Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 233 del 3/12/2002
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(Costituzione di un partito musulmano in Italia - n. 3-01040)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, senatore D'Alì, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Polledri n. 3-01040 (vedi l'allegato A - Interpellanza ed interrogazioni sezione 5).

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interrogazione in esame si chiedono notizie sulla presunta instaurazione di un diritto islamico in Italia, promossa da un sedicente partito islamico italiano. A questo proposito, debbo premettere che, allo stato, non sussistono iniziative promosse dal signor Adel Smith finalizzate alla costituzione di un partito musulmano in Italia. Inoltre, l'unione musulmani italiani, di cui il predetto sarebbe presidente, non figura neanche nelle più recenti pubblicazioni che descrivono le realtà religiose presenti in Italia.
In merito alle questioni di principio che osterebbero alla costituzione di un presunto partito islamico in Italia, si ricorda che l'articolo 49 della Costituzione subordina la libertà di costituzione dei partiti politici al rispetto dei principi di democrazia. Quanto alla libertà religiosa, essa è pienamente garantita nel nostro paese dall'articolo 8 della Costituzione, con il limite del rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano. Appare, dunque, difficilmente prevedibile l'introduzione in Italia di un diritto islamico, in


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quanto esso sarebbe basato su un regime teocratico ispirato alla legge islamica detta sharia, i cui principi cardine sono altresì in netto contrasto con quelli di uguaglianza ai quali si ispirano la Costituzione italiana e la Convenzione dei diritti dell'uomo.
Come ricordato dagli onorevoli interroganti, la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha respinto il ricorso presentato dal partito estremista turco Refah avverso la decisione della locale Corte costituzionale di scioglimento del partito medesimo. Sostiene la Corte europea che quel partito turco avrebbe avuto la volontà di instaurare un sistema multigiuridico basato sulla appartenenza religiosa degli individui. Tale sistema è stato ritenuto contrario alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in quanto pregiudicherebbe il ruolo dello Stato quale garante dei diritti e delle libertà fondamentali e violerebbe il principio di non discriminazione, presupposto essenziale di ogni società democratica.
Gli accadimenti dell'11 settembre ci hanno insegnato molto, soprattutto ci hanno indicato la strada del futuro, basata sull'eliminazione delle barriere politiche, sulla reciproca collaborazione tra Stato e comunità, sullo spirito di tolleranza e di comprensione che deve presiedere alle relazioni internazionali. Compito precipuo dello Stato è tradurre in principi politici, giuridici ed amministrativi queste convenzioni di libertà e democrazia, ammettendo nel suo sistema soltanto quei movimenti di opinione che a tali principi fanno riferimento.
Quanto alla manifestazione di Milano del 26 maggio scorso cui gli onorevoli interroganti fanno riferimento, la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Milano ha comunicato che l'adesione è stata alquanto scarsa, nell'ordine delle 50 persone, e che le deliberazioni in essa assunte sono state ampiamente criticate anche da importanti esponenti della comunità islamica in Italia. Non si hanno elementi di riscontro neppure in merito alla pubblicizzata adesione di 5 mila iscritti al presunto partito islamico.
A seguito della manifestazione di Milano, tuttavia, un consigliere regionale lombardo appartenente ad Alleanza nazionale ha avviato una raccolta di firme per una petizione diretta al Presidente della Repubblica ed al Parlamento con la quale, fra l'altro, si chiede un provvedimento che vieti a qualsiasi associazione islamica che non prenda le distanze dal fanatismo, dalla violenza e dalla «guerra santa» di chiedere il riconoscimento dell'8 per mille e di costituirsi in partito politico.

PRESIDENTE. L'onorevole Polledri ha facoltà di replicare.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signor rappresentante del Governo, a nome del gruppo che rappresento mi dichiaro soddisfatto, non solo per l'inconsistenza, al momento attuale, del problema e forse per il carattere estemporaneo delle dichiarazioni della presunta costituzione di un partito islamico, ma anche per l'attenzione che una società democratica ed un Parlamento devono prestare per fermare fin dall'inizio lo sviluppo di germi di intolleranza che possano portare ad una società violenta nel futuro.
La preoccupazione che si stabilisca una forma di espansionismo islamico nel nostro paese è concreta. Basta leggere le dichiarazioni programmatiche dei «fratelli musulmani» (la dichiarazione islamica presentata nell'ex Iugoslavia qualche anno orsono); alcuni passaggi sono estremamente preoccupanti: è inesistente il principio di un Governo laico poiché lo Stato deve rappresentare e sostenere i principi della religione (questo troviamo scritto). La prima e la più importante delle istanze è l'impossibilità di collegare l'islam ad altri sistemi non islamici. Non esiste possibilità di pace e coesistenza tra la religione islamica e le istituzioni sociali e politiche non islamiche. Si deve stabilire - cito sempre la dichiarazione islamica - una regola generale; il movimento islamico deve e può prendere il potere quando raggiunge condizioni naturali e numeriche tali, non solo da distruggere l'attuale potere


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non islamico, ma da costruire il nuovo potere islamico.
Credo sia presente nella nostra memoria il rischio che abbiamo corso con l'accesso al potere di Hitler. La democrazia della Repubblica di Weimar rese possibile l'accesso al potere di Hitler. Nessuno credette alla sua promessa di sterminare gli ebrei quando dichiarò che li considerava la fonte di tutti i mali. Questo parallelismo non è del sottoscritto ma lo ha evidenziato un uomo algerino, Rachid Mimouni, autore del testo Dentro l'integralismo del 1990. Egli afferma che i metodi di azione dei partiti islamici, non solo in Algeria, ci consentono di stabilire paralleli inquietanti con il movimento fascista italiano ed il nazismo tedesco. Crediamo che lo spirito di tolleranza di cui giustamente il sottosegretario ha parlato e che ha intriso la nostra Costituzione ed il nostro sistema democratico non possa essere l'alibi per lo stabilirsi di movimenti che si rifanno all'intolleranza. Il principio di accoglienza non può essere utilizzato da chi intende sfruttarlo per imporre regole che discriminano la donna, la famiglia e che impongono modi di vivere antidemocratici che non fanno parte del nostro tessuto culturale e sociale.
Pertanto, rivolgiamo al Governo l'invito a salvaguardare il seme della tolleranza, ma anche a mantenere alta la guardia affinché un partito islamico, che già è stato condannato dalla Corte europea, non trovi spazio per radicarsi e stabilirsi definitivamente neanche in Italia.

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