PROGETTO DI LEGGE - N. 7471




        Onorevoli Colleghi! - La seconda guerra mondiale rappresenta un evento storico di grande rilievo e nello stesso tempo di grande tragicità; ciò è dovuto all'ampiezza del teatro di guerra, al numero di uomini e di nazioni coinvolte, al tipo di armi impiegate (si pensi ai bombardamenti delle città), al numero dei morti, dei feriti, degli invalidi.
        La guerra, nel mondo, ha trascinato nel suo vortice milioni di giovani e ha coinvolto milioni di donne, di anziani, di bambini, di persone che con la guerra non avevano nulla a che fare, ma che ne subirono pesantemente la violenza. Perché la guerra non è stata una guerra soltanto di eserciti, ma è stata totale: le popolazioni di tutta Europa si sono trovate in prima linea. Si pensi ai bombardamenti indiscriminati, tesi non solo a colpire obiettivi militari, fabbriche, ponti, strade e ferrovie, ma a terrorizzare, a far nascere un clima di insofferenza e di ribellione fra la gente. Si pensi ai bombardamenti conclusivi, quelli atomici su Hiroshima e Nagasaki, alla loro efferatezza, alle conseguenze che sui sopravvissuti e sui loro discendenti ebbero ed hanno ancora a cinquantacinque anni di distanza.
        Si pensi alle rappresaglie tedesche, anch'esse condotte sulla popolazione civile per terrorizzarla; alle deportazioni nei campi di sterminio dove, attraverso il progetto nazista di "annientare attraverso il lavoro", vennero deportati 24 milioni di europei, 12 milioni dei quali, la metà ebrei, vennero soppressi; alle deportazioni nei non molto dissimili campi di internamento per i militari italiani, caduti dopo l'8 settembre nelle mani dei tedeschi e non protetti dal diritto internazionale; alle migliaia di lavoratori civili, emigrati in Germania, anche volontariamente, e poi costretti a diventare mano d'opera schiavizzata.
        Tutto questo avvenne in Europa tra il 1939 e il 1945, nel mondo dopo il 1941, dopo Pearl Harbour e l'intervento degli Stati Uniti.
        In Italia e in parte dell'Europa la guerra fu quasi subito accompagnata da episodi di resistenza.
        Ma la resistenza cominciò nel centro-nord dell'Italia dopo l'8 settembre, dopo la firma dell'armistizio con gli alleati. Distinguere i due periodi storici, per quanto riguarda l'Italia, è essenziale per capire il senso di quello che accadde: prima la guerra voluta dal regime fascista che vide l'Italia alleata della Germania, poi, appunto, la lotta degli italiani contro l'invasore nazista e i fascisti della repubblica di Salò.
        Non guerra civile, perché soltanto chi si batteva contro l'invasore si batteva per la Patria, per la sua libertà e il suo riscatto.
        La guerra fu causata da ragioni economiche e politiche, ma fu sostenuta anche da un'ideologia della purezza della razza ariana, dalla xenofobia, dal desiderio di affermare la propria nazione non solo sul piano militare, ma anche sul piano delle idee e dei valori. Ciò valse sia per la Germania che per il Giappone.
        Fu una guerra disumana e feroce che spesso travolse le menti e le coscienze: quando Primo Levi si chiese "Se questo è un uomo", si pose un interrogativo angoscioso e drammatico, cogliendo l'aspetto più devastante dei lager, la scomparsa dei connotati umani negli aguzzini, ma anche spesso, come effetto di una realtà devastante, nelle vittime.
        Su tutto questo sono stati scritti libri, sono stati prodotti film, diari, raccolte foto e documentazioni di tutti i generi. Anche se ancora oggi c'è qualcuno che arriva a negare la realtà dei campi di sterminio, la grandissima parte degli uomini sa quale sia stata la verità. Molta parte di questa verità sta nei musei, negli archivi visivi e sonori, nei documenti scritti e nei ricordi di molte persone.
        Eppure si ha l'impressione che si debba fare ancora qualcosa per non dimenticare e per diffondere, soprattutto tra le nuove generazioni, la consapevolezza di quanto è accaduto, per costruirvi sopra una duratura e profonda cultura della pace.
        La storia si studia a scuola, la si intravede in qualche film o in qualche romanzo; gli eventi più corposi e significativi come la resistenza sono ogni anno ricordati il 25 aprile; eppure la consapevolezza di quegli eventi sembra non penetrare sufficientemente nelle menti delle nuove generazioni, alle quali è affidato il compito di improntare di sé il mondo che verrà.
        La presente proposta di legge ha l'obiettivo ambizioso di contribuire a fare sì che il mondo che verrà sia migliore grazie anche al fatto che si ricorderà di quello che è accaduto.
        Ci sono già molti musei, molti scritti che aiutano a ricordare. L'idea che qui viene presentata è quella di ancorare i ricordi a cose, di farli divenire quasi oggetti fisici, percepibili con i sensi, proprio perché "visibili" nei territori, nei luoghi, nelle case, nelle strade dove fu combattuta la seconda guerra mondiale e si svolse la resistenza: da qui l'idea di istituire dei parchi storici della memoria che grazie alla loro fisicità, potremmo dire alla loro tangibilità, contribuiscano a rendere indelebili le tracce degli avvenimenti, a segnarle nei solchi della memoria come qualcosa da non dimenticare e nello stesso tempo da non ripetere.
        Protagonisti di questa operazione di costruzione di una memoria collettiva non possono che essere gli enti locali e le regioni, in quanto primi rappresentanti dei cittadini, e le diverse associazioni che in qualche modo sono i depositari di quella memoria, grazie anche ai preziosi archivi da essi custoditi.
        Naturalmente, trattandosi di beni culturali, anche i parchi storici vedono affermato un ruolo decisivo del Ministro per i beni e le attività culturali e delle soprintendenze regionali competenti per i beni culturali e ambientali in relazione all'istituzione dei parchi e alla loro perimetrazione, di intesa con i comuni e province interessate.
        Non poteva mancare nella legge anche lo stimolo e il sostegno alla ricerca storica: se, infatti molto è già stato scritto e molte verità sono accertate, è sicuramente ancora utile che gli studiosi approfondiscano e cerchino risposte anche agli episodi più oscuri e incompresibili.
        Non è obiettivo della presente proposta di legge svolgere l'apologia della resistenza; essa rimarrà nella storia come qualcosa di irripetibile per il coinvolgimento e per la partecipazione degli uomini e delle donne, e per gli effetti che produsse sia sul tessuto sociale e politico dell'Italia (e dell'Europa), che sulla cultura democratica del nostro Paese.
        Ma non si deve avere timore di capire sempre meglio; l'importante è che ciò avvenga con rigore storico e per la ricerca della verità, non per finalità inaccettabili quali quella di mettere in discussione il valore del movimento di liberazione e del sacrificio di tante donne e tanti uomini.
        Molti giovani di oggi sono probabilmente lontani per mentalità e interessi da quegli avvenimenti. Spetta a chi governa, a chi ha il dovere di mantenere fermi alcuni valori di riferimento, far sì che le nuove generazioni si interroghino su ciò che è accaduto e si diano risposte utili per comprendere dove sia bene andare.




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