Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 437 dell'11/3/2004
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(Orientamento del Governo italiano sull'applicazione del Protocollo di Kyoto - n. 2-01103)

PRESIDENTE. L'onorevole Cima ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01103 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

LAURA CIMA. Signor Presidente, ho presentato questa interpellanza urgente perché sono molto preoccupata per la posizione che l'Italia sta assumendo e per le dichiarazioni del ministro Matteoli in merito al suo intervento al prossimo vertice europeo che dovrà fare il punto sulla questione delle immissioni in atmosfera. Sono preoccupata perché il ministro Matteoli ha presentato alla riunione del Consiglio dell'Unione europea alcuni emendamenti al testo da presentare al prossimo vertice europeo nei quali, sostanzialmente, si prospetta la possibilità di applicare in modo più flessibile le regole relative al commercio delle emissioni.
Già all'epoca della nona Conferenza sul clima (Cop9), a Milano si fece il punto sulla situazione e si verificò la mancanza delle firme di ratifica necessarie al perseguimento degli obiettivi attinenti al protocollo di Kyoto del 1992 e la crescita e la proliferazione continua di gas e di vari organismi in atmosfera.
Recentemente, al riguardo, in un articolo della famosa rivista Nature si ipotizza, in tempi brevi, a causa del surriscaldamento del pianeta, la perdita di un milione di specie. A ciò Toffler ha dato molta importanza attraverso la dichiarazione che ne è seguita, con cui ha segnalato che ogni politico deve necessariamente farsi carico di questo grosso problema.
Ciò era già evidente nella polemica, che aveva seguito la Cop9, tra il Presidente Prodi e la commissaria europea De Palacio, la quale ha sostenuto che gli obiettivi di Kyoto erano difficilmente raggiungibili e che, quindi, occorreva rivederli. Ricordo che fu una dichiarazione molto pessimistica.
Mi sembra che, nel corso del suo semestre europeo di Presidenza, l'Italia non abbia brillato, nonostante gli ottimi rapporti che il nostro Presidente del Consiglio vanta sia con Putin sia con Bush, nell'azione diretta a far sì che i paesi sottoscrivano il protocollo di Kyoto o si impegnino nel proporre qualcosa di serio per fermare questo disastro. Mi conforta il fatto che il nuovo ministro dell'ambiente irlandese Cullen - ricordo che l'Irlanda ha ora la presidenza del semestre europeo - abbia invece dichiarato che il protocollo di Kyoto rappresenta un obiettivo importantissimo per l'Unione europea e che tutto l'impegno della presidenza irlandese sarà volto ad affrontare seriamente il problema della riduzione dell'effetto serra.
Anche un recente convegno europeo sulle energie rinnovabili, svoltosi a Berlino, ha fatto maggiore chiarezza sulla normativa europea, ponendo dei target chiari per le energie rinnovabili e mettendo in luce come l'Unione europea abbia molto interesse a sviluppare l'industria del rinnovabile, considerato che è all'avanguardia nel mondo. Ci sono ottimi esempi in Europa: l'Inghilterra, e non soltanto la Germania


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sempre citata, ha messo a punto recentemente un piano che prevede una riduzione del 20 per cento delle emissioni entro il 2010.
In tale quadro, l'Italia invece continua, come sa benissimo il rappresentante del Governo, ad aumentare drammaticamente le emissioni ed il nostro Governo, anziché adoperarsi per fare in modo che il protocollo di Kyoto venga applicato, ha tentato di giustificare lo scarso risultato italiano sia nel corso del semestre di presidenza sia in Italia, mettendo in dubbio, con le sue dichiarazioni, il fatto che gli obiettivi previsti dal protocollo possano essere raggiunti.
Dal momento che la situazione è veramente drammatica ed i tempi stringono, perché misuriamo ogni giorno gli effetti drammatici del cambiamento climatico conseguenti al surriscaldamento del pianeta ed i danni incalcolabili che esso determina, chiedo al rappresentante del Governo se il Governo italiano abbia intenzione di impegnarsi correttamente nell'applicazione del protocollo di Kyoto, a cominciare dalle politiche nazionali energetiche ed industriali, e se intenda realmente ridurre le emissioni. Chiedo, inoltre, se non ritenga sia importante rendere in qualche modo edotto il Parlamento, permettendo a quest'ultimo di pronunciarsi con una mozione. A questo riguardo, ricordo che avevo presentato, dopo il Cop 9, una mozione da sottoporre all'esame dell'Assemblea, perché credo che tutti noi vorremmo una politica molto più coraggiosa, considerati gli ottimi rapporti dell'Italia con Blair. Adoperiamo, quindi, il modello inglese e non quello statunitense per far sì che l'Italia contribuisca seriamente alla soluzione di questo problema, che produrrà i suoi effetti non tanto sui nostri nipoti, ma su noi stessi e sui nostri figli. Basta ricordare l'ormai citatissimo rapporto semisegreto della NASA che racconta quali drammi mondiali, nel giro di 10-15 anni, verranno prodotti dei cambiamenti climatici.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio, onorevole Tortoli, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO TORTOLI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio. Signor Presidente, in merito a quanto indicato nell'interpellanza urgente n. 2-01103 dell'onorevole Cima si rappresenta che l'ultimo Consiglio dei ministri dell'ambiente dell'Unione europea ha discusso un documento da sottoporre al Consiglio europeo del prossimo 25 marzo, che sarà dedicato all'esame delle politiche e delle prospettive di sviluppo dell'Unione europea nei prossimi anni, secondo le linee indicate dalla cosiddetta strategia di Lisbona.
Nel corso della discussione si è fatta presente l'esigenza di incardinare l'attuazione del Protocollo di Kyoto nel giusto contesto internazionale nel quale il Protocollo stesso si colloca. In particolare, si sono richiamate le conclusioni del Consiglio informale dei ministri dell'ambiente e dell'energia che si è tenuto nel luglio scorso a Montecatini. In quell'occasione era stato sottolineato che il Protocollo è un accordo internazionale per affrontare la sfida globale dei cambiamenti climatici e, nello stesso tempo, era stato rilevato che l'applicazione unilaterale del Protocollo da parte dell'Unione europea avrebbe un effetto assai modesto sulla riduzione delle emissioni globali di anidride carbonica, mentre comporterebbe costi molto elevati e rischi concreti per la competitività delle imprese europee.
Sulla base di tali considerazioni si è suggerito che il documento del Consiglio ambiente richiamasse l'esigenza di considerare l'impegno dell'Unione europea sia in relazione alla strategia di Lisbona, sia nel contesto del processo internazionale in corso per l'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, anche allo scopo di evitare che l'assunzione di responsabilità unilaterali da parte dell'Unione europea interrompa definitivamente il difficile dialogo con la Russia, la cui ratifica è essenziale per l'entrata in vigore del Protocollo.


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A tale proposito, anche richiamando la recente visita del ministro Frattini a Mosca, si vuole ricordare che la Russia ha ripetutamente dimostrato di non gradire l'approccio unilaterale dell'Unione europea che riduce i margini di negoziato.
Si ricorda che in occasione del Consiglio informale di Montecatini si è ripetutamente sollecitata la Commissione europea ad un atteggiamento più flessibile ed aperto alle esigenze della Russia, che colloca il Protocollo di Kyoto nel contesto di una rinnovata partnership tecnologica ed industriale con l'Unione europea.
In conclusione, la posizione espressa durante il Consiglio ambiente del 2 marzo è finalizzata a salvaguardare le prospettive dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto e ad evitare che l'Unione europea ripeta lo stesso errore commesso nel 2000 con gli Stati Uniti d'America, quando fu preferito un approccio unilaterale rispetto al negoziato.
Nello stesso tempo, la posizione italiana richiama il Consiglio ambiente a non isolare l'attuazione del Protocollo di Kyoto dalla più generale strategia di sviluppo dell'Europa. Anche a tale proposito la nostra posizione è coerente con le indicazioni del Consiglio informale di Montecatini e, soprattutto, con le conclusioni del Consiglio europeo dell'ottobre 2003.
Le conclusioni del Consiglio ambiente hanno accolto in larga misura i nostri suggerimenti e, nei prossimi mesi, la Commissione e gli Stati membri saranno impegnati ad effettuare una valutazione puntuale degli effetti economici e dei risultati ambientali dei programmi e delle misure europee per l'attuazione del Protocollo di Kyoto.
Per quanto riguarda gli impegni ed i programmi dell'Italia, stiamo completando la prima verifica del Piano nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra, approvato dal CIPE il 19 dicembre 2002.
Le attività in corso fanno riferimento ai tre criteri principali assunti dalla delibera CIPE. In base al primo criterio, i programmi nazionali per la riduzione delle emissioni devono assumere come dato di partenza elevati standard di efficienza energetica e la bassa intensità di carbonio dell'economia italiana, ben rappresentati dal Rapporto 2003 dell'Agenzia internazionale dell'energia. In altri termini, il costo marginale delle misure nazionali per migliorare ulteriormente le performance già raggiunte dall'economia italiana in termini di rapporto tra prodotto interno lordo ed emissioni di CO2 risulta mediamente molto più elevato di quello richiesto agli altri paesi europei, ovvero la dimensione e la tipologia delle misure nazionali per la riduzione delle emissioni devono considerare l'esigenza di non determinare effetti negativi sulla competitività e sull'efficienza dell'economia italiana.
La performance dell'Italia in termini di intensità di carbonio è tanto più significativa se si considera che il nostro paese non utilizza l'energia nucleare per la produzione di elettricità. A questo proposito, è interessante notare che, senza il ricorso al nucleare, le emissioni di molti paesi europei sarebbero di gran lunga superiori: Francia +75 per cento; Svezia +50 per cento; Germania +42 per cento; Gran Bretagna +24 per cento.
In base al secondo criterio, dovrà essere ottimizzata la capacità nazionale di assorbimento di carbonio atmosferico sia attraverso un nuovo inventario e una più efficiente gestione del patrimonio forestale e boschivo, sia attraverso la realizzazione di nuove piantagioni forestali, avendo presente l'obiettivo di contribuire, nello stesso tempo, alla sicurezza idrogeologica del territorio e all'aumento del volume di biomassa disponibile per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il terzo criterio prevede che dovranno essere promossi e facilitati i programmi per l'acquisizione di «crediti di carbonio» e di «crediti di emissione», nell'ambito dei meccanismi del Protocollo di Kyoto «Clean Development Mechanism» e «Joint Implementation», sia attraverso progetti in campo energetico e forestale delle imprese italiane, sia attraverso la partecipazione ai «Carbon Fund» presso le istituzioni finanziarie


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internazionali o le agenzie nazionali dei paesi in via di sviluppo e dei paesi con economia in transizione.
Come previsto dalle regole del Protocollo, siamo impegnati ad assicurare che tutti i crediti acquisiti dall'Italia corrispondano a progetti per lo sviluppo sostenibile dei paesi più poveri e delle economie emergenti. Sulla base di queste premesse, sono stati definiti i dati di riferimento del piano, aggiornati a febbraio 2004. Entro il 2008-2012, le emissioni dovranno essere ridotte del 6,5 per cento rispetto al 1990, ovvero esse dovranno passare da 521 milioni di tonnellate di carbonio del 1990 a 487 milioni di tonnellate. Pertanto, il gap teorico da colmare è pari a 34 milioni di tonnellate. Tuttavia, dal 1990 le emissioni sono aumentate a 546 milioni di tonnellate e lo scenario tendenziale al 2010, qualora non fossero adottate misure, è compreso tra 598,7 e 607,7 milioni di tonnellate. Considerando gli effetti di misure già adottate e in fase di attuazione, che concorrono al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni, la crescita effettiva delle emissioni al 2010 è stimata in 549,3-558,3 milioni di tonnellate, contro le 598,7-607,7 milioni di tonnellate dello scenario tendenziale.
Questo è il cosiddetto scenario di riferimento, al quale corrisponde un gap pari a 62,2-71,2 milioni di tonnellate. L'aumento e la migliore gestione delle aree forestali e boschive consente un aumento della capacità di assorbimento del carbonio, corrispondente ad una riduzione equivalente di emissioni, per un totale di circa 11 milioni di tonnellate, che riduce il gap a 51,2-60,2 milioni di tonnellate.
Per colmare il gap è stato individuato un set di opzioni per ulteriori misure che consentono di raggiungere il miglior risultato con il minor costo: a livello nazionale, nei settori dell'energia, dell'industria, dei servizi, dei trasporti, dell'agricoltura e dei rifiuti, con una riduzione potenziale fino a 85 milioni di tonnellate di CO2; a livello internazionale, attraverso i progetti di cooperazione nei settori energetico e forestale, nell'ambito dei meccanismi «Joint Implementation» e «Clean Development Mechanism», con una riduzione potenziale fino a 60 mila milioni di tonnellate di CO2.

PRESIDENTE. L'onorevole Cima ha facoltà di replicare.

LAURA CIMA. Signor Presidente, non sono soddisfatta della risposta perché, nonostante l'ampia documentazione contenuta nella relazione presentata dal Governo, non vi è alcuna inversione di tendenza circa la volontà politica dell'Italia di ridurre le emissioni attraverso il varo di provvedimenti finalizzati a tale scopo (si tenga conto che, se non erro, l'Italia è il terzo paese in Europa a produrre tali emissioni, con una percentuale del 14 per cento). Non riscontro nemmeno un certo impegno sotto il profilo della produzione di energia rinnovabile, che le ridurrebbe.
Anche con riferimento al trasporto su gomma, che è uno dei fattori più scatenanti dell'inquinamento, non mi pare vi sia alcuna inversione di tendenza. In particolare, si dovrebbe aumentare il trasporto su ferro e promuovere, finalmente, un trasporto tramite cabotaggio costiero, che da sempre si dice sia il più adatto per il nostro paese.
Condivido tutte le preoccupazione sollevate anche recentemente dalle associazioni ambientaliste (il rapporto della Lega ambiente non è che l'ultimo); il WWF, inoltre, ha invitato l'Italia ad imitare la serietà della Gran Bretagna su questo tema.
Credo che, se non si cambierà rotta, saremo responsabili in Europa, ma anche a livello mondiale, di uno sviluppo insostenibile che renderà sempre meno vivibile il pianeta.

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