XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 4 dicembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il progetto di un raddoppio di un traforo autostradale tra Italia e Francia fu annunciato formalmente, nella celebrazione per i 25 anni del traforo del Monte Bianco nel 1991, da Mitterrand e Cossiga;
    a queste dichiarazioni seguì uno studio, il cosiddetto rapporto Legrand, che analizzava la situazione del traffico in Italia e Francia e prendeva atto che la resistenza ad un raddoppio del traforo del Monte Bianco da parte della lobby turistica politica della valle di Chamonix era decisamente più forte di quella che era lecito attendersi dalla valle della Maurienne e della valle di Susa per il tunnel dei Fréjus;
    la sicurezza dei transiti attraverso i tunnel autostradali è un obiettivo prioritario per tutti ma non può essere disgiunto da una valutazione di impatto complessivo sull'ambiente circostante;
    il problema non è la dimensione del traforo ma la stabilizzazione e, in prospettiva, la riduzione del numero dei camion in transito dalle Alpi;
    il commercio dei diritti di transito per il traffico pesante attraverso le Alpi (borsa dei transiti alpini) sarebbe uno strumento economico ed efficace per risolvere i problemi di capacità dei valichi alpini con conseguente riduzione degli effetti negativi sul sensibile ecosistema alpino e sulla salute delle persone che abitano lungo gli assi di transito;
    il valico del Fréjus sarebbe l'unico dell'intero arco alpino ad avere una canna per ogni senso di marcia con un sistema di adduzione (tangenziale ed autostrada), senza alcuna limitazione di passaggi;
    l'accordo sottoscritto in data 3 dicembre 2012 dal Governo italiano e dal Governo francese autorizza l'utilizzo della costruenda 2a corsia del Fréjus come corsia di transito;
    non si può continuare a privilegiare il trasporto su gomma senza mai perseguire seriamente una politica di intermodalità gomma-ferro;
    in Valle di Susa si consumerebbe una palese contraddizione con la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione; è infatti necessario operare un trasferimento modale che alleggerisca il trasporto su gomma a favore della ferrovia,

impegna il Governo

assumere iniziative normative urgenti, entro il termine della legislatura, che contingentino il traffico sull'autostrada del Fréjus, utilizzando come parametro la media dei transiti degli ultimi 3 anni precedenti l'entrata in esercizio della 2a corsia autostradale.
(1-01206) «Esposito, Meta, Realacci, Boccuzzi, Calgaro, Rossomando, Porcino, Mario Pepe (PD), Miglioli, Portas, Giorgio Merlo».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    quello che sta per concludersi è stato un anno molto difficile per il sistema agroalimentare, caratterizzato da eventi calamitosi che hanno messo a dura prova le imprese del settore;
    si sta tuttora monitorando la reale entità dei danni alle strutture cooperative, ai macchinari, alle scorte di magazzino ed ai prodotti finiti, danni che vanno ad aggiungersi a quelli alle produzioni agricole riscontrati nelle singole aziende dei soci;
    tali eventi calamitosi hanno una pesante ricaduta sull'economia agricola nazionale e le imprese agricole si trovano a fronteggiare una notevole contrazione del reddito disponibile causato dalla perdita dei raccolti e degli animali, e dai danni ai terreni e ai beni necessari all'attività che, in assenza di adeguati sostegni per la ripresa, rischiano di essere abbandonate per mancanza di risorse;
    l'ultimo episodio meteorologico intenso ha provocato danni devastanti su gran parte del territorio con conseguenze sui cittadini e sulle attività produttive, e in alcune località, sono stati registrati nei giorni 11 e 12 novembre 2012 cumulati di pioggia nelle 24 ore superiori a 300 millimetri;
    l'eccezionalità dell'evento appare lampante se rapportata al valore medio delle piogge cumulate annuali sul territorio provinciale negli anni 1997-2011 pari a 824,8 millimetri, che dimostra come in 24 ore sia caduto oltre un terzo della pioggia media annuale;
    l'incuria, la mancata prevenzione, l'insufficiente manutenzione del territorio, il degrado, la cementificazione e l'abusivismo costano al nostro Paese ogni anno morti e oltre 4 miliardi di euro;
    le frane hanno danneggiato gravemente vigneti, frutteti e oliveti, le piogge torrenziali e gli straripamenti di fiumi e canali hanno allagato migliaia di ettari di terreni agricoli;
    si tratta di un quadro estremamente allarmante che ripropone in maniera ferma l'esigenza di una valida opera di prevenzione;
    oggi 8 comuni su 10 sono in aree ad elevata criticità idrogeologica, oltre 700 mila sono gli immobili abusivi, spesso costruiti non a norma e, quindi, a grave rischio in presenza di una calamità naturale; non solo: in appena due mesi ci sono stati 22 allarmi da parte della protezione civile;
    insomma, il maltempo fa i conti con un'Italia abbandonata e priva di difese nel territorio;
    dal 1950 ad oggi si sono spesi più di 200 miliardi di euro per riparare i danni causati da calamità naturali sarebbe bastato destinare il 20 per cento di questa cifra ad opere di manutenzione del territorio per limitare le disastrose conseguenze e soprattutto le perdite umane;
    è quindi urgente intervenire con un provvedimento straordinario che assegni risorse adeguate, pari ad almeno 150 milioni di euro, per consentire un immediato sostegno alle imprese agricole danneggiate dagli eventi alluvionali ad integrazione degli interventi previsti a legislazione vigente a valere sul fondo di solidarietà nazionale;
    per i prossimi decenni sono previste sensibili alterazioni della temperatura e delle precipitazioni e un aumento dei fenomeni meteorologici estremi e il settore agricolo sarà direttamente interessato da questi cambiamenti, data la forte dipendenza dalle condizioni climatiche che influenzano la crescita e la produttività delle colture,

impegna il Governo:

   ad assumere con urgenza iniziative, anche normative, per prevedere:
    a) la concessione di adeguati e sufficienti contributi per le imprese agricole, agroalimentari, zootecniche e della pesca aventi sede o unità locali ubicate nei territori interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012 e che abbiano subito gravi danni alla produzione, alle scorte e ai beni mobili ed immobili strumentali all'attività di loro proprietà;
    b) la sospensione dei termini amministrativi e dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali per le imprese agricole aventi le strutture ubicate nei territori interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012 e che abbiano subito gravi danni alla produzione, alle scorte e ai beni mobili ed immobili strumentali all'attività di loro proprietà;
   ad aprire un negoziato con l'Unione europea per verificare la possibilità di una rimodulazione dei finanziamenti assegnati al fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e ad alcune organizzazioni comuni di mercato (OCM), come l'OCM vino e l'OCM ortofrutta, al fine di destinare le risorse rimodulate agli interventi necessari per la ripresa economica delle attività agricole danneggiate dagli eventi alluvionali del novembre 2012.
(7-01052) «Delfino, Naro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere:
   per quali motivi il Governo italiano abbia dato mandato alla rappresentanza italiana al Consiglio d'Europa di chiedere il deferimento alla Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell'uomo della sentenza Costa e Pavan del 28 agosto 2012;
   quali argomenti saranno addotti dalla rappresentanza italiana. (5-08577)


   DE PASQUALE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento a un tragico evento, la morte di un funzionario già comandato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e costretto a rientrare nell'ufficio di provenienza (Agenzia delle entrate);
   in ottemperanza alle esigenze di riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni in misura non inferiore al 20 per cento per il personale dirigenziale e del 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico per il personale non dirigenziale (decreto-legge n. 95 del 2012 convertito dalla legge n. 134 del 2011), la Presidenza del Consiglio dei ministri ha provveduto con le lettere del segretario generale della stessa Presidenza dell'8 e del 14 maggio 2012, indirizzate ai capi di gabinetto ed ai capi dipartimento della Presidenza, con le quali si è stabilito che il personale «fuori comparto» in assegnazione temporanea deve essere restituito alle amministrazioni di provenienza, nell'ambito di una politica di contenimento della spesa –:
   quale sia lo stato attuativo dei provvedimenti indicati in premessa e in particolare:
    a) il totale del numero dei dirigenti e dei funzionari restituiti alle amministrazioni di appartenenza da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri;
    b) il numero di dirigenti e funzionari restituiti all'Agenzia delle entrate (nelle varie sedi regionali);
    c) in caso di permanenza di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il criterio seguito nell'esercizio della discrezionalità da parte delle amministrazioni di appartenenza.
(5-08578)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI PIETRO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 novembre 2012 il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole con alcune osservazioni allo schema di decreto del Ministero dell'economia e delle finanze recante il regolamento che disciplina, a decorrere dal 1o gennaio 2013, l'applicazione dell'esenzione dall'IMU per gli immobili degli enti non commerciali, Chiesa cattolica compresa, con oltre 60 mila unità tra scuole, strutture sanitarie e attività ricettiva;
   il sopracitato decreto – pubblicato in Gazzetta Ufficiale senza tener conto dei rilievi dei giudici amministrativi – dispone che gli enti non commerciali non pagheranno l'IMU in assenza di utili o se questi verranno reinvestiti, nel caso in cui la tariffa non superi la metà della media di mercato o se copra solo una frazione del costo del servizio;
   i criteri indicati dal Governo, giudicati «eterogenei» e con «profili di criticità» dal Consiglio di Stato, disattendono il criterio dell'Unione europea secondo il quale l'imposta debba essere versata da chiunque offra beni e servizi sul mercato a prescindere se faccia o meno utili ed espongono l'Italia al rischio conclamato dell'apertura di una procedura di infrazione comunitaria. Si stima una multa fino a 3,5 miliardi di euro, se si prendono in considerazione le mancate entrate – secondo il Ministero dell'economia – per 300-500 milioni all'anno, da restituire a partire dal 2006 (anno della prima legge in materia di IMU applicata al mondo del «no profit»);
   il gran caos applicativo comporterà molto probabilmente un'esenzione totale dell'IMU alla Chiesa cattolica, cosa che non avverrà per le piccole e medie imprese italiane con i conti in rosso perché strozzate dalla crisi economica –:
   se non ritenga opportuno che le attività commerciali e gli enti no profit che offrono, al pari, beni e servizi siano tenuti al pagamento dell'IMU così da sanare un'evidente disparità di trattamento ed evitare il rischio di incorrere in una sanzione comunitaria. (4-18849)


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere:
   quanti siano gli amministratori dei monopoli di Stato, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento a tutti gli amministratori e singolarmente;
   quanti siano i dirigenti dei monopoli di Stato, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata alle riscossioni effettuate ed in che modo, con riferimento all'intera struttura e singolarmente.
(4-18859)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) è un ente pubblico non economico ed ha autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, secondo quanto dispone la legge 25 marzo 1997, n. 68, «Riforma dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 1997;
   «L'ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero, è l'ente che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti» (www.ice.gov.it);
   l'ICE ha la propria sede centrale in Roma e dispone di una rete composta da 17 uffici in Italia e da 116 uffici in 88 Paesi del mondo;
   con delibera n. 195 del 26 giugno 2008, è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, a 107 posti nei ruoli del personale dell'ICE, Area funzionale C, posizione economica C1;
   il concorso si è articolato in una preselezione, due prove scritte, una orale e la valutazione dei titoli, ed è durato circa due anni;
   la graduatoria definitiva di detto concorso è stata approvata con determinazione del direttore generale in data 8 aprile 2010;
   al comma 1 dell'articolo 12 del bando di concorso, si precisa che «il superamento del concorso non costituisce garanzia di assunzione, essendo la stessa subordinata alla previa autorizzazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di assunzioni di personale nella Pubblica Amministrazione», e successivamente il comma 2 dispone: «il candidato dichiarato vincitore del concorso è invitato a stipulare un contratto individuale di lavoro, a tempo pieno e indeterminato»;
   esistono fondati rischi che però i vincitori del concorso possano essere assunti con un ritmo di quattro/sette all'anno, per cui il sessantesimo in graduatoria prenderà servizio tra non meno di circa cinque anni;
   a distanza di cinque anni da un concorso, si può sostenere con buona probabilità che, nelle migliori delle ipotesi, il giovane interessato abbia trovato un'alternativa lavorativa, magari all'estero, vista l'ottima conoscenza delle lingue che il concorso richiede, e nella peggiore, essendo nel frattempo diventato adulto, abbia dovuto trovare un lavoro non rispondente alla sue capacità per far fronte alla propria sussistenza e a quella della famiglia, qualora sia stato in grado di formarla;
   gli articoli 97 e 98 della Costituzione stabiliscono i princìpi di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione, mentre la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nel titolo relativo alla cittadinanza, all'articolo 41, disciplina il diritto ad una buona amministrazione, e, a tali princìpi, si affianca il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni cagionati dalle istituzioni pubbliche, pienamente attuato anche in Italia con la sentenza della Cassazione n. 500/1999 in tema di risarcimento degli interessi legittimi, prefigurando la responsabilità della pubblica amministrazione –:
   come mai si sia indetto un concorso pubblico a 107 posti se non si era in grado di garantire l'assunzione dei giovani interessati, visto anche l'articolo 12 dello stesso bando in premessa;
   se non si ritenga necessario, pur condividendo l'esigenza di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, investire sui giovani meritevoli e migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, garantendo ai vincitori del concorso in premessa l'assunzione in tempi rapidi. (5-08566)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI BIAGIO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dal primo settembre 2010 nella città di Saarbrucken, Repubblica federale di Germania, è attivo uno sportello consolare alle dipendenze del consolato generale in Francoforte sul Meno;
   il bacino di utenza a cui fa riferimento il citato sportello consolare consta di 30.000 unità, tutti cittadini afferenti alla comunità italiana dell'area, che risulta essere una delle più vaste in Europa, con tutte le conseguenze in termini di mole di lavoro ed erogazione dei servizi;
   fino al 31 luglio 2012 risultavano operative presso il suddetto sportello consolare quattro risorse, configurate come impiegati con contratto disciplinato dalla legge italiana, successivamente a seguito del pensionamento di una delle risorse, il contingente operativo è stato ridotto a 3 unità;
   dal mese di agosto 2012, secondo le informazioni a disposizione dell'interrogante, risulta essere assente ininterrottamente per congedo straordinario una delle tre figure impiegatizie dello sportello consolare, creando un forte aggravio di lavoro sui restanti due impiegati che devono far fronte alla mole di attività già accresciuta a seguito del pensionamento di una delle risorse, con conseguenze prevedibili sulle dinamiche di funzionamento della struttura;
   il ridimensionamento di organico presso il suddetto sportello rischia di inficiare il buon lavoro strutturato in questi anni dall'amministrazione, che ha contributo di certo a definire lodevoli relazioni con le istituzioni locali ed una determinante efficienza nelle dinamiche di integrazione della comunità italiana nell'area –:
   quali iniziative o provvedimenti si intendano predisporre al fine di ripristinare l'organico originariamente operativo presso lo sportello consolare in Saarbrucken, in modo da consentirne un corretto ed efficace funzionamento a tutela delle esigenze e delle istanze delle collettività italiane del Saarland e delle zone limitrofe del Palatinato. (4-18847)


   SBAI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   i due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, sono detenuti in India da dieci mesi;
   il diritto internazionale prevede che gli organi dello Stato siano immuni dalla giurisdizione penale dello Stato straniero quando svolgono attività iure imperii;
   la giurisdizione sui fatti commessi dai propri organi in territorio straniero spetta allo Stato di nazionalità;
   il difetto di giurisdizione è ancor più palese se si fa riferimento al fatto che l'episodio è avvenuto al di fuori delle acque territoriali indiane e quindi in acque internazionali;
   molte azioni di sollecito e di pressione sono state fatte sull'India ma finora senza esito;
   non si conosce al momento la condizione, fisica e psicologica, dei due Marò ingiustamente detenuti;
   lo Stato indiano non appare orientato a riconoscere la giurisdizione italiana sui due fucilieri, ad avviso dell'interrogante violando di fatto il diritto internazionale –:
   come intenda il Governo procedere su questa vicenda;
   se intenda il Governo porre in essere iniziative ulteriori sul piano politico-diplomatico nei confronti dell'India;
   come intenda il Governo agire in sede internazionale per riportare a casa i due Marò, da troppo tempo ingiustamente detenuti;  
   se intenda il Governo fornire elementi relativamente alle condizioni di salute, fisica e psicologica, dei due fucilieri;
   se intenda il Governo sollecitare l'Unione europea affinché si faccia parte attiva presso l'India per il ritorno dei due Marò in Italia. (4-18854)


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Nigeria, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intenda ulteriormente richiedere;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18856)


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere:
   quanti siano i dirigenti dell'ICE, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata alle missioni o alla presenza all'estero ed in che modo, con riferimento all'intera struttura e singolarmente;
   quanti siano gli amministratori dell'ICE, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento a tutti gli amministratori e singolarmente. (4-18861)


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Messico, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18863)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla lettura di alcuni quotidiani che il 27 luglio 2012 si è tenuta una conferenza stampa, promossa dall'amministrazione comunale di Saluggia, a cui hanno partecipato anche esponenti delle forze politiche di opposizione e i rappresentanti delle associazioni ambientaliste. Nel corso della conferenza stampa è stata posta la questione della scadenza della proroga per la realizzazione del deposito D2, destinato ad ospitare buona parte dei rifiuti radioattivi conservati nel sito di Saluggia;
   a tale proposito si evidenzia che il permesso di costruire il deposito D2 era stato concesso, in deroga al piano regolatore, con ordinanza del Commissario delegato, generale Jean, del 13 dicembre 2005; che con successiva ordinanza del 24 febbraio 2006 venne stabilito che tale autorizzazione valesse «limitatamente alla parte necessaria allo stoccaggio dei rifiuti a bassa intensità già presenti nel sito allo stato solido»; che con nota del 28 luglio 2007 il Ministero per le attività produttive ha comunicato a Sogin, società interamente a capitale pubblico affidataria della gestione dei rifiuti radioattivi e dei relativi siti, che in data 31 dicembre 2006 era «terminato il regime emergenziale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2003 e successivi» e che le attività connesse alla messa in sicurezza e allo smaltimento dei rifiuti radioattivi erano dunque «rientrate nel regime ordinario previsto dalle norme di settore»; che in data 26 giugno 2009 Sogin formulava istanza di proroga per l'ultimazone dei lavori; che con provvedimento del 3 agosto 2009 il responsabile del servizio tecnico urbanistico del comune di Saluggia concedeva una proroga di 3 anni, posticipando dunque la scadenza al 2 luglio 2012; che in data 7 giugno 2012 Sogin ha inviato una nota al comune di Saluggia comunicando, relativamente ai lavori di realizzazione del deposito D2, che tali lavori sarebbero proseguiti oltre il termine del 2 luglio, fissato dallo stesso comune come inderogabile. In particolare, va sottolineato che il comune di Saluggia aveva già dichiarato ormai nulla, non essendo stati ultimati i lavori, l'autorizzazione alla costruzione di una nuova cabina elettrica contenuta in un'ordinanza dell'allora commissario straordinario di Sogin;
   questo atteggiamento di Sogin, che ad oggi è supinamente subito dall'amministrazione comunale, appare del tutto incompatibile con la sua «mission» e con la sua natura societaria integralmente pubblica;
   il deposito D2 non è mai stato sottoposto a valutazione di impatto ambientale, e ciò sebbene la normativa europea, e in particolare la direttiva 85/337, impongano tale procedura per le strutture di immagazzinamento a lungo termine dei rifiuti radioattivi;
   spetta a Ispra rilasciare l'autorizzazione ambientale allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi nel deposito D2 come in ogni altra struttura a tale scopo destinata, e che Ispra, con note del 28 maggio e del 12 giugno 2012 ha segnalato la «non conformità dei getti»;
   sia le forze politiche di opposizione sia diverse associazioni, a cominciare da Legambiente, a tali dichiarazioni, hanno duramente contestato i comportamenti sostanzialmente illegittimi di Sogin e l'immobilismo mostrato su questa vicenda dal comune di Saluggia –:
   se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, assumere iniziative nei confronti di Sogin affinché vi siano comportamenti adeguati al ruolo e alla natura pubblica da parte della società;
   se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, operare affinché il deposito D2 di Saluggia sia assoggettato a procedura di valutazione di impatto ambientale;
   se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, appurare e rendere noto per quali quantità e tipologie di rifiuti Ispra abbia autorizzato lo stoccaggio di rifiuti radioattivi nel deposito D2 di Saluggia. (5-08572)


   BOBBA, BRATTI, CENNI e MARIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sito Eurex di Saluggia, in provincia di Vercelli, è entrato in funzione nel 1970 per le attività di riprocessamento dei combustibili dei reattori di ricerca della Comunità europea;
   l'impianto ha interrotto la propria attività nel 1984 e da allora è stata avviata l'attività di messa in sicurezza;
   dal 2003 la gestione dell'impianto, finalizzata a realizzarne la bonifica ambientale, è stata assegnata alla SOGIN, società interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, incaricata della gestione dei rifiuti radioattivi e dei relativi siti in base agli indirizzi del Governo;
   nel sito è attualmente in costruzione il deposito nucleare D2 e nelle immediate vicinanze sono presenti due vasche a cielo aperto, parzialmente interrate: le Waste Ponds WP719 e WP718, costruite contestualmente all'impianto, negli anni sessanta;
   le vasche raccolgono le acque, generalmente poco contaminate, provenienti da vari punti dell'impianto, compresa la zona controllata del sito, inclusa la piscina del combustibile nucleare, ormai vuota, sul cui fondo erano presenti significative quantità di detriti solidi radioattivi, che periodicamente sono scaricate nella vicina Dora Baltea, affinché la diluizione radioattiva, secondo gli esperti, non rechi danni per l'ambiente limitrofo;
   il rilascio degli effluenti liquidi è regolamentato da apposite prescrizioni, che costituiscono parte integrante degli atti autorizzativi dell'impianto, le quali limitano la concentrazione di radioattività presente nel liquido da scaricare. Lo scarico nella Dora è consentito a condizione che il livello di concentrazione di radioattività delle acque delle vasche non superi i valori limite stabiliti dall'ISPRA sulla base delle norme comunitarie di settore;
   in particolare, durante le operazioni di svuotamento della piscina di stoccaggio del combustibile irraggiato dell'impianto, ISPRA ha imposto a SOGIN i seguenti limiti di attività radiologica per le acque da trattenere nei Ponds per poi rilasciarle nella Dora: Attività alfa totale (Bq/l) = 10; Attività alfa + beta totale (Bq/l) = 100;
   recentemente gli organi di informazione hanno segnalato che la vasca denominata WP719 si trova in condizioni di «non utilizzo» da almeno un anno, e che la vasca stessa sarebbe a rischio di tracimazione in caso di pioggia, con rischio di sversamento diretto del contenuto sul terreno e poi nelle falde locali e dell'acquedotto del Monferrato, nonché di sversamento incontrollato nella vicina Dora Baltea;
   le notizie citate traggono spunto dal sopralluogo congiunto eseguito da ISPRA e Arpa Piemonte in data 10 agosto 2012, a seguito del quale l'area vasche è stata delimitata;
   il 6 settembre 2012, ISPRA ha scritto a SOGIN, allo scopo di «migliorare ulteriormente i livelli di sicurezza dell'impianto e di monitoraggio ambientale», intervenendo sul «complesso delle vasche di raccolta effluenti liquidi denominate Waste Ponds»;
   nella nota, ISPRA chiede di: procedere a una verifica dell'integrità delle linee di scarico a valle delle vasche WP718 e WP719, delimitare l'area circostante anche atteso che sono prossime ad aree di transito asservite a cantieri aperti (esempio deposito D2), dare priorità alla copertura delle vasche come da nota SOGIN del 3 ottobre 2011 (cioè ben un anno prima), procedere a una completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719 (il che dimostra la presenza di solidi sul fondo) sulla cui base predisporre un programma di gestione del liquido stesso da trasmettere alla stessa ISPRA e, infine, di potenziare controlli ambientali dell'area limitrofa ai due bacini WP718 e WP719 attraverso la realizzazione di pozzi piezometrici la cui ubicazione dovrà essere concordata con ISPRA stessa;
   in seguito a notizie di stampa, ISPRA il 21 settembre 2012 comunica il «non utilizzo» della vasca, una «leggera» contaminazione eccedente la non rilevanza radiologica stabilita dalle norme comunitarie, che valutazioni cautelative indicano valori massimi di dose alla popolazione – in caso di rilascio istantaneo nell'ambiente di tutto il liquido contaminato – inferiori al valore limite pari a 1 mSv/anno, di aver chiesto a SOGIN l'aggiornamento della caratterizzazione radiometrica del contenuto del WP719 e di provvedere alla copertura del bacino, di fornire un programma di gestione del liquido finalizzato al suo trattamento e alla sua rimozione dal bacino, oltre all'estensione del monitoraggio ambientale e dell'acqua di falda e la delimitazione dell'area circostante i bacini;
   secondo quanto riportato da alcuni organi di informazione, la SOGIN era a conoscenza della situazione di pericolo dovuta alle condizioni di una delle due vasche a cielo aperto presenti all'interno del sito. L'articolo di Vincenzo Mulè, «Vasca radioattiva. La Sogin sapeva», pubblicato dalla rivista Il Punto il 20 settembre 2012, fa riferimento ad un’email di circa un anno fa, in cui «un responsabile dell'impianto piemontese scriveva ad alcuni collaboratori facendo presente che «nonostante le operazioni avvengano all'aperto, il rischio di contaminazione non è trascurabile. L'acqua che dovrà essere filtrata è assimilabile a quella della piscina». Ossia a quella, ormai vuota, che ha ospitato il combustibile nucleare fino a pochi anni fa;
   non si sa quando e da chi siano state eseguite le valutazioni «cautelative» di cui parla ISPRA inerenti la dose massima alla popolazione in caso di rilascio, mentre la richiesta a SOGIN di aggiornamento delle analisi radiometriche del contenuto del WP719 lascia intendere che le analisi oggi disponibili siano obsolete, dunque potrebbero non tenere conto della contaminazione in eccesso del WP719, dichiarata «non rilevante» ma non quantificata da ISPRA, che si potrebbe essere prodotta successivamente alle valutazioni oggi disponibili;
   i sedimenti nella vasca WP719, (la WP718 non è mai citata) potrebbero provenire anche dall'interno della zona controllata del sito, dove potrebbero essersi liberati ad esempio durante operazioni di idrolavaggio di barre di combustibile lesionate (attività normalmente eseguite prima del trasporto in altra sede);
   nel progetto di una nuova waste management facility (WMF) in area EUREX/SOGIN, al vaglio della conferenza dei servizi, destinato a ricondizionare rifiuti solidi, è inserito un «evaporatore», normalmente usato per ricondizionare rifiuti radioattivi liquidi. Se ciò avvenisse, sarebbe in contrasto con il parere espresso dalla regione Piemonte;
   alla luce di quanto esposto il Waste Pond WP719 si potrebbe configurare quale deposito di materiale radioattivo, (liquido e solido), non autorizzato ed incontrollato, in contrasto con tutte le vigenti normative nazionali ed internazionali;
   l'attività di costruzione del deposito D2 è caratterizzata dal frequente traffico di mezzi pesanti, poiché il cemento necessario per la costruzione arriva dall'esterno del sito. I mezzi pesanti sono costretti a passare a pochi metri dalle due vecchie vasche, aumentando così il rischio di lesionare le vasche stesse e/o di urtare contro di loro, con effetti potenzialmente distruttivi;
   né il deposito D2, per migliaia di metri cubi di rifiuti nucleari, né la waste management facility (20.000 m3) sono stati sottoposti a valutazione di impatto ambientale, come previsto dalla normativa europea, dunque gli aspetti di impatto e di sicurezza complessiva non sono stati processati attraverso un iter trasparente, adeguato e condiviso;
   su quanto premesso e considerato si ritiene necessaria un'operazione di trasparenza, adeguata al ruolo e alla natura pubblica della SOGIN –:
   se si sia proceduto, come richiesto nella nota ISPRA di agosto, «a una verifica dell'integrità delle linee di scarico a valle delle vasche WP718 e WP719», alla «copertura delle vasche», ad una «completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719, quale sia il risultato dell'analisi e cosa dunque contiene veramente il pond WP719»;
   se siano stati accertati, in particolare, gli attuali valori:
    a) dell'attività alfa totale (Bq/l) presente nell'acqua contenuta nel pond WP719;
    b) dell'attività alfa + beta totale (Bq/l) presente nell'acqua contenuta nel pond WP719;
    c) dell'attività alfa totale (Bq/kg) presente nel materiale solido depositato sul fondo del pond WP719;
    d) dell'attività alfa + beta totale (Bq/kg) presente nel materiale solido depositato sul fondo del pond WP719;
   se siano stati potenziati i «controlli ambientali dell'area limitrofa ai due bacini WP718 e WP719 attraverso la realizzazione di pozzi piezometrici» la cui ubicazione doveva essere concordata con la stessa ISPRA;
   quale normativa nazionale ed internazione disciplini in questo momento la detenzione ed il controllo di sostanze radioattive in una vasca a cielo aperto, che non dispone di un sistema di recupero dei liquidi e chi e quando avrebbe autorizzato tale situazione;
   quando sarà convocato il tavolo della trasparenza regionale, che da un anno non viene riunito, per informare la cittadinanza, non solo saluggese, dell'accaduto e degli eventuali rischi;
   se quanto sta emergendo sulla contaminazione del WP719 ricada sotto l'articolo 100 (significativi incrementi del rischio di contaminazione dell'ambiente e di esposizione delle persone) del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 che, ai commi 1 e 2, recita: «Qualora si verifichi, nelle aree all'interno del perimetro di una installazione, una contaminazione radioattiva non prevista o un evento accidentale che comporti un significativo incremento del rischio di esposizione delle persone, l'esercente, richiedendo eventualmente tramite il prefetto l'ausilio delle strutture di protezione civile, deve prendere le misure idonee ad evitare l'aggravamento del rischio. Ove l'evento (...) comporti il rischio di diffusione della contaminazione o comunque di esposizione delle persone all'esterno del perimetro dell'installazione l'esercente deve darne immediata comunicazione al prefetto ed agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio che, in relazione al livello del rischio, ne danno comunicazione all'ANPA»;
   quali azioni siano state conseguentemente intraprese;
   se i responsabili di SOGIN fossero al corrente delle anomalie relative alla vasca WP719 e per quale motivo non si sia proceduto prima alla copertura della stessa;
   se non si ritenga di dover interrompere temporaneamente i lavori presso il cantiere D2 per prevenire rotture delle vasche ed eventuali incidenti causati dai mezzi pesanti, quali misure di sicurezza e protezione siano state adottate per delimitare l'area circostante, salvaguardare la sicurezza dell'ambiente e dei lavoratori, ed impedire che i mezzi in transito urtino contro le vetuste vasche;
   se non si reputi di dover effettuare la valutazione di impatto ambientale sia per il deposito D2 sia per la waste management facility, come previsto dalla normativa europea;
   quali tipi di rifiuti dovrebbero essere trattati all'interno della WMF, se l'evaporatore previsto nella recente variante del progetto tratterà i liquidi del WP719;
   quali liquidi si trovarlo depositati presso Eurex, oltre al parco serbatoi destinati alla cementificazione, dove sono conservati e come si intende metterli in sicurezza. (5-08574)


   TOTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 maggio 1992, la Gestione governativa Penne – Pescara, ora Gestione trasporti metropolitani s.p.a. (GTM), presentava istanza di finanziamento del progetto «impianto filoviario del bacino metropolitani di Pescara, per la tratta Silvi-Montesilvano-Pescara e Pescara Porta Nuova-Aeroporto», per uno sviluppo di chilometri 25 e un costo di 60,115 miliardi di lire, pari a 31,07 milioni di euro;
   con delibera 21 dicembre 1995 del CIPE (in Gazzetta Ufficiale 8 marzo 1996), fu assegnato, ai sensi dell'articolo 10 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, recante «Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa», un contributo di 48,291 miliardi di lire; successivamente, a valere sulle risorse stanziate con decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 548, recante «interventi per le aree depresse e protette, per manifestazioni sportive internazionali, nonché modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210», convertito, con modificazioni, in legge 20 dicembre 1996, n. 641, fu assegnato un ulteriore contributo, pari a 11,870 miliardi, a copertura del costo totale dell'opera;
   la Commissione interministeriale istituita con legge n. 1104 del 1969, come integrata dall'articolo 5 della legge n. 211 del 1992, in data 10 dicembre 1999 espresse parere favorevole all'approvazione tecnico-economica del progetto;
   successivamente all'approvazione del progetto, all'indizione della gara per la realizzazione dell'impianto filoviario e a ulteriori interventi di definizione del tracciato e di aggiornamento degli atti di gara, in data 1o luglio 2002 l'ipotesi di intervento rielaborata veniva sottoposta al vaglio della conferenza di servizi ex legge n. 241 del 1990 che rilasciava parere favorevole;
   il CIPE con deliberazione 19 dicembre 2002 (in Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2003, n. 96), approvò la variante tecnologica e di tracciato del progetto d'intervento per la realizzazione dell’«impianto filoviario di Pescara» che, specificò detta deliberazione, assumeva la denominazione di «impianto TPL elettrificato a tecnologia innovativa tar Pescara e Montesilvano», il cui beneficiario «è la Gestione trasporti metropolitani s.r.l. (ex Ferrovia Penne Pescara), restando assegnati all'intervento “i contributi a suo tempo concessi ed aggiornati, da ultimo, con delibera n. 99/2002”»;
   essendo, nel frattempo, divenuto il processo attuativo dell'opera materia delegata alla regione Abruzzo, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 422 del 1997, la determinazione dirigenziale n. 7572 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti impegnò a favore della regione Abruzzo le risorse finanziarie deliberate dal CIPE per la realizzazione del progetto;
   in data 6 maggio 2004, regione Abruzzo e GTM s.p.a. sottoscrissero un accordo con il quale fu conferita a GTM s.p.a. la titolarità attuativa dell'opera filoviaria;
   con determinazione dirigenziale DE4/46 del 20 aprile 2007 la direzione trasporti e mobilità della regione Abruzzo approvò in via preliminare il progetto definitivo dell'opera;
   nel corso dell'anno 2007, GTM s.p.a. procedette all'aggiudicazione dell'appalto alla «A.T.I.» formata dalle società Balfour Beatty s.p.a. – APTS BS – Vossloh Klepe, con sede in Milano;
   in dipendenza del cospicuo aumento dei costi, la linea di trasporto pubblico, originariamente progettata per una lunghezza di chilometri 25, fu ridotta a chilometri 8,5, di cui solo 5,5 elettrificati, con conseguente sensibile alterazione del rapporto costi-benefici;
   i lavori per la realizzazione della filovia ebbero inizio nel corso dell'anno 2009;
   sull'opera si sono accesi contrasti e polemiche tra oppositori e sostenitori dell'intervento ma, nelle more della realizzazione del progetto, il tracciato, per fatti concludenti, è stato prescelto e destinato dai cittadini a luogo di passeggio, ciclistico-amatoriali, ristoro psico-fisico, attività fisica e fruizione del tempo libero, riservato anche ad anziani e bambini, tanto da essere stata appellata col nome, che attualmente individua quel tracciato, di «strada parco»;
   gli aspetti problematici e critici del progetto sono meritevoli di evidenza, considerando che esso comporta, per l'elettrificazione della linea, il posizionamento di 191 pali, uno ogni 25 metri, alti 12 metri e con bracci di ferro larghi 7 metri e, per l'alimentazione dei filobus, di quattro cavi elettrici in sospensione che solcheranno l'intero tracciato; inoltre, dovranno essere collocati 15 semafori lungo il percorso. Va, poi, sottolineato, che i veicoli da utilizzare hanno una lunghezza di 18,50 metri. Numerosi sono gli incroci d'intersezione della «strada parco», rectius del tracciato filoviario, con la viabilità ordinaria urbana e ancor di più con gli ingressi, pedonali e carrai, alle molte proprietà private presenti lungo il percorso;
   i finanziamenti dell'opera deliberati dal CIPE, risultano finalizzati alla realizzazione di un «impianto TPL elettrificato a tecnologia innovativa tra Pescara e Montesilvano». Tuttavia, al contrario, l'impianto è elettrificato solo in parte, essendo la trazione, nei tratti promiscui, pari al 40 per cento dell'intero percorso, a gasolio. È difficilmente sostenibile, inoltre, che la tecnologia impiegata sarebbe, nel caso di specie, «innovativa», poiché con piloni, archi in ferro e cavi sospesi, altamente impattanti, appare, invero, una tecnologia obsoleta. Il filobus prescelto, definito in fase di appalto come «il mezzo più innovativo al mondo e a guida automatica», in realtà, in base alla relazione del Ministero dei trasporti prot. n. R.U. 33897 del 6 aprile 2007, «dovrà essere ancora omologato, non avendo mai circolato, come filobus, né in Italia né all'estero» e «il sistema non potrà essere utilizzato a guida automatica»;
   la legge n. 211 del 1992, all'articolo 1, dispone che i comuni individuati possano avvalersi della legge «ai fini dello sviluppo del trasporto pubblico nelle aree urbane e per favorire l'installazione di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria e di tranvie veloci, a contenuto tecnologico innovativo...» e, al successivo articolo 3, comma 2, lettera a), che i piani d'intervento, debbano «essere corredati... dallo studio di valutazione di impatto ambientale...». In proposito va rilevato che la GTM s.p.a. reputò che «l'impianto filoviario si configura come sistema a guida libera, ma ad alimentazione vincolata» e che «solo la tramvia e la metropolitana costituiscono trasporti a guida vincolata», avendo anche soggiunto che «... all'epoca si è ritenuto non necessario procedere alla valutazione di impatto ambientale dell'opera di cui trattasi, in quanto, secondo la normativa vigente in materia al momento dell'approvazione del progetto preliminare, la stessa opera non figurava nelle categorie sottoposte “ex lege” a tutela ambientale». Si deve evidenziare che anche il comitato di coordinamento regionale per la valutazione d'impatto ambientale (CCR-VIA) della regione Abruzzo, sin dalla riunione del 17 luglio 2008, con giudizio n. 1108, si espresse, con riguardo al veicolo considerato, asserendo che «in conclusione, esso non rappresenta un sistema di trasporto a guida vincolata...» La questione rileva ai fini dell'assoggettabilità del progetto alla procedura di valutazione d'impatto ambientale, che i soggetti che si oppongono alla realizzazione dell'opera hanno sempre ritenuto di doversi attivare; tra questi, l’«Associazione Strada Parco» la quale, nell'ambito di una costante azione di contrasto del progetto medesimo, ha implementato, nel corso degli anni, numerosissime attività e iniziative e prodotto esposti ad autorità varie;
   la richiamata conferenza di servizi svoltasi in data 1o luglio 2002 aveva dato indicazione affinché il sistema di TPL dovesse essere caratterizzato da «assenza di impatto sull'urbanizzazione e sulla paesaggistica». È escluso, ad avviso dell'interrogante, che le caratteristiche infrastrutturali dell'opera, anche esse suaccennate, possano rispondere a simile criterio, essendo, in realtà, tra pali, mensole, fili in sospensione aerea e quant'altro, altamente impattanti;
   l'assenza dello studio di valutazione di impatto ambientale ha precluso, peraltro, anche la partecipazione popolare alle scelte operate e alla «progettazione partecipata»;
   l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con fascicolo n. 952-2010, prot. n. 67491 del 4 ottobre 2010, diede avvio all'istruttoria nei confronti di Gestione trasporti metropolitani s.p.a. per la «verifica della legittimità del comportamento posto in essere dalla S.A. in relazione alle disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e a eventuali discrasie procedurali inerenti gli atti di competenza degli interessati alla realizzazione dell'intervento»;
   la procura della Repubblica presso il tribunale di Pescara ha aperto un'inchiesta, tuttora in corso e nell'ambito della quale sono già stati notificati avvisi di garanzia, anche sulla questione del mancato svolgimento della procedura relativa alla valutazione di impatto ambientale che, preliminarmente, prevede la fase di cosiddetta screening, ossia lo studio di assoggettabilità alla VIA di un progetto;
   secondo notizie di stampa dei mesi scorsi, la perizia redatta dai consulenti tecnici d'ufficio incaricati dai magistrati inquirenti perché, tra l'altro, «dicano, se l’iter della filovia è viziato da violazioni della normativa del settore e urbanistico-ambientale, anche con riferimento alla Via», recherebbe scritto che «oltre alla Via, la filovia manca anche del nulla-osta del Ministero dei trasporti». E soggiungerebbe: «Non si comprende come siano stati possibili, in assenza del nulla-osta, l'approvazione del progetto definitivo e il concreto avvio dei lavori»;
   «la stessa Unione europea, nell'anno 2011, avviò una procedura di informazione sulla filovia (Caso EU Pilot 2590/11/ENVI) e la struttura di missione per le procedure di infrazione del dipartimento le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con nota DEP 0007184 P-4 22.17.4.5 del 21 ottobre 2011, a sua volta, diede seguito alla medesima con un carteggio, protrattosi durante il corso dell'anno corrente, anche con la regione Abruzzo, premettendo che le informazioni erano relative «a possibili non conformità alle previsioni della direttiva 85/337/CEE (direttiva VIA), modificata dalla direttiva 97/11/CE, in relazione al progetto denominato “Impianto TPL elettrificato a tecnologia innovativa Pescara e Montesilvano”»;
   l'Unione europea è pervenuta, dal suo canto, alle medesime conclusioni rappresentate dai periti della procura della Repubblica di Pescara. Nel verbale della riunione del comitato di coordinamento regionale di valutazione d'impatto ambientale del 23 ottobre 2012, giudizio n. 2099, si legge, infatti, nella parte deliberativa di prendersi atto dell’«avviso espresso dalla Commissione Europea e trasmesso con nota della Presidenza del Consiglio dei ministri – Struttura di Missione per le Procedure di Infrazione – prot. n. 7619 del 16 ottobre 2012, per il quale “i filobus sono inclusi nella categoria di progetto Tram, metropolitane sopraelevate e sotterranee, funivie o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di persone (allegato II, punto 10, lettera h), della direttiva VIA)... omissis..., pertanto, essendo il Phileas un filobus, la Commissione ritiene che esso debba essere sottoposto a screening di VIA, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva VIA...”»;
   il comitato di coordinamento regionale per la valutazione d'impatto ambientale, della regione Abruzzo, nel detto giudizio n. 2099 del 23 ottobre 2012, ha disposto «IN VIA CAUTELATIVA LA SOSPENSIONE INTEGRALE DEI LAVORI, relativi al progetto in esame, nelle more della sottoposizione a screening di VIA del progetto stesso...»;
   la Gestione trasporti metropolitani avrebbe manifestato l'intendimento di riproporre, in sede di screening, l'identico progetto del quale si è avviata la realizzazione, ciò che configurerebbe ad avviso dell'interrogante un atto illegittimo, attesa la natura e la configurazione normativa della procedura di mezzo preventivo di tutela dell'ambiente che si svolge prima rispetto all'approvazione del progetto e della realizzazione dell'opera. La natura «ontologicamente-preventiva della V.I.A.», è costantemente affermata sia dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Liguria sentenza 563/2006 e n. 306/2008, T.A.R. Puglia sentenza n. 894/2008, T.A.R. Lombardia sentenza n. 726/2007) che da quella comunitaria (cfr. Corte di Giustizia, Sezione II, 5 luglio 2007, causa C-255/05 e Corte di Giustizia, sezione II, 3 luglio 2008, causa C-215/06). Pertanto, una V.I.A. posteriore all'autorizzazione dell'opera e all'esecuzione dei lavori è, secondo l'interrogante, evidentemente, illegittima perché in contrasto con le disposizioni in materia ambientale comunitarie (direttiva Unione europea n. 85/337) e nazionali (articoli 3 e 29 del decreto legislativo n. 152 del 2006);
   di rilievo, in subiecta materia, è la sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, 3 marzo 2009, n. 1213 che «con specifico riferimento all'omissione della necessaria procedura di screening, il conseguente vizio di legittimità travolge tutti gli atti del procedimento che avrebbero dovuto essere preceduti dallo screening (approvazione del progetto e conferenza di servizi all'uopo convocata). Tale travolgimento, peraltro, non può che essere integrale...». In tale situazione, sino a prova del contrario, è ravvisabile trovarsi il procedimento amministrativo relativo all'opera filoviaria di cui si tratta che, pertanto, allo stato attuale dovrebbe essere priva di autorizzazioni e legittimità amministrativa per la sua realizzazione;
   appare incontrovertibile, per le ragioni esposte, che la regione Abruzzo non potrebbe ritenere ricevibile, a pena di quelle che all'interrogante appaiono gravissime illegittimità formali e sostanziali, lo studio preliminare ambientale relativo al progetto dell'opera, trattandosi di screening «a sanatoria», non consentito dalla richiamata normativa in materia di valutazione di impatto ambientale –:
   di quali elementi dispongano in ordine al rapporto tra il progetto del quale è stata sospesa la realizzazione e le prescrizioni della conferenza di servizi, convocata ex lege n. 241 del 1990 e svoltasi il 1o luglio 2002, per la quale l'opera deve essere connotata da «assenza di impatto sull'urbanizzazione e sulla paesaggistica»;
   se trovi conferma la circostanza, asserita nella perizia redatta dai consulenti incaricati dalla procura della Repubblica di Pescara nell'ambito delle indagini aperte sull'opera filoviaria del quale è sindacato, secondo cui la stessa «manca del nulla-osta del Ministero dei trasporti»;
   se sia ammissibile uno screening a «sanatoria», quale si accingerebbe a instare la Gestione trasporti metropolitani ripresentando, per detta procedura, l'identico progetto che, in realtà, è da ritenersi «travolto», giusta le disposizioni normative in materia ambientale e la conforme giurisprudenza;
   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, in linea con l'orientamento giurisprudenziale, amministrativo e comunitario, per il quale la procedura di valutazione d'impatto ambientale è «ontologicamente preventiva» e l'omissione della necessaria procedura di screening, in quanto vizio di legittimità, «travolge gli atti del procedimento che avrebbero dovuto essere preceduti dallo screening (approvazione del progetto e conferenza di servizi all'uopo convocata)». (5-08588)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   con nota del 28 gennaio 2010, la Società Energy s.p.a., con sede in via per San Giorgio Jonico, 6900 – Taranto –, presentava, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006, istanza di valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di un parco eolico nella rada esterna del porto di Taranto;
   l'area scelta per l'intervento si estende su 110 ettari e si trova a 7 chilometri in linea d'aria dal centro di Taranto e dista 100 metri dalla costa, fuori dalla rada del porto della città, ricadendo prevalentemente nelle aree di competenza dell'amministrazione marittima e per la restante parte dell'Autorità portuale;
   il progetto prevede la realizzazione di 10 turbine, opere di fondazione delle torri, cavi di interconnessione per le turbine, cavi di collegamento sottomarini che trasportano l'energia sulla terraferma, cavi di collegamento a terra, una cabina di trasformazione a terra, necessaria per elevare la tensione prodotta dagli alternatori alla tensione della rete elettrica nazionale ed una stazione di smistamento, il tutto per una potenza nominale complessiva dell'impianto, stimata in 30 megawatt, poiché ciascun aerogeneratore ha una potenza di 3,0 megawatt e per un investimento stimato tra i 70 e gli 80 milioni di euro;
   gli aerogeneratori sono suddivisi in due gruppi: il primo è composto da 4 aerogeneratori in prossimità del molo polisettoriale; il secondo, a ridosso della diga foranea posta a protezione delle banchine aeroportuali, dai restanti sei. Le turbine sono posizionate ad una distanza minima tra le fila di circa 3 x D intendendo per D il diametro del rotore pari a 90 metri;
   il rotore delle turbine è previsto ad una altezza di circa 100 metri s.l.m.; la parte sommersa della torre varia da 3 metri a 18 metri; la fondazione si spinge ad una profondità fra i 30 metri e 35 metri dal limite del fondale;
   per le strutture di fondazione, poiché il fondale è di natura argillosa, sono previsti pali in acciaio, con diametro esterno massimo di 5 metri;
   l'11 giugno 2009 l'amministrazione comunale di Taranto – direzione ambiente – salute e qualità della vita – con nota acquisita al prot. n. 6721/2009, ha espresso parere di compatibilità negativo alla luce del forte impatto paesaggistico che implicherebbe l'impianto a ridosso dei siti di importanza comunitaria delle pinete dell'Arco Jonico e dell'isola di San Pietro Torre Canneto, nonché per l'interferenza dell'eventuale impianto con le attività portuali;
   con nota acquisita al prot. n. 11019 dell'11 agosto 2010 la provincia di Taranto – 9o settore ecologia ed ambiente – esprimeva a sua volta parere negativo rilevando, oltre agli aspetti già evidenziati dal comune di Taranto, l'incidenza dell'impianto con le diverse rotte migratorie delle specie volatili come documentato dall'ISPRA e la limitazione che esso causerebbe sull'utilizzazione dello specchio acqueo da parte dei velivoli Canadair impegnati nelle operazioni di spegnimento incendi nelle pinete a ridosso;
   nella seduta del 18 ottobre 2011 il comitato regionale di VIA acquisiva, tramite il delegato del Ministero per i beni e le attività culturali regionale presente nel Comitato stesso, il parere negativo del Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, per le province di Lecce, Brindisi e Taranto perché valutava che la proposta inoltrata costituisse significativa alterazione del paesaggio, mortificando la visione del mare e dell'orizzonte marino dai complessi monumentali presenti nell'area industriale, dall'isola di S. Pietro dall'insediamento residenziale di Lido Azzurro;
   nella successiva seduta del 1o dicembre 2011 il comitato regionale di VIA, esaminata tutta la documentazione progettuale depositata, preso atto dei pareri pervenuti, esprimeva parere negativo e il 20 dicembre 2011, la giunta regionale si pronunciava conformemente (n. 2856) riconoscendo l'interferenza delle torri eoliche con l'attività portuale e retroportuale, soprattutto in relazione alla presenza nella rada del porto di Taranto di traffici di navi mercantili per l'Ilva – per il porto mercantile Evergreen – per la Marina Militare – per la nautica da piccolo diporto turistico – per la nautica da pesca e altro;
   in data 24 luglio 2012, mentre l'attenzione su Taranto era concentrata sull'ILVA, il Ministero dell'ambiente ribaltando tutti i precedenti pareri ha negato che il parco eolico alteri un paesaggio il cui sfondo è costituito dalle grandi infrastrutture per la movimentazione dei container e quindi già fortemente alterato nella sua naturalità e ne ha decretato la compatibilità ambientale;
   secondo notizie stampa (Corriere del Mezzogiorno del 7 agosto 2012) la tecnologia del montaggio per il parco off shore di Taranto sarebbe attualmente posseduta solo da colossi cinesi e danesi –:
   se il Governo non ritenga di rivedere il parere favorevole al parco eolico off shore della Società Energy anche alla luce di quanto previsto dal recente decreto legge «per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto»;
   come si intenda assicurare il rispetto delle direttive europee in materia di siti di interesse comunitario oltre che tutelare le zone di protezione speciale;
   quale sia la stima degli incentivi di cui godranno le società realizzatrici dell'impianto eolico e se esista una valutazione di quanto di questo ammontare resterà in Italia. (4-18846)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   in provincia di Varese sono localizzati numerosissimi edifici di pregevole carattere storico, artistico e architettonico, tra i quali si segnalano:
    in comune di Cassano Magnago, l'ex chiesa di S. Giulio, fondata in epoca paleocristiana;
    in comune di Cassano Valcuvia, l'oratorio di S. Giuseppe, eremo contenente pitture murali di varie epoche;
    in comune di Ispra, la chiesa parrocchiale (XVII sec.) di S. Martino. Conserva nella cappella retro absidale (1624), che rappresenta la parte più antica della chiesa, affreschi di Cristoforo Martinolio, pittore valsesiano del Seicento. Il campanile risale al 1680;
    in comune di Jerago con Orago, l'oratorio (IX-X secolo) di S. Giacomo. Sorge fuori dalle mura del Castello di Jerago. Piccolo oratorio con portale d'accesso sormontato da una lunetta in serizzo. L'interno conserva ampi frammenti di affreschi risalenti a diverse epoche. Sulla parete sud rimangono tracce di un ciclo dedicato a San Giacomo, l'abside presenta il tema dell'Ascensione, probabilmente posteriore e risalente, con ogni probabilità, all'inizio del secolo XIII;
    in comune di Gerenzano, la chiesa di S. Giacomo. Eretta nel 1512 in stile gotico, ha semplice facciata a capanna preceduta da un pronao su colonnine di mattone intonacato e capitelli in pietra. Il campanile presenta forme romaniche. All'interno è presente un ciclo di affreschi cinquecenteschi, in cui si ritrovano elementi legati a Marco d'Oggiono, Bernardo Zenale, Giovanni Agostino da Lodi;
    in comune di Golasecca, la Chiesa di S. Michele. Chiesa in avanzato stato di degrado. Non visitabile. Conserva parti romaniche e vari strati sovrapposti di affreschi, dal XIV al XVII secolo;
    in comune di Cunardo, la nuova chiesa parrocchiale di S. Abbondio, con campanile, di origine medievale. Edificio tardo barocco, frutto del rifacimento dell'antica chiesa della quale restano l'abside e il campanile (XV secolo). Sotto il pavimento della chiesa sono stati rinvenuti frammenti di un pluteo marmoreo altomedievale (VIII-IX secolo);
    in comune di Carnago, la chiesa di S. Rocco (XV-XVI secolo), con abside quattrocentesca;
    in comune di Casale Litta, in frazione Tordera Sup, il Castello del XIII secolo. Stato di conservazione: insufficiente per ciò che riguarda il fortilizio. Più consistenti i resti della torre posta a sud-ovest e scarsi quelli della torre a nord-est. La torre posta a sud-ovest, a pianta rettangolare, presenta tuttora un apparato murario esterno realizzato in grossi blocchi squadrati di serizzo, disposti a corsi regolari; in corrispondenza degli spigoli le pietre sono di dimensioni maggiori e di taglio ancora più regolare;
    in comune di Lonate Pozzolo, la chiesa parrocchiale di S. Ambrogio. Originaria del XIII secolo, la chiesa venne ampliata nel XVI. La facciata è del 1857. Sulla volta dell'abside della chiesa si trovano affreschi con motivi di grottesche, angeli musicanti e figure di santi, evangelisti, dottori della chiesa con «S. Ambrogio» nello spicchio centrale, databili circa alla metà del Cinquecento. Tali affreschi rivelano, all'interno della tradizione lombarda, l'influenza delle suggestioni provenienti dal «Concerto degli Angeli» affrescato da Gaudenzio Ferrari a Saronno;
    in comune di Vizzola Ticino, la chiesa parrocchiale, di origine romanica. Riedificazione 1579, dedicata a S. Giulio. La chiesa riedificata su una precedente struttura romanica e successivamente ampliata, conserva affreschi di Mario d'Oleggio (1712);
    in comune di Vergiate, l'oratorio di S. Gallo, interessante oratorio con affreschi trecenteschi –:
   se e quali interventi di competenza il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento, migliorarne la fruibilità e aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico.
(4-18851)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   in comune di Gornate Olona (Varese) sono localizzati numerosi edifici di enorme importanza e degni di attenzione da parte del sistema pubblico, tra i quali:
    il monastero di Torba. L'intero complesso di Torba, che faceva originariamente parte del sistema difensivo di Castelseprio, venne occupato, intorno al secolo VIII, da monache benedettine che lo adattarono alle esigenze monastiche. La torre venne trasformata da edificio a funzione militare a cappella del convento. Edificata fra il V e il VI secolo in forme tardo romane, essa presenta una pianta quadrangolare con strette aperture a fessura al piano inferiore e finestre a ferro di cavallo al piano superiore, come S. Maria foris Portas a Castelseprio. La sala inferiore, utilizzata come sepolcreto, reca tracce degli originari affreschi. La sala superiore conserva uno splendido ciclo di affreschi di epoca carolingia, databili fra l'VIII e il IX secolo. Il fulcro del complesso iconografico si individua sul lato orientale della sala, dove era probabilmente collocato un altare ligneo. In posizione centrale, tra le finestre, «Majestas Domini», accompagnato, sul lato destro, dalle rappresentazioni di S. Giovanni Battista, S. Pietro e altri apostoli e figure di martiri vestiti di tuniche bianche riccamente ornate. A sinistra i dipinti sono quasi completamente perduti. Sul lato sud inizia, aperta dalle raffigurazioni di un Santo in abbigliamento militare e dalla Vergine col Bambino, la teoria dei personaggi che ricevono doni da offerenti. Oltre la finestra tamponata, si trovano due serie sovrapposte di raffigurazioni: nel registro superiore stanno otto sante, a cui corrispondono, in quello inferiore, le figure di otto monache. Tra le due finestre tracce del «Redentore» entro mandorla, sotto il quale erano raffigurati due santi. Iscrizioni si trovano lungo il perimetro della sala, dove è a tratti visibile una zoccolatura, ora più ricca ed articolata, come nella fascia sottostante la scena della «Majestas Domini», con raffigurazione di velari bianchi sontuosamente ricamati in rosso, ora più lineare, con motivi decorativi di origine architettonica o scultorea;
    sempre nella frazione di Torba, sorge la Chiesa di S. Maria. Edificata nel XI secolo sul luogo di un precedente oratorio del IX secolo, la chiesa presenta forme romaniche, con bella muratura di ciottoli, conci e mattoni. Nel XII secolo la chiesa venne coperta con una volta a botte e, nel corso del secolo successivo, venne completata con l'abside, sotto la quale si trova la cripta che apparteneva al corpo primitivo della chiesa (IX secolo). Il campaniletto, nel quale vi sono tracce di affresco, appartiene anch'esso all'originario impianto –:
   se e quali interventi di competenza il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento, migliorarne la fruibilità e aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico.
(4-18852)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in provincia di Varese esistono numerosi edifici storici, ville e palazzi che recano una testimonianza artistica, culturale e architettonica di pregio, molte volte unica al mondo e di straordinaria originalità, tra i quali:
    a Vedano Olona, il settecentesco mulino «alle Fontanelle» è un raro esempio di insediamento produttivo che ha mantenuta inalterata l'attività per oltre un secolo. Dal punto di vista architettonico esso si presenta come un edificio a pianta irregolare con una corte interna, tipico elemento dell'edilizia rurale. I fabbricati hanno struttura in pietra e mattoni, mentre in legno sono le strutture dei solai e delle coperture. L'attività delle ruote era in parte destinata al mulino e al torchio d'olio e in parte a fornire energia elettrica alla vicina Conceria Grammatica, sita in via Fontanelle n. 1;
    a Viggiù, la Villa Borromeo. Grande villa tardo neoclassica, presenta un cortile verso strada delimitato da un colonnato che, nella parte centrale, rientra formando una specie di esedra. Il lato di fondo del cortile non è interamente porticato, ma presenta un'inconsueta soluzione asimmetrica, con tre arcate a portico addossate all'ala di sinistra, che si ripetono poi in una loggia al secondo piano, mentre il piano nobile risulta interamente chiuso. Molto più semplici le facciate verso il giardino, alleggerite solo da un porticato con colonne binate nell'ala meridionale;
    a Vizzola Ticino, la Villa XVIII secolo Della Croce Caproni. Villa realizzata in forme neoclassiche, edificata presso un'antica corte difesa e trasformata nel corso del Settecento in struttura rurale. Si tratta di una costruzione dalla pianta molto semplice ad U, che costituisce parte integrante del complesso rurale. Sul cortile, formato dalle ali dell'edificio, si aprono le tre arcate della facciata centrale, coronata da timpano triangolare, che si ripetono anche sulle facciate delle ali, secondo uno schema non comune. Tra il 1870 e il 1927, anni in cui gli edifici rurali vennero ampiamente rimaneggiati, alla villa venne aggiunta la piccola torretta e venne creata, all'interno dell'ala meridionale, una sala teatro;
    a Vizzola Ticino, la centrale elettrica (Via Ponte Canale), 1901 — vecchia centrale, 1939 — nuova centrale. Dell'originaria e monumentale centrale a pianta rettangolare, scandita da una serie di archi a tutto sesto, rimane soltanto il corpo d'adduzione delle acque. Tracce del vecchio complesso sono tuttora individuabili in alcune parti della recente struttura, dove ancora si ritrovano finestre ad arco;
   molti di detti edifici sono perfettamente conservati, altri sono stati recuperati a destinazioni diverse dalle originarie, mentre altri sopravvivono solo in parte o in stato fatiscente oppure — per fortuna in casi rari — solo attraverso un patrimonio documentale –:
   se e come il Governo intenda favorire la conservazione e/o il recupero degli edifici e dei documenti sopra elencati, favorendone la fruizione al pubblico ovvero la prosecuzione di attività produttive o manifatturiere;
   se ed in che modo il Governo intenda valorizzare detto poderoso patrimonio culturale, artistico e architettonico ai fini culturali e turistici, favorendone quando possibile la fruizione al pubblico, anche ai fini turistici. (4-18853)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   in comune di Brenta (Varese) è localizzata la Chiesa dei SS. Quirico e Giolitta, con pregevole campanile romanico. All'interno si conserva un affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna;
   in comune di Brunello (Varese) è localizzata la chiesa parrocchiale di S. Maria Annunciata. Chiesa gotica, è coperta all'interno da una vasta soffittatura dipinta del XV secolo. Sull'arco del presbiterio è affrescato un Giudizio Universale con Cristo entro mandorla, nelle vele Santi e a sinistra un polittico, il tutto opera di maestri lombardi del XV-XVI secolo, appartenenti alla cerchia di Giovan Martino Spanzotti –:
   se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento e migliorarne la fruibilità. (4-18857)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il decreto del 27 luglio 2010 del Ministro della difesa, di concerto col Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'economia e delle Finanze dispone che «a decorrere dal 31 luglio 2010 la fornitura dei servizi di navigazione aerea di cui agli articoli 691 e 691-bis del Codice della navigazione, nello spazio aereo del CTR Verona è garantita da Enav Spa»;
   il Ministero dell'economia e delle finanze non ha tuttora autorizzato il passaggio della torre di controllo dell'aeroporto Valerio Catullo di Verona dall'aeronautica militare ad ENAV e questo immotivato ritardo comporta che, a partire dai 1o gennaio 2013, il servizio di torre di controllo sarà disponibile solamente per 12 ore giornaliere contro le 24 precedenti;
   la riduzione dell'operatività dalle 8,00 alle 20,00 avrebbe un impatto molto forte sulla Catullo spa, sia da un punto di vista operativo che economico, con conseguenze gravi sul flusso tradizionale e turistico da e per Verona ed il suo territorio. Nei fatti, comporterà la cancellazione di circa il 55 per cento del traffico aeroportuale, con la presumibile chiusura dello scalo ed il non rispetto dei contratti con le compagnie aeree che hanno venduto biglietti per un'operatività aeroportuale pubblicata e concordata con ENAC, ENAV ed Assoclearance;
   il decreto legge 1o luglio 2009, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge n. 102 del 3 agosto 2009, all'articolo 4-ter prevede che «al fine di assicurare la piena funzionalità dei servizi di navigazione aerea da parte della società per azioni denominata Ente nazionale per l'assistenza al volo (ENAV)... per i necessari interventi di ammodernamento dell'infrastruttura e dei sistemi, è autorizzata la spesa di 8,8 milioni di euro per l'anno 2009 e di 21,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012» destinati ai cinque aeroporti italiani coinvolti dal cambio di gestione da militare in civile, fra cui Verona;
   la Catullo spa, società cui fanno capo gli aeroporti del Garda, Villafranca (Verona) e Montichiari (Brescia) è tuttora in attesa del rilascio della concessione governativa, la cui istanza è stata presentata il 26 ottobre 1998. Il mancato rilascio della concessione dell'aeroporto di Montichiari rende difficile l'attrazione di investitori privati e di potenziali partner, considerando che negli aeroporti con concessione i costi di gestione sono in capo ad Enav –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto affinché venga rispettato il passaggio della torre di Verona dall'aeronautica militare ad ENAV, secondo il programma concordato con decreto del 27 luglio 2010 del Ministro della difesa, di concerto con Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'economia e delle finanze;
   se non si ritenga doveroso intervenire con azioni rapide ed efficaci volte a sbloccare le situazioni di stallo del trasporto aereo, anche attraverso il rilascio della concessione quarantennale dell'aeroporto Montichiari di Brescia al fine di consentire lo sviluppo e la crescita.
(2-01772) «Montagnoli, Bragantini, Brancher, Fogliardi, Alberto Giorgetti, Dal Moro, Negro, Martini, Bitonci, Buonanno, Chiappori, Crosio, D'Amico, Di Vizia, Desiderati, Fogliato, Fugatti, Gidoni, Isidori, Lussana, Maggioni, Laura Molteni, Munerato, Nicola Molteni, Paolini, Polledri, Reguzzoni, Simonetti, Torazzi, Goisis».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   VENTUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comparto doganale italiano gode meritatamente di un'apprezzabile considerazione, non solo a livello europeo;
   i successi nell'azione di tutela del made in Italy, nel controllo sul traffico dei rifiuti, della droga, delle armi, nonché sui prodotti dell'import-export, dimostrano che le autorità doganali italiane, sebbene siano chiamate ad operare su un confine di migliaia di chilometri, anche lungo le coste della penisola, riescono, unitamente alle altre forze di polizia, a contrastare l'organizzazione malavitosa dedita al contrabbando;
   da ultimo, la circolare dell'Agenzia delle dogane 16/D del 12 novembre 2012 rappresenta un concreto passo in avanti verso la completa informatizzazione del comparto, in particolare ai fini della trascrizione e conferma delle diverse tipologie di dichiarazioni doganali (ordinaria e domiciliata), ottimizzando in tal modo i tempi di sdoganamento e spedizione, in modo da realizzare il progressivo abbattimento dei costi e contrastare le distorsioni di traffico in favore di altri Paesi membri dell'Unione europea;
   in tale contesto positivo sorgono tuttavia alcune perplessità circa i tempi e le modalità delle verifiche sanitarie connesse con la procedura standard sul territorio nazionale, prevista per il cosiddetto «controllo ufficiale» delle partite di alimenti di origine non animale in arrivo presso i punti di confine dove operano gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), nonché circa le modalità di rilascio del nulla osta sanitario (NOS) e del documento comune di entrata (DCE);
   analoghe perplessità si evidenziano anche per quanto riguarda la procedura di rilascio dei certificati sanitari su alimenti di origine animale e sui loro sottoprodotti, nonché sui prodotti vegetali (che possono presentare un rischio di malattie contagiose o infettive per gli animali);
   i prodotti sottoposti a tali certificazioni, assolutamente necessarie e inderogabili per la tutela della pubblica salute, all'atto della introduzione in uno Stato dell'Unione europea, possono infatti essere posti in libera pratica sul territorio dell'Unione (e dunque sdoganati), prevedendosi che i controlli sanitari siano effettuati nel Paese di destinazione senza che la merce rimanga vincolata in dogana;
   l'articolo 4, comma 57, della legge n. 350 del 2003 ha istituito lo «sportello unico doganale», al fine di semplificare le operazioni di import-export attraverso una concentrazione dei termini delle attività istruttorie anche di competenza di amministrazioni diverse dalla dogana, ma a questa connesse –:
   quale sia, trascorsi quasi nove anni dall'entrata in vigore della citata legge n. 350 del 2003, lo stato attuale di realizzazione dello «sportello unico doganale», se sussistano circolari dell'amministrazione che si discostano dalla normativa in materia dell'Unione europea, le quali rischiano di imporre adempimenti farraginosi che generano a loro volta costi impropri sulle merci, e se risulti, anche in base alle informative degli operatori del settore, l'esistenza di distorsioni del traffico doganale a favore dei Paesi che attuano procedure doganali diverse da quelle italiane. (5-08582)


   FLUVI e LOVELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 155, della legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244), modifica la disciplina del regime IVA secondo il meccanismo dell'inversione contabile (cosiddetto reverse-charge);
   nel dettaglio si prevede l'irrogazione della sanzione amministrativa compresa fra il cento e il duecento per cento dell'imposta non pagata, con un minimo di 258 euro, al cessionario o al committente che, nell'esercizio di imprese, arti e professioni, non assolve l'imposta relativa agli acquisti di beni o servizi, connessa all'errata applicazione del meccanismo dell'inversione contabile di cui agli articoli 17 e 74, commi 7 e 8, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; specularmente, è previsto che al cedente o prestatore che ha irregolarmente addebitato l'imposta in fattura omettendone il versamento si applica la medesima sanzione;
   tuttavia, qualora l'imposta sia stata assolta dal cessionario o committente, ovvero dal cedente o prestatore, ancorché irregolarmente, si applica la sanzione amministrativa ridotta che è determinata nella misura pari al tre cento dell'imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro;
   l'Agenzia delle entrate ha rilevato che tale regime intende punire in maniera incisiva le frodi e sanzionare in modo meno rigido le irregolarità meramente formali, in conformità ai princìpi comunitari di proporzionalità e neutralità dell'IVA (circolare n. 12/E/2008);
   taluni uffici periferici della stessa Agenzia ritengono tuttavia applicabile la sanzione ridotta solamente ai casi in cui sia stata erroneamente emessa fattura con addebito dell'IVA laddove fosse previsto l'assoggettamento IVA obbligatorio in capo al committente con il meccanismo dell'inversione;
   secondo tale interpretazione, la sanzione ridotta del tre per cento non sarebbe invece irrogabile alla situazione simmetrica, ossia quando il cedente o prestatore emette (erroneamente) la fattura senza indicare l'IVA, in osservanza del meccanismo del reverse-charge, e l'imposta sia invece liquidata dal cessionario o committente;
   in tale situazione, al soggetto cedente o prestatore che emette la fattura senza indicare l'IVA si applicherebbe quindi la sanzione prevista dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, che punisce l'emissione di fattura genericamente irregolare con una sanzione dal 100 al 200 per cento dell'imposta, mentre sul cessionario ricadrebbe la sanzione prevista dal comma 8 del citato articolo, pari al 100 per cento, per la mancata regolarizzazione della fattura;
   il metodo dell'inversione contabile è stato introdotto, notoriamente, al fine di ridurre il rischio di frodi in determinati settori di attività: pertanto, non sarebbe corretto interpretare la sua (erronea) applicazione, in luogo del metodo ordinario, come un tentativo di frode, risultando illogica e sproporzionata l'applicazione di una sanzione variabile tra il 100 e il 200 per cento dell'imposta, laddove sussistano le condizioni per l'applicazione della sanzione ridotta, che nella fattispecie sono riscontrabili nel pieno versamento dell'imposta da parte del cessionario o committente e nella presenza di operazioni poste in essere in settori economici per i quali è previsto il meccanismo del reverse-charge;
   stanti le incertezze interpretative, si rammenta che analogo quesito è stato inoltrato da Assonime (l'associazione di categoria fra le società italiane per azioni) all'Agenzia delle entrate, in data 18 ottobre 2012, con identiche conclusioni –:
   se sia corretta l'interpretazione secondo la quale la sanzione ridotta al 3 per cento, prevista dall'articolo 6, comma 9-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, trova applicazione anche alla fattispecie in cui, in luogo del regime IVA ordinario, sia stata erroneamente applicato il meccanismo dell'inversione contabile, sussistendo le citate condizioni di imposta assolta dal committente e presenza di operazioni effettuate in settori economici per cui è previsto il regime dell'inversione. (5-08583)


   DELLA VEDOVA, LO PRESTI e DI BIAGIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i gravi fenomeni eruttivi connessi all'attività vulcanica dell'Etna nel territorio della provincia di Catania e gli eventi sismici concernenti la medesima area, verificatisi nel mese di ottobre del 2002, hanno avuto dimensioni tali da richiedere interventi imponenti e poteri straordinari, nonché l'adozione di misure specifiche e differenziate, autorizzate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 ottobre 2002, con il quale è stato dichiarato lo stato di emergenza, nonché con i successivi decreti con i quali lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2007;
   tra le iniziative a sostegno della popolazione colpita dal sisma del 2002, sono stati sospesi, per i cittadini residenti alla data del sisma nei comuni colpiti (Acireale, Aci Catena, Giarre, Santa Venerina, Zafferana Etna, Milo, S. Alfio, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Belpasso, Ragalna e Nicolosi), i tributi e contributi fino al 15 dicembre 2005;
   con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 14 maggio 2005 è stata data la possibilità di pagare i tributi sospesi in un'unica soluzione, alla data del 16 dicembre 2005, oppure con rateizzazione in 304 mensilità: circa 20.000 contribuenti alla data indicata hanno pagato i contributi che erano rimasti sospesi, ed oggi hanno inoltrato richiesta di rimborso;
   la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), all'articolo 1, comma 1011, ha introdotto delle modifiche alle predette disposizioni riguardanti gli eventi eruttivi del vulcano Etna, introducendo delle agevolazioni per quei soggetti beneficiari che, non avendo definito la loro posizione debitoria, possono definire «la propria posizione entro il 30 giugno del 2008, relativamente ad adempimenti e versamenti, corrispondendo l'ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale e di interessi, diminuiti del 50 per cento, ferme restando le vigenti modalità di rateizzazione»;
   tale comma risulta fortemente penalizzante per coloro che hanno pagato puntualmente alla scadenza, in quanto, per il solo fatto di aver pagato con puntualità, oggi si trovano a subire la discriminazione di non poter accedere, per le rate fino al 30 giugno 2007, al beneficio dell'abbattimento del 50 per cento;
   alla luce di questi fatti si è costituito ad Acireale un comitato spontaneo denominato «Sisma 2002», con sede in via Martinez 16, che con il suo coordinatore, dottor Rosario Calabretta, ha intrapreso una battaglia di sensibilizzazione delle amministrazioni locali, degli organi dello Stato e dei parlamentari, al fine di vedere riconosciuto il diritto al pari trattamento sociale e contributivo di tali contribuenti;
   le predette agevolazioni non hanno quindi coinvolto gli aderenti al comitato spontaneo, che da tempo hanno intrapreso questa legittima battaglia e alla quale si è associato il comune di Acireale ed il consiglio provinciale di Catania, al fine di ottenere la restituzione delle somme versate in eccesso, così da vedere riconosciuti pari diritti all'interno della medesima collettività: al riguardo sono ormai innumerevoli le iniziative susseguitesi, quali la sottoscrizione di una petizione popolare con la Confcommercio di Catania, sottoscritta anche da diversi esponenti di Governo a livello nazionale, regionale e provinciale, nonché delibere di condivisione dei 13 comuni interessati dal sisma del 2002, oltre che vari articoli di stampa;
   quello degli eventi sismici rappresenta un problema annoso per il nostro Paese, che ha subito nei decenni diverse calamità di tale natura, dal Friuli all'Irpinia, alla Sicilia, alle Marche e all'Abruzzo;
   gli eventi sismici che si sono susseguiti nel nostro Paese non si possono prevedere, mentre si può invece prevedere, e si deve gestire adeguatamente, la fase successiva dell'emergenza e della ricostruzione, con interventi a sostegno dell'economia e dell'occupazione, attraverso misure adeguate anche in tema di tributi;
   il caso dell'Aquila rappresenta oggi il simbolo di tutti i diritti negati negli anni alle popolazioni colpite da sismi, che hanno dovuto intraprendere dure forme di protesta nei confronti del Governo per vedersi garantito il diritto alla proroga della sospensione del pagamento di tasse e tributi in territori duramente colpiti e che faticano a riprendersi;
   la similitudine di tutti gli eventi sismici che si sono susseguiti in Italia impone una seria riflessione circa l'esigenza essenziale di disporre di un quadro normativo certo, anche nei tempi, che dia reale sostegno a tutti i territori colpiti, a rischio di tracollo economico, e ai cittadini, evitando di ricorrere a misure normative che possano celare, oltre al danno, la beffa per le popolazioni colpite da sisma, come quelle della cinta dell'Etna, le quali hanno subito e continuano, ad avviso degli interroganti, a subire una disparità di trattamento –:
   se intenda valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte, nel rispetto del principio di parità tra i cittadini, alla restituzione di quanto indebitamente versato dai cittadini a titolo di tributi e contributi, ovvero al riconoscimento di un credito pari al 50 per cento di quanto versato, da utilizzare in compensazione in futuri anni d'imposta, accogliendo così le richieste dei cittadini rappresentati dal comitato spontaneo di Acireale e dei comuni aderenti, in modo da equiparare la loro posizione a quella dei cittadini che hanno goduto del beneficio della riduzione del 50 per cento dei tributi e contributi da versare, in virtù del comma 1011 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007. (5-08584)


   PUGLIESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 12-quinquies, del decreto-legge n. 16 del 2012 prevede che, ai soli fini dell'applicazione dell'IMU, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta in seguito a provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento, cessazione o annullamento degli effetti civili del matrimonio, si intende «in ogni caso» effettuata a titolo di diritto di abitazione;
   in merito a tale previsione è sorto un dubbio interpretativo, riguardante i casi in cui l'abitazione assegnata non è, interamente o pro quota, di proprietà degli ex coniugi o di uno dei due, ad esempio nel caso in cui l'abitazione stessa sia di proprietà dei genitori (o del genitore) di uno dei due ex coniugi, oppure nel caso di abitazione posseduta da tali soggetti a titolo di locazione;
   sul punto sono fiorite una serie di interpretazioni tendenti a chiarire il dettato letterale della norma: da ultimo, in un articolo del Sole 24 Ore del 19 novembre 2012, si sostiene che la normativa richiamata regoli l'applicazione dell'IMU solo per quanto riguarda le quote di immobili di proprietà degli ex coniugi e non attribuisca, invece, un diritto reale di abitazione al coniuge assegnatario anche nel caso in cui l'abitazione fosse di terzi, ovvero fosse occupata, ad esempio, in base a un comodato concesso dai suoceri;
   in questa ipotesi l'imposta municipale unitaria sulla casa assegnata giudizialmente ad uno dei coniugi continuerebbe a gravare sul proprietario, sebbene esso non ne abbia più la disponibilità in forza di tale provvedimento giudiziario;
   tale interpretazione non appare tuttavia in alcun modo rispettosa della ratio della citata norma del decreto-legge n. 16 del 2012, la quale intende evidentemente tenere indenne dal pagamento dell'imposta municipale unica il proprietario della casa coniugale (a prescindere dal suo rapporto di coniugio o parentela con l'assegnatario) che, in conseguenza del provvedimento dell'autorità giudiziaria di assegnazione dell'abitazione ad uno dei due coniugi, non trae alcun beneficio dalla sua proprietà (in quanto non la abita e non riceve alcun corrispettivo a fronte dell'utilizzo dell'abitazione da parte di terzi);
   in tale contesto, appare comunque opportuno fugare dubbi ed incertezze in materia, anche in vista della prossima scadenza del termine di versamento del saldo dell'imposta municipale unica –:
   quali iniziative, di carattere normativo o interpretativo, intenda assumere, auspicabilmente in tempi brevissimi, al fine di superare i dubbi interpretativi relativi al dettato dell'articolo 4, comma 12-quinquies, del decreto-legge n. 16 del 2012, specificando che l'assegnazione della casa ad uno dei coniugi a seguito di provvedimento di separazione, scioglimento, cessazione o annullamento degli effetti civili del matrimonio deve sempre considerarsi effettuata, a fini IMU, a titolo di diritto di abitazione, con conseguente assoggettamento all'IMU stessa del soggetto assegnatario, anche nel caso in cui l'immobile non appartenga, neanche pro quota, all'altro coniuge. (5-08585)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni gli organi di informazione stanno dando grande rilievo alle vicende relative al mancato collocamento sul mercato di borsa, attraverso un'offerta pubblica iniziale di vendita (IPO), dei titoli di SEA Spa, società di gestione degli aeroporti milanesi, controllata dal comune di Milano con partecipazioni di minoranza della provincia di Milano e del Fondo di investimento F2i;
   in particolare, l'attenzione degli organi di stampa si è incentrata sulle ragioni che hanno impedito, per il livello insufficiente della domanda, il collocamento in borsa dei titoli della società, che sarebbe legato allo scontro in atto tra i due principali azionisti della società, il comune di Milano e la provincia di Milano, nonché alla contrarietà al predetto collocamento dal Fondo F2i, a sua volta controllato dalla Cassa depositi e prestiti, da Intesa Sanpaolo, Unicredit, Merryll Lynch, Fondazione Cariplo, Fondazione Crt, Compagnia di San Paolo ed altre fondazioni bancarie, il quale ha acquistato l'anno scorso dal comune di Milano il 29,75 per cento della stessa SEA;
   a tale proposito le cause del mancato collocamento in borsa della SEA hanno già costituito oggetto di polemica politica nell'ambito del consiglio comunale del capoluogo lombardo, in seno al quale il sindaco, Pisapia, ha affermato che il fallimento dell'IPO sarebbe derivato da una «conflittualità a senso unico della governance che ha preoccupato il mercato e ha bloccato, o addirittura portato al recesso, chi voleva investire in azioni SEA»;
   in tale contesto le notizie apparse danno conto di un esposto che la SEA intenderebbero presentare alla CONSOB per fare luce sulle cause che hanno impedito il collocamento al pubblico dei titoli della stessa società, in particolare per accertare se durante l'IPO siano state poste in essere azioni (in particolare dal socio di minoranza F2i) tali da influire negativamente sul reale svolgimento dell'operazione, mentre il sindaco Pisapia ha pubblicamente annunciato che il Comune di Milano, in qualità di azionista di controllo della società, agirà per individuare eventuali comportamenti «dolosi o colposi» che hanno portato al fallimento della stessa IPO;
   peraltro, la medesima CONSOB e la procura di Milano starebbero per avviare, nei rispettivi ambiti di competenza, inchieste sulla vicenda, ipotizzando i reati di abuso di mercato e turbativa d'asta;
   l'intera vicenda, che si inserisce in una fase più generale della vita del Paese, caratterizzata dallo strapotere dei poteri finanziari e dall'esistenza di incroci poco chiari tra questi ultimi e le istituzioni pubbliche, tratteggia un quadro molto preoccupante, nel quale le tensioni politiche in atto all'interno del comune di Milano e tra quest'ultimo e la provincia di Milano, nonché i legami tra azionisti pubblici ed azionisti privati della SEA, ad avviso dell'interrogante stanno incidendo in modo molto negativo sulla gestione di un asset importante del patrimonio pubblico, e, soprattutto, stanno condizionando l'andamento dei mercati finanziari nazionali, con possibili rischi per la legalità, la trasparenza, nonché per la tutela complessiva dei diritti dei risparmiatori –:
   quale notizie ritenga di fornire urgentemente in merito a tale complessa e delicata vicenda, in particolare per quanto riguarda il rispetto della disciplina dei mercati azionari, la tutela della trasparenza e dei diritti dei risparmiatori, e quali iniziative di carattere normativo intenda assumere onde evitare che vicende quale quella che sta interessando la SEA possano avere effetti negativi sui mercati finanziari, in particolare intervenendo sulla disciplina finanziaria concernente i titoli delle società controllate e partecipate pubbliche, al fine di eliminare definitivamente, anche sotto tale profilo, ogni ipotesi di legame o condizionamento improprio tra azionisti pubblichi e azionisti privati. (5-08586)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1996, n. 460, «Regolamento per l'attuazione delle disposizioni previste in materia di accertamento con adesione, con riferimento alle imposte di successioni e donazioni, di registro, ipotecaria, catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili», prevede che «per le aziende e per i diritti reali su di esse il valore di avviamento è determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore o, in difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d'imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, moltiplicata per 3. La percentuale di redditività non può essere inferiore al rapporto tra il reddito d'impresa e i ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle stesse imposte e nel medesimo periodo»;
   se in periodi di congiuntura economica favorevole tale metodo, in alcuni casi, poteva portare ad un risultato abbastanza veritiero, in periodi di crisi economica come quello che si sta attraversando si riscontrano enormi differenze tra l'imponibile calcolato in modo automatico e il valore di mercato, oggetto di cessione, calcolando l'imposta di registro su un valore che non rispecchia la realtà; l'imprenditore che acquista un'attività a prezzo di mercato riceve automaticamente l'accertamento dall'Agenzia delle entrate che, a priori, presuppone un'evasione dell'imposta di registro e, oltre a ricavare meno di quanto sia presunto dall'Agenzia, si vede accusare di evasione fiscale;
   la problematica riguarda anche i tabaccai e/o edicolanti della provincia di Trieste, che regolarmente ricevono accertamenti conseguenti alla vendita della propria azienda; la differenza tra quanto accertato ed il reale valore di vendita è talmente alta che ormai molti titolari preferiscono chiudere la propria attività senza venderla, piuttosto che dover subire un accertamento spropositato;
   per gli edicolanti la problematica è aggravata dalla valutazione, oltre all'avviamento commerciale, del valore del chiosco giornali, che per l'Agenzia è un immobile da valutare secondo il valore di mercato, mentre se fosse venduto separatamente, varrebbe poche centinaia di euro –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per modificare la norma in oggetto, o quanto meno, vista la congiuntura economica che si stia attraversando, consentire una maggiore flessibilità di interpretazione della norma stessa che penalizza ingiustamente chi vende la propria attività che ricava somme di gran lunga inferiori a quelle oggetto di accertamento. (4-18855)


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere:
   quanti siano i dirigenti di Equitalia, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata alle riscossioni effettuate ed in che modo, con riferimento all'intera Equitalia e singolarmente;
   quanti siano gli amministratori di Equitalia, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata alle riscossioni effettuate ed in che modo, con riferimento a tutti gli amministratori e singolarmente.
(4-18862)


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere:
   quanti siano i dirigenti dell'Agenzia delle entrate, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata alle riscossioni effettuate ed in che modo, con riferimento all'intera Agenzia e singolarmente;
   quanti siano gli amministratori dell'Agenzia delle entrate, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata alle riscossioni effettuate ed in che modo, con riferimento a tutti gli amministratori e singolarmente. (4-18864)


   GIANNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 agosto 2010 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo n. 141 del 2010 che recepisce la direttiva della Comunità Europea n. 48 del 2008 relativa ai contratti di credito al consumo, nonché modifiche del titolo V del testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi;
   nel complesso la normativa è da ritenersi fondamentale per mettere ordine nel settore finanziario, disciplinando le professioni dei mediatori creditizi, agenti in attività finanziaria e per la tutela del consumatore nel delicato settore del credito al consumo;
   in fase di applicazione di detta legge, emersero una moltitudine di errori, carenze e incongruenze, con il Ministero dell'economia e delle finanze che sospese l'emanazione dei relativi decreti attuativi; non solo il Ministero citato aprì una pubblica consultazione per raccogliere tutti i pareri degli operatori del settore, Banche, Finanziarie, Agenti in Attività Finanziaria, Mediatori Creditizi e Associazioni di Categoria;
   il punto fondamentale, contestato da molti, si riferisce all'obbligo, per gli agenti in attività finanziaria, di potere avere un solo monomandato per prodotto creditizio, limitando i mandati a un massimo di tre per tutti i prodotti, al fine di garantire all'Agente la possibilità di offrire al cliente l'intera gamma dei prodotti;
   il decreto legislativo 141 del 2010 prevede che, gli agenti che sono costretti a recedere dai mandati in atto non hanno diritto dell'indennità di fine mandato prevista dal Codice civile, tale norma è a detta dell'interrogante incostituzionale e illiberale poiché limita la libertà d'impresa e annulla un diritto acquisito dagli Agenti in molti anni di lavoro, è come annullare per i Parlamentari il diritto acquisito del vitalizio o il TFR per i dipendenti. Tale limitazione non è indicata nella Direttiva Comunitaria n. 48 del 2008, va in controtendenza alla stessa politica del Governo in materia di liberalizzazioni e quanto stato adattato in altri settori, vedi Agenti Assicurativi, a cui è stato introdotto l'obbligo di presentare al cliente almeno due preventivi di diverse società, per favorire il consumatore della scelta del prodotto migliore;
   la stessa AGCM con lettera prot. 0034702 del 28 maggio 2010, firmata dal Dottor Antonio Catricalà, inviata al Ministero dell'economia e delle finanze aveva espresso dei rilievi in relazione all'introduzione del monomandato per prodotto, trattandosi di limitazione della concorrenza e del mercato, con il rischio di creare posizioni dominanti da parte di alcune società finanziarie appartenenti a gruppi bancari;
   il decreto legislativo ha previsto la costituzione di un organismo, denominato OAM, per la tenuta e regolamentazione degli elenchi dei mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria, questo organismo ha diviso i prodotti creditizi in 15 voci e 3 servizi, escludendo automaticamente la possibilità dell'agente di potere disporre di tutta la gamma di prodotti prevista dalla legge, ma poiché, considerando che ogni società finanziaria è specializzata in 1-2 prodotti, con soli 3 mandati l'agente potrà disporre al massimo di 5 prodotti su un totale di 18;
   quello che chiedono gli Agenti è di avere almeno la possibilità di due mandati per singoli prodotti, al fine di offrire al Cliente quello più conveniente e adatto alle sue esigenze, principio cardine della direttiva comunitaria n. 48 del 2008, che invece viene disattesa con le limitazioni approvate dal Governo italiano;
   in data 25 giugno 2012 il Governo trasmette alle Commissioni parlamentari la bozza del decreto correttivo alla legge n. 141 del 2010;
   le Commissioni parlamentari hanno espresso, nel complesso, un giudizio positivo, ma indicando nel parere la proposta di eliminare l'obbligo del monomandato e in subordine di limitarlo al solo prodotto del credito al consumo. Nello stesso parere le Commissioni invitano il Governo ad eliminare la norma che annulla il diritto acquisito, da parte dell'Agente, della indennità di fine mandato;
   il decreto legislativo 141 del 2010 non prevede neanche la tutela dell'Agente poiché non obbliga le società finanziarie a concedere l'esclusiva territoriale in cambio del monomandato;
   in data 14 settembre 2012 il Governo approva il nuovo testo con le modifiche al decreto legislativo 141 del 2010, che vengono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 2012, senza tenere conto dei pareri delle Commissioni Parlamentari, delle Associazioni di categoria e della Agcm;
   gli operatori e mediatori del settore iscritti nei vecchi elenchi sono circa 130.000 tra persone fisiche e Società;
   si prevede che nei nuovi elenchi si iscriveranno circa 10.000 persone fisiche e Società con circa 30.000 collaboratori e dipendenti, anche essi iscritti;
   si prevede che con l'obbligo del monomandato per prodotto e un numero limitato di prodotti, gli Agenti saranno costretti a licenziare da 15.000 a 20.000 dipendenti –:
   quali siano i motivi per cui si è voluto introdurre, per gli agenti in attività finanziaria, l'obbligo del monomandato per prodotto non previsto dalla Direttiva CE n. 48 del 2008;
   per quali motivi non si sia tenuto conto dei rilievi formulati dall'AGCM;
   perché senza l'emanazione del decreto attuativo, l'OAM ha suddiviso i prodotti e servizi in 18 voci diverse, in modo da precludere all'agente di disporre di tutti i prodotti come prevede la legge;
   per quali motivi l'agente che è costretto a recedere dai mandati attuali, non abbia il diritto all'indennità di fine mandato che, ad avviso dell'interrogante va configurata come diritto acquisito;
   in base di quali motivazioni le società finanziarie non hanno l'obbligo di concedere l'esclusiva territoriale in cambio dell'obbligo del monomandato da parte dell'agente;
   quali siano le motivazioni che hanno portato il Governo ad ignorare le proposte contenute nei pareri delle Commissioni parlamentari;
   se non ritenga che il Governo, con il decreto legislativo n. 141 del 2010 e successive modificazioni, non vada in controtendenza rispetto alle politiche adottate in materia di liberalizzazioni;
   per quali motivi il Governo, con il decreto semplificazioni, autorizzi gli agenti assicurativi a collaborare tra di loro, mentre preclude questa possibilità per gli agenti in attività finanziaria;
   se non ritenga necessario procedere alle opportune e necessarie modifiche al decreto legislativo n. 141 del 2010 al fine di rispondere alle problematiche segnalate in premessa e porvi rimedio. (4-18871)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con provvedimento del direttore generale 19 dicembre 2002 è stato bandito il concorso a 25 posti da conservatore degli archivi notarili, poi aumentato a 35 con provvedimento del direttore generale 7 dicembre 2005;
   la graduatoria relativa al suddetto concorso è stata pubblicata sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 10, del 31 maggio 2007;
   nella vigenza del regime di limitazione alle assunzioni nel pubblico impiego, l'Amministrazione degli archivi notarili ha potuto assumere sole cinque unità di personale, giusta autorizzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2007;
   con decreto del Presidente della Repubblica 28 agosto 2009 e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 novembre 2009, la stessa Amministrazione è stata autorizzata, rispettivamente ai sensi dell'articolo 1, comma 527, e dell'articolo 1, comma 523, della legge n. 296 del 2006 ad assumere, complessivamente, ulteriori ventinove unità di personale, assunzioni per le quali, peraltro, l'articolo 17, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 41 del 2009, fissa anche un termine finale stabilendolo per il 31 dicembre 2010;
   detti provvedimenti subordinano la possibilità di procedere alle assunzioni ivi autorizzate all'ottemperanza da parte delle pubbliche amministrazioni autorizzate delle disposizioni previste dall'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008;
   l'Amministrazione degli archivi notarili ha più volte rappresentato, nel corso di questi anni, anche agli stessi vincitori di concorso, il rilievo che le loro assunzioni assumerebbero per il buon andamento degli uffici ex articolo 97, comma 1, della Costituzione e, dunque, per il corretto espletamento dei compiti istituzionali attribuiti dalla legge agli archivi notarili;
   da informazioni ripetutamente divulgate ai vincitori del concorso dai competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e della stessa Amministrazione degli archivi notarili, sembrerebbe che alle assunzioni autorizzate con i provvedimenti precedentemente citati non possa ancora darsi corso in quanto, tra l'altro, il Ministero della giustizia, cui l'Amministrazione degli archivi notarili istituzionalmente afferisce, non ha adottato i provvedimenti previsti dall'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, sebbene l'Amministrazione degli archivi notarili abbia tempestivamente elaborato la proposta relativamente alla rideterminazione della propria pianta organica nel senso richiesto dalla predetta norma di legge;
   lo stesso Ministero della giustizia, per quanto di conoscenza dell'interrogante, non avrebbe neppure provveduto, a differenza di altri Ministeri, ad adottare il regolamento previsto dall'articolo 1, comma 404 della legge n. 296 del 2006, da un lato, già espressamente richiamato come condizione preclusiva delle assunzioni autorizzate dal decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2007, in conformità, del resto, a quanto previsto dallo stesso articolo 1, comma 410, e, dall'altro, dichiarato espressamente equipollente, in relazione a determinati fini previsti dal medesimo articolo 74, comma 4, decreto-legge n. 112 del 2008;
   in particolare, per l'adozione del regolamento la legge fissava come termine quello del 30 aprile 2007, ex articolo 1, comma 404, della legge n. 296 del 2006, prevedendo altresì una precisa tempistica infraprocedimentale, di cui all'articolo 1, comma 407;
   il Ministero della giustizia non si è nemmeno avvalso, al fine di semplificare la procedura di cui all'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008 della facoltà prevista dall'articolo 41 comma 10 decreto-legge n. 207 del 2008 convertito dalla legge 14 del 2009, che consente a ciascun Ministero di decurtare le piante organiche con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; disposto riproposto in emendamento all'articolo 2 del decreto-legge n. 194 del 2009;
   a fronte di ciò, risulta un grave pregiudizio della situazione giuridica soggettiva dei vincitori del concorso, il cui legittimo interesse a stipulare un contratto di lavoro con la pubblica amministrazione presso la quale hanno superato il concorso sarebbe frustrata da inadempimenti amministrativi apparentemente imputabili al Ministero della giustizia, trattandosi per vero di inadempimenti cui la legge stessa riconnette espressamente la misura sanzionatoria del divieto di assumere personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto, dapprima, con l'articolo 1, comma 410, della legge n. 296 del 2006 e, più di recente, con l'articolo 74, comma 6, del decreto-legge n. 112 del 2008;
   il pregiudizio rappresentato appare oltremodo ingiusto, se si considera sia il notevole tempo trascorso dall'espletamento del concorso, sia il fatto che gli atti di competenza del Ministero della giustizia costituiscono condizioni di efficacia delle autorizzazioni ad assumere disposte nei confronti dell'Amministrazione degli archivi notarili;
   la perdurante situazione di inerzia sopra descritta cagiona, d'altro canto, un grave danno agli odierni istanti in relazione a beni della vita connessi anche ad interessi costituzionalmente rilevanti;
   il mancato rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi potrebbe, tra l'altro, dar luogo a conseguenze risarcitorie a carico della pubblica amministrazione, in base all'articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi di competenza del Ministero della giustizia, di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto ministeriale 20 novembre 1995, n. 540 e successive modificazioni;
   quanto in premessa è stato specifico oggetto di istanza al Ministero interrogato, sollevata da alcuni vincitori del concorso, ma alla quale non è stato ancora dato riscontro –:
   se non si intenda provvedere tempestivamente in modo da porre in essere tutti quegli atti organizzativi la cui mancanza, allo stato, impedisce di rendere pienamente operative le assunzioni autorizzate con i provvedimenti precedentemente citati. (5-08565)


   CONTENTO e COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano on-line «Affari Italiani.it» di giovedì 29 novembre 2012, sono riportati alcuni stralci dell'ordinanza del Gip di Taranto riferita alle misure cautelari assunte nel corso delle indagini relative al caso dell'Ilva;
   in particolare, si legge che vi sarebbero state forti pressioni su tal professor Giorgio Assennato, dirigente dell'Arpa regionale, al punto che «si profilava l'ipotesi di una sua mancata riconferma (...) su sollecitazione dei vertici ILVA che in tal senso ricevevano garanzie dal governatore Vendola» e che «in realtà Assennato veniva poi riconfermato proprio perché si era adeguato al volere dei Riva»;
   addirittura vi sarebbe il riferimento ad una e-mail in cui tale Archinà confermerebbe ad un terzo che «Vendola è imbestialito nei confronti di Assennato» e che avrebbe sostenuto che «la politica ambientale della regione non è quella di fare la guerra all'Ilva» e che «non si deve ipotizzare una sia pur minima restrizione produttiva»;
   seguono una serie di paragrafi ed i contenuti di una conversazione dalla lettura dei quali, secondo l'estensore dell'articolo, si ricaverebbero elementi idonei a dare «la prova dell'avvenuto intervento del presidente Vendola direttamente verso il professor Assennato»;
   l'autore chiarisce, quindi, che il professor Assennato ha riferito di non aver mai ricevuto pressioni da Vendola, il quale «non risulta essere indagato»;
   sulla scorta delle notizie di stampa, va altresì ricordata la vicenda relativa alla recente pronuncia di assoluzione di Vendola in ordine al reato di abuso di ufficio contestato al «governatore pugliese» con riferimento alla riapertura di un bando per la designazione di un primario che, sempre secondo l'accusa, sarebbe avvenuta per favorire un professionista dal medesimo sostenuto per occupare il posto messo a disposizione;
   sempre la stampa, in ordine a tale pronuncia assolutoria, ha dato conto di un esposto proveniente da alcuni sostituti della procura di Bari, i quali avrebbero sollevato sospetti circa l'imparzialità del giudice investito del processo a carico del noto esponente politico a causa dei legami di amicizia coltivati con la sorella di quest'ultimo e con altri amici del di lei fratello;
   è noto come il processo in questione si sia concluso con una sentenza di assoluzione, ma non è stato chiarito se il magistrato giudicante intrattenesse effettivamente quei rapporti di amicizia ed in che termini essi si esplicassero, circostanza assai singolare attesa la presa di posizione dei due sostituti denuncianti;
   a fronte di tale segnalazione, diversi magistrati che operano presso quell'ufficio giudiziario, attraverso un apposito documento, hanno preso le difese del giudice in questione sostenendone l'assoluta correttezza;
   la situazione, secondo l'interrogante, ha raggiunto livelli non più tollerabili dal momento che la vicenda, pur coinvolgendo direttamente gli uffici giudiziari locali, rischia di gettare discredito sull'intera magistratura e, in particolare, sul principio più prezioso che è quello della sua imparzialità;
   se, come sta accadendo, all'esito di un'indagine condotta da alcuni magistrati, viene messa in discussione proprio l'imparzialità del giudice che ha pronunciato la sentenza di assoluzione nei confronti dell'imputato Vendola, vi è di che rimanere estremamente perplessi;
   delle due, infatti, l'una: o le censure sollevate dai rappresentanti dell'accusa sono fondate e allora il giudice avrebbe dovuto astenersi sussistendo, a parere degli interroganti quelle «gravi ragioni di convenienza» previste dalla legge oppure non rispondono a verità con tutte le conseguenze del caso;
   è, comunque, inaccettabile che nessun accertamento venga disposto al fine di chiarire i contorni della vicenda –:
   se non intenda disporre un'ispezione presso gli uffici giudiziari coinvolti anche allo scopo di verificare la fondatezza o meno dei rilievi sollevati da alcuni sostituti procuratori nei confronti del giudice che ha pronunciato la sentenza di assoluzione nei confronti del Presidente della regione Puglia Nichi Vendola. (5-08587)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa lo scorso 3 dicembre, il numero di stranieri nella colonia penale di Mamone, in provincia di Nuoro, che vanta un'estensione territoriale di circa 2.700 ettari, nelle ultime settimane sarebbe ulteriormente aumentato;
   ed invero l'arrivo di altri 17 cittadini privati della libertà ha portato l'indice dei reclusi di nazionalità straniera al 93 per cento (aveva raggiunto l'88 per cento a ottobre). Il nuovo record nazionale di stranieri, però, non ha migliorato le condizioni di vita dei detenuti che, a fronte di un così alto numero di presenze, non possono avere garanzie di lavoro adeguate nonostante i programmi di valorizzazione delle produzioni agricole;
   secondo quanto denunciato da Maria Grazia Caligaris, presidente dell'Associazione Socialismo diritti riforme, ”i soldi per il finanziamento delle attività lavorative straordinarie e comuni sono insufficienti e la maggioranza dei ristretti è costretta a rimanere per lungo tempo inattiva nei camerini. L'isola sarda è l'unica regione italiana con tre colonie penali e quindi con il più alto indice di terreni destinati a servitù penitenziaria. I cittadini che stanno scontando il residuo di pena all'aperto sono prevalentemente marocchini, tunisini e rumeni. Il dato appare ancora più significativo se si considera che per il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con i dati aggiornati al 30 settembre 2012, i detenuti stranieri costituiscono complessivamente il 36 per cento dei reclusi nei 206 istituti della penisola. Al secondo posto della graduatoria nazionale si colloca un'altra colonia penale sarda, quella di Is Arenas con il 78 per cento –:
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contenere l'elevato indice dei reclusi presenti all'interno della colonia penale di Mamone;
   quanti siano attualmente i ristretti presenti all'interno della colonia penale di Mamone che svolgono una qualche attività lavorativa;
   se non reputi necessario destinare maggiori risorse volte al finanziamento delle attività lavorative straordinarie e comuni delle persone recluse all'interno della suddetta colonia penale. (4-18848)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 3 dicembre 2012, l'assistenza medica ed infermieristica sarebbe preclusa, nelle ore notturne, agli oltre 300 detenuti e alle decine di agenti di Polizia penitenziaria del carcere di Rieti;
   la denuncia proviene dal garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, secondo il quale, «è già successo che, in casi di necessità e di urgenza, gli agenti e gli operatori del carcere di Rieti siano stati costretti a ricorrere alla guardia medica del capoluogo reatino o, nelle situazioni più gravi, al 118. Ma, questo, è un sistema di emergenza che non può funzionare, visto che nei casi di necessità ogni minuto è essenziale per salvare la vita di una persona»;
   la mancanza dell'assistenza notturna è da addebitarsi alle carenze di personale e di risorse finanziarie. Infatti, dopo il passaggio della sanità penitenziaria dal Ministero di giustizia al servizio sanitario nazionale e, da questo, alle Asl, a Rieti è stato trasferito personale sufficiente alla copertura di un bacino di detenuti pari appena a 150 unità, quindi del tutto inadatto ai livelli di presenze attuali;
   attualmente nel carcere di Rieti c’è un medico incaricato dalle 8 alle 11, poi c’è un medico sostituto ex Siais che tutti i giorni, tranne il mercoledì, svolge la sua attività dalle 11 alle 14 ed il sabato e la domenica dalle 8 alle 14. Si registra un turno di guardia medica dalle 14 alle 20. Il personale infermieristico è presente dalle 7 alle 21;
   la Asl ha richiesto, con diverse note alla regione, la concessione di deroghe per l'assunzione di figure professionali necessarie a garantire l'assistenza ai detenuti. Alla Regione è stato anche segnalato che, per non incorrere in problemi di responsabilità penale, sarebbe necessario assumere – anche a tempo determinato di almeno 1 anno – 6 dirigenti medici, uno psicologo, 7 infermieri, 2 tecnici di radiologia e un assistente sociale. Su questo punto, però, la Asl è frenata dal piano di rientro del debito sanitario imposto alla Regione Lazio –:
   in che modo attualmente venga garantita l'assistenza sanitaria ai detenuti reclusi all'interno del carcere di Rieti con particolare riferimento all'assistenza notturna;
   se ed in quali circostanze in passato gli agenti e gli operatori del carcere di Rieti siano stati costretti a ricorrere alla guardia medica del capoluogo reatino o al 118;
   quali provvedimenti urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, affinché possano presto essere assicurati i livelli essenziali di assistenza nel Lazio individuando anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario modalità per consentire l'assunzione – anche con contratti a tempo determinato di un anno – delle figure professionali necessarie a garantire l'assistenza sanitaria ai detenuti del carcere di Rieti, in particolare i sei dirigenti medici, lo psicologo, i sette infermieri, i due tecnici di radiologia e l'assistente sociale richiesti dalla Asl alla Regione Lazio. (4-18865)


   AMICI e FERRANTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, emanato in attuazione dell'articolo 60 della legge 19 giugno 2009, n. 69, (recante delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali), nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione;
   la mediazione è un istituto pensato per la composizione delle liti, sulla ricerca di un accordo «amichevole» o a una proposta per la soluzione di una controversia;
   il tentativo di conciliare le liti deve passare attraverso una serie di soggetti riconosciuti e abilitati, professionalmente capaci, inseriti in un albo speciale del Ministero;
   tra gli obiettivi c’è quello della deflazione del sistema giudiziario nello smaltimento delle cause civili al fine di garantire un'amministrazione giudiziaria efficace e giusta;
   nella proposta di parere alternativo elaborato dal gruppo PD in Commissione giustizia allo schema di decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, del Ministro pro tempore Alfano, era stato già evidenziato tra l'altro, a proposito della mediazione obbligatoria, l'eccesso di delega;
   a seguito del provvedimento legislativo assunto dal Governo in materia di media conciliazione, si sono costituiti vari organismi di conciliazione, che, facendo affidamento sull'obbligatorietà della procedura, hanno investito notevoli risorse economiche, umane e professionale;
   sarebbe di notevole utilità acquisire dati sulle modalità e i risultati di funzionamento della media conciliazione a partire dall'entrata in vigore delle leggi che l'hanno disciplinata –:
   in attesa delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale, quali siano le iniziative che il Ministro interpellato ha individuato per dare attuazione alla pronuncia di incostituzionalità del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nonché per fornire risposte adeguate allo stato dei fatti suesposti, nel rispetto della coerenza del sistema giudiziario, al fine di garantire la piena attuazione di un istituto quale la media conciliazione che le interroganti ritengono importante e che può dare risposte in termini di ottimizzazione della composizione delle liti e di deflazione del carico del contenzioso civile. (4-18867)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   L'Ecobonus, istituito dalla legge n. 265 del 2002, è l'incentivo nazionale diretto a tutti gli autotrasportatori che ha come obiettivo quello di sostenere le imprese a fare il miglior uso possibile delle rotte marittime;
   nello specifico il bonus prevede il rimborso fino ad un massimo del 30 per cento, del prezzo pagato dalle imprese di autotrasporto che scelgono la via marittima ritenuta fondamentale in termini di decongestionamento del traffico viario e maggiormente opportuna sotto il profilo dell'impatto ambientale;
   un ulteriore obiettivo della legge n. 265 è quello di incoraggiare forme di associazione tra imprese di piccole dimensioni che utilizzano in modo efficiente le alternative marittime al trasporto su gomma e a beneficiarne sono tutte le imprese di autotrasporto, compresi i consorzi temporanei o permanenti esistenti, così come le semplici associazioni di operatori del trasporto che imbarcano autocarri e autoarticolati conformemente alle norme comunitarie (accompagnati o meno dagli autisti) su navi merci (Ro-Ro e Ro-Pax);
   il sistema italiano dell'Ecobonus dal 2007 al 2009 ha erogato circa 170 milioni di euro e dal rapporto stilato dalla Rete autostrade mediterranee emerge che nello stesso periodo sono state trasportate 44 milioni di tonnellate di merci;
   si è calcolato peraltro che, sulla rete stradale nazionale, sono transitati 500 mila Tir in meno, con un risparmio di 411 milioni di euro in termini sociali (calo del tasso di incidentalità) ed ambientali (minore consumo energetico, decongestione del traffico stradale e riduzione delle emissioni inquinanti);
   anche la Commissione europea nell'autorizzazione all'ecobonus relativamente al triennio 2007-2009 ha definito la misura una best practice in grado rispettare gli obiettivi fissati nel libro bianco del 2001 sulla politica europea dei trasporti dal quale emerge la necessità di adottare misure che armonizzano tecnica ed interoperabilità fra i diversi sistemi soprattutto se riferiti al traffico dei container;
   l'interscambio marittimo nel 2011 ha generato oltre 242 miliardi di euro, il 15,3 per cento del totale del prodotto interno lordo italiano. Anche nel 2009, anno nefasto per i mercati di tutto il mondo, si sono stimati traffici per 171 miliardi di euro, l'11,3 per cento del prodotto interno lordo e nel 2010 la percentuale d'incidenza sulla ricchezza nazionale è cresciuta di nuovo attestandosi al 13,9 per cento. In buona sostanza, nel periodo 2008-2011, nonostante il nero 2009, i traffici marittimi nazionali sono aumentati complessivamente di oltre 10 miliardi di euro;
   i dati Coeweb 2012 confermano gli effetti positivi dell'Ecobonus: dal 2007 al 2011 il trasporto viario è diminuito del 17,5 per cento mentre quello marittimo è aumentato del 4,3 per cento. In particolare il peso del trasporto stradale sul totale dei traffici ha subito una contrazione dell'8,9 per cento passando dal 30,9 per cento al 31,2 per cento;
   tuttavia, in agosto la Commissione europea ha comunicato al Governo italiano di considerare aiuto di Stato il contributo per il trasporto combinato strada-mare relativo ai due esercizi passati e ha dato tempo all'Italia fino al 27 agosto per replicare a questi sospetti con risposte motivate;
   a quanto consta agli interpellanti secondo le prime indicazioni di Bruxelles, che sembra aver rigettato in toto giustificazioni delle autorità italiane, gli eco bonus sarebbero da considerarsi a tutti gli effetti aiuti di Stato e in quanto tali in contrasto con la normativa comunitaria;
   il 5 ottobre 2012, sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, la Commissione ha ribadito l'illiceità del contributo finanziario concesso agli autotrasportatori per imbarcare i propri veicoli sulle navi o meglio lo ha ritenuto lecito solo per il triennio 2007-2009;
   la Commissione ha inoltre affermato che dopo il 2009 il flusso di trasferimento dalla strada al mare doveva camminare da solo, anzi bisognava garantire un quantitativo di tratte analogo a quello del triennio in cui l'ecobonus era stato erogato. Andare oltre il triennio senza aver rispettato anche l'aspetto quantitativo costituirebbe un aiuto di Stato e, pertanto, l'erogazione degli eco bonus relativi agli anni 2010 e 2011 viene messa in discussione;
   le mancate erogazioni arrecano ingenti danni economici a tutte quelle imprese che, credendo nella validità del progetto, avevano optato per la modalità di trasporto marittimo e a farne letteralmente le «spese» sono le aziende meno strutturate, per le quali il rimborso dell'Ecobonus rappresenta almeno il 30 per cento dei propri bilanci;
   la decisione della Commissione europea di non erogare le somme stanziate per le annualità pregresse sta mettendo in ginocchio soprattutto le 700 imprese siciliane, che certe delle sovvenzioni hanno continuato ad investire in Autostrade del mare. Si tratta di imprese che hanno creduto nel progetto eco bonus e lo hanno condiviso nella consapevolezza, inoltre, che il sistema viario della propria regione, versa in condizioni pessime e che il trasporto marittimo rappresenta di conseguenza un «passaggio obbligato» per lo sviluppo economico del territorio –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare affinché l'Unione europea consenta l'erogazione degli incentivi 2010-2011, tenuto conto, per di più, che i mezzi pesanti che abitualmente utilizzano le «Autostrade del mare» sono 1.500.000 e che esiste la concreta possibilità di incrementare del 50 per cento il trasporto marittimo a tutto vantaggio dell'economia e senza costi aggiuntivi;
   se il Governo, nell'ipotesi di un inasprimento delle posizioni dell'Unione europea, intenda ricorrere ad altre forme di incentivi a favore delle imprese di autotrasporto anche per il triennio 2012-2014, affinché il trasporto marittimo faccia da traino per l'economia italiana in quanto volano di internazionalizzazione, investimenti infrastrutturali, di occupazione e crescita del prodotto interno lordo.
(2-01773) «Gibiino, Gioacchino Alfano, Armosino, Bellotti, Bernardo, Casero, Cassinelli, Ceroni, Cesaro, Ciccioli, Cosenza, De Corato, Del Tenno, Distaso, Vincenzo Antonio Fontana, Formichella, Fucci, Garagnani, Garofalo, Germanà, Giro, La Loggia, Landolfi, Lisi, Minardo, Misuraca, Nastri, Nizzi, Nola, Pagano, Palmieri, Palumbo, Papa, Pianetta».

Interrogazione a risposta immediata:


   LUNARDI e BALDELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – Per sapere – premesso che:
   purtroppo la sicurezza stradale, nonostante i progressi conseguiti negli ultimi anni, continua a costituire una delle principali criticità sociali ed economiche per il nostro Paese. Sono, infatti, circa quattromila le persone che ogni anno muoiono sulle nostre strade, più di duecentomila i feriti e quasi ventimila gli invalidi permanenti;
   anche se l'intenso impegno ad oggi profuso ha consentito di raggiungere importanti risultati di miglioramento, l'incidentalità sulle nostre strade determina ancora troppi decessi, troppi feriti, troppo dolore e sofferenza. Le drammatiche conseguenze sanitarie sono, infatti, spesso accompagnate da altrettanto drammatici quanto immediati effetti che si manifestano sulla vita delle vittime e delle loro famiglie;
   è proprio sotto questo profilo che, nell'insieme delle attività legate al tema della sicurezza stradale, riveste particolare importanza, anche per gli aspetti sociali sottesi, il rapporto con le vittime di incidenti e con i loro famigliari, al fine di realizzare un metodo di ascolto, atto, da un lato, a focalizzare idee e strumenti idonei a garantire un supporto sempre più sentito, concreto ed efficace per le persone che hanno avuto un coinvolgimento negli effetti dei fenomeni incidentali, dall'altro, ad assicurare un ritorno diretto finalizzato a proporre, promuovere, indirizzare e sostenere l'eventuale attività regolamentare e normativa necessaria in materia di sicurezza stradale;
   gli ambiti meritevoli di approfondimento in tale contesto sono, fra gli altri: la tutela delle vittime e dei loro famigliari, le problematiche in materia di giustizia e di definizione dei processi, gli aspetti assicurativi e risarcitori connessi con le conseguenze degli incidenti stradali gravi, l'assistenza (psicologica, tecnica, legale ed altro), le discrepanze tra sistema normativo e la sua concreta applicazione, l'individuazione delle criticità e la formulazione di proposte per la loro eliminazione;
   è chiaro che il compito di instaurare il rapporto sopra descritto spetta in primo luogo alle istituzioni, ma spesso viene trascurato, in quanto coinvolge aspetti e problematiche ricadenti nelle competenze di più soggetti (Ministeri della salute, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dello sviluppo economico, regioni) –:
   se il Governo non intenda adottare le opportune iniziative al fine di individuare, nel contesto delle politiche di prevenzione e contrasto all'incidentalità stradale, un'idonea sede istituzionale di confronto e dibattito con le più rappresentative associazioni dei famigliari delle vittime della strada in cui possano essere affrontate le numerose problematiche che affliggono chi è direttamente o indirettamente vittima di incidenti stradali. (3-02644)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i continui e i persistenti disagi che ormai da anni e con cadenza quasi settimanale si manifestano nell'ambito dei servizi resi agli utenti ed in particolare per la categoria dei pendolari, da parte della società Trenitalia, con riferimento ai ritardi e ai disservizi per le linee ferroviarie in Sicilia, nella tratta Siracusa-Messina e viceversa, confermano, a giudizio dell'interrogante, una situazione divenuta oramai intollerabile e ingiustificabile, nello svolgimento di una prestazione essenziale come il trasporto pubblico ferroviario nei riguardi delle comunità siciliane della provincia messinese;
   il Comitato pendolari di Messina, Catania e Siracusa, ha addirittura stilato uno specifico rapporto che avvalorando quanto suesposto, rileva i ritardi, le soppressioni delle corse ferroviarie, i frequenti guasti ai locomotori ed i disservizi in generale che gli utenti siciliani subiscono in modo costante senza che le legittime rimostranze sembrino produrre effetti migliorativi dei servizi resi;
   il citato rapporto, evidenzia, infatti, che soltanto nella giornata del 26 novembre 2012, su 48 treni regionali complessivamente monitorati, 11 sono stati soppressi, per un totale complessivo di 610 chilometri non effettivamente percorsi; dei restanti 37, il ritardo complessivamente accumulato è stato di circa 1.200 minuti, pari a 20 ore;
   l'interrogante rileva come questi disservizi hanno, inevitabilmente, determinato una serie di problemi per i numerosissimi pendolari che quotidianamente fruiscono del treno per raggiungere le rispettive destinazioni professionali, di studio o altre attività programmate;
   risulta altresì necessario osservare come la suesposta tratta Messina-Siracusa o dorsale jonica rappresenta una delle principali reti ferroviarie della Sicilia, sia per mole di traffico, che per densità della popolazione servita, i cui standard di puntualità stanno diventando sempre più insufficienti;
   l'interrogante evidenzia, inoltre, come le giustificazioni fornite ufficialmente da parte di Ferrovie dello Stato, prive fra l'altro di ogni tempestività, secondo le quali le criticità emerse nella giornata del 26 novembre 2012, che hanno provocato una serie di soppressioni e di ritardi dei treni regionali, per la suesposta tratta, sono da addebitare al furto di rame, siano in realtà scarsamente plausibili, e non garantiscono, specie per il futuro, adeguate rassicurazioni per il servizio fornito dalla principale società italiana per la gestione del trasporto ferroviario di passeggeri e merci;
   appare evidente, a giudizio dell'interrogante, come sia stata disattesa in toto, la carta dei servizi, elaborata in conformità al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 dicembre 1998 relativo alla «carta della Mobilità», che rappresenta il documento con il quale Rete ferroviaria italiana comunica gli impegni assunti e gli obiettivi di qualità, sostenibili, puntuali e misurabili, che si propone di conseguire nell'offerta dei propri servizi;
   i numerosi atti di sindacato ispettivo, presentati dall'interrogante, nel corso della presente legislatura, sull'evidente e scarsa qualità dei servizi ferroviari regionali in Sicilia, fatta di ritardi, carenza di comfort e di inefficienze a cui sono seguite risposte da parte del Ministro interrogato, nel complesso non soddisfacenti, confermano come la situazione delle politiche dei trasporti in Italia, ed in particolare nel Mezzogiorno, sia estremamente critica e derivante da decenni di investimenti insufficienti, a cui si sono aggiunti i recenti tagli della spesa sui trasferimenti, che hanno determinato gravi carenze in termini di pulizia, manutenzioni, scorte, carenze che hanno provocato minore affidabilità e puntualità delle corse ferroviarie;
   la predetta analisi tuttavia non deve essere considerata un'attenuante o una giustificazione nei riguardi di Trenitalia, se si tiene conto del fatto che all'aumento delle tariffe dei biglietti non sono seguiti adeguati livelli di servizi resi all'utenza –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intenda assumere, nei confronti di Trenitalia spa, al fine di determinare un miglioramento complessivo dell'organizzazione e del livello di efficienza dei servizi per il trasporto dei passeggeri della tratta siciliana esposta in premessa, le cui capacità nel corso degli ultimi mesi sono ulteriormente peggiorate;
   se non ritenga opportuno e necessario, in considerazione del livello di estrema precarietà in cui si trova il sistema dei trasporti ferroviario siciliano ed in particolare il tracciato Messina, Catania, Siracusa, avviare, per quanto di competenza, una verifica al fine di determinare quali siano le cause che persistono nell'inficiare la qualità delle prestazioni fornite agli utenti e conseguentemente assumere iniziative volte a prevedere misure per il potenziamento dei servizi ferroviari, nel momento in cui, complice anche la crisi economica e la congestione delle aree metropolitane, cresce significativamente la domanda relativa al trasporto ferroviario. (5-08575)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   «Wikifly Spa» (ex «Prima Aero Trasporti Italiani spa», già «Eagles spa») è una compagnia aerea costituita il 13 marzo 2010, iscritta al Registro delle imprese di Roma il 28 dicembre 2011, con sede legale in via delle Arti n. 101 a Fiumicino (Roma), le cui quote del capitale sociale risultano suddivise tra «Gio.Im Srl», società con sede a Messina (85 per cento); «A.N.C.V-Arredamenti Navali Città di Venezia spa», con sede a Venezia (10 per cento); e Mauro Calvano (5 per cento). A novembre 2011 gli amministratori di «Wikifly» hanno comunicato l'intenzione di abbandonare l'aeroporto «Marco Polo» di Venezia e di trasferire le attività all'aeroporto «Leonardo Da Vinci» di Roma. In seguito a tale decisione è stato raggiunto un accordo con l'assessorato al lavoro della provincia di Venezia per il saldo degli stipendi arretrati alla sessantina di lavoratori impiegati nello scalo veneto;
   il 4 novembre 2011 l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha sospeso la licenza di esercizio di trasporto aereo a «Eagles Spa», come risulta dall'elenco delle imprese titolari di licenza pubblicato sul sito internet dell'Enac - www.enac.gov.it;
   il 31 ottobre 2012 le segreterie regionali del Veneto dei sindacati Filt-Cgil, Fit-Cisl e Unione Piloti hanno inviato un comunicato al Ministero de lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero dello sviluppo economico, e all'Enac (Prot. n. 376/segr./2012) segnalando la grave condizione dei lavoratori di «Wikifly», ricordando, in particolare che:
    la società ha erogato il pagamento degli stipendi ai lavoratori fino ad agosto 2011, successivamente ha sottoscritto un piano di rateizzazione degli arretrati, provvedendo tuttavia alla liquidazione di appena poco più del 20 per cento delle spettanze maturate fino al 17 novembre 2011;
   i circa trenta lavoratori assunti da «Wikifly» tra giugno e luglio 2012 in previsione dell'avvio del collegamento aereo Roma-Catania, mai divenuto operativo, a oggi risultano non percepire alcuno stipendio;
   i dipendenti della società con base all'aeroporto «Marco Polo» trasferiti all'aeroporto «Leonardo Da Vinci» nel corso del 2012 denunciano di aver lavorato per alcuni mesi senza percepire lo stipendio né il versamento dei contributi previdenziali;
   dal 14 settembre 2012 gli uffici dell'Inps sono pronti alla liquidazione della cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) della durata di 12 mesi prevista per i 36 dipendenti attualmente in carico a «Wikifly», tuttavia la società continua a rinviare la data di presentazione della documentazione indispensabile all'erogazione;
   il continuo cambio di nome della compagnia aerea ha reso di fatto difficile la classificazione della stessa ai fini dell'erogazione della cassa integrazione guadagni straordinaria (nonché della tracciabilità degli obblighi contributivi e dell'erogazione dei rimborsi della bigliettazione emessa), che è stata possibile solo grazie all'impegno e alla professionalità del personale dell'Inps e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   nei confronti di Antonino e Giacomo Giordano è attualmente in corso un processo al Tribunale di Messina per il reato di evasione fiscale che sarebbe stato attuato attraverso false fatturazioni riguardanti società a loro riconducibili, tra cui «Meridional Srl» (da aprile 2012 «Meridional Service srl»), «ditta siciliana già oggetto di un'indagine della Polizia di Frontiera e della Direzione Distrettuale Antimafia» come riportato in due articoli pubblicati sul quotidiano Il Corriere della Sera nelle edizioni del 21 ottobre e del 16 novembre 2012 –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri intendano assumere al fine di rendere effettiva l'erogazione degli stipendi arretrati ai lavoratori «Wikifly», come previsto dagli accordi, anche ponendo in essere interventi finalizzati a far rispettare gli obblighi societari ad altre società del gruppo Giordano operanti nel trasporto aereo;
   quali concrete iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri intendano adottare per salvaguardare i numerosi lavoratori del trasporto aereo nel Veneto. (4-18868)


   TOUADI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo», all'articolo 11, comma 8, recita quanto segue: «A decorrere dall'anno 2012 il controllo obbligatorio dei dispositivi di combustione e scarico degli autoveicoli e dei motoveicoli è effettuato esclusivamente al momento della revisione obbligatoria periodica del mezzo»;
   il Comune di Roma ha l'obbligo di adempiere puntualmente alla normativa nazionale;
   l'Associazione degli autoriparatori CNA di Roma ha stimato che nella capitale si effettuano un milione di revisioni all'anno, con l'attività di 500-600 centri autorizzati sparsi sul territorio provinciale;
   in questi mesi di inadempienza dell'amministrazione comunale i titolari dei centri di revisione hanno continuato ad acquistare anticipatamente i bollini dall'Agenzia Roma Servizi per la Mobilità;
   il comune di Roma avrebbe introitato indebitamente più di 2 milioni di euro dai titolari suddetti e, di conseguenza, dai cittadini romani;
   la sopracitata Agenzia ha dichiarato (Il Messaggero, Cronaca di Roma, p. 47, del 28 novembre 2012) di aver scritto al dipartimento ambiente del comune di Roma per chiedere indicazioni circa l'opportunità di proseguire nella vendita dei bollini, senza risposta;
   il Presidente Autoriparatori della CNA di Roma ha dichiarato, altresì, che, per garantire un rapporto di trasparenza con la clientela, è stata denunciata «più volte al Ministero dei trasporti questa anomalia»;
   sarebbe opportuno peraltro risarcire gli utenti romani vittime di una grave violazione di legge da parte del comune di Roma –:
   se il Ministro sia al corrente di quanto indicato in premessa e quali risposte intenda dare, per quanto di competenza, alle segnalazioni e alle istanze delle organizzazioni di categoria; se sussistano situazioni analoghe e, in tal caso, se non ritenga di promuovere una campagna informativa che eviti il perpetuarsi di tale stato di cose che reca pregiudizio ai cittadini. (4-18870)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   a seguito delle elezioni amministrative del maggio 2011 è stato eletto sindaco del comune di Reggio Calabria il dottor Demetrio Arena, la cui giunta si è insediata nel successivo mese di giugno;
   il 18 novembre 2011 si è conclusa un'operazione di polizia giudiziaria denominata «Astrea» che ha coinvolto il socio privato della Multiservizi Spa, società mista affidataria dei servizi di manutenzione dei beni comunali;
   il 21 dicembre 2011, nel corso dell'operazione di polizia giudiziaria denominata «Alta tensione 2» è stato tratto in arresto un consigliere comunale, immediatamente sospeso e sostituito con il primo dei non eletti della lista di appartenenza;
   in conseguenza alle predette operazioni di polizia giudiziaria il prefetto di Reggio Calabria, dottor Luigi Varratta, con proprio decreto del 20 gennaio 2012 ha disposto l'attivazione della procedura di accesso presso il comune di Reggio Calabria;
   il 14 luglio 2012, al termine dell'attività ispettiva, la commissione di accesso ha depositato le proprie conclusioni, sulle cui risultanze il neo prefetto, dottor Vittorio Piscitelli, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, ha redatto la sua relazione trasmettendola al ministero dell'interno il successivo 26 luglio;
   il 9 ottobre 2012 il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta di scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, formulata del Ministro dell'interno;
   l'amministrazione comunale ha svolto il proprio mandato solo per sei mesi, ovvero fino all'insediamento della commissione di accesso;
   l'avvio della commissione di accesso è intervenuto nel pieno di una continua e pressante attività del centrosinistra reggino e nazionale che attraverso note stampa ha avviato un'agguerrita campagna stampa contro l'amministrazione comunale;
   anche tramite numerose interrogazioni presentate sulla materia è stato sollecitato l'avvio della procedura di accesso;
   durante la prima conferenza stampa del Ministro dell'interno Cancellieri, tenutasi il 22 novembre 2011, un giornalista ha espressamente chiesto al Ministro se avesse intenzione di inviare la commissione di accesso al comune di Reggio Calabria, e alle ore 19.02 dello stesso giorno l'Ansa dava la notizia che il Viminale avrebbe chiesto informazioni al prefetto su presunte infiltrazioni mafiose nel comune, circostanza poi smentita dall'allora prefetto di Reggio Calabria, dottor Luigi Varratta;
   durante il periodo di attività della commissione di accesso si sono succeduti una serie di cambi al vertice delle più importanti istituzioni locali e delle Forze dell'ordine (procura, polizia, carabinieri) e, inaspettatamente, nel mese di aprile 2012, il prefetto di Reggio Calabria, dottor Luigi Varratta, viene sostituito dal dottor Vittorio Piscitelli, ed ancora il presidente della commissione stessa, dottor Valerio Valenti, già viceprefetto di Venezia, viene promosso prefetto e destinato presso la sede di Bolzano, con conseguente aumento di responsabilità e carico di lavoro;
   il neo prefetto di Reggio Calabria, dottor Vittorio Piscitelli, dopo appena due mesi dal suo insediamento, ha dovuto formulare un delicato parere in soli dieci giorni, un parere che – ad avviso degli interpellanti e come dimostrano gli atti – denota l'assoluta mancanza di conoscenza della realtà cittadina. Una circostanza che, probabilmente, ha pesato sulla decisione adottata dal Governo e ha arrecato grave danno e pregiudizio al Paese e all'intera comunità reggina;
   fin dai primi mesi di attività della commissione di accesso sono trapelate sulla stampa locale indiscrezioni sul lavoro della stessa e numerosi sono stati gli articoli tendenti a condizionarne ed indirizzarne l'opera; fughe di notizie acuitesi ulteriormente subito dopo la trasmissione al ministero dell'interno della relazione predisposta dal prefetto, come dimostrano i ripetuti articoli di stampa che oltre alle indiscrezioni, in alcuni casi, pubblicano stralci integrali della relazione all'epoca ancora secretata;
   lo scorso 9 ottobre 2012, data in cui il Consiglio dei ministri ha adottato il provvedimento di scioglimento del comune di Reggio Calabria, alcune testate giornalistiche erano già in città con dei loro inviati, preannunciando la decisione che avrebbe in seguito adottato il consiglio di amministrazione;
   il 10 ottobre 2012, esattamente il giorno dopo lo scioglimento, la relazione – benché atto riservato – è stata pubblicata integralmente su diversi siti internet e solo pochi giorni dopo era messa in vendita in edicola;
   dalla relazione della Commissione di accesso emergono grossolani errori, innumerevoli inesattezze e rilevanti omissioni, travisamento dei fatti e ribaltamento delle responsabilità tra le quali:
    a) casi di omonimia o notizie inesatte sull'attività di singoli professionisti che hanno infangato la reputazione di onesti cittadini;
    b) vengono tacciate di contiguità con la criminalità organizzata e si adombrano sospetti del tutto infondati su importanti imprese cittadine che, addirittura risultano fornitrici ed appaltatrici della questura e della prefettura;
    c) vengono segnalate come «infiltrate» cooperative sociali di tipo B, fornitrici dei servizi sociali al comune, in quanto composte da soggetti con precedenti penali, con ciò ignorando che le stesse, svolgendo attività di recupero di soggetti svantaggiati devono essere composte da ex detenuti ed ex tossicodipendenti;
    d) viene addebitata al comune l'intempestività con cui ha proceduto allo scioglimento della società mista Multiservizi Spa non tenendo in considerazione che la prefettura, soltanto a seguito delle reiterate richieste del comune, ha rilasciato l'interdittiva antimafia dopo ben sette mesi;
    e) tra i consiglieri attenzionati non risultano due esponenti di punta dell'opposizione benché nei loro confronti esistano, a parere degli interpellanti, motivi ben più gravi rispetto a quelli che vengono menzionati nella relazione: il primo in quanto socio in imprese confiscate e riportate nella citata relazione, il secondo in quanto imparentato con soggetti destinatari di procedimenti penali;
   molti cittadini stanno proponendo azioni giudiziarie a causa degli errori contenuti nella relazione e dell'avvenuta pubblicazione di un atto riservato;
   l'ex sindaco ha preannunciato ricorso a causa delle illegittimità riscontrate nella relazione –:
   per quali ragioni si sia provveduto a sostituire il prefetto nel corso dell'accesso;
   se risponda al vero, quanto riportato dalla stampa, vale a dire che il Ministro interpellato sia stato sollecitato all'avvio della procedura di accesso;
   se il Ministro interpellato, in via di autotutela, abbia intenzione di adottare gli opportuni provvedimenti al fine di rettificare gli errori e le gravi inesattezze presenti nella relazione commissariale anche al fine di evitare azioni di risarcimento danni dei cittadini, professionisti e imprese ingiustamente coinvolti;
   quali provvedimenti di competenza il Ministro intenda adottare per accertare i responsabili della grave ed inammissibile pubblicazione di un atto riservato;
   se il Governo abbia intenzione di adottare le iniziative di competenza per revocare il provvedimento con cui è stato disposto lo scioglimento del comune di Reggio Calabria in considerazione delle ad avviso degli interpellanti, macroscopiche inesattezze su cui si fonda la relazione della commissione di accesso.
(2-01771) «Santelli, Dima, Galati, Golfo, Traversa».

Interrogazione a risposta immediata:


   DI PIETRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con il presente atto di sindacato ispettivo l'interrogante, come nel mese di luglio 2012 e ad ottobre 2012, sottopone al Ministro interrogato la questione riguardante l'indizione delle elezioni nella regione Molise;
   in breve, al fine di ricordare gli eventi occorsi: nel 2011 in Molise si sono tenute le elezioni regionali; il tribunale amministrativo regionale, il 17 maggio 2012, con sentenza dichiarata immediatamente esecutiva, ha dichiarato l'illegittimità di quelle elezioni, successivamente confermata, nel mese di ottobre 2012, dal Consiglio di Stato; in risposta alle interrogazioni susseguitesi, il Ministro interrogato ha opposto, inizialmente, ad avviso dell'interrogante con un ossimoro giuridico, che la sentenza del tribunale amministrativo regionale, pur immediatamente esecutiva, non fosse da considerarsi ancora definitiva e, successivamente, che qualora l'esito della decisione del Consiglio di Stato avesse confermato quanto deciso dal tribunale amministrativo regionale, sarebbero stati adottati i conseguenti provvedimenti di convocazione dei comizi elettorali; infine, il Ministro interrogato ha sostanzialmente sostenuto che la stessa sentenza emessa il 29 ottobre 2012 dal Consiglio di Stato, per produrre effetti definitivi ai fini dell'indizione di nuove elezioni, richiedesse di attendere il passaggio in giudicato della medesima;
   in risposta all'interrogazione del novembre 2012, il Ministro interrogato ha concordato sul fatto che «la sentenza del Consiglio di Stato confermativa di quella di primo grado con l'annullamento delle precedenti elezioni viene, pertanto, a sancire effettivamente la necessità di restituire la parola agli elettori e ridare impulso alle procedure per il rinnovo degli organi elettivi della regione Molise»;
   l'interrogante segnala che le questioni giuridiche si vanno sviluppando, rendendo il quadro incompatibile con una sana gestione regionale: è stato presentato un esposto al procuratore di Campobasso, nel quale si ipotizzano i reati di usurpazione di potere politico e usurpazione di funzioni pubbliche – da parte degli organi di governo regionale che permangono illegittimamente al loro posto – in relazione agli atti adottati dall'assemblea regionale dopo la sentenza del Consiglio di Stato, che andrebbero oltre i provvedimenti urgenti sanciti dalla legge regionale n. 2 del 2002; nell'esposto si contesta anche la legittimità dell'erogazione delle indennità di carica;
   ad avviso dell'interrogante, questa vacatio politica rischia di assumere profili oltremodo critici e di comportare conseguenze assai negative per i cittadini, per le imprese, per la regione tutta;
   il Ministro interrogato, in risposta all'interrogazione del novembre 2012, ha dichiarato che il giorno delle elezioni molisane sarebbe stato stabilito dal Consiglio dei ministri, insieme all'eventualità di un election day dedicato alle tre regioni che andranno al voto;
   il ripristino delle condizioni di legittimità, nonché di governi regionali nella pienezza dei loro poteri, sono, ad avviso dell'interrogante, da considerarsi indifferibili –:
   se e come intenda procedere con riguardo all'accorpamento delle consultazioni regionali del Molise con quelle delle altre regioni in attesa del rinnovo dei relativi organi di governo. (3-02637)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale vigili del fuoco è stato soggetto negli ultimi 15 anni a tagli del turn-over, tali da ridurre per numero ogni qualifica, e attualmente si trova in condizione di cronica e pesante carenza di organico, soprattutto in personale operativo;
   l'organico nazionale risulta inferiore a quanto stabilito dalle piante organiche, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 97 del 2001, di circa il 10 per cento, dato medio nazionale;
   la carenza di personale, soprattutto operativo, oltre a creare pericolose conseguenze al dispositivo di soccorso tecnico urgente nazionale, pone in serio rischio individuale, il personale di soccorso, e ostacola le normali procedure di passaggio verticale di qualifica;
   nella fattispecie, la qualifica di capo squadra risulta essere stata gravemente penalizzata da un biennio di assenza di procedure concorsuali atte all'approvvigionamento della stessa;
   attraverso il concorso a capo squadra, con decorrenza 6 luglio 2008, stabilito con decreto ministeriale 2230/2008, l'amministrazione dell'Interno intendeva porre rimedio alla situazione citata;
   con sentenza n. 11303 del 2009, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio annullava il provvedimento di approvazione della graduatoria del concorso interno, indetto con decreto ministeriale citato, per la copertura del 40 per cento dei posti disponibili, decorrenza 2006, nella qualifica di «capo squadra» del Corpo nazionale vigili del fuoco;
   a seguito di detta sentenza, si è creata una situazione di disagio, disordine ed incertezza fra tutto il personale, con il rischio di serie ripercussioni non solo sull'operatività dei comandi provinciali, ma anche sull'operatività di chi legittimamente occupa già la posizione di qualificato –:
   se il Ministro intenda chiarire la posizione dei vincitori di concorso, che attualmente sono relegati ai comandi di appartenenza con la qualifica precedente, attendendo di essere trasferiti a quelli di destinazione per poter esercitare il ruolo, anche considerando che ciò permetterebbe di sbloccare i processi di mobilità del personale tutto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   se la sentenza del Tribunale amministrativo regionale di cui in premessa, sia stata notifica alla direzione centrale dei vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile. (5-08567)


   BOBBA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Confederazione sindacale autonoma della polizia (CONSAP) a seguito delle denunce presentate relative ai ritardi con i quali il servizio trattamento pensioni e previdenza del dipartimento della pubblica sicurezza procede all'emissione dei decreti di riconoscimento e di liquidazione dell'equo indennizzo spettanti al personale della polizia di Stato, ha deciso, insieme al CODACONS, di porre in essere una class action gratuita per il diritto ad una sollecita definizione delle procedure citate per l'ingiustificato ritardo dell’iter istruttorio
   secondo la stessa CONSAP, sono oltre 35.0000 le pratiche arretrate di equo indennizzo, relative alle prime istanze e agli aggravamenti e alle nuove patologie comportando, da quanto si legge in una nota «la mortificazione di tanti sacrifici ma soprattutto un grave danno economico per tutti i poliziotti e lo loro famiglie»;
   secondo quanto si apprende dalle dichiarazioni del segretario generale della CONSAP, Giorgio Innocenzi, così come dichiarato sul Corriere della Sera, del 20 ottobre 2011, il risarcimento delle spese sanitarie sostenute dai poliziotti per cause di servizio sarebbero così lente che gli agenti «attendono anni» prima di essere rimborsati di quanto anticipato, al punto da raggiungere l'età pensionabile e nei casi più gravi di «morire di vecchiaia» senza vedersi corrispondere quanto dovuto;
   il segretario generale CONSAP, riferendosi alla manifestazione degli Indignados, svoltasi a Roma, sabato 15 ottobre 2011, precisa nello stesso articolo: «Mentre affrontiamo la questione dei 105 feriti di sabato scorso, ci sono da risarcire ancora le decine di uomini finiti in ospedale il 14 dicembre dell'anno scorso dopo gli scontri in via del Corso»;
   da quanto si evince la maggior parte delle pratiche di risarcimento non evase riguarda attività di ordine pubblico, svolte nelle piazze o negli stadi, dove spesso gli agenti di polizia diventano veri e propri bersagli, come si evince dagli ultimi fatti di cronaca;
   il mancato riconoscimento del risarcimento e la conseguente non liquidazione dell'equo indennizzo esaspera una situazione già di per sé precaria, visti gli ingenti tagli al settore sicurezza, che hanno portato i sindacati a fare pubblica colletta per poter acquistare il carburante per volanti e automezzi –:
   se non si ritenga doveroso ed urgente garantire una tempistica adeguata per il riconoscimento nonché la liquidazione dell'equo indennizzo e per il ristoro dei danni. (5-08569)


   BOBBA. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante in diversi atti di sindacato ispettivo interrogava il Ministro dell'interno per sapere quali iniziative, anche di carattere normativo, si intendevano porre in essere al fine di evitare episodi gravi di abusi sull'utilizzo della fascia tricolore da parte di amministratori pubblici, così come previsto dalla normativa vigente e, in particolar modo dalla circolare 5/1998 emanata dal Ministro dell'interno Rosa Russo Iervolino, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 270 del 18 novembre 1998;
   in occasione delle prossime elezioni comunali di Varallo, provincia di Vercelli, del 6-7 maggio 2012, il sindaco Gianluca Buonanno ha ritenuto opportuno posare con la fascia tricolore su volantini elettorali, pubblicizzati anche a mezzo stampa, con il candidato a sindaco Eraldo Botta, anch'egli con la fascia tricolore con la scritta «Varallo l'unica Città al mondo con “2 sindaci”»;
   la circolare sopra citata è alquanto chiara quando puntualizza: «Il Sindaco in quanto tale può utilizzare la fascia tricolore, anzi deve utilizzarla, nell'adempimento delle proprie funzioni istituzionali, tutte le volte in cui la propria veste di partecipazione alle manifestazioni pubbliche venga interpretata come appunto espletamento del proprio ruolo ed assuma ufficialità; diversamente, nell'ipotesi di partecipazione a titolo privato, o comunque non ufficiale, si dubita fortemente non solo della opportunità, ma anche della legittimità dell'utilizzo di tale simbolo distintivo»;
   come già espresso dall'interrogante in precedente atto di sindacato ispettivo (5-02650) e sempre, a parere dello stesso, anche in questa situazione «l'uso improprio della fascia tricolore mina i fondamenti democratici dello Stato italiano e comporta superficialità nell'espletare il ruolo del sindaco, configurando anche un abuso delle proprie peculiari funzioni»;
   appare all'interrogante urgente e doveroso che i volantini sopra ricordati così come predisposti siano opportunamente rimossi –:
   se non si ritenga doveroso e urgente porre in essere le opportune iniziative normative al fine di evitare l'uso improprio e, nel caso in premessa strumentale, della fascia tricolore. (5-08570)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   DOZZO, MARONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'entrata in vigore della legge 2 agosto 1999, n. 264, è stata istituita in Italia la regolamentazione agli accessi per l'iscrizione ad alcuni corsi di laurea;
   il predetto «accesso» è stato subordinato al superamento di una selezione preliminare che si propone di individuare gli studenti potenzialmente più idonei a frequentare con profitto il corso di studi prescelto;
   il numero programmato si è affermato in Italia con lo scopo di equilibrare il rapporto tra il numero di studenti e la qualità e capacità delle strutture universitarie, anche al fine di regolare l'offerta di professionalità richieste dal mercato;
   la legge 30 dicembre 2010, n. 240, concernente la riforma del sistema universitario, si propone tra l'altro, di rivedere anche la materia dell'accesso al sapere attraverso la delega conferita al Governo per «la realizzazione di opportunità uniformi, su tutto il territorio nazionale, di accesso e scelta dei percorsi formativi»;
   a dispetto della previsione normativa da ultimo citata, i numeri del corrente anno accademico dimostrano come esistano casi di obiettiva e poco contestabile discriminazione tra i vari candidati a seconda della sede prescelta;
   in base ai risultati dei test d'ingresso svoltisi il 4 settembre 2012, si evidenzia che a Napoli l'ultimo punteggio utile ai fini dell'ammissione alla facoltà di medicina e chirurgia risulterebbe essere di 36,74 punti, a Bari e a Palermo sono sufficienti meno di 40 punti, a Cagliari, Sassari, Perugia e Roma Tor Vergata 37 punti, a Firenze, Parma, Pisa e Siena occorrono 39 punti, gli studenti di Bologna e degli atenei aggregati devono arrivare, invece, a quota 41, mentre quelli di Milano, Varese Insubria e Piemonte Orientale si attestano ad un punteggio minimo che supera i 42 punti. Le università dove l'accesso è più difficile si situano tutte nel Nord del Paese è sono Padova, Pavia, Trieste e Udine, che vantano il primato di 43 punti per l'accesso alle facoltà di medicina;
   in base ai suddetti dati, nonostante i test di ingresso per l'accesso alla facoltà di medicina e chirurgia siano uguali per tutti gli studenti italiani, i punteggi con cui si superano variano da ateneo ad ateneo, determinando oltre sei punti di differenza, a svantaggio del Nord;
   ferma l'unicità delle prova, essa si svolge presso i singoli atenei e il collocamento in posizione utile avviene in singole graduatorie, anziché in una graduatoria unica;
   il collocamento in posizione utile dipende sia dal numero di posti disponibili sia dal numero di concorrenti presso ciascun ateneo, e dunque può accadere, come sopra esplicitato, che, se presso un ateneo del Sud è maggiore il numero dei posti, o minore il numero dei concorrenti, è sufficiente, per il collocamento in graduatoria, un «punteggio inferiore» rispetto a quello necessario in altro ateneo del Nord;
   l'ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal merito del candidato, ma da fattori casuali e affatto aleatori legati al numero di posti disponibili presso ciascun ateneo e dal numero di concorrenti presso ciascun ateneo, ossia fattori non ponderabili ex ante;
   il rinvio della legge 2 agosto 1999, n. 264, alla Corte costituzionale ha indotto il Ministro interrogato a istituire le graduatorie «territoriali», e non più per singolo ateneo;
   il decreto ministeriale 28 giugno 2012, n. 196, introduce, infatti, il sistema delle graduatorie per aggregazioni di sedi universitarie limitrofe, concedendo a queste ultime di stilare elenchi comuni sulla base di determinati modalità e criteri (numero di posti disponibili, procedure per il corretto svolgimento delle prove, criteri di valutazione e programmi d'esame per ogni facoltà ad accesso programmato);
   l'aggregazione in parola non risolve, tuttavia, minimamente la sopra citata irrazionalità per disparità di trattamento, poiché gli studenti del Nord continuano a dovere conseguire punteggi significativamente più alti di quelli sufficienti in atenei del Sud per essere collocati in posizione utile –:
   quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda intraprendere per garantire criteri certi, trasparenti ed uniformi in merito al sistema d'accesso ai corsi di laurea a numero chiuso, garantendo agli studenti del Nord il diritto allo studio, il diritto all'ammissione dei più meritevoli e il diritto a scegliere la sede universitaria, attualmente compromessi dal sistema vigente. (3-02639)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli istituti autonomi valsesiani versano in una situazione economica di precarietà, che crea disagio agli studenti e alle loro famiglie e che costringe le istituzioni scolastiche a modificare la propria offerta formativa; allo stesso tempo la RIAV, la rete degli istituti autonomi valsesiani, ha reso noto che il credito che le stesse scuole vantano nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca supera il milione di euro;
   il bilancio negativo degli istituti autonomi valsesiani è dovuto al fatto che gli stessi devono contribuire con i propri fondi agli stipendi dei supplenti temporanei, ai materiali per la didattica e per il funzionamento degli uffici, ai materiali per la pulizia e per la gestione dei servizi interni, alle spese per i pasti dei docenti che assistono i bambini durante la mensa, alle quote di salario aggiuntivo dei docenti e del personale ausiliario, ai progetti per gli alunni e le famiglie, e alle iniziative di formazione per i docenti;
   gli istituti in premessa, siti in territorio montano, sono già sfavoriti a causa della loro collocazione e la situazione venutasi a creare può accrescere il senso di esclusione e limitare il diritto all'istruzione per i bambini e i ragazzi che vi abitano;
   nel 2009 la maggior parte delle scuole non ha neppure ricevuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i fondi per la cancelleria, per i telefoni e persino per l'igiene dei servizi;
   per ciò che concerne la gestione delle supplenze, alle scuole è assegnato un budget iniziale che definisce il tetto massimo che ciascun istituto cerca di non superare, attuando strategie di fortuna, in quanto di fatto si ostacola l'attività didattica, dovendosi ad esempio suddividere gli alunni in classi parallele;
   in particolare, i crediti conseguiti in più anni riguardano, per le somme più ingenti, la direzione didattica di Borgosesia, per circa 152 mila euro, il liceo scientifico Ferrari di Borgosesia, per circa 113 mila euro, l'istituto alberghiero di Varrallo e Gattinara, per circa 116 mila euro, l'istituto D'Adda di Varrallo, per quasi 111 mila euro;
   trattandosi di cifre già anticipate dagli istituti scolastici, i mancati versamenti da parte del Ministero comportano le conseguenti difficoltà nella gestione finanziaria delle scuole e l'impoverimento dell'offerta formativa;
   nei giorni scorsi i presidi dei dodici istituti superiori e comprensivi valsesiani hanno inviato una lettera al Ministro interrogato, alla regione Piemonte e agli uffici del provveditorato, per denunciare la difficile situazione economica a cui sono costretti, loro malgrado –:
   se non si ritenga necessario ed urgente intervenire al fine di estinguere il debito ed assicurare agli istituti scolastici in premessa la normale prosecuzione delle attività di gestione e di formazione finora offerte agli studenti e alle loro famiglie, evitando così di accrescere il senso di esclusione e di limitare il diritto all'istruzione per i bambini e i ragazzi ivi residenti. (5-08564)


   BOBBA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con proprio decreto del 24 aprile 1992 ha messo ad ordinamento un corso triennale d'istruzione professionale di Stato per l'acquisizione della qualifica di «Operatore dei servizi sociali» e che tale qualifica è stata successivamente confermata con decreto ministeriale 14 aprile 1997, n. 250;
   lo stesso Ministero con proprio decreto del 15 aprile 1994 ha messo ad ordinamento un corso biennale di post-qualifica d'istruzione professionale di Stato per il conseguimento del titolo di «tecnico dei servizi sociali», corso quest'ultimo il cui accesso è riservato a coloro che in precedenza hanno acquisito la qualifica corrispondente di operatore;
   nel profilo professionale, descritto nei decreti ministeriali, relativo alla qualifica di «operatore dei servizi sociali» si legge che «(...) con una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico-pratico e nell'ambito dei servizi socio-educativo-culturali, svolge la propria attività a sostegno di persone di diversa età, per favorire le loro potenzialità individuali e il loro inserimento e partecipazione sociale. (...) Alla conclusione del ciclo di studi l'Operatore dei Servizi Sociali può lavorare nelle strutture pubbliche e private del territorio a sostegno delle comunità, per salvaguardare l'autonomia personale e sociale dei cittadini con lo scopo di salvaguardare l'autonomia personale e sociale dei cittadini con lo scopo di evitare o ridurre i rischi di isolamento o di emarginazione. (...)»;
   nel profilo professionale, descritto nel decreto ministeriale del 15 aprile 1994, si legge che «Il Tecnico dei servizi sociali possiede competenze e capacità per adeguarsi alle necessità e ai bisogni delle persone con le quali deve operare. È in grado di programmare interventi precisi e mirati secondo le esigenze fondamentali della vita quotidiana e di svago, curandone l'organizzazione e valutandone l'efficacia. Con l'esperienza anche pratica (attraverso stage e tirocini) il tecnico dei servizi sociali è capace di cogliere i problemi e di risolverli efficacemente e tempestivamente tenendo conto dell'aspetto giuridico, organizzativo, psicologico e igienico sanitario»;
   negli anni la presenza dei corsi di istruzione professionale di Stato negli indirizzi di operatore e tecnico dei servizi sociali si è andata diffondendo sul territorio nazionale, avviando verso tali qualifiche e titoli di studio migliaia di giovani motivati all'impegno e al lavoro nel settore sociale;
   il recente riordino dell'istruzione secondaria superiore ha rideterminato i diplomi da conseguirsi al termine del percorso di studi prevedendo che nell'ambito degli Istituti professionali di Stato fosse presente l'indirizzo socio-sanitario al termine del quale viene rilasciato il diploma di «Tecnico socio-sanitario», giusto decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 15 marzo 2010, delineando un curriculum di studi non sostanzialmente diverso da quello del «Tecnico dei servizi sociali»;
   in base alla descrizione del profilo professionale del tecnico dei servizi socio-sanitario, riportato in predetto decreto, tale figura: «(...) possiede le competenze necessarie per organizzare ed attuare interventi adeguati alle esigenze socio-sanitarie di persone e comunità, per la promozione della salute e del benessere bio-psico-sociale. È in grado di:
    partecipare alla rilevazione dei bisogni socio-sanitari del territorio attraverso l'interazione con soggetti istituzionali e professionali;
    rapportarsi ai competenti Enti pubblici e privati anche per orientare l'utenza verso idonee strutture;
    intervenire nella gestione dell'impresa sociosanitaria e nella promozione di reti di servizio per attività di assistenza e di animazione sociale;
    applicare la normativa vigente relativa alla privacy e alla sicurezza sociale e sanitaria;
    organizzare interventi a sostegno dell'inclusione sociale di persone, comunità e fasce deboli;
    interagire con gli utenti del servizio e predisporre piani individualizzati di intervento;
    individuare soluzioni corrette ai problemi organizzativi, psicologici e igienico-sanitari della vita quotidiana;
    utilizzare metodi e strumenti di valutazione e monitoraggio della qualità del servizio erogato nell'ottica del miglioramento e della valorizzazione delle risorse (...)»;
   l'introduzione dell'indirizzo socio-sanitario nell'ambito del riordino dell'istruzione superiore ha determinato un incremento dei corsi su tutto il territorio nazionale; la normativa vigente relativa al rilascio di qualifiche professionali assegna alle regioni tale compito;
   è tuttora aperto il problema della definizione delle figure professionali in ambito sociale, tant’è che l'ISFOL nel maggio 2008 ha reso noto un progetto per realizzare un «Osservatorio per il governo del sistema delle professioni sociali e lo sviluppo dei servizi alla persona», per rispondere all'esigenza di normare le diverse professioni sia in ambito sociale, dove il processo è ancora in una fase di forte evoluzione, sia in ambito sanitario, dove il processo risulta essere più avanzato;
   le regioni rispetto al riconoscimento della qualifica di «Operatore dei servizi sociali» e del diploma di «Tecnico dei servizi sociali» hanno avuto comportamenti difformi. Alcune non riconoscono in alcun modo tali titoli come utili all'accesso al lavoro in strutture sociali e socio-sanitarie, determinando confusione e delusione nei giovani e nelle loro famiglie che al termine di un percorso di studi, prevalentemente mirato al lavoro in relazioni di aiuto alle persone, si trovano con un titolo di studio non riconosciuto a tale scopo;
   il comportamento di alcune regioni è stato talmente rigido che in seguito ad ispezioni è stato richiesto l'allontanamento dalle mansioni ricoperte nel lavoro in strutture residenziali sociali e socio sanitarie accreditate, di giovani con tale diploma, che ivi erano utilmente impiegati con soddisfazione delle strutture che li avevano assunti, dei loro utenti e dei giovani lavoratori stessi. Un fatto di questo tipo è nuovamente accaduto recentemente in Piemonte;
   nell'intesa raggiunta in Conferenza Unificata Stato-Regioni il 29 aprile 2010 relativa alle 21 figure professionali dei percorsi di istruzione e formazione professionale nessuna di queste è riconducibile ai percorsi degli istituti professionali nell'indirizzo socio-sanitario, pertanto l'intesa raggiunta in Conferenza unificata Stato-Regioni il 16 dicembre 2010 «riguardante l'adozione delle linee-guida per realizzare organici raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale», non è applicabile all'indirizzo socio-sanitario, facendo in tal modo permanere il problema della spendibilità nel mondo del lavoro del nuovo titolo di studi di «Tecnico-socio-sanitario»;
   in molte regioni l'accesso a mansioni lavorative che prevedono relazioni di aiuto nei servizi sociali e socio-sanitari, è previsto esclusivamente o con diploma di laurea o con la qualifica di operatore socio-sanitario, qualifica che si consegue attraverso corsi di formazione professionale generalmente annuali, il cui requisito d'accesso è dato dall'adempimento dell'obbligo scolastico;
   alcune regioni, tra cui la regione Piemonte, riconoscono la figura del tecnico dei servizi sociali quanto riguarda l'educazione nel settore dell'assistenza all'infanzia, ma non riconoscono il titolo come idoneo a formare una figura professionale specifica inserita nei servizi sociali e socio-sanitari in quanto «Tecnico dei servizi sociali»;
   vi sono regioni che riconoscono agli studenti con diploma di tecnico dei servizi sociali o di operatore dei servizi sociali solo alcuni limitati crediti formativi spendibili nell'ambito dei percorsi di formazione professionale di «Operatore socio-sanitario». Per accedere in alcuni casi è richiesta la partecipazione a prove di selezione (che spesso prevedono esplicitamente una precedenza a favore di persone disoccupate con più di 26 anni, mentre in altri casi sono i contenuti e le modalità dei test che favoriscono le persone disoccupate non più giovani), in altre regioni si richiede il pagamento del corso di formazione;
   in particolare nella regione Piemonte in base alle determine dirigenziali 172 del 28 marzo 2011 e 588 del 21 ottobre 2011, coloro che hanno già un diploma di istruzione superiore come tecnico dei servizi sociali, coerente con il percorso dell'operatore socio-sanitario, per vedersi riconoscere una qualifica spendibile nei servizi e nelle strutture sociali e socio-sanitarie è richiesta la frequenza ad un intero corso (pur ridotto nelle ore ma non nella durata temporale), occupando posti nei corsi della formazione professionale che altrimenti sarebbero disponibili per altri soggetti che mai hanno affrontato quelle tematiche formative e determinando uno spreco di risorse finanziarie e formative;
   sentita l'esperienza di diplomati nei corsi di tecnico dei servizi sociali che hanno successivamente frequentato i corsi di «Operatore socio-sanitario», si riscontra un parere diffuso circa la prevalente inutilità della ripetizione di gran parte delle lezioni teoriche, mentre alcuni rilevano l'utilità di un'integrazione della formazione con attività di tirocinio in ambiti differenziati;
   a parere dell'interrogante la mancanza del riconoscimento di cui in premessa pone in essere una condizione ingannevole nei confronti dei giovani e delle loro famiglie, convinti, in base alle descrizioni dei profili professionali forniti dal Ministero, di seguire corsi dell'istruzione professionale di Stato utili all'inserimento nel mondo del lavoro, per poi ritrovarsi o a dover accedere a corsi professionali a pagamento o soggetti a test selettivi, oppure a dover proseguire gli studi in ambito universitario;
   sempre a parere dell'interrogante si potrebbe prevedere un modulo specifico per il conseguimento della qualifica di «operatore dei servizi socio-sanitari», modulo il cui accesso sia riservato a persone con i titoli rilasciati dall'istruzione professionale di Stato e, al fine di un contenimento dei costi, l'eventuale realizzazione di tale modulo specifico, oltre che agli enti di formazione professionale, potrebbe essere affidata a istituti scolastici accreditati per la formazione –:
   se non si ritenga urgente e doveroso affrontare il problema del riconoscimento nel settore sociale e socio-sanitario dei titoli conseguiti nell'istruzione professionale di stato, quale «operatore dei servizi sociali» e quale «tecnico dei servizi sociali» previsti nell'ordinamento previgente e in prospettiva quello di «Tecnico dei servizi socio-sanitari», previsto nel decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 15 marzo 2010;
   se non si ritenga doveroso procedere in tempi rapidi nel realizzare un accordo con le regioni, affinché i giovani con titolo di «Operatore dei servizi sociali» e «Tecnico dei servizi sociali» che intendano svolgere la professione di «operatore socio-sanitario», vedano riconosciuto il titolo di «tecnico dei servizi sociali» come valido per ricoprire la mansione di operatore socio-sanitario, fatto salvo un necessario periodo di prova da realizzare all'interno dell'ente che procede all'assunzione, prendendo in considerazione quanto esposto in premessa per il contenimento dei costi;
   se non si ritenga urgente procedere ad un accordo con le regioni, sulla base degli studi effettuati dall'ISFOL o da altri soggetti e delle esperienze fatte da alcune regioni, quale la Toscana, prevedendo ambiti professionali specifici per il cui accesso sia spendibile il titolo di «tecnico dei servizi sociali» e di «tecnico socio-sanitario» introducendo, eventualmente, una revisione del curriculum del «tecnico sociosanitario», se necessario, o l'uso delle quote di flessibilità e autonomia, previste dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010, per realizzare nell'istruzione professionale di Stato una preparazione coerente ai fabbisogni del settore sociale e socio-sanitario. (5-08571)


   DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a pochi giorni dal secondo parere del Consiglio di Stato il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato il 19 novembre 2012 il decreto n. 200 che regolamenta «le modalità e le procedure per l'applicazione proporzionale, a decorrere dal 1o gennaio 2013, dell'esenzione dell'IMU per le unità immobiliari destinate allo svolgimento delle attività istituzionali con modalità non commerciali»;
   dopo aver precisato nell'articolo 3 quali sono i requisiti generali perché una attività possa considerarsi non commerciale, nell'articolo successivo elenca ulteriori requisiti particolarmente restrittivi per quelle attività che si definiscono didattiche;
   queste, secondo quanto affermato nell'articolo 4, comma 3, a, b, c, devono essere «paritarie», non devono essere «discriminatorie nell'accettazione degli alunni»; hanno l'obbligo di «accogliere gli alunni portatori di handicap», devono applicare la «contrattazione collettiva al personale docente e non docente», devono garantire «l'adeguatezza delle strutture agli standard previsti», devono assicurarle «pubblicità del loro bilancio»;
   inoltre le attività didattiche devono essere svolte a «titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto conto dell'assenza di relazione con lo stesso»;
   mentre i primi requisiti sono la riproposizione di quanto già stabilito dalla legge n. 62 del 2000 per ottenere il riconoscimento di parità, gli ultimi requisiti sono aggiunti da questo regolamento e mettono in grande difficoltà le scuole paritarie;
   è infatti impossibile che una scuola paritaria, che fa parte di un unico sistema pubblico di istruzione unitamente alla scuola statale, debba ottemperare le norme di legge, relative alla contrattazione collettiva dei suoi dipendenti, all'adeguatezza funzionale degli edifici, alla modernizzazione delle strumentazioni didattiche, al sostegno degli studenti portatori di handicap, all'aggiornamento del personale per citare alcuni dei tanti capitoli di spesa del suo bilancio, per riuscire ad essere esentata dall'Imu, possa, senza avere alcun finanziamento pubblico, offrire il suo servizio scolastico ed educativo «a titolo gratuito» o dietro «un corrispettivo simbolico»;
   il richiamo in premessa di questo decreto a titolo giustificativo della necessità di adeguarsi ai «parametri di conformità a quelli previsti dal diritto dell'Unione europea» non tiene conto di un particolare assai importante che le scuole non statali, nei diversi Paesi europei godono, anche se in maniera diversificata da un Paese all'altro, di un finanziamento pubblico e, quindi, si trovano nella oggettiva fortunata situazione di non praticare alcuna retta, oppure di praticare semplicemente una retta simbolica ad integrazione del contributo statale. Ma in Italia è molto diverso. Il finanziamento pubblico della scuola paritaria è irrisorio e, per di più, si arresta alle scuole materne e primarie ex parificate convenzionate. Tutte le altre non hanno alcun finanziamento;
   quanto detto risulta secondo l'interrogante ancor più paradossale alla luce di una Risoluzione del Parlamento europeo, approvata a Strasburgo appena il 4 ottobre 2012, che ribadisce quanto aveva già solennemente proclamato in una altra Risoluzione del 14 marzo 1984 che la libertà di scelta educativa è un diritto fondamentale umano che va garantito, sostenuto e promosso dagli Stati membri, che questa libertà di scelta educativa si esercita anche nelle scuole paritarie e che quindi nei confronti di queste scuole non va praticata alcuna sorta di discriminazione rispetto a quanto stabilito per le altre scuole statali;
   ora, questo regolamento per i vincoli ai quali sottopone le scuole paritarie per essere esenti dall'imposizione IMU appare all'interrogante palesemente discriminatorio. Costituisce un ulteriore atto legislativo che le penalizza, le emargina, le costringe a cessare la propria attività. Mette in evidenza come in Italia ancora alcuni diritti fondamentali, come appunto quello della libertà di scelta educativa, sono dei miraggi lontani e, a queste condizioni, irraggiungibili; e che l'Italia è ancora lontana dall'Europa dei diritti civili;
   questo regolamento è ad avviso dell'interrogante una sorta di accanimento nei confronti di quelle istituzioni che si propongono, senza finalità di lucro, come un servizio al Paese, nel sistema pubblico d'istruzione; il grosso rischio è quello di far diventare queste istituzioni, che nella maggior parte dei casi attualmente non sono «scuole per ricchi», ma accolgono, spesso anche gratuitamente, ragazzi in situazioni familiari svantaggiate, scuole esclusivamente per coloro che potranno pagare una cospicua retta e quindi scuole «solo d’élite»;
   questo regolamento affossando le scuole paritarie, che per il bilancio dello Stato (nelle voci attività specifiche di pertinenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero della sanità, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero per i beni culturali, province, regioni, fondi europei) costituiscono un risparmio nell'ordine di una decina di miliardi, contraddice la filosofia della spending review intrapresa dal Governo e dalle forze che lo sostengono e andrà ad appesantirlo ulteriormente costringendo indistintamente tutti, a subire altre imposizioni fiscali per raggiungere il suo pareggio;
   concludendo, per la parte che riguarda le scuole paritarie senza finalità di lucro si tratta secondo l'interrogante di un decreto ingiusto, discriminatorio, politicamente miope, in aperta contraddizione con tutte le manovre di saggia politica economica e fiscale e con le più volte dichiarate affermazioni delle più alte autorità istituzionali che la scuola, in quanto priorità strategica per lo sviluppo economico e sociale del Paese, deve essere messa al primo posto dell'agenda governativa e disporre tutte le condizioni, comprese quelle finanziarie, che le consentono di svolgere appieno il suo servizio –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente ed indispensabile che il regolamento in premessa citato venga profondamente emendato in quanto in contrasto tanto con quanto stabilito dalla risoluzione del Parlamento europeo, approvata a Strasburgo appena il 4 ottobre 2012, quanto con quegli stessi interessi, in questo caso del bilancio dello Stato nelle sue diverse articolazioni, che si propone di voler difendere, soprattutto a causa della inevitabile chiusura di buona parte delle scuole paritarie senza finalità di lucro che ne deriverebbe nel caso il regolamento stesso venisse applicato, senza alcuna modifica, così come è stato redatto;
   se non pare opportuno al Ministro interrogato che, eventualmente, la dicitura «un corrispettivo simbolico» venga interpretata nel senso di porre in relazione il corrispettivo che viene versato dai genitori per ogni alunno della scuola paritaria senza finalità di lucro, rispetto a quanto costa allo Stato ogni alunno della scuola statale. (5-08579)

Interrogazione a risposta scritta:


   COSCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il liceo E. Montale di Roma nasce molti anni fa come liceo classico. A questo indirizzo si sono negli anni aggiunti indirizzo linguistico e quello delle scienze umane (ex sociopsicopedagogico);
   per alcune classi di questi due indirizzi, già dallo scorso anno scolastico, con l'accordo delle famiglie, l'orario è stato articolato su cinque giorni con il sabato libero, mentre per il liceo classico, nessuna decisione in tal senso è stata presa prima dell'avvio delle iscrizioni all'anno scolastico 2012-13, considerata la peculiarità dell'indirizzo e il numero di ore settimanali;
   all'inizio di questo anno scolastico, il nuovo dirigente scolastico, la dottoressa Rita Sciuto ha convocato un collegio docenti (sessione del 3 settembre 2012) dal quale è emersa – pur non all'ordine del giorno – la preferenza per un cambio dell'orario settimanale (inferiore a 30 ore) per il biennio ginnasiale, distribuendo le lezioni su cinque giorni con il sabato libero;
   tale preferenza – peraltro in contrasto con gli indirizzi del consiglio di istituto che aveva deliberato piano d'offerta formativo e orario in tempi utili a formalizzare le iscrizioni (14 febbraio 2012) – è stata assunta come direttamente operativa dal dirigente scolastico, la quale non si è premurata di raccogliere il parere delle famiglie;
   per queste ragioni, ad anno scolastico 2012-13 iniziato, dopo aver aderito in sede di iscrizione all'offerta formativa che prevedeva un orario articolato su sei giorni, le famiglie hanno visto cambiare le regole in corso d'opera, senza essere state preventivamente consultate. Ciò è avvenuto in chiaro contrasto con la vigente normativa sulla autonomia scolastica (articoli 3 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999) senza alcuna attenzione alla consultazione delle famiglie, senza alcun interesse per la cura della didattica e, soprattutto, in contrasto con la decisione deliberata dal consiglio d'istituto;
   a questi fatti si sono susseguite convocazioni del collegio docenti e del consiglio d'istituto in diverse date (Cdl del 14 settembre 2012 e dell'8 ottobre 2012 e un'ulteriore seduta del CD del 17 ottobre 2012) che, nel disaccordo dei rispettivi deliberati, hanno visto il Dirigente scolastico attuare comunque le decisioni del collegio docenti;
   molti genitori hanno proceduto di conseguenza a raccolte di firme, a proteste individuali o collettive, molte le note scritte al dirigente dell'ufficio scolastico Lazio, fino a ricorrere allo strumento della diffida legalmente significativa, sottoscritta da numerosi genitori nonché ad esperire un ricorso al giudice amministrativo (Tar Lazio);
   tuttavia, ad oggi non si è avuto nessun riscontro dalla amministrazione scolastica e da chi la rappresenta legalmente, né dal liceo E. Montale, né dalla direzione generale del Lazio;
   ad aggravare la situazione va segnalato che nessun verbale, nessun atto deliberativo dei sopracitati organi scolastici è stato più pubblicato a partire da settembre 2012, (tranne il verbale del 3 settembre reso fruibile soltanto il 27 ottobre, poiché richiesto da molti genitori e dal consiglio di Istituto nel corso della seduta dell'8 ottobre 2011) nell'albo scolastico consultabile via internet tanto che rimangono disattese anche formali richieste di accesso agli atti;
   la situazione attuale dunque prevede che la dirigenza del liceo E. Montale, ad anno scolastico già avviato, non rispetti impegni assunti con l'approvazione del POF;
   l'imposizione, peraltro, non trova giustificazione nel risparmio di spesa, poiché l'istituto (con tutti i consumi connessi al suo funzionamento) nel giorno del sabato continua, comunque, a svolgere le lezioni per il triennio liceale che contempla più di 30 ore settimanali;
   inoltre, appare chiaro come sia deleterio per la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento il protrarsi delle lezioni dell'indirizzo classico fino alla sesta ora;
   tra l'altro, presso la suddetta scuola sono iscritti ragazzi che vengono da fuori quartiere e da fuori Roma (soprattutto al liceo classico, dopo la riduzione di sezioni operata lo scorso anno scolastico nel territorio del XV e XVI municipio, che ha comportato il sacrificio di un'intera sezione del Montale, la sez. «N»). Molti di questi ragazzi si trovano a non poter risolvere i problemi logistici creati dal prolungamento di orario nei loro spostamenti, mancando coincidenze con i treni urbani ed extra urbani e con corriere e, conseguentemente, venendo meno a quegli impegni pomeridiani, già assunti sulla base dell'offerta formativa conosciuta all'atto dell'iscrizione, che appartengo alla legittima sfera dell'arricchimento sportivo e culturale –:
   quali iniziative intenda assumere per far sì che la dirigenza del liceo Montale rispetti gli impegni presi con l'approvazione del Pof al fine di ristabilire quella irrinunciabile fiducia tra scuola e famiglie posta alla base del patto formativo che con l'iscrizione al Liceo Montale molte famiglie hanno sottoscritto. (4-18866)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   OCCHIUTO, GALLETTI, POLI, TASSONE, COMPAGNON, CICCANTI, RAO, NARO, VOLONTÈ, LIBÈ, DELFINO, PEZZOTTA e ANNA TERESA FORMISANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le regioni hanno più volte manifestato il forte rischio che le risorse destinate alla copertura della cassa integrazione in deroga per il 2013 siano insufficienti;
   nel 2011 sono stati erogati per la cassa in deroga 1,7 miliardi di euro, mentre per il 2012 si stima che la spesa superi i 2 miliardi di euro; gli 800 milioni di euro assegnati per il 2013 non sono, pertanto, in grado di coprire le richieste, per cui ci si potrebbe trovare a giugno 2013 con il blocco delle autorizzazioni;
   in un incontro con i rappresentanti della conferenza Stato-regioni, il Ministro interrogato aveva assicurato di avere le risorse sufficienti per il 2012 e 2013, pur ammettendo di aver dovuto obbligatoriamente sottostare ai tagli imposti dalla spending review;
   il confronto con il 2011 evidenzia un aumento delle autorizzazioni: con quasi 299 milioni di ore autorizzate, tra gennaio e ottobre 2012, l'Inps ha registrato un aumento dell'8,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011. L'ultimo dato mensile, relativo ad ottobre 2012, con 31,4 milioni di ore autorizzate equivale ad un incremento del 13,3 per cento rispetto allo stesso mese del 2011 e del 9 per cento su settembre 2012;
   oltre al grave ritardo con cui il Ministero del lavoro e delle politiche sociali assegna le risorse (senza garantire la copertura di tutte le concessioni trattate). producendo ritardi enormi nell'erogare i sussidi ai lavoratori, alcune regioni hanno riscontrato forti difficoltà nel reperire le risorse anche per quest'ultima parte del 2012, oltre a segnalare probabili difficoltà per le nuove e più restrittive norme sul riconoscimento dello status di disoccupazione, introdotte dalla «riforma Fornero», che potrebbero mettere a rischio il trattamento per centinaia di migliaia di persone –:
   se non si ritenga, in questa situazione di grave disagio sociale che coinvolge migliaia di famiglie, di dover garantire le risorse necessarie e certe per far fronte al fabbisogno delle regioni per la copertura della cassa integrazione in deroga, valutando, altresì, l'opportunità di impiegare a tal fine, dopo una sostenibile riprogrammazione, parte delle risorse nazionali e regionali del fondo sociale europeo.
(3-02638)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Società Jolly Club srl con sede in Cigliano (Vc) Via S.Clara 7 P.I. 001728410026 nella persona dell'amministratore unico signor Bonino Maria Rita svolge attività commerciale turistica, nello specifico una piscina estiva con idroscivoli, con periodo di apertura 1o giugno fino al 31 agosto di ogni anno solare;
   negli anni 2010-2011-2012 la citata società ha assunto alle proprie dipendenze, tramite consulente del lavoro ragazzi dai 18 ai 25 anni, con regolare autocertificazione che attesta la frequenza a corsi di studio, muniti di brevetto di «assistente bagnanti» in qualità di bagnini, con il metodo dei vouchers;
   l'attività esercitata dalla società non può prescindere dalla presenza di personale addetto all'assistenza ai bagnanti, e la commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, nel verbale di visita, raccomandava la presenza di almeno 4 bagnini;
   la società Jolly Club nel solo 2012, per garantire standard di sicurezza garantiva la presenza di almeno 10 assistenti ai bagnanti, provvedendo per 9 di questi ad una contrattazione di tipo accessorio corrispondendo i voucher e 1 assunto come lavoratore dipendente;
   tali assunzioni regolarmente inviate agli enti di competenza, e secondo le normative pubblicate sul sito INPS vengono contestate, a seguito di sopralluogo degli stessi ispettori INPS, in quanto non risponderebbero ai requisiti di lavoro accessorio ma ascrivibili nella categoria di lavoro dipendente subordinato;
   nel verbale del 16 settembre 2012, redatto dall'INPS, viene contestato all'amministratore unico della società la violazione dell'articolo 39, comma 1 e 2 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge 21 agosto 2008, n. 133, essendo appunto riferita a più di dieci lavoratori, il rapporto contrattuale di assunzione;
   a parere dell'interrogante la vicenda in premessa evidenzia problematiche interpretative riguardo alla normativa sul lavoro accessorio occasionale in particolar modo relativamente al tipo di rapporto, ai soggetti e ai settori produttivi interessati e alla mansione che si può richiedere al prestatore;
   venerdì 28 settembre 2012, dopo sollecitazione da parte del sindaco di Cigliano, signor Corgnati, al fine di avere chiarimenti sulla legislazione, l'ufficio relazioni esterne del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, faceva presente tramite e-mail di aver provveduto ad inoltrare la richiesta ai competenti uffici, ma ad oggi non vi è stata ancora risposta –:
   se non si ritenga urgente e doveroso specificare il merito della legge n. 191 del 23 dicembre 2009, nonché la gestione del lavoro accessorio occasionale, anche al fine di evitare che aziende come quella in premessa, pur volendo rispettare tutte le previsioni di legge e garantire la sicurezza della propria attività, si ritrovino sanzionati. (5-08573)


   ALESSANDRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza n. 6014/12 pronunciata in data 30 ottobre 2012 dal Consiglio di Stato è stato chiaramente stabilito che gli enti previdenziali di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994, hanno natura pubblica;
   da numerosi anni i legali degli inquilini degli immobili dei predetti enti previdenziali sostengono una tale tesi seppure troppo spesso inascoltati;
   fino ad oggi, tra le amministrazioni pubbliche, il legislatore aveva compreso gli anche enti nazionali di previdenza e assistenza e le autorità amministrative indipendenti, senza ulteriori specificazioni;
   diversamente dalla predetta tesi, gli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, insieme ad alcuni sindacati, hanno più volte sostenuto la natura di soggetti privati degli stessi enti, attestando che essi svolgessero attività in regime privatista e di conseguenza, ne sarebbe illegittimo l'inserimento nel novero delle amministrazioni pubbliche tenute al rispetto del limite di spesa previsto dall'articolo 1, comma 5, del predetto decreto legislativo;
   in precedenza, il tribunale amministrativo aveva accolto questa ultima interpretazione, rilevando che l'attrazione nell'ambito della pubblica amministrazione di soggetti qualificati come privati e organizzati come tali dal legislatore del 1994 non è giustificata, dato che la finalità perseguita dalla suddetta norma, quello cioè di contenere la spesa pubblica, non potrebbe essere incisa da enti privati che non usufruiscono di finanziamenti pubblici, né gravano in alcun modo sul bilancio pubblico;
   la sentenza del Consiglio di Stato caduca il giudizio del TAR ribaltando anni di iniquità e chiarisce la qualifica giuridica degli enti: «...l'attrazione degli enti previdenziali originari ricorrenti – nella sfera privatistica operata dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, riguarda il regime della loro personalità giuridica, ma lascia ferma l'obbligatorietà dell'iscrizione e della contribuzione (articolo 1 decreto legislativo cit.); la natura di pubblico servizio, in coerenza con l'articolo 38 della Costituzione, dell'attività da essi svolte (articolo 2); il potere di ingerenza e di vigilanza ministeriale (articolo 3, per il cui comma 2 tutte le deliberazioni in materia di contributi e di prestazioni, per essere efficaci, devono ottenere l'approvazione dei Ministeri vigilanti), e fa permanere il controllo della Corte dei conti sulla gestione per assicurarne la legalità e l'efficacia (articolo 3). Inoltre, il finanziamento connesso con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali, insieme alla obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione, garantiti agli Enti previdenziali privatizzati dall'articolo 1 comma 3 del predetto decreto legislativo, valgono a configurare un sistema di finanziamento pubblico, sia pure indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte dal cumulo di quelle destinate a fini generali;
   tale conclusione è resa ancor più evidente dalla attrazione del settore della previdenza privata nella normativa dettata in tema di controllo del disavanzo del settore (si veda la legge 23 dicembre 1996, n. 662, relativa a misure di razionalizzazione della finanza pubblica, e la legge 8 agosto 1995, n. 335 che, nel riformare il sistema pensionistico obbligatorio e complementare per l'esigenza di stabilizzazione della spesa nel settore, ha specifica attinenza anche alle forme garantite dagli Enti privatizzati). La trasformazione operata dal decreto legislativo 509 del 1994 ha lasciato, quindi, immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli Enti in esame, che conservano una funzione strettamente correlata all'interesse pubblico, costituendo la privatizzazione una innovazione di carattere essenzialmente organizzativo...»;
   lo scenario aperto dalla sentenza del Consiglio di Stato sopra riportata ha una valenza assai positiva soprattutto per i vessati inquilini delle unità immobiliari ad uso residenziale degli enti privatizzati da anni alle prese con gli enti di riferimento perché obbligati a dover subire una gestione del relativo patrimonio abitativo che vede aumentare gli affitti anche del 300 per cento, l'esecuzione di sfratti per coloro che non accettano i nuovi canoni, la vendita degli alloggi a prezzi speculativi, costringendo moltissimi di loro ad acquistare gli immobili in cui abitano accettando mutui insostenibili. Tale situazione, colpisce lavoratori dipendenti e pensionati e li mette in condizioni di disparità rispetto ad altri inquilini degli immobili di proprietà di un ente pubblico che hanno ottenuto ed ottengono trattamenti maggiormente garantisti;
   la sentenza di cui trattasi, quindi, rende automaticamente applicabile alla gestione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali privatizzati, la normativa garantista prescritta per gli enti pubblici (decreto legislativo n. 104 del 1996) –:
   sa anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 6014/12, non intenda adottare urgenti iniziative volte a disporre la sospensione delle procedure di alienazione degli immobili ad uso residenziale degli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, nonché il blocco delle procedure di sfratto in corso e degli aumenti dei canoni connessi ai rinnovi contrattuali. (5-08576)


   MURO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società «Cantiere Navale Basilio Postiglione Srl» è titolare di concessione demaniale per l'espletamento delle proprie attività e da tempo ha iniziato una serie di iniziative fortemente lesive dei diritti dei propri lavoratori dipendenti;
   da tempo ha iniziato a non corrispondere le retribuzioni mensili fino a giungere al licenziamento «per giustificati motivi» di sei dipendenti, dichiarando di voler sopprimere i corrispondenti posti di lavoro in virtù del momento di difficoltà;
   a tal proposito non veniva effettuato alcun piano di ristrutturazione aziendale né veniva presa in considerazione la possibilità di una diversa collocazione dei lavoratori;
   in data 11 ottobre 2012 l'azienda prospettava di ricorrere ad imprese esterne se i lavoratori non avessero sospeso l'agitazione iniziata il 27 agosto 2012;
   in data 17 febbraio 2012 l'azienda sottoscriveva un verbale di accordo con le organizzazioni sindacali per la richiesta di proroga della Cassa integrazione guadagni e a tutt'oggi nulla è stato corrisposto regolarmente ai lavoratori;
   in data 17 ottobre 2012 la detta società ha iniziato ad utilizzare maestranze esterne, in particolare ex dipendenti dell'azienda oggi in pensione;
   tutto quanto innanzi veniva fatto oggetto di esposto-denuncia alla procura di Napoli datato 19 ottobre 2012;
   sarebbero palesi quindi le violazioni compiute dalla dirigenza della azienda a discapito dei lavoratori –:
   quali iniziative intenda prendere, nell'ambito delle competenze proprie competenze, per risolvere tale situazione che rischia di aver pesanti effetti sul piano occupazionale, tenuto conto che l'attività de quo si svolge su suolo demaniale e quali fondi siano stati erogati in dipendenza della richiesta Cassa integrazione guadagni. (5-08580)


   GNECCHI, DAMIANO, LENZI, MADIA, GATTI, BELLANOVA, CODURELLI, MIGLIOLI, BOBBA, MURER, RUBINATO, MOFFA e CAZZOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con atto di sindacato ispettivo n. 5-07022 veniva richiesto al Ministro interrogato di fare chiarezza con urgenza sulla questione dei contributori volontari attivi ed autorizzati ante 20 luglio 2007 e sul relativo accesso alla salvaguardia prevista dall'articolo 24, comma 14, del decreto-legge 201 del 2011;
   è risaputo che si stanno cercando risorse per far fronte alla salvaguardia prevista dalla legge 214 del 2011 con grande difficoltà e che i numeri dei salvaguardati previsti per le diverse tipologie sta procurando gravi preoccupazioni;
   la risposta al suddetto atto di sindacato ispettivo a giudizio degli interroganti non ha affrontato chiaramente la questione, ma si è limitata a precisare che per esigenze di sostenibilità finanziaria si è ritenuto di fissare alcuni criteri generali di selezione, al fine di restringere la platea dei potenziali beneficiari della salvaguardia, privilegiando in particolare, all'interno della categoria dei prosecutori volontari, coloro che sono più prossimi al pensionamento, rinviando quindi ad un successivo atto normativo un intervento più generale;
   rispetto alle richiamate esigenze di sostenibilità finanziaria, va evidenziato che la copertura finanziaria per i soggetti rientranti nell'articolo 1, comma 8, della legge n. 243 del 2004, come modificato della legge n. 247 del 2007, era già prevista dalle suddette leggi, così come peraltro stabilito dall'articolo 81 della Costituzione, vanno infatti assolutamente distinti gli oneri individuati per la salvaguardia prevista nella legge 214 del 2011, che peraltro non ha abrogato le norme sopra richiamate;
   si tratta di norme rimaste in vigore e quindi da rispettare con le coperture che erano state previste per poterle approvare;
   siffatto modo di procedere ha scatenato un forte allarme sociale perché è inaccettabile che, a fronte di quanto previsto dalla lettera d) comma 14 dell'articolo 24 – decreto-legge 201 del 2011, per i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria ante 4 dicembre 2011, si siano invece introdotti per decreto delle regole selettive, ad avviso degli interroganti assurde, al fine di ridurre la platea dei beneficiari, rimandando a successivi provvedimenti amministrativi la soluzione del problema, lasciando così nell'incertezza e in confusione migliaia di cittadini, includendo tutti in un unico calderone indipendentemente dalle leggi che avevano prodotto la salvaguardia e mettendo tutti a rischio ed «in competizione»;
   considerato che la copertura finanziaria per la platea di autorizzati ante 20 luglio 2007 era già garantita dalle leggi di riferimento sopra richiamate, a fronte di urna probabile apertura di contenzioso giudiziario, si rende necessario eliminare le restrizioni introdotte dal decreto ministeriale del 1o giugno 2012 che non possono valere anche per chi era già salvaguardato norme diverse e che deve rimanere salvaguardato da quella normativa –:
   se non ritenga il Ministro di dover tassativamente assicurare che chi è stato salvaguardato dalla legge 243 del 2004 e dalla legge 247 del 2007 vada in pensione secondo quanto previsto e secondo quanto garantito dalle suddette leggi e non rientri assolutamente nella platea dei salvaguardati della legge 214 del 2011, anche perché, in caso contrario, il singolo prosecutore volontario sarebbe assurdamente oggetto di almeno 3 disposizioni di copertura finanziaria, previste in ciascuna delle leggi citate, a garanzia sempre degli stessi soggetti;
   se non ritenga di dover richiedere, ai competenti uffici ministeriali ed istituti previdenziali, una giusta individuazione delle diverse platee, in assenza della quale, a giudizio degli interroganti, nessun Ministro potrà intervenire correttamente per dar seguito alle norme, né potranno essere approvate disposizioni corrette sotto il profilo sostanziale e con coperture trasparenti. (5-08581)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere:
   quanti siano i dirigenti dell'INAIL, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento all'intera struttura e singolarmente;
   quanti siano gli amministratori dell'INAIL, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento a tutti gli amministratori e singolarmente. (4-18858)


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere:
   quanti siano i dirigenti dell'INPS, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento all'intera struttura e singolarmente;
   quanti siano gli amministratori dell'INPS, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento a tutti gli amministratori e singolarmente. (4-18860)


   SCHIRRU, MELIS, PES, CALVISI, MARROCU, FADDA e DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i dipendenti della Coca Cola HBC dello stabilimento di Elmas (CA), segnalano ancora una volta la grave situazione creatasi con la messa in mobilità di 16 dipendenti del settore produttivo, che vanno ad aggiungersi ai licenziamenti nei mesi precedenti di altri dipendenti dei settori produttivo e commerciale;
   ad avviso dei lavoratori e dei sindacati, si è arrivati a ciò in conseguenza dell'acquisto nel 2008 della società SoCIB (vecchia proprietaria dello stabilimento di Elmas) da parte della CocaCola Hellenic Bottling Company S.A. società con sede centrale ad Atene che gestisce la produzione e distribuzione delle bevande a marchio The Coca-Cola Company in 28 Paesi europei e non (ad esempio, ne fanno parte il mercato della Nigeria e l'intera Russia);
   nel gennaio 2009, in seguito al passaggio di proprietà e alla conseguente «ristrutturazione del sistema produttivo e logistico», lo stabilimento storico di Pellaro è stato chiuso. A marzo dello stesso anno, anche lo stabilimento di Bari ha cessato ogni attività. La Coca Cola HBC motivò tale decisione con l'intenzione di concentrare la produzione nel solo stabilimento di Marcianise;
   a partire dal gennaio 2009 la Coca Cola HBC con l'azzeramento della dirigenza e dei vertici aziendali della Socib e nonostante le promesse (non mantenute) di ingenti investimenti relativi alla realizzazione degli impianti di vetro a rendere, di soffiaggio delle bottiglie in linea, di trattamento acque, fotovoltaici, avrebbe secondo quanto denunciato, riportato a standard produttivi insoddisfacenti gli stabilimenti acquisiti in modo da poterne giustificare la chiusura;
   la Coca Cola HBC, a quanto consta agli interroganti, avrebbe semplicemente acquisito il mercato di Socib e non il know how e le tecnologie di produzione e di gestione commerciale;
   dall'arrivo della nuova proprietà, infatti, sono stati sottratti allo stabilimento di Elmas numerosi formati e la Sardegna è stata invasa da produzioni provenienti dagli altri stabilimenti Coca Cola HBC che invece vedevano aumentare la produzione;
   molti dipendenti di tali stabilimenti, vista la grande domanda, hanno rinunciato nel periodo estivo al godimento delle ferie, come da fonte stampa nazionale (Il sole 24 ore);
   di converso, lo stabilimento di Elmas che è in grado di soddisfare interamente le esigenze del mercato sardo, quantificabile in circa 4,5 milioni di casse, vedeva una significativa flessione nella produzione lavorando solo tre giorni alla settimana su un turno, contrariamente agli anni precedenti, nello stesso periodo, quando l'impianto produceva 5 giorni alla settimana su due turni;
   la società giustifica la chiusura dello stabilimento di Elmas con la crisi economica internazionale, ma nello specifico il mercato sardo ha subito una flessione di soli tre punti percentuali, mentre il mercato nazionale ne subiva una di otto punti percentuali;
   in data 22 novembre 2012 le organizzazioni sindacali del Coordinamento delle rappresentanze sindacali unitarie e le Segreterie nazionali di Fai, Flai e Uila hanno indetto uno sciopero di otto ore di tutti i lavoratori Coca Cola HBC contro il piano triennale aziendale che prevede 355 esuberi e il superamento del sito produttivo di Elmas, che ha visto l'adesione della quasi totalità dei 3000 lavoratori del gruppo;
   al centro della protesta c’è in particolare la decisione da parte della direzione aziendale di licenziare a livello nazionale 209 lavoratori e chiudere lo stabilimento di Elmas, quindi il settore della produzione;
   in Sardegna sono a rischio dai 15 ai 70 posti di lavoro in tutti i comparti;
   la strategia aziendale pare prevedere non solo la chiusura del sito produttivo di Elmas con il licenziamento di 16 operai, ma anche (successivamente) la privatizzazione/chiusura del magazzino dei prodotti finiti con la conseguente perdita di altri 12 posti di lavoro;
   a questi si andranno ad aggiungere altri 80 posti costituenti l'indotto che è rappresentato dall'azienda SICON che fornisce le bottiglie PET, dalle cooperative che svolgono servizi di facchinaggio, dall'azienda di trasporti che svolge in esclusiva i trasporti dei prodotti Coca Cola;
   tali servizi in futuro saranno gestiti direttamente dai settori logistici degli altri stabilimenti (Coca Cola-concessionari) e dall'impresa di pulizie;
   Coca Cola HBC Italia ha incontrato nella stessa data di novembre i sindacati per un confronto sul piano succitato, manifestando disponibilità a ritoccare i numeri e a costruire un percorso sociale per quanti «fuoriusciranno»;
   nel comunicato diffuso dall'azienda non si legge alternativa alla chiusura dello stabilimento di Elmas: non si transige sulla chiusura e sull'uscita dei relativi 16 operai, ma buona parte dei 70 addetti dei centri logistici di Oricola e Gaglianico dovrebbe trovare impiego presso le due società che rileveranno il servizio. Il trasferimento di regione potrebbe in ultimo salvare una quota dei 209 commerciali;
   il comportamento dell'azienda parrebbe anomalo dato che, negli ultimi mesi, ha provveduto a licenziare dipendenti dei settori produttivo e commerciale aventi livelli e stipendi elevati conseguiti dopo tanti anni di servizio, mentre contemporaneamente cerca giovani laureati da inserire nel settore commerciale da assumere con contratti a termine;
   la realizzazione dell'eventuale citato «percorso sociale per quanti fuoriusciranno» mal si attaglierebbe ad una situazione come quella sarda in cui la prospettiva di trovare un'altra occupazione per una forza lavoro con un'età media di soli 44/45 anni è prossima allo zero;
   va considerata la drammaticità della crisi sarda ribadita dalla manifestazione regionale popolare tenutasi a Cagliari il 24 novembre 2012, che evidenzia come la Sardegna venga man mano abbandonata anche dalle grandi multinazionali intenzionate a spostare gli stabilimenti produttivi in nazioni «più accoglienti»;
   sussiste il pericolo di ennesima mobilità o di ricorso ulteriore agli ammortizzatori sociali per i lavoratori sardi, che si vorrebbe scongiurare per un territorio già così provato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vertenza di cui in premessa; quali iniziative intenda avviare per scongiurare i licenziamenti, dovuti sembrerebbe a un'organizzazione aziendale che consente maggiori profitti, piuttosto che a una crisi reale della Coca Cola; se non ritenga di dover predisporre un tavolo di confronto con i lavoratori, le parti sociali, le istituzioni locali e il management dell'azienda, al fine di trovare una soluzione condivisa tesa alla salvaguardia dell'occupazione. (4-18869)

SALUTE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   l'Istituto dermopatico dell'Immacolata di Roma (IDI), rinomato centro dermatologico facente capo alla Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione, oltre all'entrate privanti dalle prestazioni sanitarie private, è sostenuto nella sua attività anche da risorse provenienti dalle regioni in virtù della convenzione stipulata con il Servizio sanitario Nazionale, dallo stanziamento annuale di 2 milioni e mezzo di euro dal Ministero della salute in quanto ente di ricerca nel campo biomedico e dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, nonché dagli introiti del 5 per mille;
   come documentato dal programma Report questa primavera, la Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione ha investito in altri settori – dalla formazione (Elea spa), ai farmaci antitumorali, alle spa – che allo stato attuale rischiano di portare l'IDI al fallimento assieme al San Carlo di Nancy, altra struttura sanitaria sempre facente capo alla Congregazione;
   nonostante l'ingente volume di entrate, l'IDI risulta infatti avere un debito di circa 800 milioni di euro; oltre a non pagare i fornitori, l'istituto da più di tre mesi non salda lo stipendio a 1500 dipendenti che comunque continuano a lavorare per garantire la qualità del servizio sanitario ai cittadini-utenti;
   la Congregazione, come ente no profit, non è sottoposta all'obbligo di depositare i propri bilanci alla camera di commercio;
   il problema occupazionale dell'IDI rappresenta agli occhi degli interpellanti il punto centrale dell'intera vicenda che si ricollega, al di là degli aspetti specifici, ad una situazione complessiva di profonda crisi nel campo lavorativo indotta e accentuata dalla negativa congiuntura economica, particolarmente grave in settori delicati quale quello legato alla salute dei cittadini;
   a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 «Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012» e su proposta dei Ministri Balduzzi e Grilli, il Consiglio dei ministri ha recentemente nominato come commissario ad acta per la sanità nella regione Lazio Enrico Bondi –:
   se non si intenda avviare un'azione tempestiva – anche tramite la mediazione del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio Enrico Bondi – affinché venga aperto un tavolo di trattativa presso i Ministeri della salute e del lavoro e delle politiche sociali, per venire incontro alle legittime richieste dei lavoratori del gruppo IDI.
(2-01769) «Barbaro, Granata, Perina, Della Vedova».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   i costi della sanità sembra stiano diventando pressoché insostenibili se non si cambia rapidamente il classico modello di assistenza ospedalo-centrico e non si presta maggiore attenzione alla medicina di famiglia e ai servizi territoriali. In questo senso vanno i recenti provvedimenti approvati in merito e in tal senso vanno anche interpretate le parole del Presidente del Consiglio sulla sanità e sui suoi costi;
   fermo restando che occorre assumere una serie di misure strutturali che prevedono anche la chiusura di piccoli ospedali, l'eliminazione di servizi duplicati nelle stesse ASL, la concentrazione della diagnostica ad alta tecnologia in alcune strutture di eccellenza e analogamente la diversificazione dei servizi assistenziali offerti dai vari ospedali, sta diventando davvero problematico gestire la transizione dei modelli assistenziali in questa ultima fase dell'anno in tutte le grandi città e in particolar modo in una citò come Roma;
   recenti indagini sulla sanità rilevano come l'assistenza sanitaria da parte dello Stato italiano sia sempre minore (l'Italia spende circa il 30 per cento in meno della Germania, il 23 per cento della Francia e il 16 per cento del Regno Unito) e come essa sia sempre più a carico delle famiglie. Inoltre, si evidenzia come la sanità low-cost con un fatturato annuo di oltre 10 miliardi/anno. Occorrerebbero scelte di grande attenzione e responsabilità, per scongiurare da un lato il tracollo economico-organizzativo del Servizio sanitario nazionale, dall'altro un'inesorabile transizione alla sanità privata tradizionale con costi elevati a svantaggio delle famiglie e delle categorie deboli, correndo il rischio di trasformare il Servizio sanitario nazionale nella sanità povera per i soli poveri;
   dopo i tagli decisi dal commissario Bondi per tutta una serie di ospedali religiosi di diversa dimensione, che vanno dal più piccolo al più grande, fino a coinvolgere anche i policlinici universitari del Gemelli e del Campus BioMedico, noti per l'assoluta eccellenza delle prestazioni offerte, ora l'operazione «tagli» sembra coinvolgere anche altri ospedali della città in cui andranno chiusi reparti, ridotti servizi, necessariamente limitata la qualità delle prestazioni, a cominciare da quelle di tipo alberghiero, che sono spesso parte integrante della stessa terapia, come accade ad esempio per tutta l'alimentazione e la nutrizione dei malati;
   le degenze si stanno facendo più corte e le dimissioni più veloci, anche quando i pazienti non hanno in casa chi si possa prendere cura di loro; i trattamenti oncologici sono ormai quasi sempre in day hospital anche quando le condizioni del paziente richiederebbe una maggiore prudenza, ma soprattutto le liste di attesa si vanno allungando a dismisura, perché la stragrande maggioranza degli ospedali a questo plinto dell'anno ha già raggiunto il nuovo tetto di prestazioni fissato. Le prestazioni differibili sono state sospese e nell'ambiente dell'ospedalità romana si sta assistendo a strane forme di contagio di un'ansia diffusa soprattutto tra gli anziani che stanno sviluppando il terrore di non poter essere curati se si ammaleranno;
   a parere degli interroganti, probabilmente tutto ciò era necessario, ma certamente richiedeva una diversa gradualità, un diverso coinvolgimento dei cittadini e una organizzazione trasversale molto più in rete tra tutti gli ospedali romani, ma anche, e non è poca cosa, una diversa strategia di comunicazione;
   certamente non giova la precarietà della situazione politica: da quella nazionale, a quella regionale in pieno stato di crisi, una crisi cronica che sta diventando realmente una crisi di rigetto e che spinge davvero i malati a spostarsi verso l'ospedalità privata, ma non il privato convenzionato ormai al collasso, ma il privato più caro e troppo spesso inaccessibile ai più, soprattutto in tempi di crisi –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di propria competenza, intendano porre in essere i Ministri interpellati in questa delicata fase di transizione per accelerare i processi di riorganizzazione e garantire comunque ai malati i necessari standard di cura e di assistenza.
(2-01770) «Binetti, Galletti, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, Anna Teresa Formisano».

Interrogazioni a risposta orale:


   BINETTI, CALGARO, NUNZIO FRANCESCO TESTA, DE POLI e ANNA TERESA FORMISANO. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sono sette gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) ancora aperti: Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Castiglione delle Stiviere (Mantova), Napoli e Aversa; dovrebbero chiudere il 31 marzo 2013, dopo che una recente Commissione d'inchiesta ha decretato non solo l'assoluta mancanza di adeguate iniziative di carattere terapeutico e riabilitativo, ma anche l'oggettivo squallore in cui vivono per la sporcizia che li circonda e che spesso si estende anche alle persone in condizioni di effettivo abbandono;
   la mancanza di risorse di ogni tipo sembra riservare a queste persone un destino assai peggiore di quello, pur pesante, che riguarda le persone in carcere. In questi mesi che avrebbero dovuto precedere la chiusura di queste strutture erano state ipotizzate tre diverse tipologie di soluzione a seconda dei casi: dal reinserimento in famiglia alla collocazione in strutture tipo casa-famiglia, fino al trasferimento in appositi reparti presso le carceri in grado di accoglierli;
   sono 1400 e un terzo di loro avrebbe potuto essere già dimesso: si tratta di 445 persone per un complessivo 31,7 per cento. Ma solo 160 persone sono tornate in famiglia, mentre per 261 di loro è scattato il meccanismo della proroga: a Barcellona Pozzo di Gotto per 74 persone c’è stata l'ennesima proroga, ad Aversa per 44; viceversa Castiglione delle Stiviere, l'ospedale che ne ha dimessi di più, ne ha dimessi 40. Ogni persona ha una storia diversa, ha commesso un reato di diversa gravità. Ma soprattutto ha alle spalle una famiglia più o meno in grado di accoglierla;
   in ogni caso per 1000 persone non sussistono le condizioni di una dimissione e l'ipotesi di trasferirle nelle attuali carceri già caratterizzate da un eccessivo sovraffollamento desta notevoli perplessità e non poche preoccupazioni per loro, per gli altri detenuti e per tutte le loro famiglie;
   il Ministro Balduzzi questa volta ha agito con tempestività, non solo provvedendo allo stanziamento di 174 milioni di euro (117 per questo anno e 57 per il 2013), ma definendone anche il piano di ripartizione, che, oltre alle spese di realizzazione e di riconversione delle strutture, prevede 38 milioni di euro per il personale nel 2012 e 55 milioni di euro per il 2013;
   eppure a meno di un mese dalla fine del 2012 nulla è stato ancora speso per questa grande operazione di civiltà e sembra proprio che i fondi non spesi possano andare persi, confermando ancora una volta queste strutture come luoghi di tortura, per dirla con parole del Consiglio d'Europa. La vera tortura, a giudizio degli interroganti, in questo momento sembra l'indifferenza di una burocrazia che non ha neppure saputo approfittare della fortunata coincidenza presenza effettiva degli stanziamenti ad hoc –:
   quali urgenti iniziative intenda attuare il Governo per evitare che si crei la sciagurata circostanza sopracitata, che perpetuerebbe uno stato di sofferenza davvero eccessivo per tante persone che per altro hanno già scontato la loro pena ma non sanno dove andare e cosa intenda fare, o meglio cosa stia facendo, per accogliere questi nuovi 1000 carcerati che hanno bisogno di cure psichiatriche e di un piano di riabilitazione ad hoc, in un contesto che sembra esplodere ogni giorno di più, per sovrappopolazione e per carenza di risorse. (3-02635)


   MOLES, MAZZONI, HOLZMANN, SPECIALE, STAGNO D'ALCONTRES, GRIMALDI, BERGAMINI, CICU, COSENZA e LAINATI. —Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli istituti ospedalieri «Opera Don Uva» (ente ecclesiastico fondato da don Pasquale Uva nel 1922) erogano assistenza e riabilitazione ai portatori di handicap psicofisici, a pazienti affetti da morbo di Alzheimer, a pazienti con gravi patologie ortopediche e cardiorespiratorie;
   la sede principale degli istituti ospedalieri «Opera Don Uva» si trova a Bisceglie (Bari), mentre altri tre centri si trovano a Potenza, Foggia e Paranà in Argentina, dove opera la «Casa della divina provvidenza» e dove peraltro si trova la sede generalizia della Congregazione delle ancelle della divina provvidenza;
   a partire dal 2000 la Casa della divina provvidenza ha avviato un vasto e complesso processo di ammodernamento e riconversione che l'ha fatta diventare un grande polo sanitario d'eccellenza con finalità riabilitative a largo raggio, con particolare attenzione alla cura e all'assistenza dei lungodegenti;
   proprio in virtù di questo processo di riconversione, oggi sono operativi – oltre all'istituto ortofrenico, che conferma la Casa della divina provvidenza nel suo ruolo cardine nel campo dell'assistenza psichiatrica e nella riabilitazione dal disagio mentale – anche unità Alzheimer, centri di riabilitazione e residenze sanitarie (queste ultime altamente specializzate in problemi cardiologici, respiratori, neurologici e ortopedici);
   la situazione economica dell'ente è costantemente peggiorata, tanto che ad oggi l'ente è gravato da oltre 400 milioni di euro di debiti ed ha pendente una procedura di licenziamento per 587 lavoratori;
   il giorno 8 novembre 2012 la Casa Divina Provvidenza di Bisceglie ha chiesto al giudice di Trani un concordato preventivo per evitare il fallimento in virtù di un piano aziendale non ben specificato ma riguardante unicamente gli esuberi in prevalenza riscontrati nelle case di Bisceglie, di Foggia e di Potenza;
   ciò avveniva mentre nelle sedi della regione Basilicata gli stessi dirigenti della Casa delle Divina Provvidenza di Bisceglie si mostravano disponibili ad accettare una transazione nella quale si prevedeva che i fondi destinati al Don Uva di Potenza dalla regione Basilicata fossero spesi esclusivamente per tale struttura;
   nell'ultimo incontro avvenuto il 19 novembre 2012, alla presenza delle organizzazioni sindacali di Potenza, dell'azienda sanitaria locale di Potenza e dell'assessore alla sanità della regione Basilicata, l'azienda dichiarava di non essere più in grado, nonostante i fondi resi disponibili dalla Regione Basilicata e dichiarati dall'assessore alla sanità, di erogare le competenze stipendiali né di settembre né di ottobre, né di conoscere il futuro dell'ente oramai nelle mani di un giudice;
   il personale della casa divina provvidenza di Potenza vive da tempo un grande disagio (attualmente ha ricevuto solo la mensilità di agosto), e nonostante ciò continua ammirevolmente ad assicurare prestazioni encomiabili verso pazienti bisognevoli delle più elementari cure quotidiane, (dal mangiare, al girarsi nel letto per evitare piaghe da decubito);
   comunque continuano i ricoveri nella Casa di Potenza in base a vecchie leggi regionali (mentre nelle sedi di Foggia e Bisceglie i ricoveri sono ormai da tempo bloccati);
   l'ospedale «Don Uva» di Potenza è centro di eccellenza per la riabilitazione per gli anziani, disabili e per malati di alzhaimer;
   appare più che necessario un intervento urgente per sbloccare tale situazione incresciosa –:
   quali iniziative di competenza il Ministro ritenga di assumere in merito a quanto esposto al fine di superare la grave crisi occupazionale e garantire le retribuzioni dei dipendenti e dei medici dell'ospedale «Don Uva» di Potenza, che continuano con professionalità e devozione a prestare la loro opera. (3-02636)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con le interrogazioni a risposta in Commissione n. 5-04564 e n. 5-06654, si chiedeva di sapere quali misure intendesse assumere il Ministro dello sviluppo economico in relazione al bando di gara 2011/S 28-046558 pubblicato sul «Supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea» del 10 febbraio 2011, con procedura aperta, per la fornitura di 39.500 completi da lavoro invernali e di altrettanti completi da lavoro estivi, per addetti al recapito di poste italiane;
   l'Unione europea in data 26 luglio 2011 aveva, infatti, comunicato che il bando medesimo non era stato aggiudicato per procedura incompleta, confermando l'anomalia delle condizioni eccessivamente ribassiste imposte all'epoca dal richiamato bando;
   il Ministero dello sviluppo economico si impegnò, in sede di risposta alla citata interrogazione 5-04564, affinché Poste Italiane effettuasse «le opportune verifiche in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivi e di idoneità tecnica dei soggetti partecipanti al citato, nonché, alla qualità dei, prodotti che verranno forniti ed al loro grado di protezione agli agenti atmosferici»;
   in data 5 aprile 2012 è apparso sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea un nuovo avviso di gara per appalto di forniture 2012/S 67-110299 di Poste italiane spa che prevedeva una procedura aperta in modalità telematica «accordo quadro per la fornitura di n. 43.000 completi da lavoro invernali e n. 43.000 completi da lavoro estivi per addetti al recapito di Poste italiane», nella quale si esclude l'obbligo della certificazione ISO 14001 e della dichiarazione relativa alla lista dei macchinari;
   la documentazione fornita da Poste italiane spa relativamente al nuovo bando faceva ritenere che la partecipazione all'appalto fosse accessibile anche a concorrenti extracomunitari con sede in qualsiasi Paese del mondo con il solo limite dell'autorizzazione nel caso di Paesi inseriti nella «black list», lasciando un dubbio sull'ambito geografico di applicazione della procedura di acquisizione;
   all'interrogazione n. 5-06654 ha risposto in data 31 maggio 2012 il Sottosegretario De Vincenti sostenendo, per quanto riguarda la partecipazione di concorrenti extracomunitari alle procedure di appalto comunitarie, che, in ottemperanza agli impegni internazionali assunti dall'Italia, la possibilità per le imprese straniere di competere sul mercato italiano degli appalti pubblici deve essere consentita non solo agli Stati membri dell'Unione europea e a quelli aderenti allo SEE, (spazio economico europeo) ma anche a tutti gli Stati che hanno sottoscritto l'accordo plurilaterale sugli appalti pubblici (GPA) dell'Organizzazione mondiale del commercio nonché a tutti gli Stati che hanno un accordo bilaterale in materia di appalti pubblici con la Unione europea;
   in data 16 novembre 2012 l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nell'ambito di un procedimento di vigilanza, ha inviato a Poste Italiane spa una lettera, relativa al citato accordo quadro per la fornitura di 43.000 completi di lavoro invernali e 43.000 completi di lavoro estivi, con la quale si comunica che durante l'esame della documentazione di gara è stata riscontrata un'anomalia;
   emerge, in particolare, che la Commissione di gara «considerato lo standing dei concorrenti e che non sussiste alcun plausibile elemento da cui desumere la carenza delle capacità economico-finanziarie e tecnico-organizzative in taluno di essi, al fine di rendere più snella la procedura di gara», non ha proceduto al sorteggio per il controllo a campione di cui all'articolo 48, comma 1, del codice degli appalti, effettuando direttamente le verifiche ai sensi del comma 2 della medesima norma nei confronti dei soggetti aggiudicatari provvisori;
   tale decisione, secondo l'Autorità, non è conforme a normativa, in quanto i controlli di cui al citato articolo 48 sono sempre obbligatori, non residuando perciò alla Commissione di gara margine di discrezionalità in ordine alla valutazione della loro opportunità;
l'Autorità, alla luce delle considerazioni sopra esposte, ha invitato Poste italiane spa ad una applicazione rigorosa della disciplina in tema di controllo sul possesso dei requisiti ex articolo 48 del codice degli appalti –:
   quali iniziative intenda assumere, non solo nei confronti di Poste italiane, ma in generale delle amministrazioni pubbliche e degli enti aggiudicatari oltre che delle società a partecipazione pubblica, per garantire la massima vigilanza sui dispositivi formali dei bandi;
   quali iniziative intenda promuovere per una maggiore e più severa attività di controllo presso le aziende aggiudicatario degli appalti pubblici in modo da garantire la qualità del prodotto e il rispetto dei disciplinari di produzione durante tutte le fasi delle lavorazioni.
(2-01774) «Codurelli, Lulli, Gatti, Corsini, Pollastrini, Gianni Farina, Marantelli, Miglioli, Vico, Zucchi, Froner, Gnecchi, Laganà Fortugno, Braga, Trappolino, Schirru, Mattesini, Naccarato, Boffa, Misiani, Albini, Ciriello, Murer, Brandolini, Zani, Marco Carra, Ginefra, Cenni, Cuperlo, Concia».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOSELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda dell’Irisbus di Flumeri è ben lontana dall'essere risolta e prosegue ormai da mesi senza che si sia arrivati ad una soluzione concreta;
   sull’Irisbus pende ancora la decisione della Fiat di procedere alla chiusura dello stabilimento, essendo sino a questo momento risultati vani i diversi tentativi di dialogo e di concertazione tra le istituzioni, i vertici dell'azienda, le parti sociali e i rappresentanti locali;
   lo stabilimento possiede una valenza strategica, essendo l'unica azienda a produrre autobus in Italia, e ricopre un ruolo decisivo per lo sviluppo industriale e produttivo del territorio campano, già fortemente provato dall'attuale crisi economica e da decenni di arretratezza e di mancata crescita;
   la chiusura dell’Irisbus, oltre a rappresentare un colpo durissimo per la regione Campania, andrà ad incidere fortemente sul settore dell'automotive, mettendo in discussione il futuro di circa 700 lavoratori, senza contare le aziende dell'indotto –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per giungere il prima possibile ad una positiva conclusione della vicenda in esame che si protrae da più di un anno, per assicurare la continuità della produzione dello stabilimento di Flumeri e scongiurare in tal modo la perdita di centinaia di posti di lavoro. (3-02640)


   DELLA VEDOVA e RAISI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogazione a risposta immediata n. 3-01553, presentata in data 29 marzo 2011 dagli interroganti e relativa alla concorrenzialità e alla trasparenza del mercato pubblicitario, l'allora Ministro dello sviluppo economico aveva risposto che il peculiare ruolo riconosciuto dall'ordinamento interno alle autorità indipendenti non consentiva al Governo di intervenire sulle materie di loro competenza;
   alcune prime importanti risposte, in ordine alla questione allora sollevata dagli interroganti, sembrano giungere oggi dagli esiti dell'indagine conoscitiva sul settore della raccolta pubblicitaria avviata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel luglio 2010 (delibera n. 402/10/CONS del 22 luglio 2010) e arrivata pochi giorni fa a conclusione (delibera n. 551/12/CONS e relativo allegato A);
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha ravvisato che il mercato italiano dell'intermediazione pubblicitaria è dominato dalla presenza di un operatore, il gruppo Wpp che, da solo, ne controlla oltre il 40 per cento e che tale quota di mercato è incrementata negli ultimi anni, passando dal 32 per cento del 2003 a oltre il 40 per cento nel 2011;
   «a livello più generale» – si legge nella relazione – «la concentrazione di tutto il mercato italiano è cresciuta sensibilmente in pochi anni (di oltre 800 punti in soli sei anni), passando da livelli di moderata concentrazione (al di sotto dei 2.000 punti di dell'indice Herfindahl Hirschman ovvero HHI index) a valori superiori alla soglia critica di 2.500 punti. Se l'elevata concentrazione del mercato può essere spiegata, in parte, dalla suddetta struttura dei costi dei centri media (con elevate economie di scala e di gamma), così come il processo di consolidamento appare comune a tutti i mercati sviluppati, si evidenzia, in modo inequivocabile, l'esistenza di un fenomeno tutto nazionale. L'Italia presenta, infatti, rispetto ai maggiori mercati internazionali, la maggior quota di mercato del primo operatore e il più elevato tasso di concentrazione, che solo nel nostro caso supera quota 2.500, mentre nel Regno Unito, in Germania, in Spagna e negli Stati Uniti è compreso tra 1.500 e 2.500 punti ed in Francia è addirittura inferiore a 1.500 punti»;
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha, inoltre, evidenziato l'esistenza di «criticità nell'assetto del mercato nazionale dell'intermediazione pubblicitaria e nella relativa struttura delle negoziazioni che possono pregiudicare il corretto funzionamento di tale ambito con significative ripercussioni sulla dinamica concorrenziale». Secondo le Merger guidelines della Commissione europea e del Dipartimento di giustizia/Federal trade Commission statunitense, l'Italia è l'unico Paese ad avere un assetto di mercato molto concentrato, a fronte di una generale tendenza (con l'unica eccezione della Francia) di moderata concentrazione. In questo contesto, è evidente come l'elevata concentrazione del mercato nazionale collochi l'Italia in una posizione del tutto peculiare rispetto agli assetti internazionali;
   l'elevata concentrazione determina, tra l'altro, un equilibrio del mercato che non garantisce esiti efficienti, né rispetto alla concorrenzialità dell'offerta, né rispetto alla trasparenza delle dinamiche di prezzo. Da ciò è anche conseguita l'uscita dal mercato e il fallimento di operatori indipendenti di minori dimensioni. In sostanza, per questa situazione di mercato, molti imprenditori piccoli e medi sono falliti con evidenti ripercussioni sull'occupazione;
   «la concentrazione del mercato» – si legge sempre nella relazione – «appare accompagnarsi ad una soglia dimensionale minima per l'accesso ai servizi di intermediazione (barriere all'accesso). In altre parole, come per altri mercati, l'allontanamento dell'equilibrio di mercato da un esito concorrenziale determina una riduzione dell'offerta con conseguente mancato accesso ai servizi da parte di una quota significativa di potenziali clienti ed evidenti ricadute sul benessere collettivo. Da ciò deriva il numero sensibilmente minore di società che in Italia investono in pubblicità, e quindi la relativa ristrettezza del settore pubblicitario nazionale». Inoltre, «l'attuale configurazione delle relazioni di mercato appare caratterizzata da un elevato livello di opacità. Ciò in virtù della complessità tecnica e economica delle relazioni medesime, dell'assenza, o comunque della mancanza di reale valenza, in Italia di listini pubblicitari, nonché della diffusa pratica della discriminazione di prezzo (ossia di strategie di prezzo e/o di sconti definite per singolo cliente)»;
   alla concentrazione anomala del mercato dell'intermediazione pubblicitaria, si aggiunge che, secondo l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il settore pubblicitario nazionale è ancora caratterizzato da un'accentuata concentrazione delle risorse in capo al mezzo televisivo ed a pochi operatori ivi operanti. In particolare, «il gruppo Fininvest agisce stabilmente in posizione di assoluta leadership» e «l'elevata concentrazione dell'offerta pubblicitaria in capo a poche concessionarie è idonea a condurre l'intero sistema pubblicitario verso un equilibrio inefficiente» che rischia così «di riverberarsi sull'intero sistema pubblicitario anche in considerazione dei legami sussistenti con i (maggiori) centri media»;
   il mercato pubblicitario pesa per circa il 2 per cento sul prodotto interno lordo e la sua apertura e concorrenzialità, sempre citando la relazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, «produce un risultato positivo sull'equilibrio di tutto il sistema economico; viceversa un elevato grado di concentrazione di tale ambito può accompagnarsi ad una significativa concentrazione anche nei mercati che utilizzano la pubblicità come elemento competitivo strategico. Accanto a questi, il settore pubblicitario, rappresentando una considerevole fonte di reddito per tutti i mezzi di comunicazione, sia tradizionali che innovativi, produce effetti sull'intero sistema dell'informazione di un Paese avanzato»;
   nel gennaio 2012, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto di non aprire una formale istruttoria in merito ad una denuncia depositata, non ravvisando che il gruppo Wpp detenesse una posizione dominante nei mercati dei servizi di intermediazione pubblicitaria, di ricerca di mercato e di marketing per le comunicazioni, e di non dare così corso ad ulteriori accertamenti nella valutazione dei comportamenti segnalati –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di contrastare le posizioni dominanti nel mercato pubblicitario, così come segnalate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e le pratiche opache e anticoncorrenziali che distorcono le condizioni di accesso per gli inserzionisti, per gli intermediari e per i proprietari dei mezzi di comunicazione, così pregiudicando, oltre allo sviluppo del settore, anche il pluralismo del sistema dell'informazione. (3-02641)


   RUVOLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda del rigassificatore di Porto Empedocle è lo specchio del sistema italiano e dei suoi ritardi;
   sono passati più di otto anni da quando si cominciò a discutere della costruzione del rigassificatore di Porto Empedocle e solo da poco si sono aperti i primi cantieri che dovrebbero sistemare le aree pubbliche adibite all'accoglimento di tale opera;
   secondo le stime effettuate, se mai si dovesse dare l'avvio senza ostacoli a tale opera, ci vorrebbero circa 12 anni per arrivare alla sua realizzazione e la battaglia interpretativa delle norme che dovrebbero consentirne la realizzazione è ancora in corso;
   come è noto, la realizzazione di tale progetto ha avuto pareri contrastanti; resta il fatto, in ogni caso, che una parte della popolazione la attendesse nella speranza di vedere incrementata l'occupazione e lo sviluppo infrastrutturale in un territorio che non può vivere, per quanto importante, dell'esclusiva risorsa del turismo e della valorizzazione e fruizione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici;
   in questa situazione appare indispensabile definire un piano di sviluppo dell'intero territorio agrigentino che sia in grado di rilanciare un'area i cui livelli di disoccupazione hanno raggiunto, da troppo tempo, il limite di guardia (oltre il 35 per cento) e ciò può essere fatto solo attraverso un piano articolato che sappia coniugare valorizzazione delle risorse naturali, piani industriali che prevedano la messa in sicurezza delle strutture proposte sul territorio e immediato sviluppo del sistema infrastrutturale –:
   se sia ancora nei piani del Governo, per quanto di competenza, la realizzazione del rigassificatore nell'area di Porto Empedocle e, nel caso, in che tempi si intenda procedere all'avvio programmato dei lavori e, allo stesso tempo, come si intenda procedere alla realizzazione di un piano di sviluppo infrastrutturale dell'intera provincia di Agrigento, che certo non può dipendere esclusivamente dalla realizzazione o meno dell'impianto in oggetto.
(3-02642)


   ROSATO, MARAN, STRIZZOLO, MARIANI, BRAGA, BRATTI, MARGIOTTA, QUARTIANI e GIACHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel 2005 la società Gas natural internacional Sdg s.a. ha presentato istanza per la realizzazione di un impianto di rigassificazione della portata di 8 miliardi di metri cubi annui ubicato nella zona industriale di Trieste, segnatamente nel golfo di Zaule, e a tal fine ha depositato il progetto (progetto A) per l'ottenimento dell'autorizzazione unica prevista dalla legge regionale n. 30 del 2002. Su detto progetto, depositato in sede di istanza, il Governo, con decreto ministeriale 17 luglio 2009, n. 808, ha rilasciato un parere di valutazione di impatto ambientale di compatibilità ambientale, anche se contraddistinto da numerose prescrizioni;
   il 23 settembre 2011 la società Gas natural internacional Sdg s.a. ha chiesto alla regione l'avvio del procedimento di autorizzazione unica, iter precedentemente sospeso in attesa del rilascio del decreto ministeriale di valutazione di impatto ambientale, e il successivo 26 ottobre 2011 la regione medesima ha indetto la conferenza di servizi per la valutazione relativa al progetto definitivo (progetto B). Suddetta conferenza di servizi si è conclusa con l'invio all'azienda istante di una corposa richiesta di integrazioni al progetto, al fine anche del rilascio della autorizzazione integrata ambientale;
   il Consiglio di Stato, con parere n. 3369/2012 del 24 luglio 2012, ha stabilito che non sussiste competenza amministrativa in capo alla regione con riferimento al rilascio delle autorizzazioni uniche alla costruzione ed all'esercizio dei terminali di rigassificazione di Gas natural internacional Sdg s.a.; quindi, alla conferenza di servizi in sede regionale è spettato solo di esprimersi ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale;
   la convocazione della conferenza di servizi per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale è stata rinviata in attesa che la società completasse la presentazione della documentazione richiesta;
   il comitato tecnico regionale del Friuli Venezia Giulia ha rilevato che la nuova configurazione del deposito presentava differenze significative rispetto a quella presentata nella documentazione esaminata in un primo momento; infatti, la documentazione indicata come «progetto A» ha accompagnato l'istanza di Gas natural internacional Sdg s.a. dall'avvio della prima conferenza di servizi nel 2006 al rilascio dell'autorizzazione ministeriale di valutazione di impatto ambientale, mentre dal 26 ottobre 2011 la stessa è stata accompagnata da un «progetto B», che differisce dal precedente sul quale il Ministero si era espresso. Il «progetto B» è profondamente diverso dal precedente per gli aspetti di posizionamento dei serbatoi rispetto al pontile, di diversa forma e lunghezza, di diverso sistema di attracco e per la formazione di un terrapieno di lunghezza pari all'intero sviluppo lineare di costa di 600 metri;
   il parere positivo di recente rilasciato dal comitato tecnico regionale in ordine alla sicurezza per impianti a rischio rilevante non ha seguito le procedure obbligatorie in materia, le quali evidenziano, nel rispetto della normativa comunitaria, l'obbligo della consultazione popolare, mai intervenuta;
   su detto ultimo progetto, la provincia di Trieste e il comune di Trieste hanno deliberato un parere ampiamente motivato in ordine alle competenze che la legge conferisce loro: parere autorizzatorio in merito a scarichi idrici, emissioni in atmosfera, gestione dei rifiuti e programmazione e sviluppo di area vasta per la provincia, salute e pianificazione urbana e portuale, strade e fognature, edilizia privata, mobilità e traffico, polizia locale e protezione civile per il comune;
   la conferenza di servizi delle direzioni centrali della regione è addivenuta ad un parere favorevole nonostante le criticità, non superate da apposita motivazione, come previsto dalla legge nell'espressione del parere medesimo, manifestate dal servizio caccia, risorse ittiche e biodiversità, che, in quanto relative a competenze di natura ambientale, avrebbero dovuto spostare già in quella sede la competenza sulla determinazione definitiva in capo alla giunta regionale;
   in data 22 novembre 2012, la regione ha convocato la conferenza di servizi in materia di autorizzazione integrata ambientale, durante la quale il responsabile del procedimento ha valutato come immotivati ed inconferenti i pareri della provincia di Trieste e del comune di Trieste e le osservazioni depositate dall'azienda dei servizi sanitari n. 1 – Triestina, ed ha concluso il verbale attribuendo alla conferenza un esito finale positivo all'unanimità, mentre di fatto derivante dal solo voto favorevole del rappresentante della regione;
   agli interroganti risulta, quindi, che la provincia di Trieste e il comune di Trieste abbiano diffidato il responsabile del procedimento dall'adottare l'atto di autorizzazione integrata ambientale regionale, chiedendo, di fatto, in via di autotutela l'annullamento dell'ultima seduta della conferenza di servizi;
   in ordine al medesimo verbale risultano essere presentati due esposti alla competente procura della Repubblica;
   da notizie di stampa è emerso che il 25 novembre 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato sul sito web l'avvio della procedura di esproprio di 424 particelle catastali dell'area di Zaule rientranti all'interno del demanio portuale (dove il progetto collocherebbe il terminale di rigassificazione) e dell'area che si trova lungo il tracciato dell'elettrodotto interrato, che dovrebbe essere realizzato per allacciare l'impianto alla rete dell'energia elettrica;
   non è chiaro se dette particelle catastali appartenenti a privati siano solo terreni o presentino qualche fabbricato, anche perché l'avviso è stato pubblicato su quotidiani con ridotta diffusione nella provincia di Trieste;
   nel mese di aprile 2012 il Commissario europeo all'ambiente Janez Potocnik ha confermato, anche per il progetto del golfo di Zaule, che le normative europee impongono la consultazione del Paese vicino prima dell'adozione delle autorizzazioni per la realizzazione di opere che abbiano un impatto ambientale transfrontaliero. A tal proposito si ricorda che i Governi che si sono succeduti alla guida della Slovenia hanno manifestato la loro contrarietà al progetto dell'impianto di rigassificazione; contrarietà che, da ultimo, è stata rinnovata dal Primo ministro Jansa al Presidente del Consiglio dei ministri Monti nel vertice bilaterale di Roma del 12 giugno 2012. L'opposizione è stata ribadita anche nel corso della visita nel 2012 del Presidente della Repubblica Napolitano a Lubiana;
   le prassi sulla sicurezza marittima prescrivono normalmente per i rigassificatori a terra l'interdizione della navigazione per un raggio non inferiore a 450 metri da navi gasiere in tutte le sue fasi di attracco, scarico, manovra o salpaggio. La conformazione geografica del golfo di Zaule, del canale navigabile e la vicinanza tra il sito dove dovrebbe sorgere l'impianto di rigassificazione e l'area dove dovrebbero svilupparsi le nuove strutture portuali del porto di Trieste indicano una chiara incompatibilità tra la presenza dell'impianto di rigassificazione e la realizzazione della piattaforma logistica (che ha già ottenuto il via libera dal Cipe), del molo VIII del porto nuovo, della nuova piattaforma ro-ro nel sito ex Aquila e del raddoppio del molo VII, tutte opere previste nel piano regolatore del porto, già assentito dal Consiglio superiore dei lavori pubblici;
   ripetutamente provincia e comune hanno segnalato che la valutazione di impatto ambientale del 2009 andava rifatta, in quanto aveva a base atti che poi Arpa regionale aveva detto che non dovevano prendersi in considerazione in quanto non riferibili al sito interessato, mentre ripetutamente è emersa la necessità di una valutazione di impatto ambientale unica per metanodotto e rigassificatore, nonché di una valutazione ambientale strategica come prescritta dalla normativa europea;
   oltre ai vizi procedurali qui richiamati gli interroganti fanno espresso riferimento a criticità meglio dettagliate nei pareri espressi dagli enti partecipanti alla conferenza di servizi e che sono di dominio del Ministro interrogato;
   al Governo italiano potrebbe risultare che il Governo sloveno abbia cambiato posizione ufficiale in merito alla realizzazione di un impianto di rigassificazione nel golfo di Zaule –:
   se il Governo intenda proseguire con l’iter di esproprio delle particelle catastali indicate nell'avviso – nonostante i vizi procedurali qui comunque richiamati, che evidenziano una procedura assunta, secondo gli interroganti, in palese spregio delle normative nazionali e comunitarie in materia, peraltro già puntualmente rilevate da soggetti diversi sia in sede di giustizia amministrativa che in sede penale – alla luce della possibilità che il progetto di rigassificatore possa recare pregiudizio alle attività nel porto nuovo internazionale di Trieste e, quindi, ne consegua che alcune delle opere cantierabili per lo sviluppo dello scalo (piattaforma logistica, molo VIII, piattaforma ro-ro), di cui alcune già finanziate ed in corso d'appalto, debbano venir meno. (3-02643)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 gennaio 2011 Poste Italiane ha chiuso l'ufficio sito zona Cappuccini a Vercelli, un quartiere periferico del comune, a 3,73 chilometri dal centro, ed abitato prevalentemente da pensionati e persone anziane;
   la sede è stata chiusa a causa dell'efficacia dell'esecutività dello sfratto che interessava lo stesso immobile;
   la chiusura degli uffici, non preannunciata ai residenti della zona pur essendo una probabilità quasi certa vista la pendenza del provvedimento giudiziario, ha comportato notevoli disagi, in quanto le sedi più vicine sono collocate in corso Palestro e in via Malinverni, ma detti uffici sono già oberati da una clientela piuttosto copiosa;
   la soluzione ad oggi proposta, che parrebbe temporanea, è quella di riservare due sportelli per i residenti in zona Cappuccini presso la posta centrale di Vercelli, tuttavia, vista la mancanza di collegamenti adeguati tra detta zona e la sede centrale, diversi e notevoli sarebbero i disagi per le persone anziane;
   ad oggi nessuna informazione è stata resa nota da Poste Italiane sulla possibilità di apertura di una nuova sede nella zona Cappuccini, che se anche si avverasse comporterebbe tempi piuttosto lunghi a seguito dei necessari lavori per la messa in sicurezza dei locali e la loro organizzazione;
   sul sito web di Poste Italiane si legge: «Poste Italiane ha saputo mantenere ben saldi i princìpi della propria missione aziendale declinata attraverso la capillare presenza sul territorio – con 14 mila uffici postali e un organico di circa 150 mila dipendenti – e la tradizionale vocazione a cogliere le esigenze della propria clientela, si tratti del privato cittadino, dell'azienda o della pubblica amministrazione.» E ancora «Questa visione strategica, accompagnata da un programma di investimenti per tecnologie, infrastrutture e formazione, ha permesso all'azienda di elevare in breve tempo e in maniera significativa gli standard di efficienza, di aumentare ulteriormente il grado di professionalità dei propri addetti, di riqualificare gli uffici postali, di incontrare il crescente apprezzamento dei clienti e di chiudere i bilanci in utile.» (http://www.poste.it/azienda/chisiamo/profilo.shtml) –:
   se la chiusura degli uffici di Poste italiane in zona Cappuccini sia temporanea e, in caso positivo, quale tempistica si preveda per la messa in opera della nuova sede. (5-08568)

Interrogazione a risposta scritta:


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere: quanti siano i dirigenti del Ministero dello sviluppo economico, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento all'intera struttura e singolarmente. (4-18850)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Villecco Calipari e altri n. 5-06564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zaccaria.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17837, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17844, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17970, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17971, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18007, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18008, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18041, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18049, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18132, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18134, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18136, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18140, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18143, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18144, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18223, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18226, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18230, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18232, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18326, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18328, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-06329 del 2 marzo 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08564;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-06585 del 18 marzo 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08565;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-08988 del 12 ottobre 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08566;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-10032 del 15 dicembre 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08567;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-10986 del 23 febbraio 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08568;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-13738 del 27 ottobre 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08569;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-15848 del 26 aprile 2012 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08570;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-16509 del 7 giugno 2012 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08571;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-17325 del 7 agosto 2012 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08572;
   interrogazione a risposta scritta Bobba n. 4-18088 del 12 ottobre 2012 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08573;
   interrogazione a risposta scritta Bobba e altri n. 4-18214 del 23 ottobre 2012 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08574.