Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 582 del 15/9/1999
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La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16.

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni sulla morte dell'allievo paracadutista Emanuele Scieri, appartenente alla brigata Folgore.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno, come convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 9 settembre 1999, reca lo svolgimento delle interpellanze Paissan n. 2-01903, Giovanardi


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2-01918, Soro n. 2-01910, Tassone n. 2-01916, Prestigiacomo n. 2-01919, Manzione n. 2-01920, Nardini 2-01921 e Mussi n. 2-01922 e delle interrogazioni Piscitello n. 3-04210, Bono nn. 3-04202 e 3-04203, Alemanno n. 3-04213, Gasparri n. 3-04158, Spini n. 3-04214, La Malfa n. 3-04212 e Gnaga n. 3-04219 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 1) concernenti la morte dell'allievo paracadutista Emanuele Scieri, appartenente alla brigata Folgore.
Queste interpellanze e queste interrogazioni, vertenti sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
L'onorevole Paissan ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01903.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente, mi aspetto che il Governo, rappresentato in quest'aula dal ministro della difesa, risponda compiutamente agli interrogativi posti dalla mia interpellanza sulla tragica morte del giovane paracadutista Emanuele Scieri, di ventisei anni, appena laureato in giurisprudenza, trovato cadavere nella caserma Gamerra di Pisa, sede del centro di addestramento dei paracadutisti della brigata Folgore.
Signor ministro, mi aspetto altresì che la sua risposta riguardi le questioni che, per facilitarle il compito, ho riassunto in quattro diversi aspetti relativi a tale evento e la problematica che esso rivela e rileva nello stesso tempo.
Un primo ordine di interrogativi riguarda i fatti, cioè quanto è accaduto la sera del 13 agosto, ma anche ciò che è accaduto fino al ritrovamento del cadavere all'interno della caserma ben tre giorni dopo, il 16 agosto. È stata registrata l'assenza del giovane al contrappello del 13 agosto e vorrei sapere cosa sia stato fatto dopo aver accertato tale assenza e perché il corpo del giovane Emanuele Scieri non sia stato cercato all'interno della caserma. Il cadavere di una persona scomparsa è rimasto per tre giorni in un luogo frequentato da centinaia di persone: questo fatto è incredibile. Forse qualcuno voleva che il cadavere non si fosse trovato?
Un'altra serie di interrogativi riguardano le azioni poste in essere dai responsabili della caserma e, conseguentemente, le motivazioni che hanno portato alla sostituzione del comandante della caserma stessa.
Vi sono poi i tanti interrogativi concernenti la dinamica dell'evento. Non voglio dire qui che Scieri sia stato assassinato ma intendo sollevare i molti dubbi e interrogativi posti dagli eventi, tra i quali vi è anche l'ipotesi tragica di una morte provocata o favorita da altri.
Signor ministro, lei sa che vi è un problema relativo alle telefonate fatte dal giovane Scieri con il suo telefono cellulare; pare che una telefonata inizi con il prefisso 0338, ossia che si tratti di una telefonata indirizzata ad un altro telefono cellulare: forse era rivolta a un commilitone, ad un familiare, ad un conoscente in Sicilia. Vi sono poi le ferite sul dorso e sul palmo delle mani riscontrate durante l'esame autoptico nonché una ferita al polso. Pare poi che siano state trovate delle tracce di pelle sotto le unghie di Emanuele Scieri; a tale riguardo sembra che sia in corso un esame del DNA al fine di stabilire a chi appartengano questi residui di pelle.
Vi sono poi contusioni in varie parti del corpo e in base alla loro posizione sul corpo di Emanuele Scieri si potrà definirle più o meno compatibili con una semplice caduta oppure con una caduta, diciamo così, provocata.
Vi sono poi tracce di sangue e lesioni in varie parti del corpo: tutti elementi, questi, che attualmente sono ancora all'esame degli esperti medici, ma che sollevano altrettanti interrogativi.
Signor ministro, riguardo a tutte queste indicazioni, notizie, le chiedo se il Governo abbia a disposizione ulteriori elementi di conoscenza e se abbia formulato una propria ipotesi, a prescindere dall'esame della magistratura, sulla natura del fatto più che sulle responsabilità, il cui accertamento è evidentemente compito della magistratura.
Sappiamo che il medico legale di fiducia della famiglia Scieri, il dottor Francesco


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Coco, ha espresso un orientamento, anzi il convincimento che non si possa trattare di un incidente ed ha scartato anche l'ipotesi del suicidio. Chiedo al Governo se sia in grado di fornirci ulteriori informazioni.
Un secondo quesito, signor ministro, riguarda un discutibilissimo episodio nel comportamento della magistratura pisana; esso non riguarda un atto giudiziario bensì un comunicato. Appena tre giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Emanuele Scieri, un magistrato scrive e diffonde un comunicato (c'è uno scritto, un atto a suo modo formale) in cui si dice (l'autopsia era stata appena conclusa) che «all'esito dell'esame autoptico, dell'ispezione dei luoghi, dei rilievi tecnici di polizia scientifica e dalle dichiarazioni di numerose persone informate sui fatti, non sono emersi elementi per ritenere il coinvolgimento di altre persone nel determinismo (...)» - chiedo scusa ma sto leggendo quanto è scritto - «(...) delle cause del decesso». A parte l'uso un po' disinvolto della lingua italiana...

PRESIDENTE. Non è il solo!

MAURO PAISSAN. ...mi chiedo come faccia un pubblico ministero ad accreditare una versione dei fatti o almeno ad escludere una ipotesi sulla dinamica dei fatti senza avere alcunché in mano!
Signor ministro, non le chiedo di giudicare l'operato di un magistrato, le chiedo invece di esprimere un giudizio sull'esternazione di un magistrato: il che è assai diverso.
Il terzo interrogativo è il seguente: perché di nuovo la Folgore? Ormai sono stati accertati alcuni episodi di violenza all'interno di quel reparto e che hanno portato il responsabile a sostituire i comandanti (scelte e decisioni che ovviamente giudico positivamente).
Continuo a sperare che la morte di Scieri non sia imputabile ad atti di violenza, ma se così non fosse si rafforzerebbe, signor ministro, l'impressione che, all'interno di alcuni reparti speciali, vi siano una cultura e un clima che favoriscono certi comportamenti e atti di violenza. Chiedo se sia stato esaminato anche questo aspetto.
Infine, un altro ordine di interrogativi riguarda il più generale fenomeno del nonnismo ed è stato sollevato in relazione a questa vicenda, ma io, da buon garantista, non ho nessuna certezza che l'episodio sia riconducibile a tale fenomeno, anche se la caserma, il reparto e alcune indicazioni pongono ancora in primo piano questa degenerazione della vita militare.
Penso sia stato incauto il succedersi di numerose dichiarazioni di responsabili, comandanti, generali e perfino del cappellano della caserma che escludevano a priori un collegamento tra quella morte e il fenomeno del nonnismo, cioè della violenza all'interno della caserma.
Nelle ore successive alla morte è stato anche diffuso, ad opera meritoria del senatore verde Athos De Luca, una sorta di zibaldone redatto dal generale Celentano e distribuito ai responsabili delle scuole militari, comandanti di brigata, di battaglione e di reggimento della Toscana. Un concentrato di volgarità, di incultura, di razzismo antimeridionale e di stupidità sono raccolti in quel materiale.
Sappiamo che l'allontanamento e la sostituzione del generale Celentano è stata chiesta da più parti, non in relazione a questa morte - perché sarebbe incauto affermarlo - ma in relazione al clima, alla cultura o incultura prodotta da questa raccolta di testi in cui si situa, in via ipotetica, anche la morte di Emanuele Scieri. È stata prima annunciata la sostituzione, poi il Governo ha fatto marcia indietro; una vicenda che non ha fatto onore al Governo.
Le chiedo, signor ministro, se, indipendentemente dalla morte di Emanuele Scieri, un uomo che sforna quella tale produzione di incultura, di volgarità e di stupidità, possa comandare un reparto militare.

PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01918.


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CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, userò argomentazioni molto diverse da quelle dell'onorevole Paissan, innanzitutto sui fatti.
Non ho la presunzione di ricercare come altri una verità che avevano già in tasca nel momento in cui è avvenuta la morte di questo giovane. Ho rilevato che in questo paese non cambia mai nulla; ho riletto sui giornali italiani le stesse cose che avevo letto da giovane ai tempi del delitto Calabresi: il giovane Scieri è stato «suicidato», è stato sicuramente vittima di un atto di nonnismo. In 24 ore è stata confezionata una verità contro la quale le evidenze dei fatti, qualunque esse saranno, verranno in qualche modo criminalizzate.
È chiaro che questa inchiesta potrà andare avanti mesi, anni, decenni, ma se non si concluderà che il giovane Scieri è stato ucciso all'interno della caserma, qualunque pubblico ministero e qualunque giudice verranno in qualche modo accusati, come del resto è avvenuto con il pubblico ministero che tre giorni dopo ha fatto un comunicato interlocutorio affermando che, allo stato degli atti, non comparivano elementi sufficienti.
Sono, quindi, interessato a sapere «la» verità, non «una» verità, perché non so se il giovane Scieri sia stato vittima di un incidente, del nonnismo o di una gara di emulazione; so che era un giovane di 26 anni che aveva le sue idee, un volontario andato nella Folgore perché voleva farlo; aveva fatto la domanda di ufficiale, credeva in quello che faceva: non era un militare di leva prelevato per forza e portato in un luogo in cui non doveva andare. Certo, sono interessato a conoscere la verità, non la fantascienza.
Poche settimane dopo un nostro ex collega parlamentare, il professor Ungari, ha perso tragicamente la vita precipitando. Certamente qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi: «Come mai nel centro di Roma, in un palazzo frequentatissimo, può capitare un incidente così? La borsa è rimasta sul tavolo e come mai per tre giorni, in uno dei palazzi più frequentati di Roma, non hanno trovato il corpo? Non avevano aggiustato l'ascensore? Nessuno se ne era accorto?». È stato ucciso? No, io credo si sia trattato di un tragico incidente, ma quello che voglio dire è che se si parte dal presupposto di andare a cercare qualcosa che può esserci o meno, qualunque inchiesta nel nostro paese verrà avvelenata fin dall'inizio. Quindi, ricerca della verità. Io voglio che la magistratura indaghi per arrivare a scoprirla, se è possibile farlo. Vorrei infatti che tutti gli «scienziati» che vedo in giro andassero al posto di quel pubblico ministero e fossero loro, sulla base della ricostruzione dei fatti, a scoprire quello che è successo. Ammettiamo infatti anche l'ipotesi di un incidente: allora, tutto quello che è stato detto e scritto?
Il problema diventa anche politico per il contesto. In questo Parlamento sto cercando da anni non di chiudere, come qualcuno voleva venisse fatto, la Folgore, ma di attenuare un fenomeno che ci è costato già la morte di 1.200 ragazzi, quello delle stragi del sabato sera (ogni settimana muoiono alcuni giovani). Non siamo neanche riusciti, a causa di lobby economiche potentissime, a disciplinare gli orari delle discoteche, non dico a chiuderle (ipotesi alla quale neanche io penso). Si sarebbe trattato di adottare qualche provvedimento affinché, invece di avere 2, 3 o 400 ragazzi che ogni anno perdono la vita, evitando il nomadismo, con qualche cautela, avessimo qualche morto in meno. Però, come si dice a Roma, «a nessuno gliene pò frega' di meno», tanto muoiono sul fronte del divertimento.
Sono stato colpito da quanto ha osservato l'ordinario militare, il vescovo, su questo gravissimo avvenimento (perdere la vita di un ragazzo è sempre un fatto grave). Egli ha detto: «Si accomodino in qualche borgata di Roma, vengano a fare un giro per vedere l'ambiente criminogeno attaccato dalle sinistre, per vedere cosa sono la Folgore e l'ambiente militare in confronto a quello che accade ogni venerdì, ogni sabato, ogni giorno, sulle strade d'Italia e nelle borgate di Roma».


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C'è forse, allora, qualche prevenzione politica nei confronti dei militari? Vedete, non riesco a capire - qualcuno me lo deve spiegare - perché se esistono i fenomeni di nonnismo - che pure ci sono e vanno repressi -, se il clima delle caserme è così criminogeno e fatto di persone irresponsabili, se è talmente un inferno, ogni anno sfilano 300 mila alpini che, da quando sono «bocia» a quando sono «veci», dopo il servizio militare, per tutta la vita, con l'esperienza maturata all'interno del servizio militare stesso, continuano a fare volontariato e a ricordare un'esperienza che, almeno per quei 300 mila, evidentemente, non era di inferno, di soprusi e di intimidazioni, come per tanti altri che hanno prestato servizio militare.
Però, improvvisamente - tipico caso di isteria nazionale italiana -, la morte drammatica di un giovane che nessuno sa come sia avvenuta, ha portato ad uno psicodramma, fino non dico alla crisi di Governo, ma a leggere quello che ho scritto nell'interpellanza che ho presentato, con il sottosegretario Rivera che chiede: «Come? Destituito il generale Celentano? Mai saputo di una decisione di questo tipo. Chi è che lo ha destituito?». A quanto pare, il capo di stato maggiore di cui si è detto sapeva della destituzione, ma il capo di stato maggiore della difesa, generale Arpino, no, perché subito ha redatto un comunicato nel quale dichiarava di non entrarci assolutamente niente. Lo sapevano il Presidente del Consiglio ed il ministro della difesa? Io non lo so. So però - come lo sanno tutti i membri della Commissione difesa - che il generale Celentano è uno splendido ufficiale, una persona che vive in caserma dalla mattina alla sera, adorato dai suoi uomini e che, se ha fatto una raccolta, uno «sciocchezziario», non è che questo corrisponda alle sue idee. Come militare può aver sbagliato, l'intenzione può aver tradito il pensiero, il fatto di aver mandato in giro le cose che voleva condannare può essere apparso invece un appoggio al nonnismo, ma tutte le persone in buona fede - dal ministro al capo di stato maggiore della difesa, a tutti i membri della Commissione difesa, a tutti coloro che conoscono il generale Celentano - sanno che la verità è che egli è contro il nonnismo e che, se ha raccolto quelle cose, era per combattere certi fenomeni. Nessuno che sia in buona fede può pensare o soltanto immaginare che possa tollerare episodi di nonnismo, anche perché ciò non è nei suoi interessi. Come mai per tre giorni il comandante della caserma e gli ufficiali non hanno trovato il corpo? Perché si trovava in un luogo della caserma, come è accaduto a Roma per Ungari, ove era difficile immaginare che vi fosse. Possono esservi, poi, responsabilità diverse; all'interno delle caserme può esservi tolleranza o troppo lassismo, non troppa severità, nel momento in cui chi non rientra dalla libera uscita viene «coperto» e non punito perché si ritiene che rientrare in ritardo sia un peccato veniale.
Era interesse di tutti trovare quel corpo. Se fossi un ufficiale saprei che ogni minuto di ritardo nel trovare il corpo di una persona deceduta nella mia caserma potrebbe costarmi tantissimo; dopo ventiquattro o quarantotto ore, che interesse avevano il generale, il colonnello, il maggiore, il capitano o il tenente, avendo un morto in caserma, a far finta di non vederlo? Vi sembra una spiegazione logica e ragionevole? Avrebbero operato contro i loro interessi, cosa assolutamente assurda. Nonostante ciò, bisogna criminalizzare tutti: i generali, il colonello, le istituzioni. In effetti, il riflesso condizionato derivante dalla morte di un giovane in una caserma - non dei 1.100, 1.200 o 1.300 giovani che muoiono tutte le sere negli incidenti stradali (quelli non fanno mica il servizio militare!) - è la richiesta puntuale da parte della sinistra di scioglimento della brigata Folgore, perché è militarista, eccetera, con tutta la litania che siamo abituati ad ascoltare.
Signor ministro, credo allora che lei debba darci alcune spiegazioni su cosa ha fatto il Governo in questi giorni, anche in ordine alle decisioni finali. A quanto pare, infatti, il generale Celentano avrebbe dovuto


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comandare per un altro anno; è questa la convinzione diffusa negli ambienti militari e della brigata Folgore. Si è detto poi, invece, che a ottobre sarebbe andato via, che avrebbe avuto una promozione ottenendo un incarico importante in seno agli organismi di difesa comune; ieri, infine, ho letto in una sua intervista che non è stato né punito né promosso, ma messo in una sorta di limbo in cui galleggia nel vuoto.
Anzitutto, vorrei sapere esattamente chi, quando, come e a che livello nel Governo siano state prese o meno certe decisioni. Non chiedo spiegazioni al Presidente della Repubblica non perché non ne possa parlare, ma in quanto egli è stato chiarissimo nelle sue esternazioni sul ruolo delle Forze armate italiane e su cosa esse stiano facendo nel mondo. Adesso, ad esempio, bisogna andare in Indonesia a svolgere un servizio pericoloso; ci andrà la Folgore e nessun altro, ci andranno persone motivate ed addestrate a farlo, a difendere i deboli che vengono massacrati.
Il Presidente del Consiglio è stato chiaro in certi passaggi sul ruolo delle nostre Forze armate, il Presidente della Repubblica è stato chiarissimo. Vorrei che lei oggi, in qualità di ministro, fosse altrettanto chiaro non su come è morto il giovane Scieri - sarei intellettualmente disonesto se le chiedessi qualcosa che lei non sa, così come non lo so io e nessun altro finché, nei limiti delle possibilità umane, verrà cercata la verità su quanto accaduto senza pregiudizi ideologici - le chiedo, invece, un giudizio sugli ufficiali, sulla Folgore, sul nostro esercito, sulle nostre Forze armate e se il Governo, di fronte a questa canea, a questo sciacallaggio, a questo linciaggio che approfitta di ogni episodio doloroso per attaccare le Forze armate, mi possa dire da che parte sta.

PRESIDENTE. L'onorevole Romano Carratelli, cofirmatario dell'interpellanza Soro n. 2-01910, ha facoltà di illustrarla.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Signor Presidente, interverrò su tale vicenda cercando di dare un contributo che non sia condizionato - lo spero - né dall'appartenenza, né da presunti convincimenti che altri attribuiscono ad alcune parti o posizioni politiche.
Credo che in questa vicenda sia importante sapere come è morto Salvatore Scieri e, se vi sono dei colpevoli, punirli; penso che questo debba essere l'obiettivo prioritario degli strumenti che il nostro sistema ordinamentale, civile e democratico ha a disposizione. Aprire poi intorno a questa morte tutta una serie di polemiche, usate da qualcuno per attaccare ma da qualcuno anche per difendere (direi in maniera più evidente per difendere), facendosi paladini di presunti poveri militari attaccati non si sa da chi, credo non sia un modo per rendere giustizia al giovane Emanuele Scieri.
Non c'è dubbio che la vicenda, per come l'abbiamo vissuta, per come è stata rappresentata e per i risultati che allo stato conosciamo, è assolutamente inquietante, equivoca, non chiara e con grandi zone d'ombra. Questo ragazzo è militare e si trova in una caserma fra le più sorvegliate del paese, in una caserma in cui vive un corpo d'élite del paese: scompare per tre giorni e nessuno se ne preoccupa? Esistono delle regole, delle norme, dei regolamenti che impongono a chi gestisce queste strutture quali debba essere la preoccupazione da avere e quali i compiti di chi comanda? Dopo essere scomparso per tre giorni, viene ritrovato nella caserma; non una qualsiasi caserma, torno a ribadire, ma una caserma tra le più importanti, la «Gamerra» di Pisa, che è una delle caserme esemplari del sistema militare. Ma questa caserma ha un regolamento, ha una guardia, ha qualcuno che è tenuto ad avere certe preoccupazioni? Sul posto dove è stato trovato il giovane Scieri vi era un obbligo di controllo o era un posto isolato, lontano, fuori dal «bidone» cui si fa la guardia? Com'è possibile che questo ragazzo venga trovato


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dopo tre giorni? Come è possibile che oggi, a distanza di tempo da quell'avvenimento, con inchieste di tutti i tipi, non abbiamo sentito una parola da parte di alcuno degli inquirenti, amministrativi, politici o giudiziari, che ci chiarisca chi fosse il responsabile, se vi fosse una regola che imponeva il controllo della caserma e perché questo controllo non fosse stato esercitato? Non possiamo immaginare che un luogo di quel tipo non sia sottoposto a controllo.
Quindi, sorge questo grande interrogativo. Parlo di questo e non faccio l'analisi delle ferite, di come è morto, di tutte le cose che cominciano ad emergere e che vengono riportate anche strumentalmente dai giornali. Mi attengo ad un fatto che mi pare clamoroso nella sua chiarezza e nella necessità che su di esso si conosca la verità. Quindi, una vicenda in cui appare quasi ricercata la volontà di non far capire cosa sia successo; una vicenda in cui, signor ministro, nulla è chiaro.
Su questa vicenda se ne innesta poi un'altra, che è quella del comando di questa caserma e di questa brigata. Non è la prima volta che la Folgore sale agli onori della cronaca. Le vicende che abbiamo vissuto anche recentemente hanno però portato a manifestare a questa brigata una forte solidarietà da parte del Parlamento, di tutte le forze politiche in esso rappresentate.
Io credo che nessuno nel Parlamento, almeno la stragrande maggioranza, e certamente non la parte che io rappresento, abbia nei confronti della Folgore o dell'esercito posizioni preconcette e obiettivi da perseguire.
Noi riteniamo che l'esercito sia una realtà e una struttura importante del sistema democratico del nostro paese, che la sua lealtà democratica non sia stata mai messa in discussione; riteniamo che la Folgore, a prescindere dal tentativo di patrocinare la difesa e la rappresentanza, sia una struttura importante dell'esercito e quindi del paese. L'abbiamo difesa e tutelata e non abbiamo certo intenzione né di smantellarla né di colpirla, però alcuni fatti sono avvenuti e la vicenda del giovane Scieri, a prescindere, essendo fatto diverso, dalla vicenda stretta della indagine sulla morte di Scieri, evidenzia alcuni fatti che sono oggettivamente da condannare e da reprimere. Mi riferisco alla vicenda di questo generale Cirneco, il comandante della caserma, il quale fa dichiarazioni al Corriere della Sera che provocano immediata reazione, giustamente e legittimamente. Infatti, non è possibile che chi comanda una caserma e ha responsabilità possa esprimersi in presenza di un fatto come quello di Scieri con spavalda tracotanza e in maniera iattante, facendo quasi immaginare che vicende come quella di Scieri siano, in fondo, quasi strumento di educazione. Io mi rifiuto. Forse le parole del generale sono andate oltre il pensiero e la volontà, ma il dato è questo: le cose che abbiamo letto e che sono codificate e riportate tra virgolette sono queste. Quindi, la rimozione del generale Cirneco ci pare utile, ci è parsa opportuna, una risposta, e non una caccia alle streghe, una decisione opportuna del Governo dinanzi ad un fatto clamoroso.
Voglio ricordare in quest'aula che quando abbiamo discusso della Somalia abbiamo ricordato che due generali erano stati rimossi e che uno, addirittura, si era dimesso - il generale Fiore - ma che poi tutti sono stati restituiti agli onori perché l'indagine ha rivelato la loro innocenza; qui siamo però di fronte ad una situazione diversa. Non viene giudicato il ruolo del generale Cirneco o del generale Celentano (di cui dirò tra un minuto) in relazione all'evento Scieri, ma le dichiarazioni rese, le cose dette, la dimostrazione di come viene inteso l'esercizio del comando da parte di alcuni ufficiali.
Vi è poi la vicenda dello zibaldone. Vorrei dire al collega Giovanardi che ho letto e che mi ha colpito molto un commento fatto sul Corriere della Sera da Piero Ostellino su questa vicenda che dice, sostanzialmente, ad un certo punto, che il caso Celentano-zibaldone andava chiuso nell'ambito militare disciplinare, invece si è trasformato in un episodio di goliardica stupidità. È un po' la tesi che sostiene il


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collega Giovanardi. Non entro nel merito e non ricollego la vicenda Celentano al caso Scieri, ma considero incredibile lo scritto del generale Celentano. Non avrei mai pensato di imbattermi in uno scritto chiamato zibaldone perché conoscevo un unico Zibaldone, attraverso i miei studi, ed era una cosa nobile perché Leopardi ha sempre avuto un grande significato nella nostra cultura e nella nostra storia. Ho scoperto invece che ce n'è un altro, che ho letto perché è pubblicato su internet; non è perché sono meridionale (se dovessi preoccuparmi o risentirmi come meridionale delle cose dette da Celentano sarei uno stupido) che mi preoccupa e considero stupido quello che viene scritto da chi ha il comando della più importante brigata dell'esercito del nostro paese. Il corpo di élite del nostro paese viene comandato, guidato, gestito da uno che scrive delle cose...

CARLO GIOVANARDI. Ma non le ha scritte, le ha raccolte!

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. È ancora peggio, perché usa anche gli altri!
Il generale Celentano scrive cose che fanno dubitare non delle sue capacità mentali, ma certamente delle sue capacità di svolgere il ruolo di cui è investito: uno che ha la sua responsabilità e mette insieme quel materiale, lo distribuisce e pubblicizza, a mio avviso, non è, come afferma qualcuno, contro il nonnismo, non lo fa per mettere all'indice quei comportamenti; non credo che sia così! D'altronde, non credo che questo sia il modo in cui è stato accolto lo zibaldone nell'ambito dell'esercito, tant'è vero che il capo di stato maggiore a cui è stato inviato, giustamente, doverosamente e intelligentemente, lo ha trasmesso alla procura militare.
Come è pensabile, allora, che la brigata più importante del paese possa essere comandata, guidata da questo generale e che egli affermi quanto è noto con un determinato tipo di approccio culturale ai problemi? Non aggiungo altro! Quindi, noi poniamo un problema su questo generale, signor ministro, nel rispetto dei ruoli, dei compiti, dei doveri e senza voler fare una caccia alle streghe. Allo stato degli atti, quindi, non possiamo condividere quanto è stato reso noto: che il generale Celentano non solo non viene rimosso, ma viene promosso! Potrà anche esservi la promozione, ma dopo che i fatti, anche con riferimento allo zibaldone, saranno stati accertati e verificati.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01916.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, in questa fase, considerato che è difficile non ripetere quanto hanno già osservato i colleghi, è necessaria una valutazione complessiva, dopo le considerazioni che tutti abbiamo svolto attraverso le nostre interpellanze ed interrogazioni. Perché le abbiamo presentate? Per corrispondere ad una esigenza di liturgia o di rituale? Vi è stata una vicenda drammatica ed ogni gruppo parlamentare ha presentato il suo strumento di sindacato ispettivo: si fa il giro delle illustrazioni, delle dichiarazioni, si ascolta il ministro, quindi si arriva alle repliche e poi la vicenda si chiude qui! Ecco, se questo fosse l'intendimento di qualcuno (ma non lo credo), sarebbe avvilente, mortificante, certamente riduttivo per le nostre prerogative parlamentari.
Certo, la nostra azione di sindacato ispettivo è finalizzata a capire di più, perché dalla vicenda di questo povero giovane emergono interrogativi inquietanti. Innanzitutto, vi è stato il tentativo da parte di alcuni all'interno delle Forze armate di ovattare la verità o, soprattutto, di creare una cortina fumogena sull'accertamento della verità. Vi è una vicenda drammatica che riguarda un giovane militare, ma vi è, signor ministro, una qualche disfunzione all'interno dell'amministrazione militare.
Credo che in questa sede ci troviamo impegnati a difendere l'istituzione militare; in quest'aula, signor Presidente,


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come lei sa, l'abbiamo difesa dal 1976 e continueremo a farlo con grande forza, ma soprattutto con grande convinzione. Noi non difendiamo le Forze armate con retorica, con enfasi, tanto per eseguire un compitino, lo facciamo perché siamo profondamente convinti che, difendendo l'istituzione militare, difendiamo gli interessi del nostro paese, le istituzioni di libertà e democrazia del nostro paese. Chi tenta minimamente di fare difese di ufficio, cercando di far dimenticare alcune difficoltà e coprendo lacune e disfunzioni, non difende l'istituzione militare. Noi vogliamo farlo realmente, ma evidenziando i processi degenerativi, evidenziando e denunciando le superficialità, ma denunciando anche, signor Presidente e signor ministro, il processo di allontanamento dell'istituzione militare dalla coscienza dei cittadini e dalla nostra società.
Si tratta di un fenomeno strano sul quale mi interrogo continuamente. L'istituzione militare era più presente nella coscienza del paese quando non eravamo impegnati nello scacchiere internazionale con le nostre missioni di pace, quando non eravamo impegnati a Malta, nel Sinai, in Libano; eppure dopo il varo della legge sui principi della disciplina militare del 1978, l'istituzione militare era più vicina alla società, anzi era la società: non può essere una cosa diversa da quest'ultima. Non vi è dubbio che il processo di decadimento è iniziato anche con la vicenda di Ustica; oggi ci troviamo di fronte ad una storia inquietante ed allarmante. Quando faccio riferimento ad Ustica non intendo richiamare un fatto che può essere riportato analogicamente a quest'episodio, ma desidero fare riferimento a quel tentativo di ovattare, di coprire la verità. Non vorrei che ci trovassimo di fronte ad una simile situazione; questo è il dato e questa la mia preoccupazione.
Allora, signor ministro, basta far cadere la testa del comandante della caserma «Gamerra» ed abbiamo risolto il problema? Basta dire alcune cose sul generale Celentano ed abbiamo risolto il problema? Occorre trarre le conseguenze perché il ritrovamento del cadavere del giovane dopo due giorni e mezzo è un fatto inquietante. Vorremmo controllare il territorio per la criminalità organizzata, facciamo missioni per l'ordine pubblico - «Vespri siciliani», «Riace» e «Partenope» - e poi non riusciamo a controllare una caserma! Si tratta di un fatto inquietante che non riguarda semplicemente il dato della responsabilità individuale del comandante; vi può essere una responsabilità oggettiva - non vi è dubbio che vi sia - ma allora non vi è solo il comandante della caserma «Gamerra», non c'è soltanto il comandante della brigata Folgore, poi salvato all'ultimo momento dopo una grande confusione da parte degli organi di Governo.
Signor ministro, se lei poi ci potesse spiegare graziosamente - lei sa che lo dico avendo molta stima nei suoi confronti: abbiamo anche un rapporto personale - il ruolo del sottosegretario Brutti, saremmo tutti lieti. Vorremmo capire se egli parli a nome del Governo, di una parte, di un settore, di una frangia, di un segmento o dell'amministrazione della difesa. Ritengo che il problema riguardi l'amministrazione della difesa nel suo complesso.
Certamente non vogliamo sapere la verità oggi: come faccio a chiederle la verità? Ma noi oggi chiediamo che lei, attraverso il Parlamento, assuma di fronte al paese l'impegno affinché sia fatta luce su questa vicenda, su questo episodio drammatico e che si adoperi e faccia tutto il possibile perché storie particolari non abbiano più a verificarsi nelle nostre caserme.
Enfatizzare le forze armate non significa difenderle. Bisogna capire anche quello che avviene in alcune parti dello scacchiere internazionale: in qualche paese vicino all'Albania o nel Kosovo vi è qualche maggiore che si ubriaca, qualche cattivo esempio nei confronti degli altri. Bisogna essere molto chiari su tale tipo di controlli, perché il comportamento sconveniente di qualcuno non deve ricadere sulla credibilità delle forze armate.
Ovviamente, non so se bisogna addebitare l'episodio al nonnismo. Signor ministro,


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ieri lei ha partecipato ad una audizione in Commissione difesa. Non so se l'episodio di cui stiamo parlando sia una conseguenza del «bullismo», del nonnismo, come lei giustamente lo ha definito.
Né lei né noi sappiamo la verità e, ovviamente, non possiamo attribuire responsabilità o circoscrivere e individuare l'episodio che ha determinato questo fatto delittuoso. Tuttavia, all'interno delle nostre forze armate si verificano episodi seri che bisogna perseguire, perché le forze armate non sono un corpo separato nei confronti della società. Chi porta le stellette non è cosa diversa dal resto del nostro paese: si tratta di una conquista che abbiamo fatto e che più di ogni altra i militari dovrebbero difendere.
Quando si vuole entrare nel merito di alcune questioni, ciò non costituisce una lesa maestà nei confronti delle istituzioni. Se il generale capo di stato maggiore della Folgore dice che i parlamentari si sono comportati male, ciò significa che vi è una chiusura, ma le forze armate non sono un fatto diverso rispetto alla società.
Per tali motivi vogliamo che ci si adoperi perché sia accertata la verità, non rinviando solamente la questione alla magistratura, e che l'amministrazione faccia per intero il suo dovere, senza coperture e senza inquinamenti di prove, ma individuando responsabilità ben precise e soprattutto la causa. Può essersi trattato di un incidente, ma allora si venga a dire che si è verificato un incidente: saremmo tutti sollevati, anche se rimarrebbe il dolore per questa giovane vita spezzata.

PRESIDENTE. L'onorevole Prestigiacomo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01919.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, la memoria di Emanuele Scieri, ad un mese dalla sua morte, corre due rischi: quello di essere perduta, da una parte, e quello di essere strumentalizzata, dall'altra.
Ho il forte timore, infatti, che le inchieste avviate finiscano con frettolose archiviazioni o si perdano in indagini infinite, come purtroppo troppo spesso è accaduto in Italia per le morti «scomode», per tutte quelle morti che si vogliono dimenticare in fretta.
Altrettanto grave è il pericolo che la morte di Lele diventi campo di battaglia fra militaristi e antimilitaristi, fra chi vorrebbe lo scioglimento della Folgore e chi la difende, al di là del bene e del male.
Credo che il giovane avvocato di Siracusa - la mia città - meriti invece rispetto e non nuove onte che si potrebbero sommare a quella insanabile di una morte senza ragione e fino a questo momento senza spiegazioni.
Questo giovane ventiseienne merita di essere ricordato per quello che era: un uomo che aveva fatto scelte diverse da quella del militare e che invece generalmente e anche nel dibattito politico abbiamo sentito etichettare come il «parà morto».
Come ben spiega il giornalista Aldo Mantineo, autore di un piccolo libro sulla vicenda Scieri che sarà mia premura donarle, signor ministro, Emanuele Scieri era altro, era un giovane di legge e sulla sua bara non a caso gli amici hanno messo una toga al posto del basco viola. Era un uomo finito per poche ore nella caserma dei parà per una scelta rispettabile ancorché adolescenziale; era un uomo che aveva dinnanzi a se un'esistenza diversa, lontana dalle caserme; un uomo che non cercava alla «Gamerra» occasioni di autoaffermazione o di realizzazione personale. La sua vita era altrove, altri erano i traguardi da raggiungere, altre le prove da sostenere. Credo che anche per questo la vicenda Scieri meriti indagini ed un dibattito parlamentare che non finiscano per rendere la sua morte solo il pretesto per parlare d'altro. Se questo dibattito diventerà un processo alla Folgore o al sistema militare italiano, Emanuele Scieri verrà presto dimenticato, sarà lasciato ancora una volta abbandonato ai piedi di quella torretta, mentre noi staremo qui a discutere di cose che dalla verità su quella morte inevitabilmente ci allontaneranno.


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La tragedia della caserma «Gamerra» ha dato la stura al riaccendersi di quelle polemiche che sorgono ogni qualvolta in un reparto militare accade un episodio di questo genere. Anche questa volta, come in tante occasioni nel passato, il fatto rischia di passare in secondo piano, travolto dal dibattito, trasversale ai partiti e alle coalizioni, fra militaristi ed antimilitaristi.
Sono seriamente perplessa circa la volontà di verità di chi, a poche ore dalla scoperta del cadavere di Emanuele Scieri, ha chiesto lo scioglimento della Folgore. Polemiche di questo genere hanno sempre l'effetto di innescare la reazione dello spirito di corpo, la chiusura a riccio della corporazione che si sente minacciata, la difesa dell'istituzione presa di mira. In questa chiusura finisce per restare intrappolata la verità e la giustizia perde. È quello che sta accadendo anche in questa occasione, è quello che tutti sapevano che sarebbe successo, per cui mi riesce difficile pensare che non ci sia stato chi abbia preferito privilegiare la sua battaglia contro la Folgore rispetto alla ricerca della verità sulla morte di Lele.
Oggi non sono qui per mettere in discussione la storia e l'onore della Folgore, non sono qui per chiederne lo scioglimento, non sono qui per processare un corpo militare che tante prove di professionalità e di coraggio ha dato; sono qui per chiedere con forza e - mi si consenta - con rabbia che si conosca la verità e che sia fatta giustizia. Sono qui per pretendere che, se vi sono responsabili diretti o indiretti per la morte di Emanuele Scieri, vengano individuati rapidamente e puniti con la durezza che il caso richiede; sono qui per esigere che, se c'è chi sapeva ed ha coperto, chi doveva sapere ed ha preferito ignorare, sia perseguito con il rigore che le leggi civili e militari prevedono. Sono qui per chiedere che il centro della nostra attenzione sia quella morte. L'onore della Folgore non sarà macchiato dalle polemiche giornalistiche; sarà macchiato indelebilmente se sulla morte di Emanuele Scieri resterà un'ombra, resterà un sospetto non chiarito. Per questo a pretendere la verità piena dovrebbero essere per primi gli uomini della Folgore.
La tesi del suicidio, della caduta accidentale, contrastano con tutti gli elementi soggettivi relativi al carattere e all'umore di Emanuele fino a poche ore prima della caduta e non sono neppure compatibili con i dati obiettivi emersi dall'autopsia; tutto invece quadra - ahimé - con l'ipotesi che Lele sia stato costretto con la violenza, anche fisica, a salire su quella scala all'esterno della protezione per un atto di nonnismo.
E come non collegare a questo scenario sinistro, purtroppo dettato dai fatti finora a nostra conoscenza, l'altro incredibile dato, per cui il corpo prima agonizzante e poi senza vita di un giovane sarebbe rimasto per tre giorni all'interno di una base militare controllatissima, senza che nessuno lo vedesse? Come non mettere in relazione le molto sospette circostanze della morte con il molto sospetto ritardo nel rinvenimento del cadavere? Questi sono interrogativi che qualsiasi persona di buon senso si pone di fronte alla tragedia di Emanuele Scieri. Questi sono gli interrogativi che tutto il paese si pone. Queste sono le domande che con immenso dolore si pongono i familiari e gli amici di Lele che, vorrei sottolinearlo, hanno dato prova di grandissima compostezza, esprimendo con civilissima forza e immensa dignità le ragioni di chi chiede giustizia e verità.
In questo mese di proteste gridate, di sconvenienti zibaldoni, non una parola di troppo, non un gesto scomposto, non un eccesso di rabbia, non un'accusa sommaria è giunta da Siracusa: solo la ferma rigorosa richiesta che si faccia luce, fino in fondo, sulla morte di Emanuele.
Dinanzi a questa tragedia dai contorni fin troppo inquietanti, dinanzi all'esempio di addolorata civiltà della famiglia Scieri, dobbiamo constatare, purtroppo, come debole e ondivaga sia stata la reazione del Governo, apparso ingiustificabilmente vittima di quelle polemiche tra militaristi e antimilitaristi che non gli hanno consentito di dare le risposte forti che il paese


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si attendeva. Il Governo non ha saputo dare un segnale duro e univoco nei confronti del nonnismo e non ha saputo difendere i valori positivi e l'onore della Folgore. Il Governo - ed in primo luogo il ministro - hanno adottato la solita soluzione pasticciata all'italiana, annunciando la rimozione del generale Celentano e poi precisando che sarebbe avvenuta a metà ottobre, nell'ambito di una rotazione prevista da tempo: un segnale, questo, di profonda inadeguatezza che è stato acuito dalla relazione che il ministro ha svolto ieri in Commissione difesa.
Signor ministro, ho letto con attenzione quella relazione e l'ho trovata francamente retorica e banale: da quelle diciotto pagine, non arriva nulla di nuovo sulla tragedia della caserma «Gamerra», se non un'ulteriore conferma dell'ambiguità dei suoi comportamenti relativamente al generale Celentano. In quelle pagine troviamo una sociologia spicciola sul nonnismo e anche molta, molta poesia. Il paese si attendeva altro che sentirla allargare le braccia e ascoltarla dire che tra poco il servizio di leva sarà eliminato e, con questo, si spera anche il nonnismo che lei - unico dato originale della sua relazione - chiama «bullismo». Da lei ci si attendeva maggior sincerità e maggior coraggio, ad esempio nell'evidenziare come - dato noto a tutti - il nonnismo sia certamente, non negli eccessi ma sicuramente nella cultura di molte pratiche, tollerato se non favorito dalle gerarchie militari intermedie, che individuano negli anziani una sorta di ceto privilegiato per mantenere l'ordine nelle caserme, legittimando così atteggiamenti prevaricatori nei confronti delle reclute. Questo ci aspettavamo, signor ministro.
In questa dolorosa vicenda lei non ha cominciato bene e anche il prosieguo non è stato confortante: un Governo ed un ministro diversi avrebbero dovuto e potuto dare un segnale diverso al paese; avrebbero dovuto separare da subito e con grande energia la Folgore da quanti potrebbero essere eventualmente collegati con la morte di Scieri; avrebbero dovuto separare l'onore della Folgore dalla permanenza al suo comando di un ufficiale come il generale Celentano che, con il suo zibaldone, ha dato prova di scarso equilibrio, di gretto antimeridionalismo e di tolleranza - se non altro culturale - nei confronti del fenomeno del nonnismo. Un Governo responsabile non credo possa mantenere al comando di un corpo di élite dell'esercito un uomo che ha le idee e la mentalità che emergono da quello scritto. Appare incredibile, piuttosto, che essendo lo zibaldone noto alle gerarchie militari da ben più di un mese, Celentano sia stato mantenuto alla guida della Folgore.
Credo che ciò che sta emergendo sulla morte di Emanuele Scieri e sullo scenario umano e sociale in cui è maturata, imponga oggi al Parlamento non di avviare la solita indagine conoscitiva del fenomeno del nonnismo, ma di istituire una Commissione di inchiesta con i poteri della magistratura sul caso Scieri; una Commissione in grado di svolgere un'indagine vera e seria, che sia rapida e che sia laica, senza condanne né soluzioni preconcette.
Credo che questo lo dobbiamo alla memoria dell'avvocato Emanuele Scieri e credo che lo dobbiamo anche alle migliaia di militari in servizio di leva di oggi e di domani ed alle loro famiglie, che hanno motivo di temere per l'incolumità dei loro cari.
Spero, inoltre, che vengano presto attuate le proposte per l'introduzione del servizio di leva femminile. Credo infatti che la presenza delle donne nelle caserme sarebbe, oltre al riconoscimento di un diritto, il migliore antidoto contro quella cultura «machista» che alimenta la perversione del nonnismo.
Signor ministro, lo ripeto, io oggi qui chiedo verità e giustizia e chiudo questo intervento con parole non mie, bensì tratte dalla lettera che gli amici di Lele hanno inviato alle autorità: «Vogliamo continuare a credere» scrivono i giovani siracusani «che la giustizia sia un diritto di ogni cittadino. In un'Italia in cui le indagini durano decenni, c'è troppa fretta di voler liquidare un fatto che rimane aperto con molti, troppi interrogativi:


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l'unica cosa certa è il mistero della morte di Emanuele». Signor ministro, quel mistero lo Stato deve chiarirlo e deve chiarirlo in fretta; per quella morte chiediamo una rapida e severissima giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. L'onorevole Manzione ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01920.

ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, già molte cose sono state dette e probabilmente sarebbe opportuno appropinquarsi alla risposta del ministro, però l'approccio che io ho avuto rispetto alla problematica nascente dalla tragica storia del giovane avvocato Emanuele Scieri è stato sostanzialmente diverso, penso, da quello degli altri colleghi. Da quando, purtroppo, il 16 agosto scorso è stato rinvenuto il corpo del giovane militare di leva, avvocato Emanuele Scieri, forse perché ho un figlio di diciotto anni e in qualche modo mi sentivo ancor più coinvolto, ho cominciato una strana autonoma peregrinazione per le caserme. Io ho fatto il servizio di leva, però è passato tanto di quel tempo che ho ritenuto giusto verificare di persona in che modo, ancora oggi, interagiscano due mondi completamente diversi: il mondo civile, nel quale ognuno di noi è immerso, con gli impegni, gli studi e la professione, ed il mondo militare, che in qualche modo conserva una sua specificità. Volevo vedere se i ventidue anni passati da quando ho fatto il militare avessero in qualche modo cambiato quel rapporto di forza che imponeva a chi si immergeva, provenendo dal mondo civile, in quello militare, una realtà completamente diversa, regole diverse e un atteggiamento che non conservava quei valori comuni che noi rispettiamo ed apprezziamo, ma che aveva valori e disvalori completamente differenti.
Dico questo ed espongo il problema in una logica più generale perché rispetto al caso specifico di Emanuele Scieri non riesco a spiegarmi come si possa parlare di nonnismo, quando il giovane avvocato era arrivato a Pisa, nella caserma Gamerra, soltanto da pochissime ore. Dalle cose che ho verificato (come dicevo prima, avrò visitato, in questi trenta giorni, una ventina di caserme, quasi tutte della zona centro-meridionale) ritengo che l'approccio rispetto al fenomeno del nonnismo difficilmente si sia potuto realizzare dopo pochissime ore che il giovane avvocato Emanuele Scieri era arrivato a Pisa. Il fatto stesso che fosse un avvocato, quindi un uomo di legge, in grado di difendersi, e che fosse siciliano, nella logica in cui io considero coloro che nascono in alcune regioni, le quali sono obiettivamente più accarezzate da condizioni generali negative (mi riferisco alla mia regione, la Campania, alla Sicilia e alla Calabria), che sviluppano nei loro cittadini una vocazione particolare all'autodifesa ed una capacità maggiore di autodeterminarsi nel tempo e nello spazio, insomma tutte queste considerazioni di ordine generale mi inducevano in qualche modo a ritenere che quella tragedia astrattamente non potesse essere ricollegata a fenomeni di nonnismo. Questa è stata un'altra delle motivazioni che mi hanno indotto a calarmi in questo mondo per me lontano, il mondo del servizio militare. Sono arrivato a definire un primo quadro della situazione rispetto al fenomeno più complessivo, che ogni tanto affiora, rappresentato dal nonnismo.
Non vi è un atteggiamento di buonismo, ma la consapevolezza che non è giusto enfatizzare o strumentalizzare la vita di un giovane che avrebbe potuto essere nostro fratello o nostro figlio e che merita il rispetto di tutti. Lo stesso rispetto noi dobbiamo avere nei confronti delle autorità che stanno indagando, ma anche nei confronti dell'opinione pubblica che impone a quelle stesse autorità e a noi tutti di non nascondere nulla sull'accaduto.
Ho verificato che se il fenomeno del nonnismo, in qualche modo, si è ridotto è solo perché si è dato vita ad un'opera di regionalizzazione che ha consentito, di fatto, una minore permanenza all'interno delle strutture militari da parte dei militari


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di leva. Vi è stata inoltre la capacità di definire un percorso tale da garantire un maggior livello culturale e scolastico dei militari di leva perché, come ha detto poc'anzi l'onorevole Prestigiacomo, alcuni fenomeni sono legati anche ad una certa arretratezza culturale.
Tutto questo andava parametrato con quanto accadeva. Infatti, mentre i dati che stavo raccogliendo in giro per le caserme erano indicativi di un fenomeno che si stava spegnendo - anche se devo ricordare la limitata estensione territoriale della mia indagine -, in realtà accadevano fatti che andavano in direzione opposta. Sappiamo infatti che in quello stesso periodo, oltre alla tragedia di Emanuele Scieri, si sono verificate altre quattro vicende che potremmo definire di violenza spicciola o di nonnismo: la qualificazione spetterà a lei, signor ministro, ed io mi auguro che nel suo intervento lei riuscirà a dar conto anche di tali vicende, perché se parliamo di un fenomeno dobbiamo cercare di inquadrarlo nella sua interezza.
Ricordo, ad esempio, che a Bagnoli di Sopra, in provincia di Padova, in una struttura militare, un giovane militare di leva, in servizio all'ottantottesimo corpo intercettori, è stato ricoverato presso il reparto di neuropsichiatria del policlinico di Padova a causa di un gravissimo episodio di nonnismo che è consistito nel fatto che il giovane è stato legato, incappucciato con un sacchetto per le immondizie, percosso e malmenato da alcuni militari di leva della stessa base missilistica dell'ATAF di Bagnoli. Queste le notizie apprese dai mass media e noi vorremmo che sia chiarita anche questa vicenda.
Un altro caso anomalo e inquietante si è verificato a Baiano di Spoleto dove un giovane militare di leva, essendosi rifiutato di effettuare un turno di guardia al posto di due commilitoni più anziani, è stato sottoposto a soprusi di ogni genere: gavettoni d'acqua, botte, scottature, e così via.
Vorrei capire se l'atteggiamento del Governo nei confronti di tali problematiche sia quello giusto. A mio parere un giusto atteggiamento potrebbe essere rappresentato da una mera ricognizione in cui non vi sia da difendere nulla di indifendibile, perché, come dicevo prima, nell'esercito troviamo valori e disvalori. Noi vorremmo che lei operasse una ricognizione volta a privilegiare la necessità di accertare la verità storica e di attribuire le responsabilità effettive, perché non esistono feudi di impunità che spettino ad alcuno, sia del mondo civile sia di quello militare, ove esistono regole che, come lei stesso ha detto, andrebbero rimosse e una giustizia che alcune volte è condizionata.
Quindi, vorremmo che l'intervento del Governo in questo ambito fosse sereno e a tutto campo: non esistono responsabilità oggettive, ma un fenomeno che va inquadrato con correttezza, messo a fuoco in modo giusto e rispetto al quale devono essere prese misure adeguate.
Mi auguro, signor ministro, che per quanto riguarda la vicenda del giovane Emanuele Scieri e questo mondo che, purtroppo, ancora per alcuni anni, continuerà a ruotare intorno al fenomeno del servizio militare (dico purtroppo perché mi auguro che la riforma che istituisce un esercito di professionisti vada in porto quanto prima) le responsabilità siano accertate: non c'è alcuna responsabilità se non quella di chi, in qualche modo, nasconde le responsabilità altrui. Noi ci auguriamo che lei non appartenga a questa categoria di politici.

PRESIDENTE. L'onorevole Cangemi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Nardini n. 2-01921, di cui è cofirmatario.

LUCA CANGEMI. Signor Presidente, altri colleghi hanno ricostruito in modo opportuno e rigoroso la tragica vicenda che ha spezzato una giovane vita, tranciato tante speranze e sparso tanto dolore. Mi rifaccio a quella ricostruzione.
Vorrei sottolineare quei tanti punti oscuri e senza risposta che qui sono stati sollevati e che prima lo sono stati dagli amici di Emanuele Scieri e da tanti cittadini: a Siracusa, in Sicilia e in tutto il paese.


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Signor ministro, siamo qui per chiedere verità e giustizia. Sappiamo che vi è una responsabilità della magistratura ma credo, e lo sottolineo, che vi sia una responsabilità di altri e in particolar modo sua, responsabile politico ed istituzionale delle nostre Forze armate.
Credo - e lo dico con grande franchezza - che sarà molto difficile conquistare questa verità che deve essere madre della giustizia che vogliamo, se non si infrange un muro che esiste, se non si getta luce in quella caserma e nella Folgore.
Se il fatto, qui più volte sottolineato, di spaventosa e scandalosa evidenza che un ragazzo possa essere lasciato agonizzare e morire (il corpo è stato ritrovato dopo tre giorni) in un luogo che per sua natura dovrebbe essere sorvegliatissimo, non avrà conseguenze adeguate sui responsabili chiaramente e gerarchicamente identificabili, questo sicuramente non aiuterà a conquistare verità e giustizia.
Signor ministro, le chiediamo di dirci quali siano stati gli interventi disposti e di adottare tutti quelli che si riterranno necessari. Ma vi è un problema più generale. Rispetto alla vicenda, peraltro più volte citata dello zibaldone, credo che occorra porre a lei, lo ripeto, che è il massimo responsabile politico ed istituzionale delle nostre Forze armate, un quesito con grande nettezza e precisione. È possibile tollerare che un comandante, un ufficiale che scrive le cose che sappiamo e che le diffonde per via gerarchica - sottolineo questo aspetto - continui ad essere comandante di Forze armate in un paese democratico e continui ad essere un importante responsabile di Forze armate in un'Italia in cui, per fortuna, ancora vige la Costituzione repubblicana? Signor ministro, è questo il quesito che le pongo!
Qui infatti non si pone soltanto il problema, sollevato da altri colleghi, riguardante settori importanti delle Forze armate carichi di compiti gravosi, guidati da un personaggio che lo scritto, cui ho appena fatto riferimento, rivela ignorante e stupido - tale è stato definito in quest'aula - oltre che rozzo e incolto, ma anche il problema che se non si adottano adeguati provvedimenti in ordine a questo fatto che è di enorme gravità, allora si legittimano certe idee (una parola, questa, che i contenuti dello zibaldone forse non meritano) e il loro «uso» nella formazione che avviene nelle nostre Forze armate, e più in generale si legittima un certo clima.
Quella dello zibaldone e la stessa tragica vicenda di Scieri, purtroppo, oltre a tante altre vicende che sono emerse in queste settimane dopo che erano state in qualche modo oscurate, ripropongono un problema: quello della Folgore.
Come lei sa, signor ministro - lo ribadiamo anche nella nostra interpellanza - facciamo una scelta molto netta ma credo anche giustificata rispetto alla gravità dei fatti verificatisi via via in questi anni (ricordo tra le tante, le gravissime vicende verificatesi in Somalia).

Rispetto a questo vi deve essere una risposta; quella che viene data è negativa, ma non motivata né argomentata. Non si spiega perché questo clima maturi e domini all'interno della brigata.
Un'ultima considerazione: abbiamo chiesto che le Forze armate dessero, di fronte a questa vicenda, un segno tangibile di interrogarsi sulla loro funzione e sulla realtà che una vicenda così grave dimostra essere presente al loro interno in larghi settori. Abbiamo proposto anche gesti semplici; ad esempio, nei giorni del funerale di Emanuele Scieri, in Sicilia, e proprio nella provincia di Siracusa, si svolgeva una manifestazione di propaganda delle Forze armate, il cosiddetto rap camp e abbiamo chiesto - ci sembrava una richiesta legittima - come segno tangibile di dolorosa meditazione che, almeno in quei giorni, fosse sospesa tale manifestazione. Invece si è fatta e ci è stato detto che non era possibile né opportuno sospenderla.
La stessa manifestazione si svolgeva in un'altra parte molto lontana del nostro paese, nel Veneto, addirittura a Gardaland, un parco giochi per bambini. Credo che anche questi segnali dimostrino che vi è un problema nelle nostre Forze armate.


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Il fatto che il suo Governo proponga profonde trasformazioni, il cui indirizzo non condividiamo, aumenta la gravità della situazione e implica una riflessione profonda - lo ripeto - sulla funzione delle nostre Forze armate, ma anche sulla realtà effettiva che si vive in tante caserme, sulla cultura di tanti uomini che hanno delle responsabilità al loro interno e sul loro effettivo agire.
Spero vi sia da parte del Governo un'attenzione - che, devo essere sincero, finora non vi è stata - e una capacità di intervento maggiore e più adeguata all'allarme e alla preoccupazione che su questi temi vi è nel nostro paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Spini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Mussi n. 2-01922, di cui è cofirmatario.

VALDO SPINI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, ringrazio i colleghi del mio gruppo, i democratici di sinistra, che hanno voluto dare al presidente della Commissione difesa la possibilità di prendere la parola in questa delicata occasione.
La Commissione difesa che è stata presente, mio tramite, il 20 agosto alla caserma «Gamerra» di Pisa, ha ricevuto ieri, con l'autorizzazione del Presidente Violante, la possibilità di deliberare un'indagine conoscitiva sui fenomeni di violenza e di qualità della vita nelle caserme che si affiancherà, nell'ambito delle nostre competenze, a quelle della magistratura civile e militare e a quelle del Ministero della difesa.
Ci siamo mossi perché il fatto di cui parliamo, signor ministro - del resto ne abbiamo parlato ieri in Commissione -, è quanto mai drammatico ed inquietante. Un giovane di 26 anni Emanuele Scieri, già laureato in giurisprudenza, che aveva già una volta vestito la toga di avvocato, arriva alla caserma di Pisa la mattina del 13 agosto, dopo aver effettuato a Scandicci il suo primo addestramento e subìto - pare - un atto di nonnismo in questo primo trasferimento; cade la sera stessa, dopo le 22, da un'altezza pari - sembra - a sei metri dalla scala esterna di una struttura non utilizzata correntemente. Giace dal 13 sera, prima ferito, poi cadavere, per due giorni e mezzo dietro una catasta di tavoli prima di essere scoperto il 16 agosto. Dalle voci che ho raccolto visitando la caserma sembra sia stato scoperto perché i commilitoni andavano ad effettuare nei pressi il cambio settimanale delle lenzuola e, non avendo ancora trovato la porta dell'apposito ufficio, si erano sparsi nel piazzale circostante. Così è avvenuta la scoperta.
Di fronte ad un fatto del genere dobbiamo conoscere la verità, dobbiamo sapere quanto è avvenuto; lo dobbiamo innanzitutto alla famiglia Scieri ed a noi stessi che rappresentiamo le istituzioni di uno Stato cui ogni giovane chiamato a prestare servizio militare di leva affida la tutela della sua sicurezza e, ancora di più, della sua dignità; lo dobbiamo alle Forze armate italiane ed al loro prestigio; lo dobbiamo alla stessa Folgore, unità di élite già largamente impegnata in missioni di pace (attualmente a Sarajevo, in Bosnia, e forse domani a Timor est). La verità è importante e positiva per tutti.
A distanza di un mese circa dall'accaduto, vorremmo, signor ministro, avere una prima versione dei fatti: non quella giudiziaria - che certo avrà i suoi tempi -, ma quella amministrativa, interna, di quello che è avvenuto e di quello che risulta per le linee di comando dell'amministrazione militare. Va detto, del resto, che se si avverasse l'ipotesi peggiore, se qualcuno avesse fatto salire ad Emanuele Scieri quella scala e poi non lo avesse soccorso quando è caduto, non saremmo più nemmeno nell'ambito del nonnismo o del bullismo che dir si voglia, ma nell'ambito di un fatto che non potrebbe che essere definito assolutamente e semplicemente criminale.
La tragica morte di Emanuele Scieri ha messo in moto tutta una serie di conseguenze, di fronte alle quali dobbiamo reagire e prendere provvedimenti adeguati. Certo - diciamolo francamente -, meglio sarebbe stato se un inviato del ministero fosse andato subito sul posto ed


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avesse preso in mano i rapporti con l'esterno, la stampa e l'opinione pubblica, con chiarezza di direttive e di orientamento. Così ne abbiamo sentite troppe, signor ministro. Taluno ha sentenziato di essere sicuro a priori che nel caso di Scieri il nonnismo non c'entrava: ebbene, così come noi non possiamo essere sicuri che c'entrasse, mi chiedo come si possa sostenere, a priori, che non c'entrava.
Qualcun'altro ha teorizzato la sottovalutazione della gravità del fenomeno del nonnismo stesso, affermando una concezione aggressiva del soldato che a me sembra quantomeno datata.
È poi saltata fuori la raccolta denominata zibaldone, che ieri in Commissione, lei, signor ministro, ha definito un insieme di scritti anche stupidi e volgari, non certo il tipo di materiale culturale che dovrebbe girare nelle Forze armate italiane del 2000 per la loro formazione e la loro qualificazione culturale.
Allora, per quanto con amarezza, bisogna prendere atto di quanto di negativo è avvenuto ed intervenire per rimettere ordine e chiarezza in tutto questo. È anche una responsabilità nostra, bisogna abbattere il muro di separatezza e di incomprensione reciproca che talvolta esiste tra mondo politico e Forze armate, perché queste si sentano pienamente partecipi della vita democratica della nostra società civile e perché gli stessi parametri culturali si diffondano in ambedue gli ambienti.
Noi, signor ministro, le chiediamo quindi, avendo lodevolmente predisposto accertamenti interni, a che punto siano questi accertamenti dell'amministrazione, quali conseguenze ne abbiano tratto, quali tempi può pensare perché quegli accertamenti abbiano termine.
In secondo luogo, siamo venuti a conoscenza dell'indagine sul nonnismo (in Commissione l'abbiamo anche acquisita), veramente meritoria, predisposta nei mesi scorsi dallo stato maggiore dell'esercito e delle direttive da questi emanate. Sempre ieri in Commissione abbiamo preso positivamente atto di quanto è stato deciso il 9 settembre scorso, nella riunione, che lei ha presieduto, con gli stati maggiori e delle nuove direttive che lei ha inteso emanare. È importante conoscere con quale energia e con quale determinazione verranno portate avanti, anche modificando, se necessario, il codice militare di pace, perché da vari procuratori militari ci è venuta l'indicazione che vi sono delle lacune che dovremo colmare.
Il nonnismo, quando colpisce la dignità di un individuo che molto difficilmente può reagire, è qualcosa di indegno ma - voglio dirlo da questa tribuna - è anche qualcosa di vecchio e di stupido.
Si è pensato in un certo periodo storico che l'annullamento di personalità e di diritti derivante dall'esercizio del nonnismo verso il nuovo arrivato fosse in qualche modo propizio all'accettazione della dura e difficile disciplina militare. Oggi tutto questo è nei fatti chiaramente ed abbondantemente superato e da rifiutare. Il militare italiano, il soldato italiano, il paracadutista italiano, che va in Albania, in Bosnia, in Kosovo, domani forse a Timor est - dalla tribuna di Montecitorio mando un saluto alle nostre Forze armate impegnate all'estero -, il militare italiano impegnato in questo tipo di missioni sa che la sua missione è delicata e complessa. È certo un militare, ma non solo; ha una funzione di rappresentanza quasi politica del nostro paese, ha una capacità attiva di discernimento che richiede un potenziamento e non un annullamento della propria personalità. Al riguardo, l'aspetto culturale della lotta al nonnismo è altrettanto importante di quello repressivo.
Mi sono domandato in questi giorni difficili - lo affermo qui in aula - perché non chiedere ad una personalità di indiscussa indipendenza e di alta esperienza una sorta di «contro zibaldone», un documento culturale sul significato odierno delle Forze armate e sulla dignità di chi è chiamato a prestarvi servizio e, di conseguenza, sul rifiuto del nonnismo. Non è vero che esso è necessariamente connaturato al servizio militare; forse avrò avuto fortuna, ma il servizio militare l'ho personalmente espletato - purtroppo


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tanti anni fa - e il nonnismo non mi sono trovato né a subirlo né a compierlo. Non è accettabile, però, che vi sia chi debba subirlo e, quindi, va stroncato.
Certo, siamo in un momento di grandi riforme concernenti le Forze armate; Parlamento e Governo convergono su questo terreno. Lunedì 27 settembre sarà all'esame dell'Assemblea - e potrebbe essere l'ultima conclusiva volta - la nostra proposta di legge parlamentare per l'abolizione del divieto alle donne a concorrere su base volontaria alle Forze armate, un provvedimento che ci metterà alla pari con gli altri paesi della NATO (e non solo); per l'istituzione militare si tratta certamente di un'occasione di rinnovamento, di una sfida per un ulteriore contatto con la società.
In Commissione difesa abbiamo già votato un testo unificato delle tante proposte di legge parlamentari presentate dalla maggioranza delle forze politiche che intendono affermare il passaggio da Forze armate di leva a Forze armate professionali e volontarie; direi che su questa strada si sono mosse le maggiori forze sia della maggioranza, sia dell'opposizione. Vi è stato, poi, l'importante annuncio dell'approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un disegno di legge governativo in materia; è un fatto di grande importanza politica che saluto come tale. Non appena potremo disporre di un testo formalizzato del Governo, lo esamineremo insieme con il nostro.
Lei, signor ministro, su questa politica di riforme volta a qualificare sempre di più le nostre Forze armate può sapere di contare su un vasto appoggio in Parlamento e, in particolare, su quello del nostro gruppo che, subito prima della vicenda del Kosovo, nel marzo scorso, dedicò a questi temi uno specifico convegno.
Anche sulla vicenda di Pisa, però, per un'azione diretta ad accertare la verità, ad eliminare ogni omertà, a colpire le responsabilità senza criminalizzare in modo generico e indistinto né un'unità come la Folgore, di cui abbiamo sempre respinto ogni ipotesi di scioglimento, né tanto meno le Forze armate nel loro complesso, su questa politica e su tale iniziativa lei ha l'appoggio del Parlamento. Signor ministro, proceda con coraggio e con senso di responsabilità; lo dobbiamo certamente a tutte le famiglie che mandano i figli a prestare il servizio militare, lo dobbiamo certamente alle forze armate che vogliono che al più presto venga chiarita la vicenda, tolta ogni ombra e ogni macchia.
Mentre rinnovo le condoglianze del mio gruppo e mie personali alla famiglia Scieri, voglio affermare che non vi saranno cadute né di impegno né di attenzione per conoscere fino in fondo la piena e completa verità sull'intera vicenda.

ILARIO FLORESTA. Vedremo!

VALDO SPINI. All'onorevole Prestigiacomo, in particolare, vorrei dire che il fatto che ci apprestiamo a deliberare una indagine conoscitiva non significa che, qualora se ne riscontrasse la necessità, non si possa passare ad altro strumento, non per il gusto di duplicare iniziative altrui, ma ove ciò risultasse necessario.
Dicevo all'inizio che si tratta certamente di un dibattito delicato, difficile e complesso, ma se sapremo affrontarlo - credo - con grande senso di responsabilità, con grande coraggio e rettitudine, probabilmente riusciremo ad avviare una serie di iniziative che faranno fare un passo in avanti alle nostre stesse Forze armate (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Il ministro della difesa ha facoltà di rispondere.

CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI, Ministro della difesa. Signor Presidente, introdurrei con una breve premessa un intervento che intende dare una risposta alle diverse questioni che sono state sollevate - questioni che spesso hanno un contenuto assai somigliante - dalle varie interpellanze ed interrogazioni.

Come premessa, desidero dire che certamente la morte del giovane Emanuele Scieri nella caserma di Pisa ha riportato


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in primo piano l'attenzione su quei comportamenti di sopraffazione, di spavalderia e di violenza che talvolta si verificano nelle nostre caserme ed a cui comunemente si fa riferimento, in un modo che io giudico linguisticamente improprio, con il termine gergale di nonnismo. La terminologia più corretta per descrivere questo fenomeno, con tutte le connotazioni chiaramente negative, è «bullismo», che è sinonimo di teppismo nell'ambiente militare. È questo un fenomeno repellente e gravissimo che tutte le Forze armate e fra queste in prima fila l'esercito, che più è da esso afflitto, stanno contrastando con sempre maggiore impegno e determinazione, di cui cominciamo ad avere qualche evidenza nei dati statistici che rileviamo attraverso l'osservatorio istituito presso il capo di stato maggiore della difesa.
Quanto all'esigenza anche qui vivamente rappresentata, vivamente sentita e, se mi consente, Presidente, vivamente condivisa, circa la conoscenza della completa verità su quanto è avvenuto alla «Gamerra», devo dire che è prima di tutti sentita dal Governo e dalle Forze armate. In questo senso, ho l'impressione che la continua, pressante, comprensibile, perfettamente comprensibile richiesta che si faccia piena luce sulla morte di Emanuele Scieri sembra quasi rivelare, oltre al legittimo e condiviso desiderio di verità, anche il timore che su questa vicenda possa scendere una coltre di silenzio o un velo di complicità e di copertura. Questo timore è del tutto infondato. Le Forze armate non temono l'accertamento della verità e delle responsabilità, quali che esse siano, e naturalmente le conseguenze; anzi, lo pretendono, lo reclamano a gran voce. Quello che le Forze armate e chi ne ha la responsabilità politica chiede e ciò che può essere preteso è che emerga la verità vera, quale che essa sia, non quella precostituita. I giudizi sommari appartengono alla stessa sottocultura che noi intendiamo combattere.
Mi riferisco ora in particolare all'interpellanza presentata dall'onorevole Paissan; forse l'onorevole Paissan non troverà esauriente questa parte della risposta rispetto ai quesiti che ha posto, ma si tratta di quesiti che rientrano anche in molte altre interpellanze e dunque ho ritenuto opportuno suddividere la complessiva risposta in vari riferimenti. A quanto richiesto dall'onorevole Paissan, rispondo ricordando che sono state avviate tre inchieste indipendenti, due della magistratura (quella ordinaria di Pisa e quella militare di La Spezia) e una interna, che è stata affidata al vicecomandante territoriale, generale Antonelli. Queste inchieste riguardano due aspetti che sono collegati nella vicenda, ma che in qualche modo è opportuno avere distinti: il primo concerne le circostanze e le cause della morte del giovane Scieri; il secondo attiene ai motivi dell'incredibile ritardo nella ricerca e nel ritrovamento del corpo, avvenuto ben due giorni e mezzo dopo la caduta del ragazzo.
Nel contempo, abbiamo intensificato ulteriormente il nostro impegno che mira a sradicare il fenomeno del «bullismo», secondo le linee che illustrerò nel corso di questa risposta.
Ho ritenuto opportuno in particolare impartire e rafforzare alcune direttive finalizzate ad obiettivi specifici di contrasto del «bullismo» e a mettere a fuoco la reazione che l'amministrazione deve dare a questo fenomeno e alle sue manifestazioni. Per quanto riguarda i meccanismi dei giovani alle armi, come ho anticipato in più occasioni e lo faccio anche in questa sede, guardo con favore ai contenuti della delibera approvata dal consiglio della magistratura militare nel plenum del 21 luglio scorso nella quale si raccomandava di adottare provvedimenti legislativi volti a correggere alcuni aspetti della legislazione penale militare proponendo, in particolare, la modifica dell'articolo 260 del codice penale militare di pace che consenta e preveda, per quanto riguarda i reati contro la persona riconducibili a fenomeni di «bullismo», la loro punibilità non solo su richiesta del comandante di corpo ma anche a seguito della querela della persona offesa.
Ho espresso un orientamento favorevole, ma ritengo che la proposta, che ho


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anticipato e vorrei portare al Consiglio dei ministri, di modifica del codice militare di pace non possa e non debba esaurirsi solo nella modifica dell'articolo 260, ma deve considerare altri elementi come, per esempio, quello che è stato sollevato da più parti e cioè la proposta di esponenti del mondo politico e anche di giuristi di configurare un reato specifico di «bullismo» oppure di prevedere aggravanti per reati tipici del codice penale quando questi reati vengano perpetrati in relazione al fenomeno del «bullismo» cioè in ambiente militare.
Queste sono proposte che meritano senz'altro attenzione e credo che meritino anche una riflessione, nel senso che i codici non si possono modificare sull'onda di una comprensibile emozione perché è richiesta una riflessione che sarà breve, ma ho assunto e manterrò l'impegno di portare al Consiglio dei ministri proposte di modifica, certamente non dell'intero codice penale militare che, forse, richiederebbe un'ampia revisione, ma di alcune norme qualificate e relative a questo fenomeno. È per questo che ho disposto che venga condotta da alcuni specialisti ed esperti, ovviamente avvalendomi della competenza della magistratura militare, un approfondimento sulla materia. Concluso questo, in tempi ragionevolmente brevi, ho assunto e manterrò l'impegno di portare all'attenzione del Governo, per formularla, una proposta di disegno di legge che verrà quanto prima sottoposto al Parlamento.
In risposta alle considerazioni contenute nell'interpellanza dell'onorevole Giovanardi, ricordo che, per quanto consta, la vicenda del cosiddetto zibaldone non è in alcun modo correlata con la morte di Emanuele Scieri. Per questo motivo, dato che non è emerso alcun elemento a carico del comandante della brigata per i fatti occorsi nella caserma ove si svolge l'addestramento dei paracadutisti, se si fosse proceduto ad una sua sostituzione immediata, cioè assieme a quella disposta per il comandante e il vicecomandante della caserma, ciò avrebbe indubbiamente assunto il significato dell'attribuzione al generale Celentano di responsabilità dirette per quanto accaduto nella caserma «Gamerra». Ciò avrebbe significato che da parte mia, del Governo e dei vertici militari vi era la volontà di una giustizia sommaria o la debolezza di piegarsi ad una richiesta di giustizia sommaria. Si sarebbe cominciata una ricerca volta alla verità, cioè volta a rendere giustizia, con un atto di ingiustizia. Il generale Celentano verrà avvicendato, onorevole Giovanardi (come peraltro era programmato di massima, essendo quell'ufficiale già in comando da due anni), all'inizio del prossimo mese di ottobre, cioè quando il suo successore, generale Torelli, avrà terminato l'incarico che attualmente ricopre nell'ambito delle truppe alleate in Bosnia. Dunque, non vi è nei confronti del generale Celentano né il desiderio di punizione, né la volontà di promozione, come è stato scritto da alcuni giornali (e ripreso in questa sede), evidentemente non avendo una idea precisa di cosa significhino i gradi militari. Il generale Celentano, infatti, verrà assegnato ad un incarico operativo alle dipendenze del generale Forlani: questa è una scelta logica dal punto di vista operativo, che consente di avvalersi di una indiscutibile e riconosciuta competenza tecnico-militare nel settore da parte dell'ufficiale in questione. Questo, naturalmente, se, e solo se, dalle indagini in corso non emergeranno (come io credo e come naturalmente auspico) elementi di responsabilità a suo carico.
Per rispondere a parte delle osservazioni contenute nell'interpellanza presentata dall'onorevole Soro ed avendo già accennato, per rispondere all'onorevole Paissan, alle diverse iniziative che sono in corso per accertare le responsabilità sul caso Scieri, desidero ora ricordare quelle che sono state prese, per lo meno le più rilevanti, per conoscere, e di conseguenza potere affrontare, il fenomeno del «bullismo». Nell'aprile 1998, lo stato maggiore dell'esercito ha incaricato una commissione di esperti di approfondire la problematica del «bullismo» in tutti i suoi molteplici aspetti, analizzando e valutando l'efficacia delle misure preventive e repressive


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già in atto nelle Forze armate. Durante l'attività della commissione, naturalmente, i suoi componenti hanno avuto libero accesso ai reparti ed ai documenti ritenuti di particolare rilevanza per lo svolgimento dell'indagine: quando la stessa è terminata, nel mese di marzo di quest'anno, la commissione ha predisposto un rapporto che non è sociologia spicciola, ma è invece il primo lavoro a serio contenuto scientifico che offre una chiave di lettura sociologica del fenomeno del «bullismo», proponendo anche di allargare il campo di indagine alle problematiche più vaste del disadattamento dei giovani in chiave psico-sociale ed alla qualità della vita nei reparti militari.
Nel maggio scorso, è stato inoltre costituito, presso lo stato maggiore della difesa, l'osservatorio permanente sul «bullismo»: scopo specifico dell'osservatorio è monitorare, elaborare ed analizzare tutte le informazioni relative ai casi di «bullismo» nell'ambito delle Forze armate, al fine di migliorare le misure preventive e repressive, nonché di estendere l'attenzione anche alle condizioni oggettive che possono facilitare il verificarsi del fenomeno (quindi alle sue cause culturali e materiali). Il monitoraggio, a cui facevo riferimento quando accennavo all'evidenza, sia pure non risolutiva, della decrescenza del fenomeno, avviene attraverso le segnalazioni immediate e dirette rese all'osservatorio dai reparti presso i quali si verificano episodi di «bullismo». Le segnalazioni sono corredate da una relazione dettagliata su quello che è accaduto e ciò consente un'analisi statisticamente significativa ed interpretabile.
È chiaro che, per contrastare più efficacemente il fenomeno, occorre conoscerlo e queste iniziative, sia quella della commissione di studio sia quella dell'osservatorio, che naturalmente è tuttora in funzione, hanno consentito di mettere meglio a fuoco il contrasto, la repressione e, tra poco con le nuove norme del codice penale militare, la punizione dei colpevoli.

In funzione di ciò sono a mia conoscenza numerose direttive ed iniziative assunte dai comandi militari a contrasto del fenomeno del «bullismo», anche prima delle sette direttive che, in occasione della riunione con i vertici militari dello scorso 9 settembre, ho rivolto ai comandi militari. Tali iniziative dimostrano, senza ombra di dubbio, che nell'ambiente militare e nei quadri di comando il fenomeno è compreso e contrastato con il massimo impegno, impegno sostenuto da una ricerca della conoscenza, sia di carattere sociologico sia di carattere statistico.
Rispondendo all'interpellanza dell'onorevole Tassone, premesso che ho già accennato alle iniziative che riguardano l'intendimento di riportare un clima di serenità e di fiducia nelle caserme e naturalmente anche nelle famiglie di coloro che si trovano al loro interno o che devono raggiungerle, in effetti le indagini sono tuttora in corso. Come lei ha affermato, onorevole Tassone, né lei, né io possiamo dire con serietà una parola chiara e definitiva su questa tragica vicenda.
Sono fiducioso che le indagini in corso da parte della magistratura ordinaria e di quella militare giungeranno alla verità - mi auguro rapidamente - accertando le responsabilità, se ve ne sono, a qualunque livello gerarchico.
Per quanto riguarda le indagini sul fenomeno nel suo complesso, come ricordavo, nel 1998 abbiamo avuto la denuncia di 268 casi di «bullismo»; si tratta di un forte aumento, quasi una triplicazione rispetto all'anno precedente, che registra molto probabilmente - almeno questo è il mio giudizio - non tanto un aumento del fenomeno del «bullismo» nel 1998, ma un aumento delle denunce e, dunque, una discesa della paura nelle caserme delle ritorsioni nei confronti di coloro che fanno le denunce. Nel corso dei primi sei mesi di quest'anno vi sono stati solo 38 episodi, vale a dire poco meno di un terzo di quelli registrati nel medesimo periodo dello scorso anno. Questa è la ragione per la quale prima dicevo esservi qualche evidenza di una riduzione del fenomeno.
Ho messo a disposizione della Commissione, dunque del Parlamento, l'intera


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analisi statistica del fenomeno dalla quale si evince chiaramente che esso riguarda prevalentemente, essenzialmente, anche se non esclusivamente, il mondo della leva e, in particolare, le persone con più basso livello di istruzione ed età. È la ragione per la quale, annunciando l'abolizione della coscrizione obbligatoria, che certamente viene fatta per altri motivi, vale a dire per l'adeguamento dello strumento militare, riforma che avrà grandi effetti anche sulla società civile, questa sarà la misura più rilevante quanto ad effetti - senza voler fare graduatorie qualitative - al fine di estirpare definitivamente il fenomeno del «bullismo». Si tenga presente che nei comparti delle forze armate nei quali esiste solo il professionismo, quale quello dei carabinieri, il «bullismo» non esiste.
Per quanto riguarda l'interpellanza illustrata dall'onorevole Prestigiacomo, non posso che confermare quanto ho già affermato in precedenza: non sono in grado in questo momento di esprimere un giudizio circa l'accertamento delle responsabilità di questa vicenda. L'unico fatto certo è che il giovane Scieri è caduto da quella scala ed è rimasto per lungo tempo, fino alla morte, in un angolo della caserma, senza che ci si rendesse conto di ciò e gli si prestasse aiuto: questo indubbiamente è un fatto grave. A prescindere dalle cause dell'incidente, che mi auguro saranno presto accertate, ciò richiama precisi addebiti di responsabilità per chi comandava la scuola. Per tale motivo, pur non disponendo ancora degli esiti delle indagini, d'intesa con le autorità militari, ho disposto la sostituzione del generale Cirneco e del vicecomandante, colonnello Corradi, rispetto alla loro posizione di responsabilità del centro addestramento paracadutismo militare, ponendoli a disposizione delle autorità inquirenti.
Come ho detto, provvedimenti a carico di altre persone sarebbero stati ingiustificati: paga chi ha la responsabilità - il comandante -, non si tira a casaccio, in mancanza di elementi concreti di responsabilità - come è, a tutt'oggi, nel caso in esame - emergenti dalle indagini o, quantomeno, in grado di determinare ragionevoli dubbi sullo svolgimento responsabile dei compiti dei comandanti o dell'autorità gerarchica.
Certamente il caso Scieri ha suscitato una forte emozione nel paese e, soprattutto, ha fatto nascere il sospetto che la causa della morte del giovane possa essere riconducibile al fenomeno del «bullismo». Il fatto poi che ciò sia avvenuto all'interno della brigata Folgore ha determinato un clima e reazioni particolarmente accese, che si sono intrecciate con quelle - e si tratta di una questione del tutto distinta - relative alla vicenda dello zibaldone.
In questa occasione sono state espresse le opinioni più disparate e contraddittorie, alcune da non prendere in alcuna considerazione, altre di stimolo a chi esercita la responsabilità che gli deriva da un mandato. Si tratta di valutazioni certamente tutte legittime, perché in un paese democratico coloro che hanno diritto a parlare sono esattamente tutti. Tuttavia, forse in qualche caso, riportando le polemiche, bisognerebbe distinguere se si tratta di opinioni manifestate da persone che, pur avendo tutto il diritto di esprimersi, non rivestono alcuna responsabilità conseguente ad un mandato, o se si tratta, invece, di dichiarazioni rese da persone che hanno delle responsabilità. Allora, forse si distinguerebbe ciò che è pura polemica giornalistica, e in qualche caso - mi dispiace usare questo termine in una circostanza legata ad una vicenda così drammatica - chiacchiericcio, da posizioni che, invece, meritano di essere assunte per il loro giusto valore.
Anche comprendendo la profonda emozione, che ha colpito anche me di fronte a questa vicenda, non si può fare di ogni erba un fascio. In tal modo, infatti, si determina semplicemente una grave lesione e un grave danno all'immagine e alla credibilità delle nostre forze armate, che sono un bene del paese e, quindi, di tutti noi.
Vengo ora alla questione che ho detto essere distinta dalla vicenda tragica del paracadutista Scieri e che riguarda il famoso zibaldone. Innanzitutto, visto che


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si è attribuita la paternità di tale scritto al generale Celentano, devo ricordare che non si tratta di una composizione del generale Celentano, ma solo di una collezione di vari scritti, tra i quali vi è una certa quantità di materiale indubbiamente volgare e stupido, che purtroppo circola negli ambienti giovanili e, naturalmente, anche in quelli militari.
Per questa parte - non certo per altri aspetti che esprimono altissimi valori morali, come le citazioni di Papa Luciani, o valori professionali, come quelle che fanno riferimento a Clausewitz - si tratta di un «bestiario» di stupidità e di sottocultura, ma non molto più di questo. Non credo affatto che si tratti di un deliberato incitamento o di un inno al razzismo o ai valori negativi del «bullismo». Detto questo, la leggerezza e l'errore di giudizio che il generale Celentano ha compiuto inviando questa raccolta che contiene alcuni scritti davvero volgari e stupidi sono certamente criticabili anche se è del tutto evidente che egli intendesse suscitare una reazione negativa nei confronti di questa «collezione». La prova - se così si può dire - che questo fosse l'intendimento del generale Celentano sta nel fatto che egli ha inviato il memoriale al capo di stato maggiore dell'esercito, per cui sostenere che volesse fare propaganda di nonnismo o di «bullismo» appare una ricostruzione davvero difficile.
Si può parlare di poco meditate e di superficiali intenzioni, di leggerezza nel prevedere quale effetto sarebbe sortito dall'invio, sia pure ad un numero circoscritto, di questo materiale. Tuttavia il generale Cervoni, il capo di stato maggiore dell'esercito, destinatario di questo documento, non lo prese affatto sottogamba e ne inviò una copia alla procura militare della Repubblica affinché potesse valutare se vi fossero elementi per contestare un'azione di carattere penale o disciplinare nei confronti del generale Celentano e contemporaneamente invitò il generale a ritirare quel limitato numero di copie che aveva inviato, oltre che al suo diretto superiore, ai suoi collaboratori. Il capo di stato maggiore aveva anche disposto - siamo alla metà di luglio di quest'anno - un'indagine interna che si concluse con un giudizio critico nei confronti dell'operato del comandante della Folgore riconoscendo tuttavia che l'intenzione dell'ufficiale era quella di contrastare il fenomeno del bullismo e non certo di incoraggiarlo né, tanto meno, di promuoverlo.
Anch'io, quando fui informato dei fatti, avevo compreso l'operato del generale Cervoni.
Circa ipotesi di episodi di nonnismo verificatisi quando la situazione precipitò nel dramma dopo la morte del paracadutista Scieri, rivedere la decisione di censura adottata nei confronti del generale Celentano avrebbe assunto il significato di attribuirgli una responsabilità in quella tragedia. Come ho detto all'inizio, questo sarebbe stato profondamente ingiusto, quale che sia il giudizio che ho già espresso circa il contenuto dello zibaldone e la mancata valutazione degli effetti che esso avrebbe provocato.
Circa l'ipotesi di recenti e episodi di nonnismo puniti presso la caserma «Gamerra» e precedenti alla morte di Scieri, si registra un episodio del 23 luglio scorso ma in realtà si trattava di una vicenda che risaliva al mese di marzo o di aprile.

Tuttavia, in questo caso le dichiarazioni delle vittime non hanno trovato conferme da parte dell'unico testimone e, inoltre, l'indeterminatezza della denuncia e il tempo trascorso dal momento in cui i fatti sarebbero accaduti non hanno consentito di acquisire altre testimonianze. Comunque, del caso è stata informata l'autorità giudiziaria militare di La Spezia, dato che i presunti autori del fatto sono ormai in congedo.
L'indagine sul fenomeno del nonnismo e del «bullismo» richiesta dall'interrogante per tutte le caserme è, in pratica, già in atto sin dal 1998, quando il Ministero della difesa si è attivato con la costituzione della commissione di esperti che ho ricordato e con la realizzazione dell'osservatorio permanente di cui ho già riferito. Perciò, credo di poter dire che le indagini richieste sul «bullismo» sono, di fatto, già in corso ovunque e sempre; non


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si intende certamente - i fatti lo dimostrano - sottovalutarne l'importanza.
In risposta all'interpellanza Manzione n. 2-01920, o a parte di essa, ho già riferito circa le iniziative che stiamo avviando, o che abbiamo avviato, per combattere il «bullismo». In questo caso, illustrerò, in particolare, le sette direttive che ho rivolto ai vertici militari nel corso della riunione da me convocata il 9 settembre scorso. Tali direttive sono le seguenti: garantire massimo spazio all'attività di informazione sulla tematica del nonnismo, utilizzando tutti i mezzi a disposizione; in pratica, spiegare in cosa consiste il «bullismo»; promuovere tutti gli interventi per elevare la qualità della vita e dei servizi nelle caserme, con particolare attenzione alle aree destinate all'uso comune; agevolare e favorire il rapido inserimento dei giovani all'interno dei reparti, riducendo i motivi di conflitto fra gli scaglioni di leva; curare la coscienza civica dei giovani alle armi, elevandone i valori già acquisiti, in particolare quelli della solidarietà e del reciproco rispetto; intensificare qualità e quantità dell'attività di controllo nelle strutture militari, specialmente nelle ore notturne, nei fine settimana e nei giorni festivi; intensificare i programmi di formazione culturale e professionale, sia individuali sia di gruppo, in modo da rimuovere quel pericoloso senso di inutilità e frustrazione che talvolta si sviluppa nell'ambiente dei giovani di leva e nella vita di caserma, incentivando la motivazione e il senso di partecipazione dei giovani; reprimere ogni episodio di sopraffazione con provvedimenti tempestivi capaci di fornire un segnale forte e inequivocabile della determinazione delle Forze armate nel perseguire il fenomeno del nonnismo.
Debbo dire che tali direttive, in parte e per iniziativa autonoma dei comandi, erano già state attivate; esse si riferiscono ad iniziative già prese in parte dai comandi i quali, in questo caso, avendo agito di propria iniziativa, meritano semplicemente l'elogio da parte di chi ha la responsabilità politica delle Forze armate.
Venendo all'interpellanza Nardini n. 2-01921, ho già detto come il generale Celentano sarà avvicendato all'inizio del prossimo mese di ottobre. Tuttavia, debbo convenire che la morte del giovane Scieri ha alimentato una accesa polemica non solo sull'episodio e non solo sui comandanti, ma sulla stessa brigata Folgore; si tratta di una polemica spesso connotata da accenti sommari di scontro politico, che poco hanno a che fare con la realtà dei fatti. Non credo che esista un caso Folgore: esistono, certamente, casi di «bullismo» in questa unità come, peraltro, in altri reparti; casi che vanno estirpati. Tale brigata ha svolto e svolge compiti di particolare impegno con coraggio, altruismo e professionalità; essa ha un addestramento particolarmente spinto ed ha affrontato esperienze di estrema durezza e sacrificio, nel corso di numerosissime missioni internazionali: le più recenti, in Bosnia, in Albania, nel Kosovo e, come ho disposto stamani, anche a Timor, secondo quanto deciso dal Governo nell'ambito di un contributo italiano alla costituenda forza di pace e di sicurezza dell'ONU per quell'isola. Dunque, sarà la Folgore a partire per Timor, secondo le disposizioni che ho dato stamani.
La Folgore è uno strumento prezioso e indispensabile a disposizione delle Forze armate e al servizio del nostro paese: ciò non toglie che tale brigata, o almeno alcuni dei suoi uomini, possano e debbano essere criticati e perseguiti, quando è giusto e necessario, come è stato ad esempio nel caso della Somalia. La Folgore nel suo complesso, però, è un'unità di élite del nostro esercito, che merita l'apprezzamento e la riconoscenza del paese, così come apprezzamento e riconoscenza merita l'intero complesso delle nostre Forze armate. Le tradizioni di ardimento, lo spirito di corpo, un duro e severo addestramento, che sono così spiccati in alcune unità specialistiche, come quella dei paracadutisti, ovviamente non sono di per sé un reato; al contrario, sono la forza di una brigata che è del tutto particolare, come lo sono le unità di


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paracadutisti in tutto il mondo. Privarsi della Folgore, come da taluni è stato chiesto (voglio credere, soltanto sull'onda di emozioni comprensibili dopo la morte di Scieri), sarebbe semplicemente una sciocchezza operativa e un gesto di autolesionismo per il paese.
Detto questo, debbo anche aggiungere che non vi saranno indulgenze verso la Folgore, come verso qualunque altro reparto e unità, se si ravviseranno reati, indebite tolleranze verso qualunque forma di «bullismo» o di subcultura esibizionistica. Le teste calde che dovessero confondere i valori militari con l'esaltazione della violenza e del «bullismo» non servirebbero alle Forze armate e alla Folgore. Pertanto, non mi sembra che vi siano motivi per avviare un'inchiesta sulla Folgore: questa unità nel suo complesso non è un reparto sotto inchiesta, oggetto di indagine sono singoli individui della Folgore.
Circa il numero telefonico verde che viene richiesto nell'interpellanza, devo dire che esso è operante da tempo e consente di accertare la dimensione del fenomeno e di acquisire denunce su atti di bullismo.
Vengo alla risposta all'interpellanza dell'onorevole Mussi, illustrata dal presidente Spini. Pur essendo molte parti dell'indagine coperte da segreto istruttorio, mi sembra comunque che emergano già ora con chiarezza alcune responsabilità, anche se dovremo attendere i risultati dell'inchiesta per sapere il perché ed il come di quanto è avvenuto. Mi riferisco al mancato rinvenimento - anche altre interpellanze chiedono elementi su questa parte dell'episodio - del cadavere per due giorni e mezzo. Questo è un fatto grave - ne convengo pienamente con coloro che hanno espresso tale giudizio -, non giustificabile per la circostanza che l'episodio è avvenuto alla metà di agosto ed in una zona appartata della caserma.
Per quanto concerne lo svolgersi dei fatti, fin dalle ore 23,15 di quel venerdì 13 agosto lo Scieri risultava assente al contrappello. Il giorno seguente sono iniziate le ricerche del soldato attraverso il suo numero di cellulare, nonché contattando i genitori e la stazione dei carabinieri della località di residenza. Tali ricerche sono proseguite anche nella giornata del 15 agosto, quindi direi che, per quanto riguarda le ricerche all'esterno della caserma, è stato fatto almeno il minimo indispensabile. Il 16 agosto, alle ore 14, il soldato Raggiri, che stava camminando nel lato sud della caserma, incuriosito da un ammasso di rottami di legno, si fermava e vedeva il cadavere del commilitone, che era parzialmente nascosto da quella catasta di legno. Quindi, ha avvertito il maresciallo Bortolotto che, a sua volta, ha avvertito il comandante del nucleo dei carabinieri, l'ufficiale medico ed il comandante interinale. Il ritardo nel rinvenimento del cadavere di Scieri resta un fatto grave che riconduce alla responsabilità di comando del centro di addestramento. Questa è già una verità almeno per l'amministrazione cui il comandante ed il suo vice sono stati chiamati a rispondere: da qui il loro allontanamento.
Non risulta che un militare della stessa compagnia del giovane Scieri sia stato punito per atti di «bullismo» nel periodo di agosto. Ho già spiegato che si è trattato di un caso che risale ai mesi di marzo e aprile e del quale è stata già informata la magistratura militare di La Spezia.
Non esistono - qualcuno ha insinuato il sospetto - limiti invalicabili nelle nostre caserme per l'azione giudiziaria. Ho già precisato le linee guida di un intervento volto ad apportare alcune modifiche al codice penale militare di pace.
Rispondendo alle interrogazioni, vorrei dire all'onorevole Piscitello che ho fiducia che, grazie alle inchieste in atto, si riesca ad arrivare alla verità e ad accertare le responsabilità. Ciò è auspicato sia dal Governo sia dalle Forze armate. Vi è infatti la volontà di costituire Forze armate moderne in cui questi fenomeni non esistano, visto che rappresentano un retroterra di sottocultura del passato e costituiscono un vulnus per la stessa funzionalità del comando delle Forze armate, in quanto generano una gerarchia parallela a quella legittima dei gradi. Il


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«bullismo» costituisce un danno non solo per la tutela dei diritti della persona - tutela alla quale, anche per formazione culturale, sono molto sensibile -, ma anche per la struttura militare, in quanto scuote l'autorevolezza della gerarchia di comando.
Ho già riferito sulle azioni definite per intensificare la reazione al «bullismo» e che riguardano riforme quali l'abolizione della coscrizione obbligatoria, la riforma del codice penale militare di pace, le direttive impartite ai comandi e la conoscenza e l'accertamento del fenomeno attraverso le indagini disposte dal capo di stato maggiore dell'esercito, nonché l'osservatorio sul fenomeno del nonnismo.
Ritengo che, in seguito alla reazione determinatasi contro questo sgradevole fenomeno, il tempo ci darà ragione e riusciremo a vincere. Ricordo che fenomeni di «bullismo» si verificavano anche nelle università all'incirca trent'anni fa, mentre oggi sono praticamente scomparsi. Questi fenomeni non si verificano nelle strutture militari basate sulla professionalità: pertanto, vi assicuro che il «bullismo» all'interno delle Forze armate sarà sconfitto.
La coscrizione: questo è il fenomeno dal quale sociologicamente prende il via il «bullismo». Se avessi avuto qualche dubbio sulla validità dell'impostazione della grande riforma che ho sottoposto al Consiglio dei ministri ottenendone l'approvazione, le vicende tragiche di quest'estate lo avrebbero sicuramente rimosso.
Devo ricordare che un altro elemento significativo della riforma del nuovo modello di difesa è rappresentato dall'ingresso delle donne nel mondo militare. In questo caso non si realizza solo un precetto costituzionale concernente l'uguaglianza di condizioni e le pari opportunità tra cittadini e cittadine.

Sono sicuro che la presenza delle donne con la riforma e la professionalizzazione delle Forze armate potrà essere più rapida e accelerata rispetto a quanto sarebbe accaduto con la semplice eliminazione del divieto delle donne di partecipare ai concorsi e sono certo che anche i fenomeni che stiamo trattando ne saranno fortemente influenzati, nel senso di un loro ridimensionamento.
All'onorevole Alemanno rispondo - ma l'avevo già detto - che il Governo non ha mai parlato e neppure pensato, per la verità, di sciogliere la Folgore e tanto meno ne hanno parlato o vi hanno pensato i vertici militari.
Nessun responsabile della difesa ha mai ritenuto che eliminare un reparto come questo rappresenti una soluzione di un qualche valore; non è pensabile fare a meno di uno strumento di questo genere, meno che mai in un momento in cui l'Italia sta svolgendo un ruolo di altissimo profilo nel contesto internazionale, come gli impegni e gli spettacolari successi - consentitemi di ricordarlo - dell'impiego delle nostre Forze armate, anche nel conflitto del Kosovo, dimostrano ampliamente.
All'onorevole Gasparri e a coloro che hanno accennato a divisioni tra capi di stato maggiore, sottosegretari e ministri, rispondo che tali divisioni non sono fondate, non esistono. Se vi fosse dissenso da parte di militari, che hanno elevate responsabilità di comando, rispetto al vertice politico-militare, esso dovrebbe manifestarsi attraverso le dimissioni perché non vi è altra strada. In ogni caso, lo ripeto, questo dissenso non esiste.
Quanto poi a dichiarazioni che certamente possono essere apparse poco meditate e frettolose, vorrei che si ricordasse, nel momento in cui queste vengono lette, che esse devono avere, per così dire, un nome e un cognome e la notizia della destituzione del generale Celentano non aveva un nome e un cognome perché era una notizia anonima. Che si facciano delle polemiche roventi sulla base di una notizia anonima mi sembra eccessivo. Non vorrei insistere troppo su questo punto che purtroppo si pone nell'ambito di un avvenimento - questo sì! - grave: la morte di un ragazzo, ma debbo dire che le polemiche che ho letto e sentito, sulla base di una notizia d'agenzia anonima, sono andate veramente parecchio al di là del segno del buon senso.


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Rispondendo all'onorevole Spini vorrei dire che sono fiducioso che da parte della magistratura, dei vertici militari e dei responsabili politici vi è una richiesta di verità che non può non essere soddisfatta in ordine al caso in oggetto. Quest'ultimo, infatti, al di là degli eccessi polemici che ho appena ricordato non con piacere, ha sicuramente toccato una corda profonda della sensibilità degli italiani. Sarebbe gravissimo anzitutto per la famiglia di quel povero ragazzo, dei suoi amici e della comunità in cui viveva ma anche per le Forze armate, lasciare questa vicenda senza una risposta, o lasciare che aleggi sulle Forze armate l'ombra del dubbio. Sotto questo aspetto ritengo che le Forze armate debbano essere esattamente come la moglie di Cesare!
Rispondendo all'interrogazione dell'onorevole La Malfa vorrei confermare il mio giudizio sulla brigata Folgore che considero tra le migliori unità del nostro esercito e valuto le nostre tra le migliori Forze armate dell'occidente, come hanno ampiamente dimostrato di essere in tutte le recenti occasioni in cui sono state impiegate.
Ribadisco all'onorevole Gnaga che il fenomeno mostra segni - spero confermati non solo nella loro verità statistico-scientifica, ma soprattutto nella loro tendenza - di diminuzione.
Ho già riferito sulle ricerche avviate quando si constatò l'assenza di Scieri al contrappello della sera del venerdì 13 agosto e ho già detto che, se queste ricerche sembrano aver assolto ai requisiti del minimo necessario, quanto meno per quel che riguarda le ricerche all'esterno della caserma, ciò non vale per quanto riguarda l'interno della caserma e ne abbiamo tratto le conseguenze.
In conclusione, credo di aver fornito un quadro così ampio come la verità a me conosciuta consente di fare e, dunque, non un punto fermo, ma un punto della situazione sul caso Scieri, nonché un quadro ampio sul fenomeno del «bullismo» nelle nostre caserme che ancora si manifesta all'interno delle Forze armate. Credo di aver dato evidenza del grande impegno e dell'ampio spettro del contrasto con cui il vertice politico e militare affronta tale fenomeno. Non possono esistere dubbi sulla volontà del Governo e delle Forze armate di lottare contro di esso fino alla sua scomparsa e veramente non vi è alcun elemento - invito chiunque abbia elementi contrari a fornirli - che possa far pensare alla credibilità di qualche accusa di connivenza o, addirittura, di promozione del «bullismo» che si è sentita echeggiare .
Credo di rendermi interprete dei sentimenti di apprezzamento della difesa per l'attenzione anche critica - spesso molto critica - ma certamente partecipe, che il Parlamento e le Commissioni mostrano verso il fenomeno e la lotta al «bullismo» e per lo stimolo che indubbiamente ci forniscono per una sempre più efficace e capillare azione di contrasto.
Ringrazio in particolare il presidente Spini per le sue parole di sostegno all'attività di Governo per quanto riguarda i due aspetti più gravi, nel senso latino del termine, che abbiamo trattato in questa seduta: la grande riforma del modello di difesa e la ricerca della verità nel caso della morte del giovane Scieri.

PRESIDENTE. Il collega Bono mi chiedeva se, nella sua risposta, lei avesse tenuto presente le sue interrogazioni. Ad avviso dell'onorevole Bono, le sue interrogazioni non sembrerebbero aver ricevuto risposta. Le segnalo questa richiesta perché possa eventualmente completare la sua risposta.

CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI, Ministro della difesa. Può darsi che abbia saltato una risposta. Onorevole Bono, mi scusi.

NICOLA BONO. No, ne ha saltate due!

CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI, Ministro della difesa. Forse lei non si è accorto dei riferimenti alle sue interrogazioni, ma quando dissi, dopo aver descritto i tre livelli dell'azione di contrasto al nonnismo (la grande riforma, la riforma


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del codice penale e le direttive), che il tempo ci darà ragione perché vinceremo questa lotta, mi riferivo alle sue interrogazioni. Ho inoltre osservato che è sociologicamente provato che la coscrizione costituisce il serbatoio più importante del fenomeno del «bullismo» e, quindi, che la forma più efficace di contrasto al «bullismo» è la rimozione del contesto in cui esso si sviluppa, cioè la rimozione della leva obbligatoria. Ovviamente - l'ho già ripetuto fin troppe volte - non stiamo riformando il sistema militare solo per combattere quel fenomeno, ma perché questo ci serve per le funzioni che le nostre Forze armate svolgono e per il ruolo dell'Italia nel contesto internazionale. Fa però piacere capire che ci muoviamo nella stessa direzione rispetto a quell'esigenza.
Le ho detto anche, onorevole Bono, che a mio giudizio l'altro aspetto fortemente qualificante del nuovo modello di difesa, cioè la presenza di elementi femminili nelle Forze armate, costituirà un fattore importante per cambiare in meglio il clima dei reparti ed anche per far sparire quell'elemento grottesco del maschilismo che mi pare chiamino «machismo», che è uno dei tanti «brodi sottoculturali» in cui si sviluppa il fenomeno del «bullismo». Il «machismo», in sé è l'atteggiamento di una persona e, quindi, può anche essere fastidioso ma non è un reato, mentre il «bullismo» è un'altra cosa.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro, anche per questa precisazione; così abbiamo colmato tutto quello che si doveva colmare.
L'onorevole Paissan ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01903.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente, prendo atto delle dichiarazioni del ministro della difesa, il quale in merito al primo gruppo degli interrogativi da me sollevati, riguardante la dinamica dei fatti che hanno portato alla morte di Emanuele Scieri, ci ha riferito che il Governo non ha a disposizione informazioni più precise od ulteriori rispetto a quelle conosciute attraverso i mezzi di informazione e che intende affidarsi alle conclusioni dell'indagine della magistratura ordinaria e di quella militare. Prendo atto di ciò ed anche dei giudizi espressi dal Governo sull'intera vicenda.
Su questo aspetto il ministro ha affermato che ritiene infondato il diffuso timore che sull'intera vicenda cada una coltre di silenzio, un silenzio espressione di complicità e di omertà diffuse. Spero, signor ministro, che lei abbia ragione; non ho motivi per affermare il contrario e neanche per sostenerlo perché, ovviamente, lei stesso non è responsabile di eventuali interventi, complicità od omertà che dovessero ritardare, o addirittura impedire, la ricerca della verità.
A questo riguardo lei non ha espresso quel giudizio - un giudizio politico - che le avevo chiesto non su un atto della magistratura, non su un atto giudiziario, ma su una esternazione di un magistrato. Ovviamente, non glielo chiedevo in quanto ministro della difesa, ma sotto il profilo della responsabilità politica del Governo.
Le ho citato una dichiarazione che continuo a ritenere improvvida, inopportuna, fondata su un pre-giudizio, di quell'ufficio del pubblico ministero di Pisa che ha voluto escludere il coinvolgimento di altre persone nei fatti di quella notte. Perché non ha escluso il fatto che Emanuele Scieri fosse solo? Quel magistrato ha voluto fare un comunicato per escludere solamente una delle ipotesi in campo. Personalmente avrei mosso obiezioni anche di fronte a dichiarazioni di senso contrario da parte di un magistrato che aveva iniziato da poche ore l'indagine su un fatto così grave. Quando parliamo di paese normale e di giustizia normale ci riferiamo anche alla necessità che i magistrati sappiano svolgere il loro compito senza incursioni in campi non loro. Quel comunicato significava voler tutelare l'istituzione militare. Non credo che questo sia compito di un magistrato che aveva appena iniziato un'indagine.

Sul fenomeno della degenerazione chiamata nonnismo, lei, signor ministro,


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ha fatto un'operazione che definirei di «ripulitura semantica» e che apprezzo, nel senso che nonnismo è un termine quasi simpatico, che deriva da nonno. Temo, però, che questo limite lo abbia anche il termine «bullismo» con il quale lei lo ha sostituito; la cinematografia del neorealismo è piena della tipologia del bullo come figura simpatica, interessante, a suo modo affascinante, che produceva imitazione. In quest'opera di ripulitura semantica, però, a un certo punto lei ha buttato lì un termine assai più indicato: teppismo, teppismo da caserma. Usiamo, allora, questo termine, che mi sembra maggiormente in grado di suscitare ostilità, avversione, rifiuto e rigetto, per indicare quei fenomeni dei quali lei parlava in termine di sopraffazione, spavalderia e violenza.
Ho apprezzato la sua intenzione di proporre - spero quanto prima - una modifica legislativa per introdurre un reato specifico che faciliti l'azione della magistratura.
Prendo atto di tutto ciò, ma la strada è ancora lunga perché occorre scardinare un atteggiamento culturale diffuso nell'ambiente, anche se rigettato dai militari più avvertiti, più colti, più in sintonia con i valori maturati nella società civile. C'è tuttora, però, un settore delle Forze armate dove l'incultura porta a tollerare, se non a sostenere e favorire, i fenomeni di teppismo da caserma, di machismo, di ostentazione della forza e della violenza intese come sinonimo di affermazione, di realizzazione in termini personali, una povertà questa, anche dal punto di vista psicologico ed esistenziale, che ha quasi bisogno di quei gesti vigliacchi contro i colleghi più deboli per autoaffermarsi.
Trovo significativo, signor ministro - la invito a riflettere un attimo su questo aspetto perché ne desumo conseguenze opposte alle sue su una certa illusione riguardante la professionalizzazione delle Forze armate -, che spesso siano vittime di tali gesti giovani laureati, giovani scolarizzati, giovani con un futuro professionale brillante davanti a loro, mentre i protagonisti di tali atti sono ragazzi meno fortunati dal punto di vista sociale, meno scolarizzati, meno introdotti nel mercato del lavoro, con condizioni sociali e culturali di netta inferiorità. In caserma, magari con la tutela dell'ambiente militare, si presenta a questi ragazzi meno fortunati forse l'unica occasione della loro vita per affermare una sorta di rivalsa di tipo sociale verso chi è stato più fortunato, ha avuto modo di realizzarsi, di studiare, di laurearsi o di diplomarsi.
Questa è una riflessione amara che, però, dovrebbe rappresentare una preoccupazione anche riguardo alla prospettiva, che io non osteggio in termini di principio - ne critico le modalità -, della professionalizzazione integrale delle Forze armate. Tutti i futuri soldati volontari faranno parte di quei settori sociali che ho definito meno fortunati; tra i soldati non vi sarà più un laureato e - penso - nemmeno un diplomato, con tutto ciò che ne può conseguire in termini di depauperamento culturale delle nostre Forze armate. Dico ciò - lo ripeto - senza alcuna ostilità di principio verso la scelta della professionalizzazione.
Più in generale, signor ministro, non concordo davvero con la sua affermazione secondo la quale l'abolizione della leva obbligatoria e l'introduzione delle donne soldato di per sé rappresenterebbe una garanzia contro questi fenomeni, perché l'esperienza americana ci dice esattamente il contrario. Negli Stati Uniti è in corso una campagna di stampa molto forte contro, per esempio, i frequenti casi di molestie e violenze sessuali contro le donne soldato nelle caserme. Recentemente, molti di noi avranno visto in televisione le riprese, fatte da una telecamera nascosta in una caserma (ovviamente di soldati professionisti), di violentissimi, pazzescamente violenti riti di iniziazione di soldati professionisti nelle caserme americane ed anche questo episodio ha suscitato una polemica aspra sulla stampa. Perciò, non semplifichiamo eccessivamente i problemi. Queste degenerazioni ci sono anche nell'ambito dell'esercito professionale e non vale la sua affermazione riguardo ai carabinieri,


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perché quello che vale per le forze di polizia non sempre vale per le forze militari. Occorrerà tenere costante anche domani, con l'esercito professionale, la mobilitazione, la sensibilizzazione, la repressione rispetto a questi fenomeni.
Torno conclusivamente ad Emanuele Scieri. Qui tutti abbiamo detto: vogliamo la verità. La vogliamo noi parlamentari di tutti i settori. La vuole - mi permetto di dirlo, signor ministro, e mi rivolgo in particolare al Presidente della Camera in questo momento - la città di Pisa, che ospita quella caserma e che da tre legislature ho l'onore di rappresentare qui alla Camera dei deputati. La vuole soprattutto la famiglia, che io non conosco, ma che, vista da lontano, mi è sembrata aver vissuto con estrema dignità la tragedia che l'ha colpita. Vogliono la verità anche tutti quegli amici che a Siracusa si sono costituiti in un comitato che significativamente è stato chiamato «Giustizia per Lele». Dobbiamo la verità, che è premessa della necessaria azione di giustizia, alla memoria di Emanuele Scieri, un brillante giovane siciliano cui lo Stato aveva chiesto dieci mesi di vita ed al quale invece è stata sottratta l'intera vita. Noi vogliamo sapere perché ed eventualmente anche da chi gli è stata sottratta.

PRESIDENTE. L'onorevole Pecorella ha facoltà di replicare per l'interpellanza Prestigiacomo n. 2-01919, di cui è cofirmatario.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, signor ministro, sarò molto chiaro sulle ragioni per cui non possiamo non dichiararci del tutto insoddisfatti della sua risposta.
Sono state poste domande inquietanti, che chiedevano chiarezza, che chiedevano di sapere perché, come e in quale misura l'amministrazione opererà per fare chiarezza sulla vicenda, come avrebbe dovuto essere suo compito. Ebbene, alle domande inquietanti, a questa richiesta di conoscenza abbiamo avuto risposte che io credo possano essere definite burocratiche, poco più di una lista di propositi poco incisivi, che non servono per accertare la verità, ma neanche per porre termine al nonnismo, se non in una prospettiva lontana di una diversa organizzazione delle Forze armate. Ed io ripeto l'espressione nonnismo perché ha un suo significato che si radica in un atteggiamento culturale.
Non si tratta del singolo, non si tratta del bullo e neanche del teppista, ma si tratta d'un modo di concepire il servizio militare e il rapporto con i più giovani che sono ammessi in quel momento ad una carriera che li porterà, se non cambia il tipo di cultura, ad essere anch'essi nonni e a praticare il nonnismo. L'aumento delle pene, questa panacea di cui ci serviamo continuamente, non potrà certo fare nulla contro tale atteggiamento e tale forma culturale.
Sono d'accordo che si deve attendere con serenità e con pazienza il risultato delle inchieste, ma non sono d'accordo sul fatto che sia rimasto al suo posto colui che con la sua sola presenza, come accade sempre là dove un possibile crimine si svolge all'interno di una istituzione chiusa, potrebbe turbare i risultati dell'indagine.
Sono convinto che il generale Celentano è depositario di un tipo di cultura che, volente o nolente, dà forza al nonnismo. Dunque, questo non può non incidere in qualche modo su quella necessità di andare a fondo, di scavare fino in fondo e di avere la disponibilità di tutti coloro che possono dare un apporto alle indagini. Se faccio questa affermazione la faccio in modo consapevole di fronte alla lettura di quel testo che viene chiamato zibaldone che ha un solo risvolto e una sola interpretazione possibile: un responsabile di così alto rango che trasmette un testo di quel genere, se non lo trasmette con una forte critica, con una forte indicazione, con un forte indirizzo che tutto quello che viene scritto non deve essere eseguito diventa, in qualche misura, una forma di esempio che può essere seguito.
Non si possono indicare forme di nonnismo come quello della bicicletta per cui si incendiano i piedi di un giovane


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militare per farlo camminare e correre come se andasse in bicicletta e non dire nello stesso tempo che questo è un fatto terribile, gravissimo, da condannare. Se questo non si dice, c'è una responsabilità, ma questa non è stata rilevata da lei, signor ministro.
D'altra parte, se il capo di stato maggiore si è sentito in dovere di segnalare quello scritto è perché, per i suoi contenuti, esso si prestava ad interpretazioni che un giovane, un meno giovane o un militare, addestrato necessariamente anche all'uso della violenza, poteva interpretare come una specie di codice di comportamento di coloro che, più vecchi, ritengono di avere diritti sui più giovani. Del resto, l'averlo inviato al capo di stato maggiore e contemporaneamente a subordinati ha un significato preciso. Infatti, se fosse stato un testo che induceva alla non-imitazione, anzi alla condanna, si doveva attendere che il capo di stato maggiore indicasse se quel testo fosse idoneo alla funzione che oggi si scopre avere.
D'altra parte, il sottosegretario alla difesa Brutti ha dichiarato al Corriere della Sera che quel testo contiene risvolti stupefacenti e di stampo nazista; che è singolare che sciocchezze del genere vengano raccolte; che diventa colpevole se esse non sono accompagnate da un giudizio severo.
Non ci risulta che quel testo fosse accompagnato da un giudizio severo. Lei attende con serenità e fiducia che la verità sia accertata, ma mi consenta di domandarle: che cosa ne è stato delle indagini su vicende analoghe accadute in Somalia? Che cosa ne è stato delle quattro inchieste che erano state aperte e dalle quali si aspettava, come oggi, quella verità che rischiamo di non avere mai?

Credo che del suo discorso e della sua risposta convenga, più che citare ciò che ha detto, citare ciò che non ha detto. Signor ministro, non ci ha detto, per esempio, come ella intenda proteggere coloro che hanno la forza ed il coraggio di denunciare casi di nonnismo. Non ci ha detto cosa intenda fare, ella signor ministro, perché finalmente si instauri all'interno delle caserme una vigilanza e gli episodi non si ripetano o, se si ripetono, siano immediatamente individuati. Soprattutto, non ci ha detto che cosa ella intenda fare, signor ministro, perché, con interventi culturali appropriati, sia cancellata la cultura della violenza e del nonnismo.
È ciò che non ci ha detto che qualifica la sua risposta. Naturalmente, mi sembra di essere stato inequivoco nella mia replica e voglio ancora osservare che di un fatto di tanta rilevanza per tutti noi si è trasformato il senso, il valore. Le risposte non vi sono state e voglio concludere sottolineando che le istituzioni militari non si difendono stendendo veli pietosi su deviazioni, errori ed eccessi, ma cercando e dicendo subito la verità, quindi intervenendo subito perché lo spirito di difesa del paese non sia quello della sopraffazione nei confronti di nessuno.

PRESIDENTE. L'onorevole Romano Carratelli ha facoltà di replicare per l'interpellanza Soro n. 2-01910, di cui è cofirmatario.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Signor Presidente, ritengo che il dibattito che si è svolto realizzi qualche obiettivo: intanto, dimostra che vi è un'attenzione da parte del Parlamento e che la vicenda Scieri non può essere ignorata o passata sotto silenzio. È stato dichiarato da molti, e va ribadito, che la vicenda deve segnare un punto di svolta, a prescindere, alla fine, addirittura da come questa morte è avvenuta. Da un lato vi è l'esigenza di sapere cosa è avvenuto, dall'altro, comunque, quanto è avvenuto provoca nella coscienza civile del paese una forte risposta ai fenomeni deteriori della vita militare, di cui il Governo ed il Parlamento si fanno interpreti, mentre l'istituzione dell'esercito non può sottovalutarla.
Crediamo, signor ministro, che la sua risposta sia il segnale che il Governo ha recepito questo evento ed in tal senso la sua risposta ci appare soddisfacente; per onestà verso noi stessi, però, dobbiamo


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annotare che vi è quantomeno una parte della sua risposta che non ci sentiamo di accettare e condividere: si tratta della valutazione del caso Celentano (al riguardo condivido quanto ha detto il collega che mi ha preceduto). La vicenda ha determinato una sensibilità nuova e diversa, perché la sua risonanza è stata eccezionale: si pone dunque il problema di come le famiglie ed i cittadini italiani l'hanno interpretata. Bisogna inoltre tenere presente la dichiarazione della madre di Emanuele Scieri, che credo abbia colpito la sensibilità del paese, e che voglio ricordare: ho dato allo Stato un figlio giovane, colto, che aveva davanti un avvenire e mi viene restituito un figlio morto. Questa vicenda ha provocato una grande emozione nel paese ed il dibattito sul fenomeno - che può essere chiamato come si vuole, nonnismo, «bullismo», teppismo, ma tutti sappiamo cos'è - fa capire che è ora di dare una svolta, di segnare il punto su di esso perché sicuramente va sconfitto alla base. Il nonnismo è una tipica espressione di un certo modo di intendere i rapporti all'interno della caserma, ma è presente anche ai livelli di comando. Le vicende dei generali Cirneco e Celentano, infatti, testimoniano che sono tali livelli sono stati se non complici, almeno silenti.
Condivido fino in fondo l'annotazione da lei fatta sull'articolo 260 del codice militare e, da parte nostra, come partito popolare, ci faremo carico del problema per quanto di nostra competenza. Mi riferisco, in particolare, all'introduzione di un'aggravante specifica in presenza di episodi di nonnismo, «bullismo» o teppismo. L'articolo 260 deve essere superato anche perché è la testimonianza di un modo di intendere il rapporto di vita all'interno delle Forze armate che non possiamo più accettare e condividere. Non è accettabile e non è condivisibile, oggi, che un cittadino offeso, al quale è stato arrecato un danno, per potersi tutelare secondo i diritti dei cittadini sanciti dalla legge debba avere l'autorizzazione, il permesso, il giudizio insindacabile del proprio superiore, che va oltre la legge. Occorre modificare tale disposizione proprio per un fatto culturale ed è necessario dare un segnale in questa direzione.
In conclusione, vorrei dire che i discorsi pronunciati in questa sede, a mio avviso, possono aiutare l'esercito e la Folgore. Credo vi sia stata una coscienza civile nel paese e nel Parlamento ed il rapporto fra le istituzioni democratiche, fra queste e l'esercito negli ultimi cinquant'anni è stato sicuramente esemplare. In questa sede non credo vi sia chi è pregiudizialmente contro l'esercito o contro la Folgore e non riteniamo che discutere casi simili significhi voler attaccare l'esercito o la Folgore. Noi vogliamo difenderli e vogliamo che queste istituzioni forniscano le risposte che lo Stato democratico si aspetta. Per fare ciò riteniamo necessario adottare alcuni provvedimenti; non pensiamo che difendere la Folgore e difendere l'esercito sia solo una dichiarazione di intenti, una sponsorizzazione gratuita per ottenere titoli e benemerenze. A nostro avviso l'esercito e la Folgore fanno parte del paese e siamo convinti che l'esercito abbia una grande rispondenza nella coscienza civile.
Come lei ha dichiarato più volte, signor ministro, ci stiamo avviando verso l'esercito di professionisti e le indagini in materia ci confermano che il paese ormai è maturo per questo passaggio. Non vi è dubbio che, a prescindere dal fatto che l'introduzione dell'esercito di professionisti potrà eliminare il nonnismo, quindi da un risultato aggiuntivo rispetto agli obiettivi che tale operazione si pone, bisogna avere idee chiare e fornire indicazioni altrettanto chiare, sapendo che l'esercito di professionisti deve aumentare la capacità democratica del paese e non può essere al di fuori del nostro controllo. Devo dare atto allo stato maggiore di aver condotto, in particolare negli ultimi tempi - e mi riferisco alle cifre da lei indicate e che io conosco -, una seria lotta nei confronti di questo triste fenomeno. Va dato atto, altresì, allo stato maggiore di avere capacità e rapidità di decisione per intervenire nei confronti dei vari avvenimenti, là dove essi si verificano.


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PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01916.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione l'esposizione del ministro e debbo dire al senatore Scognamiglio che, benché faccia tutti gli sforzi possibili e immaginabili per dichiararmi insoddisfatto, rivestendo un ruolo non di governo, ma di opposizione, non riesco a farlo.
Signor ministro, ho accolto la sua illustrazione guardando all'aspetto positivo, ma soprattutto facendo un'apertura di credito in questo particolare momento. Credo che tutti facciamo un'apertura di credito nei confronti del Governo rispetto ad una vicenda drammatica come quella di Scieri: essa è in relazione all'azione che ella, signor ministro, si è impegnato a svolgere in questo particolare momento per perseguire la verità, superando omertà e difese di corporazioni e avendo ben presente la storia del passato, che non va dimenticata.
La storia molte volte ritorna in tutta la sua drammaticità, con gli aspetti positivi e con quelli negativi e gli aspetti positivi non possono diluire o vanificare i fatti negativi, che rimangono profondamente scolpiti nel nostro cuore e nel nostro animo. Mi riferisco alle vicende della Somalia, che sono state già richiamate in questa sede, ma anche a tante altre che hanno contrassegnato la storia delle Forze armate.
Non vi è dubbio che il giudizio complessivo nei confronti delle forze armate è positivo e noi oggi vogliamo lavorare per difendere la loro credibilità. Certamente la vicenda di un giovane il cui corpo è rimasto abbandonato per due giorni e mezzo, ma soprattutto il tentativo di minimizzarla costituiscono un dato preoccupante. Ciò riguarda ovviamente il personale delle forze armate e, a tale proposito, dobbiamo porci alcuni interrogativi, perché, se vogliamo determinare fatti nuovi nel processo di modifica e di rinnovamento delle Forze armate, ciò non si deve tradurre in un fatto burocratico e amministrativo.
Il nuovo modello di difesa - termine consumato nel tempo - non è una parola d'ordine, ma costituisce il tentativo che in questo momento stiamo facendo per collegare l'efficienza e la qualità professionale ai bisogni ed alle esigenze del paese. Le Forze armate non sono e non possono essere un peso; noi vogliamo Forze armate che siano in sintonia con le esigenze di un paese che vuole avviarsi rapidamente verso prospettive di progresso e di sviluppo civile.

Questo è un dato da non sottovalutare, signor ministro, perché in una società democratica come la nostra occorre domandarsi se le formazioni sociali rappresentino l'occasione per progredire ovvero siano un impoverimento. Già negli anni scorsi ci siamo domandati se stare in una caserma sia una crescita sul piano personale o un impoverimento, se il servizio militare favorisca l'arricchimento delle esperienze, se sia da considerare una palestra di democrazia di libertà in sintonia con le conquiste che vogliamo assicurare al paese o se rappresenti un passo indietro rispetto ai grandi valori che hanno animato una grande stagione politica e democratica del nostro paese. Stare in caserma significa vanificare i grandi valori della famiglia ed inseguire altri tipi di ideali? A mio parere, stare nelle caserme significa arricchire la propria personalità, ma, se non è così, significa che non abbiamo assicurato alle Forze armate una qualità adeguata.
Affermare, come abbiamo più volte e in varie sedi fatto, la necessità di rendere più democratiche le Forze armate, più aperte verso l'esterno attraverso una serie di organismi rappresentativi posti a diretto contatto con la società civile significa non enfatizzare la vicenda Celentano perché sarebbe stupido farlo, così come sarebbe stupido trovare, nell'ambito di un'unica organizzazione, un unico responsabile. È la cosa più facile e più sciocca che si possa fare, anche perché spesso la responsabilità unica viene fatta ricadere


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sui più deboli (tanto per capirci). La vicenda Celentano è indicativa, come lei ha osservato signor ministro, di un clima. Non si tratta tanto dello zibaldone, quanto del fatto che questo insieme di stupidità mostra il clima esistente all'interno delle caserme. Se lo zibaldone, esprime questo malessere, questa grande confusione, questa irrazionalità, questo narcisismo e soprattutto le violenze di vario tipo (di linguaggio e di interpretazione culturale), allora davvero assume un valore drammatico. L'antimeridionalismo o il nazismo sono dati antidemocratici; è come se si volesse creare una società di uomini per favorire uno scadimento dei valori. No! Le caserme non sono off limits rispetto ai valori, i quali devono essere rispettati nella società, nelle caserme e nelle scuole! I diritti dei cittadini vanno difesi dovunque e una società misura il proprio progresso sulla base dei valori che riesce a far rispettare e a garantire, soprattutto in comunità come le caserme.
Il discorso è molto più ampio perché bisogna capire se le riforme che vogliamo adottare tengano nel debito conto questi aspetti.
In passato vagheggiavo che le Forze armate non fossero un minus rispetto alla scuola dal punto di vista della formazione.
Sono d'accordo sull'iniziativa dello stato maggiore di istituire l'osservatorio per il monitoraggio sui fenomeni di teppismo e di nonnismo; tuttavia, dopo il monitoraggio, che cosa verrà fuori? Il monitoraggio chi dovrebbe riguardare? I ragazzi di leva? Perché non andiamo a vedere le responsabilità di alcuni ufficiali e sottufficiali? Signor ministro, le ho già detto queste cose ieri mattina in Commissione difesa. Perché non andiamo a monitorare alcune caserme che sono invivibili, in quanto vi sono violenze, non da parte dei ragazzi su altri ragazzi, bensì sul piano della gestione? Perché non vogliamo vedere che esiste un malessere diffuso all'interno delle Forze armate, dove vi è gente che ritiene di essere maltrattata o disconosciuta dalla società e avverte un senso di frustrazione che si ripercuote negativamente sul funzionamento dell'esercito?
Signor ministro, non ci illudiamo! Quel che mandiamo all'estero è tutto ciò che abbiamo: le brigate Folgore, Tuscania, Col Moschin, Garibaldi, sono quel che abbiamo. Signor ministro, lei ha acconsentito ad inviare forze militari a Timor est ed io sono d'accordo; ma se vi dovessero essere altre richieste del genere, non so dove andremmo a recuperare le truppe specializzate sul piano professionale.
Signor ministro...

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, deve concludere.

MARIO TASSONE. Mi avvio a concludere. Ritengo che questo dibattito possa essere importante e fondamentale se quanto detto dal ministro costituirà il suo impegno nella vicenda del povero Emanuele Scieri; non solo: vi è un'esigenza di chiarezza e giustizia che parte da questa vicenda e che investe, certamente, il futuro delle Forze armate e del nostro paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01918.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, signor ministro, talvolta si ha l'impressione dell'inutilità di questi dibattiti, non solo perché sono ripetitivi, ma perché l'Italia è un paese fatto in un certo modo. Ho sentito oggi riesumare le vicende della Somalia riguardanti la Folgore; ho letto articoli di fondo sui giornali che, facendo riferimento alla Somalia, danno per verità storica accertata un comportamento inqualificabile di violenza e di prevaricazione da parte dei nostri soldati in quella situazione. Sono state istituite quattro commissioni di inchiesta su quei fatti: quella missione è stata rivoltata come un calzino, per usare la frase di un famoso pubblico ministero...

PRESIDENTE. Certamente non di Pisa.


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CARLO GIOVANARDI. ...non di Pisa. Il presidente Gallo, che aveva come collaboratrici in quella commissione la signora Zevi e la signora Tina Anselmi - quindi, persone non particolarmente orientate a favore delle Forze armate - venne in Commissione a riferire sulla vicenda, con sua grande sorpresa, ma anche con un po' di commozione. Tutte le agenzie internazionali presenti sul territorio hanno dato atto dello splendido comportamento dei soldati italiani; nessuna responsabilità è emersa nei confronti dei due comandanti, i generali Loi e Fiore, i quali hanno pagato duramente, in termini di progressione di carriera, il proprio leale comportamento. Ciò nonostante, si continua a parlare di quella missione in termini falsi e mistificatori.
Ebbene, non vorrei che il dibattito di oggi arrivasse alle stesse conclusioni. Mi sembra patetico e, alla fine, mi fa anche tenerezza il generale Celentano: questo razzista, questo «mangia terroni» - nato a Roma, nato a «Roma ladrona» e, quindi, non del nord - che è così scaltro da raccogliere - non da scrivere, come è stato detto in maniera assolutamente sbagliata - una serie di luoghi comuni che circolano in tutto il paese e non solo nelle caserme, di barzellette e di battute e da inviarle - pensate un po' - per via gerarchica al capo di stato maggiore! Egli ha sottoposto quella raccolta ai superiori perché la leggessero e la apprezzassero o - come nel caso specifico - gli dicessero che non era il caso e che la mettesse via. È veramente un pericoloso razzista, questo generale Celentano! Ma anche qui non vi è nulla da fare: è evidente che egli ha inviato quel documento in buona fede e con buone intenzioni; è evidente che quei pregiudizi e quelle battute non le ha inventate lui: sono battute e filastrocche che circolano all'interno della società italiana, in cui vi è del razzismo. No, deve esserci un capro espiatorio!
In questo senso, quindi, ho apprezzato che il ministro non si sia lasciato travolgere da questa polemica manichea, pretestuosa (magari, se non ci fosse stato Celentano, ma un altro generale, sarebbe stato trattato, per motivi diversi, nella stessa maniera), però devo anche ricordare che noi siamo dei politici, dei parlamentari - in quello zibaldone si faceva riferimento anche al generale Patton -, mentre ai generali non sempre si richiede di essere fini politici, splendidi dicitori, persone piene di diplomazia. Alcuni di loro lo saranno, Eisenhower ne era un esempio, ma ci sono anche generali che hanno la predisposizione a fare i generali, il che richiede caratteristiche che non sono sempre quelle dell'uomo politico, ma quelle dell'uomo d'azione, che magari quando viene intervistato dai giornalisti, come è successo in quei giorni, si fa imbrogliare, ma per la cattiva fede dei giornalisti, non sua. Questi ultimi, per esempio, se il generale afferma il giorno prima: «può essere nonnismo, può essere stato un incidente, non lo so, faccio varie ipotesi», quando il giorno dopo il pubblico ministero dichiara, allo stato degli atti, di escludere l'omicidio e l'episodio di nonnismo, riportano le dichiarazioni del generale come se fossero state rese il giorno successivo, creando quindi una inesistente polemica con il pubblico ministero, che aveva fatto un'affermazione a lui favorevole.
Si può parlare di ingenuità, ma, ripeto, i generali non frequentano il Transatlantico tutti i giorni, non conoscono le malizie della stampa: quelli, poi, dei paracadutisti, passano il tempo a buttarsi giù dagli aerei, quindi hanno una predisposizione per la vita attiva più che per le manovre di corridoio. Apprezzo allora, da questo punto di vista, che, sia pure nella confusione del momento, il Governo abbia saputo discriminare tra le varie situazioni e non si sia lasciato travolgere da una canea che alla fine, certo, spazza via le nostre Forze armate.
Ma noi cosa vogliamo dalle Forze armate? Il collega Tassone diceva poc'anzi cose intelligenti, ma forse non è mai stato in un liceo, forse non è mai stato in una scuola media, né ha mai giocato in una squadra di calcio o di pallacanestro, forse non è mai stato in qualsiasi ambiente in cui ci sono dei giovani. Se, infatti, si


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meraviglia che in caserma si usi, per esempio, un linguaggio da caserma, forse si meraviglierebbe perché nei licei si usa un linguaggio da licei e nelle squadre di calcio un linguaggio da squadre di calcio, non da convento. A me sembra, qualche volta, di essere veramente fuori dal mondo, quando sento descrivere certe situazioni!
Devo anche dire un'ultima cosa, anche se mi costa farlo. Il collega Romano Carratelli ha dichiarato che lo ha colpito particolarmente l'affermazione della madre di Scieri, la quale ha detto: «ho dato allo Stato un figlio e me l'ha restituito morto», mentre io, sinceramente, ho apprezzato molto di più il comportamento dei genitori di Verona, che avevano affidato tre figlie agli scout ed hanno vissuto una tragedia indicibile, perdendo le figlie. Quella comunità si è stretta attorno alle ragazze che avevano perso la vita ed anche ai loro cari, che hanno dichiarato di apprezzare lo spirito di sacrificio, l'altruismo, la generosità dei loro capi, che pure in qualche modo erano stati causa della terribile vicenda che aveva coinvolto le loro figlie: eppure li abbracciavano, stavano loro vicini e si rifiutavano di trasformare, prima ancora che fosse chiarita la dinamica dell'incidente, una tragedia familiare in un'azione legale con sette avvocati. Vorrei che si riflettesse, certe volte, anche su quello che viene chiamato antimeridionalismo: a volte, questo nasce anche da un'osservazione della realtà, in cui certe reazioni a determinati avvenimenti sono forse un po' sopra le righe. Allora, ci sono Italie differenziate anche di fronte a tragedie così gravi. Lungi da me l'idea di giudicare, però, forse, un pochino più di sobrietà nell'affrontare queste vicende renderebbe un servizio non soltanto alla famiglia (che ha diritto di conoscere non «una» verità, ma «la» verità), ma anche, complessivamente, a tutta la società italiana.

PRESIDENTE. L'onorevole Manzione ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01920.

ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, cercherò di essere «obiettivamente» breve, e qualifico in questo modo la brevità perché a volte affermiamo di esserlo, mentre si tratta soltanto di una valutazione personale.
Alla fine di questa tornata di interpellanze e di interrogazioni sul caso Scieri, mi sembra che ognuno abbia potuto dire quello che voleva, ma che tutti abbiamo dovuto in qualche modo riscontrare che, nonostante la risposta cortese, per certi versi molto burocratica e puntuale, sostanzialmente in merito al caso di Emanuele Scieri non abbiamo saputo niente di più di quello che sapevamo prima.

Sappiamo che ci sono tre indagini in corso: una da parte della magistratura militare, una da parte della magistratura ordinaria e una da parte di quella amministrativa. Per il resto non sappiamo nulla. Probabilmente la previsione avrebbe potuto essere fatta prima.
Mutuando le parole dell'onorevole Giovanardi, il quale diceva che in fondo noi siamo politici, mi chiedo in che modo un politico intenda utilizzare un momento di sindacato ispettivo come questo per fare luce su una situazione e ricavare gli elementi necessari a comprendere un fenomeno. Probabilmente le indagini in corso non ci consentiranno di fare luce su di esso; alcuni giudicheranno questa risposta, che ho definito, forse ingiustamente, burocratica, perché obiettivamente dovuta, un tentativo di copertura, mentre altri penseranno sia un rituale stanco che deve consumarsi.
Ritengo che tutti noi dovremmo verificare se, alla luce di quanto affermato dal ministro e delle informazioni che ci siamo scambiati, valga la pena di immaginare il tragico momento della morte di Emanuele Scieri come quello nel quale il Parlamento rivendica la possibilità di prendere cognizione di un fenomeno che è complesso e difficile da spiegare. Questo non può realizzarsi se non con l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta, al di là della vicenda del giovane Scieri che potrebbe probabilmente avere connotati e matrici diverse.


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In questa logica, per obbedire al freddo burocratese che ci viene imposto, mi dichiaro parzialmente soddisfatto per la risposta del ministro in quanto egli ha fatto quanto era suo dovere, ma mi rendo conto che la nostra pretesa di immaginare un percorso che ci porti a vedere uno spiraglio di verità non esiste. Se sono consapevole che il tempo serve ad accertare la verità, sono altrettanto consapevole che a volte esso serve ad offuscarla. Le dichiarazioni preventive del pubblico ministero di Pisa vanno nella dimostrazione di un atteggiamento preconcetto che poco si concilia con la necessità di lasciar passare il tempo necessario ad accertare i fatti e ad arrivare alla verità.
Pertanto, bisogna rivendicare la capacità di immaginare, come dicevo prima, un percorso che porti i politici a fare valutazioni politiche: se questo Parlamento è convinto che gli strumenti ordinari per accertare la verità non riescano ad arrivare alla verità o lascino dubbi rispetto ad un percorso più certo, sarà giusto andare nella direzione di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta.
Come ho detto nel corso dell'illustrazione dell'interpellanza, ho girato alcune strutture militari meridionali interessate da fenomeni di nonnismo. Mi sono recato anche a Forte Boccea, conosciuto dai più in quanto oggetto di un fenomeno definito di nonnismo. Vi fu, infatti, un diverbio tra due militari di leva che si concluse con il morso di uno all'altro: in un momento come l'attuale, l'opinione pubblica definì anche questo un fenomeno di nonnismo. In realtà non fu così, perché vi era una differenza di stazza tra i due militari ed il più piccolino, forse ricordando l'episodio di Tyson visto in televisione, cercò di divincolarsi con un morso.
Quello che ho accertato in quella caserma e che mi permetto di sottoporle è che tale struttura carceraria militare, che ha la possibilità di accogliere 120 detenuti e ne accoglie solamente 30, registra solo 5 detenuti militari. Le chiedo, signor ministro, se sia giusto mantenere in vita una struttura obsoleta come quella di Forte Boccea, che lei certamente conoscerà, che ha alcune camerate ricavate nelle grotte ed altre all'interno di alcuni container che nemmeno io, che ho visto quanto è accaduto dopo il terremoto dell'Irpinia nel 1980, avevo mai visto. Si vive in condizioni pietose, con servizi igienici che non sono scadenti, ma semplicemente non sono servizi igienici. Le chiedo, signor ministro, se una struttura come quella di Forte Boccea, che ha bisogno di 200 militari di leva, abbia ragione di esistere ancor oggi che abbiamo strutture carcerarie quali quella di Santa Maria Capua Vetere che sono molto più moderne. Glielo dico perché lei quando ha elencato quei sette «comandamenti» che dovrebbero ispirare questa filosofia nuova, ha parlato (al punto tre, se non ricordo male), anche della qualità della vita nelle caserme.
Ed allora se è vero che tale indicazione corrisponde ad una di quelle che in qualche modo, creando, per così dire, un ambiente meno obsoleto e difficile, servono a fare immaginare che non c'è bisogno di una correlazione tra due mondi completamente diversi e che il servizio militare è una continuazione della vita civile, se questo è vero, dicevo - e lo si coglieva dalle sue parole - faccia in modo, magari dopo aver visitato Forte Boccea, perché certe cose non possono rimanere nascoste, di correre ai ripari non soltanto con proposizioni ma anche con atteggiamenti che vadano nella logica di quanto ho detto.

PRESIDENTE. L'onorevole Cangemi ha facoltà di replicare per l'interpellanza Nardini n. 2-01921, di cui è cofirmatario.

LUCA CANGEMI. Signor Presidente, prima di soffermarmi sulla risposta del ministro, mi consenta di dire che trovo gravemente sbagliate le parole che ha pronunciato in quest'aula l'onorevole Giovanardi, e mi dispiace che il collega non sia presente in aula in questo momento.
Invitare la famiglia di Emanuele Scieri ad una maggiore sobrietà è una cosa - lo dico con grande franchezza - che mi ha


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lasciato agghiacciato. Spero - lo dico sinceramente - che l'onorevole Giovanardi abbia modo di riflettere su questa sua affermazione e trovi il modo di chiedere scusa alla famiglia di Emanuele Scieri.
Credo che da parte nostra ci debba essere una grandissima solidarietà umana nei confronti della famiglia di Emanuele Scieri. Non conosco personalmente i genitori, il fratello e gli altri familiari del ragazzo, ma da quanto ho potuto vedere dall'esterno penso che ci debba essere da parte nostra una grande considerazione per la dignità che hanno manifestato in questa difficilissima e tragica circostanza. Inoltre, sempre da parte nostra - e ciò rientra proprio nel nostro compito istituzionale - ci deve essere un grande sostegno alla loro giusta e sacrosanta richiesta di giustizia e verità.
In ordine alla risposta del ministro la nostra non può essere che una posizione di radicale insoddisfazione. Siamo insoddisfatti per la sua risposta; siamo insoddisfatti di come il Ministero della difesa, e più in generale il Governo, continui ad atteggiarsi rispetto a questo grave episodio e ai gravi problemi generali in esso sottesi. Credo che tale atteggiamento - e lo dico con franchezza e rincrescimento - non favorisca l'opera di ricerca della verità. Più in generale questo atteggiamento rivela - e purtroppo non è la prima volta che ciò si verifica - un ritardo politico e culturale grave.
Signor ministro, penso che il modo con il quale lei ha trattato oggi la questione dello zibaldone sia pesantemente negativo per tutti noi, per gli italiani e per le istituzioni.
La posizione che per il Governo lei ha manifestato in quest'aula implica una corresponsabilità. In questo caso minimizzare significa essere corresponsabili.
D'altra parte, anche altri punti della sua risposta lasciano gravemente perplessi. Ad esempio, quando lei cita cifre che dimostrerebbero una diminuzione dei fenomeni di nonnismo o di teppismo - chiamiamoli come vogliamo, questo dibattito terminologico mi affascina assai poco - cade in una contraddizione logica: lei afferma che nel 1998 l'aumento dei casi accertati di nonnismo è sintomo dell'aumento delle denunce, mentre per l'anno successivo la diminuzione dei casi significherebbe una diminuzione del nonnismo e non delle denunce. Mi sembra - lo ripeto - una contraddizione logica, ma il punto grave non è questo. Da anni il Ministero della difesa e i vertici delle Forze armate ci dicono che il nonnismo, la prevaricazione e le violenze nelle caserme stanno diminuendo, salvo poi a trovarci continuamente di fronte a casi di nonnismo sempre più numerosi e sempre più gravi; da anni assistiamo a questa tragica contraddizione tra le affermazioni dei ministri della difesa e dei vertici delle Forze armate e la realtà di tante nostre caserme.
In questo mese, a seguito della tragica vicenda Scieri, fino a questa mattina abbiamo potuto leggere o ascoltare notizie circa le vicende gravissime che accadono nelle nostre caserme. Persino un esponente politico che di tutto può essere tacciato tranne che di antimilitarismo come l'onorevole Tassone, fino a poco fa ci offriva un quadro fortemente preoccupante. Ma la posizione del ministro della difesa, come di molti altri suoi predecessori, è quella della minimizzazione, anzi di affermare che i problemi si stanno risolvendo. Purtroppo non è così, e la scelta di minimizzare implica una responsabilità politica che non ci tranquillizza affatto per il futuro; allo stesso modo non ci tranquillizza affatto negare esplicitamente che esista un problema Folgore. Tale problema esiste: se qualcuno non lo vuole vedere è a motivo di una presa di posizione politica, tanti fatti ricordati in quest'aula ce lo dimostrano. Per rifondazione comunista il problema continuerà ad esistere e proporremo l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sulla brigata Folgore affinché si faccia chiarezza sulle tante vicende e sulle dinamiche che ancora oggi la governano.
Infine, signor ministro, mi lasci dire - anche se ciò richiederebbe un tempo maggiore, ma sicuramente troveremo altre


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occasioni - che il problema del nonnismo, della violenza nelle Forze armate non verrà risolto dalla professionalizzazione, come lei ha affermato nella sua replica. È una presa di posizione priva di fondamento rispetto alla realtà di tanti altri paesi che hanno forze armate professionali e che indica anche una superficialità che non ci conforta. Noi abbiamo una posizione politica netta su questo punto e vorremmo confrontarla con posizioni politiche distanti, opposte ma sostanziose, non con la superficialità. Già un altro collega le ha ricordato un episodio, tra le migliaia che riguardano le forze armate americane, in cui si dimostra come vi siano riti consolidati di violenza strutturata in forze armate iperprofessionalizzate.

Non c'è bisogno - lo ripeto - di dimostrare l'inconsistenza di questa sua affermazione. Ciò che ci preoccupa politicamente è la superficialità con cui si fanno queste asserzioni, una superficialità che poi produce degli effetti - ne sono purtroppo convinto - anche nella gestione quotidiana delle nostre Forze armate. Invece questo tragico episodio e tutto ciò cui abbiamo assistito in queste settimane ci conferma che è necessario fare nuova luce sulle Forze armate, sul loro effettivo funzionamento, sul clima che si respira in tante caserme. Sappiamo che non possiamo contare sul suo aiuto per fare questo; noi cercheremo di procedere con le nostre forze.

PRESIDENTE. L'onorevole Rizza ha facoltà di replicare per l'interpellanza Mussi n. 2-01922 e per l'interrogazione Spini n. 3-04214, di cui è cofirmataria.

ANTONIETTA RIZZA. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, noi ci dichiariamo parzialmente soddisfatti. Francamente, alcune risposte ci sembrano insufficienti. Certo, sono in corso tre inchieste, ma forse in ordine ad alcuni semplici interrogativi posti da più parti, anche nella nostra interpellanza, ci si aspettava già oggi qualche risposta.
Perché dopo il primo contrappello si è detto che il ragazzo era scappato e quindi non è stato cercato in caserma? Perché si sono aspettati tre giorni prima di avvertire la famiglia - non è vero che è stata avvertita subito - e che quando quest'ultima è stata informata, le è stato detto che il figlio si era suicidato?
Come emerge dalla perizia medico-legale di parte, Emanuele non è morto subito e se fosse stato soccorso avrebbe potuto essere salvato. Non si è trattato quindi di un suicidio o di morte accidentale. Inoltre, le lesioni riscontrate sul corpo fanno ipotizzare atti di violenza subiti dal giovane. Tutto questo è scritto nella denuncia-esposto del legale della famiglia.
Ad oggi, ad oltre un mese dal fatto, non risultano esserci persone iscritte nel registro degli indagati. In qualsiasi altro luogo ci sarebbero già, quantomeno, avvisi di garanzia.
Signor ministro, il Parlamento ha il diritto di esprimere un giudizio sulla vicenda. Nessuno vuole pronunciare a priori condanne o anticipare sentenze generalizzate sulle Forze armate, sulla Folgore, sui vertici e sulle caserme, ma se in vicende come quella di Emanuele Scieri non si evidenziano responsabilità precise e se non vengono adottati provvedimenti che puniscano i responsabili, il rischio sarà che il clima di sospetto da parte dell'opinione pubblica si riversi sul complesso dell'organizzazione militare del nostro paese.
Indubbiamente il fatto che ad un mese dalla morte di Emanuele non siano ancora stati individuati i responsabili è motivo di apprensione. Il ministro ha poteri perché siano individuati e puniti i responsabili. Ho apprezzato quanto lei, signor ministro, ha detto questa sera sulla sua ferma decisione e volontà di andare fino in fondo e credo che questi poteri, quando il caso lo rende necessario, debbano essere esercitati per non creare un clima di discredito su un'amministrazione, quella militare, che invece deve sapersi meritare la fiducia dei cittadini e delle famiglie che mandano i figli a prestare servizio militare.


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Quanto affermato dall'onorevole Giovanardi su una diversa reazione dei genitori del nord da quelli del sud è ridicolo; onorevole Giovanardi, in questa vicenda cosa c'entra la sobrietà? C'è bisogno - è stato detto da lei, signor ministro, e ripreso da tanti altri colleghi - di un cambio radicale di cultura; c'è bisogno di azioni di controllo. Siamo d'accordo; nei prossimi giorni il nostro gruppo presenterà una proposta di legge di modifica dell'articolo 260 del codice penale militare di pace; mi fa piacere che lei, sia ieri sia oggi in aula, abbia annunciato la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge di modifica del codice indicato. Proporremo, appunto, di configurare il nonnismo nelle caserme come una autonoma fattispecie di reato.
Ieri la Commissione difesa ha chiesto al Presidente della Camera di poter disporre una indagine conoscitiva e, su questa scelta, vi è stato accordo da parte di tutti i gruppi; credo si tratti di un fatto importante e se in futuro, al termine dell'indagine conoscitiva, si dovesse presentare la necessità di una Commissione d'inchiesta, come è stato già affermato ieri e confermato questa sera dal presidente Spini, certamente non vi saranno ostacoli da parte del nostro gruppo.
Signor ministro, quanto da lei riferito questa sera in ordine allo zibaldone e all'atteggiamento del generale Celentano non mi convince del tutto perché la posizione assunta dal capo di stato maggiore, generale Cervoni, che ha ordinato di ritirarlo e di inviarlo all'autorità giudiziaria, è certamente una posizione ferma; avremmo preferito che detta posizione venisse confermata dal Governo.
Cari colleghi, ho assistito ieri al dibattito che si è svolto in seno alla Commissione difesa e ho ascoltato oggi in aula dal primo all'ultimo intervento; ci sorprende la posizione assunta da alleanza nazionale e da forza Italia perché ieri, ma anche nelle settimane e nei giorni scorsi, l'onorevole Giannattasio e l'onorevole Gasparri hanno dichiarato una cosa, mentre oggi ne abbiamo ascoltate altre. Ci sono due linee? Da una parte, infatti, criticano il Governo e la maggioranza per non aver difeso le Forze armate, dall'altra, ci sono deputati, che immagino parlino a nome del gruppo, che accusano di non aver rimosso il generale Celentano. Tutto ciò, a mio modo di vedere, non è serio prima di tutto nei confronti delle Forze armate e della Folgore, in secondo luogo nei riguardi del Parlamento.
Milioni di famiglie e di giovani hanno seguito la triste vicenda di Emanuele nel mese di agosto; la città di Siracusa, le istituzioni locali, l'intera provincia si sono strette attorno alla famiglia e agli amici di Emanuele. Ai genitori di Emanuele è stato chiesto se si sentano di avere fiducia nelle istituzioni; essi hanno risposto - e concludo - ad Aldo Mantineo, giornalista della Gazzetta del Sud, che immediatamente ha provveduto a raccogliere sensazioni, scritti, commenti in un libricino intitolato Il fiore strappato, che uscirà in questi giorni. In particolare, il papà di Emanuele così rispondeva: «Devo, ho l'obbligo di avere fiducia, di sperare, di ritenere che sia fatto tutto il possibile per capire cosa sia accaduto. Ma, ripeto, tutto il possibile, senza appiattimenti su posizioni precostituite e senza ricerca di un colpevole a tutti i costi. L'abbiamo detto sin dal primo momento: non cerchiamo vendette ma giustizia. Dunque, se qualcuno ha sbagliato è doveroso che paghi secondo giustizia. Non posso non credere in chi con il proprio lavoro e il proprio impegno è chiamato ogni giorno a dimostrare concretamente il proprio senso del dovere. È un conforto questo mio dover credere». Credo, signor ministro, Presidente, colleghi, che non dobbiamo tradire queste aspettative.

PRESIDENTE. L'onorevole Piscitello ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-04210.

RINO PISCITELLO. Signor Presidente, credo sia utile fare una premessa. Sono rimasto sconcertato e francamente preoccupato dall'intervento del collega Giovanardi, che di fatto ha sostenuto che la reazione delle madri del nord davanti alla


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perdita dei loro figli è diversa e più contenuta, più sobria, di quella che hanno le madri del sud. È una dichiarazione non solo razzista, ma che offende in questo caso particolare la famiglia e la città di Siracusa, che attorno alla famiglia si è stretta e che ha semplicemente chiesto verità e giustizia. Io chiedo formalmente al segretario del partito a cui il collega Giovanardi aderisce, l'onorevole Casini, di prendere le distanze da questa dichiarazione, che ritengo di una gravità straordinaria. Devo aggiungere che se non fossimo nell'aula del Parlamento chiederei che la frase fosse cancellata dal verbale, tanto la ritengo grave, ma anche poco opportuna e assolutamente offensiva per la stessa Assemblea.

PRESIDENTE. La responsabilità personale, come quella politica, è esclusivamente del soggetto che agisce. Non ci sono segretari che fanno i correttori di bozze, almeno per ora!

RINO PISCITELLO. Non era una critica al Presidente, per carità. La frase mi ha molto colpito, anche per la sua rozzezza.
Signor ministro, non posso dirmi del tutto soddisfatto della sua risposta, in ordine soprattutto ad una questione, mentre devo dire che per molte altre la sua risposta è stata puntuale e precisa. Sulla questione che riguarda il caso del generale Celentano e dello zibaldone, voglio dire, a nome del gruppo dei democratici, che noi riteniamo che non vi sia solo un problema relativo alla procura militare. Verificata una situazione che si è creata e che ha portato numerosi cittadini a chiedere che fosse fatta chiarezza, il Governo e credo anche gli alti vertici militari hanno certamente il dovere di investire la procura militare, ma io ritengo che sia compito del Governo e del ministro della difesa esprimere un giudizio di tipo «politico» ed in relazione ad esso dire a questo Parlamento se ritengano che, indipendentemente dal fatto che esista o meno un reato, sussistano le condizioni perché quell'esponente delle Forze armate autore dello zibaldone comandi una brigata, peraltro di grande prestigio. Non credo a provvedimenti di tipo punitivo immediato, ma ritengo che in quel caso avrebbe potuto essere più utile un segnale da parte del Governo. In ogni caso, il giudizio della procura è di tipo legale, mentre quello che deve provenire dal Governo, qualsiasi esso sia, è di tipo strettamente politico, ma anche funzionale rispetto a quei compiti.
Per il resto, signor ministro, le ripeto che ho trovato la sua risposta per molti aspetti precisa e puntuale. Alcuni colleghi l'hanno criticata, ma invece io ritengo che il metodo della risposta formale punto per punto dovrebbe essere seguito in altre occasioni in cui alle interrogazioni parlamentari si risponde invece in modo generico. Questo caso ha molte ombre che vanno evidentemente chiarite. I colleghi le hanno esplicitate tutte. Non ritorno sulle vicende, sugli orari ed altro.
Ognuno si forma una sua opinione. Io credo che la probabilità che si tratti di un fenomeno di nonnismo è elevatissima, mi pare che sia nella logica della ricostruzione dei fatti, però questo dovrà accertarlo la magistratura e non il Governo. Non c'è dubbio in proposito.
A proposito di una sua precisazione, io preferisco utilizzare il termine nonnismo, non tanto perché «bullismo» può avere interpretazioni diverse, forse più leggere o attenuate, ma perché l'elenco dei fatti in questione che sono sempre stati chiamati nonnismo vengono più semplicemente spiegati dal termine con il quale la gente comune lo capisce. Con «bullismo» la gente comune, di primo acchito, capisce altre cose perché esso richiama altri fatti ed altre fenomenologie. Credo che la fenomenologia in questione venga oggettivamente richiamata dal termine nonnismo e come tale venga considerata grave.
Signor ministro, lei rischia di dare l'impressione di chi vuole attenuare non volendo evidentemente farlo, come si evince dal suo intervento.
Dobbiamo compiere il nostro dovere in due direzioni: in primo luogo, di fronte alla famiglia e in secondo luogo di fronte


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all'esercito italiano e alla Folgore. La famiglia ha diritto alla giustizia, però l'esercito italiano va difeso. L'esercito italiano deve difendere il suo onore e la sua tradizione di difesa della democrazia. Vorrei dire ad alcuni colleghi, e non a lei che ha fatto un intervento chiarissimo, che non si difende l'istituzione militare difendendo il cretinismo e la barbarie che sono altre categorie.
Noi non le chiediamo lo scioglimento della Folgore, anzi noi riteniamo che la Folgore sia un pezzo della storia dell'esercito italiano. Noi però chiediamo al ministro di fare una verifica sull'indice di democraticità e di fedeltà alle istituzioni democratiche di alcuni (noi riteniamo che siano una assoluta minoranza) appartenenti ai vertici dell'esercito italiano e soprattutto di alcuni ufficiali che hanno dato il cattivo esempio.

PRESIDENTE. Onorevole Piscitello...

RINO PISCITELLO. Signor Presidente, lei si renderà conto del fatto che alcuni colleghi hanno «sforato» i tempi a loro disposizione, ma comunque vado rapidamente alle conclusioni.

PRESIDENTE. Se me ne fossi accorto, avrei dovuto richiamarli. Lei ha parlato due minuti in più.

RINO PISCITELLO. Solo un attimo di pazienza.

PRESIDENTE. Ho una pazienza biblica, ma il regolamento non ce l'ha.

RINO PISCITELLO. Questo va fatto per difendere l'esercito italiano. Per difenderlo va accertata la verità, vanno smascherati tutti gli episodi di nonnismo che ancora oggi esistono nelle caserme, anche per la memoria di Emanuele Scieri, parà italiano caduto nella sua caserma probabilmente per un semplice e vigliacco atto di nonnismo.

PRESIDENTE. Mi dispiace interrompere i colleghi che parlano, ma sono sempre attento a non fare due pesi e due misure. Nel codice, a proposito di nonnismo, c'è anche un reato che si chiama violenza privata. Se venisse usato qualche volta, non ci sarebbe bisogno di definizioni semantiche.
L'onorevole Bono ha facoltà di replicare per le sue interrogazioni nn. 3-04202 e 3-04203.

NICOLA BONO. Signor ministro, sono totalmente insoddisfatto della sua risposta, nel merito - e ne spiegherò il motivo - ma anche nella forma perché lei, tra l'altro, non ha risposto ad una delle due interrogazioni che ho presentato in data 24 agosto (anche se sono state pubblicate successivamente nel resoconto del 10 settembre), relativa all'accertamento dei comportamenti del pubblico ministero di Pisa in ordine al modo in cui è stata condotta l'inchiesta. Chiedo al Presidente di voler mantenere questa interrogazione perché possa ricevere risposta al più presto giacché ad essa non si è fatto alcun riferimento nella risposta del Governo. Essa aveva invece un suo significato. Appena tre giorni dopo la scoperta del corpo (come risulta dai giornali del 21 agosto 1999), la procura della Repubblica di Pisa ha sentito il bisogno, non richiesta, di affermare che allo stato degli atti non risultava (chiaramente, sintetizzo) che fossero emersi elementi per ritenere vi fosse il coinvolgimento di altre persone per quanto atteneva alla determinazione delle cause del decesso. Un fatto, questo, che ha determinato una perplessità aggiuntiva rispetto al modo in cui veniva condotta l'inchiesta, anche perché il comportamento della procura di Pisa era ben diverso da quello della procura militare, che invece nello stesso momento dichiarava che erano aperte tutte le ipotesi di lavoro attorno al tragico evento.
Nel merito della sua risposta, signor ministro, considero scandaloso che, ad oltre un mese dal tragico evento, ben tre inchieste non siano state ancora in grado di dare risposte su ciò che accadde quella sera al povero Emanuele Scieri in caserma. Il suo impegno di non fare calare


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il silenzio sulla vicenda stride fragorosamente rispetto al fatto che i ritardi dell'inchiesta potrebbero determinare esattamente la condizione che lei vuole scongiurare: i tempi non sono neutri rispetto all'accertamento della verità. Ciò che ci ha lasciati sconcertati, come è emerso anche in altri dibattiti, è stato il modo in cui hanno reagito alcuni protagonisti della vicenda: in primo luogo il comandante della caserma Gamerra che, nei primi giorni successivi alla scoperta del cadavere, ha lungamente insistito sulla presunta accidentalità dell'accaduto, preoccupato, più che di scoprire la verità e di spiegare ciò che realmente era accaduto, di occultare eventuali responsabilità.
Lei, poco fa, nella sua risposta, ha detto che è grave il fatto che un corpo sia stato scoperto dopo tre giorni all'interno di una caserma: non è grave, signor ministro, è inammissibile! È assolutamente inaccettabile che ciò sia accaduto ed è alla base dei dubbi e delle perplessità che con forza pretendiamo di chiarire. Si è fatto bene, quindi, a rimuovere il comandante Cirneco, mentre si fa male ad accettare tempi lunghi per l'accertamento della verità, perché delle due l'una: o è stato un fatto accidentale, ed in un mese vi sono le condizioni per accertarlo dal punto di vista delle dinamiche che possono essersi verificate, o è stato un fatto criminoso, ed allora è molto grave che, di fronte ad un'ipotesi criminosa, vi sia la necessità di allungare i tempi d' inchiesta, come se si operasse in un ambiente impermeabile alla possibilità di accertare determinati fatti, magari per un malinteso senso dell'onore.
È questo il punto, perché io che nella mia formazione mi sono abbeverato ai valori sacri della patria ed ho sempre nutrito, e continuo a nutrire, il massimo rispetto ed ammirazione nei confronti delle Forze armate in generale e della Folgore in particolare, pretendo la verità sul caso Scieri, non solo per Emanuele, per la sua famiglia, per gli amici e tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo ed apprezzarlo, ma anche per salvaguardare l'onore della Folgore e dell'esercito, che non può uscire dalla vicenda in questo modo, pena la sua irreversibile delegittimazione.
Ecco perché non accetto alcune facili difese d'ufficio che vi sono state, rispetto alle quali esprimo sconcerto. Devo infatti esprimere la mia presa di distanza da quanto dichiarato dall'amico onorevole Giovanardi, di cui ho stima incondizionata, ma che stasera, forse in un eccesso di difesa, ha superato il limite ed è arrivato ad un paragone infelice tra la tragedia dei giovani scout di Verona e la vicenda di Scieri: basterebbe solo notare che la dinamica di ciò che è accaduto in quel caso è conosciuta, mentre in questo vorremmo ancora capire cosa sia successo. E questo non è di poco conto! D'altronde, non si attacca la famiglia, o addirittura si accenna ad un problema di sobrietà se si ricorre a sette avvocati per avere l'accertamento della verità.
Concludendo e accogliendo l'invito del Presidente, anche per tranquillizzare l'onorevole Rizza, desidero chiarire che non esiste alcuna differenza di posizione all'interno di alleanza nazionale. Quando ho detto e ribadito che sulla vicenda del generale Celentano, relativamente allo zibaldone, non bisogna fare confusione fra il caso Scieri e lo zibaldone, ho affermato esattamente il contrario di quanto ha affermato il ministro questa sera. Egli ha detto - ed è questo che non accetto - che non si è rimosso Celentano per lo zibaldone perché si correva il rischio di far capire che si rimuovesse per la vicenda Scieri. Questo è grave ed è questo l'aspetto che va stigmatizzato perché sul caso zibaldone il Governo non ha detto nulla, non ci ha spiegato perché Celentano mandi quella raccolta indegna che è un condensato di valori antinazionali! Quando un comandante di esercito definisce la Sicilia «Gheddafiland», non si può giustificare in alcun modo.

PRESIDENTE. Onorevole Bono, deve concludere.


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NICOLA BONO. Concludo, Presidente. Sono quattro ore che sono seduto in quest'aula.

PRESIDENTE. Anch'io.

NICOLA BONO. Sì, ma lei con meno carica passionale di me, se mi consente, in questo caso, solo in questo caso.
Non si può accettare impunemente che un comandante resti e addirittura che si giustifichi un comportamento che meriterebbe ben altre indagini ed analisi, con la scusa di non confondere le idee.
Concludo dichiarandomi insoddisfatto soprattutto per quanto riguarda la questione della presentazione, anzi della presunta presentazione della proposta di legge. Lei, signor ministro, poco fa ha detto che ha presentato una proposta di legge per l'abrogazione del servizio militare di leva e che il servizio militare di leva è collegato strettamente al fenomeno del nonnismo, ma a tutt'oggi quella proposta di legge non è stata formalizzata alle Camere. Lo reputo un fatto grave, inaccettabile, un fatto che dimostra ancora una volta l'inaffidabilità di un Governo che si affida agli effetti annuncio per giustificare la propria incapacità a governare e a gestire il suo ruolo.

PRESIDENTE. L'onorevole Alemanno ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-04213.

GIOVANNI ALEMANNO. Signor Presidente, signor ministro, non posso dichiararmi soddisfatto nemmeno io delle dichiarazioni rese in risposta alle nostre interpellanze ed interrogazioni. Non mi riferisco solo alla situazione dell'indagine attorno alla morte di Emanuele Scieri, sulla quale mi associo completamente a quanto già affermato dal collega Bono ed alla presa di distanza rispetto alle infelici dichiarazioni del collega Giovanardi, il quale non può fare una differenza fra le mamme d'Italia da nord a sud perché è un'affermazione inaccettabile ed inascoltabile. La mia insoddisfazione è riferita soprattutto all'oggetto della mia interrogazione nella quale avevo sottolineato il rischio della presenza di un progetto di smembramento della Folgore. Il ministro ci ha risposto che ciò non è vero, che non esiste alcun progetto di questo genere, tuttavia non posso non ribadire alcune perplessità e dubbi. Per spiegarli parto da un documento ufficiale, per poi giungere a delle voci che, però, per la loro provenienza ed autorevolezza, ci lasciano inquieti. Il documento ufficiale è l'intervento del capo di stato maggiore dell'esercito del 21 giugno 1999 al Centro alti studi della difesa. Egli annuncia che: «...la componente forze speciali dell'esercito sarà oggetto di provvedimenti di tipo organizzativo volti ad ottenere un aumento della capacità dell'esercito in tale settore, divenuto particolarmente sensibile alla luce degli ammaestramenti che le forze armate hanno tratto dalle numerose missioni internazionali svolte nell'ultimo decennio. L'ipotesi attualmente allo studio prevede i seguenti provvedimenti di carattere generale: adeguamento organico del 9 reggimento paracadutisti d'assalto Col Moschin per conferirgli capacità di emanare il comando di una special operation task force; conversione addestrativa e operativa del battaglione alpini paracadutisti Monte Cervino ed ancora trasformazione ordinativa del 185 reggimento d'artiglieria paracadutisti in reggimento acquisizione obiettivi».

Questa breve nota, fatta dal capo di stato maggiore dell'esercito nell'ambito di questo intervento, avrebbe come ulteriore sviluppo un progetto di elaborazione a livello di FOP di Milano (comando forze di proiezione), in cui sostanzialmente tutti i reparti della brigata avrebbero destinazioni diverse.
Il reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania potrebbe passare alle dipendenze del comando generale dell'arma, qualora si attuasse il progetto di quarta forza armata per l'Arma dei carabinieri.
Il nono reggimento paracadutisti d'assalto Col Moschin e il 185 reggimento d'artiglieria passerebbero ad altre dipendenze, proprio in ragione della trasformazione in reggimento acquisizione obiettivi.


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Tale operazione priverebbe la brigata di una capacità operativa autonoma, perché la priverebbe del reggimento artiglieria.
Il 183, il 186 e il 187 reggimento paracadutisti passerebbero alla dipendenza delle brigate Garibaldi, Friuli e Taurinense e vi sarebbe il ricollocamento geografico di uno di questi reggimenti al sud, a Caserta, rompendo sostanzialmente l'unità geografica della brigata che attualmente è tutta collocata in Toscana.
Inoltre, il Ceapar (ex Smipar), cioè la scuola di paracadutismo, passerebbe dalla brigata all'ispettorato scuole in quanto ente addestrativo.
In questa maniera, formalmente non vi sarà un decreto di scioglimento della brigata Folgore, ma questa serie di adempimenti di carattere organizzativo, magari diluiti nel tempo, potrebbero portare sostanzialmente alla perdita dell'unità operativa della stessa.
Questo progetto, queste voci possono essere anche semplicemente un'ipotesi di scuola, fatta in termini di pura elaborazione. Tuttavia, quando tale realtà si coniuga alla ricorrente richiesta da parte di forze significative della maggioranza di scioglimento della brigata Folgore - su tale aspetto si è dichiarata in termini netti e prolungati una forza di maggioranza, quali sono i verdi -, tutto ciò dà la sensazione che un'eventualità di questo tipo possa verificarsi.
È chiaro che, di volta in volta, la reazione, non solo delle forze politiche di centro-destra, ma anche dei cittadini e delle Forze armate, porta ad un rinvio, ma la sensazione è che tale importante realtà del nostro esercito non venga valorizzata come dovrebbe e, in qualche modo, non venga promossa rispetto a nuovi obiettivi.
Personalmente sono convinto che fenomeni come quello del nonnismo, di degrado della vita militare esistano soltanto in ragione di una carenza di addestramento, di utilizzo e di motivazioni dal punto di vista degli obiettivi, fermo restando che vi sono aspetti della vita militare ed anche atteggiamenti di carattere goliardico, anche discutibili, ma sostanzialmente legati alla vita interna di una caserma, come il famoso zibaldone, che secondo me non costituiscono notizia di chissà quale reato o problema.
Tuttavia, al di là di ciò, il vero problema delle nostre Forze armate è quello di dar loro una proiezione ed un intenzione precisa e, soprattutto, quello di valorizzare la tradizione storica. Un esercito è fatto di tradizione, di memoria, di unità e identità dei reparti e di grande capacità di seguire la modernità dell'impiego militare e di essere presente nella realtà operativa, cioè di sentirsi sostanzialmente utile alla promozione della funzione e del ruolo del nostro paese nel mondo.
Se questi due obiettivi verranno perseguiti, sono convinto che episodi come quelli del nonnismo, episodi della vecchia leva, in cui sostanzialmente i «marmittoni» non facevano nulla dalla mattina alla sera, perché si trattava di un esercito sostanzialmente inutilizzato e senza vere proiezioni di carattere nazionale, saranno rapidamente prosciugati e superati.
Anche in tale dimensione si dà un valore e un significato all'azione di tutti quelli che volontariamente, come Emanuele Scieri, hanno scelto non la via più comoda per fare la leva militare, ma l'impegno più profondo nei confronti della patria.
Concludendo, sottolineo anche che l'attesa della presentazione alle Camere del progetto di legge sulla trasformazione dell'esercito in esercito di professionisti e volontari non ci dà sensazioni chiare e precise. Non si può tenere un intero esercito in attesa di questa trasformazione senza neanche sapere se il Governo abbia trovato le risorse necessarie per realizzarla.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Gasparri: si intende che abbia rinunziato alla replica per la sua interrogazione n. 3-04158.


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Constato l'assenza dell'onorevole La Malfa: si intende che abbia rinunziato alla replica per la sua interrogazione n. 3-04212.
L'onorevole Gnaga ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-04219.

SIMONE GNAGA. Signor ministro, non credo che in questo caso ci si possa dichiarare soddisfatti o insoddisfatti della risposta, anche perché lei, a mio parere, ha risposto con coerenza e con ricchezza di particolari riguardo ai vari quesiti che le sono stati posti. Rimane comunque per ciascuno la possibilità di dare un'interpretazione politica della sua risposta.
Concordo pienamente con la collega Prestigiacomo la quale osservava che l'attenzione si è spostata più sul problema del nonnismo, fenomeno sul quale occorrerebbe avviare un dibattito più approfondito poiché non riguarda solo le Forze armate ma anche altri ambienti, come quello universitario. Come lei stesso ha osservato, spesso l'anzianità consente ingiustificatamente forme di prevaricazione dei diritti dei singoli.
Al di là di tutto questo, la vicenda dell'allievo paracadutista Scieri ha impressionato tutti non tanto per la sua tragicità (e qui manifesto la nostra solidarietà verso una famiglia colpita tanto duramente nei propri affetti) quanto perché si tratta dell'ennesimo caso che si verifica all'interno delle Forze armate, e non solo nella Folgore. Ma ancor più grave è che il corpo di un uomo sia stato rinvenuto all'interno della caserma solo a tre giorni di distanza dalla morte.
Anche al riguardo mi sembra che il ministro abbia fornito una risposta soddisfacente. Non intendo fare la difesa d'ufficio del ministro (anche perché non ne ha bisogno), ma sono stati individuati subito i responsabili amministrativi del mancato o insufficiente controllo interno, nonostante fosse stata certificata l'assenza di Scieri nel contrappello serale del giorno 13 agosto.
Di questa risposta posso ritenermi soddisfatto perché vi è stata un'individuazione di responsabilità, mentre ora aspettiamo con ansia le risultanze delle tre indagini avviate, in particolare quella della magistratura ordinaria, affinché i responsabili siano individuati per soddisfare quel senso di giustizia che altri colleghi hanno posto in risalto.
Per quanto riguarda il giudizio politico, dissento del tutto dal collega Romano Carratelli. Anche se la Folgore è spesso al centro di dibattiti politici a volte inutili, va ricordato che lo zibaldone era già noto a certe strutture dello stato maggiore della difesa. Come è stato detto, si tratta di una raccolta di contenuto talmente volgare e stupido che anche le parti di un certo valore perdono significato. Era noto che le strutture militari si erano rivolte alla magistratura perché intervenisse nei confronti del generale Celentano. Il problema è che dello zibaldone se ne è occupato sulla stampa un senatore dei verdi abituato più ai salotti radicalchic di Roma che alla conoscenza delle realtà sociali. Per esempio, la cartina geografica denominata pseudoleghista che divide in modo offensivo la nazione gira da lunga data anche negli ambienti universitari. Inoltre, come ha osservato lo stesso generale Celentano, la raccolta dei luoghi comuni, anche se infelici, viene portata dai ragazzi all'interno delle strutture militari. Per questo bisogna combattere il fenomeno del nonnismo. Signor ministro, io continuo a chiamarlo così perché, come lei ha osservato, esso presenta un aspetto temporale che non esiste nel «bullismo». Il bullo che entra in un reparto militare per la prima volta non è un «nonno», anzi sarà vittima dei «nonni».

Il nonnismo, invece, è quell'aspetto militare che il ministro, nella sua relazione, ha citato: i «nonni» sono più vicini alla scadenza del servizio militare e, quindi, sono «anziani» non per età, ma in quanto sono più vicini alla scadenza dell'anno di leva obbligatoria. Vi è, quindi, questo aspetto temporale che pone in risalto il carattere dell'anzianità; il termine nonnismo, quindi, rende di più l'idea perché ha dentro di sé quell'idea del tempo che non è contenuta nel «bullismo»: anche il bullo che entra in una


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caserma può essere soggetto, purtroppo, ad atti di nonnismo. Il teppismo, invece, è da tutte le parti e può esservi anche in caserma, è un fenomeno che può essere visto...

PRESIDENTE. Onorevole Gnaga, il tempo a sua disposizione è terminato.

SIMONE GNAGA. Mi appresto a concludere. Voglio esprimere un riconoscimento nei confronti della Folgore per le cose che sono state dette anche dal ministro. Oltretutto, oggi, è stato confermato l'invio di uomini della Folgore a Timor est. Permane, tuttavia, un dubbio che spero venga chiarito: ogni volta vi è un'agenzia di stampa che divulga notizie. È successo in questo caso; è successo nel caso della Somalia, quando fu divulgato il contenuto della relazione della Commissione Gallo: vi è un'agenzia di stampa che annuncia notizie che in realtà non sono tali, affermazioni che non sono vere e non sono state fatte da nessuno. Queste notizie provocano confusione e creano situazioni di difficoltà.
Mi rivolgo al collega Cangemi e ad altri colleghi di rifondazione comunista ai quali voglio far notare che vi sono state affermazioni estremamente pericolose nei giorni immediatamente successivi alla scoperta del corpo del povero Emanuele Scieri. Tali affermazioni hanno portato ad esasperazione ed intolleranza nei confronti dei giovani allievi paracadutisti nella città di Pisa, i quali sono stati aggrediti fisicamente da personaggi legati a certi ambienti che possono essere collegati ai centri sociali presenti nella città; questi ultimi si sono quasi sentiti giustificati nel fare giustizia sommaria e nell'attaccare fisicamente i giovani allievi paracadutisti.
In conclusione, alcune affermazioni dovrebbero essere pronunciate con più responsabilità da parte di tutti, noi per primi - ci mancherebbe altro -, ma trovo che certe agenzie di stampa, prima di lanciare certe notizie, dovrebbero appurarle meglio, a meno che non vi sia una volontà di spargere benzina sul fuoco (Applausi dei deputati del gruppo della lega forza nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni sulla morte dell'allievo paracadutista Emanuele Scieri, appartenente alla brigata Folgore.

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