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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Antonio D'Alì, ha facoltà di
ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, rispondo congiuntamente alle interrogazioni presentate dagli onorevoli Delmastro Delle Vedove e Messa, riguardanti, nello specifico, l'intitolazione di una strada della città di Codogno, in provincia di Lodi, a Sergio Ramelli, militante missino ucciso nel 1975 a Milano - morto dopo un'agonia di 40 giorni susseguente all'aggressione subita da parte di esponenti dell'estrema sinistra - e che vertono, da un punto di vista più generale, sulla vigenza o meno di una competenza statale in materia di toponomastica. Come è noto, la legge n. 1188 del 1927, recante «toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei» prevede, all'articolo 1, che nessuna denominazione possa essere attribuita a nuove strade e piazze pubbliche senza l'autorizzazione del prefetto o del sottoprefetto, udito il parere della Regia deputazione di storia patria o, dove questa manchi, della società storica del luogo o della regione.
alla pronuncia citata, non lo esime dall'esercizio della potestà autorizzatoria.
PRESIDENTE. L'onorevole Delmastro delle Vedove ha facoltà di
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, è giusto e doveroso che il sottosegretario per l'interno tenti di difendere - e ciò le fa onore - la posizione di un rappresentante dello Stato che io, invece, posso valutare molto molto più liberamente di quanto lei non sia costretto a fare. Peraltro, nell'ambito del mio atto di sindacato ispettivo era del tutto irrilevante la questione della competenza in materia di toponomastica.
PRESIDENTE. Constato l' rinunziato a replicare per la sua interrogazione n. 3-02158.
Il 3 maggio 2000 la prefettura inviava la delibera con la quale il comune di Codogno aveva deciso l'intitolazione della strada a Ramelli alla Società storica lombarda per il prescritto parere. Il successivo 12 giugno 2000 tale società si pronunciava negativamente, ritenendo che tragedie di una storia così vicina non potessero condurre a denominazione toponomastica. Conseguentemente la prefettura di Lodi, uniformemente al parere non vincolante della Società storica lombarda, il 20 giugno 2000 comunicava al sindaco di Codogno che l'istanza doveva intendersi respinta. Contro tale determinazione il comune di Codogno esperiva ricorso al tribunale amministrativo regionale della Lombardia il quale, con sentenza depositata l'8 ottobre 2001, accoglieva tale ricorso asserendo che la norma di legge impugnata, ossia l'articolo 1 della legge n. 1188 del 1927, pur non essendo stata espressamente abrogata, lo era stato in maniera tacita dalla più recente normativa intervenuta, in particolar modo dalla legge n. 59 del 1997 e dal decreto legislativo n. 112 del 1998 che, all'articolo 99, assegna all'ente locale le funzioni inerenti la gestione delle strade e, perciò, anche la materia della toponomastica.
Contro tale sentenza la prefettura di Lodi ha esperito appello al Consiglio di Stato e, contestualmente, ha richiesto un provvedimento di sospensione cautelare dell'efficacia dell'atto annullato. Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 13 febbraio 2002, accoglieva l'istanza di sospensiva, confermando sostanzialmente la vigenza del potere autorizzatorio in capo al prefetto. Il prefetto di Lodi, tuttavia, in uno spirito di collaborazione con l'ente locale, rinunciava a ricorre in appello al Consiglio di Stato e, conseguentemente, agli effetti favorevoli della sospensiva ordinata.
A conclusione della vicenda, il comune di Cologno ha intitolato, nel marzo 2002, la strada a Sergio Ramelli come era nelle sue intenzioni originarie e come ho enunciato nelle premesse del mio intervento. In conclusione, il prefetto di Lodi ha agito esercitando il potere previsto dall'articolo 1 della legge n. 1188 del 1927 che, in assenza di un'abrogazione espressa o di una giurisprudenza consolidata conforme
La vicenda del contenzioso improvvidamente aperto dal prefetto della provincia di Lodi per contrastare l'intitolazione di una via del comune di Codogno al giovane Sergio Ramelli, barbaramente assassinato a Milano nella primavera del 1975 da militanti di Avanguardia operaia - è bene ricordarlo - a colpi di chiave inglese sul cranio, ha le connotazioni di una intrinseca immoralità, ancorché formalmente ineccepibile dal punto di vista della valutazione giuridica.
Ho la fortuna di non conoscere il dottor Domenico Gorgoglione, prefetto di Lodi, ma ritengo di poter dire che, in questa vicenda, egli abbia non degnamente rappresentato lo Stato ed il Governo con una iniziativa giurisdizionale che non ha precedenti nella storia della Repubblica e che si qualifica come atto giuridico probabilmente dissimulatore di una cattiva coscienza e di una faziosità senza confini, anche perché, onorevole sottosegretario, come lei ci ha ricordato, il parere della Società storica lombarda non era certamente vincolante.
Lo stesso Presidente Pertini, facendo onore alla propria funzione, malgrado rappresentasse con la sua storia personale quanto di più distante fosse possibile immaginare rispetto al Movimento sociale italiano ed al Fronte della gioventù, in quegli anni tremendi ebbe nobili parole di pietà umana, compiendo un grande gesto di pietà umana e, nel contempo, di esecrazione dell'assassinio di Sergio Ramelli.
L'iniziativa del comune di Codogno, non certo dettata da volontà apologetica, che egualmente avrebbe offeso la memoria del giovane attivista di destra, con il ricordo di Sergio Ramelli intendeva offrire una forte riflessione ed un severo monito, affinché mai più nella tormentata storia della nostra nazione giovani si affrontassero con il veleno interiore della furia omicida.
Il nobile intento è stato da tutti compreso tranne, forse, che dal prefetto di Lodi il quale, con zelo degno di miglior causa, si è rivolto al TAR della Lombardia per ottenere una declaratoria di illegittimità dell'iniziativa della città di Codogno. L'esito della dissennata iniziativa prefettizia - tra l'altro, lo sottolineo, compulsiva dell'autonomia municipale - è stato sostanzialmente rovinoso, ancorché caratterizzato, come ella ci ha ricordato, da rinunzia.
Ora che la prodezza del dottor Gorgoglione ha ricevuto la risposta che meritava, ora che finalmente questa via della città di Codogno (insieme alle vie di altre città come Chieti, Reggio Emilia, Bologna, Viareggio e altre ancora) finalmente è stata inaugurata, non pretendo né posso sperare che egli provi qualcosa di simile alla vergogna. Come si sa, nemo ad impossibilia tenetur.
Speravo di poter ottenere giustizia, costringendo forse il dottor Gorgoglione ad esborsare qualche migliaio di euro di tasca sua, ma non mi dolgo particolarmente del fatto che questa mia speranza sia destinata ad andare delusa. Mi accontento, però, che agli atti della Camera sia consegnata, con la solennità parlamentare, l'espressione della mia personale vergogna (e non soltanto mia personale) per un'iniziativa che non onora né la persona, né la funzione rappresentata dal prefetto di Lodi, dottor Gorgoglione. La ringrazio, onorevole sottosegretario.