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PRESIDENTE. L'onorevole Fioroni ha facoltà di
GIUSEPPE FIORONI. Signor Presidente, la nostra interpellanza urgente pone l'accento su due importanti aspetti.
altrove, come oggi avviene, affidandola a sanitari sicuramente esperti, medici militari o medici della polizia, ma che fanno affidamento soltanto su un certificato anamnestico, che può essere rilasciato da un medico di famiglia, che magari è stato cambiato qualche giorno prima. Credo sia estremamente importante - lo fanno i cacciatori che si sottopongono ad un ciclo di formazione e quindi ad un esame di idoneità finale, lo facciamo per la scuola guida per il rilascio della patente -, che chi vuole girare con l'arma debba frequentare un corso teorico-pratico che consenta di assumere consapevolmente la responsabilità che comporta avere un'arma, anche come semplice detenzione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano, ha facoltà di
ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, come sottolineato nell'interpellanza presentata dall'onorevole Fioroni e da altri deputati, le recenti stragi compiute con armi da fuoco ad Aci Castello e a Milano pongono con forza alla nostra attenzione la necessità di verificare l'efficacia dei controlli di natura sanitaria - ma non solo - previsti per le autorizzazioni di polizia relative alle armi.
PRESIDENTE. L'onorevole Fioroni ha facoltà di
GIUSEPPE FIORONI. La ringrazio, signor Presidente e ringrazio il sottosegretario che, sostanzialmente, ci ha riportato i termini della circolare. Vorrei soltanto ribadire alcuni aspetti.
seguite e si vada rapidamente a migliorare il sistema dei controlli, senza aspettare che l'agenda delle priorità ci venga dettata da fatti di sangue.
Va dato sicuramente atto al ministro Pisanu del fatto che, finalmente, dopo un anno e mezzo, anche in controtendenza rispetto alle dichiarazioni espresse già nel maggio dello scorso anno e poi ripetutamente in questo lasso di tempo dai ministri Martino e Castelli, a seguito dei tragici eventi di Aci Castello e di Milano e sotto la scorta di una pressione emotiva, il Governo ha finalmente partorito almeno una circolare. Ciò sta a significare - ne prendiamo atto - che il problema sollevato nel corso di questo anno e mezzo con la nostra compagna «stop alle pistole facili» era reale. Non vi sono solo i fatti di Aci Castello e di Milano, come quotidianamente le cronache dei giornali ci dimostrano ampiamente: non vi è un giorno in cui non venga commesso qualche omicidio, qualche fatto di sangue o qualche lesione personale per l'utilizzo improprio dell'arma detenuta nella propria abitazione, addirittura anche in presenza di porto d'armi.
Riteniamo però che questa circolare non sia sufficiente. Dal punto di vista burocratico e formale è ineccepibile, ma vorrei svolgere alcune considerazioni dal punto di vista della sicurezza dei cittadini. Quando noi parliamo di cittadini - vorrei che sia chiaro - ci riferiamo alla sicurezza prima personale e poi familiare di coloro che sono in possesso dell'arma o tramite porto d'armi o licenza sportiva o detenzione. È necessario però che possano detenerla, con la garanzia della sicurezza per tali soggetti, per la loro famiglia e per tutti noi in maniera assolutamente sicura. Si tratta di una sicurezza formale, burocratica perché viene lasciato tutto com'è e si chiede solamente di riproporla con le procedure e le norme cui fino ad oggi si è fatto riferimento.
Credo si debba prevedere un intervento diverso; non si può porre in essere un intervento tampone e burocratico ma deve essere un intervento incisivo. È indispensabile che da parte dei Ministeri dell'interno e della sanità venga ricostituita non solo una banca dati di coloro che possiedono il porto d'armi, ma anche di coloro che hanno la licenza sportiva e soprattutto che detengono (circa 4 milioni di italiani, così risulta dalle stime) armi all'interno della propria famiglia. Ricordiamo, peraltro, che la detenzione risulta possibile tramite autorizzazione che non viene nemmeno rinnovata e, quindi, una volta concessa si mantiene a vita.
Si chiede, pertanto, la costituzione di una banca dati, consentendone l'accesso ai medici che operano sul territorio nazionale. È indiscussa, anche per i fatti di Aci Castello e di Milano, la necessità di prevedere due modifiche in via amministrativa: si dovrebbe prevedere, da una parte, l'obbligatorietà da parte del medico di segnalare immediatamente alle autorità competenti il disturbo che può essere predittivo circa una rapporto disturbato di quel soggetto con l'uso o la detenzione dell'arma nell'ambito della propria famiglia. Dall'altra, vi dovrebbe essere per il medico, in qualunque parte del territorio (nell'ambulatorio in cui il medico effettua le visite, nel pronto soccorso, nei dipartimenti di salute mentale), l'obbligo di effettuare le opportune segnalazioni quando si presenta un soggetto con disturbi che non sono compatibili, ma, soprattutto, di verificare se quel soggetto ha il porto d'armi o l'autorizzazione a detenere, a diverso titolo, un'arma all'interno della propria famiglia e di poter richiedere la sospensione dell'autorizzazione e, quindi, il sequestro dell'arma (fino ad oggi si tratta di una procedura affidata al medico, se ritiene opportuno attivarla, che spesso, come hanno come dimostrato gli ultimi fatti, non comporta alcuna azione immediata). Si richiede, quindi, la costituzione della banca dati ed il conseguente accesso alla medesima, anche con riferimento alla detenzione e l'obbligo per i medici di compiere le opportune segnalazioni.
Vi è, inoltre, un altro problema che il Governo conosce benissimo, relativo ai medici di famiglia. Se un cittadino revoca la scelta del medico di famiglia perché intende cambiarlo, è importante che la propria scheda sanitaria venga trasmessa da medico a medico, da sanitario a sanitario (non vi è alcuna violazione della privacy). È l'unico modo per evitare che venga rilasciato qualche certificato anamnestico fidandosi soltanto delle risposte del paziente e non della memoria del medico che ha seguito passo passo le vicende sanitarie di colui che richiede il porto d'armi o l'autorizzazione a detenere l'arma. Credo che ciò sia un altro aspetto estremamente significativo.
L'altra questione sulla quale vorrei svolgere alcune considerazioni riguarda la costituzione di una commissione che rilasci le autorizzazioni alla detenzione e al porto d'armi; si tratta di una commissione unica che dovrebbe operare all'interno delle ASL, con un medico legale, un neurologo o uno psichiatra. Occorre inoltre, è la cosa più importante, ridefinire il decreto ministeriale del 1998, specificando meglio le patologie di tipo neurologico, psichiatrico, dismetabolico, ortopedico e cardiovascolare che rendono incompatibili tali autorizzazioni, per lasciare margini di discrezionalità limitati in chi deve interpretare la norma. Vorrei inoltre far riferimento ad un'altra sperimentazione. Il sottosegretario sa benissimo che per l'accesso alle forze di polizia vi è una grande attenzione sotto il profilo dell'idoneità psicofisica alla detenzione, al maneggio e all'uso dell'arma.
Statisticamente, le percentuali di coloro che successivamente hanno registrato disturbi nel rapporto con l'arma e conseguentemente determinato una pericolosità per gli altri soggetti sono irrilevanti rispetto al dato della popolazione normale. Ciò è dovuto al fatto che oggi è previsto soltanto un certificato anamnestico; molto probabilmente, come noi riteniamo, se vi fosse una competenza multidisciplinare dell'ASL, in modo che, nel momento in cui si deve presentare la certificazione per il rilascio o per il rinnovo annuale del porto d'armi, occorra accertare un idoneità psicofisica valutativa dal punto di vista neuropsichiatrico, seguendo uno schema che è quello tipico utilizzato in questi casi, che consente di verificare i disturbi predittivi di un alterato rapporto con l'arma, noi avremmo allora una certificazione di gran lunga più significativa di quella costituita dalla semplice presentazione di un certificato anamnestico e soprattutto, anche in questo caso, quando l'idoneità non viene riconosciuta, bisognerebbe lasciarne menzione, nella stessa banca dati, per evitare che qualcuno possa pensare di «girare»
Tutto questo lo abbiamo chiesto anche per quanto riguarda alcuni aspetti relativi alle armi giocattolo, ma adesso lo chiediamo essenzialmente perché riteniamo che, avendo il ministro finalmente preso atto che questo problema è reale, non si verifichi ancora che a dettare l'agenda dei provvedimenti siano le emergenze o nuovi ulteriori fatti di sangue. Molte di queste cose che ho detto, al di là di dell'istituzione della commissione e dei corsi teorico-pratici, possono essere adottate attraverso modifiche di decreti ministeriali e decreti interministeriali che forniscano indicazioni precise. Non vi è alcun connotato punitivo, nessuna posizione ideologica rispetto alle armi che sono detenute.
Crediamo tuttavia che sia un dovere per tutti ed un diritto di tutti quello di poter detenere un'arma in una situazione di massima sicurezza, con la consapevolezza della responsabilità all'interno del proprio nucleo familiare. Ciò non significa che, aumentando il numero delle armi, come hanno ricordato più volte il ministro Martino ed il ministro Castelli, o «americanizzandoci», prendendo come riferimento le disposizioni della Costituzione americana che facilitano l'accesso alle armi, si garantisca la sicurezza dei cittadini. Credo che questo Governo dovrebbe assumere un atteggiamento univoco: garantire la sicurezza dei cittadini è compito dello Stato e non dei cittadini che si devono armare. Ciò non ha nulla a che vedere con chi fa pratica sportiva o il cacciatore; tuttavia, come è stato fatto dal ministro della difesa e da quello della giustizia, continuare a ribadire di armarsi per stare più tranquilli, significa dichiarare il fallimento dello Stato sulla sicurezza e, ancor peggio, dare la sensazione che la pistola debba garantire la sicurezza del cittadino, anche se semplicemente detenuta in casa. Si tratta, quindi, di uno Stato che si arrende, che incita a farsi giustizia da sé.
Questo è un sistema normativo a maglie larghe, l'abbiamo visto in questi mesi - non ricordiamo più l'episodio di Chiavari, ma credo che lo dovremmo ricordare perché è avvenuto poco meno di un anno fa - che determina una situazione di rilascio di autorizzazioni o di porto d'armi senza le sufficienti misure di sicurezza che garantiscano prima di tutto chi detiene l'arma e successivamente la propria famiglia, nonché tutti noi che viviamo in questa comunità.
Credo che il Governo dovrebbe finalmente, prendendo atto di quello che il ministro Pisanu ha fatto, intervenire arrivando alla soluzione del problema e non semplicemente dare una «spruzzatina» di attenzione, dicendo semplicemente di verificare nuovamente i requisiti.
Il problema infatti è che così com'è oggi la normativa, è una normativa formale che non garantisce nessuno e che si limita ad intervenire nel momento di emergenza, ma che poi ci riconsegna le tragedie che abbiamo vissuto in questi giorni.
Il ministro dell'interno ha chiesto formalmente alle autorità preposte maggiore oculatezza e maggior rigore nell'applicazione del sistema di concessione delle autorizzazioni di polizia in questa delicata materia. Lo stesso ministro il 9 maggio ha diramato, come veniva prima ricordato dall'onorevole Fioroni, una circolare con la quale ha disposto una revisione straordinaria delle licenze per il porto d'arma già rilasciate, finalizzata ad una verifica puntuale dei presupposti. In concreto, sarà richiesto ai titolari di una licenza pluriennale di porto d'arma, che sia stata rilasciata o rinnovata prima dell'ultimo anno solare, di esibire una certificazione medica aggiornata di idoneità psicofisica al maneggio delle armi.
Con la stessa circolare è stata inoltre evidenziata a prefetti e questori la necessità di assicurare sempre, al momento del rilascio di qualsiasi licenza di porto d'arma, nonché per ogni nulla osta all'acquisto di armi, la verifica scrupolosa dei requisiti personali dei richiedenti e specificamente di quelli psicofisici, attestati da apposita certificazione medica. Tra i requisiti psicofisici previsti, è stato chiesto di prestare particolare attenzione all'assenza di alterazioni neurologiche, di disturbi mentali (della personalità o del comportamento) o di situazioni di dipendenza da sostanze psicotrope (alcol o stupefacenti). Si tratta, quindi, di una verifica tutt'altro che formale.
Aggiungo ulteriori indicazioni contenute nella circolare del ministro che intendono dare un'immediata risposta alle esigenze di sicurezza. Il ministro ha infatti chiesto alle autorità provinciali di pubblica sicurezza di valutare, per i provvedimenti inibitori del caso, ogni qualificata segnalazione di eventi o di condotte che possano far dubitare, anche per indizi, della permanenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla legge, procedendo, se necessario, alla revoca delle licenze già rilasciate, nonché all'eventuale adozione del divieto di detenzione di armi.
È intenzione del Ministero dell'interno procedere ad un organico e complessivo riesame dell'intera disciplina su armi, munizioni ed esplosivi. A tal fine è stata istituita da tempo - e quindi a prescindere dagli ultimi fatti delittuosi - un'apposita commissione tecnica interministeriale che sta lavorando intensamente in una materia obiettivamente difficile e complessa (e questa sarà certamente la sede più appropriata per approfondire ulteriormente i problemi sollevati dagli interpellanti).
Venendo, infine, agli aspetti di competenza del Ministero della salute - che, come è noto, ai sensi della legge n. 89 del 1987, ha stabilito, con decreto 28 aprile 1998, i criteri tecnici generali per l'accertamento dei requisiti psicofisici minimi per l'idoneità al porto d'arma - l'accertamento di tali requisiti è affidato agli uffici medico-legali o ai distretti sanitari delle unità sanitarie locali o alle strutture sanitarie militari della polizia di Stato, strutture alle quali il richiedente è tenuto a presentare un certificato di anamnesi, rilasciato dal medico di fiducia in data non anteriore a tre mesi, e compilato su apposita modulistica. In base a questa prima certificazione, dopo aver prescritto eventuali ulteriori accertamenti specifici, il medico legale verifica la sussistenza dei requisiti prescritti e consegna all'interessato il certificato di idoneità psicofisica.
Il Ministero della salute comunica al riguardo che è all'esame del ministro un'ipotesi di modifica del decreto in questione, proposta dal Consiglio superiore di sanità. Questa ipotesi intende attribuire la responsabilità dell'accertamento dei requisiti psicofisici per l'idoneità al porto d'arma interamente agli uffici medico-legali, ai distretti sanitari dell'unità sanitaria locale e alle strutture sanitarie militari della polizia di Stato. In tal modo, si conferirebbe di fatto la possibilità per i medici accertatori di prescrivere tutti gli ulteriori specifici accertamenti ritenuti necessari, compresa la consulenza di uno specialista neurologo o psichiatra da effettuarsi presso strutture sanitarie pubbliche.
Questa impostazione sarebbe andata bene se fosse avvenuta per tempo. La mia preoccupazione infatti è che, nel richiedere la revisione straordinaria, non si intervenga rapidamente. Quella commissione, come ricordava il sottosegretario, sta lavorando da tempo. Ritengo che quei lavori meritino la stessa tempestività con cui questo Governo e questo Parlamento hanno approvato la legge n. 185.
Credo che, come siamo stati in grado di rivedere il commercio delle armi, potremmo vedere, con altrettanta rapidità, incisività ed efficacia, le norme che regolano la sicurezza di tutti noi. Infatti, se andiamo solo ad una revisione con i metodi precedenti, costringiamo tutti, in primo luogo i cacciatori, a ripresentare la documentazione senza dar loro una motivazione oggettiva, ossia quella di avere un nuovo stile di fare le visite e i corsi, una nuova certezza di avere risposte in termini di sicurezza per se stessi e per la propria famiglia, oltre che per gli altri, rischiamo di andare ad una revisione non condivisa e, come tale, non sarà efficace. Poiché il ministro ha deciso di fare la revisione, facciamola con nuovi criteri.
D'altronde, molti di questi criteri, le stesse indicazioni del Consiglio superiore di sanità, possano essere rivisti. Io ritengo che la nostra proposta organica possa anche essere, in qualche modo, di incentivo a migliorare le stesse proposte emerse e un po' datate. Tuttavia, fare una revisione senza che siano migliorate le strutture chiamate a rilasciare l'idonea certificazione, ad effettuare gli accertamenti neuropsichiatrici - il sottosegretario ha parlato di sostanze psicotrope o drogastiche -, senza neanche individuare gli esami che devono essere fatti, significa rischiare di dare alla gente la sensazione che questa circolare sia stata fatta per tranquillizzare il Governo sulla scorta delle emozioni senza dare la sicurezza a chi detiene armi, in primo luogo, e a tutti i cittadini.
Vorrei ripetere altri due aspetti con riferimento ai quali il sottosegretario non ha fornito una risposta. È impensabile che, in un paese civile, non ci sia una banca dati, accessibile ai sanitari che operano sul territorio, di coloro che hanno il porto d'armi e che detengono a casa le pistole. Non è possibile che questa banca dati, così come oggi è, non abbia gli elementi indispensabili per individuare l'età di una persona, per fare un monitoraggio sul numero di coloro che sono affetti da patologie e che debbano richiamare una revisione più attenta e più accurata. Un paese che non possiede ciò e che consente la circolazione di migliaia di armi è un paese che corre realisticamente il rischio di danneggiare, per esseri chiari, anche la stessa industria bellica che produce le armi. Infatti, ogni volta che avvengono questi fatti, c'è sicuramente un'apprensione da parte popolazione e una preoccupazione nei riguardi dell'arma stessa.
Credo che realizzare un sistema di banche dati alle quali sia possibile accedere - mi riferisco a banche che raccolgono informazioni che i sanitari possano ricevere -, con la consapevolezza, da parte delle persone di essere monitorate per garantire sicurezza a tutti, in primo luogo a loro stessi, significhi creare un sistema efficace che non danneggia. Infatti, la politica di non voler disturbare alcuno che si sta attuando in questi giorni determina (non ci si rende conto) un danno maggiore; qualche controllo in più, ma efficace e non formale, non scontenta il cittadino, ma lo rende consapevole e non danneggia neanche chi produce ciò. Viceversa, controlli formali, superficiali non condivisi da chi ha intenzione di detenere un'arma rischiano di causare un danno alla sicurezza di tutti noi e alla stessa industria bellica.
Invece che aspettare ulteriori tre o quattro (magari la prossima strage) per passare da una circolare di controlli formali ad interventi sostanziali, mi auguro che si vada rapidamente a modificare il decreto ministeriale e a farne uno nuovo d'intesa tra i Ministeri dell'interno e della Salute sulle procedure che devono essere