Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 642 del 21/6/2005
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(Esame dell'articolo 1 - A.C. 5901)

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 5901 sezione 4), approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 5901 sezione 5), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 5901 sezione 6).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 5901 sezione 7).
Avverto, altresì, che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo 1 del disegno di legge di conversione.
Avverto infine che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, e dell'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento, in quanto non strettamente attinente alla materia del decreto in esame, l'emendamento 2-sexies.100 della Commissione, limitatamente al comma 2.ter, relativo alla revoca e alla riattribuzione delle quote-latte, nonché alla decadenza dell'assegnazione integrativa. Ricordo, infatti, che l'articolo 2-sexies del decreto disciplina la competenza giurisdizionale in materia di controversie relative all'applicazione del prelievo supplementare sulle quote-latte (vedi l'allegato A - A.C. 5901 sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, il provvedimento d'urgenza in esame ha come scopo principale, insieme a tanti altri non riguardanti la materia, così com'è stato dimostrato da diversi colleghi durante l'esame della questione pregiudiziale presentata con riferimento ai requisiti di necessità e di urgenza, quello di ricostituire il Ministero per il Mezzogiorno. Non avendo effettivamente il coraggio di chiamarlo «Ministero per il Mezzogiorno», lo si è definito «Ministero per lo sviluppo e la coesione sociale», perché, anche sotto l'aspetto del linguaggio, sembra più appropriato e adatto - con molta ipocrisia, in verità - non chiamare le cose con il loro nome.


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In questo paese si è svolto un dibattito molto serio e impegnato circa la necessità di istituire un Ministero per il Mezzogiorno. A conclusione di questo dibattito - che, in verità, era ampio e non aveva le caratteristiche di schieramento, ma riguardava scuole di pensiero e ambienti culturali e politici - è emersa la necessità di evitare la parcellizzazione del problema meridionale e la separazione della questione meridionale dall'insieme dei problemi del paese, nonché quella di evitare di costituire una sorta di riserva indiana.
Quindi, giustamente, si era arrivati alla conclusione di non istituire un ministero specifico, ma di trattare la questione meridionale nei singoli settori e nell'assetto determinante della politica economica e sociale del paese, ossia, in particolare, nelle sedi dei ministeri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive. In generale, si deve trattare tale tema nell'ambito complessivo dell'azione di Governo, perché la questione meridionale costituisce un insieme di questioni riguardanti aspetti economici, sociali e di sicurezza. Si tratta di una questione generale e di un grande problema del nostro paese, che si muove a due velocità, con un sistema duale, che risulta spaccato in due, e in cui la differenza tra le due condizioni è tale da rendere il paese stesso complessivamente più debole e, quindi, da negargli, nel quadro della competizione internazionale, quel ruolo, quella forza e quella capacità che un grande paese come l'Italia deve avere.
In questi anni si è posta la questione di unificare il paese nella sua essenzialità, ossia di dare all'Italia quella spinta formidabile in termini di integrazione europea e di competizione mondiale, unendo e avvicinando le distanze.
Bisogna fare in modo, cioè, di diminuire le grandi distanze esistenti tra Nord e Sud, tra zone ricche e zone povere. Tutto ciò non ha trovato una risposta. Nei quattro anni di Governo dell'attuale maggioranza abbiamo assistito ad un rafforzamento del disequilibrio: i ricchi sono diventati più ricchi ed i poveri più poveri e, pur in una crisi generale, si sono allungate distanze tra zone forti e zone deboli. Si tratta di una questione centrale per il paese che, per affrontare le grandi sfide che ha davanti, deve far sviluppare il Mezzogiorno tanto da raggiungere le parti forti del paese perché poi, tutti insieme, possano competere a livello internazionale. Se perde questa grande occasione il paese tutto si indebolisce.
Il paese dovrebbe avere una crescita del 3 per cento, mentre negli ultimi quattro anni lo sviluppo è stato dello 0,3-0,4 per cento e quest'anno siamo in termini negativi. Per avere la crescita auspicata per l'intero paese avremmo bisogno di un Mezzogiorno che cresce del 5-6-7 per cento, allo stesso ritmo, cioè, che oggi hanno tante aree non sviluppate del mondo. Perché questo non avviene? Perché il Governo, anziché dare una risposta a tale questione, non trova di meglio che istituire un nuovo ministero e, per non chiamarlo Ministero del Mezzogiorno, lo chiama Ministero per lo sviluppo e la coesione sociale? Evidentemente, si è accorto che in questi quattro anni la questione meridionale è stata cancellata e nessuno dei provvedimenti necessari per dare vigore, forza e capacità di sviluppo alle zone meridionali è stato adottato. Dopo la batosta elettorale dell'attuale maggioranza, verificatasi con ancora maggiore forza e visibilità nelle regioni meridionali, che hanno scelto tutte di cambiare, il Governo non trova di meglio che riproporci un Ministero per il Mezzogiorno. Si tratta di un errore: settorializza, non risolve le questioni e determina un eccesso di dispersione che finirà per aggravare le questioni aperte, anziché risolverle.
Affronterò solo tre di tali questioni per dare il segno delle distanze che si registrano. La prima questione è quella occupazionale. Siamo in una situazione incredibile ed abbiamo dati contraddittori sull'occupazione. Costruiamo un'occupazione complessivamente non buona in tutto il paese, ma ancora più grave in questa situazione è che abbiamo una caduta dell'occupazione nelle aree deboli del paese, esattamente quelle che dovrebbero crescere.


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Ciò determina ulteriori problemi nelle aree deboli e produce fenomeni di grave preoccupazione. Il primo fenomeno è oggi denunciato dall'ISTAT - quindi non un istituto rivoluzionario, ma quello che dovrebbe fornire i dati con assoluta verità - che ci avverte che i dati sulla disoccupazione meridionale sono diminuiti perché molte persone non si iscrivono più alle liste di disoccupazione non credendo più nella possibilità di trovare un lavoro.
Ciò significa che in molte zone vi è uno scoraggiamento, una chiusura, una condizione reale di disagio. Se molte donne - perché, tra le persone che non vanno più ad iscriversi in quelle liste, vi sono in particolare le donne - perdono fiducia nella possibilità di trovare un lavoro e si allontanano, il lavoro che trovano, quando ciò avviene, spesso è svolto nelle condizioni peggiori: è un lavoro nero e comunque caratterizzato da condizioni assolutamente inadeguate per dare al paese quella spinta e quella forza che esso invece meriterebbe.
Insieme a questo fenomeno, già di per sé grave, ve n'è un altro, del quale tuttavia si parla pochissimo nel nostro paese. Nel corso degli ultimi cinque anni è aumentato il numero delle persone che sono emigrate dalle zone deboli del paese verso quelle più forti. È in corso un fenomeno di emigrazione di pari entità di quello degli anni Cinquanta. Tuttavia, mentre in quegli anni tale fenomeno veniva affrontato, descritto e discusso, in questi anni esso non viene assolutamente esaminato. Si tratta, infatti, di un fenomeno pari a quello degli anni Cinquanta in termini quantitativi, ma assolutamente diverso in termini qualitativi. Coloro che emigrano oggi non sono persone come quelle degli anni Cinquanta, le quali, avendo la necessità di andare a trovare un lavoro lontano dalla propria terra, lasciavano le loro case con grande e profonda sofferenza, mantenendo però la testa e gli affetti nei luoghi di origine, con la conseguenza che tutto quello che conquistavano fuori lo riversavano immediatamente nei posti che avevano lasciato.
Le persone che oggi lasciano il Mezzogiorno sono persone preparate; si tratta infatti in gran parte di diplomati e di laureati. È la grande maggioranza di un grande patrimonio umano che sta lasciando le aree meridionali: sono esattamente quelli che non dovrebbero lasciare le aree meridionali, perché lo sviluppo si fa sulle persone, sulla conoscenza, sulla mente d'opera (come ormai dicono tutti)! Se le menti d'opera lasciano il Mezzogiorno e lo desertificano, andandosene nelle zone forti del paese, noi registriamo una perdita di ricchezza umana spaventosa, oltre che una perdita di ricchezza economica, cosa della quale non si discute. Al riguardo, ho fatto un piccolo calcolo: se è vero che ogni anno circa 100-130 mila persone lasciano il Mezzogiorno per andare nelle zone forti del paese, ciò significa, in termini economici, che le famiglie meridionali spendono, per fare studiare questi ragazzi, mediamente dai 6 mila ai 10 mila euro a persona; tale importo, moltiplicato per il numero di persone che emigrano, corrisponde a 13 miliardi di euro, che ogni anno le zone povere del paese forniscono alle zone forti del paese, in termini di qualità e di quantità!
Di fronte a questo fenomeno, qualunque paese, qualunque maggioranza, qualunque opposizione, qualunque Parlamento dovrebbe fermarsi, riflettere e vedere cosa non funziona. Non è infatti possibile assistere a tutto questo nel silenzio assoluto e nell'assoluta mancanza anche di un dibattito! Perché tutto ciò è avvenuto e continua ad avvenire? Perché non si provvede? Quali sono gli aspetti che non hanno funzionato?

PRESIDENTE. Onorevole D'Antoni, la invito a concludere.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Ebbene, se consideriamo tutti gli interventi succedutisi, ci accorgiamo che in questi anni tutti gli strumenti che avrebbero dovuto incentivare lo sviluppo - dalla legge n. 488 alla contrattazione programmata, dalla programmazione negoziale ai


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contratti d'area e ai crediti di imposta - sono stati di fatto cancellati, resi vani, perché non finanziati! Nella sostanza, si è realizzata un'operazione di perfetto abbandono, con la consapevolezza che ciò avrebbe prodotto, così come è successo, il risultato che vi ho prima descritto. Di fronte a tutto ciò, penso che, anziché costituire un ministero, così come si fa con questo decreto, si dovrebbe promuovere un bel dibattito in questa aula sulla nuova questione meridionale e sui nuovi termini che la caratterizzano.
Si dovrebbe, inoltre, far capire al Nord che gli conviene che il Sud si sviluppi, perché ciò gli permetterà, a sua volta, di svilupparsi, nonché spiegare che la nuova integrazione tra Nord e Sud può rappresentare una via di uscita dalla crisi italiana, da una situazione di grave preoccupazione che può sfiorare il dramma.
Colleghi, colgo l'occasione di questo decreto-legge sbagliato, che istituisce un ministero inutile, per dire che dovremmo prendere coscienza della necessità di un grande cambiamento.
Questo paese va unito; occorre una nuova unità tra Nord e Sud. In particolare, il Sud dovrebbe ricoprire un nuovo ruolo per fare in modo che centinaia di migliaia di giovani possano trovare lavoro nel luogo in cui hanno gli affetti, dove hanno studiato ...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole D'Antoni.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. ... ed hanno la possibilità di crescere.
Ciò darebbe una forte spinta al Nord, ad un nuovo paese che vogliamo costruire (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-SDI-Unità Socialista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, condivido le considerazioni svolte da molti colleghi (da ultimo, dal collega D'Antoni), quindi i rilievi critici mossi sul provvedimento in esame. Vorrei comunque segnalare, con riferimento allo stesso, un dato interessante afferente agli articoli 2-ter, 2-quater e 2-quinquies, riguardanti la verifica preventiva dell'interesse archeologico delle opere.
Si tratta di un'iniziativa legislativa più volte richiesta; in particolare, è stato rivolto un invito ad operare in tal senso da parte del professor Settis, della Normale di Pisa, e di altre componenti del mondo interessato a salvaguardare la straordinaria unicità del patrimonio archeologico italiano, del nostro patrimonio storico-culturale, per far realizzare, senza produrre danni, le opere necessarie al paese. È una normativa innovativa ed interessante e mi auguro che verrà applicata coerentemente all'ispirazione di fondo, anche se sono state espresse nei confronti del provvedimento critiche e giudizi negativi da parte delle forze di opposizione.
Comunque, vorrei lasciare traccia del lavoro positivo svolto per quando riguarda la necessità di conciliare l'esigenza di realizzare quelle opere che sono effettivamente necessarie al nostro paese (in molti casi non andrebbero intraprese opere inutili, come spesso accade) con la salvaguardia del nostro patrimonio archeologico, storico e culturale, perché ciò rientra nell'interesse comune, nell'interesse dell'identità e del futuro dell'Italia.
Da questo punto di vista, mi sembra sia stato svolto un buon lavoro e mi auguro che presto venga messo in pratica (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

PIERANTONIO ZANETTIN, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Chiaromonte 2-ter.16 e Zanella 2-ter.41, nonché sull'emendamento Colasio 2-ter.2, mentre raccomanda l'approvazione dell'emendamento 2-sexies.100 della Commissione, nella parte ritenuta


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ammissibile. Esprime parere contrario sulle restanti proposte emendative.

PRESIDENTE. Il Governo?

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo accetta l'emendamento 2-sexies.100 della Commissione e concorda per il resto con il parere espresso dal relatore, ad eccezione dell'emendamento Grignaffini 2-ter.23 sul quale formula un invito al ritiro, esprimendo altrimenti parere contrario; invito peraltro l'onorevole Grignaffini a presentare un ordine del giorno di analogo contenuto, preannunziando la disponibilità del Governo ad accoglierlo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Colasio 2.1, Titti Simone 2.2 e Boato 2.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Signor Presidente, con l'emendamento da noi presentato abbiamo richiesto la soppressione dell'articolo 2 e già nelle Commissioni cultura e affari costituzionali ne abbiamo evidenziato le ragioni.
Devo riconoscere che su alcune parti del provvedimento vi è stato un dialogo con la maggioranza e con il Governo: mi riferisco, in particolare, alla verifica preventiva dell'interesse archeologico, in ordine alla quale vi è stata l'approvazione anche di nostre proposte emendative.
Ciò che rimane incomprensibile è il mantenimento da parte del Governo e della maggioranza della decisione di rivedere le competenze ministeriali e della Presidenza del Consiglio con riferimento alla SIAE; se tale posizione era comprensibile, anche se non giustificata da parte nostra, al fine di evitare un ulteriore esame del provvedimento da parte del Senato, ora non lo è più, visto che il testo dovrà comunque passare all'altro ramo del Parlamento.
La Presidenza del Consiglio non ha compiti di gestione amministrativa e non ha competenza ad entrare nel merito delle materie come invece ha la SIAE. A seguito di questo trasferimento di competenze dal ministero alla Presidenza del Consiglio, non si rafforzano gli strumenti di lotta alla pirateria né si garantisce una maggiore tutela e valorizzazione del diritto d'autore.
Riteniamo sbagliata questa nuova ripartizione delle competenze, riconoscendo nel Ministero dei beni e delle attività culturali il soggetto più adatto a promuovere un settore così importante per il nostro paese. Ciò determina un forte limite alla libertà di espressione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 17,30)

CARLO CARLI. Si tratta di un fatto molto grave. Inoltre, ci si chiede come si possa trasferire questa competenza alla Presidenza del Consiglio quando tutti, in Italia e nel mondo, sono a conoscenza degli interessi editoriali, in particolare nel settore delle televisioni, dello stesso Presidente.
Onorevoli colleghi e rappresentante del Governo, il conflitto di interessi viene accentuato, visto che una rete di televisioni fa riferimento al premier in termini di proprietà e che la Presidenza del Consiglio è chiamata a svolgere una funzione di vigilanza nella tutela dei diritti di autore e di editore. Lo ritengo un fatto molto grave, che dà con forza il segnale della mancata volontà di risolvere il conflitto di interesse. Anzi, in questo caso, lampante ed evidente, esso diventa ancora più grave. Pertanto, vi invito con forza a riflettere su questo problema. Tale riflessione sarebbe utile ed importante per giungere allo stralcio dell'articolo.

PRESIDENTE. Onorevole Carli...

CARLO CARLI. Pertanto, insistiamo su tale proposta affinché questa materia resti nell'ambito delle competenze del Ministero dei beni e delle attività culturali, così come noi chiediamo.


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PRESIDENTE. Onorevole Carli, la prego di concludere.

CARLO CARLI. Signor Presidente, sto concludendo.
Inoltre, vorrei ricordare che lo statuto della SIAE è recente e che, pertanto, un intervento così pesante su di esso è fortemente sbagliato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, francamente ci resta difficile comprendere le ragioni che hanno indotto il Governo a ricorrere alla decretazione d'urgenza in materia di SIAE, anche perché, paradossalmente, l'enunciato del decreto non ha alcuna efficacia nei confronti di quanto recita il decreto stesso.
Non so se il sottosegretario Ventucci o il relatore, onorevole Zanettin, sono in grado di spiegarmi la correlazione tra il contrasto alla pirateria internazionale e il rafforzamento della vigilanza da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri. Onorevole Zanettin, il dato di fatto è che oggi siamo di fronte a problemi veri; infatti, la rete Internet impone a livello governativo la tutela del diritto d'autore e della proprietà intellettuale con scelte innovative come quelle dei DRM, ovvero la gestione dei diritti digitali. È questo il vero nodo che si sarebbe dovuto affrontare; il suo mancato scioglimento è tanto più paradossale perché il Governo ha anche fatto cose buone. Mi riferisco all'operato della commissione Vigevano, assolutamente condivisibile in molti suoi punti. Quindi, si pone assai chiaramente il problema della digitalizzazione a livello di editoria informatica, musicale (MP3, formati di compressione digitale) e, soprattutto in prospettiva, per il settore cinematografico. Pertanto, occorre rispondere in modo innovativo, potenziando e qualificando tecnologicamente la SIAE con lo sportello informatico, per dar vita ad un efficace contrasto alla pirateria.
Vorrei anche aggiungere un'ulteriore considerazione. Si pone il problema di creare le condizioni - come avvenuto negli Stati Uniti, dove il vero mercato ha superato la pirateria in termini di risorse positivamente allocate a favore del diritto d'autore e dei grandi produttori di contenuti culturali - affiché la rete, da fattore distruttrice di valore, divenga, al contrario, un elemento di creazione di valore, che premi la creatività intellettuale e il diritto d'autore in formato digitale. Di questi aspetti si sarebbe dovuto parlare se vi fosse stata coerenza fra l'enunciato del decreto e il merito. Allora, preso atto che il decreto Urbani relativo alle norme «antipirateria» non ha fornito tutte le risposte necessarie, si sarebbe potuto lavorare insieme sui DRM e sul rafforzamento della tutela dei diritti digitali. Infatti, è questo il problema.
Ma oggi ci confrontiamo con una previsione assolutamente irrilevante rispetto al tema. Lo ha ricordato anche il sottosegretario Bono, al Senato: capisco l'esigenza di vigilanza, ha affermato, ma di fatto si tratta di un passo indietro rispetto ai decreti legislativi n. 300 e n. 303 del 1999. Tali decreti, a nostro avviso, avevano definito un percorso molto chiaro, in virtù del quale la vigilanza SIAE e la tutela del diritto d'autore venivano ricondotte nell'ambito del Ministero dei beni e delle attività culturali, vale a dire nell'ambito della collocazione corretta, e non della Presidenza del Consiglio dei ministri. In virtù della normativa previgente, lo statuto della SIAE veniva approvato, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, dal Ministero dei beni e delle attività culturali. Oggi, invece, è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dei beni e delle attività culturali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Non vi sembra una procedura a dir poco tortuosa? E, soprattutto, a cosa serve? Non le chiedo una risposta, signor sottosegretario...

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.


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L'ho già data, nel corso della discussione sulle linee generali.

ANDREA COLASIO. Ci riesce difficile comprendere il senso compiuto di tale previsione, dal momento che anche voi, all'epoca, eravate d'accordo sull'attribuzione della competenza al Ministero dei beni e delle attività culturali. Siamo infatti in una società della conoscenza e la tutela, la promozione e la valorizzazione della creatività e del diritto d'autore necessitano di nuovi strumenti legislativi, all'altezza della sfida tecnologica: questo ci interessa, non una procedura che, di fatto, riconduce la tutela del diritto d'autore nell'ambito della vecchia logica autoritativo-burocratica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Non viene definita una strategia innovativa.
Ciò premesso, non possiamo che esprimere contrarietà su tale previsione normativa. Infatti, al di là delle osservazioni di merito che ho formulato, nutriamo preoccupazione per il fatto che la SIAE, purtroppo, ha conosciuto negli ultimi mesi vicissitudini che attengono al rispetto della sua autonomia e alla necessità che gli autori e gli enti associati siano in grado di definire autonomamente il loro statuto e di eleggere il loro presidente. Temiamo che il rafforzamento del controllo e della vigilanza da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri possa tradursi in una riduzione dell'ambito di autonomia della SIAE, vale a dire in una riduzione dell'ambito di autonomia degli autori, che rappresentano una grande risorsa per il nostro patrimonio culturale.
Per tali ragioni, esprimiamo voto favorevole sugli emendamenti soppressivi in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Colasio 2.1, Titti De Simone 2.2 e Boato 2.3, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 413
Votanti 412
Astenuti 1
Maggioranza 207
Hanno votato
198
Hanno votato
no 214).

Avverto che sono stati ritirati gli emendamenti Zanella 2-quater.40 e 2-quinquies.40.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Titti De Simone 2-ter.6 e Cento 2-ter.45.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
Onorevoli colleghi, l'onorevole Colasio ha diritto di parlare...

ANDREA COLASIO. Una volta tanto che parlo bene di quello che fate...! Almeno ascoltatemi, sto dicendo che avete fatto una cosa buona!

PRESIDENTE. Non si può fare un piacere a nessuno...!

ANDREA COLASIO. Non c'è verso: siete un pò ingovernabili...!
Scherzi a parte, ritengo vada sottolineato con chiarezza che alcune norme sono estremamente positive, ed è un peccato che vengano vanificate - spiace dirlo, signor sottosegretario - in quel «processo negoziale» che al Senato ha definito l'iter del provvedimento in esame. Siete riusciti, infatti, ad incidere su una norma estremamente positiva, che introduce, a mio avviso, un elemento di riflessione politico-culturale sulle modalità con le quali vanno definite le politiche culturali nel nostro paese.
Il codice dei beni culturali è stato modificato, in particolare all'articolo 28, comma 4; consideriamo tale misura in termini molto positivi in quanto introduce, a regime - come è giusto che sia -, una procedura ordinaria di verifica preventiva


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dell'interesse culturale, in particolare archeologico, nella fase di progettazione preliminare.
La norma in questione reca una disposizione che condividiamo e che, sostanzialmente, si basa sulla consapevolezza che il sottosuolo del nostro territorio racchiude un grande patrimonio identitario, una profonda sedimentazione e stratificazione storica.
Ebbene, è allora evidente - sia detto con chiarezza - che va riconosciuta intelligenza politica non solo al Ministero per i beni e le attività culturali, ma anche a quello delle infrastrutture e dei trasporti, che ha voluto con decisione questa norma nella consapevolezza che gli interventi di tipo infrastrutturale implicano a monte, non a valle, la verifica della sussistenza di aree ad interesse archeologico.
Ciò detto, se consideriamo le caratteristiche morfologiche del nostro paese, dobbiamo convenire che questo era un atto dovuto: in Italia, ovunque si scavi, emergono testimonianze di civiltà culturali. La norma in questione, pertanto, trova il nostro consenso: la consideriamo assolutamente importante e condivisibile sia nel merito sia per la procedura ipotizzata. Tale misura è rafforzativa e consente di porre a regime una procedura che, in precedenza, era meramente discrezionale. L'articolo 28, comma 4 del codice dei beni culturali, infatti, concedeva al sovrintendente, riguardo ad un'opera pubblica, la facoltà di intervenire con modalità discrezionali nell'iter progettuale.
Nell'ipotesi in esame, il progetto preliminare dell'opera pubblica deve ricevere una validazione tecnico-scientifica da parte dei dipartimenti di archeologia e della competente sovrintendenza territoriale. Lo considero un atto di civiltà, una modalità intelligente di governare e bilanciare l'identità territoriale con la necessarietà degli interventi infrastrutturali.
Signor sottosegretario Ventucci, sono queste le ragioni che, nel merito, ci hanno portato ad esprimere un giudizio positivo. Inoltre, non è meno evidente che, ove possibile, la norma in questione andrebbe rafforzata e modificata.
Le proposte emendative in esame propongono che i progetti vadano presentati nella loro interezza. Ebbene, lo stralcio della parte relativa all'intervento archeologico ci sembra impedire alla competente sovrintendenza una visione di insieme dell'efficacia e degli effetti dei vari progetti. Pur comprendendo, quindi, le ragioni di praticità alla base di una tale misura, temiamo che venga meno quella visione di insieme che avrebbe consentito alla competente sovrintendenza di esprimere un giudizio di merito molto più motivato.
Sono queste le ragioni che ci hanno indotto a presentare tali proposte emendative.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Come ho già avuto modo di ribadire in occasione del mio intervento sull'articolo 2, in materia di nuove competenze concesse alla Presidenza del Consiglio sulla SIAE, ritengo che le disposizioni ora in esame, introdotte al Senato, siano largamente condivisibili.
Come tutti possono verificare, le nostre proposte emendative hanno una funzione migliorativa: propongono sia di definire meglio alcune disposizioni dal punto di vista procedurale sia di rendere la norma più completa e organica.
Pertanto, insistiamo affinché il rappresentante del Governo, il relatore e la maggioranza considerino più attentamente le nostre proposte emendative in quanto volte a rendere il testo più completo.
Riteniamo che l'introduzione al Senato di questo articolo e anche della norma che riguarda la verifica preventiva dell'interesse archeologico costituisca un fatto molto importante. Del resto, tutti sappiamo quanto costi per la comunità, sia in termini di civiltà che di valore storico-artistico ed anche economico, la sospensione dei lavori o la realizzazione di opere infrastrutturali in un territorio del quale non conosciamo il valore sottostante.
Ritengo che siano stati compiuti molti errori e prodotti danni irreparabili. Vi


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sono stati nei decenni passati rilevanti danni anche economici: infatti, di fronte al rinvenimento di un reperto appartenente a quel grande patrimonio che è l'archeologia, è giusto fermare i lavori e andare a verificare come sia possibile portare avanti il progetto a suo tempo approvato.
La verifica preventiva dell'interesse archeologico del territorio è dunque molto importante, come lo è anche, peraltro è esplicitato nell'articolato del provvedimento, il coinvolgimento delle regioni, le quali hanno, a seguito della riforma costituzionale, un ruolo ed una competenza importantissimi riguardo ai beni culturali, in termini di tutela, assicurata attraverso un'azione congiunta tra lo Stato e le regioni, gli enti locali, le province ed i comuni.
Ecco allora che, di fronte a questa innovazione legislativa che non ha precedenti rilevanti, ci troviamo oggi nella condizione di migliorarla e di intervenire in questa fase attraverso i nostri emendamenti, i quali, ad una lettura attenta, non sono stravolgenti, ma, anzi, danno un senso compiuto al provvedimento stesso ed alla parte modificata dal Senato.
Auspico che il Governo e la maggioranza possano accogliere le nostre proposte volte a rendere la norma più efficace. In effetti, sia l'emendamento dei deputati di Rifondazione comunista che quello dei Verdi hanno una rilevanza procedurale e contribuiscono ad evitare possibili incongruenze e «letture» del testo improprie e non coerenti con l'intendimento del legislatore. Entrambi gli identici emendamenti hanno lo stesso significato; invitiamo, pertanto, ad approvarli.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Titti De Simone 2-ter.6 e Cento 2-ter.45, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 425
Votanti 424
Astenuti 1
Maggioranza 213
Hanno votato
199
Hanno votato
no 225).

Indìco...

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, avevo chiesto di parlare!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mascia. Revoco l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Mascia, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto (Commenti).
Mi dispiace, onorevoli colleghi, ma se l'onorevole Mascia ha chiesto di parlare ha diritto di farlo. Questo è il Parlamento: i deputati devono poter parlare! Prego, onorevole (Applausi)!

GRAZIELLA MASCIA. La ringrazio, signor Presidente.
Noi partiamo da un assunto negativo del codice dei beni culturali del ministro Urbani e della cosiddetta verifica preventiva dell'interesse archeologico delle aree oggetto di speculazione edilizia e di altro genere.
Consideriamo che questo possa rappresentare un salto in avanti nella campagna governativa che ha consentito di fatto politiche di privatizzazione e di devastazione degli stessi beni.
Noi partiamo da un assunto negativo ed è per questa ragione che cerchiamo di restringere i varchi introdotti al testo al nostro esame; a questo fine, per rendere più rigorose le verifiche degli enti preposti, restringiamo la platea dei soggetti qualificati a svolgerle.
Se con il precedente emendamento ci proponevamo di trattare singoli aspetti della materia, perché lo stralcio non era sufficiente per addivenire ad un esame del progetto, in questo caso facciamo riferimento a questioni di reperibilità in ordine a possibili discrezionalità e ad omissioni


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poste in atto da parte di chi deve reperire quei dati. Con gli emendamenti successivi a quello in esame si tende a delimitare il campo dei soggetti - i tecnici - in possesso della necessaria qualifica per esprimere un giudizio completo; faccio riferimento, in particolare, ai comitati tecnici scientifici chiamati ad esprimersi sui singoli progetti.
Lo spirito dei nostri emendamenti è quello di introdurre rigore, anche rispetto ai progetti presentati tempo addietro e già presi in esame. Si tratta quindi di emendamenti che hanno una loro coerenza in riferimento alle finalità dell'articolo 2 (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-ter.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 424
Votanti 423
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato
203
Hanno votato
no 220).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-ter.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 426
Votanti 275
Astenuti 151
Maggioranza 138
Hanno votato
52
Hanno votato
no 223).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-ter.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 428
Votanti 277
Astenuti 151
Maggioranza 139
Hanno votato
56
Hanno votato
no 221).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cento 2-ter.46. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
Colleghi, per favore! Il collega Carli parla bene ed ha l'accento toscano...! Prego, onorevole Carli.

CARLO CARLI. Presidente, lei che è pisano conosce bene l'accento toscano.

PRESIDENTE. L'accento della Versilia...

CARLO CARLI. Signor Presidente, quello al nostro esame è un emendamento su cui invito i colleghi ad esprimere un voto favorevole perché con esso si chiede l'introduzione del comitato tecnico scientifico per i beni archeologici del Ministero per i beni e le attività culturali. Si tratta, quindi, di un emendamento senz'altro migliorativo del testo del provvedimento, e segue l'impostazione collaborativa che abbiamo dato durante il dibattito su questa materia.
Per tutte queste motivazioni, insistiamo perché l'emendamento Cento 2-ter.46 sia accolto dal Governo e dai colleghi della maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cento 2-ter.46, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 425
Maggioranza 213
Hanno votato
207
Hanno votato
no 218).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-ter.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 422
Votanti 279
Astenuti 143
Maggioranza 140
Hanno votato
63
Hanno votato
no 216).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-ter.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 419
Astenuti 4
Maggioranza 210
Hanno votato
200
Hanno votato
no 219).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Chiaromonte 2-ter.16 e Zanella 2-ter.41, accettati - rara avis! - dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 422
Votanti 420
Astenuti 2
Maggioranza 211
Hanno votato
412
Hanno votato
no 8).

Avverto che l'emendamento Colasio 2-ter.1 è precluso a seguito dell'esito della precedente votazione.
Passiamo all'emendamento Carli 2-ter.17.

ANDREA COLASIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, molto telegraficamente, ringrazio il sottosegretario per avere «recepito» un emendamento esplicativo: la parola «puntualmente» poteva dare adito, infatti, ad un'interpretazione restrittiva.
Il problema riguarda le modalità con cui il sovrintendente definisce un supplemento di indagine istruttoria. A tale proposito, è evidente che la richiesta deve essere motivata. Sono convinto che l'efficacia di un vincolo - misura tipica con la quale il ministero interviene in sede di tutela - debba essere supportata, come appare indiscutibile, da una buona motivazione. Il fatto che sia stato espresso parere favorevole sul mio emendamento successivo, che propone di sostituire alla parola «puntualmente» le parole «con modalità analitiche», risolve il problema:


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si introdurrà, in tal modo, una definizione squisitamente tecnica che bilancia le esigenze di tutela con quelle di chiarezza. Ringrazio, dunque, il relatore ed il sottosegretario per aver espresso parere favorevole sul mio emendamento 2-ter.2.
È evidente, a questo punto, che la parola «puntualmente», dal significato troppo vago, verrà sostituita dalle parole «con modalità analitiche», con una previsione più corretta dal punto di vista tecnico.

CARLO CARLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Signor Presidente, il collega Colasio si riferiva al parere favorevole espresso dalla Commissione e dal Governo sul successivo emendamento Colasio 2-ter.2, che propone di sostituire la parola «puntualmente» con le parole «con modalità analitiche», che specificano meglio. È per questo motivo che la maggioranza ed il Governo hanno espresso parere favorevole.
Naturalmente, ringrazio e, per brevità, colgo l'occasione per preannunciare che, quando passeremo all'emendamento Colasio 2-ter.2, esprimeremo su di esso un voto favorevole.

PRESIDENTE. Dunque, se ho ben compreso, l'emendamento Carli 2-ter.17 è stato ritirato. Lo conferma, onorevole Carli?

CARLO CARLI. Lo confermo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colasio 2-ter.2, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato
417
Hanno votato
no 5).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Titti De Simone 2-ter.12, Grignaffini 2-ter.18 e Zanella 2-ter.42.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Signor Presidente, è un intervento migliorativo anche quello volto a prevedere tempi più congrui (trenta giorni anziché dieci) per l'esame della materia, dei progetti, dei provvedimenti. Pertanto, credo che la Commissione ed il Governo, che invito ad un'ulteriore riflessione, potrebbero esprimere anche in questo caso un parere favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Titti De Simone 2-ter.12, Grignaffini 2-ter.18 e Zanella 2-ter.42, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 425
Votanti 424
Astenuti 1
Maggioranza 213
Hanno votato
208
Hanno votato
no 216).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cento 2-ter.47, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 428
Votanti 427
Astenuti 1
Maggioranza 214
Hanno votato
209
Hanno votato
no 218).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Colasio 2-ter.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, ricordo che anche nei rapporti privati si definiscono i dieci o i quindici giorni lavorativi. In questo momento, le soprintendenze di settore sono sovraccariche di funzioni. Il Parlamento ha approvato una procedura innovativa per la verifica dell'interesse culturale. In via del tutto incidentale, ricordo all'Assemblea che tale procedura (la cui approvazione è stata da noi molto contestata), di fatto, sarà modificata implicitamente dall'approvazione di questo disegno di legge di conversione (sono estremamente soddisfatto di ciò). Infatti, con grande chiarezza, si stabilisce ciò a prescindere dalla valutazione di interesse culturale, per un motivo molto semplice. La valutazione di interesse culturale - che avete modificato - che è diventata costituiva, affinché un oggetto possa essere considerato un bene culturale, per noi è meramente dichiarativa. Ebbene, in questo decreto-legge, positivamente, affermate la stessa cosa. Ma poiché le soprintendenze, in questi ultimi dodici mesi, sono state sovraccaricate a seguito della molteplicità di richieste di verifica di interesse culturale, credo sarebbe opportuno (il relatore potrebbe benissimo accettare questa proposta) prevedere una dilazione temporale minimale; non stiamo chiedendo novanta giorni, ma quindici giorni invece di dieci. Sarebbe un segnale intelligente nei confronti, non tanto delle opposizioni, quanto di quegli operatori che, di fatto, in questo momento, con risorse esigue e decrescenti stanno svolgendo la loro funzione di tutela e di valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Il riconoscimento della loro professionalità e del sovraccarico lavorativo rappresenterebbe un segnale positivo da parte del Parlamento e una dimostrazione di attenzione nei confronti di quei lavoratori e del nostro patrimonio culturale. Mi affido, quindi, al relatore.

PRESIDENTE. Il relatore mantiene il suo caratteristico riserbo... Quindi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colasio 2-ter.3 , non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 428
Votanti 427
Astenuti 1
Maggioranza 214
Hanno votato
207
Hanno votato
no 220).

Passiamo all'emendamento Grignaffini 2-ter.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Signor Presidente, il comma 4 dell'articolo 2-ter, al secondo periodo, recita: «In caso di documentata esigenza di approfondimenti istruttori il soprintendente, per una volta sola» - lo ripeto: per una sola volta - «richiede le opportune integrazioni puntualmente riferibili ai contenuti della progettazione ed alle caratteristiche dell'intervento da realizzare ed acquisisce presso per la stazione appaltante le conseguenti informazioni». La norma, quindi, specifica che è possibile avanzare tale richiesta una sola volta. Ma nel caso in cui un soprintendente si sbaglia nel chiedere l'integrazione, si porta


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avanti un'opera devastante per l'arte e per la civiltà? Credo che ciò non debba accadere. E nel caso in cui un soprintendente, che non ha tenuto conto di una parte del progetto, si vede costretto ad avanzare un'ulteriore richiesta di integrazione, cosa accade? Non gli è consentito farlo, perché la legge stabilisce «una sola volta».
Francamente, non occorre un trattato di giurisprudenza; si tratta di buonsenso.
Pertanto, invito l'Assemblea ad approvare la proposta emendativa che, indubbiamente, migliorerebbe fortemente il testo evitando i rischi, da me segnalati, di gravi ed irreparabili danni al patrimonio ed alla cultura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, francamente, l'espressione «per una sola volta» è criticabile, atteso il giudizio estremamente positivo con cui ci siamo espressi su quella che potremmo definire una sorta di nuova VIA (nel senso di una valutazione di impatto archeologico).
Riteniamo si sia trovato un giusto equilibrio tra esigenze di tutela dei beni culturali ed esigenze di progettazione e di modernizzazione; cambia alquanto la filosofia seguita, essendosi superata la logica meramente autoritativa dell'imposizione del vincolo a prescindere dalla motivazione, il che, francamente, aveva prodotto vincoli ineffettuali. La questione si pone poiché siamo in fase pre-preliminare, nel senso che la stazione appaltante è obbligata, per legge, a comunicare al soprintendente competente il progetto preliminare prima della sua approvazione. Pertanto, nel prosieguo delle frasi di progettazione, dal preliminare al definitivo, all'esecutivo, nell'implementazione del progetto, proprio perché il nostro sottosuolo è una miniera sconosciuta, ci si può confrontare con emergenze ambientali tali da modificare la valutazione che giustamente avete previsto debba essere recata dalla relazione definitiva archeologica (che conclude la procedura). I sondaggi ed i lavori di scavo e carotaggio condotti secondo la previsione della disposizione - sempre che esistano condizioni per effettuare scavi e sondaggi -, si effettuano su un campione (ribadisco, su un campione); se dunque stiamo costruendo un'autostrada di 200 chilometri, è evidente che si fa il sondaggio ed il carotaggio sulle aree dove presuntivamente vi è emergenza archeologica. È dunque noto al soprintendente ed alla stazione appaltante se l'opera insiste su aree già suscettibili di tutela; perciò, che senso ha il restringere l'operatività del soprintendente specificando che «per una sola volta» può chiedere un approfondimento di istruttoria?

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ma non è così! Colasio, non è così!

ANDREA COLASIO. Vi è una sorta di mancanza di fiducia tra articolazioni periferiche dello Stato, tra Ministero dei beni culturali - che deve tutelare i beni - e Ministero dei lavori pubblici, che, in una logica cooperativa, devono definire comunque un progetto in tempi ragionevoli rispetto alle esigenze di un dato territorio.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Facciamoli in tempi ragionevoli!

ANDREA COLASIO. Sottosegretario Ventucci, poichè siamo d'accordo con lei e crediamo nelle esigenze di modernizzazione e di tutela, è ridondante l'espressione «per una sola volta»; siamo convinti che le soprintendenze, spesso e volentieri, agiscono secondo una logica di tutela rafforzata, ed è bene sia così. Non vi è alcuna logica distorsiva rispetto al progetto; vi è una precisa volontà di valorizzare eventuali emergenze significative che non siano preventivate nel progetto preliminare. Tra l'altro, devo far notare al relatore Zanettin come la stessa norma preveda modalità con cui lo stesso soprintendente può bloccare tale procedura. Dinanzi al rifiuto


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dell'approfondimento di istruttoria, si può applicare il vecchio articolo 12 del decreto sulle dichiarazioni di interesse culturale (ora, articolo 13 del codice), che prevede la verifica di interesse culturale. Quindi, si verrebbe a creare una situazione conflittuale tra stazione appaltante e Ministero dei beni culturali, con i ricorsi amministrativi previsti dall'articolo 16 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Ritengo che sostituire la logica autoritativa con una logica cooperativa tra stazione appaltante, Ministero dei lavori pubblici e Ministero dei beni culturali rappresenti invece una risposta innovativa. Quel «per una sola volta» è dissonante rispetto a tale armonia progettuale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, condivido completamente le argomentazioni testè sostenute dal collega Colasio e, prima ancora, dall'onorevole Carli.
Desidero rivolgermi al sottosegretario Ventucci. È chiaro che la formulazione «per una sola volta» risulta contraddittoria rispetto allo spirito della normativa in esame, che, come abbiamo sostenuto più volte, riteniamo interessante, e di cui diamo atto al Governo di essersene fatto promotore.
Potete immaginare tutte le sue controindicazioni: cosa vuol dire «per una sola volta»? E se la documentazione risultasse ancora incompleta? È come un matrimonio: si parli ora o si taccia per sempre! Il nostro interesse è realizzare le opere in tempi certi, ma con la garanzia che, al contempo, non siano distrutte anche ricchezze, identità e storie, nonché il futuro del nostro paese.
Il concetto sotteso all'espressione «per una sola volta» evoca una sorta di legittima suspicione nei confronti di un intento ostruzionistico da parte di alcune istituzioni dello Stato, che non credo rientri nelle finalità della parte dell'articolato del provvedimento che stiamo attualmente esaminando. Per questo motivo, chiedo francamente al Governo ed ai colleghi di valutare con attenzione l'emendamento in esame, nonché la proposta emendativa successiva, che mi sembra che nulla tolgano al rigore della norma, evitando tuttavia che emergano le contraddizioni contenute nella formulazione in questione.
Signor sottosegretario Ventucci, so che lei è una persona colta e sensibile: ci faccia capire, pertanto, qual è il significato dell'espressione «per una sola volta», dal momento che, in assenza di una spiegazione adeguata, dobbiamo interpretarla come una sorta di «clausola di dissolvenza» del significato di una disposizione che presenta aspetti positivi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, sempre a titolo personale, dunque con la coerente sintesi, l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, la sintesi sarebbe di due o tre minuti? Quanto tempo ho a disposizione?

PRESIDENTE. Sarebbe un minuto, ma io gliene concedo un po' di più: lei sa che sono buono! Prego, onorevole Duca.

EUGENIO DUCA. Veramente, sarebbe opportuno che il rappresentante del Governo adducesse una motivazione in ordine al parere contrario espresso sull'emendamento in esame, che costituisce una proposta emendativa di buonsenso. Credo si tratti, altresì, di un emendamento che consente allo stesso rappresentante del Governo di esercitare il proprio ruolo: non vorrei, infatti, che sia stato espresso parere contrario per il solo fatto che esso è stato presentato da deputati appartenenti all'opposizione. Nel nostro paese, infatti, vi sono numerose circostanze che necessitano di ulteriori approfondimenti.
Potrei citare, al riguardo, un episodio segnalato da tanti quotidiani, peraltro in una zona del nostro paese che non sono abituato a frequentare. Mi riferisco alla città di Benevento, nella quale sono stati costruiti, da un certo signor Zamparini, alcuni capannoni abusivi sull'ansa di un


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fiume. Tali capannoni hanno ottenuto persino il parere favorevole della soprintendenza, ma sulla base di progetti che localizzavano tali fabbricati in un luogo diverso da dove sono stati effettivamente realizzati.
Sto parlando di un'area di grande valore ambientale, come il fiume Calore, nella gloriosa città di Benevento. Si tratta di capannoni abusivi costruiti dove...

PRESIDENTE. Onorevole Duca...

EUGENIO DUCA. ...non era indicato nelle carte.
Ho finito il tempo a mia disposizione, signor Presidente?

PRESIDENTE. Sì, purtroppo: lei deve dire cosa è accaduto di male...!

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, ovviamente mi attengo ai tempi, semmai...

PRESIDENTE. Onorevole Duca, i tempi sono quelli che lei conosce, dal momento che è già intervenuto un deputato appartenente al suo stesso gruppo, in maniera che definirei molto esauriente.

EUGENIO DUCA. Interverrò successivamente, signor Presidente...

PRESIDENTE. Va bene...

EUGENIO DUCA. ... per spiegare meglio l'accaduto, perché ha già parlato un mio collega. Il tempo è tiranno, e quindi mi arrendo!

PRESIDENTE. Si tratta di un tiranno galantuomo, perché lo è con tutti!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grignaffini 2-ter.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Verdi, l'Unione e Misto-comunisti italiani - Commenti).

(Presenti 387
Votanti 386
Astenuti 1
Maggioranza 194
Hanno votato
199
Hanno votato
no 187).

Prendo atto che l'onorevole Maninetti non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colasio 2-ter.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo, limitatamente alla parte non preclusa dall'approvazione dell'emendamento Grignaffini 2-ter.19.
(Segue la votazione).

SERGIO COLA. Presidente, votano per quattro!

PIERO RUZZANTE. Cola, ma guardati dietro!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 401
Maggioranza 201
Hanno votato
192
Hanno votato
no 209).

Colleghi, sono bonario su tutto, ma sul «voto per conto terzi» sono severo, perché, a mio parere, è un reato votare per altri. Non si deve fare!

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo per fare una piccola chiosa a quanto lei ha testé detto. Volevo fare i «complimenti» al collega che, in settima fila del primo settore (banchi del centrodestra), è riuscito a votare per tre!

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, lei sa che omne trinum est perfectum!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 2-ter.43, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 391
Maggioranza 196
Hanno votato
186
Hanno votato
no 205).

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, guardi là!

SERGIO COLA. Signor Presidente, guardi anche dall'altra parte!

PRESIDENTE. Io guardo! Ho già fatto un ammonimento di carattere etico-giuridico, anche se debbo constatare che, purtroppo, non è servito.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-ter.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 393
Maggioranza 197
Hanno votato
188
Hanno votato
no 205).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Grignaffini 2-ter.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Chiedo scusa agli onorevoli colleghi, ma credo che i nostri interventi non siano caduti nel vuoto. Abbiamo constatato di aver convinto anche i colleghi della maggioranza. In ogni caso, è stato un successo: è stato approvato un emendamento da noi proposto (Una voce dai banchi del gruppo di Alleanza Nazionale: Vi accontentate di poco!).
Anche l'emendamento in esame, che invito tutti ad esaminare attentamente, modifica, da 15 a 20 giorni un termine previsto dal comma 4, quarto periodo, dell'articolo 2-ter.
Signor rappresentante del Governo, credo che esprimere un parere favorevole su tale emendamento non sia la fine del mondo! Anzi, direi che si tratterebbe di un gesto di riconoscimento di una posizione di buon senso. Anche un giorno è infatti importante in questa materia, perché il non arrivare in tempo, quando si opera sul territorio, qualche volta vuol dire arrecare danni irreparabili alla storia e alla cultura (in questo caso, si parla di archeologia).
Invito, dunque, nuovamente il Governo a riflettere ed a riformulare il proprio parere in senso positivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, mi atterrò al minuto di tempo che mi è concesso e vorrei rivolgere una richiesta al rappresentante del Governo. Il collega Carli ha proposto un'argomentazione di tutto rispetto. Sappiamo come funziona la burocrazia: il tempo e i giorni, in casi come questi, diventano importanti. In qualche caso, diventano importanti anche pochi giorni o poche ore: per una notifica, per consegnare un atto, per impedire, magari, che si possa compiere uno scempio


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su parte di un patrimonio importante. Il collega Carli ha posto, quindi, un problema pregnante.
Sarebbe bene - questa è la mia raccomandazione - che il rappresentante del Governo ci spiegasse il motivo per cui vi è un parere contrario sull'emendamento in esame e che ci dicesse se è credibile che, in base al funzionamento della macchina burocratica del Ministero, i tempi previsti possano essere rispettati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grignaffini 2-ter.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 412
Votanti 411
Astenuti 1
Maggioranza 206
Hanno votato
204
Hanno votato
no 207).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cento 2-ter.48, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 416
Votanti 410
Astenuti 6
Maggioranza 206
Hanno votato
24
Hanno votato
no 386).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Carli 2-ter.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni - Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

(Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato
210
Hanno votato
no 212).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Colasio 2-ter.5 e Grignaffini 2-ter.22, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, là in fondo!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 426
Maggioranza 214
Hanno votato
210
Hanno votato
no 216).

Onorevoli colleghi, ve l'ho già detto: perché volete spingermi a far effettuare il controllo delle schede da parte dei segretari?

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, in caso di controllo, ci guadagneremmo...

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Grignaffini 2-ter.23 formulato dal Governo.

CARLO CARLI. Signor Presidente, questo emendamento è relativo al comma 8,


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sul quale abbiamo espresso alcune riserve. Da parte del Governo è stato formulato un invito al ritiro ed è stato annunciato (in proposito, chiedo se questo intendimento sia confermato) un parere favorevole su un ordine del giorno che abbiamo presentato. Pertanto, ritiriamo l'emendamento Grignaffini 2-ter.23.

ANDREA COLASIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, sono d'accordo con il ritiro dell'emendamento a questa condizione. Infatti, diversamente, vi sarebbero territori su cui insisterebbe una logica di tutela asimmetrica. Poiché siamo in fase di progettazione preliminare, è evidente che il ritardo e l'impatto negativo sull'effettuazione dei lavori non sarebbero poi così dannosi.
Credo che, se finora abbiamo saputo contemperare con intelligenza modernizzazione del paese e tutela, il fatto di creare una tutela asimmetrica sarebbe un cattivo segnale.
Ringrazio, pertanto, il sottosegretario per la disponibilità manifestata in ordine al recepimento del nostro ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-ter.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 421
Maggioranza 211
Hanno votato
207
Hanno votato
no 214).

Prendo atto che l'onorevole Mauro non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 2-quater.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 413
Votanti 407
Astenuti 6
Maggioranza 204
Hanno votato
63
Hanno votato
no 344).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Chiaromonte 2-quater.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 424
Votanti 423
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato
206
Hanno votato
no 217).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colasio 2-quater.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 419
Maggioranza 210
Hanno votato
204
Hanno votato
no 215).


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Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Colasio 2-quater.2 e Carli 2-quater.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Il mio emendamento è volto a sopprimere la parola «eventualmente». La resistenza da parte del Governo e del relatore diventa veramente incomprensibile, perché, se andiamo a leggere il testo al comma 4, secondo periodo, è chiaro che la soppressione della parola richiamata lo renderebbe più leggibile e permetterebbe una comprensione più lineare. La parola «eventualmente», infatti, dà adito ad interpretazioni diverse su quando intervenire.
Credo che la soppressione di questa parola, signor sottosegretario, costituisca una pulizia del testo che ne consente una lettura più chiara ed univoca. Quindi, francamente la persistenza a non accogliere l'emendamento è incomprensibile. Pertanto, le chiedo di esprimere una sua valutazione, che sarebbe importante, altrimenti rimane del tutto incomprensibile il diniego all'accoglimento dell'emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Il problema è il seguente: ci troviamo nella fase finale della procedura di accertamento dell'interesse archeologico - lo dico al sottosegretario ed al relatore - e si sono già espletate tutte le procedure, nel senso che si è giunti alla fase valutativa per cui o c'è l'insussistenza dell'interesse archeologico, o viene definita una modalità di tipo prescrittivo, oppure, accertata la rilevanza e la grande significatività archeologica del territorio su cui insiste l'intervento, si procede con la dichiarazione di interesse culturale e, conseguentemente, si adotta una tutela rafforzata in quanto si tratta di area archeologica o di parco archeologico.
Ebbene, dov'è il paradosso? Non si può dire «eventualmente», perché tertium non datur: o non sussiste l'interesse archeologico, o definiamo un intervento prescrittivo, oppure subentra la procedura prevista fisiologicamente a regime dal codice dei beni culturali, ossia il codice Urbani. Quell'«eventualmente» è cacofonico e non vuol dire niente.
È evidente che la tutela va attivata nel momento in cui esistono significative condizioni culturali di tutela. Conseguentemente, ciò significa che si è definita una procedura valutativa che ha individuato in quei siti delle emergenze archeologiche a seguito delle quali si deve provvedere. Quell'«eventualmente», francamente, signor sottosegretario, non vuol dire niente. Si tratta di una questione stilistica formale. Però, ritengo che sia il Governo sia i relatori potrebbero valutare positivamente l'accoglimento dell'emendamento, che non stravolge il testo.
Anzi, esso lo definisce in modo puntuale e, a mio parere, all'interno della logica complessiva che caratterizza positivamente questo provvedimento. Inoltre, rafforza una procedura ordinaria e non lascia spazio a discrezionalità ed a margini di incertezza. Penso che, per contemperare tutela e modernizzazione del paese, meno margini di incertezza vi sono, meglio è.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, mi rivolgo a lei che è una persona saggia. Vorrei chiedere al Governo di pronunciare una parola in questo dibattito perché vi sono colleghi che fanno accendere le luci pur senza presenze..., ma sarebbe bene che il Governo interloquisse con il Parlamento.
Gli identici emendamenti in esame si propongono di eliminare la parola «eventualmente» dal comma 4, e probabilmente il collega Orlando Ruggieri potrebbe spiegarlo meglio di me, vista la sua professione. Al secondo periodo del comma 4 si dice che «nelle ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2, la soprintendenza detta le


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prescrizioni necessarie ad assicurare la conoscenza, la conservazione e la protezione dei rinvenimenti archeologicamente rilevanti, salve le misure di tutela eventualmente da adottare». Ora, se vi sono beni di valore, bisogna adottare le misure necessarie, non adottarle eventualmente. Quell'«eventualmente», infatti, sta a significare che si potrebbe anche non intervenire per la tutela.
Signor rappresentante del Governo, lei è persona molto sensibile al dibattito parlamentare. I colleghi Carli e Colasio hanno prodotto argomenti importanti. Perché lei non interloquisce con noi e ci spiega il motivo del parere contrario alla soppressione della parola «eventualmente»? Tale parola, infatti, significa quasi annullare l'articolato della legge.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti - Colasio 2-quater.2 e Carli 2-quater.5, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

ALFONSO GIANNI. Presidente, vada piano che ci sono alcuni colleghi che votano per tre!

PRESIDENTE. Lo so, ma non voglio favorire... Avendo dichiarato che il favoreggiamento è reato, ciò non sarebbe opportuno da parte della Presidenza!
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 429
Maggioranza 215
Hanno votato
207
Hanno votato
no 222).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2-sexies.100 della Commissione, nella parte ammissibile .
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.

LINO RAVA. Signor Presidente, siamo fermamente contrari a questo emendamento perché, di fatto, annulla gli effetti del comma 2 dell'articolo 2-sexies, che abroga il famigerato comma 551 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2005 che, ricordo ai colleghi, aveva portato in capo al giudice ordinario tutti quei contenziosi di natura amministrativa relativi al superprelievo per le quote latte. Si tratta di una questione che risale, ormai, al 1995 per la quale si è svolto un notevole lavoro già nella scorsa legislatura poi portato a termine, devo dire in maniera condivisa anche dal centrosinistra, in questa legislatura con la legge n. 49. Il ministro, infatti, ha messo come proprio punto d'onore e politico quello di proseguire l'azione per riportare nella legalità un settore che aveva visto per molti anni difficoltà oggettive a rispondere alle esigenze di legalità.
Nella finanziaria per il 2005 è stato introdotto con un blitz il comma 551, che ha ricondotto questi contenziosi - che sono di natura prettamente amministrativa, come ha stabilito anche la Corte europea - in capo al giudice ordinario. È tuttavia evidente che i tempi della magistratura ordinaria sono molto più ampi rispetto a quelli della giustizia amministrativa. Ciò favorisce quindi coloro che non hanno rispettato le regole nel confronto con coloro che, pur non avendole rispettate, hanno però potuto sanare le proprie inadempienze aderendo alla procedura di rateizzazione, che stabiliva un periodo di addirittura 14 anni per poter pagare le multe.
A seguito di ripetuti annunci da parte del ministro ed a seguito di numerosi tentativi operati con la presentazione di apposite proposte emendative in occasione della discussione dei recenti decreti sulla crisi del settore agroalimentare, il ministro stesso aveva provato ad espungere il comma 551, rispetto al quale si è sempre dichiarato contrario. Ebbene, questo obiettivo era stato finalmente colto nel corso dell'iter al Senato del decreto in esame, ed in Commissione agricoltura abbiamo anche espresso apprezzamento nei confronti del ministro Alemanno, il quale


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aveva dato seguito ad un impegno preciso, assunto nei confronti delle opposizioni, che avevano presentato le proposte emendative in oggetto, ma anche nei confronti di una gran parte della maggioranza, che era allineata sulle nostre posizioni, così come, e soprattutto, nei confronti del mondo produttivo, che unanimemente sosteneva la necessità di abrogare quella disposizione.
Tuttavia, con l'emendamento della Commissione ora al nostro esame si rende assolutamente vana l'abrogazione del comma 551, perché di fatto si riportano al giudice ordinario tutti i giudizi proposti fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. Con questa formulazione del testo, così come proposta dalla Commissione, vi è però il rischio - al riguardo, chiedo al Governo e al relatore di fornire delucidazioni in tal senso - che si riapra un ulteriore conflitto (per decidere il soggetto competente ad esaminare le questioni ed a pronunciare le relative sentenze), per tutti quei contenziosi che sono stati presentati al giudice ordinario, con riferimento ai quali però il giudice ordinario ha dichiarato la propria incompetenza, riconoscendo la competenza del giudice amministrativo.
In sostanza, si fa rientrare dalla finestra ciò che, con grandi annunci, si era fatto uscire dalla porta. A questo punto, trattandosi di un emendamento della Commissione, ritengo che sia la maggioranza, sia il Governo, sia il ministro Alemanno siano d'accordo su questo testo. Vorrei quindi solo puntualizzare e sottolineare con grande nettezza che noi siamo ad esso contrari, perché questo testo rende assolutamente vano l'annullamento del comma 551, riportando tutti i contenziosi presentati fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto alla situazione quo ante rispetto a questa abrogazione. È chiaro, dunque, che si tratta di una presa in giro per tutti quei produttori che ho sempre definito onesti, che hanno rispettato le regole o che, se non le hanno rispettate, hanno pagato le multe, aderendo alle facilitazioni che lo Stato ha loro proposto, dopo aver concordato con l'Unione europea la rateizzazione del pagamento delle multe in un periodo di 14 anni.
Con questo emendamento è come se dicessimo agli onesti: avete sbagliato, dovevate fare i furbi, perché tanto poi qualcuno avrebbe risposto (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione e quella dei colleghi in ordine ad una questione. Questa sembra essere la prima volta nella quale si utilizzano le disfunzioni della giustizia civile in termini positivi. In sostanza, poiché la giustizia civile è più lenta tra tutte in assoluto (più di quella penale e più di quella amministrativa), si fa sì che queste controversie vadano a finire nel calderone della giustizia civile per evitare che vengano risolte.
A questo punto, capiamo il motivo per cui non si promuovono le riforme sulla giustizia e non si accelera il processo civile. Questo tipo di intervento ci spiega che, per una parte di quest'aula e, forse, anche per il Governo, vi è la necessità di un canale lento e non funzionale nel quale spostare le controversie che non si vogliono risolvere.
La questione è talmente grave da richiamare l'attenzione di tutti noi.
Se queste controversie restassero di competenza della giustizia amministrativa, verrebbero risolte più facilmente e più celermente. Adesso, vengono risolte più lentamente e, intasando ancora di più la giustizia civile, si reca danno a tutti gli altri settori. Mi pare - non voglio usare una parola grossa -, davvero inaccettabile, perché si fa della disfunzione un fatto positivo che si utilizza per non risolvere le controversie.
Ciò rischia di farci capire fin troppo bene il motivo per cui non si pongono in essere le riforme sulla giustizia. Spero che


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i colleghi respingano questo emendamento e venga attivata la competenza della giustizia amministrativa, come è giusto che sia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcora. Ne ha facoltà.

LUCA MARCORA. Signor Presidente, preannunzio il voto nettamente contrario del mio gruppo sull'emendamento in esame.
Il richiamo al comma 551 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004, come ha ben spiegato l'onorevole Rava, permette a coloro che, in maniera irriducibile, non vogliono l'applicazione del sistema delle quote latte, di ricorrere al giudice ordinario.
Ha già spiegato l'onorevole Violante i motivi che ne sono sottesi: mi riferisco ad una giustizia lenta (con i termini di prescrizione che conosciamo) ed al fatto che non si è in grado di esprimere giudizi su una materia così complessa ed aggrovigliata, che ha prodotto, in termini legislativi, numerosi decreti-legge e progetti di legge ed in ordine alla quale vi è una giurisprudenza altrettanto corposa e complicata.
Quindi, non si tratta solo di una questione di tempi, dal momento che si intende approfittare della scarsa competenza di questi giudici su materie così complesse e così specifiche legate al regolamento delle quote latte per permettere sospensive o addirittura giudizi favorevoli al ricorrente.
Tra l'altro, vorrei sottolineare che questo emendamento si riferisce ai giudizi civili in ogni ordine e grado. Quindi, dobbiamo pensare che ciò varrà anche per i ricorsi in appello o in Cassazione. Non si bloccano solo i ricorsi al giudice ordinario fino alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ma addirittura si recuperano coloro che hanno promosso il ricorso al giudice ordinario prima dell'emanazione della legge finanziaria (comma 551); inoltre, con il riferimento ad ogni ordine e grado, viene ipotecato il giudice ordinario anche per quanto riguarda i ricorsi in appello ed in Cassazione. Pertanto, è una questione di tempi e di competenza, ipotecando il ricorso al giudice ordinario fino all'ultimo grado di appello.
Inoltre - la maggioranza non può non saperlo - vi è una sentenza della Corte di giustizia dell'Aja che, in seguito al regolamento comunitario di applicazione del regime delle quote latte, stabilisce specificamente che il giudice competente è quello amministrativo e che ha dato ragione allo Stato nel momento in cui dinanzi al TAR del Lazio alcuni ricorrenti «splafonatori» avevano messo in discussione la legittimità della competenza del giudice ordinario.
La Corte di giustizia dell'Aja si è espressa a tale riguardo e noi stiamo varando una legge che smentisce tale sentenza, nonché un regolamento comunitario.
Coloro che si sono visti respingere il ricorso, in questo modo potranno nuovamente ricorrere di fronte al giudice ordinario.
Concludo affermando che, da parte del ministro e della maggioranza, vi è stato un forte impegno per l'abrogazione del comma 551 dell'articolo 1 della legge finanziaria, mentre con la proposta emendativa in esame non si fa altro che smentire la suddetta soppressione, dimostrando di non tener fede agli impegni assunti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.

ALDO PREDA. Signor Presidente, pur rispettando la presenza dei sottosegretari, avrei voluto che fosse presente in aula il ministro delle politiche agricole, il quale si era direttamente impegnato con le organizzazioni agricole e con i parlamentari della Commissione agricoltura della Camera a risolvere un blitz - del quale il ministro aveva dichiarato di non essere a conoscenza -, realizzato in sede di esame della legge finanziaria attraverso l'inserimento, all'articolo 1, del comma 551.
Con l'emendamento in esame si modifica l'articolo approvato al Senato, favorendo


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poche centinaia di produttori di latte che si trovano in una situazione di illegalità e che hanno creato problemi nella gestione delle quote latte quando il settore era riuscito a raggiungere un momento di serenità e tranquillità anche per quanto riguarda i percorsi relativi a coloro che avevano «splafonato».
Dunque, ribadendo la necessità della presenza del ministro in aula, rivolgo un invito anche ai parlamentari della maggioranza i quali, in Commissione o in altre sedi, si sono pronunciati per l'abrogazione del comma 551 dell'articolo 1 della legge finanziaria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sedioli. Ne ha facoltà.

SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, colleghi, con il decreto-legge n. 49 del 2003 si doveva chiudere la partita delle quote latte e, soprattutto, delle multe e si doveva avviare un piano di ristrutturazione e di rilancio del nostro settore lattiero-caseario ma, purtroppo, ciò non è avvenuto.
Colleghi, sul comma 551 dell'articolo 1 della legge finanziaria si sono pronunciate in senso contrario, all'unanimità, la Commissione agricoltura nonché tutte le organizzazioni agricole (Confagricoltura, Coldiretti, CIA) e, addirittura, gli allevatori della Lombardia e tutti i consorzi DOP di prodotti lattiero-caseari di qualità. Insomma, se il mondo agricolo si è pronunciato in maniera unitaria, perché il Parlamento non lo ascolta?
Ritengo si debba dare credito alla protesta del mondo agricolo contro il richiamato comma 551, rispondendo unitariamente così come avvenuto in altre occasioni. Su questo punto vi era un impegno del ministro; credo dunque che oggi il Parlamento abbia l'opportunità di confermare una posizione rispettosa delle richieste del mondo agricolo, riconoscendo competitività agli allevatori onesti (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, l'emendamento in esame rappresenta l'evidente prova di una confusione culturale nell'ambito delle regole processuali. Come è noto, da oltre 150 anni nel nostro paese la tutela giurisdizionale è organizzata in maniera tale che i diritti soggettivi vengono demandati alla cognizione del giudice ordinario e gli interessi legittimi alla cognizione del giudice amministrativo. Non vi possono essere un ministro o una maggioranza che, in relazione a un interesse legittimo, stabiliscano d'autorità la competenza del giudice ordinario. Ciò costituisce una violazione palese delle regole, che potrei definire universali, della nostra tutela giurisdizionale. Il fatto che una maggioranza voti un'abnormità di questa natura, nulla toglie all'abnormità stessa.
Rivolgo un appello ai colleghi: non facciamo brutte figure (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2-sexies.100 della Commissione, accettato dal Governo, limitatamente alla parte ammissibile.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 428
Votanti 424
Astenuti 4
Maggioranza 213
Hanno votato
221
Hanno votato
no 203).

Prendo atto che l'onorevole Patria ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre intendeva astenersi.


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Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 2-septies.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, ci chiedevamo, ormai da quattro anni, perché un Governo che si dichiara così federalista, una maggioranza che si dichiara così favorevole alla devolution e un partito di questa maggioranza che spinge fortemente per processi di devolution non abbiano ancora fatto nulla in questa materia. Ci chiedevamo perché, da quattro anni, non sia stata adottata la necessaria normazione secondaria e non sia stato fatto nulla per dare attuazione alla riforma del Titolo V della Costituzione, approvata nella XIII legislatura, nel corso della quale l'allora maggioranza di centrosinistra ha avviato una profonda trasformazione delle istituzioni e un profondo processo di federalismo.
La riforma della normazione primaria richiedeva tuttavia un processo di attuazione nell'ambito della normazione secondaria: occorreva l'individuazione dei principi fondamentali di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione; occorreva l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, in materia di risorse finanziarie da attribuire alle regioni; occorreva l'attuazione del federalismo amministrativo, di cui all'articolo 118 della Costituzione.
Ciò non è avvenuto, perché mancava un dirigente di staff. Con l'articolo in esame, il Governo risolve tutto e, dopo quattro anni, si ricorda che il ministro La Loggia aveva bisogno di un dirigente di staff: dunque, senza questo indispensabile personaggio, il processo di attuazione del federalismo non poteva andare avanti. Tale processo non è andato avanti per quattro anni, e siamo convinti che continuerà a non andare avanti nel futuro. Il sottosegretario sorride, e sa bene che è ottimistico pensare di risolvere l'impasse totale in cui si trova questo Governo in materia di federalismo con un dirigente di staff. Mi chiedo cosa faccia il capo di gabinetto e cosa facciano i dirigenti che oggi sono a disposizione del ministro La Loggia, in materia di attuazione del federalismo.
Dove sono i principi fondamentali per i quali abbiamo concesso - ormai da quasi da due anni - una delega al Governo, mai attuata? A che fase è giunta l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, di cui neanche si parla? Circa un anno fa, è stata istituita una commissione di studio: cosa ha prodotto questa commissione? Nessuno ha presentato una relazione al Parlamento, forse perché nessuno vuole attuare questa devoluzione di poteri alle regioni!
Tutto si risolve invece con una norma che, francamente, mi sembra una presa in giro: non si tratta di nulla di più se non dell'attribuzione di un incarico ad un personaggio ben delineato in questo provvedimento. Oltretutto, nell'ambito di un processo di delegificazione avviato oltre dieci anni fa sembra eccessivo che sia necessaria una legge per attribuire un incarico di dirigente di staff. Mi chiedo se non sarebbe stato invece sufficiente un provvedimento amministrativo o, magari, la nomina di un consulente del ministro. Si è fatto ricorso, al contrario, ad una legge per istituire la figura di un dirigente di staff. Credo che dietro a tutto ciò vi sia, in realtà, ben altro: alla base di questo provvedimento non vi è affatto la volontà di attuare il federalismo amministrativo, ma ragioni molto più banali.
Siamo contrari a tutto ciò e ci chiediamo cosa pensi al riguardo il Presidente del Consiglio, lo stesso il quale afferma spesso che questo Stato è troppo mastodontico, che la pubblica amministrazione è eccessiva e andrebbe sfoltita, che troppa burocrazia impedisce la competitività e che vi è un eccesso di apparato statale. Ebbene, a fronte di tutto ciò, il provvedimento al nostro esame aggiunge ulteriori apparati statali ad una struttura definita dal Presidente del Consiglio mastodontica e inutile. E questo dopo che, per quattro anni, non si è riusciti ad attuare l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Chiedo al sottosegretario Ventucci a quale stato di attuazione sia giunta la


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delega concessa al Governo (e prorogata poco tempo fa). Dov'è il relativo decreto delegato, che dovrebbe essere ormai pronto, visto che siamo in conclusione di legislatura? Sarebbe stato utile poter disporre dei principi fondamentali, anche per evitare il continuo conflitto tra Stato e regioni. Una delle cause di questa situazione è proprio l'assenza dei principi fondamentali: Stato e regioni navigano a vista, in assenza di principi fondamentali!
Dov'è l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione? Dopo tre anni avete nominato una commissione di studio: presumo che tale commissione stia ancora studiando...
Non se ne è fatto nulla, né si otterranno dei risultati: oramai siete prossimi ad andare a casa. L'unico risultato di tale provvedimento è la nomina di un dirigente di staff.
Concludo, ribadendo la nostra profonda contrarietà alle disposizioni in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 2-septies.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 398
Votanti 397
Astenuti 1
Maggioranza 199
Hanno votato
183
Hanno votato
no 214).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Colasio 2-decies.1 e Cento 2-decies.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Colleghi, stiamo discutendo di un articolato inserito nel decreto-legge che presenta aspetti a dir poco paradossali. Abbiamo elogiato - con grande onestà politica - la presenza nel provvedimento in esame, pur con modalità improprie (avremmo preferito la procedura normale), della novellazione del codice dei beni culturali, anche per l'archeologia preventiva. Vi siete affidati a «consulenti di vaglia»: è un provvedimento che crediamo vada nel senso della crescita culturale del nostro paese.
Avete fatto una cosa politicamente corretta e intelligente e vi siete affidati a dei consulenti (i dipartimenti di archeologia) di rango e di qualità congruenti con la storia espressa dal nostro paese. Ebbene, amico relatore e sottosegretario, perché introdurre una norma sulle collezioni numismatiche che potrebbe essere stata scritta da un «tombarolo»? Perché? Perché avete scritto questa norma che - ripeto - è da «tombarolo»? Essa contraddice la storia e la cultura del nostro paese!
Insisto: noi abbiamo detto che riconosciamo l'intelligenza politica di una norma che è importante. Spiegateci, non dico la necessità e l'urgenza di questa norma, ma almeno il significato politico e culturale. Io ritengo (e so che molti amici e colleghi anche della maggioranza concordano con me) che questa norma modifichi radicalmente il senso politico-culturale della tutela del nostro paese.
Con essa si fa una cosa ben strana: si modifica l'allegato A al codice dei beni culturali nella parte prescrittiva relativamente ad alcuni oggetti-beni culturali. Sostanzialmente, si introduce una distinzione tra monete antiche di pregio e monete di valore modesto; le prime restano tutelate per quanto concerne l'alienazione, il commercio e la possibilità di restituzione in caso di esportazione illecita, mentre non lo sono quelle di minor valore: per esse viene espunta la tutela!
Non vi è alcun criterio per definire cos'è di minor pregio: non vi è un criterio scientifico! Vi invito a trovare un archeologo o un numismatico in grado di considerare valida questa norma: non lo troverete, perché non esiste un criterio con


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cui si possa definire il minor pregio rispetto ad una moneta antica! Quale sarebbe tale criterio: la serialità? La moneta per definizione è «seriale», sottosegretario, e poi, lo sappiamo benissimo, per gli studi e le ricerche archeologiche la quantificazione e la serialità, dunque il numero di monete, rappresentano un indicatore di produzione monetaria e di logiche finanziarie. Dunque, non sottovalutare la rilevanza a fini storico-culturali della presenza nel nostro territorio di monete per definizione «seriali» rappresenta comunque un elemento di attenzione alla nostra storia ed alla nostra identità.
Noi non stiamo dicendo nulla di problematico rispetto ad una procedura che riteniamo sbagliata. Il codice, così come è strutturato, prevede una forma di tutela assolutamente condivisibile. Non riusciamo a capire quale sia il senso di questa riduzione drastica della tutela per quanto concerne le monete e le collezioni numismatiche: non ha alcun senso!
Credo che sarebbe comunque importante che da parte del Governo vi fosse un'attenzione verso un ordine del giorno che porrebbe quantomeno dei paletti.
Francamente, però, colleghi, non vedo la necessità e l'urgenza: soprattutto, andremmo ad aprire una falla all'interno di una cultura condivisa.
A tale proposito ricordo che il codice Urbani - lo dico ai colleghi di Alleanza nazionale - è figlio della legge n. 1089 del 1939: stiamo parlando di Bottai! Si tratta di cose importanti! In quella legge venne definita una logica di tutela condivisa, che si intende modificare oggi con l'inserimento surrettizio di una norma che non ha alcun fondamento scientifico - lo ripeto - e che non è all'altezza di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Signor Presidente, non abbiamo avuto prima alcuna riserva nel riconoscere ad alcune parti di questo provvedimento il loro valore e nell'esprimere al riguardo anche la nostra condivisione; però credo che, di fronte a questo articolo 2-decies, si debba non solo esprimere la nostra più forte contrarietà, ma aggiungere anche una qualificazione: è una vergogna!
Signor sottosegretario, la conosco anche per la sua capacità di guardare con attenzione ai provvedimenti e di ascoltare. La invito fortemente a leggere (come avrà certamente già fatto) e a valutare questo articolo.
Questo articolo 2-decies, infatti, introduce delle norme che riducono fortemente la tutela del patrimonio numismatico, dando peraltro, nel campo della tutela, una definizione nuova in termini di valutazione che non appartiene alla storia e alla tradizione del nostro paese in ordine all'attribuzione del valore storico-artistico del nostro patrimonio.
Chiedo al sottosegretario Ventucci come sia possibile una previsione come la seguente: «Le monete antiche e moderne di modesto valore o ripetitive o conosciute in molti esemplari o non considerate rarissime ovvero di cui esiste un notevole numero di esemplari tutti uguali». Ma come si fa a stabilire il modesto valore? Il modesto valore a cosa è attribuito? È attribuito ad un valore economico di mercato o ad un valore storico? A questo riguardo, faccio notare che nel patrimonio artistico non vi sono valori differenziati in ordine alla tutela: ciò che è da tutelare, va tutelato! La tutela non è legata all'attribuzione di un valore economico ad un dato bene: esso è semplicemente da tutelare!
Ora, introducendo la definizione prima citata, si crea un precedente che riveste, a mio avviso, una gravità inaudita, perché questa previsione, in questo caso adottata per le monete, un domani potrebbe essere estesa anche ad un'altra tipologia di patrimonio storico-artistico. E ciò è, a mio avviso, molto grave! Mi chiedo quale sia il motivo che ha condotto ad affrontare la materia della numismatica in questi termini profondamente sbagliati, e non invece


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facendo riferimento al codice dei beni culturali da poco in vigore. Voi su una materia che riveste una straordinaria importanza e che, come tale, richiede una valutazione adeguata intervenite con lo strumento del decreto-legge. Non solo, ma con la previsione di cui all'articolo 2-decies finite per dare spazio a chi fino ad oggi ha fatto commercio o ricerca di questi beni in maniera illegale - i cosiddetti tombaroli -, come ha ben evidenziato poc'anzi il collega Colasio.
Sottosegretario Ventucci, la invito, quindi, a spiegarci, secondo la sua interpretazione, che cosa significa la previsione «di modesto valore o ripetitive» che, se approvata - spero proprio di no -, diverrà legge. Significa che se il numero di queste monete è elevato, allora il valore delle stesse diminuisce? La tutela è, quindi, legata al numero delle monete esistenti? Ma, come senz'altro saprete, il numero delle monete è legato anche alle circostanze storiche e al periodo, e queste variabili sono importanti ai fini della valutazione complessiva del bene da tutelare. Com'è quindi possibile che il numero sia considerato un elemento di discrimine per tutelare o meno un dato bene? Tale quesito lo sottopongo alla riflessione del sottosegretario Ventucci, al quale chiedo anche qual è l'autorità preposta a valutare il modesto valore, e sulla base di quali criteri essa stabilisce il modesto valore.
Chi stabilisce che questi beni (non soltanto le monete) non sono considerati rarissimi? E in base a quali elementi, a quali conoscenze? Signor sottosegretario, la invito caldamente a riflettere.
Inoltre, la disposizione fa riferimento a monete antiche e moderne «di cui esiste un notevole numero di esemplari tutti uguali». Francamente, anche questo...

PRESIDENTE. Onorevole Carli, devo invitarla a concludere.

CARLO CARLI. No, signor Presidente, questo è un provvedimento...

PRESIDENTE. Onorevole Carli, sa com'è il tempo: è fatto così!

CARLO CARLI. Ha ragione, signor Presidente, le chiedo scusa.
Mi consenta di invitare il relatore ed il Governo a valutare meglio il nostro emendamento volto a sopprimere l'articolo 2-decies, che consideriamo enormemente grave; anzi, io credo che esso rappresenti una vera e propria vergogna per il nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Chiede la parola il rappresentante del Governo, che «per lungo silenzio parea fioco!».
Ha facoltà di parlare, sottosegretario Ventucci.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, non sono intervenuto in questa sede perché quello che aveva da dire il Governo l'ha già detto in Commissione. Tuttavia, non vorrei che l'onorevole Carli, preso dal compito che gli è stato affidato stasera, facesse azioni di terrorismo.
Onorevole Carli, se ha letto la lettera A, numero 13, lettera b), dell'allegato A al codice dei beni culturali e del paesaggio, sa benissimo che in quel testo è contenuta, in negativo, una previsione che, nel provvedimento in esame, è formulata in positivo: non cambia niente, tanto è vero che il Governo accetterà - e non si limiterà ad accogliere come raccomandazione - un ordine del giorno dell'onorevole Colasio con il quale il Ministero dei beni culturali ed ambientali sarà impegnato ad agire nella materia de qua. Ribadisco che non cambia assolutamente nulla rispetto alle disposizioni vigenti.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor sottosegretario.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici


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emendamenti Amici 2-decies.1 e Cento 2-decies.5, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 394
Maggioranza 198
Hanno votato
179
Hanno votato
no 215).

Passiamo alla votazione dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roberto Barbieri. Ne ha facoltà.

ROBERTO BARBIERI. Signor Presidente, leggendo l'articolo 1 del disegno di legge di conversione, non posso nascondere un certo stupore: un tema di primaria importanza per la politica e l'economia del nostro paese, qual è il coordinamento dello sviluppo e della coesione territoriale, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno, vale a dire l'architettura istituzionale di uno degli oggetti più importanti della politica economica e della politica industriale del nostro paese, viene relegato in un provvedimento omnibus!
Credo che agli occhi di chiunque abbia un po' di buon senso ciò costituisca la dimostrazione concreta della confusione politica presente in questo Governo e nella maggioranza che lo sostiene: vi è incapacità ad identificare le priorità della politica, a dare ad esse il giusto rilievo ed a mettere in campo le scelte conseguenti! Del resto, in questi anni, il Mezzogiorno è stato completamente cancellato dalla nostra agenda politica, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: il sud si è fermato e, con esso, si è fermata anche l'Italia!
Colgo l'occasione che mi è offerta da questa dichiarazione di voto, oltre che per segnalare la superficialità e l'insensibilità istituzionale con le quali il Mezzogiorno ed il coordinamento delle politiche territoriali vengono collocati nel provvedimento in esame, anche per denunciare i risultati della «non politica».
Se andiamo con la mente a ciò che è successo tra il 1996 ed il 2001, quando si è operato tra mille limiti e problemi, ricordiamo che il tasso di crescita del PIL nel Mezzogiorno si era portato, per la prima volta, su valori superiori a quelli del centro-nord.
Nel quinquennio 1996-2001, gli occupati erano aumentati di circa 360 mila unità. L'occupazione era cresciuta ad un tasso del 6 per cento sia nel sud sia nel centro-nord del paese. Addirittura, fra il 1996 ed il 2000 (cito i dati ISTAT; sono, quindi, assolutamente verificabili), la crescita delle esportazioni del sud aveva superato quella del centro-nord.
A cosa abbiamo assistito in questi quattro anni di attività di un Governo che, nel provvedimento in esame, affronta il tema del Mezzogiorno? Abbiamo assistito a quello che definisco «ripiegamento».
Nel 2003, quando la vostra politica ha iniziato a produrre i suoi effetti, il tasso di crescita del PIL meridionale è tornato sui livelli molto modesti del centro-nord (assai modesti) che hanno portato il nostro paese alla recessione. La dinamica espansiva dell'occupazione si è fermata nel 2002, dopo avere raggiunto nel 2001 il tetto massimo (+2,4 per cento). Nel 2003 e nel 2004 l'occupazione si è contratta ad un ritmo dello 0,4 annuo. Il tasso di disoccupazione ha continuato a diminuire - ciò viene presentato da questo Governo come risultato positivo -, ma più per effetto dello scoraggiamento a presentarsi sul mercato del lavoro che non per la riduzione dei disoccupati.
Il Mezzogiorno è l'area che registra la maggiore flessione nel livello degli ordinativi e dove è più accentuato il calo della produzione industriale; rallentano anche le esportazioni, che erano state l'elemento trainante negli anni precedenti.
Quindi, a problemi di struttura, che indubbiamente esistono (un eccessivo orientamento delle produzioni meridionali verso il mercato interno; produzioni esposte


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alla concorrenza dei paesi emergenti; troppe piccole imprese e/o sottodimensionate), avete aggiunto gravissime responsabilità che vorrei elencare rapidamente: le risorse per il sud sono state ridimensionate (non basta creare questa finta architettura o ministri di cui conosciamo bene l'operato), creando anche incertezza sulla loro disponibilità (cito dati della Commissione bilancio e della legge finanziaria).
L'ultima legge finanziaria approvata da questo Parlamento ha stanziato per le aree del sud circa 8 miliardi per il 2007, ma ha tolto 5 miliardi dal 2005 e 4,5 miliardi dal 2006. Il volume delle agevolazioni si è ridotto del 30 per cento tra il 2001 ed il 2003. A fine 2004 (ecco i vostri risultati) risultavano residui non spesi per più di 18 miliardi di euro! Un delitto, Presidente! Aggiungo poi l'incapacità di individuare priorità (quando non si sa fare politica, non si individuano le priorità); ciò ha condizionato l'utilizzo di strumenti per lo sviluppo infrastrutturale, come la legge obiettivo, che è divenuta semplicemente un catalogo di sogni innumerevoli. Strutture come Sviluppo Italia, che ormai sono diventate carrozzoni che si occupano di tutto tranne...

PRESIDENTE. Onorevole Roberto Barbieri, la invito a concludere.

ROBERTO BARBIERI. Tali strutture hanno navigato senza rotta, non riuscendo ad impiegare cospicue disponibilità di capitale. E delle minori risorse a disposizione si è fatto cattivo uso, privilegiando strumenti di incentivazione generica come la «Tremonti-bis», peggiorando per di più la fluidità di funzionamento. Le regioni sono state lasciate sole.
Credo che il Mezzogiorno avrà bisogno di una nuova architettura istituzionale e di un coordinamento delle politiche per il Mezzogiorno, ma soprattutto di un progetto di contenuti di politica economica e politica industriale. Di questo ce ne occuperemo noi, quando governeremo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto sull'articolo 1, che francamente lascia sconcertati. Credevamo che la questione che stava a cuore al Governo, vale a dire il Mezzogiorno, meritasse una consapevolezza superiore a quella che - ahimè - è stata dimostrata nel corso di questi quattro anni.
Asserisco ciò perché, con un solo articolo, ci si limita esclusivamente ad individuare un coordinamento delle politiche per il Sud da affidare o alla Presidenza del Consiglio o a qualche ministro delegato; francamente, oltre che bizzarra, tale soluzione è sconfortante per le ragioni che da meridionali riteniamo debbano essere sostenute. Lo affermo con rammarico in quanto devo riconoscere che, non appena presentato, il provvedimento, pur insieme ad una certa dose di scetticismo, aveva tuttavia suscitato un particolare interesse. Si voleva verificare se il Governo, dopo avere cancellato la questione Sud dalla propria agenda politica, finalmente, in un «rigurgito» di memoria storica - oltre che politico-sociale ed economica - intendeva dare un segno tangibile della propria attenzione nei confronti di questa importante zona del paese. Dinanzi, invece, alla conferma di una ottusa e bieca disattenzione riguardo ai problemi che interessano il Sud - ma si tratta, piuttosto, degli stessi problemi del paese - dobbiamo, finalmente, sgombrare il campo dall'assioma che per anni ha caratterizzato i tanti protagonisti della vita politica e sociale di questo paese. Mi riferisco allo stereotipo del Sud come zona che deve essere assistita, quasi i meridionali siano quei «piagnoni» che non aspettano altro che stendere la mano per ricevere qualche prebenda; ebbene, ciò è stato cancellato in maniera sapiente - e, se mi consentite, anche orgogliosa - allorquando il Mezzogiorno ha mostrato, negli anni passati, di essere capace di camminare con le proprie gambe e di esprimere una propria progettualità,


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disponendo di risorse umane ed intellettuali in grado di costruire il futuro con proprie idee ed intenzioni.
Tuttavia, si è trattato di una breve stagione legata ai Governi di centrosinistra; allora, abbiamo potuto verificare come strumenti validi, sapientemente gestiti, davano, in questa parte d'Italia, risultati eccezionali. Si è registrata in quella fase una inversione di tendenza dal punto di vista occupazionale; ma si trattò di un incremento dell'occupazione stabile che, diversa da quella odierna, precaria e frammentata, era legata a progetti e ad investimenti validi nel Sud, nonché ad un protagonismo sociale che accompagnava le idee e la voglia di riscatto manifestate dalle popolazioni meridionali.
Si sono previsti i patti territoriali, che facevano fare un salto culturale al Mezzogiorno, ma che sono serviti anche al Nord per capire come si poteva costruire sviluppo partendo dal basso, con le proprie energie e con le proprie risorse; si è fatto ricorso alla programmazione negoziata; si sono fatte scelte importanti quali il bonus sull'occupazione o il credito di imposta o, ancora, le leggi sull'imprenditoria giovanile. Ebbene, tutto questo armamentario ha dato linfa alla capacità del Sud di emergere (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... di dimostrare di essere in grado di camminare con le proprie gambe.
Invece, questo Governo in quattro anni ha riportato indietro l'orologio della storia (Una voce dai banchi del gruppo di Alleanza Nazionale: Basta!), ha cancellato il Mezzogiorno e, al di là delle «chiacchiere» e delle «frivolezze» contenute nelle varie leggi finanziarie, oggi ci troviamo un Sud non immobile ma che arretra. Un Sud che piange le proprie capacità bloccate (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)... Avete tarpato le ali ad una capacità creativa e progettuale, ad una capacità di proposizione di un Sud che invece rivendicava dignità. Con quattro leggi finanziarie e ora con questo provvedimento, voi confermate la vostra bieca ottusità nel non capire che il Sud, anziché una palla di piombo per lo sviluppo del paese, deve essere considerato come una grande risorsa.
E se vi affacciate sul Mediterraneo, allora scoprirete quali possibilità e quali grandi potenzialità vi siano (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Onorevole Carbonella...

GIOVANNI CARBONELLA. ... non per dare al Sud una chance, ma per offrire al paese una risposta in termini generali (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

GIACOMO STUCCHI. Fermatelo!

GIOVANNI CARBONELLA. ... ai bisogni della sua economia. È ciò che, dal punto di vista della socialità, questa nazione merita (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-SDI-Unità Socialista - Applausi polemici dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 del disegno di legge di conversione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 389
Maggioranza 195
Hanno votato
216
Hanno votato
no 173).

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