Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2019 - I Sezione Interventi
Riferimenti: AC N.1334/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 58/Sezione I
Data: 07/11/2018
Organi della Camera: V Bilancio

 

 

LEGGE DI BILANCIO 2019

 

Schede di lettura

A.C. 1334

 

 

Sezione I – Interventi

 

7 novembre 2018

 

 

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Dossier n. 78 Sezione I

 

 

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Progetti di legge n. 58 Sezione I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

PARTE I – SEZIONE I: MISURE QUANTITATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI. 9

TITOLO I – RISULTATI DIFFERENZIALI. 9

Articolo 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato). 9

TITOLO II – MISURE PER LA CRESCITA.. 12

Capo I – Riduzione della pressione fiscale. 12

Articolo 2 (Sterilizzazione clausole di salvaguardia IVA e accise). 12

Articolo 3 (Sterilizzazione aumento accise carburanti). 15

Articolo 4 (Estensione del regime forfetario). 16

Articolo 5 (Imposta sostitutiva per lezioni private e ripetizioni). 20

Articolo 6 (Imposta sostitutiva per imprenditori individuali ed esercenti arti e professioni)  22

Articolo 7 (Disciplina del riporto delle perdite per i soggetti Irpef). 26

Articolo 8 (Tassazione agevolata utili reinvestiti in beni materiali strumentali e incremento dell’occupazione). 30

Articolo 9 (Cedolare secca sugli immobili commerciali). 35

Articolo 10 (Proroga e rimodulazione dell’ iperammortamento). 37

Articolo 11 (Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili). 43

Articolo 12 (Proroga detrazioni sistemazione a verde). 47

Articolo 13 (Modifiche al credito d’imposta per ricerca e sviluppo). 49

Articolo 14 (Canone RAI). 55

Capo II - Misure per lo sviluppo e gli investimenti 57

Articolo 15 (Fondo investimenti Amministrazioni centrali). 57

Articolo 16, commi 1-3 (Fondo investimenti Enti Territoriali). 61

Articolo 16, comma 4 (Ambiti territoriali delle centrali di committenza). 65

Articolo 17 (Centrale per la progettazione delle opere pubbliche). 67

Articolo 18 (InvestItalia). 71

Articolo 19, comma 1 (Rifinanziamento della “Nuova Sabatini”). 74

Articolo 19, comma 2 (Potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy)  77

Articolo 19, comma 3 (Strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa)  80

Articolo 19, comma 4 (Fondo per contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell’Importante Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI) sulla microelettronica)  83

Articolo 19, commi 5 e 6 (Rifinanziamento del Fondo crescita sostenibile per le aree di crisi industriale). 84

Articolo 19, commi dal 7 al 15 (Investimenti in capitale di rischio). 89

Articolo 19, commi 16-19 (Chiusura del Fondo rotativo fuori bilancio “Fondo Start Up”)  92

Articolo 19, comma 20 (Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things)  94

Articolo 19, commi 21-23 (Voucher Manager). 97

Capo III - Decontribuzione per il sud. 99

Articolo 20 (Proroga dell'incentivo all'occupazione nel Mezzogiorno). 99

TITOLO III – MISURE PER IL LAVORO, L'INCLUSIONE SOCIALE, LA PREVIDENZA E IL RISPARMIO.. 100

Capo I – Misure per il lavoro, il contrasto alla povertà, l'accesso alla pensione  100

Articolo 21 (Reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza). 100

Articoli 22 e 26 (Apprendistato e alternanza scuola-lavoro). 106

Articolo 23 (Piani di recupero occupazionale). 108

Articolo 24 (Politiche attive del lavoro ). 110

Articolo 25 (Fondo nazionale per le politiche migratorie). 112

Articolo 27 (Investimenti qualificati). 113

Articolo 28, commi 1-3 (Assunzioni nella pubblica amministrazione). 115

Articolo 28, comma 4 (Assunzione di personale amministrativo presso il Ministero della giustizia). 117

Articolo 28, comma 5 (Assunzioni Ministero Interno). 119

Articolo 28, comma 6 (Assunzioni presso il Ministero dell’ambiente). 120

Articolo 28, comma 7 (Assunzione di personale presso l’Avvocatura dello Stato)  123

Articolo 28, commi 8 e 9 (Assunzioni nella magistratura amministrativa). 125

Articolo 28, commi 10-12 (Assunzioni di personale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostrada). 126

Articolo 28, comma 13 (Personale della carriera diplomatica). 128

Articolo 28, comma 14 (Assunzioni presso il MIBAC). 129

Articolo 28, comma 15 (Scorrimento delle graduatorie di concorso presso il MIBAC)  131

Articolo 28, comma 16 (Obbligo di comunicazione). 133

Articolo 29 (Assunzioni di magistrati ordinari). 134

Articolo 30 (Assunzioni straordinarie nelle Forze di Polizia). 137

Articolo 31 (Assunzioni straordinarie nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco)  143

Articolo 32 (Accesso di 1000 ricercatori nelle università e chiamata diretta di ricercatori negli enti pubblici di ricerca). 145

Articolo 33 (INAIL). 148

Articolo 34 (Pubblico impiego: risorse per la contrattazione collettiva nazionale e per i miglioramenti economici). 150

Articolo 35 (Assunzioni presso l'Ispettorato nazionale del lavoro e sanzioni in materia di lavoro)  155

Articolo 36 (Riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate). 158

Capo II – Politiche giovanili 163

Articolo 37 (Fondo per le politiche giovanili). 163

Capo III – Misure a tutela dei risparmiatori 164

Articolo 38 (Fondo per il ristoro dei risparmiatori). 164

TITOLO IV – MISURE DI SETTORE.. 170

Articolo 39 (Risorse per riduzione tempi di attesa prestazioni sanitarie). 170

Articolo 40 (Fabbisogno sanitario nazionale standard 2019-2021). 172

Articolo 41 (Contratti di formazione specialistica). 179

Articolo 42 (Programmi di edilizia sanitaria). 181

Articolo 43 (Servizi penitenziari minorili). 182

Articolo 44 (Verifica dell’assegnazione degli stanziamenti ordinari in conto capitale su base territoriale). 184

Articolo 45 (Modifiche alla misura “Resto al Sud”). 187

Articolo 46 (Risanamento fondazioni lirico-sinfoniche). 190

Articolo 47 (Sport bonus). 192

Articolo 48, commi 1-4 (Riassetto del CONI). 195

Articolo 48, commi 5 e 6 (Ripartizione dei diritti audiovisivi del Campionato italiano di calcio)  199

Articolo 48, commi 7 e 8 (Ulteriori disposizioni in materia di sport). 202

Articolo 49, commi 1-3 (Interventi per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali)  204

Articolo 49, comma 4 (Xylella fastidiosa). 207

Articolo 50 (Bonus occupazionale per giovani eccellenze). 209

Articolo 51 (Modifiche al Testo unico sulle società a partecipazione pubblica)  211

Articolo 52 (Equipe formative per innovazione didattica e digitale). 214

Articolo 53 (Incremento delle dotazioni organiche dei licei musicali). 216

Articolo 54 (Rapporto di lavoro del personale ex co.co.co. presso le istituzioni scolastiche)  218

Articolo 55 (Fondo per l’attuazione del programma di Governo). 220

TITOLO V – POLITICHE INVARIATE.. 221

Articolo 56, comma 1 (Servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole)  221

Articolo 56, comma 2 (Fondo contenzioso enti locali). 223

TITOLO VI – MISURE DI RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA   224

Articolo 57, comma 1 (Soppressione dell’incremento di fondi disposto con il decreto n. 119 del 2018)  224

Articolo 57, commi 2 e 3 (Misure di razionalizzazione della spesa per la gestione  dei centri per l’immigrazione). 226

Articolo 57, commi 4 e 5 (Consip). 229

Articolo 57, commi 6-9 (Soppressione delle riduzioni tariffarie e dei contributi per le imprese editrici e radiotelevisive). 230

Articolo 57, comma 10 (Corrispettivo in favore di Consip). 234

Articolo 57, comma 11 (Oneri in capo alle società emittenti). 235

Articolo 57, comma 12 (Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia)  236

Articolo 57, comma 13 (Riduzione dei versamenti alla CSEA). 237

Articolo 57, comma 14 (Fondo efficienza giustizia (riqualificazioni)). 239

Articolo 57, comma 15 (Riduzione del contributo alle Nazioni Unite). 241

Articolo 57, comma 16 (Misure di razionalizzazione della spesa pubblica). 245

Articolo 57, comma 17 (Acquisizione all’erario di somme non utilizzate dalle scuole e dal MIUR)  247

Articolo 57, commi 18-21 (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento)  249

Articolo 57, comma 22 (Abrogazione del "Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta"). 251

Articolo 58 (Revisione del sistema di reclutamento dei docenti nella scuola secondaria e titolarità di tutti i docenti sulla singola scuola). 253

Articolo 59, commi 1 e 2 (Riduzioni e riprogrammazione di spese della Difesa)  266

Articolo 59, commi 3-5 (Terra dei fuochi). 270

Articolo 59, comma 6 (Indennità giornaliera settore pesca per periodi di fermo non obbligatorio). 274

Articolo 59, comma 7 (Card cultura per i diciottenni). 275

Articolo 59, comma 8 (Disposizioni inerenti gli istituti del Mibac dotati di autonomia speciale)  277

Articolo 59, comma 9 (Fruizione crediti d’imposta). 279

TITOLO VII – REGIONI ED ENTI LOCALI. 282

Articolo 60 (Semplificazione delle regole di finanza pubblica). 282

Articolo 61 (Misure per il rilancio degli investimenti e concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario). 288

Articolo 62 (Compensazione dei crediti e dei debiti delle regioni e delle province autonome in materia di tassa automobilistica). 297

Articolo 63 (Rapporti finanziari con le autonomie speciali). 299

Articolo 64 (Contributi alle province per la manutenzione di strade e scuole)  304

Articolo 65 (Utilizzo del risultato di amministrazione per gli enti in disavanzo)  307

Articolo 66 (Semplificazione adempimenti contabili degli enti locali). 309

Articolo 67 (Fondo pluriennale vincolato per i lavori pubblici). 311

Articolo 68 (Programma straordinario per le periferie urbane). 313

Articolo 69 (Gestione commissariale per il debito pregresso di Roma Capitale)  318

Articoli 70 e 71 (Disposizioni per il finanziamento degli investimenti regionali)  325

Articolo 72 (Tavolo di lavoro in materia di autonomia di entrata delle Regioni)  329

Articolo 73 (Piano di riequilibrio finanziario pluriennale). 332

Articolo 74 (Rinegoziazione del debito degli enti locali relativo ai prestiti gestiti da Cassa depositi e prestiti S.p.a. per conto del MEF). 334

Articolo 75 (Riduzione dei costi della politica nelle regioni a statuto speciale, ordinario e nelle province autonome). 336

Articolo 76 (Fondo aree di confine). 342

Articolo 77 (Fondo nazionale della montagna). 344

Articolo 78 (Fabbisogno finanziario delle università). 345

TITOLO VIII – ESIGENZE EMERGENZIALI. 349

Articolo 79, commi 1 e 2 (Esenzione IMU e proroga sospensione mutui su immobili inagibili sisma 2012). 349

Articolo 79, comma 3 (Proroga stato di emergenza sisma Centro Italia). 351

Articolo 79, comma 4 (Proroga gestione straordinaria sisma Centro Italia). 352

Articolo 79, comma 5 (Rifinanziamento delle misure di sostegno dell'autotrasporto)  354

Articolo 79, comma 6 (Zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova)  355

Articolo 79, commi 7 e 8 (Finanziamento del piano di investimenti straordinario del porto di Genova). 357

TITOLO IX – DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENTRATE.. 359

Capo I – Disposizioni in materia di entrate tributarie. 359

Articolo 80 (Prelievo erariale unico sugli apparecchi da divertimento - PREU)  359

Articolo 81 (Proroga della rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni). 361

Articolo 82 (Abrogazione IRI). 362

Articolo 83 (Differimento della deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti)  364

Articolo 84 (Rideterminazione dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni)  365

Articolo 85 (Deducibilità delle perdite su crediti in sede di prima applicazione dell’IFRS 9)  366

Articolo 86 (Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati). 368

Articolo 87 (Deducibilità delle quote di ammortamento del valore dell’avviamento e di altri beni immateriali). 371

Articolo 88 (Soppressione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE). 373

Capo II – Ulteriori disposizioni in materia di entrate. 374

Articolo 89 (Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G). 374

TITOLO X – FONDI. 376

Articolo 90, comma 1 (Tabelle A e B). 376

Articolo 90, comma 2 (Incremento Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione). 385

PARTE II – SEZIONE II: APPROVAZIONE DEGLI STATI DI PREVISIONE   386

Articoli 91-107 (Approvazione degli stati di previsione e dei quadri generali riassuntivi del bilancio dello Stato). 386

Articolo 108 (Entrata in vigore). 387

 

 


PARTE I – SEZIONE I: MISURE QUANTITATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI

TITOLO I – RISULTATI DIFFERENZIALI

Articolo 1
(Risultati differenziali del bilancio dello Stato)

 

 

L'articolo 1 fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa.

 

Il comma 1 fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e, per il saldo netto da finanziare, anche in termini di cassa.

Secondo quanto disposto dall’articolo 21, comma 1-ter, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, tali livelli sono indicati nell'allegato n. 1 annesso al disegno di legge, e sono determinati in coerenza con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

Si fa presente che, diversamente da quanto desumibile dall'articolato, in realtà l'allegato 1 reca per il ricorso al mercato anche i livelli massimi in termini di cassa.

Si fa presente che alle regolazioni contabili e debitorie pregresse, incluse nel valore del saldo, viene data separata evidenza (ai sensi del comma 12-quater dell’articolo 21 della legge n. 196) nel prospetto di raccordo tra il bilancio dello Stato e il conto della P.A. contenuto nella nota tecnico-illustrativa (che al momento di predisposizione del presente dossier non risulta ancora presentata dal Governo).

 

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

 

 

 

                                                                                           (importi in milioni di euro)

 

2019

2020

2021

Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza

-68.179

-55.343

-43.895

Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di cassa

-146.309

-109.319

-94.488

Livello massimo del ricorso al mercato in termini di competenza

299.687

284.252

288.730

Livello massimo del ricorso al mercato in termini di cassa

377.818

338.228

339.323

Si rammenta che il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Quanto al ricorso al mercato, questo rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che si prevede effettuare nell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali: tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

Come espone la tabella, il valore del saldo netto da finanziare di cassa è consistentemente superiore a quello di competenza. Tale circostanza, riscontrabile di norma in sede di bilancio previsionale, deriva dalla diversa composizione dei due livelli, in quanto il saldo di competenza fa riferimento alla differenza tra entrate finali e spese finali di competenza – vale a dire impegni ed accertamenti – mentre le componenti del saldo di cassa vengono quantificate tenendo conto delle relative masse acquisibili (incassi) e spendibili (pagamenti): nella cassa, in altri termini, unitamente agli stanziamenti di competenza si valuta anche l’ammontare dei residui attivi e, soprattutto, passivi. Il maggior livello del saldo di cassa determina un analogo differenziale sul risultato del ricorso al mercato in termini di cassa rispetto a quello di competenza, atteso che il ricorso al mercato corrisponde alla somma del saldo netto da finanziare e del rimborso dei prestiti.

 

Come si evince dall’Allegato 1 all’articolo in esame, gli importi del saldo netto da finanziare sono leggermente inferiori ai livelli programmatici di tale saldo indicati nella Nota di aggiornamento, - come poi previsti nelle risoluzioni parlamentari di approvazione della Nota medesima - nella quale gli stessi, riferiti per il 2019 ad un livello di indebitamento netto del 2,4 per cento di Pil, risultavano cifrati, in termini di competenza, in 68,5 miliardi nel 2019 e poi in 56,5 e 45,5 miliardi per il 2020 ed il 2021.

Un livello leggermente inferiore è riscontrabile anche per il limite massimo del saldo netto da finanziare in termini di cassa, rispetto a quanto previsto nelle risoluzioni approvate sulla Nadef 2018, che fissavano i valori massimi in 147 miliardi per il 2019, 110,5 miliardi per il 2020 e 96 miliardi per il 2021.

Tutti i valori riportati nella tabella corrispondono a quanto risultante dal disegno di legge di bilancio in esame per il triennio considerato, nel quale gli importi iscritti nel bilancio “integrato” per ciascun anno sono egualmente costruiti ricomprendendovi i risultati derivanti dalla manovra di bilancio e dal decreto fiscale n.119 del 2018.


 

TITOLO II – MISURE PER LA CRESCITA

Capo I – Riduzione della pressione fiscale

Articolo 2
(Sterilizzazione clausole di salvaguardia IVA e accise)

 

 

L’articolo 2 prevede la sterilizzazione degli aumenti delle aliquote IVA (cd. clausole di salvaguardia) per l’anno 2019 e una riduzione degli aumenti per gli anni successivi.

Si prevede inoltre una parziale sterilizzazione dell’aumento delle accise sia per l’anno 2019 sia, in misura minore, per gli anni successivi.

 

L’impegno a disattivare le clausole di salvaguardia per l’anno 2019 era stato assunto dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF.

 

In relazione alle aliquote IVA, occorre preliminarmente ricordare che a decorrere dal 1° ottobre 2013 l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento. L’ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte: un’aliquota al 10 per cento e una al 5 per cento, quest’ultima istituita con la legge di stabilità 2016 (commi 960-963). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota super–ridotta al 4 per cento, applicabile a condizione che l’aliquota sia in vigore al 1° gennaio 1991 e che essa risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 110, direttiva IVA).

 

Si ricorda che i commi 718 e 719 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto una clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018. I predetti aumenti IVA erano in origine previsti a partire dall’anno 2016.

La legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017 hanno rinviato la decorrenza degli aumenti IVA, rispettivamente, al 2017 ed al 2018 e ridotto gli aumenti dell’accisa a 350 milioni di euro. La legge di stabilità 2016 ha inoltre disattivato la precedente clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità 2014, volta a introdurre variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cd. tax expenditures) tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017.

Successivamente, l’articolo 9 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha rimodulato gli aumenti di imposta previsti, posticipandoli in parte agli anni successivi, mentre la legge di bilancio 2018 ha completato la sterilizzazione degli aumenti IVA per l’anno 2018 e delle accise per l’anno 2019, già parzialmente avviata con il decreto-legge n. 148 del 2017, rimodulando per il 2019 gli aumenti IVA, mentre sono rimasti invariati gli aumenti IVA e accise per gli anni successivi.

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia introdotti dalla legge di bilancio 2018

 

2018

2019

2020

2021

Aliquota Iva 10% al 13%

0

(11,5%)

3.478,5

(13%)

6.957

(13%)

6.957

Aliquota Iva 22% al 25 %

0

(25,4%)

8.993,4

(24,9%)

11.855

(25%)

12.263,80

Incremento

accise

0

0

350

350

TOTALE CLAUSOLE

0

12.471,9

19.162

19.570,80

 

L’articolo 2, comma 1, in commento elimina per l’anno 2019:

§  l’aumento di 1,5 punti percentuali dell’aliquota IVA ridotta al 10%;

§  l’aumento di 2,2 punti percentuali dell’aliquota IVA ordinaria, che rimane quindi fissata al 22%.

 

Per gli anni successivi:

§  è ridotto di 1,5 punti percentuali il previsto aumento di 3 punti percentuali dell’IVA al 10%, che passa quindi all’11,5% a decorrere dal 2020, con un aumento complessivo, a regime, di 1,5 punti percentuali (anziché 3) rispetto all’aliquota vigente;

§  è ridotto di 0,8 punti percentuali l’aumento dell’aliquota ordinaria per il 2020 (passando quindi dal 22 al 24,1% anziché al 24,9%, come previsto dalla legge di bilancio 2018) e di 0,5 punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2021 (passando al 24,5 anziché al 25%, come previsto dalla legge di bilancio 2018), con un aumento complessivo, a regime, di 2,5 punti percentuali (anziché 3) rispetto all’aliquota vigente.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo si segnala che la norma in commento interviene direttamente sulla Tabella A, Parte III, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, (decreto IVA), che contiene le aliquote IVA; viceversa gli aumenti introdotti dalle leggi di stabilità e di bilancio sopra illustrate sono contenuti all’articolo 1, comma 718, lettere a) e b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015, come modificata nel tempo, che la norma in commento non modifica.

Occorrerebbe pertanto coordinare le norme citate.

 

Il comma 2 riduce l’aumento delle accise su benzina e gasolio da 350 a 140 milioni di euro per l’anno 2020 e da 350 a 300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021 (a tal fine modificando l’articolo 1, comma 718, lettera c), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015).

 

Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, ai fini del calcolo della nuova clausola di salvaguardia, diversamente da quanto effettuato per le sterilizzazioni precedenti, gli incrementi delle aliquote dell’IVA sono parametrati non ai valori storici utilizzati alla base dei calcoli nelle diverse clausole succedutesi nel tempo ma vengono calcolati sulla base degli ultimi dati del gettito IVA disponibili. Questi dati mostrano un valore di circa 2,9 miliardi di euro per un punto percentuale dell’aliquota ridotta IVA del 10% e di circa 4,37 miliardi di euro per un punto percentuale dell’aliquota ordinaria.

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia introdotti dall’articolo 2 in commento

 

2019

2020

2021

Aliquota Iva 10%

sterilizzazione per il 2019

+ 1,5 punti percentuali dal 2020

0

(11,5%)

4.345

(11,5%)

4.345

Aliquota Iva 22%

sterilizzazione per il 2019

+ 2,1 punti percentuali nel 2020

+ 2,5 punti percentuali dal 2021

0

(24,1%)

9.177

(24,5%)

10.925

Accise carburanti

 

0

140

300

TOTALE CLAUSOLE

12.471,9

13.662

15.570

 

Si determinano quindi minori effetti finanziari pari a 12.471,90 milioni di euro per il 2019, 5.500 milioni per il 2020 e 4.000,80 milioni a decorrere dal 2021.


 

Articolo 3
(Sterilizzazione aumento accise carburanti)

 

 

L’articolo 3 elimina l’aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché sul gasolio usato come carburante, previsto a copertura delle agevolazioni introdotte con l’ACE.

 

Si ricorda che l’articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, per incentivare la capitalizzazione delle imprese italiane, ha introdotto il cd. Aiuto alla crescita economica – ACE, che consente alle imprese di dedurre dal reddito imponibile la componente derivante dal rendimento nozionale di nuovo capitale proprio. L'articolo 19 del decreto-legge n. 91 del 2014 ha disposto una maggiorazione del 40 per cento dell'ACE per le società ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati. Il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 7) ha rideterminato, abbassandole, le aliquote ACE, già modificate dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 549-553, della legge n. 232 del 2016). Da ultimo, l’articolo 88 del provvedimento in esame abroga l’agevolazione, che continua ad applicarsi relativamente all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.

 

Il comma 3 del predetto articolo 19 – qui abrogato - prevedeva che agli oneri derivanti dalla citata maggiorazione dell’ACE si provvedesse, a decorrere dal 1° gennaio 2019, mediante aumento, disposto con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, (di cui all'allegato I del TU accise, d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021.

Gli oneri per gli anni 2015-2018 erano invece coperti mediante riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.


 

Articolo 4
(Estensione del regime forfetario)

 

 

L’articolo 4 estende il regime forfettario, imposta sostitutiva unica con aliquota del 15 per cento, introdotto dalla legge di stabilità 2015, ai contribuenti che hanno conseguito nell’anno precedente ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un massimo di 65.000 euro e ne semplifica le condizioni di accesso.

 

Il comma 1, lettera a), dell’articolo in esame modifica, sostituendoli, i commi 54 e 55 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015 che aveva istituito per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni un nuovo regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva di quelle dovute con l'aliquota del 15 per cento.

Tale regime costituisce il regime naturale per chi possiede i requisiti, in quanto i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non sono tenuti ad esercitare un’opzione, comunicazione preventiva o successiva, per l’ingresso nel regime.

 

Per una ricognizione completa della disciplina del regime forfettario si rinvia al focus Il regime forfetario agevolato del Portale della documentazione, nonché alla circolare dell’Agenzia delle entrate 10/E del 4 aprile 2016.

In tema di fatturazione elettronica, si ricorda, inoltre, che la stessa legge di bilancio 2018 che ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, ha previsto alcuni esoneri, tra i quali i soggetti che applicano il regime forfettario.

 

Le modifiche introdotte al comma 54 elevano, in primo luogo, a 65.000 euro il limite dei ricavi conseguiti o compensi percepiti nell'anno precedente per accedere al regime forfettario, disciplinato dai commi da 55 a 89 della legge di stabilità 2015. Tale soglia di accesso è valida per tutti i contribuenti interessati e sostituisce i precedenti valori soglia dei ricavi/compensi percepiti - fissati tra 25.000 e 50.000 euro – differenziati sulla base del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (riportati nell’Allegato 4 della legge di stabilità 2015).

Si ricorda che ai fini dell’accesso al regime forfettario l’attuale comma 54 della legge di stabilità 2015, qui modificato, prevede che i contribuenti interessati applicano il regime forfetario se, nell'anno precedente, hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori ai limiti indicati nell'allegato n. 4 annesso alla presente legge, diversi a seconda del codice ATECO che contraddistingue l'attività esercitata.

 

Sono eliminati gli ulteriori requisiti, oltre a quello del conseguimento annuale di ricavi non superiori a 65.000 euro, necessari per l’accesso al regime forfettario come stabilito nella normativa vigente.

L’attuale comma 54, lettere b) e c), ora sostituito dalla norma in commento, dispone che per accedere al regime forfettario è necessario che si siano sostenute spese complessivamente non superiori a 5.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, anche assunti per l’esecuzione di specifici progetti, nonché che il costo complessivo dei beni strumentali, assunto al lordo degli ammortamenti, non abbia superato, alla data di chiusura dell’esercizio, i 20.000 euro.

 

È conseguentemente modificato il comma 56 in tema di dichiarazione di inizio attività (comma 1, lettera b) dell’articolo in commento).

 

Il nuovo comma 55, lettera a), stabilisce che, ai fini della verifica della sussistenza del requisito per l’accesso al regime forfettario non rilevano gli ulteriori componenti positivi indicati nelle dichiarazioni fiscali, adeguando il riferimento agli indici sintetici di affidabilità fiscale, che hanno sostituito gli studi di settore.

Si ricorda che, in base a quanto disposto dal comma 9 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, per i periodi d'imposta per i quali trovano applicazione gli indici sintetici di affidabilità fiscale, i contribuenti interessati possono indicare nelle dichiarazioni fiscali ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili, rilevanti per la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, per migliorare il proprio profilo di affidabilità nonché per accedere al regime premiale.

 

Non viene modificata la disposizione, contenuta al comma 55, lettera b), che, nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, stabilisce di assumere, sempre ai fini della verifica della sussistenza del requisito per l’accesso al regime, la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

 

Il nuovo comma 57, come modificato dal comma 1, lettera c), dell’articolo in esame, prevede che non possono avvalersi del regime forfetario gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a imprese familiari. Tali soggetti si aggiungono a quelli, già esclusi dal regime forfetario sulla base delle norme vigenti, che partecipano a società di persone, ad associazioni ovvero a società a responsabilità limitata o ad associazioni in partecipazione (nuova lettera d) del comma 57).

Ai sensi della nuova lettera d-bis), non possono altresì avvalersi del regime i soggetti che esercitano l’attività prevalentemente nei confronti anche di uno dei datori di lavoro dei due anni precedenti o, in ogni caso, nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili, oltre quelli, già previsti dalla norma vigente, che hanno percepito redditi di lavoro dipendente o redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, indipendentemente dal compenso percepito; è quindi espunto il vigente tetto di 30.000 euro oltre il quale opera l’esclusione.

 

Le modifiche al comma 71 sono volte a chiarire che il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall'anno successivo a quello in cui viene meno il requisito dei 65.000 euro (comma 1, lettera e)).

 

Il comma 1, lettera f), coerentemente con quanto disposto dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 193 del 2016, che reca l'abolizione degli studi di settore, in sostituzione dei quali sono introdotti gli indici sintetici di affidabilità fiscale, sopprime il primo periodo del comma 73 della legge di stabilità 2015 che disponeva la non applicabilità degli studi di settore e dei parametri ai contribuenti che si avvalgono del regime forfetario.

A tale proposito si ricorda che il decreto 23 marzo 2018 del Ministero dell’economia e delle finanze ha escluso i soggetti che si avvalgono del regime forfetario agevolato tra le categorie di contribuenti alle quali non si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale.

 

Anche la lettera g) del comma 1 è volta a inserire una modifica di coordinamento formale: il regime forfetario cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno il requisito dei 65.000 euro.

 

Le modifiche introdotte dalle lettere h) e i) sono volte a introdurre analoghe modifiche di coordinamento formale con riguardo al regime contributivo agevolato di cui ai commi 77 e seguenti, cui si applicano il requisito e condizioni già illustrate per il regime forfetario.

 

La lettera j) modifica il comma 87 della legge di stabilità 2015, prevedendo un termine più lungo, un quinquennio al posto di un triennio, entro il quale i soggetti che nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono di altri regimi fiscali agevolati possono applicare il regime forfettario previsto per le nuove iniziative economiche.

Il comma 87 richiamato stabilisce che i soggetti che nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono del regime fiscale agevolato per il trattamento degli avanzi di gestione di consorzi o del regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità possono applicare, laddove in possesso dei requisiti previsti dalla legge, il regime di cui al comma 65 per i soli periodi d'imposta che residuano al completamento del triennio agevolato.

Si ricorda, a tal proposito, che il comma 65 richiamato stabilisce una specifica disciplina di vantaggio per coloro che iniziano una nuova attività: in tal caso l'aliquota è del 5 per cento e può essere utilizzata per cinque anni.

 

Il nuovo allegato n. 4, introdotto dal comma 2 dell’articolo in esame, che sostituisce il precedente allegato annesso alla legge di stabilità 2015, tenendo conto delle modifiche illustrate, non prevede l’indicazione dei valori soglia dei ricavi e compensi,

Si rammenta che l’attuale allegato indica soglie di ricavi diverse a seconda del tipo di attività esercitata. Tali soglie a seguito delle modifiche disposte dalla legge di stabilità 2016, variano da 25.000 a 50.000 euro.

 

PROGRESSIVO

GRUPPO DI SETTORE

CODICI ATTIVITA' ATECO 2007

COEFFICIENTE DI REDDITIVITA’

 

1

Industrie alimentari e delle bevande

(10 - 11)

40%

 

2

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

45 - (da 46.2 a 46.9) - (da 47.1 a 47.7) - 47.9

40%

 

3

Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande

47.81

40%

 

4

Commercio ambulante di altri prodotti

47.82 - 47.89

54%

 

5

Costruzioni e attività immobiliari

(41 - 42 - 43) - (68)

86%

 

6

Intermediari del commercio

46.1

62%

 

7

Attività dei Servizi di alloggio e di ristorazione

(55 - 56)

40%

 

8

 

 

Attività Professionali, Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed Assicurativi

(64 - 65 - 66) - (69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75) - (85) - (86 - 87 - 88)

78%

 

 

 

 

 

9

Altre attività economiche

(01 - 02 - 03) - (05- 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33) - (35) - (36 - 37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63) - (77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82) -(84) - (90 - 91 - 92 - 93) - (94 - 95 - 96) - (97 - 98) - (99)

67%


 

Articolo 5
(Imposta sostitutiva per lezioni private e ripetizioni)

 

 

L’articolo 5 introduce un’imposta sostitutiva al 15 per cento sull’attività di lezioni private e di ripetizioni svolte da docenti titolari di cattedra nelle scuole di ogni ordine e grado.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, a partire dal 2019, alle predette attività si applica un’imposizione sostitutiva e - dunque - separata da quella ordinaria, con l’aliquota del 15 per cento. L’imposta tiene il luogo dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali. Sotto l’aspetto soggettivo, come già detto, possono usufruire dell’aliquota agevolata i docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado. Resta ferma la facoltà di optare per l'applicazione dell'imposta sul reddito nei modi ordinari.

 

Occorrerebbe chiarire se si intenda fare riferimento solo ai docenti delle istituzioni scolastiche statali o anche a quelli degli istituti paritari.

 

Dal tenore della norma sembrerebbero inoltre esclusi coloro i quali svolgono lavoro di docenti nella scuola statale senza titolarità di cattedra (coloro – per esempio – che sono inseriti nelle graduatorie di istituto). Esclusi anche i soggetti che non svolgano attività di insegnamento nelle scuole.

Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, sulla base anche dei dati riportati da uno studio della fondazione Einaudi, si stima un volume di affari complessivo legato a compensi per attività di lezioni private e ripetizioni di quasi 1 miliardo. Dallo stesso studio risulta che solo il 10% viene regolarmente dichiarato.

 

Il comma 2 stabilisce che i dipendenti pubblici devono comunicare all’amministrazione d’appartenenza l’esercizio dell’attività ai fini della verifica di eventuali incompatibilità.

 

Si segnala che l’art. 508 del TU in materia di istruzione (d.lgs. n. 297 del 1994) vieta al personale docente di impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto. Il personale docente, ove svolga lezioni private, è tenuto ad informare il dirigente scolastico, al quale deve altresì comunicare il nome degli studenti e la loro provenienza. Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo richiedano, il dirigente scolastico può vietare lo svolgimento di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto. Nessuno studente può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le prove di esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto.

 

Ai sensi del medesimo comma, resta ferma l’applicazione delle disposizioni in materia di incompatibilità e cumulo di impieghi e incarichi prevista dall’articolo 53 del TU sul pubblico impiego (decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).

Si ricorda che l’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 disciplina la materia delle incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi secondo cui, in generale, i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato non possono intrattenere altri rapporti di lavoro dipendente o autonomo o esercitare attività imprenditoriali.

I dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono svolgere incarichi retribuiti conferiti da altri soggetti, pubblici o privati, solo se autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, che fissa criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, in base ai quali rilasciare l’autorizzazione.

 

L’imposta sostitutiva è versata entro i termini stabiliti per l’IRPEF, alla cui disciplina si rinvia per gli aspetti di liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso (comma 3). Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni sono stabilite le modalità attuative (comma 4).

 


 

Articolo 6
(Imposta sostitutiva per imprenditori individuali
ed esercenti arti e professioni)

 

 

L’articolo 6 introduce un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, con aliquota al 20 per cento, per gli imprenditori individuali, gli artisti e i professionisti con ricavi fino a 100.000 euro che non ricadono nel regime forfettario.

 

Il comma 1 dell’articolo 6 in particolare consente, dal 1° gennaio 2020, alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che nell’anno precedente conseguono ricavi o compensi compresi tra 65.001 e 100.000 euro, ragguagliati ad anno, di applicare al reddito d’impresa o di lavoro autonomo, determinato con le modalità ordinarie, un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito, delle addizionali regionali e comunali IRPEF e dell’IRAP dell’imposta regionale sulle attività produttive con aliquota al 20 per cento.

 

Al riguardo la relazione illustrativa al DDL precisa che tale imposta sostitutiva, pari al 20 per cento, può essere applicata in luogo della tassazione progressiva per scaglioni e, dunque, è un regime opzionale; essa si applica inoltre al reddito determinato secondo le vigenti disposizioni in materia di determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo. La relazione chiarisce inoltre che, stante la modalità di determinazione ordinaria del reddito imponibile, si applica il regime fiscale delle perdite disposto dall’articolo 8 del Tuir (per cui si veda l’articolo 7 del DDL in esame). Inoltre gli adempimenti contabili e fiscali sono quelli ordinariamente previsti dalla vigente normativa per gli esercenti arti e professioni, nonché per le persone fisiche che esercitano attività d’impresa operanti in contabilità semplificata o ordinaria (per opzione).

 

Dal momento che la norma configura un regime opzionale, sembrerebbe opportuno precisare – anche rinviando a un provvedimento secondario – le modalità di esercizio della relativa scelta.

Come anticipato in premessa, l’imposta sostitutiva al 20 per cento trova applicazione, dal 2020, ai soggetti che non rientrano nel regime forfettario “esteso”, come risultante dalle modifiche dell’articolo 4 del DDL in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia).

 

Il comma 2 individua le modalità di computo delle soglie di reddito che danno diritto all’applicazione dell’imposta sostitutiva.

 

In particolare, per individuare tali soglie:

a)   non rilevano gli ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili, che i contribuenti possono indicare nelle dichiarazioni fiscali per i periodi d'imposta in cui trovano applicazione gli indici sintetici di affidabilità fiscale, per migliorare il proprio profilo di affidabilità e accedere all’apposito regime premiale (ai sensi dell’articolo 9-bis, comma 9 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50).

Rinviando alla documentazione web per ulteriori approfondimenti, nonché alle schede predisposte dall’Agenzia delle Entrate, in questa sede si ricorda sinteticamente che agli indici sintetici di affidabilità fiscale - ISA, istituiti dal decreto-legge n. 50 del 2017 ed applicabili dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018, sono correlati specifici benefìci, in relazione ai diversi livelli di affidabilità dei contribuenti. L’introduzione degli ISA ha previsto al contempo la progressiva eliminazione degli effetti derivanti dall'applicazione dei parametri e degli studi di settore;

b)  ove il contribuente eserciti contemporaneamente differenti attività, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle attività esercitate.

 

Il comma 3 disciplina le esclusioni, prevedendo che non possono applicare l’imposta sostitutiva:

a)   le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfetari di determinazione del reddito;

b)  i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto;

c)   i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato e di terreni edificabili (che, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 8), del D.P.R. IVA, n. 633 del 1972, sono operazioni esenti da IVA) o di mezzi di trasporto nuovi (di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto-legge n. 331 del 1993). Sulla base della normativa vigente, se tali soggetti non operano nell’esercizio di impresa, arti o professioni ed effettuano le cessioni nei confronti di soggetti residenti in altri Stati membri, ai primi spetta il rimborso dell'imposta compresa nel prezzo di acquisto o assolta o pagata per la loro acquisizione o importazione;

d)  gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, ad associazioni o imprese familiari (di cui all’articolo 5 del citato TUIR), a srl o ad associazioni in partecipazione;

e)   i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati (articoli 49 e 50 del Testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 917 del 1986) e che esercitano attività d’impresa, arti o professioni prevalentemente nei confronti anche di uno dei datori di lavoro dei due anni precedenti o, in ogni caso, nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili.

 

Ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, il comma 4 prescrive che i ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d'acconto da parte del sostituto d'imposta. A tale fine, spetta ai contribuenti rilasciare apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva.

 

Il comma 5 dispone che i soggetti che applicano l’imposta sostitutiva non debbano effettuare le ritenute alla fonte obbligatorie per legge (di cui al titolo III del D.P.R. n. 600 del 1973 sull’accertamento), ma sono obbligati, nella dichiarazione dei redditi, a indicare il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all'atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l'ammontare dei redditi stessi.

 

Il comma 6 dispone che l’applicazione dell’imposta sostitutiva alle persone fisiche:

§  esonera dall’applicazione dell’IVA e dai relativi adempimenti, analogamente a quanto previsto per gli aderenti al regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), per cui si veda l’articolo 4 del disegno di legge in esame;

§  mantiene tuttavia fermo l’obbligo di fatturazione elettronica previsto dal decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 127. Con riferimento alla fatturazione elettronica – obbligatoria nei rapporti tra privati dal 1° gennaio 2019 – si rinvia alla relativa documentazione web.

 

Si rammenta in questa sede che il Consiglio UE ha autorizzato l’Italia a rinnovare fino al 31 dicembre 2019 le esenzioni IVA previste dal citato regime forfettario (disciplinato dalla legge di stabilità 2015 e modificato dal provvedimento in parola) con la decisione di esecuzione n. 2016/1988/UE. In tal modo ha risposto alla richiesta di autorizzazione avanzata dall’Italia per continuare a prevedere, in deroga all’articolo 285 della direttiva n. 2006/112/CE sul sistema comune dell’IVA, l’esenzione da IVA per i contribuenti in regime forfettario.

Già con la decisione n. 2008/737/CE, l'Italia era stata autorizzata, come misura di deroga, a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari annuo non supera 30.000 euro fino al 31 dicembre 2010. La misura di deroga era stata quindi prorogata, dapprima fino al 31 dicembre 2013, successivamente - con la decisione n. 2013/678/UE - fino al 31 dicembre 2016; contestualmente, la decisione del 2013 ha aumentato fino a un volume di affari annuo di 65.000 euro la soglia massima di esenzione autorizzata.

Dal momento che le norme in esame dispongono (comma 5) l’esenzione da IVA in favore dei lavoratori autonomi e degli imprenditori individuali che optano per l’imposta sostitutiva al 20 per cento, si valuti l’opportunità di subordinare l’applicazione della predetta esenzione al rilascio di apposita autorizzazione da parte del Consiglio UE ai sensi dell’articolo 285 della direttiva 2006/112/CE, in considerazione del fatto che la predetta esenzione IVA si applicherebbe a soggetti con un volume di affari superiore a quello attualmente autorizzato dalla decisione di esecuzione n. 2016/1988/UE, nonché per un arco temporale (a decorrere dal 2020) non contemplato dalla medesima decisione. Anche la relazione tecnica che accompagna il DDL in esame fa riferimento alla necessità di ottenere la previa deroga comunitaria per l’esenzione IVA.


 

Articolo 7
(Disciplina del riporto delle perdite per i soggetti Irpef)

 

 

L’articolo 7 introduce il riporto illimitato delle perdite per tutti i soggetti IRPEF, a prescindere dal regime contabile adottato; le perdite sono rese riportabili agli esercizi successivi, nel limite dell’ottanta per cento dei redditi conseguiti in tali esercizi, per l’intero importo che vi trova capienza.

 

Si ricorda che, ai sensi delle norme vigenti, per i soggetti IRPEF che sono lavoratori autonomi (soggetti esercenti arti e professioni) e imprese minori in contabilità semplificata si applica, ai fini delle imposte sui redditi, la compensazione orizzontale delle perdite: in sostanza, le perdite possono essere utilizzate per compensare i redditi eventualmente prodotti dal contribuente nello stesso periodo di imposta. L’eventuale eccedenza è perduta.

Il vigente articolo 8, comma 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) stabilisce infatti che, per i predetti soggetti, il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti:

§  dall’esercizio di imprese commerciali minori (di cui all’articolo 66 TUIR, ossia dei soggetti che operano in contabilità semplificata);

§  dall’esercizio di arti e professioni.

Per i soggetti IRPEF in contabilità ordinaria (articolo 8, comma 3, TUIR), in presenza di perdite di esercizio, tali componenti possono essere compensati con gli eventuali altri redditi d’impresa o partecipazione conseguiti dal medesimo contribuente. Ove non esistano o non soccorrano altri imponibili d’impresa nell’anno di competenza, il TUIR riconosce la possibilità di riportare la perdita fiscale residua nei successivi periodi d’imposta, ma non oltre il quinto (comma 3 del richiamato articolo 8, secondo periodo), escludendo esplicitamente da tale regola le perdite delle imprese minori determinate a norma dell'articolo 66 TUIR (comma 3, terzo periodo del richiamato articolo 8).

 

Con una prima modifica, l’articolo 7 in esame (comma 1, lettera a), n. 1) espunge dall’articolo 8, comma 1, che disciplina il regime delle perdite a fini IRPEF, il riferimento alle imprese cd. minori, ovvero le imprese in contabilità semplificata, di cui all’articolo 66 TUIR. Dunque la disciplina della “compensazione orizzontale” delle perdite ivi contenuta opera per i soli soggetti IRPEF lavoratori autonomi (professionisti ed artisti).

Inoltre con le modifiche al comma 1 dell’articolo 8 TUIR le imprese in contabilità semplificata di cui all’articolo 66 del TUIR possono scomputare le perdite esclusivamente dai redditi d’impresa e, dunque, non dagli altri redditi (di categoria diversa) che concorrono alla formazione del reddito complessivo; tale possibilità rimane riservata ai lavoratori autonomi.

Inoltre (comma 1, lettera a), n. 2, che incide sull’articolo 8, comma 3 del TUIR, sostituendo con un unico periodo i vigenti periodi secondo e terzo) si stabilisce che:

§  le imprese minori sono incluse nel novero dei soggetti che possono riportare le perdite negli esercizi successivi;

§  è contestualmente modificata la disciplina delle perdite per i soggetti IRPEF in contabilità ordinaria (imprenditori individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice), eliminando il limite quinquennale alla riportabilità delle perdite e introducendo invece un limite quantitativo: le perdite ottenute nell’esercizio d’impresa sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nei periodi d'imposta e, per la differenza, nei successivi, nella misura dell’ottanta per cento dei redditi conseguiti in detti periodi d'imposta, per l'intero importo che trova capienza in essi.

 

In tal modo il legislatore sembra operare un avvicinamento del regime fiscale delle perdite IRPEF con quanto già stabilito, in linea generale, per i soggetti IRES: nei confronti di questi ultimi (articolo 84, comma 1 TUIR), la perdita di un periodo d'imposta può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare.

Si ricorda che per i soggetti IRES sono previste ulteriori, specifiche regole per i primi tre periodi di attività di impresa (articolo 84, comma 2), nonché alcune disposizioni antielusive (che, come si vedrà in seguito, sono contenute all’articolo 84, comma 3, TUIR).

 

La relazione illustrativa specifica che le modifiche intendono superare alcuni problemi emersi per le imprese in contabilità semplificata che applicano il nuovo regime di cassa.

I soggetti in contabilità semplificata, nel primo anno di applicazione del nuovo principio di cassa (articolo 1, comma 18 della legge n. 232/2016) devono ridurre il reddito del periodo di imposta in cui si applica il regime semplificato sottraendo l’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, secondo il principio della competenza. Nel caso in cui tali imprese, per effetto della deduzione dell’intero importo del magazzino presente alla fine dell’anno precedente, dovessero eventualmente trovarsi in perdita nel 2017, ai sensi dell’articolo 8 del TUIR nella versione vigente, possono sottrarre le perdite dagli altri redditi eventualmente posseduti, ma senza riportare l’eventuale eccedenza negli anni successivi.

Con le modifiche introdotte si prevede la possibilità, per le imprese in contabilità semplificata (nonché per gli altri soggetti Irpef che svolgono attività d’impresa) di riportare le perdite nei periodi d’imposta successivi senza limiti temporali, ma in misura non superiore al 80 per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi.

 

La lettera b) del comma 1 modifica le regole di computo delle perdite nel reddito d’impresa (articolo 56 TUIR, comma 2).

Le norme vigenti consentono di scomputare le perdite derivanti dal reddito d’impresa dal reddito complessivo dell’imprenditore, e, dunque, di utilizzarle anche a scomputo di componenti reddituali diverse dal reddito d’impresa (ad es. redditi fondiari o da lavoro autonomo).

Le modifiche in commento eliminano il riferimento al reddito complessivo, rendendo le perdite conseguite nell’esercizio dell’impresa compensabili solo con i relativi redditi d’impresa.

 

Con la lettera c) del comma 1 (che incide sull’articolo 101, comma 6 TUIR) viene modificato il regime di utilizzabilità delle perdite attribuite per trasparenza dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice.

Ai sensi delle norme vigenti, tali perdite sono utilizzabili solo in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza nei successivi cinque periodi d'imposta dalla stessa società che ha generato le perdite; con le modifiche in esame si elimina il limite temporale dei cinque anni relativo alla riportabilità di dette perdite.

 

La lettera d) effettua le seguenti modifiche:

1)  novella, con finalità di coordinamento, l’articolo 116, comma 2 del TUIR, relativo al regime delle perdite per le società a ristretta base proprietaria; scopo della norma è rinviare all’articolo 8, comma 3 TUIR come modificato dalla lettera a) del comma in esame.

Si ricorda che sono società “a ristretta base proprietaria” le srl il cui volume di ricavi non superi le soglie previste per l'applicazione degli studi di settore (oggi indici sintetici di affidabilità fiscale) e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10, o a 20 nel caso di società cooperativa; esse possono optare per l’applicazione della trasparenza fiscale (il reddito prodotto viene determinato in capo alla società e imputato ai soci indipendentemente dall’effettiva percezione e in proporzione alla percentuale di partecipazione agli utili);

2)   aggiunge alla fine del comma 2-bis due periodi, al fine di applicare alle società a ristretta base proprietaria le norme che disincentivano il commercio delle cd. “bare fiscali” (contenute al comma 3 dell’articolo 84 TUIR) e per consentire, ai soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile, di riportare le perdite per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti (articolo 84, comma 1, secondo periodo TUIR).

Il richiamato comma 3 dell’articolo 84 contiene una norma antielusione, che limita il commercio di società con ingenti perdite (cd. “bare fiscali”). In sintesi, viene vietato il riporto delle perdite fiscali pregresse, laddove la maggioranza delle azioni o quote della società titolare delle perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo, e inoltre risulti modificata, in uno spazio temporale limitato, l’attività principale effettivamente esercitata dalla medesima società nei periodi di formazione delle perdite. Il divieto non opera se l’impresa che riporta le perdite soddisfa taluni indici (di carattere contabile ed extra-contabile) ritenuti sintomatici della sua persistente vitalità economica.

Il legislatore, per alcune società, prevede l’esenzione – totale o parziale – da imposta dell’utile di esercizio (ad es. le cooperative a mutualità prevalente), a condizione che tale utile sia destinato a specifiche finalità ritenute meritevoli (ad es. a riserve indivisibili).

 

Il comma 2 disciplina la decorrenza delle modifiche in esame, che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, dunque retroattivamente.

Il comma 3 reca una disciplina transitoria per le perdite delle imprese in contabilità semplificata. In particolare le perdite:

a)   del periodo d’imposta 2018, sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta 2019 e 2020 in misura non superiore, rispettivamente, al quaranta e al sessanta per cento dei medesimi redditi e per l’intero importo che trova capienza in essi;

b)  del periodo d’imposta 2019 sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nel periodo d’imposta 2020 in misura non superiore al sessanta per cento dei medesimi redditi e per l’intero importo che trova capienza in essi.

 

Il comma 4 reca la disciplina transitoria per le perdite del periodo d’imposta 2017, per la parte non compensata ai sensi dell’articolo 8, comma 1, TUIR nel testo previgente alle modifiche apportate dalle norme in esame.

Esse sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti:

a)   nei periodi di imposta 2018 e 2019, in misura non superiore al quaranta per cento dei medesimi redditi, per l’intero importo che trova capienza in essi;

b)  nel periodo d’imposta 2020, in misura non superiore al sessanta per cento dei medesimi redditi e per l’intero importo che trova capienza in essi.

Articolo 8
(Tassazione agevolata utili reinvestiti in beni materiali
strumentali e incremento dell’occupazione)

 

 

L’articolo 8 prevede l’applicazione di un’aliquota IRES agevolata al 15 per cento (in luogo dell’ordinaria 24 per cento) a parte del reddito delle imprese che incrementano i livelli occupazionali ed effettuano nuovi investimenti, nonché l’applicazione di tale agevolazione alle imprese soggette a IRPEF.

 

Più in dettaglio, dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2018, il comma 1 assoggetta ad aliquota agevolata al 15 per cento (aliquota IRES del 24 per cento ridotta di nove punti) una parte di reddito complessivo netto dei soggetti IRES, per la parte corrispondente agli utili del periodo d’imposta precedente, conseguiti nell’esercizio di attività commerciali e accantonati a riserve diverse da quelle non disponibili, entro specifici limiti di importo.

L’importo massimo assoggettabile ad aliquota ridotta è al massimo pari alla somma tra:

a)   investimenti in beni strumentali materiali nuovi (ai sensi dell’articolo 102 del TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986);

b)  costo del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato o indeterminato.

 

Il comma 2 reca le definizioni rilevanti ai fini del computo degli importi sottoposti a tassazione agevolata.

In particolare, sono “riserve di utili non disponibili” quelle formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’articolo 2433 del codice civile, in quanto derivanti da processi di valutazione.

L’articolo 2433 c.c., si ricorda, disciplina le modalità di distribuzione degli utili: in linea generale, la relativa delibera è adottata dall'assemblea che approva il bilancio. Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato.

Rilevano gli utili realizzati a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 e accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, al netto delle riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti (comma 2, lettera a)).

Il richiamato articolo 2433 stabilisce che, se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.

La lettera b) del comma 2 individua la definizione rilevante di “investimento” . Per tale si intende la realizzazione, nel territorio dello Stato, di nuovi impianti, il completamento di opere sospese, l’ampliamento, la riattivazione, l’ammodernamento di impianti esistenti e l’acquisto di beni strumentali materiali nuovi, anche mediante contratti di locazione finanziaria, destinati a strutture situate nel territorio dello Stato. Sono esclusi gli investimenti in immobili e in veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta (le cui spese sono deducibili al 70 per cento, ai sensi dell’articolo 164, comma 1, lettera b-bis), del testo unico delle imposte sui redditi.

La norma poi individua puntualmente il calcolo, per ciascun periodo d’imposta, dell’ammontare degli investimenti rilevanti.

Tale ammontare è determinato in base all’importo degli ammortamenti dei beni strumentali materiali nuovi deducibili, a norma dell’articolo 102 del TUIR.

Il richiamato articolo disciplina l’ammortamento ordinario, che si effettua mediante la deduzione delle quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l'esercizio dell'impresa, a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene. Le quote sono calcolate applicando al costo dei beni i coefficienti ordinari previsti dalle tabelle ministeriali.

La norma tuttavia chiarisce che l’ammontare degli investimenti è calcolato nei limiti dell’incremento del costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali, ad eccezione dei beni immobili e dei veicoli menzionati, assunto al lordo delle quote di ammortamento dei beni strumentali materiali nuovi dedotte nell’esercizio, rispetto al costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali, ad eccezione di immobili e veicoli, assunto al netto delle relative quote di ammortamento dedotte, del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.

 

La lettera c) definisce cosa debba intendersi per costo del personale dipendente, in ciascun periodo d’imposta. Tale costo è rilevante a condizione che:

§  il personale sia destinato, per la maggior parte del periodo d’imposta, a strutture produttive localizzate nel territorio dello Stato;

§  che si verifichi l’incremento del numero complessivo medio dei lavoratori dipendenti impiegati nell’esercizio di attività commerciali, rispetto al numero dei lavoratori dipendenti assunti al 30 settembre 2018, nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale rilevato in specifiche voci del conto economico dell’impresa, rispetto a quello del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.

Si tratta delle spese per il personale individuate dall’articolo 2425, primo comma, lettera b), numeri 9) e 14), del codice civile (relativo alle voci del conto economico): costi per il personale (salari e stipendi, oneri sociali, trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza e simili e altri costi) ed oneri diversi di gestione.

L’incremento va considerato, limitatamente al personale impiegato per la maggior parte del periodo d’imposta nelle strutture produttive localizzate nel territorio dello Stato, al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate in senso civilistico (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.) o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

Per i soggetti IRES diversi dalle società (articolo 73, comma 1, lettera c), TUIR) la base occupazionale è individuata con riferimento al personale dipendente impiegato nell’attività commerciale e il beneficio spetta solo con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività.

In caso di lavoratori impiegati anche nell’esercizio di attività istituzionale si considera, sia ai fini dell’individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della rilevazione del costo, il solo personale dipendente riferibile all’attività commerciale individuato in base al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi relativi all’attività commerciale e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Per i soggetti che assumono la qualifica di datore di lavoro a decorrere dal 1° ottobre 2018, ogni lavoratore dipendente assunto costituisce incremento della base occupazionale.

Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, il beneficio spetta limitatamente al numero dei lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita.

I datori di lavoro possono usufruire dell’aliquota ridotta solo se rispettano le prescrizioni, anche con riferimento alle unità lavorative che non danno diritto all’agevolazione, dei contratti collettivi nazionali e delle norme in materia di salute e sicurezza di lavoratori previste dalle vigenti disposizioni.

I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale si assumono nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

I soci lavoratori di società cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.

 

Il comma 3 reca le ulteriori modalità di calcolo delle somme agevolabili. Ai fini della concessione dell’agevolazione di cui al comma 1 e delle definizioni rilevanti ai sensi del comma 2, per ciascun periodo d’imposta, alternativamente:

a)   la parte degli utili accantonati a riserva e dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui al comma 1) che eccede l’ammontare del reddito complessivo netto dichiarato è computato in aumento, rispettivamente, degli utili accantonati a riserva e dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui al comma 1) dell’esercizio successivo;

b)  la parte degli utili accantonati a riserva (di cui al comma 1) che eccede l’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui allo stesso comma 1) è computato in aumento dei predetti utili accantonati a riserva dell’esercizio successivo;

c)   la parte dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale che eccede gli utili accantonati a riserva è computato in aumento dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale dell’esercizio successivo.

 

Il comma 4 reca le disposizioni valide per le società che partecipano al consolidato nazionale (di cui agli articoli da 117 a 129 del TUIR). Per tali soggetti l’importo su cui spetta l’aliquota ridotta, è utilizzato dalla società o ente controllante, ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta, fino a concorrenza del reddito eccedente le perdite computate in diminuzione.

Tali norme si applicano anche per l’importo determinato dalle società e dagli enti che esercitano l’opzione per il consolidato mondiale.

 

Gli istituti del consolidato nazionale e del consolidato mondiale prevedono, per il gruppo di imprese, la determinazione in capo alla società o ente consolidante di un reddito complessivo globale (consolidato nazionale) o di un’unica base imponibile (consolidato mondiale), su opzione facoltativa delle società partecipanti (articoli da 117 a 142 del TUIR).

Il consolidato nazionale non obbliga al consolidamento di tutto il gruppo: l’opzione può essere esercitata anche soltanto da alcune delle società del gruppo. Inoltre, l’esercizio dell’opzione va effettuato congiuntamente da ciascuna controllata e dall’ente o società controllante.

L'opzione per il consolidato mondiale consente alle società di capitale e agli enti commerciali di includere nella propria base imponibile, indipendentemente dalla distribuzione, i redditi di tutte le proprie controllate non residenti. L'imputazione dei risultati positivi e negativi avviene per la quota parte corrispondente alla percentuale di partecipazione agli utili, tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla catena societaria di controllo.

 

Il comma 5 reca le disposizioni applicabili in caso di opzione per la trasparenza fiscale (articolo 115 TUIR): in tal caso, l’importo su cui spetta l’aliquota ridotta determinato dalla società partecipata è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili. La quota attribuita non utilizzata dal socio è computata in aumento dell’importo su cui spetta l’aliquota ridotta dell’esercizio successivo determinato ai sensi delle norme in esame.

 

Le società di capitali possono scegliere di tassare il proprio reddito imputandolo direttamente ai soci per “trasparenza”, adottando, cioè, lo stesso sistema previsto per le società di persone. Il regime di trasparenza è applicabile alle società di capitali partecipate da altre società di capitali (articolo 115 TUIR) ed alle società a responsabilità limitata a ristretta base azionaria (articolo 116 TUIR).

 

Il comma 6 estende le agevolazioni in commento anche ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, al reddito d’impresa dichiarato da imprenditori individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria.

Per le imprese in regime di contabilità semplificata le disposizioni si applicano se sono integrate le scritture contabili previste per tali soggetti dall’articolo 2217, secondo comma, del codice civile: occorre redigere un con apposito prospetto, da cui devono risultare la destinazione a riserva dell’utile d’esercizio e le vicende della riserva.

L’IRPEF è determinata applicando alla quota parte del reddito complessivo attribuibile al reddito d’impresa le ordinarie aliquote, ridotte di nove punti percentuali a partire da quella più elevata.

 

Il comma 7 consente il cumulo dell’aliquota agevolata in commento con altri benefici eventualmente concessi, ad eccezione di quelli che prevedono regimi forfetari di determinazione del reddito (tra cui i cd. ex minimi di cui all’articolo 4 del provvedimento in esame).


 

Articolo 9
(Cedolare secca sugli immobili commerciali)

 

 

L’articolo 9 estende il regime agevolato della cedolare secca ai contratti stipulati nell’anno 2019 relativi a locali commerciali classificati nella categoria catastale C/1 fino a 600 mq di superficie.

 

L’articolo 9 interviene sull’ambito di applicazione dell’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che ha istituito il regime facoltativo della cedolare secca, prevedendo l’estensione della disciplina (imposta sostitutiva del 21% ovvero del 10% in presenza di locazioni a canone concordato) anche alle unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie, al netto delle pertinenze, fino a 600 mq e alle relative pertinenze locate congiuntamente.

 

La cedolare secca è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). In più, per i contratti in regime di cedolare secca non vanno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto.

La scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente. L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.

È inoltre, prevista un’aliquota ridotta per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).

Dal 2013 l'aliquota per questi contratti è pari al 15% (DL 102/2013), ridotta al 10% per il quadriennio 2014-2017. Il Dl 47/2014 ha disposto che la stessa aliquota sia applicabile anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (28 maggio 2014), lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi. Infine, con la legge di bilancio 2018 è stata prorogata di altri 2 anni (2018 e 2019) l’aliquota ridotta al 10% per i contratti a canone concordato.

 

Per una panoramica più dettagliata sul regime della cedolare secca si consiglia la lettura del paragrafo Regime fiscale delle locazioni sul Portale della documentazione, all’interno del tema “Tassazione delle persone fisiche”.

Per un’analisi degli effetti in termini di gettito e di lotta all’evasione si rinvia al volume Gli Immobili in Italia-2017 del Dipartimento delle Finanze del Mef e dell’Agenzia delle Entrate.

 

Si ricorda che per categoria catastale C/1 si intendono negozi e botteghe ovvero locali per attività commerciale per vendita o rivendita di prodotti. Pertanto, l’opzione per la cedolare secca non si applica a tutti gli immobili non abitativi, ma solo a quelli destinati ad attività commerciale di vendita o rivendita di prodotti, restando escluse, ad esempio, le locazioni di immobili ad uso uffici o studi privati (categoria A/10).

 

Come anticipato, l’agevolazione è estesa alle relative pertinenze, che sono quelle classificate nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (stalle scuderie e rimesse) e C/7 (tettoie chiuse e aperte), se congiuntamente locate.

 

Per evitare che si proceda alla risoluzione di un contratto in essere e alla contestuale sottoscrizione di altro contratto tra le stesse parti e per lo stesso bene con effetto dal 2019, il regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora al 15 ottobre 2018 risulti già in essere un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale.

 


 

Articolo 10
(Proroga e rimodulazione dell’ iperammortamento)

 

 

L’articolo 10 reca la proroga e rimodulazione del cd. iperammortamento, che consente di maggiorare il costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale: innovando la normativa vigente in materia, il beneficio viene concesso in misura differenziata secondo l’importo degli investimenti effettuati. Sono conseguentemente sterilizzati gli acconti di imposta dovuti per il 2019 e 2020, al fine di non tener conto delle norme agevolative introdotte.

 

Il comma 1 proroga il cd. iperammortamento, disposto in origine dalla legge di bilancio 2017.

Tale misura consente di maggiorare il costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale secondo il modello Industria 4.0.

 

Com’è noto, l'espressione Industria 4.0 indica un processo generato da trasformazioni tecnologiche nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione di sistemi e prodotti manifatturieri, finalizzato alla produzione industriale automatizzata e interconnessa.

L’articolo 1, comma 9 della legge di bilancio 2017 ha introdotto il beneficio dell’iperammortamento per gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico, atti a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello Industria 4.0 (inclusi nell'allegato A della stessa legge di bilancio). Il beneficio è stato prorogato dall’articolo 1, comma 30 della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) anche agli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2018 ovvero fino al 31 dicembre 2019 a specifiche condizioni.

La misura consisteva, in origine, nella maggiorazione del costo di acquisizione del 150 per cento, permettendo in sostanza di ammortizzare un valore pari al 250 per cento del costo di acquisto dei beni.

 

Viene dunque prorogata la maggiorazione del costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale secondo il modello Industria 4.0, ricompresi nell’Allegato A annesso alla legge di bilancio 2017.

Essa viene riconosciuta anche per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2019 ovvero fino al 31 dicembre 2020, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

 

Si ricorda che sulla disciplina dell’iperammortamento fiscale è intervenuto l’articolo 7 del decreto-legge n. 87 del 2018 (cd. decreto dignità) che ha subordinato l’applicazione della misura alla condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale. Tale condizione è esplicitamente richiamata nelle disposizioni in commento.

Il medesimo decreto ha previsto che si proceda al recupero dell’iperammortamento se, nel periodo di fruizione del beneficio, i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame, a differenza del passato, modula l’iperammortamento secondo gli importi degli investimenti effettuati.

 

In particolare la maggiorazione:

§  si applica nella misura del 150 per cento per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro;

§  si applica nella misura del 100 per cento per gli investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni;

§  si applica nella misura del 50 per cento per gli investimenti compresi tra 10 e 20 milioni;

§  non si applica sulla parte di investimenti eccedenti il limite di 20 milioni;

§  non si applica agli investimenti che fruiscono dell’iperammortamento 2018, ossia della maggiorazione al 150 per cento disposta dalla legge di bilancio 2018 (di cui al richiamato articolo 1, comma 30, della legge 27 dicembre 2017, n. 205).

 

Il comma 3 proroga la maggiorazione, nella misura del 40 per cento, del costo di acquisizione dei beni immateriali (software) funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0 (beni ricompresi nell’Allegato B alla citata legge n. 232 del 2016), in favore dei soggetti che usufruiscono dell’iperammortamento 2019 (di cui al comma 1), con riferimento gli investimenti effettuati nel medesimo periodo previsto dal comma 1, ovvero fino al 31 dicembre 2019 e, a certe condizioni, al 31 dicembre 2020.

 

Tale maggiorazione è stata introdotta in origine dall’articolo 1, comma 10 della legge di bilancio 2017 ed è stata prorogata dal comma 31 della legge di bilancio 2018.

Il comma 10 della legge di bilancio 2017 ha concesso ai soggetti che beneficiano dell’iperammortamento e che investono, nel periodo di riferimento, in beni immateriali strumentali (inclusi nell'allegato B della legge, ossia software funzionali a favorire una transizione verso i sopra citati processi tecnologici) la possibilità di procedere a un ammortamento di tali beni con una maggiorazione del 40 per cento.

Dunque, per quanto riguarda l’estensione del periodo di agevolazione al 31 dicembre 2020, anche per i beni immateriali devono essere soddisfatte, entro il 31 dicembre 2019, le condizioni sopra indicate: accettazione dell’ordine da parte del venditore e pagamento di acconti pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

 

Si ricorda che l’allegato B alla legge di bilancio 2017 è stato integrato dal comma 32 della legge di bilancio 2018 (cui esplicitamente si riferisce la norma in esame), al fine di includervi alcuni sistemi di gestione per l’e-commerce e specifici software e servizi digitali.

Si tratta in particolare di:

§  sistemi di gestione della supply chain finalizzata al drop shipping nell'e-commerce;

Per drop shipping si intende un modello di vendita grazie al quale il venditore vende un prodotto ad un utente finale, senza possederlo materialmente nel proprio magazzino. Il venditore, effettuata la vendita, trasmette l'ordine al fornitore, il quale spedirà il prodotto direttamente all'utente finale. In questo modo, il venditore si preoccupa esclusivamente della pubblicizzazione dei prodotti, senza le relative incombenze legate ai processi di imballaggio e spedizione che invece sono a cura del fornitore.

§  software e servizi digitali per la fruizione immersiva, interattiva e partecipativa, ricostruzioni 3D, realtà aumentata;

§  software, piattaforme e applicazioni per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio (comunicazione intra-fabbrica, fabbrica-campo con integrazione telematica dei dispositivi on-field e dei dispositivi mobili, rilevazione telematica di prestazioni e guasti dei dispositivi on-field).

 

Il comma 4, nel confermare la documentazione già richiesta dalle precedenti leggi di bilancio (dettagliata all’articolo 1, comma 11, della legge 16 dicembre 2016, n. 232) dispone che, ai fini dell’applicazione della maggiorazione del costo dei beni materiali e immateriali di cui agli allegati A e B alla legge di bilancio, l’impresa è tenuta ad acquisire una dichiarazione del legale rappresentante resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 ovvero, per i beni aventi ciascuno un costo di acquisizione superiore a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali ovvero un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, attestanti che il bene: (i) possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo nell’elenco di cui all’allegato A e/o all’allegato B, e (ii) è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. La dichiarazione del legale rappresentante, l’eventuale perizia e l’attestato di conformità devono essere acquisite dall’impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

 

Il comma 5 mantiene ferma la norma (contenuta nell’articolo 1, comma 93 della legge n. 208 del 2015, legge di stabilità 2016, e riferita in passato al cd. superammortamento) che esclude la possibilità di maggiorare l’ammortamento per i beni materiali strumentali per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5%, per gli acquisti di fabbricati e di costruzioni, nonché per gli acquisti dei beni di cui allo specifico allegato 3 alla medesima legge di stabilità 2016.

Tale allegato si riferisce in particolare a condutture, condotte, materiale rotabile e aerei. Nel citato allegato 3, con riferimento al "Materiale rotabile, ferroviario e tranviario (motrici escluse)" viene specificato che fanno eccezione i macchinari e le attrezzature, anche circolanti su rotaia, necessari all'esecuzione di lavori di manutenzione e costruzione di linee ferroviarie e tranviarie.

 

La legge di stabilità per il 2016 (art. 1, commi 91-97 della legge n. 208 del 2015) aveva introdotto un innalzamento del 40 per cento delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione di beni strumentali, a fronte di investimenti in beni materiali strumentali nuovi, nonché per quelli in veicoli utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività dell'impresa. Tale agevolazione, disposta in origine per gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016, è stata prorogata dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 8 della legge n. 232 del 2016) con riferimento alle operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2017 ovvero sino al 30 giugno 2018, a condizione che detti investimenti si riferiscano a ordini accettati dal venditore entro la data del 31 dicembre 2017 e che, entro la medesima data, sia anche avvenuto il pagamento di acconti in misura non inferiore al 20 per cento. Con particolare riferimento ai veicoli e agli altri mezzi di trasporto, il beneficio è riconosciuto a condizione che essi rivestano un utilizzo strumentale all'attività di impresa (in pratica sono esclusi gli autoveicoli a deduzione limitata). L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti con le circolari 26/E del 26 maggio 2016 e 4/E del 30 marzo 2017. Il superammortamento per gli investimenti relativi a tali beni è stato da ultimo prorogato dalla legge di bilancio 2018, in misura diversa e con alcune eccezioni rispetto agli anni precedenti: per il 2018 l’aumento del costo di acquisizione è stato pari al 30 per cento e sono stati esclusi dalla misura gli investimenti in veicoli e gli altri mezzi di trasporto. Esso non viene prorogato dalle norme in esame.

 

Il medesimo comma 5 mantiene ferme le norme in tema di investimenti sostitutivi (contenute nei commi 35 e 36 della legge di bilancio 2018).

Tali norme intendono evitare che il beneficio dell’iperammortamento interferisca, negli esercizi successivi, con le scelte di investimento più opportune che l’impresa possa aver esigenza di compiere al fine di mantenere il livello di competitività raggiunto. In particolare le richiamate norme contemplano l’ipotesi che il bene agevolato sia realizzato a titolo oneroso, (ad esempio, per la necessità di sostituire i beni agevolati con beni più performanti). In tali casi si prevede che il beneficio non venga meno per le residue quote, come determinate in origine, purché nel medesimo periodo d’imposta del realizzo l’impresa:

§  sostituisca il bene originario con un bene materiale strumentale nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A alla legge 11 dicembre 2016, n. 232;

§  attesti l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell’interconnessione, secondo le regole previste dal citato articolo 1, comma 11, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

 

Di conseguenza, la sostituzione non determina la revoca dell’agevolazione a condizione che il bene nuovo abbia caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A alla legge n. 232 del 2016 e che siano soddisfatte le condizioni documentali richieste dalla legge per l’investimento originario (dichiarazione resa dal legale rappresentante, perizia tecnica giurata o attestato di conformità).

Ove l’investimento sostitutivo sia di costo inferiore a quello del bene originario, ferme restando le altre condizioni oggettive e documentali richieste, il beneficio calcolato in origine deve essere ridotto in corrispondenza del minor costo agevolabile.

Si ricorda che sulla materia è intervenuto il cd. decreto dignità (articolo 7, comma 4 del richiamato decreto-legge n. 87 del 2018) il quale ha chiarito che, se si tratta di investimenti sostitutivi, non si applica la revoca dell’iperammortamento (di cui al comma 2 del medesimo articolo 7) ordinariamente prevista nel caso di delocalizzazione, ossia nel caso in cui i beni agevolabili sono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero.

 

Il comma 6 ridetermina gli acconti d’imposta per i soggetti che usufruiscono dell’agevolazione: il calcolo degli acconti dovuti per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e per quello successivo è effettuato considerando, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni agevolative di cui ai commi 1 e 3.


 

Articolo 11
(Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili)

 

 

L’articolo 11 dispone la proroga, per l’anno 2019, delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, la cui disciplina è contenuta, rispettivamente, negli articoli 14 e 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63.

Detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica

Il comma 1, lettera a), n.1) dell’articolo in esame proroga al 31 dicembre 2019 il termine previsto per avvalersi della detrazione d'imposta nella misura del 65% per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. ecobonus) disposta ai commi 1 e 2, lettera b), dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63.

 

Si ricorda che l’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici, come prorogata nel tempo dai provvedimenti di seguito illustrati, consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, poi elevata al 65 per cento) delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni Irpef e Ires che riguardano le spese sostenute per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§  il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§  l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§  la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione: detrazione massima 30.000 euro.

§  la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro (articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011).

Il decreto-legge n. 63 del 2013 (articolo 14) ha elevato la misura al 65 per cento anche per i condomini (parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio). La legge di stabilità per il 2015 (n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, lettera a)), ha introdotto:

§  l'acquisto e posa in opera delle schermature solari, fino a 60.000 euro;

§  l'acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a 30.000 euro.

La legge di stabilità 2016 (n. 208 del 2015, art. 1, co.74, lett. a)) ha introdotto:

§  l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative che garantiscano un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche (comma 88).

§  per gli interventi nei condomini, la possibilità per i soggetti che si trovano nella no tax area (pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi incapienti) di cedere la detrazione fiscale ai fornitori che hanno effettuato i lavori.

La legge di bilancio 2017 (n. 232 del 2016, articolo 1, comma 2) ha prorogato la detrazione per i condomini fino al 31 dicembre 2021. La misura è aumentata al 70 per cento nel caso di interventi che interessano più del 25 per cento della superficie disperdente dell'edificio e al 75 per cento in caso di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano determinati standard. Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio. Per i condomini situati in zone sismiche 1, 2 e 3 (rimane esclusa solo la zona 4). la misura della detrazione è dell’80 per cento in caso di passaggio ad una classe di rischio inferiore e dell’85 per cento in caso di passaggio di due classi di rischio. La detrazione è ripartita in dieci quote annuali e si applica su un ammontare delle spese non superiore a 136 mila euro moltiplicato per il numero di unità immobiliari del condominio (legge di bilancio 2018).

La legge di bilancio 2018, infine, ha prorogato le detrazioni illustrate al 31 dicembre 2018.

 

Il comma 1, lettera a), n.2) proroga al 31 dicembre 2019 il termine per avvalersi della detrazione al 65 per cento per l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 (a tal fine modificando il comma 2, lettera b-bis) dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

Si ricorda che per poter beneficiare della detrazione gli interventi in esame devono condurre a un risparmio di energia primaria (PES), come definito all’allegato III del D.M. 4 agosto 2011, pari almeno al 20 per cento (lettera b-bis) del comma 2 dell’articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013).

 

Infine, la lettera a), n.3) estende al 2019 la detrazione prevista al 50 per cento per le spese sostenute per l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (con una modifica al comma 2-bis, del citato articolo 14).

 

Per una più dettagliata ricognizione della legislazione vigente in materia di agevolazioni per gli interventi di efficienza energetica si rinvia alla scheda dell’articolo 1, comma 3, del dossier “Legge di bilancio 2018” del Servizio studi di Camera e Senato. Si segnala infine la guida dell’Agenzia delle entrate sulle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

La lettera b) n. 1) proroga al 31 dicembre 2019 la misura della detrazione al 50 per cento, fino ad una spesa massima di 96.000 euro, per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati dall’articolo 16-bis, comma 1, del TUIR (con una modifica all’articolo 16 del D.L.63/2013).

Si ricorda che gli interventi previsti dall’articolo 16-bis del TUIR sono:

§  interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia;

§  ricostruzione o ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi;

§  realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali;

§  eliminazione delle barriere architettoniche;

§  misure finalizzate a prevenire il compimento di atti illeciti da parte di terzi;

§  opere finalizzate alla cablatura degli edifici e al contenimento dell'inquinamento acustico;

§  opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici e all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia;

§  adozione di misure antisismiche;

§  bonifica dall'amianto e opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

 

Per una più dettagliata ricognizione della legislazione vigente in materia di agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie si rinvia alla scheda dell’articolo 1, comma 3, del dossier Legge di bilancio 2018 dei Servizi studi di Camera e Senato. Si segnala, infine, la guida dell’Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie.

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

La lettera b), n. 2) proroga al 2019 la detrazione al 50 per cento per l'acquisto di mobili e di elettrodomestici di classe non inferiore ad A+ (A per i forni), per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione (con una modifica all’articolo 16, comma 2, D.L.63/2013).

 

Si ricorda che a legislazione vigente per avere l’agevolazione è indispensabile realizzare una ristrutturazione edilizia (e usufruire della relativa detrazione), sia su singole unità immobiliari residenziali sia su parti comuni di edifici, sempre residenziali. Per gli interventi effettuati nel 2017, ovvero per quelli iniziati nel medesimo anno e proseguiti nel 2018, l’ammontare complessivo massimo di 10.000 euro deve essere calcolato al netto delle spese sostenute nell’anno 2017 per le quali si è fruito della detrazione (articolo 16, comma 2, D.L. 63/2013).

 

Per una più dettagliata ricognizione della legislazione vigente in materia di agevolazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici si rinvia alla scheda dell’articolo 1, comma 3, del dossier Legge di bilancio 2018 dei Servizi studi di Camera e Senato. Si segnala, infine, la guida dell’Agenzia delle entrate sulle Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici.


 

Articolo 12
(Proroga detrazioni sistemazione a verde)

 

 

L’articolo 12 proroga di un anno (dal 2018 a tutto il 2019) l’agevolazione fiscale inerente alla sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo. L’agevolazione riguarda l’IRPEF e consiste nella detrazione dall’imposta lorda del 36 per cento della spesa sostenuta, nei limiti di un massimo di spesa di euro 5000 annui e – pertanto – entro la somma massima detraibile di 1800 euro.

 

La misura prorogata è stata introdotta nella legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, all’articolo 1, commi da 12 a 15). La disposizione in vigore specifica che gli interventi per cui è possibile ottenere la detrazione sono:

a)   la «sistemazione a verde» di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;

b)  la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

Condizioni per la detraibilità della spesa sono che:

i)    le spese siano documentate ed effettuate con strumenti idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni;

ii)  le spese siano sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi.

Ai sensi del comma 13 della citata legge di bilancio per il 2018, la detrazione spetta anche per le spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, entro il medesimo importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo. In tale ipotesi la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che essa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Tra le spese detraibili sono comprese quelle di progettazione e manutenzione connesse all'esecuzione degli interventi ivi indicati.

La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Per gli aspetti applicativi – poi – la disposizione in esame rinvia alle norme sulla detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, di cui all’art. 16-bis, commi 5, 6 e 8 del testo unico delle imposte sui redditi (d. P. R. n. 917 del 1986), per i quali si veda la relativa scheda di lettura (articolo 11).

 

Si ricorda, infine, che l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato è disciplinata dall'articolo 12 della legge 26 luglio 2016, n. 154. È rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la regolazione delle modalità per l'effettuazione dei corsi di formazione necessari per ottenere i relativi titoli abilitativi.

 


 

Articolo 13
(Modifiche al credito d’imposta per ricerca e sviluppo)

 

 

L’articolo 13 modifica la disciplina del credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo, prevedendo l’abbassamento della quota agevolabile (salvo specifiche ipotesi) dal 50 al 25 per cento, nonché del massimo importo annualmente concedibile a ciascuna impresa da 20 a 10 milioni; si introduce un maggior dettaglio nell’individuazione delle spese agevolabili; si prevede infine l’introduzione di adempimenti documentali per la spettanza e l’utilizzabilità del credito d’imposta.

 

Si ricorda in breve che l'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, come successivamente modificato nel tempo (in particolare dalla legge di bilancio 2017, legge n. 232 del 2016, e dal decreto cd. dignità, decreto-legge n. 87 del 2018) istituisce e disciplina il credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo.

Esso si applica dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020. Destinatari dell’agevolazione sono tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato. La misura del credito d’imposta è pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti calcolati secondo specifici criteri.

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017 (commi 15 e 16 della legge n. 232 del 2016), il credito d’imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996).

Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta le spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo devono almeno ammontare a 30 mila euro, mentre l’importo massimo annuale riconosciuto a ciascun beneficiario è pari a 20 milioni di euro.

I commi 4 e 5 dell'articolo 3 elencano le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d'imposta e quelle che, invece, non possono essere considerate tali. Il comma 6 reca l’indicazione (lettere da a) a d)) delle spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta.

Il decreto dignità (articolo 8 del decreto-legge n. 87 del 2018) ha escluso dal credito d'imposta taluni costi di acquisto - anche in licenza d'uso - di beni immateriali connessi ad operazioni all’interno del gruppo societario. Si tratta di spese relative a competenze tecniche e privative industriali. La disposizione trova applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 14 luglio 2018.

 

Più in dettaglio, con una prima novella, l’articolo 13 in esame (comma 1, lettera a), che modifica l’articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 145 del 2013, interviene sulla misura del credito d’imposta per ricerca e sviluppo, che viene in linea generale abbassata dal 50 al 25 per cento dell’eccedenza agevolabile.

Resta ferma la misura del 50 per cento solo con riferimento a specifiche spese (di cui al comma 6-bis), nel caso di attività di ricerca e sviluppo organizzate internamente all’impresa, e cioè: per le spese del personale titolare di un rapporto di lavoro subordinato direttamente impiegato in tali attività di ricerca e, nel caso di attività di ricerca e sviluppo commissionate a terzi, solo per i contratti stipulati con Università, enti e organismi di ricerca nonché con startup e PMI innovative indipendenti.

 

Con la lettera b), che incide sul comma 3 del richiamato articolo 3, viene abbassato da 20 a 10 milioni di euro l’importo massimo annuo concedibile a ciascuna impresa a titolo di credito d’imposta per ricerca e sviluppo.

 

La lettera c) modifica in più parti il comma 6 dell’articolo 3, che elenca le spese agevolabili.

In particolare, sostituendo la lettera a) del comma 6 (lettera c), n. 1)) si chiarisce che le spese per il personale ammissibili al credito sono solo quelle relative a personale dipendente titolare di un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, che sia direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo (spesa agevolabile al 50 per cento); la disciplina vigente invece vi include genericamente le spese per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo.

Viene inoltre introdotta lettera a-bis) che comprende tra le spese agevolabili anche quelle per il personale titolare di rapporto di lavoro autonomo o comunque diverso dal lavoro subordinato, direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo (che, come chiarisce la relazione illustrativa, è una spesa agevolabile al 25 per cento).

 

Con le modifiche alla lettera c) del comma 6 (lettera c), n. 2)), sostituita con le due nuove lettere c) e c-bis), viene specificato l’ambito delle spese ammissibili al credito d’imposta sostenute per  contratti di ricerca.

La norma vigente ammette all’agevolazione le spese per contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative.

Per effetto delle modifiche in commento, sono ammissibili al credito d’imposta le spese relative a:

§  contratti stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati per il diretto svolgimento delle attività di attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, agevolabile al 50 per cento per effetto delle norme in esame (nuova lettera c));

§  contratti stipulati con imprese residenti rientranti nella definizione di start-up innovative e di PMI innovative, per il diretto svolgimento delle attività di attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, a condizione, in entrambi i casi, che non appartengano al medesimo gruppo dell’impresa committente. A tale scopo rileva il controllo a fini civilistici (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.), inclusi i soggetti diversi dalle società di capitali; per le persone fisiche si tiene conto anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell’imprenditore, individuati a fini fiscali (articolo 5, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986). Per la definizione di start-up innovative e PMI innovative si rinvia alla relativa documentazione web, anch’essa agevolabile al 50 per cento per effetto delle norme in esame (nuova lettera c));

§  contratti stipulati con imprese diverse da quelle indicate nella precedente lettera c) per il diretto svolgimento delle attività di attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, sempre che non appartengano al medesimo gruppo dell’impresa committente. Anche in tale caso rileva la nozione civilistica di controllo o, per le persone fisiche, la definizione fiscale; tale spesa è agevolabile al 25 per cento (nuova lettera c-bis)).

 

La lettera c), n. 3 introduce tra le spese agevolabili (lettera d-bis)) del comma 6) dell’articolo 3) quelle sostenute per materiali, forniture e altri prodotti analoghi direttamente impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo anche per la realizzazione di prototipi o impianti pilota relativi alle fasi della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale (di cui alle lettere b) e c) del comma 4).

 

La lettera d) del comma 1 introduce un nuovo comma 6-bis, che individua nuovi criteri di calcolo del beneficio, in quanto le modifiche al comma 1 dell’articolo 3, come si è visto, hanno differenziato le aliquote applicabili.

In particolare, come chiarito dalla relazione illustrativa, il nuovo criterio opera direttamente sull’eccedenza agevolabile (differenza tra l’ammontare complessivo delle spese ammissibili sostenute nel periodo agevolato e media del triennio 2012-2014), individuando la quota su cui applicare l’aliquota del 50 per cento e la restante quota su cui applicare l’aliquota del 25 per cento in ragione della diversa incidenza della varie tipologie di spese sulle spese complessive sostenute nel periodo agevolabile:

La quota del 50 per cento si applica, in particolare, sulla parte delle somme agevolabili (ovvero sulla parte dell’eccedenza di spese in ricerca e sviluppo rispetto agli esercizi di imposta passati, ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge  n. 145), proporzionalmente riferibile alle spese per il personale e per i contratti di ricerca, indicate nelle lettere a) e c) del comma 6 (come modificate dalle disposizioni in commento, vedi supra), rispetto alle spese ammissibili complessivamente sostenute nello stesso periodo d’imposta agevolabile; per la parte residua, si applica l’aliquota del 25 per cento.

 

La lettera e) del comma 1 (aggiungendo un periodo alla fine del comma 8 dell’articolo 3), chiarisce che l’utilizzabilità del credito d’imposta è subordinata all’avvenuto adempimento di specifici obblighi di certificazione previsti dalla legge (successivo comma 11, come modificato dall’articolo in commento).

Il comma 8 disciplina la rilevanza a fini fiscali del credito d’imposta; esso è utilizzabile esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi agevolabili.

 

Il nuovo comma 11 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 (come sostituito dalla lettera f) del comma 1) subordina il riconoscimento del credito d’imposta - e, in virtù delle modifiche al comma 8, l’utilizzabilità dello stesso - ad alcuni adempimenti certificativi.

 

Il vigente comma 11 reca invece la disciplina dei successivi controlli, (che per effetto delle norme in esame confluisce con sostanziali modifiche nel seguente comma 11-bis) da svolgere sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali, da allegare al bilancio. Se l’impresa non è soggetta a revisione legale dei conti ed è priva di un collegio sindacale, è comunque necessario avvalersi della certificazione di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale dei conti iscritti, quali attivi, nell’apposito registro. Il revisore legale dei conti o il professionista responsabile della revisione legale dei conti, nell'assunzione dell'incarico, osserva i princìpi di indipendenza richiesti dalla legge (ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 39 del 2010: detti principi sono elaborati da associazioni e ordini professionali congiuntamente al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Consob e adottati dal Ministero dell'economia e delle finanze sentita la Consob; non risultano ancora emanati) e, in attesa della loro emanazione, quelli previsti dal codice etico dell'International Federation of Accountants (IFAC). Le spese sostenute per l'attività di certificazione contabile da parte delle imprese di cui al terzo periodo sono ammissibili entro il limite massimo di euro 5.000. Le imprese con bilancio certificato sono esenti dagli obblighi previsti dal presente comma.

Con le modifiche in commento, come anticipato, il credito d’imposta è riconosciuto ed utilizzabile solo previa documentazione dell’effettivo sostenimento delle spese ammissibili, nonché del fatto che le spese corrispondono alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.

Le predette circostanze devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti; per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, l’apposita certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti (iscritti nella sezione A del registro dei revisori legali, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 39 del 2010,: si tratta degli iscritti che al momento dell’istituzione del registro svolgono attività di revisione legale o che collaborano a un'attività di revisione legale in una società di revisione legale, o che hanno svolto le predette attività nei tre anni precedenti). Nell’assunzione di tale incarico, il revisore legale dei conti o la società di revisione legale dei conti osservano i già menzionati princìpi di indipendenza.

Per le sole imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione della documentazione contabile previsto dal presente comma sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore al minore tra quello effettivamente sostenuto e 5.000 euro; fermo restando, comunque, il limite massimo di 10 milioni di euro di importo concedibile per ciascuna impresa su base annuale.

 

La successiva lettera g) fa confluire la disciplina dei controlli successivi, con importanti modifiche, nel nuovo comma 11-bis dell’articolo 3.

A tale scopo, le imprese beneficiarie del credito d’imposta sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte in ciascun periodo d’imposta in relazione ai progetti o ai sotto progetti in corso di realizzazione. La relazione, nel caso di attività di ricerca e sviluppo organizzate e svolte internamente all’impresa, deve essere predisposta a cura del responsabile aziendale delle attività di ricerca e sviluppo o del responsabile del singolo progetto o sottoprogetto e deve essere controfirmata dal rappresentante legale dell’impresa ai sensi del TU in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445 del 2000). Nel caso in cui le attività di ricerca siano commissionate a soggetti terzi, la relazione deve essere redatta e rilasciata all’impresa dal soggetto commissionario che esegue le attività di ricerca e sviluppo.

Viene tenuto fermo, in materia di obblighi formali e documentali, quanto ulteriormente previsto nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 27 maggio 2015, che all’articolo 7, tra l’altro, disciplina gli obblighi di conservazione dei documenti a carico delle imprese.

 

La lettera h) del comma 1 effettua una modifica di coordinamento al comma 12 dell’articolo 3, che nella formulazione vigente dispone l’applicazione della disciplina penale sulle attività dei periti al revisore legale dei conti o al professionista responsabile della revisione legale dei conti, ove questi incorra in colpa grave nell'esecuzione degli atti richiesti per il rilascio della certificazione di cui al menzionato comma 11.

Con le norme in esame si sostituisce il riferimento al revisore legale o al professionista responsabile con quello al generico “soggetto incaricato” della predetta attività.

 

Il comma 2 individua la decorrenza delle modifiche apportate con le norme in esame. Queste si applicano, in linea generale, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.

Tuttavia, in deroga al principio di irretroattività delle norme tributarie sancito all’articolo 3 dello statuto dei contribuenti (legge n. 212 del 2000), si applicano già al periodo d’imposta in corso alla suddetta data del 31 dicembre 2018 le norme che riguardano gli adempimenti documentali per la spettanza e l’utilizzabilità del credito d’imposta e il regime dei controlli successivi (lettere e), f), g) del comma 1).

 

Il comma 3 reca una norma interpretativa della disposizione (comma 1-bis dell’articolo 3 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013) che riconosce il credito d’imposta in parola ai soggetti residenti commissionari che eseguono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi con i quali è  attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996).

Tale norma si interpreta nel senso che, ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile, assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.


 

Articolo 14
(Canone RAI)

 

 

L’articolo 14 conferma, a regime, l’importo di € 90 dovuto per il canone RAI per uso privato, già fissato per il 2017 e il 2018.

Inoltre, stabilizza la previsione – già vigente per il 2017 e il 2018 – secondo cui la metà delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone RAI (c.d. extra gettito) è riversata all’Erario, confermandone anche le finalizzazioni, tra cui l'ampliamento sino a € 8.000 della soglia reddituale prevista ai fini della esenzione dal pagamento del canone per gli ultrasettantacinquenni.

 

In particolare, quanto all’importo di € 90 definitivamente fissato per il canone RAI per uso privato, il comma 1 estende agli anni successivi quanto già previsto per il 2017 e il 2018 dall’art. 1, co. 40, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017), come modificato dall’art. 1, co. 1147, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018).

A tal fine, novella ulteriormente il citato art. 1, co. 40, della L. 232/2016.

 

Si ricorda che, a decorrere dal 2014, l’importo del canone è stato definito a livello legislativo (e non più con decreto del Ministro delle comunicazioni, come previsto dall’art. 47, co. 3, del d.lgs. 177/2005) e che, a partire dall’introduzione delle nuove modalità di riscossione, con l’addebito dello stesso nella bolletta elettrica (art. 1, co. 152 e ss., della L. 208/2015-L. di stabilità 2016), è stata avviata una progressiva riduzione del suo importo.

In particolare, per il 2016 la misura del canone è stata fissata dal medesimo art. 1, co. 152, della L. 208/2015 in € 100 (a fronte di € 113,50 dovuti negli anni dal 2013 al 2015), mentre per il 2017 e il 2018 – come già detto – è stata pari a € 90.

 

Relativamente alla destinazione a regime del c.d. extra gettito, il comma 2 novella, invece, l’art. 1, co. 160, della L. 208/2015.

 

L’art. 1, co. 160, della L. 208/2015 - come modificato, da ultimo, dall’art. 57, co. 3-bis, del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) - ha previsto che, per gli anni dal 2016 al 2018, le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione per il 2016 (c.d. extra gettito) – derivanti dalle nuove modalità di riscossione del canone, con l’addebito dello stesso nella bolletta elettrica – devono essere riversate all'Erario per una quota pari al 33% del loro ammontare per il 2016 e del 50% per ciascuno degli anni 2017 e 2018, per essere destinate:

-     all'ampliamento sino a € 8.000 della soglia reddituale prevista ai fini della esenzione dal pagamento del canone di abbonamento in favore di soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni.
Al riguardo, infatti, si ricorda che l’art. 1, co. 132, della L. 244/2007 (L. di stabilità 2008) – come modificato dall’art. 42, co. 2-bis, del D.L. 248/2007 (L. 31/2008) – ha abolito, a decorrere dal 2008, il pagamento del canone di abbonamento alla televisione (esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza stabilito) per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a € 516,46 per tredici mensilità (€ 6.713,98 annui), senza conviventi.

La soglia è stata elevata, per il 2018, ad € 8.000 (annui) dal DI 16 febbraio 2018, che ha destinato a tal fine € 20,9 mln, provenienti da parte delle risorse accertate quale extra gettito relativo al canone RAI per il 2017. Le relative modalità attuative sono state definite con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 aprile 2018;

-     al nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, fino ad un importo massimo di € 125 mln in ragione d’anno;

-     al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (di cui all'art. 1, co. 431, della L. 147/2013).

La restante parte dell’eventuale extragettito è assegnata alla RAI.

 


 

Capo II - Misure per lo sviluppo e gli investimenti

Articolo 15
(Fondo investimenti Amministrazioni centrali)

 

 

L’articolo 15 istituisce un Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, con una dotazione complessiva di 50,2 miliardi di euro per gli anni dal 2019 al 2033, da ripartirsi sulla base di programmi settoriali presentati dalle Amministrazioni centrali dello Stato per le materie di propria competenza.

Al riparto del fondo si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati entro il 31 gennaio 2019.

 

Il profilo finanziario del Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7557), è il seguente: 2,9 miliardi di euro per l'anno 2019, 3,1 miliardi per l'anno 2020 e 3,4 miliardi per ciascuno degli anni dal 2021 al 2033 (commi 1 e 2).

Al riparto del fondo si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri - su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati - sulla base di programmi settoriali presentati dalle Amministrazioni centrali dello Stato per le materie di propria competenza (comma 3).

Tali D.P.C.M. di riparto sono adottati entro il 31 gennaio 2019 (ultimo periodo del comma 3).

I decreti individuano altresì i criteri e le modalità di eventuale revoca degli stanziamenti, anche pluriennali, non utilizzati entro 18 mesi dalla loro assegnazione e la loro diversa destinazione nell’ambito delle finalità previste dalla norma in esame.

 

Si evidenzia che il fondo in esame presenta caratteristiche analoghe a quelle del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese[1], istituito dall’articolo 1, comma 140, della legge n. 232/2016 (con una dotazione di oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale dal 2017 al 2032) e rifinanziato dall’articolo 1, comma 1072, della legge n. 205/2017 (per complessivi 36,115 miliardi di euro per gli anni dal 2018 al 2033). Tale ultimo Fondo finanzia interventi in specifici settori di spesa e viene ripartito con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sui quali è richiesto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

 

Il comma 3 prevede, inoltre, nel caso in cui siano individuati interventi rientranti nelle materie di competenza regionale o delle province autonome, e limitatamente agli stessi, che vengano adottati appositi decreti, previa intesa con gli enti territoriali interessati, ovvero in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data dell'assegnazione. Decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza del predetto parere.

 

Dalla formulazione della norma non risulta chiaro se il parere parlamentare è richiesto sugli schemi di D.P.C.M. di riparto del Fondo, di cui al primo periodo del comma 3 (come sembrerebbe desumersi dalla relazione illustrativa), oppure sugli schemi di decreto adottati nel caso di interventi rientranti nelle materie di competenza regionale (di cui al quarto periodo del comma 3).

Andrebbe inoltre chiarita la natura dei decreti da adottare nel caso di materie di competenza regionale, ossia se si tratta di D.P.C.M. oppure di decreti ministeriali (nel qual caso andrebbe indicato il Ministro competente).

 

Il comma 3 prevede, infine, che i medesimi decreti devono indicare le modalità di utilizzo dei contributi, sulla base di criteri di economicità e contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti (BEI), con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB), con la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancari ai sensi del D.Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario), compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.

Al riguardo sarebbe opportuno chiarire se la disposizione si riferisce oltre che alle banche anche agli intermediari finanziari iscritti all’albo di cui all’articolo 106 del Testo unico bancario.

 

Si segnala come tale modalità di utilizzo dei contributi, che ne prevede l’impiego anche con ricorso ad operazioni con diverse tipologie di soggetti finanziatori, sia già stata prevista in altre disposizioni legislative, quali in particolare:

§  il comma 140 dell’articolo 1, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017), che reca la disciplina del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, che prevede una norma del tutto analoga a quella prevista dal comma in esame;

§  il D.L. n. 189 del 2016, sul sisma del 2016 in Italia centrale, il cui articolo 5, comma 6 prevede che il commissario straordinario possa stipulare appositi mutui (di durata massima venticinquennale) con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato - pagati agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato - con i medesimi soggetti finanziatori;

§  l’articolo 10 del D.L. n. 104 del 201 ove si fa riferimento ai soggetti finanziatori di cui al D.Lgs. n. 385/1993 e si dispone il pagamento diretto ai soggetti medesimi da parte dello Stato.

 

Ai fini del monitoraggio degli interventi finanziati dal Fondo, il comma 4 richiama il decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche e di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti.

Sulla base dei dati di monitoraggio, nonché delle risultanze dell’ultimo Rendiconto generale dello Stato, la norma prevede, inoltre, che ciascun Ministero, entro il 15 settembre di ogni anno, illustri lo stato dei rispettivi investimenti e lo stato di utilizzo dei finanziamenti, con indicazione delle principali criticità riscontrate nell’attuazione degli interventi, nell’ambito di una apposita sezione della Relazione predisposta ai sensi dell’articolo 1, comma 1075, della legge n. 205/2017.

Si tratta della Relazione annuale sullo stato di avanzamento degli interventi finanziati con le risorse del già citato Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (art. 1, comma 1075, legge n. 205/2017), che ciascun Ministero beneficiario è tenuto ad inviare, entro il 15 settembre di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dell’economia e finanze ed alle Commissioni parlamentari competenti per materia.

 

Il decreto legislativo n. 229/2011 ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche. Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche. Il decreto introduce nuovi obblighi informativi a carico delle amministrazioni pubbliche e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza. E' prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti l’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti.

La definizione dei contenuti informativi minimi del sistema informativo in argomento è disciplinata dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze emanato in data 26 febbraio. Il decreto prevede che le amministrazioni provvedano a comunicare i dati, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati delle amministrazioni pubbliche istituita ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009 presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato.

L’art. 4 del D.Lgs. n. 229/2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera.

 

Il comma 5, infine, autorizza la spesa per le finalità connesse alla Centrale per la progettazione delle opere pubbliche, istituita dall’articolo 17 del provvedimento in esame nell’ambito dell’Agenzia del Demanio, nell’importo di 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.

 


 

Articolo 16, commi 1-3
(Fondo investimenti Enti Territoriali)

 

 

L’articolo 16, ai commi da 1 a 3, istituisce a decorrere dal 2019 un Fondo destinato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nei settori dell’edilizia pubblica, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Al riparto del fondo si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 gennaio 2019.

 

In particolare, il comma 1 prevede l’istituzione di un Fondo da ripartire, per il rilancio degli investimenti degli enti territoriali, con una dotazione di: 3 miliardi di euro per l'anno 2019, 3,4 miliardi per l'anno 2020, 2 miliardi per il 2021, 2,6 miliardi per il 2022, 3 miliardi per il 2023, 3,4 miliardi per l’anno 2024, 3,5 miliardi per ciascuno degli anni 2025 e 2026, 3,45 miliardi di euro per l’anno 2027, 3,25 miliardi per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033 e 1,5 miliardi a decorrere dal 2034.

Il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7558).

Il comma 2 definisce le finalità del Fondo, destinato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, in particolare nei settori di spesa:

§  dell’edilizia pubblica, inclusa manutenzione e sicurezza;

§  della manutenzione della rete viaria;

§  del dissesto idrogeologico;

§  della prevenzione del rischio sismico;

§  della valorizzazione dei beni culturali e ambientali.

 

Le risorse del Fondo vengono altresì destinate, ai sensi del medesimo comma 2, alle finalità di copertura finanziaria previste dalle seguenti norme del disegno di legge in esame:

§  articolo 42, comma 2, diretto ad incrementare il livello delle risorse destinate agli interventi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico, complessivamente pari a 2 miliardi di euro, con una riduzione delle risorse del Fondo in esame di 50 milioni di euro in ciascuno degli anni 2021 e 2022, di 200 milioni di euro annui per gli anni dal 2023 al 2031 e di 100 milioni di euro nel 2032;

§  articolo 60, comma 8, che reca la copertura degli oneri derivati dalle nuove regole di finanza pubblica per gli enti territoriali ai fini del pareggio di bilancio, che consentono agli enti di utilizzare il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa senza vincoli, nel rispetto delle sole disposizioni previste dal D.Lgs. n. 118 del 2011 (che reca le regole contabili armonizzate), con una riduzione delle risorse del Fondo in esame di 404 milioni di euro per il 2020, di 711 milioni per il 2021, di 1.334 milioni per il 2022, di 1.528 milioni per il 2023, di 1.931 milioni per il 2024, di 2.050 milioni per il 2025, di 1.891 milioni per il 2026, di 1.678 milioni per il 2027 e di 1.500 milioni di euro a decorrere dall’anno 2028;

§  articolo 61, comma 12, che individua a valere sulle risorse del Fondo in esame la copertura degli oneri, per complessivi 2.496,20 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020, derivanti dalla riduzione del contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per l’anno 2020 e dall’attribuzione di contributi agli investimenti alle medesime regioni per il 2019 e il 2020;

§  articolo 64, comma 2, che reca la copertura degli oneri derivati dal contributo concesso a favore delle province delle regioni a statuto ordinario per il finanziamento di piani di sicurezza per la manutenzione di strade e scuole, con relativa riduzione delle risorse del Fondo in esame di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033.

 

Nel disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021 (seconda sezione), il Fondo (iscritto sul cap. 7558 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) presenta una dotazione finanziaria, considerando le coperture finanziarie sopra indicate, pari a 253,8 milioni per l’anno 2019, 250 milioni per l’anno 2020 e di 989 milioni per l’anno 2021.

 

In particolare, considerando le coperture finanziarie sopra indicate, le risorse disponibili del Fondo per il rilancio degli investimenti degli enti territoriali, istituito dall’articolo in esame, risultano dalla seguente tabella:


 

 

(milioni di euro)

 

Dotazione
Fondo
ex art. 16

Art. 42, co. 2
edilizia sanitaria

Art. 60, co. 8
nuove regole finanza pubblica enti territoriali

Art. 61, co. 12
riduzione concorso finanza pubblica regioni

Art. 64, co. 2
contributo province strade e scuole

Stanziamento di bilancio (cap. 7558)

2019

3.000,0

-

-

-2.496,2

-250,0

253,8

2020

3.400,2

-

-404,0

-2.496,2

-250,0

250,0

2021

2.000,0

-50,0

-711,0

-

-250,0

989,0

2022

2.600,0

-50,0

-1.334,0

-

-250,0

966,0

2023

3.000,0

-200,0

-1.528,0

-

-250,0

1.022,0

2024

3.400,0

-200,0

-1.931,0

-

-250,0

1.019,0

2025

3.500,0

-200,0

-2.050,0

-

-250,0

1.000,0

2026

3.500,0

-200,0

-1.891,0

-

-250,0

1.159,0

2027

3.450,0

-200,0

-1.678,0

-

-250,0

1.322,0

2028

3.250,0

-200,0

-1.500,0

-

-250,0

1.300,0

2029

3.250,0

-200,0

-1.500,0

-

-250,0

1.300,0

2030

3.250,0

-200,0

-1.500,0

-

-250,0

1.300,0

2031

3.250,0

-200,0

-1.500,0

-

-250,0

1.300,0

2032

3.250,0

-100,0

-1.500,0

-

-250,0

1.400,0

2033

3.250,0

-

-1.500,0

-

-250,0

1.500,0

2034
(a regime)

1.500,0

-

-1.500,0

-

 

0

 

Per quanto riguarda la procedura di ripartizione del Fondo, il comma 3 rinvia ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro la data del 31 gennaio 2019, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con i Ministri competenti, previa intesa in sede di Conferenza Unificata. I decreti individuano le risorse da destinare a ciascun settore, i comparti cui destinare le risorse, i criteri di riparto e le modalità di utilizzo e di monitoraggio, anche in termini di effettivo utilizzo delle risorse assegnate, di rendicontazione e di verifica, nonché le modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

 

Si segnala che l’iter di adozione dei D.P.C.M. non prevede l’espressione di un  parere parlamentare.

 

Per quanto concerne il monitoraggio, la disposizione in esame richiama il decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche e di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti (si rinvia, al riguardo, al Box nella scheda relativa all’art. 15 del presente dossier).

 

Gli importi da destinare a ciascun beneficiario sono individuati con decreti dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro 90 giorni dalla pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri D.P.C.M. di riparto del Fondo.


 

Articolo 16, comma 4
(Ambiti territoriali delle centrali di committenza)

 

 

L’articolo 16, comma 4 – che sostituisce il comma 5 dell’articolo 37 del Codice dei contratti pubblici – stabilisce, ai fini dell’aggregazione e centralizzazione delle committenze, che gli ambiti territoriali di riferimento delle centrali di committenza, in attesa  della definizione delle procedure sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, coincidono con il territorio provinciale o metropolitano, prevedendo altresì che i comuni non capoluogo di provincia ricorrano alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici. 

 

Il nuovo testo del comma 5 dell’art. 37 del Codice dei contratti pubblici, che sostituisce il vigente comma 5, introduce un periodo transitorio -  valevole fino alla qualificazione delle stazioni appaltanti prevista dall’articolo 38 del Codice dei contratti pubblici – per cui le province e le città metropolitane diventano l’ambito territoriale di riferimento delle centrali di committenza.

Conseguentemente, si introduce a favore dei comuni non capoluogo di provincia il ricorso per gli appalti di lavori pubblici alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane.

In tale ambito, rispetto al vigente comma 5 del citato art. 37, non si prevede più l’emanazione di un D.P.C.M., d’intesa con la Conferenza unificata, per l’individuazione degli ambiti territoriali e i criteri e le modalità per la costituzione delle centrali di committenza in forma di aggregazione di comuni non capoluogo di provincia. Inoltre, rispetto al testo vigente non è più prevista l’applicazione dell'articolo 216, comma 10 del medesimo Codice, che prevede che fino alla data di entrata in vigore del suddetto D.P.C.M., i requisiti di qualificazione sono soddisfatti mediante l'iscrizione all'anagrafe unica delle stazioni appaltanti di cui all'articolo 33-ter del D.L.179/12.

Sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, l’articolo 38, comma 2 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/16) prevede un D.P.C.M. (non ancora emanato), sentite l'ANAC e la Conferenza Unificata, che definisca i requisiti tecnico-organizzativi, ai fini dell’iscrizione nell’elenco istituito presso l'ANAC,  e che tra l’altro, per le centrali di committenza, individui il relativo ambito territoriale.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 33-ter del D.L. 179/12 è istituita presso l'ANAC  l'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, nel cui ambito è previsto l’elenco dei soggetti aggregatori ai sensi dell’art. 9, comma 1 del D.L. 66/14,  recentemente aggiornato nella deliberazione 17 gennaio 2018, n. 31/2018.

Da ultimo, si ricorda che il comma 4 dell’art. 37 del medesimo Codice prevede che, se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, si proceda secondo una delle seguenti modalità: ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati; mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall’ordinamento; ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56.

 


 

Articolo 17
(Centrale per la progettazione delle opere pubbliche)

 

 

L’articolo 17 istituisce la Centrale per la progettazione delle opere pubbliche, che gode di autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale, di cui possono avvalersi le amministrazioni centrali e gli enti territoriali interessati per la progettazione di opere pubbliche. Si autorizza l’assunzione a tempo indeterminato, a partire dal 2019, di personale con prevalente profilo tecnico nonché di un limitato contingente di personale della pubblica amministrazione. Per il funzionamento della Centrale è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, che tuttavia l’articolo 15, comma 5, del disegno di legge dispone a favore di un ente (Agenzia del Demanio) distinto dalla Centrale e non collegato alla stessa da alcun rapporto di tipo funzionale o organizzativo.

 

Il comma 1 prevede l’istituzione, dal 1° gennaio 2019, della “Centrale per la progettazione delle opere pubbliche” (di seguito Centrale).

 

A norma del comma 2, la Centrale opera, in autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale, sotto la responsabilità di un Coordinatore che ne dirige l’attività e può stipulare convenzioni per il perseguimento delle finalità di cui al presente articolo con i soggetti interessati. Si stabilisce altresì che è assicurata l’indipendenza delle valutazioni della Centrale nell’esercizio delle funzioni ad essa demandate. Si prevede, poi, che il personale tecnico della Centrale svolga le attività di progettazione in piena autonomia e con indipendenza di giudizio nelle valutazioni tecniche, anche attivando opportune collaborazioni con gli altri organi dello Stato aventi competenze per le opere di cui trattasi.

 

Il comma 2, primo periodo, affida alla Centrale la progettazione delle opere pubbliche, ai sensi degli artt. 23 e 24 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

Si ricorda che l’art. 23 del Codice disciplina i livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi. In particolare il comma 1 dispone che la progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo. Il comma 14 stabilisce invece che la progettazione di servizi e forniture è articolata, di regola, in un unico livello ed è predisposta dalle stazioni appaltanti, di regola, mediante propri dipendenti in servizio. In caso di concorso di progettazione relativa agli appalti, la stazione appaltante può prevedere che la progettazione sia suddivisa in uno o più livelli di approfondimento di cui la stessa stazione appaltante individua requisiti e caratteristiche.

L’art. 24 disciplina la progettazione interna ed esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici e stabilisce, in particolare, che “le prestazioni relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva di lavori, al collaudo, al coordinamento della sicurezza della progettazione nonché alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici” possono essere espletate “dagli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le singole stazioni appaltanti possono avvalersi per legge” (lettera c) del comma 1).

 

La stessa disposizione precisa che la Centrale provvede alla progettazione su richiesta delle amministrazioni centrali e degli enti territoriali interessati, alla quale questi possono rivolgersi (ai sensi del citato art. 24, comma 1, lettera c), del Codice) previa convenzione.

 

Si ricorda che l’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 267/2000 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) dispone che, ai fini del testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni. Si fa notare che il successivo comma 2 dispone che le norme sugli enti locali previste dal testo unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.

Il dettaglio dei compiti affidati alla Centrale

Nel dettaglio, il secondo periodo del comma 3 affida alla Centrale i seguenti compiti:

a)   progettazione di opere pubbliche e, quindi, prestazioni relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva di lavori, collaudo, nonché, ove richiesto, anche direzione dei lavori e incarichi di supporto tecnico-amministrativo al RUP (responsabile del procedimento) e al dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici;

Si tratta di una norma che ripropone, salvo lievi differenze (in quanto non viene considerato, dalla norma in esame, il coordinamento della sicurezza della progettazione), quanto previsto dall’art. 24, comma 1, del D.Lgs. 50/2016.

b)  gestione delle procedure di appalto in tema di progettazione per conto della stazione appaltante interessata;

c)   predisposizione di modelli di progettazione per opere simili o con elevato grado di uniformità e ripetitività;

d)  valutazione economica e finanziaria del singolo intervento;

e)   assistenza tecnica alle amministrazioni coinvolte nel partenariato pubblico/privato.

 

Personale necessario per l’operatività della Centrale (comma 4)

Assunzioni nel limite di 300 unità di personale

Il comma 4, al fine di consentire lo svolgimento dei compiti affidati alla Centrale, autorizzata l’assunzione a tempo indeterminato, a partire dall’anno 2019, con destinazione alla Centrale, di un massimo di 300 unità di personale, con prevalenza di personale di profilo tecnico per una percentuale almeno pari al 70%, a livello impiegatizio e quadro nonché con qualifica dirigenziale nei limiti del 5 per cento, oltre al Coordinatore che è nominato per tre anni rinnovabili ed è equiparato a dirigente di prima fascia.

Tale personale è assunto, anche in momenti diversi, con procedura selettiva pubblica svolta da una Commissione permanente di valutazione il cui presidente è designato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composta da quattro membri designati rispettivamente dai Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e degli affari regionali. Le modalità di svolgimento e i criteri per la selezione sono stabiliti con DPCM, di concerto con i predetti Ministri

Reclutamento di un massimo di 50 unità da altre amministrazioni

Il comma 5 prevede altresì, per garantire l’immediata operatività della Centrale e in sede di prima applicazione, che l’Agenzia (con oneri a proprio carico) provvede al reclutamento di un massimo di 50 unità di personale di ruolo, anche mediante assegnazione temporanea, con il consenso dell’interessato:

§  sulla base di appositi protocolli d’intesa con le amministrazioni pubbliche di cui al comma 3;

§  e per singoli progetti di interesse specifico per le predette amministrazioni.

 

Si valuti l’opportunità di chiarire se tali 50 unità di personale siano o meno ricomprese nel limite delle 300 unità da assumere.

 

 

Coordinamento delle attività della Centrale con le attività di progettazione di altri organi tecnici; organizzazione della Centrale (comma 6)

 

Il comma 6 rinvia ad un decreto del Presidente della Repubblica, da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, n. 400, la definizione delle misure per coordinare le attività della Centrale con le attività di progettazione svolte dagli organi tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e da CONSIP. La stessa disposizione prevede, inoltre, che il citato D.P.R. stabilisca anche l’organizzazione della Centrale.

Considerato che a norma del comma 2 la Centrale gode di autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale, si valuti l’opportunità di chiarire che con il D.P.R. di cui al comma in esame si definisca anche la sede della stessa e la presenza di eventuali articolazioni territoriali.

 

Esenzione da imposte e tasse (comma 7)

 

In base al comma 7, tutti gli atti connessi con l’istituzione della Centrale sono esenti da imposte e tasse.

 

Autorizzazione di spesa (comma 8)

Il comma 8 prevede che agli oneri connessi all’istituzione, al funzionamento e all’attività della Centrale si provvede ai sensi dell’articolo 15, comma 5 (il quale, a sua volta, dispone che per le finalità di cui all’articolo 17 è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019 a favore dell’Agenzia del Demanio).

Si valuti l’opportunità di coordinare la disposizione in esame con il comma 5 dell’articolo 15, ove si prevede che la spesa sia autorizzata a favore dell’Agenzia del Demanio e non della Centrale, tenuto conto che non risultano specifiche  disposizioni che prevedono che la Centrale sia istituita presso la predetta Agenzia o sia ad essa collegata.


 

Articolo 18
(InvestItalia)

 

 

L’articolo 18 prevede l’istituzione, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di una struttura di missione temporanea per il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell’indirizzo politico e amministrativo dei ministri in materia di investimenti pubblici e privati. Alla struttura, denominata “InvestItalia” sono attribuiti diversi compiti, funzionali al potenziamento della capacità espansiva degli investimenti pubblici, tra cui in particolare quello di analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali. L’articolo disciplina, inoltre, i profili relativi al personale della struttura e al coordinamento con altre strutture esistenti competenti in materia di investimenti e sviluppo infrastrutturale.

Per l’attuazione di tale articolo è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro a decorrere dal 2019.

Istituzione e durata della struttura “InvestItalia” (comma 1)

Il comma 1 dell'articolo in esame prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è istituita e disciplinata (ai sensi dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 303/1999), una struttura di missione per il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell’indirizzo politico e amministrativo dei ministri in materia di investimenti pubblici e privati e nelle altre materie di cui al comma 2, denominata «InvestItalia».

Il D.Lgs. 303/1999 (che disciplina l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) prevede, all’art. 7, comma 4, che per lo svolgimento di particolari compiti per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, il Presidente del Consiglio istituisce, con proprio decreto, apposite strutture di missione, la cui durata temporanea, comunque non superiore a quella del Governo che le ha istituite, è specificata dall’atto istitutivo.

Si valuti l’opportunità di prevedere un termine per l’emanazione del decreto istitutivo.

 

Il comma 1 dispone che InvestItalia opera alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, anche in raccordo con la Cabina di regia “Strategia Italia”.

Tale cabina di regia è prevista dall’art. 40 del D.L. 109/2018 (in corso di conversione presso il Senato, A.S. 909), che ne ha demandato l’istituzione ad un apposito D.P.C.M. da adottare su proposta del Segretario del CIPE.

A tale struttura sono attribuiti i compiti di verifica dello stato di attuazione di piani e programmi di investimento infrastrutturale e adozione delle iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi, nonché quelli di verifica dello stato di attuazione degli interventi connessi a fattori di rischio per il territorio, quali dissesto idrogeologico, vulnerabilità sismica degli edifici pubblici, situazioni di particolare degrado ambientale necessitanti attività di bonifica e di proposizione di possibili rimedi.

Compiti attribuiti a InvestItalia (comma 2)

In base al comma 2, a InvestItalia sono attribuiti i seguenti compiti:

§  analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali;

§  valutazione delle esigenze di ammodernamento delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni;

§  verifica degli stati di avanzamento dei progetti infrastrutturali;

§  elaborazione di studi di fattibilità economico-giuridica di progetti di investimento in collaborazione con i competenti uffici del Ministero dell’economia e delle finanze;

§  individuazione di soluzioni operative in materia di investimento, in collaborazione con i competenti uffici dei Ministeri;

§  affiancamento delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione dei piani e programmi di investimento;

§  individuazione degli ostacoli e delle criticità nella realizzazione degli investimenti ed elaborazione di soluzioni utili al loro superamento;

§  elaborazione di soluzioni, anche normative, per tutte le aree di intervento di cui al presente comma;

§  ogni altra attività o funzione che, in ambiti economici o giuridici, le sia demandata dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Personale di InvestItalia (comma 3)

Il comma 3 stabilisce che a InvestItalia può essere assegnato un contingente di personale, anche estraneo alla pubblica amministrazione, dotato di elevata qualificazione scientifica e professionale, individuato tramite procedure che assicurino adeguata pubblicità delle selezioni e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e la trasparenza.

Norme di coordinamento (comma 4)

Il comma 4 demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata, la definizione delle misure occorrenti per realizzare un efficace coordinamento delle attività di InvestItalia con quelle della Centrale per la progettazione delle opere pubbliche di cui all’art. 17, e con quelle delle altre strutture competenti in materia di investimenti e di sviluppo infrastrutturale.

Si valuti l’opportunità di prevedere un termine per l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio che disciplina le misure per il coordinamento con le altre strutture competenti. Si valuti altresì l’opportunità di un coordinamento con il decreto istitutivo di cui al comma 1.

 

Una particolare esigenza di coordinamento riguarda il rapporto con la struttura tecnica di missione istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e disciplinata dall’art. 214, comma 3, del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici). Tale comma dispone che il MIT può avvalersi di tale struttura “per le attività di indirizzo e pianificazione strategica, ricerca, supporto e alta consulenza, valutazione, revisione della progettazione, monitoraggio e alta sorveglianza delle infrastrutture”. Lo stesso comma dispone che la struttura tecnica di missione “svolge, altresì, le funzioni del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici”.

Si ricorda che l’art. 1 della legge 144/1999, al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo, ha previsto l’istituzione, presso le amministrazioni centrali e regionali, di nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici che, in raccordo fra loro e con il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero del tesoro, garantiscono il supporto tecnico nelle fasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica di piani, programmi e politiche di intervento promossi e attuati da ogni singola amministrazione.

Copertura finanziaria (comma 5)

Per l’attuazione di quanto disposto dal presente articolo e per lo svolgimento dei compiti di InvestItalia è autorizzata, dal comma 5, la spesa di 25 milioni di euro a decorrere dal 2019.

 


 

Articolo 19, comma 1
(Rifinanziamento della “Nuova Sabatini”)

 

 

L’articolo 19, comma 1 dispone un rifinanziamento di 48 milioni di euro per il 2019, di 96 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020-2023 e di 48 milioni di euro per il 2024 della cd. Nuova Sabatini, misura di sostegno volta alla concessione - alle micro, piccole e medie imprese - di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cd. investimenti in beni strumentali “Industria 4.0” e di un correlato contributo statale in conto impianti rapportato agli interessi calcolati sui predetti finanziamenti.

Sulle somme autorizzate è mantenuta la riserva (30% delle risorse) e la maggiorazione del contributo statale (del 30%) per gli investimenti in beni strumentali cd. “Industria 4.0”, nonché il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati (fino ad esaurimento delle risorse statali autorizzate) di cui alla legge di bilancio per il 2018.

Le risorse non utilizzate per la riserva sopra citata al 30 settembre di ciascun anno, rientrano nelle disponibilità complessive della misura.

 

Lo strumento agevolativo cd. "Nuova Sabatini" – istituito dall'articolo 2 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013) e successivamente rifinanziato ed esteso – è finalizzato a migliorare l'accesso al credito per investimenti produttivi e tecnologici delle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e consente:

§  l'accesso a finanziamenti agevolati per investimenti in beni strumentali (anche mediante operazioni di leasing finanziario) e

§  l’accesso a contributi statali in conto impianti per gli investimenti in beni strumentali in questione.

La tipologia degli investimenti in beni strumentali ammissibili al beneficio – inizialmente individuata in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché investimenti in hardware, software ed in tecnologie digitali (comma 1, art. 2 del D.L. n. 69/2013) - è stata estesa dalla legge di bilancio per il 2017 (Legge n. 232/2016) ai seguenti investimenti cd. "Industria 4.0": macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloudcomputing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequencyidentification (RFID) e sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti (articolo 1, comma 55 della legge di bilancio 2017 e circolare attuativa 15 febbraio 2017, n. 14036, allegati 6/A e 6/B). Per tali investimenti, la legge di bilancio 2017 ha costituito apposita riserva di risorse ed una maggiorazione del contributo statale in conto impianti concedibile a valere sulle nuove risorse dalla medesima legge stanziate.

La legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017) ha rifinanziato, all’articolo 1, comma 40, la misura e ha mantenuto il meccanismo preferenziale, introdotto nell’anno precedente, per gli investimenti in beni strumentali “Industria 4.0”. Ad essi ha riservata una quota pari al 30 per cento delle nuove risorse stanziate dalla medesima legge e ha disposto che il relativo contributo statale in conto impianti rimanga maggiorato del 30% rispetto alla misura massima concessa per le altre tipologie di investimento ammissibili. La legge ha altresì disposto che le risorse risultanti non utilizzate per la predetta riserva alla data del 30 settembre 2018, rientrino nella disponibilità complessiva della misura (articolo 1, comma 41). Inoltre, ha portato il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati a valere sulla misura in questione dal 31 dicembre 2018 fino alla data dell'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, da comunicarsi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (articolo 1, comma 42).

Quanto ai finanziamenti agevolati, la normativa istitutiva del 2013 aveva previsto che la concessione degli stessi avvenisse da parte di banche e società di leasing finanziario esclusivamente a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A.. Successivamente, è intervenuto il D.L. n. 3/2015 (Legge n. 33/2015), che ha previsto la possibilità di riconoscere i contributi statali alle PMI anche a fronte di un finanziamento - compreso il leasing finanziario - non più necessariamente erogato a valere sul plafond di provvista CDP (articolo 8, comma 1).

I finanziamenti vengono concessi alle MPMI (micro, piccole e medie imprese) per un importo non superiore a 2 milioni di euro, anche frazionato in più iniziative di acquisto, possono coprire fino al cento per cento dei costi ammissibili ed hanno una durata massima di cinque anni dalla stipula del contratto (commi 2 e 3 del D.L. n. 69/2013).

Come detto alle PMI beneficiarie è concesso - sui finanziamenti ottenuti e in relazione agli investimenti realizzati - un contributo statale in conto impianti. Esso è pari all'ammontare degli interessi calcolati con le modalità stabilite dalla normativa secondaria attuativa della misura: il contributo è concesso dal MISE e determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati in via convenzionale su un finanziamento quinquennale di importo pari all'investimento al tasso del 2,75% (commi 4 e 5 del D.L. n. 69/2013, DD.MM. attuativi 27 novembre 2013 e 25 gennaio 2016 e Circolare 23 marzo 2016, n. 26673). Per gli investimenti "Industria 4.0", il contributo statale in conto impianti è maggiorato del 30 per cento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina vigente. Dunque, il tasso convenzionale su cui calcolare il beneficio è elevato al 3,575% annuo rispetto al 2,75% annuo riservato ai beni ordinari (Circolare 15 febbraio 2017, n. 14036). Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino al massimo previsto dalla normativa vigente (80% dell'ammontare del finanziamento), con priorità di accesso ai sensi del D.M. attuativo 29 settembre 2015.

Quanto alle risorse statali appostate per la misura in questione, destinate alla concessione del sopra citato contributo in conto impianti , si ricorda che il D.L. n. 69/2013 ha inizialmente previsto uno stanziamento iniziale pari a 7,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015, a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, a 17 milioni di euro per l'anno 2020 e a 6 milioni di euro per l'anno 2021.

Al fine di snellire le procedure connesse alla concessione ed erogazione del contributo, con D.L. n. 91/2014 (articolo 18, comma 9 bis, lett. b)) è stata costituita nell’ambito del Fondo Crescita Sostenibile, un’apposita contabilità speciale n. 5850 denominata “Contributi per investimenti in beni strumentali” nella quale affluiscono le risorse che anno per anno sono impegnate sul capitolo 7489, pg.1 per poi essere erogate alle imprese beneficiarie.

Da ultimo, la legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017), all’articolo 1, comma 40, ha autorizzato la spesa di 33 milioni di euro per il 2018, di 66 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019-2022 e di 33 milioni di euro per il 2023.


 

Articolo 19, comma 2
(Potenziamento del Piano straordinario
per la promozione del
Made in Italy)

 

 

L’articolo 19, comma 2, dispone lo stanziamento, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, di 90 milioni per il 2019 e di 20 milioni per il 2020 per il potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia, da destinare alle finalità già individuate per l’attuazione del Piano medesimo.

 

La norma prevede lo stanziamento, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, di ulteriori 90 milioni per il 2019 e di 20 milioni per il 2020 per il potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia.

All’attuazione del Piano provvede l’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

Sia la Relazione illustrativa sia la relazione tecnica evidenziano che la finalità dell’intervento normativo è il rafforzamento della presenza sui mercati internazionali delle imprese italiane, alla luce dei risultati molto positivi conseguiti dal Piano straordinario per il Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia nel quadriennio 2015-2018.

 

Si ricorda in proposito che l’art. 30 del D.L. n. 133/2014 ha previsto l’istituzione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e per l’attrazione degli investimenti, le cui finalità sono:

- l’ampliamento del numero delle imprese, in particolare piccole e medie, che operano nel mercato globale;

§  l’espansione delle quote italiane del commercio internazionale;

§  la valorizzazione dell’immagine del Made in Italy nel mondo;

§  il sostegno alle iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia.

A tal fine, il citato art. 30 del D.L. n. 133/2014, nell’indicare le finalità da perseguire attraverso il Piano in questione (comma 2, lettere da a) a l)), ha demandato l’adozione del Piano a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro degli affari esteri, nonché con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (attualmente denominato “Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo”) con specifico riferimento alle azioni relative al settore agroalimentare (cfr. D.M. del 20 febbraio 2015). Inizialmente, la legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014) ha destinato al Piano risorse per il triennio 2015-2017, nella misura di 130 milioni per il 2015, 50 milioni per il 2016 e 40 milioni per il 2017. La legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) ha poi previsto uno stanziamento di 51 milioni di euro per l’anno 2016, per il potenziamento delle azioni dell’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane relative al Piano made in Italy. Il Piano, nel suo complesso, è stato poi rifinanziato per 110 milioni di euro per l'anno 2017 dalla legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016). La legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017) ha da ultimo esteso l'operatività del Piano per il Made in Italy anche al successivo triennio 2018-2020, rifinanziandolo di 130 milioni per il 2018 e di 50 milioni per ciascun anno del biennio 2019-2020.

Il citato art. 30, comma 2, del D.L. n. 133/2014 delinea le seguenti linee di intervento:

a) iniziative straordinarie di formazione e informazione sulle opportunità offerte dai mercati esteri alle imprese, in particolare PMI;

b) supporto alle più rilevanti manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale;

c) valorizzazione delle produzioni di eccellenza, in particolare agricole e agroalimentari, e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti;

d) sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani nei diversi mercati, anche attraverso appositi accordi con le reti di distribuzione;

e) realizzazione di un segno distintivo unico, per le iniziative di promozione all'estero e durante l'Esposizione universale 2015, delle produzioni agricole e agroalimentari che siano rappresentative della qualità e del patrimonio enogastronomico italiano;

f) realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell'Italian sounding;

g) sostegno all'utilizzo degli strumenti di e-commerce da parte delle PMI;

h) realizzazione di tipologie promozionali innovative per l'acquisizione e la fidelizzazione della domanda dei mercati esteri;

i) rafforzamento organizzativo delle start up nonché delle micro, piccole e medie imprese in particolare attraverso l'erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher;

l) sostegno ad iniziative di promozione delle opportunità di investimento in Italia, nonché di accompagnamento e assistenza degli investitori esteri in Italia.

 

La norma in commento prevede la destinazione delle risorse stanziate a tutte le predette linee di attività, fatta eccezione per quella di cui alla lettera e) – realizzazione di un segno distintivo unico, per le iniziative di promozione all'estero e durante l'Esposizione universale 2015, delle produzioni agricole e agroalimentari che siano rappresentative della qualità e del patrimonio enogastronomico italiano – la cui finalità appare evidentemente esaurita.

 

La Relazione tecnica, confermando quanto già riportato nella Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali allegata alla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2018, ha evidenziato come prioritarie, per il triennio 2018-2020, le seguenti macro-linee progettuali:

§  consolidamento della presenza e della visibilità delle imprese italiane, soprattutto PMI, nei principali marketplace ed e-tailer internazionali, attraverso un’adeguata strategia di progetti e-commerce di sistema, in particolare per i settori agroalimentare e del fashion;

§  potenziamento della presenza dei prodotti italiani nelle reti della GDO internazionale;

§  rafforzamento della strategia di comunicazione multicanale, per rilanciare l’immagine del Made in Italy nel mondo;

§  sostenere la crescita organizzativa e professionale delle aziende italiane, soprattutto PMI, anche attraverso l’utilizzo di temporary export manager;

§  consolidamento della strategia nazionale per l’attrazione degli investimenti dall’estero.

Si ricorda, infine, che l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane è il principale organo competente all'attuazione del Piano di promozione del Made in Italy, tenuto conto delle intese raggiunte con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per ciò che attiene agli interventi che riguardano il settore agroalimentare. Con l’ICE il MISE stipula una convenzione in cui sono definiti gli obiettivi da raggiungere. Con la delibera n. 230 del 27 gennaio 2015, l’Agenzia ha approvato alcuni progetti per l’attuazione parziale del Piano.

L'ICE-Agenzia ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero – con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti – e opera al fine di sviluppare l'internazionalizzazione e l'attrazione investimenti delle imprese italiane, nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali.

Per favorire la sinergia tra i diversi attori è prevista l'istituzione di un Comitato presso il Ministero dello sviluppo economico, composto da rappresentanti dei diversi ministeri interessati e da un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni, che può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d'investimento.


 

Articolo 19, comma 3
(
Strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa)

 

 

L’articolo 19, comma 3, rifinanzia di 5 milioni di euro per l’anno 2019 e di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 lo strumento del contratto di sviluppo, misura di incentivazione per le imprese che intendano realizzare, singolarmente o in forma associata, investimenti di grande dimensione in determinati settori.

 

Il comma 3 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2019 e di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 a favore delle agevolazioni concesse nell’ambito dello strumento del contratto di sviluppo, che rappresenta il principale strumento agevolativo dedicato al sostegno di programmi di investimento produttivi strategici ed innovativi di grandi dimensioni nei settori industriale, turistico e della tutela ambientale.

Lo strumento è gestito dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia

 

Il contratto di sviluppo è stato introdotto nell’ordinamento dall’articolo 43 del D.L. n. 112/2008 per favorire la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni, proposti da imprese italiane ed estere, nei settori industriale, turistico e commerciale.

Il D.L. n. 69/2013 è intervenuto sulla disciplina dello strumento agevolativo in questione, demandando, all'articolo 3, comma 4, al Ministro dello sviluppo economico di provvedere, con proprio decreto, alla ridefinizione delle modalità e dei criteri per la concessione delle agevolazioni e la realizzazione degli interventi di cui al menzionato articolo 43 del D.L. n. 112/2008, anche al fine di accelerare le procedure per la concessione delle agevolazioni, di favorire la rapida realizzazione dei programmi d'investimento e di prevedere specifiche priorità in favore dei programmi che ricadono nei territori oggetto di accordi, stipulati dal MISE, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.

In attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 69/2013 è stato adottato il D.M. 14 febbraio 2014, che ha operato una riforma della disciplina relativa ai contratti di sviluppo. Il successivo D.M. 9 dicembre 2014 ha operato un adeguamento alle nuove norme in materia di aiuti di Stato previste dal regolamento (UE) n. 651/2014 dello strumento dei contratti disviluppo. Il D.M. 8 novembre 2016 ha apportato modifiche al D.M. 9 dicembre 2014 in materia di contratti di sviluppo, al fine di assicurare una più efficiente gestione delle fasi procedimentali, nonché di modulare le medesime in funzione delle dimensioni dei programmi di sviluppo proposti. In particolare, con il citato D.M. è stata introdotta la possibilità di stipulare accordi di sviluppo tra il Ministero, Invitalia (soggetto gestore), l'impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, per promuovere la realizzazione di programmi che rivestono una particolare rilevanza strategica in relazione al contesto territoriale di riferimento. Con D.M. 7 dicembre 2017 si è provveduto ad adeguare il D.M. 9 dicembre 2014 alle nuove disposizioni comunitarie in materia di delocalizzazione introdotte dal regolamento (UE) n. 1084/2017, che modifica il Regolamento (UE) n. 651/2014. Con D.M. 23 marzo 2018 sono state ampliate le modalità di intervento in favore delle imprese, prevedendo la possibilità per il soggetto gestore, ad integrazione delle agevolazioni di natura contributiva o di finanziamento già previste, di intervenire alle normali condizioni di mercato nel capitale di rischio del soggetto proponente. Al suddetto intervento, il citato D.M. 23 marzo 2018 ha destinato 20 milioni di euro di risorse del Fondo per la crescita sostenibile.

Le istanze di accesso alle agevolazioni sono presentate all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia, la quale procede allo svolgimento delle attività istruttorie di competenza. La procedura è finalizzata alla sottoscrizione tra il Ministero, Invitalia, l’impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, di accordi di sviluppo ed è attivabile su istanza dell’impresa proponente, ossia l’impresa che promuove il programma di sviluppo ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica del programma medesimo.

Le agevolazioni sono concesse nelle seguenti forme, anche in combinazione tra loro: finanziamento agevolato, nei limiti del 75% delle spese ammissibili; contributo in conto interessi; contributo in conto impianti; contributo diretto alla spesa; prestiti; garanzie. Particolari criteri per la determinazione delle agevolazioni concedibili sono previsti, sempre in attuazione dei vigenti regolamenti comunitari, per i programmi di sviluppo per la tutela ambientale e per i programmi riguardanti l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Per tale ultimo settore, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 agosto 2017 sono state fornite specifiche disposizioni applicabili per il periodo 2014-2020.

La Relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio stima che le risorse stanziate dalla norma in commento potrebbero essere utilizzate in ragione di 2/3 per contributi a fondo perduto e 1/3 per finanziamenti agevolati.

Per un’analisi delle risorse finanziarie assegnate, per il periodo di programmazione 2014-2020, allo strumento dei contratti di sviluppo, si rinvia alla sezione dedicata sul sito del MISE.

L’art. 15-bis del D.L. 9 febbraio 2017, n. 8, Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, dedicato ai contratti di sviluppo nei territori colpiti dagli eventi sismici, ha da ultimo introdotto agevolazioni procedurali per l'accesso ai contratti di sviluppo per i progetti di sviluppo di impresa nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. In particolare, la norma ha innanzitutto previsto che le istanze di agevolazione a valere sulla disciplina dei contratti di sviluppo di cui all'articolo 43 del D.L. n. 112/2008 proposte per la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa nei predetti territori fossero esaminate prioritariamente. In secondo luogo, la norma ha disposto che i progetti di sviluppo fossero oggetto di specifici accordi di programma – stipulati ai sensi della disciplina attuativa dei contratti di sviluppo – tra il Ministero dello sviluppo economico, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa-Invitalia, l'impresa proponente, la Regione che interviene nel cofinanziamento del programma, e le eventuali altre amministrazioni interessate.

Si ricorda, infine, che il soggetto gestore dei contratti di sviluppo, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia, opera sotto le direttive ed il controllo del Ministero dello sviluppo economico.

 


 

Articolo 19, comma 4
(Fondo per contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell’Importante Progetto di Interesse
Comune Europeo (IPCEI) sulla microelettronica)

 

 

L’articolo 19, comma 4 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo finalizzato all'erogazione dei contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell’Importante Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI) sulla microelettronica.

 

Il fondo ha la seguente dotazione:

                                                                                                Valori in milioni di euro

2019

2020

2021

2022

2023

2024

50

50

60

100

100

100

 

La norma demanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (per la cui emanazione non è previsto un termine), la definizione dei criteri per l'utilizzazione e per la ripartizione del fondo, nel rispetto della Decisione della Commissione europea di autorizzazione dell’IPCEI.

I contributi sono erogati annualmente sulla base delle richieste adeguatamente corredate della documentazione amministrativa e contabile relativa alle spese sostenute.


 

Articolo 19, commi 5 e 6
(Rifinanziamento del Fondo crescita sostenibile
per le aree di crisi industriale)

 

 

L’articolo 19, ai commi 5 e 6, incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo crescita sostenibile destinando tali risorse al finanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa e delle aree di crisi non complessa. Un decreto del Ministro dello sviluppo economico provvederà al riparto delle risorse.

 

Più nel dettaglio, il comma 5 incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di cui all’art. 23 del D.L. n. 83/2012, destinando le risorse in questione al finanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa e non complessa di cui all’art. 27 del medesimo D.L. n. 83/2012.

Ai sensi del comma 6, un decreto del Ministro dello sviluppo economico provvederà a ripartire le risorse tra gli interventi da attuare per le situazioni di crisi industriale complesse e quelli per le situazioni di crisi industriale non complessa.

Il comma non indica il termine entro il quale adottare il decreto ministeriale di riparto delle risorse.

 

La relazione tecnica afferma che si si rende necessario integrare le residue risorse disponibili per l’intervento in questione, che rappresenta un valido strumento di sostegno all’occupazione e agli investimenti nelle aree colpite da crisi produttiva.

La stessa relazione tecnica ipotizza che le risorse autorizzate – per 67 milioni di euro per il 2019 e 34 per l’anno 2020 – verranno destinate all’erogazione di finanziamenti agevolati, mentre – per 33 milioni di euro per il 2019 e 16 milioni di euro per il 2020 – verranno destinate all’erogazione di contributi a fondo perduto.

 

Il “Fondo per la crescita sostenibile”, è stato istituito dall’articolo 23 del D.L. n. 83/2012. L’articolo, in particolare, ha ridenominato il Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (già istituito presso il Ministero dello sviluppo economico ex art. 14, legge n. 46/1982) in “Fondo per la crescita sostenibile”, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente oggetto di abrogazione. Il Fondo in questione è dunque la risultante da una razionalizzazione del previgente sistema di agevolazione alle imprese. Il Fondo è destinato al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo (cfr. D.M. attuativo 8 marzo 2013), con particolare riguardo ad una serie di finalità, esplicitamente indicate nell’articolo 23, comma 2, tra le quali, il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma (tra cui quelli di cui alla legge n. 181/1989) (articolo 23, comma 2, lettera b)). Per ciascuna delle finalità indicate dal comma 2 è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo (comma 4 dell’articolo 23). Il Fondo opera come fondo rotativo. Infatti, il comma 8 dell’articolo 23 dispone che i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati (contabilità n. 1201). Il Fondo si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati.

 

Il meccanismo di sostegno alle aree industriali in crisi delineato dalla legge n. 181/1989 è stato  riformato dall’articolo 27 del D.L. n. 83/2012 come integrato e modificato dal successivo D.L. n. 145/2013. Il meccanismo di sostegno consiste essenzialmente nella predisposizione di progetti di riconversione e riqualificazione industriale nelle aree – soggette a recessione economica e crisi occupazionale - dichiarate dal Ministero dello sviluppo economico (MiSE) di crisi complessa o non complessa. Per l’approvazione dei progetti, si prevede lo strumento degli accordi di programma. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi per investimenti produttivi nelle aree di crisi. Si tratta di contributi in conto capitale a fondo perduto e finanziamenti a tasso agevolato. Il soggetto gestore della misura è l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (già Sviluppo Italia S.p.A. - INVITALIA).

 

 

L’articolo 27 del D.L. n. 83/2012 demanda al MiSE il riconoscimento di situazioni di crisi industriale complessa, anche a seguito di istanza presentata dalla regione interessata, per specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da: una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto; una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.

I progetti di riconversione e riqualificazione industriale promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili compatibili, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi (commi 1 e 2). I progetti sono adottati tramite appositi accordi di programma. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi (commi 3 e 4).

La disciplina agevolativa a favore delle aree di crisi contempla la concessione di contributi in conto capitale e finanziamenti a tasso agevolato, nei limiti della disciplina generale sugli aiuti di stato di cui al Reg.UE n. 651/2014 (GBER).

Tali agevolazioni sono contemplate prioritariamente nell'ambito dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale, ma anche per gli interventi concernenti le aree di crisi industriale non complessa.

È stata demandata al MiSE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, l’adozione di un decreto di natura non regolamentare di disciplina delle modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e la determinazione dei criteri per la definizione e l'attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale (comma 8). In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto del Ministro dello sviluppo economico 31 gennaio 2013.

Il decreto ministeriale 9 giugno 2015 ha poi stabilito i termini, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso, nonché i criteri di selezione e valutazione per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al rilancio di tutte le aree di crisi, complessa e non complessa. Con decreto direttoriale 24 febbraio 2017 sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande per l’accesso alle agevolazioni. Nel corso dell’audizione sulla situazione delle imprese nelle aree di crisi industriale complessa tenutasi in data 31 luglio 2018, presso la Commissione 10° del Senato, INVITALIA ha diffuso una Tabella riepilogativa delle aree di crisi industriale complessa.

 

Quanto alle aree di crisi non complessa, si ricorda che il comma 8-bis dell’articolo 27 (introdotto dal successivo D.L. n. 145/2013) ha demandato ad un decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le condizioni e le modalità per l'attuazione degli interventi da effettuare nei casi di situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse, che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione.

Il Decreto ministeriale 4 agosto 2016 ha proceduto all’individuazione delle aree di crisi industriale non complessa. Con decreto direttoriale 19 dicembre 2016 il MISE ha pubblicato l'elenco dei territori che possono accedere alle agevolazione per le aree di crisi industriali non complesse. I territori in questione sono stati individuati, ex articolo 4 del D.M. 4 agosto 2016, sulla base delle delibere delle diverse giunte regionali adottate ai sensi dei criteri individuati nel citato decreto di agosto 2016. L’elenco delle aree candidate a poter usufruire dei benefici previsi per le imprese insistenti nelle aree di crisi industriale non complessa rimane valido per due anni a partire dalla data di pubblicazione (sul sito istituzionale del MISE) del decreto direttoriale 19 dicembre 2016.

Per ciò che concerne le risorse per gli interventi (sia in aree di crisi industriale complessa che in quelle di crisi non complessa), l’articolo 27, comma 10, del D.L. n. 83 ha disposto che le risorse già destinate al finanziamento degli interventi del D.L. n. 120/1989, al netto delle somme necessarie per far fronte agli impegni già assunti, affluissero all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreti del Ministro dell'economia, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione del MiSE per la successiva assegnazione al Fondo per la crescita sostenibile. Contestualmente, la norma ha disposto che all'attuazione degli interventi previsti dai Progetti si provveda a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo per la crescita sostenibile ( ex art. 23, co. 2, lett. b) del medesimo D.L. n. 83/2012). Le attività sono svolte dalle amministrazioni territoriali partecipanti nei limiti delle risorse disponibili (comma 9).

 

In attuazione della previsione di cui al comma 10 dell’articolo 27, è stato complessivamente assegnato alla Sezione del Fondo crescita destinata al finanziamento degli interventi per il rilancio delle aree colpite da crisi industriale di cui alla legge n. 181 del 1989 l’importo di 78,9 milioni di euro (D.M. 19 marzo 2015 e D.M. 26 settembre 2016).

Alla medesima Sezione, è stato poi assegnato:

§  a valere sulle disponibilità complessive del Fondo crescita, l’ulteriore importo di 80 milioni (D.M. 26 settembre 2016);

§  a valere sulle risorse del PON «Imprese e competitività» 2014-2020 FESR, Asse III-Competitività PMI, l’ulteriore importo di 80 milioni di euro,  per le aree localizzate nelle regioni in ritardo di sviluppo (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Di tale importo, 30 milioni sono stati riservati all'area di crisi industriale complessa di Taranto(D.M. 26 settembre 2016)[2].

Con il successivo D.M. del 7 giugno 2017 sono state assegnate alla Sezione speciale ulteriori risorse nel frattempo affluite ai sensi del citato comma 10 dell’art. 27, risorse pari a 18,5 milioni, nonché ulteriori risorse, pari a 51,3 milioni, provenienti dalla contabilità 1201 del Fondo crescita. Tale importo è stato ripartito dal medesimo D.M.[3].

Quanto specificamente alle aree di crisi industriale non complessa, si ricorda che il Decreto ministeriale 9 agosto 2017 ha operato la ripartizione tra le Regioni delle risorse finanziarie destinate agli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva  nelle aree di crisi  non complessa disciplinati da accordi di programma (si tratta di risorse complessivamente pari a 99 milioni di euro, di cui euro 64 milioni a valere sulle risorse della Sezione del Fondo crescita ed e 35 milioni a valere sulle risorse del PON “Imprese e competitività” 2014-2020 FESR).

Il Decreto ministeriale del 4 aprile 2018 ha prorogato al 28 settembre 2018 il termine previsto dall’articolo 1, comma 1, lett. c) del DM 31 gennaio 2017 per l’utilizzo delle risorse a favore delle aree di crisi industriali non complesse da parte delle Regioni, mediante Accordi di Programma.


 

Articolo 19, commi dal 7 al 15
(Investimenti in capitale di rischio)

 

 

L'articolo 19, commi da 7 a 11, istituisce un Fondo di sostegno al Venture Capital con una dotazione di 30 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, per sostenere la sottoscrizione da parte dello Stato, tramite il MISE, di quote o azioni di fondi di Venture Capital. I commi da 12 a 15 dispongono la chiusura del fondo rotativo “Fondo Balcani di venture capital”.

 

I fondi di Venture Capital sono organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi e di società di investimento a capitale fisso che investono almeno l’85% del valore degli attivi in piccole e medie imprese non quotate (ai sensi dell’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, come modificato dalla lettera b) del comma 11 del presente articolo).

 

L'articolo 19, comma 7 consente allo Stato di sottoscrivere, tramite il MISE, speciali classi di quote o azioni di fondi di Venture Capital. Il comma 8 specifica che le sottoscrizioni possono essere effettuate anche unitamente ad altri investitori istituzionali, pubblici o privati, privilegiati nella ripartizione dei proventi derivanti dalla gestione dei predetti organismi di investimento.

 

Il comma 9 delega al MISE, di concerto con il MEF, l'adozione di un decreto volto a definire le modalità di realizzazione degli investimenti suddetti (commi 7 e 8).

Tale decreto dovrà essere adottato nel rispetto della Comunicazione della Commissione relativa agli Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio 2014/C 19/04 o del Regolamento n. 651/2014. La Comunicazione chiarisce che, se un investimento è effettuato garantendo parità di trattamento a investitori pubblici e privati, la Commissione europea ritiene che esso sia conforme al test dell’operatore in un’economia di mercato e non costituisca quindi aiuto di Stato, purché non alteri la concorrenza a vantaggio di specifici operatori. Il Regolamento n. 651/2014 dichiara, nel rispetto di specifiche condizioni, alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune.

 

Il comma 10 reca la dotazione finanziaria destinata a sostenere gli interventi suddetti, a tal fine istituendo il Fondo di sostegno al Venture Capital, con una dotazione di 30 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025.

Il comma 11 modifica l’articolo 31 del decreto legge n. 98 del 2011, che disciplina gli interventi per favorire l'accesso al venture capital e sostenere i processi di crescita di nuove imprese. In particolare:

§  viene sostituita la definizione di fondi comuni di investimento con quella di organismo di investimento collettivo del risparmio chiuso (OICR chiuso) e di società di investimento a capitale fisso (SICAF) previste dall'articolo 1, comma 1, lettere k-ter e i-bis del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza - TUF) (comma 11, lettera a));

§  vengono ridefinite le caratteristiche dei Fondi per il Venture Capital (FVC), stabilendo che sono tali gli OICR chiusi e le SICAF che investono almeno l’85% del valore degli attivi in piccole e medie imprese (PMI) non quotate su mercati regolamentati e il restante 15% in PMI emittenti azioni quotate (comma 11, lettera b));

§  vengono eliminati alcuni requisiti previsti dalla normativa vigente per le società target dei FVC: non essere quotate, avere quote o azioni direttamente detenute, in via prevalente, da persone fisiche; operare da non più di 36 mesi e avere un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro (comma 11, lettera c)).

 

Le condizioni dimensionali affinché un'impresa sia inclusa fra le PMI non quotate sono quelle definite dall’articolo 2 paragrafo 1, lettera f), primo alinea, del Regolamento (UE) n. 2017/1129.

In particolare, deve trattarsi di una società che in base al suo più recente bilancio annuale o consolidato soddisfi almeno due dei tre criteri seguenti: numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250, totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro e fatturato netto annuale non superiore a 50 milioni di euro.

L'impresa deve inoltre trovarsi, con riferimento al proprio ciclo di vita in una delle seguenti fasi:

§  sperimentazione (seed financing),

§  costituzione (start-up financing),

§  avvio dell’attività (early-stage financing);

§  sviluppo del prodotto (expansion o scale-up financing).

 

Per la parte residua del FVC, invece, il riferimento per l'inclusione delle società fra quelle eleggibili è contenuto nell'articolo, 1, comma 1, lettera w-quater.1. Si tratta di emittenti azioni quotate che non devono aver registrato un fatturato superiore a 300 milioni di euro né una capitalizzazione di mercato superiore a 500 milioni nell'ultimo triennio e, per questo, definiti PMI.

 

I commi dal 12 a 15 dispongono la chiusura del Fondo rotativo “Fondo Balcani di venture capital” istituito ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera g) della legge n. 84 del 2001, destinando le relative risorse, pari a 2,5 milioni di euro attualmente presenti sul conto aperto presso la tesoreria dello Stato n. 22050 intestato a Finest S.p.A., all’entrata del bilancio dello Stato.

Finest S.p.A. è una società partecipata da Friulia S.p.A., finanziaria di sviluppo della Regione Friuli Venezia Giulia, dall’omologa Veneto Sviluppo S.p.A., dalla Regione Veneto, dalla Provincia Autonoma di Trento, da Simest S.p.A. e da alcuni istituti bancari.

Secondo quanto indicato dal Governo nella relazione illustrativa, la chiusura del fondo, che rimarrà operativo limitatamente alle operazioni già deliberate, è riconducibile allo scarso utilizzo dello strumento da parte del tessuto imprenditoriale del Triveneto.

 

Si demanda ad una convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e la Finest Spa la definizione delle modalità operative per la gestione a stralcio, compreso il versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse residue non utilizzate per le finalità del fondo e delle disponibilità derivanti dai rientri relativi dal riacquisto da parte dei beneficiari delle relative partecipazioni (comma 14).

 


 

Articolo 19, commi 16-19
(Chiusura del Fondo rotativo fuori bilancio “Fondo Start Up”)

 

 

L’articolo 19, commi 16-19, prevede il versamento all’entrata del Bilancio statale della somma di 2,5 milioni di euro delle risorse disponibili presso la contabilità speciale intestata al Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up (contabilità n.5650 “Simest-Fondo Start Up”). La Simest continua a gestire le disponibilità residue insistenti sulla contabilità speciale limitatamente agli interventi già deliberati e alle domande di intervento già pervenutele. Un’apposita convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e la Simest disciplinerà le modalità operative per la gestione a stralcio della misura, compreso il versamento all'entrata del Bilancio dello Stato delle risorse residue non utilizzate per le finalità del Fondo e delle disponibilità derivanti dai rientri. Alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame termina la ricezione delle domande per l'accesso ai benefici del Fondo Start up.

 

L’articolo 19, commi 16-19 disciplina la chiusura del Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up, istituito dall’articolo 14 della legge n. 99/2009 fuori bilancio in apposita contabilità speciale aperta presso la Tesoreria dello Stato (conto n. 5650).

 

Nel dettaglio, il comma 16 dispone il versamento all’entrata del Bilancio statale della somma di 2,5 milioni di euro delle risorse disponibili presso la contabilità speciale intestata al Fondo.

Il comma 17 attribuisce alla SIMEST, già soggetto gestore del Fondo, il compito di continuare a gestire le disponibilità residue sulla predetta contabilità, limitatamente agli interventi del Fondo già deliberati nonché alle domande di intervento già pervenute alla Simest alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, nonché il compito di curare i rapporti con le società beneficiarie delle partecipazioni sulla base dei contratti già stipulati, assicurando il rientro delle partecipazioni stesse alle relative scadenze.

Il comma 18 dispone che le modalità operative per la gestione a stralcio della misura - compreso il versamento all'entrata del Bilancio statale delle risorse residue non utilizzate e delle disponibilità derivanti dai rientri relativi dal riacquisto da parte dei beneficiari delle relative partecipazioni -  saranno disciplinate con apposita Convenzione stipulata tra il MISE e la Simest.

Ai sensi del comma 19, alla data di entrata in vigore del provvedimento di legge in esame, termina la ricezione delle domande per l'accesso ai benefici del Fondo Start up.

 

Il Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up è stato istituito ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 99/2009, presso la Tesoreria dello Stato, con apposita contabilità speciale (conto di tesoreria n. 5650), per favorire la fase di avvio (start-up) di progetti di internazionalizzazione di PMI in Paesi al di fuori dell’Unione europea. La gestione del Fondo è stata affidata a SIMEST Spa (comma 1). Nel dettaglio, ai sensi del citato articolo 14, gli interventi del Fondo hanno per oggetto investimenti transitori e non di controllo nel capitale di rischio di società appositamente costituite da singole piccole e medie imprese, o da loro raggruppamenti, per realizzare progetti di internazionalizzazione (comma 3).

Quanto alle risorse finanziarie, il Fondo in questione è stato istituito con le disponibilità finanziarie derivanti da utili di spettanza del Ministero dello sviluppo economico in qualità, al tempo[4], di socio della SIMEST Spa, già finalizzate, dal D.Lgs. n. 143/1998, a interventi per lo sviluppo delle esportazioni. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 14, è stato adottato il D.M. n. 102 del 4 marzo 2011[5]. Nel 2013 ha avuto inizio l’operatività del Fondo.

La Corte dei Conti, a giugno 2018, nel Giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2017 (cfr. Vol. 1, “I conti dello Stato e le politiche di bilancio per il 2017, pag. 553”), ha confermato la ridotta operatività del Fondo già emersa nell’esercizio precedente, segnalando l’assenza nell’anno 2017 di acquisizioni e cessioni da parte di esso.

La Corte ha citato in proposito la relazione del MISE che segnalava la formulazione di una proposta per la chiusura del Fondo che avrebbe trovato quanto prima il corretto veicolo normativo.

Pertanto il portafoglio alla data del 31 dicembre 2017 restava composto da 4 iniziative per un importo complessivo di 0,8 milioni.

La Corte ha rilevato come nel 2017 il Fondo presentasse una disponibilità di fine anno sul conto di tesoreria centrale di 3,24 milioni. La Corte ha altresì rilevato che i compensi spettanti al gestore per l’attività svolta sono stati stabiliti nella Convenzione MISE/SIMEST stipulata nel 2012 e sono comprensivi di una indennità “una tantum” pari all’1,5 per cento dell’importo deliberato e un compenso del 3 per cento (pro-die) sull’ammontare delle partecipazioni acquisite (0,8 milioni al 2017).


 

Articolo 19, comma 20
(Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things)

 

 

Il comma 20 dell’articolo 19 istituisce nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, per finanziare progetti di ricerca e sfide competitive in questi campi.

 

La disposizione prevede che il nuovo  Fondo sia destinato a finanziare:

a)   progetti di ricerca e innovazione da realizzare in Italia ad opera di soggetti pubblici e privati, anche esteri, nelle aree strategiche per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, della Blockchain e dell’Internet of Things, funzionali alla competitività del Paese;

b)  sfide competitive per il raggiungimento di specifici obiettivi tecnologici e applicativi;

c)   il supporto operativo ed amministrativo alla realizzazione di quanto previsto alle lettere a) e b), al fine di valorizzarne i risultati e favorire il loro trasferimento verso il sistema economico produttivo, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese.

Il Fondo ha lo scopo di perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché di accrescere la competitività e la produttività del sistema economico.

La funzione di amministrazione vigilante è attribuita al Ministero dello sviluppo economico, mentre si rinvia all’emanazione di un regolamento di attuazione (da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400/1988, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), l’individuazione di un organismo competente alla gestione delle risorse e la definizione dell'assetto organizzativo per l'uso efficiente delle risorse del Fondo, al fine di favorire il collegamento tra i diversi settori di ricerca interessati, la collaborazione con gli organismi di ricerca internazionali, l'integrazione con i finanziamenti della ricerca europei e nazionali, le relazioni con il sistema del venture capital italiano ed estero.

Con lo stesso regolamento saranno definite anche le modalità di contribuzione, su base volontaria, da parte di enti, associazioni, imprese o singoli cittadini, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione in spesa.

L’Internet of Things (IoT) rappresenta il prossimo passo verso la digitalizzazione della società e dell'economia, consentendo di unire mondi fisici e virtuali in cui gli oggetti e le persone sono interconnessi attraverso le reti di comunicazione e creando ambienti intelligenti. Secondo uno studio della Commissione europea il valore di mercato della IoT nella UE dovrebbe superare uno trilioni di euro nel 2020. La Commissione europea ha pubblicato nell'aprile 2016 il documento di lavoro "Advancing the Internet of Things in Europe”, nell’ambito delle iniziative di digitalizzazione dell’industria europea. Nell’ambito del mercato unico digitale, l’iniziativa “European data economy" (gennaio 2017), intende contribuire anche alla creazione di un mercato unico europeo per l'IoT. Per approfondimenti si veda anche il documento di lavoro della Commissione UE sulle tecnologie digitali emergenti dell’aprile 2018.

 

Per quanto riguarda l'intelligenza artificiale (AI), la Commissione europea ha adottato il 25 aprile 2018 una apposita Comunicazione (COM(2018)237 final), che ne analizza le caratteristiche e gli aspetti.  La Commissione sta aumentando gli investimenti annuali nell'IA del 70% nell'ambito del programma di ricerca e innovazione Orizzonte 2020. Raggiungerà 1,5 miliardi di EUR per il periodo 2018-2020. Il 10 aprile 2018, 25 paesi europei, tra cui l’Italia, hanno firmato una dichiarazione di cooperazione sull'intelligenza artificiale. I sistemi basati sull’AI sono basati su software che mostrano comportamenti “intelligenti”, avendo la capacità di analizzare caratteristiche di contesto esterno e di fornire risposte in qualche misura autonome, basate sull’analisi complessa dei dati a disposizione (ad esempio assistenti vocali, software di analisi delle immagini, motori di ricerca , sistemi di riconoscimento facciali e vocali). L'apprendimento automatico denota la capacità di un software/computer di apprendere dal proprio ambiente o da una serie molto ampia di dati rappresentativi, consentendo ai sistemi di adattare il loro comportamento a circostanze mutevoli o di eseguire compiti per i quali non sono stati programmati esplicitamente. L’AI può essere utilizzata anche nell’ambito di hardware come i robot avanzati, le automobili a guida autonoma, i droni e altre applicazioni dell’Internet of Things.

 

La Blockchain è uno strumento tecnologico innovativo che consente la creazione e gestione di archivi (database) distribuiti che sono in grado di registrare e gestire transazioni di vario tipo (sia finanziarie che aventi ad oggetto beni o servizi di altra natura), le quali vengono controllate, validate e condivise da tutti i c.d. nodi che fanno parte della rete. Si tratta in sostanza di un nuovo protocollo che consente che sulla rete internet, invece che sole informazioni, possano essere condivise e archiviate anche transazioni di valori, o meglio, di c.d. asset digitali. Si realizza quindi attraverso le blockchain un grande registro pubblico di tipo distribuito, fortemente innovativo rispetto agli attuali sistemi di archiviazione, che consistono di database centralizzati presso un unico soggetto gestore e "garante", ovvero presso un'autorità centrale, che provvede a garantire la transazione, ad archiviare e custodire i dati. La blockchain consente la creazione di database distribuiti, basato sulla tecnologia dei c.d Distributed Ledger (DLT- dove Ledger sta per Libro Mastro) strutturati in blocchi di informazioni, ciascuno dei quali contiene un certo numero di transazioni che a seguito di un articolato procedimento di validazione e controllo (che verifica ad esempio che il soggetto sia effettivamente titolare di un certo diritto, come la valuta o il bene che vuole vendere), vengono validate in tutti i loro elementi attraverso strumenti matematici complessi (funzioni di hash) da parte dei nodi della rete ed entrano quindi a far parte della catena di blocchi (blockchain) che rende queste transazioni certe, immodificabili. Si viene così a creare uno "storico" nel tempo di tutte le modifiche avvenute.

L’Italia ha aderito il 27 settembre 2018 alla European Blockchain Partnership Initiative, promossa dalla Commissione UE con l'intento di creare una piattaforma europea basata sulla tecnologia blockchain per lo sviluppo di servizi pubblici digitali ed il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato il 28 settembre 2018 un “Avviso pubblico per la manifestazione di interesse per la selezione di 30 componenti del Gruppo di esperti di alto livello per l’elaborazione della strategia nazionale sulle tecnologie basate su registri distribuiti e blockchain”. La finalità è quella di elaborare una Strategia Nazionale per le DLT e la Blockchain.

 

Nella Relazione Tecnica si ricorda che il CIPE, nella seduta del 25 ottobre 2018, ha deciso, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, di  assegnare 100 milioni di euro per lo sviluppo del Wi-Fi e le tecnologie emergenti (Intelligenza artificiale, Blockchain, Internet delle cose) a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 con contestuale rifinalizzazione delle risorse già assegnate con le delibere CIPE n. 65/2015, n. 71/2017 e successivamente con la delibera n. 105/2017 relative al piano banda ultra larga.


 

Articolo 19, commi 21-23
(
Voucher Manager)

 

 

L’articolo 19, commi 21-23 attribuisce alle PMI un contributo a fondo perduto per l’acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0.

 

Il comma 21 attribuisce alle PMI, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, un contributo a fondo perduto, tramite voucher di importo non superiore a € 40.000, e comunque non superiore al 50 per cento dei costi sostenuti a decorrere dal periodo di imposta 2019 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020.

I voucher sono concessi per l’acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi:

§  di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0;

§  di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell’impresa, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali.

I contributi sono altresì concessi alle imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete (disciplinato dall’art. 3 del D.L. 5/2009 - L. 33/2009), avente nel programma comune di rete lo sviluppo di processi innovativi in materia di:

§  trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0;

§  organizzazione, pianificazione e gestione delle attività, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali.

§  I contributi sono erogati tramite voucher di importo non superiore a € 80.000, per l’acquisizione di consulenze specialistiche.

Per beneficiare del contributo, il programma di rete deve essere preventivamente asseverato da organismi espressione delle organizzazioni nazionali di rappresentanza datoriale ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici individuati con il DM previsto dal comma 4 dell'articolo 19 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

I contributi sono concessi nel limite di € 25 mln per ciascuno degli anni compresi nel periodo 2019-2021 (si veda il comma 23) a seguito della sottoscrizione di un apposito contratto di servizio di consulenza tra i soggetti beneficiari e le società o i manager in possesso di adeguati requisiti di qualificazione e iscritti in un apposito elenco.

La norma in esame demanda quindi a un decreto del Ministro dello sviluppo economico (da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge), la determinazione dei requisiti soggettivi, dei criteri e delle modalità per la concessione dei contributi nonché l’istituzione dell’elenco.

In base al comma 22, i contributi sono erogati in conformità al regolamento (UE) 1407/2013, relativo agli aiuti de minimis.

Infine, per l'erogazione dei contributi in questione, il comma 23 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo, con una dotazione pari a € 25 mln per ciascuno degli anni inclusi nel periodo 2019-2021.

 

 


 

Capo III - Decontribuzione per il sud

Articolo 20
(Proroga dell'incentivo all'occupazione nel Mezzogiorno)

 

 

L'articolo 20 prevede che i programmi operativi nazionali e regionali e quelli operativi complementari possano stabilire per il 2019 e il 2020, nell’àmbito degli obiettivi specifici contemplati dalla relativa programmazione e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, misure per favorire l’assunzione con contratto a tempo indeterminato, nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, di soggetti che non abbiano compiuto i 35 anni di età ovvero di soggetti di età pari o superiore alla suddetta soglia, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

 

Tali misure possono consistere anche in un esonero contributivo integrale della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro privato (fatti salvi i premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), entro il limite massimo di un importo pari a 8.060 euro su base annua (anche in deroga a norme vigenti relative a divieti di cumulo con altri esoneri o riduzioni della contribuzione).

La rimodulazione in esame dei suddetti programmi operativi non può essere superiore a 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Le azioni di rimodulazione sono adottate con le procedure previste dalla disciplina vigente.

L'intervento in oggetto ripropone, in termini analoghi, una misura già stabilita per il 2018 dall'art. 1, commi 893 e 894, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, a cui è stata attuazione con il decreto direttoriale dell'ANPAL n. 2 del 2018 (come rettificato dal decreto direttoriale n. 81 del 2018).

 

Si ricorda che, in generale, le misure di agevolazione contributiva non incidono sul calcolo del trattamento pensionistico, in quanto, nella disciplina del cosiddetto sistema contributivo, l'aliquota di computo del trattamento è fissata in via autonoma e non mediante rinvio al livello dell'aliquota contributiva.

 


 

TITOLO III – MISURE PER IL LAVORO, L'INCLUSIONE SOCIALE, LA PREVIDENZA E IL RISPARMIO

Capo I – Misure per il lavoro, il contrasto alla povertà, l'accesso alla pensione

Articolo 21
(Reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza)

 

 

L’articolo 21 istituisce due distinti Fondi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con possibilità per gli stessi di utilizzare reciprocamente a compensazione eventuali risparmi realizzati.

Il primo è il Fondo per il reddito di cittadinanza volto a introdurre nel nostro ordinamento il reddito e la pensione di cittadinanza con una dotazione pari a 9 miliardi di euro annui a decorrere dal 2019 (risorse in parte destinate al potenziamento dei centri per l’impiego e al finanziamento di ANPAL Servizi S.p.A.). Fino all’entrata in vigore di tali istituti continuano ad essere garantite le prestazioni del Reddito di inclusione.

Il secondo è il Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani, per introdurre ulteriori modalità di pensionamento anticipato e per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani, con una dotazione pari a 6,700 miliardi di euro per il 2019 e di 7 miliardi di euro annui a decorrere dal 2020.

 

L’articolo 21, comma 1, istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il reddito di cittadinanza, al fine dell’introduzione, nell’ordinamento, degli istituti della pensione di cittadinanza e del reddito di cittadinanza.

La norma provvede a stanziare le risorse per l’istituzione dei richiamati istituti (9 miliardi di euro annui dal 2019), demandando l’attuazione degli stessi ad appositi provvedimenti normativi nei limiti delle risorse stanziate, che ne costituiscono il relativo limite di spesa.

Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le suddette risorse sono iscritte sul cap. 2780, nell’ambito della Missione 3 “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”.

 

Si segnala, al riguardo che, il testo, nell’individuare espressamente l’istituto del reddito di cittadinanza[6], non fornisce elementi sulle pensioni di cittadinanza.

 

Il terzo periodo del comma 1 è volto a garantire il riconoscimento delle prestazioni del Reddito di inclusione di cui al D. Lgs. n. 147/2017, fino alla piena operatività delle nuove misure da introdurre. Se ne dispone, pertanto, la prosecuzione, confermandone i limiti di spesa e disponendo che essi concorrano, in base alle procedure indicate per l'erogazione delle prestazioni, al raggiungimento del limite di spesa complessivo previsto per il Reddito di cittadinanza.

A tal fine, le risorse destinate all'erogazione economica del ReI, nei suddetti limiti di spesa, sono trasferite ed accantonate nell'ambito del nuovo Fondo per il reddito di cittadinanza, riducendo, conseguentemente, a decorrere dal 2019, le relative risorse del Fondo povertà previste per la misura.

Per gli anni 2019, si ricorda, il limite di spesa previsto per l'erogazione dei benefici economici del Reddito di inclusione (ReI) è stato determinato, all'articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 147/2017, in 2.198 milioni. Le cifre diminuiscono a 2.158 milioni per il 2020 e 2.130 milioni annui dal 2021.

Tali importi sono quelli portati in riduzione del Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale, sul relativo capitolo di bilancio (cap. 3550/Lavoro).

Considerando le risorse provenienti dall’autorizzazione legislativa di spesa riferita al Reddito di inclusione, la Relazione Tecnica quantifica, pertanto, i maggiori oneri derivanti dal comma 1 in esame, rispetto a quelli previsti a legislazione vigente, in 6.802 milioni di euro nel 2019, 6.842 milioni di euro per il 2020 e 6.870 milioni di euro dal 2021, quale differenza tra il nuovo stanziamento di 9.000 milioni a decorrere dal 2019 e le risorse già previste per l'erogazione dei benefici economici del ReI, che vanno a costituire un apposito accantonamento nell'ambito del nuovo Fondo per il reddito di cittadinanza.

 

Per quel che concerne specificamente il Fondo povertà, si sottolinea che l’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 147/2017 prevede una dotazione pari a 2.059 milioni di euro per l'anno 2018, 2.545 milioni di euro per l'anno 2019 e a 2.745 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.

Rispetto a tali importi stanziati, la norma ha fissato limiti di spesa per l'erogazione dei benefici economici del Reddito di inclusione determinati in 2.198 milioni per il 2019, 2.158 milioni per il 2020 e 2.130 milioni annui dal 2021. A decorrere dal 2020 per i suddetti limiti di spesa occorre peraltro considerare gli incrementi determinati dal Piano nazionale per la lotta alla povertà (v. approfondimento).

La disciplina prevista ai fini del rispetto dei limiti di spesa annuali prevede che l'INPS accantoni, alla concessione di ogni beneficio economico del ReI, un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell'anno, per ciascuna annualità in cui il beneficio è erogato. In caso di esaurimento delle risorse disponibili per l'esercizio di riferimento (e che non risultano accantonate), con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia, da adottarsi entro trenta giorni dall'esaurimento di dette risorse, è ristabilita la compatibilità finanziaria mediante rimodulazione dell'ammontare del beneficio. In attesa del decreto, comunque, l'acquisizione di nuove domande e le erogazioni vengono sospese. La rimodulazione del beneficio è prevista esclusivamente per le erogazioni successive all'eventuale esaurimento delle risorse non accantonate.

Si sottolinea che sul Fondo Povertà (cap. 3550), dopo la riduzione di risorse disposta dal comma in esame, per la costituzione dell’accantonamento nell’ambito del Fondo per il reddito di cittadinanza, residuano risorse pari a 347 milioni di euro per il 2019, 587 milioni per il 2020 e a 615 milioni per il 2021, riservate al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, ai sensi dell’art. 7, comma 3, del D.Lgs. n. 147/2017.

 

Dal 1° gennaio 2018 è stato istituito il Reddito di inclusione (ReI) quale misura unica nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, condizionata alla valutazione della condizione economica attraverso l’ISEE. Il ReI ha sostituito il SIA (Sostegno per l’inclusione attiva) e l’ASDI (Assegno di disoccupazione).

Il ReI si compone di due parti:

§  un beneficio economico, su dodici mensilità, con un importo variabile a secondo della numerosità del nucleo familiare (da circa 187 a circa 539 euro per nuclei familiari con 6 o più componenti). Il beneficio economico viene erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta ReI);

§  un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà, predisposto sotto la regia dei servizi sociali del Comune.

Per l'accesso al ReI sono previsti requisiti economici, di residenza/soggiorno e di compatibilità (i membri del nucleo familiare non devono essere percettori di prestazioni di disoccupazione).

Per quanto riguarda i requisiti di residenza e soggiorno, il richiedente deve essere: cittadino dell'Unione o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e deve essere residente in Italia, in via continuativa, da almeno due anni al momento della presentazione della domanda. Per quanto riguarda i requisiti economici, il nucleo familiare deve essere in possesso congiuntamente di: un valore ISEE non superiore a 6mila euro; un valore ISRE (l'indicatore reddituale dell'ISEE, ossia l'ISR diviso la scala di equivalenza, al netto delle maggiorazioni) non superiore a 3mila euro; un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20mila euro; un valore del patrimonio mobiliare (depositi, conti correnti) non superiore a 10mila euro (ridotto a 8 mila euro per la coppia e a 6 mila euro per la persona sola).

Sono previste sanzioni, nonché la sospensione e decadenza dal REI nelle ipotesi di mancato rispetto degli obblighi di condizionalità assunti con la sottoscrizione del progetto personalizzato. Sono inoltre previste ulteriori ipotesi sanzionatorie nei casi di percezione del ReI a seguito di dichiarazione mendace in sede di DSU, o di mancata comunicazione di variazioni nella composizione del nucleo familiare.

Nell'ottica della progressiva estensione della misura, la Legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017) ha abrogato dal 1° luglio 2018 tutti i requisiti familiari transitori (presenza di un minorenne, di una persona disabile, di una donna in gravidanza, di un disoccupato ultra 55enne) richiesti in sede di prima applicazione.

Il ReI è finanziato nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituito dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015). Il Fondo, a carattere permanente e con risorse certe, è finalizzato alla copertura del beneficio economico collegato al ReI, ma una sua quota (quota servizi) è destinata al rafforzamento e alla programmazione degli interventi e dei servizi sociali indirizzati ai nuclei familiari beneficiari. Nel giugno 2018, sono stati adottati il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà insieme al riparto della "quota servizi" del Fondo povertà per il triennio 2018-2020. Compito del Piano è programmare, mediante indirizzi nazionali, l'utilizzo delle risorse afferenti alla quota servizi del Fondo Povertà.

A fronte di risorse certe e programmate (Fondo povertà), il ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni in ambito sociale.

Per un approfondimento del tema, si rinvia alla sezione “Misure di contrasto alla povertà” del Portale della documentazione, sul sito Camera e alle Linee guida ReI per gli operatori, a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Con riferimento alla dotazione del Fondo per il reddito di cittadinanza il successivo comma 4 dell’articolo in esame dispone che parte delle risorse ad esso destinate siano vincolate a specifici obiettivi, e precisamente, nell’importo fino ad 1 miliardo di euro annui per il biennio 2019-2020 al potenziamento dei centri per l’impiego e un importo fino a 10 milioni di euro per il 2019 al finanziamento del contributo di funzionamento di ANPAL[7] Servizi S.p.A..

 

Il comma 2 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche un fondo denominato Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani, con lo scopo di attuare interventi in materia pensionistica per l’introduzione di ulteriori modalità di pensionamento anticipato e di misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani.

Anche in questo caso, la norma provvede a stanziare le risorse per la revisione del sistema pensionistico e l’incentivazione delle assunzioni di giovani lavoratori (6,7 miliardi di euro per il 2019 e di 7 miliardi di euro annui a decorrere dal 2020), demandando l’attuazione degli istituti ad appositi provvedimenti normativi, nei limiti delle risorse stanziate, che ne costituiscono il relativo limite di spesa.

Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le suddette risorse sono iscritte sul cap. 4100, nell’ambito della Missione 2 “Politiche previdenziali”.

 

Il comma 3 disciplina le procedure per il monitoraggio e per la eventuale riallocazione delle risorse afferenti le due misure introdotte dai commi precedenti, qualora si determinino risparmi di spesa, fermo restando l’ammontare complessivo di risorse autorizzate.

In particolare, il comma prevede, al primo periodo, la possibilità di utilizzare a compensazione degli eventuali maggiori oneri che dovessero derivare dai provvedimenti attuativi delle misure afferenti a uno dei due Fondi gli eventuali risparmi derivanti dai provvedimenti attuativi delle misure afferenti all’altro Fondo, mediante ridefinizione contestuale degli specifici limiti di spesa, fermo restando l’ammontare complessivo annuo delle risorse autorizzate dai commi 1 e 2.

La norma precisa, al riguardo, che gli eventuali risparmi da destinare a compensazione sono “puntualmente quantificati nelle relazioni tecniche di accompagnamento dei provvedimenti stessi”, richiedendosi, altresì, la contestuale rideterminazione dei limiti di spesa.

 

Al riguardo andrebbe chiarito come i risparmi derivanti dai provvedimenti che disciplinano l’attuazione delle misure introdotte dai commi 1 e 2 possano essere quantificati già nelle relazioni tecniche di accompagnamento dei provvedimenti attuativi medesimi, tenuto conto che tali risparmi possono essere accertati effettivamente solo all’esito del previsto monitoraggio trimestrale sull’andamento della spesa (comma 3).

La disposizione in esame sembra quindi volta a consentire ai citati provvedimenti attuativi di riconsiderare gli oneri derivanti dalle misure afferenti a ciascuno dei fondi di cui ai commi 1 e 2 (comunque entro l’ammontare complessivo annuo delle risorse stanziate dai commi 1 e 2) rispetto a quanto ora quantificato dal disegno di legge di bilancio in esame.

 

Per quel che concerne il monitoraggio sull’andamento della spesa, il secondo periodo del comma 3 prevede che l’amministrazione a cui è demandata la gestione delle misure suddette – che presumibilmente sarà individuata dai provvedimenti attuativi - effettua il monitoraggio trimestrale sull’andamento della spesa e ne comunica i risultati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, entro il mese successivo al relativo trimestre.

Qualora siano accertate, rispetto agli oneri previsti per le due misure in esame, eventuali economie per alcune misure e maggiori oneri per altre, altre, entrambi aventi anche carattere pluriennale, il terzo periodo del comma prevede che possono essere effettuate variazioni compensative tra gli stanziamenti interessati, per allineare gli stanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato sui due Fondi agli effettivi livelli di spesa.

Le eventuali economie non utilizzate per le suddette compensazioni, possano altresì essere destinate a riconfluire nei rispettivi Fondi, assicurando comunque, per ciascun anno, il rispetto del limite di spesa complessivamente derivante dai commi 1 e 2.

Si tratta di meccanismo analogo a quello previsto per il ReI, che consente di trascinare all’esercizio successivo le eventuali economie che si determinano di anno in anno.

Al riguardo, l’articolo 20, comma 4, del D.Lgs. n. 147/2017 prevede che le risorse afferenti al Fondo Povertà eventualmente non impegnate nell'esercizio di competenza, possono esserlo in quello successivo, con priorità rispetto a quelle impegnabili nel medesimo esercizio successivo, assicurando comunque il rispetto dei limiti di spesa.

 

Il Ministro dell'economia e delle finanze è quindi autorizzato ad apportare con propri decreti, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le occorrenti variazioni di bilancio, anche in conto residui.

 

L’accertamento avviene quadrimestralmente, tramite la procedura di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, cioè tramite Conferenza dei servizi.

 

 


 

Articoli 22 e 26
(Apprendistato e alternanza scuola-lavoro)

 

 

Gli articoli 22 e 26 rideterminano specifiche risorse destinate (articolo 22) al finanziamento dei percorsi formativi relativi all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (e dei percorsi formativi relativi all'alternanza tra scuola e lavoro) e (articolo 26) agli incentivi per le assunzioni con la medesima tipologia di apprendistato (della cui nuova dotazione occorre rideterminate la destinazione, in relazione al 2019). Gli oneri sono posti a carico del Fondo sociale occupazione e formazione, di cui si conferma la sussistenza delle risorse.

 

Più specificamente:

§  l’articolo 22 incrementa lo stanziamento per il finanziamento dei richiamati percorsi formativi disposto dalla L. 205/2017 (75 milioni di euro a decorrere dal 2018) per un importo pari a 50 milioni (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui la relazione tecnica allegata conferma la sussistenza delle necessarie risorse), portando così il finanziamento a 125 milioni di euro limitatamente al 2019;

§  l’articolo 26 diminuisce lo stanziamento degli incentivi per le assunzioni con il contratto di apprendistato richiamato in precedenza (di cui all’articolo 32, comma 1, del D.Lgs. 150/2015[8]), così come stabilito dalla L. 205/2017. In particolare, sono stanziati 5 milioni per il 2019 (in luogo dei 15,8 milioni previsti, considerati eccedenti dalla relazione tecnica allegata) e 5 milioni di euro a decorrere dal 2020 (in luogo dei 22 milioni previsti).

Al riguardo la relazione tecnica allegata afferma che l’incremento finanziario previsto a partire dal 2019 dall’articolo 1, comma 110, lettera d) (vedi infra), risulta eccedente rispetto al totale finanziario allocato dall’articolo 68, comma 4, lettera a), della L. 144/1999, nell’ambito del quale rientra l’intervento del citato comma 110 dell’articolo 1 della legge 205/2017. Inoltre, risulta necessario rideterminare la destinazione in 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.

 

L’articolo 1, commi 110-112, della L. 205/2017 ha previsto specifici finanziamenti nel settore della formazione e dell'apprendistato, a decorrere dal 2018, a carico del richiamato Fondo sociale per occupazione e formazione.

In particolare:

§  il comma 110, lettera b), ha stanziato 75 milioni per il finanziamento dei percorsi formativi relativi ai contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, nonché dei percorsi formativi relativi all'alternanza tra scuola e lavoro;

§  il comma 110, lettera d), ha stanziato 5 milioni per il 2018, 15,8 milioni per il 2019 e 22 milioni annui a decorrere dal 2020, per l'estensione degli incentivi (già previsti da precedenti interventi legislativi fino al 31 dicembre 2017) per le assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.

 


 

Articolo 23
(Piani di recupero occupazionale)

 

 

L’articolo 23 autorizza per l’anno 2019 la destinazione di somme per la erogazione del trattamento di mobilità in deroga per i lavoratori delle aree di crisi industriale al fine di completare i piani di recupero occupazionale previsti.

 

La norma prevede la facoltà di utilizzare le restanti risorse finanziarie stanziate per far fronte, attraverso l’erogazione del trattamento di mobilità in deroga, ai piani di recupero occupazionale in favore dei lavoratori delle aree di crisi industriale previsti da specifiche disposizioni (l'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 e l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 9 maggio 2018, n. 44, per le specifiche situazioni occupazionali della regione Sardegna), nonché ulteriori 117 milioni di euro a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185)

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le predette risorse sono ripartite proporzionalmente tra le regioni in base alle rispettive esigenze.

 

L'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto la possibilità di concedere un ulteriore intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga (sulla base di specifici accordi stipulati in sede governativa), entro un limite massimo di spesa di 216 milioni di euro per il 2016 e di 117 milioni di euro per il 2017.Il trattamento può essere concesso, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta alla data dell'8 ottobre 2016. Per essere ammessa all'ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria l'impresa ha l'obbligo di presentare un piano di recupero occupazionale che prevede appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, con contestuale dichiarazione di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni presenti nello stesso D.Lgs. 148/2015 né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Con specifico decreto ministeriale, le risorse sono proporzionalmente ripartite tra le regioni in base alle richieste, entro il limite massimo complessivo di spesa in precedenza richiamato. È previsto, infine, il monitoraggio da parte dell'INPS.

Il richiamato art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. n. 185/2008 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo sociale per occupazione e formazione. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di politica attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga. A legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017), il capitolo afferente al Fondo sociale per occupazione e formazione, Cap. 2230/Lavoro, riporta stanziamenti pari a 543,8 milioni per il 2018, a 528,2 milioni per il 2019 e a 428 milioni per il 2020.


 

Articolo 24
(Politiche attive del lavoro )

 

 

L’articolo 24 prevede che specifiche risorse, stanziate da precedenti provvedimenti legislativi e non utilizzate, siano destinate ad interventi di politica attiva del lavoro, incrementando a tal fine anche il Fondo per le politiche attive del lavoro.

 

Più specificamente:

§  le risorse non utilizzate per i programmi di riqualificazione e ricollocazione di lavoratori in situazione di crisi aziendale o settoriale nel Mezzogiorno, di cui all’articolo 10, comma 1, del D.L. 91/2017, restano acquisite al bilancio dell’ANPAL al fine di essere utilizzate per programmi di politica attiva del lavoro;

§  i risparmi di spesa presenti nel Fondo istituito per finanziare l’erogazione dell’indennità di partecipazione prevista dall’Accordo del 24 gennaio 2013[9] ai tirocinanti che effettuino tirocini formativi e di orientamento nelle Pubbliche Amministrazioni realizzati, di cui all’articolo 2, comma 6, del D.L. 76/2013, affluiscono al Fondo per le politiche attive del lavoro.

 

L’articolo 10, comma 1, del D.L. 91/2017 ha stanziato 15 milioni di euro per il 2017 e 25 milioni di euro per il 2018 a favore dell’ANPAL per specifici programmi (attuati dall’ANPAL stessa) volti alla riqualificazione e alla ricollocazione di lavoratori coinvolti in situazioni di crisi aziendale o settoriale nelle regioni del Mezzogiorno, in raccordo con le regioni interessate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) e con i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua.

 

L’articolo 2, comma 6, del D.L. 76/2013 ha disposto, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, l’erogazione dell’indennità di partecipazione prevista dall’Accordo del 24 gennaio 2013 ai tirocinanti che effettuino tirocini formativi e di orientamento nelle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo istituendo un apposito fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con dotazione di 2 milioni di euro annui per il periodo temporale in precedenza richiamato. Tale fondo opera per le ipotesi in cui si possa, per comprovate ragioni, far fronte al relativo onere attingendo ai fondi già destinati alle esigenze formative delle amministrazioni interessate.

 

Il Fondo per le politiche attive del lavoro, istituito dall’articolo 1, comma 215, della L. 147/2013 (con l’obiettivo favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, e di lavoratori in stato di disoccupazione involontaria), presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con dotazione pari a 15 milioni di euro per il 2014, e 20 milioni di euro annui per il biennio 2015-2016, opera per la realizzazione di iniziative, anche sperimentali, volte a potenziare le politiche attive del lavoro, tra le quali la sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione. Il Fondo è stato rideterminato con l’articolo 17 , comma 1, del D.Lgs. 22/2015 (32 milioni di euro per il 2015), e successivamente con l’articolo 43, comma 6, del D.Lgs. 148/2015 (32 milioni di euro per il 2016, 82 milioni di euro annui per il triennio 2017-2019, 72 milioni di euro per il 2020, 52 milioni di euro per il 2021, di 40 milioni di euro per il 2022, 25 milioni di euro per il 2023 e 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2024). Con decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 14 novembre 2014 sono state stabilite le finalità del Fondo e le modalità di accesso allo stesso.


 

Articolo 25
(Fondo nazionale per le politiche migratorie)

 

 

L’articolo 25 reca un rifinanziamento del Fondo nazionale per le politiche migratorie per 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.

 

Si viene a prevedere un incremento di 3 milioni annui, per il Fondo nazionale per le politiche migratorie.

 

L’articolo 45 del Testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 286 del 1998) istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato al finanziamento delle seguenti iniziative:

§  accoglienza di stranieri immigrati per cause eccezionali;

§  istruzione degli stranieri ed educazione interculturale;

§  centri di accoglienza;

§  misure di integrazione quali la diffusione delle informazioni utili all’inserimento degli stranieri nella società e alla conoscenza della cultura originaria degli stranieri;

§  stanziamento per la Commissione per le politiche di integrazione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il regolamento (d.P.R. n. 394 del 1999) di attuazione del Testo unico stabilisce, all'articolo 58, che una quota pari all'80 per cento dei finanziamenti dell'intero Fondo sia destinata ad interventi annuali e pluriennali attivati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, nonché dagli enti locali, per straordinarie esigenze di integrazione sociale determinate dall'afflusso di immigrati. La restante quota pari al 20 per cento dei finanziamenti è destinata ad interventi di carattere statale.

La medesima disposizione prevede che il riparto delle somme sia effettuato con decreto ministeriale.

 

Le note integrative allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali riportano che il Fondo è volto a sostenere l'azione 'di sistema' per l'integrazione sociale e l'inserimento lavorativo dei migranti.

Esso è alimentato annualmente attraverso il riparto del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Per questo motivo il fondo non viene mai accreditato sul pertinente capitolo di spesa dalla legge di bilancio ma interviene solo verso la fine dell'anno finanziario. Pertanto si utilizzano una serie di impegni i cui effetti risultano visibili nell'anno finanziario successivo.

Si segnala che lo stanziamento del fondo è recato dal cap. 3783 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale capitolo non reca somme a legislazione vigente.


 

Articolo 27
(Investimenti qualificati)

 

 

L’articolo 27 innalza l’importo che gli enti di previdenza obbligatoria possono destinare agli investimenti qualificati ed ai PIR – Piani individuali di risparmio a lungo termine, dal 5 all’8 per cento dell’attivo patrimoniale di detti enti.

 

L’articolo 27 eleva dal 5 all’8 per cento dell’attivo patrimoniale (comma 88 della legge di bilancio 2017, come modificato dal decreto-legge n. 50 del 2017) il limite delle somme che gli enti di previdenza obbligatoria (di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103) possono destinare agli investimenti qualificati, come definiti dal comma 89 dell’articolo 1 della medesima legge di bilancio 2017, nonché ai piani di risparmio a lungo termine indicati al comma 100 dello stesso articolo 1.

 

Rinviando alla documentazione web per approfondimenti, si ricorda in questa sede che la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016, articolo 1, commi 88-114, successivamente modificata dal decreto-legge n. 50 del 2018 e dalla legge di bilancio 2018) ha introdotto agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine (per almeno cinque anni) nelle imprese e in particolar modo nelle PMI, nonché per le persone fisiche attraverso i piani individuali di risparmio.

In particolare, i commi 88 e 89 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 hanno consentito agli enti di previdenza obbligatoria (Casse di previdenza private) di effettuare investimenti qualificati e (per effetto del decreto-legge n. 50 del 2017) di investire nei PIR – Piani di risparmio a lungo termine, nel limite del 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente.

Gli investimenti cd. qualificati devono avere per oggetto (comma 89) azioni o quote di imprese residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo ovvero azioni o quote di OICR residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo i quali investono prevalentemente nelle predette azioni o quote di imprese. I redditi generati dai suddetti investimenti, salve le partecipazioni qualificate, sono esenti da imposizione (comma 90); il comma 91 prevede che gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato devono essere detenuti per almeno cinque anni. Ove ceduti prima dei cinque anni, essi sono sottoposti all’imposta sostitutiva secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni.

La disciplina dei PIR – Piani individuali di risparmio a lungo termine (commi 100-114 della legge n. 232 del 2016) prevede un regime di esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti da investimenti detenuti per almeno 5 anni nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le Pmi, nei limiti di 30mila euro all'anno e, comunque di complessivi 150mila euro. I piani di risparmio devono essere gestiti dagli intermediari finanziari e dalle imprese di assicurazione i quali devono investire le somme assicurando la diversificazione del portafoglio.

 

Si ricorda infine che il comma 92 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 consente anche alle forme di previdenza complementare (fondi pensione) di destinare somme, fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, negli investimenti qualificati ed ai PIR. Le modifiche in esame non incidono, tuttavia, sul comma 92: per i fondi pensione resta dunque fermo il limite del 5 per cento attualmente previsto.

 


 

Articolo 28, commi 1-3
(Assunzioni nella pubblica amministrazione)

 

 

L’articolo 28, commi 1-3, rifinanzia il Fondo per il pubblico impiego per la parte relativa alle nuove assunzioni a tempo indeterminato presso la pubblica amministrazione, individuate nell’ambito delle vacanze di organico e in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente.

 

Più nel dettaglio, la parte del suddetto Fondo destinata al finanziamento di assunzioni nella P.A. (di cui all’art. 1, c. 365, lett. b), della L. 232/2016) è rideterminata nel modo seguente (comma 1):

§  130 milioni di euro per il 2019;

§  320 milioni di euro per il 2020;

§  420 milioni di euro dal 2021.

La legge di bilancio 2017 ha istituito un Fondo per il pubblico impiego, con una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,93 miliardi di euro a decorrere dal 2018, volto a finanziare:

-    la contrattazione collettiva nel pubblico impiego relativa al triennio 2016-2018 e il miglioramento economico del personale non contrattualizzato;

-    le assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, nell'ambito delle amministrazioni dello Stato (inclusi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco);

-    l'attuazione degli interventi normativi previsti in materia di reclutamento, stato giuridico e progressione in carriera del personale delle forze di polizia, delle forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ovvero il finanziamento della proroga, per il 2017, del contributo straordinario di 960 euro su base annua, già previsto per il 2016, in favore del personale appartenente ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e alle forze armate non destinatario di un trattamento retributivo dirigenziale.

Sul punto, si ricorda che il D.P.C.M. 27 febbraio 2017, nella ripartizione delle risorse del Fondo, ha destinato alla medesima finalità 153,24 milioni di euro dal 2018.

 

Ai sensi dei commi 1 e 2 , le assunzioni a favore dei predetti soggetti sono individuate, in aggiunta alle vigenti facoltà di assunzione, con apposito decreto interministeriale, con conseguente ripartizione delle risorse (tenendo conto, tra l’altro, delle indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza e urgenza in relazione agli effettivi fabbisogni), da destinarsi prioritariamente per il reclutamento di professionalità con competenze in specifiche materie (tra cui digitalizzazione, semplificazione dei procedimenti amministrativi, controllo di gestione, verifica di impatto della regolamentazione, ecc.) .

 

Riguardo alle facoltà assunzionali, il D.L. 90/2014 ha eliminato (dal 2014) il vincolo alle assunzioni relativo alle percentuali di unità lavorative cessate nell'anno precedente (cd. limite capitario), mantenendo il solo criterio basato sui risparmi di spesa legati alla cessazioni di personale (peraltro con riferimento al solo personale di ruolo) avvenute nell'anno precedente. Si ricorda, inoltre, che la percentuale di limitazione alle assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale per specifiche amministrazioni dello Stato e per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno è stata fissata dalla legge di stabilità 2016, nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente, per il triennio 2016-2018. Di conseguenza, a partire dal 2019, riacquista piena efficacia la disciplina contenuta nell’art. 3, c. 5, del D.L. 90/2014 con superamento delle limitazioni al turn over.

 

Il comma 3 prevede che, fatta salva l’esigenza di professionalità con competenze specifiche, le suddette procedure concorsuali autorizzate sono svolte mediante concorsi pubblici unici (per esami o per titoli ed esami, in relazione a figure professionali omogenee) organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica per il tramite della Commissione Interministeriale per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM), in deroga a quanto previsto in materia di mobilità volontaria.

 

La mobilità volontaria (di cui all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001) è un istituto che permette di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, dietro domanda di trasferimento e, generalmente, con assenso dell'amministrazione di appartenenza. In via sperimentale, si è prevista la possibilità di trasferimenti anche in mancanza dell'assenso dell'amministrazione di appartenenza, a condizione che l'amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell'amministrazione di provenienza.

 

Limitatamente alla procedura concorsuale per la copertura di posizioni dirigenziali, il medesimo comma 3 prevede, infine, la possibilità di destinare al personale interno, in possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al concorso, una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli banditi.


 

Articolo 28, comma 4
(Assunzione di personale amministrativo
presso il Ministero della giustizia)

 

 

L’articolo 28, comma 4 autorizza il Ministero della giustizia, per il triennio 2019-2021, ad assumere a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, un numero massimo di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale.

 

Il comma 4, per il triennio 2019-2021, autorizza il Ministero della giustizia ad assumere a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali (v. supra) e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, un numero massimo di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale.

Le finalità dell’intervento risiedono nell’esigenza:

§  di potenziare e garantire la funzionalità degli uffici giudiziari;

§  prevenire fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale dei detenuti;

§  di realizzare una rete territoriale di istituti a custodia attenuata per detenute madri;

§  far fronte alle esigenze di funzionamento degli istituti penali per i minorenni.

 

Analoga disposizione è stata dettata dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, co. 489) che, per favorire la piena funzionalità' degli uffici giudiziari, ha autorizzato il Ministero della giustizia ad assumere, nell'ambito della dotazione organica, per il triennio 2018-2020, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, un ulteriore contingente massimo di 1.400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria.

 

Le assunzioni programmate dal comma 4 riguardano:

§  903 unità di Area II nel 2019, 1000 unità di Area III per il 2020 e 1.000 unità di Area II per il 2021, reclutate mediante lo scorrimento di graduatorie valide alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame o mediante procedure concorsuali pubbliche (disciplinate con apposito decreto interministeriale) disposte senza la previa attivazione della procedura di mobilità collettiva, nonché in deroga ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente in materia di turn over (v. supra);

§  97 unità per il 2019 (81 di Area III e 16 di Area II) per l’esigenza del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, destinate ai ruoli di funzionario contabile, funzionario dell’organizzazione, funzionario amministrativo e tecnico nonché di contabile.

Alla copertura dei relativi oneri (pari a 30.249.571 euro per il 2019, 78.363.085 per il 2020 e 114.154.525 a regime, dal 2021) si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame.

Viene, inoltre, autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2019 per lo svolgimento delle procedure concorsuali necessarie alle suddette assunzioni.

 

La Relazione tecnica riepiloga il programma assunzioni per il triennio 2019-2021, da attuare attraverso lo scorrimento di graduatorie in corso di validità e mediante svolgimento di procedure concorsuali. Per il primo anno, il contingente di personale è assunto non prima del mese di marzo 2019.

 

Programma assunzioni 2019-2021

2019

2020

2021

n. 1.000 unità (81 area III, 919 area II)

30.249.571

36.299.485

36.299.485

n. 1.000 unità di III area

0

42.063.600

42.063.600

n. 1.000 unità di II area

 

 

35.791.440

Totale

30.249.571

78.363.085

114.154.525

 


 

Articolo 28, comma 5
(Assunzioni Ministero Interno)

 

 

L’articolo 28, comma 5 autorizza il Ministero dell’Interno – per il triennio 2019-2021 - ad assumere a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, 775 unità di personale della carriera prefettizia e di livello dirigenziale e non dirigenziale dell’amministrazione civile dell’interno.

 

Più nel dettaglio, la suddetta autorizzazione, volta ad assicurare la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno, anche in relazione ai compiti in materia di immigrazione e ordine pubblico, riguarda le seguenti unità di personale:

§  50 unità nella qualifica iniziale di accesso alla carriera prefettizia;

§  25 unità nella qualifica iniziale di accesso alla dirigenza dell’Area Funzioni Centrali;

§  250 unità nell’Area III posizione economica F1;

§  450 unità nell’Area II posizione economica F2.

Le relative procedure concorsuali possono essere bandite anche in deroga a quanto disposto in materia di mobilità volontaria (vedi supra) e di mobilità collettiva.

 

La mobilità collettiva si attiva nelle ipotesi di soprannumero o eccedenze di personale. In particolare, il richiamato art. 34-bis del D.Lgs. 165/2001, dispone che le amministrazioni pubbliche prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare al personale in disponibilità (iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro) l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.

 

Alla copertura dei relativi oneri (pari a 32.842.040 euro per il 2019 e il 2020 e 34.878.609 euro dal 2021) si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame.


 

Articolo 28, comma 6
(Assunzioni presso il Ministero dell’ambiente)

 

 

L’articolo 28, comma 6, autorizza l’assunzione a tempo indeterminato, per il triennio 2019-2021, presso il Ministero dell’ambiente, di 420 unità di personale (di cui 20 di livello dirigenziale) anche in sovrannumero (con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo) e in deroga alla normativa vigente e senza il previo esperimento delle procedure in materia di mobilità ordinaria e collettiva. Conseguentemente, si dispone la progressiva riduzione delle vigenti convenzioni del Ministero riguardanti attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico ed operativo in materia ambientale.

Gli oneri corrispondenti sono quantificati nel limite massimo di spesa di 4,1 milioni di euro per il 2019, 14,9 milioni per il 2020 e 19,1 milioni dal 2021, nonché in ulteriori 800.000 euro, per il 2019, per lo svolgimento delle procedure concorsuali.

Assunzioni presso il Ministero dell'ambiente

Il comma 6 – al fine di potenziare l’attuazione delle politiche ambientali, di perseguire un’efficiente ed efficace gestione delle risorse pubbliche destinate alla tutela dell’ambiente, anche allo scopo di prevenire l’instaurazione di nuove procedure europee di infrazione e di superare quelle in corso – autorizza l’assunzione a tempo indeterminato, per il triennio 2019-2021, presso il Ministero dell’ambiente, di un contingente di personale di 420 unità così suddivise:

§  400 unità di livello non dirigenziale;

§  20 unità di livello dirigenziale non generale (con riserva di posti non superiore al 50 per cento al personale interno).

Disciplina delle assunzioni e modifiche alla dotazione organica

Le suddette assunzioni sono effettuate mediante concorsi (affidati alla Commissione Interministeriale per l’attuazione del progetto RIPAM) per titoli ed esami (valorizzando l’esperienza lavorativa in materia ambientale nell’ambito della pubblica amministrazione).

Viene altresì precisato che le assunzioni avvengono anche in sovrannumero con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo.

Conseguentemente, la dotazione organica del Ministero viene incrementata di 320 unità (300 di livello non dirigenziale e 20 di livello dirigenziale non generale).

Le assunzioni in questione avvengono inoltre:

§  in deroga alle vigenti facoltà assunzionali;

§  anche in deroga a quanto previsto dal D.L. 101/2013 (che dispone, tra l’altro, che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare nuove procedure concorsuali, attingano dalle graduatorie in corso di validità);

§  senza il previo esperimento delle procedure in materia di mobilità ordinaria e collettiva.

La mobilità volontaria (di cui al richiamato art. 30 del D.Lgs. 165/2001) è un istituto che permette di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, dietro domanda di trasferimento e, generalmente, con assenso dell'amministrazione di appartenenza. In via sperimentale, si è prevista la possibilità di trasferimenti anche in mancanza dell'assenso dell'amministrazione di appartenenza, a condizione che l'amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell'amministrazione di provenienza.

La mobilità collettiva si attiva nelle ipotesi di soprannumero o eccedenze di personale. In particolare, il richiamato art. 34-bis del D.Lgs. 165/2001, dispone che le amministrazioni pubbliche prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare al personale in disponibilità (iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro) l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.

Riduzione delle convenzioni in essere

Conseguentemente si dispone, con riferimento al totale delle convenzioni vigenti nel 2018, la progressiva riduzione delle convenzioni riguardanti attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico ed operativo in materia ambientale nelle seguenti percentuali: fino al 10% nel 2020, al 20% nel 2021, al 50% nel 2022, al 70% nel 2023 e al 100% nel 2024. La riduzione fa salva la possibilità per il Ministero, prevista dall’articolo 8, comma 1, della legge n. 349 del 1986, di avvalersi dei servizi tecnici dello Stato e delle aziende sanitarie locali, nonché della collaborazione di organi di consulenza dello Stato, enti pubblici di ricerca ed istituti universitari.  Le risorse derivanti dalle suddette riduzioni sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e rimangono acquisite all’erario, con corrispondente riduzione, a regime, dei relativi stanziamenti di bilancio a seguito della quantificazione delle risorse che derivano dall’estinzione delle suddette convenzioni, demandata ad apposito decreto interministeriale nell’esercizio finanziario 2025.

Per gli anni dal 2019 al 2024, le risorse derivanti dalla riduzione delle convenzioni, annualmente accertate con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e rimangono acquisite all’erario.

Nell’esercizio finanziario 2025, con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate e quantificate le risorse che derivano dall’estinzione delle convenzioni al fine di ridurre corrispondentemente, a regime, i relativi stanziamenti di bilancio.

 

Il Ministero dell’ambiente si avvale, per numerose attività tecniche, della Sogesid S.p.A., a capitale interamente statale, la quale è strumentale anche alle esigenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente dispone che il Ministro se ne avvalga per le attività strumentali alle finalità e alle attribuzioni istituzionali del Ministero “nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, per la gestione in house”. Oltre che per attività di ingegneria finalizzate alla realizzazione di interventi sul territorio (bonifiche, interventi di risanamento idrogeologico, messa in sicurezza di discariche, e così via), il Ministero dell’ambiente si è servito, nel corso degli anni, della Sogesid per le attività di “assistenza tecnica” o di “supporto tecnico-specialistico ed operativo” alle direzioni generali, che si sono sostanziate in prestazioni lavorative rese dal personale della società presso la sede del Ministero in collaborazione diretta con gli uffici ministeriali, attraverso la stipula di numerose convenzioni. Per approfondire i compiti del Ministero dell'ambiente e il ruolo della Sogesid S.p.A. si rinvia alla Deliberazione 6 agosto 2018, n. 16/2018/G della Corte dei conti. 

Copertura degli oneri

Alla copertura degli oneri corrispondenti alle assunzioni autorizzate dal comma in esame si provvede (nel limite massimo di spesa di 4,1 milioni di euro per il 2019, 14,9 milioni per il 2020 e 19,1 milioni dal 2021) a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal disegno di legge in esame.

Per lo svolgimento delle relative procedure concorsuali è autorizzata la spesa di 800.000 euro per il 2019, a valere sul Fondo da ripartire per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente.


 

Articolo 28, comma 7
(Assunzione di personale presso l’Avvocatura dello Stato)

 

 

Il comma 7 dell’articolo 28 autorizza l’Avvocatura Generale dello Stato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, ad assumere per il triennio 2019-2021 un contingente di personale pari a 91 unità, di cui 6 dirigenti di livello non generale e 85 unità di personale non dirigenziale.

 

Il comma 7 autorizza, per il triennio 2019-2021 l’Avvocatura dello Stato, all’assunzione a tempo indeterminato, mediante apposita procedura concorsuale per titoli ed esami (affidata alla Commissione Interministeriale per l’attuazione del progetto RIPAM, cfr. comma 3), un contingente di personale di 91 unità così suddivise:

§  85 unità di livello non dirigenziale (35 unità appartenenti all’Area III, posizione economica F1 e 50 unità appartenenti all’Area II, posizione economica F1, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado, anche con particolare specializzazione nelle materie tecnico-giuridiche);

§  6 unità di livello dirigenziale non generale.

Conseguentemente, la dotazione organica dell’Avvocatura è incrementata di 91 unità.

Le suddette assunzioni e le relative procedure concorsuali avvengono per titoli ed esami:

§  in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali (vedi supra, comma 3);

§  in deroga a quanto previsto dal D.L. 101/2013 (che dispone, tra l’altro, che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare nuove procedure concorsuali, attingano dalle graduatorie in corso di validità);

§  senza il previo esperimento delle procedure in materia di mobilità ordinaria e collettiva (vedi supra, comma 3).

 

Limitatamente alla procedura concorsuale per la copertura di posizioni dirigenziali, viene prevista la possibilità di destinare al personale interno, in possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al concorso, una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli banditi.

Alla copertura dei relativi oneri assunzionali (nel limite massimo di spesa di 1.082.216 euro per il 2019, 3.591.100 per il 2020 e 4.013.480 dal 2021) si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame.

Il minor onere per l’anno 2019 deriva dai tempi tecnici per effettuare le procedure concorsuali e dalla conseguente impossibilità di assumere il personale (verosimilmente) prima del giugno 2019. Entro detto termine, le assunzioni riguarderanno le seguenti misure massime: n. 12 funzionari appartenenti all’Area III – posizione economica F1, n. 25 funzionari appartenenti all’Area II – posizione economica F1 e n. 6 unità di personale di livello dirigenziale non generale.


 

Articolo 28, commi 8 e 9
(Assunzioni nella magistratura amministrativa)

 

 

L’articolo 28, al comma 8, al fine di migliorare la funzionalità della giustizia amministrativa, autorizza per il triennio 2019-2021, l’assunzione, con conseguente incremento della dotazione organica, di Consiglieri di Stato e Referendari dei Tribunali amministrativi regionali, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali ed in deroga alla normativa sul turn-over. Per le stesse finalità il comma 9 prevede l’assunzione di un massimo di 26 unità di personale amministrativo nel triennio 2019-2021.

 

Per agevolare la definizione dei processi amministrativi pendenti e di ridurre ulteriormente l'arretrato della giustizia amministrativa, è autorizzata l’assunzione, anche in deroga ai vigenti limiti assunzionali (vedi supra) e con conseguente incremento della dotazione organica, di:

§  Consiglieri di Stato e Referendari dei Tribunali Amministrativi regionali (comma 8);

§  nel triennio 2019-2021, un numero massimo di 26 unità di personale amministrativo non dirigenziale (comma 9).

Per le assunzioni dei nuovi magistrati amministrativi è autorizzata la spesa per un onere massimo complessivo di 4,9 milioni di euro per il 2019, 5 milioni per gli anni 2020 e 2021, 5,6 milioni per il 2022, 5,9 milioni per gli anni 2023 e 2024, 6 milioni per il 2025, 6,1 milioni per il 2026 e 7 milioni dal 2027. Per le connesse esigenze di funzionamento della giustizia amministrativa è inoltre autorizzata la spesa di 500 mila euro per il 2019 e di un milione dal 2020.

La Relazione tecnica chiarisce che la proiezione decennale della spesa corrisponde ad un contingente di 20 Referendari di T.A.R. e di 12 Consiglieri di Stato.

Per le assunzioni del personale amministrativo è autorizzata la spesa di 0,6 milioni di euro per il 2019 e 1,12 milioni dal 2020; per tali assunzioni, si configura l’obbligo, per l’amministrazione, di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato i dati relativi al personale assunto e i relativi oneri.

Sempre la citata Relazione tecnica segnala che “in considerazione dei tempi tecnici di svolgimento delle procedure concorsuali, il predetto contingente di n. 26 unità di personale sarà verosimilmente assunto non prima del mese di luglio 2019”.


 

Articolo 28, commi 10-12
(
Assunzioni di personale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostrada)

 

 

L’articolo 28, commi 10-12, amplia il contingente di personale da assegnare all’ Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali (ANSFISA).

 

Il comma 10 dell'articolo 28, al fine di poter far fronte alle complesse funzioni affidate alla nuova Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali (ANSFISA), apporta alcune modifiche all'articolo 12 del decreto-legge n. 109 del 2018 (cd. decreto legge Genova), ancora in corso di conversione.

 

L'articolo 12, è opportuno ricordare, ha previsto l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, a decorrere dal 1° gennaio 2019. Tale Autorità succede a titolo universale all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF).

 

Più nel dettaglio la disposizione in commento modifica, in primo luogo, la lettera b) del comma 9 dell'articolo 12, prevedendo un aumento della dotazione organica complessiva dell’Agenzia di ulteriori 135 unità (incremento da 434 a 569 unità), di cui 7 posizioni dirigenziali di livello non generale (da 35 a 42 unità) (lett.a).

 

Il comma 9 prevede che il regolamento di amministrazione dell'Agenzia sia deliberato, su proposta del direttore, dal comitato direttivo e sottoposto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che lo approva, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze. A tale regolamento è demandata dalla lettera b) la fissazione delle dotazioni organiche complessive del personale di ruolo dipendente dall'Agenzia nel limite massimo di 434 unità, di cui 35 di livello dirigenziale non generale e 2 uffici di livello dirigenziale generale.

 

Il comma 10, in secondo luogo, modifica il comma 12 dell'articolo 12 del c.d. decreto-legge Genova, il quale prevede l’incremento del contingente aggiuntivo, da assegnare all’Agenzia, per l’esercizio delle funzioni in materia di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali personale. In particolare la modifica in esame prevede un incremento di ulteriori 128 unità di personale non dirigenziale (da 122 a 250) e di ulteriori 7 posizioni di livello dirigenziale non generale (da 8 a 15) (lett. b).

 

Il comma 12 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 109 oltre all'intera dotazione organica del personale dell'ANSF, assegna all'Agenzia un contingente di personale di 122 unità, destinato all'esercizio delle funzioni in materia di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali e di 8 posizioni di uffici di livello dirigenziale non generale.

 

Infine la disposizione in commento modifica il comma 15 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 109, incrementando di ulteriori 128 unità di personale non dirigenziale (incremento da 211 a 339 unità), di cui 64 unità da assumere nel 2019 e 64 unità nel 2020 e di ulteriori 7 posizioni dirigenziali di livello non generale (incremento da 25 a 32 unità), di cui 4 unità da assumere nel 2019 e 3 unità nel 2020 (lett. c).

 

Ai sensi del comma 15, l'Agenzia è autorizzata all'assunzione a tempo indeterminato di 141 unità di personale e 15 dirigenti nel corso dell'anno 2019 e di 70 unità di personale e 10 dirigenti nel corso dell'anno 2020 da inquadrare nelle aree iniziali stabilite nel regolamento di amministrazione.

 

Il comma 11 dell'articolo 28, inoltre, prevede che a tali oneri assunzionali, quantificati in euro 2.063.891 per l’anno 2019 e in euro 8.113.523 a decorrere dal 2020, si provveda a valere sulle risorse del fondo di cui all’articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, lettera b), come rifinanziato dal comma 1 dell'articolo in commento.

 

In merito alla quantificazione del trattamento economico complessivo, la relazione tecnica precisa come siano stati presi a riferimento i costi unitari medi per singola qualifica sulla base del CCNL delle funzioni centrali, secondo le tabelle retributive dell’ENAC, che l’ANSFISA applicherà al proprio personale ai sensi del comma 16 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 109.

 

Inoltre per il funzionamento dell’agenzia il comma 12 autorizza l’ulteriore spesa di 1 milione nel 2019 e a 2 milioni a decorrere dal 2020.

 

Gli oneri di funzionamento, come precisa la relazione tecnica, comprendono le spese per missioni, assicurazioni, buoni pasto, formazione, interventi assistenziali, materiali di cancelleria, spese di rappresentanza, utenze e canoni, utilizzo beni di terzi, manutenzioni ordinarie e riparazioni, consulenze, servizi amministrativi, servizi informatici, etc.


 

Articolo 28, comma 13
(Personale della carriera diplomatica)

 

 

L’articolo 28, comma 13, prevede che sia rimodulata, in base ai fabbisogni triennali programmati, la dotazione organica del personale della carriera diplomatica, garantendo la neutralità finanziaria della rimodulazione.

 

 

Il comma demanda a un apposito D.P.C.M. - da adottarsi secondo la procedura prevista per l’adozione dei decreti per il riordino dell’organizzazione dei Ministeri[10] - la rimodulazione, sulla base dei fabbisogni triennali programmati, della dotazione organica del personale della carriera diplomatica, tenendo anche conto della spesa autorizzata dal decreto-legge n. 1/2010, da ultimo modificato dalla legge 27 dicembre 2017 n. 205, per le assunzioni effettuate dal Ministero degli Affari esteri, autorizzate per il periodo 2010-2014 e 2016-2019.

 

La relazione tecnica precisa cha dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, stante che la rimodulazione in parola dovrà avvenire garantendo la neutralità finanziaria.

 

Il richiamato decreto-legge n.1/2010, nella sua formulazione originaria, all’art. 4, disponeva, ai fini dell’entrata in funzione, a partire dall’aprile 2010, del nuovo Servizio europeo per l’azione esterna, che il Ministro degli affari esteri fosse autorizzato, in deroga alle vigenti disposizioni sul blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, a indire, nel quinquennio 2010-2014 a bandire annualmente un concorso di accesso alla carriera diplomatica e ad assumere un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione.

La legge di stabilità per il 2016, (legge n. 208/2015, art.1, comma 244, lett. a)) ha autorizzato l’indizione del concorso annuale in questione e l’assunzione di un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione in prova era stata autorizzata per il triennio 2016-2018.

Tale misura è stata ulteriormente prorogata al 2019 dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, comma 286, della legge n. 205/2017).

Articolo 28, comma 14
(Assunzioni presso il MIBAC)

 

 

Il comma 14 dell'articolo 28 autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali ad espletare, a decorrere dal biennio 2020/2021, procedure concorsuali per l'assunzione di complessive 1.000 unità di personale non dirigenziale, in deroga ai limiti assunzionali attualmente previsti e nel rispetto dell'attuale dotazione organica.

 

La disposizione prevede che il MIBAC, al fine di perseguire più efficacemente le missioni istituzionali, sia autorizzato ad assumere, a decorrere dall'anno 2020, 500 unità di personale non dirigenziale (di cui 250 unità appartenenti all'Area III, posizione economica F1 e 250 unità appartenenti all'Area II, posizione economica F1) ed a decorrere dall'anno 2021, ulteriori 500 unità di personale non dirigenziale (con la medesima ripartizione dell'anno precedente: 250 unità dell'Area III-F1, 250 unità dell'area II-F1). Le suddette assunzioni avvengono mediante concorso, in deroga ai limiti assunzionali vigenti e nel rispetto dell’attuale dotazione organica.

 

La relazione tecnica illustra in un'apposita tabella gli oneri assunzionali derivanti dall'attuazione della presente disposizione quantificando un onere pro capite, per ciascuno degli anni considerati, di 40.808,31 euro per ciascuna unità appartenente all'Area III-F1; di 33.673,31 per ciascuna unità appartenente all'Area II-F1. L'onere complessivo è dunque quantificato in 18.620.405 euro a decorrere dall'anno 2020 (di cui 10.202.078 euro per le 250 unità appartenenti all'Area III-F1 e 8.418.328 euro per le 250 unità appartenenti all'Area II-F1) e in 37.240.810 euro a decorrere dall'anno 2021 (derivante dalla somma del citato onere di 18.620.405 euro relativo al 2020 e di quello, di identico ammontare, quantificato per l'anno 2021).

 

Alla copertura finanziaria si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge n. 232 del 2016, come rifinanziato dal comma 1 dell'articolo 28 del disegno di legge in esame.

 

L’articolo 1, comma 365, della L. 232/2016 ha istituito uno specifico Fondo per finanziare vicende contrattuali e nuove assunzioni presso talune amministrazioni pubbliche. Il Fondo è ripartito con uno (o più) D.P.C.M., e presenta tre finalità (individuate nelle lettere a), b) e c) del medesimo comma 365). In particolare, la lettera b) del comma 365 definisce il finanziamento - per il 2017 e dal 2018 - di assunzioni a tempo indeterminato presso le richiamate amministrazioni ed enti. Per le assunzioni sono tenute in conto le specifiche richieste volte a fronteggiare "indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza in relazione agli effettivi fabbisogni". Le assunzioni sono autorizzate con specifico decreto interministeriale, entro le vacanze di organico, al netto della copertura di posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di personale appartenente ad altra amministrazione, e nel rispetto delle previsioni poste dall’articolo 4 del D.L. n. 101/2013 (conv. in L. n. 125/2013).

 


 

Articolo 28, comma 15
(Scorrimento delle graduatorie di concorso presso il MIBAC)

 

 

Il comma 15 dell'articolo 28 autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali a procedere - nel limite massimo di spesa di 3,75 milioni di euro e per un numero di posizioni superiore al 100 per cento dei posti messi a concorso - allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure di concorso bandite nel maggio 2016 per l'assunzione di 500 funzionari.

 

La disposizione in oggetto, al fine di garantire una migliore azione di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, consente lo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure di selezione pubblica bandite ai sensi dell'articolo 1, commi 328 e seguenti della L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016), nel limite massimo di spesa di 3,75 milioni di euro, per un numero di posizioni superiore al 100 per cento dei posti messi a concorso.

 

Il comma 328 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 ha autorizzato l'assunzione a tempo indeterminato presso il MIBACT (ora MIBAC) di 500 funzionari da inquadrare nell'Area del personale non dirigenziale III-F1, nei profili professionali di antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore e storico dell'arte.

Il D.M. 15 aprile 2016 (pubblicato nella G.U. del 26 aprile 2016, n. 96) ha successivamente disciplinato la procedura di selezione pubblica, per titoli ed esami, per il reclutamento complessivo delle suddette 500 unità di personale per i profili professionali sopra richiamati. Nella G.U. - serie speciale concorsi ed esami - n. 41 del 24 maggio 2016 si è dunque data comunicazione della pubblicazione sul sito http://ripam.formez.it dei relativi bandi di concorso ripartiti per i seguenti profili professionali: Funzionario antropologo: 5 posti; Funzionario archeologo: 90 posti; Funzionario architetto: 130 posti; Funzionario archivista: 95 posti; Funzionario bibliotecario: 25 posti; Funzionario demoetnoantropologo: 5 posti; Funzionario della promozione e comunicazione: 30 posti; Funzionario restauratore: 80 posti; Funzionario storico dell'arte: 40 posti.

 

La facoltà di scorrimento è concessa nel rispetto della dotazione organica prevista per il personale non dirigenziale di cui alla tabella B allegata al regolamento di organizzazione del MIBACT (ora MIBAC) di cui al D.P.C.M. n. 171/2014.

 

La Tabella B prevista dall'articolo 40, comma 1, del D.P.C.M. n. 171 del 2014, indica una dotazione organica complessiva di 19.050 unità di personale non dirigenziale, ripartita nelle seguenti aree: 700 unità nella I Area; 12.893 unità nella II Area; 5.457 unità nella III Area.

 

Alla copertura dei relativi oneri assunzionali si provvede, a decorrere dall'anno 2019, a valere sulle risorse del Fondo per il pubblico impiego di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge n. 232 del 2016, come rifinanziato dal comma 1 dell'articolo 28 del disegno di legge in esame.

 

La relazione tecnica specifica che il numero complessivo delle unità di idonei collocati nelle graduatorie di merito relative ai vari profili professionali è pari a 91, così articolato: a) 1 funzionario architetto; b) 1 funzionario storico dell'arte; c) 11 funzionari archivisti; d) 34 Funzionari per la promozione e la comunicazione; e) 16 funzionari archeologi; f) 9 funzionari demoetnoantropologi; g) 6 funzionari bibliotecari; h) 13 funzionari restauratori.

Non è chiaro se il predetto numero si riferisca al numero degli idonei che rimane ancora da assumere ovvero al numero degli idonei che possono essere assunti alla luce delle disponibilità iscritte a bilancio. Si fa notare, ad esempio, che non vengono indicati idonei per il profilo "Funzionario antropologo" che, dalla graduatoria di merito pubblicata sul sito del Formez, (http://riqualificazione.formez.it/sites/all/files/finale_antropologi_commissione_ripam.pdf) risultano pari a 7.

 

Sull’articolo 1, comma 365, lettera b), della L. 232/2016 si veda la scheda del dossier relativa al precedente comma.

 


 

Articolo 28, comma 16
(Obbligo di comunicazione)

 

 

L’articolo 28, comma 16, introduce l’obbligo per le amministrazioni beneficiarie delle risorse di cui al Fondo per il pubblico impiego di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato i dati relativi al personale da assumere ed i relativi oneri.

 

Più nel dettaglio, tale obbligo viene configurato in capo alle suddette amministrazioni, ad eccezione del Consiglio di Stato, dei Tribunali amministrativi regionali e del Ministero degli affari esteri, ai fini dell’assegnazione delle risorse del Fondo per il pubblico impiego relative alla parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame (vedi scheda art. 28, c- 1-3).

Si autorizza, infine, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 29
(Assunzioni di magistrati ordinari)

 

 

L’articolo 29 prevede la possibilità per il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di assumere nel 2019 i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame. L’organico della magistratura ordinaria viene aumentato di 600 unità e il Ministero della giustizia è, nel contempo, autorizzato a bandire annualmente, nel triennio 2019-2021, un concorso per un massimo di 200 posti.

 

L’articolo 29 prevede la possibilità per il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di assumere nel 2019 i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame (comma 1). Analoga disposizione era contenuta nella legge di bilancio 2018 (art. 1, co. 478).

Il comma 2 autorizza al contempo la relativa spesa, di cui stabilisce gli importi: 20,94 milioni di euro per l'anno 2019; 25,04 milioni per il 2020; 27,38 milioni per il 2021; 27,92 milioni per il 2022; 35,42 milioni per il 2023; 35,63 milioni per il 2023; 36,27 milioni per il 2025, 37,02 milioni per il 2026; 37,66 milioni per il 2027; 38,41 milioni a decorrere dall'anno 2028.

 

La Relazione tecnica chiarisce che si tratta del concorso per 360 posti, bandito con D.M. 19/10/2016, elevabili a 396, ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 8 del D.Lgs. n. 160/2006, le cui procedure si concluderanno nel corso del 2018; la relativa graduatoria sarà approvata entro il mese di dicembre 2018. Considerato che dal 1° gennaio al 13 settembre 2018 le cessazioni dei magistrati, a qualsiasi titolo, sono state di 74 unità, mentre per il periodo 13 settembre /31 dicembre 2018 sono previste cessazioni per limiti di età e dimissioni di ulteriori 41 unità, per un totale complessivo di 115 unità, le risorse da destinare al turn over per l’anno 2019, secondo le percentuali previste a legislazione vigente (pari al 100% delle cessazioni dell’anno precedente), sono da riferire ad un numero di circa 115 unità. Gli oneri aggiuntivi, per il bilancio dello Stato, riferiti ad un contingente massimo di n. 300 unità, con decorrenza 1° gennaio 2019 , tengono conto dell’utilizzo delle risorse del turnover.

 

Il comma 3 dell’art. 29 aumenta di 600 unità il ruolo organico del personale della magistratura ordinaria. Il Ministero della Giustizia, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, è quindi autorizzato, dal 2019 assumere tramite concorso un contingente massimo annuo di n. 200 magistrati ordinari per il triennio 2020-2022.

Conseguentemente, la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71, che reca le dotazioni organiche della magistratura ordinaria, è sostituita dalla seguente tabella 1, allegata al disegno di legge in esame.

 

Tabella B

 

La rideterminazione delle piante organiche è demandata ad uno o più decreti del Ministro della giustizia, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entra in vigore del disegno di legge in esame, sentito il Consiglio Superiore della Magistratura.

Per l’attuazione delle disposizioni del comma 3, di aumento del ruolo organico dei magistrati ordinari, sono autorizzate dal comma 4 le spese determinate dalla seguente tabella.

 

Anno

200 unità dal 2020

200 unità dal 2021

200 unità dal 2022

Totale Onere

2019

0

0

0

0

2020

13.962.056,00

0

0

13.962.056,00

2021

16.695.800,00

13.962.056,00

0

30.657.856,00

2022

18.258.140,00

16.695.800,00

13.962.056,00

48.915.996,00

2023

18.617.344,00

18.258.140,00

16.695.800,00

53.571.284,00

2024

23.615.918,00

18.617.344,00

18.258.140,00

60.491.402,00

2025

23.755.234,00

23.615.918,00

18.617.344,00

65.988.496,00

2026

24.182.536,00

23.755.234,00

23.615.918,00

71.553.688,00

2027

24.681.056,00

24.182.536,00

23.755.234,00

72.618.826,00

2028

25.108.360,00

24.681.056,00

24.182.536,00

73.971.952,00

2029

25.606.880,00

25.108.360,00

24.681.056,00

75.396.296,00

2030

25.606.880,00

25.606.880,00

25.108.360,00

76.322.120,00

2031

25.606.880,00

25.606.880,00

25.606.880,00

76.820.640,00

 


 

Articolo 30
(Assunzioni straordinarie nelle Forze di Polizia)

 

 

L’articolo 30 autorizza assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia Penitenziaria), fino a complessive 6.150 unità, nel quinquennio 2019-2023. A tal fine è istituito un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Inoltre, la disposizione autorizza l’assunzione di ulteriori 938 unità nella Polizia penitenziaria, quali anticipazioni di assunzioni previste da altri provvedimenti legislativi. A tutte le assunzioni si provvede mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, attingendo dapprima a quelle approvate nel 2017 e poi, per i posti residui, a quelle approvate nel 2018. Con la disposizione in esame, secondo quanto evidenziato nella relazione tecnica, la dotazione organica delle Forze di polizia verrebbe a coincidere con la forza effettiva.

 

Il comma 1 autorizza l'assunzione straordinaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, di un contingente massimo fino a 6.150 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia penitenziaria) e comunque entro il limite delle rispettive dotazioni organica.

Le assunzioni sono finalizzate, come indicato nella disposizione in esame, all’incremento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale.

 

La tabella che segue illustra in dettaglio le unità di personale di cui è autorizzata l’assunzione straordinaria per anno di riferimento ai sensi del comma 1. Sono comprese le ulteriori 362 unità della Polizia penitenziaria da assumere dal marzo 2019 ai sensi del comma 2, coperte finanziariamente dal comma 5.

 

 

2019

2020

2021

2022

2023

Totale

Polizia di Stato

389

389

389

389

387

1.943

Carabinieri

427

427

427

427

427

2.135

Guardia di finanza

227

227

227

227

225

1.333

Polizia penitenziaria

362

277

100

100

100

939

Totale per anno

1.405

1.320

1.143

1.143

1.139

6.150

 

Come si legge nella relazione tecnica, “rimane impregiudicata ogni diversa articolazione annuale si renda necessaria”.

Le unità di personale così assunte entrano nei ruoli iniziali, dal 1° ottobre di ciascun anno (le assunzioni nel ruolo iniziale del Corpo di polizia penitenziaria non prima del 1° marzo 2019). .

Le assunzioni sono autorizzate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri oppure con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Nel secondo caso si procede con le modalità di copertura dei posti per turn-over, secondo il procedimento previsto dall'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 112/2008).

 

Si ricorda che è previsto un regime speciale in materia di turn over per i Corpi di polizia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, i quali possono procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2016 (D.L. 112/2008, art. 66, comma 9-bis). Il termine per procedere alle assunzioni è stato da ultimo fissato al 31 dicembre 2018 (D.L. 192/2014, art. 1, comma 2, come modificato dalla L. 205/2017, art. 1, comma 1148, lett. d), n. 2).

Il reclutamento è effettuato da ciascuna amministrazione sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Inoltre, per le amministrazioni dello Stato con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di appositi D.P.C.M. di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (art. 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001). Le assunzioni sono autorizzate previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e delle conseguenti economie e dall'individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverate dai relativi organi di controllo (art. 66, comma 10, D.L. 112/2008).

 

La disposizione in esame fa espressamente salva - al comma 1 - la riserva dei posti in favore dei volontari delle Forze armate per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i volontari, “come previsto dal Codice dell'ordinamento militare (D.Lgs. 66/2010) agli articoli 703 e 2199”.

 

L’art. 703 del codice militare riserva una determinata percentuale di posti nei concorsi nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i volontari in ferma prefissata cosi determinata:

§  Carabinieri: 70 per cento;

§  Guardia di Finanza: 70 per cento;

§  Polizia di Stato: 45 per cento;

§  Polizia penitenziaria: 60 per cento.

L’art. 2199 del codice militare prevede che, in deroga alle percentuali fissate dall’art. 703, fino al 31 dicembre 2015 per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, i posti messi annualmente a concorso sono riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle predette carriere (comma 1). Una ulteriore deroga è stabilita dal comma 7-bis: fino al 31 dicembre 2018 i posti di cui al comma 1 sono destinati, per gli anni 2016 e 2017, nella misura del 50 per cento e, per l'anno 2018, nella misura del 75 per cento dell'aliquota riservata per il concorso pubblico prevista per ciascuna Forza di polizia, ai sensi dell'articolo 703, per l'accesso, mediante concorso pubblico, nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, nonché per la parte restante, nella misura del 70 per cento all'immissione diretta a favore dei volontari in ferma prefissata di un anno ovvero in rafferma annuale in servizio e nella misura del 30 per cento a favore dei volontari in ferma prefissata di un anno in congedo ovvero in ferma quadriennale in servizio o in congedo.

 

Appare opportuno chiarire se il richiamo all’art. 2199 del Codice disposto al comma 1 - “fermo restando quanto previsto dagli articoli 703 e 2199” – sia superato da quanto disposto al comma 3 che prevede che alle predette assunzioni si provveda in deroga a quanto previsto dal medesimo articolo 2199, mediante scorrimento delle graduatorie vigenti.

 

L’intervento previsto dall’articolo in esame – unitamente a quanto disposto dall’art. 31 per le assunzioni straordinarie nel Corpo dei vigili del fuoco - si pone in linea di continuità con quello analogo operato dalla legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) che ha previsto l’assunzione straordinaria, dal 1° ottobre di ciascun anno, di un contingente massimo fino a 7.394 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia, di cui 1.300 nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell’arco del quinquennio 2018-2022 (art. 1, comma 287); le assunzioni sono state finanziate con un fondo istituito dalla stessa legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 299) nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

Come si legge nella relazione tecnica del presente provvedimento, le nuove assunzioni previste dalla disposizione in esame consentirebbero di ripianare, nell’arco del quinquennio, la residua carenza organica delle Forze di Polizia. La dotazione organica, complessivamente pari a 328.257 unità, verrebbe così a coincidere con la forza effettiva.

 

Come anticipato, il comma 2 autorizza specifiche assunzioni nel Corpo di Polizia penitenziaria, al fine di incrementare l’efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le indifferibili necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell’ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario.

Le unità di personale entrano nei ruoli iniziali dal 1° marzo 2019 (anziché dal 1° ottobre come quelle delle Forze di polizia di cui al comma 1).

 

Si tratta, in primo luogo, di 362 unità aggiuntive alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e comprese nelle 6.150 unità complessive di cui al comma 1.

Inoltre, la disposizione autorizza l’assunzione nel ruolo iniziale del Corpo di ulteriori unità, quale anticipazione al 2019 delle straordinarie facoltà assunzionali già previste dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 287, si veda sopra). Si tratta di 86 unità da assumere quale anticipazione delle assunzioni previste per il 2019 e di 200 unità di quelle previste per il 2022. Tali unità pertanto entreranno nei ruoli il 1° marzo 2019, anziché, rispettivamente, il 1° ottobre 2019 e il 1° ottobre 2022. Infine, 652 unità sono assunte a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali previste per il 2019 ai sensi della disciplina del turn-over vista sopra (D.L. 112/2008, art. 66, comma 9-bis).

 

Il comma 2 in commento dispone inoltre una deroga alla procedura vigente per tali assunzioni nella Polizia penitenziaria sopra descritta: ossia, reclutamento sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale; emanazione di appositi DPCM per le amministrazioni con organico superiore alle 200 unità; specifica richiesta delle amministrazioni interessate.

 

Il comma 3 prevede che alle assunzioni si provvede mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, attingendo in via prioritaria a quelle approvate nell'anno 2017 e, per i posti residui, in parti uguali, a quelle approvate nell'anno 2018, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2199 del codice militare (v. supra).

 

Il comma 4 istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai fini delle assunzioni straordinarie sopra indicate al comma 1. La dotazione così prevista costituisce limite di spesa complessiva per le medesime assunzioni. La dotazione non comprende le 362 assunzioni della polizia penitenziaria di cui al comma 2, la cui copertura è assicurata dal comma 5.

 

La tabella 2, allegata al provvedimento in esame, riporta il riepilogo degli stanziamenti necessari per la copertura degli oneri (valori in euro). Tra parentesi le unità di personale di cui è autorizzata l’assunzione.

 

Onere

Polizia di Stato
(1.943)

Carabinieri (2.135)

Guardia di finanza (1.133)

Polizia penit. (577)

TOTALE (5.788)

2019

1.530.715

2.247.087,50

1.161.105,00

0,00

4.938.907,50

2020

15.396.620

18.194.470,00

9.704.250,00

1.089.995,00

44.385.335,00

2021

31.843.540

36.461.530,00

19.546.970,00

11.839.140,00

99.691.180,00

2022

48.290.460

54.728.590,00

29.389.690,00

15.971.140,00

148.379.880,00

2023

64.729.510

72.995.650,00

39.222.180,00

20.103.140,00

197.050.480,00

2024

79.839.035

89.208.840,00

47.920.475,00

23.841.640,00

240.809.990,00

2025

83.433.740

92.301.387,50

49.535.480,00

23.941.360,00

249.211.967,50

2026

84.460.700

93.074.257,50

49.862.360,00

24.276.520,00

251.673.837,50

2027

85.487.660

93.847.127,50

50.189.240,00

24.420.520,00

253.944.547,50

2028

86.513.300

94.619.997,50

50.515.400,00

24.564.520,00

256.213.217,50

dal 2029

87.279.560

95.199.650,00

50.758.400,00

24.672.520,00

257.910.130,00

 

Il comma 5, prevede che, per l’attuazione delle disposizioni del comma 2, recante le assunzioni nella Polizia penitenziaria, il fondo di cui al comma 4 è incrementato di euro:

§  17.830.430 per l’anno 2019;

§  23.221.840 per ciascuno degli anni 2020 e 2021;

§  22.434.840 per l’anno 2022;

§  14.957.840 per l’anno 2023;

§  15.392.240 per l’anno 2024

§  15.479.120 a decorrere dall’anno 2025.

 

Una copertura specifica è prevista dal comma 6 per le assunzioni ulteriori nella Polizia penitenziaria quali anticipazioni di assunzioni, già previste dalla legge di bilancio 2018, di cui alle lettere b) e c). A tal fine il fondo di cui al comma 4 è incrementato di euro:

§  338.410 per l’anno 2019;

§  3.553.520 per ciascuno degli anni 2020 e 2021

§  4.340.520 per l’anno 2022;

§  11.817.520 per l’anno 2023;

§  12.160.720 per l’anno 2024;

§  12.229.360 a decorrere dal 2025.

 

Alla copertura di tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 299, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017).

 

Il comma 7 dispone un ulteriore finanziamento per le spese di funzionamento connesse alle assunzioni straordinarie di cui all’articolo in esame, ivi comprese le spese per mense e buoni pasto, pari a 1 milione di euro per l’anno 2019 e 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Tali somme sono iscritte in apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’interno, da ripartire tra le amministrazioni interessate con il D.P.C.M. di autorizzazione alle assunzioni, di cui al comma 1, tenendo conto del numero di assunzioni.

 

Infine, il comma 8 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 31
(Assunzioni straordinarie nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L'articolo 31 incrementa (secondo una determinata scansione temporale) di 1.500 unità la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Prevede che per tali assunzioni si attinga alle graduatorie esistenti (con esaurimento di quella a valere sul concorso del 2008).

 

È disposto un incremento della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per complessive 1.500 unità.

La modulazione temporale di questo incremento è così disegnata:

§  non prima del 10 maggio 2019: 650 unità;

§  non prima del 1° settembre 2019: 200 unità;

§  non prima del 1° aprile 2020: 650 unità.

La dotazione organica attuale - si ricorda - è determinata dal decreto legislativo n. 217 del 2005 (recante l'ordinamento del personale del Corpo nazionale).

La Tabella A allegata al decreto (come sostituita dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 97 del 2017) la determina in 37.481 unità complessive per l'intero Corpo nazionale.

Di queste, 32.710 sono le unità del personale non direttivo e non dirigente che espleti funzioni tecnico-operative.

Di queste ultime, 20.066 sono le unità complessivamente annoverate dal ruolo dei vigili del fuoco. 

Siffatte unità sono state successivamente incrementate dalla legge di bilancio 2018. Si tratta di 300 unità aggiuntive (articolo 1, comma 289 della legge n. 205 del 2017)[11].

A seguito dell'ulteriore incremento ora previsto, la complessiva consistenza numerica del ruolo dei vigili del fuoco ammonterebbe pertanto a 21.866 unità.

 

L'articolo pone altresì una duplice riserva di posti.

La prima riserva vale sia per la copertura dei nuovi posti, qui previsti con l'incremento della dotazione organica, sia per le assunzioni ordinarie.

La riserva è a favore degli iscritti nella graduatoria del concorso a vigile del fuoco del 2008[12]. Questo, fino al suo esaurimento. La validità di tale graduatoria è al contempo prorogata, fino al 31 dicembre 2019[13].

Una volta esaurita quella graduatoria, si aggiunge altra riserva di posti, la quale opera solo per la copertura dei nuovi posti conseguenti all'incremento della dotazione organica - dunque non per le assunzioni ordinarie.

Questa aggiuntiva riserva è a favore degli iscritti nella graduatoria dei concorsi del 2016 e del 2017.

In particolare, la riserva è pari a:

§  il 70 per cento dei posti, per gli iscritti nella graduatoria del concorso del 2016;

§  il restante 30 per cento, per gli iscritti nella graduatoria del concorso del 2017.

 

L'autorizzazione di spesa per le assunzioni è così determinata:

§  20,4 milioni, per il 2019,

§  56,3 milioni, per il 2020;

§  63,1 milioni, per ciascun anno del triennio 2021-2023; 63,5 milioni per il 2024;

§  64,2 milioni per il 2025; 64,3 milioni per ciascun anno del triennio 2026-2028; 64,4 milioni per il 2029; 54,6 milioni per il 2030;

§  64,7 milioni a decorrere dal 2031.

 

Si aggiunge autorizzazione di spesa per le spese di funzionamento (inclusi mense e buoni pasti) connesse alle assunzioni straordinarie qui disposte.

Sono: 200.000 euro per il 2019; 1 milione a decorrere dal 2020.

 


 

Articolo 32
(Accesso di 1000 ricercatori nelle università e chiamata
diretta di ricercatori negli enti pubblici di ricerca)

 

 

L’articolo 32 incrementa, dal 2019, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), al fine di consentire l’accesso nelle università di ulteriori ricercatori universitari a tempo determinato. Non sono indicati i criteri con cui si procederà al riparto delle risorse tra le università.

Inoltre, l’articolo ridefinisce le modalità di nomina e disciplina il funzionamento delle commissioni cui spetta la valutazione per l’assunzione per chiamata diretta di ricercatori presso gli enti pubblici di ricerca. La modifica è collegata all’abrogazione, prevista dall’art. 57, co. 22, del Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta.

 

In particolare, il comma 1 incrementa il FFO di € 20 mln nel 2019 e di € 58,63 mln annui dal 2020, per il conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato di tipo B (art. 24, co. 3, lett. b), L. 240/2010) a 1000 ricercatori.

La relazione tecnica specifica che il costo unitario annuo del ricercatore di tipo B è pari a € 58.625 e che l’avvio del contratto presumibilmente non potrà avvenire prima di settembre 2019.

 

L’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) – ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato. La prima (lett. a) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A). La seconda (lett. b) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’ASN, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

 

Le risorse sono ripartite tra le università con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Le risorse eventualmente non utilizzate entro il 30 novembre di ciascun anno  rimangono disponibili, nel medesimo esercizio finanziario, per essere destinate ad altre finalità del FFO.

Si ripropone, così, un intervento disposto con la legge di stabilità 2016 e con la legge di bilancio 2018, rispetto a cui, tuttavia, ora non si fa più riferimento al conseguente, eventuale, consolidamento dei ricercatori nella posizione di professore di seconda fascia e non si precisano i criteri con cui si procederà al riparto delle risorse tra gli enti.

 

L’art. 1, co. 247 e ss., della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha disposto un incremento del FFO di € 47 mln per il 2016 e di € 50,5 mln dal 2017. L'assegnazione alle singole università dei fondi doveva essere effettuata tenendo conto dei risultati della valutazione della qualità della ricerca (VQR). È conseguentemente, intervenuto il DM 18 febbraio 2016, n. 78, che ha previsto 861 assunzioni.

L’art. 1, co. 633, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto un incremento del FFO di € 12 mln per il 2018 e di € 76,5 mln annui dal 2019. L'assegnazione dei fondi doveva essere effettuata, in relazione all'obiettivo del riequilibrio della presenza di giovani ricercatori nei vari territori, al numero dei ricercatori in servizio rispetto al numero delle altre figure del personale docente e ricercatore e, in relazione all'obiettivo del sostegno ai livelli di maggiore qualità della ricerca, ai risultati della VQR. E’, conseguentemente, intervenuto il DM 28 febbraio 2018, n. 168, che ha previsto 1.305 assunzioni.

 

Il comma 2 ridefinisce le modalità di nomina e funzionamento delle commissioni cui spetta la valutazione dell’eccezionale merito dei candidati per chiamata diretta di ricercatori presso gli enti pubblici di ricerca (nonché altri enti pubblici).

Come anticipato, la modifica è collegata all’abrogazione - recata dall’art. 57, co. 22, del testo in esame – della disciplina relativa alle c.d. cattedre universitarie del merito G. Natta.

A tal fine, la disposizione sostituisce il co. 3 dell’art. 16 del d.lgs. 218/2016.

 

Preliminarmente, si ricorda che il d.lgs. 218/2016 si applica a 20 enti pubblici di ricerca, di cui 14 vigilati dal MIUR e 6 da altri Ministeri.

Nello specifico, l’art. 16 ha previsto che gli enti pubblici di ricerca, previo nulla osta del Ministro vigilante, possono assumere per chiamata diretta, con contratto a tempo indeterminato, ricercatori o tecnologi italiani o stranieri dotati di altissima qualificazione scientifica, che si sono distinti per merito eccezionale o che sono stati insigniti di alti riconoscimenti scientifici in ambito internazionale.

Tali assunzioni sono effettuate nell'ambito del 5% dell'organico dei ricercatori e dei tecnologi e nel limite del numero di assunzioni effettuate nel medesimo anno per concorso, a condizione che a ciò siano destinate entrate ulteriori e apposite, che possono provenire anche dai Ministeri vigilanti. Gli enti devono comunque dimostrare di non aver superato il limite per l'indicatore di spese per il personale.

La valutazione del merito eccezionale doveva essere effettuata da apposite commissioni che dovevano essere nominate con le stesse modalità delle commissioni di valutazione delle c.d. cattedre universitarie del merito Giulio Natta, cui si doveva provvedere con D.P.C.M., mai intervenuto.

In base all’art. 19, co. 4, le disposizioni in materia di chiamata diretta si applicano anche ad altri enti pubblici, limitatamente al personale e alle funzioni di ricerca trasferiti ai medesimi in virtù di disposizioni legislative.

Per approfondimenti sugli enti cui si riferisce il D.Lgs. 218/2016, si veda il Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.

 

Nello specifico, la norma in commento stabilisce che:

§  le commissioni sono nominate con decreto del Ministro vigilante e sono composte da un minimo di tre fino ad un massimo di cinque esperti del settore di afferenza degli enti che propongono l'assunzione per chiamata diretta;

§  la durata delle commissioni non può essere superiore ad un anno dalla data di nomina e l'incarico di componente delle commissioni è consentito solo per due mandati consecutivi;

§  la partecipazione alle commissioni non dà diritto a compensi o gettoni di presenza;

§  il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate è proporzionalmente a carico dei bilanci degli enti che propongono le assunzioni.


 

Articolo 33
(INAIL)

 

 

L’articolo 33 prevede un incremento, nella misura di 60 unità, della dotazione organica dell'INAIL e l'istituzione di un nucleo di valutazione e verifica degli investimenti mobiliari ed immobiliari del medesimo Istituto.

 

Le disposizioni in oggetto sono intese ad ampliare ulteriormente le aree di intervento dell'INAIL e a consentire l'assunzione tempestiva ed efficace di iniziative di investimento - con particolare riferimento ai settori dell’edilizia sanitaria, scolastica e di elevata utilità sociale e per la realizzazione di edifici da destinare a poli amministrativi (federal building) -, in coerenza con il modello assicurativo dell'Istituto.

Al fine di implementare il suddetto incremento della dotazione organica, i numeri 1) e 2) del comma 1, lettera a), prevedono, rispettivamente: l'assunzione mediante procedure concorsuali di 30 unità di personale, appartenente all'area C, livello economico C1, in possesso delle necessarie competenze tecnico-amministrative e di adeguata professionalità in materia di investimenti mobiliari e immobiliari; il reclutamento, mediante un apposito bando di mobilità, di 30 unità di personale delle pubbliche amministrazioni, di qualifica non dirigenziale ed in possesso delle necessarie competenze tecnico-amministrative e di adeguata professionalità nel campo dei suddetti investimenti.

Si ricorda che, in base al contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale non dirigente del comparto enti pubblici non economici per il quadriennio normativo 2006-2009, appartengono all'area C i lavoratori strutturalmente inseriti nei processi produttivi e nei sistemi di erogazione dei servizi, che assicurano il presidio di importanti e diversi processi, ai fini del raggiungimento degli obiettivi stabiliti, assicurando la qualità dei servizi e dei risultati, la circolarità delle comunicazioni, l’integrazione/facilitazione dei processi, la consulenza specialistica, l’ottimizzazione delle risorse affidate, anche attraverso la responsabilità diretta di moduli e strutture organizzative.

 

Le procedure concorsuali suddette (e le relative assunzioni) sono previste in deroga ai vincoli e limiti previsti dalla normativa vigente. Per i relativi oneri, il comma 2 provvede alla costituzione di un apposito fondo di parte corrente nell'ambito del bilancio dell'INAIL, con una dotazione non superiore, per il 2019, a 600 mila euro ed a 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, a valere sulle risorse dell'Istituto destinabile agli investimenti immobiliari. Il nuovo impiego delle risorse è giustificato, da parte del medesimo comma 2, in base alla considerazione che le assunzioni sono relative all'efficace svolgimento di attività connesse e strumentali all'attuazione degli investimenti ed alla relativa valorizzazione.

Riguardo invece al bando di mobilità, qualora il personale così reclutato provenga da amministrazioni non sottoposte a disciplina limitativa delle assunzioni, la neutralità finanziaria complessiva del medesimo bando è assicurata dalla previsione (di cui al suddetto numero 2)) che tali eventuali unità siano reclutate a valere sulle facoltà assunzionali dell'Istituto.

La lettera b) del comma 1 prevede, come accennato, l'istituzione, presso l'INAIL, di un nucleo di valutazione e verifica degli investimenti mobiliari ed immobiliari dell'Istituto. Il nucleo ha la funzione di assicurare il supporto tecnico alla programmazione, alla valutazione, all’attuazione e al monitoraggio degli investimenti. Si demanda ad un regolamento dell'INAIL la disciplina del funzionamento del nucleo, secondo criteri intesi a valorizzare la peculiarità delle diverse tipologie di investimento. Il nucleo è composto da 10 unità, aventi specifica professionalità, selezionate tramite un’apposita procedura di valutazione comparativa. La nomina può concernere, nel numero massimo di 5 unità, anche soggetti estranei alla pubblica amministrazione (per le altre unità, qualora si tratti di dipendenti di amministrazione pubbliche diverse dall'INAIL, si ricorre allo strumento del comando). Il trattamento economico (comprensivo dei rimborsi spese) è stabilito con determinazione del presidente dell'INAIL; in ogni caso, ai sensi della presente lettera b), il trattamento non può essere superiore a determinate misure percentuali di una base di calcolo pari a 83.000 euro annui lordi (valore di cui all'art. 3, comma 5, del regolamento "recante disciplina dei nuclei istituiti presso le amministrazioni centrali dello Stato con la funzione di garantire il supporto tecnico alla programmazione, alla valutazione e al monitoraggio degli interventi pubblici", di cui al D.P.C.M. 21 dicembre 2012, n. 262).

Il finanziamento del Nucleo è assicurato dall'INAIL mediante le risorse finanziarie, umane, strumentali e tecnologiche disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 34
(Pubblico impiego: risorse per la contrattazione collettiva
nazionale e per i miglioramenti economici)

 

 

L’articolo 34 determina gli oneri complessivi (pari a 1.100 milioni di euro per il 2019, 1.425 milioni per il 2020 e 1.775 milioni dal 2021) a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 del pubblico impiego e per i miglioramenti economici per il personale statale in regime di diritto pubblico. Nelle more della definizione dei contratti collettivi di lavoro e dei provvedimenti negoziali relativi al medesimo triennio, vengono, inoltre, disposte (a valere sulle predette risorse):

§  l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale a favore del personale destinatario dei suddetti contratti e provvedimenti negoziali;

§  l’erogazione dell’elemento perequativo una tantum previsto per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche dai relativi CCNL 2016-2018;

§  l’incremento delle risorse destinate agli istituti normativi ed ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

In particolare, il comma 1 destina alla copertura dei suddetti oneri, per il triennio 2019-2021:

§  1.100 milioni di euro per il 2019;

§  1.425 milioni di euro per il 2020;

§  1.775 milioni di euro dal 2021.

 

Il comma 2 specifica che gli importi sopra indicati per ciascun anno del triennio 2019-2021 sono da intendersi comprensivi degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Quei medesimi importi concorrono a costituire l'importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico (ai sensi dell’articolo 21, comma 1-ter, lett.e) della legge n. 196 del 2009).

La Relazione tecnica specifica che le suddette risorse corrispondono ad un incremento delle retribuzioni medie complessive del personale appartenente al settore Stato pari all’1,3 per cento per l’anno 2019, all’1,65 per cento (1,3 per cento + 0,35 per cento) per l’anno 2020 e all’1,95 (1,3 per cento + 0,35 per cento + 0,3 per cento) per cento a decorrere dal 2021, considerando anche gli effetti dei miglioramenti economici previsti per il personale in regime di diritto pubblico non contrattualizzato.

 

Il comma 3 dispone che gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2019-2021 relativi al personale dipendente delle amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, nonché gli oneri per la corresponsione dei miglioramenti economici a professori e ricercatori universitari siano posti a carico dei rispettivi bilanci.

Il medesimo comma 3 prevede, inoltre, che i Comitati di settore[14], in sede di emanazione degli atti di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, provvedano alla quantificazione delle relative risorse, attenendosi ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni statali di cui al comma 1 (ossia il personale contrattualizzato e quello in regime di diritto pubblico). A tal fine, i suddetti Comitati si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell'economia e delle finanze, comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale dipendente.

Le previsioni di cui al comma 3 si estendono anche al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (comma 4).

 

Il successivo comma 5 dispone, nelle more della definizione dei CCNL o dei provvedimenti negoziali relativi al triennio 2019-2021, l’erogazione di alcuni benefici economici in favore del personale contrattualizzato ovvero destinatario di provvedimenti negoziali.

Più nel dettaglio, a valere sulle risorse a copertura degli oneri di cui ai commi 1 e 3 e in deroga alle procedure previste dai rispettivi ordinamenti, si procede all’erogazione:

§  dell’indennità di vacanza contrattuale, ossia di una copertura economica che costituisce un’anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale (di cui all’art. 47-bis del D.Lgs. 165/2001) per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nonché degli analoghi trattamenti disciplinati dai provvedimenti negoziali relativi al personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico, nella misura percentuale, rispetto agli stipendi tabellari, dello 0,42% dal 1° aprile 2019 al 30 giugno 2019, e dello 0,7% a decorrere dal 1° luglio 2019;

§  dell’elemento perequativo una tantum, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (di cui all’art. 2, c. 2, del D.Lgs. 165/2001), se previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2016-2018 (nelle misure, con le modalità e i criteri ivi previsti), con decorrenza dal 1° gennaio 2019 fino alla data di definitiva sottoscrizione dei predetti CCNL relativi al triennio 2019-2021 che ne disciplinano il riassorbimento.

Si segnala che le Tabelle 1 e 2 sub art. 34 della Relazione tecnica (sul personale pubblico contrattualizzato, rispettivamente, statale e non statale) evidenziano come tali oneri abbiano natura strutturale a decorrere dal 2021.

Sul punto, si ricorda che l’Accordo stipulato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione con le Organizzazioni sindacali il 30 novembre 2016 ha disposto, per i lavoratori pubblici dei vari comparti, un incremento medio di 85 euro lordi al mese per il triennio 2016-2018. Poiché tale aumento avrebbe potuto causare la perdita del bonus di 80 euro (introdotto, per i lavoratori dipendenti, dall’art. 1 del D.L. 66/2014 e reso strutturale dalla legge di stabilità 190/2014 entro il limite di reddito di 24.600 euro, per la soglia relativa al bonus integrale, e di 26.600 euro per la soglia di reddito prevista per ottenere il bonus ridotto), nei CCNL sottoscritti per il triennio 2016-2018 dai diversi comparti è stato introdotto un elemento perequativo variabile, con scadenza al 31 dicembre 2018, al fine di sterilizzare l’aumento dello stipendio base.

 

In relazione al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell’ambito dei rispettivi provvedimenti negoziali relativi al triennio 2019-2021 e a valere sulle predette risorse (di cui al comma 1),  il comma 6 dispone che 210 milioni di euro possano essere destinati  alla disciplina degli istituti normativi, nonché ai trattamenti economici accessori (privilegiando quelli finalizzati a valorizzare i servizi di natura operativa di ciascuna amministrazione).

Qualora i predetti provvedimenti negoziali non si perfezionino alla data del 30 giugno di ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 (previo avvio delle rispettive procedure negoziali e di concertazione), il suddetto importo annuale è destinato, sulla base di apposito D.P.C.M., all’incremento delle risorse dei fondi per i servizi istituzionali del personale del Comparto Sicurezza-Difesa e dei fondi per il trattamento accessorio del personale dei Vigili del Fuoco, con successivo riassorbimento nell’ambito dei benefici economici relativi al triennio 2019-2021.

Infine, il comma 7 dispone che, nel 2019, sono versate all’entrata al bilancio dello Stato e restano acquisiti all’erario 140 milioni di euro, iscritti sul conto dei residui delle risorse stanziate per la contrattazione collettiva dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, c. 679, della L. 205/2017).

 

Un 'blocco' economico della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti fu disposto dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" (come convertito dalla legge n. 122 del 2010).

Esso dispose che non si desse luogo (senza possibilità di recupero delle componenti retributive) alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 e 'congelò' (per il triennio 2011-13) il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti pubblici (compreso il trattamento accessorio, fatta salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale), con inapplicabilità dei meccanismi di progressione stipendiale.

Proroga al 31 dicembre 2014 fu indi disposta dal D.P.R. n. 122 del 2013 (era un regolamento governativo, per effetto dell'autorizzazione posta dall'articolo 16, comma 1 del decreto-legge n. 98 del 2011 - come convertito dalla legge n. 111 del 2011 - recante "Misure urgenti per la stabilizzazione della finanza pubblica").

Una ulteriore proroga al 31 dicembre 2015 del blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali nel pubblico impiego si ebbe con l'articolo 1, commi 254-256 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).

La prospettiva di rinnovi contrattuali nel pubblico impiego riemerse - dietro 'impulso' della sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2015 - con l'articolo 1, comma 466 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), che a tal fine quantificava in 300 milioni annui dal 2016 (per il triennio 2016-2018) gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa nel bilancio statale pluriennale.

La successiva legge di bilancio 2017 (ossia la legge n. 232 del 2016, all'articolo 1, comma 368) ha istituito un Fondo (con una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 miliardi di euro a decorrere dal 2018) con alcune finalità, tra cui il finanziamento della contrattazione collettiva nel pubblico impiego relativa al triennio 2016-2018 ed il miglioramento economico del personale non 'contrattualizzato'.

Infine, l’art. 1, c. 679, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) destina alla copertura degli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale nelle amministrazioni pubbliche ed ai miglioramenti economici del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche in regime di diritto pubblico, le seguenti risorse:

§  300 milioni per il 2016;

§  900 milioni per il 2017;

§  2.850 milioni dal 2018.

Tali complessive somme annuali corrispondono ad incrementi retributivi rispettivamente pari a: 0,36 per cento per il 2016; 1,09 per cento per il 2017; 3,48 per cento per il 2018 (assumendo come termine di raffronto l'ammontare retributivo dato dal trattamento economico principale ed accessorio per il 2015, al netto dell'indennità di vacanza contrattuale).

Nella percentuale sopra ricordata per il 2018, ricade pertanto l'attribuzione di aumenti medi mensili di 85 euro lordi, secondo l'accordo stipulato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione con le Organizzazioni sindacali il 30 novembre 2016.

 


 

Articolo 35
(Assunzioni presso l'Ispettorato nazionale del lavoro
e sanzioni in materia di lavoro)

 

 

L’articolo 35 prevede un incremento della dotazione organica (con relative assunzioni) dell'Ispettorato nazionale del lavoro e l'elevamento di alcune ammende penali e sanzioni amministrative pecuniarie in materia di lavoro, con la definizione delle destinazioni delle entrate. Inoltre, l'articolo reca, al comma 5, una norma finanziaria relativa all'attività di rappresentanza in giudizio dell'Ispettorato.

 

L'incremento della dotazione organica e le relative possibilità di assunzione concernono il personale ispettivo appartenente all’Area III, nella misura di 300 unità dal 2019, di ulteriori 300 unità dal 2020 e di ulteriori 400 unità a decorrere dal 2021 (comma 1).

 

Si ricorda che il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, ha disposto l'istituzione di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività.

Appartengono all'Area III dell'Ispettorato i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico.

 

L'incremento è inteso a rafforzare le attività di contrasto del lavoro sommerso e irregolare e quelle di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per la copertura dei relativi oneri finanziari, quantificati in 6.100.000 euro per il 2019, 24.393.000 per il 2020 e in 40.655.000 annui a decorrere dal 2021, si provvede a valere sulle risorse stanziate per assunzioni ulteriori, presso pubbliche amministrazioni nazionali, rispetto a quelle consentite a legislazione vigente, risorse di cui all'art. 1, comma 365, lettera b), della L. 11 dicembre 2016, n. 232, come incrementate dall'articolo 28, comma 1, del presente disegno di legge.

Ai fini delle assunzioni in oggetto, il ricorso alle procedure concorsuali è subordinato al previo esperimento della procedura cosiddetta di mobilità volontaria, mentre viene esclusa l'applicazione della cosiddetta mobilità "per ricollocazione" del personale collocato in disponibilità.

L'Ispettorato comunica al Dipartimento della funzione pubblica ed alla Ragioneria generale dello Stato il numero delle unità da assumere e la relativa spesa.

Il comma 2 dispone un incremento, al fine di rafforzare il contrasto del fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, di alcune ammende penali e sanzioni amministrative pecuniarie. L'elevamento concerne:

§  la sanzione amministrativa pecuniaria per il caso di ulteriore impiego (dopo la diffida) di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato (si ricorda che la sanzione - la quale non concerne il datore di lavoro domestico - è distinta da quella relativa alla prima violazione dell'obbligo di comunicazione);

§  la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione del limite di durata dell'orario di lavoro per periodi di sette giorni o della prescrizione sul riposo di almeno ventiquattro ore consecutive per i medesimi periodi;

§  la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione della disciplina sul periodo minimo annuale di ferie retribuite;

§  la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione delle norme sul riposo minimo giornaliero;

§  le ammende penali e le sanzioni amministrative pecuniarie previste (ai sensi dell'art. 18 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8) per la violazione di alcune norme in materia di somministrazione di lavoro e di mercato del lavoro;

§  le sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di alcuni obblighi posti dalla disciplina sul distacco temporaneo in Italia (da parte del datore di lavoro) di lavoratori occupati abitualmente in un altro Stato;

§  le sanzioni amministrative pecuniarie in materia prevenzionistica e le somme che l'Ispettorato nazionale del lavoro ammette a pagare, in sede amministrativa, in caso di adempimento delle prescrizioni indicate in sede di accertamento di violazioni di norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda.

Per queste ultime sanzioni e somme (in materia prevenzionistica e di sicurezza sul lavoro), l'elevamento di cui al comma 2 è pari al 15 per cento, mentre per tutte le altre sanzioni (penali ed amministrative) summenzionate l'elevamento è pari a 100 euro per ogni lavoratore interessato dalla violazione. Tali incrementi, percentuali o in valore assoluto, sono raddoppiati qualora il datore di lavoro, nei tre anni precedenti, fosse stato ammesso, per i medesimi illeciti, al pagamento di somme in misura ridotta (comma 3). Per i casi in cui la suddetta misura ridotta derivasse dall'adempimento successivo ad una diffida, il pagamento delle somme in esame è condizione necessaria ai fini della regolarizzazione della situazione oggetto di diffida.

Sembrerebbe opportuno valutare gli effetti di un incremento in valori assoluti fissi (pari, come detto, a 100 euro) di un complesso di ammende penali e sanzioni amministrative pecuniarie aventi, a legislazione vigente, importi molto diversi.

Ai sensi del comma 4, le somme in esame (versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) sono destinate alle spese di funzionamento nonché all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa dell’Ispettorato nazionale del lavoro, anche allo scopo di valorizzare l’apporto del personale, dirigenziale e non dirigenziale, al potenziamento dell’efficacia ed efficienza dell’azione dell’Ispettorato medesimo.

Sembrerebbe opportuno chiarire se le somme oggetto del comma 4 siano solo quelle derivanti dagli incrementi suddetti (con esclusione delle entrate derivanti dagli importi già vigenti).

La misura della quota annua destinata al summenzionato incremento dei fondi per la contrattazione integrativa è definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dell’Ispettorato medesimo, e non può essere superiore al 15 per cento della componente variabile della retribuzione accessoria legata alla produttività in godimento da parte del predetto personale, "secondo i criteri da definire mediante la contrattazione collettiva integrativa". Sembrerebbe opportuno chiarire quale sia l'oggetto del rinvio ai suddetti criteri - criteri che, secondo la relazione tecnica allegata al presente disegno di legge, riguarderebbero l'utilizzo delle risorse destinate ai fondi per la contrattazione integrativa -.

Il comma 5 riguarda la destinazione di entrate derivanti da ipotesi di rappresentanza in giudizio dell'Ispettorato da parte di propri funzionari. Esse, nella disciplina finora vigente, confluiscono nella dotazione finanziaria complessiva dell'Ispettorato. Il comma 5 prevede che una quota di tali entrate, nella misura massima annua di 500.000 euro, sia destinata ad incentivare l'attività summenzionata di rappresentanza in giudizio.

 

 


 

Articolo 36
(
Riordino dei ruoli e delle carriere del personale
delle Forze di polizia e delle Forze armate)

 

 

L’articolo 36 dispone l’incremento di euro 70.000.000, a decorrere dall’anno 2020, del fondo di cui all’articolo 35 del decreto legge n. 113 del 2018, finalizzato all’adozione dei provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto.

 

L’articolo 36  interviene, incrementandone la dotazione finanziaria di  70 milioni di euro dal 2020, sul Fondo appositamente istituito dall’articolo 35 del decreto legge n. 113 del 2018 (c.d. “decreto sicurezza e immigrazione”) per l’adozione di provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto, volti a correggere ed integrare il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, e il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95.

 

Il richiamato articolo 35 del decreto legge n. 113 del 2018 ha istituito un Fondo, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, finalizzato all’adozione dei richiamati provvedimenti integrativi e correttivi dei decreti legislativi nn. 94 e 95 del 2017 di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.

Nel Fondo sono allo stato  “cristallizzate” le residue risorse finanziarie già previste dall’autorizzazione di spesa di cui al citato articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a sua volta incrementate di un ulteriore stanziamento di 5 milioni di euro annui disposto  dal richiamato articolo 5 del decreto legge n. 113 del 2018.

Relativamente alle richiamate residue finanziarie, nella relazione tecnica allegata allo schema di decreto legislativo correttivo per le sole Forze di polizia (A.G. 35, ora decreto legislativo n. 126 del 2018), presentato al Parlamento nel mese di luglio 2018, viene evidenziato come siano disponibili 30.120.313 euro per l' anno 2017, 15.089.182 euro per l'anno 2018 e 15.004.387 a decorrere dall' anno 2019, di cui all'articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, derivanti dalle risorse finanziarie destinate alla revisione dei ruoli delle Forze di polizia, relative agli ulteriori risparmi di spesa conseguenti all'attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 sulla razionalizzazione delle funzioni di polizia.

Lo schema di decreto legislativo in questione (A.G. 35, ora decreto legislativo n. 126 del 2018) ha previsto, a sua volta, oneri finanziari così articolati (art. 22): 508.961 euro per l’anno 2018,  1.005.629 euro per l’anno 2019, 923.613 euro per l’anno 2020, 1.032.429 euro per l’anno 2021, 789.425 euro per l’anno 2022, 702.360 euro per l’anno 2023, 723.419 euro per l’anno 2024, 1.015.370 euro per l’anno 2025, 816.467 euro per l’anno 2026, 1.100.429 euro per l’anno 2027, 730.884 euro a decorrere dall’anno 2028.

Si segnala, inoltre, che nel corso dell’esame al Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 113 del 2018 è stato approvato un emendamento  all’articolo 1 del disegno di legge di conversione che prevede  una disposizione di delega al Governo per l’adozione – entro il 30 settembre 2019 - di decreti legislativi integrativi e correttivi in materia di riordino dei ruoli delle Forze armate e delle Forze di polizia nei limiti delle risorse del fondo di cui al presente articolo. 

 

Il decreto legislativo n. 94 del 2017, recante Disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate,  adottato in attuazione della delega prevista dall'articolo 1, comma 5 della legge n. 244 del 2012, ha carattere trasversale e riguarda tutti i ruoli del personale militare. Le disposizioni in esso contenute incidono sul reclutamento, l’avanzamento, la formazione, i compiti, le responsabilità e i trattamenti economici connessi agli accresciuti impegni del personale militare. Viene stabilito il principio generale in base al quale gli ufficiali hanno una carriera a sviluppo dirigenziale e unitario e sono distinti in tre componenti: ufficiali generali e ammiragli, ufficiali superiori e ufficiali inferiori. La categoria dei sottufficiali è comprensiva dei ruoli marescialli (per i quali il Codice prescrive il conseguimento della laurea) e sergenti, gli uni con carriera a sviluppo direttivo e gli altri esecutivo. Inoltre per i gradi apicali di entrambi i ruoli, è prevista l'attribuzione di specifiche qualifiche connesse all'assunzione di funzioni di particolare rilievo in relazione al ruolo d'appartenenza e all'anzianità posseduta. La categoria dei graduati, comprende il ruolo dei volontari in servizio permanente (da caporal maggiore a caporal maggiore capo scelto), caratterizzati da una carriera a sviluppo meramente esecutivo, e quella dei militari di truppa, nel cui alveo sono ricompresi i militari di leva, i volontari in ferma prefissata e, più in generale le varie tipologie di allievi (carabinieri, finanzieri, frequentatori delle Accademie/scuole militari, etc.). E', evidenziato il carattere di specialità dell'ordinamento del personale militare prevedendo, all'uopo, l'applicazione delle norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione solo se espressamente richiamate. Le corrispondenze con le qualifiche degli appartenenti alle Forze di polizia a ordinamento civile sono aggiornate alla luce dei nuovi gradi e qualifiche previsti nell'ordinamento militare.

Altre novità introdotte con il decreto legislativo in esame riguardano:

§  l'esclusione, per il personale militare in servizio che partecipa a concorsi interni dalla misurazione dei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva;

§  la possibilità di incrementare i volumi dei reclutamenti annuali nei ruoli iniziali, in presenza di specifiche esigenze funzionali, connesse alle emergenze operative derivanti da attività di soccorso e assistenza in Patria e all'estero, ovvero al controllo dei flussi migratori e al contrasto alla pirateria;

§  il calcolo dei periodi di congedo straordinario nell'anzianità giuridica valida ai fini della progressione di carriera.

In relazione al decreto legislativo in esame si segnala che la sopra richiamata legge delega (articolo 1, comma 5 della legge n. 244 del 2012) non ha tempo previsto la facoltà di adottare successivi decreti legislativi correttivi; tale facoltà è stata, invece, prevista dalla legge n. 124/2015, concernente il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia.

 

A sua volta, con il decreto legislativo  n. 95 del 2017 è stata data attuazione alla delega recata dall’art. 8 della legge n. 124/2015 (legge di riorganizzazione della p.a.) per la revisione dei ruoli del personale delle Forze di polizia (Polizia di Stato; Arma dei carabinieri; Corpo della Guardia di finanza; Corpo di polizia penitenziaria).

Complessivamente la riforma disposta con il D.Lgs. 95/2017 ha perseguito le seguenti finalità:

§  l'adeguamento delle dotazioni organiche di ciascun corpo rendendole più vicine alla consistenza effettiva del personale in servizio e rimodulandole nell'ambito dei diversi ruoli;

§  la semplificazione dell'ordinamento, anche attraverso la rimodulazione e la valorizzazione del percorso formativo e la riduzione dei tempi per la conclusione delle procedure di selezione, anche attraverso l'utilizzo dei mezzi informatici;

§  l'ampliamento delle opportunità di progressione in carriera attraverso la valorizzazione del merito e della professionalità, nonché dell'anzianità di servizio;

§  l'elevazione del titolo di studio per l'accesso alla qualifica iniziale dei ruoli di base, nonché al possesso di titoli di studio universitari per la partecipazione al concorso ovvero per l'immissione in servizio, dopo il corso di formazione iniziale, nelle carriere degli ispettori e dei funzionari e ufficiali; l'ampliamento delle funzioni, in particolare, per il personale con qualifica e gradi apicali del ruolo degli agenti e assistenti, dei sovrintendenti e degli ispettori, con il conseguente intervento sui trattamenti economici connessi alle nuove funzioni e responsabilità

§  l'adeguamento, in particolare, delle carriere degli ispettori e dei funzionari e ufficiali, attraverso la loro qualificazione professionale, rispettivamente, direttiva e dirigenziale, conseguente al potenziamento delle funzioni;

§  l'adeguamento della disciplina della dirigenza e dei relativi trattamenti economici, con il superamento di alcuni istituti risalenti nel tempo.

 

L’articolo 36, ricomprende, come si è detto, tra i soggetti destinatari dei futuri provvedimenti di riordino anche il personale del  Corpo delle Capitanerie di porto.

 

Il Corpo delle Capitanerie di Porto -Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per i fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della loro opera, primo fra tutti il Ministero delle Infrastutture e dei Trasporti che ha "ereditato" nel 1994, dal Ministero della marina mercantile, la maggior parte delle funzioni collegate all'uso del mare per attività connesse con la navigazione commerciale e da diporto e sul cui bilancio gravano le spese di funzionamento.

 Il Corpo si configura come una struttura altamente specialistica, sia sotto il profilo amministrativo che tecnico-operativo, per l’espletamento di funzioni pubbliche statali che si svolgono negli spazi marittimi di interesse nazionale. Tali spazi comprendono 155.000 Kmq di acque marittime, interne e territoriali, che sono a tutti gli effetti parte del territorio dello Stato, nonché ulteriori 350.000 KMq di acque sulle quali l'Italia ha diritti esclusivi (sfruttamento delle risorse dei fondali) o doveri (soccorso in mare e protezione dell'ambiente marino): un complesso di aree marine di estensione quasi doppia rispetto all'intero territorio nazionale che ammonta a 301.000 KMq.

Il Corpo dispone di un organico complessivo di circa 11.000 uomini e donne, distribuiti in una struttura capillare costituita da 15 Direzioni Marittime, 55 Capitanerie di porto, 51 Uffici Circondariali Marittimi, 128 Uffici Locali Marittimi e 61 Delegazioni di Spiaggia, mediante la quale il Corpo continua ad esercitare le proprie molteplici attribuzioni, sul mare e lungo le coste del Paese.

Il Corpo, inoltre, opera in regime di dipendenza funzionale dai diversi Dicasteri, tra i quali il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio? e del mare, e il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali,  che si avvalgono della sua organizzazione e delle sue competenze specialistiche. Le principali linee di attività sono:

§  ricerca e soccorso in mare (SAR), con tutta l’organizzazione di coordinamento, controllo, scoperta e comunicazioni attiva nelle 24 ore che tale attività comporta;

§  sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto e, attraverso l’attività di Port State Control, anche sul naviglio mercantile estero che scala nei porti nazionali;

§  protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare , utilizzando sinergicamente a tal fine anche risorse (centrali operative, mezzi aereonavali, sistemi di controllo del traffico navale) già attivati per compiti di soccorso, sicurezza della navigazione e di polizia marittima;

§  controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali: a tal fine il comando generale è l’autorità responsabile del Centro Nazionale di Controllo Pesca e le Capitanerie effettuano i controlli previsti dalla normativa nazionale e comunitaria sull’intera filiera di pesca;

§  amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;

§  polizia marittima (cioè polizia tecnico-amministrativa marittima), comprendente la disciplina della navigazione marittima e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi.

 

Ulteriori funzioni sono svolte per i Ministeri della difesa (arruolamento personale militare), dei beni culturali e ambientali (archeologia subacquea), degli interni (contrasto immigrazione clandestina), della giustizia, del lavoro (Uffici di collocamento della gente di mare) e del dipartimento della protezione civile, tutte aventi come denominatore comune il mare e la navigazione.

 

 


 

Capo II – Politiche giovanili

Articolo 37
(Fondo per le politiche giovanili)

 

 

L’articolo 37 incrementa di 30 milioni, a decorrere dal 2019, le risorse del Fondo per le politiche giovanili

 

La Relazione illustrativa al provvedimento sottolinea che l’incremento della dotazione del Fondo è finalizzato a promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, nonché a facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi.

 

Il Fondo per le politiche giovanili è stato istituito, dall'articolo 19, comma 2, del decreto legge 223/2006, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi. Il fondo è destinato a finanziare azioni e progetti di rilevante interesse nazionale, nonché le azioni ed i progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le regioni e gli enti Locali.

Nel 2010 la consistenza del Fondo era di circa 81 milioni di euro. Negli anni successivi la dotazione del Fondo è stata considerevolmente ridotta (per una puntuale rassegna delle dotazioni del Fondo per le politiche giovanili nel periodo 2007-2018 si rinvia alla Tabella a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome).

Lo stanziamento del Fondo per il 2018, come determinato dalla legge di bilancio 2018 (legge 205/2017) era pari a circa 8,9 milioni di euro, di cui una quota pari al 30% (circa 2,6 milioni) da destinare agli enti territoriali per la realizzazione di interventi volti prioritariamente a promuovere attività di orientamento o dirette alla prevenzione del disagio giovanile. Gli enti territoriali si sono fra l'altro impegnati a cofinanziare almeno il 20% del progetto presentato (qui il riparto 2018).

 


 

Capo III – Misure a tutela dei risparmiatori

Articolo 38
(Fondo per il ristoro dei risparmiatori)

 

 

L'articolo 38 istituisce, con una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, un Fondo per il ristoro dei risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto in relazione all'investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell'ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata. Tale Fondo sostituisce quello istituito dalla legge di bilancio 2018, avente analoghe finalità.

Il ristoro è pari al 30 per cento dell’importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce dell'autorità giudiziaria o dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore. Per favorire l'efficace erogazione del Fondo viene potenziata la dotazione di risorse umane e finanziarie a disposizione dell'ACF.

 

In particolare, l'articolo 38, comma 1, istituisce nello stato di previsione del MEF, con una dotazione finanziaria iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, un Fondo di ristoro, per i risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto in relazione a specifiche operazioni di investimento. 

Per danno ingiusto si intende quello riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal TUF nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di azioni emesse da banche aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018. I casi più significativi, in termini di soggetti coinvolti, riguardano la Banca popolare di Vicenza e Veneto banca, di cui è stata decretata la liquidazione coatta amministrativa nel giugno 2017 (decreto legge n. 99 del 2017).

Il Fondo è alimentato per 500 milioni di euro attraverso le risorse della contabilità speciale previste dall'articolo 7-quinquies, comma 7 del decreto legge n. 5 del 2009 per interventi a legislazione vigente, e per i restanti 25 mediante il fondo di ristoro finanziario previsto dall'articolo 1, comma 1106, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018). La procedura disposta dall'articolo in esame, pertanto, rappresenta la continuazione di quella prevista dall'articolo 11, comma 1-bis del decreto n. 91 del 2018.

 

 

Al riguardo si ricorda che la legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi 1106 e ss.gg. della legge n. 205 del 2017) ha istituito il Fondo per l'erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori: esso era volto a tutelare i risparmiatori che avessero subìto un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 210 del codice dei contratti pubblici, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione (D. Lgs. n. 180 del 2015) comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018 (data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018).  Successivamente il menzionato decreto-legge n. 91 del 2018 (comma 1-bis dell’articolo 11) è intervenuto sull’ambito operativo e sui termini per l’attuazione del Fondo: l’operatività del Fondo è stata estesa anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) ed è stato posticipato al 31 gennaio 2019 il termine per l’emanazione delle norme secondarie di attuazione della relativa disciplina.

 

Al Fondo istituito dall’articolo in commento sono rimesse le disponibilità già stanziate con il decreto appena citato, incrementate delle risorse della contabilità speciale.

 Con finalità di coordinamento, il comma 11 dell'articolo 38 in parola dispone la sostituzione del Fondo di ristoro finanziario disciplinato dall’articolo 1, commi da 1106 a 1108, della legge n. 205 del 2017, con il Fondo di ristoro istituito dall'articolo in esame.

 

La definizione dei risparmiatori che possono accedere al fondo è disposta dal comma 2: si tratta di persone fisiche, imprenditori individuali, anche agricoli, nonché i coltivatori diretti che abbiano acquistato le azioni di banche definite dal comma 1. Oltre ai soggetti che hanno effettivamente investito nel capitale di banche poste in liquidazione nell'ultimo biennio, hanno parimenti accesso al fondo i loro successori mortis causa, nonché il coniuge, il convivente more uxorio, i parenti entro il secondo grado in possesso delle predette azioni, a seguito di trasferimento con atto tra vivi.

Il comma 3 stabilisce, con riferimento alle azioni in argomento, due ulteriori condizioni: le stesse devono essere state acquistate dal risparmiatore avvalendosi della prestazione di servizi di investimento da parte della banca emittente o di società da questa controllate e devono risultare ancora detenute dallo stesso alla data in cui la banca è stata posta in risoluzione o in liquidazione (lettere a) e b) del comma 3).

 

Ulteriori condizioni per la gestione del Fondo prevedono che:

§  la domanda all’autorità giudiziaria ordinaria o all’ACF è presentata entro il 30 giugno 2019 (lettera c) del comma 3);

§  la misura del ristoro erogato entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore, è pari al 30 per cento dell’importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce dell'autorità giudiziaria o dell'ACF, dedotti i dividendi percepiti (lettera d) del comma 3);

§  il ristoro non è cumulabile con altre forme di indennizzo (lettera e) del comma 3);

§  l’accettazione del pagamento a carico del Fondo equivale a rinuncia all’esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessa alle stesse azioni, salvo quanto previsto dal successivo comma 6 con riferimento alla possibilità che venga aumentata la percentuale di rimborso della sentenza o della pronuncia (lettera f) del comma 3);

§  il Fondo operi entro i limiti della dotazione finanziaria e fino al suo esaurimento secondo il criterio cronologico della presentazione della domanda avanti l’autorità giudiziaria ordinaria o l’ACF e sia surrogato nei diritti del risparmiatore per l’importo corrisposto (comma 4).

 

Il comma 5 prevede una disciplina specifica per quei risparmiatori che hanno aderito a iniziative transattive da banche poi poste in liquidazione e, dunque, oggetto del Fondo di ristoro in esame.

Si segnala, in particolare, che nel gennaio 2017 la Banca popolare di Vicenza e Veneto banca hanno rivolto ai propri soci delle offerte di transazione volte a determinare un indennizzo forfettario corrisposto a fronte della rinuncia ad agire contro le stesse banche in relazione a tutte le operazioni di acquisto o sottoscrizione di azioni o al loro mancato disinvestimento. In base ai dati diffusi dagli offerenti, hanno aderito per Veneto banca 54.374 azionisti (il 72,6 per cento circa del totale), portatori del 67,6% delle azioni comprese nel perimetro dell'offerta, e per Banca popolare di Vicenza 66.770 azionisti (il 71,9 per cento del totale), portatori del 68,7% delle azioni comprese nell’offerta.

 

Poiché il ristoro garantito dal Fondo potrebbe risultare anche significativamente superiore al corrispettivo incassato da coloro che hanno a suo tempo aderito ad offerte transattive, a tali risparmiatori il comma 5 consente di proporre la domanda di risarcimento del danno nel rispetto dei limiti di 100.000 euro complessive e del 30 per cento dell'importo riconosciuto da sentenze dell'autorità giudiziaria o pronunce dell'ACF, dedotti gli importi già liquidati al risparmiatore in esecuzione della transazione.

I soggetti che presentano domanda al Fondo dopo aver aderito ad accordi transattivi sono postergati nell'erogazione del rimborso ai risparmiatori il cui danno ingiusto è stato riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), fatta eccezione per coloro per cui risulti un valore dell’ISEE inferiore a 35 mila euro nell’anno 2018.

Nel caso di intervenuta revocatoria della transazione, i risparmiatori che hanno aderito a iniziative transattive assunte dalle banche aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, possono presentare domanda al Fondo previa restituzione dell’importo percepito in esecuzione della transazione e nel rispetto delle condizioni di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo in esame.

 

Il comma 6 prevede specifici obblighi di comunicazione per il Ministero della Giustizia e la CONSOB che dovranno segnalare al MEF, nei termini indicati con il decreto attuativo dell'articolo in esame (comma 9), i dati relativi alle domande presentate e agli importi richiesti, le sentenze e le pronunce con gli importi riconosciuti a titolo di risarcimento del danno nonché quelle di rigetto. Tali comunicazioni sono finalizzate a consentire l’erogazione da parte del MEF degli importi riconosciuti (nei limiti stabiliti) e a consentire una verifica delle risorse occorrenti per l’erogazione della misura di rimborso agli aventi diritto, in caso di incapienza della dotazione finanziaria del Fondo di ristoro, nonché per aumentare la misura percentuale dei rimborsi all’esito del processo avviato con il decreto legge 91 del 2018 e rimodulato dall'articolo in esame, tenendo conto delle risorse effettivamente disponibili.

 

Il comma 7 stabilisce una serie di misure volte a potenziare la capacità della CONSOB (presso cui l'ACF è istituito) di esaurire l'esame delle domande presentate dai risparmiatori il cui profilo ricade nell'ambito di applicazione dell'articolo in esame.

Per garantire il raggiungimento di tale obiettivo si prevede che la CONSOB potenzi l’attività dell'ACF con l'istituzione di nuovi organi giudicanti, fino ad un massimo di dieci collegi, prevedendo uno o più collegi specializzati per la trattazione delle domande presentate dai risparmiatori che hanno un valore dell’ISEE non superiore a euro 35.000 nell’anno 2018.

 

La norma in esame definisce dunque un primo gruppo di aventi diritto al ristoro, di cui fanno parte i soggetti a cui è stato riconosciuto di aver patito un danno ingiusto e quelli che hanno aderito a offerte transattive per cui risulti un valore dell'ISEE non superiore al limite appena richiamato, e un secondo, postergato nell'erogazione dei ristori, composto dagli aderenti ad accordi transattivi con un valore dell’ISEE superiore a euro 35.000 nell’anno 2018. A parità di situazioni, si applica il criterio cronologico dell’adozione della pronuncia.

 

La presentazione dei ricorsi all'ACF e l'adozione delle relative pronunce potrà essere effettuata prevedendo modalità semplificate, nel rispetto delle regole procedurali stabilite dal Regolamento adottato con delibera CONSOB n. 19602 del 2016 (Regolamento ACF). Tali modalità sono definite dalla CONSOB entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame e pubblicate sul sito internet dell’Autorità, previa consultazione pubblica. Agli oneri di funzionamento dell'ACF la CONSOB provvede a valere sulle disponibilità del Fondo per la tutela stragiudiziale dei risparmiatori e degli investitori (di cui all’articolo 32-ter.1 del TUF). Sul medesimo Fondo gravano anche le spese del procedimento non altrimenti recuperabili.

 

In deroga a quanto disposto dal Regolamento ACF, limitatamente alla trattazione dei ricorsi presentati dai risparmiatori di cui ai commi 1 e 5, l’ambito di operatività dell’ACF è estesa anche alle domande di valore superiore a cinquecentomila euro.

L’ACF è competente anche per la trattazione dei ricorsi presentati dai risparmiatori le cui richieste afferiscono alle azioni oggetto dell'articolo in esame acquisite prima dall’introduzione dell’articolo 25-bis del TUF, che ha riconosciuto l'applicazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal TUF nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi dalle banche. 

 

Per potenziare l'ACF, la CONSOB può inoltre assumere, ai sensi del comma 8, mediante selezione pubblica, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, in aggiunta alla dotazione della pianta organica vigente per un massimo di cinque anni, fino a 55 unità di personale in possesso di idonee professionalità e competenze. A tal fine è autorizzata la spesa di 4,5 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, a cui si provvede, in via del tutto eccezionale, in deroga all’articolo 40, comma 3, della n. 724 del 1994 che stabilisce il sistema di finanziamento della CONSOB prevedendo che lo stesso derivi dalla contribuzione dei soggetti vigilati senza oneri a carico del bilancio dello Stato. All’onere per gli anni dal 2019 al 2021, pari a 4,5 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo di ristoro.

Le disponibilità finanziarie destinate a potenziare il funzionamento dell’ACF affluiscono in appositi fondi iscritti distintamente nel bilancio della CONSOB.

 

Il comma 9 prevede che le misure di attuazione dell'articolo in esame siano adottate con decreto del MEF entro il 31 gennaio 2019. Nelle more dell'adozione del decreto si applica quanto previsto dal comma 1107 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), per cui i risparmiatori già destinatari di pronuncia favorevole adottata dall'ACF nonché quelli i cui ricorsi, già presentati, saranno decisi con pronuncia favorevole entro il 30 novembre 2018 dall'ACF, possono avanzare istanza alla CONSOB al fine di ottenere tempestivamente l'erogazione, nella misura del 30 per cento e con il limite massimo di 100.000 euro, dell'importo liquidato.

 

Il comma 10 consente la stipula di un apposito protocollo fra la CONSOB e il Fondo interbancario di tutela dei depositi per favorire l'accesso da parte dell'ACF alla documentazione occorrente per l’adozione della decisione che il risparmiatore non è in grado di produrre e che si trovano nella disponibilità delle banche in liquidazione ovvero delle banche cessionarie di attività e passività delle stesse.

 

Il comma 12, infine, detta le condizioni per l’accesso alle procedure arbitrali relative al Fondo di solidarietà da parte degli obbligazionisti subordinati delle due banche venete in liquidazione coatta amministrativa, dando definitiva attuazione a quanto stabilito dall’articolo 6 del decreto legge n. 99 del 2017.

 


 

TITOLO IV – MISURE DI SETTORE

Articolo 39
(Risorse per riduzione tempi di attesa prestazioni sanitarie)

 

 

L’articolo 39 reca un’autorizzazione di spesa di 50 milioni di euro – ripartiti con decreto ministeriale adottato previa intesa Stato/Regioni -  per ciascun anno del triennio 2019-2021, per l’attivazione di interventi volti a ridurre i tempi di attesa nell’erogazione delle prestazioni sanitarie.

 

L’articolo 39 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021, per l’attivazione di interventi volti a ridurre, anche secondo le indicazioni del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2010-2012, i tempi di attesa nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, secondo il principio dell’appropriatezza clinica, organizzativa e prescrittiva. A tale scopo vengono perseguiti l’implementazione e l’ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle prestazioni sanitarie, come previsto dall’articolo 47-bis del decreto legge n. 5/2012 (comma 1).

 

L’art 47-bis del decreto legge 5/2012 promuove il sostegno, nei piani sanitari nazionale e regionali, di  sistemi di prenotazione a gestione elettronica.

Più in particolare esso prevede che nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, nei piani di sanità nazionali e regionali si privilegia la gestione elettronica delle pratiche cliniche, attraverso l'utilizzo della cartella clinica elettronica, così come i sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture da parte dei cittadini con la finalità di ottenere vantaggi in termini di accessibilità e contenimento dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A tale proposito va ricordato che il Centro Unificato di Prenotazione (CUP) è il sistema centralizzato informatizzato di prenotazione delle prestazioni sanitarie, incaricato di gestire l'intera offerta dei servizi sanitari (SSN, regime convenzionato, intramoenia) presenti sul territorio di riferimento.

Il 29 aprile 2010 è stata siglata dalla Conferenza Stato-Regioni l'intesa sulle Linee Guida nazionali del sistema CUP. Le Linee Guida, predisposte dal Ministero della salute in stretta collaborazione con le regioni, sottolineano l'importanza della gestione delle prestazioni in circolarità, cioè tramite tutti i punti d'accesso del Sistema CUP indifferentemente dall'appartenenza ad una specifica azienda sanitaria e indicano il percorso per lo sviluppo di un centro CUP unificato a livello nazionale in cui far confluire i sistemi CUP oggi presenti a livello provinciale e regionale, che operano spesso in modalità isolata e con canali differenziati.  Le Linee Guida disciplinano pertanto le modalità di articolazione del Sistema CUP, nelle sue componenti di Front-office - raccolta delle richieste, prenotazione delle prestazioni e riscossione -, nonché di Back-office, per la programmazione e la manutenzione ordinaria/straordinaria delle attività propedeutiche alla prenotazione.

Il Piano nazionale di governo delle liste di attesa, cui si richiama la disposizione in commento:

§  riporta l’elenco delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera per le quali vanno fissati i tempi massimi di attesa da parte delle singole Regioni nell’ambito del proprio Piano;

§  individua le aree cardiovascolare e oncologica quali aree prioritarie per lo sviluppo di Percorsi Diagnostico Terapeutici (PDT) e fissa i relativi tempi massimi di attesa a garanzia della tempestività della diagnosi e del trattamento;

§  promuove la valutazione ed il miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva;

§  identifica vari monitoraggi per la rilevazione dei tempi di attesa;

§  individua, a garanzia della trasparenza e dell’accesso alle informazioni su liste e tempi di attesa, la necessità di procedere, in via sistematica, al monitoraggio della loro presenza sui siti web di Regioni e Province autonome e di Aziende sanitarie pubbliche e private accreditate;

§  promuove l’acquisto delle prestazioni erogate in regime libero professionale dai professionisti all’interno dell’Azienda nell’ambito del governo delle liste d’attesa; prevede il monitoraggio dell’ALPI per verificare il previsto rispetto dell’equilibrio tra prestazioni rese dal professionista in regime istituzionale e, rispettivamente, in libera professione intramuraria; promuove le attività informatizzate di prenotazione per le prestazioni erogate in libera professione, anche in osservanza a quanto previsto dalle Linee guida nazionali sul sistema CUP, di cui all’Accordo Stato-Regioni 29/04/2010.

 

Il comma 2 demanda la definizione delle modalità di ripartizione delle risorse citate in favore delle regioni ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge.

Infine il comma 3 demanda il monitoraggio degli effetti derivanti dalle azioni citate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.

 


 

Articolo 40
(
Fabbisogno sanitario nazionale standard 2019-2021)

 

 

L’articolo 40 conferma in 114.435 milioni di euro il livello del fabbisogno sanitario nazionale standard per il 2019, incrementandolo di 2.000 milioni per il 2020 e di ulteriori 1.500 milioni per il 2021. L’accesso delle regioni a tale incremento è subordinato al raggiungimento di una specifica intesa in Conferenza Stato-regioni che aggiorni - entro il 31 gennaio 2019 - il Patto per la salute per il triennio 2019-2021-, definendone le misure. Viene, infine, disposto l’incremento di 10 milioni, come limite di spesa, a decorrere dal 2019, delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale, dirette all’attivazione di ulteriori borse di studio per la formazione specifica di medici di medicina generale.

 

Il comma 1 conferma, per l’anno 2019, il livello del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato in 114.435 milioni di euro (per la ricostruzione delle somme a legislazione vigente si veda infra box di approfondimento). Per l’anno 2020 tale livello è incrementato di 2.000 milioni di euro e per l’anno 2021 di ulteriori 1.500 milioni di euro

Pertanto, per il triennio 2019-2021 il livello del fabbisogno sanitario è fissato negli importi come definiti in tabella                                                                                    (in milioni di euro):

                                                                                      (in milioni di euro)

Articolo 40, co. 1
Livello del Fabbisogno sanitario nazionale standard 2019 - 2021

2019

2020

2021

114.435

114.435

114.435

-

+2.000

+2.000

-

-

+1.500

TOTALE

114.435

116.435

117.935

Elaborazione su dati della RT.

L’accesso delle regioni all’incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2019, 2020 e 2021, rispetto al valore stabilito per l’anno 2018, viene comunque subordinato alla stipula, entro il 31 gennaio 2019, di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi (comma 2).

Il comma 3 definisce le misure citate al precedente comma, che dovranno riguardare, in particolare:

a)   la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al fine di promuovere maggiore equità nell’accesso alle cure;

Si segnala che all'interno dei sistemi sanitari regionali, le misure di compartecipazione per le diverse tipologie di prestazioni si presentano differenziate, e di conseguenza anche gli importi da corrispondere e le esenzioni previste. Tali differenze si evidenziano ulteriormente se si considerano le prestazioni specialistiche ambulatoriali, per le quali l’art. 8, comma 15, L. 537/1993 ha stabilito il pagamento di prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e delle altre prestazioni specialistiche, fino all'importo massimo di 36,15 euro per ricetta (importo prima ridotto e poi abolito da disposizioni successivamente abrogate), con assunzione a carico del Servizio sanitario nazionale degli importi eccedenti tale limite. La stessa L. 537/1993 (art. 8, comma 16) ha anche stabilito che si ha diritto all'esenzione nei seguenti casi: particolari situazioni di reddito associate all'età o alla condizione sociale; presenza di determinate patologie (croniche o rare); riconoscimento dello stato di invalidità: altri casi particolari (gravidanza, diagnosi precoce di alcuni tumori, accertamento dell'HIV).
Successivamente, il DL 98/2011 (L. 111/2011) ha reintrodotto, per i non esenti, il pagamento di una ulteriore quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro (il cosiddetto superticket), consentendo però alle regioni di adottare misure alternative purché in grado di assicurare lo stesso gettito.
Da ultimo, la L.B. 2018 (art. 1, comma 804, L. n. 205/2017) ha istituito nello stato di previsione del Ministero della salute (v. approfondimento) un Fondo per la riduzione della quota fissa sulla ricetta con una dotazione di 60 milioni annui a decorrere dal 2018, da ripartire (v. intesa del 30 marzo 2018) privilegiando quelle regioni che abbiano adottato iniziative di ampliamento dei casi di esenzione.

b)  il rispetto degli obblighi di programmazione a livello nazionale e regionale in coerenza con il processo di riorganizzazione delle reti strutturali dell'offerta ospedaliera e dell’assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicità e alle liste d’attesa;

Il concetto di rete strutturale dell’offerta ospedaliera è strettamente collegato alla rete clinico assistenziale nello specifico prevista dal D. M. n. 70/2015. Questo decreto ha regolamentato gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera con l’obiettivo di assicurare una presa in carico del paziente in condizioni di appropriatezza, efficacia, efficienza, qualità e sicurezza delle cure, collegando tra loro tipologia e livelli diversi di professionisti, strutture e servizi sanitari.
Con più specifico riferimento alle norme contenute nel presente ddl che stanziano nuove risorse per ridurre i tempi di attesa delle prestazioni sanitari si rinvia alla scheda relativa all’art. 39.

c)   la valutazione dei fabbisogni del personale del SSN e riflessi sulla programmazione della formazione di base e specialistica e sulle necessità assunzionali, ivi ricomprendendo l’aggiornamento del parametro di riferimento relativo al personale;

In proposito occorre ricordare che il D.Lgs. n. 75/2017 ha novellato in più punti il D.Lgs. n. 165/2001 apportando sostanziali modifiche alla materia dei fabbisogni di personale, e in particolare rendendo obbligatorio e potenziando il piano triennale dei fabbisogni del personale (PTFP). Il nuovo art. 6-ter del citato D.Lgs. 165 ha peraltro demandato a specifici decreti di natura non regolamentare adottati dal Ministro per la semplificazione e la PA, di concerto con il MEF, la definizione delle linee di indirizzo (qui l’atto successivamente approvato) per orientare le amministrazioni pubbliche nella predisposizione dei piani, stabilendo in particolare che, con riguardo alle aziende e agli enti del SSN, i predetti decreti siano adottati di concerto con il Ministro della salute, in sede di Conferenza unificata Stato-regioni. Nella definizione dei fabbisogni, considerata anche la complessità delle organizzazioni in ambito sanitario, si fa riferimento a indicatori standard in relazione alle attività da svolgere: viene pertanto definito un “parametro di riferimento” o valore standard sulla base del quale è possibile effettuare analisi comparative tra diverse organizzazioni e definire i livelli di risultato.

d)  l’implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del SSN che consentiranno di tracciare il percorso seguito dal paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali del territorio nazionale tenendo conto delle infrastrutture già disponibili nell’ambito del sistema Tessera Sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico (FSE);

Riguardo allo stato di attuazione del Fascicolo sanitario elettronico nelle differenti regioni, viene effettuato un monitoraggio dei dati a livello regionale (v. i singoli fascicoli regionali) per il tramite dell'Agenzia per l'Italia digitale, il Ministero della salute e il CNR. Sono in particolare oggetto del monitoraggio le percentuali degli operatori abilitati al FSE, i medici divisi per regione che utilizzano il Fascicolo, gli assistiti della regione che lo hanno già attivato, nonchè la percentuale di servizi del Fascicolo realizzati. Dall'attuale stato di attuazione si evince che sono 17 le regioni attive e 11 le regioni che hanno aderito alla interoperabilità (v. anche interoperabilità UE), con oltre 10,8 milioni di Fascicoli sanitari già attivati e oltre 229,7 milioni di referti già digitalizzati.

e)   la promozione della ricerca in ambito sanitario.

In merito occorre ricordare gli interventi che, da ultimo, sono stati previsti nella L.B. 2018 (art. 1, co. 421 e co. 422-434), attraverso la rivalutazione, da parte delle regioni, del fabbisogno di prestazioni assicurate dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di diritto pubblico e privato (accreditati nell'àmbito del Servizio sanitario regionale), al fine di valorizzare la qualità delle prestazioni di tali Istituti (v. approfondimento). E’ stata inoltre prevista l'istituzione, presso gli IRCCS pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), di un ruolo non dirigenziale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria. Si tratta di una nuova disciplina – che beneficia peraltro di ulteriori risorse finanziarie - relativa ai contratti di lavoro a tempo determinato per lo svolgimento di attività di ricerca e all'eventuale successiva trasformazione a tempo indeterminato del rapporto (v. approfondimento).

f)    efficientamento e appropriato uso dei fattori produttivi, ordinata programmazione del ricorso agli erogatori privati accreditati;

g)   la valutazione del fabbisogno di interventi infrastrutturali di ammodernamento tecnologico.

 

Nell’ultimo triennio, il livello del fabbisogno sanitario nazionale ha proseguito il progressivo trend di riduzione degli incrementi, come originariamente stabiliti nel Patto per la Salute 2014-2016 per il triennio di riferimento, che in ogni caso faceva salve eventuali modifiche necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e in seguito a variazioni del quadro macroeconomico. Infatti, limitandosi a considerare il fabbisogno fissato dal Patto per l’ultimo anno del triennio, vale a dire il 2016, che riportava un importo di 115.444 milioni, si evince che il fabbisogno sanitario confermato per il 2019 dal presente disegno di legge di bilancio, si attesta ad un livello inferiore (114.435 milioni), se confrontato a quello di tre anni prima.

La progressiva riduzione degli incrementi è principalmente ascrivibile al contributo aggiuntivo che le regioni (segnatamente a statuto ordinario) hanno dovuto assicurare alla finanza pubblica nel corso degli anni dal 2015 al 2018, con una serie di atti concordati a livello di Conferenza Stato-regioni. In proposito si ricorda, da ultimo, l'Intesa dell'11 febbraio 2016, che ha rideterminato in 113.063 milioni per il 2017 e 114.998 milioni tale livello, successivamente ridotto dalla legge di bilancio 2017 (L. 323/2016, art. 1, co. 392) a 113.000 milioni di euro per il 2017 e 114.000 milioni di euro per il 2018. Per il 2019 il livello del finanziamento era stato fissato in 115.000 milioni di euro.

Tuttavia, a causa del mancato contributo delle autonomie speciali agli obiettivi di finanza pubblica (contributo previsto dal sopra citato co. 392 della legge di bilancio 2017, da stabilirsi mediante sottoscrizione di singoli accordi con lo Stato – poi non raggiunti – entro il 31 gennaio 2017 in attuazione dell’art. 1, co. 680, L. 208/2015), il decreto 5 giugno 2017 ha nuovamente rideterminato il livello del fabbisogno sanitario nazionale, stabilendo ulteriori riduzioni: 423 milioni per il 2017 e 604 milioni a decorrere dal 2018.

La Tab. 2 che segue ricapitola pertanto gli importi a legislazione vigente del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale, considerando ulteriori (residuali) incrementi e riduzioni dovuti a successivi atti normativi:

                                                                                                    (in milioni di euro)

Finanziamento FSN

2017

2018

2019

Art.1, co. 392, L.323/2016 (L.B. 2017), in base a Intesa CSR 11 febbraio 2016 e in attuazione art. 1, co. 680, L. 208/2015 (L. S. 2016).

113.000

114.000

115.000

D.I. MEF – Salute 5 giugno 2017: riduzione a carico del RSO, considerati i mancati accordi dello Stato con le autonomie speciali.

-423

-604

-604

Art. 18-bis, co. 3, DL. 148/2017 (L.172/2017): incremento del limite di fatturato di alcune farmacie (tra cui quelle rurali) per l’applicazione delle misure di sconto obbligato.

-

9,2

9,2

Art. 1, co. 435, L. 205/2017 (L.B. 2018): incremento (dal 2019) per valorizzare, con una compensazione alle riduzioni del trattamento accessorio dei dirigenti, il personale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria.

-

-

30

Art. 1, co. 827, L. 205/2017 ulteriore riduzione (dal 2018) finanziamento della regione FV-Giulia per superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari.

-

-1,12

-1,12

Art. 9, L. 4/2018 che incrementa (dal 16 febbraio 2018) il livello del fabbisogno per assistenza minori orfani di crimini domestici.

-

0,056

0,064

Totale

112.577

113.404

114.435

Elaborazione su dati ricavati dagli atti normativi richiamati.

 

Si deve peraltro sottolineare che il predetto livello si presenta al netto del finanziamento alle regioni per l’acquisto dei medicinali innovativi ed oncologici innovativi iscritto nello stato di previsione del Ministero della salute (ai sensi degli art. 1, co. 400 e 401, L. 232/2016, L. B. 2017) e che presentano un effetto positivo sul finanziamento del fabbisogno sanitario pari, rispettivamente, a 223 milioni e 500 milioni a decorrere dal 2018.

Un ultimo rilievo, infine, va fatto con riferimento alla legittimità dei tagli lineari alla spesa sanitaria, imposti dalla normativa statale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 2017 con la quale sono state respinte alcune impugnative regionali per pretesa violazione del principio di leale collaborazione. In proposito, la Corte richiama una propria sentenza (la n. 65/2016) che riconosce l'imposizione di risparmi di spesa rientranti a pieno titolo nell'esercizio statale della funzione di coordinamento della finanza pubblica, purchè circoscritta ad un ambito temporalmente definito. La Corte argomenta inoltre circa l’opportunità  di intervenire in modo differenziato nei diversi settori, limitandosi lo Stato ad individuare un importo complessivo di risparmio e lasciando alle Regioni il potere di decidere l'entità dell'intervento in ogni singolo ambito.

A conferma della coerenza della giurisprudenza della Corte, la sentenza n. 103 del 2018 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma statale (comma 527, art. 1, L. B. 2017 qui un approfondimento) che, in contrasto con il principio di transitorietà, ha esteso per la seconda volta una misura di riduzione della spesa sanitaria delle regioni a statuto ordinario (contributo di 750 milioni, già previsto dall’ art. 46, comma 6, del DL. n. 66/2014, esteso ora fino al 2020), misura originariamente prevista per il solo quadriennio 2015-2018. L'estensione, infatti, a giudizio della Corte, non solo contrasta con il principio di transitorietà, ma sottrae al confronto parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici della disposizione di riduzione del livello di finanziamento del SSN che, in una prospettiva di lungo periodo, rischia di non garantire il rispetto del LEA e, quindi, il diritto alla salute.

Con  la stessa sentenza n. 103 del 2018, la Corte ha inoltre colto l'occasione per sottolineare come non rispettoso del principio di leale collaborazione il rifiuto, da parte delle autonomie speciali, della sottoscrizione degli accordi bilaterali con lo Stato per sancire il loro contributo al risanamento del settore sanitario, determinando così un'ulteriore riduzione del livello del fabbisogno sanitario nazionale a carico delle regioni a statuto ordinario. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema Il Livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 4, infine, integra, con la finalità di attivare ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale che partecipano ai corsi di formazione specifica, le disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale per un importo di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2019. L’incremento rappresenta comunque un limite di spesa.

 

I corsi di formazione in commento sono disciplinati dal Titolo IV del D. Lgs. n. 368/1999 per consentire ai medici di medicina generale di esercitare l’attività nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.

In proposito la norma richiama l’art. 3 del DL. 325/1994 (L. 467/1994) che stanzia le somme riservando quota-parte del FSN per il finanziamento di programmi speciali di interesse nazionale (art. 5, co. 3, DL. 27/1988), tra cui l’erogazione di borse di studio biennali a medici neolaureati per lo svolgimento del tirocinio teorico-pratico per la formazione specifica in medicina generale, secondo la direttiva del Consiglio della CEE n. 86/457.

 

Conseguentemente, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario di cui al presente articolo è incrementato di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2019, per la formazione dei medici di medicina generale.


 

Articolo 41
(C
ontratti di formazione specialistica)

 

 

L’articolo 41 incrementa gli stanziamenti per la definizione del numero dei contratti di formazione specialistica dei medici, allo scopo di prevederne un aumento. L’incremento riguarda la più recente autorizzazione di spesa destinata, a legislazione vigente, alla formazione di nuovi medici. Esso dovrebbe determinare un aumento annuo stimato di 900 nuovi contratti relativi a borse di specializzazione.

 

L’articolo in esame, al fine di aumentare il numero annuo dei contratti di formazione specialistica dei medici, stanzia ulteriori risorse per gli importi indicati in Tabella:

                                                                                                (in milioni di euro)

2019

2020

2021

2022

dal 2023

22,5

45

68,4

91,8

100

Dati RT.

 

In base al costo unitario di un contratto di formazione specialistica medica ai sensi del D.P.C.M. 7 marzo 2007, pari a 25.000 euro lordi per i primi due anni di corso e 26.000 euro lordi dal terzo anno in poi, il nuovo numero di contratti a decorrere dal 2019 è stimato dalla relazione tecnica pari a 900 unità annue.

Le nuove risorse vanno ad incrementare l’autorizzazione di spesa già prevista all’articolo 1, comma 252, della L. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), che a sua volta aveva disposto un incremento degli stanziamenti aventi la medesima finalità ai sensi dell’art. 1, comma 424 della L. n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), diretti ad aumentare le risorse a legislazione vigente ascrivibili al Titolo VI del D.Lgs. 368/1999 (di attuazione di alcune direttive comunitarie in materia di circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei diplomi) relativo alla formazione specialistica dei medici.

La Tabella che segue evidenzia i rispettivi incrementi delle risorse stanziate per i contratti di formazione medica specialistica previsti dai diversi atti normativi richiamati:


 

                                                                                                         (in milioni di euro)

Finanziamento borse formazione medica specialistica

2019

2020

2021

2022

dal 2023

Legislazione vigente ex D.Lgs. 368/1999 Tit. VI, di cui:

708

702

702

702

702

Art. 1, co. 424, L. 147/2013

50

50

50

50

50

Art. 1, co. 252, L. 208/2015

70

90

90

90

90

DDL di bilancio 2019

22,5

45

68,4

91,8

100

Risorse complessive

730,5

747

770,4

793,8

802

Elaborazione su dati ricavati dagli atti normativi richiamati e dalla RT.

 

I contratti cui fa riferimento la norma sono disciplinati all’articolo 37 del citato D.Lgs. 368/1999, nell’ambito della disciplina della formazione dei medici specialisti. Ai sensi di questa disciplina, i medici specializzandi stipulano uno specifico contratto annuale di formazione specialistica (che non dà in alcun modo diritto all'accesso ai ruoli del SSN e dell'università o della ASL ove si svolge la formazione), finalizzato esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista, mediante frequenza programmata delle attività didattiche e svolgimento di attività assistenziali, conformemente anche alle indicazioni comunitarie.

I contratti di formazione sono stipulati dai medici specializzandi con l'università ove abbia sede la scuola di specializzazione e con la regione nel cui territorio abbiano sede le aziende sanitarie le cui strutture siano parte prevalente della rete formativa della scuola di specializzazione.


 

Articolo 42
(Programmi di edilizia sanitaria)

 

 

L’articolo 42 prevede un incremento delle risorse per gli interventi in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, con corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per gli investimenti degli enti territoriali (Fondo istituito dall'articolo 16 del presente disegno di legge).

 

L'incremento di risorse (così come la corrispondente riduzione del suddetto Fondo) è pari nel complesso a 2 miliardi di euro, con riferimento al periodo 2021-2032, di cui 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, 200 milioni per ciascuno degli anni 2023-2031 e 100 milioni per il 2032. Si segnala, inoltre, che la sezione II del disegno di legge (unità di voto 9.1 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze) prevede una riduzione delle risorse per gli investimenti sanitari in oggetto per il 2020, nella misura di 1.375 milioni di euro, ed un incremento di identico importo delle risorse per il 2021, incremento che si somma a quello suddetto di 50 milioni di euro. Per il 2019, la sezione II non opera variazioni. Complessivamente, le risorse in materia (in termini sia di competenza contabile sia di autorizzazione di cassa) sono pari (come risulta dalla medesima sezione II) a 625 milioni di euro per il 2019, 1.121,2 milioni per il 2020 ed a 2.400 milioni per il 2021, mentre il livello globale del finanziamento - disposto a partire dal 1988 e fino al 2032 - ammonta, in base al suddetto incremento di 2 miliardi di euro, a 26 miliardi.

Il comma 1 del presente articolo specifica inoltre che: restano fermi, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni (e le province autonome) e l'assegnazione di risorse agli altri enti del settore sanitario interessati (istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, policlinici universitari a diretta gestione diretta, "ospedali classificati", istituti zooprofilattici sperimentali ed Istituto superiore di sanità), i limiti annuali summenzionati (come eventualmente ridefiniti dalle successive leggi di bilancio); l'incremento di 2 miliardi in oggetto è destinato prioritariamente alle regioni che abbiano esaurito, con la sottoscrizione di accordi, la propria disponibilità a valere sul livello di risorse precedenti.

Si ricorda che il riparto di risorse tra le regioni (e le province autonome) e la misura della quota di riserva relativa agli altri enti suddetti sono stabiliti con delibera del CIPE (previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome).


 

Articolo 43
(Servizi penitenziari minorili)

 

 

L’articolo 43 estende agli interventi urgenti destinati alla funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili le finalità del Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario

 

L’articolo 43 estende agli interventi urgenti destinati alla funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili le finalità del Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario prevista dalla legge 103 del 2017.

 

Il Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario, è stato istituito dalla legge di bilancio 2018 (all’articolo 1, comma 475, della Legge 205/2017) presso il Ministero della giustizia. Le seguenti risorse sono destinate con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze all’attuazione delle disposizioni della legge n. 103 del 2017:

§  10 milioni di euro per l’anno 2018;

§  20 milioni di euro per l’anno 2019;

§  30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020.

 

La richiamata legge n. 103 del 2017 ha previsto la riforma dell'ordinamento penale, nonché dell'ordinamento penitenziario. Il provvedimento ha previsto numerose deleghe al Governo, tra cui la revisione della disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni (attuata con il D.Lgs. 121 del 2018), la riforma dell'ordinamento penitenziario (attuata con il D.Lgs. 123 del 2018), l'incremento del lavoro carcerario (attuato con il D.Lgs. 124 del 2018). La delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata, invece, attuata.

 

In particolare, la Relazione tecnica segnala che una quota delle risorse del Fondo, pari a circa 10 mln. annui a decorrere dal 2019, consentirà il finanziamento di interventi di manutenzione ordinaria sugli immobili dell’amministrazione penitenziaria e minorile.

 

Anche alla luce della Relazione tecnica che fa riferimento agli “immobili” dell’amministrazione penitenziaria e minorile, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire se gli interventi cui è esteso il Fondo riguardino le sole strutture penitenziarie minorili o, diversamente, se dette risorse riguardino, più ampiamente, i servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, di cui i primi sono solo una parte.

 

Con riguardo ai servizi minorili, si ricorda che il Dipartimento della giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, oltre ad attuare i provvedimenti penali emessi dall'autorità giudiziaria minorile: cura i rapporti tra Stati nei casi di sottrazione internazionale dei minori; si occupa della protezione giuridica dei minori in custodia negli istituti minorili nonché del complesso di interventi relativi all’esecuzione penale esterna; svolge attività di cooperazione nazionale ed internazionale; promuove studi e ricerche di settore; fronteggia il fenomeno della devianza minorile con un'azione di prevenzione e recupero, in collaborazione con le strutture sociali sul territorio e in costante rapporto con la magistratura.

 

La disposizione non comporta oneri in quanto gli stanziamenti del Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario sono già iscritti nel bilancio del Ministero della giustizia sul Programma 1.1 - Amministrazione penitenziaria – all’azione “Accoglienza, trattamento penitenziario e politiche di reinserimento delle persone sottoposte a misure giudiziarie”, capitolo 1773.

Peraltro, si segnala che il Fondo, in base ad un intervento nella Sez. II del Bilancio risulta, per il 2019, definanziato di 10 milioni di euro. Analogo definanziamento di 10 mln di euro riguarda il 2010 e il 2021.

 


 

Articolo 44
(Verifica dell’assegnazione degli stanziamenti
ordinari in conto capitale su base territoriale)

 

 

L’articolo 44 interviene sulle modalità di verifica del rispetto del principio di assegnazione degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione di riferimento. La disposizione, in particolare, semplifica le procedure attualmente previste e include nell’ambito degli stanziamenti oggetto di verifica anche quelli compresi nei contratti di programma (inclusi quelli vigenti) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Anas S.p.A.

 

L’articolo 44 interviene sulle modalità di verifica dell’assegnazione degli stanziamenti ordinari in conto capitale secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione di riferimento, definite dall’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016.

 

L’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016 dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro il 30 giugno 2017, su proposta del Ministro dell’economia e sentita l’Autorità politica di coesione, sono individuate:

§  le modalità con cui verificare, in riferimento ai programmi di spesa in conto capitale delle Amministrazioni centrali dello Stato, individuati con apposita Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, se e in che misura, a decorrere dalla legge di bilancio 2018, le Amministrazioni medesime si conformino:

-     all’obiettivo di destinare ai territori delle regioni del centro-sud (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna)  un volume annuale di stanziamenti ordinari di parte capitale  proporzionale alla popolazione di riferimento (pari a circa il 34% della popolazione nazionale);

-     ad “altro criterio relativo a specifiche criticità” individuato dalla Direttiva medesima;

§  le modalità con le quali è monitorato il conseguimento da parte delle amministrazioni interessate del suddetto obiettivo, anche in termini di spesa erogata.

Una volta avviate le procedure di verifica, il Ministro per il sud presenta alle Camere una relazione annuale sui risultati della verifica, indicando anche le misure correttive eventualmente necessarie.

In attuazione dall’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016 è stato adottato il D.P.C.M. 7 agosto 2017, con cui sono state disciplinate le modalità per lo svolgimento della verifica. In particolare, il D.P.C.M.:

§  ha circoscritto (in sede di prima applicazione) l’ambito applicativo della verifica ai Ministeri e alla Presidenza del consiglio dei ministri;

§  ha definito gli stanziamenti ordinari in conto capitale, ossia gli stanziamenti di bilancio dello Stato destinati a spese per investimenti e i contributi agli investimenti, che non derivano da assegnazioni del Fondo sviluppo e coesione (FSC) o dai Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) e relativo cofinanziamento nazionale (trattandosi di risorse aggiuntive già dirette, in via prevalente, alle regione del Mezzogiorno);

§  ha incluso nel monitoraggio i programmi di investimento finanziati dal Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese[15] e le autorizzazioni di spesa pluriennale in conto capitale;

§  ha definito la popolazione di riferimento come quella residente al 1° gennaio dell’anno più recente resa disponibile dall’Istat.

 

La disposizione modifica in più parti l’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016, aggiungendovi tre nuovi commi.

 

Il comma 1 (con una modifica meramente formale) aggiorna i riferimenti al “Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno”, sostituiti con quelli al “Ministro per il Sud”, al fine di adeguarli alla nuova denominazione del dicastero.

 

I commi 2 e 3 prevedono:

§  che i programmi di spesa oggetto di verifica e monitoraggio siano individuati annualmente del Documento di economia e finanza (DEF), e non più mediante una specifica direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, come attualmente previsto (si consideri, tuttavia, che la direttiva in questione non è stata mai adottata); per il solo anno 2019 l’individuazione dei programmi di spesa è demandata alla Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF).

§  che un nuovo D.P.C.M. di attuazione della norma venga adottato entro il 30 giugno 2019; con tale decreto, in particolare, potrà essere stabilito, in alternativa al criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione residente, un eventuale “altro criterio relativo a specifiche criticità” (possibilità, questa, attualmente rimessa alla suddetta direttiva del Presidente del consiglio);

§  che venga monitorato anche l’andamento della spesa erogata.

§  che le Amministrazioni interessate, entro il 28 febbraio di ogni anno, trasmettano l’elenco dei programmi di propria competenza al Ministro per il Sud; in sede di prima applicazione tale trasmissione è effettuata entro il 31 agosto 2019;

§  che anche i contratti di programma tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Anas S.p.A. ed i contratti di programma tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., siano predisposti in conformità all’obiettivo della destinazione territoriale, secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione residente. Anche i contratti di programma vigenti sono soggetti alle attività di monitoraggio e verifica[16];

 

Il nuovo testo dell’articolo 7, comma 2 prevede che la verifica e il monitoraggio siano effettuati a decorrere dalla legge di bilancio 2018; appare, pertanto, opportuno modificare tale decorrenza, atteso che l’applicazione della regola della assegnazione proporzionale delle risorse potrà trovare applicazione non prima dell’esercizio di bilancio 2020 (considerato che il termine per l’adozione del D.P.C.M. per la definizione delle modalità di verifica è il 30 giugno 2019 e che l’individuazione dei programmi di spesa su cui la regola troverà applicazione verrà stabilito dalla NADEF 2019).

 

Si segnala, altresì, che il comma 4 riproduce sostanzialmente il contenuto dell’articolo 7-bis, comma 3, del DL n. 243/2016; si valuti pertanto l’opportunità della sua soppressione.


 

Articolo 45
(
Modifiche alla misura “Resto al Sud”)

 

 

L’articolo 45 modifica la disciplina della misura di sostegno c.d. “Resto al sud”, ampliando la platea dei potenziali beneficiari, elevando da 35 a 45 anni l’età massima degli stessi ed estendendo le agevolazioni previste dalla misura alle attività libero professionali.

 

La norma reca modifiche alla misura denominata «Resto al Sud», introdotta dall’art. 1 del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, al fine di promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. La norma in esame modifica l’art. 1, comma 2, del citato D.L. n. 91/2017, ampliando la platea dei potenziali soggetti destinatari della misura, elevando da 35 a 45 anni l’età massima degli stessi (comma 1, lett. a)).

La norma modifica inoltre l’art. 1, comma 10, del D.L. n. 91/2017 sopprimendo l’esclusione delle attività libero professionali dalle attività beneficiarie del finanziamento.

 

Con riferimento alla modifica di cui al comma 1, lett. a) dell’articolo in esame, si ricorda che, ai sensi della vigente formulazione dell’art. 1, comma 2, del D.L. n. 91/2017, la misura “Resto al Sud” è attualmente rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio alla data del 21 giugno 2017[17] o beneficiari, nell'ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell'autoimprenditorialità e che siano residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza entro i termini fissati (60 giorni dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria o 120 se residenti all’estero), e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento[18].

Secondo quanto precisato nella Relazione illustrativa, “l’estensione del limite di età agli under 46 consentirebbe di includere, tra i possibili destinatari della misura agevolativa “Resto al Sud”, quanti hanno maturato competenze professionali significative nel corso della loro esperienza lavorativa, spesso in una condizione di precariato o di lavoro sommerso/irregolare. Inoltre, si consentirebbe di ampliare il target di utenza anche nella direzione dei soggetti espulsi dal mercato del lavoro a causa di crisi aziendali e di settore e con grandi difficoltà di ricollocamento”. La misura diventerebbe, quindi, per tali soggetti, una “importante opportunità per patrimonializzare il loro bagaglio di esperienze/competenze professionali, in una prospettiva stabile e duratura nel tempo di autoimprenditorialità”.

Il finanziamento, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del D.L. n. 91/2017, consiste:

§  per il 35 per cento in erogazioni a fondo perduto e

§  per il 65 per cento in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni, di cui i primi due di preammortamento.

Il finanziamento è fino a un massimo di 50 mila euro. Nel caso di istanza presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, ivi incluse le società cooperative, l'importo massimo erogabile è pari a 50 mila euro per socio, che presenti i requisiti sopra indicati, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore (de minimis) Reg. (UE) n. 1407/2013 e Reg. (UE) n. 717/2014.

La quota del prestito a tasso zero beneficia:

§  sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito dal soggetto gestore della misura - l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. Invitalia;

§  sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito. A tal fine, è istituita presso il Fondo di garanzia PMI di cui all'art. 2, co. 100, lettera a), della L. n. 662/1996, una sezione speciale alla quale è trasferita una quota parte delle risorse stanziate per la misura in esame, destinata alla concessione della garanzia a favore delle Operazioni Resto al Sud (D.M. 15 dicembre 2017).

Con riferimento alla modifica di cui al comma 1, lett. b) dell’articolo in esame, si ricorda che il comma 10 del D.L. n. 91/2017, nella sua formulazione vigente, esclude dal finanziamento:

§  le attività libero professionali;

§   le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

La norma in esame estende dunque le agevolazioni anche alla categoria dei liberi professionisti, originariamente esclusi dall’ambito di operatività della norma.

La Relazione tecnica precisa che le modifiche introdotte dalla norma in esame non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto alla misura “continua a provvedersi nel limite delle risorse di cui all’articolo 1, comma 16, del D.L. n. 91/2017.

A tale proposito, si ricorda che il citato comma 16 assegna alla misura – a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) della Programmazione 2014-2020 - un importo complessivo fino a 1.250 milioni di euro, da ripartire, previa rimodulazione e riprogrammazione delle risorse dello stesso Fondo, in importi annuali massimi fino a: 36 milioni di euro per l'anno 2017; 280 milioni di euro per l'anno 2018; 462 milioni di euro per l'anno 2019; 308,5 milioni di euro per l'anno 2020; 92 milioni di euro per l'anno 2021; 22,5 milioni di euro per l'anno 2022; 18 milioni di euro per l'anno 2023; 14 milioni di euro per l'anno 2024; 17 milioni di euro per l'anno 2025. Le risorse del FSC sono imputate alla quota delle risorse destinate a sostenere gli interventi nelle regioni del Mezzogiorno. Il successivo comma demanda al CIPE di provvedere con apposita delibera ad assegnare le risorse nei limiti suddetti, individuando la ripartizione in annualità e gli importi da assegnare distintamente al contributo a fondo perduto, al contributo in conto interessi e al finanziamento della sezione specializzata del Fondo centrale di garanzia PMI.

In attuazione di quanto sopra, la delibera CIPE n. 74 del 7 agosto 2017 ha assegnato alla misura 715 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, con la seguente articolazione annuale: 36 milioni di euro per il 2017; 100 milioni di euro per il 2018; 107 milioni di euro per il 2019, 308,50 milioni di euro per il 2020; 92 milioni di euro per il 2021; 22,50 milioni di euro per il 2022; 18 milioni di euro per il 2023; 14 milioni di euro per il 2024 e 17 milioni di euro per il 2025. In base all'utilizzo delle risorse, il Comitato con successive delibere si è riservato di riequilibrare le suddette percentuali nel rispetto delle risorse assegnate. Con successiva delibera CIPE n. 102 del 22 dicembre 2017, il CIPE ha assegnato la residua quota di 535 milioni di euro, di cui 180 milioni di euro per l'anno 2018, 355 milioni per l'anno 2019.

Le risorse destinate al contributo a fondo perduto e al contributo in conto interessi sui prestiti sono accreditate su un apposita contabilità speciale (conto corrente infruttifero intestato ad INVITALIA, aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato) e sono dunque gestite fuori bilancio.

Si segnala, inoltre, che il D.M. 9 novembre 2017, n. 174, recante il Regolamento concernente la misura incentivante «Resto al Sud, individua i criteri di dettaglio per l'ammissibilità alla misura, le modalità di attuazione della stessa, le modalità di accreditamento dei soggetti beneficiari delle agevolazioni, le modalità di corresponsione del contributo a fondo perduto e del contributo in conto interessi, le modalità di escussione della garanzia, nonché la misura della garanzia relativa al prestito nella misura del 65 per cento del finanziamento e le modalità di controllo e monitoraggio della misura incentivante.


 

Articolo 46
(Risanamento fondazioni lirico-sinfoniche)

 

 

L’articolo 46 proroga al 31 dicembre 2020 le funzioni del commissario straordinario per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche.

Inoltre, prevede la possibilità di conferire un massimo di tre incarichi di collaborazione della durata massima di 12 mesi a supporto delle attività del commissario.

 

In particolare, la proroga (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2020 delle funzioni del commissario straordinario per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche (di cui all’art. 11 del D.L. 91/2013-L. 112/2013), è finalizzata alla prosecuzione delle attività di monitoraggio dei piani di risanamento delle stesse.

 

Sulle azioni intraprese per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, si veda l’apposito paragrafo nel Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.

In questa sede si ricorda solo che la proroga al 31 dicembre 2018 delle funzioni del commissario straordinario era stata disposta dall’art. 1, co. 357, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) al fine, fra l’altro, di procedere all’approvazione e al monitoraggio dei nuovi piani di risanamento per il triennio 2016-2018 previsti dal co. 355 dello stesso art. 1, e che, da ultimo, l’art.1, co. 323, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha prorogato all’esercizio finanziario 2019 il termine per il raggiungimento del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario per le fondazioni che avevano presentato il piano di risanamento.

Sul percorso di risanamento, il commissario straordinario ha riferito, da ultimo, alla 7^ Commissione del Senato, il 26 settembre 2018.

In particolare, in quella sede, ricordando che il percorso di risanamento riguarda 9 delle 14 Fondazioni - Petruzzelli e Teatri di Bari, Teatro Massimo di Palermo, Teatro del Maggio musicale fiorentino, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Carlo Felice di Genova, Arena di Veronail commissario ha evidenziato che la struttura commissariale è impegnata nell’istruttoria dell’ultima integrazione di piano ancora da approvare, relativa alla Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino, e nelle revisioni dei piani già approvati relativi a Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari, determinate dalla necessità di rivedere azioni ed obiettivi inizialmente pianificati.

 

L’incarico continua ad essere conferito con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che stabilisce anche il compenso da corrispondere al commissario straordinario, nel limite massimo di € 50.000 annui per la parte fissa e di € 50.000 annui per la parte variabile (art. 15, co. 3, D.L. 98/2011-L. 111/2011).

 

Si prevede, inoltre, la possibilità che, a supporto delle attività del commissario, la Direzione generale Spettacolo del Ministero per i beni e le attività culturali conferisca, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente e ai sensi dell’art. 7, co. 6, del D.Lgs. 165/2001, fino a un massimo di 3 incarichi di collaborazione a persone di comprovata qualificazione professionale nella gestione amministrativa e contabile di enti che operano nel settore artistico-culturale, nel limite di spesa di € 75.000 annui.

A differenza di quanto stabilito per la proroga delle funzioni del Commissario straordinario, la durata massima degli incarichi di collaborazione è fissata in 12 mesi.

Analoga possibilità era stata prevista, per la durata massima di 24 mesi, dal già citato art. 1, co. 357, della L. 208/2015. Gli esiti dei lavori della Commissione giudicatrice per la selezione di 3 professionisti sono stati approvati con D.D.G. del 26 maggio 2016.

Agli oneri derivanti dalla proroga dell’incarico del commissario straordinario e dagli incarichi di collaborazione, nel limite massimo di € 175.000 per ciascuno degli anni 2019 e 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS).

Con riguardo agli incarichi di collaborazione, dunque, anche in considerazione dell’autorizzazione di spesa relativa a due annualità, sembrerebbe che  si prospetti la possibilità di conferire gli stessi a più di 3 soggetti diversi.

Si valuti, comunque, l’opportunità di un chiarimento.


 

Articolo 47
(Sport bonus)

 

 

L’articolo 47 amplia il credito d’imposta istituito dalla legge di bilancio 2018 per le erogazioni liberali destinate a interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici e per la realizzazione di nuove strutture sportive.

 

L’agevolazione consiste in un credito d’imposta, pari al 65 per cento dell’importo erogato nell’anno 2019, è fruibile in tre quote annuali di pari importo e non è cumulabile con altre previste da disposizioni di legge a fronte della stessa liberalità.

Il credito d’imposta spetta nei casi in cui la dazione sia stata effettuata sia nei confronti del proprietario dell’impianto sia nei confronti di soggetti che detengono l’impianto in concessione o in altro tipo di affidamento. (commi 1 e 5).

 

Quanto all’aspetto soggettivo, possono accedere al credito d’imposta due categorie: per un verso, persone fisiche ed enti non commerciali; per l’altro, soggetti titolari di reddito d’impresa. Mentre per la prima categoria il credito d’imposta non può eccedere il 20 per cento del reddito imponibile; per la seconda, il limite è fissato nel 10 per mille dei ricavi annui. Inoltre, per i titolari di reddito d’impresa, il credito è fruibile attraverso il meccanismo della compensazione di cui al decreto legislativo n. 241 del 1997 e non rileva ai fini IRPEF e IRAP. Il limite complessivo di spesa è stabilito in 13 milioni e 200 mila euro  (commi 2 e 3).  

 

Ai sensi del comma 4, il limite dell’utilizzo in compensazione di 700 mila euro, di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007 sono derogati.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

Ai sensi del comma 2, sono compensabili, tramite versamento unitario (F24), tra l’altro, i crediti e i debiti relativi alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte; - all'imposta sul valore aggiunto; - alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; - ai contributi previdenziali; - ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; ai tributi locali (art. 2-bis, comma 1, decreto legge n. 193 del 2016).

 

Venendo ai soggetti che ricevono la donazione, è prescritto un doppio ordine di obblighi di comunicazione all’Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio. Anzitutto, i beneficiari devono dare immediata comunicazione all’atto della ricezione dell’erogazione liberale, rendendone noti importo e destinazione. E’ dovuta anche la pubblicità adeguata con mezzi informatici. In secondo luogo, entro il 30 giugno di ogni anno successivo a quello in cui è avvenuta la dazione liberale e fino alla fine dei lavori, i beneficiari devono comunicare lo stato di avanzamento dei lavori e rendere il conto sulle modalità di utilizzo delle somme donate (comma 6).   

 

Il comma 7 rimette le necessarie disposizioni attuative a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, con il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 90 giorni. Inoltre, a copertura finanziaria, il comma 8 riduce sul quadriennio 2019-2022 l’autorizzazione di spesa in favore delle società sportive dilettantistiche prevista all’art. 13, comma 5, del decreto-legge n. 87 del 2018 rispettivamente di 4,4 milioni di euro nel 2019, di 9,8 milioni nel 2020, di 9,3 milioni nel 2021 e di 4,9 milioni nel 2022.

 

Si ricorda che il predetto articolo 13 ha soppresso le previsioni introdotte dalla legge di bilancio 2018 (commi da 353 a 355), in base alle quali le attività sportive dilettantistiche potevano essere esercitate anche da società sportive dilettantistiche con scopo di lucro e abrogato le agevolazioni fiscali introdotte dalla medesima legge (la cui disciplina è ora contenuta nel Codice del Terzo settore). Inoltre, ha istituito un nuovo fondo destinato a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche, in cui confluiscono le risorse rinvenienti dalla suddetta soppressione. Infine, ha ripristinato la normativa in materia di uso e gestione di impianti sportivi vigente prima delle novità introdotte dalla stessa legge di bilancio 2018.

 

Come anticipati, l’istituto agevolativo qui esposto amplia il credito d’imposta istituito dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, art. 1, commi 363-366) in relazione ad erogazioni liberali effettuate nel 2018 per interventi di restauro o ristrutturazione di impianti sportivi pubblici, anche se destinati ai soggetti concessionari.

Le relative modalità applicative sono state disciplinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2018. Con la successiva risoluzione 65/E del 18 settembre 2018, l’Agenzia delle entrate ha istituito, per questa agevolazione e ai fini della compilazione dell’apposita modulistica, il codice tributo 6892.

Sul piano soggettivo, la norma vigente prevedeva l’agevolazione solo per le imprese (laddove qui è consentita anche alle persone fisiche e agli enti non commerciali). 

Sul versante oggettivo, il  credito d’imposta viene esteso al 2019 e sono elevati i limiti d’importo. Il credito d’imposta riconosciuto l’anno scorso, infatti, valeva solo per il 2018 ed era limitato al 3 per mille dei ricavi annui e al 50 per cento della donazione, con il limite complessivo di 10 milioni di spesa (rispetto ai 13,2 della nuova disposizione).

 

La medesima legge di bilancio per il 2018 ha anche previsto (art. 1, comma 352, lett. a) – mediante una novella all’art. 22 del decreto legislativo n. 9 del 2008 – un credito d’imposta per le società sportive che ristrutturino i propri impianti calcistici, pari al 12 per cento della spesa sostenuta, entro il limite di 25 mila euro e comunque per un limite di spesa complessivo di 4 milioni di euro.  

 


 

Articolo 48, commi 1-4
(Riassetto del CONI)

 

 

I commi da 1 a 4 dell'articolo 48 introducono modifiche all'attuale assetto normativo del CONI di cui all'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2002 (conv. in L. n. 178/2002), mutando la denominazione della società per azioni "CONI Servizi spa" in "Sport e Salute S.p.A."; modificando il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato; ridisegnando la governance della società di nuovo conio; attribuendo all'Autorità di Governo competente in materia di sport le competenze attualmente spettanti al MIBAC ai sensi della predetta disposizione.

 

Il CONI, emanazione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), è autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali; ente pubblico cui è demandata l'organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale. Dopo le ultime modifiche recate dal D.Lgs. n. 15 del 2004 è la Confederazione delle Federazioni Sportive e delle Discipline Associate.

In base all’art. 3 del d.lgs. 242/1999 – come, da ultimo, modificato dalla L. 8/2018 – sono organi del CONI: il consiglio nazionale; la giunta nazionale; il presidente; il segretario generale; il collegio dei revisori dei conti.

In particolare, il consiglio nazionale è composto da: il presidente del CONI, che lo presiede; i presidenti delle federazioni sportive nazionali; i membri italiani del CIO; atleti e tecnici sportivi in rappresentanza delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate; tre membri in rappresentanza dei presidenti delle strutture territoriali di livello regionale e tre membri in rappresentanza delle strutture territoriali di livello provinciale del CONI; cinque membri in rappresentanza degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI; tre membri in rappresentanza delle discipline sportive associate; un membro in rappresentanza delle Associazioni benemerite riconosciute dal CONI.

La giunta nazionale è composta da: il presidente del C.O.N.I., che la presiede; i membri italiani del CIO; dieci rappresentanti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate; un rappresentante nazionale degli enti di promozione sportiva; due rappresentanti delle strutture territoriali del CONI.

Il presidente è eletto dal consiglio nazionale tra tesserati o ex tesserati alle federazioni sportive nazionali o alle discipline sportive associate per almeno quattro anni in possesso di uno dei seguenti requisiti: aver ricoperto la carica di Presidente o vice presidente di una federazione sportiva nazionale o di una disciplina sportiva associata o di membro della Giunta nazionale del CONI o di una struttura territoriale del CONI; essere stato atleta chiamato a far parte di rappresentative nazionali; essere stato dirigente insignito dal CONI delle onorificenze del Collare o della Stella d'oro al merito sportivo.

 

L'articolo 8 del D.L. n. 138 del 2002 prevede che il CONI, per l'espletamento dei suoi compiti, si avvalga della società per azioni «CONI Servizi spa». Il capitale sociale è stabilito in 1 milione di euro e le azioni sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze. Viene previsto - al comma 4, come modificato dall'art. 34-bis del D.L. n.4/2006 (conv. in L. n. 80/2006) - che il presidente della società e gli altri componenti del consiglio di amministrazione siano designati dal CONI ed al fine di garantire il coordinamento e la sinergia delle funzioni della società con quelle dell'ente, le rispettive cariche di vertice possono coincidere. Il presidente del collegio sindacale è invece designato dal Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri componenti del medesimo collegio dal Ministro per i beni e le attività culturali. I rapporti, anche finanziari, tra il CONI e la CONI Servizi spa sono disciplinati da un contratto di servizio annuale (ai sensi del comma 8). La CONI Servizi spa inoltre: può stipulare convenzioni anche con le regioni, le province autonome e gli enti locali (comma 9); è soggetta al controllo della Corte dei conti con le modalità previste dall'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259 e può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (comma 10). Il personale alle dipendenze dell'ente pubblico CONI è, dall'8 luglio 2002, alle dipendenze della CONI Servizi spa, la quale succede in tutti i rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di finanziamento con le banche, e nella titolarità dei beni facenti capo all'ente pubblico.

 

Il comma 1 modifica l'articolo 8, comma 2, del D.L. n. 138/2002 (conv. in L. n.178/2002), prevedendo il mutamento di denominazione della società per azioni "CONI Servizi spa" in "Sport e Salute S.p.A.".

 

Il comma 2 modifica l'attuale meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato in modo che non venga più parametrato sulla base di una autorizzazione di spesa fissata per legge, ma ad una percentuale (pari al 32%) delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF in taluni settori di attività (gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive) in una misura complessiva non inferiore a 410 milioni di euro annui.

 

La relazione tecnica riporta i dati di consuntivo relativi agli anni 2013-2015 delle imposte (IVA, IRAP, IRES e IRPEF) per i settori sopra indicati. Si evidenzia che il numero dei soggetti varia da 168.485 nel 2013 a 183.609 nel 2015. Le entrate complessive sono pari a 1.253.708.816 euro per il 2013, 1.273.322.728 euro per l'anno 2014, 1.281.640.573 euro per l'anno 2015. Le entrate derivano sostanzialmente dall'IVA, per circa il 90 per cento delle entrate complessive per ciascuno degli anni considerati, e mostrano una sostanziale stabilità negli anni considerati.

 

La somma complessiva di 410 milioni di euro annui - i cui importi possono essere rimodulati in sede di prima applicazione con D.P.C.M., su proposta dell'Autorità di Governo in materia di sport, di concerto con il MEF e sentito il CONI (comma 3) - è ripartita tra il CONI, nella misura di 40 milioni di euro annui, e la nuova società "Sport e Salute S.p.A.", per una quota non inferiore a 370 milioni di euro annui, di cui non meno di 260 milioni annui da destinare al finanziamento delle Federazioni sportive nazionali. In via transitoria, per l'anno 2019 sono confermati nel loro ammontare gli importi che il CONI comunicherà alle Federazioni ai fini della predisposizione del relativo bilancio di previsione.

 

La relazione tecnica evidenzia che tale contributo è di circa 5 milioni di euro superiore rispetto a quanto previsto a legislazione vigente.

Secondo quanto risulta dal bilancio di esercizio del CONI 2017 le risorse assegnate dallo Stato per il 2017 all'interno dello Stato di previsione del MEF risultano complessivamente pari a 418.669 euro, così ripartite: una prima componente rappresentata dalla parte ordinaria, pari a 398.794 euro; una seconda componente rappresentata dal Prelievo Erariale Unificato (c.d. PREU, assegnato ai sensi dell'art. 30 bis, comma 5, D.L. n. 185/2008, conv. in L. n. 2/2009) pari a 8.575 euro (per un totale di 407.369 euro); una terza componente pari a 11.30 euro, a titolo di contributi integrativi con vincolo di destinazione per l'organizzazione di particolari eventi. Ai suddetti contributi dello Stato sono corrisposte assegnazioni di contributi "a valle" dal CONI agli enti Finanziati (principalmente le Federazioni Sportive Nazionale), cui è affidata l'organizzazione degli eventi in esame.

 

Il comma 4 - interamente sostitutivo, alla lettera a), del comma 4 dell'articolo 8, del D.L. n. 138/2002 - ridisegna la governance della nuova società "Sport e Salute S.p.A." attribuendo al MEF la nomina del presidente e degli altri componenti del consiglio di amministrazione (che la disposizione novellata attribuisce al CONI), su designazione dell'Autorità di Governo competente in materia di sport (che assume le competenze attualmente attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali), sentito il CONI. Viene altresì introdotta una causa di incompatibilità tra gli organi di vertice del CONI e della società di nuova istituzione, che perdura per un biennio dalla cessazione della carica. Viene inoltre previsto che i componenti del collegio sindacale diversi dal presidente - che rimane designato dal MEF - siano designati dall'Autorità di Governo competente in materia di sport, anziché dal MIBAC.

La lettera b) del comma 4 dispone infine che le attribuzioni oggi spettanti al MIBAC ai sensi delle disposizioni vigenti di cui all'articolo 8 del D.L. n. 138/2002 (conv. in L. n. 178/2002) passino all'Autorità di Governo competente in materia di sport.

 

Si segnala che le modifiche ivi introdotte andrebbero coordinate con le restanti disposizioni dell'articolo 8 del D.L. n. 138/2002 che si riferiscono ancora alla società "CONI Servizi S.p.A." (ed in particolare i commi da 8 a 11 dell'articolo 8 medesimo).


 

Articolo 48, commi 5 e 6
(Ripartizione dei diritti audiovisivi del
Campionato italiano di calcio)

 

 

I commi 5 e 6 dell'articolo 48 introducono modifiche al sistema di ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al campionato italiano di calcio.

Il comma 5 inserisce il minutaggio dei giovani calciatori italiani nell'ambito dei criteri di ripartizione delle risorse relative al campionato di Serie A; il comma 6 prevede che l'accesso alla ripartizione delle risorse relative ai campionati di Serie A e B ed altre competizioni organizzate sia limitato alle società che per l'anno precedente abbiano sottoposto a revisione i propri bilanci.

 

La relazione tecnica segnala che non sono previsti oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

 

La prima ripartizione delle risorse del Campionato italiano di calcio di serie A si è avuta a decorrere dalla stagione sportiva 2010-2011, sulla base delle disposizioni contenute dall'articolo 26 del d. lgs. n. 9/2008, attuative dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2007.

Lo schema iniziale presentava la seguente ripartizione: a) 40 per cento distribuito equamente fra le società che partecipavano al campionato; b) 30 per cento sulla base dei risultati sportivi conseguiti; c) 30 per cento secondo il bacino di utenza. La quota del risultato sportivo veniva determinata nella misura del 10 per cento in base ad una valutazione storica, riferita ai risultati conseguiti a partire dal campionato 1946-1947; del 15 per cento sulla base dei risultati delle ultime cinque stagioni; del 5 per cento riferito all'ultimo anno. La quota del bacino d'utenza era invece parametrata nella misura del 25 per cento al numero dei sostenitori calcolati in base a rilevazioni demoscopiche, mentre il 5 per cento residuo, sulla base della popolazione del comune di riferimento della squadra.

I criteri di ripartizione sono stati modificati, a decorrere dal 1° gennaio 2018, con l'articolo 1, comma 352, lettera b), della legge n. 205/2017 che ha elevato al 50 per cento la quota di mutualità generale, abbassando al 20 per cento la quota del bacino d'utenza (ridenominata del "radicamento sociale"). La quota del risultato sportivo di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art. 26 - mantenuta al 30 per cento - è stata determinata: - riducendo dal 15 al 10 per cento la quota riferita ai risultati conseguiti negli ultimi cinque "campionati"; - riducendo dal 10 al 5 per cento la quota dei risultati storici, ma riferendola anche ai risultati conseguiti "a livello internazionale" sempre a partire dalla stagione sportiva 1946/1947; elevando dal 5 al 15 per cento la quota relativa alla classifica ed ai punti conseguiti nell’ultimo "campionato". È stata altresì ridefinita la quota del radicamento sociale di cui alla lettera c) eliminando la rilevazione demoscopica ed ancorando per intero la quota del 20 per cento sulla base del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, con riferimento al numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate negli ultimi tre campionati e in subordine all’audience televisivo certificato.

È stato infine demandato ad un D.P.C.M. - da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame - l'individuazione dei criteri di ponderazione delle quote dei risultati sportivi conseguiti di cui alla lettera b), nonché dei criteri di determinazione del pubblico di riferimento di ciascuna squadra di cui alla lettera c). In attuazione di questa disposizione è stato adottato il D.P.C.M. 1° marzo 2018, recante ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al Campionato di calcio di serie A a partire dalla stagione sportiva 2018/2019.

 

Il comma 5 apporta le seguenti modificazioni all'articolo 26, D.Lgs. n. 9 del 2008:

§  alla lettera a), riduce dal 20 al 10 per cento la quota parametrata al radicamento sociale, che viene ora ripartita (in base alla lettera c del medesimo comma 5):

-     nella misura del 6 per cento sulla base del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, tenendo in considerazione il numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate negli ultimi tre campionati;

-     nella misura del 4 per cento sulla base dell'audience televisiva certificata;

§  alla lettera b), inserisce una quota aggiuntiva del 10 per cento sulla base del minutaggio dei giovani calciatori, che - alla lettera d) - viene determinata sulla base dei minuti giocati negli ultimi tre campionati da giocatori cresciuti nei settori giovanili italiani di età compresa tra i 15 e i 21 anni e che siano stati tesserati per la società di appartenenza attuale da almeno tre campionati interi di serie A;

§  alla lettera e), si prevede infine che il D.P.C.M. attuativo di cui al comma 4 dell'art. 26 del D.Lgs. n. 9/2008, individui anche i criteri di determinazione del minutaggio dei giovani calciatori, oltre a quelli già previsti a legislazione vigente (ovverosia i criteri di ponderazione delle quote dei risultati sportivi conseguiti, nonché di determinazione del pubblico di riferimento di ciascuna squadra).

 

Il comma 6 prevede che, a partire dalla stagione sportiva 2019-2020, l'accesso alla ripartizione dei diritti audiovisivi sportivi relativi al Campionato italiano di calcio di serie A e B ed alle competizioni organizzate dalla rispettiva Lega calcio, sia limitato - dedotte le quote di mutualità generale di cui all'articolo 22 del D.Lgs. n. 9 del 2008 - alle sole società che per l'anno precedente abbiano sottoposto i propri bilanci alla revisione legale svolta da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili e soggetta alla vigilanza della CONSOB. Gli incarichi hanno la durata di tre esercizi e non possono essere rinnovati o nuovamente conferiti se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione dei precedenti.

 

Le risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al Campionato italiano di calcio di serie A sono ripartite dopo aver dedotto le quote di mutualità di cui all'articolo 22 del D.Lgs. n. 9 del 2008. Si tratta delle risorse (pari al 10 per cento delle risorse economiche e finanziarie derivanti da tutti i contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti) che l'organizzatore delle competizioni facenti capo alla Lega di serie A destina allo sviluppo dei settori giovanili delle società, alla formazione e all'utilizzo di calciatori convocabili per le squadre nazionali giovanili italiane maschili e femminili, al sostegno degli investimenti per gli impianti sportivi e allo sviluppo dei centri federali territoriali e delle attività giovanili della Federazione italiana giuoco calcio. Tale quota viene così ripartita: nella misura del 6 per cento alla Lega di serie B; nella misura del 2 per cento alla Lega Pro; nella misura dell'1 per cento alla Lega nazionale dilettanti; nella misura dell'1 per cento alla Federazione italiana giuoco calcio.

 


 

Articolo 48, commi 7 e 8
(Ulteriori disposizioni in materia di sport)

 

 

Il comma 7 dell’articolo 48 prevede, a decorrere dal 2019, il finanziamento di un assegno straordinario vitalizio, intitolato «Giulio Onesti», in favore di sportivi italiani particolarmente meritevoli e che versino in condizioni di grave disagio economico.

Il comma 8 dell’articolo 48 estende l'esenzione dall'imposta di bollo anche agli atti posti in essere o richiesti dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI.  

 

Il comma 7 prevede che l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge n. 86/2003 - recante istituzione dell'assegno «Giulio Onesti» in favore degli sportivi italiani che versino in condizione di grave disagio economico - sia incrementata nella misura di 450.000 euro annui a decorrere dall'anno 2019.

 

La legge n. 86/2003 prevede che agli sportivi italiani che nel corso della loro carriera agonistica hanno onorato la Patria, anche conseguendo un titolo di rilevanza internazionale in ambito dilettantistico o professionistico, possa essere attribuito un assegno straordinario vitalizio, intitolato «Giulio Onesti», qualora sia comprovato che versino in condizioni di grave disagio economico. L'importo dell'assegno straordinario vitalizio è commisurato alle esigenze dell'interessato e non può, in ogni caso, essere superiore a 15.000 euro annui. L'importo è assegnato, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previa comunicazione al Parlamento, ad un numero massimo di cinque sportivi, per ciascun anno, individuati da una commissione, istituita, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, presso il Ministero per i beni e le attività culturali ed è rivalutabile annualmente, sulla base della variazione, rilevata dall'Istituto nazionale di statistica, dell'indice dei prezzi al consumo verificatasi nell'anno precedente. La concessione può essere revocata nell'ipotesi di condanna penale, divenuta irrevocabile, cui consegua l'interdizione dai pubblici uffici o qualora vengano meno le condizioni di grave disagio economico. L'assegno straordinario vitalizio non è computabile nel calcolo del reddito di coloro che ne usufruiscono, né ai fini fiscali, previdenziali o assistenziali, né in alcun altro caso in cui il reddito del soggetto assuma rilevanza.

 

Il comma 8 modifica l'articolo 27-bis della Tabella di cui all'Allegato B annesso al D.P.R. n. 642/1972 e s.m.i., estendendo l'esenzione dall'imposta di bollo anche agli atti posti in essere o richiesti dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI.

 

L'articolo 27-bis citato è stato originariamente inserito nella Tabella, allegato B, del DPR n. 642 del 1972 dall'articolo 17 del d. lgs. n. 460 del 1997 (contenente il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale) ed aveva un ambito soggettivo di applicazione limitato esclusivamente agli "Atti, documenti, istanze, contratti, nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).". Successivamente, l'articolo 90, comma 6, della legge n. 289 del 2002 ha ampliato la categoria dei soggetti beneficiari della esenzione de qua, facendovi rientrare, a decorrere dal 1°gennaio 2003, anche le "federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI". Da ultimo, il d.lgs. n. 117 del 2017 (Codice del terzo settore) ha riproposto, ampliandola sotto l'aspetto oggettivo, l'esenzione già prevista dall'articolo 27-bis della tabella B, allegata al DPR n. 642 del 1972. Ciò è avvenuto ad opera dell'articolo 82, che, al comma 5, stabilisce che "Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato posti in essere o richiesti dagli enti di cui al comma 1 sono esenti dall'imposta di bollo". Il successivo articolo 102 dello stesso d. lgs. n. 117, che ha disposto l'abrogazione degli articoli da 10 a 29 del D.Lgs. n. 460 del 1997 (compresa, quindi, l'abrogazione della previsione di esenzione per le ONLUS di cui al citato articolo 17), non ha invece coinvolto nella predetta abrogazione l'esenzione dall'imposta di bollo prevista per gli atti posti in essere o richiesti dalle federazioni sportive e dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, introdotta dall'articolo 90, comma 6, della legge n. 289 del 2002, che dunque è stata univocamente interpretata, in via di prassi amministrativa, come ancora pienamente operante. Sul punto, per ulteriori approfondimenti, cfr. la circolare delle Agenzia delle Entrate 1° agosto 2018, n. 18/E.

 

Dalla relazione tecnica emerge che, dai dati acquisiti dai soggetti interessati dalla disposizione in esame, la potenziale platea dei beneficiari della norma sarebbe pari a 25.000 soggetti; ipotizzando prudenzialmente un'imposta di bollo pari complessivamente a 100 euro, la relazione tecnica stima una perdita di gettito, a decorrere dal 2019, pari a 2,5 milioni di euro su base annua.

 


 

Articolo 49, commi 1-3
(Interventi per favorire lo sviluppo socioeconomico
delle aree rurali)

 

 

L’articolo 49,commi 1-3, prevede l’assegnazione a titolo gratuito di una quota dei terreni agricoli già destinati all’alienazione, alla locazione o, nelle sole regioni del Meridione, alla concessione a favore dei nuclei familiari che avranno un terzo figlio negli anni 2019, 2020 e 2021 o alle società costituite da giovani imprenditori agricoli che riservano una quota del 30 per cento della società agli stessi nuclei familiari. Questi potranno, ai sensi del comma 2, richiedere un mutuo fino a 200.000, a tasso zero, per l’acquisto della prima casa che dovrà essere ubicata in prossimità del terreno assegnato. Il comma 3 rinvia ad un decreto la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione della misura.

 

Il comma 1 prevede che siano concessi gratuitamente per un periodo non inferiore a 20 anni:

§  il 50 per cento dei terreni demaniali agricoli o a vocazione agricola di cui all’art. 66, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1;

La norma richiamata prevede che vengano locati o alienati i terreni agricoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici nazionali. In caso di vendita, il diritto di prelazione è riconosciuto prioritariamente agli eventuali conduttori e ai giovani imprenditori agricoli. Una quota minima del 20 per cento è riservata alla locazione, con preferenza per l’imprenditoria giovanile agricola.

Con il decreto ministeriale 20 maggio 2014 si è provveduto all’individuazione dei terreni in esame. Si tratta di: 2.480 ettari di terreni appartenenti al Demanio dello Stato; 2.148 ettari di terre in uso al Corpo Forestale dello Stato; 882 ettari di terreni di proprietà del Centro per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (C.R.A.)

§  il 50 per cento delle terre ubicate nelle regioni del Meridione ai sensi di quanto previsto dall’art. 3 del decreto-legge 20 giugno 2017, n.91.

In questo caso si tratta della norma che ha individuato in via sperimentale una procedura per la valorizzazione dei terreni abbandonati o incolti ubicati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Si tratta in particolare: di terreni agricoli sui quali non sia stata esercitata l’attività agricola minima da almeno dieci anni; i terreni oggetti di rimboschimento artificiale o in cui sono insediate formazioni arbustive ed arboree, ad esclusione di quelli considerati bosco; le aree edificate ad uso industriale, artigianale, commerciale, turistico-ricettivo e le relative unità immobiliari che risultino in stato di abbandono da almeno quindici anni. I predetti beni immobili possono essere, quindi, dati in concessione, per un periodo non superiore a nove anni, a soggetti con un’età compresa tra i 18 e i 40 anni, previa presentazione di un progetto volto alla valorizzazione e all’utilizzo del bene. Il beneficiario è tenuto a corrispondere al comune un canone d’uso indicizzato. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (3 febbraio 2018), i comuni delle predette regioni sono stati chiamati ad effettuare una ricognizione complessiva dei terreni e dei beni di cui sono titolari. Entro i successivi 30 giorni avrebbero dovuto pubblicare l’elenco dei beni censiti, tra i quali possono rientrare anche i beni immobili privati. Entro novanta giorni dal 3 febbraio 2018 gli stessi comuni erano chiamati a trasmettere alle regioni l’elenco dei beni censiti ed assegnati, ai fini dell’inserimento nella Banca delle terre agricole.

 

I terreni in esame saranno assegnati:

§  ai nuclei familiari con terzo figlio nato negli anni 2019, 2020 e 2021;

§  a società costituite da giovani imprenditori agricoli che riservano una quota pari al 30 per cento ai suddetti nuclei familiari.

 

Si fa presente che la norma non specifica cosa debba intendersi esattamente per “nucleo familiare”, al quale viene attribuita la titolarità della concessione,.

 

Si ricorda, inoltre, che l’art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154 ha istituito, presso l'ISMEA, la Banca delle terre agricole” - di seguito denominata «Banca» o «BTA» - al fine di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni agricoli che si rendono disponibili, anche a seguito di abbandono dell'attività produttiva e di prepensionamenti.

La Banca è alimentata sia con i terreni derivanti dalle operazioni fondiarie realizzate da ISMEA, sia con i terreni appartenenti a Regioni, Province Autonome o altri soggetti pubblici, anche non territoriali, che intendano vendere, per il tramite della Banca, i propri terreni, previa sottoscrizione di specifici accordi con l’Istituto.

Ai sensi dell’art.13, comma 4 quater, del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, alla vendita dei terreni da parte di ISMEA non si applica la prelazione agraria.

Si tratta di terreni sui quali di norma è attiva un’attività di impresa agricola. Si tratta di circa 7.707 ettari di cui è titolare Ismea.

Rientrano nel campo di applicazione della procedura di vendita attraverso la Banca i terreni per i quali: a) è stata pronunciata una sentenza di risoluzione contrattuale, passata in giudicato; b) è stata annotata l’attestazione di inadempimento contrattuale; c) è stato stipulato un atto di risoluzione consensuale su istanza motivata dell’assegnatario; è intervenuto un provvedimento definitivo di revoca/decadenza dalle agevolazioni.

 

I soggetti così individuati potranno accedere prioritariamente ai benefici di cui al Capo III del Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n.185.

 

Il Capo III reca Misure in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale e prevede che alle imprese, in qualsiasi forma costituite, che subentrino nella conduzione di un'intera azienda possono essere concessi mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni, comprensiva del periodo di preammortamento, e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile. Nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ai medesimi soggetti può essere concesso, in alternativa ai mutui agevolati, un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile nonché mutui agevolati, a un tasso pari a zero, di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile. Le iniziative finanziabili sono quelle che prevedono investimenti non superiori a euro 1.500.000 euro nei settori della produzione e della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

 

Il comma 2 prevede che i nuclei familiari beneficiari delle misure di cui al comma 1 possono richiedere un mutuo fino a 200.000 euro, senza interessi, per l’acquisto della “prima casa” che deve essere ubicata in prossimità del terreno assegnato. Per la copertura dell’onere, è istituito un Fondo rotativo con una dotazione finanziaria di 5 milioni di euro per il 2019 e 15 milioni per il 2020.

Il comma 3 rinvia ad un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro per la famiglia e la disabilità e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione della misura prevista.

 


 

Articolo 49, comma 4
(
Xylella fastidiosa)

 

 

L’articolo 49, comma 4, prevede che il finanziamento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, previsto dalla legge di bilancio 2018 per il reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio Xylella fastidiosa sia destinato anche al rifinanziamento dei contratti di distretto per la realizzazione di un programma di rigenerazione dell’agricoltura nei territori colpiti, da attuarsi anche attraverso il recupero di colture storiche di qualità.

 

La disposizione in commento novella il comma 1-ter dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 113 del 2016 (convertito dalla legge n. 146 del 2016) che ha istituito il Fondo per la competitività della filiera e il miglioramento della qualità dei prodotti cerealicoli e lattiero-caseari.

 

La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 128, della legge n. 205 del 2017) ha esteso, aggiungendo i commi 1-bis e 1-ter all’articolo 23-bis, l’ambito di operatività del Fondo al settore olivicolo nelle aree colpite dal batterio Xylella fastidiosa, prevedendo un incremento di 1 milione di euro dello stesso Fondo, per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020, da destinare al reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio nella zona infetta sottoposta a misure di contenimento, ad eccezione dell’area di 20 chilometri adiacente alla zona cuscinetto.

 

La relazione tecnica e la relazione illustrativa annesse al disegno di legge in esame rilevano che la misura sopra indicata di reimpianto risulta di difficile attuazione, a causa della sovrapposizione con un analogo intervento attivato dalla Regione Puglia attraverso il proprio Programma di sviluppo rurale.

Per tale motivo, la novella introdotta prevede che le risorse disposte dal comma 1-ter, pari a 1 milione di euro, possano finanziare anche gli interventi previsti dall’art. 1, comma 126 della citata legge di bilancio 2018.

La predetta disposizione prevede che, al fine di realizzare un programma di rigenerazione dell’agricoltura nei territori colpiti dal batterio della Xylella fastidiosa, anche attraverso il recupero di colture storiche di qualità, si finanzino i contratti di distretto per i territori danneggiati dal batterio. A tal fine, venivano già, dallo stesso comma 126, stanziati un milione di euro per il 2018, 2 milioni di euro per il 2019 e 2 milioni di euro per il 2020.

 

Con riguardo ai danni prodotti dal batterio della Xylella fastidiosa, si ricorda che la legge di bilancio 2018, oltre a disporre le misure sopra indicate, previste all’art. 1, commi 126 e 128, ha disposto, al comma 127, il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, a favore delle imprese colpite dallo stesso.

Si rammenta, infine, che la XIII Commissione Agricoltura della Camera ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva, ancora in corso, sull’emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa nella regione Puglia.


 

Articolo 50
(Bonus occupazionale per giovani eccellenze)

 

 

L’articolo 50 introduce un incentivo, in favore dei datori di lavoro privati, per l'assunzione a tempo indeterminato, nel corso del 2019, di soggetti titolari di laurea magistrale o di dottorato di ricerca ed aventi determinati requisiti.

 

L'incentivo consiste (comma 1) nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per un periodo massimo di 12 mesi, decorrenti dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.000 euro (per ogni rapporto di lavoro in oggetto). Lo sgravio è cumulabile con altri incentivi all’assunzione di natura economica o contributiva, definiti su base nazionale e regionale, fermo restando il rispetto delle norme europee sugli aiuti in regime di de minimis (commi 8 e 11).

Il beneficio è concesso con riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato di cittadini che rientrino in una delle seguenti fattispecie (comma 2): siano in possesso della laurea magistrale, ottenuta dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019 con una votazione pari a 110 e lode, entro la durata legale del corso di studi e prima del compimento del trentesimo anno di età, in università (statali e non statali) legalmente riconosciute, ad eccezione delle università telematiche; siano in possesso di un dottorato di ricerca, ottenuto dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019, prima del compimento del trentaquattresimo anno di età, in università (statali e non statali) legalmente riconosciute, ad eccezione delle università telematiche.

Sembrerebbe opportuno chiarire l'ambito di applicazione del termine “cittadini” e valutare quali siano le motivazioni della limitazione temporale dei titoli summenzionati, con particolare riferimento al termine finale del 30 giugno 2019, nonché dell'esclusione dei titoli conseguiti presso università telematiche.

Il beneficio non è circoscritto a determinati profili o mansioni, a parte l'esclusione del lavoro domestico (di cui al comma 5).

Rientrano nell'ambito di applicazione dell'incentivo anche (commi 3 e 4): le assunzioni con contratti a tempo parziale (purché indeterminato) - con proporzionale riduzione dell'importo dello sgravio -; i casi di trasformazione, avvenuta nel corso del 2019, di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato (fermo restando il possesso dei requisiti soggettivi summenzionati alla data della trasformazione).

Qualora un lavoratore, per la cui assunzione a tempo indeterminato sia stato parzialmente fruito il beneficio in esame, sia nuovamente assunto a tempo indeterminato, nel 2019, da altri datori di lavoro privati, il beneficio è riconosciuto a questi ultimi per il periodo residuo (comma 7).

Le fattispecie di esclusione del beneficio o di decadenza dal medesimo sono costituite dalle ipotesi di licenziamento (individuale o collettivo) di cui ai commi 5 e 6 nonché dalle ipotesi (richiamate dal comma 10) di cui all'art. 24, comma 4, del 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. In particolare, in base a queste ultime, il beneficio decade: se il numero complessivo dei dipendenti è inferiore o pari a quello indicato nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente l'applicazione dell'incentivo; se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese; se l'impresa beneficiaria delocalizza in un Paese non appartenente all'Unione europea, riducendo le attività produttive in Italia nei tre anni successivi al periodo di imposta in cui ha fruito dell'incentivo; se vengono definitivamente accertate determinate violazioni di legge in materia lavoristica.

Per le modalità di applicazione dell'incentivo, nonché per le relative procedure di controllo, trovano applicazione le norme richiamate nel comma 10. La definizione di ulteriori modalità è demandata ad una circolare dell'INPS (comma 9). Sembrerebbe opportuno valutare la congruità di un rinvio, in una norma di legge, a quest'ultimo tipo di atto.

Ai sensi del comma 12, gli oneri relativi allo sgravio in esame sono posti a carico, nel limite di 50 milioni di euro per il 2019 e di 20 milioni per il 2020, delle risorse del Programma operativo nazionale "Sistemi di politiche attive per l’occupazione" (PON SPAO). L’ANPAL provvede a rendere tempestivamente disponibili le predette risorse, nel rispetto delle procedure europee di gestione, al fine di consentire l'effettivo avvio dell'intervento. Nell'ambito delle proprie competenze, le regioni possono integrare il finanziamento del medesimo intervento, nel limite delle disponibilità dei propri bilanci destinate allo scopo.


 

Articolo 51
(Modifiche al Testo unico sulle società
a partecipazione pubblica)

 

 

L’articolo 51 autorizza le amministrazioni pubbliche, le quali all’esito della revisione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute siano tenute alla loro liquidazione, a non procedervi, fino al 31 dicembre 2021, nel caso di partecipazioni in società che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente.

 

A tal fine la norma integra il Testo unico sulle società partecipate pubbliche (D.Lgs. n. 175/2016), introducendo all’interno dell’articolo 24, relativo alla revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, il comma 5-bis.

Tale disposizione disapplica, fino al 31 dicembre 2021, i commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) del D.Lgs. 175/2016 nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione (dunque, si suppone, nel triennio 2014-2016).

Per queste società in utile, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma autorizza pertanto l’amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie.

Infine, si segnala che l'articolo 20 del Testo Unico prevede  una procedura di carattere ordinario che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate, a cadenza annuale. A tale procedura di razionalizzazione periodica delle partecipazioni detenute (che fa seguito alla revisione straordinaria prevista, in sede di prima applicazione, dal citato articolo 24) si procede a partire dal 2018 (con riferimento alle partecipazioni detenute al 31 dicembre 2017). Su tale procedura la norma in esame non interviene e, pertanto, per essa rimarrebbero in vigore le ipotesi di alienazione previste dal Testo unico (definite dall’articolo 20, comma 2: v. oltre).

Si valuti pertanto l’opportunità di coordinare le due disposizioni, in quanto potrebbe verificarsi che per una stessa società l’alienazione sia sospesa ai sensi dell’articolo 24 (ossia in sede di revisione straordinaria), ma successivamente disposta ai sensi dell’articolo 20 (ossia in sede di razionalizzazione periodica).

 

L’articolo 24 del Testo unico ha definito una procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, è stato previsto che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica debba effettuare (con provvedimento motivato) una ricognizione di tutte le partecipazioni societarie possedute (direttamente o indirettamente) alla data di entrata in vigore del T.U. (23 settembre 2016) con obbligo di alienare quelle prive di determinati requisiti.

In particolare, le pubbliche amministrazioni sono tenute a liquidare le partecipazioni:

§  in società che non siano riconducibili a determinate attività di produzione di beni e servizi, strettamente riconducibili al perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente pubblico (attività e finalità elencate all’articolo 4);

§  nel caso in cui abbiano proceduto alla costituzione di società, o ne abbiano acquistato partecipazioni (nel caso di società già esistenti), sulla base di un atto non analiticamente motivato in ordine alla sussistenza delle ragioni di efficienza, efficacia ed economicità che ne giustificano la costituzione o l’acquisizione, ovvero nel caso di incompatibilità dell’atto con la normativa comunitaria e nazionale (articolo 5, commi 1 e 2);

§  nel caso di società: che risultino prive di dipendenti o che abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro; che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti (sempre che non si tratti di società costituite per la gestione un servizio di interesse generale) (articolo 20, comma 2).

Ai sensi del comma 4, le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione devono essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa.

Il comma 5 prevede, poi, che in caso di mancata adozione dell'atto ricognitivo o di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro (in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2437-quater del Codice civile per la determinazione del valore delle azioni e per i procedimenti di liquidazione).

La ricognizione da parte delle pubbliche amministrazioni delle partecipazioni societarie possedute si è conclusa il 10 novembre 2017. Le società a partecipazione diretta delle amministrazioni sono 4.701 e, secondo il Governo (per approfondimenti si veda il relativo comunicato stampa), circa una su tre di queste sarà interessata da interventi di dismissione.

Si ricorda, altresì, che nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, la struttura di monitoraggio sull’attuazione del Testo unico è stata individuata nella direzione VIII del Dipartimento del Tesoro.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Tema dell’attività parlamentare curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati relativo alla Nuova disciplina delle società partecipate.


 

Articolo 52
(Equipe formative per innovazione didattica e digitale)

 

 

L’articolo 52 prevede la costituzione di equipe formative territoriali per promuovere progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, cui sono destinati docenti che possono essere esonerati dall’esercizio delle attività didattiche.
Inoltre, dispone che le risorse stanziate per consentire alle scuole di attuare azioni coerenti con il Piano nazionale scuola digitale (PNSD) sono ripartite sulla base di procedure selettive.

 

Le equipe formative territoriali – di cui si prevede la costituzione per gli a.s. 2019/2020 e 2020/2021 – sono formate da un massimo di 120 docenti individuati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

La relazione illustrativa specifica, al riguardo, che gli stessi saranno individuati fra gli animatori digitali (v. infra) più attivi.

In particolare, la costituzione delle equipe è finalizzata a garantire la diffusione di azioni relative al PNSD, nonché a promuovere azioni di formazione del personale docente e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative.

 

Il Piano nazionale scuola digitale, elaborato sulla base dell’art. 1, co. 56 e 58 della L. 107/2015, è stato adottato con DM 851/2015 e persegue, fra gli altri, gli obiettivi di sviluppare le competenze digitali degli studenti, potenziare gli strumenti didattici e laboratoriali necessari a migliorare la formazione e i processi di innovazione delle istituzioni scolastiche, formare i docenti per l'innovazione didattica e lo sviluppo della cultura digitale per l'insegnamento.

In particolare, l’azione 28 del PNSD ha previsto la presenza, in ogni scuola, di un “animatore digitale”, ossia un docente chiamato a favorire, previa formazione attraverso un percorso dedicato, il processo di digitalizzazione, nonché diffondere le politiche legate all’innovazione didattica.

Gli animatori digitali nominati sono stati 8.303. Qui la mappa per area di insegnamento.

Qui la pagina dedicata sul sito del MIUR.

 

Ai relativi oneri, pari a € 1,44 mln per il 2019, € 3,60 mln per il 2020 ed € 2,16 mln per il 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse, pari a € 30 mln annui a decorrere dal 2016, stanziate dall’art. 1, co. 62, della L. 107/2015 per consentire alle scuole – fra l’altro – di attuare azioni coerenti con le finalità, i princìpi e gli strumenti previsti nel PNSD.

La relazione tecnica specifica, al riguardo, che si attingerà alla quota delle risorse iscritta in bilancio in parte corrente, pari a € 14 mln per ciascun anno.

 

Si dispone, inoltre, che le risorse di cui allo stesso art. 1, co. 62, della L. 107/2015 sono ripartite tra le scuole sulla base di procedure selettive.

Allo scopo, si novella la disposizione citata che, invece, dispone che le risorse in questione sono ripartite in base ai criteri del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (ridefiniti, sulla base dell’art. 1, co. 11, della stessa L. 107/2015, con DM 834/2015).


 

Articolo 53
(Incremento delle dotazioni organiche dei licei musicali)

 

 

L’articolo 53 incrementa di 400 posti, dall’a.s. 2019/2020, l’organico del personale docente dei licei musicali.
In tal modo, intende superare le criticità emerse in sede giurisdizionale in merito ai criteri di determinazione degli organici per l’insegnamento dello strumento musicale.

 

A tal fine, autorizza la spesa di € 4,85 mln per il 2019, € 18,16 mln per il 2020, € 23,56 mln per il 2021, € 19,96 mln annui per gli anni dal 2022 al 2025, € 20,49 mln per il 2026 ed € 21,56 mln annui dal 2027.

 

Al riguardo, si ricorda che il TAR Lazio, sez. III-bis, con sentenza n. 2915 del 14 marzo 2018, ha annullato la nota MIUR prot. 21315 del 15 maggio 2017, con la quale era stato trasmesso agli uffici scolastici regionali lo schema di decreto interministeriale relativo alle dotazioni organiche del personale docente per l’a.s. 2017-2018 e, nello specifico, la ripartizione delle ore di insegnamento di strumento musicale nella sezione musicale dei licei musicali e coreutici.

In particolare, il TAR ha osservato che – a fronte del quadro orario annuale riportato nel piano degli studi di cui all’All. E al DPR 89/2010, Regolamento recante revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei –, con la nota impugnata, “per l’insegnamento della materia Esecuzione e interpretazione sono state assegnate soltanto un’ora per il primo strumento e un’ora per il secondo strumento con l’espresso riconoscimento dell’intervenuta decurtazione di un’ora per il primo strumento, cui si va ad aggiungere un’ora di ascolto musicale. In sostanza un’ora di lezione frontale per il primo strumento musicale è stata sostituita con un’ora di ascolto (…). Peraltro la riduzione dell’orario di insegnamento frontale del primo strumento è stata dichiaratamente motivata da parte dell’amministrazione con le carenze della dotazione organica che, tuttavia, non costituisce una valida motivazione a supporto della scelta di non rispettare il piano di studi predisposto in sede normativa per la sezione musicale dei licei”.

L’orientamento del TAR è stato, poi, confermato dal Consiglio di Stato, Sez. VI, che, con sentenza n. 3409 del 5 giugno 2018, ha rigettato l’appello proposto dal MIUR.

 

In materia, il rappresentante del Governo, rispondendo il 4 ottobre 2018 nell’assemblea del Senato all’interrogazione 3-00183, aveva evidenziato preliminarmente che la nota oggetto di ricorso era stata emanata “in coerenza con il contenuto della relazione tecnica al regolamento n. 89 del 2010, in cui viene ribadito che l'insegnamento (esecuzione e interpretazione) è impartito dedicando il tempo del docente a due o tre alunni, per una media di 2,5 alunni per ora docente”.

Ciò premesso, aveva comunque reso nota la concreta intenzione del Governo di superare tali criticità, anche tenuto conto di un parere dell’Avvocatura generale dello Stato in cui si suggeriva di tenere in debita considerazione il principio di diritto enunciato nelle pronunce giudiziali in occasione dell'adozione dei prossimi provvedimenti.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente che lo schema di decreto interministeriale relativo agli organici dei docenti per l’a.s. 2018/2019 ricalca quello relativo al precedente a.s., in quanto è stato elaborato quando il contenzioso era ancora in corso.


 

Articolo 54
(Rapporto di lavoro del personale ex co.co.co.
presso le istituzioni scolastiche)

 

 

L’articolo 54 autorizza la trasformazione a tempo pieno, dall’a.s. 2019/2020, del rapporto di lavoro di soggetti, già titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle degli assistenti amministrativi e tecnici, immessi in ruolo a tempo parziale dall’a.s. 2018/2019. Conseguentemente, dispone l’incremento della dotazione organica del personale amministrativo e tecnico.

 

Le immissioni in ruolo dei soggetti in questione – previa procedura selettiva per titoli e colloquio – sono state disciplinate dall’art. 1, co. 619-621, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018). Nello specifico, è stato previsto che le stesse dovevano avvenire nell'ambito dell'organico del personale amministrativo e tecnico, a valere sui posti di personale ATA accantonati in organico di diritto[19]. E’ stato, inoltre, previsto che i vincitori sarebbero stati assunti anche a tempo parziale, nei limiti di una maggiore spesa di personale, pari a € 5,402 mln nel 2018 e a € 16,204 mln dal 2019 e che i rapporti instaurati a tempo parziale sarebbero potuti essere trasformati a tempo pieno o incrementati nel numero di ore solo in presenza di risorse certe e stabili.

Il bando, emanato con D.D. 209 del 28 febbraio 2018, ha, dunque, disposto che i vincitori sarebbero stati assunti in ruolo a tempo indeterminato e parziale. Ha, altresì, previsto che la graduatoria finale sarebbe rimasta efficace ai sensi della normativa vigente – ossia, ai sensi dell’art. 35, co. 5-ter, del d.lgs. 165/2001, per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione –, e sarebbe stata utilizzata ai fini della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno o al fine di incrementare il numero di ore nel rispetto dei posti di organico di diritto disponibili e in presenza di risorse certe e stabili.

La graduatoria è stata approvata, in via definitiva, con D.D. 1194 del 20 luglio 2018 e include 789 soggetti.

Conseguentemente, è stata autorizzata l’assunzione dei medesimi soggetti con contratto part-time al 50% a partire dal 1° settembre 2018 (v. D.M. 576 del 1° agosto 2018).

 

La relazione tecnica precisa, al riguardo, che, rispetto ai 789 soggetti inclusi nella graduatoria, le assunzioni hanno riguardato 779 unità, in considerazione del fatto che, nel frattempo, 10 soggetti erano stati collocati a riposto per raggiunti limiti di età.

 

La trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno è disposta nel limite di una spesa di personale complessiva, tenuto conto anche degli stipendi già in godimento, non superiore a quella autorizzata dall’art. 1, co. 619, della legge di bilancio 2018, a tale scopo avvalendosi della quota non utilizzata.

La relazione tecnica evidenzia, al riguardo, che la spesa attuale è pari a € 10,79 mln annui e potrà aumentare, a regime, con il maturare di una maggiore anzianità di servizio, fino ad un massimo di € 12,56 mln annui.

 

La trasformazione del rapporto di lavoro avviene, a partire dai primi soggetti in graduatoria, mediante scorrimento della stessa.

Al riguardo, la relazione tecnica stima che le risorse disponibili siano sufficienti a trasformare il rapporto di lavoro relativo ad almeno 226 soggetti.

In caso di rinunce o cessazioni dal servizio, si procede all’ulteriore scorrimento della graduatoria.

 

Conseguentemente, si dispone l’incremento della dotazione organica del personale amministrativo e tecnico.

La relazione tecnica stima un incremento di 113 posti.

 

Infine, si dispone che la graduatoria rimane efficace sino al completo scorrimento (evidentemente, anche qualora questo avvenga oltre i tre anni dalla data di pubblicazione, termine al quale – come si è visto – faceva riferimento il bando).

 


 

Articolo 55
(Fondo per l’attuazione del programma di Governo)

 

L’articolo 55 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo, con una dotazione di 185 milioni di euro per l’anno 2019 e 430 milioni euro a decorrere dall’anno 2020, da destinare al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri.

 

La relazione illustrativa e la relazione tecnica non forniscono elementi in ordine alle modalità di utilizzo e riparto del fondo.

 

 


 

TITOLO V – POLITICHE INVARIATE

Articolo 56, comma 1
(Servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole)

 

 

L’articolo 56, comma 1, incrementa, per il 2019, le risorse da destinare all’acquisto dei servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole e, al contempo, autorizza nuove spese, allo stesso fine, per il 2020 e il 2021.

 

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 ha disposto che tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro Consip.

Sulla base di tali previsioni, l’11 luglio 2012 Consip ha indetto una gara comunitaria avente ad oggetto, per quanto qui interessa, l’affidamento di servizi di pulizia e altri servizi ausiliari tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità delle scuole, suddivisa in 13 lotti geografici.

Successivamente, con provvedimento 25802 del 22 dicembre 2015 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha dichiarato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza tra taluni fornitori di servizi di pulizia e attività ausiliarie che avevano assunto la qualità di aggiudicatari nell’ambito delle procedure riferite a taluni lotti geografici. Conseguentemente, ha disposto l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie.

I provvedimenti adottati dell’AGCM sono stati confermati in sede giurisdizionale prima dal TAR Lazio con sentenze nn. 10303/2016, 10307/2016 e 10309/2016, e poi dal Consiglio di Stato con sentenze nn. 740/2017, 927/2017 e 928/2017.

In conseguenza dei provvedimenti adottati e delle sentenze del TAR Lazio, la Consip il 2 dicembre 2016 ha proceduto alla risoluzione delle convenzioni relative ad alcuni lotti geografici.

Successivamente, l’art. 64 del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 687, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – ha disposto che, al fine di consentire la regolare conclusione delle attività didattiche fino alla fine dell'a.s. 2018/2019, nelle regioni in cui la convenzione quadro Consip era stata risolta prima del 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del D.L. 50/2017) o non era mai stata attivata, ovvero nelle regioni dove erano scaduti i relativi contratti attuativi, l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché degli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità delle scuole, da parte delle medesime, proseguiva, con piena salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali esistenti, con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali e degli ordinativi di fornitura, con termine non oltre il 30 giugno 2019.

Ha, altresì, previsto che la Consip doveva provvedere all'espletamento delle procedure di gara per l'affidamento dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari mediante convenzione-quadro, da completare entro l'inizio dell'a.s. 2019/2020, prevedendo una suddivisione in lotti per aree geografiche.

Infine, ha disposto che l'acquisizione dei servizi in questione fino al 30 giugno 2019 avviene nei limiti di spesa previsti dall'art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) - che ha fissato, per le istituzioni scolastiche ed educative statali, a decorrere dall’a.s. 2013/2014, un tetto alla spesa per l’acquisto di servizi esternalizzati -, incrementati dell'importo di € 64 mln per il 2017, € 192 mln per il 2018 ed € 96 mln per il 2019.

 

Rispetto all’autorizzazione di spesa vigente, si prevede ora che, per il 2019, la stessa passi da € 96 mln a € 190 mln, e, al contempo, si autorizza la spesa di € 194 mln per il 2020 ed € 100 mln per il 2021.

 

In materia, si ricorda che il 17 ottobre 2018 le Commissioni riunite VII e XI della Camera hanno approvato la risoluzione 8-00001, con cui hanno impegnato il Governo ad adottare iniziative per porre fine all'attuale sistema di esternalizzazione dei servizi di pulizia e di vigilanza nelle scuole, nonché ad assumere iniziative per assorbire il personale degli appalti dei servizi di pulizia riconducibili ai lavori socialmente utili e ai cosiddetti «appalti storici» degli enti locali attraverso una procedura concorsuale.

Inoltre, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018 faceva presente che sono allo studio misure per la stabilizzazione dei collaboratori scolastici, funzionale all’internalizzazione di alcuni servizi.

 


 

Articolo 56, comma 2
(Fondo contenzioso enti locali)

 

 

L’articolo 56, comma 2, dispone l'istituzione di un fondo di 20 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, per fronteggiare gli oneri che derivano dai contenziosi relativi all’attribuzione di pregressi contributi erariali, conseguenti alla soppressione o alla rimodulazione di imposte locali.

 

Si tratta di contenziosi riguardanti l’applicazione dell’Ici agli immobili accatastati nella categoria D (opifici), a seguito - secondo quanto appreso per le vie brevi - del passaggio dal valore contabile alla rendita catastale quale base imponibile del tributo, che ha comportato la necessità di disporre trasferimenti erariali a compensazione della conseguente perdita di gettito.

 

Il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno e può essere incrementato con le risorse che si rendono disponibili per effetto di assegnazioni a qualunque titolo spettanti agli enti locali, corrisposte annualmente dal Ministero dell’interno.

Il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’interno, è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni compensative di bilancio.

 

 


 

TITOLO VI – MISURE DI RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA

Articolo 57, comma 1
(Soppressione dell’incremento di fondi disposto
con il decreto n. 119 del 2018)

 

 

L'articolo 57, comma 1, sopprime gli incrementi del Fondo per la riduzione della pressione fiscale e del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, alimentati dagli effetti migliorativi derivanti dal decreto-legge n. 119 del 2018 (articolo 26, commi 1 e 2), recante interventi urgenti in materia fiscale e finanziaria (cd. decreto fiscale, attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge). Tali risorse vengono destinate al raggiungimento degli obiettivi della presente legge.

 

Con riferimento al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (incrementato dall’articolo 26, comma 1 del decreto-legge n. 119 del 2018) gli incrementi soppressi ammontano ad un totale di 15.100,215 milioni di euro, distribuiti negli anni dal 2019 al 2027, e a 1.648,735 milioni di euro annui a decorrere dal 2028. In particolare, l’incremento soppresso è pari a 390 milioni di euro per il 2019, a 1.639 milioni di euro per il 2020 e a 2.472 milioni di euro per il 2021.

 

Con riferimento al Fondo per la compensazione degli effetti finanziari (incrementato dall’articolo 26, comma 1 del decreto-legge n. 119 del 2018) gli incrementi soppressi ammontano ad un totale di 3.800 milioni di euro, distribuiti negli anni dal 2020 al 2023. In particolare, l’incremento soppresso è pari a 700 milioni di euro per il 2020 e a 900 milioni di euro per il 2021.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, le predette risorse vengono dunque destinate al raggiungimento degli obiettivi della presente legge.

 

Per ulteriori informazioni, si rinvia al dossier predisposto per l’esame del decreto-legge n. 119 del 2018.

 

Si ricorda che il Fondo per la riduzione della pressione fiscale è stato istituito dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, art. 1, commi 431-435), utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale.

I commi in questione sono stati poi modificati dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017; art. 1, commi 1069-1070) rendendo così più flessibile l'utilizzo del Fondo (modificando i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare ad esso le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione) e riducendone gli appostamenti per gli anni 2018-2021.

Per quanto concerne il secondo dei Fondi menzionati, esso è stato istituito dall'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008 per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

 

 


 

Articolo 57, commi 2 e 3
(Misure di razionalizzazione della spesa per la gestione
dei centri per l’immigrazione)

 

 

L'articolo 57, comma 2, demanda al Ministero dell'interno di provvedere sia alla razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l’immigrazione (tenuto conto della contrazione del fenomeno migratorio) sia alla riduzione del costo giornaliero di accoglienza dei migranti.

Il comma 3 dispone che dalla realizzazione di tali interventi - previa estinzione dei debiti pregressi - debbano derivare risparmi almeno pari a: 400 milioni di euro per il 2019; 550 milioni di euro per il 2020; 650 milioni di euro a decorrere dal 2021.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame prescrive una razionalizzazione di spesa da parte del Ministero dell'interno.

La norma specifica che la razionalizzazione debba coinvolgere la gestione dei centri per l’immigrazione, in conseguenza, si legge nella disposizione, della contrazione del fenomeno migratorio.

 

Come ricordato dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione sul Rendiconto generale dello Stato 2017, il sistema dell'accoglienza coinvolge sia le Amministrazioni centrali (principalmente il Ministero dell'interno) sia quelle locali, anche se la maggior parte della spesa grava sul bilancio statale che poi trasferisce i fondi agli enti territoriali.

Nell'apposito approfondimento del giudizio dedicato alla "spesa per l'immigrazione" (volume I), la Corte ha rilevato che la spesa imputabile alla gestione dell'immigrazione (relativa alla missione 27 del Bilancio dello Stato, intitolata “Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti” e comprendente gran parte della spesa per la gestione del fenomeno migratorio) si è attestata, per il 2017, a 3,3 miliardi di euro.

La Corte ha evidenziato un incremento "piuttosto rilevante" a decorrere dal 2014, pari a circa 2,3 miliardi (pag. 126).

 

Ancora il comma 2 prevede, al contempo, interventi per "la riduzione del costo giornaliero per l'accoglienza dei migranti".

 

Con riferimento alla prima accoglienza, sono disponibili i dati raccolti dalla Corte dei conti nella Relazione sulla "prima accoglienza" degli immigrati per il triennio 2013/2016 (Deliberazione 7 marzo 2018, n. 3/2018/G): la maggior parte delle regioni, per l'annualità 2015, ha registrato costi da ricomprendersi in un range giornaliero oscillante tra i 30 e i 35 euro pro capite.

In tale sede la Corte dei conti ha formulato la raccomandazione ad "evitare di riconoscere un 'diritto di permanenza indistinto' a tutti coloro che sbarcano e, quindi, ammettere un'accoglienza di molti mesi (se non anni) durante i quali i migranti, non avendone titolo, vengono di fatto inseriti anche nei c.d. percorsi di formazione professionale finalizzati all'integrazione, con oneri finanziari gravosi a carico dello del bilancio dello Stato" (p. 63).

Da tale raccomandazione muove la direttiva del Ministro dell'interno indirizzata ai Prefetti in data 23 luglio 2018.

La direttiva ha ad oggetto indirizzi per la rivisitazione dei servizi di accoglienza per richiedenti asilo, tra cui:

§  l'individuazione dei servizi prestazionali per gli ospiti delle strutture di prima accoglienza, in coerenza con le dimensioni e le tipologie di struttura (individuali o collettive), definendone il valore di riferimento;

§  l'inclusione, nei servizi di base di accoglienza comuni, oltre all’alloggio e al vitto, della cura dell’igiene, dell’assistenza generica alla persona (mediazione linguistico-culturale, informazione normativa), della tutela sanitaria e di un sussidio per le spese giornaliere;

§  l’esigenza di porre particolare attenzione alla determinazione delle basi d’asta dei servizi, da individuare sulla scorta dei prezzi standard di riferimento stabiliti da centrali di committenza, ovvero indicati dall’ANAC nelle proprie delibere, con valenza regolatoria finalizzata al risparmio della spesa.

Sempre in data 23 luglio è stato sottoscritto l'Accordo di collaborazione istituzionale tra il Ministero dell'interno e l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) per favorire migliori pratiche negli affidamenti per la fornitura dei beni e dei servizi nel settore dell'accoglienza ai migranti.

Per quanto concerne, infine, la riduzione del fenomeno migratorio (comma 2), si riportano alcuni dati reperibili sul sito del Ministero dell'interno (elaborati a cura del Dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione): dal 1° gennaio al 5 novembre 2018 risulta sbarcato un numero di migranti inferiore dell'86,19 per cento rispetto a quelli sbarcati nello stesso periodo dell'anno 2016 e inferiore dell'80,55 per cento rispetto a quelli sbarcati nello stesso periodo del 2017[20].

 

La razionalizzazione sopra ricordata deve determinare risparmi connessi alla "attivazione, locazione e gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari".

 

Ancora il comma 2 dispone che dalla realizzazione di tale insieme di interventi - previa estinzione dei debiti pregressi - debbano derivare risparmi almeno pari a: 400 milioni di euro per il 2019; 550 milioni di euro per il 2020; 650 milioni di euro a decorrere dal 2021.

Eventuali risparmi realizzati in eccesso rispetto alle predette soglie, e annualmente accertati con decreto interministeriale da adottare entro il 30 settembre di ciascun anno, sono destinati alle esigenze di funzionamento del Ministero dell'interno.

Per essi si prevede l'istituzione di un apposito fondo nel programma "Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza" della missione "Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche" del Ministero medesimo.

 

Il comma 3 dispone, infine, che le somme accertate ai sensi del comma 2 e iscritte sul fondo siano ripartite tra i capitoli di funzionamento del Ministero dell'interno, con decreto del Ministro medesimo, previo assenso del Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato-Ispettorato generale del bilancio.


 

Articolo 57, commi 4 e 5
(Consip)

 

 

L’articolo 57, al comma 4 riduce la dotazione finanziaria per l'attività svolta da Consip S.p.a. nell'ambito degli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività. Il comma 5 affida all'Avvocatura generale dello Stato il patrocinio legale di Consip S.p.A..

 

In particolare, la dotazione finanziaria ? prevista dall'articolo 1, comma 514-bis, della legge di stabilità 2016, per sostenere l'attività svolta da Consip S.p.A. a supporto dell'acquisizione di beni e servizi informatici e di connettività del Programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione ? è ridotta da 7 a 4,3 milioni di euro a decorrere dal 2019 (comma 4).

 

Quanto al comma 5, che affida all'Avvocatura generale dello Stato il patrocinio legale di Consip S.p.A., la relazione tecnica specifica che il costo sostenuto annualmente da Consip S.p.A. per la rappresentanza legale in giudizio nelle cause relative alle gare da essa svolte in attuazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti, anche rivolgendosi a professionisti esterni, ammonta a oltre di 2 milioni di euro, successivamente rimborsati dal MEF. Il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato consentirebbe, secondo la relazione tecnica, risparmi di spesa corrente per 1 milione di euro nel 2019 e per 2 milioni a decorrere dal 2020.

 


 

Articolo 57, commi 6-9
(Soppressione delle riduzioni tariffarie e dei contributi
per le imprese editrici e radiotelevisive)

 

 

I commi da 6 a 9 dell’articolo 57 sopprimono, a partire dal 1° gennaio 2020, le agevolazioni tariffarie per la telefonia e le connessioni dati per le imprese editrici e radiotelevisive, con un risparmio netto previsto dalla Relazione tecnica di 28,252 milioni € euro.

 

I commi da 6 a 8 dell’art. 57 dispongono l’abrogazione delle norme che attualmente prevedono le agevolazioni tariffarie per le spese di telefonia, di connessione dati per le imprese editoriali e di comunicazione.

Di seguito sono illustrate in dettaglio gli interventi disposti dai commi 6-8, a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Il comma 6 sopprime le agevolazioni tariffarie previste dalle seguenti norme:

§  articolo 28, commi da uno a tre (rectius: dal primo al terzo), della legge n. 416/1981, che prevede la riduzione del 50 per cento delle tariffe telefoniche fatturate dai gestori dei servizi telefonici, ivi compresa la cessione in uso di circuiti telefonici e a banda larga per le imprese editrici;

§  articolo 11 della legge n. 67/1987 e dall’articolo 8, della legge n. 250/1990, che attribuiscono lo stesso beneficio anche alle imprese di radiodiffusione sonora che presentino specifici requisiti;

§  articolo 23, comma 3, della legge n. 223/1990 che ha esteso i medesimi benefici ai concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale.

Nell’art. 11 della legge n. 67/1987 è ricompresa anche la riduzione dei costi sulle bollette elettriche e sui canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione (art. 11, co. 1 lett a), nonché il rimborso del 60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di  un certo numero di agenzie di informazione (art. 11, co. 1 lett b).

Su tali disposizioni è però intervenuto il decreto-legge n. 194 del 2009 che ha soppresso, a decorrere dal 2009, i contributi previsti sia dall'articolo 11 della legge n. 67 del 1987, sia dall'articolo 8 della legge n. 250 del 1990, sia dall'articolo 23 della legge n. 223 del 1990, assegnati alle radio e alle televisioni locali, facendo salvi quelli relativi agli sconti sulla telefonia ed erogati dal Ministero dello sviluppo economico.

Il D.P.R. 223 del 2010 (Regolamento di riordino dei contributi all’editoria) prevede che i contributi previsti dagli articoli 4 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, dall'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, dall'articolo 23 della legge 6 agosto 1990, n. 223, per le emittenti radiofoniche e televisive, non possono comunque eccedere, per ogni singola impresa, l'importo di 4 milioni di euro, mentre l'articolo 2, comma 35, della legge n. 549 del 1995 ha previsto che l'assegnazione di tali contributi sia subordinata al regolare versamento per tutti i dipendenti dei contributi di legge ai rispettivi competenti enti previdenziali.

 

Il comma 7 dell’art. 57, dispone l’abrogazione dei commi da uno a quattro (rectius: dal primo al quarto) dell’articolo 28 della legge n. 416/1981, già oggetto di intervento, per quanto riguarda i primi tre commi, da parte del precedente comma 6, mentre il quarto comma dell’art. 28, di cui si dispone l’abrogazione, prevede che le riduzioni tariffarie previste dal primo al terzo comma si applichino con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della richiesta.

 

Il comma 8 dispone l’abrogazione:

§  dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge n. 67/1987, che ha esteso alle imprese di radiodiffusione sonora le riduzioni tariffarie di cui all'art. 28, L. n. 416/1981 (e prevedeva anche che tali riduzioni fossero applicate anche ai consumi di energia elettrica, ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite);

§  dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 250/1990, che ha esteso alle radio locali, con determinati requisiti, le riduzioni tariffarie dell’art. 28 della legge n. 416/1981 (e ne prevedeva l’applicazione anche ai consumi di energia elettrica);

§  del riferimento all’art. 28 della legge 416/1981 contenuto nell’art. all’articolo 23, comma 3, della legge, n. 223/1990, che prevede che le agevolazioni dell’art 28, 29 e 30 si applichino alle radiotelevisioni locali con determinate caratteristiche.

 

Si fa presente che gli articolo 29 e 30 della legge n. 416 del 1981 (concernenti il finanziamento agevolato di programmi di imprese editoriali e i finanziamenti per ristrutturazione economico produttiva delle imprese editoriali) sono stati abrogati dall’articolo 21, comma 2, della legge n. 62 del 2001. Il fondo per i contributi in conto interessi attribuiti ai sensi delle citate disposizioni è mantenuto fino al completamento della corresponsione dei contributi per le concessioni già effettuate.

 

Dall’abrogazione delle citate disposizioni consegue, a decorrere dal 2020,  un risparmio di 28.252.000 allocate sul capitolo 1501

Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari richiamata nelle varie disposizioni che prevedono le agevolazioni, i soggetti destinatari dei contributi sono:

§  le imprese di radiodiffusione sonora, registrate presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, culturali, religiosi, economici, letterari, sindacali per non meno del 25% delle ore di trasmissione comprese tra le 7 e le 20 (imprese radiofoniche di informazione di cui all'articolo 11 della legge n. 87 del 1987).

§  le imprese di radiodiffusione sonora che dedichino alla citata programmazione il 15 per cento delle ore comprese tra le 7 e le 20 (imprese radiofoniche di cui all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990).

§  le imprese di radiodiffusione televisiva in ambito locale, registrate presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente tra le ore 7 e le ore 23, per almeno un'ora, prodotti informativi autoprodotti.

 

Si segnala peraltro che le disposizioni dei commi 7 ed 8 dell’art. 57 non risultano coordinate con quelle del comma 6 dello stesso articolo, in quanto, mentre con i commi 7 e 8 si dispone l’abrogazione di diversi articoli di legge concernenti agevolazioni tariffarie, con il comma 6 si prevede la soppressione delle agevolazioni tariffarie previste dalle medesime disposizioni di legge, peraltro con la stessa decorrenza (dal 1° gennaio 2020).

 

Nella tabella sono riassunte le abrogazioni di norme e le soppressioni di agevolazioni che sono disposte dai commi 6-8 dell’articolo 57:

 

 

Comma 6 (soppressione di agevolazioni)

Comma 7
(abrogazione
delle norme)

Comma 8
(abrogazione
delle norme)

L. n. 416/1981

Art. 28, commi da 1 a 3

Art. 28, commi da 1 a 4

 

L. n. 67/1987

Art. 11

-

Art. 11, co. 1, lett. a)

L. n. 250/1990

Art. 8

-

articolo 8, comma 1, lettera a),

L. n. 223/1990

Art. 23, co. 3

-

modifica l’art. 23, co. 3

 

Il comma 9 dell’art. 57, prevede, di conseguenza, l’abrogazione del comma 5 dell’art. 1 della legge n. 198/2016, che ha disposto l’emanazione di un regolamento di delegificazione per istituire e disciplinare un contributo per le spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati, sostitutivo delle vigenti agevolazioni tariffarie riconosciute alle imprese editrici e radiotelevisive (agevolazioni che la presente disciplina intende superare).

 

La previsione di un regolamento istitutivo del contributo suddetto si colloca nel contesto dell’istituzione del nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato anche al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, istituito a partire dal 2016 dall’art. 1, della legge n. 198/2016. L’istituzione di tale contributo non è peraltro mai avvenuta in quanto non è stato mai emanato il citato regolamento di delegificazione, sostitutivo dell'insieme delle riduzioni tariffarie riconosciute alle imprese editrici, imprese di radiodiffusione sonora, anche a carattere locale delle quali si dispone ora l’abrogazione, con i successivi commi da 6 a 8 dell’art. 57.

 

Si ricorda che il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con D.P.C.M. Con il D.P.R. n. 146 del 2017 è stato emanato il regolamento sui criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e sulle procedure di erogazione delle risorse del nuovo Fondo. Per gli anni successivi, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 26 ottobre 2016, n. 198, la quota delle risorse viene assegnata al Ministero dello sviluppo economico, ma il Fondo è stato trasferito al Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 10, co. 1 della legge 198/2016.

 


 

Articolo 57, comma 10
(Corrispettivo in favore di Consip)

 

 

L’articolo 57, comma 10, dispone la riduzione del corrispettivo riconosciuto a Consip S.p.a. per lo svolgimento delle attività precedentemente esercitate dalla società SICOT S.r.l..

 

A seguito della fusione per incorporazione di SICOT - Sistemi di consulenza per il Tesoro S.r.l. in Consip S.p.A., disposta dall'articolo 1, comma 330, della legge di stabilità 2014, le attività precedentemente esercitate da SICOT S.r.l. sono state svolte, sulla base di una convenzione con il MEF, da Consip S.p.a.. Il comma in esame stabilisce un limite di spesa pari a 1 milione di euro, oltre IVA, per il corrispettivo riconosciuto dal MEF in forza di tale convenzione. La relazione tecnica stima un conseguente risparmio di spesa corrente pari a 550.000 euro a decorrere dal 2020.

 

Si valuti l'opportunità di esplicitare nella disposizione che il limite di spesa per il corrispettivo si intende riferito a ciascun anno.

 

Il comma in esame precisa inoltre che il corrispettivo dovrà essere dedicato esclusivamente alla copertura degli oneri connessi alla retribuzione lorda delle risorse umane allocate da Consip S.p.a. sulle linee di attività disciplinate dal rapporto convenzionale con il MEF.

Il limite di spesa si applica a decorrere dal primo rinnovo della convenzione successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

 


 

Articolo 57, comma 11
(Oneri in capo alle società emittenti)

 

 

L’articolo 57, comma 11, pone a carico delle società emittenti gli oneri per la gestione accentrata presso Monte Titoli S.p.A. degli strumenti finanziari di proprietà del MEF.

 

La relazione tecnica stima che da tale misura derivi un risparmio di spesa corrente pari a 152.632 euro annui a decorrere dal 2019.

 

 


 

Articolo 57, comma 12
(
Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia)

 

 

L’articolo 57, comma 12, eleva da € 5 mln a € 8 mln il limite della riassegnazione in spesa (già previsto a legislazione vigente) delle risorse finanziarie derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti da parte di alcune imprese a decorrere dal 2019, consentendo la riassegnazione solo della parte eccedente.

 

La suddetta previsione - che novella l'art. 1, co. 30, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), già modificato dall'art. 1, co. 695, L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) - opera in materia di partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici in collaborazione internazionale, consentendo la riassegnazione solo per la parte eccedente.

Si tratta di somme derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti a tasso zero - secondo un piano di ammortamento - da parte delle imprese che ne furono beneficiarie, una volta concluso l'iter delle erogazioni della legge n. 808/1985 (15 anni mediamente). Secondo la relazione governativa, "ciò determina un miglioramento dei saldi di finanza pubblica per l’incremento di tre milioni di euro previsti. I dati degli incassi degli ultimi anni (2015 pari ad euro 23.120.885, 2016 pari ad euro 24.727.720, 2017 pari a euro 79.126.700 e 2018, dati al 30/09/2018, pari ad euro 120.673.513) dimostrano che il volume delle entrate è costantemente superiore a quanto si prevede di non riassegnare".

 

Si rammenta che, per le somme in restituzione, la citata legge di stabilità per il 2014 prevedeva il relativo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, agli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per le medesime finalità di cui alla citata legge 24 dicembre 1985, n. 808, ad eccezione del finanziamento del programma F-35 Lightning II-JSF (Joint Strike Fighter).


 

Articolo 57, comma 13
(Riduzione dei versamenti alla CSEA)

 

 

L’articolo 57, comma 13 limita al 31 dicembre 2018 la previsione secondo la quale quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’estensione della platea dei contribuenti assoggettati alla cd. “Robin Hood tax” è destinata alla riduzione della componente A2 della tariffa elettrica deliberata dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente -  ARERA.

Contestualmente, dispone che dal 1° gennaio 2019 la predetta somma sia acquisita all’entrata del bilancio statale, a miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

L’articolo 5, comma 2 del D.L. n. 69/2013 ha disposto che le maggiori entrate derivanti dall'estensione della platea dei contribuenti soggetti alla cosiddetta "Robin Hood Tax" – estensione disposta dall’art. 5, comma 1 del medesimo D.L.[21] - siano destinate, al netto di quelle necessarie alla copertura finanziaria di quota parte degli oneri recati dal D.L. stesso, alla riduzione della componente A2 della tariffa elettrica deliberata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas – ora ARERA - sulla base delle modalità individuate con decreto ministeriale. Il D.M. 31 dicembre 2015, in attuazione di quanto previsto dalla norma, ha disposto che entro il 31 marzo di ciascun anno il MISE versi alla Cassa per i servizi energetici e ambientali CSEA (già Cassa conguaglio per il settore elettrico) - le risorse annualmente disponibili di cui all'articolo 5, comma 2 e, con propria delibera, ridetermini, conseguentemente, il valore della componente tariffaria A2 in occasione del primo aggiornamento tariffario trimestrale utile, in misura tale da assicurare una riduzione complessiva di importo corrispondente alla somma versata.

Si ricorda in questa sede che la componente A2 della tariffa elettrica – dal 1° gennaio 2018, componente A2RIM – copre gli oneri connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti[22].

Per una analisi più approfondita degli oneri generali del sistema elettrico gravanti sulla bolletta dell’elettricità, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Con riferimento alla previsione contenuta nell’articolo 5, comma 2 del D.L. n. 69/2013, va rilevato che, con la sentenza n. 10 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'"addizionale" dell'imposta sui redditi delle società (IRES) prevista dall'art. 81, commi 16, 17 e 18, del D.L. n. 112 del 2008 e successive modificazioni. Tra le "successive modificazioni" al citato art. 81, dichiarate illegittime, ha affermato la stessa Corte Costituzionale nella successiva sentenza n. 131/2015, è compresa la disposizione dell'art. 5, comma 1, del D.L. n. 69 del 2013, che abbassa le soglie di ricavi e di reddito imponibile previsti ai fini dell'assoggettamento alla predetta "addizionale". Tali maggiori entrate rientrano tra quelle che gli artt. 5, comma 2, e 61, comma 1, alinea e lettera a), dello stesso D.L. riservano allo Stato per specifiche destinazioni (rispettivamente, abbassamento degli oneri gravanti in bolletta relativi alla componente A2 e copertura finanziaria di quota parte degli oneri generati dalle misure contenute nel medesimo D.L.).

La sentenza n. 10 del 2015 ha espressamente stabilito che gli effetti della norma dichiarata illegittima cessino solo dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica (intervenuta l'11 febbraio 2015), sicché, per le ragioni specificate nella decisione medesima, la declaratoria di illegittimità costituzionale non ha prodotto effetti retroattivi.

Posta tale regolazione degli effetti temporali della dichiarazione di illegittimità del citato art. 5, comma 1, si sono in tal modo consolidati effetti sulla base degli atti impositivi pregressi e della conseguente legittima riscossione dei relativi tributi sino al giorno della pubblicazione della sentenza della Corte sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

La relazione tecnica afferma che la riduzione della componente A2 della tariffa elettrica prevista dall’articolo 5, comma 2, del D.L. n. 69/2013, in combinato disposto con l’articolo 61 del medesimo D.L., è pari a 15,1 milioni di euro ed è iscritta sul capitolo di spesa del MISE n. 3602. Pertanto, dal 1° gennaio 2019 la predetta somma è acquisita all’erario determinando, di conseguenza, un miglioramento dei saldi  di finanza pubblica per il medesimo importo.

 

Si osserva che la disposizione qui in esame dispone in materia di entrate relative ad una imposta la cui normativa istitutiva è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 10/2015


 

Articolo 57, comma 14
(Fondo efficienza giustizia (riqualificazioni))

 

 

L’articolo 57, comma 14 ridetermina l’autorizzazione di spesa destinata a sostenere il processo di riqualificazione del personale dell’amministrazione giudiziaria, tenendo conto dell’attuazione progressiva di tale processo; prevede, inoltre, che il Ministero della Giustizia debba tempestivamente comunicare alla Presidenza del consiglio le unità di personale riqualificate e la relativa spesa a regime.

 

In particolare, il comma 14 interviene sull’autorizzazione di spesa prevista dal comma 5 dell’art. 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015, che ha previsto la riqualificazione di specifico personale dell'amministrazione giudiziaria, con risorse a valere sul fondo per l’efficientamento del sistema giudiziario (art. 1, comma 96, della legge n. 190 del 2014).

 

In particolare, il decreto-legge – in attuazione di provvedimenti giudiziari in cui il Ministero della giustizia era risultato soccombente e per definire contenziosi in corso - ha consentito l'attivazione di procedure di selezione interna, riservate ai dipendenti in servizio al 14 novembre 2009, per l'attribuzione di funzioni superiori (di funzionario giudiziario e funzionario UNEP dell'area terza). Lo stesso decreto-legge ha consentito di riqualificare un numero di unità, da un’area all’altra, in misura equivalente al numero di accessi dall’esterno per nuove assunzioni o per procedure di mobilità extra comparto, nel rispetto delle previsioni del C.C.N.L. comparto ministeri.

 

Tale disposizione autorizza, a decorrere dal 2016, una spesa nel limite di 25,79 milioni di euro, che vengono prelevati dal fondo per l’efficientamento del sistema giudiziario.

Il disegno di legge di bilancio ridetermina tali risorse nei seguenti termini:

§  25,79 milioni per gli esercizi 2016, 2017 e 2018;

§  19,95 milioni per il 2019;

§  19,90 milioni per il 2020;

§  19,61 milioni per il 2021;

§  19,59 milioni per il 2022;

§  24,99 milioni a decorrere dal 2023.

 

La Relazione tecnica chiarisce che l’originaria autorizzazione per 25,79 milioni di euro è stata parametrata sulla base dei differenziali stipendiali tra la II° e la III° area, tenendo conto dell’intera platea di possibili beneficiari della riqualificazione, ammontanti complessivamente a 7.035 unità di personale.

Ad oggi, però, le unità di personale riqualificate ammontano a 1.808. Rimangono da riqualificare 4.576 unità.

 

La riduzione della spesa è motivata con l’andamento negli anni del processo di riqualificazione del personale e con il nuovo calcolo dell’onere complessivo necessario a riqualificazione completata, che viene individuato in 24,99 milioni di euro (in luogo degli attuali 25,79).

Conseguentemente, la Relazione tecnica qualifica come risparmi (con effetti equivalenti su tutti i saldi di finanza pubblica) i minori importi prelevati dal fondo per l’efficientamento del sistema giudiziario.

 

Inoltre, con l’inserimento all’art. 21-quater del comma 5-bis, il disegno di legge prevede che il Ministero della giustizia debba comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze, entro 30 giorni dall’assunzione, le unità di personale effettivamente reclutate ai sensi del comma 1 dell’articolo 21-quater del decreto-legge n. 83/2015 e la relativa spesa a regime.


 

Articolo 57, comma 15
(Riduzione del contributo alle Nazioni Unite)

 

 

L’articolo 57, comma 15 prevede una riduzione del contributo italiano all’ONU, pari a 35.4 mln. di euro per il 2019 e a 32,4 mln. di euro a decorrere dal 2020. È altresì previsto che il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale intervenga, anche sul piano internazionale, per negoziare un adeguamento delle chiavi di contribuzione dell’Italia alle organizzazioni internazionali delle quali è parte.

 

La norma riduce il contributo italiano alle spese delle Nazioni Unite di cui alla legge n. 848 del 1957[23] nella misura di 35,4 mln. di euro per il 2019 e di 32,4 mln. di euro a decorrere dal 2020 sullo stanziamento di cui al cap. 3393, “Contributi ad organismi internazionali”, dello stato di previsione del MAECI, che passa nel 2019 da 434 a 398,7 mln. e da 434 mln. a 401,7 mln. a partire dal 2020.

Si ricorda che su tale capitolo sono allocate le risorse per l’erogazione dei contributi alle Nazioni Unite (cfr. infra) e per altre organizzazioni internazionali  come l’OSCE ed il Consiglio d’Europa.

La norma dispone altresì che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale intervenga per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione dei contributi alle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte.

 

L’attuale sistema di finanziamento delle Nazioni Unite si articola in un primo bilancio, a carattere ordinario, finalizzato a coprire le spese per il personale e il funzionamento dei principali organi dell’ONU. Esso è finanziato tramite contributi obbligatori che vengono stabiliti dall’Assemblea Generale: l’obbligo per ciascuno Stato membro di sostenere una quota percentuale delle spese dell’ONU, come individuata dall’Assemblea Generale, si fonda sulle disposizioni dell’articolo 17, par. 2 della Carta delle Nazioni Unite.

La quota dovuta è stabilita ogni tre anni da un apposito organismo tecnico, il Committee on Contributions, sulla base di dati affidabili, verificabili e comparabili quali, ad esempio, le stime del reddito nazionale lordo, i tassi di cambio, il peso del debito.

La scala della ripartizione delle quote percentuali si distribuisce in una forbice che va dal minimo dello 0,001% al massimo del 22% del totale delle spese.

Per il triennio 2016-2018 la scale of assessment assegna all’Italia l’onere di contribuire nella misura del 3,7% alle spese delle Nazioni Unite.

Nel triennio precedente (2013-2015) il contributo italiano era stato del 4,4%.

Con riferimento al 2018, l’applicazione della quota del 3,7% al totale delle spese ONU, pari a 2,5 mln. di dollari, si è tradotta in un contributo di 91,1 mln. di dollari, pari a 80,2 mln. di euro, che alla data del 30 aprile 2018 risultava interamente versato.

Nel 2017 il contributo italiano, calcolato in applicazione della medesima quota del 3,7%, era stato di 94,5 mln. di dollari USA su un totale delle spese delle Nazioni Unite di 2,6 mld. di dollari USA.

Di seguito vengono riportati i principali 12 Stati membri contributori al bilancio ordinario 2018 dell’ONU ed il contributo da ciascuno di essi apportato; tra parentesi, la quota percentuale da ciascuno conferita al totale. 

 

(dollari USA)

 

 

Un secondo canale di finanziamento è rappresentato dai fondi che afferiscono al bilancio per le missioni di pace delle Nazioni Unite: le quote di contribuzione per ciascun membro sono stabilite con criteri simili a quelle del bilancio ordinario, anche se i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) contribuiscono in maniera maggiore rispetto a quanto versato per al bilancio ordinario

L’Italia si trova nella lista dei 10 maggiori contributori alle missioni di pace avendo versato per queste operazioni 273,9 mln. di dollari per il 2016-2017, 255 mln. di dollari per il 2017-2018 e 250,7 mln. di dollari per il 2018-2019.

Il terzo e ultimo canale di finanziamento del sistema ONU è rappresentato dai fondi per i tribunali istituti dal Consiglio di Sicurezza, quali il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia e un meccanismo residuale a supporto dei due tribunali citati.

Per il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia l’Italia ha versato 1,7 mln. di dollari nel 2016, 2,5 mln. nel 2017 e 362.000 dollari per il 2018. A questi si aggiungono i 9,4 mln. di dollari versati al meccanismo residuale tra il 2016 e il 2018  ed i 262,000 dollari versati nel 2016 per il Tribunale penale internazionale per il Ruanda.

 

Sul piano normativo, interventi di riduzione dei contributi del nostro Paese a organismi internazionali – con una correlata rinegoziazione dei termini di accordi internazionali riguardanti la quantificazione di contributi volontari ed obbligatori versati dall’Italia - sono stati disposti dalla legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014) e dalla legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015).

 

In particolare, l’articolo 1, comma 318 della legge di stabilità per il 2015 ha disposto la riduzione dei contributi a organismi internazionali per 25,2 mln. di euro per l'anno 2015 e 8,4 mln. di euro a decorrere dal 2016: in questo caso la riduzione ha operato con un riferimento ad una pluralità di organismi internazionali elencati in uno specifico allegato alla legge di stabilità: tra questi figurava anche l’autorizzazione di spesa riguardante il contributo all’ONU, ridotto per il 2015 di 20 mln. di euro.

L’articolo 1, comma 619 della legge di stabilità per il 2016 ha operato un’ulteriore modesta riduzione per il 2016 (198 euro) e a decorrere dal 2017 (200.198 euro) che ha riguardato il contributo del nostro Paese a due organismi internazionali.

Da ultimo si segnala che l’articolo 26, comma 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria”, il cui disegno di legge di conversione è all’esame presso l’altro ramo del Parlamento (AS 886) ha previsto che gli oneri derivanti dall’attuazione del provvedimento siano parzialmente coperti, quanto a 20 mln. di euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui alla richiamata legge n. 848 del 1957, disponendo anche in questo caso che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale provveda agli adempimenti eventualmente necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione del contributo all’organismo delle Nazioni Unite, per un eguale importo.

 

Con riferimento al primo periodo del comma in esame, andrebbero esplicitate quali tipologie di contributi siano oggetto di riduzione a partire dall’esercizio 2019, atteso che il cap. 3393 dello stato di previsione del MAECI appare generalmente destinato all’erogazione di contributi alle Nazioni Unite.

Occorrerebbe altresì evidenziare, con riferimento al secondo periodo, l’eventuale nesso di consequenzialità che lo collega al primo periodo della norma. In riferimento all’obbligo, posto in capo al Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale di rinegoziare “i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione dei contributi alle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte” si valuti inoltre  l’opportunità di chiarire a quale accordo internazionale la disposizione in esame intenda fare riferimento.


 

Articolo 57, comma 16
(Misure di razionalizzazione della spesa pubblica)

 

 

L’articolo 57, comma 16 è volto a diminuire il numero delle sezioni elettorali da predisporre, in occasione delle prossime consultazioni per l’elezione del Parlamento europeo del maggio 2019, presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane a beneficio degli elettori italiani residenti negli altri Paesi membri dell'Unione.

 

Si rammenta che l’articolo 4 del decreto legge n. 408 del 1994 (convertito nella legge n. 483 del 1994) prevede il procedimento di determinazione degli elettori italiani residenti in altri Paesi dell’UE che hanno diritto di esprimere il voto per l’elezione del Parlamento europeo nelle sedi diplomatiche e consolari.

Tale procedimento prende avvio dai comuni, i quali comunicano alla Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell'interno, i dati necessari per la formazione, la revisione e la conservazione degli elenchi degli elettori italiani residenti all'estero.

In questo contesto, ai sensi del comma 5 dell’articolo 4 – che la disposizione del disegno di legge mira a modificare - la medesima Direzione centrale per i servizi elettorali, entro il decimo giorno precedente la data delle elezioni, trasmette al Ministero degli affari esteri, per il successivo inoltro ai singoli uffici consolari, un elenco degli elettori che votano all'estero diviso per uffici consolari e per sezioni estere, sulla base delle indicazioni fornite, per ciascun elettore, dal Ministero degli affari esteri. Nel suddividere gli aventi diritto al voto di ciascuna località in sezioni, il Ministero dell'interno, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero degli affari esteri, assegna ad ogni sezione un numero di elettori non superiore a 1.600 e non inferiore a 200. Anche i successivi adempimenti per consentire il diritto di voto ai singoli elettori sono a cura della stessa Direzione centrale.

 

Il disegno di legge intende aumentare il numero massimo di elettori da assegnare a una medesima sezione, portandoli da 1.600 a 5.000.

 

La Relazione tecnica del Governo mette in luce che la modifica si rende opportuna in ragione della bassa percentuale di votanti costantemente registrata all’estero e dell'incremento significativo (oltre il 22 per cento) degli elettori registrati in altri paesi UE. Essa comporterebbe - nell’ipotesi, ritenuta verosimile, di circa 1,5 milioni di aventi diritto al voto – la necessità di approntare, nel 2019, un totale di 298 sezioni invece delle 932 necessarie a normativa vigente. Si stima un conseguente risparmio pari a 2 milioni di euro. La Relazione tecnica afferma altresì che la riduzione "non produrrà effetti negativi sugli elettori, in termini di distanza e, dunque, in termini di accesso all’esercizio del diritto di voto".

 

Si ricorda che la disciplina dell’elezione dei membri italiani al Parlamento europeo è contenuta nella legge 24 gennaio 1979, n. 18 (con le numerose modifiche e integrazioni successivamente intervenute).

 

 

Elezione dei rappresentanti dell’Italia al PE (1999-2014). Partecipazione al voto dei cittadini residenti all’Estero

 

 

Elettori

Votanti

%

2014

1.406.291

83.254

5,92 

2009

1.207.073

89.842

7,44

2004

1.098.442

119.276

10,86

1999

1.003.353

177.486

17,69

 Fonte: Ministero dell’interno, Archivio storico delle elezioni

 


 

Articolo 57, comma 17
(Acquisizione all’erario di somme non utilizzate
dalle scuole e dal MIUR)

 

 

L’articolo 57, comma 17, precisa che fra le risorse trasferite alle istituzioni scolastiche statali da versare, in caso di mancato utilizzo, all’entrata del bilancio dello Stato, sono incluse anche quelle per spese di pulizia. Inoltre, prevede il versamento all’entrata di alcune somme non utilizzate dal MIUR. Per il 2019, parte delle stesse risorse rimane acquisita all’erario.

 

Ai fini indicati, aggiunge i commi 1-bis e 1-ter nell’art. 1-bis del D.L. 134/2009 (L. 167/2009).

 

Preliminarmente si ricorda che l’art. 1-bis, co. 1-3, del D.L. 134/2009 (L. 167/2009) – come modificato dall’art. 1, co. 327, della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015) -– ha disposto che le somme trasferite alle scuole statali per la realizzazione di progetti a carattere nazionale e regionale in materia di formazione e sviluppo dell’autonomia scolastica, rimaste inutilizzate per tre esercizi finanziari consecutivi, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate ad apposito capitolo del bilancio del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e che con decreto del relativo Ministro sono annualmente individuati gli istituti scolastici interessati da tale previsione, l’entità delle somme da trasferire al bilancio del Ministero e la loro successiva assegnazione alle scuole statali per spese di funzionamento. Per il 2015, quota parte delle somme versate, pari a € 10 mln, rimaneva acquisita all’erario.

Le istruzioni per il versamento delle somme in questione sono state, da ultimo, emanate dal MIUR con nota 23705 del 22 novembre 2017.

 

In particolare, oltre a disporre che tra le somme giacenti da versare all’entrata del bilancio dello Stato sono incluse anche quelle trasferite alle scuole per spese di pulizia, prevede – in generale – che le somme inutilizzate devono essere versate all’entrata solo qualora non sussistano contestazioni in atto.

Per il 2019, inoltre, stabilisce che il versamento deve essere effettuato entro il 30 aprile dello stesso anno.

Entro lo stesso termine, il MIUR versa all’entrata del bilancio dello Stato le somme non utilizzate, per le quali non vi siano contestazioni in atto, giacenti sul conto corrente n. 53823530 presso la società Poste italiane spa.

Al riguardo, si ricorda che nel testo originario dell’emendamento 16.292, presentato dal Governo all’A.C. 3444 della XVII legislatura (L. di stabilità 2016: L. 208/2015), si esplicitava che le somme giacenti sul conto corrente n. 53823530 presso Poste italiane erano relative al c.d. “buono scuola” per la frequenza di scuole paritarie (art. 2, co. 7, L. 289/2002: € 30 mln per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005).

Il mancato versamento entro il termine indicato comporta l’insorgere di responsabilità dirigenziale e l’obbligo di segnalazione alla Corte dei conti.

Infine, la disposizione prevede che quota parte delle somme versate all’entrata, pari complessivamente a € 22,5 mln, rimane acquisita all’erario. Nelle more del versamento, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibile, per l’anno 2019, un importo analogo, a valere sulle disponibilità del fondo di funzionamento delle istituzioni scolastiche (art. 1, co. 601, L. 296/2006).


 

Articolo 57, commi 18-21
(Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento)

 

 

L’articolo 57, commi 18-21, ridenomina gli attuali percorsi di alternanza scuola-lavoro in “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” e, a decorrere dall’anno scolastico già in corso, ne riduce il numero di ore minimo complessivo da svolgere.

 

In particolare, le disposizioni in commento dispongono che, a decorrere dall’a.s. 2018/2019, i nuovi percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento sono svolti per una durata complessiva minima di:

§  180 ore nel triennio terminale dei percorsi di istruzione professionale (a fronte delle attuali 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro);

§  150 ore nel secondo biennio e nel quinto anno degli istituti tecnici (a fronte delle attuali 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro);

§  90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei percorsi liceali (a fronte delle attuali 200 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro).

 

Al riguardo, si ricorda che i percorsi di alternanza scuola-lavoro - realizzati sulla base di convenzioni con soggetti pubblici e privati disponibili all’attivazione degli stessi - sono stati introdotti come possibilità dal D.Lgs. 77/2005.

Successivamente, l’art. 1, co. 33 e ss., della L. 107/2015 ha introdotto l’obbligatorietà dei percorsi di alternanza scuola-lavoro stabilendo, in particolare, il numero minimo complessivo di ore da svolgere, differenziato per istituti tecnici e professionali, da un lato, e per percorsi liceali, dall’altro.

Per approfondimenti, si veda l’apposito paragrafo nell’ambito del Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.

 

Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono definite le linee guida per l’organizzazione dei nuovi percorsi.

 

Conseguentemente, si stabilisce che, a decorrere dal 2019, le risorse stanziate dall’art. 1, co. 39, della L. 107/2015 per l’organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro – pari a € 100 mln annui dal 2016 –, sono assegnate alle istituzioni scolastiche nei limiti necessari allo svolgimento del numero minimo di ore fissato.

Al riguardo, la relazione tecnica, nel far presente che, rispetto allo stanziamento previsto dalla legge, sono disponibili € 97,05 mln annui, evidenzia che si stima una riduzione nel fabbisogno di spesa di € 56,52 mln, a decorrere dal 2019, tenuto conto che le risorse stanziate per il periodo settembre-dicembre 2018 sono già state erogate.

 

Circa i progetti già attivati dalle scuole nell’a.s. 2018/2019 in corso, si dispone che “si determina automaticamente, anche nei confronti di eventuali soggetti terzi coinvolti, una rimodulazione delle attività”, sulla base delle risorse disponibili per le stesse scuole a seguito delle novità introdotte.

Sembrerebbe opportuno valutare se la previsione possa interferire con l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Occorrerebbe, altresì, valutare l’opportunità di definire una disciplina transitoria che regoli i rapporti convenzionali in corso per l’a.s. 2018/2019.

 

Si segnala, peraltro, che, ai percorsi di alternanza scuola-lavoro continuano a fare riferimento varie altre disposizioni vigenti.

Oltre a quelle recate dall’art. 1, co. 33 e ss. della L. 107/2015, in particolare, ai sensi del d.lgs. 62/2017, dall’a.s. 2018/2019:

§  l'esame di Stato tiene conto anche della partecipazione alle attività di alternanza scuola-lavoro;

§  nell'ambito del colloquio in sede di esame di Stato il candidato espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, l'esperienza di alternanza scuola-lavoro svolta nel percorso di studi (o, per i candidati esterni, le attività ad esse assimilabili);

§  nel curriculum dello studente allegato al diploma sono indicate le attività di alternanza scuola-lavoro.

Inoltre, per effetto dell’art. 6, co. 3-octies, del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), a partire dall’a.s. 2019/2020, per l’ammissione all’esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, è necessario lo svolgimento di attività di alternanza scuola-lavoro nel secondo biennio e nell’ultimo anno di corso per 400 ore negli istituti tecnici e professionali e per 200 ore nei licei (o, per i candidati esterni, di attività ad esse assimilabili).

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di operare i necessari coordinamenti normativi.


 

Articolo 57, comma 22
(Abrogazione del "Fondo per le cattedre
universitarie del merito Giulio Natta")

 

 

L’articolo 57, comma 22, abroga le disposizioni istitutive del “Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta”, destinato al reclutamento per chiamata diretta di professori universitari, selezionati tra studiosi di elevato e riconosciuto merito scientifico, secondo procedure che dovevano essere definite con un D.P.C.M., mai intervenuto.

 

In particolare, la disposizione abroga i co. 207-212 dell’art. 1 della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016), che avevano previsto l’istituzione, in via sperimentale, del Fondo intitolato al vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1963, e che – novellando (co. 209) l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 – avevano introdotto la possibilità per le università di procedere alla chiamata diretta anche di studiosi di elevato e riconosciuto merito scientifico, selezionati mediante procedure nazionali.

 

Come evidenzia la relazione tecnica, la soppressione del Fondo comporta risparmi di spesa per € 22 mln nel 2019 ed € 70 mln annui a decorrere dal 2020.

 

Il Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta – istituito nello stato di previsione del MIUR con una dotazione iniziale di € 38 mln nel 2016 e di € 75 mln annui dal 2017 – è stato destinato al reclutamento straordinario per chiamata diretta di professori universitari di prima e di seconda fascia, in deroga alle disposizioni previste dalla L. 240/2010 (che vedono nel conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale il requisito necessario per la partecipazione alle procedure di chiamata indette dalle singole università).

È stato, altresì, previsto che la quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata per le finalità indicate doveva confluire, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO).

Il D.P.C.M. recante la disciplina del Fondo – che doveva essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore L. 208/2015 – doveva contenere, tra l’altro: i criteri per valutare l’eccellenza dei percorsi individuali di ricerca scientifica; la previsione che le commissioni di valutazione dovevano essere formate, per ogni area disciplinare, da studiosi italiani e stranieri; le modalità di assegnazione a ciascun ateneo delle risorse del Fondo; la definizione del numero complessivo di posti da coprire, ugualmente distribuiti tra prima e seconda fascia; la definizione del numero massimo di chiamate dirette consentite a ciascun ateneo.

Il Consiglio di Stato, esprimendosi sullo schema di D.P.C.M., nel Parere n. 2303 del 4 novembre 2016 aveva evidenziato, tra l’altro, alcuni profili di criticità in merito alla “assenza di una disposizione che preveda in qualche misura il coinvolgimento degli atenei nel procedimento di nomina dei membri delle commissioni di valutazione e l’omessa consultazione del mondo accademico nel corso dell’elaborazione dello schema”.

 

Peraltro, successivamente, la L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha destinato € 50 mln per il 2018 ed € 40 mln per il 2019 del Fondo Natta alla corresponsione ai professori e ricercatori universitari di un importo parzialmente compensativo del blocco degli scatti stabilito per il periodo 2011-2015 (art. 1, co. 629). Ulteriori € 8 mln per il 2019 sono stati destinati all’incremento delle risorse del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie (art. 1, co. 637). Infine, € 5 mln annui dal 2018 sono stati destinati all’adeguamento dell’importo delle borse di studio concesse per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca (art. 1, co. 640).

 

Poiché l’art. 1, co. 209, della L. 208/2015 ha novellato, come si è visto, l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005, si valuti l’opportunità di integrare il co. 22 in commento espungendo dall’art. 1, co. 9, citato le parole di cui ora si propone l’abrogazione.

 


 

Articolo 58
(Revisione del sistema di reclutamento dei docenti nella scuola secondaria e titolarità di tutti i docenti sulla singola scuola)

 

 

L’articolo 58 ridefinisce il percorso per l’accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, sia per i posti comuni che per quelli di sostegno. In particolare, sostituisce il percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (FIT) con un percorso annuale di formazione iniziale e prova, cui si continua ad accedere previo superamento di un concorso, all’esito del quale, però, si consegue già l’abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso per cui si è partecipato e si è immessi in ruolo. Il docente, concluso positivamente l’anno di formazione iniziale e prova, deve rimanere nella stessa scuola, negli stessi tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni.

Infine, dispone che, dall’a.s. 2019/2020, ai docenti non è più attribuita la titolarità su ambito territoriale. Si torna, dunque, alla titolarità del docente in una singola scuola.

 

 

1. Percorso per l’accesso nei ruoli di docente della scuola secondaria

 

Il comma 1 modifica in maniera sostanziale il D.Lgs. 59/2017 che, intervenuto, sulla base della delega recata dall’art. 1, co. 180 e 181, lett. b), della L. 107/2015, ha introdotto il sistema unitario e coordinato di formazione iniziale e accesso ai ruoli nella scuola secondaria, sia su posti comuni che su posti di sostegno, e ha previsto un graduale inserimento nella funzione docente. La disciplina non ha ancora trovato attuazione, fatta eccezione per uno dei concorsi previsti nella fase transitoria, riservato a docenti già in possesso di titolo abilitante all'insegnamento o di specializzazione per il sostegno nella scuola secondaria. E’ solo a tale procedura – ma con le specifiche che si vedranno – che continuano ad applicarsi le previsioni recate dal testo del d.lgs. 59/2017.

 

Preliminarmente, è utile ricordare che, in base al d.lgs. 59/2017, il percorso di formazione iniziale e accesso nei ruoli è articolato in:

§  un concorso pubblico nazionale, per esami e titoli, indetto su base regionale o interregionale con cadenza biennale, per la copertura dei posti previsti vacanti e disponibili nel terzo e quarto anno scolastico successivi a quello in cui è previsto l'espletamento delle prove concorsuali;

§  un successivo percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente, destinato a tutti i vincitori del concorso, previa sottoscrizione di un contratto triennale retribuito (FIT).

Nel primo anno di contratto, il titolare deve frequentare il corso di specializzazione e, previo superamento dell’esame finale, conseguire il diploma di specializzazione.

Nel secondo anno, sulla base di incarichi, e fermi restando gli altri impegni formativi, deve effettuare supplenze brevi e saltuarie non superiori a 15 giorni.

Nel terzo anno – al quale si accede previo superamento della valutazione intermedia alla fine del secondo anno – deve effettuare supplenze su posti vacanti e disponibili.

Il tirocinio, diretto e indiretto, è parte integrante e obbligatoria del percorso FIT. La frequenza è obbligatoria. Il terzo anno si conclude con una valutazione finale;

§  l'accesso ai ruoli, a tempo indeterminato. In particolare, il titolare del contratto, in caso di valutazione finale positiva al termine del terzo anno del percorso FIT (che assolve anche l’obbligo dell’anno di prova), è assegnato all'ambito territoriale presso il quale ha prestato servizio nel corso del terzo anno del contratto e gli è attribuito un incarico triennale.

 

La relazione illustrativa sottolinea, al riguardo, che dall’opera di ascolto dei portatori di interesse è emersa, fra l’altro, la lunghezza eccessiva del percorso, nonché la ridondanza per i soggetti già abilitati che avessero deciso di partecipare.

Ulteriori criticità evidenziate dalla stessa relazione attengono alla ridotta entità del compenso previsto durante l’anno di specializzazione e dalla ridotta compatibilità di tale percorso di specializzazione con altre attività di docenza, con conseguente impatto negativo per la continuità reddituale, in particolare per i candidati già iscritti nelle graduatorie di istituto.

 

In breve sintesi, si prevede ora che il percorso di formazione iniziale e accesso ai ruoli si articoli, invece, in:

§  un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale, all’esito del quale si consegue l’abilitazione all’insegnamento;

§  un percorso annuale di formazione iniziale e prova, cui accedono i vincitori del concorso;

§  l’accesso ai ruoli per i vincitori del concorso e l’assunzione a tempo indeterminato degli stessi, previa positiva valutazione del percorso annuale di formazione e prova.

 

Di seguito, le nuove previsioni saranno esposte, al fine di facilitarne la lettura, raggruppandole per argomenti.

 

1.1. Indizione del concorso e commissioni giudicatrici

 

Come nella normativa vigente, il concorso si articola per esami e titoli ed ha cadenza biennale. Tuttavia – come conseguenza della riduzione temporale del percorso – il concorso è bandito per la copertura dei posti della scuola secondaria che si prevede si rendano vacanti e disponibili nel primo e nel secondo anno scolastico successivi a quello in cui è previsto l’espletamento delle prove concorsuali.

Rimane, altresì, fermo che nel bando di concorso sono previsti contingenti separati, in ogni sede concorsuale regionale o interregionale, rispettivamente:

§  per i posti relativi alle classi di concorso per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, ma, ora, senza la possibilità di raggruppare le medesime classi in ambiti disciplinari;

§  per i posti relativi alle classi di concorso di insegnante tecnico-pratico per la scuola secondaria;

§  per i posti di sostegno.

Inoltre, rimanendo fermo che ogni candidato può concorrere in una sola regione, si stabilisce ora che ciò è possibile per una sola classe di concorso per ciascun ordine di scuola (scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado), nonché per i posti di sostegno (anche in questo caso, sia per la scuola secondaria di primo grado sia per la scuola secondaria di secondo grado).

Dunque, non sarà più possibile concorrere contemporaneamente – come prevede la normativa vigente – per più classi di concorso del medesimo ordine di scuola, tra quelle messe a concorso nella regione.

 

Una rilevante novità riguarda anche la disciplina attuativa. Infatti, mentre a legislazione vigente alcuni aspetti della procedura concorsuale – fra i quali i criteri di composizione delle commissioni giudicatrici del concorso e i requisiti dei componenti, i criteri di valutazione delle prove e dei titoli dei candidati, la ripartizione del punteggio fra prove e titoli, i punteggi minimi per il superamento di ogni prova – devono essere definiti con un regolamento di delegificazione – sottoposto, dunque, al previo parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti – e altri aspetti, di natura più procedurale, devono essere definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ora si prevede solo l’intervento di quest’ultimo.

In particolare, si prevede ora che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si individuano:

§  i criteri di composizione delle commissioni giudicatrici e i requisiti dei relativi componenti;

§  i programmi, le prove di concorso, i punteggi attribuibili alle medesime prove e i criteri di valutazione;

§  la tabella dei titoli accademici, scientifici e professionali valutabili.
Al riguardo, si specifica sin d’ora che i titoli possono essere valutati in misura comunque non superiore al 20% del punteggio complessivo e che sono particolarmente valorizzati il titolo di dottore di ricerca, il possesso dell’abilitazione conseguita attraverso percorsi selettivi di accesso, il superamento delle prove di un precedente concorso per titoli ed esami nelle stesse classi di concorso, il possesso di titoli accademici nell’ambito della pedagogia speciale e didattica dell’inclusione;

§  le modalità di gestione delle procedure concorsuali da parte degli Uffici scolastici regionali.

Con il medesimo decreto è costituita - come già previsto a legislazione vigente - una commissione nazionale di esperti per la definizione dei programmi e delle tracce delle prove di esame.

 

1.2. Requisiti di accesso al concorso

 

Per i posti comuni e i posti di insegnante tecnico-pratico, si stabilisce che il possesso dell’abilitazione su una classe di concorso, o per altro grado di istruzione, ferma restando la necessità del possesso del titolo di studio specifico richiesto per la classe di concorso per cui si partecipa, consente direttamente l’accesso al concorso, senza, cioè, necessità di acquisire gli specifici 24 crediti formativi universitari o accademici richiesti dalla normativa vigente.

A legislazione vigente, i requisiti sono costituiti dal possesso, congiunto, del titolo di studio specifico, nonché di 24 crediti formativi universitari o accademici da acquisire nelle discipline antro-psicopedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno 6 crediti in ciascuno di almeno 3 dei seguenti ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione, psicologia, antropologia, metodologie e tecnologie didattiche.

Le modalità di acquisizione dei crediti sono state definite con DM 616 del 10 agosto 2017.

 

Per i posti di sostegno, si specifica che, oltre ai requisiti previsti per il concorso per posti comuni e posti di insegnante tecnico-pratico, è necessario il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, rilasciata all’esito dei percorsi di specializzazione, per i quali si richiama il regolamento adottato in attuazione dell’art. 2, co. 416, della L. 244/2007.

Si tratta – a legislazione vigente - del DM 249/2010, il cui art. 13 prevede, però, che ai percorsi di specializzazione per le attività di sostegno possono accedere gli insegnanti già abilitati. Ora, invece, si prevede che per accedere ai percorsi di specializzazione sono necessari i medesimi requisiti previsti per la partecipazione al concorso per posti comuni e posti di insegnante tecnico-pratico.

Si tratta di previsioni che appare opportuno chiarire.

 

1.3. Prove d’esame

 

Per i posti comuni, rimane fermo che il concorso prevede due prove scritte, a carattere nazionale, e una prova orale.

Per i posti di sostegno, si passa da tre prove scritte a carattere nazionale e una prova orale, a una prova scritta a carattere nazionale e una prova orale.

Una novità comune a tutte le prove – sia per i posti comuni che per i posti di sostegno – è costituita dalla previsione che le stesse si superano con il conseguimento di un punteggio minimo di 7/10 (o equivalente).

In particolare, nel concorso per posti comuni, il superamento della prima prova scritta è condizione necessaria perché la commissione passi alla valutazione della successiva.

 

Più nello specifico, per i posti comuni si prevede che la prima prova scritta ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e delle competenze del candidato non più su una specifica disciplina scelta dall’interessato, bensì su tutte le discipline afferenti alla classe di concorso.

Rimane fermo che la seconda prova scritta ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze del candidato sulle discipline antro-psico-pedagogiche e sulle metodologie e tecnologie didattiche.

Si stabilisce, inoltre, che la prova scritta per i posti di sostegno ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze – non più semplicemente “di base” – sulla pedagogia speciale, sulla didattica per l’inclusione e sulle relative metodologie.

 

Rimane, altresì, fermo che la prova orale (per posti comuni e per posti di sostegno) – che comprende anche la prova pratica, ove gli insegnamenti lo richiedano – ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze del candidato nelle discipline afferenti alla classe di concorso, nonché di verificare la conoscenza di una lingua straniera europea almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue-QCER (Common European Framework of Reference for Languages -CEFR). Si stabilisce, invece, che la stessa prova ha anche l’obiettivo di verificare - in luogo del possesso di abilità informatiche di base - il possesso di adeguate competenze didattiche nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

 

Il superamento di tutte le prove costituisce abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso per cui il candidato ha partecipato, ovvero per il sostegno.

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, quest’ultima previsione – inserita nell’art. 5 del d.lgs. 59/2017, relativo ai requisiti di accesso al concorso – dovrebbe, più opportunamente, essere collocata nell’art. 6, relativo alle prove di esame.

 

1.4. Graduatorie di merito e accesso al ruolo

 

La principale novità è costituita dalla previsione che le graduatorie – compilate, in ogni sede concorsuale, per ogni classe di concorso e per il sostegno, sulla base della somma dei punteggi riportati nelle prove e nella valutazione dei titoli, effettuata per i soli candidati che hanno superato tutte le prove – includono solo i vincitori, pari al numero dei posti messi a concorso.

Non è, dunque, contemplata l’inclusione nelle graduatorie degli idonei, ossia di coloro che, pur avendo ottenuto almeno il punteggio minimo in tutte le prove, non rientrano nel numero dei posti messi a concorso.

Si intenderebbe, dunque, superato – per le procedure relative all’accesso ai ruoli della scuola secondaria – il principio sancito dall’art. 1, co. 604, della L. 205/2017, secondo cui le graduatorie di merito dei concorsi per docenti sono utili, fino al termine di validità, per le immissioni in ruolo di coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando.

 

Si prevede, inoltre, che le graduatorie hanno validità biennale a decorrere dall’a.s. successivo a quello di approvazione e perdono efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo o, comunque, alla scadenza del biennio.

I vincitori che risultano presenti sia nella graduatoria relativa ad una classe di concorso, che in quella relativa al sostegno, devono optare per una sola di esse.

Sulla base della graduatoria di merito, i vincitori sono direttamente immessi in ruolo in due successivi scaglioni annuali, nel limite corrispondente ai posti che si prevede si rendano vacanti e disponibili nel primo e nel secondo anno scolastico successivi a quello in cui sono espletate le prove concorsuali. Rimane comunque fermo il diritto all’immissione in ruolo dei vincitori, ove occorra anche negli anni successivi.

 

Al riguardo, occorrerebbe chiarire come si combini la previsione della perdita di efficacia delle graduatorie – che includono solo i vincitori – alla scadenza del biennio, con la previsione che gli stessi vincitori possono essere assunti anche oltre il biennio.

Con riguardo alla formulazione del testo, si segnala che la previsione relativa all’immissione in ruolo in due scaglioni e al diritto, per i vincitori, di essere immessi in ruolo anche oltre il biennio, attualmente inserita nell’art. 3 del d.lgs. 59/2017 – relativo al bando di concorso e alle commissioni – dovrebbe, più opportunamente, essere collocata direttamente nell’art. 7, relativo alle graduatorie.

 

Un’altra novità è costituita dalla previsione che i vincitori scelgono, in ordine di punteggio, l’istituzione scolastica – e non più l’ambito territoriale –, cui essere assegnati per svolgere l’anno di formazione iniziale e prova, fra quelle della regione in cui hanno concorso che presentano posti vacanti e disponibili.

 

Ciò è legato alla previsione, introdotta – al di fuori delle novelle al d.lgs. 59/2017 - dal comma 5 - secondo la quale, a decorrere dall’a.s. 2019/2020, ai docenti, nell’ambito delle procedure di reclutamento e di mobilità territoriale e professionale, non può essere attribuita la titolarità su ambito territoriale.

 

1.5. Conferma in ruolo

 

Il percorso annuale di formazione iniziale e prova si conclude – come, nella normativa vigente, il terzo anno del percorso FIT – con una valutazione finale che, se positiva, assolve all'obbligo dell'anno di prova, per l'effettiva immissione in ruolo.

La novità è costituita dalla reintroduzione della possibilità di ripetere (una sola volta), in caso di valutazione negativa, il periodo di formazione e prova.

Si prevede, infatti, nuovamente l’applicazione alle procedure per l’immissione nei ruoli di docente della scuola secondaria di una serie di disposizioni della L. 107/2015, oltre che del d.lgs. 297/1994, di cui il d.lgs. 59/2017 aveva previsto la disapplicazione.

Nello specifico, si tratta dei co. 115, 117, 118 e 119 dell’art. 1 della L. 107/2015, in base ai quali, in particolare: il positivo superamento del periodo di formazione e prova determina l'effettiva immissione in ruolo; la valutazione finale spetta al dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione (art. 11 d.lgs. 297/1994), sulla base dell'istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente scolastico le funzioni di tutor; gli obiettivi, i criteri e le modalità di valutazione sono individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; in caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova, il personale docente ed educativo è sottoposto ad un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile.

Le disposizioni del d.lgs. 297/1994 che si applicano nuovamente sono, invece, gli artt. 437, 438, 439 e 440, che disciplinano l’anno di formazione valido come periodo di prova e i suoi effetti.

 

In particolare, si specifica che, in caso di valutazione positiva, il docente è cancellato da ogni altra graduatoria – ad esaurimento, di merito, o di istituto – nella quale sia iscritto, ed è confermato in ruolo nella istituzione scolastica dove ha svolto il periodo di prova.

Si stabilisce, altresì, che il docente deve rimanere nella stessa istituzione scolastica, nel medesimo tipo di posto e nella medesima classe di concorso, per almeno altri quattro anni, salvo in caso di soprannumero o esubero, ovvero in caso di persona con disabilità gravi o che assista familiari con disabilità gravi (art. 33, co. 5 e 6, L. 104/1992), limitatamente a fatti sopravvenuti dopo il termine di presentazione della domanda per la partecipazione al concorso.

 

A livello generale, si ricorda che l’art. 399, co. 3, del d.lgs. 297/1994 – come modificato, da ultimo, dall'art. 15, co. 10-bis, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – pone il termine minimo di tre anni di servizio in una provincia prima di poter chiedere il trasferimento, l'assegnazione provvisoria o l'utilizzazione in altra provincia. Tale previsione non si applica al personale di cui all'art. 33, co. 5, della L. 104/1992 e al personale di cui all'art. 21 della medesima legge (persona con disabilità con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della tab. A annessa alla L. 648/1950).

 

1.6. Disciplina transitoria

 

Con riferimento alla fase transitoria, si conferma, in particolare, che:

§  il 50% dei posti è coperto attingendo alle graduatorie ad esaurimento (art. 1, co. 605, lett. c), L. 296/2006), fino al loro completo esaurimento;

§  per il restante 50% dei posti, si provvede mediante scorrimento delle graduatorie di merito del concorso bandito nel 2016 (art. 1, co. 114, L. 107/2015), del concorso riservato a docenti già abilitanti all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione (art. 17, co. 3, lett. b), d.lgs. 59/2017), nonché dei concorsi ordinari.
In particolare, rimane fermo che al concorso riservato ai docenti già abilitati è destinato, al netto dei posti utilizzati con riferimento al concorso del 2016, il 100% del 50% dei posti riservati alle graduatorie di merito per gli a.s. 2018/2019 e 2019/2020, l’80% per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022, il 60% per gli a.s. 2022/2023 e 2023/2024, il 40% per gli a.s. 2024/2025 e 2025/2026, il 30% per gli a.s. 2026/2027 e 2027/2028, il 20% per i bienni scolastici successivi, sino a integrale scorrimento di ogni graduatoria di merito regionale.

La novità, invece, è costituita dal fatto che, per la copertura del 50% dei posti mediante scorrimento delle graduatorie di merito non si prevede più di attingere anche alle graduatorie dei concorsi da bandire con cadenza biennale, a partire dal 2018, in ciascuna regione, riservati a docenti non abilitati, che abbiano svolto un servizio di almeno tre anni scolastici anche non continuativi negli otto anni precedenti (art. 17, co. 3, lett. c), e 7-9, D.Lgs. 59/2017). Tale tipologia di concorso, infatti, è soppressa.

In particolare, il D.Lgs. 59/2017 ha previsto – all’esito della procedura concorsuale riservata di cui si è detto – la costituzione di graduatorie regionali predisposte sulla base dei titoli posseduti e del punteggio conseguito in una prova scritta ed in una prova orale. Lo scorrimento avviene annualmente e comporta l'ammissione diretta ad un percorso biennale (disciplinato come il primo e il terzo anno del percorso FIT), che determina, tra l’altro, il conseguimento del diploma di specializzazione.

Per tali soggetti si prevede ora, in sede di prima applicazione, una riserva del 10% dei posti nel concorso ordinario, al quale, inoltre, possono partecipare (come nel concorso riservato ora soppresso), per una tra le classi di concorso per le quali abbiano maturato un servizio di almeno un anno, anche senza il requisito relativo ai 24 crediti formativi specifici. È valutabile il servizio svolto, su posto comune o su posto di sostegno, presso le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione (che, in base all’art. 2, co. 1, lett. d), della L. 53/2003 comprende anche il sistema di istruzione e formazione professionale che fa capo alle regioni).

 

Per quanto riguarda il concorso riservato a docenti già abilitati, le cui modalità di espletamento sono state definite con DM 15 dicembre 2017 e il cui bando è stato pubblicato nella GU-IV serie speciale del 16 febbraio 2018, il comma 4 – che non costituisce novella del d.lgs. 59/2017 – dispone che ai soggetti che sono già stati avviati al percorso FIT nell’a.s. 2018/2019 continuano ad applicarsi le previsioni originarie, come in vigore alla data del 31 dicembre 2018, salva la possibilità – ora introdotta – di ripetere il percorso annuale per una sola volta (in caso di valutazione negativa).

Invece, i soggetti che non sono stati ancora avviati al percorso FIT, saranno ammessi al nuovo percorso annuale di formazione e prova e, dunque, saranno immessi in ruolo, secondo quanto già illustrato.

Al riguardo, si ricorda che il DM 579/2018 – che aveva definito, per quanto qui interessa, il contingente autorizzato per l'ammissione al percorso di formazione  terzo anno FIT, da effettuarsi per l'a.s. 2018/19 – aveva disposto, all’art. 2, che le graduatorie valide per l'ammissione al suddetto percorso di formazione erano quelle pubblicate entro il 31 agosto 2018.

Successivamente, con DM 631/2018 – preso atto della mancata approvazione di alcune graduatorie di merito entro il 31 agosto 2018 – è stato disposto, al fine di garantire il recupero delle facoltà assunzionali per l'a.s. 2018/19, nel caso di incapienza delle graduatorie del concorso bandito nel 2016 e delle graduatorie ad esaurimento, che le graduatorie comunque pubblicate entro il 31 dicembre 2018 sono utilizzate per l’individuazione degli aspiranti collocati in posizione utile rispetto ai posti residuati dalle operazioni di immissione in ruolo sia dalle graduatorie di merito del concorso 2016, compresi gli elenchi aggiuntivi, che dalle graduatorie ad esaurimento.

 

2. Soppressione della possibilità di Impiegare i docenti in modo flessibile

 

Il comma 1, lett. e), abroga la previsione recata dall’art. 4, co. 3, del d.lgs. 59/2017, in base alla quale, in coordinamento con il Piano nazionale di formazione (art. 1, co. 124, L. 107/2015), sono organizzate specifiche attività formative per docenti di ruolo in servizio, al fine di consentire loro di integrare la preparazione per poter svolgere insegnamenti anche in classi disciplinari affini o di modificare la classe disciplinare di titolarità o la tipologia di posto, incluso il passaggio da posto comune a posto di sostegno e viceversa.

 

3. Soppressione delle disposizioni specifiche per l’insegnamento nelle scuole paritarie

 

Il comma 1, lett n), abroga gli artt. 15 e 16 del d.lgs. 59/2017, che prevedono, in particolare, che costituisce titolo per insegnare nelle scuole paritarie, con contratto di docenza a tempo determinato o indeterminato, per i posti comuni, il possesso del diploma di specializzazione conseguibile nell’ambito del percorso FIT (ovvero, per i posti di sostegno, del diploma di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica) e che possono insegnare anche coloro che sono iscritti al corso di specializzazione, per non più di tre anni dall'immatricolazione al corso.

Pertanto, per effetto di tali abrogazioni, per l’insegnamento nelle scuole secondarie paritarie, tornerà ad essere vigente la disciplina recata dall’art. 1, co. 4, lett. g), della L. 62/2000, in base alla quale il personale docente deve essere fornito del titolo di abilitazione (che, sulla base delle novità introdotte, sarà conseguibile – per chi non ne sia già in possesso - previo superamento del nuovo concorso per l’insegnamento nelle scuole statali).

 

4. Soppressione della Conferenza nazionale per la formazione iniziale e l'accesso alla professione docente

 

Il comma 1, lett. n), abroga anche l’art. 14 del d.lgs. 59/2017, che prevede l’istituzione della Conferenza nazionale per la formazione iniziale e l'accesso alla professione docente – composta pariteticamente da esperti provenienti dal sistema scolastico e dai sistemi universitario e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica – con compiti, fra l’altro, di coordinare e monitorare il sistema e di proporre iniziative di raccordo e armonizzazione tra formazione iniziale e formazione in servizio dei docenti.

 

5. Disposizioni finanziarie

 

A seguito delle modifiche al d.lgs. 59/2017 di cui si è già detto, il comma 1, lett. p), modifica anche la norma di copertura degli oneri, recata dall’art. 19 del medesimo d.lgs.

In particolare, autorizza la spesa di € 7,009 mln nel 2018 e di € 13,426 mln annui a decorrere dal 2019, che costituiscono limite di spesa complessivo.

Al riguardo, le relazione tecnica precisa che si tratta esclusivamente dei fondi destinati allo svolgimento dei concorsi, essendo venuti meno tutti gli oneri diversi. In particolare, evidenzia che la somma prevista, a regime, dal 2019 consentirà l’incremento dei compensi ai componenti delle commissioni di concorso e ai relativi segretari, e consentirà di coprire gli eventuali oneri derivanti dal funzionamento della commissione nazionale di esperti.

 

L’art. 19 del d.lgs. 59/2017 prevede la costituzione nello stato di previsione del MIUR di un Fondo destinato alla copertura degli oneri relativi ai  primi due anni del contratto FIT, con una dotazione di € 20,8 mln per ciascuno degli anni 2019 e 2020, € 45,6 mln per ciascuno degli anni 2021 e 2022, € 71,6 mln per ciascuno degli anni 2023 e 2024, € 85,1 mln per ciascuno degli anni 2025 e 2026, ed € 117,0 mln annui a decorrere dal 2027. Ulteriori oneri, derivanti da altre disposizioni del d.lgs., pari a € 7,009 mln nel 2018, € 26,426 mln annui per il 2019 e il 2020, € 52,733 mln nel 2021, € 55,202 mln nel 2022, € 82,750 mln nel 2023, € 84,034 mln nel 2024, € 98,366 mln nel 2025, € 101,398 mln nel 2026 e € 135,211 mln annui dal 2027, sono coperti mediante corrispondente riduzione del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (art. 1, co. 202, L. 107/2015).

 

In base ai commi 2 e 3 – che non costituiscono novella del d.lgs. 59/2017 –, quota parte dei risparmi derivanti dalla nuova disciplina è destinata all’incremento del Fondo "La Buona Scuola". Una ulteriore quota di € 12 mln annui a decorrere dal 2019 è, invece, destinata a concorrere al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

In particolare, il Fondo “La Buona Scuola” è incrementato di € 0,2 mln nel 2019, € 0,8 mln nel 2020, € 27,1 mln nel 2021, € 29,6 mln nel 2022, € 57,1 mln nel 2023, € 58,4 mln nel 2024, € 72,6 mln nel 2025, € 75,8 mln nel 2026 e € 109,6 mln annui dal 2027.

 

6. Superamento degli ambiti territoriali

 

Il comma 5 dispone che, a decorrere dall’a.s. 2019/2020, ai docenti, nell’ambito delle procedure di reclutamento e di mobilità territoriale e professionale, non può essere attribuita la titolarità su ambito territoriale.

Si superano, così, le previsioni recate dalla L. 107/2015, in particolare all’art. 1, co. 66 e 73, e si torna, dunque, all’attribuzione della titolarità in una specifica scuola.

Si ricorda, infatti, che l’art. 1, co. 66, della L. 107/2015, ha disposto che, a decorrere dall'a.s. 2016/2017, i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto.

A sua volta, l’art. 1, co. 73, ha disposto che, dal medesimo a.s., il personale docente non già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della legge, è assegnato agli ambiti territoriali e che la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra i medesimi ambiti territoriali.

Inoltre, l’art. 1, co. 79, ha  disposto che, sempre dall’a.s. 2016/2017, il dirigente scolastico conferiva incarichi triennali ai docenti assegnati all'ambito territoriale di riferimento. Tale previsione, tuttavia, è stata di fatto gradualmente superata a seguito di accordi contrattuali.

Da ultimo, il 26 giugno 2018 è stata siglata un’ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo sul passaggio da ambito territoriale a scuola per l’a.s. 2018/2019, in base alla quale la competenza ad assegnare alle scuole i docenti è attribuita all’Ufficio scolastico competente per territorio.

Con nota n. 29748 del 27 giugno 2018, il MIUR ha poi fornito istruzioni per il passaggio da ambito a scuola.

 

Si valuti l’opportunità di prevedere l’abrogazione, a decorrere dal 1° settembre 2019 – data di avvio dell’a.s. 2019/2020 – delle disposizioni della L. 107/2015 incompatibili con la nuova disciplina.


 

Articolo 59, commi 1 e 2
(Riduzioni e riprogrammazione di spese della Difesa)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 59 dispongono, rispettivamente, riduzioni delle spese militari - per 60 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019 e per ulteriori 531 milioni di euro nel periodo 2019-2031 - e la riprogrammazione di talune spese iscritte nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo economico e relative a programmi di investimento di interesse per la Difesa in corso di esecuzione.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame dispone, da un lato, una riduzione delle spese militari pari a 60 milioni di euro a decorrere dal 2019; dall’altro lato una ulteriore riduzione di  531 milioni di euro nel periodo 2019-2031, relativamente alle spese di cui all’articolo 1, comma 140 lett. f) della legge n. 232 del 2016.

Ai sensi del medesimo comma 1, entro il 30 gennaio 2019, con apposito decreto del Ministro della difesa, adottato di  concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, dovranno essere rideterminati i programmi di spesa oggetto delle riduzioni previste dal comma in esame.

 

Si ricorda che il comma 140 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), ha previsto l'istituzione di un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle  finanze (cap. 7555), per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese in determinati settori di spesa. A tali finalità sono stati destinati oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale.

Come emerso nel corso dell'esame parlamentare dello schema di D.P.C.M. di ripartizione delle risorse del richiamato Fondo (a.g.421) la Difesa è risultata complessivamente destinataria di risorse pari a 9.988.550.001 mln, così ripartite:

 

2017

2018

2019

2020/2032

Totale

49.500.000

199.700.000

251.400.000

9.487.950.001

9.988.550.001

 

Secondo quanto riferito nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio per l’anno 2019  le riduzioni di spesa previste dal comma 1 dell’articolo 59 in esame dovrebbero operare secondo la seguente scansione temporale:

 

2019

2020

2021

2022-2026

2027

2028

2029

2030

2031

totale

-25

-25

-31

/

-80

-90

-120

-120

-40

- 531

 

 

Si ricorda, infine, che l’articolo 1, comma 1072 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), ha rifinanziato il citato fondo per un totale di 35,53 miliardi di euro, così ripartiti: 800 milioni di euro per l'anno 2018, 1.615 milioni di euro per l'anno 2019, 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, 2.480 milioni di euro per l'anno 2024 e 2.500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033. È attualmente all’esame delle competenti Commissioni parlamentari lo schema di D.P.C.M. di riparto delle richiamate somme (A.G. 51). Per maggiori approfondimenti si rinvia al:  Tema dell’attività parlamentare curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati relativo al Fondo investimenti
https://temi.camera.it/leg18/temi/tl18_il_fondo_per_il_finanziamento_degli_investimenti_e_lo  _sviluppo_infrastrutturale_del_paese.html.

 

In relazione alla formulazione del comma in esame si osserva che la medesima, nella prima tipologia di intervento riduttivo (60 milioni di euro a decorrere dal 2019), opera un generico riferimento  alle “spese militari” non individuando, quindi, gli specifici settori oggetto di revisione.

 

A sua volta il comma 2 dell’articolo 59 dispone la riprogrammazione di talune spese per investimenti iscritte nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo economico e afferenti alle autorizzazioni di spesa relative ai seguenti programmi:

 

1.   programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea di cui all’articolo 4, comma 3, della legge n. 266 del 1997, compreso il programma European fighter aircraft (EFA).

 

La legge n. 266 del 1997, recante "Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, comma 3, ha autorizzato un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA (European fighter aircraft). Ha pertanto autorizzato il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in conformità alla indicazione del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro della difesa, deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato successivamente rifinanziato da diversi provvedimenti.

Il programma è frutto della cooperazione tra Italia, Germania, Regno Unito e Spagna, avviata in base al Memorandum of Understanding generale sottoscritto nel 1986. In servizio in Italia dal 2004, equipaggia nel nostro Paese il 4°, 36° e 37° Stormo dell’Aeronautica Militare. Oltre ai quattro paesi partner che ne hanno ordinati fino ad oggi 472 esemplari, i clienti internazionali comprendono Arabia Saudita (72 aerei), Austria (15), Oman (12), Kuwait (28) e Qatar (24), per un totale di 623 esemplari venduti.

 

2.   Programma di sviluppo di unità navali della classe FREMM di cui all’articolo articolo 1, comma 95, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006), come rifinanziata dal sopra richiamato comma 140 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017).

 

Il comma 95 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 ha autorizzato contributi quindicennali, ai sensi dell'articolo 4, comma 177, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, di 30 milioni di euro a decorrere dal 2006, di 30 milioni di euro a decorrere dal 2007 e di ulteriori 75 milioni di euro a decorrere dal 2008 per consentire la prosecuzione del programma di sviluppo e di acquisizione delle unità navali della classe FREMM (fregata europea multimissione) e delle relative dotazioni operative, nonché per l'avvio di programmi dichiarati di massima urgenza.

Il Programma FREMM è il più vasto progetto di cooperazione navale in ambito europeo, avviato nel 2002 da Italia e Francia. Esso trae origine dalla dichiarazione congiunta siglata a Parigi il 25 ottobre 2004 dai ministri della difesa italiano e francese, che ha riconosciuto l’esigenza di procedere al rinnovamento delle rispettive flotte, nell’ottica di una diffusa e consolidata convergenza degli obiettivi militari, tecnici, finanziari e temporali perseguiti in tale contesto dalle due marine.

Il programma prevede la realizzazione di 21 fregate di nuova generazione (10 per l’Italia e 11 per la Francia) in due versioni, basate su una piattaforma comune, ma dotate di configurazioni specifiche in base alle funzioni cui sono destinate.

Le somme destinate al programma FREMM sono allocate nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, capitolo 7485.

Secondo quanto riportato nel Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2018-2020, presentato alle Camere lo scorso 15 ottobre, “il profilo finanziario generale è stato rimodulato ad invarianza di saldi per esigenze d’impegnabilità contrattuale”. Il fabbisogno complessivo del programma stimato nel DPP 2018-2020 è pari a 5.992,3 M€.

 

Nello specifico, la rimodulazione in senso “orizzontale”, ovvero tra esercizi finanziari diversi (dal triennio 2019/ 2021 al triennio 2025/2027), degli stanziamenti relativi ai richiamati programmi è complessivamente pari a 78 milioni di euro nel 2019 (- 38 milioni per i programmi di cui alla legge n. 266 del 1997 e – 40 milioni di euro per i programmi di cui alla legge n. 266 del 2005),  per 95 milioni di euro nel 2020 (- 90 milioni per i programmi di cui alla legge n. 266 del 1997 e – 5 milioni di euro per i programmi di cui alla legge n. 266 del 2005) e per 40 milioni di euro nel 2021 (- 40 milioni per i programmi di cui alla legge n. 266 del 1997 e – 5 milioni di euro per i programmi di cui alla legge n. 266 del 2005).

 


 

Articolo 59, commi 3-5
(Terra dei fuochi)

 

 

L’articolo 59 prevede, al comma 3 sopprime l'autorizzazione di spesa recante l'onere per l'affitto del termovalorizzatore di Acerra, pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per quindici anni. Sopprime inoltre la norma che finalizzava le risorse, già destinate al pagamento del canone di affitto, alla Regione Campania quale contributo dello Stato per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra. Si segnala peraltro che l’articolo 26, comma 3, lettera e), del D.L. 119/2018 (disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), attualmente all’esame del Senato, prevede quale copertura dello stesso decreto, quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, le somme di cui all’autorizzazione di spesa soppressa dal comma 3 in esame.

Il comma 4 incrementa di 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 il Fondo istituito dall’articolo 1, comma 476, della legge di bilancio per il 2016 per la realizzazione degli interventi ambientali individuati dal Comitato interministeriale per gli interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale ed il monitoraggio del territorio della regione Campania.

Il comma 5 incrementa ulteriormente tale fondo nell’anno 2019 con le risorse disponibili iscritte nell’esercizio finanziario 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente in relazione al canone di affitto del termovalorizzatore di Acerra.

 

Il comma 3 sopprime l'autorizzazione di spesa recante l'onere per l'affitto del termovalorizzatore di Acerra, pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per quindici anni.

Sopprime inoltre la norma che finalizzava le risorse, già destinate al pagamento del canone di affitto, alla Regione Campania quale contributo dello Stato per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra.

 

Quanto alla prima soppressione, relativa all'art. 7, comma 6, terzo periodo, del D.L. n. 195 del 2009, si ricorda che il D.L. n. 195 ha disposto all'art. 7 il trasferimento di proprietà dell’impianto di termovalorizzazione alla Regione Campania. Il valore del trasferimento veniva determinato in 335 milioni di euro.

La norma disponeva che, nelle more del trasferimento di proprietà del termovalorizzatore di Acerra, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantenesse la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto e fosse autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso. Il comma 6 del medesimo articolo recava quindi una quantificazione dell'onere pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 e rinviava all'articolo 18 del medesimo decreto-legge per la definizione della copertura. Veniva stabilito, al comma 6, un canone di euro 2.500.000 mensili, stabilendo che il contratto di affitto si risolvesse automaticamente per effetto del trasferimento della proprietà.

Il terzo periodo del comma 6 del citato articolo 7 - qui oggetto di soppressione - prevedeva che all'onere derivante dall'attuazione del comma stesso, pari a 30 milioni di euro annui per quindici anni a decorrere dall'anno 2010, si facesse fronte ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge n. 195 del 2009 (norma di copertura finanziaria).

 

Quanto alla seconda soppressione, relativa all'art. 12, comma 9, D.L. n. 16 del 2012, si ricorda che questo disponeva, in considerazione dell'acquisto del termovalorizzatore di Acerra previsto dal comma 8 della norma medesima, che le risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto - di cui all'articolo 7, comma 6, dello stesso decreto-legge - fossero destinate alla Regione Campania quale contributo dello Stato. Si rammenta che il comma 8 dell’articolo 12 del D.L. n. 16/2012 autorizzava la regione Campania ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra e si prevedeva che le risorse necessarie, pari a 355.550.240,84, fossero trasferite alla stessa Regione.

 

Si ricorda che sulla vicenda del termovalorizzatore di Acerra si è pronunciata la Corte costituzionale, con la sentenza n. 258 del 24 novembre 2014, anche in ordine al conflitto di attribuzione tra enti, sollevato dalla Regione Campania nei confronti dello Stato, a seguito dell'adozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2012 mediante il quale è stato deliberato il trasferimento alla Regione Campania dell'impianto di Acerra; la pronuncia ha respinto per manifesta inammissibilità il rilievo di incostituzionalità sollevato dal Tar Lazio nel giudizio di impugnazione del DPCM citato, rigettando la tesi che, per le norme in questione, potesse parlarsi di “legge provvedimento".

Della rinuncia al ricorso giurisdizionale incardinato dinanzi al TAR Lazio contro l’intervenuto trasferimento del termovalorizzatore dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri alla Regione Campania si dà menzione nella Delibera n. 550 del 04/09/2018 della Giunta regionale della Campania, ove si approva anche lo schema di contratto di subentro al contratto ancora risultante tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il soggetto gestore dell'impianto A2A per quanto attiene alla gestione del termovalorizzatore di Acerra.

 

Il comma 4 incrementa il Fondo istituito dall’articolo 1, comma 476, della legge di bilancio per il 2016 per interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica, per la maggior tutela dell'ambiente e della salute pubblica, dei siti di interesse nazionale. L'incremento qui disposto è di 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024, con finalizzazione di tali somme alla realizzazione degli interventi ambientali individuati dal Comitato interministeriale per gli interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale ed il monitoraggio del territorio della regione Campania.

 

Il comma 476, come modificato dall'art. 1, comma 245, L. n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), ha previsto, al fine di contribuire all'attuazione dei necessari interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica, per garantire la maggior tutela dell'ambiente e della salute pubblica, dei siti di interesse nazionale, l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, di cui 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 destinati agli interventi di bonifica del sito di interesse nazionale Valle del Sacco e i restanti 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e 10 milioni di euro per l'anno 2018 da destinare con priorità ai siti di interesse nazionale per i quali è necessario provvedere con urgenza al corretto adempimento di obblighi europei.

L’articolo 2 del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, come convertito, ha istituito presso il Ministero dell'ambiente un Comitato interministeriale, presieduto dal Ministro dell'ambiente, stabilendone la composizione: finalità dell'organo è determinare gli indirizzi per l'individuazione o il potenziamento di azioni e interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale, monitoraggio, anche di radiazioni nucleari, tutela e bonifica nei terreni, nelle acque di falda e nei pozzi della regione Campania; al riguardo è stato adottato anche il D.P.C.M. 18 settembre 2014.

 

Il comma 5 incrementa ulteriormente tale fondo nell’anno 2019 con le risorse disponibili, iscritte nell’esercizio finanziario 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi del richiamato articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 195 del 2009 relative all'affitto del termovalorizzatore di Acerra, che sono impegnate per il versamento all’entrata del bilancio dello Stato e la successiva riassegnazione al fondo. Si specifica che il comma in parola entra in vigore dalla data di pubblicazione della legge in esame nella Gazzetta Ufficiale.

 

La RT relativa ai commi 3 e 4 afferma che essi non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto l’incremento delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 476, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è compensato dalla soppressione dell’autorizzazione di spesa prevista dell’articolo 7, comma 6, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195.

In ordine al comma 5, nella RT si afferma che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto dispone che il Fondo sia ulteriormente incrementato, nell’anno 2019, con le risorse impegnate a valere sull’autorizzazione di spesa prevista dell’articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 195, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate allo stesso Fondo.

 

Si segnala che il D.L. n. 119/2018, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria (A.S. 886), all'articolo 26, comma 3, lettera e), prevede quale copertura dello stesso decreto, quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, le somme di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legge n. 195 del 2009, relative al canone di affitto del termovalorizzatore di Acerra, iscritte nel conto dei residui nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.


 

Articolo 59, comma 6
(Indennità giornaliera settore pesca per
periodi di fermo non obbligatorio)

 

 

L’articolo 59, comma 6 riduce da € 5 mln a € 4,5 mln annui, a decorrere dal 2019, il limite di spesa entro il quale l’indennità giornaliera onnicomprensiva è riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo non obbligatorio.

 

La norma citata novella a tal fine l’art. 1, co. 346, quarto periodo, della L. 232/2016 (bilancio di previsione per il 2017); tale periodo è stato aggiunto dall'art. 1, co. 135, della L. 205/2017 (bilancio di previsione per il 2018).

 

Il richiamato comma 135 ha reso permanente l’indennità giornaliera onnicomprensiva riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo non obbligatorio.

In particolare, la suddetta indennità giornaliera onnicomprensiva è stata riconosciuta, a decorrere dal 2018 e nel limite di 5 milioni di euro annui, ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, ivi compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, in relazione ai periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, fino ad un massimo di 30 euro e per un periodo non superiore complessivamente a 40 giorni in corso d’anno.

Sul tema si ricorda che l’art. 10, c. 1-bis, del D.L. 91/2017 ha esteso ai periodi interessati da misure di arresto temporaneo non obbligatorio l'indennità giornaliera onnicomprensiva, pari a 30 euro, già prevista per i suddetti lavoratori in relazione ai periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio; l'estensione è disposta per il 2017 e fino ad un periodo complessivo (per ciascun lavoratore) di 40 giorni (di sospensione per arresto temporaneo non obbligatorio), nonché nel rispetto di un limite di spesa pari a 7 milioni di euro.

 


 

Articolo 59, comma 7
(Card cultura per i diciottenni)

 

 

L’articolo 59, comma 7, riduce di € 20 mln lo stanziamento disponibile per il 2019 per la c.d. Card cultura per i diciottenni, prevista a partire dal 2016.

 

In particolare, lo stanziamento per il 2019, previsto dalla L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) direttamente nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e pari ad € 290 mln, viene ridotto a € 270 mln.

 

La relazione tecnica evidenzia che la riduzione tiene conto del trend registrato nelle prime due edizioni.

Per il 2016, infatti, si sono registrati sull’applicazione dedicata 356.273 diciottenni, con un tetto massimo spendibile di € 178.136.500, peraltro non completamente utilizzato.

Per il 2017, alla data del 19 settembre 2018 si sono registrati 416.718 diciottenni, con una spesa massima teorizzabile pari a € 208.359.000.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 979-980, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) – nel testo come modificato dall’art. 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – aveva previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno, che compivano 18 anni nel 2016 era assegnata una carta elettronica – dell’importo nominale massimo di € 500 –, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, per l’acquisto di libri. A tal fine, aveva autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016. I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, erano stati disciplinati con D.P.C.M. 15 settembre 2016, n. 187.

Successivamente, tale previsione era stata estesa dall’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la Carta anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 290 mln per il 2017. I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, erano stati disciplinati con D.P.C.M. 4 agosto 2017, n. 136, che aveva modificato il D.P.C.M. del 2016.

Ancora in seguito, la L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con € 290 mln annui (intervenendo direttamente nello stato di previsione del Mibact).

Al riguardo, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza di Sezione del 7 giugno 2018 (NUMERO AFFARE 00680/2018), pronunciandosi sullo schema di un nuovo D.P.C.M. di definizione della disciplina applicativa, aveva stigmatizzato la mancanza di una norma legittimante di rango primario da porre a base dello stesso. In particolare, in risposta alle controdeduzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva osservato che anche dalla nuova impostazione dello schema normativo di finanza pubblica delineata con la L. 163/2016 non sembrava poter derivare il venir meno della necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del D.P.C.M., al fine anzitutto di poter individuare la platea di beneficiari del diritto.

A tale rilievo ha dato seguito l’art. 7 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), che ha inserito nell’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 il riferimento al 2018.

 

Alla luce di quanto osservato dal Consiglio di Stato con riferimento alla autorizzazione di spesa relativa al 2018, si valuti l’opportunità di integrare il comma 7 in commento, individuando esplicitamente la platea dei beneficiari per l’anno 2019.

 


 

Articolo 59, comma 8
(Disposizioni inerenti gli istituti del Mibac
dotati di autonomia speciale)

 

 

L’articolo 59, comma 8, riduce, dal 2019, lo stanziamento per spese di funzionamento degli istituti del Ministero per i beni le attività culturali dotati di autonomia speciale. Al contempo, stabilisce l’esonero dall’applicazione delle norme di contenimento delle spese, al fine di consentire a tali istituti di porre in essere processi che permettano una più efficace realizzazione degli obiettivi istituzionali – consistenti nella tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale –, volta a garantire un incremento delle entrate proprie.

 

In particolare, la riduzione annua dello stanziamento per spese di funzionamento è pari a € 2.350.000.

Al riguardo, la relazione tecnica precisa che le risorse finanziarie per il funzionamento, afferenti ai Centri di responsabilità amministrativa che esercitano la vigilanza sugli istituti dotati di autonomia speciale, sono ridotte nella seguente misura:

§  CDR 5- Direzione generale archivi – cap. 3030/pg 21: € 43.750;

§  CDR 6 Direzione generale biblioteche e istituti culturali cap. 3530/pg 21: € 131.250;

§  CDR 17 Direzione generale educazione e ricerca – cap. 2044/pg 1: € 131.250;

§  CDR 19 Direzione generale musei – cap. 5650/pg 7: € 2.000.000;

§  CDR 21 Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio – cap. 4550/pg 19: € 43.750.

 

In base all’art. 30, co. 2 e 3, del D.P.C.M. 171/2014 – recante Regolamento di organizzazione del Ministero –, come modificato dall'art. 2, co. 1, lett. f), del D.P.C.M. 238/2017 -, gli istituti dotati di autonomia speciale sono 40, di cui 32 di rilevante interesse nazionale.

In particolare, sono dotati di autonomia speciale la Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, l'Istituto superiore per la conservazione e il restauro, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, l'Archivio Centrale dello Stato, il Centro per il libro e la lettura, l'Istituto centrale per la grafica, l'Opificio delle pietre dure.

Sono, altresì, dotati di autonomia speciale i seguenti istituti e musei di rilevante interesse nazionale: la Galleria Borghese; le Gallerie degli Uffizi; la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea; le Gallerie dell'Accademia di Venezia; il Museo e Real Bosco di Capodimonte; il Museo Nazionale Romano; il Parco Archeologico del Colosseo; il Parco Archeologico di Pompei; la Pinacoteca di Brera; la Reggia di Caserta; il Complesso monumentale della Pilotta; la Galleria dell'Accademia di Firenze; la Galleria Nazionale delle Marche; la Galleria Nazionale dell'Umbria; le Gallerie Estensi; le Gallerie Nazionali d'arte antica; i Musei reali; il Museo delle Civiltà; il Museo Archeologico Nazionale di Napoli; il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; il Museo Archeologico Nazionale di Taranto; i Musei del Bargello; il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia; il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare; il Parco archeologico dei Campi Flegrei; il Parco archeologico dell'Appia antica; il Parco archeologico di Ercolano; il Parco archeologico di Ostia antica; il Parco archeologico di Paestum; il Palazzo Ducale di Mantova; il Palazzo Reale di Genova; Villa Adriana e Villa d'Este.

 

Per quanto concerne le misure di contenimento delle spese attualmente gravanti sulle pubbliche amministrazioni – tra cui sono inclusi gli istituti dotati di autonomia speciale, in quanto unità locali del Mibac (qui l’elenco 2018 delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato) – si ricorda che nel corso degli ultimi anni si sono stratificati numerosi interventi normativi, volti sia al contenimento della spesa pubblica che ad una sua progressiva riqualificazione. Gli interventi più numerosi riguardano il contenimento della spesa per consumi intermedi delle PA, attuato sia incidendo sulle modalità di determinazione dei prezzi di acquisto, sia attraverso l’introduzione di limiti alla capacità di spesa annua delle Amministrazioni (riduzione della spesa per beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, missioni e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ecc.). Ulteriori misure di contenimento sono state introdotte con riferimento alle spese per immobili (controllo delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili, riduzione delle spese per i canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, ecc.), alle spese per organi collegiali ed altri organismi, nonché per i costi di personale.

Una disamina delle norme attualmente vigenti di contenimento della spesa pubblica è contenuto nella Circolare del MEF 23 marzo 2018, n. 14. In particolare, nell’Allegato 1, le misure sono esposte, con riferimento alle singole norme di legge, in relazione a ciascun ambito applicativo di riferimento.

 

Con riguardo alla formulazione del testo, si segnala che, in base all’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004), nell’espressione “Istituti della cultura” sono già inclusi i musei.


 

Articolo 59, comma 9
(Fruizione crediti d’imposta)

 

 

L’articolo 59, comma 9, prevede risparmi di spesa mediante la riduzione dei crediti d’imposta attribuiti agli esercenti di sale cinematografiche, agli esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano investimenti in editoria e programmi di ristrutturazione economica.

 

In particolare, le disposizioni interessate dalla riduzione sono:

Credito d’imposta per esercenti di sale cinematografiche

L’articolo 18, comma 1, della legge di riforma del settore del cinema e dell’audiovisivo (14 novembre 2016, n. 220) ha istituito un credito d'imposta a favore degli esercenti sale cinematografiche, commisurato ad un'aliquota massima del 20 per cento sugli introiti derivanti dalla programmazione di opere audiovisive, con particolare riferimento alle opere italiane ed europee, anche con caratteristiche di documentario, effettuata nelle rispettive sale cinematografiche, con modalità adeguate a incrementare la fruizione da parte del pubblico. La misura agevolativa ha l’obiettivo dichiarato di potenziare l'offerta cinematografica e la presenza in sala cinematografica di opere audiovisive italiane ed europee.

Il decreto attuativo del Ministro dei beni e le attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è stato emanato il 15 marzo 2018. L’Agenzia delle entrate, con propria risoluzione n. 81, ha successivamente istituito i relativi codici tributo.

Credito d’imposta per esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio

Il comma 319 della legge di bilancio 2018 (27 dicembre 2017, n. 205) ha riconosciuto un credito di imposta, a decorrere dall'anno 2018, in favore degli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita di libri al dettaglio in esercizi specializzati. Possono usufruire del credito di imposta anche gli esercenti che effettuano la vendita al dettaglio di libri di seconda mano.

Il credito di imposta è riconosciuto, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, ed è parametrato agli importi pagati quali IMU, TASI e TARI con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle eventuali spese di locazione ovvero ad altre spese individuate con il d.m. attuativo (di cui al comma 321) anche in relazione all’assenza di librerie sul territorio comunale.

Il credito di imposta è stabilito nella misura massima di 20.000 euro per gli esercenti di librerie che non risultano ricomprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite e di 10.000 euro per gli altri esercenti (comma 319).

È previsto che gli esercizi destinatari possano accedere al credito d'imposta nel rispetto dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione europea del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE agli aiuti "de minimis".

Il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è stato emanato il 23 aprile 2018. L’Agenzia delle entrate, con propria risoluzione, ha successivamente istituito i relativi codici tributo.

Credito d’imposta per investimenti in editoria e programmi di ristrutturazione economica

L’articolo 8 della legge sull’editoria (legge 7 marzo 2001, n. 62) ha istituito un credito di imposta, pari al 3 per cento dei costi sostenuti, a favore delle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano entro il 31 dicembre 2004 investimenti in beni strumentali, anche mediante contratti di locazione finanziaria.

Gli investimenti hanno ad oggetto: a) beni strumentali nuovi, ad esclusione degli immobili, destinati esclusivamente alla produzione dei seguenti prodotti editoriali in lingua italiana: giornali, riviste e periodici, libri e simili, nonché prodotti editoriali multimediali; b) programmi di ristrutturazione economico-produttiva.

Il credito di imposta, che non concorre alla formazione del reddito imponibile, può essere fatto valere anche in compensazione. Le modalità attuative sono state definite con D.P.C.M. 6 giugno 2002, n. 143.

 

La riduzione dei crediti d’imposta illustrati è attuata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio.

A questo provvedimento spetta definire la riduzione delle quote percentuali di fruizione delle singole agevolazioni, previste dalla normativa vigente esposta supra.

La riduzione deve assicurare, a decorrere dall’anno 2020, effetti di risparmio non inferiori complessivamente a euro 5.590.250, quale somma degli importi evidenziati nell’elenco incluso nel testo legislativo.

 

La Relazione tecnica di accompagno evidenzia che il risparmio complessivo è stato prudenzialmente stimato, sulla base di un’ipotesi di riduzione percentuale delle misure, rispettivamente del 15 per cento per l’agevolazione degli esercenti delle sale cinematografiche, del 25 per cento per quelle afferenti gli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri, nonché delle imprese produttrici di prodotti editoriali che investono in beni strumentali o in programmi di ristrutturazione economica.

 

Un analogo strumento di riduzione di spesa era stato adoperato nella legge finanziaria per il 2014 (articolo 1, comma 577, legge 27 dicembre 2013, n. 147), che demandava a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno dei crediti d'imposta di cui all'elenco 2 allegato alla medesima legge, la definizione delle quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta, in misura non inferiore all'85 per cento di quanto spettante sulla base della normativa vigente istitutiva del credito d'imposta. Il conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato emanato il 20 febbraio 2014.

 


 

TITOLO VII – REGIONI ED ENTI LOCALI

Articolo 60
(Semplificazione delle regole di finanza pubblica)

 

 

L'articolo 60 innova la disciplina vigente sulle regole di finanza pubblica relative all'equilibrio di bilancio degli enti territoriali, contenuta nella legge di bilancio per il 2017 ai commi 463 e seguenti (la maggior parte dei quali è conseguentemente abrogata). Le regioni a statuto speciale, le province autonome e gli enti locali, a partire dal 2019, e le regioni ordinarie, dal 2021, potranno utilizzare in modo pieno il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa ai fini dell'equilibrio di bilancio, in ossequio a quanto disposto dal Giudice costituzionale.

 

Ai sensi del comma 1, le norme dettate dall'articolo costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, sulla cui base le regioni a statuto speciale, le province autonome, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica[24].

La materia relativa al coordinamento della finanza pubblica è ascritta alla competenza legislativa concorrente ai sensi, in particolare, dell'art.117, terzo comma. Spettano pertanto allo Stato la definizione di principi e alle regioni ordinarie (non citate nella disposizione in esame) l'adozione di disposizioni attuative e di dettaglio. Sulla base dei principi statali si fonda l'obbligo di partecipazione delle regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, ai fini della tutela economica della Repubblica.

Secondo la giurisprudenza costituzionale i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche alle autonomie speciali (esplicitamente richiamate nella disposizione in commento) "in quanto necessari per preservare l’equilibrio economico - finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost)"[25].

Considerato che anche le regioni ordinarie sono tenute a concorrere alla finanza pubblica, si valuti l'opportunità di menzionare queste ultime fra gli enti territoriali elencati al comma 1 in quanto tenuti a concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica[26].

 

Il comma 2 dispone che, dal 2019, ai fini del conseguimento dell'equilibrio di bilancio per le autonomie speciali e gli enti locali[27] concorreranno sia il risultato di amministrazione, sia il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, nel rispetto del D.Lgs. n.118 del 2011[28].

La nuova disciplina viene dichiaratamente introdotta in attuazione di due sentenze della Corte costituzionale (la n. 247 del 2017 e la n. 101 del 2018).

 

La Corte costituzionale, con la sent. n. 247 del 2017, nel rigettare la questione di legittimità prospettata con riferimento (fra l'altro) ad una disposizione legislativa in materia di pareggio di bilancio[29], fornisce una interpretazione costituzionalmente orientata della norma con riferimento alle regole sull'avanzo di amministrazione e sul fondo vincolato.

La Corte afferma infatti che "l’interpretazione non può che essere quella secondo cui l’avanzo di amministrazione rimane nella disponibilità dell’ente che lo realizza"[30] e che in ogni caso l’avanzo "non può essere oggetto di “prelievo forzoso” attraverso indirette prescrizioni tecniche"[31]; avverte inoltre che non può essere impedita la "naturale utilizzazione del fondo pluriennale vincolato, trasformandolo di fatto in un indebito contributo [..] agli obiettivi di finanza pubblica"[32].

Con la successiva sentenza n.101 del 2018[33], la Corte ha dichiato l'incostituzionalità dell’articolo 1, comma 466, della legge n. 232 del 2016 (disposizione per molti aspetti analoga a quella oggetto della precedente sentenza) nella parte in cui:

i) "stabilisce che, a partire dal 2020, ai fini della determinazione dell’equilibrio del bilancio degli enti territoriali, le spese vincolate provenienti dai precedenti esercizi debbano trovare finanziamento nelle sole entrate di competenza”;

ii) "non prevede che l’inserimento dell’avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato nei bilanci dei medesimi enti territoriali abbia effetti neutrali rispetto alla determinazione dell’equilibrio dell’esercizio di competenza".

La Corte, richiamando precedenti pronunce, afferma che "ove le norme [...] comunque riconducibili al coordinamento della finanza pubblica, precludessero l’utilizzazione negli esercizi successivi dell’avanzo di amministrazione e dei fondi destinati a spese pluriennali [...] il cosiddetto pareggio verrebbe [...] a configurarsi come “attivo strutturale inertizzato”, cioè inutilizzabile per le destinazioni già programmate e, in quanto tale, costituzionalmente non conforme agli artt. 81 e 97 Cost".

 

Il comma 3, in linea con quanto disposto nel precedente comma, dispone che le autonomie speciali e gli enti locali si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo. Il rispetto di tale equilibrio viene desunto, per ciascun anno, dal prospetto della verifica degli equilibri allegato al rendiconto di gestione[34].

 

Il comma 4 opera un esplicito richiamo alla clausola di salvaguardia (di cui all'art.17, comma 13, della legge 196/2009) che demanda al Ministro dell'economia, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'adozione delle conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. Nell'operare tale rinvio, il comma 4 circoscrive la facoltà di assumere iniziative al verificarsi di andamenti di spesa degli enti non coerenti con gli impegni finanziari assunti con l'Unione europea.

 

Tale disposizione va necessariamente interpretata alla luce dell'ordinamento costituzionale che riserva alle autonomie speciali un grado di autonomia particolarmente ampio, che trova fondamento nei rispettivi statuti, approvati con legge costituzionale.

 

In conseguenza dell'introduzione di nuove regole di finanza pubblica, il comma 5 abroga le disposizioni della legge 232/2016 relative alle modalità con cui è assicurato il pareggio di bilancio (art.1, commi 465 e 466, 468-482), all'assegnazione di spazi finanziari agli enti locali ed alle regioni per investimenti (commi 485-493, 502[35], 505-508), al contributo chiesto alla regione Sicilia per gli anni 2017 e 2018 ai sensi dell'Accordo in materia di finanza pubblica del 2016 (comma 509), della legge 205/2017 relative agli effetti sul pareggio della chiusura delle contabilità speciali di protezione civile (art.1, commi 787-790[36]), del decreto-legge 91/2017 volte ad agevolare il ricorso alle intese regionali a favore di spese per investimento (art.6-bis).

     Il comma 5, al secondo periodo, stabilisce che, nonostante l'abrogazione disposta al periodo precedente, restano comunque fermi: i) gli obblighi (e la relativa disciplina)[37], per gli enti locali, di monitoraggio e di certificazione dell'equilibrio di bilancio (inteso come saldo non negativo) per l'anno 2018; ii) l’applicazione delle eventuali sanzioni in caso di mancato conseguimento dell'equilibrio per l'anno 2017 (accertato ai sensi dell'art.1, commi 477 e 478).

La disciplina sanzionatoria cui il comma 5, ultimo periodo, fa riferimento parrebbe essere quella recata al comma 475[38].

Al fine di evitare possibili difficoltà in sede applicative si valuti l'opportunità di specificare che "resta ferma l'applicazione delle sanzioni di cui all'art.1, comma 475, della legge n.236 del 2016".

 

La disposizione in commento andrebbe peraltro interpretata in combinato disposto con l'art. 1, comma 2-sexies del D.L. 91/2018 che, sempre in tema di sanzioni relative al mancato rispetto per l'anno 2017 del saldo di bilancio, ha disposto la loro non applicazione nei confronti delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Sardegna.

 

Il comma 6 dispone in ordine all'applicazione della nuova disciplina nei confronti delle Regioni ordinarie, che avverrà a partire dall'anno 2021. Tale disposizione è frutto di un'intesa fra lo Stato e le regioni sancita al punto n.5) del dispositivo dell'Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-regione lo scorso 15 ottobre.

Le regioni hanno concordato con lo Stato che l'applicazione della giurisprudenza costituzionale (commentata al comma 2, v. supra) in materia di pieno utilizzo dell'avanzo di amministrazione venga posticipata al 2021. Inoltre, le parti hanno convenuto di verificare, in occasione della predisposizione della legge di bilancio per il 2020, la possibilità di anticipare la decorrenza dell'utilizzo, senza vincoli, dell'avanzo.

Il secondo periodo del comma 6, che recepisce il punto n.10) del medesimo Accordo, subordina l’efficacia del comma stesso al raggiungimento, entro il 31 gennaio 2019, dell’Intesa in Conferenza Stato regioni sulle risorse aggiuntive per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese nelle materie di competenza concorrente di cui ai DPCM previsti dagli articoli 15 e 16 del disegno di legge.

 

L'articolo 15[39] istituisce il fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali, il cui riparto è effettuato con D.P.C.M., previa acquisizione di un'intesa - nel caso in cui gli stanziamenti riguardino investimenti rientranti nelle materie di competenza concorrente - con gli enti territoriali interessati o in sede di Conferenza Stato-regioni.

L'articolo 16 istituisce il fondo per gli investimenti degli enti territoriali, il cui riparto è effettuato con D.P.C.M. previa intesa in sede di Conferenza unificata.

 

Il comma 7, nel disporre l'abrogazione dell'articolo 43-bis del D.L. 50/2017, con cui sono attribuiti spazi finanziari ai comuni colpiti da recenti eventi sismici[40], stabilisce contestualmente che - con riferimento al saldo non negativo degli anni 2017 e 2018 - rimangono fermi per gli enti locali gli obblighi di certificazione degli investimenti realizzati[41] dagli stessi.

 

Il comma 8 reca disposizioni sulla copertura degli oneri finanziari recati dall'articolo in commento, che sono posti a carico del citato Fondo per gli investimenti degli enti territoriali.

La riduzione è pari a 404 milioni di euro per l’anno 2020, 711 milioni per l’anno 2021, 1.334 milioni per l’anno 2022, 1.528 milioni per l’anno 2023, 1.931 milioni per l’anno 2024, 2.050 milioni per l’anno 2025, 1.891 milioni per l’anno 2026, 1.678 milioni di euro per l’anno 2027 e 1.500 milioni a decorrere dall’anno 2028.

 


 

Articolo 61
(Misure per il rilancio degli investimenti e concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario)

 

 

L'articolo 61 recepisce i contenuti dell'accordo in sede di Conferenza Stato regioni del 15 ottobre 2018.

Nel merito, si riduce il contributo alla finanza pubblica a carico delle regioni ordinarie per il 2020 in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n.103 del 2018 (comma 1), si attribuiscono alle regioni contributi per la realizzazione di nuovi investimenti (commi 2-9) e si stabilisce che tali contributi sono compensati, per pari importo, a titolo di concorso alla finanza pubblica per gli anni 2019-2010 (comma 10). Il comma 11 individua nel 31 gennaio 2019 il termine entro cui deve essere raggiunta l’Intesa in Conferenza Stato regioni sulle risorse aggiuntive per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese nelle materie di competenza concorrente.

 

L'articolo fa propri i punti da 1) a 4) e 6) e 10) dell'Accordo, sottoscritto in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'articolo 4 del D.lgs. 281/1997, tra Governo e Regioni in materia di concorso regionale alla finanza pubblica, di rilancio degli investimenti pubblici e sul riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale

Il comma 1 riduce di 750 milioni di euro il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario, per il settore non sanitario, di cui all’articolo 46, comma 6, del D.L. 66/2014, per l’anno 2020. La finalità dichiarata nella disposizione è di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 103 del 2018.

L’art. 46, comma 6, dispone che le regioni a statuto ordinario sono tenute ad assicurare un contributo[42] alla finanza pubblica. Al primo periodo si stabilisce che detto contributo sia pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020. Con il secondo periodo, detto contributo è stato incrementato di 3.452 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2020.

Nella sentenza n.103 del 2018[43] la Corte costituzionale ha censurato l'estensione al 2020 (prevista dall'art.1, comma 527, della L. 232/2016) della vigenza dei contributi alla finanza pubblica di cui al comma 6, primo periodo. Si è determinata ad avviso della Corte una lesione dell'art.117, terzo comma, e dell'art.119 della Costituzione per l'inosservanza del canone di transitorietà[44] dei tagli di risorse imposti alle regioni. Ad essere cesurata è la terza proroga consecutiva del contributo alla finanza pubblica, che ha finito col raddoppiare la vigenza del taglio di 750 milioni annui dall'iniziale triennio 2015-2017 al periodo 2015-2020[45].

I commi 2 e 4 attribuiscono alle regioni ordinarie un contributo complessivo pari a 2.496,20 milioni di euro per il 2019 e a 1.746,20 milioni per il 2020 con la finalità di rilanciare e accelerare gli investimenti pubblici.

Per ciascuno degli anni considerati è previsto un riparto degli importi totali fra le singole regioni contenuto nelle tabelle 3 e 4 allegate al disegno di legge (e riportate a seguire, si vedano in particolare la seconda e la terza colonna). Tale riparto può essere modificato, a parità di risorse complessive stanziate, con accordo da sancire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, entro il 31 gennaio 2019.


 

Tabella 3 - Riparto contributo statale alle Regioni per investimenti pubblici

(anno 2020)

 

              Art.61, comma 2, del disegno di legge in commento.


 

Tabella 4 - Riparto contributo statale alle Regioni per investimenti pubblici

(anno 2020)

 

              Art.61, comma 4, del disegno di legge in commento.

 

I commi 3 e 5 dispongono che i contributi complessivi (di cui ai commi 2 e 4) siano volti alla realizzazione di nuovi investimenti diretti e indiretti secondo una determinata scansione temporale del finanziamento nell'arco del quadriennio di riferimento (si vedano le colonne quarta, quinta, sesta e settima delle tabelle 3 e 4).

Rispetto al contributo complessivo per il 2019, il finanziamento da parte delle regioni per gli investimenti è pari ad almeno 800 milioni di euro per l’anno 2019 e 565,40 milioni per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 (comma 3).

Rispetto al contributo per il 2020, il finanziamento è pari ad almeno 343 milioni per l’anno 2020, 467,80 milioni per il 2021 e 467,70 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023 (comma 5).

 

Il comma 6 enuclea i criteri che consentono di definire come nuovi gli investimenti effettuati dalle regioni (e quindi legittimare l'utilizzo dei contributi di cui ai commi 2 e 4).

Occorre, nello specifico, che:

a) gli stanziamenti riguardanti le spese di investimento per il 2019, contenuti nel bilancio di previsione 2019-2021, siano maggiori rispetto a quanto previsto, per il medesimo esercizio 2019, nel precedente bilancio di previsione (2018-2020). Tale differenza deve essere almeno pari all'importo indicato nella tabella 3 relativamente al 2019;

b) gli stanziamenti per investimenti per il 2020, come iscritti nel bilancio di previsione 2019-2021, siano maggiori rispetto a quanto previsto, per il medesimo esercizio, nello scorso bilancio di previsione (2018-2020). In questo caso la differenza deve essere almeno pari alla somma degli importi indicati nelle precedenti tabelle 3 e 4 relativamente all’anno 2020;

c) per ciascuno degli esercizi 2021, 2022 e 2023, gli stanziamenti per spese di investimento iscritti a decorrere dal bilancio di previsione 2019-2021 registrino un incremento rispetto a quanto previsto relativamente all’esercizio 2020 nel bilancio 2018-2020. Tale incremento deve essere almeno pari alla somma degli importi indicati nelle precedenti tabelle 3 e 4 relativamente a ciascuno degli anni 2021 e 2022 e in misura almeno corrispondente agli importi indicati nella precedente tabella 4 relativamente all’anno 2023.

 

Ai sensi del comma 6 (lettera d)), gli investimenti sono verificati attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche di cui al D.Lgs. 229/2011[46].

 

Gli investimenti sono realizzabili negli ambiti individuati al comma 7.

Si tratta dei seguenti:

a)   messa in sicurezza degli edifici e[47] del territorio, anche ai fini dell'adeguamento e miglioramento sismico degli immobili;

b)  prevenzione del rischio idrogeologico e tutela ambientale;

c)   viabilità e trasporti;

d)  edilizia sanitaria ed edilizia pubblica residenziale;

e)   agevolazioni alle imprese, incluse la ricerca e l’innovazione.

 

Il comma 8 definisce i termini entro cui le regioni sono tenute ad adottare gli impegni finanziari (31 luglio di ciascuno degli anni previsti) per la realizzazione di tali investimenti e a certificare (31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento) l’avvenuto impegno degli stessi. Il Ministero dell’economia è chiamato a definire le modalità del monitoraggio e della certificazione (quest'ultima è effettuata tramite comunicazione alla Ragioneria generale dello Stato).

 

Sono poi previste (al comma 9) sanzioni in caso di mancato o parziale impegno delle risorse per la realizzazione dei richiamati investimenti. Esse consistono nell'obbligo della regione di effettuare un versamento all'entrata del bilancio dello Stato - entro il 31 maggio dell’anno successivo - per un importo corrispondente al mancato impegno. In assenza del versamento il recupero avviene a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale.

 

Il comma 10 interviene sulla disciplina che impone alle regioni a statuto ordinario il concorso alla finanza pubblica, per il settore non sanitario, per gli esercizi finanziari 2019 e 2020.

Si ricorda che la disciplina vigente, richiamata dal comma 10 in commento, pone in capo alle regioni, per gli anni a venire[48], i seguenti contributi alla finanza pubblica:

§  ai sensi dell'art. 46, comma 6, D.L. 66/2014, 4202 milioni di euro per il 2019[49] (ai sensi del combinato disposto del primo e del secondo periodo del comma 6) e 3.452 milioni per il 2020;

§  ai sensi dell'art.1, comma 680, della L. 208/2015 (che si rivolge anche alle autonomie speciali), 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 e 2020.

 

Con il comma 10 si recepisce uno dei punti qualificanti dell'Accordo sottoscritto in sede di Conferenza unificata il 15 ottobre scorso, in cui a compensazione (di parte) del concorso alla finanza pubblica per il settore non sanitario che la legislazione vigente richiamata prevede a carico delle regioni ordinarie per il biennio 2019-2020, le regioni rinuncino ai trasferimenti di cui alle richiamate tabelle 3 e 4.

Rimane comunque fermo l’obbligo delle regioni a statuto ordinario di effettuare gli investimenti di cui ai commi 3 e 5.

 

Nello specifico, il comma 10 stabilisce le modalità con cui le regioni a statuto ordinario sono tenute a perseguire il concorso alla finanza pubblica, nei limiti di un importo complessivamente pari a 2.496,20 milioni di euro per l’anno 2019 e 1.746,20 milioni per l’anno 2020.

Esso è realizzato:

a) nell’esercizio 2019 attraverso il mancato trasferimento da parte dello Stato del contributo per la realizzazione dei nuovi investimenti di cui al comma 2, con effetti positivi: i) in termini di saldo netto da finanziare per un importo pari a 2.496,20 milioni di euro; ii) in termini di indebitamento netto per un importo pari a 800 milioni di euro e per (i restanti) 1.696,20 milioni mediante il conseguimento di un avanzo di bilancio. Ciascuna regione è chiamata ad assicurare un saldo positivo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, secondo gli importi indicati nella (terza colonna della) tabella 5 (v. infra);

b) nell’esercizio 2020 attraverso il mancato trasferimento del contributo per la realizzazione di nuovi investimenti (di cui ai commi 2 e 4), con effetti positivi: i) in termini di saldo netto da finanziare per un importo pari a 1.746,20 milioni; ii) in termini di indebitamento netto per 908,40 milioni, mentre per i restanti importo pari a 837,80 milioni mediante il conseguimento di un valore positivo di bilancio secondo gli importi indicati nella (quarta colonna della) tabella 5.


 

Tabella 5 - Riparto del valore positivo del saldo positivo di bilancio che le Regioni assicurano a titolo di contributo alla finanza pubblica (anni 2019 e 2020)

 

Art.61, comma 10, del disegno di legge in commento.

 

Il comma 11[50], primo periodo, subordina l’efficacia delle disposizioni recate dai commi da 2 a 10 al raggiungimento, entro il 31 gennaio 2019, dell’Intesa in Conferenza Stato regioni sulle risorse aggiuntive per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese nelle materie di competenza concorrente di cui ai DPCM previsti dagli articoli 15 e 16 del disegno di legge.

 

L'articolo 15[51] istituisce il fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali, il cui riparto è effettuato con DPCM, previa acquisizione di un'intesa - nel caso in cui gli stanziamenti riguardino investimenti rientranti nelle materie di competenza concorrente - con gli enti territoriali interessati o in sede di Conferenza Stato-regioni.

L'articolo 16 istituisce il fondo per gli investimenti degli enti territoriali, il cui riparto è effettuato con DPCM previa intesa in sede di Conferenza unificata.

 

I commi da 2 a 11 acquistano comunque efficacia se non si raggiunge l'intesa entro il 31 gennaio e in assenza di una proposta di riparto delle risorse aggiuntive entro il 15 febbraio.

Al fine di evitare possibili criticità in sede attuativa dell'articolo, si potrebbe chiarire se un'eventuale proposta di riparto, successiva al 31 gennaio ma precedente al 15 febbraio determini conseguenze in ordine al momento in cui le disposizioni di cui ai commi da 2 a 11 acquistano efficacia.

 

Ai sensi del comma 12, la copertura degli oneri dell'articolo (pari a 2.496,20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020) è assicurata mediante riduzione delle risorse del fondo investimenti enti territoriali di cui all’articolo 16.

 


 

Articolo 62
(Compensazione dei crediti e dei debiti delle regioni e
delle province autonome in materia di tassa automobilistica)

 

 

L’articolo 62 reca la conclusione definitiva delle compensazioni interregionali relative alla riscossione della tassa automobilistica per gli esercizi successivi al 2008, mediante un piano di rateizzazione della durata di 15 anni, dal 2020 al 2034.

 

Il comma 1 dell’articolo 62 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze – (in particolare il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) a effettuare, per ciascun anno dall’esercizio 2020 all’esercizio 2034 compreso, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione e provincia autonoma, connesse alle entrate regionali derivanti dalla riscossione della tassa automobilistica. La norma precisa che le compensazioni sono a carico di somme a qualsiasi titolo corrisposte, con l’esclusione di quelle destinate al finanziamento della sanità, secondo gli importi della tabella allegata al provvedimento in esame.

Ai sensi del comma 2, le compensazioni relative alle autonomie speciali sono effettuate nel rispetto delle norme statutarie e dei relativi ordinamenti finanziari.

 

La relazione illustrativa al riguardo rileva che la norma in esame discende da quanto deciso in sede di Conferenza delle regioni e province autonome, nella seduta del 21 giugno 2018, la quale ha approvato all’unanimità la tabella delle compensazioni dei debiti e crediti fra regioni in materia di tassa automobilistica per gli esercizi successivi al 2008.

Tali compensazioni, come chiarito ancora dalla relazione illustrativa, derivano dal fatto che ogni regione incassa, tramite gli intermediari abilitati dalla normativa nazionale (Poste, Tabaccherie e Agenzie automobilistiche), oltre alle tasse automobilistiche dovute dai soggetti residenti, anche le tasse di competenza delle altre regioni; non tutti gli incassi sono riversati dagli intermediari sulla base della competenza regionale e, pertanto, ciò porta a disallineamenti nei dati degli archivi della tassa automobilistica. A tale problematica si aggiungono gli errori commessi dai contribuenti, che possono provocare l’errata destinazione dei versamenti.

Le regioni, al fine di superare definitivamente la problematica delle compensazioni, si sono impegnate ad aderire, a decorrere dal 1° gennaio 2019, al servizio di pagamento pagoBollo, progettato e realizzato in collaborazione fra l’Agenzia per l’Italia Digitale e l’Automobile Club d’Italia e pienamente integrato con il Sistema pagoPA, che dovrebbe garantire una maggiore rispondenza tra quanto dovuto e quanto incassato e dunque ridurre al minimo la necessità di ricorrere a compensazioni successive. La relazione illustrativa ricorda infine come l’obbligo per le regioni di adesione al sistema pagoPA, è sancito dall’art. 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD, D.Lgs. 82/2005) e dall’articolo 15, comma 5-bis, del D.L. 179/2012.

 

Quanto alla tassa automobilistica, si ricorda che le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993 (D.Lgs. 504/1992, articoli 23-27) e, a decorrere dal 1° gennaio 1999 (L.449/1999, articolo 17, comma 10), sono inoltre titolari delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso.

Nelle regioni a statuto speciale Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Sardegna la tassa automobilistica è rimasto un tributo erariale, del cui gettito ricevono una compartecipazione la regione Valle d’Aosta (L. 690/1981, articolo 5, comma 6), nella misura di dieci decimi e la regione Sardegna (L.cost. 3/1948, articolo 8), nella misura di sette decimi. La regione Friuli Venezia Giulia non riceve compartecipazione alcuna. La compartecipazione all’imposta erariale è stata, invece, sostituita da un imposta propria nelle Province autonome di Trento e di Bolzano (D.Lgs. n. 268/1992, art. 3) a decorrere dal 1° gennaio 1999 e nella Regione siciliana (L.R. n. 16 del 2015).

Per tale ragione, come evidenziato nella relazione illustrativa, gli importi indicati nella tabella riferiti alla regione Friuli Venezia Giulia (cui non spetta alcuna compartecipazione alla tassa automobilistica) sono da attribuire al bilancio dello Stato, analogamente ai 3/10 degli importi riferiti alla regione Sardegna (in quanto alla regione spettano come detto i sette decimi).

 

Il comma 3 chiarisce che, con la norma in esame, si intendono concluse in via completa e definitiva le compensazioni in materia di tassa automobilistica per gli esercizi successivi al 2008.

Conseguentemente è abrogata la disciplina vigente che regola le compensazioni interregionali relative alla tassa automobilistica, stabilita dall’articolo 22-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 (comma 4).

 

La norma citata autorizzava il MEF (RGS) a effettuare, se necessario anche in più anni, a carico di somme a qualsiasi titolo corrisposte, con l'esclusione di quelle destinate al finanziamento della sanità, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione e provincia autonoma, connesse alle modalità di riscossione della tassa automobilistica sul territorio nazionale a decorrere dall'anno 2005, secondo gli importi da concordare in sede di Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Tale procedura era applicata nelle more della definizione di un meccanismo automatico di acquisizione dei proventi derivanti dalla riscossione della tassa automobilistica spettante a ciascuna regione e provincia autonoma in base alla legislazione vigente.

Articolo 63
(Rapporti finanziari con le autonomie speciali)

 

 

L’articolo 63 determina il contributo complessivo agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021. Il contributo al pagamento del debito pubblico richiesto a ciascuna autonomia dovrà essere determinato da accordi bilaterali con lo Stato (entro il 31 marzo 2019) ed è comunque definito in via provvisoria nel caso in cui non vengano raggiunti accordi.

 

La disposizione prevede che il contributo delle regioni a statuto speciale agli obiettivi di finanza pubblica deve essere concordato nell’ambito della definizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e ciascuna autonomia, in ragione della particolare autonomia di cui esse godono, sancita da norme di rango costituzionale.

Gli accordi bilaterali dovranno concludersi entro il 31 marzo 2019, assicurare comunque il contributo complessivo stabilito in 2.376 milioni di euro per il 2019 e 2.476 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e tenere conto delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015, 154 del 2017 e 103 del 2018.

 

 

Le sentenze richiamate dall’articolo 63 in esame hanno ribadito da una parte la legittimità della richiesta dello Stato alle autonomie speciali di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, dall’altra il principio del metodo pattizio nella definizione dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali (pur se inteso come vincolo di metodo e non di risultato) e posto comunque dei limiti all’azione unilaterale dello Stato in caso di mancato accordo. Le misure imposte alle regioni dallo Stato – in questo caso il contributo al pagamento del debito pubblico – dovranno essere transitorie e la loro misura tale da consentire comunque all’ente di poter svolgere le funzioni ad essa attribuite dalle norme statutarie.

Le sentenze citate riassumono l’ampia e ormai consolidata giurisprudenza costituzionale sul concorso delle regioni a statuto speciale alla finanza pubblica. Le regioni a statuto speciale sono tenute come tutti gli altri enti a contribuire alla riduzione del debito; esse non possono per la loro specialità sottrarsi ai doveri costituzionali di solidarietà politica, economica e sociale di cui il coordinamento della finanza pubblica è espressione. Il loro ordinamento costituzionale fa sì che i rapporti finanziari tra Stato e singola regione debbano essere regolati dal principio dell’accordo inteso come «vincolo di metodo (e non già di risultato) e declinato nella forma della leale collaborazione». Anche se tale principio, in casi particolari, può anche essere derogato (nella forma consentita dagli statuti), permangono comunque dei limiti all’azione unilaterale dello Stato come la transitorietà delle misure e la possibilità per la regione di continuare a svolgere le funzioni ad essa attribuite. La Corte esorta inoltre il Governo ad evitare iniziative che si limitino ad estendere di volta in volta il limite temporale del concorso alla finanza pubblica, anziché ridefinire il quadro delle relazioni economiche. Quanto alla pretesa violazione del principio pattizio, nel caso di imposizione da parte statale di ulteriori contributi alla finanza pubblica, la Corte afferma (nella sentenza n. 154 del 2017, ripresa dalla sentenza n. 103 del 2018) che agli accordi sottoscritti fra Stato e Regioni non può riconoscersi, in generale, "un affidamento tutelabile in ordine all’immutabilità delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni. Non è, infatti, coerente con il carattere dinamico del coordinamento finanziario impedire alla legislazione statale di introdurre – fermo il metodo pattizio per le autonomie speciali – nuovi contributi alla finanza pubblica, ove non espressamente esclusi dagli accordi stipulati".

 

In caso di mancato accordo, il contributo al pagamento del debito pubblico per ciascun anno e ciascuna regione è determinato negli importi definiti nella tabella 7 allegata al disegno di legge (pag.181). La norma precisa che gli importi relativi ai singoli esercizi potranno essere modificati da previa intesa con la regione interessata. Gli importi imputati alle regioni potranno inoltre essere modificati mediante accordi tra le regioni interessate (entro il 30 aprile e comunicati al Ministero dell’economia e delle finanze entro il 30 maggio) purché venga comunque assicurato il contributo complessivo.

Per ciascun esercizio, l’importo determinato nella citata tabella dovrà essere versato al bilancio dello Stato dalla regione entro il 30 aprile. In caso di mancato versamento il Ministero dell’economia e delle finanze provvederà a recuperare l’importo dovuto a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alla regione.

Si ricorda che il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale è basato sulle compartecipazioni ai tributi erariali che ciascuna regione riceve nelle quote stabilite da norme statutarie. Nella maggioranza dei casi le entrate spettanti di ciascun tributo sono versate direttamente sul conto infruttifero intestato alla regione presso la tesoreria dello Stato.

 

Per la regione Friuli-Venezia Giulia la norma precisa che resta fermo quanto stabilito dalla legge di stabilità 2011 (art. 1, comma 151, lett. a), legge 220/2010) che attribuisce alla regione la somma complessiva di 960 milioni di euro (con un piano di rateizzazione annuale fino al 2030) a titolo di arretrati per gli anni 2008 e 2009 per la definizione del contenzioso riguardante le quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione.

La citata norma della legge di stabilità 2011 recepisce il protocollo d'intesa stipulato tra la regione Friuli Venezia Giulia e il Governo in data 29 ottobre 2010, con il quale è stato definito – tra l’altro - il contenzioso riguardante le quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione a decorrere dal 2008, ai sensi dell'art. 49 dello statuto di autonomia (L.cost. 1/1963) e delle norme di attuazione recate dal D.Lgs. 137/2007.

Per la definizione del contenzioso, il comma 151 alla lettera a) riconosce alla regione, per le annualità 2008 e 2009, la somma complessiva di 960 milioni di euro a titolo di arretrati. La somma è attribuita alla regione secondo un piano di rateizzazione annuale fino al 2030, che vede per le annualità a decorrere dal 2016, l’attribuzione di 20 milioni di euro annui.

 

Nella norma in esame non vengono menzionate la regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome di Trento e di Bolzano in quanto il contributo dei tre enti agli obiettivi di finanza pubblica è già stato stabilito con l’accordo stipulato il 15 ottobre 2014, per gli anni dal 2018 al 2022. In recepimento dell’accordo, infatti, l’articolo 79 dello statuto di autonomia (DPR 670/1972) determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022.

L’articolo 79 dello statuto, modificato dalla legge di stabilità 2015 in attuazione dell’accordo del 15 ottobre 2014, disciplina il concorso dei tre enti agli obiettivi di finanza pubblica. In particolare il comma 4-bis determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato. Dei complessivi 905,315 milioni di euro, 15,9091 sono posti in capo alla Regione e la restante quota è ripartita tra le Province sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Il contributo è versato all'erario entro il 30 aprile di ciascun anno (comma 4-sexsies). Il comma 4-ter, inoltre, stabilisce che a decorrere dall'anno 2023, il suddetto contributo è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA.

Il comma 4 del medesimo articolo, infine, stabilisce che non sono applicabili alla Regione le disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, diversi da quelli previsti dalle norme dello statuto sull'ordinamento finanziario delle stesse.

 

La norma, come esposto nella relazione tecnica, è neutrale per il bilancio dello Stato, in quanto i relativi effetti finanziari sono già scontati nei tendenziali di bilancio.

 

Di seguito si dà conto degli ultimi provvedimenti concernenti il contributo alla finanza pubblica richiesto alle restanti autonomie speciali interessate dalla norma in esame.

 

Per la regione Friuli-Venezia Giulia la legge di stabilità 2015, in attuazione del Protocollo di intesa del 23 ottobre 2014 ha determinato il contributo della regione agli obiettivi di finanza pubblica per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto (L. 190/2014, art. 1, commi 513 - 516 e 522 – 523). Successivamente la legge di bilancio 2018 (a seguito di accordo formalizzato in data 30 gennaio 2018) ha sancito il passaggio, anche per la regione Friuli-Venezia Giulia, alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dal 2018 (comma 815). Al fine di dare seguito all’accordo del 2014, inoltre, viene in sostanza ridotto il contributo alla finanza pubblica richiesto alla regione per le annualità 2018 e 2019, di un importo pari a 120 milioni di euro per ciascun anno (comma 816).

 

Per la regione Sardegna, l’accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 (recepito dal D.L. 133/2014, art. 42, commi 9-12), oltre a definire la misura del concorso alla finanza pubblica della regione, stabilisce per essa il passaggio alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dall’anno 2015. Con la legge di bilancio 2018 (comma 851) la regione riceve un contributo pari a 15 milioni di euro per l'anno 2019, in attesa della definizione del complesso dei rapporti finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna, anche in relazione alle sentenze della Corte costituzionale n.77 del 2015 e n.154 del 2017.

 

Per la regione Sicilia, l’accordo sottoscritto il 20 giugno 2016 con lo Stato è stato recepito dal decreto legge 113/2016 (art. 11 comma 4) e dalla legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 509-516), in relazione al concorso agli obiettivi di finanza pubblica, stabilisce l’applicazione, anche alla Regione siciliana, della normativa sul pareggio di bilancio. Per gli esercizi 2016 e 2017, tuttavia, per bilanciare le maggiori entrate attribuite con l’accordo, il saldo obiettivo dovrà essere pari rispettivamente a 227,88 e 577,51 milioni di euro. A decorrere dal 2018, invece, la regione è tenuta a garantire il pareggio di bilancio inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra entrate finali e spese finali. Con il successivo accordo del 12 luglio 2017 è stata rideterminata la misura della compartecipazione regionale all’IVA, stabilito il contributo della Regione ai liberi consorzi di comuni (enti che hanno sostituito le province siciliane) e istituito un tavolo tecnico per la definizione del contenzioso finanziario pendente tra Stato e Regione al 31 dicembre 2016.

 

Per la regione Valle d’Aosta, con la legge di bilancio 2018 (comma 841), sono stati ridotti gli accantonamenti a carico della regione a titolo di concorso alla finanza pubblica di 45 milioni per il 2018, di 100 milioni per il 2019 e di 120 milioni annui a decorrere dal 2020. Anche quella norma è stata adottata nelle more della definizione dei rapporti tra lo Stato e la regione, attraverso la procedura pattizia. L’ultimo accordo bilaterale, sottoscritto il 21 luglio 2015, riguarda la definizione del patto di stabilità interno per il 2014 e 2015 e la definizione dei rapporti finanziari concernenti il subentro della regione allo Stato nei rapporti attivi e passivi con Trenitalia S.p.A. per i servizi di trasporto ferroviari locali in ambito regionale, nonché la definizione dei contenziosi pendenti tra Stato e regione.

 


 

Articolo 64
(Contributi alle province per la manutenzione di strade e scuole)

 

 

L’articolo 64 prevede l’attribuzione alle Province delle Regioni a Statuto ordinario di un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi) per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole. Il contributo è ripartito, con decreto del Ministero dell’Interno, entro il 20 gennaio 2019, sulla base dei criteri indicati dalla norma.

 

L’articolo 64 attribuisce un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 alle Province delle Regioni a Statuto ordinario da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole.

Il contributo è ripartito, con decreto del Ministero dell’Interno da emanarsi entro il 20 gennaio 2019, di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze e previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, secondo i seguenti criteri:

§  per il 50 per cento, da ripartire tra le Province che presentano una diminuzione della spesa per la manutenzione di strade e scuole nell’anno 2017, rispetto alla spesa media riferita al triennio 2010-2012, da assegnare in proporzione alla suddetta diminuzione;

§  per il 50 per cento, da ripartire tra le Province in proporzione all’incidenza determinata, al 31 dicembre 2018, dalla manovra di finanza pubblica rispetto al gettito 2017 dell’imposta Rc auto, dell’imposta provinciale di trascrizione, nonché del fondo sperimentale di riequilibrio.

Relativamente al Fondo sperimentale di riequilibrio, ai fini della formulazione della norma, si valuti l’opportunità di riferirsi alle “risorse assegnate per l’anno 2017 a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale”.

La misura del concorso alla manovra di finanza pubblica delle Province, da considerare ai fini del calcolo della sua incidenza sulle entrate, è quella determinata dall’articolo 1, comma 418, della legge n. 190/2014 e dell’articolo 47 del D.L. n. 66/2014, tenuto conto delle riduzioni consentite ai sensi dell’articolo 1, commi 838 e 839, della legge n. 205/2017.

 

 

 

Il comparto delle province è stato interessato, a partire dal 2010, da una serie di misure finanziarie volte ad assicurare il concorso di tali enti al risanamento dei conti pubblici, in nome del principio del coordinamento della finanza pubblica, quantificato in importi via via più consistenti, anche in relazione all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria.

Con il D.L. n. 66/2014 (art. 47), citato dalla norma in esame, il concorso alla finanza pubblica delle province è stato assicurato mediante la richiesta di risparmi di spesa corrente da versare al bilancio dello Stato, pari a complessivi 444,5 milioni per il 2014, 576,7 milioni per il 2015 e a 585,7 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2018, relativi alle seguenti categorie di spesa: spese per acquisto di beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Ma il concorso più rilevante è quello richiesto dall’art. 1, comma 418, legge n. 190/2014, che (anche a seguito della riforma avviata con la legge n. 56/2014 che limita il novero delle funzioni da esercitare dalle province/Città metropolitane) richiede alle province/Città metropolitane risparmi di spesa corrente nell'importo di 1 miliardo di euro per il 2015, di 2 miliardi per il 2016 e di 3 miliardi a decorrere dal 2017, da versare ad apposito capitolo del bilancio dello Stato.

A seguito delle conseguenti difficoltà economico-finanziarie del comparto, dal 2016 diversi sono stati i contributi trasferiti alle province e città metropolitane per l’esercizio delle funzioni fondamentali e, in particolare, in materia di strade e scuole. Alcuni di questi contributi[52], ai sensi del citato articolo 1, comma 839, della legge n. 205/2017, sono stati versati direttamente dal Ministero dell'interno all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti. Soltanto nel caso in cui i suddetti contributi eccedano il concorso alla finanza pubblica, il Ministero dell'interno provvede al trasferimento della parte eccedente all'ente interessato.

 

A garanzia del pieno utilizzo delle somme nell’anno di erogazione, il comma 1 dispone che le spese finanziate con le risorse assegnate a valere sul fondo in esame, per ogni annualità, devono essere liquidate o liquidabili per le finalità indicate entro il 31 dicembre di ogni anno, ai sensi del decreto legislativo n. 118/2011.

 

L’ultimo periodo del comma 1 prevede, infine, una integrazione alla disposizione, introdotta dalla legge di bilancio 2018, che ha dato facoltà alle province di procedere dal 2018 ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, da destinare, prioritariamente, alle attività in materia di viabilità ed edilizia scolastica (articolo 1, comma 845, legge n. 205/2017). L’integrazione è volta a precisare che tali assunzioni, relativamente alle attività di edilizia scolastica, sono riferite a figure ad alto contenuto tecnico-professionale di ingegneri, architetti, geometri, tecnici della sicurezza ed esperti in contrattualistica pubblica e codice degli appalti.

 

Alla copertura degli oneri derivanti dalla concessione del contributo in esame alle province si provvede a valere sulle risorse del Fondo investimenti enti territoriali, istituito dall’articolo 16 del disegno di legge in esame, che viene a tal fine ridotto di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (comma 2).

 

Il comma 3 stabilisce, infine, le modalità di monitoraggio degli interventi finanziati dal Fondo in esame, da effettuarsi secondo i criteri di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229 attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche.

 

Per un quadro sulle procedure di monitoraggio delle opere pubbliche, come disciplinate dal decreto legislativo n.229 del 2011, si rinvia al box contenuto nel commento dell’articolo 15 nel presente dossier.


 

Articolo 65
(Utilizzo del risultato di amministrazione
per gli enti in disavanzo)

 

 

L'articolo 65 introduce la facoltà per gli enti locali in disavanzo di utilizzare, pur con alcune limitazioni, il risultato di amministrazione.

 

Il comma 1 dispone che è comunque consentita ? quindi anche agli enti in disavanzo oltre che a quelli in avanzo ? l’applicazione al bilancio di previsione della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del risultato di amministrazione complessivo come risultante dal relativo prospetto (in particolare dalla lettera A)) al 31 dicembre dell'esercizio precedente[53].

 

La quota del risultato di amministrazione come sopra definita è applicata al bilancio di previsione al netto della quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e del fondo anticipazioni di liquidità. È quindi incrementata dell'importo del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

 

Nelle more dell'approvazione del rendiconto dell'esercizio precedente, gli elementi da applicare si individuano con riferimento al prospetto riguardante il risultato di amministrazione presunto allegato al bilancio di previsione. In caso di esercizio provvisorio, si fa riferimento al prospetto di verifica del risultato di amministrazione effettuata sulla base dei dati di preconsuntivo di cui all'articolo 42, comma 9, del decreto legislativo n. 118 del 2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) per le regioni e di cui all'articolo 187, comma 3-quater, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL) per gli enti locali.

 

Il comma introduce inoltre una sanzione per gli enti in ritardo nell’approvazione dei propri rendiconti, stabilendo che questi non possono beneficiare della facoltà concessa dal comma medesimo.

Il comma 2 disciplina il caso in cui l’importo riportato alla lettera A) del prospetto del risultato di amministrazione risulti negativo o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e al fondo anticipazioni di liquidità. In tal caso gli enti possono applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

 

Il comma 3, nel confermare l'applicazione delle modalità di utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione previste dai commi 1 e 2 alle regioni a statuto ordinario, dispone che queste ultime non dovranno operare la nettizzazione del fondo anticipazione di liquidità.

 

Il comma 4 dispone che per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano la misura di cui all’ultimo periodo del comma 1 si applica in caso di ritardo nell’approvazione del rendiconto da parte della Giunta per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e che resta ferma l’applicazione al bilancio della quota accantonata del risultato di amministrazione prevista dall’articolo 1, commi 692 e seguenti, della legge n. 208 del 2015.


 

Articolo 66
(Semplificazione adempimenti contabili degli enti locali)

 

 

L’articolo 66 semplifica gli adempimenti contabili degli enti locali, prevedendo, a decorrere dal bilancio di previsione per il 2019, unicamente l’invio dei bilanci di previsione e dei rendiconti alla banca dati delle amministrazioni pubbliche.

 

In particolare, la disposizione prevede che l’invio dei bilanci alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) sostituisce la redazione e la trasmissione al Ministero dell’interno delle certificazioni sui principali dati del bilancio e del rendiconto (comma 1), attualmente richieste dall’articolo 161 del decreto legislativo n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali), che viene conseguentemente sostituito (comma 2).

Specifiche certificazioni sui principali dati finanziari potranno tuttavia essere sempre richieste, in relazione a dati non presenti nella BDAP, dal Ministero dell’interno, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero dell’interno, previo parere dell’ANCI e dell’UPI. In ogni caso le certificazioni sono firmate dal solo responsabile del servizio finanziario (anche sotto questo profilo si consegue una semplificazione amministrativa, posto che attualmente il citato articolo 161 prevede che le certificazioni siano firmate dal segretario, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziario).

In caso di mancato invio dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato alla BDAP entro 30 giorni dal termine stabilito per la loro approvazione (e non più “dalla loro approvazione”, come attualmente stabilito dall’articolo 9, comma 1-quinquies, del DL 113/2016), è prevista la sanzione consistente nella sospensione dei pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute agli enti locali dal Ministero dell’interno (Dipartimento per gli affari interni e territoriali), ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale (sanzione già stabilita dall’articolo 161, comma 3, del d.lgs. n.267/2000) e il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (sanzione già stabilita dall’articolo 9, comma 1-quinquies, del DL 113/2016).

In sede di prima applicazione, con riferimento al bilancio di previsione per il 2019, la sanzione prevista dall’articolo 161, comma 3, del d.lgs. n.267/2000 (sospensione dei pagamenti) si applica a decorrere dal 1° novembre 2019.

 

L’articolo 161 del decreto legislativo n.267/2000 (Testo unico degli enti locali) attualmente prevede che “i comuni, le province, le città metropolitane, le unioni di comuni e le comunità montane sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione ed a trasmetterli al Ministero dell'interno. Le certificazioni sono firmate dal segretario, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziario” (comma 1). “La mancata trasmissione del certificato, da parte dei comuni e delle province, comporta la sospensione del pagamento delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute dal Ministero dell'interno, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale”.

 

L’articolo 9, comma 1-quinquies, del D.L. n. 113/2016, stabilisce il divieto per gli enti territoriali di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione (anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, compresa la stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi) in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione di determinati documenti contabili (quali il bilancio di previsione, il rendiconto ed il bilancio consolidato) nonché per l'invio dei relativi dati entro 30 giorni dalla loro approvazione alla Banca dati delle pubbliche amministrazioni.


 

Articolo 67
(Fondo pluriennale vincolato per i lavori pubblici)

 

 

L’articolo 67 detta norme volte a favorire gli investimenti degli enti territoriali, prevedendo che le economie riguardanti le spese di investimento per lavori pubblici concorrono alla determinazione del Fondo pluriennale vincolato, secondo modalità definite con decreto interministeriale (del Ministero dell’economia e finanze e del Ministero dell’interno) da adottare entro il 30 aprile 2019.

 

 

L’articolo 67 prevede che le economie riguardanti le spese di investimento per lavori pubblici concorrono alla determinazione del Fondo pluriennale vincolato, secondo modalità definite con decreto del Ministero dell’economia e finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) e del Ministero dell’interno (Dipartimento per gli affari interni e territoriali) da adottare entro il 30 aprile 2019, su proposta della Commissione per l’armonizzazione contabile degli enti territoriali.

L’intervento è volto ad aggiornare la disciplina del fondo pluriennale vincolato riguardante i lavori pubblici (definita sulla base del vecchio codice dei contratti pubblici) al fine di adeguare il principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (previsto dall’allegato 2/4 al decreto legislativo n.118/2011) al nuovo codice dei contratti pubblici (adottato con decreto legislativo n.50/2016).

Secondo la relazione illustrativa l’aggiornamento della disciplina del fondo pluriennale vincolato “determina il superamento degli ostacoli di natura contabile alla realizzazione degli investimenti pubblici”.

A tal fine vengono modificati l’articolo 56, comma 4, del decreto legislativo n.118/2011, e gli articoli 183, comma 3, e 200, comma 1-ter, del decreto legislativo n.267/2000 (quest’ultimo per mere finalità di coordinamento normativo).

 

L’articolo 56, comma 4, del decreto legislativo n.118/2011 e l’articolo 183, comma 3, del decreto legislativo n.267/2000 (Testo unico degli enti locali), di contenuto sostanzialmente analogo, attualmente prevedono che le economie riguardanti le spese di investimento per lavori pubblici, esigibili negli esercizi successivi, effettuate sulla base della gara (formalmente indetta) per l'affidamento dei lavori, concorrono alla determinazione del fondo pluriennale vincolato, mentre in mancanza di aggiudicazione definitiva, entro l'anno successivo le economie di bilancio confluiscono nell'avanzo di amministrazione vincolato per la riprogrammazione dell'intervento in conto capitale ed il fondo pluriennale è ridotto di pari importo.

 

Il Fondo pluriennale vincolato è stato previsto dall’articolo 9 della legge n.243 del 2012, che in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione ha introdotto norme per assicurare l’equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali, stabilendo che si considerano in equilibrio i bilanci che, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali. Il fondo pluriennale vincolato è un saldo finanziario, costituito da risorse già accertate destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell'ente già impegnate, ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l'entrata. Si tratta, più precisamente, di un saldo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso, prevalentemente di conto capitale. Esso, che in taluni casi prescinde dalla natura vincolata o destinata delle entrate che lo alimentano, risulta immediatamente utilizzabile a seguito dell'accertamento delle entrate che lo finanziano, consentendo in tal modo di poter procedere all'impegno delle spese esigibili nell'esercizio in corso (la cui copertura è costituita dalle entrate accertate nel medesimo esercizio finanziario), e all'impegno delle spese esigibili negli esercizi successivi (la cui copertura è effettuata dal fondo). In altri termini, il fondo pluriennale vincolato è lo strumento che gestisce e rappresenta contabilmente la distanza temporale intercorrente tra l’acquisizione delle risorse e il loro effettivo impiego, nei casi in cui le entrate vincolate e le correlate spese sono accertate e impegnate nel corso del medesimo esercizio e imputate a esercizi differenti.

Per approfondimenti sul funzionamento del Fondo pluriennale vincolato si rinvia al seguente link.

Per quanto concerne il decreto legislativo n.118/2011 e i principi contabili applicati, volti all’armonizzazione della contabilità di regioni ed enti locali, si rinvia al seguente link.


 

Articolo 68
(Programma straordinario per le periferie urbane)

 

 

L’articolo 68 interviene sulle risorse destinate al programma straordinario per le periferie urbane, prevedendo che le convenzioni in essere con 96 enti beneficiari (successivi ai primi 24 beneficiari), producano effetti finanziari dal 2019. Viene quindi superato quanto stabilito, da ultimo, dal D.L. 91/2018 (cd. proroga termini), che per tali 96 enti aveva previsto il congelamento delle risorse per il 2019. Tali effetti sono limitati unicamente al rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate. Le risorse relative alle economie di spesa prodotte nel corso degli interventi rimangono nel Fondo di provenienza, per essere destinate a interventi per spese di investimento dei Comuni e delle città metropolitane. La norma dà seguito all’accordo raggiunto in Conferenza unificata il 18 ottobre 2018 tra il Governo e i rappresentanti delle autonomie territoriali.

 

L’articolo 68 interviene sulle risorse destinate al Programma straordinario per le periferie urbane , dando seguito all’accordo raggiunto in Conferenza unificata il 18 ottobre 2018 tra il Governo e i rappresentanti delle autonomie territoriali e, quindi, superando quanto stabilito, da ultimo, dal DL 91/2018 (cd. proroga termini), che aveva previsto il congelamento delle risorse per il 2019 per 96 enti beneficiari.

Il comma 1 prevede la revoca delle risorse finanziarie derivanti da eventuali economie di gestione o comunque realizzate in fase di appalto, o in corso d’opera, nonché gli eventuali ulteriori residui relativi ai finanziamenti assegnati per la realizzazione dei progetti inseriti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia (di seguito “Programma”) di cui all’articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Le risorse in questione rimangono acquisite al fondo a tale scopo istituito nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri o, se finanziate ai sensi dell’articolo 1, commi 140 e 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, al Fondo sviluppo e coesione. Le medesime risorse sono destinate, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, al finanziamento di spese di investimento dei comuni e delle città metropolitane.

Il comma 2 stabilisce che le convenzioni stipulate nell’ambito del Programma producono effetti nel corso dell’anno 2019, ma unicamente con riguardo al rimborso delle spese sostenute e certificate dagli enti beneficiari in base al cronoprogramma.

Il comma 3 dispone che al rimborso delle spese sostenute e certificate si provvede mediante utilizzo dei residui iscritti sul Fondo di sviluppo e coesione per le medesime finalità (la Relazione tecnica, sulla base dei cronoprogrammi trasmessi dagli enti, stima le spese da rimborsare in 450 milioni per il 2019, a fronte di residui nel FSC, per la medesima finalità, pari a 530 milioni di euro).

Il comma 4 prevede che entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli enti beneficiari provvedono all’adeguamento delle convenzioni già sottoscritte.

 

La legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 208/2015) ha stabilito procedure finalizzate alla predisposizione di un "Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di province. Per il finanziamento del programma è stata prevista l'istituzione di un apposito Fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2016, allocata sul capitolo 2097 del Ministero dell'economia e delle finanze.

Il programma è finalizzato:

§  alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualità del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana;

§  al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilità sostenibile,

§  allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati (comma 974).

Con il D.P.C.M. 25 maggio 2016 è stato emanato il bando (in attuazione dei commi 975-976) con il quale sono stati definiti le modalità e la procedura di presentazione dei progetti e istituito il "Nucleo di valutazione" dei medesimi progetti, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, incaricato della selezione dei progetti medesimi.

Con il successivo D.P.C.M. 6 dicembre 2016 è stata approvata la graduatoria del Programma straordinario (120 progetti). In particolare, l'art. 1 del D.P.C.M. 6 dicembre 2016 prevede che i primi 24 progetti della graduatoria (pubblicata in allegato al decreto), sono finanziati mediante le risorse stanziate dalla citata legge di stabilità 2016, attraverso la stipula della relativa convenzione/accordo di programma, mentre gli ulteriori progetti in graduatoria sono finanziati mediante le risorse successivamente disponibili.

Con riferimento alla graduatoria dei progetti, si fa notare che lo stanziamento complessivo richiesto per la realizzazione di tutti i 120 progetti, è pari a 2.061,3 milioni di euro, di cui:

§  501,9 milioni relativi ai primi 24 progetti della graduatoria;

§  1.559,4 milioni, necessari per la realizzazione degli altri 96 progetti.

 

Al finanziamento del complesso dei progetti si è provveduto tramite tre tranche di risorse, stanziate:

§  500 milioni dalla legge di stabilità per il 2016;

§  761,32 milioni dalle deliberazioni del CIPE 3 marzo 2017, n. 2 e 7 agosto 2017, n. 72, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) della programmazione 2014-2020, in attuazione del comma 141 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, ripartite per 603,9 milioni in favore delle città e dei comuni del Mezzogiorno e per 157,4 milioni in favore del Centro Nord;

§  800 milioni derivanti da riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese[54], di cui al comma 140 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, ai sensi del D.P.C.M 29 maggio 2017.

 

Le risorse autorizzate dal D.P.C.M 29 maggio 2017 (800 milioni) sono portate in aumento delle disponibilità di bilancio del Fondo sviluppo e coesione (iscritto sul cap. 8000//MEF) e gestite secondo le procedure previste per la programmazione e l’utilizzo del FSC 2014-2020, ai sensi dell'articolo 1, comma 703, della legge n.190 del 2014.

Dunque, mentre la prima tranche di risorse stanziate in favore del Programma straordinario per la riqualificazione delle periferie (vale a dire i 500 milioni autorizzati dalla legge 208/2015) è stata iscritta sull'apposito capitolo 2097 del MEF (ora soppresso, in quanto lo stanziamento era annuale e riferito solo al 2016), le successive due tranches vengono a far capo al capitolo 8000 del MEF, relativo al Fondo Sviluppo e coesione, ed iscritte sull’apposito piano di gestione (PG10), su cui sono iscritti sia i 798,17 milioni deliberati dal CIPE (per appostazione diretta), sia gli 800 milioni di cui al D.P.C.M 29 maggio 2017 (per successivo trasferimento).

Il comma 3 del citato D.P.C.M. 29 maggio 2017 prevede che le erogazioni in favore dei soggetti aventi diritto siano effettuate dal Ministero dell'economia e finanze, sulla base delle richieste inoltrate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri secondo le indicazioni contenute nell'articolo 5, commi 3, 4 e 5 del D.P.C.M. 6 dicembre 2016 (come sostituito dall'art. 1 del D.P.C.M. 16 febbraio 2017).

Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati, secondo l'ordine di priorità definito ai sensi del D.P.C.M. 6 dicembre 2016, i progetti ai fini della stipulazione di convenzioni da parte degli enti locali con gli enti promotori dei progetti medesimi. I termini per la stipula della convenzione sono stati fissati al 28 febbraio 2017.

Per quel che concerne i tempi e le modalità di erogazione dei finanziamenti in favore dei progetti e le condizioni necessarie per l'erogazione delle diverse quote di finanziamento, i decreti prevedono:

§  una quota di finanziamento anticipato non superiore al 20%, che viene erogata soltanto in esito alla verifica da parte del Gruppo di monitoraggio dell'effettiva approvazione, da parte degli enti beneficiari, dei progetti definitivi o esecutivi degli interventi proposti e del rilascio da parte delle autorità competenti di tutte le autorizzazioni e/o i nulla osta necessari per realizzare gli interventi, che dovranno essere trasmessi e attestati dal responsabile unico del procedimento in una relazione tecnica analitica;

§  le successive quote di finanziamento sono previste in base allo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi. In particolare, una quota di finanziamento, pari al 30%, è erogata previa verifica della implementazione dei dati nel sistema informativo predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e della attestazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento tramite una relazione tecnica di monitoraggio, comprovante lo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi pari al 40% del progetto, anche per singolo intervento, ed attestante le opere e i servizi realizzati, le voci di spesa sostenute e il rispetto del cronoprogramma. Una quota di finanziamento, pari ad un ulteriore 30%, è erogata previa verifica della implementazione dei dati nel sistema informativo sopracitato e della attestazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento tramite una relazione tecnica di monitoraggio, comprovante lo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi pari al 70% del progetto, anche per singolo intervento, ed attestante le opere e i servizi realizzati, le voci di spesa sostenute e il rispetto del cronoprogramma. La quota di finanziamento, pari al 15%, è erogata previa verifica della implementazione dei dati nel sistema informativo predetto e della attestazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento tramite una relazione tecnica di monitoraggio, comprovante lo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi pari al 100% del progetto, anche per singolo intervento.

§  la restante quota di finanziamento, pari al 5%, è erogata soltanto in seguito alla implementazione dei dati nel sistema informativo ed alla verifica della conclusione, nel rispetto del cronoprogramma, di tutti gli interventi realizzati e delle spese effettivamente sostenute e della certificazione della corretta esecuzione delle opere e dei servizi, nonché della effettiva approvazione degli atti di collaudo delle opere realizzate (art. 5, D.P.C.M. 6/12/2017).

 

Sulla materia è intervenuto, da ultimo, l’articolo 13 (commi 02 e 03) del decreto-legge n.91/2018 (cd. proroga termini) il quale ha disposto che l’efficacia delle convenzioni già concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del D.P.C.M. 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi della legge n. 232 del 2016 (ossia le convenzioni stipulate con i 96 enti successivi ai primi 24 beneficiari) è differita all’anno 2020 (per tali enti le convenzioni sono state quindi sostanzialmente congelate). Conseguentemente, le amministrazioni sono tenute, ferma rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo sviluppo e coesione.

La norma ha effetti positivi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto pari a 140 milioni di euro per l’anno 2018, 320 milioni di euro per l’anno 2019, 350 milioni di euro per l’anno 2020 e 220 milioni di euro per l’anno 2021. Tali risorse sono state destinate a un Fondo di nuova istituzione (nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) da utilizzare per favorire gli investimenti delle città metropolitane, delle province e dei comuni da realizzare attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.

A seguito delle rimostranze dell’ANCI e dell’UPI per il congelamento delle risorse derivante dal decreto-legge n.91/2018, soprattutto in relazione agli impegni di spesa già assunti da numerose amministrazioni, si è avviato un confronto con il Governo che ha portato al raggiungimento di un accordo in Conferenza unificata il 18 ottobre 2018.

 

 


 

Articolo 69
(Gestione commissariale per il debito pregresso di Roma Capitale)

 

 

L’articolo 69 è volto alla definitiva individuazione della massa passiva del debito riferibile alla gestione commissariale del Comune di Roma e all’estinzione dei debiti oggetto di ricognizione, al fine di giungere alla conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale. Vengono pertanto introdotte disposizioni che puntano a chiarire l’attribuzione in capo alla gestione commissariale di alcune poste relative al debito finanziario (commi 1-3) e al debito commerciale, in particolare riferito a indennizzi derivanti da espropri (commi 4-5). Infine, viene posto il termine perentorio di 36 mesi entro cui Roma Capitale può avanzare specifiche istanze di liquidazione di crediti riferibili alla gestione commissariale, per giungere alla definitiva rilevazione della massa passiva da approvare tramite D.P.C.M, che deve stabilire anche il termine finale per l’estinzione dei debiti (commi 6-10).

 

La gestione commissariale del Comune di Roma è stata istituita dall’articolo 78 del D.L. n. 112/2008, che aveva nominato il Sindaco del comune di Roma Commissario straordinario del Governo, con il compito di provvedere alla ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e delle società da esso partecipate (con esclusione di quelle quotate nei mercati regolamentati) e di predisporre e attuare il piano di rientro dall’indebitamento pregresso del comune.

In forza di tale disposizione, nell’ordinamento contabile del Comune di Roma (poi Roma Capitale ai sensi del D.Lgs. n.156/2010) sono state distinte due gestioni, tra loro separate:

§  la Gestione commissariale del Comune, che ha preso in carico tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008;

§  la Gestione ordinaria, competente per il periodo successivo alla suddetta data, ed affidata agli organi istituzionali dell’ente comunale.

Il piano di rientro è stato approvato con D.P.C.M. 5 dicembre 2008.

Il D.L. n. 78 del 2010 (articolo 14, comma 13-bis) ha ribadito che il Commissario di Governo (non più individuato nella figura del Sindaco) procedesse all'accertamento definitivo del debito del comune di Roma, al fine di redigere il piano di rientro delle passività pregresse del comune, aggiornato in termini di crediti certi, liquidi ed esigibili. Il Commissario straordinario ha dunque predisposto il documento concernente l’accertamento del debito alla data del 30 luglio 2010, che individuava un disavanzo pari a 16,7 miliardi.

L’articolo 1, comma 751, della legge n. 208/2015 ha previsto periodici aggiornamenti del Piano di rientro, che il Commissario straordinario deve proporre alla Presidenza del Consiglio entro il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno. Da ultimo, il Piano di rientro è stato aggiornato al 30 novembre 2017 e approvato con D.P.C.M. 5 luglio 2018. Tale ultimo aggiornamento reca un debito commerciale di 3,1 miliardi di euro, un debito finanziario di 8 miliardi e una massa attiva di 1,7 miliardi.

Per quanto concerne il finanziamento della gestione commissariale, prima la norma istitutiva e poi, stabilmente, il D.L. n. 78/2010, hanno assegnato una dotazione di 500 milioni di euro annui.

Tale contributo trova copertura (articolo 14, comma 14, del D.L. n. 78/2010) per 300 milioni di euro in un fondo annuale allocato su apposito capitolo di bilancio iscritto nello stato di previsione del MEF; la quota restante di 200 milioni è reperita mediante l’istituzione di un’addizionale commissariale sui diritti di imbarco dei passeggeri in partenza dagli aeroporti di Roma e da un incremento dell’addizionale comunale IRPEF dello 0,4 per cento.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla Relazione sulla gestione commissariale per il 2017 presentata al Parlamento a settembre 2018 dall’attuale Commissario straordinario dott. Alessandro Beltrami (nominato con D.P.C.M. 12 aprile 2018).

 

I commi da 1 a 3 riguardano la riferibilità alla gestione commissariale di alcune partite contabili che fanno parte del debito finanziario, presumibilmente al fine di chiarire un dubbio interpretativo sorto nel corso del 2017 in merito all’attribuzione della competenza tra la Gestione Commissariale e la gestione ordinaria di Roma Capitale.

 

In particolare, il comma 1 dispone che i debiti derivanti dall’utilizzo, avvenuto in tutto o in parte in data successiva al 28 aprile 2008, di contratti quadro di aperture di credito stipulati in data antecedente a tale data e i debiti derivanti dalla conversione totale o parziale, avvenuta in data successiva al 28 aprile 2008, di prestiti flessibili stipulati in data antecedente a tale data, inseriti nel documento predisposto dal Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma, sono quelli relativi al finanziamento di spese di investimento sulla base del quadro economico progettuale (o di analogo documento consentito per l’accesso al credito) approvato alla data del 28 aprile 2008.

 

Dalla Relazione relativa alla gestione commissariale presentata al Parlamento nel settembre 2018 si evince che nel corso del 2017 è stata portata a termine la ricognizione dei contratti di mutuo in corso, raggruppabili in due categorie:

§  679 mutui con una pluralità di istituti, per un valore nominale di debito residuo in conto capitale pari a circa 4,5 miliardi di euro, aventi una documentazione contrattuale completa che consente di accertare l’effettiva competenza del debito in capo alla gestione commissariale;

§  784 mutui derivanti da aperture di credito e prestiti flessibili, per un valore nominale di debito residuo in conto capitale pari a circa 800 milioni di euro, per i quali allo stato attuale non è possibile accertare l’effettiva competenza del debito in capo alla gestione commissariale, dal momento che non si può riscontrare la riferibilità a obbligazioni giuridicamente perfezionate alla data del 28 aprile 2008, come stabilito dal documento di accertamento del debito al 30 luglio 2010. Tale ultimo documento inseriva per la prima volta – innovando rispetto all’originario piano di rientro del 2008 – all’interno del debito finanziario il debito derivante da aperture di credito e prestiti flessibili stipulati ante 28 aprile 2008 non ancora utilizzati a tale data (per un importo di 644 milioni di euro di quota residua), a condizione che le aperture di credito fossero correlate a obbligazioni giuridicamente perfezionate alla data del 28 aprile 2008 (gare aggiudicate).

La Relazione illustrativa fa presente che le rate dei mutui oggetto della norma sono state regolarmente pagate dai Commissari Straordinari fino alla data del 30 giugno 2017, quando è emerso il dubbio interpretativo in merito all’attribuzione della competenza tra la Gestione Commissariale e la gestione ordinaria di Roma Capitale.

La norma in esame pare quindi volta a chiarire a quali documenti fare riferimento per verificare che il perfezionamento dell’obbligazione sottostante il debito sia avvenuto entro la data del 28 aprile 2008, e che quindi il debito relativo sia in capo alla gestione commissariale ed inserito nel piano di rientro.

 

Il comma 2 precisa che tali debiti sono quelli relativi agli impegni assunti alla data del 28 aprile 2008 sulla base di obbligazioni giuridicamente perfezionate ancorché relativi ad alcune delle voci del quadro economico progettuale (o di analogo documento consentito per l’accesso al credito) oggetto del finanziamento, ivi incluse le spese tecniche e di progettazione.

 

Il comma 3 include tra i debiti di cui al comma 1 quelli derivanti dai prestiti flessibili, inseriti nel citato piano di rientro, stipulati in data antecedente al 28 aprile 2008 e finalizzati al rifinanziamento di debito già in ammortamento. A tale tipologia di debiti non si applica il comma 2.

 

I commi 4 e 5 riguardano i debiti potenziali derivanti da procedure espropriative pregresse. Tale voce di debito è inclusa nel “debito commerciale” per indennizzi derivanti da espropri.

La Relazione relativa alla gestione commissariale presentata al Parlamento nel settembre 2018 quantifica tale posta contabile in 975 milioni di euro. Si tratta di una partita soggettivamente indistinta, registrata sul sistema informativo, per la quale risulta difficile reperire la documentazione amministrativa alla base della posizione debitoria. A livello quantitativo, si tratterebbe di quasi 1900 pratiche relative agli anni 1950-1990 quantificate nell’importo indicato, sulla base di elementi induttivi, dall’Ufficio unico espropriazioni del Comune, in assenza di un dato certo sul numero esatto dei proprietari/creditori e della effettiva consistenza delle aree espropriate.

 

Il comma 4 autorizza il Commissario straordinario ad assumere nel Piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma gli oneri derivanti dall’emanazione da parte di Roma Capitale di provvedimenti di acquisizione di beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico (ex articolo 42 bis del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”) anche adottati in pendenza di giudizio, qualora l’indebita utilizzazione di beni immobili per scopi di interesse pubblico abbia comportato la loro modificazione, anteriormente alla data del 28 aprile 2008, in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità (o nei casi in cui tali atti siano stati annullati).

 

Il comma 5 prevede che il Commissario straordinario del Governo procede, limitatamente agli importi maturati sino alla data del 28 aprile 2008, ad autorizzare il pagamento sul bilancio separato del Piano di rientro dell’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, nonché per il pregiudizio derivante da occupazione senza titolo.

 

Si ricorda che i commi 1 e 3 dell’articolo 42 bis del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) prevedono che l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per:

§  il pregiudizio patrimoniale, determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità (rinviando, nel caso in cui l'occupazione riguardi un terreno edificabile, alle disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7);

§  il periodo di occupazione senza titolo, per il quale è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma;

§  il pregiudizio non patrimoniale, forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene.

L’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale deve essere devalutato in applicazione dell’articolo 248, comma 4, del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL), così come richiamato dal D.P.C.M. del 4 luglio 2008.

Il comma 4 dell’articolo 248 del TUEL dispone che, dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del piano di rilevazione della massa passiva, i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate, non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.

 

I commi da 6 a 10 sono volti alla definitiva individuazione della massa passiva del debito riferibile alla gestione commissariale, al fine di giungere alla conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale medesima.

 

In particolare, il comma 6 dispone che Roma Capitale, tramite i responsabili dei servizi competenti per materia, presenti specifiche istanze di liquidazione di crediti derivanti da obbligazioni contratte a qualsiasi titolo dal comune di Roma in data precedente al 28 aprile 2008, entro il termine perentorio di 36 mesi.

 

Ai sensi del comma 7, tali istanze devono essere accompagnate da specifica attestazione da cui risulti che:

§  le obbligazioni si riferiscono a prestazioni effettivamente rese alla data del 28 aprile 2008,

§  le stesse rientrano nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente locale,

§  non è avvenuto, nemmeno parzialmente, il pagamento del corrispettivo,

§  il debito non è caduto in prescrizione.

Le istanze che si riferiscono a posizioni debitorie configuranti debiti fuori bilancio (riconoscibili ai sensi dell’articolo 194 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) devono altresì riferirsi a provvedimenti di riconoscimento del debito (fuori bilancio) assunti in conformità a quanto previsto dall’articolo 78, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112.

Si ricorda che per la gestione commissariale del Comune di Roma è stata individuata una procedura peculiare rispetto a quella di carattere generale relativa al dissesto degli enti locali prevista dal Testo unico degli enti locali (TUEL), con particolare riferimento all’attività di rilevazione della massa passiva e a quella di riconoscimento dei debiti fuori bilancio.

Per quanto concerne la rilevazione della massa passiva, le prescrizioni cui deve conformarsi il piano di rientro sono individuate dall’articolo 3 del D.P.C.M. 4 luglio 2008. In particolare la procedura prevede l’acquisizione, da parte degli uffici competenti del Comune di Roma, dell’attestazione, a firma dei responsabili dei vari servizi (articolo 3, comma 1) e la successiva decisione dell’inserimento delle posizioni debitorie nel bilancio relativo al piano di rientro da parte del Commissario straordinario sulla base degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione, da altri atti e dall’attestazione di cui sopra (articolo 3, comma 3).

Per i c.d. “debiti fuori bilancio”, l’articolo 1, comma 26, del D.L. n. 138/2011 ha previsto una modalità semplificata di liquidazione degli importi inseriti nel Piano di rientro, secondo cui, fermo restando il disposto degli articoli 194 e 254 del TUEL, è sufficiente una determinazione dirigenziale assunta con l’attestazione dell’avvenuta assistenza giuridico-amministrativa del Segretario generale del Comune di Roma Capitale.

Secondo l’articolo 194 del TUEL, gli enti locali con deliberazione consiliare riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive; copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni; ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità; acquisizione di beni e servizi, in violazione delle regole generali, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

 

Ai sensi del comma 8, per le eventuali obbligazioni per le quali non sia stata prodotta idonea istanza ai sensi di quanto previsto dai precedenti commi 6 e 7, l'attestazione si intende resa in senso negativo circa la sussistenza del debito.

 

Il comma 9 prevede l’approvazione della definitiva rilevazione della massa passiva tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su specifica proposta del Commissario Straordinario.

Nelle more del definitivo accertamento della massa passiva, il Commissario Straordinario procede, con le modalità stabilite dai periodici aggiornamenti del Piano di Rientro (o a seguito della presentazione di specifiche istanze avanzate da Roma Capitale, corredate da idonea attestazione circa la sussistenza, certezza e liquidità del credito) all’estinzione delle posizioni debitorie, derivanti da obbligazioni contratte in data precedente al 28 aprile 2008.

Si ricorda che il comma 751 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 ha dettato una procedura che prevede la revisione semestrale del Piano di rientro (il 31 maggio ed il 31 dicembre), su proposta del Commissario Straordinario, approvata entro il termine di 30 giorni con D.P.C.M. sentiti i Ministeri competenti.

 

Secondo il comma 10, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di approvazione dell’accertamento definitivo del debito pregresso del comune di Roma viene stabilito il termine finale per l’estinzione dei debiti oggetto di ricognizione determinando, contestualmente, la conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale.

Si ricorda che per la gestione commissariale del comune di Roma non è previsto normativamente un espresso termine di chiusura delle relative attività. L’articolo 14, comma 13-ter, del D.L. n. 78/2010 stabilisce infatti che la gestione commissariale ha termine qualora risultino esaurite le attività di carattere gestionale di natura straordinaria e residui una attività meramente esecutiva, alla quale provvedono gli uffici di Roma Capitale.

 


 

Articoli 70 e 71
(Disposizioni per il finanziamento degli investimenti regionali)

 

 

Gli articoli 70 e 71 apportano modifiche all’ordinamento contabile delle regioni al fine di favorire gli investimenti pubblici. L’articolo 70 consente alle regioni di finanziare gli investimenti con debiti da contrarre solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa; l’articolo 71 consente alle regioni, nel caso di maggiori entrate tributarie che non rendono necessario il ricorso al debito previsto in bilancio per finanziare gli investimenti, di modificare la distribuzione delle coperture al fine di non contrarre il debito.

 

Gli articoli 70 e 71 apportano modifiche all’ordinamento contabile delle regioni, disciplinato dal decreto legislativo 118 del 2011, al fine di favorire gli investimenti pubblici.

 

Il decreto legislativo n. 118/2011 (come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 126/2014), disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi strumentali. In particolare il Titolo I (articoli da 1 a 18-bis) contiene i principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali, mentre il Titolo III, interamente aggiunto dal D.Lgs. 126/2014 (articoli da 36 a 73), disciplina specificamente l’ordinamento finanziario e contabile delle regioni.

 

L’articolo 70, comma 1 introduce all’articolo 40, ove è prevista la disciplina l’equilibrio di bilancio, il comma 2-bis. La norma introdotta stabilisce che, a decorrere dal 2018, le regioni possono autorizzare spese di investimento finanziate da debito da contrarre solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.

L’eventuale disavanzo di amministrazione per la mancata contrazione del debito può essere coperto nell’esercizio successivo con il ricorso al debito da contrarre, anche in questo caso, solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.

Viene espressamente previsto che resta fermo quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 40, del decreto legislativo n.118/2011.

 

Tale disposizione, in riferimento al solo esercizio 2015, stabilisce che a decorrere dal 2016 il disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento (risultante dal rendiconto 2015), può essere coperto con il ricorso al debito, il quale può essere contratto solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.

Al riguardo si ricorda che a partire dall’esercizio 2016, le nuove regole introdotte dal D.Lgs. 126/2014 non consentivano più di coprire le spese di investimento con i mutui autorizzati dalla legge di bilancio ma non ancora perfezionati (debiti autorizzati e non contratti), possibilità prevista, invece, dalla precedente disciplina contabile delle regioni dettata dal D.Lgs. 76/2000.

 

La possibilità di autorizzare spese di investimento finanziate da debito da contrarre è subordinata alla condizione che le regioni abbiano registrato (nell’ultimo triennio) valori degli indicatori di tempestività dei pagamenti per l’acquisto di beni e servizi in linea con quanto stabilito dal D.P.C.M. 22 settembre 2014. I tempi di pagamento devono inoltre rientrare nei termini stabiliti dall’articolo 4 del D.Lgs. 231/2002.

 

Il D.P.C.M. 22 settembre 2014 definisce (agli articoli 9 e 10) le modalità di calcolo e della pubblicazione su internet dell'indicatore annuale di tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni per l’acquisto di beni e servizi.

Il D.Lgs. n. 231/2002 emanato in attuazione della direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, all’articolo 4 stabilisce il termine massimo dei pagamenti per ciascuna tipologia di transazione.

 

Il comma 2 dell’articolo 70, al fine di mantenere comunque il collegamento tra l’investimento e il debito autorizzato e non contratto, obbliga le regioni ad inserire nella Relazione sulla gestione allegata al rendiconto le informazioni relative alle spese di investimento finanziate da debiti autorizzati e non contratti.

L’articolo 11 del D.L.gs. 118/2011, disciplina gli schemi di bilancio e, al comma 6, elenca le informazioni necessarie che gli enti sono tenuti ad inserire nella Relazione sulla gestione allegata al rendiconto. La norma in esame aggiunge, solo per le regioni, due ulteriori contenuti:

§  l’elenco degli impegni per spese di investimento di competenza dell’esercizio finanziati col ricorso al debito non contratto (lettera d-bis);

§  l’elenco degli impegni per spese di investimento che hanno determinato il disavanzo da debito autorizzato e non contratto alla fine dell’anno, distinti per anno di formazione (lettera d-ter).

 

L’articolo 71 consente alle regioni di apportare le variazioni al bilancio di previsione al fine di non contrarre il debito iscritto in bilancio per finanziare investimenti, nel caso in cui abbiano accertato maggiori entrate, che non rendano più necessario il ricorso al debito.

A tal fine la norma apporta modifiche all’articolo 51 del D.Lgs. 118/2011 che disciplina le modalità di variazione del bilancio di previsione, del documento tecnico di accompagnamento e del bilancio gestionale.

In particolare il comma 2 dell’articolo 51, elenca le variazioni del documento tecnico di accompagnamento e le variazioni del bilancio di previsione che, nel corso dell’esercizio, la giunta regionale può autorizzare con provvedimento amministrativo. La lettera a) della norma in esame inserisce in questo elenco un’altra tipologia di variazione consentita. Secondo quanto stabilito dalla nuova lettera g-bis), la giunta può autorizzare le variazioni necessarie a destinare alla copertura degli investimenti, anziché il debito da contrarre, le maggiori – rispetto a quanto già previsto in bilancio – entrate tributarie ed extratributarie accertate.

Tale facoltà, in analogia a quanto stabilito all’articolo 71, è concessa alle sole regioni che siano in regola con i pagamenti.

La norma ripete le medesime condizioni previste all’articolo 70, con due differenze: le regioni debbono avere nell’ultimo anno (anziché nell’ultimo triennio), registrato indicatori di tempestività dei pagamenti per l’acquisto di beni e servizi in linea con quanto stabilito dal DPCM 22 settembre 2014 e i suddetti tempi di pagamento devono rientrare nei termini stabiliti dall’articolo 4 del D.Lgs. 231/2002. Nel calcolo dei tempi medi di pagamento, inoltre - ed è indicazione aggiuntiva rispetto a quanto stabilito all’articolo 70 - non devono essere considerati i pagamenti effettuati mediante l’utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari ottenuti dal Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, secondo la disciplina dettata dall’art. 32, comma 2 del decreto legge 66/2014 e dall’articolo 1, commi 1 e 10 del decreto legge 35/2013.

Le esclusioni nel calcolo dei tempi medi di pagamento sono stabilite nell’ultimo periodo del comma 2, articolo 41, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89); periodo inserito dall’articolo 4, comma 4 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125) citato nella norma in esame.

 

La condizione di essere in regola con i pagamenti è richiesta in entrambe le norme in esame: nell’articolo 70 in relazione alla possibilità di finanziare spese di investimento con debiti autorizzati e non contratti e nell’articolo 71 in relazione alla possibilità di apportare le conseguenti variazioni al bilancio nel caso di maggiori accertamenti di entrate che consentano di non contrarre il debito.

 

Trattandosi del medesimo ambito di intervento, si valuti l’opportunità di uniformare le due norme in modo che la condizione di essere in regola con i pagamenti risulti formulata nei medesimi termini o, in alternativa, di formulare la regola una sola volta e ad essa fare riferimento ogni volta che si ritiene necessario.

 

La lettera b) della norma in esame, infine, attribuisce al responsabile finanziario la competenza di modificare l’elenco delle coperture degli investimenti, nella nota integrativa al bilancio. A tal fine modifica il comma 4 del citato articolo 51 che disciplina casi e modalità di variazione del bilancio gestionale.

Il periodo inserito alla fine del comma 4, stabilisce che il responsabile finanziario della regione, nella nota integrativa allegata al bilancio di previsione, può variare l'elenco degli interventi programmati per spese di investimento finanziati col ricorso al debito e con le risorse disponibili, al solo fine di modificare la distribuzione delle coperture finanziarie tra gli interventi già programmati per spese di investimento.

L’articolo 11 del D.Lgs. 118/2011 definisce tipologia e contenuto degli schemi di bilancio. Il comma 5 contiene l’elenco dei contenuti della ‘nota integrativa allegata al bilancio di previsione’ tra cui alla lettera d), l'elenco degli interventi programmati per spese di investimento finanziati col ricorso al debito e con le risorse disponibili.

In sostanza le variazioni possono essere solo compensative, nell’ambito dell’elenco già approvato delle spese per investimenti.

 


 

Articolo 72
(Tavolo di lavoro in materia di autonomia di entrata delle Regioni)

 

 

L'articolo 72 dispone l'istituzione, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di un tavolo tecnico composto da rappresentanti del Governo e delle regioni, finalizzato alla completa attuazione dei principi in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario contenuti nel decreto legislativo 68/2011[55].

 

Ai sensi del comma 1, l'attività dell'istituendo tavolo tecnico consiste principalmente nella definizione delle procedure e delle modalità di applicazione delle disposizioni del D.lgs. concernenti i seguenti ambiti:

1)  Fiscalizzazione dei trasferimenti statali che saranno soppressi a partire dal 2020.

Al fine di assicurare l'autonomia di entrata, vengono soppressi i trasferimenti statali (art.7 del D.Lgs. 68/2011) e, contestualmente, viene ridefinita la compartecipazione delle regioni ordinarie al gettito dell'IRPEF (art.2). Nello specifico, si dispone la rideterminazione dell'addizionale ad esse spettante a decorrere dal 2020 che deve essere tale da garantire un gettito corrispondente ai trasferimenti statali da sopprimere (al netto del gettito già in essere con l'applicazione dell'addizionale vigente).

 

Oltre alla compartecipazione contenuta all'art.2 richiamato dal disegno di legge, si ricorda che il D.lgs. 68/2011 attribuisce la compartecipazione al gettito IVA, la facoltà di ridurre le aliquote o disporre deduzioni dell'IRAP, trasforma in tributi propri delle regioni una serie di tributi minori e introduce un sistema di perequazione.

 

2)  Attribuzione di una quota del gettito riferibile al concorso di ciascuna regione nell’attività di recupero fiscale in materia di IVA.

La disposizione di riferimento è l'articolo 9, comma 2, del D.lgs.68/2011, ai sensi del quale alla regione spetta, in relazione ai principi di territorialità[56], una quota (commisurata all'aliquota di compartecipazione) del gettito riferibile al concorso della regione stessa nella attività di recupero fiscale in materia di IVA.

Le modalità di condivisione degli oneri di gestione della predetta attività di recupero fiscale sono disciplinate con specifico atto convenzionale sottoscritto tra regione ed Agenzia delle entrate.

Le modalità di attribuzione alle regioni delle risorse sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia.

 

Per completezza di informazione si segnala che l'articolo 9, nel suo complesso, detta una disciplina che prevede anche il riversamento dell'intero gettito derivante dall'attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali (comma 1) e una compartecipazione al gettito di ulteriori tributi erariali eventualmente attribuiti alle regioni a titolo di concorso nella attività di recupero fiscale (comma 3).

 

Nell'ambito dell'attività assegnata al tavolo tecnico è contemplata anche la valutazione di eventuali adeguamenti della normativa vigente.

 

L'istituzione del tavolo è motivata, come si legge nella relazione illustrativa, dalle complessità tecniche relative alla rideterminazione dell'addizionale regionale IRPEF, a invarianza di pressione fiscale complessiva, per assicurare la fiscalizzazione dei trasferimenti oggetto di soppressione e all'individuazione delle modalità di attribuzione di una quota del gettito dell'IVA riferito alle attività di recupero fiscale. L'esito dell'attività del tavolo dovrebbe consentire di evitare ulteriori rinvii dell'attuazione delle citate disposizioni recate nel D.Lgs. 68/2011.

 

Il termine per l'attuazione delle citate disposizioni (e di altre contenute nel medesimo provvedimento), inizialmente previsto per il 2013, è stato infatti più volte posticipato con interventi legislativi, l'ultimo dei quali è l'art.1, comma 778, della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018).

 

Quanto alla composizione del tavolo tecnico, di esso fanno parte:

i) rappresentanti del Ministero dell'economia (e in particolare del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento delle finanze)

ii) rappresentanti del Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri

iii) rappresentati delle regioni.

 

 

Il comma 2 stabilisce che la partecipazione alle riunioni del tavolo non determina, in capo ai componenti, il diritto a percepire indennità o gettoni di presenza.

 


 

Articolo 73
(Piano di riequilibrio finanziario pluriennale)

 

 

L’articolo 73 consente agli enti che hanno chiesto di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario, tramite la presentazione di un apposito Piano, di ottenere un’anticipazione dal Ministero dell’interno nelle more della valutazione dell’istanza da parte della Corte dei Conti.

Le somme anticipate, a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, sono vincolate al pagamento dei debiti fuori bilancio nei confronti delle imprese e a transazioni e accordi con i creditori.

L’anticipo concesso viene riassorbito in caso di approvazione del Piano di riequilibrio, mentre in caso di diniego del Piano le somme devono essere recuperate.

 

La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è uno strumento straordinario, previsto per gli enti locali in condizione di grave squilibrio strutturale (cd. pre-dissesto), volto a prevenire il dissesto ed a ripristinare gli equilibri finanziari. La procedura, che si colloca nell’ambito di un sistema articolato, nel quale sono previsti diversi strumenti per far fronte alle situazioni di squilibrio delle gestioni, favorisce l’emersione di disavanzi occulti, offrendo agli amministratori un utile strumento di auto-risanamento volto a scongiurare la più grave situazione di dissesto finanziario. In tal modo la gestione della crisi resta affidata agli organi ordinari dell’ente e nel contempo le iniziative di riequilibrio vengono sottoposte alla costante vigilanza delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della verifica della piena sostenibilità economico-finanziaria delle misure indicate dal piano allo scopo di garantire l’effettivo raggiungimento del risanamento dell’ente.

L’articolo 243-bis del TUEL (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000) consente ai comuni e alle province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario di ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, con deliberazione consiliare trasmessa alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno. Il Piano di riequilibrio finanziario pluriennale deliberato dal consiglio dell’ente locale ha una durata compresa tra quattro e venti anni.

L’articolo 243-ter del TUEL prevede, per il risanamento finanziario degli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario, un'anticipazione a valere sul "Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”, nella misura massima stabilita in base ai criteri fissati dal D.M. 11 gennaio 2013 (recante “Accesso al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”).

La sezione regionale di controllo della Corte dei conti delibera sull'approvazione o sul diniego del piano secondo la procedura prevista dall’articolo 243-quater, anche sulla base della relazione effettuata dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali operante presso il Ministero dell'interno, che svolge la fase istruttoria tenendo conto delle Linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti.

 

La disposizione, in particolare, in considerazione dei tempi necessari per la conclusione dell’iter di accoglimento o diniego da parte della Corte dei conti del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, prevede che gli enti i quali fanno istanza di accesso alla procedura di riequilibrio finanziario possono richiedere al Ministro dell’interno un’anticipazione a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali.

La misura massima di tale anticipazione è pari al 50 per cento dell’anticipazione massima concedibile in caso di approvazione del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

La norma pone un vincolo di destinazione delle somme anticipate al pagamento dei debiti fuori bilancio nei confronti delle imprese per beni, servizi e forniture, previo formale riconoscimento degli stessi, nonché a effettuare transazioni e accordi con i creditori.

Le somme anticipate verranno:

§  riassorbite in sede di concessione dell’anticipazione stessa, in caso di approvazione del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti;

§  recuperate dal Ministero dell’interno e versate alla contabilità speciale relativa al citato Fondo di rotazione, in caso di diniego del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti (ovvero di mancata previsione nel predetto piano delle prescrizioni per l’accesso al Fondo di rotazione). In questo caso, il Ministero dell’interno recupera le somme dall’ente locale a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso all’ente e, in caso di incapienza, tramite trattenuta effettuata dall’Agenzia delle entrate sul pagamento all’ente dell’imposta municipale propria (secondo le modalità previste dai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge n. 228/2012).

 


 

Articolo 74
(Rinegoziazione del debito degli enti locali relativo ai prestiti gestiti da Cassa depositi e prestiti S.p.a. per conto del MEF)

 

 

L'articolo 74 introduce la possibilità di rinegoziare i mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. a comuni, province e città metropolitane e trasferiti al MEF.

 

Il comma 1 dispone la possibilità di rinegoziare i mutui specificandone la finalità nella riduzione dell'ammontare di passività a carico degli enti e rinviando al comma 2 per l'indicazione delle caratteristiche che i mutui debbono presentare per poter essere oggetto di rinegoziazione. Mantiene inoltre ferma l'articolazione temporale dei piani di ammortamento.

 

Si ricorda che l'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 dispone la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. Con successivo decreto del MEF del 5 dicembre 2003 sono state determinate, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 5, le funzioni, le attività e le passività della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione che sono trasferite al MEF e quelle assegnate alla gestione separata.

 

Il comma 2 elenca le caratteristiche che devono essere possedute dai mutui alla data del 1° gennaio 2019:

a)   interessi calcolati sulla base di un tasso fisso;

b)  oneri di rimborso a diretto carico dell’ente locale beneficiario dei mutui;

c)   scadenza dei prestiti successiva al 31 dicembre 2022;

d)  debito residuo da ammortizzare superiore a euro 10.000,00;

e)   non rinegoziati ai sensi del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 20 giugno 2003 con il quale la Cassa depositi e prestiti è stata autorizzata a rinegoziare i mutui, di cui risultano intestatari e pagatori i comuni, le province, le comunità montane, isolane o di arcipelago e le unioni di comuni;

f)    senza diritto di estinzione parziale anticipata alla pari;

g)   non oggetto di differimenti di pagamento delle rate di ammortamento autorizzati dalla normativa applicabile agli enti locali i cui territori sono stati colpiti da eventi sismici.

 

Il comma 3 rinvia a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 28 febbraio 2019, l'individuazione dei mutui che possono essere oggetto delle operazioni di rinegoziazione, nonché la definizione dei criteri e delle modalità di perfezionamento di tali operazioni.

 

Il comma 4 fa rientrare la gestione delle attività strumentali al perfezionamento delle operazioni di rinegoziazione nell'ambito della convenzione stipulata dalla Cassa con il MEF ai sensi dell’articolo 4, comma 4, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003.

 


 

Articolo 75
(Riduzione dei costi della politica nelle regioni a statuto speciale, ordinario e nelle province autonome)

 

 

L’articolo 75 interviene sulla disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi in essere in favore di coloro che abbiano rivestito la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale. A tal fine dispone che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con propri provvedimenti, sentita la Conferenza Stato-regioni, rideterminino secondo il metodo del calcolo contributivo, ove non abbiano già provveduto, tale disciplina. In caso di inadempienza, è prevista la decurtazione dell’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, esclusi i trasferimenti destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e del trasporto pubblico locale.

 

Il comma 1 stabilisce che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2019, una quota pari all’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano è erogata a condizione che esse, con le modalità previste dal proprio ordinamento, provvedano a rideterminare la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di:

§  presidente della regione;

§  consigliere regionale;

§  assessore regionale.

 

Si ricorda che in precedenza il decreto-legge n. 174 del 2012 (art. 2, comma 1, lett. m) ha abrogato l'istituto degli "assegni vitalizi" per i consiglieri regionali e ha previsto il passaggio al sistema contributivo, in aderenza con il D.L. n. 138/2011, quale misura indispensabile per non incorrere nel mancato trasferimento di risorse erariali.

L'articolo 14, comma 1, lett. f) del D.L. 138/2011 ha infatti disposto il passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali.

Il decreto-legge n. 174 del 2012 ha escluso dall'ambito di applicazione della norma i "trattamenti già in erogazione" a decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge. La disposizione in esame ricomprende invece i “trattamenti già in essere”.

L'applicazione di gran parte delle disposizioni del DL 174/2012 era condizione per la concessione di una serie di trasferimenti erariali alle regioni (al di fuori di quelli dovuti a titolo di finanziamento del trasporto pubblico locale, delle politiche sociali e del servizio sanitario regionale) a decorrere dal 2013. Inoltre, si prevedeva il commissariamento delle regioni in caso di mancata attuazione delle misure di risparmio (comma 5). Un'ulteriore sanzione consisteva nella decurtazione di una quota dei trasferimenti erariali, corrispondente alla metà delle somme destinate per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e di quelli della giunta. In base a tale disposizione, nelle more dell'attuazione del passaggio al sistema contributivo per i consiglieri, le regioni hanno facoltà di prevedere o corrispondere trattamenti pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale solo a condizione che abbiano compiuto 66 anni di età e abbiano ricoperto tali cariche, anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a 10 anni.

All’entrata in vigore del D.L.174/2012 è seguita, nel 2014, l’adozione di un ordine del giorno dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome, volto ad individuare parametri minimi e comuni per le leggi regionali da adottare sull'istituto dell'assegno vitalizio, con l'obiettivo di disporre di un quadro interregionale omogeneo.

Sono state quindi approvate da parte delle regioni, previsioni normative volte a superare l'istituto degli assegni "vitalizi" per i consiglieri regionali e a ridisciplinare l'intera materia, anche prevedendo riduzioni temporanee.

Tra queste si ricordano in particolare: L.R. 15 maggio 2018, n.11, della regione Calabria; art. 6 L.R. 4 giugno 2018, n. 95 della regione Lazio; L.R. 26 febbraio 2018, n. 1, della regione Valle d’Aosta; L.R. 3 del 2018 della regione Veneto; L.R. 23 aprile 2018, n. 3 della regione Umbria; art. 12 L.R. 28 luglio 2017, n. 23 della regione Campania; L.R 29 maggio 2017, n. 10 della regione Basilicata; L.R. 13 febbraio 2015, n. 2, della regione Friuli Venezia Giulia; L.R. 24 novembre 2014, n. 12 della regione Lazio; L.R. 23 settembre 2014, n. 49 della regione Lombardia; L.R. 18 aprile 2014, n. 11 e L.R. 4 maggio 2015, n. 9, della regione Molise; L.R. 15 dicembre 2014, n. 21 della regione Piemonte (che è successivamente intervenuta nuovamente sulla materia con la L.R. 5/2017 recante misure di trasparenza in materia di assegni vitalizi); L.R. 29 dicembre 2014, n. 86 e art. 2 L.R. 20 luglio 2018, n. 37 della regione Toscana; L.R. 11 luglio 2014 n. 4 e n. 5 della regione Trentino Alto Adige; L.R. 23 dicembre 2014, n. 43 della regione Veneto. Per la regione Sardegna l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale ha approvato la delibera 18 dicembre 2014, n. 31.

 

Sono espressamente esclusi dall’eventuale riduzione i trasferimenti destinati al finanziamento dei seguenti settori:

§  Servizio sanitario nazionale;

§  politiche sociali e per le non autosufficienze;

§  trasporto pubblico locale.

 

Si ricorda che i trasferimenti erariali alle regioni a statuto ordinario hanno registrato una contrazione nel corso degli anni. Benché la riforma che avrebbe dovuti trasformarli in entrate tributarie proprie, avviata con la legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, non è ancora attuata (rinviata più volte, da ultimo la legge di bilancio 2018 ha fissato la data del 2020), tali trasferimenti costituiscono attualmente una piccola parte delle entrate regionali. La parte più cospicua di essi finanzia il trasporto pubblico locale, l’assistenza e le politiche sociali, il diritto allo studio e l’edilizia scolastica, la politica abitativa, interventi nel campo della prevenzione e dell’edilizia sanitaria (non è qui enunciato il fondo sanitario nazionale, in quanto finanziato da entrate regionali e trasferimenti perequativi secondo una specifica disciplina. Secondo gli ultimi dati disponibili, la spesa sanitaria assorbe, per il 2015, in media l’83,33% della spesa corrente nelle regioni a statuto ordinario e il 46,10 di quelle a statuto speciale -Corte di conti, Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni. Esercizio 2015, giugno 2017, p. 249).

Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale e le province autonome, il sistema di finanziamento di quegli enti non prevede trasferimenti erariali, se non limitati a specifici interventi che non rientrano nelle competenze dell’ente. Le funzioni ordinarie attribuite a ciascun ente da norme statuarie sono infatti finanziate con le quote di compartecipazione ai tributi erariali riscossi nel proprio territorio, stabilite anch’esse da norme statutarie.

La quantificazione dei trasferimenti erariali alle regioni non è compito agevole. L’ultima analisi accurata è stata fatta in occasione dell’Audizione della Corte dei conti sui Trasferimenti finanziari agli enti territoriali nel maggio 2016, davanti la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo amministrativo, a cui si rinvia per approfondimenti.

 

I termini temporali per la rideterminazione dei trattamenti sono fissati in 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi il termine è il 1° maggio 2019). Se siano necessarie modifiche statutarie, il termine è di 6 mesi (1° luglio 2019).

 

Come si legge nella relazione tecnica: “Le disposizioni di cui al presente articolo, essendo volte a garantire una riduzione dei costi della politica nelle regioni a statuto speciale, ordinario e nelle province autonome, sono suscettibili di determinare risparmi di spesa per la finanza pubblica, in atto, non quantificabili”.

 

Il comma 2 indica le modalità di rideterminazione dei trattamenti in essere che dovranno essere ricalcolati secondo il metodo contributivo, previo parere della Conferenza Stato-regioni entro il 31 marzo 2019.

 

Si ricorda, in proposito, che il calcolo dei trattamenti secondo il metodo contributivo per le prestazioni previdenziali dei lavoratori dipendenti tiene conto di una serie articolata di parametri, definiti da diversi atti normativi primari e secondari (per una disamina complessiva si veda il dossier del Servizio studi, Rideterminazione dell’importo delle pensioni superiori a 4.500 euro mensili. A.C. 1071, 24 settembre 2018).

Entro i 15 giorni successivi all’adempimento, le regioni documentano l’adempimento della rideterminazione dei trattamenti con una comunicazione al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. A sua volta, il Dipartimento, entro i successivi 15 giorni, comunica al Ministero dell’economia e delle finanze il rispetto degli adempimenti o la riduzione lineare dei trasferimenti in caso di inadempimento. I trasferimenti sono riconosciuti per intero a partire dall’esercizio in cui la regione abbia adempiuto (comma 3).

Viene dunque posto in capo al Dipartimento per gli affari regionali un potere di “verifica” della rispondenza dei provvedimenti adottati dalle regioni - a statuto ordinario e a statuto speciale – rispetto alle prescrizioni del presente articolo, verifica che rileva ai fini del successivo trasferimento dei trasferimenti erariali.

Considerato che il calcolo dei trattamenti secondo il metodo contributivo si fonda - per le prestazioni previdenziali dei lavoratori dipendenti – su una serie articolata di parametri, che la disposizione in esame affida all’autonomia delle regioni, pare suscettibile di valutazione secondo quali criteri e modalità potrà essere svolta una verifica da parte del Dipartimento per gli affari regionali riguardo al rispetto delle previsioni di cui al presente articolo.

 

La giurisprudenza della Corte costituzionale sulla previsione di vincoli ed obiettivi nella disciplina delle attribuzioni dei consiglieri regionali, anche in considerazione della situazione di eccezionale gravità del contesto finanziario, ha dato una lettura estensiva delle norme di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Pur ribadendo, in via generale, che possono essere ritenuti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi», la Corte ha, nei fatti, avallato le scelte del legislatore statale di introdurre vincoli specifici per il contenimento della spesa delle regioni e degli enti locali, quali, ad esempio, quelli relativi alle riduzioni di spesa per incarichi di studio e consulenza (sentenza n. 262 del 2012), all'obbligo di soppressione o accorpamento da parte degli enti locali di agenzie ed enti che esercitino funzioni fondamentali e funzioni loro conferite (sentenza n. 236 del 2013), alla determinazione del numero massimo di consiglieri e assessori regionali e alla riduzione degli emolumenti dei consiglieri (sentenze n. 198 del 2012 e n. 23 del 2014).

In particolare, con le sentenze n. 198 del 2012 e n. 23 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle regioni, che evidenziavano come la previsione del passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali costituisse non un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica ma una disposizione di dettaglio. In quelle sentenze la Corte ha affermato che, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, nell'esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica, «lo Stato deve limitarsi a porre obiettivi di contenimento senza prevedere in modo esaustivo strumenti e modalità per il loro perseguimento, in modo che rimanga uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale (sentenza n. 182 del 2011); che i vincoli imposti con tali norme possono «considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un “limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa” (sentenza n. 236 del 2013, sentenza n. 182 del 2011, nonché sentenze n. 297 del 2009; n. 289 del 2008; n. 169 del 2007)»; che la disciplina dettata dal legislatore non deve ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell'intervento normativo rispetto all'obiettivo prefissato (sentenze n. 236 del 2013 e n. 326 del 2010)». Circa il rapporto tra principi fondamentali e disciplina di dettaglio la Corte ha rilevato che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest'ottica, «possono essere ricondotti nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario (sentenze n. 52 del 2010, n. 237 del 2009 e n. 417 del 2005).

 

Ai sensi del comma 4, la regione che non adegui il proprio ordinamento a quanto disposto dall’articolo in esame entro i termini stabiliti, è assegnato il termine di 60 giorni per provvedervi, ai sensi della disciplina sul potere sostitutivo dello Stato (art. 8 legge 131/2003).

 

Secondo l’art. 120, secondo comma. Cost. il Governo può sostituirsi a organi di regioni ed enti locali nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

In tali casi, il Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario (L. 131/2003, art. 8).

 

Si ricorda che nella XVIII legislatura l'Ufficio di Presidenza della Camera, nella riunione del 12 luglio 2018, ha approvato una deliberazione concernente la rideterminazione, secondo il metodo di calcolo contributivo, della misura degli assegni vitalizi e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, nonché dei trattamenti previdenziali di reversibilità di coloro che hanno rivestito la carica di deputati, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011. Le nuove misure avranno efficacia dal 1° gennaio 2019. Una analoga misura è stata deliberata dal Consiglio di Presidenza del Senato il 16 ottobre 2018.

 

Si ricorda inoltre che nel corso della XVII legislatura la materia dei vitalizi e del trattamento pensionistico dei parlamentari e dei consiglieri regionali era stata oggetto di esame parlamentare: nella seduta del 26 luglio 2017 la Camera dei deputati ha approvato un testo volto a disporre l'applicazione di un nuovo trattamento previdenziale contributivo e la rideterminazione dei trattamenti e vitalizi in essere. Il testo è stato trasmesso al Senato (A.S. 2888) dove l'esame in sede referente non si è concluso prima della fine della legislatura.

Quanto evidenziato nel corso delle audizioni su tale provvedimento è consultabile al seguente link documenti acquisiti nel corso delle audizioni. Per i contenuti della principale giurisprudenza costituzionale in materia di interventi normativi volti a ridefinire, retroattivamente, i trattamenti in essere si rinvia al dossier del Servizio Studi, Rideterminazione dell’importo delle pensioni superiori a 4.500 euro mensili. A.C. 1071, 24 settembre 2018).


 

Articolo 76
(Fondo aree di confine)

 

 

L’articolo 76 aumenta lo stanziamento del Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano per l’anno 2019 e 2020, estendendone la dotazione finanziaria anche all’anno 2021.

 

In particolare, la disposizione rifinanzia il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, incrementando di 5 milioni di euro le risorse stanziate per l’anno 2019 e per l’anno 2020 (da 5 a 10 milioni per il 2019 e da 10 a 15 milioni per il 2020), ed assegnando 15 milioni di euro per l’anno 2021.

Di conseguenza, il Fondo - gestito dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri ed iscritto presso il bilancio della Presidenza stessa (cap. 446) - risulta ora dotato di 10 milioni di euro per il 2019 e di 15 milioni per ciascun anno degli anni 2020 e 2021.

A tal fine, viene modificato l’articolo 1, comma 1159, della legge di bilancio per il 2018, il quale ha rifinanziato il Fondo per il triennio 2018-2020, ridefinendone la disciplina e individuando, come beneficiari, i soli comuni della Regioni Veneto appartenenti alle province di Belluno, Treviso e Venezia confinanti con la Regioni Friuli Venezia-Giulia.

 

Il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano è stato istituito dall’articolo 6, comma 7, del D.L. 81/2007 (cd. “Fondo Letta”), e poi successivamente modificato dall’articolo 35 del D.L. n. 159/2007 e dall’articolo 2, comma 45, della legge n. 203/2008 (finanziaria 2009).

I destinatari del fondo erano individuati nelle tre macroaree costituite dai territori confinanti con le tre Regioni a Statuto speciale: Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. I criteri di ripartizione delle risorse del Fondo tra le tre macroaree sono stati definiti con il D.P.C.M. 13 ottobre 2011, che ne ha altresì individuato i singoli comuni beneficiari. Per la ripartizione delle risorse degli anni 2007-2011[57], cfr. Decreto del 14 settembre 2012.

Il Fondo, che dal 2011 non presentava più alcuna dotazione in bilancio, è stato poi rifinanziato dalla legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 1159) nell’importo di 1 milione di euro per l’anno 2018, 5 milioni per l’anno 2019 e 10 milioni di euro per l’anno 2020.

La legge di bilancio per il 2018 ha altresì introdotto una nuova disciplina del Fondo, destinato al finanziamento di progetti di sviluppo economico e di integrazione, individuandone come beneficiari i soli comuni della Regione Veneto appartenenti alle province di Belluno, Treviso e Venezia confinanti con la Regione Friuli Venezia-Giulia. Si tratta, nello specifico, di 66 comuni della regione Veneto confinanti con la regione Friuli Venezia Giulia, di cui 51comuni appartenenti alla provincia di Belluno, 7 comuni della provincia di Venezia e 8 Comuni della provincia di Treviso.

Il Fondo, gestito dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, viene erogato sulla base di criteri e modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tenendo conto della effettiva condizione di svantaggio del comune in termini sociali, economici e morfologici. Il D.P.C.M. è emanato sentite la Conferenza unificata e le Commissioni parlamentari competenti.

In caso di mancata o parziale realizzazione degli interventi finanziati dal Fondo, si dispone che le corrispondenti risorse già assegnate sono versate ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Fondo.


 

Articolo 77
(Fondo nazionale della montagna)

 

 

L’articolo 77 dispone il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna per un importo di 10 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021

 

Il Fondo nazionale per la montagna, istituito dall’articolo 2 della legge n. 97 del 1994, è iscritto nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7469). Le risorse vengono poi trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (cap. 932), in quanto competente in materia di montagna.

Le risorse del Fondo sono ripartite fra le Regioni secondo i criteri stabiliti con deliberazione del CIPE. L’ultimo finanziamento del Fondo per la montagna è stato autorizzato dall’articolo 1, comma 761, della legge n. 208/2015 nella misura originaria di 5 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Tali risorse non risultano ancora state oggetto di ripartizione da parte del CIPE.

Per quanto concerne i criteri di ripartizione, l’ultima deliberazione del CIPE (Delibera n. 10 del 18 febbraio 2013, relativa alla ripartizione delle risorse stanziate per il 2010) stabilisce i seguenti criteri: estensione del territorio montano; popolazione residente nelle aree montane; salvaguardia dell'ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali; reddito medio pro-capite; livello dei servizi; entità dei trasferimenti finanziari ordinari e speciali.


 

Articolo 78
(Fabbisogno finanziario delle università)

 

 

L’articolo 78 ridefinisce, per il periodo 2019-2025, i criteri per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario programmato delle università statali, ai fini del concorso di tali enti alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

 

In particolare, il comma 1 prevede che il sistema universitario statale concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, per il periodo dal 2019 al 2025, garantendo che il fabbisogno finanziario complessivamente generato dal comparto in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno realizzato nell’anno precedente, incrementato del tasso di crescita del PIL reale stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza.

 

Ai fini della formulazione della norma andrebbe precisato se con la dicitura fabbisogno realizzato si intenda il fabbisogno determinato a consuntivo.

 

Non concorrono al calcolo del fabbisogno finanziario in questione le riscossioni ed i pagamenti sostenuti per investimenti e per attività di ricerca e innovazione sul territorio nazionale.

Al riguardo, la relazione tecnica precisa che le riscossioni ed i pagamenti per la ricerca, oggetto di esclusione, si riferiscono esclusivamente alle riscossioni ed ai pagamenti direttamente imputabili all’attività progettuale degli atenei.

 

In materia di fabbisogno finanziario programmato del sistema universitario statale, si ricorda che, per il triennio 2016-2018, l’art. 1, co. 747-748, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) aveva stabilito che continuavano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 1, co. 637, della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007), in base alle quali il fabbisogno finanziario complessivamente generato dal comparto non poteva essere superiore al fabbisogno determinato a consuntivo nell'esercizio precedente, incrementato del 3%[58].

Il medesimo co. 637 stabiliva anche che il Ministro dell’istruzione, dell'università e della ricerca procedeva annualmente alla determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascun ateneo, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse e delle esigenze di razionalizzazione del sistema universitario, garantendo l'equilibrata distribuzione delle opportunità formative.

 

Il comma 2 disciplina la fase transitoria del nuovo calcolo del fabbisogno, prevedendo che, nelle more della piena attuazione del sistema SIOPE +, per il solo anno 2019 non concorrono al calcolo del fabbisogno finanziario soltanto ed esclusivamente i pagamenti per investimenti.

In merito, la relazione illustrativa precisa che l’esclusione limitata alle sole spese per investimenti dipende dal fatto che il monitoraggio infrannuale delle spese di ricerca potrà avvenire esclusivamente a seguito della piena attuazione del sistema SIOPE +, in vigore per il sistema universitario statale (ai sensi del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 30 maggio 2018) a decorrere dal 1° gennaio 2019 e che le riscossioni per ricerca e investimenti vengono contabilizzate dagli atenei, nel loro complesso, all’interno del macro aggregato “Contributi agli investimenti”, di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 5 settembre 2017, in vigore dal 1° gennaio 2018.

Pertanto, il fabbisogno programmato per il 2019 viene determinato sulla base del fabbisogno programmato per il 2018, calcolato al netto della media dei pagamenti per investimenti dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.

Per il 2019, la Nota di aggiornamento del DEF 2018, presentata a ottobre 2018 (Doc. LVII, n. 1-bis), indica una crescita del PIL reale programmatico per l’anno 2019 all’1,5 per cento (cfr. Tavola II.4, pag. 44).

 

L’art. 1, comma 533, della legge 11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017) ha previsto l’evoluzione della rilevazione SIOPE in SIOPE+, al fine di migliorare il monitoraggio dei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche attraverso l’integrazione delle informazioni rilevate da SIOPE[59] con quelle delle fatture passive registrate dalla Piattaforma elettronica dei crediti commerciali (PCC) e, in prospettiva, di seguire l’intero ciclo delle entrate e delle spese. Il sistema SIOPE chiede a tutte le amministrazioni pubbliche di:

§  ordinare incassi e pagamenti al proprio tesoriere o cassiere utilizzando esclusivamente ordinativi informatici, emessi secondo lo standard definito dall'Agenzia per l'Italia digitale (Agid);

§  trasmettere gli ordinativi informatici al tesoriere/cassiere solo ed esclusivamente per il tramite dell’infrastruttura SIOPE (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici), gestita dalla Banca d’Italia.

L’evoluzione da SIOPE a SIOPE+ è realizzata attraverso successivi decreti del Ministero dell’economia e delle finanze che, gradualmente, estenderanno i nuovi adempimenti a tutte le Amministrazioni pubbliche. Le prime applicazioni del progetto SIOPE+ sono state disciplinate dal decreto MEF del 14 giugno 2017 e dal decreto MEF del 25 settembre 2017, riguardanti, rispettivamente, l’avvio della sperimentazione dal 1° luglio 2017 per n. 7 enti (1 regione, 1 provincia e 5 comuni) e poi dal 1°ottobre 2017 per ulteriori n. 23 enti (1 regione, 1 città metropolitana, 4 province, 17 comuni), per un totale di 30 enti sperimentatori e l’avvio a regime dal 1° gennaio 2018 per tutte le regioni e le Province autonome, le città metropolitane, le province; dal 1° aprile 2018 per Comuni oltre 60.000 abitanti; dal 1° luglio 2018 per Comuni da 10.001 a 60.000 abitanti; dal 1° ottobre 2018 per Comuni fino a 10.000 abitanti; nonché per le aziende sanitarie e ospedaliere. Con il D.M. economia del 30 maggio 2018 è stato esteso l’avvio a regime dal 1° gennaio 2019 per ulteriori enti rientranti tra le pubbliche amministrazioni, tra cui le università.

 

Per l’anno 2020, il comma 3 dispone che il fabbisogno programmato è determinato sulla base del fabbisogno realizzato per il 2019, calcolato al netto della differenza tra la media delle riscossioni e dei pagamenti per ricerca dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.

 

Il comma 4 demanda la definizione delle modalità tecniche di attuazione delle disposizioni recante dai commi 1-3 a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

Quanto alla procedura di determinazione del fabbisogno per ciascuna università, il comma 5 dispone che, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il MEF comunica al MIUR l’assegnazione del fabbisogno finanziario del sistema universitario statale nel suo complesso.

Entro il 15 marzo di ciascun anno il MIUR procede, poi, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), alla determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascuna università, tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse, nonché – e ciò costituisce una novità rispetto alla normativa vigente – di eventuali esigenze straordinarie degli atenei. È assicurata comunque l’equilibrata distribuzione del fabbisogno, al fine di garantire la necessaria programmazione delle attività di didattica e della gestione ordinaria.

 

Al fine di monitorare costantemente il fabbisogno finanziario realizzato da ciascuna università statale nel corso di ciascun esercizio, il comma 6 stabilisce che entro il 10 del mese successivo a quello di riferimento, il MEF provvede a pubblicare la scheda riepilogativa del fabbisogno finanziario, riferita ai singoli atenei, all’interno dell’area riservata della banca dati amministrazioni pubbliche, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009, denominata «Banca dati delle amministrazioni pubbliche» (BDAP).

 

Infine, il comma 7 dispone che, a decorrere dal 2021, il MIUR stabilisce, per gli atenei statali che non hanno rispettato il fabbisogno finanziario programmato nell’esercizio precedente, penalizzazioni economiche, nell’ambito dei criteri di ripartizione delle risorse ordinarie del FFO, commisurate allo scostamento registrato, nel rispetto del principio di proporzionalità.

 

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione del MIUR (cap. 1694) dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie[60].

 


 

TITOLO VIII – ESIGENZE EMERGENZIALI

Articolo 79, commi 1 e 2
(Esenzione IMU e proroga sospensione mutui
su immobili inagibili sisma 2012)

 

 

L’articolo 79, commi 1 e 2, proroga al 31 dicembre 2019 l’esenzione IMU e la sospensione delle rate dei mutui in essere con banche o intermediari finanziari nei comuni dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012

 

Il comma 1, proroga l’esenzione dall’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, adottate entro il 30 novembre 2012, per i comuni dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 e individuati dall’articolo 2-bis, comma 43, del decreto legge 16 ottobre 2017, n. 148, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati stessi e comunque non oltre il 31 dicembre 2019.

 

Per un’analisi approfondita delle disposizioni emanate nella XVI legislatura per il terremoto 2012 si rinvia al tema "Il terremoto in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto" contenuto nel dossier della Camera dei deputati di inizio della XVII legislatura.

 

Si ricorda che l’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 aveva fissato il predetto termine al 31 dicembre 2018.

Si rammenta inoltre che con il decreto legge n.148 del 2017, articolo 2-bis, comma 44, è stata disposta la proroga al 31 dicembre 2020 del termine di scadenza dello stato di emergenza. In particolare, il perimetro dei comuni dell'Emilia-Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 ed interessati dalla proroga dello stato di emergenza e della relativa normativa emergenziale è composto da (comma 43): Bastiglia, Bomporto, Bondeno, Camposanto, Carpi, Cavezzo, Cento, Concordia sulla Secchia, Crevalcore, Fabbrico, Ferrara, Finale Emilia, Galliera, Guastalla, Luzzara, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, Pieve di Cento, Poggio Renatico, Ravarino, Reggiolo, Rolo, San Felice sul Panaro, San Giovanni in Persiceto, San Possidonio, San Prospero, Soliera, Terre del Reno, Vigarano Mainarda.

 

Il comma 2 proroga inoltre fino al 31 dicembre 2019 la sospensione delle rate dei mutui in essere con banche o intermediari finanziari per i soggetti che abbiano residenza o sede legale o operativa in uno dei comuni citati, ovvero in un comune colpito dagli eventi alluvionali del 17 e 19 gennaio 2014 o da eccezionali eventi atmosferici nel periodo tra il 30 gennaio e il 18 febbraio 2014, che siano titolari di mutui ipotecari o chirografari relativi a edifici distrutti, inagibili o inabitabili, anche parzialmente, ovvero relativi alla gestione di attività di natura commerciale ed economica svolte nei medesimi edifici.

 

Il termine, da ultimo, era stato prorogato al 31 dicembre 2018 dall’articolo 1, comma 726, della legge di bilancio 2018. Tale comma aveva prorogato al 31 dicembre 2018 il termine relativo alla sospensione di mutui ipotecari o chirografari relativi a edifici distrutti, inagibili o inabitabili, anche parzialmente, ovvero relativi alla gestione di attività di natura commerciale ed economica svolte nei medesimi edifici, previa presentazione di autocertificazione del danno subito nei territori colpiti da taluni eventi alluvionali del 2014 nei territori già colpiti dal sisma del 2012.

 

Il secondo periodo del comma 2, dispone che per gli oneri previsti al primo periodo si provvede, nel limite di 200.000 euro per l’anno 2019, con le risorse di cui alle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale e intestate ai presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Nello specifico, tali risorse provengono dal Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e dalle erogazioni liberali.

 


 

Articolo 79, comma 3
(Proroga stato di emergenza sisma Centro Italia)

 

 

L'articolo 79, comma 3, proroga al 31 dicembre 2019 lo stato di emergenza per i territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi dall'agosto del 2016 nel centro Italia. Inoltre incrementa di 360 milioni di euro la dotazione per il 2019 del Fondo per le emergenze nazionali.

 

L'articolo in esame interviene sull'articolo 1 del decreto-legge n. 189 del 2016, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016, già modificato da successive disposizioni.

In particolare, novella il comma 4-bis che attualmente disciplina una proroga al 31 dicembre 2018 dello stato di emergenza per le aree terremotate (già prorogato con successivi provvedimenti) e definisce la copertura dei relativi oneri finanziari. La modifica prevede la soppressione del secondo periodo della disposizione, che prevede la possibilità di concedere un'ulteriore proroga con deliberazione del Consiglio dei Ministri per un periodo complessivo di dodici mesi, in deroga alle disposizioni del nuovo codice della protezione civile.

Si ricorda che il nuovo codice di protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, all'articolo 24, comma 3, stabilisce un limite temporale allo stato di emergenza di rilievo nazionale, che non può superare i dodici mesi prorogabili per non più di ulteriori dodici. Lo stato di emergenza dichiarato nel 2016 con deliberazione del Consiglio dei ministri del 25 agosto 2016, successivamente esteso in relazione ai successivi eventi, con deliberazione, rispettivamente, del 27 e del 31 ottobre 2016 e del 20 gennaio 2017, era già stato prorogato fino al 28 febbraio 2018.

Il comma 4-bis è stato introdotto in sede di conversione del decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, recante misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Per dettagli si veda il Dossier n. 22/1.

 

L’articolo introduce quindi il nuovo comma 4-ter che estende il periodo di emergenza fino al 31 dicembre 2019; per l'anno 2019 incrementa di 360 milioni di euro la dotazione del Fondo per le emergenze nazionali, di cui all'articolo 44 del nuovo codice della protezione civile.

Questo prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della protezione civile, di un Fondo destinato a finanziare gli interventi conseguenti agli eventi per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza di rilievo nazionale.

Per una ricostruzione di tutte le precedenti proroghe e delle risorse già stanziate, si veda il documento di analisi DA/21 "Ricostruire".

Articolo 79, comma 4
(Proroga gestione straordinaria sisma Centro Italia)

 

 

L’articolo 79, comma 4, proroga dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2020 la gestione straordinaria finalizzata alla ricostruzione post sisma del centro Italia. La proroga riguarda, nei limiti di spesa previsti per il 2018, anche gli Uffici speciali per la ricostruzione, la struttura alle dipendenze del Commissario straordinario e del personale assunto da Comuni e dal Dipartimento della Protezione civile a fronte dell'emergenza. Il comma dispone inoltre la proroga automatica, fino alla data della proroga prevista del personale distaccato, comandato, fuori ruolo o altro, presso gli Uffici per la ricostruzione e la struttura commissariale.

 

Il comma 4 proroga fino al 31 dicembre 2020 il termine della gestione straordinaria finalizzata alla ricostruzione che l'articolo 1, comma 4 del decreto-legge n. 189 del 2016 aveva fissato al 31 dicembre 2018. Ciò al fine di garantire un'accelerazione del processo di ricostruzione, la progressiva cessazione delle funzioni commissariali e la riassunzione delle stesse da parte degli enti competenti.

La suddetta proroga interessa anche le disposizioni di cui gli articoli 3, 50 e 50-bis del decreto che riguardano rispettivamente: gli Uffici speciali per la ricostruzione e la relativa dotazione di personale; la struttura facente capo al Commissario straordinario; il personale dei Comuni e del Dipartimento delle Protezione civile reclutato per far fronte all'emergenza sismica.

In particolare, l'articolo 3, prevede l'istituzione da parte delle Regioni (Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria) e dai Comuni interessati, di Uffici speciali per la ricostruzione con compiti istruttori di supporto agli enti locali. A tali uffici è assegnato personale distaccato o comandato dalle Regioni e dai Comuni, oppure assunto con forme contrattuali flessibili, o ancora assegnato nell'ambito delle 225 unità di cui si avvale la struttura commissariale.

L'articolo 50 prevede che il Commissario straordinario provvede all'attuazione degli interventi ivi previsti con i poteri conferitigli, in piena autonomia amministrativa, finanziaria e contabile e disciplina l'articolazione interna della propria struttura. Oltre al personale già assegnato con DPR 9 settembre 2016 (articolo 2) la struttura commissariale può avvalersi di ulteriori risorse fino ad un massimo 225 unità di personale (di cui 100 unità provenienti da amministrazioni pubbliche), destinate a operare presso gli uffici speciali per la ricostruzione, a supporto delle Regioni e dei Comuni ovvero presso la struttura commissariale centrale per funzioni di coordinamento e raccordo con il territorio.

L'articolo 50-bis stabilisce che, ferma restando la struttura degli Uffici speciali per la ricostruzione, i Comuni specificati dagli allegati 1 e 2 del decreto-legge n. 189 del 2016, possano assumere, per ciascuno degli anni 2017 e 2018, fino al 700 unità di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo-contabile o incrementare la durata di contratti a tempo parziale già in essere. Analogamente il Dipartimento della Protezione civile può assumere con contratto a tempo determinato della durata di un anno fino a un massimo di 20 unità di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo-contabile e prorogare contratti in essere fino alla scadenza dello stato di emergenza.

Per maggiori dettagli si veda il Dossier DA/21 (paragrafo Governance) a cura dell'Ufficio Valutazione Impatto del Senato, nonché il tema “Terremoti”, curato dal Servizio studi della Camera.

 

La proroga si applica nei limiti di spesa annui previsti per il 2018 in base alle disposizioni richiamate.

Tali disposizioni prevedono:

§  3 milioni di euro per gli Uffici speciali per la ricostruzione;

§  15 milioni di euro per la struttura commissariale, con la previsione che agli eventuali maggiori oneri si fa fronte con le risorse disponibili sulla contabilità speciale, entro il limite massimo di 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.;

§  29 milioni di euro per il personale dei comuni e del Dipartimento della protezione civile.

 

Il comma in esame dispone che a partire dal giorno della pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale, il personale in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altro istituto analogo presso gli Uffici per la ricostruzione e la struttura Commissariale (con riferimento alle 100 unità provenienti dalle amministrazioni pubbliche) è prorogato automaticamente fino alla data della proroga indicata dal precedente periodo (31 dicembre 2020), salvo espressa rinuncia da parte degli interessati.

 


 

Articolo 79, comma 5
(Rifinanziamento delle misure di sostegno dell'autotrasporto)

 

 

L’articolo 79, comma 5, assegna agli autotrasportatori 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, al fine di compensare il settore delle maggiori spese conseguenti al crollo del ponte Morandi di Genova.

 

Il comma 5 dell'articolo 79 stanzia 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020, al fine di consentire il ristoro delle maggiori spese affrontate dagli autotrasportatori in conseguenza del crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018.

Le spese che gli autotrasportatori negli ultimi quattro mesi sono stati costretti ad affrontare derivano dalla forzata percorrenza di tratti autostradali aggiuntivi rispetto ai normali percorsi e nelle difficoltà logistiche dipendenti dall'ingresso e dall'uscita delle aree urbane e portuali.

 

In proposito è opportuno ricordare che il comma 3 dell’articolo 5 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, cd. Decreto Genova, in corso di conversione (si veda l'AS 909), autorizza una spesa pari a 20 milioni di euro per l’anno 2018, che sono trasferiti direttamente alla contabilità speciale intestata al Commissario delegato (ai sensi di una modifica introdotta nel corso dell'esame per la conversione alla Camera), a sostegno degli autotrasportatori a copertura delle maggiori spese da questi sostenute per la forzata percorrenza di tratti autostradali e stradali (il riferimento ai tratti stradali è stato inserito nel corso dell'esame alla Camera) aggiuntivi rispetto ai normali percorsi e per le difficoltà logistiche dipendenti dall’ingresso e dall’uscita delle aree urbane e portuali. La definizione delle tipologie di spesa ammesse a ristoro, nonché i criteri e le modalità per l’erogazione a favore degli autotrasportatori delle risorse, nei limiti delle disponibilità sono rimesse ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Commissario delegato, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 


 

Articolo 79, comma 6
(Zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova)

 

 

L’articolo 79, comma 6 autorizza una spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per la zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova.

 

Si ricorda che l’articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, ha istituito la zona franca nel territorio della Città metropolitana di Genova.

In particolare, si prevede che le imprese che hanno la sede principale o una sede operativa all'interno della zona franca e che hanno subìto a causa dell’evento una riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 14 agosto 2018 al 30 settembre 2018, rispetto al valore mediano del corrispondente periodo dell'ultimo triennio 2015-2017, possono richiedere, ai fini della prosecuzione delle proprie attività nel Comune di Genova, specifiche agevolazioni.

 

In dettaglio, il comma 6 autorizza la spesa di 50 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per il finanziamento della zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova.

 

Per l’istituzione della ZFU nella Città Metropolitana di Genova si rimanda al dossierDisposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze” dei Servizio studi di Camera e Senato.

Si rammenta, in questa sede che le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Possono beneficiare delle agevolazioni le piccole e micro imprese (nel caso della ZFU Sisma Centro Italia le imprese di qualsiasi dimensione nonché i titolari di reddito di lavoro autonomo) che alla data di presentazione della domanda: hanno la sede principale o l’unità locale dove si svolge l’attività all’interno della ZFU; sono regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese; sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali.

Con decreto interministeriale 5 giugno 2017, per i nuovi bandi l'accesso alle agevolazioni è esteso ai professionisti. I settori ammessi, nel rispetto dei regolamenti de minimis della Unione Europea, sono individuati dalle norme istitutive e di regolazione delle singole ZFU. Le agevolazioni consistono in: esenzione dalle imposte sui redditi; esenzione dall'IRAP; esenzione dall'imposta municipale propria; esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.

Per una ricognizione completa della normativa che disciplina le Zone franche urbane si rimanda all’approfondimento Le attuali Zone Franche Urbane (ZFU) sul Portale della documentazione.


 

Articolo 79, commi 7 e 8
(Finanziamento del piano di investimenti straordinario
del porto di Genova)

 

 

L’articolo 79, commi 7 e 8 attribuisce all’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale un finanziamento pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020, 2021 e 2022.

 

Gli interventi finanziati sulla base della citata disposizione normativa sono finalizzati al contrasto degli effetti negativi, diretti ed indiretti, derivanti dal crollo del ponte Morandi, attraverso la realizzazione di piani di sviluppo portuali, dell’intermodalità e dell’integrazione città-porto.

I finanziamenti sono finalizzati anche alla realizzazione di interventi di completamento di opere in corso, di attuazione di accordi di programma e di attuazione di piani di recupero di beni demaniali dismessi.

 

Si ricorda che in fase di conversione del decreto-legge n. 109 del 2018 è stato introdotto l’articolo 9-bis che ha previsto l’adozione da parte del Commissario straordinario, di un programma straordinario di investimenti urgenti per la ripresa e lo sviluppo del porto e delle relative infrastrutture di accessibilità e per il collegamento intermodale dell'aeroporto Cristoforo Colombo con la città di Genova.

 

Con riferimento a tale piano di interventi in particolare si prevede che il Commissario Straordinario di cui all'articolo 1, comma 1,del decreto-legge n. 109 del 2018 adotti, entro il 15 gennaio 2019, con propri provvedimenti, su proposta dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, il citato programma, da realizzare a cura della medesima Autorità di Sistema Portuale entro 36 mesi dalla data di adozione del provvedimento commissariale, con le deroghe di cui all'articolo 1 del medesimo decreto-legge n. 109, nei limiti delle risorse finalizzate allo scopo, ivi incluse le risorse previste nel bilancio dell'Autorità di Sistema Portuale e da altri soggetti.

 

Il decreto-legge n. 109 del 2018 prevede anche ulteriori disposizioni dirette a sostenere il sistema portuale ligure in relazione alle conseguenze derivanti dal crollo del cosiddetto “ponte Morandi”. Si prevede in particolare la progettazione e realizzazione di infrastrutture ad alta automazione per ottimizzare i flussi veicolari logistici in entrata e in uscita dal porto di Genova, ivi inclusa la realizzazione del varco di Ponente (articolo 6), alle quali sovraintende il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (per le quali sono stanziati 30 milioni complessivi assegnati nel biennio 2018-2020); la realizzazione di una zona logistica semplificata nell’area del porto e del “retroporto” di Genova (articolo 7) e il riconoscimento per gli anni 2018 e 2019 ai porti ricadenti nell’ambito della Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale di una quota del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti, di cui all’articolo 18- bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, pari al 3 per cento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sull’importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto nel limite di 30 milioni di euro annui (art. 9). L'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale è inoltre autorizzata ad assumere, per gli anni 2018 e 2019, con contratti di lavoro a tempo determinato, venti unità di personale con funzioni di supporto operativo e logistico all'emergenza, con imputazione dei relativi oneri a valere sulle risorse del bilancio dell'Autorità medesima (art. 2, comma 3-bis).

Si ricorda inoltre che l’articolo 23, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018 prevede un incremento del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti di cui all’articolo 18-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, pari a 15 milioni di euro per l’anno 2018 da assegnare all’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale.

 

Con riguardo alle modalità di finanziamento delle Autorità di sistema portuale ai sensi dell’articolo 18-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nonché per approfondimenti in merito alle Zone logistiche semplificate si rinvia ai relativi paragrafi del tema “Il sistema portuale e il trasporto marittimo e su vie navigabili interne”.

 


 

TITOLO IX – DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENTRATE

Capo I – Disposizioni in materia di entrate tributarie

Articolo 80
(Prelievo erariale unico sugli apparecchi da divertimento - PREU)

 

 

L'articolo 80 incrementa dello 0,5 per cento le aliquote da utilizzare per determinare il prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito.

 

La norma incrementa il prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito identificati e definiti nelle loro caratteristiche essenziali dall'articolo 110, comma 6, lettera a), i cosiddetti amusement with prizes (AWP) e lettera b), le cosiddette videolottery (VLT), del regio decreto n. 773 del 1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).

 

Più precisamente, si tratta degli apparecchi dotati di attestato di conformità rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, slot machine, e di quelli facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, videolottery,

 

Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 9, comma 6, del decreto legge n. 87 del 2018, convertito con legge n. 96 del 2018, ha aumentato la misura del prelievo erariale unico sui predetti apparecchi, fissando le aliquote nella seguente modalità:

§  al 19,25 per cento (AWP) e al 6,25 per cento (VLT) dell'ammontare delle somme giocate a decorrere dal 1° settembre 2018;

§  al 19,6 per cento (AWP) e al 6,65 per cento (VLT) a decorrere dal 1° maggio 2019;

§  al 19,68 per cento (AWP) e al 6,68 per cento (VLT) a decorrere dal 1° gennaio 2020,

§  al 19,75 per cento (AWP) e al 6,75 per cento (VLT) a decorrere dal 1° gennaio 2021

§  al 19,6 per cento (AWP) e al 6,6 per cento (VLT) a decorrere dal 1° gennaio 2023.

 

La norma in esame incrementa quindi le predette aliquote dello 0,5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2019.


 

Articolo 81
(Proroga della rideterminazione del valore
di acquisto dei terreni e delle partecipazioni)

 

 

L'articolo 81 proroga la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva.

 

Gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) hanno introdotto la possibilità di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti da persone fisiche e società semplici alla data del 1° gennaio 2002, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).

 

Il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. Il valore così rideterminato è assoggettato un’imposta sostitutiva.

 

Il decreto legge n. 282 del 2002 ha poi riaperto i termini per la rivalutazione dei suddetti valori, applicandola a partecipazioni e terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2003. In seguito, i termini sono stati riaperti annualmente sino alla proroga contenuta nella disposizione in esame (comma 1) che consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2019. Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2019. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la data del 30 giugno 2019.

 

Il comma 2 ridetermina il valore delle aliquote per la determinazione dell'imposta sostitutiva, fissandole all'8 per cento sia per le partecipazioni qualificate che per quelle non qualificate, nonché per i terreni.


 

Articolo 82
(Abrogazione IRI)

 

 

L'articolo 82 dispone l'abrogazione dell'Imposta sul reddito d'impresa (IRI) dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018.

 

L'IRI è stata introdotta e disciplinata dalla legge di bilancio 2017 (commi 547 e 548, che ha a tal fine inserito nel TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, DPR n. 917 del 1986, l’articolo 55-bis) come regime opzionale per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria. L’esercizio di tale opzione comporta l'applicazione di un'aliquota del 24 per cento sugli utili trattenuti presso l'impresa. Si deducono dal reddito d'impresa le somme prelevate a carico degli utili (o delle riserve di utili) dall'imprenditore o dai soci, che vengono invece tassate secondo le ordinarie regole Irpef. Scopo delle norme è incentivare il reinvestimento degli utili all'interno delle piccole e medie imprese. Il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 58) ha precisato il trattamento tributario spettante alle somme prelevate da riserve IRI in caso di fuoriuscita dal regime (anche a seguito della cessazione dell'attività). Per effetto della legge di bilancio 2018 (comma 1063), che ne ha differito di un anno l'applicazione, l'imposta è operativa dal 1° gennaio 2018. (per un'illustrazione della disciplina si veda il relativo tema dell'attività parlamentare sul sito della Camera e la scheda illustrativa dell’Agenzia delle Entrate).

 

Il regime opzionale IRI, in vigore dal 1° gennaio 2018, viene quindi abrogato a decorrere dal medesimo periodo d’imposta (ovvero quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017) e dunque con efficacia retroattiva, in deroga all’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000).

L'abrogazione del regime IRI è stata illustrata nella Nota di aggiornamento al DEF 2018, in relazione all'introduzione di diverse misure di agevolazione per le piccole e medie imprese e per il reinvestimento degli utili, quali l'innalzamento delle soglie per il regime forfettario (per cui si veda la scheda di lettura dell’articolo 4 del disegno di legge in esame) e l’aliquota ridotta per l’imposta sui redditi di impresa, da applicare agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e alle nuove assunzioni (per cui si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 8).

Coerentemente la relazione tecnica ascrive effetti finanziari all’abrogazione in esame, in termini di competenza, già dall’anno 2018: in particolare, si stima un maggior gettito complessivo (somma algebrica tra minor gettito IRI e maggior gettito IRPEF) pari a 1.212,1 milioni di euro nel 2018, 1.231,3 milioni nel 2019 e 1.255,7 milioni dal 2020, mentre gli effetti di cassa decorrono dal 2019.


 

Articolo 83
(Differimento della deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti)

 

 

L'articolo 83 differisce, per gli enti creditizi e finanziari, la deduzione della quota del 10 per cento di componenti negative di reddito legate alla valutazione dei crediti. L'articolo 16 del decreto legge n. 83 del 2015, che ha stabilito la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti, aveva fissato un piano per la deduzione delle eccedenze non portate in deduzione in sede di prima applicazione della disciplina. Per la quota relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018, la deducibilità viene sospesa e trasferita alla fine del periodo precedentemente fissato.

 

Il comma 1 dispone che la deduzione della quota del 10 per cento dell’ammontare dei componenti negativi prevista, ai fini dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, rispettivamente dai commi 4 e 9 dell’articolo 16 del decreto legge n. 83 del 2015 per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, è differita al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026.

In particolare, l'articolo 16 del decreto legge n. 83 del 2015 ha stabilito la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti di enti creditizi e finanziari e imprese di assicurazione, modificando l'articolo 106, comma 3, del TUIR. A seguito della novella, per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni e le perdite (nette) su crediti verso la clientela iscritti in bilancio e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili integralmente nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio.

Il decreto aveva stabilito altresì che, in via transitoria, per il primo periodo di applicazione, le svalutazioni, le perdite (ad eccezione di quelle originate da cessione del credito), le rettifiche e le riprese di valore nette assoggettate all'imposta sul reddito e all'imposta regionale sull'attività produttiva (IRAP) fossero deducibili nei limiti del 75 per cento e che l'eccedenza fosse deducibile pro quota nei successivi esercizi, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016 sino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2025. L'articolo in esame, pertanto, sospende la quota dell'eccedenza relativa agli esercizi passati che gli enti creditizi e finanziari avrebbero potuto portare in deduzione nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018, per trasferirla alla fine del periodo precedentemente fissato. 

 

Il comma 2 stabilisce che il differimento disposto dal comma 1 non incide sulla determinazione dell’acconto dell’imposta sul reddito delle società e dell’IRAP dovuto per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.


 

Articolo 84
(Rideterminazione dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni)

 

 

L'articolo 84 eleva la misura dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni, che viene innalzato dal 59 all'85 per cento per l'anno 2019, al 90 per cento per l'anno 2020 e infine fissato al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021.

 

Ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge n. 1216 del 1961, gli assicuratori debbono versare all'ufficio del registro, entro il mese solare successivo, l'imposta dovuta sui premi ed accessori incassati in ciascun mese solare, nonché eventuali conguagli dell'imposta dovuta sui premi ed accessori incassati nel secondo mese precedente. Il successivo comma 1-bis dispone altresì che, entro il 16 novembre di ogni anno, gli assicuratori versino a titolo di acconto una somma pari a una percentuale dell'imposta dovuta per l'anno precedente, al netto di quella relativa alle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. A partire dal successivo mese di febbraio, l'acconto può essere scomputato dai versamenti mensili previsti dal comma 1.

 

L'articolo in esame eleva la percentuale dell'imposta dovuta per l'anno precedente che deve essere versata dagli assicuratori, a titolo di acconto, entro il 16 novembre di ogni anno. La quota, già elevata dall’articolo 1, commi 991 e 992 della legge di bilancio 2018, viene elevata dal 59 per cento all'85 per cento per l'anno 2019, dal 74 per cento al 90 per cento per l'anno 2020 e viene infine fissata al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021.

 


 

Articolo 85
(Deducibilità delle perdite su crediti in sede
di prima applicazione dell’IFRS 9)

 

 

L'articolo 85 stabilisce che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall’adozione del modello di rilevazione delle perdite su crediti di cui allo standard internazionale IFRS 9, iscritti in bilancio in sede di prima adozione del medesimo principio, sono deducibili dalla base imponibile dell’imposta sul reddito delle società e dell'IRAP per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi.

 

La valutazione contabile del deterioramento delle attività creditizie è una delle fondamentali problematiche che hanno caratterizzato la gestione di banche e altri intermediari finanziari durante la crisi finanziaria iniziata nel biennio 2007-2009. Per evitare che la registrazione delle perdite sia tardiva e non in grado di stimare l'effettiva erosione del valore degli attivi, nel 2014 l’International accounting standards board (IASB) ha pubblicato il documento "IFRS 9 Financial instruments", comprendente un nuovo standard contabile per gli accantonamenti per perdite su crediti.

Il modello contabile per la rilevazione delle perdite su crediti utilizzato fino al 1° gennaio 2018, comunemente definito come “incurred loss model” (modello basato sulle perdite subite), richiedeva la contabilizzazione delle perdite su crediti subite alla data di chiusura del bilancio, e non delle probabili perdite future. Il nuovo standard IASB è invece basato sulle “perdite attese su crediti” e ha sostituito il precedente proponendo un approccio incentrato sulla probabilità di registrare perdite future su crediti.

Le novità derivanti dall'introduzione, a far data dal 1° gennaio 2018, del principio internazionale IFRS 9 comportano, pertanto, che i valori contabili delle attività deteriorate per l'esercizio in corso debbano essere calcolati considerando non più le perdite creditizie registrate, come richiesto dal previgente IAS 39, bensì le perdite creditizie attese (expected credit losses, ECL), proiettando tale stima sull’intera durata residua dell’attività stessa. Tali perdite attese sono oggetto di periodica revisione determinando la rilevazione di rettifiche o riprese di valore.

Tale innovazione metodologica dovrebbe garantire una maggiore capacità del bilancio di rappresentare il deterioramento degli attivi e il relativo impatto patrimoniale.

 

In tale contesto, l'articolo 85, comma 1, stabilisce che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall’adozione del modello di rilevazione del fondo a copertura delle perdite per perdite attese su crediti di cui al paragrafo 5.5 dell’International financial reporting standard (IFRS) 9, iscritti in bilancio in sede di prima adozione del medesimo IFRS 9, sono deducibili dalla base imponibile dell’imposta sul reddito delle società per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi.

 

Il comma 2 estende la deducibilità all'IRAP disponendo che le banche, gli altri enti finanziari e le imprese di assicurazione possano dedurre i componenti negativi definiti dal comma 1 relativi ai crediti verso la clientela dalla base imponibile ai fini dell’IRAP per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi.


 

Articolo 86
(Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati)

 

 

L'articolo 86 aumenta la componente specifica per il calcolo dell'accisa complessiva delle sigarette e l'accisa minima applicabile ad altri tabacchi lavorati. Vengono inoltre incrementati l'onere fiscale minimo per le sigarette e le aliquote base per il calcolo delle accise per sigarette, sigari e sigaretti.

 

In estrema sintesi, si ricorda che l’attuale struttura della tassazione dei tabacchi lavorati in Italia, armonizzata su base europea dalla direttiva 2011/64/UE e riformata dal D.Lgs. n. 188 del 2014 in attuazione della delega fiscale (legge n. 23 del 2014), prevede l’applicazione (tranne che per i tabacchi da inalazione senza combustione, assoggettati a un’accisa specifica per unità di prodotto) di un’accisa correlata al prezzo di vendita.

Con riferimento alla struttura delle accise sulle sigarette, la tassazione è di tipo misto, ovvero presenta:

§  una componente specifica, in cui la tassazione è calcolata come un ammontare fisso secondo la quantità di prodotto, uguale per tutti i prodotti indipendentemente dal prezzo; la base imponibile è definita in termini fisici, mentre l’aliquota è espressa in termini monetari;

§  una componente ad valorem, calcolata in percentuale rispetto ad un determinato parametro, generalmente il prezzo di vendita del prodotto. Per tale componente, dunque, la base imponibile è definita in termini monetari e l’aliquota viene definita come percentuale della base. Il riferimento adottato, a seguito della riforma del D.Lgs. n. 188 del 2014, è quello del “prezzo medio ponderato” di vendita per chilogrammo convenzionale.

Per le sigarette è altresì previsto un onere fiscale minimo, che tiene conto sia dell’accisa che dell’IVA.

Per i prodotti diversi dalle sigarette sono previste imposte di tipo ad valorem. È prevista, inoltre, un'accisa minima, espressa in termini monetari, rispetto a un quantitativo minimo corrispondente convenzionalmente a un chilogrammo di prodotto.

 

Ai sensi dell'articolo 39-octies, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative - di seguito "testo unico"), l’accisa globale sulle sigarette è dunque costituita dalla somma delle diverse componenti sopra illustrate, sulla cui determinazione quantitativa incide il comma 1 dell'articolo in esame. In particolare, la componente specifica, cioè fissa per unità di prodotto, attualmente pari al 10,5 per cento della fiscalità complessiva (accisa più IVA) gravante sul prezzo medio ponderato delle sigarette (PMP sigarette), calcolato ai sensi dell’articolo 39-quinquies, comma 2 del testo unico, viene aumentata all'11 per cento.

 

Le ulteriori modifiche apportate dal comma 1 all'articolo 39-octies, comma 3, del testo unico, sono volte ad accrescere:

§  l'accisa minima da 25 a 30 euro per chilogrammo convenzionale, con riferimento ai sigari;

§  l'accisa minima da 120 a 125 euro per chilogrammo convenzionale, con riferimento al tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette;

§  l'onere fiscale minimo delle sigarette da 175,54 a 180,14 euro per chilogrammo convenzionale. Con riferimento all'onere fiscale minimo, viene inoltre stabilito che, a decorrere dalla data di applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico (come rideterminate per l’anno 2019) il predetto onere fiscale minimo è pari al 95,22 per cento della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al prezzo medio ponderato - PMP per le sigarette.

 

Il comma 2 stabilisce l'aliquota di base per il calcolo dell'accisa, aumentandola dal 59,1 al 59,5 per cento per le sigarette e dal 23 al 23,5 per cento per sigari e sigaretti.

 

In conseguenza delle modifiche apportate dai precedenti commi, il comma 3 sostituisce le tabelle del testo unico con quelle allegate al disegno di legge in esame.

 

Il comma 4 modifica l'articolo 1 del richiamato decreto legislativo n. 188 del 2014.

La lettera a) stabilisce che, con decreto del MEF, su proposta del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, possono essere variate le aliquote di base di cui al comma 1 dell’articolo 39-octies del testo unico accise, nonché le misure percentuali previste dal comma 3, lettera a), e dal comma 6, e gli importi di cui al comma 5 del medesimo articolo fino, rispettivamente, a 0,5 punti percentuali, a 2 punti percentuali e a euro 5.

La lettera b) inserisce all’articolo 1 il nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale l’onere fiscale minimo di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE, non può superare la somma dell’accisa globale e dell’IVA calcolate con riferimento al PMP sigarette di cui all’articolo 39-quinquies del testo unico.

La lettera c) contiene una modifica di coordinamento al comma 3, secondo periodo, dell’articolo 1, sostituendo le parole "alla misura percentuale" con "alle misure percentuali".

Il comma 5, infine, dispone che le modifiche apportate dal comma 4 si applicano a decorrere dalla data di applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico rideterminate, per l’anno 2019, ai sensi all’articolo 39-quinquies del testo unico.


 

Articolo 87
(Deducibilità delle quote di ammortamento del valore dell’avviamento e di altri beni immateriali)

 

 

L'articolo 87 rinvia al 2019 la possibilità di dedurre le quote di ammortamento del valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, che hanno dato luogo all’iscrizione di attività per imposte anticipate - DTA, cui si applicano le disposizioni del DL n. 225 del 2010 in materia di conversione in credito d’imposta, che non sono state ancora dedotte nel periodo d’imposta 2018.

In particolare, la deducibilità di tali componenti si articola dal 2019 al 2029 con percentuali individuate puntualmente dalle norme in esame in deroga alla disciplina generale. Per il 2018 non viene concessa alcuna deducibilità.

 

Si ricorda che le divergenze tra la normativa civilistica per la redazione del bilancio e la normativa fiscale per la determinazione della base imponibile possono far emergere una differenza tra risultato economico e reddito imponibile in un determinato esercizio. Tale differenza è temporanea quando è destinata ad annullarsi negli esercizi successivi. Nel caso in cui alla differenza temporanea consegua il pagamento anticipato di un'imposta rispetto all'esercizio di competenza, nel conto economico e nello stato patrimoniale vengono registrate delle poste di "rettifica" che hanno lo scopo di riconciliare l'imposta dovuta a fini fiscali con quella di competenza. Le attività per imposte anticipate rappresentano la voce contabile che, nello stato patrimoniale del bilancio, compensa la voce dei debiti tributari per la quota di competenza di esercizi futuri. Per approfondimenti cfr. Raoli, E., "La contabilizzazione e lo "storno" delle attività per imposte anticipate", Documento di ricerca, Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 2 luglio 2018.

L'articolo 2, commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter, della legge n. 225 del 2010 consente di trasformare in credito d'imposta le DTA se nel bilancio individuale venga rilevata una perdita d'esercizio ai fini dell'IRES, ovvero qualora emerga un valore della produzione netta negativo, ai fini dell'IRAP.

 

Con riferimento all’ammortamento dei beni immateriali, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR (articolo 103, D.P.R. n. 917 del 1986) chiarisce che le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili - in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge – per un ammontare non superiore al 50 per cento del costo; quelle relative al costo dei marchi d'impresa sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge. Per quanto riguarda le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio, esse sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso.

 

La rimodulazione è riferita alle quote non ancora dedotte nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 e prevede la seguente articolazione: sono deducibili per il 5% per cento del loro ammontare complessivo nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, per il 3% nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, per il 10% per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2021, per il 12% per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027, per il 5% per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2028 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2029.

Come anticipato e come rilevato anche in relazione tecnica, per il periodo d’imposta 2018 non viene concessa alcuna deducibilità.

 

La relazione tecnica coerentemente associa alla disposizione effetti di maggior gettito in termini di competenza già dall’anno 2018.

 


 

Articolo 88
(Soppressione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE)

 

 

L'articolo 88 prevede la soppressione della normativa in materia di aiuto alla crescita economica (ACE).

 

L’ACE è un’agevolazione fiscale introdotta nel 2011 per favorire il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano. La misura si sostanzia nella deduzione dal reddito imponibile netto di un importo pari al rendimento figurativo degli incrementi di capitale. Si rinvia alla documentazione web per ulteriori informazioni.

 

L'abrogazione dell’ACE è stata illustrata nella Nota di aggiornamento al DEF 2018 con riferimento all'introduzione di un’aliquota ridotta per l’imposta sui redditi di impresa, da applicare agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e alle nuove assunzioni (articolo 8 del DDL in esame, alla cui scheda si rinvia).

 

In particolare, vengono abrogati l’articolo 1 del decreto legge n. 201 del 2011 e i commi da 549 a 553 dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017).

 

Le norme in esame precisano che continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 3 agosto 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 187 dell’11 agosto 2017, che consentono di utilizzare le eccedenze ACE pregresse per il periodo d’imposta 2018, allo scopo – come precisato in relazione illustrativa - di salvaguardare i diritti quesiti. La relazione chiarisce che in tale ottica devono considerarsi utilizzabili le eccedenze ACE anche per i soggetti che partecipano al consolidato fiscale o alla trasparenza fiscale secondo le regole dettate dal predetto D.M. 3 agosto 2017.

 

La relazione tecnica ascrive alla misura in oggetto un maggior gettito complessivo (in termini di cassa) pari a circa 228 milioni di euro nel 2019, 2.372,5 milioni nel 2020 e a circa 1.453 milioni nel 2021.


 

Capo II – Ulteriori disposizioni in materia di entrate

Articolo 89
(Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G)

 

 

L’articolo 89 prevede che i maggiori introiti, pari a circa 4 miliardi di euro, derivanti dalla gara per la procedura di assegnazione di diritti d'uso delle frequenze disponibili per i servizi di comunicazione elettronica in larga banda mobili terrestri concorrano al conseguimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, in particolare producendo, secondo la relazione tecnica, un miglioramento dell’indebitamento netto pari a circa 200 milioni annui dal 2019 al 2037.

 

L’articolo 89 prevede che i maggiori introiti derivanti dalla gara per la procedura di assegnazione di diritti d'uso delle frequenze nelle Bande 694-790 MHZ, 3600-3800 MHZ e 26.5-27.5 GHZ, concorrano al conseguimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, in coerenza con i criteri di contabilizzazione previsti per i saldi di finanza pubblica.

Si tratta degli introiti che erano previsti dall’articolo 1, comma 1026, della legge di Bilancio 2018 (legge n. 205/2017), nell’ambito di una serie di misure per favorire lo sviluppo dei sistemi wireless e mobili di quinta generazione (5G). In quella sede, le entrate dalla messa all’asta delle suddette frequenze erano state quantificate presuntivamente in misura non inferiore a 2.500 milioni di euro, di cui 500 milioni relativi alle frequenze in banda 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz.

La procedura di assegnazione delle frequenze agli operatori di comunicazione a banda larga è stata definita dall’AGCOM con la delibera 231/18/CONS, a seguito della quale il MISE ha avviato la procedura di gara per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz, che si è conclusa il 2 ottobre 2018. Le aggiudicazioni hanno riguardato i lotti per la banda 700 Mhz FDD, quelli per la banda 3700 Mhz ed i lotti per la banda 26 Ghz, mentre nessuna offerta è stata fatta per i lotti 700 MHz SDL per la quale i soggetti interessati potranno partecipare ad una successiva fase di gara.

 

L'ammontare totale delle offerte per le bande di frequenza che sono state messe a gara a settembre/ottobre 2018, è pari, secondo quanto riportato sul sito del MISE, a 6.550,4 milioni di euro, così suddivise, in milioni di euro:

 

Banda 694-790 MHz

2.039,9

Banda 3,6-3,8 GHz

4.346,8

Banda 26,5-27,5 GHz

163,7

Totale

6.550,4

 

Rispetto alla previsione della legge di bilancio 2018 si evidenzia quindi un aumento di introiti di 4.050,4 milioni di euro di cui, come evidenziato anche nella Relazione tecnica, 4.000 milioni circa relativi alle frequenze in banda 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz, che in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno si realizzeranno nel 2022.

 

Nella Relazione tecnica è indicato un importo di 6.540,6 milioni di euro quale importo di aggiudicazione della gara e di 4.040,6 come maggiori introiti derivanti dalla gara medesima. La differenza riguarda la banda 3,6-3,8 GHz per la quale è indicato un introito di 4.337 milioni di euro.

 

Nell’allegato 3 alla relazione tecnica sono quantificati effetti sull’indebitamento pari a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021.

Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1045, della legge n. 205 del 2017 gli introiti derivanti dall'assegnazione delle bande di frequenza sono versati all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 settembre di ciascun esercizio finanziario dal 2018 al 2022, secondo i seguenti importi assicurati prioritariamente con gli introiti derivanti dall'assegnazione delle frequenze in banda 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz: 1.250 milioni di euro per l'anno 2018, 50 milioni di euro per l'anno 2019, 300 milioni di euro per l'anno 2020, 150 milioni di euro per l'anno 2021 e la restante quota, in misura non inferiore a 750 milioni di euro, per l'anno 2022.

Posto che gli importi sopra indicati sono assegnati con riferimento ad un’entrata stimata pari a 2,5 miliardi di euro, nella medesima norma, con la disposizione in questione si provvede a distribuire le maggiori entrate derivanti dagli esiti della gara sostanzialmente riferiti all’aggiudicazione della banda 3,6-3,8 GHz.

 

Per approfondimenti si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.


 

TITOLO X – FONDI

Articolo 90, comma 1
(Tabelle A e B)

 

 

L’articolo 90, comma 1, dispone in ordine all’entità dei fondi speciali determinati dalle tabelle A e B allegate al disegno di legge in esame. Si tratta degli strumenti contabili mediante i quali si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

 

     Gli importi della Tabella A (fondo speciale di parte corrente) ammontano complessivamente a 292,1 milioni per il 2019 e a 362 milioni annui dal 2020. Per quanto riguarda la Tabella B (conto capitale), il disegno di legge prevede importi pari a 472,6 milioni per il 2019 e a 498,9 milioni annui a decorrere dal 2020.

I prospetti che seguono riportano gli stanziamenti complessivi di cui alle tabelle A e B, a legislazione vigente e nel disegno di legge di bilancio (A.C. 1334). Sia per gli accantonamenti di parte corrente, sia per quelli in conto capitale, il disegno di legge determina un incremento di 200 milioni per il 2019 e di 250 milioni dal 2020.

Tabella 1                                                                                         (importi in milioni)

Tabella A

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

92,1

112

112

Disegno di legge di bilancio

292,1

362

362

Cap. 6856 dello stato di previsione del MEF

 

Tabella 2                                                                                                            (importi in milioni)

Tabella B

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

272,6

248,9

248,9

Disegno di legge di bilancio

472,6

498,9

498,9

Cap. 9001 dello stato di previsione del MEF

 

L'articolo 21, comma 1-ter, lett. d), della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) inserisce tra i contenuti della prima sezione del disegno di legge di bilancio la determinazione degli importi dei fondi speciali e le relative tabelle. Con la disposizione in esame si provvede a determinare gli importi da iscrivere nei fondi speciali per ciascun anno, determinati nelle misure indicate per la parte corrente nella Tabella A e per quella in conto capitale nella Tabella B, allegate al disegno di legge di bilancio, ripartite per Ministeri. In sede di relazione illustrativa al disegno di legge sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante. Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

Nei prospetti seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale nel disegno di legge di bilancio (A.C. n. 1334). Si riportano altresì le finalizzazioni indicate nella relazione illustrativa.

Gli importi delle Tabelle A e B a legislazione vigente per i singoli Dicasteri, ove sussistenti. sono stati forniti dalla RGS su richiesta degli Uffici parlamentari.

 

 

Tabella A - Fondo speciale di parte corrente

(importi in migliaia di euro)

 

 

Ministero dell'economia e delle finanze

Tabella 3                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

25.928

51.136

51.136

Disegno di legge di bilancio

70.928

131.136

106.136

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero dello sviluppo economico

Tabella 4                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

10.000

10.000

10.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero del lavoro e politiche sociali

Tabella 5                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

10.000

10.000

10.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero della giustizia

Tabella 6                                                                                         (migliaia di euro)

 

2018

2019

2020

Bilancio a legislazione vigente

2.661

661

661

Disegno di legge di bilancio

17.661

20.661

30.661

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

Tabella 7                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

49.376

46.037

46.037

Disegno di legge di bilancio

74.376

76.037

86.037

 

 

Finalizzazioni: coperture finanziarie dei provvedimenti concernenti le seguenti ratifiche:

§  Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015, con Scambio di Note fatto ad Abu Dhabi il 27 novembre 2017 e il 17 gennaio 2018; b) Trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015 (legge n. 125/18);

§  Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017 (A.S. n. 772);

§  Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l’applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016; b) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 inteso a facilitarne l’applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016 (A.C. n. 1127);

§  Ratifica ed esecuzione dell’Accordo bilaterale tra la Repubblica italiana e la Bosnia ed Erzegovina aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l’approvazione, fatto a Roma il 19 giugno 2015 (A.C. n. 1126);

§  Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010 (A.C. n. 1123);

§  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos, fatto a Bangkok il 17 febbraio 2003 (A.S. n. 676);

§  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014 (AS 659);

§  ulteriori accordi internazionali.

 

 

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

Tabella 8                                                                                          (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

5.000

5.000

5.000

Disegno di legge di bilancio

15.000

15.000

15.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 


 

Ministero dell'interno

Tabella 9                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

15.000

20.000

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

Tabella 10                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

9.000

9.000

9.000

Disegno di legge di bilancio

14.000

14.000

14.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

Tabella 11                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

93

176

176

Disegno di legge di bilancio

10.093

10.176

10.176

 

Finalizzazioni:

§  copertura finanziaria del provvedimento legislativo riguardante l’introduzione dell'obbligo di installazione di dispositivi per prevenire l'abbandono di bambini nei veicoli chiusi (legge n. 117/18):

§  interventi diversi.

 


 

Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo

Tabella 12                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

20.000

20.000

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero per i beni e le attività culturali

Tabella 13                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

20.000

20.000

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

Ministero della salute

Tabella 14                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

15.000

15.000

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 


 

Tabella B - Fondo speciale di conto capitale

(importi in migliaia di euro)

 

 

Ministero dell'economia e delle finanze

Tabella 15                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

103.848

50.148

50.148

Disegno di legge di bilancio

226.848

203.148

183.148

 

Finalizzazioni:

§  potenziamento e ammodernamento della Guardia di finanza;

§  interventi diversi.

 

 

Ministero dello sviluppo economico

Tabella 16                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

43.000

43.000

43.000

Disegno di legge di bilancio

60.000

70.000

80.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

 

 

Ministero del lavoro e politiche sociali

Tabella 17                                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

27.753

27.753

27.753

Disegno di legge di bilancio

27.753

27.753

27.753

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 


 

Ministero della giustizia

Tabella 18                                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

15.000

25.000

25.000

Disegno di legge di bilancio

15.000

25.000

25.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

Tabella 19                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

10.000

10.000

10.000

 

Finalizzazioni: finanziamento di accordi internazionali.

 

 

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

Tabella 20                                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

30.000

30.000

30.000

Disegno di legge di bilancio

30.000

30.000

30.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

Tabella 21                                                                                       (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

50.000

50.000

50.000

Disegno di legge di bilancio

50.000

50.000

50.000

 

Finalizzazioni:

§  difesa del suolo;

§  interventi diversi.

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

Tabella 22                                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

30.000

40.000

50.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero per i beni e le attività culturali

 

Tabella 23                                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di bilancio

20.000

20.000

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero della salute

Tabella 24                                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

3.000

23.000

23.000

Disegno di legge di bilancio

3.000

23.000

23.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 


 

Articolo 90, comma 2
(Incremento Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili
in corso di gestione)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 90 incrementa la dotazione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 250 milioni di euro per l’anno 2019 e di 400 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020.

 

Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (capitolo 3076), che viene ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

A seguito del rifinanziamento disposto dal comma in esame, nel ddl di bilancio per il 2019-2021 il relativo capitolo di bilancio (cap. 3076/MEF) presenta una dotazione di 250,3 milioni di euro per il 2019, 405,5 milioni per il 2020 e di 638,8 milioni per il 2021.

 

 


 

PARTE II – SEZIONE II:
APPROVAZIONE DEGLI STATI DI PREVISIONE

Articoli 91-107
(Approvazione degli stati di previsione e dei quadri generali riassuntivi del bilancio dello Stato)

 

 

Gli articoli da 91 a 104 dispongono l’approvazione dello stato di previsione dell’entrata e dei singoli stati di previsione della spesa, recando per ciascuno di essi anche altre disposizioni aventi carattere gestionale, per la gran parte riprodotte annualmente.

Gli articoli 105 e 106 dispongono l’approvazione del totale generale della spesa e dei quadri generale riassuntivi per il triennio 2019-2021.

L’articolo 107 riporta norme aventi carattere gestionale - di natura prettamente formale – riprodotte annualmente nella legge di bilancio.

 

Per le schede di lettura recanti l’analisi degli articoli sopra indicati, sia per quanto riguarda gli aspetti normativi che per gli aspetti contabili, si rinvia al Volume II del presente dossier.

 


 

Articolo 108
(Entrata in vigore)

 

 

La legge di bilancio entra in vigore il 1° gennaio 2019, ove non diversamente previsto.

 

Una diversa entrata in vigore, fissata al giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), è stabilita, in particolare, dalle seguenti disposizioni:

§  art. 59, comma 5 (incremento del Fondo per la realizzazione degli interventi ambientali nella terra dei fuochi per il 2019);

§  art. 79, comma 4 (proroga del personale della gestione straordinaria per gli interventi del sisma 2016).

 



[1]     Per approfondimenti si rinvia al Tema curato dal Servizio Studi della Camera sul Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.

[2]     Le predette risorse sono state ripartite con il D.M. 31 gennaio 2017. Tale D.M. ha assegnato:

§  alla convenzione quadro tra MISE e INVITALIA l’importo di 4,7 milioni di euro,

§   agli accordi di programma relativi ad aree di crisi industriale complessa l’importo di 60 milioni di euro (di cui 40 provenienti da somme in perenzione amministrativa del già Fondo unico legge n. 181/1989);

§  ai programmi di investimento da agevolare nelle aree di crisi industriale non complessa tramite procedura valutativa con procedimento a sportello l’importo di 124 milioni, di cui 44 milioni, per un anno dalla data di apertura dello sportello (4 aprile 2017), in favore degli interventi disciplinati da accordi di programma;

§  agli interventi nelle aree di crisi localizzate nelle Regioni in ritardo di sviluppo (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) disciplinati da accordi di programma, l’importo di 80 milioni del PON Imprese e competitività 2014-2020, di cui 45 milioni accantonati per accordi di programma relativi ad aree di crisi industriale complessa sottoscritti entro il 31 dicembre 2017.

A seguito di tale riparto, sulla Sezione del Fondo crescita destinata alle aree di crisi, sono residuate risorse pari a 10,2 milioni di euro circa.

[3]     Il D.M. del 7 giugno ha assegnato in particolare:

§  12 milioni all'incremento della quota già assegnata dal D.M. 31 gennaio 2017 agli interventi inseriti in accordi di programma relativi ad aree di crisi industriale complessa;

§  20 milioni all'incremento della quota accantonata dal citato D.M. di gennaio a favore delle aree di crisi industriale non complessa disciplinati da accordi di programma;

§  37,8 milioni (+ 10,2 che residuavano dal precedente riparto) alle aree di crisi nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

[4]     SIMEST è attualmente società del Gruppo Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A., controllata al 76% dalla SACE Spa., a sua volta società interamente controllata da CDP S.p.A..

[5]     La gestione del Fondo è stata disciplinata da apposita convenzione MISE/SIMEST stipulata in data 7 maggio 2012 e di durata quinquennale. La Corte dei Conti ha evidenziato, nella relazione sul Rendiconto dello Stato per l’anno 2017, la sopraggiunta scadenza - in data 26 giugno 2017 - della Convenzione MISE-SIMEST.

[6]     Tale istituto è da considerarsi, ai sensi del comma 1, una “misura contro la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, della libera scelta del lavoro, nonché il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura, attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro”.

[7]     Si veda in proposito la scheda relativa all’articolo 24.

[8]     Tale articolo, in relazione alle assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, ha introdotto, a titolo sperimentale, specifici incentivi fino al 31 dicembre 2016 . Gli incentivi consistono in:

§  disapplicazione del contributo di licenziamento;

§  riduzione della specifica aliquota contributiva dal 10% al 5%;

§  sgravio totale dei contributi a carico dei datore di lavoro, inclusi il contributo di finanziamento dell'ASpI (ora NASpI) ed il contributo integrativo dello 0,30% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo, dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.

      Gli incentivi, inizialmente previsti fino al 31 dicembre 2016, sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2017 dall'articolo 1, comma 240, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017).

[9]     Con tale Accordo Governo, Regioni e Province Autonome  hanno approvato le linee guida in materia di tirocini in attuazione del'articolo1, commi 34-36, della L. 92/2012, al fine di fornire uno standard minimo di riferimento, uniformando così la qualità e le possibilità di accesso all'istituto su tutto il territorio nazionale, prescindendo dai contesti regionali. Le linee guida definiscono il quadro di riferimento nazionale, intervenendo sugli aspetti qualificanti del tirocinio quali la sua durata, l'indennità da corrispondere al tirocinante, il regime sanzionatorio in caso di abuso dello strumento o inadempienza da parte dei soggetti ospitanti.

[10]    L’art. 4-bis del decreto-legge n. 86/2018 dispone che i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti il riordino dell’organizzazione dei Ministeri siano adottati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri. Tali decreti sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti e sugli stessi il Presidente del consiglio dei ministri può richiedere il parere del Consiglio di Stato.

[11]    Una quota delle assunzioni di quelle unità è stata riservata (nel limite massimo del 30 per cento dei contingenti annuali) al personale volontario iscritto da almeno tre anni nell'apposito elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo, con almeno centoventi giorni di servizio (articolo 1, comma 295 della legge n. 205 del 2017).

[12]    Si tratta del concorso a 814 posti di vigile del fuoco (indetto con decreto del Ministro dell'interno n. 5.140 del 2008), che ha prodotto una graduatoria di 7.599 nominativi.

[13]    La precedente proroga - fino al 31 dicembre 2018 - è stata disposta dall'articolo 1, comma 1122, lettera h) della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).

[14]    Vale a dire le istanze associative o rappresentative attraverso cui le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN (ex art. 41, c. 1, del D.Lgs. 165/2001).

[15]    Per un approfondimento sulle risorse confluite nel Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e per i decreti di riparto si rinvia al seguente tema del Servizio studi.

[16]    Il contratti di programma 2016-2020 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Anas S.p.a. e il contratto di programma 2017-2021 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e R.F.I. S.p.a. sono stati recepiti con le delibere CIPE 7 agosto 2017, nn.65 e 66.

[17]    Data di entrata in vigore del D.L. n. 91/2017.

[18]    Le istanze di accesso alla misura agevolativa possono essere presentate dai soggetti che siano già costituiti al momento della presentazione o si costituiscano, entro sessanta giorni, o entro centoventi giorni in caso di residenza all'estero, dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria in: a) impresa individuale; b) società, incluse le società cooperative. In tal caso, le imprese e le società devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e operativa in una delle regioni di cui sopra (comma 6, art. 1, D.L. n. 91/2017).

[19]    L’art. 4, co. 5, del DPR 119/2009 aveva disposto che, nel caso di utilizzo del personale già addetto ai lavori socialmente utili, impegnato nelle istituzioni scolastiche in compiti di carattere amministrativo e tecnico, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, era accantonato un numero di posti della dotazione organica del profilo di appartenenza, corrispondente al 50% degli stessi soggetti.

[20]    http://www.interno.gov.it/sites/default/files/cruscotto_giornaliero_5-11-2018.pdf.

[21]    Il citato articolo ha, attraverso una novella all’articolo 81 del D.L. n. 112/2008, abbassato le soglie di ricavi e di reddito imponibile previsti ai fini dell'assoggettamento all'addizionale sull'imposta sui redditi delle società.

[22]    Tale componente tariffaria della bolletta elettrica, ora, come detto, componente A2ARIM, è in particolare destinata alla copertura dei costi per lo smantellamento delle centrali nucleari dismesse (Latina, Caorso, Trino Vercellese, Garigliano alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti, svolte dalla società a totale partecipazione diretta statale Sogin S.p.A. (cfr. articolo 1, comma 1, lett. a) del D.L. n. 25/2003, nonché, per 3,81 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, per alimentare le attività in materia di sicurezza nucleare attribuite all'ISIN dal D.Lgs. n. 137/2017.In base a quanto disposto dalle Leggi Finanziarie 2005 e 2006, una quota degli introiti della componente tariffaria A2 sul prezzo dell'energia elettrica è anche destinata all'entrata del bilancio dello Stato.

[23]    Legge 17 agosto 1957, n. 848, “Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite firmato a San Francisco il 26 giugno 1945”.

[24]    Si tratta di una disposizione, identica (salvo che per il mancato riferimento nella disposizione in esame alle regioni a statuto ordinario, che tuttavia vengono menzionate al comma 6) all'art.1, comma 465, della legge di bilancio 2017, oggetto di abrogazione esplicita ai sensi del successivo comma 5.

[25]    Si veda la sent. della Corte costituzionale n. 154 del 2017, che richiama a sua volta la sent. n. 175 del 2014.

[26]    Qualora tale mancata inclusione dipendesse dalla circostanza che le disposizioni di cui ai commi 2 e seguenti si applicano alle regioni ordinarie solo in un periodo successivo, si potrebbe valutare la possibilità di riformulare il comma 6, che estende la disciplina in esame alle regioni a partire dal 2021.

[27]    Ma non per le regioni ordinarie, v. comma 6.

[28]    "Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42".

[29]    Art.1, comma 1, lettera b), della legge 164 del 2016.

[30]    Sent. n. 247 del 2017 (Considerando in diritto n.8, ultimo periodo). La Corte aggiunge che "all’interpretazione letterale della ricorrente si deve preferire tuttavia una lettura conforme a Costituzione delle norme contestate, secondo cui gli enti territoriali in avanzo di amministrazione hanno la mera facoltà – e non l’obbligo – di mettere a disposizione delle politiche regionali di investimento una parte o l’intero avanzo. È infatti nella piena disponibilità dell’ente titolare dell’avanzo partecipare o meno alle intese in ambito regionale" (Considerando in diritto n.8.1, quarto periodo).

[31]    Sent. n.247 del 2017, Considerando in diritto n.8.6.

[32]    In merito alla disciplina del fondo pluriennale vincolato, la Corte nella medesima pronuncia afferma che "accertamenti, impegni, obbligazioni attive e passive rimangono rappresentati e gestiti in bilancio secondo quanto programmato a suo tempo dall’ente territoriale. Pertanto, l’iscrizione o meno nei titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dell’entrata e nei titoli 1, 2 e 3 della spesa deve essere intesa in senso meramente tecnico-contabile, quale criterio armonizzato per il consolidamento dei conti nazionali. Tale aggregazione contabile non incide né quantitativamente né temporalmente sulle risorse legittimamente accantonate per la copertura di programmi, impegni e obbligazioni passive concordate negli esercizi anteriori alle scadenze del fondo pluriennale vincolato" (Considerando in diritto n.9, ottavo periodo) e che la "qualificazione normativa del fondo pluriennale vincolato costituisce una definizione identitaria univoca dell’istituto, la cui disciplina è assolutamente astretta dalla finalità di conservare la copertura delle spese pluriennali. Ciò comporta che nessuna disposizione – ancorché contenuta nella legge rinforzata – ne possa implicare un’eterogenesi semantica e funzionale senza violare l’art. 81 della Costituzione" (Considerando in diritto n.9.1, terzo periodo).

[33]    Prima di tale sentenza, la Corte era tornata ad occuparsi della questione con la sent. n.252 del 2017, che ha offerto a sua volta un'interpretazione adeguatrice dell'art.1, comma 1, della legge 164/2016. In quell'occasione il focus è posto sull'impiego dell’avanzo di amministrazione per liberare spazi finanziari in ambito regionale.

[34]    Tale prospetto è previsto nell’allegato 10 del citato D.lgs. 118/2011.

[35]    Sono invece fatte salve le disposizioni relative al concorso alla finanza pubblica della regione Trentino- Alto Adige e delle province autonome (commi 503 e 504).

[36]    Mentre non viene soppresso il comma 791 (di modifica dell’articolo 9-ter del decreto 91/2017), concernente l'utilizzo delle disponibilità residue alla chiusura delle contabilità speciali in materia di protezione civile e trasferite alle regioni, aggiornandolo alla nuova normativa di cui agli abrogandi commi 787-790.

[37]    Di cui all'art.1, commi 469-474, della legge 232/2016.

[38]    Si intende per quanto non oggetto di censura della Corte costituzionale che, nella sentenza n.101/2018,  ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale della lettera b) del comma 475, nella parte in cui prevede che gli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Friuli-Venezia Giulia siano tenuti a versare l'importo della sanzione per il mancato conseguimento dell'obiettivo di finanza pubblica al bilancio dello Stato anziché a quello delle suddette autonomie speciali.

[39]    Si rinvia per approfondimenti alle schede di lettura relative all'art. 15 e all'art.16.

[40]    Si tratta dei comuni colpiti dai sismi di cui agli allegati 1 (sisma del 24 agosto 2016 avvenuto in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria), 2 (sisma del 26 e del 30 ottobre 2016 in Abruzzo, Marche e Umbria) e 2-bis (sisma del 18 gennaio 2017 (in Abruzzo) al decreto-legge 189/2016.

[41]    Si tratta degli investimenti connessi alla ricostruzione, al miglioramento della dotazione infrastrutturale nonché al recupero degli immobili e delle strutture destinati a servizi per la popolazione, da realizzare, ai sensi dell'art.43-bis, comma 1, del citato D.L., attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e il ricorso al debito, in riferimento ai quali era disposta una specifica assegnazione di spazi finanziari nell'ambito dei patti di solidarietà nazionali (ex art. 10, comma 4, L. 243/2012) in misura pari alle spese sostenute per i predetti investimenti. 

[42]    Il contributo riguarda ambiti di spesa e importi proposti in sede di autocoordinamento dalle regioni medesime, da recepire con Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

[43]    Per approfondimenti si rinvia alla Nota breve n.7 "Il contributo alla finanza pubblica di regioni e province autonome alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 103 del 2018" a cura del servizio Studi del Senato della Repubblica.

[44]    Sul necessario rispetto di tale principio la Corte si era espressa, fra l'altro, nelle sentt. n.141 del 2016 e n.154 del 2017.

[45]    Non risulta invece censurata l'estensione al 2020 (disposta anch'essa dall'art.1, comma 527, L. 232/2016) del contributo di cui al secondo periodo del comma 6 dell'art.46 del D.L. 66/2014, in quanto ritenuta rispettosa del principio di transitorietà, atteso che la durata complessiva, rispetto a quella iniziale di quattro anni, risulta accresciuta di soli due anni.

[46]    "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti". Per un approfondimento, si rimanda al box contenuto nella scheda relativa all’articolo 15 del presente dossier.

[47]    Sebbene l'attuale formulazione riguarda "la messa in sicurezza degli edifici del territorio", si ritiene che la disposizione possa essere più utilmente interpretata con l'aggiunta della congiunzione "e".

[48]    Le norme richiamate hanno imposto contributi anche per gli anni trascorsi, che non si ritiene opportuno richiamare in questa sede. Per approfondimenti si veda il dossier "Legge di bilancio 2018", Volume II, a cura dei Servizi Studi del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

[49]    Il comma 1, a seguito della richiamata modifica di cui all'art.1, comma 527, della L. 232 del 2016, prevede invero un ulteriore contributo, pari a 750 milioni, per il 2020. Tuttavia, come già segnalato in sede di commento del comma 1, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della disposizione che operava l'estensione del contributo al 2020, in quanto lesiva del principio di transitorietà della misura. Il comma 1 dell'articolo in commento stabilisce pertanto che per il 2020 tale contributo non sia dovuto (v. supra).

[50]    Il comma recepisce il punto n.10) del dispositivo dell'Accordo siglato in sede di Conferenza Stato regioni il 15 ottobre scorso.

[51]    Si rinvia per approfondimenti alle schede di lettura relative all'art. 15 e all'art.16.

[52]    Si tratta dei contributi assegnati ai sensi dei commi 838 della legge n. 205/2017, unitamente a quelli a quelli di cui all'articolo 1, comma 754, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e all'articolo 20, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

[53]    Per una ricostruzione dell'evoluzione delle regole di bilancio per gli enti locali, con specifico riferimento al tema dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, cfr. Ufficio parlamentare di bilancio, "Avanzi di amministrazione e regola del pareggio. La sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2017", Focus tematico n. 5, 9 marzo 2018

[54]    Per un approfondimento sulle risorse confluite nel Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e per i decreti di riparto si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

[55]    Recante "Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario".

[56]    L'articolo 7, comma 1, lettera d), della legge n.42 del 2009 ("Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione", sulla base della quale è stato adottato il D.Lgs. 68/2011) stabilisce che, nell'ottica del principio di territorialità, occorre tener conto: 1) del luogo di consumo, per i tributi aventi quale presupposto i consumi; per i servizi, il luogo di consumo può essere identificato nel domicilio del soggetto fruitore finale; 2) della localizzazione dei cespiti, per i tributi basati sul patrimonio; 3) del luogo di prestazione del lavoro, per i tributi basati sulla produzione; 4) della residenza del percettore, per i tributi riferiti ai redditi delle persone fisiche.

[57]    Per quel che concerne le risorse, il Fondo, inizialmente dotato di 25 milioni per il 2007, è poi stato rifinanziato per 10 milioni per il 2008 e 5 milioni per il 2009 e per il 2010 (art. 2, comma 44, legge n. 244/2007) e per 22 milioni per il 2009 e per il 2010 e di 27 milioni per il 2011 (art. 2, co. 46, legge 203/2008).

[58]    In considerazione dell'adozione del bilancio unico d'ateneo (d.lgs. 18/2012), il fabbisogno finanziario programmato del sistema universitario per il 2016, doveva essere determinato incrementando del 3% il fabbisogno programmato per il 2015.

[59]    Quanto alla trasmissione, da parte delle amministrazioni pubbliche alla banca dati SIOPE, delle informazioni relative a incassi e pagamenti effettuati, si ricorda che l'art. 14, comma 7, della legge n. 196 del 2009 dispone che le amministrazioni pubbliche, fatta eccezione per gli enti di previdenza, trasmettono quotidianamente alla banca dati SIOPE, tramite i propri tesorieri o cassieri, i dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale.

[60]    Con riguardo ai criteri di ripartizione del FFO, si veda il Focus predisposto dal Servizio Studi della Camera.