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Seduta del 22/1/2013


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ALLEGATO 1

Dichiarazione di voto dell'onorevole Lucio Barani.

Dopo tanto lavoro e dopo aver subito una serie di attacchi feroci sulla stampa, denunce e richieste di risarcimento da parte di Enrico Rossi e dei direttori generali che compongono l'assemblea del SIOR, oggi posso affermare che, a fronte di un livello qualitativo mediamente buono nella sanità toscana, siamo riusciti a evidenziare che il sistema è sempre più asservito a logiche politiche e agli interessi di chi ha costruito la propria carriera politica sulle aziende sanitarie, divenute centrali di creazione di consenso; in tale ottica va interpretata l'ostinazione con cui gli attuali amministratori regionali hanno inventato e poi sostenuto le Società della Salute, che rimangono ancora in funzione nonostante la netta censura espressa dalla Corte costituzionale.
Sono gli anni in cui dominus della sanità toscana è stato Enrico Rossi, prima in qualità di assessore regionale alla tutela della salute e, poi, dal 2010, come presidente eletto senza dover passare attraverso le «primarie», anche grazie alla buona fama acquisita quale artefice di una sanità eccellente, ma soprattutto con i conti in ordine.
Oggi possiamo dire che proprio tale ultima affermazione è falsa; l'esplosione del «caso Massa», avvenuta subito dopo l'elezione di Rossi, all'inizio, sembrava descrivere una situazione limitata a una singola azienda mal governata. Gli elementi faticosamente raccolti anche grazie alla strenua difesa del suo operato fatta dal direttore generale dottor Antonio Delvino - all'epoca costretto alle dimissioni, denunciato alla Procura della Repubblica e raggiunto da una richiesta di risarcimento per oltre 80 milioni di euro - hanno portato a scoprire un vero e proprio sistema di gestione «politica» del Fondo sanitario regionale, caratterizzata dall'aggiustamento sistematico dei bilanci, che ha determinato recentemente l'iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Enrico Rossi, del direttore dell'area economico-finanziaria, dottoressa Carla Donati, del super-consulente in ambito economico, professor Niccolò Persiani, e di altri personaggi minori, presumibilmente coinvolti nella creazione e nella gestione di tale sistema.
Come abbiamo rilevato nell'ambito della relazione alla Camera, a oggi non si possono trarre conclusioni definitive e bisognerà attendere che la magistratura svolga il suo compito fino in fondo, ma molti elementi lasciano ritenere che i dubbi sollevati da questa Commissione ed esplicitati nella relazione approvata a maggioranza il 15 febbraio 2012 siano più che giustificati. Oggi appare non garantita l'equità nell'offerta di assistenza sanitaria nel territorio regionale.
Al riguardo, gli elementi di certezza acquisiti, descritti anche nella relazione, concernono, ad esempio, alcune evidenze processuali, come la condanna in primo grado dell'ex direttore amministrativo della ASL n. 1, dottor Ermanno Giannetti, condannato per una serie impressionante di appropriazioni indebite di denaro pubblico, presumibilmente poste in essere per oltre un decennio. Non sappiamo però quale


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uso sia stato fatto di tali somme, se siano state spese o accantonate per uso personale, o se una parte sia stata posta a disposizione della politica locale; rimane irrisolto il problema del fallimento della filiera dei controlli per oltre un decennio. Pare che lo stesso Giannetti, nel corso dei suoi interrogatori, abbia parlato di un «sistema» di aggiustamento dei bilanci la cui regia operativa era nelle mani di Donati e Persiani, noti come gli uomini del presidente. Sono stato io in persona a denunciare per primo il sospetto che esistessero assegni falsi, nel corso dell'audizione dell'assessore Scaramuccia e del commissario De Lauretis, il 16 febbraio 2011; le due audite negarono; ci sono elementi per ritenere che invece ne fossero già a conoscenza. È certamente degno di nota il fatto che lo stesso Giannetti abbia continuato a lavorare per diversi mesi dopo l'11 ottobre 2010, prima di essere licenziato.
Inoltre, come rilevato nell'ambito della relazione, nelle assegnazioni alle aziende sanitarie toscane delle quote del Fondo sanitario regionale non sono state rispettate le norme vigenti; il più diretto collaboratore della dottoressa Donati, dottor Luca Giorgetti, dinanzi alla Commissione regionale di inchiesta sulla vicenda dei bilanci della ASL n. 1 ha affermato testualmente: «Se per ora le aziende sovra-finanziate sono tre e sono Lucca, Livorno e Grosseto per ragioni che non conosco, ma evidentemente ...(intervento fuori microfono) che hanno di più rispetto a quello che dovrebbero avere, ma quello che dovrebbero avere non è che sia... voglio dire, è un numero, c'era stato uno studio e poi, per ragioni che non conosco, probabilmente da un lato anche politiche, non ...(intervento fuori microfono) ecco, sono queste tre, a svantaggio di altre realtà che sono invece sotto-finanziate e quali sono quelle sotto-finanziate? Tutte le altre.»
Il sottofinanziamento sistematico della ASL n. 1 è stato negato dai vertici regionali e dalla dottoressa De Lauretis contro ogni evidenza; oggi apprendiamo dalla stampa che in alcune intercettazioni Rossi e i suoi collaboratori parlavano tranquillamente di ASL sotto-finanziate e di ASL sovra-finanziate, evidentemente considerando i vincoli di legge una mera formalità e operando presumibilmente con lo scopo di perseguire il consenso politico-elettorale.
La pratica delle anticipazioni di cassa riportate nei bilanci regionali come «crediti esigibili» è stata ripetutamente criticata dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, come riportato nella citata Relazione approvata il 15 febbraio 2012. Che la ASL n. 1 necessitasse di liquidità perché evidentemente sotto-finanziata era ben noto ai vertici della Regione, visto che quando la Corte dei conti contestò il fatto che le anticipazioni di cassa riconosciute dalla Regione alla ASL n. 1 erano nettamente superiori al tetto massimo di circa 31 milioni di euro previsto dalla legge, la dottoressa Donati rispose che l'ufficio «era al corrente di tale situazione, originatasi in anni addietro e con tutta probabilità dovuta a numerosi fattori». A fronte di tale situazione, la Regione Toscana era già intervenuta negli ultimi anni con alcune erogazioni straordinarie di cassa, al fine di riportare i tempi medi di pagamento ai fornitori entro ambiti di accettabilità. Tali anticipazioni erano appunto riportate nel bilancio regionale come «crediti esigibili». Alla luce di quanto ad oggi appurato, si consolida il dubbio che con il sotto-finanziamento della ASL n. 1 (e forse di


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altre ASL) si volesse mantenere un fittizio equilibrio dei conti a livello regionale, ben sapendo che si sarebbe giunti all'emersione di quanto occultato dopo qualche esercizio. È molto suggestivo che il tutto sia esploso nel 2010, subito dopo le elezioni regionali; in merito giova ricordare che il credito di oltre 60 milioni per «anticipazione gestione stralcio», presente già nel bilancio 2008, non è stato censurato nel corso della fase di approvazione del bilancio a livello regionale, per poi essere rilevato nel bilancio dell'anno successivo e utilizzato per richiedere la decapitazione della ASL, con contestuale commissariamento e denuncia alla Procura della Repubblica, effettuata da Rossi. È opportuno ricordare che il bilancio 2008 è stato addirittura certificato sulla base di una documentazione richiesta a Persiani, falsificata all'interno della ASL e inviata alla società Deloitte il giorno precedente a quello in cui fu rilasciata la certificazione. Giannetti nega di esserne l'autore e peraltro non poteva avere interesse a falsificare il credito per la gestione stralcio quando risulta che utilizzasse proprio la posta di bilancio della gestione stralcio (per somme infinitamente minori) per nascondere i propri traffici. Si fa presente che Persiani e i suoi collaboratori erano fisicamente presenti nei locali della ASL n. 1 e che erano dotati di password per agire direttamente sulla contabilità. Oggi apprendiamo dai giornali che Persiani si è avvalso della facoltà di non rispondere dinanzi al Procuratore di Massa.
Alcune nomine in questa vicenda sono state viziate da clamorosi conflitti di interesse, poi contro ogni evidenza negati. Nella relazione si riporta il più clamoroso, che riguarda il professor Niccolò Persiani. Il dott. Delvino con la sua lettera al presidente Rossi del 18 ottobre 2010 comunicò di aver appreso che Persiani era socio della Taitle, società che già negli anni precedenti alla sua nomina aveva svolto attività di affiancamento per la compilazione dei bilanci alla ASL n. 1, e denunciò il conflitto di interesse determinatosi con la sua nomina a consulente del commissario De Lauretis. Ciononostante Persiani non venne mai rimosso e continuò a operare sulla contabilità della ASL per settimane, addirittura dotandosi di una personale password di accesso al sistema; lo stesso Persiani ha definito la sua nomina «una relata di arroganza» sua e di Rossi; eppure l'assessore Scaramuccia in una serie di documenti ufficiali ha negato che ci fosse conflitto di interessi.
Ricordo ancora che la dottoressa Marisa Vernazza, rimossa da Delvino subito prima di rassegnare le dimissioni, con un'azione quanto meno sorprendente fu reintegrata immediatamente dalla De Lauretis nel suo precedente incarico consentendole di operare direttamente (e per mesi) sulla contabilità.
Sono operazioni prive di logica che, per loro stessa natura, autorizzano ad avere legittimi sospetti: proprio le persone che avevano attivamente collaborato alla tenuta della contabilità venivano incaricate di effettuare i controlli. Rilevo ancora che il dottor Manghisi, nominato prima consulente e poi dirigente del settore economico-finanziario della ASL n. 1, si è dimesso dopo qualche mese rinunciando alla dirigenza. Ad oggi, poi, non risulta essere stato nominato il nuovo direttore amministrativo della ASL, lasciando un vuoto di potere che è al limite della legittimità. Degno di nota è che lo stesso Pescini, nominato nel 2011 dalla De Lauretis direttore amministrativo,


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sia stato ora promosso a dirigere l'area economico-finanziaria in Regione. Le stesse persone vengono spostate nei posti-chiave. Da queste considerazioni, oltre che da accuse di Giannetti riportate dalla stampa, nasce il sospetto che le operazioni di verifica siano state condotte in maniera non libera, forse addirittura tutelando qualcuno in danno di altri. La presenza di alcune strane anomalie nella nota integrativa del 2008, oggetto di denuncia da parte mia alla Procura della Repubblica di Massa, meritano un'indagine approfondita da parte della magistratura.
Inoltre vorrei far presente le reticenze, le mancate risposte e le iniziative intimidatorie: per motivi che oggi possono essere intuiti i vertici della Regione si sono ripetutamente rifiutati di rispondere alle richieste di chiarimenti rivolte da questa Commissione. Ricordo, ad esempio, che il Presidente Rossi non ha mai risposto alle domande che gli sono state rivolte dopo la sua audizione in Commissione il 17 novembre 2009; il dottor Cravedi, presidente del SIOR ha risposto negativamente e con fare poco istituzionale alla richiesta di documenti da me formulata, per poi inviare alcuni documenti solo dopo l'ulteriore richiesta del Presidente onorevole Leoluca Orlando; Rossi mi ha fatto pervenire due richieste di risarcimento per valori milionari.
I quattro direttori che compongono l'assemblea del SIOR hanno avanzato al sottoscritto un'ulteriore richiesta di risarcimento per oltre due milioni di euro solo perché ho eccepito su alcune scelte che peraltro sono sotto l'esame dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) e delle stesse Procure e per aver sollecitato l'attenzione nei confronti dei possibili rischi di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata; gli stessi rischi mi risulta siano stati prospettati dal procuratore generale di Firenze, dottor Quattrone.
Un giudice del Tribunale di Firenze, raccogliendo una richiesta del presidente Rossi, ha fatto ricorso dinanzi alla Corte costituzionale contro il giudizio di insindacabilità emesso dalla Camera sulle accuse rivolte dal presidente Rossi.
Per quanto riguarda il SIOR, non posso che ribadire quanto già evidenziato nella relazione finale, ovvero che è necessario fare chiarezza sul project financing per la costruzione dei quattro nuovi ospedali di Massa, Lucca, Pistoia e Prato. Alcuni fatti nuovi gettano una luce inquietante su tale mega-investimento e sulla possibilità che le vicende di Massa e del SIOR abbiano un punto di contatto proprio nel comportamento del dottor Delvino, che potrebbe aver intralciato i piani del concessionario e di eventuali suoi referenti all'interno della pubblica amministrazione, tanto da indurre il presidente Rossi a porre in atto la clamorosa azione nei suoi confronti culminata nella rimozione dell'11 ottobre 2011, lo stesso giorno in cui un'ordinanza del giudice del lavoro di Massa lo reintegrava nel suo incarico di direttore generale alla ASL n. 1.
Ricordo ancora che Delvino si oppose all'esecuzione di una bonifica del sito di Massa per un importo di circa 5 milioni di euro (bonifica poi realizzata con circa 600 mila euro); in merito l'ex direttore generale ha riferito di essere stato sottoposto a minacce da parte di un ingegnere della società Pizzarotti. Delvino eccepì poi sulle eccessive richieste di incrementi di costi formulate dal concessionario nell'estate


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del 2009 per oneri finanziari e per oneri legati alla sicurezza; in merito va approfondito il fatto che Persiani sottoscrisse, con un collega, la relazione che consentì di riconoscere circa 8 milioni di euro in più; la relazione che giustificò gli aumenti per oneri per la sicurezza fu firmata dall'ingegner Morganti.
Sottolineo ancora che a Delvino furono intimate le dimissioni pochi giorni dopo un alterco con Morganti e Cravedi sulla gestione dei sub-appalti, quando sostenne che bisognava essere estremamente rigorosi con il concessionario per evitare il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata, essendo noto che proprio il ricorso selvaggio ai sub-appalti è stato in passato utilizzato per evitare i rigorosi controlli che il codice degli appalti impone.
La società Astaldi viene citata nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata nel 2008, come una delle ditte che avevano subito il condizionamento da parte della 'ndrangheta durante la costruzione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria.
Si è appreso, al riguardo, che la Procura di Prato sta conducendo un'indagine sul SIOR. Inoltre l'AVCP, con la sua deliberazione n. 10 del 25 gennaio 2012 ha, censurato la parte della convenzione che riguarda i controlli sui servizi resi in concessione con particolare riferimento alla gestione delle penali. La stessa Autorità, dietro mia segnalazione, con lettera del 31 luglio 2012, ha riconosciuto che «non appare possibile giustificare il ricorso al sub-appalto nel caso di specie con gli argomenti sostenuti nel parere recepito dalla ASL n. 1 di Massa e Carrara ..., per mancanza di un'esplicita disciplina del sub-appalto delle categorie ad alta specializzazione, al momento dello svolgimento della procedura di gara» ed è presumibile che intenda riaprire un'inchiesta ancora di più ampio respiro sul SIOR.
Recentemente, per la ricostruzione degli edifici danneggiati dall'alluvione dell'ottobre 2011, è stato stipulato un protocollo di intesa molto rigoroso per prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata. Mi chiedo perché non sia stato stipulato prima di avviare il mega appalto SIOR, che determinerà movimenti economici infinitamente maggiori.
In merito al rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, ho effettuato uno studio approfondito che mi porta a richiedere un più elevato livello di attenzione su quanto accade proprio in Toscana.
Penso sia compito di questa Commissione nella prossima legislatura, se verrà ricostituita, non vanificare il grande lavoro svolto e completare le indagini fin qui svolte per far cessare comportamenti non degni di un Paese civile.
Al riguardo, rimando alla lettura della citata relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, che contiene molte riflessioni riguardo le modalità con cui la criminalità organizzata opera, infiltrandosi nei pubblici appalti, e confuta il luogo comune secondo cui solo la Calabria e le altre regioni meridionali siano nel mirino delle varie mafie.
Ivi si afferma che oggi la 'ndrangheta, la mafia rurale e selvaggia dei sequestri di persona, è l'organizzazione più moderna, più potente


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sul piano del traffico di cocaina (mediando fra le due rotte, quella africana e quella colombiana), capace di procurarsi e procurare micidiali armi da guerra e di distruzione, più stabilmente radicata nelle regioni del Centro e del Nord Italia, oltre che in numerosi Paesi stranieri.
I mafiosi calabresi sono considerati dai cartelli colombiani come i più affidabili per la loro capacità di gestione degli affari criminali, per la loro disponibilità di basi d'appoggio in tutta Italia, in tutta Europa e in tutto il mondo (oltre alla Calabria, ovviamente, il Centro e il Nord Italia, la Francia, la Germania, il Belgio, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna, il Portogallo, la Spagna, la Svizzera, l'Argentina, il Brasile, il Cile, la Colombia, il Marocco, la Turchia, il Canada, gli Stati Uniti d'America, il Venezuela, l'Australia) e per la loro ridotta permeabilità al pericoloso fenomeno dei collaboratori di giustizia. Questo riferimento all'espansione nazionale e internazionale della 'ndrangheta ci introduce all'analisi più approfondita del secondo, congiunto fattore di successo di questa forma del crimine organizzato. Tale fattore - direttamente collegato e anzi interconnesso a quello della struttura familiare - consiste nell'attitudine colonizzatrice, e anzi nella vera e propria scelta strategica della 'ndrangheta di impiantarsi e di radicarsi nelle regioni del Centro e del Nord Italia, a partire dalla metà degli anni cinquanta del Novecento.
Nel 2004 l'operazione convenzionalmente denominata Decollo concludeva una complessa indagine transnazionale durata alcuni anni che aveva interessato diverse regioni italiane: Lombardia, Calabria, Emilia-Romagna, Campania, Lazio, Liguria, Piemonte e Toscana.
Uno dei lati meno conosciuti della 'ndrangheta è proprio il suo rapporto con la politica che, com'è accaduto per «cosa nostra» e per la camorra, è molto antico, anche se è stato meno visibile e a lungo ritenuto inesistente o sottovalutato nella sua dimensione e importanza.
A proposito dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, nella medesima relazione si afferma che la 'ndrangheta imponeva senza difficoltà alle grandi imprese affidatarie degli appalti - dagli atti processuali citati sono risultate coinvolte imprese quali la Asfalti Syntex SpA; la Astaldi Spa; l'A.T.I. Vidoni - Schiavo; la Condotte SpA; la Impregilo SpA; la Baldassini & Tognozzi Spa - le funzioni di capo area o direttore dei lavori a soggetti graditi alle cosche, i quali si curavano di mediare le richieste mafiose e portarne l'esito a buon fine. Ecco di cosa si trattava: pagamento di una percentuale del 3 per cento sull'importo complessivo dei lavori e assunzione di lavoratori in cambio del controllo sui loro comportamenti.
Risulta altresì, dal medesimo documento, un affidamento dei subappalti a proprie imprese o imprese da esse controllate, provvedendo all'emarginazione di quelle non disposte a rientrare nel quadro predefinito dalle cosche, nonché un'imposizione di forniture di materiali di qualità inferiore a quella prevista dai contratti, a fronte di prezzi invariati. Questo meccanismo, che si è ripetuto del tutto identico a distanza di anni, funzionava alla perfezione, in primo luogo, per la sostanziale adesione delle imprese appaltanti che, dopo aver trattato e dopo aver accolto le richieste estorsive, si davano da fare per farvi fronte ricorrendo al sistema delle sovrafatturazioni, o


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consentendo l'apertura dei cantieri in subappalto prima ancora che questi fossero autorizzati dalla stazione appaltante principale.
Vi si sottolinea ancora che ciò era possibile anche per la sostanziale assenza di controlli, quando non per la connivenza da parte degli organi ad essi preposti: in particolare il responsabile unico del procedimento e il direttore dei lavori, entrambi espressione della stazione appaltante, in questo caso l'Anas, ente pubblico economico, che sarebbe stato obbligato al rigoroso rispetto della normativa in materia di lavori pubblici.
Da ultimo, vorrei segnalare che il Procuratore della Repubblica di Massa Carrara, dottor Aldo Giubilaro, in un'intervista rilasciata al quotidiano «La Nazione» del 17 febbraio 2012, ha dichiarato, a proposito della provincia di Massa Carrara: «Nella gestione dei pubblici poteri e del denaro pubblico ho notato un buon tasso di opacità e scarsa trasparenza».
In conclusione, nell'esprimere il mio apprezzamento per l'inchiesta condotta dalla Commissione anche con riferimento al filone sul disavanzo nella ASL n. 1 di Massa e Carrara, dichiaro il voto favorevole del gruppo PDL.


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