Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 724 del 22/12/2005
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(Circolare n. 84 del 10 novembre 2005 riguardante la definizione e l'impiego del portfolio delle competenze nella scuola dell'infanzia e nel primo ciclo di istruzione - n. 2-01752).

PRESIDENTE. L'onorevole Tocci ha facoltà di illustrare l'interpellanza Violante n. 2-01752 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmatario.

WALTER TOCCI. Signor Presidente, siamo di fronte ad un fatto molto grave con la circolare del ministero n. 84 del 10 novembre di quest'anno. La circolare instaura una nuova scheda unica di valutazione, inserisce la religione cattolica tra i criteri per la valutazione individuale degli alunni e, soprattutto, in questa scheda unica viene compresa soltanto la religione cattolica, escludendo quindi tutte le altre confessioni religiose. Questo è un atto grave, intanto perché non rispetta le intese che lo Stato italiano ha assunto con le altre confessioni religiose. Infatti, in quelle intese si prevede che nelle schede ci debba essere una menzione specifica della religione di riferimento di quella scuola. Questa circolare quindi ha destato un grande sconcerto. Lei, onorevole Aprea, essendo persona di scuola, potrà comprendere quali possano essere state, ad esempio, le reazioni nelle scuole ebraiche. In queste scuole, gli insegnanti, le famiglie ed anche i ragazzi si trovano di fronte ad una scheda di valutazione che comprende soltanto la religione cattolica. Quindi, in queste scuole in questo momento non si sa come debba essere contemplato l'insegnamento della religione ebraica. Non solo, ma siamo anche di fronte a un fatto più generale, vale a dire l'inserimento della religione cattolica tra i criteri per la valutazione degli alunni. Questo non c'è mai stato prima, neppure nella legislazione precedente a quella introdotta nella presente legislatura con la legge n. 53 del 2003.
Siamo di fronte quindi a un fatto grave e io sottolineo soprattutto che nei rapporti con le scuole che fanno riferimento ad altre confessioni religiose, si è creata una situazione molto spiacevole. Io spero che si tratti di un errore della burocrazia ministeriale e quindi spero e auspico che lei, onorevole Aprea, nella sua risposta possa chiarire immediatamente l'equivoco e prendere impegni per la revoca di questa circolare, dando quindi subito un chiarimento alle scuole di confessione ebraica, le scuole riconosciute delle comunità ebraiche. Aggiungerei anche un dovere da parte del ministro: quello di porgere delle scuse alle scuole delle comunità ebraiche per una situazione molto spiacevole, di sconcerto, appunto, che avete determinato.
Voglio anche sottolineare la circostanza che si torna ad usare il sistema della circolare ministeriale per stabilire regole che non hanno, tuttavia, il sostegno delle leggi. Ciò, come sappiamo è un vecchio vizio della Ministero di viale Trastevere, ossia agire tramite circolari, forzando anche le norme di legge. Sembrava un'abitudine ormai desueta, soprattutto negli ultimi anni, con l'autonomia scolastica e pareva che lo strumento della circolare dovesse, sempre più, andare nel «dimenticatoio». Invece, constatiamo di nuovo


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l'utilizzo di questo strumento della burocrazia ministeriale per introdurre, come nel caso in questione, regole che - lo ripeto - non hanno alcun fondamento giuridico.
Non solo, la circolare ministeriale in questione sta determinando anche una situazione di confusione nelle scuole. Voglio ricordare che nell'anno scolastico precedente, voi avevate dichiarato che ciascuna scuola dovesse definire, nella propria autonomia, le schede di valutazione e le scuole si sono regolate di conseguenza. Dunque, molte scuole avevano programmato l'elaborazione della scheda di valutazione anche per l'anno scolastico in corso. A novembre avete emesso, quando l'anno scolastico è già iniziato e le scuole hanno già predisposto - o, comunque, avviato le procedure per predisporre - le schede di valutazione, una circolare che cambia le carte in tavola. In tal modo determinate una situazione di confusione. Vi siete subito accorti che tale circolare, tardiva, avrebbe creato lamentele e disagi nelle scuole e pertanto vi siete affannati a specificare che la medesima circolare può essere anche non rispettata.
Nel complesso, si assiste, quindi, ad un atteggiamento che non fa altro che aumentare la confusione ed il disordine all'interno dei rapporti tra le funzioni ministeriali e la vita autonoma delle scuole. In tal modo di procedere, così tortuoso, vi è anche da osservare un po' di malizia. Infatti, ricordo la vicenda degli ultimi tempi, sull'argomento in questione. Come noto, vi era in precedenza una scheda nazionale di valutazione. A seguito dell'approvazione della legge n. 53 del 2003 e dei decreti legislativi conseguenti, avete eliminato il modulo standard nazionale per la scheda di valutazione ed avete, come dicevo in precedenza, lasciato piena libertà alle scuole. Quindi, per lo scorso anno, la scheda di valutazione è scomparsa dalla vta scolastica. Dopodiché, quest'anno, con la circolare citata, riappare la scheda di valutazione, ma con una novità molto importante: nelle vecchie schede di valutazione la religione cattolica - come l'onorevole Aprea ricorderà - faceva parte di un modulo indipendente e non partecipava ai criteri di valutazione degli alunni. Scompare la vecchia scheda, per un anno non se ne parla, e successivamente riappare la nuova scheda che, invece, comprende la sola religione cattolica anche come criterio di valutazione degli alunni.
Siamo, quindi, in una situazione di pieno contrasto non soltanto con la legislazione, ma anche con i principi che, in varie occasioni, la Corte costituzionale ha chiarito. Secondo il linguaggio adottato dalla Corte, infatti, tutta la materia dell'insegnamento della religione cattolica e, in generale, quella dell'insegnamento della religione, si svolge in un ambito normativo definito di «non obbligo». Invece, nella circolare ministeriale voi, con riferimento alla religione cattolica, utilizzate una formula che parla di insegnamento «obbligatorio opzionale». Ora, una cosa o è obbligatoria o è opzionale, evidentemente. Si tratta, quindi, di un ossimoro ministeriale difficilmente comprensibile, che è fonte di equivoci...

VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. È dal 1985 che è obbligatorio...

WALTER TOCCI. Vedo la reazione dell'onorevole Aprea e immagino voglia dirci - poi lo farà - che il termine obbligatorio si riferisce evidentemente all'amministrazione statale, che ha l'obbligo di creare le condizioni organizzative e finanziarie per l'insegnamento della religione cattolica. In realtà, si tratta di un'opzione dal lato del cittadino, della famiglia, dello studente. Quindi, i due termini non possono essere messi insieme, perché creano confusione. L'obbligo spetta allo Stato, ma non può spettare al cittadino. Quindi, la formulazione usata di insegnamento «obbligatorio opzionale» è introdotta dalla circolare ministeriale senza alcuna norma di riferimento. Neppure la legge n. 53 del 2003, recante norme sull'ordinamento della scuola italiana, che avete approvato e che in questo momento è in vigore, utilizza tale formulazione e, tanto meno, la utilizzano


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i decreti legislativi conseguenti. Quindi, il Ministero non può usare in una circolare ministeriale un ossimoro così ambiguo e confuso che - lo ripeto - non è supportato da alcuna norma di legge.
Siamo, quindi, in presenza di una circolare ministeriale che deve essere al più presto ritirata. A mio avviso, sarebbe buona cosa, da parte del ministro, porgere le scuse alle comunità ebraiche ed alle altre confessioni religiose non cattoliche, perché si è trattato di un gesto anche offensivo verso quelle realtà religiose con le quali lo Stato italiano ha preso impegni molto precisi firmando le intese che ho richiamato in precedenza.
Questi fatti sono ancora più preoccupanti, perché si inseriscono nell'ambito di una serie di atteggiamenti e di scelte da parte del Ministero che vanno nella medesima direzione, che tendono ad instaurare surrettiziamente uno status dell'insegnamento della religione cattolica comunque di supremazia rispetto agli altri insegnamenti religiosi e tendenzialmente anche a ripristinare una qualche forma di obbligo.
Ciò si evince, ad esempio, anche dalla situazione molto incerta, sia da un punto di vista finanziario sia da un punto di vista organizzativo, delle risorse umane impegnate per l'insegnamento dell'ora alternativa. Sappiamo che le scuole non sono attrezzate per gestire questo spazio dell'offerta didattica e, quindi, surrettiziamente, si viene a determinare una forzatura verso l'insegnamento della regione cattolica.
Voglio qui richiamare anche la scelta che l'attuale maggioranza ha compiuto relativa all'inserimento degli insegnanti di religione cattolica nei ruoli dello Stato, destando grande preoccupazione anche da un punto di vista dell'inquadramento generale del personale statale. È l'unico caso, infatti, in cui si accede ai ruoli dello Stato per nomina di un vescovo, ossia senza concorso pubblico e senza il rispetto di quelle regole che appartengono allo status del pubblico funzionario.
Quindi, la circolare, purtroppo, si inserisce nell'ambito di una serie di fatti che vanno in una direzione preoccupante, dal nostro punto di vista. Chiedo che l'onorevole Aprea possa chiarire questi elementi e rassicurarci sulla revoca della citata circolare ministeriale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per istruzione, l'università e la ricerca, onorevole Aprea, ha facoltà di rispondere.

VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, onorevole Tocci, com'è noto, i rapporti tra lo Stato italiano e le diverse confessioni religiose presenti nel nostro paese sono regolati da un complesso di disposizioni normative volte a tutelare la libertà religiosa nel rispetto del dettato costituzionale.
In particolare, l'articolo 8 della Costituzione prevede che le confessioni religiose debbano essere ugualmente libere e stabilisce un regime differenziato per le singole confessioni attraverso la disciplina delle intese.
Nondimeno, il medesimo dettato costituzionale, all'articolo 7, richiamando i Patti lateranensi, riconosce un diverso trattamento alla religione cattolica, attesa la differente posizione che la Chiesa cattolica ha storicamente rivestito nell'ambito del nostro ordinamento.
In base alle norme concordatarie, di cui alla legge 25 marzo 1985, n. 121, che ha recepito le modificazioni apportate al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, con il protocollo addizionale firmato il 18 febbraio 1984, nonché in base al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, recante «Intesa tra autorità scolastica e Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche», e in base all'articolo 309 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado», l'insegnamento della religione cattolica è stato incluso tra quegli insegnamenti che le scuole pubbliche devono necessariamente


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offrire agli studenti, lasciando tuttavia ai medesimi la facoltà di avvalersene o di optare per attività alternative o di esercitare altre scelte liberamente individuate, quali, ad esempio, lo studio individuale.
Tra le attività alternative rientra, come previsto dall'articolo 311 del suddetto testo unico, l'insegnamento delle religioni diverse da quella cattolica, impartito secondo le modalità previste dalle specifiche intese tra lo Stato italiano e le singole confessioni religiose.
Per quanto riguarda la religione ebraica, l'intesa stipulata tra lo Stato italiano e l'Unione delle comunità israelitiche italiane, recepita con legge 8 marzo 1989, n. 101, prevede, all'articolo 1, quarto comma, che «la Repubblica italiana, nel garantire il carattere pluralista della scuola, assicura agli incaricati designati dall'Unione o dalle Comunità e ha il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici in ordine allo studio dell'ebraismo. Tali attività si inseriscono nell'ambito delle attività culturali previste dall'ordinamento scolastico».
Il decreto legislativo n. 59 del 19 febbraio 2004 (decreto attuativo della riforma Moratti, onorevole Tocci, e quindi c'è una disposizione di legge da cui scaturiscono le circolari da lei richiamate), che detta norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, ha quindi inserito l'insegnamento della religione cattolica nell'ambito dei relativi piani di studio e di attività previsti dallo stesso decreto, richiamando al riguardo integralmente la disciplina vigente, sopra ricordata.
Occorre rilevare, altresì, che con il citato decreto legislativo e le annesse indicazioni nazionali, in coerenza con i motivi ispiratori della riforma, che hanno l'obiettivo della personalizzazione dei percorsi formativi dell'alunno, si evolve il quadro normativo anche materia di valutazione dell'apprendimento e di certificazione delle competenze acquisite.
In fase di prima applicazione della riforma stessa l'amministrazione ha offerto, con la circolare n. 85 del 3 dicembre 2004, indicazioni, indirizzi e orientamenti a sostegno dell'impegno delle scuole nella predisposizione di aggiornati strumenti di valutazione.
Ciò ha consentito di acquisire esperienze significative che, opportunamente vagliate e selezionate, hanno reso possibile la predisposizione delle linee guida, contenute nella circolare n. 84 del 10 novembre 2005, affinché le istituzioni scolastiche nella compilazione e gestione del «portfolio delle competenze individuali» possano improntare la propria azione a principi di uniformità coerenti con l'unità del sistema nazionale d'istruzione.
La struttura del modello di portfolio delle competenze allegato alle linee guida, pertanto, prevede un apposito spazio per la valutazione relativa alla religione cattolica, che, come sopra si è chiarito, è disciplina obbligatoria per la scuola. In alternativa a tale insegnamento, la scheda valutativa contiene la menzione delle attività alternative, nell'ambito delle quali, ai sensi della disciplina vigente, rientra l'insegnamento delle religioni diverse da quella cattolica, ivi compresa la religione ebraica, nei termini sopra richiamati.
Quindi, per la parte relativa alle religioni, la disciplina è di fatto immutata rispetto al 1985, con le opportune integrazioni previste prima dalla legge n. 53 del 2003 e successivamente dal decreto legislativo n. 59 del 2004, attuativo della legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Tocci ha facoltà di replicare.

WALTER TOCCI. Signor Presidente, non solo non sono soddisfatto della risposta dell'onorevole Aprea, ma sono ancora più allarmato perché il sottosegretario riconduce l'insegnamento della religione ebraica all'interno dell'ora alternativa, negando quindi alle scuole ebraiche la possibilità di inserire l'insegnamento della religione ebraica come materia indipendente dall'ora alternativa.
Ci troviamo di fronte ad una scheda di valutazione nazionale che comprende soltanto


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la religione cattolica, in netto contrasto (mi dispiace, onorevole Aprea, che lei abbia glissato su questo aspetto) con l'intesa che lo Stato italiano ha siglato con l'Unione delle comunità ebraiche italiane.
Sostanzialmente voi negate la specificità che all'interno di una scuola ebraica si determina con l'insegnamento, appunto, della religione ebraica. Ciò, oltre ad essere in contrasto con l'intesa firmata dallo Stato italiano, è anche (come ho detto nell'illustrazione dell'interpellanza) un modo che sta determinando sconcerto ed offesa nel mondo ebraico. Mi sarei aspettato, onorevole Aprea, che manifestasse la volontà di correggere la situazione, che prendesse impegni specifici su una circolare ministeriale che, a nostro giudizio, è in contrasto con la legge e con gli impegni assunti dallo Stato.
Lei, sottosegretario, continua a lavorare sull'equivoco della definizione di «obbligatorio», per il quale appartiene certamente ad un dovere dell'amministrazione statale offrire la religione cattolica come insegnamento, ma ciò non può diventare un obbligo dal lato delle famiglie, degli alunni, degli studenti, per i quali vi deve essere una totale libertà di scelta. Nel caso di scuole organizzate dalle comunità ebraiche l'insegnamento della religione ebraica deve avere il rango di un insegnamento religioso e quindi deve poter essere citato espressamente nella scheda di valutazione e non essere considerato come forma contenuta all'interno dell'ora alternativa.
Quindi, ritengo che la questione non sia affatto risolta; anzi, sono ancor più preoccupato.
Pertanto, continueremo in tutte le sedi, in tutte le forme e con altri strumenti parlamentari a sollevare la questione.

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