Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 90 del 31/1/2002
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(Inagibilità dei prefabbricati leggeri installati in Campania dopo il sisma del 1980 - n. 2-00194)

PRESIDENTE. L'onorevole Alberta De Simone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00194 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

ALBERTA DE SIMONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho presentato questa interpellanza il 18 dicembre, nel momento in cui, su questo caso, erano impegnati tutti i giornali e tutte le televisioni nazionali e nel momento in cui la tragedia di San Gregorio Magno, che ha provocato 19 morti, era al centro dell'attenzione politica. È passato poco più di un mese e il problema sembra archiviato. Invece, a mio parere, l'episodio richiede atti conseguenti di prevenzione, affinché altri casi analoghi non possano verificarsi mai più.
Ovviamente, sono obbligata a ricostruire in modo sintetico le tappe di una situazione che provoca, ancora oggi, tragedie come quella di San Gregorio Magno. All'indomani del sisma del 23 novembre 1980, che colpì la Campania e la Basilicata, producendo 2700 morti, 1800 feriti e 300.000 senza tetto (al riguardo, nell'interpellanza


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vi è un errore di stampa, poiché al secondo capoverso si parla di 30.000 senza tetto) e alle soglie di un inverno che fu rigidissimo - era il 23 novembre - dopo il primo inverno passato nelle tende e nelle roulotte, i senza tetto furono alloggiati in strutture provvisorie di vetroresina e, spesso, di amianto.
Tali strutture furono adibite ad alloggi provvisori ed ebbero un collaudo che ne garantiva la sicurezza soltanto per cinque anni perché, essendo strutture di cartongesso, con infiltrazioni di umidità, di acqua e di tutte le intemperie del caso, i circuiti elettrici non reggevano più di tale periodo. Viceversa, tali strutture sono state utilizzate dai terremotati per nove, dieci, quindici anni, cioè il tempo necessario per ricostruire abitazioni spesso collocate in centri storici o in condomini nei quali erano necessari piani di recupero ed una serie di adempimenti prescritti dalla legge che richiedevano tempo per la loro realizzazione.
Il dramma vero è accaduto quando i terremotati via via lasciavano gli alloggi precari ed andavano nelle abitazioni. In quel momento, non essendo stato emesso mai un provvedimento per lo smantellamento immediato e la distruzione delle baracche, quegli alloggi, a collaudo scaduto e ormai pericolosi, venivano occupati di notte da altre famiglie di senza reddito o a reddito basso, di indigenti e di senza tetto che pensavano, mediante l'occupazione di tali alloggi, di avere un tetto provvisorio ed una corsia preferenziale per giungere all'assegnazione di un alloggio economico e popolare.
Tutta questa situazione è stata tollerata troppo a lungo e si è estesa a macchia di leopardo. Molte amministrazioni hanno provveduto a distruggere gli alloggi mentre altre amministrazioni locali si sono trovate di fronte al problema dei senza tetto e hanno assegnato tali strutture a nuovi indigenti. Da qui è partita la serie di problemi che elenco nella mia interpellanza.
Voglio ricordare soltanto che nel 1996, in provincia di Potenza, due bambini di tre e due anni sono morti nell'incendio di un prefabbricato leggero. Si tratta di bimbi di una famiglia indigente subentrata nel prefabbricato, non più sicuro, alla famiglia terremotata che ne era uscita.

MARIO LETTIERI. È una cosa drammatica! Io sono lucano e posso testimoniare questi fatti.

ALBERTA DE SIMONE. Dunque, abbiamo assistito al protrarsi di una tragedia.
Quello che non ho detto nell'interpellanza e che vorrei dire in questa sede è che nel 1992 ero sindaco di un comune terremotato. Una sera d'estate, esattamente verso le 23, si sviluppò un incendio nei prefabbricati dove erano ancora alloggiate cento famiglie, tutte di questa tipologia. Siamo arrivati nello spazio di qualche minuto con vigili urbani e vigili del fuoco, ma i bimbi sono stati tirati fuori dal letto mentre questo era in fiamme. Il materiale con cui è stata costruita questa tipologia di alloggi è altamente infiammabile e, se c'è una scintilla, prende fuoco come un rogo. Non è una casa dove c'è il tempo di spegnere l'incendio. Quel caso mi fece tremare al punto che smantellai tutti i prefabbricati ricorrendo persino all'acquisizione momentanea di alloggi in affitto.
Dopo il 1994, anche per un'azione parlamentare continua che abbiamo portato avanti, è stata data una priorità assoluta per l'assegnazione del contributo alle famiglie terremotate che risiedevano in tali alloggi. Abbiamo anche verificato, mediante il Ministero dei lavori pubblici, che tutte quelle famiglie hanno avuto il contributo per l'alloggio e tali casi sono stati risolti. Rimane il problema dei subentrati.
Una vicenda analoga è accaduta per le strutture perché, all'indomani di una tragedia del genere, noi eravamo senza scuole, senza municipi, senza ospedali, senza ambulanze.
Si aprirono i municipi prima sotto le tende e, poi, nei prefabbricati; gli asili nido li aprimmo in strutture che, spessissimo, erano dono della solidarietà internazionale (ne avevamo una donata dal la provincia


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di Roma e una, a San Gregorio Magno, dono della Francia).
Questi prefabbricati arrivati in dono dalla Germania, dalla Francia e da altri comuni erano di tipologia leggermente migliore dei nostri; tuttavia, si trattava sempre di strutture provvisorie e precarie, approntate con uso di vetroresina ed amianto, cioè materiale altamente infiammabile e velenoso.
In questi anni ho tentato, invano, di avere un atto normativo - e vorrei dire che la mia non è una polemica ma è un'affermazione volta alla soluzione del problema -, che poteva essere anche una circolare ministeriale. Nell'interpellanza ho citato che, appena eletta, mi recai alla Protezione civile, quando ne era responsabile, nel primo Governo Berlusconi del 1994, l'onorevole Fumagalli Carulli. In quella circostanza, le chiesi di dichiarare inagibili e pericolose queste strutture e di far sì che - per decreto, per circolare attuativa, per controllo di collaudo - non fossero più usate.
Tale questione, sino ad oggi rimasta affidata alla libera volontà dell'amministratore locale, che può decidere di smantellare, di riassegnare, di fare ciò che vuole di questi immobili, deve, invece, essere sostenuta da un atto di indirizzo - oserei dire di imperio perché, in questo caso, riguarda la pubblica incolumità - di carattere normativo che non sia necessariamente una legge ma una disposizione che stabilisca la loro totale inagibilità (tanto oggi c'è la possibilità di rimediare, se c'era anche nel 1992). Tale atto dovrebbe essere accompagnato da un'autorizzazione anche a requisire, momentaneamente, locali vuoti, pagando regolarmente l'affitto ai proprietari, per sopperire ad eventuali necessità.
Credo che non possiamo, ogni volta, alzare la voce sui poveri, sullo scandalo, su San Gregorio Magno, su Potenza, su centomila altri casi e, poi, aspettare che arrivi il caso successivo; di conseguenza, avendo avuto anche cognizione che le regioni Basilicata e Campania, nel riparto di fondi per la costruzione di alloggi di edilizia economica popolare, hanno dato priorità assoluta alle famiglie indigenti in quei luoghi, ormai, si può dire che un piano è avviato: è stato portato a termine per i terremotati ed è avviato per le famiglie indigenti. Tuttavia, bisogna, sin da ora, dichiarare quelle strutture non più usabili perché, data la situazione e il contesto socio-economico estremamente critico di quelle zone, senza un atto normativo di questo genere, avremo sempre un nuovo subentro, una struttura che viene riadeguata.
Ho letto sulla stampa che la struttura di San Gregorio Magno era stata riadeguata, talmente riadeguata che erano stati rifatti i circuiti elettrici, le strutture e, tuttavia, ha preso fuoco in un attimo. Essa si trovava in una zona - anche questa costituisce una piaga attuale del sud - in cui i cellulari non hanno segnale, una delle nostre zone d'ombra dove mancano le antenne per i cellulari e dove il presidio del Corpo dei vigili del fuoco più vicino era a cinquanta chilometri.
Credo che l'episodio dei diciannove morti debba essere di insegnamento per tutti noi: sono su storie minori (minori perché riguardano il sud interno, storie di indigenza e, quindi, uso tale vocabolo ironicamente, di minor peso nell'agenda politica che insegue sempre di più i massimi sistemi e le teorie ideologiche), la cui soluzione deve trovare spazio nell'agenda politica perchè sono storie che riguardano la quotidianità di famiglie (composte da cittadini italiani), il loro diritto alla sicurezza, alla sopravvivenza ed alla vita.
Per questi motivi, concludo con un appello, cioè che, finalmente, si emani - perché la tragedia è stata enorme - questa circolare che disponga di smantellare tutto e subito, perché sono decorsi ventuno anni e tre mesi da quando sono state installate (dal 1982 sono decorsi, comunque, vent'anni) e nessuna struttura provvisoria di quel tipo può avere, pur con tutti i lavori che possono essere effettuati, le condizioni di sicurezza vent'anni dopo la sua installazione (Applausi di deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).


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PRESIDENTE. Il sottosegretario per l'interno D'Alì ha facoltà di rispondere.

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, nell'interpellanza iscritta all'ordine del giorno si richiama la tragedia - di cui è ancora vivo il ricordo - dell'incendio che ha colpito la struttura sanitaria per malati psichiatrici di San Gregorio Magno in provincia di Salerno, in merito alla quale, a nome del Governo, ha già risposto in quest'aula con assoluta tempestività il sottosegretario Antonio Guidi per gli aspetti di competenza del ministro della salute.
Gli interpellanti sollevano preoccupazioni sull'eventualità che tragedie simili possano colpire i cittadini che, nel nostro paese, non avendo ancora trovato stabile sistemazione, sono alloggiati in container o in strutture definite «a lunga durata» e che possono comportare effettivi rischi sia dal punto di vista della igienicità e della salubrità delle condizioni abitative sia sotto l'aspetto della sicurezza.
Su tali temi, che attengono ad aspetti diversi, sono varie le responsabilità. Complessa si è rivelata, infatti, la gestione dei villaggi mobili costituiti da roulottes, prefabbricati pesanti e container, che vengono realizzati con l'esclusivo intento di individuare misure atte a garantire per le popolazioni colpite dall'evento, anche in situazioni di emergenza, condizioni di vita quanto più possibile vicine alla normalità.
È, infatti, da precisare che tali iniziative, realizzate nell'ambito delle misure e degli interventi di protezione civile, non hanno né possono avere carattere di stabilità e permanenza. A conferma di ciò, l'articolo 2 del decreto legge n. 57 del 1982, emanato successivamente agli eventi calamitosi del 1980 richiamati nell'interpellanza, convertito con modificazioni dalla legge n. 187 del 1982, ha stabilito che i fabbricati pesanti, acquistati con fondi stanziati nel bilancio dello Stato e quelli pervenuti in dono tramite il commissario per le zone terremotate o tramite il ministro per il coordinamento della protezione civile, fossero trasferiti in proprietà ai comuni cui erano stati concessi in uso con l'onere di provvedere alla loro manutenzione ordinaria.
Inoltre, al fine di assicurare la funzionalità ed il rispetto delle condizioni di salubrità e sicurezza, furono emanati due decreti-legge, il n. 75 del 1981, convertito con legge n. 219 del 1981 e il n. 19 del 1984, convertito con legge n. 80 del 1984, con i quali il CIPE assegnava ai comuni un fondo annuale per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei prefabbricati e degli alloggi costruiti per la sistemazione provvisoria delle persone rimaste senza tetto.
Dal quadro normativo illustrato si evince che la responsabilità della manutenzione dei container, anche di quelli di proprietà del dipartimento della protezione civile cui fa riferimento l'interpellante, è da attribuirsi - come ho già detto - esclusivamente alle amministrazioni comunali che li hanno avuti in uso.
Rimane il problema - ed in ciò convengo con l'onorevole De Simone - di vigilare sull'effettivo esercizio, da parte degli enti locali, delle competenze richiamate. Su tale aspetto assicuro che il Ministero dell'interno si sta adoperando, affinché gli enti locali verifichino le condizioni alloggiative di quei cittadini ancora ospitati nei container, promuovendo azioni dirette alla ricerca di situazioni più stabili e, comunque, rispondenti ai requisiti di sicurezza e salubrità richiesti dalle normative vigenti.
Nel caso in cui le risultanze dei controlli, che saranno attivati il più presto possibile, lo richiedessero, il Ministero si riserva di intervenire attraverso un provvedimento normativo in materia, anche nel senso indicato dall'onorevole De Simone.
L'onorevole solleva un giusto problema che non è certamente imputabile a questo Governo. Devo anzi rilevare un tentativo volto ad evidenziare responsabilità di un Governo che in quel momento non era più neanche in carica e a sottacere quelle di esecutivi che a lungo hanno governato il


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nostro paese nonché quelle dei governi che sono attualmente in carica nelle regioni e nei comuni di competenza.
L'onorevole comprenderà che un provvedimento d'imperio, come ella suggerisce e come questo Ministero si riserva di valutare, potrebbe essere giudicato lesivo delle competenze regionali e municipali, anche a seguito del forte dibattito che è in atto nel paese e in cui la parte politica che l'onorevole rappresenta sostiene tesi non legate a provvedimenti d'imperio dello Stato centrale. Nondimeno, l'interesse superiore della tutela della sicurezza dei cittadini solleciterà un intervento del Governo in tal senso, a garanzia delle condizioni di vivibilità.

PRESIDENTE. L'onorevole Alberta De Simone ha facoltà di replicare.

ALBERTA DE SIMONE. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi rendo conto che questa materia è complessa, per cui chi le ha preparato la nota di risposta ha fatto una piccola confusione.
I prefabbricati pesanti sono vere e proprie case a pannelli di cemento armato. In proposito presentai in Commissione bilancio un emendamento perché fossero assegnati in proprietà; tale proposta è stata approvata, divenendo la legge che lei ha citato. Anche in questo caso, si è assistito ad una triste vicenda, perché la norma non è stata applicata con la scusa che i comuni non sapevano di chi fossero o di chi non fossero tali prefabbricati. Darli in proprietà a gente senza tetto, che aveva subito morti a causa del terremoto, significava anche alleggerire i comuni degli oneri di manutenzione. Viceversa, un'altro decreto-legge, il n. 75, assume sempre a carico dello Stato tutti gli oneri di manutenzione.
Ma questo è un capitolo che non ha nulla a che vedere con la questione sollevata dalla mia interpellanza che si riferisce alle baracche, alle case in vetroresina e non a quelle con pannelli di cemento armato. La differenza tra il prefabbricato di San Gregorio, leggero, e un prefabbricato pesante è quella tra una baracca ed una casa, sia pure a pannelli di cemento armato. Ma, quelle, sono case.
A me non interessa il discorso sulle responsabilità; anzi, mi fa orrore. Dopo ogni tragedia c'è sempre l'individuazione del responsabile: l'ultimo scemo di turno. Come me, che ero l'ultimo sindaco capitato in quel comune: se non fossimo arrivati in quel minuto, io sarei stata additata come responsabile delle morti. Questo è un discorso che lascio alla magistratura. Noi dobbiamo fare un altro discorso, normativo e di prevenzione, che è quello che mi interessa. Né mi interessa la polemica «quali governi, quanti governi»: le potrei dire che ho sollecitato tutti i governi e che quelli di centrosinistra hanno ritenuto di risolvere il problema, innanzitutto, assegnando priorità assoluta nell'attribuzione di fondi ai baraccati terremotati. Non c'è più una sola famiglia di terremotati che vive in quelle baracche grazie a quest'azione. Ma non si poteva prevedere che durante la notte le baracche sarebbero state occupate da famiglie indigenti.
In secondo luogo, i governi di centrosinistra, compreso quello della regione Campania, hanno approvato una legge per dare la priorità assoluta nell'assegnazione di alloggi IACP alle famiglie indigenti alloggiate nelle baracche. Quest'azione è stata già condotta e, tuttavia, è subordinata ad una questione tragica: i tempi (i tempi di costruzione e i tempi di trasferimento delle famiglie). Nel frattempo, si verificano gli incendi.
Siamo di fronte a tanti casi; ciò che le dico è documentato dal fatto che il 24 luglio del 1996 - credo che fossimo noi a governare - presentai un'interrogazione sul caso di Potenza (quindi, quest'opera è stata già realizzata). Ora ci vuole un atto che dica: quelle strutture furono collaudate per cinque o per otto anni? Ne sono passati 20? A prescindere dai poteri dell'uno e dell'altro, esse sono inagibili e insicure; sono trappole o possono diventare tali. Dunque, vengano dichiarate - e lo dico tra virgolette, perché il termine non è appropriato - fuori legge, non più utilizzabili. Per chi è ancora lì, si provveda


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momentaneamente; per il futuro, in entrambi i casi, le corsie sono già segnate (la situazione dei terremotati è stata risolta, come ho già detto e gli indigenti hanno una corsia preferenziale per gli alloggi IACP). Nel frattempo, prima che si verifichino altre morti, bisogna evitare che le persone vivano lì. Non c'è alcuna condizione di sicurezza, neanche per ventiquattro ore; glielo assicuro, per averlo verificato di persona.
Allora, noi abbiamo un pezzo della popolazione italiana - un pezzettino, il più insignificante - che vive in una condizione di rischio di morte da un momento all'altro. È possibile prendere un provvedimento? Questa è la mia richiesta, che non ha nulla a che vedere - lo ripeto - con i prefabbricati pesanti, che sono invece case, un'altra cosa.

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