CAMERA DEI DEPUTATI - XIII LEGISLATURA
Resoconto della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse


Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse

SOMMARIO

Giovedì 2 luglio 1998


Sulla pubblicità dei lavori. ... 66

Audizione del dottor Luciano Padula, sostituto procuratore della Repubblica di Monza. ... 66

Seguito dell'esame ed approvazione della proposta di relazione relativa alle regioni Liguria e Piemonte (relatore senatore Lasagna). ... 67
ALLEGATO N. 1 ... 125
ALLEGATO N. 2 ... 126
ALLEGATO N. 3 ... 127
ALLEGATO N. 4 ... 128
ALLEGATO N. 5 ... 129
ALLEGATO N. 6 ... 130
ALLEGATO N. 7 ... 131
ALLEGATO N. 8 ... 132
ALLEGATO N. 9 ... 133
ALLEGATO N. 10 ... 134
ALLEGATO N. 11 ... 135
ALLEGATO N. 12 ... 136
ALLEGATO N. 13 ... 137
ALLEGATO N. 14 ... 138
ALLEGATO N. 15 ... 139
ALLEGATO N. 16 ... 140
ALLEGATO N. 17 ... 141
ALLEGATO N. 18 ... 142
ALLEGATO N. 19 ... 143
ALLEGATO N. 20 ... 144
ALLEGATO N. 21 ... 145
ALLEGATO N. 22 ... 146
ALLEGATO N. 23 ... 147


Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse - Resoconto di giovedì 2 luglio 1998


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Giovedì 2 luglio 1998. - Presidenza del Presidente Massimo SCALIA.

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

Il Presidente Massimo SCALIA avverte che, non essendovi obiezioni, l'odierna seduta verrà ripresa mediante il sistema televisivo a circuito chiuso; avverte inoltre che verrà redatto e pubblicato il resoconto stenografico della seduta.

Audizione del dottor Luciano Padula, sostituto procuratore della Repubblica di Monza.

Il Presidente Massimo SCALIA, in riferimento all'inchiesta giudiziaria di cui il dottor Padula è titolare, osserva che la società Enirisorse ha continuato negli anni ad utilizzare l'area di Paderno Dugnano per una destinazione impropria, divenendo essa una discarica non autorizzata volta a contenere rifiuti nocivi.
Invita quindi il dottor Padula a prendere la parola, pregandolo di soffermarsi anche sui provvedimenti di sequestro adottati nei confronti delle società interessate.

Il sostituto procuratore della Repubblica di Monza, Luciano PADULA, ritiene che non siano facilmente delineabili le caratteristiche principali del procedimento giudiziario testé citato, non essendo peraltro ancora terminata la fase dell'esame documentale.
Può intanto affermare che i rifiuti in oggetto sono stati denominati «mix di ebanite», risultanti dall'attività di frantumazione delle batterie esauste per gli autoveicoli: si tratta, in buona sostanza, di stabilire se tali rifiuti debbano essere considerati pericolosi, anche perché la denominazione predetta non rientra nell'elenco allegato al decreto legislativo n. 22 del 1997, con le modifiche apportate dal successivo decreto legislativo n. 389 dello stesso anno.
Ripercorre dettagliatamente l'iter delle analisi chimiche svolte a più riprese su tali rifiuti, esponendo le difficoltà sorte a livello procedurale per inserirli fra quelli previsti dalla normativa vigente.

Il Presidente Massimo SCALIA, in relazione all'allegato I dei decreti legislativi prima richiamati, osserva che, a parte la denominazione del rifiuto, è prescritta l'effettuazione di specifiche analisi per valutare se anche uno degli elementi chimici rinvenuti possa far rientrare il rifiuto tra quelli pericolosi. Ritiene che l'attuale normativa possa permettere l'inclusione


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di tale rifiuto fra quelli considerati pericolosi.

Il dottor Luciano PADULA consente con le valutazioni del Presidente Scalia e fornisce successivamente dati analitici sull'attività delle aziende interessate al procedimento giudiziario in esame.
Si sofferma assai ampiamente sulle attività illegali tendenti a smaltire tali rifiuti in discariche che prevedono minori costi: in particolare, precisa che ciò è reso possibile dalla miscelazione dell'ebanite con il cemento e l'acqua.

Il senatore Roberto LASAGNA esprime alcune valutazioni sul contenzioso in sede europea relativo alla pericolosità dei rifiuti di cui alle previsioni del «decreto Ronchi».
Esprime poi perplessità sull'attività del consorzio per lo smaltimento delle batterie usate, che dovrebbe essere sottoposto ad uno stringente controllo da parte del Ministero dell'ambiente e degli organismi pubblici preposti.

Il Presidente Massimo SCALIA chiede notizie sui rapporti della procura di Monza con quelle dell'area campana e di Catanzaro.
Ricorda lo svolgimento nei mesi scorsi di una sua visita a Portoscuso, in Sardegna, dove sono stati effettuati smaltimenti impropri di materiale proveniente dalla dismissione di batterie per autoveicoli: chiede se, nell'ambito del procedimento giudiziario in questione, siano stati rilevati i rischi per i lavoratori professionalmente esposti.

Il deputato Pierluigi COPERCINI chiede se le notizie di reato provenienti dalla Guardia di finanza, che hanno originato il procedimento giudiziario, siano basate anche sulla valutazione degli assetti finanziari delle società coinvolte.

Il dottor Luciano PADULA risponde dettagliatamente ai quesiti formulati, sottolineando in particolare i movimenti dei rifiuti pericolosi dalle regioni settentrionali alla Campania.

Il Presidente Massimo SCALIA ringrazia il dottor Padula e lo congeda.

Seguito dell'esame ed approvazione della proposta di relazione relativa alle regioni Liguria e Piemonte (relatore senatore Lasagna).

Il Presidente Massimo SCALIA ricorda che, nella seduta del 3 giugno scorso, il relatore ha illustrato il documento in titolo e che, nella seduta del successivo 24 giugno, è stato fissato il termine per la presentazione delle proposte emendative. Nell'odierna seduta si procederà all'esame ed alla votazione di tali proposte, nonché alla votazione finale del documento.
Ricorda che il documento è del seguente tenore:

«RELAZIONE LIGURIA E PIEMONTE

Premessa.

La Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e le attività illecite ad esso connesse, fin dai primi mesi dal suo insediamento, ha acquisito elementi di conoscenza e documenti interessanti la regione Liguria. Tra gli altri, la Legambiente ed il WWF hanno fatto pervenire un documentato rapporto denominato «Rifiuti connection Liguria», portante una serie di dati su presunti traffici illegali dei rifiuti in Liguria e sulle sue connessioni con altri bacini di utenza posti nelle regioni Piemonte, Lombardia e Toscana. La puntualità ed il dettaglio delle informazioni contenute nel citato rapporto, unitamente agli altri elementi in possesso della Commissione ed ai primi riscontri con le autorità giudiziarie della Regione, hanno indotto la Commissione medesima ad avviare un'approfondita indagine su tutto il territorio regionale.
Al fine di offrire un quadro unitario delle complesse ed articolate situazioni,


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alcune delle quali hanno generato inchieste e procedimenti di natura penale, sono state deliberate audizioni e visite sopralluogo per verificare l'attuale stato dell'azione dei pubblici poteri in tema di rifiuti, le questioni pendenti aventi riflessi di carattere penale, i comportamenti delle imprese impegnate nel settore, gli impatti sull'ambiente derivanti dalle politiche sui rifiuti e dai comportamenti dei soggetti interessati, gli interessi di natura economica e le eventuali infiltrazioni della criminalità comune ed organizzata nell'affaire rifiuti.
Nel corso dell'indagine, sono emersi collegamenti con alcune questioni riguardanti la regione Piemonte. Infatti, un'importante indagine, avviata dalla procura della Repubblica di Asti, riguardante smaltimenti e traffici di rifiuti nei quali sono implicati amministratori locali, soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione ed imprenditori, è stata successivamente trasferita per competenza alla procura della Repubblica di La Spezia. Tali connessioni ed altri elementi hanno consigliato la Commissione a trattare congiuntamente le questioni concernenti le due regioni e ad avviare anche un'indagine per la regione Piemonte.
Per tali ragioni, pur trattandosi di realtà diverse e pur rispettando le specificità di ciascuna regione, la Commissione ha deciso di riferire in unico contesto.

LIGURIA

1) Le audizioni e le missioni riguardanti la Liguria.

Una delegazione della Commissione, composta dal Presidente onorevole Scalia, dall'onorevole Oreste Rossi e dai senatori Cortelloni, Forcieri, Lasagna, Specchia e Staniscia, si è recata, nei giorni 15 e 16 luglio 1997, a Genova e La Spezia al fine di acquisire elementi in ordine ad alcune specifiche situazioni riguardanti la regione. Nel corso della missione sono stati sentiti, presso la prefettura di Genova: il prefetto, Antonio di Giovine; l'assessore all'ambiente della regione Liguria, Nicolò Alonzo; il dirigente dell'ufficio raccolta differenziata della regione Liguria, Maria Teresa Bersani; il comandante della regione Liguria dell'Arma dei carabinieri, Giuliano Scandone; il comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri di Genova, Antonio Marturano; il comandante del NOE dei carabinieri di Torino, Angelo d'Alessio; il comandante del nucleo operativo dell'Arma dei carabinieri di La Spezia, Giantelesforo Bernardi; il rappresentante della Legambiente, Ugo Fiechter; il segretario del WWF della Liguria Stefano Lenzi ed il consulente legale del WWF della Liguria, Giancarlo Bonifai; il sostituto procuratore presso il tribunale di Savona, Alberto Landolfi. Presso il tribunale di La Spezia sono stati uditi: il sostituto procuratore presso il tribunale di La Spezia, Alberto Cardino; l'ufficiale del Corpo forestale dello Stato di La Spezia, Benito Castiglia; il coordinatore del Corpo forestale dello Stato di La Spezia, Alfredo Milazzo.
In data 2 dicembre 1997 è stato sentito, in adunanza plenaria, il sostituto della Repubblica presso il tribunale di La Spezia, Silvio Franz, ed il coordinatore del nucleo di La Spezia del Corpo forestale dello Stato, Benito Castiglia.
Dietro incarico del Presidente, due consulenti della Commissione, unitamente ad un documentarista parlamentare, si sono recati a La Spezia per assumere elementi conoscitivi ed atti giudiziari relativi ad una complessa indagine giudiziaria condotta dal sostituto procuratore della Repubblica, Silvio Franz, indagine inizialmente avviata dalla procura della Repubblica di Asti.

1.1) Sintesi delle audizioni.

Le autorità ascoltate dalla Commissione, a prescindere da qualsivoglia giudizio sulle azioni di prevenzione e di repressione poste in essere in esecuzione di attività connesse al traffico dei rifiuti, hanno, complessivamente, mostrato di avere acquisito un buon livello di informazioni ed una cultura di conoscenze tali


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da consentire l'adozione di misure congrue per la corretta gestione delle complesse tematiche connesse al ciclo dei rifiuti. Nel corso della relazione, si vedrà, tuttavia, che sono ancora molti i ritardi registrati sia sul piano della programmazione e della correlata normativa, sia sul piano più strettamente operativo.
Peraltro, devesi notare che non sempre alle iniziative assunte seguono chiare conclusioni ed una gestione delle conclusioni medesime tale da incidere realmente sui fenomeni indagati. Così, se pure occorre valutare con interesse l'iniziativa del prefetto di Genova che ha costituito ben sei commissioni di indagine al fine di esaminare eventuali irregolarità in appalti per lo smaltimento e la raccolta di rifiuti solidi urbani (appalti in ordine ai quali pesava il sospetto di infiltrazioni della criminalità organizzata), tuttavia, è da registrare che le inchieste condotte non hanno portato a significativi risultati. Anzi, in qualche modo sono valse a dare una sia pure indiretta legittimazione alle attività sospettate. Nel caso dell'appalto interessante il comune di Lavagna la gara, revocata per irregolarità, è poi stata nuovamente vinta dalla famiglia Nucera, famiglia calabrese che opera nel settore dei rifiuti e presente in quasi tutti i comuni del Tigullio. Lo stesso prefetto, richiesto di fornire approfondimenti sulle indagini condotte in tutte le provincie liguri, non è stato in grado di fornire precise risposte sull'esito delle indagini e sulle iniziative assunte dalla magistratura e dagli amministratori regionali.
Così, per ciò che concerne la politica e gli interventi dell'amministrazione, l'assessore regionale all'ambiente, nell'illustrare i contenuti del piano regionale per il trattamento dei rifiuti adottato nel 1993 ed aggiornato (per la sola provincia di La Spezia) nel 1995, ha riconosciuto la necessità che il piano medesimo doveva essere adeguato in ragione delle previsioni del decreto legislativo n.22 del 1997 («decreto Ronchi»). A tutt'oggi, tuttavia, non risultano definitive soluzioni legislative regionali per l'aggiornamento del piano, anche se l'assessore ha assicurato che in attesa di tale adempimento non sono più state date, in Liguria, nuove concessioni.
L'assessore ha, inoltre, riferito dettagliatamente sull'utilizzo di una ex centrale ENEL di Genova per la termodistruzione di rifiuti. In proposito, per l'inceneritore è stato definito tra regione, provincia, comune ed autorità portuale un protocollo d'intesa con l'ENEL, che comporta la riduzione della produzione di energia a carbone ed il riutilizzo degli impianti per la produzione di energia meno inquinante mediante l'incenerimento di rifiuti selezionati e pretrattati.
Quanto alla gestione delle discariche, l'amministratore regionale ha riferito che queste saranno realizzate su aree acquisite dagli enti locali in base a progetti predisposti dai comuni e che l'attività sarà affidata a società miste derivanti dall'evoluzione delle vecchie aziende municipalizzate. A tale proposito, ha fatto cenno che il giudice amministrativo ha tuttora all'esame la possibilità per tali società di operare fuori dall'ambito territoriale cui erano originariamente destinate. È il caso dell'AGMA di Genova, in forse da parte del Consiglio di Stato per la legittimità di operare a Ventimiglia. Il processo di parziale privatizzazione delle municipalizzate interessa altre aziende quali, ad esempio, l'AMIU di Genova, il consorzio tra comuni di La Spezia e l'azienda comunale di Savona. Ad Imperia opera, invece, una discarica privata (Ponticelli). Per maggiori dettagli sugli impianti, l'assessore ha fatto riferimento a numerose altre situazioni di cui si riferirà in commento alle previsioni del piano regionale.
I rappresentanti delle forze dell'ordine hanno riferito sull'attività di monitoraggio effettuata soprattutto per i controlli sulle discariche pubbliche e private. Controlli vengono effettuati anche sulle ditte artigiane che operano nel settore delle riparazioni delle auto (autofficine e carrozzerie), dove sono state individuate due discariche abusive. Circa l'attività per il perseguimento dei reati della criminalità organizzata e comune, si dirà in altra parte della relazione, così per l'azione della magistratura e per le attività di


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informazione e denuncia delle associazioni ambientalistiche, che hanno curato un ricchissimo dossier sulla tematica dei rifiuti. A detta dell'associazionismo ligure, la situazione regionale è particolarmente pericolosa perché l'assenza di controlli sulla gestione del settore avrebbe generato non solo la produzione di giganteschi guadagni illeciti, ma anche aggressioni irreversibili all'ambiente, nonchè veri e propri disastri ecologici. Il giudizio delle associazioni audite dalla Commissione sulla politica regionale e degli enti locali in tema di rifiuti è estremamente severo, soprattutto per quanto riguarda il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni e per ciò che concerne i successivi controlli.
Le audizioni tenutesi a La Spezia hanno avuto ad oggetto soprattutto l'inchiesta condotta dalla procura della Repubblica, coadiuvata dal Corpo forestale dello Stato, sui fatti collegati alla discarica di Pitelli (un'ipotesi di reato è quella di disastro ambientale) e sui vari filoni di indagine riguardanti gli amministratori, la pubblica amministrazione, l'imprenditoria locale ed i traffici internazionali. Dell'indagine, che si occupa anche dello smaltimento dei rifiuti provenienti dall'arsenale militare di La Spezia, si riferirà con maggiori dettagli nella parte della presente relazione dedicata ai procedimenti penali.

2) La normativa regionale sui rifiuti.

Come già accennato, la regione Liguria non ha ancora aggiornato la propria legislazione alle disposizioni di cui al decreto legislativo n.22 del 1997. A parte ogni giudizio sul ritardo, tale mancato adeguamento appare non privo di conseguenze negative se si considera che, come asserito dall'assessore regionale all'ambiente, attualmente l'attività autorizzativa regionale appare in fase di stallo, in attesa delle nuove misure da adottare. In una situazione come quella ligure, dove molte autorizzazioni sono state sospettate di essere viziate dalla presenza della criminalità organizzata o, comunque, dove in alcune zone (Tigullio) sembra essere in atto un sorta di monopolio negli appalti, i ritardi nell'approvazione del nuovo piano regionale vanno letti come carenza di attenzione sulla gravità della «questione rifiuti».
Ciò posto, si ritiene ora opportuno indicare i più importanti atti legislativi regionali:
deliberazione del consiglio regionale n. 124 del 24.11.1992 «Programma di emergenza per l'adeguamento del sistema di smaltimento di cui all'articolo 5 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito nella legge 9 novembre 1988, n. 475»;
deliberazione del consiglio regionale n. 145 del 29.12.1992 «Piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti»;
deliberazione del consiglio regionale n. 21 del 7.3.1995 «Variante al piano di organizzazione dei servizi di smaltimento, approvato con deliberazione consiliare n. 145 del 29 dicembre 1992, relativa alla provincia di La Spezia»;
deliberazione del consiglio regionale n. 98 del 26.11.1996 «Piano regionale della raccolta differenziata dei rifiuti».

3) La mappa degli impianti.

I dati e gli elementi che qui sotto si riportano sono tratti, per lo più, dal piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti (deliberazione del consiglio regionale n.145 del 29.12.1992). Le previsioni del piano sono fatte con proiezioni a dieci anni (2002) ma esse, come sopra anticipato, debbono essere rivisitate per adeguarle alle previsioni del «decreto Ronchi».

3.1) Rifiuti solidi urbani.

Il numero di impianti esistenti per ogni provincia, e quello degli impianti previsti per «ambito ottimale», risulta essere:
Provincia di Imperia: comprende i tre ambiti ottimali A (Ventimigliese con 17 comuni), B ( Sanremese con 10 comuni), C (Imperiese con 40 comuni). Nell'ambito


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A, in cui non vi sono impianti esistenti, è prevista una discarica nel comune di Ventimiglia, a Camporosso, ed un inceneritore con una potenzialità di 75 tonnellate/giorno in località Zona Vallone dei Lodi. Nell'ambito B, anch'esso sprovvisto di impianti, si prevede una discarica nel comune di Badalucco, con una capacità di 1.400.000 metri cubi in località Vallone dei Morti. Nell'ambito C, in cui esiste una discarica nel comune di Imperia in località Ponticelli, è previsto un inceneritore con una potenzialità di 557.000 metri cubi/anno, da installare nel comune di Imperia in località Ponticelli, in maniera da smaltire le ceneri e l'eventuale eccedenza di rifiuti nell'attuale discarica esistente.
Provincia di Savona: comprende 5 ambiti ottimali A (Albenganese con 20 comuni), B (Finalese con 15 comuni), C (Valle Bormida con 18 comuni), D (Savona e comuni limitrofi, per un totale di 11 comuni), E (Valle Erro con 5 comuni). In tale provincia esiste un sito di discarica nell'ambito B (comune di Magliolo, località Casei, con capacità di 1 milione di metri cubi), 4 siti di discarica nell'ambito D (comune di Savona in località Cima Montà, comune di Vado Ligure in località Boscaccio, comune di Celle in località Terrabianca, comune di Varazze in località Ramognina), 1 sito di discarica nell'ambito E (comune di Mioglia, località Susina) e nessun impianto di incenerimento. Secondo le previsioni del piano, si avrà un sito di discarica nell'ambito A (comune di Albenga-Ortovero in località Cianciarin), un altro sito di discarica nell'ambito C (comune di Cosseria in località Napuggia), mentre per l'ambito D è previsto un impianto di incenerimento (comune di Savona in località Cima Montà) ed un ampliamento della discarica esistente nel comune di Vado Ligure in località Boscaccio.
Provincia di Genova: comprende tre ambiti ottimali A, B, C. L'ambito ottimale A dell'area metropolitana genovese (comuni serviti: 38) è a sua volta suddiviso nell'ambito A1 (comprendente i comuni costieri da Cogoleto a Genova e da Genova a Camogli), nell'ambito A2 (comprendente i comuni facenti parte della comunità montana della Valle Stura), nell'ambito A3 (comprendente i comuni facenti parte della comunità montana della Valle Scrivia e della cintura genovese), nell'ambito A4 (comprendente i comuni facenti parte della comunità montana della Val Trebbia). Nell'ambito A esistono tre siti di discarica rispettivamente in A1 (comune di Genova in località Scarpino), in A3 (comune di Busalla in località Birra), in A4 (comune di Torriglia in località Valla) mentre è previsto un impianto di incenerimento nell'ambito A3 (comune di Ceranesi in località Fossa Luea). L'ambito B (Val Fontanabuona, comprendente 12 comuni) è dotato di un sito di discarica (comune di Tribogna in località Rio Marsiglia) e per esso non è previsto alcun nuovo impianto. Infine l'ambito C (Aveto, Graveglia, Sturla, Petronio e comuni della riviera, per un totale di 16 comuni), sprovvisto di impianti, sarà dotato secondo le previsioni del piano di un sito di discarica e di incenerimento nel comune di Castiglione C.-Casarza, in località Gavornie, e di un sito di discarica nel comune di Rezzoaglio, in località Malsapello.
Provincia di La Spezia: comprende gli ambiti ottimali A (La Spezia e comuni limitrofi, per un totale di 26 comuni serviti) e B (riviera spezzina, per un totale di 6 comuni serviti). Gli impianti esistenti nell'ambito A consistono in una discarica nel comune di Riccò del Golfo, in località Vallescura, di un inceneritore nel comune di Arcola, in località Boscalino, e di una discarica nel comune di Varese Ligure, in località Santalò. Per l'ambito A è previsto l'ampliamento del sito di discarica nel comune di Riccò del Golfo, in località Vallescura. Relativamente all'ambito B, esiste un sito di discarica nel comune di Bonassola, in località Gronde, e non sono previsti dal piano nuovi impianti.

Complessivamente, dunque, per tutto il territorio regionale, esistono n. 14 discariche


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autorizzate ed un solo inceneritore. Sono previsti altre 10 discariche ed altri 4 inceneritori. Manca un monitoraggio degli impianti abusivi.

3.2) Rifiuti speciali ospedalieri.

Sulla base di un censimento del 1986, la produzione di rifiuti ospedalieri dell'intera regione ammonta a 6.300 tonnellate/anno cosi suddivisa: 3500 (provincia di Genova), 1400 (provincia di Savona), 800 (provincia di Imperia), 600 (provincia di La Spezia). L'intero territorio regionale è dotato di 12 inceneritori di rifiuti ospedalieri (n.5 Genova, n.2 Savona, n.3 Imperia, n.2 La Spezia). La vita residua di tali impianti è piuttosto breve e può essere valutata in circa tre-cinque anni. Le soluzioni che il piano prevede per i prossimi dieci anni considerano lo smaltimento concentrato che avverrà gradualmente tenendo conto di motivi tecnico-logistici. Si tratta, in sostanza, di smaltire nel breve termine i rifiuti ospedalieri negli inceneritori attualmente esistenti e di utilizzare nel lungo termine impianti centralizzati (uno per ogni provincia) così distribuiti: impianto di Volpara (GE), impianto di Arcola (SP), impianto di Savona, impianto di S. Remo (IM).

3.3) Rifiuti speciali inerti.

La produzione di rifiuti inerti è di difficile accertamento ed è determinata dall'attività di numerose imprese sparse sul territorio regionale. Essa è influenzata dalla costruzione di opere quali strade, autostrade, gallerie, centri residenziali, ponti, eccetera. Le modalità di smaltimento previste dal piano privilegiano il riutilizzo degli inerti come materiali di riempimento e di ricopertura di discariche autorizzate. Nessuna previsione vi è tuttavia nel piano sul numero di impianti, ma soltanto la possibilità di realizzare impianti consortili tra comuni e tra comunità montane.

3.4) Rifiuti speciali, e speciali tossici e nocivi.

Nel piano vengono definiti «rifiuti industriali» quelli provenienti da attività industriali, artigianato, servizi. I dati di produzione dei rifiuti industriali sono stati ricavati da un'indagine della Termomeccanica su commissione della regione Liguria, ed aggiornati con le dichiarazioni di censimento di cui all'articolo 5 della legge n. 475/88. Alla luce di quanto sopra, la produzione stimata di rifiuti industriali per tutta la regione è di 1.918.340 tonnellate/anno, di cui 85.480 tonnellate di tossici e nocivi e 167.335 tonnellate di rifiuti potenzialmente tossici e nocivi contenenti le sostanze di cui all'allegato alla delibera 27.7.84 di attuazione dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n.915/82. In tale stima sono escluse le ceneri delle centrali termoelettriche di La Spezia, Vado Ligure e Genova.
Gli impianti esistenti per conto terzi sono presenti nelle tre province di Genova, Savona, La Spezia. I trattamenti di rifiuti liquidi sono a Genova (società Igam, società Ecologital), mentre tre discariche di rifiuti speciali non tossici e nocivi sono situati nella provincia di Savona (impresa Pogliano, impresa Ice, società discarica Bossarino). A La Spezia invece sono situate la discarica di Pitelli per rifiuti speciali non tossici e nocivi, e due inceneritori per rifiuti speciali, tossici e nocivi solidi e liquidi, gestiti dalla società Contenitori Trasporti.
Relativamente agli impianti di smaltimento autorizzati per conto proprio, questi si collocano nelle due province di Genova e di Savona. Si tratta, per quanto riguarda la provincia di Genova, di cinque discariche di rifiuti speciali non tossici e non nocivi delle società Tubi Italia, Pesce Pietro, Morando Silvio, FIT, società Funiviaria Alto Tirreno, di un impianto di trattamento di terre al cromo della società Stoppani e di un inceneritore di fondami di serbatoi della società Erg. Nella provincia di Savona sono presenti soltanto tre


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discariche di rifiuti speciali non tossici e nocivi gestite dalla società 3M Italia (n. 2) e Agrimont (n. 1)
Le previsioni di piano, per ciò che riguarda i nuovi impianti, prendono in considerazione i bacini ottimali di Genova, Valle Bormida, Savona, Imperia, La Spezia. In particolare, il bacino ottimale di Genova dovrà ospitare una stazione di concentramento e pretrattamento (sita nell'area portuale di Genova), due discariche per terre speciali al cromo, una discarica per gli scarti di lavorazione dell'ardesia (sita nel comune di S. Colombano Certenoli, in località Pian dei Cunei), ed una linea di caricamento di rifiuti ospedalieri nell'impianto di incenerimento di rifiuti solidi urbani di Genova. Nel bacino ottimale di Valle Bormida è prevista una sola stazione di concentrazione e pretrattamento (sita nell'area industriale del comune di Cairo Montenotte), mentre per la provincia di Savona, oltre alla linea di concentrazione e pretrattamento (sita nell'area industriale del comune di Vado Ligure), vi sarà una discarica che accoglierà le ceneri ENEL di Savona e di Genova (sita nel comune di Borghetto S. Spirito, in località Cava Fassari) ed un inceneritore di rifiuti speciali ospedalieri sia per il bacino di Savona che della Valle Bormida.
Nel bacino ottimale di Imperia saranno collocate una stazione di concentrazione e di pretrattamento (sita nell'area industriale del comune di Imperia) ed una linea di caricamento di rifiuti speciali ospedalieri da installare nell'impianto di incenerimento di rifiuti solidi urbani di S. Remo. Infine, nel bacino ottimale di La Spezia, oltre ad una stazione di concentrazione e pretrattamento (sita nell'area industriale della Val di Magra), troveranno collocazione due discariche, rispettivamente per ceneri ENEL (sita nel comune di Carro, località Costa le Gruzze) e per scarti della lavorazione del marmo, (sita nel comune di Castelnuovo Magra, in località Cava Filippi) ed una di tipo 2B. È prevista anche, per il bacino ottimale di La Spezia, una linea di caricamento di rifiuti speciali ospedalieri da installare nell'impianto di incenerimento di rifiuti solidi urbani di Arcola.
È inoltre prevista una piattaforma integrata regionale di trattamento di inertizzazione con annessa discarica di smaltimento di tipo 2B per rifiuti inertizzati. Non è indicata la localizzazione di tale piattaforma.
Come detto, i dati sopra riportati sono stati tratti dal piano di organizzazione dei servizi di smaltimento. Relativamente alla sola provincia di La Spezia, tale piano è stato modificato con la deliberazione del consiglio regionale n. 21 del 7.3.1995. Si riportano qui di seguito le più significative novità adottate con tale ultima delibera.
Il territorio provinciale è stato suddiviso in tre ambiti: A (La Spezia e comuni limitrofi), B (riviera spezzina), C (Val di Vara) e sono stati previsti i seguenti nuovi impianti:
2 impianti di pretrattamento RSU localizzati ad Arcola e Borghetto;
2 discariche nel comune di La Spezia (Val di Bosca) e di Borghetto (località Bosco di Checco).

4) L'attività di inchiesta dell'amministrazione regionale.

La Commissione ha acquisito la relazione della commissione speciale di inchiesta istituita con D.C.R. n. 84 del 8.7.1992 (sottocommissione rifiuti e cave - luglio 1993). Si tratta di un'indagine voluta dal consiglio regionale per fare chiarezza sulle reali condizioni di operatività degli impianti e per accertare la correttezza delle procedure adottate per l'autorizzazione degli impianti. La sottocommissione regionale ha reso un referto che, al di là degli aspetti meramente ricognitivi e con i limiti connessi (vi è un monitoraggio di tutti gli impianti esistenti), non appare avere fornito elementi utili per una puntuale denuncia delle situazioni a rischio, né per la regolarizzazione delle situazioni contra legem. La commissione speciale ha riconosciuto i limiti dell'indagine, dovuti a vastità del campo di indagine, a ristrettezza dei tempi a disposizione


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per il lavoro, alla mancanza di mezzi di gestione informatizzata, della vasta mole di dati forniti dal servizio ambiente e dagli organismi esterni, all'impossibilità di attivare consulenze, all'insufficienza di personale adeguato alla rilevanza del compito. Essa, tuttavia, ha fornito i seguenti dati:
le discariche di rifiuti urbani nella regione ammontano a 24, di cui:
3 autorizzate con DPGR ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82;
15 autorizzate dal sindaco ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82;
6 autorizzate dalla GR ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82. Quest'ultime sono le discariche di:
Tribogna in località Rio Marsiglia;
Riccò del Golfo in località Vallescura*;
Magliolo in località Casei*;
Vado Ligure in località Boscaccio;
Savona in località Cima Montà*;
Imperia in località Ponticelli*.

Le discariche contrassegnate con il segno (*) sono insufficienti a far fronte razionalmente alle esigenze di smaltimento della regione, con conseguente aggravio dei costi di smaltimento e lievitazione degli stessi in regime di monopolio, che alimentano fenomeni di eco-business (costo oltre 250 lire/Kg).
È da notare che il richiamo alle disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82 non sta ad attestare la regolarità degli impianti, ma piuttosto il riconoscimento da parte delle autorità regionali di situazioni di emergenza da tollerare più che da disciplinare.
Ed infatti, ben diciotto delle ventiquattro discariche sono regolamentate da ordinanze contingibili ed urgenti, più volte reiterate per brevi periodi di tempo e senza alcun indicazione per una normalizzazione a regime. Caso eclatante è la discarica di Monte Scarpino di Genova (*). Solo cinque discariche sono a norma di legge. Negli ultimi anni numerose piccole discariche incontrollate sono state chiuse e si rendono necessarie operazioni di bonifica.
L'alternativa dello smaltimento per incenerimento è impraticabile, in quanto i due inceneritori di GE-Volpara ed Arcola-Boscalino sono chiusi in attesa di adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n.915/82 . Inoltre, l'inceneritore di Val Bisagno non è più previsto dal piano regionale di smaltimento ed è stato disattivato. Tale situazione ha comportato che alcuni comuni (Borzonasca, Casarza Ligure, Sestri Levante, Zoagli) hanno conferito dal novembre 1992 rifiuti in discariche del novarese, con relativo aggravio di costi. Fino ad oggi i comuni hanno proceduto a convenzioni con i privati per la gestione delle discariche, senza effettuare gare. Nella relazione sono citati i casi delle discariche di Magliolo, località Casei, e di Riccò del Golfo, località Vallescura.
L'inchiesta ha giudicato scarsa, se non inesistente, la raccolta differenziata dei RSU e sul punto ha sottolineato che con la legge regionale n. 24/91 è stato concesso alle province un miliardo per attivare le raccolte ed acquistare le attrezzature necessarie. La successiva legge regionale 28/92 stanziava un altro miliardo per attività di sperimentazione e di sensibilizzazione alla raccolta differenziata. L'avere trascurato tale attività di raccolta differenziata denuncia, a giudizio di questa Commissione, una mancanza di raccordo tra momento decisionale e traduzione operativa delle scelte politico-amministrative.
Per quanto riguarda i rifiuti ospedalieri, dal rapporto della sottocommissione d'inchiesta risulta che molti ospedali e cliniche, privi di inceneritori al proprio interno, smaltiscono fuori dalla regione. Nel 1992 la magistratura ha sospeso l'utilizzo del compattatore installato presso l'ospedale di Pietra Ligure dalla USL 5-Finalese.
In ogni caso, la relazione evidenzia che tutto il settore dei rifiuti ospedalieri opera


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in un regime ai limiti (spesso oltre) della legalità. Negli anni 1986-1987 l'inceneritore della Fumeco di Tovo S.Giacomo costituiva un centro di traffico illegale di rifiuti industriali e ospedalieri, nazionale ed internazionale, finchè non intervenne la magistratura ad interrompere tale traffico. Le richieste di impianti di incenerimento provinciali inoltrate alla regione, e non previste dal piano regionale, per motivi di impatto ambientale non sono state finora accolte.
Nel settore dei rifiuti industriali, l'inchiesta ha denunciato una rilevante carenza di impianti, come anche si deduce dal programma di emergenza approvato dal consiglio regionale del 24.11.1992. Non esiste alcuna discarica di tossici e nocivi, malgrado la produzione ligure di rifiuti di tale tipologia.
La localizzazione delle piattaforme di smaltimento individuate dal piano hanno fatto registrare forti tensioni da parte delle popolazioni interessate, le quali finora non hanno espresso assenso per l'installazione degli impianti (ci si riferisce, in particolare, ai casi di Castiglione Chiavarese, Casella, Masone, Borghetto S. Spirito, Cairo Montenotte, Pieve di Teco).
I rifiuti pericolosi vengono esportati fuori della regione, con aggravio dei costi. In tale situazione sono fioriti gli smaltimenti illegali e la Liguria è diventata crocevia di traffici illeciti; nell'inchiesta è ricordato che i bidoni della Jolly Rosso stazionano ancora a La Spezia. Segnala, ancora, interramenti di rifiuti presso le aziende che li hanno prodotti, con gravi danni per l'ambiente. I casi Acna, Stoppani, Icroma sono ben noti e in ordine ad essi la Commissione esercita una costante pressione sugli organi competenti perché provvedano, per quanto possibile, al recupero ambientale. Viene segnalato anche il caso della cava abusiva di Pattarello di Borghetto S.Spirito (SV), sul quale si stanno effettuando ulteriori accertamenti per acclarare connessioni con la conduzione dell'impianto di Tovo S.Giacomo (sito dell'inceneritore della Fumeco) e con le discariche abusive di Andora e Magliolo, su cui sta indagando la magistratura. I proprietari di tale cava sono stati oggetto di misure restrittive della libertà personale da parte della competente autorità giudiziaria.
Quanto alle discariche abusive, il consiglio regionale ha approvato in data 23.11.1988 il piano di bonifica (vedasi l'articolo 5 della legge n. 441/87), elencando 96 casi di discariche abusive da bonificare. Il piano è stato affidato alla società D'Apollonia per la revisione, con delibera n. 3402 del 18.7.91. Tale società sta curando anche la bonifica dell'area di Ronco Scrivia (melme acide). Al momento esistono 200 discariche dismesse, per 19 delle quali è richiesta la bonifica e messa in sicurezza, secondo il servizio ambiente della regione.
All'1.9.92 risultano in istruttoria 582 pratiche per le autorizzazioni regionali delle seguenti attività:
15 per stoccaggi di T/N;
59 per stoccaggi di speciali e rottamatori;
35 per stoccaggi e trattamenti di speciali;
8 per discariche di RSU;
27 per discariche di speciali;
12 impianti di incenerimento;
426 per trasporti, di cui 118 per la provincia di Genova, 23 per la provincia di Imperia, 44 per la provincia di Savona, 32 per la provincia di la Spezia, 205 per trasporti fuori regione, 4 per trasporti fuori Italia.
Per contro sono state rilasciate rilasciate autorizzazioni per:
11 discariche di speciali;
11 stoccaggi provvisori e trattamento di speciali;
8 rottamatori di rifiuti speciali;
5 rottamatori di rifiuti pericolosi;
4 impianti di incenerimento di speciali;
l'impianto di incenerimento di rifiuti pericolosi;
10 stoccaggi provvisori di rifiuti pericolosi in conto terzi;
16 stoccaggi provvisori di rifiuti pericolosi in conto proprio;
1 impianto di trattamento di rifiuti pericolosi;


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3 progetti approvati per stoccaggio provvisorio di rifiuti pericolosi;
11 inceneritori di rifiuti ospedalieri;
25 impianti di RSU;
202 per trasporti nella provincia di Genova, 21 per trasporti nella provincia di Imperia, 106 per trasporti nella provincia di Savona, 43 per trasporti nella provincia di La Spezia, 187 per trasporti fuori regione.

Il proliferare dei provvedimenti (postumi) di autorizzazione delle discariche abusive esistenti sulla base del monitoraggio effettuato dalla commissione d'inchiesta denuncia, indubbiamente, che per moltissimi anni il territorio ligure è stato governato in carenza di adeguati controlli nel settore. Questa commissione confida che, sulla scorta delle conoscenze ora acquisite, l'attività di controllo da parte della regione e degli enti locali sia più rispondente alle emergenze emerse ed ad una programmazione degli interventi, che tenga conto anche del gravissimo stato di degrado del territorio regionale.

5) L'ulteriore aggiornamento sullo stato degli impianti secondo i dati forniti dall'assessore all'ambiente.

Nel corso della missione del 15 luglio 1997, l'assessore all'ambiente della regione Liguria ha fornito altri dati, come si evince dai prospetti che seguono. L'aggiornamento dei dati è al 15 marzo 1997.


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6) Valutazioni conclusive sullo stato degli impianti.

L'elencazione di cui ai punti precedenti consente, sulla scorta anche degli altri dati acquisiti sia nel corso dei sopralluoghi e delle audizioni, sia attraverso altre fonti, di tracciare sulla situazione regionale un quadro sufficientemente preciso, ancorché ancora non completo, in quanto privo degli esiti che scaturiranno dalla conclusione delle numerose istruttorie in corso da parte della magistratura su alcuni specifici siti di smaltimento e, più in generale, sulle attività dell'intero ciclo.
Innanzitutto è da notare che esiste una forte divaricazione tra le previsioni dei piani regionali e le effettive realizzazioni. Se si considera che il piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti risale al 1992, occorre chiedersi se le scelte programmatorie siano state ben calibrate ovvero se vi sia stata una disattenzione nella fase attuativa. Emergono, poi, carenze sia per quanto concerne le dotazioni strutturali destinate allo smaltimento, sia per quanto riguarda l'attività di controllo sulle attività autorizzate e non. Peraltro, le insufficienze strutturali nel numero di impianti, rispetto al fabbisogno di smaltimento dei rifiuti prodotti di varia tipologia (urbani, speciali pericolosi e non pericolosi), sono causa:
del mantenimento sine die delle numerosissime discariche di RSU obsolete autorizzate in via di mera emergenza e provvisoria ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82. Queste vengono ancora alimentate per la mancata realizzazione dei nuovi siti; e ciò nonostante, per gran parte, la loro gestione si trova al vaglio della magistratura penale, che sta indagando su ipotesi di reati segnalati anche alla Commissione dalle associazioni ambientaliste, Legambiente e WWF;
di un aumento di richieste di provvedimenti «tampone» per il mantenimento di stoccaggi provvisori per conto terzi e per conto proprio. Data l'acclarata carenza di controlli, sorgono seri problemi per lo smaltimento definitivo in ambito regionale dei rifiuti stoccati alla fine del periodo di stoccaggio autorizzato, e ciò anche perché mancano piattaforme di trattamento, discariche di rifiuti pericolosi e termodistruttori autorizzati;
del proliferare della presenza di interessi illeciti nell'affaire rifiuti. Emerge infatti un sempre più fitto intreccio tra la malavita (comune ed organizzata) e settori della pubblica amministrazione e dell'imprenditoria deviata. Tale discarica (v. nota specifica nel seguito) si è infatti dimostrata crocevia di ogni sorta di rifiuti smaltiti illegalmente ed illecitamente, con la sospetta connivenza delle amministrazioni locali e degli organi di controllo.

In estrema sintesi, relativamente ai singoli settori riguardanti il ciclo dei rifiuti, il quadro finale che emerge da tutte le fonti di informazione di cui la Commissione dispone può così compendiarsi.

6.1) Rifiuti urbani.

Gran parte delle discariche opera ancora sulla base dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82, con richieste di ampliamenti e comunque in situazione di continua emergenza. Problematica è la situazione della captazione del biogas e dello smaltimento dei percolati che, per motivi diversi, pongono seri problemi di sicurezza per gli operatori e per l'ambiente in generale. Un dato certo è che gli impianti autorizzati di trattamento dei percolati nella regione Liguria, oltre ad essere gravemente insufficienti, non sono adeguati quanto a tecnologie utilizzate. Le discariche operano pressocchè in regime di monopolio, con prevalenza degli operatori privati. Ciò causa notevoli lievitazioni dei costi di smaltimento. Relativamente alla raccolta differenziata


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dei RSU, così come richiesto dal decreto legislativo n.22/97, il piano regionale n.98 del 26.11.96 non solo non è ancora decollato ma necessita di un aggiornamento, alla luce delle nuove disposizioni dello stesso decreto n. 22/97.

6.2) Siti contaminati e piano di bonifica (ai sensi del decreto ministeriale 16.5.89).

Un vero e proprio censimento dei siti contaminati, che includa non solo le discariche abusive ma anche i siti industriali dismessi o le aree demaniali disattivate ai sensi del decreto ministeriale 16.5.89, non esiste. Gli unici dati esistenti si riferiscono al piano di bonifica del 23.11.88, che menzionava 96 discariche abusive di rifiuti urbani da bonificare. Dopo la delibera n.3402 del 18.7.91, con cui si affidava alla società D'Apollonia la revisione del piano, si sono elencate 200 discariche dismesse, per 19 delle quali si è indicata una priorità di intervento di bonifica o messa in sicurezza secondo il servizio ambiente della regione. Non sono indicati nel piano i recenti siti contaminati venuti alla luce a seguito dell'inchiesta della procura di Asti nell'area dello spezzino (Pitelli e dintorni). Un'omissione voluta od una dimenticanza? Rimangono da chiarire gli interventi di bonifica e ripristino nelle aree industriali della Stoppani, Acna di Cengio ed Icroma.

6.3) Rifiuti ospedalieri.

Notevolmente carenti sono i dati forniti alla Commissione, che però sta provvedendo a colmare il gap di conoscenze mediante acquisizione diretta, con il tramite di appositi gruppi di lavoro, di cui fanno parte parlamentari coadiuvati da consulenti esterni. Secondo quanto emerge dai pur scarsi elementi di cui attualmente la Commissione dispone, la situazione attuale appare assai compromessa, data la mancanza di inceneritori di rifiuti pericolosi conto terzi autorizzati. Un aggravamento sembra da addebitare anche alla chiusura, disposta dalla magistratura, del forno malfunzionante ed inquinante della Fumeco di Tovo S.Giacomo : forno che era anche divenuto centro di traffico illegale di rifiuti sanitari e pericolosi. All'attualità, secondo le conoscenze cui la Commissione è pervenuta direttamente, lo smaltimento dei rifiuti sanitari di ospedali e cliniche avviene, tranne le eccezioni di alcuni ospedali (Celesia, Gaslini, Galliera, Staglieno S.Andrea, Felettino), fuori della regione. Ciò anche a causa del mancato rilascio da parte della regione delle autorizzazioni richieste per l'installazione di nuovi impianti.

6.4) Stoccaggi provvisori.

Si è già detto che, in data 15.3.97, si contavano nel territorio regionale 9 impianti di stoccaggio provvisorio di rifiuti speciali non pericolosi autorizzati per conto terzi e 20 impianti di stoccaggio provvisorio di rifiuti pericolosi, di cui 4 autorizzati per conto terzi e 16 autorizzati per conto proprio. Sembrano ancora irrisolti i problemi che si porranno allorchè i rifiuti, trascorso il periodo autorizzato di stoccaggio, dovranno essere smaltiti definitivamente. Né la regione sembra avere, tra le sue priorità, in programma la realizzazione della piattaforma regionale di trattamento prevista dal piano regionale di smaltimento del 1992. Peraltro, il problema è di più ampio raggio, in quanto è ben noto che lo stoccaggio provvisorio consente, mediante alterazioni e falsificazioni di documenti (giri di bolle di accompagnamento), di modificare sulla carta l'identità dei rifiuti, dando così il via a smaltimenti poco corretti, nei siti più disparati, con gravi danni ambientali e con produzione di notevoli profitti illeciti.

6.5) Rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.

È del tutto inesistente la presenza sul territorio regionale di impianti di smaltimento definitivo per rifiuti pericolosi e ciò


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comporta che i rifiuti prodotti nei bacini industriali ed artigianali siano smaltiti lecitamente o illecitamente fuori della regione, se si eccettuano i casi in cui una parte di tali rifiuti permane temporaneamente in siti di stoccaggio provvisorio autorizzati. Tale situazione agevola l'attività di smaltimento illegale (vedasi quanto si dirà a proposito della discarica di Pitelli, La Spezia). Identiche osservazioni occorre fare anche per quanto concerne l'attività di incenerimento.

7) La discarica di Pitelli (La Spezia).

Su questo impianto sono in atto inchieste della magistratura, accertamenti, perizie, analisi, carotaggi (attualmente sono in corso due incidenti probatori), sicchè alcune notizie sono tuttora coperte dal segreto istruttorio. Si dirà in questa sede, a prescindere da ogni considerazione sulle implicazioni di natura penale, dei profili squisitamente tecnici, rilevati nella discarica, e del gravissimo stato di degrado del territorio interessato, che ha fatto formulare l'ipotesi di disastro ambientale, ivi compresi i gravissimi e non ancora pienamente valutati, rischi per la popolazione residente. Nata nel 1979 per lo smaltimento di rifiuti inerti, in un'area demaniale, sottoposta peraltro a vincoli paesaggistici, la discarica di Pitelli si è sviluppata oltre misura accogliendo nel tempo rifiuti di ogni tipologia (tra cui alcuni di forte pericolosità). La legittimazione ad operare proviene alla discarica da autorizzazioni non del tutto trasparenti, che hanno offerto il fianco a letture di dubbia interpretazione ed a sospetti di connivenze tra il gestore della discarica, pubblici amministratori e gli organi di controllo.
Si è già fatto cenno che il «caso» Pitelli è venuto alla luce grazie ad un'inchiesta della procura di Asti e che si è via via delineato con il contributo di informazioni fornite alla magistratura, ed agli organi di polizia giudiziaria, dal comitato di difesa di Pitelli, dalle associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF) ed anche da alcune interrogazioni parlamentari.
Questa Commissione inoltre considera positivamente quanto affermato, in sede di audizione, dall'associazione Ambiente e/è vita a proposito di un impiego del sistema LARA del CNR, per ottenere un quadro completo dello stato di contaminazione dell'area interessata dalla discarica di Pitelli.

8) Le analisi e l'azione delle associazioni ambientaliste.

Secondo Legambiente e WWF, fino alla fine degli anni ottanta, profittando della vocazione marittima del territorio ligure, nella regione hanno operato soggetti imprenditoriali interessati all'esportazione illegale di rifiuti tossico-nocivi, attraverso una rete di società di brokeraggio internazionale, con armatori compiacenti verso impianti di smaltimento siti in paesi del terzo mondo (Venezuela e Nigeria) e dell'est europeo (Romania). Successivamente, dopo lo scoppio dello scandalo delle "navi dei veleni" (Zanoobia, Jolly Rosso), l'imprenditoria illegale, organizzata per aree territoriali, si è prevalentemente rivolta ai traffici nazionali ed il territorio regionale "diviene progressivamente discarica del Nord-Italia ed interporto per i traffici via terra e via mare di organizzazioni internazionali di stampo mafioso". La questione dei traffici internazionali forma, attualmente, oggetto di un filone di indagine da parte della procura della Repubblica di La Spezia.
L'articolata denuncia delle due associazioni segnala ancora che su alcuni impianti e discariche di RSU si sarebbero verificati accordi e collusioni tra imprenditori ed amministratori locali. Dopo una localizzazione preconcordata, sarebbero state acquisite (a prezzo agricolo) le aree di sedime e, successivamente, queste sarebbero state inserite nei piani regionali di smaltimento dei rifiuti, con conseguenti grandi guadagni.


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Le illecite operazioni, che avrebbero generato anche gravissimi danni all'ambiente, avrebbero interessato tutte le tipologie di rifiuti e tutte le provincie liguri sicchè, secondo le due associazioni, «quello che si configura in Liguria, al di là delle peculiarità territoriali, sembra essere un unico sistema integrato, con forti analogie e canali di interrelazione». Ma, anche a prescindere dalle possibili ipotesi della presenza di fattispecie di natura penale, l'associazionismo ligure appare preoccupato per le gravissime aggressioni al territorio che derivano dagli impianti che trattano rifiuti. Documentano, in dettaglio, la situazione delle varie province nel modo che segue.
Nella provincia di La Spezia, la rete delle oltre 15 discariche - autorizzate e non - e delle 35 cave individuate nel territorio provinciale ha provocato, e sta provocando, un grave dissesto idrogeologico ed un progressivo inquinamento dei fiumi Magra, Vara, Durasca e delle falde acquifere (Fornola), da dove viene emunta l'acqua potabile per la città di La Spezia e per i centri rivieraschi del Golfo dei Poeti e delle Cinque Terre.
La causa di tali disastri ambientali viene indicata dalla presenza di attività criminali di tipo mafioso nei settori dello smaltimento e dell'attività estrattiva. A conforto di tale assunto, vengono portate ad esempio le vicende legate alle discariche del comprensorio spezzino, quali la discarica consortile di Vallescura (oggi riattivata nonostante i ripetuti interventi della magistratura, alla cui gestione sono interessate ditte quale la Contenitore Trasporti di Orazio Duvia, più volte indagata per reati connessi all'ambiente); la discarica di Pitelli, in ordine alla quale un incidente probatorio è finalizzato a verificare l'ipotesi di disastro ambientale; la vasca di stoccaggio provvisorio di Bosco di Checco, oggetto di allarmati rapporti da parte del Corpo forestale della Stato; la discarica di Monte Montada, che forma oggetto di procedimento penale per ipotesi di falso, abuso ed omissione di atti d'ufficio nei confronti di amministratori e dirigenti del comune di La Spezia. Vengono anche richiamate le vicende delle discariche di Val Bosca, Saturnia e Monte Santa Croce, tutte implicate in indagini da parte del Corpo forestale e della magistratura spezzina.
Il filone che lega tutte le inchieste sulle gestioni delle varie discariche di La Spezia sarebbe, secondo le associazioni ambientaliste, il collegamento tra società operanti in Liguria e soggetti appartenenti a gruppi camorristici campani fatti oggetto di provvedimenti giudiziari per i fatti che hanno riguardato la «rifiuti connection» della zona di Caserta (la vicenda giudiziaria, da inquadrarsi nell'ambito della cosiddetta operazione Adelphi, risale al 1993 ed ha visto implicato, tra gli altri, Ferdinando Cannavale, titolare della società Transfermar, il cui pacchetto azionario è, per il cinquanta per cento, detenuto dalla società Contenitori Trasporti di Orazio Duvia).
I dettagli tra le varie implicazioni e gli intrecci di interessi che legano le varie imprese che operano nel settore, con i loro asseriti collegamenti con organizzazioni appartenenti alla criminalità di stampo mafioso, formano oggetto di indagine e di approfondimenti da parte della magistratura inquirente.

9) Le principali indagini sul ciclo dei rifiuti in Liguria.

I documenti presentati e le denunce esposte in sede di audizione davanti a questa Commissione - in particolare dalle associazioni ambientaliste - hanno fornito l'impressione di una regione esposta in maniera sensibile ai traffici e agli smaltimenti illeciti di rifiuti. Tutte le denunce e le informazioni sono state attentamente vagliate e confrontate con l'attività delle forze dell'ordine e dell'autorità giudiziaria.
Si può, in via preliminare, affermare senz'altro che in Liguria si sono registrati in questi anni numerosi casi di illeciti collegati con il ciclo dei rifiuti: ma ciò che


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più conta è che i casi su cui è tuttora impegnata la magistratura sono decisamente tra i più gravi mai registrati in Italia. Si citano, in proposito, le indagini dell'autorità giudiziaria di La Spezia sulle presunte irregolarità di gestione della discarica di Pitelli e l'attività della magistratura di Savona, che ha portato al rinvenimento di decine di migliaia di fusti tossici nascosti in una cava di Borghetto Santo Spirito.
A queste vanno aggiunte le indagini che coinvolgono la città di La Spezia, in merito ai casi delle cosiddette «navi a perdere» e delle «navi dei veleni», che proprio in quel porto sarebbero state caricate di rifiuti prima di essere le une affondate deliberatamente nel Mediterraneo e le altre inviate nei Paesi in via di sviluppo per smaltimenti illeciti di rifiuti pericolosi. Per quanto riguarda tali gravi fatti, anzi, si deve registrare il nuovo allarme che l'autorità giudiziaria ha ritenuto di esplicitare nel corso del recente convegno sul «Ciclo dei rifiuti in Italia», organizzato da questa Commissione, a proposito della ripresa delle spedizioni di carichi illeciti verso l'Africa e l'America latina. Si tratta di denunce di particolare gravità, sulle quali questa Commissione vigilerà con la massima attenzione.

9.1 Le infiltrazioni della criminalità organizzata.

La Liguria è stata nei passati decenni terra interessata dai soggiorni obbligati di numerosi soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in particolar modo alla 'ndrangheta calabrese. Ciò ha determinato - specie nel savonese - l'arrivo di familiari ed amici di tali soggetti, che hanno in certa misura ricreato le attività delittuose tipiche di dette associazioni. Si tratta di un fenomeno già ampiamente illustrato da altri soggetti istituzionali (si vedano, in particolare, le relazioni delle Commissioni parlamentari d'inchiesta sul fenomeno della mafia): qui si deve però evidenziare come alcuni di questi soggetti si siano interessati anche al business degli smaltimenti illeciti di rifiuti.
Tali attività hanno riguardato, in maniera particolare, i rifiuti tossico-nocivi (ora pericolosi) prodotti in notevoli quantità nella stessa Liguria e nelle regioni con essa confinanti. Ciò si è evidenziato nel caso di Borghetto Santo Spirito, dove sono stati rinvenuti - in una cava di proprietà di Federico Fazzari - 12.500 fusti per complessive 25 mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Il proprietario della cava è legato parentalmente a Carmelo Gullace, persona sottoposta a misure cautelari antimafia: la magistratura ha, infatti, ottenuto il sequestro dei suoi beni per 15 miliardi e l'applicazione di cinque anni di sorveglianza nei suoi confronti.
Alle 25 mila tonnellate di rifiuti pericolosi citate vanno aggiunti altri 40 mila fusti seppelliti - a detta dello stesso Fazzari - dalla medesima organizzazione in una cava nei pressi di Lavagna. Tali fusti non sono però stati sinora individuati. È tuttavia credibile che tale smaltimento illecito sia avvenuto, visti i notevoli quantitativi trattati dal Fazzari insieme a Federico Casanova, il reale regista dell'operazione; pertanto la Commissione sollecita le autorità regionali ad un rapido intervento, che consenta di verificare la presenza di tali fusti nella località citata, per evitare il verificarsi di gravi episodi di inquinamento.
Prima di segnalare ulteriori smaltimenti illeciti ad opera di tale organizzazione (nonché i collegamenti di cui essa godeva) è tuttavia opportuno evidenziare il fatto che nella cava di Borghetto Santo Spirito sono stati rinvenuti anche fusti provenienti da importanti aziende pubbliche, come la Snam, e da aziende private di rilevanza nazionale, come la Farmitalia e la Stoppani.
Protagonista della vicenda di Borghetto Santo Spirito appare dunque Federico Casanova, personaggio tuttora residente ed operante in Francia. È stato


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accertato che il Casanova ha goduto negli anni ottanta di rapporti ad elevati livelli con personaggi di governo dell'Europa dell'est. A titolo di esempio, si può citare il fatto che abbia ospitato - all'insaputa del Governo italiano, dei servizi segreti italiani e delle forze dell'ordine italiane - un ministro in carica del Governo della Repubblica socialista di Polonia. Ha inoltre operato in affari con la società Kimica Ice, di Sulina (Romania), amministrata addirittura da Elena Ceausescu, moglie del dittatore ucciso nel corso della rivoluzione del 1990. Verso l'isola di Sulina sono state accertate spedizioni di rifiuti pericolosi prodotti da aziende italiane.
Infiltrazioni della criminalità organizzata appaiono chiaramente anche nella vicenda della discarica di Pitelli, gestita dalla Contenitori Trasporti di Orazio Duvia: amministratori della società furono, nei primi anni novanta, elementi poi coinvolti nell'indagine «Adelphi» della magistratura napoletana.
Infine, un ultimo caso di presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti in Liguria riguarda una ditta operante nel levante genovese, di proprietà di una famiglia calabrese, sulla quale sono tuttora in corso i dovuti accertamenti. Risulta però agli atti che il titolare di tale società ha patteggiato una condanna presso la procura di Verbania, per aver utilizzato una falsa autorizzazione a smaltire rifiuti liguri in Piemonte. A seguito di tale atto, la regione Liguria aveva avviato il procedimento per la revoca dell'autorizzazione in attesa di approfondimenti legali; il titolare della ditta ha però ceduto la proprietà al figlio, quindi la società è stata considerata a tutti gli effetti «nuova» ed ha ottenuto l'autorizzazione all'attività.
La Commissione deve, a tale proposito, rilevare che il cambio di titolarità dal padre al figlio non appare un valido esempio di trasparenza ed invita pertanto la regione a vigilare in maniera costante sulle attività di tale ditta.

9.2 Le responsabilità della pubblica amministrazione.

I casi di illeciti verificatisi nel savonese e nello spezzino paiono essere stati possibili soprattutto grazie a connessioni degli indagati con elementi appartenenti alla pubblica amministrazione. Nella vicenda di Borghetto Santo Spirito è infatti coinvolto Eligio Accame, ex sindaco di Tovo San Giacomo e socio in diverse aziende di smaltimento, che - peraltro - utilizzarono anche la discarica che lo stesso Accame fece aprire in base al purtroppo noto articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82. Lo stesso personaggio era riuscito a costituire una specie di impero nel settore dei rifiuti, con il quale ad esempio controllava, grazie alla As&Co finanziaria spa, il quarantanove per cento della Ponticelli srl, cioè la società che ha gestito fino al 1996 la discarica controllata di Imperia.
Ancora più evidenti le responsabilità della pubblica amministrazione nel caso della discarica di Pitelli, dove una serie di mancati o omessi controlli ha favorito la situazione oggi al vaglio della magistratura. Già il primo atto, vale a dire la concessione edilizia per la realizzazione della discarica, del 31 gennaio 1979, pare viziato da irregolarità, poiché l'utilizzo dell'area non doveva essere consentito, in quanto il piano regolatore ne prevedeva l'uso in parte quale zona panoramica ed in parte quale zona per l'edilizia economico-popolare. Inoltre, una parte dell'area divenuta discarica era soggetta a servitù militare, ma non è stato rintracciato l'eventuale nulla-osta da parte dell'autorità militare.
Praticamente tutti gli ulteriori atti amministrativi aventi ad oggetto la discarica di Pitelli contengono elementi tali da farli ritenere in contrasto con la normativa: in alcuni casi sono state accettate documentazioni palesemente incomplete, in altri sono state concesse proroghe in difformità dalle precedenti concessioni (peraltro viziate da irregolarità), in altri ancora non sono stati acquisiti tutti i pareri richiesti dalla legge.


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Non deve quindi destare sorpresa il fatto che ad Orazio Duvia (titolare della Contenitori Trasporti) sono state sequestrate carte dalle quali emergevano dazioni di denaro ad un'enorme pluralità di soggetti. Nel corso degli anni, il Duvia ha tessuto una rete grazie alla quale aveva elementi fidati in ogni ambiente: dai partiti politici alle forze dell'ordine, dalle associazioni ambientaliste alla curia.
Né può suscitare sorpresa il fatto che la discarica di Pitelli abbia agito per quasi un ventennio senza alcun controllo amministrativo che individuasse le già acclarate illegalità, come il seppellimento di rifiuti pericolosi sotto la mensa ed altri locali dell'impianto; desta perplessità invece il fatto che non vi sia stato alcun intervento giudiziario (benché le prime denunce nei confronti dell'impianto siano datate ai primi anni ottanta) e che sia intervenuta - peraltro per caso - la magistratura di un'altra città, Asti.
Il motivo per cui tutto ciò sia potuto accadere è questione che adesso la magistratura dovrà accertare: questa Commissione, effettuando la sua prima missione proprio a La Spezia, ha voluto dare un segnale concreto di grande interesse verso tale questione. Inoltre, sono proseguiti in maniera costante i rapporti dei consulenti della Commissione con le autorità e la polizia giudiziaria spezzine. Tale interesse resterà costante, poiché il caso di Pitelli viene ritenuto uno dei più gravi episodi di inquinamento ambientale e di violazione della normativa di protezione.

9.3 L'attività dell'autorità giudiziaria.

Si è già detto della perplessità in merito alla non-azione della sollecitata magistratura spezzina nei confronti della discarica di Pitelli. Attualmente è stato possibile apprendere che sono in corso diversi incidenti probatori per acquisire elementi processuali certi in vista della futura fase dibattimentale. Non è possibile pertanto esprimere alcun parere sull'andamento della vicenda giudiziaria. Questa Commissione ritiene, tuttavia, di dover sollecitare pubblicamente gli organi competenti affinché la polizia giudiziaria impegnata (il nucleo di polizia forestale di La Spezia) sia dotata di elementari strumenti di lavoro, nonché retribuita con il pagamento delle ore straordinarie. Si tratta di questioni che potrebbero apparire non degne di comparire in una relazione al Parlamento; è invece vero il contrario, non essendo accettabile il fatto che uomini dello Stato siano costretti a lavorare per diverse ore a titolo volontario.
La vicenda giudiziaria di Borghetto Santo Spirito è invece giunta alla fase dibattimentale, con tempi lunghissimi, per cui sono ormai caduti in prescrizione i reati connessi allo smaltimento illecito dei rifiuti: sono tuttora valide, invece, le ipotesi di disastro doloso e tentato inquinamento delle falde acquifere. Ciò dimostra ancora una volta come sia del tutto necessaria l'introduzione nel codice penale italiano della nozione di delitto ambientale, con previsioni di pene tali da poter utilizzare strumenti di indagine adeguati, con prescrizione dei reati in tempi più lunghi. Si rimanda anche in questa occasione al documento su tale materia già approvato da questa Commissione.
Non si tratta, come evidenziano il caso di Borghetto Santo Spirito o quello di Pitelli, di accanimento giudiziario: è opinione di questa Commissione che atti che hanno terribili conseguenze sul territorio, e sulle persone che lo abitano, non possono essere sanzionati semplicemente in via amministrativa.

9.4 Gli altri episodi di illeciti nel ciclo dei rifiuti.

Orazio Duvia, citato quale protagonista della vicenda di Pitelli, ha già patteggiato due condanne (insieme a Guido Bernacca, Natalino Rebecchi, Rinaldo Zona, Giancarlo Motta e Antonio Andreani) per la gestione della discarica di Vallescura. Le condanne sono state inflitte dalla pretura di La Spezia nel 1993 e nel 1994. A seguito di queste, va sottolineato, nessuna


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pubblica amministrazione ha ritenuto di dover intervenire nei confronti dei condannati, che hanno continuato ad operare nel settore.
Ma l'area di La Spezia appare interessata da una gestione oligopolistica e priva di controlli nel settore rifiuti: le società che si aggiudicano la realizzazione delle discariche sono, infatti, tutte collegate tra loro. Andreani compare ad esempio nelle vicende giudiziare inerenti la discarica di Monte Montada, per le quali è sottoposto a procedimento giudiziario anche l'ex sindaco della città Lucio Rosaia. Così come la società Sistemi Ambientali (riconducibile alla «galassia» Duvia) è in lizza per gestire la discarica di Bosco di Checco e realizzare quella di Val Bosca.
In provincia di Savona sono state rinvenute discariche abusive soprattutto a Cairo Montenotte ed a Magliolo: in questi due centri sono state rinvenute ingenti quantità di rifiuti di ogni tipologia, provenienti anche in questo caso da importanti aziende nazionali.
Le altre due province liguri (Genova ed Imperia) sono state anch'esse teatro di episodi di illecito smaltimento, anche se non nelle dimensioni che hanno colpito lo spezzino ed il savonese. Si ritiene, tuttavia, di dover sollecitare tutti gli organismi competenti ad un maggior controllo del territorio; in particolare, appare grave che la Liguria non abbia ancora formato la propria Agenzia regionale di protezione ambiente, alla quale delegare attività oggi non compiute da alcun ente.

PIEMONTE

Premessa.

Nel corso della passata legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse ebbe ad interessarsi di alcuni aspetti concernenti lo smaltimento dei rifiuti nella regione Piemonte. In particolare concentrò la propria attenzione su: le gravi compromissioni all'ambiente causate dalle irregolarità registrate nel trattamento di rifiuti tossico-nocivi derivanti dalla produzione di coloranti nell'area della ex Interchim di Ciriè (Torino); l'impianto di compostaggio dei rifiuti sito nel comune di Novara e le complesse vicende giudiziarie connesse alla sua realizzazione con i fondi pubblici in relazione al suo mancato funzionamento; lo stoccaggio e l'incenerimento di rifiuti speciali e tossico-nocivi da parte della società Ecolibarna operante nel comune di Serravalle Scrivia (Alessandria), nonché la situazione connessa al recupero dell'area.
L'anticipata conclusione di quella legislatura impedì il prosieguo dell'indagine sulle altre situazioni di allarme esistenti nella regione, nonchè di seguire gli sviluppi delle inchieste già avviate.
Con l'insediamento di questa Commissione d'inchiesta che, sia pure rinnovata e potenziata (da monocamerale in bicamerale), si colloca per esplicita volontà del Parlamento in una linea di continuità con quella operante nella passata legislatura, l'indagine ha avuto nuovo impulso e sono stati effettuati ulteriori approfondimenti. Peraltro, poichè da alcune situazioni di particolare rilievo, e dallo stato di alcuni procedimenti giudiziari, sono scaturite connessioni con questioni interessanti anche la regione Liguria, la Commissione, pur rispettando la specificità delle due realtà territoriali, ha deciso di riferirne nel medesimo contesto.

10) L'attività conoscitiva della Commissione.

10.1) Le audizioni e le missioni riguardanti il Piemonte.

In data 24 settembre 1997, la Commissione ha proceduto, in sede di adunanza plenaria, all'audizione dell'assessore all'ambiente della regione Piemonte, dottor Ugo Cavallera. Lo stesso assessore è stato nuovamente sentito in data 27 novembre 1997, quale rappresentante (in


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sostituzione del presidente Vito D'Ambrosio) della conferenza Stato-regioni.
In data 2 dicembre 1997, sempre in sede di adunanza plenaria, è stato udito il sostituto procuratore della Repubblica, Luciano Tarditi, e l'ispettore del nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato, Gianni de Podestà.
Nei giorni 20 e 21 novembre 1997, una delegazione della Commissione, composta dal Presidente Scalia e dai senatori Lasagna ed Asciutti, si è recata in Piemonte per l'esame di varie questioni interessanti l'insediamento, nella regione, di impianti di smaltimento, di trattamento e di produzione di rifiuti.
I sopralluoghi hanno avuto corso presso l'impianto Thermoselect di Verbania, l'impianto di compostaggio di Novara, l'impianto ENEA di Saluggia (Vercelli), il deposito ex-Saclà di Asti, l'impianto LaFuMet di Villastellona (Torino) e l'area ex-Interchim di Ciriè (Torino).
La missione si è poi conclusa con le audizioni, presso la prefettura di Torino, del prefetto Mario Moscatelli, dei rappresentanti della regione Piemonte (Giorgio Belfiore, responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico, ed Agata Milone, dirigente del settore rifiuti della regione), del rappresentante dell'Unione industriali di Torino, Massimo Settis, del sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino, Cesare Parodi, del sostituto procuratore della Repubblica di Novara, Marina Caroselli, del direttore di Legambiente del Piemonte, Attilio Tornavacca, e del responsabile regionale di Ambiente e/è vita del Piemonte, Franco Bosco.
La Commissione ha, inoltre, acquisito, nel corso di questo primo scorcio di legislatura, numerosi documenti relativi a specifiche questioni regionali, atti di polizia giudiziaria e provvedimenti giudiziari. Sono pervenute anche istanze e denunce di associazioni ambientaliste, riguardanti particolari questioni di interesse regionale. È stata acquisita ed ha formato oggetto di esame la normativa regionale in tema di rifiuti, con i provvedimenti amministrativi di attuazione.

11) Le normative regionali e lo stato di attuazione. L'azione delle pubbliche amministrazioni.

11.1) La normativa sui rifiuti nella regione Piemonte.

Sul piano legislativo, la regione Piemonte ha prodotto una normativa specifica sui rifiuti che, sia sotto il profilo dell'indicazione delle priorità e della programmazione degli interventi sia sotto quello della descrizione del territorio e dell'individuazione della localizzazione degli impianti, è una delle più avanzate del Paese. Sul livello di attuazione del piano di interventi e sulla reale congruità della normativa, si dirà più avanti, una volta illustrata la mappa degli impianti esistenti e della loro funzionalità.
La Commissione ha acquisito e valutato i seguenti atti deliberativi:
«Piano di bonifica delle aree contaminate» (approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 293-CR 17094 del 26.11.1991, in fase di aggiornamento);
«Linee guida per interventi di bonifica di terreni contaminati» (approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 1089 dell'8 marzo 1995);
legge regionale n. 59 del 13 aprile 1995 recante «Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti»;
«Elenco prezzi per opere pubbliche per interventi di bonifica di terreni contaminati» (approvato con deliberazione della giunta regionale n. 35-8489 del 29 luglio 1996);
«Piano regionale di gestione dei rifiuti» (approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 436-11546 del 29 luglio 1997). Tale piano è l'aggiornamento di quello approvato il 24 maggio 1988 (n. 832-7331) e recepisce i criteri dettati dal Dlgs n. 22/97 relativamente al sistema integrato di smaltimento dei rifiuti sanitari e dei rifiuti industriali, agli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani, compresi quelli per la raccolta differenziata delle frazioni secca ed umida, e dei rifiuti inerti.


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11.2) La mappa degli impianti in Piemonte e l'azione programmatoria dell'amministrazione regionale.

11.2.1) Gli impianti - Discariche per i rifiuti solidi urbani.

Dal piano regionale di gestione dei rifiuti, pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Piemonte del 29 settembre 1997, risulta che sul territorio piemontese sono in attività, alla data del 31 agosto 1996, 28 discariche di prima categoria per RSU per una capacità residua complessiva di 6.601.000 mc. Poiché nel 1995 la produzione dei rifiuti solidi urbani, al netto dei recuperi destinati allo smaltimento finale, è stata stimata in 2.379.686 mc, la regione Piemonte ha previsto un'autonomia teorica media regionale di circa due anni e sette mesi, ipotizzando un conferimento costante, in qualità ed in quantità, di rifiuti smaltiti. In ragione di tale dato, l'ente territoriale ha valutato una situazione di pre-emergenza rifiuti per alcuni ambiti territoriali (ottimali) e di emergenza in altri (tali i casi di zone quali Verbania, Cusio, Ossola e Vercellese, la cui potenzialità e livello di autonomia sono ridotti anche al di sotto dell'anno di operatività).
Il piano regionale sottolinea, inoltre, che all'interno dell'ambito territoriale ottimale e di bacino vi sono zone ampiamente coperte , mentre altre si trovano in una situazione di forte emergenza che si risolve, come nel caso dell'astigiano, nella mancanza di qualsiasi discarica autorizzata. Peraltro, la dipendenza dalle discariche nello smaltimento dei rifiuti è aggravata dal fatto che gli impianti a tecnologia complessa, realizzati in Piemonte negli anni passati, non sono ancora, per diverse ragioni, operanti a regime.
Più nello specifico, la situazione di questi impianti, quale risulta dall'elaborato della regione, è la seguente:
l'impianto di riciclaggio «Consorzio Cuneese» di Borgo San Dalmazzo (capacità di 140t/d) è attualmente fermo per la difficoltà di produrre e collocare il compost non di alta qualità e l'RDF: entrambi i materiali terminano normalmente in discarica; solo recentemente il compost è stato impiegato per il recupero di cave;
l'impianto di riciclaggio «Consorzio Novarese» di Novara (capacità di 240 t/d) è fermo a causa di una vertenza pendente con il costruttore (impianto dichiarato «non collaudabile»);
l'impianto di riciclaggio «Consorzio Alessandrino» di Castelceriolo (capacità di 150t/d) è avviato, con frazione organica raccolta separatamente nell'alessandrino ed in altri territori regionali;
l'impianto di termodistruzione «CONSERVCO» di Mergozzo (capacità complessiva prevista 240t/d) ha in fase di collaudo le prime due linee ristrutturate per una potenzialità di 120 t/d (terza linea da realizzare);
l'impianto di termodistruzione del comune di Vercelli (capacità complessiva prevista 225 t/d) ha le linee 2 e 3 ristrutturate ed in fase di collaudo, per una capacità totale di 150 t/d, mentre la linea 1, non funzionante, è da ristrutturare;
l'impianto «Thermoselect» (potenzialità nominale di 4,2 t/h, funzionante a 2 t/h, come riscontrato in occasione di controlli effettuati dall'ARPA, dipartimento provinciale di Novara, nel maggio 1997) è privo di autorizzazione della regione Piemonte ed ha richiesto una lunga fase di messa a regime. Il suo esercizio, comunque, pone seri problemi, come è stato evidenziato in esito ai suddetti controlli.
È, inoltre, in fase di avviamento l'impianto di trattamento e di valorizzazione del secco-leggero del consorzio chierese, per una potenzialità complessiva di 6000 t/anno.
Complessivamente, al 31.8.96, risultano operanti, in costruzione o solo autorizzati 15 impianti di compostaggio di grandi dimensioni, che ricevono fanghi urbani, frazione verde e rifiuti agro-alimentari, per una potenzialità complessiva superiore alle 250.000 t/anno. Vi sono, infine, ulteriori impianti di compostaggio di piccole


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dimensioni (complessivamente otto) con potenzialità inferiore alle 1000 t/anno.
Per una più completa descrizione delle discariche autorizzate operanti sul territorio regionale, si allegano tre tabelle tratte dal piano regionale dei rifiuti della regione Piemonte (BUR Piemonte, n.38 del 29.9.1997, III supplemento speciale) (allegati 1, 2, 3).

11.2.2) La raccolta differenziata.

La regione Piemonte ha documentato e precisato, anche nel corso delle audizioni con i suoi rappresentanti, di essersi dotata di strumenti per la programmazione e la promozione del riutilizzo (tra questi le norme ed i criteri per la progettazione territoriale della raccolta differenziata). In esito alle varie deliberazioni regionali, sin dal 1988, sono stati presentati dai soggetti pubblici competenti (consorzi ed aziende pubbliche) progetti territoriali interessanti la quasi totalità del territorio regionale.
Negli anni 1988-1995 sono stati complessivamente finanziati, dal Ministero dell'ambiente e dall'assessorato all'ambiente della regione Piemonte, 114 progetti presentati da consorzi pubblici, aziende municipalizzate e comunità montane operanti in Piemonte, relativi ad iniziative sperimentali o alla realizzazione di strutture di servizio. Il Ministero ha erogato i finanziamenti in due momenti successivi, in ottemperanza ai decreti ministeriali del 30.12.89 e del 31.10.91, concorrendo nella misura massima del 50 per cento alle spese di investimento per la realizzazione di impianti e servizi finalizzati all'utilizzo ed alla commercializzazione dei materiali derivanti dalla raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani e rifiuti urbani pericolosi. In totale, i contributi previsti dal Ministero ammontano a lire 6.273.510.000 ; tali somme tuttavia, per la gran parte, non risultano disponibili, per cui molte iniziative progettuali sono avviate solo in parte o non sono neppure iniziate, mentre altre sono state terminate nonostante i contributi non siano stati erogati. La regione Piemonte, dal canto suo, ha erogato con cadenza annuale, dal 1988 al 1995, l'importo totale di lire 14.335.418.000, con il quale sono stati finanziati ben 107 progetti presentati da aziende e consorzi piemontesi.
La regione Piemonte, nell'ambito del «Programma triennale per la tutela ambientale 1994-1996», ha previsto degli interventi che riguardano, complessivamente, la costruzione di 10 impianti, fra i quali alcune aree attrezzate, impianti di compostaggio e trattamento della frazione verde, un impianto di trattamento e selezione RSU e RUP, ed un impianto di trattamento e selezione dei contenitori in plastica. Tanto risulta dal prospetto che segue:


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Strutture a servizio della raccolta differenziata finanziate dalla regione Piemonte


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La regione Piemonte, inoltre, nell'ambito del programma triennale per la tutela ambientale 1994-1996, ha previsto la realizzazione di 10 impianti, nel dettaglio riportati nell'allegato n. 4.
Nell'ambito dell'applicazione del regolamento CEE 2081/93 sono stati, ancora, approvati ed inseriti a finanziamento tre interventi:
centro per la separazione, la triturazione e l'imballaggio dei rifiuti solidi ingombranti e dei RSA provenienti da attività artigianali, commerciali, industriali e di servizio: tale progetto è stato presentato dal CONSERVCO;
centro per la valorizzazione dei materiali plastici, dei rifiuti solidi ingombranti e dei RSA derivanti da attività industriali, artigianali e commerciali a servizio del territorio della provincia di Torino. Il progetto è stato presentato da un comitato in cui sono presenti le più importanti aziende municipalizzate e consortili della provincia torinese, nonchè la stessa provincia di Torino e la Finpiemonte;
sistema di valorizzazione dei rifiuti solidi ingombranti e dei RSA. Tale progetto prevede la realizzazione di due impianti (uno a Novi Ligure e l'altro a Tortona), strettamente collegati nella loro funzionalità ed atti alla raccolta, stoccaggio e valorizzazione dei rifiuti. Il progetto è stato presentato dal consorzio smaltimento rifiuti solidi Ovadese-Valle Scrivia e rientra nel bacino.
Nell'ambito degli interventi riservati agli enti pubblici è previsto, inoltre, un progetto di compostaggio dei rifiuti ad elevata natura organica, per una potenzialità di 25.000 t/anno, da realizzarsi nella provincia di Asti e presentato dal consorzio di smaltimento astigiano. Sono, ancora, previsti un insieme di interventi riguardanti le strutture di servizio della raccolta differenziata interessanti, in particolare, le comunità montane, in quanto contemplano la realizzazione di:
quattro aree attrezzate per lo stoccaggio e la valorizzazione dei materiali recuperati a servizio di più comunità montane;
ventotto stazioni di conferimento a servizio comunale o sovracomunale. Al riguardo si rinvia alla tabella di cui all'allegato n. 5.

11.3) Riepilogo della situazione delle strutture a servizio della raccolta differenziata.

Complessivamente, il dato che emerge dal documento di sintesi regionale porta a concludere che le 20 aree attrezzate, e le 39 stazioni di conferimento, coprono in modo abbastanza omogeneo tutto il territorio piemontese: solo nel bacino 3 (vercellese) e 13 (chierese) non sono previsti interventi, mentre nella sola città di Torino è già in funzione una stazione di conferimento realizzata dall'Amiat.
Per ciò che concerne, invece, gli altri impianti, viene evidenziata una buona presenza di impianti di compostaggio (pubblici e privati) ed una carenza di impianti di smaltimento a tecnologia complessa, anche se viene registrata l'attivazione di progetti specifici, quali l'impianto di valorizzazione della frazione secco-leggera del chierese, l'impianto per il trattamento e la selezione dei contenitori in plastica del CIDIU di Collegno, l'impianto di trattamento e selezione dei RUP e dei rifiuti ingombranti previsto dalla città di Torino, e gli interventi per il trattamento dei RSA e degli ingombranti previsti nell'ambito del regolamento CEE 2081/93 per il verbano, l'ovadese e la provincia di Torino.
Al 30 giugno 1997, la situazione delle discariche di prima categoria per RSU autorizzate è quella che risulta nella tabella allegata n. 6.
La regione Piemonte fa notare che la necessità di discariche di servizio all'anno 2001 è sostanzialmente indipendente da quelle attualmente esistenti e dalle loro capacità residue, anche perchè destinate ad esaurirsi o quasi entro tale data. Tiene, comunque, fermo l'impegno a far rispettare il criterio secondo cui ogni discarica di servizio che verrà progettata o proposta


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dovrà possedere una capacità sufficiente per almeno 7-8 anni di conferimento degli scarti del bacino.

11.4) Ripartizione degli ambiti territoriali e di bacino in Piemonte.

Per quanto attiene alla ripartizione per ambiti territoriali ottimali e bacini, il bollettino ufficiale della regione Piemonte riporta la seguente situazione.
A) L'ambito territoriale ottimale della provincia del Verbano-Cusio-Ossola, coincidente con il bacino 1, comprende 77 comuni (all.7). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 66.478 t, di cui 5184 t sono state separate con la raccolta differenziata. I RSU rimanenti sono stati, nel passato, smaltiti nella discarica di Ghemme ed, attualmente, nella discarica di Domodossola e nell'inceneritore di Mergozzo, riavviato dopo una lunga fermata per le modifiche e gli adeguamenti di legge. A Verbania è, inoltre, operativo un impianto privato di gassificazione (Thermoselect), con una potenzialità nominale di 4,2 t/h, funzionante a 2 t/h (come riscontrato in occasione di controlli effettuati dall'ARPA, dipartimento provinciale di Novara, nel maggio 1997), non autorizzato dalla regione Piemonte, caratterizzato da una lunga fase di messa a regime ed il cui esercizio, comunque, pone problemi, come risulta dagli esiti dei suddetti controlli. Realizzato come impianto sperimentale, ha operato in questi anni sulla base di decreti legge sui «residui» ed in qualità di produttore di energia; attualmente, opera ai sensi del decreto legislativo n. 22/97: tale impianto tratta RSU provenienti da aree fuori della regione.
Nel 2001 i RSU da smaltire saranno 48.460 t/a al netto delle raccolte differenziate, che risultano pari a 21.440 tonnellate. La competenza per i servizi di raccolta, trasporto, raccolta differenziata, realizzazione e gestione delle strutture di servizio (stazioni di conferimento, aree attrezzate, valorizzazione della frazione verde) resterà ai consorzi di bacino, anche se il sistema integrato di smaltimento per l'ambito territoriale ottimale della provincia di Verbano-Cusio-Ossola prevede i seguenti interventi articolati per la situazione a regime (anno 2001):
1) impianto di preselezione dei RSU indifferenziati indirizzati all'inceneritore di Mergozzo, indicativamente di 50.000 t/a di capacità, in grado di separare la frazione combustibile da incenerire;
2) realizzazione della terza linea di incenerimento dell'impianto di Mergozzo. Attualmente l'inceneritore, con recupero energetico, ha una potenzialità nominale di progetto di 36.000 t/a di RSU indifferenziato, con un potere calorifico inferiore (PCI) medio di 1800 Kcal/kg; tale potenzialità corrisponde ad una capacità nominale massima di trattamento di 21.600 t/a di frazione combustibile preselezionata avente un PCI di 3000 kcal/kg. Con il completamento della terza linea, la capacità nominale massima salirà a 43.200 t/a di frazione combustibile preselezionata;
3) impianto di compostaggio già progettato e finanziato a Mergozzo, per il trattamento dei rifiuti organici selezionati ed i rifiuti del bacino, con una potenzialità di 5000 t/a;
4) realizzazione di un ulteriore impianto di compostaggio per il trattamento dei fanghi di depurazione urbana e dei materiali organici previsti dagli obiettivi della raccolta differenziata;
5) individuazione di impianti di discarica cui conferire le scorie e le ceneri provenienti da impianti di termocombustione, gli scarti di preselezione, i fanghi di depurazione urbana non compostabili e gli altri rifiuti non trattabili.
Per ciò che concerne, invece, la fase transitoria di breve periodo (1998), la regione Piemonte prevede di:
a) completare ed attivare le strutture di servizio in corso di realizzazione e quelle che saranno previste nel programma provinciale;
b) attivare l'impianto di compostaggio, già progettato e finanziato a Mergozzo, per il trattamento dei rifiuti organici selezionati, con una potenzialità di 5000 t/a;


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c) verificare la potenzialità termica dell'impianto di Mergozzo, in connessione con la preselezione ai fini della definizione della terza linea dell'inceneritore.
B) L'ambito territoriale ottimale della provincia di Novara, coincidente con il bacino 2, comprende 88 comuni (all.8). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 131.075 t, di cui 6734 t sono state separate dalla raccolta differenziata. I RSU rimanenti sono stati smaltiti in varie discariche, Ghemme e Bicocca, ormai esaurite, ed attualmente a Barengo. Nel 2001 i RSU da smaltire al netto dei recuperi saranno 95.620 t/a, mentre la quantità di materiali recuperabili è pari a 42.180 t. Anche in questo caso la competenza per i vari servizi di raccolta, trasporto, etc, resterà ai consorzi di bacino, mentre il sistema integrato di smaltimento per l'ambito territoriale ottimale della provincia di Novara prevede i seguenti interventi articolati per la situazione a regime (anno 2001):
1) adeguamento e adattamento della linea RDF dell'impianto di riciclaggio di Novara, per avere una preselezione dei RSU indifferenziati (al netto delle raccolte differenziate), con una potenzialità indicativa di circa 70.000 t/a, con la previsione di una separazione e messa in funzione della linea di compostaggio dal resto dell'impianto: tale linea avrà una potenzialità indicativa di 25.000 t/a di trattamento di rifiuti organici, frazione verde e fanghi urbani di buona qualità;
2) un impianto di preselezione, indicativamente di 30.000 t/a, per il medio novarese, munito di stazione di transfer per avviare il materiale combustibile a Novara;
3) un impianto di valorizzazione energetica del materiale combustibile del medio e basso Novarese, per 50.000 t/a di potenzialità. Tale impianto potrà ricevere la frazione combustibile proveniente dall'ambito territoriale della provincia di Biella: le scorie e le ceneri provenienti da detto impianto di termodistruzione saranno destinate a discariche localizzate nell'ambito della provincia di Biella;
4) discariche in cui conferire gli scarti di preselezione, i fanghi di depurazione urbana non compostabili, gli altri rifiuti non trattabili ed eventualmente le scorie e le ceneri provenienti da impianti di termocombustione, da individuarsi nell'ambito del sistema integrato interprovinciale.
Nella fase transitoria di breve periodo (1998), la regione Piemonte prevede di:
completare ed attivare le strutture di servizio in corso di realizzazione e quelle che saranno previste nel programma provinciale;
adeguare l'impianto di riciclaggio di Novara per la messa in funzione della linea di compostaggio della potenzialità indicativa di 25.000 t/a per i rifiuti organici, frazione verde e fanghi di buona qualità;
realizzare due discariche, una nel medio novarese ed una nel basso novarese, della potenzialità complessiva di almeno 600.000 mc.
C) Nell'ambito territoriale della provincia di Vercelli, coincidente con il bacino 3, sono compresi 86 comuni (all.9). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 75.592 t, di cui 2140 t sono state separate mediante la raccolta differenziata. Attualmente i rifiuti sono smaltiti presso l'inceneritore di Vercelli, in fase di avviamento della seconda linea, e la discarica di Alice Castello. Nel 2001 i RSU da smaltire saranno 55.110 t/a al netto dei recuperi derivanti dalla raccolta differenziata che al 2001, per questo ambito ottimale, risulterà di 24.290 t. Il sistema integrato di smaltimento per l'ambito territoriale ottimale della provincia di Vercelli prevede una serie di interventi articolati per la situazione a regime (anno 2001), quando dovranno essere operativi i seguenti impianti:
1) l'inceneritore di Vercelli, con la previsione dell'entrata in funzione della terza linea già pianificata nel progetto iniziale. La potenzialità attuale dell'impianto è di 45.000 t/a di RSU indifferenziato, avente un PCI medio di 2000 kcal/ Kg.


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Tale potenzialità corrisponde a 30.000 t/a di frazione combustibile preselezionata avente un PCI di 3000 kcal/kg. La potenzialità nominale dell'impianto, con l'entrata in funzione della terza linea, sarà di 67.500 t/a di RSU indifferenziato, con un potere calorifico inferiore (PCI) di 2000 kcal/kg; tale potenzialità corrisponde ad una capacità nominale di trattamento di 45.000 t/a di frazione combustibile preselezionata, avente un PCI di 3000 kcal/kg;
2) un impianto di compostaggio dei rifiuti organici selezionati, della frazione verde e dei fanghi di depurazione urbana compostabili;
3) un impianto di preselezione, in entrata all'inceneritore di Vercelli, indicativamente per 60.000 t/a di capacità. La regione Piemonte prevede inoltre l'individuazione, da parte del sistema integrato interprovinciale, di impianti di discarica cui conferire le scorie e le ceneri provenienti da impianti di termocombustione, gli scarti di preselezione, i fanghi di depurazione urbana non compostabili e gli altri rifiuti non trattabili.
Nella fase transitoria di breve periodo (1998), la regione Piemonte ha programmato di:
completare ed attivare le strutture di servizio in corso di realizzazione e quelle che saranno previste nel programma provinciale;
attivare una stazione di trasferimento in Val Sesia;
adeguare l'inceneritore di Vercelli, con l'entrata in funzione della terza linea, per una potenzialità complessiva pari a 67.500 t/a di RSU tal quale;
allestire una discarica di almeno 500.000 mc per sopperire all'esaurimento della discarica di Alice Castello.
D) L'ambito territoriale ottimale della provincia di Biella, coincidente con il bacino 4, comprende 83 comuni (all.10). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 76.353 t, di cui 3839 t separate dalla raccolta differenziata. I rifiuti del biellese sono stati smaltiti, negli ultimi anni, nella discarica di Masserano. Per quanto riguarda il sistema integrato di gestione di questo ambito territoriale, la regione Piemonte stima che, nel 2001, i RSU da smaltire saranno 55.700 t. al netto della raccolta differenziata che, per quell'anno, sarà pari a 24.600 t. I servizi di raccolta, trasporto, raccolta differenziata, eccetera rimarranno di competenza dei consorzi di bacino, mentre si prevedono i seguenti interventi articolati per la situazione a regime (anno 2001):
1) un impianto di preselezione, indicativamente per 60.000 t/a, per separare la frazione combustibile, che verrà inviata in parte all'inceneritore di Vercelli, se avrà ancora una potenzialità disponibile, il resto all'inceneritore con recupero energetico, da collocare o nell'ambito territoriale ottimale della provincia di Novara o in quello della provincia di Biella;
2) un impianto di compostaggio in grado di trattare l'organico raccolto, la frazione verde ed i fanghi urbani di buona qualità prodotti nel bacino;
3) la realizzazione degli impianti di discarica cui conferire le scorie e le ceneri provenienti da impianti di termocombustione, gli scarti di preselezione, i fanghi di depurazione urbana non compostabile ed altri rifiuti non trattabili, da individuare all'interno del sistema integrato interprovinciale.
Nella fase transitoria di breve periodo (1998), invece, si prevede di:
completare ed attivare le strutture di servizio in corso di realizzazione e quelle previste nel programma provinciale, per smaltire l'organico raccolto, la frazione verde ed i fanghi urbani di buona qualità prodotti nel bacino;
allestire una discarica di almeno 400.000mc.
E) L'ambito territoriale ottimale della provincia di Alessandria (all.11) comprende 190 comuni e, per tale ambito, la regione Piemonte si propone un'articolazione in due bacini: il bacino 5 (Valle Scrivia - Ovadese - Acquese) ed il bacino 6 (Alessandrino - Casalese). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di


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213.045 t, di cui 6570 t separate dalla raccolta differenziata. In particolare, la situazione nei due bacini è la seguente.
Il bacino 5 (Valle Scrivia-Ovadese-Acquese) comprende 114 comuni della provincia di Alessandria. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 95.617 t, di cui 2327 t separate dalla raccolta differenziata; negli ultimi anni i RSU non recuperati sono stati smaltiti nelle discariche di Novi Ligure e di Tortona, con l'eccezione dei rifiuti dell'acquese, che sono stati collocati per un certo periodo in discariche fuori provincia. La produzione di rifiuti totali prevista per il 1998 è di 98.300 t, che aumenteranno a 100.500 t nel 2001, per cui, considerando le 30.810 t da avviare al recupero, la previsione di rifiuti da smaltire al 2001 è di 69.700 t.
Il bacino 6 (Alessandrino-Casalese) comprende 76 comuni della provincia di Alessandria, attualmente facenti parte dei consorzi alessandrino e casalese. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 117.429 t, di cui 4244 t separate dalla raccolta differenziata; negli ultimi anni i RSU non recuperati sono stati smaltiti presso la discarica e l'impianto di riciclaggio di Castelceriolo per il consorzio alessandrino, con diverse soluzioni di smaltimento esterne al bacino, quale il collocamento presso l'inceneritore di Vercelli, per il consorzio casalese. Per tale area la stima di produzione di rifiuti totali è pari a 120.700 t nel 1998 e 123.400 t nel 2001, con un recupero nel 2001 di 37.810 t ed una quantità di rifiuti da smaltire di 85.590 t/a. Per quanto riguarda il sistema integrato di gestione di questo ambito territoriale, la regione Piemonte stima che, nel 2001, i RSU da smaltire saranno 223.900 t, con un recupero previsto attraverso la raccolta differenziata di 68.610 t ed una quantità di rifiuti da smaltire pari a 155.290 t. I servizi di raccolta, trasporto, raccolta differenziata, eccetera, rimarranno di competenza dei consorzi di bacino, mentre si prevedono i seguenti interventi articolati per la situazione a regime (anno 2001):
1) impianto di preselezione e stazione di trasferimento per l'area casalese, avente una potenzialità indicativa di 25.000 t/a, la cui frazione combustibile selezionata dovrà essere avviata agli impianti con recupero energetico previsti nell'ambito territoriale;
2) impianto di preselezione e stazione di trasferimento per l'area acquese, avente una potenzialità indicativa di 15.000 t/a, che dovrà essere correlato con l'impianto di valorizzazione della frazione secco-leggera finanziata ai sensi del regolamento CEE 2081/93, localizzato a Tortona, e con gli altri impianti dell'ambito territoriale ottimale della provincia di Alessandria, cui verrà conferita la frazione combustibile;
3) impianto di preselezione della frazione combustibile localizzato nell'Ovadese-Valle Scrivia; la linea di preselezione deve essere dimensionata per trattare circa 60.000 t/a di RSU provenienti dall'area Valle Scrivia-Ovadese-Acquese;
4) impianto di riciclaggio di Alessandria (Castelceriolo), la cui linea di compostaggio e la linea di produzione di RDF dovranno essere in grado di prevedere:
un ampliamento delle potenzialità di compostaggio di organico selezionato e frazione verde a 30.000 t/a complessive;
un ampliamento dell'esistente linea di preselezione e di produzione dell'RDF o costruzione di un nuovo impianto, con una potenzialità complessiva di preselezione pari a circa 50.000 t/a, e collocamento del combustibile presso l'impianto di termoutilizzazione previsto per l'ambito territoriale ottimale della provincia di Alessandria;
5) uno o più impianti di trattamento della frazione organica sporca, proveniente dagli impianti di preselezione, la cui potenzialità deve essere definita, nel programma provinciale, in relazione alle quantità di materiali recuperati, soprattutto per quanto riguarda l'organico domestico;
6) un impianto di termodistruzione, con riutilizzo energetico, della frazione combustibile e dell'RDF. Tale impianto


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deve trattare la frazione combustibile prodotta dagli impianti di preselezione sopra citati e l'RDF prodotto ad Alessandria; l'impianto deve essere dimensionato per una potenzialità di massima di 70.000 t/a di materiale combustibile. Tale impianto potrà eventualmente trattare la frazione combustibile prodotta nell'ambito territoriale di Asti; in tal caso la potenzialità dell'impianto andrà aumentata per la quota di materiale combustibile conferito;
7) un impianto di compostaggio dei fanghi di depurazione urbani e dei residui ligno-cellulosici già funzionante e localizzato a Tortona, la cui potenzialità di trattamento complessiva è di 33.000 t/a, delle quali 20.000 t/a da fanghi urbani prodotti nel bacino 5; all'impianto possono essere conferiti gli scarti ligno-cellulosici prodotti dai due bacini;
8) l'allestimento di discariche opportunamente localizzate sul territorio, eventualmente dotate di più vasche separate per ricevere ceneri e scorie dell'impianto di termocombustione, fanghi non recuperabili e sovvalli dei diversi impianti di trattamento.
Nella fase transitoria di breve periodo (anno 1998), la regione Piemonte ha programmato di:
completare ed attivare le strutture di servizio in corso di realizzazione e quelle che saranno previste dal programma provinciale per i due bacini;
attivare a pieno regime l'impianto di compostaggio di Tortona, già funzionante, avente una capacità di 33.000 t/a, che dovrà essere in grado di trattare la maggior parte dei fanghi compostabili prodotti nel tortonese; a tale impianto, compatibilmente con le capacità recettive dello stesso, andranno preferibilmente indirizzati anche parte dei rifiuti ligno-cellulosici prodotti nell'ambito territoriale ottimale;
prevedere una stazione di trasferimento per l'acquese con annesso impianto di selezione e valorizzazione del rifiuto, con una capacità indicativa di 15.000 t/a; tale impianto dovrà essere strettamente correlato con l'impianto di valorizzazione della frazione secco-leggera finanziata ai sensi del regolamento CEE 2081//93, localizzato a Tortona e con gli altri impianti dell'ambito territoriale ottimale;
adeguare l'impianto di riciclaggio di Alessandria (Castelceriolo), la cui linea di compostaggio e la linea di produzione di RDF dovranno essere in grado di raggiungere le potenzialità di progetto definite nel sistema a regime;
predisporre una stazione di trasferimento, con una linea di preselezione, nel casalese, avente una capacità indicativa di 25.000 t/a; la frazione combustibile selezionata potrà essere avviata ad impianti con recupero energetico esistenti in altri ambiti territoriali ottimali, in attesa dell'entrata in funzione dell'impianto di termoutilizzazione previsto nell'ambito territoriale ottimale della provincia di Alessandria;
allestire una discarica nell'alessandrino di circa 250.000 mc, oltre a quelle già autorizzate. Nelle discariche troveranno collocazione, in un primo tempo, i rifiuti non recuperati e, successivamente, i sovvalli degli impianti, i fanghi non recuperabili ed i rifiuti non ulteriormente trattabili.
F) L'ambito territoriale ottimale della provincia di Asti, coincidente con il bacino 7, comprende 120 comuni (all.12). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 78.709 t, di cui 3103 t separate dalla raccolta differenziata. Tutto il territorio provinciale ha vissuto, negli ultimi anni, una grave situazione di emergenza, con i rifiuti smaltiti in discariche extraprovinciali site, principalmente, a Torino. Per quanto riguarda il sistema integrato di gestione di questo ambito territoriale, la regione Piemonte prevede una produzione, per il 1998, di 80.900 t mentre, nel 2001, i RSU da smaltire saranno 82.700 t., con un recupero di 25.310 ed una riduzione del quantitativo dei rifiuti da smaltire di 57.390 t. I servizi di raccolta, trasporto, raccolta differenziata, eccetera, rimarranno di competenza dei consorzi di bacino, mentre si prevedono i seguenti interventi articolati per la situazione a


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regime (anno 2001), da integrare con il sistema di smaltimento previsto per l'ambito territoriale ottimale della provincia di Alessandria e/o Cuneo:
1) una stazione di trasferimento per la Valle Belbo, con una capacità indicativa di 12.000 t/a;
2) un impianto di compostaggio dell'organico selezionato, della frazione verde e dei fanghi compostabili da utenze specifiche, identificabili in quello per cui la regione Piemonte ha richiesto il finanziamento nell'ambito del regolamento CEE 2081/93;
3) un impianto di preselezione con una capacità indicativa di 55.000 t/a, da cui deriva una frazione combustibile pari a circa 30.000 t/a. La frazione combustibile, in base alle intese interprovinciali, dovrà essere preferibilmente conferita all'impianto di termodistruzione dell'ambito territoriale alessandrino e, in subordine, agli impianti di termodistruzione degli ambiti territoriali confinanti con la provincia di Asti. In tal caso gli impianti di termodistruzione dovranno adeguare la loro potenzialità alla frazione conferita;
4) una discarica avente una capacità minima di 350.000 mc, identificabile in una delle due discariche già autorizzate al consorzio astigiano, in grado di accogliere gli scarti degli impianti, l'organico stabilizzato, i fanghi non recuperabili ed i rifiuti non ulteriormente trattabili. In tale discarica troverà collocazione anche la quota di ceneri e scorie di combustione derivante dall'impianto di termoutilizzazione individuato, ovviamente, per la quota parte di rifiuti conferiti dall'astigiano.
Nella fase transitoria di breve periodo (anno 1998), la regione Piemonte prevede di:
completare ed attivare le strutture di servizio in corso di realizzazione e quelle che saranno previste dal programma provinciale;
attivare la stazione di trasferimento per la Valle Belbo, con una capacità indicativa di 12.000 t/a;
attivare l'impianto di compostaggio dell'organico selezionato, della frazione verde e dei fanghi compostabili da utenze selezionate;
attivare una discarica avente una capacità minima di 350.000 mc, identificabile in una delle due discariche già autorizzate al consorzio astigiano.
G) L'ambito territoriale ottimale della provincia di Cuneo comprende 190 comuni e, per tale ambito, la regione Piemonte si propone un'articolazione in quattro bacini: il bacino 8 (Albese - Braidese) (all.13), il bacino 9 (Monregalese) (all.14), il bacino 10 (Cuneese) (all.15) e il bacino 11 (Fossanese - Saluzzese) (all.16). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 203.654 t, di cui 8985 t separate dalla raccolta differenziata. In particolare, la situazione nei quattro bacini è la seguente.
Il bacino 8 (Albese-Braidese) comprende 53 comuni, per la quasi totalità facenti parte del consorzio Alba - Brà. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 52.706 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 2970 t. Negli ultimi anni lo smaltimento dei rifiuti del bacino è avvenuto nella discarica consortile di Sommariva Perno. La produzione di RSU totali prevista per il 1998 è di 54200 t, che aumenteranno a 55.400 t nel 2001, con la previsione di un recupero di 17.000 t attraverso la raccolta differenziata ed un conseguente effettivo smaltimento, al 2001, di 38.520 t di RSU.
Il bacino 9 (Monregalese) comprende 86 comuni, per la quasi totalità facenti parte della comunità montana Alta Langa o dell'ACEM (Azienda consortile ecologica monregalese) di Mondovì. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 31.704 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 1314 t. Negli ultimi anni lo smaltimento dei rifiuti del bacino è avvenuto presso le discariche di Murazzano, ora esaurita, e di Lesegno. La produzione di RSU totali prevista per il 1998 è di 32600 t, che aumenteranno a 33.300 t nel 2001, con la previsione di un recupero di 10.160 t attraverso la raccolta differenziata ed un conseguente effettivo smaltimento, al 2001, di 23.140 t.


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Il bacino 10 (Cuneese) comprende 54 comuni, tutti facenti parte del consorzio cuneese. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 61.069 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 2063 t. Negli ultimi anni lo smaltimento dei rifiuti del bacino è avvenuto presso l'impianto di riciclaggio di Borgo San Dalmazzo e l'annessa discarica. La produzione di RSU totali prevista per il 1998 è di 62.800 t, che aumenteranno a 64.200 t nel 2001, con la previsione di un recupero di 19.720 t attraverso la raccolta differenziata ed un conseguente effettivo smaltimento, al 2001, di 44.480 t/a.
Il bacino 11 (Fossanese-Saluzzese) comprende 57 comuni nella zona pianeggiante di Savigliano e Fossano ed in quella collinare e montana del saluzzese. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 58.175 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 2603 t. Negli ultimi anni lo smaltimento dei rifiuti del bacino è avvenuto presso la discarica di Fossano. La produzione di RSU totali prevista per il 1998 è di 59.800 t, che aumenteranno a circa 61.200 t nel 2001, con la previsione di un recupero di 18.710 t attraverso la raccolta differenziata ed un conseguente effettivo smaltimento, al 2001, di 42.490 t/a.
Complessivamente, nell'ambito territoriale ottimale della provincia di Cuneo, la regione Piemonte stima una produzione di rifiuti, all'anno 2001, di 214.100 t e un recupero derivante dalle raccolte differenziate di 65.470 t/a. Sulla base di tali dati, i rifiuti da smaltire risultano pari a 148.630 t. I servizi di raccolta, trasporto, raccolta differenziata, eccetera, rimarranno di competenza dei consorzi di bacino, mentre si prevedono i seguenti interventi articolati per la situazione a regime (anno 2001):
1) impianti di preselezione e/o stazione di trasferimento da localizzare sul territorio provinciale in funzione dei rifiuti da smaltire, articolati in una stazione di trasferimento per la comunità montana Alta Langa, avente una capacità indicativa di 5000 t/a, in grado di trasferire i rifiuti all'impianto di preselezione previsto nel monregalese o, direttamente, all'impianto provinciale, da valutare sulla base di un'analisi costi-benefìci; in un impianto di preselezione con stazione di trasferimento per il monregalese, con una potenzialità indicativa di 20.000 t/a, in grado di separare la frazione combustibile da inviare all'impianto previsto nella provincia di Cuneo; in uno o più impianti di preselezione a servizio delle aree albese-braidese e fossanese-saluzzese, per una potenzialità complessiva indicativa di 80.000 t/a;
2) un impianto di riciclaggio per la produzione di compost e di RDF localizzato a Borgo San Dalmazzo ed avente una capacità complessiva di 40.000 t/a; nella fase a regime l'impianto sarà trasformato in un impianto di preselezione per la frazione combustibile, con una linea di compostaggio per l'organico di qualità ed una di stabilizzazione per l'organico selezionato a valle della raccolta. Nell'ottica di recupero di tale impianto, la regione Piemonte prevede una progressiva differenziazione dei flussi che permetta all'impianto di trattare le circa 40.000 t/a di RSU qualitativamente migliori per la produzione di compost e di RDF, inviando le rimanenti in discarica assieme ai sovvalli ed ai fanghi di depurazione non destinabili ad un riutilizzo agricolo;
3) un impianto di compostaggio di fanghi urbani, rifiuti organici e materiali ligno-cellulosici localizzato a Sommariva Perno ed avente una capacità complessiva di 28.000 t/a, di cui circa 8000 t/a di fanghi urbani; l'impianto dovrà essere ampliato a 40.000 t/a per ricevere fanghi urbani ed industriali, la frazione organica raccolta in modo differenziato dell'ambito territoriale ottimale;
4) un impianto di compostaggio della frazione verde localizzato a Farigliano, a servizio del bacino 9, avente una capacità di 5000 t/a;
5) uno o più impianti di trattamento della frazione combustibile, con una capacità complessiva massima di 70.000 t/a per trattare i rifiuti già selezionati provenienti dagli impianti di preselezione


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previsti nell'ambito territoriale ottimale e l'RDF prodotto nell'impianto di Borgo San Dalmazzo;
6) allestimento di discariche per ricevere i rifiuti che vanno inviati direttamente in discarica, con la previsione di discariche controllate, opportunamente localizzate sul territorio, eventualmente dotate di più vasche separate per ricevere ceneri e scorie dell'impianto di termocombustione, fanghi non recuperabili e sovvalli dei diversi impianti di trattamento.
Nella fase di transizione di breve periodo (anno 1998), la regione Piemonte prevede di:
completare ed attivare le strutture di servizio in corso di realizzazione e quelle che saranno previste dal programma provinciale;
predisporre una stazione di trasferimento per la comunità montana Alta Langa, avente una capacità indicativa di 5000 t/a, in grado di trasferire i rifiuti all'impianto di preselezione previsto nel monregalese o, direttamente, all'impianto provinciale, da valutare sulla base di un'analisi costi-benefìci;
rendere attivo l'impianto di compostaggio della frazione verde, con annesso centro di stoccaggio per i RUP, già autorizzato e previsto a Farigliano, avente una potenzialità di 5000 t/a;
destinare i rifiuti solidi urbani prodotti nel bacino 10 all'impianto di riciclaggio di Borgo San Dalmazzo, prevedendo tutte le possibilità di recupero di tale impianto attraverso, ad esempio, una progressiva differenziazione dei flussi, che permetta all'impianto di trattare le circa 40.000 t/a di RSU qualitativamente migliori per la produzione di compost e di RDF ed inviando le rimanenti in discarica assieme ai sovvalli ed ai fanghi di depurazione non destinabili ad un riutilizzo agricolo. L'impianto dovrà, possibilmente, essere messo nelle condizioni di rispettare la capacità massima di trattamento, eventualmente attraverso la separazione e la semplificazione delle linee di trattamento del compost e dell'RDF: per l'RDF prodotto, nel breve periodo è possibile un temporaneo utilizzo presso i cementifici o soluzioni alternative di collocamento presso impianti di termoutilizzazione;
allestire una discarica a servizio dell'area monregalese, avente una capacità minima di 150.000 mc, in grado di ricevere gli scarti dell'impianto di preselezione, una quota dei sovvalli dell'impianto provinciale, i rifiuti non riutilizzabili, i fanghi non utilizzabili in agricoltura;
allestire nell'area fossanese-saluzzese una discarica avente una capacità minima di 400.000 mc, nella quale devono trovare collocazione i rifiuti non recuperabili.
H) l'ambito territoriale ottimale della provincia di Torino comprende 315 comuni e, per tale ambito, la regione Piemonte si propone un'articolazione in sette bacini: il bacino 12 (Pinerolese) (all.17), il bacino 13 (Chierese) (all.18) il bacino 14 (Torino sud ovest) (all.19), il bacino 15 (Torino ovest) (all.20), il bacino 16 (Torino nord-Chivassese) (all.21), il bacino 17 (Canavese-Eporediese) (all.22) ed il bacino 18 (città di Torino) (all.23). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 968.222 t, di cui 30.793 t separate dalla raccolta differenziata. In particolare, la situazione nei singoli bacini è la seguente.

Il bacino 12 (Pinerolese) comprende 47 comuni della provincia di Torino, distribuiti nella piana pinerolese e nelle Valli Chisone, Germanasca e Pellice. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 55.280 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 3390 t. Nel 2001 i RSU netti da smaltire saranno 40.310 t/a.

Il bacino 13 (Chierese) comprende 18 comuni della provincia di Torino, nell'area sud-est di Torino, gravitanti intorno a Chieri. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 45.450 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 1686 t. Lo smaltimento è avvenuto presso la discarica di Riva di Chieri, ormai esaurita, mentre stanno per entrare in funzione la discarica di Cambiano e l'impianto di selezione del secco-leggero di Chieri. Nel


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2001 i RSU netti da smaltire saranno circa 33.000 t.
Il bacino 14 (Torino sud-ovest) comprende 19 comuni della provincia di Torino, collocati nell'area sud-ovest di Torino. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 100.087 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 2663 t. Lo smaltimento è avvenuto presso la discarica di Beinasco ed ora nella discarica di Vinovo. Nel 2001 i RSU netti da smaltire saranno 72.880 t.

Il bacino 15 (Torino ovest-Val Susa) comprende 56 comuni della provincia di Torino, localizzati nel territorio ad ovest di Torino e nelle Valli Susa e Sangone. Nell'eventuale ridefinizione dei bacini, la provincia potrà valutare la richiesta della comunità montana Val Sangone di spostarsi dal bacino 15 al bacino 12 (Pinerolese). La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 131.007 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 4090 t. Lo smaltimento è avvenuto presso le discariche di Cassagna (Collegno) e Mattie. Nel 2001 i RSU netti da smaltire saranno 95.420 t/a.

Il bacino 16 (Torino nord-Chivassese) comprende 31 comuni della provincia di Torino, nel territorio a nord di Torino e nel chivassese. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 94.940 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 2949 t. Lo smaltimento è avvenuto in parte presso la discarica di Torino ed in parte nella discarica di Chivasso. La produzione di fanghi così elevata è determinata dal fatto che a Castiglione Torinese, nel bacino, è ubicato l'impianto di depurazione del Po-Sangone che serve, quindi, comuni ricadenti in bacini differenti: attualmente i fanghi del Po-Sangone sono smaltiti nella discarica di Torino. Nel 2001 i RSU netti da smaltire saranno 69.110 t.

Il bacino 17 (Canavese-Eporediese) comprende 143 comuni della provincia di Torino, presenti nel territorio del canavesano, eporediese e valli di Lanzo. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 103.098 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 5239 t. Lo smaltimento è avvenuto e avviene in varie discariche (Grosso C., Rivarolo, Colleretto, Bairo, Castellamonte), di cui alcune ormai esaurite. Nel 2001 i RSU netti da smaltire saranno 75.060 t/a.

Il bacino 18 (città di Torino) comprende la sola città di Torino, in base alla consistenza numerica degli abitanti. La produzione totale di RSU nel 1995 è stata di 438.361 t, con un recupero attraverso la raccolta differenziata di 10.777 t. Lo smaltimento è avvenuto presso la discarica di Torino che ha ricevuto, e continua a ricevere, RSU provenienti da territori piemontesi in emergenza rifiuti. Le previsioni di chiusura della discarica di via Germagnano, che il comune di Torino poneva nell'anno 2003, rischiano quindi di essere anticipate, per cui, dopo tale data, la regione Piemonte ipotizza di suddividere gli scarti da conferire in discarica nell'ambito territoriale della provincia di Torino. Nell'anno 2001, i RSU netti da smaltire saranno 320.000 t/a.
Complessivamente, nell'ambito territoriale ottimale della provincia di Torino, la regione Piemonte stima una produzione di rifiuti, al 2001, di 1.017.200 t e un recupero derivante dalle raccolte differenziate di 311.650 t/a, per cui i rifiuti da smaltire risultano pari a 705.550 t. I servizi di raccolta, trasporto, raccolta differenziata, eccetera, rimarranno di competenza dei consorzi di bacino mentre si prevedono i seguenti interventi articolati per la situazione a regime (anno 2001).
1) Impianti di preselezione e/o stazione di trasferimento da localizzare sul territorio provinciale in funzione dei rifiuti da smaltire, articolati in impianti di preselezione dei RSU, a servizio della zona sud e ovest della provincia, con una potenzialità indicativa di 230.000 t/a; in impianti di preselezione dei RSU, a servizio della zona nord della provincia di Torino, con una potenzialità di massima di 145.000 t/a;


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in impianti di preselezione dei RSU, a servizio della città di Torino, con una potenzialità massima di 320.000 t/a.
2) Un impianto di digestione anaerobica della frazione organica separata dai RSU per l'area chierese: tale impianto, già autorizzato, avrà una potenzialità da 32.000 t/a di RSU. L'organico separato dagli altri impianti di preselezione, non idoneo al compostaggio, potrà essere avviato a trattamenti intermedi previsti nel programma provinciale, prevedendo, eventualmente, anche un ampliamento del suddetto impianto per una potenzialità indicativa di 80.000.t/a a servizio dell'ambito territoriale ottimale.
3) Impianti di compostaggio con le potenzialità di massima appresso indicate:
a) uno o più impianti di compostaggio per la zona sud e ovest della provincia per i rifiuti organici selezionati, la frazione verde ed i fanghi urbani di buona qualità, per una potenzialità complessiva indicativa di 35.000 t/a;
b) un impianto di compostaggio della frazione verde e dell'organico per il bacino 15, già autorizzato per una potenzialità di 11.000 t/a;
c) un impianto di compostaggio della frazione verde e dell'organico proveniente da utenze selezionate in grado di trattare questi tipi di rifiuti provenienti da Torino ed, eventualmente, dai comuni relativi all'area in cui è situato l'impianto, che si identificherà con quello in corso di realizzazione a Borgaro, con una potenzialità di 54.000 t/a;
d) un impianto di compostaggio, per la zona nord della provincia, della frazione verde, della frazione organica proveniente da utenze selezionate, eventualmente dei fanghi urbani di buona qualità, con una potenzialità di circa 20.000 t/a.
4) Uno o più impianti di termodistruzione con recupero energetico, per una potenzialità di circa 380.000 t/a di frazione combustibile preselezionata; la provincia di Torino, nell'ambito del programma provinciale, definirà potenzialità, numero e collocazione degli impianti suddetti.
5) Tutte le strutture di servizio per la raccolta differenziata, mirate alla valorizzazione dei materiali già definiti nell'ambito dei finanziamenti pubblici, come:
a) l'impianto di selezione del secco-leggero di Chieri;
b) l'impianto di selezione dei contenitori di plastica, di valenza regionale, localizzato a Collegno, con una potenzialità di 5000 t/a, già previsto e finanziato sui fondi PTTA 1994-96;
c) l'impianto di selezione e valorizzazione dei materiali recuperabili da RSA e RSU, di valenza provinciale, con una potenzialità di 90.700 t/a, previsto a Collegno e finanziato nell'ambito del regolamento CEE 2081/93;
d) l'impianto di trattamento e selezione dei RUP e dei rifiuti ingombranti con potenzialità di 15.000 t/a, la cui parte relativa al trattamento pile ha valenza regionale.
6) Allestimento di discariche opportunamente localizzate sul territorio, eventualmente dotate di più vasche separate per ricevere ceneri e scorie degli impianti di termocombustione, previsti nell'ambito territoriale ottimale, fanghi non recuperabili e sovvalli dei diversi impianti di trattamento. Le discariche, individuate nel «breve periodo» secondo un criterio di rotazione, potranno essere ridotte di numero con l'entrata in funzione degli impianti previsti nel sistema a regime, in quanto destinate solo a ricevere sovvalli, scarti, ceneri, scorie e rifiuti non trattabili.
La regione Piemonte precisa, inoltre, che il programma provinciale dovrà affrontare il problema dello smaltimento dei fanghi del Po-Sangone privilegiando, se possibile, soluzioni alternative allo smaltimento in discarica o comunque riduttive dell'impatto e dei volumi da smaltire in discarica.
Nella fase di transizione di breve periodo (1998), la regione Piemonte prevede di:
completare ed attivare per tutti i bacini le strutture di servizio al recupero ed alla raccolta differenziata in corso di realizzazione e quelle che saranno previste nel programma provinciale;


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allestire una discarica di servizio per l'area pinerolese o ampliamento, se possibile, dell'attuale per coprire il periodo intermedio al 2001;
attivare per l'area del chierese l'impianto di digestione anaerobica della frazione organica, che dovrà avere una potenzialità di 32.000 t/a di RSU indifferenziato;
rendere operante l'impianto di selezione dei contenitori in plastica, di potenzialità di 5000 t/a e di ambito regionale, già previsto e finanziato sui fondi PTTA 1994-1996;
attivare l'impianto di compostaggio della frazione verde per il bacino 15, già autorizzato, per una potenzialità di 11.000 t/a;
allestire, per l'area Torino ovest, almeno una discarica di circa 400.000 mc, in quanto le capacità residue di Mattie e Cassagna sono limitate;
rendere attivo l'impianto di compostaggio della frazione verde, dell'organico proveniente da utenze selezionate in grado di trattare questi tipi di rifiuti provenienti da Torino: tale impianto dovrà identificarsi con quello in corso di realizzazione a Borgaro con una potenzialità di 54.000 t/a;
attivare l'impianto di trattamento e di selezione dei RUP e dei rifiuti ingombranti di Volpiano, con una potenzialità di 15.000 t/a, la cui parte relativa al trattamento pile ha valenza regionale;
predisporre una discarica di servizio per l'area Torino nord-chivassese, per rendere lo smaltimento finale indipendente dalla discarica di Torino, con almeno 500.000 mc di capacità;
realizzare, nella zona nord della provincia di Torino, un impianto di compostaggio della frazione verde, della frazione organica proveniente da utenze selezionate, eventualmente dei fanghi di buona qualità, con una potenzialità di circa 20.000 t/a;
allestire, per l'area Torino sud ovest, una discarica di circa 300.000 mc.

11.5) Impianti autorizzati all'incenerimento di rifiuti infetti in Piemonte.

Gli impianti autorizzati all'incenerimento hanno sede prevalentemente fuori regione. I pochi impianti piemontesi con autorizzazione ancora valida sono costituiti da apparecchi situati all'interno delle strutture sanitarie. Il loro numero va, comunque, riducendosi ulteriormente e, inoltre, le caratteristiche degli impianti (sedi, taglie e tecnologie) non sono ottimali per operare in continuo e con le necessarie garanzie di efficienza e sicurezza.
Rispetto al 1993, nel 1994, secondo i dati forniti dall'amministrazione regionale, la potenzialità complessiva degli impianti autorizzati ha subìto una contrazione sensibile, a causa della disattivazione degli impianti di Cuneo e Alessandria, capaci insieme di trattare oltre 1.500 t/a di rifiuti; nel 1995 si è assistito ad un'ulteriore contrazione pari quasi al 30 per cento, dovuta alla disattivazione degli impianti relativi all'ospedale civile di Ciriè, all'ospedale civile di Castellamonte ed al Cottolengo di Pinerolo.
Gli impianti per l'incenerimento dei rifiuti «infetti», attivi nel 1995, risultano essere quelli appartenenti alle seguenti strutture sanitarie: S. Anna di Torino, civile di Cuorgnè, E. Agnelli di Pinerolo, ist. climatico di Robilante, Monserrat di Borgo S. Dalmazzo, civile di Mondovì, ospedale di Novi Ligure, ospedale di Tortona. Insieme trattano circa 1.400 t/a di rifiuto, che rappresentano indicativamente il 19 per cento di tutti i rifiuti infetti o potenzialmente infetti del Piemonte. L'impianto del CTO di Torino, infine, è stato disattivato dal 1o agosto 1995.
Tra gli impianti di termodistruzione che trattano rifiuti infetti è da annoverare l'inceneritore per RSU di Vercelli, che dal 1993 è stato autorizzato dalla competente provincia a trattare anche rifiuti infetti o potenzialmente infetti di provenienza sanitaria. Nel 1993, l'impianto ha trattato 1.080,7 t. di rifiuti infetti, che rappresentano il 15 per cento dei rifiuti infetti regionali dello stesso anno. Nell'anno successivo,


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la quantità incenerita ha raggiunto 1.231,7 t/a. Nel 1995 la quantità di rifiuti infetti o potenzialmente infetti inceneriti ha raggiunto le 2.029 t.. Tale quantitativo corrisponde al 27 per cento del totale dei rifiuti infetti prodotti in Piemonte nello stesso anno.

11.5.1) Smaltimento per incenerimento dei rifiuti ospedalieri.

I rifiuti sanitari prodotti dalla regione negli ospedali, nelle case di cura, nei poliambulatori, nei laboratori di analisi, presso i gabinetti dentistici, gli studi veterinari e le farmacie, ammontano ad un totale di 39.537 tonnellate/anno. Lo smaltimento avviene, in prevalenza, fuori dalla regione, essendo gli impianti di termodistruzione all'interno di poche strutture sanitarie (peraltro in decremento, a causa dell'inadeguatezza tecnica degli impianti medesimi). L'ipotesi di piano regionale prevede che la potenzialità di incenerimento dei rifiuti infetti debba concretizzarsi con iniziative superprovinciali in un unico polo regionale.
In effetti, per ciò che concerne lo smaltimento per incenerimento, il precedente piano regionale di smaltimento rifiuti, approvato nel 1988, prevedeva la realizzazione di cinque poli di incenerimento per i rifiuti ospedalieri piemontesi, localizzati nei comuni di Alessandria, Cuneo, Novara, Vercelli e Torino. Tale ipotesi prevedeva la costruzione in tempi rapidi (peraltro non verificatasi) di impianti di modeste dimensioni e potenzialità. Successive valutazioni ed approfondimenti tecnico-economici, effettuati dalla regione Piemonte per l'aggiornamento del piano, hanno evidenziato l'opportunità di ridurre drasticamente il numero dei poli di incenerimento innalzando la potenzialità dell'impianto.
Per l'individuazione del numero ottimale, e quindi della loro potenzialità, la regione Piemonte ha considerato essenzialmente i seguenti parametri:
quantità di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo prodotti dalle strutture sanitarie in Piemonte;
stima delle produzioni nell'anno 1998;
determinazione della minima potenzialità di impianto di termodistruzione, con caratteristiche tecniche che garantiscano l'incenerimento dei rifiuti e l'abbattimento delle emissioni secondo la normativa vigente e, in termini competitivi, rispetto al mercato.
Sulla base delle suesposte considerazioni, la regione ritiene che, attualmente, in Piemonte sia sufficiente un unico polo di incenerimento per i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. La collocazione dell'impianto dovrebbe tenere conto dell'incidenza del trasporto dei rifiuti al polo di smaltimento dalle sedi di produzione e, quindi, collocarsi in posizione baricentrica rispetto ad esse.
A fronte di una produzione di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo di circa 7.300 t/a, la potenzialità di incenerimento necessaria risulta tra le 25 e 30 t/die (a seconda dei giorni lavorativi).
Il polo di termodistruzione dovrà essere dotato di un deposito temporaneo, opportunamente dimensionato, oltre che per ilrifiuto da incenerire anche per le ceneri e le scorie derivanti dall'impianto di incenerimento. Lo smaltimento delle ceneri e delle scorie deve avvenire nel rispetto della legislazione vigente. Definendo le ceneri come prodotti ultimi di combustione e le scorie come materiali incombustibili (metalli, vetro, eccetera) presenti nei rifiuti trattati, può essere valutata la possibilità di separare gli uni dagli altri per ridurre gli scarti eventualmente risultanti tossici e nocivi rispetto agli altri.

11.6) Lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto.

Per quanto attiene alle discariche nelle quali possono essere smaltiti i rifiuti contenenti amianto, il piano regionale di gestione dei rifiuti riporta la seguente situazione:
a) in provincia di Alessandria esiste, in pratica, una sola discarica di seconda


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categoria tipo A, autorizzata a ricevere rifiuti contenenti amianto, nella quale, nel 1994, sono state collocate 1.536,96 tonnellate di rifiuti in questione;
b) in provincia di Asti non esistono discariche autorizzate allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto;
c) in provincia di Cuneo esiste una discarica 2A autorizzata per lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto;
d) in provincia di Novara, in una discarica di seconda categoria tipo B, sono stati conferiti, dal 1.1.1995 al 30.11.1995, kg.7.853.865 di rifiuti speciali contenenti amianto;
e) in provincia di Torino esiste una discarica di seconda categoria tipo C in grado di ricevere rifiuti contenenti amianto e sono state autorizzate tre discariche private di seconda categoria tipo A;
f) in provincia di Biella esistono due discariche, una di seconda categoria tipo B (per rifiuti speciali) e l'altra di seconda categoria tipo A, nelle quali sono state smaltite le seguenti quantità di rifiuti (definiti come eternit): nella discarica 2A, kg.185.920 nel 1994 e kg. 6.820.689 nel 1995; nella discarica 2B, kg. 389.910 nel 1992, kg. 930.436 nel 1993, kg. 1.889.940 nel 1994 e kg. 1.197.064 nel 1995.

11.7) Discariche abusive.

Il piano regionale di bonifica è stato aggiornato a seguito dell'emanazione del decreto ministeriale del 16.5.89 ed è stato varato nel 1991. Attualmente esso è in fase di aggiornamento e prevede che le quantità di rifiuti provenienti dalle operazioni di bonifica da avviare a smaltimento siano rispettivamente:
820 tonnellate in impianti di trattamento chimico-fisico e biologico;
9.310 tonnellate in impianti di termodistruzione;
41.380 mc in discarica 2B;
13.253 mc in discarica 2C.

Tali stime, a giudizio della Commissione, sono destinate ad aumentare in considerazione delle carenze intrinseche del decreto ministeriale 16.5.89, che ha privilegiato la raccolta dei dati disponibili presso le istituzioni locali piuttosto che una rilevazione sperimentale sul campo, ovviamente molto più costosa.
La regione si è data già delle norme tecniche ed ha elaborato anche un sistema per la quantizzazione dei costi di bonifica. In tal senso - pur nei limiti di effettiva attuazione del programma - la regione si pone all'avanguardia rispetto ad altre realtà regionali. C'è da rilevare, infatti, che tranne rare eccezioni (es. ex Interchim di Ciriè) le azioni reali di bonifica non possono ritenersi ancora soddisfacenti.
Il piano di bonifica prevede ventisette siti di bonifica a breve termine, su tredici dei quali la regione ha predisposto progetti di bonifica. Su otto il dipartimento della protezione civile ha redatto progetti di bonifica, mentre per i restanti sei si è ravvisata la necessità di smaltire i rifiuti, attualmente presenti in quelle aree, presso gli impianti di smaltimento autorizzati. Nel pro-gramma di intervento regionale a medio termine sono stati indicati 270 siti.

11.8) Rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.

Dai dati del piano regionale si desume che la produzione annua di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi ammonta a 2.466.828 tonnellate, di cui 458.926 ton. recuperate e 2.007.902 ton. da smaltire,suddivise in 1.764.384 ton. di tossici e nocivi (pericolosi) e 243.518 ton. di speciali non pericolosi. I fabbisogni di impianti di smaltimento ipotizzabili, in considerazione dell'evoluzione delle attività economiche, delle tecnologie di recupero e di riciclo che bilanciano l'eventuale crescita della produzione di rifiuti, fanno pensare ad una sostanziale invariabilità del fabbisogno annuo di smaltimento per i prossimi cinque anni; tale fabbisogno è attualmente concentrato per il 59 per


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cento nella provincia di Torino. Per tutta la regione è stimato che il numero di impianti dovrà soddisfare una quantità totale annua di rifiuti da smaltire di 2.142.000 tonnellate, così ripartita:

Discariche IA

214.000 ton.
Discariche IIA 519.000 ton.
Discariche 2B 321.000 ton.
Discariche 2SP 576.000 ton.
Inertizzazione 114.000 ton.
Trattamento chimico-fisico e biologico 205.000 ton.

Se si considera la richiesta complessiva di impianti di smaltimento unitamente ai dati degli impianti già autorizzati, si ricavano le percentuali di fabbisogno non soddisfatto che sarà la base per identificare gli interventi di piano da inserire nel sistema di smaltimento integrato. Il fabbisogno non soddisfatto risulta complessivamente del 37,4 per cento sul totale di rifiuti prodotti (2.285.000 mc/a), così ripartito:

Discariche IA

9,8% di 357.000 mc/a
Discariche IIA 5,1% di 591.000 mc/a
Discariche 2B 30,5% di 321.000 mc/a
Discariche 2SP 91,3% di 576.000 mc/a
Termodistruzione 47,4% di 114.000 mc/a
Inertizzazione 50,4% di 121.000 mc/a
Trattamento chimico-fisico e biologico 24,9% di 205.000 mc/a

11.9) Rifiuti inerti.

Dal piano risulta che i rifiuti inerti prodotti in regione nel 1994 sono stati 1.767.731 tonnellate, il 27 per cento dei quali da attività industriali, pari a 476.339 tonnellate. Si ipotizza per il futuro una forte azione di recupero di tali inerti per la ricopertura dei RSU e RSA collocati in discarica, per la sistemazione di cortili, strade, argini. Fermo restando che andranno comunque esercitate più intense azioni di monitoraggio, per evitare gli ancora frequenti casi di abbandono indiscriminato lungo le scarpate stradali o in luoghi comunque non autorizzati.

11.10) Gestione dei veicoli a motore fuori uso e loro parti, destinati alla demolizione, al recupero ed alla rottamazione.

Secondo il decreto legislativo n. 22/97 i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti sono classificati come rifiuti speciali, mentre alcuni rifiuti in essi contenuti (es.oli usati, accumulatori al piombo) sono classificati come pericolosi. In considerazione del fatto che in Piemonte i veicoli radiati nel 1994 sono stati 126.148, a tale dato si è fatto riferimento nel piano per stabilire il fabbisogno regionale di superficie destinabile all'autodemolizione. Considerazioni relative alla disponibilità di territorio ed alle difficoltà di reperire aree idonee hanno permesso di stabilire che un impianto che tratti mille carcasse l'anno debba avere una superficie minima di 4.200 metri quadrati. Dal che ne deriva che il fabbisogno regionale, riferito al dato del 1994, è di 529.822 metri quadrati. Attualmente solo le provincie di Alessandria, Cuneo e Novara soddisfano il fabbisogno del loro ambito territoriale.

12) Le problematiche connesse agli impianti visitati dalla Commissione.

Si è già detto che la Commissione ha effettuato vari sopralluoghi nel territorio regionale. Sono stati visitati i seguenti impianti: Thermoselect di Verbania; impianto di compostaggio di Novara; centro ENEA di Saluggia; deposito ditta SLU (raccolta differenziata) di Asti; impianto di bonifica fusti LAFUMET di Villastellone (Torino); impianto dismesso Interchim di Ciriè e consorzio di Chieri.


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Nell'ambito degli studi avviati dall'apposito gruppo di lavoro istituito per l'esame della gestione dei rifiuti prodotti da aziende ricadenti nell'ambito della legge n. 175/88 (aziende a rischio rilevante), si stanno anche effettuando dei riscontri affidati a consulenti di questa Commissione.
Si illustrano, ora, alcune delle problematiche nelle quali si è imbattuta la Commissione nella visita ai singoli impianti.

12.1) Impianto Thermoselect di Verbania.

Nel sopralluogo effettuato presso la ditta Thermoselect, la Commissione ha voluto verificare la corrispondenza della fase attuativa della sperimentazione in atto con gli obiettivi a suo tempo posti. E ciò anche sulla base del mutato quadro normativo quale oggi risulta a seguito dell'entrata a regime del «decreto Ronchi». La Commissione, inoltre, ha voluto approfondire la correttezza dell'iter del processo autorizzativo che ha dato avvio alla fase di sperimentazione.
In considerazione di quanto sopra, la Commissione ritiene utile fare precedere le conclusioni, e le valutazioni cui è pervenuta, con alcuni sommari elementi ed informazioni di carattere tecnico che possono facilitare la comprensione delle complesse problematiche che scaturiscono dall'impianto in esame.
Presso l'impianto della Thermoselect è sperimentata una tecnologia in base alla quale i rifiuti solidi urbani, ed assimilabili tal quali, vengono inizialmente compattati ed inviati in un canale in cui, nell'intervallo di temperatura 50-800o C, avviene la disidratazione del materiale e la sua pirolisi con formazione di una miscela gassosa e di un residuo carbonioso che, inviati in un reattore ad alta temperatura (1.200o C), danno luogo alla formazione di un gas di sintesi e di scorie inorganiche che fondono. I gas di sintesi, raffreddati in una colonna di quencing, vengono utilizzati per generare energia elettrica attraverso un motore a combustione interna. L'impianto ha una potenzialità teorica di 100 tonnellate al giorno e quindi potrebbe essere in grado di produrre 60 milioni di Kwh l'anno. In realtà, esso ha un'alimentazione di 2 tonnellate/ora e quindi la sua potenzialità è ridotta del 50 per cento.
Va detto anzitutto che l'impostazione della tecnologia non è in sintonia con quanto previsto dall'articolo 4 del decreto-legislativo n. 22/97, che prevede una gestione dei rifiuti incentrata sulla raccolta differenziata ed il riciclaggio, ed in particolare con il comma 2, dove è detto che «il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di materia prima debbono essere considerati preferibili rispetto alle altre forme di recupero». Inoltre la Commissione esprime perplessità sulla funzionalità della tecnologia in questione, giacché non è stato possibile appurare se e in che misura l'impianto di Verbania abbia mai prodotto effettivamente energia elettrica. Su tali aspetti la Commissione ha richiesto alla regione Piemonte di fornire la documentazione esistente presso quell'ente: anche dai pareri del comitato tecnico regionale non è stato possibile chiarire la funzionalità di questa tecnologia, giacché tale istituto segnalava l'esistenza di «pochi elementi di valutazione sugli aspetti energetici», nonché «scarsissimi elementi di valutazione sugli aspetti economici e gestionali sui quali non vengono fornite indicazioni» da parte della Thermoselect. Non solo: lo stesso comitato ha espresso, in più di un'occasione, dubbi in merito alla documentazione fornita dalla società, definita addirittura «nel complesso poco chiara e dal contenuto eccessivamente vago».
Allo stato dell'indagine, la Commissione non può esprimere un parere definitivo su tale tecnologia (peraltro in via di applicazione in due diversi siti tedeschi); si osserva però - prima di affrontare nel dettaglio la parte relativa al processo autorizzativo - l'anomalia rappresentata dall'impianto italiano, ove doveva svolgersi una sperimentazione prevista in prima istanza della durata di un anno (fino al 20


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febbraio 1994) e tuttora perdurante. Ulteriori perplessità vengono espresse dalla Commissione a proposito del fatto che società europee decidano di utilizzare il territorio italiano per sperimentare simili tecnologie, da utilizzare poi in altri Paesi del continente, a dimostrazione di una normativa di protezione ambientale meno puntuale rispetto a quella di altre nazioni. Risulta comunque che, con meno di venti miliardi spesi in quattro anni, tale impianto è servito a produrre una seconda generazione di impianti differenziati, del valore di circa 100 miliardi l'uno (come quello prodotto a Karlsruhe).
A queste considerazioni va aggiunto che il ministro dell'ambiente ha inviato il 16 luglio 1997 una nota all'assessorato ambiente della regione Piemonte, evidenziando come l'impianto sia carente dell'autorizzazione alla costruzione, nonostante un'autorizzazione del Ministero dell'industria datata 3 dicembre 1992. In merito, il suddetto ministro afferma: «È lecito dubitare dell'idoneità di siffatto provvedimento a porsi come sostitutivo del prescritto titolo regionale», poiché l'atto del Ministero dell'industria fa riferimento alle norme autorizzative per le centrali termoelettriche mentre per tale impianto «la produzione di energia elettrica è un semplice accessorio, la parte principale dei processi essendo destinata allo smaltimento dei rifiuti». A prescindere da ogni altra valutazione, si sottolinea l'assenza di informazioni puntuali in merito alla produzione di energia.
Sull'impianto in esame è in corso un procedimento penale, alla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, nei confronti del dottor Corrado Clini, direttore generale del Ministero dell'ambiente, di Hans Gunter Kiss, definito agli atti 'imprenditore occulto', e di Gudula Else Marie Freytag, legale rappresentante della società Thermoselect. Secondo l'accusa, i tre imputati avrebbero compiuto atti per «consentire l'attività della Thermoselect, anche in situazioni di illiceità, con violazione delle norme di competenza, trasparenza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione».

12.2) Impianto digestore di Novara.

La Commissione ha effettuato un sopralluogo il 20 novembre 1997 presso l'impianto digestore di Novara, dove già si era recata la Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti istituita dalla Camera dei deputati nella XII legislatura. L'impianto, previsto dal piano regionale rifiuti del Piemonte per la produzione di compost, è stato realizzato dalla società Emit del gruppo Acqua spa per una spesa complessiva di 21 miliardi e 293 milioni. Tuttavia, i collaudatori dell'impianto - in data 2 febbraio 1993 - hanno dichiarato il digestore non collaudabile. Sulla vicenda è tuttora in corso un'inchiesta della magistratura, attivata dopo una denuncia del locale circolo di Legambiente, per accertare i reati di abuso d'ufficio continuato e truffa aggravata in pubblica fornitura. Detto circolo di Legambiente ha depositato un esposto presso la Corte dei conti, nel quale denuncia la presunta anomalia del contratto di appalto, che prevedeva l'intero pagamento dei lavori prima dell'espletamento del collaudo.
In sede di sopralluogo la Commissione ha anzitutto constatato come l'impianto - a quasi cinque anni dalla sua ultimazione - sia tuttora non funzionante, il che determina ricadute negative nella gestione dei rifiuti dei comuni del novarese, privi di un sito nel loro territorio dove far confluire la frazione organica degli RSU da destinare al recupero. La Commissione ritiene che l'impianto in questione, di cui può essere al momento utilizzata una minima parte delle apparecchiature ancora in buona condizione, necessiti di un'incisiva azione di ristrutturazione e di modifica (sul modello dell'impianto di Colfelice, nel Lazio), per poter essere utilizzato dai comuni del novarese. Ad esempio, dovrebbe essere installato un efficiente sistema di captazione degli odori con successivo convogliamento in un biofiltro.


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12.3) Centro ENEA di Saluggia (Vercelli).

Il 20 maggio 1997 la Commissione ha effettuato un sopralluogo presso il centro di ricerche dell'ENEA di Saluggia (VC), per avere cognizione di quali processi siano in atto per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti.
Nel centro ENEA di Saluggia hanno operato, tra il 1960 ed il 1985, due impianti di ricerca: l'IFEC, per la fabbricazione del combustibile nucleare, e l'EUREX per il ritrattamento del combustibile nucleare irraggiato.
Nel quadro del programma globale di disattivazione degli impianti del ciclo del combustibile, l'ENEA ha raggiunto un primo risultato, decontaminando l'impianto IFEC e recuperando gli edifici che ospitavano le attrezzature e le infrastrutture. Tale operazione si è conclusa nel 1994. I rifiuti radioattivi prodotti in parte sono stati trattati e condizionati in loco, e successivamente trasferiti nei depositi dell'impianto EUREX, ed in parte sono stati inviati al CR-Casaccia di Roma, presso la società Nucleco, per essere adeguatamente trattati.
L'impianto EUREX ha effettuato tra il 1970 ed il 1984 il ritrattamento di n. 506 elementi di combustibile irraggiato, tipo MTR (material testing reactor) in lega di UL-AL, e 72 elementi di tipo CANDU (canadian deuterium uranium reactor). Le ulteriori campagne di ritrattamento degli elementi ricombustibili, allora presenti nella piscina dell'impianto (52 elementi del reattore TRINO, 504 elementi MAGNOX del reattore di Latina ed 1 elemento del reattore del Garigliano), furono cancellate a seguito delle mutate prospettive programmatiche nel settore nucleare. Da allora hanno preso avvio programmi e lavori finalizzati sia all'allontanamento del materiale nucleare presente nell'impianto, sia al trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi, solidi e liquidi, prodotti durante il precedente esercizio.
A tale proposito, alla Commissione nel corso del sopralluogo sono stati mostrati i rifiuti già condizionati e non, immagazzinati nei capannoni all'uopo costruiti, e nel contempo sono state descritte le diverse attività svolte, alle quali i responsabili dell'ENEA attribuiscono una particolare importanza per poter avviare un vero programma di disattivazione dell'impianto EUREX:
la conversione, a microsfere, in ossidi misti (U e Pu) di circa 5 Kg di Pu presenti in soluzione del prodotto finito;
l'invio all'estero (all'impianto di ritrattamento di Sellafield, Gran Bretagna) dei 504 elementi MAGNOX e dei 150 elementi tipo MTR (USA).
Presso l'impianto sono custoditi circa 1142 metri cubi di rifiuti solidi di bassa attività e 200 metri cubi di alta radioattività, nonché 109 metri cubi di rifiuti liquidi acquosi di bassa attività, 28 metri cubi di solventi organici debolmente contaminati e 112 metri cubi di rifiuti liquidi acquosi di alta radioattività.
Per quanto attiene ai rifiuti liquidi ad alta attività, la soluzione scelta dall'ENEA per la loro messa in sicurezza è quella di realizzare un impianto di vetrificazione denominato CORA (condizionamento rifiuti ad alta radioattività), che sarà realizzato all'interno di quattro celle dell'esistente impianto EUREX. I rifiuti liquidi verranno inglobati in una matrice vetrosa al borosilicato, ad altissima stabilità, e trasferiti temporaneamente in un deposito ricavato all'interno dello stesso impianto. Il programma dei lavori, che è stato illustrato alla Commissione, prevede la realizzazione dell'opera in circa 55 mesi, con inizio del processo di inglobalizzazione in matrice vetrosa nel 2001. Seguiranno tre anni di operazioni, durante i quali verranno prodotti 120 pots in acciaio inossidabile da 150 litri cadauno, per un totale di circa 180 metri cubi di rifiuto vetrificato.
In questo quadro complessivo di circa dieci anni di attività, spiega il presidente dell'ENEA, l'impatto socio-economico di tale attività dovrebbe avere in un primo momento positivi effetti occupazionali nel settore meccanico, elettronico ed impiantistico, e nel seguito rappresentare un


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ottimo investimento per l'avanzata tecnologia utilizzata, che potrà avere positive ripercussioni per progetti estesi nel settore.
Nel corso dell'esposizione, alcuni dirigenti dell'ENEA hanno manifestato una grande preoccupazione per la crescente riduzione di personale qualificato che si sta verificando nel settore dell'ingegneria nucleare e per il mancato ricambio generazionale di operatori del settore causato dalla moratoria nucleare.
La Commissione ritiene auspicabile che vengano accolte le richieste di risorse economiche dell'ENEA, sia per poter concludere in tempi certi le operazioni di messa in sicurezza degli impianti e dei rifiuti radioattivi, sia per poter positivamente proseguire il lavoro nel campo della ricerca, soprattutto quella finalizzata alla trasmutazione dei radionuclidi a lunga vita in radionuclidi a semivita.
Si tratta di una tecnologia in fase di studio e di ricerca attiva da parte di molti lavoratori nucleari in Europa e nel mondo, che consiste in una separazione selettiva del rifiuto radioattivo (partitioning), in modo da avere:
da una parte, i radionuclidi a semivita inferiore ai trent'anni da avviare direttamente al condizionamento ed allo smaltimento;
dall'altra, i radionuclidi a vita lunga da bruciare in reattori a neutroni termici o veloci (trasmutation) allo scopo di ottenere radionuclidi a semivita breve.

In questo contesto, e nell'ambito di un più ampio programma di ricerca, finanziato dalla comunità europea (si tratta di tre progetti di ricerca mirati), l'ENEL sta sviluppando la tecnologia della separazione (progetto partitioning) in collaborazione con altri partners anche dell'est europeo.
Attraverso la partecipazione a questi contratti di ricerca, l'ENEA si propone di mantenere una costante partecipazione fattiva in campo internazionale, per poter giungere in un prossimo futuro a soluzioni del tutto innovative nel settore della sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi ad alta radioattività.

12.4) Impianto LaFuMet di Villastellone (To).

La Commissione si è recata presso l'impianto LaFuMet di Villastellone (Torino) il 21 novembre 1997: è stato effettuato questo sopralluogo per verificare quali siano le procedure messe in atto negli impianti per il recupero dei fusti utilizzati per il trasporto dei rifiuti pericolosi. La visita ha consentito anche di effettuare una serie di confronti con l'area di Pontinia (Latina) dove la Commissione si era recata nel mese di ottobre, convocando l'autorità giudiziaria di Latina per il sequestro: anche l'area di Pontinia infatti era destinata al recupero dei fusti utilizzati per il trasporto di rifiuti pericolosi, ma era del tutto priva di macchinari adatti allo scopo.
Presso l'impianto LaFuMet è stato possibile seguire le diverse fasi della lavorazione: il prelavaggio dei fusti, la bordatura e la raddrizzatura di parti ammaccate, il lavaggio vero e proprio in apposite cabine, la verniciatura e l'asciugatura.
Si tratta di un ciclo complesso che, nel caso della LaFuMet, presenta alcune carenze, specie dal punto di vista della captazione dei fumi e dei vapori di lavorazione e della sicurezza dei lavoratori: nessun addetto è stato, ad esempio, visto utilizzare la mascherina protettiva dai vapori. Peraltro va aggiunto che la stessa ditta ha in costruzione un nuovo impianto a tecnologia più avanzata. Si è potuto infine apprendere come anche questo settore di mercato risenta l'infiltrazione di operatori illegali, che offrono servizi a prezzi molto al di sotto delle normali quotazioni di mercato: secondo i rappresentanti della LaFuMet dietro tali offerte si cela in realtà un servizio molto al di sotto dei normali standards di qualità, se non addirittura inesistente. È opinione della Commissione che tale ipotesi sia


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assai verosimile e pertanto è opportuno valutare la possibilità di un censimento delle aziende del settore: le infiltrazioni illegali comportano infatti gravi rischi per l'ambiente e la salute dei cittadini (non ci sarebbe, ad esempio, certezza del destino finale delle acque di lavaggio), oltre a determinare un grave inquinamento del mercato.

12.5) Area ex-Interchim di Ciriè (Torino).

La precedente Commissione d'inchiesta aveva effettuato un sopralluogo il 17 ottobre 1995 presso lo stabilimento Interchim di Ciriè che sorge nell'ex area IPCA, acquisendo una serie di elementi ed informazioni riportati nella relazione trimestrale di quell'istituto. L'Interchim, la cui attività era relativa al trattamento dei rifiuti teso alla produzione di coloranti, a causa di forti irregolarità accertate dalla provincia di Torino interrompeva la propria attività nel luglio 1989 e il 13 luglio 1989 dichiarava fallimento. Ciò comportava uno stoccaggio forzato di rifiuti tossici e nocivi, materie prime, residui di lavorazione ed ogni sorta di rifiuti ritirati da altre aziende nel corso della sua attività. Si censiva allora un totale di 4.000 tonnellate di residui stoccati nelle più disparate sezioni dello stabilimento; la provincia, attivate le pratiche fidejussorie per l'esecuzione delle garanzie finanziarie prestate a suo tempo dall'Interchim, riscuoteva 350 milioni dalla MAA Assicurazioni e li trasferiva al comune di Ciriè, al cui sindaco spettava quindi di dare avvio alle più urgenti operazioni di bonifica. Il sindaco incaricava un professionista di predisporre il piano di bonifica che, con nota n. 1065 del 16 gennaio 1994, veniva affidata alla Servizi Industriali di Orbassano, sotto la direzione dell'ingegner Maurizio Onofrio. Il primo lotto di bonifica conclusosi nel giugno 1994 ha riguardato le vasche interrate VA1, S30, S32, nonché l'area n. 6 contenente circa 1.600 fusti di rifiuti speciali e tossico-nocivi (per un totale di 102 tonnellate), stoccati all'aria aperta senza alcuna precauzione contro gli agenti atmosferici.
L'incontro avuto da questa Commissione il 21 novembre 1997 con le autorità del comune di Ciriè e con i tecnici preposti alla bonifica ha permesso di fare il punto sullo stato di avanzamento dei lavori. La Commissione ha avuto modo di verificare lo stato di estremo degrado della struttura, la presenza di residui tossici ancora da rimuovere, che sono causa di esalazioni maleodoranti nell'area circostante e che costituiscono quindi rischio per la salute della popolazione. Tali elementi, per come rilevato, rendono più che mai urgente ed improrogabile l'avvio della seconda fase dei lavori di bonifica, come peraltro richiesto con raccomandata (prot. 32503) del 16 ottobre 1997 dal commissario delegato all'attuazione dell'intervento di bonifica, dottor Gianfranco Facchini, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al Ministero dell'ambiente. Il dottor Facchini, sulla scorta delle indicazioni tecniche dell'ingegner Onofrio e ricavate da specifici sondaggi nell'area in esame, chiede l'autorizzazione all'utilizzo di una parte della cifra del ribasso d'asta (lire 390.450.000+Iva) per dare esecuzione alla seconda fase dei lavori di bonifica come appresso indicati:
rimozione dei serbatoi interrati S20, S21, S22 e smaltimento del terreno contaminato;
smaltimento dei liquidi del «reparto 18», lavaggio dei contenitori, pulizia e lavaggio dei soppalchi, controllo della presenza di rifiuti nei filtri pressa;
ricerca di rifiuti interrati a mezzo di carotaggi ed analisi.
Si tratta solo di una parte dei lavori da realizzare da parte della società Servizi Industriali, con l'obiettivo di eliminare le potenziali cause di rischio ambientale esistenti sull'area in oggetto. Dalla documentazione esistente presso la Commissione risulta peraltro che l'intera opera di bonifica è coperta da una somma di 5.855 miliardi di lire assegnata al comune di Ciriè con l'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della


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protezione civile, n. 2410 del 4 agosto 1995, recante come titolo «Realizzazione degli interventi di bonifica idonei a fronteggiare la situazione di emergenza derivante dalla presenza di stoccaggi abusivi di rifiuti tossici e nocivi nell'ex stabilimento Interchim».

12.6) Le discariche di Chieri.

Alcuni amministratori pubblici del chierese hanno chiesto un incontro al Presidente della Commissione, onorevole Scalia. Nel corso dell'incontro, che si è svolto pubblicamente nel marzo 1998, hanno rappresentato le loro preoccupazioni circa un contenzioso in corso tra il consorzio chierese di comuni e la INSER spa di Torino. Preoccupazioni anche più ampie sono state evidenziate da Legambiente e da esponenti di comitati cittadini (invitati all'incontro dal sindaco di Chieri). Il Presidente onorevole Scalia ha disposto ulteriori accertamenti ed un sopralluogo, in esito ai quali sono emersi i seguenti punti:
a) l'evoluzione societaria.
La INSER Spa ha sede in Torino, corso Vittorio Emanuele n.12. È stata costituita il 19 aprile 1990. Il capitale sociale è per il 70 per cento della INPAR spa, società facente capo alle società autostradali operanti in Piemonte e sorta per la realizzazione e gestione di parcheggi, e per il 30 per cento del comune di Chieri. Primo presidente del consiglio di amministrazione fu nominato Giuseppe Di Claudio, assessore del comune di Chieri, che, in tale veste, aveva seguito la costituzione della INSER Spa, e attuale direttore generale della stessa società. Oggetto sociale era la realizzazione e gestione di una serie di parcheggi nel comune di Chieri, sulla base di una concessione della durata di ottanta anni.
A seguito dei versamenti dei vari soci rispetto ad un capitale sociale di 2 miliardi, la compagine azionaria risulta, al dicembre 1992, così costituita: INPAR spa 59,5 per cento, comune di Chieri 30 per cento, consorzio chierese 10,5 per cento. Nel dicembre 1995 l'INPAR spa vende le sue quote azionarie in INSER spa alla Servizi Ecologici spa. Il consorzio non esercita il diritto di opzione sull'acquisto delle quote INPAR Spa, anche perché non gli viene offerta esplicitamente l'opzione. Per questo motivo, dalla primavera 1996 il consorzio ha iniziato una causa in sede civile contro INPAR spa e Servizi Ecologici spa per la mancata offerta del diritto di opzione. Tale causa è tuttora in corso.
Nella richiamata circostanza entrano nel consiglio di amministrazione dell'INSER spa, in rappresentanza della Servizi Ecologici, Elio Faussone e Pierandrea Bottero. Amministratore delegato è Elio Faussone.
Nell'ottobre 1996 Servizi Ecologici spa e consorzio versano le rispettive quote per l'aumento del capitale da 2 a 5 miliardi, non così il comune di Chieri. La nuova compagine societaria è così formata: Servizi Ecologici 77,5 per cento, comune di Chieri 12 per cento, consorzio chierese 10,5 per cento.
Nel dicembre 1996 Elio Faussone si dimette da amministratore delegato dell'INSER spa, poiché, condannato per reati ecologici, non può essere il rappresentante di una società che stava chiedendo l'iscrizione all'albo negli smaltitori. Nuovo amministratore delegato è nominato l'ingegner Valter Michelini;
b) la concessione.
Nel maggio 1991 viene sottoscritto uno schema di convenzione ed un disciplinare dal consorzio chierese, comprendente ventuno comuni del comprensorio, di cui capofila è il comune di Chieri e l'INSER spa, per la concessione per 25 anni a quest'ultima della progettazione, costruzione e gestione di un centro integrato di servizi per il trattamento e smaltimento di RSU ed RSA. L'INSER spa modifica parzialmente il proprio oggetto sociale, inserendovi le attività riguardanti i rifiuti.


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Presupposti della convenzione:
individuare un ente di sicuro prestigio per sviluppare il progetto;
INSER spa è in grado di soddisfare le esigenze del consorzio chierese;
INSER spa ha maturato particolare esperienza nell'espletamento di attività similari;
INSER spa, per i suoi caratteri di affidabilità tecnica ed economica, può mettere a disposizione del consorzio il suo know-how organizzativo, gestionale ed economico.

Caratteristiche principali della convenzione:
durata di 25 anni dalla data di inizio della gestione degli impianti;
il concessionario progetta, finanzia, paga gli espropri, realizza e gestisce gli impianti, propone le tariffe sulla base del costo di realizzazione dell'opera approvato con il progetto costruttivo degli impianti;
progettisti, direttori dei lavori e collaudatori sono nominati dalla concessionaria;

c) gli impianti.

c1) l'impianto di trattamento di Fontaneto (Chieri).
Il progetto elaborato dall'INSER spa e approvato dal consorzio è stato autorizzato dalla regione Piemonte nel maggio 1992. Nel progetto approvato è previsto un sistema integrato per il trattamento e lo smaltimento dei RSU e RSA; sono compresi gli espropri (circa 16 ettari), il piano territoriale di raccolta differenziata, la preparazione e l'urbanizzazione dell'area, gli edifici per uffici, custode, laboratorio e attrezzature complementari, un impianto di pretrattamento dei rifiuti tal quale in entrata, un impianto di biodigestione anaerobica, il tutto dimensionato per trattare 62.500 tonn/anno. In realtà il consorzio chierese produce non più di 42.000-45.000 tonn/anno. Il costo dell'intervento già approvato dal consorzio e compreso nel progetto autorizzato dalla regione Piemonte è pari a 26,8 miliardi; a questi vanno aggiunti i costi per la costruzione dell'impianto di biodigestione (circa 17 miliardi) il cui progetto esecutivo è stato presentato solo nel corso del 1997, ma che il consorzio non ha ancora approvato e che pertanto, sia pur già approvato come progetto di massima nell'ambito del sistema integrato, non è stato ancora autorizzato dagli organi competenti.
Nel dicembre 1993, la regione Piemonte approva una variante al progetto e uno stralcio al lotto funzionale con il quale si modifica un capannone già in progetto per destinarlo ad un impianto di valorizzazione della frazione dei rifiuti secco-leggero, derivante dalla raccolta differenziata per un quantitativo massimo trattabile di 9000 ton./anno. Il tutto determina un sovrapprezzo rispetto al primo progetto approvato di circa 950 milioni.
Allo stato attuale, degli impianti previsti e approvati sono stati realizzati: l'esproprio e la predisposizione dell'area, recinzione, uffici, casa custode, cabine di trasformazione, pesa e il capannone con le apparecchiature per l'impianto di valorizzazione del secco-leggero. È stato iniziato (fondazioni) il capannone per il pretrattamento dei rifiuti e l'edificio per il laboratorio di analisi.
Nessuno di questi impianti è oggi in funzione. È stato terminato il collaudo dell'impianto del secco-leggero, dopo che un primo tentativo di collaudo a fine estate aveva evidenziato una lunga e consistente serie di difetti. L'impianto non è stato ancora preso in carico dal consorzio in quanto, secondo quest'ultimo, l'INSER spa, finora, si rifiuta di fornire tutti i chiarimenti richiesti dal consorzio in ordine ai costi di realizzazione dell'impianto, alla regolarità dal punto di vista amministrativo dei lavori realizzati e al pagamento delle indennità di esproprio (con gravi rischi al consorzio per azioni di rivalsa da parte dei proprietari). Il consorzio


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lamenta inoltre il mancato rispetto di alcune norme che regolano il rapporto concessionario.
Preoccupazione principale del consorzio è poi che impianto e costi siano stati notevolmente sovradimensionati, che l'impianto non abbia una sua reale funzionalità e utilità, e che in definitiva i cittadini rischino di doversi accollare i costi di una sorta di «cattedrale nel deserto». Peraltro la convenzione non dà al consorzio stesso concreti strumenti, se non una lunga, faticosa e poco ottimistica opera di contrattazione, per migliorare l'efficacia dei risultati dell'impianto;
c2) l'impianto di discarica di prima categoria di Cambiano.
Il progetto elaborato dall'INSER e approvato dal consorzio è stato autorizzato dalla regione Piemonte nel novembre 1994. Il volume lordo della discarica è di 400.000 mc., mentre il volume netto è di 328.000 mc..
Sul sito prescelto esiste la vecchia discarica comunale di Cambiano, dal fondo non impermeabilizzato, per la quale nell'ambito del progetto è previsto il trasferimento dei rifiuti presenti, qualora compatibili, nella discarica consortile oppure a discariche per rifiuti speciali o tossici.
Il costo approvato delle opere necessarie in progetto, compresi i macchinari indispensabili per la gestione, la bonifica della vecchia discarica e gli espropri, è pari a oltre 11 miliardi di lire, compresi gli oneri di concessione.
La discarica è entrata in funzione, limitatamente alla prima vasca, il 25 novembre 1996. Per lo smaltimento dei rifiuti il consorzio paga una tariffa provvisoria di lire 90/Kg, soggetta in questo momento a una travagliata procedura di lodo arbitrale.
Dopo una complessa trattativa, la vigente convenzione è stata parzialmente rivisitata. Caratteristiche principali della nuova convenzione:
si limita la concessione ai soli due siti attualmente autorizzati, con durata di 25 anni a partire dalla data della convenzione;
finanziamento a totale carico dell'INSER;
possibilità di subappalto nel rispetto delle leggi e su espressa autorizzazione del concedente;
se l'INSER non è in grado di far fronte agli impegni finanziari entro un anno dalla data della nuova convenzione, questa si intende decaduta e ogni controversia tra le parti è demandata a un lodo arbitrale;
si stabiliscono una serie di fattispecie per l'automatica risoluzione della concessione;
d) i problemi derivanti dal rapporto di concessione.
Il consorzio chierese avverte disagi nel rapporto concessivo che sembra affidare al privato, oltre la gestione, decisioni e scelte di competenza dell'amministrazione. In particolar modo «soffre» per i contenuti della convenzione, che sembrano penalizzanti e disequilibrati, a tutto vantaggio del concessionario, che si trova a godere senza meriti particolari di una rendita di posizione monopolistica. Il consorzio «soffre», inoltre, per la doppia veste di concedente e di socio (in una spa) di minoranza (quindi senza sostanziali poteri, se non sul controllo di gestione) della concessionaria. Questa posizione, secondo il consorzio, lo rende continuamente condizionabile, ricattabile e, in definitiva, senza possibilità di autonoma iniziativa.
I rappresentanti del consorzio hanno inoltre segnalato che:
il consiglio di amministrazione dell'INSER spa ha deliberato un prestito dal socio Servizi Ecologici spa al tasso del 14 per cento. Su tale comportamento i rappresentanti del consorzio hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Torino;
esistono timori e preoccupazioni sulla chiarezza dei bilanci e sulla regolarità della gestione dell'INSER spa;
è in corso un difficile lodo arbitrale sulla determinazione della tariffa di smaltimento degli RSU in discarica, attualmente fissata provvisoriamente in lire 90/Kg.


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La richiesta di tariffa da parte dell'INSER spa in sede di lodo arbitrale è stata di lire 493/kg. Recentemente il consorzio ha intentato presso il tribunale di Torino un procedimento di ricusazione nei confronti dell'arbitro di designazione INSER spa, ingegner Melidoro, avendo appurato che risultava socio in società in cui comparivano anche soci e amministratori della INSER spa e della Servizi Ecologici spa, nonché essendo il progettista e il direttore dei lavori di una serie di discariche costruite e gestite dalla Servizi Ecologici spa. Si è in attesa della sentenza;
gli espropri per gli impianti di Cambiano e, soprattutto, di Fontaneto non sono ancora stati pagati ai proprietari nonostante le continue diffide;
la vicenda della «bonifica» della vecchia discarica non impermeabilizzata di Cambiano. Sul sito prescelto, come già detto in precedenza, esiste la vecchia discarica comunale di Cambiano, per la quale è previsto il trasferimento dei rifiuti presenti, qualora compatibili, nella discarica consortile oppure a discariche per rifiuti speciali o tossici. Il trasferimento di questi vecchi rifiuti è necessario per la realizzazione della seconda vasca di discarica. Sia il consorzio che la INSER spa hanno posto un quesito al Ministero delle finanze al fine di conoscere se lo spostamento di tali rifiuti dalla vecchia discarica alla nuova è soggetto alla tassa regionale che si applica all'atto del conferimento dei rifiuti in discarica. Il Ministero delle finanze ha dato risposte diverse, essendo stati posti due quesiti sullo stesso argomento, ma tra loro differenti. Tale contenzioso è per ora terminato, ma il prolungarsi dei tempi di avvio dei lavori di spostamento ha provocato una diffida al consorzio da parte della giunta provinciale di Torino. Comunque i tempi di trasloco, dovuti a motivi vari, si sono ulteriormente dilatati e non si è ancora pervenuti al termine dell'operazione. Per questo motivo la seconda vasca non è stata ancora completata e collaudata, e il consorzio rischia a breve, così permanendo lo stato dei fatti, di andare in emergenza. È ancora in atto un contenzioso poiché l'INSER spa, a seguito di analisi fatte da propri tecnici, sostiene che una parte dei rifiuti da trasferire non possono essere collocati, per le loro caratteristiche, nella nuova discarica; il consorzio sta verificando e farà eseguire delle proprie controanalisi, anche per valutare i comportamenti dell'INSER spa in merito.
Tra i problemi di funzionamento degli impianti sono emersi:
mancato collettamento delle acque bianche meteoriche perimetrali, che determina danni in occasione di forti precipitazioni ai campi vicini e alla vicina sede ferroviaria (con gravi rischi per la sicurezza della stessa);
realizzazione di un bypass tra pozzetto di monitoraggio sottotelo e pozzetto raccolta liquami; una sorta di terrapieno scoperto dai tecnici del consorzio da cui poteva fuoriuscire percolato in occasione di abbondanti precipitazioni;
errato posizionamento del pozzetto di monitoraggio sottotelo, allagabile in occasioni di forti precipitazioni;
mancato funzionamento della centralina meteorologica e dei segnalatori di carico nelle vasche di accumulo del percolato.
Ultimo fatto segnalato dal consorzio, nel marzo scorso, è l'attivazione, da parte della concessionaria, dell'impianto di trattamento di Fontaneto, senza l'autorizzazione del consorzio, che non ha ritenuto valida la documentazione di collaudo presentata. Senza alcuna comunicazione al consorzio e agli altri enti di controllo, sempre secondo il consorzio, la INSER spa avrebbe accolto e «trattato» rifiuti probabilmente di origine industriale e di questi ne avrebbe infine smaltiti 13,5 tonn. presso la discarica di Cambiano, senza avere anche qui l'autorizzazione del consorzio e senza che i mezzi utilizzati per il trasporto avessero l'autorizzazione


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ad accedere alla discarica. Su questo fatto il consorzio ha sporto denuncia ai carabinieri;

e) contenzioso in corso.
A partire dal febbraio 1996 si sono succedute una serie di iniziative in sede giudiziaria e aspre polemiche, che hanno visto coinvolti tutti gli attori della vicenda. I rappresentanti della parte pubblica nel consiglio di amministrazione INSER, in sintesi, lamentano:
atteggiamenti di arroganza del socio di maggioranza privato;
dubbi sul bilancio della società e sulle capitalizzazioni di costi nello stesso;
dubbi sulla legittimità dell'aumento del capitale sociale da 2 a 5 miliardi.

Ricorsi prodotti da due ex rappresentanti della parte pubblica nel consiglio di amministrazione al tribunale di Torino sono stati accolti, con successivo reintegro nelle loro funzioni di presidente e consigliere di amministrazione, fino al 31 dicembre 1996.
Ulteriori iniziative in sede giudiziaria sono in corso o sono preannunciate dai rappresentanti della parte pubblica. Anche i rapporti tra il comune di Chieri e l'INSER spa sono tesi e sono in corso due arbitrati su aspetti della concessione dei parcheggi; il comune di Chieri si appresta ad intraprendere una causa in sede amministrativa per uscire dall'INSER spa.
In esito alle posizioni espresse dai rappresentanti del consorzio e agli accertamenti effettuati in loco dai consulenti della Commissione, sono ancora in corso approfondimenti sulla complessa questione, sicché non possono trarsi esaustive conclusioni.
Non possono tuttavia non manifestarsi preoccupazioni e perplessità sull'intera vicenda che, oltre a denunciare gravi inadeguatezze soprattutto nella fase di costituzione del rapporto di concessione, è indubbiamente contrassegnata da manchevolezze e disfunzioni in ordine al delicato compito dello smaltimento rifiuti, con i conseguenti attuali e possibili danni ambientali. In considerazione di quanto sopra, la Commissione seguirà i successivi sviluppi della questione. I fatti esposti sono stati segnalati agli organi competenti, per gli urgenti ed energici interventi che debbono essere adottati per ricondurre l'attività di smaltimento entro corrette regole di gestione.
Peraltro, l'acceso contenzioso in atto non sembra portare a soluzioni congrue sul piano dei servizi resi; all'attualità l'attività arbitrale sembra possa condurre alla sola lievitazione dei costi, che in definitiva dovranno essere sopportati dalla comunità utente.
Ancora, appare evidente che l'amministrazione, pur in presenza di un così «difficile» interlocutore, non ha tuttavia trovato, nella fase di costruzione del rapporto convenzionale, regole sufficientemente chiare e tali da consentire un trasparente svolgersi del rapporto stesso. Non può infine essere ignorata la circostanza che, al tempo della costituzione del rapporto negoziale, l'amministrazione era rappresentata da un soggetto che immediatamente dopo ha assunto organicamente incarichi direttivi nell'organizzazione del concessionario;

13) la congruità dell'azione dei pubblici poteri e le situazioni di crisi in Piemonte.
Tracciata la mappa degli impianti localizzati nella regione Piemonte ed indicati gli interventi di programmazione per le nuove localizzazioni e per la chiusura degli impianti saturi, non idonei o, comunque non regolari, può ora tentarsi una prima valutazione sulla situazione complessiva regionale, quale si evince dalla documentazione acquisita nel corso delle varie audizioni e quale è risultata dalla constatazione, in loco, di singole fattispecie.
In proposito, si deve preliminarmente dare atto che l'amministrazione regionale, al di là dei risultati effettivamente conseguiti,


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ha mostrato buona capacità programmatoria e di possedere sufficiente cultura ambientale nella gestione del problema rifiuti. Ciò è testimoniato dall'approfondita indagine compiuta sul territorio regionale e dall'individuazione dei bisogni e delle emergenze. La volontà politica regionale sembra avere effettuato scelte di assunzione di responsabilità e l'azione amministrativa sembra essere orientata nella direzione giusta. Peraltro, dalla relazione sullo stato dell'ambiente in Italia redatta dal Ministero dell'ambiente per gli anni 1993-1994, risultava che, all'epoca, la regione Piemonte deteneva il primato per lo smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi, con percentuali di smaltimento valutate intorno al 93 per cento.
Tali positive valutazioni debbono, tuttavia, essere poste a raffronto con la realtà effettivamente esistente nel territorio e con la reale capacità e volontà di porre in essere gli interventi programmati, ivi compresi gli interventi di bonifica delle non poche aree interessate da situazioni irregolari e fortemente compromesse da passate (talvolta, ancora in atto) scelte gestionali, ovvero da inspiegabili mancati controlli.
La Commissione, infatti, ha accertato nella sua azione d'inchiesta (azione che non ha certo riguardato tutte le aree interessate) la presenza di numerose fattispecie caratterizzate da gravissime irregolarità (alcune delle quali all'attenzione dell'autorità giudiziaria), che hanno prodotto gravissimi danni, talora irreversibili, al territorio ed alla popolazione regionali.
Tale, ancora, il caso di smaltimenti abusivi registrati a Beinasco ad opera di società private (società Servizi Ambientali) e di attività economiche gestite dalla criminalità organizzata sul ciclo dei rifiuti, attività accertate nel 1995 a Montarano (discarica abusiva). Analogamente sembra debbano essere registrati ritardi nella bonifica di siti contaminati da rifiuti o da aree industriali dismesse quali, ad esempio, l'area di Piossasco e quella di Ciriè, per la quale ancora non sono stati risolti i problemi connessi al finanziamento dell'intervento (390 milioni) e la cui urgenza non può considerarsi attenuata dalla realizzazione dell'attuale perimetro murario, certo non idoneo a contenere lo sversamento di rifiuti pericolosi.
Peraltro, accanto alle situazioni irregolari ed a quelle che già ora presentano compromissioni all'ambiente, si deve anche registrare che pure nella regione Piemonte esistono forti resistenze da parte delle popolazioni locali, che non gradiscono nuovi insediamenti di discariche e di impianti di smaltimento. Tali, ad esempio sono i casi del comune di Figlizzo (Torino), che ha fatto registrare fortissime tensioni con la popolazione in reazione al progetto di insediamento in loco di un impianto di smaltimento, reazione che ha impedito perfino la verifica, da parte dei tecnici regionali, dell'idoneità del sito. Nell'astigiano, poi, la regione non riesce a realizzare alcuna tipologia d'impianto, a causa delle accese contestazioni di comitati locali. Asti è, al momento, l'unica provincia che smaltisce fuori dal proprio ambito i suoi rifiuti (questi confluivano nell'impianto pubblico AMIAT di Torino, nei pressi del tratto autostradale di Caselle, fino al febbraio 1998, e da questa data vengono inviati in un impianto della provincia di Pisa).
La presenza di siffatti comportamenti, se da un lato testimonia come ancora debole sia la presenza di una coscienza ambientale responsabile nella pur civilissima popolazione piemontese, dall'altro indica anche l'insufficienza di un'idonea azione educativa da parte degli amministratori locali, che nella pur pregevole opera di programmazione sembra non abbiano tenuto nel debito conto la «variabile» consenso e l'assunzione di responsabilità da parte degli enti locali e delle forze sociali operanti nel territorio. La Commissione raccomanda di lavorare anche su tali parametri, perché la pacifica e convinta assunzione degli impianti da parte delle popolazioni consentirà, poi, un'efficace azione democratica di controllo sul funzionamento degli impianti medesimi: controllo che la Commissione


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ritiene sia indispensabile per evitare gli abusi ed i disastri ambientali registrati su tutto il territorio nazionale, ivi compreso il territorio della regione Piemonte.

14) L'imprenditoria di settore.

La Commissione ha incontrato a Torino, in rappresentanza dell'Unione industriali, il responsabile dell'area energia ed ambiente. Per ciò che concerne la sola area torinese, l'Unione raccoglie circa 2.400 imprese (il 70 per cento della forza lavoro privato della provincia) e pertanto, considerata anche la presenza delle imprese che operano nello specifico settore dei rifiuti, rappresenta un osservatorio privilegiato su tutto il complesso di attività che presiede il ciclo dei rifiuti.
L'Unione ritiene fondamentale per l'attività industriale il principio dell'«autosufficienza», sicché è indispensabile che tutto il territorio sia dotato di infrastrutture capaci di garantire lo smaltimento, a prezzi congrui, degli scarti della produzione. I servizi di natura ambientale rappresentano per l'industria un elemento di costo che non può essere trascurato. Il trattamento delle acque di scarico e lo smaltimento presentano costi elevati, che potrebbero essere abbattuti con una migliore distribuzione degli impianti nel territorio e con una gestione degli stessi più economica. A tale fine l'Unione ritiene che attualmente manchino idonee condizioni di mercato, a causa della presenza di situazioni quasi di monopolio nel ciclo dei rifiuti. L'unica discarica di tipo 2C esistente in Italia, a parte il piccolo impianto di Vasto, era quella di Collegno (oggi esaurita) e, per quanto riguarda gli impianti di combustione, vi è un vuoto rilevante. A giudizio dell'Unione industriali, infatti, alcune tipologie di rifiuti presentano elevati poteri caloriferi, che dovrebbero essere sfruttati tramite la combustione. Nella regione Piemonte la carenza di inceneritori genera una «migrazione» di rifiuti verso il nord-est del Paese (impianti ex Montedison) e verso la Francia (rifiuti pericolosi PCB). Uno dei principali smaltitori nazionali di PCB, la società Elma di Moncalieri, non provvede direttamente allo smaltimento ma li invia in Francia.
In conclusione, l'Unione industriali fa presente che l'obiettivo dell'autosufficienza con l'attuale articolazione di impianti non è raggiungibile e che tale circostanza, influendo sui costi, genera talvolta irregolarità che si risolvono in danno ambientale. Peraltro, nell'attuale legislazione, avviare un iter autorizzativo per la realizzazione di un impianto a tecnologia complessa presuppone un investimento al buio per l'elevatezza dei costi di progettazione e per i costi di acquisizione dell'area (sempre che si riescano a vincere le resistenze dei residenti locali). Soltanto una corretta integrazione tra le iniziative del settore privato e quelle pubbliche può assicurare un superamento dell'attuale fase di stallo di investimenti ed agevolare l'iter amministrativo per finanziare le opere necessarie. Un perdurare della situazione di difficoltà, considerato che le imprese non possono cessare dal produrre rifiuti, può agevolare il processo di infiltrazione di attività illecite nel ciclo dei rifiuti e spingere le imprese medesime a soluzioni al margine della legalità. In effetti, già nel Piemonte si sono registrati episodi di criminalità ambientale posti in essere da singoli operatori. Si tratta per ora, a detta dell'Unione industriali, di episodi marginali legati per lo più al conferimento di rifiuti impropri in discariche pubbliche.
La Commissione conviene sul fatto che l'integrazione di obiettivi tra autorità pubblica ed imprenditoria potrà rafforzare i controlli, rendere più trasparente l'intera attività, generare interessi imprenditoriali e restituire competitività a molte aziende attualmente costrette ad operare in regime di non piena legalità. Peraltro una corretta politica di integrazione toglierà anche l'attuale posizione di «alibi» nel dichiararsi impotenti sulla questione rifiuti. La Commissione auspica che da parte delle associazioni degli industriali


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vengano formulate concrete proposte per dare soluzione al problema, anche con un impegno reale a fare nascere un'imprenditoria di settore, tecnologicamente avanzata, e che operi nel pieno rispetto delle norme ambientali.

15) Le attività illecite.

Nel corso delle varie audizioni la Commissione è venuta a conoscenza di alcune attività connesse al ciclo dei rifiuti, che hanno dato luogo ad iniziative della magistratura penale con avvio di procedimenti, alcuni dei quali ancora in corso.
Di rilievo, per lo spaccato che offre sugli interessi coinvolti nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti, è l'indagine attualmente condotta dalla procura della Repubblica di Novara, che vede inquisito il gruppo Acqua dei fratelli Pisante, gruppo che già aveva dato luogo ad iniziative giudiziarie da parte delle procure di Milano, Monza, Catania e Savona.
Per quanto riguarda l'indagine novarese, attualmente in carico del sostituto procuratore della Repubblica Caroselli, si tratta di fatti relativi ad episodi risalenti al 1985, per i quali sono in corso accertamenti con riferimento a rifiuti prodotti in Lombardia (a Monza e comuni limitrofi) ed avviati in discariche del Piemonte, in particolare in quella di Beinasco. Il dirottamento dei carichi dei rifiuti sarebbe stato reso possibile, secondo l'ipotesi degli inquirenti, grazie ad una fittizia riqualificazione dei rifiuti consentita da una compiacente certificazione di imprese operanti in Piemonte.
Implicati nell'indagine sono amministratori e politici locali, ed imprenditori. Le attività interessate vanno dalla raccolta al compostaggio dei rifiuti ed interessano anche gli impianti di incenerimento e di depurazione delle acque. A parte ogni valutazione sull'incerto esito dell'indagine, che potrebbe essere compromesso da possibili ipotesi di prescrizione tuttora all'esame del magistrato, il procedimento di Novara è importante perché offre una significativa testimonianza della rilevanza degli interessi in gioco e dei collegamenti (che attraversano indifferentemente tutto il Paese) tra settori deviati dell'imprenditoria, della pubblica amministrazione e della politica. Infatti, tra i soggetti implicati sono anche coinvolte imprese operanti nella zona di Manfredonia, con collegamenti nella provincia di Novara (le indagini riguardano per lo più ipotesi di corruzione).
La magistratura piemontese ritiene che esistano collegamenti tra criminalità comune e criminalità organizzata nel settore dei rifiuti, tuttavia, dopo la scoperta di presenze di stampo mafioso nella discarica abusiva di Montanaro, non sono stati accertati altri fatti attribuibili ad attività di criminalità organizzata. Pur avendo il prefetto di Torino affermato che le indagini in questo particolare settore sembrano in stato di quiescenza, tuttavia la Commissione ha acquisito ulteriori elementi, che testimoniano che l'attività investigativa sulla presenza di infiltrazioni di criminalità organizzata in Piemonte è tuttora viva, come testimonia anche la relazione sullo stato della criminalità in Italia presentata dal Ministero dell'interno nel settembre 1997 (che denuncia tentativi di clan di Cosa Nostra di infiltrarsi nel settore dello smaltimento dei rifiuti pericolosi in provincia di Torino). In particolare, nel corso dell'audizione tenuta dalla Commissione il 19 febbraio 1998, il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino ed il sostituto procuratore presso la DDA di Palermo hanno confermato la sussistenza di un fitto intreccio di interessi tra imprese collegate alla criminalità organizzata operanti nel settore dei rifiuti in Sicilia ed in Piemonte, con ipotesi di traffici illeciti e di riciclaggio di denaro proveniente da reato. Lo stato delle indagini, all'attualità, non consente ulteriori precisazioni. Comunque ogni ipotesi resta collegata all'attività della discarica abusiva di Montanaro e le fattispecie di reato sulle quali stanno lavorando le magistrature piemontesi e siciliane riguardano reati ambientali (è un


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fatto notorio che l'alluvione del 1994 aveva portato in superficie bidoni contenenti rifiuti tossici) e, per la Sicilia, disastro ambientale ed avvelenamento doloso di acque. Gli ispettori ecologici incaricati dalla procura di Torino hanno accertato che nella citata discarica erano stati smaltiti, in zone diverse, rifiuti provenienti da sfridi e ritagli provenienti da lavorazione di gomma e plastiche, rifiuti solidi urbani, rifiuti da polvere di fonderia (alluminio), rifiuti di altro tipo contaminati da coloranti in pasta ed in polvere. La contestazione concernente la realizzazione della discarica abusiva si è conclusa con un decreto penale di condanna, ma, a detta del procuratore di Torino, non sembra che possa darsi seguito all'ipotesi di disastro ambientale, anche a causa delle difficoltà di inquadrare questa particolare fattispecie di reato all'interno dell'articolo 434 del codice penale.
A tale proposito, la Commissione riconferma le perplessità più volte manifestate in ordine all'adeguatezza delle misure penali esistenti in materia ambientale, sia per quanto riguarda specifiche fattispecie di reato, sia per ciò che concerne gli strumenti di indagine (ivi compresi i termini di prescrizione, che, allo stato, attesa la complessità delle indagini, appaiono incongrui a perseguire le ipotesi delittuose). Sulla delicata tematica, la Commissione, preso atto dei lavori dell'apposito gruppo di studio composto di esperti nominati dal ministro dell'ambiente e dell'autonoma elaborazione condotta al proprio interno, rinnova il suo impegno a sollecitare, nei tempi più brevi, le condizioni per l'inserimento nel sistema penale di nuove fattispecie di reato ambientale ed idonei strumenti di indagine, anche per quanto riguarda l'articolazione e la competenza di organi investigativi specializzati in materia ambientale. Sul punto la Commissione fa rinvio alle conclusioni dell'apposito gruppo di lavoro, che ha formulato proposte inviate ai Presidenti delle Camere e delle Commissioni parlamentari competenti nel mese di marzo 1998.

16) Gli organi investigativi.

La Commissione, dopo avere esaminato gli atti dei procedimenti penali e dopo avere ascoltato i rappresentanti dell'autorità giudiziaria, è giunta alla conclusione che solo l'attività di corpi specializzati assicura avvii ed approfondimenti di indagine che consentono di pervenire a risultati utili. Attualmente, presso la procura di Torino è stato istituito un nucleo di polizia giudiziaria specializzato, costituito da sei unità, alle dipendenze di alcuni sostituti procuratori. Tale nucleo opera a stretto contatto con alcuni ispettori ecologici di quella provincia e si avvale della collaborazione del Corpo forestale dello Stato e del nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri (NOE). Parimenti, nelle altre provincie la magistratura inquirente si sta progressivamente dotando di corpi investigativi esperti in materia ambientale. In particolare, appare opportuno fare affidamento nel Corpo forestale dello Stato, il quale - pur attraversando una delicata fase organizzativa, alla ricerca di un giusto contemperamento nelle articolazioni territoriali delle esigenze di coordinamento e di autonomia dei singoli reparti - allo stato attuale sembra possedere le competenze necessarie e la cultura di indagine ambientale per rispondere alle problematiche nascenti dalle complesse e nuove tematiche. La Commissione ritiene inoltre che debbano essere valutati con grande prudenza alcuni orientamenti delle regioni, che vorrebbero porre il Corpo forestale dello Stato al servizio delle singole realtà regionali. Sembra che in tal caso potrebbe andare perduto quel patrimonio di esperienza investigativa sviluppato in questi ultimi tempi dal Corpo, di cui la magistratura si è avvalsa con positivi risultati.
A tale proposito, si ritiene di riproporre al Parlamento ed al Governo un'ulteriore riflessione sulla necessità di creare efficaci momenti di collegamento tra le varie forze di polizia giudiziaria investiti di competenza in materia di reati ambientali. La presenza di organismi diversi, con diverse articolazioni territoriali e con


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culture di indagine diverse, se da un lato può rappresentare un arricchimento delle possibilità di indagine, dall'altro spesso si risolve in un intreccio di interventi, che finisce per indebolire le possibilità di immediata reazione all'aggressione all'ambiente.
Sul punto occorre anche registrare un crescente interesse per il lavoro sul territorio che viene capillarmente svolto dalle polizie municipali, che in Piemonte stanno acquisendo una cultura di indagine ambientale che può produrre positivi risultati, sia in tema penale che per i profili di carattere amministrativo. Un raccordo ed una corretta utilizzazione di tali organi, raccordati con l'ARPA e le procure territoriali, può rappresentare quell'auspicata azione preventiva che, sola, garantisce l'integrità dell'ambiente».

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta sarà pubblicato in un fascicolo a parte.