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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2004, n. 82, recante proroga di termini in materia edilizia.
PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del regolamento, le questioni pregiudiziali Vigni ed altri n. 1 e Castagnetti ed altri n.2 (vedi l'allegato A - A.C. 4979 sezione 1 ).
Ricordo altresì che, a norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del regolamento, nella discussione sulle questioni pregiudiziali potrà intervenire, oltre a uno dei proponenti per ciascuno degli strumenti presentati (purché appartenenti a gruppi diversi), un deputato per ciascuno degli altri gruppi.
L'onorevole Vigni ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
FABRIZIO VIGNI. Signor Presidente, giudichiamo il provvedimento in esame palesemente incostituzionale.
Si tratta, innanzitutto, di un decreto-legge che, sin dal titolo, tradisce tutto l'imbarazzo e le difficoltà del Governo: «Proroga di termini in materia edilizia». Quanto pudore e quanta delicatezza in tale titolo! Il Governo, evidentemente, non ha avuto neppure il coraggio di chiamare il provvedimento con il suo vero nome, poiché la proroga dei termini di cui stiamo discutendo concerne il condono edilizio. Evidentemente, come ho già detto, all'interno
del Governo ci si vergogna almeno un po' per aver varato prima il condono edilizio, alla fine del 2003, e per essere costretti oggi a prevederne il differimento dei termini.
Il condono edilizio, infatti, si sta rivelando - come era ampiamente prevedibile - un fallimento per Tremonti e per le casse dello Stato, un danno devastante per il territorio e per l'ambiente ed una ferita profonda inferta alla legalità e all'etica pubblica. Si tratta, innanzitutto, di un fallimento per il ministro Tremonti e per le casse dello Stato: infatti, nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 82 del 2004, si afferma, con molta reticenza, che - cito testualmente -: «(...) si ha motivo di ritenere che le adesioni siano in misura sensibilmente inferiore a quella stimata (...)».
Torniamo a chiedere, allora, per quale motivo il Governo non fornisca le cifre esatte degli introiti del condono al Parlamento e perché non riferisca quanto ha finora incassato dei 3 miliardi e 800 milioni di euro previsti. La risposta è che volete nascondere il fatto che il 90 per cento delle entrate previste non sono state realizzate: in tal modo, state nascondendo l'ennesimo «buco» che state provocando nel bilancio dello Stato.
In secondo luogo, la sanatoria edilizia si sta rivelando un danno per il territorio, poiché ha scatenato una nuova ondata di abusivismo. Secondo il Cresme, infatti, nel 2003 le costruzioni abusive nel nostro paese sono aumentate del 28 per cento, con 40 mila nuove costruzioni abusive, soprattutto nelle aree a maggiore presenza di criminalità organizzata. In terzo luogo, infine, il condono edilizio ha provocato un danno, se possibile ancora più pesante, alla legalità e all'etica pubblica, vale a dire al rispetto delle regole e a tutti i cittadini che si comportano correttamente. Si tratta di un veleno che penetra nella coscienza del paese e che incrina profondamente sia il senso civico, sia la fiducia nello Stato.
Ebbene, onorevoli colleghi, questa discussione avviene mentre la Corte costituzionale sta per pronunciarsi sui ricorsi proposti, contro le norme sulla sanatoria edilizia, da otto regioni. Si tratta di regioni - si badi bene - amministrate non solo dal centrosinistra, ma anche dal centrodestra, come ad esempio il Lazio.
La Corte costituzionale, peraltro, si dovrà pronunciare anche sul ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio contro...
RENZO LUSETTI. E il Governo?
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Vigni, ma mi fanno notare che ai banchi del Governo non è presente alcun rappresentante: gradirei che qualche «volontario governativo» fosse presente alla discussione. Onorevole Vigni, vuole continuare oppure debbo sospendere la seduta?
FABRIZIO VIGNI. Preferisco attendere il rappresentante del Governo, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ecco, è presente il sottosegretario di Stato Alberto Gagliardi: mi scusi, signor sottosegretario, ma non l'avevo vista.
Prego, onorevole Vigni.
FABRIZIO VIGNI. La Corte costituzionale, come dicevo, si dovrà pronunciare al tempo stesso anche sul ricorso proposto dal Governo contro le leggi con cui diverse regioni hanno cercato di contrastare o ridurre gli effetti negativi del condono edilizio sul loro territorio, riaffermando la competenza attribuita loro dalla Costituzione.
Vale la pena di ricordare che questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, vale a dire le norme sul condono edilizio, sono state sollevate anche dal TAR del Piemonte, dal TAR dell'Emilia Romagna - dalla sezione di Parma -, dal tribunale di Viterbo, dal TAR della Puglia e dal tribunale di Verona. Vedremo quale sarà la sentenza della Corte.
Noi pensiamo che siano fondate le ragioni che hanno portato molte regioni - ripeto anche regioni amministrate dal centrodestra, e stupisce che in quest'aula, invece, chi talvolta agita, perfino a sproposito, la bandiera del federalismo oggi non batta ciglio su un condono che mortifica e calpesta le competenze delle regioni e degli enti locali - a presentare ricorso. Perché definivo fondate le ragioni che hanno ispirato il ricorso delle regioni? In primo luogo perché, già nel 1995, con la sentenza n. 416, la Corte costituzionale, nel promuovere il condono del 1994 - guarda caso, anche quello concesso da un Governo Berlusconi - ribadì che tale provvedimento di condono doveva considerarsi eccezionale e straordinario, sostenendo che «...ben diversa sarebbe, invece, la situazione in caso di altra reiterazione di una misura del genere». Insomma, nel 1995, la Corte costituzionale diceva: passi per questa volta ma, nel futuro, mai più condoni. Invece, ci troviamo di fronte ad un nuovo condono, per di più in assenza di circostanze eccezionali che lo giustifichino.
Vi è poi una seconda questione di incostituzionalità ed è una palese violazione di competenze. La materia dell'edilizia rientra tra le competenze delle regioni e, in ogni caso, è riconducibile alla materia del governo del territorio. Tale materia è, secondo il nuovo titolo V della Costituzione, di legislazione concorrente. Ciò significa che lo Stato può dettare norme di principio, ma quelle scritte all'articolo 32 del decreto-legge dell'ottobre 2003 non sono norme di principio, bensì disposizioni di dettaglio.
In terzo luogo, con il condono edilizio, ad essere violato è il principio di uguaglianza tra i cittadini perché il condono stesso discrimina e penalizza proprio quelli che hanno correttamente rispettato le regole, premiando, al contrario chi le regole le ha violate. Premia, in particolare, i grandi abusi e, addirittura, chi ha costruito abusivamente sul suolo pubblico, nelle aree demaniali: non era mai successo prima, neppure nei precedenti condoni!
Per queste ragioni, a nostro parere, già appariva - ed era - incostituzionale il provvedimento di condono edilizio approvato alla fine del 2003. A maggior ragione, palesemente incostituzionale è il provvedimento oggi al nostro esame. Infatti, questo provvedimento reitera gli effetti di un precedente decreto-legge, ma la sentenza n. 360 del 1996 della Corte costituzionale prevede che i decreti-legge e, dunque, i loro effetti non possano essere reiterati.
Questo provvedimento che il Parlamento - se non sarà accolta la nostra pregiudiziale - dovrà discutere la prossima settimana, nella sostanza, reitera, prorogando gli effetti, quanto già previsto dal decreto-legge dell'ottobre 2003 sul condono edilizio. In altre parole, sta diventando un condono continuo e perpetuo.
Dunque, riassumendo, noi riteniamo che questo provvedimento non abbia i requisiti di necessità e di urgenza, reiteri precedenti decreti-legge, proroghi norme che comportano una violazione delle competenze attribuite dalla Costituzione alle regioni e, al tempo stesso, comporti una violazione del principio di eguaglianza tra i cittadini.
Per queste numerose e valide ragioni, signor Presidente, chiediamo che sia accolta la nostra questione pregiudiziale di costituzionalità.
PRESIDENTE. L'onorevole Iannuzzi ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Castagnetti ed altri n. 2, di cui è cofirmatarito.
TINO IANNUZZI. Signor Presidente, con il decreto-legge n. 82 del 31 marzo 2004 nella sostanza il Governo chiede al Parlamento di prorogare i termini della nuova sanatoria edilizia introdotta con l'ultima manovra finanziaria di fine anno.
Vogliamo, innanzitutto, sottolineare come evidenti ragioni di opportunità, di convenienza, ma anche di doveroso rispetto istituzionale avrebbero dovuto condurre il Governo a non prorogare i termini del condono edilizio, sospendendo ogni eventuale determinazione in merito ed
attendendo la decisione della Corte costituzionale riguardante i ricorsi presentati da diverse regioni, che coinvolgono grandi questioni di merito, di rispetto della disciplina costituzionale e di rispetto del riparto dei ruoli nell'esercizio della competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni in materia di governo del territorio.
È una materia che, sicuramente, comprende l'edilizia e l'urbanistica (anzi, è di più ampio respiro): a tal proposito, il criterio che deve guidare il riparto degli interventi legislativi di principio dello Stato e di attuazione di dettaglio da parte delle regioni deve essere quello della leale cooperazione, come ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 303 dello scorso ottobre. Tale principio di leale collaborazione è, invece, completamente travolto dalla decisione unilaterale del Governo di prevedere una nuova sanatoria edilizia, per di più prolungandone e prorogandone i termini.
Il provvedimento che dispone la proroga del condono edilizio realizza un forte conflitto con la giurisprudenza della Corte costituzionale - che è maturata in relazione a precedenti ipotesi di sanatoria edilizia previste dalla nostra legislazione - in particolare con la sentenza n. 427 del 1995. Allora, il giudice costituzionale si pronunciò sul condono edilizio introdotto dal primo Governo Berlusconi con l'articolo 39 della legge n. 724 del 1994. In quell'occasione, la Corte dettò alcune indicazioni di straordinaria chiarezza e di straordinario significato rispetto alla decisione che oggi il Parlamento deve assumere. Essa chiarì molto bene che il provvedimento di condono edilizio (in quel caso, esso veniva reiterato a distanza di dieci anni, dopo quello disposto con la legge n. 47 del 1985) deve avere sempre natura eccezionale, in quanto tale non ripetibile e non reiterabile. La Corte ha affermato con molta chiarezza che ogni ipotesi di condono edilizio sacrifica valori fondanti del nostro sistema costituzionale alla luce del vecchio e del nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione. Infatti, ogni ipotesi di sanatoria edilizia finisce per compromettere qualunque serio discorso di assetto, di governo, di gestione del territorio ed anche di tutela dell'ambiente, visto che, ai sensi dell'articolo 117, vi è un nesso inscindibile tra assetto e governo del territorio e tutela dell'ecosistema.
Di conseguenza, ogni ipotesi di sanatoria, a giudizio della Corte, si lega esclusivamente a ragioni di natura economico-finanziaria che, in quanto tali, devono tassativamente avere carattere e significato straordinario e contingente. Ciò, secondo la Corte, deve impedire la reiterazione di provvedimenti di condono edilizio, magari a scadenza ciclica, come accade ora: dopo il condono del 1994, vi è stato il condono del 2003, che viene per di più prolungato, per ora, al 31 luglio del 2004 (poi vedremo cosa accadrà!), dieci anni dopo.
Non solo: la sanatoria edilizia, per di più con la proroga dei termini, finisce per confliggere duramente e direttamente con quel principio di ragionevolezza che - secondo quanto affermato dalla Corte - deve guidare sempre l'interpretazione delle norme legislative e il giudizio della loro compatibilità con il quadro costituzionale. In questo caso, tale sanatoria travolge il principio di ragionevolezza, perché determina la sostanziale vanificazione delle norme repressive esistenti nella vigente legislazione italiana volte a sanzionare, sia a livello amministrativo sia a livello penale, comportamenti gravi ed illegali, che travolgono ogni ipotesi di serio e corretto governo ed assetto del territorio.
Ma vi è di più: con una sentenza del 1995, la n. 416, la Corte costituzionale ha delineato un altro aspetto in maniera netta e chiara, rispondendo circa le ragioni in virtù delle quali la reiterazione ciclica e periodica dei provvedimenti di condono viene ad essere gravissima. Infatti, essa impedisce ogni necessaria programmazione del governo del territorio, che è compromessa sul piano della ragionevolezza - dice la Corte - da una ciclica e ricorrente possibilità di condono-sanatoria, con la conseguente convinzione dell'impunità. A ciò occorre aggiungere che l'abusivismo comporta effetti permanenti
che non vengono reintegrati, recuperati o riparati dal mero pagamento di una oblazione.
Ancora: la Corte ci ricorda che questa reiterazione viene ad essere ancor di più incompatibile con il quadro di riferimento costituzionale, perché, nell'ipotesi in esame, non è nemmeno legata ad un tentativo, sia pur labile, di compiere una nuova sistemazione di carattere generale, seria e compiuta, della materia del governo del territorio, idonea ad impedire e a prevenire l'abusivismo edilizio, rendendo effettivo il meccanismo della repressione e dell'esecuzione delle sanzioni edilizie; si tratta infatti di una grande questione irrisolta del nostro paese in questo campo così delicato, che richiede il rafforzamento dei meccanismi di controllo, vigilanza e monitoraggio della pubblica amministrazione.
La verità è che per una sola esigenza, per un solo disperato tentativo, viene ora disposta la proroga del condono edilizio: questo tentativo disperato è quello del Governo di far quadrare in qualche misura i conti, tentando di riportare in linea di galleggiamento la situazione della finanza pubblica, attraverso un provvedimento che rappresenta un gravissimo vulnus rispetto ad ogni ipotesi di governo del territorio e di tutela dell'ambiente, nei quali le persone e le comunità vivono.
Questo tentativo, tra l'altro, non riuscirà per via dei tanti deficit che si sono determinati nella finanza pubblica; voi tuttavia continuate a perseverare lungo questa via, della quale noi sottolineiamo anche il contrasto diretto e forte con la normativa ed il sistema costituzionale, come ricostruiti dal giudice di costituzionalità.
È un tentativo che non riuscirà e che sino ad oggi non ha portato nemmeno risorse finanziarie; avete raggiunto invece un solo obiettivo: una grande proliferazione ed una crescita dell'abusivismo edilizio, anche per il metodo che avete scelto, attraverso i tanti effetti-notizia e i tanti effetti-annuncio sul fatto che vi sarebbe stato il condono, mesi e mesi prima del suo effettivo varo. Ora proroghiamo invece il condono fino al prossimo luglio: tutto questo determinerà altri danni ed altre devastazioni del territorio.
Questa situazione viene da noi denunciata con grande forza dinanzi ai cittadini e alla pubblica opinione, che si stanno rendendo conto, si sono resi conto e si renderanno conto sempre più della inadeguatezza del Governo, anche e soprattutto a partire da questo settore, così delicato, che coinvolge la vita ed i diritti più elementari della persona, nella sua dignità, e del contesto nel quale può svolgere ed operare quotidianamente.
Noi sottolineiamo con forza questa situazione dinanzi ai cittadini: sempre più, sulla scia di quanto sta accadendo, crescerà, rispetto al giudizio sull'operato del Governo e della sua maggioranza, una valutazione di profonda e totale sfiducia; crescerà il peso forte di un giudizio critico, il peso forte di un giudizio negativo che, dal punto di vista delle politiche del territorio, dell'assetto del suolo, del risanamento e della difesa delle condizioni più elementari di vita delle persone e delle comunità, segnalano un deficit ed un vuoto gravissimo. I cittadini lo capiranno sempre più (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Porto a conoscenza dell'Assemblea che in tribuna sono presenti gli studenti e gli insegnanti della scuola media di Cursi, in provincia di Lecce. Benvenuti!
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella.
Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, l'incostituzionalità del provvedimento in esame è talmente evidente da non avere bisogno di grandi illustrazioni. È altrettanto evidente che questo esecutivo ha un'idea piuttosto bizzarra della nostra Costituzione. Ne è prova il varo continuo di provvedimenti in aperto contrasto con il dettato costituzionale.
Si tratta di un provvedimento che proroga una norma a sua volta incostituzionale.
Ricordo la raffica di ricorsi contro il decreto-legge n. 269 del 2003 che ha introdotto, all'articolo 32, la terza - la più grave per qualità ed ampiezza - sanatoria edilizia in meno di vent'anni. La proroga di un provvedimento incostituzionale è incostituzionale al quadrato, è la «reiterazione del reato». Infatti, il condono è un reato contro l'ambiente, contro il diritto, contro le persone oneste che ogni volta debbono subire l'umiliante derisione di atti normativi che fanno strame della loro correttezza.
Ancora una volta noi Verdi vogliamo ricordare che gran parte della devastazione del nostro territorio, del nostro paesaggio, delle nostre città è dovuta alla tolleranza, alla condiscendenza, se non proprio alla connivenza, di chi amministra e di chi governa il paese con incapacità, insipienza, e, a volte, squallido calcolo politico. Ricordo che l'articolo 9 della nostra Costituzione è oggetto di proposta di modifica in senso migliorativo anche in questa legislatura, per consolidare il fatto che il paesaggio ed il patrimonio storico-artistico sono valori fondamentali su cui si basa il patto costituzionale.
Nel provvedimento in esame mancano i presupposti di necessità e di urgenza richiamati dall'articolo 77 della Costituzione. Noi Verdi, assieme ai parlamentari del centrosinistra, abbiamo in più circostanze, anche in quest'aula, sottolineato quanto fossero ambiziosi gli obiettivi di cassa dell'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003. Il Governo, infatti, aveva stimato un gettito pari a 3,7 miliardi di euro, del tutto incurante delle molte perplessità espresse in proposito. Non faccio riferimento soltanto alle nostre, ma a quelle di attendibili conoscitori dei conti pubblici, tra cui il Servizio bilancio dello Stato di questa Camera.
Quello che maggiormente sconcerta è che il Governo ha lasciato trascorrere altri quattro mesi per accorgersi che il condono non avrebbe mai portato alle casse dello Stato le entrate sperate. Anziché provvedere con interventi più cogenti, efficaci e rigorosi, non ha saputo far altro che riproporre - solo da questo si presume la motivazione di necessità e di urgenza - uno strumento la cui inefficacia sul piano delle entrate è del tutto palese.
Infine, vorrei ricordare che questo Governo si dichiara federalista a parole, ma si è presentato alla nostra attenzione come centralista. La norma sul condono edilizio interviene su un piano normativo - il governo del territorio, appunto - che secondo il titolo V della Costituzione è materia concorrente. Pertanto, la sua regolamentazione dovrebbe essere prerogativa delle regioni. Le regioni, come ho detto, hanno fatto bene a chiedere l'intervento della Corte costituzionale.
Il varo di questo provvedimento di proroga rende ancora più incerto lo Stato di diritto, soprattutto tenendo conto che la Corte si esprimerà a luglio e quindi ben pochi cittadini potranno serenamente avvalersi di questa sanatoria, la cui legittimità costituzionale rimarrà in forse per i prossimi tre mesi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dell'Anna. Ne ha facoltà.
GREGORIO DELL'ANNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le questioni pregiudiziali presentate dai colleghi dell'opposizione ci sembrano non in linea con il contenuto del decreto-legge n. 82, dato che esso reca una proroga di termini. Il decreto non intende dunque entrare nello specifico, perché, per quanto riguarda le argomentazioni sul merito, si è già discusso in sede di approvazione sia del provvedimento sul condono, sia della legge finanziaria, quando abbiamo modificato alcuni aspetti che riguardavano il condono.
GREGORIO DELL'ANNA. Con il decreto-legge n. 82 il Governo ha voluto solamente far slittare alcuni termini, a causa dell'incertezza normativa determinatasi per effetto dei ricorsi presentati presso la
Corte costituzionale. Difatti, tutti gli interventi che le regioni hanno messo in atto per bloccare gli effetti del condono hanno fatto sì che le previsioni della normativa sul condono fossero messe in discussione, con il risultato che non si sono raggiunti gli obiettivi della legge stessa.
Ritengo che non sia necessario in questo momento riaprire una discussione sul merito della sanatoria edilizia, in quanto siamo in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale, che proprio ieri si è riunita per discutere sul condono e che avrà bisogno di un po' di tempo per pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di tale normativa.
È chiaro che questa è un'occasione che può essere utilizzata artificiosamente, per evidenziare un argomento da cavalcare politicamente. Siamo infatti a poche settimane dalle elezioni e alle opposizioni non sembra vero di poter tornare su un argomento che è stato un loro «cavallo di battaglia». Ritengo invece che gli aspetti richiamati in queste questioni pregiudiziali di costituzionalità - le violazioni delle competenze regionali e dei principi di uguaglianza; l'assenza dei requisiti di necessità ed urgenza; la questione di legittimità dell'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003; il conflitto di attribuzioni tra la regione Campania e lo Stato - riguardino tutti temi che vengono riproposti a distanza di non molto tempo, ma che invece dovrebbero essere messi in secondo ordine, proprio per consentire alla Corte costituzionale di esprimersi e di darci suggerimenti, che a nostro giudizio andranno sicuramente nella direzione che noi ci aspettiamo.
La proroga dei termini in materia edilizia, prevista da questo decreto-legge, rappresenta un obbligo che dobbiamo assicurare ai fini del rispetto delle previsioni di entrata, che lo stesso decreto vuole assicurare, a seguito della mancanza delle somme che avrebbero dovuto esserci e che invece non ci sono state.
Il decreto-legge n. 82 costituisce un momento di certezza e di chiarezza sotto il profilo normativo che questo Parlamento deve assicurare, perché rappresenta una misura di salvaguardia degli equilibri di finanza pubblica. Pertanto, riteniamo non sussistano i presupposti per ritenere che il provvedimento sia viziato da elementi di illegittimità costituzionale, come invece rilevato nelle motivazioni addotte dai colleghi nelle questioni pregiudiziali presentate al provvedimento.
Le condizioni che hanno spinto a varare il provvedimento sussistono: altrimenti, che senso avrebbe approvare un provvedimento di proroga di termini relativamente ad alcune scadenze, che potrà essere dichiarato incostituzionale? Questo provvedimento deve essere uno strumento per dare certezza alla politica economica e dobbiamo prenderne atto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Vigni ed altri n. 1 e Castagnetti ed altri n. 2.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 416
Maggioranza 209
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 226).
Avverto che la discussione sulle linee generali avrà luogo in altra seduta.
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