Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 745 del 21/6/2000
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(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leccese. Ne ha facoltà.

VITO LECCESE. Signor Presidente, noi verdi, come ha preannunciato il collega Cento nella discussione generale, siamo favorevoli a che la Camera affidi un mandato chiaro, forte ed inequivocabile al nostro Governo perché il nostro paese assuma una posizione guida, come ha detto il presidente Occhetto, all'interno della comunità internazionale affinché si possa in sede di Nazioni unite giungere alla revoca definitiva dell'embargo nei confronti dell'Iraq. Noi chiediamo che la posizione italiana sia esplicita, così come si dice nella risoluzione unitaria di cui è primo firmatario il presidente Occhetto. Chiediamo una posizione chiara, evitando di attestarci su una posizione attendista, come sinora ha fatto il nostro paese. Vi sarà un effetto più forte - e auspichiamo più incisivo - se tale posizione sarà espressa in modo unitario o il più condiviso possibile dalla gran parte dei gruppi presenti in quest'aula. Per questo, abbiamo lavorato perché si potesse arrivare ad una posizione unitaria, superando le posizioni dei singoli gruppi rappresentate nelle mozioni discusse la scorsa settimana.
La risoluzione presentata dal presidente Occhetto ci sembra che vada in tale direzione; essa ci sembra un ottimo risultato nello sforzo di individuare un percorso credibile e visibile dell'iniziativa italiana. Certo, le questioni riguardanti quello scacchiere sono tante, dai rapporti dell'Iraq con gli altri paesi confinanti al problema del rispetto dei diritti umani, in particolar modo, dei curdi iracheni. Probabilmente, la risoluzione Occhetto n. 6-00132 è deficitaria rispetto a tali argomenti, ma abbiamo voluto centrare la nostra attenzione sulla tragedia umanitaria che l'embargo decennale sta determinando in quel paese. Forse, siamo in ritardo (lo ricordava anche il presidente Occhetto) rispetto alle drammatiche conseguenze sulla popolazione civile - in particolar modo i bambini - che quel tipo di sanzione sta determinando. Forse, siamo in ritardo anche rispetto alla consapevolezza maturata in larghe fasce della società civile italiana; ricordo le 25 mila firme a sostegno di una petizione organizzata dalle organizzazioni non governative, in particolare dall'organizzazione


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«Un ponte per»; è una consapevolezza che emerge chiaramente dal dibattito che si è sviluppato in aula la scorsa settimana e che traspare da tutte le mozioni presentate. Mi riferisco alla consapevolezza dell'inutilità delle sanzioni. Si tratta, infatti, di sanzioni che non hanno scalfito il potere del dittatore di Bagdad, anzi, da un lato lo hanno rafforzato e dall'altro hanno determinato nella popolazione l'effetto di far avvertire solo l'aggressione dall'esterno e non da parte del regime che controlla e governa quel paese: insomma, l'effetto opposto rispetto a quello che ci si prefiggeva di raggiungere. Neanche i meccanismi della risoluzione cosiddetta oil for food si sono rivelati efficaci; anzi, come ha sostenuto qualcuno in quest'aula (in particolar modo, l'onorevole Pezzoni), quei meccanismi sono diventati una camicia di forza assolutamente inefficace, come dimostrano le otto fasi di applicazione di quella risoluzione.
Nessuno di noi, né tanto meno i Verdi, vuole assolvere il regime di Bagdad; anzi, riteniamo che il processo di democratizzazione in quel paese sarà lungo, difficile, tortuoso e forse periglioso, ma riteniamo che oggi vada data una risposta immediata alla grave crisi alimentare ed umanitaria che milioni di persone, per il solo fatto di essere cittadini di quel paese, stanno incolpevolmente subendo. Per i motivi esposti, preannuncio il nostro voto favorevole sulla risoluzione unitaria avente come primo firmatario il presidente Occhetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oreste Rossi. Ne ha facoltà.
Colleghi, devo ricordare che ogni gruppo ha complessivamente 10 minuti a disposizione per le dichiarazioni di voto; pertanto, per i gruppi nei quali più deputati hanno chiesto di parlare, occorrerà dividere il tempo tra gli stessi.

ORESTE ROSSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è la prima volta che intervengo in quest'aula contro l'embargo applicato nei confronti dell'Iraq. Ero già stato, nel 1996, in quel paese per verificare le condizioni di vita in cui si trovava la popolazione irachena, ma vi sono tornato la scorsa settimana per controllare gli effetti della risoluzione ONU oil for food: vi assicuro che la situazione riscontrata - anche se può apparire incredibile - è ancora peggiore di quella che vidi nel 1996!
Grazie ad un embargo tanto crudele quanto inutile ed ai quotidiani bombardamenti effettuati dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra, quel popolo si trova in condizioni inaccettabili: mancano i generi alimentari, l'acqua potabile ed i medicinali; la popolazione è allo stremo: basti pensare che uno stipendio medio è di 30 mila lire al mese e che una bottiglia di acqua potabile costa mille lire. A causa dei bombardamenti della NATO, effettuati utilizzando anche materiali radioattivi, si sono quintuplicati i casi di leucemia ed i tumori alle ossa. Centinaia di migliaia di bambini sono morti semplicemente perché si è vietata l'importazione di medicinali e di vaccini. Mancano le apparecchiature elettromedicali di prevenzione e di cura: vi è una sola apparecchiatura per la TAC in funzione per 24 milioni di iracheni.
Con i colleghi che mi hanno accompagnato in questa missione umanitaria sono stato a visitare l'ospedale pediatrico di Bagdad ed ho parlato con i medici che vi lavorano. A causa delle procedure burocratiche cui devono attenersi per poter acquisire medicine, non è possibile far seguire le terapie ai piccoli ricoverati; anziché seguire le terapie antibiotiche quotidianamente, lo possono fare solo ogni cinque giorni: e parliamo di bambini malati terminali. Sempre nello stesso ospedale, grazie ai veti dell'America e dell'Inghilterra, è stato, sì, concesso l'acquisto di incubatrici, tanto per fare un esempio, ma non dei pezzi di ricambio. Analogo discorso vale per i farmaci per le malattie cardiache, vietati perché contengono potassio. I bambini colpiti da forme tumorali non hanno alcuna possibilità di salvarsi, anche perché, non esistendo prevenzione,


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le patologie vengono individuate solo quando si manifestano in maniera evidente.
Occorre togliere immediatamente e incondizionatamente l'embargo all'Iraq, non è accettabile che le colpe di pochi ricadano sugli innocenti. Credo che il tributo di sangue pagato da quel popolo - oltre un milione di bambini morti negli ultimi dieci anni per carenze igieniche e mancanza di cibo e medicinali - sia più che sufficiente.
Se la risoluzione verrà approvata, il Governo dovrà battersi in tutte le sedi affinché sia applicata. Invito il ministro degli esteri a proporre una risoluzione da presentare all'Assemblea generale dell'ONU, che si riunirà il prossimo mese di settembre, con l'impegno di prendere posizione nei confronti del Consiglio di sicurezza.
Anche i fondi iracheni congelati in Italia dovranno essere immediatamente sbloccati. Mi dispiace che anche il nostro paese abbia accettato sino ad oggi passivamente l'olocausto di quella gente: mi auguro che un simile crimine non abbia mai più a verificarsi nel futuro dell'umanità (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosco. Ne ha facoltà.

RINALDO BOSCO. Signor Presidente, sono pochi i tre minuti che abbiamo a disposizione per descrivere quello che abbiamo trovato in quel paese. Ciò che emerge chiaramente è una strategia angloamericana, sotto il cappello della NATO, per avere il monopolio del pianeta: una strategia del divide et impera, altro che competizione, antitrust, liberalismo, come hanno preteso magari di fare al loro interno con Bill Gates! Questa strategia che gli Stati Uniti d'America stanno ponendo in essere ha innanzitutto lo scopo di rompere l'unità dei paesi arabi e di rompere l'unità europea: la guerra di Serbia è un esempio dell'esistenza della volontà di conquistarsi un mercato del lavoro. Noi qui sprechiamo le nostre risoluzioni contro lo sfruttamento dei bambini, invece queste nazioni nel mondo commercializzano sotto il marchio USA tutti i beni costruiti nei paesi poveri sfruttando le ricchezze, o le povertà, di quelle zone. L'unica cosa che gli Stati Uniti costruiscono in casa sono le armi per dominare il mondo, per spadroneggiare, anche qui, a casa nostra, senza rispondere dei danni provocati, come hanno fatto nel caso del Cermis o delle bombe sganciate nell'Adriatico.
La politica del divide et impera, abbiamo detto. Noi ribadiamo la necessità di attivarsi per revocare immediatamente l'embargo e di agire in campo internazionale per eliminare quella che gli americani da soli hanno dichiarato no-fly zone, isolando l'Iraq dal resto del mondo.
Con la risoluzione chiediamo, inoltre, che il Governo si attivi presso l'Assemblea generale dell'ONU per chiedere la discussione sull'embargo e la sua eliminazione; che il Governo si attivi per proporre al Consiglio dell'Unione europea una posizione comune di dissociazione dalle sanzioni imposte all'Iraq; che si comunichi ufficialmente al segretario generale dell'ONU e al segretario di turno del Consiglio di sicurezza la richiesta italiana di revoca immediata delle sanzioni; che il Governo si impegni a riferire periodicamente al Parlamento sulle azioni intraprese e sui risultati ottenuti; che il Governo si impegni a costruire un'Europa che deve essere indipendente, perché non vogliamo un mondo sottoposto al monopolio americano o angloamericano, ma vogliamo un mondo globalmente competitivo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia e di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, mi sembra doveroso fare una premessa per evitare confusioni che mi sembra


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siano sorte in quest'aula per alcune dichiarazioni fatte poco fa. Noi della Lega siamo stati contrari alla guerra e non pro Milosevic: oggi siamo contro l'embargo e non pro Saddam Hussein.
Fatta questa premessa, vorrei dire che abbiamo visitato l'ospedale Saddam Hussein e abbiamo potuto vedere con i nostri occhi persone morire di leucemia quando, a due ore di aereo di distanza, questa malattia viene curata con risultati positivi nel 60-70 per cento dei casi. In Iraq, invece, per la stessa malattia si muore, perché l'effetto delle cure è assolutamente nullo.
Abbiamo potuto verificare, inoltre, cosa significhi il piano di ricostruzione oil for food con i veti incrociati delle varie commissioni dell'ONU e continue elaborazioni di appalti che non approdano a nulla; abbiamo visto cosa significhi estrarre barili e barili di petrolio contro un misero piano di ricostruzione che non potrà portare da nessuna parte.
Devo riferire in quest'aula in maniera forte la vergogna che ho provato in Iraq per essere stato uno che, in passato, non ha guardato e forse ha contribuito a questa tragedia. Mi chiedo in nome di chi e di cosa abbiamo potuto e continuiamo a far soffrire quel popolo. Ricordatevi che abbiamo creato una gabbia a Saddam Hussein, ma mentre la sua è una gabbia d'oro, il suo popolo muore. Noi non possiamo essere causa delle sofferenze di quel popolo!
Vorrei potervi trasmettere quello che ho provato, ma non credo sia possibile in soli tre minuti. Ritengo che l'embargo sia una vera e propria vergogna. Si può discutere sul fatto che Saddam Hussein sia o meno un criminale, come afferma qualcuno, e se all'interno dell'Iraq ci siano ancora armi chimiche. A noi è stato detto, e lo abbiamo potuto verificare in parte, che ciò non è vero. I responsabili delle varie commissioni dell'ONU hanno affermato altrettanto e quindi non capisco il motivo per cui debba continuare questo genocidio. Dovreste vedere gli occhi di quella gente per capire quello che sto dicendo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, sono nove anni che si consuma una delle più gravi tragedie umanitarie, ed io aggiungo anche politiche, della storia del dopoguerra: 2 milioni e mezzo di morti a causa della mancanza di medicine, di latte in polvere e di pezzi di ricambio per le industrie alimentari e farmaceutiche, nonché di strumenti per curare i malati.
Signori rappresentanti del Governo, voi siete fra gli assassini che hanno provocato questa strage (Commenti), perché il Governo italiano, che voi rappresentate incolpevolmente dal punto di vista personale, nell'arco di questi nove anni ha applicato l'embargo, sul quale molti piangono lacrime di coccodrillo. Deve esserci un colpevole per questo embargo, perché qualcuno lo ha deciso e altri lo hanno applicato: i Governi che in questi nove anni si sono susseguiti alla guida del paese sono fra i complici e i responsabili morali, materiali e politici della strage di bambini, di donne e di anziani che si consuma in Iraq! È quindi arrivato il momento di avere il coraggio di compiere un gesto inequivocabile, vale a dire rompere l'embargo e cambiare completamente questa situazione. Ciò rientra nelle possibilità del Parlamento italiano!
La risoluzione Occhetto n. 6-00132 fa un primo anche se timido passo in questa direzione, imponendo al Governo di assumere atti unilaterali concreti: l'apertura dell'ambasciata, lo scongelamento dei fondi iracheni in Italia affinché possano essere utili per comprare i medicinali e i pezzi di ricambio che mancano in Iraq e che sono causa di vittime innocenti, e così via. È venuto il momento da parte del Parlamento di assumersi la responsabilità di fare questo gesto! E speriamo anche che sia giunto il tempo in cui il Governo non si riempia la bocca di parole, di


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chiacchiere, per attendere il permesso degli Stati Uniti a fare ciò che dice di voler fare ormai da diversi anni, ma si assuma la responsabilità di applicare subito, immediatamente, un minuto dopo che sarà stata votata la risoluzione, i contenuti del dispositivo della stessa. Questo dovrebbe essere un obbligo costituzionale, ma sappiamo bene quante volte i Governi hanno trovato, per così dire, la virgola, la formula interpretativa per disattendere gli impegni ai quali sono chiamati dalle risoluzioni e dalle mozioni parlamentari.
Speriamo che questa volta il Governo applichi la risoluzione; noi abbiamo ritirato la nostra mozione perché ci riconosciamo pienamente nella risoluzione unitaria. È un bene che il Governo abbia espresso, tramite l'onorevole Danieli, una contrarietà sulla risoluzione perché ciò rende più chiare le cose. Poiché però la nostra è una Repubblica parlamentare e tra pochi minuti la Camera approverà a grande maggioranza una risoluzione, il Governo dovrà applicarla; ciò non per dare una soddisfazione politica a coloro che da tanti anni si battono per questa vicenda ma per salvare davvero delle vite umane e per porre fine ad un embargo che fa comodo soltanto agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, non certamente all'Europa e tanto meno all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo di misto-Rifondazione comunista-progressisti)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simeone. Ne ha facoltà.

ALBERTO SIMEONE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, ritenevo che si potesse arrivare ad una risoluzione approvata all'unanimità; ho invece l'impressione che si sia arrivati ad un dibattito fin troppo lacerante su un problema di straordinaria tragicità.
Stiamo assistendo alla tragedia di un popolo; stiamo assistendo al genocidio nei confronti di un popolo e da parte di ampi schieramenti politici si tenta di fare dichiarazioni che diventano di comodo e interpretazioni che sono soltanto strumentali.
Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, in Iraq si muore! Ogni sette minuti muore un bambino! Questi sono dati ufficiali dell'UNICEF e non del regime di Saddam Hussein.
Ho l'impressione che si stia travisando completamente il problema e che un problema umanitario lo si voglia vedere soltanto in termini politici. Noi possiamo discutere in termini politici quanto e come vogliamo, ma in questo momento è necessario che da parte di tutti si tenga conto delle esigenze umanitarie. Si deve necessariamente porre fine a questa tragedia in tutti i modi, tentando, anche alla luce di quanto è avvenuto nella recente riunione interparlamentare di Amman, di trovare una soluzione.
Sto ascoltando cose veramente strane sul regime iracheno e sulla necessità, sostenuta da tanti, di non arrivare ad una risoluzione che ponga l'ONU di fronte alla necessità di adottare tutti gli strumenti necessari per revocare l'embargo.
Onorevole Presidente, ho appena fatto riferimento alla centotreesima conferenza interparlamentare di Amman tenutasi il 5 maggio 2000, in cui erano presenti ben 648 membri di 124 Parlamenti del mondo; erano dunque presenti parlamentari di tutto il mondo! Ebbene, la risoluzione adottata dalla centotreesima conferenza interparlamentare di Amman è stata approvata all'unanimità - dico una risoluzione approvata all'unanimità - per la revoca immediata dell'embargo nei confronti dell'Iraq. Era anche un invito a tutti i parlamentari e, quindi, a tutti i Parlamenti del mondo perché si avviassero negoziati per arrivare ad una definizione del problema politico. Sono rimasti distinti i due ambiti: politico, da una parte, umanitario, dall'altra. I 648 membri partecipanti alla Conferenza hanno votato all'unanimità per la revoca dell'embargo.
Caro onorevole Migliori, ha votato per la revoca dell'embargo anche il rappresentante del Kuwait perché quelle sanzioni sono veramente un'offesa all'umanità,


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a milioni di iracheni che sono morti fino ad ora e ai bambini che muoiono ogni giorno ogni sette minuti.
L'embargo ha creato situazioni veramente inenarrabili. Bisogna andare in quel paese per capire; anche il più superficiale dei viaggiatori si renderebbe conto della tragedia biblica che si sta consumando in quel paese mediorientale. Quando parliamo di democrazia, non dimentichiamo che in quell'area spesso la democrazia esiste soltanto sulla carta. Sono stato per ben tre volte in Iraq con altri deputati di Alleanza nazionale e abbiamo ben potuto vedere che cosa sia il regime di Saddam Hussein: non è certamente quel regime demoniaco che la stampa ufficiale vuole rappresentare. È, invece, un regime in cui vi è tolleranza religiosa e, quindi, a mio avviso, grande democrazia. La tolleranza religiosa in quel paese raggiunge vette altissime e lo porta ad essere antesignano della democrazia nell'area mediorientale.
Non dimentichiamo, onorevole Presidente, onorevoli colleghi, che anche in sede di Parlamento europeo fu presentata una mozione dall'onorevole Muscardini che recepiva in maniera totale la mozione che recava la mia firma e quella di altri cinquantasette deputati. La mozione Muscardini ricalcava perfettamente la mozione n. 1-00449 da me presentata e che ho ritirato perché ci possiamo riconoscere nella risoluzione Occhetto n. 6-00132, firmata anche da Pezzoni e da altri colleghi e che recepisce quanto era previsto in una risoluzione approvata dalla Commissione esteri della Camera. Allora, se le cose stanno in questi termini, se dobbiamo tenere conto della risoluzione del Parlamento europeo e della risoluzione della centotreesima conferenza interparlamentare di Amman, dobbiamo effettivamente votare la risoluzione dell'onorevole Occhetto.
Ritengo, infatti, che procrastinare ulteriormente una decisione, senza arrivare ad una costruttiva rappresentazione della situazione che si vive in quel paese, significa provocare ancora la morte e condannare, forse irreversibilmente, un paese a sopportare nella maniera più deleteria e più tragica le conseguenze dell'embargo. Anche l'alfabetizzazione ha subito un arresto immenso che porta le giovani generazioni ad un ritardo secolare nei confronti degli altri paesi. È una situazione veramente drammatica alla quale si può ovviare soltanto in un modo: facendo sì che il Parlamento italiano insieme agli altri Parlamenti dell'Unione europea agisca in maniera anche forte per costringere - lo ripeto, costringere - l'Organizzazione delle Nazioni Unite a rivedere l'embargo che sta letteralmente strangolando un paese che, memore di un passato veramente glorioso, può dare, a mio avviso, lezioni di grande civiltà e, soprattutto, di grande democrazia, alla luce delle considerazioni che prima facevo. Allora invito il gruppo di Alleanza nazionale, così come tutti gli altri gruppi, a votare a favore della risoluzione, che oltretutto mi sembra assolutamente contenuta e tale comunque da sollevare il problema in sede umanitaria per affrontarlo poi in termini più squisitamente politici.

PRESIDENTE. Colleghi, come sapete, ogni gruppo ha a disposizione dieci minuti, esauriti i quali darò qualche minuto per interventi a titolo personale, in quanto vi sono numerosi colleghi che intendono esprimere opinioni personali.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, sulla questione oggi in discussione noi come deputati del CDU ritenevamo assolutamente importante smuovere la situazione, come altri colleghi hanno già ricordato. Siamo infatti di fronte al dramma di un popolo che non può essere mantenuto in una situazione così difficile e di così grande sofferenza.
Con l'iniziativa della mozione a firma Buttiglione ed altri avevamo soprattutto mosso il quadro di una situazione, tenendo conto soprattutto della necessità di dare al popolo iracheno un segno di


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buona volontà, la testimonianza della presenza del nostro paese e dell'Europa in ordine ad una situazione che non può non percorrere in termini forti le vie della diplomazia per arrivare ad una soluzione pacifica definitiva.
In questo contesto, signor Presidente, onorevoli colleghi, il nostro gruppo aveva ed ha condiviso l'opportunità di un'azione fortemente unitaria, di tutto il Parlamento, perché riteniamo che su temi e problemi come quelli alla nostra attenzione sia necessario che tutte le forze politiche esprimano, in ordine ad una soluzione pacifica, il massimo di convergenza e di consenso su una mozione unitaria. Sono queste le ragioni che ci hanno indotto pochi minuti fa ad aderire alla risoluzione, presentata anche a nome di tutta la Commissione, dal presidente Occhetto, risoluzione che abbiamo dichiarato di sottoscrivere e che condividiamo.
Non possiamo però, signor Presidente, non rilevare che in quest'aula - come è stato prima osservato - è emersa un'attenzione, da parte di altri cofirmatari, alla mozione Buttiglione ed altri, che ha sottolineato l'esigenza di un quadro più equilibrato rispetto ad un percorso in merito al quale ribadiamo però con forza la necessità che il Governo dia un'accelerazione tale da portare veramente un contributo nuovo ed innovativo nell'azione diplomatica europea ed italiana.
Dicevo, però, che ci troviamo di fronte ad una sollecitazione a mantenere la nostra mozione n. 1-00440. Prendiamo atto che sulla risoluzione Occhetto n. 6-00132, sulla quale esprimeremo un voto favorevole, non vi è quella posizione unitaria che, aderendo, avevamo condiviso e, quindi, siccome riteniamo che la nostra mozione avesse il preminente interesse di portare all'attenzione del Parlamento il problema, nonché di dare un'indicazione operativa nel senso di una soluzione pacifica che facesse emergere i grandi valori umanitari che, come paese e come Europa, intendiamo affermare, di fronte ad una diversa articolazione delle forze politiche presenti in Parlamento che fanno loro la mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440, non possiamo non riconsiderare la nostra posizione. Secondo una sua sollecitazione, noi non possiamo smentire quanto avevamo proposto e quindi, a questo punto, confermiamo la mozione da ultimo indicata e dichiariamo la nostra adesione - lo avevamo fatto in precedenza - alla risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132.
Non trovando in tale atteggiamento elementi di contraddittorietà, semmai una diversa sfumatura rispetto all'accentuazione delle questioni poste dalla mozione e dalla risoluzione indicate, annuncio che voteremo a favore di entrambi gli atti di indirizzo.

MAURO GUERRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO GUERRA. Signor Presidente, avevo già chiesto di parlare prima che iniziasse la fase delle dichiarazioni di voto, semplicemente per annunciare il ritiro della mozione Mussi ed altri n. 1-00463.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, credo che forse l'Assemblea non abbia colto appieno l'importanza della discussione che stiamo facendo; penso, poi, che ad un dibattito di questo genere debba partecipare il Governo nella persona del ministro degli affari esteri, perché ciò che viene proposto, al di là del merito della questione (sul quale entrerò), è uno straordinario capovolgimento della politica estera italiana. Infatti, si chiede che l'Italia scavalchi l'Unione europea, che si metta in contrapposizione frontale con la perfida Albione (alcuni interventi hanno avuto questo tono), che si rivolga direttamente all'ONU e, unilateralmente, avanzi richieste - lo ripeto - in contrapposizione frontale con la politica concertata


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dai Governi europei, dalla NATO, insomma dalla comunità internazionale.
È questo ciò che si chiede di votare ed è questo ciò che noi non voteremo. Accolgo l'invito del Governo, responsabile, ma avrei voluto che tale invito fosse stato rivolto dal ministro degli affari esteri.
Onorevole Teresio Delfino, fra la mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440 e la risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132, in termini politici e diplomatici, vi è un abisso, perché esse contengono affermazioni assolutamente diverse. La prima, che condivido, prende atto dell'esistenza di una questione umanitaria, la cui intera responsabilità è di Saddam Hussein e del suo regime sanguinario; infatti, l'invasione del Kuwait non è opera dell'Italia o delle Nazioni Unite. Il regime di Saddam Hussein è stato uno dei più sanguinari del mondo e ciò non è responsabilità delle Nazioni Unite. Certo, le vittime di quel regime esistono e bisogna studiare i modi per intervenire e migliorare la condizione della popolazione civile; in tal senso, con la mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440 si impegna il Governo «a svolgere un'azione diplomatica per un'iniziativa dell'Unione europea per ricercare una soluzione pacifica della crisi» basata su due punti: il rispetto delle risoluzioni dell'ONU e la revoca dell'embargo.
Stiamo parlando del Medio Oriente; pensate al momento che sta vivendo Israele, alla fase delicatissima del rapporto tra Israele ed altri paesi arabi. Pensate cosa voglia dire un segnale del Parlamento italiano ad un paese arabo nel senso che le risoluzioni dell'ONU sono carta straccia, che si può continuare a sostenere il diritto di invadere un altro paese con la comunità internazionale che, di fronte a tale atteggiamento, unilateralmente si arrende. Mi sembra che le questioni umanitarie siano qualcosa di ben preciso e che il Parlamento abbia la sensibilità di sottolineare l'importanza di un'iniziativa del Governo italiano in sede comunitaria, di concerto con i nostri partner europei. Spiegatemi voi (mi rivolgo ai deputati della maggioranza e dell'opposizione che hanno firmato la risoluzione presentata) a che cosa servano i vertici dell'Unione europea, a che cosa servano gli incontri dei nostri ministri degli esteri con i ministri degli esteri degli altri paesi europei. A che cosa servono i vertici cui partecipa il Presidente del Consiglio, se poi il Parlamento vuole dare mandato al nostro Governo di formulare unilateralmente all'ONU proposte non concordate, anzi in rotta di collisione diretta con i nostri partner europei?
È un atteggiamento assolutamente irresponsabile, onorevole Occhetto (che forse ha anche ragioni che non sono esattamente di politica estera). Stiamo parlando di cose delicatissime!
Signor Presidente, le chiedo innanzitutto se non ritenga opportuno trasmettere al ministro degli esteri o al Presidente del Consiglio una pressante richiesta di partecipare a questo dibattito perché - lo ripeto - un cambio di politica estera su una questione di questa importanza non mi sembra possa avvenire senza un dialogo diretto con i massimi responsabili della nostra politica estera e della nostra diplomazia.
Prendo atto che l'onorevole Danieli, responsabilmente, si è dichiarato contrario alla risoluzione dell'onorevole Occhetto, ma io desidero che vi sia una valutazione ai massimi livelli su questa questione. Noi abbiamo sottoscritto la coraggiosa mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440 perché si fa carico dei problemi umanitari sottolineati dai colleghi, però se il cibo e le medicine invece di andare ai bambini continuano ad andare a puntellare il regime e l'acquisto delle armi, forse le responsabilità primarie sono dei responsabili di quel regime. Non cambiamo e non mistifichiamo le carte rispetto a quello che sta accadendo. Vi è un problema umanitario. Diamoci da fare a tutti i livelli, negli ambiti di competenza del nostro Governo, per tentare di risolverlo! Ma certamente, non dobbiamo dimostrare ancora una volta, con questa risoluzione, che l'Italia è un paese inaffidabile rispetto al concerto internazionale! Soprattutto, non diamo un contributo per scardinare quell'unità europea sulla quale


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da tanto tempo tutti noi stiamo lavorando (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD e di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.

SANDRA FEI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Fei, devo seguire un ordine, non posso darle la parola ora. Ha chiesto prima la parola l'onorevole Trantino. L'avrà visto anche lei.

SANDRA FEI. Non è vero! Ero venuta prima da lei.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Trantino. Le ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione.

ENZO TRANTINO. Il problema non è né semplice né facile. La concordia che ha registrato la risoluzione del presidente Occhetto abbisogna che resti agli atti uno sviluppo organico di osservazioni critiche che si rivolgono non certamente ad Occhetto, quanto alle varie ragioni contrapposte.
Vi sono quattro momenti che devono essere affrontati e non dimenticati.
Anzitutto, vi è la fiducia nei confronti degli organismi internazionali di cui facciamo parte e che a volte ci danno anche il ruolo di protagonisti (non so quanto meritato anche per via delle divergenze esistenti nello stesso Governo). Ciò comporta che la nostra fiducia non deve essere ciclopica, nel senso che deve avere tre occhi, perché affidarci ciecamente agli organismi internazionali su problemi come questi, che coinvolgono fatti umanitari oltre che fatti politici, non giova certamente al problema perché non lo risolve con la tutela dell'affidamento.
In secondo luogo, bisogna convenire tutti su un punto, cioè che l'embargo potenzia i colpevoli e colpisce gli innocenti. Quando dico i colpevoli intendo parlare di Saddam Hussein e, al di là della prosa bucolica del collega Simeone, che, in buona fede, lo ha descritto come un uomo trafitto dalla prepotenza altrui, voglio ricordare a chi lo ha dimenticato che il presidente Saddam ha anche tendenze cinofile, che non riguardano l'amore per i cani, quanto l'uso di dare in pasto ai cani i propri avversari...
Noi dobbiamo ricordarci che abbiamo davanti un dittatore, che per ragioni umanitarie riceve accoglienza dalla pubblica opinione e che il problema dell'esaltazione del ruolo dei colpevoli incide diminuendo le valutazioni negative nei confronti del dittatore, perché anche coloro che sono oppositori lo vedono, anche se costretti dal ricatto dell'emergenza, come il garante dell'unità nazionale.
Veniamo ai controlli. Ricordo all'onorevole Giovanardi che vi è un vizio di origine che deve essere immediatamente eliminato, perché la risoluzione ONU n. 1284 è già superata perché definita. Eliminando tale vizio l'atto di indirizzo può certamente trovare accoglienza, nel senso che i controlli devono esservi, ma devono essere mirati, programmati e permanenti, operati di intesa anche con le autorità del paese dove vengono esercitati. Nella missione comune con Occhetto Tareq Aziz diceva che loro sono disponibili ai controlli, a condizione che non si ripeta una provocazione strumentale perché, nel recente passato ispettivo, veniva richiesta perfino la dimensione dei pneumatici dei mezzi che avevano tolto le mine nelle operazioni di bonifica del territorio. Se i controlli devono essere permanenti, ma nello stesso tempo ragionevoli e mirati, il quarto momento è quello del ponte sanitario. Esso esiste, ma è una finzione, perché gli strumenti sanitari arrivano privi di pezzi e per averli si dice che sono sotto controllo delle autorità doganali, poiché se riconvertiti, potrebbero servire come armi strategiche... Il grottesco di pochi, non può regolare la vita di tanti! Ciò non è consentito; nel momento in cui la risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132 fa riferimento al fatto che l'Iraq in larga parte ha ottemperato, certamente ammette,


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per la buona fede di chi l'ha scritto, che «larga parte» non significa «totalmente», e che, quindi, l'Iraq deve fare ancora i conti con i controlli e, soprattutto, con la credibilità internazionale.
Infine, la necessità alimentare delle popolazioni, con la previsione dell'immediato scongelamento dei fondi bloccati nelle banche italiane, deve tenere conto del privilegio, secondo regole e diritto, verso i crediti dei privati.
Se tutto ciò è possibile e resta agli atti, la votazione della risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132 dà un segnale preciso, vuol dire che questa Camera si allinea con i criteri umanitari, così integrandosi con la mozione Buttiglione. Non possiamo discutere nella prossima settimana della remissione del debito, ed oggi della soppressione fino al genocidio di tanti innocenti. In un equilibrio generale, le ragioni umanitarie devono essere onorate, ma esse non devono prevalere su quelle politiche, semmai devono affiancarle perché queste ultime vogliono che il dittatore Saddam sia un soggetto a sorveglianza speciale, e certamente non può essere beatificato dalla moda piagnona, che è di regola oggi in Italia, trascurando passato e presente, disprezzo verso Israele, l'Occidente, gli organismi internazionali (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanni Bianchi. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BIANCHI. Signor Presidente, credo che a questo punto la discussione possa svolgersi su due punti: quello sottolineato dal collega Simeone che, a partire dalla riconosciuta laicità dello Stato iracheno ha indotto, a mio giudizio, qualche considerazione troppo ottimistica sullo stato del regime di Saddam Hussein; quello rilevato dal collega Giovanardi che, a partire da alcune condizioni di fatto, getta un'ombra su tutta l'operazione e ciò non mi pare altrettanto corretto. Già il collega Pezzoni, in sede di discussione, ha fatto opera di intelligenza politica illustrando le ragioni politiche, squisitamente politiche, che militano a favore della revoca dell'embargo nei confronti dell'Iraq. Ragioni politiche che si distinguono e si separano da quelle etiche. Sono tentato di illustrare meglio il fatto che, nella doverosa distinzione, ragioni etiche e ragioni politiche, nel caso specifico, finiscono per coincidere.
Fui in missione - allora facevo parte dell'associazionismo, della società civile italiana, delle ACLI - a Bagdad alla vigilia della guerra. Allora il problema erano gli ostaggi ed ero tra quanti, allora, pensavano di poter optare per l'embargo come alternativa alla guerra: l'astuzia e la ferocia di Saddam sembravano consigliare l'opzione. Poi è successo quel che è accaduto altrove: dal Ruanda, a Cuba, all'Etiopia. Pertanto: l'embargo rafforza la dittatura al potere che strilla contro le inique sanzioni; crea un ceto di profittatori e borsaneristi legati tanto alla dittatura quanto alle rendite che la guerra in nicchie di squallido privilegio consente; acuisce le distanze sociali tra i gruppi e le classi; fa morire anche negli ospedali vecchi e bambini. Si aggiungano le specificità della condizione irachena, in cui, accanto all'inevitabile deterioramento del tessuto economico, vi è un regredire pauroso della scolarizzazione, che mina gli scenari futuri. Un paese che risultava tecnologicamente progredito, in relazione all'intera area, ha imboccato la via della regressione, che non è soltanto tecnologica, ma - direi - educativa, antropologica ed umana.
Per quanto riguarda i guasti nel settore sanitario, devo ricordare un drammatico colloquio di ben tre ore, che si è svolto in occasione della missione di questa Camera, qui ricordata, con sua beatitudine Raphael Bidawid, patriarca dei caldei, il quale mi ha illustrato le modalità, l'entità e le conseguenze della mancanza di medicinali - perfino di garze - e come a ciò si aggiungano le devastazioni prodotte dalla no-fly zone - undici ore da Bagdad ad Amman -, per cui la gente che viene avviata, ad esempio, agli ospedali di Amman,


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laddove le attrezzature della capitale irachena non sono più in grado di intervenire, muore dissanguata durante il tragitto.
Sono icone raccapriccianti della condizione in Iraq, con un autocrate feroce in uno Stato laico - lo riconosco - e a tale proposito vorrei ricordare l'incidente che vide protagonista l'ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che lasciò un paese islamico perché la domenica non era possibile prendere messa. A Bagdad, invece, ciò è possibile: io sono stato nel pomeriggio nella chiesa di San Raffaele con le suorine di madre Teresa di Calcutta; inoltre, a Bagdad addirittura la principale moschea risponde al rito maggioritario sciita che si trova in Iran.
Quindi, da questo punto di vista, tutto può essere rimproverato a Saddam, tranne forse la non laicità dello Stato; una laicità che emerge come tale e si staglia con forza, anche perché negli altri paesi islamici vi sono condizioni affatto diverse a causa di una concezione teologica dura, che non mancherà di produrre i suoi effetti e sta producendo una certa paura anche nel basso clero italiano rispetto ai rapporti con l'Islam nel nostro paese.
Ebbene, se è vero tutto ciò, credo tuttavia che la condizione del regime sia esattamente quella di un regime che, alla maniera siriana, fa ampio uso dell'intelligence, con una security occhiuta e onnipresente. Pertanto, se da una parte riconosco la laicità di tale Stato, dall'altra, devo riconoscere che certamente non si tratta di democrazia.
Tutte queste condizioni sono state in parte mitigate dall'accordo oil for food e, a tale proposito, devo dire che il volontariato italiano, insieme non all'ambasciata, ma alla forma particolare che la nostra diplomazia ha giustamente assunto in quel territorio, aiutano nella distribuzione delle derrate, dei viveri e dei medicinali, che risulta, per quanto ho avuto modo di constatare, razionale e non carpita soltanto dai gruppi al potere o dai militari.
Tornando al livello culturale del paese, credo che la mancata circolazione di riviste specializzate e la fatiscenza delle strutture scolastiche abbiano indotto un analfabetismo al quale l'Iraq, grazie a Dio, non era per nulla abituato, così come un aumento dell'estremismo religioso che reagisce al basso tasso di democraticità.
Se a ciò si aggiungono i problemi di legalità internazionale, si evidenzia l'esigenza che, a fronte di questa condizione, già ricordata dai colleghi, vi sia una maggiore presenza dell'Unione europea, con una propria politica, in cui le diverse capitali non cantino una diversa canzone.
Sarebbe opportuno che vi fosse qualche garanzia anche per le minoranze esistenti nel territorio iracheno.
Sto pensando ai curdi iracheni, popolo quanto mai disperso in quell'area. Sono reduce da una visita ad una mostra sul genocidio degli armeni dal 1915 al 1917: si tratta di un milione e mezzo di persone massacrate sulle quali è cresciuto il pur moderno Stato laico della Turchia di Atatürk e penso che sia possibile un paragone con la tragedia dei curdi.
Bisognerebbe prestare maggiore attenzione all'applicazione da parte di Saddam Hussein della risoluzione dell'ONU n. 688 per garantire il rispetto dei diritti umani di quella popolazione e all'abolizione dell'embargo interno che colpisce la regione autonoma del Kurdistan iracheno. Ritengo che questi siano elementi che possano essere tenuti in considerazione nel momento in cui con la risoluzione si apre all'Iraq una prospettiva migliore, anche se con una ulteriore sottolineatura che ci riguarda, in positivo e in negativo. Nella regione autonoma del Kurdistan iracheno sono rimaste circa 20 milioni di mine antiuomo, quasi tutte di produzione italiana, il cui monitoraggio è stato proposto da Emergency, l'associazione di volontariato italiana guidata dal chirurgo Gino Strada, mio conterraneo, grande amico e anche testimone di quanto vado sostenendo. Vorrei che si trovassero le modalità per un intervento umanitario a tutto campo. Mi riferisco al problema della remissione del debito estero che può essere risolto con alcuni input che garantiscano l'elevazione del livello di vita di


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questi paesi e la costruzione di adeguate infrastrutture e che bandiscano la guerra.
Questo è il senso della risoluzione che presentiamo - il cui primo firmatario è il presidente Occhetto - alla quale annunciamo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Niccolini, che ha cinque minuti. Ne ha facoltà.

GUALBERTO NICCOLINI. Forse non li spenderò tutti.
Vorrei ricordare ai colleghi che non possiamo fare qui cause di beatificazione di personaggi ai quali la storia poi darà una giusta veste. Non posso ascoltare all'interno del Parlamento italiano la beatificazione di Saddam Hussein, così come abbiamo ascoltato poco tempo fa quella di Milosevic. Mi pare che stiamo tornando indietro nel tempo, mi sembra di trovarmi di nuovo nel 1968 o nel 1977 quando, da una parte, c'era il popolo americano diavolo e, dall'altra, povere personalità che cercavano di salvare i loro popoli e sono state invece massacrate dagli americani.
Il milione e mezzo di morti in Iraq è da addebitare solo agli americani? Non vi è alcuna colpa di un dittatore che ha trasformato quel paese in un paese di guerra? Non è colpa di un dittatore che, invece di approvvigionare il paese di cibo e medicinali, compera solo armi (Applausi del deputato Colletti)? È evidente che è fallita l'operazione oil for food perché i ladri del Governo di Bagdad trasformano i fondi per il cibo e le medicine in altre armi!
Non possiamo dimenticare tutto questo, pur tenendo presente che il problema dell'embargo è gravissimo e deve essere risolto insieme a tutta la comunità internazionale. Non posso accettare che l'Italia si stacchi completamente dai suoi alleati internazionali per andare contro quella che è stata una linea comune di difesa davanti ad un popolo aggressivo che ha portato un po' di guerra, un po' di distruzione, un po' di fame e un po' di allarme in tutto il mondo mediorientale. Non possiamo dimenticare che nel contesto in cui l'Iraq agisce vi è ancora il caso di Israele e che la vicenda mediorientale è totalmente aperta. Vogliamo dimenticare tutto ciò? Vogliamo ritenere che tali vicende siano fra loro separate? Ciò non è possibile perché il discorso è unico: i razzi di Saddam Hussein arrivavano in Israele, non dimentichiamolo (Applausi del deputato Colletti)!
Vi è la questione umanitaria. Sono d'accordo con voi: sulla questione umanitaria l'Italia deve fare di tutto e di più, ma tenendo sempre presente quali sono le ragioni politiche e belliche che hanno portato alla questione umanitaria. Nella mozione Buttiglione n. 1-00440 troviamo un aggancio a questi problemi, perché si parte dalla questione del mancato rispetto della risoluzione dell'ONU per passare poi alla revoca dell'embargo. È questo il percorso che l'Italia deve continuare a seguire: da un lato, si deve ribadire la necessità di osservare la risoluzione dell'ONU, trovando le formule migliori (mi rendo conto che si possano incontrare delle difficoltà nel ricercare gli ispettori che devono compiere questa operazione, quindi è necessario adoperarsi al riguardo, ma non ci si può dimenticare della risoluzione dell'ONU né della possibile presenza di armi chimiche, di razzi e di armi atomiche in quel pericolosissimo paese, con quel dittatore pericolosissimo); dall'altro lato, si debbono fare pressioni sulla comunità internazionale per affrontare il drammatico problema dell'embargo almeno per quel che riguarda l'invio di latte, medicine e cibo. A mio avviso questo sarebbe il percorso più corretto. Purtroppo, invece, nella risoluzione unitaria questo passaggio non è previsto.
Di conseguenza, mentre il gruppo di Forza Italia - almeno, questa penso sarà l'indicazione che verrà data - voterà a favore della mozione Buttiglione e della risoluzione Occhetto, io voterò a favore della mozione Buttiglione n. 1-00440 e mi asterrò, a titolo personale, probabilmente


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quasi in dissenso dal mio gruppo, sulla risoluzione Occhetto n. 6-00132, perché la ritengo incompleta e priva di un passaggio determinante per portare avanti il discorso della pacificazione e della ripresa dell'Iraq, cui dovremo tutti contribuire. Non si deve dimenticare che l'Iraq ancora oggi rappresenta un punto caldo, un paese pericoloso per la pace e la stabilità in Medio Oriente. A tale situazione si può porre riparo, da un lato, attraverso la presenza dell'ONU e, dall'altro, distribuendo cibo e medicine al popolo iracheno, che sta pagando a causa di un dittatore che, nessuno qui lo vuole ricordare, è stato dittatore, lo è tuttora e lo sarà purtroppo fino alla fine.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

TULLIO GRIMALDI. Signor Presidente, la ringrazio anche per la sensibilità che ha dimostrato accogliendo la nostra sollecitazione a mettere all'ordine del giorno dell'Assemblea, nonostante i tempi fossero ridotti, le mozioni concernenti la questione irachena, soluzione peraltro caldeggiata da tutti i gruppi politici.
Devo dire che l'atteggiamento del Governo ci sconcerta veramente: ci aspettavamo che si dissociasse da una politica ottusa finora seguita dagli altri paesi, che vorrebbero, attraverso l'embargo nei confronti del popolo iracheno, colpire il regime di Saddam Hussein. L'embargo, ricordiamolo, colpisce i popoli e i popoli non hanno responsabilità per i loro governanti. Si tratterebbe di questo o di altro?
Credo che un embargo come questo, che dura da dieci anni, non abbia precedenti nella storia; non mi risulta, infatti, che un paese sia stato sottoposto a sanzioni così dure come quelle che sono state inflitte all'Iraq, perché è dal 1991, cioè dopo la guerra del Golfo, che il popolo iracheno subisce queste restrizioni. Si tratta peraltro di restrizioni pesantissime, perché vanno dal divieto di traffici commerciali all'impossibilità di effettuare voli civili e quindi di avere contatti con gli altri paesi. Perché tutto questo?
Se noi leggiamo la premessa della risoluzione n. 1284 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, ci rendiamo conto che essa parte da un dato di fatto: il pericolo che l'Iraq si doti di armi di distruzione di massa. È possibile che in dieci anni i controlli che vi sono stati, i mezzi sofisticati, i satelliti spia e l'intelligence non siano riusciti a scoprire se ancora quel paese dispone di arsenali di guerra? È strano. Allora vi è dell'altro, sicuramente vi è dell'altro. Il petrolio, forse? Non dimentichiamo che l'Iraq è il secondo paese per risorse petrolifere. Pertanto, tenere chiusi i rubinetti del petrolio in Iraq, in questo momento, significa anche mantenere alti i prezzi del petrolio nel Golfo e, quindi, nei paesi in cui gli americani hanno interessi particolari. La spiegazione potrebbe anche essere questa.
Quel che interessa, però, in questo momento, è che il nostro obiettivo si rivolga non, come ha detto qualcuno, ad esaltare il regime di quel paese; la risoluzione e le mozioni ritirate mirano, soprattutto, a realizzare scopi umanitari. Questa, dunque, è la nostra richiesta; come può il Governo avere perplessità nell'accogliere quello che è scritto nella risoluzione sottoscritta da tutti i gruppi? In essa, infatti, si chiede di adoperarsi in sede internazionale affinché cessi l'embargo, dare più forza alla nostra rappresentanza diplomatica e scongelare i beni: tutto ciò mi sembra che vada in una direzione che non è affatto quella di sostenere un Governo verso il quale si nutrono dubbi e perplessità.
Perché, allora, il Governo in questo momento non ha uno scatto di dissociazione? Perché rifiuta anche questo impegno che gli viene richiesto? Voglio ricordare che attualmente l'Iraq si trova completamente isolato: per arrivare a Bagdad, come sanno tutti coloro che vi sono stati, bisogna percorrere più di mille chilometri di deserto il che rende difficili non solo i rapporti di qualsiasi genere, ma anche la possibilità di portare ammalati dall'Iraq in altri paesi dove possano essere curati.


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Tutto questo perché l'interdizione ai voli unilateralmente disposta dal Governo americano e da quello inglese, non consente l'atterraggio a Bagdad di qualsiasi aereo. A mio giudizio, tutto ciò deve cessare; non possiamo più tollerare che un consesso internazionale, che si preoccupa sempre e pone al primo posto i diritti umani e l'impegno umanitario, neghi tale impegno e quei diritti, quando si tratta di far cessare le sofferenze di un popolo.
Signor Presidente, per chi non lo abbia già fatto, inviterei i colleghi a leggere, su un quotidiano italiano, un servizio a firma di un giornalista americano (Edward Cody) pubblicato sul Washington Post: un giornale certamente non sospetto ma obiettivo. In quel servizio si parla delle distruzioni e delle vittime civili; si parla delle popolazioni che subiscono ferite e morti a causa dei bombardamenti americani e inglesi che avvengono con il pretesto di colpire la contraerea ma che, invece, colpiscono insediamenti civili, popolazioni e pastori che vivono in quel territorio.
Signor Presidente, l'obiettivo della risoluzione è quel che chiediamo al Governo: un impegno affinché si ponga fine ad una situazione assurda, che non trova precedenti né alcuna giustificazione nel diritto internazionale. In conclusione, voteremo a favore della risoluzione Occhetto n. 6-00132, sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari, compreso il nostro (Applausi dei deputati del gruppo Comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, il sottoscritto e Forza Italia non rientrano tra coloro che hanno subito o subiscono il fascino politico e personale di Saddam Hussein. Nessuno di noi ritiene di trovarsi di fronte ad una vittima di persecuzioni internazionali, nessuno di noi ritiene che Saddam Hussein possa essere guardato come modello di alcun tipo nella gestione politica; eppure riteniamo, come gli altri colleghi, che sia necessario fare alcune riflessioni su questo tema, con particolare urgenza.
Circa un anno e mezzo fa, quando in Commissione si presentò la risoluzione, cui accennava il presidente Occhetto nel suo intervento, con la quale si chiedeva la sospensione dell'embargo come atto unilaterale, Forza Italia votò contro e vi fu un dibattito acceso. La risoluzione fu approvata, ma con una maggioranza risicata. È passato, dicevo, circa un anno e mezzo da quel momento e devo ammettere che molte cose nel frattempo sono cambiate, purtroppo in peggio. Oggi, quindi, cercando di rientrare nel novero delle persone intelligenti che di fronte al cambiamento degli eventi sanno cambiare le loro posizioni, noi ci rendiamo conto che è arrivato il momento di occuparsi obbligatoriamente della fine dell'embargo. Le riflessioni da fare in proposito si pongono con forza all'attenzione di qualunque cittadino, ma ancor più all'attenzione di chi ha responsabilità politiche.
Tra gli obiettivi politici, magari meno dichiarati, ma importanti dell'embargo c'era quello di indebolire il potere politico di Saddam Hussein, dittatore sgradito, per ciò che aveva fatto, a tutto il mondo occidentale, ma direi a gran parte del mondo intero. Ebbene, oggi vediamo che dopo tutti questi anni di embargo la solidità politica di Saddam Hussein e dell'oligarchia che lo circonda è molto maggiore di quanto fosse in precedenza. La compattezza interna del regime iracheno, grazie, sì, ad opere di repressione interna, ma anche grazie a ciò che dall'esterno si è fatto, senza volere, contro il popolo iracheno, è una compattezza che diventa sempre più difficile scalfire.
Un'altra delle motivazioni che avevano spinto all'embargo era legata alla necessità di controllare che non si procedesse alla produzione di armi chimiche, biologiche o nucleari. Purtroppo (ma in questo la colpa non è di Saddam Hussein, bensì nostra, o almeno di alcuni paesi del mondo occidentale), anziché mandare degli ispettori abbiamo mandato delle spie. È risaputo, è assodato: abbiamo mandato spie al servizio


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di uno dei paesi del mondo occidentale - forse il più grande -, che mistificava le relazioni. Purtroppo noi occidentali abbiamo dovuto prendere atto del fatto che dietro la facciata dell'ONU, come inviato dell'Unscom, abbiamo mandato una spia americana, e non è cosa di cui possiamo vantarci, se non altro perché si è fatto scoprire: almeno non si fosse fatto cogliere!
Ci sono poi altri fatti importanti che sono divenuti evidenti e che non possiamo nasconderci: la moria di persone, specie tra le fasce più giovani della popolazione, sta avvenendo giorno dopo giorno con una progressione quasi di carattere geometrico ed è anch'essa inconfutabile. Non abbiamo tratto motivi di soddisfazione di carattere politico, ma in compenso l'azione che abbiamo svolto ha portato a ciò che è stato definito - forse esagerando - un inizio di genocidio. Anche questo è uno dei motivi che devono farci riflettere. Certo, quando sento il collega Giovanardi che, con toni apocalittici, viene a dirci che l'Italia rompe l'Unione europea, rompe la NATO, beh, devo pensare che o il collega Giovanardi non è informato oppure vuole drammatizzare cose che invece vanno affrontate con semplice razionalità (Commenti del deputato Giovanardi). Il collega Giovanardi non è informato, perché innanzitutto qui non si avalla ciò che Saddam Hussein ha fatto e, proprio per non avallare ciò che quest'ultimo ha fatto quando ha invaso il Kuwait, abbiamo dichiarato una guerra, siamo stati giustamente sostenitori di una guerra che ha fatto ritirare Saddam Hussein dall'invasione che aveva compiuto e che ha posto - e questo va ben al di là dell'embargo - limiti di carattere politico internazionale allo stesso Saddam Hussein che tuttora persistono e che nessuno mette in discussione.
Forse il collega Giovanardi non sa che tutti gli inviati dell'ONU, a seguito della scoperta, purtroppo, della spia a capo dell'Unscom, dopo pochi mesi di permanenza si sono dimessi non per protestare contro ciò che stava facendo Saddam Hussein, ma per protestare contro quelle che loro hanno denunciato essere le incongruenze dell'atteggiamento internazionale. In altre parole, chi è stato inviato in Iraq dall'ONU ha detto che bisogna prendere atto che l'ONU è su una strada sbagliata.
Ma allora noi dobbiamo agire diversamente dall'ONU? No, perché non ci si chiede di agire diversamente dall'ONU. La risoluzione unitaria chiede che le Nazioni Unite, assumano posizioni esplicite per pervenire alla revoca dell'embargo...

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, il tempo a sua disposizione sarebbe esaurito.

DARIO RIVOLTA. Presidente, forse il collega Niccolini ha parlato meno di cinque minuti: io avrei bisogno ancora di qualche minuto.

PRESIDENTE. Credo di no, ma non sarò fiscale. Tuttavia, deve avviarsi alla conclusione.

DARIO RIVOLTA. Sono costretto, visto il giusto richiamo del Presidente, a non svolgere alcune osservazioni come avrei voluto, ma non posso non far notare al collega Giovanardi, ma anche ad altri colleghi che nutrono giustamente alcune perplessità, che la Turchia - è notizia di ieri - ha annunciato che intende riaprire la propria ambasciata a Bagdad. La Turchia è membro della NATO ed è candidata ad entrare nell'Unione europea; non è certamente un paese amico dell'Iraq, ma ha annunciato la volontà di voler riaprire la sua ambasciata in quel paese.
Voteremo per solidarietà a favore della mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440, ma non possiamo dimenticare che quanto affermato nel dispositivo, laddove si fa riferimento alla risoluzione 1284 delle Nazioni Unite, è completamente superato dai fatti.
Voteremo altresì a favore, con una sola condizione, della risoluzione unitaria Occhetto ed altri n. 6-00132, che ci sembra importante sia il più possibile unitaria. L'unica condizione che chiediamo gentilmente


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ai colleghi di accettare è di principio. Quando chiediamo lo scongelamento immediato dei fondi bloccati nelle banche italiane, lo facciamo in quanto rappresentanti dell'Italia in tutte le sue espressioni: non possiamo pertanto dimenticare che, per quanto numericamente di scarso valore, esistono ancora crediti che soggetti privati italiani hanno nei confronti di enti pubblici o privati iracheni. Non possiamo scongelare debiti che in questo momento sono nel territorio italiano, senza tener conto degli interessi di alcuni cittadini italiani che hanno una sofferenza o un contenzioso ancora aperti.
Pertanto, propongo che, laddove si prevede «l'immediato scongelamento dei fondi bloccati nelle banche italiane», vengano aggiunte le seguenti parole: «fatta salva la salvaguardia di crediti italiani in sofferenza o in contenzioso, qualora esistenti, nei confronti di enti o società irachene pubbliche o private». Questa è l'unica richiesta che avanziamo e, per le motivazioni espresse in precedenza, annuncio che il mio gruppo voterà a favore della risoluzione unitaria e, per solidarietà dovuta alla vicinanza politica, pur non condividendo le argomentazioni del collega Giovanardi, della mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma alla mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440, come mi risulta abbia già fatto anche l'onorevole Zacchera.
Le argomentazioni del collega Giovanardi e, soprattutto, quelle del collega Migliori mi spingono a riconoscermi soprattutto nella mozione Buttiglione, perché è vero che la risoluzione 1284 dell'ONU può essere considerata parzialmente superata, ma non è da considerarsi superato il principio della verifica della distruzione di tutte le armi nucleari, batteriologiche e chimiche detenute dal Governo iracheno.
Le sanzioni, lo sappiamo dalla storia, molto spesso non servono a risolvere i problemi. Se c'è una cosa che rimprovero agli Stati Uniti è il fatto che nella guerra del Golfo non fu portata a compimento l'operazione militare e che, ad un certo punto, ci si fermò per evitare la caduta del dittatore Saddam Hussein. Ritengo che l'Iraq sia governato da un dittatore sanguinario, da un clan familiare all'interno del quale vi sono stati dei morti ammazzati per colpa di Saddam Hussein; mi pare infatti che alcuni suoi cognati siano stati uccisi perché, a suo avviso, avevano tradito. Siamo dunque dinanzi ad un sistema feudale di carattere familiare, dittatoriale e antidemocratico con il quale non abbiamo nulla in comune.
Vorrei anche sottolineare che la mozione Buttiglione n. 1-00440 fa riferimento, come è giusto, alla «difesa dello Stato di Israele in pace e sicurezza», come pietra angolare della politica europea del Medio Oriente.
Mi stupisco come molti dei miei colleghi di partito non abbiano rilevato questo aspetto che a mio avviso è molto importante anche per il futuro della legittimazione di tutto il centrodestra a livello mondiale.
Ritengo dunque che la posizione espressa nella mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440 sia la più equilibrata e la più realistica perché è vero che oggi la popolazione irachena è sottoposta ad un embargo crudele e spesso drammatico, ma è altrettanto vero che per anni...

PRESIDENTE. Onorevole Armani, deve concludere.

PIETRO ARMANI. ...il dittatore Saddam Hussein ha speso i ricavati del petrolio per armarsi anziché per sviluppare il suo paese. Ho sentito alcuni accenti antiamericani, nonostante la nostra partecipazione alla guerra del Golfo. A tale proposito vorrei ricordare che la no-fly zone nasce dal genocidio dei curdi, realizzato proprio dal dittatore Saddam Hussein.
Se l'Europa e l'Italia vogliono rendersi autonomi dagli Stati Uniti, l'unico modo


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per farlo è quello di pagarsi uno strumento militare credibile che possa essere la base per un politica estera autonoma.

PRESIDENTE. Colleghi, vi informo che l'onorevole Rivolta ha chiesto alla Commissione di accettare la seguente integrazione del testo della risoluzione; alla fine della seconda parte del primo capoverso del dispositivo (a pagina 15 del testo stampato), aggiungere dopo le parole «scongelamento dei fondi bloccati nelle banche italiane» le parole «fatta salva la salvaguardia di crediti italiani in sofferenza ed in contenzioso, qualora esistenti, nei confronti di enti o società irachene pubbliche o private».
Chiedo al presidente della Commissione se sia d'accordo sulla suddetta integrazione.

ACHILLE OCCHETTO, Presidente della III Commissione. Sono d'accordo nell'accogliere l'emendamento proposto dall'onorevole Rivolta. Colgo l'occasione per aggiungere che l'emendamento è stato presentato con un intervento che motiva molto bene il carattere unitario della nostra risoluzione. A proposito di irresponsabilità vorrei solo rilevare che i capigruppo dovrebbero fidarsi delle Commissioni competenti, le quali non compiono errori madornali, come quelli che ho visto in alcune mozioni presentate da chi non si intende della materia. E quando i rappresentati di tutti i gruppi, dopo essersi recati in un paese, tornano con un'idea comune, se non altro bisognerebbe soffermarsi a meditare, perché vuol dire che la competenza fa aggio sulla divisione politica (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Occhetto, non si tratta di un emendamento, ma di un'integrazione, dal momento che le risoluzioni non sono emendabili.
Vorrei chiedere tanto al Comitato dei nove quanto al Governo di studiare la compatibilità tra la mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440 e la risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132. Vi prego di farlo per valutare se la previsione oil for food non richiami per caso documenti che si chiede di superare nella suddetta risoluzione.
Come sapete, tra mozioni e risoluzioni non vige il principio della preclusione assoluta (la questione è dunque più elastica) purché gli atti non siano in totale contraddizione. Vi prego quindi di considerare tale aspetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fei. Ne ha facoltà.

SANDRA FEI. Presidente, innanzitutto vorrei dire che sono veramente stupita per l'inopportunità dell'inserimento di queste mozioni nell'ordine del giorno della seduta odierna. Considero il momento totalmente sbagliato perché il processo di pace in Medio Oriente è in grosse difficoltà, ma potrebbe essere ad una svolta determinante, mentre lo Stato di Israele ha problemi seri con la propria maggioranza e con il proprio Governo.
Il nostro Parlamento dedica a tali questioni veramente molto poco tempo, molto poco interesse, dà pochi indirizzi e ha poco controllo, ma - guarda caso - stabilisce questa tempistica inopportuna. Ebbene, questo mi sorprende e mi delude molto.
Un secondo elemento che voglio criticare pesantemente è il fatto che non si sia parlato né minimamente accennato alle modalità di applicazione e al tipo di gestione dell'accordo oil for food. Molto ci sarebbe da dire, ma basti pensare che sono pochi i paesi che riescono ad ottenere l'okay sulle questioni sottoposte alle Nazioni Unite. In genere, gli imprenditori italiani riescono soltanto ad ottenere un hold on o uno stand-by sulle loro proposte. Dopo aver letto approfonditamente la risoluzione del presidente Occhetto, nasce spontanea una domanda: non ci saranno forse state grosse pressioni da parte di alcune realtà imprenditoriali italiane, totalmente escluse dalla possibilità di partecipare alle attività di business, perché si sentono «tagliate fuori»? L'unica maniera di aiutare questi imprenditori non sarà


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forse quella di fare un finto pietismo sulla tristezza e sulle difficoltà della popolazione irachena, in seguito all'embargo e alla politica di Saddam Hussein che ha grosse responsabilità in tutta questa vicenda? Si cerca di proporre l'abolizione dell'embargo con questo escamotage senza però dire tutta la verità e senza denunciarla chiaramente ai cittadini.
Non sono d'accordo con quanto ha detto il presidente Occhetto quando ha sostenuto che la precedente mozione era tale e quale al documento presentato ora. Non è vero, aveva una premessa fondamentale che ritroviamo nella mozione di cui è primo firmatario l'onorevole Buttiglione. Si tratta della risoluzione n. 1284 e, più precisamente, della verifica che dovrebbe accettare l'Iraq sulle armi nucleari, batteriologiche e chimiche detenute dal suo Governo. Credo che questa sia la premessa fondamentale perché è da questo che si è partiti per la decisione dell'embargo.
La posizione del Governo italiano rispetto alle mozioni presentate è del tutto ragionevole ed è responsabile rispetto al ruolo che può giocare l'Italia con i paesi del Medio Oriente e con il processo di pace. Ritengo, pertanto, fondamentale oppormi e votare contro la risoluzione Occhetto; annuncio che esprimerò voto favorevole sulla mozione di cui è primo firmatario l'onorevole Buttiglione, unica rimasta, anche se dopo l'intervento del collega Teresio Delfino sinceramente mi sono rimasti alcuni dubbi sull'intenzione della mozione che, però, non può essere che accettata e sottoscritta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taradash. Ne ha facoltà.

MARCO TARADASH. Signor Presidente, le sofferenze del popolo iracheno preesistono all'embargo. Mi sembra che su questo il Parlamento non si esprima con chiarezza. Personalmente ritengo che l'embargo sia uno strumento che deve raggiungere un determinato fine e certamente quello nei confronti dell'Iraq non è riuscito né ad estromettere Saddam Hussein dal suo potere, né a ridurre la forza del suo clan, repressiva all'interno del paese, e nemmeno a fare in modo che l'industria militare irachena non continuasse a produrre o fosse legittimamente sospettata di continuare a produrre armi di distruzione chimica o nucleare. L'embargo, quindi, non ha funzionato e bisogna ripensare il modo in cui contrastare e combattere la dittatura di Saddam Hussein.
L'informazione sui bambini che sono morti durante l'embargo naturalmente non ci lascia insensibili, ma sappiamo che dove non c'è democrazia i bambini muoiono e le carestie uccidono, mentre dove c'è democrazia le carestie non ci sono ed i bambini possono non morire. Mettere in conto all'embargo morti che ci sono state durante il regime di Saddam Hussein, prima e dopo la guerra del Golfo, mi pare francamente inaccettabile o almeno meritevole di una verifica. Non si può citare in una mozione del Parlamento italiano il dato fornito dal ministro della sanità irachena. Questo è vergognoso!
Sento parlare di Stato laico in Iraq. Ebbene, voglio sapere quante sinagoghe siano aperte in Iraq, perché non si può avere la libertà di coscienza e la libertà religiosa à la carte. Uno Stato è laico se consente a tutte le religioni di potersi organizzare ed esercitare il proprio culto. Non usiamo le parole a vanvera.

ALBERTO SIMEONE. Ci sono anche le sinagoghe!

MARCO TARADASH. C'è chi è innamorato di Saddam e della sua democrazia, ma io preferisco la mozione Mantovani, che non dice che Saddam non è un dittatore...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole Taradash.

MARCO TARADASH. ...ma dice che è un dittatore e noi facciamo peggio. Voi centrodestra, AN, Forza Italia e Lega,


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difendete Saddam Hussein ed accusate l'occidente, accusate l'Italia con l'Unione europea e gli Stati Uniti.
Concludo chiedendo di poter sottoscrivere la mozione Buttiglione, sulla quale esprimerò un voto favorevole.

RAMON MANTOVANI. Spiegalo a Giovanardi che io dico che è un dittatore!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bampo. Ne ha facoltà.
Onorevole Bampo, anche lei ha due minuti di tempo.

PAOLO BAMPO. Signor Presidente, innanzitutto le chiedo di poter apporre la mia firma alla mozione Buttiglione. Mi auguro poi che il suo invito ad integrare le due mozioni in un'unica iniziativa a firma dei due presentatori venga accolta. Questo perché un'integrazione darebbe più completezza all'iniziativa stessa.
Pur condividendo l'aspirazione ad una mozione la più unitaria possibile, ritengo che esistano un impegno ed un intento sostanzialmente diversi tra la mozione del CDU e quella strappata alla Commissione esteri con la classica furbizia della sinistra da parte dell'onorevole Occhetto e di una maggioranza ancora profondamente antioccidentale. Tale differenza non è per nulla trascurabile e, se è sicuramente apprezzabile l'intento umanitario che ci vede sensibilizzati con grande tolleranza cristiana verso il dramma di un popolo che tuttora ci considera cani infedeli, è altrettanto sconclusionato, se non in malafede, quel passaggio politico che vedrebbe l'Italia porsi in posizione quasi isolata e comunque antitetica rispetto a quella della maggioranza dei nostri partner internazionali. Questo è un tentativo di delegittimazione, tanto caro alla sinistra, degli organismi di cui facciamo parte.
In conclusione, ribadendo di non essere contrario ai motivi umanitari della risoluzione Occhetto, che comunque avrei condiviso anche nelle mozioni ritirate e che comunque parimenti ritrovo nella mozione Buttiglione, mi asterrò sulla risoluzione della Commissione e, a nome del Forum popolare federalista per l'Assemblea costituente, voterò a favore della mozione Buttiglione, che è più completa e più rispondente alla nostra posizione di politica internazionale, invitando i colleghi non impegnati da un voto di gruppo ad esprimere un voto analogo.

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata l'ulteriore mozione Giovanardi ed altri n. 1-00464 (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Onorevole Teresio Delfino, la prego di aiutarmi a risolvere un problema. Lei ha ritirato la mozione Buttiglione, dopodiché il collega Giovanardi ha trovato dieci firme e l'ha presentata autonomamente. Successivamente, lei ha revocato il ritiro della mozione, ma a questo punto non ha più le dieci firme necessarie a supportarla. La prego pertanto di valutare tale questione e di vedere se riesce a trovare dieci firme (quindi alcune firme che si aggiungono alle vostre) per fare in modo che identico testo venga presentato anche da voi. Non so se la questione sia chiara.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Veltri. Ne ha facoltà.
Onorevole Veltri, ha due minuti di tempo.

ELIO VELTRI. Signor Presidente, ho rispetto per i sottosegretari, ma penso anch'io, come l'onorevole Giovanardi, che questo dibattito avrebbe meritato la presenza del ministro, anche perché ho assistito ad una «confusione delle lingue» incredibile: se è doveroso intervenire in difesa della popolazione civile, della quale i bambini sono le vittime più innocenti, è inaccettabile confondere le loro sofferenze con gli interessi del regime e dare un giudizio positivo su Saddam Hussein e, appunto, sul suo regime.
L'intervento dell'onorevole Simeone mi ha profondamente turbato. All'onorevole Migliori, poi, ricordo che la democrazia non si esporta: o il popolo si ribella, o i dittatori rimangono al loro posto.
Concordo con la risoluzione Occhetto n. 6-00132 e con le argomentazioni che


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l'hanno sostenuta. Tuttavia, l'onorevole Occhetto concorderà con me sul fatto che noi viviamo, come le altre grandi democrazie, una contraddizione di fondo: nel momento in cui si interviene per ristabilire il diritto internazionale, a difesa della legalità internazionale, si possono produrre effetti che rafforzano, come ha sottolineato l'onorevole Occhetto, moralmente e politicamente il dittatore o i dittatori. Per tale ragione, prima di intervenire è necessario esaminare bene le modalità degli interventi.
Ricordo, però, che ogni volta che si è intervenuti militarmente è stato invocato l'embargo come forma meno traumatica di intervento e, quindi, a mio parere, la comunità internazionale deve riflettere. Desidero concludere affermando che al di fuori degli organismi della comunità internazionale e delle loro decisioni vi è il far west internazionale, vi è l'illegalità e non esiste alcun ruolo che le democrazie possano giocare attivamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.
Onorevole Calzavara, ha un minuto di tempo.

FABIO CALZAVARA. Signor Presidente, la grave situazione in Iraq ci obbliga ad organizzare un intervento umanitario, che non è possibile attuare in alcun modo proprio per l'embargo esistente nei confronti del paese indicato.
I diritti umani, il dolore, le morti e le sofferenze, che si stanno trasformando in un lento genocidio della popolazione irachena, soprattutto con riferimento ai bambini, devono avere il sopravvento su ogni altra considerazione; lo ha chiesto anche il Papa, caro collega Giovanardi.
L'Assemblea ha l'occasione di avere la primogenitura in Europa, di fare da apripista nei confronti degli altri Parlamenti europei su questo importante problema. Ci auguriamo che ciò possa finalmente trainare verso una posizione autonoma dell'Europa e, ad ogni buon conto ed in ogni caso, posso annunciare che una delegazione di parlamentari e personalità europee partirà il prossimo 20 settembre da Parigi (purtroppo da Roma non è stato possibile) per Bagdad, al fine di esprimere solidarietà alle popolazioni irachene.
Annuncio che i deputati del gruppo della Lega nord Padania voteranno contro la mozione Buttiglione n. 1-00440, a meno che non vengano introdotte integrazioni, perché, pur condividendone le premesse, negli impegni rivolti al Governo praticamente si conserva lo status quo; sappiamo benissimo, infatti, che la risoluzione dell'ONU n. 1284, unita ad una speranza di rappacificazione dell'area, è impossibile da attuare per lo meno in tempi brevi. Naturalmente, annuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo della Lega nord Padania sulla risoluzione Occhetto n. 6-00132.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marongiu. Ne ha facoltà.
Onorevole Marongiu, ha due minuti di tempo.

GIANNI MARONGIU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono uno dei firmatari di una delle mozioni umanitarie e quindi approvo la risoluzione unitaria nei suoi profili umanitari. Chiedo però la cancellazione del riferimento ai dati forniti dal ministro della sanità irachena e chiedo anche la cancellazione delle parole «prevedendo intanto l'immediato scongelamento dei fondi bloccati nelle banche italiane» perché, nel momento in cui si chiede un'iniziativa collettiva, mi pare che non si possano assumere iniziative unilaterali. Lo esige la coerenza.
Non le nascondo, signor Presidente, non vi nascondo, cari colleghi, che sono rimasto colpito e addolorato per l'espressione usata da un intervenuto che ha definito assassini, per fortuna morali, tutti i componenti dei Governi italiani che si sono succeduti dal 1992. Chiederò a questo collega la spiegazione sulla possibilità di conciliare l'espressione «assassini morali», che è una nuova categoria dello spirito. Ho fatto parte del Governo Prodi


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e sono quindi un assassino. Assassini: nome dato ad una setta che in Persia, nel secolo XIII, commetteva delitti efferatissimi sotto l'effetto dell'hascisc. Ascrivo quindi la locuzione dell'onorevole Mantovani - non lo chiamo collega per riguardo, perché immagino che non gli piacerà essere cum lego, collegato con un assassino (Applausi del deputato Fei) - alla non perfetta conoscenza dell'arabo né della lingua italiana, ma, per fortuna, verba volant, e invece scripta manent. Suggerisco quindi di cancellare nella risoluzione anche la parola «sovrano», dopo la parola «Stato», perché non esistono Stati che non siano sovrani (Applausi dei deputati del gruppo misto federalisti liberaldemocratici repubblicani, di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.
Le ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, apprezzo la risoluzione unitaria presentata dall'onorevole Occhetto e dagli altri colleghi, ma non la condivido integralmente non perché vi siano scritte cose che non vanno, ma perché è incompleta.
Sono assolutamente d'accordo con la proposta di togliere l'embargo perché non serve a niente (non solo questo, ma quasi tutti gli embarghi del mondo, soprattutto quando, passato un certo periodo di tempo, non se ne vedono i risultati). Nella risoluzione non vi è alcun richiamo ai motivi che hanno causato l'embargo. Secondo me questa è una mancanza abbastanza grave. Nella risoluzione non vi è neppure un invito a Saddam Hussein a cambiare la situazione in Iraq.
Saddam Hussein forse ha cambiato, collega nonché presidente Occhetto, la sua linea politica? Ha forse sospeso le esecuzioni capitali? Ha deciso di smettere di eliminare perfino i suoi parenti? Ha dato voce all'opposizione? In Iraq sono rispettati i diritti umani? È stato chiarito, finalmente, se vi sono tuttora dei prigionieri del Kuwait ancora detenuti nelle carceri irachene?
Oltre ad offrire giustamente la sospensione dell'embargo, noi dobbiamo chiedere a Saddam Hussein delle risposte.
Da questo punto di vista, mi sembra che la mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440, che anch'io ho sottoscritto successivamente, sia molto più equilibrata, chiedendo anch'essa la revoca dell'embargo che è cosa utile, ma condizionandolo all'esecuzione della risoluzione n. 1284 delle Nazioni Unite, che però non può essere intesa alla lettera, perché anche lì ci sono delle ipocrisie. Chiedo quindi una concreta, ma non letterale, esecuzione di questa risoluzione, perché altrimenti avrebbe forse ragione Saddam Hussein a sentirsi quasi impossibilitato a rispettarla. Sono favorevole alla proposta di togliere l'embargo, e pur apprezzando la mozione Buttiglione ed altri, mi asterrò sulla votazione.

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, data l'importanza e la delicatezza del merito dell'argomento e il precedente che si creerebbe nel momento in cui si impegnasse il Governo a presentarsi all'ONU scavalcando la concertazione europea e il dialogo con gli alleati, mi chiedo se il ministro degli esteri in persona non ritenga opportuno venire in quest'aula per motivare adeguatamente la posizione del Governo (è presente il sottosegretario che può magari precisarla), che dà parere favorevole sulla mozione presentata dall'onorevole Buttiglione e sulla mozione n. 1-00464 da me presentata (che ha un testo analogo) e parere contrario - mi sembra di capire - sulla risoluzione presentata dall'onorevole Occhetto. Vorrei che il ministro, se è possibile, o il sottosegretario, confermassero autorevolmente tale tipo di posizione e le motivazioni che, alla fine del dibattito, portano a modificare


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la posizione o a confermarla in ordine alle mozioni, così come modificate su richiesta dello stesso Governo, che ci ha chiesto di togliere un inciso, cosa che abbiamo fatto.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, il Governo è rappresentato dal sottosegretario competente a seguire la materia, quindi evidentemente non ho titolo per chiedere una diversa presenza del Governo. Il sottosegretario è informato, ha ascoltato il suo intervento e potrà decidere.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzoni. Ne ha facoltà.

MARCO PEZZONI. Signor Presidente, siamo chiamati a confrontarci sulla questione dell'embargo all'Iraq dopo che al Senato della Repubblica è stata approvata una mozione unitaria importante, con una maggioranza trasversale. Era opportuno, quindi, che anche noi ci pronunciassimo in questa fase perché l'embargo è una questione sia umanitaria, etica, sia politica.
Mi soffermerò solo su alcuni punti, e innanzitutto i tempi. La mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440 ha il merito di fotografare esattamente l'esistente. Le cose stanno proprio così, è stata elaborata una sintesi delle diverse posizioni nella comunità internazionale sulla questione dell'embargo all'Iraq. Tuttavia, essa non tiene conto del diritto umanitario, né dei tempi.
Desidero richiamare l'attenzione dei colleghi su due aspetti. Innanzitutto, il nuovo comitato dell'ONU, composto da 17 commissari osservatori e presieduto dall'ex presidente dell'agenzia atomica internazionale, che ha sostituito la precedente commissione, a causa di contrasti interni politici di valutazione della stessa ONU, entrerà in funzione solo in autunno per decisione internazionale. In secondo luogo, nella discussione che stiamo svolgendo a livello internazionale nei vari Parlamenti nazionali, Kofi Annan si è assunto la responsabilità di presentare un proprio rapporto, dopo aver rivolto un appello, nel mese di marzo, affinché fossero superate le parti più contraddittorie e più dure della risoluzione n. 1284 dell'ONU. Tant'è vero che la settimana scorsa il Consiglio di sicurezza dell'ONU, per l'ottava volta, ha cambiato il meccanismo oil for food rendendosi conto che è una camicia di forza che non solo «incamicia» il regime, ma soprattutto pesa in modo insopportabile sul popolo iracheno. Kofi Annan, quindi, ha chiesto che in Iraq potessero essere importare le parti di ricambio per l'estrazione del petrolio e, dieci giorni fa, il Consiglio di sicurezza dell'ONU si è espresso, ripeto, per l'ottava volta. Quindi, Kofi Annan si assume un'altra responsabilità e in ottobre farà un rapporto.
Perché dico che è opportuno votare la risoluzione unitaria proposta dall'onorevole Occhetto, che, in sostanza, è la mediazione tra le posizioni dei vari gruppi? Noi Democratici di sinistra avremmo voluto che vi fosse qualcosa di più, ma ovviamente è importante anche dare un segnale unitario come Camera dei deputati. Avremmo voluto, ad esempio, inserire la questione dei curdi di cui ha parlato il collega Giovanni Bianchi. Signor Presidente della Camera dei deputati, la settimana scorsa, nel mio intervento, ho ricordato che l'Assemblea nazionale francese, su proposta del nuovo Presidente Forni, che ha sostituito Fabius, ha indetto una conferenza internazionale con la presenza delle minoranze curde di Turchia, Iraq, Iran e Siria. Pensate cosa sarebbe successo se una simile assemblea di tipo istituzionale si fosse tenuta in Italia, con i contrasti esistenti al nostro interno. L'Assemblea nazionale francese l'ha tenuta dieci giorni fa; usciamo, quindi, un po' da un provincialismo troppo teso alle nostre questioni interne, in cui vi è paura o si vedono sempre chissà quali interessi sporchi.
In questo caso, il Parlamento italiano deve operare una forzatura verso il Governo italiano, ma soprattutto verso gli organismi internazionali, proprio per ristabilire la loro centralità. Noi siamo assolutamente d'accordo sul fatto che bisogna ridare forza all'ONU, al Consiglio


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di sicurezza dell'ONU, ma in tale ambito quale posizione appoggiamo, quella degli Stati Uniti e della Gran Bretagna o quella della Francia?
Qui si fa una scelta per i tempi urgenti: è una forzatura politica che vogliamo fare, dando al Governo italiano il mandato di trattare nelle sedi internazionali, ovviamente per accelerare la fine dell'embargo e per trovare il consenso indispensabile, perché l'embargo finirà solo quando lo toglierà il Consiglio di sicurezza dell'ONU.
Quella di revocare l'embargo non è certo un'iniziativa unilaterale, ma certo è una forzatura quella di dire per primi, come Parlamento italiano, affiancandoci, ma non bypassando la posizione francese, che è opportuno cominciare a porre subito e urgentemente la questione del superamento dell'embargo per le contraddizioni che ha al proprio interno il meccanismo oil for food.
Del resto, il Governo italiano si è già mosso su questa linea. Voglio ricordare soltanto - lo dico ai colleghi Democratici - una intelligente, coraggiosa e opportuna iniziativa dell'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, quando tre anni fa impedì che si scatenasse la punizione statunitense e della Gran Bretagna sull'Iraq, assumendo un'iniziativa insieme all'allora Presidente russo Eltsin, che diede la possibilità a Kofi Annan di proporsi come mediatore, perché vi era un'iniziativa di due paesi, l'Italia e la Russia, che chiedevano una mediazione politica prima di passare alle armi.
Perché dimenticare questa pagina importante relativa ad una iniziativa di diplomazia del nostro Governo, che ha impedito allora una dura punizione del popolo iracheno? È su questa linea che ci muoviamo. Noi vogliamo dare forza alla posizione francese, alla posizione di una parte dell'Europa che ritiene che gli embarghi rafforzino i regimi.
A tale proposito vi è una valutazione etica da fare, accogliendo l'appello di Giovanni Paolo II, che non credo abbia fatto un appello in cui l'etica sta solo nel cielo dei sogni, ma ha chiesto alla politica di porre fine all'embargo nei confronti dell'Iraq. Ma è necessaria anche un'iniziativa politica: io ho sollecitato da tempo il Governo italiano, durante il Giubileo, a porsi come punto di riferimento internazionale per riflettere sull'efficacia degli embarghi, perché essi sono una doppia camicia di forza, di cui sicuramente vi è una responsabilità precisa e chiara, quella dei regimi e delle dittature. Qui non c'è nessuno che voglia dire qualcosa a favore del regime di Saddam Hussein, ma è stato commesso un errore politico da parte della comunità internazionale, che mette questa doppia camicia di forza e chiude gli occhi di fronte alla sua inefficacia politica e al dramma umanitario.
Dopo dieci anni si può porre la questione politica, se noi abbiamo involontariamente contribuito a mantenere Saddam Hussein al proprio posto? Possiamo porci il quesito politico che, una volta superato l'embargo, ci sia riconsegnato per intero, anzi con maggiore nitore e chiarezza politica, il fatto che la comunità internazionale ha di fronte il mancato processo di democratizzazione dell'Iraq, dove non vi è pluralismo politico vero e non vi è rispetto dei diritti umani?
Ecco perché crediamo che sia importante votare a favore di questa risoluzione ed invitare il Governo italiano a porsi sulla stessa lunghezza d'onda di una strategia di inclusione che ci ha portati a forzare per l'abolizione dell'embargo alla Libia e per allentare l'isolamento dell'Iran, e oggi ci ha portati a favorire l'avvicinamento tra le due Coree. Il dialogo fra Corea del nord e Corea del sud è frutto di questo clima diverso e chiediamo che lo stesso coraggio, che la stessa strategia di inclusione venga adottata dal Governo italiano verso il popolo iracheno non allentando però l'opposizione politica verso il regime di Saddam Hussein.
Di questo abbiamo bisogno e per questo voteremo a favore della risoluzione presentata dal presidente Occhetto (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crema, che ha due minuti. Ne ha facoltà.


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GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, abbiamo dato il nostro apporto per realizzare la convergenza unitaria attorno alla risoluzione di cui è primo firmatario il presidente Occhetto. Dobbiamo peraltro correttamente riconoscere che questo tentativo non è riuscito perché l'Assemblea ha reso giustizia delle differenze politiche esistenti che dividono le forze in campo e quindi dobbiamo con sano, corretto e trasparente realismo politico trarne le dovute conseguenze. Collega Pezzoni, non è vero che prevale il provincialismo di fronte ad un spirito di alta e nobile provocazione ideale; noi siamo di fronte ad un'esigenza umanitaria largamente condivisa che ha fatto accettare anche a noi parte del testo in premessa, che riguarda naturali affermazioni per il nostro paese.
Dobbiamo prendere atto che questo accordo unitario non c'è e quindi ci associamo alle parole e alla richiesta di modifica fatte dall'onorevole Marongiu perché questo è il nostro ruolo realistico e corretto in quest'aula. A noi non si chiedono voli oltre ogni confine e riteniamo che il collega Occhetto debba prendere atto di ciò che è avvenuto. Riteniamo che le modifiche al testo debbano essere apportate proprio per riportare nel corretto alveo la risoluzione. Nel caso in cui il presidente Occhetto non accettasse la nostra proposta, è inevitabile che la mia firma non ci sarà e i parlamentari socialisti si asterranno sul testo (Applausi dei deputati del gruppo misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Crema, forse ho perso un passaggio del suo intervento: a quale inciso si riferisce?

GIOVANNI CREMA. Alle premesse, alla parte di cui l'onorevole Marongiu ha chiesto una modifica.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa, che ha due minuti. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Mi basta un minuto, signor Presidente, per confrontare la mozione Mussi ed altri n. 1-00463 con la risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132 e devo dire che, mentre considero estremamente equilibrato il testo ed il dispositivo della mozione Mussi, considero assolutamente squilibrata la risoluzione di cui si sta discutendo, perché assegna al Governo italiano un'iniziativa unilaterale che su materie di questa delicatezza non dovrebbe mai essere suggerita. Mi asterrò dunque sulla risoluzione Occhetto, lamentando l'influenza molto negativa dei colleghi di Rifondazione comunista sulla redazione di questo testo.

PRESIDENTE. Colleghi, ho posto prima ai rappresentanti della Commissione, al presidente Occhetto e al Governo la questione della compatibilità dei due documenti. La questione sarà affrontata qualora vengano approvate le mozioni Buttiglione ed altri n. 1-00440 e Giovanardi ed altri n. 1-00464, che sono identiche.

UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei sinteticamente ricordare la posizione del Governo. Al Senato ho ascoltato e seguito l'intero dibattito ed ho seguito l'inizio del dibattito alla Camera. Questa mattina ho sentito gli stessi toni appassionati e la stessa competenza e ricchezza di informazioni.
Approfitterei inutilmente del vostro tempo se ripetessi le argomentazioni già da me svolte al Senato e alla Camera o se ripetessi ciò che ha detto questa mattina il sottosegretario Danieli, aggiungendo anche dati, informazioni ed impegni che vanno nella direzione suggerita in modo unanime dal Parlamento. Devo però ricordare che il Governo ha sempre apprezzato la tensione morale dell'Assemblea e di tutte le forze politiche su questo


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tragico problema, ponendo quelli che la settimana scorsa in quest'aula definivo due paletti: in primo luogo, la risoluzione n. 1284 delle Nazioni Unite deve essere accolta dall'Iraq e deve essere applicata in modo convincente; in secondo luogo, sono condivisibili le iniziative di pace e umanitarie ma tenendo conto delle alleanze, per un motivo di principio ed anche per un motivo pratico...

LUCIO COLLETTI. Bravo!

UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. ...perché un'iniziativa della sola Italia, isolata, può apparire un bel gesto o magari un gesto propagandistico e basta, mentre una iniziativa concordata con l'Unione europea, un'iniziativa della intera Unione europea costituisce un fatto politico pesante e decisivo. Questa è la posizione del Governo. Il ministro Dini - lo dico anche all'onorevole Giovanardi - ieri era a Lisbona e oggi è a Washington, ma è perfettamente informato e si assume con chiarezza la responsabilità di tale posizione, che è condivisa dal Presidente del Consiglio.
Il dibattito di oggi ha introdotto tagli, sfumature e valutazioni diverse, trasversali tra le forze politiche, ha introdotto anche posizioni personali, come è giusto per un problema così complesso che investe la coscienza e la valutazione di ciascuno. Il Governo deve essere preciso: sulla base delle valutazioni che ho prima espresso, il Governo accoglie la mozione Buttiglione ed altri n. 1-00440, nonché l'identica mozione Giovanardi ed altri n. 1-00464 e non concorda sulla risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132.

LUCIO COLLETTI. Bravo!

UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Molti degli argomenti in essa contenuti sono condivisibili, ma la risoluzione Occhetto è priva dei due paletti che ho in precedenza ricordato (Applausi di deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dei Democratici-l'Ulivo).

LUCIO COLLETTI. Bravo!

PRESIDENTE. Sottosegretario Intini, lei ribadisce la contrarietà del Governo sulla risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132, ma non è intervenuto sul tema dell'incompatibilità.

UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Per quanto attiene al tema dell'incompatibilità, la posizione del Governo è sostanzialmente la seguente: essendo presenti i due paletti cui facevo riferimento poco fa nelle mozioni Buttiglione ed altri n. 1-00440 e Giovanardi ed altri n. 1-00464 e non essendo presenti nella risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132, in effetti i due documenti appaiono fra loro incompatibili.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, passiamo ai voti.
Avverto che il gruppo di Forza Italia ha chiesto la votazione nominale.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle identiche mozioni Buttiglione ed altri n. 1-00440 nel testo riformulato, e Giovanardi ed altri n. 1-00464, accettate dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 458
Votanti 432
Astenuti 26
Maggioranza 217
Hanno votato 193
Hanno votato no 239.
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, desidero soltanto rilevare ed invitare il Governo a rilevare - naturalmente sarà messa ai voti anche la risoluzione Occhetto -


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che su un tema delicato e qualificante, direi costituente dell'attività di un Governo, il Governo è stato battuto dalla sua maggioranza, perché il Governo aveva accolto la mozione Buttiglione e la maggioranza che lo dovrebbe sostenere ha votato contro (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega nord Padania e misto-CCD). Credo, quindi, signor Presidente, che sussistano le condizioni per sospendere la seduta e per invitare il Governo a prendere atto di quello che indubbiamente è un evento politico molto grave.

PRESIDENTE. Onorevole Vito, lei sa benissimo che non si trattava di un atto del Governo, ma di un atto della Camera.

ELIO VITO. Signor Presidente, credo che stiamo facendo un intervento di natura politica e che forse sarebbe giusto offrire la possibilità al Governo di riflettere su quello che è accaduto, perché, lo ripeto, a nostro giudizio la politica estera è costituente di un Governo e il Governo questa mattina, con un voto della Camera, ha preso atto che la sua maggioranza non è sulla sua linea di politica estera. Credo che sarebbe giusto sospendere la seduta e consentire al Governo di assumere le determinazioni conseguenti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega nord Padania e misto-CCD).

PRESIDENTE. Onorevole Vito, come lei sa, le mozioni sono un atto della Camera, un atto di origine parlamentare, sul quale il Governo ha espresso un parere; si tratta, quindi, di un parere del Governo, non di una posizione del Governo, non so se sia chiaro; pertanto, il problema non si pone (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Occhetto ed altri n. 6-00132, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 452
Votanti 397
Astenuti 55
Maggioranza 199
Hanno votato 302
Hanno votato no 95.
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e misto-Rifondazione comunista-progressisti e di deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo - Vedi votazioni).

Prendo atto che non ha funzionato il dispositivo di voto degli onorevoli Paolone e Galeazzi.

Una voce dai banchi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania: Andate a casa!

PRESIDENTE. Colleghi, a casa andremo tutti questa sera, non vi preoccupate.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, parlerò non appena avrò le condizioni per poter intervenire. Colleghi, scusate un istante, vi prego.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Prego, onorevole Benedetti Valentini.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, ho atteso che la Camera esprimesse anche il suo voto sulla risoluzione presentata dall'onorevole Occhetto e da altri colleghi, per sottolineare,


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anche a nome dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale, l'eccezionale delicatezza e portata della situazione politica che si determina a seguito di questo duplice voto; non a caso, anche se le mie argomentazioni sono praticamente del tutto simili a quelle del collega, onorevole Vito, ho atteso che la Camera si esprimesse con entrambi i voti. Colleghi, vi prego.

PRESIDENTE. Colleghi, se lasciate parlare il vostro collega, è meglio: sentite anche qual è la vostra posizione, a questo punto.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. La sua sottile ironia, onorevole Presidente...

PRESIDENTE. È del tutto involontaria.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...non mi è sgradita. Debbo, però, dirle che era un po' meno gradita (anche se il senso dell'ironia era altrettanto incisivo) relativamente al fatto che il Governo si fosse limitato - in qualche modo ritualmente - soltanto ad esprimere un parere e non ad assumere una posizione su un argomento di tale straordinaria portata. Il suo senso dell'ironia è sicuramente apprezzabile, ma il fatto è che quel parere è stato espresso da un rappresentante del Governo estremamente qualificato, il quale - noti bene, onorevole Presidente - ha tenuto a ribadire (sotto questo profilo gli do atto della correttezza) che quello era anche il pensiero dell'onorevole ministro degli esteri, che pure si trova in questo momento impedito ad essere presente in quanto impegnato in viaggi all'estero, recepito nonché condiviso dall'onorevole Presidente del Consiglio dei ministri.
Di fronte a ciò, signor Presidente, comprenderà che non ci si è limitati a dare un parere, ma si è espressa una posizione; si tratta di una posizione che non è di chicchessia, ma del Governo. Di fronte a ciò, le ripeto, ho atteso responsabilmente che la Camera si esprimesse con entrambi i voti su entrambi i documenti ed è di tutta evidenza che il Governo è in minoranza in questa Camera su un argomento di eccezionale portata sul versante della politica estera.
Debbo, quindi, associarmi a chi chiede una sospensione dei nostri lavori ed un momento di profonda riflessione sulla delicata materia che si è determinata e l'invito al Governo, dopo una sua rapidissima riflessione, a presentarsi nuovamente in questa Camera per illustrare la posizione e le decisioni che intende adottare a seguito dello straordinario voto che si è determinato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Onorevole Benedetti Valentini, tanto lei quanto il collega Vito avete posto una questione la cui serietà non mi sfugge.
Per cortesia, colleghi! Qualcuno può avvertire i colleghi impegnati a conversare che stiamo lavorando? Onorevole Petrini, per cortesia. Onorevole Bindi, possiamo andare avanti? La ringrazio.
Onorevole Benedetti Valentini, le stavo dicendo che in relazione a situazioni di questo genere, ci sono gli strumenti parlamentari per - come dire - costruire un dibattito parlamentare su un tema che una parte dei colleghi (o forse, tutti i colleghi) può ritenere particolarmente rilevante. Invito quindi la Camera, o quella parte dei colleghi che lo riterranno, a valutare questa possibilità. Se ci fosse stato un atto specifico del Governo sul quale la Camera avesse espresso un voto contrario, la questione sarebbe diversa, ma qui si tratta di un parere su un documento parlamentare. Non mi sfugge la gravità della questione, per carità, però mi sembra che vi siano gli strumenti per portare entro breve termine la questione all'attenzione complessiva del Parlamento, per valutare la situazione.

ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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ELIO VITO. Signor Presidente, intervengo, naturalmente, non per replicare a lei: capisco le cose che dice e sono fondate, però desidero precisare che non può esistere su questi temi di politica estera uno strumento parlamentare proposto dal Governo. Noi abbiamo agito su mozioni che sono di iniziativa parlamentare. È giusto quello che lei dice, Presidente, e forse è anche un modo per sminuire quello che è accaduto, ma io credo che indicare il voto che è stato espresso come un voto che ha una conseguenza politica limitata per il Governo perché non ha riguardato, appunto, un atto del Governo, significa dire qualcosa che nella tradizione parlamentare in materia di politica estera non ha alcun rilievo. Su questa materia, infatti, si è sempre operato in base a mozioni e risoluzioni presentate dai parlamentari ed in base ai pareri che il Governo esprimeva ed è chiaro che il parere che viene espresso dal Governo deve essere fondato sul presupposto che la sua maggioranza lo segua. Il sottosegretario Intini, delegato a seguire la materia, ha espresso parere favorevole sulla mozione Buttiglione e contrario sulla risoluzione Occhetto, mentre la sua maggioranza ha votato in maniera esattamente opposta: contro la mozione Buttiglione ed a favore della risoluzione Occhetto. Ora, Presidente, non oso immaginare una delegittimazione politica maggiore di questa per il sottosegretario Intini - non mi riferisco certo alla sua figura personale - e per il ministro Dini, al quale il sottosegretario ha fatto espresso riferimento, dicendo che il suo parere era quello del ministro e dell'intero Governo. Quale delegittimazione politica potrebbe esservi maggiore di quella verificatasi oggi, con il duplice voto della maggioranza, che dovrebbe sostenere il Governo, opposto rispetto alle indicazioni del Governo stesso (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)?
Certo, Presidente, è naturale che esistono gli strumenti, ma esiste anche, o dovrebbe esistere, la dignità del Governo, alla quale mi richiamo in questo momento. Per questa ragione, Presidente, insisto nel chiedere la sospensione della seduta per consentire al Governo di assumere le sue determinazioni, che a nostro giudizio dovrebbero essere conseguenti ai voti espressi dall'Assemblea. Il Governo è libero di non assumerle e in tal caso noi ricorreremmo ai nostri strumenti, però a mio giudizio è necessario consentire al Governo di valutare se i voti che ha ricevuto questa mattina da parte della Camera rientrino ancora in quelle condizioni costituzionali che debbono ricorrere affinché il Governo stesso possa esercitare, anche sul piano europeo ed internazionale, con piena legittimità e con piena forza le sue funzioni e realizzare il suo programma. Credo, Presidente, che sia davvero il minimo che possiamo fare, considerata, tra l'altro, anche l'ora.

PRESIDENTE. Onorevole Vito, ripeto, non contesto la questione politica posta da lei e dal collega Benedetti Valentini, però vorrei richiamare la vostra attenzione su due punti.
In primo luogo, la riflessione che voi chiedete dovrebbe vedere come coprotagonista il ministro degli esteri, il quale, come lei sa, non è qui, ma negli Stati Uniti.
In secondo luogo, come tutti noi sappiamo, in base alla Costituzione neanche la reiezione di un disegno di legge presentato dal Governo comporta la sfiducia, figuriamoci perciò un parere su una mozione altrui. Lo dico dal punto di vista, come dire, della forma del procedimento. Se si fosse trattato di una questione che formalmente incide sui nostri lavori, avrei avuto il dovere di sospendere la seduta, ma non siamo in questa situazione; la questione ha natura, come voi avete giustamente sottolineato, squisitamente politica. Non essendo presente il ministro degli esteri ed essendo necessaria una consultazione su questo tema, mi permetterò di proporre la questione alla Conferenza dei presidenti di gruppo, che si riunirà domani, per valutare in che termini il problema vada affrontato. Nel


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frattempo potranno essere svolte le necessarie consultazioni: consideriamo che ora sono le sei del mattino negli Stati Uniti...

PAOLO ARMAROLI. Il Presidente del Consiglio è in Italia, però!

PRESIDENTE. Onorevole Armaroli, lo spirito lo facciamo un'altra volta.

PAOLO ARMAROLI. Quale spirito!

PRESIDENTE. In quella sede, quindi, potremo valutare in che termini il tema possa essere affrontato in modo adeguato.

UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, la Camera ha approvato questa mattina, a proposito dell'Iraq, una risoluzione sulla quale il Governo aveva espresso parere contrario; lo ha fatto con un voto che ha visto solidarietà e posizioni trasversali tra le diverse forze politiche e molte posizioni personali, come è naturale in una materia così delicata. Difatti il Senato ha affrontato un dibattito identico a quello della Camera e tuttavia, mentre qui c'è stata divisione tra due schieramenti diversi, al contrario al Senato vi è stata unanimità, perché tutte le forze politiche hanno approvato lo stesso documento.
Il diverso comportamento di Camera e Senato su questo argomento indica proprio che ci troviamo di fronte ad una questione complessa, delicata e drammatica al punto tale da registrare reazioni diverse tra i gruppi parlamentari e tra le forze politiche, che valutano secondo coscienza e buonsenso e non secondo linee di maggioranza o di opposizione.
Pertanto, mi sembra del tutto fuori luogo drammatizzare o strumentalizzare a fini di politica interna una questione che, come osservava giustamente il Presidente della Camera, non va interpretata come un atto di sfiducia nei confronti del Governo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo - Commenti del deputato Vito).

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, ho ascoltato le sue dichiarazioni e quelle del rappresentante del Governo. Vede, onorevole Presidente, qui non si tratta né di drammatizzare né di sdrammatizzare, come nella sua ottica, naturalmente, il rappresentante del Governo cerca di fare. Si tratta semplicemente di prendere atto che sul versante della politica estera, in una situazione di straordinaria delicatezza, gravità e rilevanza, vi è una posizione in base alla quale il Governo non solo non ottiene il voto di tutta la sua maggioranza, ma - ed è quello che più mi interessa in questo momento - è addirittura in minoranza in questa Camera, la quale si è espressa come sappiamo su documenti sui quali era stata chiamata a votare.
La situazione è certa: non siamo nella condizione e nella opportunità politica, perché non avrebbe senso, di continuare ad occuparci di taluni provvedimenti iscritti all'ordine del giorno in una situazione di delegittimazione politica complessiva del Governo ormai di tutta evidenza. Vi sono due aspetti da sottolineare. In primo luogo, non è certamente atto di parte, ma semplicemente la presa d'atto di una situazione politica, insistere irrevocabilmente nella richiesta di sospensione immediata dei nostri lavori, affinché si dia luogo ad un momento di consultazione politica, come impone l'importanza dei voti espressi da questa Camera. In secondo luogo, deve essere assunto da parte del Governo l'impegno certo e ineludibile a fissare, con tempi e modalità certi, sin dall'eventuale ripresa dei nostri lavori, il momento in cui si presenterà in tutta la


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sua responsabilità istituzionale e rappresentativa per affrontare la situazione che si è determinata.
Non c'è dubbio che non siamo nella condizione di continuare ad esaminare i provvedimenti della nostra più o meno ordinaria o straordinaria amministrazione in presenza di una situazione di questo tipo. Non può dunque essere interpretata come un atto di faziosità la nostra non partecipazione al prosieguo dei lavori qualora non ci sia una formale presa d'atto della situazione politica determinatasi.

ORESTE ROSSI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORESTE ROSSI. Signor Presidente, avevo chiesto la parola prima, ma non mi è stata concessa, per esprimere la posizione del mio gruppo. Riteniamo necessario sospendere la seduta, perché serve un chiarimento a livello di Governo.
Il sottosegretario Intini non ha parlato per conto suo o solo per conto del ministro degli esteri Dini: egli ha chiaramente detto che la posizione che stava esprimendo sulla politica estera e, in particolare, sull'argomento che stavamo trattando era condivisa dal Presidente del Consiglio. A questo punto, se il Presidente del Consiglio ha assunto una posizione che è stata bocciata da questa Camera, è evidente che è stato bocciato quel tipo di politica estera.
Ritengo pertanto indispensabile non solo ascoltare il ministro degli esteri, ma, visto che è stato tirato in ballo, anche il Presidente del Consiglio, perché il sottosegretario Intini ha parlato anche a suo nome e su questa cosa non possiamo assolutamente passarci sopra.

BEPPE PISANU. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, credo che questo contrasto di opinioni si sarebbe potuto pacificamente risolvere se il Governo avesse fatto una valutazione anche sintetica del voto, riaprendo così, di fatto, il dibattito e consentendo di intervenire ad un deputato del gruppo sull'argomento. Invece, il Governo si è rinchiuso in una posizione assolutamente difensiva; evita di pronunziarsi sulla bocciatura di un documento importante a favore del quale si era pronunciato: francamente ritengo la situazione incomprensibile. In politica estera, in questo Parlamento, da tutte le parti si è sempre fatto un grande sforzo per cercare di salvaguardare l'unità complessiva delle nostre impostazioni. Adesso, per una piccola questione si sfugge!
Tra una settimana ci troveremo ad esaminare un disegno di legge di ratifica di un importante provvedimento che riguarda il Messico; anche in quel caso probabilmente sorgeranno dei contrasti. Finisce che per l'incapacità del Governo di dichiarare le proprie posizioni e di dialogare anche con le opposizioni più disponibili, si creano delle complicazioni e delle fratture non comprensibili, persino in politica estera.
La proposta che poc'anzi l'onorevole Vito ha avanzato, che era sicuramente esposta alle ragionevoli osservazioni che lei ha fatto, adesso diventa invece più stringente. Non è possibile che questo fatto venga messo tra parentesi come un piccolo incidente di percorso. Quando vi sono problemi di questo genere devono essere affrontati seriamente: si risolvano a viso aperto e non rifugiandosi dietro piccoli argomenti, come ha fatto poc'anzi - e mi rincresce doverlo dire - il sottosegretario per gli affari esteri.

PRESIDENTE. Colleghi, risponderò alla fine perché gli argomenti sono importanti.

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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PAOLO ARMAROLI. Presidente, mi permetto di intervenire quasi per fatto personale e me ne scuso. Lei è una persona estremamente garbata con tutti e con me in particolare e quindi la ringrazio, ma quando pochi momenti fa ho fatto quell'interruzione, quando cioè ho detto che se il ministro degli esteri è all'estero, il Presidente del Consiglio è in Italia, non volevo, signor Presidente - e la prego di credermi - fare dello spirito.
Da una parte abbiamo l'articolo 95 della Costituzione, il quale stabilisce che «il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile»; dall'altra abbiamo l'articolo 64 della Costituzione, il quale, come lei mi insegna, all'ultimo comma stabilisce: «I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute».
Dunque, signor Presidente, penso che il Presidente del Consiglio molto più che il ministro degli esteri sia legittimato, proprio per il rango che la Costituzione gli riconosce, a venire qui in aula per spiegare quale sia la posizione reale del Governo. Le volevo dire semplicemente questo, signor Presidente. La ringrazio.

PRESIDENTE. Onorevole Armaroli, mi permetta di rispondere anche a lei successivamente.

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Colleghi, vi prego!

PRESIDENTE. Onorevole Fiori! Onorevole Buontempo, onorevole Calderisi, lasciate parlare l'onorevole Giovanardi! Onorevole Buontempo!

TEODORO BUONTEMPO. Stia calmo pure lei, Presidente! Non è che qui non si possa parlare!

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, vorrei richiamare per un momento l'attenzione dei colleghi ed anche del Governo sul fulcro della questione di cui ci stiamo interessando.
Il Governo ha detto che i due documenti sono tra loro incompatibili perché nel primo documento sono per così dire rispettati due paletti che sono il fondamento della politica estera italiana: il rispetto delle risoluzioni dell'ONU e il fatto che la nostra politica deve essere concertata con gli alleati.
Nel secondo documento (la risoluzione) questi due paletti vengono rimossi perché, in qualche modo, non si fa accenno alle risoluzioni dell'ONU e si invita il Governo ad un'azione unilaterale in sede ONU, saltando il passaggio fondamentale del concerto con gli alleati europei. Non è dunque una questione di forma! Il sottosegretario ha parlato a nome del ministro degli esteri e poi ha detto: ho parlato anche a nome del Presidente del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio venga qui a dire se ritiene che questo paese - è questo che mi preoccupa - abbia ancora una politica estera, poiché stamattina questo Parlamento ha scaraventato quarant'anni di linea politica estera del nostro paese...

RAMON MANTOVANI. Magari!

CARLO GIOVANARDI. ...come giustamente Rifondazione comunista rivendica di avere fatto. Si tratta di una questione politica fondamentale perché il ministro degli esteri nel prossimo futuro si dovrà confrontare su questi problemi in sede europea e in sede ONU.
Per questi motivi, signor Presidente, credo che il Presidente del Consiglio debba venire il più presto possibile in quest'aula per spiegarci come intenda gestire da oggi in poi la politica estera del nostro paese.

RAMON MANTOVANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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RAMON MANTOVANI. Presidente, non partecipiamo all'operazione delle opposizioni di destra di aggrapparsi a questo voto per cercare di mettere in difficoltà il Governo su una vicenda che per noi ha altri contenuti e altra importanza. Siamo all'opposizione di questo Governo e continueremo ad esserlo sui contenuti della sua politica.

PIETRO ARMANI. È l'opposizione di sua maestà!

PRESIDENTE. Colleghi, per favore!

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente - lei potrà insegnarlo a tutta l'Assemblea - credo (Interruzione del deputato Chiappori)...

PRESIDENTE. Onorevole Chiappori, la richiamo all'ordine per la prima volta!

RAMON MANTOVANI. ...che i rapporti tra il Governo e il Parlamento nella nostra Costituzione sono dialettici. Il Parlamento ha la facoltà di approvare una mozione di indirizzo politico alla quale il Governo deve adeguarsi ed ubbidire essendo esecutivo del Parlamento. Naturalmente, il voto di una risoluzione o di una mozione sulla quale il Governo ha espresso parere contrario potrebbe portare, per così dire, ad una crisi politica, ma credo che questa sia una valutazione che dovrebbe fare il Governo stesso e che non può essere invocata da parlamentari che ritengono, in base alle dichiarazioni che ho sentito, che questo Parlamento sia a sovranità limitata, possa cioè votare unicamente sulla questione di fiducia del Governo o anche su risoluzioni e mozioni. Non è così!
Purtroppo, onorevole Giovanardi - dico «purtroppo» perché vorrei che così si facesse -, non è stata modificata la linea di alleanze internazionali del nostro paese; semplicemente, come già hanno fatto altri paesi, il Governo è impegnato a fare atti unilaterali che, finché esisterà uno Stato sovrano - così aggettivato esattamente per questo motivo -, il nostro paese ha la titolarità e la possibilità di fare. Se ciò metta in discussione l'alleanza atlantica, spetterà alla valutazione del Governo; non credo, purtroppo, che si possa sostenere questa tesi, come non la si può sostenere da nessun punto di vista serio rappresentato in quest'aula.
Vorrei, inoltre, ricordare che il Governo Prodi e i due Governi D'Alema in Commissione esteri sono stati messi numerose volte in minoranza, hanno cioè espresso un parere contrario su risoluzioni che poi sono state approvate dalla Commissione esteri della Camera che, quando delibera su risoluzioni, ha un potere di indirizzo esattamente identico a quello che ha l'Assemblea nei confronti del Governo. È successo su numerose questioni.
Per concludere, siamo ben felici di aver contribuito all'approvazione di questa risoluzione che impegna il Governo a compiere gesti concreti al fine di risolvere il tragico problema dell'embargo che colpisce l'Iraq. Noi rimaniamo all'opposizione ancora più convintamente, ma non partecipiamo a questo giochino che mortifica, secondo noi, le prerogative stesse di quest'Assemblea e di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

FABIO MUSSI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO MUSSI. Non sottovaluto il contrasto che stamane abbiamo verificato tra la maggioranza della Camera e la posizione del Governo. Credo anche che dobbiamo rimproverarci una qualche negligenza, perché forse avremmo potuto lavorare meglio per una posizione unitaria del Parlamento e per un accordo con il Governo su una questione di così grande rilievo come quella dell'embargo. Tuttavia, vorrei invitare i colleghi a guardare complessivamente al dato politico che emerge dalle due tornate di discussione e di votazione della Camera e del Senato su questo argomento, come ha fatto, a mio avviso, con buon senso il sottosegretario


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Intini. Al Senato si è avuta una risoluzione unitaria mentre alla Camera si è lavorato lungamente ad una posizione unitaria, raggiunta in Commissione, ma poi, all'ultimo momento, in aula ci si è trovati di fronte ad una risoluzione largamente sottoscritta e ad una mozione sostenuta dai colleghi Buttiglione, Giovanardi ed altri.
Vi è un dato politico netto che emerge da questa doppia discussione, al Senato ed alla Camera? Non mi sembra e vorrei richiamare alla prudenza l'onorevole Giovanardi quando egli afferma che qui rinneghiamo quarant'anni di politica estera. La risoluzione che è stata approvata reca infatti le firme del presidente della Commissione esteri Occhetto, dell'onorevole Frau di Forza Italia, dell'onorevole Pezzoni dei Democratici di sinistra, dell'onorevole Simeone di Alleanza nazionale, dell'onorevole Oreste Rossi della Lega, dell'onorevole Brunetti dei Comunisti italiani, dell'onorevole Crema dello SDI (Commenti del deputato Armani), dell'onorevole Leccese dei Verdi, dell'onorevole Mantovani di Rifondazione comunista e dell'onorevole Giovanni Bianchi dei Popolari, quindi, un largo schieramento trasversale. Inoltre, come si è visto, vi è stata anche mescolanza di voti tanto sulla mozione Giovanardi e Buttiglione, quanto sulla risoluzione. Vi è quindi un dato politico complessivo da interpretare. Non mi pare infatti che emerga un'indicazione perentoria, peraltro su un atto d'iniziativa parlamentare; dunque non su un'esposizione programmatica di politica estera del Governo, ma su un atto - o su numerosi atti - d'iniziativa parlamentare, su cui il Governo ha espresso un parere.
Non è univoco quindi il significato politico che emerge - è cambiata la maggioranza, il Governo deve prenderne atto -, che francamente mi sembrerebbe davvero una forzatura ed una strumentalizzazione. Questo, quindi, non si può affermare ed è necessario ben interpretare questo evento. Pregherei allora i colleghi di non voler fare una forzatura e credo che, se il Governo vorrà dare alle Camera una più compiuta occasione di discussione sulle linee fondamentali di scelte di politica estera, questa potrà essere considerata un'occasione importante per tutti, alla quale noi daremo certamente il benvenuto.
Pensiamo che la risoluzione non contraddica agli impegni dell'Italia e che possa introdurre un fatto nuovo significativo, anche nel quadro delle alleanze italiane, nei confronti dell'Iraq e ribadisco che qualunque forzatura oggi sarebbe fuori luogo. Se troveremo presto l'occasione per un approfondimento della discussione sulla politica estera del nostro paese potremo tutti considerare quello un passaggio utile, in cui discutere senza pregiudizi e senza linee di demarcazione invalicabili tra maggioranza ed opposizione, perché così non è mai avvenuto in questi anni sulle questioni di politica estera, ed anche la giornata di oggi potrà diventare un'occasione di riflessione per tutti.
Ritengo inoltre che siano condivisibili da parte del nostro gruppo le parole dette in questa sede dal sottosegretario Intini ed una presa d'atto ragionevole e politicamente sostenibile del voto diverso espresso da Camera e Senato.

GIACOMO CHIAPPORI. Se si rimetteva all'Assemblea era molto meglio!

PRESIDENTE. Colleghi, sulla base degli argomenti qui addotti da molti intervenuti, non posso che confermare la decisione che avevo già assunto, nel senso che non esiste, allo stato, una condizione politica che mi imponga di sospendere la seduta. Innanzitutto, lo ripeto, il Presidente del Consiglio non può consultarsi con il ministro degli affari esteri, il quale è negli Stati Uniti.

PAOLO ARMAROLI. Ci sono i telefoni!

PIETRO ARMANI. È stato inventato il telefono!

PRESIDENTE. Preferisco tacere; stavo per dirle una cosa scortese, onorevole Armaroli. Questioni di questo genere, se


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sono così gravi come avete sostenuto, non si risolvono con una telefonata alle sette meno un quarto del mattino, dato che questa è l'ora di New York. Le parti, infatti, devono essere informate, devono prendere visione dei documenti, valutare le posizioni delle singole forze politiche e così via. Questo se siamo seri; se dobbiamo fare propaganda, è un'altra questione.
D'altra parte, ribadisco un punto costituzionale - sono stato chiamato in causa anche su questo piano - che ho già precisato in precedenza: se un Governo, dal punto di vista costituzionale, non perde la fiducia qualora un suo disegno di legge venga rigettato, a maggior ragione non la perde se un suo parere non venga accolto dall'Assemblea su un documento parlamentare. Di conseguenza, non sospenderò la seduta per tali ragioni. Domani, però, in seno alla Conferenza dei presidenti di gruppo, porrò la questione al rappresentante del Governo e ai colleghi presidenti di gruppo; naturalmente, se i colleghi insisteranno - come credo avverrà, lo ha già accennato il collega Pisanu -, in quella sede si valuterà in che termini ed in che data organizzare un dibattito in materia di politica estera per poter valutare complessivamente le questioni.
Tuttavia, essendo le 12,50, sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, mentre alle 16 vi sarà la discussione delle mozioni relative all'assassinio del professor D'Antona.

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