![]() |
![]() |
![]() |
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Maiolo n. 2-02143 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
TIZIANA MAIOLO. Signor Presidente, signori deputati, signor sottosegretario per la giustizia, desidero spiegare il senso della nostra interpellanza urgente, presentata a seguito della pubblicazione di un libro scritto dai signori Imposimato, Pisauro e Provvisionato intitolato Corruzione ad alta velocità, che non fornisce notizie nuove, ma ha sistematizzato molto bene, a
nostro parere, una serie di questioni su cui troppo presto era calato il velo del silenzio.
contro l'archiviazione disposta dal giudice per le indagini preliminari Anna Di Martino che, nella sua veste di GUP - così lamentano i pubblici ministeri -, non sarebbe potuta entrare nel merito della questione quando ha assunto il provvedimento di archiviazione. La questione riguardava le due telefonate di Pacini Battaglia ai signori Danesi e Petrelli, due persone di sua fiducia, nella prima della quali diceva: «Per uscire da Tangentopoli si è pagato», mentre nella seconda affermava: «Quei due mi hanno sbancato», riferendosi ai signori Di Pietro e Lucibello.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia ha facoltà di rispondere.
FRANCO CORLEONE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, considerato anche l'intervento dell'onorevole Maiolo, credo che il rischio di una insoddisfazione per la risposta sia quasi nelle cose, per molte ragioni. In questa circostanza devo dirle, onorevole Maiolo, che l'interrogazione pone una serie di quesiti specifici ai quali è difficile non rispondere. Certamente, al fondo vi è un ragionamento, una convinzione ed una richiesta di espressione di un giudizio politico. Io, però, non sono così convinto che la sede del sindacato ispettivo sia propriamente il luogo in cui scambiarsi opinioni o visioni sui fatti e sulla politica. Credo, in particolare, che l'interpellanza sia - o dovrebbe esserlo - uno strumento per chiedere conto di azioni del Governo. È ovvio però che la «latitudine» delle interrogazioni e delle interpellanze si sia ampliata. In ogni caso, ritengo che noi dobbiamo attenerci a questo; altrimenti, vi sono strumenti parlamentari come il question time che rispondono più puntualmente alla richiesta di una risposta politica al Governo, ai ministri o al Presidente del Consiglio.
di Roma e ai delitti connessi riguardanti anche vicende relative alla TAV Spa, Italfer Spa, Ferrovie dello Stato, ENI-Montedison, concludendo le indagini con due richieste di rinvio a giudizio datate 9 maggio 1998 e 7 gennaio 1999 avanzate al GIP del locale tribunale nei confronti, tra gli altri, di Pierfrancesco Pacini Battaglia, Lorenzo Necci, Sergio Cragnotti, Ercole Incalza, Mario Maddaloni e Sebasti Lionello.
dei conti esteri di Pacini Battaglia, ruolo della Karfinco, attività di Roger Francis).
sintomo di comportamenti volontariamente tenuti per finalità divergenti da quelle di giustizia».
stipularli solo se i prezzi risulteranno congrui alla verifica senza che gli impegni assunti tra il 1991 e il 1992 con i general contractor risultino condizionanti. I contratti prevedono anche la possibilità per le Ferrovie dello Stato di rivalersi sulle garanzie bancarie delle imprese nel caso di esecuzione di opere difformi nei modi e/o tempi da quanto pattuito.
dei lavori, nonché con le autorità investigative incaricate di vigilare sui lavori per le linee veloci.
PRESIDENTE. L'onorevole Maiolo ha facoltà di replicare.
TIZIANA MAIOLO. Signor sottosegretario, come lei sa, la rispetto molto come persona ma non posso dire altrettanto delle risposte che mi ha dato, soprattutto quella che ha reso poco fa leggendo i foglietti (cosa che io peraltro temevo). Lei non mi ha detto nulla - e questo è davvero scandaloso - in merito alla vicenda a cui ho fatto riferimento nell'interpellanza. Io le ho parlato di omissioni ed inquinamenti avvenuti nell'anno 1993, anche se ricordo bene anch'io quanto ha fatto nel 1996 la magistratura di La Spezia, di Verona, di Brescia e così via.
Borrelli va personalmente ad interrogare il signor Pierfrancesco Pacini Battaglia. Cos'era: un incontro fra divinità? Mi riferisco al fatto che Pacini in quelle circostanze e sulla base di tutte queste deposizioni non viene arrestato, fatto che mi potrebbe far piacere perché non gioisco dell'arresto di nessuno, ma il problema è che così può continuare ad inquinare le prove. Il codice di procedura penale dovrebbe essere applicato a tutti i cittadini nella stessa maniera. Per non parlare poi delle storie «romane» di Castellucci e via dicendo. Dal 1993 al 1996 sono stati operati dei veri e propri insabbiamenti.
strumenti un po' consapevoli e un po' inconsapevoli di tutto quel sistema di poteri cui ho accennato all'inizio.
L'onorevole Maiolo ha facoltà di illustrarla.
Vorrei chiarire soprattutto al sottosegretario Corleone - perché credo che su questo ci intendiamo bene - un aspetto, ossia che noi non siamo qui (in particolare io che sto illustrando l'interpellanza) né per celebrare processi, né per additare colpevoli, né per costruire forche o gogne; altri l'hanno fatto e ad altri lascio questo compito. Ci hanno già pensato quei famosi poteri forti fatti di grandi industriali assistiti ed impuniti, di grandi burocrazie sindacali assistite ed impunite, di grandi piccoli uomini e piccoli partiti della politica assistita ed impunita. La cosiddetta dea giustizia è stata in questo paese sempre più bendata ed anche strabica.
Quella di cui parliamo oggi è soprattutto una storia di grandi omissioni e di grandi inquinamenti; è una storia di omissioni e inquinamenti purtroppo voluti e messi in opera da quella stessa magistratura che poi veniva glorificata dai giornali di proprietà di quei grandi industriali assistiti ed impuniti cui accennavo prima.
È anche la storia di due pool milanesi che hanno convissuto nella procura della Repubblica di Milano: quello della magistratura ideologica e militante e quello della magistratura degli interessi economici. Questa è la storia di un accordo politico del 1993, che è stato un anno chiave per la politica giudiziaria in questo paese. A Milano - lo ricordo bene - vi fu un accordo tra il pool e la Fiat, in particolare con Romiti. I magistrati si accontentarono di avere da quest'ultimo un memoriale lacunoso ed egli quindi sfuggì a qualsiasi provvedimento di tipo giudiziario. Lo stesso atteggiamento quei due pool tennero con altri soggetti economici molto importanti, come quello che faceva capo all'ingegner De Benedetti o come Mediobanca.
Una storia, quindi, di inquinamento di prove e di omissioni, che riguarda però una tangente molto consistente che oggi viene valutata come un affare di 140 mila miliardi, che ha riguardato l'alta velocità e che poteva essere smascherata fin dal 1993, ma che non si è voluta vedere. Nel 1993 comparve alle cronache una persona che i cittadini non conoscevano, che fu considerata «un gradino sotto Dio» e davanti alla quale, in modo sicuramente non disinteressato, si inchinarono anche le toghe, le vere toghe sporche, con un atteggiamento di totale complicità.
Signor sottosegretario, forse l'aspetto giudiziario è il meno rilevante perché in quest'aula ci interessa di più l'aspetto politico. So che lei ha molta autonomia di pensiero e spero non sia venuto qui soltanto con un foglietto scritto dagli uffici perché, se così fosse, se mi dicesse che sul signor Prodi non vi erano elementi tali da giustificare un'indagine giudiziaria, il che a me interessa abbastanza poco, che a Perugia, comunque, vi è un'inchiesta in corso, che il signor Di Pietro, oggi senatore, è stato prosciolto diverse volte - anche questo lo so -, se fosse venuto a dirci soltanto queste cose, sinceramente potremmo concludere qui lo svolgimento dell'interpellanza. Invece, vorrei conoscere gli aspetti politici, che spero saranno oggetto di discussione all'interno della Commissione d'inchiesta, anche se prendo atto, in ordine all'istituzione di tale Commissione, che sono già pronti vincoli, paletti, emendamenti per impedirle di essere una vera Commissione d'inchiesta, uguale a quelle che negli anni e nei decenni passati la sinistra ha chiesto ed ottenuto e che hanno lavorato in parallelo, anche intrecciandosi, con l'attività della magistratura. Mi riferisco a Commissioni ancora oggi esistenti, come la Commissione stragi o quella antimafia, ed alle Commissioni che vi sono state in passato, come quella sulla P2.
Le pongo una sola domanda di ordine giudiziario, molto attuale: è ancora pendente presso la VI sezione penale della Cassazione il ricorso per diritto presentato dai pubblici ministeri di Brescia (n. 19953/99), del maggio dello scorso anno. Tale ricorso è fermo benché, di solito, la Cassazione assuma questo tipo di decisioni in due o tre mesi; esso fu presentato dai pubblici ministeri di Brescia
La signora Di Martino, nella sua veste di GUP, ha interpretato tali frasi dicendo che non si capiva cosa volessero dire. Nella mia semplicità, mi sembra si capisca benissimo il loro significato, ma quel che domando al sottosegretario e, quindi, anche per suo tramite, al ministro Diliberto, è come mai, stranamente, proprio su un punto così delicato, del quale nessuno parla più, la Cassazione stia impiegando tutti questi mesi; infatti, dal maggio 1999 siamo arrivati a metà del gennaio 2000 ed ancora non abbiamo notizie.
Questa è l'unica informazione di tipo giudiziario e procedurale che le chiedo; per il resto, signor sottosegretario, mi aspetto da lei risposte politiche.
Posso comunque assicurare che si è proceduto ad acquisire informazioni presso i diversi uffici della procura della Repubblica che hanno svolto indagini in relazione ai fatti che sono stati menzionati nella interpellanza e che, a grandi linee, sono stati ricordati dall'onorevole Maiolo.
La procura della Repubblica presso il tribunale di Roma ha reso noto di aver proceduto ad indagini nell'ambito del procedimento n. 16431/96R nei confronti di Pacini Battaglia Pierfrancesco e di Danesi Emo, quali mandanti di un attentato esplosivo ad un cantiere per la realizzazione della linea ferroviaria alta velocità nella zona di competenza della procura di Cassino, al fine di creare le condizioni per concentrare presso quell'ufficio giudiziario - al tempo diretto dal dottor Savia - le più ampie indagini sull'alta velocità.
Il procedimento si è concluso con richiesta di rinvio a giudizio innanzi al GUP di Roma che, nell'udienza del 28 aprile 1999, ha disposto la trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria di Perugia, ritenuta territorialmente competente per connessione. La procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia ha, a sua volta, evidenziato che le vicende riportate nel libro indicato dall'onorevole Maiolo sono state oggetto di procedimenti istruiti da più uffici giudiziari, tutti operanti con diverse competenze, talvolta conseguenti all'applicazione dell'articolo 11 del codice di procedura penale in tema di procedimenti penali riguardanti i magistrati. In particolare, la procura della Repubblica di Perugia ha proceduto in relazione a reati di corruzione in atti giudiziari attribuiti a magistrati del distretto
La stessa procura ha evidenziato che la richiesta del 7 gennaio 1999 contiene contestuale richiesta di archiviazione per talune posizioni, tra cui quella relativa al magistrato Vittorio Paraggio, in ordine ai fatti citati nell'atto ispettivo e che tale richiesta è stata accolta dal GIP presso il tribunale di Perugia che, in data 22 novembre 1999, ha disposto l'archiviazione.
In relazione alle vicende indicate nell'interpellanza in discussione riguardante il magistrato (ora ex magistrato), Antonio Di Pietro, Antonio D'Adamo, Pierfrancesco Pacini Battaglia e l'avvocato Giuseppe Lucibello, la procura della Repubblica presso il tribunale di Brescia ha evidenziato che in data 18 febbraio 1999 il GIP presso il locale tribunale ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di Di Pietro Antonio, D'Adamo Antonio, Lucibello Giuseppe e Pacini Battaglia Pierfrancesco in relazione ai delitti di cui agli articoli 318 e 319-ter del codice penale (che sono, come si sa, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio e corruzione in atti giudiziari) perché i fatti non sussistono. Avverso tale sentenza il pubblico ministero ha proposto ricorso in Cassazione in data 16 aprile 1999 e credo che a questo si riferisse l'onorevole Maiolo quando ha ricordato che tuttora questo ricorso non è stato esaminato e risolto. Di ciò ho preso buona nota e mi riservo di far conoscere quale sia esattamente la situazione e se sia già fissata comunque una data in cui sarà esaminato questo ricorso.
In relazione ad altro procedimento penale a carico di D'Adamo e Pacini Battaglia, lo stesso GIP presso il tribunale di Brescia ha dichiarato con sentenza del 18 febbraio 1999 la propria incompetenza territoriale, disponendo la trasmissione degli atti presso la procura della Repubblica di Roma e presso quella di Milano.
La procura della Repubblica presso il tribunale di La Spezia ha inoltre chiarito che tutti gli atti di indagine riportati dalla interpellanza e compiuti dallo stesso ufficio sono stati trasmessi per competenza alla procura di Perugia nel mese di novembre del 1996. La procura di La Spezia ha mantenuto esclusivamente la competenza in relazione alle indagini sul traffico di armi, peraltro non richiamata nell'atto ispettivo in discussione, indagine che si è conclusa con l'archiviazione disposta dal GIP in data 26 giugno 1998.
La procura della Repubblica presso il tribunale di Milano ha reso noto che i fatti esposti nell'atto ispettivo sono stati oggetto di indagine da parte della procura di Brescia e, sotto diverso profilo, da parte della procura di Perugia.
Il predetto ufficio giudiziario ha precisato che nell'ambito del procedimento n. 282/97 procede ad indagini preliminari in relazione ad una serie di ipotesi di reato concernenti essenzialmente: illeciti ai danni di ENI e società controllate (SNAM) e illeciti connessi alla costituzione di consorzi dell'alta velocità e alle anticipazioni erogate. In relazione a tale attività di indagine, la procura ha evidenziato che i risultati relativi sono al momento in prevalenza coperti dal segreto istruttorio.
Peraltro, i risultati investigativi conseguiti nel procedimento n. 282/97 sono in parte rifluiti in altro procedimento n. 9701/95 concernente in particolare i fondi ENI.
In relazione a questo procedimento, che ho appena ricordato, il GIP presso il tribunale di Milano in data 9 ottobre 1997 ha emesso ordinanza applicativa della misura coercitiva del divieto di espatrio nei confronti di ex manager dell'ENI, nonché di Pierfrancesco Pacini Battaglia e in tale provvedimento sono trattati alcuni aspetti menzionati nell'interpellanza (sistema
La procura ha infine rappresentato che è in stato di avanzata trattazione dibattimentale avanti al tribunale di Milano il processo a carico di Pacini Battaglia, Necci, Lodigiani e altri in relazione all'ipotesi di corruzione, frode fiscale e falso in bilancio: detti reati sarebbero stati commessi in occasione della rinegoziazione da parte dell'amministrazione FS di un contratto di «prestazioni integrate» concernente il deposito polifunzionale di Milano Fiorenza.
Nell'ambito di tale procedimento è stata attentamente considerata la complessa manovra di inquinamento probatorio posta in essere nel 1993, dopo la scoperta delle carte segrete di Lodigiani. Effettivamente, per come già evidenziati e posti in luce dal procuratore della Repubblica di Milano, i fatti di cui all'interpellanza hanno costituito oggetto di elaborate e complesse indagini, che hanno trovato in parte conclusione con richiesta di rinvio a giudizio, come nel caso delle indagini svolte dalla procura di Perugia nell'ambito delle vicende attinenti alla corruzione di magistrati romani ed i fatti riguardanti il progetto alta velocità; altre, come le indagini svolte dalla procura di Brescia, si sono concluse con la sentenza del 18 febbraio 1999 emessa dal giudice per le indagini preliminari presso lo steso tribunale, come ho ricordato in precedenza.
Al riguardo, appare doveroso sottolineare che in tale sentenza il giudice per le indagini preliminari ha escluso sia la sussistenza di illeciti rapporti di tipo corruttivo tra il magistrato Di Pietro, Pacini Battaglia, l'avvocato Lucibello e D'Adamo, sia la sussistenza di profili di lassismo, scarsa diligenza, approssimazione in relazione alle indagini svolte dal pubblico ministero Di Pietro nei confronti di Pacini Battaglia. In proposito, ritengo utile riportare uno stralcio della sentenza emessa dal giudice per le indagini preliminari di Brescia nella parte in cui, conclusivamente, evidenzia il tipo di attività di indagine posta in essere dal dottor Di Pietro.
È una citazione testuale che può essere utile; scrive il pubblico ministero: «Il carteggio disponibile lascia emergere che Di Pietro fu tra i promotori dell'arresto di Pacini Battaglia, che lo sottopose ad una ventina di atti di interrogatorio per contestargli le risultanze di indagine da lui raccolte, o per ricevere contributi conoscitivi dell'indagato spontaneamente versati in causa, che avviò 185 rogatorie direttamente o indirettamente riferibili alla posizione di Pacini, che ebbe a chiederne (unitamente ai colleghi Colombo e Davigo) il rinvio a giudizio per la vicenda «Clonsing-Enimont» in data 7 dicembre 1994, che la successiva richiesta di rinvio a giudizio per il procedimento ENI redatta dal pubblico ministero Greco si fondò su risultanze probatorie prevalentemente raccolte da Di Pietro, che furono promossi approfondimenti anche relativamente a filoni investigativi non rientranti strettamente nell'oggetto delle indagini milanesi dell'epoca, che non furono inoltrate richieste di archiviazione nei confronti dell'indagato.
«Le omissioni e le condotte contestate dal pubblico ministero quali attività contrarie ai doveri funzionali - nella direzione di riscontrare a mezzo delle stesse le dichiarazioni del D'Adamo (assolutamente silenti sul "trattamento di favore" riservato da Di Pietro a Pacini) - si sono rivelate o insussistenti e pretestuose (così per la revoca informale della rogatoria Maddaloni, per l'accreditamento di Pacini quale collaborante per la mancanza di idonee contestazioni o di ulteriori provvedimenti restrittivi, per le mancate rogatorie su tutti i conti Karfinco, per la mancata attività accertativa sulle falsità delle contabili Karfinco), oppure di insignificante entità (così per la imperfetta formulazione della integrazione rogatoriale all'autorità giudiziaria di Londra relativamente alla offshore Allied), comunque non dotate di una quale appariscenza e come tali insuscettibili di assurgere a
Da quanto riferito, emerge in conclusione che è stata svolta dalle varie procure una completa attività di indagine, in parte però ancora in corso ed in parte soggetta alla verifica dibattimentale.
In ordine al progetto alta velocità, il Ministero dei trasporti ha riferito quanto segue. La TAV Spa è la società, costituita nel 1991, cui le Ferrovie dello Stato hanno dato in concessione la progettazione esecutiva e la realizzazione delle nuove linee ferroviarie veloci. Dalla fine del 1996 Ferrovie dello Stato e TAV hanno strettamente collaborato per verificare il ruolo e l'assetto della TAV e di alcuni progetti in corso e per ridisegnarli in coerenza con gli obiettivi strategici delle Ferrovie dello Stato delineati nel piano di impresa 1997-2000.
In quest'ottica, sotto il profilo societario e finanziario, sono state compiute trasformazioni mirate a superare la non funzionalità dell'originario modello TAV rispetto al processo di riorganizzazione delle Ferrovie dello Stato, al mantenimento in mano pubblica dell'infrastruttura ferroviaria, alla necessità di reperire risorse sul mercato senza gravare sul bilancio dello Stato, agli obblighi di trasparenza in materia di appalti per opere pubbliche, alla congruità dei costi di progettazione e realizzazione. Di conseguenza, si è proceduto al riacquisto da parte delle Ferrovie dello Stato delle azioni precedentemente in mano privata: dal 10 marzo del 1998 il capitale TAV è al 100 per cento delle Ferrovie dello Stato, che assume il pieno controllo della società. Il riassetto della società fa parte della complessiva riorganizzazione delle Ferrovie dello Stato, basata sulla divisione tra rete e servizi di trasporto, secondo le linee indicate dalle direttive comunitarie e dagli indirizzi di Governo. In base ad essi, il trasporto ferroviario dovrà aprirsi alla libera concorrenza, consentendo la gestione dei servizi anche ai privati e mantenendo l'intera struttura ferroviaria in mano pubblica. In questo quadro, la TAV concentra la propria attività nella costruzione delle nuove linee veloci e nel reperimento sul mercato delle risorse necessarie all'investimento.
Il finanziamento dell'infrastruttura sarà sostenuto al 40 per cento dalle Ferrovie dello Stato e al 60 per cento da prestiti del mondo bancario attraverso uno schema di finanziamento allo studio. Lo schema prevede che, in prospettiva, i finanziamenti reperiti sul mercato possano contare su una garanzia commerciale legata al business plan della nuova società di trasporto Ferrovie dello Stato/privati che gestirà il servizio ferroviario passeggeri di media e lunga percorrenza sulle linee esistenti e sulle nuove linee.
In attesa della realizzazione dello schema di finanziamento, la TAV ha sottoscritto prestiti con la Banca Europea degli investimenti (BEI) e con un pool di banche, cui seguiranno ulteriori finanziamenti del mondo bancario destinati a coprire i fabbisogni legati alla costruzione delle nuove linee.
Per la realizzazione delle nuove linee veloci la TAV non agisce da sola, ma opera come committente. La complessità e le dimensioni del progetto hanno richiesto il coinvolgimento di una pluralità di soggetti ed una diversità di ruoli tra loro connessi: la progettazione di massima, il controllo tecnico del progetto esecutivo e l'alta sorveglianza sulla costruzione sono affidate ad Italferr Spa, una società di ingegneria delle Ferrovie dello Stato; la progettazione esecutiva e la realizzazione delle nuove linee, sono affidate a general contractor, imprese o consorzi di imprese interamente responsabili della progettazione esecutiva e della costruzione delle opere, che a loro volta si avvalgono di ditte appaltatrici e subappaltatrici.
Per quanto riguarda gli appalti e la congruità dei costi di realizzazione delle opere, gli appalti già in essere sono stati verificati, in alcuni casi corretti, e continueranno ad essere sottoposti ad analisi di congruità da parte della commissione di collaudo.
Per i contratti non ancora definiti c'è l'impegno di Ferrovie dello Stato e TAV a
È da evidenziare la forte attenzione di TAV al problema di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata. A tale scopo i contratti che la TAV assegna prevedono criteri molto rigidi in ordine al gradimento delle imprese ed, inoltre, sono stati stabiliti rapporti diretti con tutte le prefetture coinvolte, in particolare con organi istituzionali come la DIA (direzione investigativa antimafia) con la quale avviene un continuo scambio di informazioni.
Attraverso procedure rigorose presidiate da Italferr e da una commissione di collaudo viene assicurato un controllo di qualità su tutti i lavori eseguiti dagli appaltatori. Le verifiche, puntuali e costanti, riguardano sia le tecnologie costruttive impiegate dalle imprese, sia intere opere sia parti di esse, sia le fasi dell'esecuzione dei lavori sia la conclusione degli stessi fino all'abilitazione della tratta all'esercizio.
La commissione ha il potere di certificazione finale della conformità dei lavori agli standard di qualità fissati nel progetto. In caso di difformità viene formalizzata una «procedura di non conformità» e viene disposto il necessario adeguamento del lavoro. Fino a quando l'esecuzione non è approvata, il pagamento del corrispettivo all'impresa viene sospeso e, nel caso di difformità di una singola parte di un'opera, viene bloccato il pagamento dell'intera opera.
In considerazione della rilevanza economica delle opere che è chiamata a realizzare (in particolare per la linea veloce Roma-Napoli) e della nota delicatezza del contesto in cui deve operare, la TAV ha ritenuto opportuno adottare in materia di prevenzione antimafia forme di cautela maggiori e più incisive rispetto a quelle normalmente adottate dai concessionari di opere pubbliche. Al riguardo la TAV ha inserito nei rapporti con i general contractors specifiche misure di controllo e di prevenzione ulteriori rispetto alle attuali previsioni della normativa antimafia (decreto legislativo n. 490 del 1994 e legge n. 55 del 1990). In particolare, ha esteso l'obbligo di accertamento antimafia a tutti gli appaltatori e subappaltatori dei general contractors, includendo anche le ditte fornitrici di materiali e servizi, non obbligate dalla normativa vigente.
Sempre in quest'ottica ed allo scopo di assicurare la corretta e tempestiva esecuzione dei lavori, la TAV ha contrattualmente previsto che i soggetti che eseguono lavori e prestano servizi e forniture per le linee veloci debbano possedere specifici requisiti di carattere morale, tecnico ed economico, espressamente indicati negli allegati contrattuali alle convenzioni.
La TAV, nell'ambito della sua funzione di controllo, ha sempre vigilato affinché tali obblighi venissero rispettati, provvedendo tra l'altro ad acquisire direttamente la certificazione antimafia e la restante documentazione prescritta dalla legge.
A seguito delle informazioni rilasciate dalle prefetture competenti ai sensi delle vigenti disposizioni antimafia, la TAV non ha mai indugiato ad adottare, anche nei casi dubbi, provvedimenti volti a perseguire esigenze di prevenzione e di cautela. In proposito si segnala che, per quanto riguarda gli appalti conferiti dal consorzio Iricav Uno, al giugno 1999 la TAV ha negato o revocato il gradimento in otto casi; per i subappalti il gradimento-autorizzazione è stato negato o revocato in 42 casi. La TAV ha inoltre avviato una serie di incontri con le amministrazioni istituzionalmente competenti a contrastare i fenomeni della criminalità organizzata, al fine di fornire la propria collaborazione ed il proprio contributo informativo.
Ad oggi, oltre ai rapporti intercorsi tra la TAV e la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla criminalità organizzata, vi è uno stretto collegamento con le prefetture interessate alla realizzazione
Tra l'altro, la TAV ha realizzato e fornisce periodicamente alle predette autorità una banca dati su supporto informatico contenente tutte le informazioni da queste ritenute utili in ordine alle imprese affidatarie di appalti e subappalti relativi alla realizzazione delle nuove linee.
Sono comunque a disposizione i dati relativi allo stato di avanzamento del progetto alta velocità alla data del 21 dicembre 1999, che consegnerò agli onorevoli interpellanti alla fine della mia risposta.
Tornando alla parte relativa alla giustizia e lasciando le vesti di «megafono» del Ministero dei trasporti, devo dire, per quanto riguarda gli altri aspetti della vicenda evocati dall'onorevole Maiolo, che essi non riguardano condotte che hanno dato luogo a procedimenti penali - e mi pare che ciò fosse stato in qualche modo sottolineato -, né risultano attenere alle attribuzioni proprie del Ministero della giustizia.
In conclusione, ritengo di potermi rifare proprio ad una parte dell'intervento dell'onorevole Maiolo per dire che la valutazione di gran parte di ciò che è accaduto negli anni recenti e che è parzialmente ricordato in questa interpellanza non potrà essere effettuata dal Parlamento se non attraverso quella Commissione la cui istituzione è stata decisa ieri dalla Commissione affari costituzionali. Mi riferisco alla Commissione che è stata ricordata in tutti gli interventi nella seduta di questa mattina e che la stessa onorevole Maiolo ha ricordato, seppure preoccupata di condizioni, limiti e paletti che possano essere messi.
In realtà, mi pare che il problema non sia quello di sovrapporsi o di fare nuovi processi in una sede parlamentare, ma quello di mettere sotto la lente della politica una serie di fatti e fenomeni che in quella luce possono avere una diversa valutazione rispetto a quella che le vicende giudiziarie possono aver dato, se concluse, o potranno dare, quando lo saranno.
Volevo sapere se nel 1993 i due pool di Milano - quello militante e quello d'affari - si occupassero soltanto di Bettino Craxi, soltanto di quegli imputati che non avevano gli avvocati accompagnatori (lei sa, signor sottosegretario, cosa intendo con tale espressione) o se seguissero gli stessi criteri usati per le persone arrestate, rinviate a giudizio e poi processate e in alcuni casi condannate (come appunto è accaduto a Bettino Craxi) o se non tenessero in alcun conto precise deposizioni di taluni soggetti forse non del livello culturale ed intellettuale di qualche pentito di mafia. Sto parlando del dottor Raffaele Santoro, già presidente dell'Agip, che nel marzo 1993 fa certe deposizioni alla procura di Milano; sto parlando del dottor Sergio Cragnotti, amministratore delegato di Enimont; sto parlando di Lodigiani e della sua agenda sequestrata dal dottor Di Pietro dove erano scritti i nomi e i pagamenti. Il dottor Di Pietro, però, non ne ha fatto nulla. Sto parlando di Roberto Marziale, che conferma le dichiarazioni di Cragnotti sulla Karfinco e sto parlando del fatto che il procuratore Di Pietro revoca la rogatoria internazionale della Karfinco e del fatto che improvvisamente - sarà stato anche un gradino sotto Dio - il procuratore capo della Repubblica
Aggiungo alcune considerazioni di carattere politico. Sono certa, signor sottosegretario, che lei non confonde l'interrogazione con l'interpellanza poiché quest'ultima offre l'occasione per svolgere un ragionamento di carattere generale. Quindi, non è limitata ad una risposta specifica su un tema, tanto più che, se io faccio riferimento alle omissioni di una certa procura della Repubblica, lei chiede le informazioni a quella stessa procura della Repubblica. È come il gatto che si morde la coda!
Vorrei sapere, per esempio e sempre per rimanere in tema di omissioni, perché per due volte nel 1993 e 1994 il giudice Ghitti abbia respinto la richiesta di archiviazione nei confronti del tesoriere del PCI-PDS Marcello Stefanini, dopo aver ordinato una serie di accertamenti sui rapporti tra Greganti e l'agenzia di spedizioni marittime Maritalia di Ravenna. Abbiamo dovuto attendere l'arrivo del dossier Mitrokhin (nel frattempo Ghitti è stato sostituito da un altro GIP, la dottoressa Cristina Mannocci, che ha immediatamente archiviato, come voleva la procura) per sapere che la Maritalia di Ravenna era una delle aziende che facevano da tramite tra l'Unione Sovietica ed il partito comunista italiano attraverso Greganti. Queste indagini non le hanno volute fare!
Ho l'impressione che in quegli anni, mentre si arrestavano socialisti, democristiani e imprenditori e si facevano inchieste su Bettino Craxi, il vero pubblico ministero di queste vicende sia stato lo stesso Pacini Battaglia; tant'è che ancora oggi sono aperte indagini a Milano sulla base di quello che ha detto Pacini Battaglia e non sulla base di quello che hanno detto gli altri ovvero quelli al di fuori dell'accordo che portò ad una specie di armistizio con lo stesso Bernabè: parlo, ad esempio, di Pio Pigorini, un altro dirigente dell'ENI, che è stato arrestato proprio sulla base delle dichiarazioni di Pacini Battaglia. Costui, dunque, non è soltanto un gradino sotto Dio, ma è il vero deus ex machina!
Vorrei capire i motivi di tutto ciò; mi meraviglio di quella parte della magistratura che ho definito militante ed ideologica: sono sicura che nessuno di loro (non di altri) ha interessi «sporchi» o interessi economici in queste vicende; loro fanno parte della magistratura militante, che è diversa dalla magistratura che fa i comitati d'affari.
Signor sottosegretario, potrei parlarle poi del conto Timor, ovvero di quel conto «sporco» attraverso il quale Pacini Battaglia ha dato 12 miliardi a D'Adamo, quasi come se volesse mettere alla prova Di Pietro, della scheda telefonica GSM e via dicendo.
Quello che mi interessa sottolineare è altro; lascio da parte, per un attimo, tutta la vicenda delle infiltrazioni camorristiche perché, purtroppo, non farei in tempo a parlarne; ringrazio, comunque, il Ministero dei trasporti per aver fornito le informazioni che poi esaminerò con calma. Voglio limitarmi a prendere in considerazione il clima che ha consentito al signor Pacini Battaglia di dirigere le indagini, di inquinare le prove, di accusare i suoi nemici e far salvare i suoi amici che, magari, non erano amici soltanto suoi.
In conclusione, tutta l'operazione di Tangentopoli - in cui, ripeto, il 1993 è stato l'anno chiave - è stata senz'altro un'operazione politica nella quale i magistrati sono stati a volte soggetti (come in questo caso), mentre a volte sono diventati (come in parte, anche in questo caso)
Oggi è stato commemorato Bettino Craxi: debbo dire che non mi sono molto piaciute le commemorazioni, salvo quella dell'onorevole Boselli. Ebbene, Bettino Craxi fu l'unico in quest'aula - ricordo ancora dove era seduto - a denunciare quel che era successo; nessun altro ebbe il coraggio e la forza di alzarsi a dire «c'ero anch'io»! Vi è stata, poi, la complicità dei giornali, che sono di proprietà di soggetti che hanno fatto un patto con la magistratura inquirente per evitare le manette; ovviamente, quei giornali hanno glorificato quella parte della magistratura e la sua attività!
Purtroppo, la situazione oggi è la seguente: grazie anche alle omissioni, agli inquinamenti ed alle attività di quegli anni si è trasformato Bettino Craxi in un criminale; si è distrutto il suo partito e qualcuno ne sta ereditando - secondo me, indegnamente - le spoglie.
Non sono mai stata socialista, né una simpatizzante dell'attività di Governo dell'onorevole Bettino Craxi; tuttavia, mi dispiace vedere che gli eredi delle sue spoglie sono assolutamente indegni e sono gli stessi che oggi piangono lacrime di coccodrillo. Questa mattina il Presidente del Consiglio ha detto che la storia giudicherà. Io gli ho risposto di dirlo al procuratore Borrelli, perché non mi pare che quest'ultimo sia d'accordo con le considerazioni del Presidente del Consiglio. Voglio dire al sottosegretario che la storia la costruiamo noi e che nella storia debbono entrare anche queste vicende. Signor sottosegretario, lei spera che queste vicende entrino nella storia attraverso la Commissione d'inchiesta; lo spero anch'io, ma se non si può parlare di magistratura, di indagini giudiziarie, di giurisdizione o di altro ancora, mi sembra difficile costruire la storia astraendola da quella del sospetto giudiziario e politico.
Concludo tristemente, affermando che tutta questa vicenda ha portato Bettino Craxi alla tomba e D'Alema alla Presidenza del Consiglio dei ministri; ma domani è un altro giorno.