La seduta comincia alle 12,05.
TIZIANA VALPIANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 ottobre 2005.
(È approvato).
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Alemanno, Aprea, Armani, Armosino, Baccini, Ballaman, Berlusconi, Berselli, Boato, Bonaiuti, Bono, Brancher, Bricolo, Burani Procaccini, Burtone, Caligiuri, Cicu, Colucci, Gianfranco Conte, Contento, Cordoni, Cusumano, D'Alia, Dell'Elce, Di Virgilio, Dozzo, Giuseppe Drago, Ercole, Fini, Fiori, Galati, Galeazzi, Gentiloni Silveri, Giordano, Giancarlo Giorgetti, Giovanardi, Kessler, La Malfa, Gianni Mancuso, Manzini, Maroni, Martinat, Martinelli, Martino, Martusciello, Matteoli, Mauro, Micciché, Moroni, Palumbo, Pecoraro Scanio, Pescante, Pisanu, Pistone, Possa, Prestigiacomo, Rodeghiero, Romani, Romano, Rosso, Santelli, Saponara, Scajola, Selva, Sgobio, Siniscalchi, Soro, Sospiri, Stefani, Stradella, Stucchi, Tanzilli, Tassone, Tortoli, Tremaglia, Tremonti, Urso, Valducci, Valentino, Viceconte, Viespoli, Vietti, Violante e Vitali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Comunico che il deputato Massimo Ostillio ha inviato alla Presidenza, in data 28 ottobre 2005, la seguente lettera: «Presidente, faccio seguito alla sua nota del 28 settembre scorso per comunicarle che, in considerazione della situazione di incompatibilità prevista dall'articolo 122 della Costituzione, è mia intenzione optare a favore della carica di assessore regionale della Puglia.
Nel lasciare dopo oltre nove anni la Camera dei deputati, che ha rappresentato per me un'esperienza straordinaria e indelebile, desidero rivolgere a lei e a tutti i colleghi un deferente saluto, nella speranza di adempiere alle nuove e diverse responsabilità istituzionali con lo stesso spirito di servizio che ha animato il mio impegno da parlamentare. Buon lavoro! Firmato: Massimo Ostillio».
Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Ostillio dal mandato parlamentare.
Mi consentirete - credo di interpretare tutti voi - di rivolgere all'amico e collega Massimo Ostillio un affettuoso saluto. Penso che sarà un arrivederci in quest'aula - lo speriamo anche per noi! - e formulo gli auguri per il lavoro importante nella regione Puglia (Applausi).
PRESIDENTE. Avverto che, a seguito delle dimissioni da parlamentare dell'onorevole Gennaro Malgieri, accolte dall'Assemblea il 3 ottobre 2005, lo stesso ha cessato di far parte come membro effettivo anche della delegazione parlamentare italiana presso le Assemblee del Consiglio d'Europa e dell'Unione dell'Europa occidentale.
Il presidente del gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale ha quindi designato in sostituzione l'onorevole Italo Bocchino.
Come preannunciato alla Conferenza dei presidenti di gruppo nella riunione di giovedì 27 ottobre, secondo la costante prassi applicativa dell'articolo 56, comma 4, del regolamento, ho proceduto - trattandosi della sostituzione di un solo membro di una lista formata da rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari - alla nomina dell'onorevole Italo Bocchino a membro effettivo della delegazione italiana presso le Assemblee del Consiglio d'Europa e dell'Unione dell'Europa occidentale.
Onorevole Bocchino, le auguro buon lavoro in questo importante incarico internazionale.
PRESIDENTE. Comunico che domenica 30 ottobre il collega Massimo Polledri è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
Ricordo che nella seduta del 27 ottobre si sono svolti gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno e che il rappresentante del Governo ha espresso il parere su di essi.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 6063 sezione 1).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
Le ricordo, onorevole Ria, che ha a disposizione cinque minuti per il suo intervento.
LORENZO RIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli avvenimenti, istituzionali e politici, degli ultimi mesi - e, ancor più, di queste ultime settimane - annunciano, con solare evidenza oramai, l'avvio di una fine legislatura estremamente accidentata e complessa, a questo punto davvero imminente. Una fine legislatura nella quale maggioranza parlamentare e Governo non lesineranno forzature e, persino, atti di prepotenza mentre
i problemi gravi e drammatici del paese resteranno semplicemente sullo sfondo delle scelte e delle azioni compiute; infatti, queste ultime, adottate dalla maggioranza e dal Governo, sono oramai finalizzate esclusivamente a salvare il salvabile: salvare il salvabile di un patto nefasto di maggioranza che ha piegato alle proprie piccole esigenze elettoralistiche di immagine anche l'elemento cardine nell'unità nazionale, ovvero la Carta costituzionale; salvare il salvabile di un consenso sociale che già tre elezioni generali consecutive hanno rivelato essersi sfarinato, e oramai dissolto; salvare il salvabile, infine, attraverso l'imposizione di una legge elettorale premoderna, deresponsabilizzante, produttrice di ingovernabilità a causa della disgregazione della rappresentanza.
Risulta oramai chiaro ed evidente ai cittadini italiani che il «maggioritario» vi avrebbe condannati al disastro elettorale; il «proporzionale» - che è stato il vostro grande nemico undici, dodici anni fa - oggi è diventato la vostra zattera di naufraghi, la nostra speranza per garantirvi una certa rappresentanza e per rendere più difficoltoso il nostro impegno di Governo dopo le elezioni.
Anche la vicenda della conversione di questo decreto-legge n. 182 sa di affrettato, di forzato, e trasuda prepotenza; anzi, tutte le scelte compiute dalla maggioranza in quest'ultimo anno - dalla finanziaria ai provvedimenti sull'economia e sulla competitività, particolarmente del settore agricolo, hanno un che di avventuroso, di forzato, di rocambolesco.
Che senso ha - mi domando - imporre su un decreto-legge come questo il voto di fiducia? È semplicemente un espediente per salvare formalmente la bandiera costituita da questo provvedimento, ma non serve in alcun modo ad affrontare le vere questioni e le emergenze del settore.
Oltretutto, proprio in tema di agricoltura, la maggioranza ha convertito decreti legge, per così dire, nati morti, come è il caso del decreto-legge n. 22 del 2005, convertito nella legge n. 71 dello stesso anno. Una legge che, per le sue evidenti debolezze sul versante della coerenza con la legislazione comunitaria, non potrà spiegare alcun effetto reale.
Il provvedimento in esame, sulla cui conversione, generosamente ma imprudentemente, questa maggioranza oramai militarizzata esprimerà un voto favorevole ...
PRESIDENTE. Onorevole...
LORENZO RIA. ...ebbene, questo stesso provvedimento - e concludo, Presidente - incontrerà, a Bruxelles, le stesse difficoltà dell'antecedente misura legislativa intervenuta sulla materia; si sarà trattato, quindi, di un lavoro interamente inutile e vana sarà stata la fiducia. Quindi, per gli agricoltori, oltre al danno, vi sarà la beffa (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zara. Ne ha facoltà.
STEFANO ZARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, recentemente - più esattamente, a margine della cerimonia di conferimento delle onorificenze di cavaliere del lavoro ai suoi nuovi colleghi -, il Presidente del Consiglio ha avuto modo di dichiarare alla lettera: «qualcuno non si è accorto che abbiamo fatto più riforme di tutti i Governi della Repubblica messi insieme». Ebbene, signor Presidente, ci onoriamo di essere tra quelli che non se ne sono accorti!
Vorrei rilevare che anche il decreto-legge, di cui stiamo discutendo, in questa sede, la conversione in legge, contribuisce a dimostrare l'incongruità dell'affermazione del Presidente del Consiglio. Riformare, infatti, significa formare di nuovo, ricostruire, ricomporre, trasformare; è implicita, in questo significato, l'intenzione di modificare per adattare a nuove esigenze, in particolare l'obiettivo di migliorare.
Di tale approccio riformista non v'è traccia in tutta l'attività legislativa posta in essere dall'attuale Governo, costellata da colpi di mano di natura spesso sovversiva dell'ordinamento esistente, nonché caratterizzata
da un ampio ricorso alla decretazione d'urgenza ed alla posizione della questione di fiducia; anzi, come è stato più volte segnalato, il Governo in carica ha raggiunto un vero e proprio primato nell'uso di questa strumentazione legislativa, di per sé poco riformista!
Cosa c'è di riformista, infatti, nei numerosissimi provvedimenti ad personam o ad hoc che consegneranno alla storia la presente legislatura come la più autocratica del dopoguerra italiano, nonché dell'intero universo democratico internazionale? Quanto riformismo c'è nella proposta di riforma della legge elettorale, attualmente all'esame del Senato della Repubblica, frutto di un blitz settembrino, che sovverte le logiche fino ad ora condivise da tutti i cittadini e dall'intero Parlamento, e non dalla sola maggioranza? Si tratta di una proposta di legge che, in questa sede, ci vede costretti a ricorrere alla pratica ostruzionistica!
Vorrei osservare che non ci siamo accorti delle riforme varate perché, anziché miglioramenti, abbiamo avuto stravolgimenti; anzi, invece che a miglioramenti, abbiamo assistito a svilimenti!
È questo il caso della conversione in legge del decreto-legge in esame, concernente gli interventi urgenti in agricoltura. Anche in tale occasione, infatti, il Governo non si è fatto mancare nulla sul piano sia del metodo, utilizzando il combinato disposto del ricorso alla decretazione d'urgenza e della posizione della questione di fiducia, sia del merito, intervenendo per la quarta volta in un comparto tanto importante per l'economia italiana del paese attraverso l'adozione di misure-tampone, prive di ogni contenuto organico.
Vorrei ricordare che abbiamo provato, attraverso la presentazione di proposte emendative e di ordini del giorno, ad introdurre al provvedimento in esame miglioramenti che fossero in grado di costituire la premessa per l'adozione di quell'approccio riformista di tipo strutturale e sistematico di cui l'agricoltura avrebbe urgente necessità; le nostre proposte, tuttavia, sono state disattese e vanificate.
Con la stessa attitudine riformista, abbiamo cercato di contribuire all'ammodernamento del comparto agricolo attraverso una seria riformulazione degli strumenti contributivi e fiscali, finalizzata ad affrontare la sfida concorrenziale dei paesi europei in un'Unione allargata, nonché a livello globale, visto che, anche in tale comparto, la competizione sta travolgendo i confini regionali e nazionali.
Vorrei altresì ricordare che abbiamo tentato di far sì che, al mondo agricolo, giungessero risorse vere, anziché stanziamenti sottratti ad altri provvedimenti, risorse adeguate al posto di somme minimali, risorse ben finalizzate anziché finanziamenti a pioggia, ma non abbiamo ottenuto nulla!
Abbiamo provato ad introdurre soluzioni più marcatamente strutturali, attraverso l'abbattimento del costo dell'energia, ma anche in questo caso senza successo. Abbiamo tentato, infine, di promuovere accorciamenti della catena logistica produzione-distribuzione, favorendo la riduzione dei costi relativi, ma senza raggiungere alcun concreto risultato.
Concludendo, signor Presidente, anche per quanto riguarda il settore dell'agricoltura, così come per altri gravi problemi del paese, restiamo in trepida attesa che si inveri...
PRESIDENTE. Onorevole Zara, si avvii a concludere!
STEFANO ZARA. ... quanto proclamato dal Presidente del Consiglio, cioè di accorgersi della straordinaria prolificità riformatrice di questo Governo!
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zara...!
STEFANO ZARA. Siamo convinti, tuttavia, che tale attesa dovrà protrarsi sino al momento in cui questo Governo sarà sostituito (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.
LINO RAVA. Signor Presidente, credo che la fase delle dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati rappresenti anche un momento per discutere il decreto-legge in esame. Ad oggi, infatti, abbiamo potuto esaminare veramente poco tale provvedimento, in primo luogo perché, in sede di Commissione, i tempi ristretti hanno impedito di procedere oltre l'analisi di tre soli articoli.
Abbiamo analizzato soltanto l'articolo 1, l'articolo 2 e l'articolo 5. Dopo che il provvedimento è giunto all'esame dell'aula, ed in seguito ad una discussione sulle linee generali del tutto normale, al principio della discussione sugli emendamenti abbiamo visto porre da parte del Governo una questione di fiducia che si commenta da sé. Arrivare, infatti, a porre la questione di fiducia su un provvedimento settoriale, quale questo, pur importante, testimonia esattamente la dimensione politica che sta vivendo questa maggioranza.
Come dicevo, questa è comunque l'occasione per iniziare a discutere dei contenuti del decreto-legge. Bisogna partire da una considerazione: stiamo vivendo, in questi ultimi anni, a partire dal 2001, una grande emergenza. Stiamo inseguendo le emergenze una dopo l'altra e tali emergenze si stanno acuendo pericolosamente proprio in quest'ultima fase di legislatura. Credo che ciò rappresenti una dimostrazione emblematica di quanto noi sosteniamo fin dalla discussione del primo decreto-legge sul quale abbiamo avuto modo di confrontarci con la maggioranza nel 2001, riguardante proprio l'Agea. Vi è la mancanza di una visione strategica e di ciò che dovrebbe rappresentare una chiara politica agricola ed agroalimentare per il nostro paese.
Tale assenza, di fatto, ha determinato una stasi per quanto riguarda l'acquisizione e la definizione degli strumenti legislativi ed, inevitabilmente, in un mondo che progredisce ed in cui i processi di globalizzazione sono stati molto accelerati, anche il verificarsi di una situazione davvero complicata, quale quella che stiamo vivendo.
Ritengo che i colleghi che abbiamo ascoltato anche nei giorni scorsi, nella discussione di questo provvedimento, e che affermano l'esistenza di un eccesso di rigidità da parte nostra nel denunciare tale assenza di strategia, dovrebbero tenere ben in considerazione la situazione reale, non le nostre affermazioni. La situazione reale è che oggi stiamo affrontando, con questo provvedimento, la crisi del settore vitivinicolo. Un anno fa, con un altro decreto-legge, è stato affrontato il tema della crisi dell'ortofrutta, ma si potrebbe accennare, e ne stanno discutendo anche animatamente gli operatori del settore negli ultimi mesi, della crisi del settore bieticolo-saccarifero. Questi sono solo alcuni esempi, in realtà potremmo andare oltre e citare molti altri comparti.
Ora, è evidente che ciò rappresenta il riflesso di un'assenza di una strategia politica e i colleghi che negano tale fatto, a mio avviso, commettono un errore gravissimo, perché, per affrontare e risolvere i problemi del settore, occorre anzitutto avere la consapevolezza di quale sia il livello di tali problemi e, naturalmente dopo avere acquisito tale consapevolezza, utilizzare gli strumenti di analisi - e, successivamente, normativi - per affrontare la situazione.
Un altro elemento che ritengo molto significativo...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rava.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sedioli. Ne ha facoltà.
SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, il voto di fiducia posto dal Governo su questo provvedimento ha impedito al Parlamento una discussione seria ed approfondita, non solo per migliorare il decreto-legge, ma per avere una visione più esatta dei problemi che oggi sta vivendo il mondo agricolo, che da tre anni conosce un continuo calo del reddito dei nostri imprenditori e che ha perso sul piano della competitività e delle esportazioni, se si esclude il settore vinicolo. Tutti gli altri settori hanno conosciuto, infatti, un arretramento preoccupante.
Ebbene, il voto di fiducia ha fatto decadere gli emendamenti della maggioranza e dell'opposizione che consentivano di affrontare meglio questa situazione, che non è solo contingente. Infatti, come ha affermato recentemente il ministro, non si tratta solo di una crisi di mercato, ma di un problema di carattere strutturale.
Il 15 ottobre scorso, il ministro ci ha inviato una lettera che contiene quasi un editto scaturito, probabilmente, da uno scatto d'orgoglio. Egli afferma che, dopo cinque anni del suo ministero, l'agricoltura italiana non può attendere il compimento dei riti della politica per procedere sul terreno delle riforme e della modernizzazione.
Riforme e modernizzazione erano alla base del programma del centrodestra; erano parole impegnative, ma tutto questo - compresa la lettera del ministro - ha fatto «flop», perché siamo qui a discutere del de minimis, ossia dell'intervento minimo. Sarebbe stato, invece, necessario un intervento riformatore, che incidesse soprattutto sulle strutture, per ridare competitività e modernizzare la nostra agricoltura.
Ebbene, con il de minimis si pensa di affrontare una crisi profonda, che diviene drammatica in questi giorni con la crisi del settore avicolo, un settore in ginocchio, che ha 80 mila addetti (180 mila, se si considera anche l'indotto), 6.500 allevamenti ed un fatturato di 4 miliardi e mezzo di euro, che resistono ad un calo dei consumi del 60 per cento e dei prezzi del 50 per cento.
Sarà possibile affrontare questa crisi del mercato con il decreto-legge in esame, che deve affrontare anche le crisi del settore ortofrutticolo, di quello dell'uva e di altri comparti come quelli cerealicolo ed ortofrutticolo?
Credo che questi ordini del giorno, vista l'impossibilità di esaminare gli emendamenti, diano comunque un indirizzo al Governo ed impegnino lo stesso a fare ciò di cui non abbiamo potuto discutere in questa sede. Lo ripeto: erano proposte avanzate non solo dalla maggioranza, ma anche dall'opposizione. Quindi, in molti casi, non si trattava di interventi di parte, bensì veramente migliorativi del decreto-legge.
Ritengo che con gli ordini del giorno, in qualche modo, riusciremo a dare non dico una sterzata, ma almeno un indirizzo per i provvedimenti successivi. Per questo motivo, mi auguro che l'Assemblea li voglia considerare ed approvare, proprio là dove impartiscono indirizzi al Governo su proposte che consentirebbero di affrontare la situazione così difficile che si riscontra nel settore agricolo. Penso che questa sia l'attesa degli agricoltori.
Nel settore agricolo è in atto una protesta profonda, che richiede interventi immediati. Su un cartello che ho visto ad una grande manifestazione degli agricoltori era scritto: il primo anno si tampona, il secondo si abbandona. Come dire: la crisi per un anno la possiamo anche sostenere; poi, abbandoneremo la nostra agricoltura ed il nostro impegno nelle imprese.
Credo che questo sia il problema più importante che abbiamo di fronte: rischiamo che si determini negli imprenditori agricoli una sfiducia che diventa non un fatto contingente, bensì un elemento che compromette la nostra agricoltura, non solo dal punto di vista produttivo ed occupazionale, ma anche da quello ambientale, se consideriamo il ruolo dell'imprenditore agricolo anche in rapporto con il territorio e con l'ambiente.
I nostri ordini del giorno intendono, in qualche modo, anche determinare un coinvolgimento su questi problemi non solo delle imprese, ma anche dei consumatori e dei cittadini, che si chiedono il motivo per cui esiste una forbice così ampia tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo. Noi avevamo avanzato proposte specifiche a questo proposito, come dimostrano alcuni emendamenti ed ordini del giorno da noi presentati, con cui chiediamo che venga promossa una grande campagna di informazione verso i consumatori, le scuole e chi frequenta le mense, per garantire la produzione italiana e per valorizzare la qualità dei nostri prodotti. Sarebbe stato un intervento importante anche per affrontare le crisi di mercato.
Inoltre, abbiamo avanzato proposte concrete per rendere trasparente tutta la procedura relativa ai prezzi. Parliamo di tracciabilità della produzione e della sua qualità; pensiamo peraltro che sia necessaria anche la tracciabilità del prezzo, perché il consumatore sappia qual è la procedura seguita e quali sono gli aumenti che intervengono nell'ambito dei diversi passaggi della produzione, dalla lavorazione alla distribuzione, al consumo. Queste iniziative sarebbero state importanti e in molti casi non avrebbero richiesto neanche lo stanziamento di risorse eccessive da parte dello Stato.
Tuttavia, su questo piano si registra un'assenza da parte del Governo. Le parole «modernizzazione» e «competitività» appartengono soltanto ai manifesti e alle dichiarazioni, ma non trovano concretezza nelle nostre leggi e neppure in questo provvedimento. Le ritroviamo, invece, negli ordini del giorno e credo che una attenta lettura degli stessi darebbe la possibilità al Parlamento non di migliorare il decreto, che non sarà modificato, ma di assumere nuovi indirizzi per affrontare la crisi dell'agricoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, poiché vi sono diversi deputati che hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto sugli ordini del giorno, la seduta proseguirà senza alcuna sospensione finché le dichiarazioni di voto non saranno esaurite.
Molti colleghi mi chiedono a che ora avranno luogo le votazioni; posso affermare che queste ultime non potranno iniziare prima delle 16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Signor Presidente, oggi, a Parigi, si svolge un'importante riunione sui problemi dell'agricoltura tra quattro paesi (Francia, Spagna, Portogallo e Italia), i quali dovrebbero individuare una linea comune, tra l'altro, sul problema delle crisi di mercato del settore agricolo. Tuttavia, data la presenza in quest'aula di due dei tre sottosegretari competenti in materia (mi dicono che il ministro sia in Nepal a fare qualche scalata), probabilmente la delegazione italiana a Parigi è composta solo da alcuni funzionari del ministero.
Perché questo incontro di Parigi è importante? Esso è importante - ciò sarà oggetto di discussione a Parigi nel pomeriggio - perché occorre individuare le cause delle crisi di mercato e gli scenari futuri nei quali l'agricoltura europea si dovrà muovere e, quindi, anche lo scenario futuro dell'agricoltura del nostro paese.
Con gli ordini del giorno che abbiamo presentato, tra i quali ve ne è uno a mia prima firma, chiediamo al Governo ciò che per anni abbiamo chiesto in Commissione e in quest'aula. Chiediamo di sapere quale sia la linea del Governo, di conoscere su quali basi si svolga il rapporto con l'Unione europea e di sapere come ci muoviamo con gli altri paesi europei davanti ai futuri scenari dell'agricoltura italiana.
In un intervento che ho svolto su questo decreto-legge ho citato un recente studio presentato al Senato da parte di ISMEA in cui si prevedono alcuni scenari futuri da oggi al 2015 sull'agricoltura italiana e sull'agricoltura europea. Mi chiedo come si stia muovendo il Governo.
ALDO PREDA. Nei nostri ordini del giorno individuiamo due punti: i piani produttivi per ogni settore della nostra agricoltura ed i rapporti che dobbiamo avere con l'Unione europea per vedere come costruire i suddetti scenari futuri. L'incontro che si svolge oggi a Parigi è importante per tale motivo: mi chiedo come si muoverà la delegazione italiana oggi pomeriggio.
Il collega Sedioli ha già citato la lettera che il ministro Alemanno ha inviato ai componenti delle Commissioni agricoltura di Camera e Senato, agli assessori regionali ed alle organizzazioni agricole nella
quale si descrive un percorso ambizioso da intraprendere. Mi chiedo dove sia tale percorso ambizioso.
Esaminando l'iter seguito dal decreto-legge in esame constatiamo che è in contraddizione con la legge n. 71 approvata pochi mesi fa, relativa ad alcuni interventi da effettuare in occasione di crisi di mercato. Il decreto-legge è stato adottato dal Consiglio dei ministri il 9 settembre sulla spinta di quanto avvenuto in Puglia; è stato modificato, a volte correttamente, dal relatore in sede di Commissione; è stato successivamente modificato da una serie di emendamenti presentati dal Governo; è stato ulteriormente modificato dal maxiemendamento presentato dal Governo e sul quale è stata posta la questione di fiducia.
ALDO PREDA. Il provvedimento non ipotizza futuri scenari e futuri interventi da effettuare date le crisi che stiamo attraversando e non delinea la strategia del Governo. Dunque, dove è l'ambizioso progetto che vuole seguire il ministro? Mi chiedo se il Governo abbia la capacità necessaria per fronteggiare la crisi che sta attraversando tutto il settore agricolo, quale sia la strategia del Governo, quali siano i traguardi ambiziosi che vuole portare avanti e quale sarà la linea che oggi pomeriggio sosterrà nell'incontro parigino che si svolgerà con altri paesi che hanno i nostri stessi problemi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franci. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FRANCI. Signor Presidente, si è visto che una parte degli oltre 200 ordini del giorno presentati dal centrosinistra è motivata da una volontà ostruzionistica imposta dall'atteggiamento tenuto dal Governo non solo rispetto al decreto-legge in esame ma, più complessivamente, con i colpi di mano che si sono determinati nelle ultime settimane in questa Camera. Però, sarebbe sbagliato ritenere che tutti gli ordini del giorno abbiano il suddetto carattere e non siano ispirati dalla volontà di migliorare un testo che, per come si è presentato e per il lavoro svolto precedentemente, abbisogna ancora di essere non solo approfondito, ma anche migliorato con ulteriori atti da parte del Governo.
Il provvedimento è stato adottato subito dopo la crisi dell'uva da vino e dell'uva da tavola in Puglia ed è stato sottoposto alla Commissione in una maniera che ha lasciato esterrefatti non solo i deputati del centrosinistra, ma anche le associazioni di categoria, che nelle audizioni hanno ritenuto ingestibile il primo decreto-legge.
È stato necessario ricorrere ad una riscrittura dell'articolo 1, al fine di renderlo maggiormente fruibile da parte degli utilizzatori finali, che sono gli agricoltori. La posizione della questione di fiducia ha però interrotto la possibilità di approfondire e migliorare il testo introducendo quei cambiamenti a nostro avviso necessari. La prima questione sulla quale intendo soffermarmi e che è stata oggetto dei nostri ordini del giorno riguarda innanzitutto l'uso del regime de minimis, per come esso si configura nella normativa europea. Si tratta di uno strumento utilizzato dalle imprese, che può essere finalizzato ad interventi sia statali, sia regionali. Per come esso si configura nel provvedimento in esame, di fatto il regolamento viene attuato complessivamente dallo Stato. Per questo motivo riteniamo urgente la costituzione del registro nazionale, sul quale iscrivere i contributi per le imprese. Ciò andrebbe prima di tutto a garanzia delle imprese stesse, in quanto esse, successivamente all'elargizione dei contributi, potrebbero vedere sia l'Unione europea, sia altri soggetti istituzionali rivalersi su di loro.
L'altra grande questione riguarda le regioni, in particolare il tipo di rapporto da instaurare con esse di fronte a gravi crisi di mercato, come quelle che si sono
determinate. In questo campo, il Governo sceglie, attraverso il maxiemendamento che ha presentato, la strada di qualche «marchetta» elettorale; da realizzare, per così dire, intervenendo a spizzichi e a bocconi, al di fuori di un disegno complessivo. Riteniamo infatti che, pur nella straordinarietà del provvedimento, si tratti di uno strumento inefficace per i produttori agricoli.
Vi sono poi altre questioni che vengono affrontate all'interno del decreto-legge in esame e che sono state oggetto dei nostri ordini del giorno. Penso alla questione relativa al Corpo forestale dello Stato e all'introduzione della perdita del requisito di anzianità per quanto riguarda l'avanzamento di carriera e le nomine dei direttori generali. Al riguardo, penso che questo sia un atto discutibile e grave. Per questo, nei nostri ordini del giorno vi è la volontà di indirizzare meglio il testo e di renderlo più efficace, garantendo maggiormente tali soggetti.
Inoltre, vi è da dire che non abbiamo avuto timore di denunciare l'inapplicabilità del decreto stesso ed il sovrapporsi di norme su norme; penso infatti alle norme contenute nella legge n. 71 approvata all'inizio del corrente anno e a quelle contenute in questo decreto-legge. Allo stesso modo, non abbiamo avuto timore di denunciare l'assenza o la pochezza di risorse: queste infatti compaiono e scompaiono e sono sempre le stesse, di fronte alle crisi di mercato che si sono verificate e che ancora sono in corso.
Non comprendiamo perché, trattandosi di un provvedimento con efficacia generale, sia previsto solo per alcune regioni l'accesso a contributi, mentre per altre - penso a quelle nelle quali si è registrata la crisi del pomodoro o anche altre crisi - tale possibilità non viene prevista.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.
LUIGI BORRELLI. Siamo stati facili profeti quando, nel corso della discussione sulle linee generali, abbiamo rilevato che il Governo molto probabilmente avrebbe posto la questione di fiducia anche sulla conversione in legge di questo decreto. Così è stata strozzata la discussione su un provvedimento che avrebbe dovuto contenere aspetti importanti per il mondo agricolo. La discussione del provvedimento è stata strozzata perché in Commissione sono stati esaminati solo tre articoli, mentre in Assemblea il Governo ha posto la fiducia su un maxiemendamento. Pertanto l'intera discussione su questo provvedimento di fatto avviene in fase di esame degli ordini del giorno. È per questo che, attraverso gli ordini del giorno che abbiamo presentato, abbiamo inteso introdurre almeno qualche barlume di lucidità, in mezzo a tanto buio rappresentato da questo decreto!
La prima questione che abbiamo posto in merito a tale provvedimento riguarda il fatto che, ancora volta, si tratta di un decreto-legge che vola molto basso, recando solo interventi per fronteggiare situazione di crisi, come è accaduto a febbraio con l'emanazione di un altro decreto-legge sulle crisi di mercato. In quel caso, si trattava dell'ortofrutta, mentre adesso dell'uva (questa è la stagione). Il prossimo, forse, riguarderà qualche altra cultura, ad esempio, l'olivicoltura, appena terminerà la raccolta delle olive.
Si tratta, pertanto, di un Governo che scappa di fronte alle problematiche avvertite ed alle proteste che si levano, poiché è incapace di governare il settore, di rispondere alle grandi problematiche sofferte dallo stesso che si sono determinate in seguito ai profondi cambiamenti che si sono registrati a livello mondiale e sotto il profilo delle politiche europee. Questa è la situazione che si è determinata con questo provvedimento.
Per il decreto-legge n. 182 del 2005 non si prevedono nuove risorse, come abbiamo già affermato, ma solo quelle che sono state decurtate dal decreto-legge n. 22 del 2005 sulla crisi ortofrutticola. Si tratta di un provvedimento di cui è stata già dichiarata la morte presunta: il Governo non lo dichiara morto, ma, di fatto, gli ha
sottratto le risorse e non è riuscito a contrattare con l'Unione europea la sua applicazione.
Originariamente pensavamo che il provvedimento in esame contenesse misure buone per il mondo agricolo italiano, per la previsione di un ristoro immediato alle aziende in crisi, come, per esempio, la sospensione dei contributi previdenziali e dei contributi per gli investimenti a lunga scadenza. Di tutto questo non è rimasto niente; soltanto il contributo in de minimis che, in realtà, dovrebbe essere assicurato con le risorse già promesse per le crisi di mercato. Alemanno, quando si è recato in Puglia, ha promesso di stanziare 80 milioni di euro per fronteggiare la crisi dell'uva, mentre 120 milioni di euro erano già stati stanziati con il citato decreto-legge n. 22 (per un totale di 200 milioni di euro). In realtà, tutta la partita si riduce a poco più di 120-130 milioni di euro.
Si sono ridotte le risorse, mentre le esigenze avvertite sono aumentate. Così, ai viticoltori saranno attribuiti non 80 milioni di euro, ma solo 40, mentre per le crisi di mercato non saranno stanziati 120 milioni di euro, ma poco meno di 90.
Ma non finisce qui il bluff del Governo! Si dice che, per aumentare le risorse, si dovrà far ricorso a 21 milioni di euro da prelevare dal fondo dalle aree sottoutilizzate, ma è una grande menzogna; secondo, infatti, la documentazione del Servizio studi della Camera, invece che 21 milioni di euro si potranno avere a disposizione solo 569.698 euro; il che significa che, quando il commissario ad acta si impegnerà ad affrontare la situazione, si dovrà fermare di fronte a tale cifra e coloro che stanno aspettando i contributi resteranno senza soldi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellotti. Ne ha facoltà.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, credo che tutti si siano resi conto, sia in occasione del dibattito sul provvedimento in aula la scorsa settimana, sia in occasione della discussione in Commissione agricoltura, che i colleghi del centrosinistra hanno utilizzato questo decreto-legge di emergenza per farne una battaglia politica a tutto campo.
Abbiamo assistito ad una sorta di esercitazione di ipocrisia. Basti pensare all'intervento del collega della Margherita, che ha parlato di rockpolitik, di politica della montagna, di criminalità organizzata e del nuovo libro di Tremonti, per poi passare a quello del collega dell'UDEUR, che ha parlato di riforma costituzionale e di liste elettorali, e della collega di Rifondazione comunista che è intervenuta, parlando di mafia, di magistratura e di politica ambientale. Avete parlato di tutto tranne che di questo decreto-legge che, anche nella titolazione, parla di interventi urgenti in agricoltura e non di politica generale né elettorale.
Il provvedimento in esame non è l'unica strada possibile ma, con un approccio realistico, è l'unica strada oggi percorribile per far fronte ad una grave emergenza presente nel mondo agricolo. Il decreto-legge interviene sul settore vitivinicolo, sulla filiera dei prezzi, sulle misure economiche a sostegno dell'ortofrutta, in particolare sulle pesche, sulla flavescenza dorata, sull'uva da tavola, sui formaggi stagionati e sull'annosa e complicata questione dei de minimis.
Tra l'altro, questo provvedimento segue di due mesi quanto realizzato in Francia. Il nostro paese, insieme con la Spagna e la Francia, sta adoperandosi attivamente per il riconoscimento delle filiere in crisi, onde evitare la controversa questione degli aiuti di Stato, in ordine ai quali vi è sempre il rischio di rigetto da parte dell'Unione europea.
Ciò per sottolineare quanto il Governo stia lavorando nella dimensione interna - con le regioni, con gli enti locali e con le categorie - e in quella europea, per sostenere e rafforzare le ragioni dell'agricoltura nazionale. E anche quando dai banchi dell'opposizione ci accusate che la quantità di distillazione delle uve è stata fortemente ridotta nel nostro paese rispetto
a quanto chiesto dall'Europa, adombrando chissà quale machiavellico errore da parte dell'esecutivo, non avete il coraggio di dire che ciò deriva dal fatto che le nostre regioni sono arrivate tardi nella presentazione della documentazione necessaria e che, comunque, tale quantità verrà presto elevata proprio in ambito comunitario.
Avete la memoria corta! Il nostro paese ha iniziato a contare in Europa proprio con questo Governo. Vi ricordiamo, a titolo esemplificativo, alcuni risultati realizzati: il riconoscimento a livello europeo dei marchi nazionali; il salvataggio di settori fondamentali e strategici per la nostra agricoltura, quali il tabacco e l'olio oliva; la chiusura della ventennale vicenda delle quote latte, che ha avuto quali coautori inconcludenti Presidenti del Consiglio a voi vicini - ad iniziare da Prodi, Amato e Dini - che non hanno risolto nulla, anzi hanno aggravato la crisi del settore del latte.
Durante la Presidenza europea di Prodi non mi sembra di aver mai visto assumere posizioni forti a sostegno dell'agricoltura italiana né, tantomeno, di quella europea. Certo, stiamo parlando di un settore in sofferenza non solo nel nostro paese, ma anche in Europa. Basti leggere il resoconto del discorso introduttivo di Blair in occasione dell'insediamento semestrale alla Presidenza europea, che non ha certo avuto parole confortanti per il futuro dell'agricoltura.
Sono tempi duri, tuttavia ritengo sia necessario consultare la rassegna stampa di quanto accaduto prima di questa legislatura. Rileggete la rassegna stampa di Pecoraro Scanio, di De Castro oppure di Pinto: i primi quattro interventi governativi sono titolati come interventi urgenti.
Nel corso del precedente Governo sono stati randellati gli allevatori, mentre con questo Governo il ministro Alemanno, in occasione della crisi pugliese, si è recato a discutere con i produttori d'uva insieme al governatore della Puglia trovando una soluzione comune e condivisa che si realizza in questo decreto.
Con l'attuale esecutivo l'agricoltura è stata posta al centro dell'interesse economico nazionale. In questi anni abbiamo fatto molto nel settore della tracciabilità, della certificazione e della sicurezza alimentare. Sicuramente, rimane ancora molto da fare in settori innovativi quale quello dei biocombustibili che, secondo quanto dichiarato dal ministro dell'agricoltura in questi giorni, diventerà atto concreto con la prossima finanziaria.
In conclusione, è difficile pensare di accettare critiche da chi per il settore dell'agricoltura in tanti anni ha dimostrato di non aver interesse e da chi, nel programma dell'Unione, non ha una sola volta menzionato la parola «agricoltura». Si vede che per voi l'agricoltura non è una cosa seria (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, lei sa bene che l'opposizione sta praticando l'ostruzionismo non tanto sul decreto-legge in esame, bensì contro il colpo di mano della maggioranza in ordine alla nuova legge elettorale e alla riforma della Costituzione. Ebbene, l'ostruzionismo si propone di ostacolare la maggioranza. Invece, se le Commissioni si riuniscono mentre alcuni deputati sono in aula e proseguono i propri lavori come se niente fosse, l'ostruzionismo perde la sua efficacia. Pertanto, a norma del regolamento, le chiedo di avvisare le Commissioni della opportunità di sospendere i loro lavori.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la Presidenza si informerà in proposito per poi riferire all'Assemblea.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO BANTI. Signor Presidente, nei giorni scorsi le reti televisive hanno mostrato alcuni ministri del nostro Governo, tra i quali il ministro delle politiche agricole
e forestali, mangiare carne di pollo. Naturalmente tale azione è stata fatta in buona fede e con il lodevole intento di convincere l'opinione pubblica che tale tipo di carne è sicura e che, quindi, nonostante le notizie in merito all'influenza aviaria rilevata in varie parti del mondo, in Italia si può stare tranquilli sulla nostra produzione in questo settore, assai significativa e pregiata.
Senonché, proprio questa mattina mentre venivo a Roma, ho ascoltato per radio un noto giornalista parlare su un canale radiofonico nazionale di questo episodio. Il giornalista ha commentato con un po' di amarezza che purtroppo in Italia, se un ministro mangia un certo prodotto, è più facile che i cittadini decidano di non imitarlo piuttosto che il contrario. Ahimè, questo è così vero che purtroppo il crollo delle vendite di carne bianca, pollame e simili, si è verificato ed è tuttora in corso, arrecando rilevanti danni al settore della produzione e dell'allevamento avicolo.
Probabilmente la colpa di questo non va attribuita ai ministri Alemanno e Storace, per l'amor del cielo, ed è evidente che il noto giornalista ha voluto soltanto fare una battuta provocatoria. Tuttavia, resta il fatto che la lodevole intenzione, manifestata mangiando carne di pollo davanti alle telecamere, non ha sortito particolare effetto. È vero che l'opposizione - come il mio vicepresidente di gruppo, onorevole Boccia, ha detto poc'anzi - sta facendo ostruzionismo per ragioni superiori e differenti rispetto all'approvazione del decreto-legge in oggetto; tuttavia essa fa comunque qualcosa di buono nel momento in cui presenta (per ragioni di ostruzionismo, ma non solo) alcuni ordini del giorno, tra cui quello a mia firma, in cui sollecita il Governo affinché intervenga su una vicenda che si è aggravata nel corso delle ultime settimane.
È in atto la crisi del settore avicolo che rischia di prolungarsi nel tempo e rispetto alla quale non sembrano avere molto effetto le campagne pubblicitarie promosse dal Governo per contrastarla. Quindi, è giusto impegnare il Governo ad attivare tutti gli organismi previsti dalle istituzioni affinché vengano estesi gli ammortizzatori sociali in favore delle aziende agricole colpite, qualsiasi iniziative e provvidenze - di intesa con l'Unione europea che in questi settori va sempre consultata - vengano approntate per superare la crisi.
Mi auguro che ordini del giorno di questo tipo vengano accolti dal Governo. In tal caso essi sarebbero il frutto positivo, forse perfino inaspettato da parte della maggioranza, comunque piuttosto disattenta, dell'ostruzionismo condotto dall'opposizione. Tale ostruzionismo ha sempre come obiettivo l'interesse complessivo del paese. È evidente che l'ostruzionismo ha un valore di protesta e di contestazione contro l'atteggiamento della maggioranza, sorda a qualsiasi possibilità di dialogo, su questioni importanti come la legge elettorale. Tuttavia, è altrettanto vero che in questo ostruzionismo non dimentichiamo di inserire iniziative e proposte tese a superare le difficoltà che di volta in volta si manifestano nei settori considerati. Certamente, nel settore agricolo di difficoltà ne esistono tantissime e per questo ci auguriamo che gli ordini del giorno vengano accolti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomelli. Ne ha facoltà.
ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, il calendario dei nostri lavori è scandito da pochi argomenti, la cui importanza è ben evidente agli occhi di chi ha seguito il dibattito politico e conosce quali sono gli interessi della maggioranza. Siamo impegnati in un finale di legislatura che è sordo ai richiami del Presidente della Repubblica, Ciampi, e si occupa di questioni che stanno evidentemente a cuore al Governo e alla maggioranza ma che sono lontane dagli interessi reali e dalla vita del nostro paese.
Quando, come in questo caso, entrano invece realmente in gioco questioni importanti, che coinvolgono la vita e gli interessi di milioni di persone, ancora una volta esse vengono affrontate attraverso i decreti-legge, in modo da tamponare la
situazione, in modo «spot». Nulla è più congeniale di queste modalità al Presidente del Consiglio, un Presidente del Consiglio infastidito dai richiami del Presidente della Repubblica e che intende porre al centro dell'attività del Parlamento, con ciò svilendone il ruolo, interessi specifici e questioni che, in questo momento, davvero non riguardano le esigenze e la vita del paese.
Il decreto-legge in esame ne costituisce l'ennesima dimostrazione. Non si hanno la capacità e il coraggio di andare ad individuare le cause profonde della difficoltà e della crisi di un settore, ma, ancora una volta, si interviene cercando, in modo peraltro insufficiente, di rispondere agli effetti. Tuttavia, la provenienza delle risorse, da un provvedimento relativo al settore, lo strumento giuridico, quello del decreto, la decisione di porre la fiducia e la forma dell'intervento - i contributi de minimis - testimoniano in modo chiaro ed evidente quella che da altri colleghi è stata già definita l'assenza della capacità e della volontà di definire una strategia complessiva di rilancio e di ripresa del settore.
Abbiamo svolto il nostro ruolo su questi temi. Abbiamo tentato di migliorare questo approccio, di per sé riduttivo. Non ci siamo tirati indietro di fronte all'idea di concorrere: mi riferisco alle proposte relative alle questioni dell'energia, all'accorciamento della catena fra la produzione e la distribuzione, ad un'efficace politica di sostegno del credito, alla capacità di contrasto agli andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari. Tutto ciò si è scontrato neppure con un muro o con la mancanza di volontà di dialogo, ma con una reale indifferenza. Abbiamo ben presente e ben chiaro che gli interessi riguardano altri provvedimenti, e quando questi ultimi saranno esaminati dall'Assemblea i banchi del Governo, oggi desolatamente vuoti, torneranno a riempirsi, così come i banchi della maggioranza.
Vi è dunque la volontà di evitare un confronto reale sui nodi che riguardano la situazione economica e sociale del paese. Si procede attraverso provvedimenti che tamponano e che rinviano, e il settore agroalimentare, non per la prima volta, si trova ad essere oggetto di tale atteggiamento politico, che tuttavia non lascia invariata la situazione.
Al contrario, tutto ciò fa sì che le cause delle difficoltà producano i loro devastanti effetti.
Ecco, con questo spirito ci apprestiamo al confronto ed al voto sugli ordini del giorno, che riteniamo rappresentino l'ultimo strumento rimasto per tentare di concorrere - direi: al di là della volontà della stessa maggioranza - a fare di questo provvedimento uno strumento minimamente efficace.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, quello ora al nostro esame è un provvedimento parziale e molto limitato rispetto alle vere emergenze che attanagliano il mondo agricolo. Lo verifichiamo in questi giorni, in cui si è tornati a parlare di condono previdenziale per il settore dell'agricoltura, da inserire nella manovra finanziaria. Le proteste in molte zone del paese continuano e sono sempre più forti, perché da parte del Governo si assiste ad una sorta di inerzia nell'affrontare le priorità per il rilancio di un settore chiave per la nostra economia.
Questo è l'ennesimo decreto-legge in materia di agricoltura. Ciò dimostra come il Governo si muova con una politica del «giorno per giorno». Dunque, sui temi dell'agricoltura manca una visione strategica ed una politica organica.
D'altronde, i decreti-legge, essendo adottati sull'onda dell'emergenza, producono aspettative e confusione. Ad esempio, un decreto-legge è ancora al vaglio dell'Unione europea e tra i produttori sta subentrando un vero scoramento.
In questi mesi abbiamo assistito ad un rincaro pesantissimo dei prodotti petroliferi, in particolare del gasolio. Dai dati forniti dal mondo non soltanto della produzione, ma anche del commercio, emergono le pesantissime ripercussioni che il
rincaro del petrolio avrà per l'intero sistema agricolo e per l'andamento dei prezzi. Tali effetti negativi rischiano di provocare un calo dell'occupazione, condizionando negativamente qualità e quantità del prodotto.
Un cenno va altresì rivolto alla crisi dei settori del pomodoro, dell'ortofrutta, e ora degli agrumi, a causa dell'invasione di prodotti che provengono in particolar modo dalla Cina. Occorre porvi rimedio prima che sia troppo tardi.
Questo è il periodo di produzione dell'olio. È insopportabile che i nostri produttori debbano essere penalizzati da sofisticazioni che alterano la qualità del prodotto e da una commercializzazione che consente addirittura di mettere in circolazione prodotti non autentici e inefficaci. Anche i nostri rigidi protocolli per ottenere la certificazione devono rappresentare un valore aggiunto per proteggere le produzioni di qualità e non per porle fuori dal mercato perché troppo costose. Abbiamo bisogno, come nel caso del settore del pomodoro, di una maggiore e più efficace rintracciabilità del prodotto, con un'etichettatura che faccia trasparire con chiarezza agli occhi del consumatore la provenienza del prodotto.
Sono tutti problemi in relazione ai quali abbiamo presentato delle proposte emendative; al riguardo vorremmo porre l'accento sul fatto che ci troviamo in presenza di un decreto-legge sul quale è stata posta la questione di fiducia: dunque non abbiamo potuto utilizzare neppure lo strumento dell'emendabilità per tentare di migliorarne il testo.
Sono rimasti a nostra disposizione gli ordini del giorno. Personalmente ho presentato un ordine del giorno, accolto come raccomandazione, che impegna il Governo a rilanciare e provvedere al funzionamento dell'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia.
Bene ha fatto il Governo, in sede di espressione dei pareri, a chiarire nel merito la quantificazione economica del contributo da stanziare in favore dell'Ente, perché comunque l'articolazione del decreto, recata dal maxiemendamento del Governo, era francamente nebulosa e lasciava insorgere incertezza. Si tratta di 15 milioni di euro, frutto di una forte mobilitazione di cui il Governo ha dovuto prendere atto. Ci auguriamo, ora, che si avvii finalmente un confronto con le regioni interessate, come più volte chiesto dalle stesse regioni, per comprendere quale sarà il futuro dell'ente.
Inoltre, ritengo che, in vista della prossima manovra finanziaria, vada rafforzato questo impegno e vadano attribuite nuove risorse ad un ente fondamentale, che gestisce le risorse idriche per l'agricoltura.
Non si è voluto il confronto in Parlamento e si è scelto il voto di fiducia. Il Governo ha delle gravi colpe, perché avrebbe dovuto porre in essere una strategia più ampia e dare vita ad un impegno forte per la realizzazione di una filiera alimentare moderna, capace di mettere insieme la produzione, la trasformazione e la commercializzazione dei nostri prodotti. Sarebbe necessario difendere la nostra agricoltura, come fanno altri paesi europei, ad esempio la Francia, senza timori.
Il Governo ha avuto a disposizione un'intera legislatura, con una certa stabilità governativa: vi è stato un unico ministro, il quale però si è caratterizzato per le grandi promesse e i pochi fatti, per la grande pubblicità, ma anche per gli scarsi risultati. Non è stato fatto nulla di concreto: i pochi provvedimenti adottati sono rimasti inapplicati; la tanto propagandata legge omnibus, che serviva per rilanciare l'agricoltura colpita dalle avversità atmosferiche e dalle calamità naturali, è rimasta nel cassetto e non è mai stata applicata.
Le aziende della Basilicata colpite dalle calamità del 2003 devono ancora ricevere gli indennizzi. È anche per questo che a Metaponto, in questi giorni, si protesta.
Come fanno ad andare avanti tutte quelle aziende, tra una calamità naturale e l'altra e senza indennizzi e con le scadenze fiscali e previdenziali da rispettare? Purtroppo, di ciò, in questi tempi, non ci si preoccupa perché vi è la ex Cirielli da portare a casa, perché il programma
della Casa delle libertà in termini di leggi ad personam deve concludersi in quanto manca poco al termine della legislatura. Non c'è tempo, però, per gli agricoltori. Quella legge, tra l'altro, prevedeva il ripianamento dei debiti con la possibilità per le aziende agricole di contrarre dei mutui che vedevano la partecipazione dello Stato al pagamento degli interessi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Morgando. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO MORGANDO. Signor Presidente, come hanno ricordato i colleghi che mi hanno preceduto, noi interveniamo nell'ambito di un'azione parlamentare più generale che comprende il tema della legge elettorale ed altri provvedimenti su cui il giudizio dell'opposizione è molto duro.
La questione di cui si discute ora riveste particolare importanza e merita che su di essa siano svolte alcune riflessioni anche da parte di chi in genere non si occupa specificatamente di problemi dell'agricoltura. Dando un'occhiata al materiale documentale che accompagna il provvedimento al nostro esame, risulta evidente come abbia senso parlare di agricoltura nell'ambito della discussione parlamentare che si sta svolgendo in questo periodo sui problemi della competitività del paese. A ben guardare, l'agricoltura, pur avendo diminuito il suo peso nell'economia produttiva del paese, rappresenta uno dei nodi del problema della nostra competitività ed è uno dei pilastri intorno ai quali dobbiamo lavorare per ridare capacità competitiva al sistema produttivo del nostro paese. Una grande economia, infatti, non può fare a meno di un settore primario, che sia adeguato però alle condizioni tipiche di un'economia occidentale moderna, industriale o postindustriale.
Oggi ci troviamo a discutere di agricoltura registrando e verificando che per questo settore si rinvengono problematiche analoghe a quelle che si registrano in altri settori, in particolare in quello industriale. Noi abbiamo un settore agricolo sottoposto alle ventate e ai problemi della globalizzazione, che fanno registrare, in particolare, l'ingresso nei mercati mondiali di produzioni realizzate in alcuni paesi a costi molto bassi. L'invasione di questi prodotti nei nostri mercati tende, evidentemente, a ridurre la capacità di presenza dei nostri prodotti sui mercati mondiali. Si tratta di un fenomeno ancora poco noto e poco significativo, ma che tende ad affermarsi.
Esponenti delle organizzazioni agricole torinesi mi dicevano che, da un po' di tempo a questa parte, sui mercati torinesi stanno arrivando, ad esempio, partite di mele provenienti dalla Cina. Il Piemonte è un importante produttore ortofrutticolo e in alcune parti del suo territorio in questo periodo si producono importanti quantitativi di frutta (mele, in particolare). Questa situazione, che rappresenta una novità, ha allarmato e desta notevole preoccupazione nei produttori agricoli piemontesi.
Il settore agricolo va visto, quindi, come uno dei punti di riferimento della capacità del sistema produttivo del paese di essere forte e di guardare al futuro; un settore sottoposto alle stesse tensioni cui sono sottoposti gli altri settori produttivi. Si tratta, pertanto, di un problema che necessita di essere prontamente affrontato.
So bene che le critiche nei confronti della provvisorietà degli interventi predisposti a tale riguardo sono un po' anche critiche di maniera, tuttavia non c'è dubbio che questi problemi si possono affrontare soltanto se si costruisce una strategia di carattere generale, in particolare, se si tiene ben presente l'idea di un'agricoltura come settore capace di avere un futuro nel nostro paese. L'Italia è un paese che, al pari degli altri paesi occidentali, si caratterizza per una rapidissima trasformazione dei settori produttivi.
Evidentemente, occorre riflettere sulla crisi dell'agricoltura di massa, che, troppe volte, in passato, abbiamo scimmiottato, e sulla necessità di reinventare un settore agricolo che sia legato all'economia del territorio, che ne valorizzi le specificità, che contribuisca alla sua tutela, che costituisca
uno degli strumenti attraverso i quali il paese si mantiene e si organizza per il futuro.
Abbiamo bisogno di un'agricoltura attenta a legare le produzioni alla qualità del territorio e alle sue specificità, per dare ai prodotti, grazie a queste qualità e specificità, una maggior forza di penetrazione commerciale. Occorre un'agricoltura che sappia tutelare anche il territorio, aspetto importante, questo, per la sua sopravvivenza e la sua vitalità economica.
In questa direzione vanno alcuni dei nostri ordini del giorno, ma non il provvedimento d'urgenza che stiamo esaminando, perché prevede tamponi e toppe, ma non affronta il problema sul piano delle strategie generali, delle strategie dei fattori della produzione, della commercializzazione e della riorganizzazione del settore produttivo.
I nostri ordini del giorno - ma, più in generale, il nostro dibattito di questi giorni - chiedono l'attuazione di questa strategia di carattere generale che vorremmo vedere nei provvedimenti del Governo e nelle decisioni del Parlamento. Infatti, occorre affrontare questo problema per il futuro dell'economia italiana e del settore agricolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.
GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, da qualche tempo, le questioni dell'agricoltura, nel nostro paese, tendono a tramutarsi in questioni di ordine pubblico.
Le manifestazioni e i blocchi stradali e ferroviari in Puglia, tra la fine di agosto ed i primi di settembre di quest'anno, promossi dai produttori di uva, si sono sommati alle proteste dei produttori di pomodori e dei coltivatori di barbabietole. La limitazione a taluni prodotti agricoli testimonia non il fatto che negli altri settori i problemi non vi siano, ma semplicemente che la stagione non riguardava altre produzioni diverse da quelle che ho citato.
Ciò basterebbe per lanciare un dibattito sulla crisi del settore agricolo nel nostro paese e per cominciare a discutere di quelle modifiche strutturali di cui, ormai da tempo, si sente un grande bisogno.
La modernizzazione dell'agricoltura, un cambiamento radicale che trasformi tutta la macchina dei sistemi di produzione, la sua riorganizzazione orizzontale, una nuova, grande dimensione dell'agricoltura moderna del nostro paese, anche attraverso l'organizzazione delle sue superfici, una nuova filiera commerciale che soddisfi non soltanto i produttori, ma anche i consumatori, dovrebbero essere i temi in agenda, insieme alle infrastrutture per la logistica, perché immaginare di competere con il terzo mondo lavorando solo sui prezzi serve soltanto a portare un pezzo del terzo mondo qui da noi.
Invece, il provvedimento in esame distribuisce qualche somma di denaro una tantum, promuove un regime di controlli formali, quasi che, fino ad oggi, gli organismi deputati, che poi sono gli stessi indicati nel decreto-legge, non abbiano mai esercitato la loro funzione, un'ulteriore dose di burocrazia, come se non se ne avesse già abbastanza, che trasforma gli operatori dell'agricoltura in ragionieri e in dottori in giurisprudenza e che richiede loro conoscenze del tutto estranee e, comunque, li aggrava di costi, perché queste conoscenze comportano oneri ed una piccola mancia per la ricerca nel settore delle fitopatologie, mentre i nostri centri di ricerca sono vuoti, languono, perché non ci sono strutture idonee, laboratori, risorse economiche, né viene soddisfatta l'esigenza di un personale capace di svolgere queste attività di ricerca, che fugge all'estero.
A questo quadro senza prospettive, Presidente, si aggiungono le calamità naturali che si abbattono ormai sistematicamente con sempre maggiore violenza su territori sempre più localmente definiti.
Circa dieci giorni fa, nelle province di Bari, Brindisi e Taranto, si è abbattuto un evento alluvionale di straordinaria potenza, che ha prodotto disastri valutabili in centinaia di milioni di euro.
Oltre alle competenze regionali lo Stato ha nelle sue mani la leva fiscale, che è una
scure che si abbatte ingiustamente sul settore agricolo, nel Mezzogiorno in particolare, tanto più se si guarda comparativamente ad altri paesi europei.
L'ordine del giorno n. 9/6063/238 da me presentato intende cogliere l'occasione affinché venga sospeso per il 2006 il pagamento dei tributi previdenziali, affinché vi sia un impegno da parte del Governo che potrebbe assumerlo già oggi, per dare un senso al provvedimento in esame assai marginale e incapace di predisporre quelle misure strategiche che sarebbero assolutamente indispensabili. Ciò significherebbe ridare non soltanto un futuro alla nostra agricoltura, ma anche un ristoro a quelle tante famiglie che ancora, soprattutto nel Mezzogiorno, vedono nell'agricoltura una grande, se non l'unica, risorsa economica insieme a quella del turismo.
GIANNICOLA SINISI. L'ordine del giorno da me presentato, signor Presidente, chiede una considerazione non marginale rispetto ad un evento che ha sconvolto l'opinione pubblica, che ha sollevato l'attenzione dei media a livello nazionale e che ha restituito, solo attraverso la sua drammaticità, all'evento calamitoso quella rilevanza che la nostra terra, la Puglia, soprattutto in questo caso già avrebbe meritato da parte di questo decreto-legge.
Chiediamo un impegno al Governo attraverso l'accoglimento dell'ordine del giorno affinché venga data una minima, marginale ma assolutamente necessaria cautela fiscale nei confronti di coloro che, avendo perso la produzione, non potranno nel 2006 certamente affrontare il loro debito nei confronti dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Camo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CAMO. Signor Presidente, colleghi, sono molti gli elementi di perplessità di fronte a questo decreto-legge che non va alla radice dei problemi ma che affronta, e non è questo il primo caso, solo l'emergenza (mi sembra che siamo al quarto o al quinto decreto-legge in questa direzione). Non si affrontano, cioè, alla radice le crisi esistenti nell'agricoltura e che si registrano ormai da tempo, ma di volta in volta si ricorre all'utilizzo di tali strumenti-tampone. Manca, in altre parole, una complessiva politica dell'agricoltura del paese, una politica nazionale che vada alla radice dei problemi per evitare che di volta in volta si riproducano.
Oggi vanno in crisi settori tradizionalmente forti o solidi come quello della vitivinicoltura, la quale in passato ha rappresentato un comparto di forza dell'agricoltura; va in crisi il settore bieticolo-saccarifero ed io che provengo da una regione come la Calabria so cosa significhi la chiusura di uno zuccherificio come quello di Strongoli, che ha gettato sul lastrico centinaia di lavoratori addetti alla trasformazione, anzi, migliaia di lavoratori addetti alla produzione della barbabietola da zucchero.
Va in crisi il settore della produzione del pomodoro. A tale proposito abbiamo visto anche le manifestazioni in aree (soprattutto in Campania) dove quella coltura rappresenta un elemento di primissimo livello poiché, obiettivamente, offre lavoro a migliaia di persone.
Va in crisi il settore agrumicolo: appartengo - come dicevo prima - alla regione Calabria, la quale rappresenta la seconda area del paese, dopo la Sicilia, in fatto di produzione agrumicola. Ricordo la crisi della clementina che non deriva di per sé da un eccesso di produzione, e quindi da una mancanza dei consumi, ma dall'invasione delle produzioni derivanti dai paesi dell'area maghrebina che occupano i mercati nazionali e locali.
In una regione come la Calabria, che per le caratteristiche geografiche del suo territorio è costituita nell'85 per cento da collina e montagna, con aree piuttosto limitate in cui si possa sviluppare l'agricoltura
intensiva, esiste un'agricoltura più da nicchia, la quale parimenti fa registrare momenti di crisi straordinaria.
Questo provvedimento, evidentemente, è carente sia per le misure di ordine finanziario apprestate sia perché, come osservavo dianzi, non rappresenta un intervento complessivo che consideri concretamente i fenomeni di questo importante comparto a livello nazionale - ma anche a livello delle varie regioni -; esso rivela, invece, la crisi del modo di gestire il settore da parte del Governo. Quest'ultimo, infatti, non riforma concretamente alcuni settori ma, di volta in volta, interviene con misure-tampone che, alla fine, si risolvono in strumenti che sperperano denaro. Per la verità, nel caso in questione, non vi è una forte dotazione finanziaria ma, infine, anche di ciò si tratta. Ecco perché noi sosteniamo che uno sforzo si sarebbe potuto compiere in tale direzione. D'altra parte, così è; infatti, questo Governo ci ha abituati, ormai, a tali provvedimenti tampone, non solo nel settore agricolo ma anche in numerosi ambiti. Ad esempio, anche nel settore della giustizia - sul quale non è opportuno soffermarsi adesso -, anziché varare una riforma seria si procede per «punizioni»: si interviene per punire una volta questa procura, una volta quella; ora questo, ora quel magistrato; si adottano provvedimenti che salvano un giorno un amico, un giorno l'altro. Non ci meraviglieremmo se tra poche ore voi proponeste un inversione dell'ordine del giorno per discutere di quel provvedimento che passa sotto il nome di «salva Previti».
PRESIDENTE. Onorevole...
GIUSEPPE CAMO. Concludo aggiungendo che, purtroppo, mentre noi chiediamo l'adozione di provvedimenti organici, di volta in volta voi presentate invece misure tampone che non solo non risolveranno i problemi ma addirittura danneggeranno questo o quel settore (nel caso di specie, l'agricoltura).
PRESIDENTE. Porto a conoscenza dei colleghi che sono presenti nelle tribune due quinte classi dell'Istituto tecnico commerciale di Rieti che hanno vinto il concorso per seguire uno stage alla Camera; porgo loro, insieme al nostro benvenuto, i nostri complimenti (Applausi)... Applausi meritati, dunque.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, il mio intervento è forse tra gli ultimi della parte antimeridiana della seduta e spero di non abusare della sua pazienza e di quella dell'eroico sottosegretario Saponara che sta ascoltando gli interventi...
PRESIDENTE. Purtroppo, onorevole, dopo il suo intervento, i nostri lavori proseguiranno ancora a lungo.
ROBERTO GIACHETTI. Venendo al merito, signor Presidente, ritengo sia necessario anzitutto rimarcare, sul piano del metodo, come, ancora una volta, si affronti un dibattito che fa seguito alla decisione da parte del Governo di porre la questione di fiducia su un proprio provvedimento. Peraltro, tra le statistiche ed i traguardi che non vengono più quotidianamente citati dal Governo Berlusconi vi è proprio il ricorso al voto di fiducia; fino a qualche settimana addietro - il collega Saponara potrà confermarlo - sentivamo rivendicare, da parte del Governo, tra i tanti meriti acquistati rispetto agli Esecutivi precedenti, anche l'aver posto con minore frequenza questioni di fiducia. Ma non so se, alla luce degli ultimi eventi, sarete e sareste ancora in grado di sostenere una tesi del genere.
Il voto di fiducia, signor Presidente, rappresenta certamente un tentativo di porre un freno ad un'azione e ad una iniziativa politica che l'opposizione porta avanti; ma in realtà si usa anche ciò come alibi per mascherare le tante difficoltà e le tante incapacità che il Governo e in particolare questa maggioranza hanno dimostrato in questi anni.
Incapacità rispetto a cosa, signor Presidente e signor rappresentante del Governo? Mi riferisco innanzitutto all'incapacità di provare semplicemente ad offrire risposte organiche e concrete, che abbiano l'ambizione di risolvere problemi che interessano intere categorie. Questo Governo, invece, come hanno già ricordato numerosi colleghi precedentemente intervenuti, si è specializzato nella risoluzione delle questioni personali di questo o di quell'altro soggetto, in particolare di questo o di quell'altro rappresentante della maggioranza!
Inoltre, ammesso che l'abbia avuta sin dall'inizio, il Governo ha sicuramente smarrito la capacità di affrontare in modo organico, con il fine di individuare soluzioni, le questioni problematiche del nostro paese. La materia oggi in discussione, l'agricoltura, viene infatti trattata attraverso un decreto-legge che, come hanno già sostenuto i colleghi precedentemente intervenuti, rappresenta il tentativo di individuare una soluzione parziale e non coordinata che, in realtà, non affronta la complessità della questione e non è in grado di offrire una risposta credibile.
In particolare, il provvedimento in esame, come il collega Molinari stava cercando precedentemente di evidenziare - ed intendo dargli una mano, per consentire di concludere una riflessione politica del nostro gruppo parlamentare su tale materia -, prevede finanziamenti insufficienti. Si tratta di un ulteriore «vezzo» cui ci ha abituato questo Governo, il quale prima fa grandi proclami, ma poi mette a disposizione risorse assolutamente insufficienti per conseguire i risultati prefissati; peraltro, vorrei osservare, signor Presidente, che le esigue risorse finanziarie impegnate vengono sostanzialmente distratte da fondi previsti da altri provvedimenti.
Il Governo, in sostanza, mette in campo una serie di vasi comunicanti, recuperando, in questo modo, quella filosofia che ritorna con il «riavvento» di Tremonti al Ministero dell'economia e delle finanze. Egli, infatti, ci riporta la sua fantasia - non possiamo dire «pace all'anima sua», perché il ministro Tremonti è qui con noi, e siamo felici di ciò -, attraverso la «finanza creativa», rimettendo in campo un sistema di vasi comunicanti che, sostanzialmente, non cambia nulla rispetto alle questioni che abbiamo di fronte, ma che fa finta che si stia facendo qualcosa!
Il problema è che gli agricoltori chiedono interventi certi e sono esasperati...
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti...
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi avvio a concludere: ancora pochi secondi...
PRESIDENTE. Non si deve avviare, onorevole Giachetti: con la sua nota sintesi, bisogna che concluda il suo intervento!
ROBERTO GIACHETTI. Ancora pochi secondi, signor Presidente!
Come stavo dicendo, gli agricoltori non ce la fanno più ad andare avanti e chiedono una revisione della legge sulle calamità naturali, al fine di velocizzare l'erogazione dei contributi. Essi chiedono, altresì, di non essere più vessati da un'amministrazione finanziaria che non li considera una ricchezza e che continua ad inviare «cartelle pazze»!
L'agricoltura continua a vivere un grande stato di disagio e di crisi, che sta determinando forti ripercussioni sociali, con la perdita di tanti posti di lavoro! Auspichiamo, magari attraverso il voto dell'Assemblea - perché sperare non è mai un problema! -, che cambi l'atteggiamento sul provvedimento in esame!
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, intervengo per riprendere la questione, già sollevata dal collega Boccia, concernente l'andamento dei nostri lavori. Ricordo che siamo impegnati in questa «maratona» per impedire che si prosegua
su questa linea di rottura dei rapporti tra maggioranza e opposizione, determinata dalla maggioranza stessa, poiché, anziché provvedimenti importanti a favore del paese, ha presentato proposte di legge in materia elettorale e quant'altro.
Vorrei pertanto riproporre la questione dell'ordine dei lavori, signor Presidente, alla luce del fatto che diverse Commissioni sono state convocate (se non sbaglio, a partire dalle ore 14) per esaminare alcuni provvedimenti che rivestono un'importanza fondamentale per il prosieguo dei lavori parlamentari. Mi riferisco, ad esempio, a Commissioni convocate in sede consultiva, oppure in sede referente, per trattare decreti-legge che l'Assemblea dovrà discutere già la prossima settimana.
È ovvio che se perdura il lavoro d'Assemblea in fase di dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno, come lei, signor Presidente mi insegna, non è possibile far convocare le Commissioni, considerato che siamo impegnati in tali dichiarazioni di voto.
Dunque, le volevo chiedere, signor Presidente, se la Presidenza abbia già assunto una decisione riguardo alla possibilità o meno di riservare una parte del tempo alla discussione in Commissione dei provvedimenti, sospendendo i lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, la domanda è precisa. La risposta non è precisa, ma decisa. La Presidenza ha preso in esame la questione e ha ritenuto di proseguire nei lavori in Assemblea. Le conseguenze relative alle Commissioni saranno la loro sconvocazione o l'adozione di altre misure che saranno, naturalmente, rese compatibili, per ciò che lei ha giustamente rilevato sull'economia e lo svolgimento dei lavori, da fissazioni successive alla votazione del provvedimento, che potrà avvenire verso le 16, secondo i nostri pronostici.
Le ripeto, onorevole Innocenti, che in questa fase la discussione prosegue. Le motivazioni lei le conosce perfettamente. Vi è stata una richiesta in proposito e la risposta è quella data dalla Presidenza, nel suo complesso non di «inferiorità» né di «superiorità», ma di decisione che le compete.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Signor Presidente, debbo preliminarmente osservare che nel dibattito su questo provvedimento e, quindi, anche sugli ordini del giorno presentati è stato assente il ministro Alemanno.
PRESIDENTE. Vi è il sottosegretario, onorevole Delfino, che lo rappresenta con autorevolezza rara.
MARIO LETTIERI. Ciò, ovviamente, senza nulla togliere al sottosegretario Delfino, che continua a chiacchierare per conto suo, ma lo faccia pure.
Ritengo che la grave situazione del comparto agricolo sia tale da richiedere massima attenzione non solo da parte del sottosegretario, ma soprattutto da parte del ministro. Non credo che dai molti interventi, dai diversi emendamenti e dagli stessi ordini del giorno presentati il ministro non potesse - e non possa - trarre alcune utili indicazioni per la sua attività di Governo.
Ritengo che il provvedimento, non solo a causa dell'esiguità dei fondi disponibili, non allevierà i problemi della viticoltura, che sono non emergenziali, ma strutturali. Le manifestazioni di proteste in Puglia, in Basilicata e in Sicilia sono soltanto le punte di un iceberg, di un malessere, di una crisi profonda e diffusa. Il ministro, scrivendo alle Commissioni agricoltura di Camera e Senato, afferma la necessità di un piano straordinario per la ristrutturazione delle diverse filiere agroalimentari del nostro paese, ma non indica i fondi occorrenti; rispetto alla nuova PAC non indica scelte coerenti per rilanciare sui mercati europei e mondiali le nostre produzioni di qualità, né indica le misure per tutelarle adeguatamente.
L'introduzione del de minimis potrà, tuttalpiù, fronteggiare alcune emergenze, ma non avviare quella ristrutturazione di
cui lo stesso ministro parla nella sua citata missiva alle Commissioni. I piani per il settore ortofrutticolo, vitivinicolo, bieticolo, zootecnico ed altri e la tipicizzazione e la tracciabilità delle nostre produzioni debbono essere alla base di un rilancio effettivo della nostra agricoltura, oggi messa in ginocchio da un mercato aggredito ed invaso da prodotti comunitari ed extracomunitari, non sempre sufficientemente garantiti nella loro origine e nella loro qualità, ma comunque immessi sul mercato italiano a prezzi assai ridotti e, quindi, in grado di mettere fuori mercato i prodotti della nostra agricoltura.
A ciò si aggiunga la forte lievitazione dei costi - del gasolio, dell'acqua per irrigazione, e così sia - e si avrà un quadro sconfortante, nonostante la serietà, la tenacia e l'attaccamento dei nostri agricoltori e dei nostri imprenditori agricoli.
Questi ultimi - molti dei quali sono anziani - vogliono favorire anche il passaggio generazionale nella conduzione aziendale (è noto a tutti che vi è un invecchiamento tra gli operatori agricoli), ma non sono aiutati e, spesso, sono ostacolati da una normativa non adeguata. Vorrei citare un piccolissimo caso, che riguarda il comune di Rampolla, nell'area del Vulture, in Basilicata, dove non è favorita la cessione tra padre e figlio o tra padre e nipote.
Il mio ordine del giorno - che riguarda proprio questa materia - impegna il Governo ad adeguare la normativa relativa alle società agricole costituite fra gli eredi, per consentire anche agli eredi entro il terzo grado del familiare cedente la possibilità di subentro, ai sensi del decreto legislativo n. 185 del 2000. È un aspetto del tutto marginale, ma di casi come questi ve ne sono tanti. Ritengo che ciò si inquadri in una politica tesa a bloccare l'eccessiva frammentazione ed a favorire l'ammodernamento dell'agricoltura in alcune aree, quale quella che ho citato poc'anzi.
Signor Presidente, probabilmente, questa discussione è del tutto sottotono e non solo perché abbiamo deciso di fare un legittimo ostruzionismo rispetto all'arroganza di una maggioranza che vuole imporre a tutti i costi l'approvazione di provvedimenti che, da un lato, procureranno danni enormi alla democrazia italiana (parlo della legge elettorale) e, dall'altro, procureranno danni alle singole coscienze (penso alla cosiddetta legge Cirielli o «salva qualcuno», che non intendo nominare) (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.
DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, abbiamo già avuto modo di dire, a più voci e in più momenti nel corso di questo lungo ed articolato dibattito, che siamo preoccupati per il modus operandi che ha riguardato questo provvedimento.
Non avevamo dubbi sul fatto che si finisse per porre la questione di fiducia: il Governo sapeva e sa di non essere in grado di reggere ad alcun confronto di merito.
Con questo provvedimento, vi limitate, ancora una volta, a fronteggiare gli effetti della crisi, senza provare ad incidere sulle cause che sono alla base della crisi stessa. State andando avanti con interventi e con misure urgenti, laddove l'urgenza nasconde sostanzialmente la superficialità, mortificando un settore che merita invece una programmazione a medio e lungo termine che di fatto dia vita ad una politica agricola nazionale, che punti con decisione a risolvere alla radice la crisi una volta per tutte.
Tutti i settori agricoli - lo hanno evidenziato i colleghi intervenuti in queste settimane - denunciano oggi una sofferenza molto forte: si va da quello vinicolo a quello ortofrutticolo. Si tratta di settori i cui prodotti dovrebbero essere per l'Italia il fiore all'occhiello e dovrebbero rappresentare una sorta di carta di identità del paese all'estero.
Ormai, regnano la delusione e lo sconforto. Siamo giunti al punto che gli agricoltori, nel corso di questa annata agraria,
non hanno potuto conoscere e, quindi, valutare ed apprezzare su quale coltura investire per raggiungere quel reddito indispensabile a garantire la sopravvivenza dell'impresa, dei lavoratori e delle famiglie che da essa dipendono.
L'agricoltura italiana, al pari di altri settori dell'economia, è entrata in una nuova dimensione competitiva, che mette in tensione tutti i comparti produttivi assoggettati, contemporaneamente, ad una pressione di costo e ad una concorrenza qualificata di sistemi forti, di una solida organizzazione, di una struttura imprenditoriale, agricola, industriale, di servizio e distributiva più consistente.
La prima conseguenza di questa nuova condizione è un'accresciuta difficoltà a preservare gli spazi di mercato, con potenziali riflessi negativi sulla redditività delle produzioni e sulla stessa coesione dei sistemi territoriali locali. La risposta è da ricercare, secondo noi, in una combinazione evolutiva flessibile di azioni pubbliche e private, considerando che la soluzione ai problemi della competitività va ricercata a livello imprenditoriale poiché nessun intervento pubblico potrà compensare il calo dei margini produttivi.
L'azione del Governo e delle istituzioni è necessaria per accrescere la competitività del sistema, per aprire spazi all'internazionalizzazione dei mercati, per accompagnare le imprese nel percorso di avvicinamento a nuovi equilibri competitivi e predisporre una cornice progettuale e, quindi, politiche strumentali all'implementazione di strategie produttive di qualità, che sono volte a mettere in valore economico le nuove sensibilità sociali.
Infine, vi è la considerazione sociale del ruolo dell'agricoltura nella società sviluppata, che non è meno importante del riconoscimento del mercato per il valore delle sue produzioni.
L'agricoltura è divenuta un settore complesso e molto articolato di funzioni. Accanto a quella direttamente produttiva, hanno progressivamente trovato riconoscimento ulteriori funzioni economiche e servizi riconducibili alla valenza sociale, territoriale ed ambientale che caratterizza il settore primario e le relazioni che ad esso fanno capo.
Il futuro metterà di fronte economie agricole che possono contare su grandi scale a bassi costi del lavoro con contesti, come quello del lavoro italiano, che è fatto soprattutto di piccole dimensioni, ma che può comunque contare su importanti leve competitive, come la qualità, la tradizione e la caratterizzazione territoriale, che costituisce una grande risorsa del nostro paese.
Sono questi i fattori che rappresentano una prima ed importante chiave di lettura dei nuovi bisogni della società moderna.
PRESIDENTE. Onorevole Mosella...
DONATO RENATO MOSELLA. Il cittadino consumatore rivolge oggi una grande attenzione, da un lato, alle tematiche della sicurezza alimentare - in Commissione affari sociali è in discussione il decreto-legge sull'influenza aviaria, del quale ci occuperemo in aula già dalla prossima settimana -, e dall'altro lato, alla conservazione dell'ambiente, del benessere animale e del contesto territoriale.
Quindi, si tratta di un binomio di utilità e di rispetto per i grandi valori sociali, che va considerato. È su questo filone che ci piacerebbe continuare ad intrattenere l'Assemblea.
PRESIDENTE. Lo farà in un'altra circostanza, onorevole Mosella. Il suo tempo è esaurito.
DONATO RENATO MOSELLA. Certo, Presidente, anche se le circostanze adesso non lo consentono, perché il nostro è un lavoro duro...
PRESIDENTE. È il tempo che non lo consente...
DONATO RENATO MOSELLA. Ritengo comunque che sia necessario svolgere in questa sede considerazioni che potranno
essere utili per il domani (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. A beneficio dei cultori della materia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcora. Ne ha facoltà.
LUCA MARCORA. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno per riprendere alcuni temi attinenti al decreto-legge in questione.
Più volte in quest'aula, sia nella discussione sulle linee generali, sia nella discussione dei primi emendamenti e, successivamente, nell'illustrazione degli ordini del giorno, abbiamo sottolineato un aspetto fondamentale che ci rende molto critici nei confronti di questo decreto. Si tratta del fatto che, ancora una volta, stiamo cercando di trovare dei rimedi agli effetti delle crisi di mercato in agricoltura senza la capacità di incidere sulle loro cause e, quindi, sulle motivazioni strutturali che stanno alla base dell'emergere di tali crisi ormai in quasi tutti i settori agricoli.
Se pensiamo alla bieticoltura, all'ortofrutta, all'uva da tavola, all'uva da vino, alle carni bovine, alle carni suine e alla floricoltura, troviamo in tutti questi settori dei gravi momenti di crisi, che ormai ci fanno dire che ci sono questioni strutturali da affrontare e che sono la base di tali crisi.
Tali questioni non attengono solo a quelle che fino ad oggi abbiamo esaminato per analizzare le suddette crisi. Mi spiego: in questo momento sono in crisi anche filiere specializzate, filiere dove l'organizzazione dei mercati è sicuramente più avanzata, filiere dove la specializzazione produttiva e la capacità innovativa sono a buoni livelli, filiere dove l'aggregazione del prodotto è a buoni livelli. Ci siamo sempre lamentati del fatto che l'aggregazione del prodotto in agricoltura sia troppo bassa e che, quindi, esperienze di associazionismo di prodotto e forme di aggregazione attraverso la cooperazione che vivono altri paesi, come la Spagna e l'Olanda, in Italia siano insufficienti. In questo momento, però, stiamo vivendo crisi in settori ed in filiere che hanno anche un livello elevato di aggregazione del prodotto. Penso, ad esempio, alla crisi dell'ortofrutta dove sicuramente le strutture cooperative di associazionismo del prodotto hanno una quota di mercato superiore ad altre filiere e paragonabile a quella di altri competitori europei o internazionali.
Dobbiamo capire che oggi è necessario ridefinire determinate specializzazioni produttive, ridefinire gli strumenti per rafforzare filiere e riorientare la nostra agricoltura verso nuove e diverse produzioni o verso nuovi e diversi mercati. Oggi troviamo crisi in tutti i settori dell'agricoltura, anche in quelli dove le filiere sono più specializzate ed avanzate in termini di rapporto con il mercato e di aggregazione del prodotto.
Il Ministero, ancora una volta, propone unicamente un ristoro dei danni. Abbiamo notato, peraltro, che i fondi per il ristoro dei danni delle crisi di mercato dell'uva da vino del 2005 sono stati prelevati dalla legge n. 71 del 2004, che convertiva il decreto-legge sulle crisi di mercato del 2004 per l'ortofrutta. Dunque, si sta giocando una sorta di gioco delle tre carte: si prendono i soldi per metterli da una parte, poi si prelevano nuovamente e si destinano ad altre finalità. Sappiamo che la motivazione data dal Governo è legata al fatto che la legge n. 71 del 2004 è stata bloccata a Bruxelles: quindi, non essendo operativa, si sono prelevati soldi già disponibili ma bloccati da Bruxelles. Però, sappiamo anche che alcuni agricoltori hanno già presentato domanda per le crisi di mercato ed alcune regioni hanno accolto tali domande e hanno certificato l'esistenza di tali crisi di mercato che - come sapete - si può certificare solo quando il reddito è diminuito di almeno il 30 per cento. Dunque, sicuramente vi è un problema di risorse: prendiamo i soldi da un altro decreto-legge, per quanto bloccato a Bruxelles, ma dove vi sono già state domande presentate e certificate che non troveranno risposta.
Dall'altro lato vi è l'entità di tali importi. Stiamo parlando di provvedimenti
che si rifanno al regolamento de minimis, quindi di 3 mila euro per azienda al massimo in tre anni. Si parla di briciole: si tratta non di un ristoro dei danni, ma di un lenimento dei danni. Quindi, anche l'importanza della destinazione finanziaria è sicuramente sproporzionata all'entità della crisi.
Detto ciò, siamo convinti che comunque vi sia bisogno di portare conforto a tali imprese in grave crisi, ma che sicuramente questi non siano gli strumenti che ci permetteranno di evitare che in futuro emergano ulteriori crisi.
PRESIDENTE. Onorevole Marcora...
LUCA MARCORA. Concludo, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha già parlato un minuto in più. Sono tollerante, ma non vorrei che ne approfittasse...
LUCA MARCORA. Concludo dicendo che oggi siamo di fronte all'emergenza di una nuova crisi: quella delle arance.
Ormai è diventato puntuale l'emergere delle crisi al momento della raccolta di tutti i prodotti agricoli. Abbiamo appena chiuso la crisi dell'uva da tavola e dell'uva da vino, con la vendemmia; adesso che si comincia la raccolta delle arance si apre la crisi delle arance. Non si può andare avanti così, trovando rimedi alle crisi che emergono ogni qualvolta comincia la raccolta del prodotto.
PRESIDENTE. Bene, c'è spazio anche per le vitamine!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, lei citava le vitamine, io invece cito la crisi aviaria, evidentemente in questo caso i polli siamo anche noi consumatori, oltre ai produttori!
Questo ennesimo decreto-legge, che arriva sull'onda di una continua emergenza che, come ben ricordava il collega Marcora, si riproduce in ogni stagione di inizio della raccolta, non risolve i problemi, bensì li affronta in maniera superficiale, stanziando peraltro al riguardo poche risorse. Esso rappresenta quindi semplicemente un modesto tampone, con interventi a pioggia non strutturali. Si tratta di un tipo di politica che abbiamo già visto nell'ambito di quelle adottate da questo Governo in materia di agricoltura; ma non solo in questo campo, perché ciò accade anche in altri settori della nostra economia.
La crisi è profonda. Essa coinvolge il mercato dell'ortofrutta, quello lattiero caseario, quello vitivinicolo e le filiere agroalimentari in genere, che così diventano anelli deboli della nostra economia, invece che rappresentare anelli forti della stessa, così come lo sono sempre stati nel nostro paese. Non c'è stata una politica complessiva di attenzione ai reali problemi della nostra economia. Ne cito uno che riguarda la mia regione: la definizione e la difesa della denominazione del Tocai, che ci viene espropriata dal vino ungherese. Su questo problema ci saremmo aspettati un atteggiamento più forte da parte del nostro Governo, un atteggiamento più risoluto a difesa di un marchio che vuol dire economia e ricchezza per il Friuli.
Tutto ciò passa anche per un'importante e necessaria revisione delle politiche europee. Al riguardo, dobbiamo avere il coraggio di dire con energia che le politiche di aiuto all'agricoltura sono state e sono importanti per aiutare un settore in difficoltà, ma non possono essere considerate la modalità ordinaria di «fare» agricoltura. Occorre trovare le modalità per distinguere in maniera forte tra la speculazione e la produzione, perché la speculazione - peraltro è speculazione anche ottenere gli aiuti all'agricoltura e poi utilizzare quei fondi per curare qualche bel giardino di qualche castello! Che sia inglese o di qualche altro paese, non ha importanza - impoverisce i paesi in via di sviluppo e non irrobustisce la nostra agricoltura, la quale può funzionare solo dove c'è qualità. Dove c'è qualità c'è infatti anche maggior garanzia per i nostri consumatori,
i quali acquisteranno i prodotti perché sono di qualità e ad un prezzo equo. Dove c'è qualità c'è poi anche la possibilità di sviluppare le esportazioni, che negli ultimi anni sono fortemente calate. Credo che al riguardo il Governo dovrebbe fare una riflessione sui fattori congiunturali che dipendono anche dalle politiche del Governo e riguardano l'agricoltura. Potremmo parlare dei costi connessi all'autotrasporto, dei costi del gasolio, di quelli dell'acqua rispetto a tariffe non adeguate e alla difficoltà di approvvigionamento idrico da parte di molte regioni del sud che ancora vivono questo problema, che impoverisce la nostra agricoltura.
Potremmo parlare delle mancate politiche fiscali, che non hanno aiutato questo settore con strumenti adeguati per rispondere ad esigenze che richiedono appunto adattamenti fiscali con detrazioni e con strumenti flessibili, a fronte di un'economia che è in profonda evoluzione e che diventa sempre più legata ad imprese di una certa dimensione.
Tali politiche dovrebbero anche consentire di ottenere, con particolare riferimento ai territori marginali, ricchezza aggiuntiva per chi continua a vivere in montagna, in campagna, nel proprio territorio.
Ci aspettavamo l'adozione di determinate misure, e mi riferisco, in particolare, alla questione della commercializzazione del prodotto, alla ricerca, strumento che vale non solo per le attività industriali, ma anche per l'agricoltura. Sono misure che non ritroviamo nelle politiche del Governo, di cui lamentiamo l'approccio debole alla risoluzione delle problematiche in questione. (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanni Bianchi. Ne ha facoltà.
GIOVANNI BIANCHI. Signor Presidente, credo che dovremo partire da tre questioni di fondo. È stata posta nuovamente la questione di fiducia, perché si rincorrono problemi prima negati e poi addirittura denegati, in una logica, anch'essa da mettere sotto accusa, del ritocco, che è il compagno dell'improvvisazione. Abbiamo bisogno di interventi di lungo respiro e di lungo periodo, mentre si interviene in maniera affrettata ed occasionale; ciò credo sia un corretto e puntuale leitmotiv dei nostri interventi, che non hanno soltanto uno scopo ostruzionistico, ma, facendo i conti con una certa disperazione per la logica usata, si propongono anche di offrire un contributo.
Il secondo problema, come rilevato dal collega Rosato, è quello della qualità, che richiama anche quello della ricerca, che non dovrebbe essere limitata al settore dell'industria; non a caso, per più comparti, per più filiere agroalimentari, noi parliamo di agroindustria e non soltanto nei paesi industrialmente avanzati. Ciò implica un intervento della ricerca non episodico e che ci faccia confrontare con altri paesi con punti di eccellenza.
Il terzo problema è quello della commercializzazione, che va di pari passo, da un parte, con l'esigenza di revisione delle politiche agricole europee e, dall'altra, con il bisogno di maggiore interventismo nei mercati del nostro paese.
Faccio parte della Commissione affari esteri e ci accade di costatare come, ad esempio, nei più sperduti supermercati, vini molto meno validi di quelli italiani abbiano conquistato quote di mercato; vi è la concorrenza non solo dei francesi, ma dei cileni e degli stessi australiani (vi è anche quella dei cinesi); abbiamo il fiato sul collo in questo tipo di commercializzazione. Così si dica, ad esempio, del settore caseario e dei formaggi. Mentre la feta greca è presente pressoché in tutti i supermercati del mondo, nei nostri, ad esempio, pur vantando il top dei formaggi, non è presente il grana, mentre lo è nei ricevimenti di tutte le ambasciate del mondo.
Questi casi sono sufficienti, ad un'attenta «nasometria» ed anche in assenza di esperienza specifica, per dire come anche nel settore della commercializzazione si debba lavorare assiduamente.
Ecco perché occorre stigmatizzare ancora una volta la maniera affrettata con la quale questo provvedimento si confronta con l'agricoltura, attraverso interventi inadeguati rispetto a situazioni di straordinaria delicatezza che, peraltro, riguardano la vita di centinaia di migliaia di persone che ogni giorno si misurano con la crisi che attraversa il nostro paese, che vede ancora lontana la luce finale del tunnel.
Si tratta di una crisi nei confronti della quale stiamo verificando, ormai da diversi anni, un ritardo di questo Governo. Il degrado non lo ha inventato Berlusconi, esso è presente insieme al declino anche in Francia e in Germania, ma in questi paesi è oggetto di un dibattito pubblico serrato; in particolare, la Francia ha scelto una via «blairiana» per uscirne e la Germania ha superato il record delle proprie esportazioni nel dopoguerra.
In conclusione, siamo di fronte ad una logica dell'improvvisazione, all'interno di un pentagramma che, purtroppo, improvvisato non è!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Annunziata. Ne ha facoltà.
ANDREA ANNUNZIATA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta ci troviamo a fronteggiare gli effetti di una crisi strutturale senza incidere sulle sue cause.
Ormai sono numerosi i provvedimenti del Governo in materia agricola e si tratta sempre di testi considerati urgenti. Ancora una volta, per l'ennesima volta ed in maniera errata, quasi da incapaci laddove non vi sono interessi particolari, l'attività di questo Governo è rivolta a fronteggiare l'emergenza e gli effetti della crisi.
Diversi sono ormai i settori agricoli in crisi, compreso quello vitivinicolo, che sino all'anno scorso ha dimostrato buona vivacità con sufficienti livelli di redditività, mentre oggi versa in una crisi sicuramente grave. Non possiamo poi dimenticare il settore dei pomodori e dell'ortofrutta, i settori bieticolo e caseario ed, in particolare, quello dell'agricoltura di montagna.
In Italia, l'agricoltura non garantisce più alle imprese una sufficiente redditività; essa non viene accompagnata da una efficiente politica nazionale. Gli agricoltori si sono trovati di fronte al problema di cosa seminare, affidandosi a previsioni del tutto prive di elementi che non sono in possesso di un mondo agricolo abbandonato da un Governo assente su tutto ciò che riguarda politiche economiche di serio e concreto respiro.
I temi più rilevanti sui quali il Governo continua ad annaspare sono quelli della competitività e della commercializzazione dei prodotti agricoli. La competitività è fondamentale per garantire la redditività delle nostre imprese; sappiamo tutti che bisogna produrre con qualità e che la qualità presenta costi non comprimibili per quanto concerne alcuni fattori di produzione. Tuttavia, siamo consapevoli che è possibile mettere in campo politiche in grado di ridurre determinati costi; penso a quelli dell'energia, del gasolio, delle assicurazioni, dell'acqua per l'irrigazione. Ricordo inoltre gli aiuti promessi per le calamità naturali e mai arrivati. La Campania, ad esempio, attende oramai da anni legittimi aiuti per le tante calamità degli ultimi tempi.
Che dire poi del costo del denaro in agricoltura, che in tutta Italia, e specialmente al sud, è sicuramente più elevato rispetto a quello registrato in altri settori, nonché della problematica dell'accesso al credito?
Il costo della terra è diventato proibitivo, mentre l'affitto e la Cassa per la formazione della proprietà contadina vanno sicuramente rivisti. Il costo del lavoro, inoltre, è troppo elevato, e ci riferiamo non certo a quanto percepiscono i dipendenti agricoli, bensì agli oneri contributivi, assistenziali e previdenziali.
Occorre impostare, insomma, una politica dei fattori che sia in grado di colpire quei costi che pongono le imprese agricole italiane fuori dal mercato. Agli agricoltori non va alcun guadagno, a fronte degli alti costi pagati dai nostri consumatori.
Vi è poi il problema della commercializzazione. Si avverte la necessità di regole
all'interno della filiera, poiché la parte agricola è molto spesso quella più debole durante la contrattazione. Nulla l'attuale Governo ha fatto in questi cinque anni.
Con questo ennesimo decreto-legge si cerca di lenire gli effetti disastrosi della crisi. Sappiamo che non vi sono risorse a disposizione per le scellerate politiche economiche di questo Governo. Andate alle cause. È vero che è troppo tardi, ma quantomeno potreste ridurre i danni, pensando più ai problemi del paese che a quelli particolari e personali di alcuni membri della maggioranza o di amici vicino ad essa. Cosa volete che importi alla gente della legge «salva Previti» quando il paese affonda sempre di più?
Orsù, onorevoli colleghi, un minimo di buon senso e di amor patrio! Vi si chiede tanto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.
CARLA ROCCHI. Signor Presidente, devo dire con chiarezza, come già altri colleghi hanno fatto, che la ragione di questi interventi ripetuti sul complesso degli ordini del giorno, come non sfugge a nessuno, è duplice.
Anzitutto, vi è la necessità di segnalare la forte contrarietà e il disagio rispetto alla volontà della maggioranza di prendere sempre in considerazione provvedimenti a nostro avviso inopportuni e da non affrontare. Da qui scaturisce un atteggiamento che certamente assume alcune connotazioni ostruzionistiche (non è il caso di negarlo). Tuttavia, il provvedimento in esame meriterebbe comunque l'approfondimento che in qualche modo siamo forzati a fare proprio per le finalità ostruzionistiche prima ricordate.
Su questo provvedimento è necessario discutere perché occorre segnalare, nel merito e nella sostanza, l'infinita serie di aspetti che non vanno bene e rispetto ai quali ci si aspetterebbe una riflessione organica e complessiva da parte del Governo e della sua maggioranza. Intanto, vi è una ragione di scenario: caratteristica di questo Governo è quella di mettere pesantemente le mani in comparti che non ne hanno alcuna necessità. Mi riferisco al settore della scuola.
Il Governo si è distinto per aver varato una riforma scolastica che ha la singolare peculiarità di scontentare tutti (ma proprio tutti), perché non esiste una sola categoria che l'abbia vista con favore. È di oggi una lettera ai giornali scritta dai professori ordinari, ovvero dai massimi beneficiari di questa legge, che segnalano come l'eccesso di potere concentrato nelle loro mani sia un aspetto dagli stessi non richiesto né voluto. In questo settore, dove non vi sarebbe stato bisogno di intervenire, si è operato con una modalità (checché ne dica il ministro) non partecipata e non di confronto, ed è stato realizzato un intervento così radicale da riportare l'insieme del comparto degli studi e della formazione talmente indietro che non si capisce come sarà possibile ricondurlo, non dico al passo con i tempi, quanto al punto di partenza. Quindi, sono state impiegate grandi energie in un settore che, se fosse rimasto così come era, sicuramente sarebbe migliore di come si delinea all'indomani di una riforma non richiesta e non voluta.
Invece, nel settore agricolo, dove a nostro avviso (ma anche ad avviso del paese, degli operatori, degli agricoltori e dei consumatori) sarebbe stato necessario compiere un grosso sforzo per trovare una soluzione organica ed operare una revisione complessiva delle diverse leggi che hanno regolato il settore, più con il criterio delle pezze a colori che con quello della riorganizzazione coerente, siamo di fronte al vestito di Arlecchino. Si tratta di un vestito composito, con pezze di colori diversi, ma soprattutto non allegro.
Non sono pezze con i colori allegri della maschera, sono pezze tristi, sono pezze che non fanno bene al settore agricolo e che non risolvono, perché non si tengono insieme, gli infiniti problemi che riguardano il settore stesso e che, naturalmente, riguardano anche tutti noi. In
fatti, anche se l'agricoltura oggi non è più il fattore portante dell'economia nazionale, resta comunque un importante settore che avrebbe meritato attenzione, interesse, energie, forse passione, per un intervento organico.
Lamentiamo in primo luogo il fatto - non siamo i soli a farlo - che neppure in questo caso si sia sfuggiti alla logica dell'emergenza, quando sarebbe stato estremamente necessario intervenire sugli aspetti critici: la ricerca, la commercializzazione, la diffusione dei prodotti, la salvaguardia degli operatori. Niente di tutto questo. C'è un settore che in un determinato momento fa acqua più degli altri? Bene, si interviene su questo, magari con fondi inadeguati. Si sa che servono determinate risorse, come è accaduto per la produzione dell'uva, e si riesce ad avere un terzo rispetto al fabbisogno stimato. Si aprono in continuazione crisi, e non può essere altro che così, e il Governo affannosamente interviene in maniera tardiva e disorganica, in modo che non rimanga altro da fare che aspettarsi, su questo abito lacerato, l'apertura di nuove falle, di nuovi squarci, di nuovi strappi.
Abbiamo formulato proposte nel merito del provvedimento, che, come spesso accade, non sono state prese in esame. È rimasta la strada degli ordini del giorno, numerosi e non segnatamente ostruzionistici. È ostruzionistica, forse, la modalità che scegliamo per illustrarli e sostenerli, ma certamente non è ostruzionistico il contenuto degli stessi. Se il Governo volesse, avesse voluto, vorrà prendere in esame quello che segnaliamo, possiamo credere che rispetto a un guasto di grandi dimensioni si possa assistere a una piccola ma non ininfluente riduzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito della dichiarazione di voto sugli ordini del giorno che abbiamo presentato, intendo ringraziare per la sua presenza il sottosegretario Delfino, che, fin dalla discussione sulle linee generali, ha seguito con grande attenzione e puntualità il dibattito sul decreto-legge in esame. Per la verità, non riesco a fare altrettanto per il ministro Alemanno, ma mi pare che nella giornata odierna sia particolarmente impegnato in sede internazionale.
Per quanto riguarda il metodo, signor Presidente, è stato già rilevato da numerosi colleghi come la questione di fiducia posta anche su questo provvedimento abbia sostanzialmente cancellato ogni possibilità di discussione, di approfondimento e, mi permetto di segnalare, di miglioramento del decreto-legge. Non mi attardo, dunque, in una valutazione di carattere generale.
Sul contenuto del provvedimento - stante il fatto che solo la possibilità di intervenire sugli ordini del giorno, dal momento che è stata posta la fiducia, ci consente di dire qualcosa - ribadiamo le nostre critiche e le nostre forti preoccupazioni per un modo di legiferare che insegue sostanzialmente i problemi, manca di organicità e si traduce in interventi-tampone che, ogni quindici giorni, vengono proposti a questa Assemblea sulle diverse questioni, anche sull'agricoltura. Si tratta di un modo di procedere che certamente - penso che il sottosegretario Delfino concordi - non giova all'agricoltura, che invece continua a soffrire e a stare male.
I nostri produttori, signor sottosegretario, non hanno prospettive, e lei lo sa bene. Non c'è chiarezza di indirizzi; manca una seria programmazione. Le nostre aziende non sanno più cosa seminare, non hanno certezza sui prezzi, sono in balia dei grandi gruppi commerciali, non riescono a fare reddito.
A volte, emergono parole nuove. Penso, ad esempio, all'utilizzo di alcuni prodotti agricoli a fini energetici; oppure al ruolo delle nostre aziende del settore dell'agricoltura in materia di tutela del territorio. Ma, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, si tratta di parole, di convegnistica, di manifesti, che guadagnano soltanto il titolo di alcuni quotidiani, ma non si traducono poi in scelte concrete, in linee
finanziarie, in politiche per l'agricoltura, perché il Governo manca di chiarezza, di coraggio e di capacità di scelta.
D'altronde, mi consenta signor Presidente, il ministro Alemanno mi sembra molto più noto per le sue iniziative e per le sue attività quale esponente del partito di Alleanza Nazionale; lo è un po' meno, invece, quale ministro delle politiche agricole che ha avuto a cuore i problemi di questo settore, che si è adoperato per dare soluzione ai problemi veri delle nostre aziende agricole.
L'unico intervento che abbiamo ascoltato in aula stamane da parte di esponenti della maggioranza è stato svolto da un collega di Alleanza Nazionale. Mi permetto di ricordare, voglio che resti agli atti, come tale intervento sia sostanzialmente fatto di illusionismo e propaganda. Egli ha voluto evidenziare come nel programma dell'Unione, su 14 punti programmatici, non sia presente il termine «agricoltura».
Ebbene, voglio sottolineare alcuni elementi. Anzitutto, carissimi colleghi della maggioranza, signori esponenti del Governo, credo che dobbiamo parlare di cosa è mancato all'agricoltura in questi vostri cinque anni di Governo.
Per quanto riguarda il futuro, vogliamo assicurarvi che il programma lo stiamo realizzando insieme agli agricoltori, insieme alle categorie del settore e insieme alle associazioni agricole.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Frigato.
GABRIELE FRIGATO. Ho terminato, signor Presidente.
Mi dispiace che il mio ordine del giorno n. 9/6063/187 sia stato accettato dal Governo soltanto per la parte generica. Chiedo al Governo attenzione per le piccole e medie aziende agricole, ossia quelle che soffrono maggiormente la crisi dell'agricoltura nel nostro paese, affinché queste ottengano, da parte del Governo, l'attivazione di un'azione precisa in sede comunitaria, volta a far sì che i contributi comunitari all'agricoltura non siano assegnati genericamente e non finiscano nelle tasche di chi investe e specula con il territorio, ma siano destinati alle tasche dei piccoli operatori, delle piccole aziende agricole (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.
ANGELO BOTTINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno da me presentato nel merito del decreto-legge in esame, è volto a sollecitare l'attenzione per il settore della floricoltura, comparto importante e molto presente sul territorio, soprattutto nella mia regione, la Liguria.
Tale settore risente di sistematiche imprevedibilità e ha bisogno di un forte sostegno, anche in considerazione della forte concorrenza del mercato estero. Le difficoltà incontrate nel settore, se non assistite da interventi puntuali e precisi, possono mettere in crisi la stessa economia della regione. Quindi, gli sforzi di competitività e di ammodernamento sono sempre necessari e impellenti. È perciò evidente che un forte sostegno a questo particolare settore agricolo è sempre necessario. Ma tutto il settore dell'agricoltura richiederebbe un'indagine puntuale di mercato.
Le varie valutazioni sui costi di produzione, sui consumi di energia, sul costo del lavoro, con relativi aspetti concernenti la valutazione contributiva, assistenziale e previdenziale, l'accesso al credito, con relative segnalazioni graduali di sostegno, rappresentano le grandi preoccupazioni che assillano le imprese del settore.
Le varie proposte economiche o i provvedimenti urgenti non sono sufficienti. L'impresa agricola ha bisogno di una precisa analisi delle diverse necessità e di riscontri che individuino i principi base necessari a fronteggiare la crisi. Le imprese hanno bisogno di un disegno strategico capace di individuare le cause e i limiti dei problemi, definire i margini di manovra per delineare una nuova e forte
strategia di difesa, riorganizzazione e sviluppo per tutelare la produzione in un'ottica di trasformazione e di commercializzazione dei nostri prodotti.
Questo Governo, pur avendo a disposizione sia il tempo necessario sia una forte maggioranza, troppo spesso ha assunto le sue decisioni ricorrendo al voto di fiducia che tronca un eventuale confronto costruttivo e impedisce di recepire proposte emendative che apportano o avrebbero apportato interessanti miglioramenti al provvedimento o ai provvedimenti in corso. Lo strumento del voto di fiducia utilizzato da questa maggioranza non è adatto alla costruzione di un processo positivo di esame dei provvedimenti, soprattutto in relazione a questo, in tema di agricoltura.
Gli ordini del giorno presentati al provvedimento in esame sono, nell'impossibilità di discutere e di confrontarci sul disegno di legge di conversione in questione con la forzatura del voto di fiducia, un segnale di attenzione, sono indirizzi al Governo, che permettono di valutare accuratamente la costruzione di un processo che va fatto insieme in modo che l'obiettivo sia raggiunto prima.
Questa è una situazione che preoccupa sempre di più. Sono richieste indicazioni precise che, se non verranno date, non consentiranno la costruzione di un processo positivo, ma, al contrario, si aggraverà la crisi del paese. In questo momento, le aziende agricole attendono risposte precise, chiare e condivise, senza inganni e senza forzature da parte di chi governa. È necessario attivare strumenti capaci per affrontare la crisi dell'agricoltura e, soprattutto, è importante, per certi provvedimenti, accettare un confronto costruttivo che mi pare ultimamente non sia stato accettato da questa maggioranza, soprattutto con riferimento ai provvedimenti concernenti i settori in crisi. Forse, in questo momento, la situazione andrebbe impostata in modo diverso. Noi comunque saremo sempre presenti per sollecitare l'attenzione su questi gravi problemi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tuccillo. Ne ha facoltà.
DOMENICO TUCCILLO. Signor Presidente, ritengo non sia inutile né sbagliato anche in questa circostanza ricordare a noi tutti come ancora una volta siamo di fronte a provvedimenti condotti in porto a colpi di maggioranza e a colpi di voti di fiducia. Tutto ciò è ormai diventato un'abitudine per questo Parlamento e si corre il rischio persino dell'assuefazione a questa pratica. Proprio per questo motivo, ormai, sia che si tratti di leggi elettorali o di provvedimenti in materia di università, o in tema di giustizia o in materia di agricoltura, come quello al nostro esame, il Parlamento, ahimè, è ridotto sempre di più ad un luogo di approvazione meccanica di tali provvedimenti anziché ad un luogo di discussione, di confronto, di approfondimento e di elaborazione delle scelte e delle soluzioni.
Il provvedimento al nostro esame riguarda, più specificamente, il settore dell'agricoltura. Tale settore riveste una grande importanza nel nostro paese, non solo perché l'agricoltura è il settore primario nel nostro sistema economico, ma anche perché con l'espressione «mondo agricolo» si indica sia un fattore dell'economia sia - come è stato ricordato precedentemente in altri interventi - la tutela del territorio e dell'ambiente ed il patrimonio storico e culturale di un paese come il nostro, dove le colture, gli insediamenti e le produzioni agricole hanno un valore di carattere storico-culturale; infatti, una cosa è produrre vino Nebbiolo nelle Langhe o Falanghina in Campania, altra è produrre vitigni francesi nelle campagne della Nuova Zelanda o della California. Si tratta di contesti e di valori completamente diversi che si stringono attorno a determinate produzioni.
Tutto ciò avrebbe richiesto un adeguato approfondimento dei temi dell'agricoltura. Invece, ancora una volta, ci troviamo di fronte al quarto, forse al quinto decreto-legge in materia che questo Governo ha presentato (e che sarà approvato anche in
questa circostanza), senza aprire un confronto serio su una materia di carattere strutturale ed organico che non prevedesse un semplice intervento tampone, per ristorare quel settore dai danni che gradualmente si registrano nel processo economico, imprenditoriale ed industriale.
Occorre rilevare, dunque, una carenza di fondo che non consente di fornire una risposta adeguata alle problematiche legate alla trasformazione radicale e profonda del settore. Basti pensare alla globalizzazione dei mercati e dei prodotti su scala mondiale, alle grandi trasformazioni nel settore delle biotecnologie (quindi, della produzione dei prodotti OGM, della contrapposizione tra OGM e prodotti tipici che investe, con particolare interesse, il nostro paese) e alla tutela dei nostri prodotti all'estero (qualche sera fa, nel corso della trasmissione televisiva Report, si è appreso che il prosciutto di Parma non può essere diffuso sui mercati esteri con questa denominazione, ma deve essere chiamato prosciutto italiano, perché la titolarità del prosciutto di Parma appartiene ad un'azienda canadese e non al nostro paese).
PRESIDENTE. Onorevole Tuccillo...
DOMENICO TUCCILLO. Quindi, vi è una serie di contraddizioni e di problemi notevoli su cui avremmo gradito un approfondimento. Avremmo voluto un confronto sulla possibilità di far crescere la competitività delle imprese del nostro paese, di migliorare il sistema della commercializzazione dei prodotti, la ricerca nel settore agricolo e della produzione agricola, che per noi riveste un valore molto importante.
Tutto questo non c'è stato. Il provvedimento in esame potrebbe essere definito un intervento di ristoro dei danni, peraltro giocato in modo piuttosto equivoco. Infatti, tali risorse avrebbero dovuto essere sommate a quelle previste in un precedente decreto-legge; tuttavia, a seguito della bocciatura a Bruxelles di quest'ultimo, sono state recuperate alcune risorse in esso stanziate per farle proprie nel provvedimento in oggetto (quindi, prendendo da una parte e togliendo dall'altra).
In conclusione, siamo di fronte ad un provvedimento né utile né sorretto da interventi finanziari adeguati. Sinceramente, ci sembra pochissimo per fronteggiare il problema dell'agricoltura nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruta. Ne ha facoltà.
ROBERTO RUTA. Signor Presidente, il disegno di legge in esame prevede, così come scritto nel titolo, interventi per il sostegno del settore vitivinicolo, che oggi versa in uno stato di grave crisi.
Sono misure di carattere emergenziale quelle introdotte dal decreto-legge in esame. Va ribadito ancora una volta che si prende atto degli effetti della crisi, che si cerca in qualche misura di porvi rimedio, cosa di per sé non deplorevole ma, semmai, ammirevole: dove è dunque la carenza di questo decreto-legge? È nel fatto che non si affrontano, ponendovi rimedio, le cause che producono le difficoltà per le aziende agricole e per tutta la filiera agroalimentare.
Ciò che è mancato in questi anni ci sembra ormai abbastanza chiaro e risulta difficile immaginare come, alla fine della legislatura, questo Governo potesse adottare una strategia che non ha avuto per tutto il corso della stessa. Quando una coalizione si presenta all'elettorato, sarebbe preferibile che in ambito programmatico prendesse in esame all'inizio della legislatura, per poi attuarle nel più breve tempo possibile, strategie di riforma strutturali, per verificarne gli effetti, per seguirle, per modificarle, qualora ve ne sia la possibilità, anche durante il corso della legislatura: questo Governo non lo ha fatto all'inizio, non lo ha fatto durante e continua a rinunciare a farlo anche alla fine della legislatura.
Così, il presente decreto-legge utilizza di fatto i fondi di un altro decreto-legge, che a sua volta era stato finanziato per
fare fronte ad un'emergenza, ma bloccato dall'Unione europea e da Bruxelles; si tratta di fondi bloccati che vengono reinseriti nel provvedimento in esame: certo, è meglio avvalersene piuttosto che non utilizzarli!
Alcuni degli emendamenti presentati dall'opposizione sono stati approvati dalla maggioranza, ma sempre nella logica emergenziale di dare una risposta, insieme ad un po' di ossigeno, non strutturale né convincente.
Qual è il problema vero? È quello della commercializzazione, della competitività, di un prezzo di vendita che sia equo ma anche remunerativo, delle misure per favorire in ogni modo la competitività, agendo sulla riduzione dei costi dell'energia, del lavoro, del gasolio, delle assicurazioni, dell'acqua per l'irrigazione, degli adempimenti burocratici e anche completando il sistema di irrigazione. Tutti sanno quanto il problema dell'irrigazione sia importante: nei fondi FAS, ad esempio, per la regione Molise era stato previsto il completamento del sistema di irrigazione, che poi, dopo l'approvazione della delibera CIPE, è stato sostanzialmente bloccato. Poteva essere un modo per consentire alle aziende della filiera agroalimentare di diventare più competitive, di avere una produzione più significativa.
ROBERTO RUTA. Su tali misure è mancato un disegno strategico efficace, chiaro, un modo di agire che rappresentasse una scommessa collettiva per il mondo agricolo; ovviamente, il settore vitivinicolo oggi è preso opportunamente in esame, anche se in ritardo, come anche altre crisi del passato.
Quanti settori soffrono di una crisi profonda come quella del settore bieticolo-saccarifero? Nell'ordine del giorno da me presentato, che spero venga accolto, si richiede un'attenzione diversa, straordinaria nei confronti del settore bieticolo-saccarifero della regione Molise, visto che a Termoli è presente uno zuccherificio.
Ricordo brevemente la vicenda di tale zuccherificio e, quindi, in un certo senso dell'industria saccarifera italiana, con tutte le sue sofferenze.
Le principali associazioni nazionali dei bieticoltori avevano predisposto, nel luglio del 2004, un documento unitario nel quale si evidenziavano determinati obiettivi.
PRESIDENTE. Onorevole Ruta, deve concludere.
ROBERTO RUTA. Mi avvio alla conclusione, Presidente.
Vi fu poi disattenzione e quel documento non fu preso in considerazione; si giunse così al 14 luglio 2004. È intervenuta quindi la decisione della Commissione europea, giungendosi poi ad una rimodulazione, attraverso il nuovo Parlamento...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ruta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stradiotto. Ne ha facoltà.
MARCO STRADIOTTO. Signor Presidente, con il provvedimento in esame, viene prevista una serie di interventi urgenti per l'agricoltura e per contrastare gli andamenti anomali dei prezzi nella filiera agroalimentare. Si tratta dell'ennesimo provvedimento che dà risposta alle emergenze ma non alle reali necessità del settore agricolo. Purtroppo, in tutti questi anni, il Governo ha preferito provvedere con microinterventi per limitare gli effetti delle diverse situazioni critiche, ma non ha mai affrontato il tema in termini strutturali. Le crisi del settore agricolo sono molte, ed interessano i comparti bieticolo-saccarifero, lattiero-caseario, vitivinicolo, dell'ortofrutta; ma si pensi anche all'ultima grave crisi che ha colpito il settore agricolo a seguito dell'emergenza determinata dall'influenza aviaria.
Si continua a far fronte a tali emergenze con misure «tampone» che, se forniscono risposte alle situazioni critiche, non danno però prospettive al settore
primario; in tal modo, si brucia una quantità enorme di risorse economiche senza dare prospettive ai nostri produttori agricoli.
In modo particolare, vorrei soffermarmi sulla questione dei prezzi e invito il rappresentante del Governo - che ringrazio per la presenza - a confrontare i prezzi dei prodotti in questi ultimi anni. Il quotidiano Il Sole 24 Ore, ogni giorno, puntualmente, pubblica i prezzi dei prodotti agricoli; ebbene, vorrei, che si confrontassero i prezzi «spuntati» dai nostri agricoltori nel 2001 con quelli ottenuti dagli stessi nel 2005 e, nel contempo, vorrei che si verificassero quelli pagati dai consumatori. In questi anni, il Governo non è stato in grado di dare una risposta all'emergenza inflazione, tanto che si è giunti alla famosa «sindrome della quarta settimana», per cui, l'ultima settimana del mese, si riducono addirittura i consumi di latte e pane. In questa situazione, se consideriamo la condizione delle aziende agricole, ci accorgiamo che i prodotti valgono meno di quanto valevano cinque anni fa. Questo è il dramma vero e, rispetto a ciò, non è stata fornita la risposta che invece altri paesi europei hanno saputo dare a tale tipo di emergenza.
Nel nostro paese va ristrutturata tutta la filiera distributiva del settore agroalimentare; in tale ambito vanno investite le risorse: occorre investirle in questo modo, anziché bruciarle rincorrendo le crisi che periodicamente colpiscono i vari comparti agricoli. In questo senso, la nostra critica è rivolta all'ennesimo decreto «tampone» che fornisce risposte solo nel breve periodo senza dare una prospettiva.
Gli agricoltori si trovano ad avere un reddito inferiore a quello che percepivano cinque anni fa e si accorgono, quando devono acquistare determinati prodotti, che il prezzo di questi ultimi è aumentato molto. Credo si tratti di una questione reale, che il ministro competente deve risolvere dando una risposta. Da tale punto di vista, in questi anni, in più occasioni, sono state conferite risorse al settore agricolo ma le stesse sono state poi sperperate nel modo peggiore.
Si deve considerare che il nostro è un paese nel quale gli agricoltori, nelle diverse produzioni tipiche - che, dalle Alpi alla Sicilia, annoverano svariati prodotti, dai formaggi ai vini, ai particolari prodotti ortofrutticoli -, hanno una grandissima capacità produttiva; essi, forse, non sono ben organizzati sul piano della commercializzazione e, spesso e volentieri, sono succubi delle grandi catene distributive. In questo settore spero si voglia investire; purtroppo, anche con questo provvedimento si è persa un'occasione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santino Adamo Loddo. Ne ha facoltà.
SANTINO ADAMO LODDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimiamo la nostra opposizione al decreto-legge in esame. Sollecitiamo dunque il Governo, con la presentazione di diversi ordini del giorno, nel tentativo di convincere maggioranza ed Esecutivo, ad invertire la rotta sui temi dell'agricoltura. Ciò anche perché abbiamo affermato, più volte, che consideriamo sbagliato proseguire con provvedimenti «tampone», che hanno esclusivamente la funzione di fronteggiare, quando vi riescono, le emergenze.
Vorrei ricordare che il Governo ha avuto a disposizione oltre quattro anni, con una certa stabilità governativa; vi è stato un unico ministro, che si è caratterizzato soprattutto per dichiarazioni enfatiche e per grandi promesse, senza tuttavia sortire, alla fine, alcun risultato.
Non è stato fatto nulla di concreto. Infatti, i pochi provvedimenti adottati sono rimasti inapplicati, e la tanto propagandata legge omnibus, che avrebbe dovuto rilanciare l'agricoltura, colpita dalle avversità atmosferiche e dalle calamità naturali, è rimasta nel cassetto e non è mai stata applicata. Vorrei altresì ricordare che tale legge prevedeva, tra l'altro, il ripianamento dei debiti, con la possibilità, per le aziende agricole, di contrarre dei mutui con la partecipazione dello Stato al pagamento degli interessi.
Vi è uno stato di disagio e di crisi che sta determinando ripercussioni sociali, con la perdita di tanti posti di lavoro (soprattutto braccianti agricoli) in tutto il Mezzogiorno, comprese la Sicilia e la Sardegna. La crisi, tra l'altro, assume anche carattere ambientale, a seguito dell'abbandono delle campagne. Noi, pertanto, diciamo «no» alla conversione del decreto-legge in esame.
È questo il motivo per cui abbiamo voluto presentare questi ordini del giorno, nella speranza di sensibilizzare il Governo affinché lo stesso, nel corso di questi pochi mesi che rimangono al termine della legislatura, inverta sul serio la rotta e dia maggior rilancio all'agricoltura.
Chiedo al Governo, infine, di rivedere il parere espresso, accettando il mio ordine del giorno, che impegna a prevedere e finanziare corsi di formazione per i carabinieri impegnati nei nuovi compiti assegnati dal decreto-legge in via di conversione; del resto, le stesse disposizioni recate dal testo in esame prevedono che venga affidato all'Ispettorato centrale repressione frodi, al Corpo forestale dello Stato ed al Comando carabinieri politiche agricole il compito di vigilare sull'attuazione dei programmi in questione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reduzzi. Ne ha facoltà.
GIULIANA REDUZZI. Signor Presidente, con la posizione della questione di fiducia il Governo ha bloccato, di fatto, la discussione sul decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, sottoposto all'attenzione dell'Assemblea della Camera dei deputati per la relativa conversione in legge. Si tratta di un provvedimento riguardante l'agricoltura che si pone il preciso obiettivo di definire interventi urgenti idonei a fronteggiare la crisi del settore.
Il disegno di legge in esame presenta, tuttavia, non pochi limiti, suscitando dubbi sulla sua validità, nonché sulla sua applicabilità. È evidente come la proposta legislativa non scaturisca da una politica agricola organica ed efficace, atta a rimuovere le cause che stanno alla base della crisi dell'agricoltura. Ancora una volta, infatti, il provvedimento si limita a fronteggiare gli effetti della crisi del settore agricolo con proposte «tampone», non idonee a risolvere, in modo definitivo, i seri problemi del comparto.
Inoltre, le misure introdotte a tutela del settore sono accompagnate da risorse decisamente inadeguate. Eppure, il quadro della situazione dei diversi comparti della produzione agricola è particolarmente preoccupante e perciò meriterebbe interventi legislativi più mirati e più efficaci.
Le imprese agricole italiane sono in grave difficoltà economica, perché non possono contare su una redditività sufficiente. D'altra parte, le stesse per competere sul mercato devono produrre con qualità, ma la qualità costa ed è ovvio che i prezzi adeguati e redditizi del prodotto pongono le imprese agricole fuori mercato. Una politica lungimirante dovrebbe puntare, innanzitutto, a strategie finalizzate a ridurre i costi di produzione, intervenendo, per esempio, sul costo dell'energia, del gasolio, delle assicurazioni, dell'acqua per l'irrigazione, così come dovrebbe prevedere misure atte ad abbattere il costo del lavoro, ancora troppo elevato, soprattutto per i pesanti contributi assistenziali e previdenziali a carico dell'imprenditore per ogni suo dipendente.
Un secondo elemento dovrebbe qualificare un progetto politico risolutivo dei problemi dell'agricoltura. Alludo all'individuazione di processi nuovi di commercializzazione capaci di mettere fine alla situazione attuale che, come tutti sappiamo, penalizza e mette in ginocchio il produttore.
Un provvedimento efficace dovrebbe, altresì, garantire un risarcimento immediato e sicuro dei danni provocati alle imprese agricole dalle calamità naturali, eventi che, per di più, stanno diventando sempre più frequenti e imprevedibili.
L'attuale testo del provvedimento, invece, non affronta, con una visione strategica,
il complesso problema del settore agricolo e genera perplessità, perché lascia aperte ancora troppe questioni.
Il gruppo della Margherita, in sede di Commissione, ha lavorato in modo costruttivo sul provvedimento in esame ed ha offerto contributi significativi al miglioramento del testo. Ma, poiché la proposta legislativa pervenuta in aula rispetto a quella esaminata in Commissione risulta stravolta dagli emendamenti introdotti dal Governo e dal relatore, ci troviamo nell'assurda posizione di esprimere un voto su un provvedimento non discusso nella sua completezza in Commissione e neppure in aula, a causa della posizione della questione fiducia.
Con gli ordini del giorno presentati dal gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo si intende richiamare l'attenzione sui tanti problemi che stanno alla radice della crisi delle imprese agricole. Infatti, si chiede al Governo di prevedere interventi concreti che aiutino le aziende a ridurre i costi di produzione, pur salvaguardando la qualità del prodotto; si chiedono nuove norme per una commercializzazione che riconosca adeguatamente il lavoro degli agricoltori; si propone al ministro delle politiche agricole e forestali di offrire ai produttori risposte non più verbali, ma concrete, con l'adozione di misure idonee a fronteggiare una situazione estremamente e continuamente esposta ad eventi che possono causare crisi ulteriori.
Si ribadisce, inoltre, che con un provvedimento che stanzia risorse del tutto insufficienti non si danno risposte congrue ai problemi riguardanti migliaia e migliaia di famiglie e concernenti altresì complessivamente l'economia italiana.
In ultima analisi, vorremmo impegnare il Governo ad elaborare strategie più efficaci per un vero rilancio dell'agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.
RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, sono contento che, in questo momento, sia lei a dirigere i lavori di quest'Assemblea. Le auguro di essere rieletto nella prossima legislatura, e lo auguro anche a me stesso. Questa sarà, infatti, una tra le poche ed ultime volte, proprio a causa della legge elettorale recentemente approvata da questo ramo del Parlamento, che possiamo difendere gli interessi legati ai luoghi in cui viviamo. Poi, non sarà più possibile, perché vi saranno le circoscrizioni elettorali e, dunque, non vi sarà più bisogno di rendere conto del proprio operato a chicchessia.
Voglio trattare un problema che riguarda ancora gli interessi - legittimi - della mia terra, delle molteplici aziende agricole che risiedono nel mantovano, che vivono della produzione di carne, di latte e di cereali; una realtà tra le più ricche della Lombardia e, quindi, tra le più ricche d'Europa.
Eppure, una situazione di crisi sta investendo queste realtà di grande eccellenza. Mi riferisco all'ultima crisi, quella che riguarda l'influenza aviaria. Vi sono già imprese che stanno chiudendo e tale problema è talmente urgente che questo decreto-legge urgente non l'ha neppure considerato! Il problema dei polli e dell'influenza aviaria non esiste! È questo il paradosso di decreti-legge che hanno tale connotazione di urgenza e di necessità e che si riferiscono a situazioni di un anno prima.
La contestazione rispetto a questo provvedimento, oltre alla scarsità ed alle briciole che vengono date alle nostre aziende, riguarda il fatto che giunge sempre in ritardo. Non vi è una politica agricola, non vi è una politica di sostegno, né una politica di indirizzo rivolta ai nostri produttori.
Allora, è inutile parlare di problemi dei prezzi e della politica dei fattori, quando sappiamo bene, perché lo tocchiamo con mano ogni giorno, quanto rilevante sia, con riferimento ai fattori della produzione, il tema della proprietà. Dobbiamo tornare indietro agli anni del primo dopoguerra, quando c'era una politica, ad esempio, sulla piccola proprietà contadina, per l'apertura ai giovani? Dov'è, oggi, una
politica che riguarda la proprietà, il passaggio di proprietà e la nuova proprietà, soprattutto per i giovani?
Quanto al credito: non ci siamo resi conto che oggi il credito è una delle componenti fondamentali, perché i costi che riguardano i servizi dei sistemi bancari si sono quadruplicati nel giro di qualche semestre?
Allora, ad esempio, chiedere un rinvio della scadenza delle cambiali agrarie non sarebbe un grande aiuto in questo momento in cui vi sono interi settori in crisi? E questo decreto-legge cosa fa? Ancora una volta, fa pubblicità, fa dichiarazioni e manifesti di aiuti all'agricoltura; in realtà, l'aiuto non c'è.
Sempre in ordine al credito ed ai sistemi di credito legati all'agricoltura, quando mai in questi anni c'è stato un aiuto con riferimento, in modo particolare, a questi istituti?
Parliamo del fisco: non abbiamo neanche avuto il coraggio e la capacità di dire a quelle aziende che si trovano in territori in stato di calamità di sospendere il pagamento dei tributi previdenziali!
E le detrazioni di imposta, che potrebbero essere lo strumento per aiutare le nostre aziende a contenere i costi e, quindi, i prezzi, dove stanno?
La legge Tremonti si è occupata, guarda caso, delle grandi imprese industriali e non dei piccoli coltivatori. Questa è un'altra verità!
Assistiamo sempre a menzogne, si nega l'evidenza. Quando mai si è intervenuti tutte le volte che c'è stata un'anomalia evidente, ad esempio, di aumento dei prezzi nella filiera agroalimentare? C'è stato qualche incentivo o qualche intervento da parte del Governo per un accertamento fiscale o per verificare se fosse legittimo un aumento dei prezzi in un determinato anello di una data filiera, e non in senso generale? Ci siamo anche dimenticati della Parmalat, ma, a questo proposito, ci sarebbe ancora molto da dire...
PRESIDENTE. No, concludiamo qua...
RUGGERO RUGGERI. La ringrazio, signor Presidente, e speriamo di rincontrarci ancora...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lulli. Ne ha facoltà.
ANDREA LULLI. Signor Presidente, molto è stato già detto a proposito del decreto-legge in esame. Molti colleghi ne hanno sottolineato le carenze, le insufficienze e anche il carattere un po' propagandistico, che del resto hanno assunto molte leggi approvate da questa maggioranza e proposte da questo Governo in questi ultimi mesi e non solo.
In particolare, il collega Rava si è soffermato più volte, in diversi interventi, su tale problema, criticando puntualmente gli aspetti più deleteri e le questioni, seppur abbastanza semplici, che invece non sono state affrontate dalla politica di questo Governo.
Dopo oltre quattro anni di Governo e di politica agricola di questo Esecutivo, dobbiamo evidenziare come permanga ancora una grave lacuna, che si è aggravata. Mi riferisco al deficit della bilancia dei pagamenti dell'industria agroalimentare italiana. È un paradosso, perché il nostro paese, in realtà, ha grandi potenzialità in questa direzione, ha una grande capacità e una grande diversificazione della produzione, dispone di molte nicchie di qualità e mostra molta creatività anche nel riscoprire le tradizioni dei nostri prodotti agroalimentari.
Eppure, nessuna politica di sostegno viene perseguita da questo Governo, che dimostra una difficoltà a farsi interprete di queste nostre ricchezze in sede europea. Non abbiamo certamente un gran peso a livello europeo, anzi, negli ultimi anni - se mi è concesso - abbiamo ulteriormente diminuito il nostro prestigio.
Non abbiamo saputo dare un'ancora di speranza alle imprese e alle tante attività imprenditoriali dei territori della nostra Italia. Voglio citare l'olio di oliva del Monte Albano e la farina di castagne della Val Bisenzio, che sono esempi di eccellenza.
Essi non trovano nella politica agricola e commerciale di questo Governo un sostegno in termini non tanto di assistenza, di qualche mancia, quanto di una politica che punti a dare valore a queste iniziative, tentando di promuovere questi prodotti non solo sul piano del mercato interno, ma anche, attraverso la difesa dei prodotti tipici, su quello internazionale.
Questo è il nuovo fallimento della politica agricola. Il ministro Alemanno svolge una grande propaganda ed è molto attivo, certamente uno dei più attivi del Governo Berlusconi. Ma, purtroppo, i risultati sono negativi e sono sotto gli occhi di tutti. Perché ciò accade? Ciò accade perché le priorità di questa maggioranza e di questo Governo sono altre, non quelle di perseguire una politica generale che punti a definire e a sostenere gli interessi della nostra economia e delle nostre famiglie e a risolvere i problemi che preoccupano tutti i giorni la nostra popolazione.
In realtà, la priorità di questa maggioranza è la modifica della legge elettorale! Presidente, mi consenta di dire che questa modifica alla legge elettorale non solo è fatta contro l'opposizione - tale aspetto già sarebbe indicativo del clima assolutamente negativo che viviamo in questo periodo -, ma è una legge che renderà ancora più difficile il governo dell'economia reale e dei conti pubblici.
Chi ha responsabilità istituzionali dovrebbe essere sopra le parti e non dovrebbe avere a cuore soprattutto il problema della distribuzione dei seggi tra maggioranza e opposizione, tra chi vincerà le elezioni e chi le perderà. Chi ha responsabilità istituzionali dovrebbe fare leggi soprattutto nell'interesse generale del paese e che diano la possibilità di governare nella situazione di conti pubblici verso cui il signor ministro Tremonti, che notoriamente trucca i conti (Commenti del deputato Donato Bruno), ci ha portato.
Le altre priorità sono l'ex Cirielli e quella di mettere le mani sulla par condicio, ossia tutte questioni che agli italiani non interessano.
Pensateci, perché forse, anche se tardi, qualche cosa di buono per il paese lo potreste fare recedendo da queste iniziative (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Albonetti. Ne ha facoltà.
GABRIELE ALBONETTI. Signor Presidente, ritengo anch'io che le vicende gravi e, per alcuni versi, drammatiche che sta attraversando l'agricoltura italiana meriterebbero una discussione seria ed approfondita. Probabilmente, meriterebbero anche che l'Assemblea dedicasse proprio una sessione al futuro dell'agricoltura italiana, ma credo sia inutile aspettarselo perché la maggioranza, purtroppo, ha sempre condotto e continua a condurre i nostri lavori lontano dai problemi reali del paese, perché si è dedicata soprattutto ai propri problemi.
Una discussione seria ed approfondita anche in questa occasione è stata impedita dall'ennesima posizione della questione di fiducia. I nostri interventi sugli ordini del giorno non hanno solo un intento, legittimo, di tipo ostruzionistico, ma segnalano la necessità di supplire ad un dibattito che non vi è stato e del quale si sente un gran bisogno non solo in quest'aula, non solo nel sistema politico, ma nella società. In particolare, ne sentono la necessità e l'urgenza i coltivatori italiani, le centinaia di migliaia di imprese agricole che oggi devono affrontare una crisi del mercato dell'agroalimentare, una crisi dei prezzi agricoli alla produzione. Si tratta di una crisi presente, ormai, da alcuni anni e che, dunque, ha caratteri non certo congiunturali, ma di tipo strutturale.
Tale crisi, dunque, abbisogna non di piccoli aggiustamenti, non di mance e regalie, ma di un indirizzo politico serio, di una seria politica agricola che sia capace di orientare le scelte produttive, le scelte organizzative e le scelte distributive, che tuteli e promuova le eccellenze, che affronti con strumenti di ammortizzazione la transizione verso un nuovo modello agricolo più competitivo e più capace, che sappia tutelare e promuovere le eccellenze
dell'ortofrutta, le eccellenze del vino, le eccellenze del nostro settore agricolo.
Ho partecipato anch'io, come altri parlamentari, a molte assemblee e manifestazioni promosse in quest'ultimo anno da associazioni del mondo agricolo e degli allevatori - peraltro, la mia terra, l'Emilia Romagna, rappresenta molti punti di eccellenza di questo mondo - e ho visto il disorientamento, la rabbia, la cieca indignazione che percorre il mondo dell'agricoltura italiana. Sta montando l'esasperazione, l'ostilità, la sfiducia verso tutti i livelli istituzionali e verso la capacità della politica di affrontare davvero tale crisi di natura strutturale. Non durerà a lungo la possibilità di surrogare l'assenza di politica attraverso estemporanee esibizioni demagogiche di rappresentanti del Governo, a cui ho assistito in molte delle suddette manifestazioni. Non potrà tenere a lungo neppure la solidarietà espressa agli agricoltori in lotta da istituzioni locali e regionali, da sindaci e presidenti di provincia e di regione. Le stesse organizzazioni professionali, le organizzazioni sindacali e delle cooperative sono oggi attraversate da tensioni e conflitti che aprono squarci in un tessuto che, invece, andrebbe preservato nella sua capacità storica di generare coesione - perché di coesione vi è bisogno anche nel futuro - e nell'innegabile necessità di riorientare e ristrutturare da capo la filiera agricola.
Non si esce da questa crisi, così come non si è mai usciti dalle crisi passate, con la guerra di tutti contro tutti! Siamo di fronte ad un mondo agricolo spaccato, diviso e devastato da atteggiamenti protestatari e da incursioni populiste da parte di chi sta al Governo e che avrebbe invece la responsabilità di proporre serie politiche.
Si evidenzia, quindi, tutta l'inadeguatezza di provvedimenti come quello che stiamo discutendo, tarati per definizione sul minimo degli interventi possibili e soprattutto privi del respiro necessario per affrontare questa crisi dell'agricoltura italiana, che sta mettendo in ginocchio non la parte più arretrata di essa, bensì la sua parte migliore: un tessuto di qualità, coloro che più di tutti hanno fatto investimenti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.
ROLANDO NANNICINI. Nel leggere il titolo del provvedimento in discussione si legge una definizione un po' composta: conversione in legge del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
Un produttore agricolo qualche giorno fa mi diceva: in Toscana, il prezzo dell'olio è arrivato a 3,40 euro al chilo ed io quindi sono incerto se andare a raccogliere le olive; probabilmente le raccoglierò solo per la mia famiglia e per i miei amici, perché il prezzo di produzione di quel chilo di olio non è certo pari ai 3,40 euro che ricavo dalla remunerazione di mercato. Che risposta si dà a quel produttore, dopo un decreto così pomposo, teso a risolvere i problemi della filiera agroalimentare e della crisi del prezzo in Italia? Gli si dice: se hai coraggio investi, conserva, aspetta, verifica, perché qui non c'è niente.
Questo perché i 130 milioni di euro che la legge n. 71 del 2005 (di conversione in legge di un altro decreto-legge) destinava alle regioni per il soddisfacimento delle domande dei produttori (alcune domande sono già state presentate) sono stati dirottati verso altri fini: 40 mila euro (80 miliardi di vecchie lire) alla Puglia, per i produttori dell'uva da tavola che si erano arrabbiati - ed hanno fatto bene -, mentre gli altri 90 mila euro dovrebbero essere gestiti dall'AGEA (anche le sigle, i metodi, le burocrazie!)
Andiamo alla sostanza del problema. Si dice che con il de minimis sono previsti 3 mila euro per imprenditore agricolo in caso di superfici pari o superiori a 6 ettari o di allevamenti pari o superiori a 15
UBA (unità di bovino adulto); se andiamo però a vedere i soldi destinati ai produttori di olio, che sono in crisi perché non sanno se converrà loro produrre, ci accorgiamo che a costoro non andranno neanche 200-300 euro a produzione. Quindi cosa devono attendersi costoro, a fronte di questo provvedimento?
Al collega Buontempo, il quale diceva che con il nostro ostruzionismo si ritardano dei provvedimenti così favorevoli per l'agricoltura italiana, voglio dire che non c'è da attendersi niente dal provvedimento oggi in esame! Occorrerebbe, invece, mostrare attenzione alla nostra capacità produttiva e alla qualità della nostra produzione, così come ad aspetti corretti, come quelli dell'antifrode, affinché si possa finalmente andare a vedere cosa arriva nel mercato internazionale dei nostri prodotti di qualità e come la filiera commerciale rovina dei grandi nomi che abbiamo nel mondo. Oggi, per esempio, all'estero non si trova più un Chianti con le caratteristiche di produzione del Chianti stesso! Se ne trova con alcune caratteristiche, ma nella grande massa della distribuzione non c'è alcun controllo nella filiera commerciale.
Quindi, utilizzando una pomposa espressione, riferendomi agli organismi pubblici di settore sotto il profilo delle risorse destinate, si dice che due o tre persone assumeranno la qualifica di dirigenti, spostandone un po' di qua e un po' di là, senza però sapere come opereranno rispetto all'intervento effettivo nell'ambito produttivo.
Pertanto, avrebbe dovuto trattarsi di un decreto-legge molto attento, con la previsione di piani di settore opportuni, mi riferisco all'olivicoltura ed al vino di qualità, nonché di interventi concreti e non di mance di 200 o 300 euro, promettendone, invece, 3000, con risorse decurtate da una legge all'altra in base al gioco delle tre carte messo in atto da questo Governo che siamo abituati a conoscere.
Pertanto, la nostra posizione è essenzialmente negativa, perché si tratta di un provvedimento che promette, senza ottenere nulla, poiché le risorse sono sempre le stesse (vengono spostate dalla legge n. 71 al nuovo decreto-legge) (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, il provvedimento di cui ci stiamo tanto faticosamente occupando è molto atteso dal mondo dell'agricoltura e, quindi, dagli operatori di una terra a me molto cara, giacché è la mia terra, la terra di Puglia. Nelle campagne della provincia di Foggia si sono registrate proteste virulente e manifestazioni di piazza. Potremmo ben parlare di moti di Cerignola, di Canosa, di Barletta, di Andria. Si esprimevano per le piazze e per le vie una rabbia profonda, uno scontento acuto; si denunciava una situazione di crisi che stava impoverendo, in modo intollerabile, l'imprenditoria agricola del Sud, della mia regione, e con ciò stesso, l'intero consesso sociale di appartenenza.
Eppure, la mia terra esprime i colori della natura, dell'agricoltura, che sembrano parlare di pace, di serenità, di armonia e di bellezza. Intenso è il verde delle nostre coltivazioni, bellissimo è il colore dorato delle nostre distese di grano, straordinariamente armoniosi sono i filari dei nostri vigneti! Eppure, dietro quell'armonia, quella bellezza naturale cova una rabbia profonda, una insoddisfazione che, ormai, si fa fatica a governare.
Quei colori e quell'armonia esprimono un'economia essenzialmente agricola; ma, se i colori della natura sono armoniosi e belli, i valori di quell'economia imprenditoriale connessa al ciclo dell'agricoltura destano da anni vivissima in noi ed in tutti preoccupazione profonda.
Il comparto agricolo ha, infatti, una specificità negativa che si trascina ormai da tempo, da anni. Non v'è parte dell'economia nazionale che, come quella agricola, registri questa anomalia di fondo. Aumentano i costi, diventano più alti gli oneri e, per converso, diminuiscono i redditi e la redditività del sistema.
È chiaro che, in forza di questa anomalia e di questa specificità negativa, di anno in anno, la crisi diventa più acuta, più profonda, intollerabile, più difficile da governare e da gestire.
Ecco allora ricorrenti e sistematiche le crisi di mercato, che tutto attingono e che nulla tralasciano. Fu proprio una acuta crisi di mercato che ha colpito il settore vitivinicolo a giustificare la presenza in terra di Puglia del responsabile governativo delle politiche agricole, l'onorevole Alemanno. Fu successivamente ai moti violenti a cui prima facevo riferimento che il ministro ritenne suo dovere intervenire direttamente, verificando di persona ciò che stava accadendo.
Ebbene, in seguito a tale intervento, vi fu la solenne assunzione di un impegno e pochi giorni dopo il Governo Berlusconi approvò un decreto-legge che oggi giunge al nostro esame per la conversione.
Siamo scontenti delle soluzioni proposte, soprattutto perché rispetto agli impegni assunti ormai possiamo dire che la montagna ha partorito il topolino. Non è in questo modo che si possono affrontare la crisi delle terre meridionali e i problemi della nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.
EUGENIO DUCA. Signor Presidente, come evidenziato dai colleghi che mi hanno preceduto questo decreto dimostra che, anche per quanto concerne l'agricoltura, l'allevamento e la pesca, manca una visione organica da parte del Governo.
Un Governo che non ha fatto nulla per attrezzare l'agricoltura italiana a rispondere ai gravi problemi posti dalla globalizzazione, dall'aumento dei costi di produzione; si pensi, ad esempio, a quanto avvenuto con riferimento al prezzo del gasolio che, in alcuni settori della filiera agroalimentare e della pesca, rappresenta ormai il 50 per cento dei costi di produzione, con gravi conseguenze anche per l'occupazione e per il reddito dei lavoratori occupati in quel settore.
Un Esecutivo che non ha fatto nulla per la valorizzazione delle produzioni di qualità, per lo sviluppo di colture alternative, specie nel campo delle produzioni energetiche che, anzi, la scorsa finanziaria ha fortemente penalizzato.
In sostanza, la politica del Governo, quando non fa danni, si limita esclusivamente alle emergenze. A febbraio il Governo ha emanato il decreto-legge n. 22, recante interventi urgenti nel settore agroalimentare per far fronte ai gravissimi problemi di crisi di mercato nel settore ortofrutticolo. A settembre il Governo ha emanato il decreto al nostro esame per far fronte ai gravissimi problemi di mercato nel settore dell'uva da vino e da tavola. Dunque, in ogni stagione vi è un decreto per inseguire una nuova emergenza, mancando tuttavia una visione di assieme, vale a dire un meccanismo per mettere in campo interventi capaci di affrontare la crisi dell'agricoltura, guidando i processi di modernizzazione e di riconversione delle produzioni.
Sarebbe necessario un confronto nel Parlamento e nel paese sulle problematiche dell'agricoltura e della pesca, ma il ministro non è presente in Parlamento quando si deve convertire un decreto-legge che riguarda proprio l'agricoltura!
Ormai esiste la consuetudine secondo la quale i ministri sono assenti durante il dibattito parlamentare; tuttavia, anche quando sono presenti, restano muti perché considerano il Parlamento (e mi rivolgo in questo caso a lei, signor Presidente), una sorta di «decretificio». L'Assemblea elettiva, ovvero il principale organo costituzionale, è stata trasformata in un «decretificio»!
Questo modo di fare è inaccettabile e ritengo che la protesta non dovrebbe venire soltanto dai deputati delle forze dell'opposizione, bensì anche da quelli di maggioranza che non possono più proporre nulla, posti come sono sotto il ricatto del voto di fiducia. Questa è la drammatica situazione in cui ci troviamo da tempo: il massimo organo rappresentativo
del paese è stato trasformato in un «decretificio» agli ordini di questo o di quel ministro.
Il decreto-legge in oggetto non prevede neppure una copertura finanziaria ad hoc, anzi, per finanziare alcune misure in esso contenute, si ricorre alle stesse coperture previste nel decreto precedente.
In proposito, è vero che non dovremmo lamentarci più di tanto, perché dovremmo essere abituati alla cosiddetta «finanza creativa» ed ai trucchi. Infatti, nel luglio dello scorso anno, il Vicepresidente del Consiglio, allorché chiese le dimissioni dell'allora ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti, lo descrisse come un vero esperto in trucchi. Inoltre, egli aggiunse che lo stesso Tremonti avrebbe dovuto essere mandato via, in quanto truccava i dati sui conti pubblici e falsava le cifre. Quindi, non dovremmo lamentarci troppo, visto che quel ministro è stato cacciato con un'accusa infamante.
PRESIDENTE. Onorevole Duca...
EUGENIO DUCA. Signor Presidente, mi accingo a concludere.
Tale accusa era quella di truccare i conti, ed infatti, ad un anno di distanza, lo ritroviamo come ministro dell'economia e delle finanze, che continua a truccare i conti del nostro paese.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duca.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Signor Presidente, l'esame di questo decreto-legge si trascina da qualche tempo, e ciò dimostra ancora una volta l'incapacità del Governo di dialogare con l'opposizione in quest'aula. Inoltre, ciò dimostra anche l'incapacità di dialogare con le regioni e gli enti locali, visto che questo decreto ripropone un centralismo assoluto, quando invece si vorrebbe forzare sulla devolution. Infine, vi è l'incapacità del Governo di costruire un rapporto corretto con l'Unione europea, perché a nostro giudizio questo provvedimento viola le norme sulla concorrenza allorché stabilisce l'acquisto di 800 mila quintali di uva da tavola, invece di agire in fase ascendente per trattare con l'Unione europea le condizioni della nostra economia, in generale, e della nostra agricoltura, in particolare, come fanno gli altri paesi e come sarebbe opportuno.
Dopo che l'opposizione aveva dato un contributo molto importante in sede di Commissione, come riconosciuto in quest'aula anche dal relatore, il Governo ha deciso di porre ancora una volta la questione di fiducia. Come ha rilevato qualcuno, si tratta del ventiduesimo voto di fiducia.
Molteplici problemi «esplodono» con questo decreto. Anzitutto, vi è la seguente questione, già sollevata dal collega che mi ha preceduto, intollerabile e duplice.
Da una parte, questa Assemblea è esautorata della sua funzione legislativa e viene costretta ad esaminare continuamente decreti-legge, i cui tempi di conversione, dal momento che sono in scadenza (quello in esame scade l'11 novembre), vengono accelerati senza accettare alcun confronto. Dall'altra parte, è evidente una carenza totale di partecipazione, nella fase finale della legislatura, da parte del Governo. I ministri non si vedono più, se non quando, tutti in fila, con il Presidente del Consiglio, sono costretti a recarsi nelle aule parlamentari per sostenere provvedimenti, come la modifica della legge elettorale, assolutamente discutibili e neppure convincenti per la maggioranza; inoltre, e non si vede più neanche quest'ultima.
Era stata infatti ventilata, da parte della maggioranza, una richiesta di inversione dell'ordine del giorno. In tal modo, sarebbe stato ulteriormente rinviato il confronto su questo urgente - secondo il relatore - decreto-legge in materia di agricoltura, per far posto ad un'altra famigerata legge, la cosiddetta «legge Cirielli». Tuttavia, ventilare ipotesi che poi non si ha la forza numerica di sostenere è ridicolo; ci troviamo quindi a discutere in un modo che non soddisfa nessuno, in primo luogo l'opposizione, un decreto-legge che, se fosse stato esaminato con la procedura ordinaria, consentendoci di intervenire,
nel merito sarebbe stato approvato, senza voto di fiducia, e forse anche migliorato.
Quanto al merito, oltre alle critiche relative alla mancata intesa con le regioni, all'assenza, ancora una volta, di dialogo con l'opposizione, al fatto che non vi è la presenza del Governo e della maggioranza ma semplicemente l'imposizione di decreti e di voti di fiducia e che non vi è una posizione chiara rispetto all'Unione europea per evitare di incorrere nella violazione delle norme in tema di concorrenza, dobbiamo registrare l'assenza di risorse, anche di quelle promesse quando in Puglia si scatenò la forte protesta dei produttori di uva da tavola e il ministro citò cifre - 80 miliardi - che non sono contenute nel provvedimento in esame. Infatti, in questo decreto sono stanziate molte meno risorse...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cima.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, l'opposizione sta svolgendo un lavoro di approfondimento sul decreto-legge in esame, che fra l'altro è stato totalmente modificato a seguito dell'emendamento presentato dal Governo sul quale, la settimana scorsa, vi è stato il voto di fiducia.
Ribadisco le osservazioni, anche di ordine costituzionale, che già sono state formulate in merito al fatto che ormai questo Parlamento e, per quanto ci riguarda, la Camera dei deputati, è divenuto un mero ratificatore di decreti del Governo, che, nonostante la copertura politica da parte delle Commissioni affari costituzionali della Camera e del Senato, mancano dei requisiti di necessità e urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione. Al di là di ciò, stiamo discutendo su un testo che è stato totalmente modificato dal Governo rispetto a quello esaminato dalla Commissione di merito.
Aggiungendo un'ulteriore riflessione a quanto osservato con puntualità dei colleghi che mi hanno preceduto, oltre a trattarsi di un provvedimento privo di risorse e che dunque è sostanzialmente una presa in giro, vi è qualcosa di ancor più grave.
Questo decreto è uno strumento legislativo che sottrae risorse ad una parte importante del nostro paese, ad oltre dieci milioni di persone che vivono in aree di montagna. Si sottraggono risorse alla montagna per destinarle ad altri settori.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi è un elemento che, credo, non sia stato rilevato da molti; e ciò la dice lunga sul tenore e sulla veridicità dell'azione con la quale Governo e maggioranza portano avanti una politica di attenzione nei confronti di questo territorio, di quest'area fondamentale, dalla quale non si può prescindere ai fini di un rilancio competitivo e di una ripresa di fiducia nel nostro paese. Ebbene, l'attuale maggioranza predica bene, ma razzola male.
Per maggiore precisione, e per non essere accusato di dire esclusivamente banalità, mi riferisco all'articolo 1-quinquies, comma 1, introdotto dal maxiemendamento del Governo sul quale si è votata la fiducia. Si tratta di disposizioni fortemente criptiche, difficilmente decifrabili, a meno che non si sia degli addetti ai lavori. Tenterò, per quanto è nelle mie possibilità, di contribuire affinché tutti i colleghi abbiano contezza di quanto sta avvenendo.
Il suddetto comma 1 dell'articolo 1-quinquies reca disposizioni relative alle garanzie creditizie in agricoltura e dispone che l'ISMEA sia autorizzato ad utilizzare le risorse finanziarie ad esso attribuite dall'articolo 5-bis, comma 4, della legge n. 97 del 1994 (la famosa legge recante misure in favore della montagna) anche per gli interventi di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 102 del 2004.
Signor Presidente, analizziamo, seppure in sintesi e con rapidità, le suddette disposizioni, ed in particolare quelle recate dall'articolo 5-bis, comma 4, della legge n. 97 del 1994, relative all'introduzione di misure volte a favorire le aziende agricole montane.
Con l'importante legge n. 97 del 1994 si è voluto affrontare uno dei problemi della
montagna, l'elevato frazionamento delle piccole proprietà, incentivando il loro accorpamento al fine di rendere tali aziende più produttive. Per ottenere questo obiettivo, lo Stato concede incentivi di natura economica, destinati non alla gestione delle aziende, ma agli strumenti necessari per accorpare le proprietà altamente frazionate. Per fare ciò, grazie ai contributi dello Stato, si abbattono gli oneri notarili relativi al trasferimento delle proprietà.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Olivieri.
LUIGI OLIVIERI. Sto terminando, signor Presidente
Il fondo in oggetto aveva una copertura pari a 2 milioni e 320 mila euro. Con la disposizione introdotta nel provvedimento in esame, questi fondi vengono destinati anche agli obiettivi fissati dall'articolo 17 del decreto n. 102 del 2004, che prevede interventi per favorire la capitalizzazione delle imprese. Questa è la verità (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Olivieri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI. Signor Presidente, stiamo discutendo un tema di grande importanza, anche se lo facciamo dal «buco della serratura»! Si tratta di un provvedimento di emergenza, legato a condizioni particolari, che presenta una certa legittimità e che risponde ad esigenze effettive. Ma si tratta anche di un provvedimento svincolato da una visione sul futuro della nostra agricoltura. Queste misure rischiano di essere un pannicello caldo, non utili per evitare pericoli futuri.
Noi siamo ovviamente al fianco degli agricoltori, che affrontano una crisi legata a motivi atmosferici o a contingenze dovute all'andamento del mercato o, magari, sono penalizzati dalla struttura della distribuzione. Al tempo stesso, sappiamo che non si può che guardare avanti, e questo vale per il settore agricolo come per gli altri comparti. Ma non vi un'idea di quale futuro debbano avere la nostra agricoltura e il nostro paese.
Signor Presidente, mi consenta, al riguardo, di fare riferimento ad una scadenza che, a breve, ci troveremo a rammentare. Quasi vent'anni fa, nel marzo 1986, si verificò una gravissima crisi, che colpì il settore vinicolo italiano: la cosiddetta «crisi del metanolo».
Già prima di quella vicenda, il vino italiano era quasi scomparso dal mercato internazionale. Si era scelta una strada: produrre grandi quantità e vendere a basso prezzo. Ciò ha condotto il nostro vino ad avere un ruolo marginale nel panorama dei vini mondiali, perché esso spesso veniva distillato per ricavarne alcol oppure venduto all'estero per tagliare i vini più pregiati. Si spinse la produzione e si abbassarono i prezzi ad un livello così basso che si giunse alla sofisticazione e ci furono anche dei morti. Dopo quella gravissima crisi, vi fu una straordinaria rinascita del vino italiano.
Presidente, lei è espressione di una regione che da allora ha prodotto dei grandissimi vini. Prima del 1986, in Campania i grandi vini erano quasi assenti, mentre adesso in quella regione operano straordinari produttori vitivinicoli. Ciò non è avvenuto soltanto in Campania, ma in tutta Italia, soprattutto in tante zone del sud.
Oggi il nostro paese produce vino per una quantità che è inferiore alla metà di quanto prodotto all'inizio degli anni Ottanta, però il vino prodotto oggi vale enormemente di più di quello prodotto allora. L'anno scorso, l'Italia ha esportato all'estero vini per un valore superiore a tre miliardi di euro, e tanti vini italiani sono diventati ambasciatori di nostri territori straordinari. Ciò vale dalle Langhe al Chianti, dal Belice al Salento.
Qual è allora la strada da intraprendere per la nostra agricoltura e per la nostra economia? La strada, a mio avviso, non può essere che quella di scommettere sulle cose che noi abbiamo e che altri non hanno, nonché su ciò che noi possiamo
fare meglio di altri. Questo implica un'agricoltura che scommetta fortemente sul legame con il territorio, su un saper fare che si è affinato nel corso dei secoli e che difenda i propri marchi. È uno scandalo il fatto che noi non riusciamo ancora ad arrestare efficacemente, persino in terreni quasi scontati (penso ad esempio al caso del pomodoro), la concorrenza sleale di paesi quali la Cina, che spesso coltivano il pomodoro servendosi, come ha recentemente denunciato Amnesty International, anche di detenuti; pomodoro che poi viene esportato clandestinamente in Italia ed utilizzato illegalmente dai produttori italiani per farlo diventare passato di pomodoro made in Italy.
La problematica in questione è comunque più generale. Per conto del Governo è stata condotta, due anni fa, un'indagine sulla grande distribuzione alimentare negli USA. Da quella indagine è emerso che ogni anno, negli Stati Uniti d'America, vengono venduti oltre 17 miliardi di dollari di prodotti con un nome italiano (questo fenomeno si definisce italian sounding). Di questi 17 miliardi di dollari, dall'Italia provengono prodotti per soli 1,5 miliardi di dollari. Nella grande distribuzione alimentare americana, ogni anno vi sono quindi prodotti per un valore di circa 30 mila miliardi che utilizzano il marchio dell'Italia; si usa cioè il richiamo che il nostro paese esercita sui consumatori americani per vendere prodotti ad un prezzo più alto; prodotti che però non hanno visto l'Italia neanche in cartolina!
Questo dato rappresenta il cuore delle politiche di un'agricoltura italiana moderna, di un'agricoltura che non sia più, come ci insegnavano anni fa, l'ancella povera di altri comparti produttivi, ma sia un pezzo essenziale della qualità del territorio e dell'economia, nonché del made in Italy. Per il settore agricolo, la chiave per risolvere i problemi è scommettere su se stesso, cioè sulla qualità dei propri prodotti, sul legame con il territorio. E in questa direzione vanno finalizzate tutte le politiche.
Il ministro Alemanno in alcune occasioni ha sostenuto, in parte, queste politiche, ma la politica del Governo è andata in questa direzione? Le misure adottate sono efficaci? Il segnale dato al mondo agricolo e l'accompagnamento agli agricoltori sono andati in questa direzione? Noi pensiamo di no, e proprio per questo motivo riteniamo che il provvedimento in esame sia del tutto inadeguato ed insufficiente e rischi di passare alla cronaca come un'ennesima occasione persa (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI. Signor Presidente, il decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, è un nuovo provvedimento adottato in via d'urgenza dal Governo utilizzando lo strumento della decretazione in un settore così delicato e strategico per l'intera economia nazionale come quello agricolo.
Il decreto-legge in esame concerne specificatamente interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare quei fenomeni, che suscitano una motivata preoccupazione nei cittadini, rappresentati dagli andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
Con l'attività svolta in Commissione e in Assemblea e con gli ordini del giorno da noi presentati abbiamo inteso sottolineare un dato di fondo.
Nel settore agricolo, la politica del Governo è del tutto occasionale e contingente, priva di un respiro generale organico, di una visione di settore integrale e soddisfacente. Siamo di fronte all'incapacità del Governo di affrontare il nodo di fondo riguardante il mondo dell'agricoltura. Certamente, l'agricoltura è un pilastro fondamentale della sfida della competitività che attende il nostro paese. L'agricoltura ha un ruolo essenziale e strategico nell'intera economia nazionale ed esige che si affrontino i problemi di fondo.
Innanzitutto, dobbiamo interrogarci sull'idea complessiva di agricoltura del
nostro paese, ossia sulla politica generale che vogliamo seguire nel settore agricolo. Occorre operare con scelte concrete, con decisioni legislative, con risorse finanziarie, con interventi normativi per realizzare sempre di più un'agricoltura autenticamente legata al territorio, che sappia valorizzare ed esaltare le specificità, le tipicità, le caratteristiche dei singoli territori, un'agricoltura che sappia esaltare al massimo livello l'idea della qualità italiana, che sappia concorrere in misura attiva ai processi di governo e di corretta manutenzione del territorio: un'agricoltura tutta inserita in un modello generale del nostro paese.
Da questo punto di vista, non occorrono interventi contingenti sotto la spinta dell'urgenza, come conferma questo decreto-legge. Occorre intervenire in maniera incisiva sui fattori che, più direttamente, si riverberano sulle produzioni agricole. C'è bisogno di una politica che tenga conto di tutte le problematiche legate alle fonti di energia e ai costi di approvvigionamento energetico, alle tematiche del costo del denaro e delle strategie creditizie per gli imprenditori agricoli, alle tematiche del costo del lavoro e della commercializzazione dei prodotti agricoli, al rapporto con la grande distribuzione.
In tutta questa vicenda, vi è anche la necessità di definire interventi e risorse concrete per singoli e specifici settori. In questo provvedimento si identificano risorse per il settore vitivinicolo, ma, come sottolinea un ordine del giorno, vi è la necessità di guardare al settore lattiero-caseario, una punta di eccellenza e di elevata qualità delle nostre produzioni agricole e dei relativi processi produttivi di trasformazione, che va sostenuta con adeguate risorse, perché può concorrere, in misura diretta e rilevante, a definire un'agricoltura di qualità del nostro paese, molto competitiva, legata al territorio, che sappia contribuire attivamente al suo corretto governo, alla sua corretta tenuta, alla sua corretta manutenzione e che sappia esaltare e valorizzare il ruolo dell'Italia nella sfida della competizione internazionale e globale.
Ci battiamo con tutte le osservazioni, gli interventi, le proposte emendative e gli ordini del giorno che abbiamo presentato in questa sede, e ancora di più lo faremo rispetto alla pubblica opinione e in vista della prossima sfida elettorale per la conquista del Governo e della direzione del paese per affermare un'agricoltura moderna e competitiva che sia tutta protesa a sospingere il nostro paese e a far vincere all'Italia la sfida della competizione internazionale (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pasetto. Ne ha facoltà.
GIORGIO PASETTO. Signor Presidente, come i colleghi hanno già avuto modo di sottolineare, siamo di fronte al quarto decreto-legge che interviene in questo comparto, con buona pace del ministro Alemanno che, così come è costume di questa maggioranza e dei suoi leader, compare e scompare rispetto alle diverse questioni; ma in questo settore, che consideriamo nevralgico e fondamentale per lo sviluppo e la crescita del paese, siamo in una condizione di grande arretratezza, direi di fallimento.
È questo un settore vitale per il paese e soprattutto per il Mezzogiorno, un settore in cui la politica del Governo nel corso di questi anni si è caratterizzata come un insieme di azioni connotate dalla provvisorietà e di provvedimenti tampone. Le diverse ragioni della crisi devono essere inserite nella crisi più generale dell'attività produttiva e dello sviluppo in generale.
Collocare tale comparto al di fuori della politica economica del paese, al di fuori della politica del credito (che vi incide in modo fondamentale), della politica energetica significa collocare l'agricoltura al di fuori di ogni dimensione e del quadro globale. Infatti, è proprio questo ciò che manca: prima ancora di entrare nello specifico dei punti di crisi, è necessario cogliere questo elemento fondamentale: questo comparto non può prescindere dall'insieme dell'azione di Governo e della
politica di programmazione e di coordinamento.
Vi è un punto di debolezza per cui da una parte vi è l'esaltazione della devolution (l'abbiamo da poco approvata), mentre dall'altra vi è un'azione di Governo invasiva di una competenza tutta in capo al ruolo e alle funzioni delle regioni. Lo dico soprattutto ai colleghi della Lega, i quali non avvertono, a parte la battaglia fatta alcuni anni fa, che in questa direzione si realizza nel settore dell'agricoltura, rilevante anche per il nord del paese, una sottrazione diretta e, soprattutto, indiretta in termini di governo delle politiche agricole.
La verità è che questo Governo, in questo settore, come del resto in tutta la politica economica nazionale, non è stato in grado di raccogliere le sfide che arrivano dalla globalizzazione dei mercati e delle produzioni. Abbiamo sfide che provengono non soltanto dal nord dell'Africa ma anche dai paesi dell'est, dalla Cina e dagli stessi paesi europei: pensiamo alla capacità che hanno avuto paesi come la Spagna e la stessa Francia di fronteggiare la crisi che investe l'Europa.
Siamo sempre meno competitivi sia sulle quantità di produzione e sulla nostra capacità di stare sui mercati, sia - soprattutto - sulla qualità, eppure potremmo produrre e incentivare politiche basate su una domanda sempre più diffusa di prodotti di qualità, i cosiddetti prodotti biologici.
A tutte queste condizioni occorre aggiungere un altro importante elemento, quello costituito dal costo dei prodotti al momento della produzione e all'arrivo sui mercati: è qui che emerge una delle vischiosità del sistema del nostro paese, quella della mobilità.
PRESIDENTE. Onorevole collega, concluda, per cortesia!
GIORGIO PASETTO. Abbiamo grandi difficoltà a trasportare questi prodotti, e l'insieme delle nostre merci, a causa del fallimento della politica dei trasporti, della politica del cargo, delle ferrovie, delle autostrade del mare. Caro sottosegretario Delfino, questo incide profondamente sul costo dei prodotti (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come al solito ci troviamo a varare un provvedimento di natura emergenziale.
Il testo che oggi è all'esame dell'Assemblea è, fuor di metafora, un palliativo che rincorre le problematiche drammatiche di tutto il settore agricolo e soprattutto di quello vitivinicolo, le quali hanno portato a notevoli proteste, di strada e di piazza, soprattutto in Sicilia, in Calabria e in Puglia. Nonostante il ministro dell'agricoltura possa giovarsi dell'adagio latino beati monoculi in terra caecorum, non si può ignorare che oggi ci troviamo di fronte alla controprova che è mancato un intervento strutturale del Governo e, ahimè, del Parlamento in materia di politica agricola. Un intervento di sistema avrebbe dovuto porre il settore della produzione agricola, di quella casearia e dell'allevamento al centro della scommessa per lo sviluppo del paese; una scommessa che avrebbe dovuto precorrere, indirizzare e segnare il cammino del marchio Italia nel contesto mondiale. Vede, signor rappresentante del Governo, le aziende agricole calabresi, come quelle del resto del paese, sono in difficoltà e attendono, da chi governa, non solo una boccata d'aria ogni tanto ma una risposta concreta per rendere al meglio il loro servizio all'economia nazionale. Ritengo, onorevoli colleghi, che dobbiamo sentirci in debito, come classe dirigente, di fronte alla grande fantasia, all'abnegazione, alla capacità inventiva dei nostri agricoltori, che oggi si affermano sempre più, nel solco della riforma firmata dalla stagione di Governo di Alcide De Gasperi, come agricoltori imprenditori, protagonisti originari ed autonomi del sistema produttivo del paese. Essi hanno bisogno di sostegno da parte dello Stato per compiere un ulteriore salto di qualità, di infrastrutture
migliori per fare in modo che i prodotti arrivino sempre più freschi sui banchi dei mercati generali e sulle tavole degli italiani, di formazione sul marketing e sulle nuove tecnologie di comunicazione che li renda in grado di competere nel mercato globale. Hanno inoltre assoluta necessità di una riduzione immediata dei costi del sistema energetico (che grava fortemente sul ciclo produttivo) ed hanno bisogno di una politica nazionale che renda l'Europa amica nel settore dove, ancora oggi, è più importante l'influenza di Bruxelles.
Questo provvedimento non risponde in maniera seria a nessuno di questi problemi; si limita a qualche acrobazia contabile, finalizzata ad evitare che, soprattutto nel Mezzogiorno del paese, scoppi una vera e propria rivolta. Nonostante ciò, e nonostante che il dialogo tra maggioranza ed opposizione sia stato bruscamente interrotto dalla vostra vergognosa riforma elettorale, la Margherita ha partecipato con spirito costruttivo, insieme al resto dell'opposizione parlamentare, alla discussione svolta nella Commissione di merito. Credo che dobbiate darcene atto, tant'è che il testo che oggi abbiamo dinanzi è sostanzialmente diverso da quello che il Governo ha inizialmente approvato; abbiamo svolto, dunque, un lavoro politico improntato alla serietà e alla responsabilità verso tutto il mondo agricolo, caseario e degli allevatori del paese, senza schierarci nella trincea del «no». E la misura del nostro impegno si è vista, come ha fatto notare il responsabile per l'agricoltura del mio partito, l'onorevole Marcora, intervenendo in quest'aula il 17 ottobre. Abbiamo presentato proposte emendative in materia di Corpo forestale dello Stato, di quote latte, di settore vitivinicolo, argomento che interessa in maniera peculiare il territorio della mia regione; diamo atto al relatore, onorevole Misuraca, e al sottosegretario Delfino di aver vagliato la nostra attività propositiva con attenzione ed il lavoro svolto in Commissione agricoltura ne è la testimonianza evidente.
Rimane però la nostra opposizione al quadro generale del decreto che, lo ribadisco, vara esclusivamente misure urgenti che contrastano gli effetti ma non le cause della crisi del settore agricolo, senza per giunta fornire una risposta vera sul lato finanziario. Servono più risorse, più impegni, più disponibilità; se il ministro vorrà fare una battaglia ed aprire una vertenza su questo terreno con il collega Tremonti, può stare sicuro che lealmente e nel pieno rispetto dei ruoli potrà contare sulla nostra iniziativa in sede di discussione del disegno di legge finanziaria; oltre a questo impegno, da noi non può pretendere altro (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariotti. Ne ha facoltà.
ARNALDO MARIOTTI. Signor Presidente, le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati sono rimaste, ormai, la nostra unica possibilità per entrare nel merito del provvedimento in esame, dopo che il Governo ha posto l'ennesima questione di fiducia, a fronte di una crisi dei diversi settori dell'agricoltura italiana che imporrebbe una diversa attenzione da parte dello stesso Esecutivo e del Parlamento.
Vorrei osservare, infatti, come si assista alla crisi non solo dei settori vitivinicolo ed ortofrutticolo, ma anche del comparto dell'olio e degli agrumi. Tali crisi richiedono l'adozione di politiche di settore basate su una visione strategica, non di interventi parziali ed improvvisati che utilizzano risorse finanziarie non certe. Ogni intervento legislativo - i colleghi precedentemente intervenuti hanno ricordato che, quest'anno, siamo già al terzo provvedimento d'urgenza - fa infatti riferimento alle solite esigue risorse che vengono promesse a tanti, ma erogate a nessuno!
Questa è la situazione. Vorrei portare un esempio, relativo all'articolo 1-bis, introdotto dall'emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia. Esso, infatti, prevede una copertura finanziaria incerta, a fronte di una necessità certa e quantificata.
Vorrei rilevare come sia stata impiegata una formula dubitativa e possibilista. Si afferma, infatti, che il commissario ad acta ex Agensud può - e sottolineo «può» - stipulare apposite convenzioni con l'AGEA finalizzate ad erogare aiuti, nella misura de minimis, a vantaggio degli imprenditori agricoli già individuati dall'articolo 1, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22.
Pertanto, con il decreto-legge adottato nel febbraio del presente anno abbiamo già individuato, di fatto, l'elenco degli imprenditori agricoli che hanno diritto ad ottenere un contributo, seppur nella misura del de minimis, mentre con il provvedimento in esame non si stanziano ulteriori fondi, ma si rinvia alla possibilità di stipulare apposite convenzioni. Tuttavia, se il commissario ad acta non dovesse concludere tali convenzioni, si tratterebbe di un'ulteriore promessa non mantenuta!
Tutto ciò mentre i prezzi agricoli alla produzione diminuiscono costantemente rispetto agli anni precedenti. Anche in tal caso, vorrei portare alcuni esempi. Vorrei segnalare che le pesche della valle del Trigno erano quotate alla produzione, negli anni Ottanta e Novanta, un euro - un euro e 10 centesimi, poiché si tratta di un prodotto di alta qualità, essendo primizie ben accolte sul mercato. Quest'anno, invece, le stesse pesche, della stessa qualità (dunque, della stessa provenienza), sono state valutate 20-25 centesimi. Comprendete bene come ci si trovi di fronte ad un quarto del prezzo spuntato alla produzione dieci anni fa!
Vorrei ricordare che i Montepulciano d'Abruzzo delle colline Teatine sono ancora stoccati perché vi sono sul mercato (ciò vale anche per il Chianti) vini la cui qualità non è controllata, ma che fanno una concorrenza sleale ai vinificatori seri. Lo stesso vale per gli agrumi della Calabria e della Sicilia, così come per gli oli delle diverse regioni d'Italia.
Il Governo non vuole affrontare seriamente il problema del controllo della filiera, rivendicato sia dai consumatori, sia dai produttori. I costi di produzione aumentano continuamente - infatti, crescono i costi energetici, a causa dell'incremento del prezzo del petrolio, nonché il costo del lavoro ed i prezzi dei fertilizzanti e degli anticrittogamici -, ma il costo alla produzione, vale a dire il compenso a favore dei produttori, resta invece stabile.
Guardate, onorevoli colleghi, mi sembra molto azzeccato quanto è stato evidenziato in una puntata della trasmissione Report (credo che molti di voi l'abbiano vista), nel corso della quale un contadino ha affermato che ieri, con la vendita di 100 quintali di pere...
PRESIDENTE. Onorevole Mariotti, concluda!
ARNALDO MARIOTTI. ...comprava una Giulia, mentre oggi, vendendo lo stesso quantitativo...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mariotti...!
ARNALDO MARIOTTI. ...può acquistare solo le ruote anteriori (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crisci. Ne ha facoltà.
NICOLA CRISCI. Signor Presidente, questa maggioranza - che ha saputo essere tempestiva, rapida e compatta nell'approvare una serie di leggi ad personam e nel predisporre un calendario dei lavori autunnali che, in modo scientifico, ha imposto alla Camera la discussione e l'approvazione della legge elettorale, che destabilizzerà il sistema politico italiano, la devoluzione, che pregiudicherà l'unità nazionale, e la «salva-Previti», che aumenterà il numero delle «leggi vergogna» -, quando bisogna affrontare i problemi veri del paese, continua ad essere distratta, disinteressata e confusa, sempre priva di una reale strategia e di un programma credibile e praticabile.
In tal modo, in un settore importante ed in sofferenza, quale quello agricolo, si
continua ad intervenire con provvedimenti urgenti e disorganici, sicuramente poco idonei ad offrire risposte adeguate ai grandi nuovi problemi nati con la globalizzazione, che vanno dall'aumento dei costi di produzione alla promozione ed allo sviluppo di colture alternative e di qualità, all'incentivazione ed al governo dei necessari processi di modernizzazione. Si insiste, invece, nel proporre ed approvare leggi di conversione di decreti-legge che danno ai problemi strutturali dell'agricoltura risposte parziali e spesso contraddittorie. Si usa lo strumento improprio della decretazione d'urgenza per legiferare su temi che richiederebbero il ricorso alla procedura ordinaria. Si rifiuta un reale, quanto dovuto, coordinamento delle posizioni del Governo con le politiche delle regioni che, in materia, hanno specifiche competenze costituzionali. Si danno risposte parziali ed insufficienti - negli importi - alle richieste delle aziende riconosciute in crisi e che, con migliaia di domande acquisite dalle regioni, hanno chiesto congrui indennizzi finalizzati alla ripresa economica e la sospensione del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. Si continua a praticare una politica centralistica, sbagliata e dannosa, che riduce - e talvolta cancella - le prerogative delle regioni e che conduce ad inevitabili contrasti e divisioni, che sovente sfociano in ricorsi alla Corte costituzionale.
In tal modo, l'applicazione della regola del de minimis in agricoltura, che prevede un contributo massimo per azienda pari a 3 mila euro nel triennio ed un budget annuale nazionale pari a 130 milioni di euro, è stata disciplinata senza la necessaria intesa tra Stato e regioni, ed i criteri cui attenersi nell'elargizione dei contributi sono stati definiti unilateralmente dal Governo. Nel provvedimento, infatti, non è prevista alcuna concertazione con le regioni, per cui l'arbitraria intromissione del Governo nelle competenze regionali potrà determinare confusione, contrasti e conflitti, che renderanno problematico l'utilizzo delle poche risorse a disposizione.
Sarebbe auspicabile che gli interventi nel settore dell'agricoltura fossero assunti quanto meno attraverso il coinvolgimento delle regioni, ma questo Governo e questa maggioranza, anziché unire, spesso dividono. Invece di cercare il confronto, praticano la contrapposizione e lo scontro, che non aiutano certamente ad avviare un'efficace e praticabile politica agricola, neanche nel contrasto dell'anomalo andamento dei prezzi nelle filiere agroalimentari, che pure costituisce un obiettivo condivisibile del provvedimento in esame. Si tratta, tuttavia, di un obiettivo non raggiungibile, se non attraverso il reale coinvolgimento di tutti i protagonisti, con la predisposizione degli strumenti operativi necessari ai soggetti e agli enti preposti a rilevare l'andamento dei prezzi e avviando una concreta politica di informazione e di dissuasione.
In tale ottica, sarebbe stato utile prevedere specifiche misure, quali l'obbligatorietà dell'accertamento fiscale, da praticare nei confronti di chi compie azioni chiaramente speculative, che provocano sensibili ed ingiustificati scostamenti dei prezzi praticati dalle risultanze contabili degli studi di settore. Ma di tale opportunità, al pari di altre misure utili da noi proposte, non vi è traccia nel testo in esame.
Inoltre, il Governo, ponendo la questione di fiducia, ha impedito l'esame dei nostri emendamenti, che costituivano un serio e costruttivo tentativo di migliorare un provvedimento lacunoso e contraddittorio, che interviene su temi delicati e rilevanti, quali quelli relativi alla politica agricola, che richiederebbero il coinvolgimento di tutte le forze in campo, anche per aprire un utile confronto con l'Europa e per combattere e superare posizioni burocratiche e sedimentate, che esistono e resistono.
Per tale ragione, esprimiamo un giudizio negativo sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raffaldini. Ne ha facoltà.
FRANCO RAFFALDINI. Signor Presidente, ancora una volta, siamo davanti ad un provvedimento che manca di una visione organica delle questioni agricole e, soprattutto, non interviene a fondo sui problemi.
Ormai, ovunque guardiamo, vediamo che non c'è una questione che viene padroneggiata dal Governo con professionalità e con capacità. Si fanno di corsa ed in modo compatto solo le leggi che servono a qualcuno, quelle private o quelle che servono da «bandierine». L'Italia nelle vostre leggi non c'è!
Vorrei portare un altro esempio, per non fare il solito discorso monotono. Ci siamo accorti di cosa è successo in questi giorni? Essi sono stati ben descritti in una vignetta in cui si dice che il Governo, in particolare il ministro Lunardi, è riuscito a superare un ponte: quello di Ognissanti, e non il ponte sullo stretto di Messina.
In questi giorni, 10 mila persone, tra Milano, Bari, Lecce, Palermo e Messina, sono state lasciate a piedi mentre si recavano da una parte all'altra dell'Italia a visitare i loro defunti. Tali persone si sono trovate, senza treno e senza cuccette, a dover decidere se restare a terra o proseguire con un autobus, senza essere stati avvisati in precedenza, nemmeno al momento della prenotazione delle cuccette. E non c'è azienda al mondo che tratti i propri clienti come bagagli! E ben poco c'entra - ve lo assicuro - il blocco delle 508 carrozze per le zecche, che è, invece, un problema aggiuntivo, ulteriore segno dell'incapacità di un gruppo dirigente quale quello di Trenitalia.
A ciò devo aggiungere che, proprio in questi giorni, Trenitalia sta valutando la possibilità di chiudere 47 linee ferroviarie, pari a 15 milioni di treni/km. Ebbene, in merito a tutto ciò, ho presentato un'interrogazione al Governo; a quel Governo che, proprio in questi giorni, ha presentato una legge finanziaria nelle cui tabelle, nel triennio 2006-2008, taglia gli investimenti sulla rete ferroviaria ordinaria per 8,6 miliardi di euro, taglia autorizzazioni di spesa alle Ferrovie per 14 miliardi di euro, prevede briciole per il completamento dell'alta velocità.
Insomma, RFI ha benzina solo per sei mesi; dopodiché, si bloccheranno i cantieri ed anche i pagamenti delle opere avviate. Intanto, si tagliano le risorse per la soppressione dei passaggi a livello e per il potenziamento delle linee ferroviarie. Vengono tagliate risorse (379 milioni di euro) per il trasporto pubblico locale, mettendo in ginocchio le città.
L'ANAS avrebbe bisogno di 2,3 miliardi di euro entro il dicembre 2005 per pagare stipendi, banche e ditte, ma ha a disposizione solo 450 milioni di euro; e per il 2006, il Governo le mette un tetto di spesa di 1,7 miliardi di euro, portandola «alla canna del gas». Pertanto, l'ANAS ha iniziato a bloccare i cantieri e i pagamenti alle ditte che già hanno lavorato.
Vi è una seconda «manovrina» con cui si tagliano ulteriori risorse alle ferrovie ed ai porti.
Vi è, poi, una terza «manovrina», quella di qualche giorno fa, con cui si tagliano 1,2 miliardi alle Ferrovie e 300 milioni all'ANAS.
Quanto ai porti, si mantiene il blocco degli investimenti, non si pagano le banche sulle rate dei mutui di capitale più interessi, e non si rifinanzia la cassa integrazione per i lavoratori.
Insomma, ovunque mi giri - con riferimento all'agricoltura, ai treni, alla scuola o ad altri settori -, vedo un Governo allo sbando, che non padroneggia più niente.
Parlavo di ammiragli da pedalò, che più si muovono e più la barca rischia di prendere acqua e capovolgersi. E vedo l'equipaggio del centrodestra che li sostiene ed applaude, anche se l'acqua è arrivata alla gola (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante
procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Signor Presidente, ancora una volta siamo ad una discussione praticamente strozzata dall'ennesima richiesta di voto di fiducia da parte di questo Governo.
Proprio questa mattina, con un collega consideravamo che, di fronte ad una produzione legislativa nettamente inferiore rispetto a quella della precedente legislatura, ci troviamo di fronte ad un ricorso alla posizione della questione di fiducia sostanzialmente sovrapponibile a quello della scorsa legislatura. Ciò vuol dire che, se teniamo presente l'enorme differenza numerica tra i rappresentanti di maggioranza e quelli di minoranza, l'affanno di questo Governo, soprattutto negli ultimi mesi della legislatura, si è fatto sempre più evidente.
Il tema su cui siamo chiamati a discutere soltanto in merito agli ordini del giorno avrebbe meritato ben altro rilievo. Provengo da una regione che è stata protagonista di due decretazioni d'urgenza. Si potrebbe dire che gli ultimi due decreti in tema di agricoltura potrebbero prendere non il numero d'ordine che hanno avuto in seguito all'attività legislativa del Governo e del Parlamento, ma il numero delle strade statali n. 106 e n. 98, che sono state bloccate in due momenti diversi della stagione.
La strada statale n. 106 è stata bloccata la prima volta per la crisi drammatica dell'ortofrutta nel metapontino e, nel mese di agosto, la statale n. 98, in cui si è verificata la tragedia che tutti conosciamo relativa alla morte di uno dei manifestanti, è stata bloccata per la crisi, anche questa pesantissima, del settore vitivinicolo.
Paradossalmente, i due decreti in materia agricola sembrano mettere in conflitto i due comparti, entrambi assolutamente importanti per l'economia dei territori pugliese e lucano, in quanto non si comprende, per esempio, se l'uva da tavola deve essere inserita nel settore dell'ortofrutta o in quello vitivinicolo.
In ogni caso, entrambi i decreti, al di là delle altre considerazioni, soffrono di un'assoluta carenza di risorse disponibili e realmente erogabili. Essi soffrono anche di una frammentarietà di interventi, perché ci si ostina a non aggredire i veri nodi che fanno della nostra agricoltura un settore in perenne difficoltà.
Si potrebbe dire che le crisi seguono l'andamento stagionale. L'ortofrutta viene prima del settore vitivinicolo, che viene prima del settore oleario e, probabilmente, seguendo il ritmo delle stagioni, si avranno crisi di mercato via via differenziate.
La verità è che andrebbero affrontati i nodi strutturali del sistema agricolo italiano, che rappresenta ancora per molte regioni, e non solo per il Meridione, un settore di primaria importanza per l'economia.
Andrebbe affrontato, soprattutto al sud, il problema dell'eccessiva frammentazione della proprietà agricola. Andrebbe affrontato il problema del costo dell'energia, ormai arrivato a livelli intollerabili per il prezzo del gasolio. È diverso dover irrigare un tendone di uva da tavola o avere bisogno dell'energia per riscaldare una serra, sopportando gli stessi costi degli impianti industriali, che hanno una redditività notoriamente superiore.
Va affrontato il nodo dei contributi agricoli che, rispetto ad altre nazioni europee, sono intollerabilmente più alti, rendendo la competitività delle nostre aziende agricole sempre più problematica.
Va affrontato, una volta per tutte, il problema della forbice, costantemente allargatasi, tra il prezzo del bene alla pianta
e quello al mercato. Non è pensabile che un frutto che viene pagato 20 centesimi alla pianta, appena supera il muretto di quel territorio, costi 1,20 euro.
Quali sono i passaggi che appesantiscono il costo finale? Quali sono le speculazioni che si sovrappongono? Quale possibilità di sistema esiste tra la produzione e le reti di distribuzione? La Puglia ha ultimamente stipulato un accordo con le reti di distribuzione che impegna le stesse ad utilizzare i prodotti locali.
PRESIDENTE. Onorevole Piglionica...
DONATO PIGLIONICA. Concludendo, il ministro Alemanno, scendendo dalle montagne del Nepal, si ponga il problema di bloccare una quota di importazione di prodotti, come avviene per l'olio in questo periodo, da altre nazioni. Abbiamo problemi già a piazzare il nostro olio (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, mi domando quale sorte avrà il mio ordine del giorno che si preoccupa di un prodotto particolarmente importante per il Mezzogiorno, il pomodoro. Si tratta di un alimento fondamentale, che credo anche l'onorevole Vascon, che è un raffinato gourmet, utilizzi per i suoi «pranzi di Babette».
La mia domanda riguarda anche un altro aspetto: se al momento dell'approvazione dell'ordine del giorno non sarò presente, lo stesso rischia di decadere, mentre avendo parlato, la mia presenza finisce per contare ai fini del numero legale. Mi sento trasformato, come gli altri colleghi, in una specie di zombie: mi riferisco a quel rito voodoo attraverso il quale una persona viene evocata e compare e, dopo un certo periodo di tempo, scompare. Si tratta di un rito magico che, forse, sarebbe meglio utilizzare per interventi più efficaci e realistici in campo agricolo.
L'agricoltura è un elemento essenziale della nostra storia culturale. Non interverrò, come gli altri colleghi, nel merito dell'apporto economico della nostra agricoltura, degli sforzi straordinari che lungo mezzo secolo hanno compiuto i nostri contadini, che dall'autoconsumo sono passati ad offrire circa l'80 per cento della produzione sul mercato. Vorrei, invece, riprendere un altro aspetto, che non deve sfuggire e che dovrebbe essere particolarmente caro ad esponenti della maggioranza come Sandro Bondi, che ha scritto un libro sulla civiltà dell'amore. La terra è un elemento fondamentale per poter creare tale spinta spirituale. Invece, al di là delle affermazioni astratte, non viene assolutamente tenuta in conto.
Della bellezza dell'agricoltura ha parlato il collega Bonito, il quale ha rievocato quello che l'agricoltura rappresenta nell'immaginario collettivo. L'agricoltura ha suggerito alcuni dei più grandi poeti della nostra cultura occidentale. Proprio in uno di questi poemi, forse il più grande scritto sull'agricoltura - parlo delle Georgiche di Virgilio -, vi sono le laudes Italiae, cioè il riconoscimento dell'importanza che l'agricoltura ha per l'Italia, della varietà delle produzioni che rischiano di sparire, della straordinaria abbondanza delle produzione dell'epoca, oggi ridotte a presenze pressoché insignificanti.
L'agricoltura rappresenta un elemento fondamentale della nostra storia culturale, che andrebbe ripreso non soltanto con le quote latte, non soltanto con problemi di carattere economicistico, ma ravvivando lo spirito di amore per l'agricoltura. Sarà che lo sento in modo particolare perché - come è noto - l'amore per l'agricoltura aumenta con l'età... Anzi, gli antichi suggerivano (ed io non sono d'accordo) soprattutto alle persone anziane che avevano superati i sessant'anni, di dedicarsi all'agricoltura. Per esempio, credo che sarebbe una cosa simpatica, oltre che per me, anche per il Presidente del Consiglio, il quale ha superato, credo, la sessantina e quindi, come nel Cato Maior De Senectute, potrebbe occuparsi attentamente di agricoltura. Anche perché mi pare che il
suo compito non sia stato granché compiuto. Egli infatti ha detto: questo Governo ha fatto più leggi di quante non ne abbiano fatte i Governi precedenti! Quindi potrebbe, com'è scritto anche nella Bibbia, il sesto giorno riposarsi per dedicarsi ad aspetti forse più gratificanti, come può essere quello della coltivazione dei campi.
Pertanto, questo aspetto andrebbe recuperato. Si tratta di un aspetto di tipo economico, ma anche con valenze spirituali molto significative. L'agricoltura è infatti quella che dà energia, una sorta di flusso cosmico che alimenta la spiritualità dei popoli. Dunque, questa attenzione all'agricoltura dovrebbe essere in cima ai pensieri del Governo, per la verità qui magnificamente rappresentato da un sottosegretario che io stimo, il quale ha frequentato collegi che io ho frequentato...
PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, la invito a concludere.
GERARDO BIANCO. ...nei quali veniva appunto insegnato che l'agricoltura dei campi è un elemento fondamentale.
L'agricoltura è alla base anche di un'etica, che forse però si sta perdendo.
PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, dovrebbe proprio concludere!
GERARDO BIANCO Pertanto, ci troviamo di fronte alla situazione piuttosto singolare di un'agricoltura che si perde e di un'etica che si perde. Quell'agricoltura che fu soprattutto coltivata, e concludo, dagli ordini monastici, dai cistercensi, i quali scoprirono i modi per portare avanti anche l'idraulica agricola. Per esempio, sarebbe bene che l'onorevole Boselli studiasse anche la storia della Chiesa e realizzasse una più compiuta concezione e comprensione di ciò che è stato rappresentato anche dai grandi filoni spirituali del nostro tempo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto sugli ordini del giorno, ai sensi dell'articolo 88, comma 1, del regolamento della Camera.
Il decreto-legge in discussione dispone interventi urgenti in materia di agricoltura e ripropone una tecnica di attività normativa che è stata più volte criticata in quest'aula. Il settore agricolo, come gli altri settori economici, necessita di interventi strutturali di lungo periodo e non episodici. Invece, in questa legislatura siamo stati abituati a misure legislative di corto respiro, che agiscono in maniera non coordinata e privi di un disegno unitario di riforma.
Questa maggioranza intende fregiarsi del titolo, totalmente autoreferenziale, di Governo delle riforme, sottolineando la quantità di presunte innovazioni introdotte nell'ordinamento. L'onorevole Zara ha già messo in luce nel suo intervento l'ambiguità di tale definizione. Peccato che tali interventi abbiano conseguenze tanto più negative, quanto più numerosi essi sono! Molteplici sono anche i cambiamenti che vengono effettuati, in maniera a volte quasi schizofrenica. Questo è quanto abbiamo potuto notare anche la settimana scorsa, per interventi che non hanno assolutamente il supporto ed il consenso degli operatori; questo è valso nella cosiddetta riforma del settore delle università.
Il Governo continua ad andare avanti senza entrare in relazione con le reali problematiche avanzate da coloro i quali saranno i destinatari delle norme. Lo stesso accade con il decreto-legge in esame, che costituisce un altro tassello di una politica che vorrei definire quanto meno superficiale. Restano infatti molti problemi all'ordine del giorno, come quello della competitività, del quale spesse volte si è discusso in quest'aula. Rilanciare il settore agricolo in termini competitivi risulterebbe assai importante, com'è noto, ai fini della redditività delle nostre imprese agricole e per la qualità di certi fattori di produzione, dai costi difficilmente comprimibili.
Tutto questo invece non si verifica con il provvedimento in esame. Ho già sottolineato, nel precedente dibattito su questo decreto-legge, la necessità di una legislazione ragionata, che preveda meccanismi che possano incidere contemporaneamente, al fine di snellire l'ipertrofia legislativa che affligge il nostro ordinamento e al tempo stesso realizzare interventi efficaci e di lungo periodo.
Non dobbiamo continuare con le misure «tampone», come ha sottolineato poco fa l'onorevole Stradiotto. Ciò di cui il nostro sistema ha bisogno è un intervento razionale, organico e condiviso, che incida su ogni materia solo dopo una reale verifica dei presupposti, delle urgenze, dei bisogni e delle possibilità.
Anche il settore agricolo, come la scuola, l'università, la giustizia e tanti altri settori, avrebbe richiesto un'azione di questo tipo, accompagnata a disposizioni che, sistematicamente, prevedano una semplificazione della materia. Invece, il metodo utilizzato mostra la drammatica confusione tra l'obiettivo che ci si prefigge e lo strumento che si adotta.
La necessità di un'azione a sostegno di questo o quell'altro settore viene affrontata in maniera del tutto impropria attraverso l'uso di uno strumento precario, il decreto-legge, frutto di un'estemporanea volontà governativa e non supportato da un adeguato dibattito nelle aule parlamentari.
Ancora una volta, mi trovo nella condizione di dover censurare energicamente le scelte fatte da questa maggioranza in termini di politica della legislazione, in quanto è evidente che, più sono mirati gli interventi normativi, più è necessario un intervento strategico di fondo.
L'opzione per uno strumento normativo in luogo di un altro non può essere casuale, perché ad ogni fonte corrisponde una precisa finalità.
Come si può pensare di disciplinare il settore agricolo, con i fini importanti dichiarati in questo intervento, attraverso uno strumento come quello del decreto-legge? Forse, si fa un'indebita commistione tra i bisogni impellenti in termini di aspettative degli operatori del settore ed i presupposti di necessità ed urgenza che legittimano l'adozione del decreto-legge. In questo modo, però, si finisce per procedere alla cieca, senza un'azione coordinata e con effetti contraddittori.
Fallimentare, vorrei dire in sintesi, è stata la strategia delle semplificazioni legislative ed amministrative, di cui la pubblica amministrazione avrebbe, invece, un'essenziale necessità. Lo stesso fine di realizzare un contenimento dei prezzi che gravano sul consumatore finale risulta vistosamente eluso. Gli esempi citati dai colleghi che mi hanno preceduto sono estremamente significativi. Purtroppo, fra non molto tempo, dovremo dire che, anche in questo caso, si è persa una preziosa occasione di fare qualcosa di utile (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.
RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in occasione dell'esame degli ordini del giorno presentati dall'opposizione, vorrei svolgere in modo organico alcune considerazioni sul provvedimento in esame su cui, ricordo, il Governo ha posto l'ennesima questione di fiducia (la ventiduesima).
Purtroppo, tale provvedimento è l'ennesimo intervento urgente in materia di agricoltura, perché si pone l'obiettivo di fronteggiare l'emergenza esistente nel settore. Ovviamente, ci troviamo sempre in una situazione di emergenza, anche nel settore agricolo. Quindi, non vogliamo fare alcuno sconto al Governo, neanche sulle politiche agricole. Ci sta a cuore il settore in questione e, quindi, tutto ciò che serve per rivitalizzare il mondo agricolo nel nostro paese.
La verità è che questo Governo non ha affrontato le problematiche della grave crisi strutturale dell'agricoltura ed è mancata in questa legislatura una vera e propria politica agricola nazionale.
I Governi del centrosinistra hanno indicato alcune linee direttive, ma non è stato fatto nulla da parte di questo Governo e di questa maggioranza a sostegno del settore. Quindi, sono stati anni di ritardi, di promesse mancate da parte di questo Governo, che non è riuscito a rimettere in moto il settore agricolo, costituito - lo ricordo ai colleghi distratti che parlano in questo momento di altre cose - da 1 milione e 800 mila aziende che oggi stanno affrontando una situazione di estrema difficoltà.
Per questo motivo, riponiamo molta fiducia in questi ordini del giorno, visto che non ci è stata data la possibilità di esaminare i nostri emendamenti migliorativi. Come i colleghi sanno, il nostro è un atteggiamento costruttivo, ma ci vediamo costretti a tenere questo comportamento sugli ordini del giorno a seguito della posizione della questione di fiducia. Dunque, attraverso tali strumenti, cerchiamo di dare risalto ad un settore che è stato così martoriato in questi anni di malgoverno di destra.
Sappiamo tutti che la situazione sociale ed economica delle famiglie italiane non è certamente migliore di quella del settore agricolo. Quasi l'11 per cento delle famiglie italiane è povero e al sud, purtroppo, una famiglia su quattro versa in condizioni di povertà; si tratta di dati forniti dall'ISTAT, che certificano la politica fallimentare portata avanti da questo Governo.
Svolgiamo il nostro ostruzionismo anche sugli ordini del giorno, un ostruzionismo che continuerà a causa del modo con il quale avete gestito questa fase finale della legislatura, per il modo con il quale volete imporre agli italiani una legge a senso unico, senza alcun confronto con l'opposizione. Ovviamente, il nostro è un ostruzionismo non fine a se stesso, ma che intende raggiungere determinati obiettivi.
Per questi motivi, signor Presidente, onorevoli colleghi, insistiamo nella discussione, insistiamo nell'ostruzionismo, insistiamo nel dire la nostra di fronte a questo provvedimento, che rappresenta l'ennesimo fallimento dell'attuale Governo. Contrastiamo l'atteggiamento dell'esecutivo che, attraverso provvedimenti surrettizi, sta cercando di vincere nuovamente le elezioni, magari attraverso qualche legge compiacente. Mi riferisco alla nuova legge elettorale.
Onorevoli colleghi, confido dunque nella vostra sensibilità per consentire la prosecuzione dei lavori parlamentari. Avete voluto realizzare una forzatura con la legge elettorale, ma è evidente che noi a questo gioco non ci stiamo e non ci staremo mai (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dalle considerazioni che in modo forbito svolgeva il collega Gerardo Bianco - che ha avuto l'ardire di accostare l'agricoltura all'etica, parlando del flusso cosmico che alimenta la spiritualità dei popoli -, vorrei passare a considerazioni un po' più concrete, relative al provvedimento in esame.
Si tratta, come sappiamo, dell'ennesimo decreto contenente misure urgenti (è il terzo, se non ricordo male); siamo di fronte ad un'urgenza continua, che prende il posto di quella che dovrebbe essere una politica organica per un settore primario della nostra economia come quello agricolo.
Vorrei segnalare queste poche considerazioni anche al sottosegretario Delfino, che beatamente parla al telefono senza ascoltare i nostri interventi! Ricordo che lo stesso sottosegretario «viene dalla terra» e, da un punto di vista metaforico, «viene dal popolo». Quindi, sarà sicuramente in grado di apprezzare le poche considerazioni che mi appresto a svolgere.
Per il settore primario della nostra economia vi sarebbe bisogno di interventi organici, perché esso lamenta una serie di problemi che investono una pluralità di comparti, dalla floricoltura a quello lattiero-caseario, da quello vinicolo a quello dei pomodori e dell'ortofrutta. Insomma, vi sono una serie di questioni che peraltro
non riguardano soltanto i comparti merceologici, ma anche la distribuzione territoriale del settore primario. Al contrario, siamo di fronte all'ennesimo decreto-legge che prevede misure urgenti.
Vi sono problemi che ineriscono alla competitività del settore agricolo e alla commercializzazione dei suoi prodotti. In materia di competitività, l'onorevole Marcora, in sede di discussione generale, ha brillantemente richiamato le questioni che riguardano l'energia, il gasolio, le assicurazioni, l'acqua. Insomma, i tre fattori fondamentali (capitale, terra e lavoro) sono coinvolti in problemi che richiederebbero interventi organici e mirati.
Vorrei soffermarmi in breve sul problema della commercializzazione dei prodotti, perché si osserva comunemente (nei convegni si tratta di una questione che ritorna puntualmente) che nella cosiddetta filiera produttiva - dalla produzione alla vendita - si verificano distorsioni, si annidano oneri impropri e si creano rendite parassitarie: insomma, si verifica il paradosso di costi tutto sommato non elevatissimi e di prezzi che risultano più che sproporzionati rispetto ai costi stessi. Dunque, vi è il paradosso di una remunerazione dei fattori produttivi non adeguata rispetto a quanto sarebbe necessario e di prezzi che, invece, incidono pesantemente all'interno del paniere dei cittadini consumatori.
Ebbene, per sottolineare la superficialità dell'approccio ai problemi da me richiamati poc'anzi, ricordo che nel provvedimento in esame è presente, tra l'altro, una misura che riguarda la Guardia di finanza e che ho già richiamato a suo tempo nell'illustrazione di un mio ordine del giorno. In questa norma si prevede che la Guardia di finanza effettui controlli mirati a rilevare i prezzi nelle filiere produttive agroalimentari in cui si sono manifestati o sono in atto andamenti anomali dei prezzi.
Ebbene, si tratta di un fine certamente condivisibile; tuttavia, è noto che il problema riguarda non solo l'evocazione dei fini, in politica come nella vita, ma anche il rapporto tra i mezzi e i fini stessi, ovvero in che modo si può conseguire il risultato rientrante tra i compiti spettanti alla Guardia di finanza. Quindi, occorre analizzare i mezzi che si mettono a disposizione della Guardia di finanza stessa, affinché tutto questo possa essere realizzato. In proposito, non si prevede assolutamente niente. È un classico di questo Governo quello di varare provvedimenti in cui si enunciano alcuni fini che sostanzialmente restano propagandistici perché, nel momento in cui non si prevede una dotazione di mezzi adeguata, non si può che parlare di propaganda. Illustrando a suo tempo l'ordine del giorno sopra richiamato, dicevo che tale circostanza si è verificata anche in occasione del decreto-legge relativo alla violenza negli stadi. Quindi, siamo di fronte alla propaganda, e pertanto siamo contrari a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duilio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Meduri. Ne ha facoltà.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI. Signor Presidente, le perplessità di fronte a questo decreto-legge sono molteplici, a partire dal dato fondamentale che ancora una volta ci troviamo a fronteggiare gli effetti di una crisi senza incidere sulle cause che sono alla radice della stessa. Questo è il terzo o il quarto provvedimento che reca interventi o misure urgenti in materia di agricoltura. In effetti, l'attività di questo Governo è stata prevalentemente finalizzata a fronteggiare l'emergenza e gli effetti delle crisi. È mancata, invece, una politica agricola nazionale che andasse alla radice delle crisi stesse.
Oggi, purtroppo, in Italia vi sono numerosi settori agricoli (direi quasi tutti), che stanno soffrendo, come quello vitivinicolo, che fino all'anno scorso ancora dimostrava sufficienti livelli di redditività, ma che oggi versa in una crisi sicuramente grave, e quello agrumicolo, la cui crisi incide in negativo particolarmente sull'economia della Calabria e della Sicilia.
Non vorrei entrare nelle linee della politica agricola nazionale. I temi rilevanti sono due: quello della competitività e quello della commercializzazione dei prodotti delle imprese. La competitività risulta rilevante per la redditività delle nostre imprese. Sappiamo tutti che bisogna produrre con qualità, e la qualità presenta costi non comprimibili per quanto riguarda certi fattori di produzione. Sappiamo però che è possibile mettere in campo politiche che siano in grado di ridurre determinati costi (penso a quelli dell'energia, del gasolio, delle assicurazioni, dell'acqua per l'irrigazione).
Va sottolineato che il costo del denaro in agricoltura è sicuramente più elevato rispetto a quello che si registra in altri settori, e molto spesso si pone anche la problematicità dell'accesso al credito. In particolare, in Calabria, dove l'accesso al credito presenta i costi più alti del paese, ciò costituisce un ulteriore elemento di difficoltà. Il costo della terra è proibitivo per le imprese agricole, mentre gli istituti dell'affitto e della Cassa per la formazione della proprietà contadina vanno sicuramente rivisti. Inoltre, il costo del lavoro è troppo elevato, e non mi riferisco certo a quanto percepiscono i dipendenti agricoli, ma agli oneri contributivi, assistenziali e previdenziali.
Occorre pertanto impostare una politica che sia in grado di colpire quei costi che pongono le imprese agricole italiane fuori mercato. Vi sono poi i costi di sistema, legati ai numerosi adempimenti burocratici che le imprese agricole devono sostenere e che impongono un certo impiego di tempo, rappresentando certamente un fattore rilevante, e i costi relativi al ritardato pagamento dei premi comunitari della PAC, che in Italia avviene con tempi molto più lunghi rispetto agli altri paesi. Accanto al grande tema della competitività vi è quello della commercializzazione, di cui si parla anche nel provvedimento in esame.
Gli ordini del giorno che abbiamo presentato vanno in questa direzione, e ci auguriamo che approvandoli riusciate almeno a correggere le carenze di questo decreto-legge, che non incide sulle cause che sono alla radice della crisi dell'agricoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, riteniamo che se il decreto-legge in esame non fosse convertito dal Parlamento sarebbe un bene per il mondo dell'agricoltura. Infatti, tali e tanti sono i limiti di questo provvedimento, sottolineati con grande dovizia di argomenti dai numerosi colleghi che sono già intervenuti e, soprattutto, dai colleghi della Commissione agricoltura, che non basta il poco tempo a disposizione per poter approfondire una materia che meriterebbe un dibattito ben più attento e di ben altra qualità.
Non c'è dubbio che lo stesso iter del disegno di legge di conversione in esame sia sintomatico della grande incertezza con cui il Governo si muove sulla materia. Il decreto-legge è stato approvato il 9 settembre; è stato poi modificato su proposta del relatore; ancora, vi sono state ulteriori modifiche attraverso emendamenti presentati in Commissione dal Governo; infine, è stato presentato il maxiemendamento da parte del Governo stesso. Già questo iter così controverso, complesso e in qualche modo anche contraddittorio dimostra mancanza di linearità e di chiarezza di comportamento e incertezza. Si tratta peraltro di un'incertezza che risalta dalle stesse parole del ministro, pronunciate il 12 ottobre, con le quali egli ha richiamato tutti all'esigenza della costruzione di un piano straordinario per la ristrutturazione delle filiere agroalimentari, che, invece, sono largamente abbandonate a loro stesse.
Inoltre, è chiaro che questo provvedimento non tiene conto degli scenari futuri del settore agricolo italiano, a partire dalla Politica agricola comunitaria fino a giungere in particolare, ovviamente, allo sviluppo dei nostri prodotti nei mercati europei e mondiali.
Poche misure sono presenti in questo provvedimento: vi è, ad esempio, l'indicazione DOP per il settore dei formaggi. Ma è poca cosa. È un ulteriore segnale del modo di agire, di comportarsi di fronte alle crisi progressive che hanno attraversato il nostro paese: prima la crisi del settore della frutta in generale, non affrontata rigorosamente dal Governo; poi la crisi delle produzioni di uva, anche questa non affrontata dal Governo; infine la crisi del settore vitivinicolo, neanche questa affrontata con una soluzione soddisfacente da parte del Governo.
Inoltre, lo stesso strumento del contributo de minimis viene utilizzato in maniera completamente errata. Infatti, anziché far ricorso a tale strumento per intervenire in casi congiunturali, in situazioni critiche di emergenza, il contributo de minimis viene utilizzato, paradossalmente, come mezzo per individuare una possibile soluzione alla necessità di ristrutturazione del settore agricolo. È quindi evidente che di fronte a questo scenario il Governo si muove, anche con il provvedimento al nostro esame, per così dire, un po' alla cieca.
Il nostro ostruzionismo è dovuto non solo a ragioni politiche più generali, come il comportamento della maggioranza in occasione dell'esame di alcuni provvedimenti in questi ultimi mesi di fine legislatura, ma anche ad una insoddisfazione profonda per le tante e tante cose che il Governo avrebbe dovuto realizzare, anche nel settore dell'agricoltura, ma che, invece, non ha fatto.
Per tali ragioni la nostra posizione rimane fortemente critica ed è questa la motivazione fondamentale del nostro ostruzionismo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, nei mesi scorsi dalla Puglia è partita una poderosa protesta nei confronti del Governo da parte dei produttori agricoli, i quali, nonostante il lodo seguito all'intesa con la regione, avevano intuito che ancora una volta il Governo annunciava delle promesse che non poteva mantenere. Analoga situazione si è verificata in Sicilia per il disagio che gli operatori agricoli avvertivano da tempo e per la nota disattenzione che il Governo, nel corso di questi anni, ha manifestato nei confronti di questo importante settore.
Se poi guardiamo alle condizioni di carattere economico e di disagio sociale che caratterizzano le aree meridionali, notiamo come sia evidente che questo Governo scherza col fuoco. Infatti, esso insinua nella consapevolezza della gente l'idea di inaffidabilità, di incapacità, e anche quando elabora dei decreti, lo fa pasticciando e li realizza su delle basi confuse e, comunque, non fornendo risposte strutturali ai problemi che attanagliano questo settore economico, importante per la vita del paese.
Il Governo ha voluto ancora una volta ricorrere a misure tampone; infatti, ci avete abituato ad affrontare l'emergenza con l'emergenza, a rispondere con misure tampone in qualunque situazione, a elargire promesse. Ed anche quando si adottano misure positive, come alcuni elementi, devo dire, presenti in questo decreto, tutto ciò viene mortificato dall'impianto stesso che il decreto presenta. Per non parlare del fatto che si ricorre al voto di fiducia. Questo, ahimè, è un vezzo cui l'attuale Governo ci ha abituati. Ancora una volta dobbiamo denunciare l'espropriazione del Parlamento della possibilità di garantire ai parlamentari l'esercizio delle proprie funzioni ed anche della possibilità di contribuire con atteggiamenti propositivi che migliorino i provvedimenti medesimi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi per l'ennesima volta ci troviamo a discutere di agricoltura. Quell'agricoltura che pare essere, ancora una volta, la Cenerentola nell'agenda politica del Governo.
In questo settore si registrano problemi cogenti che appesantiscono ulteriormente le condizioni di disagio avvertite da tante
famiglie di produttori agricoli. Non si comprende come mai si trascuri un settore come quello agricolo, che potrebbe dare occupazione, ricchezza, reddito e prestigio al nostro paese e, quindi, aiutare la competitività internazionale dell'Italia, che in molte occasioni esce perdente dal confronto con altri paesi.
Ci chiediamo quali siano gli ostacoli che impediscono al Governo di porre in atto strumenti di controllo, ad esempio, nelle filiere agroalimentari. Non riteniamo possibile assistere, ancora una volta, a situazioni che vedono quei «poveri diavoli» degli agricoltori, che sudano per portare avanti le loro aziende agricole e che faticano per creare un prodotto e per sostenere le loro famiglie, vendere i loro prodotti e ritrovarsi alla fine con una manciata di euro in mano perché gli intermediari si appropriano di tutto il valore aggiunto prodotto. Noi, infatti, troviamo i prodotti agricoli sui banchi al mercato ad un prezzo forse dieci volte superiore rispetto a quello che viene pagato al piccolo, medio o grande imprenditore agricolo. Questo è un primo problema.
Un secondo problema è la necessità di porre in atto delle azioni dirette ad ottenere una maggiore cogenza e incisività. Qui non si tratta tanto di imporre, anche perché in un mercato libero non si impone nulla, quanto di creare dei vincoli più stringenti riguardo, ad esempio, alla vendita dei prodotti agricoli nella propria regione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Squeglia. Ne ha facoltà.
PIETRO SQUEGLIA. Signor Presidente, se è vero che questi interventi svolti dai parlamentari dell'opposizione nascono da una volontà ostruzionistica, è però altrettanto vero che l'ostruzionismo ci stando la possibilità di evidenziare tutta una serie di proposte su problemi delicati ed urgenti su cui finora non era stato possibile discutere.
All'inizio di questa legislatura, da parte del ministro per le politiche agricole e forestali ci fu un susseguirsi di promesse. Si promise che l'agricoltura sarebbe stata al centro della politica economica di questo Governo, che in tutto il settore agricolo italiano avremmo assistito ad un processo di ammodernamento e di innovazione, che tale settore, a seguito dell'azione governativa, avrebbe accresciuto la sua competitività. Nulla di tutto questo è avvenuto. È sotto gli occhi di tutti che il settore agricolo si trova interessato da una crisi gravissima. E questo è un dato oggettivo, non di propaganda. Anche alcuni settori del centrodestra ormai lo riconoscono. E a fronte di questa crisi grave unanimemente riconosciuta si risponde ancora una volta con un provvedimento di tipo emergenziale. Un provvedimento che rispetto alla crisi cerca di dare risposte ai sintomi della malattia ma non cerca di aggredire e di approfondire con decisione le cause e le ragioni profonde della crisi stessa. Anche il decreto-legge che stiamo esaminando non è assolutamente in grado di dare una risposta ai problemi di fondo che oggi travagliano la nostra agricoltura. Si pensi, ad esempio, a quanto sta avvenendo in Campania, una regione che rappresenta una delle principali aree di produzione di frutta e di ortaggi per il consumo fresco: è la quinta area ortofrutticola d'Europa. Questo dato le consente di essere anche la regione a più alta concentrazione di imprese operanti nella trasformazione dei prodotti agricoli. Insomma, l'agricoltura e l'ortofrutta ricoprono in Campania un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'economia generale. È evidente che le difficoltà incontrate dal settore mettono in crisi l'intera economia regionale e provinciale.
A Caserta, in particolare, l'ortofrutta classica mediterranea per il mercato fresco rappresenta circa il 25 per cento dell'intera superficie agraria utilizzata, con circa ventimila aziende coinvolte. Nonostante siano stati notevoli gli sforzi di competitività, di ammodernamento e di conversione, continua ad aggravarsi la crisi del mercato, che falcidia progressivamente
i redditi e che si va ad aggiungere al disastro economico prodotto dalle calamità della primavera del 2003.
La situazione è di tale gravità da innescare effetti a catena, con conseguenze gravissime sull'intera economia e con problemi seri per l'ordine pubblico. Rispetto alla crisi profonda del settore, c'è da sottolineare l'assoluta ed irresponsabile assenza del Governo. Non si può, da un lato, insistere, invitando gli agricoltori ad essere competitivi sulla qualità e sollecitando la tracciabilità e, dall'altro, non muovere un dito in termini di controllo di tante derrate alimentari importate dai paesi terzi per opera di faccendieri ed affaristi italiani ed europei.
Non è possibile inondare la stampa quotidiana di denunce circa le incomprensibili contraddizioni tra i miserabili prezzi agricoli erogati ai produttori agricoli e gli alti prezzi praticati ai consumatori che, sempre più, sono costretti a consumare meno frutta ed ortaggi.
È impensabile che le imprese agricole casertane o meridionali possano organizzarsi per far fronte alla competitività e sconfiggere speculatori e faccendieri in assenza di piani e di indirizzi pubblici organici. È doppiamente grave assistere alla gratuita propaganda sul «decreto anti-crisi» e scoprire poi che la Comunità europea non lo ha ancora omologato e che, in ogni caso, non vi sarebbero sufficienti risorse finanziarie per sostenerlo.
Presidente, rispetto alla crisi in cui l'agricoltura si trova, bisognerebbe incidere in maniera profonda. Ci vogliono piani di settore. Da anni avanziamo richieste di piani di settore (per il settore ortofrutticolo, per il settore vitivinicolo), ma tutto è fermo, tutto è bloccato in Commissione.
PRESIDENTE. Onorevole Squeglia...
PIETRO SQUEGLIA. Il decreto-legge in esame non affronta i problemi veri dell'agricoltura, non affronta il problema dei produttori agricoli, che vedono sempre più ridursi il loro reddito.
Non siamo lontani dal vero se affermiamo che, se questo decreto-legge decadesse, certamente, non sarebbe un danno per l'agricoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Milana. Ne ha facoltà.
RICCARDO MILANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prendo la parola per confermare il voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dall'opposizione.
Con questa serie di ordini del giorno, al di là dei problemi politici, che pure ci sono (e mi ci soffermerò tra breve), cerchiamo di contribuire a migliorare il testo del decreto-legge, che - come molti, prima di me, hanno sottolineato - non è in grado di affrontare la crisi del settore, ma è l'ennesimo provvedimento tampone adottato sull'onda dell'ennesima emergenza, con un atteggiamento fragile, destinato a non avere risultati duraturi nel tempo.
Al di là di ripartizioni di alcune risorse spesso incerte, non ci sono una politica ed una prospettiva per un settore così delicato del nostro paese come l'agricoltura.
Anche in questa circostanza, dobbiamo lamentare che la discussione su un tema così importante e delicato avvenga in un clima politico infuocato dalle scelte della maggioranza in questo scorcio di legislatura, scelte che tendono ad affrontare esclusivamente i problemi della maggioranza (la legge elettorale ed il provvedimento «salva Previti»; siamo in attesa di conoscere cosa vorrete fare sulla par condicio), mentre trascurano (invece, l'attività di Governo, da questo punto di vista, dovrebbe essere fondamentale) i problemi reali del paese, come l'emergenza agricola.
In particolare, intendo sottolineare la difficoltà attraversata dal settore in mancanza di una catena della grande distribuzione nazionale che sia credibile e in grado di fronteggiare la situazione di emergenza e la grande lotta esistente sui mercati internazionali.
In questo decreto-legge vi è un auspicio, più che una decisione, quello per cui
in qualche modo la grande distribuzione debba farsi carico dei cosiddetti prodotti regionali. Nell'ordine del giorno a mia firma si chiede che ciò avvenga davvero regione per regione; è certo che, però, in assenza di una credibile politica commerciale dei prodotti italiani, la questione rimarrà legata al mercato interno. L'avere smantellato negli anni il sistema della grande distribuzione nazionale ha impoverito l'agricoltura del nostro paese, i settori della zootecnia e il prodotto tipico italiano conosciuto nel mondo.
È chiaro che l'adozione di una politica in grado di affrontare tale questione consentirebbe ai prodotti italiani di riconquistare quella parte di mercato nel mondo oggi occupata dai prodotti di altre nazioni. Non è un caso che l'agricoltura francese gode del traino della grande distribuzione, che in quel paese ha una forte valenza internazionale, mentre noi rimaniamo legati ad un mercato troppo esiguo e continuiamo ad affrontare i temi in maniera non opportuna.
Il provvedimento in esame prevede che la scelta dei prodotti regionali da inserire nella grande distribuzione debba avvenire almeno in ogni provincia; è chiaro però che la logica rimane ristretta al mercato nazionale, mentre la sfida è molto più ampia.
PRESIDENTE. Onorevole Milana, concluda.
RICCARDO MILANA. Concludendo, Presidente, se non affronteremo questa sfida, a nulla serviranno provvedimenti «tampone» come quelli contenuti in questo decreto-legge, che è già superato nel momento in cui lo stiamo discutendo.
La scelta che il nostro paese dovrà fare sarà quella di un impegno più forte, più serio, affinché il prodotto italiano sia meglio sostenuto, i consumatori abbiano prezzi più accettabili e la catena tra la produzione e la distribuzione sia meglio razionalizzata (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marino. Ne ha facoltà.
MAURO MARIA MARINO. Onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte ad una situazione che potremmo definire come una coazione a ripetere. Da un lato, vengono esaminati provvedimenti sempre diversi (in questo caso, si tratta di un decreto-legge recante interventi urgenti nel settore dell'agricoltura), dall'altro, invece, vi è sempre lo stesso scenario: un intervento da parte nostra, in qualità di opposizione, in sede di dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno. È questo lo spazio di interlocuzione che in questo momento il Parlamento sta vivendo.
Permettetemi di dire che i lavori del Parlamento stanno assumendo una dimensione quasi kafkiana. Sappiamo il motivo per cui tutto ciò è venuto a determinarsi. Sono note le ragioni del nostro atteggiamento, che cerca di denunciare ciò che è stato perpetrato in quest'aula. Tutto questo porta però ad aspetti che possono veramente preoccupare, non solo ciascuno di noi quando svolge il ruolo di legislatore, ma anche i singoli cittadini.
Vi sono due aspetti che meritano una riflessione articolata e che sono il frutto di questa situazione paradossale: da un lato, l'ennesima questione di fiducia, dall'altro, l'ennesimo intervento urgente in un campo così delicato quale quello agricolo.
L'ennesima questione di fiducia ci riconduce al discorso, già affrontato altre volte, circa la chiara volontà di compressione delle facoltà del Parlamento che viene attuata da questo Governo. Non solo. La tecnica legislativa che unisce strumento fiduciario e adozione del decreto-legge - fonte il cui abuso è palese, è sotto gli occhi di tutti - non può che essere vissuta come una vera e propria compressione dei diritti dei parlamentari di contribuire in questa sede, se non al miglioramento del provvedimento, almeno a quell'interlocuzione che è necessaria in democrazia.
Osservavano dianzi sia l'onorevole Zara, sia l'onorevole Zaccaria che questo Governo si era presentato come quello
delle riforme; esso, però, non ha mai compiuto interventi strutturali, e lo dimostra con questo come con altri provvedimenti. Comprime la possibilità del Parlamento di esprimersi, utilizza strumenti che vanno in senso contrario rispetto ad un compiuto e pieno sviluppo della democrazia e, contemporaneamente, manca di qualsiasi visione strategica.
Mi ricollego così al secondo aspetto, ovvero all'ennesimo intervento urgente nel settore dell'agricoltura. Ebbene, ciò testimonia, anzitutto, di una profonda mancanza di una visione di insieme; testimonia quindi della volontà di far prevalere, sempre e comunque, una visione tattica su quella strategica; testimonia infine della necessità che induce sempre, attraverso misure «tampone», ad evitare di affrontare in termini radicali i deficit strutturali di un settore delicato come quello agricolo.
È stato osservato, giustamente, che il settore agricolo versa in una crisi gravissima, mentre ancora una volta, si cerca di incidere sulla crisi con provvedimenti «tampone» di basso respiro, senza mai analizzare le cause, senza mai avere quella visione - strategica, la definivo dianzi - che dovrebbe permettere che la risposta sia non estemporanea, improvvisata, data sulla base dell'urgenza del momento ma sia, al contrario, in grado di creare le condizioni per un miglioramento strutturale del settore. Un settore che comprende un milione 800 mila aziende e al quale, nella scorsa legislatura, le ultime linee direttive sono state date in maniera seria e composta.
Quindi, manca un intervento strutturale; si ricorre, in questo come in altri settori, ad una politica degli spot, e noi parlamentari ci troviamo nell'impossibilità di dare un contributo fattivo e costruttivo, di qualunque tipo, necessariamente ridotti ad intervenire sul complesso degli ordini del giorno. Ordini del giorno che - permetteteci la presunzione - una valenza migliorativa volevano pur averla; quello a mia firma, ad esempio, cercava di restituire un «briciolo» di spazio alla dialettica parlamentare impegnando il Governo ad «informare tempestivamente le competenti Commissioni parlamentari sulle misure che si intendono adottare per correggere i fenomeni di andamento anomalo nelle filiere agroalimentari».
Si tratta di cercare di creare un momento di interlocuzione democratica, che restituisca ai parlamentari la possibilità di interloquire su provvedimenti che, pur non avendo una dimensione ed un orizzonte ampio, devono avere la capacità di intervenire efficacemente nella difficile situazione venutasi a creare nel settore agricolo. È per questo motivo che noi, nell'augurarci che almeno i nostri ordini del giorno siano accolti, riteniamo che questo sia l'ultimo spazio rimastoci per cercare di dare un contributo costruttivo e positivo in un settore estremamente delicato (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.
DORINA BIANCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordo che l'opposizione ha presentato più di duecento ordini del giorno al decreto-legge attualmente all'esame dell'Assemblea, il quale dovrebbe contenere alcuni interventi urgenti a favore del settore agricolo, con particolare riferimento a quello vitivinicolo. Dobbiamo tuttavia constatare come, ancora una volta, si affrontino questioni importanti con «misure-spot», senza la capacità e la volontà di individuare le cause profonde della crisi che attanaglia un settore tanto importante per l'economia del nostro paese.
Vorrei ricordare che, in questi ultimi mesi, si sono svolte in Puglia, in Sicilia ed in Lucania poderose manifestazioni, che hanno visto migliaia di produttori agricoli rivendicare una maggiore attenzione da parte del Governo nei confronti dei loro drammatici problemi.
Provengo da una provincia della Calabria, Crotone, nella quale, come è stato già evidenziato da alcuni colleghi precedentemente intervenuti, vi è una grave crisi del
settore bieticolo-saccarifero che ha determinato l'allontanamento di migliaia di lavoratori da tale comparto produttivo. Dobbiamo assistere, inoltre, alla crescente difficoltà del settore agrumicolo, il quale, soprattutto in alcune regioni del Mezzogiorno, come la Calabria e la Sicilia, rappresenta una quota consistente della produzione agricola. Vorrei altresì segnalare la difficoltà nella produzione del pomodoro, un settore che interessa soprattutto la regione Campania e che offre lavoro a migliaia di persone.
Gli agricoltori lamentano gli alti costi di produzione e le enormi difficoltà del mercato. Essi molto spesso lasciano i prodotti del proprio raccolto nei campi e non traggono una giusta remunerazione dai loro beni agricoli, mentre assistiamo ad un aumento crescente dei prezzi nei nostri supermercati.
Gli operatori del settore hanno ottenuto poco, se si eccettuano le misure «tampone» contenute nel decreto-legge in esame, il quale si dimostra confuso e pasticciato. Esso non è in grado di affrontare i problemi strutturali della nostra agricoltura, la quale, come ho già avuto modo di evidenziare, rappresenta un'importantissima risorsa, soprattutto per l'economia delle regioni del sud.
È questo il motivo per cui insistiamo nell'affermare che non sono sufficienti questi provvedimenti emergenziali. Vorrei infatti ricordare che numerose aziende, soprattutto nel Mezzogiorno, sono realmente in ginocchio a causa sia delle ripetute calamità, sia dell'indebitamento con il sistema bancario e gli istituti di previdenza.
Oggi sono moltissime le imprese che non riescono a far fronte all'elevato grado di indebitamento. Dovrebbero essere adottate, a nostro visto, misure volte a favorire la riduzione dei costi giornalieri delle aziende, come, ad esempio, il costo dell'acqua e dell'energia.
È questo, signor Presidente, il motivo per cui avevo presentato il mio ordine del giorno n. 9/6063/233, che prevede l'ammodernamento dei canali gestiti dai consorzi di bonifica nella regione Calabria. Tale rete, infatti, in molti casi risente della vetustà e della mancanza di investimenti, e perfino di carenze nella manutenzione ordinaria. Vi è, dunque, una grave inefficienza, che comporta costi altissimi per il settore agricolo.
È per questo motivo che il mio ordine del giorno, purtroppo accolto soltanto come raccomandazione dal Governo, prevedeva l'erogazione di un contributo straordinario in favore della regione Calabria per l'ammodernamento dei canali gestiti dai consorzi di bonifica. Credo si tratti di un ordine del giorno importantissimo a favore di una regione, la Calabria, che negli ultimi tempi, come si è visto, soffre dei gravi problemi dell'arretratezza e della mancanza di lavoro.
Il provvedimento in esame, invece, distribuisce da 1.000 a 3.000 euro una tantum, a fondo perduto, a seconda dell'estensione aziendale, senza neanche fare riferimento al fatturato...
PRESIDENTE. Onorevole Dorina Bianchi, deve concludere.
DORINA BIANCHI. ...delle imprese interessate.
Gli agricoltori avrebbero bisogno di certezze e di indicazioni strategiche...
PRESIDENTE. Onorevole Dorina Bianchi, concluda.
DORINA BIANCHI. ...mentre si trovano di fronte a provvedimenti che contengono solo promesse (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Adduce. Ne ha facoltà.
SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, siamo di fronte, per l'ennesima volta, ad un provvedimento che tenta di porre rimedio ad una situazione che richiederebbe, invece, ben altre misure.
Non voglio fare riferimento alla storia degli ultimi decenni, ma solo all'ultimo
periodo, agli ultimi due anni in particolare, nel corso dei quali ci aspettavamo che il ministro delle politiche agricole e forestali si dedicasse maggiormente ad un settore di sua competenza, magari trascurando alcune dichiarazioni politiche, pur importanti, ma che forse gli hanno sottratto troppo tempo nella riflessione e nello studio degli affari politici, rispetto al tempo necessario ad un settore che merita il «tempo pieno», ossia che dovrebbe assorbire tutto il tempo del ministro.
Ebbene, già un paio di anni fa, si sono manifestati i segni di una crisi grave nel settore della frutta in gran parte delle regioni italiane. Successivamente, si è assistito agli episodi - più recenti - della crisi dell'uva da tavola pugliese, con riflessi anche gravi sull'ordine pubblico di alcune aree. Ancora in seguito, si è verificata la crisi vitivinicola in Sicilia, in Calabria ed in Piemonte. Quindi, l'intero paese ha attraversato - e sta attraversando - gravi difficoltà.
Vi sono state, poi, calamità naturali, quali quelle atmosferiche, di carattere eccezionale. Ricordo l'ultima, che abbiamo denunciato in questa sede, relativa ad una precipitazione atmosferica molto grave, verificatasi all'inizio della scorsa primavera in Basilicata e nelle regioni circostanti.
Ebbene, ognuno di tali problemi avrebbe meritato strumenti e misure eccezionali, così come eccezionale è la situazione del settore agricolo; misure straordinarie e, al tempo stesso, strutturali per affrontare i problemi del settore e, quindi, decisioni da parte del Governo per programmi e progetti severi e rigorosi.
Si è detto e si dice spesso, nell'affrontare tali problemi, come fa anche il Presidente del Consiglio, che purtroppo «la coperta è troppo corta»: si è usata tale metafora. Per forza è troppo corta: avete dilapidato, solo con la legge finanziaria per l'anno 2005, sei miliardi e mezzo in regalie per una riduzione fiscale che non ha prodotto alcun risultato, se non quello di mettere qualche migliaio di euro in tasca a coloro che hanno redditi superiori ai 70 od 80 mila euro annui. Si è trattato di una riforma fiscale ad esclusivo beneficio di poche centinaia di migliaia di contribuenti benestanti.
Consideriamo, onorevoli colleghi, quanto sarebbero stati preziosi questi sei miliardi e mezzo di euro, ad esempio nella legge finanziaria per il 2005 o in quella per il 2006 che ci apprestiamo a discutere, se il Governo avesse voluto concentrare in alcune azioni positive, a cominciare dal settore agricolo, risorse indispensabili per la ripresa delle imprese e per riuscire a collocare i prodotti nel mercato, anziché dilapidarli nelle regalie di cui parlavo in precedenza. Mentre si assiste a tali regalie ed a tale sciupio, all'agricoltura si riserva un provvedimento che si caratterizza con il termine de minimis, ossia un contributo minimo, pari a 3 mila euro per superfici pari o superiori a sei ettari, 2 mila euro per superfici pari o superiori a tre ettari e addirittura mille euro per superfici pari o superiori a 0,3 ettari.
In sostanza, utilizziamo il de minimis per affrontare una situazione che, invece, è di massima emergenza, una situazione che richiede misure strutturali nell'immediato.
Gli imprenditori agricoli attendono risposte per fornire alle aziende condizioni rapide di fuoriuscita dalla pesantezza finanziaria nella quale si trovano; invece, nel medio periodo, attendono misure strutturali, in grado di incidere sul rapporto con i mercati, sul consolidamento delle passività accumulatesi nel corso dei lunghi anni, sull'attivazione e il funzionamento dei momenti di concertazione tra le organizzazioni agricole e il ministero.
Abbiamo maturato un'esperienza sul territorio; è un'esperienza di propaganda demagogica che il ministro elargisce a piene mani, dentro e fuori la campagna elettorale; vi sono periodi in cui potrebbe anche passare una discussione propagandistica, ma ve ne sono altri, fuori dalle campagne elettorali, in cui il ministro dovrebbe invece sedersi, ragionare e studiare misure necessarie e indispensabili per un settore che tutti quanti consideriamo fondamentale per il destino del nostro paese e che rapidamente sta declinando
verso livelli bassissimi quanto alla capacità di mettere a disposizione la produzione lorda vendibile e di produrre...
PRESIDENTE. Onorevole Adduce, concluda.
SALVATORE ADDUCE. Concludo, signor Presidente. Nel frattempo, registriamo una grave disattenzione. Questo è il motivo per il quale, al di là delle vicende ostruzionistiche su questo decreto-legge, abbiamo impegnato l'Assemblea ed i parlamentari a riflettere (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zunino. Ne ha facoltà.
MASSIMO ZUNINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io vorrei preannunciare il voto favorevole sul mio ordine del giorno n. 9/6063/172, accettato dal Governo. È questa l'unica occasione che mi è rimasta, dopo la posizione della questione di fiducia da parte del Governo, per tentare di discutere nel merito dei problemi gravi, numerosi ed importanti, come è stato ricordato, dell'agricoltura italiana. Ciò con la speranza che la discussione su questi ordini del giorno lasci una traccia in merito a proposte certamente innovative ed importanti (che rappresentano l'opposto di ciò che il Governo ha fatto concretamente in questi anni) ed affinché l'approvazione di questi ordini del giorno possa contribuire in parte a modificare la struttura stessa del decreto-legge in esame o, comunque, lasciare al Governo alcuni temi che nei prossimi mesi possano determinare un'inversione di tendenza rispetto a ciò che è stato fatto sul tema dell'agricoltura in questi ultimi anni.
È stato detto - lo voglio ripetere molto brevemente nel tempo a mia disposizione - che il tema della politica agricola meriterebbe ben altra attenzione da parte del Governo; quell'attenzione che lo stesso non ha certamente dimostrato di avere in questi anni e, in modo particolare, nell'ultimo anno, come cercherò di dimostrare citando la proposizione di continui provvedimenti urgenti e provvisori, ma assolutamente incapaci di intervenire in maniera globale e completa sul tema della politica agricola.
Certamente, il Governo non è in grado di intervenire con l'attenzione che il tema meriterebbe attraverso questo decreto-legge, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché - come si dice nel testo - per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
Come ho detto, il tema meriterebbe ben altra attenzione; meriterebbe ciò che non c'è e non è contenuto nemmeno in questo decreto-legge: una politica organica, una strategia in grado di rispondere ai gravi problemi che il mondo agricolo rappresenta da tempo e che ha messo in campo con forza anche in questi ultimi mesi, come è stato ricordato nei numerosi interventi che mi hanno preceduto.
Meriterebbe, inoltre, un investimento di risorse adeguate, che sono state più volte promesse da questo Governo agli agricoltori e alle regioni. Purtroppo, rispetto al tema delle risorse nei confronti dell'agricoltura, come di altri settori, il Governo ha dispensato numerose promesse, ma tali promesse, tuttavia, non si sono mai trasformate in atti e in provvedimenti concreti.
Invece di fare tutto ciò che sarebbe necessario, si continua ad intervenire con provvedimenti d'urgenza, confusi, disorganici, assolutamente incompleti e che non rispondono ai problemi che questo settore manifesta.
Si continua ad intervenire con provvedimenti che destinano al settore risorse scarse ed inadeguate. Voglio insistere su questo tema perché ritengo sia uno degli aspetti fondamentali. Quanto a risorse scarse ed inadeguate, con questo decreto siamo addirittura ad una beffa, se così si può definire. Infatti, le risorse si spostano dal decreto approvato nei mesi precedenti e convertito in legge a quello ora all'esame della Camera, venendo meno alle promesse fatte agli agricoltori e alle regioni
stesse. Assistiamo ad un balletto in cui le risorse, che sono già poche, in questo caso vengono addirittura spostate da un decreto all'altro, venendo meno a promesse fatte precedentemente.
Come ho detto, manca dunque una visione organica delle questioni agricole. Il Governo - bisogna dirlo con grande forza - non ha fatto niente per la valorizzazione della produzione di qualità, per lo sviluppo di colture alternative e per attrezzare l'agricoltura italiana in questi anni a rispondere ai grandi problemi posti dalla globalizzazione e dall'aumento dei costi di produzione. Pensiamo soltanto al problema, posto con forza, del combustibile e del gasolio.
Questi sono gli interventi di cui l'agricoltura avrebbe bisogno nel nostro paese. Invece, le risposte sono quelle cui abbiamo assistito - lo ricordavo - in questo ultimo anno (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Zunino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, discutiamo degli ordini del giorno che riguardano questo decreto che dovrà essere votato tra poche ore. Da parte dei Socialisti democratici italiani vi è una considerazione totalmente negativa, che riguarda gli aspetti relativi all'agricoltura, alla produzione agricola e alle aziende di produzione.
Siamo dell'avviso che oggi più che mai vi sia la necessità di dare delle risposte importanti al mondo agricolo e ai produttori agricoli, in quanto ormai questo settore si sta definendo come un mondo totalmente disperso, nel senso che in queste aziende non vi sono più addetti, gli agricoltori abbandonano infatti le proprie aziende e i propri campi, poiché il reddito agricolo sta diventando ogni giorno meno importante per i produttori e soprattutto per i giovani.
Quindi, tale settore necessitava di un intervento organico che favorisse il rilancio, costruisse le premesse di un'attività nuova e assicurasse agli agricoltori un reddito migliore. Era necessario costruire all'interno del nostro paese aziende agricole efficienti che producessero reddito e competitività sui mercati nazionali ed internazionali: ciò, nello stesso tempo, avrebbe prodotto una maggiore occupazione all'interno delle stesse aziende.
Ciò non è accaduto, perché ci troviamo di fronte ad un ennesimo decreto-legge. Come hanno già sottolineato molti colleghi prima di me, ci troviamo di fronte ad un provvedimento contraddittorio sia per quanto riguarda l'aspetto normativo, sia per quanto riguarda l'aspetto economico. Il ministro delle politiche agricole, con questo decreto-legge, non dà risposte a quanti, nei mesi scorsi, hanno dimostrato la loro rabbia perché non si è intervenuti in modo organico sugli aspetti importanti del mondo agricolo.
Si spostano risorse da un provvedimento all'altro e si prendono ancora in giro, come è stato fatto nei mesi e negli anni passati, quei produttori che hanno visto il loro reddito non dimezzarsi, ma esaurirsi. Se a ciò aggiungiamo tutto quanto è accaduto nei mesi e negli anni passati e che accadrà ancora a causa degli agenti atmosferici - mi riferisco ai danni alluvionali, alle siccità, alle gelate - si capisce bene come la nostra agricoltura sia in ginocchio. Non si può pensare che con un provvedimento come il de minimis si determini una ripresa della produzione agricola. È mai pensabile, ad esempio, che in un sistema agricolo allo sfascio si possa prevedere un intervento da mille a tremila euro?
Signor Presidente, credo vi sia la necessità di arrivare ad un provvedimento organico per il rilancio della nostra agricoltura, soprattutto per dare risposte efficaci a settori importanti, anche e soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, come il settore del pomodoro, il settore della vitivinicoltura, il settore bieticolo-saccarifero. Su questo ci confronteremo con grande forza, su questo discuteremo con il mondo agricolo per far capire che questo Governo, ancora una volta, ha preso in
giro i più deboli, cioè il Mezzogiorno d'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità Socialista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grotto. Ne ha facoltà.
FRANCO GROTTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da mesi vi è forte attesa del mondo agricolo rispetto ad un impegno che il Governo si è preso ma che difficilmente potrà portare a termine con successo, non solo per i nodi economici sui quali è tenuto a dare risposte in modo urgente, ma anche per una serie di tensioni politiche interne alla maggioranza.
Il consumo di ortofrutta è sceso del 51 per cento rispetto ad un anno fa e migliaia di aziende agricole italiane sono al collasso, in alcuni casi fortemente indebitate. Tutto questo si tramuta, come per altri settori, in un calo dei posti di lavoro. Le cause sono strutturali, come la mancata realizzazione in Italia di una vera e propria filiera alimentare, l'alto costo del lavoro e le carenze infrastrutturali. Si aggiungono cause congiunturali come il crollo della domanda e dei consumi. Su questo problema - ripeto - è necessario garantire con iniziative legislative la massima trasparenza nel processo di formazione dei prezzi e nella rintracciabilità del prezzo all'origine.
Occorre in definitiva un nuovo progetto di sviluppo rurale, in grado di rilanciare la competitività dell'impresa agricola del nostro paese e di valorizzare lo spazio rurale e le sue potenzialità economiche. Vi è la necessità di ridefinire gli obiettivi delle politiche economiche, per imprimere una maggiore capacità e competitività, similmente a quanto accade negli altri settori produttivi. Vorrei ricordare il concetto della ruralità di qualità, cioè un modello di sviluppo agricolo rurale e della pesca, che poggi sulla qualificazione dei prodotti e dei servizi, senza tralasciare i processi produttivi e le relazioni tra agricoltura e società locale.
Le produzioni ortofrutticole e quelle risicole possiedono potenzialità per innalzare l'immagine dell'economia agricola. Le produzioni cerealicole e gli altri seminativi possono rappresentare ancora gli elementi centrali dell'economia agricola nazionale. L'agricoltura nostrana non ha conosciuto ancora, nelle attività agrituristiche, la maturità di dati che hanno le attività di servizio. Credo sia importante ricordare ancora una volta gli interventi che sono necessari per tutelare la bieticoltura nazionale. Salvaguardare i livelli di produzione e di occupazione nel settore bieticolo-saccarifero vuol dire anche difendere quei numerosi zuccherifici che rischiano la chiusura, specialmente nelle zone del paese più vocate a questo tipo di coltura, come il Veneto.
Vi sono questioni che frenano l'iniziativa imprenditoriale degli agricoltori, che rendono complessa la gestione aziendale e che riducono pesantemente i redditi di categoria. Tra le più urgenti, penso vi sia soprattutto quella dei prezzi al consumo, che hanno confermato il loro progressivo aumento, mentre i prezzi all'origine, cioè quelli corrisposti agli agricoltori, hanno registrato cali consistenti. Il rischio è quello di un pauroso crollo dei redditi agricoli. Il deficit commerciale italiano è negativo, con un import di prodotti agricoli che ha superato l'export. L'Italia si è trovata improvvisamente a perdere posizioni come paese esportatore di prodotti definiti tecnicamente del comparto del fresco; penso alla frutta e alla verdura. I cittadini italiani oramai comprimono i consumi alimentari e vanno alla ricerca del prezzo più basso, sacrificando la qualità del prodotto, che non è più alla portata delle loro tasche. La borsa della spesa si è ormai ristretta. Le intese sul blocco dei prezzi, care al Governo del centrodestra, hanno purtroppo dimostrato il loro scarso effetto, esaurito in poche settimane. Esse non hanno toccato i veri problemi del mondo rurale.
L'agricoltura deve diventare invece motivo di vitalità economica e di reputazione internazionale per i prodotti, fonte di cultura e ricerca, cardine della sicurezza
alimentare, presidio del territorio, tutela dell'ambiente e fattore principale per la qualità della vita. L'idea di una filiera agroalimentare made in Italy va sicuramente perseguita. A tal fine, sarà necessario assumere iniziative legate alla promozione vera e propria del made in Italy. Una promozione che può avvenire solo di concerto con altri settori e con altre categorie economiche e sociali, non ultimo con un intenso coordinamento con l'attività istituzionale.
Vi è quindi bisogno di un'iniziativa per rendere trasparenti i prezzi dall'origine fino alla tavola del consumatore. Occorre tuttavia rafforzare i controlli sulle importazioni di prodotti agricoli extracomunitari. Bisogna continuare nella promozione della tracciabilità e dell'etichettatura dei prodotti locali, a tutela degli stessi, attraverso il DOP (la denominazione di origine protetta) o altri marchi istituzionalmente ed internazionalmente riconosciuti. Occorre proseguire nella promozione dell'agricoltura biologica, come modello di sviluppo rurale, in sinergia con il sistema territoriale.
PRESIDENTE. Onorevole Grotto, la invito a concludere.
FRANCO GROTTO. Sono consapevole che oltre a questo si debba intervenire con iniziative economiche e contrattuali nell'ambito della concorrenza preliminare e di quella sleale.
PRESIDENTE. Onorevole Grotto, dovrebbe proprio concludere.
FRANCO GROTTO. Per concludere, preannuncio che (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
IGNAZIO LA RUSSA. Basta!
PIETRO ARMANI. Basta, Presidente!
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Grotto!
FRANCO GROTTO. ...voteremo a favore dei nostri ordini del giorno, sperando che (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale) essi possano contribuire a migliorare il provvedimento. Purtroppo non è possibile affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-SDI-Unità Socialista)...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Grotto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceremigna. Ne ha facoltà.
ENZO CEREMIGNA. L'onorevole Gerardo Bianco, che io seriamente considero in questo Parlamento un maestro, ha avuto la bontà di richiamare in questo dibattito l'onorevole Enrico Boselli, presidente del mio partito. Lo ha fatto, sollecitandolo a rilevare il grande contributo offerto all'agricoltura italiana, ma anche alla cultura italiana dai monaci, dai frati dediti alle coltivazioni di quei prodotti di nicchia che, credo, conoscano più o meno tutti i cittadini italiani: il miele, le confetture, la cioccolata, i vini, i liquori che si trovano in vendita in quasi tutte le foresterie di abbazie, conventi e santuari.
Faccio veramente fatica a trovare un parallelo tra un frate trappista ed Enrico Boselli; ancorché dotto, il paragone mi sembra ardito, ma ciò che so sicuramente è che i religiosi coltivatori faranno sicuramente tanta cultura, ma sui prodotti commercializzati non pagano le tasse. Non sono sottoposti cioè a quel tipo di tassazione che va sotto il nome di studi di settore e che riguardano tutte le imprese agricole di questo paese.
Orbene, questi studi di settore, che fissano gli adempimenti fiscali per le nostre aziende agricole, non tengono conto di ciò che effettivamente, cioè in base ai redditi reali conseguiti, le aziende dovrebbero pagare.
Questa vera difficoltà ho voluto evidenziare nel mio ordine del giorno. Le aziende agricole nel nostro paese stanno attraversando un periodo di estrema difficoltà, rispetto al quale il Governo non è stato in grado di attuare politiche adeguate.
La politica emergenziale adottata dal Governo, con spostamenti di fondi da un settore all'altro, senza risolvere alcuno degli elementi di crisi strutturale, rischia di affossare ancora di più la nostra agricoltura. Inoltre, su elementi essenziali, come quello dello sviluppo della competitività, della commercializzazione e della ricerca sui prodotti, il Governo non è stato assolutamente capace di produrre un'iniziativa politica degna di questo nome.
È altrettanto fallimentare la politica del Governo in materia di riduzione dei costi per le imprese agricole italiane che, proprio per questo, rischiano di essere estromesse dal mercato. Aggiungiamo a tutto questo l'incapacità nel contrastare il fenomeno di un andamento anomalo dei prezzi nelle filiere agroalimentari e di tutto ciò che significa l'intermediazione spuria in queste filiere agroalimentari.
Per tale motivo, abbiamo chiesto e chiediamo che venga introdotta l'obbligatorietà dell'accertamento fiscale almeno ogni volta che si verifichino sensibili scostamenti dei prezzi rispetto a quanto rilevato dagli studi di settore, prevedendo perciò la riduzione dei costi di produzione, cosa che il Governo ha sempre promesso e non ha mai mantenuto (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità Socialista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Rossi. Ne ha facoltà.
NICOLA ROSSI. Signor Presidente, vorrei pregare i colleghi meridionali di ascoltarmi per pochi minuti, perché ciò che sto per dire è una di quelle cose che segnano nella realtà quotidiana e nella pratica l'atteggiamento di questo Governo nei confronti dei problemi del Mezzogiorno.
Onorevole sottosegretario, il ministro si trova in questo momento in Nepal per aprire nuovi sbocchi ai prodotti agroalimentari italiani e, quindi, la prego di riferirgli ciò che sto per dire.
Dopo i disordini verificatisi in Puglia questa estate, ci ritrovammo con il ministro in prefettura e venne siglato un accordo con i produttori e le cantine (che trova una parte della propria sostanza economica anche in questo decreto); ricordo bene che il ministro stesso sembrò avere un'idea abbastanza chiara del fatto che, naturalmente, misure «tampone» non erano sufficienti e che l'agricoltura meridionale doveva essere aiutata nella strada della crescita dimensionale, della ricerca della qualità, e così seguitando.
Le segnalo che quanto sta accadendo in queste settimane evidenzia con chiarezza che il ministro, probabilmente, si è applicato sulla questione delle misure «tampone», ma su tutto il resto sta infliggendo al Mezzogiorno colpi non banali. Infatti, quanto sta avvenendo sul fronte dei centri di ricerca è particolarmente grave.
Vorrei ricordare a tutti i colleghi che quello che si sta decidendo sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali in ordine ai centri di ricerca porta esattamente a questo risultato. Il Mezzogiorno e la Puglia in particolare disponevano di un centro di ricerca molto avanzato, soprattutto sul fronte delle tecniche biologiche applicate alla vitivinicoltura, che a questo punto corre il rischio di sparire. Infatti, nelle decisioni dell'organismo che sovrintende ai centri di ricerca in agricoltura, innanzitutto si separa - cosa che non accade nel resto del mondo - l'uva da tavola da quella da vino e, in secondo luogo, si accorpa l'uva da tavola al centro per la frutticoltura metapontina, e la ricchezza di ricerca, il trasferimento tecnologico potenziale alle piccole e medie imprese vitivinicole pugliesi, che era in quel centro di ricerca, finisce per sparire.
Vi rendete conto che per l'intera viticoltura meridionale non esiste più un punto di riferimento per la ricerca? Vi rendete conto che è del tutto assurdo attribuire poche risorse ai produttori, senza garantire loro un futuro? Vi rendete conto che questa strada probabilmente trova una spiegazione nel fatto che le pressioni provenienti dal Piemonte e dal Veneto sono più forti di quelle che i deputati meridionali della maggioranza riescono ad esercitare? Ebbene, il risultato
è che si toglie il futuro alla viticoltura meridionale! E lo fate nella maniera peggiore, vale a dire imponendo alla viticoltura meridionale di non avere un punto di riferimento preciso ed esplicito dal punto di vista della ricerca. A ciò si può mettere riparo, anche immediatamente, tornando indietro rispetto a decisioni che appaiono sempre più insensate.
Signor sottosegretario, varare questo decreto senza tornare indietro rispetto alle decisioni relative al fronte della ricerca, significa veramente che avete deciso di condannare alla sudditanza l'agricoltura meridionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno presentati.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Molinari n. 9/6063/1 e Lucchese n. 9/6063/2, accolti come raccomandazione dal Governo, non insistono per la votazione.
Onorevole Antonio Russo, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/3, non accettato dal Governo?
ANTONIO RUSSO. No, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Volontè n. 9/6063/4 accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione.
Prendo atto altresì che l'onorevole Grillo non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/5, accettato dal Governo, e che l'onorevole Guido Giuseppe Rossi, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/6063/6, accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Lion n. 9/6063/25, accettato dal Governo, non insistono per la votazione.
Prendo atto inoltre che i presentatori dell'ordine del giorno Boato n. 9/6063/26, non accettato dal Governo, insistono per la votazione.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Boato n. 9/6063/26, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 440
Votanti 439
Astenuti 1
Maggioranza 220
Hanno votato sì 200
Hanno votato no 239).
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Pecoraro Scanio n. 9/6063/27, accettato dal Governo, non insistono per la votazione. Prendo atto altresì che i presentatori degli ordini del giorno Cento n. 9/6063/28, Cima n. 9/6063/29, Zanella n. 9/6063/30, Perrotta n. 9/6063/31 e Moretti n. 9/6063/32, accolti come raccomandazione dal Governo, non insistono per la votazione.
Constato l'assenza dell'onorevole Giordano: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/34.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione degli ordini del giorno Mantovani n. 9/6063/35 e Folena n. 9/6063/37, non accettati dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mantovani n. 9/6063/35, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 244).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Folena n. 9/6063/37, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 450
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 244).
Prendo atto che l'onorevole Provera non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/38, accettato dal Governo nel testo riformulato. Prendo, altresì, atto che l'onorevole Mascia non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/39, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Alfonso Gianni insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/41, non accettato dal Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Alfonso Gianni n. 9/6063/41, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 251).
Constato l'assenza dell'onorevole Deiana: si intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/43.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione degli ordini del giorno Valpiana n. 9/6063/44, Abbondanzieri n. 9/6063/45, Adduce n. 9/6063/46, Agostini n. 9/6063/47, Albonetti n. 9/6063/48, non accettati dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Valpiana n. 9/6063/44, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 454
Astenuti 3
Maggioranza 228
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 246).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Abbondanzieri n. 9/6063/45, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 457
Maggioranza 229
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 247).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Adduce n. 9/6063/46, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 453
Astenuti 1
Maggioranza 227
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 244).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Agostini n. 9/6063/47, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 450
Maggioranza 226
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 246).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Albonetti n. 9/6063/48, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 244).
Constato l'assenza degli onorevoli Angioni ed Amici: si intende che non insistano per la votazione dei loro ordini del giorno n. 9/6063/49 e n. 9/6063/50.
Prendo atto che l'onorevole Bandoli insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/51, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bandoli n. 9/6063/51, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 454
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 246).
Constato l'assenza dell'onorevole Roberto Barbieri: si intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/52.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione degli ordini del giorno Bellini n. 9/6063/53, Benvenuto n. 9/6063/54, Bettini n. 9/6063/55, Bielli n. 9/6063/56, Bogi n. 9/6063/57, Bolognesi n. 9/6063/58, Bonito n. 9/6063/59, Borrelli n. 9/6063/60, Bova n. 9/6063/61, Buffo n. 9/6063/62, Buglio n. 9/6063/63, Cabras n. 9/6063/64, non accettati dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bellini n. 9/6063/53, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 252).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Benvenuto n. 9/6063/54, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 251).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bettini n. 9/6063/55, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 249).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bielli n. 9/6063/56, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bogi n. 9/6063/57, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 249).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bolognesi n. 9/6063/58, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 462
Maggioranza 232
Hanno votato sì 213
Hanno votato no 249).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bonito n. 9/6063/59, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Borrelli n. 9/6063/60, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 457
Maggioranza 229
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bova n. 9/6063/61, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 445
Astenuti 1
Maggioranza 223
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 244).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Buffo n. 9/6063/62, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 453
Astenuti 1
Maggioranza 227
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 248).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Buglio n. 9/6063/63, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 458
Maggioranza 230
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 252).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cabras n. 9/6063/64, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 432
Maggioranza 217
Hanno votato sì 198
Hanno votato no 234).
Constato l'assenza dell'onorevole Caldarola: si intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/65.
Prendo atto che l'onorevole Calzolaio insiste per la votazione del suo ordine del giorno 9/6063/66, non accettato dal Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Calzolaio n. 9/6063/66, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 248).
Constato l'assenza dell'onorevole Capitelli: si intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/67.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione degli ordini del giorno Carboni n. 9/6063/68, Carli n. 9/6063/69, Cazzaro n. 9/6063/70 e Cennamo n. 9/6063/71, non accettati dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Carboni n. 9/6063/68, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 458
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Carli n. 9/6063/69, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 245).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cazzaro n. 9/6063/70, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 254).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cennamo n. 9/6063/71, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 447
Astenuti 2
Maggioranza 224
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 246).
Constato l'assenza dei presentatori degli ordini del giorno Chianale n. 9/6063/72, Chiti n. 9/6063/73 e Cialente n. 9/6063/74: si intende che non insistano per la votazione dei loro ordini del giorno.
Prendo atto che l'onorevole Coluccini insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/75.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Coluccini n. 9/6063/75, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 459
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 253).
Constato l'assenza dell'onorevole Cordoni: si intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/76.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno da Crisci n. 9/6063/77 a Di Serio D'Antona n. 9/6063/80 insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Crisci n. 9/6063/77, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 450
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 251).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Crucianelli n. 9/6063/78, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 453
Votanti 451
Astenuti 2
Maggioranza 226
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dameri n. 9/6063/79, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 452
Maggioranza 227
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 247).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Serio D'Antona n. 9/6063/80, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 248).
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno De Brasi n. 9/6063/81, De Luca n. 9/6063/82, Alberta De Simone n. 9/6063/83, Diana n. 9/6063/84, Duca n. 9/6063/85, Filippeschi n. 9/6063/86, Finocchiaro n. 9/6063/87, Fluvi n. 9/6063/88, Franci n. 9/6063/89, e Fumagalli n. 9/6063/90, accettati dal Governo, non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Galeazzi n. 9/6063/91, Gambini n. 9/6063/92, Gasperoni n. 9/6063/93, Giacco n. 9/6063/94 e Giulietti n. 9/6063/95, accolti dal Governo come raccomandazione, non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Grandi n. 9/6063/96, Grignaffini n. 9/6063/97, Grillini n. 9/6063/98, Guerzoni n. 9/6063/99, Innocenti n. 9/6063/100, Kessler n. 9/6063/101, Labate n. 9/6063/102, Leoni n. 9/6063/103, Lolli n. 9/6063/104, Lucà n. 9/6063/105, Lucidi n. 9/6063/106 e Lulli n. 9/6063/107, accettati dal Governo, non insistono per la votazione.
Prendo atto che l'onorevole Lumia non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/108, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Luongo n. 9/6063/109, Magnolfi n. 9/6063/110, Manzini n. 9/6063/111, Maran n. 9/6063/112, Paola Mariani
n. 9/6063/113, Raffaella Mariani n. 9/6063/114, Mariotti n. 9/6063/115, Marone n. 9/6063/116 e Martella n. 9/6063/117, accettati dal Governo, non insistono per la votazione.
Passiamo all'ordine del giorno Maurandi n. 9/6063/118.
TERESIO DELFINO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Signor Presidente, ho chiesto di parlare per precisare che il parere favorevole sull'ordine del giorno Maurandi n. 9/6063/118 e su altri che successivamente indicherò è condizionato alla riformulazione del dispositivo, nel senso di sostituire le parole «per la predisposizione» - la predisposizione dei piani produttivi è infatti di competenza dei consorzi di tutela - con le seguenti: «per l'esame».
Tale parere favorevole, condizionato alla predetta riformulazione, vale altresì per i seguenti ordini del giorno, relativi ai formaggi tipici delle regioni italiane: Mazzarello n. 9/6063/119, Melandri n. 9/6063/120, Meta n. 9/6063/121, Minniti n. 9/6063/122, Montecchi n. 9/6063/123, Motta n. 9/6063/124, Mussi n. 9/6063/125, Nannicini n. 9/6063/126, Nieddu n. 9/6063/127, Nigra n. 9/6063/128, Gerardo Oliverio n. 9/6063/129, Olivieri n. 9/6063/130, Ottone n. 9/6063/131, Panattoni n. 9/6063/132, Pennacchi n. 9/6063/133, Preda n. 9/6063/140, Quartiani n. 9/6063/141, Raffaldini n. 9/6063/142 e Rainisio n. 9/6063/143.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori di tali ordini del giorno accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno da Petrella n. 9/6063/134 a Pisa n. 9/6063/138 insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Petrella n. 9/6063/134, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 247).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pettinari n. 9/6063/135, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 443
Astenuti 1
Maggioranza 222
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 240).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Piglionica n. 9/6063/136, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 430
Maggioranza 216
Hanno votato sì 192
Hanno votato no 238).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pinotti n. 9/6063/137, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 428
Astenuti 3
Maggioranza 215
Hanno votato sì 197
Hanno votato no 231).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pisa n. 9/6063/138, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 440
Maggioranza 221
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 239).
Constato l'assenza del presentatore dell'ordine del giorno Pollastrini n. 9/6063/139: si intende che non insista per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Ranieri n. 9/6063/144, Rava n. 9/6063/145, Nicola Rossi n. 9/6063/146, Rossiello n. 9/6063/147, Rotundo n. 9/6063/148, Rugghia n. 9/6063/149, Ruzzante n. 9/6063/150, Sabattini n. 9/6063/151, Sandri n. 9/6063/152, Sasso n. 9/6063/153, Sedioli n. 9/6063/154, Sereni n. 9/6063/155, Siniscalchi n. 9/6063/156, Soda n. 9/6063/157, Spini n. 9/6063/158, Stramaccioni n. 9/6063/159, Susini n. 9/6063/160, Tedeschi n. 9/6063/161, Tidei n. 9/6063/162, Tocci n. 9/6063/163, Tolotti n. 9/6063/164, Trupia n. 9/6063/165, Turco n. 9/6063/166, Michele Ventura n. 9/6063/167, Vianello n. 9/6063/168, Vigni n. 9/6063/169, Visco n. 9/6063/170, Zanotti n. 9/6063/171 e Zunino n. 9/6063/172, accettati dal Governo, non insistono per la votazione.
Onorevole Bindi, accetta la proposta di riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/173 avanzata dal Governo?
ROSY BINDI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/6063/173, nel testo riformulato.
PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Boccia n. 9/6063/174, accettato dal Governo.
Prendo atto altresì che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Burtone n. 9/6063/175, Carbonella n. 9/6063/176, Gerardo Bianco n. 9/6063/177, Zaccaria n. 9/6063/178, Iannuzzi n. 9/6063/179, Bottino n. 9/6063/180, Merlo n. 9/6063/181, Zara n. 9/6063/182, Ladu n. 9/6063/183, Vernetti n. 9/6063/184, Reduzzi n. 9/6063/185 e Lettieri n. 9/6063/186, accolti come raccomandazione dal Governo.
Chiedo all'onorevole Frigato se accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/187 proposta dal Governo.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, potrebbe chiarirmi i termini della riformulazione del mio ordine del giorno suggerita dal rappresentante del Governo?
PRESIDENTE. Onorevole Frigato, la riformulazione proposta deve intendersi nel senso di eliminare le parole da: «affinché nella predisposizione» fino alla fine del dispositivo.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, non si tratta di una riformulazione, ma di un preciso taglio del dispositivo, ossia della volontà espressa nel mio ordine del giorno. Pertanto, non sono assolutamente
d'accordo con tale riformulazione e insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/6063/187.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Frigato n. 9/6063/187, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 453
Votanti 451
Astenuti 2
Maggioranza 226
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 244).
Prendo atto che l'onorevole de Ghislanzoni Cardoli non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/188, accettato dal Governo.
Prendo atto altresì che i presentatori insistono per la votazione degli ordini del giorno Mancini n. 9/6063/189, Villetti n. 9/6063/190, Intini n. 9/6063/191, Pappaterra n. 9/6063/192, Nesi n. 9/6063/193, Ceremigna n. 9/6063/194, Buemi n. 9/6063/195, Grotto n. 9/6063/196, Di Gioia n. 9/6063/197, Boselli n. 9/6063/198, Albertini n. 9/6063/199, Bulgarelli n. 9/6063/200, Volpini n. 9/6063/201, Squeglia n. 9/6063/202, Ruta n. 9/6063/203, Tanoni n. 9/6063/204, Tuccillo n. 9/6063/205, Stradiotto n. 9/6063/206, Santagata n. 9/6063/207, Ruggeri n. 9/6063/208 e Rosato n. 9/6063/209, non accettati dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mancini n. 9/6063/189, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 449
Maggioranza 225
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 246).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Villetti n. 9/6063/190, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 447
Maggioranza 224
Hanno votato sì 200
Hanno votato no 247).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Intini n. 9/6063/191, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 437
Maggioranza 219
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 235).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pappaterra n. 9/6063/192, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 443
Maggioranza 222
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 240).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Nesi n. 9/6063/193, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 243).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ceremigna n. 9/6063/194, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 448
Maggioranza 225
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 245).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Buemi n. 9/6063/195, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 442
Maggioranza 222
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 240).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Grotto n. 9/6063/196, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 449
Maggioranza 225
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 244).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Gioia n. 9/6063/197, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 446
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 242).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Boselli n. 9/6063/198, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 437
Maggioranza 219
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 247).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Albertini n. 9/6063/199, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 440
Maggioranza 221
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 237).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bulgarelli n. 9/6063/200, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 245).
Constato l'assenza dell'onorevole Volpini: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/201.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Squeglia n. 9/6063/202, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 458
Maggioranza 230
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ruta n. 9/6063/203, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 451
Maggioranza 226
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 249).
Constato l'assenza dell'onorevole Tanoni: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/204.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Tuccillo n. 9/6063/205, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato sì 200
Hanno votato no 246).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Stradiotto n. 9/6063/206, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 450
Maggioranza 226
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 244).
Constato l'assenza dei presentatori degli ordini del giorno Santagata n. 9/6063/207, Ruggeri n. 9/6063/208 e Rosato n. 9/6063/209: s'intende che non insistano per la votazione dei loro ordini del giorno.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Realacci n. 9/6063/210, Piscitello n. 9/6063/211 e Pasetto n. 9/6063/212, accolti come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto altresì che i presentatori insistono per la votazione degli ordini del giorno Papini n. 9/6063/213, Mosella n. 9/6063/214 e Milana n. 9/6063/215, non accettati dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Papini n. 9/6063/213, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 455
Maggioranza 228
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 248).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mosella n. 9/6063/214, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 421
Votanti 419
Astenuti 2
Maggioranza 210
Hanno votato sì 184
Hanno votato no 235).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Milana n. 9/6063/215, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 436
Maggioranza 219
Hanno votato sì 193
Hanno votato no 243).
Prendo atto che l'onorevole Marino non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/216, accettato dal Governo.
Constato l'assenza dell'onorevole Mantini: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/217.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Lusetti n. 9/6063/218, Giacomelli n. 9/6063/219 e Giachetti n. 9/6063/220, accolti come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto altresì che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Gambale n. 9/6063/221 e Fistarol n. 9/6063/222, accettati dal Governo.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha Facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, l'ordine del giorno Mantini n. 9/6063/217 è sottoscritto anche dall'onorevole Delbono.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, a me questo non risulta.
ANTONIO BOCCIA. Presidente, è riportato sullo stampato.
PRESIDENTE. Purtroppo, a me non risulta. Lei, onorevole Boccia, ha ragione, ma a me, ripeto, non risulta. Prendo atto di ciò e, quindi, porrò in votazione l'ordine del giorno Mantini n. 9/6063/217, sottoscritto anche dall'onorevole Delbono.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mantini n. 9/6063/217, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 457
Astenuti 2
Maggioranza 229
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 249).
Constato l'assenza dell'onorevole Fioroni: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/223.
Prendo atto che l'onorevole Fanfani, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/6063/224, non accettato dal Governo, insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fanfani n. 9/6063/224, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 455
Maggioranza 228
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 251).
Prendo atto che l'onorevole D'Antoni, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/6063/225, accettato dal Governo, non insiste per la votazione.
Prendo atto, altresì, che i presentatori degli ordini del giorno Colasio n. 9/6063/226 e Carra n. 9/6063/227, non accettato dal Governo, insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Colasio n. 9/6063/226, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 246).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Carra n. 9/6063/227, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 441
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 240).
Constato l'assenza dell'onorevole Cardinale: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/228.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Bressa n. 9/6063/229 e Bimbi n. 9/6063/230, accettati dal Governo, non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Giovanni Bianchi n. 9/6063/231, Meduri n. 9/6063/232 e Dorina Bianchi n. 9/6063/233, accolti come raccomandazione dal Governo, non insistono per la votazione.
Prendo atto, altresì, che l'onorevole Banti, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/6063/234, accettato dal Governo, non insiste per la votazione.
Prendo atto che l'onorevole Annunziata, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/6063/235, non accettato dal Governo, insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Annunziata n. 9/6063/235, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 439
Maggioranza 220
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 240).
Constato l'assenza dell'onorevole Camo: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/237.
Prendo atto che l'onorevole Sinisi, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/6063/238, non accettato dal Governo, insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Sinisi n. 9/6063/238, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 457
Maggioranza 229
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 246).
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Morgando n. 9/6063/239, accettato dal Governo, non insiste per la votazione. Prendo atto, altresì, che il presentatore dell'ordine del giorno Marcora n. 9 /6063/ 240, accolto come raccomandazione dal Governo, non insiste per la votazione.
Prendo atto, inoltre, che il presentatore dell'ordine del giorno Rocchi n. 9/6063/241, accettato dal Governo, non insiste per la votazione. Prendo atto, altresì, che i presentatori degli ordini del giorno Rusconi n. 9/6063/242, Duilio n. 9/6063/243, Santino Adamo Loddo n. 9/6063/244 e Ruggieri n. 9 /6063/245, accolti come raccomandazione dal Governo, non insistono per la votazione.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Luigi Pepe n. 9/6063/246 insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Luigi Pepe n. 9/6063/246, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 465
Astenuti 1
Maggioranza 233
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 254).
Constato l'assenza dell'onorevole Cusumano: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/247. Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Acquarone n. 9 /6063/248, accettato dal Governo, non insiste per la votazione.
Constato l'assenza dell'onorevole Oricchio: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/249. Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Nuvoli n. 9/6063/251, accolto come raccomandazione dal Governo, non insistono per la votazione.
Avverto che l'ordine del giorno Ostillio n. 9/6063/252 deve intendersi decaduto. Prendo atto, altresì, che i presentatori dell'ordine del giorno Borriello n. 9/6063/253, accolto come raccomandazione dal Governo, non insistono per la votazione.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Mongiello n. 9/6063/254 insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mongiello n. 9/6063/254, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 464
Votanti 463
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 253).
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Santulli n. 9/6063/255, accolto come raccomandazione dal Governo, non insiste per la votazione. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Diliberto n. 9/6063/256 e Bellillo n. 9/6063/257 insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Diliberto n. 9/6063/256, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 455
Maggioranza 228
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bellillo n. 9/6063/257, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 250).
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Sgobio n. 9/6063/258, accolto come raccomandazione dal Governo, non insiste per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Armando Cossutta n. 9/6063/259, Maura Cossutta n. 9/6063/260 e Galante n. 9/6063/261 insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Armando Cossutta n. 9/6063/259, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 455
Maggioranza 228
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 253).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Maura Cossutta n. 9/6063/260, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 438
Astenuti 1
Maggioranza 220
Hanno votato sì 193
Hanno votato no 245).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Galante n. 9/6063/261, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 244).
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Pistone n. 9/6063/262, accolto come raccomandazione dal Governo, non insiste per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Sciacca n. 9/6063/263 e Vertone n. 9/6063/264 insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Sciacca n. 9/6063/263, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 451
Maggioranza 226
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 247).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Vertone n. 9/6063/264, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 428
Astenuti 1
Maggioranza 215
Hanno votato sì 187
Hanno votato no 241).
Constato l'assenza dell'onorevole Villari: s'intende che non insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6063/265.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Ria n. 9/6063/266, Monaco n. 9/6063/267 e Franceschini n. 9/6063/268 insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ria n. 9/6063/266, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 252).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Monaco n. 9/6063/267, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 429
Astenuti 2
Maggioranza 215
Hanno votato sì 192
Hanno votato no 237).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/6063/268, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 243).
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcora. Ne ha facoltà.
LUCA MARCORA. Signor Presidente, dichiariamo il nostro voto contrario sul provvedimento in oggetto, per i motivi che più volte abbiamo illustrato in quest'aula, nel corso dell'esame delle proposte emendative, prima della presentazione, da parte del Governo, del maxiemendamento e, successivamente, in sede di esame degli ordini del giorno. I motivi del nostro dissenso sono numerosi; cercherò di elencarli con ordine.
In primo luogo, sosteniamo con forza che, in futuro, non sarà più possibile continuare a pagare il ristoro dei danni conseguenti alle crisi del mercato in agricoltura, perché le risorse non saranno sufficienti per coprire il danno di mercato.
Si assiste ad una crisi generalizzata, che sta colpendo tutta l'agricoltura italiana. Con il presente decreto-legge, stiamo affrontando la crisi dell'uva da vino e da tavola, ma anche la crisi dell'ortofrutta del 2004 (quest'anno la situazione dell'ortofrutta non è migliorata). Poi, vi è la crisi delle barbabietole, a seguito della riforma da parte della Commissione europea dell'OCM zucchero, che incombe e che lancia gravi segnali di preoccupazione per la possibile chiusura di più della metà degli stabilimenti (si parla di 9 stabilimenti su 19), con una perdita di coltura investita in barbabietole da zucchero per 280 mila ettari. Vi è inoltre la crisi del settore lattiero-caseario, che investe il grana padano, il parmigiano reggiano e molti formaggi DOP; ma soprattutto è in crisi il prezzo del latte alimentare, sia a livello nazionale che locale. È in crisi la floricoltura e la suinicoltura, e potrei continuare.
Insomma, si registrano emergenze in tutti i settori che, per molti territori, grazie alla concentrazione produttiva, rappresentano la fonte principale di sussistenza e di reddito per le popolazioni locali.
Non possiamo continuare a pensare di sanare i danni delle crisi di mercato con interventi «tampone», con misure congiunturali, con tentativi di ristoro dei danni (si tratta, in ogni caso, di un ristoro parziale) che intervengono sugli effetti delle crisi e non sulle cause delle stesse. Non si tratta, quindi, di interventi strutturali, volti ad impedire che le crisi si manifestino nuovamente.
Non vi sono le risorse per continuare a far fronte alla crisi di turno che si manifesta a seconda del periodo della raccolta dei prodotti agricoli. Purtroppo, si sta profilando una nuova emergenza, quella relativa agli agrumi, perché si sta avvicinando il tempo della raccolta di questo prodotto agricolo.
Questo è il primo fondamentale motivo della nostra opposizione. Non possiamo continuare ad intervenire sugli effetti delle crisi senza incidere sulle cause che le generano.
In secondo luogo - è un altro fondamentale motivo di opposizione -, esiste un problema di risorse. Queste vengono prelevate dagli stanziamenti della legge n. 71 del 2005, che prevedeva il ristoro dei danni per le crisi di mercato dell'ortofrutta nel 2004; si sottraggono risorse a
quella legge adducendo la scusa che i fondi in essa previsti, pur essendo disponibili, non sono spendibili, poiché la legge è stata bloccata dall'Unione europea. Peccato che gli assessori regionali sono venuti a dirci che nei territori sono già state presentate le domande, sono già state certificate le crisi di mercato, sono già state vidimate dalle regioni le certificazioni di queste crisi di mercato!
Dire a questi agricoltori che i soldi che aspettavano e che erano stati stanziati con la legge n. 71 del 2005 non esistono più e sono stati assorbiti dal decreto-legge n. 182 in esame vorrebbe dire far sorgere problemi di carattere sociale, perché quando la gente viene presa in giro con promesse (ricordiamo quelle del ministro Alemanno sulla crisi dell'ortofrutta nel 2004), quando si fanno presentare le domande, si certificano le crisi di mercato, si accolgono le domande delle regioni, e poi ci si scusa per essersi sbagliati, perché i soldi non ci sono più, le conseguenze possano essere preoccupanti non solo per la sopravvivenza delle nostre imprese agricole, ma anche per questioni di ordine pubblico.
Allora, il gioco delle tre carte che consiste nel prelevare le risorse da una legge già finanziata e spostandole sul decreto-legge n. 182 va smascherato e detto con forza: veramente stiamo giocando al gioco delle tre carte!
Il terzo ordine di motivi riguarda il fatto che si sta offrendo un ristoro dei danni veramente misero e ridotto, si sta parlando di interventi de minimis, il che significa che si tratta di un regolamento comunitario, con interventi di 3 mila euro al massimo che potranno arrivare alle imprese agricole nei prossimi tre anni. Vi rendete conto, ovviamente, che con queste risorse è ben lontana la possibilità per le aziende di superare la crisi. Con 3 mila euro di ristoro dei danni, sicuramente non riusciremo neanche parzialmente a colmare le perdite economiche subìte dalle imprese per il mancato ritiro del raccolto e per la mancata vendita della produzione.
Se non bastassero questi tre motivi, ve ne sono altri ancora; innanzitutto, quello relativo all'iter parlamentare del provvedimento in esame: abbiamo visto tre decreti-legge completamente diversi. Il primo è quello approvato dal Consigli dei ministri, il secondo quello esaminato presso la Commissione agricoltura e il terzo quello frutto del maxiemendamento del Governo, che ha completamente e ulteriormente stravolto il testo.
A fronte di un lavoro anche proficuo svolto in Commissione, sede in cui si è comunque cercato di risolvere taluni problemi e di migliorare il testo, il maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia sicuramente ha riportato indietro il lavoro svolto in Commissione.
Dunque, in merito a questo provvedimento - e concludo, Presidente -, esprimiamo un apprezzamento riguardo al lavoro svolto dal relatore, che ha consentito di accogliere alcune richieste avanzate dall'opposizione in Commissione agricoltura, e consideriamo positivi alcuni passaggi, quali quelli riguardanti i DOP lattiero-caseari (sui formaggi DOP con la possibilità di autoregolamentazione per i consorzi), le norme sul Corpo forestale dello Stato, nonché le norme riguardanti l'utilizzo dei fondi ex Agensud. Si tratta, però, di dati di contorno: questo apprezzamento non è infatti sufficiente a farci esprimere un voto favorevole, poiché rimangono il grande problema delle crisi di mercato e le tre questioni che ho illustrato all'inizio del mio intervento e che - lo ripeto - sono il cuore di questo decreto-legge, in quanto riguardano il modo in cui affrontare le crisi di mercato.
Le crisi di mercato non si possono affrontare solo con misure «tampone», né con risorse finanziarie che vengono spostate da un provvedimento all'altro, sottraendole quindi ad altre crisi mercato già manifestatesi; non si possono affrontare le crisi di mercato con risorse limitate per azienda a 3 mila euro per i prossimi tre anni. Si tratta di una risposta insufficiente, inefficace, che non risolve i problemi delle crisi di mercato in agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Potenza. Ne ha facoltà.
ANTONIO POTENZA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il voto contrario dei deputati della componente Popolari-UDEUR del gruppo Misto sul provvedimento in esame, che reca interventi urgenti in materia di agricoltura, o meglio di viticoltura, a seguito delle manifestazioni verificatesi in Puglia ed in Sicilia.
In linea generale, tale provvedimento presenta un contenuto disomogeneo, poiché interviene su tre ambiti, pur riconducibili nella loro varietà al settore agricolo-alimentare: misure a favore dei produttori di uva, disposizioni concernenti gli organismi pubblici del settore agricolo, misure volte a contrastare gli andamenti anomali dei prezzi delle filiere agroalimentari.
Insomma, un provvedimento omnibus nel quale si è cercato di inserire un po' di tutto.
Il settore agroalimentare italiano sta attraversando ormai una fase di forte disagio; l'ultimo comparto in crisi è quello vitivinicolo, che fino all'anno scorso ancora dimostrava sufficienti livelli di redditività, ma oggi versa in una crisi sicuramente grave. Non possiamo poi dimenticare il settore bieticolo-saccarifero o i comparti dell'ortofrutta (ad esempio, il settore dei pomodori), lattiero-caseario e della floricoltura. I produttori agricoli stanno attraversando una crisi senza precedenti; nel Mezzogiorno, la situazione è drammatica: in Basilicata, in Puglia, in Sicilia siamo ormai di fronte ad uno scenario che rischia di far regredire la stessa realtà sociale del mondo agricolo, con gravi ripercussioni anche sociali.
Certamente, il presente provvedimento non risponde in alcun modo a tale esigenza, in quanto è fonte di ulteriori motivi di incertezza e di perplessità; esso rappresenta solamente una risposta parziale ad uno dei tanti problemi che attanagliano un settore strategico della nostra economia. Non condividiamo neppure la ratio del provvedimento stesso; si mira infatti a fronteggiare gli effetti della crisi della nostra agricoltura senza, tuttavia, affrontare le vere cause. Le risorse finanziarie sono assai scarse, insufficienti e persino incerte; agli agricoltori che chiedono certezza ed indicazioni strategiche, il Governo risponde con provvedimenti che contengono solo promesse, prive tra l'altro di riscontro nella realtà, e disposizioni normative che producono solo un effetto di annuncio e di propaganda.
Esprimiamo quindi una forte preoccupazione per l'agricoltura italiana, carente di un vero progetto di sviluppo organico, e registriamo, a conclusione di questa legislatura, un'evidente mancanza di politica agricola nazionale. Il Governo, a nostro avviso, non ha saputo fare altro che cercare di risolvere tutti i problemi dell'agricoltura italiana con gli aiuti de minimis.
È per questi motivi che oggi i deputati del gruppo popolare UDEUR annunciano, per l'appunto, un voto inevitabilmente contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.
LINO RAVA. Signor Presidente, in questi quattro anni e mezzo, ci siamo abituati ad ascoltare molti annunci e molte promesse di riforma, nonché impegni circa incrementi delle risorse a disposizione del settore agroalimentare; ciò ha rappresentato il leitmotiv. Anche durante la discussione di questo decreto, abbiamo ascoltato colleghi che magnificavano l'azione del Governo, colleghi che hanno parlato persino di rilancio del made in Italy, di un grande rilancio dovuto all'azione del ministro Alemanno.
Peccato sia sfuggita loro, probabilmente, la lettura dei rapporti sullo stato dell'agricoltura, da cui emerge una crisi senza precedenti proprio del made in Italy agroalimentare. È sfuggita loro la situazione di crisi che stanno vivendo gran parte dei comparti agricoli, dal vitivinicolo
- comparto sul quale stiamo intervenendo con questo decreto - all'ortofrutta, al bieticolo-saccarifero, al lattiero-caseario e a molti altri ancora.
Purtroppo, lo sottolineo, la situazione è difficile; certamente, non è senza vie di uscita, caro sottosegretario Scarpa Bonazza Buora, ma è sicuramente molto complessa, e voi, senz'altro, ne siete a conoscenza. Occorrerebbe, quindi, una visione strategica, e non iniziative strumentali; quando parlo di iniziative strumentali, mi riferisco alla recente riunione convocata dal ministro: ancora una volta, anziché discutere e rapportarsi in maniera costruttiva con le regioni, con gli operatori e con le associazioni di rappresentanza agricola, ha di nuovo fatto annunci rispetto a quanto avrebbe in mente di fare, in una sorta di autocelebrazione miracolistica.
LINO RAVA. Ma, se i miracoli sono le crisi che sono sotto gli occhi di tutti, ritengo ne faremmo davvero a meno.
Una seria politica, onorevoli colleghi, si fonda su una vera elaborazione collettiva, che veda protagonisti coloro che saranno chiamati ad attuarla. Si tratta di un modo più complicato di governare, certamente più laborioso: forse lascerebbe meno tempo per fare viaggi in terre lontane, ma è certamente l'unico che, oggi, può farci uscire dalle secche in cui ci troviamo. Mi rendo conto, tuttavia, che anche una siffatta politica rappresenta una scelta culturale che collide con lo spirito centralistico del ministro competente, con buona pace della Lega, che molto spesso lo segue nelle sue iniziative politiche.
Come dicevo, in questi anni abbiamo assistito a numerosi annunci, e sistematicamente abbiamo dovuto constatare il loro fallimento, accompagnato, tuttavia, da nuovi annunci e da nuove illusioni: è questa la migliore tradizione del Governo in carica! Vorrei tuttavia evidenziare come i nuovi annunci siano sempre accompagnati dall'accusa per cui è l'opposizione a non comprendere ed a travisare le parole; anche nel corso di questa discussione abbiamo riscontrato tale posizione.
Infatti, in sede di dichiarazione di voto sulla questione di fiducia, abbiamo ascoltato l'onorevole relatore - che pur ha svolto un buon lavoro, come abbiamo già riconosciuto, nelle condizioni possibili, modificando sostanzialmente il provvedimento che il Governo aveva originariamente presentato - affermare che l'opposizione critica l'assegnazione di risorse a favore dell'UNIRE o della Calabria. No, non è così: non è questa la nostra posizione, e lo abbiamo anche detto, con chiarezza, nei nostri interventi!
Abbiamo affermato, ed intendiamo ribadirlo in questa sede, che è una presa in giro sostenere che 21 milioni di euro siano sufficienti - sentite, sentite! - per coprire gli interventi di cui ai commi 1-bis e 1-ter dell'articolo 1 della legge n. 71 del 2005, per sostenere le misure contro la flavescenza dorata, per assegnare adeguate risorse all'UNIRE, per sostenere l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, per aiutare il settore vitivinicolo della regione Calabria e per sostenere, infine, la valorizzazione delle produzioni agricole mediterranee, con particolare riferimento a quelle della Sicilia.
Come comprende bene l'onorevole relatore - mi dispiace che sia assente, ma è presente il presidente della XIII Commissione, che lo sostituisce -, ciò che egli ha affermato è completamente diverso da quanto abbiamo effettivamente sostenuto. Per noi, infatti, questa situazione è una presa in giro ed intendiamo denunciarlo con nettezza. Naturalmente, se ne accorgeranno anche i produttori agricoli che rientrano in questo elenco di 6 o 7 interventi che, alla fine, i 21 milioni stanziati sono assolutamente insufficienti!
D'altronde, come ho già affermato, è l'evidenza stessa della crisi a confermare l'assenza di una vostra politica a favore del settore. Vorrei dire ai colleghi che negano l'evidenza che, così facendo, sbagliano: infatti, è solo la consapevolezza
della situazione esistente a consentire di porre rimedio a situazioni oggettivamente difficili.
Quanto detto in generale vale a maggior ragione per il decreto-legge che vi apprestate a convertire in legge. Ricordo che si tratta del terzo provvedimento d'urgenza adottato dal Governo in questa materia nel corso di un anno. Onorevoli colleghi, vorrei rilevare che si tratta di tre decreti-legge che sfruttano tutti le stesse risorse finanziarie: dunque, per tre volte avete impegnato le stesse somme, che sono anche poche! Tutti i tre provvedimenti, inoltre, non sono stati concordati con l'Unione europea, e questo è un altro leitmotiv!
A proposito dei rapporti comunitari - e mi rivolgo alla presenza «in spirito» del signor ministro, che deve essere impegnato in altre vicende, poiché in queste giornate non ha avuto il tempo di confrontarsi con l'opposizione sul decreto-legge in esame -, abbiamo il dovere di segnalare i punti di debolezza del provvedimento. Il ministro competente dovrebbe sforzarsi di individuare i rimedi, e non accusarci di fare i delatori nei confronti dell'Unione europea.
Questa sua affermazione - che i colleghi possono ritrovare nel resoconto stenografico, nel corso dell'intervento del collega Borrelli - è gravissima e denota l'assoluta assenza di senso dello Stato. Il ministro faccia seriamente il suo mestiere e non lanci accuse assurde, figlie soltanto della superficialità e della falsa furbizia, e non certamente dell'intelligenza!
Oggi, stante la grave crisi...
PRESIDENTE. Onorevole Rava, si avvii a concludere.
LINO RAVA. Signor Presidente, dal momento che probabilmente interverrò solamente io per il mio gruppo, mi consenta di concludere il mio intervento.
Stavo dicendo che oggi, stante la grave crisi che il settore agricolo sta vivendo, è tempo di fissare le priorità.
A fronte dei problemi - che sono gravi -, devono essere previste risorse adeguate e devono essere predisposte norme in grado di dare risposte strutturali alle necessità che si presentano. Noi abbiamo condiviso il percorso del provvedimento sulle crisi di mercato. Lo abbiamo condiviso e ne abbiamo determinato anche - ed in maniera sostanziale - il miglioramento. Riteniamo sia quella la strada da percorrere con forza e trovando punti di intesa con l'Unione europea, sulla base di comportamenti seri e non certamente di comportamenti come quello che ho poc'anzi citato.
Non è sostenibile l'atteggiamento del Governo, di sostanziale disinteresse nei confronti del superamento delle difficoltà con l'Unione europea. L'assenza del Governo nell'odierna discussione tra i paesi UE proprio sul tema delle crisi di mercato è emblematica di tale disinteresse.
Questo provvedimento, come affermavo, è assolutamente insufficiente: lo abbiamo detto e ripetuto (uno tra i vantaggi delle discussioni di questi giorni è che comunque si è entrati nel merito e che si è discussa per alcuni giorni la questione agricola). Come dicevo, questo decreto è assolutamente insufficiente ed appare più un'affermazione vuota per blandire le imprese in crisi che un efficace intervento. La circostanza grave, poi, è che esso saccheggia le risorse della legge n. 71 del 2005, mettendo in grave difficoltà le migliaia di aziende di ortofrutta che oggi forse si vedono riconoscere soltanto il de minimis, pari a 3 mila euro per azienda. Si tratta di un provvedimento che, a fronte dell'impegno assunto in Puglia dal ministro per ottanta milioni di euro, per la crisi dell'uva da vino, ne stanzia solo quaranta.
Il collega Nicola Rossi ha inquadrato tale tema anche riguardo alle scelte di riforma del sistema della ricerca, di impoverimento del sistema ricerca, quando, invece, sarebbe oltremodo necessario creare situazioni di sviluppo. È difficile pensare a questa volontà ed a questa capacità di interpretare le esigenze del mondo agricolo da parte del Governo, che non riesce neppure a sottoscrivere accordi seri da rispettare in termini di risorse e soprattutto accordi che mettano in condizione tutti i soggetti della filiera di rispettarli.
Negli accordi che oggi avete «tagliato» in termini di risorse, vi è anche un punto molto debole, non previsto, per coloro che ritiravano le uve e per le quantità delle stesse uve che si obbligavano a ritirare. Ciò ha messo in discussione l'attuazione stessa del provvedimento. Per l'uva da tavola il provvedimento rischia nuovamente di incorrere nella contestazione comunitaria.
Infine, il decreto-legge in esame rappresenta di nuovo un vulnus nel rapporto con le regioni, che non sono state realmente chiamate ad una condivisione dei criteri per la corresponsione dei contributi.
Unica nota positiva era - prima che fosse presentato il maxiemendamento governativo - la norma che prevedeva che una piccola porzione nella superficie di vendita nella grande distribuzione organizzata fosse dedicata ai prodotti regionali. Alle prime difficoltà, anche su questo tema, il Governo ha abdicato...
PRESIDENTE. Onorevole Rava, concluda.
LINO RAVA. Concludo, signor Presidente, dicendo che queste sono le ragioni per le quali noi siamo fortemente contrari a questo provvedimento, per come è stato impostato, e per il fatto che lo stesso rischia davvero di essere una nuova presa in giro. Ci auguriamo, invece, che il Governo riprenda il percorso avviato dalla legge sulle crisi di mercato, che è il modo strutturale per affrontare le crisi che abbiamo di fronte (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, ci apprestiamo a votare questo provvedimento, che dovrebbe affrontare i problemi dell'agricoltura, e delle aziende produttrici in particolare. Dobbiamo, comunque, svolgere alcune considerazioni di merito su ciò che si è verificato nel corso della discussione in Commissione. Infatti, questo provvedimento è stato sostanzialmente modificato da parte del relatore.
Questo dimostra, in buona sostanza, che la stessa maggioranza aveva capito; e, quindi, ha tentato, con i limiti obiettivamente esistenti, di dare una risposta in positivo ad un decreto-legge che comunque non affrontava - come abbiamo già detto in queste lunghissime ore di discussione - il problema strutturale dell'agricoltura e dei produttori agricoli.
Dobbiamo ringraziare il relatore che ha tentato di dare una risposta diversa. Ma gli scarsi fondi che erano e sono a disposizione di questo provvedimento non hanno consentito di affrontare in modo forte e pregnante i problemi che affliggono questo settore. Tale settore è in crisi. Non mi riferisco soltanto al settore della viticoltura, ma anche a quello ortofrutticolo, dei pomodori, a quello bieticolo-saccarifero e ad altri settori che comunque compongono il mondo dell'agricoltura italiana.
Abbiamo sempre sostenuto con grande forza e determinazione che questo importante e vitale settore dell'economia del nostro paese avesse bisogno di interventi strutturali, di interventi organici, di interventi che potessero porre il mondo agricolo in competizione a livello internazionale, per fare in modo che questa nostra realtà nazionale potesse competere con gli altri paesi europei ed extraeuropei. Ciò non è stato possibile, perché l'idea miope di questo Governo, con riferimento non soltanto a questo ma a tutti i settori della nostra economia, ha determinato uno stato di grande difficoltà dell'economia italiana.
Basta svolgere delle considerazioni in merito. In questo anno, come giustamente si sottolineava, vi è stata la necessità da parte del Governo di presentare al Parlamento tre decreti-legge sull'agricoltura: sono provvedimenti in contraddizione, che non danno risposte al mondo agricolo, che non fanno altro che alimentare speranze ed illusioni e che, alla fine, come è accaduto nei mesi passati, registreranno la protesta civile e democratica di quei produttori
che si vedono penalizzati, perché il loro reddito ormai è ridotto realmente all'osso. Tale reddito non consente di determinare condizioni di investimento nuove nelle imprese e nel mondo agricolo. Tale reddito fa in modo che queste aziende si spopolino.
Vi sono, quindi, aziende che non producono ricchezza e che, invece, producono, giorno per giorno, sempre più disoccupati, in un mondo che ha bisogno di innovazione, di ricerca, di formazione e di diversificazione. Sono questi gli elementi che abbiamo posto all'attenzione del Governo per fare in modo che tale settore fosse rilanciato. Tale settore è in crisi nel nord, nel centro ed è fortemente in crisi nel Mezzogiorno d'Italia. Nel corso della discussione svolta sugli ordini del giorno, il collega Rossi, con puntualità, ha sottolineato la crisi profonda che si sta vivendo nella regione Puglia e, più in generale, in tutte le regioni del Mezzogiorno. È un Mezzogiorno fortemente penalizzato, che in questi anni non vede accrescere la sua ricchezza e che non riesce ad andare avanti, poiché questo Governo non realizza interventi per il sud d'Italia.
Signor Presidente - con questo voglio concludere -, credo che il mondo agricolo, i produttori e i cittadini del Mezzogiorno d'Italia, che negli anni passati hanno dato fiducia a questo Governo, si stiano accorgendo delle illusioni, delle falsità e delle bugie che questo Governo ha detto e nel prossimo anno daranno una risposta forte e presente, penalizzando la Casa delle libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità Socialista, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, vorrei annunciare il voto contrario dei Verdi al disegno di legge di conversione del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
Le ragioni sono state da me esposte nella dichiarazione di voto sulla questione di fiducia. Qui ne esprimo altre per dichiarare e illustrare il perché di questo nostro voto contrario.
In molti abbiamo definito questo un provvedimento tampone, assolutamente non adeguato, «acqua fresca», che non riesce certamente a configurarsi come risposta atta ad affrontare davvero una crisi, congiunturale sì, ma anche, purtroppo, di natura strutturale, che attanaglia e mortifica il mondo agricolo.
Esattamente come gli altri tre precedenti provvedimenti, sempre di natura, purtroppo, emergenziale, questo quarto sarà inefficace. Il Governo amplia la platea dei beneficiari e crea aspettative che non può e non riuscirà a soddisfare. Ben lungi dal delineare una strategia e dall'aprire una prospettiva di soluzione dei nodi e delle questioni di fondo, come quelle della qualità, della protezione dei redditi agricoli e della competitività, nessuna misura è prevista per diminuire il costo dell'energia e delle assicurazioni, che sappiamo quanto pesino sull'onere complessivo di produzione.
Nessun intervento è previsto in favore dei consumatori. Abbiamo suggerito la tracciabilità del prezzo, oltre che del prodotto, che consentirebbe di individuare le responsabilità dell'aumento del prezzo stesso.
Il paradosso è che il decreto-legge in esame non viene dotato di nuove risorse. Lo abbiamo ripetuto non so quante volte. Si riciclano le stesse risorse già stanziate dal decreto-legge n. 22 per affrontare la crisi di mercato. Le regioni, tra l'altro, hanno acquisito centinaia di migliaia di richieste presentate ai sensi del decreto-legge n. 22 da parte delle aziende in crisi di mercato.
Con il nuovo provvedimento queste richieste potranno essere accolte solo nel limite del de minimis, con il tetto di 3 mila euro per azienda.
Il Governo destina soltanto 40 milioni di euro, mentre prima ne erano previsti il
doppio, ai produttori di uva da vino, mentre non riesce a stabilire una maggiore forza contrattuale in Europa per impedire che agli attuali problemi se ne aggiungano di nuovi in sede comunitaria.
Il Governo, insomma, non governa il settore e, con iniziative strumentali e superficiali, espone ancora di più la nostra agricoltura alla crisi e al declino.
Così facendo il Governo dimostra, ancora una volta, di non essere in grado di guidare il paese in un momento storico delicatissimo e pieno di insidie. Per questo il nostro gruppo voterà convintamente contro la conversione in legge del decreto-legge (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nardini. Ne ha facoltà.
MARIA CELESTE NARDINI. Signor Presidente, l'esigenza di questo decreto-legge su cui avete improvvidamente posto la questione di fiducia nasce a fine agosto - lo abbiamo ormai detto in tanti - quando nelle calde e drammatiche giornate di forte mobilitazione degli agricoltori si attendevano spiragli, provvedimenti che andassero incontro alla crisi del settore vitivinicolo e dell'uva da tavola. Sappiamo tutti - e va riconosciuta - della partecipazione del ministro in quelle giornate, del confronto in Puglia con il presidente della regione, con l'assessore all'agricoltura, con le categorie, con gli agricoltori ed i produttori. Dopo lunghe trattative fu trovata una risposta: il Governo sarebbe venuto incontro con una proposta che tenesse conto del lavoro degli agricoltori. Va ricordato che a monte della protesta vi è il costo dell'uva, che viene pagata pochi centesimi a chi la produce e nel suo ciclo fino al consumatore viene a costare molto ma molto di più. Anche questa è una delle regole di quel mercato da voi così decantato. Gli agricoltori denunciavano con quell'aspra protesta le loro difficoltà. Il mondo agricolo presenta, per la verità, già da tempo ormai le sue ferite ed i suoi problemi. Solo negli ultimi mesi abbiamo attraversato la crisi del settore bieticolo-saccarifero, del pomodoro, dell'uva da vino e da tavola. Ora siamo alla crisi dell'olio e siamo già in presenza della crisi delle arance: ogni stagione agricola, come è ormai evidente, presenta i suoi problemi.
Come se ciò non bastasse, in Puglia, nei giorni scorsi, l'alluvione verificatasi nella notte tra sabato 22 e domenica 23 ha fatto il resto: non solo danni alle produzioni, ma anche alle strutture. Vi sono stati smottamenti, muretti a secco distrutti dalla violenza delle acque, fabbricati rurali allagati, vigneti e orticole sradicati ed oliveti danneggiati. Pesante il bilancio dell'alluvione che ha colpito i comuni del barese - Cassano, Acquaviva, Bitetto, Sannicandro, Adelfia, Altamura, Gioia Del Colle - dove in un'area circoscritta è caduta tanta acqua quanto piove sulla Puglia in un anno intero.
Siamo, dunque, ad un'altra grave emergenza, perché essa si configura così. È giunto il momento di riconoscere ai coltivatori il ruolo che hanno chiesto da tempo. Lo hanno fatto in tanti modi, con migliaia e migliaia di firme: rivendicano un ruolo incisivo nella difesa e nella gestione del territorio, dell'ambiente e delle aree rurali. Su questo, peraltro, si tratta di rispondere alla politica agricola comunitaria, che ci appare in ciò condivisibile, per cui ogni coltivatore è chiamato a conservare gli habitat naturali, a difendere i territori, a proteggere le acque, un requisito fondamentale per accedere al sostegno finanziario della Comunità europea. Anche in questa direzione non sono stati fatti passi significativi, a fronte dei danni subiti dal mondo agricolo. Non si tratta, come siete soliti dire, della politica di Bruxelles perché noi, che di questa politica europea siamo stati e siamo ancora critici severi, vi diciamo che non è questo il punto. Sì, in Europa è necessario un ruolo forte dell'Italia, ma anche lì come nel nostro paese sono necessarie scelte coraggiose di politica agricola ed economica. Il punto è anteporre la vita ed il benessere delle persone al mercato.
Signor Presidente, abbiamo detto in molti, in Commissione ed in aula, che bisognerebbe affrontare tali questioni a 360 gradi, cominciando un confronto che pensavamo potesse essere produttivo.
D'altra parte, molte volte il relatore, l'onorevole Misuraca, ha accolto, condividendole, le nostre preoccupazioni circa le difficoltà insite in questo provvedimento, il cui testo peraltro è stato modificato più volte. Pensavamo che questa potesse essere l'occasione per introdurre degli elementi che aiutassero davvero il mondo agricolo, ma voi avete posto la questione di fiducia. Voi chiedete al Parlamento e agli agricoltori non un atto di fiducia, ma un atto di fede! Infatti, il nodo più grosso sta nel fatto che proponete un aiuto in termini di risorse, ma queste vengono di fatto sottratte dal complesso delle risorse già previste, in modo risicato, dalla legge n. 71 del 2005, che peraltro è stata bloccata a Bruxelles e non sappiamo quindi se ne passerà il vaglio.
Dunque oggi ci stiamo cimentando sul nulla di fatto. È del tutto evidente che oggi sono venuti al pettine i nodi che il liberismo ci sta ponendo. Il mondo agricolo presenta i suoi rischi e l'agricoltura italiana è a dura prova. Non vi è più tempo di presentarsi con aiuti che siano de minimis, ma lo stesso discorso varrebbe anche se fossero de maximis. Siamo infatti in un mondo dove la globalizzazione, che tanto è piaciuta a voi del pensiero liberista, sta portando a tavola i suoi frutti avvelenati e li sta proponendo come problemi della competitività e della commercializzazione.
Tutto questo richiede un'analisi e delle strategie. Occorre assumere delle posizioni riguardo al costo della benzina e del gasolio, perché gli agricoltori e i pescatori non possono più sostenere i costi che oggi registrano, pena non la crisi, ma il fallimento delle aziende. Rispetto ai contributi agricoli non pagati, in questa fase si sarebbe dovuto fare un ragionamento teso ad aiutare gli agricoltori a rateizzarne il pagamento. Tuttavia è ancora più evidente che la discussione deve affrontare le questioni di fondo, in particolare il cambio delle scelte di fondo che hanno ispirato negli ultimi decenni le decisioni di politica agricola. I disastri dell'agricoltura industrialista e produttivista sono sotto gli occhi di tutti. L'agricoltura non può essere ridotta a pura competizione sul mercato. La produzione del cibo ha una funzione sociale ed una responsabilità collettiva che il Governo ha il dovere di tutelare. Cambiare queste scelte vuol dire modificare l'approccio nella gestione del territorio - cosa che non è stata fatta - assumendo le priorità del lavoro, della salute e del reddito di un'agricoltura sana, viva e diffusa. Occorre garantire che i cittadini e i contadini contino nelle scelte, per decidere quale modello di produzione (ciclo corto e ciclo lungo), di distribuzione e di consumo del cibo per il proprio territorio vada adottato, chi debba produrlo e come.
Oggi, rispetto ai grandi problemi che si presentano, queste sono - lasciatemelo dire - misure ridicole, anzi persino preoccupanti, perché forse si aggiunge per gli agricoltori anche la beffa, se a Bruxelles continueranno a bloccare la citata legge n. 71 del 2005. Per questo motivo, il gruppo di Rifondazione comunista voterà contro la conversione in legge di questo decreto (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.
STEFANO LOSURDO. Signor Presidente, nel preannunciare il voto favorevole da parte del mio gruppo, chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza sulla base dei consueti criteri.
La Presidenza autorizza altresì la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo delle
dichiarazioni di voto degli onorevoli Grillo e Vascon, che ne hanno fatto richiesta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Anch'io, signor Presidente, nel preannunciare il voto favorevole da parte del mio gruppo, chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza sulla base dei consueti criteri.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Poiché in questo momento è assente dall'aula il sottosegretario Delfino, che ha seguito tutto l'iter del provvedimento, le chiederei, signor Presidente, se potessimo aspettare qualche secondo prima di procedere alla votazione finale.
PRESIDENTE. Penso che l'onorevole Volontè stesse scherzando.
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 6063, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Conversione in legge del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari) (6063):
(Presenti 348
Votanti 347
Astenuti 1
Maggioranza 174
Hanno votato sì 252
Hanno votato no 95).
PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della cessazione dal mandato parlamentare del deputato Massimo Ostillio, di cui la Camera ha preso atto nella seduta odierna, la Giunta delle elezioni ha verificato che si è reso vacante il seggio di deputato nel collegio uninominale n. 15 (Taranto - Italia-Monte Granaro) della XXI Circoscrizione - Puglia attribuito con il sistema maggioritario ai sensi dell'articolo 77, comma 1, numero 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.
La Giunta delle elezioni ha altresì rilevato che, in base all'articolo 86, comma 1, del testo unico citato, non si dà luogo all'indizione dei comizi per le elezioni suppletive in quanto non intercorre almeno un anno fra la data della vacanza e la scadenza normale della legislatura.
PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, in sede referente, alla VI Commissione (Finanze):
«Conversione in legge del decreto-legge 2 novembre 2005, n. 223, recante differimento del termine per la rideterminazione dei canoni demaniali marittimi» (6162) - Parere delle Commissioni I, V e X.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 7 novembre 2005, alle 15:
1. - Discussione del disegno di legge:
S. 3596 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 settembre 2005, n. 184, recante misure urgenti in materia di guida dei veicoli e patente a punti (Approvato dal Senato). (6150).
- Relatore: Pezzella.
2. - Discussione del disegno di legge:
S. 3616 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, recante misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria (Approvato dal Senato). (6144).
- Relatore: Castellani.
La seduta termina alle 19.
STEFANO LOSURDO. L'emergenza agricola impone interventi governativi emergenziali che non possono essere definiti riduttivamente «interventi tampone».
Nel decreto-legge al nostro esame sono contenute misure positive a favore di ambiti agricoli che negli ultimi tempi hanno subito le conseguenze di eventi sfavorevoli in primis l'andamento anomalo dei prezzi nelle filiere agroalimentari, soprattutto nel settore vitivinicolo nel quale l'estate scorsa si sono verificati fenomeni di mobilitazione protestaria sopratutto in Puglia. Gli aiuti de minimis, fino ad un massimo di tremila euro per azienda graduato secondo criteri di proporzionalità dettati dalla estensione dei terreni dei beneficiari, sono certamente una piccola ma significativa boccata d'ossigeno a favore degli agricoltori colpiti dalla crisi dei prezzi di questa estate.
Nel provvedimento sono altresì previsti interventi riguardanti l'uva da tavola il cui surplus produttivo verrà ritirato dall'Agea per un quantitativo di ottocentomila quintali da destinare alla produzione di succhi.
Ma altrettanto significativi interventi sono previsti con misure a favore della lotta alla flavescenza dorata, virosi che sta riprendendo purtroppo nuovo vigore, nonché con misure a favore delle aziende di allevamento ovino-caprino colpite indirettamente, perché situate nelle vicinanze dei focolai di infezione, dai danni conseguenti all'emergenza «blue tongue». Per il risarcimento di tali danni è stata stanziata una somma notevole ammontante a circa 70 miliardi di vecchie lire.
Si tratta, quindi, di un decreto emergenziale che stanzia somme apprezzabili a favore degli agricoltori e che non meritava
il forsennato ostruzionismo dell'opposizione.
Per questi motivi il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore della sua conversione in legge.
MASSIMO GRILLO. Onorevoli colleghi, il provvedimento in esame si è reso necessario per la gravissima crisi che ormai investe l'agricoltura specie nelle regioni del Sud. In particolar modo in alcune regioni, quali la Puglia e la Sicilia si tratta di una vera e propria emergenza economica che oltre a determinare il crollo di alcuni comparti, specie quello vitivinicolo, ha generato una vera e propria questione sociale e culturale.
Si tratta di misure che si aggiungono ai diversi ed anche recenti interventi legislativi, quale da ultimo il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito nella legge n. 71 del 2005, ancora, peraltro, sottoposto all'esame dell'Unione europea.
Misure, dicevo, finalizzate a fronteggiare una crisi, la cui portata è tale da poter compromettere definitivamente l'esercizio dell'agricoltura nel Sud.
In alcune regioni, da più di un decennio, i ricavi del settore vitivinicolo sono rimasti invariati. E mentre gli utili non hanno avuto alcun incremento, i costi di gestione, che le aziende agricole devono sopportare, risultano notevolmente aumentati.
Un esempio su tutti riguarda il costo del vino che in Sicilia è di soli 20 centesimi al litro, un prezzo chiaramente di gran lunga inferiore rispetto a quello per un litro di acqua.
Malgrado i diversi interventi del Governo, che ha dimostrato di voler puntare ed investire notevoli risorse per il rilancio del settore vitivinicolo, è evidente che siamo di fronte ad uno scenario che ha bisogno di una coraggiosa svolta culturale ed organizzativa.
Sull'argomento è facile fare demagogia, tuttavia la verità è che la crisi è non solo di mercato, ma anche strutturale, e quindi necessita di un piano straordinario che va concepito anche in sede locale.
Il sistema vitivinicolo del Sud ha interessanti nicchie di ottima qualità, ma anche un sistema più generale non al passo con i tempi, con l'accelerazione del processo di cambiamento dei mercati e dell'economia globale. Molte regioni del Sud - bisogna onestamente ammetterlo - sono impreparate rispetto alla nuova domanda che viene dal mercato.
Ad una politica di indirizzo, che da anni insistentemente proviene dall'Unione europea e dai governi nazionali che si sono succeduti, le regioni non hanno sempre corrisposto.
La politica delle regioni non può ancora adagiarsi su forme di intervento superate, assistenziali, a volte anche clientelari. Sono mancate, infatti, politiche di sistema, strategie di investimenti, quali i contratti di programma finalizzati ad una reale organizzazione della filiera. In particolare con i contratti di programma sono state sprecate occasioni per una vera svolta del settore.
Il Governo sta provando ad agevolare la suddetta svolta che ha bisogno di una regia politica coraggiosa per una riorganizzazione su due tempi: in primo luogo, il piano straordinario per la ristrutturazione della filiera vitivinicola, con una impostazione da concertare con le regioni e gli enti locali, d'intesa con i produttori, per aumentare la capacità di aggregare l'offerta e qualificare la produzione. In tal senso il gruppo parlamentare dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro è impegnato a sollecitare strumenti idonei a migliorare la competitività e ad ampliare gli sbocchi commerciali. Apprezziamo, per tale ragione, il piano, di recente trasmesso dal ministro Alemanno agli assessori regionali dell'agricoltura, proprio perché adeguato al processo di cambiamento europeo ed internazionale. Sarebbe opportuno che il Governo assicurasse la qualità degli interventi sovrintentendendo al Suddetto processo di cambiamento.
In secondo luogo, per fronteggiare l'emergenza e provare a superare le difficoltà di reddito degli agricoltori, serve sanare un ritardo delle regioni che non
hanno fatto pervenire in tempo le domande per le distillazioni. Sono stati autorizzati ridotti quantitativi che è necessario integrare. Risulta, per esempio, a tal proposito, un recente impegno legislativo e finanziario del governo regionale in Sicilia che potrebbe divenire risolutivo rispetto alla stessa emergenza. Gli aiuti de minimis che saranno erogati dall'Agea, rappresentano una forma di sostegno che dovrà necessariamente essere integrato con altre misure nell'ambito della prossima legge finanziaria. Voglio personalmente testimoniare, a proposito di emergenza, la tensione che si vive in alcune realtà siciliane dove migliaia di agricoltori hanno manifestato anche occupando decine di consigli comunali e che solo dopo il suddetto impegno del governo siciliano si è riusciti al momento a superare. Sono tante le istanze che provengono da tali proteste, alcune delle quali avevano già trovato delle risposte dalla maggioranza di Governo.
Ricordo, ad esempio, che il Parlamento ha delegato il Governo, con la legge del 23 agosto 2004 n. 243, ad adottare disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione delle norme per il settore agricolo, introducendo per quanto riguarda il costo dei contributi, criteri omogenei al livello medio comunitario.
L'apposito tavolo tecnico interministeriale ha ultimato l'approfondimento di sua competenza, per cui nell'ambito della legge finanziaria diviene indispensabile essere consequenziali.
È chiaro che tale provvedimento consentirà alle nostre aziende di recuperare in competitività per le conseguenti riduzioni dei costi, che sono divenuti insostenibili. A tal proposito preme porre in particolare evidenza l'impossibilità di continuare a sostenere i costi energetici e del gasolio.
Altro aspetto affrontato con la legge finanziaria 2004, e con provvedimenti successivi, riguarda la regolarizzazione dei contributi previdenziali non pagati negli anni scorsi. Materia che necessita di una risolutiva risposta normativa nella prossima legge finanziaria.
Con questo ulteriore decreto legge si somma una serie di interventi che il gruppo parlamentare dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro ritiene opportuni prima dell'approvazione della legge finanziaria e nelle more del piano straordinario per le filiere agroalimentari.
LUIGINO VASCON. Il provvedimento, il cui iter stiamo portando alla conclusione, risolve in parte le numerosissime problematiche che attanagliano da anni il nostro mondo agricolo.
Di fatto, non termina un'emergenza che subito se ne presenta un'altra, e siamo tutti ben consci che la coperta è corta e non si può intervenire come si vorrebbe.
Ciò nonostante sono state esaminate tutte le problematiche e la soluzione che andiamo ad approvare non può essere migliore di così.
Dopo la grande crisi del comparto ortofrutticolo, che comunque deve continuare a confrontarsi con prodotti e produttori mondiali, ora si è presentato un altro problema.
Tutti sappiamo che in questi giorni la questione enorme da affrontare è l'influenza aviaria; questo problema, senza volerlo sottovalutare, ha assunto dimensioni e connotazioni a dir poco inspiegabili e quindi diventa difficile gestirlo, perché esso muta di giorno in giorno.
Dico questo, se non altro, per riprendere le notizie che i mass media hanno divulgato in alcuni casi in maniera esagerata ed immotivata creando ed alimentando dubbi, panico se non addirittura paura.
Tant'è che tutti i prodotti nazionali sono e rimangono sicurissimi ed a questo proposito dobbiamo dire che sia il Ministero delle politiche agricole che quello della salute hanno dimostrato un'efficienza e sensibilità che mai si era registrata prima.
Quindi, onorevoli colleghi, è inutile voler criticare l'operato del Ministero e di conseguenza i suoi provvedimenti.
Volendo continuare vi sarebbe un'infinità di cose e di argomenti da affrontare:
come voi ben sapete ogni comparto del settore ha le sue peculiarità e quindi onestamente - politicamente onestamente - sappiamo benissimo che tutte in una volta queste peculiarità non si possono affrontare. E questo senza nulla togliere alle specificità. Proviamo a pensare ad esempio quale importanza ricoprono le fonti alternative di energia: nessuno dimentichi che esse principalmente se non esclusivamente vengono prodotte dal mondo agricolo o comunque con la compartecipazione del mondo agricolo.
E proprio perché di energia si vive, con questo importantissimo comparto prima o poi dovremo per forza confrontarci.
Sappiate e ricordate che la nostra debolezza nella competitività commerciale, industriale ed agricola deriva appunto dal fatto che dobbiamo acquistare sempre e comunque energia, il fatto di dover dipendere da altri ci penalizza enormemente; quindi, se non riusciremo ad essere produttori noi stessi di energia cosiddetta «alternativa», scivoleremo sempre più indietro.
È inutile quindi continuare a denigrare e criticare pretestuosamente tutto quello che viene fatto da questo Governo per il mondo agricolo.
Onorevoli colleghi, molti di voi sanno che sono in questo Parlamento da molti anni e ciò nonostante continuo a meravigliarmi delle posizioni strumentali e demagogiche che in circostanze come queste vengono adottate da chi - sopra la testa dei lavoratori della terra, che a loro volta sono imprenditori di se stessi - cerca in ogni modo possibile di fare una politica speculativa volta solo alla denigrazione dell'avversario, senza curarsi minimamente di quanti, quotidianamente invece, cercano in ogni modo e maniera di superare ostacoli enormi che vanno dalla concorrenza sleale, alle problematiche burocratiche sindacali e politiche.
La speranza di questi lavoratori della terra è di avere un minimo di luce ove poter ritrovare la forza di fare impresa, di poter continuare a lavorare nella propria azienda creando, producendo, senza essere di peso a nessuno.
Pertanto è nostro dovere in ogni modo e maniera cercare di assecondare questi lavoratori nelle loro esigenze e richieste.
E noi, della Lega Nord, componenti di questo Governo, lo stiamo lealmente facendo.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che di qui a poco votiamo, è un decreto-legge, con le caratteristiche dell'urgenza e dell'indifferibilità e che risponde all'intento di dare risposte di carattere emergenziale. Noi non abbiamo voluto gabellarlo come misura strutturale; ci sembra invece che gran parte degli interventi dell'opposizione abbiano tentato di accreditare, probabilmente in malafede, questo equivoco di fondo. La crisi strutturale dell'intero comparto agricolo italiano viene da lontano, da decenni non si è voluto affrontarla e non poche colpe ha la sinistra che in questo paese, alternando piazza, protesta, con poca politica, si è sempre sottratta ad un serio confronto. La crisi italiana si inquadra in una più ampia crisi dell'economia agricola europea.
È notorio come forti siano le critiche agli aiuti comunitari all'agricoltura provenienti da un ampio fronte che vede una volta tanto concordi paesi in via di sviluppo, paesi no global, Stati Uniti d'America, organizzazioni internazionali come la FAO e, probabilmente, altre lobby al punto che il blasonato Corriere della Sera che, notoriamente, non si occupa di agricoltura, dedicava un ampio approfondimento, in terza pagina, il 23 giugno 2005, poco benevolo nei confronti dei produttori agricoli, traducendo in linguaggio giornalistico tesi peraltro già conosciute e che da anni rappresentano il cavallo di battaglia di economisti di Confindustria come ad esempio il dottor Cipolletta. L'ultimo convegno di Federalimentare, citato anche dai colleghi dell'opposizione, ci disegna scenari ancor più preoccupanti per il prossimo decennio, e tutto questo dovrebbe imporre alla classe politica italiana assunzione di responsabilità, e non tentativi di innescare facili e demagogiche polemiche
se non addirittura l'intendimento di sfruttare il bisogno e la disperazione della gente cavalcando quindi la protesta.
Sarebbe facile per noi rispondere con altrettanti argomenti: ricordiamo le famigerate e vergognose cartolarizzazioni del Governo D'Alema, oppure l'assoluta disattenzione dell'ex commissario europeo Prodi ai fenomeni derivanti dalla globalizzazione specie per quanto riguarda i paesi emergenti. Prodi è forse più occupato nel dedicarsi da capo dell'opposizione, a delegittimare il Governo ed il paese. Ma, nella discussione sul provvedimento, abbiamo ascoltato di tutto: dal confuso e incompetente intervento dell'onorevole Lumia che, addirittura, parlava di scelte clientelari, soffermandosi sul tema della distillazione del vino in maniera raffazzonata e con argomentazioni non veritiere, agli interventi di colleghi preoccupati per l'esiguità delle risorse; altri hanno criticato la misura del de minimis, trascurando che qui si sta utilizzando l'intero plafond che il regolamento 1860/2004 CEE assegna all'Italia; altri colleghi ancora hanno avanzato forti critiche sul fatto che il decreto, durante i lavori d'aula, fino al maxiemendamento del Governo, sia profondamente cambiato rispetto alla versione originale del 2 settembre scorso. Ma cari colleghi, questa è la prova che ci troviamo di fronte ad argomentazioni capziose: infatti il Governo e la maggioranza, utilizzando le audizioni, il confronto con le categorie, l'iter parlamentare, dimostrano capacità di porsi con intelligenza dialettica e quindi capacità di cogliere quelle positive proposte, e solo le vostre tecniche ostruzionistiche, miranti ad ingessare l'ultimo scorcio di legislatura, hanno costretto il Governo a porre la questione di fiducia.
Onorevoli colleghi, il provvedimento ci pare oggi completo, arricchito con misure che riguardano i settori in crisi, il contrasto dei fenomeni speculativi nelle filiere agroalimentari utilizzando lo strumento delle repressioni delle frodi con il coinvolgimento della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate, nonché disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli ed agroalimentari. Anche questo punto è la prova delle vostre contraddizioni; infatti proprio su questo argomento in aula abbiamo assistito al nemmeno tanto camuffato tentativo di un parlamentare della Margherita di arrampicarsi sugli specchi e questa volta in danno degli interessi degli agricoltori. Ma la prova della validità del provvedimento, cari colleghi, viene proprio dalle vostre fila: infatti il capogruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo in Commissione agricoltura, pochi giorni fa, in una notizia di agenzia, manifestava preoccupazioni per il rinvio dell'approvazione del decreto rispetto al calendario d'aula. «Rinvio del decreto sul settore» - sono testuali parole - «aggrava la situazione di precarietà e di incertezza delle imprese agricole». E allora, colleghi dell'opposizione, assumete compiute responsabilità, se ne siete capaci, senza demagogia e senza mistificazioni.
Per queste motivazioni il gruppo di Forza Italia voterà favorevolmente, consapevole delle caratteristiche del provvedimento, ma soprattutto consapevole della centralità del sistema agricolo italiano nell'intera economia nazionale.