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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole D'Alia, ha facoltà di
GIAMPIERO D'ALIA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, in merito alla questione sollevata dall'onorevole Deiana, per quanto concerne i profili di ordine generale, voglio ricordare che la normativa attualmente vigente in materia, contenuta nella legge 5 febbraio 1998, n. 22, concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera della Repubblica italiana e di quella dell'Unione europea, e nel regolamento di attuazione, decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2000, n. 121, disciplina esclusivamente l'esposizione della bandiera della Repubblica italiana e dell'Unione europea.
dell'interno, per conoscenza e orientamento, a tutti i prefetti della Repubblica.
PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, sono trascorsi molti mesi (mesi decisivi) da quando ho presentato l'interrogazione in esame su un episodio che va riportato nel contesto di quel periodo.
di decisioni autonome da parte delle autorità territoriali per quanto riguarda l'esposizione delle bandiere.
La sola eccezione prevista è quella relativa all'esposizione di bandiere di paesi stranieri nei casi di incontri e manifestazioni internazionali e del vessillo o gonfalone delle regioni e degli enti locali ogni volta che ne sia prescritta l'esposizione.
In particolare, l'articolo 10 del citato decreto del Presidente della Repubblica contempla, al secondo comma, che i rappresentanti del Governo nelle province sono tenuti a vigilare sull'adempimento delle disposizioni concernenti l'esposizione delle bandiere.
Il successivo articolo 12 riconosce un ambito specifico in materia di esposizione delle bandiere all'autonomia normativa e regolamentare degli enti locali, facendosi comunque salvo l'obbligo di esposizione congiunta del vessillo o gonfalone proprio dell'ente con la bandiera nazionale e quella europea.
La Presidenza del Consiglio dei ministri ha chiarito che sugli edifici pubblici statali possono essere esposte esclusivamente la bandiera nazionale ed europea, mentre sugli edifici pubblici delle regioni e degli enti locali possono essere aggiunte le rispettive bandiere ufficiali.
Alla luce delle suddette disposizioni è, pertanto, ammissibile sugli edifici pubblici l'esposizione delle sole bandiere ufficiali istituzionali, nel rispetto del generale principio di «neutralità» delle sedi istituzionali.
Inoltre, è stato precisato che non possono essere comunque esposte bandiere straniere, ammesse esclusivamente - come già enunciato nelle premesse - in occasione di incontri internazionali, e neppure simboli privati, quali insegne di partito, simboli di associazioni o di organismi vari.
L'esposizione sugli edifici pubblici di simboli privati di qualunque natura determina una violazione sanzionabile anche ai sensi degli articoli 292 e 323 del codice penale.
La nota della Presidenza del Consiglio è stata successivamente diffusa dal Ministero
Sulla base di tali prescrizioni normative, le Forze dell'ordine sono intervenute, in qualche occasione, segnalando il cennato divieto ai responsabili di sedi ed uffici pubblici sui quali erano state esposte bandiere non consentite.
In relazione al caso particolare ricordato dall'onorevole Deiana, riferisco che, con circolare del 13 febbraio 2003, la prefettura di Campobasso ha comunicato a tutte le amministrazioni pubbliche periferiche e locali l'orientamento interpretativo, fornito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento del cerimoniale, in ordine alla possibilità di esporre sugli edifici pubblici la cosiddetta «bandiera della pace».
Con un esposto del 7 febbraio 2005, diretto al prefetto di Campobasso, i consiglieri comunali di minoranza del comune di Campomarino hanno segnalato, invocando il rispetto della normativa vigente in materia di esposizione delle bandiere nazionale ed europea, che quel consiglio comunale, nella seduta dell'8 ottobre 2004, aveva assunto una delibera con la quale si disponeva l'esposizione della «bandiera della pace» su tutti gli edifici pubblici presenti nel proprio territorio.
Gli esponenti, nel precisare che detta deliberazione aveva trovato effettiva attuazione, hanno richiamato puntualmente gli orientamenti espressi dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con la nota sopra citata.
In conseguenza dell'esposto, il prefetto di Campobasso, dopo averne informato preventivamente il sindaco di Campomarino, nell'esercizio dei doveri di vigilanza sull'adempimento delle disposizioni sull'esposizione delle bandiere, demandati ai prefetti dall'articolo 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1 del 1o gennaio 2000, ha invitato il citato sindaco all'osservanza delle predette disposizioni e delle direttive interpretative a suo tempo formulate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il successivo 18 febbraio il sindaco di Campomarino ha rassicurato il prefetto in merito all'avvenuto adempimento delle direttive impartite.
Alla luce di quanto premesso, vorrei precisare che la disposizione regolamentare richiamata dall'onorevole Deiana a sostegno della legittimità della deliberazione assunta dal consiglio comunale di Campomarino - ossia l'articolo 12 del decreto del Presidente del Repubblica 7 aprile 2000 n. 121 - non risulta conferente.
Infatti, tale disposizione demanda all'autonomia normativa e regolamentare delle regioni e degli enti locali l'esposizione delle bandiere, all'esterno ed all'interno delle rispettive sedi, con la prescrizione esplicita che ogni qual volta sia prevista l'esposizione del gonfalone o vessillo proprio dell'ente devono essere esposte anche le bandiere nazionale ed europea.
La norma, pertanto, non attribuisce all'autonomia normativa locale la possibilità di individuare altri vessilli o bandiere o altro da poter affiggere nelle proprie sedi.
La risposta del sottosegretario D'Alia è un esempio di interpretazione burocratica, molto occhiuta e molto poco convincente, delle norme e dei vari riferimenti in merito.
Si parla della bandiera della pace come di una bandiera straniera oppure ci si riferisce ad essa, nel contesto di una possibile interpretazione estensiva dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 121 del 2000, come se fosse qualcosa che non ha nulla a che vedere con i gonfaloni regionali e comunali, che sarebbero gli unici a possedere quelle caratteristiche tali da consentire l'espressione
Non posso ritenermi soddisfatta della risposta del sottosegretario, perché, a mio avviso, la bandiera della pace richiede necessariamente, per il suo carattere universale di messaggio, un'interpretazione estensiva delle norme relative all'esposizione di bandiere e vessilli.
Tale interpretazione può essere possibile, perché il famoso articolo 12 del decreto richiamato non nega altre possibilità di estensione. Stabilisce ciò che è fisiologicamente possibile, non prescrivendo altro. In questo caso, bisognerebbe considerare tale estensione con riferimento alla bandiera in questione, poiché la stessa rappresenta simbolicamente ed in maniera estremamente esemplare lo spirito di fondo che dovrebbe informare le regole, le norme, le leggi, i riferimenti presenti nel nostro ordinamento, quindi la Costituzione repubblicana, in particolare l'articolo 11.
Credo che vi sia stata e vi sia ancora una corrispondenza perfetta tra la bandiera della pace e l'articolo 11 della nostra Costituzione; di conseguenza, credo che le ragioni di questo divieto e di questo intervento restrittivo nei confronti dell'autonomia del consiglio comunale di Campomarino siano state di ordine eminentemente politico. Gli interventi del prefetto, nonché la risposta del sottosegretario rispondono, a mio avviso, ad una logica, ad un'interpretazione politica - aggiungo di parte - di un'esperienza istituzionale che intendeva cogliere nella scelta di esporre la bandiera in questione l'occasione per ripresentare all'opinione pubblica di quella città l'adesione e la fedeltà ai dettati della Costituzione repubblicana, prima ancora che alle norme, alle leggi ed ai vari riferimenti, che, o sono interpretati in quella logica per essere effettivamente super partes e di natura squisitamente istituzionale, o altrimenti finiscono per rispondere ad una logica politica, come è accaduto in questa vicenda.