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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 novembre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VIII e IX Commissione,

   premesso che:

    gli indicatori che confrontano le performance economiche delle regioni nello scenario europeo mettono in evidenza il ritardo del Centro-sud in Europa, rappresentando esso, di fatto, la periferia di aree geografiche che marciano a ritmi ben più sostenuti;

    il progressivo disimpegno della politica economica nazionale verso gli interventi di riequilibrio territoriale ha indebolito il mercato interno dei settori produttivi delle aree più forti del Paese con inevitabili conseguenze negative per l'intera economia nazionale. Infatti, lo sviluppo dell'economia del Mezzogiorno offrirebbe un mercato di sbocco e un volano di crescita anche per le produzioni di altre aree, innescando un circolo virtuoso di investimenti e crescita sia nelle regioni meridionali che in quelle del Centro-nord;

    le complesse complementarietà che legano il sistema economico e sociale del Mezzogiorno con quello del nord d'Italia alimentano un'interdipendenza commerciale, produttiva e finanziaria che inevitabilmente rende l'obiettivo del recupero del divario tra il Nord e il Sud e le isole del Paese fortemente connesso a un disegno di complessivo rilancio della crescita nazionale;

    il grado di interdipendenza delle diverse aree territoriali del Paese è stato misurato dalla Svimez che ha stimato come ogni euro investito in infrastrutture nel Mezzogiorno attiva 0,4 euro di domanda di beni e servizi nel Centro-nord;

    per debellare il sottosviluppo ultradecennale delle regioni meridionali occorre una strategia complessiva e coerente volta ad ampliare la base produttiva e a rendere competitivo il contesto economico locale. Occorre una spinta forte, duratura e basata su un'ampia gamma di strumenti e su un volume di risorse adeguato con interventi che agiscano sia sull'offerta, rafforzando la competitività del settore produttivo, l'innovazione tecnologica e l'efficienza delle amministrazioni pubbliche, sia sulla domanda, sostenendo l'accumulazione di capitale umano e i redditi familiari, ma che soprattutto agiscano sul rilancio degli investimenti pubblici;

    nonostante la spesa pubblica per ammodernamento delle infrastrutture, materiali e immateriali sia stata fortemente ridotta in Italia negli anni della crisi, nel Mezzogiorno gli investimenti pubblici in rapporto alla popolazione tra il 2008 e il 2016 sono risultati sistematicamente inferiori rispetto al Centro nord. Usando i dati del Sistema dei conti pubblici territoriali (Cpt), la ripartizione della spesa in conto capitale (ordinaria e aggiuntiva) per l'intero Paese e per le due macro aree, Centro-Nord e Mezzogiorno, nel periodo 2000-2018, mostra, ai fini della presente risoluzione, i seguenti elementi di interesse:

     a) il calo drastico della spesa (ordinaria e aggiuntiva) in conto capitale della pubblica amministrazione (PA) per l'intero Paese, a partire dalla crisi del 2008. Rispetto al picco del 2008, la spesa, a prezzi costanti, passa da 61,7 miliardi a 34,6 miliardi di euro nel 2018. Il trend di riduzione della spesa dopo il 2008 si interrompe nel 2015. Nel 2016 e 2017, il trend di riduzione riprende e proprio nel 2017 si raggiunge il minimo dell'intera serie, pari a 31,3 miliardi. Nel 2018, la spesa torna ad aumentare;

     b) la spesa (ordinaria e aggiuntiva) in conto capitale della pubblica amministrazione nel Mezzogiorno nel 2018 rispetto al 2008 è dimezzata: 10,3 miliardi nel 2018 rispetto ai 21 miliardi del 2008, con una riduzione più significativa di quella evidenziata nel Centro-nord;

     c) le risorse aggiuntive rappresentano una quota elevata sul totale della spesa in conto capitale complessiva effettuata dalla pubblica amministrazione nel Mezzogiorno: mediamente esse rappresentano più della metà della spesa in conto capitale complessiva, con picchi che, nelle fasi di chiusura dei periodi di programmazione dei fondi europei, raggiungono livelli ancora più elevati: 67,7 per cento nel 2001, 59,7 nel 2007, 68,4 nel 2015;

     d) si rileva un evidente effetto di spiazzamento della politica di coesione, in particolare quella comunitaria, rispetto alla politica ordinaria. Nel 2015, ad esempio, le risorse ordinarie (4,7 miliardi) rappresentano meno di un terzo del totale delle risorse in conto capitale (15,2 miliardi) e meno della metà di quelle aggiuntive (10,4 miliardi). Nel 2016 e 2017, a causa del lento avvio del ciclo 2014-2020 dei fondi strutturali europei, il peso delle risorse aggiuntive si riduce;

    il parziale, ma significativo, effetto di spiazzamento della spesa ordinaria menzionato sopra ha richiesto l'opportuna introduzione nel decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, successivamente modificato dall'articolo 1, comma 310, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, della cosiddetta clausola del 34 per cento che permette di destinare gli stanziamenti ordinari in conto capitale nelle regioni del Mezzogiorno in quota proporzionale alla popolazione ivi residente. Ciò per riequilibrare il rapporto tra risorse ordinarie e aggiuntive, anche al fine di ristabilire il rispetto del principio, lungamente negato, di addizionalità, secondo cui le risorse dei fondi strutturali europei non possono sostituirsi alla spesa pubblica dello Stato membro;

    si registra il declino progressivo della spesa infrastrutturale in Italia che nel periodo 1970-2018 è diminuita del 2 per cento distribuendosi in modo diseguale tra il Centro-nord (-0,9 per cento) e il Mezzogiorno (-4,6 per cento). Nonostante gli investimenti infrastrutturali nel Sud negli anni ‘70 fossero quasi la metà di quelli complessivi, negli anni più recenti sono calati a quasi un sesto del totale nazionale. Più specificamente, secondo dati Svimez, nel 1970 essi erano pari a 531,1 euro pro capite a livello nazionale, con il Centro-nord a 451,5 e il Mezzogiorno a 677 euro. Nel 2017 la situazione si capovolge passando a 217,6 euro pro capite a livello nazionale, con il Centro-nord a 277,6 e il Mezzogiorno a 102 euro;

    in termini assoluti uno studio prodotto da UnionCamere (Dotazione infrastrutturale per categoria, anno 2012) confronta in termini sia qualitativi che quantitativi le otto regioni del Nord con la Sicilia, evidenziando il gap attraverso un indice infrastrutturale che vede la regione siciliana molto indietro rispetto alle regioni nord Italia (84,4 rispetto al 113,9 del nord-ovest);

    il 19 gennaio 2017 è stato definito tra Trenitalia e i Ministeri competenti (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e delle finanze) il nuovo contratto di servizio 2017-2026, di durata decennale, per il trasporto passeggeri di interesse nazionale che è sottoposto a regime di obbligo di servizio pubblico per garantire il diritto alla mobilità. Il Contratto comprende il network degli Intercity che garantiscono i collegamenti di media/lunga percorrenza tra medi e grandi centri urbani: gli Intercity giorno e gli Intercity notte, che rivestono ancora grande importanza soprattutto nelle regioni meridionali vista l'assenza di offerta relativa all'alta velocità di rete. Il contratto prevede un piano di investimenti nel materiale rotabile per centinaia di milioni di euro e, oltre ai ricavi ottenuti da Trenitalia dalla vendita dei biglietti, le cui tariffe sono determinate per assolvere la funzione di «servizio universale», vengono corrisposti a Trenitalia dei corrispettivi, ad integrazione dei ricavi, per 347.922.703 euro per il 2017 e 365.922.703 euro per gli anni 2018-2026;

    l'impoverimento della dotazione infrastrutturale nel Mezzogiorno, dovuto a una riduzione più marcata degli investimenti pubblici al Sud e nelle isole, ha prodotto una sistematica crescita del gap con la restante parte del Paese. Usando dati Eurostat, rielaborati da Svimez e Ance, è possibile misurare alcuni aspetti del disinvestimento in infrastrutture nell'importante settore dei trasporti:

     a) l'infrastrutturazione stradale del Mezzogiorno, rimasta sostanzialmente invariata dal 1990, si caratterizza per una carente dotazione di grandi reti autostradali. Nel 2016 la rete autostradale del Mezzogiorno si estende per 2,149 chilometri e rappresenta circa il 31 per cento di quella nazionale. Una lunghezza che, posta in rapporto alla superficie territoriale, presenta una sensibile sottodotazione rispetto al Centro-nord. Nel Mezzogiorno, infatti, per ogni 1.000 chilometri quadrati di superficie si hanno 18 chilometri di rete autostradale, a fronte dei 30 del Nord e dei 20 del Centro;

     b) la rete ferroviaria nel Mezzogiorno nel 2016. a fronte dei 16.788 chilometri complessivi distribuiti nell'intero territorio del Paese, dispone di 5.730 chilometri nel Mezzogiorno, 7.533 chilometri nel Nord e 3.457 chilometri nel Centro. In rapporto alla superficie territoriale, emerge che, a fronte di dati per il Nord ed il Centro sostanzialmente in linea con paesi europei come Austria, Regno Unito e Danimarca, la dotazione del Mezzogiorno risulta, ancora una volta, inferiore: nel meridione ci sono infatti 45 chilometri di ferrovie per 1.000 chilometri quadrati di superficie, a fronte dei 65 del Nord e dei 59 del Centro;

     c) per quanto attiene alle caratteristiche della rete ferroviaria nel nostro Paese, la sotto-dotazione del Mezzogiorno emerge con tutta evidenza:

      1) dei 16.788 chilometri di rete ferroviaria, circa 12.000 (il 72 per cento sono rappresentate da linee elettrificate). Tale rapporto evidenzia, anche in questo caso, la sotto-dotazione del Sud e nelle isole rispetto al resto del Paese. Infatti, a fronte di percentuali superiori alla media e vicine all'80 per cento per il Nord ed il Centro, nell'area del Mezzogiorno tale incidenza non arriva al 50 per cento;

      2) la percentuale di linee a doppio binario copre poco più del 60 per cento del totale della linea elettrificata nella penisola. Tale percentuale si riduce al 51 per cento nel Mezzogiorno;

      3) lo sviluppo dell'Alta velocità (AV) nelle linee ferroviarie del Mezzogiorno risulta fortemente carente: soli 181 chilometri di linee pari all'11,4 per cento, dei 1.583 chilometri della rete nazionale (nel Centro-Nord la rete è di 1.402 chilometri, pari all'88,6 per cento del totale). Nel confronto con l'Europa l'indice di dotazione nel 2015 per l'Italia è pari a 116,0, con il Centro-nord a 156,5 e il Mezzogiorno appena a 38,6;

     d) la posizione geografica dell'Italia dovrebbe consentire al nostro Paese di ricoprire il ruolo strategico di piattaforma logistica al centro del Mediterraneo. Tuttavia, nella classifica dei primi 20 scali europei per movimentazione container sono solo tre i porti italiani: Gioia Tauro, Genova e La Spezia, che risultano, rispettivamente, all'8°, all'11° ed al 14° posto. Nell'arco di un decennio, quasi tutti i 20 maggiori porti europei hanno aumentato significativamente il proprio volume di movimentazione, con incrementi medi annui che arrivano ad oltre il 30 per cento. Gioia Tauro, unico porto del Mezzogiorno presente nella lista top 20, l'aumento è stato molto più modesto e pari all'1,8 per cento;

    da una indagine sulla relazione tra dotazione infrastrutturale e disuguaglianza, svolta recentemente da Deloitte, risulta che province più ricche di infrastrutture sono caratterizzate da una più equa distribuzione del reddito e, pertanto, l'impatto marginale di un miglioramento infrastrutturale sarà proporzionalmente maggiore per gli strati meno abbienti della popolazione. Più in particolare, la ricerca, che prende in analisi il periodo tra il 2001 e 2015, mostra come circa un terzo dei differenziali di reddito tra le province meridionali e quelle centro-settentrionali sia dovuto alla più modesta dotazione infrastrutturale delle prime rispetto alle seconde;

    sulla base di un lavoro della Banca d'Italia, un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno avrebbe effetti espansivi significativi per l'intera economia italiana. Infatti, il moltiplicatore degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno potrebbe raggiungere un valore di circa 2 nel medio-lungo termine, beneficiando della complementarità tra capitale pubblico e privato e dei guadagni di produttività connessi alla maggiore dotazione di infrastrutture. Al contempo, anche l'economia del Centro-nord ne beneficerebbe per via della maggiore domanda nel Mezzogiorno e dell'integrazione commerciale e produttiva tra le due aree. Sebbene lo stimolo pubblico ipotizzato abbia dimensioni ridotte rispetto all'economia del Centro-nord, le simulazioni indicano che il prodotto interno lordo di quest'area potrebbe aumentare fino allo 0,3 per cento;

    il decreto-legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017 n. 123 e successive modificazioni, nell'ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle zone economiche speciali (Zes) all'interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2018 è stato adottato il regolamento recante l'istituzione di zone economiche speciali (Zes);

    nel Piano per il Sud del Governo Conte II, le azioni per rilanciare gli investimenti nelle regioni meridionali nel triennio 2020-22, a parità di risorse disponibili e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, garantiranno una capacità di spesa in conto capitale media per anno di circa 7 miliardi di euro, corrispondenti all'1,8 per cento del prodotto interno lordo del Mezzogiorno e pari a complessivamente 21 miliardi di euro;

    nelle more del negoziato sul Quadro finanziario pluriennale 2021-27, il Governo nel piano per il Sud ha stimato in maniera prudenziale in oltre 123 miliardi di euro l'ammontare delle risorse a disposizione dell'Italia per il nuovo ciclo di programmazione nelle regioni meno sviluppate;

    il quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea è stato rivisto per fronteggiare l'emergenza Covid-19 e rilanciare gli investimenti in Europa affiancando al bilancio un Recovery Fund finanziato attraverso l'emissione di titoli obbligazionari europei a lunga scadenza. Lo strumento finanziario è stato denominato dalla Commissione europea Next Generation EU e dovrebbe raccogliere sui mercati finanziarti 750 miliardi di euro dei quali circa 200 miliardi di euro, sono previsti per l'Italia;

    l'Europa, nell'assegnare le risorse del Next Generation Eu, ha tenuto contro di tre parametri: la popolazione, il reddito pro capite e il tasso medio di disoccupazione degli ultimi 5 anni. All'Italia è stato riservato circa il 28 per cento delle risorse totali, invece del 13,5 per cento equivalente al nostro «peso» in termini di abitanti, pari a poco più di 100 miliardi perché le nostre condizioni economiche e sociali sono peggiori rispetto a quelle degli altri Paesi, e lo sono proprio a causa dell'alto tasso di disoccupazione e del basso reddito pro capite del Mezzogiorno, nonché delle sue condizioni di arretratezza, povertà e carenza di infrastrutture;

    il Mezzogiorno, con le sue grandi isole, costituisce l'ideale piattaforma logistica europea sul Mediterraneo, rappresentando una vera e propria cerniera tra Europa, Africa e Asia. L'Italia e il Mezzogiorno, quindi, sono al centro di un sistema di rotte marittime che potrebbero essere implementate per facilitare gli scambi internazionali attraverso collegamenti ponte tra i diversi bacini marittimi europei;

    il commercio marittimo è stimato in aumento con un tasso di crescita media annuale del 3,8 per cento tra il 2019 e il 2023 e il Mediterraneo rappresenta una via privilegiata per il traffico container, concentrando il 27 per cento dei servizi di linea mondiali. Ciò crea importanti opportunità di investimento per i Paesi in grado di offrire una moderna e integrata rete logistica di infrastrutture portuali e retroportuali accompagnata da una efficiente e moderna connettività per la mobilità stradale e ferroviaria capace di collegarsi con i principali corridoi europei;

    investire sulle Autostrade del Mare ha permesso una notevole riduzione delle emissioni clima alteranti (dati del mit: 680 mila tonnellate di CO2 equivalente alle emissione annue di una città di 1 milione di abitanti). Oggi l'Italia è prima al mondo per principali flotte di navi «ferry» e «Ro-Ro Pax», con oltre 250 unità per più di 5 milioni di tonnellate di stazza. Seconda in Europa per traffico merci e «Ro-Ro» con crescita del 20,7 per cento 2014-2017. Un trend positivo sostenuto dallo Stato attraverso l'insieme degli incentivi e degli investimenti per la logistica intermodale («Marebonus», «Ferrobonus»), incentivi per terminalisti, sconto pedaggio, con particolare attenzione allo sviluppo della logistica dell'ultimo miglio;

    il Regolamento europeo n. 1315 dell'11 dicembre 2013 mira a pianificare e sviluppare le reti transeuropee dei trasporti individuando alcuni progetti prioritari tra cui lo sviluppo dei 14 porti «core» della rete Ten-T. Rete ferroviaria italiana è impegnata nello sviluppo della fruibilità dei terminali merci, attraverso l'efficientamento delle condizioni di accesso all'infrastruttura e l'offerta integrata di servizi, con particolare riferimento ai servizi dell'ultimo miglio. Dei 14 porti «core», 10 risultano allacciati alla rete ferroviaria nazionale, mentre ne sono ancora sprovvisti i porti di Bari, Augusta, Palermo e Cagliari. In data 6 agosto 2020 è stato sottoscritto il protocollo di intesa tra Rfi, l'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale e la Regione siciliana, per lo sviluppo della progettazione relativa alla realizzazione del collegamento ferroviario tra l'area portuale di Augusta e la linea Catania-Siracusa, facente parte dell'infrastruttura ferroviaria nazionale, sviluppando entro il 31 dicembre 2021 la progettazione definitiva;

    il posizionamento strategico del territorio meridionale e un sistema di infrastrutture efficiente ed adeguato alle esigenze di mobilità di persone e di merci favoriscono l'attrazione di nuove iniziative imprenditoriali e, quindi, costituiscono uno straordinario fattore di sviluppo utile non solo per avviare processi di convergenza economica tra il Nord del Paese e il Mezzogiorno. La crescente apertura dei mercati per le produzioni meridionali, e la possibilità del territorio di offrire sistemi logistici moderni ed efficienti a servizio dell'area mediterranea, sono opportunità per catturare e trattenere valore all'interno del sistema economico del Mezzogiorno e per promuovere la crescita su tutto il territorio nazionale;

    è opportuno promuovere la realizzazione degli impianti di accumulo energetico, indispensabili per sostenere lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili in chiave ambientalmente sostenibile;

    inoltre, l'importanza e la strategicità dello sviluppo della banda larga e dell'infrastrutturazione digitale per il Mezzogiorno che ancora non può ritenersi completa, una volta sviluppata potrà rendere più efficienti e trasparenti le amministrazioni e migliorare la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese, accelerando il processo di modernizzazione nei settori della giustizia, della salute, della scuola e dell'università e delle pubbliche amministrazioni in genere. L'emergenza Covid-19 ha messo in discussione il nostro attuale modello di sviluppo e decentrato i luoghi della produzione in molti settori lavorativi: lo smart working in quest'ottica – che numerosi studiosi e commentatori hanno rinominato south working – ha messo in luce sia le debolezze presenti in alcuni contesti territoriali (gap di rete o di offerte di servizi digitali) sia le grandi opportunità di sviluppo che il Sud può cogliere in questo mutato contesto, proprio dalle attività decentrate favorite dalla connessione a internet,

impegnano il Governo:

   a promuovere iniziative per il recupero del ritardo accumulato dall'Italia in Europa e per tenere insieme il Nord e il Sud del Paese in una strategia di crescita comune riattivando gli investimenti pubblici in infrastrutture al Sud e nelle isole quale modo più produttivo, per l'economia e la società italiane, di dare il giusto valore alle interdipendenze tra le due aree del Paese e favorirne la crescita;

   ad assumere iniziative per attuare un meccanismo di perequazione infrastrutturale, già previsto nella legge n. 42 del 2009 di riforma del federalismo fiscale e contenuto all'articolo 3 della bozza del disegno di legge quadro sul federalismo differenziato, predisposto dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per promuovere un piano di investimenti nei settori di intervento pubblico, quali: strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, rete fognaria, rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, strutture portuali e aeroportuali;

   ad adottare iniziative per investire nel Mezzogiorno d'Italia una quota delle risorse per l'infrastrutturazione maggiore rispetto alla quota attuale del 34 per cento, introdotta dal decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, successivamente modificato dall'articolo 1, comma 310, della legge 27 dicembre 2019, n. 160;

   a sfruttare il vantaggio competitivo naturale che il Mezzogiorno possiede, quale piattaforma strategica al centro del Mediterraneo, per intercettare i flussi commerciali e turistici in un'area sempre più al centro degli interessi dell'economia globale, specie dopo il raddoppio del Canale di Suez, e per proiettare l'Italia e l'Europa verso l'Africa e l'Asia;

   ad assumere iniziative per rendere il Mezzogiorno la porta principale di accesso dal Mediterraneo all'Europa, irrobustendone il suo vantaggio logistico, attraverso un piano di investimenti pluriennale per il potenziamento, l'ammodernamento e lo sviluppo delle grandi infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e digitali, promuovendo, a tal fine, i seguenti interventi infrastrutturali principali per unire il Paese e renderlo competitivo attraverso la realizzazione di corridoi di mobilità intermodale per le merci e le persone:

    a) promuovere un piano dei trasporti per un'Italia ad alta velocità ferroviaria di rete, tutta connessa nell'asse Nord-sud, Est-ovest e isole, rivedendo i tracciati, al fine di prolungare e completare le opere infrastrutturali sul versante tirrenico da Salerno fino a Siracusa e Palermo, passando da Reggio Calabria, ma anche di ripensare sul versante adriatico-jonico il collegamento Ancona-Bari, Bologna-Taranto e la Reggio Calabria-Taranto;

    b) identificare le migliori tecnologie per garantire la realizzazione del nuovo itinerario ferroviario a sud di Salerno ad alta velocità di rete, sviluppando, in base all'articolo 208 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, un progetto di fattibilità tecnico-economica per un'alta velocità che abbia caratteristiche tecnologiche e prestazionali innovative che considerino esplicitamente la realizzazione di una infrastruttura cosiddetta Larg (lean, agil, resilient, green), valutando, preliminarmente, la conformazione orografica e la compatibilità dei territori dei due versanti tirrenico e jonico, al fine di individuare il miglior percorso che possa consentire la realizzazione dell'infrastruttura Larg;

    c) assicurare una moderna infrastrutturazione dei territori siciliani e calabresi, coinvolti dal flusso di trasporto legato all'attraversamento dello Stretto e favorire l'impiego di mezzi navali veloci, il cui modello di esercizio sia correlato al servizio di trasporto ferroviario da e per la Sicilia, in particolare nelle tratte, andata e ritorno, Messina-Villa San Giovanni e Messina-Reggio Calabria;

    d) promuovere iniziative puntuali e rapidamente attuabili per garantire un collegamento moderno ed efficiente tra la Sicilia e la penisola che comprenda la dismissione delle vecchie navi traghetto Bluvia con navi traghetto di ultima generazione di tipo bidirezionale, nonché prevedere l'utilizzo di nuovi treni Av di lunghezza limitata, in modo da rendere agevole e rapida la manovra di imbarco-sbarco, assicurando una vera continuità al trasporto ferroviario su scala interregionale;

    e) procedere ad una rapida ricognizione della dotazione infrastrutturale con riferimento alle reti, stradali, autostradali ferroviarie e di comunicazione, nonché alle strutture portuali e aeroportuali, valutando ipotesi relative all'attraversamento stabile dello Stretto solo qualora la dotazione infrastrutturale di Sicilia e Calabria sia di molto superiore all'esistente e al pari delle altre aree più avanzate del Paese;

    f) potenziare il corridoio Jonio-Adriatico per le merci, rendendo così competitivi i grandi porti industriali e commerciali del Mezzogiorno di Augusta, Gioia Tauro e Taranto per l'interscambio con le economie asiatiche e nord-africane;

    g) adottare iniziative affinché l'Unione europea proceda alla rivisitazione della Rete Ten-T in modo che tutta la Sardegna vi sia inclusa;

    h) prevedere e garantire che i servizi di trasporto via mare da e per la Sardegna, sia dei passeggeri che delle merci, siano organizzati in regime di continuità territoriale marittima, al fine di ridurre lo svantaggio strutturale permanente dovuto all'insularità;

    i) completare la rete viaria interna della Sardegna attraverso l'attuazione degli interventi previsti dagli accordi Stato-regione e dal Patto per la Sardegna con l'obiettivo della integrazione dell'intera maglia viaria di collegamento tra i principali sistemi urbani dell'isola (strada statale Porto Torres-Cagliari e strada statale Sassari-Olbia);

    l) prevedere, in tempi rapidi, la progettazione e la realizzazione della nuova strada statale 106 da Sibari a Reggio Calabria ed il completamento delle trasversali che collegano il versate Jonico al versante tirrenico, consentendo di porre fine all'isolamento atavico della costa jonica calabrese e consentendone il rilancio sotto il profilo sociale ed economico produttivo;

   ad adottare le iniziative di competenza per manutenere e potenziare tutta la rete dei collegamenti intra-regionali stradali e ferroviari per garantire una maggiore accessibilità alle vie di comunicazione nazionali principali e ai corridoi internazionali così da avvicinare le aree periferiche alle direttrici della mobilità nazionale e internazionale di persone e merci:

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per migliorare la rete viaria secondaria di province e città metropolitane nel Mezzogiorno, attraverso procedimenti attuativi che incidano sui fabbisogni reali e sulla selezione delle priorità realizzative, promuovendo il rafforzamento delle stazioni appaltanti provinciali;

   a cogliere appieno le opportunità offerte dal nuovo programma di finanziamento dell'Unione europea, interamente dedicato alla trasformazione digitale per il periodo 2021-2027, affiancando inoltre gli strumenti previsti dal Recovery Plan e dal Green deal europeo, al fine di accrescere e massimizzare i vantaggi della trasformazione digitale per cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese del Mezzogiorno;

   ad adottare iniziative per istituire un osservatorio sui prezzi praticati dai principali vettori di mobilità aerea, ferroviaria e marittima, onde evitare politiche tariffarie che penalizzino l'utenza meridionale e insulare nei periodi coincidenti con i maggiori flussi di mobilità;

   a verificare il rispetto da parte di Trenitalia degli impegni assunti nel contratto di servizio media e lunga percorrenza 2017-2026 per porre rimedio all'annoso problema del rinnovo del materiale rotabile e del miglioramento della qualità complessiva dei servizi relativi ai treni a lunga percorrenza, per aumentare affidabilità e qualità dei servizi nonché, in sede di revisione dell'offerta, attivare misure volte al potenziamento del meccanismo di rilevazione della qualità e del grado di soddisfazione al fine di registrare sistematicamente le peculiarità e le criticità delle diverse aree del Paese anche per quanto concerne la regolazione delle sanzioni in essere;

   ad adottare iniziative per dare impulso a regimi amministrativi e fiscali di vantaggio per le imprese che decidono di localizzare i propri insediamenti produttivi nel Mezzogiorno, con particolare riguardo alle zone economiche speciali per favorire l'attrazione di imprese nazionali ed estere e favorire la costruzione di filiere radicate sul territorio in grado di far crescere le piccole e medie imprese meridionali e sostenere il riposizionamento strategico delle imprese meridionali attraverso un maggiore orientamento verso l'export;

   a promuovere importanti interventi industriali e di logistica nei principali porti e interporti del Sud, così da dotarli delle infrastrutture necessarie per farne snodi fondamentali per i nuovi flussi commerciali nel Mediterraneo e rispondere alla perdita del sistema portuale italiano, valutando a tal riguardo il potenziamento dei porti del Mezzogiorno in termini di poli logistici intermodali attraverso una maggiore integrazione con il sistema aeroportuale e quello dei collegamenti terrestri, con particolare attenzione alle infrastrutture ferroviarie portuali per il consolidamento e l'estensione del sistema ferroviario collegato ai corridoi internazionali per un agile smaltimento delle merci;

   a favorire la digitalizzazione e la semplificazione delle procedure nella gestione del traffico portuale di persone e merci e il potenziamento delle autostrade del mare verso il resto dell'Europa e dell'Africa e in particolare ottimizzare il collegamento ferroviario tra l'area portuale di Augusta e la linea Catania-Siracusa, attraverso una revisione del tracciato della linea Catania-Siracusa, consentendo il raggiungimento di adeguati standard di sicurezza in previsione di un maggior flusso merci e la riduzione dei tempi di percorrenza sulla tratta Catania-Siracusa;

   a promuovere un piano strategico per gli aeroporti al fine di garantire una maggiore competitività del Mezzogiorno nel settore turistico attraverso una migliore accessibilità e per rendere più agili i collegamenti infrastrutturali con i poli turistici a più alto potenziale e una più efficace capacità di attrarre quote rilevanti di flussi turistici internazionali e valutare anche lo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali esistenti relative al settore cargo;

   ad adottare iniziative per promuovere la realizzazione degli impianti di accumulo energetico, indispensabili per sostenere lo sviluppo delle rinnovabili in chiave ambientalmente sostenibile, al fine di definire nel breve termine uno specifico meccanismo di supporto che consenta di superare gli attuali elementi ostativi alla realizzazione delle nuove infrastrutture idroelettriche a pompaggio, in piena coerenza con gli obiettivi e le tempistiche indicati nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, privilegiando in via esclusiva i progetti finalizzati alla realizzazione di impianti di accumulazione che prevedano lo sfruttamento di bacini superiore ed inferiore preesistenti senza la necessità di effettuare ulteriori opere civili per sopperire alla loro assenza.
(7-00580) «Ficara, Deiana, Luciano Cantone, Barbuto, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Grippa, Marino, Raffa, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini, Ilaria Fontana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Federico, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Terzoni, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi».


   La III Commissione,

   premesso che:

    dai dati disponibili si attesta che anche per il 2019 il numero degli italiani iscritti negli schedari consolari è in significativo aumento. La Spagna, in particolare, si conferma ai primi posti per iscrizioni, registrando nel 2018 un trend del +9 per cento rispetto all'anno precedente (Da: «Annuario statistico 2019», Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

    le Canarie, in particolare, negli ultimi anni sono diventate una meta importante per i cittadini italiani, registrando un aumento di presenze significativo sia per trasferimenti che per viaggi turistici;

    secondo i più recenti dati statistici spagnoli, la comunità italiana alle Canarie è costituita da oltre 57 mila persone, di cui 30 mila iscritti all'Aire. In particolare, gli italiani iscritti all'Aire sono 29.361, così suddivisi: 13.633 a Las Palmas e 15.728 a Tenerife. Tra questi quasi un terzo sono pensionati. Il resto, è costituito da imprenditori e giovani lavoratori, impiegati nel settore turistico, della ristorazione e delle crociere;

    le Canarie sono diventate anche la destinazione di nuovi flussi migratori di italo-venezuelani e italo-argentini che, costretti dall'aggravarsi della situazione politica ed economica, sono stati costretti a lasciare i loro Paesi;

    su ciascuna delle isole di Gran Canaria e di Tenerife è presente un console onorario. Il consolato onorario di Las Palmas De Gran Canaria copre la circoscrizione di Fuerteventura, Gran Canaria, Lanzarote; quello di Santa Cruz De Tenerife con sede ad Arona, nell'isola di Tenerife, copre la circoscrizione di Tenerife, Hierro, La Gomera, La Palma;

    i consoli onorari hanno dovuto fare fronte ad una crescente domanda di servizi, operando tuttavia con i limiti stringenti dovuti alla specificità del loro ruolo (non possono rilasciare carte di identità, passaporti, documenti sostitutivi di emergenza, procure, documenti di viaggio, dichiarazioni di valore ai fini di studio) ed in sedi non più adeguate a fare fronte al maggiore flusso di connazionali;

    le situazioni di disagio e di criticità sono state denunciate dalla nostra collettività, dai rappresentanti dei Comites e del Cgie, dall'associazionismo e dagli stessi parlamentari eletti nella ripartizione Europa;

    le esigenze tradizionali di servizi si sono ulteriormente aggravate a causa dell'emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del Sars-CoV-2. Basti pensare che da metà marzo e fino a fine giugno 2020 sono stati 70 i voli speciali (di cui la metà dalle Isole Canarie e l'altra metà dagli aeroporti di Madrid, Barcellona, Valencia, Siviglia e Malaga) attivati d'intesa con l'unità di crisi e la rete consolare italiana in Spagna. Ne hanno beneficiato quasi 11 mila connazionali, di cui molti in condizioni di vulnerabilità, a cui aggiungere gli oltre 6 mila che hanno fatto rientro in Italia con i collegamenti marittimi da Barcellona;

   l'ambasciatore d'Italia in Spagna, Riccardo Guariglia, nel mese di ottobre 2020, ha completato la sua prima missione alle Isole Canarie;

   nel corso della sua missione, l'ambasciatore ha confermato che sarà operativo dapprima uno «sportello consolare», dipendente dall'ambasciata a Madrid, e successivamente un'agenzia consolare. L'ufficio avrà sede ad Arona. L'ambasciatore ha comunicato che ha provveduto a firmare il contratto di affitto dei locali del nuovo ufficio, che sarà reso operativo non appena i relativi lavori di approntamento, materiali ed informatici, saranno ultimati;

   con riferimento alle tempistiche, il sottosegretario Merlo, nel mese di novembre 2019 in Commissione affari esteri, auspicava che lo sportello consolare potesse aprire nei primi mesi del 2020, mentre l'agenzia consolare, viste le procedure amministrative e tecniche necessarie alla sua piena operatività, potesse iniziare a fornire servizi al pubblico nel corso del secondo semestre del 2020,

impegna il Governo

a definire un cronoprogramma preciso delle operazioni necessarie per giungere al più presto all'apertura dello sportello consolare e poi dell'agenzia consolare, adeguatamente attrezzati sia in termini di risorse strumentali che di un adeguato numero di risorse umane per fornire quei servizi consolari essenziali agli italiani residenti e di passaggio, anche al fine di affrontare adeguatamente eventuali ulteriori criticità che potrebbero registrarsi a causa della pandemia.
(7-00579) «Schirò».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il 6 novembre 2020 il Ministro Speranza interveniva in Parlamento per fare il punto sull'emergenza pandemica e sulle nuove misure di contenimento dei contagi che hanno portato alla suddivisione delle regioni in tre zone in base al rischio contagio, ricordando come «dalla tutela della salute dipende la qualità della vita delle nostre persone e anche la stessa ripresa economica. Ecco perché occorre compiere scelte tempestive [...]»;

   parole certamente condivisibili, se non fosse che stridono duramente con le scelte politiche in materia di sanità assunte negli anni in Calabria, unica regione del sud, peraltro, classificata «zona rossa» per la criticità del valore RT;

   la Calabria, infatti, è commissariata da oltre dieci anni e, nonostante il fallimentare risultato, anche nella gestione dell'emergenza Covid, le scelte collazionate dal Governo negli ultimi giorni hanno l'amaro sapore di quello che appare all'interrogante un «perseverare diabolico»;

   a novembre 2020 ha cessato di avere efficacia il decreto «Calabria», nato per realizzare un regime straordinario di gestione commissariale della sanità regionale, ma rivelatosi un cappio al collo per un sistema sanitario già fragile, con la conseguenza inevitabile di una drastica riduzione dei livelli di assistenza e un aggravamento della voragine del debito sanitario;

   uno strumento emergenziale che avrebbe dovuto consentire di migliorare il sistema sanitario calabrese lo ha reso, invece, per l'interrogante più impreparato e vulnerabile agli effetti della grave emergenza che si sta affrontando, come gli indicatori sanitari dimostrano;

   le parole del professor Jorio dell'Università della Calabria sintetizzano in maniera chiara il «bollettino di guerra» del decreto Calabria: «[...] il provvedimento ha generato in Calabria il disastro assistenziale e organizzativo, creando vuoti incolmabili di governance che hanno acuito la fuga dei medici, oramai a livelli segnatamente insufficienti per garantire i minimi assistenziali; (ri)accelerato il processo di rendere più precarie le economie, non più garanti persino delle forniture dei farmaci salva-vita e dei presidi medico-chirurgici indispensabili a soddisfare il più basso ordinario; prodotto una pericolosa insufficienza degli organici del personale paramedico e tecnico necessario ad assicurare quotidianamente l'assistenza vitale; acutizzato il decadimento della medicina territoriale, divenuta ovunque irrintracciabile con gravissimo nocumento per la popolazione distribuita nei 405 comuni, la maggior parte montani, caratterizzati da una orografia da mettere paura; sviluppato un'ulteriore e incalcolabile sfiducia nei cittadini verso il sistema salutare pubblico, già portati per loro conto a determinare una mobilità passiva annua di oltre 320 milioni di euro»;

   nonostante ciò, il Governo ha deciso di prorogare il commissariamento della sanità regionale, prevedendo pieni poteri per il commissario ad acta in maniera che appare all'interpellante palesemente incostituzionale, come evidenziato dall'avvocato e professore di diritto, privato dell'Umg di Catanzaro, Valerio Donato, in una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri Conte: «Il decreto attribuisce al Commissario ad Acta [...] tutte le competenze in materia sanitaria. Vale a dire la Gestione Sanitaria Accentrata, la gestione delle attività di approvvigionamento delle strutture sanitarie, la gestione dei progetti di politica di edilizia sanitaria, nomina di tutti i vertici delle aziende sanitarie, di ogni livello. [...] Si tratta di norme [...] palesemente incostituzionali, non tanto perché sottraggono alla autonomia costituzionale della Regione ogni competenza; ma soprattutto perché non sono in alcun modo ispirate e rispettose del principio di sussidiarietà e della leale collaborazione, come imposto dall'articolo 120 della Costituzione. Ancor più le norme citate sono probabilmente inopportune sotto il profilo politico e materiale, poiché il bilancio regionale è in gran parte occupato dalla spesa sanitaria ed attività connesse; sì che prevedere un Commissario con così ampi poteri, legislativi e persino amministrativi, per settori che rappresentano la maggior parte delle attività economiche della Regione, converte il Commissario in un anomalo Presidente della Regione, non eletto dal popolo, ma nominato dal Governo»;

   tale preoccupante quadro è stato, se possibile, aggravato dalla nomina, prima di Cotticelli, a cui è imputabile la mancata programmazione delle attività Covid e, successivamente, del nuovo Commissario Zuccatelli, che i fatti, però, hanno già dimostrato inadeguato alla delicata funzione di Commissario ad acta;

   gravi perplessità, però, suscita anche la risposta tardiva sulle competenze per il piano Covid del Ministero della salute, che, per altro solo adesso, ha nominato il dottor Zuccatelli, lo stesso che, al di là delle imbarazzanti dichiarazioni in merito all'inutilità della mascherina quale misura anti-contagio, avrebbe fatto inspiegabilmente naufragare «la possibilità di istituire un Centro Covid regionale a Catanzaro, il quale avrebbe potuto assicurare l'assistenza sanitaria, in caso – come poi accaduto – di recrudescenza della pandemia; oltre che luogo per lo sviluppo di una virtuosa e preventiva attività di ricerca», come denunciato dal professor Donato –:

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative per consentire un ritorno alla «normalità» della sanità calabrese, affidando il compito di commissario al presidente della giunta regionale;

   se, in subordine, non ritenga necessario adottare iniziative per nominare un nuovo Commissario ad Acta di comprovate capacità professionali, estraneo a logiche di partito, che non abbia avuto responsabilità gestionali nel sistema sanitario calabrese, per raggiungere l'obiettivo di realizzare un sistema efficiente, capace di rispondere ai bisogni di cura dei cittadini.
(2-01005) «Ferro».

Interrogazioni a risposta orale:


   DONZELLI, BIGNAMI e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della conferenza stampa che si è tenuta a Palazzo Chigi il 18 ottobre 2020 il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato, per quanto riguarda le palestre: «Daremo una settimana per adeguare i protocolli di sicurezza e per verificarne il rispetto, (...) altrimenti la settimana prossima saremo costretti a sospendere l'attività che si svolge al chiuso (...) o nelle piscine». Nei giorni successivi in piscine e palestre di tutta Italia, come riportato dagli stessi organi di stampa già dal 20 ottobre, si sono svolti controlli da parte dei Nas dei Carabinieri per la verifica dell'attuazione dei protocolli anti covid. Il 20 ottobre stesso Walter Ricciardi, consulente del Ministro della salute Roberto Speranza, ha dichiarato, ospite della trasmissione «Un Giorno da Pecora», su Rai Radio 1: «Io avrei chiuso le palestre e le piscine, assolutamente si». Con un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre il Presidente del Consiglio ha disposto la chiusura di piscine e palestre a partire dal 26 ottobre 2020 –:

   quale sia l'esito dettagliato di tutti i controlli effettuati dai Nas nelle suddette strutture.
(3-01892)


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, si prevedono restrizioni differenziate da regione a regione in base alla fascia di rischio di contagio da Coronavirus, fra gialle, arancioni e rosse. Suddetti provvedimenti, ad eccezione delle zone gialle, vietano gli spostamenti fra comuni, se non per specifiche esigenze e con autocertificazione. Eccessivamente penalizzate dal provvedimento appaiono così le piccole isole, i cui territori sono suddivisi fra più comuni –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative per prevedere una deroga considerando come un unico comune le isole che ricadono in una sola provincia, ma che al proprio interno hanno più di un comune, ai fini di agevolare gli spostamenti in zone per conformazione già di per sé isolate.
(3-01893)


   ZOFFILI e FOSCOLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3, comma 4, lettera h), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, con riguardo alle regioni classificate come «zone rosse», collocate nello «scenario di tipo 4», ha previsto l'applicazione della seguente misura di contenimento: «sono sospese le attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24»;

   l'allegato testé citato, che menziona i servizi alla persona esonerati dal predetto obbligo di sospensione, è stato predisposto, ad avviso dell'interrogante, in maniera evidentemente superficiale e incompleta, poiché esclude una serie di attività che operano nel rispetto dei più alti standard di sicurezza, i cui protocolli consolidati rendono l'eventuale rischio di contagio praticamente nullo o prossimo allo zero;

   tra queste, in particolare, si ritiene ingiustificata e, per certi versi, discriminatoria la chiusura imposta nei riguardi delle attività di tatuatori e piercer, presso le quali vengono osservati protocolli di igienizzazione e sanificazione rigorosissimi, financo più stringenti di quelli stabiliti dal Governo per gli altri settori di attività;

   le figure professionali di cui si discute, in effetti, sono formale e preparate alla gestione del rischio di contagio, anche con riguardo a virus ben peggiori del Covid-19 (Hiv, epatiti, solo per citarne alcuni). L'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, l'igienizzazione degli ambienti e delle superfici, la protezione delle strumentazioni e degli arredi dal contagio crociato, il rapporto uno a uno con il cliente, non sono altro che la norma presso le strutture e i locali in questione;

   l'esclusione dei tatuatori e dei piercer dall'elenco dei servizi alla persona esonerati dal predetto obbligo di sospensione, in vigore nelle «zone rosse», appare, dunque, all'interrogante irragionevole e arbitraria, da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare. È un atto di imposizione che colpisce duramente un intero comparto, in totale assenza di motivazioni o criteri di carattere tecnico-scientifico;

   l'irragionevolezza in parte qua del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stata denunciata anche dalla Confederazione nazionale tatuatori e piercer che, non appena ha avuto cognizione delle nuove disposizioni, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri per manifestare il forte dissenso della categoria –:

   sulla base di quale dato, evidenza o criterio tecnico-scientifico sia stata disposta la chiusura, nelle cosiddette zone rosse, delle attività di tatuatori e piercer;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative, con la massima urgenza, per modificare gli allegati al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, inserendo tra le attività consentite i servizi dei tatuatori e piercer.
(3-01894)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIA TRIPODI e BARELLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   l'emergenza da COVID-19, che sta facendo registrare questa seconda allarmante ondata, non risparmia le scuole di formazione militare;

   alcuni di questi istituti, quali la Scuola allievi marescialli dell'Arma dei carabinieri di Firenze, la Nunziatella di Napoli e la scuola di formazione e di applicazione dell'Esercito di Torino, contano molti allievi risultati positivi al Coronavirus;

   l'articolo 1, comma 9, lettera aa), del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 prevede che «le amministrazioni di appartenenza possono, con decreto direttoriale generale o analogo provvedimento in relazione ai rispettivi ordinamenti, rideterminare le modalità didattiche ed organizzative dei corsi di formazione e di quelli a carattere universitario del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, prevedendo anche il ricorso ad attività didattiche ed esami a distanza e l'eventuale soppressione di prove non ancora svoltesi, ferma restando la validità delle prove di esame già sostenute ai fini della formazione della graduatoria finale del corso (...)»;

   ad avviso degli interroganti è fondamentale agire applicando quanto già previsto l'articolo 1, comma 9, lettera aa) del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 al fine di prevenire possibili focolai, tale da consentire di anticipare e non rincorrere il dilagarsi del Coronavirus –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano adottare ulteriori iniziative di competenza, volte scongiurare l'insorgere di prevedibili e ulteriori focolai e di nuovi contagi da COVID-19, tali da garantire il diritto alla salute e allo studio dei cadetti appartenenti agli Istituti di Formazione Militare e alle Accademie militari sicurezza, provvedendo alla immediata chiusura di tali luoghi e ricorrendo alla didattica a distanza come unico strumento di formazione.
(5-04994)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATELLI, VIVIANI, BUBISUTTI, GOLINELLI, LIUNI, LOSS e MANZATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 ha decretato, per le regioni considerate rosse, alcune restrizioni per contenere il contagio da Covid-19, prevedendo, invece la possibilità di svolgere attività sportiva esclusivamente all'aperto e in forma individuale; questo ha portato al divieto di svolgere attività venatoria e di pesca dilettantistica;

   infatti, la prefettura di Milano ha precisato che, «in considerazione dell'attuale contesto epidemiologico e per ridurre al massimo gli spostamenti individuali, si tende a supportare una interpretazione restrittiva»;

   ha pertanto valutato che l'attività venatoria e di pesca non possano essere assimilate all'attività sportiva consentita dal decreto;

   già durante il lockdown della primavera scorsa, gli avvistamenti degli ungulati si sono moltiplicati portando ad oltre due milioni il numero dei cinghiali che hanno potuto circolare senza freni per campagne e città, causando ingenti danni ai raccolti e mettendo a rischio la sicurezza delle famiglie anche nelle poche occasioni in cui era permesso uscire di casa;

   in quel periodo in Piemonte, con lo «stop» alla caccia di selezione e con meno persone a presidiare i territori, i cinghiali hanno invaso le campagne da nord a sud della regione, con ingenti danni alle colture specie nelle province di Alessandria, Biella e Vercelli;

   l'esercizio della caccia è evidentemente un'attività sportiva che si pratica all'aria aperta, in luoghi isolati, così come il mantenimento delle distanze di sicurezza fra gli stessi cacciatori è ugualmente requisito indispensabile per la pratica;

   ogni cacciatore è tenuto ad uscire indossando tutti i dispositivi di protezione individuale utili a evitare il contagio da Covid-19 rispettando tutte le misure di base per evitare il proliferare del contagio;

   il cinghiale è l'ungulato più prolifico ed il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all'intero anno, con un picco delle nascite in primavera;

   il periodo riproduttivo del cinghiale è legato al ciclo estrale che ha cadenza mensile e si interrompe solo durante la gestazione e l'allattamento: di norma le femmine, che raggiungono la maturità sessuale a circa un anno di età, hanno un periodo estrale di circa tre settimane, nel periodo che va da fine ottobre a fine gennaio ed il numero dei piccoli può variare in funzione del peso e dell'età della femmina: da un minimo di 2-3 cuccioli fino ad un massimo di 7-8;

   tutto quanto sopra citato costituisce una testimonianza di quanto un secondo «stop» alla caccia di contenimento agli ungulati porterà ad un sicuro incremento straordinario della popolazione di cinghiali con conseguenti ingenti danni alle coltivazioni e alle persone: purtroppo, i cinghiali si spingono ormai sempre di più a ridosso dei centri abitati, e sono uno dei fattori più pericolosi relativamente agli incidenti stradali (a titolo di esempio, nella pur non estesa provincia di Biella lo scorso anno sono stati recuperati dalla protezione civile circa 800 animali);

   è fondamentale che le azioni di contenimento della fauna selvatica continuino, ma soprattutto devono essere maggiormente efficaci, visti i danni che questi animali provocano sia alla popolazione che all'agricoltura, ma considerato anche del rischio che questi ultimi possano diffondere epizoozie, come la peste suina africana –:

   se il Governo non ritenga necessario farsi carico delle richieste provenienti dall'intero mondo venatorio affinché si mantenga aperta l'attività venatoria anche nelle regioni dichiarate rosse, al fine di tutelare tutti i territori interessati da una massiccia presenza di ungulati prima che questa diventi del tutto incontrollata.
(4-07460)


   NAPOLI e RUFFINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da lunedì 9 novembre 2020 il vettore Alitalia effettua un solo volo di andata da Torino per Roma e il ritorno soltanto il giorno dopo;

   inoltre, si è appreso in queste ore che Alitalia intende cancellare i voli andata e ritorno su Torino da Roma nei giorni 10, 14, 17, 21, 24, 28 novembre 2020 e il primo dicembre 2020;

   è noto che la compagnia tornata di bandiera, quest'estate, ha ricevuto 3 miliardi di euro dallo Stato;

   Alitalia è ancora in vita anche grazie ai contributi dei torinesi e dei piemontesi e quei soldi non possono essere disprezzati;

   Alitalia ha mantenuto tutti i voli di Linate su Roma, riservando, a parere dell'interrogante, un trattamento migliore alla Lombardia e discriminando il Piemonte –:

   quali iniziative il Governo ritenga di adottare, per quanto di competenza, per il ripristino immediato di un servizio accettabile da parte di Alitalia, che preveda almeno un volo andata e ritorno su Roma da Torino nella medesima giornata;

   nel caso il servizio non venisse ripristinato, se non ritenga ragionevole rivalutare, proporzionalmente al mancato servizio reso al Piemonte, i fondi pubblici destinati ad Alitalia.
(4-07461)


   CASO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° novembre 2020 presso l'ospedale «San Giuliano» di Giugliano in Campania è deceduta Fortunata Esposito, di anni 21;

   da quanto è dato apprendere dagli organi di informazione locale, allertato il servizio 118, i soccorsi sarebbero giunti in ritardo presso l'abitazione della giovane, a Marano di Napoli;

   secondo alcuni siti online, i mezzi di soccorso erano impegnati nella gestione dell'emergenza da Covid-19, costretti finanche ad attendere diverse ore presso i pronto soccorso prima di poter lasciare i pazienti;

   sulla vicenda penderebbe un'indagine che avrebbe portato al sequestro della salma e a disporre l'esame autoptico;

   i fatti descritti hanno scosso l'opinione pubblica –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare, anche al fine di verificare il rispetto dei protocolli nella rete di soccorso locale per evitare il reiterarsi in futuro di analoghi episodi.
(4-07478)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI LAURO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.— Per sapere – premesso che:

   la pineta «Le Tore», nel territorio del comune di Sorrento, ricade all'interno dell'area Sic «Costiera amalfitana tra Nerano e Positano» della rete Natura 2000 (Zsc con Dec. 21 maggio 2019) e all'interno dell'area destinata a «Parco Territoriale» (zona 8) del piano urbanistico territoriale per l'Area sorrentino-amalfitana (legge regionale n. 35 del 1987);

   l'intera area è sottoposta a tutela paesaggistica ai sensi del decreto legislativo n. 423 del 2004;

   ciononostante, in suddetta area si sta procedendo al disboscamento di migliaia di alberi dell'impianto boschivo di pino marittimo del 1974 e diversi alberi dell'impianto boschivo del 1950, tra cui pini domestici di oltre 70 anni di età;

   tali operazioni sono iniziate in un'area di 0,8676 ettari già percorsa dalle fiamme nell'estate 2017 (dove alberi bruciati erano crollati a seguito del forte vento inducendo il sindaco ad interdire l'uso della pineta per «alberi instabili»), ma si sono poi estese ad altre vaste zone della pineta, interessando centinaia di alberi ancora vivi e vegeti col pretesto della loro «pericolosità»;

   gli interventi sono stati effettuati nell'ambito di un successivo rimboschimento con specie autoctone finanziato dalla Città metropolitana di Napoli per 204.000 euro e con il contributo delle società Terna S.p.a. (a titolo di «compensazione ambientale») e del marchio di calzature «Timberland»;

   ciò starebbe avvenendo in violazione della legge quadro sugli incendi boschivi (n. 353 del 2000) che vieta per cinque anni interventi di rimboschimento con risorse finanziarie pubbliche sui soprassuoli percorsi dalle fiamme;

   gli interventi in esame sono stati eseguiti sulla base di due autorizzazioni rilasciate dalla comunità montana con protocolli n. 426/2019 e n. 3/2020: la seconda di queste autorizzazioni sembrerebbe nulla in quanto la regione Campania ha demandato (con D.g.r. n. 684 del 2019) le competenze per il rilascio dei nulla osta nei siti all'interno della Rete Natura 2000 all'ente parco regionale dei Monti Lattari e a quest'ultimo non è mai pervenuta alcuna richiesta per una «valutazione di incidenza»;

   secondo il «Wwf Terre del Tirreno» non appaiono rispettate le «Proposte per misure di mitigazione e raccomandazioni per quanto concerne flora e fauna» contenute nello studio di incidenza elaborato per il comune di Sorrento che disciplinano il taglio delle piante e raccomandano il rilascio di monconi dell'altezza di 1,6 metri appartenenti a piante di grosse dimensioni; a tale proposito, è stato documentato che ciò non sarebbe avvenuto;

   nello stesso documento è previsto che la direzione dei lavori debba essere affiancata da un esperto naturalista e che nel corso delle operazioni debbano essere salvaguardati i nuclei arbustivi autoctoni preservando le siepi e le specie arbustive del sottobosco; tuttavia, non risulterebbe, da rilievi del «WWF Terre del Tirreno», che tutto ciò sia stato osservato, come parrebbe non rispettata nemmeno l'area di intervento dei tagli;

   pochi giorni fa la pineta è stata posta sotto sequestro preventivo da parte dei carabinieri forestali su delega della procura di Torre Annunziata, la quale ha avviato delle indagini per l'accertamento di reati in ordine alla violazione ai vincoli paesaggistici e al danneggiamento ambientale: le opere realizzate avrebbero comportato una grave modifica dello stato dei luoghi e del paesaggio, con un forte impatto sull'ecosistema e danni non trascurabili alla flora e fauna del sito –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, anche attraverso il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, in relazione ai fatti descritti in premessa e per individuare gli interventi opportuni al fine di tutelare il patrimonio boschivo e l'habitat dell'area Sic «Costiera amalfitana tra Nerano e Positano».
(5-04993)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha sede in Lussemburgo e ha il compito di garantire l'osservanza del diritto comunitario nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati fondativi dell'Unione europea;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea il 10 novembre 2020 ha sentenziato che l'Italia ha violato il diritto dell'Unione europea sulla qualità dell'aria ambiente, poiché i valori limite del Pm10 sono stati superati in maniera «sistematica e continuata» tra il 2008 e il 2017;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea è intervenuta su un procedimento per inadempimento avviato nel 2014 dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia, in quanto si era verificato il superamento sistematico e continuato, in diverse zone del territorio italiano, dei valori limite fissati per le particelle Pm10 dalla direttiva sulla qualità dell'aria;

   l'Italia inoltre, secondo la Commissione, non aveva adottato misure atte a garantire il rispetto dei valori di concentrazione delle particelle Pm10;

   la Commissione europea aveva ritenuto insufficienti i chiarimenti forniti dall'Italia nel corso della fase precontenziosa del procedimento e, il 13 ottobre 2018, ha fatto ricorso alla Corte;

   nella sentenza la Corte di giustizia, riunita in Grande Sezione su domanda dell'Italia, ha accolto il ricorso;

   la Corte ha dichiarato, inoltre, che l'Italia non ha manifestamente adottato, in tempo utile, le misure richieste per porre rimedio alla situazione;

   la Corte di giustizia interviene pochi giorni dopo che ricercatori della Sima, la Società italiana di medicina ambientale, sono riusciti a isolare tracce di Rna virale in campioni provenienti dai filtri di raccolta del particolato atmosferico prelevati nella provincia di Bergamo durante l'ultima serie di picchi di sforamento di Pm10 avvenuta a fine febbraio 2020;

   secondo i ricercatori del Sima esiste, quindi, un legame tra la diffusione del coronavirus Sars-Cov-2 e l'inquinamento atmosferico in Pianura Padana –:

   quali siano i dati più recenti relativi alle concentrazioni di particelle Pm10 a livello nazionale e le attuali criticità riscontrate e, in relazione a queste, quali iniziative intenda assumere o abbia già assunto ai fini della riduzione dell'inquinamento atmosferico che presenta anche connessioni con la diffusione del coronavirus.
(4-07457)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI e MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da tempo il Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe sollecita il Governo, in particolare il Ministero della giustizia, a predisporre adeguati interventi a tutela delle donne e degli uomini del Corpo di polizia penitenziaria, in servizio nella prima linea delle sezioni detentive, e di tutti gli operatori penitenziari. Interventi che sono diventati indispensabili a fronte degli ultimi dati, che vedono contagiati 448 detenuti e 574 tra poliziotti ed impiegati;

   nonostante ciò, nel «decreto Ristori» è previsto uno stanziamento di quasi 68 milioni di euro a favore delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ma nulla per il Corpo di polizia penitenziaria;

   il crescente aumento di positivi tra detenuti e poliziotti nelle nostre carceri, per adulti e minori, evidenzia che non si deve affatto abbassare la guardia, ma è auspicabile che si adottino le opportune cautele, sanando questa incomprensibile disparità con le altre forze dell'ordine;

   un terzo della popolazione detenuta è straniera, autorevoli consessi impegnati nella sanità in carcere, come la SIMSPe, hanno constatato che, con il collasso di sistemi sanitari esteri e con il movimento delle persone, si riscontrano nelle carceri tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale;

   è indispensabile monitorare costantemente la questione e attuare ogni utile intervento per la tutela della polizia penitenziaria –:

   quali iniziative, anche di carattere finanziario, il Ministro interrogato ritenga opportuno attuare tempestivamente al fine di tutelare gli agenti di polizia e gli altri operatori penitenziari.
(4-07473)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le contrastanti dichiarazioni governative hanno contribuito ad accrescere lo stato di confusione generale e non hanno aiutato il sistema ad affrontare il momento di difficoltà generato dalla recrudescenza dell'epidemia;

   solo di fronte ad una inarrestabile impennata dei contagi e alla denuncia di quotidiani assembramenti, a distanza di oltre due mesi dalla ripresa delle attività scolastiche e del regolare rientro a lavoro dei cittadini, nonché dopo un estenuante braccio di ferro con enti locali e sindacati che lamentavano le poche azioni intraprese in tema di trasporti, la capienza di bus e metro è stata ridotta dall'80 per cento al 50 per cento;

   ignorando gli appelli arrivati da più parti, il Ministro De Micheli ha sempre dichiarato che «Il rischio di contagio nel sistema del trasporto pubblico locale è bassissimo. I mezzi pubblici anche nei periodi di punta generalmente non superano la capienza tra il 70-75 per cento»;

   eppure, sono note le immagini dei mezzi pubblici gremiti di persone in violazione alle norme sul distanziamento che smentiscono le rassicurazioni del Ministero che, ad avviso dell'interrogante, pur di non riconoscere l'inefficienza dell'organizzazione della mobilità pubblica e, quindi, ammettere proprie responsabilità, ha sempre rilasciato dichiarazioni divergenti dalla realtà;

   le stesse evidenze scientifiche portavano ad affermare che, tra le altre, il sovraffollamento dei mezzi pubblici è da annoverare tra le cause che hanno maggiormente inciso sulla rapida diffusione del coronavirus all'inizio dell'autunno, come denunciato da Giorgio Palù, fondatore della Società italiana di virologia e docente dell'Università di Padova: «Fino alla scorsa settimana il Dpcm parlava di una capienza al 90 per cento della capacità di trasporto dei mezzi pubblici che ora è stata portata al 50 per cento. In quella circostanza, dove sono tutti ammassati, non serve la mascherina perché il virus si diffonde anche per aerosol se c'è un contatto ravvicinato. [...]»;

   ma vi è di più, perché le rassicurazioni sulla sicurezza nel trasporto pubblico sono state sconfessate dallo stesso consulente del Ministro della salute Ricciardi, che, ospite della trasmissione «Agorà», ha pacificamente ammesso: «Trasporti sicuri? Se la ministra De Micheli parla dell'alta velocità ha ragione, se si riferisce al trasporto pubblico locale no. Abbiamo sempre detto che su bus e metro la capienza non doveva andare oltre il 50 per cento, e invece poi si è derogato all'80: ma a bordo è uno dei momenti in cui si è più a contatto e anche l'uso della mascherina protegge gli altri ma non se stessi. È un momento tipico di contagio»;

   già in aprile 2020 un rapporto, firmato da figure di spicco del comitato tecnico-scientifico (Cts) del Governo come Brusaferro dell'Istituto superiore di sanità e Iavicoli dell'Inail, indicavano i problemi e le scelte da compiere: «Emerge una criticità soprattutto per le grandi aree metropolitane relativa alla mobilità nelle ore di punta», osservando, già allora, come servano «misure organizzative e di prevenzione per il contenimento della diffusione del contagio»;

   al di là delle percentuali, però, non sarebbero state neppure predisposte misure di controllo del numero dei passeggeri a bordo e ci si chiede come possa un utente conoscere la capacità del mezzo e sapere quando il 50 per cento di una cifra che non conosce è stata superata –:

   sulla base di quali evidenze scientifiche il Governo abbia stabilito la capienza dei mezzi pubblici all'80 per cento, in contraddizione rispetto a quanto dichiarato da importanti virologi e dagli stessi consulenti tecnici nominati proprio dal Governo;

   quali iniziative organizzative idonee a ridurre il rischio di contagio sui mezzi di trasporto pubblico siano state adottate e, in particolare, se siano state previste misure di controllo del numero dei passeggeri a bordo;

   per quali motivazioni non si sia scelto, sin da subito, di adottare iniziative per incrementare l'offerta pubblica dei mezzi di trasporto, ricorrendo a bus privati, taxi e servizio di car-sharing.
(4-07462)


   MARAIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, che incide sulle attribuzioni dell'Autorità di regolazione dei trasporti (Art), ha conferito a quest'ultima la competenza di stabilire i nuovi sistemi tariffari dei pedaggi autostradali, basati sul metodo del price cap, efficaci anche nei confronti delle concessioni già esistenti;

   i nuovi sistemi tariffari, basati sul metodo del price cap, sono stati definiti dall'Art con apposite delibere nel giugno 2019;

   l'articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, ha stabilito il blocco dell'aumento dei pedaggi autostradali per quelle società concessionarie il cui periodo regolatorio quinquennale ed il relativo piano economico-finanziario (Pef) siano pervenuti a scadenza;

   in data 10 grugno 2020, con la nota PS11644, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di Autostrade per l'Italia S.p.a. (Aspi). Questo è volto ad accertare la sussistenza di presunte pratiche scorrette consistenti il mancato adeguamento del pedaggio della A-16 Napoli-Canosa, a fronte del restringimento delle corsie di marcia, nonché di limitazioni ad 80 chilometri orari della velocità massima per lunghi tratti, con un capillare controllo dei limiti di velocità mediante autovelox posti presso i numerosi viadotti dell'autostrada, con conseguente rilevate aumento dei tempi di percorrenza, dei disagi e dei rischi per gli utenti. Tutti elementi che devono essere considerati nella quantificazione della tariffa. Inoltre, l'Agcm ha posto l'attenzione sulle modalità informative riguardanti le procedure di rimborso attivabili in caso di peggioramento del servizio;

   con la nota U.0023166/2020 del 22 settembre 2020, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso all'Art la proposta di aggiornamento del Pef di Aspi per l'espressione del parere previsto dall'articolo 43, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. Il Pef riguarda un periodo di 19 anni, dal 2020 al 2038, che prevedeva, l'altro, dal 2021, un aumento tariffario linearizzato annuo del 1,75 per cento ed un investimento netto, al 31 dicembre 2019, pari al 13,9 miliardi di euro;

   con il parere n. 8 del 14 ottobre 2020, sul suddetto Pef, l'Art ha evidenziato una serie di criticità, in primo luogo circa l'incremento delle tariffe, che deve avere nel 1,75 per cento il suo valore di soglia massimo e non una costante predeterminata, così da tenere in considerazione l'effettivo servizio offerto –:

   quale sia lo stato delle trattative per il rinnovo del piano economico-finanziario di Aspi e quali iniziative per quanto di competenza si intendano mettere in atto per garantire un effettivo controllo delle tariffe, una politica di investimento per il concreto miglioramento delle tratte autostradali ed il rispetto dei corretti parametri fra servizio offerto e pedaggio pagato, in particolare per quanto concerne l'A-16 Napoli-Canosa.
(4-07467)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si sono apprese le condizioni in cui si sono trovati circa quaranta cittadini stranieri che, ai fini dell'isolamento fiduciario per la prevenzione Covid-19, sono stati costretti a bordo di pullman, dormendo e mangiando sui sedili, senza avere a disposizione servizi igienici per lavarsi e sotto il costante controllo delle forze dell'ordine che impediscono loro di allontanarsi dal pullman. La prefettura di Udine avrebbe fatto ricorso a tale soluzione d'emergenza a causa dell'impossibilità di reperire posti in centri d'accoglienza o altre strutture ove i richiedenti asilo potessero effettuare il periodo di isolamento fiduciario, in un contesto di forte aumento degli arrivi di migranti dalla Slovenia. Le persone sono state quindi alloggiate in condizioni inadeguate e sotto la stretta sorveglianza delle autorità di pubblica sicurezza;

   dai bollettini del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale nei giorni dell'emergenza Covid-19 e dal rapporto «Detenzione migrante ai tempi del Covid», che analizza i dati del periodo tra febbraio e giugno 2020 relativi agli arrivi via mare e alle strutture di trattenimento, si riporta come l'applicazione della misura della quarantena precauzionale si riscontri anche in altri luoghi e strutture adibiti all'espletamento della misura, quali hotspot, navi quarantena, strutture emergenziali;

   preoccupa che, nella prassi attuativa della quarantena precauzionale, i cittadini stranieri siano coattivamente e collettivamente condotti in tali luoghi a seguito dell'arrivo sul territorio italiano via mare; ovvero dalle frontiere terrestri e soggetti a regimi di controllo e limitazione particolarmente rigidi che impongono una chiusura fisica delle persone interessate, attraverso l'allestimento di dispositivi di vigilanza e di ripristino della misura in caso di tentate violazioni, in assenza di un provvedimento formale in tal senso, ovvero talvolta dietro ordinanze con cui alcuni sindaci hanno disposto la quarantena di interi gruppi di persone senza emissione di provvedimenti individuali (si vedano l'ordinanza sindacale n. 21/2020-provvedimenti precauzionali per il trattamento dei migranti ospiti all'interno dell'hotspot; Ordinanza sindacale del comune di Pozzallo n. 10 del 10 aprile 2020-provvedimenti per il trattamento dei migranti trasferiti presso l'Hotspot di Pozzallo nella notte tra il 09 aprile 2020 e il 10 aprile 2020);

   nell'ordinamento italiano la misura amministrativa della cosiddetta quarantena precauzionale è regolamentata come misura obbligatoria ma non coercitiva ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020 n. 19, convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 nei confronti dei soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree ubicate al di fuori del territorio italiano (articolo 1, comma 2, lettera d). Da ultimo, l'articolo 1, comma 7 del decreto-legge 33 del 2020, prevede l'applicazione della quarantena precauzionale da parte dell'autorità sanitaria nei confronti dei soggetti individuati «con i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 20 marzo 2020», tra i quali rientra «chiunque intende fare ingresso nel territorio nazionale, tramite trasporto di linea aereo, marittimo, lacuale, ferroviario o terrestre» ai sensi dell'articolo 1 dell'ordinanza del Ministero della salute del 28 marzo 2020, prevedendo che la misura sia applicata con un provvedimento dell'autorità sanitaria;

   l'isolamento precauzionale dovrebbe imporre un solo obbligo di reperibilità, di evitare contatti sociali la cui violazione integra un illecito amministrativo punito con una sanzione pecuniaria; non risulta che la misura della quarantena precauzionale dei cittadini stranieri ospitati presso i luoghi sopra indicati venga disposta sulla base di un provvedimento individuale e formale da parte dell'autorità sanitaria;

   nella sua esecuzione, la misura della quarantena precauzionale risulta integrare situazioni di privazioni de facto della libertà personale che limitando la libertà di autodeterminazione dell'individuo e ricadono nella disciplina dell'articolo 13 della Costituzione –:

   se sia vero che le misure di quarantena precauzionale eseguite negli autobus e negli altri luoghi indicati in premessa, siano imposte, in assenza di un provvedimento motivato ed individuale, impedendo ai cittadini stranieri di allontanarsi fisicamente dal luogo adibito concretizzando una privazione della libertà personale in assenza di un controllo giurisdizionale;

   per quali motivi nel caso di Udine non siano state assunte iniziative di competenza al fine di ospitare in condizioni adeguate e conformi alla normativa vigente i richiedenti asilo e i migranti che debbano effettuare il periodo di 14 giorni di isolamento fiduciario ai sensi dell'articolo 6, comma 7 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020 che attribuisce poteri straordinari ai prefetti affinché sia assicurata la possibilità di ospitare persone in isolamento fiduciario qualora esse non possano trascorrere tale periodo presso il proprio domicilio.
(2-01006) «Magi».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   numerose fonti di stampa riportano la notizia dello smantellamento da parte dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bari al comando del colonnello Luca Cioffi, di una rete di usura al femminile con l'operazione «Cravatte rosa». Sono state tredici le persone arrestate, con le accuse di usura ed estorsione aggravate: cinque in carcere, otto gli arresti domiciliari;

   le attività illecite contestate risalgono al periodo 2011-2020 e riguardano prevalentemente donne (dieci su tredici arrestati), appartenenti a quattro nuclei familiari e residenti nei quartieri popolari di Japigia, San Pasquale e San Paolo di Bari;

   il lungo lavoro investigativo è stato sviluppato dai finanzieri del Gruppo investigativo criminalità organizzata di Bari attraverso intercettazioni telefoniche, pedinamenti, video-riprese, indagini finanziarie ed escussione in atti delle numerosissime vittime dell'usura, la maggior parte delle quali hanno fornito una preziosa collaborazione agli inquirenti per la ricostruzione dell'illecita attività creditizia e l'individuazione dei responsabili;

   durante l'emergenza coronavirus, si è intensificata l'attività del Comitato di solidarietà per le vittime di estorsione e usura, istituito presso il Ministero dell'interno, per deliberare elargizioni o mutui a favore delle vittime che hanno fatto domanda di accesso al fondo nazionale;

   si tratta di un'azione necessaria e doverosa per contrastare un fenomeno potenzialmente dilagante a fronte delle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria e in caso di risposte tempestive e concrete da parte dello Stato;

   come informa la relazione annuale 2020, circa il 24 per cento dei decreti in favore delle vittime d'estorsione riguarda casi avvenuti in Puglia. Più in generale, alla data del 30 settembre 2020 il Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura è stato convocato 33 volte. Sono state esaminate, alla data del 24 settembre 2020, 1.584 posizioni ed è stata deliberata la concessione di euro 18.679.952 tra elargizioni (euro 15.532.250,58) e mutui (euro 3.147.701,42);

   di questi circa 2,4 milioni di euro sono andati a sostegno di casi pugliesi. La Puglia è la terza regione per somme deliberate per elargizioni alle vittime di estorsione (1,7 milioni di euro) dopo Campania (5,2 milioni) e Sicilia (4,9 milioni), mentre per quanto riguarda le vittime di usura è la seconda con il maggior importo per mutui (667 mila euro) dopo la Campania (1,1 milioni);

   il commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura ha velocizzato le procedure di erogazione dei benefici economici – elargiti da Consap (Concessionaria servizi assicurativi pubblici) una volta perfezionato l'iter della delibera – per offrire così un sostegno efficace agli operatori economici in difficoltà vittime della criminalità pronta ad approfittare della crisi legata al lockdown;

   con riferimento alle attività del commissario in Puglia, si segnalano gli incontri nel mese di gennaio e giugno a Foggia con rappresentanti del territorio, forze dell'ordine, vittime di attentato e associazioni di categoria e la sottoscrizione presso la prefettura di Barletta di un protocollo d'intesa per l'accesso ai crediti bancari e lo sviluppo di un circuito legale del credito, sottoscritto dalla Fondazione Antiusura «San Nicola e Santi Medici», Abi Puglia, l'Associazione regionale Fai e i rappresentanti di Confidi Puglia e Confartigianato di Barletta, Andria, Trani;

   il documento, nell'evidenziare per la prima volta la disponibilità dell'Abi a considerare la possibilità di erogare prestiti anche a soggetti protestati, è stato anche condiviso, nei contenuti, dai vertici provinciali delle forze di polizia di Bari e di Foggia e dalla direzione investigativa antimafia di Bari, convenuti al momento della sottoscrizione in prefettura;

   l'accordo impegna le banche ad assumere decisioni sui finanziamenti in tempi più rapidi (massimo 30 giorni lavorativi), erogando le stesse somme, quindi, in tempi molto più ravvicinati di quelli «standard»;

   viene prevista anche la costituzione, presso la stessa prefettura di Barletta-Andria-Trani, dell'«Osservatorio provinciale», che promuoverà specifiche iniziative di informazione sull'utilizzo dei fondi di prevenzione dell'usura, di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, in stretto contatto con i Confidi, le associazioni di Categoria ed altri soggetti pubblici e privati impegnati nel settore;

   a parere dell'interrogante il «modello solidarietà», offerto dal combinato disposto delle leggi n. 108 del 1996 (Disposizioni in materia di usura) e n. 44 del 1999 (Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura), è un importante strumento di contrasto che si deve rendere sempre più efficiente;

   in tal senso con un emendamento del MoVimento 5 Stelle al decreto-legge «rilancio» è stata aumentata di 10 milioni di euro la dotazione del fondo per la prevenzione dell'usura;

   è fondamentale che i cittadini siano sempre più consapevoli che il primo passo importante è denunciare e che chi denuncia non viene lasciato solo grazie anche al supporto della rete di associazioni e fondazioni che offrono aiuto e sostegno nel percorso d'uscita dall'incubo dell'usura –:

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda attivare per contrastare l'odioso fenomeno dell'usura in questo periodo di forte difficoltà diffusa;

   se non intenda intensificare l'adozione di politiche che favoriscano l'emersione del fenomeno, sensibilizzando i cittadini sull'importanza e sull'efficacia delle denunce.
(4-07453)


   FERRO, DELMASTRO DELLE VEDOVE e BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ennesima aggressione è finita con due agenti di polizia penitenziaria feriti: pochi giorni fa una cinquantina di anarchici hanno assaltato la casa circondariale di Modena con lancio di petardi e fuochi d'artificio, ferendo i due poliziotti;

   i manifestanti, urlando da un megafono, hanno incitato i detenuti a ribellarsi e a evadere dal carcere, alimentando una situazione di tensione che poteva anche sfociare nel peggiore degli scenari, per fortuna scongiurato, di una nuova ribellione all'interno dell'istituto, come accaduto agli inizi di marzo, con sommosse e tentativi di evasione in 27 istituti;

   proprio a Modena, la rivolta di marzo, che ha visto coinvolti 80 detenuti sul totale di 530, ha causato nove morti tra gli ospiti del penitenziario, cinque all'interno delle mura del carcere in sommossa e quattro durante i trasferimenti in altre carceri per riportare la situazione alla normalità;

   l'ennesima recente protesta, annunciata qualche giorno prima, sarebbe nata con l'intento di riaccendere i riflettori proprio sulla tragica rivolta dell'8 marzo 2020 e di chiedere giustizia per le vittime di quei drammatici fatti, ma anche un cambio di rotta circa la gestione della popolazione carceraria;

   nel volantino che annunciava la mobilitazione, infatti, si legge: «Sulle reali cause di queste morti, stilate per lo più come "morti per overdose", cala ben presto un inquietante silenzio. Da allora ad oggi, i detenuti rimasti nel carcere di Modena stanno in celle sovraffollate dentro una sezione chiusa e in pessime condizioni igienico-sanitarie»;

   le accuse, come prevedibile, si sono trasformate in una violenta protesta, con un raduno nel piazzale del carcere di Sant'Anna da parte di diverse persone, per lo più appartenenti agli ambienti della sinistra antagonista e anarchici;

   sono dure le parole del segretario generale e del segretario nazionale del Sappe, Giovanni Battista Durante e Francesco Campobasso, secondo i quali «è davvero grave quello che è accaduto e sarebbe opportuno verificare se queste persone erano autorizzate a tenere la manifestazione nei pressi di un luogo come il carcere e se sono state rispettate le regole previste dall'ultimo Dpcm sulle manifestazioni» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda assumere per fare chiarezza sulla vicenda e, in particolare, come sia stato possibile organizzare una manifestazione che appare in evidente violazione delle disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, nonostante fosse stata, peraltro, annunciata dagli organizzatori.
(4-07456)


   ALAIMO, DEL SESTO, GIARRIZZO, SURIANO, MARTINCIGLIO, PIGNATONE, FICARA e SAITTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 novembre 2019, con decreto del Ministero dell'interno, è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, di 200 posti per l'accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia;

   con riferimento alle modalità di svolgimento delle procedure concorsuali, per far fronte all'emergenza da Covid-19, sono state adottate una serie di misure tra cui la sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego in una prima fase e, successivamente, la semplificazione delle procedure attraverso l'uso della tecnologia digitale e il decentramento delle sedi;

   difatti, al fine di ridurre i rischi di contagio dell'epidemia, in un primo momento con il decreto-legge 17 marzo del 2020, n. 18 (cosiddetto Cura Italia), all'articolo 87, comma 5, è stata stabilita la sospensione per sessanta giorni, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, dello svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego; dalla sospensione restavano escluse però le procedure nelle quali la valutazione dei candidati poteva avvenire su base curriculare o in modalità telematica;

   successivamente, sulla materia è intervenuto anche il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto Rilancio) attraverso l'introduzione di altre semplificazioni per lo svolgimento delle procedure concorsuali;

   in particolare, l'articolo 247 del decreto-legge Rilancio ha stabilito che le procedure concorsuali per il reclutamento del personale non dirigenziale possono essere svolte presso sedi decentrate e anche attraverso l'utilizzo di tecnologia digitale;

   in seguito, il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (cosiddetto decreto-legge Agosto), ha reso definitive le nuove modalità di selezione, indicate nell'articolo 247 del decreto «Rilancio», sia per i concorsi pubblici in atto che per i nuovi concorsi che saranno banditi nel 2021;

   con riferimento al concorso sopra menzionato, nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 13 novembre 2020 saranno rese note tutte le comunicazioni inerenti alla pubblicazione dei quesiti oggetto della prova preselettiva ed alle modalità di svolgimento della prova;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, all'articolo 1, comma 9, lettera z), ha stabilito la sospensione dello svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private e di quelle di abilitazione all'esercizio delle professioni, escludendo però i casi in cui la valutazione dei candidati sia effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero in modalità telematica;

   su tutto il territorio nazionale si registra una carenza di personale all'interno delle prefetture e tale situazione potrebbe compromettere la regolarità e la tempestività delle attività ministeriali;

   va, altresì, considerato l'importante ruolo svolto dalle prefetture anche nella gestione dell'emergenza epidemiologica in corso –:

   se sia intenzione del Ministro interrogato attivare l'iter necessario al fine di consentire lo svolgimento delle prove preselettive del concorso a duecento posti per l'accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia indetto con bando dell'8 novembre 2019 in modalità decentrata e telematica.
(4-07459)


   IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in piazza Bottini a Milano, nonostante gli interventi e i controlli delle scorse settimane da parte delle forze dell'ordine, la situazione continua ad essere gravissima dal punto di vista dell'ordine pubblico e della sicurezza nonché per i rischi sanitari a cui viene esposta la popolazione residente;

   ogni giorno e notte al centro della piazza scoppiano ripetutamente risse ed aggressioni tra persone in evidente stato di alterazione dovuto ad alcool e a sostanze stupefacenti e la zona è ormai diventata ritrovo per attività di spaccio, con conseguenti assembramenti, degrado rubano e sporcizia ovunque;

   l'area centrale della piazza è ormai nota alle cronache e conosciuta come il «nuovo boschetto della droga di Rogoredo» dove lo spaccio e l'uso di droghe avviene ormai alla luce del sole con le siringhe utilizzate abbandonate sui marciapiedi;

   nonostante i numerosi arresti eseguiti nelle scorse settimane, i cittadini che vivono in piazza Bottini continuano ad essere esasperati, oltre che dalle attività illecite consentite in strada, anche per i continui ritrovi quotidiani di persone senza l'uso dei dispositivi di protezione che avvengono in totale spregio delle regole sulla distanza minima di sicurezza per il rischio di diffusione del Covid-19;

   quanto sopra è di assoluta gravità e non ulteriormente tollerabile stante l'emergenza epidemiologica in corso –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere nell'immediato, alla luce delle considerazioni sopra svolte e delle ripetute segnalazioni da parte dei residenti, per ristabilire condizioni di legalità e sicurezza nell'area di piazza Bottini a Milano.
(4-07463)


   GIACCONE e PETTAZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel tardo pomeriggio di martedì 3 novembre 2020, nell'hub gestito dalla Croce Rossa a Castello d'Annone, in provincia di Asti, sono stati trasferiti, su disposizione del Ministero dell'interno, una quarantina di immigrati di nazionalità tunisina;

   nella stessa notte la quasi totalità di essi sono riusciti a fuggire dal centro di accoglienza, facendo poi perdere le proprie tracce;

   la scoperta della fuga da parte del personale della struttura è avvenuta solo la mattina successiva, alle 6, quando è stato dato l'allarme alle forze dell'ordine;

   sempre secondo quanto riferito dalla stampa, nonostante le attività di ricerca da parte degli agenti, anche in considerazione del tempo trascorso dalla fuga, solo quattordici degli immigrati sarebbero stati rintracciati e per loro sarebbe dunque stato emesso un decreto di espulsione immediata;

   fortunatamente gli immigrati fuggiti pare fossero negativi al Covid-19, tuttavia quanto accaduto al centro di Castello d'Annone è di assoluta gravità, sia perché la maggioranza di loro non risulta ancora essere stata rintracciata ed anche alla luce del fatto che un analogo episodio si era già verificato a metà agosto 2020;

   allora nove immigrati, sempre di nazionalità tunisina, erano riusciti a fuggire dalla struttura e due di loro erano stati poi fermati presso il tunnel del Monte Bianco, in procinto di attraversare illegalmente il confine e recarsi in Francia;

   anche dopo i tragici attentati di Nizza e Vienna, tali fughe, per prevenire le quali il responsabile della struttura avrebbe dichiarato di non poter imporre alcuna restrizione agli ospiti del centro, rappresentano un gravissimo fattore di rischio non solo sanitario ma soprattutto per l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini;

   attualmente nel centro di accoglienza a Castello d'Annone sono presenti una quarantina di migranti, alcuni richiedenti asilo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali specifiche iniziative di competenza intenda adottare per prevenire tali fughe, garantire il rintraccio e contestualmente il rimpatrio degli immigrati tunisini fuggiti dal centro di accoglienza a Castello d'Annone;

   infine, dati gli elevati rischi sopra esposti, se non ritenga opportuno adottare iniziative per procedere all'immediata chiusura di tale struttura.
(4-07464)


   FICARA, MARTINCIGLIO, LUCIANO CANTONE, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, SODANO, SAITTA, CASA, LOMBARDO, D'ORSO, PIGNATONE e SURIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in seguito alla legge n. 169 del 1975, relativa alla riorganizzazione dei trasporti marittimi, nasceva la Siremar, dipendente dal gruppo Tirrenia, posta in amministrazione straordinaria nel 2010 e, a seguito della privatizzazione di Tirrenia, ceduta nel 2011 a «Compagnia delle Isole S.p.a.», società partecipata al 30,33 per cento dalla regione siciliana e controllata dalla «Mediterranea Holding»;

   nel 2012 veniva stipulata una prima convenzione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo fra la Sicilia e le isole minori in cui veniva previsto che la società avrebbe ricevuto convenzioni statali, per le rotte di servizio pubblico, pari a 55,6 milioni di euro l'anno per 12 anni. La convenzione prevedeva altresì che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze esercitasse la vigilanza sul corretto adempimento delle obbligazioni convenzionali. Ciò sino all'approvazione dell'articolo 25 comma 9 del decreto-legge 69 del 2013, quando tale funzione veniva trasferita alla regione siciliana;

   nel 2016, a seguito di accoglimento dei ricorsi presentati dalla società di Navigazione Siciliana s.p.a. (Sns spa), seconda aggiudicataria della procedura di privatizzazione di Siremar, per l'annullamento della stessa, veniva azzerata l'aggiudicazione a «Compagnia delle Isole Spa» e stipulata la nuova convenzione tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti spa e Sns spa, rimanendo la vigilanza in capo alla regione siciliana;

   nello stesso anno, la società Ustica Lines S.p.a, ora Liberty Lines S.p.a e Caronte e Tourist isole minori spa subentravano in ogni rapporto della Sns spa con un atto di scissione che determinava la trasformazione di quest'ultima in società consortile per azioni;

   già da notizie di stampa del 2018 si è appreso di alcune problematiche legate alla certificazione antimafia della società Sns;

   l'articolo 83 del decreto legislativo n. 159 del 2011 al comma 1, dispone che:«Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici, devono acquisire la documentazione antimafia di cui all'articolo 84 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67»;

   l'articolo 92, comma 3, dello stesso decreto prevede che: «nei casi di urgenza, immediatamente, i soggetti di cui all'articolo 83 commi 1 e 2, procedono anche in assenza dell'informazione antimafia» tuttavia, non è chiaro rispetto a quale parte della documentazione la stampa faccia riferimento;

   inoltre, considerato che la prima convenzione risale al 2012, apparirebbe quantomeno anomalo che sussistano tali problematiche –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate, qualora trovassero attualmente riscontro le notizie sopra riportate.
(4-07470)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   al fine di garantire, per l'anno scolastico 2020-2021, la tutela del diritto allo studio degli alunni e degli studenti con patologie gravi o immunodepressi è stata emanata l'ordinanza ministeriale n. 134 del 9 ottobre 2020;

   in tale ordinanza vengono definite «le modalità di svolgimento delle attività didattiche tenuto conto della loro specifica condizione di salute, con particolare riferimento alla condizione di immunodepressione certificata, nonché del conseguente rischio di contagio particolarmente elevato, con impossibilità di frequentare le lezioni scolastiche in presenza»;

   l'articolo 2, riguardante l'ambito di applicazione dell'ordinanza, dispone al comma 2 che «gli studenti di cui al comma 1, qualora nella certificazione prodotta sia comprovata l'impossibilità di fruizione di lezioni in presenza presso l'istituzione scolastica, possono beneficiare di forme di DDI ovvero di ulteriori modalità di percorsi di istruzione integrativi predisposti, avvalendosi del contingente di personale docente disponibile (...)»;

   a tale proposito si evidenzia come l'ordinanza ministeriale, circoscrivendo la possibilità di usufruire di lezioni non in presenza ai soli studenti di cui al comma 1, studenti con patologie gravi o immunodepressi, non tenga conto di eventuali fratelli o sorelle conviventi che, non potendo anch'essi beneficiare di forme alternative di didattica a distanza, frequentando la scuola potrebbero divenire loro malgrado fonte di contagio, come potrebbero esserlo nel caso in cui soggetto «fragile» fosse un genitore o un convivente;

   la situazione di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 rappresenta un ulteriore e rilevante fattore di rischio che si inserisce in una problematica già da tempo segnalata da numerose famiglie che, per garantire il diritto di istruzione ai propri figli, sono costrette ad esporre a seri rischi i congiunti che si trovano in una situazione di fragilità –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano mettere in campo, al fine di colmare urgentemente ciò che risulta essere un rilevante vuoto della disciplina vigente che, non assicurando adeguate tutele, espone a seri rischi tutti coloro che si trovano in condizioni di fragilità.
(4-07458)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LA MARCA e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), in ottemperanza ai suoi compiti di istituto, dopo un iniziale rinvio della seconda fase di accertamento (febbraio-luglio 2020) per una parte degli interessati, ha aperto dal 1o ottobre 2020 la nuova campagna di accertamento in vita dei pensionati italiani residenti all'estero, che dovrebbe chiudersi entro il mese di febbraio 2021;

   le operazioni che i pensionati saranno chiamati ad assolvere cadono nella fase di forte ripresa della pandemia, che non risparmia nessuno dei Paesi dove risiede il maggior numero dei nostri anziani;

   esse, pertanto, costituiscono un obiettivo fattore di rischio per loro e per gli operatori di patronati, ai quali i pensionati si rivolgono per essere guidati e aiutati nei loro adempimenti, recandosi in locali che non sempre possono garantire il rispetto delle norme di distanziamento sociale adottate per l'occasione;

   un giustificato allarme per la diffusa situazione di rischio che in tal modo si sarebbe creata è venuto dalle organizzazioni dei patronati, dalla maggioranza dei parlamentari eletti all'estero e dal Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), che hanno chiesto il rinvio dell'operazione e/o la sua conversione per quest'anno in attestazioni mediante forme di autocertificazione, in modo da tutelare la salute degli anziani ed evitare il congestionamento degli uffici addetti allo scopo;

   tali richieste, tuttavia, non hanno trovato ascolto presso le istanze dirigenziali dell'istituto, che si sono impegnate solo a sottolineare, mediante un comunicato stampa, i diversi mesi a disposizione e l'invito a diluire nel tempo il contatto con gli uffici preposti;

   di recente, su iniziativa della direzione generali per gli italiani all'estero, si è definita una convenzione tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'Inps per consentire che, alle forme consolidate di accertamento in vita, si possa affiancare, ad opera degli addetti consolari, anche una modalità di accertamento tramite videochiamata, che comunque comporta alcune operazioni di natura burocratica, sia pure semplificate;

   l'esperienza di queste prime settimane sta comunque dimostrando che, ricevuta la lettera di avviso da parte della City Bank, i pensionati non modificano la loro consolidata abitudine di rivolgersi prima possibile ai patronati affollando le loro sedi ed è facile prevedere che anche per le operazioni connesse alle videochiamate si continuerà a fare ricorso ad essi –:

   se nel superiore interesse di tutela della salute degli anziani e degli operatori sia dei patronati che dei consolati, nonché di tutti quelli che intervengono nelle procedure di accertamento dell'esistenza in vita, non ritenga opportuno e urgente adottare iniziative affinché l'Inps proceda, finché l'onda più alta della pandemia non sia passata, alla sospensione della campagna o, in alternativa, consenta modalità di accertamento mediante autocertificazione, spostando nello stesso tempo al mese di aprile 2021 la scadenza dell'operazione.
(5-04991)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANIERO, GIULIODORI, INVIDIA, BUSINAROLO, TRANO, ZANICHELLI, CABRAS, APRILE, BENEDETTI, RIZZONE, SERRITELLA, PETTARIN, SUT, BERTI, SPESSOTTO, ALAIMO e CORDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo lo studio sulla povertà in Italia pubblicato dall'Istat il 16 giugno 2020, nel 2019 il tasso di povertà assoluta in Italia è calato per la prima volta, dopo quattro anni di aumento costante, pur rimanendo su livelli molto superiori a quelli precedenti la crisi del 2008-2009;

   l'Istat riporta che «sono quasi 1,7 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta con una incidenza pari al 6,4 per cento (7,0 per cento nel 2018), per un numero complessivo di quasi 4,6 milioni di individui (7,7 per cento del totale, 8,4 per cento nel 2018)»;

   nello studio si evidenzia che «l'andamento positivo si è verificato in concomitanza dell'introduzione del Reddito di cittadinanza (che ha sostituito il Reddito di inclusione) e ha interessato, nella seconda parte dell'anno, oltre un milione di famiglie in difficoltà»;

   tuttavia, nel medesimo studio, l'Istat rileva che l'incidenza della diminuzione della povertà assoluta abbia interessato prevalentemente le aree del Centro e del Sud Italia, mentre solo il 20 per cento dei sussidi da reddito di cittadinanza sia stato destinato ai poveri residenti nel Nord, nonostante questi rappresentino il 43 per cento su scala nazionale;

   questa distorsione è dovuta ai criteri di accesso al reddito di cittadinanza, i quali non combaciano con quelli che lo stesso Istat utilizza per identificare individui e famiglie in condizione di povertà assoluta, con il risultato che questi ultimi non sempre soddisfano i requisiti per accedere all'integrazione al reddito;

   le principali differenze tra criteri di accessibilità al reddito di cittadinanza e la condizione di povertà assoluta riguardano soprattutto tre elementi principali di calcolo: gli indicatori di benessere, l'universo di riferimento e i livelli di soglia;

   proprio il livello di soglia è la causa della distorsione tra Nord e Sud nell'accesso al reddito di cittadinanza, in quanto varia, tra l'altro, in base al costo della vita a seconda della ripartizione geografica e della ampiezza del comune di residenza;

   se dunque la soglia di povertà assoluta viene universalmente definita in base al costo della vita, l'Istat rileva che «nel caso del reddito di cittadinanza è stata fissata una soglia unica nazionale che non tiene conto dell'area geografica o della tipologia del comune di residenza»;

   stando ai criteri utilizzati dall'Istat, «un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà è pari a 839,75 euro mensili se risiede in un'area metropolitana del Nord, a 754,26 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 566,49 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno»;

   in modo analogo, per una famiglia composta da due genitori e due figli minorenni, la soglia di povertà è pari a 1726 euro mensili se residente in un'area metropolitana del Nord e a 1263 euro se residente in un piccolo comune del Sud;

   l'Istat conclude che «il confronto tra la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza e quella degli individui in povertà assoluta stimati dall'Istat risulta quindi affetto da numerosi fattori di diversità che rendono solo parzialmente sovrapponibili le due popolazioni», con il risultato che tante persone e famiglie che versano in stato di povertà assoluta nelle regioni del Nord non hanno la possibilità di accedere al reddito di cittadinanza –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per porre rimedio alla distorsione nell'accesso al reddito di cittadinanza per i poveri residenti al Nord, anche attraverso una ridefinizione dei criteri di accesso al medesimo secondo parametri analoghi a quelli utilizzati dall'Istat nella definizione delle soglie di povertà assoluta, con particolare riferimento al costo della vita nel comune e nell'area geografica di residenza.
(4-07454)


   CRITELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 novembre 2020 gli organi di informazione hanno dato notizia in merito ad un'indagine a carico di quattro responsabili della Marelli di Crevalcore con gravissimi capi di imputazione. I Carabinieri parlano di «estorsione», «lesioni personali colpose» e altre violazioni della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in relazione alle pressioni effettuate su una lavoratrice per occultare un grave infortunio sul lavoro;

   secondo quanto riportato dalla locale Arma dei Carabinieri, la donna ha riferito ai militari di essersi gravemente ferita a una mano mentre stava lavorando con un trapano industriale non a norma. Informati dell'accaduto, tre dei quattro responsabili costrinsero la malcapitata a mettersi in malattia e a inventarsi un incidente domestico, per non compromettere il nome dello stabilimento che, da lì a poco, avrebbe ricevuto la visita di alcuni ispettori inviati dalla casa madre per valutare l'affidabilità e la produttività dell'impianto industriale, al fine di donare ai responsabili un premio produzione;

   sempre secondo quanto riferito, la versione della vittima è stata confermata dai militari che, durante un'ispezione all'interno dello stabilimento, hanno verificato la presenza di macchinari da lavoro irregolari, come quello utilizzato dall'operaia. In base alle mansioni svolte nello stabilimento e alle responsabilità accertate nella vicenda, i quattro soggetti sono stati indagati a vario titolo per estorsione, lesioni personali colpose, omessa valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro e omessa formazione dei lavoratori in materia di sicurezza sul lavoro –:

   se la Ministra interrogata abbia adottato ogni utile iniziativa, per quanto di competenza, in relazione ai fatti sopra descritti e se abbia in programma la convocazione, in sede istituzionale e in tempi rapidi, di un tavolo di confronto con le direzioni aziendali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, al fine di verificare i comportamenti in atto, a garanzia dell'applicazione delle norme e per evitare qualsiasi rischio sui temi della sicurezza sul lavoro.
(4-07471)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'attuale crisi pandemica il Governo ha provveduto a introdurre alcune norme volte ad assicurare un approvvigionamento rapido e quanto più completo delle mascherine e dei dispositivi di protezione individuale. Infatti, attraverso il decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto decreto Cura Italia, all'articolo 15, è stato previsto un percorso in deroga per i dispositivi di protezione individuale (Dpi) non conformi alle normative vigenti e privi di marcatura CE, mentre l'articolo 66-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, il cosiddetto decreto Rilancio ha inteso ampliare la gestione operativa dell'attività di validazione;

   le norme più sopra richiamate sono necessariamente legate alla vigenza dello stato di emergenza, attualmente in vigore fino al 31 gennaio 2021;

   al fine però di evitare possibili rischi connessi a una possibile deregulation al termine della fase emergenziale – in particolare relativamente ai criteri e requisiti di efficacia dei dpi per quanto riguarda taluni luoghi di lavoro più vulnerabili, come ospedali e altri ambiti di carattere sanitario – l'interrogante desidera sottoporre all'attenzione del Ministro interrogato il mancato aggiornamento del decreto ministeriale 2 maggio 2001 recante criteri per l'individuazione e l'uso dei dispositivi di protezione individuale;

   alla data odierna, non risulta che tale provvedimento sia stato mai aggiornato, nonostante l'entrata in vigore del testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (decreto legislativo n. 81 del 2008) che demandava attraverso un nuovo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali – di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e sentita la Commissione consultiva permanente per la sicurezza sul lavoro – di indicare (ai sensi dell'articolo 79):

    a) nuovi criteri per l'individuazione e l'uso dei dispositivi di protezione individuale;

    b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei dispositivi di protezione individuale;

   infine, si precisa che le nuove norme Uni sono già state emanate, ma dovrebbero essere ricomprese all'interno di un nuovo decreto ministeriale che dovrebbe aggiornare quello del 2001 –:

   se sia intendimento del Ministro interrogato procedere con l'adozione di un nuovo decreto con riferimento a quanto esposto in premessa, in linea con le normative adottate successivamente al 2001.
(4-07472)


   CIABURRO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, MANTOVANI e GALANTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come emerso a mezzo, stampa, sono ancora 207.000 i pagamenti per la cassa integrazione per Covid-19 che l'INPS deve ancora corrispondere;

   di questi, sono almeno 50.000 i trattamenti da pagare per i mesi che vanno da maggio a settembre 2020, di questi 4.489 risalgono a maggio, oltre 7.000 a giugno, più di 8.000 a luglio, quasi 10.000 ad agosto e 26.000 a settembre;

   figurano, inoltre, 10.000 persone che dall'inizio dell'emergenza pandemica da Covid-19 non hanno ancora ricevuto alcun versamento;

   nel solo mese di ottobre 2020, al netto dei ritardi già in essere, sono state presentate circa 150.000 richieste di cassa integrazione con il rischio che, dati i recalcitranti ritardi nella corresponsione dei pagamenti, questi si protraggano fino alla fine dell'anno 2020;

   il recente decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, cosiddetto «Decreto Ristori» e – secondo quanto emerso a mezzo stampa e per dichiarazioni del Governo – il cosiddetto «Decreto Ristori-bis», non hanno predisposto idonei strumenti per garantire la piena ed efficiente erogazione della cassa integrazione ai lavoratori che ad oggi sono ancora in attesa di ricevere quanto dovuto;

   i predetti provvedimenti normativi, peraltro, nulla hanno disposto a ristoro per tutti quei lavoratori che ad oggi non hanno ancora ricevuto somme sulle quali facevano affidamento per il proprio sostentamento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere, se del caso, per garantire la piena ed immediata erogazione della cassa integrazione ai lavoratori che sono stati costretti a farvi ricorso in seguito alla crisi da Covid-19, con particolare considerazione per tutti quei richiedenti che, da inizio emergenza pandemica ad oggi, non hanno ancora ricevuto alcuna somma.
(4-07475)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIPPA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il comma 1 dell'articolo 110 del Tuel (Testo unico enti locali) prevede: «Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell'incarico»;

   si evince da tale disposizione normativa che non sarebbe possibile l'assunzione di un istruttore di «Area Tecnica», collocazione consentita invece dal comma 2 dello stesso articolo che sancisce tale possibilità seppur vincolandola all'assenza di analoga figura professionale e alle disposizioni del regolamento comunale sull'ordinamento degli uffici e dei servizi. Disposizioni che nel comune di Rapino, in provincia di Chieti sono rimesse alla comprovata esperienza pregressa di 5 anni o l'iscrizione all'albo per almeno 5 anni;

   la giunta comunale del comune deliberava, con atto n. 17 del 19 marzo 2019, l'attivazione di una procedura di selezione di un istruttore dell'area tecnico-manutentiva, adducendo tra le varie causanti quella di esperienza del tecnico con comprovata professionalità e che il procedimento che sarebbe stato adottato fosse privo di procedura concorsuale e si avvaleva dell'articolo 110 del Tuel in base al quale si sarebbe proceduto ad assumere un incaricato esterno a tempo determinato vincolato al mandato del sindaco;

   successivamente alla scadenza della procedura di selezione sarebbe stato assegnato, nonostante fosse già presente un altro istruttore direttivo dell'area, nonché responsabile degli uffici, un posto da istruttore tecnico all'architetto Martino Eleonora, professionista giovane ed iscritta all'albo all'epoca della candidatura da soli tre anni e 5 mesi (data iscrizione 7 ottobre 2015) e alle prime esperienze lavorative tra cui lo svolgimento del servizio civile presso lo stesso ente. Requisiti questi, che a parere dell'interrogante non avrebbero potuto soddisfare quelli previsti dalle disposizioni vigenti in materia. Per quanto consta all'interrogante non sarebbero inoltre chiare quali siano le valutazioni meritocratiche, anche comparative effettuate;

   nell'intera procedura con la quale è stata assunta l'architetto Martino Eleonora emergerebbero sia dubbi procedimentali, che dubbi sulle motivazioni e sulle modalità stabilite ex ante, ma anche perplessità in merito al fatto che si sia voluto evitare un concorso pubblico per un posto dirigenziale attraverso l'incarico fiduciario ex articolo 110 del Tuel in evidente violazione di quello che è il dettame della Costituzione della Repubblica italiana. Vi sarebbero altresì numerosi dubbi anche sulla procedura con la quale all'architetto Martino Eleonora sarebbe stato attribuito a quanto consta all'interrogante l'incarico di responsabile degli Uffici, elevando quindi la posizione di un soggetto che avrebbe dovuto aver espletato una procedura concorsuale pubblica;

   a parere dell'interrogante, per tutte le norme, la giurisprudenza e i fatti citati si ritiene che nel comune di Rapino non sarebbero state rispettate tutte le norme di correttezza, pubblicità, predeterminazione delle modalità di selezione, rispetto delle procedure concorsuali stabilite dalla normativa, dalla giurisprudenza e dalla Costituzione, nonché i principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione;

   per l'interrogante sarebbe opportuno prevedere una nuova selezione con modalità che consentano ai candidati di concorrere tutti alle stesse condizioni nonché a dirigenti che possano realmente mettere a disposizione della comunità le esperienze professionali –:

   se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza, anche per il tramite dell'ispettorato della funzione pubblica, affinché venga avviata una verifica in ordine alla regolarità e alla correttezza della procedura adottata.
(5-04992)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO e GALANTINO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto «decreto Cura Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, all'articolo 87, ha ricondotto all'esenzione dal servizio l'assenza del lavoratore in salute, impedito di recarsi presso la propria sede lavorativa in quanto residente in un comune dichiarato zona rossa;

   il predetto istituto dell'esenzione dal servizio ha trovato applicazione ed è diventato fattispecie riconducibile per tutte quelle casistiche correlate all'impossibilità di rendere la prestazione in modalità agile semplificata (come personale Ata o custodi dei musei) o a casi di assenza giustificata da provvedimenti di contenimento del Covid-19;

   il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020 n. 77, ha fatto cessare dal 15 settembre 2020 l'obbligo di limitare la presenza del personale nei luoghi di lavoro, disposizione corroborata da circolare n. 3 del 24 luglio 2020 del dipartimento della funzione pubblica, la quale ha precisato il superamento dell'istituto dell'esenzione a partire dal 19 luglio 2020;

   il decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 settembre 2020, n. 124, ha prorogato i termini correlati allo stato di emergenza al 15 ottobre 2020, specificando le relative disposizioni prorogate fino a quella data, tra le quali non compare quella dell'articolo 87 del predetto decreto-legge n. 18 del 2020;

   il decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, estendendo i termini connessi allo stato di emergenza al 31 gennaio 2021, ha riproposto tra le norme prorogate del predetto articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 2020 unicamente i commi 6 e 7, rivolti a Forze armate e Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   a seguito del messaggio Inps 3653 del 9 ottobre 2020, l'istituto ha precisato che, per i lavoratori privati, le assenze derivanti da ordinanza emessa dall'autorità amministrativa che dispone un divieto di allontanamento da un determinato territorio per fini di contenimento della pandemia da Covid-19 non devono giustificarsi con la certificazione di malattia;

   in tal senso, e nelle more di un rinnovo dell'impianto normativo di cui al predetto articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 2020, non è ancora chiaro se l'assenza di un dipendente pubblico derivante da provvedimento di contenimento, nel caso di attività non convertibile in lavoro agile, possa confluire nella fattispecie delineata dal predetto articolo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano intraprendere, se del caso, per prorogare la piena efficacia dell'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 2020, anche alla luce delle evidenze di cui in premessa e, nelle more di tale proroga, a quale fattispecie normativa debbano essere ricondotti i lavoratori pubblici esercitanti attività lavorativa non convertibile in lavoro agile, incapaci di recarsi nel luogo di lavoro a causa di ordinanze da contenimento del cOVID-19 dovuta alla presenza in zona rossa.
(4-07474)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la gestione del rischio Covid-19 all'interno delle strutture sanitarie pubbliche della provincia dell'Aquila, si sta ripercuotendo negativamente sui livelli di assistenza sanitaria anche grazie alle misure organizzative predisposte dalla Asl 1 Avezzano Sulmona L'Aquila;

   l'articolo 32 della Costituzione assicura il diritto alla salute da cui nasce un obbligo di assistenza sanitaria e cura. Diritto e obbligo che non possono venir meno neanche nella fase acuta dell'attuale emergenza sanitaria;

   è quindi necessario che ogni struttura sia organizzata in modo che, dall'elaborazione e applicazione di specifici protocolli per il contrasto ed il contenimento del Covid-19, non derivi una diminuzione dell'assistenza sanitaria ordinaria;

   tanto premesso corre l'obbligo di segnalare quanto sia drammatica la gestione sanitaria nella provincia aquilana: cronica, storica e strutturale carenza di personale, accorpamenti di reparti, impossibilità di garantire percorsi separati per pazienti Covid e no Covid, carenza di posti letto Covid, mancata esecuzione periodica di tamponi agli operatori sanitari, carenza di reattivi per l'esecuzione dei tamponi alla popolazione, strutture carenti e/o fatiscenti, esiguità nella fornitura di dispositivi di protezione individuali idonei alla gestione dell'emergenza, mancato confronto con i vertici aziendali sulle modalità di gestione dell'emergenza in tema di sicurezza sul lavoro, continui trasferimenti del personale;

   a partire dal mese di febbraio 2020 poco o nulla è stato fatto per reperire nell'immediato nuova forza lavoro al fine di sopperire alle già drammatiche carenze e nella prospettiva di dover affrontare una impennata di ricoveri dovuti alla pandemia. Da qualche settimana, la Asl, con estrema approssimazione, sta trasferendo il personale sanitario (per lo più infermieristico) da un presidio ospedaliero all'altro, determinando l'ulteriore depauperamento di personale all'interno di ogni singolo presidio ospedaliero;

   ulteriore grave carenza di personale viene riscontrata nell'assistenza ai pazienti Covid sia in ambito ospedaliero (terapie intensive, malattie infettive e altro), sia in ambito territoriale (Usca, Siep e altro) che nella rete di emergenza/urgenza (pronto soccorso, pre triage, 118 e altro) con conseguenza di enormi ritardi nell'esecuzione dei tamponi, o, addirittura, mancata esecuzione degli stessi, con grave pregiudizio del tracciamento sanitario dei cittadini venuti a contatto con pazienti positivi accertati, rendendo non più controllabile la fase pandemica in corso;

   a ciò si aggiunge il fatto che, nei confronti del personale sanitario, non vengono eseguiti i tamponi con la regolarità e la programmazione prevista dalla vigente normativa – condizione necessaria al fine del contenimento del contagio e, laddove questi vengono eseguiti, si riscontra la mancata, ovvero tardiva comunicazione dell'esito dello stesso;

   detta condizione sta generando, all'interno dei reparti ospedalieri, un aumento esponenziale dei contagi sia del personale dipendente, che dei pazienti ricoverati;

   inoltre, è stata segnalata l'insufficiente disponibilità di tamponi e reagenti, oltreché di laboratori idonei e certificati all'esecuzione degli esami diagnostici nei presidi ospedalieri della Asl e del personale all'interno di questi ultimi, per cui sia il personale, che i pazienti, restano, per un tempo indefinito, in attesa di essere sottoposti all'accertamento sanitario relativo al contagio da Coronavirus;

   infine, sempre più conclamata è la carenza di posti letto Covid nella Asl 1, con la sola conseguenza che gli utenti restano in attesa nelle ambulanze, nei pre-triage che, un alcuni casi, possono contare esclusivamente su un solo infermiere per turno, senza il supporto di personale medico, e/o nei pronto soccorso, senza poter ricevere le giuste cure e senza che possano essere ricoverati nei presidi ospedalieri;

   quanto sta accadendo è assolutamente inaccettabile e lede palesemente il diritto alla salute della popolazione, nonché la professionalità del personale sanitario costretto a prestare la propria attività in condizioni inammissibili, compromettendo anche il rispetto della garanzia dei livelli essenziali di assistenza e, di conseguenza, il diritto alle cure, con l'impossibilità per gli utenti di essere sottoposti ad interventi, ad esami diagnostici e riabilitativi, con l'ulteriore prolungamento senza fine delle liste di attesa ed il conseguente abbandono di tutti quei malati cronici o soggetti che dovrebbero essere sottoposti ad attività di prevenzione;

   l'inerzia e la disorganizzazione gestionale sta comportando un esponenziale aumento dei contagi nel territorio, collocando la provincia dell'Aquila tra le più colpite della regione Abruzzo –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se non ritenga, nell'ambito delle sue competenze e nel rispetto di quelle regionali in materia sanitaria, di dover adottare iniziative al fine di garantire il diritto alla salute così come sancito dall'articolo 32 della Costituzione all'interno del territorio abruzzese.
(2-01004) «Pezzopane».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe che a Terlizzi le strutture sanitarie locali manifestino evidenti segnali di sovraccarico e di impossibilità a rispondere con tempestività e funzionalità alle richieste di soccorso. In particolare, infatti, pare che un uomo abbia avuto un malore mentre si trovava per strada e sembra che alcuni cittadini intenti a soccorrerlo abbiano provato a chiamare il 118 per ottenere il supporto di personale sanitario e di un'ambulanza, ma senza ricevere alcun tipo di risposta al telefono per almeno 30 minuti;

   l'ambulanza, secondo quanto riportato dalle fonti di stampa, sarebbe intervenuta soltanto un'ora dopo il primo tentativo di chiamata, tempo sufficiente in molti casi a determinare l'aggravarsi del malore in corso e nei casi peggiori anche la morte. La persona si è poi fortunatamente ripresa senza gravi conseguenze;

   al netto della positiva conclusione della vicenda, appare necessario rilevare che l'episodio configura chiaramente le profonde difficoltà dell'intero sistema sanitario pugliese, e in questo caso specifico di Terlizzi, che, a causa dell'incremento esponenziale del flusso di richieste di soccorso e cure da parte di pazienti Covid o sospetti tali e in mancanza di un concreto sviluppo dei potenziamenti delle strutture sanitarie territoriali previsti dai recenti provvedimenti di Governo, non è in grado di rispondere con la necessaria tempestività alla richieste di soccorso anche, e soprattutto, quando queste sono relative a malori e difficoltà dovute a patologie diverse dal Covid-19;

   con particolare riferimento alla città di Terlizzi, i dati riportati dalla stampa sono utili a chiarire maggiormente la preoccupante situazione in cui versa la sanità locale: sono 73 i casi attestati di contagio da Covid-19 e benché gli stessi possano apparire esigui, risultano di fatto, a causa delle predette mancanze programmatiche, strutturali e relativi a personale sanitario, evidentemente sufficienti a determinare il collasso della sanità terlizzese;

   l'attuale crisi del sistema sanitario pugliese, e nel caso specifico della città di Terlizzi, appare secondo l'interrogante determinata da decisioni della regione Puglia che, già dal mese di marzo 2020 aveva provveduto alla chiusura del pronto soccorso e del servizio di ricovero per pazienti acuti di pneumologia dell'ospedale Sarcone di Terlizzi;

   e infatti, già nell'interrogazione a risposta in Commissione 5-03769, si segnalava che la direzione generale dell'Asl di Bari, con nota prot. n. 53642/1, avente ad oggetto «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 – Struttura sanitaria di Terlizzi – Disposizioni», aveva disposto, a partire dal 16 marzo 2020, la cessazione delle attività di Pronto soccorso presso l'ospedale «Sarcone» di Terlizzi, con contestuale attivazione di una ulteriore postazione di tipologia medicalizzata, mobile, in ragione dell'emergenza sanitaria Covid-19 fissa –118, h24;

   con l'interrogazione a risposta in Commissione 5-03687, invece, si segnalava che dal 1o agosto 2019 era stato sospeso il servizio di ricovero per pazienti acuti di pneumologia presso lo stesso ospedale Sarcone di Terlizzi –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché, nel corso dell'emergenza sanitaria in atto, sia garantita sempre e con tutti i mezzi possibili, e su tutto il territorio nazionale, l'assistenza ospedaliera prevista dai livelli essenziali di assistenza e in particolare l'attività relativa alle prestazioni di pronto soccorso.
(5-04990)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Sasn è il Servizio assistenza sanitaria ai naviganti (marittimi e aeronaviganti), da alcuni anni accorpato all'Usmaf, gestore degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera;

   gli Usmaf-Sasn svolgono funzioni di fondamentale importanza. I primi costituiscono la frontiera sanitaria contro il rischio di importazione di malattie infettive e diffusive connesso ai movimenti internazionali di persone e mezzi di trasporto, mentre i secondi erogano prestazioni sanitarie di medicina generale, specialistica e assistenza farmaceutica al personale navigante (imbarcato e/o a terra). Negli ambulatori si effettuano, inoltre, esami diagnostici di tipo strumentale e, in alcuni casi, interventi di chirurgia;

   gli Usmaf e i Sasn svolgono, inoltre, funzioni medico-legali per l'accertamento dell'idoneità psicofisica dei naviganti, della inabilità dei marittimi e della sussistenza dei requisiti psico-fisici per il conseguimento delle patenti di guida e nautiche, oltre a garantire al personale appartenente ad una della categorie descritte nell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980 n. 620, le visite mediche preventive all'imbarco, le visite periodiche per l'accertamento dell'idoneità alla navigazione e le visite per il conseguimento o il rinnovo di licenze aeronautiche;

   questi servizi sono erogati e gestiti direttamente dal Ministero della salute, tramite 87 infermieri e medici di medicina generale e specialisti. Il personale indicato non è però assunto nel ruolo sanitario alle dipendenze del servizio sanitario nazionale, ma opera ancora con accordi nazionali rinnovati ogni 4 anni;

   ne consegue che questi operatori sanitari, nonostante abbiano tutti i doveri dei dipendenti di ruolo del Ministero, non godano dei medesimi diritti. Solo a titolo esemplificativo, non vengono riconosciute agli stessi molte delle tutele sociali e patrimoniali di cui possono usufruire i dipendenti di ruolo, tra cui la applicabilità della legge n. 104 del 1992, la maternità, i buoni pasto, il salario accessorio e il Tfr, la tredicesima mensilità, i permessi retribuiti per motivi familiari e, non ultimo, infortunio professionale ed assicurazione Inail;

   il Ministero della salute non può ulteriormente consentire questo trattamento discriminatorio al personale sanitario degli Usmaf-Sasn, soprattutto in un momento particolare come quello attuale in cui il personale sanitario di frontiera assume un ruolo di fondamentale importanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere perché agli operatori degli uffici Usmaf-Sasn venga riconosciuto il ruolo sanitario alle dipendenze del servizio sanitario nazionale e, in ogni caso, condizioni di impiego con tutele analoghe a quelle del personale di ruolo.
(4-07455)


   VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   alcuni organi di stampa della Sardegna hanno dato la notizia secondo la quale l'avvio della campagna vaccinale contro l'influenza stagionale presenterebbe numerose incognite e criticità aggravate dall'emergenza Covid-19;

   l'edizione del 4 settembre 2020 del quotidiano La Nuova Sardegna, nel riferire le preoccupazioni dei rappresentanti regionali della Federazione italiana medici di medicina generale (Fiemmg) sui ritardi nell'avvio della campagna, avrebbe specificato che «la campagna vaccinale contro l'influenza stagionale in Sardegna rischia di partire con l'handicap»;

   tra le criticità segnalate, ci sarebbe il numero insufficiente dei vaccini che l'Assessorato regionale avrebbe messo a disposizione dei medici di medicina generale: «La cifra di cui si parla, 190 mila, cozza con la realtà»;

   questi quantitativi apparirebbero effettivamente insufficienti in relazione alla dotazione 2019 per i soli medici di medicina generale, a cui sarebbero stati inizialmente inviati 189mila vaccini, a cui ne sarebbero stati aggiunti altri, sino a raggiungere la dotazione annuale di 225 mila dosi;

   per l'intera campagna 2020 – che comprende medici di base, farmacie e servizi di igiene pubblica –, la regione avrebbe acquistato un numero di dosi (complessivamente 530 mila) superiore all'anno precedente (308 mila nel 2019), proprio in relazione all'emergenza Covid-19, dosi solo in parte disponibili;

   le citate circostanze avrebbero suggerito, come d'altronde avrebbe sollecitato lo stesso Ministero della salute, l'avvio della campagna a ottobre 2020 «in modo da poter dare per tempo la copertura a gennaio-febbraio, in vista dei picchi. Se si inizia a novembre la copertura potrebbe arrivare in ritardo»;

   la questione dei tempi di somministrazione non sarebbe affatto secondaria: l'emergenza Covid, infatti, imporrebbe rigidi protocolli per la somministrazione del vaccino, «mentre in passato la campagna si svolgeva con rapidità, con 30-40 persone in fila in ambulatorio e un tempo medio di somministrazione di 3-4 minuti, quest'anno sarà necessario evitare assembramenti, prendere appuntamento [...] Se l'anno scorso ne vaccinavamo 80 in un giorno, oggi potremmo arrivare a 40»

   a distanza di un mese dall'allarme lanciato dalla Fiemmg, il quotidiano l'Unione Sarda del 28 ottobre 2020, in un articolo titolato «Influenza, il vaccino è introvabile» affermerebbe che i vaccini sarebbero «Introvabili. Sia in farmacia che negli studi dei medici di base» dove le somministrazioni avrebbero subito uno stop;

   solo il 40 per cento della prima tranche di dosi sarebbe stato consegnato, nonostante «da settimane migliaia di colleghi di tutta l'Isola erano pronti ad affrontare la campagna vaccinale, mettendo a disposizione i propri studi oltre l'orario ordinario di lavoro», mentre le restanti dosi dovrebbero essere consegnate a novembre;

   è il caso di osservare che la campagna vaccinale 2020 sarebbe stata reputata «cruciale nella lotta al Covid perché il primo obiettivo è quello di bloccare il virus influenzale e diminuire così il numero di casi sospetti»: di fronte ai sintomi, il medico potrebbe escludere l'influenza stagionale, se il soggetto è stato vaccinato, ed effettuare il tampone solo nei casi sospetti, operando già una prima importante scrematura;

   i ritardi nella fornitura delle dosi ritarderebbero l'avvio della campagna antinfluenzale, con effetti negativi nella lotta al Covid, determinerebbero situazioni fortemente critiche nell'attività dei medici di medicina generale, costretti a decidere da soli a quali pazienti somministrare prioritariamente il vaccino, e metterebbero a repentaglio la salute dei pazienti, soprattutto quelli a rischio, che annualmente si vaccinano contro l'influenza –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per rimuovere le cause dei ritardi nella fornitura delle dosi dei vaccini antinfluenzali, anche in considerazione del ruolo attribuito alla campagna vaccinale nella lotta al Covid, delle indicazioni ministeriali per il suo avvio e del rispetto dei livelli essenziali di assistenza.
(4-07465)


   CATTANEO, BERGAMINI e FERRI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane, la regione Toscana e l'azienda Usl hanno deciso di portare all'interno dell'ospedale di Pontremoli (Massa-Carrara) un'area Covid, rivedendo completamente la distribuzione delle competenze tra presìdi decisa nei mesi precedenti, e dimostratasi molto più funzionale rispetto agli immobili che ha a disposizione;

   come riportato in un comunicato dallo stesso sindaco di Pontremoli, Lucia Baracchini, a Pontremoli, i reparti di medicina e di rianimazione dove andrebbero alloggiati i pazienti Covid (e non solo quelli) sono obsoleti, anche per malati no Covid. I sistemi di ricircolo dell'aria non esistono. I percorsi interni non possono garantire alcuna sicurezza, così come i tentativi posticci di dividere «zone sporche» da «zone pulite». Persino gli spazi dedicati agli spogliatoi e ai bagni per il personale sono eccezionalmente angusti ed inadatti;

   il medesimo sindaco ha chiesto alla regione di ripensare questa decisione augurandosi che il nuovo responsabile della sanità Toscana, prima che si debbano contare i danni, voglia prendere una posizione netta e consapevole, disponendo di tornare indietro dalla decisione assunta;

   da molti sono stati evidenziati i rischi legati ai necessari transiti dei pazienti da e per i reparti di pronto soccorso e radiologia (le conseguenti sanificazioni), nonché quelli inerenti l'utilizzo degli ascensori (pochi, piccoli, vecchi e mal collocati rispetto alle esigenze di un momento come questo);

   le visite ambulatoriali saranno inevitabilmente interrotte, così come si inciderà sensibilmente su altri servizi ordinari e sulla chirurgia di elezione;

   una situazione di tale precarietà e di altissimo rischio potrà peraltro incidere negativamente persino sulle attività oncologiche, sulla dialisi, sulla donazione del sangue, e altro;

   l'ospedale di Pontremoli non ha la struttura e non è attrezzato per diventare ospedale Covid. Questo vorrebbe dire compromettere le attività ordinarie. Sarebbe una scelta sbagliata e pericolosa, che metterebbe a rischio servizi fondamentali per la Lunigiana –:

   se il Ministro interrogato non intenda verificare, nell'ambito delle proprie competenze, se la scelta di portare all'interno dell'ospedale di Pontremoli un'area Covid, rivedendo completamente la distribuzione delle competenze tra presìdi decisa nei mesi precedenti, non risulti troppo onerosa e non rischi di compromettere la stessa erogazione dei livelli essenziali di assistenza laddove l'ospedale non possiede le caratteristiche minime per poter gestire i pazienti Covid in piena sicurezza e si rischia fortemente che molte visite ambulatoriali, attività oncologiche e altri servizi ordinari, siano inevitabilmente ridimensionate o interrotte.
(4-07466)


   EMILIOZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza pandemica legata ai contagi da Covid-19 ha assunto caratteristiche drammatiche, tali da imporre una serie di misure molto stringenti, che limitano la libertà personale dei cittadini, limitandone alcuni diritti costituzionalmente sanciti, e comprimono l'attività e i ricavi delle imprese e dei lavoratori autonomi, oltre che mettere a rischio posti di lavoro dipendente nel settore privato e costringere lo Stato al costante ricorso alla cassa integrazione straordinaria, con conseguente aumento di costi per le casse pubbliche che vengono compensati a debito;

   l'allarme sulle difficoltà incontrate dal sistema sanitario nel fronteggiare la crisi è sempre più forte e la comunità scientifica e sanitaria chiede insistentemente iniziative forti nel contrasto alla pandemia;

   il vaccino anti-Covid non sarà disponibile, con ogni probabilità, prima della primavera/estate 2021, come confermato anche dal Governo in eventi pubblici e conferenze stampa;

   la necessità di trovare una cura per i casi di infezione di Covid-19 conclamati è considerata una priorità a livello mondiale;

   giungono da più parti notizie di stampa relative ad alcuni protocolli terapeutici con farmaci già in uso per altre patologie ma ritenuti dalla comunità scientifica potenzialmente efficaci nel bloccare la infezione da Sars-Cov-2. Tali intuizioni, pur essendo nate in atenei del nostro Paese, sono già oggetto di sperimentazione in vitro e sull'uomo in altri Paesi. Lungaggini burocratiche e la difficoltà a iniziare una sperimentazione in vitro bloccano, invece, protocolli di sperimentazione su questi farmaci nel nostro Paese –:

   se si intenda promuovere, per quanto di competenza, la ricerca e la sperimentazione italiana di tutti i farmaci e i protocolli terapeutici al momento sviluppati da università, enti di ricerca, case farmaceutiche e laboratori pubblici e privati;

   se si intenda agevolare, per quanto di competenza, l'espletamento delle pratiche burocratiche da parte di ricercatori impegnati nella sperimentazione e nell'identificazione di una terapia anti-Covid efficace, in particolare quelle che si trovano in uno stadio avanzato di sperimentazione;

   se si intenda promuovere, per quanto di competenza, la collaborazione tra enti di ricerca, università, ospedali pubblici e privati e altre realtà del settore, al fine di accelerare l'esito delle sperimentazioni in corso.
(4-07468)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la «human challenge studies (Hcs)» è un tipo di sperimentazione clinica per un vaccino o un altro farmaco che coinvolge l'esposizione intenzionale del soggetto implicando l'esposizione a pericoli ulteriori rispetto a quelli posti dai potenziali effetti collaterali della sostanza testata;

   con l'interrogazione n. 4/05185 l'interrogante denunciava come i soggetti volontari della sperimentazione umana con i vaccini contro il Covid-19 (Sars-Cov-2) rischiavano di subire una grave malattia e possibilmente anche il decesso, a seguito dei test; l'interrogazione, inoltre, affrontava sul piano giuridico la questione della dubbia legittimità costituzionale di una sperimentazione clinica su soggetti in condizioni fisiche ottimali;

   l'interrogante, con l'interrogazione n. 4-05226, ha chiesto che non venisse autorizzata la sperimentazione del vaccino su esseri umani sani, con le interrogazioni n. 4-06462 e n. 4-06461 ha illustrato la pericolosità del vaccino di Astrazeneca e i dubbi riguardo all'azienda e con la n. 4-06864 ha evidenziato la richiesta di immunità fatta da Astrazeneca sui futuri danni arrecati dal suo vaccino;

   nel frattempo durante la sperimentazione del vaccino di Astrazeneca, un volontario ha avuto una malattia neurologica grave e un altro è morto;

   Astrazeneca il 1 ° dicembre 2020 ha dichiarato che testerà il vaccino su 300 italiani presso l'azienda ospedaliero-universitaria di Modena;

   il Governo del Regno Unito ha recentemente firmato un contratto di ricerca in cui volontari sani di 1DaySooner verranno deliberatamente infettati dal virus in un ambiente controllato e alcuni di loro riceveranno un vaccino sperimentale; il diciottenne Alastair Fraser-Urquhart, di 1DaySooner, ha dichiarato che gli Hcs sono «un'idea basata sul buon senso»;

   con l'articolo del 29 ottobre 2020 dal titolo «Opinione: per ora, non è etico utilizzare studi di provocazione umana per lo sviluppo del vaccino SARS-CoV-2» pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), la rivista scientifica del National Academy of Sciences (NAS), i ricercatori contestano da un punto di vista etico l'inammissibilità della sperimentazione umana su soggetti sani (HCS), criticato duramente la posizione di 1DaySooner;

   lo studio conclude che: «in sintesi, la gravità del COVID-19 e la mancanza di una cura o di un trattamento efficace rendono non etico [...] istituire l'HCS per lo sviluppo di un vaccino SARS-CoV-2. Riteniamo che l'affermazione principale dei sostenitori sull'accelerazione dello sviluppo del vaccino sia imperfetta e riteniamo che il rapporto rischio-beneficio per tale HCS sia troppo incerto e probabilmente inaccettabile, anche con maggiori informazioni. [...] riteniamo che queste argomentazioni rendano l'assunzione di SARS-CoV-2 HCS ingiustificata e non etica. In questo momento critico nella risposta alla pandemia, farebbe più male che bene»;

   secondo i ricercatori non è chiaro se la Fda concederà la licenza ai vaccini che hanno raccolto dati mediante Hcs, in quanto l'ultima guida dell'autorità rivolta all'industria, sullo sviluppo di vaccini Sars-CoV-2, omette l'Hcs dalla sua discussione sui progetti di sperimentazione accelerata;

   le preoccupazioni all'interno della comunità scientifica si sono manifestate in una lettera aperta alla Fda, firmata da centinaia di scienziati, che chiedono garanzie «Per sostenere l'integrità [etica, ndr] del processo scientifico»;

   anche l'Ema non ha una chiara posizione su Hcs, infatti, afferma che gli studi clinici che utilizzano modelli di sperimentazione umana sollevano la necessità di un accordo sui requisiti per l'approvazione della sperimentazione clinica, in particolare i requisiti minimi della qualità del materiale di sperimentazione, e devono tenere conto della dimensione etica di qualsiasi approccio;

   a parere dell'interrogante ammettere e consentire la Hcs oltrepassa i limiti etici della sperimentazione sull'uomo, compromettendo la salvaguardia dei diritti umani ed evocando pratiche utilizzate in passato da regimi totalitari –:

   se il Governo non intenda sciogliere ogni accordo e terminare ogni collaborazione e ogni sperimentazione che coinvolga soggetti umani sani per la sperimentazione di un vaccino Covid-19.
(4-07476)


   SODANO e SAITTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le autoambulanze del pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, quotidianamente impegnate nel trasferimento di casi Covid positivi nella struttura di ricovero, sono spesso guaste e costrette a fermarsi lungo il percorso;

   di numero esiguo e mal equipaggiate, restano in servizio ben oltre il chilometraggio consentito dalla legge, lamentando difficoltà già nella gestione ordinaria di situazioni di soccorso, ancor più adesso nel fronteggiare un evento straordinario come la pandemia;

   gli operatori sanitari, peraltro, denunciano quotidianamente anche l'inadeguatezza dei locali del pronto soccorso dove, a quanto consta all'interrogante, una piccola tenda, con appena 6 sedie, funge da spogliatoio e un minuscolo lavabo è quanto hanno a disposizione per la sanificazione personale, mentre in una sala buia verrebbero solitamente ammassati, senza alcuna precauzione i rifiuti speciali;

   questa situazione è conseguenza di una lacunosa e frammentaria programmazione territoriale o del mancato rispetto dei programmi già definiti dall'assessorato alla sanità dove veniva individuato il presidio ospedaliero di Ribera come Covid Hospital;

   di recente, infatti, a seguito di un incontro tenutosi tra il direttore generale dell'Asp e il direttore sanitario dell'ospedale San Giovanni con il sindaco di Agrigento e l'assessore comunale alla sanità, è stata valutata la possibilità di incrementare ulteriormente il numero di posti letto covid-dedicati, trasferendo il reparto di medicina generale alla clinica Sant'Anna, così come il reparto di chirurgia;

   l'apertura di questo nuovo reparto, con circa 30 posti letto in più, è finanziata grazie alle ultime risorse messe a disposizione per l'ammodernamento del comparto sanitario regionale e, in mancanza di infermieri, operatori socio sanitari, e medici, diventa del tutto inutilizzabile non solo per fronteggiare l'emergenza Sars Cov-2, ma anche per garantire l'assistenza sanitaria ordinaria a tutti i cittadini con patologie differenti;

   si ricorda, infine, che ad agosto 2020, il presidente Musumeci aveva annunciato uno stanziamento di 85 milioni di euro per lo sviluppo tecnologico e con la promessa di avviare un ampio processo di riqualificazione dell'intero comparto sanitario regionale, di cui ben 3,7 milioni di euro erano destinati ai presidi ospedalieri della provincia di Agrigento;

   allo stato attuale sono appena 28 i posti letto per pazienti covid e 6 i posti letto di terapia intensiva messi a disposizione per una provincia di 450.000 abitanti;

   secondo quanto programmato dall'assessorato alla sanità siciliana, a quanto risulta all'interrogante la gestione della seconda ondata dovrebbe basarsi esclusivamente sull'apertura di un ospedale Covid dedicato, senza considerare la carenza di personale medico, di un reparto specifico di pneumologia, di infermieri e di operatori socio-sanitari –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, intende assumere, per quanto di competenza e di intesa con la Regione, al fine di porre rimedio all'enorme discrepanza esistente tra quanto previsto dall'ultimo piano ospedaliero della regione Siciliana e quanto in realtà si sta verificando, soprattutto in provincia di Agrigento, non solo per affrontare l'emergenza epidemiologica, ma anche per scongiurare il rischio di interruzione della continuità assistenziale data dalla carenza di personale;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza per verificare in che modo siano stati spesi, o verranno spesi in futuro, i fondi statali destinati al comparto sanitario e in particolare come verrà assicurato l'incremento dei posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva all'interno della regione.
(4-07477)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   BENIGNI, GAGLIARDI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 13 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, prevede deroghe alla disciplina del cosiddetto «Fondo centrale di garanzia PMI», finalizzate a garantire alle piccole e medie imprese, particolarmente colpite dall'emergenza in corso, di procurarsi liquidità accedendo al credito bancario e/o tramite rinegoziazione del debito in essere;

   nelle intenzioni del legislatore, l'accesso al credito dovrebbe essere facilitato dalla prestazione di una garanzia gratuita da parte dello Stato, secondo i parametri ed i limiti precisamente previsti dalla norma citata;

   diversi operatori, ancorché «in bonis» con il sistema bancario, hanno tuttavia segnalato la difficoltà delle imprese interessate all'accesso alla predetta misura;

   tali difficoltà riguardano l'eccessiva (e, spesso, indefinita) durata dei procedimenti istruttori degli intermediari;

   talvolta, nessun riscontro proviene dagli intermediari alla domanda di finanziamento avanzata dalle imprese di accesso al credito con la garanzia prevista dall'articolo 13 del decreto-legge n. 23 del 2020;

   in altri casi il rifiuto da parte della banca o la «declinazione» della domanda non sono nemmeno motivati;

   è stato altresì segnalato, anche dalla stampa nazionale, che talvolta gli intermediari accordano nuove linee di finanziamento (o la rinegoziazione del debito), portando tuttavia la nuova liquidità a compensazione di altre esposizioni chirografarie;

   in tal modo, la garanzia statale va solo a beneficio dell'intermediario, senza alcun effettivo nuovo apporto di liquidità all'impresa, con ciò tradendo la ratio della norma;

   le difficoltà segnalate riguardano, in particolar modo, il settore alberghiero, senza dubbio tra i più colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia –:

   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche segnalate in premessa in riferimento all'accesso alla misura di sostegno prevista dall'articolo 13 del decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 40 del 2020;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di consentire la concreta attuazione della misura di sostegno in parola, adoperandosi se del caso, affinché gli intermediari definiscano tempi certi di conclusione delle istruttorie e affinché la garanzia sia effettivamente prestata per le finalità previste dalla norma richiamata.
(4-07469)

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Nappi e altri n. 2-00998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Del Sesto, Bella, Carbonaro, Casa, Cimino, Ricciardi, Iorio, Mariani, Melicchio, Testamento, Tuzi, Vacca, Valente.

  L'interpellanza urgente Alberto Manca e altri n. 2-01001, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ehm, Federico.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Dara e altri n. 3-01509, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alessandro Pagano.

  L'interrogazione a risposta scritta Delmastro Delle Vedove e Donzelli n. 4-07442, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Maraia n. 4-07450, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Villani.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-07378 del 3 novembre 2020.

Ritiro di firme da una interpellanza.

  Interpellanza urgente Alberto Manca e altri n. 2-01001, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2020: sono state ritirate le firme dei deputati: D'Orso, Scutellà.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Maria Tripodi e Barelli n. 4-07407 del 5 novembre 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04994.