Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 22 marzo 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    come emerge dal Rapporto Istat 2020, la pandemia da Covid-19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da forti disuguaglianze e le donne sembrano aver pagato il prezzo maggiore in termini economici, sanitari e familiari, con particolare riguardo all'aspetto occupazionale, nonché per l'ulteriore criticità legata alle difficoltà di conciliare i tempi tra vita privata e vita professionale, quadro anche aggravato per l'aumento dei casi di violenze perpetrate ai danni delle donne;

    l'emergenza da Covid-19, dunque, ha ulteriormente evidenziato le distorsioni, le iniquità e le discriminazioni presenti nel mondo del lavoro e nella nostra società che incidono negativamente non solo sulla vita delle persone, ma anche sulla qualità del nostro sistema produttivo e sulle prospettive di crescita del Paese;

    a pagare il prezzo più alto in termini di diritti sono soprattutto le donne e, tra queste, coloro che vivono e lavorano nelle aree più svantaggiate;

    i dati inerenti il mercato del lavoro attualmente disponibili indicano: 1) un gap tra occupazione maschile e femminile di circa il 17 per cento (nell'anno 2019, l'occupazione femminile si ferma al 42 per cento); 2) un gap nel tasso di occupazione fra donne di 25-49 anni, con figli in età prescolare e donne senza figli; 3) un gap occupazionale a livello territoriale che vede l'occupazione femminile al Sud pari al 44,8 per cento rispetto, invece, al 67,9 per cento del Nord; 4) il 55,9 per cento dei posti di lavoro persi durante la pandemia, nel 2020, attiene proprio alle donne;

    a fronte di tali dati, è di tutta evidenza l'urgenza di intervenire con misure dirette e ben strutturate, sostenute da opportuni e adeguati stanziamenti economici;

    investire sull'occupazione femminile, e sull'accessibilità dei servizi educativi per la prima infanzia non può, quindi, che essere la priorità in questo momento di crisi economico-sanitaria;

    le percentuali sempre più alte di donne costrette a lasciare il proprio lavoro sono allarmanti: secondo i dati Istat, solo nel mese di dicembre del 2020, dei 101 mila posti di lavoro persi a causa della pandemia da Covid-19, 99 mila sono stati persi dalle donne;

    le imprese femminili sono quelle che hanno pagato il conto più salato della crisi sanitaria ed economica innescata dalla pandemia da Covid-19: dopo anni nei quali ogni trimestre le imprese femminili segnavano crescite superiori alle imprese maschili, dal secondo trimestre 2020 ad oggi tale velocità si è praticamente annullata, soprattutto per effetto di un sostanziale blocco nella nascita di nuove imprese femminili (fonte Unioncamere);

    se durante le crisi economiche più recenti l'occupazione femminile aveva subito un rallentamento senza però subire una diminuzione drastica, nella congiuntura attuale i settori economici più colpiti, almeno nella prima fase, sono stati e continueranno ad essere il turismo, il commercio, la comunicazione, il terziario avanzato, i servizi in genere, tutti ad elevata, se non prevalente, presenza femminile; in questo quadro, è prevedibile che i contratti part-time e a tempo determinato siano i primi a non essere rinnovati, così come faticheranno a «riprendersi» le start up femminili che hanno rappresentato un peculiare elemento di vivacità economica nell'intero Paese;

    al centro dell'agenda di questo Governo è stata posta la sostenibilità e tutto ciò che riguarda la tutela dell'ambiente. Fino ad oggi le donne hanno svolto un ruolo fondamentale nella formazione di una coscienza ecologica, per questo è necessario continuare a dare alle donne gli strumenti necessari per partecipare attivamente: la legge di bilancio 2020, ha disposto l'istituzione del cosiddetto Fondo «Green New Deal», con una dotazione iniziale di 470 milioni di euro per l'anno 2020, di 930 milioni di euro per l'anno 2021, di 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, per sostenere progetti economicamente sostenibili con precise finalità tra cui l'imprenditorialità giovanile e femminile;

    il rilancio del nostro Paese, per essere tale, dovrebbe passare mediante un cambiamento totale del paradigma su cui è basato il nostro sistema produttivo, di consumo e di relazione al fine di realizzare un nuovo modello, frutto di una cultura dell'innovazione, della sostenibilità, dell'etica e dell'equità, capace di mettere al centro la persona e il benessere generale, di cui proprio le donne possono e devono essere protagoniste e principali interpreti;

    come rilevato nel rapporto Istat sui livelli di istruzione e i ritorni occupazionali – anno 2019, pubblicato nel luglio 2020 – il livello di istruzione femminile nel nostro Paese è peraltro sensibilmente superiore a quello maschile: nel nostro Paese, infatti, le donne con almeno il diploma sono quasi i due terzi del totale (il 64,5 per cento), quota di circa 5 punti percentuali superiore a quella degli uomini (il 59,8 per cento); una differenza che nella media dell'Unione europea è di appena un punto percentuale. Le donne laureate sono il 22,4 per cento, contro il 16,8 per cento degli uomini; vantaggio femminile ancora una volta più marcato rispetto alla media Ue. Tale risultato deriva anche da una crescita dei livelli di istruzione femminili più veloce rispetto a quella dei maschi: in cinque anni la quota di donne almeno diplomate e di quelle laureate è aumentata, in entrambi i casi, di 3,5 punti (+2,2 punti e +1,9 punti i rispettivi incrementi tra gli uomini);

    nonostante i livelli di istruzione delle donne siano più elevati, il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile (56,1 per cento contro 76,8 per cento) evidenziando un divario di genere più marcato rispetto alla media Ue e agli altri grandi Paesi europei. Lo svantaggio delle donne si riduce tuttavia all'aumentare del livello di istruzione: il differenziale, che tra coloro che hanno un titolo secondario inferiore è pari a 31,7 punti, scende a 20,2 punti tra i diplomati e raggiunge gli 8,2 punti tra i laureati. Le donne in possesso di un diploma hanno un tasso di occupazione di 25 punti superiore a quello delle coetanee con basso livello di istruzione (un vantaggio doppio rispetto agli uomini) e la differenza tra laurea e diploma è di 16,6 punti (scarto di oltre tre volte superiore a quello maschile). Sui «premi» occupazionali incide sia la maggiore spendibilità nel mercato del lavoro dei titoli di studio più alti (tra i 25-64enni, il tasso di disoccupazione per chi ha un basso titolo di studio è più che doppio rispetto a chi ha la laurea), sia il maggiore interesse alla partecipazione al mercato del lavoro (il tasso di inattività è circa tre volte più alto);

    nel 2019 il 24,6 per cento dei laureati (25-34enni) ha una laurea nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche: le cosiddette lauree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Emerge in questo contesto un divario di genere molto forte: il 37,3 per cento degli uomini ha una laurea Stem contro il 16,2 per cento delle donne. Le quote si invertono per le lauree umanistiche: 30,1 per cento tra le laureate e 15,6 per cento tra i laureati. Anche le lauree nell'area medicosanitaria e farmaceutica sono conseguite più frequentemente dalle donne (18,2 per cento contro 14,5 per cento di uomini), mentre per l'area socio-economica e giuridica la proporzione è simile (35,5 per cento tra le laureate e 33,2 per cento tra i laureati);

    le cause per cui le donne che scelgono percorsi Stem sono una minoranza sono molte e spaziano da fattori individuali (motivazione personale e autostima) a quelli di background familiare e elementi sociali, tuttavia questi ultimi (come lo stereotipo dell'incompatibilità tra genere femminile e materie scientifiche, la mancanza di modelli nell'immaginario collettivo) sono più determinati nella scelta del percorso di istruzione;

    la dimensione discriminatoria pervade l'ambito dei percorsi Stem dove le donne oltre a percepire salari mediamente più bassi, a parità di livello di istruzione, devono misurarsi con l'idea che la popolazione femminile debba occuparsi dei lavori di casa e del mantenimento dei figli. Questa situazione riduce il loro potere contrattuale sul mercato del lavoro, anche per promozioni interne ed esterne. Nelle carriere accademiche – anche Stem – la maternità porta a interruzioni lavorative che ostacolano un'ascesa della carriera lavorativa paragonabile a quella degli uomini: che la discriminazione sia consapevole o inconsapevole, il risultato è che le donne vengono penalizzate sia nel mondo accademico Stem, che in quello lavorativo, quindi, è un misto di barriere sociali, psicologiche ed economiche a tenere lontane le donne dalla scienza. I campi Stem rappresentano i lavori del futuro e quelli che garantiranno maggiori possibilità di carriera e di ritorno economico, quindi la presenza delle donne in questi percorsi sarà utile per contribuire a sanare il «gender pay gap» – il divario retributivo di genere;

    al di là di benefici individuali, avere più donne – e quindi individui – nella scienza garantisce più capitale umano per affrontare le sfide tecnologico-scientifiche del futuro. La diversità è poi un elemento essenziale nella scienza: riuscire a osservare un problema da prospettive differenti aumenta la possibilità di trovare soluzioni, tanto che la diversità di un gruppo di persone risulta più importante delle abilità individuali;

    urgono, pertanto, misure ed interventi in sostegno all'occupazione, di conciliazione della vita lavorativa con la vita professionale; misure ed interventi che possono trovare subito riscontro e rafforzamento all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    a questa dimensione lavorativa fortemente caratterizzata da un oggettivo e drammatico divario di genere, sottende un problema culturale che trova la sua peggiore espressione in quelle situazioni dove le donne sono vittime di abusi e violenze;

    quella delle donne uccise per mano dei propri compagni di vita non può che essere definita come una gravissima emergenza; l'8 marzo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha letto i nomi delle 12 donne uccise dall'inizio del 2021;

    gli interventi approvati già dalla scarsa legislatura, e incrementanti in quella attuale – si pensi, da ultimo, all'approvazione del cosiddetto «codice Rosso», la legge n. 69 del 2019 – necessitano di ulteriore rafforzamento, in una fase quale quella che stiamo vivendo, ove purtroppo i numeri relativi ad episodi di violenza/femminicidi hanno subito una forte impennata;

    i dati statistici disponibili rivelano che il costo della violenza, in particolare domestica, stimato per difetto nel 2013, è di 16.719.540.330 euro, a fronte di una spesa per interventi di prevenzione e contrasto pari a soli 6.323.028 euro. Occorre pertanto stanziare e impegnare in tempi brevi risorse per interventi incisivi sia di carattere preventivo, sia di effettivo e urgente sostegno alle donne vittime di violenza, per evitare la reiterazione dei comportamenti ed i femminicidi;

    la legge n. 69 del 2019, all'articolo 6, ha modificato l'articolo 165 codice penale, introducendo, quale condizione per la sospensione condizionale della pena ai condannati di reati di violenza familiare e di genere, la «partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati». In tal senso è riscontrabile una difficoltà applicativa ed interpretativa che non permette, nei fatti, di esplicare i potenziali effetti di contrasto alla recidiva in termine di rieducazione del condannato. Inoltre, soprattutto nelle regioni meridionali, i servizi territoriali, in molti casi, non sussiste una specifica preparazione in relazione a strutture e professionalità, mentre dove tali servizi operano è stata riscontrata un'assenza di recidiva nell'80 per cento dei casi trattati;

    nella scorsa legislatura, il decreto-legge n. 93 del 2013 ha previsto che il Governo provveda ad adottare, con cadenza biennale, piani straordinari di contrasto alla violenza contro le donne; nel 2015 è stato emanato il primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere; in attesa che il Governo adotti il terzo Piano nazionale per il biennio 2021-2023 è attualmente operativo il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020;

    appare essenziale, per un efficace contrasto alla violenza contro le donne e per un'effettiva tutela delle vittime, un'adeguata integrazione delle risorse del Fondo per le pari opportunità al fine di ripartire tra le Regioni – anche tenuto conto dell'incidenza del fenomeno su base territoriale – risorse destinate al finanziamento dell'assistenza e del sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, essenzialmente allo scopo di mettere a disposizione una rete omogenea di servizi territoriali su tutto il territorio nazionale, in particolare con la creazione di centri antiviolenza e di servizi di assistenza (case rifugio) alle donne vittime di violenza;

    l'impatto della pandemia da Covid-19 nel contesto economico e sociale del Paese, acutizzando le criticità e le disuguaglianze già presenti, ha fatto esplodere quale ulteriore criticità quella correlata ad un equo e diffuso accesso ai servizi educativi, di cura e assistenza; tale criticità investe inevitabilmente l'equilibrio di genere nel contesto familiare, professionale e sociale, a discapito della donna che si è trovata a dover sostenere i carichi legati all'assistenza dei figli, alla cura degli anziani e dei componenti fragili del nucleo familiare; carichi cresciuti esponenzialmente per la chiusura delle scuole, dei centri dedicati all'infanzia e alla cura e al sostegno delle persone disabili e fragili;

    l'Ipsos certifica che il 74 per cento delle donne ha sulle spalle la gestione della casa senza aiuti da parte del partner. Occorre, pertanto, particolare attenzione quando si parla di lavoro agile: se una donna deve occuparsi dei figli, della casa e dei genitori anziani, peraltro, lo smart working rischia di essere una modalità di lavoro fortemente penalizzante;

    nel settore del sostegno all'occupazione, non può trascurarsi che la domanda di servizi di assistenza e cura in Italia è in costante crescita. Secondo il 1° rapporto Domina sul lavoro domestico, infatti, la stessa ha generato oltre 2 milioni di posti di lavoro per colf, badanti, babysitter e altri assunti direttamente da circa un milione e mezzo di famiglie;

    si stima che un investimento strutturato nel settore di assistenza e cura potrebbe non solo essere un valido supporto per le famiglie, ma potrebbe creare 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030;

    l'emergenza da Covid-19, confermando la grande sproporzione di genere nella distribuzione delle responsabilità di cura domestica e familiare, oltre ad evidenziare la necessità di una profonda riforma del sistema di tutte le attività di cura, ha posto analoga necessità quanto alle attività riferibili al sistema di istruzione, come asili nido, centri estivi, centri diurni, e servizi residenziali per non autosufficienti, per persone con disabilità, per i soggetti fragili e per le dipendenze;

    le misure emergenziali, costituite da bonus o voucher, tra l'altro non dissimili dalle misure a regime, hanno evidenziato la necessità di ripensare il sistema secondo una più giusta ed equa impostazione strutturale che sia in grado di cogliere le disuguaglianze esistenti tra le diverse regioni o territori; a riguardo si pensi al minore accesso, documentato dall'ISTAT, ai contributi erogati per il bonus asilo nido da parte delle regioni del mezzogiorno determinato dall'assenza di servizi e di posti negli asili nido;

    come evidenziato dall'Istat in una memoria depositata presso la Commissione XI (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati, 12 novembre 2020, nonostante i segnali di miglioramento, l'offerta di posti negli asili nido si conferma sotto il parametro del 33 per cento fissato dall'Ue per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro; ancora ampio il divario tra Centro-nord e Mezzogiorno seppure le regioni del Sud registrino l'incremento più significativo rispetto all'anno precedente. Il ritardo del Mezzogiorno è infatti ancora più evidente: sommando i posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi, pubblici e privati, mediamente non si arriva a coprire il 15 per cento dei bambini fino a 3 anni di età;

    la salute della donna rappresenta un parametro indispensabile per assicurare la personalizzazione delle cure sia in ambito clinico, sia nell'organizzazione dei servizi sanitari, e dunque, garantire e promuovere la salute delle donne, in particolar modo la salute riproduttiva, è indice di qualità dell'assistenza sanitaria di un Paese;

    l'indagine «I Consultori Familiari a 40 anni dalla loro nascita tra passato, presente e futuro», evidenzia una rilevante variabilità interregionale, con bacini di utenza per Consultorio familiare tendenzialmente più ampi al Nord rispetto al Centro e al Sud, si evidenzia inoltre che in media sul territorio nazionale è presente un consultorio familiare ogni 35.000 abitanti, dunque andrebbe necessariamente rafforzata capillarmente la presenza di tali strutture sul territorio;

    le donne con disabilità vivono una condizione di discriminazione molteplice: come donne, condividono la mancanza di pari opportunità che prevale nella nostra società e, come persone con disabilità, soffrono di restrizioni e limiti alla partecipazione sociale, pertanto non godono di pari opportunità né rispetto alle altre donne, né rispetto agli uomini con disabilità; le stesse, peraltro, hanno una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta;

    evidentemente cultura, istruzione e formazione non possono che rappresentare i principali fattori chiave per il superamento degli stereotipi di genere e per il raggiungimento di una effettiva parità tra donne e uomini dal punto di vista sociale ed economico, in termini di diritti e accesso alle opportunità,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere misure volte al superamento del divario retributivo di genere, anche dando attuazione al Fondo per il sostegno della parità salariale di genere istituito dall'articolo 1, comma 276 e 277, della legge n. 178 del 2020 e incentivando l'uso di strumenti come il bilancio delle competenze per superare ogni tipo di discriminazione e dare attuazione ad una piena inclusione lavorativa e sociale;

2) ad adottare iniziative per introdurre incentivi a favore della lavoratrice e dell'impresa nel periodo intercorrente tra la fine del congedo obbligatorio e i ventiquattro mesi dopo il parto al fine di disincentivare il fenomeno delle cosiddette «dimissioni in bianco»;

3) ad adottare iniziative per incentivare e sostenere con adeguati strumenti di tutela le lavoratrici autonome, le libere professioniste nonché l'imprenditoria femminile, anche attraverso la previsione di sgravi contributivi, agevolazioni fiscali, misure per favorire la conciliazione di vita professionale e vita privata, con un particolare impegno anche in relazione al settore dell'agricoltura, nonché dell'economia verde e digitale;

4) a promuovere il lavoro flessibile (flex work) come diritto fondamentale, allo scopo di incrementare la produttività del lavoro e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché riconoscere il valore della figura del caregiver familiare;

5) promuovere un potenziamento della rete pubblica dei servizi per l'infanzia e degli asili nido, anche attraverso la riqualificazione infrastrutturale delle strutture, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione ai territori del Sud, prevedendo adeguato personale in relazione al fabbisogno territoriale, nonché ad adottare adeguate politiche volte ad incentivare, all'interno di aziende pubbliche e private, forme di welfare aziendale a sostegno delle famiglie e finalizzate a garantire l'effettiva conciliazione dei tempi di vita e lavoro;

6) ad adottare iniziative per rivedere la disciplina dei congedi parentali, estendendo il concedo di paternità a 5 mesi, quale misura sperimentale per 3 anni, nonché prevedere l'allungamento del congedo di allattamento fino ai due anni del bambino, così da favorire l'allattamento al seno come suggerito dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms);

7) ad adottare iniziative, al livello normativo, sulla disciplina dello smart working, soprattutto rispetto al diritto di disconnessione, in modo che siano le lavoratrici a scegliere l'organizzazione dei tempi del loro lavoro, prevedendo comunque anche per loro il bonus baby sitting e introducendo misure ancora più stringenti rispetto a quelle previste per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, anche istituendo un apposito numero telefonico a tal fine dedicato;

8) ad adottare tutte le iniziative necessarie al raggiungimento dell'obiettivo n. 5 dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, ossia raggiungere l'uguaglianza di genere e l'emancipazione, facilitando l'accesso e l'informazione sulle risorse a disposizione dell'imprenditoria femminile, con particolare attenzione ai progetti rivolti alla sostenibilità ambientale anche attraverso apposite campagne comunicative e pubblicitarie;

9) a predisporre iniziative, anche di carattere normativo, che includano la declinazione delle misure ritenute necessarie ad incoraggiare la presenza femminile nelle discipline Stem, con particolare riferimento all'integrazione dei percorsi universitari, per promuovere dialogo e complementarietà tra materie umanistiche e materie scientifiche nel contesto di un nuovo modello lavorativo e di conoscenza, che richiede metodo e competenze rinnovate e multidisciplinari e a promuovere l'importanza di una formazione Stem per le ragazze rispetto alle professioni di domani, e del ruolo centrale che le conoscenze/competenze in questi settori hanno nella costruzione del futuro;

10) ad attivare tempestivamente il nuovo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, nonché a prevedere iniziative concrete volte a garantire una rete omogenea su tutto il territorio nazionale dei Centri Antiviolenza e delle Case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche anche per garantire personale adeguatamente formato, prevedendo inoltre incentivi fiscali al crowdfunding;

11) ad adottare ogni iniziativa utile per la parità dei generi e i diritti delle donne, favorendo la paritaria progressione di carriere, eliminando ogni forma di discriminazione e garantendo lo sviluppo di una cultura organizzativa e di rispetto dei generi, ivi compreso l'impegno per l'equilibrio di genere nelle candidature, sia nell'ambito delle cariche istituzionali, sia del management delle società pubbliche, nonché la rimozione gli ostacoli, anche normativi, che impediscono alle donne di accedere alle cariche elettive di qualsiasi livello;

12) ad adottare iniziative per tutelare le donne con disabilità che subiscono spesso una doppia discriminazione, sia per essere donne, sia per essere persone con disabilità, garantendo loro il diritto alla relazione e all'affettività;

13) a porre in essere iniziative volte a dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul, rendendo omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne;

14) ad adottare iniziative per la promozione da parte dei media della soggettività femminile e l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

15) ad adottare iniziative per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne anche sui luoghi di lavoro, ferma restando l'assoluta urgenza di disciplinare, nel nostro ordinamento, i fenomeni di mobbing e straining;

16) ad assicurare l'aggiornamento costante della mappatura dei centri anti violenza del Dipartimento per le pari opportunità, tenendo conto delle indicazioni fornite dalle regioni e province autonome, nonché ad adottare le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata in modo globale attraverso misure monitorate tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali;

17) ad adottare iniziative per prevedere l'attivazione di programmi di trattamento per gli uomini maltrattanti nella fase di esecuzione della pena, al fine di combattere la recidiva, predisponendo specifiche disposizioni di dettaglio ed indirizzi operativi rispetto a quanto previsto dall'articolo 6 della legge n. 69 del 2019, oltre ad attivarsi affinché su tutto il territorio nazionale sia garantito un adeguato numero di strutture preposte a fornire percorsi di recupero;

18) ad adottare iniziative per destinare una percentuale del Fondo unico giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, all'imprenditoria femminile, privilegiando, nell'assegnazione, le donne vittime di violenza al fine di incentivare un percorso, di reinserimento sociale, oltre che l'indipendenza economica;

19) ad attivare tutte le iniziative necessarie per contrastare la violenza di genere sui social network, ed in particolare le forme di istigazione che prendono di mira l'aspetto fisico, l'appartenenza religiosa o razziale, anche attraverso l'istituzione di un osservatorio sul fenomeno;

20) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori famigliari e per adolescenti per intervenire più efficacemente nelle politiche educative, sull'educazione all'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

21) a promuovere, con specifico riferimento al campo dell'editoria scolastica, l'attivazione di strumenti di sensibilizzazione, formazione e monitoraggio degli operatori della filiera e degli editori rispetto degli standard più avanzati in materia di inclusione e diversità;

22) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della scorsa legislatura promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;

23) a promuovere iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado per l'educazione alla parità tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa;

24) ad adottare iniziative per introdurre misure finalizzate alla riduzione del «digital divide» che ancora oggi penalizza le donne, in particolare nelle aree più svantaggiate del Paese;

25) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione del personale impiegato nelle strutture di pubblica sicurezza che si relaziona con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza, nonché alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, anche al fine di agevolare l'emersione dei casi di violenza domestica;

26) ad adottare iniziative per prevedere, nell'ambito del reddito di cittadinanza, misure volte al sostegno di donne che vogliono fuoriuscire dal circolo vizioso della violenza domestica in modo da ottenere un'indipendenza economica;

27) ad adottare iniziative atte a tutelare la dignità e la libertà di scelta e di autodeterminazione delle donne, garantendo loro pieno accesso alle cure mediche, anche con riferimento all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva, ferma restando la garanzia del libero accesso all'aborto, anche farmacologico, nonché a potenziare la rete dei consultori, garantendone un numero minimo di uno ogni 20.000 abitanti, così come previsto dalla legge.
(1-00434) «Elisa Tripodi, Invidia, Scutellà, Spadoni, D'Arrando, Martinciglio, Carbonaro, Sportiello, Ascari, Ciprini, Barzotti, Giuliano, Manzo, Aresta, Scagliusi, Gagnarli, Casa, Cancelleri, Ruocco, Troiano, Alemanno, Torto, Flati, Faro, Baldino, Vacca, Azzolina, Giordano, Dieni, Corneli, Alaimo, Parisse, Del Sesto, Sarti, Saitta, Di Sarno, Cataldi, Maurizio Cattoi, D'Orso, Salafia, Bonafede, Ferraresi, Masi, Orrico, Palmisano, Sut, Scanu, Brescia, Iorio, Perantoni, De Carlo».


   La Camera,

   premesso che:

    l'accelerazione e il potenziamento della campagna di vaccinazione rappresentano obiettivi fondamentali che devono essere perseguiti con determinazione per favorire l'auspicato ritorno alla normalità e superare la pandemia che, ormai, da oltre un anno ci affligge con conseguenze pesantissime sul piano sanitario, economico e sociale;

    ad oggi, la strategia dell'Unione europea sul fronte vaccini non può assolutamente ritenersi soddisfacente, collocandosi ampiamente al di sotto delle attese e dei risultati raggiunti in altri Paesi che si sono mossi con maggiore rapidità;

    tagli alle forniture, mancate consegne, lunghi processi decisionali sono alcune delle criticità che, negli scorsi mesi, hanno rallentato il piano di immunizzazione, alimentando ritardi che impattano gravemente sulla salute dei cittadini e sulla ripartenza economica degli Stati membri;

    alla data odierna, in Italia, sono state effettuate 7,6 milioni di somministrazioni, mentre le persone effettivamente vaccinate, che hanno ricevuto entrambe le dosi, sono circa 2,4 milioni;

    si prevedono incrementi consistenti nel numero delle vaccinazioni a partire dal mese di aprile 2021, con l'arrivo di forniture più ingenti e l'implementazione del piano vaccinale potenziato dal nuovo commissario straordinario all'emergenza COVID-19;

    in questa delicata fase, il ritmo delle immunizzazioni è frenato, principalmente, dalle scarse quantità di dosi disponibili che limitano il margine di manovra delle regioni che, vaccini alla mano, sarebbero in grado di incrementare notevolmente il numero delle somministrazioni giornaliere;

    lo scenario e le complicazioni registrate in questi primi mesi della campagna vaccinale rendono evidente la necessità di un approccio più risoluto e pragmatico da parte dell'Unione europea, soprattutto dal punto di vista del rispetto degli accordi presi con le aziende farmaceutiche e delle limitazioni all'export dei vaccini, in linea con le richieste avanzate dal Presidente del Consiglio dei ministri in occasione del vertice straordinario del Consiglio europeo tenutosi nelle giornate del 25 e del 26 febbraio 2021;

    nella stessa ottica, è necessaria un'accelerazione sul fronte del vaccino russo Sputnik V, utilizzato in oltre 50 Paesi al mondo, promuovendone il rapido esame da parte dell'Agenzia europea dei medicinali e verificando, in caso di inerzia, la possibilità di una sua valutazione e utilizzo a livello nazionale, sulla scia di quanto fatto da altri Paesi europei;

    accanto a queste azioni di breve periodo, peraltro, occorre innestare politiche di più ampio respiro che sappiano valorizzare eccellenze, competenze e poli industriali del nostro Paese, di modo che questo possa contare su un motore produttivo proprio di farmaci e vaccini, raggiungere un livello di indipendenza in questo ambito e gestire eventuali tagli negli approvvigionamenti che potrebbero ripresentarsi in futuro;

    com'è noto, l'Italia è uno dei Paesi leader in Europa nel settore della produzione conto terzi in ambito farmaceutico, con un valore della produzione di oltre 2 miliardi di euro, superiore a quella di Germania (1,95 miliardi di euro) e Francia (1,72 miliardi di euro), generata da aziende affermate a livello mondiale nella produzione di prodotti dall'elevato valore tecnologico;

    è necessario sostenere e creare le condizioni affinché questa eccellenza produttiva sia valorizzata e messa al servizio del nostro Paese, con riflessi positivi sia da un punto di vista sanitario, nelle azioni di contenimento della pandemia, sia da un punto di vista dello sviluppo economico, considerata l'elevata domanda mondiale di farmaci e vaccini che chiaramente dovrà essere soddisfatta nel prossimo futuro;

    in questa prospettiva, una visione prospettica nella gestione della pandemia può rappresentare un innesco per la ricrescita del Paese e dare impulso allo sviluppo di aree tecnologicamente strategiche per le nuove generazioni;

    l'esigenza di procedere in questa direzione è stata immediatamente colta dal neo Ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che a pochi giorni dal suo insediamento ha subito programmato la strategia da seguire, istituendo un tavolo finalizzato alla produzione del vaccino anti-Covid in Italia e alla creazione di un polo nazionale di alta specializzazione pubblico privato per realizzare nel medio lungo periodo un contributo italiano in questo ambito;

    nel corso dell'ultima riunione del tavolo, svoltasi in data 11 marzo 2021, il Ministro ha ribadito la forte determinazione del Governo, verificando la disponibilità a produrre i «bulk» – ossia il principio attivo e gli altri componenti del vaccino – da parte di alcune aziende che già dispongono o, comunque, potranno disporre in un arco temporale ristretto dei necessari bioreattori e fermentatori. La fase di produzione, a quanto consta, potrebbe partire a conclusione dell'iter autorizzativo da parte delle autorità competenti, in un tempo stimato di circa 4/6 mesi;

    con riferimento, poi, alla successiva fase dell'infialamento e della finitura dei vaccini, è stata appurata la disponibilità di molte aziende italiane a partire anche immediatamente, in quanto già in possesso degli stabilimenti, delle competenze e delle dotazioni all'uopo necessarie;

    l'iniziativa del Ministro dello sviluppo economico ha ricevuto l'appoggio del commissario europeo Breton, alla guida della task force per aumentare la capacità produttiva di vaccini nell'ambito dell'Unione europea, il quale ha sottolineato il ruolo centrale dell'Italia in questo ambito, anche in occasione della conferenza tenuta con lo stesso Ministro in data 4 marzo 2021;

    l'avvio del progetto in esame rappresenta indubbiamente un cambio di passo rispetto al passato che si auspica potrà consentire di rimediare ai ritardi fin qui accumulati e rivelarsi strategico non solo nell'attuale fase emergenziale, ma anche per le future esigenze, tanto in campo vaccinale quanto della ricerca e dello sviluppo;

    da valutare con favore è anche l'annunciato stanziamento nel «decreto sostegni», approvato venerdì 19 marzo 2021 in Consiglio dei ministri, di risorse destinate specificamente ad accompagnare l'iniziativa in questione, che potranno favorire i necessari processi di potenziamento e riconversione degli stabilimenti produttivi,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile al fine di sostenere la produzione di vaccini anti-Covid in Italia, anche attraverso la creazione di un polo nazionale pubblico-privato di alta specializzazione, dando seguito agli incontri del Tavolo a tal fine istituito presso il Ministero dello sviluppo economico;

2) ad adottare iniziative per affermare e consolidare il ruolo di protagonista dell'Italia nell'ambito della strategia di rafforzamento della produzione industriale di vaccini avviata a livello europeo;

3) a conferire al progetto avviato dal Ministero dello sviluppo economico una visione prospettica di medio e lungo termine, al fine di garantire all'Italia un apparato produttivo in grado di rispondere efficacemente non solo all'attuale pandemia da Covid-19, ma anche a ulteriori esigenze che potrebbero presentarsi in futuro, tanto in campo vaccinale quanto, in generale, negli ambiti della ricerca e dello sviluppo farmaceutico;

4) a proseguire l'attività di individuazione di stabilimenti e aziende in grado di produrre, in un ristretto arco temporale, farmaci a vaccini contro il Covid-19;

5) ad adottare iniziative per assicurare la rapida erogazione delle risorse che saranno stanziate nel «decreto sostegni» allo scopo di potenziare la ricerca e favorire la riconversione industriale del settore biofarmaceutico verso la produzione di nuovi farmaci e vaccini;

6) ad attivarsi presso le competenti sedi europee affinché si promuova il trasferimento tecnologico da parte delle aziende titolari dei vaccini e si consenta, attraverso di esso, l'avvio della produzione italiana.
(1-00435) «Panizzut, Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Micheli, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Snider, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zennaro, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,

   premesso che:

    i parchi della Rimembranza sorti per celebrare la memoria dei caduti della Grande Guerra, vennero realizzati affiancando simbolicamente a grandi spazi urbani la rappresentazione dell'antico rapporto albero/uomo, in tal modo, si intendeva riprodurre la vitalità dell'elemento della natura affidata alle cure della comunità;

    per la realizzazione di detti Parchi vennero coinvolti, attraverso circolari emanate dall'allora Ministro della pubblica istruzione, tutti i provveditorati agli studi d'Italia, e a loro volta tutte le scolaresche che si resero promotrici della costituzione di viali e parchi, nelle strade di ogni città;

    vennero istituiti «Comitati esecutivi» con il compito di espletare tutte le procedure amministrative e logistiche, nonché norme e indicazioni sulle modalità di realizzazione dei parchi e dei viali: dall'elenco delle specie arboree più idonee da piantare nelle diverse zone geografiche della Penisola alle opere necessarie per la messa a dimora degli alberi, dalle dimensioni dei sostegni di protezione in legno al testo e collocazione della targhetta metallica con il grado, le generalità e la causa di morte del caduto;

    si tratta di un'opera di grande importanza espressione dell'impatto che gli eventi bellici ebbero nella storia delle comunità locali, e che onorano la memoria degli eventi bellici e del loro significato umano e culturale;

    negli anni immediatamente successivi al conflitto, furono realizzati oltre 2 mila parchi e viali e ogni albero piantato rappresentava un caduto, un eroe della prima guerra mondiale. Sugli alberi venivano piantate delle targhette, con il nome, le generalità, il grado, le cause della morte del soldato, di quell'eroe che si era sacrificato per l'Italia. Si è al cospetto di siti di grande valore storico, identitario, urbanistico ma anche ambientale, perché conservano al loro interno una grande varietà di piante, dai cipressi ai tigli, dai lecci ai pini;

    l'obiettivo era quello di fare del parco della Rimembranza il luogo sacro dedicato alla celebrazione della Nazione, un monumento alla memoria di chi per essa aveva combattuto fino alla morte, rinnovandone il ricordo attraverso gli alberi: la memoria dei tanti soldati morti in guerra nella freschezza e nella giovinezza di piantine affidate al nutrimento della terra e alla protezione della natura, allo stesso tempo custodi di memoria e commozione e simbolo di rinascita;

    purtroppo, dei circa 2.000 parchi oggetto del censimento del Ministero della cultura, molti sono stati semidistrutti o versano nel degrado. Altri ancora hanno perso la loro connotazione originaria e sono identificati come ville comunali o anonimi spazi verdi urbani, altri sono stati sacrificati alle esigenze di espansione urbanistica. Molti altri, invece, sono ancora presenti e ben curati dalle amministrazioni comunali, anche se spesso si ignora l'origine;

    i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono che a maggior ragione oggi sia fondamentale che quei parchi vivano, che vivano con il senso per il quale sono stati pensati. Per questo motivo Fratelli d'Italia ha organizzato la campagna «radici della memoria» con la finalità di rilanciare questi parchi e garantirne la riqualificazione;

    con lo stesso spirito che spinge a commemorare i caduti della Grande Guerra si intende commemorare le vittime del Covid-19. Stiamo quotidianamente combattendo una battaglia contro il Covid-19, è la nostra guerra e non è meno drammatica di quelle che abbiamo vissuto in passato. Anche questa guerra deve essere ricordata con i suoi martiri e i suoi eroi. Ci sono state persone che, grazie al sentimento di comunità e Nazione, hanno rischiato e sacrificato quello che avevano per aiutarne altre a salvarsi la vita e per consentire all'Italia di uscire fuori dalla condizione nella quale si trova;

    la recente inaugurazione a Bergamo del «Bosco della Memoria» in memoria delle vittime del Covid-19 ha destato profonda commozione e i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono che ricordare i caduti della guerra alla pandemia è un dovere dello Stato, perché la memoria è educazione al senso di Patria;

    rappresenta una grande opportunità, oltre che un segnale di civiltà, poter replicare l'iniziativa di Bergamo anche nel resto d'Italia, per tener vivo il ricordo di quanti hanno sofferto e lottato a causa della pandemia da Covid-19,

impegna il Governo:

1) a promuovere e sostenere ogni iniziativa volta alla riqualificazione delle aree che costituiscono i «Parchi della rimembranza», coinvolgendo le scuole perché possano adottare questi parchi, portarvi gli studenti sviluppando attività formative, ripiantare gli alberi quando dovessero essere caduti o quando non dovessero esserci più;

2) a recuperare, curare e valorizzare i siti in stato di degrado, anche attraverso il coinvolgimento delle amministrazioni locali, creando su tutto il territorio nazionale nuovi siti, nuove aree in memoria dei martiri e degli eroi nella battaglia contro il Covid-19;

3) ad adottare le iniziative di competenza volte a stanziare le risorse necessarie per assicurare la realizzazione degli interventi di riqualificazione che garantiscano la sopravvivenza dei «Parchi della rimembranza».
(1-00436) «Meloni, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della salute, il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 dell'ordinanza del Ministro della salute del 27 febbraio 2021, prevede che, ai sensi dell'articolo 1, commi 16-sexies e 16-septies, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, a decorrere dal 1° marzo 2021 alla regione Sardegna si applicano le misure di cui alla cosiddetta «zona bianca», come determinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021 e successivi decreti adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19;

   a quanto si apprende dalla citata ordinanza, al fine di monitorare gli effetti delle suindicate misure sarebbe stato istituito apposito tavolo tecnico istituzionale, composto dai rappresentanti del Ministero della salute, dell'Istituto superiore della sanità e della regione Sardegna;

   sebbene le misure finora adottate abbiano permesso un controllo efficace dell'infezione, l'esame dei dati epidemiologici dimostra che persiste a livello nazionale una trasmissione diffusa del virus e pertanto deve essere assunta ogni necessaria misura di prevenzione e controllo quali, ad esempio, l'avvio di uno screening di massa come già fatto dalla regione Sardegna, unitamente alla prosecuzione della campagna vaccinale, accompagnato da un serio controllo in ordine al rispetto dei limiti di viaggio previsti tra le regioni;

   la regione Sardegna ha dovuto prevedere, altresì, con propri fondi e personale, al fine di preservare i risultati finora raggiunti in termini di diffusione del contagio, un serio sistema di monitoraggio dei soggetti in arrivo nel territorio regionale, mediante l'imposizione dell'obbligo di presentazione di un certificato di negatività realizzato non oltre le 48 ore precedenti l'arrivo, ovvero di sottoporsi al medesimo test, gratuitamente, presso gli scali portuali e aeroportuali, o, comunque, entro le successive 48 ore dall'arrivo in Sardegna;

   il 14 marzo 2021 sul sito del Governo nella sezione dedicata alle Faq relative ai limiti previsti dalla normativa emergenziale in atto e, precisamente, con riferimento agli spostamenti dalle «zone rosse», si è precisato che sono sempre consentiti gli spostamenti utili al rientro presso la propria residenza, domicilio o abitazione, compresi quelli verso le cosiddette «seconde case», siano esse ubicate dentro o fuori dalla regione;

   tale decisione ha destato allarme e preoccupazione, in particolare tra i cittadini e tra gli amministratori locali sardi, tenuto conto del possibile arrivo di un cospicuo numero di residenti nelle regioni «rosse» nelle rispettive seconde case presenti in Sardegna, senza che tale autorizzazione sia stata contemporaneamente accompagnata dalla previsione di un controllo preventivo all'atto della partenza dalle stesse regioni;

   a fronte di ciò, la regione Sardegna ha adottato un'ulteriore ordinanza finalizzata a limitare le possibilità di raggiungere le citate seconde case nel territorio sardo, la quale, però, necessiterebbe comunque di un aiuto doveroso da parte del Governo, sia in termini economici che di previsione dei citati controlli alle partenze;

   il suindicato intervento governativo dovrebbe essere finalizzato proprio a bilanciare e tutelare, contemporaneamente, sia il diritto a godere delle rispettive proprietà da parte dei residenti fuori Sardegna, sia quello dei sardi al mantenimento dell'attuale livello di circolazione del virus;

   anche la Commissione europea ha ipotizzato l'introduzione di un «certificato verde digitale», al fine di ottenere il ripristino del diritto alla libera circolazione sicura all'interno dell'Unione europea, attraverso la creazione di un quadro comune europeo per il rilascio, la verifica e l'accettazione di: certificati che attestano l'avvenuta vaccinazione, certificati di guarigione dal Covid-19, certificati relativi alla negatività;

   il 3 settembre 2020, la Camera ha approvato un apposito ordine del giorno n. 9/02617-A/9 presentato dall'interpellante con il quale si impegnava il Governo a valutare l'opportunità di porre in essere ogni opportuna iniziativa al fine accogliere la richiesta già avanzata a suo tempo dalla giunta regionale Sarda prevedendo, conseguentemente, che tutti i soggetti che intendano transitare tra le diverse regioni siano sottoposti ad apposito test;

   appare necessario prevedere che i passeggeri in transito tra le regioni e, in particolare, in arrivo in Sardegna, siano obbligati a sottoporsi ad apposito test prima della partenza, così come peraltro già sperimentato da Alitalia, in collaborazione con le Società di gestione degli aeroporti di Roma e Milano, mediante l'attivazione di appositi voli cosiddetti «covid-free» –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano adottare al fine di sostenere gli sforzi della regione Sardegna nella lotta contro la diffusione del virus, nonché permettere una più sicura e controllata circolazione e transito dei cittadini tra le varie regioni, se del caso con la previsione di controlli preventivi, alla partenza, negli aeroporti e nei porti, anche mediante l'introduzione di un apposito progetto pilota che veda coinvolta in prima istanza proprio la regione Sardegna.
(2-01144) «Deidda, Rotelli, Bignami, Bellucci, Galantino».

Interrogazioni a risposta orale:


   NITTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   all'articolo 97-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, è stato previsto che, per l'anno 2021, con riferimento al periodo di imposta precedente, i contribuenti possano decidere di destinare una quota del 2 per mille della propria Irpef a favore di un'associazione culturale che sia iscritta nell'apposito elenco istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;

   l'articolo 97-bis precisa come tale destinazione possa essere esercitata dai contribuenti indicandola nella dichiarazione annuale dei redditi, per i contribuenti obbligati alla presentazione di tale dichiarazione, o mediante la compilazione di una specifica scheda, approvata dalla Agenzia delle entrate e allegata ai modelli di dichiarazione, per i contribuenti esonerati dall'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi;

   la corresponsione delle somme destinabili per l'anno 2021 alle associazioni culturali opera nel limite massimo di 12 milioni di euro;

   la possibilità di devolvere il due per mille alle associazioni culturali riconosce l'importante funzione in termini di coesione sociale e di senso di appartenenza che la cultura dal basso può garantire alla vita collettiva;

   in un momento storico in cui l'intero mondo della cultura è in estrema sofferenza, la misura in questione può contribuire, anche solo in minima parte, a risollevare le condizioni delle associazioni culturali, le cui attività rivestono un ruolo sociale fondamentale, specie a livello locale;

   la possibilità di far destinare ai cittadini il due per mille alle associazioni culturali era già stata introdotta dall'articolo 1, comma 985, della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità 2016), era stata accolta come segnale di attenzione verso la cultura;

   nonostante lo strumento introdotto nel 2016 avesse avuto un positivo riscontro da parte dei contribuenti, con la distribuzione di 11.469.955 euro a 1.130 enti culturali, si era deciso di sopprimere questa formula di finanziamento per le associazioni culturali già nella dichiarazione dei redditi 2017;

   secondo quanto disciplinato dall'articolo 97-bis del decreto «Agosto» un apposito decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm), su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni decorrenti dal 14 ottobre 2020 avrebbe dovuto stabilire, ai fini dell'assegnazione del menzionato beneficio, i requisiti e i criteri per l'iscrizione o la cancellazione delle associazioni nell'elenco istituito ai sensi del Dpcm del 21 marzo 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 23 aprile 2016, nonché le cause e le modalità di revoca o di decadenza;

   ad oggi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non risulta ancora emanato, nonostante i termini statuiti dall'articolo 97-bis del decreto n. 104 del 2020 siano stati già ampiamente superati –:

   se non intendano adottare le iniziative di competenza per emanare quanto prima il decreto disciplinante i criteri per la destinazione del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a favore di associazioni culturali, necessario affinché la misura introdotta con il decreto-legge n. 104 del 2020 possa diventare operativa a tutti gli effetti.
(3-02119)


   ASCARI, SERRITELLA, GRIPPA, ORRICO, MANZO, BERTI, ELISA TRIPODI, MARTINCIGLIO e PERANTONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di un articolo del giornale «La Stampa» del 7 marzo 2021 recante il titolo «Renzi e il ritorno tra gli sceicchi...» si è appreso della notizia di un nuovo viaggio effettuato il 6 marzo 2021 dal senatore Matteo Renzi a Dubai per una visita di cui non si conoscerebbero i motivi;

   nel mese febbraio 2021, in piena crisi di Governo e mentre si svolgevano le consultazioni, Matteo Renzi si era recato a Riad per partecipare ad una conferenza sull'innovazione (per la quale lo stesso avrebbe ricevuto un compenso di 80 mila euro) con il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman, accusato, recentemente, dall'intelligence americana di essere il mandante del terribile omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, fatto letteralmente a pezzi all'interno dell'ambasciata saudita a Istanbul il 2 ottobre 2018, come raccontato in questo video della trasmissione televisiva «Le Iene» del 9 marzo 2021;

   la predetta conferenza è stata curata dall'ente governativo Future Investment Initiative, controllato dal fondo sovrano saudita, il Saudi public investment Fund, che nel board annovera anche il senatore. In quei giorni il Governo di Giuseppe Conte revocava la concessione delle licenze per l'export di bombe verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti;

   nell'articolo citato de «La Stampa» si legge che, due anni fa, nel marzo 2019, il senatore sarebbe stato sempre a Dubai per partecipare al «Global Education and skills Forum», un evento organizzato dalla Fondazione Varkey che sarebbe legata al Governo degli Emirati Arabi. E, proprio, da una holding riconducibile al Governo degli Emirati sarebbero state effettuate, tra il 2014 e il 2016, due donazioni da 75 mila euro complessivi alla Fondazione «Open» (quest'ultima nata nel 2012 per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi). Questa holding, come si legge, sempre nel pezzo giornalistico de «La Stampa», avrebbe una quota di maggioranza di «Toscana Aeroporti», presieduta da Marco Carrai, amico del senatore (con cui forse avrebbe fatto il viaggio a Dubai) e anch'egli nel direttivo della fondazione renziana. La società di cui Carrai è presidente avrebbe come azionista di maggioranza la Corporacion America Italia (Cai) dal 2017 (che sarebbe stata anche donatrice della fondazione Open per un totale di 75 mila euro). Il 25 per cento delle quote di Cai sarebbe stato rilevato dalla Mataar Holdings, indirettamente controllata dal principale fondo degli Emirati Arabi, ovvero la Investment Corporation of Dubai;

   ci si chiede se questi recenti viaggi del senatore Renzi rientrino tra quei motivi di lavoro, studio, salute o assoluta necessità e urgenza per cui sono consenti gli spostamenti all'estero dalla normativa anti-Covid, visto che gli Emirati Arabi sono tra i Paesi verso i quali è vietato spostarsi, anche alla luce dell'avviso pubblicato sul sito web della Farnesina, il 5 marzo 2021, con il quale si raccomanda a tutti i connazionali di evitare viaggi all'estero se non per ragioni strettamente necessarie;

   ad avviso degli interroganti, l'attività di chi ricopre cariche elettive – si ricorda che peraltro il senatore Renzi è membro della Commissione difesa del Senato e leader di un importante gruppo politico – dovrebbe essere sempre orientata all'interesse nazionale, ciò anche e soprattutto nelle relazioni con altri Stati, evitando ogni possibile situazione di conflitto d'interessi; per di più, nel caso di specie, si fa riferimento a rapporti con Paesi come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, ove i diritti e le libertà di uomini e donne non trovano ampia tutela, ma sono, spesso, oggetto di repressione da quanto si legge in alcuni report di «Amnesty International»;

   se il Governo, nell'ambito della propria competenza, sia a conoscenza di ulteriori elementi in merito ai fatti sopra esposti e quali iniziative, anche di natura normativa, intenda adottare per prevenire possibili situazioni di conflitto di interessi con Paesi stranieri, anche al fine di tutelare gli importanti asset strategici nazionali.
(3-02120)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il trasporto di farmaci ad uso umano è disciplinato dal decreto 6 luglio 1999; in particolare, l'allegato 1 al decreto, al punto 4.6, evidenzia quanto segue:

    «4.6 Tutti i mezzi impiegati per il trasporto dei medicinali devono essere dotati, nel vano di trasporto, di impianti idonei a garantire una temperatura alla quale, in linea con le indicazioni europee sulle prove di stabilità, le caratteristiche dei prodotti non vengano alterate. Tali mezzi devono essere provvisti anche di adeguata coibentazione, fatti salvi casi eccezionali e documentati di trasporti in situazioni di urgenza o di necessità, purché da essi non derivino rischi di deterioramento dei medicinali. I medicinali per i quali è necessaria una temperatura di conservazione controllata, così come previsto dai decreti di autorizzazione all'immissione in commercio, vanno quindi trasportati con mezzi speciali e idonei, attraverso tutti i punti della catena distributiva. A tale scopo devono essere impiegati mezzi refrigerati o confezionamenti separati in colli idonei al mantenimento della temperatura in rapporto ai tempi di consegna»;

   anche le linee guida del 5 novembre 2013 sulle buone pratiche di distribuzione dei medicinali per uso umano, elaborate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 84 e 85-ter, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dettano una serie di importanti indicazioni circa le modalità di trasporto di farmaci per tutti i Paesi dell'Unione europea;

   nel corso dell'emergenza sanitaria in atto determinata dalla diffusione del virus Sars-CoV-2, il Governo ha ritenuto opportuno affidare l'incarico di trasporto dei vaccini anti Covid-19 presso le strutture sanitarie pubbliche a Poste Italiane tramite Sda;

   secondo quanto si evince da note stampa, l'Assoram, associazione degli operatori commerciali e logistici della distribuzione primaria di prodotti farmaceutici, parafarmaceutici, medical devices e articoli sanitari, avrebbe lamentato il mancato coinvolgimento nell'operazione di trasporto dei vaccini anti Covid-19 dell'intera filiera dei propri operatori il cui core business è proprio quello di trasportare esclusivamente farmaci tramite flotte di veicoli con caratteristiche conformi alle prescrizioni della normativa vigente in materia. Assoram avrebbe, dunque, espresso l'«imprescindibile necessità di rispettare la filiera tipica»;

   gli operatori di questa filiera, infatti, gestiscono stoccaggio e trasporto del flusso dei prodotti «health» a valle verso ospedali, case di cura, farmacie, grande distribuzione organizzata e parafarmacie e sono tenuti – per disposizioni normative pesantemente sanzionate – al rispetto dei massimi livelli di qualità nelle infrastrutture, nei processi (compresa tracciabilità e rintracciabilità) e nella formazione del personale dedicato alle singole attività. I mezzi impiegati nel trasporto devono essere coibentati (salvo casi eccezionali di urgenza che devono documentare la mancanza di rischi di deterioramento) e, per i medicinali a temperatura controllata, devono essere impiegati mezzi refrigerati o confezionamenti separati idonei in relazione ai tempi di consegna;

   Assoram, inoltre, afferma che con l'aumento progressivo dei volumi di produzione e dei punti di consegna dei vaccini, il network distributivo della filiera specializzata, basato sulla «cold chain» attiva, farebbe ottenere allo Stato benefici sia in termini di qualità (data visibility delle temperature e tracking con sensoristica di allarmi proattiva sul trasporto), sia di costi rispetto all'utilizzo di un imballaggio passivo ed un trasporto dedicato come quello di Sda, nonché di sostenibilità ambientale –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se il servizio di trasporto dei vaccini anti Covid-19, effettuato tramite Poste Italiane con Sda, sia effettuato con flotte di veicoli con caratteristiche conformi alle prescrizioni del decreto 6 luglio 1999 nonché alle linee guida del 5 novembre 2013 sulle buone pratiche di distribuzione dei medicinali per uso umano (2013/C 343/01), e se lo stesso risponda ai principi di economicità, efficacia ed efficienza.
(5-05549)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO, CIABURRO e ROTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sono tante le categorie produttive messe in ginocchio da un'emergenza pandemica che perdura da oltre un anno; alcune facilmente individuabili, altre di cui si parla poco, ma, non per questo, meno importanti per il nostro tessuto economico e il sostentamento di numerose famiglie;

   una delle categorie che ha sofferto pesantemente le conseguenze della crisi economica è quella degli «spettacoli itineranti» e dei giostrai: la chiusura di aree attrezzate con giostre e singole attrazioni, è un problema che dallo scorso anno non sembra trovare soluzione;

   a Catanzaro, ma anche in Sicilia e in molte altre regioni italiane, gli operatori del settore hanno organizzato manifestazioni pacifiche per chiedere di poter tornare a lavorare, ovviamente nel pieno rispetto delle misure di contenimento dei contagi;

   senza alcuna prospettiva di riapertura, né adeguate misure di sostegno al reddito, dopo un anno di chiusure, questi lavoratori, spesso stagionali, non riescono più a sostenere i costi di manutenzione che servono alle attrezzature con tecnologie avanzate, né i costi per gli automezzi, le assicurazioni e tutte le altre spese fisse, con il rischio di non poter più sostenere le famiglie;

   come testimoniato da Cristian Mura, rappresentante degli operatori dello spettacolo viaggiante «Ci manca tutto, ci manca il lavoro, ci mancano gli introiti per poter mantenere le nostre famiglie. Ci sono 1.500 persone allo sbando, 650 attività ferme da un anno senza nessun tipo di ristoro, senza nessun tipo di sostegno economico da parte dello Stato. Siamo stati abbandonati, ci hanno considerato sacrificabili. Ma come si possono sacrificare il lavoro e la dignità di una persona che guadagna onestamente? Tutto questo è inaccettabile. Il nostro è un lavoro sicuro, le nostre attrazioni vengono igienizzate, ci sono cartelli con cui viene specificato come ci si comporta, il distanziamento sociale è garantito»;

   l'articolo 1 della legge 18 marzo 1968, n. 337 dispone espressamente: «Lo Stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante. Pertanto sostiene il consolidamento e lo sviluppo del settore»;

   la scelta sul proseguimento del lavoro delle imprese del settore, che appartengono al 90 per cento a imprese a conduzione familiare, è stata finora demandata alla discrezionalità dei sindaci, che il più delle volte hanno optato per una chiusura generalizzata –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per pianificare la riapertura in sicurezza degli «spettacoli itineranti» e delle aree attrezzate con giostre, attraverso l'adozione di protocolli e misure uniformi su tutto il territorio nazionale.
(4-08659)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   con un decreto presidenziale firmato il 21 marzo 2021 la Turchia ha lasciato la Convenzione contro la violenza sulle donne, la cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011, il primo trattato al mondo vincolante per prevenire e combattere la violenza contro le donne. La Convenzione di Istanbul, la cui prima ratifica fu proprio della Turchia, impone ai Governi di adottare una legislazione che persegua la violenza domestica e gli abusi, nonché lo stupro coniugale e le mutilazioni genitali femminili;

   il fenomeno della violenza nei confronti delle donne viene definito dall'articolo 3 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, come «una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica che nella sfera privata»;

   il ritiro è stato giustificato dal fatto che, secondo i conservatori, il provvedimento minerebbe l'unità familiare, incoraggiando il divorzio e dando spazio alla comunità Lgbt per essere maggiormente accettata nella società;

   nel 2012 la Turchia era stato il primo Paese a ratificare il documento, col sostegno dall'Akp guidata dall'attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan. La convenzione è poi entrata in vigore nel 2014, ma mai realmente applicata secondo la piattaforma civile «We Will Stop Femicide Platform» (Noi fermeremo i femminicidi). Sette anni dopo arriva la revoca, il Ministro per la famiglia, ZehraZumrutSelcuk è arrivata a sostenere che i diritti delle donne sono comunque già garantiti nella legislazione;

   negli ultimi anni, la Turchia è stata teatro di un'impennata di femminicidi e di violenze di genere. Sono 6.732 le donne uccise, secondo il rapporto del partito di opposizione Chp, da inizio 2000 ad oggi, 17 mila invece le donne detenute. Come accade ovunque gli uomini guadagnano di più delle donne, in media il 31 per cento in più, ed il dato è in aumento rispetto al 2006 quando la differenza si attestava sul 12 per cento;

   «La violenza sulle donne è un problema ovunque. In Turchia abbiamo un movimento per i diritti delle donne forte, ma dobbiamo anche confrontarci con molta opposizione», ha spiegato Fidan Ataselim (di «Fermeremo il Femminicidio», secondo cui negli ultimi 20 anni la società è cambiata molto: «Sempre più donne stanno reclamando il loro diritto a lavorare e ad andare all'università. Più scelte abbiamo, più intensa è la reazione che riceviamo». Il ruolo del Governo di Erdoğan, infatti, è centrale sia per le repressioni delle mobilitazioni sia per le politiche sociali e culturali che cercano di togliere diritti e spazi alle donne in Turchia, dove la donna dovrebbe essere mamma e sorella, e avere solo un ruolo di cura. E, come denunciano le attiviste, alle donne turche stanno vietando lentamente la possibilità di vivere lo spazio pubblico in solitaria;

   in queste ore, un movimento di supporto alla convenzione è stato espresso in rete attraverso l'hashtag #istanbulconventionsaveslives (la Convenzione di Istanbul salva vite) e sta cercando di dare battaglia al Governo e di portare la decisione di uscire dalla convenzione davanti alla Corte costituzionale del Paese;

   la decisione del ritiro è stata commentata anche dalla segretaria generale del Consiglio d'Europa, Marija Pejčinovič Burić, che ha definito la decisione della Turchia «un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne in Turchia, in Europa e anche oltre», ha dichiarato. La convenzione «è stata firmata da 34 Stati europei ed è considerata lo standard internazionale per la protezione delle donne dalla violenza che subiscono quotidianamente», ha aggiunto. Il Consiglio d'Europa, fa sapere un suo portavoce, non ha avuto alcun preavviso;

   «Non possiamo che rammaricarci fortemente ed esprimere la nostra incomprensione davanti alla decisione del governo turco», ha detto l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Europea Josep Borrell. E, proprio la prossima settimana, è previsto un summit tra la Turchia e i rappresentanti dell'Unione europea per discutere di vari temi, tra cui l'immigrazione e i rapporti tesi nel Mediterraneo orientale, e il ritiro dalla Convenzione di Istanbul dovrà essere posto al centro della discussione stessa;

   la violenza di genere, incluse le pratiche dannose, rappresenta una delle più estese e gravi violazioni dei diritti umani delle donne e delle ragazze che i Governi si sono impegnati a contrastare con diverse politiche e meccanismi nazionali, europei e internazionali in ogni contesto, incluso quello umanitario;

   la prevenzione resta centrale nella lotta alla violenza di genere. Essa passa inevitabilmente da una profonda opera di promozione di una cultura ispirata alla parità di genere, al superamento degli stereotipi, del sessismo e della misoginia. Un cambiamento che deve investire in maniera decisa e forte tutti gli istituti scolastici e gli enti di formazione e culturali e gli organismi di comunicazione; il ritiro dalla Convenzione della Turchia, segna un altro, grave, passo indietro nella lotta alla violenza contro le donne –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato, nei rapporti bilaterali con la Turchia e nei consessi internazionali ed europei e, in particolare, al prossimo summit tra la Turchia e i rappresentanti dell'Unione europea, per esprimere rammarico e la preoccupazione dell'Italia per la scelta di lasciare la Convenzione di Istanbul e, soprattutto, per venire a un ripensamento in tal senso della Turchia e scongiurare questo passo che segna un precedente pericoloso nella lotta di tutte le donne e gli uomini delle stesse istituzioni europee impegnate contro la violenza sulle donne;

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, nei rapporti bilaterali con la Turchia, per garantire, in generale, il rispetto dei diritti umani da parte delle autorità turche.
(2-01146) «Fiano, Avossa, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Boldrini, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cappellani, Carè, Carnevali, Ceccanti, Cenni, Ciampi, Critelli, Dal Moro, De Filippo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Delrio, Di Giorgi, Fassino, Fragomeli, Frailis, Gariglio, Giorgis, Gribaudo, Gualtieri, Incerti, La Marca, Lacarra, Lattanzio, Lepri, Lorenzin, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Mauri, Melilli, Miceli, Morani, Morassut, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nitti, Orfini, Pagani, Ubaldo Pagano, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rossi, Rotta, Sanga, Sani, Schirò, Sensi, Serracchiani, Siani, Soverini, Topo, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini».

Interrogazione a risposta scritta:


   EHM, COLLETTI, SIRAGUSA, SARLI, SURIANO, SPESSOTTO e TESTAMENTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 4 marzo 2021 sul Fatto quotidiano «Uomini Eni alla Farnesina», si apprende di un protocollo d'intesa stipulato nel 2008 tra l'Eni e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   il protocollo pubblicato il 4 marzo 2021 sul quotidiano «Domani» evidenzia chiaramente un accordo tra l'Eni, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e la possibilità, per l'Eni, di inserire un proprio funzionario presso la Farnesina per un periodo ciclicamente rinnovabile di due anni e per il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di inserire, in reciprocità, un proprio funzionario diplomatico negli uffici dell'Eni;

   tale protocollo intende favorire il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel settore dell'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, tra cui, quello energetico e le rappresentanze consolari nel perseguimento di obiettivi di diplomazia economica attraverso azioni di promozione e per la formazione reciproca dei rispettivi dirigenti;

   l'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», comma 7, prevede la possibilità che, sulla base di appositi protocolli d'intesa tra le parti, le amministrazioni pubbliche possano disporre, per singoli progetti, di interesse specifico delle amministrazioni stesse e con il consenso dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale presso imprese private;

   tale accordo è emerso chiaro nel report «Il Caso Congo. Gli affari dell'ENI nella Repubblica del Congo e i silenzi del Governo italiano» pubblicato nel mese di ottobre 2020 da «Re: Common»;

   il rapporto, nello specifico, intende portare alla luce gli affari del dittatore congolese, Denis Sassou Nguesso che, nel 2013, varò una direttiva sugli idrocarburi con il chiaro intento di sviluppare l'industria energetica locale incentivando l'ingresso delle società locali nelle concessioni petrolifere fino ad allora ...interamente in mano a multinazionali straniere;

   secondo quanto riportato «Nguesso stava dicendo a ENI e Total, le due oil major che da sempre si spartiscono le riserve dell'ex colonia francese, di cedere quote delle proprie concessioni una volta arrivate al momento del rinnovo»;

   nella direttiva Nguesso stabiliva che le quote dei giacimenti non venissero affidate alla società petrolifera statale congolese Snpc, ma a imprese locali private;

   al momento della firma della direttiva, in Congo era presente un'unica società privata che si occupava di estrazione di gas e petrolio, la «Africa Oil and Gas Corporation» – Aogc. La Aogc, fondata nel 2001 da Denis Gokana, consigliere di Nguesso, era nota per fungere, secondo il report, da conto corrente occulto della famiglia Nguesso;

   nonostante i fatti riportati, Eni diventa primo partner della Aogc e nel novembre 2013 il Congo rinnova all'azienda italiana 4 licenze per l'estrazione di petrolio e al contempo Eni cede parte di alcuni giacimenti in Congo proprio alla Aogc suscitando polemiche, tanto che parrebbe, secondo l'Espresso, che gli azionisti della Aogc fossero due pubblici ufficiali congolesi, Pongault e Bantsimba, e che questo creò un conflitto d'interessi da parte di Eni provocando le dimissioni del componente indipendente del consiglio d'amministrazione Eni Luigi Zingales;

   nel 2014, da notizie apprese a mezzo stampa, il Presidente del Consiglio pro tempore Renzi affermò: «L'Eni è oggi un pezzo fondamentale della nostra politica energetica, della nostra politica estera, della nostra politica di intelligence», frase che sollevò critiche da parte dell'opposizione di Governo –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e del report pubblicato da «Re: Common» e se non intenda chiarire i rapporti tra Eni, nella sua sfera di competenza, e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e se abbia intenzione di promuovere verifiche e iniziative in ordine ai fatti sopra esposti.
(4-08656)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro per le disabilità, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince dalla normativa in materia e dalle circolari dell'Agenzia delle entrate che hanno introdotto relativi chiarimenti di carattere interpretativo nonché da note di stampa specializzata, il decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto «decreto Rilancio»), nell'ambito delle misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, ha introdotto nuove disposizioni in merito alla detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici nonché delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici (cosiddetti superbonus), determinando, al contempo, alcune problematiche per i soggetti interessati all'esecuzione di interventi di rimozione delle cosiddette «barriere architettoniche» in favore di persone con disabilità;

   in particolare, l'articolo 119 del citato decreto, introduce una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici) ed individua le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi oggetto di beneficio, l'ambito soggettivo di applicazione dell'agevolazione nonché gli adempimenti da porre in essere ai fini della spettanza della stessa;

   ai predetti interventi, cosiddetti «trainanti», secondo la normativa vigente possono usufruire del «superbonus» anche una serie di interventi cosiddetti «trainati» (ma solo se eseguiti congiuntamente ad almeno uno di quelli trainanti) e, cioè, quelli per efficientamento energetico (ecobonus), nei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente per ciascun intervento, nonché (norma introdotta alla legge di bilancio 2021) quelli finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all'abitazione per le persone portatrici di handicap in situazione di gravità, anche ove effettuati in favore di persone di età superiore a sessantacinque anni, per l'installazione delle colonnine di ricarica dei veicoli elettrici, per l'installazione di impianti solari fotovoltaici, anche su strutture pertinenziali agli edifici;

   appare evidente che, benché la ratio della normativa in questione sia condivisibile, poiché persegue gli obiettivi delle politiche di efficientamento energetico, essa risulta indirettamente penalizzante per talune persone con disabilità, poiché, per usufruire del «superbonus 110 per cento» per interventi di rimozione delle barriere architettoniche, essi devono necessariamente attuare interventi cosiddetti «trainanti» –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative normative di competenza volte a destinare risorse che favoriscano la rimozione delle barriere architettoniche per le persone con disabilità, prevedendo la modifica della disciplina citata in premessa e/o incentivi e detrazioni fiscali esclusivamente destinati ad interventi in tal senso e non subordinati all'esecuzione di altre tipologie di intervento così come disposto per la fruizione dell'attuale «superbonus 110 per cento».
(5-05546)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPENA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto del 5 per mille dell'Irpef è stato introdotto a titolo sperimentale, per l'anno 2006, dalla legge n. 266 del 2005. La legge di bilancio per il 2015 ne ha quindi stabilizzato la disciplina rendendolo una fonte sicura e costante di finanziamento per gli enti no profit, fissando un tetto massimo pari a 500 milioni di euro da destinare sia per il 2015 sia per gli anni successivi;

   nel 2017, in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 106 del 2016 (riforma del terzo settore), è stato emanato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, finalizzato al completamento della riforma strutturale dell'istituto del cinque per mille dell'Irpef in favore degli enti del terzo settore;

   la drammatica pandemia in atto sta mettendo in evidenti grosse difficoltà non solo la gran parte del settore produttivo del Paese, ma anche tutti quegli enti no profit legati al terzo settore, che conseguentemente hanno più che mai esigenza che vengano erogate con costanza le risorse finanziarie ad esso spettanti relative all'istituto del 5 per mille;

   la realtà è che dette risorse, nonostante le forti difficoltà che stanno attraversando questi enti e queste associazioni, continuano a venire erogate con troppo ritardo. Ogni anno è stato erogato il 5 per mille di tre anni prima. Ad esempio, nel 2019 hanno erogato il 2016. Nel 2020, il 5 per mille del 2017;

   l'articolo 156 del decreto-legge n. 34 del 2020, al fine di far fronte alle difficoltà rilevate dagli enti del terzo settore e all'esigenza di liquidità a seguito dell'emergenza sanitaria Covid-19, ha previsto l'anticipazione al 31 ottobre 2020, dell'erogazione del contributo del 5 per mille relativo all'anno finanziario 2019;

   in realtà all'interrogante risulta che ad ottobre 2020 è stato erogato l'anno 2018 e non il 2019 –:

   se il Governo non ritenga urgente avviare tutte le iniziative utili al fine di erogare quanto prima il contributo del cinque per mille relativo all'anno 2019, nonché per evitare ulteriori ritardi nell'erogazione del 5 per mille al terzo settore, e garantire un flusso costante nella liquidazione del contributo in quanto indispensabile a soddisfare le esigenze di liquidità degli enti e delle associazioni, acuite a seguito della perdurante emergenza sanitaria Covid-19.
(4-08661)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI, CORDA, SIRAGUSA e CABRAS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in seguito a notizie pubblicate sulla sezione denominata «Amministrazione trasparente» del sito del Consiglio nazionale forense (Cnf) si è appresa la notizia che il Cnf avrebbe sostenuto, tra il 2019 e il 2020, oltre 120 mila euro di spese legali, per resistere nei vari giudizi promossi sulla famigerata questione del «doppio mandato», riguardante le ultime elezioni forensi;

   a quanto consta agli interroganti, da notizie rese pubbliche recentemente da avvocati iscritti, le cifre sopra indicate si riferirebbero soltanto a una parte dei costi di difesa, collaborazione o consulenza, relativi ai giudizi pendenti o chiusi per la vicenda del «doppio mandato»;

   tale annosa vicenda si protrae da lungo tempo, creando una situazione di incertezza e confusione nonché generando costi notevoli per il bilancio del Consiglio nazionale forense;

   tale situazione va, evidentemente, a danno di tutti gli avvocati regolarmente iscritti agli ordini professionali di appartenenza, i quali contribuiscono alle entrate della Cassa forense –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe e se intenda promuovere iniziative di competenza, nel pubblico interesse e della giustizia, a tutela dei principi di economicità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, considerato peraltro che l'annosa e grave vicenda rischia di incidere anche sul pieno funzionamento del Consiglio nazionale forense, valutando altresì se sussistono i presupposti per pervenire all'indizione delle elezioni per il rinnovo del medesimo Consiglio.
(5-05550)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCASELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la tragica emergenza sanitaria ha, di fatto, paralizzato la quasi totalità dell'attività professionale forense, rendendo difficoltoso, se non impossibile, per gli avvocati l'incasso dei propri compensi a causa della sopravvenuta e comprensibile incapacità di molti assistiti di onorare i pagamenti richiesti e dovuti;

   in questa drammatica situazione, peraltro, si sono succeduti provvedimenti poco chiari circa le sospensioni degli atti processuali, così che molti avvocati hanno dovuto comunque procedere alla redazione ed al deposito di atti, nonché ad evadere molti adempimenti, alcuni anche onerosi, per non rischiare profili di responsabilità professionale;

   in queste condizioni, anche gli avvocati, al pari di tutti gli altri lavoratori autonomi, non sono stati in grado di provvedere al proprio sostentamento di sopravvivenza e, in particolare, ad essere stata decimata dagli effetti economici della pandemia è stata la generazione di giovani avvocati: è cambiata la morfologia stessa dell'avvocatura ed è stato spezzato il sogno forense di tanti professionisti;

   sono amare le parole di commento di Antonio Tafuri, presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Napoli: «Le condizioni di lavoro sono diventate più difficili. A cancellarsi sono soprattutto pensionati e giovani, perché non hanno prospettive o perché le opportunità di lavoro in proprio sono scarse»;

   a conferma di ciò, nel 2020 le cancellazioni dall'albo sono aumentate a dismisura, mentre sono state oltre 144.000 le domande di accesso al «reddito di ultima istanza», di cui la maggior parte relative a redditi inferiori a 35.000 euro;

   in una nota del 30 ottobre 2020 il Ministero della giustizia annunciava la messa a disposizione delle risorse finanziarie per saldare integralmente il debito per le spese di giustizia relativo al 2019 in favore degli avvocati che hanno prestato gratuito patrocinio e dei consulenti tecnici: un debito per un ammontare di 92 milioni di euro;

   con circolare emanata in pari data, la direzione generale degli affari interni del Ministero, comunicava agli uffici giudiziari di aver provveduto all'emissione degli ordini di accreditamento a saldo dei debiti maturati al 31 dicembre 2019;

   in assenza di altre misure di sostegno al reddito, finora inspiegabilmente negate ai liberi professionisti iscritti alle casse di previdenza private, gli avvocati non possono più permettersi di attendere oltre il pagamento dei propri crediti maturati relativi alle prestazioni rese in regime di patrocinio a spese dello Stato o nelle difese d'ufficio –:

   se sia stato dato seguito alla nota del 30 ottobre 2020 e, in caso contrario, quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire il pagamento di tutti i compensi spettanti agli avvocati per le prestazioni professionali rese in favore delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato e ai difensori d'ufficio secondo quanto disposto dagli articoli 116 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.
(4-08662)


   PIGNATONE, D'ORSO, CANCELLERI, MARTINCIGLIO e SAITTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   va sottolineata l'importanza primaria che riveste nel panorama italiano un'efficiente gestione del servizio giustizia, stante la sua natura di fondamentale presidio delle istituzioni a tutela della legalità, non soltanto nella lotta alla criminalità e alle mafie, ma altresì quale baluardo territoriale che miri a garantire ai cittadini un sistema giudiziario di qualità e accessibile in termini di prossimità e di più agevole raggiungibilità dei vari uffici giudiziari;

   in un'ottica di realizzazione di modelli virtuosi di amministrazione dell'apparato giudiziario, appare quanto mai impellente e opportuno procedersi ad un'adeguata distribuzione della «geografia giudiziaria» che si occupi di valutare e analizzare le peculiarità e l'estensione delle varie zone costituenti il territorio nazionale e, in particolar modo, quelle più difficili e ad alto tasso di criminalità, fra cui vi è anche la Sicilia;

   più nello specifico, negli uffici giudiziari dei distretti di Corte di appello di Caltanissetta e Palermo sono presenti delle criticità inerenti proprio alla conformazione geografica e viaria dei territori di queste due province che rendono difficoltoso, all'utenza e agli addetti al settore, l'accesso e la raggiungibilità dei vari tribunali in essi dislocati;

   è doveroso, pertanto, stante quanto sopra riportato, provvedere ad una tempestiva risoluzione delle problematiche che, da anni, affliggono questi uffici giudiziari. Una possibile soluzione potrebbe, a titolo esemplificativo, essere il trasferimento del Tribunale di Agrigento dal distretto di Corte di appello di Palermo a quello di Caltanissetta, stante la maggiore vicinanza geografica e le migliori reti viarie che collegano le due città. Consentendo, di tal guisa, di ampliare i confini territoriali di questo importante presidio di legalità della Sicilia centrale attraverso un rafforzamento della sua rilevanza che deriva dalla peculiarità dei procedimenti giudiziari di cui risulta titolare;

   sul punto, appare opportuno evidenziare la sussistenza di diverse proposte di legge presentate, tra cui anche quella dell'interrogante, depositata già da tempo, miranti proprio a migliorare l'efficienza nell'amministrazione della giustizia di entrambi i distretti di Corte di appello in questione, favorendo un agevole accesso alla giustizia nell'ottica della realizzazione di una maggiore prossimità degli utenti alle varie sedi giudiziarie, oltre che a favorire una risposta più celere nel contrasto alla lotta alla criminalità organizzata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di fornire pronta risoluzione alla problematica esposta.
(4-08663)


   LOLLOBRIGIDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, VARCHI, MASCHIO e VINCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma Antonino Galletti ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai Ministri della giustizia Marta Cartabia e per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, per sollecitare interventi urgenti per la «drammatica situazione» in cui versa il Tribunale di Roma;

   nella lettera, il presidente Galletti snocciola numeri di sottodotazione organica a dir poco impietosi e che dipingono uno scenario ai limiti del catastrofico, altamente ingiustificato e ingiustificabile nell'ambito di una moderna nazione occidentale e membro del G8;

   «Se è vero che la carenza d'organico è uno dei grandi mali della Giustizia italiana – si legge nella lettera – certamente si impone un intervento urgente ed indifferibile in relazione alla situazione emergenziale del Tribunale di Roma, dove i ruoli sono scoperti al 37,5% del totale, con punte che superano il 50% e addirittura in alcuni settori arrivano al 100%: vale a dire, non è in servizio alcun dipendente in quel determinato ambito»;

   in ambito dirigenziale, si legge, sono previsti 86 direttori, mentre ne sono impiegati solamente 38 (-55 per cento); sono previsti 331 funzionari mentre ne sono in servizio 168 (-49 per cento). Due soltanto sono i funzionari contabili in pianta organica ed uno solo quello effettivamente impiegato (-50 per cento) Sono 153 i cancellieri in pianta organica, ma soltanto 71 quelli in servizio (-53 per cento);

   rialzano la media gli assistenti giudiziari, previsti 408, in servizio 352 (-13 per cento). In altri settori, come quello contabile o quello degli assistenti alla vigilanza dei locali, la scopertura è totale, mancando del tutto (-100 per cento);

   secondo Galletti, questi «sono dati impressionanti che arrivano dal più grande ed importante Tribunale d'Europa che dovrebbe essere il fiore all'occhiello ed il biglietto da visita del nostro sistema giudiziario. Le carenze d'organico, aggravate dalla pandemia, si traducono in disservizi per gli stenti e, in ultima analisi, in denegata giustizia»;

   Galletti illustra anche la paradossale situazione in cui, in taluni ambiti, l'ordine Forense capitolino fornisce servizi, «prestando» di fatto dipendenti al Tribunale, per sveltire le procedure e rendere fruibili i servizi, come ad esempio per fornire le informazioni generali e per la liquidazione dei compensi da patrocinio a spese dello Stato;

   appare ampiamente condivisibile la specifica richiesta di rilancio per la giustizia romana avanzata dal presidente Galletti, il quale individua nelle risorse del Recovery Plan un'occasione unica per bandire procedure di reclutamento straordinarie, che devono servire a restituire alla giustizia l'efficienza degna di un Paese civile;

   a tal proposito, sarebbe necessario un aumento delle risorse stanziate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza dall'1 al 5 per cento, in considerazione del fatto che i benefìci provenienti da una giustizia più efficiente si ripercuotono, in una logica di sistema, su tutti i settori della società e comportano anche la possibilità di attrarre maggiori investimenti diretti esteri –:

   quali siano le intenzioni del Governo, per quanto di competenza, in merito alle richieste di rilancio della giustizia romana avanzate dal presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma, Antonino Galletti.
(4-08666)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FICARA, MARTINCIGLIO e SAITTA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da oltre un anno e mezzo si registrano lunghe code per le restrizioni di transito concentrate soprattutto in Liguria, mentre aumentano i divieti su A24 e A25 che collegano Roma a Teramo e Pescara;

   è del 6 marzo 2021 la notizia riportata da Il Fatto Quotidiano del sequestro preventivo di 22 cavalcavia del tratto autostradale A20 Messina-Palermo, di proprietà del Cas, richiesto dalla procura di Barcellona Pozzo di Gotto;

   in Sicilia la situazione non è, quindi, delle migliori. Da quanto riportato da Il Sole 24 Ore del 17 marzo 2021 emergerebbe che i controlli ministeriali, iniziati a marzo 2021, hanno fatto emergere forti dubbi sull'effettuazione di controlli periodici appropriati di una ventina di viadotti e quasi una decina di gallerie nelle autostrade A18 e A20 dei tratti autostradali nella zona di Messina. Sempre dallo stesso quotidiano si apprende che il rischio è che si possa giungere alla «chiusura di interi tunnel, con deviazione del traffico sulla carreggiata opposta. Tutto ciò lascia temere paralisi analoghe a quelle già viste l'anno scorso in Liguria»;

   l'interrogante già in data 16 aprile 2020 aveva posto all'attenzione del Ministro competente la situazione del Consorzio per le autostrade siciliane, evidenziandone l'inadeguata manutenzione delle infrastrutture in concessione, una inidonea capacità tecnica, organizzativa e gestione delle emergenze, una mancata o tardiva comunicazione delle informazioni al concedente sulle attività di gestione. Criticità culminate nell'aprile 2020 con il sequestro disposto dal giudice per le indagini preliminari di Messina di due cavalcavia dell'autostrada A20 Messina-Palermo perché a rischio di crollo;

   a carico del Consorzio sono stati riscontrati negli ultimi anni numerosi inadempimenti solo in parte sanati e l'ente concessionario è da tempo sottoposto a indagini penali e contabili a causa di presunti sprechi di denaro pubblico e per la mancanza di adeguati sistemi di sicurezza e di manutenzione nei tratti autostradali da esso direttamente gestiti;

   se, da un lato, restrizioni e divieti sono conseguenza diretta di un'azione meritoria mirante all'estensione a tutte le tratte a pedaggio delle verifiche straordinarie sulla tenuta di ponti, viadotti e gallerie iniziate dal Ministero nell'autunno 2019, dall'altro non può sottacersi l'ormai annosa carenza di personale delle strutture ispettive ministeriali. Sempre da Il Sole 24 Ore del 15 marzo 2021 si apprende, infatti, che nelle ultime settimane l'incarico di «controllore» è stato affidato ad un unico dirigente ministeriale per tutto il territorio nazionale «su quasi 900 chilometri di gallerie e poco più di 1.000 chilometri tra ponti e viadotti. Continuando al ritmo forsennato che tiene dal 2019 si stima che finirà tra una decina di anni»;

   da quanto riportato del bimestrale Strade & Autostrade si apprende, secondo quanto dichiarato dal direttore di Ansfisa, che «al momento l'Agenzia può contare su 161 risorse, poco più del 28 per cento rispetto alle 569 unità di personale previste dalla legge. Inoltre la maggioranza delle persone è impegnata nel settore ferroviario, dove ho trovato professionalità e specializzazioni altissime. Nella Direzione per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali attualmente non arriviamo a 40 dipendenti» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere affinché sia garantito agli uffici ispettivi competenti e all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa) un livello quantitativo e qualitativo di personale che possa assicurare un'adeguata vigilanza sull'attività di verifica e manutenzione di ponti e gallerie, se non ritenga opportuno verificare la sussistenza di eventuali inadempienze o ritardi da parte del Consorzio per le autostrade siciliane (Cas) nell'adempimento degli obblighi di concessionario e quali iniziative, nel caso di accertata inadempienza, intenda assumere, anche nell'ottica di un eventuale aggiornamento del rapporto concessorio, affinché sia garantito nel più breve tempo possibile il livello di sicurezza imposto dalle norme di legge.
(5-05548)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENAMATI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   i lavori di realizzazione della variante di Valico, un'opera strategica per il Paese, hanno comportato, ed ancora stanno comportando, infiniti disagi per i territori e i cittadini coinvolti;

   per compensare parzialmente tali disagi, a suo tempo furono concordate con le amministrazioni locali una serie di opere (cosiddette appunto Prevam);

   si tratta di oltre 30 milioni di euro di opere per i Prevam, lotti 6-7 e 8-10-11, interessanti due comuni, Castiglione dei Pepoli e San Benedetto Val di Sambro, nella città metropolitana di Bologna e ricadenti in un territorio appenninico di circa 10 mila abitanti: opere strategiche sulle quali è stato pianificato il futuro del territorio e che consistono:

   per il comune di Castiglione dei Pepoli, nella nuova viabilità denominata VS19 Badia Nuova – Sparvo, con interventi di stabilizzazione puntuale della strada comunale Prediera – Sparvo, realizzazione di un'area di parcheggio in località Badia Nuova, nell'asseguamento dei ponti Malpasso, Cipolli e Ca' di Landino, la realizzazione del nuovo ponte sul Gambellato in località Roncobilaccio, nuova strada che collega Roncobilaccio a Bruscoli (Cerdello), realizzazione di marciapiedi VS 18C (via del casello);

   e per il Comune di San Benedetto Val di Sambro, nella nuova viabilità denominata VS8 Cà Nova - Serrucce, nuova viabilità denominata VS8 Cà Nova - Cà Brusori; la sistemazione di due movimenti franosi denominati rispettivamente MF4 e MF6; la realizzazione di marciapiedi in località Pian del Voglio e realizzazione di un'area di parcheggio e di un'area a parco in località Montefredente;

   la mancata esecuzione di tali opere – che va ricordato in molti casi doveva essere propedeutica all'avvio dei lavori di costruzione della Variante, in altri addirittura mitigarne gli effetti – ha prodotto e sta tuttora producendo un danno ai comuni che sono e saranno costretti a sopportare ancora enormi costi gestionali per la manutenzione e la cura delle infrastrutture e delle aree ricadenti negli ambiti di intervento (o meglio non intervento), costi necessari per la costante ed onerosa necessità di interventi manutentivi che non si sarebbero più dovuti sostenere e che invece continueranno a gravare pesantemente ed ingiustamente sui bilanci comunali e dunque sulla cittadinanza ancora per anni;

   la realizzazione della variante di Valico ha, nel tempo, fatto emergere anche altre ed ulteriori criticità, ossia le problematiche legate al rumore provocato dall'utilizzo dell'infrastruttura e dei conseguenti disagi, la necessità del prolungamento del monitoraggio del movimento franoso della frazione di Ripoli, il problema dello svincolo di Barberino di Mugello che sta creando enormi disagi e problemi economici, sociali e turistici per queste aree montane già in difficoltà –:

   quali siano i tempi di approvazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dei progetti inviati da Autostrade per i lotti Prevam 6-7 e 9-10-11;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative per:

    a) risolvere i problemi legati al rumore in seguito alla messa in esercizio del viadotto;

    b) prolungare il monitoraggio del movimento franoso della frazione di Ripoli;

    c) valutare e proporre una soluzione per il problema legato allo svincolo di Barberino di Mugello in direzione nord.
(4-08658)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   da diversi articoli di stampa pubblicati il 4 e il 5 marzo 2021 si apprende che un docente di storia di una scuola media di Massafra (Taranto), attraverso un post sul suo profilo Facebook, pubblicato a ridosso delle vacanze di Natale, ha incitato tutti i cittadini italiani a violare le prescrizioni anti COVID in vigore all'epoca, invitando tutti a spostarsi senza limitazioni, a non rispettare la distanza fisica, malgrado la pandemia, e ad ignorare le «regole criminali» imposte da «personaggi squallidi»;

   lo stesso docente sempre sui social definiva i partigiani vigliacchi, assassini e stupratori;

   nei confronti del docente, a seguito di segnalazioni, è stato aperto un ovvio procedimento disciplinare in merito alle sue affermazioni riportate sui social affidato ad un funzionario dell'ufficio scolastico provinciale;

   ciò che appare incredibile all'interrogante è che successivamente, una figura apicale, sempre dell'ufficio scolastico provinciale, ha avviato un'azione disciplinare nei confronti dello stesso funzionario titolare della pratica relativa al provvedimento disciplinare nei confronti del docente, motivandola sulla base della necessità, da parte di quest'ultimo di astenersi dall'istruire la pratica disciplinare in quanto iscritto all'Associazione nazionale partigiani d'Italia e ricoprendo la carica di vicepresidente di Taranto della stessa;

   l'attenzione si è quindi spostata dalla gravità delle esternazioni di un educatore dei giovani dedito al negazionismo dell'emergenza sanitaria e al vilipendio della Resistenza, alle presunte responsabilità di un dipendente pubblico che non avrebbe dovuto adempiere alle sue funzioni in quanto iscritto e dirigente locale di un'associazione dedita a diffondere gli ideali dell'antifascismo e i valori costituzionali –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato rispetto ai fatti esposti in premessa e se non intenda acquisire ogni elemento utile ad accertare quali provvedimenti siano stati assunti nei confronti del docente autore di post sui social offensivi e pericolosi e le ragioni per le quali sia stato avviato un provvedimento disciplinare nei confronti del funzionario dell'ufficio scolastico provinciale di Taranto che, nell'esercizio delle sue funzioni, ha istruito un procedimento disciplinare nei confronti di quel docente, sulla base della sua appartenenza ad una nota e meritoria associazione.
(4-08665)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt hanno indetto per il 22 marzo 2021 il primo sciopero nazionale di tutta la filiera Amazon, dai magazzinieri agli autisti;

   in particolare, si parla di circa 9 mila lavoratori diretti di Amazon Italia Logistica che operano nei magazzini, altri 9 mila lavoratori interinali, a cui vanno aggiunti circa 1.500 lavoratori in appalto che, come nel caso di Rovigo, gestiscono completamente il magazzino Amazon e poi ci sono circa 19 mila corrieri, nessuno dei quali è dipendente diretto Amazon, perché il colosso americano si appoggia ad una pluralità di aziende di corrieri riunite in Assoespressi, oltre a Poste e Sda;

   come denunciato dai sindacati, che puntavano ad un accordo quadro che armonizzasse le condizioni di lavoro e salariali su tutto il territorio, «Con la pandemia il volume di lavoro è raddoppiato e non sono di certo raddoppiati i lavoratori: ci sono carichi di lavoro insostenibili sia nei magazzini che per i driver», ma le trattative sulla piattaforma per la contrattazione di secondo livello della filiera Amazon si sarebbero interrotte bruscamente «a causa dell'indisponibilità dell'associazione datoriale ad affrontare positivamente le tematiche poste tra le quali la verifica dei turni, dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti, la riduzione dell'orario di lavoro dei driver, la clausola sociale e la continuità occupazionale per tutti in caso di cambio appalto o cambio fornitore, la stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali ed il rispetto delle normative sulla salute e la sicurezza. Col suo comportamento inaccettabile di latitanza, Amazon manifesta l'indisponibilità cronica ad un confronto»;

   le condizioni nelle quali i dipendenti sono costretti a lavorare desta sconcerto non solo per lo stress al quale sono sottoposti con vigilanza digitale e tempistica da seguire, ma anche per la mancanza di garanzie, la mannaia della scadenza di contratti a brevissimo termine che pone il lavoratore in quella che l'interrogante giudica una condizione di oggettivo ricatto, l'obbligo di portare un marsupio trasparente con lo stretto indispensabile per controllare che i dipendenti non rubino, un trattamento che umilia tutti per gli errori, le responsabilità penali, di qualcuno;

   anche sul fronte commerciale, da tempo vengono denunciate criticità che smentiscono la narrazione del gigante del commercio elettronico sul ruolo positivo per il made in Italy: la verità è che tutte le piattaforme di vendita on-line più utilizzate al mondo, Amazon in primis, stanno uccidendo i piccoli e medi commercianti, mettendo a rischio milioni di posti di lavoro;

   secondo quanto denunciato dai commercianti fruitori della «vetrina» di Amazon, il colosso americano fattura dalla Gran Bretagna e i nostri commercianti sono costretti a pagare commissioni bancarie per bonifici che provengono da Paesi extra Unione europea con costi spesso importanti;

   chiunque operi sul mercato italiano, non può pensare di sottrarsi alle regole nazionali, in materia di orari di lavoro, diritti dei lavoratori, politiche di prezzo e sconti, magari approfittando anche di un vulnus normativo –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali immediate iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere per impedire che i colossi del commercio on-line attuino pratiche di concorrenza sleale, anche in termini di garanzie dei diritti dei lavoratori, a danno delle piccole e medie imprese «tradizionali»;

   di quali informazioni il Governo disponga per chiarire se il problema delle commissioni bancarie nasca dal sistema creditizio italiano o sia frutto della «Brexit».
(4-08667)


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 9 febbraio 2021 esclude per i consiglieri comunali l'incompatibilità tra indennità percepite per la carica elettiva e le indennità erogate fra i mesi di aprile e agosto 2020 per l'emergenza Covid-19; non esclude però gli altri amministratori comunali (assessori, vicesindaci, presidenti di consigli comunali) che non svolgono l'attività politica come lavoro principale;

   per questo motivo, l'Inps sta chiedendo indietro le indennità (per importi anche superiori a 5.000 euro) anche agli amministratori che percepiscono un'indennità di funzione totalmente insufficiente a sostenere le spese quotidiane; in particolare, si ricorda che gli assessori dei comuni sotto i 5.000 abitanti percepiscono meno di 500 euro mensili; sotto i 1000 abitanti, circa 270 euro. Le indennità dei vicesindaci e presidenti dei consigli comunali sono di poco superiori; i presidenti dei consigli comunali non percepiscono alcuna indennità nei comuni sotto i 5.000 abitanti;

   in Italia ci sono quasi 2.000 piccoli comuni, l'Inps sta chiedendo indietro migliaia di euro di indennità a centinaia di amministratori locali che con passione si dedicano alla politica e ai loro territori in una situazione di fragilità istituzionale e amministrativa, e che nel corso dell'emergenza da Covid-19 hanno comunque perso o visto interrompersi la propria attività lavorativa;

   alcune delle indennità previste durante l'emergenza, come ad esempio il bonus 600 euro, sono state erogate senza alcun controllo sull'effettiva sospensione dell'attività lavorativa; a questo proposito, la revoca dell'indennità ai soli amministratori locali appare come punitiva per i cittadini che si impegnano nell'attività politica, e in particolare per coloro che la svolgono nelle comunità più piccole e fragili del nostro Paese;

   a parere dell'interrogante, tale revoca porterà all'impoverimento e allo scoraggiamento di tanti cittadini con incarichi istituzionali, mettendo a rischio la loro possibilità presente e futura di svolgere attività politica, in contrasto con i principi espressi agli articoli 3 e 4 della Costituzione –:

   se non intenda adottare iniziative per estendere la compatibilità, tra le indennità percepite in ragione della carica elettiva e le indennità per l'emergenza da Covid-19 agli amministratori locali di cui in premessa e, in particolare, a tutti gli amministratori locali dei piccoli comuni, interrompendo i procedimenti di revoca avanzati dall'Inps.
(4-08668)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto direttoriale n. 9193815 del 30 settembre 2020 della direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell'ippica del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è stato pubblicato l'avviso per la presentazione dei progetti campagna 2020/2021 nell'ambito della Misura «Ocm Vino – “Promozione sui mercati dei Paesi terzi”, corredato dalla definizione delle modalità operative e procedurali per l'attuazione del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo n. 3893 del 4 aprile 2019»;

   il bando Ocm vino «Promozione sui mercati dei Paesi terzi» permette di finanziare con un contributo a fondo perduto che va dal 50 per cento all'80 per cento, a seconda delle regioni di appartenenza, tutti i costi da sostenere per promuovere i propri prodotti oltre i confini dell'Unione europea;

   le spese finanziabili sono, oltre alle spese di viaggio e la partecipazione a fiere, le spese per ospitare i potenziali acquirenti o giornalisti presso le proprie cantine (incoming) con la copertura di spese di viaggio, vitto e pernottamento, le spese di pubblicità, le spese per le attività di promozione online, sia di programmazione che di contenuto dei siti, nonché i costi (entro un 4 per cento) del personale interno adibito all'export, le spese per la rendicontazione e le spese per il vino utilizzato nelle degustazioni presso ristoranti, centri commerciali e altro, a valore di listino franco cantina;

   il settore vitivinicolo, a causa delle forti restrizioni che hanno limitato i commerci dei comparti «Ho.Re.Ca.» durante tutto il corso del 2020, ha subito forti ripercussioni in termini di entrate e vendite, segnatamente sul fronte delle esportazioni dei prodotti;

   la misura Ocm Vino, dunque, avrebbe potuto rappresentare un'occasione per promuovere i propri prodotti e ottenere la liquidità necessaria a sostenere la continuità aziendale;

   Agecontrol s.p.a. è l'agenzia deputata a effettuare, per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e di Agea, verifiche istruttorie, contabili e tecniche nell'agroalimentare, nei comparti interessati dagli aiuti comunitari;

   diversi vitivinicoltori, però, hanno denunciato, prevalentemente a mezzo stampa, un inaudito accanimento nelle operazioni di controllo precollaudo, effettuate da Agecontrol, tradottesi nella richiesta di fornire documentazioni di difficile reperibilità (elenchi dettagliati di partecipanti e materiale fotografico di eventi svolti all'estero, rendicontazioni e fatture di secondo livello per manifestazioni effettuate con società asiatiche o americane) entro termini perentori molto brevi (da tre a dieci giorni), modificando peraltro l'atteggiamento tenuto nei controlli delle annualità precedenti in cui a giustificazione di tali spese erano state accettate delle autocertificazioni;

   la mancata o ritardata esibizione di tali documenti ha comportato la mancata erogazione dei saldi dei contributi ed il concreto rischio dell'obbligo di restituzione degli anticipi percepiti;

   si badi bene, non trattasi di spese non sostenute, non sono in contestazione i pagamenti e le spese che risultano effettivamente sostenute, ma si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un accanimento burocratico per deficit o ritardo nella presentazione di giustificativi dipendenti da terzi;

   le conseguenze sarebbero devastanti e si concreterebbero in:

    restituzione di fondi in un momento già drammatico per le aziende vitivinicole;

    esclusione delle stesse dai futuri finanziamenti Dcm per irregolarità;

    un sicuro contenzioso di enormi proporzioni per la pubblica amministrazione;

    mancato utilizzo, con conseguente riduzione per le annualità future, dei fondi europei messi a disposizione dell'Italia –:

   se, anche tenuto conto delle gravi difficoltà del comparto vitivinicolo, si intendano intraprendere iniziative di competenza volte a consentire l'erogazione dei summenzionati contributi quantomeno alle aziende che, pur entro termini più lunghi, hanno fornito ad Agecontrol la documentazione richiesta, atteso che, comunque, non risulta all'interrogante che sia nelle competenze di Agecontrol intimare termini di decadenza.
(4-08664)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   tra la notte del lunedì 8 e martedì 9 marzo, nella base militare di Augusta, il sottufficiale della Marina Militare, Stefano Paternò di 43 anni, sarebbe morto per arresto cardiaco qualche ora dopo avere fatto il vaccino AstraZeneca e il fatto avrebbe portato gli inquirenti ad indagare anche sul decesso del poliziotto dell'anticrimine di Catania, Davide Villa, avvenuto il 7 marzo, per trombosi, 12 giorni dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca, mentre i pm di Gela avrebbero sequestrato la cartella clinica di un'insegnante di 37 anni, ricoverata in condizioni disperate in ospedale per un'emorragia celebrale, che avrebbe ricevuto il vaccino il 1o marzo 2021;

   il 14 marzo 2021 si verificava la morte di un docente 58enne di Biella, Sandro Tognatti, avvenuta il giorno dopo l'iniezione vaccinale, mentre a distanza di dieci giorni dalla somministrazione dello stesso lotto, sarebbe stato trovato morto in casa sull'Appennino Bolognese, un altro insegnante, Giuseppe Morabito, di 61 anni;

   nella giornata del 15 marzo 2021, Italia, Francia, Spagna e Germania, dopo aver registrato una trentina di decessi sospetti in tutta Europa, hanno sospeso cautelativamente la somministrazione di vaccini AstraZeneca, in attesa di un ulteriore approfondimento da parte dell'Ema e della conseguente pronuncia circa la sicurezza del vaccino AstraZeneca;

   il giorno 18 marzo 2021 l'Ema ha chiarito che AstraZeneca è un vaccino sicuro e che allo stato non è stata accertata alcuna correlazione causale tra l'inoculazione del vaccino e un aumento del rischio di episodi tromboembolici;

   tuttavia, a seguito delle morti scaturite in questi giorni, successive alla somministrazione del vaccino AstraZeneca, in attesa di avere notizie certe sulla correlazione degli eventi, i diversi pubblici ministeri che indagano sui decessi, avrebbero iscritto nel registro degli indagati, fra gli altri, il personale sanitario incaricato ad eseguire le iniziazioni con il siero vaccinale;

   il timore di subire azioni legali generate da un infondato allarmismo rischia di compromettere la serenità dei medici e degli operatori sanitari, fin troppo coinvolti nella lotta quotidiana contro la diffusione del virus Sars-Cov-2;

   la legge n. 24 del 2017 sulla responsabilità professionale, cosiddetta legge Gelli, ha la finalità di garantire un'adeguata tutela ai professionisti sanitari, spostando l'azione legale soprattutto nei confronti della struttura e, per tutelare il professionista, fa riferimento a linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali ancora non definite o chiaramente individuate;

   la mancata adozione dei decreti attuativi della «legge Gelli» sulla responsabilità professionale, unitamente alla straordinarietà della pandemia, rischia di avere ripercussioni spropositate proprio sul personale sanitario che ha lottato, in prima linea, contro il Covid-19 e che oggi si appresta a partecipare alla più grande campagna vaccinale che la storia ricordi;

   il 2 dicembre 2020 è stato presentato il Piano strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 (decreto 2 gennaio 2021), elaborato da Ministero della salute, commissario straordinario per l'emergenza, Istituto superiore di sanità, Agenas e Aifa; il 13 marzo 2021 è stato poi diffuso il piano del commissario straordinario per l'esecuzione della campagna vaccinale nazionale che fissa le linee operative per completare al più presto la campagna vaccinale;

   come si evince dal citato Piano del 13 marzo, condizione per il successo della campagna vaccinale è l'incremento della platea dei vaccinatori;

   per garantire un'ampia partecipazione al piano vaccinale da parte di tutti i professionisti sanitari, quest'ultimi, nei casi in cui non ricorra il dolo ovvero evidente negligenza o imprudenza o imperizia, devono poter contare sulla pienezza delle garanzie e sulle più ampie tutele che il legislatore può offrire, e che ad oggi non appaiono sufficientemente operative e adeguate alla straordinarietà dell'emergenza –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per tutelare e garantire adeguatamente i professionisti sanitari vaccinatori, incaricati di effettuare le operazioni di somministrazione del vaccino in esecuzione al piano strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV2/COVID-19, ed esposti ad iniziative di carattere legale.
(2-01145) «Trizzino, Misiti, Cancelleri, Pignatone, Lovecchio, Saitta, Aresta, Villani, Papiro, Martinciglio, Grippa, Ficara, Grillo, Casa».

Interrogazioni a risposta scritta:


   TESTAMENTO, CABRAS e SARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il servizio sanitario molisano vive una situazione di debolezza strutturale. Negli ultimi 12 anni i vari commissariamenti hanno adottato scelte di ridimensionamento della sanità pubblica, con tagli al personale e ai reparti o chiusura totale di molti servizi, e contestuale espansione dei privati accreditati, soprattutto Neuromed e Gemelli, nell'erogazione delle prestazioni ospedaliere e specialistiche, ai quali sono sempre stati riconosciuti budget ed extra budget elevatissimi. Questo ha significato, peraltro, nessuna riduzione del deficit;

   alla crisi strutturale si è poi affiancata quella pandemica, con la seconda ondata di contagi che ha travolto il Molise a causa secondo gli interroganti delle scelte sciagurate e ritardi accumulati dalla regione e dall'azienda sanitaria regionale: il piano di riorganizzazione e potenziamento della rete ospedaliera molisana in ottica anti Covid-19 non è stato ancora realizzato e la costruzione del centro Covid presso l'ex hospice di Tappino all'ospedale «Cardarelli» di Campobasso è in forte ritardo. A questo si aggiunge la mancata attivazione negli ospedali pubblici molisani dei 14 posti aggiuntivi di terapia intensiva previsti nel decreto «Rilancio» del maggio 2020, la non ultimazione dei bandi di reclutamento del personale, la persistente promiscuità tra malati di covid-19 e «no Covid-19» il blocco totale delle attività di cura e assistenza per le altre patologie, comprese quelle tempo-dipendenti, la mancata garanzia dei livelli essenziali di assistenza, il ricorso forzoso alla procedura operativa Cross del Dipartimento della protezione civile;

   negli ultimi mesi lo scenario della sanità molisana è stato costantemente caratterizzato, ad avviso degli interroganti, da liti e rimpalli di competenze tra il presidente Toma, i vertici di Asrem e la struttura commissariale. L'ex commissario ad acta Angelo Giustini nella sua recente lettera di dimissioni, alle quali sarebbero seguite quella della sub-commissaria Ida Grossi, ha evidenziato le difficoltà riscontrate nell'esercizio del suo mandato: bandi di reclutamento del personale non attuati da Asrem, il progetto di centro Covid-19 dall'ospedale «Vietri» di Larino ostacolato dai vertici della regione Molise, di Asrem e da una parte della struttura commissariale a vantaggio del progetto di costruzione di una struttura ad hoc presso l'ex hospice di Tappino al «Cardarelli», richieste di estensione al Molise delle norme contenute nel decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150 , convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2020, n. 181 (cosiddetta «Calabria-bis») mai ascoltate dai Ministeri competenti. Tra le competenze che il decreto «Calabria-bis» riconosce alla struttura commissariale calabrese si riscontrano:

    1) l'autorizzazione ad attuare un piano straordinario di assunzioni di personale medico, sanitario e socio-sanitario, anche per la medicina d'urgenza, attraverso l'utilizzo delle graduatorie degli idonei, al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza;

    2) maggiori poteri su tutti gli enti sanitari regionali e provinciali;

    3) definizione del piano triennale di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, ospedaliera e territoriale;

    4) la possibilità di far affidamento su un contributo di solidarietà per il triennio 2021-2023;

   dopo le dimissioni del generale Giustini, si ritiene che l'incarico di commissario ad acta debba continuare a essere svolto da una personalità tecnica, imparziale e totalmente estranea a gruppi privati accreditati che operano nel territorio regionale e che sia ormai indifferibile la necessità e l'urgenza di adottare per il Molise un provvedimento analogo nei contenuti al decreto-legge «Calabria-bis», con l'aggiunta, tra le competenze del commissario, di poter adottare provvedimenti di riequilibrio del rapporto pubblico-privato –:

   se e quali iniziative di competenza, con indicazione delle relative tempistiche, il Ministro interrogato intenda assumere per addivenire nel più breve tempo possibile a una normativa d'urgenza in relazione alla sanità molisana al fine di risolvere le criticità ed emergenze indicate in premessa.
(4-08657)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con le interrogazioni (n. 4-07990 del 12 gennaio 2021, n. 4-08094 del 22 gennaio 2021, n. 4-08162 del 17 febbraio 2021 e n. 4-08164 del 17 febbraio 2021) che qui vengono richiamate, l'interrogante ha trattato le criticità relative al modulo di consenso informato del vaccino Comirnaty e il fenomeno del potenziamento anticorpo-dipendente (Ade), alcune importanti criticità in merito alla valutazione dei rischi e al rischio serio di anafilassi dovuto ai componenti lipidici utilizzati da Pfizer per la realizzazione del farmaco;

   l'interrogante ne ha chiesto l'immediata sospensione;

   l'ultimo aggiornamento del database americano Vaers sulle razioni avverse del vaccino Pfizer, del 12 marzo 2021, riporta che nel 2020, 31.797 persone hanno riportato un evento avverso, di cui 58 persone hanno avuto reazioni anafilattiche e 11 persone sono morte; mentre dal 1° gennaio 2021 al 5 marzo, 50.076 persone hanno riportato un evento avverso, di cui 132 persone hanno avuto reazioni anafilattiche e 578 persone sono morte; 4 persone hanno subito morte cerebrale e ci sono stati 6 aborti e 19 problematiche varie ai feti di donne in gravidanza e 4 persone hanno riportato casi di cancro;

   l'ultimo aggiornamento del database inglese delle reazioni avverse al vaccino Pfizer, dell'11 marzo 2021, riporta che: 2.294 persone hanno avuto disordini del sangue; 1.153 problemi cardiaci; 819 disturbi alle orecchie; 12 disturbi al sistema endocrino; 1.398 disturbi agli occhi; 10.534 disturbi gastrointestinali; 28.915 disordini di carattere generale; 18 disturbi epatici; 528 disturbi al sistema immunitario, di cui 197 reazioni anafilattiche; 2.059 hanno avuto infezioni di vario tipo, di cui 487 riconducibili al coronavirus/Covid-19; 458 lesioni; 587 disturbi metabolici; 12.823 problemi muscolari e ai tessuti; 24 neoplasie; 18.059 disturbi del sistema nervoso, di cui 457 tremori, 756 anomalie sensoriali, 158 eventi di crisi e disturbi compulsivi, 82 paralisi o paresi, 1.556 parestesie e disestesie, 206 disturbi del nervo cranico facciale; 18 aborti; 1.409 disturbi psichiatrici; 212 disturbi ai reni e all'apparato urinario; 389 disturbi al sistema riproduttivo; 3.986 disturbi al sistema respiratorio; 6.809 disordini alla pelle; 1.119 disordini vascolari; molte altre hanno riportato reazioni avverse per un totale di 94.809 reazioni al farmaco;

   l'ultimo aggiornamento del database europeo delle reazioni avverse al vaccino Pfizer, del 13 marzo 2021 riporta che: in tutta Europa, su un totale di 102.100 reazioni avverse, 32.866 (32,19 per cento) provengono dall'Italia. Dal secondo rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19 di Aifa, che registra le reazioni avverse dal 27 dicembre 2020 al 26 febbraio 2021, si apprende che: al 26 febbraio 2021 sono state inserite 729 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal vaccino, e che 40 segnalazioni riguardano casi di «decesso», per un tasso di segnalazione di circa 0,97 su 100.000 dosi somministrate. Il 96 per cento delle reazioni avverse riguardano Pfizer, ovvero su 3.741.828 di dosi somministrate si sono avute 28.762 reazioni avverse;

   l'Aifa ricorda che «la tipologia delle segnalazioni inserite dall'inizio della campagna vaccinale è prevalentemente di tipo spontaneo (99 per cento circa) e le rimanenti segnalazioni sono invece stimolate tramite progetti di farmacovigilanza attiva» questo vuol dire, a parere dell'interrogante, che il fenomeno delle reazioni avverse è sottostimato;

   inoltre, si legge che ben 16 somministrazioni a mRNA non hanno il brand segnalato e che non ci sono ancora sufficienti informazioni per definire il fallimento vaccinale immunologico e clinico, ovvero se una vaccinazione completa e appropriata comporta una risposta immunitaria adeguata o protegge dalla malattia che intende prevenire, questo perché non sono ancora chiari quali siano i marcatori immunologici di protezione –:

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché sia aggiornato il modello del consenso informato per inserire le reazioni avverse, compresa la morte, al fine di meglio informare il cittadino.
(4-08670)


   PENNA, GRIPPA e VIANELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   mentre le regioni continuano con alterne fortune i loro piani vaccinali per età, adesso si è giunti a vaccinare i nati fino al 1943 e le varie categorie a rischio: medici, paramedici, insegnanti; nulla è stato previsto per i disabili e le persone fragili e immunodepresse. Una grave carenza che il Ministero della salute deve colmare subito e senza rinvii. Mentre debutta quella che gli l'interroganti giudicano una nuova forma di corruzione, quella vaccinale, con la somministrazione a se stessi o ai propri parenti o amici di dosi non dovute, una cospicua fetta della popolazione che soffre è lasciata a se stessa e abusata, oltre che dal destino, anche dalla trascuratezza e superficialità –:

   se il Ministro della salute intenda porre in atto tutte le iniziative necessarie per modificare questo insopportabile stato di cose.
(4-08671)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO e NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2018 è stato firmato, grazie al lavoro di coordinamento svolto nei mesi precedenti dal Governo pro tempore Gentiloni e dalla presidenza della regione Toscana, l'accordo di cessione della Cevital spa (acciaierie di Piombino, ex Aferpi) al gruppo Jindal South West Steel (Jsw);

   l'accordo e la successiva sottoscrizione dell'accordo di programma prevedeva l'impegno del Governo italiano per la riduzione dei costi energetici, di bonifica ambientale, precise garanzie sull'utilizzo del porto di Piombino, oltre alla garanzia di adeguati strumenti di ammortizzatore sociale per l'intera durata dell'attuazione del piano industriale e periodici momenti di verifica dopo il trasferimento degli impianti alla nuova proprietà;

   è dal gennaio 2020 che Jsw avrebbe dovuto presentare un piano di sviluppo industriale alle istituzioni locali e nazionali: a partire dal 15 settembre 2020, si sono susseguite numerose riunioni tra la società e le istituzioni coinvolte. In tali sedi, la società stessa ha illustrato l'ipotesi di un nuovo piano industriale per la durata di cinque anni, che prevedrebbe il supporto di Invitalia e l'utilizzo di nuovi strumenti per la messa in sicurezza e il rilancio dell'impresa attraverso l'adozione di impianti di laminazione maggiormente efficienti e l'ampliamento della gamma dei prodotti. L'obiettivo di questo piano sarebbe quello di ripristinare pienamente la produzione dello stabilimento attraverso l'investimento in un forno elettrico, la costruzione di un complesso industriale multicentrico con attività complementari legate alla logistica e al manufacturing;

   il piano è stato alla fine presentato in bozza alla fine di gennaio 2021, e secondo quanto appreso da una nota di Jsw prevederebbe azioni per efficientare gli impianti di laminazione e realizzare il forno elettrico in modo da completare la gamma prodotti e far tornare l'azienda ad una redditività soddisfacente ma sarebbe privo di un piano finanziario;

   ad oggi le organizzazioni sindacali lamentano di non essere state messe a conoscenza del piano e hanno dato vita ad un presidio permanente presso la portineria dello stabilimento Jsw Steel Italy che dovrebbe durare fino alla convocazione al Ministero dello sviluppo economico, allo scopo di avere risposte ufficiali in merito agli impegni del Governo e dell'azienda;

   il precedente Governo, nelle ultime interlocuzioni, aveva ribadito il valore strategico dell'impianto di Piombino e confermato l'intenzione di valutare l'ingresso nel capitale della società holding e la disponibilità di Rfi a sottoscrivere un contratto decennale per 900 milioni di euro per l'acquisto di materiale rotabile –:

   se il Piano industriale sia stato presentato al Ministro interrogato e sia completo anche del piano finanziario, quali iniziative intenda assumere in merito agli impegni sottoscritti dal Governo, se ancora sia contemplato l'intervento dello Stato nel capitale sociale dell'azienda e, in questo caso, quali siano le modalità di definizione del valore dell'azienda.
(5-05547)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   Eni ha annunciato di fermare definitivamente entro la primavera del 2022 gli impianti del cracking di Porto Marghera, ultimi impianti di produzione di etilene e derivati del nord Italia;

   il cracking di Porto Marghera rifornisce attraverso pipe-line le materie prime per i petrolchimici di Ferrara e Mantova sia per gli stessi impianti di Versalis che per altre multinazionali;

   da un lato, Eni annuncia la chiusura del cracking entro la primavera del 2022, dall'altro presenta un piano di riconversione che ripropone in buona parte progetti e investimenti già proposti in passato a fronte di altre ristrutturazioni: il potenziamento del parco serbatoi e del sistema logistico, già previsto nell'ultimo piano industriale di Versalis che prevedeva l'impianto cracking in marcia; il completamento della bioraffineria che sarebbe dovuto entrare in funzione nel 2016; il progetto waste to fuel, già in fase avanzata di progettazione e previsto per il 2023 presentato da Eni Rewind in collaborazione con Veritas;

   Versalis decide di dismettere uno degli impianti più importanti e strategici per la chimica italiana e propone l'impianto di alcool isopropilico e la piattaforma per il riciclo delle plastiche che non entreranno in funzione prima del 2024, se lo studio e le procedure autorizzative procederanno velocemente;

   secondo quanto riportato dalla stampa, Eni assicurerebbe che alla chiusura non seguirebbe alcun licenziamento, ma la notizia ha, ovviamente, provocato dure reazioni da parte dei sindacati e dei lavoratori: annunciare prima la chiusura e poi la riconversione non può tranquillizzare lavoratori e territorio. L'eventuale chiusura del cracking di Porto Marghera deve essere legata ad alternative produttive certe, innovative e sostenibili e che diano piena garanzia in termini occupazionali, in un territorio già fortemente provato –:

   se non si ritenga utile convocare urgentemente un tavolo in sede ministeriale con la proprietà, i sindacati e le istituzioni interessate e quali iniziative di competenza si intendano assumere per la tutela di un impianto che ha una funzione centrale nella fornitura delle materie prime per l'intera filiera dei polimeri in Italia.
(4-08660)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIANELLO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   come risulta dalla delibera n. 2 del 19 gennaio 2021 di verbale di riunione dei sindaci della provincia di Taranto, avente ad oggetto le problematiche relative alla discarica Vergine, così come esposte dal sindaco di Lizzano, Doria Antonietta, la discarica si compone essenzialmente di due siti, il primo in località Mennole e il secondo in località Palombara, entrambe discariche di rifiuti speciali non pericolosi; la seconda con annesso impianto di trattamento al recupero;

   nella discarica di Mennole, composta da due vasche, in stato di post-produzione dal 2008, l'inosservanza delle prescrizioni relative alla gestione gas e al controllo dei pozzi spia, e i conseguenti mancati controlli alle acque di falda dal 2011, hanno determinato una serie di rilevanti criticità;

   la discarica Palombara, composta da tre lotti con totale di sei vasche di cui due parzialmente riempite e le altre quattro non realizzate (cave estrazione tufo dismesse) non è in esercizio dal febbraio 2014 a causa del sequestro operato dal Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Lecce;

   la provincia di Taranto ha ordinato alla società Vergine srl in liquidazione di mettere in atto le misure di prevenzione e di messa in sicurezza affinché vengano rimosse e/o isolate le fonti che hanno prodotto il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione nelle acque di falda prelevate dai pozzi spia della discarica Palombara, al fine di evitare la diffusione delle fonti inquinanti;

   dalla medesima delibera di riunione del 19 gennaio 2021 si evince che fin dal 2018 era stato posto l'obbligo in capo alla pubblica amministrazione competente di provvedere alle suindicate attività con la supervisione di Agenzia regionale per la protezione ambientale;

   in data 19 giugno 2018 Lutum srl ha acquistato da Vergine Giuseppe l'intero compendio immobiliare, comunicando di voler realizzare le attività di messa in sicurezza quale proprietario non responsabile;

   tuttavia, a tutt'oggi, rileva porre in evidenza che le prescrizioni provinciali e le indicazioni contenute nel parere tecnico di Agenzia regionale protezione ambientale relative al sistema di monitoraggio della rete dei pozzi spia e alle azioni di messa in sicurezza delle vasche, non sono state osservate, pur rappresentando attività essenziali alla sostenibilità ambientale, già oggetto di risorse economiche stanziate allo scopo;

   si evidenzia nella delibera citata la compromissione dello stato geofisico di molte zone della vasca B e la evidente necessità di realizzare azioni tese all'eliminazione della causa inquinante e alla caratterizzazione dei luoghi; lo spostamento dei rifiuti presenti nella vasca B, come più volte proposto da Lutum srl, non è autorizzato;

   a ciò si aggiunge che non sono state fornite notizie in merito a quanto era necessario porre in essere a seguito del crollo dei pozzi spia originali della discarica i quali, non essendo più utilizzabili, avrebbero dovuto essere dismessi e sigillati;

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per garantire la tutela dell'ambiente e della salute pubblica, dato il pericoloso stato di inquinamento ambientale in cui versano le discariche di Mennole e Palombara, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente;

   di quali elementi disponga circa la previsione dei tempi necessari a realizzare la bonifica e messa in sicurezza delle stesse discariche, per evitare un rilevante danno ambientale;

   se il Governo intenda chiarire, per quanto di competenza, se operazioni di trasferimento di rifiuti come quella di cui in premessa richiedano, nel quadro normativo vigente, specifiche autorizzazioni.
(5-05551)

Interrogazione a risposta scritta:


   BERTI e EHM. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Solvay di Rosignano Marittimo (Livorno), dedicato alla produzione di composti chimici genera esternalità ambientali negative che riguardano gli scarichi in mare, le emissioni inquinanti e l'ingente consumo della risorsa idrica e, così come riportato da Arpa Toscana (relazione del 7 giugno 2017), il sito Solvay, di 220 ettari, presenta una contaminazione dei terreni, nonché delle acque sotterranee (falda superficiale e falda profonda) da arsenico, mercurio, composti organoclorurati e PCB;

   nel 2013 la procura di Livorno ha accertato lo sversamento illecito di fanghi, da parte della multinazionale belga, realizzato mediante l'utilizzo di quattro scarichi non mappati e di una procedura finalizzata a diluirli per aggirare i limiti all'emissione di sostanze nocive quali mercurio, piombo, selenio e fenoli: processo conclusosi nel luglio 2013 con richiesta di patteggiamento da parte di Solvay;

   nel 2015 alcuni dirigenti della Solvay sono stati condannati a seguito di un'inchiesta della procura di Alessandria per disastro ambientale colposo in conseguenza della contaminazione, con sostanze quali nichel, cromo e idrocarburi, delle falde acquifere di Spinetta Marengo (Alessandria) causata dalle perdite provenienti dall'impianto rilevato dalla Solvay nel 2002 e dai rifiuti tossici ivi interrati;

   nonostante i numerosi impegni assunti dalla Solvay per la riduzione dell'inquinamento ambientale e gli ingenti finanziamenti pubblici ricevuti (circa 104,5 milioni nel periodo 2003-2017), non si sono osservati miglioramenti ed ancora oggi i bersagli della contaminazione delle acque sotterranee rimangono: i lavoratori esposti ai vapori indoor/outdoor; i pozzi ad uso irriguo delle abitazioni ubicate nelle vicinanze; le acque superficiali del fiume Fine e quelle del Mar Ligure (spiagge bianche di Vada);

   il sito di Rosignano è stato inserito dalle Nazioni Unite (rapporto Unep/Who del 1999) tra i 130 siti più inquinati del Mediterraneo e tra i primi 15 luoghi costieri più contaminati d'Italia e secondo alcune stime del Cnr di Pisa e di Legambiente sulle spiagge di Rosignano sono state scaricate 337 tonnellate di metalli pesanti e rilasciate in mare 500 tonnellate di mercurio;

   il comportamento di Solvay in Italia non appare compatibile con le valutazioni che attribuiscono alla società il massimo dei voti rispetto a criteri Esg (environmental, social and governance), configurandosi, ad avviso degli interroganti, un possibile caso di ambientalismo di facciata (green washing);

   nell'ottobre 2020 il fondo di investimento Bluebell Capital Partners ha avviato un'azione per chiedere alla Solvay di eliminare gli scarichi in mare e in data 10 febbraio 2021 Giuseppe Bivona, Cio del fondo, ha realizzato, accompagnato dall'interrogante, un sopralluogo nelle immediate vicinanze dello stabilimento Solvay di Rosignano Marittimo;

   con riferimento alle esternalità ambientali negative derivanti dalla presenza dello stabilimento Solvay di Rosignano Marittimo era stata depositata al Senato della Repubblica, in data 12 gennaio 2021 a prima firma dei senatore Lannutti, un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-04753) seguita dal deposito presso la Camera dei deputati, avvenuto in data 22 gennaio 2021 da parte dell'interrogante, di un'ulteriore interrogazione a risposta scritta (n. 4-08095);

   in data 28 gennaio 2021, la testata locale Il Tirreno, riportava il contenuto di una nota diffusa dalla Solvay nella quale si faceva espresso riferimento alla consegna ai Ministri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico di un documento che analizza e approfondisce il contenuto delle interrogazioni sopra richiamate –:

   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, rispetto a quanto esposto in premessa;

   se i Ministri interrogati abbiano effettivamente ricevuto da parte della multinazionale Solvay un documento contenente analisi e approfondimenti in merito a quanto esposto negli atti di sindacato ispettivo sopra richiamati e se non ritengano opportuno rendere pubblico tale documento così come le valutazioni svolte sul contenuto dello stesso.
(4-08669)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Rossello e altri n. 1-00428, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Anna Lisa Baroni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-07499, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Mantovani e altri n. 4-07544, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta orale Delmastro Delle Vedove e Donzelli n. 3-01927, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Quartapelle Procopio e altri n. 4-07619, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Muroni.

  L'interrogazione a risposta scritta Delmastro Delle Vedove e altri n. 4-07780, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Varchi.

  L'interrogazione a risposta scritta Scagliusi e altri n. 4-08638, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 marzo 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alberto Manca.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:

   interrogazione a risposta in Commissione Tondo n. 5-05212 del 22 dicembre 2020.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:

   interrogazione a risposta in commissione Benamati n. 5-04885 del 28 ottobre 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08658.