabilite modalità di erogazione frazionata e posticipata rispetto al momento del collocamento a riposo;

   di fatto i dipendenti pubblici, anche a distanza di oltre due anni dal pensionamento, si trovano spesso a non aver ancora ricevuto il trattamento;

   secondo i dati 2011-2022 dell'Osservatorio sulle pensioni della gestione dei dipendenti pubblici (Gdp), le pensioni liquidate dall'Inps, anno per anno, rappresentano un indicatore del numero di cessazioni per quiescenza avvenute nell'amministrazione pubblica. La somma totale, pari a oltre 1,6 milioni in poco più di un decennio, rappresenta la platea minima di lavoratori che hanno visto lesi i loro diritti dalla predetta procedura di differimento della liquidazione, avviata con il decreto-legge n. 138 del 2011;

   la recente sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2023 ha dichiarato che il differimento nella corresponsione del trattamento di fine servizio (Tfs), ai dipendenti pubblici che cessano l'impiego per aver raggiunto il limite di età, si pone in contrasto con il principio di giusta retribuzione, di cui all'articolo 36 della Costituzione. Il principio della giusta retribuzione, infatti, «si sostanzia non soltanto nella congruità dell'ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione» (sentenza n. 159 del 2019);

   la Corte riconosce di non potere allo stato rimediare, «posto che il quomodo delle soluzioni attinge alla discrezionalità del legislatore», aggiungendo, inoltre, che il legislatore dovrebbe formulare «una soluzione che, in ossequio ai richiamati principi di adeguatezza della retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalità, si sviluppi muovendo dai trattamenti meno elevati per estendersi via via agli altri». Infatti, la disciplina attualmente in vigore, calibrata su una progressione graduale delle dilazioni, via via più ampie in proporzione all'incremento dell'ammontare della prestazione, finisce per «aggravare il vulnus sopra evidenziato»;

   la Corte infine precisa che la discrezionalità del legislatore al riguardo non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n. 159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame –:

   quali urgenti iniziative normative si vogliano adottare affinché si dia seguito alle indicazioni della sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2023, in tema di T.F.S., ponendo termine alla disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.
(5-01227)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELLICINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo raggiunto in sede di conferenza Stato-regioni del 25 marzo 2015 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano riguarda la «Revisione e aggiornamento dell'accordo Conferenza Stato-regioni 21 dicembre 2006 sul coordinamento dei trasporti connessi con le attività trapiantologiche»;

   tale accordo, ferma restando l'autonomia organizzativa delle singole regioni e province autonome, conviene sul documento circa il coordinamento dei trasporti connessi con le attività trapiantologiche, sui principi inerenti il sistema di trasporto di organi, etichettatura, monitoraggio della temperatura e tracciabilità dell'organo, al fine di garantire che il trasferimento avvenga in sicurezza, prerogativa essenziale per il sistema trapiantologico, definendo anche i requisiti indispensabili per l'affidamento del trasporto aereo di organi;

   il Cnt (Centro nazionale trapianti) provvede a definire i requisiti indispensabili per l'affidamento del servizio di trasporto aereo degli organi;

   il Cnt pubblica, con operatività dal 15 luglio 2021, una «Procedura nazionale confezionamento, trasporto di reni, e campioni biologici a scopo di trapianto», con successiva revisione del 21 dicembre 2022, nella quale ci si limita ai semplici reni, non solo tralasciando gli altri organi, ma anche sensibilmente riducendo gli standard di efficienza e sicurezza per il trasporto di organi, stabiliti nel richiamato accordo del 2015;

   in particolare, il Cnt genera, ad avviso dell'interrogante, inutili duplicazioni, introducendo descrizioni di «generici contenitori di trasporto», senza prevedere alcuno standard in grado di garantire la sicurezza biologica dell'organo prelevato, la sterilità, l'adeguatezza delle dimensioni dell'organo;

   quanto all'identificazione dell'organo trasportato, il documento del Cnt, anziché prevedere che i documenti del donatore siano custoditi all'interno del contenitore, in appositi scomparti, si limita a stabilire che questi siano semplicemente apposti sulla superficie esterna del contenitore, all'interno di una busta, esposti agli agenti esterni, pertanto a rischio di deperimento e di alterazioni;

   il documento del Cnt fa inoltre rinvio ad una normativa del Ministero della salute del 2003 riguardante materiale biologico infettante, non applicabile al caso di specie, poiché gli organi e i campioni biologici destinati al trapianto solo ed esclusivamente in casi tassativi e ben noti possono essere utilizzati sebbene infetti;

   appare anche evidente che il documento del Cnt sia possibile origine di confusione e asimmetrie, in quanto, anziché sollecitare i centri regionali e le stazioni appaltanti a mettersi in regola con le disposizioni vigenti, ha emesso disposizioni in contrasto con la disciplina europea contenuta nella direttiva europea 2010/45/UE ed anche con la disciplina nazionale esistente, poiché lesive dell'efficienza e della sicurezza del trasporto degli organi;

   la seria preoccupazione deriva dal fatto che, ad oggi, il ridimensionamento, operato dal Cnt, dei requisiti dell'accordo per il trasporto dei reni destinati al trapianto rischia di permettere l'accesso alle procedure ad operatori che, diversamente, non avrebbero potuto soddisfare i livelli minimi di garanzia stabiliti nell'accordo del 2015 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione rappresentata e quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare adeguati livelli di sicurezza ed efficienza nei processi di trasporto di organi, in ottemperanza del vigente accordo Stato-regione del 25 marzo 2015.
(4-01448)


   ROTONDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come ormai noto, la maggior parte dei punti di pronto soccorso presenti sul territorio nazionale sono afflitti da pesanti carenze strutturali e organiche, rispetto alle quali negli scorsi anni non sono state adottate soluzioni soddisfacenti;

   la situazione negli ospedali italiani è ormai sempre più difficile, a tal punto che la Società italiana di medicina dell'emergenza urgenza (Simeu) ha lanciato un vero e proprio allarme: vi è una carenza di organico cronica pari a oltre 5 mila medici e circa 12 mila infermieri;

   ciò comporta inevitabilmente turni di lavoro estenuanti per medici e infermieri, nonché il sovraffollamento dei siti di pronto soccorso, in cui spesso non si riesce a garantire ai cittadini un'assistenza sicura, di qualità e affidabile;

   il sovraffollamento, infatti, determina gravi conseguenze non solo sulla salute dei pazienti, quali l'aumento della mortalità, ritardi di valutazione e trattamento, aumento dei tempi di degenza, rischio di nuovo ricovero a breve termine, esposizione agli errori, ma anche sugli operatori sanitari, come la mancata aderenza alla buona pratica clinica, aumento dello stress e del burn-out, aumento degli episodi di violenza verso gli operatori stessi;

   la maggior parte dei pronto soccorso sono spesso gremiti di pazienti in attesa di ricevere un posto letto nei vari reparti di degenza, con una permanenza che a volte supera le 24 ore: una situazione limite si è presentata recentemente all'ospedale Moscati di Avellino, in cui dalla testimonianza di una signora è emerso che l'anziana madre, cardiopatica con valvola cardiaca compromessa, nonché dializzante tre volte a settimana, dopo ore di attesa su una sedia del pronto soccorso, sia stata costretta a tornare a casa, esausta, senza aver effettuato alcun controllo;

   il pronto soccorso dell'azienda ospedaliera Moscati di Avellino è al collasso; secondo quanto riportato da alcune testate giornalistiche locali, infatti, negli ultimi giorni di luglio 2023, la situazione è apparsa drammatica: già nelle prime ore della giornata di domenica 30 luglio erano 50 i degenti in carico, tra cui 10 in codice rosso e 25 in codice arancione;

   si tratta di episodi che riguardano l'intero territorio nazionale e che fanno emergere un quadro ormai non più sostenibile, cui è necessario dare risposte veloci e concrete partendo da un miglioramento delle condizioni di lavoro di medici e infermieri impiegati nella medicina dell'emergenza-urgenza –:

   se sia informato di quanto accaduto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per arginare la drammatica situazione della sanità campana e assicurare il diritto alla tempestiva assistenza medica dei cittadini.
(4-01449)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione De Maria e altri n. 1-00144, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Francesco Silvestri. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «De Maria, Braga, Francesco Silvestri, Richetti, Zanella, Merola, Amendola, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Carè, Cuperlo, D'Alfonso, De Luca, Di Sanzo, Fassino, Forattini, Fornaro, Furfaro, Ghio, Girelli, Graziano, Gribaudo, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Malavasi, Manzi, Marino, Orlando, Peluffo, Porta, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Sarracino, Scotto, Serracchiani, Simiani, Stefanazzi, Tabacci, Vaccari, Zingaretti, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Gruppioni, Marattin, Bonetti, Gadda, Rosato, Grippo, Ruffino, Benzoni, Castiglione, Del Barba, Casu, Cafiero de Raho, Ascari, D'Orso, Giuliano».

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Ciancitto e altri n. 7-00122, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 luglio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Morgante.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Amendola e Sarracino n. 5-00088, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scarpa.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Amendola e Sarracino n. 5-00104, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scarpa.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Amendola e Sarracino n. 5-00290, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scarpa.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-01219, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o agosto 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Simiani.

  L'interrogazione a risposta scritta Ziello e altri n. 4-01440, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o agosto 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montemagni.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Casu n. 7-00111, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 112 del 31 maggio 2023.

   La IX Commissione,

   premesso che:

    il trasporto pubblico locale rappresenta un settore chiave per la transizione ecologica, per la decarbonizzazione, per la inclusione sociale e per migliorare qualità e sostenibilità della vita nelle città e nelle grandi aree metropolitane e svolge un ruolo fondamentale per la realizzazione di una vera mobilità sostenibile, connessa ad un'offerta di trasporto alternativo a quello privato, che può contribuire alla realizzazione di una transizione ecologica «giusta» per i cittadini, migliorando nello stesso tempo anche la qualità della vita delle persone nelle città, caratterizzandosi come «driver di sostenibilità» sia in relazione alla riduzione delle emissione inquinanti prodotte, sia a quelle risparmiate riducendo l'utilizzo del veicolo privato. Per questo è fondamentale favorire lo shift modale da trasporto privato a collettivo, rendendolo il quest'ultimo attrattivo tramite la quantità e la qualità dei servizi offerti;

    come sottolineato dalla Commissione europea nell'ambito delle raccomandazioni connesse alla realizzazione dell'European Green Deal e relative agli investimenti nel settore del trasporto, la crisi socio-economica derivante dalla pandemia «comporta il rischio di accentuare le disparità regionali e territoriali all'interno del Paese, esacerbando le tendenze divergenti tra le regioni meno sviluppate e quelle più sviluppate, tra le periferie sociali e il resto delle aree urbane, nonché tra alcune zone urbane e zone rurali», richiedendo politiche mirate ad evitare questo rischio;

    la debolezza del sistema del trasporto pubblico locale in Italia va, quindi; ad acuire ancora di più i forti divari territoriali esistenti, che travalicano l'usuale differenza tra Nord e Sud e si collocano anche tra aree urbane ed aree interne e rurali e rappresentando un forte ostacolo alla convergenza economica;

    appare ormai indifferibile mettere al centro del dibattito nazionale la trasformazione e l'incremento delle risorse finanziarie destinate al trasporto pubblico locale del fondo Tpl in una misura che tenga conto delle esigenze, dei problemi quotidiani e del ruolo delle città metropolitane e delle grandi aree urbane in un contesto, per altro, in forte cambiamento, orientato alla digitalizzazione ed alla sostenibilità ambientale;

    le risorse per il trasporto pubblico locale, oltre che incrementate, vanno usate nella maniera più efficace ed efficiente e questo obiettivo può essere raggiunto con l'utilizzo delle nuove tecnologie e la sperimentazione dell'intelligenza artificiale, per l'analisi e l'elaborazione dei dati e dei flussi;

    relativamente alle risorse attualmente a disposizione, dal 2018 il fondo Tpl e disciplinato dalle norme del decreto-legge n. 50 del 2017 che ha modificato sia il criterio di finanziamento del fondo stesso, sia i criteri per il riparto, ed ha fissato per legge la consistenza del fondo stesso, disancorandola dal meccanismo precedente legato al gettito delle accise su benzina e gasolio riscosse nella regione per evitare possibili oscillazioni;

    tale soluzione appare oggi frutto di un paradigma superato: i contesti socioeconomici sono totalmente mutati a causa della pandemia, dell'incremento dei prezzi delle materie prime e della guerra in corso. Non tenere conto di questo cambiamento anche nell'individuazione delle risorse necessarie nel fondo Tpl non consente agli enti locali ed alle città di rispondere alle sfide poste dall'emergenza climatica, dal new green deal e dalle nuove esigenze dei cittadini;

    è necessario superare l'attuale modello che prevede lo stanziamento del fondo Tpl, la cui consistenza è di circa cinque miliardi di euro, distribuito annualmente alle regioni e province autonome sulla base di un criterio «storico». Solo così sarà possibile consolidare nel tempo un servizio di qualità e solo attraverso tale via il regolatore pubblica potrà efficacemente individuare gli strumenti ritenuti più idonei attraverso cui gestire i servizi di Tpl. Inoltre, solo con la prospettiva di risorse certe sarà possibile attrarre ulteriori capitali pubblici e privati al servizio del trasporto;

    i dati e le stime sottolineano come i numeri nel settore del turismo in Italia, e in particolare nelle grandi città, stiano superando i livelli pre-pandemia. Già per i primi quattro mesi del 2023, infatti, Istat ed Eurostat evidenziano che nel nostro Paese ben 12,7 milioni sono stati i turisti che hanno pernottato in Italia almeno una notte, mentre la nota previsionale «Tourism Forecast Summer 2023» dell'Istituto Demoskopika pubblicata ad inizio estate stima un incremento dei flussi turistici in Italia: oltre 68 milioni di arrivi e quasi 267 milioni di presenze, con una crescita rispettivamente pari al 4,3 per cento e al 3,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, segnato da poco più di 65,2 milioni di arrivi e oltre 258 milioni di pernottamenti. La stessa nota previsionale citata stima che il periodo giugno-settembre del 2023 si caratterizzerà per il maggior numero di arrivi sia rispetto al periodo pre-pandemico del 2019 (+3,7 per cento di arrivi e +2,6 per cento di presenze) e sia, addirittura, dal 2000 (+71,9 per cento di arrivi e +26,2 per cento di presenze);

    questi dati mettono in evidenza l'assoluta necessità di adeguare l'offerta di servizio pubblico a nuove esigenze superando il criterio meramente storico per garantire in maniera efficace ed efficiente il diritto alla mobilità di cittadini e turisti, in particolare nelle zone più periferiche delle città;

    in questo nuovo scenario la grave sofferenza che si sta registrando nell'ambito del Tpl non di linea è solo la punta dell'iceberg di una situazione ormai insostenibile che non può essere scaricata esclusivamente su un singolo settore ma deve essere affrontata nella sua interezza attraverso risposte immediate e risorse adeguate a rafforzare a ogni livello il servizio pubblico, sia di linea che non di linea, offrendo alle amministrazioni locali nuovi strumenti normativi che consentano di monitorare i dati reali e programmare il servizio non di linea intervenendo tempestivamente sui picchi di domanda e sulle azioni necessarie al potenziamento dell'offerta tenendo conto delle specificità e delle esigenze di ciascuna città;

    l'insufficienza dei trasferimenti si è, di fatto, tradotta negli anni in una affannosa copertura delle spese correnti legate alla gestione dei contratti di servizio, a scapito degli investimenti, ossia a scapito del perseguimento di standard quantitativi e qualitativi del servizio di Tpl in linea con le esigenze della mobilità urbana e di chi la deve usare per studio, lavoro o tempo libero;

    ad esempio, Roma Capitale ha bisogno, per poter chiudere il nuovo contratto, di servizio di circa cento milioni di euro aggiuntivi. In caso contrario è evidente che non sarà possibile evitare un intervento sugli utenti, creando le condizioni per aggravare la situazione di pesante inflazione che pesa sulle famiglie;

    lo Stato non finanzia direttamente il trasporto pubblico locale di Roma Capitale (eccetto le ferrovie concesse) con lo strumento del fondo. Gli unici trasferimenti oggi esistenti, pari a 240 milioni di euro annui, vengono assunti a carico del bilancio regionale e sono un volume di risorse assolutamente insufficienti e peraltro prive di certezza nel tempo;

    quindi, ad oggi, le risorse poste a carico dello Stato, con vincolo di destinazione e trasferite sul bilancio di Roma Capitale per garantire le coperture di parte corrente (copertura dei costi di esercizio), necessarie per i contratti di servizio in essere, compreso l'appalto per i servizi di superficie periferici, sono pari a zero;

    la quota del fondo Tpl attribuita al Lazio è pari a circa l'11,6 per cento, circa 570 milioni, e queste risorse sono storicamente allocate dalla regione Lazio alla copertura dei servizi di interesse regionale (Cotral, Trenitalia e ATAC-Ferrovie concesse), di cui l'ente risponde come committente, e dei servizi dei comuni diversi da Roma;

    nello specifico, come sopra ricordato, Roma Capitale riceve 240 milioni dalla regione Lazio in ripartizione del fondo Tpl 190 milioni, a cui si aggiungono 50 milioni derivanti dall'extra gettito sanitario. In sostanza ogni cittadino romano riceve pro capite solo 85,71 euro l'anno per il funzionamento dei trasporti;

    le regioni Lazio e Lombardia sono le uniche che intervengono col loro bilancio per più del 50 per cento ad integrazione del fondo Tpl nazionale, e questo certamente anche per la presenza di due importanti aree metropolitane quali Roma e Milano;

    in termini numerici, nel sistema dei trasporti, Atac da sola rappresenta il 16 per cento della media nazionale per numero di passeggeri trasportati ante-Covid e il 7 per cento dell'offerta nazionale in termini di produzione chilometrica. Quindi in relazione ai volumi produttivi in termini di chilometri percorsi sarebbe lecito attendersi la destinazione a Roma Capitale di una pari quota di risorse del fondo Tpl, ossia circa 350 milioni annui. Il trasferimento atteso salirebbe a circa 800 milioni ove si volessero parametrare le quote di destinazione del fondo ai volumi dei passeggeri trasportati;

    dall'inizio della legislatura in corso il gruppo del Partito Democratico in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni sta chiedendo una indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale per analizzare e comprendere le problematiche del settore, anche in riferimento alle singole realtà locali, con particolare riferimento a quelle relative alle grandi metropoli del nostro Paese;

    l'articolo 1, comma 816, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022) ha previsto per Venezia un'eccezione rispetto ai criteri di ripartizione ex lege per lo svolgimento del trasporto pubblico locale acqueo, in relazione all'assoluta specificità in termini di costi e modalità di svolgimento del medesimo servizio;

    tale precedente rende quindi possibile un analogo intervento per Roma Capitale in considerazione della specificità del suo ruolo di metropoli europea e Capitale d'Italia, che ospita quotidianamente in media cinque manifestazioni, ben 1.750 ogni anno, e che si prepara ad ospitare il Giubileo del 2025,

impegna il Governo:

   ad intraprendere tutte le iniziative di competenza necessarie volte ad aumentare lo stanziamento del fondo nazionale trasporti in modo da poter provvedere ad una rimodulazione dei criteri di definizione dei costi standard e degli adeguati livelli di servizio che tengano conto delle difficoltà oggettive del trasporto pubblico locale;

   ad adottare le iniziative di competenza volte a superare l'attuale modello che prevede lo stanziamento del fondo Tpl distribuito annualmente alle regioni e province autonome sulla base di un criterio «storico», al fine di consolidare nel tempo un servizio di qualità e di individuare gli strumenti più idonei attraverso i quali gestire i servizi di Tpl, anche attraverso l'attrazione di ulteriori capitali pubblici e privati;

   ad adottare iniziative di competenza volte ad individuare, con urgenza, una soluzione contingente per Roma Capitale che consenta di attribuire una cifra aggiuntiva al riparto già stabilito, in modo che si possa destinare una cifra maggiore di quella attualmente prevista, analogamente a quanto fatto per la città di Venezia ed in considerazione del ruolo e delle esigenze esposte in premessa che la città di Roma vive quotidianamente.
(7-00111) «Casu, Morassut, Barbagallo, Bakkali, Ghio».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Aiello n. 5-01034 del 27 giugno 2023;

   interrogazione a risposta in Commissione Soumahoro n. 5-01120 del 14 luglio 2023.