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Seduta del 10/2/2000


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Audizione di Eugenio Sicurezza, comandante generale delle capitanerie di porto.

PRESIDENTE. Saluto l'ammiraglio Sicurezza, il quale è accompagnato dai comandanti delle capitanerie di porto di Livorno e di Milazzo. Il tema di cui andiamo a parlare è molto specifico: l'affondamento dell'Erika e le ipotesi avanzate. Essendo la tematica assai complessa, è forse opportuno che io chiarisca prima in che senso la Commissione d'inchiesta è interessata alla vicenda.
Il nostro interesse ha sostanzialmente due motivi: da fonti stampa e da notizie attinte sulla rete Internet sembra, con un elevatissimo grado di probabilità, che la petroliera Erika sicuramente (in questo ambito di probabilità elevatissimo) trasportasse sì prodotti petroliferi, ma con la caratteristica di rifiuti pericolosi, ciò anche


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sulla base della costituzione dei materiali spiaggiati durante il naufragio.
La Commissione è peraltro interessata a questo aspetto avendo già attivato al suo interno un gruppo di lavoro sui traffici di rifiuti a livello internazionale, ma vi è un altro aspetto per noi rilevante e cioè appare certo che l'Erika avesse come destinazione il porto di Livorno e come ultimo terminale nel baricentro del Mediterraneo il porto di Milazzo.
Dai nostri interlocutori, quindi, vorremmo sapere se, al di là delle diverse fonti di informazione che già conosciamo, abbiano notizie dirette sulle caratteristiche precise del carico dell'Erika, ad esempio per quanto riguarda il registro di carico da Dunkerque, porto da cui è partita la nave; registro che non mi sembra sia stato ancora reso disponibile.
Vedremo poi gli aspetti particolari relativi a Livorno e Piombino, ma più in generale siamo interessati a capire quali siano le procedure che le capitanerie di porto seguono per garantire che il trasporto di materiali sulle navi avvenga in regime di sicurezza, soprattutto quando i materiali trasportati incorporano rifiuti pericolosi. Quali sono le procedure, le tecnologie e le operazioni che le capitanerie di porto mettono in atto a fronte di questo tipo di trasporti?

EUGENIO SICUREZZA, Comandante generale delle capitanerie di porto. È un onore per il comandante del Corpo delle capitanerie di porto e per i comandanti di due importanti porti nazionali essere presenti dinanzi a questa autorevole Commissione. Non entrerò nel dettaglio sulla vicenda del naufragio dell'Erika perché la stampa ne ha ampiamente parlato; farò solo qualche breve considerazione.
Dalla stampa nazionale è chiaramente emerso il riuscito tentativo da parte francese di scaricare il più possibile le responsabilità verso l'esterno. In Italia si sarebbe magari posta più attenzione sulle modalità di gestione dell'intervento di assistenza e di salvataggio, per evitare, ad esempio, che la nave, naufragando più a largo, producesse un danno di gran lunga superiore a quello che avrebbe potuto provocare se fosse stata gestita in un angolo sotto costa o in una zona portuale. Il gioco di squadra all'estero è sempre migliore che in Italia: abbiamo addirittura colto un tentativo di supporto commerciale a istituti di classificazione più forti come tradizione e potenza del Registro navale italiano. Da parte italiana questo atteggiamento di oltralpe è stato amministrato con prudenza e garbo; tuttavia, a Londra, in sede di Organizzazione nazionale marittima la delegazione italiana, la scorsa settimana, ha ritenuto di sottolineare l'opportunità di non anticipare attraverso supposizioni, o peggio ancora accuse, elementi che ancora devono essere comprovati.
In quella sede è stato presentato uno statement da parte del collega Olimbo il quale, parlando per conto della commissione italiana, ha invitato ad attenersi ai fatti, dichiarando la piena volontà dell'Italia di contribuire a migliorare la situazione generale. Certo, per stare sicuri si dovrebbe porre un drastico taglio a questo tipo di movimentazione per mare di merci petrolifere, come hanno fatto gli americani, i quali - attraverso l'Oil pollution act - hanno disposto interventi talmente categorici e assicurazioni ai fini della pulizia in caso di inquinamento marino tali da mettere fuori mercato moltissimi armatori, compresi quelli di livello e tradizione della Norvegia. Probabilmente, dopo il caso Erika l'Europa dovrà valutare se porsi su questa strada.

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, comandante. Vorrei chiederle se nella sede dell'Organizzazione nazionale marittima di Londra sono stati resi disponibili i documenti a cui prima ho fatto riferimento, cioè quelli riguardanti il carico, le sue caratteristiche e la sua destinazione, nonché un'analisi chimica secondo i criteri internazionali oggi vigenti.

EUGENIO SICUREZZA, Comandante generale delle capitanerie di porto. Questi elementi li abbiamo acquisiti da parte francese. L'Erika è partita dal porto di


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Dunkerque l'8 dicembre 1999 con un carico di 30 mila 884 tonnellate di olio combustibile a medio tenore di zolfo, cioè superiore al 2 per cento (per l'esattezza al 2,28 per cento). L'analisi di questo prodotto è stata ufficializzata dalla Raffineria delle Fiandre della Totalfina ed è stata confermata ufficialmente dalla Francia sia nell'inchiesta relativa al sinistro sia a livello governativo.
Vi è stata una indicazione in senso difforme da parte di un laboratorio privato francese, l'Analitica, il quale dopo aver fatto l'analisi del prodotto spiaggiato ha raggiunto la determinazione che il prodotto trasportato non fosse un normale olio combustibile a medio tenore di zolfo, ma un prodotto oggetto di doppia raffinazione, quindi con la caratteristica di rifiuto industriale speciale e con aspetti di pericolosità dal punto di vista cancerogeno. Il risultato dell'analisi effettuata da questo laboratorio privato francese è stato immediatamente e formalmente smentito da parte di più di una organizzazione di analisi che hanno operato sia per la Total sia per il Governo, le quali hanno accusato l'Analitica di inutile protagonismo.

PRESIDENTE. A questo proposito vorrei sapere se dalla riunione di Londra è emersa una classifica precisa, perché in alcuni documenti l'olio in questione è stato classificato come olio n. 2, con un'aggiunta di lourd (pesante), che non rientra nella classificazione ASTM del 1998. Nei documenti forniti dalla Totalfina, convalidati, mi sembra di capire, dal governo francese, qual è la classificazione esatta del materiale caricato?

EUGENIO SICUREZZA, Comandante generale delle capitanerie di porto. La classificazione con cui il carico è partito da Dunkerque è fuel oil n. 2. Questo criterio francese corrisponde alla classificazione anglosassone di fuel oil n.6 oppure bunker C. Noi italiani parliamo di olio combustibile a più o meno alto tenore di zolfo; poiché il tenore di zolfo risultante dall'analisi effettuata al momento della partenza era del 2,28 per cento, possiamo parlare di medio tenore di zolfo. Si parla di alto tenore di zolfo quando si supera il 3 per cento. Il prodotto, quindi, è un normale prodotto che viene ricevuto da centrali elettriche che si basano sulla combustione di prodotti petroliferi.
Abbiamo fatto un'analisi di questi flussi di traffico da cui è risultato che nelle centrali Enel termoelettriche arrivano, annualmente, via mare dai 12 ai 13 milioni di tonnellate di olio combustibile denso (quello che una volta era conosciuto come nafta da caldaia per i condomini). I terminali principali sono risultati Ravenna (con 3 milioni 200 mila tonnellate l'anno), Civitavecchia (altro grosso polo energetico con 3 milioni di tonnellate l'anno), Porto Torres, Piombino, Livorno, e così via. L'Enel dove si approvvigiona di questo olio combustibile per alimentare le sue centrali? Innanzitutto dalle raffinerie nazionali (l'olio combustibile è quasi il prodotto più povero della raffinazione, dopo il catrame) e dai centri di raffinazione di paesi produttori di petrolio, in particolare in Medio Oriente e Russia. Si può rilevare un'aliquota attorno al 15 per cento di olio combustibile proveniente da quei paesi dell'Unione europea che, avendo in altri tempi privilegiato una politica energetica diversa, hanno centrali non termoelettriche ma nucleari. Non dobbiamo quindi meravigliarci se dal nord Europa si dirigano verso il bacino del Mediterraneo petroliere che hanno a bordo questo tipo di prodotto a tenore di zolfo più o meno alto. Quando queste arrivano in Italia, se il tenore di zolfo è alto, possiamo procedere immediatamente ad una messa in accusa delle centrali Enel? Direi di no, perché il prodotto che arriva a mezzo di cisterne, se supera determinati livelli di presenza di zolfo, normalmente viene diluito con nafte e può quindi presentarsi alla combustione nelle centrali termoelettriche con livelli di zolfo nella norma.
Devo fare un'altra puntualizzazione in ordine al carico dell'Erika. Il fatto che questa nave sia partita da Dunkerque con l'indicazione «Milazzo for orders» non significa che fosse destinata alla centrale


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termoelettrica di Milazzo, che peraltro lavora in prevalenza con oli combustibili della locale raffineria. Quella indicazione significa che la nave doveva portarsi nel Mediterraneo ed attendere ordini in posizione baricentrica. Gli ordini (abbiamo avuto conferma dall'agenzia marittima Gastaldi di Livorno) erano che la nave era attesa a Livorno, con previsione di arrivo il 18 dicembre, per scaricare prodotto al deposito costiero D'Alesio, dal quale l'olio combustibile avrebbe dovuto seguire una doppia strada: una parte verso la centrale termoelettrica di Livorno e la gran parte verso Piombino con unità cisterna di minore pescaggio, perché con il pescaggio di 10,50 metri che la nave aveva alla partenza da Dunkerque non poteva attraccare al terminale dell'Enel di Piombino. Il prodotto quindi doveva arrivare a Piombino attraverso cisterne di minore pescaggio: l'Italia ha una buona flotta di cisterne minori e un buon cabotaggio di prodotti petroliferi.
Questo per quanto riguarda l'attività di indagine, che ho rappresentato in estrema sintesi nelle pagine che metto a disposizione della Commissione, aggiungendovi lo statement che la commissione italiana ha ritenuto opportuno presentare in campo internazionale per chiedere che ci si attenesse ai fatti, dichiarandosi peraltro pronta a contribuire ad una politica di generale miglioramento della sicurezza dei trasporti marittimi. Se in campo europeo si stabiliranno regole più severe, anche se i nostri armatori più marginali (ve ne sono diversi, soprattutto nel sud d'Italia), gli armatori greci ed altri ne risentiranno perché tutto costerà di più, dai prodotti petroliferi all'energia elettrica, ciò si tradurrà in un beneficio dal punto di vista della sicurezza dell'ambiente e quindi della tutela della salute umana.

PRESIDENTE. Credo che questo comporterà anche un risparmio di quelle spese che sono necessarie per ripulire il mare e le coste quando si verificano incidenti.
La nostra Commissione è interessata soprattutto a capire come funziona il controllo effettuato dalle capitanerie di porto. Il caso dell'Erika è un caso dal quale si può partire, ma restano elementi di preoccupazione. Il fatto che esiste una differente classificazione fa capire che i francesi usano classificare come fuel oil n. 2 un prodotto che secondo gli ultimi standard della ASTM, quelli del 1998, è classificato come fuel oil n. 6. La differenza è notevole, perché il fuel oil n. 2 della ASTM è più leggero di quello che trasportava l'Erika. La differenza di classificazione suscita preoccupazione perché in realtà l'Erika non trasportava combustibile più leggero, quello che secondo la classificazione della ASTM sarebbe il fuel oil n. 2, ma combustibile molto più pesante, cioè quello che secondo la classificazione della ASTM sarebbe il fuel oil n. 6. Le preoccupazioni, quindi, restano tutte.
Passando alle competenze delle capitanerie di porto e dell'autorità marittima, quando il prodotto che serve ad alimentare le centrali Enel arriva a Piombino o a Livorno (ma anche a Milazzo, perché a San Filippo del Mela c'è una centrale termoelettrica da 1280 megawatt), esso si trova in una condizione ben strana. È vero (questa sarà un'occasione per sollecitare in tal senso il Ministero dell'ambiente) che non è stato ancora adottato il decreto sui rifiuti pericolosi, ma è altrettanto vero che questa «roba» (uso volutamente questo termine), se è fuel oil n. 6, rientra sicuramente nella categoria di rifiuto pericoloso. Mi rendo conto che si possono fare delle miscelazioni, ma in genere queste sono vietate per tutti gli altri rifiuti pericolosi.
La situazione, dunque, è molto delicata e ritengo che il caso dell'Erika possa essere assunto come caso-guida, nell'ambito di una normativa che mi auguro verrà definita in senso rigoroso, così da garantire la sicurezza dell'ambiente e la salute dei cittadini. Per il momento ci troviamo in una zona grigia, che in futuro dovrà essere oggetto di particolare attenzione e probabilmente richiederà l'adozione di procedure e metodologie diverse per evitare veri e propri reati.


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Do ora la parola ai colleghi che desiderino porre domande.

GIUSEPPE LO CURZIO. Desidero innanzitutto ringraziare il comandante generale della capitanerie di porto per la sua sintetica ma esauriente esposizione e porre un problema che riguarda il territorio siculo, in cui finora non c'erano mai stati incidenti e che ora sembra invece sia coinvolto nella vicenda dell'Erika.

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Lo Curzio, se la interrompo ma se viene confermata - e non ho motivo di dubitarne - la versione offerta dall'ammiraglio Sicurezza, in realtà il porto di Milazzo risulta interessato solo come destinazione in cui posizionarsi e quindi non avrebbe rilievo nella vicenda. In questo senso forse abbiamo invitato invano il comandante della relativa capitaneria di porto se non eventualmente per argomenti più generali che potremo comunque affrontare.

GIUSEPPE LO CURZIO. La ringrazio, presidente, e ringrazio anche il comandante della capitaneria di porto di Milazzo per la sua presenza e per eventuali ulteriori chiarificazioni che volesse darci al riguardo.
La nave Erika faceva parte di una flotta di otto navi cisterna, quasi tutte ancora in funzione, una è andata in demolizione e questa era, diciamo, claudicante. Il problema potrebbe non entrarci ma c'entra perché è stato interessato il porto di Augusta e il comandante della capitaneria di quel porto. Ma i problemi sono altri, innanzitutto la quantità di materiale trasportato dalla nave Erika. Inoltre lei ha accennato al fatto che se il naufragio fosse avvenuto vicino alla terra si sarebbe potuto controllare, mentre è avvenuto in mare aperto e l'approdo è avvenuto dove sappiamo; vorrei che mi chiarisse meglio questo punto.
Un altro problema è il tenore di zolfo, dal momento che il carico era appunto olio combustibile ad alto tenore di zolfo: ATZ 3 per cento, pare fino al 15 per cento per le nostre centrali termoelettriche. Lei sa quello che abbiamo nella mia terra di Siracusa; non ho voluto citarla, presidente, ma occorrerà fare una visita sul posto. Citerò solo un dato: 80 mila miliardi l'anno. Un territorio che parte dall'antica storica archimedea città di Siracusa e arriva quasi alle pendici di Augusta, dove c'è un complesso turistico alberghiero del Club Mediteranée di primissimo ordine, produce 80 mila miliardi l'anno allo Stato, senza che questo dia di ritorno una sola lira infrastrutture. Questo non c'entra, ma è un flash utile. Ci sono due centrali termoelettriche, quella di Solarino e quella di Priolo; ci aiuti su questo punto del tenore di zolfo perché poi potremo riferirne sia a Tatò che a Testa, ambedue esperti, di cui uno ex parlamentare. Ci dia un giudizio su questa situazione. La nave non aveva destinazione Milazzo, ma doveva fermarsi lì come posizione baricentrica per andare a Livorno e ritornare il 18 dicembre. Infine Augusta che c'entra?

EUGENIO SICUREZZA, Comandante generale delle capitanerie di porto. Augusta c'entra, perché una ispezione da parte del registro navale italiano è stata effettuata proprio nel porto di Augusta. Per maggiore chiarezza debbo precisare questo punto delle ispezioni, perché ci sono le ispezioni del registro di classificazione che seguono il problema del mantenimento della classe da parte della nave; è una ispezione privatistica da parte di un organo di classificazione che deve lavorare godendo la fiducia di parti in contrapposizione, quali gli armatori da una parte e gli assicuratori dall'altra. Ci sono poi i controlli ufficiali di Stato per il naviglio straniero che tocca i porti nazionali; attività di controllo che in linea con le previsioni del memorandum di Parigi del 1982 viene effettuata in tutti i paesi europei consociati. Questi controlli, secondo la direttiva europea che ha sposato in pieno le regole del memorandum di Parigi, debbono coinvolgere il 25 per cento delle navi con bandiera straniera che toccano i porti dei paesi rientranti nell'area del memorandum di Parigi, che è


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allargata rispetto a quella dell'Unione europea perché comprende la Russia verso levante e il Canada verso ponente.
Questo tipo di controllo è codificato attentamente innanzitutto dal segretariato del memorandum di Parigi e poi dalla direttiva dell'Unione europea che indica come gli ispettori che esercitano tale attività debbono operare. Le visite sono di tre livelli, una visita generale, una visita dettagliata ed un'altra spinta fino in fondo a seconda dello stato della nave. L'unità Erika per l'aspetto classificazione era seguita e controllata dal registro italiano navale, per l'aspetto dei controlli dell'autorità marittima statale era stata per ultimo controllata a Novorossijsk in Russia con una visita generale e prima ancora a Porto Torres in Sardegna con una visita expanded, una visita estesa ma non approfondita, e così via. La nave ha la sua scheda generale di situazione presso la banca dati di Saint Malo del memorandum di Parigi.
Quando vi è previsione di arrivo di navi in porti italiani la sede di direzione marittima (in Sicilia ce ne sono due, a Palermo e Catania) interroga in via informatica la banca dati di Saint Malo e decide quali delle navi che sono previste in arrivo nei porti della direzione marittima stessa devono essere prioritariamente visitate proprio per quella attività di prevenzione e controllo che è la prima attività idonea per la prevenzione dei sinistri in mare e dei fatti di inquinamento. Quindi un doppio controllo, un controllo privatistico dell'istituto di classificazione e un controllo pubblico da parte delle autorità marittime dei porti appartenenti all'organizzazione del memorandum di Parigi del 1982.

PRESIDENTE. Qui si inserisce la problematica che è più di nostra competenza. Gli incidenti ci saranno sempre, a meno che non si accettino le regole più rigide a cui lei faceva riferimento, ma i controlli attengono eminentemente alla stabilità e alla resistenza della nave.
Noi vorremmo accendere i riflettori su quello che la nave trasporta. A questo riguardo, vorrei capire cosa succede nel porto quando arriva una nave. Una petroliera dovrebbe avere, oltre al registro di carico, un'analisi precisa del prodotto: il prodotto potrebbe essere fuori classifica, nel senso che la classificazione francese è diversa da quella effettuata secondo le regole internazionali. È vero che non è stato ancora adottato ancora il decreto sui rifiuti pericolosi, ma non è difficile capire che il carico di cui si parla era rifiuto pericoloso. Quando il carico è fuori norma, che cosa fa la capitaneria di porto e di quali strumenti di analisi dispone per poter intervenire? Può disporre immediatamente delle analisi? So che esiste, ad esempio, la figura del chimico di porto: che ruolo ha?

EUGENIO SICUREZZA, Comandante generale delle capitanerie di porto. La caratteristica del carico e la sua destinazione sono oggetto di attenzione da parte non dell'autorità marittima ma della struttura doganale di un paese. La figura del chimico di porto è coinvolta, invece, ai fini della sicurezza del porto dall'autorità marittima, per verificare, ad esempio, che una nave sia inertizzata, che possa fare lavori usando la fiamma ossidrica, e così via.
Per quanto attiene al carico che arriva nei porti italiani, non posso che sposare in pieno la preoccupazione espressa dal presidente perché, quando il carico proviene da un paese extraeuropeo esso è oggetto da parte della dogana di controlli ai fini doganali (quindi anche sulla qualità). Quando entrerà in vigore il decreto sui prodotti pericolosi, se la dogana, attraverso i suoi accertamenti di ufficio, prenderà atto che si tratta di prodotti pericolosi, procederà di conseguenza. Tuttavia, un 15 per cento circa di olio combustibile arriva in Italia da paesi dell'Unione europea che disdegnano l'olio combustibile perché hanno scelto un'altra politica energetica. Quest'olio combustibile, quindi, è destinato a quei paesi in cui esistono centrali termoelettriche che lavorano con questo prodotto; e l'olio combustibile che proviene dall'area dell'Unione europea


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non è oggetto di verifica doganale: ecco uno spazio che, se ci si riflette, può essere una zona grigia. Il prodotto che arriva nei porti italiani, cioè, è un prodotto vero e proprio o un mezzo rifiuto? L'UTIF effettua delle verifiche, ma sono saltuarie e non sistematiche come quelle doganali.
Qui tocchiamo una materia che sicuramente esula dalle competenze del Corpo delle capitanerie di porto ma che deve essere posta all'attenzione del politico: fino a che punto questi flussi sono un trasporto a fini energetici e fino a che punto acquisiscono una colorazione di prodotto che, in caso di sinistro marittimo, può essere altamente pericoloso? È un quesito al quale solo il politico può dare una risposta.

PRESIDENTE. Vorrei porle un'altra domanda, comandante. Non è difficile pensare a delle triangolazioni. Dal momento che i porti sono diversi, nel caso in cui le norme diventassero più severe, si può tranquillamente pensare a miscelazioni fatte per rientrare nell'ambito della legge. La collaborazione con le autorità portuali e marittime è dimostrata anche dalla recente nomina di un consulente, che deve aiutarci su questo aspetto. Da quanto lei afferma mi sembra evidente (ma le chiedo conferma di questo) che, mentre venite avvisati dell'arrivo di navi per quanto riguarda i controlli da effettuare sulla struttura, non vi è un analogo avviso dall'area Schengen per quanto concerne il carico. Intendo dire che non siete messi al corrente del fatto che, per esempio, in qualche porto italiano arriverà del tar (la cosiddetta morchia residua dei processi di destinazione frazionata del petrolio); tra l'altro, in Italia sono già in esercizio o stanno per esserlo almeno cinque impianti che gassificano la morchia per bruciarla poi in centrale termoelettrica. Voi non avete notizia di questo né, credo, siete attrezzati per prelevare campioni e conservarli affinché si possa accertare quello che è successo.
Se le risposte sono negative (come deduco dal fatto che lei scuote la testa), credo vi sia uno spazio che può essere riempito. Ritengo che un coordinamento tra le autorità doganali e le autorità portuali e marittime (anche se, come sappiamo, i codici fiscali della finanza sono differenti dai codici di rifiuto che valgono in Europa) sia indispensabile. La Commissione esprime il forte auspicio che si accenda il riflettore sulla questione dei rifiuti pericolosi. Siamo partiti dal caso dell'Erika, ma la categoria dei rifiuti pericolosi è molto più vasta e, dai primi contatti che abbiamo avuto, è emerso che presso le autorità portuali e marittime e la finanza non è ancora maturata a livello critico un'attenzione su questo tema. Noi siamo molto preoccupati anche dei traffici interni che avvengono tra la Sicilia e la Sardegna e il continente, di cui non troviamo traccia.

GIUSEPPE LO CURZIO. Mi associo alle considerazioni del presidente ed auspico che la Commissione svolga un'attenta riflessione sull'esigenza di perfezionare il coordinamento tra l'autorità marittima e quella doganale.

EUGENIO SICUREZZA, Comandante generale delle capitanerie di porto. Devo dire che analogamente a quanto avviene per l'arma dei Carabinieri anche noi delle capitanerie di porto abbiamo da un po' una unità organizzativa del corpo presso il Ministero dell'ambiente e questa presenza è particolarmente preziosa perché ci stiamo adoperando per lavorare in maniera trasversale con altre istituzioni dello Stato, in particolare con l'arma dei Carabinieri per tutta una serie di accertamenti su movimenti di prodotti liquidi o alla rinfusa nei porti italiani, di vario origine, eccetera.
Prima ho scosso la testa per dire che in via normale non andiamo a fare l'analisi del prodotto che arriva perché questo in via normale compete ad altri. Sarà diverso quando ci sarà una normativa sui prodotti trasportati ed una chiara classificazione dei rifiuti che comprenda anche determinati prodotti petroliferi oggi trasportabili senza critica e senza possibilità di intervento a mezzo marittimo con


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nave cisterna, tuttavia è chiaro che qualsiasi pubblico ufficiale vada ad operare, vuoi per funzioni dell'autorità marittima, vuoi per funzione del controllo doganale, e veda che a bordo c'è un tipo di prodotto che fra breve sarà classificato come rifiuto pericoloso, ovviamente procederà di conseguenza. In via normale non eseguiamo prelievi, ma in via di attività di polizia giudiziaria è evidente che se la nave si presenta con un prodotto che domani sarà indicato nell'elenco dei rifiuti pericolosi quella nave sarà soggetta ad un'azione di indagine della polizia giudiziaria, sarà informato il magistrato, si preleverà un campione e si procederà in conseguenza; un pubblico ufficiale si troverà in questa condizione, sia che si tratti dell'ufficio delle capitanerie di porto al momento della dichiarazione di arrivo della nave (il comandante deve dare indicazione del prodotto che trasporta, se questo prodotto non è in regola con le leggi italiane, ci si muove di conseguenza), sia che ciò avvenga nell'ambito dell'attività di controllo doganale.

PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande da parte dei colleghi e se quanto ci è stato esposto dall'ammiraglio Sicurezza non necessita di integrazione da parte dei comandanti delle capitanerie di porto presenti, con i quali ovviamente ci manterremo in contatto, ringrazio nuovamente tutti gli intervenuti per il contributo recato.

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