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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 luglio 2022

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende dal diretto interessato, il cittadino italiano residente in Djibouti dal 2014, signor Vincenzo Iannucci, nato a Roma il 2 febbraio 1978, si trova attualmente bloccato nel Paese, in una grave situazione nella quale sarebbe coinvolto anche il console generale onorario d'Italia in Djibouti, signor Gianni Rizzo, senza che gli sia garantita alcuna tutela consolare da parte del Governo italiano, né per il tramite del Consolato onorario del Djibouti, né dell'Ambasciata d'Italia in Addis Abeba;

   in una segnalazione all'interrogante, il signor Iannucci riferisce di avere costituito nel 2017 una società nel settore delle costruzioni con il console Rizzo, su richiesta di quest'ultimo, che – come da accordi intercorsi – avrebbe dovuto finanziarla, mentre il signor Iannucci avrebbe dovuto occuparsi della gestione. La società, tuttavia, si sarebbe ben presto trovata in difficoltà in ragione del fatto che, a detta del signor Iannucci, il console Rizzo non avrebbe mantenuto gli accordi economici di cui sopra;

   in data 26 dicembre 2018 il signor Iannucci sarebbe stato convocato dalla Gendarmeria del Djibouti, che in quella sede gli avrebbe riportato alcune lamentele che erano state presentate, verbalmente, da parte di alcuni clienti della società, per via di ritardi nell'esecuzione di un lavoro ad essa assegnato, e ritirato il passaporto italiano, per evitare che il signor Iannucci lasciasse il Paese;

   il giorno seguente ai fatti sopraesposti il signor Iannucci si sarebbe recato dal socio, console onorario Rizzo, al fine di informarlo dell'accaduto. Il console gli avrebbe quindi proposto di occuparsi personalmente della restituzione del denaro a favore dei creditori della società, minacciando al contempo il signor Iannucci di farlo arrestare in caso di mancato successivo rimborso della somma;

   senza sapere se l'Ambasciata d'Italia in Addis Abeba fosse informata dei fatti, in data 10 febbraio 2019 il signor Iannucci è stato effettivamente arrestato dalle autorità del Djibouti, e trattenuto in prigione per ventuno giorni, durante i quali nessun rappresentante consolare o diplomatico italiano si è mai recato a verificare le condizioni disumane in cui lo stesso veniva detenuto;

   il vice direttore del carcere avrebbe riferito al suo avvocato che le condizioni estreme alle quali era sottoposto fossero una «disposizione» di Rizzo, il quale avrebbe cercato con ogni mezzo di estorcere il rimborso di cui sopra;

   il 3 marzo 2019 Iannucci è stato rilasciato con la condizione di non lasciare il Paese, con il passaporto sequestrato dal tribunale secondo le normative vigenti, e l'imposizione dell'obbligo di firma di presenza con cadenza settimanale;

   sempre secondo quanto riferito da Iannucci, lo stesso avrebbe ricevuto la prima visita di un rappresentante consolare soltanto il 29 luglio 2019, nella persona del dottor Giuseppe Coppola, primo consigliere. Nel corso dell'incontro, che sarebbe dovuto rimanere privato e confidenziale, il dottor Coppola avrebbe invitato Iannucci a riconoscere una somma di denaro al console Rizzo, affinché lo stesso ritirasse la denuncia. Nello stesso incontro Coppola ammetteva che Iannucci non avesse commesso alcun reato, ma, considerato il contesto e le prospettive che la questione andasse per le lunghe, gli avrebbe al contempo consigliato caldamente di pagare;

   il 30 giugno 2021, il pubblico ministero incaricato delle indagini preliminari emette un'ordinanza di non luogo a procedere in cui evidenzia come il console Rizzo abbia ostacolato la giustizia; lo stesso ha poi presentato ricorso contro l'ordinanza (che risulterebbe fuori dai tempi e senza requisiti), che è stato comunque accettato ad ottobre 2021, e da allora si attende che le indagini riprendano. Nella fattispecie le prove che il pubblico ministero chiede sono quelle relative alla contabilità della società, documenti sequestrati nel 2019 dal console Rizzo quando Iannucci gli avrebbe fatto presente che la frode da lui evocata sarebbe stata facilmente confutabile da una verifica contabile. Da allora due diversi tecnici nominati dal pubblico ministero si sarebbero visti rifiutare la collaborazione, comportamento che in Italia costituirebbe un reato;

   a luglio 2021 Iannucci è stato costretto a separarsi dalla moglie e dal figlio di nove anni, per via delle condizioni ormai insostenibili, anche considerato che l'interessato è rimasto senza impiego dal gennaio del 2019, e che, nonostante lo abbia richiesto più volte al consolato italiano, non dispone neppure di una carta di soggiorno;

   il dottor Coppola è nel frattempo rientrato a Roma, sostituito dalla dottoressa Catalano, che Iannucci ha incontrato il 26 gennaio 2022, alla presenza del suo legale in loco; tuttavia, ad oggi, nonostante le rassicurazioni ricevute dal suo legale italiano a Roma, non vi è stato alcun concreto sviluppo –:

   se sia a conoscenza dei gravi fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la dovuta tutela al signor Vincenzo Iannucci.
(2-01571) «Magi».

CULTURA

Interrogazione a risposta scritta:


   CASCIELLO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   sta destando molto clamore e ha scatenato l'indignazione sui social la notizia della partecipazione di Alessandro Orsini al Giffoni Film Festival, manifestazione che è cofinanziata dal Ministero della cultura e che ha il supporto di altre istituzioni;

   è stata giudicata quantomeno discutibile la scelta di invitare il professor Orsini, saggista e studioso di terrorismo internazionale, diventato famoso per le sue ostinate e controverse posizioni tenute dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina, considerate «filoputiniane», a parlare al più importante festival del cinema per ragazzi;

   il Giffoni Film festival è da sempre un evento per bambini e ragazzi ed è sempre stato caratterizzato dall'attenzione rivolta ai giovanissimi ed ai contenuti su misura per loro e, certamente, le idee di Orsini non possono essere ritenute né misurate né tantomeno adatte ad un pubblico così giovane; sarebbe stato più sensato, come si legge on-line, su un tema così delicato, complicato e divisivo come l'invasione dell'Ucraina, organizzare un dibattito piuttosto che lo show di un singolo che esponga le sue spesso deliranti tesi a bambini e ragazzi;

   la direzione del Giffoni Film Festival nel tentativo di spegnere le polemiche ha rivendicato la bontà dell'idea di ospitare un personaggio come Alessandro Orsini, per quanto divisivo, trincerandosi scontatamente dietro la libertà di pensiero: «Giffoni è un territorio libero dove il pensiero è libero. Dove tutti sono liberi di esprimere le proprie opinioni»;

   l'entusiasmo del direttore non sembra essere stato molto condiviso sui social, dove il profilo del Giffoni è stato bersagliato da critiche e commenti a tratti ferocissimi e più di qualcuno ha ipotizzato, invece, che l'ospitata e lo scoppio della polemica siano state in realtà una strategia di marketing per far parlare ancora di più del festival, un utile strumento per guadagnare un po' di visibilità;

   rattrista che la principale rassegna europea di cinema per bambini/ragazzi, con una nobile storia alle spalle, non abbia gestito in maniera più oculata la vicenda anche con un ripensamento rispetto all'opportunità di invitare il controverso ospite –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per tutelare la platea dei giovanissimi coinvolti in questa importante manifestazione culturale, che è cofinanziata dal Ministero della cultura e vanta il supporto di altre istituzioni pubbliche.
(4-12638)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO e DEL SESTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   per far fronte all'emergenza pandemica sono state adottate numerose misure straordinarie dirette a prevenire ed arginare l'espansione e gli effetti sul sistema economico, provvedimenti finalizzati a sostenere famiglie, lavoratori e imprese, importanti misure di sostegno economico, alcune delle quali, confluite in provvedimenti successivi a seguito del prolungarsi dell'emergenza sanitaria da COVID-19;

   alcuni importanti interventi sono stati assunti in conformità al Quadro europeo temporaneo sugli aiuti di Stato «Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak» e tra i regimi di aiuto alle imprese, per contrastare gli effetti dell'emergenza pandemica, particolare rilievo assumono quelli per la liquidità, per la patrimonializzazione e i contributi a fondo perduto a favore dei soggetti che hanno subito riduzioni del fatturato;

   le misure messe in campo dal Governo per contrastare sia la crisi economica causata dalla pandemia, sia la guerra in corso in Ucraina, hanno carattere temporaneo a scadenza nel breve termine, ma la crisi economico-finanziaria continua a perdurare, anche alla luce dei trend evidenziati dal Centro studi sulla crisi economica delle famiglie italiane e dall'Osservatorio sul debito con banche e finanziarie;

   la guerra in Ucraina deteriora già il complesso scenario economico non solo per l'Europa ma anche per l'Italia; dall'inizio dell'anno l'attività economica globale ha mostrato segnali di rallentamento, dovuti alla diffusione della variante Omicron del COVID-19 e, successivamente, alle crescenti tensioni geopolitiche culminate con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia con la conseguente impennata dell'inflazione e il rallentamento della crescita dell'economia italiana, provocando altresì disparità economiche e sociali relative soprattutto alla diversità di reddito individuale del singolo lavoratore, nonché delle piccole e medie imprese;

   in una fase delicatissima per l'economia italiana, anche alla luce degli urgenti ma purtroppo temporanei interventi in materia di sospensione dei pagamenti dei mutui a causa dell'emergenza COVID-19, sarà necessario adottare ulteriori misure a sostegno dei lavoratori professionalmente fragili e delle piccole e medie imprese che rischiano di pagare un prezzo elevatissimo –:

   se il Governo intenda adottare ulteriori iniziative inerenti alla moratoria straordinaria relativa ai prestiti e alle linee di credito per le piccole e medie imprese che attualmente sono in difficoltà con i pagamenti dei tributi e altri adempimenti fiscali in scadenza e se non ritenga opportuno adottare ulteriori iniziative relative alla sospensione delle rate dei finanziamenti in merito ai mutui per lavoratori professionalmente fragili in difficoltà, a causa della cessazione del lavoro o della diminuzione di esso, e che non riescono a saldare il debito contratto sull'immobile.
(4-12635)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRATE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 14 del decreto legislativo n. 109 del 2006 assegna la titolarità dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati togati al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

   l'esercizio è obbligatorio per il Procuratore generale e, in conformità con quanto previsto dall'articolo 107 della Costituzione, facoltativo per il Ministro;

   i commi 2 e 3 di detto articolo prevedono che il Ministro possa promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale e che nei casi in cui sia il Procuratore generale a procedere, debba dare comunicazione al Ministro della giustizia; entrambi devono dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

   il procedimento può essere definito con archiviazione disposta dallo stesso Procuratore generale ai sensi dell'articolo 16, comma 5-bis, del citato decreto legislativo, ovvero con il promovimento dell'azione disciplinare e il provvedimento di archiviazione è comunicato al Ministro che, qualora dissenta, può esercitare direttamente l'azione disciplinare;

   il 25 giugno 2022 il quotidiano Il Foglio riferisce di un documento del già sostituto Procuratore generale di Cassazione, Rosario Russo «ai suoi colleghi, oltre che alle massime istituzioni del Paese», con il quale quest'ultimo descrive «i passaggi attraverso cui il Procuratore generale Salvi ha consentito che si realizzasse un'amnistia di fatto per tanti magistrati coinvolti nello scandalo Palamara, e anche che su questa amnistia calasse una coltre impenetrabile di segretezza»;

   l'articolo riferisce di due circolari nelle quali è stabilito che le «attività di autopromozione» non integrano illecito disciplinare e che «anche con riguardo a condotte scorrette gravi l'illecito disciplinare può tuttavia risultare non configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza», stabilendo in via generale e astratta che una condotta non ha rilievo disciplinare;

   il Procuratore generale avrebbe quindi statuito tramite circolare cosa è configurabile come illecito, nonostante solo la legge, la giurisprudenza delle Sezioni unite o al limite il Consiglio superiore della magistratura, ex articolo 105 della Costituzione, possono stabilirlo;

   inoltre l'atto sarebbe in conflitto di interesse, poiché da numerosi articoli di stampa emerge che il dottor Salvi si sarebbe in più occasioni autopromosso per l'incarico di Procuratore generale presso la Corte di cassazione con il presidente della quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura;

   a tal proposito si chiede quali siano state le iniziative disciplinari e/o informative assunte dal Ministro;

   in un'altra circolare è stabilito che l'archiviazione disciplinare non può essere comunicata all'esponente, rendendo di fatto la procedura meno trasparente –:

   quali effetti si ricolleghino alle citate circolari con riferimento ai poteri del Ministro interrogato, in particolare in relazione al menzionato articolo 16, comma 5-bis del decreto legislativo n. 109 del 2006, a proposito della possibilità – secondo quanto segnalato in premessa – di non analizzare ogni singola condotta potenzialmente illecita, ma ricorrere a una sorta di archiviazione preventiva generalizzata, nonché della possibilità di distinguere tra la gravità della condotta specifica e la rilevanza del fatto concreto;

   se il Ministro interrogato e, per quanto di competenza, il Consiglio superiore della magistratura abbiano ricevuto comunicazioni da parte del Procuratore generale dell'avvio di eventuali procedimenti disciplinari per i casi di autopromozione e, in ogni caso, se il Ministro sia stato informato delle archiviazioni di ciascun magistrato protagonista di autopromozione e in quali casi abbia ritenuto di esercitare direttamente l'azione disciplinare, ovvero se questa prerogativa sia stata di fatto impedita dalla applicazione della citata circolare, e della conseguente mancata comunicazione al Ministro;

   di quali elementi disponga circa le cosiddette autoarchiviazioni intervenute, anche al fine di evitare che la scarsa trasparenza di cui si è detto in premessa possa gettare ulteriore discredito sulla magistratura, ingenerando nell'opinione pubblica il sospetto che non tutte le gravissime e numerose scorrettezze suggerite dalla pubblicazione dei volumi che riportano il contenuto delle autopromozioni e di altre condotte poco commendevoli siano state trattate in sede disciplinare.
(5-08445)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come emerso da fonti stampa, lunedì 11 luglio 2022, un detenuto della casa circondariale di Cerialdo (Cuneo), di nazionalità straniera, ha aggredito tre agenti della Polizia penitenziaria durante lo spostamento dello stesso in un'altra cella, in quanto la stanza dove era stato precedentemente assegnato è risultata inagibile;

   i tre agenti aggrediti hanno dovuto ricorrere alle cure del Pronto soccorso dell'Ospedale di Cuneo;

   come evidenziato a più riprese dagli agenti, i poliziotti penitenziari in servizio presso il carcere di Cuneo, a fronte della gravissima carenza di organico, vengono addirittura sottoposti a svolgere doppi turni di servizio e ad essi viene revocato il riposo settimanale e accorciato il periodo di congedo, il tutto per garantire i piantonamenti in luoghi esterni di cura e coprire le varie assenze;

   a fronte di una carenza generalizzata di organico, i derivanti disagi sono ulteriormente amplificati dalla condizione di sovraffollamento del carcere, nella misura del 30 per cento rispetto alla propria capienza effettiva;

   fenomeni di tale natura sono stati segnalati in varie carceri in tutta Italia, dando segnale di una condizione di malessere e di disagio diffusi a danno di tutto il corpo di polizia penitenziaria e della capacità stessa delle case circondariali di mantenere i detenuti in sicurezza;

   da questo episodio si evince una totale mancanza di tutele e garanzie di sicurezza per gli agenti della Polizia penitenziaria, che non sono messi nelle condizioni di poter svolgere le proprie funzioni –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per:

    a) incrementare l'organico degli effettivi di Polizia penitenziaria sul territorio nazionale, con particolare riguardo alle strutture con gravi carenze di personale quale quella di cui in premessa;

    b) incrementare mezzi e risorse a supporto dell'attività degli agenti di Polizia penitenziaria, con particolare riferimento alla gestione di detenuti di estrema pericolosità o con riconosciuti problemi psichiatrici;

    c) garantire la sicurezza degli agenti di Polizia penitenziaria nell'esercizio delle proprie funzioni;

    d) ridurre e contenere il fenomeno di sovraffollamento che affligge determinate case circondariali italiane, anche tramite l'espansione delle strutture esistenti o la costruzione di nuove strutture di detenzione;

    e) incontrare le maggiori organizzazioni di rappresentanza della Polizia penitenziaria ai fini della predisposizione di tutte le politiche utili al sostegno del Corpo.
(4-12637)


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta Ufficiale n. 59 del 26 luglio 2019, 4a serie speciale, è stato pubblicato il bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario, da inquadrare nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

   il 15 giugno 2022 è stata pubblicata la graduatoria finale dei vincitori del predetto concorso cosiddetto «Ripam-Giustizia», approvata con provvedimento del direttore generale del personale del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del 14 giugno 2022;

   successivamente, sul sito del Ministero della giustizia è stata data notizia delle sedi di lavoro individuate dalle tre direzioni generali del personale interessate dalla procedura selettiva e attivato l'iter per consentire ai vincitori di comunicare la sede di lavoro prescelta;

   il Ministero della giustizia ha pertanto invitato i vincitori ad indicare la sede scelta tra quelle disponibili entro il 12 luglio 2022;

   ai sensi dell'articolo 21 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 «1. La persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648, assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo, ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili. 2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la precedenza in sede di trasferimento a domanda»;

   per effetto di tale previsione, i vincitori affetti da invalidità superiore ai 2/3, ovvero con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648, hanno esercitato il diritto di scelta prioritaria tra le sedi di lavoro disponibili;

   viceversa, ai vincitori con figli affetti da invalidità grave, ai sensi dell'articolo 3 comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, non è stata garantita la stessa possibilità di scelta preferenziale, ad avviso dell'interrogante in aperta violazione dell'articolo 33 della stessa legge, il quale, ai commi 4 e 5, prevede che: «4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all'articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903. 5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede»;

   per il recente concorso per cancellieri esperti, nel rispetto della normativa vigente, è stato chiesto ai vincitori, precedentemente alla scelta delle sedi, l'invio dell'eventuale documentazione relativa a disabilità personale e dei figli minorenni conviventi ai fini della preferenza della sede con precedenza;

   coniugare le esigenze familiari con quelle lavorative è di estrema complessità, ma lo è ancor di più per i lavoratori che assistono familiari disabili e per gli stessi lavoratori con invalidità: per questo motivo la sede di lavoro è fondamentale per agevolare l'assistenza continuativa ed esclusiva ai familiari con disabilità, in particolare se si tratta di figli minorenni;

   la descritta disparità di condizioni tra lavoratori potrebbe configurare una violazione dell'articolo 3 della Costituzione –:

   se il Ministro interrogato non intenda porre in essere iniziative, anche di natura normativa, volte a consentire a tutti i vincitori del concorso con figli affetti da invalidità grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992 di esercitare il diritto di scelta della sede in via preferenziale.
(4-12640)


   TONELLI e FURGIUELE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ha destato allarme la notizia dell'ennesima aggressione ai danni del personale della Polizia penitenziaria della casa circondariale di Cosenza, riportata anche dalla stampa nazionale e locale;

   la preoccupante situazione che si è venuta a creare nelle carceri italiane e calabresi è stata più volte evidenziata e denunciata dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe ed in ultimo nel documento del coordinamento provinciale della Lega di Cosenza;

   nonostante ciò e a fronte di una situazione ormai drammatica, ad oggi non si è avuta alcuna risposta da parte delle istituzioni preposte;

   secondo quanto riportato, un detenuto del circuito detentivo di alta sicurezza della casa circondariale di Cosenza avrebbe violentemente aggredito un assistente della polizia penitenziaria che sarebbe dovuto quindi ricorrere alle cure mediche presso il nosocomio di Cosenza;

   l'episodio, secondo quanto riferito dal Sappe, avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi se non fosse intervenuto prontamente il personale in servizio che comunque, già in carenza, non è sicuramente sufficiente per gestire una situazione oltremodo preoccupante per l'incolumità degli agenti;

   al 30 giugno nella casa circondariale di Cosenza erano ristretti 238 detenuti di cui 34 stranieri e pare che l'autore dell'aggressione si sia reso responsabile di recente anche di altre intemperanze;

   il problema delle aggressioni al personale deve essere immediatamente affrontato e non può essere ulteriormente tollerato: nel corso del 2021 ci sono stati oltre 11.000 episodi di aggressioni, ferimenti e colluttazioni e i tentativi di suicidio sono stati circa 1.700 –:

   quali iniziative immediate intenda adottare per ovviare alla carenza di personale di Polizia penitenziaria nella struttura penitenziaria casa circondariale di Cosenza, anche alla luce dell'ennesima e ultima gravissima aggressione riportata in premessa.
(4-12642)


   MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) ha provveduto alla sostituzione del comandante della scuola di formazione e aggiornamento dell'amministrazione penitenziaria (S.F.A.P.) «Giovanni Falcone» di Roma;

   invero, la nomina del nuovo comandante è avvenuta senza l'emanazione di un interpello straordinario nazionale, né di una richiesta di disponibilità rivolta ai dirigenti di Polizia penitenziaria ad assumere le citate funzioni;

   il comandante di Polizia penitenziaria testé sostituito ha svolto regolare servizio presso la struttura formativa senza demerito per un periodo di otto mesi senza costi a carico dell'Amministrazione, in quanto in posizione di distacco senza oneri;

   di contro, il dirigente subentrato assumerà l'incarico in servizio di missione, con la necessità di un alloggio di servizio;

   risulta, inoltre, che il comandante sostituito avrebbe manifestato la propria disponibilità a proseguire il suo incarico fino al termine del corso di formazione in atto ed eventualmente anche nel periodo successivo, consentendo, pertanto, al Dap di selezionare e individuare, in piena trasparenza della sua azione amministrativa, un dirigente a cui affidare le funzioni di comando del reparto S.F.A.P. di Polizia penitenziaria;

   l'anomalia procedurale e i maggiori costi a carico dell'Amministrazione non hanno mancato di suscitare l'attenzione dei sindacati di polizia penitenziaria, che hanno chiesto al Dap chiarimenti sul tema;

   la procedura adottata appare all'interrogante carente alla luce sia del principio di trasparenza dell'attività amministrativa, sia del principio di buon andamento, con particolare riguardo all'efficienza ed economicità dell'azione amministrativa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda in questione e se intenda fornire chiarimenti sulla procedura e sulle ragioni che hanno determinato la decisione dell'amministrazione.
(4-12643)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   DE MENECH. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   come riportato nel sito del Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale la Strategia nazionale per la banda ultra larga ha l'obiettivo di portare la connettività a 1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026 e favorire lo sviluppo di infrastrutture di telecomunicazione fisse e mobili, così come indicato dal Piano nazionale di impresa e resilienza (Pnrr);

   da notizie a mezzo stampa e da numerose segnalazioni ricevute direttamente dai cittadini si è appreso che nelle zone del Comelico, in particolare San Pietro e Santo Stefano di Cadore e in alcune zone del comune di Tambre, come il Pian Cansiglio, Sant'Anna Col Indes e Pian delle Lastre e nelle zone dell'alto Agordino, risulta impossibile ricevere telefonate o chiamare, sia da rete fissa che da telefono cellulare;

   il disservizio è causato da una questione tecnica legata ai ripetitori;

   molte segnalazioni sono già arrivate agli operatori telefonici, ma nulla è cambiato;

   l'interrogante è convinto che la rete rappresenti un'opportunità di rinascita e ulteriore sviluppo per le aree montane, basti pensare allo smart working, al turismo, alla telemedicina e alla teledidattica;

   risulta cruciale disporre di una rete di telecomunicazioni efficace ed efficiente, a prescindere dalla compagnia telefonica di cui si usufruisce;

   sono ancora troppe le zone dell'Italia senza copertura e proprio l'Uncem ricorda che se il nostro Paese vuole essere connesso, smart ed intelligente, a prova di futuro, le infrastrutture di rete devono essere per tutti;

   è nei territori della provincia di Belluno che ogni anno si registrano un gran numero di dispersi, come segnala il Soccorso alpino della provincia stessa, tuttavia, il segnale telefonico ad intermittenza o totalmente assente in molti casi compromette la possibilità di chiedere aiuto;

   l'interrogante crede che, soprattutto per le zone montane, l'innovazione rappresenti una chiave per la trasformazione delle sfide in opportunità e che l'uso della tecnologia sia un'importante fattore abilitante di queste, comunità;

   ad avviso dell'interrogante l'ente pubblico deve lavorare in sinergia con gli enti privati, per porre fine quanto prima a questo disagio –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per contrastare il digital divide con nuove reti, accelerando gli investimenti sulle aree montane.
(4-12634)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SGARBI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   lo sbandamento della magistratura si riflette sulla conduzione dell'attività giudiziaria, concentrata su tematiche di impatto mediatico, mentre la pervasività della criminalità organizzata nel tessuto economico è crescente. L'apertura dell'anno giudiziario 2022 si è svolta con i vertici della Cassazione bocciati dal Consiglio di Stato, ma rapidamente rimessi in sella dal Consiglio Superiore della Magistratura; lo stesso procuratore generale Salvi risulta implicato nella vicenda Palamara;

   la situazione è particolarmente grave in Campania, regione martoriata dalla delinquenza, nella quale, a parere dell'interrogante, la magistratura locale si accanisce contro la classe politica, con il chiaro intento di depotenziarla, ove si considerino le decine di fascicoli aperti contro il governatore De Luca, mentre il malaffare dilaga, favorito dalla lentezza dei procedimenti penali, rispetto ai quali l'arretrato continua a crescere;

   nella cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario in Campania, il presidente della Corte d'appello, Giuseppe De Carolis di Prossedi, nella sua relazione, ha fatto propria una evidenza che è sotto gli occhi di tutti e, cioè, che la camorra sta facendo affari col COVID-19: esiste un notevole interesse da parte della criminalità organizzata per la produzione, la distribuzione e il commercio di Dpi, sia mascherine chirurgiche che Ffp2, con vendita di grossi quantitativi anche ad enti locali ed ospedali;

   ma c'è molto di più e molto di peggio: un segnale di allarme è apparso sulla stampa locale nell'ottobre scorso, in relazione ad una inchiesta riguardante il controllo esercitato dalla camorra negli ospedali napoletani (il Cardarelli, il Monaldi, il CTO, il Cotugno e l'azienda ospedaliera universitaria Federico II);

   una presenza criminale definita «pervasiva» e «totalizzante», che pilota appalti per decine di milioni di euro, dalla ristorazione, alle forniture, alla manutenzione straordinaria, all'ammodernamento tecnologico;

   meno di un anno fa, il Ministro dell'interno, a fronte delle risultanze di un'indagine affidata ad una commissione prefettizia, ha deciso di non sciogliere l'Asl Napoli 1;

   sono numerose le inchieste che hanno coinvolto la Società regionale per la sanità (So.Re.Sa.), Centrale di committenza regionale, non ultima quella della procura di Napoli sulla realizzazione degli ospedali Covid e sull'acquisto di mascherine, ventilatori polmonari e altro materiale, in cui risulta indagato lo stesso presidente della società;

   in un settore delicato come la vigilanza armata, che comporta anche il trasporto di grosse somme di denaro e la vigilanza sui magazzini sanitari, recentemente la So.Re.Sa. ha affidato per 48 mesi i servizi di vigilanza armata e i servizi di vigilanza aggiuntivi presso le sedi delle Aziende sanitarie ed ospedaliere della regione Campania (servizi in appalto suddivisi in 16 lotti, con un massimo di aggiudicazione di 4 lotti), ad aziende che fanno capo ad un unico soggetto, in taluni casi con offerte dai margini differenziali risicatissimi rispetto ad altri concorrenti: un en plein che ha sollevato più di una perplessità tra le imprese operanti nel settore –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, in ordine alla gestione complessiva degli appalti nella sanità della regione Campania, in particolare sugli aspetti evidenziati in premessa.
(3-03095)

Interrogazione a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Anzio continuano gli episodi criminosi come quello, recentissimo, dell'omicidio di un pugile venticinque, al quale è seguito l'accoltellamento da parte del padre della vittima di due addetti alla sicurezza dei locali notturni, mentre andavano a testimoniare su quanto accaduto al commissariato cittadino;

   questi gravi fatti non possono essere ricondotti ad isolati episodi, ma testimoniano il degrado sociale e l'affievolirsi dello spirito di convivenza delle comunità in questi territori determinato dalla presenza sempre più invasiva della criminalità organizzata e, quindi, dal diffondersi dell'illegalità;

   dopo l'operazione ordinata dalla direzione distrettuale antimafia nei mesi scorsi – nell'ambito della quale furono eseguiti 65 arresti ad Anzio e Nettuno, motivati come può leggersi nell'ordinanza di custodia cautelare dall'esistenza di associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti anche internazionale, con una capacità di penetrazione nel tessuto economico e politico della zona di Anzio e Nettuno e con solidi legami esistenti con taluni esponenti delle forze dell'ordine e politici locali nonché con altri clan delinquenziali – oggi un altro comune del litorale del Lazio quello di Terracina è stato travolto da una inchiesta giudiziaria che ha portato tra l'altro all'arresto della sindaca Roberta Tintari;

   il prefetto di Roma, a seguito dell'inchiesta giudiziaria, ha istituito due commissioni, che indagano su appalti e affidamenti assegnati negli anni scorsi e anche di recente dai comuni di Anzio e Nettuno;

   a maggio 2022 le commissioni, dopo dodici settimane di lavoro, hanno avuto una proroga di tre mesi per concludere la loro attività di tre mesi;

   la società civile di questi territorio continua ad impegnarsi per il ripristino della legalità e l'8 luglio, associazioni, singoli cittadini ed esponenti politici, hanno partecipato numerosi alla «Marcia per la legalità» organizzata tra gli altri dal Coordinamento Antimafia Anzio-Nettuno, Reti di Giustizia – il sociale contro le mafie, Legambiente Anzio-Nettuno – Circolo «Le Rondini», Gruppo Scout Agesci Anzio-Nettuno 1 e Scout Anzio-Nettuno Cngei – Associazione Scout Laica –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché i lavori delle commissioni nominate dal prefetto possano essere conclusi rapidamente e siano tempestivamente promossi gli atti e le misure conseguenti e, comunque, quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata e della illegalità nei comuni della costa laziale.
(4-12636)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIRIELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, a determinate categorie di lavoratori è riconosciuto un pensionamento semplificato rispetto alla generalità dei lavoratori. Tra queste categorie atipiche rientrano i cosiddetti «lavori usuranti», in riferimento a coloro che svolgono prestazioni lavorative particolarmente pesanti e faticose. I lavori riconosciuti come usuranti sono indicati in una lista nell'ambito del decreto legislativo n. 67 del 2011;

   al riguardo, si ritiene debba rientrare nel novero delle attività lavorative in questione quella espletata dai lavoratori aeroportuali che svolgono servizi nel settore dell'handling; si tratta di personale di terra adibito, manualmente e/o con l'ausilio di specifici mezzi, alla movimentazione di bagagli, merci e posta, nelle fasi di carico e scarico degli aerei. L'attività di questo personale si svolge all'aperto, in prossimità degli aerei e con qualsiasi condizione meteorologica. Gli stessi, per garantire la continuità del servizio pubblico, effettuano le proprie mansioni su turni di 24 ore, tutti i giorni della settimana;

   tra l'altro, tra le prestazioni lavorative a cui è già stato attribuito il riconoscimento di lavoro usurante sono individuabili attività assimilabili a quelle svolte dal personale aeroportuale di terra;

   pertanto, si ritiene necessario estendere anche a detta categoria di lavoratori il regime di pensionamento anticipato previsto attualmente per talune tipologie di lavori, definiti usuranti, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 67 del 2011 –:

   se e quali urgenti iniziative intenda adottare per procedere al riconoscimento di lavoro usurante/gravoso alla categoria di lavoratori aeroportuali che operano nel settore dell'handling, come esposto in premessa.
(5-08447)

Interrogazioni a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a decorrere dal 1° marzo 2022, il decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, ha istituito l'assegno unico e universale per i figli a carico (di seguito Au), che consiste in un beneficio economico mensile attribuito ai nuclei familiari, per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell'anno successivo, in base all'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159;

   l'articolo 7, comma 2, dello stesso decreto legislativo prevede la corresponsione d'ufficio di tale assegno in favore dei nuclei familiari percettori di Reddito di cittadinanza (Rdc) di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26;

   l'Inps, con la circolare 28 aprile 2022, n. 53, ha informato gli interessati che il riconoscimento della quota integrativa (integrazione Rdc/AU) avviene mediante la presentazione del modello «Rdc - Com/Au» le cui modalità di compilazione sono state illustrate nel messaggio 30 maggio 2022, n. 2261;

   a parziale rettifica del messaggio n. 2261 del 2022, l'Inps, con il messaggio 22 giugno 2022, n. 2537, ha comunicato che saranno riconosciuti e liquidati gli importi relativi alle mensilità arretrate di integrazione Rdc/Au, a partire dal mese di marzo dell'anno di competenza dell'Au, indipendentemente dalla data di presentazione del modello «Rdc - Com/AU»;

   ad oggi però, come denunciato da molte segnalazioni pervenute all'interrogante, molti nuclei familiari beneficiari del reddito di cittadinanza che hanno compilato il modello Rd - Com-Au, non hanno ancora ricevuto i pagamenti ovvero sono stati liquidati in modo erroneo;

   vanno considerate le gravità della situazione in cui versano molte famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza e la complessa congiuntura economica globale –:

   se intenda, per quanto di competenza, fornire delucidazioni sulla mancata liquidazione della quota integrativa relativa all'assegno unico in favore dei percettori del reddito di cittadinanza.
(4-12639)


   EHM, SURIANO, SARLI e BENEDETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da una lettera della Federazione italiana lavoratori e trasporti Filt-Cgil indirizzata alla prima firmataria del presente atto in data 14 luglio 2022 si evince che la Compagnia aerea Ryanair perseguirebbe politiche lesive dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e, nella fattispecie, nel caso già previsto dalla legislazione italiana e riguardante il congedo parentale non ne permetterebbe la fruizione;

   il congedo parentale ovvero l'astensione facoltativa della lavoratrice o del lavoratore introdotto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, oggetto di recente ampliamento con gli schemi dei decreti legislativi di recepimento delle direttive (UE)2019/1158, 2019/1152 parrebbe non essere stato applicato dal vettore irlandese Ryanair che avrebbe introdotto nel suo «Collective Labour Agreement» il parental leave. Quest'ultimo trasformerebbe il cosiddetto congedo parentale in granting cioè una concessione, peraltro arbitraria da parte dell'azienda;

   secondo le sigle sindacali Filt-Cgil e Uil trasporti Ryanair starebbe applicando una norma nulla e arbitraria rispetto a quanto enunciato nell'ordinamento italiano;

   da un articolo de Il Manifesto del 3 luglio 2021 parrebbe che la compagnia Ryanair abbia applicato una decurtazione del salario, prevista dalla legge, ai lavoratori che abbiano aderito allo sciopero del 25 giugno 2022;

   il 17 luglio 2022 i lavoratori italiani della compagnia hanno osservato 4 ore di sciopero. Tra i punti non prescindibili: revisione delle condizioni contrattuali e salariali in linea con il contratto nazionale del trasporto aereo, acqua e cibo per gli equipaggi di bordo talvolta impossibilitati nella scesa e costretti a bordo per oltre 14 ore, revisione della cancellazione dei tagli ai salari introdotti a causa della pandemia e non più attuali;

   i punti enunciati presuppongono, altresì il mancato rispetto da parte della compagnia Ryanair dell'articolo 203 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19», cosiddetto ristori, nonché delle normative fondamentali e del Contratto collettivo nazionale di lavoro;

   a reclamare condizioni di lavoro dignitose sarebbero, inoltre, le compagnie Malta Air, Easyjet e Volotea e i lavoratori della società di assistenti di volo CrewLink;

   secondo la Fto, Federazione turismo organizzato di Confcommercio «il farwest sui voli sta generando un problema molto grave sui flussi turistici in entrata e uscita verso l'Europa»; tra le compagnie aeree, Ryanair ha cancellato 170 voli, Easyjet 586 voli. Tale condizione presuppone un'emergenza, una situazione non accettabile nella fase di ripartenza del turismo in Italia e, secondo il World Travel & Tourism Council, il contributo al prodotto interno lordo italiano apportato dall'economia dei viaggi e del turismo è pari al 13,1 per cento e in crescita rispetto al 2019 del 33,4 per cento;

   i dati citati consolidano la necessità di garantire un servizio aereo regolare e adeguate condizioni salariali per un settore fondamentale del nostro Paese e per la ripartenza dell'economia italiana, di cui il turismo è traino –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti e se abbia intenzione di adottare le iniziative di competenza anche promuovendo un tavolo di confronto tra le parti.
(4-12645)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Mepa (mercato elettronico della pubblica amministrazione) è un programma volto alla razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione;

   mediante tale programma le amministrazioni definiscono i fabbisogni e le imprese effettuano le relative analisi di mercato;

   conseguentemente, Consip pone in essere i bandi pubblicandoli in base alle esigenze della pubblica amministrazione e, a tali bandi, possono partecipare le imprese al fine di soddisfare i fabbisogni della pubblica amministrazione, onde giungere a un incrocio tra domanda e offerta;

   dal maggio di quest'anno, tuttavia, vi sarebbero criticità e disservizi nell'accesso e nell'utilizzo della piattaforma dopo un imponente aggiornamento effettuato;

   tali problematiche consisterebbero nell'impossibilità, da parte delle imprese, di inserire e caricare mediante catalogo i prodotti, aggravate da criticità inerenti alla compilazione delle RdO (richieste di offerta). Inoltre, non sarebbero più presenti e visualizzabili i cataloghi inseriti ante aggiornamento della piattaforma;

   in caso di criticità informatiche e tecniche della piattaforma sopracitata vi sarebbero i recapiti telefonici (numeri verdi) per l'assistenza, tuttavia, tali numeri sarebbero gratuiti per la pubblica amministrazione ed a pagamento per le imprese, con prelievi di denaro anche nel caso di mancata risposta telefonica;

   il numero verde gratuito disponibile per gli operatori economici, atto a risolvere le problematicità di tipo tecnico-informatico, non fornirebbe alcuna risposta alle telefonate e, nelle rare occasioni di risposta, non avrebbe fornito adeguati riscontri alle imprese che hanno segnalato e richiesto una soluzione per le criticità sopracitate;

   per dimostrare l'importanza di tale piattaforma informatica nell'incrocio tra domanda e offerta tra pubblico e privato, vi è un un indotto costituito da circa 470.000 tra operatori economici e pubblica amministrazione (56 per cento e 46 per cento), oltre 700.000 contratti stipulati e circa 14 miliardi il valore dei contratti erogati nel complesso, con un importante crescita nell'ultimo triennio (dati riferiti all'anno 2021) –:

   quali iniziative siano state adottate per la risoluzione dei problemi tecnici della piattaforma in questione;

   se il Governo intenda avviare verifiche di competenza in merito al funzionamento del numero verde per le imprese e per quale motivo queste ultime debbano pagare per un servizio che in diversi casi non sarebbe risolutivo per le problematiche anzi citate;

   se siano previste forme di rimborso o defiscalizzazione per le imprese che hanno avuto perdite economiche da tali inefficienze e criticità.
(4-12644)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DI LAURO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in materia di «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera», prevede nell'allegato 1 il punto n. 9.2 «Rete ospedaliera dell'emergenza» che include: «9.2.1 Ospedale sede di Pronto Soccorso»;

   la funzione di pronto soccorso è prevista per un bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, un tempo di percorrenza maggiore di un'ora dal centro dell'abitato al Dea di riferimento, un numero di accessi annuo appropriati superiore a 20.000 unità;

   può essere prevista la funzione di pronto soccorso, come descritta, in presidi ospedalieri di aree disagiate (zone montane, isole) anche con un numero di abitanti di riferimento inferiore ad 80.000 (9.2.2 Presidi ospedalieri in zone particolarmente disagiate);

   la penisola sorrentina è una località con difficoltà di accesso, in generale, in questo territorio, ove i tempi di accesso alla rete ospedaliera sono superiori ai sessanta minuti e l'offerta di salute risulta spesso insufficiente rispetto alle necessità, rappresentando un punto di criticità per il Servizio sanitario nazionale che dovrebbe assicurare a tutti i cittadini la fruizione di appropriati livelli di assistenza e di accesso ai servizi socio-sanitari;

   l'offerta sanitaria in atto presente in penisola viene garantita dall'unico pronto soccorso attivo con sede in Sorrento che manca di una ambulanza rianimativa; di fatto tutto il territorio peninsulare è sfornito di servizio rianimativo 118;

   il pronto soccorso di Vico Equense, in piena emergenza sanitaria per la pandemia di Covid-19, è stato chiuso e da allora non è stato più riaperto; da quasi due anni la chiusura dell'unità operativa sta provocando disagi alla cittadinanza e un'inevitabile condizione di intasamento del pronto soccorso degli ospedali più vicini di Sorrento e Castellammare di Stabia;

   il pronto soccorso di Vico Equense, in provincia di Napoli, ha svolto un'importante ruolo sanitario per la cittadinanza nonché per il consistente numero di turisti che ogni anno affollano numerosi la penisola sorrentina;

   il suddetto pronto soccorso serviva un'area molto vasta che comprendeva anche aree montane o pedemontane, o comunque difficilmente raggiungibili, come, ad esempio, il Monte Faito, le cui pendici superano oltre 1.100 metri, che costituisce un'importante attrazione turistica, le frazioni di Moiano o di Santa Maria del castello;

   in caso di emergenza, le citate criticità sommate a situazioni meteorologiche non ottimali, potrebbero comportare un tempo di percorrenza fino al più vicino pronto soccorso, situato a Castellammare di Stabia, di ben oltre i 60 minuti, contravvenendo a quanto disposto nel richiamato decreto ministeriale n. 70 del 2015;

   esiste una difficoltà oggettiva a reperire personale medico e sanitario disponibile;

   l'assistenza domiciliare integrata, che potrebbe rispondere a molte delle problematiche rilevate, non è sempre garantita e/o sufficiente;

   i disagi arrecati dalla mancanza di questo pronto soccorso alla cittadinanza e al turismo in generale è particolarmente evidente, come dimostrato da varie manifestazioni pubbliche di dissenso –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere, in raccordo con la regione Campania, al fine di garantire che l'utenza ricadente all'interno del territorio del comune di Vico Equense possa disporre di un adeguato punto di pronto soccorso, anche valutando l'opportunità di riclassificare tale territorio come zona svantaggiata;

   se non ritenga di adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, sia per quanto attiene in generale all'intero territorio nazionale che in particolare per le aree marginali dell'entroterra, in rapporto alle criticità e allo sbilanciamento rilevato tra domanda e offerta, affinché sia rivisto il modello di assistenza territoriale che, al momento, offre prestazioni di urgenza-emergenza disomogenei e non sempre adeguati.
(3-03096)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe che molti pazienti abbiano segnalato gravi disservizi relativi all'assistenza farmaceutica erogata dalla farmacia del distretto 60 della Asl di Salerno ubicata a Nocera inferiore, evidentemente causati da problematiche relative al meccanismo della cosiddetta «distribuzione diretta del farmaco»;

   in particolare, i pazienti avrebbero evidenziato pesanti disagi causati dall'apertura della predetta farmacia per soli 2 giorni a settimana per poche ore e precisamente il martedì dalle 14 alle 16 e il giovedì dalle 9 alle 13;

   a causa del limitato tempo di apertura della farmacia, i pazienti sarebbero costretti a sostenere lunghe file e attese per ritirare i farmaci;

   il problema evidenziato risulterebbe ancor più grave se si considera il fatto che la farmacia avrebbe esposto un cartello all'ingresso tramite il quale avvisava i pazienti che avrebbero ricevuto e servito soltanto le prime 50 persone in fila;

   appare evidente che l'ovvia conseguenza di questo meccanismo di assistenza farmaceutica è aver costretto tantissimi pazienti a recarsi in estremo anticipo presso la farmacia del distretto 60, causando la costituzione di lunghe file di persone costrette ad attendere per ore non solo esposte alle alte temperature di questo periodo ma costrette a litigare quotidianamente per uno dei primi 50 posti in fila per poter ottenere i farmaci necessari a seguire le terapie;

   una ulteriore osservazione riportata dalla stampa evidenzia che le persone in fila in attesa di ricevere un farmaco sono pazienti cronici o parenti di malati che devono chiedere anche un permesso dal lavoro per potersi recare in farmacia;

   appare chiaro, ancora una volta, che il meccanismo della cosiddetta «distribuzione diretta» del farmaco per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche comporta, da un lato, un presunto vantaggio riferito al minor costo a carico del bilancio dello Stato per l'approvvigionamento e per la distribuzione del farmaco agli assistiti e, dall'altro, una serie di svantaggi economici sia per gli assistiti che per il bilancio dello Stato, e svantaggi per i soli cittadini sia sotto il profilo sanitario che sociale;

   sotto il profilo economico, le strutture pubbliche sostengono costi sommersi per garantire la distribuzione diretta che sostanzialmente annullano il presunto risparmio, come quelli afferenti alla gestione delle gare e del magazzino, ai farmaci scaduti, ai continui furti milionari di medicinali e agli sprechi di medicinali dovuti a dispensazione eccessiva, al personale dedicato, nonché costi fissi di varia natura;

   dal punto di vista sociale ed economico, le cronache evidenziano disagi per i malati e i loro familiari, costretti ad affrontare lunghe file e molto spesso gravosi e onerosi spostamenti per ottenere medicinali che potrebbero più facilmente ritirare in una farmacia vicina;

   sotto il profilo sanitario, invece, l'impossibilità da parte delle strutture pubbliche di seguire adeguatamente i pazienti nel corso delle loro terapie farmacologiche determina, tra le tante, problematiche di compliance che causano l'aggravamento della patologia, la necessità di costosi ricoveri ospedalieri e cure più invasive e onerose rispetto all'assunzione di farmaci. Tutto ciò provoca aumenti di costi a carico dei pazienti ma soprattutto dello Stato;

   appare evidente, invece, che la distribuzione dei farmaci per il tramite delle farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, così come disposto dall'articolo 27 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, che ha previsto nel corso dell'emergenza sanitaria la facoltà per le regioni di adottare questo sistema, sia più funzionale a dare risposte efficaci ed efficienti alle esigenze dei pazienti –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire il servizio di assistenza farmaceutica nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero la puntuale erogazione dei medicinali attraverso tutte le strutture sanitarie pubbliche, scongiurando eventuali e future disfunzioni e conseguenti gravi problemi ai pazienti.
(5-08449)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   ZARDINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   dal 19 al 20 febbraio 2022 si è tenuto il 18° Rally Colli Trevigiani il cui percorso ha interessato tre aree protette Zps IT3230022 Massiccio del Grappa, Zsc IT3240004 Montello, Zcs IT3240002 Colli Asolani;

   la manifestazione, partita dal comune di Cavaso del Tomba (Treviso) ha attraversato i territori di vari comuni, tra i quali quello di Monfumo (Treviso) che ha temporaneamente modificato la circolazione di varie strade comunali per consentirne lo svolgimento (ordinanza n. 3 del 16 febbraio 2022);

   le attività relative ad un rally automobilistico possono rappresentare per la fauna locale una minaccia diretta e indiretta; inoltre, possono comportare rischi di incendio per la vegetazione e danni dovuti al calpestio degli spettatori lungo il percorso, senza contare che spesso in tali aree vengono riversate a terra grandi quantità di rifiuti di vario genere;

   per tale manifestazione non è stata effettuata la valutazione di incidenza ambientale;

   quali elementi intenda fornire in ordine allo svolgimento del 18° Rally Colli Trevigiani e quali iniziative di competenza intenda adottare per prevenire e ridurre l'impatto ambientale derivante dai rally automobilistici svolti in aree protette della Rete Natura 2000.
(4-12641)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MELICCHIO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 7 agosto 2018 è stato pubblicato l'avviso con il quale il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ha bandito 25 concorsi pubblici distribuiti su tutte le aree scientifiche corrispondenti alle attività dell'ente, per l'assunzione a tempo pieno e indeterminato di complessive 75 unità di personale nella posizione di ricercatore III livello (codice bandi da 366.43 a 366.67), riservati agli studiosi in possesso dei requisiti di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75;

   i bandi pubblicati dal Cnr, identici nella struttura e nei riferimenti normativi, riportavano all'articolo 2 (Requisiti di ammissione), comma 2, il seguente vincolo alla partecipazione: «2. Ai fini della partecipazione alla presente procedura concorsuale è richiesto inoltre che i candidati non siano titolari di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di qualsiasi profilo e/o qualifica presso una pubblica amministrazione sia alla data di scadenza della presentazione della domanda che alla data dell'eventuale assunzione. A tal fine il candidato deve comunicare tempestivamente qualsiasi variazione intervenuta in tal senso»;

   questo ulteriore requisito di partecipazione richiesto dal Cnr non trova riscontro nell'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 sopra citato. Di conseguenza numerosi candidati che si trovavano nella condizione di avere un contratto a tempo indeterminato con qualifica inferiore presso un'altra pubblica amministrazione hanno ugualmente presentato la domanda di partecipazione al concorso e sono stati ammessi con riserva alla partecipazione alle procedure concorsuali per titoli e colloquio, ed inseriti come vincitori o idonei nelle relative graduatorie;

   con la delibera del Consiglio di amministrazione n. 167 del 30 novembre 2021 il Consiglio di amministrazione del Cnr ha autorizzato lo scorrimento integrale di tutte le posizioni residue nelle graduatorie dei concorsi citati, eliminando qualsiasi ulteriore motivo ostativo di tipo economico/organizzativo all'assunzione degli idonei, anche se ammessi con riserva;

   due sentenze di indirizzo opposto del Consiglio di Stato, ed esattamente le sentenze n. 07911/2021 e n. 05194/2022, hanno in un caso deliberato e nell'altro negato l'assunzione come ricercatore del Cnr di due candidati, ambedue in servizio come docenti nella scuola statale al momento dei bandi e quindi ammessi con riserva e successivamente inseriti con riserva nelle graduatorie di merito;

   nella salvaguardia dei principi costituzionali che tutelano la separazione dei poteri dello Stato, senza entrare nel merito delle sentenze della magistratura amministrativa, è possibile individuare un limite intrinseco della norma primaria quale responsabile di giudizi opposti in casi apparentemente indistinguibili;

   un provvedimento interpretativo dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, limitato esclusivamente alle altissime professionalità caratteristiche dei ruoli scientifici e tecnologici degli enti pubblici di ricerca per i quali la scelta di personale altamente qualificato deve essere sovraordinata a considerazioni generali sulle finalità dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75, potrebbe trovare collocazione all'interno dell'articolo 12 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218;

   il Parlamento in numerose occasioni ha cercato di superare l'evidente criticità nell'interpretazione della norma, con la presentazione in diverse occasioni di emendamenti volti all'interpretazione dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75, non approvati;

   è attualmente in discussione al Senato il disegno di legge n. 2285 recante «Disposizioni in materia di attività di ricerca e di reclutamento dei ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca» già approvato alla Camera che vede emendamenti, nello specifico il n. 8.14, la cui approvazione consentirebbe la partecipazione alle procedure messe in atto dagli enti di ricerca anche ai dipendenti con qualifica inferiore di altre pubbliche amministrazioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e se intenda adottare iniziative di competenza per chiarire l'interpretazione dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, al fine di pervenire ad una soluzione del problema.
(5-08446)


   MURA, GRIBAUDO, FRAILIS e GAVINO MANCA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con legge n. 37 del 1987 della regione Sardegna è disciplinata l'assistenza scolastica a favore degli studenti universitari, nel rispetto dell'autonomia e del pluralismo delle istituzioni, e in conformità con gli indirizzi della programmazione nazionale regionale;

   con la suddetta legge, in armonia con quanto disposto dagli articoli 3, 33, 34 della Costituzione, la regione Sardegna promuove l'accesso e facilita la frequenza dei corsi universitari, post-universitari e d'istruzione superiore; permette il raggiungimento dei più alti gradi d'istruzione e di preparazione professionale agli studenti capaci e meritevoli, rimuovendo gli ostacoli d'ordine economico e sociale che a ciò si frappongono; favorisce l'orientamento verso facoltà, istituti d'istruzione superiore, corsi post-universitari le cui materie d'insegnamento siano coerenti con le esigenze del mercato del lavoro e con la realtà produttiva e sociale della Sardegna;

   fra gli interventi e gli strumenti attivati per raggiungere i suddetti obiettivi si ricordano, fra gli altri, gli assegni e le borse di studio e i servizi abitativi e di mensa oltre a diversi altri importanti strumenti di orientamenti, welfare e assistenza sanitaria;

   i suddetti servizi e strumenti di assistenza e sostegno sono gestiti ed erogati dagli enti regionali per il diritto allo studio universitario di Sassari e Cagliari, aventi personalità giuridica di diritto pubblico e dotati di autonomia amministrativa, contabile e di gestione. Sono organi degli enti regionali per il diritto allo studio il presidente, il consiglio di amministrazione e il collegio dei revisori dei conti;

   i componenti del consiglio di amministrazione sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, di cui tre in rappresentanza della regione;

   a oggi il Presidente della regione non ha ancora attivato e definito le procedure di nomina di sua competenza in seno al Consiglio di amministrazione e al Collegio dei revisori dei conti dell'Ersu di Cagliari;

   l'inerzia nelle nomine determina: lo stallo dell'ente, sprovvisto sia degli organi di indirizzo politico che di gestione contabile, l'impossibilità dello stesso di esperire le procedure propedeutiche all'erogazione dei servizi agli aventi diritto e per l'Assessorato regionale alla pubblica istruzione di erogare le specifiche somme dovute all'Ersu medesimo;

   inoltre, con particolare riferimento alla borse di studio, vista la circolare ministeriale n. 13676/2022, che attua il decreto del Ministro dell'università e della ricerca del 17 dicembre 2021, n. 1320 in merito all'incremento del valore delle stesse, l'immobilismo dell'Ersu determina l'impossibilità di recepirne gli adeguamenti prefigurando una evidente disparità di trattamento per gli studenti che rispondono ai requisiti di eleggibilità, previsti dalle norme, frequentanti l'Università di Cagliari;

   sorto circa 8.000, oltre 1/3 dei frequentanti i corsi di laurea dell'Università di Cagliari, gli studenti, che a oggi, non hanno certezza sulla possibilità di poter accedere alle borse di studio per il prossimo anno e il perdurare della situazione di stallo potrebbe spingere le matricole a presentare istanza di iscrizione presso altri Atenei ovvero all'abbandono degli studi, con un danno certo sulle dinamiche universitarie e di formazione isolane e più in generale sulla già precaria situazione socio-economica delle famiglie che risiedono in Sardegna –:

   se sia a conoscenza della situazione di inoperatività dell'Ersu di Cagliari;

   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato, anche per il tramite dell'Osservatorio nazionale per il diritto allo studio universitario, in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con la regione Sardegna, intenda adottare per assicurare il diritto allo studio e la necessaria assistenza agli studenti universitari sardi, con particolare riferimento all'accesso alle borse di studio.
(5-08448)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   PIERA AIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   già il 20 dicembre 2019, era stata data notizia di un'importante operazione antimafia, con ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di 14 soggetti appartenenti al Clan del quartiere Giostra di Messina, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni, ed altri gravi reati;

   tra gli arrestati risulta esserci Bonaffini Salvatore nato a Messina il 27 settembre 1972, ex collaboratore di giustizia, già detenuto e condannato in via definitiva per l'omicidio di Giuseppe Mastroieni, avvenuto a Messina nel 1992;

   il predetto ha un omonimo cugino minore, Bonaffini Salvatore;

   il più giovane dei cugini è stato condannato, per l'omicidio di Salvatore Pellegrino, avvenuto nel marzo del 1992,

   a Bonaffini Salvatore più giovane risulta coniugato con la figlia di Ceraolo Spurio Mario, già vicequestore aggiunto della polizia di Stato;

   Ceraolo Spurio Mario, è stato imputato per una serie di falsi da lui commessi nella sua veste di pubblico ufficiale. Per le accuse a lui mosse il signor Ceraolo Spurio Mario ha ottenuto il non doversi procedere per prescrizione dei reati contestati. Tra l'altro la sentenza n. 4285/13 del tribunale di Catania evidenzia ad avviso dell'interrogante, che a suo carico risulterebbero elementi concreti di responsabilità;

   lo stesso Ceraolo Spurio Mario risulta ancora sottoposto ad indagini penali, da parte della procura della Repubblica di Messina nell'ambito dei procedimenti penali n. 6681/19 e 4965/19, quest'ultimo inerente il grave reato di depistaggio e rilevazione segreto d'ufficio;

   Ceraolo Spurio Mario riveste un ruolo di vertice negli organismi nazionali di una nota organizzazione antiracket, avendo assunto prima il ruolo di Responsabile legale ed oggi quello di Vicepresidente vicario della Federazione Antiracket Italiana (Fai);

   Ceraolo partecipa ad incontri istituzionali organizzati dalla Federazione Antiracket Italiana, ai massimi livelli istituzionali;

   il Ceraolo Spurio Mario utilizza il sito istituzionale della Federazione Antiracket Italiana per propagandare false affermazioni, con le quali, diversamente dal vero, smentisce di essere indagato come invece, in effetti è, risultando iscritto come indagato nel procedimento penale n. 6681/19 r.g.n.r. per i reati di cui calunnia, false informazioni al pubblico ministero e diffamazione aggravata:

   la Federazione Antiracket Italiana partecipa con propri rappresentati al Comitato di Solidarietà per le vittime del racket e dell'usura, presso il Ministero dell'interno;

   la normativa vigente prevede stringenti e incrociati controlli da parte delle diverse forze dell'ordine sui requisiti soggettivi degli appartenenti alle associazioni antiracket e antiusura;

   in caso di mancanza dei requisiti soggettivi degli aderenti alle associazioni antiracket e antiusura, va negata l'iscrizione all'albo prefettizio dell'associazione che lo richieda, o se avvenuta, ne va disposta l'immediata cancellazione;

   in caso di mancanza dei requisiti soggettivi secondo l'interrogante dovrebbe essere negata la possibilità di avere una carica come quella che riveste il Ceraolo Spurio Mario;

   il Ceraolo Spurio Mario, secondo l'interrogante risulterebbe, infatti, privo dei requisiti soggettivi per essere nominato vicepresidente della Fai di cui riveste le funzioni di direzione e di rappresentanza esterna nazionale dell'intera Federazione Antiracket Italiana –:

   se non intenda chiarire se la Fai risulti tuttora iscritta nel previsto albo prefettizio e, anche considerato che la Fai è rappresentata all'interno del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura, di quali strumenti disponga perché siano evitate situazioni di questo genere, che indubbiamente recano danno alla stessa immagine e azione del Ministero nella delicatissima battaglia contro il racket;

   se in ogni caso non intenda assumere iniziative normative per rendere più stringente e rigorosa la disciplina dei requisiti per la nomina, e per i relativi controlli, per incarichi quali quello di cui in premessa.
(4-07696)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che il signor Ceraolo Spurio Mario, residente a Messina, ricopre la carica di vice presidente dell'associazione «Fai – Federazione delle associazioni antiracket ed antiusura italiane», con sede in Napoli.
  Secondo quanto riferito dalla prefettura di Napoli, la questura di Messina, nel corso delle verifiche effettuate circa la sussistenza dei requisiti previsti per il rinnovo dell'iscrizione della citata associazione nel Registro delle associazioni antiracket e antiusura tenuto dalla citata prefettura, ha comunicato, lo scorso 9 settembre, che nulla risulta a carico dell'interessato.
  Il Ministero della giustizia ha rappresentato che nessun procedimento penale risulta attualmente pendente dinanzi agli uffici giudiziari di Catania nei confronti del signor Ceraolo Spurio Mario.
  Nei confronti di quest'ultimo risulta emessa dal tribunale di Catania, nell'ambito del procedimento penale contrassegnato dal numero 5238/1999, sentenza definitiva il 31 maggio 2014, con la quale il signor Ceraolo Spurio Mario veniva assolto da alcune imputazioni perché il fatto non sussiste e da altre imputazioni per non avere commesso il fatto. Inoltre, nei confronti del predetto con la citata sentenza veniva pronunciata declaratoria di non doversi procedere in relazione ad alcuni reati perché estinti per intervenuta prescrizione.
  Sempre secondo quanto riferito dal Ministero della giustizia, il signor Ceraolo Spurio Mario è stato sottoposto a indagini dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Messina nell'ambito del procedimento penale contrassegnato dal numero 4965/2019 R.g.n.r. (cui è stato riunito il procedimento penale n. 6681/2019 R.g.n.r.) in relazione ai delitti di cui agli articoli 375 del codice penale, 368 del codice penale, 371-
bis del codice penale, 326 del codice penale e 595 del codice penale. All'esito di questo procedimento penale la parte pubblica, il 9 dicembre 2020, ha presentato richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Messina.
  Giova infine precisare che elevata e costante è l'attenzione posta alle iniziative di sostegno alle vittime del racket e dell'usura, nella consapevolezza dell'indispensabile sinergia in questo ambito tra istituzioni e società civile per tutelare i circuiti dell'economia legale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del Ministero dell'interno, dal 1° gennaio 2020 al 3 agosto 2020 sono sbarcati sulle coste italiane 14.438 migranti a fronte dei 3.920 arrivi registrati nello stesso periodo del 2019 e dei 18.847 del 2018;

   nel solo mese di luglio 2020 si sono registrati 7.068 arrivi, pari a circa la metà di tutti gli sbarchi dell'anno in corso;

   i nuovi arrivi pongono inediti problemi legati al diffondersi dell'emergenza epidemiologica in tutto il mondo e alla conseguente necessità di accertare la presenza di contagiati tra i migranti; anche se, grazie alle necessarie e tempestive misure di contenimento adottate dal Governo nei mesi scorsi, la curva epidemiologica è stata pressoché azzerata, l'emergenza sanitaria non è ancora terminata e, secondo alcuni studiosi, si rischia un nuovo importante aumento di casi nei prossimi mesi;

   non vi sono dati certi sul numero di migranti positivi sbarcati nelle nostre coste, ma, secondo fonti di stampa, sarebbero diverse decine, alimentando il timore presso la popolazione di una nuova ondata di Covid-19;

   il problema è amplificato dal fatto che, accanto ai flussi migratori intercettati dalle istituzioni e dalle organizzazioni non governative, vi sono una serie di cosiddetti sbarchi fantasma, costituiti da gruppi autonomi di migranti che rischiano di sfuggire a qualsiasi verifica da parte delle autorità competenti;

   se non si interviene in maniera rapida e decisa, si rischia di vanificare i sacrifici fatti dalla popolazione durante la cosiddetta Fase 1 dell'emergenza, i cui effetti sociali ed economici sono ancora drammaticamente vivi;

   nelle ultime settimane, si sono registrate fughe di decine di migranti da strutture di accoglienza, solo in parte recuperati dalle forze dell'ordine, come la fuga di oltre 20 migranti dall'hotspot di Taranto o di 25 migranti posti in quarantena in una struttura a Gualdo Cattaneo;

   il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato il 3 agosto 2020: «Non possiamo tollerare che si entri in Italia in modo irregolare [...] non possiamo tollerare che in questo momento in cui la comunità internazionale ha fatto sacrifici, questi siano vanificati da migranti che addirittura tentano di sfuggire alla sorveglianza sanitaria. Quindi dobbiamo essere duri e inflessibili. Stiamo collaborando con le autorità tunisine [...] Dobbiamo contrastare i traffici e l'incremento degli utili da parte dei gruppi criminali che alimentano questi traffici illeciti. Dobbiamo continuare in questa direzione e intensificare i rimpatri»;

   la Ministra dell'interno Lamorgese ha dichiarato: «Garantiremo la tutela della salute pubblica delle nostre comunità locali, ma i migranti economici sappiano che non c'è alcuna possibilità di regolarizzazione per chi è giunto in Italia dopo l'8 marzo 2020»;

   lo strumento più sicuro per l'accoglienza di rifugiati è quello dei cosiddetti canali umanitari, come quelli promossi dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), la Tavola Valdese e la Comunità di Sant'Egidio, che garantiscono l'identità e la sicurezza, anche sanitaria, dei soggetti e, al tempo stesso evitano viaggi della morte nel Mediterraneo e contrastano il business degli scafisti e dei trafficanti di essere umani –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di contenere gli arrivi irregolari di stranieri sul territorio italiano, inclusi i cosiddetti sbarchi fantasma;

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di prevenire lo scoppio di focolai di Covid-19 tra i migranti arrivati irregolarmente nel nostro Paese ed evitare un nuovo aumento della curva epidemiologica ad essi collegata;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di assicurare e incrementare la funzionalità dei cosiddetti canali umanitari.
(4-06552)

  Risposta. — Il Governo dei flussi migratori verso l'Europa, che vede l'Italia tra i Paesi più esposti, rappresenta un problema di carattere sovranazionale. Nessun Paese può, da solo, affrontare con successo la questione migratoria che, ormai, ha assunto strutturali connotazioni geopolitiche che richiedono un'ampia convergenza della comunità internazionale. I più recenti dati forniti dalle agenzie europee Easo, Frontex ed Europol indicano che la pressione migratoria interessa tutte le rotte terrestri e marittime dirette in Europa.
  Assume dunque un particolare rilievo il controllo operativo delle frontiere esterne, rispetto al quale appare opportuno evidenziare per l'attuazione del regolamento Unione europea sulla agenzia europea della guardia di frontiera e costiera – Frontex, l'Italia ha fornito il proprio contributo in termini di personale, distinto in impieghi di lungo periodo (biennale) e di breve periodo (quadrimestrale).
  Continua poi la cooperazione di polizia con i Paesi terzi in materia migratoria, attraverso la realizzazione di programmi di assistenza tecnica, che si sostanziano nella fornitura di beni e servizi per migliorare le capacità operative delle forze di polizia. Nella stessa ottica va avanti la collaborazione nell'attività di formazione per le forze di polizia di Costa d'Avorio, Nigeria, Libia e Tunisia.
  Più in generale, si assicura che il Ministero dell'interno rivolge la massima attenzione alla tutela della sicurezza sanitaria dei cittadini, soprattutto nelle regioni che sono maggiormente esposte agli sbarchi. Al momento dell'arrivo, infatti, gli stranieri sono sottoposti ai necessari accertamenti sanitari e alle misure di quarantena, al fine di assicurare il contenimento della diffusione del virus Covid-19.
  Per la sorveglianza sanitaria dei migranti giunti in modo autonomo attraverso le frontiere terrestri, già in data 26 maggio 2020 è stato sottoscritto con la Croce Rossa Italiana un apposito accordo quadro, poi esteso anche ai migranti rintracciati lungo i confini terrestri.
  Solo al termine dello svolgimento del periodo di quarantena i migranti in possesso della certificazione sanitaria, se richiedenti asilo, sono trasferiti nei centri di accoglienza o, in caso contrario, sono espulsi, e se del caso, trattenuti in Centri di permanenza per il rimpatrio.
  Per quanto attiene la tematica dei corridoi umanitari, attualmente sono in vigore 4 protocolli grazie ai quali è stato possibile aprire un canale di ingresso legale per richiedenti asilo residenti in alcuni Paesi terzi. Il protocollo relativo al Libano, oramai alla sua terza edizione, sottoscritto il 5 agosto 2021 tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero dell'interno, la comunità di Sant'Egidio, la federazione delle chiese evangeliche e la tavola valdese, prevede l'arrivo di un massimo di 1.000 persone, prevalentemente di nazionalità siriana, in 24 mesi. Un secondo protocollo relativo a Etiopia, Niger e Giordania, sottoscritto il 3 maggio 2019 tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero dell'interno, la conferenza episcopale italiana e la comunità di Sant'Egidio, prevede l'arrivo di 600 beneficiari in 24 mesi. In data 23 aprile 2021, è stato stipulato un terzo protocollo tra il Ministero dell'interno, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Unhcr, la comunità di Sant'Egidio, la federazione delle chiese evangeliche (Fcei) e la tavola valdese, della durata di 12 mesi, che prevede la realizzazione di un progetto che contempla sia corridoi umanitari sia evacuazioni dalla Libia e che consentirà l'arrivo di 500 beneficiari, di cui 200 a carico del settore privato e 300 a carico del sistema nazionale di accoglienza.
  Infine, il 3 dicembre 2021 il Ministro dell'interno ha incontrato il direttore generale dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim),
partner di riferimento insieme con Unhcr per una gestione ordinata e sostenibile delle migrazioni, la valorizzazione dei corridoi umanitari.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   ASCARI e GRIPPA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti di stampa dell'allarmante situazione di inadeguatezza organica presso il distretto di corte di appello e della procura generale di Bologna;

   allo stato attuale in corte di appello sono coperti soltanto 40 dei 50 posti previsti in pianta organica;

   nella procura generale sono presenti 5 magistrati degli undici previsti in pianta organica. Di questi, due (dottor Umberto Palma e il dottor Nicola Proto) sono impegnati nel procedimento per le stragi della stazione di Bologna, e la dottoressa Lucia Musti, che svolge le funzioni di procuratore generale, avvocato generale e sostituto procuratore generale, si occuperà a breve dell'appello del maxiprocesso di 'ndrangheta «Grimilde»;

   l'ufficio è costretto a ricorrere all'istituto dell'applicazione di sostituti procuratori della Repubblica, per garantire il funzionamento della giustizia e la celebrazione delle udienze;

   allo stato non risulta prevista alcuna pubblicazione per la copertura dei posti di sostituto procuratore generale;

   i concorsi per procuratore generale e avvocato generale sono stati banditi, ma per la copertura effettiva si prevede un lasso di tempo da 12 a 18 mesi;

   sarebbe auspicabile assicurare la copertura dell'ufficio di almeno 2/3 ulteriori sostituti procuratori generali, ma all'interrogante non risulta alcuna iniziativa in merito –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, ritenga opportuno adottare per fronteggiare l'allarmante situazione cronica sopra esposta sì da sopperire alla carenza di magistrati negli uffici giudiziari in questione.
(4-11706)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, le interroganti, lamentando le vacanze in organico nel personale di magistratura della Corte di appello di Bologna e della procura generale presso la Corte di appello di Bologna, domandano alla Ministra della giustizia quali iniziative intenda adottare per sopperire a tale situazione.
  Al riguardo occorre innanzitutto mettere in risalto che la Corte di appello di Bologna non presenta scoperture nel ruolo del presidente di Corte di appello, del presidente della sezione lavoro di Corte di appello e di consigliere della sezione lavoro e presenta invece 11 scoperture nel ruolo di consigliere di Corte di appello (40 giudici presenti sui 51 della pianta organica) e 2 scoperture nel ruolo di presidente di sezione di Corte di appello (6 presidenti presenti sugli 8 della pianta organica) – scoperture già oggetto di pubblicazione a cura del Consiglio superiore della magistratura rispettivamente in data 7 ottobre 2021 e in data 25 giugno 2021 – mentre la procura generale presso la Corte di appello di Bologna presenta la scopertura nel ruolo del procuratore generale presso la Corte di appello e dell'avvocato generale di Corte di appello – scoperture già oggetto di pubblicazione a cura del Consiglio superiore della magistratura rispettivamente in data 7 ottobre 2021 e in data 25 giugno 2021 – nonché 5 scoperture nel ruolo di sostituto procuratore generale presso la Corte di appello.
  Effetti positivi per gli uffici giudiziari in generale – e quindi anche per la Corte di appello di Bologna e per la procura generale presso la Corte di appello di Bologna – potranno derivare in seguito alla attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre dell'anno 2019 (articolo 1, comma 432, della legge del 27 dicembre 2019, n. 160, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022») che, modificando la legge del 13 febbraio 2001, n. 48, prevedono l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento.
  La proposta di determinazione delle piante organiche flessibili distrettuali è stata trasmessa, in data 30 ottobre 2020, al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere. Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale – individuato in 179 unità, di cui 125 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia dei contingenti destinati ai singoli distretti. Al distretto di Corte di appello di Bologna è stata proposta l'attribuzione di un contingente di 9 unità, di cui 6 destinate alle funzioni giudicanti e 3 a quelle requirenti.
  Nella relazione tecnica sul progetto di determinazione delle piante organiche flessibili distrettuali del personale di magistratura accompagnatoria della proposta ministeriale si è, invero, osservato che «... il Distretto di Corte di Appello di Bologna si caratterizza per un alto numero di uffici (25), un numero di vacanze medie medio alto (64,7) e un alto numero di magistrati in pianta organica (509), dati che collocano il Distretto rispettivamente al terzo, settimo e quinto posto a livello nazionale. Quanto agli indicatori integrativi, si segnala la Corte di Appello di Bologna con un arretrato civile del 43 per cento e un rapporto tra pendenti e iscritti pari a 2,6 nonché la presenza di 2 Uffici Requirenti con
turn over superiore alla soglia critica (Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì e Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna), elementi questi che caratterizzano l'ampio Distretto unitamente alla condizione di diffusa criticità degli Uffici Requirenti di primo e secondo grado, di cui pertanto si è tenuto conto nella ripartizione dei magistrati all'interno del Distretto in base alle funzioni...».
  Il Consiglio superiore della magistratura, nel parere deliberato nella seduta dell'8 settembre 2021, ha pressoché integralmente condiviso il progetto ministeriale sia in punto di unità complessive dedicate (179) sia quanto alla loro distribuzione funzionale (tra giudicanti e requirenti) e distrettuale. In particolare il Consiglio superiore della magistratura ha totalmente aderito al progetto ministeriale con specifico riferimento al distretto di Corte di appello di Bologna.
  In data 27 dicembre 2021 è stato emesso il decreto che individua le condizioni critiche di rendimento degli uffici giudiziari (relativi anche alla magistratura di sorveglianza) che danno luogo all'assegnazione delle nuove risorse dell'organico flessibile distrettuale e fissa la durata minima dell'assegnazione (pari a 1 anno), nonché stabilisce i criteri di priorità per destinare i magistrati della pianta organica flessibile distrettuale alla sostituzione nei casi di assenza dal servizio ovvero per l'assegnazione agli uffici giudiziari che versino in condizioni critiche di rendimento.
  In data 23 marzo 2022 è stato adottato il decreto relativo alla dotazione nazionale delle piante organiche flessibili distrettuali, con il quale sono stati assegnati al distretto di Corte di appello di Bologna 6 magistrati giudicanti e 3 requirenti.
  In merito, in fine, alla possibilità di apportare modificazioni in aumento alla dotazione organica del personale di magistratura – al fine di ampliare la pianta organica della Corte di appello di Bologna e della procura generale presso la Corte di appello di Bologna –, si osserva che, essendo la materia oggetto di riserva di legge, ciò è realizzabile solo tramite una iniziativa legislativa specificamente rivolta alla complessiva razionalizzazione della distribuzione del suddetto personale negli uffici giudiziari presenti sull'intero territorio nazionale.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge «Incendi» ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 le assunzioni del personale idoneo e vincitore di concorso nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine di colmare la carenza di oltre 4.000 unità;

   la graduatoria dei concorrenti del concorso pubblico per 250 vigili del fuoco del corpo nazionale, bandito con decreto ministeriale n. 676 del 2016, non è stata ancora portata ad esaurimento;

   con decreto n. 34 del 21 febbraio 2022 è stato indetto un altro concorso pubblico, per titoli ed esami, a 300 posti nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonostante vi siano idonei vincitori ancora non chiamati del precedente concorso –:

   se vi sia l'intenzione di prorogare e portare ad esaurimento la graduatoria degli idonei e vincitori del concorso pubblico bandito con decreto ministeriale n. 676 del 2016 con tempistiche idonee e modalità chiare, prima di attingere alle graduatorie dei futuri vincitori del concorso indetto con decreto n. 34 del 21 febbraio 2022 _
(4-11566)

  Risposta. — In riferimento a quanto segnalato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che l'articolo 1-ter del decreto-legge 8 settembre 2021 n. 120 ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 la validità della graduatoria del concorso pubblico a 250 posti nella qualifica di vigile del fuoco, che era stata approvata con decreto ministeriale del 14 novembre 2018.
  Per quanto concerne il possibile esaurimento della graduatoria degli idonei, a cui si riferisce l'atto di sindacato ispettivo, si evidenzia che il Ministero dell'interno continua ad attingervi sia per le assunzioni a copertura del
turn over, sia per la quota parte, pari al 70 per cento delle assunzioni straordinarie previste da specifiche disposizioni di legge.
  Tanto premesso, la proiezione delle assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco previste per l'anno in corso rende possibile prevedere che, con molta probabilità, la graduatoria in questione sarà quasi esaurita.
  Di conseguenza, quindi, l'eventuale ulteriore proroga della stessa non potrà che essere valutata in attesa della conclusione del nuovo concorso pubblico a 300 posti, bandito con decreto ministeriale n. 24 del 21 febbraio 2022.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   BELLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto denunciato da Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del terzo settore e Licio Palazzini, presidente Cnesc e coordinatore del Tavolo servizio civile, negli ultimi mesi si sta assistendo all'allontanamento del Servizio civile universale (Scu) dalle finalità di legge: «Sembra ci sia un tentativo di ridurre il servizio civile, che ha una propria autonoma legge, ad una branca delle politiche giovanili, a loro volta focalizzate principalmente sulla “occupabilità dei giovani” e ci chiediamo se sia questo l'intendimento del Governo»;

   in una nota congiunta le due realtà hanno osservato che negli ultimi mesi è stato perfino cancellato il sito dedicato www.serviziocivile.gov.it e segnalato, in particolare, la modifica della programmazione triennale, con la cancellazione di quelle annuali, l'assenza di un finanziamento triennale e l'apertura di un vuoto procedurale nel quale resta il solo Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale;

   il bando giovani, pubblicato a metà dicembre 2021, è scaduto il 26 gennaio, prorogato al 10 febbraio, per la presentazione delle domande, con solo 52 giorni per le selezioni, invece di 90, in contrasto con la normativa che regola i concorsi pubblici;

   già a dicembre, all'indomani della pubblicazione del decreto che ha individuato i programmi di intervento e i relativi progetti per il nuovo bando, le reti del terzo settore avevano lanciato l'allarme: «Ci sono 22.458 opportunità di servizio civile che stanno rischiando di finire nel cestino. Questo l'assurdo dato che emerge dal decreto di finanziamento del prossimo bando di Servizio civile universale (SCU). Infatti, a fronte di 76.639 posizioni valutate positivamente dal Dipartimento Politiche Giovanili e Servizio Civile Universale, risultano stanziate risorse per 54.181 posizioni»;

   il servizio civile rappresenta, oggi più che mai, una reale e concreta occasione per i giovani di mettersi in gioco, di sperimentare le loro capacità, di mettere in pratica quanto hanno imparato a scuola, ma anche di fare un primo passo nel mondo del lavoro, che per alcuni è spesso inaccessibile, come certificano i dati: i centri di servizio per il volontariato solo nel 2020, nonostante le limitazioni imposte dall'emergenza pandemica, hanno incontrato oltre 3 mila giovani proprio in attività di orientamento e accompagnamento sul servizio civile universale;

   sempre con riferimento al citato bando, si è assistito altresì ad una sostanziale assenza della campagna informativa che il Dipartimento è tenuto a realizzare, lasciandone ai soli enti l'attuazione e mettendo così a rischio la presentazione della domanda da parte dei giovani;

   numerose criticità sono state riscontrate anche in merito al ricorso ai residui finanziari del 2021 per ampliare i posti per i giovani, e sul tema della certificazione delle competenze acquisite; così come salgono vertiginosamente le segnalazioni di provvedimenti necessari all'operatività quotidiana delle organizzazioni e dei giovani, fermi da settimane;

   come evidenziato da Pallucchi e Palazzini, «Il dialogo e il confronto sono stati la carta vincente, in passato, per far svolgere al Servizio Civile – attraverso il concorso delle organizzazioni accreditate e dei giovani che lo scelgono – la sua funzione di promozione delle condizioni di sicurezza e coesione dei cittadini e delle comunità (difesa civile e non armata), nonché dei valori fondanti della Costituzione. Il Forum è disponibile a partecipare ad un tavolo di confronto istituzionale per analizzare e portare a soluzione le problematiche che si stanno evidenziando nella gestione del Servizio Civile Universale» –:

   considerato la gravità dei fatti di cui in premessa, quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire la piena attuazione della legge 106 del 2016 e del decreto-legge n. 40 del 2017 e ristabilire una doverosa interlocuzione con gli enti del terzo settore.
(4-11231)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante evidenzia che, secondo quanto dichiarato da Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del terzo settore e da Lido Palazzini, presidente CNESC e coordinatore del tavolo servizio civile, negli ultimi mesi si sta assistendo all'allontanamento del servizio civile universale dalle finalità di legge, dato che lo stesso parrebbe avviato ad essere una branca delle politiche giovanili, a loro volta focalizzate principalmente sulla «occupabilità dei giovani».
  Inoltre, vengono segnalate alcune presunte criticità, quali: la cancellazione del sito dedicato
www.serviziocivile.gov.it; la modifica della programmazione triennale, con la cancellazione di quella annuale; l'assenza di un finanziamento triennale; ulteriori criticità relative al bando per gli operatori volontari 2021 circa la riduzione dei tempi a disposizione degli enti per la selezione dei giovani; l'assenza di una campagna informativa, che sarebbe stata lasciata ai soli enti, mettendo così a rischio la presentazione delle domande da parte dei giovani; l'utilizzo dei residui finanziari del 2021 per ampliare i posti dei giovani; l'introduzione della complessa tematica della certificazione delle competenze acquisite.
  L'interrogante, sulla base di quanto evidenziato da Pallucchi e Palazzini, rileva come il dialogo e il confronto abbiano sempre costituito la carta vincente per far svolgere al servizio civile – attraverso il concorso delle organizzazioni accreditate e dei giovani che lo scelgono – la sua funzione di coesione tra cittadini e comunità, nonché di promozione dei valori fondanti della Costituzione.
  Chiede pertanto, quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire la piena attuazione della legge n. 106 del 2016 e del decreto-legge n. 40 del 2017 e ristabilire una doverosa interlocuzione con gli enti del terzo settore.
  Innanzitutto, intendo preliminarmente evidenziare come il servizio civile si sta sempre più affermando quale strumento di partecipazione per i giovani, un'occasione di incontro e dialogo tra generazioni, un ponte tra la società e le istituzioni per rinsaldare il rapporto di fiducia dei cittadini verso chi amministra il Paese, un canale di raccordo con il mondo della scuola per promuovere i meccanismi di partecipazione e di cittadinanza attiva. Il servizio civile universale contribuisce significativamente allo sviluppo, sociale, culturale ed economico del nostro Paese.
  L'intendimento mio e del Governo è quello di arricchire ulteriormente il servizio civile universale, prevedendo elementi di semplificazione e rendendolo più al passo con i tempi, con l'introduzione di misure aggiuntive volte a favorire l'inclusione digitale, la transizione ecologica e un maggior raccordo con il mondo del lavoro. L'esperienza del servizio civile, infatti, è volta non solo a favorire i beneficiari delle attività progettuali, ma anche gli stessi volontari che sono, al contempo, attuatori e destinatari degli interventi.
  Ciò premesso, con riferimento alla partecipazione attiva dei vari soggetti coinvolti nel Sistema del servizio civile, evidenzio che il dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, in via di prassi, ha sempre ricondotto il proprio agire a modalità collaborative nel pieno rispetto dei principi di partecipazione e co-programmazione. Infatti, si è sempre avvalso e continua ad avvalersi del confronto costruttivo con la rappresentanza di tutti i soggetti coinvolti nella realtà del servizio civile (consulta nazionale degli enti di servizio civile universale, rappresentanza degli operatori volontari e regioni), al fine di garantire l'efficienza del sistema. Invero, i rappresentanti dei soggetti che partecipano al servizio civile intervengono su specifiche questioni di interesse esprimendo il parere anche sui provvedimenti di normazione secondaria (circolari adottate, durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19; circolare in data 21 giugno 2021 «Norme e requisiti, per l'iscrizione all'albo degli enti di servizio civile universale», eccetera).
  Per quanto riguarda la criticità evidenziata dall'interrogante, relativa alla lamentata cancellazione del sito dedicato
www.serviziocivile.gov.it, preciso che, a decorrere dal 13 dicembre 2021, il sito istituzionale del dipartimento è stato completamente rivisitato in termini di progettazione, grafica, linguaggi e contenuti, coerentemente con il format standard e le specifiche tecniche della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il nuovo sito contiene due sezioni autonome e distinte, dedicate rispettivamente al servizio civile universale e alle politiche giovanili.
  Per quanto concerne la soppressione della programmazione dei piani annuali – di cui il capo dipartimento ha dato comunicazione alla Consulta nazionale per il servizio civile universale nella riunione del 21 ottobre 2021 – si tratta di una misura di semplificazione volta a promuovere il raggiungimento, entro le scadenze stabilite, dei traguardi e degli obiettivi degli investimenti e delle riforme, previste dal PNRR. In tale contesto, è stata predisposta la modifica al decreto legislativo n. 40 del 2017 – introdotta all'articolo 40 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 – che, attraverso l'eliminazione del procedimento finalizzato alla redazione e approvazione dei Piani annuali, si prefigge una semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti.
  La modifica introdotta non incide sulla possibilità di adeguare i piani triennali di programmazione, in quanto è stata salvaguardata la facoltà di intervenire con un aggiornamento di detti piani. Ne consegue che i soggetti coinvolti nel sistema del servizio civile potranno, in occasione della predisposizione del documento di aggiornamento, rappresentare eventuali esigente o aspetti da valutare.
  Per quel che attiene la decisione di ridurre i giorni a disposizione degli enti per esperire le procedure di selezione dei volontari, si rappresenta quanto segue.
  In occasione dell'emanazione del bando ordinario del 14 dicembre 2021 per la selezione di 56.205 operatori volontari, il dipartimento, nel corso della riunione del 21 ottobre 2021, ha informato la Consulta circa la necessità di ridurre i tempi per esperire le procedure di selezione dei volontari, prevedendo, rispetto agli anni precedenti, un termine più ristretto per la trasmissione delle graduatorie al fine precipuo di promuovere il raggiungimento, entro le scadenze stabilite, dei traguardi e degli obiettivi degli investimenti e delle riforme previste dal PNRR.
  Il citato bando è finanziato, in misura ragguardevole, anche con le risorse provenienti dal I ciclo del Progetto PNRR, incluso nella Missione 5 Inclusione e coesione; Componente 1 politiche per il lavoro; Investimento 2.1 – servizio civile universale, per il quale occorre necessariamente rispettare il calendario attuativo previsto dalla decisione Ecofin 13 luglio 2021 di approvazione del PNRR italiano e della tempistica di monitoraggio, in virtù delle disposizioni del Regolamento UE 241/2021, in particolare dell'articolo 24 che prevede «un conseguimento soddisfacente dei pertinenti traguardi e obiettivi».
  Nonostante l'intero intervento si articoli in tre cicli (dalla pubblicazione dell'avviso per la presentazione dei programmi di intervento fino alla conclusione dei progetti) che si ripetono con attività e tempistiche analoghe, questi non sono tra loro indipendenti e il ritardo di un ciclo – in particolar modo per quanto riguarda i 12 mesi relativi alla durata del servizio da parte del volontario – impatta negativamente sul ciclo successivo e sull'intero intervento in termini di rispetto delle scadenze temporali e dei
target da conseguire.
  Le motivazioni sopraesposte sono alla base della prevista riduzione dei tempi di selezione dei volontari e giustificano l'azione del Dipartimento, in funzione delle esigenze di interesse pubblico, connesse, agli inderogabili impegni assunti dal Governo in sede comunitaria per l'attuazione del piano. A fronte della contestata contrazione dei tempi, occorre tener conto anche dei vantaggi conseguenti al significativo apporto in termini di dotazione finanziaria del PNRR che consente agli enti di servizio civile di affrontare una programmazione su base triennale con più sicurezza, consapevoli che ci potrà essere continuità per la propria azione, e si potranno così dedicare a curare maggiormente la qualità degli interventi, sia con riferimento all'investimento sui giovani, sia in reazione alle ricadute sui territori e sull'ambiente.
  Peraltro la questione delle tempistiche – e la relativa motivazione a ridurle – va inserita anche in una riflessione di contesto, più ampia: le ricorrenti proroghe garantite negli anni precedenti e il più delle volte su richiesta degli enti, hanno portato, infatti, al consolidamento di una prassi che determina ogni anno una continua riprogrammazione delle attività e delle risorse nell'ambito di un ciclo che – dall'avviso agli enti fino alla approvazione delle graduatorie dei giovani operatori – arriva a coprire un arco di tempo che va oltre i 18 mesi.
  A causa di questa eccessiva lunghezza del procedimento, si registrano due dati negativi ogni anno:

   a) un alto tasso di mancati avvii degli operatori: nel 2020 circa il 10 per cento; addirittura il 20 per cento nel 2018 dove a fronte di 53.363 posti messi a bando sono stati avviati al servizio nel 2021 43.128 ragazzi;

   b) un alto tasso di interruzioni dei progetti (cosiddetti abbandoni) da parte dei ragazzi: nel 2020 oltre il 10 per cento, con una punta del 16,68 per cento nel 2018.

  In relazione alla lamentata assenza di una campagna informativa, in particolare alla criticità evidenziata dall'interrogante secondo cui si è lasciata ai soli enti l'onere della comunicazione, precisa che il bando volontari SCU è stato promosso da una campagna di comunicazione sulle reti Rai (spot tv e radio), sul web e sui social media e a tal fine, in collaborazione con i dipartimento per l'informazione e l'editoria, è stato realizzato uno spot ad hoc pubblicizzato anche sul sito istituzionale del Governo.
  In particolare, lo
spot ha illustrato i principali ambiti di azione dei progetti del servizio civile universale (ambiente, sport, cultura, diritti, assistenza) e ha inteso valorizzare le opportunità offerte ai giovani che compiono la scelta volontaria di dedicare alcuni mesi della loro vita al «bene comune», impegnandosi in progetti che prevedono azioni concrete per la comunità e per il territorio.
  La campagna
social del bando ha potuto contare su una sponsorizzazione dal 15 al 29 dicembre sui canali FB e Instagram. Significativi anche i risultati della campagna social in organico su FB, Instagram e Twitter. Il sito web scelgoilserviziocivile.gov.it di promozione e divulgazione del bando è stato visitato da quasi 300,000 utenti e sono state visualizzate quasi 1.300.000 pagine.
  Per quanto riguarda l'utilizzo dei residui finanziari del 2021 per ampliare i posti di operatori volontari, anche in base a quanto rappresentato dalla Consulta nazionale per il servizio civile universale, ho dato impulso al dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale di effettuare un'attenta azione di rendicontazione al fine di accertare economie di gestione da poter destinare al finanziamento di ulteriori programmi di intervento di servizio civile. Al termine di tale verifica, sono state accertate economie pari a 43.433.100 euro. Ciò ha consentito di individuare ulteriori 102 programmi, di cui 92 in Italia e 10 all'estero, da finanziare per l'annualità 2021. È stato quindi pubblicato, in data 25 gennaio 2022, un bando integrativo del precedente avviso del 14 dicembre 2021 con il quale, impegnando tutte le risorse disponibili, è stato ampliata il numero di posizioni per operatori volontari di 8.126 unità, superando così la soglia dei 64.000 giovani operatori da avviare nei prossimi programmi di intervento. Precisamente, i posti di operatore volontario sono in totale 64.331 da impiegare in progetti di servizio civile universale in Italia e all'estero e nei territori delle regioni interessate dal PON-IOG «Garanzia Giovani». Di questi, oltre 1.000 posti riguardano giovani volontari destinati ad operare nell'ambito dei (45) programmi di servizio civile digitale ammessi al finanziamento dal dipartimento per le politiche, giovanili e il servizio civile universale e dal dipartimento per la trasformazione digitale. Si tratta dei numeri più elevati che siano stati mai registrati negli ultimi anni che testimoniano il grande impegno, anche in termini di risorse, profuso dal dipartimento e dal Governo per consentire al più alto numero di giovani di svolgere il servizio civile universale.
  Per quanto concerne la tematica della certificazione delle competenze acquisite, solo in relazione alla misura aggiuntiva del tutoraggio, il dipartimento ha previsto l'obbligo del rilascio della certificazione delle competenze nella circolare del 25 gennaio 2022, recante «Disposizioni per la redazione e la presentazione dei programmi di intervento di servizio civile universale – Criteri e modalità di valutazione», che – nel dare maggiore rilievo alle misure a favore dei giovani relative alla fruizione di un periodo di tutoraggio e allo svolgimento di un periodo di servizio civile in uno dei paesi dell'Unione europea, con l'attribuzione di un punteggio maggiore – ha espressamente previsto che ai fini del riconoscimento della misura del tutoraggio è obbligatorio che l'ente a conclusione del percorso preveda per l'operatore volontario il rilascio della certificazione delle competenze da parte di soggetti titolati ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 13 del 2013.
  Detta previsione risponde all'esigenza di soddisfare la richiesta dei giovani di avere una certificazione delle competenze acquisite durante lo svolgimento del servizio civile, in termini di
soft skill e digital skill, da inserire nei curricula in aggiunta all'attestato di partecipazione all'esperienza del servizio civile.
  A fronte delle obiezioni della Consulta nell'avviso agli enti per la presentazione dei programmi di intervento di servizio civile universale per l'anno 2022, pubblicato il 25 gennaio 2022, è stato specificato che per i programmi contenenti i progetti con le misure del tutoraggio e certificazione delle competenze, in caso di finanziamento, sarà corrisposto agli enti un contributo aggiuntivo, secondo quanto previsto dal decreto dipartimentale n. 31 del 21 gennaio 2022 di approvazione dei criteri per l'erogazione agli enti di servizio civile dei contributi finanziari per tutte le misure aggiuntive del servizio civile.

La Ministra per le politiche giovanili: Fabiana Dadone.


   BELOTTI, CAVANDOLI, BITONCI, CESTARI, FRASSINI, COMAROLI, VANESSA CATTOI, PATERNOSTER, PATASSINI, BELLACHIOMA, BINELLI, LOSS, SUTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con la legge di bilancio 2020 era stata prevista, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, l'assegnazione ai comuni, nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui, di contributi per investimenti destinati ad opere pubbliche, in materia di efficientamento energetico, messa in sicurezza di strade ed edifici pubblici, abbattimento delle barriere architettoniche;

   i vari dati sui lavori delle opere finanziate andavano inserite dai comuni nel sistema di «Monitoraggio delle opere pubbliche – Mop» della «banca dati delle pubbliche amministrazioni – Bdap»;

   l'inizio lavori per i contributi del 2020 (articolo 1 della legge n. 160 del 2019, come modificato dall'articolo 51, comma 1-bis, del decreto-legge n. 104 del 2020) era fissato entro il 15 novembre 2020, mentre per quelli del 2021 (articolo 13 del decreto-legge 10 settembre del 2021, n. 121) era stabilito entro il 31 dicembre 2021;

   l'assegnazione dei contributi era previsto per il 50 per cento previa verifica dell'avvenuto inizio dell'esecuzione dei lavori attraverso il sistema di monitoraggio e per il 45 per cento previa trasmissione al Ministero dell'interno del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori, e per il restante 5 per cento previa verifica della completa alimentazione del sistema di monitoraggio;

   il comma 34 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 e l'articolo 4 del decreto del 14 gennaio 2020 disciplinano le modalità di revoca e recupero del contributo assegnato nel caso di mancato rispetto del termine di inizio dell'esecuzione dei lavori o di parziale utilizzo del contributo;

   migliaia di comuni stanno ricevendo una comunicazione dalla direzione centrale della finanza locale in cui si comunica l'avvio del procedimento amministrativo per la revoca del finanziamento ricevuto;

   nel tabulato allegato alla comunicazione i progetti di cui si chiede la revoca del finanziamento sono ben 4.770 riferiti a circa 3.000 comuni, considerato che per alcuni vengono revocati i contributi sia del 2020 che del 2021, per un importo totale di ben 498.030.000 euro;

   le causali addotte fanno riferimento a:

    l'ente ha avviato le opere oltre i termini previsti;

    l'ente non ha provveduto ad utilizzare nei termini previsti il finanziamento concesso in quanto non risultano Cup associati al citato finanziamento;

    l'ente ha provveduto ad utilizzare parzialmente il finanziamento concesso;

    l'ente non ha proceduto al corretto inserimento dei dati nel sistema di monitoraggio previsto;

   i comuni interessati dal procedimento possono presentare motivate controdeduzioni corredate di idonea documentazione entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione pena la revoca del contributo entro 30 giorni;

   sentiti diverse amministrazioni comunali è emerso che in molti casi i dati richiesti sono stati inseriti nel Bdap e, considerati i numeri delle infrazioni contestate, è difficile ipotizzare un numero così elevato di comuni inadempienti;

   i sindaci lamentano anche la complessità delle procedure burocratiche –:

   se intenda adottare iniziative per la sospensione dei procedimenti di revoca, l'avvio di una verifica del sistema Bdap e l'istituzione di un tavolo di confronto tecnico con Anci e Uncem per la semplificazione delle procedure burocratiche per la registrazione dei lavori pubblici, anche in considerazione degli organici ridottissimi degli enti locali, in particolare dei piccoli comuni.
(4-12087)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si fa riferimento ai contributi in favore dei comuni previsti dall'articolo 1, comma 29, della legge di bilancio per l'anno 2020 per investimenti destinati a opere pubbliche in materia di efficientamento energetico e di sviluppo territoriale sostenibile. In particolare, si segnalano le difficoltà di perfezionamento di adempimenti tecnico-procedurali incontrate da alcuni comuni.
  Si evidenzia al riguardo che, dal monitoraggio delle opere pubbliche della banca dati delle pubbliche amministrazioni, in gestione al Ministero dell'economia e delle finanze, è emerso che per molti comuni non risultavano inseriti nella banca dati in modo completo i necessari elementi conoscitivi per poter procedere alla erogazione delle predette risorse.
  Pertanto, lo scorso 12 maggio, i competenti uffici dei Ministero dell'interno hanno inviato, ai comuni assegnatari delle risorse in questione, note di preavviso nelle quali si chiedevano alcune integrazioni della documentazione presentata, A tal fine, il Ministro dell'interno ha messo a disposizione dei comuni i contatti necessari per l'eventuale assistenza.
  Si chiarisce in proposito che si è trattato di un atto necessario, che non pregiudica il successivo finanziamento delle opere ma è soltanto diretto a consentire agli enti interessati di regolarizzare le procedure di monitoraggio e di rendicontazione, essenziali per la successiva erogazione delle risorse riferite agli anni 2020-2021 e confluite nei Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  Oltre a ciò, per il tramite delle prefetture, i sindaci interessati sono stati resi edotti della necessità di un tempestivo aggiornamento dei dati contenuti nella predetta banca dati ed è stato loro richiesto di fornire, entro il 31 maggio, un aggiornato quadro delle situazioni riscontrate e delle problematiche rilevate, comunicando i dati di appositi referenti che possono essere contattati per ogni utile supporto e chiarimento.
  Inoltre, sempre nella stessa ottica di cooperazione, con successiva circolare dello scorso 20 maggio, i sindaci dei comuni interessati sono stati informati anche della possibilità di aggiornare in maniera autonoma e sistematica la procedura di monitoraggio delle opere pubbliche della predetta banca dati, attraverso un apposito sistema.
  In proposito, si fa presente che, alla data dello scorso 23 maggio, risultano aver aggiornato la propria posizione, nella citata banca dati delle pubbliche amministrazioni, 766 comuni, su un totale di 3.280 enti coinvolti.
  Si rappresenta, inoltre, che si sta provvedendo a comunicare ai comuni, che progressivamente procedono all'aggiornamento della loro posizione, gli esiti della positiva verifica effettuata, informandoli che a breve si darà luogo alla corresponsione dell'acconto pari ai 50 per cento del contributo. All'esito della ricognizione in questione saranno valutate, ove necessario, le possibili soluzioni normative per eventuali proroghe dei termini attualmente previsti, nonché ogni adeguamento di carattere tecnico-procedurale si ritenesse utile.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   BERTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi degli articoli 1 e 24 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è una struttura dello Stato attraverso la quale il Ministero dell'interno «assicura il servizio di soccorso pubblico» mediante interventi «per i quali [sono] richieste professionalità tecniche anche ad alto contenuto specialistico ed idonee risorse strumentali»;

   in assenza di idonee attrezzature gli interventi dei vigili del fuoco possono risultare gravemente compromessi e, contestualmente, il personale operativo può essere esposto a gravi rischi per la propria sicurezza;

   il distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino, dipendente dal Comando provinciale di Livorno, lamenta dall'estate 2019 l'indisponibilità dell'autoscala, quale mezzo speciale di pronto intervento essenziale per condurre operazioni di soccorso che richiedono il raggiungimento di piani alti di edifici o strutture;

   il mezzo, gravemente danneggiato, è stato inviato presso un centro specialistico che, dopo ripetute valutazioni, ha riscontrato la presenza di un danno alla «parte mobile» per la cui riparazione è stata preventivata una spesa di circa 100 mila euro;

   in considerazione dell'età avanzata del mezzo e dell'ingente spesa per la riparazione il Comando di Livorno ha optato per la messa «fuori uso» dell'autoscala che da allora non è più a disposizione del distaccamento di Piombino che, in caso di necessità, deve fare affidamento sull'autoscala inviata dal Comando di Livorno, distante 84,6 chilometri percorribili in non meno di un'ora, o dal distaccamento di Follonica (GR), distante 25,4 chilometri percorribili in poco meno di trenta minuti;

   l'invio del mezzo da suddette località, in considerazione della distanza, delle caratteristiche dei tracciati stradali e dell'aumento del traffico durante il periodo estivo, comporta gravi ritardi che possono ritardare e/o inficiare le operazioni di soccorso dei vigili del fuoco di Piombino, oltre a lasciare temporaneamente prive di autoscala le sedi di Livorno o Follonica;

   nel giugno 2020, grazie anche alle numerose segnalazioni da parte dell'organizzazione sindacale Usb, è stata dislocata a Piombino l'autoscala in dotazione al distaccamento di Aulla (MS), che qualche giorno dopo è rientrata presso la sede del Comando di Massa-Carrara, situazione analoga a quanto accaduto nel novembre 2020, nel marzo 2021 e una decina di giorni fa quando un altro mezzo è stato prima assegnato a Piombino per poi essere dirottato presso il Comando di Livorno;

   da oltre un anno ai territori di Piombino e della Val di Cornia non è dunque garantita una copertura antincendio adeguata, nonostante l'importante attività del distaccamento che realizza, in media, circa 800 interventi annui in un territorio caratterizzato dalla presenza di numerosi impianti industriali, edifici civili, presidi ospedalieri, edifici scolastici e di un'infrastruttura portuale, quella di Piombino, in fase di progressiva espansione;

   desta preoccupazione lo stato attuale delle autoscale in dotazione alla direzione regionale della Toscana dei vigili del fuoco, la quale dispone di un parco automezzi di 20 unità, aventi un'età media di 40 anni e un chilometraggio medio di circa 125 mila chilometri, e di cui 8 mezzi, il 40 per cento del totale, risultano essere in manutenzione –:

   di quali elementi disponga la Ministra interrogata in relazione a quanto riportato in premessa e se non ritenga di fornire informazioni in merito agli ordinativi di automezzi destinati al dipartimento dei vigili del fuoco ed, in particolare, circa le modalità e le tempistiche di assegnazione degli stessi su base territoriale;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per superare la situazione di criticità dovuta all'assenza di un'autoscala presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino, anche prendendo in considerazione l'assegnazione, temporanea ma continuativa, al distaccamento di un mezzo già in uso.
(4-09306)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare va osservato che l'autoscala usualmente dislocata presso il distaccamento di Piombino è stata temporaneamente collocata presso il comando di Livorno, in attuazione di una ridistribuzione delle risorse resa necessaria dal fermo tecnico di altro analogo veicolo.
  Tale provvedimento rientra nelle competenze e responsabilità di gestione del soccorso assegnate ai dirigenti dei comandi e delle direzioni regionali dei vigili del fuoco e riguarda i cosiddetti mezzi speciali di appoggio che, normalmente, coprono un'area superiore a quella di competenza di una singola sede. Al contrario, i mezzi principali di soccorso – come le autopompeserbatoio – in caso di avaria o manutenzione programmata vengono sostituiti.
  Va, inoltre, evidenziato che il comando dei vigili del fuoco di Livorno, al momento, dispone di tre autoscale, mentre la dotazione a livello regionale di questo tipo di veicolo di soccorso è di 21 unità; le ultime due autoscale di nuova costruzione sono state assegnate alla Toscana nel 2019, mentre altre due sono state trasferite da altre regioni. In tale quadro, la dotazione di veicoli del comando di Livorno non presenta disequilibri rispetto alla media nazionale. Va anche rilevato che il citato Comando ha ultimato le operazioni tecnico amministrative per l'immissione in servizio di una piattaforma elevabile da lavoro presso il distaccamento di Cecina con l'intento di far fronte ad un'aliquota significativa di interventi in quota, risparmiando in tal modo l'utilizzo delle autoscale.
  Su un piano più in generale, si sottolinea che il Ministero dell'interno sta dedicando particolare attenzione al potenziamento del parco mezzi di soccorso del corpo nazionale e, grazie a diverse linee di finanziamento previste da fondi straordinari, ha avviato un piano pluriennale di rinnovo, con cui si sta provvedendo all'acquisizione di tali mezzi e alla sostituzione dei più obsoleti, allo scopo di rafforzare il dispositivo di soccorso tecnico urgente e così soddisfare le principali esigenze operative dell'intero territorio nazionale.
  Di fatto, l'utilizzo di tali cospicue risorse finanziarie sta consentendo, attraverso contratti di acquisto pluriennali, un crescente tasso di sostituzione degli automezzi, in maniera particolare di quelli impiegati nel soccorso (autopompaserbatoio, autobottipompa, autoscale piattaforme aeree, mezzi fuoristrada di varia tipologia).
  In particolare, per quanto concerne l'
iter procedurale riguardante le autoscale per il servizio antincendio, l'acquisto avviene di norma mediante procedure centralizzate mentre la distribuzione sul territorio avviene, dapprima, su base regionale, in funzione delle esigenze e delle disponibilità, e successivamente le scelte allocative finali sono rimesse al comandante provinciale, a cui compete l'assegnazione ai singoli distaccamenti.
  Si soggiunge infine che la dotazione complessiva sul territorio nazionale delle autoscale è di circa 280 unità e sono attualmente in corso procedure di gara per l'acquisizione di ulteriori mezzi. Il piano di acquisti in corso prevede, complessivamente, fa fornitura di 190 autoscale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, recante «Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi Ucraina» mira a potenziare le capacità di accoglienza delle persone in fuga dalla guerra in corso;

   il menzionato decreto affianca al Sistema di accoglienza e integrazione e ai Centri di accoglienza straordinaria, un sistema di accoglienza diffusa per altre 15 mila persone, da realizzarsi mediante la collaborazione degli enti locali, degli enti del Terzo settore, dei Centri di servizio per il volontariato, degli enti e le associazioni iscritte al registro di cui all'articolo 42 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e degli enti religiosi civilmente riconosciuti. È prevista la sostanziale omogeneità di servizi e costi con le tradizionali strutture di accoglienza;

   inoltre, per le regioni e per le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stanziate risorse relazione al numero delle persone accolte sul territorio che servono a riconoscere un contributo forfetario per l'accesso alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale per i richiedenti e i titolari della protezione temporanea per chi fugge dalla guerra, riconosciuta dalla Unione europea. Per i titolari della protezione temporanea che abbiano trovato autonoma sistemazione, verranno definite ulteriori forme di sostentamento per la durata massima di 90 giorni dall'ingresso in Italia e non oltre il 31 dicembre 2022;

   gli italiani, come spesso accade, hanno dimostrato, sin da subito, di essere un popolo accogliente, in particolare la città di Rimini, risultando la prima città in Italia per numero di profughi accolti. In pochi giorni, numerose strutture ricettive della riviera hanno offerto ospitalità ai profughi ucraini;

   va sottolineato che, nel primo periodo, gli albergatori riminesi hanno offerto ospitalità gratuitamente senza ricevere alcun sostegno e alcun contributo da parte delle istituzioni. Le strutture ricettive sono state le prime realtà della riviera ad essersi attivate per l'emergenza profughi, ancora prima delle istituzioni;

   a distanza di 15 giorni dalle prime accoglienze, hanno avuto luogo i primi incontri, tavoli tecnici e riunioni a vari livelli chiesto dagli albergatori ospitanti;

   la sera dell'11 marzo 2022, alle ore 21, degli agenti di polizia con personale della Protezione Civile regionale, si presentano nella prima struttura aperta e prelevano 45 persone per portarle in un Centro di accoglienza straordinaria a Misano Adriatico. Tutto questo avviene senza preavviso e nell'incredulità generale. Operazione analoga è stata ripetuta a distanza di 15 giorni, con le stesse modalità presso un'altra struttura ricettiva riminese. Rifugiati ucraini via dagli hotel per raggiungere i Cas, un centinaio ospiti alla Villa Fusco di Misano (riminitoday.it);

   il piano del Ministero dell'interno di trasferire i profughi verso altre regioni italiane ha trovato numerosi dinieghi da parte dei rifugiati, in quanto molti di essi si trovano nella città romagnola per ricongiungimento familiare. Vale la pena ricordare che la comunità ucraina riminese è tra le più grandi d'Italia;

   arrivano all'interrogante numerosissime segnalazioni di profughi che hanno accettato il trasferimento e che ora vogliono ritornare a Rimini, in quanto le nuove sedi di collocazione sono fredde, sporche, con insetti circolanti –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative affinché si arrivi all'adozione di un piano nazionale volto alla gestione dell'emergenza umanitaria in corso;

   se non ritenga opportuno e doveroso un intervento che non lasci i profughi in condizioni umane e sanitarie molto precarie, permettendo a quest'ultimi condizioni abitative dignitose.
(4-11755)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
  Con l'apertura della fase emergenziale legata all'accoglienza dei cittadini ucraini, la prefettura di Rimini, fin dai primi giorni di marzo, ha provveduto ad attivare un apposito tavolo di coordinamento, alle cui riunioni hanno partecipato numerosi sindaci, i responsabili dell'agenzia di Protezione civile regionale, i rappresentanti della diocesi di Rimini e della comunità ucraina, al fine di fronteggiare le eccezionali esigenze di sistemazione alloggiativa dei profughi nonché agevolare l'accesso alla scuola e alle prestazioni sanitarie.
  In particolare, sono state definite le linee fondamentali dell'assetto organizzativo dell'accoglienza attraverso l'individuazione di canali di accesso quali i Centri di accoglienza straordinaria (Cas), il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) e la stipula di una convenzione tra prefettura e comune per una diretta gestione del servizio rivolto ai profughi anche attraverso le associazioni o i privati ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990.
  La prefettura di Rimini ha, inoltre, riferito che una decina di strutture alberghiere aderenti alla associazione «Riviera sicura», fin dai primi giorni dell'emergenza, avrebbe accolto, a titolo gratuito, numerosi profughi giunti sul territorio con bus o auto private, dandone ampia pubblicità sui
social ed i media locali e nazionali. Ai riguardo, la Prefettura ha specificato di non aver avuto alcun rapporto contrattuale con la citata associazione. Col passare dei giorni, la progressiva intensificazione dell'afflusso di cittadini ucraini, nel determinare nella provincia di Rimini un'elevata concentrazione di arrivi in un breve arco temporale, ha reso necessaria una redistribuzione dei profughi sul territorio nazionale. In tale ottica, il Ministero dell'interno, d'intesa con la regione Emilia-Romagna e la locale prefettura, ha disposto un piano di trasferimento degli ospiti verso altre regioni, sulla base della loro volontaria accettazione.
  Con riferimento specifico all'episodio menzionato nell'interrogazione, si riferisce che delle 45 persone ospitate in una struttura alberghiera, 36 risultano effettivamente essere state trasferite in un Cas di Misano Adriatico e 7 in un Cas di Rimini.
  Lo spostamento, effettuato a cura del personale della agenzia regionale di protezione civile e preceduto da interlocuzioni tra prefettura e gestore della struttura alberghiera interessata, è avvenuto l'11 marzo scorso con l'adesione volontaria dei cittadini ucraini ospitati.
  Anche il successivo trasferimento di profughi da strutture alberghiere verso altre sistemazioni, avvenuto nella giornata del 26 marzo, è stato condiviso in una riunione tenutasi nei giorni precedenti presso la prefettura con il presidente dell'associazione degli albergatori ospitanti.
  Gli ulteriori trasferimenti dei profughi dalle strutture ricettive alberghiere sono stati eseguiti sulla base dell'interlocuzione diretta con gli interessati; in particolare, alcuni ospiti hanno accettato volontariamente l'accoglienza in altre regioni mentre altri hanno dichiarato di rinunciare ad una sistemazione alternativa, ribadendo la volontà di rimanere a Rimini.
  Si evidenzia che ad eccezione di alcuni cittadini ucraini che hanno rifiutato la sistemazione in unità abitative preventivamente ispezionate da AUSL e dai vigili del fuoco, e di altri che hanno fatto rientro nella provincia riminese trovando una autonoma soluzione alloggiativa, la quasi totalità dei trasferiti permane nelle località di destinazione manifestando apprezzamento per la collocazione ricevuta.
  È inoltre da rilevare che gli spostamenti dei rifugiati hanno avuto luogo senza turbative sul piano dell'ordine e della sicurezza pubblica.
  Oltre a ciò, si segnala che la maggior parte cittadini ucraini presenti nella provincia di Rimini ha trovato ospitalità presso famiglie o connazionali.
  Su un piano più generale, preme sottolineare come il Governo stia dedicando la massima attenzione al tema dell'accoglienza dei profughi ucraini sul nostro territorio. Con un insieme di interventi normativi è stata prevista una modulazione dell'accoglienza sulla base di tre possibili soluzioni. La prima è rappresentata dalla autonoma sistemazione dei profughi presso la propria comunità presente in Italia. La seconda è costituita dal tradizionale circuito di accoglienza gestito dal Ministero dell'interno e dagli enti locali, e incentrato sui centri di accoglienza straordinaria e sul sistema di accoglienza e integrazione. La terza, infine, si basa sul modello di accoglienza diffusa da attuare mediante i comuni, gli enti dei terzo settore, i centri di servizio per il volontariato, associazioni ed enti religiosi.
  In questo quadro, con il decreto-legge n. 16 del 28 febbraio 2022 è stato disposto il rafforzamento della rete di accoglienza degli stranieri con l'attivazione di 5.000 nuovi posti nell'ambito delle strutture di prima accoglienza, nonché di ulteriori 3.000 posti nel Sistema di accoglienza e integrazione. È stato, altresì, stabilito che i cittadini ucraini possano essere ospitati nelle strutture di prima accoglienza e nella rete Sai anche indipendentemente dal fatto che abbiano presentato domanda di protezione internazionale o dal possesso degli altri titoli di accesso previsti dalla legge. Inoltre, è stata estesa al profughi provenienti dall'Ucraina la riserva di 5.000 posti nell'ambito della rete Sai già previsti e finanziati per gli afghani colpiti dagli sconvolgimenti interni avvenuti nell'estate 2021. Successivamente, con il decreto-legge n. 21 del 2022, sono state stanziate risorse per oltre 7,5 milioni di euro finalizzate ad incrementare ulteriormente le capacità del sistema d'accoglienza gestito dal Ministero dell'interno.
  Con la progressiva implementazione delle misure appena ricordate, ulteriori 583 strutture sono state attivate nell'ambito della rete governativa di accoglienza, incrementando la capienza complessiva dei centri di circa 5.000 posti.
  Per quanto riguarda l'ampliamento della rete Sai, è stato disposto il finanziamento in ampliamento di 197 progetti per un totale di 3.470 posti. Inoltre, al fine di realizzare ulteriori incrementi della rete Sai, il Ministero dell'interno ha pubblicato:

   il 16 marzo 2022 una comunicazione rivolta agli enti locali titolari di progetti attivi per la presentazione di richieste di ampliamento per 3.530 posti da destinare con priorità all'accoglienza di nuclei familiari, anche monoparentali. In relazione a tale comunicazione sono pervenute istanze per 6.775 posti da parte di 280 Enti locali, in corso di valutazione;

   il 25 marzo 2022 una comunicazione rivolta agli enti locali per la presentazione di nuove proposte progettuali per complessivi 1.000 posti, da destinare all'accoglienza di nuclei familiari, anche monoparentali.

  Nel medesimo quadro è utile ricordare che, col citato decreto-legge n. 21/2022, il dipartimento della protezione civile è stato autorizzato a definire forme di accoglienza diffusa mentre per i profughi che ricorrono a sistemazione autonoma, sono state previste apposite forme di sostentamento. In particolare, con ordinanza n. 881 del 29 marzo 2022, è stato autorizzato un contributo di sostentamento una tantum pari a 300 euro mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi in favore delle persone richiedenti protezione temporanea che abbiano trovato un'autonoma sistemazione. È inoltre stato riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore ai 18 anni.
  Più di recente, ulteriori misure sono state adottate con il decreto-legge n. 50 del 2022, che ha incrementato per l'anno 2022, le risorse già destinate all'accoglienza dei profughi ucraini, per la parte di competenza del Ministero dell'interno, per un importo pari ad oltre 112 milioni di euro. Tali risorse assicureranno il potenziamento della rete dei centri governativi di accoglienza con la possibilità di attivare circa 13.000 nuovi posti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di questi giorni che il comune di Cittadella (PD) abbia dovuto assumersi le spese di mantenimento e assistenza sociale – che assommerebbero a circa ottantamila euro – di una minore rom, divenuta mamma a 13 anni, sposa ad un sinti al tempo 33 enne;

   la vicenda ebbe all'epoca vasta risonanza anche a livello nazionale; il tribunale di Padova condannò l'uomo per violenza sessuale su minore e l'uomo patteggiò cinque anni di reclusione;

   l'importo di 80 mila euro costituisce una somma ingente, tale da rappresentare per le norme amministrative un debito fuori bilancio perché non preventivato;

   sul sostegno economico alla giovane donna, nessuna contrarietà da parte di alcuno; a sconcertare l'amministrazione di Cittadella è il motivo per cui la spesa assistenziale debba ricadere su essa;

   a norma di legge, infatti, l'onere è competenza del comune di residenza della giovane; tuttavia, né la minore, né il gruppo rom di appartenenza sono residenti a Cittadella; al momento in cui il fatto è stato reso noto, la carovana della famiglia si trovava in un comune vicentino, per cui si presume che l'addebito al comune di Cittadella sia stato erroneamente stabilito per il fatto che la vicenda è emersa quando la giovane era ricoverata presso l'ospedale della città murata;

   la quantificazione del debito, peraltro, è datata ad aprile del 2021 e manca ancora da aggiungere l'importo fino ad oggi ed il timore per l'amministrazione comunale è di dover mantenere la minore fino al compimento del 18o anno di età, per una spesa di circa 500.000 euro –:

   di quali elementi disponga il Governo in ordine alla questione rappresentata in premessa e se non ritenga opportuno adottare iniziative normative per stabilire che siano stanziate apposite risorse di ristoro per i comuni che, come Cittadella, possono ritrovarsi loro malgrado a fronteggiare esosi quanto inattesi addebiti come quelli derivanti dalla vicenda suesposta.
(4-11787)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame si rappresenta che l'articolo 6 della legge 8 novembre 2000, n. 328 «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali» attribuisce ai comuni la titolarità delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e l'esercizio delle attività relative all'erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche. In particolare, il comma 4 del precitato articolo 6 prevede che, per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziale, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica.
  Il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, è finanziato con le risorse afferenti il Fondo nazionale per le politiche sociali (Fnps) nonché con quelle regionali e comunali ai sensi dell'articolo 4 della citata legge.
  Al riguardo si fa presente che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasferisce annualmente il Fnps alle regioni, che a propria volta lo destinano ai sottostanti Ambiti territoriali nel rispetto dei modelli organizzativi regionali e di confronto con le autonomie locali, e programmano gli impieghi delle risorse complessivamente loro destinate in coerenza con il piano sociale nazionale.
  In proposito si segnala altresì che la rete della protezione e dell'inclusione sociale, presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, lo scorso 28 luglio, ha discusso e approvato il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, che contiene al suo interno il Piano sociale nazionale 2021-2023 e il Piano per la lotta alla povertà 2021-2023. In detto piano è stata confermata la previsione già concordata in sede di riparto del Fnps per l'anno 2020, di destinare il 50 per cento delle risorse regionali agli interventi per le persone di minore età.
  Quanto alla vicenda di cui all'atto di sindacato ispettivo, si rappresenta che il 10 luglio 2019 una minore, all'epoca dei fatti senza fissa dimora, si è presentata presso il reparto di pronto soccorso del nosocomio di Cittadella, dove veniva accertato il suo stato di gravidanza.
  Da quanto emerso dalle relazioni agli atti, la minore conviveva con il compagno, presunto padre del bambino, in un camper, spostandosi nell'area golenale del fiume Brenta, tra le provincie di Vicenza e Padova.
  Risulta, inoltre, che l'ultima residenza conosciuta della minore è nel comune di Malo (VI), dal quale tuttavia la stessa è stata cancellata dall'anagrafe per irreperibilità.
  Il 30 settembre 2019 la minore è stata riaccompagnata in ospedale da militari della Stazione dei carabinieri di Cittadella, in presenza della madre.
  Da questo momento, previa segnalazione del caso all'autorità giudiziaria competente, prendeva avvio la procedura di tutela nei confronti della minore stessa. Di conseguenti, il 4 ottobre 2019, per iniziativa dell'U.O.C. infanzia e adolescenza dell'Ulss 6 Euganea – distretto Alta Padovana, la minore veniva collocata in una comunità protetta mamma-bambino di Vittorio Veneto (TV). Successivamente, l'8 novembre 2019, il tribunale per i minori di Venezia ha emesso un primo decreto temporaneo e urgente con il quale ha affidato la minore al servizio sociale del comune di Malo, nel quale la stessa aveva avuto formale residenza fino al 2012, al fine di garantire le cure necessarie al nascituro.
  Dopo il parto, tuttavia, il tribunale per i minori di Venezia, con ulteriore decreto depositato il 18 novembre in via provvisoria ed urgente, ha affidato la minore al servizio sociale del Comune di Cittadella, collocandola presso una comunità educativa per minori, poi individuata nella Comunità «Il Melograno» di Ferrara.
  Il 16 dicembre 2019 il comune di Cittadella, sollecitato per il pagamento della retta dovuta per l'inserimento della minore, ha rappresentato alla società di gestione della comunità e agli uffici dell'Ulss 6 «Euganea» di non ritenere sussistente alcun obbligo a proprio carico dal momento che la minore non risultava mai essere stata residente nel territorio dell'ente locale.
  La società gestore della comunità ha, pertanto, adito il tribunale di Padova che, con ordinanza del 24 novembre 2021, ha condannato il comune di Cittadella al pagamento della somma relativa alla retta per il ricovero della minore dal momento dell'ingresso, fino alla mensilità di aprile 2021.
  In particolare, il giudice, nelle motivazioni della decisione, ha statuito che «La normativa di riferimento deve essere individuata nella legge n. 328 del 2000 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e, nello specifico, nell'art. 6 ultimo comma, secondo il quale “per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il Comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica”, rilevando anche che nel caso di specie non è possibile far riferimento al criterio della dimora abituale, o richiamare il requisito della iscrizione ai registri anagrafici o scolastici, essendo al contrario necessario verificare se ci sia un collegamento materiale della persona con il territorio del comune di Cittadella e, quindi, una effettiva presenza della minore, o meglio del suo nucleo famigliare, nel territorio stesso prima del ricovero presso la comunità».
  Il 6 dicembre 2021 il comune di Cittadella ha deciso di ricorrere alla Corte di appello di Venezia contro la succitata ordinanza del Tribunale di Padova e, nelle more del giudizio di appello, il consiglio comunale per poter far fronte al pagamento delle somme richieste, con deliberazione n. 14 del 6 aprile 2022, ha approvato il riconoscimento del debito fuori bilancio, in esecuzione della citata ordinanza del tribunale di Padova.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   come noto, l'articolo 14 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, dispone misure di intervento per gli enti locali in crisi finanziaria;

   nel dettaglio, il citato articolo 14, al comma 1, prevede la possibilità di erogare un'anticipazione di liquidità per il pagamento dei debiti alle amministrazioni comunali o provinciali che abbiano deliberato la condizione di dissesto finanziario ed abbiano aderito alla procedura semplificata di cui all'articolo 258 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, cosiddetto Testo unico degli enti locali (Tuel);

   come previsto dal citato articolo 14, comma 1, tale anticipazione di liquidità è ripartita, e dunque la sua allocazione stabilita, in base a una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati forniti dall'Istat;

   l'allocazione e distribuzione delle risorse sulla base della popolazione censita è un criterio di fatto standardizzato non solo nelle disposizioni di accesso ad anticipazioni di liquidità per sostenere i debiti conseguiti, ma anche e più in generale alla distribuzione e allocazione delle risorse di vari fondi a beneficio dei comuni stessi, con la conseguenza che vengono inevitabilmente privilegiati i comuni con più elevato numero di abitanti rispetto a quelli più piccoli, a prescindere da altre caratteristiche quali presenza di seconde case, estensione territoriale o frazioni servite;

   nel caso dei piccoli comuni, in particolar modo di quelli a vocazione turistica, le risorse allocate con questa modalità sono destinate ad essere del tutto insufficienti, in quanto spesso i servizi offerti fanno riferimento ad un numero di persone ben superiore ai residenti, nonché alle seconde case, a destinazione turistica, e alla dimensione logistica sul territorio;

   considerando le ulteriori esigenze di liquidità ed i maggiori costi ed oneri gestionali sopravvenuti in capo alle amministrazioni comunali a seguito della pandemia da Covid-19, le risorse allocate sulla base del criterio delle residenze non corrispondono ad uno scenario reale ed effettivo totalmente differente –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per elaborare nuovi criteri di allocazione delle risorse tali da fornire ai piccoli comuni, con particolare considerazione di quelli a vocazione turistica, allocazioni finanziarie di entità tale da poter effettivamente erogare servizi e garantire miglioramenti della qualità della vita nel territorio, andando ad annoverare e riconoscere anche i criteri e le specificità delineati in premessa.
(4-11284)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo, va innanzitutto premesso che i provvedimenti eroganti contributi a beneficio degli enti locali, i quali discendano da specifiche disposizioni legislative, prevedono generalmente una previa intesa in sede di Conferenza Stato città e autonomie locali. In tale contesto il Ministero dell'interno non assume in nessun caso determinazioni autonome in materia, né interferisce in alcun modo con le quantificazioni dei benefici previsti dai relativi provvedimenti normativi.
  Infatti, la funzione del Ministero dell'interno, spesso depositario nel proprio bilancio di specifici fondi di ristoro per gli enti locali, è propriamente tecnica e si sostanzia nella gestione delle risorse finanziarie, nelle operazioni di pagamento, variazione di bilancio, perenzione, recuperi, rendicontazione e altro.
  Sulla tematica segnalata nell'atto di sindacato ispettivo sono stati acquisiti elementi informativi dal Ministero dell'economia e finanze, che, in riferimento a quanto previsto dal decreto-legge n. 113 del 2016, articolo 14 comma 1, ha evidenziato come l'eventuale revisione dei criteri di riparto del contributi – da operarsi con legge – da un lato inciderebbe su una distribuzione di risorse già effettuata e dall'altro comporterebbe la necessità di operare un recupero di somme erogate nei confronti dei comuni penalizzati dal cambio di criterio. Tale opzione potrebbe, inoltre ingenerare un contenzioso da parte dei comuni penalizzati, con l'insorgenza di maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Va comunque sottolineato come i comuni siano stati sostanzialmente ristorati delle minori entrate e dai maggiori costi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 grazie a diversi provvedimenti normativi.
  In particolare, l'articolo 106 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha previsto l'istituzione di un fondo presso il Ministero dell'interno pari a 3,5 miliardi di euro, al fine di concorrere e assicurare, per l'anno 2020, ai comuni, alle province e alle città metropolitane le risorse necessario all'espletamento delle funzioni fondamentali.
  Tale fondo è stato successivamente incrementato di 1.670 milioni di euro dall'articolo 39 del decreto-legge n. 104 del 2020.
  Per gli interventi a favore dei piccoli comuni, si segnala che l'articolo 3 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni, ha previsto nello stato di previsione del Ministero dell'interno, l'istituzione di una dotazione che ammonta a 10 milioni di euro per l'anno 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023.
  Inoltre, la legge n. 243 del 2021, all'articolo 1, comma 581, ha previsto, in favore dei comuni e delle regioni a statuto ordinario, della regione siciliana e della regione Sardegna con una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, un contributo di 50 milioni di euro per l'anno 2022.
  Circa la richiesta di elaborare nuovi criteri di allocazione delle risorse finalizzati a fornire maggiori risorse ai piccoli comuni, soprattutto a quelli a vocazione turistica, si rappresenta che, i criteri di riparto dei fondi erariali sono generalmente previsti nella stessa legge di definizione dei fondi e, quindi, una loro modifica potrebbe essere disposta solo in relazione al futuri riparti e con uno specifico intervento legislativo.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 48 della Costituzione recita «Il voto è personale ed uguale, libero e segreto», siglando uno dei principali capisaldi su cui deve fondarsi uno Stato di diritto democratico;

   quando tale principio viene disatteso, si giunge per inficiare non solo il libero esercizio dei diritti politici del cittadino, ma altresì la veridicità, la genuinità, l'assoluta regolarità di tutte le fasi propedeutiche e successive delle consultazioni elettorali;

   nelle giornate del 3 e 4 ottobre 2021 si svolgeranno le elezioni amministrative per molti comuni, tra cui anche quello di Napoli e di recente ha destato non poca indignazione la notizia pubblicata dagli organi di stampa di talune condotte assunte dal professore Bruno Amato dell'Università Federico II, candidato al consiglio comunale con la lista «Moderati per Manfredi»;

   sembrerebbe, infatti, che il professore Amato, a supporto suo e della candidatura a sindaco dell'ex rettore dell'Università Federico II, ingegner Gaetano Manfredi, sostenuto dal Partito democratico e dal Movimento 5 stelle, avrebbe trasmesso una e-mail, utilizzando l'indirizzo di posta elettronica istituzionale, ai colleghi universitari chiedendo loro di partecipare ad un «Comitato elettorale per Gaetano Manfredi» e di indicare il numero di preferenze che avrebbero garantito alle elezioni, allegando i loro dati e posizione accademica; il professore Amato, nel testo dell'e-mail avrebbe anche affermato: «facciamo un fascicolo con nome, cognome, foto e posizione accademica e lo consegniamo a Manfredi»;

   i fatti, come riportati dagli organi di stampa, farebbero intravedere, ad avviso dell'interrogante, una possibile ingerenza nelle scelte elettorali dei colleghi da parte del professore Bruno Amato che si sarebbe giovato del nome e del ruolo di ex rettore dell'università Federico II dell'ingegner Manfredi, attualmente candidato a sindaco di Napoli, in assenza di qualsivoglia rispetto delle libere scelte del singolo cittadino/elettore;

   è legittimo domandarsi quale sarebbe stata la ragione di richiedere l'indicazione della personale posizione accademica dei colleghi universitari e di altre informazioni in grado di rendere visibili le loro idee politiche e il loro voto;

   quanto descritto ha suscitato tante polemiche sia da parte di esponenti politici, sia da parte di appartenenti del mondo accademico, atteso che si tratta di una vicenda gravissima, lesiva delle regole deontologiche ed etiche a cui dovrebbe uniformarsi un professore universitario e ancora di più un candidato politico che, certamente, necessita di un approfondimento da parte dell'università partenopea, e non solo;

   la vicenda denoterebbe, per l'ennesima volta, il modus operandi di un certo ramo della politica al limite della legittimità, confermando quel «sistema clientelare» che, purtroppo, da diversi anni si è insediato nella regione Campania e che necessita di essere sradicato;

   certamente la condotta del professor Amato sarà oggetto di più attente valutazioni da parte dell'ateneo per l'abuso del proprio ruolo accademico, ma dovrebbe altresì essere attenzionata da parte dell'attuale Governo, in particolare dal Ministro dell'interno, in quanto è evidente che la normativa vigente posta a presidio della regolarità delle elezioni non è in grado di fungere da effettivo deterrente e di scoraggiare l'integrazione di condotte capaci di condizionare e/o alterare il processo di formazione della volontà politica degli elettori –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative normative intendano adottare al fine di chiarire il corretto utilizzo delle caselle di posta elettronica della pubblica amministrazione, incluse le università, onde evitare il ripetersi di fatti come quelli descritti, e quali ulteriori iniziative di competenza intendano adottare per assicurare il regolare, corretto e trasparente svolgimento delle prossime competizioni elettorali e garantire il libero esercizio di voto dei cittadini scevro da condizionamenti politici e accademici.
(4-10299)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente il presunto uso improprio della casella di posta elettronica istituzionale da parte di un professore dell'Università Federico II di Napoli, candidato alle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre 2021. Al riguardo, si osserva preliminarmente che l'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, recante il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, prevede che il dipendente utilizzi «il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nei rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione», mentre l'articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilisce anche che «ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento» dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al predetto decreto del Presidente della Repubblica.
  Con particolare riferimento alle notizie di stampa menzionate nell'interrogazione, va evidenziato che l'utilizzo della casella di posta elettronica con dominio «
@unina.it» dell'Università Federico II di Napoli è disciplinato da uno specifico regolamento contenuto in un decreto del dicembre 2020 a firma dell'allora rettore, in base al quale il personale docente e non docente e gli studenti universitari dovrebbero usare la stessa ai soli fini istituzionali, fermo restando che il servizio è comunque a disposizione degli utilizzatori, che ne sono responsabili e che, nel rispetto del citato regolamento, possono disporne anche per comunicazioni personali. Gli utenti sono, pertanto, responsabili personalmente di eventuali danni arrecati a terzi, sollevando l'ateneo da ogni obbligo derivante da violazione del regolamento di servizio, con una esplicita clausola di «manleva», che li impegna a non trasmettere e/o diffondere materiale che violi la legge, a non effettuare invio massivo di mail non richieste, a non gestire liste di distribuzione di alcun tipo e a non fare pubblicità a prodotti o servizi. È, altresì, regolamentato l'utilizzo della mailing list, con la previsione di un moderatore al quale va rivolta la richiesta di attivazione della mail list medesima.
  Sulla vicenda segnalata nell'atto di sindacato ispettivo sono stati acquisiti elementi di informativi dal Ministero dell'università e della ricerca, che ha riferito di aver svolto una istruttoria con l'Università Federico II di Napoli. In esito agli accertamenti svolti dall'Università sembrerebbe che nel caso di specie non sia stato utilizzato lo strumento della
mailing list, ma che il professore abbia utilizzato il proprio account mail personale. Di conseguenza e sempre secondo quanto riferito dal predetto Dicastero, i fatti riferiti dall'atto ispettivo non risultano riconducibili all'attività di vigilanza dell'Ateneo, poiché la e-mail in questione non è suscettibile di alcun controllo preventivo da parte dell'Università, restandone il contenuto riservato, in ossequio peraltro al dettato costituzionale e alla vigente normativa in materia di privacy. Alla luce di quanto sopra, non risulta che l'Università Federico II di Napoli abbia attivato alcun procedimento disciplinare nei confronti del docente in questione, avendo tuttavia rivolto al medesimo un invito a un utilizzo più consapevole e corretto della casella di posta istituzionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'Europa sta vivendo una profonda crisi umanitaria senza precedenti nel dopoguerra a causa della drammatica azione bellica che la Russia ha intentato contro l'Ucraina e il suo popolo, mietendo vittime tra i civili, purtroppo anche bambini, oltre che provocando devastazioni inimmaginabili;

   molti Paesi dell'Unione europea, tra cui anche l'Italia, hanno deciso di compattarsi dopo l'invasione russa e inviare armamenti alle forze armate ucraine per rafforzare la difesa militare; il Consiglio dei ministri italiano, al pari degli altri Stati, ha infatti di recente adottato provvedimenti di urgenza per l'adozione di misure per fronteggiare la crisi ucraina;

   le immagini che ci vengono trasmesse mostrano le città ucraine rase al suolo, bombardate di continuo e assediate da mezzi blindati russi, molti dei quali acquistati proprio dagli Stati europei negli anni in cui Vladimir Putin rappresentava uno dei principali clienti dell'industria europea di armi;

   secondo i dati del gruppo di lavoro sulle esportazioni di armi convenzionali del Consiglio Ue (Coarm) analizzati da Investigate Europe, tra il 2015 e il 2020 oltre dieci Paesi, tra cui anche l'Italia, hanno esportato 346 milioni di euro di armi a Mosca, nonostante dall'agosto del 2014, a seguito dell'annessione illegale della Crimea, l'Unione europea avesse imposto un embargo sul materiale bellico destinato alla Russia da parte degli Stati membri;

   attraverso l'adozione da parte del Consiglio europeo della Decisione 2014/512/CFSP è stato proibito agli Stati membri di vendere, fornire, trasferire o esportare armi e materiale accessorio di qualsiasi tipo verso la Russia, inclusi munizioni, veicoli ed equipaggiamenti militari completi o loro parti;

   l'embargo non è servito ad arrestare le esportazioni di armamenti verso la Russia, molti dei quali oggi sono utilizzati nei barbari attacchi contro il popolo ucraino;

   anche la nostra Nazione non è esente da tale accusa atteso che, nel 2015, il Governo Renzi autorizzò la vendita di veicoli blindati terrestri per un valore di 25 milioni di euro, di cui 22,5 milioni di euro di blindati Iveco sono stati forniti alla Russia. Si tratta del modello «Lince», assemblato in Russia in uno degli stabilimenti Iveco, con componenti italiani, filmato a inizio marzo 2022 sul fronte ucraino, in un servizio della trasmissione «Piazzapulita»;

   dopo il 2015, l'esportazione di armamenti dall'Italia nei confronti della Russia ha registrato un'impennata nel 2020-2021 in cui sarebbero stati ceduti 21,9 milioni di euro di armi e munizioni; l'elusione dell'embargo imposto sarebbe stato possibile da parte dell'Italia in virtù dei fatto che la decisione assunta dall'Unione europea non prevedeva sanzioni nei confronti di chi avesse continuato a fornire armamenti alla Russia e, soprattutto, prevedeva un'esenzione per i contratti di fornitura sottoscritti prima del 2014;

   nonostante ciò, i Governi italiani – prima nel 2015 e successivamente nel 2020-2021 – avrebbero dovuto tenere conto non solo della decisione dell'Unione europea, ma altresì del contesto sociale e politico entro cui operavano, potendo giungere a rifiutare la fornitura di armi in favore di un Paese che presentava evidenti segni di belligeranza in virtù degli scontri avvenuti in Crimea e, successivamente, per la nota instabilità nei rapporti con l'Ucraina –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se non intenda verificare e chiarire se l'esportazione di armamenti in favore della Russia da parte dell'Italia a partire dal 2015 sia avvenuta nel rispetto della normativa nazionale e sovranazionale vigente.
(4-11652)

  Risposta. — Sin dal 2014, a seguito dell'annessione illegale della Crimea da parte della Federazione russa e del deflagrare del conflitto in Ucraina orientale, l'Italia ha condannato fermamente le violazioni del diritto internazionale da parte russa e rimarcato il fermo sostegno all'integrità territoriale, sovranità e indipendenza dell'Ucraina, contribuendo all'adozione di misure individuali e settoriali nei confronti di Mosca, alcune delle quali varate proprio durante la Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea nel 2014.
  L'embargo sulle forniture di armi verso la Russia, disposto con decisione del Consiglio dell'Unione europea 2014/512/CFSP, prevede all'articolo 2 che le disposizioni restrittive non si applichino ai contratti firmati anteriormente al 1° agosto 2014. La fornitura di autocarri effettuata da IVECO alla Federazione russa nel 2015, per l'importo di circa 25 milioni di euro, rappresentava il completamento di un contratto firmato dalla stessa azienda nel 2011. Per tale ragione, rientrando tra le eccezioni previste dalla 20.14/512/CFSP, la suddetta fornitura IVECO è stata regolarmente autorizzata.
  Non risultano ulteriori licenze di esportazione di materiali d'armamento verso la Federazione russa autorizzate dall'Italia dopo il 2015 sulla base della pertinente normativa (legge n. 185/1990). Il nostro Paese, dunque, si è attenuto scrupolosamente all'embargo disposto con la citata Decisione UE 2014/512/CFSP, nel pieno rispetto della normativa.
  Ciò premesso, l'Italia insieme ai
partner dell'Unione europea e agli alleati internazionali continuerà a condannare con la massima fermezza l'ingiustificata e non provocata aggressione russa all'Ucraina. Proseguiremo con grande determinazione nell'applicazione del solido e incisivo impianto sanzionatorio adottato a seguito dell'aggressione russa, al fine di indurre Mosca a cessare immediatamente le ostilità e impegnarsi costruttivamente per una soluzione diplomatica della crisi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la notizia secondo cui vi sarebbe una malcelata ostilità da parte delle autorità libiche nei confronti dei militari italiani impegnati nella missione «Miasit»;

   fonti interne alla missione parlerebbero di ritardi nel rilascio dei visti d'ingresso da parte dell'ambasciata libica a Roma causando così un costante ritardo del cambio di contingente, bloccando spesso i soldati italiani in Libia oltre il tempo massimo della missione di 180 giorni;

   se quanto detto non fosse già sufficientemente inaccettabile, i militari in missione in Libia riferiscono di diversi episodi in cui i container con viveri per il contingente trasportarti dall'Italia fino a Misurata, molte volte verrebbero bloccati, così che il cibo nella base inizierebbe a scarseggiare e perfino le riserve d'acqua potabile si abbasserebbero drasticamente;

   tale situazione era già stata denunciata dal sottoscritto con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-09481, a cui il Ministro della difesa rispondeva affermando la temporaneità dell'interruzione del rilascio dei visti;

   nella stessa risposta il Ministro affermava anche il riavvio del regolare sdoganamento dei containers contenenti i rifornimenti quale esito di un lavoro positivo condotto congiuntamente con il Ministro degli affari esteri e con le autorità libiche;

   è evidente, invece, come tali problematiche sarebbero più attuali che mai stando ai racconti dei militari presenti a Misurata i quali parlerebbero addirittura di trattative del personale per ottenere lo sblocco dei viveri;

   la situazione dei militari italiani sarebbe poi aggravata da una recente e forte influenza del governo turco nell'area del porto di Misurata come conferma anche uno studio del 2022 del Bti trasformation index, un gruppo di lavoro composto da esperti di geopolitica;

   a conferma di ciò, nell'estate 2020 ci sarebbe stato un incontro tra il governo di accordo nazionale libico e membri della difesa turca e del Qatar per raggiungere un accordo di creare una base militare a Misurata;

   ciò si ripercuoterebbe anche sull'incolumità dei soldati italiani in quanto la presenza di questi è vista come un'intrusione, fastidiosa, nel controllo completo dell'area –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare ai fini di garantire il regolare rilascio dei passaporti ai militari italiani, tutelare i rifornimenti inviati dalla madrepatria e permetterne l'immediato recupero, nonché garantire la sicurezza dei militari presenti in missione.
(4-11836)

  Risposta. — Ad aggiornamento di quanto a suo tempo rappresentato, Le rendo noto che il quadro normativo nel quale opera la Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT) – costituito dalla legge n. 145 del 2016 e dalle molteplici Risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – è tuttora privo di un accordo tra la Libia e l'Italia che disciplini lo status delle forze e la tutela giuridica del personale militare.
  Conseguentemente, le procedure di afflusso in teatro operativo da parte del personale impegnato in missione continuano ad essere sottoposte a un regime differenziato: i militari che operano a Tripoli, presso il comando della missione, vi affluiscono previo rilascio dei passaporti diplomatici a cura del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale con notifica nella lista diplomatica dell'ambasciata d'Italia, mentre per il personale operante a Misurata è tuttora necessario, a premessa dell'ingresso in Libia, il rilascio del visto di cortesia sul passaporto di servizio, a cura dell'ambasciata libica a Roma.
  In questo contesto, con specifico riguardo alle criticità evidenziate in relazione al rilascio dei citati visti, le comunico l'avvenuto superamento della problematica grazie a un intenso dialogo che il Ministero degli affari esteri e l'ambasciata d'Italia a Tripoli – in costante raccordo con la Difesa – hanno a tal fine avviato da tempo con le autorità libiche, sia a livello tecnico, sia sul piano dei rapporti politici bilaterali.
  Questa azione congiunta ha portato
in primis al rilascio, in due tranche, di circa 200 visti di cortesia per il personale operante presso il Field Hospital di Misurata, consentendo, conseguentemente, il Transfer of Authority della Task Force-Ippocrate, che ha avuto luogo il 6 marzo 2022.
  Inoltre, quale ulteriore effetto del succitato intervento istituzionale, va menzionato lo sblocco dei rifornimenti per il personale italiano, avvenuto con lo sdoganamento, il 24 marzo e il 9 aprile 2022, dei
container destinati ai nostri militari.
  Infine, in merito agli aspetti connessi con la sicurezza del personale, evidenzio come sia in atto una continua attività di indirizzo e di monitoraggio delle misure di
Force Protection necessarie a tutelare l'incolumità del personale impiegato in operazione.
  Tanto chiarito, aggiungo che la Farnesina, nel quadro della generale azione diplomatica svolta dall'Italia per il completamento del processo di transizione istituzionale in Libia, continua a monitorare attentamente e con assoluta priorità l'evoluzione della situazione nel Paese – attualmente caratterizzata dall'estrema incertezza e fluidità del quadro politico-istituzionale – in considerazione dei suoi diretti riflessi sulla postura delle autorità libiche.
  In questo contesto, la missione, in termini di obiettivi, di numerici e di capacità, continuerà a riflettere l'andamento della situazione politica e, in questi ottica, ogni eventuale futura determinazione circa le modalità di prosecuzione della MIASIT sarà oggetto di un'adeguata valutazione che terrà conto anche delle esigenze rappresentate da parte libica.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa richiamano alla memoria la storia dell'attivista albanese Adelina Sejdini che il 6 novembre 2021 si è suicidata a Roma, indotta dal timore di subire ulteriori soprusi sessuali nel suo Paese di origine dove sarebbe stata rispedita non essendo riuscita ad ottenere la cittadinanza italiana;

   la Sejdini, nota con il nome di «Adelina 113», era in Italia dal 1996, portata dalla mafia albanese e costretta per quattro anni a prostituirsi, finché non ha deciso di ribellarsi denunciando quanto avesse subito;

   da allora era diventata una fervida attivista, protagonista di un impegno civile, politico e sociale che l'aveva resa simbolo della lotta contro la prostituzione ma senza ricevere adeguata protezione da parte dello Stato per la sua collaborazione con la giustizia e soprattutto la cittadinanza italiana nonostante il suo impegno civile e la lunga permanenza in Italia;

   sebbene fosse in Italia dagli anni novanta, Adelina era riuscita solo ad ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari, rinnovabile, tuttavia, sembrerebbe che l'ultimo permesso rinnovato dalla Questura di Pavia, valido sino al 16 ottobre 2023, erroneamente non sarebbe stato concesso per motivi umanitari (previsto in caso di vittime di tratta) ma per motivi lavorativi, quando, in realtà, per le sue condizioni di salute Adelina era stata dichiarata invalida al 100 per cento; ed ancora, il predetto permesso indicava altresì la cittadinanza albanese quando, invece, Adelina aveva formalmente rinunciato alla cittadinanza del suo Paese di origine;

   gli errori che sarebbero stati commessi dai predetti uffici avrebbero privato Adelina dell'adeguata assistenza sociale ed economica garantita dall'articolo 38 della Costituzione, rischiando altresì, in caso di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, di essere espulsa dall'Italia;

   la vicenda rappresenterebbe la testimonianza di uno Stato che, pur facendo delle politiche migratorie il proprio vessillo, non riesce effettivamente ad apprestare la dovuta tutela nei riguardi di coloro che decidono di denunciare fatti gravi mettendo in pericolo la propria incolumità;

   inoltre, l'attivismo di Adelina avrebbe dovuto condurre le istituzioni non solo a prevedere una maggiore tutela nei suoi riguardi ma anche a valutare la possibilità di concederle la cittadinanza per meriti speciali che può essere riconosciuta agli stranieri che abbiano «reso eminenti servizi all'Italia»; il caso di Adelina può configurare una fattispecie del genere, dal momento che la donna si è ribellata alle sevizie subite, contribuendo all'arresto di quaranta trafficanti di esseri umani, tutti, condannati a 15 e 20 anni di reclusione, condannando pubblicamente qualsiasi forma di racket e distinguendosi per il suo attivismo sociale e civile, a titolo di esempio, si può richiamare il caso della concessione della cittadinanza, nel 2019, con decreto del Presidente della Repubblica, a due studenti di origine marocchina ed egiziana, Adam El Hamami e Ramy Shehata, che contribuirono a sventare l'attentato sul bus dirottato a San Donato milanese sul quale vennero sequestrati insieme ai compagni di classe, dando l'allarme ai carabinieri;

   sulla base di quanto esposto è evidente che il diniego della cittadinanza italiana avrebbe comportato per la donna una serie di notevoli difficoltà di tipo economico, sociale, morale e psicologico, fino a portarla alla scelta di togliersi la vita piuttosto che tornare in Albania rischiando di subire ripercussioni da parte dei suoi aguzzini –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano stati i motivi del diniego della cittadinanza, se intenda verificare, se del caso, anche tramite attività ispettiva, l'operato delle strutture ministeriali che hanno trattato la vicenda per valutare l'eventuale sussistenza di responsabilità amministrative per i fatti di cui in premessa e se non intenda chiarire i motivi della mancata protezione di una donna vittima di tratta che aveva collaborato con la giustizia mettendo in pericolo la propria incolumità.
(4-11881)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alla tragica vicenda di una cittadina albanese che si è tolta la vita lanciandosi dal cavalcavia ferroviario di ponte Garibaldi, a Roma, il 6 novembre scorso, si rappresenta quanto segue.
  La cittadina albanese menzionata nell'interrogazione era giunta sul territorio nazionale il 6 marzo 1991, minorenne, insieme al proprio nucleo familiare. All'arrivo in Italia, i genitori avevano chiesto asilo politico e la giovane aveva ottenuto l'autorizzazione a soggiornare sul territorio nazionale sino al 7 marzo 1992.
  La giovane, che non aveva mai rinnovato il titolo autorizzativo, si rendeva irreperibile, tanto che più volte i genitori avevano denunciato l'allontanamento volontario della figlia sia presso il commissariato di Gallipoli che presso diverse stazioni dei carabinieri. Successivamente, il 31 ottobre 1993, il prefetto di Lecce adottava un decreto di espulsione nei confronti della predetta, cui era stato revocato il permesso di soggiorno scaduto e che risultava disporre di fonti illecite di guadagno.
  Negli anni seguenti, tra il 1993 e il 1999, la signora Sejdini risulta coinvolta in diverse vicende penali, fino a quando, il 28 agosto 1999, la stessa si era presentata presso la squadra mobile della questura di Varese, ove aveva sporto denuncia nei confronti di alcuni suoi connazionali che la costringevano a prostituirsi. Da tale denuncia scaturiva l'operazione «Acheronte», nell'ambito della quale erano state indagate 63 persone di diverse nazionalità, per i reati di sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ricettazione e violazione della normativa in materia di stupefacenti.
  In considerazione del ruolo di collaboratrice di giustizia così assunto dalla cittadina albanese in questione, il 14 settembre 1999, la questura di Varese le rilasciava il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale (ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), con scadenza 13 marzo 2000, successivamente rinnovato.
  Per quanto attiene al mancato riconoscimento della cittadinanza italiana, si precisa che nel 2001 la predetta aveva presentato domanda di cittadinanza per matrimonio, in quanto coniuge di cittadino italiano dal 21 ottobre 2000. La domanda era stata respinta nel 2005, in quanto risultava a carico della richiedente una condanna definitiva per il reato di cui all'articolo 648 del codice penale, ostativa all'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 6 della legge 5 febbraio 1992, n. 91. Avverso il diniego l'interessata aveva anche presentato ricorso al Tar Lombardia, che era stato respinto nel 2009, con la definitiva conferma della decisione dell'amministrazione. Dopo quella data non risulta presentata alcuna nuova domanda di cittadinanza.
  Agli atti del Ministero dell'interno risulta anche che la cittadina albanese avesse presentato nel 2009 una domanda di riconoscimento dello
status di apolide, sulla quale il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale aveva espresso parere contrario, avendo accertato l'attualità del possesso in capo alla stessa della cittadinanza albanese. Tale accertamento aveva, evidentemente, condotto al diniego del riconoscimento dell'apolidia.
  Dopo quella data non risultano presentate nuove domande per il riconoscimento dell'apolidia.
  La questura di Pavia ha evidenziato di aver rilasciato all'interessata, nel periodo da febbraio 2001 al febbraio 2009, quattro permessi di soggiorno per motivi di famiglia, in quanto coniuge di cittadino italiano, previa esibizione di due passaporti albanesi emessi rispettivamente in data 7 gennaio 2000 e 31 luglio 2007 dalla competente autorità di quel Paese.
  Da ultimo, in data 16 settembre 2021, la questura di Pavia ha rilasciato alla medesima un permesso di soggiorno con la motivazione «Casi speciali – protezione sociale articolo 18 Testo unico immigrazione», in virtù del contributo offerto alla squadra mobile di Varese di cui sopra, con l'indicazione della cittadinanza albanese dell'interessata e scadenza 16 settembre 2023.
  A tale riguardo è utile ricordare che tale tipologia di permesso di soggiorno consente l'accesso alle cure mediche gratuite, la percezione delle provvidenze socio-economiche previste dalla vigente normativa nonché lo svolgimento di attività lavorativa. Risulta infatti che la signora Sejdini percepiva dall'Inps una pensione di invalidità e il reddito di cittadinanza, per un importo mensile complessivo di euro 1.484,03.
  Consta inoltre che il comune di Pavia nel corso dell'anno 2020 avesse stanziato a suo favore un contributo per la sistemazione alloggiativa e buoni alimentari per il periodo di emergenza sanitaria da COVID-19.
  Seguita dai servizi sociali del comune di Pavia dal 2020, la predetta aveva presentato domanda di assegnazione di una casa popolare. Nelle more, aveva ottenuto un appartamento autonomo dalla Diocesi di Pavia e, dal 1° novembre 2020, aveva stipulato un contratto di affitto per un appartamento in città.
  Con riferimento ai fatti segnalati nell'interrogazione, la questura di Roma ha riferito che, nel primo pomeriggio del 5 novembre scorso, la predetta cittadina albanese ha messo in atto una dimostrazione di protesta in prossimità dell'ingresso del palazzo del Quirinale, con indosso la bandiera italiana. Il personale del commissariato di pubblica sicurezza Viminale, intervenuto sul posto, ha invitato la dimostrante ad allontanarsi, spostandosi nei pressi dell'incrocio tra via XXIV Maggio e vicolo del Mazzarino. La signora Sejdini ha disatteso tale indicazione, posizionandosi al centro di via del Quirinale, davanti al palazzo della consulta, ed estraendo dalla borsa un microfono amplificatore a batterie che utilizzava per urlare in direzione del palazzo del Quirinale. Le forze dell'ordine hanno quindi tentato di ricondurla nell'area pedonale, con l'intento di assicurare la sua incolumità nonché di ripristinare il regolare flusso dei veicoli; tuttavia la donna ha opposto resistenza; gli agenti l'hanno quindi accompagnata in commissariato, ove è stata denunciata in stato di libertà per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
  Per tali fatti, considerando che la donna annoverava precedenti di polizia per interruzione di pubblico servizio, è stato emesso il provvedimento che le imponeva il rientro, con foglio di via obbligatorio, nel comune di residenza e il divieto di ritorno nel comune di Roma per la durata di un anno.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   COMENCINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il consolato generale del Regno del Marocco a Verona, punto di riferimento di 1.500 residenti di cittadinanza marocchina nel solo comune di Verona e di 12.600 sul territorio provinciale, non paga dal 2014 la tassa sui rifiuti alla società in house costituita dal comune stesso per gestire la Tari;

   la Tari una tassa dovuta e la stessa Farnesina ha chiarito quanto segue: «a conferma di quanto indicato a luglio scorso confermiamo che, in linea con quanto previsto dagli articoli 23 comma 1, e 34 comma 1 lettera e della Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche del 1961, le Rappresentanze Diplomatiche accreditate in Italia non possono godere dell'esenzione dal pagamento della Tassa sui Rifiuti (TARI), in quanto considerata “remunerazione di particolari servizi resi”»;

   il Cerimoniale diplomatico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha risposto in questo senso anche all'ambasciata del Regno del Marocco, che però non ha proceduto a regolarizzare la propria posizione che riguarda anche altri sei consolati in Italia –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire tale vicenda con l'ambasciata del Regno del Marocco, senza ricorrere ad ulteriori iter burocratici, viste anche le buone relazioni esistenti fra i due Paesi.
(4-11342)

  Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è a conoscenza della problematica sollevata dall'interrogante, ed è in contatto anche con la società deputata alla riscossione della tassa sui rifiuti (TARI) a Verona, la Solori società locale di riscossione s.p.a., per cercare di favorire una soluzione.
  L'articolo 23, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 dispone infatti che: «Lo Stato accreditante e il Capo della Missione sono esenti da ogni imposta o tassa nazionale, regionale o comunale per le stanze della Missione di cui sono proprietari o conduttori, salvo che essa non sia riscossa come rimunerazione di particolari servizi resi».
  Pertanto, la tassa sui rifiuti (TARI) deve essere pagata in quanto considerata una «remunerazione per un particolare servizio reso», destinata a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, ed è dovuta da chiunque possieda o detenga, a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. Ciò trova conferma anche in un parere reso, già nel 2014, dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Dal canto suo, l'ambasciata del Regno del Marocco, in data 13 ottobre 2021, informava il cerimoniale diplomatico della Repubblica del fatto che le Autorità marocchine competenti riconoscevano alle rappresentanze diplomatiche straniere accreditate in quel Paese l'esonero totale e permanente dal pagamento della tassa sui rifiuti e chiedevano pertanto di poter ottenere analogo riconoscimento da parte delle autorità italiane, a titolo di reciprocità.
  Alla luce della normativa internazionale, il cerimoniale diplomatico rispondeva alla rappresentanza marocchina, in data 25 ottobre 2021, ribadendo la necessità di provvedere al pagamento dell'imposta in questione proprio perché «remunerazione di un servizio reso», come previsto dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche.
  Inoltre, accogliendo la richiesta della società Solori che ne ha fatto istanza, il cerimoniale diplomatico ha inviato una nuova nota verbale all'ambasciata del Regno del Marocco offrendo la propria disponibilità a ospitare un incontro di buoni uffici. I buoni uffici hanno infatti l'obiettivo di agevolare i contatti tra le parti nell'ottica di un componimento bonario ed extra-giudiziale della controversia. In tale esercizio il cerimoniale assume un ruolo di facilitatore, in posizione di terzietà rispetto alle parti.
  Ad oggi la controparte non ha fornito risposta. Per questo si è provveduto a rinnovare la proposta all'ambasciata del Regno del Marocco, nell'auspicio che la Rappresentanza diplomatica possa accogliere l'invito e che si possa addivenire a una composizione extra-giudiziale della controversia.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continuerà a seguire, nei limiti delle sue competenze, la questione e informare le parti interessate di eventuali sviluppi.
  

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   D'ATTIS. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   sulla strada statale 16 Bari-Brindisi sono attualmente aperti tre cantieri per lavori di manutenzione stradale nelle località di Cozze, Polignano e Fasano;

   i restringimenti delle carreggiate hanno provocato lunghe code e forti disagi agli automobilisti proprio in corrispondenza delle giornate festive di Pasqua e del ponte del 25 aprile;

   con l'arrivo della primavera e la ripresa della stagione turistica è di fondamentale importanza per l'economia del territorio garantire la regolare viabilità su un'arteria stradale che collega in particolare località marittime –:

   quali siano le motivazioni che hanno portato ad aprire cantieri stradali in contemporanea con l'apertura della stagione turistica e quando saranno terminati i lavori citati in premessa.
(4-11965)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame l'interrogante chiede notizie in merito all'apertura dei cantieri per lavori di manutenzione sulla strada statale 16 Bari-Brindisi e la relativa durata.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per le strade e le autostrade, l'alta sorveglianza sulle infrastrutture stradali e la vigilanza sui contratti concessori autostradali e dalla società ANAS, si rappresenta quanto segue.
  La strada statale 16 è attualmente interessata dall'intervento di riqualificazione e di messa in sicurezza di alcuni tratti dell'itinerario Bari-Brindisi-Lecce, in particolare dal chilometro 805+200 al chilometro 859+900 della strada statale 16, dal chilometro 0+000 al chilometro 51+020 della strada statale 79 e dal chilometro 0+000 al chilometro 34+099 della strada statale 613.
  L'intervento, finanziato con 250 milioni di euro, mira all'innalzamento degli
standard di sicurezza dell'intero itinerario attraverso:

   la regolarizzazione dei tratti di carreggiata con spazi laterali disponibili;

   la sostituzione delle barriere di sicurezza con dispositivi conformi alle normative vigenti;

   la riqualificazione della pavimentazione lungo i tratti ammalorati;

   la sostituzione c l'implementazione della segnaletica stradale;

   la sostituzione degli impianti tecnologici con apparecchiature rispondenti ai moderni standard qualitativi;

   la riqualificazione energetica e di telecontrollo degli impianti di illuminazione.

  Tutte le sopramenzionate attività, comprese sulle inevitabili ripercussioni sulla viabilità, sono state illustrate in sede di Comitato operativo viabilità (COV) presso le prefetture di Bari, di Brindisi e di Lecce alla presenza delle forze dell'ordine e degli enti locali.
  Le tipologie di lavorazioni in atto, ovvero smontaggio barriera spartitraffico centrale con relativa demolizione e rifacimento del piano d'appoggio della nuova barriera, non sono tali da poter essere limitate al solo periodo autunnale e invernale.
  Inoltre, le modalità di cantierizzazione adottate a tutela delle maestranze impiegate non consentono la rimozione periodica del cantiere e la successiva riattivazione della circolazione stradale su entrambe le corsie di marcia nei giorni caratterizzati da maggiori flussi di traffico, come nei fine settimana e durante le festività.
  Tuttavia Anas, in considerazione dell'impatto dei lavori sulla percorribilità del citato tratto stradale, ha programmato la sospensione e la rimozione dei cantieri entro il corrente mese di giugno e per l'intero periodo estivo, in modo da garantire la regolare circolazione durante la stagione turistica.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   DEL SESTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la strada provinciale 330 – nel tratto compreso tra Dragoni ed Alife – e la 331 – nel tratto tra Alife e Piedimonte Matese – in provincia di Caserta, risultano caratterizzate da precarie condizioni di sicurezza;

   nel corso degli ultimi anni, tali strade provinciali – già strada statale 158 – sono state funestate da diversi incidenti gravi, di cui alcuni mortali;

   lungo i menzionati assi viari provinciali sono presenti numerose abitazioni, attività commerciali ed artigianali; pertanto, residenti ed esercenti sono seriamente preoccupati, poiché continuamente esposti a gravi rischi per la propria incolumità e per quella dei propri clienti;

   inoltre, gli stessi tratti, carenti di marciapiedi e di illuminazione pubblica, vengono percorsi quotidianamente anche da pedoni e da ciclisti;

   va considerata la situazione di grave pericolosità, causata, soprattutto, dal mancato rispetto dei limiti di velocità, in assenza di dissuasori e di apparecchiature digitali per il rilevamento automatico delle violazioni;

   interpellata sulla questione, anche la provincia di Caserta, Dipartimento area tecnica – Settore viabilità – Servizio manutenzione, la quale, con nota del 5 luglio 2021, riferiva che l'eventuale installazione delle suddette apparecchiature digitali, sui tratti stradali extraurbani secondari di competenza provinciale, sarebbe stata consentita solo previa autorizzazione prefettizia;

   occorre tener conto dei numerosi incidenti stradali, verificatisi anche nelle scorse settimane con gravi danni a persone e cose –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire maggiore sicurezza stradale delle strade provinciali 330 e 331, nei tratti compresi nei territori comunali di Dragoni, Alife e Piedimonte Matese, in provincia di Caserta.
(4-12122)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale viene segnalata la pericolosità delle strade provinciali 330 e 331 in provincia di Caserta, si rappresenta quanto segue.
  Come riscontrato da un recente sopralluogo operato dalla polizia stradale, i citati tratti di strada presentano delle criticità soprattutto con riferimento allo stato del manto stradale.
  Il tema della sicurezza sulle arterie stradali in questione è stato pertanto oggetto di approfondimento da parte del Comitato operativo di viabilità (C.O.V.), riunitosi presso la prefettura di Caserta lo scorso 30 maggio.
  In tale sede, con riferimento ai sistemi di rilevazione della velocità, è stato ritenuto preferibile l'utilizzo di postazioni mobili piuttosto che di quelle fisse posto che da uno studio sull'incidentalità stradale è emerso che il fenomeno non risulta localizzato in specifici tratti ma è diffuso sull'intero percorso delle due strade provinciali.
  Al fine di elevare gli
standard di sicurezza è stato altresì auspicato il posizionamento, in alcuni punti critici, di dissuasori elettronici con segnalazione della velocità in tempo reale.
  A seguito della riunione del comitato, la provincia di Caserta ha fornito alla Prefettura il cronoprogramma degli interventi tecnici di manutenzione da effettuare, ivi compreso l'incremento della segnaletica di pericolo verticale e orizzontale, specificando che le due strade provinciali vengono sottoposte a continui controlli e monitoraggi da parte del personale preposto alla sorveglianza e che sono oggetto di interventi di manutenzione compatibilmente con le risorse finanziarie dell'ente.
  La provincia ha anche sottolineato che dalla statistica incidentale dalla stessa effettuata è emerso che il
trend degli incidenti su strada è rimasto costante rispetto agli anni precedenti.
  Si assicura, infine, che l'attività di coordinamento delle attività di controllo sulle strade in questione e gli interventi di manutenzione programmati dalla provincia saranno oggetto di ulteriori approfondimenti in sede di C.o.v. presso la prefettura di Caserta, che mantiene alta l'attenzione al fine di porre in essere tutte le azioni di competenza necessarie al miglioramento della sicurezza stradale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in una nota rilasciata dal Sindacato nazionale autonomo polizia penitenziaria viene lamentato come, nella casa circondariale di Teramo, persistano da tempo gravi carenze di personale organico, non potendo quindi provvedere alla gestione ottimale dello stesso qualora si presenti la necessità di rimodulare i posti di servizio, se non a discapito del già preoccupante livello di sicurezza in cui versa l'istituto penitenziario. Risulta inoltre impossibile anche l'impiego di personale organico dei vari uffici, in quanto di numero inferiore rispetto alle previsioni, nonostante la mole di lavoro e le competenze siano aumentate esponenzialmente negli ultimi anni;

   nella nota viene chiesto disperatamente agli uffici superiori un aumento dei contingenti di Polizia penitenziaria, al fine di migliorare le condizioni lavorative del personale, predisporre un piano di smaltimento di congedo ordinario pregresso (allo stato attuale vi sono 17647 giorni di congedo ordinario da smaltire) e prevedere di un aumento dei livelli di sicurezza unitamente alla diminuzione del ricorso al lavoro straordinario (dal 1° novembre 2021 al 31 gennaio 2022 sono state già consumate ben 13.742 ore di straordinario, ben 4.500 ore al mese);

   infatti, nel 2017, è stato previsto un ammontare di personale in organico pari a 216 unità, ma quello effettivamente in servizio è di sole 142 unità. Ciò ha comportato che le diverse integrazioni predisposte nel corso degli anni siano state interamente assorbite dai nuovi collocamenti in quiescenza o da diversi distacchi predisposti dagli uffici superiori;

   come se ciò non bastasse, nel mese di gennaio 2022 sono stati emanati dei provvedimenti urgenti di integrazione organica per alcuni istituti, più precisamente con le note del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria n. 0029912 e 0032154 rispettivamente del 26 gennaio 2022 e 29 gennaio 2022, dove sorprendentemente però non veniva inclusa la casa circondariale di Teramo, nonostante fossero già state segnalate le gravissime difficoltà operative ivi esistenti;

   viene infine evidenziato come, a queste condizioni, non risulti possibile predisporre i basilari servizi essenziali di sicurezza, quali ad esempio il servizio armato della sentinella e il servizio armato della pattuglia automontata, e come, nel caso di eventuali servizi non programmati, si renda necessario richiamare in servizio il personale posto in congedo o in riposo, soprattutto quando alcuni membri del personale risultino positivi al COVID-19. Nello stesso istituto, inoltre, risultano essere positivi allo stesso oltre 100 detenuti, comportando ulteriori tensioni all'interno dei reparti detentivi;

   quanto lamentato dal Sinappe va ad aggiungersi alle innumerevoli altre notizie riguardanti la situazione in cui versano i nostri istituti penitenziari, così come evidenziato in passato dall'interrogante. In uno Stato che si prefigge l'obiettivo di garantire i diritti di tutti i suoi lavoratori e di assicurare la sicurezza di tutti i suoi cittadini, situazioni del genere non possono più essere tollerate –:

   quali siano i motivi per cui la casa circondariale di Teramo sia stata esclusa dai provvedimenti di reintegrazione dell'organico emanati a gennaio 2022 dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di garantire una maggiore e migliore gestione delle nostre carceri.
(4-11519)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante riportata la notizia circa l'esclusione del carcere di Teramo dai provvedimenti straordinari di integrazione organica del personale del Corpo di polizia penitenziaria emanati nel mese di gennaio 2022 avanza quesiti sulle iniziative che si intendano perciò assumere.
  La tematica della carenza degli organici, come più volte ribadito, è alla costante attenzione dell'Amministrazione.
  Il Ministero, pertanto, pone forte attenzione alle esigenze di garantire, per quanto possibile, un efficace
turn over del personale, per superare le criticità evidenziate derivanti in particolare da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Sul punto mi pregio segnalare che nell'arco del quinquennio 2021-2025, oltre al
turn over, è autorizzata, altresì, l'assunzione straordinaria di complessive 2.804 unità.
  Come riferito in sede di risposta ad analoghe interrogazioni sul tema dell'organico del Corpo della polizia penitenziaria, si rappresenta che la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista dal successivo intervento normativo ha rimodulato la dotazione complessiva del Corpo della polizia penitenziaria che, ad oggi, conta 41.595 unità.
  Quanto all'organico di Polizia penitenziaria del carcere di Teramo, effettivamente si rileva una corposa differenza formale di 51 unità tra la dotazione organica prevista, pari a 216 unità e quella formalmente amministrata, pari a 165.
  Tuttavia, in ragione delle unità distaccate in entrata, pari a 4, ed in uscita, pari a 9, la forza in concreto presente è pari a 160 unità.
  La carenza maggiore si riferisce al ruolo degli agenti-assistenti (-27), laddove nel ruolo dei sovrintendenti la carenza è di 14 unità, quindi di 9 in quello degli ispettori e di una nel ruolo dei funzionari.
  In ordine alla carenza di appartenenti alla carriera dei funzionari, risulta bandito il concorso pubblico per 120 posti di allievo commissario, al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.
  Quanto al ruolo degli ispettori è stato indetto un concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti un ulteriore concorso pubblico per n. 411 posti.
  All'esito delle relative procedure concorsuali, l'Amministrazione terrà nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale che connota il penitenziario di Teramo, attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  In riferimento al ruolo dei sovrintendenti, nel mese di giugno 2021, è stato indetto il concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti relativi alle vacanze disponibili nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2018 e 31 dicembre 2020.
  Al riguardo, si comunica che l'Amministrazione ha previsto, indicativamente, l'assegnazione, presso la casa circondariale di Teramo, di n. 2 unità del ruolo sovrintendente maschile.
  Per quanto riguarda il ruolo agenti/assistenti, si evidenzia che con provvedimento 21 maggio 2021 è stato disposto un incremento organico straordinario presso la casa circondariale di Teramo di n. 7 unità maschili e, successivamente, l'organico è stato ulteriormente incrementato di ulteriori n. 10 unità maschili e n. 1 unità femminile, in occasione delle assegnazioni del 178° corso, avvenute nel mese di luglio 2021.
  Si rappresenta, da ultimo, che, nell'ottica di ridurre la carenza di personale che connota la casa circondariale di Teramo, relativamente al ruolo agenti/assistenti, a conclusione del 179° e 180° corso allievi agenti, prevista, rispettivamente, nei mesi di maggio e luglio 2022, l'organico del provveditorato regionale per il Lazio, l'Abruzzo e il Molise sarà incrementato, rispettivamente, di 303 agenti del ruolo maschile e 49 agenti del ruolo femminile, da distribuire negli istituti di competenza del distretto, tra i quali rientra anche quello di Teramo e per il quale l'Amministrazione avrà cura di valutare l'assegnazione di un adeguato numero di unità.
  Tutto quanto sopra contribuirà ad alleviare le difficoltà inerenti le carenze di organico evidenziate e chiarisce le ragioni per cui i successivi incrementi straordinari disposti nel mese di gennaio u.s. sono stati adottati in favore di dieci istituti penitenziari che, in quel momento, presentavano maggiori criticità di organico.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da articoli pubblicati sui siti online dei quotidiani «Corriere della Sera» e «Avvenire» dell'11 maggio 2022, si apprende dell'arresto del cardinale Joseph Zen, accusato dalle autorità cinese di «collusione con forze straniere» secondo quanto stabilito dalla «legge di sicurezza nazionale cinese», istituita nell'ottobre del 2021 e utilizzata come vera e propria arma di repressione nei confronti degli attivisti democratici di Hong Kong;

   il cardinale, infatti, rappresenta una figura di spicco del movimento democratico in contrapposizione al governo comunista cinese e alle sue politiche antidemocratiche e repressive, figurando come garante del fondo «612 Humanitarian Relief», costituito al fine di sostenere gli attivisti che hanno preso parte alle manifestazioni del 2019 e successivamente disciolto nell'ottobre 2021 a causa delle politiche di repressione instaurate dal governo di Pechino;

   ciononostante, le autorità comuniste cinesi hanno proseguito con l'arresto degli attivisti del movimento democratico di protesta, imprigionando, infine, lo stesso cardinale Zen al fine di interrogarlo. Da tempo, infatti, il porporato cinese risulta essere inviso al governo comunista anche per le sue posizioni fermamente contrarie alle ingerenze del Partito comunista sulle comunità religiose presenti in Cina, criticando apertamente la rimozione delle croci dalle chiese e per aver celebrato messa per i martiri di Tienanmen massacrati dall'esercito comunista nel 1989, noncurante delle ritorsioni che avrebbe potuto in tal modo subire. Inoltre, il cardinale Zen ha sempre difeso strenuamente lo statuto speciale della città di Hong Kong, base del principio «Un Paese due sistemi», in vigore dal 1997;

   il cardinale Zen è la limpida rappresentazione degli ideali di libertà e democrazia su cui poggiano la cultura politica, giuridica e sociale dell'Italia, la quale non può e non deve rimanere indifferente di fronte alla loro violazione da parte del governo dittatoriale della Cina comunista, manifestando la propria posizione nettamente contraria alle politiche liberticide del governo di Xi Jinping –:

   se il Governo intenda esprimere ferma condanna verso i numerosi e continui arresti degli attivisti di Hong Kong;

   se il Governo intenda chiedere l'immediata scarcerazione del cardinale Joseph Zen;

   se il Governo intenda contestare pubblicamente la «legge di sicurezza nazionale cinese» in quanto strumento lesivo delle libertà e dei diritti dei cittadini di Hong Kong.
(4-12081)

  Risposta. — Il Governo italiano non ha mai mancato, sia in ambito dell'Unione europea che in tutti i consessi internazionali, di esprimere le proprie gravi preoccupazioni per il radicale restringimento dei diritti e delle libertà fondamentali ad Hong Kong, incluse le libertà di espressione, riunione e associazione pacifica e di stampa. Continuiamo a seguire con massima attenzione gli sviluppi ad Hong Kong, anche in relazione alle ultime vicende richiamate dall'onorevole interrogante.
  L'Italia si è ripetutamente pronunciata in questi anni, assicurando pieno sostegno a numerose iniziative in ambito ONU, UE e G7, nella convinzione che esprimersi con una sola voce forte e coesa su tali temi assicuri maggiore efficacia e incisività. Allo stesso modo, abbiamo sollevato la questione nelle occasioni di dialogo bilaterale con le controparti cinesi, incluso l'incontro a Roma del 29 ottobre 2021 tra il Ministro Di Maio e il suo omologo, il Consigliere di Stato e Ministro degli esteri cinese Wang Yi.
  Tra le ultime iniziative, l'Italia ha sostenuto e aderito alle dichiarazioni dell'Unione europea dell'8 maggio 2022 e G7 del 9 maggio 2022. Si tratta di prese di posizione fortemente critiche dell'intero processo di selezione ed elezione del nuovo
Chief Executive della regione amministrativa speciale. Insieme ai partner G7, alle Istituzioni europee e agli altri Paesi membri dell'Unione europea l'Italia ha affermato che questa elezione, basata sulla riforma elettorale in senso restrittivo del marzo 2021, infligge un ulteriore severo colpo agli spazi democratici ad Hong Kong, minando alle fondamenta la tenuta del principio «Un Paese, due Sistemi». Con queste dichiarazioni, l'Italia si è unita all'appello alle autorità cinesi e hongkonghine per il pieno rispetto dello stato di diritto, basato sull'autonomia del potere giudiziario e della magistratura locale.
  Alle Nazioni Unite, sia in consiglio diritti umani che nell'ambito della III Commissione dell'Assemblea generale, insieme a numerosi
partner dell'Unione europea e Paesi che come noi hanno a cuore la tutela e la promozione dei diritti umani, abbiamo a più riprese espresso la nostra preoccupazione per il deterioramento delle libertà fondamentali e il restringimento degli spazi della società civile ad Hong Kong. Le riforme del sistema elettorale, la legge sulla sicurezza nazionale, la progressiva erosione della libertà di stampa e l'indipendenza del potere giudiziario sono state il principale oggetto dei nostri interventi.
  Nell'ambito della
Media Freedom Coalition, una coalizione di 50 Stati finalizzata a sostenere la libertà dei media e la libertà e la sicurezza dei giornalisti, il 7 febbraio 2022 abbiamo aderito a una dichiarazione congiunta di ferma condanna del pesante attacco alla libertà di stampa ad Hong Kong, dopo averlo già fatto a luglio dell'anno scorso.
  La vicenda del cardinale Joseph Zen, punto di riferimento per la società cattolica ad Hong Kong, e degli attivisti arrestati con lui – a cui risulta essere stata concessa la libertà su cauzione con divieto di espatrio – non fa che confermare le gravi preoccupazioni sul radicale restringimento in atto delle libertà fondamentali ad Hong Kong. Tra queste soprattutto quelle di opinione ed espressione e di religione o credo. L'Italia sta seguendo da vicino e con grande attenzione il procedimento a carico degli imputati, a partire dall'udienza preliminare tenutasi il 24 maggio 2022. Lo stesso continueremo a fare durante il processo, previsto iniziare il prossimo settembre.
  Le ultime vicende hanno confermato la validità delle scelte di politica estera del Governo che, sia sul piano bilaterale che congiuntamente ai
partner dell'Unione europea e G7, ha manifestato con chiarezza le proprie preoccupazioni sulla situazione ad Hong Kong fin dal primo annuncio di introduzione della legge di sicurezza nazionale, il 21 maggio 2020, ad avviso nostro e dei nostri partner non conforme con la legge fondamentale di Hong Kong e con gli impegni internazionali assunti dalla Cina con la dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   EHM, SURIANO, SARLI e BENEDETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da anni i porti italiani accolgono navi con presunti armamenti a bordo, destinate ai territori di guerra;

   in particolare, negli ultimi giorni, scortata dalla Guardia di finanza, è arrivata al porto di Genova la nave saudita «Bahri Jeddah»;

   i lavoratori e gli osservatori indipendenti come «the Weapon Watch» hanno accumulato prove sulle navi saudite, che dimostrerebbero la presenza a bordo di armi e merci esplosive (munizioni e bombe);

   le autorità portuali, doganali e di polizia continuano a ignorare sia le proteste dei portuali genovesi contro le navi saudite, sia l'attenzione dei media internazionali, dei parlamentari europei e dei sindacati internazionali dei cosiddetti dockers;

   l'Osservatorio Weapon Watch sottolinea che gli ispettori dell'Autorità portuale non rispondono nemmeno alle istanze formali di accesso agli atti per conoscere il carico delle Bahri, e non interverranno in assenza di precise segnalazioni di pericolo procurato dalla vicinanza di materiali esplosivi: dovranno essere i lavoratori a dimostrarne l'esistenza;

   una nave della compagnia saudita ha già violato il blocco dell'embargo verso la Libia, come riferito da un panel di esperti Onu in un rapporto del giugno 2017;

   da essa, in più occasioni sono state caricate bombe fabbricate in Sardegna da RWM Italia e destinate all'Arabia Saudita, bombe di cui un rapporto Onu ha dimostrato l'impiego in bombardamenti in Yemen, contro le popolazioni locali;

   veicoli blindati di fabbricazione polacca, canadese, statunitense, francese, trasportati dalla compagnia «Bahri», sono stati più volte utilizzati in combattimento dalla coalizione saudita, durante la guerra yemenita;

   inoltre, secondo i report dei Lloyd's inglesi, le navi saudite avrebbero ripetutamente utilizzato la pratica illegale di spegnere i transponder in navigazione;

   per protestare contro l'arrivo di questa in porto, il sindacato Usb e il Calp (collettivo autonomo lavoratori portuali) hanno indetto, il 31 marzo, uno sciopero di 24 ore per tutti i lavoratori dello scalo genovese, con un presidio dalle 6 di mattina in prossimità del terminal in cui sarebbe dovuta attraccare la nave, ed a seguito di un altro presidio di fronte alla prefettura, una delegazione di Usb è stata ricevuta dall'autorità competente;

   tutti i principali porti italiani sono interessati al transito di armamenti destinati ad aree di conflitto: nel febbraio 2020, a Genova, fu ordinato il sequestro del cargo libanese «Bana» i cui ufficiali sono stati accusati di traffico d'armi dalla Turchia alla Libia; nel maggio e giugno 2021 sono transitati dai porti di Genova, Livorno, Napoli, Ravenna mezzi carichi di bombe destinati a Israele per il bombardamento di Gaza; mezzi contenenti armamenti ed esplosivi di fabbricazione francese sono stati trasportati in oltre 200 container dalle navi della compagnia Ignazio Messina da Marsiglia-Fos (passando per Genova) ai porti sauditi nel periodo 2017-2020; infine è stata sequestrata al largo di Dakar in Senegal la nave «Eolika» – sotto bandiera guyanese – partita dalla Spezia con un carico di munizioni Fiocchi destinato alla Repubblica Dominicana;

   i transiti descritti, se provati, contrasterebbero palesemente il valore costituzionale sancito dall'articolo 11, i principi sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato, al fine di assicurare l'applicazione della legge n. 185 del 1990, nonché il rispetto delle norme del Trattato internazionale sul commercio delle armi, firmato e ratificato dal Parlamento, ed in particolare degli articoli 6 e 7, che prescrivono il divieto in capo alle autorità di consentire il transito di armamenti di cui si possa presumere l'impiego in conflitti che violano gravemente i diritti umani, o in cui si possano commettere crimini di guerra e genocidi.
(4-11866)

  Risposta. — La Bahri Jeddah è una delle navi della compagnia saudita «Bahri» che effettuano la rotta tra i Paesi nordamericani e quelli del Golfo Arabico, con scalo nel porto di Genova presso lo Steinweg Genoa Metal Terminal.
  Il transito di queste navi appartenenti alla flotta saudita è da sempre oggetto di forte dissenso da parte dei lavoratori portuali, appartenenti perlopiù al Collettivo autonomo lavoratori portuali (C.A.L.P.) e ai movimenti antagonisti-antimilitaristi-pacifisti, che in varie occasioni hanno ribadito la loro contrarietà al passaggio di navi contenenti materiale militare.
  Le contestazioni si sono manifestate principalmente attraverso attività di volantinaggio, presidi e blocchi ai varchi portuali per ostacolare le operazioni di carico e scarico, nonché, in taluni casi, attraverso lanci di razzi da segnalazione verso lo scafo, soprattutto durante le manovre di attracco o di uscita dal porto. Al riguardo, la locale Digos ha comunicato che i responsabili sono stati segnalati alla competente autorità giudiziaria, presso la quale i relativi procedimenti penali sono nella fase delle indagini preliminari.
  Con riferimento allo specifico episodio citato in questa interrogazione, si rappresenta che il 4 aprile 2022 è pervenuta alla prefettura di Genova una nota dell'Agenzia marittima Delta S.r.l., con cui è stato comunicato il transito nello scalo genovese di materiale militare collocato a bordo della nave «Bahri Jeddah», battente bandiera dell'Arabia Saudita, proveniente da Baltimora (USA) e diretta verso il porto di Alessandria (Egitto) e con destinazioni di sbarco a Jeddah e Damman (Arabia Saudita) e Jebel Ali (per Emirati Arabi Uniti e Bahrain).
  Con lo stesso documento sono state trasmesse le informazioni relative alle previste date di attracco e di ripartenza e ai materiali di armamento ed esplosivi trasportati.
  La prefettura di Genova, con nota dell'11 aprile 2022, ha preso atto del transito del materiale militare, anche pericoloso ed esplosivo, ma non radioattivo, specificando che sarebbe dovuto rimanere a bordo della nave senza alcuna movimentazione durante le operazioni di imbarco e sbarco e senza oltrepassare la linea doganale.
  Per i profili di rispettivo interesse, la prefettura di Genova ha informato la questura, la Capitaneria di porto, la Polizia di frontiera marittima e l'Agenzia delle dogane di Genova.
  Più nello specifico, la richiesta di transito di merci pericolose del raccomandatario marittimo è stata trasmessa alla capitaneria di porto di Genova competente per i profili inerenti alla sicurezza della navigazione tramite sistema PMIS2 (interfaccia unico nazionale per l'invio delle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo e in partenza dai porti italiani). La richiesta era corredata dai seguenti, necessari allegati:

   autorizzazione/comunicazione al transito della merce, rilasciata dalla prefettura-UTG di Genova;

   dichiarazione dell'Agenzia marittima delta contenente il dettaglio della merce militare pericolosa in transito;

   dichiarazione dell'Agenzia marittima delta indirizzata alla prefettura di Genova sul transito della nave.

  In concomitanza con l'accosto della nave, il personale dipendente dalla locale capitaneria di porto ha provveduto a effettuare l'ordinaria attività di verifica e controllo del carico, prevista per il materiale classificato come merce pericolosa ai sensi del codice IMDG (International maritime dangerous goods code), recepito nell'ordinamento nazionale con il decreto del Presidente della Repubblica n. 134 del 2005.
  L'attività di controllo si è incentrata sulla verifica del documento di conformità per il trasporto di merci pericolose della nave e sull'adempimento delle prescrizioni contenute nell'ordinanza n. 123 del 28 maggio 2004 della capitaneria di porto di Genova e successive modifiche e integrazioni.
  Non risultano essere stati imbarcati o movimentati
container contenenti armi ed esplosivi durante lo scalo al porto di Genova, né risulta che materiale di armamento o esplosivi presenti a bordo della nave abbiano oltrepassato la linea doganale.
  L'autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale (AdSP) ha inoltre informato di aver eseguito nel periodo dicembre 2020-febbraio 2022 ben cinque sopralluoghi su navi della flotta saudita Bahri atti a verificare la sicurezza sul lavoro durante le attività di movimentazione di carico/scarico della merce. In nessuno dei casi il sopralluogo ha rilevato elementi di pericolosità conseguenti alla presenza di merci esplosive, talora presenti, ma non movimentate dalle maestranze portuali, in quanto già stoccate a bordo, in modo regolare.
  Con riferimento al passaggio dell'osservatorio
Weapon Watch, relativo al diniego di accesso ai documenti per conoscere il carico della Bahri, la stessa autorità di sistema portuale sottolinea di non essere destinataria di documenti di trasporto delle singole navi per ciò che concerne le merci pericolose non destinate ad essere sbarcate e stoccate in aree portuali, ma in transito.
  Si evidenzia, inoltre, che la legge n. 185 del 1990 relativa al controllo sulla movimentazione dei materiali d'armamento all'articolo 16 prevede che le disposizioni della legge non si applicano ai casi di attraversamento nel territorio dello Stato dei materiali di armamento oggetto di transazioni commerciali all'estero da parte di soggetti residenti in Stati terzi.
  In tali casi, nonché in ogni altro caso di introduzione nel territorio dello Stato dei materiali di armamento che non debbono varcare a qualsiasi titolo la linea doganale e che sono destinati ad altri Paesi, si applicano, sempreché i materiali stessi siano iscritti a manifesto, esclusivamente le disposizioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
  Si tratta evidentemente di una norma tesa ad assicurare il rispetto delle normative internazionali sui trasporti.
  Ove ne ricorrano i presupposti (motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza o di sicurezza dello Stato) è previsto che il prefetto competente sulla base delle leggi di pubblica sicurezza possa negare l'autorizzazione per l'introduzione nel territorio dello Stato.
  Analogamente, non sono applicabili gli articoli 6 e 7 del Trattato sul commercio delle armi, che presuppongono il rilascio di una autorizzazione da parte del Paese che concede il trasferimento o l'esportazione delle armi. L'autorizzazione, nel caso in esame, non ricade sull'Italia, ma sul Paese che ne ha autorizzato il trasferimento o l'esportazione.
  In conclusione, il trasporto effettuato dalla nave saudita Bahri Jeddah non è riconducibile alla disciplina della legge n. 185 del 1990, in quanto si tratta di materiali oggetto di transazioni commerciali operate da soggetti non residenti sul territorio nazionale che, per le ragioni indicate, non possono essere titolari di autorizzazione italiane. Inoltre, i materiali imbarcati sulla nave saudita non varcano la linea doganale e sono destinati ad altri Paesi.
  Gli altri casi citati nello stesso atto parlamentare sono ascrivibili a diverse fattispecie:

   il cargo libanese Bana avrebbe violato l'embargo disposto da ONU e UE e nei confronti della Libia, circostanza che è verosimilmente all'origine del provvedimento di sequestro disposto dalla magistratura;

   nel caso dell'Eolika, il materiale presente sulla nave, posta sotto sequestro dalle autorità del Senegal, risulta esportato da un'azienda italiana dietro regolari licenze concesse dall'Autorità nazionale – UAMA, aventi per destinatari le autorità della Repubblica dominicana. Il sequestro della nave da parte delle autorità del Senegal è attualmente oggetto di un procedimento giudiziario in quel Paese, che le autorità italiane stanno seguendo, ma che non risulta sinora evidenziare profili di illiceità per quanto attiene l'azienda italiana interessata;

   gli ulteriori attraversamenti di armi dirette verso Israele e verso i porti sauditi rientrano infine nella stessa casistica già evidenziata con riferimento alla Bahri Jeddah.

  Per le ragioni sopra indicate, non ravvisando violazioni della legge n. 185 del 1990, né delle altre disposizioni internazionali citate, non si ravvede la necessità di assumere specifiche iniziative in proposito.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   EHM, BENEDETTI, SARLI e SURIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'11 maggio, la giornalista e reporter di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh – cittadina palestinese con passaporto americano – è rimasta uccisa da colpi di arma da fuoco durante scontri tra miliziani palestinesi ed esercito israeliano, a seguito di un raid per l'arresto di «sospetti terroristi», condotto dall'esercito israeliano nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania. L'operazione ha altresì ferito alla schiena il collega della giornalista, Ali Sammoudi;

   da una prima ricostruzione fornita dalla giornalista Shatsa Hanaysha, presente al fatto, parrebbe che, al momento dell'uccisione – nel campo di Jenin – fosse in atto un'incursione dell'esercito israeliano per l'arresto di un presunto militante armato del Jihad Islami, durante la quale sarebbero partiti spari contro i giornalisti;

   secondo la ricostruzione della giornalista, la vittima indossava giubbotto antiproiettile, elmetto e pettorina di riconoscimento, sulla quale, era ben visibile la dicitura «PRESS», alle spalle dei due giornalisti vi era un muro, ed, inoltre, al momento dell'uccisione, non vi erano in corso conflitti a fuoco tra le due fazioni;

   la testimonianza è resa attendibile da numerosi video sul ritrovamento del cadavere della giornalista;

   da ciò, è facilmente deducibile che i colpi fossero voluti e non casuali;

   la narrazione illustrata è stata ripresa anche dalla CNN, che, ricostruendo l'accaduto e acquisendo testimonianze, ha accertato che, al momento dell'uccisione non erano presenti militanti palestinesi; secondo «Reporter senza frontiere», è altamente probabile che, nel caso di specie, vi sia la violazione – da parte degli autori dell'omicidio – dei principi contenuti nella Convenzione di Ginevra e nella Risoluzione del Consiglio di sicurezza sulla protezione dei giornalisti n. 2222(2015), mentre le associazioni per la difesa della libertà di stampa chiedono un'indagine internazionale;

   secondo i dati di tali organizzazioni, Shireen Abu Aqleh sarebbe la 26° giornalista uccisa in servizio nel 2022;

   l'uccisione è avvenuta nella città simbolo della resistenza palestinese, dopo gli scontri del 2022;

   a seguito di tali fatti, il Governo di Israele, nella persona del Ministro della difesa Benny Gantz, ha comunicato che da parte dell'esercito israeliano non vi sarebbero state azioni dirette verso la giornalista e ha informato di volere avviare un'indagine congiunta con il Governo palestinese;

   tale Governo ha immediatamente rifiutato, facendo sapere che il caso sarà presto sottoposto alla Corte Penale Internazionale;

   il fatto ha provocato l'indignazione del Dipartimento di Stato USA che lo ha definito «un affronto alla libera stampa mondiale», alla quale si è unita la condanna dell'Unione Europea, che in una nota ha ribadito che «è essenziale un'indagine approfondita e indipendente, idonea a chiarire quanto prima le circostanze, al fine di assicurare i responsabili alla giustizia»;

   il Viceministro degli esteri del Governo italiano, Marina Sereni, ha espresso preoccupazione «per il rischio che il drammatico episodio possa alimentare le tensioni e le violenze nei territori palestinesi e in tutto il Medio Oriente», individuando, nel corso della riunione «Ad Hoc Liaison Committee for Palestine», quale unica soluzione per garantire sicurezza di quei territori, la separazione dei due popoli e dei due Stati;

   quanto riportato trova fondamento nell'aperto risentimento proveniente da diversi attori internazionali del Sud del Mondo in occasione della guerra in Ucraina, sulla quale alcuni Stati occidentali avrebbero espresso forme di «indignazione selettiva» –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato, al fine di avviare immediatamente, in accordo con i Paesi dell'Unione europea e con le organizzazioni internazionali, un'indagine nelle competenti sedi internazionali, per ottenere verità, trasparenza e giustizia su quanto accaduto, per individuare i responsabili e per assicurare la libertà di stampa e l'incolumità dei giornalisti che operano nei territori di conflitto.
(4-12080)

  Risposta. — Il Governo ha immediatamente espresso la forte condanna dell'Italia per l'uccisione della giornalista Shireen Abu Akleh. Oltre al tweet della Farnesina a poche ore della sua tragica morte, ho rilasciato un comunicato lo stesso 11 maggio, giorno in cui la giornalista è stata uccisa. Ho rappresentato in maniera netta la gravità assoluta di quanto accaduto e sottolineato la necessità impellente di chiarirne al più presto la dinamica. La Farnesina ha successivamente espresso ferma condanna anche per l'ingiustificata violenza ai danni del corteo funebre della giornalista, sotto gli occhi di tutti il 13 maggio in un filmato che ha fatto il giro del mondo.
  L'Italia è sempre stata in prima linea nella difesa della libertà di stampa. Assicurare ai giornalisti la possibilità di svolgere il proprio lavoro liberamente, senza timore di subire violenze o minacce alla propria incolumità, è responsabilità di ogni Paese democratico.
  Non posso quindi che ribadire l'assoluta convinzione del Governo circa la necessità di chiarire le circostanze di questa terribile morte e di individuare e perseguire i responsabili attraverso un'approfondita indagine indipendente. L'Unione europea condivide con noi questa posizione di assoluta fermezza. Con i nostri partner seguiamo infatti con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda. Siamo impegnati a promuovere un'azione diplomatica coerente e coesa, per sensibilizzare le parti a fare chiarezza su quanto accaduto.
  Si tratta purtroppo dell'ennesimo capitolo di una ormai lunghissima storia di contrapposizioni e ostilità tra israeliani e palestinesi. Le ultime settimane sono state segnate da una ripresa di attacchi terroristici in Israele e di scontri a Gerusalemme est e in Cisgiordania. Le vittime tra la popolazione civile sono state numerose e il livello di tensione si è fortemente innalzato.
  La nuova ondata di violenza, ulteriore prova dell'insostenibilità dello
status quo, ci ricorda la necessità di ogni possibile sforzo per giungere ad una soluzione reale, vera e duratura del conflitto israelo-palestinese.
  Il Governo sta facendo la sua parte, dedicandosi con determinazione e impegno a favorire la creazione di condizioni per un ritorno delle parti al tavolo negoziale. È nostra ferma convinzione che la soluzione di uno dei conflitti più lunghi della storia recente non possa che passare attraverso la realizzazione di due diritti: quello di Israele ad esistere in pace e sicurezza e quello dei palestinesi a vivere vite normali in uno Stato sovrano e autonomo.
  Il 9 e 10 maggio 2022 l'Ad Hoc Liaison Committee – meccanismo di coordinamento dell'assistenza internazionale a favore dei Territori palestinesi creato nel solco degli Accordi di Oslo – ha fornito l'occasione per ribadire il persistente impegno italiano per il rilancio della prospettiva a due Stati, insieme al consolidato sostegno del nostro Paese allo sviluppo socio-economico palestinese e ad UNRWA.
  Il nostro impegno a favore della pace proseguirà, con costanza e determinazione. Continueremo anche per questo, con coerenza, a chiedere di fare chiarezza sull'uccisione di Shireen Abu Akleh. L'accertamento di questa e di altre verità contribuirà a costruire fiducia reciproca e a porre fine a uno stillicidio che si protrae in Terra Santa da troppi anni.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   FARO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Foggia ha emanato quattro bandi di concorso per il reclutamento di tre istruttori direttivi tecnici, cat. D, due posti di istruttore tecnico, cat. C, due posti di istruttore amministrativo tecnico cat. D e tre posti di istruttore tecnico cat. C, per un totale di dieci posizioni lavorative a tempo pieno ed indeterminato, per le quali hanno presentato domanda di partecipazione circa 1974 candidati;

   nel luglio 2021, l'amministrazione provinciale di Foggia, a mezzo delibera del presidente Nicola Gatta decise di eliminare le prove preselettive e la prova orale, unificando le procedure concorsuali in una unica prova selettiva da svolgersi con l'utilizzo di mezzi informatici e digitali ai sensi di quanto previsto all'articolo 10 del decreto-legge n. 44 del 2021;

   le prove selettive si sono svolte presso Formedil con il supporto tecnico dell'impresa barese SeleteK per i supporti informatici;

   ma, al momento delle prove selettive, candidati si sono trovati di fronte ad uno scenario completamente diverso da quello descritto nei bandi per i quali si erano candidati;

   infatti, contrariamente a quanto previsto dal decreto-legge n. 44 del 2021 e dal testo dei bandi di concorso sopra richiamati, i candidati non hanno potuto svolgere la prova d'esame con il supporto degli strumenti informatici, ovvero i tablet, bensì hanno dovuto rispondere al questionario, oggetto della prova selettiva, su supporto cartaceo e in forma anonima, mediante l'utilizzo di una griglia cartacea sulla quale apporre le proprie risposte ai quiz;

   ma ciò che appare ancor più irrituale è che solo in sede di concorso, i candidati hanno appreso dell'esistenza di una ulteriore prova d'esame, avente ad oggetto quiz di inglese e informatica, con efficacia escludente, ovvero in caso di mancato superamento della predetta prova, il test successivo ed inerente alle materie indicate nel bando non sarebbe stato preso in considerazione ai fini della valutazione di idoneità;

   tali circostanze hanno di fatto limitato la trasparenza delle procedure concorsuali, alimentando numerosi dubbi, tra i candidati, circa la correttezza delle procedure concorsuali;

   tali dubbi sono stati successivamente alimentati a seguito della pubblicazione delle graduatorie a seguito dell'espletamento del concorso, che vedrebbero tra i primi in graduatoria e, quindi vincitori, almeno 5 candidati che sarebbero legati a vario titolo ad ambienti politici vicini all'amministrazione provinciale di Foggia o già dipendenti della provincia di Foggia;

   lo scalpore suscitato dalla vicenda è stato anche ripreso dal servizio televisivo della nota trasmissione satirica Striscia la Notizia, in onda sulla rete nazionale il 28 dicembre 2021 che ha raccolto la testimonianza di uno dei partecipanti al concorso. Sulla vicenda l'amministrazione provinciale ha ribadito, con una nota pubblicata sul proprio sito istituzionale nella sezione «Amministrazione Trasparente», che le prove concorsuali si sono svolte correttamente e nel rispetto di quanto previsto dal decreto-legge n. 44 del 2021, avendo utilizzato i supporti informatici per la correzione dei test eseguiti e che l'ulteriore prova d'esame avente ad oggetto le materie di inglese ed informatica, con efficacia escludente, è conforme all'orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se il Ministro interrogato abbia adottato o intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per avviare verifiche, per il tramite dell'ispettorato della funzione pubblica, presso l'amministrazione provinciale di Foggia, circa la correttezza dell'espletamento delle prove d'esame in relazione al concorso in questione.
(4-11117)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante richiama l'attenzione del Governo su alcune procedure concorsuali, per vari profili, indette dalla provincia di Foggia e, alla luce di alcuni fatti esposti nelle premesse, chiede se il Ministro intenda avviare verifiche, per il tramite dell'ispettorato della funzione pubblica, circa la correttezza dell'espletamento delle prove d'esame in relazione ai concorsi in questione.
  Nel condividere le preoccupazioni espresse dall'interrogante, ho ritenuto opportuno attivare tempestivamente, ai sensi dell'articolo 60, comma 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l'intervento dell'ispettorato operante presso il dipartimento della funzione pubblica e di conoscerne gli esiti ai fini della risposta all'interrogante.
  Stando a quanto riportato nell'interrogazione, infatti, in base all'articolo 10 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, l'amministrazione della provincia di Foggia ha previsto l'espletamento di una sola prova scritta, nella forma della somministrazione di domande a risposta multipla, da svolgersi con l'ausilio di sistemi informatici e digitali. Il giorno della prova i candidati, contrariamente a quanto previsto dal bando, hanno trovato questionari cartacei ai quali rispondere mediante l'utilizzo di un foglio con la griglia per le risposte. Inoltre, sempre in sede di esame, i candidati sarebbero stati informati dell'esistenza di un'ulteriore prova, avente ad oggetto domande a risposta multipla di inglese ed informatica, «a sbarramento», nel senso che in caso di mancato superamento della stessa non si sarebbe proceduto alla correzione delle altre prove.
  I bandi nulla prevedevano al riguardo, limitandosi a dire che nell'ambito della medesima prova sarebbe stata accertata la conoscenza della lingua inglese e delle tecnologie informatiche più diffuse.
  Con nota DFP-0012559-P-08/02/2022, l'ispettorato della funzione pubblica ha interessato l'Amministrazione invitandola a fornire dettagliata relazione sulla vicenda.
  L'ente ha risposto con nota del 14 febbraio 2022, difendendo la validità del suo operato e, in particolare, sostenendo, per quanto riguarda il primo punto, che la prova si è svolta correttamente e nel pieno rispetto del richiamato decreto-legge n. 44 del 2021, essendo stati utilizzati i supporti informatici per la correzione dei test eseguiti. Nello specifico, viene richiamato il paragrafo dei bandi («Correzione, abbinamento e superamento della prova») in cui si dice che «la correzione degli elaborati ... avverrà ... utilizzando strumenti digitali»; viene, inoltre, citato un parere espresso sulla rivista di aggiornamento e formazione professionale in materia di pubblico impiego «Personale News», secondo il quale l'obbligo di utilizzo di strumenti informatici e digitali durante le prove scritte si può ritenere soddisfatto dall'espletamento di un test a risposta multipla con lettura ottica delle schede di risposta.
  L'ente, poi, aggiunge, che «noleggiare PC portatili o
tablet, oltre ai servizi accessori, per 2.104 candidati attesi avrebbe avuto un costo di molte decine di migliaia di euro, incompatibile con quanto stanziato in bilancio per l'espletamento dei concorsi», richiamando lo stesso articolo 10 del decreto-legge n. 44 del 2021, il quale «del resto... si preoccupa anche di precisare che le modalità semplificate, tra le quali l'utilizzo di strumenti informatici e digitali, rispettino il limite delle pertinenti risorse disponibili a legislazione vigente».
  Per quanto riguarda il secondo punto, l'Amministrazione evidenzia come i bandi in questione prevedessero espressamente, tra i «requisiti richiesti per l'ammissione al concorso» (articolo 2), quello di «possedere la capacità di utilizzo delle apparecchiature e applicazioni informatiche più diffuse (applicativi di scrittura, calcolo, comunicazione e altro) e la conoscenza della lingua inglese» (punto 12), rinviando l'accertamento della sussistenza di detto requisito alla fase della prova scritta: «nell'ambito della medesima prova si procederà all'accertamento della conoscenza della lingua inglese e delle tecnologie informatiche più diffuse» (articolo 6).
  Riferisce, inoltre, che le Commissioni, in relazione a quanto sopra prescritto, al momento dell'insediamento hanno stabilito che, nell'ambito della prova scritta, i candidati avrebbero risposto ad ulteriori 4 quesiti a risposta multipla, di cui 2 in inglese e 2 di informatica. L'idoneità sarebbe stata conseguita rispondendo correttamente a 3 quesiti su 4.
  Il
test è stato superato spio da chi ha contemporaneamente ottenuto almeno 21/30 nel questionario principale – secondo quanto previsto nel bando – e l'idoneità nelle prove di inglese e informatica.
  A supporto della correttezza del proprio operato, l'ente cita, infine, la sentenza il 3975/2020 del Consiglio di Stato, secondo la quale l'articolo 37 del decreto legislativo n. 165 del 2001 autorizza le pubbliche amministrazioni a qualificare, nei concorsi pubblici, la conoscenza dell'informatica sia come materia d'esame che come requisito di partecipazione alla selezione, aggiungendo che «l'esclusione di chi non è in possesso di detta conoscenza è coessenziale alla qualificazione della conoscenza informatica come requisito di ammissione alla procedura selettiva».
  Alla luce delle osservazioni prospettate dall'ente, per l'ispettorato della funzione pubblica non apparirebbero emergere profili di illegittimità nella procedura concorsuale.
  Per quanto riguarda lo svolgimento della prova scritta – risposte su griglie cartacee e correzione con lettore ottico – tale modalità, seppur apparentemente difforme da quanto statuito dal bando, non sembra aver inciso sulla valutazione dei candidati né sul rispetto del principio di imparzialità, potendosi, tra l'altro, accogliere le considerazioni svolte dall'ente in merito alla necessità di tener conto, nella determinazione delle modalità di svolgimento della concorso, delle risorse disponibili secondo quanto previsto dall'articolo 10, comma 3, del decreto-legge n. 44 del 2021.
  Per quanto riguarda l'accertamento della lingua inglese e delle conoscenze informatiche, si rileva che, in effetti, la richiamata pronuncia del Consiglio di Stato n. 3975/2020, sembra confermare la correttezza dell'operato dell'Amministrazione.
  Con tale pronuncia il Consiglio di Stato è intervenuto a chiarire il disposto dell'articolo 37 del decreto legislativo n. 165 del 2001 il quale stabilisce che «A decorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse...», evidenziando che, non specificando la disposizione se l'accertamento di dette competenze rappresenti un elemento da valutare alla stregua di altre materie d'esame o un requisito di partecipazione alla procedura, ha riconosciuto che, nel silenzio della norma, è rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione la scelta su come considerare tali competenze.
  Il supremo giudice amministrativo, nella citata pronuncia, giunge, dunque, alla conclusione che «una previsione di esclusione del candidato dalla procedura selettiva è di fatto implicita (essendone in pratica coessenziale) nella qualificazione della conoscenza dell'informatica quale requisito di ammissione alla procedura stessa».
  Pertanto, nonostante il bando non specifichi le modalità di accertamento delle competenze linguistiche ed informatiche – se non con l'indicazione che a ciò si sarebbe provveduto nell'ambito della prova scritta l'espressa previsione del possesso di tali capacità quale requisito di ammissione al concorso (articolo 2, punto 12 dei bandi) conferma che la somministrazione, ai fini di detto accertamento, di ulteriori quesiti «a sbarramento» o con efficacia escludente deve ritenersi corretta.
  Ciò premesso, va considerato che la provincia di Foggia, nella sua nota di riscontro, ha rappresentato che avverso le procedure concorsuali in argomento, e con riferimento ai medesimi temi sopra evidenziati, sono stati proposti 4 ricorsi al TAR di Bari da parte di alcuni candidati, dei cui esiti l'ispettorato ha chiesto di essere tenuto informato.
  Con nota del 21 aprile 2022, l'ente ha trasmesso i provvedimenti giurisdizionali emessi dal TAR Puglia, i quali, rigettando i ricorsi presentati dagli interessati, confermano la regolarità dell'operato dell'Amministrazione.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   FEDERICO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Larino, in provincia di Campobasso, soffre da tempo di carenza di personale amministrativo che non mette in condizioni il sistema giudiziario di corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità dei cittadini;

   nel tempo sono state avanzate richieste di reintegrazione di personale ma, purtroppo, senza risultati, con la conseguenza che l'attività della procura non è in grado di rispondere alle esigenze richieste;

   da note stampa raccolte sul territorio si possono leggere denunce da parte delle rappresentanze sindacali in merito a questa grave situazione di sotto dimensionamento di personale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti su esposti e quali iniziative intenda mettere in campo, sin dall'immediato, per risolvere la grave carenza di personale amministrativo presso il tribunale di Larino.
(4-11649)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, lamentando la scopertura nell'organico del personale amministrativo del tribunale di Larino (ufficio giudiziario ricompreso nel distretto di Corte di Appello di Campobasso), chiede alla Ministra della giustizia di conoscere le iniziative intraprese per sopperire a tale situazione.
  Al riguardo deve essere innanzitutto ricordato che nel distretto di Corte di appello di Campobasso si registra, quanto al personale amministrativo, una scopertura del 29,93 per cento.
  Nella prospettiva di rafforzamento dell'organico del personale amministrativo va ricordato che sono in via di conclusione le prove orali del concorso Ripam per la copertura di 2.242 posti di funzionario giudiziario.
  Merita poi di essere segnalato che nell'ambito delle attività dirette all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è previsto un progetto straordinario di reclutamento di personale amministrativo con contratto di lavoro a tempo determinato (cristallizzato nel decreto-legge del 9 giugno 2021 n. 80, convertito con modificazioni dalla legge del 6 agosto 2021 n. 113, recante «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle Pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'efficienza della giustizia») diretto a migliorare le prestazioni degli uffici giudiziari e ad accompagnare e completare il processo di transizione digitale del sistema giudiziario nello sforzo di abbattimento dell'arretrato e di riduzione della durata dei procedimenti.
  Per tale obiettivo, al pari degli altri contenuti nel PNRR, la linea di progetto non prevede l'assunzione di personale a tempo indeterminato (in quanto preclusa dalla Commissione europea) bensì investe sul potenziamento dell'ufficio per il processo e sul rafforzamento del capitale umano giovane, attraverso la costituzione di veri e propri
team di supporto al magistrato.
  In quest'ambito è prevista l'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato di 16.500 addetti all'ufficio per il processo – laureati in scienze giuridiche ed economiche, così ripartiti: sino a 16.100 unità per gli uffici giudicanti di primo e secondo grado in due cicli da 8.050 unità ciascuno (un primo ciclo per una durata massima di 2 anni e 7 mesi, un secondo ciclo per una durata massima di 2 anni); sino a 400 unità per la Corte di cassazione, in due cicli da 200 unità ciascuno (un primo ciclo per una durata massima di 2 anni e 7 mesi, un secondo ciclo per una durata massima di 2 anni).
  Con decreto emesso in data 26 luglio 2021 sono state adottate le prime, urgenti, misure organizzative idonee a dare tempestiva attuazione al PNRR e in particolare quelle necessarie per l'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato del personale amministrativo addetto all'ufficio per il processo al fine di conseguire, nei tempi utili alla realizzazione degli obiettivi fissati, la piena operatività di siffatta struttura organizzativa. La consistenza numerica complessiva delle risorse assegnate al distretto di Corte di appello di Campobasso è pari a 46 unità.
  Con il successivo decreto emesso in data 28 settembre 2021 sono stati quindi ripartiti tra i tribunali e le Corti di appello i contingenti distrettuali del personale amministrativo assunto con contratto di lavoro a tempo determinato addetto all'ufficio per il processo già individuati con il decreto ministeriale del 26 luglio 2021. Al tribunale di Larino sono state così attribuite 11 unità di addetti all'ufficio per il processo (i dati sulle cui assunzioni sono ancora in fase di aggiornamento).
  L'immissione in possesso negli uffici giudicanti di merito dei vincitori del concorso diretto alla assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato del primo contingente di 8.171 unità è avvenuta tra il 21 e il 25 febbraio 2022.
  Inoltre è stata avviata la procedura per l'assunzione di altre 5.410 unità a tempo determinato di personale tecnico (informatico, contabile, edile, gestionale e statistico) e giuridico amministrativo. Nel corso dell'anno 2024 sarà poi assunto un altro contingente di 8.250 addetti all'ufficio per il processo, che in totale saranno 16.500.
  Ovviamente, tutto quanto sinora illustrato non preclude la possibilità
medio tempore di garantire una migliore funzionalità dei servizi attraverso provvedimenti di natura transitoria, quali ad esempio i comandi da altre pubbliche amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sedi, tutti strumenti previsti nell'accordo sulla mobilità del personale amministrativo del 15 luglio 2020.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   in tema di coesione territoriale è essenziale rilanciare lo sviluppo economico della Calabria, attraverso il miglioramento di tutte le infrastrutture di servizio al territorio, per garantire un efficiente collegamento della regione con la rete nazionale dei trasporti e con le reti Trans-europee (Ten-T Core), valorizzare le straordinarie ricchezze naturali, paesaggistiche e culturali, accrescere la competitività delle aziende e l'attrattività degli investimenti;

   in particolare, appare essenziale intervenire sia sulla viabilità stradale calabrese che sulla rete ferroviaria, al fine di garantire i collegamenti tra aree industriali e la rete nazionale ed europea e ridurre i tempi di percorrenza e gli oneri connessi alla logistica nelle aree portuali e in tutto il sistema produttivo;

   la strada statale n. 106 Ionica è un'arteria strategica non solo per la Calabria ma per l'intero Mezzogiorno, che collega i due capoluoghi, i comuni costieri, l'autostrada del Mediterraneo e l'autostrada A14 «Adriatica»;

   la strada statale 106 oggi è già compresa nella Rete Ten-T Comprehensive (cioè «secondaria»), da Taranto fino a Catanzaro Lido, mentre il tratto compreso tra Catanzaro Lido e Reggio Calabria è rimasto inspiegabilmente fuori dalla Rete Ten-T;

   la delegata europea ai trasporti, Adina Vãlaen, rispondendo all'interrogazione E-004011/2021 dell'eurodeputato di Fratelli d'Italia Vincenzo Sofo ha affermato la Commissione europea è disponibile a considerare tale proposta nel caso in cui verrà presentata dal Governo italiano, evidenziando come ciò finora non sia però mai avvenuto e che i termini per farlo stanno per scadere, essendoci tempo fino al 14 dicembre 2021;

   se i fatti fossero confermati, appare davvero grave che dal Governo non sia stata ancora avanzata tale richiesta, peraltro, perfettamente coerente con quanto stabilito ed evidenziato nel Piano regionale dei trasporti della Calabria adottato con delibera di giunta regionale n. 503 del 6 dicembre 2016 e approvato con D.C.R. n. 27 luglio del 2017, perché dimostra come il Governo, non soltanto non stia mostrando alcuna strategia concreta per lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia, ma neppure si starebbe preoccupando di utilizzare gli strumenti messi a disposizione dall'Unione europea, con il rischio di perdere un'occasione unica che non si ripeterà a breve –:

   se il Governo intenda avanzare formalmente alla Commissione europea la richiesta di includere tutta la strada statale 106 nella Rete Ten-T Core (principale), al fine di assicurare gli investimenti europei necessari per l'ammodernamento della fondamentale arteria stradale per lo sviluppo della dorsale ionica italiana e, quindi, del Meridione d'Italia.
(4-10836)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'interrogante chiede notizie in merito all'inclusione dei restanti tratti della strada statale 106 Jonica nella rete Comprehensive della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per lo sviluppo del territorio, la pianificazione e i progetti internazionali, si rappresenta quanto segue.
  Questo Ministero, nell'ambito degli incontri bilaterali promossi dalla Commissione europea, a partire dal mese di marzo 2021, per la revisione della rete sulla base di consultazioni con le parti interessate, ha avanzato la proposta di inserimento della tratta mancante della strada statale 106 Jonica da Catanzaro Lido all'autostrada A2 di Reggio Calabria all'interno della rete globale TEN-T (
Comprehensive).
  Tale proposta è coerente con gli obiettivi europei in quanto contribuisce al miglioramento dell'accessibilità per i collegamenti intra regionali, interregionali e internazionali e perché persegue gli obiettivi di innalzamento dei livelli di sicurezza stradale rafforzando così il ruolo di coesione sociale, economica e territoriale.
  Infatti la proposta italiana è stata inclusa nella revisione della rete pubblicata dalla Commissione europea il 14 dicembre 2021 e l'intera sezione è stata inserita nella proposta legislativa di regolamento TEN-T, nella rete di rango
Comprehensive (rete Globale).
  L'orizzonte temporale per l'ufficiale inclusione nella rete e la conseguente ammissibilità ai finanziamenti è quindi soggetto all'adozione di detto regolamento.
  L'appartenenza alla Rete TEN-T consentirà l'accesso olle opportunità di finanziamento europeo di cui al Programma
Connecting Europe Facility, che per il periodo 2021-2027 finanzia progetti chiave nei settori dei trasporti, del digitale e dell'energia, con un budget complessivo di 33,71 miliardi di euro di cui 25,81 miliardi destinati al settore trasporti.
Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   FIORINI. — Al Ministro per le politiche giovanili, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni, presso la scuola media Dalla Chiesa, a Reggio Emilia, si sono verificati quattro roghi;

   lunedì 6 dicembre 2021, è stato posizionato un cassonetto dell'immondizia nel cortile dell'istituto, facendolo sbattere e rompendo 2 vetrate, per poi svuotare i rifiuti e incendiare carta e cartone;

   domenica 12 dicembre, è stato spostato un cassonetto della carta, vicino l'ingresso, e poi sono state appiccate le fiamme;

   giovedì 16 dicembre, è stato incendiato un cassonetto, spostato davanti alla porta d'ingresso, dove sono stati posizionati anche dei sacchetti della spazzatura e una pedana in legno che, fortunatamente, non sono stati interessati dalle fiamme;

   martedì 21 dicembre, un altro cassonetto, davanti all'ingresso principale, è stato incendiato insieme alle transenne di plastica vicino alla vetrata di accesso che era stata danneggiata in precedenza;

   un altro episodio preoccupante che, forse, potrebbe essere collegato a questi avvenimenti si è verificato, sempre il 21 dicembre, a un'insegnante dell'istituto Dalla Chiesa che, all'uscita da scuola, ha trovato l'auto rigata e una gomma tagliata;

   solo grazie agli interventi dei vigili del fuoco sono stati evitati danni ingenti alla struttura scolastica che, comunque, sono in corso di quantificazione;

   nonostante i carabinieri stiano svolgendo le indagini e facendo gli accertamenti per chiarire le responsabilità, il quarto incendio è avvenuto dopo l'identificazione e la denuncia di due presunti autori tredicenni dei primi tre roghi;

   sin dal primo atto vandalico, i sospetti delle forze dell'ordine erano ricaduti su un gruppo di ragazzi che, già la scorsa primavera, aveva minacciato e intimidito degli alunni all'uscita dalla scuola, avevano tentato un'effrazione nel vicino asilo nido e avevano avuto comportamenti indisciplinati verso alcune attività commerciali della zona;

   purtroppo, le dinamiche frequenti evidenziano che potrebbe trattarsi di una baby gang ben organizzata e pronta a sfidare il sistema educativo con il rischio di creare danni molto più gravi a strutture e persone;

   i dati legati alla criminalità minorile nel nostro Paese, infatti, confermano uno scenario complesso su cui è fondamentale richiamare l'attenzione per ipotizzare soluzioni volte al contenimento dei vari fenomeni criminosi e all'integrazione dei minori a rischio di delinquenza –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda urgentemente adottare per far luce sui vari episodi esposti in premessa e per evitare il ripetersi di fenomeni vandalici, anche promuovendo ogni utile iniziativa atta a recuperare quei ragazzi che sentono in modo particolare il disagio sociale legato al fallimento educativo;

   se e quali specifiche proposte di competenza si intendano avanzare all'interno dei percorsi scolastici ed extra scolastici, affinché agli adolescenti siano forniti modelli positivi e legali.
(4-11028)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, nel riferire di recenti episodi vandalici verificatisi presso la scuola media Dalla Chiesa a Reggio Emilia, riconducibili presumibilmente ad una baby gang organizzata e pronta a sfidare il sistema educativo con il rischio di creare danni molto più gravi a strutture e persone, evidenzia che i dati legati alla criminalità minorile nel nostro Paese richiedono l'adozione di soluzioni volte al contenimento dei vari fenomeni criminosi e all'integrazione dei minori a rischio di delinquenza.
  In relazione a quanto precede, si forniscono, per gli aspetti di competenza, i seguenti elementi di risposta.
  Quello delle
baby gang è un tema delicato che riguarda un fenomeno che vede ragazzi e ragazze, spesso anche molto giovani, riunirsi in gruppi con lo scopo di commettere reati e porre in essere comportamenti antisociali. Tali episodi sono stati acuiti dalle conseguenze della pandemia da COVID-19 e la risposta delle istituzioni non può che tener conto di un approccio multidisciplinare per contrastarli sia dal punto di vista della tutela dell'ordine pubblico, sia dal punto di vista della predisposizione e promozione di iniziative che possano sviluppare il senso di appartenenza, accrescere le prospettive solidaristiche nel dialogo intergenerazionale, creare nuove opportunità per catalizzare le energie e le sinergie che i giovani possono mettere in campo, attivare un sistema di relazioni attraverso il quale le istanze di partecipazione promosse dai giovani trovino ascolto e accoglienza.
  Nella consapevolezza che solo attraverso azioni sinergiche e multilivello sia possibile prevenire il disagio giovanile e le sue conseguenze, a 60 giorni dal giuramento, in accordo con il Ministro della salute, dell'istruzione, del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, ho promosso un incontro politico in esito al quale è stato istituito un Tavolo di coordinamento, esteso anche ai rappresentanti del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, del Ministro per le disabilità e dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.
  Il tavolo ha compiuto una mappatura di tutte le iniziative già in essere presso le singole amministrazioni coinvolte; ha individuato un primo «pacchetto» di norme di carattere emergenziale, confluite nel cosiddetto decreto «Sostegni bis»; ha poi messo a fuoco proposte di carattere sistemico di medio-lungo periodo per potenziare le misure a sostegno dei giovani e, in particolare, quelle in tema di prevenzione e contrasto al disagio e alle forme di dipendenza da sostanze e comportamentali.
  In data 5 maggio 2021, è stata sancita in sede di Conferenza unificata tra Stato, regioni e province autonome e sistema delle autonomie locali (rappresentato da ANCI, per i comuni e le città metropolitane, e da UPI, per le province), l'intesa sul riparto del fondo per le politiche giovanili per l'annualità 2021. La quota del fondo destinata alle regioni e alle province autonome, in particolare, è stata finalizzata a cofinanziare interventi che sono stati in grado di dare risposte a livello di sistema territoriale, coinvolgendo, a vario titolo, atteso il carattere trasversale delle politiche giovanili, le tematiche dell'educazione, della formazione, del lavoro e del sociale.
  Nello specifico, taluni interventi sono stati indirizzati alla promozione di iniziative di innovazione sociale finalizzate a prevenire e contrastare il disagio giovanile, il rischio di esclusione sociale e a promuovere il benessere multidimensionale dei giovani, soprattutto degli adolescenti, anche attraverso l'attivazione di sportelli di ascolto e di supporto psicologico.
  A questo si aggiunga che, in considerazione dell'acuirsi dei fenomeni di disagio a causa dell'emergenza epidemiologica, l'articolo 64, commi 12 e 13, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, ha previsto un incremento di 35 milioni di euro per l'anno 2021 del fondo per le politiche giovanili destinandolo a finanziare prioritariamente, sia a livello nazionale che territoriale, politiche di prevenzione e contrasto ai fenomeni di disagio giovanile e comportamenti a rischio, compresi quelli dovuti all'uso non consapevole delle piattaforme digitali, anche attraverso attività di assistenza e supporto psicologico, azioni volte a favorire l'inclusione e l'innovazione sociale, nonché lo sviluppo individuale, la promozione di attività sportive per i giovani di età inferiore ai 35 anni.
  Considerando, inoltre, che l'emergenza epidemiologica ha accentuato le disuguaglianze territoriali, rendendo ancora più evidenti le differenze sociali, con particolare riferimento ai giovani, soprattutto nelle aree periferiche e meno sviluppate, a seguito dell'intesa raggiunta l'11 maggio scorso in sede di conferenza unificata Stato-regioni e province autonome e sistema delle autonomie locali sulla ripartizione del Fondo per le politiche giovanili che, per l'anno 2022, ammonta a complessivi 83,7 milioni di euro circa, saranno finanziate azioni di sostegno nell'orientamento e di rafforzamento delle competenze, delle capacità e delle prospettive formative e occupazionali dei giovani.
  Altro tema strettamente connesso al disagio giovanile è quello dei giovani in condizione di NEET (
Not Engaged in Education, Employment or Training), che in Italia assume dimensioni preoccupanti. Occorre intervenire per prevenire una pericolosa spirale di aspettative disattese, assenza di prospettive circa il futuro professionale, precarietà psicologica e isolamento. Si tratta di fenomeni che stanno sfociando in un aumento sempre più allarmante dei NEET. A tal riguardo, abbiamo approvato insieme al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il piano «NEET WORKING» per l'emersione e l'orientamento dei giovani inattivi. L'obiettivo del piano ha il duplice intento di ridurre il numero di NEET agendo, al contempo, sulle cause sociali e culturali sottostanti, innescando un processo di cambiamento. Gli interventi disposti dal piano sono suddivisi in tre macro fasi: emersione, ingaggio e attivazione, prevede un forte coinvolgimento degli enti locali e di tutti i soggetti interessati per territorio (associazioni ed organizzazioni giovanili, comunità di aggregazione giovanile, cooperative che lavorano con i giovani, Informa giovani/spazi giovani e altre realtà individuate dagli enti locali), per attrarre i NEET individuando canali specifici e differenziati a seconda dei contesti. La prossimità territoriale è un elemento fondamentale del piano che si avvale di un programma concordato con Ministero del lavoro e ANCI e prevede la costituzione di presìdi territoriali di intervento. La prima fase di emersione è cominciata con la campagna nazionale partita da Torino l'11 aprile 2022 che toccherà le principali città italiane.
  Segnalo, inoltre, che nella legge di bilancio per il 2022 è stato istituito un nuovo «Fondo di intervento per la prevenzione e il contrasto delle dipendenze tra le giovani generazioni» per contrastare le conseguenze causate dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Il 30 aprile, il dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato l'avviso che prevede, tra le altre, il sostegno ad iniziative di prevenzione e contrasto ai fenomeni di violenze di gruppo correlate alle dipendenze patologiche.
  Inoltre, vorrei soffermarmi sull'importanza di un'azione come quella del servizio civile universale che rappresenta un'incredibile opportunità in termini di offerta umana e formativa per i ragazzi poiché permette loro di agganciarsi al mondo del lavoro, ma anche di fare una straordinaria esperienza in termini di impegno civile ed educativo.
  Nel corso del 2021 sono stati avviati in servizio oltre 50.120 giovani (di cui circa 42.823 sono ancora impegnati in attività) che hanno assicurato il proprio supporto alle comunità e ai territori, operando nell'ambito dei progetti cui erano stati assegnati. Di questi, oltre 15.919 hanno svolto o svolgono attività progettuali finalizzate all'animazione culturale verso i minori, all'attività di tutoraggio scolastico, all'educazione e promozione dello sport anche con riferimento a processi di inclusione, al contrasto alla dispersione scolastica, all'assistenza ai minori e giovani in condizione di disagio o di esclusione sociale, all'educazione e promozione della legalità.
  Per l'anno in corso, grazie a risorse aggiuntive provenienti da economie di gestione, è stato possibile integrare le iniziali 56.205 posizioni di operatori volontari con ulteriori 8.126 posizioni. I posti di operatore volontario per l'anno 2022 sono così in totale 64.331 da impiegare in progetti di servizio civile universale in Italia e all'estero e nei territori delle regioni interessate dal PON-IOG «Garanzia Giovani». Si tratta dei numeri più elevati che siano stati mai registrati dal servizio civile universale.
  Penso che la situazione pandemica abbia acuito determinati tipi di difficoltà e che sia necessario riuscire a lavorare in ottica preventiva, insieme alle famiglie e insieme alle scuole, ma anche creando spazi per i ragazzi, per evitare che poi il disagio si trasformi in qualcosa di più complesso. Penso, altresì, che le politiche pubbliche in favore delle nuove generazioni debbano compiere un ulteriore sforzo, perché spesso i fenomeni che sono connessi al disagio sono connessi a quella che per loro è una prospettiva di povertà di futuro che va affrontata con proposte integrate organiche e multilivello.
  Stigmatizzando gli episodi segnalati dall'onorevole interrogante, secondo quanto rappresentato dai Ministero dell'interno, comunico inoltre che personale della questura di Reggio Emilia, in data 6,12 e 16 dicembre 2021, è tempestivamente intervenuto presso la scuola media statale «Carlo Alberto Dalla Chiesa» in ausilio al personale dei vigili del fuoco, chiamato a spegnere incendi appiccati nei plessi dell'ingresso dell'istituto.
  Nell'ambito delle indagini esperite, la locale squadra mobile ha provveduto a intensificare il monitoraggio – già avviato dal mese di ottobre 2020 – dei profili
social «aperti» di soggetti che già in passato si erano resi responsabili di atti vandalici o episodi di violenza giovanile, spesso esternata con riprese video amatoriali con l'utilizzo di riproduzioni di armi e raffigurazioni di sostanze stupefacenti.
  Tale attività ha consentito di individuare i responsabili e di attivare tutte le previste procedure, anche davanti all'autorità giudiziaria, il servizio sociale del comune e l'istituto scolastico «Carlo Alberto Dalla Chiesa», presso il quale, al fine di prevenire il ripetersi del fenomeno di atti vandalici, è stato installato un impianto di video sorveglianza.
  La questura di Reggio Emilia ha promosso un'attività di monitoraggio e contrasto dei comportamenti antisociali che coinvolgono sempre più di frequente gruppi di ragazzi, di età anche inferiore ai 14 anni, e che si manifestano nella commissione di reati, non sempre di lieve entità, quali furti o danneggiamenti, vandalismi o meri atti di bullismo nei confronti di coetanei, nonché in atteggiamenti di insofferenza al rispetto delle norme anti-covid.
  Un monitoraggio dei luoghi di aggregazione giovanile tramite presìdi del territorio da parte delle pattuglie della squadra volante e delle piattaforme
social per il controllo delle quali è stata coinvolta anche la polizia postale. Le informazioni ottenute vengono poi condivise con l'ufficio minori della divisione anticrimine e i servizi sociali del comune che elaborano programmi di intervento relativamente ai giovani coinvolti, prevedendo incontri con gli stessi e con i genitori, per offrire loro sostegno educativo al fine di far comprendere ai ragazzi il disvalore delle loro azioni. Le iniziative in argomento hanno coinvolto anche il locale provveditorato agli Studi e l'università.
  In particolare, il provveditore ha manifestato l'opportunità di promuovere incontri formativi finalizzati a riconoscere i casi di devianza giovanile che traggono fondamento da situazioni di emarginazione di tipo economico e sociale. È, inoltre, stata espressa dai docenti universitari l'intenzione di avviare rapporti di collaborazione con i servizi sociali finalizzati all'analisi dei gruppi di giovani coinvolti.
  L'iniziativa, ha avuto un ulteriore impulso nel corso dell'incontro organizzato dal citato provveditore, unitamente all'università, nel dicembre dello scorso anno, relativo alla devianza giovanile e alle iniziative percorribili in ambito scolastico. Nel corso del convegno, tenuto alla presenza del prefetto di Reggio Emilia, del questore, del comandante provinciale dei carabinieri e dei dirigenti scolastici dell'intera provincia, è stato presentato il progetto denominato «Risen» (favorire, lo sviluppo consapevole nei giovani) consistente in un corso di formazione
online rivolto a insegnanti ed educatori. Lo scopo è fornire conoscenze e mezzi per favorire lo sviluppo consapevole dei giovani e limitarne così i comportamenti devianti. Il corso include otto moduli formativi che si propongono di aumentare competenze e motivazione scolastica, promuovere l'orientamento al futuro, favorire relazioni sociali positive, incoraggiare condotte morali e affrontare la delinquenza giovanile da un punto di vista criminologico.
  Concludo quindi sottolineando la massima attenzione del Governo e delle amministrazioni statali, centrali e territoriali, per contrastare il disagio giovanile.

La Ministra per le politiche giovanili: Fabiana Dadone.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel settembre 2020 è iniziata la raccolta di sottoscrizioni per le 5 consultazioni referendarie promosse dal Comitato referendario «Santa Marinella per il bene comune»;

   con l'aggravarsi della pandemia e con la proclamazione della «zona rossa» per il comune di Santa Marinella, il Comitato, nel novembre 2020, ha avanzato alla commissione referendaria l'ipotesi di prolungare i termini per la raccolta delle firme per garantire la sicurezza e la salute di tutti consentendo ai cittadini di usufruire del proprio diritto alla partecipazione;

   la commissione referendaria, anche dopo l'inclusione del comune di Santa Marinella in zona rossa, ha stabilito di non procrastinare i termini, mettendo a rischio, a parere dell'interrogante, la salute sia dei volontari che raccoglievano le firme, sia dei cittadini e delle cittadine che si recavano ai tavoli di raccolta delle firme;

   il sindaco, nonostante la diffida ricevuta con richiesta di prolungamento dei termini per la raccolta firme, visto il regime di restrizioni agli spostamenti e ai contatti fisici interpersonali dovuto all'emergenza sanitaria, concludeva che non ci fossero gli estremi per prendere ulteriori precauzioni e non prevedeva strumenti alternativi per garantire la democrazia partecipata;

   pur con tutte le difficoltà legate alla pandemia e all'atteggiamento del comune, il comitato referendario ha depositato, nei termini, il necessario numero di sottoscrizioni all'indizione dei referendum;

   il 13 maggio 2021 il comune, in ritardo rispetto alle tempistiche previste dal regolamento comunale, ha verificato e certificato la validità delle firme raccolte per ognuno dei quesiti referendari proposti;

   nonostante questo sindaco e assessori comunali, più riprese, sulla stampa locale hanno dichiarato che la raccolta firme non fosse andata a buon fine, mettendo in dubbio la regolarità e l'onestà delle operazioni di sottoscrizione;

   ad oltre un anno dalla consegna delle firme, e a nove mesi dalla validazione di queste, il comune di Santa Marinella è rimasto inspiegabilmente inerte, non convocando i comizi elettorali;

   il 25 gennaio 2022 il consiglio comunale di Santa Marinella ha approvato alcune modifiche al regolamento comunale sugli strumenti di democrazia partecipata che miravano a togliere il controllo delle operazioni di voto al prefetto o a un suo delegato, a ridurre i tempi di votazione e a concentrare le attività di voto in una unica sede, privando intere zone della città di apposite sedi elettorali e stabiliva di rendere sostanzialmente retroattive dette modifiche, applicandole quindi anche alla consultazione referendaria in questione;

   dopo le modifiche al regolamento, il sindaco ha fissato la data della consultazione referendaria per domenica del 27 marzo 2022, nonostante lo stato di emergenza sanitaria sarà in vigore fino al 31 marzo 2022.

   a parere dell'interrogante l'atteggiamento del comune di Santa Marinella, da un lato ostruzionistico, dall'altro lato inerte, sta gravemente ledendo il diritto dei cittadini a partecipare alla vita democratica, fondamento dell'ordinamento democratico costituzionale –:

   se il Ministro interrogato se sia a conoscenza di iniziative poste in essere dal prefetto di Roma volte a verificare se l'azione sistematica posta in essere dall'amministrazione del comune di Santa Marinella contrasti con le norme per la valorizzazione e tutela della partecipazione popolare e la salvaguardia dell'incolumità e la salute dei cittadini;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle modifiche apportate dall'amministrazione comunale al regolamento sulle modalità di svolgimento delle consultazioni popolari escludendo il prefetto o suo delegato da garante della regolarità delle votazioni e se tali modifiche, oltre a presentare un eventuale profilo di illegittimità, possano essere applicate retroattivamente ad un referendum già indetto.
(4-11312)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato in esame, si rappresenta preliminarmente che gli Istituti di partecipazione e di consultazione del cittadino trovano riconoscimento normativo nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL). In particolare, il terzo comma dell'articolo 8 demanda allo Statuto la possibile previsione di referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini purché esso concerna materie di esclusiva competenza locale.
  In materia è opportuno richiamare anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cds - sezione IV - n. 3769/2008) che ha individuato nell'adozione di uno specifico regolamento il presupposto indispensabile per l'attuazione della procedura referendaria. È stato, infatti, chiarito che «compete alla fonte regolamentare la previsione delle varie fasi in cui si articola la consunzione, dall'iniziativa sino alla proclamazione dei risultati, in modo da rendere automatico il procedimento»; inoltre è stato puntualizzato che il regolamento «dovrà stabilire chi siano i soggetti ai quali spetti il potere di iniziativa, quelli interessati alla consultazione, come venga formulato il quesito da sottoporre a votazione, le modalità e i tempi dell'
iter, le materie ammesse e quelle escluse, quali siano i sistemi con cui sindacare l'ammissibilità della consultazione...».
  Pertanto, in un'ottica ricostruttiva del diritto vigente, il
referendum si configura come fattispecie eventuale contenuta nello statuto comunale, che, ove contemplata, deve essere compiutamente disciplinata dal regolamento dell'ente.
  Nel caso specifico, il comune di Santa Marinella ha adottato il «Regolamento comunale sugli Istituti di partecipazione» con delibera del consiglio comunale n. 52/2019 e successivamente lo ha modificato con delibera n. 5/2022.
  Con riferimento alla questione specificamente evidenziata nell'atto di sindacato ispettivo, si rappresenta che in data 10 settembre 2020 la competente commissione, presieduta dal presidente del consiglio comunale, ha dichiarato l'ammissibilità di cinque proposte referendarie promosse dal comitato «Santa Marinella bene comune». Tale esito è stato comunicato al comitato promotore il successivo 15 settembre 2020, data da considerare ai fini della decorrenza del termine per il deposito delle firme dei sottoscrittori, fissato dal predetto regolamento in 180 giorni dalla notifica dell'ammissibilità della proposta, con scadenza, pertanto, il 14 marzo 2021. Il sindaco ha rappresentato che il comitato referendario, già nel dicembre del 2020, in considerazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid, aveva richiesto l'adozione di una ordinanza contingibile e urgente al fine di sospendere i termini di chiusura della raccolta delle firme di sottoscrizione. Tale richiesta fu ritenuta inammissibile per inapplicabilità degli articoli 50 e 54 dei Tuel alla materia
de quo nonché per mancanza di presupposti. Successivamente, il 27 settembre 2021, il comitato referendario, nel rimarcare il lungo tempo trascorso dal deposito delle firme, avvenuto il 1° marzo 2021, ha diffidato il comune all'indizione dei comizi elettorali per lo svolgimento dei predetti referendum entro l'anno 2021.
  Con nota dell'11 gennaio 2022, il sindaco ha reso noto che lo svolgimento delle consultazioni referendarie era stato programmato nel corrente anno 2022, in conformità a quanto stabilito dal regolamento comunale sugli istituti di partecipazione. Inoltre, nel rappresentare l'intento dell'amministrazione comunale di svolgere le consultazioni referendarie entro il 31 marzo 2022, il sindaco ha anche chiesto un parere alla Prefettura di Roma per appurare se la situazione pandemica ancora in corso potesse essere di ostacolo nello svolgimento delle consultazioni entro l'indicato termine.
  Il 14 gennaio 2022, la prefettura ha rappresentato l'assenza di motivi ostativi allo svolgimento delle predette consultazioni, anche in considerazione che il 16 gennaio si sarebbero svolte regolarmente le elezioni suppletive della Camera dei deputati nel collegio uninominale 01 di Roma Capitale.
  I
referendum in questione si sono così regolarmente svolti lo scorso 27 marzo.
  Va rilevato, infine, che, alla stregua dell'ordinamento vigente, non appaiono inficiare la legittimità dei
referendum svolti lo scorso 27 marzo le modifiche al predetto regolamento apportate con delibera del 25 gennaio 2022, con particolare riferimento alla riduzione dell'orario di svolgimento della consultazione e all'individuazione della sede referendaria con la costituzione di più seggi nell'ambito di una medesima struttura.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei primi anni duemila, il consiglio comunale di Spinazzola deliberava sul rilascio di una concessione edilizia a seguito della conclusione dell'iter procedurale previsto;

   sulla base di un esposto anonimo, i consiglieri comunali, che all'epoca dei fatti votarono a favore, furono indagati dalla procura competente e successivamente rinviati a giudizio;

   il procedimento penale a carico dei consiglieri si è concluso con l'assoluzione degli stessi;

   i suddetti consiglieri dovettero sostenere il pagamento delle spese e degli onorari dei propri avvocati difensori per diverse migliaia di euro;

   da quanto risulta all'interrogante, il comune di Spinazzola, al quale spetta, in quanto ente locale interessato, di valutare la concreta sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge per la rimborsabilità delle spese legali sostenute dall'amministratore, non ha mai ritenuto di attivarsi per provvedere al rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori sottoposti a giudizio;

   la mancata volontà da parte del comune di Spinazzola di attivarsi ai fini della concessione del rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori assolti nel procedimento penale ha creato loro un danno economico, nonostante l'assoluzione abbia dimostrato la loro correttezza e l'assenza di illeciti nel loro operato;

   a parere dell'interrogante il caso sopra richiamato, così come altri casi, dimostrano che le norme esistenti non tutelano gli amministratori che, a causa della discrezionalità dell'ente, potrebbero non vedersi riconosciuto il rimborso delle spese legali da loro sostenute nonostante la loro assoluzione;

   tale discrezionalità ed incertezza nell'applicazione delle norme in materia di rifusione delle spese legali degli amministratori presenta, a parere dell'interrogante, serie problematiche sia rispetto alla possibilità che tale discrezionalità possa, in generale, essere influenzata dal diverso orientamento politico degli amministratori che si sono succeduti, sia nello scoraggiare chi ha limitate possibilità economiche ad accedere ai luoghi della rappresentanza politica e sociale, creando, di fatto, una disparità di accesso in base alle condizioni economiche individuali, principio in contrasto con la Costituzione che prevede l'accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza e promuove la partecipazione e la rappresentanza anche nelle amministrazioni locali a prescindere dalla loro appartenenza sociale –:

   quali iniziative di carattere normativo intenda promuovere al fine di tutelare maggiormente gli amministratori locali in tema di rimborsabilità delle spese legali da questi sostenute in caso di assoluzione in procedimenti penali inerenti all'espletamento del loro mandato.
(4-11500)

  Risposta. — L'interrogazione in esame fa riferimento alla problematica relativa ai rimborso delle spese legali sostenute da alcuni ex amministratori del comune di Spinazzola coinvolti in un procedimento penale. Tale procedimento penale, definito con sentenza della corte di appello di Bari del 16 luglio 2009, mentre assolveva gli amministratori in questione da alcuni reati perché il fatto non sussiste, confermava nel contempo di non doversi procedere nei loro confronti per l'avvenuta estinzione per prescrizione dei reato di cui all'articolo 20, lettera a) legge n. 47 del 1985.
  Va precisato che il comune, negli anni precedenti il 2015, non ha provveduto al riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio a causa dell'incertezza normativa e della controversa giurisprudenza in tema di rimborsabilità delle spese legali agli amministratori. In materia è successivamente intervenuto il legislatore con decreto-legge n. 78 del 2015 che, nel modificare l'articolo 86 del Testo unico degli enti locali (Tuel), ha dettato un'apposita disciplina della rimborsabilità delle spese legali sostenute dagli amministratori. Tenuto conto di questo intervento normativo, nel marzo del 2016, il comune di Spinazzola formulava alla sezione regionale di controllo per la Puglia della Corte dei conti nonché al Ministero dell'interno, la richiesta di parere finalizzata a chiarire, nel caso di specie, la sussistenza del requisiti necessari per poter addivenire al riconoscimento del debito. Mentre la sezione regionale di controllo della Corte dei conti, con deliberazione del 28 aprile 2016, dichiarava l'inammissibilità, sul piano oggettivo, della citata richiesta di parere, il Ministero dell'interno, per il tramite della prefettura di Barletta-Andria-Trani, in data 26 aprile 2016, comunicava al comune il proprio parere in ordine al quesito posto.
  Nel parere veniva chiarito che in virtù della modifica apportata all'articolo 86 del Tuel, il rimborso delle spese legali in favore dell'amministratore locale poteva essere ammesso nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, sulla base dei requisiti legittimanti espressamente previsti dai legislatore, quali: l'assenza di conflitto di interessi con l'ente amministrato, la presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti e, infine, assenza di dolo o colpa grave.
  Nel predetto parere veniva, tra l'altro, evidenziato che la disposizione normativa in questione non chiarisce se possono essere rimborsate le spese legali relative a procedimenti che si sono conclusi prima all'entrata in vigore della norma, e tuttavia «in considerazione del fatto che la richiamata legge n. 125/2015 non deroga al principio di irretroattività delle leggi, sembra ragionevole ritenere che la disposizione in questione non può essere applicata alle sentenze o ai provvedimenti di archiviazione emessi prima dell'entrata in vigore della norma giuridica. Infatti, in base al predetto principio, ogni fatto deve essere assoggettato alla normativa di legge vigente al momento in cui esso si verifica (
tempus regit actum)».
  Inoltre, è utile ricordare che, in base al diritto vigente, il rimborso possa bensì aver corso, ma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ragione per cui l'ente, per far fronte ai relativi oneri, è tenuto a rispettare l'equilibrio di bilancio, assicurando in particolare la invarianza della spesa.
  Si soggiunge che, su richiesta dell'allora responsabile del servizio affari generali del comune di Spinazzola, anche l'ufficio avvocatura comunale, in data 17 novembre 2017, si esprimeva negativamente in merito ad un eventuale accoglimento della richiesta di rimborso delle spese legali sostenute dagli ex amministratori comunali, alla luce del citato parere del Ministero dell'interno e della precedente giurisprudenza negativa in tal senso, nonché della circostanza che il comune non aveva adottato un disciplinare e/o regolamento contenente i criteri oggettivi e predeterminati di assegnazione delle somme stanziate o, eventualmente, di loro riparto, né risultava previsto uno stanziamento in bilancio che consentisse il rimborso delle spese sostenute.
  Alla luce di quanto sopra, appaiono ben delineate dalla legge le condizioni necessarie per individuare i casi in cui dar luogo al rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori degli enti locali in procedimenti che li vedono coinvolti a causa dell'espletamento del loro mandato, spettando in ogni caso all'ente valutare la concreta sussistenza dei necessari presupposti.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da numerosi articoli di stampa l'amministrazione comunale di Vigevano (PV) intende applicare il regolamento sulle mense che prevede il pagamento della retta più alta se non si è in grado di dimostrare, con documentazione Isee, di avere diritto ad una tariffa ribassata, anche per i bambini provenienti dall'Ucraina, Paese in guerra, e inseriti nelle scuole cittadine;

   tali regolamenti prevedono la necessità di certificare anche le proprietà all'estero;

   le famiglie ucraine arrivate a Vigevano con figli inseriti nelle scuole della città al momento sono otto ma solo due, per ora, frequentano una scuola statale;

   le associazioni del terzo settore, visto l'atteggiamento del comune e dopo un'esplicita richiesta, si sono già attivate e dichiarate disponibili a farsi carico delle spese per la mensa per i bambini che frequentano istituti pubblici mentre per le scuole paritarie hanno già preso accordi con i singoli istituti;

   a parere dell'interrogante, come sta già avvenendo in altri comuni, le amministrazioni dovrebbero garantire il diritto allo studio ai bambini profughi dall'Ucraina e la loro integrazione, prevedendo con apposite delibere l'esenzione del pagamento dei servizi scolastici e parascolastici come la refezione e il trasporto scolastico per i minori ucraini accolti nel territorio comunale, senza dover attendere l'intervento delle associazioni di volontariato o la spontanea e ammirevole generosità dei cittadini;

   il comune di Vigevano, purtroppo, dal 2011, si distingue per essere la città delle esenzioni cancellate, dell'aver negato i pasti ai bambini le cui famiglie non pagavano i costi previsti per la mensa scolastica, dell'invenzione, fortunatamente fallita, di una «tassa profughi»;

   l'amministrazione comunale ha dichiarato che il comune di Vigevano interverrà soltanto tramite la presa in carico da parte dei servizi sociali, come avviene per tutti, e solo in quei casi la concessione dell'esenzione diventa obbligatoria, per cui soltanto al termine di una verifica sullo stato di effettivo bisogno dei nuclei familiari fuggiti dalla guerra potrà essere garantita la gratuità della mensa scolastica;

   l'atteggiamento assunto dal comune di Vigevano, a parere dell'interrogante, è non solo inaccettabile ma anche contrario alle posizioni espresse dal Governo sulla piena disponibilità ad accogliere e aiutare i profughi ucraini garantendo loro pieno accesso al lavoro, all'istruzione, alle cure;

   a tali dichiarazioni di principio però non sono seguite indicazioni più puntuali da applicare in maniera uniforme su tutto il territorio e ciò ha determinato, come nel caso di Vigevano, una gestione quantomeno inadeguata dell'accoglienza di minori profughi di guerra;

   per evitare il ripetersi di analoghe iniziative, a parere dell'interrogante è indispensabile che il Governo si attivi nelle sedi opportune, quali la Conferenza Stato-città ed autonomie locali o la Conferenza unificata, per individuare soluzioni condivise circa la fruizione dei servizi gestiti dalle amministrazioni comunali da parte dei cittadini e delle cittadine ucraine accolte e ospitate nel nostro Paese soprattutto quando tali servizi riguardino direttamente i minori –:

   quali urgenti iniziative di competenza, anche normative e in raccordo con le regioni e gli enti locali, si intendano assumere relativamente alla gestione dell'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina su tutto il territorio nazionale, con particolare riguardo all'erogazione dei servizi gestiti a livello locale da prestare in primo luogo ai minori, quali ad esempio la mensa e/o il trasporto scolastico.
(4-11903)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, si rappresenta che, in relazione all'arrivo dei minori stranieri provenienti dall'Ucraina, il commissario delegato per il coordinamento delle misure e delle procedure finalizzate alle attività di assistenza ha predisposto uno specifico Piano nazionale di accoglienza.
  Con riferimento all'inserimento scolastico, il piano, aggiornato lo scorso 5 maggio, ribadisce il principio che le amministrazioni e le istituzioni scolastiche sono tenute ad assicurare ai minori in questione l'accesso ai servizi educativi, scolastici e formativi, con la possibilità di iscrizione nelle scuole di ogni ordine e grado in qualunque periodo dell'anno.
  Tanto premesso, il sindaco del comune di Vigevano, interessato dal prefetto di Pavia, ha precisato che le notizie apparse sulla stampa e riportate nell'atto di sindacato ispettivo circa il pagamento della retta più alta per il servizio mensa da parte dei bambini ucraini sono prive di fondamento. Infatti, la giunta comunale, con deliberazione n. 95 del 31 marzo 2022, in considerazione dell'emergenza umanitaria determinata dagli avvenimenti bellici in Ucraina, e del conseguente arrivo di numerosi profughi, tra cui molti minori in età scolare inseriti nelle scuole del territorio comunale, ha previsto che per i minori ucraini che frequentino a tempo pieno le scuole statali del territorio di Vigevano la frequenza alla mensa sia gratuita, fino alla fine dell'anno scolastico 2021/2022.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   alcuni detenuti del carcere di Parma hanno segnalato all'associazione Nessuno Tocchi Caino le mancate risposte dell'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia alle istanze e ai reclami da loro presentati; in particolare, si segnalano le mancate risposte per:

   M. L.: il 20 gennaio 2020, istanza di concessione di permesso premio; il 14 aprile 2020, istanza di concessione dei giorni di liberazione anticipata speciale; il 20 marzo 2020, il 20 settembre 2020 e il 20 marzo 2021, istanze di concessione dei giorni di liberazione anticipata; nessuna risposta nemmeno per il reclamo presentato al magistrato di sorveglianza di Pavia in data 31 agosto 2017, ai sensi dell'articolo 35-ter O.P.;

   G. A. che ha presentato istanza di concessione di un permesso premio in data 21 novembre 2019;

   N. V.; in data 11 maggio 2020 istanza al Tribunale di sorveglianza di Bologna per la concessione della semi-libertà; il 22 novembre 2019 istanza per la concessione di un permesso premio; il 13 luglio 2018 istanza per permesso premio finalizzato all'accertamento di collaborazione impossibile, udienza fissata innanzi al Tribunale di sorveglianza di Bologna il 3 novembre 2020 e rinviata; in data 17 giugno 2020 per la concessione di un permesso di necessità;

   D. P.: l'8 marzo 2020, istanza di concessione dei giorni di liberazione anticipata; il 6 aprile 2020 reclamo per negato uso stampante; il 21 dicembre 2020 sollecito per negato uso stampante; il 23 ottobre 2020 per la concessione di un permesso premio; il 7 marzo 2020 reclamo ai sensi dell'articolo 35-ter O.P.; l'11 febbraio 2021 reclamo per negato colloquio con terza persona per motivi editoriali;

   M. V. che ha presentato istanza di concessione di un permesso premio in data 15 marzo 2019;

   T. L.: reclami riguardanti richieste di trasferimento presentati il 25 settembre 2019 e il 20 ottobre 2020; istanze varie di concessione dei giorni di liberazione anticipata relativi a 9 semestri; a luglio 2019 istanza di concessione di un permesso premio; dal 2019 ha presentato richiesta di accertamento dell'inesigibilità della collaborazione al Tribunale di sorveglianza di Bologna;

   C. C.: a luglio 2016 reclamo riguardante trasferimento; a ottobre/novembre 2018 reclamo sull'uso del computer; a novembre/dicembre 2018 reclamo su mancata declassificazione; l'11 novembre 2020 reclamo ai sensi dell'articolo 35-ter O.P.; il 24 ottobre 2019 istanza di concessione di permesso premio;

   D.G.A.: il 10 marzo 2016 ricorso per rigetto declassificazione; il 10 marzo 2019 reclamo per mancata ottemperanza alla concessione dell'uso del computer in cella; il 20 luglio 2019 ricorso per rigetto declassificazione; il 29 ottobre 2019 istanza di concessione di permesso premio;

   P. C. che ha presentato istanza di concessione di un permesso premio in data 3 febbraio 2020;

   M.G.: a maggio 2018 ha presentato istanza di concessione di permesso premio; a gennaio 2017 reclamo per mancata accoglienza domanda di declassificazione; non ha altresì ricevuto risposta il reclamo presentato nel maggio del 2019 al Tribunale di sorveglianza di Bologna per lesione di diritto soggettivo;

   C. A. che il 20 febbraio 2017 ha presentato istanza di concessione di permesso premio sollecitato il 17 febbraio 2019;

   l'interrogante con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-06728 del 3 settembre 2020 aveva già fatto presenti i gravi ritardi della magistratura di sorveglianza segnalando anche gli uffici che fanno riferimento al carcere di Parma –:

   quali iniziative di competenza, anche valutando il ricorso ai propri poteri ispettivi, ove ne sussistano i presupposti, intenda adottare in relazione ai ritardi segnalati in premessa, affinché non sia vanificata l'efficacia degli strumenti in questione per i detenuti;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per rinforzare gli organici della magistratura di sorveglianza, ivi comprese le gravi carenze del personale amministrativo.
(4-09785)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – traendo spunto dal fatto che «...alcuni detenuti del carcere di Parma hanno segnalato all'associazione Nessuno Tocchi Caino le mancate risposte dell'Ufficio di Sorveglianza di Reggio Emilia...» (ricompreso nel distretto di Corte di appello di Bologna) «...alle istanze e ai reclami da loro presentati...» – lamenta la scopertura nell'organico del personale amministrativo e del personale di magistratura dell'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia e del tribunale di sorveglianza di Bologna e chiede di conoscere le iniziative intraprese dalla Ministra della giustizia per sopperire a tale situazione.
  Al riguardo deve essere innanzitutto ricordato, in linea generale, che in data 12 aprile 2022 si è tenuta in questo Dicastero una riunione con tutti i presidenti dei tribunali di sorveglianza dislocati sul territorio nazionale, volta sia a reperire le risorse umane e materiali occorrenti per implementare le unità di personale amministrativo impiegate nei vari uffici sia a definire alcuni aspetti operativi di particolare importanza come l'impiego da remoto dell'applicativo SIUS da parte dei magistrati (nell'ottica di assicurare l'assoluta tempestività dell'intervento della giurisdizione nella materia della esecuzione della pena).
  Con riferimento al personale amministrativo, va segnalato che l'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia presenta una dotazione organica di 9 unità, tutte coperte: direttore amministrativo (1 su 1), funzionario giudiziario (2 su 2), cancelliere (1 su 1), assistente giudiziario (2 su 2), operatore giudiziario (1 su 1), conducente di automezzi (1 su 1) e ausiliario (1 su 1). Si registra inoltre la presenza di un ulteriore operatore giudiziario con contratto di lavoro a tempo determinato.
  Invece il tribunale di sorveglianza di Bologna presenta una dotazione organica di 27 unità, a fronte delle quali prestano servizio 23 risorse umane. La scopertura effettiva è del 18,52 per cento nettamente inferiore rispetto alla media nazionale attualmente pari al 21,98 per cento. Le vacanze interessano i seguenti profili professionali: funzionario giudiziario (1 vacanza su 5 posti in organico), cancelliere (1 su 6), conducente di automezzi (1 su 2) e ausiliario (1 su 2).
  In relazione alla consistente attività di reclutamento realizzata da questo Dicastero nel corso degli ultimi anni deve essere segnalata la ripresa del concorso Ripam per la copertura di 2,242 posti di funzionario giudiziario, la cui prova orale è in via di ultimazione.
  In ogni caso vi è la possibilità
medio tempore di garantire una migliore funzionalità dei servizi attraverso provvedimenti di natura transitoria, quali ad esempio i comandi da altre pubbliche amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sedi, tutti strumenti previsti nell'accordo sulla mobilità del personale amministrativo del 15 luglio 2020.
  Quanto al personale di magistratura, al momento il tribunale di sorveglianza di Bologna non presenta scoperture mentre l'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia presenta scoperture soltanto in 1 dei 4 posti di magistrato di sorveglianza.
  Effetti positivi per gli uffici giudiziari in generale – e quindi anche per le sedi in esame – potranno derivare in seguito alla attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre dell'anno 2019 (articolo 1, comma 432 della legge del 27 dicembre 2019 n. 160 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022») che, modificando la legge del 13 febbraio 2001 n. 48, prevedono l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento.
  La proposta di determinazione delle piante organiche flessibili distrettuali è stata trasmessa, in data 30 ottobre 2020, al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere. Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale – individuato in 179 unità, di cui 125 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia dei contingenti destinati ai singoli distretti.
  Il Consiglio superiore della magistratura, nel parere deliberato nella seduta dell'8 settembre 2021, ha pressoché integralmente condiviso il progetto ministeriale sia in punto di unità complessive dedicate (179) sia quanto alla loro distribuzione funzionale (tra giudicanti e requirenti) e distrettuale.
  In data 27 dicembre 2021 è stato emesso il decreto che individua le condizioni critiche di rendimento degli uffici giudiziari che danno luogo all'assegnazione delle nuove risorse dell'organico flessibile distrettuale e fissa la durata minima dell'assegnazione (pari a 1 anno), nonché stabilisce i criteri di priorità per destinare i magistrati della pianta organica flessibile distrettuale alla sostituzione nei casi di assenza dal servizio ovvero per l'assegnazione agli uffici giudiziari che versino in condizioni critiche di rendimento.
  In data 23 marzo 2022 è stato adottato il decreto relativo alla dotazione nazionale delle piante organiche flessibili distrettuali, con il quale sono stati assegnati al distretto di corte di appello di Bologna 6 magistrati giudicanti e 3 magistrati requirenti.
  In merito alla possibilità di apportare modificazioni in aumento alla dotazione organica del personale amministrativo e del personale di magistratura – al fine di ampliare la pianta organica degli uffici giudiziari in esame –, si osserva che, essendo la materia oggetto di riserva di legge, ciò è realizzabile solo tramite una iniziativa legislativa specificamente rivolta alla complessiva razionalizzazione della distribuzione del suddetto personale negli uffici giudiziari di primo grado presenti sull'intero territorio nazionale.
  Deve essere infine evidenziato, con riferimento agli anni 2019 e 2020 (sui quali si concentra in particolare l'atto di sindacato ispettivo), che nell'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia, a fronte di una pianta organica del personale di magistratura portata a 3 unità nell'anno 2016 e poi a 4 nell'anno 2019, sino al mese di giugno dell'anno 2020 si registrava la presenza di 2 soli magistrati, a fronteggiare una situazione riconosciuta come grave anche nella relazione tecnica del Ministero della giustizia del 17 dicembre 2019 per la rideterminazione delle piante organiche del personale di magistratura in cui si legge che «...particolarmente significativo è il dato di Reggio Emilia che pone l'Ufficio al vertice nazionale con 3.104 procedimenti iscritti
pro capite e con il più elevato numero di detenuti per magistrato (377), rispetto alla media nazionale di 195...».
  A tutto ciò si aggiungeva la situazione particolarmente complessa e difficile degli istituti di pena in relazione ai quali sussiste la competenza dell'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia: i dati contenuti nella relazione per l'anno giudiziario 2019/2020 hanno fatto emergere la presenza, nel carcere di Parma, di 604 detenuti, nel carcere di Reggio Emilia di 483 detenuti e nel carcere di Piacenza di 393 detenuti, con una notevole riduzione, nel periodo, del numero degli educatori, ritenuti assolutamente insufficienti a garantire un'osservazione scientifica della personalità dei ristretti.
  Nonostante ciò, i prospetti statistici dell'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia mostravano un significativo abbattimento delle pendenze dalla data del 1° gennaio 2019 alla data del 31 dicembre 2020 con riferimento alle istanze per riconoscimento di permessi – premio, liberazioni anticipate e semilibertà.
  Invece per i procedimenti aventi ad oggetto i reclami ai sensi dell'articolo 35-
ter dell'ordinamento penitenziario si registrava una tempistica più dilatata nella definizione dei procedimenti in ragione della necessità di attendere gli esiti istruttori richiesti al personale addetto ai servizi penitenziari e della conseguente complessità della fase decisoria e di stesura dei relativi provvedimenti.
  

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'attivista per i diritti umani Monica Bizaj si è rivolta all'ex deputata e presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini per segnalare la mancata proroga delle licenze per i detenuti semiliberi del carcere di Foggia;

   il decreto milleproroghe 2022 ha prorogato al 31 dicembre 2022 il termine per la concessione delle licenze premio straordinarie ai semiliberi, quale misura di contenimento della diffusione della pandemia da COVID-19;

   Monica Bizaj, nella mail indirizzata alla Bernardini, fa presente che alla data del 30 marzo 2022, la magistratura di sorveglianza di Foggia non aveva ancora provveduto a concedere le licenze costringendo così i detenuti a rientrare in carcere a partire dalla sera del 31 marzo; già nell'occasione di precedenti proroghe, la magistratura di sorveglianza di Foggia è stata restia ad applicare la misura prevista dal legislatore per contenere la diffusione del COVID-19 nelle carceri;

   in particolare, il 28 maggio 2021, la sorveglianza di Foggia rigettava in blocco tutte le licenze straordinarie dei semiliberi proprio mentre era in corso un grave focolaio all'interno dell'istituto, come riportato dal sito Foggia Today il 3 giugno 2021 con 37 detenuti e 1 agente infettati;

   il carcere di Foggia è uno degli istituti più sovraffollati d'Italia con 562 detenuti in 345 posti regolamentari disponibili e la diffusione della pandemia da coronavirus può mettere gravemente a repentaglio la salute e la stessa vita sia dei detenuti che del personale;

   da segnalare che il Garante Nazionale dei detenuti, Mauro Palma, così ha commentato il 23 febbraio 2022 la proroga delle licenze straordinarie per i semiliberi: «I detenuti in semilibertà non dovranno tornare a dormire in carcere. Ieri la Camera ha approvato la proroga al 31 dicembre di una norma disposta durante la pandemia che permetteva loro di dormire presso il proprio domicilio. Potrà così proseguire il loro reinserimento nella società.» –:

   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per ridurre i rischi della diffusione del COVID-19 da parte dei semiliberi di Foggia costretti a rientrare in carcere la sera;

   quanti siano ad oggi i semiliberi in Italia, quanti di loro abbiano usufruito delle previste licenze straordinarie, se si siano verificati episodi di inottemperanza alle prescrizioni della magistratura di sorveglianza da parte dei detenuti semiliberi che hanno beneficiato delle suddette licenze;

   se quanto avviene a Foggia, con la mancata proroga in blocco di tutte le licenze straordinarie per i semiliberi, si sia verificato, anche rispetto ad altri istituti penitenziari.
(4-11727)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante riferisce della mancata proroga delle licenze per i detenuti semiliberi ristretti presso la casa circondariale di Foggia, avanzando poi quesiti circa gli intendimenti volti a superare dette criticità.
  Preliminarmente è utile evidenziare che l'articolo 52 dell'ordinamento penitenziario prevede che al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse, a titolo di premio, una o più licenze di durata non superiore, nel complesso, a giorni quarantacinque all'anno.
  A seguito dell'emergenza pandemica legata al diffondersi del virus COVID-19, già da marzo 2020 e, da ultimo con legge n. 15 del 25 febbraio 2022, sono stati adottati provvedimenti volti a derogare i limiti temporali massimi di concessione del beneficio, e ciò nell'ottica di alleggerire la pressione sulle carceri, così limitando continui rientri e uscite dagli istituti, ma sempre sotto il controllo dell'autorità giudiziaria, i cui provvedimenti, come è noto, non possono comunque essere oggetto di sindacato da parte dell'Amministrazione.
  A oggi, pertanto, i termini previsti dalle disposizioni legislative in materia di licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà sono prorogati al 31 dicembre 2022.
  Ciò precisato, relativamente ai detenuti ammessi al regime di semilibertà ristretti presso la casa circondariale di Foggia, gli stessi facevano rientro in istituto in data 31 marzo 2022 alla naturale scadenza dei decreti disposti dalla locale e competente magistratura di sorveglianza.
  Alla data del 13 aprile 2022 risulta che presso la sezione semiliberi del carcere foggiano sono ristretti n. 18 detenuti, di cui n. 17 ammessi al regime di semilibertà.
  Per completezza di informazione, si rappresenta che alla data del 28 aprile 2022, a livello nazionale, i detenuti attualmente ammessi ai regime della semilibertà sono complessivamente n. 963, e il totale dei ristretti che hanno usufruito delle licenze straordinarie quale misura di contenimento della diffusione pandemica, dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 137 del 2020 fino a oggi, è pari a n. 670.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   LACARRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Capo dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale n. 738 del 2021 del giorno 3 dicembre 2021 sono stati individuati i programmi di intervento di servizio civile universale finanziati con le risorse del Fondo nazionale per il servizio civile, con gli stanziamenti previsti dal Pnrr e con quelli del Programma operativo nazionale «Iniziativa Occupazione Giovani», che attua la Garanzia Giovani in Italia, definiti dal Documento di programmazione finanziaria per il 2021;

   dal decreto dipartimentale n. 723 del 1° dicembre 2021, con il quale sono state approvate le graduatorie definitive relative ai programmi da realizzarsi in Italia, ai programmi da realizzarsi all'estero e ai programmi da realizzarsi nell'ambito del Pon-Iog, risulta che è stato positivamente valutato un numero complessivo di 857 programmi, corrispondenti a 77.848 operatori volontari, così distinti:

    810 programmi da realizzarsi in Italia per l'impiego di n. 76.639 operatori volontari;

    45 programmi da realizzarsi all'estero per l'impiego di 1.172 operatori volontari;

    2 programmi da realizzarsi nell'ambito del Pon-Iog per l'impiego di 37 operatori volontari;

   attualmente, le somme complessivamente disponibili per il Servizio civile universale per l'anno 2021 sono pari ad euro 304.353.294,00, così ripartite:

     euro 87.353.294,00, relativi a risorse statali;

     euro 200.000.000,00, relativi alle risorse in essere del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

     euro 17 milioni, relativi a nuove risorse Pnrr;

   con riferimento ai programmi da realizzarsi in Italia e all'estero, sulla base delle graduatorie approvate, delle istanze pervenute dagli enti interessati concernenti il ritiro di programmi di intervento e/o di progetti e la riduzione del numero di operatori volontari richiesto, la richiamata dotazione finanziaria consente il finanziamento di soli 484 programmi da realizzarsi in Italia, per 54.181 operatori volontari, di cui 32 con l'ulteriore misura di un periodo fino a tre mesi in un altro Paese dell'Unione europea, a fronte di 54.236 posti potenziali, e 35 programmi da realizzarsi all'estero, per 980 operatori volontari a fronte di 995 posti potenziali;

   come si evince e come peraltro denunciato in un comunicato congiunto della Conferenza nazionale enti servizio civile, Forum nazionale terzo settore, a fronte di 76.639 posizioni valutate positivamente dal Dipartimento politiche giovanili e servizio civile universale per programmi da realizzarsi in Italia, risultano stanziate risorse per sole 54.181 posizioni, ossia 22.458 in meno rispetto alle posizioni valutate –:

   se il Governo intenda, per quanto di competenza, valutare ogni possibile soluzione al fine di reperire le risorse necessarie per estendere agli oltre 22.000 giovani candidati esclusi l'opportunità di svolgere il servizio civile.
(4-10903)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, con riferimento ai programmi di intervento di servizio civile da realizzarsi in Italia, all'estero e nell'ambito del PON IOG, segnala che, sulla base delle graduatorie definitive approvate con decreto dipartimentale n. 723 in data 1° dicembre 2021, risultano positivamente valutati complessivamente 857 programmi, corrispondenti a 77.848 operatori volontari, e che, nell'ambito dei programmi da realizzarsi in Italia, ne sono stati finanziati 484 per un totale di 54.181 operatori volontari, come previsto dal decreto dipartimentale n. 738 del 3 dicembre 2021.
  In particolare, l'interrogante precisa che, con riferimento ai programmi da realizzarsi in Italia, a fronte di 76.639 posizioni valutate, positivamente dal Dipartimento, risultano stanziate risorse per 54.181 posizioni, ossia 22.458 in meno rispetto alle posizioni valutate, come evidenziato anche in un comunicato della Conferenza nazionale degli enti di servizio civile e del Forum nazionale del terzo settore.
  In relazione a siffatta situazione, l'interrogante chiede al Governò se intenda valutare ogni possibile soluzione al fine di reperire le risorse necessarie per estendere agli oltre 22.000 giovani candidati esclusi l'opportunità di svolgere il servizio civile.
  Al riguardo faccio presente che, al fine di ampliare il contingente di operatori volontari del servizio civile, ho dato mandato al dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale di effettuare un'attenta azione di rendicontazione al fine di accertare economie di gestione da poter destinare al finanziamento di ulteriori programmi di intervento di servizio civile.
  Al termine di tale verifica, sono state accertate economie pari a 43.433.100 euro. Ciò ha consentito di individuare ulteriori 102 programmi, di cui 92 in Italia e 10 all'estero, da finanziare per l'annualità 2021,
  È stato quindi pubblicato, in data 25 gennaio 2022, un bando integrativo del precedente avviso del 14 dicembre 2021 con il quale, impegnando tutte le risorse disponibili, è stato ampliato il numero di posizioni per operatori volontari di 8.126 unità, superando così la soglia dei 64.000 giovani operatori da avviare nei prossimi programmi di intervento.
  Precisamente, i posti di operatore volontario sono in totale 64.331 da impiegare in progetti di servizio civile universale in Italia e all'Estero e nei territori delle regioni interessate dal PON-IOG «Garanzia Giovani».
  Di questi, oltre 1.000 posti riguardano giovani volontari destinati, ad operare nell'ambito dei (45) programmi di servizio civile digitale ammessi al finanziamento dal dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale e dal dipartimento per la trasformazione digitale.
  Si tratta dei numeri più elevati che siano stati mai registrati negli ultimi anni che testimoniano il grande impegno, anche in termini di risorse, profuso dal dipartimento e dal Governo per consentire al più alto numero di giovani di svolgere il servizio civile universale.
  

La Ministra per le politiche giovanili: Fabiana Dadone.


   LEGNAIOLI, LOLINI, PICCHI, CARRARA e POTENTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la capacità di garantire un servizio di trasporto pubblico adeguato su tutto il territorio si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale;

   il trasporto, infatti, oltre a configurarsi come attività di tipo economico e come elemento essenziale del «diritto alla mobilità» previsto all'articolo 16 della Costituzione, costituisce un servizio di interesse economico generale e, quindi, tale da dover essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica;

   a quanto si apprende da organi di stampa, Autolinee Toscane, la società francese che dal 1° novembre 2021 gestisce il trasporto pubblico locale in Toscana, dal 10 giugno intende provvedere al ridimensionamento delle corse degli autobus urbani nelle cosiddette aree «deboli», in alcuni casi azzerandole;

   la società sostiene di limitarsi ad applicare il contratto di servizio e di agire sulla base di accordi intercorsi a partire dal 2012, con l'intesa della conferenza di servizi che risalirebbe al 25 maggio 2012 e che poi sarebbe confluita in una delibera della giunta regionale del 2013;

   al momento i territori più in difficoltà sono quelli di Grosseto e Massa-Carrara: nel primo rischiano di essere quasi azzerati cinquecentosessanta mila chilometri di linea urbana, mentre nel secondo trecentosettanta mila, su tratte molto frequentate;

   nelle aree interessate infatti gli autobus adibiti al servizio di trasporto pubblico locale rappresentano un mezzo di trasporto essenziale non solo per gli abitanti, ma anche per i turisti, e una soppressione delle linee causerebbe un danno anche al comparto turistico, settore vitale per le zone citate –:

   anche alla luce delle considerazioni esposte in premessa, se e quali iniziative di competenza intenda adottare per dotare il Paese di un piano per il potenziamento del trasporto pubblico locale e quali risorse economiche intenda trasferire agli enti locali affinché i mezzi di trasporto pubblico siano sempre garantiti in tutto il territorio nazionale e in particolare nella regione Toscana.
(4-11790)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame gli interroganti chiedono quali iniziative questo Ministero intenda adottare per potenziare il servizio di trasporto pubblico in tutto il territorio nazionale e in particolare nella regione Toscana.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per il trasporto pubblico locale e regionale e la mobilità pubblica sostenibile, si rappresenta quanto segue.
  In merito al ridimensionamento delle corse degli autobus urbani nelle aree a domanda debole, da parte del gestore Autolinee toscane, si ricorda che le funzioni e i compiti di programmazione e amministrazione in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, sono stati conferiti alle regioni e agli enti locali.
  Quanto alle iniziative finalizzate al potenziamento del trasporto pubblico locale, si evidenzia che la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) ha incrementato il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale anche ferroviario nelle regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 16-
bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, così come sostituito dall'articolo 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
  In particolare, la predetta legge di bilancio ha previsto un aumento strutturale del Fondo con le seguenti modalità: 100 milioni di euro per il 2022, 200 milioni di euro per il 2023, 300 milioni di euro per il 2024, 350 milioni di euro per il 2025 e 400 milioni di euro a regime dal 2026.
  Le modalità di ripartizione delle risorse in parola dovranno essere definite d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
  Con specifico riferimento alle risorse economiche trasferite alla regione Toscana per le finalità di cui sopra e per l'incentivazione del trasporto pubblico locale attraverso, in particolare, il rinnovo del parco rotabile su gomma e su ferro, i finanziamenti in corso sono pari a euro 503.224.130,28.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   LONGO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 6 ottobre 2021 il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, ha inviato ai Prefetti e, tramite loro, ai sindaci italiani, una circolare interpretativa in merito alle istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis richieste in Brasile da discendenti italiani emigrati nella seconda metà del XIX secolo;

   nella circolare si fa anche riferimento ad un lavoro di studio tra il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'avvocatura dello Stato che ha evidenziato gli effetti innovativi di due sentenze della Corte di appello di Roma, dove si dichiara la tacita perdita della cittadinanza italiana da parte di italiani che risiedevano in Brasile nel periodo tra il 1889-91, con conseguente interruzione della linea di trasmissione della cittadinanza italiana ai discendenti;

   la circolare e le indicazioni del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ai funzionari di stato civile della rete consolare provocano conseguenze operative per gli interessati, visto che in sostanza dispone di accantonare le pratiche di riconoscimento iure sanguinis, in vista di un riordino delle norme vigenti in materia; appare inusuale l'immediata applicazione di una circolare nelle istruttorie in corso per la definizione dell'iter di rilascio della cittadinanza iure sanguinis; appare inoltre sorprendente se la si confronta con la mancata applicazione della sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 ove la Suprema Corte di cassazione, alla luce dei pronunciamenti della Corte costituzionale, che ha riconosciuto lo status di cittadino italiano anche ai figli di donne che hanno perduto la cittadinanza a seguito di matrimonio con stranieri, anche se contratto prima del 1o gennaio 1948;

   se poi si considera che l'iter di definizione delle pratiche, nei consolati brasiliani, com'è noto, è talmente lungo tanto da mettere in dubbio anche la certezza del diritto ad avere una risposta in tempi certi da parte della Pubblica amministrazione, l'accantonamento delle pratiche significa di fatto la vanificazione di un elementare diritto –:

   se i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, non ritengano, di adottare iniziative urgenti affinché alle legittime istanze di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, avanzate da discendenti di italiani emigrati in Brasile nella seconda metà del XIX secolo, venga data una risposta certa almeno fino a quando il Parlamento non disponga diversamente.
(4-11991)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, va premesso che il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis non rientra nel potere concessorio del Ministero dell'interno, come viceversa l'attribuzione della cittadinanza per residenza o per matrimonio, essendo invece tale potestà rimessa all'esclusiva competenza degli uffici dello stato civile, in Italia e all'estero. In effetti, nella materia in esame il Ministero dell'interno ha soltanto un potere generale di indirizzo per gli aspetti di cittadinanza, che giuridicamente si distingue nettamente dall'attività di accertamento e certificazione propria degli uffici di stato civile comunali e delle rappresentanze consolari.
  Tanto premesso in via ricostruttiva del diritto vigente, in punto di fatto deve essere tenuto presente che nel corso dell'ultimo decennio si è registrato un forte incremento delle richieste di riconoscimento della cittadinanza per discendenza, formulate da parte dei cittadini stranieri, soprattutto sudamericani. Si tratta di richieste di gestione complessa in ragione sia delle situazioni da esaminare sia della normativa applicabile con conseguente difficoltà di operare un puntuale vaglio della documentazione allegata. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha in proposito stimato che presso i consolati d'Italia in Brasile risultano presentate decine di migliaia di domande di riconoscimento dello
status civitatis.
  L'attribuzione della cittadinanza brasiliana
iure soli agli emigrati in quel Paese alla fine del XIX secolo, a seguito della cosiddetta «Grande naturalizzazione», sancita da un decreto del 1889 della neonata Repubblica brasiliana, poteva comportare per i nostri connazionali la perdita della cittadinanza italiana, stante il disposto, vigente allora e sino al 1912, dell'articolo 11 del nostro codice civile del 1865, che, fra le cause di perdita della cittadinanza italiana, annoverava la fattispecie dell'ottenimento di una cittadinanza straniera.
  Per quanto concerne la giurisprudenza sullo specifico argomento, si pone l'attenzione sulla diversità interpretativa sussistente tra le due sentenze richiamate nella circolare del Ministero dell'interno, e la recente sentenza della Corte d'appello di Roma, sezione I civile dell'8 ottobre 2021. Peraltro, deve essere sottolineato che, in seguito alla pronuncia da ultimo citata, la medesima sezione della Corte d'appello di Roma, decidendo in merito a casi di cittadini italiani emigrati in Brasile a fine del XIX secolo, ha ritenuto inequivocabile che, con l'accettazione dell'avvenuto acquisto della cittadinanza brasiliana, si sia formata la contestuale rinuncia tacita a quella italiana alla luce del disposto della richiamata disposizione del codice civile del 1865, respingendo pertanto la domanda di riconoscimento
iure sanguinis della cittadinanza dei discendenti.
  Tenuto conto delle rilevate difformità giurisprudenziali, della questione è stata investita la Corte di cassazione, presso la quale è già incardinato ricorso, per il quale la stessa avvocatura generale dello Stato ha formulato istanza di trattazione celere e di rimessione alle sezioni unite. La Suprema Corte ha fissato al prossimo 12 luglio l'udienza di esame.
  In attesa dell'esame da parte della Corte Suprema, il Ministero dell'interno, con la circolare n. 6497 del 6 ottobre 2021 e in analogia alle direttive emanate per i consolati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha segnalato agli uffici dello stato civile dei comuni la possibilità di dare priorità alla definizione delle pratiche di cittadinanza
iure sanguinis nelle quali sia vantata la discendenza da dante causa non interessato dalla «Grande naturalizzazione brasiliana».
  L'acquisizione del giudizio della Corte Suprema potrà consentire alle amministrazioni di orientarsi con sicurezza di fronte alla complessità interpretativa della materia e di evitare l'assunzione di decisioni passibili di annullamento successivo e il rischio di esposizione dell'erario a ingenti oneri di spesa.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   MENGA, SPESSOTTO, VIANELLO e SARLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   alle prime luci dell'alba del 28 giugno 2021 una colonna di fumo nero e acre ha svegliato i cittadini del piccolo comune di San Severo, in Puglia;

   un violento rogo è divampato nel deposito di un'azienda sottoposta ad amministrazione giudiziaria, a seguito di un sequestro eseguito dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Bari nel lontano 2017, dove erano accatastate all'incirca 300 ecoballe di plastica e carta;

   in supporto alle autorità locali, sul luogo sono intervenuti i tecnici dell'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente (Arpa), al fine di vagliare il pericolo di una grave alterazione ambientale;

   quanto accaduto si traduce, quindi, in un ennesimo danno per l'ambiente e per la salute dei cittadini, figli di una terra sempre più contaminata da sostanze tossiche che giorno dopo giorno accrescono l'inquinamento dell'aria e dei terreni circostanti, con conseguenti e irreparabili ricadute negative sul settore agroalimentare, elemento fondamentale dell'economia locale;

   non escludendosi l'origine dolosa dell'evento incendiario, da parte delle istituzioni locali vi è il fondato timore che nuovi roghi possano divampare all'interno di altre strutture adiacenti, tutte poste sotto sequestro da qualche anno, all'interno delle quali risulterebbero esserci ingenti quantitativi di ecoballe;

   in difetto di un'adeguata programmazione di controlli capillari nei territori interessati da accumuli di rifiuti abbandonati in attesa di smaltimento, non potrà mai esservi un'efficace e fattiva prevenzione di simili eventi, che sistematicamente degenerano in emergenze ambientali a discapito dell'intero ecosistema –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, conseguentemente, anche in un'ottica di prevenzione e di tutela dell'ambiente quali iniziative urgenti, necessarie e opportune, per quanto di competenza, intendano porre in essere al fine di scongiurare il perpetrarsi di simili episodi incendiari;

   se non intendano predisporre un piano straordinario di rimozione e smaltimento degli ingenti quantitativi di «ecoballe» allo stato giacenti in capannoni dislocati sul territorio in argomento;

   se non intendano adottare le iniziative di competenza per intensificare l'attività di vigilanza e controllo dei siti e delle singole strutture, dislocate sull'intero territorio nazionale, al cui interno giacciono le ecoballe sottoposte a sequestro da anni.
(4-09783)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che l'incendio menzionato nell'interrogazione è divampato il 28 giugno 2021 nel comune di San Severo, all'interno di un deposito di ecoballe sottoposto a sequestro penale dal nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Bari. Per le operazioni di spegnimento è intervenuta sul posto una squadra del distaccamento dei vigili del fuoco di San Severo, oltre a polizia locale, carabinieri, Arpa regione Puglia e azienda sanitaria locale.
  Al termine delle operazioni di messa in sicurezza dell'area, gli enti di competenza sono stati informati della conclusione delle operazioni di spegnimento ed è stata evidenziata la necessità di bonificare l'area dai residui della combustione, per ripristinare le condizioni di sicurezza e salubrità a tutela della pubblica e privata incolumità.
  Sulla base delle verifiche effettuate, l'Arpa ha constatato che l'impatto dell'incendio è stato molto modesto e ha ribadito l'esigenza di procedere velocemente, all'atto del ritrovamento di rifiuti abbandonati, alla loro rimozione e al loro conferimento verso idonei impianti di trattamento o smaltimento, evitando così l'insorgere di eventuali incendi.
  Al riguardo, il prefetto di Foggia ha avviato, in seno al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, un monitoraggio del siti sui quali risultano depositati in modo illecito rifiuti e ha preso contatti con la regione Puglia e con le amministrazioni comunali interessate, per individuare un percorso condiviso che possa consentire la bonifica dei siti inquinati nel più breve tempo possibile.
  In particolare, in occasione della riunione del predetto comitato del 2 luglio 2021, cui hanno partecipato i sindaci dei comuni di San Severo e Chieuti, è stata esaminata la presenza, nell'ambito di tali comuni, di tre siti nei quali risultano sversate in modo illecito diverse migliaia di ecoballe, al fine di risolvere tempestivamente la problematica e scongiurare il ripetersi di episodi simili a quello segnalato nell'interrogazione.
  Successivamente, in adesione alle determinazioni assunte in sede di comitato, si è tenuto presso la questura un tavolo tecnico, allargato alla partecipazione di tutte le forze di polizia, delle polizie locali e degli enti interessati, tra cui Arpa Puglia, Asl di Foggia e protezione civile regionale, nell'ambito dei quale sono state definite le modalità attuative dei servizi di prevenzione e contrasto del fenomeno degli incendi notturni, poi confluite in un'apposita ordinanza del questore.
  In una successiva riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, tenutasi il 15 luglio è stato concordato di svolgere dei sopralluoghi sui siti in esame, al fine di analizzare il materiale e quantificare le risorse necessarie alla messa in sicurezza delle aree in questione.
  Più in generale, si evidenzia che i numerosi incendi che negli ultimi anni hanno interessato impianti e depositi di stoccaggio di rifiuti – con particolare riferimento a quelli soggetti alle cosiddette procedure semplificate di autorizzazione ai sensi degli articoli 214 e 216 dei decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo unico sull'ambiente) – hanno sollevato l'attenzione sulla prevenzione del rischio di incendio nei sopracitati luoghi di lavoro, sull'inquinamento ambientale e sui conseguenti danni alla salute derivanti dalla dispersione di sostanze tossiche e/o nocive.
  Lo stoccaggio di rifiuti – inteso sia come operazioni di smaltimento che come operazioni di recupero – può essere eseguito da un impianto autorizzato e deve rispondere alla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché alle norme generali di prevenzione degli incendi, che impongono al datore di lavoro di valutare tutti i rischi connessi all'esercizio dell'impianto, adottando le conseguenti misure di prevenzione e protezione. Qualora, nell'ambito dello stoccaggio di rifiuti, sia annoverata un'attività di cui all'allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, si dovrà dare corso agli adempimenti ai fini della sicurezza antincendi previsti dal predetto decreto.
  Al riguardo, il dipartimento dei vigili del fuoco del Ministero dell'interno, in accordo con il Ministero della transizione ecologica, ha approfondito gli aspetti normativi, le procedure per la pianificazione e la gestione delle emergenze, nonché le procedure per l'espletamento dell'attività investigativa.
  Per quanto riguarda gli aspetti normativi, si premette che gli impianti di stoccaggio di rifiuti non rientrano nell'ambito di applicazione del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 recante «Attuazione della direttiva 2012/UE/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose», a meno che non ricorrano le condizioni di cui all'articolo 3 del medesimo decreto, e che soltanto gli stabilimenti di soglia superiore sono assoggettati ai controllo da parte dei Comitati tecnici regionali dei vigili del fuoco.
  Al fine di incrementare il livello di
safety nell'ambito degli impianti in questione, il Ministero dell'interno ha contribuito alla predisposizione della circolare del Ministro della transizione ecologica n. 1121 del 21 gennaio 2019, contenente le «Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi», che fornisce le prime indicazioni per consentire la valutazione del rischio di incendio negli impianti di stoccaggio di rifiuti e indica le specifiche misure di prevenzione, protezione antincendio e gestionali da adottare.
  È stato inoltre istituito uno specifico gruppo di lavoro, con la partecipazione di rappresentanti del Ministero della transizione ecologica, con l'obiettivo di predisporre le disposizioni tecniche di prevenzione Incendi finalizzate a modulare le diverse misure di prevenzione e protezione antincendio, in ragione della tipologia dell'impianto di stoccaggio nonché della natura e della quantità dei rifiuti stoccati.
  Per quanto riguarda l'elaborazione di procedure per la pianificazione delle emergenze degli impianti, l'articolo 26-
bis del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (introdotto dalla legge di conversione 1° dicembre 2018, n. 132) ha previsto l'obbligo – per tutti i gestori degli impianti di stoccaggio e trattamento di rifiuti, esistenti o di nuova costruzione – di predisporre, entro novanta giorni, un apposito «piano di emergenza interna» (PEI) nonché la predisposizione del «piano di emergenza esterna» (PEE) elaborato dal Prefetto d'intesa con le Regioni e gli enti interessati, sulla base delle informazioni fornite dai gestori stessi.
  Nelle more dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 9 del predetto articolo 26-
bis, per l'approvazione delle linee guida per la predisposizione dei PEE, è stata predisposta una circolare congiunta dei Ministeri dell'interno e della transizione ecologica, relativa alle «Disposizioni attuative dell'articolo 26-bis, inserito dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132 – prime indicazioni per i gestori», volta a fornire le prime disposizioni attuative sulle informazioni che i gestori dovranno fornire ai prefetti per l'elaborazione dei PEE, Le citate linee guida sono state approvate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 agosto 2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 7 ottobre 2021. Inoltre, un apposito gruppo di lavoro istituito dal Ministero dell'interno sta lavorando alla predisposizione di uno schema tipo di Piano provinciale di emergenza esterna per impianti di stoccaggio e trattamento rifiuti, da mettere a disposizione delle Prefetture.
  Si evidenzia, infine, l'attività investigativa espletata dal nucleo investigativo antincendi, che si avvale anche dei nuclei investigativi antincendi territoriali. Questi ultimi sono strutture investigative dipendenti dalle direzioni regionali dei vigili del fuoco, dotate di personale appositamente formato per il repertamento e l'individuazione delle cause di incendio, oltre che di specifiche apparecchiature per le indagini, che consentono di «cristallizzare» lo stato del luoghi post-evento. Inoltre, è in fase di sviluppo un progetto per il potenziamento delle capacità, da parte degli investigatori dei vigili del fuoco, di condurre l'analisi dei residui di incendio per la ricerca di acceleranti di fiamma.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   MISITI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il testo unico degli enti locali, di cui al decreto-legge decreto legislativo n. 267 del 2000 aggiornato alle modifiche apportate dal decreto-legge n. 104 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020, riconosce al consigliere comunale un ruolo primario all'interno della gestione dell'ente, una responsabilità assunta, il giorno del voto, nei confronti dell'elettore che non può essere semplicemente limitata a quella di alzare la mano in segno di approvazione o di urlare per opporsi in segno di contrarietà;

   gli articoli 79, 80 e 81 del decreto-legge n. 267 del 2000, come modificati dalla legge n. 244 del 2007, gli articoli 16 e 21 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011, l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 392 del 2000 convertito dalla legge n. 26 del 2001 e l'articolo 68 del decreto legislativo n. 165 del 2001 disciplinano permessi e diritti riconosciuti a personale che ricopre carica pubblica elettiva;

   in data 8 febbraio 2021, il sindaco del comune della provincia di Brindisi, Torre Santa Susanna, ex senatore Michele Saccomanno, con propria nota esprimeva il proprio rammarico, alla dirigente scolastica dell'istituto comprensivo Commenda di Brindisi e per conoscenza al direttore dell'ufficio scolastico regionale di Bari, per il trattamento che sarebbe riservato al consigliere comunale, di minoranza, dottor Gabriele Presta, che, anziché facilitare l'espletamento del mandato ricevuto, lo renderebbe difficoltoso con turnazioni che ne ostacolerebbero le minime funzionalità;

   in data 17 maggio 2021, lo stesso sindaco, ritenendo opportuno e doveroso difendere i diritti e l'onorabilità del ruolo di consigliere comunale, interpellava il prefetto di Brindisi, mettendo a conoscenza il procuratore di Brindisi, il direttore dell'ufficio scolastico regionale di Bari, nonché la stessa dirigente scolastica dell'istituto comprensivo Commenda di Brindisi, ritenendo necessario un intervento teso a chiarire e precisare alla dirigente scolastica in questione, datore di lavoro del consigliere comunale del comune di Torre Santa Susanna, il dottor Gabriele Presta, i diritti dei consiglieri comunali nell'espletamento del mandato elettivo ricevuto dai cittadini e le modalità di esercizio degli stessi, come disciplinati nel Testo unico degli enti locali;

   ad oggi continuerebbero gli atteggiamenti ostruzionistici e di negazione dei diritti, che non facilitano la partecipazione del consigliere comunale Presta alle sedute dei consigli comunali, delle commissioni e delle conferenze capigruppo, tutte sedi deputate allo svolgimento di attività fondamentali per l'attività amministrativa dell'ente e per la programmazione dei servizi da rendere alla comunità locale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano opportuno adottare iniziative volte a fornire un chiarimento in merito alla disciplina sottesa al corretto esercizio del mandato di consigliere comunale in relazione al rapporto con il datore di lavoro, nel caso di specie una istituzione scolastica, che possa precisare le modalità applicative della normativa di riferimento e facilitare, pertanto, al consigliere interessato nel caso specifico, l'esercizio dei propri diritti di consigliere comunale.
(4-09487)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che, in data 17 maggio 2021, il sindaco di Torre Santa Susanna ha segnalato alla prefettura di Brindisi una condotta asseritamente ostruttiva nei confronti del consigliere di maggioranza, professore Gabriele Presta, in servizio presso l'Istituto comprensivo «Commenda» di Brindisi. In sostanza, il dirigente scolastico del predetto consigliere gli avrebbe imposto turnazioni tali da rendergli difficile l'espletamento del mandato politico-amministrativo. La nota di segnalazione si concludeva auspicando un intervento sulla dirigenza scolastica.
  Con lettera in data 4 giugno 2021, la prefettura ha interessato il dirigente pro-tempore dell'ufficio scolastico regionale per la Puglia, che ha fornito puntuale riscontro sulla questione segnalata con una dettagliata nota, dalla quale è emerso che, proprio al fine di corrispondere alle esigenze del mandato politico, il docente in questione «è stato assegnato ad un posto di potenziamento, onde evitare che le sue continue assenze avessero potuto nuocere al percorso e alla continuità didattica dei bambini della sezione. Diverse sono state le richieste di assenza per partecipazione a riunioni consolari e nessun diniego è mai stato frapposto in tal senso, così come è previsto dai contratto di lavoro, nonché dal decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, e dall'articolo 68 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, anche in deroga alla pur normata programmazione trimestrale».
  È stato inoltre acclarato che anche in altre circostanze in cui il docente aveva chiesto di assentarsi per ragioni che esulavano dall'espletamento dell'incarico da consigliere, il dirigente scolastico gli manifestava – «al fine di agevolare le esigenze del docente» – disponibilità a concedere i giorni di assenza richiesti a titolo di ferie, confermando, in ogni caso, la piena disponibilità collaborativa.
  Da ultimo, il Ministero dell'istruzione ha reso noto che il docente in questione, non presta più servizio presso l'istituto comprensivo «Commenda» di Brindisi a partire dal 1° luglio 2021.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Presidente tunisino, Kais Saied, il 25 luglio 2021, aveva congelato i poteri del Parlamento, revocato l'immunità parlamentare e destituito l'allora capo del governo, Hichem Mechichi. Decisioni a cui sono seguite proteste e la sostituzione di Mechichi con la nomina a primo ministro di Najla Bouden Ramadàn;

   all'inizio del 2022 Saied ha emanato un decreto che scioglie il Consiglio superiore della magistratura, organo preposto a garantire il corretto svolgimento della giustizia e l'indipendenza della magistratura. L'Alto Commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha dichiarato che lo scioglimento del Csm tunisino avrebbe gravemente compromesso lo stato di diritto, la separazione, dei poteri e l'indipendenza della magistratura in Tunisia. Saied intende inoltre modificare la Costituzione e convocare elezioni a fine anno;

   il 30 marzo 2022 Saied durante una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale, da lui presieduto, ha annunciato lo scioglimento dell'Assemblea dei Rappresentanti del Popolo;

   lo scioglimento del Parlamento ha aggravato la crisi in corso da tempo in Tunisia, crisi già notevolmente complicata da instabilità politica, condizioni economiche, pandemia e autoritarismo dello stesso Presidente. Non a caso gran parte della popolazione tunisina ritiene il giro di vite operato da Saied un «golpe di velluto»;

   il 30 marzo 117 deputati tunisini hanno votato in una plenaria discussa online la sfiducia alle misure eccezionali imposte da Saied la scorsa estate. Tra loro anche Majdi Karbai, parlamentare eletto nella circoscrizione italiana e membro del partito Courant démocrate, che ha dichiarato alla testata «Valigia Blu»: «Dopo il 30 marzo siamo accusati di cospirazione contro lo Stato, stanno convocando i parlamentari davanti al polo antiterrorismo. Questo è quello che faceva Ben Ali, accusava i suoi oppositori di terrorismo. Ora vuole dire che il rischio è la pena di morte»;

   in aprile il presidente Saied ha emesso un nuovo decreto che gli assegna la facoltà di nominare i componenti dell'Istanza superiore per l'indipendenza delle elezioni (Isie), componenti che fino a questo nuovo atto erano elettivi. Il Servizio europeo per l'azione esterna ha espresso preoccupazione per questo decreto che rischia di ridurre l'indipendenza dell'Isie, sottolineando che per l'Unione europea l'indipendenza di questa istituzione è un elemento cruciale per garantire la credibilità del processo elettorale che deve portare al ritorno alla normalità istituzionale nel Paese;

   «l'Unione europea è molto preoccupata per gli ultimi sviluppi in Tunisia, in particolare per lo scioglimento del parlamento e per i procedimenti penali avviati contro alcuni dei suoi membri». È scritto in un comunicato del portavoce dell'Alto Rappresentante dell'Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. «Chiediamo il ritorno, quanto prima, al normale funzionamento delle istituzioni e continueremo a seguire da vicino le varie fasi di attuazione del calendario politico approvato nel dicembre 2021», ha precisato la portavoce Massrali;

   un gruppo di eurodeputati, formato da Michael Gahler, Javier Nart, Jakop Dalunde e Andrea Cozzolino, ha tenuto a metà aprile una visita di tre giorni in Tunisia al termine della quale ha affermato che: «L'Unione europea incoraggia tutte le parti tunisine a impegnarsi in un dialogo nazionale autenticamente inclusivo per far fronte, con urgenza, alla crisi politica ed economica» e che intende «continuare a sostenere la Tunisia nel processo di riforma politica e consolidamento democratico» –:

   quali urgenti iniziative di competenza, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Governo intenda intraprendere, sia in sede comunitaria sia in sede internazionale, affinché in Tunisia si possa prevenire al ripristino, nel più rapido tempo possibile, di tutte le regole dello stato di diritto e si contribuisca concretamente alla crescita democratica tanto agognata con la «primavera araba» dal popolo tunisino.
(4-11962)

  Risposta. — L'Italia continua a monitorare attentamente l'evolversi della situazione politica in Tunisia, che rimane per il nostro Paese un partner di importanza strategica.
  Assieme ai nostri principali interlocutori in ambito G7 e UE, abbiamo svolto in questi mesi un ruolo di primo piano per sensibilizzare le autorità tunisine – nel pieno rispetto della sovranità del Paese – sulla necessità di effettuare passi verso il ripristino dell'ordine costituzionale e di assicurare il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.
  L'Italia ritiene che la
roadmap sulle riforme politiche e costituzionali presentata dal Presidente Saied sia un segnale importante, di cui va però verificata la concreta attuazione. Alcune recenti decisioni destano infatti preoccupazione. Mi riferisco ad esempio ai decreti riguardanti le attività del Consiglio superiore della magistratura, per cui l'Italia, assieme ai partner G7, ha espresso profonda preoccupazione e alla riforma dell'Istanza superiore per le elezioni (ISIE). A questo specifico riguardo, l'Italia sostiene gli sforzi della commissione di Venezia e della sua Presidente Claire Bazy-Malaurie, per un confronto strutturato tra le autorità tunisine e la commissione stessa sulle riforme politiche e costituzionali.
  Certamente preoccupa lo scioglimento del Parlamento, già «congelato» dal 25 luglio 2021. È evidente che le riforme politiche per il ripristino della democrazia e della normalità istituzionale nel Paese debbano passare per la ripresa del pieno funzionamento del Parlamento. L'auspicio è quindi che le tappe indicate nella
roadmap del Presidente Saied possano essere raggiunte, culminando in elezioni legislative in programma a dicembre prossimo.
  Auspichiamo inoltre che il dialogo nazionale annunciato dal Presidente Saied sia quanto più inclusivo possibile, coinvolgendo pienamente la società civile e tutte le istanze del variegato panorama politico tunisino. Una scelta in senso contrario rischierebbe di esacerbare le divisioni interne e di provocare fratture difficilmente sanabili nel tessuto politico e sociale del Paese, come testimoniato dallo sciopero generale indetto dalla centrale sindacale Unione generale tunisina del lavoro (UGTT) lo scorso 16 giugno.
  Lo stato dell'economia tunisina continua a destare preoccupazioni. Alla luce del deterioramento degli indicatori economici del Paese, ulteriormente acuito dagli effetti della guerra in Ucraina, la Comunità internazionale deve intervenire per evitare un possibile tracollo finanziario che potrebbe avere ricadute sociali drammatiche e ripercussioni significative anche sotto il profilo dei flussi migratori. La conclusione in tempi rapidi di un accordo con il Fondo monetario internazionale è in questo contesto fondamentale per rassicurare i mercati, garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche del Paese e porre le condizioni per eventuali, ulteriori programmi di assistenza finanziaria a livello bilaterale e multilaterale. In tale quadro l'Italia rimane impegnata – anche in sede europea – nel promuovere tutte le iniziative necessarie a scongiurare scenari di dissesto finanziario.
  È importante da ultimo tenere presente che la guerra in Ucraina rischia di compromettere ulteriormente la situazione della Tunisia anche sul piano della sicurezza energetica e alimentare. Su questo versante l'Italia si farà promotrice, anche in partenariato con le agenzie delle Nazioni Unite, di tutte le iniziative necessarie ad assicurare una risposta multilaterale efficace.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   NOVELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in Italia la tutela delle minoranze linguistiche fa parte del nucleo dei princìpi fondamentali sanciti dalla Costituzione. Tra le regioni italiane che vivono il fenomeno del multilinguismo, una particolare attenzione merita la realtà del Friuli-Venezia Giulia;

   il Friuli-Venezia Giulia, è da sempre una terra di confine e di incontro di popoli: oltre all'italiano, lingua ufficiale, la regione autonoma ha anche riconosciuto come lingue regionali il friulano, lo sloveno ed il tedesco;

   per la sola minoranza slovena, specifiche norme sono dettate dalla legge n. 38 del 2001, a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia, in attuazione degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione e dell'articolo 3 dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia;

   secondo l'articolo 8, comma 4, della citata legge n. 38 del 2001, nelle città di Trieste, Gorizia e Cividale del Friuli, le amministrazioni comunali devono istituire un ufficio per i cittadini che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo, cioè:

    1) ricevere risposta in lingua slovena: a) nelle comunicazioni verbali, di norma direttamente o per il tramite di un interprete; b) nella corrispondenza, con almeno una traduzione allegata al testo redatto in lingua italiana;

    2) vedersi riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali;

    3) rilascio di atti e provvedimenti di qualunque natura destinati ad uso pubblico e redatti su moduli predisposti, compresi i documenti di carattere personale quali la carta di identità e i certificati anagrafici, a richiesta dei cittadini interessati, sia in lingua italiana e slovena sia nella sola lingua italiana;

   l'articolo 8, comma 4, primo periodo, della legge n. 38 del 2001, invece prevede che nei territori compresi nella tabella della medesima legge, tutte le amministrazioni adeguino i propri uffici al fine di garantire i diritti previsti per la minoranza slovena;

   il comma 8 del citato articolo 8, prevede che per il conseguimento delle finalità di cui al medesimo articolo è autorizzata la spesa massima di lire 5.805 milioni annue dall'anno 2001;

   è di interesse degli amministratori pubblici, tanto statali quanto regionali e locali, sapere quante persone hanno usufruito dei servizi di cui all'articolo 8 della legge n. 38 del 2001 –:

   quanti uffici siano stati costituiti, ai sensi dell'articolo 8, comma 4, secondo periodo, della suddetta legge e in quali comuni, in particolare per quanto riguarda la ex provincia di Udine;

   se intenda chiarire per ognuno dei suddetti uffici, negli ultimi 3 anni: a) quante persone hanno usufruito dei servizi erogati; b) quanti servizi, e di che tipologia, sono stati erogati; c) in relazione ai servizi erogati, la percentuale di utilizzo di moduli redatti in lingua italiana e slovena e di quelli redatti solo in lingua italiana;

   a quanto ammonti, annualmente, per le casse dello Stato e per quelle delle amministrazioni locali, la spesa per il funzionamento di detti uffici nel complesso e singolarmente, in particolare per quelli costituiti nella ex provincia di Udine;

   a quanto ammonti, annualmente, per le casse dello Stato e per quelle delle amministrazioni locali, la spesa per l'adeguamento degli uffici dovuto ai sensi dell'articolo 8, comma 4, primo periodo, della citata legge 23 febbraio 2001, n. 38, in particolare per quelli operanti nella ex provincia di Udine;

   se non si ritenga opportuno, al fine di ottimizzare i servizi e l'utilizzo delle risorse, adottare iniziative di competenza volte a prevedere un unico ufficio per ognuno dei territori delle ex province di Trieste, Udine e Gorizia, garantendo l'esercizio dei diritti previsti per i cittadini appartenenti alla minoranza slovena tramite tali uffici.
(4-11390)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  In merito all'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 23 febbraio 2001 n. 38, sono stati acquisiti elementi informativi sia a livello centrale che nei territori interessati per il tramite delle prefetture di Trieste, Udine e Gorizia.
  Va innanzitutto rilevato che presso il commissariato del Governo – prefettura di Trieste è stato istituito lo «sportello unico per gli Sloveni», che vede la partecipazione della questura, dell'ufficio scolastico regionale, dell'agenzia nazionale delle entrate, dell'agenzia regionale delle dogane, dell'INPS, dell'INPDAP e dell'INAIL.
  Dai dati acquisiti emerge che lo sportello unico ha erogato 173 pratiche nel 2019, 104 nel 2020 (da gennaio a settembre) e, nel 2021, con l'ausilio del personale della locale prefettura, si è dato riscontro a 12 richieste. La percentuale di utilizzo dei moduli redatti in lingua italiana e slovena rispetto alle istanze presentate è stata del 63 per cento.
  L'attività in presenza dello sportello unico è stata momentaneamente sospesa, tuttavia gli operatori sono contattabili telefonicamente o via
mail; nel contempo le singole amministrazioni aderenti si sono organizzate per le attività di traduzione e interpretariato con propri dipendenti e con la pubblicazione sui propri siti istituzionali della modulistica tradotta in sloveno.
  La spesa per il funzionamento dello sportello unico è stato di 5.220 euro per l'anno 2019, di 5.020 euro per l'anno 2020 e di 3.400 euro per l'anno 2021.
  Dal 2015, in relazione alla necessità di corrispondere alle richieste dei cittadini italiani appartenenti al gruppo linguistico sloveno, sono stati organizzati dalla prefettura di Trieste corsi di lingua slovena per il personale dipendente e il personale in servizio presso gli uffici periferici dello Stato operanti nella provincia.
  Il comune di Trieste, in attuazione della legge n. 38 del 2001 ha attivato un Ufficio centrale che svolge funzioni prettamente informative e un ufficio che svolge attività di interpretazione e traduzione per gli utenti che richiedono l'interlocuzione con l'amministrazione comunale. Sono stati effettuati anche servizi educativi per l'insegnamento della lingua slovena rivolti a bambini iscritti all'anno educativo 2021/2022.
  Anche l'amministrazione comunale di Gorizia ha istituito uno sportello linguistico rivolto ai cittadini di lingua slovena e, dai dati comunicati, risulta che negli anni 2019 e 2020 sono state evase circa 700 richieste di traduzione provenienti da uffici o cittadini.
  Dal 2019 ai 2021 il comune ha, inoltre, provveduto a soddisfare, tramite affidamento all'esterno, una cinquantina di richieste di servizi di interpretariato e di traduzione per un totale di circa 505 cartelle di traduzione e 5 interpretariati.
  In merito alla modulistica bilingue, su un totale di 16.160 certificati e 739 documenti di identità cartacei emessi, sono stati rilasciati in forma bilingue 33 certificati e 25 documenti di identità; in merito alle carte di identità elettroniche, risulta che dal 2019 al 2021 ne siano state rilasciate 2.176 in formato bilingue e 8.824 nella versione monolingue in italiano.
  L'Amministrazione comunale ha riferito che le risorse finanziarie erogate dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia nel triennio 2019-2021, utilizzando i fondi della legge n. 38 del 2011, corrispondono a 80.000 euro. Analogo finanziamento risulta disposto per il triennio 2022-2024.
  Anche presso il comune di Monfalcone è attivo dal 2004 uno sportello linguistico per traduzioni e informazione sui progetti transfrontalieri previsti dal piano sviluppo rurale 2014-2020. Per quanto riguarda la modulistica bilingue, il comune ha rilasciato dal 2019 al 2021 circa 10 moduli tra certificati e documenti d'identità cartacei.
  Per quanto riguarda, invece, la provincia di Udine, il comune di Cividale del Friuli dal 1° agosto 2016 ha attivato uno sportello linguistico sloveno a cui vanno inoltrate le istanze di rilascio di atti e documenti bilingue.
  I servizi erogati riguardano l'elaborazione di testi in lingua slovena e la traduzione di elaborati per uffici, musei, e in favore di diverse progettualità finalizzate alla valorizzazione della lingua slovena che hanno interessato centinaia di fruitori.
  Dalla data di attivazione dello sportello sono state 34 le persone che hanno usufruito del servizio per il rilascio di carte di identità o altri documenti utilizzando quasi esclusivamente moduli in sloveno.
  In merito alle attività svolte da altri comuni della provincia di Udine risulta quanto segue.
  Il comune di Tarvisio attraverso l'attività dello sportello linguistico, oltre a fornire assistenza a coloro che vogliono interloquire con l'Amministrazione comunale nella lingua slovena e tedesca, ha fornito consulenza linguistica per l'accesso ai servizi e uffici del comune. È stato altresì fornito supporto linguistico ad enti, associazioni culturali, società sportive per instaurare o consolidare contatti con associazioni austriache e slovene, in relazione ad iniziative di carattere culturale, turistico, promozionale, sociale e sportivo.
  Per quanto riguarda il comune di Malborghetto Valbruna, gli sportelli linguistici plurilingue, in sloveno e tedesco, sono stati attivati a partire dal 2019, in seguito alla sottoscrizione di una apposita convenzione con la regione Friuli Venezia Giulia relativa all'adesione alla rete per lo slovena nella pubblica amministrazione, ai sensi degli articoli 19 e 19-
bis della legge regionale n. 26 del 2007. Le attività svolte hanno riguardato la traduzione di testi, l'organizzazione di manifestazioni culturali, l'attuazione di progetti in ambito scolastico nonché l'assistenza a persone e istituzioni slovene oltre confine. Le attività dello sportello si sono svolte dal 6 maggio 2019 al 30 giugno 2020 e dal 28 giugno 2021 all'11 febbraio 2022.
  Nel comune di Resia è stato attivato uno sportello linguistico per i cittadini che ha operato con regolarità dal dicembre 2019 fino al 2021. Le persone che hanno usufruito dei servizi erogati sono state: n. 1.853 nell'anno 2019 e n. 2.010 negli anni 2020 e 2021. Per quanto concerne la tipologia dei servizi offerti, sono stati redatti articoli in resiano e italiano, realizzati manifesti, volantini e comunicati stampa in relazione all'organizzazione di eventi e alle attività pubblicate sulla pagina
Facebook della biblioteca comunale; è stato inoltre aperto un canale Instagram. Nel 2020 e nel 2021 sono stati anche pubblicati vademecum in resiano per la prevenzione anti COVID-19.
  Alcuni comuni hanno svolto attività in forma associata, come nel caso di San Pietro al Natisone, Drenchia, Grimacco, Prepotto, San Leonardo, Savogna, Stregna e Pulfero che hanno avviato l'attività di sportello linguistico mediante una convenzione stipulata tra regione Friuli Venezia Giulia. In particolare, a partire dal 1° gennaio 2019, la convenzione ha previsto l'impiego di personale in possesso di specifiche conoscenze della lingua slovena e della parlata locale per un totale di 72 ore settimanali, distribuite tra i singoli comuni aderenti. La maggior parte delle attività si sono svolte in
front-office con traduzione orale. Il personale impiegato ha affiancato le amministrazioni comunali in occasione di incontri transfrontalieri e iniziative culturali intraprese per le zone confinarie, svolgendo attività di traduzione e interpretariato. Come riferito dagli stessi enti, non è mai stato effettuato un conteggio degli accessi delle persone ai servizi resi e non è stata prevista modulistica bilingue oltre a quella messa a disposizione dall'ufficio centrale regionale appositamente costituito.
  Anche i comuni di Nimis, Attimis, Faedis con capofila il comune di Lusevera hanno attivato in forma consociata uno sportello linguistico ai sensi della legge regionale n. 26 del 2007, che ha operato inizialmente presso comune di Lusevera e successivamente presso comune di Faedis, mentre per quanto riguarda i restanti comuni l'impegno del personale impiegato è stato marginale, come nel caso di Nimis.
  Infine, dai dati acquisiti relativi alle spese per il funzionamento degli sportelli e servizi erogati nei triennio 2019-2021, emerge il seguente quadro:

   comune di Tarvisio – 53.017,36 euro (2019)/87.139,20 euro (2020)/68.693,87 euro (2021);

   comune di Resia – 2.938,02 euro (2019)/44.981,66 euro (2020)/42.861,55 euro (2021);

   comune di Malborghetto Valbruna – 42.500,00 euro per ciascun anno;

   comune di San Pietro al Natisone – 24.400,00 euro per ciascun anno;

   comuni di Drenchia, Grimacco, San Leonardo, Savogna, Stregna e Taipana – 10.000,00 euro per ciascun anno;

   comune di Prepotto – 5.560,00 euro per ciascun anno;

   Cividale del Friuli – 40.000 euro per ciascun anno.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   NOVELLI e SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel corso degli anni, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonostante una carenza di organico che si protrae da tempo, è stato oggetto di politiche di riduzione della spesa che hanno comportato non solo la mancata copertura della carenza stessa, ma un peggioramento del rapporto tra fabbisogno di personale e pianta organica effettiva, con particolare riferimento ai professionisti operativi;

   tale carenza di organico risulta comune a tutto il territorio nazionale, seppur con dimensioni differenti. Secondo le stime dei sindacati relative al 2018, risultavano in servizio 28.820 vigili del fuoco operativi, a fronte di un organico ideale di 40.000 unità, per un rapporto di un vigile del fuoco operativo ogni 2.102 cittadini;

   la direzione regionale dei vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia consta di quattro comandi, uno per ciascuna delle ex province. Alle sedi principali si aggiungono 13 distaccamenti ordinari, due stagionali, nove volontari, uno portuale, uno aeroportuale e un nucleo sommozzatori;

   secondo le medesime stime, una quota di personale, pari a 2.628 unità, è impiegato ad uso esclusivo delle sedi aeroportuali, riducendo l'organico in servizio sul territorio e portando il rapporto a un vigile del fuoco ogni 2.268 abitanti;

   secondo le stime del sindacato autonomo Conapo, pubblicate su alcuni quotidiani il 22 febbraio 2022, in Friuli Venezia Giulia sarebbero in servizio 832 vigili del fuoco a fronte di una pianta organica che dovrebbe constare di 1.025 operativi. Nel dettaglio, il comando provinciale di Udine conterebbe 276 vigili del fuoco contro i 328 previsti, quello di Pordenone 179 contro 211, quello di Gorizia 190 contro 233, quello di Trieste 148 contro 193, a cui si aggiungono i 39 del Nucleo sommozzatori, ventuno meno di quelli previsti;

   la carenza di organico in Friuli Venezia Giulia sarebbe quindi di circa duecento unità operative, tale da rendere inevitabile la chiusura temporanea di alcuni distaccamenti, tra cui quello di Cividale del Friuli, al fine di dirottare gli operativi sui comandi provinciali, nella fattispecie a Udine;

   nei giorni scorsi è stata annunciata l'assunzione di nuovi vigili del fuoco sull'intero territorio nazionale, di cui venti in Friuli Venezia Giulia, pari a circa il 10 per cento della carenza della pianta organica. Nel dettaglio, il Comando di Udine, che registrerebbe una carenza di organico di 50 unità confermata dal Comandante stesso, sarà integrato con 3 operativi, quello di Pordenone con 2 a fronte di 32, quello di Gorizia di 5 contro 36 e quello di Trieste di 10 contro 66;

   il fondamentale servizio a favore della comunità svolto dai vigili del fuoco in Friuli Venezia Giulia è stato garantito grazie alla dedizione, alla disponibilità e all'abnegazione dei vigili del fuoco in servizio ordinario e dei volontari;

   l'efficacia dell'importante servizio effettuato dai vigili del fuoco non può prescindere, oltre che da un'adeguata formazione degli operativi, da una pianificazione del personale e da una presenza uniformemente dislocata sui territori;

   nel corso della legislatura 2001-2006 è stato varato il progetto «Soccorso Italia in 20 minuti», finalizzato ad assicurare, ad ogni zona del Paese, di poter essere raggiunta dai vigili del fuoco in un tempo massimo di venti minuti, reso possibile dalla creazione di 120 nuovi distaccamenti –:

   se i dati riportati in premessa corrispondano al vero e, in caso negativo, quale sia la pianta organica dei vigili del fuoco prevista e quale quella reale per ciascuno dei comandi provinciali e dei distaccamenti del Friuli Venezia Giulia;

   se non si ritenga di dover adottare iniziative per procedere a un nuovo piano di assunzioni finalizzato a integrare la pianta organica dei vigili del fuoco, anche alla luce dell'età media del personale operativo e della «gobba pensionistica».
(4-11459)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si premette che il Ministero dell'interno riconnette rilevanza strategica alla politica assunzionale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. A tal fine, nonostante l'emergenza COVID-19 e le connesse difficoltà organizzative, è stato disposto, ed è in piena fase di attuazione, un importante calendario di concorsi già banditi, l'ultimo in ordine di tempo essendo quello del 25 febbraio 2022 relativo al concorso pubblico a 300 posti nella qualifica di vigile del fuoco.
  L'atto di sindacato ispettivo pone l'accento sulla generale situazione di carenza degli organici dei vigili del fuoco, atteso che le assunzioni straordinarie previste dalle più recenti disposizioni normative (articolo 1, comma 287, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 389 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, comma 136, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, articolo 1, comma 876 della legge 30 dicembre 2020, n. 178) sono state destinate, in parte, a potenziare l'organico ma non sono state sufficienti a colmare le carenze accumulatesi negli anni scorsi, a seguito degli interventi volti a limitare le spese di bilancio con tagli, anche consistenti, al
turn-over.
  Più precisamente, le assunzioni straordinarie di vigili del fuoco previste dalle citate disposizioni normative, a partire dall'anno 2018, sono state complessivamente 3.066, e precisamente, 350 nel 2018, 950 nel 2019, 1.093 nel 2020 e 673 nel 2021.
  Ulteriori assunzioni straordinarie sono state previste dalla legge di bilancio 30 dicembre 2021, n. 234 che, all'articolo 1, comma 961, contempla l'istituzione di un fondo per finanziare assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, attraverso l'adozione di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Per quanto riguarda, in particolare, la carenza di personale in Friuli Venezia Giulia, si evidenzia che la ripartizione della dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, definita con decreto del Ministro dell'interno del 2 dicembre 2019 e modificata con decreto ministeriale del 21 luglio 2020, prevede un totale teorico nei ruoli operativi di complessive 977 unità non specialiste (613 vigili del fuoco, 317 capi squadra/capi reparto, 30 ispettori antincendi e 17 direttivi). Attualmente, nella citata regione vi sono complessivamente 830 unità non specialiste (564 vigili del fuoco e 246 capi squadra/capi reparto, 3 ispettori antincendi, 17 direttivi), con una carenza di 49 vigili del fuoco, 71 capi squadra/capi reparto, 27 ispettori antincendi e 3 direttivi.
  Per sopperire, in parte, alle carenze nel ruolo dei vigili del fuoco, a conclusione del più recente corso di formazione, è stata disposta, con decorrenza 7 marzo scorso, l'assegnazione di 20 unità di personale vigile del fuoco ai Comandi dei vigili del fuoco della regione Friuli Venezia Giulia.
  Per il ruolo degli ispettori antincendi, allo stato sono in corso le procedure per l'accesso da concorso interno, al termine del quale è prevista l'assegnazione di 14 unità alla regione Friuli Venezia Giulia. Ulteriori assegnazioni sono previste a conclusione del concorso pubblico per il medesimo ruolo, anch'esso in corso di svolgimento.
  In relazione al ruolo di capo squadra e capo reparto, la carenza attuale potrà essere in parte compensata con le unità provenienti dal prossimo concorso, in fase di definizione. Invece, alla temporanea carenza di personale operativo non specialista, per il primo periodo del corrente anno, è stato autorizzato il richiamo di vigili volontari.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   POTENTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 maggio 2021, dopo numerose e ripetute richieste da parte delle istituzioni locali e dei sindacati, un'autoscala è stata data in dotazione al distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino, in provincia di Livorno;

   la mancata disponibilità dell'autoscala è stata denunciata in sede istituzionale nel 2019 e già allora posta all'attenzione del Ministro dell'interno senza che a stretto giro ci fossero novità di sorta;

   quest'assenza ha fatto sì che nel corso del 2020, come documentato in un articolo de Il Tirreno si verificassero una serie di emergenze durante le quali i vigili del fuoco non sono potuti intervenire immediatamente e hanno dovuto attendere l'arrivo dell'autoscala più vicina;

   nella notte tra sabato 15 e domenica 16 maggio 2021, l'autoscala è stata richiesta dal comando provinciale di Livorno perché quella in dotazione al capoluogo presentava dei malfunzionamenti –:

   se non ritenga doveroso assumere iniziative per garantire la distribuzione di autoscale in ragione delle concrete esigenze geografiche e dell'attualità dei rischi territoriali, come quelli legati alla presenza di aree portuali;

   se non si intenda predisporre l'invio immediato di una nuova autoscala per i vigili del fuoco di Livorno, in modo tale da consentire al mezzo originariamente destinato al distaccamento di Piombino di tornare nelle disponibilità del distaccamento che opera in tutta la Val di Cornia.
(4-09313)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare va osservato che l'autoscala usualmente dislocata presso il distaccamento di Piombino, è stata temporaneamente collocata presso il comando di Livorno, in attuazione di una ridistribuzione delle risorse resa necessaria dal fermo tecnico di altro analogo veicolo.
  Tale provvedimento rientra nelle competenze e responsabilità di gestione del soccorso assegnate ai dirigenti dei comandi e delle direzioni regionali dei vigili del fuoco e riguarda i cosiddetti mezzi speciali di appoggio che, normalmente, coprono un'area superiore a quella di competenza di una singola sede.
  Al contrario, i mezzi principali di soccorso – come le autopompeserbatoio – in caso di avaria o manutenzione programmata vengono sostituiti.
  Va, inoltre, evidenziato che il Comando dei vigili del fuoco di Livorno, al momento, dispone di tre autoscale, mentre la dotazione a livello regionale di questo tipo di veicolo di soccorso è di 21 unità; le ultime due autoscale di nuova costruzione sono state assegnate alla Toscana nel 2019, mentre altre due sono state trasferite da altre regioni. In tale quadro, la dotazione di veicoli del comando di Livorno non presenta disequilibri rispetto alla media nazionale.
  Va anche rilevato che il citato comando ha ultimato le operazioni tecnico amministrative per l'immissione in servizio di una piattaforma elevabile da lavoro e l'ha assegnata al distaccamento di Cecina con l'intento di far fronte ad un'aliquota di interventi significativi in quota, risparmiando in tal modo l'utilizzo delle autoscale.
  Su un piano più in generale, si sottolinea che il Ministero dell'interno sta dedicando particolare attenzione al potenziamento del parco mezzi di soccorso del Corpo nazionale e, grazie a diverse linee di finanziamento previste da fondi straordinari, ha avviato un piano pluriennale di rinnovo, con cui si sta provvedendo all'implementazione di tali mezzi e alla sostituzione dei più obsoleti, allo scopo di rafforzare il dispositivo di soccorso tecnico urgente e così soddisfare le principali esigenze operative dell'intero territorio nazionale.
  Di fatto, l'utilizzo di tali cospicue risorse finanziarie sta consentendo, attraverso contratti di acquisto pluriennali, un crescente tasso di sostituzione degli automezzi, in maniera particolare di quelli impiegati nel soccorso (autopompaserbatoio, autobottipompa, autoscale piattaforme aeree, mezzi fuoristrada di varia tipologia).
  In particolare, per quanto concerne l'
iter procedurale riguardante le autoscale per il servizio antincendio, l'acquisto avviene di norma mediante procedure centralizzate, mentre la distribuzione sul territorio avviene dapprima su base regionale, in funzione delle esigenze e delle disponibilità. Successivamente le allocazioni puntuali competono ai comandanti provinciali, che provvedono alla relativa assegnazione ai singoli distaccamenti.
  Si soggiunge infine che la dotazione complessiva sul territorio nazionale è di circa 280 autoscale e sono attualmente in corso procedure di gara per l'acquisizione di ulteriori mezzi. Il piano di acquisti in corso prevede, complessivamente, fornitura di 190 autoscale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la tabella allegata al decreto per la dotazione organica emessa dal Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria e relativa al Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria di Firenze stabilisce, per il distretto penitenziario Toscana-Umbria, un totale di 57 appartenenti al ruolo di commissario di polizia penitenziaria, per tutti gli istituti penitenziari del Provveditorato;

   con il decreto ministeriale di cui sopra vengono stabilite anche le piante organiche del personale di polizia penitenziaria degli uffici dei provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria e presidi che, per la regione Toscana e Umbria (decreto ministeriale del 2 ottobre 2017), prevedono una dotazione organica per quanto riguarda i ruoli direttivi del Corpo di n. 2 unità;

   molti istituti del distretto Toscana-Umbria sono privi dei loro comandanti di reparto incaricati e il posto di comandante è vacante da diversi anni e non interessato dalle predette procedure di mobilità a domanda. Ad oggi si riscontra che il comandante di reparto titolare della casa di reclusione di San Gimignano sta espletando le funzioni di facente funzioni di comandante di reparto della casa di circondariale di Pisa in sostituzione del comandante titolare assente per motivi di salute. Allo stesso tempo, a quanto consta all'interrogante, il vice comandante della casa circondariale di Pisa sta espletando le funzioni di comandante presso la casa di reclusione di San Gimignano per più giorni a settimana. Il comandante di reparto titolare della casa circondariale di Pistoia svolge funzioni di comandante di reparto presso la casa circondariale di Firenze Sollicciano, il vice comandante della casa circondariale di Pistoia espleta funzioni di comandante di reparto della casa circondariale di Pistoia per alcuni giorni a settimana e della casa circondariale di Prato nelle restanti giornate. Il vice comandante di Prato espleta funzioni di comandante di reparto presso la casa circondariale di Arezzo, per alcuni giorni a settimana, in sostituzione del comandante non nominato. Nella casa circondariale di Lucca il posto di comandante di reparto è vacante da circa due anni, con alternanza di funzionari in servizio di missione dagli altri istituti del distretto, tranne che in un recente periodo in cui la missione è stata continuativa per mesi 8, a seguito della quale è ripresa la copertura delle funzioni per mesi 2 e due/tre volte a settimana;

   nonostante quanto sopra, al Provveditorato regionale della Toscana risultano essere in forza ben 2 dirigenti e n. 1 dirigente aggiunto di polizia penitenziaria, così come comunicato all'Organizzazione sindacale SINAPP e dal Provveditore con nota n. 0043171.U del 7 ottobre 2021, e l'unità in esubero risulta essere il comandante titolare della casa circondariale di Firenze Sollicciano –:

   se e quali iniziative intenda assumere per garantire che i comandanti titolari ricoprano il loro posto nella loro sede di assegnazione;

   se e quali iniziative intenda assumere affinché il numero di assegnazioni di funzionari del Corpo presso gli uffici del Provveditorato regionale della Toscana rispetti il numero di previsione;

   se e quali iniziative intenda assumere per la situazione della casa circondariale di Lucca, ove da due anni dal trasferimento presso altra sede del comandante di reparto, tale posto non è stato inserito nelle procedure di mobilità.
(4-11492)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante riferito delle problematiche esistenti in molteplici istituti penitenziari toscani in particolare conseguenti all'assenza di comandanti di reparto titolari avanza precipuo quesito circa gli intendimenti volti a superare dette criticità.
  In effetti presso alcuni istituti penitenziari del provveditorato regionale per la Toscana e l'Umbria si rileva la mancanza di figure direttive titolari di comando; tuttavia si evidenzia che il DAP sta provvedendo comunque, sia pure attraverso provvedimenti interinali, ad assicurare negli istituti di Firenze, Prato, Pisa, San Gimignano, Pistoia, Arezzo e Lucca, la presenza di funzionari ovvero di commissari del ruolo a esaurimento del Corpo, con funzioni di comandante di reparto
pro tempore.
  Il DAP, inoltre, ben consapevole della fondamentale e imprescindibile funzione di guida svolta dagli appartenenti al ruolo apicale del corpo, per integrare l'organico del ruolo in esame, ha bandito il concorso pubblico per 120 posti di allievo commissario della carriera dei funzionari del Corpo, al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.
  Ciò premesso, si rappresenta che la dotazione organica del personale appartenente alla carriera dei funzionari del provveditorato regionale per la Toscana e l'Umbria, così come prevista dal decreto ministeriale 2 ottobre 2017, è pari a 59 unità, di cui 57
intramoenia (tabella A) e 2 extramoenia (tabella B).
  Attualmente, risultano assegnate 43 unità, a cui vanno sottratte 5 unità distaccate presso altre sedi al di fuori del citato provvedimento; l'attuale forza operativa, pertanto, è pari a 38 unità e, dunque, inferiore a quella prevista di 19 unità.
  Per quanto attiene alla questione relativa alla più adeguata distribuzione degli appartenenti alla carriera dei funzionari del Corpo di polizia penitenziaria, la direzione generale del personale e delle risorse si è già da tempo attivata per dare piena attuazione alle disposizioni contemplate dal decreto legislativo n. 95 del 2017 e, soprattutto, a quelle del decreto legislativo n. 172 del 2019, che ha profondamente modificato il decreto legislativo n. 146 del 2000.
  Tale attività ha condotto all'emanazione del decreto ministeriale 15 gennaio 2021 sulla procedura di valutazione dei dirigenti di Polizia penitenziaria, al p.C.D. 1° febbraio 2022 sui criteri di progressione in carriera, nonché a una bozza di decreto ministeriale sui criteri di conferimento degli incarichi, ora all'esame dei competenti uffici ministeriali.
  È in fase di elaborazione, infine, il decreto ministeriale sui posti di funzione per gli appartenenti alla carriera, che avrà significativi riflessi sull'architettura organizzativa dell'intera Amministrazione, posto che da questo deriverà un complessivo riassestamento del personale della carriera dei funzionari con una distribuzione più razionale delle risorse sul territorio, nelle varie articolazioni.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   RUGGIERO. — Al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   sulla tematica della tossicodipendenza da sostanze stupefacenti e psicotrope, il decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi, stati di tossicodipendenza» rappresenta il testo fondamentale della normativa sulla droga, sebbene sia indubbio che, a distanza di tanti anni, siano avvenuti sostanziali cambiamenti nel mondo dell'illegalità, del narcotraffico e delle sue organizzazioni che impongono di svolgere una riflessione su fenomeni molto più fluidi e complessi rispetto a quelli risalenti al 1990;

   l'articolo 1, comma 15, del predetto Testo unico statuisce che: «Ogni tre anni, il Presidente del Consiglio dei ministri, nella sua qualità di Presidente del Comitato nazionale di coordinamento per l'azione antidroga, convoca una conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla quale invita soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza. Le conclusioni di tali conferenze sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall'esperienza applicativa»;

   nonostante tale dettato normativo, l'ultima Conferenza nazionale è stata convocata nel 2009 e, grazie al grande impegno profuso da tale Governo, a distanza di ben 12 anni è stata convocata la VI Conferenza nazionale sulle dipendenze – «Oltre le fragilità» – che è stata strutturata come un percorso partecipativo con l'intervento di soggetti pubblici e privati e che ha visto la conclusione dei lavori con la Plenaria del 27-28 novembre 2021 a Genova, trasmessa anche in diretta streaming;

   si tratta di un'azione di Governo doverosa considerato che, non solo risponde al dettato normativo, ma risulta indispensabile poiché l'obiettivo principale è quello di inoltrare al Parlamento risultanze sulla base di studi, analisi, esperienze ed evidenze raccolte concrete affinché possa valutare un eventuale intervento sul piano legislativo, anche per sviluppare il prossimo Piano di azione nazionale sulle dipendenze che rappresenta uno strumento fondamentale per accordare l'azione statale, le azioni ministeriali e le azioni del Dipartimento delle politiche antidroga con le politiche regionali;

   secondo la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, recentemente pubblicata, la Puglia è la prima regione in Italia per tasso (ogni 100.000 residenti) di soggetti segnalati per possesso di sostanze stupefacenti o psicotrope per uso personale; dalla relazione emerge anche che la Puglia rientra nella fascia di regioni con il più alto numero di denunciati per reati penali correlati alla marijuana e alle piante di cannabis in termini assoluti (716) e per tasso ogni 100.000 residenti (23,9), così come anche per procedimenti penali pendenti per reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (5.260 persone, 566 procedimenti e tasso ogni 10.000 residenti pari a 13,4) –:

   quali siano i soggetti pubblici e privati che abbiano partecipato ai diversi incontri relativi alla VI Conferenza nazionale sulle dipendenze, «Oltre le fragilità».
(4-11150)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con cui l'interrogante chiede di conoscere «quali siano i soggetti pubblici e privati che abbiano partecipato ai diversi incontri relativi alla VI Conferenza nazionale sulle dipendenze, “Oltre le fragilità”», comunico quanto segue.
  Immediatamente dopo il conferimento delle mie deleghe, ho ritenuto indispensabile convocare la VI Conferenza Nazionale sulle dipendenze «Oltre le fragilità», a distanza di 12 anni dall'ultima edizione svoltasi a Trieste nel 2009, con la volontà di sopperire al dettato normativo e affermare il principio di legalità in ossequio di quanto disposto dall'articolo 1, comma 15, del decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309.
  I lavori della VI Conferenza, iniziati a giugno e conclusi con la plenaria tenutasi a Genova il 27 e 28 novembre 2021, sono stati strutturati come un processo interamente partecipativo, avviatosi mediante una consultazione aperta a tutto il mondo delle dipendenze e confluita nella individuazione di 7 tematiche rilevanti e di 123 esperti del settore (35 per cento donne), a prescindere dalla provenienza geografica, rappresentativi di tutte le componenti interessate: amministrazioni centrali (21,1 per cento), regioni e province autonome (14,6 per cento), servizi per le dipendenze pubblici (14,6 per cento) e servizi del privato sociale (19,5 per cento), società scientifiche (4.1 per cento), società civile (19,5 per cento), enti locali (0,8 per cento), università/enti di ricerca (4,9 per cento) e ordini professionali (0,8 per cento).
  Le 7 tematiche sono state affrontate attraverso la realizzazione di 7 Tavoli Tecnici IN-OUT, che hanno visto la partecipazione dei 123 esperti, suddivisi sulla base delle rispettive competenze. Nell'ambito dei 123 esperti, ho individuato i 7 coordinatori dei tavoli stessi.
  Il modello partecipativo sopradescritto ha seguito logiche di massima trasparenza. Tutti i lavori dei tavoli tecnici, così come la plenaria di Genova, sono stati trasmessi in diretta
streaming e resi fruibili sul sito istituzionale del dipartimento per le politiche antidroga (www.politicheantidroga.gov.it) e della conferenza (www.conferenzadipendenze.it).
  Gli atti della Conferenza, corredati dall'elenco degli esperti a vario titolo intervenuti durante i lavori, è consultabile al seguente
link (https://www.politicheantidroga.gov.it/media/3292/atti-vi-conferenza-dipendenze.pdf).
  Per completezza, segnalo altresì che, ai sensi di quanto disposto dal suddetto articolo 1, comma 15, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ho provveduto a trasmettere formalmente gli atti della conferenza al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati, al fine di offrire al Parlamento utili strumenti di valutazione per apportare eventuali aggiornamenti alla vigente legislazione antidroga.
  Con particolare riferimento alla condizione della regione Puglia, segnalata dall'interrogante nelle premesse, comunico che, nella fase preliminare all'avvio dei lavori della VI conferenza, sono state realizzate 2 riunioni (in modalità
on-line), una con il sistema dei servizi pubblici e privati per le dipendenze e una con le regioni e province autonome, alla quale per la regione Puglia, ha partecipato il funzionario referente del servizio strategie e governo assistenza alle persone in condizioni di fragilità della regione.
  La regione Puglia ha altresì partecipato attivamente come segue:

   tavolo tecnico «Giustizia penale, misure alternative e prestazioni sanitarie penitenziarie nell'ambito della dipendenza da sostanze psicoattive» con l'esperto del dipartimento dipendenze patologiche della ASL di Taranto;

   «Potenziamento delle modalità di intervento in ottica preventiva e nell'ottica di riduzione del danno. Analisi di esperienze nazionali ed europee» con l'esperto proveniente da una struttura del privato sociale (associazione comunità Emmanuel di Lecce);

   «Ricerca scientifica è formazione nell'ambito delle dipendenze» con l'esperto proveniente da una struttura del privato sociale (associazione no profit di volontariato ACUDIPA).

  Durante lo svolgimento dei 7 tavoli tecnici, sul totale dei 1.717 utenti (di cui il 60,2 per cento donne) registrati per partecipare attivamente agli stessi, il 6 per cento ha riferito la propria provenienza dalla regione Puglia.
  Alla sessione plenaria di Genova, sono stati invitati a partecipare, in presenza, tutti i 123 esperti e risulta che dei 3 esperti della regione Puglia abbiano partecipato in 2.
  

La Ministra per le politiche giovanili: Fabiana Dadone.


   SERRITELLA e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la guerra che sta interessando l'Ucraina sta portando con sé una inevitabile crisi umanitaria;

   non sono ancora chiari né gli sviluppi del conflitto né il numero di profughi che presumibilmente entreranno all'interno dell'Unione europea;

   soprattutto donne e bambini sono arrivati nel nostro Paese e molti enti locali si sono mobilitati per la loro accoglienza;

   sono 5.204 i profughi ucraini accolti finora in Piemonte. Di questi, 1.953 sono ospitati presso la rete di accoglienza spontanea familiare o di conoscenti o delle realtà sociali del territorio, 363 nelle strutture individuate dalla Protezione civile regionale, 344 nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e attraverso il Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) sotto il coordinamento delle prefetture;

   si tratta di una mobilitazione straordinaria che però a volte si scontra con non poche difficoltà organizzative, come nel caso dei profughi accolti a Chieri in un hotel rimasto chiuso da anni;

   da notizie di stampa si apprende che per giorni i profughi ucraini, con mamme e bambini – alcuni di pochi mesi – sono rimasti al freddo e senza acqua calda, in una struttura fatiscente e ancora in fase di ristrutturazione, dove non vengono rispettate le basilari regole igieniche;

   anche il console ucraino è intervenuto a seguito delle proteste delle famiglie ospitate –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di una rapida e dignitosa ricollocazione in una struttura più idonea.
(4-11677)

  Risposta. — In relazione a quanto segnalato con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Nell'ambito delle iniziative volte ad assicurare l'accoglienza dei cittadini ucraini, la Prefettura di Torino ha pubblicato una manifestazione di interesse per l'ampliamento dei posti presso i centri di accoglienza straordinaria (CAS), a seguito della quale la società cooperativa «Liberitutti» ha offerto la disponibilità di una struttura sita nel comune di Chieri.
  Conseguentemente, in data 19 marzo scorso, vi venivano trasferiti 39 profughi ucraini precedentemente ospitati in una struttura alberghiera convenzionata con la regione Piemonte e ormai satura.
  Il 20 marzo perveniva alla prefettura una comunicazione telematica informale, da parte di una collaboratrice del consolato onorario ucraino a Torino, con cui si segnalava la presenza di diverse criticità nella struttura in questione, tra cui l'assenza di mobilio, la parziale inadeguatezza dei servizi igienici, nonché i perduranti lavori di adeguamento della struttura. Sulla base di tale segnalazione, la prefettura di Torino, il giorno seguente, effettuava un sopralluogo inviando nella struttura personale del proprio ufficio immigrazione. L'ispezione ha in effetti consentito di rilevare alcune criticità, subito formalmente contestate al gestore della struttura, il quale ha assicurato iniziative per il ripristino di un livello adeguato delle prestazioni ai fini della permanenza degli ospiti accolti. Subito dopo, in data 23 marzo, veniva effettuato un ulteriore sopralluogo del personale dell'ufficio Immigrazione della prefettura, accompagnato da personale dell'Asl TO 5, per verificare l'effettiva idoneità della struttura alla prosecuzione dell'accoglienza. Nell'occasione veniva rilevata ancora la sussistenza di alcune criticità, che sono state contestate formalmente al gestore nella stessa giornata. Il gestore, con una nota del 31 marzo, ha infine assicurato di aver adeguato la struttura, sopperendo a tutte le carenze rilevate.
  Su un piano più generale, preme rilevare come il Ministero dell'interno e il dipartimento della protezione civile stiano lavorando in sinergia per assicurare il massimo coordinamento e la migliore integrazione degli interventi da porre in essere per assicurare un'accoglienza dei profughi ucraini che sia al contempo efficace e dignitosa. Sotto il profilo dell'architettura del sistema di accoglienza, è stato delineato un modello coordinato di
governance a livello sia nazionale sia regionale, che vede operare in stretto raccordo tra loro il dipartimento della protezione civile, le altre amministrazioni centrali dello Stato interessate, le regioni, con i rispettivi presidenti in qualità di commissari delegati, e le province autonome, le prefetture, gli enti locali ed i soggetti del terzo settore. Entro questa articolata configurazione organizzativa, tutte le amministrazioni, ai diversi livelli di governo, e gli attori coinvolti stanno operando in un contesto di leale e fattiva collaborazione e sussidiarietà per il conseguimento del comune obiettivo di fronteggiare e superare la delicata fase emergenziale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   non cessano di giungere, con regolarità, nuove, sconcertanti notizie riguardanti illeciti tentativi di acquisizione della cittadinanza italiana iure sanguinis da parte di stranieri; e ciò, grazie alla fattiva collaborazione di alcuni funzionari corrotti della nostra pubblica amministrazione;

   a inizio febbraio 2021 la stampa ha reso noti infatti gli esiti di un'indagine condotta dai magistrati di Velletri e dai commissariati di polizia di Anzio e Nettuno, comuni dove almeno seicento sudamericani sarebbero diventati cittadini italiani grazie alla falsa documentazione prodotta dalle sei persone coinvolte nell'inchiesta: due funzionari del comune di Anzio e Nettuno, un avvocato, un dipendente di un Caf e due mediatori culturali. Ma c'è di più: negli ultimi anni pare ben duemila sudamericani si siano trasferiti nei due comuni: e ciò, su una popolazione totale di centomila cittadini. Di qui, i primi sospetti, che hanno poi portato a scoprire l'esistenza di «un giro d'affari da circa 3 milioni di euro. Gli extracomunitari avrebbero pagato circa 5 mila euro per ottenere la cittadinanza italiana» (si veda l'articolo «Cittadinanza col trucco a seicento brasiliani, 5 mila euro per diventare italiani», iltempo.it 11 febbraio 2021);

   il secondo, recente caso ha invece come teatro il comune di Mondragone, là dove la squadra mobile 1 di Caserta ha effettuato, alla fine dello scorso mese, un blitz: quattro dipendenti risulterebbero infatti indagati per aver agevolato l'illegale ingresso, nel territorio nazionale, di un numero considerevole di brasiliani. I funzionari avrebbero infatti – violando le norme previste dal testo unico sull'immigrazione e commettendo reti di falso – prodotto documentazione fasulla per gli immigrati: anche qui, al fine di comprovare inesistenti loro ascendenze italiane, e far così ottenere loro il riconoscimento della cittadinanza per ius sanguinis;

   è stato, come nel caso laziale, l'elevato numero di sudamericani presenti a Mondragone a far scattare le indagini: su 30.000 abitanti complessivi del comune, in un anno sono stati registrati ben 262 brasiliani. Ha destato non pochi sospetti anche l'arrivo di 124 richieste di permessi di soggiorno presentate al commissariato di Castelvolturno, «tutte motivate con l'essere in attesa di cittadinanza italiana iure sanguinis». È stato in seguito accertato che «buona parte di chi chiedeva la cittadinanza italiana aveva l'obiettivo non di ottenere il passaporto, ma la carta d'identità valida per l'espatrio. Una volta ricevuta, in poco tempo raggiungeva altri Paesi dell'Unione europea» (si veda l'articolo «Cittadinanza tarocca ai brasiliani: indagati 4 dipendenti comunali di Mondragone», cronachedi.it 19 febbraio 2021);

   analoga vicenda, infine, si è svolta in quel di Todi, dove la procura contabile ha contestato a sei dipendenti del comune perugino il danno da tangente e da disservizio «per una vicenda di illecita attribuzione di residenza anagrafica presso un Comune a cittadini brasiliani propedeutica al riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis con asservimento sistematico delle pubbliche funzioni di messo comunale e di Ufficiale d'anagrafe ad intermediario privato». Anche in questo caso, documenti falsi avrebbero attestato le origini italiane degli antenati, in modo da facilitare la concessione della cittadinanza. Secondo l'indagine, «ciascun brasiliano che ha indebitamente ottenuto la fittizia residenza anagrafica versava all'Agenzia di intermediazione cospicue somme di denaro, presumibilmente di ammontare pari a 7.000 euro pro capite» (si veda l'articolo «Falsa residenza per far ottenere la cittadinanza agli italo-brasiliani, nei guai 6 dipendenti comunali», perugiatoday.it, 26 febbraio 2021);

   questi sono solo gli ultimi di una lunghissima serie di casi i quali, presentando tutti sostanziali caratteristiche comuni, rendono palese come l'istituto della cittadinanza iure sanguinis, per come è oggi formulato, sia da riformare al più presto –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di far definitivamente cessare illecite pratiche come quelle sopra descritte, anche promuovendo la riforma della legge oggi disciplinante l'acquisizione della cittadinanza.
(4-08476)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, va premesso che il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis non rientra nel potere concessorio del Ministero dell'interno, come viceversa l'attribuzione della cittadinanza per residenza o per matrimonio, essendo invece tale potestà rimessa all'esclusiva competenza degli uffici dello stato civile, in Italia e all'estero. In tale materia il Ministero dell'interno ha soltanto un potere generale di indirizzo per gli aspetti di cittadinanza, che giuridicamente si distingue nettamente dall'attività di accertamento e certificazione propria degli uffici di stato civile comunali e delle rappresentanze consolari.
  Ciò premesso sul piano ricostruttivo dell'assetto delle competenze in materia, si rappresenta che nel corso dell'ultimo decennio si è effettivamente registrato un forte incremento delle richieste di riconoscimento della cittadinanza per discendenza, formulate da parte dei cittadini stranieri, soprattutto sudamericani. Si tratta di richieste di complessa gestione legata sia alle situazioni da esaminare sia alla normativa applicabile con conseguente difficoltà di operare un puntuale vaglio della documentazione allegata.
  Si consideri, in proposito, che secondo i dati acquisiti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, presso i consolati d'Italia in Brasile risultano presentate decine di migliaia di domande di riconoscimento dello
status civitatis. Di qui il costante impegno degli uffici della rete diplomatico-consolare nel monitoraggio in loco di pratiche suscettibili di concretizzarsi in fenomeni di illegalità sul territorio nazionale, i quali vengono tempestivamente denunciati alla magistratura italiana e che, in alcune circostanze, hanno visto il coinvolgimento anche di ufficiali di stato civile.
  In relazione a tali patologiche situazioni in un quadro di coordinata azione sinergica tra le diverse amministrazioni coinvolte nei relativi procedimenti, le prefetture territorialmente interessate, nell'esercizio dei propri poteri di vigilanza, hanno formulato ai comuni specifiche prescrizioni finalizzate a fissare l'obbligatorietà di verifiche anagrafiche e controlli sul rispetto del requisito della dimora abituale e sull'effettiva presenza dei richiedenti presso gli indirizzi di residenza indicati, pena la cancellazione per irreperibilità dalle liste anagrafiche comunali e, di conseguenza, il mancato riconoscimento ovvero l'annullamento della concessione della cittadinanza. In merito agli specifici episodi segnalati nell'atto di sindacato ispettivo, si rappresenta che la questura di Roma ha svolto indagini originate dall'anomalo incremento dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza italiana nei confronti di cittadini brasiliani presso gli uffici dello stato civile dei comuni di Anzio e Nettuno, per i quali erano state, altresì, effettuate segnalazioni da parte del consolato italiano di San Paolo del Brasile. Le indagini svolte, che già avevano portato lo scorso anno all'arresto, in flagranza di diverse persone, hanno avuto un ulteriore recente sviluppo il 22 marzo 2022 allorquando la Polizia di Stato ha eseguito quattro ordinanze di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emesse dal GIP del tribunale di Velletri, nei confronti di altrettanti indagati, perché in concorso tra loro, tra il gennaio del 2019 e il febbraio del 2021, si adoperavano dietro profitto a favorire l'acquisto della cittadinanza brasiliana «
iure sanguinis» nei confronti di numerosi cittadini di origine brasiliana. Ulteriori indagati sono stati deferiti in stato di libertà.
  In relazione alla vicenda che ha interessato il comune di Mondragone, si rappresenta che dal giugno 2020 al maggio 2021 sono state riscontrate in provincia di Caserta 190 richieste di permesso di soggiorno per «attesa cittadinanza», di cui 186 da parte di cittadini brasiliani. Più in particolare, dal mese di giugno 2020 ad aprile 2021, presso il commissariato di pubblica sicurezza di Castel Volturno sono pervenuti 157
kit postali inviati da cittadini brasiliani che hanno avanzato richiesta di permesso di soggiorno. Va tuttavia sottolineato che nessuno dei richiedenti si è mai presentato presso i competenti uffici per il seguito degli adempimenti, fatta eccezione per un solo caso che ha riguardato il rilascio di permesso di soggiorno per «attesa cittadinanza» di una persona coniugata con una cittadina italiana. In relazione ai fatti appena ricordati, sono state svolte indagini dalla questura di Caserta, coordinate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che hanno portato alla denuncia di 7 persone, tra cui funzionari del comune di Mondragone.
  Con riguardo all'episodio verificatosi nella provincia di Perugia, le indagini, condotte dal nucleo operativo della compagnia Carabinieri di Todi, sono state avviate nel marzo 2017 su delega della procura della Repubblica presso il tribunale di Spoleto. Gli accertamenti svolti, originati da una informativa della questura di Terni, hanno avuto lo scopo di verificare l'effettiva residenza nel comune di Todi di 18 cittadini brasiliani, nonché la regolarità del procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana
iure sanguinis in loro favore. Gli elementi probatori acquisiti nel corso delle investigazioni hanno portato all'emissione, da parte del G.I.P., del tribunale di Spoleto, di 4 misure cautelari interdittive, eseguite il 12 aprile 2019, nei confronti di un ufficiale d'anagrafe e un messo comunale nonché della titolare di un'agenzia di pratiche amministrative e del suo collaboratore, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei delitti di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, di istigazione alla corruzione, di falsità ideologica e di falsità materiale commessa dai pubblico ufficiale in atti pubblici. Nello specifico, i suindicati pubblici ufficiali sono stati interdetti dalle funzioni per dodici mesi, mentre per gli altri due indagati, l'autorità giudiziaria ha disposto, per analogo arco temporale, il divieto di esercizio dell'attività di disbrigo pratiche amministrative e di interlocuzione con la pubblica amministrazione. È poi opportuno ricordare che l'esecuzione dei citati provvedimenti cautelari ha di fatto impedito il completamento dell'iter finalizzato alla concessione delle richieste cittadinanze. Infine, essendo stato accertato nel corso delle indagini che i due pubblici ufficiali avevano ottenuto somme di denaro non quantificate, altre utilità e regalie di varia natura, la procura regionale della Corte dei conti di Perugia ha avviato un procedimento per danno di disservizio e danno da tangente. Si informa, infine, che il procedimento penale a carico degli indagati si trova, al momento, nella fase dibattimentale.
  In conclusione, si assicura che il Governo pone la massima attenzione nel garantire che i procedimenti di riconoscimento della cittadinanza, in tutte le forme in cui tale
status può per legge essere acquistato, si realizzino in una cornice di piena legalità e che, a tale scopo, la sua azione si dispiega in continua sinergia con i diversi livelli di governo del territorio e all'insegna del più stretto raccordo inter-istituzionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   SODANO, MASSIMO ENRICO BARONI, MURONI, VALLASCAS e TESTAMENTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni è iniziata l'ennesima operazione di militarizzazione della regione siciliana;

   due potenti radar militari, infatti, saranno installati sulle splendide coste dell'isola di Favignana (Isole Egadi) e di Portopalo di Capo Passero a integrazione della Rete radar costiera della Marina militare;

   questi lavori, che contribuiranno a trasformare la Sicilia in una sorta di piattaforma di guerra, sono stimati in circa 2.226.580 euro + Iva, e l'appalto è connesso a un programma finanziato dal Fondo sicurezza interna 2014-2020 (progetto Italian Surveillance capabilitiesIncreasing of radar capability performance in Sicily);

   all'annuncio della realizzazione di due nuovi sistemi radar «trasportabili» il sindaco del comune di Favignana e il sindaco di Portopalo hanno inviato una nota al Ministro dell'interno Luciana Lamorgese, al Ministro della difesa Lorenzo Guerini, e al presidente della regione siciliana Nello Musumeci, al fine di fugare ogni dubbio e preoccupazione legittima sulla natura delle installazioni e la sicurezza delle emissioni elettromagnetiche, considerata la presenza di altri radar militari nei territori e l'elevato numero di casi di tumori nell'isola di Favignana;

   gli abitanti dei territori interessati sono già in allarme e chiedono di conoscere maggiori dettagli sulla natura del progetto, sulle caratteristiche dei radar, oltre che sull'eventuale impatto ambientale e sulla salute dei cittadini;

   mercoledì scorso cittadini e amministratori locali hanno manifestato per contestare l'installazione di un nuovo radar della Marina militare a Portopalo di Capo Passero, il terzo da maggio 2021, mentre i cittadini delle isole Egadi manifesteranno domenica;

   l'installazione di entrambi i radar è realizzata dalla Gem Elettronica S.r.l. di San Benedetto del Tronto, società leader nella produzione di apparati radar e sensori navali, controllata per il 30 per cento dall'holding del complesso militare-industriale Leonardo S.p.a. (ex Finmeccanica);

   la marina militare giustifica queste operazioni come la possibilità di garantire un più vasto controllo, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, delle aree costiere prospicienti i sistemi radar, oltre ad essere d'ausilio anche alle altre amministrazioni dello Stato per espletare i propri compiti istituzionali in mare;

   ad avviso dell'interrogante, ogni ulteriore scelta di militarizzazione del territorio siciliano, oltre i siti e i presidi già esistenti, sarebbe una forzatura in netto contrasto con la vocazione naturalistica e turistico-ambientale sia di Portopalo che dell'arcipelago delle isole Egadi, area marina protetta più grande d'Europa, di cui lo stesso Stato italiano, oltre che la Commissione europea, dovrebbe avere cura –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda fornire opportuni chiarimenti ed informazioni tecniche sulla natura del progetto e sulla necessita delle installazioni suddette, sulle caratteristiche dei radar e, in particolare, sui potenziali rischi ambientali e per la salute degli abitanti dei territori interessati.
(4-11385)

  Risposta. — L'installazione di apparati radar presso la stazione di Favignana e nel comune di Portopalo di Capo Passero è finalizzata ad assicurare l'assolvimento dei compiti istituzionali di sorveglianza marittima, nonché a contribuire alla salvaguardia degli interessi marittimi nazionali, anche attraverso la cooperazione interministeriale nel settore della Border Surveillance dell'Unione europea.
  In quest'ottica, il progetto è regolato da una convenzione di Sovvenzione stipulata tra il Ministero dell'interno e la Marina militare e finanziato dal fondo sicurezza interna 2014-2020 (progetto
Italian Surveillance Capability – increasing of radar capability performance in Sicily).
  Gli apparati in parola, allo stato non ancora attivi, saranno collocati all'interno di siti e di presìdi della rete
radar costiera della Marina militare già esistenti; essendo destinati ad essere impiegati quali radar di riserva rispetto a quelli principali, essi interverranno in caso di interruzione del funzionamento di questi ultimi.
  Sotto l'aspetto squisitamente tecnico, le apparecchiature in questione, che presentano caratteristiche equiparabili a quelle di un radar commerciale, sono di nuova generazione e già all'origine conformi ai requisiti stabiliti, dal punto di vista elettromagnetico, dal decreto emanato della Presidenza del Consiglio dei ministri in data 8 luglio 2003.
  In particolare, gli apparati in parola saranno caratterizzati da una potenza ben inferiore a quella propria della maggior parte dei tradizionali radar costieri e di navigazione; inoltre, il loro settore di emissione, come per tutti i radar di sorveglianza marittima, sarà orientato esclusivamente verso il mare e non verso la terraferma.
  Con riguardo all'attività informativa nei confronti delle comunità locali, si rappresenta che la realizzazione degli impianti presso i siti di Favignana e Portopalo di Capo Passero è stata avviata dall'Amministrazione difesa fornendo preventivo avviso alle amministrazioni interessate, nell'ambito del programma di ammodernamento della rete radar costiera in corso dal 2009.
  In questo quadro, anche a seguito delle richieste pervenute dalle autorità locali, il Comandante marittimo Sicilia (CMS) ha incontrato i sindaci di Porto Palo e di Favignana, ai quali ha illustrato la funzione della rete radar costiera, precisando il motivo delle nuove installazioni ed evidenziando che, preliminarmente alla loro entrata in servizio, saranno effettuati i necessari rilievi tecnici, a cui avranno facoltà di presenziare i rappresentanti delle Amministrazioni comunali e dell'agenzia regionale per l'ambiente.
  Nello specifico, una volta installati, i
radar in questione saranno sottoposti a verifiche di conformità ai vincoli fissati dalle norme sulle esposizioni ai canapi elettromagnetici.
  Il superamento di tali verifiche è condizione imprescindibile per l'avvio operativo delle apparecchiature in questione.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   TATEO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione della commissione straordinaria del Comune di Foggia n. 40 del 10 marzo 2022 è stato approvato il programma triennale delle assunzioni di personale 2022/2024 nonché del programma annuale 2022;

   il piano triennale dei fabbisogni di personale, come noto, deve individuare i profili professionali in coerenza con le funzioni che l'amministrazione è chiamata a svolgere, con la struttura organizzativa, con le responsabilità connesse a ciascuna posizione, il tutto finalizzato a definire un ordinamento professionale in linea con i principi di efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini ed in grado di perseguire gli obiettivi dell'Ente;

   le assunzioni previste nel 2022 sono suddivise tra 70 contratti a tempo indeterminato e 34 a tempo determinato;

   nel primo anno è programmata l'assunzione a tempo indeterminato di 46 unità di categoria C: nello specifico, si tratta di 21 posti di istruttore di polizia locale e 5 posti da istruttore contabile, per la parziale sostituzione di personale in quiescenza, e 10 posti da istruttore tecnico geometra, tutti da coprire attingendo prima dalle altre graduatorie; infatti, del tutto inaspettatamente, l'amministrazione, in assenza di graduatorie proprie, ha inteso utilizzare la procedura di reclutamento attraverso le graduatorie di altri Enti;

   a parere degli interroganti si tratta di un criterio gravemente penalizzante la cittadinanza foggiana ed in particolare i giovani che saranno esclusi dall'assegnazione dei posti vedendo così frustrate le loro giuste ambizioni;

   la provincia di Foggia è la terza provincia d'Italia per estensione territoriale, un'estensione maggiore di quella dell'intera regione Liguria e vicina a quella di regioni come le Marche e l'Abruzzo e le maggiori criticità territoriali sono rappresentate da un basso livello occupazionale, una scarsa apertura internazionale e disequilibri di carattere territoriale;

   la città necessiterebbe di una strategia di rilancio che possa favorire una crescita economica più sostenuta mentre le scelte commissariali appaiono in netto contrasto con iniziative di questo tipo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, anche di natura amministrativa, al fine di tutelare i diritti dei cittadini foggiani e se non intenda, inoltre, intervenire al fine di nominare una nuova commissione straordinaria, in sostituzione di quella attuale, al fine di garantire una completa azione di ripristino all'interno dell'amministrazione comunale.
(4-11776)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, il prefetto di Foggia ha acquisito elementi informativi dalla commissione straordinaria nominata, ai sensi dell'articolo 144 del Tuoel, con decreto del Presidente della Repubblica del 6 agosto 2021 per la provvisoria gestione del comune di Foggia. Quest'ultimo, in data 21 dicembre 2012, aveva deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-bis del Tuoel e successivamente, con delibera n. 4 del 2013, ha chiesto l'accesso al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali.
  Attualmente, pertanto, l'ente locale in parola è sottoposto ai controlli centrali sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale, ai sensi del predetto articolo 243-
bis, comma 8, lettere d) e g), da parte della commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali per tutta la durata del piano di riequilibrio.
  Tanto premesso, va evidenziato che la commissione straordinaria sin dal suo insediamento ha dovuto far fronte alla grave carenza di personale del comune, che, a fronte 926 unità previste nella dotazione organica, poteva contare su 529 unità effettive.
  Tale situazione ha reso necessario l'attivazione di politiche di reclutamento del personale improntate a criteri di efficacia al fine di assicurare risposte immediate ed adeguate al difficile contesto burocratico-organizzativo dell'ente.
  In tale quadro va collocata l'avvenuta approvazione da parte della commissione straordinaria, con delibera n. 40 del 10 marzo 2022, della manovra assunzionale per il triennio 2022-2024, con l'obiettivo di immettere in ruolo nuove professionalità e, al contempo, di migliorare la qualità dell'attività amministrativa e dei servizi offerti alla cittadinanza.
  Va al riguardo evidenziato come il ricorso allo scorrimento delle graduatorie di altri enti costituisca, particolarmente negli ultimi tempi, una prassi frequentemente utilizzata dalle amministrazioni pubbliche, sia di livello centrale che locale; ciò anche al fine di risparmiare i costi correlati all'espletamento di nuovi concorsi e rendere più spedita ed efficace l'azione amministrativa.
  La commissione straordinaria ha rilevato, altresì, che nel programma assunzionale approvato la previsione di ricorrere a procedure concorsuali non rappresenta affatto un'ipotesi remota, bensì la modalità ordinaria per il reclutamento delle figure apicali dell'ente, nonché per le figure specialistiche a tempo determinato che dovranno collaborare per l'attuazione dei progetti del PNRR.
  Su un piano più generale, si assicura che rimane costante l'impegno delle istituzioni volto a riaffermare, oltre che il buon andamento dell'amministrazione, anche la legalità nel territorio foggiano, nella consapevolezza che quest'ultima rappresenta la precondizione indispensabile per promuovere lo sviluppo economico e il benessere sociale, a vantaggio soprattutto delle nuove generazioni di quella comunità.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   TERZONI, GIULIODORI e EMILIOZZI. — Al Ministro dell'interno, Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 21 dicembre 2020 si verificava un'esplosione presso la Sabino Esplodenti, Casalbordino (CH), in cui perivano tre operai;

   l'incidente ripropone il tema della sicurezza delle aziende sottoposte agli obblighi del decreto legislativo n. 105 del 2015 per la prevenzione del rischio di incidenti rilevanti;

   in tali impianti sono obbligatori il rapporto di sicurezza (aggiornato almeno ogni 5 anni e approvato dal comitato tecnico regionale), il piano di emergenza interno (aggiornato almeno ogni tre anni) e il piano di emergenza interno (aggiornato almeno ogni tre anni e approvato dalla prefettura). Gli ultimi due devono essere elaborati in collaborazione, rispettivamente, del personale e dei cittadini; il piano d'emergenza esterno deve essere reso pubblico attraverso il sito web del comune;

   nelle Marche sono presenti 14 impianti a rischio di incidente rilevante;

   da una prima verifica sui siti web istituzionali dei comuni interessati svolta attraverso la attraverso la ricerca con parole chiave — come avrebbe fatto un normale cittadino — questa, a quanto consta all'interrogante, appare la situazione: in due non risulta consultabile alcun piano di emergenza esterno; in due, solo le bozze; in tre solo semplici volantini risalenti nel tempo (2008; 2011; altro senza data); in uno la versione non aggiornata (2013), nonostante nel frattempo fosse stato approvato l'aggiornamento dalla prefettura; in un altro, una versione aggiornata al 2013, quindi scaduta. Solo in tre comuni su dodici è stata, più o meno agevolmente, rintracciata una versione aggiornata del piano;

   da una verifica sui siti delle prefetture, risulta che quattro piani su dodici non sono stati aggiornati negli ultimi tre anni (due risalenti al 2013, uno al 2015 e uno al 2017) –:

   quale sia per ciascuno dei 14 impianti marchigiani l'effettivo stato di approvazione e lo stato di aggiornamento, al 31 dicembre 2020, di rispettivamente:

    a) rapporto di sicurezza;

    b) piano di emergenza interno;

    c) piano di emergenza esterno;

   quanti e quali incidenti o quasi incidenti siano stati notificati negli ultimi 20 anni nelle Marche e per quali impianti;

   quante ispezioni ordinarie, straordinarie e supplementari siano state condotte negli impianti marchigiani negli ultimi 5 anni e, nel caso, quali e quante non conformità siano emerse e per quali impianti;

   quante esercitazioni siano state condotte con i cittadini nel biennio 2019-2020 nella regione e su quali impianti.
(4-08192)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si premette che l'Italia ha emanato il decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, in attuazione della direttiva Seveso III (direttiva 2012/18/UE sui controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose). Il provvedimento distingue gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante in due categorie – «stabilimenti di soglia inferiore» e «stabilimenti di soglia superiore» – a seconda dei quantitativi di sostanze pericolose detenute, riportati nell'allegato 1 al decreto stesso.
  Ai sensi dell'articolo 13 del predetto decreto, i gestori degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante sono tenuti a trasmettere agli enti interessati una notifica contenente i dati identificativi, l'ubicazione, le informazioni inerenti i quantitativi e le caratteristiche delle sostanze pericolose detenute, i risultati dell'analisi di rischio e gli scenari di rischio credibili attesi, l'eventuale impatto e le caratteristiche dell'ambiente circostante.
  Secondo l'articolo 15 del medesimo decreto, i gestori degli stabilimenti di soglia superiore sono tenuti alla redazione del rapporto di sicurezza, contenente l'analisi dei rischi e le misure di sicurezza adottate.
  Inoltre, i gestori degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante predispongono e attuano la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti tramite mezzi e strutture idonei, nonché attraverso un sistema di gestione della sicurezza soggetto a periodiche ispezioni, che sono programmate con regolarità da parte delle autorità competenti, e cioè: il Comitato tecnico regionale (CTR), istituito presso le direzioni regionali dei vigili del fuoco, per gli stabilimenti di soglia superiore, e la regione, per gli stabilimenti di soglia inferiore.
  Per la gestione del rischio residuo e degli scenari incidentali ritenuti credibili dall'analisi di rischio, il gestore predispone li piano di emergenza interna (PEI). Nel caso in cui detti scenari coinvolgano l'ambiente limitrofo allo stabilimento, la Prefettura predispone il piano di emergenza esterna (PEE), con la collaborazione degli enti preposti, per pianificare gli interventi da attuare in caso di incidente.
  L'articolo 22 del predetto decreto legislativo dispone, inoltre, un'adeguata pianificazione urbanistica da parte degli enti locali, in base alla compatibilità territoriale derivante dalle distanze di sicurezza definite dall'analisi di rischio.
  Per quanto riguarda le Marche, cui si fa riferimento nell'interrogazione, si precisa che in quella regione sono attualmente presenti 15 stabilimenti soggetti alta direttiva Seveso III, 8 dei quali sono classificati come «stabilimenti di soglia inferiore» e 7 come «stabilimenti di soglia superiore».
  Relativamente agli stabilimenti di soglia superiore, l'articolo 6 del citato decreto legislativo, concernente le funzioni del Ministero dell'interno, assegna al CTR alcuni compiti, tra i quali quello di effettuare le istruttorie sui rapporti di sicurezza e adottare i provvedimenti conclusivi nonché quello di predisporre le ispezioni ordinarie e straordinarie di cui all'articolo 27 e adottare i provvedimenti derivanti dai relativi esiti.
  Attualmente le istruttorie dei rapporti di sicurezza relativi ai 7 stabilimenti di soglia superiore risultano essere state completate e concluse, mentre le ispezioni ordinarie concernenti il sistema di gestione della sicurezza, predisposte con l'ultima programmazione, si sono concluse nel 2017. Da queste sono emersi rilievi che, a seguito di determina del CTR, hanno prodotto raccomandazioni alle ditte interessate.
  Al momento si è conclusa l'ispezione ordinaria nello stabilimento Api raffineria di Falconara Marittima; nella seduta del 21 luglio 2021 il CTR ha fatto propria la relazione conclusiva della commissione incaricata e ha impartito al gestore le relative raccomandazioni e prescrizioni. Inoltre, sono stati assegnati gli incarichi alle commissioni per le ispezioni sui restanti 6 stabilimenti sopra soglia, mentre negli ultimi anni non si è reso necessario effettuare ispezioni straordinarie di cui all'articolo 27, comma 7 del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, previste allo scopo di indagare, con la massima tempestività, in caso di denunce gravi, incidenti gravi e «quasi incidenti», nonché in caso di mancato rispetto degli obblighi stabiliti dal citato decreto.
  Relativamente agli stabilimenti di soglia inferiore, l'articolo 7 del predetto decreto legislativo assegna alle regioni o soggetto da esse designato alcuni compiti, tra i quali quello di predisporre il piano regionale di ispezioni di cui all'articolo 27, comma 3 e quello di programmare e svolgere le relative ispezioni ordinarie e straordinarie, e adottare i provvedimenti discendenti dai loro esiti.
  In merito alle ispezioni ordinarie degli 8 stabilimenti di soglia inferiore, di competenza della regione, risulta che si sono concluse nel 2019 e che le prossime verranno effettuate nell'anno 2022.
  Relativamente alla predisposizione e all'aggiornamento dei piani di emergenza esterna (PEE), secondo quanto appreso dalle prefetture, emerge che:

   la prefettura di Ancona ha aggiornato, al 10 agosto 2020, il PEE per la società Goldengas, nel comune di Jesi (An) stabilimento di soglia superiore, e ha svolto, sempre nello stesso anno, un'esercitazione per posti di comando;

   il PEE della API raffineria, nel comune di Falconara Marittima (An) è stato approvato in via provvisoria il 30 luglio 2019, in attesa del completamento dell'istruttoria da parte del comitato tecnico regionale;

   per la società Pegas del comune di Porto San Giorgio (Fm) e la Società Edison, impianto di soglia inferiore, la prefettura di Fermo ha approvato i relativi piani il 13 agosto 2020;

   i piani di 3 stabilimenti di soglia inferiore (Sol, Silga e Società Italiana Gas Liquidi), sono in corso di aggiornamento.

  Il dipartimento dei vigili del fuoco del Ministero dell'interno ha sollecitato l'aggiornamento dei PEE per i sei stabilimenti in provincia di Ascoli Piceno, mentre a Pesaro Urbino risulta un solo stabilimento di soglia inferiore, Fox Petroli, il cui piano è stato regolarmente aggiornato dalla prefettura.
  Come previsto dal decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, per tutti gli stabilimenti di soglia inferiore, i piani di emergenza interni sono gestiti secondo le procedure e le pianificazioni predisposte dal gestore nell'ambito dell'attuazione del sistema di gestione della sicurezza. Il piano viene aggiornato a cura del gestore ogni qualvolta vi sia la necessità, a intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre anni, ed è sottoposto all'esame delle commissioni incaricate delle ispezioni ordinarie.
  Per quanto riguarda gli incidenti che hanno interessato gli stabilimenti presenti nelle Marche, si precisa che per gli stabilimenti di soglia superiore non risultano agli atti eventi comunicati dal Ministero dell'ambiente alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera
c), del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, e cioè quegli eventi riguardanti incidenti rilevanti verificatisi sul territorio nazionale. Inoltre, sulla base dell'analisi delle esperienze storiche incidentali riportate nei rapporti di sicurezza e negli atti delle visite ispettive, si riportano i seguenti dati relativi a eventi incidentali non rientranti nella casistica riferita al richiamato articolo 5 o a quasi incidenti:

   stabilimento Goldengas di Jesi (An): un incidente nel periodo 2007/2017;

   stabilimento Api raffineria di Falconara Marittima (An): 91 incidenti nel periodo 2006-2020;

   stabilimento Elantas Italia di Ascoli Piceno: 71 incidenti nel periodo 2001-2013;

   per le società Pegas di Fermo, Alessi località La Spineta (Ap) Bonfigli di Offida (Ap) e D.E.C, Dionisi Esplosivi di Comunanza (Ap), non si ha notizia di incidenti o quasi incidenti, ricadenti nell'ambito della normativa Seveso, negli ultimi 20 anni.

  Con riferimento alle esercitazioni, si rappresenta che nel biennio 2019-2020 sono state effettuate 3 esercitazioni per posti di comando sui PEE relativi agli stabilimenti Fox Petroli di Pesaro Urbino, Goldengas di Jesi e DEC Dionisi Esplosivi di Comunanza (Ap). Nel 2020, invece, a causa dell'emergenza Covid-19, le prefetture non hanno potuto effettuare esercitazioni con il coinvolgimento della popolazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   TONDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2021, le Sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti hanno riconosciuto agli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare, che sono stati o saranno in futuro collocati in quiescenza con pensione calcolata mediante il cosiddetto sistema «misto», comprendente quindi una quota contributiva ed una quota retributiva, il diritto all'applicazione dell'aliquota del 2,44 per cento su quest'ultima quota;

   l'interpretazione letterale della normativa vigente non consentiva ai giudici contabili di estendere lo stesso diritto agli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile, sebbene a questi ultimi sia attribuita un'identica retribuzione immediata durante il servizio perché inquadrati, come i colleghi militari, all'interno dell'unico comparto sicurezza e difesa per cui, a parità di condizioni, anche la pensione – che ha natura di retribuzione differita – in ossequio ai principi costituzionali e dell'ordinamento deve essere identica;

   le organizzazioni sindacali del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile invocavano a gran voce la perequazione dei trattamenti pensionistici riconosciuti ai colleghi militari mediante l'emanazione di un provvedimento normativo che prevedesse, anche per gli appartenenti alla Polizia di Stato ed alla Polizia penitenziaria, l'applicazione del medesimo coefficiente del 2,44 per cento sulla quota retributiva della pensione calcolata con il sistema misto, con la medesima decorrenza retroattiva di cinque anni prevista per gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia militari;

   nella legge di bilancio – legge 234 del 2021 – è stata inserita, all'articolo 1, comma 101, una previsione che, stando ai calcoli riportati nelle relazioni allegate al disegno di legge ed alle parole rassicuranti pronunziate sia dai vertici del Dipartimento della pubblica sicurezza che dal Ministro dell'interno in sede di incontro con le organizzazioni sindacali, avrebbe riconosciuto parità di trattamento pensionistico e parità di decorrenze tra tutti i corpi armati dello Stato, indipendentemente dallo status militare o civile rivestito;

   la Corte dei conti prima, e successivamente l'Inps, hanno affermato che il testo della legge non consente di attribuire ai poliziotti la stessa decorrenza retroattiva di cinque anni riconosciuta ai colleghi militari, e ciò nonostante il fatto che gli stanziamenti attestati dovrebbero essere sufficienti, viste le richiamate parole dei citati vertici dipartimentali e nel corso dei vari incontri con i rappresentanti sindacali;

   la perequazione quindi è stata finora solo parziale e, al fine di realizzarla, non sarebbero necessari nuovi stanziamenti ma solo una modifica al testo della legge –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, con gli uffici di competenza, per eliminare completamente la sperequazione descritta in premessa, contraria ai principi costituzionali, e in generale all'ordinamento, al fine di tutelare i diritti delle famiglie del personale delle forze armate e delle forze di polizia.
(4-11738)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante lamenta una disparità di trattamento tra le Forze di polizia ad ordinamento civile (polizia di Stato e polizia Penitenziaria), e quelle ad ordinamento militare, in relazione all'applicazione dell'articolo 1 comma 101 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e alla mancata liquidazione nei confronti del personale dette Forze di polizia ad ordinamento civile degli arretrati degli ultimi cinque anni di trattamento pensionistico.
  Al riguardo, si rappresenta che il citato articolo 1 comma 101 così dispone: «Al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità riconosciuta ai sensi dell'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, l'articolo 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con applicazione dell'aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile».
  Inoltre il successivo comma 102 prevede che «Per l'attuazione del comma 101, è valutata la spesa i 28.214.312 euro per l'anno 2022, 32.527.983 euro per l'anno 2023, 36.764.932 euro per l'anno 2024, 39.840.709 euro per l'anno 2025, 43.000.596 euro per l'anno 2026, 46.384.574 euro per l'anno 2027, 49.248.807 euro per l'anno 2028, 51.927.173 euro per l'anno 2029, 54.721.616 euro per l'anno 2030 e 57.468.417 euro a decorrere dall'anno 2031».
  La norma è volta ad assicurare il mantenimento della sostanziale equiordinazione all'interno del comparto sicurezza e difesa, attesa la «specificità» prevista dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, con riferimento alle modalità di determinazione della quota retributiva del trattamento pensionistico, del personale che al 31 dicembre 1995 aveva maturato una anzianità contributiva utile inferiore a 18 anni, pertanto destinatario del cosiddetto «sistema misto».
  Infatti, prima dell'entrata in vigore della norma sopracitata, al personale della polizia di Stato inquadrato nel sistema misto si applicava l'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, che considerava, ai fini del calcolo della quota retributiva e per ogni anno di servizio, una percentuale del 2,33 per cento fino ad arrivare al 35 per cento di aliquota pensionistica al 15° anno mentre, a decorrere dal 15° anno, operava una percentuale dell'1,8 per cento.
  Invece, il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e, più in generale il personale militare, si è visto riconoscere il beneficio dell'aliquota pensionistica del 2,44 per cento, a seguito di estensione in via amministrativa di sentenze della Corte dei conti sezioni riunite (n. 1/2021 e n. 12/2021).
  Pertanto, l'INPS, con due distinte circolari applicative (n. 107 del 14 luglio 2021 e n. 199 del 29 dicembre 2021) ha previsto la rideterminazione delle pensioni con riconoscimento degli arretrati nei limiti della prescrizione quinquennale da calcolarsi a ritroso dalla data della riliquidazione.
  Per quanto riguarda le Forze di polizia ad ordinamento civile, il riconoscimento dell'applicazione del più favorevole criterio di calcolo della pensione con l'applicazione della percentuale di pensionabilità del 2,44 per cento è intervenuto con il citato articolo 1, comma 101, della legge 234 del 2021 e l'INPS, con la circolare n. 44 del 23 marzo 2022 ne ha previsto l'estensione a tutto il personale cessato dal 1996 con decorrenza degli importi dal 1o gennaio 2022.
  Il contenuto della citata circolare n. 44 del 2022 dell'INPS è in linea con la recente sentenza della Corte dei conti, sezione I giurisdizionale centrale di Appello n. 45 del 2022, che testualmente afferma: «Una corretta esegesi normativa, invero, fondata su criteri di natura teleologica e sistematica, impone di assumere una posizione "mediana" sul punto, rappresentata dall'estensione del miglior trattamento previdenziale anche al personale
de quibus andato in pensione entro l'anno appena trascorso, ma con il riconoscimento della decorrenza economica solo a far data dal 1o gennaio 2022». .........Può senz'altro convenirsi sulla irretroattività della disposizione in questione, dovendosi escludere che essa abbia valore di norma di interpretazione autentica, non ravvisandosene gli indici nel suo testo, né nelle sue finalità, ciò che, per inciso, indirettamente conferma la correttezza dell'indirizzo ermeneutico finora espresso unanimemente dalle Sezioni d'appello sulla questione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.


   TONELLI e FOGLIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi sono uscite alcune note dei maggiori sindacati di polizia, tra cui Sap, Fsp e Siulp, nelle quali si evidenziava un aggravamento delle disparità di trattamento in materia pensionistica tra il personale militare ed ex militare, da un lato, e gli appartenenti alla polizia di Stato, dall'altro;

   come noto, con l'introduzione dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, il legislatore intendeva assicurare a tutto il personale militare, in ragione della peculiare attività, di usufruire di determinati benefici del calcolo pensionistico: in virtù dell'articolo 61 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 si prevede espressamente che al personale dei vigili del fuoco e al Corpo forestale dello Stato si applicano le medesime disposizioni previste per il personale militare; sul punto e recentemente le sezioni riunite della Corte dei conti (sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ depositata il 4 gennaio 2021) hanno stabilito che la «quota retributiva» della pensione da liquidarsi con il sistema «misto», ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 333 del 1995, in favore del personale militare cessato dal servizio, con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che, al 31 dicembre 1995, vantava un'anzianità contributiva ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolata moltiplicando l'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, applicando il coefficiente per ogni anno utile nella misura del 2,44 per cento; ciò ha comportato un più vantaggioso ricalcolo delle pensioni per tutti i ricorrenti; è d'uopo ricordare che, con sentenza n. 38/2021 dell'8 febbraio 2021, la Corte dei conti per la Calabria ha accolto parzialmente un ricorso anche per i vigili del fuoco pur sempre personale civile, con meno di 15 anni nella predetta anzianità;

   tutto ciò, invece, non sta avvenendo per il personale della polizia di Stato, producendo indubbie forme di disparità di trattamento, atteso che gli appartenenti alla polizia di Stato espletano di fatto le stesse funzioni degli appartenenti all'Arma dei Carabinieri, ed appare evidente che risulta necessario adottare un criterio congruo e identico per tutta la platea degli smilitarizzati, almeno per quelli appartenenti allo stesso comparto;

   innanzitutto, tale beneficio dovrebbe spettare, a parere degli interroganti, ai pensionati ex appartenenti al disciolto corpo delle Guardie di pubblica sicurezza, soggetti al sistema misto, assunti antecedentemente al 25 giugno 1982 e tuttavia esclusi dall'applicazione della più favorevole aliquota nonostante al momento dell'arruolamento godessero dello status di militare, posto che per il riconoscimento del diritto era richiesto il predetto status solo al momento dell'arruolamento; si dovrebbe tuttavia considerare la possibilità che anche gli organici assunti dopo il 1982 possano godere di questo trattamento, in virtù del su richiamato principio di non discriminazione e del principio di uguaglianza sostanziale, dal momento che, in costanza del rapporto di servizio, espletano gli stessi incarichi e mansioni dei predetti;

   in mancanza di una più chiara disciplina normativa, che fissi degli standard simili per situazioni simili, appare agli interroganti che tale operazione possa essere portata avanti anche attraverso la diramazione di istruzioni o linee guida, anche di carattere amministrativo, che possano dare generale applicazione al principio di uguaglianza del trattamento sopra richiamato –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per assicurare, che il ricalcolo delle pensioni di forze di polizia non sia irragionevolmente diverso rispetto a quello previsto per comparti di pubblica sicurezza del tutto analoghi per funzione e provenienza.
(4-08779)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante lamenta una disparità di trattamento tra le Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria), e quelle ad ordinamento militare in materia di trattamento pensionistico.
  Al riguardo, si rappresenta che con l'articolo 1 comma 101 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, il legislatore è intervenuto in materia, disponendo che: «Al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità riconosciuta ai sensi dell'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, l'articolo 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con applicazione dell'aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile».
  Inoltre il successivo comma 102 prevede che «Per l'attuazione del comma 101, è valutata la spesa i 28.214.312 euro per l'anno 2022, 32.527.983 euro per l'anno 2023, 36.764.932 euro per l'anno 2024, 39.840.709 euro per l'anno 2025, 43.000.596 euro per l'anno 2026, 46.384.574 euro per l'anno 2027, 49.248.807 euro per l'anno 2028, 51.927.173 euro per l'anno 2029, 54.721.616 euro per l'anno 2030 e 57.468.417 euro a decorrere dall'anno 2031».
  La norma è volta ad assicurare il mantenimento della sostanziale equiordinazione all'interno del comparto sicurezza e difesa, attesa la «specificità» prevista dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, con riferimento alle modalità di determinazione della quota retributiva del trattamento pensionistico, del personale che al 31 dicembre 1995 aveva maturato una anzianità contributiva utile inferiore a 18 anni, pertanto destinatario del cosiddetto «sistema misto».
  Infatti, prima dell'entrata in vigore della norma sopracitata, al personale della polizia di Stato inquadrato nel sistema misto si applicava l'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 che considerava, ai fini del calcolo della quota retributiva e per ogni anno di servizio, una percentuale del 2,33 per cento fino ad arrivare al 35 per cento di aliquota pensionistica al 15° anno mentre, a decorrere dal 15° anno, operava una percentuale dell'1,8 per cento.
  Invece, il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e, più in generale il personale militare, si è visto riconoscere il beneficio dell'aliquota pensionistica del 2,44 per cento, a seguito di estensione in via amministrativa di sentenze della Corte dei conti sezioni riunite (n. 1/2021 e n. 12/2021).
  Pertanto, l'Inps, con due distinte circolari applicative (n. 107 del 14 luglio 2021 e n. 199 del 29 dicembre 2021) ha previsto la rideterminazione delle pensioni con riconoscimento degli arretrati nei limiti della prescrizione quinquennale da calcolarsi a ritroso dalla data della riliquidazione.
  Per quanto riguarda le Forze di polizia ad ordinamento civile, il riconoscimento dell'applicazione del più favorevole criterio di calcolo della pensione con l'applicazione della percentuale di pensionabilità del 2,44 per cento è intervenuto con il citato articolo 1, comma 101, della legge n. 234 del 2021 e l'Inps, con la circolare n. 44 del 23 marzo 2022 ne ha previsto l'estensione a tutto il personale cessato dal 1996 con decorrenza degli importi dal 1° gennaio 2022.
  Il contenuto della citata circolare n. 44 del 2022 dell'Inps è in linea con la recente sentenza della Corte dei conti, sezione I giurisdizionale centrale di appello n. 45 del 2022, che testualmente afferma: «Una corretta esegesi normativa, invero, fondata su criteri di natura teleologica e sistematica, impone di assumere una posizione “mediana” sul punto, rappresentata dall'estensione del miglior trattamento previdenziale anche al personale
de quibus andato in pensione entro l'anno appena trascorso, ma con il riconoscimento della decorrenza economica solo a far data dal 1° gennaio 2022. ... Può senz'altro convenirsi sulla irretroattività della disposizione in questione, dovendosi escludere che essa abbia valore di norma di interpretazione autentica, non ravvisandosene gli indici nel suo testo, né nelle sue finalità, ciò che, per inciso, indirettamente conferma la correttezza dell'indirizzo ermeneutico finora espresso unanimemente dalle Sezioni d'appello sulla questione».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.


   TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale alta inflazione che famiglie ed imprese devono fronteggiare, causata prevalentemente da rincari energetici oltre che da elementi strutturali, difficilmente potrà nel medio e breve periodo, tornare ai livelli precedenti alla pandemia;

   le famiglie, stremate dal perdurare della pandemia, dai rincari di luce, gas e carburanti nonché da un'inflazione che non era così alta dal 1995, stanno mettendo in atto misure anticrisi essenzialmente riducendo i consumi. Ciò viene evidenziato da una recente ricerca Istat secondo la quale 4 italiani su 10 saranno costretti a ridurre considerevolmente le proprie spese;

   a ciò si deve aggiungere che, secondo l'Istat, nel primo trimestre del 2022, la crescita delle retribuzioni contrattuali è rimasta contenuta, l'aumento è stato appena dello 0,6 rispetto allo stesso periodo del 2021. La durata dei contratti e i meccanismi di determinazione degli incrementi contrattuali determineranno, considerata la persistenza della spinta inflazionistica, nel 2022, a una perdita di potere d'acquisto dei salari valutabile in quasi cinque punti percentuali. È evidente che se non si porrà rimedio, in tempi brevissimi, a tale situazione, il combinato disposto dell'inflazione galoppante e dell'aumento del prezzo dei beni di consumo finirà per accrescere considerevolmente la povertà di gran parte degli italiani;

   tra le spese principali delle famiglie e delle imprese italiane non possono essere considerate irrilevanti quelle legate alle locazioni, sia degli immobili residenziali che degli immobili industriali. L'indice Istat-Foi, ha registrato un incremento del più 6,5 per cento delle locazioni su base annua. È evidente che la ricaduta che avrà l'inflazione sull'adeguamento dell'indice Istat sui contratti sta creando grande allarme e difficoltà, sia alle famiglie, in particolare quelle che ricadono nel primo scaglione di reddito fino a 15.000 euro che, secondo l'Agenzia delle entrate sono ben 416.000, sia alle aziende che vedono i loro contratti di locazione sull'immobile, non di proprietà, crescere in fase di rinnovo, cosa che nell'attuale fase di recessione può avere serie ripercussioni sia in termini di liquidità che di redditività delle stesse;

   infine, le difficoltà di reperimento di materie prime e i conseguenti aumenti dei costi di approvvigionamento hanno sempre maggiore impatto nei rapporti contrattuali in corso fra clienti e fornitori e spesso comportano che l'esecuzione delle forniture diventi eccessivamente onerosa e che si renda necessario un corrispondente adeguamento del prezzo, con reali e gravi rischi per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese e per l'occupazione –:

   alla luce di quanto sopra esposto e facendo riferimento anche alle parole pronunciate alla stampa dal Presidente del Consiglio secondo cui l'inflazione attuale non dovrebbe superare il 2,9 per cento, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per mitigare gli effetti dell'attuale inflazione sull'indice Istat dei prezzi al consumo, in primis l'adeguamento delle retribuzioni basato sull'inflazione effettiva e se intenda impegnare l'attività del Ministero al fine di creare un indice depurato che tenga conto degli effetti della guerra in Ucraina e dei rincari energetici e dei prezzi delle materie prime, da applicare ai rinnovi dei contratti indicizzati sia commerciali che di locazione in scadenza nel corso del 2022 a decorrere dalla data di inizio del conflitto fino al perdurare degli effetti della stessa.
(4-12305)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si chiede di sapere quali iniziative il Ministro intenda adottare per mitigare gli effetti dell'attuale inflazione e, soprattutto, se lo stesso intenda creare e diffondere un nuovo indicatore statistico che permetta di depurare le stime dell'inflazione dagli effetti della guerra in Ucraina e, segnatamente, dall'andamento dei prezzi energetici e delle materie prime.
  In risposta all'interrogante, segnalo innanzitutto che il 7 giugno 2022 l'Istat ha diffuso una comunicazione recante, per gli anni 2018-2021, gli scostamenti tra realizzazione e previsione dell'inflazione misurata dall'indice IPCA «al netto della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati», nonché la previsione dell'indicatore per gli anni 2022-2025 (consultabile al
link https://www.istat.it/it/archivio/271473).
  La comunicazione in questione costituisce una novità nel panorama delle pubblicazioni solitamente diffuse dall'Istat. Non esisteva, infatti, nelle statistiche ufficiali sul paniere dei prezzi al consumo – né era da queste ricavabile (attraverso l'uso dei pesi del paniere) – un indice di inflazione che misurasse la variazione annuale dei prezzi al consumo escludendo i prodotti energetici importanti (IPCA-NEI). Difatti, le informazioni Istat sull'indice dei prezzi al consumo consentono, di regola, di calcolare l'inflazione al netto dei prodotti energetici nel loro complesso, ma non di depurare questi ultimi della sola componente importata. La metodologia adottata per il calcolo dell'indice IPCA-NEI è stata articolata in tre fasi: scelta dell'indicatore di riferimento per i prezzi dei beni importati (IR); stima di una elasticità che misura la reattività dei prezzi dei beni energetici dell'indice IPCA (IPCAEN) all'indicatore dei beni energetici importati; utilizzo del peso dei beni energetici dell'indice IPCA.
  Come correttamente sottolineato dall'interrogante, l'andamento dei prezzi energetici nel 2021 ha comportato la necessità di rivedere il sistema di stima dell'indicatore IPCA-NEI. Non è più sufficiente, in altri termini, la mera depurazione dell'indicatore IPCA dai prodotti energetici nel loro complesso, ma è necessario aggiornare la stima estrapolando nello specifico i prezzi dei prodotti energetici importati.
  Tale aggiornamento della metodologia ha portato alla sostituzione dell'indicatore di riferimento finora utilizzato, rappresentato dal prezzo del petrolio espresso come media tra la quotazione Brent e WTI, con un indicatore tratto dai prezzi all'importazione. I prezzi dei beni importati vengono registrati utilizzando la classificazione delle attività economiche denominata ATECO2007. Nel 2021, i beni energetici importati riconducibili all'estrazione di petrolio greggio e gas naturale hanno rappresentato il 74 per cento del totale dell'energia importata. Per tale ragione, nella nuova metodologia, la serie dei prezzi dei beni importati per la categoria che comprende anche il gas è considerata come il nuovo indicatore di riferimento aggiornato mensilmente nelle banche dati dell'Istat.
  Tuttavia, si è scelto di introdurre il nuovo indice di riferimento solo a partire dalle stime per il 2022, anno dal quale sono disponibili anche le disaggregazioni per i prezzi dei beni importati per tutti i gruppi utilizzati per le previsioni. Difatti, nell'ultimo anno, l'eccezionale aumento dei prezzi dei beni energetici importati, avviatosi a partire da aprile 2021, cui è seguito qualche mese dopo un andamento analogo dell'IPCA energia, ha determinato un progressivo indebolimento della formula adottata per la stima, lasciando intendere che l'elasticità utilizzata, pari a 0,18, possa non essere più rappresentativa. Questi limiti richiedono quindi una attenta lettura del dato stimato per il 2022, ottenuto utilizzando ancora il valore dell'elasticità pari a 0,18. Una ulteriore evidenza empirica sottolinea l'eccezionalità della stima dell'Indice IPCA-NEI per il 2022. Nel periodo di disponibilità dell'indicatore IPCA-NEI, i tassi di crescita annui hanno mantenuto un profilo vicino a quello dell'indice IPCA al netto dell'energia (IPCA-EN). Il valore massimo della distanza tra i due indicatori è stato, nel 2012, pari a 0,9. Nel 2022 la distanza che si ottiene confrontando la stima di IPCA-NEI, 4,7 per cento, con il valore segnato a maggio dall'inflazione tendenziale dell'indice IPCA-EN, 3,9 per cento, sarebbe pari a 0,8 punti percentuali.
  Per tutte queste ragioni, i risultati presentati evidenziano la necessità di una forte cautela nell'utilizzo delle presentate, richiedendo quindi un ulteriore confronto con le parti sociali per una revisione concordata della metodologia.
  Per concludere, si ricorda che l'indice di inflazione che misura la variazione annuale dei prezzi al consumo escludendo i prodotti energetici importati costituisce l'indicatore assunto a riferimento per la contrattazione collettiva, in forza dell'accordo quadro per la riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009. L'aggiornamento delle metodologie di stima da parte dell'Istat permette quindi un riallineamento delle retribuzioni, utilizzando l'indice armonizzato (a livello europeo), depurato degli effetti avversi derivanti dall'aumento dei prezzi dei beni energetici importati. Va da sé che, in ragione di ciò, in questo periodo la dinamica di questo indice è inferiore a quella dell'inflazione generale dal momento che non tiene conto dei beni energetici importanti.
  D'altra parte, per quanto concerne i contratti di locazione, l'indice di riferimento è l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (cosiddetto «FOI») al netto dei tabacchi. Tale indice si pubblica sulla
Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'articolo 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e si applica, per espressa previsione di legge, alle locazioni e, negli altri casi, semplicemente per consuetudine. Per queste ragioni, spetta eventualmente ad accordi tra le parti sociali e/o al decisore politico stabilire quali indici utilizzare per l'adeguamento delle retribuzioni, delle locazioni o di altri contratti, con valutazioni che esulano dalle competenze strettamente delegate a questa Amministrazione. Peraltro, non va dimenticato che le definizioni e le metodologie di calcolo utilizzate dall'Istat trovano primariamente fondamento nei regolamenti europei.
Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   TRAVERSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del comune di Genova del marzo 2017 è stato avviato un percorso finalizzato all'apertura del nuovo distaccamento dei vigili del fuoco nel levante genovese;

   i fondi sono stati resi disponibili già con l'approvazione della legge di bilancio 2019 e prevedono 400 mila euro per l'adeguamento dello stabile e 1,2 milioni per i mezzi e le attrezzature;

   i vigili del fuoco hanno manifestato un interesse per lo stabile denominato «Ex Casa del soldato» sito a Genova in Piazza Sturla a Genova per l'apertura del suddetto nuovo distaccamento;

   inoltre, la delibera del consiglio comunale di Genova n. 42/2019 prevede la «Retrocessione all'Agenzia del Demanio del compendio “Palazzina dell'architettura razionalista denominata Casa del Soldato” per consentire l'uso governativo a favore del Comando dei Vigili del Fuoco»;

   va tenuto conto che il comando dei vigili del fuoco di Genova è stato potenziato di n. 34 unità dedicate al distaccamento cittadino del Lavante –:

   quali siano le tempistiche per la ristrutturazione dello stabile adibito al distaccamento Levante di Genova e l'operatività dello stesso.
(4-09459)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che con la legge 30 dicembre 2018 n. 145 (legge di bilancio per l'anno 2019), sono stati stanziati fondi per rafforzare il dispositivo di soccorso urgente nella città di Genova, parte dei quali destinati all'apertura di un nuovo distaccamento Vigili del fuoco per sopperire alle esigenze logistiche del levante genovese e dei comuni limitrofi della città metropolitana.
  Al riguardo, la direzione regionale dei vigili del fuoco della Liguria e il comando di Genova hanno intrapreso iniziative al fine di reperire un immobile idoneo da adibire a futuro distaccamento di Genova Levante.
  In particolare, la ricerca si è dapprima orientata su una palazzina di architettura razionalista, risalente alla seconda metà degli anni '30, denominata «Casa del Soldato», sita nel quartiere genovese di Sturla, già di proprietà del comune di Genova che lo aveva acquisito dal demanio nel 2017.
  Il predetto immobile è stato retrocesso dal comune a bene demaniale statale e conseguentemente la locale Agenzia del demanio ha potuto consegnarlo al Ministero dell'interno in uso governativo, per le finalità istituzionali sopra rappresentate, con la riserva, da parte della soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio della città metropolitana di Genova, di verificare la compatibilità d'uso della struttura alle necessità governative in riferimento ai valori tutelati del bene, soggetto a vincolo monumentale
ex articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  La progettazione degli interventi di adeguamento è partita dall'analisi di vulnerabilità sismica e statica dell'edificio in questione, presentata dalla direzione regionale dei Vigili del fuoco alla locale soprintendenza per conoscere i possibili interventi di consolidamento da eseguire per il miglioramento strutturale dell'immobile, sito in una zona del comune di Genova classificata a bassa intensità sismica.
  Nel merito fa Soprintendenza ha evidenziato la necessità di avviare ulteriori approfondimenti prima di procedere all'affidamento dei lavori di adeguamento dell'immobile in questione.
  Inoltre, dalle valutazioni tecnico-economiche operate e in base al relativo progetto di fattibilità da parte di un professionista incaricato dall'Amministrazione, si è evidenziato che la riqualificazione della struttura comporterebbe interventi rilevanti ed invasivi, anche in relazione alle osservazioni della soprintendenza, i cui costi inoltre appaiono eccessivi per lo scopo, rendendo inopportuno l'investimento di cui trattasi.
  Si stanno, pertanto, esplorando soluzioni alternative attraverso la competente Agenzia territoriale del demanio, mirate alla verifica di disponibilità di immobili idonei all'edificazione della sede dei distaccamento dei vigili del fuoco.
  Una proposta attualmente in valutazione, da definirsi nei tempi strettamente necessari alle verifiche tecnico-strategiche e di effettiva disponibilità alla cessione, è rappresentata da un'area sita in via Bottini, sempre ubicata nel quartiere Sturla, la quale potrebbe accogliere la costruzione sia della sede del distaccamento cittadino che della nuova sede della direzione regionale dei vigili del fuoco, attualmente ubicata in immobile in locazione.
  Appena saranno concluse le valutazioni a livello territoriale, si darà avvio alle procedure previste per la realizzazione dell'intervento strutturale, previa definizione dei finanziamento e, contestualmente, avverrà la restituzione dell'immobile ex «Casa del Soldato» alla competente agenzia del demanio, che sta seguendo l'
iter procedurale unitamente alla direzione regionale dei vigili del fuoco.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   TUZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la sentenza del 4 gennaio 2021 n. 1 e sentenza n. 12 del 2021 delle sezioni giurisdizionali riunite della Corte dei conti è stato riconosciuto agli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento militare il diritto all'applicazione dell'aliquota del 2,44 per cento annuo da applicare per il ricalcolo delle pensioni;

   con circolare n. 107 del 14 luglio 2021 e con circolare n. 199 del 29 dicembre 2021 dell'Inps, in applicazione delle sentenze soprarichiamate, vengono riconosciute ai soli militari le differenze sui ratei arretrati nei limiti della prescrizione quinquennale;

   con la legge di bilancio 2022 all'articolo 1, comma 101, è stato esteso al personale delle forze di polizia ad ordinamento civile, in relazione all'articolo 19 della legge del 4 novembre 2010 n. 183, l'applicazione dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973 n. 1092, in attuazione dell'interpretazione delle sezioni riunite della Corte dei conti con le sentenze 1/2021 e 12/2021, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con sistema misto con applicazione dell'aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile;

   con circolare n. 44 del 23 marzo 2022 dell'Inps si indica che il riconoscimento dell'aliquota di rendimento annua al 2,44 per cento, per le forze di polizia ad ordinamento civile, trova applicazione per le pensioni decorrenti dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, nonché nei confronti di coloro già titolari di pensione alla predetta data, limitatamente ai ratei pensionistici maturati dal 1° gennaio 2022, non riconoscendo il diritto alla corresponsione degli arretrati degli ultimi cinque anni invece previsto per le Forze di polizia ad ordinamento militare;

   all'articolo 1, comma 102, della legge di bilancio 2022 è disciplinata la copertura di tutti gli oneri derivanti dall'estensione per il personale delle forze di polizia ad ordinamento civile dell'applicazione dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973 n. 1092 e non servirebbe un ulteriore stanziamento per equiparare il trattamento pensionistico compresa la retroattività degli ultimi cinque anni;

   nel nostro ordinamento vige il principio di equità di trattamento economico a parità di funzioni e l'esclusione del diritto alla corresponsione degli arretrati potrebbe comportare una differenziazione e una conseguente disparità di trattamento tra le forze di polizia ad ordinamento militare e quelle ad ordinamento civile –:

   se si fosse a conoscenza di questa situazione;

   in caso affermativo, quali iniziative si intendano porre in essere per evitare la differenziazione tra i comparti delle forze di polizia e assicurare il diritto alla corresponsione degli arretrati anche per la polizia penitenziaria e la polizia di Stato.
(4-11716)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante lamenta una disparità di trattamento tra le Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato e Polizia penitenziaria), e quelle ad ordinamento militare, in relazione all'applicazione dell'articolo 1 comma 101 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e alla mancata liquidazione nei confronti del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile degli arretrati degli ultimi cinque anni di trattamento pensionistico.
  Al riguardo, si rappresenta che il citato articolo 1 comma 101 così dispone: «Al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità riconosciuta ai sensi dell'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, l'articolo 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con applicazione dell'aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile».
  Inoltre il successivo comma 102 prevede che «Per l'attuazione del comma 101, è valutata la spesa i 28.214.312 euro per l'anno 2022, 32.527.983 euro per l'anno 2023, 36.764.932 euro per l'anno 2024, 39.840.709 euro per l'anno 2025, 43.000.596 euro per l'anno 2026, 46.384.574 euro per l'anno 2027, 49.248.807 euro per l'anno 2028, 51.927.173 euro per l'anno 2029, 54.721.616 euro per l'anno 2030 e 57.468.417 euro a decorrere dall'anno 2031».
  La norma è volta ad assicurare il mantenimento della sostanziale equiordinazione all'interno del comparto sicurezza e difesa, attesa la «specificità» prevista dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, con riferimento alle modalità di determinazione della quota retributiva del trattamento pensionistico del personale che, al 31 dicembre 1995, aveva maturato una anzianità contributiva utile inferiore a 18 anni, e che pertanto rientra nel cosiddetto sistema misto.
  Infatti, prima dell'entrata in vigore della norma sopracitata, al personale della Polizia di Stato destinatario del sistema misto si applicava, ai fini del calcolo della quota retributiva, l'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, Ciò faceva si che, per ogni anno di servizio, si computasse la percentuale del 2,33 per cento fino ad arrivare al 35 per cento di aliquota pensionistica al 15° anno e poi, dal 15° anno, operava una percentuale dell'1,8 per cento.
  Invece, il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e, più in generale il personale militare, si è visto riconoscere il beneficio dell'aliquota pensionistica del 2,44 per cento, a seguito di estensione in via amministrativa di sentenze della Corte del conti Sezioni Riunite (n. 1/2021 e n. 12/2021).
  Pertanto, l'INPS, con due distinte circolari applicative (n. 107 del 14 luglio 2021 e n. 199 del 29 dicembre 2021) ha previsto la rideterminazione delle pensioni con riconoscimento degli arretrati nei limiti della prescrizione quinquennale da calcolarsi a ritroso dalla data della riliquidazione.
  Per quanto riguarda le Forze di polizia ad ordinamento civile, il riconoscimento dell'applicazione del più favorevole criterio di calcolo della pensione con l'applicazione della percentuale di pensionabilità del 2,44 per cento è intervenuto con il citato articolo 1, comma 101, della legge n. 234 del 2021 e l'INPS, con la circolare n. 44 del 23 marzo 2022, ne ha previsto l'estensione a tutto il personale cessato dal 1996 con decorrenza degli importi dal 1° gennaio 2022.
  Il contenuto della citata Circolare n. 44/2022 dell'INPS è in linea con la recente sentenza della Corte dei conti, sezione I Giurisdizionale Centrale di Appello n. 45/2022, che testualmente afferma: «Una carretta esegesi normativa, invero, fondata su criteri di natura teleologica e sistematica, impone di assumere una posizione “mediana” sul punto, rappresentata dall'estensione del miglior trattamento previdenziale anche al personale
de quibus andato in pensione entro l'anno appena trascorso, ma con il riconoscimento della decorrenza economica solo a far data dal 1.1.2022». ...Può senz'altro convenirsi sulla irretroattività della disposizione in questione, dovendosi escludere che essa abbia valore di norma di interpretazione autentica, non ravvisandosene gli indici nel suo testo, né nelle sue finalità, ciò che, per inciso, indirettamente conferma la correttezza dell'indirizzo ermeneutico finora espresso unanimemente dalle Sezioni d'appello sulla questione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo di «RaiNews» del 16 febbraio 2022, a firma di Silvia Rocchi, riporta il report di Oxfam e Emergency, membri della People's Vaccine Alliance, presentato alla vigilia del summit tra i leader dell'Unione europea e dell'Unione africana, che si è tenuto a Bruxelles tra il 17 e 18 febbraio. L'articolo denuncia il forte squilibrio per l'accesso ai vaccini tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri, prendendo come esempio l'Unione europea che dovrà disfarsi di oltre 55 milioni di dosi di vaccini a fine febbraio perché in via di scadenza, contro le appena 30 milioni di dosi arrivate dall'inizio dell'anno nell'intero continente africano. Sempre secondo di Oxfam e Emergency, in Africa solo l'11 per cento della popolazione ha ricevuto le prime due dosi e, dall'inizio dell'anno, si stima che almeno 250 mila persone siano morte a causa del virus, ovvero quasi 7 mila vittime al giorno;

   l'Italia nel febbraio del 2021 ha aderito al programma Covax (Covid-19 Vaccines and Global Access) ovvero un programma promosso dall'Onu e in collaborazione con Gavi, l'Alleanza Vaccini, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l'Unicef e la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi) volto ad accelerare la produzione e l'accesso equo a test diagnostici, terapie e vaccini contro il Covid-19. L'obiettivo che il programma Covax si prefigge è quello di rendere disponibili due miliardi di dosi di vaccini anti-Covid-19 ai Paesi che partecipano entro la fine del 2021, comprendendo almeno 1,3 miliardi di dosi per le economie a basso reddito;

   il programma Covax rappresenta la consapevolezza che la pandemia deve essere affrontata su scala globale senza l'egoismo dei singoli Stati. La ridistribuzione delle dosi di vaccino dai Paesi ricchi a quelli più poveri è fondamentale non solo per una questione umanitaria ed economica, ma anche per consentire la limitazione della circolazione del virus e le sue mutazioni che, con l'affermarsi delle varianti, possono essere difficili da contenere –:

   quale sia il numero di dosi di vaccino che il Governo ha promesso al progetto Covax nel febbraio del 2021 e il numero di dosi che sono state effettivamente fornite nel 2021 e quante dosi intenda donare il Governo nel 2022 e nel 2023, affinché venga mitigato l'impatto della pandemia sull'economia e sulla salute pubblica.
(4-11501)

  Risposta. — L'Italia è stata tra i primi Paesi a sostenere la creazione di uno strumento multilaterale di risposta alla pandemia con la costituzione dell'Acceleratore ACT («Access to COVID-19 Tools Accelerate», ACT-A), che si compone di tre pilastri, dedicati rispettivamente ai vaccini (la «COVAX Facility»), alle cure e alla diagnostica. L'Italia è membro del «Facilitation Council» dell'ACT-A, principale organo di indirizzo politico, e ne è l'ottavo contributore in virtù del suo sostegno alla Covax Facility.
  Da aprile 2020 ad oggi, l'Italia ha finanziato la risposta multilaterale alla pandemia con 424 milioni di euro così ripartiti:

   385,5 milioni di euro al programma «GAVI-Covax AMC 92» a beneficio di 92 Paesi a medio e basso reddito;

   15 milioni di euro a CEPI, la Coalizione per le Innovazioni nella Preparazione alle epidemie;

   18 milioni di euro al piano strategico dell'Organizzazione mondiale della sanità per la risposta al COVID-19 (Strategic Preparedness and Response Plan);

   0,5 milioni al Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria;

   1 milione di euro alla COVID-19 Oxygen Emergency Taskforce di UNITALO per i Paesi a basso e medio-basso reddito;

   1 milione di euro al programma di UNICEF, ACT-A Supplies Financing Facility, per l'accesso alle forniture sanitarie chiave nella lotta contro il COVID-19 per i Paesi in via di sviluppo;

   3 milioni di euro al programma di UNICEF, ACT-A Humanitarian Action for Children per operazioni di consegna dei vaccini contro il COVID-19, un'equa distribuzione di strumenti diagnostici, il rafforzamento della disponibilità di ossigeno e strumenti terapeutici, la fornitura di Dispositivi di protezione personale agli operatori sanitari in prima linea e il supporto alle attività di comunicazione e coinvolgimento delle comunità locali per favorire la diffusione degli strumenti di risposta alla pandemia.

  In occasione del vertice mondiale sulla salute, co-ospitato da Italia e Commissione europea il 21 maggio 2021 a Roma, il Presidente del Consiglio ha impegnato l'Italia a donare 15 milioni di dosi di vaccini contro il COVID-19 a beneficio dei Paesi a medio-basso reddito entro il 2021 – principalmente tramite COVAX – e successivamente, in occasione del Global COVID-19 Summit del 22 settembre 2021, il Presidente del Consiglio ha annunciato un aumento della cifra complessiva dell'impegno italiano a 45 milioni di dosi.
  A seguito della firma di un accordo tripartito tra il Ministro della salute italiano, AstraZeneca e GAVI (co-leader di COVAX), l'Italia ha avviato a inizio agosto 2021 la donazione delle dosi di vaccini. Nei mesi successivi, la struttura di supporto al commissario straordinario per l'emergenza epidemiologica COVID-19 ha siglato degli impegni di donazione nell'ambito di accordi tripartiti con Pfizer, Moderna e Janssen per l'avvio, tramite COVAX, delle donazioni anche di questi vaccini. La struttura commissariale, periodicamente, ha reso noto le dosi di vaccino disponibili per le donazioni e le relative case farmaceutiche, dati questi che a loro volta sono comunicati a GAVI-COVAX.
  La selezione dei Paesi e delle quantità di dosi da allocare è definita dalla «Joint Allocation Task Force», composta dall'Organizzazione mondiale della sanità e GAVI-COVAX, che valuta in maniera indipendente secondo una serie di fattori, tra cui la copertura vaccinale nel Paese destinatario, la disponibilità di strumenti accessori per la somministrazione (es. siringhe, diluenti) e la capacità complessiva di assorbimento dei vaccini. La distribuzione delle dosi ai Paesi beneficiari avviene alcune settimane dopo la loro allocazione, a seguito dell'accettazione da parte dei Paesi beneficiari.
  Sulla base delle disponibilità comunicate dalla struttura commissariale nel 2021, l'Italia ha messo a disposizione di Covax dosi per la donazione, che sono state allocate, per un importo pari a 50.279.734 di dosi alla data del 31 dicembre 2021. A queste si aggiungono donazioni per 2,6 milioni di dosi in via bilaterale, sempre alla data del 31 dicembre 2021.
  Per il 2022, ad inizio anno, la struttura commissariale ha messo a disposizione per la donazione tramite GAVI-COVAX: 2.800.800 di dosi di vaccini AstraZeneca; 14.601.600 di dosi di Janssen; 2.028.780 di Pfizer.
  Alla data dell'8 giugno 2022 le dosi donate dall'Italia consegnate tramite Covax sono 49.550.220 (dati: Unicef Vaccine Market Dashboard). All'8 giugno 2022 complessivamente le dosi donate su base bilaterale sono 3.650.000 (Tunisia, Libia, Cambogia, Ruanda).
  A quanto sopra, si aggiungono altresì gli ultimi impegni presi dal Presidente del Consiglio in occasione del Secondo Global COVID-19 Summit (12 maggio 2022):

   200 milioni di euro all'ACT-Accelerator e al rafforzamento della preparazione pandemica globale (fondi Ministero dell'economia e delle finanze);

   impegno a donare ulteriori 31 milioni di dosi nel 2022 (disponibili per il periodo maggio-ottobre 2022).

  L'Italia si è altresì impegnata a contribuire per 20 milioni di euro, di cui 4 milioni già deliberati per l'anno 2022 (fondi cooperazione italiana) in favore della nuova strategia quinquennale lanciata dalla Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) che mira ad accelerare la ricerca e lo sviluppo di nuovi vaccini contro malattie infettive emergenti, in particolare quelle che colpiscono i Paesi a reddito basso e medio e basso.
  Nelle ultime settimane si riscontra una limitata domanda di dosi da parte dei Paesi potenzialmente beneficiari (dovuta principalmente a insufficienti capacità di assorbimento e ad esitazione vaccinale).
  L'Italia intende mantenere l'impegno a contribuire allo sforzo internazionale in atto; la continua evoluzione tanto del virus quanto delle risposte vaccinali (sviluppo, produzione e approvazione di nuovi ritrovati) non consente peraltro di fare stime precise delle dosi che potranno essere effettivamente messe a disposizione per la donazione nel futuro dell'esercizio.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sono giunte all'interrogante diverse segnalazioni da parte dei nostri concittadini residenti nella circoscrizione consolare di Zurigo relativamente alla difficoltà di ottenere in tempi ragionevoli alcuni servizi pubblici essenziali;

   il sito ufficiale del Consolato Generale di Zurigo ha disposto che, a causa della ridotta disponibilità di personale prevista per i prossimi mesi, il servizio «passaporti senza appuntamento» del venerdì mattina sarà temporaneamente sospeso a partire dal mese di maggio. La notifica riportata è solo un esempio della limitata capacità di accesso ai servizi consolari che devono affrontare quotidianamente i nostri concittadini residenti nella circoscrizione consolare di Zurigo a causa della carenza del personale amministrativo;

   la crisi pandemica da COVID-19 ha costretto il Consolato di Zurigo a ridurre ulteriormente la sua capacità operativa e, sommato ai continui e consistenti flussi migratori in uscita dall'Italia, ha generato una mole imponente di arretrati contribuendo a provocare ulteriori ritardi e disagi alla comunità italiana residente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali urgenti iniziative intenda adottare per potenziare l'operatività del Consolato Generale d'Italia a Zurigo, quali per esempio l'assunzione di nuovo personale come funzionari, contrattisti o tecnici con la finalità di assicurare un servizio pubblico celere ed efficace per i nostri connazionali residenti nella Confederazione elvetica.
(4-12024)

  Risposta. — Il consolato generale a Zurigo ha competenza su una circoscrizione consolare di 234.000 cittadini iscritti all'AIRE, cresciuta nell'ultimo quadriennio del 10 per cento. La comunità italiana a Zurigo è la quarta nel mondo per numero di connazionali e la seconda in Europa, dopo Londra. Parallelamente all'aumento della collettività, è rimasto costante il numero delle risorse umane assegnate. Se un comune italiano di popolazione analoga ha circa 300 impiegati, la sede consolare – nel territorio che include più del 40 per cento sia della superficie che della popolazione della Svizzera, oltre al Liechtenstein – può contare invece al momento solo su 16 dipendenti di ruolo, impiegati nell'erogazione dei servizi consolari (circa l'80 per cento del personale) e nella gestione dell'ufficio amministrativo e contabile della sede. Quanto al personale a contratto, il consolato generale ha una dotazione pari a 17 unità. Ai fini di una maggiore efficacia e operatività dei servizi consolari a favore dell'utenza, è in corso di valutazione un potenziamento, sulla base delle disponibilità del contingente complessivo del personale a contratto.
  Se è vero che le funzioni dei comuni sono molto più ampie di quelle di un consolato, è altrettanto vero che alcuni servizi essenziali e delicati, come il rilascio del passaporto, sono erogati solo da consolati e non da comuni. Negli ultimi dieci anni la Farnesina ha perso circa un terzo del proprio personale delle aree funzionali, indispensabile nell'espletamento di specifiche funzioni e mansioni di natura amministrativo/consolare (ad esempio cittadinanza, visti, passaporti, contabilità), parzialmente precluse ad altre categorie di dipendenti.
  Una delle conseguenze del blocco dei
turnover dell'ultimo decennio, sono i circa 650 posti vacanti sulla rete estera, con intere aree geografiche (come l'America Centrale e Meridionale e l'Australia) in forte sofferenza. Pur in questo quadro di difficoltà, l'Amministrazione è impegnata a sostenere l'operatività del consolato generale a Zurigo: giova, infatti, ricordare che è stato di recente assegnato alla sede, in potenziamento, un vice console che potrà presto affiancare il console generale nello svolgimento delle tante e complesse funzioni che caratterizzano l'attività di quell'ufficio.
  Il rapporto impiegati/utenti della sede si attesta al momento al valore di 1 a 7.000. Il personale in servizio si occupa, oltre che del settore consolare, di altri numerosi adempimenti, a partire da quelli amministrativi, relativi al noto progetto di riqualificazione dell'edificio demaniale «Casa d'Italia», a quelli derivanti dai rapporti con i comites di Zurigo e San Gallo e quelli riguardanti i corsi di lingua italiana e il polo scolastico di Zurigo.
  Con le risorse a disposizione, il consolato ha continuato a moltiplicare gli sforzi per venire incontro alla domanda dell'utenza: eroga servizi consolari mantenendo intatta la fascia di apertura al pubblico (19 ore su 36, inclusi due pomeriggi) anche nei periodi di «lavoro in squadre», con il 50 per cento degli addetti presenti in ufficio, mantenendo le permanenze consolari dei «funzionari itineranti» a San Gallo (una volta alla settimana) e a Coira (due volte al mese) e aggiungendone una terza a Lucerna.
  Nel 2021 Zurigo ha rilasciato 10.571 passaporti, superando del 43 per cento il livello del 2020. I tempi di attesa per un appuntamento, salvo casi di comprovata urgenza, sono in media di 4 settimana e, ove possibile, il passaporto è rilasciato a vista. Dall'estate del 2021 il consolato generale ha ottimizzato il numero di appuntamenti quotidiani in funzione dei tempi di lavorazione medi e del numero di operatori effettivamente presenti, riuscendo a ricevere per i passaporti fino a 250 persone la settimana; in media, da giugno a dicembre, si è mantenuto un ritmo di almeno 800 appuntamenti al mese, ovvero 200 appuntamenti a settimana.
  Il servizio di richiesta dei passaporti senza appuntamento, rimasto disponibile anche nei mesi di pandemia, è sospeso da fine aprile 2022 per ragioni organizzative, ma non ha comportato l'interruzione del rilascio dei passaporti. È infanti sempre possibile ottenere un documento contattando previamente il consolato generale (sul sito
web istituzionale della sede sono indicate in modo chiaro le modalità per accedere ai servizi consolari). La misura recentemente introdotta intende razionalizzare l'accesso del pubblico, in un momento in cui si prevede un aumento esponenziale della pressione sul settore dei documenti di viaggio in vista dei congedi estivi dei connazionali ed è volta ad assicurare soprattutto il rispetto delle disposizioni, tanto italiane quanto elvetiche, che fanno obbligo di evitare gli assembramenti e di assicurare il distanziamento fra le persone. L'accesso su appuntamento consente di agevolare non solo il lavoro del consolato, ma anche di affrontare le eventuali questioni da chiarire prima che i singoli connazionali si presentino in sede.
  Nel 2021 sono state emesse 5.876 carte d'identità elettroniche (CIE, introdotte in Svizzera solo dal novembre 2020), ricevendo in media 114 persone la settimana. Si tratta di un incremento del 73 per cento rispetto al 2020 e dell'87 per cento rispetto al 2019. I tempi d'attesa tra la richiesta di appuntamento e l'ottenimento dello stesso variano dalle quattro alle sei settimane. Dopo la messa in produzione, il documento è recapitato all'utente in 7-10 giorni.
  Oltre alle attività sopra descritte, riguardanti l'emissione di documenti di viaggio e identità, e alle recenti operazioni elettorali legate alla tenuta dei
referendum abrogativi del 2022, la sede è assorbita da numerosissime altre funzioni quali lo stato civile, l'aggiornamento anagrafico, l'assistenza e il notarile, trattando casi complessi, delicati e urgenti.
  L'operatività di ogni dipendente non è diminuita ma è stata inevitabilmente limitata dai rigidi protocolli in vigore in Svizzera per il contenimento dell'emergenza sanitaria. Nonostante questo, la sede, anche nei periodi più complessi legati alla pandemia, ha continuato ad assicurare l'erogazione dei servizi consolari con le risorse a disposizione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   VILLANI, DAVIDE AIELLO, ASCARI, GRIPPA, NAPPI, BARBUTO e DEL MONACO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   allarmanti fatti di cronaca si stanno verificando nella città di Nocera Inferiore, a partire da inizio 2022; in soli quattro mesi, vi sono stati ben sette episodi criminosi ai danni di attività commerciali e abitazioni private;

   l'ultima, è avvenuta giovedì 21 aprile, alle 01,35 quando la città è stata svegliata dall'ennesima forte deflagrazione provocata, da una bomba carta ai danni di un locale commerciale in pieno centro cittadino danneggiando anche gli edifici circostanti;

   è facile dedurre che, solo per una fortunata coincidenza, non vi sono stati ferimenti o decessi di civili;

   questo è solo l'ultimo episodio criminoso avvenuto in città; già il 17 gennaio era esplosa una bomba carta in via Solimena danneggiando i vetri di diverse abitazioni, un portone in ferro, una saracinesca e un'edicola votiva; tra il 1° e il 4 febbraio vi sono stati due raid: vari colpi di pistola esplosi contro il Bar Bistrot, di fronte all'ospedale «Umberto I», altro luogo sensibile; pochi giorni dopo, altri tre colpi di pistola sono stati esplosi contro la porta d'ingresso di una azienda del quartiere di Cicalesi;

   in data 1o febbraio, una bomba carta è esplosa davanti ad un negozio di abbigliamento cagionando gravi danni e il 26 marzo, si è ripetuto lo stesso scenario davanti al cancello d'ingresso di un parco;

   di appena pochi giorni fa è poi il caso dell'esplosione di numerosi colpi di pistola, ai danni di un escavatore impegnato nei lavori di realizzazione di una pista ciclabile;

   davanti a tale allarmante scenario appare evidente che l'emergenza criminalità abbia raggiunto livelli insoliti e preoccupanti per l'intera comunità nocerina che, oggi più che mai, ha bisogno di una maggiore presenza dello Stato;

   un'escalation di criminalità che non è possibile tollerare perché è evidente che il territorio Agro Nocerino Sarnese è nel mirino della delinquenza e, nel comune di Nocera Inferiore, è forte la preoccupazione per tali attentati;

   di fatto la manifestazione con la partecipazione alla marcia per la legalità (15 febbraio 2022) che il comune ha organizzato, ha visto sfilare diversi sindaci del territorio;

   è necessario riportare legalità nel territorio ove tali episodi non sono isolati e rischiano di sfociare in qualcosa di veramente drammatico mettendo a repentaglio la vita dei cittadini;

   la recidività di questi eventi criminosi conferma l'esistenza di una emergenza sicurezza nella zona in questione;

   è necessaria altresì una risposta tempestiva ed incisiva da parte dello Stato e di tutte le autorità competenti, per ripristinare la legalità, attraverso un potenziamento del presidio delle forze dell'ordine per una sorveglianza attiva h 24;

   è necessaria una risposta anche dal punto di vista giudiziario con una repressione e punizione immediata di tali eventi;

   è altresì urgente garantire una maggiore sicurezza della cittadinanza con presidi di sicurezza in grado di gestire una situazione che ormai si deve considerare straordinaria ed urgente –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e, in virtù della gravità degli episodi stessi, quali urgenti e tempestive iniziative di competenza intendano adottare al fine di ripristinare la legalità e la sicurezza nella città di Nocera Inferiore e nel territorio dell'Agro-Nocerino-Sarnese;

   se intenda adottare ogni opportuna iniziativa per la prevenzione e repressione del fenomeno esposto, anche attraverso un maggiore impiego di uomini delle forze dell'ordine e un aumento dei sistemi di sorveglianza, dispiegando tutte le forze necessarie ad affrontare questa pericolosa situazione.
(4-11930)

  Risposta. — Con riferimento agli episodi criminosi menzionati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, verificatisi a Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, si rappresenta che sono state avviate mirate attività investigative, condotte sia dal comando provinciale dei carabinieri sia dal locale commissariato di pubblica sicurezza, con il coordinamento della procura della Repubblica di Nocera Inferiore e della direzione distrettuale antimafia di Salerno.
  In particolare, le indagini di polizia giudiziaria hanno consentito di arrestare o comunque di individuare e deferire all'autorità giudiziaria i responsabili, a vario titolo, di reati contro la persona, in materia di sostanze stupefacenti, di armi ed esplosivi nonché contro il patrimonio. Si precisa altresì che diverse attività investigative risultano ancora in corso.
  La prefettura di Salerno ha provveduto a convocare specifiche riunioni del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, ai fini di un monitoraggio costante della situazione in atto nel comune di Nocera Inferiore.
  In tale sede è stata disposta l'intensificazione dei dispositivi di prevenzione e controllo dinamico del territorio, con il coinvolgimento dei militari dell'esercito nell'ambito dell'operazione «strade sicure», e sono stati organizzati servizi straordinari a elevata concentrazione, soprattutto nelle ore notturne e nel centro cittadino, con l'impiego del 10° reggimento carabinieri Campania.
  È stato inoltre disposto il potenziamento del sistema di videosorveglianza di Nocera Inferiore, che rappresenta non solo un valido deterrente rispetto alla commissione dei reati ma uno strumento di fondamentale supporto nell'attività info-investigativa.
  Con riferimento ai finanziamenti statali per la realizzazione dei sistemi di videosorveglianza urbana previsti nell'ambito dei patti per la sicurezza sottoscritti tra i prefetti e i sindaci – ai sensi del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14 – si evidenzia che per l'anno 2022 sarà avviata una procedura di selezione cui potranno partecipare i comuni interessati, secondo le modalità che saranno definite con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
  Si ricorda anche che, per il triennio 2021/2023, con il decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in data 25 giugno 2021, è stata destinata una quota del 14 per cento del fondo di cui all'articolo 35-
quater del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, per il finanziamento di iniziative di prevenzione e contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nei pressi degli istituti scolastici in favore di 130 Comuni, tra cui figura quello di Nocera Inferiore.
  Per quanto riguarda le iniziative intraprese per ripristinare la legalità e la sicurezza nella provincia di Salerno, si segnalano alcuni importanti accordi assunti in tema di sicurezza integrata.
  L'8 luglio 2021 è stato sottoscritto un accordo organizzativo per la sicurezza nei cantieri e il contrasto al lavoro nero, tra la prefettura, l'Ispettorato territoriale del lavoro, l'azienda sanitaria locale, la direzione provinciale Inps, il dipartimento territoriale Inail, l'associazione costruttori edili, l'anci Campania, la Cassa edile salernitana, gli ordini professionali e le organizzazioni sindacali, con validità triennale.
  Il 13 maggio 2021 è stato sottoscritto un Protocollo d'intesa per la legalità e la trasparenza nell'attività delle imprese in provincia di Salerno, tra la prefettura e la Camera di commercio di Salerno, valido fino al 31 dicembre 2022.
  Il 3 agosto 2021 è stata definita l'istruttoria sullo schema di protocollo d'intesa ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei lavori di potenziamento dell'aeroporto di Salerno «Costa d'Amalfi».
  Per quanto riguarda i presidi delle Forze di polizia, a Salerno la Polizia di Stato può contare su 914 unità che verranno incrementate di ulteriori 24 unità nel corrente mese di giugno; mentre il commissariato di Nocera Inferiore ha un organico di 48 unità, L'Arma dei carabinieri è presente a Salerno con una forza effettiva di 1.515 unità e la Guardia di finanza può contare su 724 unità. Nel comune di Nocera Inferiore l'arma dei carabinieri è presente con un reparto territoriale e una stazione, con un organico di 124 unità, mentre la guardia di finanza è presente con una compagnia che ha una forza effettiva di 41 unità.
  Si assicura, infine, che in tutto il territorio dell'Agro Nocerino Sarnese costante ed elevata è l'attenzione delle Forze di polizia nel contrasto di ogni forma di criminalità, comune e organizzata, in un quadro di forte sinergia tra le istituzioni a tutela della sicurezza dei cittadini.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.