Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Governance del PNRR e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure - VOL. 2
Riferimenti: AC N.3146/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 447/3 vol.2
Data: 26/07/2021

 

 

 

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Dossier n. 394/3 VOL.II

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 447/3 VOL.II

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE

Schede di lettura

§  Articolo 38 (Misure per la diffusione delle comunicazioni digitali delle pubbliche amministrazioni e divario digitale) 7

§  Articolo 38, commi 3-bis e 3-ter (Malfunzionamento del portale del processo penale telematico) 30

§  Articolo 38-bis (Semplificazioni in materia di procedimenti elettorali attraverso la diffusione delle comunicazioni digitali con le pubbliche amministrazioni) 32

§  Articolo 38-ter (Misure per la diffusione delle comunicazioni digitali) 48

§  Articolo 38-quater (Misure per la raccolta di firme digitali per i referendum e le proposte di legge di iniziativa popolare) 50

§  Articolo 39 (Semplificazione di dati pubblici) 65

§  Articolo 39-bis (Ulteriore proroga del termine per la raccolta di sottoscrizioni a fini referendari) 82

§  Articolo 39-ter (Semplificazione della richiesta di occupazione del suolo pubblico per attività politica) 85

§  Articolo 39-quater (Disposizioni in materia di comunicazione di trattamenti sanitari obbligatori all'autorità di pubblica sicurezza) 86

§  Articoli 39-quinquies e 39-sexies (Anagrafe nazionale dell'istruzione e Anagrafe nazionale dell'istruzione superiore. Disposizioni in materia di sistema informativo per il supporto all'istruzione scolastica) 89

§  Articolo 39-septies (Disposizioni in materia di start-up innovative e PMI innovative) 94

§  Articolo 40 (Semplificazioni del procedimento di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica e agevolazione per l’infrastrutturazione digitale degli edifici e delle unità immobiliari) 97

§  Articolo 41 (Violazione degli obblighi di transizione digitale) 112

§  Articolo 42 (Disposizioni attuative in materia di  certificazioni verdi COVID-19) 124

§  Articolo 42-bis, comma 1 (Disposizioni in materia di spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti) 127

§  Articolo 42-bis, commi 2 e 4 (Modifica alla disciplina in materia di Commissari straordinari degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria) 128

§  Articolo 42-bis, comma 3 (Mobilità sanitaria interregionale) 131

§  Articolo 43, commi 1 e 2 (Disposizioni urgenti in materia di digitalizzazione e servizi informatici del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) 133

§  Articolo 43 co. 2-bis e 2-ter (Trasformazione digitale della rete stradale nazionale) 135

§  Articolo 43 co. 2-quater e 2-quinquies (Disposizioni in materia di patenti nautiche) 137

§  Articolo 44 (Semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto) 139

§  Articolo 45 (Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del Consiglio superiore dei lavori pubblici) 144

§  Articolo 46 (Modifiche alla disciplina del dibattito pubblico) 146

§  Articolo 47 (Pari opportunità, generazionali e di genere, e inclusione lavorativa nei contratti pubblici PNRR e PNC) 148

§  Articolo 47-bis (Parità di genere negli organismi istituiti dal DL) 155

§  Articolo 47-ter (Disposizioni urgenti in materia di affidamenti dei concessionari) 156

§  Articolo 47-quater (Misure urgenti in materia di tutela della concorrenza nei contratti pubblici PNRR e PNC) 157

§  Articolo 48 (Semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC) 159

§  Articolo 49 (Modifiche alla disciplina del subappalto) 162

§  Articolo 50 (Semplificazioni in materia di esecuzione dei contratti pubblici PNRR e PNC) 175

§  Articolo 51 (Modifiche al decreto-legge n. 76 del 2020) 181

§  Articolo 52, comma 1 (Proroghe e modifiche riguardanti il D.L. 32/2019 in materia di contratti pubblici) 186

§  Articolo 52, comma 1-bis (Semplificazione opere difesa nazionale) 199

§  Articolo 53 (Semplificazione degli acquisti di beni e servizi informatici strumentali alla realizzazione del PNRR e in materia di procedure di e-procurement e acquisto di beni e servizi informatici) 200

§  Articolo 54 (Eventi sismici del mese di aprile 2009 nella regione Abruzzo: Anagrafe antimafia degli esecutori e ulteriori misure per l'accelerazione degli interventi) 202

§  Articolo 55, comma 1, lettera a), nn. 1, 3 e 5 (Misure di semplificazione in materia di edilizia scolastica) 207

§  Articolo 55, comma 1, lettera a), n. 4) (Misure di semplificazione in materia di istruzione) 208

 

§  Articolo 55, comma 1, lettera b), n. 1) (Misure di semplificazione in materia di istruzione) 210

§  Articolo 55, comma 1, lettere b), nn.2 - 4 (Misure di semplificazione in materia di istruzione) 213

§  Articolo 55-bis (Regime transitorio di accesso alla professione di perito industriale) 217

§  Articolo 55-ter (Semplificazione incasso assegni) 219

§  Articolo 56 (Norme in materia di attuazione dei programmi di competenza del Ministero della salute ricompresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e in materia di edilizia sanitaria) 220

§  Articolo 56-bis (Iniziative di elevata utilità sociale nel campo dell'edilizia sanitaria valutabili dall'INAIL) 225

§  Articolo 56-ter (Misure di semplificazione in materia di agricoltura e pesca) 227

§  Articolo 56-quater (Licenza obbligatoria in caso di emergenza sanitaria nazionale) 230

§  Articolo 57 (Zone Economiche Speciali) 233

§  Articolo 58 (Semplificazione del processo di attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne) 241

§  Articolo 59 (Proroga del termine per la perequazione infrastrutturale) 244

§  Articolo 60 (Rafforzamento del ruolo dell’Agenzia per la coesione territoriale) 259

§  Articolo 60-bis (Accelerazione dei procedimenti relativi ai beni confiscati alle mafie) 261

§  Articolo 61 (Modifiche alla disciplina del potere sostitutivo) 264

§  Articolo 62 (Modifiche alla disciplina del silenzio assenso) 268

§  Articolo 63 (Annullamento d’ufficio) 271

§  Articolo 63-bis (Modifiche all'articolo 3 della legge 20 novembre 2017, n. 168, in materia di trasferimenti di diritti di uso civico e permute aventi ad oggetto terreni a uso civico) 273

§  Articolo 64, commi da 1 a 6 (Istituzione del Comitato nazionale per la valutazione della ricerca e altre misure in materia di attività e progetti di ricerca) 277

§  Articolo 64, commi da 6-bis a 6-sexies (Rafforzamento delle risorse umane del Ministero dell'università e della ricerca e del Ministero dell'istruzione) 289

§  Articolo 64, comma 6-septies (Contributo alla Fondazione “I Lincei per la scuola”) 294

§  Articolo 64, commi 7 e 7-bis (Cofinanziamento di investimenti su nuove sedi e strutture già esistenti delle istituzioni AFAM) 296

§  Articolo 64, commi 8 e 9 (Interventi per alloggi e residenze per studenti universitari e delle istituzioni AFAM) 299

§  Articolo 64-bis (Misure di semplificazione nonché prime misure attuative del PNRR in materia di Alta formazione artistica, musicale e coreutica) 303

§  Articolo 64-ter (Proroga degli organi degli Enti parco nazionali) 316

§  Articolo 64-quater (Fruizione delle aree naturali protette) 317

§  Articolo 64-quinquies (Misure di semplificazione in materia di ricerca clinica) 318

§  Articolo 65 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali ed autostradali) 320

§  Articolo 65-bis (Proroga della concessione di esercizio della tratta italiana della ferrovia Domodossola-Locarno) 323

§  Articolo 66, comma 1 (Proroga del termine per la modifica con maggioranza ordinaria degli statuti degli Enti del Terzo Settore) 325

§  Articolo 66, commi 01 e 1-bis (Enti religiosi civilmente riconosciuti) 326

§  Articolo 66, comma 02 (Atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato) 330

§  Articolo 66, comma 2 (Carta europea della disabilità) 331

§  Articolo 66-bis (Modifiche di disposizioni legislative) 333

§  Articolo 66-ter (Assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare) 341

§  Articolo 66-quater (Semplificazione delle segnalazioni relative a banconote e monete sospette di falsità) 342

§  Articolo 66-quinquies (Destinazione di parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della strada all’acquisto di mezzi per finalità di protezione civile) 344

§  Articolo 66-sexies (Clausola di salvaguardia) 345

§  Articolo 67 (Entrata in vigore) 346

§  Allegato I (Opere, impianti e infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC) 347

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 38
(Misure per la diffusione delle comunicazioni digitali delle pubbliche amministrazioni e divario digitale)

 

 

L’articolo 38 interviene in primo luogo (comma 1) su alcuni aspetti della notifica digitale degli atti della pubblica amministrazione, prevedendo tra l’altro che il gestore della Piattaforma per la notificazione digitale invii al destinatario della notifica - che abbia comunicato, oltre alla PEC o altro indirizzo digitale certificato, anche un indirizzo e-mail non certificato, un numero di telefono o altro recapito digitale non certificato - un avviso di cortesia in modalità informatiche, oltre all’avviso di avvenuta ricezione. Inoltre, prevede che ai destinatari che non sono titolari di un indirizzo PEC o di altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, la notifica sia inviata mediante raccomandata con avviso di ricevimento in luogo della notificazione a mezzo posta. In caso di irreperibilità assoluta si introduce la possibilità di individuare un recapito alternativo per l’invio della notifica per raccomandata.

Un secondo gruppo di disposizioni (commi 2 e 3) è finalizzato a favorire l’utilizzo del domicilio e delle identità digitali principalmente mediante l’introduzione del Sistema di gestione deleghe (SGD) che consente a coloro che non possiedono una identità digitale di delegare ad un altro soggetto l’accesso per proprio conto a servizi on-line.

Le altre misure prevedono:

§  la possibilità, oltre che di eleggere, di modificare il proprio domicilio digitale;

§  l’attribuzione a tutti i cittadini del domicilio digitale al momento di entrata in vigore dell’obbligo per le PA di comunicare esclusivamente in via digitale;

§  la possibilità di utilizzare il contrassegno a stampa (o timbro digitale) per la sottoscrizione della copia analogica del documento digitale nelle comunicazioni con i soggetti che non hanno accesso al domicilio digitale;

§  l’attribuzione alle copie analogiche con l’indicazione a mezzo stampa del responsabile in sostituzione della firma autografa degli stessi effetti di legge della sottoscrizione autografa del pubblico ufficiale;

§  la possibilità a regime di eleggere un domicilio digitale speciale per determinati atti, procedimenti o affari;

§  l’attribuzione all’AgID del compito di provvedere non solo al trasferimento dei domicili digitali delle persone fisiche contenuti nell’indice dei domicili digitali nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), ma anche al loro costante aggiornamento.

 

Notifica digitale degli atti della pubblica amministrazione

Il comma 1 interviene sulla disciplina della notifica digitale degli atti delle pubbliche amministrazioni attraverso la Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione (PND) recata dall’articolo 26 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76.

Per un puntuale raffronto delle modifiche introdotte si veda il testo a fronte in calce alla scheda.

 

Lo sviluppo di una piattaforma digitale per le notifiche è stato previsto della legge di bilancio 2020 (L. 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, commi 402-403), con la finalità di rendere più semplice, efficiente, sicura ed economica la notificazione con valore legale di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni della pubblica amministrazione, anche ottenendo risparmi per la spesa pubblica e minori oneri per i cittadini.

Responsabile della piattaforma è la Presidenza del Consiglio dei ministri, che si avvale per la sua realizzazione della società PagoPa SpA (istituita dall'articolo 8, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135).

A sua volta PagoPA affida, in tutto o in parte, lo sviluppo della piattaforma al fornitore del servizio postale universale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, anche attraverso il riuso dell'infrastruttura tecnologica esistente di proprietà del fornitore.

Per la realizzazione della piattaforma la legge di bilancio ha autorizzato la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.

Successivamente, la piattaforma è stata dettagliatamente disciplinata dall’art. 26 del D.L. 76/2020 che l’ha denominata Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione.

Secondo la definizione di cui all’art. 26, comma 2, lett. b) del D.L. 76/2020 la piattaforma digitale è lo strumento utilizzato dalle amministrazioni per effettuare, con valore legale, le notifiche di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni.

In attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 402, della legge di bilancio 2020 è stato sottoscritto, il 7 aprile 2020, un contratto con la Società PagoPa SpA avente ad oggetto le attività volte alla ideazione, creazione e sviluppo della Piattaforma notifiche digitali della pubblica amministrazione, della durata di 12 mesi. (Nota preliminare al bilancio di previsione della presidenza del consiglio dei ministri per l’anno 2021, dicembre 2020).

 

Si ricorda che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha destinato 245 milioni di euro per l’implementazione della Piattaforma notifiche digitali nell’ambito della Missione 1, Componente 1, Asse di intervento 1, Investimento 4, Servizi digitali e esperienza dei cittadini. Secondo il cronoprogramma entro il secondo trimestre 2026 almeno 6.400 tra PA centrali e comuni adottano la Piattaforma notifiche digitali fornendo avvisi digitali a cittadini e soggetti giuridici.

 

In particolare, il comma 1, alla lett. a), che introduce un comma 5-bis all’articolo 26 del D.L. 76/2020, prevede che il gestore della PND invii al destinatario della notifica - che abbia comunicato, oltre alla PEC o altro indirizzo digitale certificato, anche un indirizzo e-mail non certificato, un numero di telefono o altro recapito digitale non certificato - un avviso di cortesia in modalità informatiche, oltre all’avviso di avvenuta ricezione.

Si tratta dello stesso avviso di cortesia inviato - ai sensi del comma 7 dell’art. 26 del medesimo D.L. 76/2020 – a coloro che non sono titolari di un indirizzo PEC o di altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

L’avviso di cortesia è reso disponibile anche tramite il punto di accesso telematico ai servizi della PA istituito dall’articolo 64-bis del CAD presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, come il canale attraverso cui tutti i soggetti pubblici devono rendere fruibili i propri servizi in rete.

L’avviso di cortesia contiene le stesse informazioni dell’avviso di avvenuta ricezione con il quale il gestore della PND comunica l'esistenza e l'identificativo univoco della notificazione (IUN), nonché le modalità di accesso alla piattaforma e di acquisizione del documento oggetto di notificazione. L'avviso di avvenuta ricezione, in formato elettronico, è inviato con modalità telematica ai destinatari titolari di un indirizzo di posta elettronica certificata o di un servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

L’invio dell’avviso di cortesia viene effettuato anche nell’ipotesi di mancato recapito dell’avviso di ricezione, per esempio a causa di saturazione della PEC (lett. b).

 

La lettera c), n. 2 prevede che ai destinatari che non sono titolari di un indirizzo PEC o di altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato la notifica avvenga mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, nei casi in cui la legge lo consenta, in luogo della notificazione a mezzo posta di cui alla legge 890/1982

Inoltre, si prevede che la notificazione dell’avviso di avvenuta ricezione debba avvenire senza ritardo, in formato cartaceo e in busta chiusa, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma.

Nell’ipotesi che all’indirizzo indicato non sia possibile il recapito del plico contenente l’avviso di avvenuta ricezione per cause diverse dalla temporanea assenza o dal rifiuto del destinatario o delle altre persone alle quali può essere consegnato il plico (irreperibilità assoluta), le procedure ordinarie di notifica sono integrate in modo dettagliato dalla lettera in esame come segue.

§  l’addetto al recapito postale svolge in loco ogni opportuna indagine per accertare l’indirizzo dell’abitazione, ufficio o sede del destinatario irreperibile. Gli accertamenti svolti e il relativo esito sono verbalizzati e comunicati al gestore della piattaforma;

§  qualora sia possibile individuare un indirizzo del destinatario diverso da quello al quale è stato tentato il precedente recapito (o dagli accertamenti svolti dall’addetto al recapito postale ovvero dalla consultazione del registro dell’anagrafe della popolazione residente o dal registro delle imprese) il gestore della piattaforma invia a tale diverso indirizzo l’avviso di avvenuta ricezione;

§  in caso non sia possibile individuare un indirizzo alternativo il gestore deposita l’avviso di avvenuta ricezione sulla piattaforma e lo rende così disponibile al destinatario. Quest’ultimo può in ogni caso acquisire copia dell’avviso di avvenuta ricezione tramite il fornitore del servizio postale universale (di cui al comma 20 del D.L 76/2020) con le modalità fissate dal decreto di attuazione del D.L. 76/2020 previsto dal comma 15, come modificato dal presenta provvedimento.

La notifica dell’avviso di avvenuta ricezione si perfeziona nel decimo giorno successivo a quello di deposito nella piattaforma. Il destinatario che incorra in decadenze può essere rimesso in termini purché dimostri di non aver ricevuto la notifica per causa ad esso non imputabile.

 

Il comma 1, lett. c), n. 1 incide sull’avviso di avvenuta ricezione a mezzo posta secondo le modalità previste dalla legge 890/1982.

La diposizione previgente fa riferimento esclusivamente agli articoli 7, 8 e 9 della legge da ultimo citata, mentre la lettera in esame include anche l’articolo 14 della medesima legge, che dispone che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire con l'impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall'Amministrazione finanziaria.

 

La lettera d) prevede che il gestore della piattaforma renda disponibile la copia informatica dell'avviso di avvenuta ricezione cartaceo e degli atti relativi alla notificazione effettuata con le modalità di cui al comma 7, come modificato dal presente provvedimento, e non con le modalità di cui alla legge 890/1982 come disposto dalla norma previgente.

 

La lettera e) adegua alle modifiche introdotte dalle lettere precedenti i principi e i criteri direttivi per l’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio di attuazione della Piattaforma per la notificazione digitale.

 

La lettera f) prevede che il gestore della piattaforma non si avvalga del fornitore del servizio postale universale (di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261), per effettuare la spedizione dell'avviso di avvenuta ricezione. Rimane fermo il ricorso al fornitore per effettuare la consegna della copia cartacea degli atti oggetto di notificazione previste dal comma 7 e per garantire, su tutto il territorio nazionale, l'accesso universale alla piattaforma e al nuovo servizio di notificazione digitale.

Domicilio digitale e superamento del divario digitale

Il comma 2 interviene in materia di domicilio digitale e identità digitale.

 

Il comma 2, lett. a), n. 01, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, modifica il comma 1-bis dell’articolo 3-bis del CAD prevedendo che chiunque, oltre a poter eleggere il proprio domicilio digitale, lo possa modificare.

 

Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (PEC), o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale (articolo 1, comma 1, lett. n-ter del CAD).

Apposite Linee guida stabiliscono le modalità di elezione del domicilio digitale obbligatorio per i soggetti pubblici, i professionisti iscritti ad albi o elenchi e i soggetti iscritti al registro delle imprese (art. 3-bis, comma 1, CAD) e del domicilio digitale facoltativo che chiunque può attivare (art. 3-bis, comma 1-bis, CAD).

 

Il comma 2, lett. a), n. 1) modifica l’articolo 3-bis, comma 1-ter, del CAD, attribuendo alle Linee guida ivi previste il compito di definire anche le modalità di elezione del domicilio digitale speciale previsto dal comma 4-quinquies, come modificato dal comma in esame (v. infra).

 

La lettera a), n. 2), modifica l’articolo 3-bis, comma 3-bis, del CAD, per garantire a tutti i cittadini l’attribuzione di un domicilio digitale al momento di entrata in vigore dell’obbligo per le PA di comunicare esclusivamente in via digitale.

L’art. 3-bis, comma 3-bis del CAD affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti l'AgID e il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, la determinazione della data a partire dalla quale le comunicazioni tra i soggetti pubblici e coloro che non hanno provveduto a eleggere un domicilio digitale avvengono esclusivamente in forma elettronica. Secondo la formulazione previgente alla modifica apportata dalla disposizione in esame, lo stesso decreto determina le modalità con le quali ai predetti soggetti può essere reso disponibile un domicilio digitale. Tale facoltà ora diventa un obbligo.

La disposizione in esame, fa salva la necessità, prevista dal citato articolo 3-bis, comma 3-bis, del CAD, di individuare modalità alternative di comunicazione ai cittadini che non hanno accesso ad un domicilio digitale.

 

Il comma 2, lettera a), n. 3), modifica il comma 4-bis dell’articolo 3-bis del CAD recante disposizioni in materia di comunicazioni con i soggetti che non hanno accesso al domicilio digitale, per la sua assenza o per il suo mancato funzionamento. In tali casi è necessario procedere alla produzione della copia analogica del documento informatico. La disposizione in esame prevede, oltre alla possibilità di sottoscrivere tale copia con firma autografa sostituita a mezzo stampa ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 12 dicembre 1993, n. 39, anche l’utilizzo del contrassegno a stampa (o timbro digitale o Glifo) cui all’articolo 23, comma 2-bis del CAD.

 

L’uso del contrassegno generato elettronicamente affianca quanto già previsto dal decreto legislativo 12 febbraio 1993, n.39, che dispone che gli atti amministrativi prodotti con sistemi informatici o telematici, nel pieno controllo dell’amministrazione, possono essere accompagnati, per la loro validità, dall’indicazione a stampa della fonte e del nominativo del soggetto responsabile, nonché dell’eventuale dicitura che specifica che il documento informatico da cui la copia analogica è tratta è stato prodotto ed è conservato dall’amministrazione secondo le regole tecniche previste dal Codice. Infatti, come indicato nell’articolo 3-bis, commi 4-bis, 4-ter e 4-quater del Codice, nel caso in cui il cittadino non abbia domicilio digitale, le amministrazioni possono predisporre le comunicazioni al cittadino come documenti amministrativi informatici sottoscritti con firma digitale o firma elettronica avanzata, da conservare nei propri archivi, ed inviano al cittadino, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento, le copie analogiche di tali documenti amministrativi informatici sottoscritte con firma autografa sostituita a mezzo stampa. Tali copie analogiche devono contenere anche una dicitura che specifica che i documenti amministrativi informatici originali sono stati predisposti e conservati presso l'amministrazione (Agid, Linee guida contrassegno elettronico, 2013).

 

La modifica di cui al comma 2, lettera a), n. 4), prevede che la copia analogica inviata al cittadino reca la dicitura che la stessa è stata estratta da un corrispondente documento nativo digitale disponibile presso l’amministrazione che lo ha predisposto.

 

Il comma 2, lettera a), n. 5, interviene sull’articolo 3-bis, comma 4-ter, del CAD. In particolare, fatte salve le ipotesi in cui il documento della pubblica amministrazione rappresenti una certificazione da utilizzare nei rapporti tra privati, alle copie analogiche con l’indicazione a mezzo stampa del responsabile in sostituzione della firma autografa ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 12 dicembre 1993, n. 39, si riconducono gli stessi effetti del contrassegno previsti dall’articolo 23, comma 2-bis, del CAD. Tale disposizione prevede che il contrassegno sostituisce a tutti gli effetti di legge la sottoscrizione autografa del pubblico ufficiale.

 

Il comma 2, lettera a), n. 6), incide sul successivo comma 4-quinques dell’art. 3-bis del CAD prevedendo la possibilità a regime di eleggere un domicilio digitale speciale per determinati atti, procedimenti o affari (la previgente previsione normativa consentiva di esercitare tale facoltà solo fino all’adozione delle Linee guida e alla realizzazione dell’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese).

 

La lettera b) del comma 2 pone in capo all’AgID il compito non solo di trasferire nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), a partire dal suo completamento, i domicili digitali delle persone fisiche contenuti nell’indice dei domicili digitali ma anche di provvedere al costante aggiornamento dei predetti domicili digitali.

 

Come si legge nella relazione illustrativa, tale previsione garantisce il progressivo allineamento delle due banche dati e, quindi, il tempestivo aggiornamento dell’ANPR.

L’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), è la banca dati nazionale nella quale stanno confluendo progressivamente le anagrafi comunali.

L’art. 2 del D.L. n. 179/2012 ha disposto l'unificazione del sistema anagrafico nazionale, già strutturato in quattro partizioni (Indice nazionale delle anagrafi-INA, anagrafe comunale, AIRE centrale e AIRE comunale) in un’unica anagrafe - l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), istituita presso il Ministero dell'interno. La finalità dell’intervento è quella di accelerare il processo di automazione amministrativa rendendo più efficiente la gestione dei dati anagrafi della popolazione e riducendone i costi.

È istituita presso il Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 62 del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale). Il Decreto Ministeriale 194/2014 stabilisce i requisiti di sicurezza, le funzionalità per la gestione degli adempimenti di natura anagrafica, le modalità di integrazione con i diversi sistemi gestionali nonché i servizi da fornire alle Pubbliche Amministrazioni ed Enti che erogano pubblici servizi che, a tal fine, dovranno sottoscrivere accordi di servizio con lo stesso Ministero. ANPR non è solo una banca dati ma un sistema integrato che consente ai comuni di svolgere i servizi anagrafici di consultare o estrarre dati, monitorare le attività, effettuare statistiche.

Si ricorda che il PNRR prevede un finanziamento di 285 milioni per lo sviluppo e la diffusione dell’identità digitale (SPID e CIE) e dell’ANPR nell’ambito dell’investimento Servizi digitali e esperienze dei cittadini  (Missione 1, Componente 1: “Digitalizzazione della PA”).

 

La lettera b-bis) del comma 2, introdotta dalla Camera dei deputati, modifica il comma 1-ter dell’articolo 64-bis del CAD, specifica che le pubbliche amministrazioni rendono fruibili i propri servizi in rete tramite applicazione su dispositivi mobili nel rispetto del principio di neutralità tecnologica.

 

Il principio di neutralità tecnologica ha origine nella normativa UE in materia di comunicazioni elettroniche e consiste nel diritto del titolare di un’autorizzazione generale di utilizzare tutte le tecnologie disponibili nella banda di frequenza assegnata (si veda TAR Lazio, sez. I, sent. 749/2013).

 

Il comma 2, lettera c), introduce nel CAD il nuovo articolo 64-ter che istituisce il Sistema di gestione delle deleghe (SGD), affidato alla responsabilità della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. Tale struttura si avvale per la realizzazione del SGD dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato regolando con apposita convenzione i relativi rapporti anche per ciò che concerne la nomina a responsabile del trattamento dei dati personali ai sensi dell’articolo 28 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (commi 1, 5 e 6 del nuovo art. 64-ter).

La SGD consente a chiunque di delegare l’accesso ad uno o più servizi ad un soggetto terzo titolare dell’identità digitale con livello di sicurezza almeno significativo. La delega digitale può essere creata mediante due differenti canali: quello digitale, con una delle modalità previste dall’articolo 65 del CAD e quello fisico, con l’acquisizione della delega cartacea presso lo sportello di uno dei soggetti pubblici abilitati presenti sul territorio (comma 2 del nuovo art. 64-ter).

Una volta acquisita una delega al SGD, è generato un attributo qualificato associato all’identità digitale del delegato, secondo le modalità stabilite dall’AgID con Linee guida. Tale attributo può essere utilizzato anche per l’erogazione di servizi in modalità analogica (comma 3 del nuovo art. 64-ter)

Le PA e gli altri soggetti pubblici di cui all’articolo 2, comma 2, del CAD sono tenuti ad accreditarsi al Sistema di Gestione delle Deleghe (comma 4 del nuovo art. 64-ter).

Con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell’Interno, sentita l’AgID, il Garante per la protezione dei dati personali e la Conferenza unificata, sono definite le caratteristiche tecniche, l’architettura generale, i requisiti di sicurezza, le modalità di acquisizione della delega e di funzionamento del Sistema di Gestione Deleghe, le modalità di adesione al sistema nonché le tipologie di dati oggetto di trattamento, le categorie di interessati e, in generale, le modalità e procedure per assicurare il rispetto delle disposizioni in materia di trattamento dei dati personali. Restano ferme, in ogni caso, le specifiche disposizioni in materia di attributi qualificati già dettate dal DPCM 24 ottobre 2014 adottato ai sensi dell’articolo 64, comma 2-sexies del CAD (comma 7 del nuovo art. 64-ter).

Il comma 8 reca una disposizione di neutralità finanziaria, secondo la quale all’onere della realizzazione della SGD si provvede con le risorse disponibili a legislazione vigente.

Al contempo, il comma 3 dell’articolo in esame subordina l’effettiva efficacia della disposizione relativa all’istituzione del sistema di gestione deleghe (SGD) di cui sopra alla definitiva approvazione del PNRR da parte del Consiglio dell’Unione europea, in quanto i relativi oneri sono a carico delle risorse a carico del medesimo PNRR.

 

Si ricorda che il PNRR, nel testo ultimo trasmesso al Parlamento, non menziona espressamente l’istituzione del sistema di gestione deleghe (SGD) ma reca, più in generale, una serie di indirizzi e finanziamenti (pari a 285 milioni di euro) per lo sviluppo e la diffusione dell’identità digitale (SPID e CIE) e dell’ANPR nell’ambito dell’investimento Servizi digitali e esperienza dei cittadini (Missione 1, Componente 1: “Digitalizzazione della PA”).

 

Il comma 2, lettera d), infine, modifica sull’articolo 65, comma 1, lettera c-bis) del CAD prevedendo che la trasmissione di un’istanza o di una dichiarazione, da parte di un cittadino tramite il proprio domicilio digitale, costituisce elezione di domicilio digitale speciale, ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 4-quinquies, del CAD per gli atti e le dichiarazioni a cui è riferita l’istanza o la dichiarazione.

 

 

D.L. 16 luglio 2020, n. 76
Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale.

Testo previgente

Testo modificato dal D.L. 77/2021

Art. 26
Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione

 

[…]

 

4. Il gestore della piattaforma, con le modalità previste dal decreto di cui al comma 15, per ogni atto, provvedimento, avviso o comunicazione oggetto di notificazione reso disponibile dall'amministrazione, invia al destinatario l'avviso di avvenuta ricezione, con il quale comunica l'esistenza e l'identificativo univoco della notificazione (IUN), nonché le modalità di accesso alla piattaforma e di acquisizione del documento oggetto di notificazione.

 

5. L'avviso di avvenuta ricezione, in formato elettronico, è inviato con modalità telematica ai destinatari titolari di un indirizzo di posta elettronica certificata o di un servizio elettronico di recapito certificato qualificato:

 

a) inserito in uno degli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

 

b) eletto, ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 4-quinquies, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 o di altre disposizioni di legge, come domicilio speciale per determinati atti o affari, se a tali atti o affari è riferita la notificazione;

 

c) eletto per la ricezione delle notificazioni delle pubbliche amministrazioni effettuate tramite piattaforma secondo le modalità previste dai decreti di cui al comma 15.

 

 

5-bis. Ai destinatari di cui al comma 5, ove abbiano comunicato un indirizzo email non certificato, un numero di telefono o altro analogo recapito digitale diverso da quelli di cui al comma 5, il gestore della piattaforma invia anche un avviso di cortesia in modalità informatica contenente le stesse informazioni dell’avviso di avvenuta ricezione. L’avviso di cortesia è reso disponibile altresì tramite il punto di accesso di cui all’articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

6. Se la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi, il gestore della piattaforma effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi oppure se l'indirizzo elettronico del destinatario non risulta valido o attivo, il gestore della piattaforma rende disponibile in apposita area riservata, per ciascun destinatario della notificazione, l'avviso di mancato recapito del messaggio, secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 15. Il gestore della piattaforma inoltre dà notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico.

6. Se la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi, il gestore della piattaforma effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi oppure se l'indirizzo elettronico del destinatario non risulta valido o attivo, il gestore della piattaforma rende disponibile in apposita area riservata, per ciascun destinatario della notificazione, l'avviso di mancato recapito del messaggio, secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 15. Il gestore della piattaforma inoltre dà notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico. In tale ultimo caso, il gestore della piattaforma provvede anche all’invio dell’avviso di cortesia di cui al comma 5-bis, ove sussistano i presupposti ivi previsti.

7. Ai destinatari diversi da quelli di cui al comma 5, l'avviso di avvenuta ricezione è notificato senza ritardo, in formato cartaceo, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma, con le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890 e con applicazione degli articoli 7, 8 e 9 della stessa legge. L'avviso contiene l'indicazione delle modalità con le quali è possibile accedere alla piattaforma e l'identificativo univoco della notificazione (IUN) mediante il quale, con le modalità previste dal decreto di cui al comma 15, il destinatario può ottenere la copia cartacea degli atti oggetto di notificazione. Agli stessi destinatari, ove abbiano comunicato un indirizzo email non certificato, un numero di telefono o un altro analogo recapito digitale diverso da quelli di cui al comma 5, il gestore della piattaforma invia un avviso di cortesia in modalità informatica contenente le stesse informazioni dell'avviso di avvenuta ricezione. L'avviso di cortesia è reso disponibile altresì tramite il punto di accesso di cui all'articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

7. Ai destinatari diversi da quelli di cui al comma 5, l'avviso di avvenuta ricezione è notificato senza ritardo, in formato cartaceo, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma, con le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890 e con applicazione degli articoli 7, 8, 9 e 14 della stessa legge. In tutti i casi in cui la legge consente la notifica a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, la notificazione dell’avviso di avvenuta ricezione avviene senza ritardo, in formato cartaceo e in busta chiusa, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma, mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento. Ove all’indirizzo indicato non sia possibile il recapito del plico contenente l’avviso di avvenuta ricezione per cause diverse dalla temporanea assenza o dal rifiuto del destinatario o delle altre persone alle quali può essere consegnato il plico, l’addetto al recapito postale svolge in loco ogni opportuna indagine per accertare l’indirizzo dell’abitazione, ufficio o sede del destinatario irreperibile. Gli accertamenti svolti e il relativo esito sono verbalizzati e comunicati al gestore della piattaforma. Ove dagli accertamenti svolti dall’addetto al recapito postale ovvero dalla consultazione dei registro dell’anagrafe della popolazione residente o dal registro delle imprese sia possibile individuare un indirizzo del destinatario diverso da quello al quale è stato tentato il precedente recapito, il gestore della piattaforma invia a tale diverso indirizzo l’avviso di avvenuta ricezione; in caso contrario, deposita l’avviso di avvenuta ricezione sulla piattaforma e lo rende così disponibile al destinatario. Quest’ultimo può in ogni caso acquisire copia dell’avviso di avvenuta ricezione tramite il fornitore di cui al successivo comma 20, con le modalità fissate dal decreto di cui al comma 15. La notifica dell’avviso di avvenuta ricezione si perfeziona nel decimo giorno successivo a quello di deposito nella piattaforma.  Il destinatario che incorra in decadenze e dimostri di non aver ricevuto la notifica per causa ad esso non imputabile può essere rimesso in termini.  L'avviso contiene l'indicazione delle modalità con le quali è possibile accedere alla piattaforma e l'identificativo univoco della notificazione (IUN) mediante il quale, con le modalità previste dal decreto di cui al comma 15, il destinatario può ottenere la copia cartacea degli atti oggetto di notificazione. Agli stessi destinatari, ove abbiano comunicato un indirizzo email non certificato, un numero di telefono o un altro analogo recapito digitale diverso da quelli di cui al comma 5, il gestore della piattaforma invia un avviso di cortesia in modalità informatica contenente le stesse informazioni dell'avviso di avvenuta ricezione. L'avviso di cortesia è reso disponibile altresì tramite il punto di accesso di cui all'articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

[…]

 

12. Il gestore della piattaforma rende altresì disponibile la copia informatica dell'avviso di avvenuta ricezione cartaceo e degli atti relativi alla notificazione ai sensi della legge 20 novembre 1982, n. 890, dei quali attesta la conformità agli originali.

12. Il gestore della piattaforma rende altresì disponibile la copia informatica dell'avviso di avvenuta ricezione cartaceo e degli atti relativi alla notificazione effettuata con le modalità di cui al comma 7, dei quali attesta la conformità agli originali.

[…]

 

15. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Garante per la protezione dei dati personali per gli aspetti di competenza, acquisito il parere in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, nel rispetto del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82:

 

a) sono definiti l'infrastruttura tecnologica della piattaforma e il piano dei test per la verifica del corretto funzionamento. La piattaforma è sviluppata applicando i criteri di accessibilità di cui alla legge 9 gennaio 2004, n. 4 nel rispetto dei principi di usabilità, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità e interoperabilità;

 

b) sono stabilite le regole tecniche e le modalità con le quali le amministrazioni identificano i destinatari e rendono disponibili telematicamente sulla piattaforma i documenti informatici oggetto di notificazione;

 

c) sono stabilite le modalità con le quali il gestore della piattaforma attesta e certifica, con valore legale opponibile ai terzi, la data e l'ora in cui i documenti informatici delle amministrazioni sono depositati sulla piattaforma e resi disponibili ai destinatari attraverso la piattaforma, nonché il domicilio del destinatario risultante dagli elenchi di cui al comma 5, lettera a) alla data della notificazione;

 

d) sono individuati i casi di malfunzionamento della piattaforma, nonché le modalità con le quali il gestore della piattaforma attesta il suo malfunzionamento e comunica il ripristino della sua funzionalità;

 

e) sono stabilite le modalità di accesso alla piattaforma e di consultazione degli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni da parte dei destinatari e dei delegati, nonché le modalità con le quali il gestore della piattaforma attesta la data e l'ora in cui il destinatario o il delegato accedono, tramite la piattaforma, all'atto oggetto di notificazione;

 

f) sono stabilite le modalità con le quali i destinatari eleggono il domicilio digitale presso la piattaforma e, anche attraverso modelli semplificati, conferiscono o revocano ai delegati la delega per l'accesso alla piattaforma, nonché le modalità di accettazione e rinunzia delle deleghe;

 

g) sono stabiliti i tempi e le modalità di conservazione dei documenti informatici resi disponibili sulla piattaforma;

 

h) sono stabilite le regole tecniche e le modalità con le quali i destinatari indicano il recapito digitale ai fini della ricezione dell'avviso di cortesia di cui al comma 7;

h) sono stabilite le regole tecniche e le modalità con le quali i destinatari indicano il recapito digitale ai fini della ricezione dell'avviso di cortesia di cui ai commi 5-bis e 7;

i) sono individuate le modalità con le quali i destinatari dell'avviso di avvenuta ricezione notificato in formato cartaceo ottengono la copia cartacea degli atti oggetto di notificazione;

i) sono individuate le modalità con le quali i destinatari dell'avviso di avvenuta ricezione notificato in formato cartaceo ottengono la copia cartacea degli atti oggetto di notificazione o, nei casi previsti dal comma 7, sesto periodo, dell’avviso di avvenuta ricezione;

l) sono disciplinate le modalità di adesione delle amministrazioni alla piattaforma.

 

 

l-bis) sono disciplinate le modalità con le quali gli addetti al recapito postale comunicano al gestore della piattaforma l’esito degli accertamenti di cui al comma 7, quarto periodo.

[…]

 

20. Il gestore si avvale del fornitore del servizio universale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, anche per effettuare la spedizione dell'avviso di avvenuta ricezione e la consegna della copia cartacea degli atti oggetto di notificazione previste dal comma 7 e garantire, su tutto il territorio nazionale, l'accesso universale alla piattaforma e al nuovo servizio di notificazione digitale.

20. Il gestore si avvale del fornitore del servizio universale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, anche per effettuare la consegna della copia cartacea degli atti oggetto di notificazione previste dal comma 7 e garantire, su tutto il territorio nazionale, l'accesso universale alla piattaforma e al nuovo servizio di notificazione digitale.

 

 

 

 

D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
Codice dell'amministrazione digitale

 

Testo previgente

Testo modificato dal DL 77/2021

 

Art. 3-bis
Identità digitale e Domicilio digitale

 

 

01. Chiunque ha il diritto di accedere ai servizi on-line offerti dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, tramite la propria identità digitale e anche attraverso il punto di accesso telematico di cui all'articolo 64-bis.

 

 

1. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, i professionisti tenuti all'iscrizione in albi ed elenchi e i soggetti tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese hanno l'obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco di cui agli articoli 6-bis o 6-ter.

 

 

1-bis. Fermo restando quanto previsto al comma 1, chiunque ha facoltà di eleggere il proprio domicilio digitale da iscrivere nell'elenco di cui all'articolo 6-quater. Nel caso in cui il domicilio eletto risulti non più attivo si procede alla cancellazione d'ufficio dall'indice di cui all'articolo 6-quater secondo le modalità fissate nelle Linee guida.

1-bis. Fermo restando quanto previsto al comma 1, chiunque ha facoltà di eleggere e modificare il proprio domicilio digitale da iscrivere nell'elenco di cui all'articolo 6-quater. Nel caso in cui il domicilio eletto risulti non più attivo si procede alla cancellazione d'ufficio dall'indice di cui all'articolo 6-quater secondo le modalità fissate nelle Linee guida.

 

1-ter. I domicili digitali di cui ai commi 1 e 1-bis sono eletti secondo le modalità stabilite con le Linee guida. Le persone fisiche possono altresì eleggere il domicilio digitale avvalendosi del servizio di cui all'articolo 64-bis.

1-ter. I domicili digitali di cui ai commi 1 e 1-bis e 4–quinquies sono eletti secondo le modalità stabilite con le Linee guida. Le persone fisiche possono altresì eleggere il domicilio digitale avvalendosi del servizio di cui all'articolo 64-bis.

 

1-quater. I soggetti di cui ai commi 1 e 1-bis hanno l'obbligo di fare un uso diligente del proprio domicilio digitale e di comunicare ogni modifica o variazione del medesimo secondo le modalità fissate nelle Linee guida. Con le stesse Linee guida, fermo restando quanto previsto ai commi 3-bis e 4-bis, sono definite le modalità di gestione e di aggiornamento dell'elenco di cui all'articolo 6-quater anche nei casi di decesso del titolare del domicilio digitale eletto o di impossibilità sopravvenuta di avvalersi del domicilio.

 

 

2. Abrogato

 

 

3. Abrogato

 

 

3-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti l'AgID e il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, è stabilita la data a decorrere dalla quale le comunicazioni tra i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, e coloro che non hanno provveduto a eleggere un domicilio digitale ai sensi del comma 1-bis, avvengono esclusivamente in forma elettronica. Con lo stesso decreto sono determinate le modalità con le quali ai predetti soggetti può essere reso disponibile un domicilio digitale ovvero altre modalità con le quali, anche per superare il divario digitale, i documenti possono essere messi a disposizione e consegnati a coloro che non hanno accesso ad un domicilio digitale.

3-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti l'AgID e il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, è stabilita la data a decorrere dalla quale le comunicazioni tra i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, e coloro che non hanno provveduto a eleggere un domicilio digitale ai sensi del comma 1-bis, avvengono esclusivamente in forma elettronica. Con lo stesso decreto sono determinate le modalità con le quali ai predetti soggetti è attribuito un domicilio digitale ovvero altre modalità con le quali, anche per superare il divario digitale, i documenti possono essere messi a disposizione e consegnati a coloro che non hanno accesso ad un domicilio digitale.

 

4. A decorrere dal 1° gennaio 2013, salvo i casi in cui è prevista dalla normativa vigente una diversa modalità di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, anche ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza oneri di spedizione a suo carico. Ogni altra forma di comunicazione non può produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario. L'utilizzo di differenti modalità di comunicazione rientra tra i parametri di valutazione della performance dirigenziale ai sensi dell'articolo 11, comma 9, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

 

 

4-bis. Fino alla data fissata nel decreto di cui al comma 3-bis, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, possono predisporre le comunicazioni ai soggetti che non hanno un domicilio digitale ovvero nei casi di domicilio digitale non attivo, non funzionante o non raggiungibile, come documenti informatici sottoscritti con firma digitale o altra firma elettronica qualificata, da conservare nei propri archivi, ed inviare agli stessi, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento, copia analogica di tali documenti sottoscritti con firma autografa sostituita a mezzo stampa predisposta secondo le disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39


ovvero un avviso con le indicazioni delle modalità con le quali i suddetti documenti sono messi a disposizione e consegnati al destinatario.

4-bis. Fino alla data fissata nel decreto di cui al comma 3-bis, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, possono predisporre le comunicazioni ai soggetti che non hanno un domicilio digitale ovvero nei casi di domicilio digitale non attivo, non funzionante o non raggiungibile, come documenti informatici sottoscritti con firma digitale o altra firma elettronica qualificata, da conservare nei propri archivi, ed inviare agli stessi, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento, copia analogica di tali documenti su cui è apposto a stampa il contrassegno di cui all’articolo 23, comma 2-bis o l’indicazione a mezzo stampa del responsabile pro tempore in sostituzione della firma autografa ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39 ovvero un avviso con le indicazioni delle modalità con le quali i suddetti documenti sono messi a disposizione e consegnati al destinatario.

 

4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis soddisfano a tutti gli effetti di legge gli obblighi di conservazione e di esibizione dei documenti previsti dalla legislazione vigente laddove la copia analogica inviata al cittadino (65) contenga una dicitura che specifichi che il documento informatico, da cui la copia è tratta, è stato predisposto ed è disponibile presso l'amministrazione in conformità alle Linee guida.

4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis soddisfano a tutti gli effetti di legge gli obblighi di conservazione e di esibizione dei documenti previsti dalla legislazione vigente laddove la copia analogica inviata al cittadino contenga una dicitura che specifichi che il documento informatico, da cui la copia è tratta, è stato predisposto come documento nativo digitale ed è disponibile presso l'amministrazione.

 

4-quater. Le modalità di predisposizione della copia analogica di cui ai commi 4-bis e 4-ter soddisfano le condizioni di cui all'articolo 23, comma 2-bis, salvo i casi in cui il documento rappresenti, per propria natura, una certificazione rilasciata dall'amministrazione da utilizzarsi nei rapporti tra privati.

4-quater. La copia analogica con l’indicazione a mezzo stampa del responsabile in sostituzione della firma autografa ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39 soddisfa le condizioni di cui all'articolo 23, comma 2-bis, salvo i casi in cui il documento rappresenti, per propria natura, una certificazione rilasciata dall'amministrazione da utilizzarsi nei rapporti tra privati.

 

4-quinquies. Fino all'adozione delle Linee guida di cui al comma 1-ter del presente articolo e alla realizzazione dell'indice di cui all'articolo 6-quater, è possibile eleggere il domicilio speciale di cui all'articolo 47 del Codice civile anche presso un domicilio digitale diverso da quello di cui al comma 1-ter. In tal caso, ferma restando la validità ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale, colui che lo ha eletto non può opporre eccezioni relative alla forma e alla data della spedizione e del ricevimento delle comunicazioni o notificazioni ivi indirizzate. 

4-quinquies. È possibile eleggere anche un domicilio digitale speciale per determinati atti, procedimenti o affari. In tal caso, ferma restando la validità ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale, colui che lo ha eletto non può opporre eccezioni relative alla forma e alla data della spedizione e del ricevimento delle comunicazioni o notificazioni ivi indirizzate. 

 

5. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 

 

 

Art. 6-quater
Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all'iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese

 

 

1. E' istituito il pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all'iscrizione nell'indice di cui all'articolo 6-bis, nel quale sono indicati i domicili eletti ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 1-bis. La realizzazione e la gestione del presente Indice sono affidate all'AgID, che vi provvede avvalendosi delle strutture informatiche delle Camere di commercio già deputate alla gestione dell'elenco di cui all'articolo 6-bis. E' fatta salva la facoltà del professionista, non iscritto in albi, registri o elenchi professionali di cui all'articolo 6-bis, di eleggere presso il presente Indice un domicilio digitale professionale e un domicilio digitale personale diverso dal primo.

 

 

2. Per i professionisti iscritti in albi ed elenchi il domicilio digitale è l'indirizzo inserito nell'elenco di cui all'articolo 6-bis, fermo restando il diritto di eleggerne uno diverso ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 1-bis. Ai fini dell'inserimento dei domicili dei professionisti nel predetto elenco il Ministero dello sviluppo economico rende disponibili all'AgID, tramite servizi informatici individuati nelle Linee guida, i relativi indirizzi già contenuti nell'elenco di cui all'articolo 6-bis.

 

 

3. Al completamento dell'ANPR di cui all'articolo 62, AgID provvede al trasferimento dei domicili digitali delle persone fisiche contenuti nell'elenco di cui al presente articolo nell'ANPR.

3. Al completamento dell'ANPR di cui all'articolo 62, AgID provvede costantemente all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali delle persone fisiche contenuti nell'elenco di cui al presente articolo nell'ANPR.

 

 

 

 

Art. 64-bis
Accesso telematico ai servizi della Pubblica Amministrazione

 

 

1. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, rendono fruibili i propri servizi in rete, in conformità alle Linee guida, tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

1-bis. Al fine di rendere effettivo il diritto di cui all'articolo 7, comma 01, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, i fornitori di identità digitali e i prestatori dei servizi fiduciari qualificati, in sede di evoluzione, progettano e sviluppano i propri sistemi e servizi in modo da garantire l'integrazione e l'interoperabilità tra i diversi sistemi e servizi e con i servizi di cui ai commi 1 e 1-ter, espongono per ogni servizio le relative interfacce applicative e, al fine di consentire la verifica del rispetto degli standard e livelli di qualità di cui all'articolo 7, comma 1, adottano gli strumenti di analisi individuati dall'AgID con le Linee guida.

 

 

1-ter. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), rendono fruibili i propri servizi in rete tramite applicazione su dispositivi mobili anche attraverso il punto di accesso telematico di cui al presente articolo, salvo impedimenti di natura tecnologica attestati dalla società di cui all'articolo 8, comma 2 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.

1-ter. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), rendono fruibili i propri servizi in rete nel rispetto del principio di neutralità tecnologica, mediante esposizione di interfacce applicative, tramite interfaccia web e tramite applicazione su dispositivi mobili anche attraverso il punto di accesso telematico di cui al presente articolo, salvo impedimenti di natura tecnologica attestati dalla società di cui all'articolo 8, comma 2 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.

 

1-quater. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), rendono fruibili tutti i loro servizi anche in modalità digitale e, al fine di attuare il presente articolo, avviano i relativi progetti di trasformazione digitale entro il 28 febbraio 2021.

 

 

1-quinquies. La violazione dell'articolo 64, comma 3-bis e delle disposizioni di cui al presente articolo, costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comporta la riduzione, non inferiore al 30 per cento della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competenti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell'ambito delle medesime strutture.

 

 

 

Art. 64-ter
Sistema di gestione deleghe

 

 

1. È istituito il Sistema di gestione deleghe (SGD), affidato alla responsabilità della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

 

 

2. Il SGD consente a chiunque di delegare l’accesso a uno o più servizi a un soggetto titolare dell’identità digitale di cui all’articolo 64, comma 2-quater, con livello di sicurezza almeno significativo. La presentazione della delega avviene mediante una delle modalità previste dall’articolo 65, comma 1, ovvero presso gli sportelli di uno dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, presenti sul territorio. Con il decreto di cui al comma 7 sono disciplinate le modalità di acquisizione della delega al SGD

 

 

3. A seguito dell’acquisizione della delega al SGD, è generato un attributo qualificato associato all’identità digitale del delegato, secondo le modalità stabilite dall’AgID con Linee guida. Tale attributo può essere utilizzato anche per l’erogazione di servizi in modalità analogica.

 

 

4. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, sono tenuti ad accreditarsi al SGD.

 

 

5. Per la realizzazione, gestione e manutenzione del SGD e per l’erogazione del servizio, la struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale si avvale dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. I rapporti tra la struttura di cui al precedente periodo e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. sono regolati, anche ai sensi dell’articolo 28 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, con apposita convenzione.

 

 

6. La struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale è il titolare del trattamento dei dati personali, ferme restando, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento (UE) 2016/679, le specifiche responsabilità in capo all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. e, nel caso previsto dal comma 2, ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2.

 

 

7. Fermo restando quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 64, comma 2-sexies, relativamente alle modalità di accreditamento dei gestori di attributi qualificati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con il Ministro dell’interno, sentita l’AgID, il Garante per la protezione dei dati personali e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le caratteristiche tecniche, l’architettura generale, i requisiti di sicurezza, le modalità di acquisizione della delega e di funzionamento del SGD. Con il medesimo decreto, inoltre, sono individuate le modalità di adesione al sistema nonché le tipologie di dati oggetto di trattamento, le categorie di interessati e, in generale, le modalità e procedure per assicurare il rispetto dell’articolo 5 del regolamento (UE) 2016/679.

 

 

8. All’onere derivante dall’attuazione della presente disposizione si provvede con le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

 

Art. 65
Istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica

 

 

1. Le istanze e le dichiarazioni presentate per via telematica alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei servizi pubblici ai sensi dell'articolo 38, commi 1 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono valide:

 

 

a) se sottoscritte mediante una delle forme di cui all'articolo 20;

 

 

b) ovvero, quando l'istante o il dichiarante è identificato attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID), la carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi;

 

 

b-bis) ovvero formate tramite il punto di accesso telematico per i dispositivi mobili di cui all'articolo 64-bis;

 

 

c) ovvero sono sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento d'identità;

 

 

c-bis) ovvero se trasmesse dall'istante o dal dichiarante dal proprio domicilio digitale iscritto in uno degli elenchi di cui all'articolo 6-bis, 6-ter o 6-quater ovvero, di assenza di un domicilio digitale iscritto, da un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS. In tale ultimo caso, di assenza di un domicilio digitale iscritto, la trasmissione costituisce elezione di domicilio digitale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3-bis, comma 1-ter. Sono fatte salve le disposizioni normative che prevedono l'uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario.

c-bis) ovvero se trasmesse dall'istante o dal dichiarante dal proprio domicilio digitale iscritto in uno degli elenchi di cui all'articolo 6-bis, 6-ter o 6-quater ovvero, di assenza di un domicilio digitale iscritto, da un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS. In tale ultimo caso, in assenza di un domicilio digitale iscritto, la trasmissione costituisce elezione di domicilio digitale speciale, ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 4-quinquies, per gli atti e le comunicazioni a cui è riferita l’istanza o la dichiarazione. Sono fatte salve le disposizioni normative che prevedono l'uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario.

 

1-bis Abrogato

 

 

1-ter. Il mancato avvio del procedimento da parte del titolare dell'ufficio competente a seguito di istanza o dichiarazione inviate ai sensi e con le modalità di cui al comma 1 comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare dello stesso.

 

 

2. Le istanze e le dichiarazioni di cui al comma 1 sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento.

 

 

3. Abrogato

 

 

4. Il comma 2 dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, è sostituito dal seguente: «2. Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall'articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82»

 

 

Articolo 38, commi 3-bis e 3-ter
(Malfunzionamento del portale del processo penale telematico)

 

 

I commi 3-bis e 3-ter intervengono sulle specifiche modalità di deposito degli atti nel procedimento penale durante l’emergenza epidemiologica, di cui all’art. 24 del decreto-legge n. 137 del 2020, per modificare la disciplina relativa all’eventuale malfunzionamento del portale del processo penale telematico.

 

Si ricorda che l’art. 24 del decreto-legge n. 137 del 2020 (come convertito dalla legge n. 176 del 2020) individua specifiche modalità di deposito degli atti del processo penale durante l’emergenza sanitaria ed è destinato ad essere efficace fino al 31 dicembre 2021 (a seguito della proroga introdotta dal decreto-legge n. 105 del 2021).

In particolare, fino a tale data, il deposito di atti, documenti e istanze nella fase del processo penale inerente alla chiusura delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.) può avvenire esclusivamente utilizzando il portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite in tale provvedimento. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento ministeriale. Il legislatore ha specificato che il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza (art. 24, comma 1). Spetta a decreti del Ministro della giustizia indicare gli ulteriori atti per quali è possibile il deposito telematico attraverso il portale del processo penale telematico (art. 24, comma 2). Il Ministero della giustizia ha attuato questa previsione con l’emanazione del D.M. 13 gennaio 2021[1], in base al quale negli uffici delle Procure della Repubblica presso i Tribunali il deposito dei seguenti atti può avvenire esclusivamente attraverso il portale PPT:

-   istanza di opposizione all'archiviazione ex art. 410 c.p.p.;

-   denuncia di cui all'art. 333 c.p.p.;

-   querela di cui all'art. 336 c.p.p. e della relativa procura speciale;

-   nomina del difensore e rinuncia o revoca del mandato indicate dall'art. 107 c.p.p.

 

A disciplinare l’eventuale malfunzionamento del portale del processo penale telematico sono intervenuti i commi 2-bis e 2-ter dell’art. 24, introdotti dal D.L. n. 44 del 2021, in base ai quali, attualmente:

§  il malfunzionamento del portale del processo penale telematico, quando attestato dal Direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e segnalato sul portale dei servizi telematici del Ministero, costituisce condizione per la restituzione nel termine processuale previsto per il deposito non riuscito a causa della disfunzione tecnologica. Il malfunzionamento è infatti considerato un “caso di forza maggiore” ai sensi dell’art. 175 c.p.p. (Restituzione del termine);

§  in presenza di questi presupposti, fintanto che persiste il malfunzionamento (“fino alla riattivazione dei sistemi”), l'autorità giudiziaria che procede può autorizzare il deposito di atti e documenti in formato analogico;

§  anche al di fuori di questi presupposti, l'autorità giudiziaria può sempre autorizzare il deposito di singoli atti e documenti in formato analogico per ragioni specifiche ed eccezionali.

 

 

Su questo quadro normativo interviene ora il comma 3-bis dell’art. 38, che riscrive il comma 2-bis dell’art. 24 del DL n. 137 del 2020 prevedendo:

§  che il Direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia debba attestare il malfunzionamento del portale del PPT e contestualmente indicare il periodo di tale malfunzionamento;

§  la proroga della scadenza di tutti gli atti del procedimento penale per i quali è obbligatorio l’uso del portale, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 24, al giorno successivo al ripristino della funzionalità del portale.

 

Il successivo comma 3-ter, che sostituisce il comma 2-ter dell’art. 24, prevede che l’autorità giudiziaria possa sempre – a prescindere dal malfunzionamento del portale – autorizzare il deposito di singoli atti e documenti in formato analogico, purché sussistano ragioni specifiche (le ragioni devono essere specifiche ed eccezionali in base alla disciplina vigente).


 

Articolo 38-bis
(Semplificazioni in materia di procedimenti elettorali attraverso la diffusione delle comunicazioni digitali con le pubbliche amministrazioni)

 

L’articolo 38-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, reca misure volte alla digitalizzazione in materia di procedimento elettorale preparatorio prevedendo in particolare che:

§  il deposito del contrassegno da parte dei partiti politici che intendono presentare liste di candidati alle elezioni possa avvenire anche su supporto digitale;

§  l'atto di designazione dei rappresentanti della lista possa essere presentato anche mediante posta elettronica certificata; inoltre viene anticipato al giovedì precedente la votazione (in luogo del venerdì precedente la votazione, come si prevede a legislazione vigente) il termine per la presentazione del suddetto atto di designazione, sia di persona, sia tramite PEC;

§  le autenticazioni degli atti di designazioni dei rappresentanti di lista non siano necessarie quando gli atti di designazione siano firmati digitalmente o con altro tipo di firma elettronica qualificata dai delegati dalle persone autorizzate dagli stessi delegati con atto firmato digitalmente, a condizione che tali documenti siano trasmessi tramite posta elettronica certificata;

§  il certificato di iscrizione alle liste elettorali, necessario per la sottoscrizione a sostegno di liste di candidati per le elezioni politiche, europee ed amministrative, nonché di proposte di referendum e per iniziative legislative popolari, possa essere richiesto in formato digitale tramite posta elettronica certificata;

§  i rappresentanti legali dei partiti e dei movimenti politici e delle liste competitrici in elezioni amministrative in comuni con almeno 15.000 abitanti possano fare richiesta anche tramite posta elettronica certificata dei certificati penali rilasciati dai casellari giudiziali per i propri candidati, ai fini dell’ottemperanza per i partiti dell’obbligo di pubblicare sul sito internet il certificato del casellario giudiziale dei candidati;

§  la sperimentazione del voto elettronico per gli elettori fuori sede prevista dalla legge di bilancio 2020 per le elezioni politiche ed europeo e per i referendum sia estesa anche alle elezioni regionali e amministrative.

 

Inoltre, è prevista la pubblicazione tempestiva sul sito internet istituzionale dell'ordine dei nominativi degli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza ad eseguire le autenticazioni delle sottoscrizioni elettorali.

È altresì soppressa la previsione secondo la quale i consiglieri provinciali, i consiglieri metropolitani e i consiglieri comunali sono tenuti alle autenticazioni delle sottoscrizioni elettorali solo se hanno comunicato la propria disponibilità.

Infine, si prevede che i partiti possono trasmettere alla Commissione antimafia istituita per la XVIII legislatura le liste delle candidature “provvisorie” alle elezioni entro 75 giorni dalla convocazione dei comizi elettorali, per la verifica della sussistenza di eventuali condizioni ostative alla candidatura ai sensi del Codice di regolamentazione sulla formazione delle liste elettorali.

 

 

Deposito dei contrassegni elettorali (commi 1, lett. a) e 2, lett. a) e b), n. 1)

Il comma 1, lett. a), dispone che il deposito del contrassegno da parte dei partiti politici che intendono presentare liste di candidati alle elezioni politiche possa avvenire anche su supporto digitale.

 

Il deposito dei contrassegni elettorali è disciplinato - per quanto riguarda le elezioni politiche – dagli articoli 15-17 del D.P.R. n. 361 del 1957, Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati.

 

I partiti e i gruppi politici organizzati, i quali intendano presentare liste di candidati nei collegi plurinominali e nei collegi uninominali, debbono depositare presso il Ministero dell'interno il contrassegno col quale dichiarano di voler distinguere le liste nei singoli collegi. I partiti che facciano notoriamente uso di un determinato simbolo sono tenuti a presentare le loro liste con un contrassegno che riproduca tale simbolo. All'atto del deposito del contrassegno, deve essere indicata la denominazione del partito o del gruppo politico organizzato nonché (ove iscritto nel registro nazionale dei partiti di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 149 del 2013) deve essere depositato il relativo statuto ovvero, in mancanza, una dichiarazione, con la sottoscrizione del legale rappresentante autenticata dal notaio, che indichi i seguenti elementi minimi di trasparenza: il legale rappresentante del partito o del gruppo politico organizzato, il soggetto che ha la titolarità del contrassegno depositato e la sede legale nel territorio dello Stato; gli organi del partito o del gruppo politico organizzato, la loro composizione nonché le relative attribuzioni (art. 14 D.P.R. n. 361 del 1957).

Il deposito del contrassegno deve essere effettuato non prima delle ore 8 del 44° e non oltre le ore 16 del 42° giorno antecedente quello della votazione, da persona munita di mandato (autenticato da notaio) da parte del presidente o del segretario del partito o del gruppo politico organizzato.

Agli effetti del deposito, l'apposito Ufficio del Ministero dell'interno rimane aperto, anche nei giorni festivi, dalle ore 8 alle ore 20.

Il contrassegno deve essere depositato in triplice esemplare, secondo la disciplina vigente.

 

La disposizione in esame prevede, quale alternativa al deposito in formato cartaceo in triplice esemplare, il deposito a mano su supporto digitale. Viene infatti specificato che il deposito in triplice copia è in formato cartaceo ed aggiunta la previsione relativa al supporto digitale.

 

La previsione si applica anche alle elezioni del Senato (per il rinvio normativo contenuto nell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 533 del 1993, Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica) nonché dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia (per il rinvio normativo contenuto nell'articolo 11, comma 1, della legge n. 18 del 1979).

 

Il comma 2, lett. a) e b), n. 1), introduce una analoga previsione anche per le elezioni comunali - le quali sono disciplinate dal D.P.R. n. 570 del 1960 ("Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali").

Alla vigente previsione del deposito del contrassegno "in triplice esemplare" - in forma cartacea, si specifica – (DPR 570/1960, articolo 28, sesto comma e all'articolo 32, settimo comma) si stabilisce, in alternativa, la possibilità di deposito a mano su supporto digitale.

 

Non viene modificata la legge n. 108 del 1968, recante norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a Statuto ordinario. Pur nella residualità di applicazione rispetto alla disciplina recata dalla normativa legislativa regionale, rimane quindi – in tale legge - la previsione in base alla quale è prevista la presentazione di "un modello di contrassegno, anche figurato, in triplice esemplare" (legge n. 108 del 1968, art. 9, 8° comma, n. 4).

Le disposizioni del Testo unico per le elezioni comunali infatti - ai sensi dell'art. 1, sesto comma, della legge n. 108 del 1968 ("Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale") - si osservano anche con riferimento alle elezioni regionali solo in quanto applicabili.

Per un'analisi complessiva della legislazione elettorale regionale si veda il dossier del Servizio studi della Camera Le leggi elettorali regionali.

 

Designazione dei rappresentanti di lista (commi 1, lett. b) e 2, lett. b), n. 2 e lett. c)

Il comma 1, lett. b), n. 1) consente di presentare l'atto di designazione dei rappresentanti della lista per le elezioni politiche anche mediante posta elettronica certificata; inoltre viene anticipato al giovedì precedente la votazione (in luogo del venerdì precedente la votazione, come si prevede a legislazione vigente) il termine per la presentazione dell’atto di designazione, sia di persona, sia tramite PEC.

 

Il comma 1, lett. b), n. 2), prevede, al contempo, che le autenticazioni degli atti di designazioni dei rappresentanti di lista non sono necessarie quando gli atti di designazione siano firmati digitalmente o con altro tipo di firma elettronica qualificata dai delegati (due effettivi e due supplenti, indicati nella dichiarazione di presentazione della lista dei candidati, ai sensi dell'articolo 20 del Testo unico) o dalle persone autorizzate dagli stessi delegati con atto firmato digitalmente, a condizione che tali documenti siano trasmessi tramite posta elettronica certificata.

 

Le due disposizioni di cui sopra modificano l'articolo 25 del Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al DPR n. 361 del 1957. Tale norma prevede che l'atto di designazione di due rappresentanti di lista (uno effettivo e l'altro supplente, scelti fra gli elettori della circoscrizione che sappiano leggere e scrivere), presso l'Ufficio di ciascuna sezione e presso l'Ufficio centrale circoscrizionale, sia presentato, da parte dei delegati, ovvero da parte di persone da essi autorizzate in forma autentica, con dichiarazione scritta su carta libera e autenticata da un notaio o da un Sindaco della circoscrizione.

L'atto di designazione dei rappresentanti presso gli uffici elettorali di sezione è presentato, entro il venerdì (secondo la previsione finora vigente) precedente l'elezione, al Segretario del Comune che ne dovrà curare la trasmissione ai presidenti delle sezioni elettorali oppure può essere presentato direttamente ai singoli presidenti delle sezioni il sabato pomeriggio oppure la mattina stessa delle elezioni, purché prima dell'inizio della votazione.

L'atto di designazione dei rappresentanti presso l'Ufficio centrale circoscrizionale è presentato, entro le ore 12 del giorno in cui avviene l'elezione, alla Cancelleria della Corte d'appello o del Tribunale circoscrizionale, la quale ne rilascia ricevuta.

 

Le disposizioni del Testo unico per la elezione della Camera dei deputati si applicano - ai sensi dell'art. 27 del decreto legislativo n. 533 del 1993 ("Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica") - anche alle elezioni del Senato della Repubblica per quanto non disciplinato dal medesimo decreto legislativo n. 533. L'art. 12 del medesimo decreto legislativo n. 533 prevede espressamente che la designazione dei rappresentanti delle liste di candidati presso gli uffici elettorali regionali (i quali devono essere iscritti nelle liste elettorali di un Comune della Regione) sia effettuata dai delegati con le modalità e nei termini previsti dall'articolo 25 del Testo unico per l'elezione della Camera dei deputati.

Tali disposizioni trovano applicazione anche per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia in virtù del rinvio normativo contenuto nell'articolo 12 della legge n. 18 del 1979.

 

Il comma 2, lett. b), n. 2 e lett. c) prevedono analoghe forme di semplificazione per le elezioni comunali.

A tal fine viene modificato il D.P.R. n. 570 del 1960 ("Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali").

La novella incide sull'articolo 32 del citato D.P.R. n. 570, relativo alla designazione dei rappresentanti di lista in occasione della presentazione delle liste nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.

 

È novellato altresì l'articolo 35, secondo comma, del citato D.P.R. n. 570, stabilendo che la designazione dei rappresentati di lista possa essere comunicata entro il giovedì (in luogo del venerdì previsto a legislazione vigente) precedente l'elezione, al segretario del Comune, anche mediante posta elettronica certificata.

 

L'articolo 35 del Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, di cui al D.P.R. n. 570 del 1960 - anch'esso oggetto di novella nella disposizione in esame - dispone che l'atto di designazione dei due rappresentanti di lista presso ogni seggio e presso l'Ufficio centrale sia comunicato, da parte dei delegati autorizzati, entro il venerdì precedente l'elezione, al Segretario del Comune, che ne dovrà curare la trasmissione ai presidenti delle sezioni elettorali, ovvero direttamente ai singoli presidenti il sabato pomeriggio oppure la mattina stessa della elezione, purché prima dell'inizio della votazione.

Le disposizioni del Testo unico per le elezioni comunali (limitatamente alle parti riguardanti i consigli dei Comuni con oltre 5.000 abitanti) - ai sensi dell'art. 1, sesto comma, della legge n. 108 del 1968 ("Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale") - si osservano, in quanto applicabili, anche con riferimento alle elezioni regionali.

 

Si segnala che l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 25 del 2021 (come convertito dalla legge n. 58 del 2021) prevede, limitatamente alle elezioni del 2021, che si possa presentare presso gli uffici comunali l'atto di designazione dei rappresentanti della lista mediante posta elettronica certificata entro il mercoledì antecedente la votazione, "in luogo delle altre forme previste" dalla legislazione vigente, ossia dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e dall'articolo 35, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, di cui si propone qui la modifica a regime.

Potrebbe valutarsi, quindi, l’opportunità di un chiarimento in sede applicativa.

 

Le operazioni di voto interessate dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 25 del 2021 sono quelle individuate dall'articolo 1 del medesimo decreto-legge n. 25, previste tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021, in particolare:

§  le elezioni comunali e circoscrizionali indette per la scadenza naturale degli organi, o a seguito di scioglimento per mafia, o per l'eventuale annullamento dell'elezione degli organi delle amministrazioni comunali in alcune sezioni o per il verificarsi, entro il 27 luglio 2021, di condizioni che ne rendano necessario il rinnovo (comma 1, lettera a), e lettera b), punti 2), 3), e 4);

§  le elezioni suppletive per i seggi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica dichiarati vacanti entro il 31 luglio 2021 (comma 1, lettera b), punto 1);

§  le elezioni degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario, sia quelle già indette sia quelle che si rendessero necessarie a seguito del verificarsi, entro il 31 luglio 2021, di ulteriori condizioni che determinino l'esigenza del rinnovo degli organi elettivi (comma 2).

 

Richiesta del certificato di iscrizione alle liste elettorali (commi 3-6)

Il comma 3 prevede che il certificato di iscrizione alle liste elettorali, riportante i dati anagrafici e il numero di iscrizione alle liste elettorali dell'elettore - necessario per la sottoscrizione a sostegno di liste di candidati per le elezioni politiche, europee ed amministrative (non si menziona l'elezione regionale), nonché di proposte di referendum e per iniziative legislative popolari - possa essere richiesto in formato digitale tramite posta elettronica certificata, dal segretario, presidente o rappresentante legale del partito o del movimento politico o da uno dei soggetti promotori del referendum o dell’iniziativa legislativa popolare, attraverso apposita richiesta all'ufficio elettorale, accompagnata da fotocopia di documento di identità del richiedente.

I soggetti sopra ricordati possono altresì delegare a soggetti da loro designati la richiesta. In tal caso - ove la richiesta sia avanzata tramite posta elettronica certificata - la delega deve esserle allegata, firmata digitalmente.

In caso di richiesta del certificato tramite posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, si prevede un termine per l'ufficio elettorale entro il quale rilasci in formato digitale tramite posta elettronica il certificato richiesto.

Il termine, improrogabile, è diversificato, a seconda si tratti (comma 4):

§  di sottoscrizioni raccolte con riferimento a liste di candidati: 24 ore dalla domanda;

§  di sottoscrizioni raccolte con riguardo a proposte di referendum: 48 ore dalla domanda.

 

Una volta conseguito il certificato in formato digitale tramite posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, esso costituisce ad ogni effetto di legge copia conformi all'originale. Può pertanto essere utilizzato per le finalità elettorali, referendarie o legislative popolari, nel medesimo formato in cui sia stati trasmesso dall'amministrazione (comma 5).

Ai sensi del comma 6, la conformità all'originale delle eventuali copie analogiche è attestata dal soggetto richiedente (o suo delegato), con dichiarazione autenticata autografa resa in calce alla copia analogica. Per il novero di soggetti competenti a tali autenticazioni, si rinvia all'articolo 14 della legge n. 53 del 1990 (si veda in proposito il comma 8 dell’articolo in esame che modifica tale disposizione).

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si evidenzia che le disposizioni testé illustrate (commi da 3 a 6) – diversamente dalle altre introdotte dall’articolo in esame - non sono formulate quali novelle.

 

Certificati del casellario giudiziale (comma 7)

Il comma 7 prevede che i rappresentanti legali dei partiti e dei movimenti politici e delle liste per le elezioni amministrative in comuni con almeno 15.000 abitanti possano fare richiesta anche tramite posta elettronica certificata dei certificati penali rilasciati dai casellari giudiziali per i propri candidati (candidato sindaco compreso) per i quali vi sia l’obbligo di pubblicazione in base alla legge. Questo, previo consenso dell'interessato e su sua delega da sottoscrivere all'atto di accettazione della candidatura.

La richiesta del certificato di casellario giudiziale tramite posta elettronica certificata può essere avanzata dai rappresentati legali anche per il tramite di persone da loro appositamente delegate.

Pertanto, mentre il curriculum vitae di ciascun candidato deve essere fornito dal candidato medesimo, il relativo certificato del casellario giudiziale può essere richiesto anche con le modalità previste dalla disposizione in esame.

In base alla novella, inoltre, il Tribunale rende disponibile al richiedente i certificati entro 5 giorni dalla richiesta (verosimilmente all'indirizzo posta elettronica certificata del richiedente).

 

L’obbligo di pubblicazione dei certificati del casellario giudiziale dei candidati alle elezioni è stato introdotto dall’articolo 1, comma 14, della legge 3/2019, modificato dal comma in esame.

La disposizione vigente prevede l'obbligo di pubblicazione per i partiti e movimenti, e per le liste competitrici in elezioni amministrative in Comuni con almeno 15.000 abitanti, di pubblicare sul sito internet il curriculum vitae e il certificato del casellario giudiziale dei candidati (non oltre novanta giorni prima della data fissata per la consultazione elettorale). Questo per le elezioni politiche, europee, regionali e amministrative in comuni con più di 15.000 abitanti).

Prevede inoltre - all'articolo 1, comma 15, L. 3/2019 - che il curriculum vitae e il certificato del casellario giudiziale dei candidati siano altresì pubblicati in un'apposita sezione (denominata "Elezioni trasparenti") del sito internet dell'ente cui si riferisca la consultazione elettorale, ovvero del Ministero dell'interno in caso di elezioni del Parlamento nazionale o dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia (entro il settimo giorno antecedente la data della consultazione elettorale).

 

Il comma in esame apporta infine ulteriori modifiche alla disposizione vigente, di carattere sostanzialmente formale, per le quali si rinvia al testo a fronte che segue.

 


 

 

L. 9 gennaio 2019, n. 3
Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici.

Testo vigente

Testo modificato dalla disposizione in esame (DL 77/2021)

 

 

Art. 1
(…)

 

14. Entro il quattordicesimo giorno antecedente la data delle competizioni elettorali di qualunque genere,

                                    escluse quelle relative a comuni con meno di 15.000 abitanti, i partiti e i movimenti politici, nonché le liste di cui al comma 11, primo periodo, hanno l'obbligo di pubblicare nel proprio sito internet ovvero per le liste di cui al comma 11, nel sito internet del partito o del movimento politico sotto il cui contrassegno si sono presentate nella competizione elettorale, il curriculum vitae fornito dai loro candidati e il relativo certificato penale rilasciato dal casellario giudiziale







                 non oltre novanta giorni prima della data fissata per la consultazione elettorale.













                  

 Ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di pubblicazione nel sito internet di cui al presente comma non è richiesto il consenso espresso degli interessati. Nel caso in cui il certificato penale sia richiesto da coloro che intendono candidarsi alle elezioni di cui al presente comma, per le quali sono stati convocati i comizi elettorali, dichiarando contestualmente, sotto la propria responsabilità ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la richiesta di tali certificati è finalizzata a rendere pubblici i dati ivi contenuti in occasione della propria candidatura, le imposte di bollo e ogni altra spesa, imposta e diritto dovuti ai pubblici uffici sono ridotti della metà.

14. Entro il quattordicesimo giorno antecedente la data delle elezioni politiche, per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, regionali e amministrative, escluse quelle relative a comuni con meno di 15.000 abitanti, i partiti e i movimenti politici, nonché le liste di cui al comma 11, primo periodo, hanno l'obbligo di pubblicare nel proprio sito internet ovvero, per le liste di cui al comma 11, nel sito internet del partito o del movimento politico sotto il cui contrassegno si sono presentate nella competizione elettorale il curriculum vitae di ciascun candidato, fornito dal candidato medesimo, e il relativo certificato del casellario giudiziale di cui all'articolo 24 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, rilasciato non oltre novanta giorni prima della data fissata per l’elezione. I rappresentanti legali dei partiti e dei movimenti politici, nonché delle liste di cui al comma 11, primo periodo, o persone da loro delegate, possono richiedere, anche mediante posta elettronica certificata, i certificati del casellario giudiziale di cui al primo periodo dei candidati, compreso il candidato sindaco, per i quali sussiste l'obbligo di pubblicazione, previo consenso e su delega dell'interessato, da sottoscrivere nell'atto di accettazione della candidatura. Il Tribunale deve rendere disponibile al richiedente i certificati entro il termine di 5 giorni dalla richiesta. Ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di pubblicazione nel sito internet di cui al presente comma non è richiesto il consenso espresso degli interessati. Nel caso in cui il certificato del casellario giudiziale sia richiesto da coloro che intendono candidarsi alle elezioni di cui al presente comma, per le quali sono stati convocati i comizi elettorali, dichiarando contestualmente sotto la propria responsabilità, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la richiesta di tali certificati è finalizzata a rendere pubblici i dati ivi contenuti in occasione della propria candidatura, le imposte di bollo e ogni altra spesa, imposta e diritto dovuti ai pubblici uffici sono ridotti della metà.

 

Autenticazione delle firme (comma 8)

Il comma 8 interviene sulla determinazione dei soggetti abilitati alle autenticazioni relative al procedimento elettorale modificando sue aspetti:

§  sopprime la previsione secondo la quale i consiglieri provinciali, i consiglieri metropolitani e i consiglieri comunali sono tenuti all’autenticazioni solo “se hanno comunicato la propria disponibilità”;

§  prevede la pubblicazione tempestiva sul sito internet istituzionale dell'ordine dei nominativi degli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza ad eseguire le autenticazioni.

 

L'articolo 14 della legge n. 53 del 1990, modificato dalla disposizione in esame, concerne le autenticazioni, non di attribuzione esclusiva notarile, per le elezioni politiche, dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, regionali (per quanto permanga disciplinato dalla legge n. 108 del 1968), comunali e delle città metropolitane - nonché (in virtù del richiamo della legge n. 352 del 1970) all'iniziativa referendaria o legislativa popolare.

Tale disposizione è stata da ultimo integrata dall’art. 16-bis del decreto-legge n. 76 del 2020 che ha aggiunto - tra i soggetti abilitati alle autenticazioni in oggetto - i membri del Parlamento, i consiglieri regionali e gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza.

 

Infine, una norma di coordinamento formale dispone che l'autenticazione sia compiuta con le modalità previste dall'articolo 21, comma 2 del D.P.R. n. 445 del 2000, in luogo di quelle - ormai abrogate - di cui “al secondo e al terzo comma dell'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15” (come prevede la norma vigente).

Si intende pertanto che l'autenticazione sia redatta di seguito alla sottoscrizione e il soggetto autenticatore attesti che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio.

 

 

L. 21 marzo 1990, n. 53
Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale.

Testo vigente

Testo modificato dalla disposizione in esame (DL 77/2021)

Art. 14

 

1. Sono competenti ad eseguire le autenticazioni che non siano attribuite esclusivamente ai notai e che siano previste dalla legge 6 febbraio 1948, n. 29 , dalla legge 8 marzo 1951, n. 122 , dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione alla Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, dal testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e successive modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108 , dal decreto-legge 3 maggio 1976, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1976, n. 240, dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, e dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, nonché per le elezioni previste dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, i notai, i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle Corti di appello, dei tribunali e delle preture, i segretari delle procure della Repubblica, gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza, i consiglieri regionali, i membri del Parlamento, i presidenti delle province, i sindaci metropolitani, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i componenti della conferenza metropolitana, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali, i consiglieri metropolitani e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco.

1. Sono competenti ad eseguire le autenticazioni che non siano attribuite esclusivamente ai notai e che siano previste dalla legge 6 febbraio 1948, n. 29, dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, dal testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108, dal decreto-legge 3 maggio 1976, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1976, n. 240, dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, nonché per le elezioni previste dalla legge 7 aprile 2014, n. 56,



                        i notai, i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle corti d'appello e dei tribunali, i segretari delle procure della Repubblica,


                                                   i consiglieri regionali, i membri del Parlamento, i presidenti delle province, i sindaci metropolitani, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i componenti della conferenza metropolitana, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i consiglieri provinciali, i consiglieri metropolitani e i consiglieri comunali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma gli avvocati iscritti all'albo che hanno comunicato la propria disponibilità all'ordine di appartenenza, i cui nominativi sono tempestivamente pubblicati nel sito internet istituzionale dell'ordine.

2. L'autenticazione deve essere compiuta con le modalità di cui al secondo e al terzo comma dell'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.

2. L'autenticazione deve essere compiuta con le modalità di cui all'articolo 21, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

3. Le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature.

Identico

 

 

Commissione antimafia (articolo 9)

Il comma 9 prevede che i rappresentanti dei partiti, delle formazioni politiche, dei movimenti e delle liste civiche possano trasmettere alla Commissione antimafia istituita per la XVIII legislatura le liste delle candidature “provvisorie” alle elezioni entro 75 giorni dalla convocazione dei comizi elettorali, per la verifica della sussistenza di eventuali condizioni ostative alla candidatura ai sensi del Codice di regolamentazione sulla formazione delle liste elettorali del 2014. La trasmissione avviene previo consenso dell’interessato.

La disposizione fa riferimento alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, alle elezioni politiche, regionali, comunali e circoscrizionali.

A tal fine viene integrata la legge 99/2018, istitutiva della Commissione antimafia per la legislatura in corso, con l’inserimento dei nuovi commi 3-bis e 3-ter all’articolo 1.

 

Il Codice di autoregolamentazione definito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere nel 2014 – come modificato ed integrato il 27 marzo 2019 – ha individuato una serie di fattispecie che trovano applicazione nei confronti dei partiti, formazioni politiche, movimenti e liste civiche che aderiscono alle previsioni del Codice.

In base al Codice essi si impegnano “a non presentare e nemmeno a sostenere, sia indirettamente sia attraverso il collegamento ad altre liste, come candidati alle elezioni europee, politiche, regionali, comunali e circoscrizionali coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio o la citazione diretta a giudizio, ovvero che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva di primo grado; coloro nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ovvero sia stata emessa misura cautelare personale non revocata ne´ annullata; coloro che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive o che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva di primo grado per danno erariale per reati commessi nell’esercizio delle funzioni di cui alla carica elettiva, allorquando le predette condizioni siano relative ai reati ivi previsti, consumati o tentati”.

 

Alla Commissione Antimafia spetta quindi la verifica della sussistenza di eventuali condizioni ostative alle candidature in base al Codice di autoregolamentazione nei casi in cui le candidature le siano così trasmesse. Viene demandata ad un regolamento interno, da adottarsi da parte della medesima Commissione, la disciplina delle modalità di controllo sulla selezione e sulle candidature che stabilisca in particolare:

§  il regime di pubblicità della declaratoria di incompatibilità dei candidati con le disposizioni del codice di autoregolamentazione;

§  la riservatezza sull'esito del controllo concernente le liste provvisorie di candidati;

§  la celerità dei tempi affinché gli esiti dei controlli sulle liste provvisorie di candidati siano comunicati secondo modi e tempi tali da garantire ai partiti l'effettiva possibilità di modificare la composizione delle liste prima dello scadere dei termini di presentazione a pena di decadenza previsti dalla legislazione elettorale.

 

La norma richiama al riguardo le finalità di cui all’art. 1, comma 1, lett. i) della legge n. 99 del 2018 che attribuisce alla Commissione Antimafia il compito di indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo alla sua articolazione nel territorio e negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, in relazione anche al codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali, proposto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sia riguardo alle sue manifestazioni a livello nazionale che, nei diversi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso.

 

Si prevede inoltre che, in sede di prima applicazione delle disposizioni di cui sopra, la trasmissione delle candidature (provvisorie) possa essere effettuata entro 10 giorni dalla entrata in vigore delle medesime disposizioni (ossia dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame). La norma appare volta a consentire l’applicazione della procedura di trasmissione e di esame delle candidature fin dalle prossime elezioni, che saranno fissate in una domenica compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021, ai sensi dell’art. 1 del D.L. 25/2021 (v. supra).

 

Sperimentazione del voto elettronico alle elezioni regionali e amministrative (comma 10)

Il comma 10 estende anche alle elezioni regionali e amministrative la sperimentazione del voto elettronico, per le elezioni politiche ed europee e per i referendum, da parte degli elettori fuori sede previsto dalla legge di bilancio 2020.

 

La sperimentazione del voto elettronico è stata prevista dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 627-628, L. 160/2019) che ha istituito il Fondo per il voto elettronico con uno stanziamento di 1 milione di euro per l'anno 2020. Il Fondo è finalizzato all'introduzione in via sperimentale del voto in via digitale nelle elezioni europee, politiche e per i referendum. La sperimentazione è riferita al voto degli italiani all'estero e degli elettori temporaneamente fuori dal comune di residenza per motivi di lavoro, studio o cure mediche.

La disposizione è dunque volta alla predisposizione e alla sperimentazione di modalità procedurali per l'effettuazione del voto in via digitale e non necessariamente all'applicazione ad una specifica consultazione elettorale.

La sperimentazione è limitata a modelli che garantiscano il concreto esercizio del diritto di voto di due specifiche categorie di elettori:

§  italiani all'estero;

§  elettori che, per motivi di lavoro, studio o cure mediche, si trovino in un comune di una regione diversa da quella del comune nelle cui liste elettorali risultano iscritti.

 

Il comma 628 della L. 160/2019 prevede, inoltre, che le modalità attuative di utilizzo del Fondo e della relativa sperimentazione sino demandate ad un decreto del Ministro dell'interno, da adottare di concerto con il Ministro dell'innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

Tale provvedimento è stato adottato con il DM 9 luglio 2021 che ha approvato le Linee guida per la sperimentazione di modalità di espressione del voto in via digitale.

Il comma in esame stabilisce che le disposizioni di tale decreto si applichino anche alle elezioni regionali e comunali previa introduzione delle necessarie modifiche da realizzarsi entro il 31 ottobre 2021, in modo da consentire la sperimentazione per il turno elettorale del 2022.

Disposizione finanziaria (comma 11)

Il comma 11 reca una clausola di neutralità finanziaria prevedendo che dall’attuazione dell’articolo in esame non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e pertanto le amministrazioni interessate vi provvedono con l’impiego delle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

Per quanto riguarda il collegamento con i lavori legislativi in corso, si ricorda che le previsioni riguardanti il procedimento elettorale preparatorio previste dall’articolo aggiuntivo in esame riprendono in parte il contenuto della proposta di legge approvata dal Senato (A.S. 2129, recante Semplificazioni in materia di procedimenti elettorali) e trasmessa alla Camera il 28 giugno 2021 (A.C. 3177).

A sua volta, la proposta di legge approvata dalla Camera (A.C. 543) ed all’esame del Senato (A.S. 859), prevede tra l'altro la possibilità per coloro che, per motivi di studio, lavoro o cure mediche si trovino in un comune di una regione diversa da quella di residenza, di esercitare il diritto di voto - per i referendum e per l'elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo - nel comune in cui si trovano, ancorché diverso da quello di iscrizione elettorale.

Sono inoltre in corso di esame in sede referente presso la I Commissione della Camera proposte di legge recanti Disposizioni in materia di esercizio del diritto di voto da parte degli elettori temporaneamente domiciliati fuori della regione di residenza (C. 1714 e abb.).

 


 

Articolo 38-ter
(Misure per la diffusione delle comunicazioni digitali)

 

L’articolo 38-ter, inserito durante l'esame presso la Camera dei deputati, novella la norma che impone ai gestori di servizi di pubblica utilità e agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche l’obbligo di trasmettere agli utenti le comunicazioni con cui si contestano gli eventuali mancati pagamenti di fatture e si comunica la sospensione delle forniture, con un adeguato preavviso, non inferiore a 40 giorni, tramite l’invio di una raccomandata con avviso di ricevimento. Oltre a tale mezzo, viene ora specificato che l’invio può avvenire tramite posta elettronica certificata al domicilio digitale del destinatario, ai sensi di quanto previsto dal Codice dell’amministrazione digitale (articolo 6, D. Lgs. n. 82/2005).

 

 

La legge di Bilancio 2020 (L. n. 160/2019) ha introdotto, all’articolo 1, commi 291-295, disposizioni a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet.

In particolare, l’articolo 1, comma 291 prevede che i gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche hanno l'obbligo di trasmettere agli utenti le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e si comunica la sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso, non inferiore a 40 giorni, tramite raccomandata con avviso di ricevimento[2].

L’articolo 6 del Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. n. 82/2005), al comma 1, dispone che le comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali (di cui all'articolo 3-bis dello stesso Codice) producono, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo.

 

 


 

Articolo 38-quater
(Misure per la raccolta di firme digitali per i referendum e le proposte di legge di iniziativa popolare)

 

L’articolo 38-quater, introdotto dalla Camera dei deputati, interviene sul procedimento di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione dei referendum e delle proposte di progetti di legge di iniziativa popolare, integrando in particolare le previsioni della legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 341-343) che hanno disposto l’istituzione di una piattaforma per la raccolta delle firme digitali.

Con una norma transitoria si prevede che a decorrere dal 1° luglio 2021 e fino alla data di operatività della piattaforma le firme necessarie per uno dei referendum di cui agli articoli 75, 132 e 138 della Costituzione nonché per la proposta dei progetti di legge possono essere raccolte anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata.

Per quanto riguarda le modifiche a regime, si estende l’ambito di applicazione della piattaforma che – a seguito delle modifiche - riguarda la raccolta delle firme degli elettori da effettuare anche mediante SPID e sistemi analoghi per uno dei referendum previsti dagli articoli 75 (abrogativo), 132 (variazioni territoriali) e 138 (modifiche costituzionali) della Costituzione e per la proposta dei progetti di legge di iniziativa popolare (articolo 71 della Costituzione).

La procedura prevede che la piattaforma per la raccolta delle firme digitali sia tenuta a mettere a disposizione del sottoscrittore le specifiche indicazioni previste dalla legge; la piattaforma acquisisce quindi i dati del sottoscrittore. Una volta acquisita la proposta la piattaforma le attribuisce data certa mediante uno strumento di validazione temporale elettronica qualificata. Entro due giorni la piattaforma deve rendere disponibile alla sottoscrizione la proposta di referendum.

Ad un decreto del Presidente del Consiglio, da adottare di concerto con il Ministro della giustizia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, è demandata in particolare la definizione delle caratteristiche tecniche, l’architettura generale, i requisiti di sicurezza, le modalità di funzionamento della piattaforma e di operatività per i promotori, i casi di malfunzionamento e di suo superamento. All’Ufficio centrale per il referendum compete la verifica della validità delle firme raccolte elettronicamente secondo le modalità che saranno definite dal DPCM.

Infine, si prevede che i certificati elettorali rilasciati mediante PEC o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, possono essere depositati, unitamente alla richiesta di referendum e al messaggio a cui sono acclusi, come duplicato informatico o come copia analogica di documento informatico se dotati del contrassegno a stampa.

 

Sottoscrizioni con modalità digitale per i referendum e proposte di legge di iniziativa popolare

Il comma 1, lett. a) interviene sulla previsione della legge di bilancio 2021 che – al comma 341 dell’art. 1 - ha disposto l’istituzione di una piattaforma per la raccolta delle firme digitali, ai fini degli adempimenti necessari per la richiesta di referendum, con risorse finanziarie a tal fine destinate.

 

I commi 341-344 della legge di bilancio 2021 (L. 178/2020) – si veda anche infra il testo a fronte con le modifiche previste dall’articolo in esame - hanno istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia un fondo, da destinare alla Presidenza del Consiglio, per la realizzazione di una piattaforma per la raccolta delle firme digitali ai fini degli adempimenti necessari per la richiesta di referendum ai sensi dell’articolo 8 della L. 352/1970. Secondo quanto evidenziato al comma 341 la norma ha l’obiettivo di “contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e di garantirne il diritto alla partecipazione democratica”. La dotazione del fondo è di 100.000 euro all’anno a decorrere del 2021 (comma 342).

Il termine per l’entrata in funzione della piattaforma, a cui provvede la Presidenza del Consiglio, è fissata al massimo al 31 dicembre 2021 (comma 343).

A sua volta, il comma 344 prevede che, a partire dal 1° gennaio 2022, per le richieste di referendum la raccolta, tramite la piattaforma, delle sottoscrizioni e dei dati (di cui al secondo comma dell’art. 8 della L. 352/1970, ossia nome, cognome luogo e data di nascita del sottoscrittore e comune di iscrizione nelle liste elettorali) possa avvenire in forma digitale ovvero con le modalità previste dal codice per l’amministrazione digitale (CAD).

Il CAD (art. 20, comma 1-bis) prevede i seguenti casi in cui un documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta:

§  quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata;

§  quando è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore.

 

Con le modifiche apportate dalla Camera dei deputati al provvedimento in esame è stato integrato il predetto comma 341 estendendo l’ambito di applicazione della piattaforma che – a seguito delle modifiche - riguarda la raccolta delle firme degli elettori, anche mediante SPID e sistemi analoghi, necessarie per:

- uno dei referendum previsti dagli articoli 75 (abrogativo), 132 (variazioni territoriali) e 138 (modifiche costituzionali) della Costituzione;

- per la proposta dei progetti di legge di iniziativa popolare (articolo 71 della Costituzione).

La raccolta avviene dunque, secondo quanto previsto al comma 341 come modificato, anche mediante SPID, carta di identità elettronica o carta nazionale dei servizi (la modalità prevista dall'articolo 65, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD).

 

Nel dettaglio l'articolo 65, comma 1, lettera b) del CAD dispone che le istanze e le dichiarazioni presentate per via telematica alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei servizi pubblici sono valide quando l'istante o il dichiarante è identificato attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID), la carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi.

 

 

La procedura introdotta dalla lettera a) prevede che la piattaforma per la raccolta delle firme digitali sia tenuta a mettere a disposizione del sottoscrittore, a seconda delle finalità della raccolta delle firme, le specifiche indicazioni prescritte, rispettivamente, dagli articoli 4 (referendum costituzionale), 27 (referendum abrogativo), 49 (proposta di legge di iniziativa popolare) della legge 25 maggio 1970, n. 352.

 

La legge 352/1970 (art. 4) prescrive che la richiesta di referendum costituzionale deve contenere l'indicazione della legge di revisione della Costituzione o della legge costituzionale che si intende sottoporre alla votazione popolare, e deve citare la data della sua approvazione finale da parte delle Camere, la data e il numero della Gazzetta Ufficiale nella quale è stata pubblicata. La richiesta deve pervenire alla cancelleria della Corte di cassazione entro tre mesi dalla pubblicazione del testo di legge costituzionale sulla Gazzetta Ufficiale.

 

Per quanto riguarda il referendum abrogativo, la legge 352/1970 (art. 27) prevede che nei fogli vidimati dal funzionario si devono indicare i termini del quesito che si intende sottoporre alla votazione popolare, e la legge o l'atto avente forza di legge dei quali si propone l'abrogazione, completando la formula volete che sia abrogata. . .» con la data, il numero e il titolo della legge o dell'atto avente valore di legge sul quale il referendum sia richiesto. In caso di abrogazione parziale, deve essere inserita anche l'indicazione del numero dell'articolo o degli articoli sui quali referendum è richiesto. Qualora si richieda referendum per la abrogazione di parte di uno o più articoli di legge, oltre all'indicazione della legge e dell'articolo deve essere inserita l'indicazione del comma, e dovrà essere altresì integralmente trascritto il testo letterale delle disposizioni di legge delle quali sia proposta l'abrogazione.

 

In merito alla proposta di legge di iniziativa popolare la legge, l’art. 49 della legge 352/1970 prevede che la proposta debba contenere il progetto redatto in articoli, accompagnato da una relazione che ne illustri le finalità e le norme.

Si applicano, per ciò che riguarda le firme dei proponenti, la loro autenticazione e i certificati da allegare alla proposta, le disposizioni degli articoli 7 e 8 per il referendum costituzionale, che prevedono i requisiti necessari per i fogli per la raccolta delle firme e per la relativa autenticazione.

I fogli recanti le firme debbono riprodurre a stampa il testo del progetto ed essere vidimati. Non sono validi i fogli che siano stati vidimati oltre sei mesi prima della presentazione della proposta.

Se il testo del progetto supera le tre facciate di ogni foglio, esso va contenuto in un foglio unito a quello contenente le firme, in modo che non possa essere distaccato, e da vidimarsi contemporaneamente a quello.

 

Potrebbe valutarsi l’opportunità di richiamare altresì le previsioni degli articoli 41 e 42 della legge n. 352 del 1970 che recano le indicazioni prescritte per i referendum ex art. 132 Cost., ricompresi nell’ambito di applicazione del comma 341, come modificato dalla disposizione in oggetto.

 

La piattaforma acquisisce, inoltre, il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi è iscritto ovvero, per i cittadini italiani residenti all'estero, la loro iscrizione nelle liste elettorali dell'anagrafe unica dei cittadini italiani residenti all'estero.

Gli obblighi previsti dalla legge n. 352 del 1970 (articolo 7, commi 3 e 4), riguardanti in particolare la dimensione e il contenuto dei fogli per la raccolta delle firme e la relativa presentazione alle segreterie comunali o alle cancellerie degli uffici giudiziari, sono assolti mediante il caricamento nella piattaforma, da parte dei promotori della raccolta, successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'annuncio della richiesta di referendum, della proposta recante le specifiche indicazioni previste, rispettivamente, dai precitati articoli 4 (referendum costituzionale), 27 (referendum abrogativo), 49 (proposta di legge di iniziativa popolare) della legge 25 maggio 1970, n. 352 (v. supra).

 

L’art. 7 della legge n. 352 del 1970 dispone che al fine di raccogliere le firme necessarie a promuovere da almeno 500.000 elettori la richiesta di referendum costituzionale, i promotori della raccolta, in numero non inferiore a dieci, devono presentarsi, muniti di certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali di un comune della Repubblica o nell'elenco dei cittadini italiani residenti all'estero di cui alla legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero, alla cancelleria della Corte di cassazione, che ne dà atto con verbale, copia del quale viene rilasciata ai promotori (comma primo).

Di ciascuna iniziativa è dato annuncio nella Gazzetta Ufficiale del giorno successivo a cura dell'Ufficio stesso; in esso vengono riportate le indicazioni prescritte per la richiesta di referendum (comma secondo).

Per la raccolta delle firme devono essere usati fogli di dimensioni uguali a quelli della carta bollata ciascuno dei quali deve contenere all'inizio di ogni facciata, a stampa o con stampigliatura, la dichiarazione della richiesta del referendum, con le indicazioni prescritte dal citato articolo 4, che prevede che la richiesta di referendum di cui all'articolo 138 della Costituzione debba contenere l'indicazione della legge di revisione della Costituzione o della legge costituzionale che si intende sottoporre alla votazione popolare, e deve altresì citare la data della sua approvazione finale da parte delle Camere, la data e il numero della Gazzetta Ufficiale nella quale è stata pubblicata (comma terzo).

Successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'annuncio, i fogli devono essere presentati a cura dei promotori, o di qualsiasi elettore, alle segreterie comunali o alle cancellerie degli uffici giudiziari. Il funzionario preposto agli uffici suddetti appone ai fogli il bollo dell'ufficio, la data e la propria firma e li restituisce ai presentatori entro due giorni dalla presentazione (comma quarto).

 

Una volta acquisita la proposta la piattaforma le attribuisce data certa mediante uno strumento di validazione temporale elettronica qualificata di cui all'articolo 42 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 2014/910/UE.

 

Si prevede infine che - entro due giorni – la piattaforma renda disponibile alla sottoscrizione la proposta di referendum ai fini del decorso del termine di cui all'articolo 28 della legge 25 maggio 1970, n. 352. Quest’ultima disposizione prevede che il deposito presso la cancelleria della Corte di cassazione di tutti i fogli contenenti le firme e dei certificati elettorali dei sottoscrittori deve essere effettuato entro tre mesi dalla data del timbro apposto sui fogli medesimi a da almeno tre dei promotori, i quali dichiarano al cancelliere il numero delle firme che appoggiano la richiesta.

 

 

La proposta di progetto di legge di iniziativa popolare deve contenere il progetto redatto in articoli, accompagnato da una relazione che ne illustri le finalità e le norme (art. 49 L. 352/1970)

 

Disposizioni di attuazione e adozione di un DPCM attuativo

La lettera b) dell’articolo in esame integra il comma 343 della legge di bilancio 2021 (178/2020) che affida alla Presidenza del Consiglio il compito di assicurare l’entrata in funzione della piattaforma entro il 31 dicembre 2021.

Viene in particolare previsto che con decreto del Presidente del Consiglio, adottato di concerto con il Ministro della giustizia e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, siano definite le caratteristiche tecniche, l’architettura generale, i requisiti di sicurezza, le modalità di funzionamento della piattaforma, i casi di malfunzionamento, le modalità con cui il gestore attesta il relativo malfuzionamento e comunica il ripristino delle sue funzionalità.

 

Il DPCM individua inoltre:

§  le modalità di accesso alla piattaforma;

§  le tipologie di dati oggetto di trattamento,

§  le categorie dei soggetti interessati;

§  più in generale, le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dell’articolo 5 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 2016/679, in tema di trattamento dei dati personali;

 

In base all’art. 5 i dati personali sono:

a)     trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell'interessato («liceità, correttezza e trasparenza»);

b)     raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità; un ulteriore trattamento dei dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici non è considerato incompatibile con le finalità iniziali («limitazione della finalità»);

c)     adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati («minimizzazione dei dati»);

d)     esatti e, se necessario, aggiornati; devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati («esattezza»);

e)     conservati in una forma che consenta l'identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati; i dati personali possono essere conservati per periodi più lunghi a condizione che siano trattati esclusivamente a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, conformemente all'articolo 89, paragrafo 1, fatta salva l'attuazione di misure tecniche e organizzative adeguate richieste dal presente regolamento a tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato («limitazione della conservazione»);

f)      trattati in maniera da garantire un'adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali («integrità e riservatezza»).

§  le modalità con cui i promotori mettono a disposizione dell’Ufficio centrale per il referendum (per le proposte di iniziativa popolare il testo non reca specifiche previsioni), nella stessa data in cui effettuano il deposito di eventuali firme autografe raccolte per il medesimo referendum, le firme raccolte elettronicamente. L’ufficio centrale per il referendum verifica la validità delle firme raccolte elettronicamente anche mediante l’accesso alla piattaforma.

 

All’ufficio centrale per il referendum compete dunque la verifica della validità delle firme raccolte elettronicamente secondo le modalità che saranno definite dal DPCM. Tale provvedimento è chiamato inoltre a disciplinare le modalità con cui i promotori mettono a disposizione dell’Ufficio le firme raccolte elettronicamente. Viene previsto espressamente che i promotori mettano a disposizione dell’Ufficio tali firme nella stessa data in cui effettuano il deposito di eventuali firme autografe raccolte per il medesimo referendum.

 

Disciplina transitoria dal 1° luglio 2021

Il comma 1, lettera c), modifica il comma 344 della legge 178/2020 che attualmente consente di raccogliere, a regime dal 1° gennaio 2022, le sottoscrizioni in forma digitale o con le modalità di cui all’articolo 20 del CAD (v. supra), in alternativa alla raccolta tramite la piattaforma.

La disposizione in esame anticipa tale decorrenza prevedendo che a decorrere dal 1° luglio 2021 e fino alla data di operatività della piattaforma di raccolta delle firme digitali (v. supra), le firme necessarie per uno dei referendum previsti dagli articoli 75 (abrogativo), 132 (modificazioni territoriali) e 138 (costituzionale) della Costituzione nonché per i progetti di legge di iniziativa popolare (art. 71 Cost.) possono essere raccolte anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata, a cui è associato un “riferimento temporale validamente opponibile ai terzi”.

Nella definizione delle modalità applicative della previsione in esame occorrerà dunque tenere conto che la data di decorrenza della nuova modalità di raccolta delle sottoscrizioni è antecedente al termine di 60 giorni per la conversione in legge del presente decreto-legge.

La disposizione prevede inoltre che siano i promotori della raccolta (di referendum o di proposta di legge di iniziativa popolare) a predisporre un documento informatico che, a seconda delle finalità della raccolta, reca le specifiche indicazioni previste dalla legge (e in particolare dagli articoli 4, 27, 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352 – v. supra) e consente l’acquisizione del nome, del cognome, del luogo e della data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi è iscritto ovvero, per i cittadini italiani residenti all’estero, la loro iscrizione nelle liste elettorali dell’anagrafe unica dei cittadini italiani residenti all’estero

La disposizione specifica che le firme elettroniche qualificate raccolte non sono soggette all’autenticazione prevista dalla legge 25 maggio 1970, n. 352.

 

Si ricorda che l'articolo 14 della legge n. 53 del 1990 concerne le autenticazioni, non di attribuzione esclusiva notarile, per le elezioni politiche, dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, regionali comunali e delle città metropolitane - nonché (in virtù del richiamo della legge n. 352 del 1970) all'iniziativa referendaria o legislativa popolare.

Tale disposizione è stata da ultimo integrata dall’art. 16-bis del decreto-legge n. 76 del 2020 che ha aggiunto - tra i soggetti abilitati alle autenticazioni in oggetto - i membri del Parlamento, i consiglieri regionali e gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza. L’art. 38-bis del decreto-legge in esame attribuisce inoltre tale competenza ai consiglieri provinciali, consiglieri metropolitani e ai consiglieri comunali a prescindere dalla comunicazione della propria disponibilità e prevede la pubblicazione tempestiva sul sito internet istituzionale dell'ordine dei nominativi degli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza ad eseguire le autenticazioni.

 

Si dispone che gli obblighi previsti dalla legge (in particolare dall’articolo 7, commi 3 e 4, della legge 25 maggio 1970, n. 352) “sono assolti mediante la messa a disposizione da parte dei promotori”, successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’annuncio di referendum, del documento informatico, da sottoscrivere con firma elettronica qualificata.

 

L’articolo 7 della L. 352/1970, al 3° comma dispone che per la raccolta delle firme devono essere usati fogli di dimensioni uguali a quelli della carta bollata ciascuno dei quali deve contenere all'inizio di ogni facciata, a stampa o con stampigliatura, la dichiarazione della richiesta del referendum, con le indicazioni prescritte. Il successivo 4° comma prevede che dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'annuncio della presentazione della richiesta di referendum o di proposta di legge, i fogli devono essere presentati a cura dei promotori, o di qualsiasi elettore, alle segreterie comunali o alle cancellerie degli uffici giudiziari. Il funzionario preposto agli uffici suddetti appone ai fogli il bollo dell'ufficio, la data e la propria firma e li restituisce ai presentatori entro due giorni dalla presentazione. Da questo momento può iniziare la raccolta delle firme.

 

I promotori del referendum depositano le firme raccolte elettronicamente nella stessa data in cui effettuano il deposito di eventuali firme autografe raccolte per il medesimo referendum.

Le firme raccolte elettronicamente possono essere depositate presso l’Ufficio centrale per il referendum:

- come duplicato informatico ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera i-quinquies), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82

 ovvero

- come copia analogica di documento informatico ai sensi dell’articolo 23, comma 2-bis, del medesimo decreto legislativo n. 82 del 2005.

 

Per duplicato informatico si intende il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (articolo 1, comma 1, lettera i-quinquies, del CAD).

La copia analogica di un documento informatico è un documento sul quale può essere apposto a stampa un contrassegno (normalmente un codice QR), sulla base dei criteri definiti con apposite Linee guida, tramite il quale è possibile accedere al documento informatico, ovvero verificare la corrispondenza allo stesso della copia analogica. Il contrassegno sostituisce a tutti gli effetti di legge la sottoscrizione autografa del pubblico ufficiale e non può essere richiesta la produzione di altra copia analogica con sottoscrizione autografa del medesimo documento informatico (articolo 23, comma 2-bis, del CAD).

 

Deposito dei certificati elettorali rilasciati mediante PEC o servizio elettronico di recapito analogo

Il comma 2 integra quanto previsto dall’articolo 8, comma 6, della legge 352/1970 secondo il quale alla richiesta di referendum debbono essere allegati i certificati, anche collettivi, dei sindaci dei singoli comuni, ai quali appartengono i sottoscrittori, che ne attestano la iscrizione nelle liste elettorali dei comuni medesimi ovvero, per i cittadini italiani residenti all'estero, la loro iscrizione nell'elenco dei cittadini italiani residenti all'estero. I sindaci debbono rilasciare tali certificati entro 48 ore dalla relativa richiesta.

La norma in esame stabilisce che i certificati elettorali rilasciati mediante PEC o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato (su cui interviene l’articolo 38-bis del provvedimento in esame), possono essere depositati, unitamente alla richiesta di referendum e al messaggio a cui sono acclusi, come duplicato informatico, ovvero come copia analogica di documento informatico se dotati del contrassegno a stampa (v. supra).

Tale previsione si aggiunge a quanto previsto dalle disposizioni sul procedimento elettorale digitale introdotte dalla Camera dei deputati, che consentono (articolo 38-bis, comma 3) la richiesta del certificato di iscrizione nelle liste elettorali dei sottoscrittori di liste, iniziative legislative popolari e referendum in formato digitale tramite posta elettronica certificata.

 

Legge 30 dicembre 2020, n.178

Testo vigente

Testo modificato dalla disposizione in esame (DL 77/2021)

 

 

Art. 1
(…)

Art. 1
(…)

341. Al fine di contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e di garantire loro il diritto alla partecipazione democratica, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un apposito fondo, da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri, destinato alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle firme digitali da utilizzare per gli adempimenti di cui all'articolo 8 della legge 25 maggio 1970, n. 352.

341. Al fine di contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e di garantire loro il diritto alla partecipazione democratica, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un apposito fondo, da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri, destinato alla realizzazione di una piattaforma per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per uno dei referendum previsti dagli articoli 75, 132 e 138 della Costituzione, nonché per la proposta dei progetti di legge ai sensi dell’articolo 71 della Costituzione, anche mediante la modalità prevista dall’articolo 65, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. La piattaforma mette a disposizione del sottoscrittore, a seconda delle finalità della raccolta delle firme, le specifiche indicazioni prescritte, rispettivamente, degli articoli 4, 27 e 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352. Acquisisce, inoltre, il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi è iscritto ovvero, per i cittadini italiani residenti all’estero, la loro iscrizione nelle liste elettorali dell’anagrafe unica dei cittadini italiani residenti all’estero. Gli obblighi previsti dall'articolo 7, commi 3 e 4, della legge 25 maggio 1970, n. 352, sono assolti mediante il caricamento in piattaforma, da parte dei promotori della raccolta, successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'annuncio di cui all'articolo 7, comma 1, della stessa legge n. 352 del 1970, della proposta recante, a seconda delle finalità della raccolta delle firme, le specifiche indicazioni previste, rispettivamente, dagli articoli 4, 27, 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352. La piattaforma, acquisita la proposta, le attribuisce data certa mediante uno strumento di validazione temporale elettronica qualificata di cui all'articolo 42 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 2014/910/UE e, entro due giorni, rende disponibile alla sottoscrizione la proposta di referendum anche ai fini del decorso del termine di cui all'articolo 28 della legge 25 maggio 1970, n. 352».

342. La dotazione del fondo di cui al comma 341 è determinata in 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2021.

Identico

343. La Presidenza del Consiglio dei ministri assicura l'entrata in funzione della piattaforma di cui al comma 341 entro il 31 dicembre 2021.

343. La Presidenza del Consiglio dei ministri assicura l'entrata in funzione della piattaforma di cui al comma 341 entro il 31 dicembre 2021 e, con proprio decreto adottato di concerto con il Ministro della Giustizia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definisce le caratteristiche tecniche, l’architettura generale, i requisiti di sicurezza, le modalità di funzionamento della stessa piattaforma, i casi di malfunzionamento nonché le modalità con le quali il gestore della piattaforma attesta il suo malfunzionamento e comunica il ripristino delle sue funzionalità. Con il medesimo decreto, inoltre, sono individuate le categorie di interessati, le modalità di accesso alla piattaforma di cui al comma 341, le tipologie di dati oggetto di trattamento, le categorie di interessati e, in generale, le modalità e le procedure per assicurare il rispetto dell’articolo 5 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 2016/679, nonché le modalità con cui i promotori mettono a disposizione dell’Ufficio centrale per il referendum, nella stessa data in cui effettuano il deposito di eventuali firme autografe raccolte per il medesimo referendum, le firme raccolte elettronicamente. L'ufficio centrale per il referendum verifica la validità delle firme raccolte elettronicamente anche mediante l'accesso alla piattaforma.

 

344. A decorrere dal 1° gennaio 2022 le firme e i dati di cui al secondo comma dell'articolo 8 della legge 25 maggio 1970, n. 352, possono essere raccolti, tramite la piattaforma di cui al comma 341, in forma digitale ovvero tramite strumentazione elettronica con le modalità previste dall'articolo 20, comma 1-bis, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Le firme digitali non sono soggette all'autenticazione di cui al terzo comma dell'articolo 8 della legge 25 maggio 1970, n. 352.

344. A decorrere dal 1° luglio 2021 e fino alla data di operatività della piattaforma di cui al comma 341, le firme necessarie per uno dei referendum previsti dagli articoli 75, 132 e 138 della Costituzione nonché per la proposta dei progetti di legge ai sensi dell'articolo 71 della Costituzione possono essere raccolte anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata, a cui è associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi. I promotori della raccolta predispongono un documento informatico che, a seconda delle finalità della raccolta, reca le specifiche indicazioni previste, rispettivamente, dagli articoli 4, 27, 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352 e consente l'acquisizione del nome, del cognome, del luogo e della data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi è iscritto ovvero, per i cittadini italiani residenti all'estero, la loro iscrizione nelle liste elettorali dell'anagrafe unica dei cittadini italiani residenti all'estero. Le firme elettroniche qualificate raccolte non sono soggette all'autenticazione prevista dalla legge 25 maggio 1970, n. 352. Gli obblighi, previsti dall'articolo 7, commi 3 e 4, della legge 25 maggio 1970, n. 352, sono assolti mediante la messa a disposizione da parte dei promotori, successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'annuncio di cui all'articolo 7, comma 1, della stessa legge n. 352 del 1970, del documento informatico di cui al secondo periodo, da sottoscrivere con firma elettronica qualificata. I promotori del referendum depositano le firme raccolte elettronicamente nella stessa data in cui effettuano il deposito di eventuali firme autografe raccolte per il medesimo referendum. Le firme raccolte elettronicamente possono essere depositate presso l'ufficio centrale per il referendum, come duplicato informatico ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera i-quinquies, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ovvero anche come copia analogica di documento informatico ai sensi dell'articolo 23, comma 2-bis, del medesimo decreto legislativo n. 82 del 2005.

 

 

Articolo 8 della legge n. 352 del 1970

Testo vigente

Testo modificato dalla disposizione in esame (DL 77/2021)

Art. 8

Art. 8

La richiesta di referendum viene effettuata con la firma da parte degli elettori dei fogli di cui all'articolo precedente.

Identico

Accanto alle firme debbono essere indicati per esteso il nome, cognome, luogo e data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi è iscritto ovvero, per i cittadini italiani residenti all'estero, la loro iscrizione nelle liste elettorali dell'anagrafe unica dei cittadini italiani residenti all'estero.

Identico

Le firme stesse debbono essere autenticate da un notaio o da un giudice di pace o da un cancelliere della pretura, del tribunale o della Corte di appello nella cui circoscrizione è compreso il comune dove è iscritto, nelle liste elettorali, l'elettore la cui firma è autenticata, ovvero dal giudice conciliatore, o dal segretario di detto comune. Per i cittadini elettori residenti all'estero l'autenticazione è fatta dal console d'Italia competente. L'autenticazione deve recare l'indicazione della data in cui avviene e può essere anche collettiva, foglio per foglio; in questo caso, oltre alla data, deve indicare il numero di firme contenute nel foglio.

Identico

Il pubblico ufficiale che procede alle autenticazioni dà atto della manifestazione di volontà dell'elettore analfabeta o comunque impedito di apporre la propria firma.

Identico

Per le prestazioni del notaio, del cancelliere, del giudice conciliatore e del segretario comunale, sono dovuti gli onorari stabiliti dall'articolo 20, comma quinto, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dalla tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604.

Identico

Alla richiesta di referendum debbono essere allegati i certificati, anche collettivi, dei sindaci dei singoli comuni, ai quali appartengono i sottoscrittori, che ne attestano la iscrizione nelle liste elettorali dei comuni medesimi ovvero, per i cittadini italiani residenti all'estero, la loro iscrizione nell'elenco dei cittadini italiani residenti all'estero di cui alla legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero. I sindaci debbono rilasciare tali certificati entro 48 ore dalla relativa richiesta.

Alla richiesta di referendum debbono essere allegati i certificati, anche collettivi, dei sindaci dei singoli comuni, ai quali appartengono i sottoscrittori, che ne attestano la iscrizione nelle liste elettorali dei comuni medesimi ovvero, per i cittadini italiani residenti all'estero, la loro iscrizione nell'elenco dei cittadini italiani residenti all'estero di cui alla legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero. I sindaci debbono rilasciare tali certificati entro 48 ore dalla relativa richiesta. I certificati elettorali rilasciati mediante la posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, possono essere depositati, unitamente alla richiesta di referendum e al messaggio a cui sono acclusi, come duplicato informatico ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera i-quinquies), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ovvero come copia analogica di documento informatico se dotati del contrassegno a stampa di cui all'articolo 23, comma 2-bis, del medesimo decreto legislativo n. 82 del 2005.

 


 

Articolo 39
(Semplificazione di dati pubblici)

 

L’articolo 39, modificato dalla Camera dei deputati, introduce misure di semplificazione relative all’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), tra cui quelle relative ai seguenti ambiti:

§  attribuzione all’ANPR del compito di garantire ai comuni i servizi necessari all’utilizzo dell’Archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile;

§  integrazione delle liste elettorali nell’ANPR;

§  esenzione dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria per i certificati anagrafici rilasciati in modalità telematica limitatamente per il 2021;

§  utilizzo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) quale ulteriore modalità di fruizione dei dati anagrafici da parte dei soggetti che ne hanno diritto.

Inoltre, reca misure per semplificare i meccanismi di condivisione dei dati e di interoperabilità tra le amministrazioni mediante:

§  l’eliminazione degli accordi quadro quale modalità attraverso la quale le pubbliche amministrazioni detentrici di dati ne assicurano la fruizione da parte dei soggetti che hanno diritto ad accedervi;

§  l’individuazione nella Piattaforma digitale nazionale dati (PDND) dello strumento per attuare il principio dell’interoperabilità dei dati delle PA;

§  l’estensione dell’ambito di operatività della PDND (in precedenza circoscritta a ISEE, ANPR, banche dati dell'Agenzie delle entrate) alle seguenti banche dati:

-        Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida;

-        Sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);

-        Anagrafe nazionale dei numeri civici e strade urbane (ANNCSU);

-        Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese.

§  l’individuazione di un termine da parte del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, all’esito dei test e delle prove tecniche di corretto funzionamento della predetta piattaforma, a decorrere dal quale sorge l’obbligo per le pubbliche amministrazioni, i gestori di servizi pubblici e le società a controllo pubblico di accreditarsi alla PDND e rendere disponibili le proprie base dati.

 

Infine, con una disposizione introdotta dalla Camera dei deputati, si rinvia ad un DPCM per l’individuazione degli adempimenti degli enti locali concernenti la comunicazione di informazioni che si intendono assolti a seguito dell'invio dei bilanci alla banca dati delle amministrazioni pubbliche.

 

Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR)

L’articolo 39, comma 1, modifica l’articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD), prevedendo alcune misure di semplificazione relative all’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), rivolte sia ai comuni, sia ai cittadini e alle imprese.

 

L’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), è la banca dati nazionale nella quale stanno confluendo progressivamente le anagrafi comunali.

L’art. 2 del D.L. n. 179/2012 ha disposto l'unificazione del sistema anagrafico nazionale, già strutturato in quattro partizioni (Indice nazionale delle anagrafi-INA, anagrafe comunale, AIRE centrale e AIRE comunale) in un’unica anagrafe - l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), istituita presso il Ministero dell'interno. La finalità dell’intervento è quella di accelerare il processo di automazione amministrativa rendendo più efficiente la gestione dei dati anagrafi della popolazione e riducendone i costi.

È istituita presso il Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 62 del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale).

Il decreto ministeriale 194/2014 stabilisce i requisiti di sicurezza, le funzionalità per la gestione degli adempimenti di natura anagrafica, le modalità di integrazione con i diversi sistemi gestionali nonché i servizi da fornire alle Pubbliche Amministrazioni ed Enti che erogano pubblici servizi che, a tal fine, dovranno sottoscrivere accordi di servizio con lo stesso Ministero. ANPR non è solo una banca dati ma un sistema integrato che consente ai comuni di svolgere i servizi anagrafici di consultare o estrarre dati, monitorare le attività, effettuare statistiche.

 

Si ricorda che il PNRR prevede un finanziamento di 285 milioni di euro per lo sviluppo e la diffusione dell’identità digitale (SPID e CIE) e dell’ANPR nell’ambito dell’investimento Servizi digitali e esperienza dei cittadini (Missione 1, Componente 1: “Digitalizzazione della PA”). Nella Missione 1 l’obiettivo della promozione dell’interoperabilità dei dati delle p.a. costituisce inoltre uno dei cardini principali delle misure previste per la promozione della digitalizzazione.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1 dispone che l’ANPR garantisce ai comuni, anche progressivamente, i servizi necessari all’utilizzo dell’Archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile tenuti dai comuni.

Inoltre, viene soppresso il riferimento al termine (31 dicembre 2018) entro procedere alla integrazione dei due archivi (ANPR e registri di stato civile).

 

L’integrazione dei registri di stato civile con l’ANPR è prevista dall’art. 62, comma 2-bis CAD, comma introdotto dall’art. 10, comma 1, lett. a) del DL 78/2015. La norma prevede altresì che l'Anagrafe nazionale fornisca (ai comuni, come specificato dalla relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del DL 78, A.S. 1977) i dati necessari ai fini della tenuta delle liste di leva.

 

La legislazione nelle materie relative alla cittadinanza, allo stato civile ed alle anagrafi è riservata dalla Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, 2° comma, lett. i) Cost.). Ferma restando la competenza legislativa statale, i comuni hanno una competenza gestionale dei servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica. Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco, quale ufficiale di governo il quale sovrintende alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica (artt. 14 e 54 TUEL).

L’ordinamento dello stato civile è disciplinato dal D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

Ogni comune ha un ufficio dello stato civile e il sindaco, quale ufficiale del Governo, è l’ufficiale dello stato civile. Il sindaco può delegare le funzioni di ufficiale civile.

L’ufficiale dello stato civile esercita le seguenti funzioni:

a)    forma, archivia, conserva e aggiorna tutti gli atti concernenti lo stato civile e cura la trasmissione dei dati al centro nazionale di raccolta;

b)    trasmette alle pubbliche amministrazioni che ne fanno richiesta in base alle norme vigenti gli estratti e i certificati che concernono lo stato civile, in esenzione da ogni spesa;

c)    rilascia, nei casi previsti, gli estratti e i certificati che concernono lo stato civile, nonché le copie conformi dei documenti depositati presso l’ufficio dello stato civile;

d)    verifica, per le pubbliche amministrazioni che ne fanno richiesta, la veridicità dei dati contenuti nelle autocertificazioni prodotte dai cittadini in tutti i casi consentiti dalla legge.

L’ufficiale dello stato civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’Interno. La vigilanza sugli uffici dello stato civile spetta al Prefetto.

In particolare, in ciascun ufficio dello stato civile sono registrati e conservati in un unico archivio informatico tutti gli atti formati nel comune o comunque relativi a soggetti ivi residenti, riguardanti la cittadinanza, la nascita, i matrimoni, le unioni civili e la morte. È prevista, inoltre, istituzione di un centro nazionale di raccolta dei supporti informatici contenente tutti i dati registrati negli archivi informatici comunali per assicurarne la conservazione in caso di eventi dannosi o calamitosi. Esclusivamente in caso di prolungata impossibilità di accesso ai dati conservati negli archivi comunali, il centro è tenuto a svolgere i compiti di competenza dei comuni in materia di stato civile, ad esclusione della formazione di nuovi atti e di aggiornamento di quelli esistenti (art. 10, DPR 396/2000). Il Centro nazionale di raccolta dei supporti informatici contenenti i dati registrati negli archivi informatici comunali dello stato civile è attualmente allocato presso il Centro nazionale servizi demografici (CNSD), costituito con decreto del Ministro dell’interno del 23 aprile 2002 presso la Direzione centrale per i servizi demografici, al quale è affidata la gestione unitaria delle attività e delle infrastrutture informatiche che fanno capo alla stessa Direzione centrale.

 

La lettera b) inserisce all’articolo 62 il nuovo comma 2-ter prevedendo anche l’integrazione delle liste elettorali nell’ANPR con le modalità demandate ad uno o più decreti del Ministero dell’interno di cui al comma 6-bis.

 

Ferma restando la competenza legislativa statale in materia di elezioni (ai sensi art. 117, 2° comma, lett. p) ed f) Cost.), i comuni hanno una competenza gestionale dei servizi amministrativi elettorali.

Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco, quale ufficiale di governo il quale sovrintende agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, così come alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti in materia di leva militare e di statistica (artt. 14 e 54 TUEL).

Il servizio elettorale, pertanto, è una funzione di competenza dello Stato demandata ai comuni, ed esercitata dal sindaco coadiuvato dal personale dell'Ufficio elettorale.

Spettano al sindaco importanti funzioni nel procedimento elettorale preparatorio, ad esempio in occasione delle elezioni politiche i sindaci di tutti i comuni danno comunicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali (pubblicato nella Gazzetta ufficiale) con speciali avvisi, mentre per le elezioni comunali, i sindaci sono tenuti a pubblicare con appositi manifesti l’indicazione della data delle elezioni.

Presso ogni comune è istituita la Commissione elettorale comunale per gli adempimenti relativi alla tenuta ed aggiornamento dell’albo delle persone idonee all’ufficio di scrutatore di seggio elettorale ed alla nomina degli scrutatori nell’ambito dei procedimenti relativi alle consultazioni elettorali e referendarie.

La commissione è composta dal sindaco e da un numero variabile di consiglieri, a seconda della dimensione demografica del comune, eletti dal consiglio comunale.

Il compito principale dell'Ufficio elettorale consiste nella tenuta delle liste elettorali attraverso periodiche revisioni cancellando o iscrivendo elettori che emigrano, immigrano, perdono il diritto elettorale, riacquistano la capacità elettorale, acquisiscono la cittadinanza, ecc.

L'Ufficio elettorale, inoltre, provvede per la parte di competenza dell'amministrazione comunale, all'organizzazione dei servizi necessari per lo svolgimento di tutte le consultazioni elettorali.

 

La lettera c) dispone l’esenzione dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria per i certificati anagrafici rilasciati in modalità telematica limitatamente all’anno 2021. Inoltre, viene previsto - quale ulteriore modalità di fruizione dei dati anagrafici da parte dei soggetti che ne hanno diritto - l’utilizzo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) di cui all’articolo 50-ter del CAD introdotto dal DL 76/2020 semplificazioni.

 

Ai sensi della disposizione citata la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove la realizzazione di una Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo pubblico e la condivisione dei dati con l'obiettivo di semplificare gli adempimenti amministrativi di cittadini e imprese. La Piattaforma, gestita dalla Presidenza del Consiglio permette l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati mediante accreditamento, identificazione e autorizzazione dei soggetti abilitati, e la raccolta e conservazione delle informazioni di accesso e delle transazioni effettuate; raccoglie e pubblica nel Catalogo reso disponibile ai soggetti accreditati le Application Programming Interface (API) erogate dagli stessi. La Piattaforma assicura prioritariamente l'interoperabilità con ISEE, ANPR e le banche dati dell'Agenzia delle Entrate individuate dal Direttore dell'Agenzia.

Il PNRR ha messo a disposizione 556 milioni di euro per la realizzazione della PDND che costituisce il progetto principale per garantire l'interoperabilità e la condivisione di informazione tra le PA secondo il principio dell’once only (“una volta per tutte”), evitando al cittadino di dover fornire più volte la stessa informazione a diverse amministrazioni (Missione 1, Componente 1, Investimento Dati ed interoperabilità (M1C1 I.1.3). Il cronoprogramma prevede entro il 2022 la piena operatività della piattaforma, entro il 2023 l’integrazione nella piattaforma di 400 API. La conclusione dell’investimento è fissata al secondo trimestre 2026 con circa 1.000 API integrate nella piattaforma.

 

La lettera d), incide sul comma 6-bis dell’articolo 62 del CAD, richiamato anche dai commi 2-bis e 2-ter, prevedendo che, oltre all’adeguamento e l’evoluzione delle caratteristiche tecniche della piattaforma di funzionamento dell’ANPR, sia garantito l’aggiornamento dei servizi resi disponibili dall’ANPR alle pubbliche amministrazioni, agli organismi che erogano pubblici servizi, ai privati. Inoltre, viene soppressa la previsione del parere dell’AGID nella adozione dei decreti del Ministero dell’interno che stabiliscono le modalità di adeguamento e ora anche aggiornamento dei servizi disponibili in ANPR.

Interoperabilità dei dati delle PA

Il comma 2 reca misure per semplificare i meccanismi di condivisione dei dati di interoperabilità tra le amministrazioni.

Il particolare, il comma 2, lettera a), n. 1, sopprime (all’art. 50, comma 2-ter del CAD) il riferimento alla sottoscrizione di accordi quadro quale modalità attraverso la quale le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici di dati ne assicurano la fruizione da parte dei soggetti che hanno diritto ad accedervi.

Il comma 2, lettera a), n. 3 e lettera b), n. 1) recano modifiche di coordinamento conseguenziali alla abolizione degli accordi quadro.

 

La medesima lettera b), n. 1, inoltre, chiarisce che la Piattaforma digitale nazionale dati (PDND) è lo strumento per attuare il principio dell’interoperabilità dei dati delle PA di cui all’articolo 50 del CAD.

 

La lettera a), n. 2, in linea con quanto già previsto dall’articolo 50-ter, comma 6 del CAD, introduce una disposizione che, a tutela delle amministrazioni titolari dei dati, pone in capo alle amministrazioni che ricevono e trattano i dati la qualità di titolari autonomi del trattamento con le conseguenti responsabilità.

 

Il comma 2, lettera b), n. 2, estende, in fase di prima applicazione della norma, l’ambito di operatività della PDND a tutte le basi dati di interesse nazionale di cui all’articolo 60 del CAD (v. infra), mentre la disposizione previgente prevedeva che fosse assicurata prioritariamente l’interoperabilità con:

§  il sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui all'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;

§  l'Anagrafe nazionale della popolazione residente;

§  le banche dati dell'Agenzie delle entrate individuate dal Direttore della stessa Agenzia.

 

La lettera b), n. 3) del comma 2, prevede che le linee guida in materia di standard tecnologici e criteri di sicurezza, di accessibilità e di  interoperabilità della PDND e del processo di accreditamento e fruizione delle interfacce di programmazione delle applicazioni (API), adottate da AgID sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, devono rispettare limiti e condizioni di accesso necessari a garantire il corretto trattamento dei dati personali.

 

Il comma 2, lettera b), n. 4), introducendo nell’articolo 50-ter del CAD il nuovo comma 2-bis, dispone che il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, all’esito dei test e delle prove tecniche di corretto funzionamento della predetta piattaforma, fissi un termine a decorrere dal quale sorge l’obbligo per le pubbliche amministrazioni, i gestori di servizi pubblici e le società a controllo pubblico di accreditarsi alla PDND, sviluppare le API e rendere disponibili le proprie base dati.

 

Il comma 2, lettera b), n. 4-bis), introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede la comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti del DPCM, previsto dall’articolo 50-ter del CAD che stabilisce la strategia nazionale dati.

 

Con la strategia nazionale dati sono identificate le tipologie, i limiti, le finalità e le modalità di messa a disposizione, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei dati aggregati e anonimizzati di cui sono titolari le amministrazioni pubbliche, dando priorità ai dati riguardanti gli studenti del sistema di istruzione e di istruzione e formazione professionale ai fini della realizzazione del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione e del contrasto alla dispersione scolastica e formativa.

 

Il comma 2, lettera c), integra l’elenco delle basi dati di interesse nazionale individuate al comma 3-ter dell’articolo 60 del CAD. In particolare, sono state aggiunte:

§  l’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida;

§  il sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);

§  l’anagrafe nazionale dei numeri civici e strade urbane (ANNCSU)

§  l’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese di cui all’articolo 6-quater del CAD.

 

Inoltre, la lettera d) chiarisce che l’AgID, tenuto conto delle esigenze delle pubbliche amministrazioni e degli obblighi derivanti dai regolamenti comunitari, può aggiornare l’elenco delle basi di dati di interesse nazionale e individuare altre basi di dati ulteriori a quelle di cui sopra.

 

I commi 3, 4, 5 e 6 contengono disposizioni di coordinamento e transitorie.

 

In particolare, il comma 3 subordina l’effettiva efficacia delle disposizioni di cui sopra (ad eccezione della esenzione dell’imposta di bollo per cui si veda il comma 7) alla definitiva approvazione del PNRR da parte del Consiglio dell’Unione europea, in quanto i relativi oneri sono a carico delle risorse a carico del medesimo PNRR.

 

Il comma 4 elimina il riferimento agli accordi quadro di cui sopra contenuto nel decreto-legge 34/2020 abrogando il comma 3 dell’articolo 264.

 

Al fine di garantire il necessario coordinamento con le previsioni di cui all’articolo 50 e 50-ter del CAD, il comma 5 modifica il decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 2000, n. 445, sopprimendo la parte dell’articolo 43, comma 2, relativa all’obbligo di apposita autorizzazione per l’accesso agli archivi dell’amministrazione che detiene i dati oggetto di verifica (lett. a).

Parimenti è eliminato il riferimento alle convenzioni quadro di cui all’articolo 58 del CAD contenuto nell’articolo 72 del medesimo DPR 445/2000, in quanto il citato art. 58 è stato abrogato dall’art. 64, comma 1, lett. k) del D.Lgs. 179/2016 (lett. b).

 

Il comma 6 dispone che l’abolizione dell’obbligo di autorizzazione per l’accesso agli archivi dell’amministrazione che detiene i dati oggetto di verifica (di cui al precedente comma 5, lett. a) acquisti efficacia a partire dalla data fissata dal Presidente del Consiglio o il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e transizione digitale per l’accreditamento delle PA alla Piattaforma digitale nazionale dati, termine introdotto dal presente decreto con il comma 2-bis dell’art. 50 CAD.

 

Il comma 6-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza unificata e l'Istituto nazionale di statistica, per l’individuazione degli adempimenti degli enti locali concernenti la comunicazione di informazioni che si intendono assolti a seguito dell'invio dei bilanci alla banca dati delle amministrazioni pubbliche.

Si tratta della banca dati unitaria istituita dalla legge 196/2009 (art. 13) presso il Ministero dell’economia e delle finanze entro la quale le pubbliche amministrazioni inseriscono i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le altre informazioni necessarie all'attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica.

La disposizione è finalizzata al contenimento dei costi di amministrazione derivanti dalla soddisfazione del fabbisogno informativo delle amministrazioni centrali e delle relative articolazioni periferiche, delle autorità indipendenti e della Corte dei conti, nonché di tutti i soggetti istituzionali nazionali.

 

Si rammenta che l’articolo 1, comma 902, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018) ha disposto che, a decorrere dal bilancio di previsione 2019, l’invio dei bilanci di previsione e dei rendiconti alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), previsto dall’articolo 13 della legge di contabilità pubblica n. 196/2009, sostituisce la trasmissione al Ministero dell'interno delle certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione da parte di comuni, province, città metropolitane, unioni di comuni e comunità montane, prima richieste dall’articolo 161 del TUEL, che è stato conseguentemente sostituito. La nuova formulazione dell’articolo 161 prevede ora la facoltà del Ministero dell’interno di richiedere specifiche certificazioni sui particolari dati finanziari non presenti nella BDAP, secondo modalità da stabilirsi con decreto del Ministero dell’interno. I dati delle certificazioni, pubblicati nel sito internet istituzionale del Ministero dell'interno, sono resi disponibili per l'inserimento nella BDAP. Entro 30 giorni dal termine previsto per l’approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato, in caso di mancato invio dei documenti alla BDAP, il comma 4 dell’articolo 161 prevede la sanzione (già prevista in caso di mancata trasmissione delle certificazioni) consistente nella sospensione dei pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute agli enti locali dal Ministero dell’interno, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale. Il mancato invio dei documenti contabili alla BDAP entro i 30 giorni dal termine stabilito per la loro approvazione comporta altresì l’attivazione dell’altra sanzione, prevista dall'articolo 9, comma 1-quinquies, del D.L. n. 113/2016, che comporta il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo. Da ultimo si ricorda che l’art. 48 del decreto-legge n. 124/2019 ha modificato alcune disposizioni dell’ordinamento contabile degli enti locali (TUEL), al fine di eliminarvi i riferimenti ai certificati di bilancio e di rendiconto e sostituirli con quello al rendiconto della gestione ed all’invio dello stesso alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche.

 

Infine, il comma 7 provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dalla esenzione dell’imposta di bollo per il 2021 di cui sopra, valutati in 22,8 milioni di euro e alla conseguente copertura a valere di una corrispondente riduzione di spesa del fondo per finanziare l'esonero, anche parziale, dal versamento dei contribuiti previdenziali a carico delle federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive. Si tratta del fondo, istituito dalla legge di bilancio 2021 (L. 178/2020, art. 1, comma 34) con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2021 e di 50 milioni di euro per l'anno 2022.

 

 

D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
Codice dell'amministrazione digitale

Testo previgente

Testo modificato dal DL 77/2021

 

 

Art. 50
Disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni

 

1. I dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall'ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico.

 

2. Qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione, con le esclusioni di cui all'articolo 2, comma 6, salvi i casi previsti dall'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l'utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell'amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest'ultima, salvo per la prestazione di elaborazioni aggiuntive; è fatto comunque salvo il disposto degli articoli 43, commi 4 e 71, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

 

2-bis. Le pubbliche amministrazioni, nell'ambito delle proprie funzioni istituzionali, procedono all'analisi dei propri dati anche in combinazione con quelli detenuti da altri soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, fermi restando i limiti di cui al comma 1. La predetta attività si svolge secondo le modalità individuate dall'AgID con le Linee guida.

 

2-ter. Le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici dei dati di cui al comma 1 ne assicurano la fruizione da parte delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, attraverso la predisposizione di accordi quadro. Con gli stessi accordi, le pubbliche amministrazioni detentrici dei dati assicurano, su richiesta dei soggetti privati di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi, con le modalità di cui all'articolo 71, comma 4 del medesimo decreto.

2-ter. Le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici dei dati di cui al comma 1 ne assicurano la fruizione da parte dei soggetti che hanno diritto ad accedervi. Le pubbliche amministrazioni detentrici dei dati assicurano, su richiesta dei soggetti privati di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi, con le modalità di cui all'articolo 71, comma 4 del medesimo decreto.

3. Abrogato

 

3-bis. Il trasferimento di un dato da un sistema informativo a un altro non modifica la titolarità del dato.

3-bis. Il trasferimento di un dato da un sistema informativo a un altro non modifica la titolarità del dato e del trattamento, ferme restando le responsabilità delle amministrazioni che ricevono e trattano il dato in qualità di titolari autonomi del trattamento.

3-ter. In caso di mancanza di accordi quadro, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione stabilisce un termine entro il quale le pubbliche amministrazioni interessate provvedono a rendere disponibili, accessibili e fruibili i dati alle altre amministrazioni pubbliche ai sensi del comma 2. L'inadempimento dell'obbligo di rendere disponibili i dati ai sensi del presente articolo costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comporta la riduzione, non inferiore al 30 per cento, della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competenti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell'ambito delle medesime strutture.

3-ter.






                              L'inadempimento dell'obbligo di rendere disponibili i dati ai sensi del presente articolo costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comporta la riduzione, non inferiore al 30 per cento, della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competenti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell'ambito delle medesime strutture.

 

 

Art. 50-ter
Piattaforma Digitale Nazionale Dati

 

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri promuove la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione di una Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto, per finalità istituzionali, dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, nonché la condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto ad accedervi ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese, in conformità alla disciplina vigente e agli accordi quadro previsti dall'articolo 50.

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri promuove la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione di una Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto, per finalità istituzionali, dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, nonché la condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto ad accedervi ai fini dell’attuazione dell’articolo 50 e della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese, in conformità alla disciplina vigente.

2. La Piattaforma Digitale Nazionale Dati è gestita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è costituita da un'infrastruttura tecnologica che rende possibile l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici per le finalità di cui al comma 1, mediante l'accreditamento, l'identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla stessa, nonché la raccolta e conservazione delle informazioni relative agli accessi e alle transazioni effettuate suo tramite. La condivisione di dati e informazioni avviene attraverso la messa a disposizione e l'utilizzo, da parte dei soggetti accreditati, di interfacce di programmazione delle applicazioni (API). Le interfacce, sviluppate dai soggetti abilitati con il supporto della Presidenza del Consiglio dei ministri e in conformità alle Linee guida AgID in materia interoperabilità, sono raccolte nel "catalogo API" reso disponibile dalla Piattaforma ai soggetti accreditati. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, sono tenuti ad accreditarsi alla piattaforma, a sviluppare le interfacce e a rendere disponibili le proprie basi dati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. In fase di prima applicazione, la Piattaforma assicura prioritariamente l'interoperabilità con il sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui all'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con l'Anagrafe nazionale della popolazione residente di cui all'articolo 62 e con le banche dati dell'Agenzie delle entrate individuate dal Direttore della stessa Agenzia. L'AgID, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida con cui definisce gli standard tecnologici e criteri di sicurezza, di accessibilità, di disponibilità e di interoperabilità per la gestione della piattaforma nonché il processo di accreditamento e di fruizione del catalogo API.

2. La Piattaforma Digitale Nazionale Dati è gestita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è costituita da un'infrastruttura tecnologica che rende possibile l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici per le finalità di cui al comma 1, mediante l'accreditamento, l'identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla stessa, nonché la raccolta e conservazione delle informazioni relative agli accessi e alle transazioni effettuate suo tramite. La condivisione di dati e informazioni avviene attraverso la messa a disposizione e l'utilizzo, da parte dei soggetti accreditati, di interfacce di programmazione delle applicazioni (API). Le interfacce, sviluppate dai soggetti abilitati con il supporto della Presidenza del Consiglio dei ministri e in conformità alle Linee guida AgID in materia interoperabilità, sono raccolte nel "catalogo API" reso disponibile dalla Piattaforma ai soggetti accreditati. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, sono tenuti ad accreditarsi alla piattaforma, a sviluppare le interfacce e a rendere disponibili le proprie basi dati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. In fase di prima applicazione, la Piattaforma assicura prioritariamente l'interoperabilità con le basi dati di interesse nazionale di cui all’articolo 60, comma 3-bis




e con le banche dati dell'Agenzie delle entrate individuate dal Direttore della stessa Agenzia. L'AgID, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida con cui definisce gli standard tecnologici e criteri di sicurezza, di accessibilità, di disponibilità e di interoperabilità per la gestione della piattaforma nonché il processo di accreditamento e di fruizione del catalogo API con i limiti e le condizioni di accesso volti ad assicurare il corretto trattamento dei dati personali ai sensi della normativa vigente.

 

2-bis. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, ultimati i test e le prove tecniche di corretto funzionamento della piattaforma, fissa il termine entro il quale i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, sono tenuti ad accreditarsi alla stessa, a sviluppare le interfacce di cui al comma 2 e a rendere disponibili le proprie base dati.

3. Nella Piattaforma Nazionale Digitale Dati non confluiscono i dati attinenti a ordine e sicurezza pubblici, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria.

 

4. Con decreto adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero dell'interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è stabilita la strategia nazionale dati. Con la strategia nazionale dati sono identificate le tipologie, i limiti, le finalità e le modalità di messa a disposizione, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei dati aggregati e anonimizzati di cui sono titolari i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, dando priorità ai dati riguardanti gli studenti del sistema di istruzione e di istruzione e formazione professionale ai fini della realizzazione del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione e del contrasto alla dispersione scolastica e formativa.

4. Con decreto adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero dell'interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è stabilita la strategia nazionale dati. Con la strategia nazionale dati sono identificate le tipologie, i limiti, le finalità e le modalità di messa a disposizione, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei dati aggregati e anonimizzati di cui sono titolari i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, dando priorità ai dati riguardanti gli studenti del sistema di istruzione e di istruzione e formazione professionale ai fini della realizzazione del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione e del contrasto alla dispersione scolastica e formativa. Il decreto di cui al presente comma è comunicato alle Commissioni parlamentari competenti.

5. L'inadempimento dell'obbligo di rendere disponibili e accessibili le proprie basi dati ovvero i dati aggregati e anonimizzati costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comporta la riduzione, non inferiore al 30 per cento, della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competenti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell'ambito delle medesime strutture.

 

6. L'accesso ai dati attraverso la Piattaforma Digitale Nazionale Dati non modifica la disciplina relativa alla titolarità del trattamento, ferme restando le specifiche responsabilità ai sensi dell'articolo 28 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 in capo al soggetto gestore della Piattaforma nonché le responsabilità dei soggetti accreditati che trattano i dati in qualità di titolari autonomi del trattamento.

 

7. Resta fermo che i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, possono continuare a utilizzare anche i sistemi di interoperabilità già previsti dalla legislazione vigente.

 

8. Le attività previste dal presente articolo si svolgono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

Art. 60
Base di dati di interesse nazionale

 

1. Si definisce base di dati di interesse nazionale l'insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è rilevante per lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle altre pubbliche amministrazioni, anche solo per fini statistici, nel rispetto delle competenze e delle normative vigenti e possiedono i requisiti di cui al comma 2

 

2. Ferme le competenze di ciascuna pubblica amministrazione, le basi di dati di interesse nazionale costituiscono, per ciascuna tipologia di dati, un sistema informativo unitario che tiene conto dei diversi livelli istituzionali e territoriali e che garantisce l'allineamento delle informazioni e l'accesso alle medesime da parte delle pubbliche amministrazioni interessate. Tali sistemi informativi possiedono le caratteristiche minime di sicurezza, accessibilità e interoperabilità e sono realizzati e aggiornati secondo le Linee guida (498) e secondo le vigenti regole del Sistema statistico nazionale di cui al decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni.

 

2-bis. Le pubbliche amministrazioni responsabili delle basi dati di interesse nazionale consentono il pieno utilizzo delle informazioni ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, secondo standard e criteri di sicurezza e di gestione definiti nelle Linee guida e mediante la piattaforma di cui all'articolo 50-ter.

 

2-ter. Abrogato

 

3. Abrogato

 

3-bis. In sede di prima applicazione, sono individuate le seguenti basi di dati di interesse nazionale:

 

a) repertorio nazionale dei dati territoriali;

 

b) anagrafe nazionale della popolazione residente;

 

c) banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all'articolo 62-bis;

 

d) casellario giudiziale;

 

e) registro delle imprese;

 

f) gli archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 2004, n. 242;

 

f-bis) Anagrafe nazionale degli assistiti (ANA);

 

f-ter) anagrafe delle aziende agricole di cui all'articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503.

 

 

f-quater) l’archivio nazionale dei veicoli e l’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida di cui agli articoli 225 e 226 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;

 

f-quinquies) il sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui all'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2011, n. 214;

 

f-sexies) l’anagrafe nazionale dei numeri civici e strade urbane (ANNCSU), di cui all’articolo 3 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;

 

f-septies) l’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese di cui all’articolo 6-quater.

3-ter. AgID, tenuto conto delle esigenze delle pubbliche amministrazioni e degli obblighi derivanti dai regolamenti comunitari, individua e pubblica l'elenco delle basi di dati di interesse nazionale.

3-ter. AgID, tenuto conto delle esigenze delle pubbliche amministrazioni e degli obblighi derivanti dai regolamenti comunitari, individua, aggiorna e pubblica l'elenco delle basi di dati di interesse nazionale, ulteriori rispetto a quelle individuate in via prioritaria dal comma 3-bis.

4. Agli oneri finanziari di cui al presente articolo si provvede con il fondo di finanziamento per i progetti strategici del settore informatico di cui all'articolo 27, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

 

 

 


 

Articolo 39-bis
(Ulteriore proroga del termine per la raccolta di sottoscrizioni a fini referendari)

 

L’articolo 39-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, prevede che la proroga dei termini di legge per il deposito delle firme e dei certificati necessari trovi applicazioni alle richieste di referendum abrogativo annunciate in Gazzetta ufficiale entro il 15 giugno 2021 anziché a quelle entro il 15 maggio 2021, come era stato previsto dal D.L. 52/2021.

Inoltre, per le richieste annunciate entro il 15 giugno 2021, vengono differiti di un mese anche i seguenti termini:

§  deposito delle richieste (ossia delle firme), dal 30 settembre al 30 ottobre (art. 32 L. 352/1970);

§  fissazione da parte della Corte costituzionale della data di deliberazione in camera di consiglio della ammissibilità della richiesta di referendum dal 20 gennaio al 20 febbraio (art. 33, 1° comma, L. 352/1970);

§  pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla ammissibilità entro il 10 marzo anziché entro il 10 febbraio (art. 33, 4° comma, L. 352/1970).

 

Rimane ferma la finestra temporale (15 aprile – 15 giugno) entro la quale deve essere fissata la data del referendum indetto con DPR, su deliberazione del Consiglio dei ministri, non appena ricevuta comunicazione da parte della Corte costituzionale (art. 34, L. 352/1970).

Restano altresì fermi i termini previsti dalla disciplina della propaganda elettorale attraverso i mezzi di comunicazione di massa in occasione dei referendum, regolata dalla legge n. 28 del 2000, che fissa l’inizio dell’arco temporale di regolamentazione della propaganda alla data di convocazione dei referendum (L. 28/2000, art. 4).

 

Si ricorda che il D.L. 52/2021 (art.11, comma 1-bis, modificato dall’articolo in esame) aveva prorogato di un mese i termini di legge per il deposito delle firme e dei certificati necessari per le richieste di referendum abrogativo annunciate in Gazzetta ufficiale entro il 15 maggio 2021.

 

La Costituzione (art. 75) disciplina il referendum abrogativo, stabilendo che quando lo richiedono 500.000 elettori o cinque Consigli regionali, è indetto un referendum per decidere sull'abrogazione (cancellazione) totale o parziale di una legge o di un atto con valore di legge. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto o di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. La proposta abrogativa è approvata se la maggioranza assoluta degli aventi diritto partecipa alla votazione ed è raggiunta la maggioranza dei voti validi espressi.

Si ricorda che per il referendum abrogativo, la legge prevede, relativamente alla richiesta di referendum un duplice vaglio: il controllo di legittimità-regolarità, condotto dall'Ufficio centrale per il referendum, presso la Corte di Cassazione; il giudizio di ammissibilità (quanto ad oggetto e contenuto della richiesta di referendum), condotto dalla Corte costituzionale.

Lo svolgimento del referendum abrogativo è regolato dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, e principalmente dal titolo II.

 

La disposizione in esame estende tale previsione alle richieste di referendum abrogativo annunciate in G.U. entro il 15 giugno 2021 (lett. a).

Al contempo, differisce di un mese tutti i termini previsti dagli articoli 32 e 33, primo e quarto comma, della L. 352/1970, sopra descritti, dal deposito delle richieste alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla ammissibilità (lett. b).

 

Si ricorda che l’iniziativa finalizzata al raccoglimento delle 500.000 firme necessarie a portare a compimento la richiesta di referendum abrogativo è avviata da un gruppo di almeno dieci persone, munite del certificato comprovante la loro iscrizione nelle liste elettorali di un comune della Repubblica o nell'elenco dei cittadini italiani residenti all'estero di cui alla legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero. Tali persone devono presentarsi alla Cancelleria della Corte di cassazione che ne dà atto con verbale (art. 4, legge n. 352/1970).

Di ogni iniziativa è data notizia nella Gazzetta Ufficiale del giorno successivo a quello della sua presentazione.

Dal 1° gennaio al 15 giugno 2021 risultano pubblicati 13 annunci di richieste di referendum abrogativo in: GU Serie Generale n. 35 dell’11 febbraio 2021; GU Serie Generale n. 43 del 20 febbraio 2021; GU Serie Generale n. 80 del 02 aprile 2021; GU Serie Generale n. 95 del 21 aprile 2021; GU Serie Generale n. 115 del 15 maggio 2021; ; GU Serie Generale n. 121 del 22 maggio 2021; GU Serie Generale n. 132 del 4 giugno 2021.

 

 

La legge n. 352 del 1970 stabilisce che successivamente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’iniziativa è possibile chiedere la vidimazione dei fogli sui quali saranno raccolte le firme degli elettori.

 

L’articolo 27 della L. 352 del 1970 stabilisce che nei fogli vidimati si devono indicare i termini del quesito che si intende sottoporre alla votazione popolare, e la legge o l'atto avente forza di legge dei quali si propone l'abrogazione, completando la formula «volete che sia abrogata. . . ».

 

È possibile procedere alla raccolta delle firme, su fogli vidimati, solo dopo che l’iniziativa referendaria è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

Articolo 39-ter
(Semplificazione della richiesta di occupazione
del suolo pubblico per attività politica)

 

L’articolo 39-ter, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, prevede che le richieste di occupazione del suolo pubblico per attività politiche devono pervenire almeno 10 giorni prima della data prevista per lo svolgimento della manifestazione, fatti salvi termini più brevi eventualmente previsti dai regolamenti comunali.

 

A tal fine viene integrato il contenuto dell’art. 3, comma 67, della legge 549/1995 che esonera dall'obbligo del pagamento della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche coloro i quali promuovono manifestazioni od iniziative a carattere politico, purché l'area occupata non ecceda i 10 metri quadrati.

 

Tale disposizione non disciplina i termini temporali di presentazione della richiesta di occupazione che, diversi da comune e comune, sono definiti dai singoli regolamenti comunali.

 

La disposizione in esame interviene sul punto introducendo un termine minimo di 10 giorni, prima dell’evento pubblico, per la trasmissione della domanda di occupazione del suolo pubblico per attività politiche. Resta fermo che si applica il termine più breve se previsto dal regolamento comunale.

 

 

 


 

Articolo 39-quater
(Disposizioni in materia di comunicazione di trattamenti sanitari obbligatori all'autorità di pubblica sicurezza)

 

L’articolo 39-quater, inserito dalla Camera dei deputati, detta alcune disposizioni in tema di comunicazione alle Forze di polizia dell’adozione nei confronti di determinati soggetti di misure o trattamenti sanitari obbligatori connessi a patologie che possono determinare il venir meno dell’idoneità all’acquisizione ed alla detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti, ed al rilascio di qualsiasi licenza di porto d’armi.

 

 

In premessa occorre ricordare che, al fine di dare piena attuazione alla Direttiva n. 853 del 2017, il D.Lgs. n 104 del  2018[3] reca alcune modifiche all’art. 38 TULPS[4] in materia di certificazione medica per la detenzione di armi comuni da sparo. In particolare, l’art. 3, comma 2 del D.Lgs. n. 104 detta una disciplina transitoria relativa alla modalità di rilascio dei certificati medici che a norma dell’art. 38 TULPS[5] i detentori di armi devono presentare ogni 5 anni. Inoltre, ai sensi dell’art. 35, comma 7, del TULPS, si desume che, fino all’adozione del decreto regolamentare previsto dall’art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 204 del 2010,[6] i detentori di armi comuni da sparo devono presentare un certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di stato o del Corpo nazionale dei vigili del Fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali o da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere ovvero non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti o psicotrope ovvero abusare di alcool.

Si rammenta che tale disciplina transitoria è ancora in vigore in quanto non è stato emanato il decreto ministeriale (decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’interno) di cui all’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 204 del 2010 al quale è rimesso disciplinare:

- le modalità di accertamento dei requisiti psico-fisici per l'idoneità all'acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi, nonché al rilascio del nulla osta all’acquisto rilasciato dal questore (di cui all’art. 35, comma 7, del TULPS);

- una specifica disciplina transitoria per coloro che alla data di entrata in vigore del decreto stesso già detengono armi;

- definire, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le modalità dello scambio protetto dei dati informatizzati tra il Servizio sanitario nazionale e gli uffici (delle Forze dell’ordine nei procedimenti finalizzati all'acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame apporta quindi alcune modifiche al citato articolo 6 del D.Lgs 204/2010, che integra la disciplina relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi.

La lettera a), con rifermento al tema dello scambio protetto dei dati informatizzati (cfr. supra) tra il Servizio sanitario nazionale e gli uffici delle forze dell’ordine, sostituisce tale locuzione con quella di uffici e comandi delle Forze di polizia. 

 

Inoltre, il comma 1, lett. b) della disposizione in commento inserisce nel corpo dell'art. 6 del D. Lgs. n. 204 del  2010, n. 204 il comma 2-bis con la finalità di assegnare al decreto ministeriale sopracitato anche il compito di stabilire le modalità informatiche e telematiche con le quali il sindaco, in qualità di autorità sanitaria, comunica agli uffici e comandi delle Forze di polizia l'adozione di misure o trattamenti sanitari obbligatori connessi a patologie che possono determinare il venire meno dei requisiti psico-fisici per l'idoneità all'acquisizione, alla detenzione e al rilascio di qualsiasi licenza di porto di armi, nonché al rilascio del nulla osta all’acquisto rilasciato dal questore (di cui all’art. 35, comma 7, del TULPS).

 

Si ricorda che il trattamento sanitario obbligatorio - TSO è un istituto regolamentato dagli articoli 33, 34 e 35 della legge n. 833 del 1978, che prevedono la possibilità che un cittadino venga sottoposto a interventi sanitari in condizioni di ricovero ospedaliero contro la sua volontà “solo se esistano alterazioni psichiatriche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extraospedaliere”. Il TSO è disposto con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria, del Comune di residenza (o del Comune dove la persona momentaneamente si trova). Il provvedimento deve essere firmato dal Sindaco (o da un suo delegato) entro 48 ore dalla richiesta avanzata da un medico e convalidata da un medico della struttura pubblica (generalmente l'Ufficiale Sanitario). Contemporaneamente, e comunque entro le 48 ore successive, il Sindaco deve comunicare al Giudice Tutelare del locale Tribunale il provvedimento di TSO affinché, assunte le necessarie informazioni, lo convalidi. In mancanza di convalida, che deve essere effettuata entro le 48 ore successive, il provvedimento di TSO decade. Il Giudice Tutelare può anche non convalidare il provvedimento annullandolo. Il TSO ha la durata di 7 giorni. E’ possibile che il sanitario responsabile richieda una proroga del trattamento formulando tempestivamente una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, che a sua volta deve informarne il giudice tutelare per la convalida negli stessi tempi e nelle stesse forme sopra dette. Analogamente il sanitario deve comunicare eventuali modifiche sulla necessità e sulla praticabilità del trattamento. Chiunque (la persona sottoposta al trattamento, un congiunto o un estraneo) può chiedere al sindaco la revoca o la modifica del provvedimento di TSO. Il sindaco deve pronunciarsi entro dieci giorni. La sua decisione deve essere comunicata al Giudice Tutelare per la eventuale convalida negli stessi tempi e nelle stesse forme sopra dette.

 

Il comma 2 della disposizione in commento, fermo restando quanto previsto dall'art. 6, commi 2 e 2-bis, del D. Lgs. n. 204 del 2010 (come da ultimo modificato dal comma 1 della disposizione in commento),  dispone che il sindaco, quale autorità sanitaria, comunica al prefetto i nominativi dei soggetti nei cui confronti ha adottato trattamenti sanitari obbligatori per patologie suscettibili di determinare il venire meno dei requisiti psico-fisici per l'idoneità all'acquisizione, alla detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti e al rilascio di qualsiasi licenza di porto di armi, nonché al rilascio del nulla osta all’acquisto rilasciato dal questore (di cui all’art. 35, comma 7, del TULPS).

Il prefetto, quando accerti, per il tramite dell'ufficio o comando delle Forze di polizia competente, che il soggetto interessato detiene, a qualsiasi titolo, armi, munizioni e materie esplodenti o è titolare di una licenza di porto di armi, adotta le misure previste dall'art. 39 del TULPS. Tale disposizione (1° comma) prevede che il prefetto può vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne.

Resta ferma la possibilità per l'ufficio o comando delle Forze di polizia di disporre il ritiro cautelare delle armi, munizioni e materie esplodenti ai sensi del medesimo articolo 39, secondo comma.

 


 

Articoli 39-quinquies e 39-sexies
(Anagrafe nazionale dell'istruzione e Anagrafe nazionale dell'istruzione superiore. Disposizioni in materia di sistema informativo per il supporto all'istruzione scolastica)

 

L'articolo 39-quinquies, inserito nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, istituisce l’Anagrafe nazionale dell’istruzione (ANIST) e l’Anagrafe nazionale dell'istruzione superiore (ANIS).

L'articolo 39- sexies (parimenti inserito dalla Camera dei deputati) modifica le disposizioni relative al sistema informativo per il supporto all'istruzione scolastica, di cui all'art. 234 del decreto-legge n. 34 del 2020.

 

L'articolo 39- quinquies aggiunge al capo V, sezione II, del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 gli articoli 62-quater e 62-quinquies, dedicati, rispettivamente, all'istituzione dell'ANIST e dell'ANIS.

 

L'ANIST è istituita nell’ambito del nuovo sistema informativo denominato "hubscuola", realizzato dal Ministero dell’istruzione nell'ottica di rafforzare gli interventi nel settore dell’istruzione, accelerare il processo di automazione amministrativa e migliorare i servizi per i cittadini e per le pubbliche amministrazioni.

Essa è destinata a subentrare, in relazione a tutte le finalità previste dalla normativa vigente, alle anagrafi e alle banche dati degli studenti, dei docenti, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), delle istituzioni scolastiche e degli edifici scolastici, ivi comprese quelle già istituite a livello regionale, provinciale e locale per le medesime finalità, le quali mantengono la titolarità dei dati di propria competenza e ne assicurano l’aggiornamento.

L’ANIST: i) assicura alle regioni, ai comuni e alle istituzioni scolastiche la disponibilità dei dati e degli strumenti per lo svolgimento delle funzioni di propria competenza; ii) garantisce l’accesso ai dati in essa contenuti da parte delle pubbliche amministrazioni per le relative finalità istituzionali; iii) mette a disposizione del Ministero dell’interno l’informazione relativa al titolo di studio per il successivo inserimento nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), di cui all’articolo 62 del codice dell'amministrazione digitale. In particolare, si prevede che l'ANIST e l'ANPR risultino allineate con riferimento ai dati degli studenti e delle loro famiglie, dei docenti e del personale ATA, in conformità con la disposizione di cui al comma 5 del medesimo art. 62 (il quale prevede che, ai fini della gestione e della raccolta informatizzata di dati delle persone fisiche, ci si avvalga esclusivamente dell'ANPR, che viene integrata con gli ulteriori dati a tal fine necessari).

 

L'ANPR - istituita presso il Ministero dell'interno dal richiamato art. 62, quale base di dati di interesse nazionale - è subentrata all'Indice nazionale delle anagrafi (INA), all'Anagrafe della popolazione italiana residente all'estero (AIRE), nonché alle anagrafi della popolazione residente e dei cittadini italiani residenti all'estero tenute dai comuni. L'ANPR contiene altresì l'archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile tenuti dai comuni.

 

L’ANIST è costantemente alimentata con i dati relativi al rendimento scolastico degli studenti mediante l’interoperabilità con i registri scolastici online, adottati dai docenti e dalle istituzioni scolastiche a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 7, comma 31, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.

Inoltre, per quanto riguarda la codifica e il georiferimento dei numeri civici, l'ANIST è costantemente aggiornata mediante l’allineamento con le risultanze dell'Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane (ANNCSU), di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012.

 

Si ricorda che con DPCM del 12 maggio 2016 - che reca fissazione dei tempi di realizzazione del censimento permanente, con cadenza annuale, della popolazione e delle abitazioni - è stato altresì disciplinato, in attuazione dell'art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 179 del 2012, l'ANNCSU.

In particolare, l'art. 10, comma 2, ha previsto che l'ANNCSU garantisca l'erogazione dei servizi di interoperabilità con le altre banche dati di rilevanza nazionale e regionale, nel rispetto delle regole tecniche di cui al codice dell'amministrazione digitale.

 

E' previsto un duplice canale di accesso all'ANIST da parte dei cittadini che intendano consultare i propri dati e ottenere il rilascio di certificazioni: i) l'accesso tramite SPID nonché tramite la carta di identità elettronica, ai sensi dell'art. 64, comma 2-quater, del codice dell'amministrazione digitale; ii) l'accesso tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 64-bis del medesimo codice.

L’ANIST rende disponibili i dati necessari per automatizzare le procedure di iscrizione online alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 7, comma 28, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.

 

Il richiamato comma 28 prevede infatti che, a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013, le iscrizioni alle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado per gli anni scolastici successivi avvengano esclusivamente in modalità online attraverso un apposito applicativo che il Ministero dell'istruzione mette a disposizione delle scuole e delle famiglie.

 

Si prevede, infine che, con decreto interministeriale (del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il Ministro per la pubblica amministrazione), da adottare entro il 30 settembre 2021, previa intesa in sede di Conferenza unificata (ex art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281), nonché acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, siano stabiliti: i) i dati che devono essere contenuti nell’ANIST, con riferimento alle tre componenti degli studenti, di docenti e personale ATA e di istituzioni scolastiche ed edifici scolastici; ii) le garanzie e le misure di sicurezza da adottare, le modalità di cooperazione dell’ANIST con banche dati già istituite a livello regionale, provinciale e locale per le medesime finalità, nonché le modalità di alimentazione da parte dei registri scolastici online di cui all’articolo 7, comma 31, del decreto-legge n. 95 del 2012, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività. L’allineamento dell’ANIST con le ulteriori banche dati di rilevanza nazionale, regionale provinciale e locale avviene in conformità alle Linee guida adottate dall'AgID in materia di interoperabilità.

 

L'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), con circolare n. 1 del 9 settembre 2020 e relativi allegati, ha definito la Linea di indirizzo sull’interoperabilità tecnica che tutte le pubbliche amministrazioni devono adottare al fine di garantire l’interoperabilità dei propri sistemi con quelli di altri soggetti e favorire l’implementazione complessiva del Sistema informativo della pubblica amministrazione.

L’Agenzia è responsabile delle attività di governance con l’obiettivo di definire, condividere e assicurare l’aggiornamento continuo dei seguenti aspetti: l’insieme delle tecnologie che abilitano l’interoperabilità tra pubbliche amministrazioni, cittadini e imprese; i pattern di interoperabilità (interazione e sicurezza); i profili di interoperabilità. 

 

L'ANIS è istituita dal Ministero dell’università e della ricerca allo scopo di rafforzare gli interventi nel settore dell’università e della ricerca, di accelerare il processo di automazione amministrativa e di migliorare i servizi per i cittadini e le pubbliche amministrazioni.

L’Anagrafe è alimentata dalle istituzioni della formazione superiore, che mantengono la titolarità dei dati di propria competenza e ne assicurano l’aggiornamento, nonché tramite l'Anagrafe nazionale degli studenti, dei diplomati e dei laureati degli istituti tecnici superiori e delle istituzioni della formazione superiore, di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge n. 105 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 170 del 2003.

 L'ANIS assicura alle singole istituzioni la disponibilità dei dati e degli strumenti per lo svolgimento delle funzioni di loro competenza e garantisce l’accesso ai dati in essa contenuti da parte delle pubbliche amministrazioni per le relative finalità istituzionali.

Inoltre, rende disponibili i dati necessari per automatizzare le procedure di iscrizione online alle istituzioni della formazione superiore e assicura l'interoperabilità con le altre banche dati di rilevanza nazionale che sono d'interesse del Ministero dell'università e della ricerca per le relative finalità istituzionali.

L’ANIS è costantemente allineata con l'ANPR (sulla quale cfr. supra) per quanto riguarda i dati degli studenti e dei laureati.

Analogamente all'ANIST, anche per l'ANIS è prevista la possibilità di accesso da parte dei cittadini che intendano consultare i propri dati anche a fini certificativi: i) tramite SPID nonché tramite la carta di identità elettronica, ai sensi dell'art. 64, comma 2-quater, del codice dell'amministrazione digitale; ii) tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 64-bis del medesimo codice.

E' demandata a un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro il 31 dicembre 2021, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, la definizione:

§  dei contenuti dell’ANIS, tra i quali i dati relativi alle iscrizioni degli studenti, all’istituzione di appartenenza e al relativo corso di studi, nonché i titoli conseguiti, nonché dei titoli conseguiti e degli ulteriori dati presenti nelle altre banche dati di rilevanza nazionale d'interesse del Ministero dell'università e della ricerca;

§  delle garanzie e delle misure di sicurezza da adottare nonché delle modalità di alimentazione da parte delle istituzioni della formazione superiore e tramite l'Anagrafe nazionale degli studenti, dei diplomati e dei laureati degli istituti tecnici superiori e delle istituzioni della formazione superiore, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività.

L’allineamento con l'Anagrafe nazionale degli studenti, dei diplomati e dei laureati degli Istituti tecnici superiori e delle istituzioni della formazione superiore, con l’ANPR e con le altre anagrafi d'interesse del Ministero dell’università e della ricerca avviene in conformità alle Linee guida AgID in materia di interoperabilità (sulle quali cfr. supra).

 

L'articolo 39-sexies sostituisce l'articolo 234 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, recante misure per il sistema informativo per il supporto all'istruzione scolastica.

A seguito delle modifiche che si intendono introdurre, il Ministero dell'istruzione, anziché affidare la realizzazione del sistema informativo alla società di cui all'articolo 83, comma 15, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 (società di gestione del sistema informativo dell'amministrazione finanziaria), si avvale della società medesima sulla base di una specifica convenzione di durata pluriennale.

A sua volta la società assolve ai propri compiti in via diretta nonché avvalendosi di specifici operatori del settore cui affidare le attività di supporto nel rispetto della normativa vigente, nonché di esperti.

Inoltre, la nuova disciplina sostituisce l'autorizzazione di spesa (corrispondente a 10 milioni di euro per l'anno 2020) con una clausola di invarianza finanziaria, sulla base della quale all'attuazione delle disposizioni del presente articolo (cioè alla realizzazione del sistema informativo) si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

 

 


 

Articolo 39-septies
(Disposizioni in materia di start-up innovative e PMI innovative)

 

L’articolo 39-septies, inserito dalla Camera dei deputati, fa salva la validità degli atti costitutivi, statuti e successive modificazioni delle start up innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata, redatte secondo le disposizioni dettate dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 17 febbraio 2016, ritenuto illegittimo dal Consiglio di Stato. La clausola di salvaguardia riguarda gli atti depositati presso l'ufficio del registro delle imprese alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Il comma 2, per le modifiche successive ai medesimi atti, in assenza di una disciplina sull'uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario, prevede il ricorso alla figura professionale del notaio, in base alle norme del codice civile. 

 

 

Il comma 2 dell’articolo 25, del decreto legge 179/2012, prevede che per “start-up innovativa” si intenda una società di capitali non quotata, costituita anche in forma cooperativa, di diritto italiano, ovvero una Societas Europaea residente in Italia ai sensi dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, cioè soggetta a tassazione in Italia, che:

- sia detenuta direttamente e almeno al 51 per cento da persone fisiche;

- sia in attività da non più di 48 mesi;

- abbia sede principale dei propri affari e interessi in Italia;

- a partire dal secondo anno di attività abbia un fatturato non superiore a 5 milioni di euro;

- non distribuisca utili;

- abbia per oggetto sociale lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi, ad alto valore tecnologico;

- non sia costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;

Inoltre possegga almeno uno dei seguenti altri requisiti:

- destini almeno il 30% della spesa ad attività qualificate di ricerca e sviluppo; dal computo della percentuale sono escluse le spese per l'acquisto di beni immobili

- abbia un terzo della forza lavoro costituito da personale qualificato in particolare in possesso di dottorato di ricerca, o dottorandi o laureati con attività almeno triennale di ricerca;

- sia titolare o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale (brevetti marchi, modelli, ecc.), biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale direttamente afferenti all'oggetto sociale e all’attività d'impresa.

L’articolo 4, comma 10-bis, del decreto- legge 24 gennaio 2015, n. 3, consente che la redazione dell'atto costitutivo e le successive modificazioni delle start-up innovative avvenga per atto pubblico ovvero, in alternativa, per atto sottoscritto digitalmente, ossia con le modalità previste dagli articoli 24 e 25 del codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82).

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 17 febbraio 2016, che - in deroga a quanto previsto dall'art. 2463 del codice civile – consente la redazione in forma elettronica e la firma digitale degli atti costitutivi di società a responsabilità limitata start-up innovative, superando la necessità di autenticare la sottoscrizione. Con il decreto ministeriale 28 ottobre 2016 è stato poi approvato il modello per le modifiche delle start-up innovative, ai fini dell'iscrizione nel registro delle imprese.

Con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29 marzo 2021, n. 2643, ha ritenuto che il decreto del 2016 fosse illegittimo, essendo privo di una adeguata copertura legislativa. In particolare, la sentenza rileva che l’art. 4, comma 10-bis citato contempla un'alternatività quanto alle modalità di costituzione, laddove il decreto non si limita ad approvare un modello standard di atto costitutivo/statuto, ma prevedendo che l'atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, sono redatti in modalità esclusivamente informatica.

 

L’articolo 39-septies, inserito dalla Camera dei deputati, prevede che gli atti costitutivi, gli statuti e le successive modificazioni delle società start-up innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata, anche semplificata, depositati presso l'ufficio del registro delle imprese alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e redatti con le modalità alternative all'atto pubblico ai sensi del descritto articolo 4, comma 10-bis, del decreto- legge 24 gennaio 2015, n. 3, e secondo le disposizioni dettate dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 17 febbraio 2016, restino validi ed efficaci e conseguentemente le medesime società conservano l'iscrizione nel registro delle imprese.

Il comma 2 dispone che fino all'adozione delle nuove misure concernenti l'uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario, alle modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto deliberate dalle società in questione che siano successive alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, si applica la disciplina di cui all'articolo 2480 del codice civile, a norma del quale le modificazioni dell'atto costitutivo sono deliberate dall'assemblea dei soci e il verbale è redatto da notaio.

È altresì prevista l’applicazione dell'articolo 2436 del codice civile, per cui il notaio che ha verbalizzato la deliberazione di modifica dello statuto - entro trenta giorni – previa verifica dell'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ne richiede l'iscrizione nel registro delle imprese.

Il comma 3 reca una norma sui compensi spettanti ai notai per le attività di cui al comma precedente, prevedendo che esso sia determinato in misura non superiore a quella minima prevista dalla lettera B) della tabella D – Notai del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140. Tale sezione del decreto si riferisce proprio al caso del verbale di assemblea e alle deliberazioni di organi sociali di società, associazioni, consorzi ed enti in genere, oltre ad altre ipotesi analoghe, e prevede un compenso da 600 a 4.000 euro.

 


 

Articolo 40
(Semplificazioni del procedimento di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica e agevolazione per l’infrastrutturazione digitale degli edifici e delle unità immobiliari)

 

L’articolo 40, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede alcune modifiche alle disposizioni normative concernenti, in particolare, i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici di cui all’articolo 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche (comma 2) e quelli concernenti la disciplina delle opere civili, degli scavi e dell’occupazione di suolo pubblico necessari per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, di cui all’articolo 88 decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (comma 3). Tra i vari interventi di modifica delle due disposizioni si prevede – non più in termini meramente facoltativi - la convocazione della conferenza di servizi nei casi in cui siano necessari pronunciamenti di più amministrazioni per l’autorizzazione dell’intervento, la riduzione dei tempi di convocazione della stessa e il dimezzamento dei relativi termini normativi di svolgimento. Una ulteriore innovazione concerne la modalità di superamento del dissenso espresso da parte di un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali: si prevede in questo caso che l’interessato possa rivolgersi al responsabile del procedimento perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto (quindi in questo caso 45 giorni), concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario. Pertanto non è più necessaria una delibera del Consiglio dei Ministri ai fini del superamento del dissenso.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata introdotta, con riferimento all’articolo 88, una semplificazione nel caso di modifiche di progetti in essere.

Viene inoltre ridotto (da 6 mesi a 90 giorni) il termine di cui all’articolo 86 del Codice delle comunicazioni elettroniche, per la conclusione dei procedimenti in materia di installazione di reti di comunicazione elettronica e precisato, a seguito di una modifica introdotta dalla Camera dei deputati, che le disposizioni dell’articolo 86 si applicano anche agli interventi nei parchi e nelle riserve nazionali o regionali, nonché nei territori di protezione esterna dei parchi (comma 1).

Durante l'esame presso la Camera, è stata introdotta una disposizione volta a semplificare gli interventi di adeguamento tecnologico della rete di accesso degli operatori di comunicazione elettronica, volti al miglioramento della connessione e dell'efficienza energetica (comma 2-bis).

Il comma 4 introduce una deroga temporanea (fino al 2026) alle procedure per la posa in opera di infrastrutture a banda ultra larga con la metodologia della micro trincea prevedendosi un ulteriore semplificazione con particolare riferimento all’esclusione delle autorizzazioni paesaggistiche e da parte delle soprintendenze competenti per la tutela dei beni culturali.

Il comma 5 prevede (anche in tal caso fino al 2026) ulteriori semplificazioni per l’installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive, e nel caso di modifiche delle caratteristiche degli impianti già provvisti di titolo abilitativo, ivi incluse le modifiche relative al profilo radioelettrico, disciplinati rispettivamente dagli articoli 87-bis e 87-ter del Codice delle comunicazioni elettroniche nonché, a seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, per gli interventi in aree vincolate esclusi dall'autorizzazione paesaggistica e concernenti l’ installazione o modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, caratterizzate da impatto ridotto.

È stato infine previsto un canone fisso per alcuni interventi di infrastrutturazione a cura degli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica (comma 5-bis).

 

Il comma 1, lettera a), interviene al fine di ridurre da sei mesi a 90 giorni il termine entro il quale le autorità competenti alla gestione del suolo pubblico adottano (salvo il caso di espropriazioni) le decisioni relative le domande per la concessione del diritto di installare infrastrutture di comunicazione elettronica

A tal fine viene modificato il comma 1 dell’articolo 86 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. Una modifica formale introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati ha precisato che la modifica riguarda l’alinea del comma 1.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata aggiunta una lettera a-bis) che modifica l’articolo 86, comma 1, lettera a) al fine di prevedere che le autorità competenti alla gestione del suolo pubblico definiscano entro novanta giorni dalla richiesta con procedure semplici le domande per la concessione del diritto di installare infrastrutture su proprietà pubbliche o private compresi i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi.

Il comma 1, lettera b), interviene invece al fine di modificare il comma 4, che precisa che resta ferma, nell’ambito delle procedure autorizzatorie, l’applicazione delle disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali nonché delle disposizioni a tutela delle servitù militari, introducendo un richiamo al procedimento autorizzatorio semplificato previsto dagli articoli 87 e 88 del medesimo decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. Tali articoli formano oggetto di ampi interventi di modifica ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo.

 

Il comma 2, lettera a) modifica il comma 4 dell’articolo 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, che dispone che una copia dell'istanza ovvero della denuncia sia contestualmente all’ARPA competente, che si pronuncia entro trenta giorni dalla comunicazione. Lo sportello locale competente provvede a pubblicizzare l'istanza, pur senza diffondere i dati caratteristici dell'impianto. Oltre ad un adeguamento terminologico (viene sostituita la parola denuncia con la parola segnalazione), la lettera a) del comma 2 dispone che l’istanza per l'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi, abbia valenza di istanza unica effettuata per tutti i profili connessi agli interventi e per tutte le amministrazioni o enti comunque coinvolti nel procedimento. Si prevede inoltre che il soggetto richiedente dia notizia della presentazione dell’istanza a tutte le amministrazioni o enti coinvolti nel procedimento.

 

Andrebbe valutata l’opportunità di sostituire, per ragioni di coordinamento, la parola denuncia con la parola segnalazione anche all’articolo 87-bis.

 

Il comma 2, lettera b) novella i commi 6, 7, 8 e 9 dell’articolo 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, disposizione avente ad oggetto i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici.

La novella è diretta a disciplinare in termini diversi l’articolazione della procedura, una volta formulata l'istanza di autorizzazione alla installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi.

Infatti il comma 6 dell’articolo 87, come novellato, prevede la convocazione, a cura del responsabile del procedimento, di una conferenza di servizi decisoria entro cinque giorni lavorativi dalla presentazione dell’istanza in tutti i casi nei quali l'installazione dell’infrastruttura sia subordinata all'acquisizione di uno o più provvedimenti, determinazioni, pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di concessione, autorizzazione o assenso, comunque denominati, ivi comprese le autorizzazioni previste dal Codice dei beni culturali, da adottare a conclusione di distinti procedimenti di competenza di diverse amministrazioni o enti, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici.

Alla conferenza di servizi prendono parte tutte le amministrazioni, enti e gestori di beni o servizi pubblici interessati dall’installazione, nonché un rappresentante dei soggetti preposti ai controlli di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (le ARPA).

 

Il previgente testo del medesimo comma 6 prevedeva la convocazione della conferenza di servizi solo nel caso di dissenso di una Amministrazione interessata, ed il termine di convocazione è fissato in 30 giorni.

 

Il comma 7, come novellato, descrive gli effetti della conferenza di servizi decisoria. Si prevede che la determinazione positiva della stessa sostituisca ad ogni effetto tutti i provvedimenti, determinazioni, pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di concessione, autorizzazione o assenso, comunque denominati, necessari per l’installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, di competenza di tutte le amministrazioni, enti e gestori di beni o servizi pubblici interessati e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori.

Si prevede poi che della convocazione e dell’esito della conferenza sia comunque informato il Ministero dello sviluppo economico.

 

Il testo previgente del comma 7 prevedeva che la conferenza di servizi dovesse pronunciarsi entro trenta giorni dalla prima convocazione e che l'approvazione, adottata a maggioranza dei presenti, sostituisse ad ogni effetto gli atti di competenza delle singole Amministrazioni valendo altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori.

 

Il comma 8, come novellato, dispone che alla predetta conferenza di servizi si applicano le disposizioni di cui all’articolo 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, con il dimezzamento dei termini ivi indicati, ad eccezione dei termini  (correzione di forma introdotta dalla Camera dei deputati, sostituendo le parole “del termine”, presenti nella formulazione iniziale del decreto-legge,  con “dei termini”) di cui al suddetto articolo 14-quinquies, e fermo restando l’obbligo di rispettare il termine perentorio finale di conclusione del procedimento (fissato dal comma 9, come novellato), in 90 giorni dalla comunicazione del progetto.

 

Il testo previgente del comma 8 disciplinava il caso del motivato dissenso, a fronte di una decisione positiva assunta dalla conferenza di servizi, di un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, prevedendo in tal caso che la decisione fosse rimessa al Consiglio dei Ministri trovando applicazione, in quanto compatibili con il Codice, le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

La disciplina della conferenza di servizi si rinviene agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge n. 241 del 1990 (su cui si veda il paragrafo Conferenza di servizi del tema relativo agli Interventi sul procedimento amministrativo, pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati).

L’articolo 14-quinquies contiene una disciplina generale concernente i rimedi per le amministrazioni dissenzienti, prevedendo che avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, entro 10 giorni dalla sua comunicazione e a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri. La proposizione dell'opposizione sospende l'efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza. La Presidenza del Consiglio dei ministri indice, per una data non posteriore al quindicesimo giorno successivo alla ricezione dell'opposizione, una riunione con la partecipazione delle amministrazioni che hanno espresso il dissenso e delle altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza. In tale riunione i partecipanti formulano proposte, in attuazione del principio di leale collaborazione, per l'individuazione di una soluzione condivisa, che sostituisca la determinazione motivata di conclusione della conferenza con i medesimi effetti. Qualora all'esito delle riunioni sopra descritte sia raggiunta un'intesa tra le amministrazioni partecipanti, l'amministrazione procedente adotta una nuova determinazione motivata di conclusione della conferenza. Qualora all'esito delle suddette riunioni, e comunque non oltre quindici giorni dallo svolgimento della riunione, l'intesa non sia raggiunta, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri.

 

Il comma 9, come novellato, conferma, rispetto alla disciplina previgente che le istanze di autorizzazione si intendono accolte qualora, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego o un parere negativo da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (ossia le ARPA) nonché che gli Enti locali possano prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal comma in commento.

Si prevede tuttavia che se il dissenso, congruamente motivato, proviene da parte di un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali, e non sia stata adottata la determinazione decisoria finale nel termine dei 90 giorni, si prevede che l’interessato possa rivolgersi al responsabile del procedimento perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto (quindi in questo caso 45 giorni), concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario (secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 9-ter, della legge 7 agosto 1990 n. 241).

 

Potrebbe valutarsi l’opportunità di chiarire se anche in tale ultima circostanza trovi applicazione la previsione di cui all’articolo 14-quinquies della legge n. 241 del 1990.

 

Il testo previgente del comma 9 dell’articolo 87 prevedeva invece che qualora il motivato dissenso, a fronte di una decisione positiva assunta dalla conferenza di servizi, fosse espresso da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, la decisione venisse rimessa al Consiglio dei Ministri e trovano applicazione, in quanto compatibili con il Codice, le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

Sono inoltre introdotte ex novo le seguenti previsioni: l’amministrazione procedente comunica, entro il termine perentorio di sette giorni, decorrenti dalla scadenza dei 90 giorni sopra indicati, l’attestazione di avvenuta autorizzazione. Trascorsi i sette giorni entro i quali l’amministrazione deve provvedere è sufficiente l’autocertificazione del richiedente.

Si prevede inoltre che siano fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l'adozione di provvedimenti espressi.

 

Il comma 3 modifica il contenuto dell’articolo 88 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, avente ad oggetto la disciplina delle opere civili, degli scavi e dell’occupazione di suolo pubblico necessari per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica.

In particolare il comma 3, lettera a) modifica il comma 1, che disciplina l’istanza da presentare a cura dei soggetti interessati all’installazione dell’infrastruttura di comunicazione elettronica per la realizzazione di opere civili o, comunque, per l'effettuazione di scavi e l'occupazione di suolo pubblico all’uopo necessari, prevedendo che spetti al richiedente dare notizia della presentazione dell’istanza a tutte le amministrazioni o enti coinvolti nel procedimento.

Il comma 3, lettera b), novella i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 88, introducendo una disciplina innovativa sulle modalità di acquisizione dell’assenso all’esecuzione degli interventi, in particolare riorganizzando in termini analoghi al procedimento delineato con le modifiche all’articolo 87 dal comma 2 dell’articolo in commento, lo svolgimento e la conclusione della conferenza di servizi decisoria.

In dettaglio la nuova formulazione del comma 3 dell’articolo 88 prevede che quando l'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica sia subordinata all'acquisizione di uno o più provvedimenti, determinazioni, pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di concessione, autorizzazione o assenso, comunque denominati, ivi incluse le autorizzazioni previste dal codice dei beni culturali, da adottare a conclusione di distinti procedimenti di competenza di diverse amministrazioni o enti, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici, l’amministrazione procedente che ha ricevuto l’istanza provvede sempre a convocare, entro cinque giorni lavorativi dalla presentazione dell’istanza, una conferenza di servizi, alla quale prendono parte tutte le amministrazioni, enti e gestori di beni o servizi pubblici interessati dall’installazione.

 

Secondo il testo previgente del comma 3 dell’articolo 88 il responsabile del procedimento aveva la facoltà (ma non l’obbligo) di convocare, con provvedimento motivato, una conferenza di servizi, alla quale prendono parte le figure soggettive direttamente interessate dall'installazione. Ciò entro trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza (la nuova disciplina prevede un termine di 5 giorni).

 

Il comma 4 come novellato disciplina gli effetti della conferenza di servizi stabilendo che la determinazione positiva della conferenza sostituisce ad ogni effetto tutti i provvedimenti, determinazioni, pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di concessione, autorizzazione o assenso, comunque denominati, necessari per l’installazione dell’infrastruttura, di competenza di tutte le amministrazioni, degli enti e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori.

 

Secondo il testo previgente del comma 4 dell’articolo 88 la conferenza di servizi doveva pronunciarsi entro trenta giorni dalla prima convocazione mentre l'approvazione, adottata a maggioranza dei presenti, produceva anche in quel caso la sostituzione ad ogni effetto gli atti di assenso, comunque denominati e necessari per l'effettuazione degli scavi e delle eventuali opere civili indicate nel progetto, di competenza delle amministrazioni, degli enti e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati e aveva altresì il valore di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori.

 

Infine il comma 5, come novellato, precisa che alla predetta conferenza di servizi si applichino le disposizioni di cui all’articolo 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, con il dimezzamento dei termini ivi indicati, ad eccezione dei termini di cui all’articolo 14-quinquies, fermo restando quanto previsto al comma 7 e l’obbligo di rispettare il termine perentorio finale di conclusione del presente procedimento indicato al comma 9 della disposizione (che ha formato anch’esso oggetto di novella ai sensi del comma 3, lettera e) del presente articolo).

 

Il previgente comma 5 disciplinava l’ipotesi di dissenso nell’ambito della Conferenza di servizi da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, prevedendo che in tal caso la decisione fosse rimessa al Consiglio dei ministri.

 

Il comma 3, lettera c) modifica il comma 7 dell’articolo 88, in modo da includere nell’ambito dei termini ridotti di conclusione della conferenza di servizi, previsti dal comma 7 in commento, anche per le richieste di autorizzazione per l’esecuzione di attraversamenti e parallelismi riguardanti il sedime ferroviario e autostradale (sono già previste le richieste concernenti porti, interporti, aree del demanio idrico, marittimo, forestale e altri beni immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli enti locali e agli altri enti pubblici).

 

Il comma 7 dell’articolo 88 dispone che trascorso il termine di trenta giorni dalla presentazione della domanda, senza che l'Amministrazione abbia concluso il procedimento con un provvedimento espresso ovvero abbia indetto un'apposita conferenza di servizi, la medesima si intende in ogni caso accolta. Nel caso di attraversamenti di strade e comunque di lavori di scavo di lunghezza inferiore ai duecento metri, il termine è ridotto a dieci giorni. Nel caso di apertura buche, apertura chiusini per infilaggio cavi o tubi, posa di cavi o tubi aerei o altri elementi di rete su infrastrutture e siti esistenti, allacciamento utenti il termine è ridotto a otto giorni.

 

Viene inoltre previsto che decorsi i termini sopra indicati, l’amministrazione procedente comunichi, entro il termine perentorio di sette giorni, l’attestazione di avvenuta autorizzazione, scaduto il quale è sufficiente l’autocertificazione del richiedente.

 

Il comma 3, lettera d) dispone l’abrogazione del comma 7-bis dell’articolo 88.

Tale comma, introdotto dal decreto-legge n. 135 del 2018 stabiliva che in riferimento ad interventi per l'installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, in deroga a quanto previsto dall'articolo 22, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l'autorizzazione prevista dall'articolo 21, comma 4, relativa agli interventi in materia di edilizia pubblica e privata, ivi compresi gli interventi sui beni di cui all'articolo 10, comma 4, lettera g), del medesimo decreto legislativo n. 42 del 2004, venisse rilasciata entro il termine di novanta giorni dalla ricezione della richiesta da parte della soprintendenza a condizione che detta richiesta fosse corredata di idonea e completa documentazione tecnica.

 

Il comma 3, lettera e) novella il comma 9 dell’articolo 88. La disposizione prevede che la conferenza di servizi deve concludersi entro il termine perentorio massimo di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza (mantenendo fermo quanto previsto dal comma 7).

Si prevede poi che, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l’adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione decisoria della conferenza di servizi entro il predetto termine perentorio equivale ad accoglimento dell’istanza, salvo che non sia stato espresso un dissenso, congruamente motivato, da parte di un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali. In tal caso, qualora non sia stata adottata la determinazione decisoria finale nel termine di 90 giorni sopra indicato, si prevede che l’interessato possa rivolgersi al responsabile del procedimento perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto (quindi in questo caso 45 giorni), concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario (secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 9-ter, della legge 7 agosto 1990 n. 241).

 

Potrebbe valutarsi l’opportunità di chiarire se anche in tale ultima circostanza trovi applicazione la previsione di cui all’articolo 14-quinquies della legge n. 241 del 1990.

 

Il testo previgente del comma 9 dell’articolo 88 prevedeva invece che qualora il motivato dissenso, a fronte di una decisione positiva assunta dalla conferenza di servizi, fosse espresso da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, la decisione venisse rimessa al Consiglio dei Ministri e trovano applicazione, in quanto compatibili con il Codice, le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

Quanto agli effetti si precisa che l’accoglimento dell’istanza sostituisce ad ogni effetto gli atti di assenso, comunque denominati e necessari per l’effettuazione degli scavi e delle eventuali opere civili indicate nel progetto, di competenza delle amministrazioni, degli enti e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, anche ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. Della convocazione e dell'esito della conferenza viene tempestivamente informato il Ministero.

Decorso il termine sopra citato, l’amministrazione procedente comunica, entro il termine perentorio di sette giorni, l’attestazione di avvenuta autorizzazione, scaduto il quale è sufficiente l’autocertificazione del richiedente.

 

Nel corso dell’esame presso la Camera è stata introdotta una lettera e-bis) che introduce un comma 9-bis all’articolo 88 volto a disciplinare l’ipotesi di varianti a progetti di interventi già autorizzati, ai sensi della disposizione.

Si prevede che sia in presenza di un provvedimento espresso, sia in caso di accoglimento dell'istanza per decorrenza dei termini, nel caso di varianti in corso d'opera fino al dieci per cento delle infrastrutture e degli elementi accessori previsti nell'istanza unica, l'operatore comunichi la variazione all'amministrazione procedente che ha ricevuto l'istanza originaria e a tutte le amministrazioni e gli enti coinvolti, con un preavviso di almeno quindici giorni, allegando una documentazione cartografica dell'opera che dia conto delle modifiche e possa avviare il lavoro se, entro quindici giorni dalla data di comunicazione della variazione, i soggetti e gli enti coinvolti non abbiano comunicato un provvedimento negativo.

Gli enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa nel rispetto delle disposizioni stabilite dall’articolo 88.

 

Il comma 4 prevede che fino al 31 dicembre 2026, in deroga agli articoli 5 e 7 del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33, nonché ai regolamenti adottati dagli enti locali la posa in opera di infrastrutture a banda ultra larga viene effettuata con la metodologia della micro trincea, attraverso l'esecuzione di uno scavo e contestuale riempimento di ridotte dimensioni (larghezza da 2,00 a 4,00 cm, con profondità variabile da 10 cm fino a massimo 35 cm), in ambito urbano ed extraurbano, anche in prossimità del bordo stradale o sul marciapiede. Ciò a condizione che sia tecnicamente fattibile per l’operatore.

Lo scopo della deroga è quello di consentire il tempestivo raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale di cui al regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021.

 

Si tratta del regolamento che istituisce uno strumento di sostegno tecnico (regolamento (UE) 2021/240) con risorse pari 864 milioni di euro e del regolamento che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (regolamento (UE) 2021/241) con risorse pari a 360 miliardi di euro.

 

Per i predetti interventi di posa in opera di infrastrutture a banda ultra larga effettuati con la metodologia della micro trincea, nonché per quelli effettuati con tecnologie di scavo a basso impatto ambientale con minitrincea, non sono richieste le autorizzazioni di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e non si applicano le previsioni di cui all’articolo 7, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33.

Con una modifica introdotta dalla Camera dei deputati, viene fatta salva comunque l'applicazione dell'ulteriore semplificazione di cui all'articolo 20 del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183.

 

L’articolo 20 del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 prevede agevolazioni procedurali per la realizzazione di collegamenti in fibra ottica per scuole, ospedali uffici e centri di meccanizzazione postale.

L’articolo 7, commi 2-bis e 2-ter del decreto legislativo n. 33 del 2016 dispongono che, qualora siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale in presenza di sottoservizi per gli interventi che non comportino nuova edificazione o scavi a quote diverse da quelle già impegnate dai manufatti esistenti e per gli immobili sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l'avvio dei lavori è subordinato esclusivamente alla trasmissione, da parte dell'operatore di comunicazione elettronica, alla soprintendenza e all'autorità locale competente, di documentazione cartografica prodotta dall'Operatore medesimo relativamente al proprio tracciato e a quello dei sottoservizi e delle infrastrutture esistenti, nonché di documentazione fotografica sullo stato attuale della pavimentazione. La disposizione si applica anche alla realizzazione dei pozzetti accessori alle infrastrutture stesse, qualora essi siano realizzati in prossimità dei medesimi sottoservizi preesistenti. L'operatore di rete comunica, con un preavviso di almeno quindici giorni, l'inizio dei lavori alla soprintendenza competente. Qualora la posa in opera dei sottoservizi interessi spazi aperti nei centri storici, è altresì depositato presso la soprintendenza apposito elaborato tecnico che dia conto delle modalità di risistemazione degli spazi oggetto degli interventi. Qualora siano utilizzate tecnologie di scavo a basso impatto ambientale con minitrincea, ai fini dell'autorizzazione archeologica le attività di scavo sono precedute da indagini non invasive, concordate con la soprintendenza, in relazione alle caratteristiche delle aree interessate dai lavori. A seguito delle suddette indagini, dei cui esiti, valutati dalla soprintendenza, si tiene conto nella progettazione dell'intervento, in considerazione del limitato impatto sul sottosuolo, le tecnologie di scavo in minitrincea si considerano esentate dalla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico. In ogni caso il soprintendente può prescrivere il controllo archeologico in corso d'opera per i lavori di scavo.

Le autorizzazioni di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 concernono gli interventi su beni culturali, e per gli interventi che possano avere impatti di carattere paesaggistico.

 

L’operatore di rete si limita a comunicare, con un preavviso di almeno quindici giorni e di otto giorni per i lavori di scavo di lunghezza inferiore a duecento metri (tale ultimo inciso è stato introdotto dalla Camera dei deputati), l’inizio dei lavori alla soprintendenza competente, allegando la documentazione cartografica prodotta dall’operatore medesimo relativamente al proprio tracciato e, nel caso la posa in opera interessi spazi aperti nei centri storici, un elaborato tecnico che dia conto delle modalità di risistemazione degli spazi oggetto degli interventi.

L’ente titolare o gestore della strada o autostrada, ferme restando le caratteristiche di larghezza e profondità stabilite (termine introdotto a seguito di una modifica della Camera dei deputati al posto dell’espressione “proposte”, presente nel testo originario del decreto-legge) dall'operatore in funzione delle esigenze di posa dell'infrastruttura a banda ultra larga, può concordare con l'operatore stesso accorgimenti in merito al posizionamento dell'infrastruttura allo scopo di garantire le condizioni di sicurezza dell’infrastruttura stradale.

Il comma 5 dispone infine fino al 31 dicembre 2026, che gli interventi di cui agli articoli 87 bis e 87 ter del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e gli interventi di modifica previsti dal punto A.24 dell'allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31 (tipologia introdotta nel corso dell’esame presso la Camera) siano realizzati previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale, corredata da un’autocertificazione descrittiva degli interventi e delle caratteristiche tecniche degli impianti senza che sia necessario richiedere le autorizzazioni di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2004, n. 42, purché non comportino aumenti delle altezze superiori a 1,5 metri e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati (riformulazione formale disposta nel corso dell’esame presso la Camera).

Gli impianti sono attivabili qualora, entro trenta giorni dalla richiesta di attivazione all'organismo competente di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, non sia stato comunicato dal medesimo un provvedimento negativo.

Anche in tal caso la finalità dell’intervento è quella di consentire il tempestivo raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale di cui al regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021.

 

L’articolo 87-bis del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 prevede che nel caso di installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive, fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all'articolo 87 è sufficiente la segnalazione certificata di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13. Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale o un parere negativo da parte dell'organismo competente di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia è priva di effetti.

L’articolo 87 ter del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 dispone che nel caso di modifiche delle caratteristiche degli impianti già provvisti di titolo abilitativo, ivi incluse le modifiche relative al profilo radioelettrico, che comportino aumenti delle altezze non superiori a 1 metro e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati, è sufficiente un'autocertificazione descrittiva della variazione dimensionale e del rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all'articolo 87, da inviare contestualmente all'attuazione dell'intervento ai medesimi organismi che hanno rilasciato i titoli. I medesimi organismi si pronunciano entro trenta giorni dal ricevimento dell'autocertificazione.

Gli interventi di cui al punto A.24 dell'allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, sono quelli in aree vincolate esclusi dall'autorizzazione paesaggistica concernenti l’ installazione o modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati (come previsto dall'art. 6, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133) nonché lo smantellamento di reti elettriche aeree.

 

Nel corso dell’esame presso la Camera è stato introdotto un nuovo comma 5-bis che dispone, inserendo un comma 2-bis all’articolo 91 del Codice delle comunicazioni elettroniche, che il proprietario o l'inquilino, in qualità di utente finale di un servizio di comunicazione elettronica, deve consentire all'operatore di comunicazione di effettuare gli interventi di adeguamento tecnologico della rete di accesso, volti al miglioramento della connessione e dell'efficienza energetica. Tale adeguamento non si configura come attività avente carattere commerciale e non costituisce modifica delle condizioni contrattuali per l'utente finale, purché consenta a quest'ultimo di continuare a fruire di servizi funzionalmente equivalenti, alle medesime condizioni economiche già previste dal contratto in essere.

Sempre nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato altresì inserito un comma 5-ter, che modifica la legge di bilancio 2020 introducendo un nuovo comma 831-bis all’articolo 1. Tale nuovo comma dispone che gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 e che non rientrano nella previsione del comma 831 dell’articolo 1, della legge citata, sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente.

Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 (che prevede la possibilità di variare il gettito del canone istituito ai sensi del comma 816 attraverso la modifica delle tariffe) e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsivoglia ragione o titolo richiesto, ai sensi dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003.

Si prevede inoltre che il canone in questione sia rivalutato annualmente sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente e che il versamento sia fatto annualmente entro il 30 aprile tramite la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati prevista dall’articolo 5 del Codice dell’amministrazione digitale.

 

Il comma 831 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 prevede che per le occupazioni permanenti del territorio comunale, con cavi e condutture, da chiunque effettuata per la fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la distribuzione ed erogazione di energia elettrica, gas, acqua, calore, di servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi e di altri servizi a rete, il canone è dovuto dal soggetto titolare dell'atto di concessione dell'occupazione del suolo pubblico e dai soggetti che occupano il suolo pubblico, anche in via mediata, attraverso l'utilizzo materiale delle infrastrutture del soggetto titolare della concessione sulla base del numero delle rispettive utenze moltiplicate per la una tariffa forfetaria distinta a seconda che il comune abbia più  o meno di 20.000 residenti. Si dispone inoltre che, in ogni caso, l'ammontare del canone dovuto a ciascun ente non può essere inferiore a euro 800. Gli importi sono rivalutati annualmente in base all'indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente. Per le occupazioni del territorio provinciale e delle città metropolitane, il canone è determinato nella misura del 20 per cento dell'importo risultante dall'applicazione della misura unitaria di tariffa, pari a euro 1,50, per il numero complessivo delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale.

 


 

Articolo 41
(Violazione degli obblighi di transizione digitale)

 

L’articolo 41, modificato dalla Camera dei deputati, introduce un articolato procedimento sanzionatorio per le pubbliche amministrazioni per le violazioni degli obblighi in materia di transizione digitale.

In primo luogo, le violazioni, accertate dall’AgID, rilevano ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comportano responsabilità dirigenziale e disciplinare.

Inoltre, all’accertamento delle violazioni consegue l’irrogazione da parte dell’AgID di una sanzione amministrativa pecuniaria da 10 mila a 100 mila euro per:

§  mancata ottemperanza alla richiesta di dati, documenti o informazioni o trasmissione di informazioni o dati parziali o non veritieri;

§  violazione dell’obbligo di accettare i pagamenti spettanti attraverso sistemi di pagamento elettronico;

§  mancata disponibilità di dati in formato elettronico entro la data stabilita dal Presidente del Consiglio;

§  l'inadempimento dell'obbligo di rendere disponibili e accessibili le proprie basi dati;

§  violazione dell’obbligo di utilizzare esclusivamente identità digitali per l’identificazione degli utenti dei servizi on-line;

§  violazione dell’obbligo di rendere disponibili i propri servizi in rete;

§  non ottemperanza al rispetto delle regole in materia di livelli minimi di sicurezza, capacità elaborativa, risparmio energetico e affidabilità delle infrastrutture digitali e in materia di caratteristiche di qualità, di sicurezza, di performance e scalabilità, interoperabilità, portabilità dei servizi cloud.

 

Durante l'esame presso la Camera dei deputati sono state aggiunte le seguenti ulteriori violazioni (sottoposte alla medesima sanzione pecuniaria):

§  violazione dell’obbligo di consentire agli utenti di esprimere soddisfazione per i servizi in rete;

§  mancata comunicazione agli interessati delle modalità per esercitare in via telematica il diritto dei partecipanti al procedimento di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti;

§  realizzazione del fascicolo informatico del procedimento senza garantire la possibilità di essere direttamente consultato dalle amministrazioni coinvolte e dagli;

§  mancata disponibilità di accesso ai documenti informatici conservati per legge dalle PA per i quali cessa l’obbligo di conservazione a carico di cittadini e imprese.

 

In terzo luogo, si prevede l’intervento sostitutivo del Governo nei confronti dell’amministrazione inadempiente con la nomina di un commissario ad acta.

Infine, si attribuisce all’AgID il compito di individuare i termini e le modalità con cui le amministrazioni centrali e locali devono effettuare le migrazioni dei Centri per l'elaborazione delle informazioni (CED) e i relativi sistemi informatici verso le strutture previste che garantiscono i necessari requisiti di sicurezza e affidabilità.

 

Come espressamente indicato le finalità della norma sono:

§  assicurare l’attuazione dell’Agenda digitale italiana ed europea;

§  assicurare a digitalizzazione dei cittadini, delle pubbliche amministrazioni e delle imprese, anche in relazione agli obiettivi fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

§  garantire il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale e la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale nelle materie (di cui all’articolo 5, comma 3, lettera b-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400) dell'innovazione tecnologica, dell'attuazione dell'agenda digitale italiana ed europea, della strategia italiana per la banda ultralarga, della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle imprese, nonché della trasformazione, crescita e transizione digitale del Paese, in ambito pubblico e privato, dell'accesso ai servizi in rete, della connettività, delle infrastrutture digitali materiali e immateriali e della strategia nazionale dei dati pubblici.

 

In particolare, il comma 1 introduce il nuovo articolo 18-bis nel Codice dell’amministrazione digitale CAD (D.Lgs, 82/2005) recante disposizioni in materia di violazioni degli obblighi di transizione digitale da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti tenuti al rispetto dei medesimi obblighi: autorità indipendenti, gestori dei servizi pubblici, società in controllo pubblico (ai sensi dell’art. 2, comma 2, CAD).

 

In primo luogo, il comma 1 del nuovo art. 18-bis attribuisce all’AgID compiti generali di vigilanza, verifica, controllo e monitoraggio sul rispetto delle disposizioni del CAD e di ogni altra norma in materia di innovazione tecnologica e digitalizzazione della pubblica amministrazione, ivi comprese le Linee guida e del Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione.

Inoltre, per l’esercizio di tali compiti si riconosce all’AgID il potere di acquisizione di documenti e informazioni nei confronti delle PA. La violazione dell’obbligo di messa a disposizione di documenti e informazioni è punita con una specifica sanzione amministrativa pecuniaria (vedi oltre il comma 5 del nuovo art. 18-bis).

 

I commi 2 e 3 del nuovo art. 18-bis delineano un procedimento di accertamento delle violazioni articolato come segue:

§  l’AgID, in caso di violazione degli obblighi di transizione digitale, procede alla contestazione della violazione nei confronti del trasgressore assegnandogli un termine perentorio, proporzionato rispetto al tipo e alla gravità della sanzione, per inviare scritti difensivi e documentazione e per chiedere di essere sentito;

§  qualora accerti la sussistenza delle violazioni contestate, l’AgID assegna al trasgressore un termine perentorio per conformare la propria condotta agli obblighi previsti dalla disciplina vigente;

§  l’AgID segnala le violazioni all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari di ciascuna amministrazione, ai competenti organismi indipendenti di valutazione e, in ogni caso, a ciascuna amministrazione per i rispettivi provvedimenti di competenza in materia disciplinare e di valutazione della performance;

§  le segnalazioni delle violazioni sono pubblicate su un’apposita area del sito internet istituzionale dell’AgID.

 

L’accertamento delle violazioni comporta tre ordini di misure applicate contestualmente:

§  responsabilità dirigenziale e disciplinare;

§  sanzioni amministrative pecuniarie;

§  esercizio del potere sostitutivo.

 

Per quanto riguarda il primo ordine di misure, il comma 4 del nuovo art. 18-bis prevede che le violazioni accertate dall’AgID rilevano ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comportano responsabilità dirigenziale e disciplinare.

 

Il D.Lgs. 150 del 2009 obbliga ciascuna amministrazione a dotarsi, con specifico provvedimento, di un sistema di misurazione e valutazione idoneo a rilevare sia la performance organizzativa (che prende in considerazione i risultati prodotti da un soggetto nel suo insieme o dalle singole articolazioni della sua struttura), sia la performance individuale dei dipendenti (dirigenti e personale non dirigente) che prende in considerazione il raggiungimento di specifici obiettivi ed il contributo individuale alla performance organizzativa (art. 3, co. 2, e art. 7).

Al fine di promuovere il merito ed il miglioramento della performance organizzativa ed individuale, la legge prevede l’utilizzo di trattamenti premianti selettivi legati alla valutazione e la valorizzazione dei dipendenti con le migliori perfomance attraverso l’attribuzione di incentivi sia economici che di carriera (art. 18).

La valutazione negativa della performance, purché resa nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. 150, rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale e ai fini dell’irrogazione del licenziamento disciplinare per insufficiente rendimento, ai sensi dell’art. 55-quater, co. 1, lett. f-quinquies), del testo unico delle disposizioni sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (D.Lgs. 165/2001).

La responsabilità dirigenziale si fonda sulle previsioni dell’art. 21 del D.Lgs. 165/2001, il quale richiama il mancato raggiungimento degli obiettivi, accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione o l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente, quali elementi che comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare prima della scadenza l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.

La responsabilità disciplinare si concretizza in una violazione del codice disciplinare rinvenibile nel contratto collettivo richiamato dal contratto individuale o nella violazione dei precetti fissati dagli artt. 55 e seguenti del D.Lgs. n. 165 del 2001 o dal codice di comportamento. La titolarità ad accertare la responsabilità disciplinare risiede in capo al dirigente di struttura o all’Ufficio per i procedimenti disciplinari.

 

In secondo luogo, come anticipato, l’accertamento delle violazioni comportano l’irrogazione da parte dell’AgID di una sanzione amministrativa pecuniaria da 10 mila a 100 mila euro qualora la PA interessata non ottemperi all’obbligo di conformare la propria condotta nel termine fissato dall’AgID (comma 5 del nuovo art. 18-bis).

La sanzione di cui sopra è irrogata in presenza delle seguenti violazioni:

§  mancata ottemperanza alla richiesta di dati, documenti o informazioni

§  trasmissione di informazioni o dati parziali o non veritieri;

§  violazione dell’obbligo ad accettare i pagamenti spettanti attraverso sistemi di pagamento elettronico (art. 5 CAD);

§  mancata disponibilità di dati delle PA in formato elettronico entro la data stabilita dal Presidente del Consiglio (art. 50, comma 3-ter CAD);

§  l'inadempimento dell'obbligo di rendere disponibili e accessibili le proprie basi dati ovvero i dati aggregati e anonimizzati (art. 50-ter, comma 5, CAD);

§  violazione dell’obbligo di utilizzare esclusivamente identità digitali per l’identificazione degli utenti dei servizi on-line (art. 64, comma 3- bis, CAD);

§  violazione dell’obbligo di rendere fruibili i propri servizi in rete (64-bis CAD);

a)      non ottemperanza al rispetto delle regole fissate dall’AgID in materia di livelli minimi di sicurezza, capacità elaborativa, risparmio energetico e affidabilità delle infrastrutture digitali per la pubblica amministrazione e in materia di caratteristiche di qualità, di sicurezza, di performance e scalabilità, interoperabilità, portabilità dei servizi cloud per la pubblica amministrazione. (art. 33-septies, comma 4, D.L. 179/2012, si veda in proposito AgID, Linee Guida per la razionalizzazione della infrastruttura digitale della Pubblica Amministrazione, 6 ottobre 2013).

 

Durante l'esame presso la Camera dei deputati sono state aggiunte le seguenti ulteriori violazioni sottoposte alla medesima sanzione:

§  violazione dell’obbligo di consentire agli utenti di esprimere soddisfazione per i servizi in rete (art. 7, comma 3, CAD);

§  mancata comunicazione agli interessati delle modalità per esercitare in via telematica il diritto dei partecipanti al procedimento di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti (art. 41, comma 2, CAD);

§  realizzazione del fascicolo informatico del procedimento senza garantire la possibilità di essere direttamente consultato dalle amministrazioni coinvolte e dagli interessati (art. 41, comma 2-bis, CAD);

§  mancata disponibilità di accesso ai documenti informatici conservati per legge dalle PA per i quali cessa l’obbligo di conservazione a carico di cittadini e imprese (art. 43, comma 1-bis, CAD).

 

Ciascuna delle disposizioni del CAD che dispongono gli obblighi di cui ai punti da d) a g) di cui sopra prevede che l’inadempimento di tali obblighi costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comporta la riduzione, non inferiore al 30 per cento, della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competenti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell'ambito delle medesime strutture.

Tali disposizioni sono fatte salve dalla norma in commento. Così come è fatta salva la previsione analoga prevista in caso di inottemperanza del rispetto del codice di condotta tecnologica.

 

Il codice di condotta tecnologica è disciplinato dall’articolo 13-bis del CAD, introdotto dal DL 76/2020. Esso è adottato dal Capo dipartimento della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale, sentiti l'AgID e il nucleo per la sicurezza cibernetica e acquisito il parere della Conferenza unificata. Il codice di condotta tecnologica disciplina le modalità di progettazione, sviluppo e implementazione dei progetti, sistemi e servizi digitali delle amministrazioni pubbliche, nel rispetto del principio di non discriminazione, dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone e della disciplina in materia di perimetro nazionale di sicurezza cibernetica.

 

I proventi delle sanzioni pecuniarie di cui sopra vengono versati in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze e sono destinato in misura uguale a all’AgID e al Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

 

Il decreto-legge 34/2020 (cd decreto Rilancio) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - un Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione con una dotazione di 50 milioni per il 2020 (art. 239).

Tali risorse sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri, per essere assegnate al Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che provvede alla gestione.

Il Fondo è destinato alla copertura delle spese per interventi, acquisti e misure di sostegno a favore di:

-        una "strategia di condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico" a fini istituzionali;

-        la diffusione dell'identità digitale, del domicilio digitale e delle firme elettroniche;

-        la realizzazione ed erogazione di servizi in rete, dell'accesso ai servizi in rete tramite le piattaforme abilitanti previste da disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), recate dai seguenti articoli: 5 (sistema di pagamento elettronico, attraverso un sistema pubblico di connettività che assicuri una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati), 62 (Anagrafe nazionale della popolazione residente), 64 (sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni), e 64-bis (accesso telematico ai servizi della pubblica amministrazione), nonché per i servizi e le attività di assistenza tecnico-amministrativa necessarie.

 

La legge di bilancio 2021 (L. 178/2020, art. 1, commi 620 e 621) ha previsto rispettivamente:

-        la trasferibilità alle varie amministrazioni pubbliche delle risorse del Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale;

-        l'attribuzione alla struttura della Presidenza del Consiglio competente per l'innovazione tecnologica e l'innovazione, delle attività tese a far funzionare la piattaforma per il tracciamento dei contatti e l'allerta Covid-19.

 

Al procedimento sanzionatorio si applica, in quanto compatibile, la disciplina generale sulle sanzioni amministrative prevista dalla legge n. 689 del 1981

 

In terzo luogo, si avvia un procedimento che può portare all’esercizio di poteri sostitutivi da parte del Presidente del Consiglio o del Ministro della transizione digitale nei confronti della PA inadempiente nei casi previsti per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui sopra e di violazione degli obblighi relativi al codice di condotta tecnologica, di cui al citato art. 13-bis del CAD (comma 6 del nuovo art. 18-bis).

Il procedimento prevede quanto segue:

§  l’AgID segnala la presunta violazione alla struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale;

§  ricevuta la segnalazione la struttura diffida ulteriormente il trasgressore a conformarsi, entro un congruo termine, agli obblighi dalla disciplina vigente, avvisando che, in caso di inottemperanza, potranno essere esercitati i poteri sostitutivi del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato;

§  decorso inutilmente il termine e valutata la gravità della violazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, può nominare un commissario ad acta incaricato di provvedere in sostituzione (al commissario non spettano compensi, indennità o rimborsi);

§  se l’inerzia o il ritardo riguardano le amministrazioni locali, si procede all’esercizio del potere sostitutivo di cui agli articoli 117, comma 5, e 120, comma 2, della Costituzione, ai sensi all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

 

Il secondo comma dell’art. 120 Cost., come sostituito dall’art. 6 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del Titolo V della Costituzione, disciplina l’esercizio da parte dello Stato di poteri sostitutivi rispetto agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni.

Tali poteri sono attivabili quando si riscontri che tali enti non abbiano adempiuto a norme e trattati internazionali o alla normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza e l’incolumità pubblica, ovvero lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

La disposizione costituzionale demanda ad una successiva legge statale di attuazione il compito di disciplinare l’esercizio dei poteri sostituitivi nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.

L’articolo 8 della L. 131/2003, nel dettare le norme attuative dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione, ha in primo luogo delineato (comma 1) un meccanismo che ruota attorno alla fissazione di un congruo termine per l’adozione da parte dell’ente degli “atti dovuti o necessari”.

La fissazione del termine e la previsione, dopo il suo inutile decorso, dell’intervento sostitutivo del Governo viene a configurare un’ipotesi di inadempienza avente ad oggetto atti che, in quanto “dovuti” dovrebbero trovare un proprio fondamento in una disposizione di legge o comunque normativa.

È prevista una procedura che può essere qualificata come “generale” (comma 1), sulla quale si innestano, poi, le procedure “settoriali” previste dai successivi commi per le specifiche ipotesi ivi indicate. Alla fissazione del “congruo termine” per l’adozione degli atti “dovuti o necessari” provvede il Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio, esercita il potere sostitutivo, che può esprimersi adottando direttamente i “provvedimenti necessari, anche normativi”, ovvero nominando un apposito Commissario. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

Il successivo articolo 10 della L. 131/2003 affida l’esecuzione di provvedimenti costituenti esercizio del potere sostitutivo direttamente adottati dal Consiglio dei ministri al Rappresentante dello Stato, ossia al prefetto titolare dell’Ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione, cui sono trasferite le funzioni del Commissario del Governo compatibili con la riforma costituzionale del 2001.

Il comma 1 dell’articolo 8, facendo espresso riferimento a provvedimenti “anche normativi”, prefigura la possibile adozione, da parte del Governo, di atti di natura regolamentare, nonché di natura legislativa. L’articolo 8 (comma 2) individua la prima “disciplina settoriale” che si innesta sul tronco della procedura generale di cui al comma 1, ed ha ad oggetto le ipotesi di violazione della normativa comunitaria.

La L. 131/2003 prevede una seconda “procedura settoriale” (art. 8, comma 3) per i casi in cui l’esercizio del potere sostitutivo riguardi gli enti locali (Comuni, province o Città metropolitane).

In questi casi si prevede che la nomina del Commissario debba tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione e si richiede, per l’adozione dei provvedimenti sostitutivi da parte del Commissario stesso, che sia sentito il Consiglio delle autonomie locali (qualora tale organo sia stato istituito).

Poiché anche tale disposizione pare innestarsi come specificazione di una particolare fase procedurale, nell’ambito della disciplina generale delineata dal comma 1, essa non comporta l’esclusione dell’esercizio dei poteri sostitutivi nei riguardi degli enti locali secondo l’altra opzione indicata dal comma 1, ossia attraverso l’adozione, direttamente da parte del Consiglio dei ministri, dei provvedimenti necessari, anche normativi.

L’articolo 8 prevede poi una “procedura d’urgenza” (comma 4), ricalcando almeno in parte quanto disposto dall’articolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 112 del 1998: si tratta di una procedura speciale, cui il Governo può fare ricorso nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione: in questi casi, i provvedimenti necessari sono adottati dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali. I provvedimenti in questione sono poi immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che possono chiederne il riesame.

Il comma 5 dell’articolo 8 evidenzia infine che i provvedimenti sostitutivi “devono essere proporzionati alle finalità perseguite”; in base al comma 6, il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

Sull’esercizio del potere sostitutivo si veda anche (supra) l’art. 12 del decreto-legge in esame.

Le procedure di contestazione, accertamento, segnalazione e irrogazione delle sanzioni sono disciplinate dall’AgID con proprio regolamento (comma 7 del nuovo art. 18-bis CAD).

 

Il comma 2, lettera a), attribuisce al regolamento AgID previsto dal comma 4 dell’articolo 33-septies del decreto-legge 18 ottobre 2021, n. 179 il compito di individuare i termini e le modalità con cui le amministrazioni centrali e locali devono effettuare le migrazioni dei Centri per l'elaborazione delle informazioni (CED) e i relativi sistemi informatici verso le strutture previste che garantiscono i necessari requisiti di sicurezza e affidabilità.

 

La lettera b) del comma 2, reca una disposizione di coordinamento introducendo, nello stesso articolo 33-septies, il comma 4-quinquies che disciplina il trattamento sanzionatorio in caso di violazione degli obblighi previsti dallo stesso articolo 33-septies facendo rinvio al nuovo art. 18-bis del CAD di cui sopra.

 

Il comma 3, infine, introduce una modifica ai poteri del difensore civico digitale per coordinare il suo operato con il nuovo procedimento sanzionatorio delineato dall’art. 18-bis del CAD di cui sopra.

 

Il CAD (art. 17, comma 1-quater) prevede la figura del difensore civico digitale istituito presso l’AgID con compiti di controllo e segnalazione delle violazioni delle norme del CAD. Chiunque può presentare al difensore civico per il digitale, attraverso apposita area presente sul sito istituzionale dell'AgID, segnalazioni relative a presunte violazioni del presente Codice e di ogni altra norma in materia di digitalizzazione da parte delle PA.

Secondo la disciplina previgente, ricevuta la segnalazione, il difensore civico, se la ritiene fondata, invita il soggetto responsabile della violazione a porvi rimedio tempestivamente e comunque non oltre 30 giorni. Il difensore segnala le inadempienze all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari di ciascuna amministrazione. Il mancato avvio delle attività necessarie a porre rimedio e il mancato rispetto del termine perentorio per la loro conclusione rileva ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

 

Con la modifica apportata dal comma in esame, al difensore civico spetta esclusivamente il potere di raccogliere le segnalazioni e di procedere al loro esame preliminare: accertata la non manifesta infondatezza della segnalazione, il difensore la trasmette all’AgID e il procedimento confluisce in quello introdotto dal nuovo art. 18-bis del CAD

.

Come esplicitato nella relazione illustrativa le disposizioni dell’articolo in esame sono volte a contribuire alla realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di cui al Regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e al Regolamento  (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 - piano che, con riguardo ad uno dei pilastri dedicato alla transizione digitale, pone l’interoperabilità, il cloud first, l’erogazione di servizi in rete e la transizione digitale della pubblica amministrazione - tra i progetti più importanti.

 

PNRR

La Digitalizzazione della pubblica amministrazione costituisce il primo asse della componente 1 “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA” compresa nella Missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” del PNRR e rappresenta, al contempo, uno dei temi trasversali del Piano.

Per la digitalizzazione della PA si prevedono sette interventi e tre riforme recanti risorse pari complessivamente a 6,146 miliardi di euro.

Ulteriori risorse, pari a 1,4 miliardi di euro, sono rese disponibili dalla programmazione nazionale aggiuntiva ad opera del decreto-legge 59/2021 riguardante il Fondo complementare al PNRR (art, 1, comma 2, lett. a), nn. 1 e 2 e lett. f), n. 1). Si tratta di risorse che si aggiungono prevalentemente a quelle previste sull’investimento 1.4 “Servizi digitali e esperienza dei cittadini”.

 

Degli interventi previsti in questa sede rilevano principalmente i seguenti.

Dati ed interoperabilità (M1C1 I 1.3) 646 milioni

L’investimento ha l’obiettivo di garantire l'interoperabilità e la condivisione di informazione tra le PA secondo il principio dell’once only (“una volta per tutte”), evitando al cittadino di dover fornire più volte la stessa informazione a diverse amministrazioni.

Un primo progetto consiste nello sviluppo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) (istituita dall’art. 50-ter del CAD) che consentirà alle amministrazioni di rendere disponibili le proprie informazioni attraverso interfacce digitali API Application Programming Interface.

Un secondo progetto riguarda lo Sportello digitale unico (previsto dal regolamento (UE) 2018/1724) che consentirà l’armonizzazione tra gli Stati Membri e la digitalizzazione di procedure e servizi.

 

Servizi digitali e esperienza dei cittadini (M1C1 I 1.4) 2.013 milioni

L'investimento ha l'obiettivo di sviluppare un'offerta integrata e armonizzata di servizi digitali all'avanguardia orientati ai cittadini, garantirne la diffusione generalizzata nell'amministrazione centrale come locale e migliorare l'esperienza degli utilizzatori.

 

Delle tre riforme previste qui rileva la terza: Introduzione linee guida “cloud first” e interoperabilità (M1C1 R 1.3).

La riforma ha l’obiettivo di semplificare e innovare il contesto normativo per facilitare gli interventi di digitalizzazione.

Si prevedono in particolare le seguenti misure:

- introduzione di disincentivi per le amministrazioni che non avranno effettuato la migrazione al cloud entro un termine predefinito, in considerazione che la migrazione ridurrà i costi ICT delle amministrazioni;

- revisione delle regole di contabilità che disincentivano la migrazione (al momento, infatti, la migrazione al cloud comporta di “tradurre” capex in opex).

- semplificazione delle procedure per lo scambio di dati tra le amministrazioni, che attualmente richiedono documenti/autorizzazioni dedicati, per favorire una piena interoperabilità tra le PA.

Inoltre, saranno adottati provvedimenti di attuazione, in particolare il regolamento AGID relativo al Polo strategico nazionale (ex art. 33-septies DL 179/2012) e le linee guida AGID sull’interoperabilità (ex artt. 50 e 50-ter CAD).

 


 

Articolo 42
(Disposizioni attuative in materia di
certificazioni verdi COVID-19)

 

L'articolo 42 reca alcune disposizioni attuative in materia di certificazioni verdi COVID-19, con riferimento alla Piattaforma nazionale-DGC (digital green certificate) - relativa all'emissione e alla validazione delle medesime certificazioni - e all'accesso da parte dell'interessato alla certificazione.

 

Si ricorda che le certificazioni in oggetto sono disciplinate, in via principale, dall'articolo 9 del D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 giugno 2021, n. 87; esse attestano la vaccinazione contro il COVID-19 o la guarigione dalla medesima malattia o l'effettuazione di un test molecolare o di un test antigenico rapido, con risultato negativo (con riferimento al virus SARS-CoV-2) e rilevano esclusivamente per specifici fini, stabiliti dal legislatore. La disciplina sulle certificazioni è stata posta, in parte, in via transitoria, in attesa dell'entrata in vigore di norme europee in materia, relative alle medesime fattispecie summenzionate. Le norme europee poi adottate[7] sono intese in via principale a garantire l'interoperabilità tra gli Stati membri delle certificazioni, fermo restando che queste ultime rilevano solo ai fini posti dal legislatore interno. Le disposizioni di cui al presente articolo 42 costituiscono misure di attuazione valide anche per la fase attuale, in cui trova applicazione il quadro normativo europeo.

In particolare, il comma 1 dell'articolo 42 in esame specifica che la Piattaforma nazionale-DCG è realizzata, attraverso l'infrastruttura del Sistema Tessera Sanitaria[8], dalla società Sogei S.p.A.[9] ed è gestita dalla stessa società per conto del Ministero della salute, il quale è il titolare del trattamento dei relativi dati. Il disposto del comma 1 è presente anche nel comma 1 del suddetto articolo 9 del D.L. n. 52; potrebbe valutarsi l'opportunità di un coordinamento al fine di evitare duplicazioni normative.

Il comma 2 del presente articolo 42 prevede che le certificazioni in oggetto siano rese disponibili all'interessato, oltreché mediante l'inserimento nel Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e mediante l'accesso (tramite autenticazione) alla suddetta Piattaforma nazionale-DCG, anche tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per i servizi pubblici in rete[10], nonché tramite l'applicazione cosiddetta APP Immuni[11], e demanda al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal comma 10 del suddetto articolo 9 del D.L. n. 52, la definizione delle modalità attuative delle forme di rilascio in oggetto. Si ricorda che, in attuazione delle norme in esame, è stato poi emanato il D.P.C.M. 17 giugno 2021.

Si ricorda che le certificazioni in esame, secondo i commi da 3 a 5 del suddetto articolo 9 del D.L. n. 52, possono essere rilasciate anche in formato cartaceo.

I commi 3 e 4 del presente articolo 42 prevedono che la trasmissione alla summenzionata Piattaforma, da parte delle regioni e delle province autonome, dei dati di contatto relativi ai soggetti a cui siano state somministrate, prima dell'entrata in vigore del suddetto decreto di cui al comma 10 dell'articolo 9 del D.L. n. 52[12], una o più dosi del vaccino contro il COVID-19 sia effettuata mediante il Sistema Tessera Sanitaria e che la medesima trasmissione, con riferimento alle somministrazioni successive, sia operata tramite l'Anagrafe nazionale vaccini[13]; tale trasmissione alla Piattaforma è intesa a consentire la comunicazione all'interessato di un codice univoco, che permetta al medesimo soggetto di acquisire il certificato dai canali di accesso alla Piattaforma.

Ai fini della trasmissione all'interessato - mediante messaggi di telefonia mobile - dei codici suddetti, viene autorizzata una spesa di 3.318.400 euro per il 2021; una modifica operata dalla Camera dei deputati specifica che tale stanziamento è gestito nell'ambito della vigente convenzione tra il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e la Sogei S.p.A. relativa all'implementazione del Sistema Tessera Sanitaria e che le risorse in oggetto sono iscritte nell'apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, costituendo un incremento del limite di spesa annuo concernente la medesima convenzione.

Per la copertura finanziaria del suddetto stanziamento si riduce, in misura corrispondente, la dotazione, relativa al 2021, del fondo di parte corrente, istituito[14] nello stato di previsione del Ministero della salute per il 2021, concernente la reiscrizione in bilancio di risorse dello stato di previsione già soppresse in quanto oggetto di residui passivi perenti[15].

 

 

 


 

Articolo 42-bis, comma 1
(Disposizioni in materia di spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti)

 

Il comma 1 dell'articolo 42-bis - articolo inserito dalla Camera dei deputati - opera due novelle alla disciplina in materia di spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti, di cui all'articolo 1, commi da 574 a 584, della L. 30 dicembre 2018, n. 145. La novella di cui alla lettera a) modifica il termine annuo entro cui l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) deve rilevare, con riferimento all'anno precedente, il fatturato di ciascuna azienda titolare di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), relativamente agli acquisti diretti ospedalieri dei farmaci di classe A ed H[16], e la conseguente spesa pubblica complessiva (inerente a tali acquisti); il termine finora vigente del 30 aprile viene sostituito con il termine del 31 luglio[17]. La novella di cui alla lettera b) differisce dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2024 il termine finale di applicazione del metodo di rilevazione, da parte dell'AIFA, dei suddetti fatturati - anziché in base ai dati presenti nelle fatture elettroniche - in base ai dati del Nuovo sistema informativo sanitario, riscontrati mensilmente e validati per via telematica dalle aziende farmaceutiche titolari di AIC.

 

Si ricorda che i limiti di spesa per gli acquisti diretti in esame sono pari, in percentuale del livello del finanziamento (cui concorre lo Stato) del fabbisogno sanitario nazionale standard, a 0,2 punti per i gas medicinali ed a 6,69 punti per gli altri medicinali. Il 50 per cento dell'eventuale superamento dei medesimi limiti di spesa è a carico delle aziende farmaceutiche in proporzione al suddetto fatturato (calcolato distintamente per i gas medicinali), mentre il restante 50 per cento è a carico delle regioni e delle province autonome in proporzione ai rispettivi disavanzi (inerenti ai suddetti acquisti).

 


 

Articolo 42-bis, commi 2 e 4
(Modifica alla disciplina in materia di Commissari straordinari degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria
)

 

I commi 2 e 4 dell’articolo 42-bis, inserito dalla Camera dei deputati, sono volti, rispettivamente, a modificare la disciplina prevista dal DL. 150/2020 a sostegno del sistema sanitario della Regione Calabria per la definizione dei compiti dei Commissari straordinari degli enti sanitari di tale sistema, (con l’effetto di estendere i termini previsti per l’adozione di specifici atti delle aziende sanitarie, di ridimensionare il potere di surroga del Commissario ad acta e di eliminare i casi di decadenza automatica dall’incarico dei medesimi Commissari) e ad abrogare la norma recentemente prevista dal decreto-legge 52/2021 (cd. Riaperture Covid) che ha prorogato al 31 ottobre 2021 il termine assegnato al Ministero della salute per l’approvazione in ultima istanza dei bilanci delle aziende sanitarie calabresi.

 

Il comma 2 dell’articolo 42-bis, inserito durante l’esame presso la Camera dei deputati, modifica in più punti l’articolo 2 del DL. 150/2020 (L. n. 181/2020)[18] a sostegno del sistema sanitario della Regione Calabria per la definizione dei compiti dei Commissari straordinari degli enti sanitari di tale sistema, come segue:

-        al comma 4, estende da 90 giorni a 12 mesi, i termini previsti per l’adozione, da parte dei commissari straordinari, degli atti aziendali di cui all'articolo 3, comma 1-bis del D.Lgs. n. 502 del 1992, approvati dal Commissario ad acta al fine di garantire il raggiungimento dei LEA.

 

La disciplina cui fa riferimento il citato comma 1-bis è relativa all’organizzazione delle unità sanitarie locali e rimanda alla forma giuridica delle stesse. Le unità sanitarie locali infatti, in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, devono costituirsi in aziende con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale. La loro organizzazione ed il funzionamento sono quindi disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti dalle disposizioni regionali. L'atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica. Questi stessi atti aziendali devono, peraltro, assicurare la coerenza con il piano di rientro dei disavanzi nel settore sanitario e con i relativi programmi operativi di prosecuzione, oltre che per definire le procedure di controllo interno (lett. a).

 

-        al comma 5, viene eliminato il riferimento alla mancata approvazione dei bilanci relativi agli esercizi già conclusi, ai fini dell’attivazione del potere di surroga da parte del Commissario ad acta  (lett. b) e c))

 

Permane quindi il potere di surroga del Commissario ad acta nel caso di mancata adozione dei soli atti aziendali - sopra richiamati - da parte dei Commissari straordinari, nel termine, come sopra esteso a 12 mesi (e quindi non più 90 giorni) dalla nomina dei medesimi Commissari straordinari.

Il potere di surroga del Commissario ad acta consente allo stesso di adottare tali atti nei successivi 30 giorni. Se gli stessi atti non vengono adottati da parte del Commissario ad acta nell’ulteriore termine previsto, è prevista la loro adozione da parte del Ministro della salute nel successivo termine di 30 giorni.

Per i soli bilanci relativi agli esercizi già conclusi, questo termine è stato esteso al 31 ottobre 2021 dall’articolo 11-duodevicies del D. L. 22 aprile 2021, n. 52 (L. n. 87/2021)[19], norma di cui è stata approvata dalla Camera dei deputati l’abrogazione (v. anche infra comma 4).

 

-        al comma 6, viene soppresso il terzo periodo che disponeva l’automatica decadenza dei Commissari straordinari dal loro incarico in caso di mancata adozione dei sopra citati atti aziendali di cui al comma 4 ovvero di mancata approvazione dei bilanci relativi agli esercizi già conclusi nei termini ivi previsti. Viene conseguentemente eliminato, al quarto periodo del medesimo comma, il riferimento alla causa di decadenza - permanendo la sola causa di revoca del Commissario straordinario - come causa che determina la mancata corresponsione del compenso aggiuntivo previsto al comma 3 nel limite di 50.000 euro, al lordo degli oneri riflessi a carico del bilancio del Ministero della salute (lett. d)).

Pertanto, non si determina più decadenza automatica dall’incarico di Commissario straordinario nel caso si verifichi la mancata adozione degli atti aziendali ovvero la mancata approvazione dei bilanci relativi agli esercizi già conclusi.

 

 

Il comma 4 del medesimo articolo 42-bis, inserito durante l’esame presso la Camera dei deputati, dispone inoltre l’abrogazione dell’articolo 11-duodevicies del citato D.L. n. 52/2020[20], che ha previsto la proroga al 31 ottobre 2021 dei termini per l’approvazione in ultima istanza da parte del Ministero della salute dei bilanci delle aziende ed enti del sistema sanitario della Regione Calabria relativi agli esercizi già conclusi.

 


 

Articolo 42-bis, comma 3
(Mobilità sanitaria interregionale)

 

Il comma 3 dell'articolo 42-bis - articolo inserito dalla Camera dei deputati - modifica le norme in materia di mobilità sanitaria interregionale - relative in particolare ai criteri temporali per la regolazione dei flussi finanziari e all'obbligo di stipulazione di accordi bilaterali - poste dall'articolo 1, commi 491 e 492, della L. 30 dicembre 2020, n. 178. La novella inserisce un nuovo comma 491-bis. Esso prevede che, negli anni 2021 e 2022, qualora, ai fini dell'attuazione delle norme in esame, non siano disponibili i dati di produzione riferiti all'anno precedente a quello oggetto di riparto, si proceda sulla base dei valori e delle evidenze ultime disponibili.

Si ricorda che, in base al suddetto comma 491, dall'anno 2021, la regolazione dei flussi finanziari tra le singole regioni e province autonome, derivanti dalle prestazioni sanitarie rese a carico del Servizio sanitario regionale in favore di cittadini residenti in un'altra regione, è operata sulla base dei dati relativi all'erogazione delle prestazioni nell'anno precedente rispetto a quello oggetto di riparto delle risorse del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Tale regolazione avviene su proposta del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni e le province autonome, in sede di riparto delle suddette risorse relative al fabbisogno sanitario nazionale standard[21].

Il comma 491 specifica altresì che la regolazione in esame deve essere operata anche tenendo conto dei controlli in materia di appropriatezza del ricorso alla mobilità, comunicati dalle singole regioni e province autonome. Il comma opera anche un richiamo alle schede 4 e 11 allegate all’intesa relativa al patto per la salute per gli anni 2019-2021[22], schede concernenti, rispettivamente, la mobilità in oggetto e la ricerca sanitaria.

Il successivo comma 492 dispone che la stipulazione degli accordi bilaterali per il governo della mobilità sanitaria interregionale - previsti in via obbligatoria dall'articolo 1, comma 576, della L. 28 dicembre 2015, n. 208[23] - costituisca uno degli adempimenti ai quali la normativa vigente subordina il riconoscimento di una quota del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard[24]. Si demanda la verifica dell'adempimento in oggetto al Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza[25].

 


 

Articolo 43, commi 1 e 2
(Disposizioni urgenti in materia di digitalizzazione e servizi informatici del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili)

 

L’articolo 43, commi 1 e 2, consente al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di avvalersi della Sogei S.p.A., tramite apposite convenzioni, per servizi informatici e per la realizzazione di progetti mediante piattaforme informatiche.

 

In dettaglio, il comma 1 consente al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di avvalersi della Sogei S.p.A., per servizi informatici strumentali al raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali e funzionali, nonché per la realizzazione di programmi e progetti da realizzare mediante piattaforme informatiche rivolte ai destinatari degli interventi.

Si prevede che l'oggetto e le condizioni di tali servizi siano definiti mediante apposite convenzioni.

 

Si ricorda che la SOGEI- Società Generale d’informatica - è una società per azioni, costituita nel 1976 e posseduta al 100% del MEF, che ha per oggetto sociale prevalente la prestazione di sevizi strumentali all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite al Ministero dell’Economia e finanze ed alle Agenzie fiscali, in particolare relative alla conduzione del sistema informativo della fiscalità per l’amministrazione fiscale e le attività connesse, le attività informatiche riservate allo Stato e quelle di sviluppo dei sistemi informatici, nonché le altre attività informatiche di competenza del MEF. La SOGEI può svolgere inoltre altre attività in base a disposizioni legislative e regolamentari, nonché in base all’art. 51 del DL n. 124/2019, offre servizi informatici, tramite convenzioni, alla Presidenza del Consiglio, all’Avvocatura dello stato, alle Capitanerie di porto ed alla società di gestione della piattaforma pagoPA.

 

Scopo dichiarato del comma 1 è di migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa e di favorire la sinergia tra processi istituzionali afferenti ambiti affini, favorendo la digitalizzazione dei servizi e dei processi, attraverso interventi di consolidamento delle infrastrutture, razionalizzazione dei sistemi informativi e interoperabilità tra le banche dati, anche al fine di conseguire gli obiettivi di cui al Regolamento (UE) 2021/240 e al Regolamento (UE) 2021/241 nonché quelli previsti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legge 6 maggio 2021, n. 59.

 

Il richiamato regolamento UE n. 2021/240 ha istituito uno strumento di sostegno tecnico e stabilisce l'obiettivo generale e gli obiettivi specifici dello strumento, il suo bilancio per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2027, le forme di finanziamento dell'Unione e le regole di erogazione dei finanziamenti. Il regolamento UE n. 2021/241 ha istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) il suo finanziamento, le forme di finanziamento dell'Unione erogabili nel suo ambito e le regole di erogazione di tale finanziamento, che avviene tramite il programma Next Generation EU.

Con l’art. 1 del decreto legge 6 maggio 2021, n. 59 è stato approvato il Piano nazionale per gli investimenti complementari finalizzato ad integrare con risorse nazionali gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per complessivi 30.622,46 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026. Il richiamato comma 7 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ai fini del monitoraggio degli interventi.

 

Il comma 1 dispone inoltre che resti fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 1043, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 e dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229 relativamente al monitoraggio dello stato di attuazione delle opere pubbliche.

Il richiamato comma 1043 della legge di bilancio 2021 prevede che le amministrazioni e gli organismi titolari dei progetti finanziati per l'attuazione del programma Next Generation EU siano responsabili della relativa attuazione conformemente al principio della sana gestione finanziaria e alla normativa nazionale ed europea, in particolare per quanto riguarda la prevenzione, l'individuazione e la correzione delle frodi, la corruzione e i conflitti di interessi, e realizzano i progetti nel rispetto dei cronoprogrammi per il conseguimento dei relativi target intermedi e finali. Al fine di supportare le attività di gestione, di monitoraggio, di rendicontazione e di controllo delle componenti del Next Generation EU, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato sviluppa e rende disponibile un apposito sistema informatico.

 

Il comma 2 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1 pari a 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2021, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021 - 2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali», della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

 

Articolo 43 co. 2-bis e 2-ter
(Trasformazione digitale della rete stradale nazionale)

 

L’articolo 43, ai commi 2-bis e 2-ter, introdotti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, contiene disposizioni per favorire la trasformazione digitale della rete stradale nazionale, le sperimentazioni su strada pubblica di sistemi di guida automatica e connessa e per l’istituzione di un Osservatorio tecnico di supporto per le Smart Road e per i veicoli e i mezzi innovativi di trasporto su strada a guida connessa e automatica.

 

In dettaglio, il comma 2-bis dispone che si provveda all’aggiornamento delle modalità attuative e degli strumenti operativi per la trasformazione digitale della rete stradale nazionale (Smart Road) fissando i requisiti funzionali minimi a cui devono attenersi gli operatori di settore e i concessionari di reti stradali e autostradali, all'adeguamento della disciplina delle sperimentazioni su strada pubblica di sistemi di guida automatica e connessa nonché alla disciplina delle sperimentazioni di mezzi innovativi di trasporto su strada pubblica a guida autonoma e connessa, non omologati o non omologabili secondo l'attuale normativa di settore.

 

L’ articolo 1, comma 72, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 aveva autorizzato la sperimentazione su strada delle soluzioni di Smart Road e di guida connessa e automatica, prevedendo un con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'interno, per la definizione delle modalità attuative e degli strumenti operativi della sperimentazione. Il decreto ministeriale è stato emanato il 28 febbraio 2018.

Secondo la definizione contenuta all’articolo 2, comma 1, del citato decreto ministeriale “Si definiscono Smart Road le infrastrutture stradali per le quali è compiuto, secondo le specifiche funzionali di cui all'art. 6, comma 1, un processo di trasformazione digitale orientato a introdurre piattaforme di osservazione e monitoraggio del traffico, modelli di elaborazione dei dati e delle informazioni, servizi avanzati ai gestori delle infrastrutture, alla pubblica amministrazione e agli utenti della strada, nel quadro della creazione di un ecosistema tecnologico favorevole all'interoperabilità tra infrastrutture e veicoli di nuova generazione”. Le Smart Road sono classificate secondo le tipologie identificate come «I» e «II»: rientrano nella tipologia I le infrastrutture appartenenti alla rete TEN-T, core e comprehensive, e, comunque, tutta la rete autostradale. Rientrano nella tipologia II le infrastrutture appartenenti al livello 1 del Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti (SNIT) e non già classificate come Smart Road di tipo I.

 

Si prevede poi l’istituzione di un Osservatorio tecnico di supporto per le Smart Road e per i veicoli e mezzi innovativi di trasporto su strada a guida connessa e automatica.

Le funzioni dell’Osservatorio consistono:

·       nell’analizzare e promuovere l'adozione di strumenti metodologici ed operativi per monitorare, con idonee analisi preventive e successive, gli impatti del processo di digitalizzazione delle infrastrutture viarie e della sperimentazione su strada di veicoli a guida autonoma;

·       nell’esprimere pareri in merito alle richieste di autorizzazione per la sperimentazione di veicoli a guida autonoma,

·       nel compito di verificare l'avanzamento del processo di trasformazione digitale verso le Smart Road,

·       nell’effettuare studi e formulare proposte per l'aggiornamento della disciplina tecnica in materia di veicoli a guida autonoma.

 

Lo strumento attraverso il quale procedere sia all’aggiornamento delle disposizioni in tema di smart road sia all’adeguamento della disciplina relativa alle sperimentazioni di guida autonoma e automatica è quello di un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentiti il Ministro dell'interno e il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale.

L’istituzione dell’Osservatorio avviene senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 2-ter prevede poi che la composizione e il funzionamento dell'Osservatorio siano disciplinati con un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, adottato di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale,

Si dispone infine che per la partecipazione alle attività dell'Osservatorio non siano riconosciuti compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese comunque denominati.



 

Articolo 43 co. 2-quater e 2-quinquies
(Disposizioni in materia di patenti nautiche)

 

L’articolo 43, ai commi 2-quater e 2-quinquies, introdotti dalla Camera dei deputati, prevede alcune modifiche volte a semplificare il conseguimento delle patenti nautiche con particolare riferimento allo svolgimento delle visite mediche per l'accertamento dei requisiti di idoneità fisica e psichica.

 

In particolare si prevede che le suddette visite mediche possano essere svolte:

???a) presso le strutture pubbliche di cui all'articolo 36, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 luglio 2008, n. 146;

 

l’articolo 36, comma 3, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 146 del 2008 prevede che il giudizio di idoneità psichica e fisica è espresso dall'ufficio dell'azienda sanitaria locale territorialmente competente, cui sono attribuite funzioni in materia medico-legale. Il giudizio può essere espresso, altresì, da un medico responsabile dei servizi di base del distretto sanitario ovvero da un medico appartenente al ruolo dei medici del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali o da un ispettore medico delle Ferrovie dello Stato o da un medico militare in servizio permanente effettivo o da un medico del ruolo dei sanitari della Polizia di Stato o da un medico del ruolo sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o, per i cittadini italiani residenti all'estero, da un medico riconosciuto idoneo dal consolato italiano del Paese di residenza. In ogni caso gli accertamenti sono effettuati presso la struttura pubblica di appartenenza.

 

???b) presso i gabinetti medici dove si accertano i requisiti di idoneità per le patenti di guida, nonché presso le scuole guida, le scuole nautiche, i consorzi per l'attività di scuola nautica e le sedi dei soggetti di cui alla legge 8 agosto 1991, n. 264 (ossia le società autorizzate allo svolgimento dell’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto), che rispettino idonei requisiti igienico sanitari e siano accessibili e fruibili dalle persone con disabilità, a condizione che le visite siano svolte da medici in possesso del codice identificativo per il rilascio delle patenti di guida ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 31 gennaio 2011 (comma 2-quater).

 

Il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 31 gennaio 2011, che disciplina le modalità di trasmissione della certificazione medica per il conseguimento e il rinnovo della patente di guida prevede che ai fini del rilascio del certificato di idoneità fisica e psichica necessario per il conseguimento dei titoli abilitativi alla guida, nonché di quello necessario al rinnovo di validità degli stessi, i medici di cui all'art. 1, comma 1, del decreto ministeriale (ossia i medici facenti capo ad uffici con funzioni di medicina-legale appartenenti alle unità sanitarie locali, i medici responsabili dei servizi di base dei distretti sanitari, i medici appartenenti al ruolo dei medici del Ministero della salute, i medici del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato, i medici militari in servizio permanente effettivo, i medici del ruolo sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, gli ispettori medici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e quelli delle Ferrovie dello Stato), richiedono, per il tramite degli uffici di appartenenza, un codice di identificazione all'ufficio della motorizzazione competente per territorio in ragione del luogo ove ha sede l'ufficio al quale appartengono.  I medici che hanno cessato di appartenere alle amministrazioni ed ai corpi ivi previsti anche per motivi diversi dallo stato di quiescenza, richiedono un codice di identificazione all'ufficio della motorizzazione competente per territorio in ragione del luogo ove hanno la residenza anagrafica.

 

 

Il comma 2-quinquies novella la lettera i), del comma 1, dell'articolo 59 del decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229, che disciplina i principi secondo i quali dovranno essere apportate le modifiche al nuovo regolamento di attuazione del Codice della nautica da diporto.

La lettera i) in particolare rimette al regolamento la definizione dei requisiti soggettivi, fisici, psichici e morali per il conseguimento, la convalida e la revisione delle patenti nautiche, anche a favore di persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale, ovvero con disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) nonché delle modalità di accertamento e di certificazione dei predetti requisiti.

Sono quindi soppresse le ulteriori precisazioni presenti nel testo attualmente vigente.

 

Tali ulteriori disposizioni rimettono al regolamento il compito di prevedere misure di semplificazione finalizzate a svolgere le visite mediche, oltre che presso strutture pubbliche, presso gabinetti medici, anche allestiti nelle sedi delle scuole nautiche e dei consorzi per l'attività di scuola nautica, che rispettino idonei requisiti igienico sanitari e siano accessibili e fruibili dalle persone con disabilità, a condizione che le visite siano svolte da medici in possesso del codice identificativo per il rilascio delle patenti guida, ai sensi del decreto ministeriale 31 gennaio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 38 del 16 febbraio 2011.

Tali ultime disposizioni sono, a seguito della previsione di cui al comma 2-quater, previste, insieme ad altre, nella normativa primaria senza quindi più necessità che siano introdotte nelle disposizioni regolamentari.

 


 

Articolo 44
(
Semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto)

 

L'articolo 44, nel testo così come modificato dalla Camera dei deputati, interviene con una serie di semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche la cui realizzazione dovrà rispettare una tempistica particolarmente stringente anche in considerazione del fatto che le opere stesse sono state indicate nel PNRR o sono state incluse nel cosiddetto Fondo complementare.

L'articolo in questione individua una procedura speciale all'interno della quale il Consiglio superiore dei lavori pubblici assume un ruolo di particolare centralità.

Vengono inoltre assicurati, al fine di garantire tempi certi di conclusione dei relativi procedimenti autorizzativi, una sensibile riduzione dei tempi per l'espressione, da parte dei diversi soggetti coinvolti, dei diversi pareri previsti.

 

In particolare, nell’ottica di conseguire gli obiettivi di cui al PNRR, l'articolo in questione interviene sul Consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, quale organo individuato ad esprimere le valutazioni di natura tecnica sui progetti inerenti la realizzazione di opere pubbliche, nonché sulla fase autorizzatoria, creando un procedimento ad hoc per una serie di opere.

 

Il comma 1, stabilisce che la procedura speciale, qui delineata, si applichi esclusivamente alle opere contenute nell’elenco riportato in allegato al presente decreto che, per comodità si riportano di seguito:

 

1)  Realizzazione asse ferroviario Palermo-Catania-Messina;

2) Potenziamento linea ferroviaria Verona–Brennero;

3)  Realizzazione della linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria;

4)  Realizzazione della linea ferroviaria Battipaglia-Potenza-Taranto;

5)  Realizzazione della linea ferroviaria Roma-Pescara;

6)  Potenziamento della linea ferroviaria Orte-Falconara;

7)  Realizzazione delle opere di derivazione della Diga di Campolattaro (Campania);

8)  Messa in sicurezza e ammodernamento del sistema idrico del Peschiera (Lazio);

9)  Interventi di potenziamento delle infrastrutture del Porto di Trieste (progetto Adriagateway);

10)  Realizzazione della Diga foranea di Genova.

 

In particolare, lo stesso comma 1 prevede che la stazione appaltante trasmetta il progetto di fattibilità tecnica ed economica al Consiglio superiore dei lavori pubblici per l’espressione del parere.

 Una volta ricevuto il progetto e al fine di consentire nell’immediato una prima valutazione sotto il profilo dell’idoneità tecnica, il Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici di cui all’articolo 47 del provvedimento in questione, verifica, entro quindici giorni, l’esistenza di evidenti errori o incompletezze sostanziali, anche avuto riguardo agli aspetti ambientali, paesaggistici e culturali.

In caso di errori o incompletezze tali da non consentire l’espressione del parere, il progetto è restituito alla stazione appaltante con l’indicazione degli errori riscontrati e delle eventuali modifiche necessarie ai fini dell’espressione del parere in senso favorevole.

La stazione appaltante procede alle modifiche ed alle integrazioni richieste dal Comitato speciale entro il termine perentorio di quindici giorni dalla data di restituzione del progetto. Il termine per l’espressione del parere è fissato in trenta giorni dalla ricezione del progetto di fattibilità tecnica ed economica ovvero, in caso di richiesta di modifiche, in venti dalla ricezione del progetto modificato secondo le indicazioni fornite dal Comitato. Decorsi tali termini, il parere si intende reso in senso favorevole.

 

Durante l’esame presso la Camera dei deputati è stato inserito il comma 1-bis rispetto al quale, per quanto concerne gli interventi previsti dal comma 1 dell’articolo in questione, per i quali alla data di entrata in vigore del provvedimento d’urgenza in esame è stato richiesto o acquisito il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, tale parere tiene luogo di quello previsto dal comma 1 fermo restando quanto previsto dai successivi commi 5 e 6 in caso di approvazione del progetto da parte della Conferenza di servizi sulla base delle posizioni prevalenti o qualora siano stati espressi dei dissensi qualificati.

 

Per quanto concerne, invece, la realizzazione di interventi relativi al sistema di trasporto pubblico locale a impianti fissi e, in particolare, a quelli che risultano finanziati in tutto in parte con le risorse del PNRR, il comma 1-ter prevede che il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici è obbligatorio esclusivamente con riguardo agli interventi il cui valore, relativamente alle componenti delle opere civili sia pari o superiore a 100 milioni di euro.

 

 

I commi 2 e 3 si soffermano sull’iter procedimentale relativo alla verifica preventiva dell’interesse archeologico ed alla VIA, i cui esiti dovranno poi essere acquisiti nel corso della conferenza di servizi.

Nel caso di interesse archeologico, il progetto di fattibilità tecnica ed economica è trasmesso dalla stazione appaltante alla competente soprintendenza decorsi quindici giorni dalla trasmissione al Consiglio superiore dei lavori pubblici del progetto di fattibilità tecnica ed economica ovvero contestualmente alla ritrasmissione al citato Consiglio nei casi in cui si rendessero necessarie modifiche o integrazioni.

Nel caso in cui è richiesta la VIA, invece, il progetto di fattibilità tecnica ed economica è trasmesso dalla stazione appaltante, entro i termini sopra previsti, all’autorità competente unitamente alla documentazione acquisita all’esito dello svolgimento del dibattito pubblico.

 

Il comma 4 assegna un termine di quindici giorni alla stazione appaltante per convocare la conferenza di servizi per l’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica in relazione agli interventi presenti nel richiamato allegato.

La conferenza di servizi è svolta in forma semplificata e nel corso della stessa sono acquisite e valutate le eventuali prescrizioni e direttive adottate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nonché gli esiti del dibattito pubblico e le eventuali preliminari osservazioni concernenti la verifica preventiva dell’interesse archeologico e la valutazione di impatto ambientale. La determinazione conclusiva della conferenza tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell’opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative.

La determinazione conclusiva della conferenza perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l’intesa tra Stato e regione in ordine alla localizzazione dell’opera, ed ha altresì effetto di variante con conseguente obbligo per gli enti locali di provvedere alla messa in atto delle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto ed impossibilità di autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell’opera. La variante urbanistica, peraltro, determina l’assoggettamento dell’area a vincolo preordinato all’esproprio.

La determinazione conclusiva comprende, altresì, il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita.

 

Il comma 5 prevede che, nell’ottica acceleratoria, in caso di approvazione non unanime ma sulla base delle posizioni prevalenti ovvero nel caso in cui siano stati espressi dissensi qualificati, la questione è posta all’esame del Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici per la relativa definizione conclusiva.

 

 Il comma 6 prevede che entro cinque giorni dalla conclusione della conferenza di servizi il progetto sia trasmesso, unitamente alla determinazione conclusiva della conferenza e alla relativa documentazione, al Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici, opportunamente integrato, in caso di determinazione non assunta all’unanimità, con la partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni che hanno espresso il dissenso e di tutte le altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza.

Decorsi quindici giorni, il Comitato speciale adotta una decisione motivata, che deve essere comunicata immediatamente alla stazione appaltante, con la quale individua le eventuali integrazioni e modifiche al progetto di fattibilità tecnico-economica che si rendessero necessarie all’esito delle prescrizioni e dei pareri acquisiti in sede di conferenza di servizi.

In caso di determinazione conclusiva della conferenza non unanime assunta sulla base delle posizioni prevalenti, il medesimo Comitato speciale individua le integrazioni e modifiche occorrenti per pervenire, in attuazione del principio di leale collaborazione, ad una soluzione condivisa e sostituisce la determinazione della conferenza con i medesimi effetti. In relazione alle integrazioni ovvero alle modifiche apportate da parte della Comitato speciale è acquisito, ove necessario, il parere dell’autorità che ha rilasciato il provvedimento di VIA, che si esprime entro venti giorni dalla richiesta e, in tal caso, il Comitato speciale adotta la determinazione motivata entro i successivi dieci. Ove non si pervenga ad una soluzione condivisa ai fini dell’adozione della determinazione motivata ed esclusivamente in presenza di dissensi qualificati, il Comitato speciale, entro tre giorni dalla scadenza del termine dei quindici giorni allo stesso assegnato per l’espressione del parere in tale seconda fase conclusiva, demanda la risoluzione della questione al Consiglio dei ministri.

La deliberazione del Consiglio dei ministri produce gli stessi effetti scaturenti da una decisione assunta dalla conferenza di servizi.

Alle riunioni del Consiglio dei Ministri possono partecipare, senza diritto di voto, i Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate.

 

Il comma 7 prevede che la verifica del progetto definitivo e del progetto esecutivo di cui al codice degli appalti debba estendersi anche all’ottemperanza alle prescrizioni impartite in sede di conferenza di servizi e di VIA, nonché di quelle impartite dal Comitato speciale o dalla Cabina di regia. All’esito della verifica la stazione appaltante procede direttamente all’approvazione del progetto definitivo ovvero del progetto esecutivo.

 

Il comma 8, infine, pone in capo alla stazione appaltante l’obbligo di indire la procedura di aggiudicazione non oltre novanta giorni dalla data della determinazione motivata resa dal Comitato speciale ovvero, in caso di mancato accordo, dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della decisione del Consiglio dei ministri.

 

I commi 8-bis, 8-ter e 8-quater contengono una serie di disposizioni in materia di concessioni autostradali con particolare riguardo alle infrastrutture autostradali presenti nel territorio della Regione Veneto e alla cosiddetta autostrada Tirrenica.

In merito a quest’ultima infrastruttura il comma 8-quater assegna ad ANAS S.p.a, all’esito del procedimento di revisione della relativa concessione, la realizzazione dell’intervento viario Tarquinia - San Pietro in Palazzi, anche attraverso l’adeguamento della strada statale 1 - Aurelia. Al fine di assicurare una velocizzazione dell’iter di completamento dei lavori, il comma stesso prevede che l’amministratore delegato pro tempore della società ANAS venga nominato commissario straordinario per tale infrastruttura.

 

Da ultimo si segnala che il comma 8-quinquies, al fine di consentire il completamento delle procedure espropriative e dei contenziosi tuttora pendenti relativi alle opere realizzate per lo svolgimento dei Giochi Olimpici invernali del 2006, proroga al 31 dicembre 2023 il relativo termine per l’ultimazione delle suddette procedure.

 

 

 

 


 

 

 

Articolo 45
(Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del Consiglio superiore dei lavori pubblici)

 

L'articolo 45 prevede l’istituzione, fino al 31 dicembre 2026, presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, di un Comitato speciale, cui compete l’espressione dei pareri in relazione agli interventi indicati nell’Allegato IV del decreto in esame e sulle cui procedure si rinvia a quanto illustrato nella scheda di lettura dell'articolo 44.

 

In particolare, in base a quanto previsto dal comma 1, il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici ed è composto da:

 

a)   sette dirigenti di livello generale in servizio presso le amministrazioni dello Stato, designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai rispettivi Ministri, dei quali uno appartenente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, uno appartenente al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, uno appartenente al Ministero della transizione ecologica, uno appartenente al Ministero della cultura, uno appartenente al Ministero dell’interno, uno appartenente al Ministero dell’economia e delle finanze, uno, almeno di livello di direttore generale, appartenente al Ministero della difesa;

 

b)  tre rappresentanti designati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, scelti tra soggetti in possesso di adeguate professionalità;

 

c)   tre rappresentanti designati dagli Ordini professionali, di cui uno designato dall'Ordine professionale degli ingegneri, uno designato dall'Ordine professionale degli architetti ed uno designato dall'Ordine professionale dei geologi;

 

d)  quattordici esperti scelti fra docenti universitari di chiara ed acclarata competenza;

 

e)    un magistrato amministrativo, con qualifica di Consigliere, un consigliere della Corte dei conti e un avvocato dello Stato.

 

Il comma 2 prevede che si lavori del Comitato possono essere invitati a partecipare, in qualità di esperti per la trattazione di speciali problemi, studiosi e tecnici anche non appartenenti a pubbliche amministrazioni, senza diritto di voto.

 

Il comma 3 disciplina le modalità di nomina dei componenti del Comitato, che avviene con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

L'incarico ha una durata fissata in tre anni, prorogabili per un secondo triennio, ma, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2026.

 

Il comma 4 stabilisce che per lo svolgimento dell’attività istruttoria il Comitato possa avvalersi di una struttura di supporto, istituita presso il Consiglio Superiore dei lavori pubblici, cui è preposto un dirigente di livello generale, in aggiunta all’attuale dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e composta da un dirigente di livello non generale e da dieci unità di personale di livello non dirigenziale, individuate tra il personale di ruolo delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Inoltre, nel medesimo comma, si prevede che la struttura di supporto può altresì avvalersi, mediante apposite convenzioni e nel limite complessivo di spesa di euro 500.000 per l’anno 2021 e di euro 1 milione per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, di società controllate da Amministrazioni dello Stato specializzate nella progettazione o realizzazione di opere pubbliche.

 

Il comma 5 reca la copertura finanziaria.

 


 

 

Articolo 46
(Modifiche alla disciplina del dibattito pubblico
)

 

L'articolo 46, nel testo modificato dalla Camera dei deputati, introduce una serie di modifiche all'attuale disciplina normativa del dibattito pubblico contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 2018.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in questione, demanda ad un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, da adottare, su proposta della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della disposizione in esame, l’individuazione delle soglie dimensionali delle opere da sottoporre obbligatoriamente a dibattito pubblico inferiori a quelle previste dall'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76.

 

A tale riguardo è utile ricordare che il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 76 del 10 maggio 2018 ha disciplinato le modalità di svolgimento, le tipologie e le soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 22, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016), nel testo modificato dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 56 del  2017 (primo correttivo al Codice dei contratti pubblici). In particolare, il comma 2 dell'articolo 22 del Codice dei contratti pubblici aveva previsto l'adozione, entro un anno dalla sua entrata in vigore, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la disciplina dei criteri per l'individuazione delle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per cui è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, nonché le modalità di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura. Il primo correttivo al Codice dei contratti pubblici ha precisato che i nuovi interventi ai quali occorre fare riferimento per l'applicazione dell'istituto del dibattito pubblico sono quelli avviati dopo la data di entrata in vigore del medesimo decreto (cioè dopo il 24 agosto 2018) ed ha stabilito, inoltre, le modalità di monitoraggio sull'applicazione dell'istituto del dibattito pubblico.

Il decreto citato si compone di 10 articoli e di un allegato: l'articolo 1 individua l'oggetto del dibattito pubblico; l'articolo 2 contiene le definizioni; l'articolo 3 individua l'ambito di applicazione; l'articolo 4 disciplina il ruolo, la composizione e le funzioni della Commissione nazionale per il dibattito pubblico; gli articoli 5, 6, 7, 8, 9 disciplinano le modalità di indizione, svolgimento e conclusione del dibattito pubblico; l'articolo 10 contiene le disposizioni transitorie e finali. L'Allegato 1 contiene le tipologie e le soglie dimensionali delle opere sottoposte obbligatoriamente a dibattito pubblico. 

Il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha dato quindi attuazione ad una normativa incentrata su di un modello di democrazia partecipativa destinato agli interventi maggiori (ad esempio elettrodotti oltre 40 km; strade ed autostrade che prevedano un costo stimato superiore a 500 milioni di euro, etc.) mutuato, tendenzialmente, dall'ordinamento francese, con l'obiettivo di rendere trasparente il confronto con i territori sulle opere pubbliche e di interesse pubblico, attraverso una procedura che consenta di informare e far partecipare le comunità interessate, con garanzie sul coinvolgimento, risposte adeguate e tempi chiari.

 

Per quanto attiene agli ulteriori profili contenuti nell'articolo 46 del decreto-legge attualmente in esame, lo stesso comma 1, a seguito della modifica approvata dalla Camera dei deputati, prevede che in relazione agli interventi di cui all’Allegato IV al presente decreto, il dibattito pubblico abbia durata massima di quarantacinque giorni e che tutti i termini previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 2018 vengano ridotti della metà.

Nei casi in cui debba farsi ricorso alla procedura del dibattito pubblico, la stazione appaltante provvede ad avviare il relativo procedimento contestualmente alla trasmissione del progetto di fattibilità tecnica ed economica al Consiglio superiore dei lavori pubblici per l’acquisizione del parere, di cui all’articolo 45, comma 1 del decreto-legge in questione.

In caso di restituzione del progetto, il dibattito pubblico è sospeso con avviso pubblicato sul sito istituzionale della stazione appaltante. In tali ipotesi, il termine riprenderà a decorrere dalla data di pubblicazione sul medesimo sito istituzionale dell’avviso di trasmissione del progetto di fattibilità tecnica ed economica integrato o modificato secondo le indicazioni fornite dal Consiglio superiore di lavori pubblici. Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate nell’ambito della conferenza di servizi di cui all’articolo 45, comma 4 del presente decreto.

 

Il comma 2 prevede la copertura finanziaria relativa agli oneri derivanti dalle spese sostenute dai membri del Commissione nazionale per il dibattito pubblico in attuazione dei compiti attribuiti dal comma 1.

 


 

 

Articolo 47
(Pari opportunità, generazionali e di genere, e inclusione lavorativa nei contratti pubblici PNRR e PNC)

 

L’articolo 47 modificato dalla Camera dei deputatiallo scopo di perseguire le finalità relative alle pari opportunità, sia generazionali che di genere, e di promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili, prevede l’adempimento di specifici obblighi, anche assunzionali, nonché l’eventuale assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che rispetti determinati requisiti, nell’ambito delle procedure di gara relative agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Dispositivo di ripresa e resilienza (di cui ai regolamenti (UE) 2021/240 e 2021/241) e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (di cui al D.L. 59/2021), finalizzato ad integrare gli interventi del PNRR con risorse nazionali.

 

Di seguito, i requisiti e le condizioni posti dalla disposizione in commento in relazione alle suddette procedure.

 

Relazione di genere sulla situazione del personale e adempimento degli obblighi per l’inserimento lavorativo dei disabili

Per le aziende, anche di piccole dimensioni (con almeno 15 dipendenti), che partecipano alle gare di appalto o che risultano affidatarie dei contratti, si prevede l’obbligo di consegnare una relazione sulla situazione del personale maschile e femminile, nonché sull’adempimento degli obblighi previsti dalla normativa vigente in materia di inserimento lavorativo dei disabili (commi 2, 3 e 3-bis).

In particolare, per le aziende pubbliche e private che occupano più di cento dipendenti - che in base alla normativa vigente (di cui all’art. 46 del D.Lgs. 198/2006) almeno ogni due anni devono redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile– l’obbligo di presentare copia dell’ultimo rapporto interviene, a pena di esclusione, al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta (comma 2).

L’azienda deve inoltre:

§  attestare che tale copia sia conforme al rapporto già presentato agli organismi individuati dalla normativa vigente (rappresentanze sindacali aziendali e consigliera e consigliere regionale di parità);

§  attestare la contestuale trasmissione del rapporto ai suddetti organismi, qualora tale trasmissione non sia avvenuta nei termini previsti dal richiamato art. 46 del D.Lgs. 198/2006, fissato, in via generale, al 30 aprile dell’anno successivo alla scadenza di ciascun biennio e prorogato al 30 giugno 2020 per il biennio 2018-2019 in ragione dell’emergenza da Covid-19).

Sul punto, la Relazione illustrativa allegata al provvedimento specifica che la sanzione dell’esclusione è applicata unicamente all’operatore economico che non rediga il rapporto o non lo consegni al momento della presentazione dell’offerta, e non anche nel caso in cui il rapporto sia stato redatto in ritardo.

Gli operatori economici diversi da quelli suddetti e che occupano un numero pari o superiore a quindici dipendenti e inferiore a cento – che quindi in base al più volte richiamato art. 46 del Codice delle pari opportunità non sono tenuti a redigere il predetto rapporto - devono presentare alla stazione appaltante, entro sei mesi dalla conclusione del contratto, una relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile avente contenuto analogo a quello del rapporto biennale che deve essere redatto dalle aziende con oltre cento dipendenti (comma 3).

In base al richiamato art. 46 del D.Lgs. 198/2006 il suddetto rapporto biennale deve riguardare la situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta.

Come specificato dalla Relazione illustrativa allegata al provvedimento, la disposizione in commento limita tale obbligo al solo aggiudicatario, considerato che, come detto, tali operatori economici non sono tenuti a redigere il rapporto di genere.

La violazione del suddetto obbligo determina l’applicazione delle penali previste dal contratto di appalto - commisurate alla gravità della violazione e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni del contratto (nel rispetto dell’importo complessivo previsto dall’articolo 51 del presente decreto, alla cui scheda di lettura si rimanda) -, nonché l’impossibilità per l’operatore economico di partecipare, in forma singola ovvero in raggruppamento temporaneo, per un periodo di dodici mesi, ad ulteriori procedure di affidamento afferenti gli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse del PNRR o del Fondo nazionale per gli investimenti complementari (comma 6).

La relazione di genere in oggetto è tramessa altresì alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità. Sul punto, potrebbe valutarsi l’opportunità di specificare se anche tale trasmissione debba avvenire contestualmente alla presentazione della relazione alla stazione appaltante, vale a dire entro sei mesi dalla conclusione del contratto.

Come disposto con modifica della Camera dei deputati, gli operatori economici che occupano un numero pari o superiore a quindici dipendenti e inferiore a cento, sono altresì tenuti a consegnare alla stazione appaltante, entro sei mesi dalla conclusione del contratto, la certificazione che attesta il rispetto delle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili ed il collocamento obbligatorio, di cui all’art. 17 della L. 68/1999 (che prevede, in caso di mancata certificazione, l’esclusione dai bandi di gara), nonché una relazione - trasmessa alle rappresentanze sindacali aziendali - relativa all’assolvimento degli obblighi in materia di collocamento obbligatorio di cui alla medesima legge e alle eventuali sanzioni e provvedimenti disposti a loro carico nel triennio antecedente la data di scadenza di presentazione delle offerte (comma 3-bis).

Si ricorda che la richiamata L. 68/1999 prevede, tra l’altro, l’attribuzione in favore dei soggetti disabili di una quota di riserva nelle assunzioni in misura diversificata a seconda delle dimensioni dell'azienda. I datori di lavoro pubblici e privati sono infatti tenuti ad assumere (art.3):

-       il 7 per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;

-       due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;

-       un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

La medesima normativa attribuisce inoltre, in favore di determinati soggetti[26], una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale (art. 18).

Anche in caso di inadempimento del suddetto obbligo introdotto dalla Camera dei deputati si applicano le penali previste dai contratti di appalto (vedi ante) (comma 6, primo periodo).

I suddetti rapporti e relazioni sulla situazione del personale nonché, come disposto con una modifica approvata dalla Camera dei deputati, sull’assolvimento degli obblighi per l’inserimento lavorativo dei disabili, sono pubblicati sul sito internet del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente” - ai sensi dell’articolo 29 del D.Lgs. 50/2016[27] - e comunicati alla Presidenza del consiglio dei ministri ovvero ai Ministri o alle autorità delegati per le pari opportunità e della famiglia e per le politiche giovanili e il servizio civile universale (comma 9).

 

Clausola di priorità per giovani e donne: obbligo di assunzione

Si dispone che le stazioni appaltanti inseriscano nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti specifiche clausole dirette all’inserimento - come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell’offerta - di criteri volti a promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili (come specificato durante l'esame presso la Camera dei deputati), l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani con età inferiore a trentasei anni e di donne di qualsiasi età (comma 4, primo periodo).

Salvo il ricorrere di determinate circostanze (di cui al comma 7 - vedi infra), requisiti necessari dell’offerta sono l’assunzione dell’obbligo da parte dell’offerente di assicurare - in caso di aggiudicazione del contratto (come specificato durante l'esame presso la Camera) – sia all’occupazione giovanile che a quella femminile una quota pari almeno al 30 per cento delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, nonché – come specificato durante l'esame alla Camera dei deputati - l’avere assolto, al momento della presentazione dell’offerta stessa, gli obblighi previsti dalla normativa vigente in materia di collocamento obbligatorio e di inserimento lavorativo dei disabili (di cui L. 68/1999) (comma 4, terzo periodo).

Le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti dei suddetti requisiti di partecipazione, o stabilire una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione, se l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche (comma 7).

Viene, infine, specificato che il contenuto di tali clausole è determinato tenendo conto di diversi elementi, tra cui i principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione, l’oggetto del contratto, la tipologia del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti, i principi dell’Unione europea e gli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile, giovanile e – come specificato durante l'esame presso la Camera dei deputati - delle persone con disabilità al 2026[28] (comma 4, secondo periodo).

La violazione del suddetto obbligo determina l’applicazione delle penali previste dal contratto di appalto - commisurate alla gravità della violazione e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni del contratto (nel rispetto dell’importo complessivo previsto dall’articolo 51 del presente decreto, alla cui scheda di lettura si rimanda).

 

Ulteriori misure premiali

Attraverso le predette clausole, le stazioni appaltanti inseriscono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, oltre ai requisiti necessari dell’offerta, ulteriori misure premiali che possono prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che (comma 5):

§  nei tre anni antecedenti la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, non risulti destinatario di accertamenti relativi ad atti o comportamenti discriminatori connessi a motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica, di religione, di età, di sesso, di orientamento sessuale, di handicap o a convinzioni personali (ex artt. 44 del D.Lgs. 286/1998, 4 del D.Lgs. 215/2003, 4 del D.Lgs. 216/2003, 3 della L. 67/2006 e 55-quinquies del D.Lgs. 198/2006) o al mancato rispetto del divieto di licenziamento per causa di matrimonio o per gravidanza e maternità (ex art. 54 del D.Lgs. 151/2001 che vieta il licenziamento dall’inizio della gravidanza al termine del congedo obbligatorio di maternità);

§  utilizzi o si impegni ad utilizzare specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, nonché modalità innovative di organizzazione del lavoro;

§  per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, si impegni ad assumere, oltre alla soglia minima percentuale prevista come requisito di partecipazione, giovani, con età inferiore a trentasei anni, donne e, come specificato durante l'esame presso la Camera dei deputati, persone disabili. In relazione alla nozione di disabilità, potrebbe valutarsi l'opportunità di chiarire se occorra far riferimento alla disciplina sui portatori di handicap di cui alla L. 104/1992;

§  nell’ultimo triennio abbia rispettato i principi della parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali e di genere, anche tenendo conto del rapporto tra uomini e donne nelle assunzioni, nei livelli retributivi e nel conferimento di incarichi apicali;

§  come specificato durante l'esame presso la Camera dei deputati, nell’ultimo triennio abbia rispettato gli obblighi in materia di collocamento obbligatorio di cui alla L. 68/1999 (per una descrizione dei quali cfr. ante);

§  abbia presentato o si impegni a presentare per ciascuno degli esercizi finanziari ricompresi nella durata del contratto di appalto una dichiarazione volontaria di carattere non finanziario sulla sostenibilità sociale e ambientale dei processi produttivi (ex art. 7 del D.Lgs. 254/2016)

Si ricorda che il d.lgs. 254/2016 ha introdotto l’obbligo di redigere e pubblicare una dichiarazione di carattere non finanziario (Dnf) per gli enti di interesse pubblico di grandi dimensioni. La Dnf deve contenere per ogni esercizio finanziario informazioni relative ai temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, volte ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta.

Ai sensi del citato articolo 7 del d.lgs. 254/2016, i soggetti non obbligati possono, su base volontaria, redigere e pubblicare dichiarazioni individuali o consolidate non finanziarie e apporre su dette dichiarazioni la dicitura di conformità al predetto decreto legislativo.

 

Linee guida

Si prevede, infine, che le modalità e i criteri applicativi delle misure previste dalla disposizione in commento - nonché le misure premiali e la predisposizione di modelli di clausole da inserire nei bandi di gara (differenziati per settore, tipologia e natura del contratto o del progetto) - sono definite con linee guida del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero dei Ministri o delle autorità delegati per le pari opportunità e della famiglia e per le politiche giovanili e il servizio civile universale, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e, come specificato nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, con il Ministro per le disabilità, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame (ossia entro il 31 luglio 2021). Tale disposizione è stata modificata dalla Camera dei deputati rispetto al decreto-legge originario che prevede per le suddette linee guida la possibilità e non l’obbligo di definire le modalità e i criteri applicativi delle misure previste dal presente articolo.

 

 


 

Articolo 47-bis
(Parità di genere negli organismi istituiti dal DL)

 

L’articolo 47-bis, inserito dalla Camera dei deputati, introduce l’obbligo di definire nel rispetto del principio di parità di genere la composizione degli organismi pubblici istituiti dal decreto in esame, nonché delle relative strutture amministrative di supporto. L’obbligo non trova applicazione per quegli organismi che siano composti esclusivamente da membri del Governo e da titolari di altre cariche istituzionali.

La disposizione specifica inoltre che resta fermo il numero dei componenti previsti per tali organismi e strutture alla data di entrata in vigore del decreto.

 

A titolo esemplificativo, con riferimento alla Parte I del decreto in esame, concernente la governance per il PNRR, gli organismi pubblici e le strutture di supporto per i quali può trovare applicazione il principio così introdotto sono la Segreteria tecnica presso la Presidenza del Consiglio (art. 4), l’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione (art. 5), il Servizio centrale per il PNRR (art. 6).

 

Si ricorda in proposito che all'interno del PNRR la parità di genere rappresenta una delle tre priorità trasversali in termini di inclusione sociale.

In primo luogo, per contrastare le molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne, che la pandemia ha contribuito ad evidenziare, il PNRR prevede l'adozione di una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 che si propone di raggiungere entro il 2026 l'incremento di cinque punti nella classifica dell'Indice sull'uguaglianza di genere elaborato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), che attualmente vede l'Italia al 14esimo posto nella classifica dei Paesi UE-27.

Concretamente, le misure previste dal Piano in favore della parità di genere sono in prevalenza rivolte a promuovere una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, attraverso:

1) interventi diretti di sostegno all'occupazione e all'imprenditorialità femminile;

2) interventi indiretti o abilitanti, rivolti in particolare al potenziamento dei servizi educativi per i bambini e di alcuni servizi sociali, che il PNRR ritiene potrebbero incoraggiare un aumento dell'occupazione femminile.

Altri interventi finanziati o programmati con il PNRR si prefiggono l'obiettivo diretto o indiretto di ridurre le asimmetrie che ostacolano la parità di genere sin dall'età scolastica, sia di potenziare il welfare per garantire l'effettivo equilibrio tra vita professionale e vita privata.


 

Articolo 47-ter
(Disposizioni urgenti in materia di affidamenti dei concessionari)

 

 

L’articolo 47-ter, inserito dalla Camera dei deputati, proroga dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022 il termine a decorrere dal quale scatta l’obbligo, per i titolari di concessioni, già in essere alla data di entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici (cioè alla data del 19 aprile 2016), di affidare, mediante procedure ad evidenza pubblica, una quota pari all’80% dei contratti di lavori e servizi.

 

L’art. 47-ter, inserito dalla Camera dei deputati, modifica il testo dell’art. 177, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), nella parte in cui prevede che, relativamente alle concessioni in essere alla data del 19 aprile 2016, i concessionari si adeguano all’obbligo in questione entro il 31 dicembre 2021, differendo tale termine al 31 dicembre 2022.

Si ricorda che l’obbligo, contemplato dal comma 1 del citato art. 177, riguarda i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici, già in essere alla data di entrata in vigore del Codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea.

Lo stesso comma prevede che l’obbligo delle percentuali indicate (80%, e 60% per il settore autostradale) riguardi i contratti di lavori e servizi relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, e prevede altresì che i concessionari siano obbligati ad introdurre clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità.

La restante quota percentuale (sempre in base al comma 1) può essere realizzata da società in house per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato.

Il comma 3 dell’art. 177 dispone che la verifica del rispetto dei limiti di cui al comma 1 da parte dei soggetti preposti e dell'ANAC viene effettuata annualmente, secondo le modalità indicate dall'ANAC stessa in apposite linee guida. Tali linee guida sono state adottate con la delibera n. 570 del 26 giugno 2019.

Si ricorda che il termine in oggetto era già stato in precedenza prorogato, dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021, dall’art. 1, comma 9-bis, del D.L. 162/2019.

 

 


 

Articolo 47-quater
(Misure urgenti in materia di tutela della concorrenza nei contratti pubblici PNRR e PNC)

 

 

 

L’articolo 47-quater, inserito dalla Camera dei deputati, prevede misure premiali di tutela della concorrenza nei contratti pubblici, a favore delle piccole e medie imprese (PMI), relativi agli investimenti previsti nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) e nel Piano nazionale complementare (PNC).

 

L’articolo in esame prevede, al comma 1, misure urgenti in materia di tutela della concorrenza nei contratti pubblici relativi agli investimenti afferenti al Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) e al Piano nazionale complementare (PNC), finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Regolamento 2021/240 e dal Regolamento 2021/241.

Il regolamento UE 2021/240 istituisce uno strumento di sostegno tecnico che ha come obiettivo specifico quello di “preparare, modificare, attuare e rivedere i piani per la ripresa e la resilienza a norma del regolamento (UE) 2021/241, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (cioè il finanziamento, le forme di finanziamento erogabili e le regole di erogazione dei finanziamenti), con 672,5 miliardi di euro (360 in prestiti e 312,5 in sovvenzioni) da distribuire ai 27 paesi dell?Unione tra il 2021 e il 2026.

Il Piano nazionale complementare, istituito con il D.L. 59/2021, reca misure e finanziamenti, che si aggiungono a quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, per complessivi 31 miliardi circa (30.622,46 milioni di euro) per gli anni dal 2021 al 202, incrementando altresì la dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), periodo di programmazione 2021-2027, di 15,5 miliardi di euro per gli anni dal 2022 al 2031.

In particolare, il comma 1 prevede la possibilità che, nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito, siano previsti criteri premiali atti ad agevolare le piccole e medie imprese (PMI) nella valutazione dell'offerta.

 

Il comma 2 prevede l’applicazione delle disposizioni previste compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

Il Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), all’art. 3, lett. aa), riproduce la definizione contenuta nella Raccomandazione n. 2003/361/CE per le micro imprese, piccole imprese e medie imprese. In particolare, sono medie imprese le imprese che hanno meno di 250 occupati e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro; sono piccole imprese le imprese che hanno meno di 50 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro; sono micro imprese le imprese che hanno meno di 10 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.

In questo ambito, il Codice dei contratti pubblici prevede misure agevolative per consentire la partecipazione delle PMI agli appalti, contenute, principalmente,  all’art. 36, che disciplina i contratti sotto soglia, all’art. 41, che reca misure di semplificazione delle procedure di gara svolte da centrali di committenza, all’art. 51, in materia di suddivisione in lotti dell’appalto messo a gara, all’art. 83, che disciplina tra l’altro i criteri di selezione per la partecipazione agli appalti, e all’art. 95, sui criteri di aggiudicazione dell’appalto.

 


 

Articolo 48
(
Semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC)

L'articolo 48 introduce misure di semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea.

 

Il comma 1, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, prevede l’applicazione delle disposizioni semplificate di cui al Titolo V del decreto in esame e di quanto previsto nei commi di seguito illustrati.

 

Il comma 2 stabilisce che, per ogni procedura è nominato, un responsabile unico del procedimento che, con propria determinazione adeguatamente motivata, valida e approva ciascuna fase progettuale o di esecuzione del contratto, anche in corso d'opera, fermo restando quanto previsto dall’articolo 26, comma 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (cosiddetto codice degli appalti).

 

A tale proposito si ricorda che il citato articolo 26, comma 6, del codice degli appalti prevede che l'attività di verifica è effettuata dai seguenti soggetti:

 

a)     per i lavori di importo pari o superiore a venti milioni di euro, da organismi di controllo accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020;

 

b)    per i lavori di importo inferiore a venti milioni di euro e fino alla soglia di cui all'articolo 35 del medesimo codice degli appalti, dai soggetti che dispongano di un sistema interno di controllo di qualità ovvero dalla stazione appaltante nel caso in cui disponga di un sistema interno di controllo di qualità;

 

c)     per i lavori di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 35 del codice degli appalti e fino a un milione di euro, la verifica può essere effettuata dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti ove il progetto sia stato redatto da progettisti esterni o le stesse stazioni appaltanti dispongano di un sistema interno di controllo di qualità ove il progetto sia stato redatto da progettisti interni;

 

per i lavori di importo inferiore a un milione di euro, la verifica è effettuata dal responsabile unico del procedimento.

 

Il comma 3 prevede che le stazioni appaltanti possano ricorrere alla procedura di cui all’articolo 63 del citato decreto legislativo n. 50 del 2016 per i settori ordinari, e di cui all’articolo 125, per i settori speciali (articoli del codice degli appalti che  prevedono l'utilizzo della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara), nella misura strettamente necessaria,  quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili, non imputabili alla stazione appaltante, l’applicazione dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie può compromettere la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione di cui al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) nonché al Piano nazionale per gli investimenti complementari al medesimo PNRR e ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea.

 

Il comma 4, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici individuati al comma 1 dell'articolo in questione (opere relative al PNRR o al PNC), relative a lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro (di cui al comma 7, primo periodo dell’art. in esame), prevede che, in caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento si applichino le disposizioni dell’art. 125 del codice del processo amministrativo concernenti le controversie relative alle infrastrutture strategiche.

Nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, la limitazione prevista al comma 4 in esame dell’ambito di applicazione dell’articolo 125 del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010, ai soli lavori di cui al successivo comma 7, primo periodo è stata soppressa, al fine “di escludere un contrasto con la disciplina europea di cui alla cosiddetta direttiva Ricorsi (2007/66/CE) – con conseguenti effetti negativi a carico della finanza pubblica –, che prevede che uno Stato membro consenta, in luogo del subentro nel contratto pubblico già concluso, una tutela risarcitoria per equivalente, essendo quest’ultima una misura sufficiente ad assicurare l’effettività del diritto alla tutela giurisdizionale dell’operatore economico non aggiudicatario”.

 

Il comma 5 stabilisce che è ammesso l’affidamento di progettazione ed esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui al codice degli appalti.

L’affidamento, pertanto, avviene mediante acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta ovvero, in alternativa, mediante offerte aventi a oggetto la realizzazione del progetto definitivo, del progetto esecutivo e il prezzo. In entrambi i casi, l’offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva, per la progettazione esecutiva e per l’esecuzione dei lavori.

In ogni caso, alla conferenza di servizi indetta ai fini dell’approvazione del progetto definitivo partecipa anche l’affidatario dell’appalto, che provvede, ove necessario, ad adeguare il progetto alle eventuali prescrizioni susseguenti ai pareri resi in sede di conferenza di servizi. A tal fine, entro cinque giorni dall’aggiudicazione ovvero dalla presentazione del progetto definitivo da parte dell’affidatario, qualora lo stesso non sia stato acquisito in sede di gara, il responsabile unico del procedimento avvia le procedure per l’acquisizione dei pareri e degli atti di assenso necessari per l’approvazione del progetto.

 

Il comma 6 prevede che le stazioni appaltanti nel procedere agli affidamenti di cui al comma 1, possano prevedere, nel bando di gara o nella lettera di invito, l’assegnazione di un punteggio premiale per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici specifici

Tali strumenti utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti.

 

Da ultimo, con il comma 7, si introducono ulteriori misure di semplificazione procedurale in relazione al parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici previsto dalla normativa vigente.

A tal fine, il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici è reso esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro.

In tali casi, il parere reso dal Consiglio Superiore, non riguarda anche la valutazione di congruità del costo.

 


 

Articolo 49
(Modifiche alla disciplina del subappalto)

 

L’articolo 49 introduce modifiche alla disciplina del subappalto, suddivise tra modifiche di immediata vigenza e modifiche con efficacia differita a decorrere dal 1° novembre 2021.

Il comma 1 reca modifiche con immediata vigenza dalla data di entrata in vigore del decreto, volte a disporre che, fino al 31 ottobre 2021, in deroga all’art. 105, commi 2 e 5, del Codice dei contratti pubblici, il subappalto non può superare la quota del 50 per cento dell’importo complessivo del contratto, sopprimendo conseguentemente l’art. 1, comma 18, primo periodo, del D.L. n. 32/2019 (cd. decreto sblocca cantieri) – il quale, fino al 30 giugno 2021, aveva fissato al 40 per cento detto limite – nonché a modificare l’art. 105 del Codice al fine di:

-        prevedere che non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto e la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera;

-        sopprimere la previsione secondo cui il ribasso non può essere superiore al venti per cento;

-        riferire direttamente al subappaltatore l’obbligo di garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto;

-        stabilire l’obbligo per il subappaltatore di riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti.

Il comma 2 apporta una serie di novelle all’art. 105 del Codice destinate ad entrare in vigore dal 1° novembre 2021, volte a:

-        eliminare per il subappalto il limite del 30 per cento (anche per le opere per le quali non è ammesso l’avvalimento);

-        riferire (in conseguenza di una modifica apportata dalla Camera dei deputati) direttamente al subappaltatore l’obbligo di attestare il possesso dei requisiti speciali di qualificazione previsti dal Codice in relazione alla prestazione subappaltata;

-        affidare alle stazioni appaltanti il compito di indicare nei documenti di gara, previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, dell’esigenza di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e dei luoghi di lavoro e di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori, ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, a meno che i subappaltatori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’art. 1 della L. n. 190/2012 ovvero nell’anagrafe antimafia degli esecutori;

-        prevedere la responsabilità in solido tra contraente generale e subappaltatore nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di subappalto.

Il comma 3 detta disposizioni rivolte alle amministrazioni competenti al fine di assicurare la piena operatività della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici e di disporre l’adozione da parte delle stesse amministrazioni del documento relativo alla congruità dell’incidenza della manodopera e del regolamento che individua le diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa.

Il comma 4 autorizza infine la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2021 e di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 per garantire la piena operatività e l’implementazione della banca dati nazionale dei contratti pubblici e provvede alla copertura dei relativi oneri.

 

L’art. 49 introduce modifiche alla disciplina del subappalto suddivise tra:

§  modifiche di immediata vigenza;

§  e modifiche per le quali è prevista l’efficacia differita a partire dal 1° novembre 2021.

La relazione illustrativa evidenzia, in linea generale, che “la proposta è volta ad apportare delle modifiche all’articolo 105 del Codice dei contratti pubblici in materia di subappalto al fine di risolvere alcune criticità evidenziate dalla Commissione UE con la procedura di infrazione n. 2018/ 2273, in particolare con riferimento alla criticità della disposizione contenuta nell’articolo 105 che pone un limite percentuale al subappalto prestabilito per legge su tutti gli appalti”.

Si ricorda che la revisione della disciplina del subappalto è indicata nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, trasmesso dal Governo alla Commissione europea il 30 aprile 2021, quale uno dei principali criteri direttivi della delega legislativa (oggetto di un disegno di legge delega che il Governo si impegna a presentare al Parlamento entro il 2021) preordinata a completare a regime la revisione della disciplina dei contratti pubblici, unitamente alle misure più urgenti da adottare con decreto-legge, nell’ambito della relativa riforma di accompagnamento Per approfondimenti si rinvia al relativo dossier.

 

Il comma 1 reca disposizioni destinate a modificare la disciplina del subappalto con decorrenza immediata dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

Nel dettaglio, la lettera a):

§  introduce una norma la quale dispone che, fino al 31 ottobre 2021, in deroga all’art. 105, commi 2 e 5, del D. Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici, d’ora in avanti Codice), il subappalto non può superare la quota del 50 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture;

Si ricorda che, in base al disposto dell’art. 105 del Codice, il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Lo stesso articolo stabilisce che i soggetti affidatari dei contratti pubblici eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto, e detta le condizioni alle quali è ammesso il subappalto.

§  abroga conseguentemente l’art. 1, comma 18, primo periodo, del D.L. n. 32/2019 (cd. decreto sblocca cantieri).

Il comma 18 dell’art. 1 del D.L. n. 32/2019 ha dettato una disciplina transitoria del subappalto nelle more di una complessiva revisione del Codice dei contratti pubblici. La norma, fino al 30 giugno 2021 (termine inizialmente fissato al 31 dicembre 2020 e successivamente così prorogato dall'art. 13, comma 2, lettera c), del D.L. 183/2020), in deroga all'art. 105, comma 2, del medesimo Codice (il quale, nel testo vigente fino al 31 ottobre 2021, ancorché derogato dal comma in esame, fissa al 30 per cento dell’importo complessivo del contratto la quota massima del subappalto: v. infra), fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo art. 105, ha previsto che il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Il citato comma 18 ha precisato, inoltre, che, fino al 31 dicembre 2021, sono altresì sospese l'applicazione del comma 6 dell'art. 105 (obbligo di indicazione della terna di subappaltatori) e del terzo periodo del comma 2 dell'art. 174 (il quale prevede che gli operatori economici indichino in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi), nonché le verifiche in sede di gara, di cui all'art. 80 del medesimo Codice, riferite al subappaltatore (verifiche relative all'assenza di motivi di esclusione dalla procedura d'appalto inerenti, ad esempio, a precedenti condanne penali, interdittive antimafia o carenza dei requisiti di integrità o affidabilità). Per approfondire gli interventi recati dal D.L. 32/2019 al Codice, si rinvia al relativo dossier e al tema web sui Contratti pubblici.

Si segnala, inoltre, che la disciplina del subappalto è oggetto di modifiche anche da parte dell’art. 8 del disegno di legge europea 2019-2020 (A.S.2169), approvato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato. In particolare, l’art. 8 novella alcuni articoli del Codice dei contratti pubblici, al fine di conformare l’ordinamento italiano a quanto indicato nella procedura di infrazione europea n. 2018/2273. In primo luogo, viene modificato l'art. 80, commi 1 e 5, del Codice, in materia di motivi di esclusione dalla partecipazione di un operatore economico ad una procedura per l’assegnazione di un appalto pubblico, al fine di eliminare la possibilità che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara, quando la causa di esclusione riguardi non già l'operatore medesimo, bensì un suo subappaltatore, nei casi di obbligo di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta. In secondo luogo, l’art. 8, comma 2, del disegno di legge europea 2019-2020 sopprime il secondo periodo del comma 18 dell’art. 1 del D.L. n. 32/2019 e reca modifiche all'art. 105, commi 4 e 6, del Codice, volte ad eliminare l’obbligo per il concorrente di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta, per appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea (obbligo censurato dalla Commissione europea con la procedura di infrazione n. 2018/2273), o, indipendentemente dall'importo a base di gara, per le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa. Per approfondimenti, si rinvia al relativo dossier.

 

La procedura di infrazione europea

 

Il 24 gennaio 2019, la Commissione europea ha inviato una lettera di costituzione in mora nell’ambito della procedura di infrazione n. 2018/2273, con la quale ha contestato all’Italia l’incompatibilità di alcune disposizioni dell’ordinamento interno in materia di contratti pubblici rispetto a quanto disposto dalle direttive europee relative alle concessioni (direttiva 2014/23), agli appalti pubblici nei settori ordinari (direttiva 2014/24) e agli appalti pubblici nei settori speciali (direttiva 2014/25). A seguito della valutazione della risposta del Governo, la Commissione europea ha indirizzato all’Esecutivo una lettera di costituzione in mora complementare del 27 novembre 2019, rilevando i problemi di conformità sollevati in precedenza e non ancora risolti e individuando ulteriori disposizioni della legislazione italiana non conformi alle citate direttive, tra le quali quelle concernenti il divieto di subappaltare più del 30 per cento di un contratto pubblico, il divieto generale per i subappaltatori (previsto dall’art. 105, comma 19, del Codice) di fare ricorso a loro volta ad altri subappaltatori (cd. subappalto a cascata), il divieto di sub-avvalimento (per il quale il soggetto delle cui capacità l’operatore intende avvalersi non può affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto) e il divieto per diversi offerenti in una procedura di gara di avvalersi dello stesso soggetto, per il soggetto di cui un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara e per l’offerente in una procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa procedura di gara.

 

Di rilievo, per un esame della disciplina del subappalto, anche alla luce delle disposizioni introdotte dall’art. 1, comma 18, del D.L. 32/2019, è anche la segnalazione n. 8/2019, approvata con delibera ANAC n. 1035 del 13 novembre 2019. Con la citata segnalazione l’Autorità ha raccomandato l’adozione di un intervento legislativo organico nella materia del subappalto “mediante una opportuna ‘compensazione’ tra i diritti di libertà riconosciuti a livello europeo e le esigenze nazionali di sostenibilità sociale, ordine e sicurezza pubblica, che sono sempre stati alla base della limitazione all’utilizzo dell’istituto”.

Il tema dei limiti al subappalto e della riforma dell’istituto è stato affrontato dal Presidente dell’ANAC nell’audizione informale svoltasi presso le Commissioni riunite VIII e XIV della Camera nella seduta del 10 novembre 2020 (qui il testo della relazione del Presidente dell’ANAC) nel corso della quale lo stesso ha segnalato la necessità di allineare la disciplina nazionale alle norme europee “eliminando la previsione di una percentuale fissa al subappalto, anche al fine di tenere in debita considerazione, in un momento di grande difficoltà per il Paese, le esigenze del mercato dei contratti pubblici e in particolare delle PMI, e di prevedere un sistema di autorizzazione e controlli al subappalto che evitino, per quanto possibile, l’insinuarsi nel sistema di fenomeni corruttivi”.

Da ultimo, a favore della necessità di eliminare, in quanto contrastante con la disciplina euro-unitaria, la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile, nell’ottica della semplificazione della normativa del Codice per favorire il rapido dispiegamento degli investimenti pubblici del PNRR, unitamente a misure per la specializzazione delle stazioni appaltanti e la digitalizzazione delle procedure, si è espressa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione del 22 marzo 2021 recante “Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2021”.

 

La lettera b) reca modifiche a regime all’art. 105 del Codice, di immediata vigenza, finalizzate a:

§  affiancare, alla previsione del comma 1 secondo cui il contratto non può essere ceduto a pena di nullità, l’ulteriore previsione (nuovo secondo periodo del comma 1) secondo cui, sempre a pena di nullità e fatto salvo quanto previsto dall’art. 106, comma 1, lettera d), non può essere affidata a terzi:

-      l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto;

-      nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera.

Si ricorda che la lettera d) del comma 1 dell’art. 106 del Codice prevede che i contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento, tra gli altri casi, anche qualora un nuovo contraente sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l'appalto, a causa di una delle seguenti circostanze: 1) clausola di revisione inequivocabile; 2) all'aggiudicatario iniziale succede, per causa di morte o a seguito di ristrutturazioni societarie, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione del presente codice; 3) nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore si assuma gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori.

Viene mantenuto invariato il terzo periodo del comma 1 a norma del quale è ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo.

 

§  modificare il primo periodo del comma 14, al fine di:

-      sopprimere la previsione secondo cui il ribasso non può essere superiore al venti per cento dei prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione all’affidatario principale;

La modifica appare in linea con quanto affermato, in un giudizio su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza 27 novembre 2019, C-402/18, in cui la Corte ha affermato che la normativa europea (nella specie, oggetto del rinvio pregiudiziale era la direttiva 2004/18/CE) osta a una normativa nazionale che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20 per cento rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione. Sotto il profilo della tutela salariale per i lavoratori impiegati nel contesto di un subappalto, il limite del 20 per cento – secondo il giudice europeo – non lascia spazio ad una valutazione caso per caso da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dal momento che si applica indipendentemente da qualsiasi presa in considerazione della tutela sociale garantita dalle leggi, dai regolamenti e dai contratti collettivi applicabili ai lavoratori interessati.

-      riferire direttamente al subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, l’obbligo (che invece nel testo previgente è riferito all’affidatario principale) di garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto;

-      stabilire espressamente l’obbligo per il subappaltatore di riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale.

La relazione illustrativa evidenzia che “tale disposizione si rende necessaria per garantire la tutela dei lavoratori dagli eccessivi ribassi applicati ai subappaltatori anche alla luce della soppressione della previsione che stabilisce un limite percentuale (20 per cento) al ribasso” resasi a sua volta “necessaria per risolvere la procedura di infrazione sul punto la quale ritiene l’ordinamento interno non compatibile con le direttive eurounitarie laddove si prevede un limite prestabilito per legge per il ribasso d’asta”.

La nozione di categoria prevalente è definita dall’art. 3, comma 1, lettera oo-bis) del Codice come “la categoria di lavori, generale o specializzata, di importo più elevato fra le categorie costituenti l'intervento e indicate nei documenti di gara”.

Si ricorda inoltre che il comma 2 dell’art. 12 del D.L. n. 47/2014 ha previsto che, in tema di affidamento di contratti pubblici di lavori, l'affidatario, in possesso della qualificazione nella categoria di opere generali ovvero nella categoria di opere specializzate indicate nel bando di gara o nell'avviso di gara o nella lettera di invito come categoria prevalente può eseguire direttamente tutte le lavorazioni di cui si compone l'opera o il lavoro, anche se non è in possesso delle relative qualificazioni, oppure subappaltare dette lavorazioni specializzate esclusivamente ad imprese in possesso delle relative qualificazioni.

 

Il comma 2 introduce una serie di novelle all’art. 105 del Codice destinate, invece, ad entrare in vigore dal 1° novembre 2021.

Nel dettaglio, la lettera a) sostituisce il terzo periodo del comma 2 dell’art. 105 del Codice al fine di:

§  eliminare per il subappalto il limite del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture;

Anche in questo caso, la modifica appare coerente con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (cfr. da ultimo la citata sentenza 27 novembre 2019, C-402/18), secondo la quale la normativa europea osta a una normativa nazionale che limita al 30 per cento la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi (per violazione della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché dei principi che ne derivano, in particolare la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità. la trasparenza e l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza), dal momento che il divieto in modo generale e astratto del ricorso al subappalto per una quota parte che superi una percentuale fissa dell’importo dell’appalto pubblico si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori e non lascia spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore.

Nella giurisprudenza nazionale, si veda, tra le altre, la sentenza del Consiglio di Stato (V Sez.) 17 dicembre 2020, n. 08101  con la quale il giudice amministrativo, nel richiamare le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18 e 27 novembre 2019, C-402/18, ha affermato il principio secondo cui la norma del Codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario.

 

§  affidare alle stazioni appaltanti il compito di indicare nei documenti di gara, nel rispetto dei principi di cui all’art. 30, previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario, in casi di particolare rilevanza predeterminati per legge che la norma in esame individua in ragione:

-      delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese quelle di cui all’art. 89, comma 11 (opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica e che non possono essere pertanto oggetto di avvalimento);

-      dell’esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro e di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori;

-      ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, a meno che i subappaltatori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’art. 1 della L. n. 190/2012 ovvero nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’art. 30 del D.L. n. 189/2016.

Per quanto riguarda l’elenco dei fornitori, la disposizione richiama gli elenchi che debbono essere tenuti da ogni prefettura in attuazione dell’art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012 (c.d. Legge Severino). Tale disposizione, infatti, obbliga, le pp.aa., gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, le società o imprese comunque controllate dallo Stato, i contraenti generali nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici, prima di stipulare contratti per una serie di attività ritenute maggiormente a rischio di infiltrazione mafiosa (ed elencate dal successivo comma 53[29]) ad acquisire sempre la comunicazione e l'informazione antimafia liberatoria, a prescindere dalle soglie stabilite dal c.d. Codice antimafia (d.lgs. n. 159/2011). Tali verifiche antimafia devono essere svolte attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori, tenuto appunto da ogni prefettura, alla quale spetta l’effettuazione di verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, disporre la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

Per quanto riguarda l’Anagrafe antimafia degli esecutori, la disposizione richiama l’art. 30 del D.L. n. 189/2016, in base al quale gli operatori economici interessati a partecipare, a qualunque titolo e per qualsiasi attività, agli interventi di ricostruzione, pubblica e privata, nelle zone interessate dal sisma dell'Italia centrale, devono essere iscritti, a domanda, in un apposito elenco, denominato Anagrafe antimafia degli esecutori. L’elenco è tenuto da una apposita Struttura di missione istituita presso il Ministero dell'Interno per coordinare le attività volte alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni della criminalità organizzata nei lavori di ricostruzione. Spetta a tale struttura, in deroga alle procedure previste dal Codice antimafia (d.lgs. n. 159/2011), eseguire le verifiche e rilasciare l'informazione antimafia, in coordinamento con le prefetture e mediante consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia.

Per l’estensione dell’Anagrafe antimafia degli esecutori agli interventi per la ricostruzione nei comuni interessati dagli eventi sismici del mese di aprile 2009 nella regione Abruzzo si rinvia alla scheda sull’art. 54 del presente dossier.

 

La lettera b) abroga, sempre a decorrere dal 1° novembre 2021, il comma 5 dell’art. 105, disponendo così l’abolizione del limite del 30 per cento per il subappalto e del divieto di suddivisione (in lotti) senza ragioni obiettive anche per le opere per le quali non è ammesso l’avvalimento ai sensi dell’art. 89, comma 11, del Codice (c.d. opere super specialistiche).

Il comma 11 dell’art. 89 del Codice prevede che non è ammesso l'avvalimento qualora nell'oggetto dell'appalto o della concessione di lavori rientrino opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali. È considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell'opera superi il dieci per cento dell'importo totale dei lavori. Con il regolamento di cui all'art. 216, comma 27-octies, è definito l'elenco delle opere di cui al comma 11, nonché i requisiti di specializzazione richiesti per la qualificazione ai fini dell'ottenimento dell'attestazione di qualificazione degli esecutori di cui all'articolo 84, che possono essere periodicamente revisionati. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento unico di esecuzione ed attuazione del Codice, si applica la disposizione transitoria ivi prevista (e, in forza della stessa, il D.M. 10 novembre 2016, n. 248).

Si ricorda che a norma del comma 1 del citato art. 89 l'operatore economico, singolo o in raggruppamento di cui all'art. 45, per un determinato appalto, può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all'art. 83, comma 1, lettere b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara, e, in ogni caso, con esclusione dei requisiti di cui all'art. 80, avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi.

 

La lettera b-bis) – introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati – modifica, sempre a decorrere dal 1° novembre 2021, il secondo periodo del comma 7 dell’art. 105 al fine di riferire direttamente al subappaltatore (e non più all’affidatario principale, come nella formulazione vigente) l’obbligo di attestare il possesso dei requisiti speciali di qualificazione previsti dal Codice in relazione alla prestazione subappaltata.

Più in particolare, il nuovo comma 7, come novellato dalla norma in esame, dispone che la dichiarazione del subappaltatore – trasmessa alla stazione appaltante dall’affidatario, unitamente al deposito del contratto di subappalto – riguarda, oltre all’attestazione dell’assenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80, anche il possesso da parte del medesimo subappaltatore dei requisiti speciali di cui agli articoli 83 e 84 del Codice.

Si ricorda che, ai sensi del comma 1 dell’art. 83 del Codice, i criteri di selezione riguardano esclusivamente:

a) i requisiti di idoneità professionale;

b) la capacità economica e finanziaria;

c) le capacità tecniche e professionali.

Il comma 2 precisa che i requisiti e le capacità di cui al comma 1 sono attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto, tenendo presente l'interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione.

L’art. 84, comma 1, del Codice dispone che, fermo restando quanto previsto dal comma 12 e dall'articolo 90, comma 8, i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, provano il possesso dei requisiti di qualificazione di cui all'art. 83, mediante attestazione da parte degli appositi organismi di diritto privato (SOA) autorizzati dall'ANAC.

La novella al comma 7 dell’art. 105 prevede, inoltre, che spetta alla stazione appaltante la verifica della citata dichiarazione del subappaltatore tramite la banca dati di cui all’art. 81 (su cui v. infra).

 

 

La lettera c) modifica il primo periodo del comma 8 dell’art. 105, affermando la responsabilità solidale di contraente principale e subappaltatore nei confronti della stazione appaltante, in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di subappalto. Attualmente, invece, nei confronti della stazione appaltante il contraente principale è responsabile in via esclusiva (e risponde, dunque, anche dei fatti commessi dal subappaltatore).

Si ricorda che in base all’art. 1292 del codice civile, l'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri.

La riforma non interviene sul secondo periodo del comma 8, e dunque è confermata la responsabilità solidale di aggiudicatario e subappaltatore in relazione agli obblighi retributivi e contributivi.

 

Il comma 3 detta disposizioni rivolte alle amministrazioni competenti e finalizzate ad una più coerente attuazione delle modifiche recate dall’articolo in esame.

Più in particolare, si prevede che le amministrazioni competenti:

§  assicurano la piena operatività della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici di cui all’art. 81 del Codice, come modificato dall’art. 53 del decreto in esame, alla cui scheda si rinvia (lettera a);

Il comma 1 dell’art. 81 del Codice – nel testo risultante dalla modifica apportata dall’art. 53, comma 5, lettera d), numero 1, del decreto-legge in esame - stabilisce che, fermo restando quanto previsto dagli artt. 85 e 88, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-professionale ed economico e finanziario, per la partecipazione alle procedure disciplinate dal presente codice e per il controllo in fase di esecuzione del contratto della permanenza dei suddetti requisiti, è acquisita esclusivamente attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, di cui all’articolo 213, comma 8.

Si ricorda che l'art. 213 del Codice affida all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l'attività di regolazione degli stessi e prevede che l'Autorità predispone e invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta in cui devono essere evidenziate le disfunzioni riscontrate nell'esercizio delle proprie funzioni. Tale relazione fornisce annualmente una fotografia del settore dei contratti pubblici. Lo stesso art. 213, al fine di consentire all'ANAC di svolgere i compiti ad essa attribuiti, affida all'ANAC la gestione della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, nella quale confluiscono, oltre alle informazioni acquisite per competenza tramite i propri sistemi informatizzati, tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire accessibilità unificata, trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa prodromiche e successive. Per la gestione di tale Banca dati di cui, l'Autorità si avvale (sempre in forza dell'art. 213) dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, composto da una sezione centrale e da sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le province autonome. L'Osservatorio opera mediante procedure informatiche, sulla base di apposite convenzioni, anche attraverso collegamento con i relativi sistemi in uso presso le sezioni regionali e presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nel settore dei contratti pubblici. L'Autorità stabilisce le modalità di funzionamento dell'Osservatorio nonché le informazioni obbligatorie, i termini e le forme di comunicazione che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a trasmettere all'Osservatorio. Nell'ultima relazione al Parlamento viene evidenziato che «La Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP), nel 2018 ha ricevuto dalla Commissione europea il 1° premio nell'ambito della competizione "Better Governance through Procurement Digitalization", sulla base della sua "completezza, integrità dei dati, interoperabilità, disponibilità di funzioni di accesso ed analisi delle informazioni, governance e sostenibilità" risultando il miglior esempio di "National Contract Register" nell'Unione europea. Attualmente la Banca Dati, che contiene informazioni su circa 50 milioni di appalti pubblici a partire dal 2007, supporta l'Autorità nelle sue funzioni di vigilanza e regolazione, e tutte le altre Amministrazioni interessate al ciclo di vita dei contratti pubblici per finalità di programmazione, contenimento della spesa, monitoraggio. Per confermare e migliorare i risultati raggiunti, la Banca Dati è in continua evoluzione su tre direttrici principali: 1) la progressiva e completa apertura in ottica open data con la pubblicazione di tutti i dati relativi ai contratti pubblici; 2) il costante supporto alla piena attuazione della digitalizzazione degli appalti pubblici in Italia; 3) la sempre maggiore integrazione nel contesto delle banche dati europee».

L'istituzione del sistema di verifica dei requisiti, integrato nella BDNCP e denominato AVCPASS, consente a stazioni appaltanti o enti aggiudicatori l'acquisizione della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per l'affidamento dei contratti pubblici, ed agli operatori economici di inserire a sistema i documenti richiesti. Come precisato nella deliberazione n. 111 del 20 dicembre 2012 dell’Autorità, l'acquisizione dei citati dati avviene tramite adeguati sistemi di cooperazione applicativa dagli Enti Certificanti, che consentono di rendere disponibili nel sistema AVCPass i seguenti documenti: visura Registro delle Imprese (fornita da Unioncamere); Certificato del casellario giudiziale integrale (fornito dal Ministero della Giustizia); Anagrafe delle sanzioni amministrative; certificati di regolarità fiscale (fornito dall'Agenzia delle Entrate) e contributiva; comunicazioni antimafia (fornite dal Ministero dell'Interno).

 

§  adottano il documento relativo alla congruità dell’incidenza della manodopera, di cui all’art. 105, comma 16, del Codice e all’art. 8, comma 10-bis, D.L. n. 76/2020 (lettera b);

Il comma 16 dell’art. 105 del Codice prevede che al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare, il documento unico di regolarità contributiva è comprensivo della verifica della congruità della incidenza della mano d'opera relativa allo specifico contratto affidato. Tale congruità, per i lavori edili è verificata dalla Cassa edile in base all'accordo assunto a livello nazionale tra le parti sociali firmatarie del contratto collettivo nazionale comparativamente più rappresentative per l'ambito del settore edile ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; per i lavori non edili è verificata in comparazione con lo specifico contratto collettivo applicato.

Il comma 10-bis dell’art. 8 del D.L. n. 76/2020 stabilisce che al Documento unico di regolarità contributiva è aggiunto quello relativo alla congruità dell'incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sono fatte salve le procedure i cui bandi o avvisi sono pubblicati prima della data di entrata in vigore del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al periodo precedente.

 

§  adottano entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame il regolamento che individua le diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa, di cui all’art. 91, comma 7, del Codice antimafia (d.lgs. n. 159/2011) (lettera c).

Si ricorda che il comma 7 dell’art. 91 del D.Lgs. n. 159/2011 demanda ad un regolamento, da adottare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell'art. 17, comma 3, della L. n. 400/1988, il compito di individuare le diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d'impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l'acquisizione della documentazione antimafia, indipendentemente dal valore del contratto, subcontratto, concessione, erogazione o provvedimento.

 

Il comma 4 autorizza, infine, la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2021 e di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 per garantire la piena operatività e l’implementazione della banca dati di cui al comma 3, lettera a) e dispone la copertura dei relativi oneri mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 200, della L. n. 190/2014.

L’art. 1, comma 220, della L. n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, con la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.


 

 

Articolo 50
(Semplificazioni in materia di esecuzione dei contratti pubblici PNRR e PNC)

 

L’articolo 50 prevede che, al fine di garantire il rispetto dei tempi di attuazione deli investimenti di cui al Piano nazionale di ripresa e resilienza nonché al Piano nazionale per gli investimenti complementari al medesimo PNRR e ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea, in caso di inerzia nella stipulazione del contratto, nella consegna dei lavori, nella costituzione del collegio consultivo tecnico, negli atti e nelle attività relativi alla sospensione dell’esecuzione dell’opera pubblica di cui all’art. 5 del DL n. 76/2020, e nel rispetto degli altri termini, anche endoprocedimentali, previsti per l’adozione delle determinazioni relative all’esecuzione dei contratti pubblici PNRR e PNC, l’esercizio del potere sostitutivo abbia luogo entro un termine ridotto alla metà di quello originariamente previsto (comma 2). Si prevede, inoltre, che il contratto diviene efficace con la stipulazione senza essere sottoposto alla condizione sospensiva (prevista dall’art. 32, comma 12, del Codice dei contratti pubblici) dell'esito positivo dell'eventuale approvazione e degli altri controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti (comma 3). Viene, infine, introdotto un “premio di accelerazione” per i casi di anticipata ultimazione dei lavori ed è contestualmente innalzato l’importo delle penali per il ritardato adempimento (comma 4)

 

Il comma 1 stabilisce che le disposizioni recate dai commi 2-4 si applicano al fine di conseguire gli obbiettivi:

§  di cui al regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 febbraio 2021 e al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021 in relazione alla esecuzione dei contratti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dai citati regolamenti;

Il regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021 istituisce uno strumento di sostegno tecnico con l’obiettivo generale di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione sostenendo gli sforzi degli Stati membri volti ad attuare le riforme. Per “sostegno tecnico” (art. 2, par. 1) si intendono le misure che aiutano le autorità nazionali ad attuare riforme istituzionali, amministrative e strutturali che siano sostenibili, rafforzino la resilienza, potenzino la coesione economica, sociale e territoriale e sostengano la pubblica amministrazione nella preparazione di investimenti sostenibili e capaci di rafforzare la resilienza. A norma dell’art. 4 del regolamento, lo strumento persegue obiettivi specifici che consistono nell’assistere le autorità nazionali nel miglioramento della loro capacità di: a) concepire, elaborare e attuare le riforme; b) preparare, modificare, attuare e rivedere i piani per la ripresa e la resilienza a norma del regolamento (UE) 2021/241.

Il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility - RRF); per una illustrazione del regolamento si rinvia alla Nota UE n. 67/1 del Servizio studi del Senato.

§  nonché dalle risorse del PNC (Piano nazionale per gli investimenti complementari);

§  e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea.

 

Il comma 2 prevede che, al fine di garantire il rispetto dei tempi di attuazione di cui al Piano nazionale di ripresa e resilienza nonché al Piano nazionale per gli investimenti complementari al medesimo PNRR e ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea, l’esercizio del potere sostitutivo in caso di inerzia, d’ufficio o su richiesta dell’interessato, da parte del responsabile o dell’unità organizzativa di cui all’art. 2, comma 9-bis, della L. n. 241/1990 abbia luogo entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto qualora siano decorsi inutilmente i termini:

§  per la stipulazione del contratto;

Si ricorda che l'art. 4, comma 1, del D.L. n. 76/2020 ha novellato l’art. 32 del Codice dei contratti pubblici, in materia di procedure per la conclusione del contratto di affidamento, prevedendo, tra l'altro, che la stipulazione del contratto “deve avere luogo” entro sessanta giorni successivi al momento in cui è divenuta efficace l'aggiudicazione e che la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e all'interesse nazionale alla sollecita esecuzione del contratto.

Ai sensi del comma 9 del citato art. 32 il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione. Il comma 10 stabilisce peraltro che il termine dilatorio di cui al comma 9 non si applica: a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o dell'inoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, è stata presentata o è stata ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva; b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all'art. 54, nel caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all'art. 55, nel caso di acquisto effettuato attraverso il mercato e nel caso di affidamenti effettuati ai sensi dell'art. 36, comma 2, lettere a) e b) (contratti sotto soglia).

§  la consegna dei lavori;

Nelle more dell’adozione del nuovo regolamento unico di esecuzione e attuazione del Codice, ai sensi dell'art. 111, comma 1 del Codice dei contratti pubblici la consegna dei lavori resta disciplinata dall’art. 5 del D.M. 7 marzo 2018, n. 49 recante “Approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione”. Il comma 1 stabilisce, in particolare, stabilisce che il direttore dei lavori, previa disposizione del RUP, provvede alla consegna dei lavori, per le amministrazioni statali, non oltre quarantacinque giorni dalla data di registrazione alla Corte dei conti del decreto di approvazione del contratto, e non oltre quarantacinque giorni dalla data di approvazione del contratto quando la registrazione della Corte dei conti non è richiesta per legge; per le altre stazioni appaltanti il termine di quarantacinque giorni decorre dalla data di stipula del contratto. Il comma 3 precisa che, qualora l'esecutore non si presenti, senza giustificato motivo, nel giorno fissato dal direttore dei lavori per la consegna, la stazione appaltante ha facoltà di risolvere il contratto e di incamerare la cauzione, oppure, di fissare una nuova data per la consegna, ferma restando la decorrenza del termine contrattuale dalla data della prima convocazione.

§  la costituzione del collegio consultivo tecnico (di cui all’art. 6 del D.L. n. 76/2020);

L'art. 6 del D.L. n. 76/2020 prevede, fino al 31 dicembre 2021, la obbligatoria costituzione presso ogni stazione appaltante, con funzioni in materia di sospensione dell'esecuzione dell'opera pubblica e di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie, di un collegio consultivo tecnico per i lavori relativi ad opere pubbliche pari o superiore alle soglie di rilevanza europea. La norma precisa che il collegio va costituito prima dell'avvio dell'esecuzione o comunque non oltre dieci giorni da tale data, ovvero entro trenta giorni per i contratti la cui esecuzione sia già iniziata.

§  gli atti e le attività di cui all’art. 5 del decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120;

L’art. 5 del D.L. n. 76/2020 (cd. decreto semplificazioni) – per il cui commento si rinvia alla scheda del relativo dossier – disciplina, fino al 31 dicembre 2021 e in deroga all’art. 107 del D. Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), i casi di sospensione dell'esecuzione dell'opera pubblica con riferimento ai contratti pubblici il cui valore sia pari o superiore alla soglia di rilevanza europea, stabilendo che la sospensione può avvenire, esclusivamente per il tempo strettamente necessario al loro superamento, per le seguenti ragioni:

-        cause previste da disposizioni di legge penale, dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al D. Lgs. n. 159/2011, nonché da vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea;

-        gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria globale da COVID-19;

-        gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti;

-        gravi ragioni di pubblico interesse.

Si ricorda che l'art. 107 del Codice dei contratti pubblici riconduce invece la possibilità di sospensione dei lavori alle seguenti fattispecie:

-        il direttore dei lavori può disporre la sospensione dell'esecuzione del contratto in tutti i casi in cui ricorrano circostanze speciali che impediscono in via temporanea che i lavori procedano utilmente a regola d'arte, e che non siano prevedibili al momento della stipulazione del contratto (comma 1);

-        il RUP può disporre la sospensione dei lavori per ragioni di necessità o di pubblico interesse, tra cui l'interruzione di finanziamenti per esigenze sopravvenute di finanza pubblica, disposta con atto motivato delle amministrazioni competenti (comma 2);

-        si provvede alla sospensione parziale dei lavori non eseguibili, qualora, successivamente alla consegna dei lavori, insorgano, per cause imprevedibili o di forza maggiore, circostanze che impediscano parzialmente il regolare svolgimento dei lavori; l'esecutore è tenuto a proseguire le parti di lavoro eseguibili (comma 4);

-        sospensioni totali o parziali dei lavori possono essere disposte dalla stazione appaltante per cause diverse da quelle di cui ai commi 1, 2 e 4 (comma 6).

Tra i termini previsti dal citato art. 5 si segnalano i seguenti:

-        per le ipotesi di sospensione di cui al comma 1, lettere b) e d) del citato art. 5 (gravi ragioni di ordine pubblico o salute pubblica e gravi ragioni di pubblico interesse), il termine di 15 giorni dalla comunicazione al collegio consultivo tecnico della sospensione dei lavori, entro cui la stazione appaltante propone all’autorità competente l’autorizzazione alla prosecuzione dei lavori, e il termine di 10 giorni dalla suddetta proposta entro cui la stazione appaltante o l’autorità competente autorizzano la prosecuzione dei lavori (comma 2);

-        per le ipotesi di sospensione di cui al comma 1, lettera c) (gravi ragioni di ordine tecnico), il termine di 15 giorni dalla comunicazione della sospensione dei lavori ovvero della causa che potrebbe determinarla, entro cui il collegio consultivo tecnico adotta una determinazione con cui accerta l'esistenza di una causa tecnica di legittima sospensione dei lavori e indica le modalità con cui proseguire i lavori (comma 3);

-        il ritardo, non giustificato dalle esigenze di cui al comma 1, nell’avvio o nell’esecuzione dei lavori per un termine di almeno un decimo del tempo previsto o stabilito per la realizzazione dell'opera e, comunque, pari ad almeno trenta giorni per ogni anno previsto o stabilito per la realizzazione dell'opera, decorso il quale si applicano le disposizioni del comma 4 in materia di risoluzione di diritto del contratto e di scelta della modalità alternativa di prosecuzione di lavori (esecuzione in via diretta, scorrimento della graduatoria di gara, nuova procedura di affidamento, proposta di nomina di un commissario straordinario) (comma 5).

§  nonché gli altri termini, anche endoprocedimentali, previsti dalla legge, dall’ordinamento della stazione appaltante o dal contratto per l’adozione delle determinazioni relative all’esecuzione dei contratti pubblici PNRR e PNC.

Si ricorda che l’art. 2, comma 9-bis, della L. n. 241/1990 – come risultante dalle modifiche apportate dall’art. 61 del decreto-legge in esame (alla cui scheda si rinvia) – assegna all'organo di governo il compito di individuare un soggetto nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione o una unità organizzativa cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione.

Il successivo comma 9-ter – anch’esso riscritto dall’art. 61 del decreto-legge in esame – dispone che, decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il responsabile o l’unità organizzativa di cui al comma 9-bis, d’ufficio o su richiesta dell’interessato, esercita il potere sostitutivo e, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, conclude il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario (prevedendo l’esercizio anche d’ufficio del potere sostitutivo, rispetto alla formulazione previgente che lo subordinava alla richiesta del privato).

Potrebbe valutarsi l’opportunità di precisare che il potere sostitutivo è esercitato nei confronti del responsabile unico del procedimento di cui all’art. 48, comma 2, del decreto in esame.

Si potrebbe inoltre chiarire se per “termini originariamente previsti” – scaduti i quali si attiva il potere sostitutivo – si intendano quelli previsti a regime dal Codice dei contratti pubblici ovvero quelli stabiliti in deroga da norme successive (quali, ad esempio, l’art. 5 del DL 76/2020), provvedendosi altresì a determinare i nuovi e più ridotti termini entro cui deve essere esercitato il potere sostitutivo in relazione a termini originari non dimezzabili in quanto costituiti da un numero di giorni dispari.

 

Il comma 3 dispone che il contratto diviene efficace con la stipulazione e non trova applicazione l’art. 32, comma 12, del D. Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

L’art. 32, comma 12, del Codice dei contratti pubblici prevede che il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva dell'esito positivo dell'eventuale approvazione e degli altri controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti. Il successivo comma 13 precisa che l'esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lo stesso è divenuto efficace (ai sensi del comma 12), salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante ne chieda l'esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni previste al comma 8.

 

Il comma 4 introduce un premio di accelerazione per i casi di anticipata ultimazione dei lavori ed innalza l’importo delle penali per il ritardato adempimento.

Nel dettaglio, al primo periodo si dispone che la stazione appaltante prevede, nel bando o nell’avviso di indizione della gara, che, qualora l’ultimazione dei lavori avvenga in anticipo rispetto al termine ivi indicato, è riconosciuto, a seguito dell’approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, un premio di accelerazione per ogni giorno di anticipo determinato sulla base degli stessi criteri stabiliti per il calcolo della penale, mediante utilizzo delle somme per imprevisti indicate nel quadro economico dell’intervento, nei limiti delle relative disponibilità, sempre che l’esecuzione dei lavori sia conforme alle obbligazioni assunte.

La relazione tecnica evidenzia come il comma 4 non comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto il premio verrà corrisposto mediante utilizzo delle somme indicate nel quadro economico dell’intervento alla voce imprevisti.

 

Il secondo periodo stabilisce che, in deroga all’art. 113-bis del D. Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), le penali dovute per il ritardato adempimento possono essere calcolate in misura giornaliera compresa tra lo 0,6 per mille e l’1 per mille dell’ammontare netto contrattuale, da determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate al ritardo, e non possono comunque superare, complessivamente, il 20 per cento di detto ammontare netto contrattuale.

L’art. 113-bis, comma 4, del Codice dei contratti pubblici prevede che i contratti di appalto prevedono penali per il ritardo nell'esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell'appaltatore commisurate ai giorni di ritardo e proporzionali rispetto all'importo del contratto o alle prestazioni del contratto. Le penali dovute per il ritardato adempimento sono calcolate in misura giornaliera compresa tra lo 0,3 per mille e l'1 per mille dell'ammontare netto contrattuale, da determinare in relazione all'entità delle conseguenze legate al ritardo, e non possono comunque superare, complessivamente, il 10 per cento di detto ammontare netto contrattuale.

 


 

 

Articolo 51
(Modifiche al decreto-legge n. 76 del 2020
)

 

L'articolo 51, nel testo così come modificato dalla Camera dei deputati, reca una serie di modifiche al decreto-legge n. 76 del 2020, cosiddetto decreto-legge "semplificazioni" che si riportano di seguito illustrandole schematicamente.

 

In particolare, il comma 1:

-        alla lettera a) prevede la modifica dell’articolo 1 del citato decreto- legge, al fine di prorogare dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2023 le procedure per l'incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all'aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia previste dall’articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 76 del 2020.

 

Si ricorda che tali procedure riguardano, in sintesi, modalità di affidamento semplificate per il sottosoglia (aumento della soglia per procedere con affidamenti diretti e possibilità di utilizzare le procedure negoziate senza pubblicazione del bando).

 

Al punto 2 si interviene sul comma 2 del medesimo articolo 1 confermando l’affidamento diretto per i lavori fino a 150.000 euro ed elevando a 139.000 euro il limite per l’affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici, delle forniture e servizi (ivi inclusi servizi di ingegneria e architettura) nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità.

A seguito dell'approvazione di una modifica presso la Camera dei deputati, si prevede che la scelta debba ricadere su soggetti in possesso di pregresse e documentate esperienze analoghe a quelle oggetto di affidamento, anche individuati tra coloro che risultano iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante, comunque nel rispetto del principio di rotazione.

Si prevede, inoltre, la procedura negoziata con 5 operatori per i lavori oltre i 150.000 euro e fino a un milione e per forniture e servizi (ivi inclusi servizi di ingegneria e architettura).

In ragione delle modifiche di cui al punto 2)  si semplifica l’affidamento dei contratti sotto soglia di forniture e servizi, uniformando le Amministrazioni centrali e le altre pubbliche amministrazioni, posto che le prime potranno procedere con affidamento diretto fino ad un importo di 139.000 euro e a gara comunitaria per affidamenti pari o superiori al predetto importo mentre le seconde potranno procedere mediante affidamento diretto fino a 139.000 euro, mediante procedura negoziata con 5 inviti fino alla  soglia di cui all’articolo 35 del codice dei contratti pubblici e per importi pari o superiori alla soglia di cui all’art. 35 del codice dei contratti a gara comunitaria (procedura aperta o ristretta).

 

-        alla lettera b) si modifica l’articolo 2 del decreto legge n. 76 del 2020.

In particolare, al punto 1) si novella il comma 1, prevedendo la proroga fino al 30 giugno 2023 delle disposizioni di semplificazione previste nel medesimo articolo 2. Inoltre, al punto 2) si prevede, mediante un’integrazione del comma 3, che le procedure di affidamento semplificate previste nel suddetto comma si applichino, nel caso sussista la necessità, anche agli interventi inerenti al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);

 

A seguito di una modifica approvata dalla Camera dei deputati, viene prorogata dal 31 dicembre del 2021 al 30 giugno del 2023 la possibilità per le società del gruppo Ferrovie dello Stato di stipulare, anche in deroga alla disciplina del codice degli appalti, apposite convenzioni al fine di potersi avvalere delle prestazioni di beni e servizi rese dalle altre società del gruppo, nonché la possibilità per ANAS S.p.A.  di avvalersi dei contratti e anche di accordi quadro, stipulati dalle società del gruppo Ferrovie dello Stato per gli acquisti unitari di beni e servizi appartenenti alla stessa categoria merceologica e legati alla stessa funzione.

 

-            la lettera c) proroga fino al 30 giugno 2023 le disposizioni di semplificazione previste dall’articolo 3, commi 1 e 2, in materia  di verifiche antimafia e protocolli di legalità che consentono alle pubbliche amministrazioni di corrispondere ai privati agevolazioni o benefici economici, anche in assenza della documentazione antimafia, con il vincolo della restituzione laddove in esito alle verifiche antimafia dovesse essere pronunciata una interdittiva e di stipulare contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture sulla base di una informativa antimafia liberatoria provvisoria, valida per 60 giorni, con il vincolo del recesso se le verifiche successive dovessero comportare una interdittiva antimafia.

Infine, a seguito di modifica approvata dalla Camera dei deputati, si prevede che, per garantire una maggiore efficacia e tempestività alle verifiche antimafia, le relative interrogazioni possano essere demandate al gruppo interforze tramite il "Sistema di indagine" gestito dal Centro elaborazione dati del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

 

-        la lettera d) modifica l’articolo 5 del decreto-legge n. 76 del 2020 in materia di sospensione dell'esecuzione dell'opera pubblica al fine di prorogarne l’efficacia sino  al 30 giugno 2023 (punto 1) nonché di chiarire (punto 2) che, nelle ipotesi previste dal comma 1, lettere b) - gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l'emergenza sanitaria globale da COVID-19 - e d) - gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d'arte dell'opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti -, le stazioni appaltanti o le autorità competenti autorizzano nei successivi dieci giorni la prosecuzione dei lavori nel rispetto delle esigenze sottese ai provvedimenti di sospensione adottati, salvi i casi di assoluta e motivata incompatibilità tra causa della sospensione e prosecuzione dei lavori, sulla base del parere (e non già determinazione) del Collegio consultivo tecnico.

 

-        la lettera e) apporta modifiche all’articolo 6 del decreto-legge n. 76 del 2020, recante la disciplina del Collegio consultivo tecnico. In particolare, al punto 1) si prorogano al 30 giugno 2023 tutte le previsioni ivi contenute, in scadenza al 31 dicembre 2021. Al punto 2) si modifica il comma 2 precisando che le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini uno o due componenti del collegio individuati anche tra il proprio personale dipendente ovvero tra persone ad esse legate da rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione anche continuativa in possesso dei requisiti previsti.

 

Al punto 3), al fine in rafforzare il valore delle determinazioni assunte dal Collegio consultivo tecnico, nonché la loro efficacia conformativa, si modifica il comma 3, stabilendo che laddove il provvedimento che definisce il giudizio corrisponda interamente al contenuto della determinazione del collegio consultivo, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che non ha osservato la determinazione, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.

 

Al punto 4) si interviene sul comma 7, sopprimendo il secondo periodo (il quale prevede che, in mancanza di determinazioni o pareri, ai componenti il Collegio spetta un gettone unico onnicomprensivo).

Al punto 5) si prevede l’inserimento nell’articolo 6 del nuovo comma 8- bis. In particolare, il comma 8-bis prevede che, con provvedimento del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sono approvate apposite Linee guida volte a definire i requisiti professionali e i casi di incompatibilità dei membri e del Presidente del collegio consultivo tecnico, i criteri preferenziali per la loro scelta, i parametri per la determinazione dei compensi rapportati al valore e alla complessità dell’opera, nonché all’entità e alla durata dell’impegno richiesto ed al numero e alla qualità delle determinazioni assunte, le modalità di costituzione e funzionamento del collegio e il coordinamento con gli altri istituti consultivi, deflattivi e contenziosi esistenti. Infine, si stabilisce che con il medesimo decreto, è istituito presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un Osservatorio permanente per assicurare il monitoraggio sull’attività dei collegi consultivi tecnici, al quale ciascun Presidente dei predetti collegi è tenuto a trasmettere gli atti di nomina e le determinazioni assunte dal collegio entro cinque giorni dall’adozione. Ai componenti dell’osservatorio non spettano indennità, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

-        la lettera f) proroga fino al 30 giugno 2023 le disposizioni di semplificazione previste dall’articolo 8, comma 1, che prevede che: la consegna dei lavori in via d’urgenza è sempre autorizzata; si possa ovviare alla visita dei luoghi, nonché alla consultazione sul posto dei documenti di gara quando non necessario; si possano applicare le riduzioni dei termini per motivi di urgenza per le procedure ordinarie; si possano prevedere affidamenti anche nel caso in cui questi non siano stati preventivamente inseriti in programmazione a condizione che si provveda ad aggiornare i documenti programmatori;

 

A seguito dell'approvazione di modifiche da parte della Camera dei deputati, viene introdotta per gli immobili di interesse culturale una deroga alle altezze minime, così come disciplinate dal decreto del Ministro per la sanità del 5 luglio del 1975.

In particolare, secondo quanto previsto dalle proposte emendative approvate, l'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in 2,4 metri riducibile a 2,2, metri per i corridoi, per i disimpegni in genere, i bagni i gabinetti e i ripostigli.

Per quanto concerne la presentazione e il rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e la riqualificazione edilizia degli immobili e per la segnalazione certificata della loro agibilità, gli emendamenti approvati precisano che si potrà fare riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti anche in caso di interventi di ristrutturazione e modifica di destinazione d'uso.

 

-        la lettera g) proroga fino al 30 giugno 2023 le disposizioni di semplificazione previste dall’articolo 13, comma 1, recante “Accelerazione del procedimento in conferenza di servizi”;

 

-        la lettera h) proroga fino al 30 giugno 2023 le disposizioni di semplificazione previste dall’articolo 21, comma 2, in materia di responsabilità erariale, che prevede che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta, con la precisazione che tale limitazione di responsabilità non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.

 

Il comma 2 dell'articolo in questione precisa che la proroga sino al 30 giugno 2023 relativa alle previsioni recate dall’articolo 2, comma 1 del decreto-legge n. 76 del 2020, non opera con riferimento alle disposizioni recate dal comma 4 del medesimo articolo 2 che, seppure limitatamente ad alcuni specifici settori, sino al 31 dicembre 2021 autorizza le stazioni appaltanti ad operare in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

 

Il comma 3 specifica che le modifiche apportate dal comma 1, lettera a), numero 2), numeri 2.1 e 2.2, all’articolo 1, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge n. 76 del 2020, si applicano alle procedure avviate dopo l’entrata in vigore del presente decreto. Per le procedure i cui bandi o avvisi di indizione della gara siano pubblicati prima dell’entrata in vigore del presente decreto, ovvero i cui inviti a presentare le offerte o i preventivi siano inviati entro la medesima data, continua ad applicarsi il citato articolo 1 del decreto-legge n. 76 del 2020 nella formulazione antecedente alle modifiche apportate con il presente decreto.


 

 

Articolo 52, comma 1
(Proroghe e modifiche riguardanti il D.L. 32/2019
in materia di contratti pubblici)

 

L’articolo 52, comma 1, lettera a), proroga l’efficacia di diverse disposizioni contenute nell’art. 1 del D.L. 32/2019 (c.d. decreto “sblocca cantieri”) di sospensione di norme del Codice dei contratti pubblici. Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è stata introdotta una modifica all’art. 4 del D.L 32/2019, al fine di differire dal 30 giugno 2021 al 31 dicembre 2021 il termine per l’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’individuazione di ulteriori interventi per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari.

In particolare, l’articolo in esame proroga le norme riguardanti:

-        le procedure previste a favore dei comuni non capoluogo di provincia per acquisti di lavori, servizi e forniture (con esclusione degli acquisti per gli interventi contenuti nel PNRR e nel PNC) (fino al 30 giugno 2023);

-        la sospensione del divieto di “appalto integrato” (fino al 30 giugno 2023);

-        la sospensione dell’obbligo di scelta dei commissari aggiudicatori tra gli esperti iscritti all'Albo istituito presso l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) (fino al 30 giugno 2023);

-        la procedura che dispone l’esame delle offerte prima della verifica dell'idoneità degli offerenti partecipanti alla gara aperta (fino al 30 giugno 2023);

-        la restrizione dei casi in cui è richiesto il parere obbligatorio del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici (fino al 30 giugno 2023);

-        l’introduzione della verifica preventiva dell'interesse archeologico tra le riserve in materia di accordo bonario (fino al 30 giugno 2023);

-        gli affidamenti di opere con il finanziamento della sola progettazione e di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria con la sola redazione della progettazione definitiva (fino all’anno 2023);

-        l’approvazione da parte del soggetto aggiudicatore delle varianti ai progetti definitivi per le infrastrutture strategiche (fino all’anno 2023).

-        l’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori (fino al 31 dicembre 2023);

-        le verifiche in sede di gara sui motivi di esclusione dell’operatore, anche a carico del subappaltatore (fino al 31 dicembre 2023).

 

L’articolo 52 prevede, inoltre, l’abrogazione della norma che prevede la presentazione da parte del Governo della relazione al Parlamento sugli effetti delle sospensioni sperimentali di norme del Codice previste dall’art. 1 del D.L. 32/2019 per gli anni 2019 e 2020. 

Proroga della sospensione sperimentale di norme del Codice dei contratti pubblici

In primo luogo, la lettera a), n. 1.1, modificando il comma l dell’art. 1 del D.L. 32/2019, proroga dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2023 la sospensione dell’applicazione di determinate norme del Codice dei contratti pubblici, contenute nelle lettere a)-c) del medesimo comma 1 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, sulle procedure per gli acquisti di lavori, servizi e forniture da parte dei comuni non capoluogo di provincia, sul divieto di appalto integrato e sulla scelta dei membri della commissione che individua il soggetto affidatario del contratto (vedi infra).

In secondo luogo, la lettera a), n. 1.2, integrando la disposizione prevista alla lettera a) del medesimo art. 1, comma 1, del D.L. 32/2019, ora prorogata al  30 giugno 2023, esclude dalla sospensione dell’applicazione delle procedure indicate all’art. 37, comma 4 del D.L. 32/2019 (vedi infra), in merito agli acquisti di lavori, forniture e servizi effettuati dai comuni non capoluogo di provincia, gli acquisti effettuati con gli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, dalle risorse del Regolamento 2021/240 (che istituisce lo strumento di sostegno tecnico, anche per l’attuazione delle riforme incluse nei Piani nazionali di ripresa e resilienza) e del Regolamento 2021/241 (che istituisce il dispositivo per il Piano per la ripresa e la resilienza - PNRR), nonché dalle risorse del Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) di cui all’art. 1 del D.L. 59/2021.

La norma in esame specifica che - nelle more di una disciplina diretta ad assicurare la riduzione, il rafforzamento e la qualificazione delle stazioni appaltanti -  per le procedure afferenti alle opere PNRR e PNC, i comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di forniture, servizi e lavori - oltre che secondo le modalità indicate dal citato art. 37, comma 4, del D.L. 32/2019 -  anche attraverso le unioni di comuni, le province, le città metropolitane e i comuni capoluoghi di province.  

 

 

Entrando nel dettaglio delle disposizioni prorogate dal n. 1.1 della lettera a), il comma 1 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 stabilisce fino al 31 dicembre 2021 (termine ora prorogato al 30 giugno 2023, e in precedenza prorogato al 31 dicembre 2021 dall’art. 8, comma 7, lett. a), del D.L. 76/2020, in luogo del termine originario del 31 dicembre 2020 previsto nel D.L. 32/2019) - nelle more della riforma complessiva del settore degli appalti pubblici e, comunque, nel rispetto dei principi e delle norme sancite dall'Unione europea (in particolare delle direttive su appalti e concessioni, nn. 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE) – la non applicazione, a titolo sperimentale, delle seguenti norme del Codice dei contratti pubblici, indicate nelle seguenti lettere a)-c) del medesimo comma 1 dell’art. 1 del D.L. 32/2019:

-        art. 37, comma 4, che disciplina le modalità con cui i comuni non capoluogo di provincia devono provvedere agli acquisti di lavori, servizi e forniture (lett. a).

Il comma 4 dell’art. 37 prevede che, qualora la stazione appaltante sia un comune non capoluogo di provincia (ferme restando le facilitazioni previste dai commi 1 e 2 dello stesso articolo 37 per gli acquisti di importo contenuto), si proceda secondo una delle seguenti modalità:

a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;

b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento;

c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta.

-        art. 59, comma 1, quarto periodo, che stabilisce il divieto diappalto integrato” (salvo le eccezioni contemplate nel periodo stesso[30]), cioè il divieto di affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori (lett. b).

In deroga a tale divieto, l’art. 216, comma 4-bis, del Codice, ha già introdotto una disposizione transitoria volta a prevedere la non applicazione del divieto per le opere i cui progetti definitivi risultino definitivamente approvati dall'organo competente alla data di entrata in vigore del Codice (19 aprile 2016) con pubblicazione del bando entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione (vale a dire entro il 20 maggio 2018, dato che il comma 4-bis è stato introdotto dall’art. 128 del D. Lgs. 56/2017, pubblicato nella G.U. del 5 maggio 2017 ed entrato in vigore dopo 15 giorni dalla pubblicazione, come previsto dall’art. 131 del medesimo decreto legislativo). Si ricorda che nei considerando della c.d. direttiva appalti (n. 2014/24/UE) si legge che “vista la diversità degli appalti pubblici di lavori, è opportuno che le amministrazioni aggiudicatrici possano prevedere sia l'aggiudicazione separata che l'aggiudicazione congiunta di appalti per la progettazione e l'esecuzione di lavori. La presente direttiva non è intesa a prescrivere un'aggiudicazione separata o congiunta degli appalti”.

-        art. 77, comma 3, in merito all'obbligo di scegliere i commissari tra gli esperti iscritti all'Albo istituito presso l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di cui all'art. 78, fermo restando l'obbligo di individuare i commissari secondo regole di competenza e trasparenza, preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante (lett. c).

L’art. 77 del Codice dei contratti pubblici prevede - per i casi di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa - che la valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico sia affidata ad una commissione giudicatrice, composta da esperti nello specifico settore cui afferisce l'oggetto del contratto. A tal fine, l’art. 78 ha previsto la creazione presso l'ANAC di un Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici, al fine di rafforzare regole di garanzia, trasparenza ed imparzialità. Nelle more dell’adozione della disciplina in materia di iscrizione all'Albo, l’art. 216, comma 12, ha disposto che “la commissione giudicatrice continua ad essere nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante”.  Con le Linee Guida n. 5 dell'ANAC sono stati dettati i criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici. Inoltre, con l’Atto di segnalazione n. 1 del 9 gennaio 2019 della Autorità nazionale anticorruzione concernente la disciplina dell'Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici di cui all'art. 77 del Codice, l'ANAC aveva già segnalato al Governo e al Parlamento l'opportunità di apportare urgenti modifiche alla disciplina in tema di nomina delle commissioni giudicatrici di cui all'art. 77 del Codice. Tale modifica - secondo l'Autorità - "si rende necessaria alla luce della mancata o insufficiente iscrizione, da parte dei professionisti interessati, nelle sottosezioni dell'Albo dei commissari, circostanza che renderebbe, di fatto, non attuabile la modalità di nomina dei componenti del seggio di gara prevista dalle norme sopra richiamate".

Si ricorda che nell’art. 1, comma 1 del D.L. 32/2019, oggetto della modifica in esame, si specifica che la sospensione delle norme del Codice ivi richiamate è valida a partire dalle procedure per le quali i bandi o gli avvisi, con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo DL 32/2019 (19 aprile 2019), nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, per le procedure in relazione alle quali, alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte.

 

La lettera a), n. 2), abroga il comma 2 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 che prevede, entro il termine del 30 novembre 2021 (termine prorogato dal 30 novembre 2020 al 30 novembre 2021 dall'art. 8, comma 7, lett. b), del D.L. 76/2020), la presentazione da parte del Governo di una relazione al Parlamento sugli effetti della sospensione prevista dall’art. 1 del D.L. 32/2019, per gli anni 2019 e 2020, al fine di consentire al Parlamento di valutare l'opportunità del mantenimento o meno della sospensione stessa.

Proroga della procedura speciale per la selezione delle offerte

La lettera a), n. 3), proroga dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2023 (termine che l'art. 8, comma 7, lett. c), del D.L. 76/2020 aveva già prorogato dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021), l’applicazione, prevista dall'art. 1, comma 3, del DL n. 32/2019 anche per i settori ordinari, delle disposizioni dell'art. 133, comma 8, del Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016) valide per i settori speciali, le quali prevedono che nelle procedure aperte, gli enti aggiudicatori possono decidere che le offerte siano esaminate prima della verifica dell'idoneità degli offerenti e che tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell'avviso con cui si indice la gara.

I «settori ordinari» dei contratti pubblici sono i settori diversi da quelli del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica, come definiti dalla parte II del Codice, in cui operano le amministrazioni aggiudicatrici.

I «settori speciali» dei contratti pubblici sono i settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica, come definiti dalla parte II del Codice

L’art. 133, comma 8, del Codice dei contratti pubblici consente agli enti aggiudicatori - limitatamente alle procedure aperte[31] - di espletare l'operazione di esame delle offerte, prima dell'operazione di verifica dell'idoneità degli offerenti. Resta fermo - ai sensi dell'art. 133, comma 8 - che tale facoltà possa essere esercitata, se specificamente prevista nel bando di gara o nell'avviso con cui si indice la gara. Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici che si avvalgono di tale possibilità devono garantire che la verifica dell'assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso oppure che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall'amministrazione aggiudicatrice. Resta salva, infine, a seguito dell'aggiudicazione, la necessità di verificare il possesso dei requisiti richiesti ai fini della stipula del contratto.

 

Proroga delle semplificazioni per gli affidamenti di opere con progettazione e di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria con progettazione definitiva

La lettera a), ai nn. 4) e 5), estende fino all’anno 2023, le semplificazioni previste per gli anni 2019, 2020 e 2021 dai commi 4 e 6 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, per l’affidamento, rispettivamente, delle opere di cui risulta finanziata solo l’attività di progettazione e dei contratti di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria solo in base al progetto definitivo.

 

Nello specifico, il n. 4) della lettera a) estende l’applicazione fino all’anno 2023 della disposizione transitoria recata dal primo periodo del comma 4 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 (prevista in origine per gli anni 2019 e 2020, e poi estesa anche all’anno 2021 dall'art. 13, comma 2, lett. a), del D.L. 183/2020), che dispone, per gli anni 2019, 2020 e 2021, che i soggetti attuatori di opere per le quali deve essere realizzata la progettazione possono avviare le relative procedure di affidamento, anche in caso di disponibilità di finanziamenti limitati alle sole attività di progettazione. Il secondo periodo del medesimo comma dispone che le opere la cui progettazione è stata realizzata ai sensi del periodo precedente sono considerate prioritariamente ai fini dell'assegnazione dei finanziamenti per la loro realizzazione.

Il n. 5) della lettera a) estende l’applicazione fino all’anno 2023 della disposizione transitoria recata dal comma 6 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 (prevista in origine per gli anni 2019 e 2020, e poi estesa anche all’anno 2021 dall'art. 13, comma 2, lett. b), del D.L. 183/2020), che prevede l’applicazione di una disciplina semplificata per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria (ad esclusione degli interventi di manutenzione straordinaria che prevedano il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali di opere o impianti), precipuamente finalizzata a consentire l’affidamento sulla base del progetto definitivo e l’esecuzione a prescindere dall'avvenuta redazione e approvazione del progetto esecutivo.

Nel dettaglio, il comma 6 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 prevede che i contratti di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, ad esclusione degli interventi di manutenzione straordinaria che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere o di impianti, possono essere affidati, nel rispetto delle procedure di scelta del contraente previste dal d.lgs.50/2016, sulla base del progetto definitivo costituito almeno da una relazione generale, dall'elenco dei prezzi unitari delle lavorazioni previste, dal computo metrico-estimativo, dal piano di sicurezza e di coordinamento con l'individuazione analitica dei costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso. L'esecuzione dei predetti lavori può prescindere dall'avvenuta redazione e approvazione del progetto esecutivo.

Proroga delle deroghe sul parere obbligatorio per i lavori pubblici espresso dal Consiglio Superiore dei Lavori pubblici

Il n. 6) della lettera a) estende dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2023, l’applicazione di quanto previsto dal comma 7 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 in materia di deroghe sul parere obbligatorio del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici[32].

Nello specifico, la norma in esame prevede l’applicazione fino al 30 giugno 2023 delle seguenti deroghe all'art. 215, comma 3 del Codice dei contratti pubblici, introdotte, fino al 31 dicembre 2021, dall'art. 8, comma 7, lett. d), del D.L.76/2020:

-        parere obbligatorio del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici per i soli progetti di fattibilità tecnica ed economica di competenza statale (o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato) di importo pari o superiore a 100 milioni di euro;

-        parere obbligatorio dei comitati tecnici amministrativi (C.T.A) presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche per progetti di importo da 50 a 100 milioni di euro;

-        per lavori pubblici inferiori a 50 milioni di euro non è previsto il parere del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici.

-

Il comma 7 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, nel testo vigente prima delle modifiche recate dall'art. 8, comma 7, lett. d), del D.L.76/2020, prevedeva una deroga all’art. 215, comma 3 del Codice dei contratti pubblici, valida fino al 31 dicembre 2020, che elevava da 50 a 75 milioni di euro i limiti di importo per l'espressione del parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Per importi inferiori a 75 milioni di euro il parere obbligatorio era espresso dai comitati tecnici amministrativi (c.d. C.T.A.) presso i provveditorati interregionali per le opere pubbliche.

Si ricorda che l’art. 215, comma 3 del Codice prevede che il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprima: 1) parere obbligatorio sui progetti definitivi di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo superiore ai 50 milioni di euro; 2) parere sui progetti delle altre stazioni appaltanti che siano pubbliche amministrazioni, sempre superiori ai 50 milioni di euro, ove esse ne facciano richiesta; 3) per i lavori pubblici di importo inferiore a 50 milioni di euro, le competenze del Consiglio superiore sono esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche. Qualora il lavoro pubblico di importo inferiore a 50 milioni di euro, presenti elementi di particolare rilevanza e complessità il provveditore sottopone il progetto, con motivata relazione illustrativa, al parere del Consiglio superiore.

 

La norma in esame integra, inoltre, il citato comma 7 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, al fine di escludere dalle previste deroghe il parere obbligatorio del Consiglio dei lavori pubblici sulla costruzione e l'esercizio delle dighe di ritenuta contenuto nel D.P.R. 1 novembre 1959, n. 1363, recante l’approvazione del regolamento per la compilazione dei progetti, la costruzione e l'esercizio delle dighe di ritenuta, che disciplina, in materia, le funzioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

In base all’art. 1 del D.M. del 16 ottobre 2020 (Parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici sui progetti delle concessionarie statali), comma 2, fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1, comma 7, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, ora prorogato fino al 30 giugno 2023,  sono sottoposti al parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici, esclusivamente, i progetti di fattibilità tecnica ed economica relativi alle opere da realizzare da parte di ANAS e delle altre concessionarie autostradali di importo pari o superiore a quello previsto dal primo periodo del comma 7 del citato art. 1, cioè di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro.

Proroga della disciplina sull’accordo bonario relativo alla verifica preventiva dell'interesse archeologico

Il n. 7) della lettera a) estende dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2023 l’applicazione della norma transitoria prevista dal comma 10 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, in materia di iscrizione di riserva degli aspetti progettuali riguardanti la verifica preventiva dell'interesse archeologico.

Nello specifico, il comma 10 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 (c.d. sblocca cantieri), prevede che fino al 31 dicembre 2020 (termine poi esteso al 31 dicembre 2021 dall’art. 13, comma 2, lettera b-bis) del D.L. 183/2020, ed ora prorogato fino al 30 giugno 2023) possono essere oggetto di riserva anche gli aspetti progettuali dell'art. 25 (disciplina della procedura per la verifica preventiva dell'interesse archeologico). In conseguenza di quanto previsto, tali aspetti progettuali rientrano nell'ambito di applicazione dell'istituto dell’accordo bonario di cui all'art. 205 del Codice.

In base all’art. 23 del Codice dei contratti pubblici, la progettazione in materia di lavori pubblici si articola in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo. La redazione del progetto di fattibilità prevede tra l’altro lo svolgimento anche delle verifiche preventive dell'interesse archeologico, ai sensi del comma 6 dell’art. 23.

Per la verifica preventiva dell'interesse archeologico, come stabilito dall’art. 25 del Codice dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti inviano alle sovrintendenze competenti prima dell'approvazione del progetto copia del progetto di fattibilità dell'intervento o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici, ivi compresi gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari, con particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all'esito delle ricognizioni volte all'osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni. Il sovrintendente, ove lo ritenga necessario in base all'esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, può richiedere motivatamente, entro trenta giorni dal ricevimento del progetto di fattibilità ovvero dello stralcio, la sottoposizione dell'intervento alla procedura di verifica preventiva. Per i progetti di grandi opere infrastrutturali o a rete il termine della richiesta per la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico è stabilito in sessanta giorni. Detta procedure di verifica preventiva consiste nel compimento di determinate indagini e nella redazione dei documenti integrativi del progetto di fattibilità.

L’art. 205 del Codice disciplina l’accordo bonario per i lavori. In particolare, oltre alle riserve sui documenti contabili, specifica anche che “non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica ai sensi dell'articolo 26”. Il citato art. 205 del Codice disciplina, in sintesi, la procedura di accordo bonario (al fine di non arrivare ad un contenzioso in sede giudiziale tra le parti coinvolte) per i lavori affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, ovvero dai concessionari, qualora, in seguito all'iscrizione di riserve sui documenti contabili, l'importo economico dell'opera possa variare tra il 5 ed il 15 per cento dell'importo contrattuale. Tale normativa è applicabile anche agli appalti di servizi e forniture in base a quanto previsto dall’art. 206 del Codice.

Nell’art. 26 del Codice dei contratti pubblici, in cui si disciplina la verifica preventiva della progettazione, al comma 1, si prevede che la stazione appaltante, nei contratti relativi ai lavori, verifica la rispondenza degli elaborati progettuali ai documenti di cui all'articolo 23 sulla progettazione, nonché la loro conformità alla normativa vigente. In particolare, il comma 6, lettera b),  individua tra i soggetti che possono svolgere l’attività di verifica, per i lavori di importo inferiore a venti milioni di euro e fino alla soglia di rilevanza europea di cui all'art. 35, oltre che gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti ove il progetto sia stato redatto da progettisti esterni, anche le stesse stazioni appaltanti (dotate di un sistema interno di controllo di qualità ove il progetto sia stato redatto da progettisti interni), per effetto della modifica introdotta dall’art. 1, comma 20, lettera c) del D.L. 32/2019.

 

Proroga della norma in materia di approvazione delle varianti ai progetti definitivi relativi alle infrastrutture strategiche

Il n. 8) della lettera a) estende fino all’anno 2023 la disposizione, contenuta nel comma 15 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, come integrata dall’art. 42, comma 1 lettere a), b) e c)  del D.L. 76/2020, che disciplina - per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche, di cui all'art. 216, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici – l’approvazione delle varianti da apportare al progetto definitivo, approvato dal CIPE, sia in sede di redazione del progetto esecutivo sia in fase di realizzazione delle opere.

In origine, la norma oggetto della proroga in esame era applicabile solo per gli anni 2019 e 2020. Successivamente, è stata estesa anche agli anni 2021 e 2022 dall’art. 42, comma 1 lettera a) del D.L. 76/2020.

In particolare, la norma oggetto di proroga prevede l’approvazione delle citate varianti al progetto definitivo, esclusivamente, da parte del soggetto aggiudicatore, anche ai fini della localizzazione e, ove occorrente, previa convocazione da parte di quest'ultimo della Conferenza di servizi, qualora non superino del 50 per cento il valore del progetto approvato; in caso contrario, tali varianti sono approvate dal CIPE. In caso di approvazione da parte del soggetto aggiudicatore, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili informa il CIPE.

Il Codice dei contratti pubblici ha abrogato la disciplina speciale (che era contenuta nel capo IV del titolo III della parte II dell'abrogato decreto legislativo n. 163 del 2006) con cui sono state programmate, progettate e realizzate le infrastrutture strategiche dal 2001 (l'abrogazione, in particolare, ha riguardato i commi da 1 a 5 della legge n. 443/2001, cd. "legge obiettivo"). Nel contempo, è stata introdotta una nuova disciplina per la programmazione e la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese, che dovrà essere definita nel Documento pluriennale di pianificazione (DPP) che peraltro allo stato non risulta ancora adottato. In sintesi, la disciplina delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari si basa sull'adozione di due strumenti di pianificazione e programmazione: il piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL), che contiene le linee strategiche delle politiche della mobilità delle persone e delle merci nonché dello sviluppo infrastrutturale del Paese; il documento pluriennale di pianificazione (DPP), che contiene l'elenco degli interventi relativi al settore dei trasporti e della logistica la cui progettazione di fattibilità è valutata meritevole di finanziamento, da realizzarsi in coerenza con il piano generale dei trasporti e della logistica.

In base al disposto del comma 1-bis dell’art. 216 del Codice, i progetti relativi agli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di VIA sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del Codice (vale a dire il 19 aprile 2016), sono approvati secondo la disciplina previgente il D.Lgs. 50/2016, cioè il D.Lgs. 163/2006.

In tema di monitoraggio delle infrastrutture strategiche e prioritarie si veda l’ultimo “Rapporto infrastrutture strategiche 2021”, pubblicato dalla Camera dei deputati, anche con riferimento (v. cap. 1) ai profili problematici della disciplina normativa in materia di programmazione delle infrastrutture strategiche e prioritarie a seguito delle stratificazioni succedutesi nel tempo, nonché il connesso Sistema Informativo legge opere Strategiche (SILOS), anch’esso disponibile sul sito web della Camera dei deputati, che contiene una tabella generale degli interventi e 200 schede riguardanti le opere infrastrutturali deliberate dal CIPE e le tratte ferroviarie Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina. 

 

Proroga delle sospensioni in materia di subappalto per gli affidamenti di appalti e concessioni pubbliche

 

Il n. 9) della lettera a) proroga dal 31 dicembre 2021 (termine così determinato dall'art. 13, comma 2, lett. c), del D.L. 183/2020, e originariamente fissato al 31 dicembre 2020 dal D.L. 32/2019) al 31 dicembre 2023, le sospensioni previste dal secondo periodo del comma 18 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, nelle more di una complessiva revisione del Codice dei contratti pubblici, riguardanti:

§  l’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori in sede di gara per gli affidamenti di appalti pubblici e concessioni, previsto, rispettivamente, dal comma 6 dell'art. 105 (appalti di lavori, servizi e forniture pubbliche) e dal terzo periodo del comma 2 dell'art. 174 (appalti di concessioni pubbliche);

§  le verifiche in sede di gara volte alla esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto o concessione, in base ai motivi di esclusione previsti all'art. 80 del Codice, anche riferite al suo subappaltatore.  

Al Senato la disciplina del subappalto è oggetto di modifiche anche da parte dell’art. 8 del disegno di legge europea 2019-2020 (A.S.2169-A), già approvato dalla Camera. In particolare, l’art. 8 novella alcuni articoli del Codice dei contratti pubblici, al fine di conformare l’ordinamento italiano a quanto indicato nella procedura di infrazione europea n. 2018/2273 (per un esame delle modifiche proposte si rinvia al relativo dossier).

Si evidenzia, inoltre, che l’art. 1, comma 18, primo periodo, del D.L. 32/2019, che ha previsto l’innalzamento del limite del subappalto dal 30 al 40 per cento fino al 30 giugno 2021, risulta abrogato dall’art. 49 del decreto-legge in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia anche per le altre modifiche in tema di subappalto ivi previste.

 

In merito alla normativa che viene richiamata dalla norma in esame, si ricorda che il comma 6 dell’art. 105 del Codice prevede, per gli appalti pubblici (lavori servizi e forniture) di valore pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, nonché per gli appalti che, pur essendo di valore inferiore alle soglie, riguardano specifiche attività individuate dalla normativa italiana come particolarmente esposte al rischio d’infiltrazione mafiosa, l’obbligo per gli operatori di indicare nelle loro offerte una terna di subappaltatori.

L’art. 174, che disciplina il subappalto nelle concessioni pubbliche, al comma 2, terzo periodo, prevede che in sede di offerta gli operatori economici, che non siano microimprese, piccole e medie imprese, per le concessioni di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie europea, indichino una terna di nominativi di sub-appaltatori nei seguenti casi: a) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione; b) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali risulti possibile reperire sul mercato una terna di nominativi di subappaltatori da indicare, atteso l'elevato numero di operatori che svolgono dette prestazione.

Si ricorda infine che in base all’art. 80, commi 1 e 5, del Codice, l’operatore economico può essere escluso in sede di verifica di gara anche con riferimento al suo subappaltatore per una condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena per determinati reati e risulta altresì prevista l’esclusione, anche riferita a un suo subappaltatore, nei casi di gravi infrazioni alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fallimento o in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo, dubbi adeguatamente dimostrati da parte della stazione appaltante sulla sua integrità o affidabilità. 

 

Commissari straordinari per la realizzazione di ulteriori interventi

 

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è stata inserita la lettera a-bis) che modifica l’art. 4, comma 1 del D.L. 32/2019, il quale disciplina la nomina e le funzioni dei commissari straordinari per la realizzazione di determinati interventi infrastrutturali, caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale.

L’intervento in esame differisce dal 30 giugno 2021 al 31 dicembre 2021 il termine per l’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’individuazione di ulteriori interventi per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari.

Il primo periodo del comma 1 dell’art. 4 del D.L. 32/2019 prevede che l'individuazione degli interventi previsti avvenga con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (da adottare entro il 31 dicembre 2020) e che con i medesimi decreti si provvede alla nomina dei commissari. Il terzo periodo dello stesso comma consente altresì l'emanazione di ulteriori D.P.C.M., con le stesse modalità testé richiamate, entro il 30 giugno 2021, con cui il Presidente del Consiglio dei ministri può individuare ulteriori interventi, sulla base dei medesimi criteri di cui al primo periodo, per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari.

La facoltà concessa dal comma 1 dell’art. 4 del D.L. 32/2019 di individuare interventi da commissariare è stata utilizzata ai fini dell’adozione:

-   del D.P.C.M. 9 giugno 2020, relativo alla ricostruzione del Viadotto di Albiano sul fiume Magra tra le province di La Spezia e Massa Carrara (corrispondente all’atto del Governo n. 173, su cui l’VIII Commissione ha espresso il proprio parere nella seduta del 13 maggio 2020);

-   del D.P.C.M. che ha portato alla nomina di 29 commissari straordinari a cui sono state affidate 57 opere per un valore complessivo di circa 83 miliardi di euro.

Con l’Atto del Governo 262 è stato presentato un ulteriore schema di DPCM per la realizzazione di altri interventi con la relativa nomina dei commissari straordinari preposti, su cui le Commissioni VIII (Ambiente) e IX (Trasporti) della Camera hanno espresso il parere nella seduta del 15 luglio 2021.

 

 


 

Articolo 52, comma 1-bis
(Semplificazione opere difesa nazionale)

 

Il comma 1-bis dell’articolo 52, introdotto dalla Camera dei deputati, estende le misure di semplificazione procedurale in materia di opere pubbliche previste dall’articolo 44 del decreto legge in esame anche ad alcune opere destinate alla difesa nazionale di cui all’articolo 233, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare.

 

Nello specifico, nei casi di comprovate necessità correlate alla funzionalità delle Forze armate, anche connesse all’emergenza sanitaria, le citate misure di semplificazione potranno essere applicate in relazione agli interventi concernenti i seguenti immobili della Difesa:

1.     sedi di servizio e relative pertinenze necessarie a soddisfare le esigenze logistico-operative dell'Arma dei carabinieri;

2.     comandi di unità operative e di supporto logistico;

3.     strutture di comando e di controllo dello spazio terrestre, marittimo e aereo;

4.     opere di protezione ambientale correlate alle opere della difesa nazionale.

 

Si ricorda che l'articolo 44 interviene con una serie di semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche la cui realizzazione dovrà rispettare una tempistica particolarmente stringente anche in considerazione del fatto che le opere stesse sono state indicate nel PNRR o sono state incluse nel cosiddetto Fondo complementare (cfr. sopra).

 

L’individuazione delle singole opere sottoposte alla procedura semplificata è rimessa dalla disposizione in esame ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del Ministro della difesa, sentito il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile.

 


 

Articolo 53
(
Semplificazione degli acquisti di beni e servizi informatici strumentali alla realizzazione del PNRR e in materia di procedure di e-procurement e acquisto di beni e servizi informatici)

 

L'articolo 53, come modificato dalla Camera dei deputati, prevede alcune semplificazioni con riguardo agli acquisiti dei beni e dei servizi informatici strumentali alla realizzazione del PNRR al fine di assicurare che gli acquisti di tali beni e servizi possa avvenire in maniera rapida ed efficace.

 

In particolare, il comma 1 prevede il ricorso al solo affidamento diretto per tutti gli appalti volti all'approvvigionamento di tali beni e servizi fino al raggiungimento della soglia comunitaria.

Il ricorso a tale procedura è inoltre sempre ammesso anche qualora ricorra la rapida obsolescenza tecnologica delle soluzioni disponibili tale da non consentire il ricorso ad altra procedura di affidamento.

 

Il comma 2, stabilisce, sempre a fini di semplificazione e accelerazione, che le amministrazioni che debbono procedere con la fornitura dei relativi beni e servizi informatici, possano stipulare immediatamente il relativo contratto, previa acquisizione di un’autocertificazione dell’operatore economico aggiudicatario attestante il possesso dei requisiti.

 

commi 3 e 4, al fine di consentire al Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri di coordinare gli acquisti ICT strettamente finalizzati alla realizzazione del PNRR, garantendo il rispetto del cronoprogramma dei singoli progetti, nonché la coerenza tecnologica  e infrastrutturale dei progetti di trasformazione digitale, attribuisce al Dipartimento stesso la possibilità di rendere pareri obbligatori e vincolanti sugli elementi essenziali delle procedure di affidamento, potendo indirizzare le amministrazioni aggiudicatrici con prescrizioni riguardanti l’oggetto, le clausole principali, i tempi e le modalità di acquisto.  

  

Il comma 5 reca alcune modifiche al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

In particolare, si prevede che tutte le informazioni che costituiscono gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione, alla scelta del contraente, all’aggiudicazione e all’esecuzione di lavori, opere, servizi e forniture relativi all’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell'ambito del settore pubblico sono gestite e trasmesse tempestivamente alla Banca Dati Nazionale dei Contratti pubblici dell’ANAC attraverso le piattaforme telematiche ad essa interconnesse.

L’ANAC garantisce, attraverso la Banca Dati Nazionale dei Contratti pubblici, la pubblicazione dei dati ricevuti ad eccezione di quelli che riguardano contratti secretati.

Si prevede, inoltre, che l'ANAC individui, con proprio provvedimento, sentiti il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e l’AGID, i dati concernenti la partecipazione alle gare e il loro esito, in relazione ai quali è obbligatoria la verifica attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, i termini e le regole tecniche per l’acquisizione, l’aggiornamento e la consultazione dei predetti dati nonché i criteri e le modalità relative all’accesso e al funzionamento della banca dati.

Si stabilisce, inoltre, che nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti o di concessioni, i lavori della commissione giudicatrice debbano essere svolti di regola a distanza con procedure telematiche idonee a salvaguardare la riservatezza delle comunicazioni.

Il comma in questione interviene, inoltre, sulla disciplina del fascicolo virtuale dell'operatore economico, istituito presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.

Viene qui precisato che in tale fascicolo virtuale debbono essere presenti i dati necessari alla verifica dell’assenza di motivi di esclusione, l’attestazione SOA per i soggetti esecutori di lavori pubblici, nonché i dati e i documenti relativi ai criteri di selezione che l’operatore economico è tenuto a caricare.

Il fascicolo virtuale dell’operatore economico è utilizzato per la partecipazione alle singole gare, fermo restando che i dati e documenti contenuti nel fascicolo virtuale, nei termini di efficacia di ciascuno di essi, possono essere utilizzati anche per gare diverse. 

 

Si segnala che a seguito dell'approvazione di modifiche nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, si prevede che le metodologie e le strumentazioni elettroniche relative al controllo tecnico e contabile debbano garantire il collegamento con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.

 

Il comma 6, infine, prevede alcune abrogazioni che tengono conto delle novità introdotte con l'articolo in esame.


 

Articolo 54
(Eventi sismici del mese di aprile 2009 nella regione Abruzzo: Anagrafe antimafia degli esecutori e ulteriori misure per l'accelerazione degli interventi)

 

L'articolo 54 dispone che si applichi agli interventi di ricostruzione relativi al sisma del 2009 in Abruzzo la disciplina sull'Anagrafe antimafia degli esecutori, prevista per gli interventi di ricostruzione relativi al sisma che ha interessato le regioni dell'Italia centrale nel 2016 (commi 1 e 2).

I commi 2-bis e 2-ter, introdotti dalla Camera dei deputati, recano ulteriori disposizioni per accelerare gli interventi di ricostruzione a seguito del sisma del 2009 nella regione Abruzzo.  

 

Il comma 1 dell'articolo 54 stabilisce che l'Anagrafe antimafia degli esecutori - disciplinata dall'articolo 30, comma 6, del decreto-legge n. 189 del 2016 (come convertito dalla legge n. 229 del 2016) - operi anche per gli interventi di ricostruzione relativi al sisma che ha colpito la regione Abruzzo nel mese di aprile del 2009, estendendo in tal modo la disciplina su analoga materia prevista in relazione al sisma che, nel 2016, ha colpito i territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. La disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

Si prevede che gli operatori economici interessati, a qualunque titolo, agli interventi di ricostruzione a seguito del sisma in Abruzzo del 2009, debbano essere iscritti a tale Anagrafe.

 

L'art. 30, comma 6, del decreto-legge n. 189 del 2016, prevede che gli operatori economici interessati a partecipare, a qualunque titolo e per qualsiasi attività, agli interventi di ricostruzione, pubblica e privata, nei Comuni interessati dagli eventi sismici del 2016, devono essere iscritti, a domanda, in un apposito elenco, denominato Anagrafe antimafia degli esecutori. Ai fini dell'iscrizione è necessario che le verifiche di cui agli articoli 90 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011 ("Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia"), eseguite ai sensi del comma 2 anche per qualsiasi importo o valore del contratto, subappalto o subcontratto, si siano concluse con esito liberatorio. Tutti gli operatori economici interessati sono comunque ammessi a partecipare alle procedure di affidamento per gli interventi di ricostruzione pubblica, previa dimostrazione o esibizione di apposita dichiarazione sostitutiva dalla quale risulti la presentazione della domanda di iscrizione all'Anagrafe. Resta fermo il possesso degli altri requisiti previsti dal Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dal bando di gara o dalla lettera di invito.

Il comma 1 del medesimo art. 30, istituisce nell'ambito del Ministero dell'interno, una apposita Struttura di missione, ai fini dello svolgimento, in forma integrata e coordinata, di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell'affidamento e nell'esecuzione dei contratti pubblici e di quelli privati che fruiscono di contribuzione pubblica, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, connessi agli interventi per la ricostruzione nei Comuni colpiti dal sisma del 2016. Si stabilisce che, qualora al momento dell'aggiudicazione disposta l'operatore economico non risulti ancora iscritto all'Anagrafe, il Commissario straordinario comunichi tempestivamente alla Struttura la graduatoria dei concorrenti, affinché vengano attivate le verifiche finalizzate al rilascio dell'informazione antimafia (di cui al comma 2) con priorità rispetto alle richieste di iscrizione pervenute. A tal fine, le linee guida (previste al comma 3) dovranno prevedere procedure rafforzate che consentano alla Struttura di svolgere le verifiche in tempi celeri. A tale riguardo, si veda, per le linee guida, la Deliberazione 1° dicembre 2016, n. 72/2016 e la Deliberazione 3 marzo 2017, n. 26/2017.

 

Sono abrogati i commi 1, 2 e 4 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 39 del 2009 (come convertito dalla legge n. 77 del 2009). Tali commi recavano specifiche disposizioni per la prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata negli interventi per l'emergenza e la ricostruzione nella regione Abruzzo.

 

L'abrogato articolo 16, comma 1, demandava al Prefetto de L'Aquila il coordinamento e l'unità di indirizzo di tutte le attività finalizzate alla prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell'affidamento ed esecuzione di contratti pubblici, nonché nelle erogazioni e concessioni di provvidenze pubbliche connessi agli interventi per l'emergenza e la ricostruzione. A tal fine, ai sensi del comma 2, il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere - costituito ai sensi dell’art. 180, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 - veniva posto a immediato e diretto supporto del Prefetto de L'Aquila, attraverso una Sezione specializzata istituita presso la Prefettura, quale raccordo operativo tra gli uffici già esistenti, non configurabile come articolazione organizzativa di livello dirigenziale. In base al comma 4, al predetto Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere era demandato il compito di definire linee guida per i controlli antimafia sui contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture anche in deroga a quanto previsto dal regolamento sulle certificazioni antimafia di cui al d.P.R. n. 252 del 1998, nonché eventuali subappalti e subcontratti derivanti dal contratto pubblico.

 

Il comma 2 abroga l'art. 2-bis, comma 33, del decreto-legge n. 148 del 2017 (come convertito dalla legge n. 172 del 2017). Quest'ultimo recava l’istituzione di una sezione speciale dell’Anagrafe antimafia degli esecutori, tenuta dalla Struttura di missione istituita nell’ambito del Ministero dell’Interno, di cui all'articolo 30, comma 6, del decreto-legge n. 189 del 2016. In tale sezione speciale confluiva l'elenco degli operatori economici interessati all'esecuzione degli interventi di ricostruzione.

 

L’articolo 67-quater, comma 9, del decreto-legge n. 83 del 2012, aveva precedentemente istituito, al fine di garantire la massima trasparenza e tracciabilità nell'attività di riparazione e di ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009, il citato elenco degli operatori economici interessati all'esecuzione degli interventi di ricostruzione. Gli Uffici speciali di cui al comma 2 dell'articolo 67-ter del medesimo decreto n. 83 fissano i criteri generali e i requisiti di affidabilità tecnica per l'iscrizione volontaria nell'elenco. L'iscrizione nell'elenco è, comunque, subordinata al possesso dei requisiti di cui alle indicate disposizioni del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e alle verifiche antimafia effettuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo competenti. Gli aggiornamenti periodici delle verifiche sono comunicati dalle prefetture-uffici territoriali del Governo agli Uffici speciali ai fini della cancellazione degli operatori economici dall'elenco. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti procedure anche semplificate per il riconoscimento dei contributi alla ricostruzione privata, ulteriori requisiti minimi di capacità e di qualificazione dei professionisti e delle imprese che progettano ed eseguono i lavori di ricostruzione, sanzioni per il mancato rispetto dei tempi di esecuzione, nonché prescrizioni a tutela delle condizioni alloggiative e di lavoro del personale impiegato nei cantieri della ricostruzione.

 

Il comma 2-bis integra l'art. 11, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2015 (come convertito dalla legge n. 125 del 2015).

Tale comma 9 stabilisce che, ai fini della ricostruzione degli immobili pubblici danneggiati (ivi compresi quelli tutelati per il loro interesse artistico, storico, culturale o archeologico) ciascuna delle amministrazioni interessate, per settore di intervento, predispone un programma pluriennale degli interventi nell'intera area colpita dal sisma, corredato dal piano finanziario delle risorse necessarie. Il programma è reso operativo attraverso piani annuali predisposti nei limiti dei fondi disponibili e nell'osservanza dei criteri di priorità e delle altre indicazioni stabilite con delibera del CIPE. Con Delibera n. 48/2016 del CIPE sono stati definiti, in attuazione della presente disposizione, obiettivi, criteri e modalità di programmazione delle risorse per la ricostruzione pubblica nonché l'assegnazione di risorse ad interventi cantierabili e invarianti (piano stralcio) e assistenza tecnica. In casi motivati dall'andamento demografico e dai fabbisogni specifici, il programma degli interventi per la ricostruzione degli edifici adibiti all'uso scolastico danneggiati dal sisma può prevedere, con le risorse destinate alla ricostruzione pubblica, la costruzione di nuovi edifici.

Con la modifica in esame, si prevede che le amministrazioni assegnatarie delle risorse previste dai suddetti piani annuali, possono delegare l'attuazione delle opere all'Ufficio speciale per la ricostruzione territorialmente competente, mediate la stipula di apposita convenzione. In tal caso, l'Ufficio assume il ruolo di soggetto attuatore degli interventi pubblici già finanziati o in programmazione, nell'ambito delle risorse umane disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 2-ter prevede che la Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo, possa individuare, con specifica motivazione, interventi essenziali per la ricostruzione.

A tali interventi possono applicarsi le disposizioni sulla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara di cui ai commi 1 e 6 dell'art. 63 del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016).

In particolare, il richiamato comma 1 dell'art. 63 ammette il ricorso a forme di procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara in alcune fattispecie (previste dai commi 2 e seguenti del medesimo art. 63) tra cui i casi di estrema urgenza (derivante da eventi imprevedibili da parte dell'amministrazione aggiudicatrice) per i quali i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possano essere rispettati.

In tale procedura, dispone il comma 6, le amministrazioni aggiudicatrici selezionano almeno cinque operatori economici da consultare, se sussistono in tale numero soggetti idonei, nel rispetto "nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione". L'amministrazione aggiudicatrice sceglie l'operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell'articolo 95 del Codice medesimo, previa verifica del possesso dei requisiti di partecipazione previsti per l'affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva con negoziazione.

 

Nel rispetto dei medesimi principi individuati dall'art. 63, comma 6, del Codice, l'invito è rivolto a cinque operatori economici (come previsto dal medesimo comma 6 dell'art. 63) iscritti, precisa il comma in esame, all'Anagrafe antimafia (v. supra).

 

Qualora non vi sia un numero sufficiente di operatori iscritti alla medesima Anagrafe, l'invito è rivolto ad almeno cinque operatori iscritti negli elenchi di cui all'art. 1, comma 52, della legge n. 190 del 2012 che abbiano presentato domanda di iscrizione all'Anagrafe. Si tratta dell'elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti in determinati settori. Tale elenco è istituito presso ogni prefettura. L'iscrizione nell'elenco è disposta dalla prefettura della provincia in cui il soggetto richiedente ha la propria sede.

Trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 30, comma 6 del decreto-legge n. 189 del 2016 (v. supra).

La commissione giudicatrice chiamata a valutare le offerte per l'affidamento dei lavori è costituita secondo le modalità previste dall'art. 216, comma 12, del Codice dei contratti pubblici.

Vi si prevede (nelle more della piena attuazione dell'Albo dei componenti delle commissioni giudicatrici previsto dall'art. 78 del Codice) che la commissione giudicatrice è nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante. Le stazioni appaltanti verificano, anche a campione, le autodichiarazioni presentate dai commissari estratti in ordine alla sussistenza dei requisiti dei medesimi commissari. Il mancato possesso dei requisiti o la dichiarazione di incompatibilità dei candidati deve essere tempestivamente comunicata dalla stazione appaltante all'ANAC ai fini della eventuale cancellazione dell'esperto dall'Albo e la comunicazione di un nuovo esperto.

 

 


 

 

Articolo 55, comma 1, lettera a), nn. 1, 3 e 5
(Misure di semplificazione in materia di edilizia scolastica)

 

L'articolo 55, comma 1, lettera a) intende garantire una maggiore celerità nell’attuazione e nell’esecuzione degli interventi di edilizia scolastica nonché delle azioni e misure finanziate a favore delle istituzioni scolastiche per la realizzazione dei progetti inseriti nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

In particolare, per quanto riguarda il comma 1, lettera a), n. 1 si prevede che il Ministero dell’istruzione, al fine di garantire una rapida attuazione e l’organicità degli interventi, predisponga apposite linee guida tecniche suddivise in base alle principali tipologie di interventi autorizzati, esplicative delle regole di monitoraggio e delle tempistiche definite dai regolamenti europei in materia, e con le stesse definisca anche i termini improrogabili, rispettivamente, per la progettazione, per l’affidamento, per l’esecuzione e per il collaudo dei lavori, in coerenza con i target e gli obiettivi definiti nell’ambito del PNRR.

 

Lo stesso comma 1, alla lettera a), al n. 3 prevede, altresì, la proroga al 31 dicembre 2026 dei poteri commissariali in capo ai Sindaci e ai Presidenti di provincia e delle città metropolitane in ambito di edilizia scolastica.

A tale riguardo si ricorda che la norma in questione era stata già oggetto di proroga al 31 dicembre 2021, a seguito dell'approvazione della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (articolo 1, comma 812).

 

Da ultimo, il comma 1, lettera a), n. 5, prevede – sempre con riferimento agli interventi di edilizia scolastica autorizzati nell’ambito del PNRR – la riduzione alla metà dei termini per il rilascio dell’autorizzazione delle Soprintendenze in caso di edifici vincolati e il ricorso all’istituto della conferenza di servizi per acquisire il relativo atto autorizzativo.

La disposizione in questione, infine, riduce a trenta giorni il termine per il rilascio del parere del soprintendente in caso di autorizzazioni paesaggistiche.

 

 


 

 

Articolo 55, comma 1, lettera a), n. 4)
(Misure di semplificazione in materia di istruzione)

 

L'articolo 55, comma 1, lettera a), n. 4) consente agli enti locali beneficiari dei finanziamenti a valere sul PNRR, che si trovino in esercizio provvisorio e che non hanno quindi approvato il bilancio di previsione, di poter procedere all’iscrizione delle risorse derivanti dai citati finanziamenti in bilancio per le annualità dal 2021 al 2026, in deroga a quanto previsto dalle disposizioni contabili in materia.

 

Nel dettaglio, l'articolo 55, comma 1, lettera a), n. 4), prevede che, al fine di accelerare l'esecuzione degli interventi in materia di istruzione ricompresi nel PNRR e garantirne l'organicità, per gli interventi di nuova costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico ed educativo da realizzare nell'ambito del PNRR, gli enti locali che si trovano in esercizio provvisorio di bilancio sono autorizzati, per le annualità dal 2021 al 2026, ad iscrivere in bilancio i relativi finanziamenti concessi per l'edilizia scolastica nell'ambito del PNRR mediante apposita variazione, in deroga a quanto previsto dall'articolo 163 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Testo unico degli enti locali  - TUEL) e dall'allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011.

 

Si rammenta che l'articolo 163 (Esercizio provvisorio e gestione provvisoria) del TUEL prevede che, se il bilancio di previsione non è approvato dal Consiglio entro il 31 dicembre dell'anno precedente, la gestione finanziaria dell'ente si svolge nel rispetto dei principi applicati della contabilità finanziaria riguardanti l'esercizio provvisorio o la gestione provvisoria. Nel corso dell'esercizio provvisorio o della gestione provvisoria, gli enti gestiscono gli stanziamenti di competenza previsti nell'ultimo bilancio approvato per l'esercizio cui si riferisce la gestione o l'esercizio provvisorio, ed effettuano i pagamenti entro i limiti determinati dalla somma dei residui al 31 dicembre dell'anno precedente e degli stanziamenti di competenza al netto del fondo pluriennale vincolato (comma 1).

Nel caso in cui il bilancio di esercizio non sia approvato entro il 31 dicembre e non sia stato autorizzato l'esercizio provvisorio, o il bilancio non sia stato approvato entro i termini previsti ai sensi del comma 3, è consentita esclusivamente una gestione provvisoria nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato per l'esercizio cui si riferisce la gestione provvisoria. Nel corso della gestione provvisoria l'ente può assumere solo obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi, quelle tassativamente regolate dalla legge e quelle necessarie ad evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente. Nel corso della gestione provvisoria l'ente può disporre pagamenti solo per l'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, per le spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in particolare, per le sole operazioni necessarie ad evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente (comma 2).

L'esercizio provvisorio è autorizzato con legge o con decreto del Ministro dell'interno che, ai sensi di quanto previsto dall'art. 151, primo comma, differisce il termine di approvazione del bilancio, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomia locale, in presenza di motivate esigenze. Nel corso dell'esercizio provvisorio non è consentito il ricorso all'indebitamento e gli enti possono impegnare solo spese correnti, le eventuali spese correlate riguardanti le partite di giro, lavori pubblici di somma urgenza o altri interventi di somma urgenza. Nel corso dell'esercizio provvisorio è consentito il ricorso all'anticipazione di tesoreria di cui all'art. 222 (comma 3).

Nel corso dell'esercizio provvisorio, gli enti possono impegnare mensilmente, unitamente alla quota dei dodicesimi non utilizzata nei mesi precedenti, per ciascun programma, le spese di cui al comma 3, per importi non superiori ad un dodicesimo degli stanziamenti del secondo esercizio del bilancio di previsione deliberato l'anno precedente, ridotti delle somme già impegnate negli esercizi precedenti e dell'importo accantonato al fondo pluriennale vincolato, con l'esclusione delle spese:

a) tassativamente regolate dalla legge;

b) non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi;

c) a carattere continuativo necessarie per garantire il mantenimento del livello qualitativo e quantitativo dei servizi esistenti, impegnate a seguito della scadenza dei relativi contratti (comma 5).

Nel corso dell'esercizio provvisorio, sono consentite le variazioni di bilancio previste dall'art. 187, comma 3-quinquies, quelle riguardanti le variazioni del fondo pluriennale vincolato, quelle necessarie alla reimputazione agli esercizi in cui sono esigibili, di obbligazioni riguardanti entrate vincolate già assunte, e delle spese correlate, nei casi in cui anche la spesa è oggetto di reimputazione l'eventuale aggiornamento delle spese già impegnate. Tali variazioni rilevano solo ai fini della gestione dei dodicesimi. (comma 7).

 

Si rammenta altresì che l'allegato 4/2 decreto legislativo n. 118 del 2011 riguarda il principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria. Nella relazione illustrativa di accompagnamento al provvedimento, il Governo chiarisce che in assenza di deroghe ai principi contabili, le risorse concesse non potrebbero essere utilizzate se non con l’approvazione dello strumento contabile.

Articolo 55, comma 1, lettera b), n. 1)
(Misure di semplificazione in materia di istruzione)

 

L'articolo 55, comma 1, lettera b), n. 1) prevede che le istituzioni scolastiche provvedono agli acquisti per le azioni inserite nell’ambito del PNRR mediante ricorso agli strumenti di cui all’articolo 1, commi 449 e 450, della legge finanziaria 2007. Laddove ciò non consenta di rispettare le tempistiche e le condizioni poste dal Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, le istituzioni scolastiche possono procedere autonomamente all’acquisto dei beni e servizi necessari secondo le disposizioni di semplificazione ed accelerazione degli acquisiti previste dalle precedenti disposizioni del provvedimento.

 

Nel dettaglio, l'articolo 55, comma 1, lettera b), n. 1), prevede che, al fine di accelerare l'esecuzione degli interventi in materia di istruzione ricompresi nel PNRR e garantirne l'organicità, per le misure relative alla transizione digitale delle scuole, al contrasto alla dispersione scolastica e alla formazione del personale scolastico da realizzare nell'ambito del PNRR, al fine di rispettare le tempistiche e le condizioni poste dal Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, le istituzioni scolastiche, qualora non possano far ricorso agli strumenti di cui all'articolo 1, commi 449 e 450, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), possono procedere anche in deroga alla citata normativa nel rispetto delle disposizioni del presente titolo.

 

Il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza[33].

 

Si rammenta altresì che:

-        il comma 449 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 citato riguarda l’obbligo di approvvigionamento tramite l’utilizzo delle convenzioni-quadro per tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie;

-        il comma 450 del medesimo articolo riguarda l’obbligo di ricorso al Mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario. Tale disposizione, menzionando l'obbligo per le amministrazioni statali di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione, ne esclude l’applicazione per le "scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie", per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario, senza alcuna precisazione in merito alla tipologia di acquisti effettuati. In particolare, la disposizione stabilisce che per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative, tenendo conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del MIUR (ora Ministero dell'istruzione - MI), linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni.

 

Il MIUR, a dicembre 2018, ha adottato le Istruzioni di carattere generale relative all’applicazione del codice dei contratti pubblici, in cui già si prevede la possibilità per le scuole, per gli acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, di ricorrere al MEPA.

 

Nella nota n. 562 del 28 marzo 2020 sono state fornite alle scuole le indicazioni operative per le modalità di acquisto.

 

I principali strumenti di acquisto del Programma di razionalizzazione degli acquisti nella PA di Consip, a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni, sono:

§  Convenzioni

§  Accordi quadro

§  Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (Mepa)

§  Sistema dinamico di acquisto della Pubblica Amministrazione (Sdapa)

§  Gare su delega e gare in ASP (Application Service Provider).

Gli strumenti di acquisto sono oggetto di obbligo/facoltà di utilizzo da parte delle PA, con diversi profili dipendenti dalla tipologia di amministrazione (centrale, regionale, territoriale, ente del servizio sanitario nazionale, scuola/università, organismo di diritto pubblico), di acquisto (sopra soglia comunitaria o sotto soglia comunitaria) e dalla categoria merceologica.

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 457, legge n. 296/2006) ha previsto l’operatività di un sistema a rete, costituito da Consip SpA, che opera come centrale di committenza nazionale, e dalle centrali di committenza regionali, per razionalizzare la spesa della PA e per realizzare sinergie nell’utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi.

Per quanto riguarda in particolare il Mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA, si tratta di uno strumento di acquisto e di negoziazione che consente acquisti telematici per importi inferiori alla soglia di rilievo europeo basati su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via telematica (articolo 3, comma 1, lettera bbbb), del d.lgs. 50/2016, recante il Codice dei contratti pubblici)

Le soglie di rilevanza comunitaria sono indicate dall'art. 35 del d.lgs. 50/2016 mentre la disciplina dei contratti sotto soglia è contenuta nell’art. 36 del d.lgs. 50/2016.

 

Come ricorda il Governo nella relazione illustrativa di accompagnamento, tale disposizione ripropone quanto già previsto dall’articolo 120 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, e dall’articolo 21 del decreto-legge n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020.


 

 

Articolo 55, comma 1, lettere b), nn.2 - 4
(Misure di semplificazione in materia di istruzione)

 

Al fine di accelerare l'attuazione delle misure relative alla transizione digitale delle scuole, al contrasto alla dispersione scolastica e alla formazione del personale scolastico da realizzare nell'ambito del PNRR, l'articolo 55, comma 1, lettera b), dai numeri 2 a 4 opera semplificazioni della normativa vigente, con riguardo: i) alle competenze in capo ai dirigenti scolastici in ordine alle procedure di affidamento dei relativi interventi; ii) al monitoraggio spettante ai revisori dei conti sull'utilizzo delle risorse assegnate alle istituzioni scolastiche, da esercitare attraverso una piattaforma digitale ad hoc messa a disposizione dal Ministero del istruzione; iii) alla disciplina per l'attuazione degli interventi per il cablaggio e la sistemazione degli spazi delle scuole, attraverso l'attribuzione  alle istituzioni scolastiche della facoltà di procedere direttamente alla realizzazione dei suddetti interventi, che altrimenti sarebbero spettati agli enti locali.

 

La disposizione opera un richiamo alle misure contenute nel PNRR che interessano le citate finalità (transizione digitale delle scuole, contrasto alla dispersione scolastica e formazione del personale scolastico), prevalentemente rientranti nella Missione 4, componente 1 del Piano, nell'ambito della quale sono previste 4 misure, che racchiudono 12 distinti investimenti e 9 linee di riforma.

Al fine di evitare possibili dubbi in sede applicativa, potrebbe valutarsi l'opportunità di precisare se si intende far riferimento a tutte le misure di interesse del settore istruzione contenute nel Piano di competenza delle istituzioni scolastiche (indirettamente interessate dalle finalità richiamate, che presentano peraltro elementi di trasversalità) o se solo alcune di esse debbano essere considerate ai fini della disciplina in esame.

 

Con specifico riferimento al punto n. 2 della lettera b), esso stabilisce che, per le predette misure da realizzare nell'ambito del PNRR, gli affidamenti per i relativi interventi siano demandati ai dirigenti scolastici che operano anche in deroga alla disciplina di cui all'articolo 45, comma 2, lettera a), del Regolamento recante istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 28 agosto 2018, n. 129, che limita l'esercizio delle loro competenze nel caso di superamento della soglia di 10.000 euro.

Il dirigente scolastico è comunque tenuto ad operare nel rispetto delle soglie previste dalla legislazione vigente.

La disposizione di cui all'art.45, comma 2, lettera a), del citato DM, oggetto di deroga ai sensi della disposizione in commento, in particolare, affida al Consiglio di istituto il compito di determinare criteri e limiti a cui il dirigente scolastico deve soggiacere per l'affidamento di lavori, servizi e forniture, ai sensi del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e delle relative previsioni di attuazione, di importo superiore a 10.000,00 euro.

Le disposizioni vigenti in materia di soglie (richiamate dalla disposizione in commento) sono quelle dettate dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 ("Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale"), come modificato dal presente decreto. Al riguardo, pare particolarmente rilevante quanto disposto dall'art. 51 del DL in esame, il cui comma 1, al punto 2.1, oltre a confermare l’affidamento diretto per i lavori fino a 150.000 euro, eleva a 139.000 euro il limite per l’affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici, delle forniture e servizi (fra cui quelli di ingegneria e architettura) e, al punto 2.2, dispone che la procedura negoziata con 5 operatori possa essere attivata per i lavori oltre i 150.000 euro e fino a un milione e per forniture e servizi (fra cui quelli di ingegneria ed architettura) da 139.000 euro fino alle soglie comunitarie e che, per i lavori di importo pari o superiore ad un milione e fino a soglia comunitaria, l’invito deve riguardare almeno dieci operatori. Si segnala altresì l'art.53 in materia di semplificazioni degli acquisti di beni e servizi informatici strumentali alla realizzazione del PNRR e in materia di procedure di e-procurement e acquisto di beni e servizi informatici (si vedano le relative schede del presente Dossier).

 

Ai sensi della lettera b), punto 3, i revisori dei conti effettuano il monitoraggio sull'utilizzo delle risorse assegnate alle istituzioni scolastiche, utilizzando una piattaforma digitale ad hoc messa a disposizione dal Ministero dell'istruzione e alla quale è possibile accedere anche tramite il sistema pubblico di identità digitale, secondo indicazioni che saranno fornite a cura del Ministero dell'istruzione, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze.

La disposizione precisa che la predetta attività di monitoraggio viene svolta fermi restando i compiti di controllo di regolarità amministrativa e contabile in capo ai revisori dei conti delle istituzioni scolastiche, secondo quanto previsto dal citato Regolamento (di cui al DM n.129/2018).

L'art. 49 del medesimo Regolamento, nello specifico, affida il controllo di regolarità amministrativa e contabile presso ciascuna istituzione scolastica statale a due revisori, individuati tra soggetti in possesso di adeguata professionalità in rappresentanza, l'uno, del Ministero dell'istruzione (allora dell'istruzione, dell'università e della ricerca) e, l'altro, del Ministero dell'economia e delle finanze. L'incarico di revisore, conferito per tutte le istituzioni scolastiche incluse nel medesimo ambito territoriale, ha durata triennale, rinnovabile una sola volta per lo stesso ambito territoriale. Nel caso di dimissioni o revoca dall'incarico di uno dei revisori dei conti, la durata dell'incarico del sostituto non può eccedere quella del revisore in carica.

 

La lettera b), al punto 4), attribuisce alle istituzioni scolastiche beneficiarie di risorse destinate al cablaggio e alla sistemazione degli spazi delle scuole la facoltà di procedere direttamente all'attuazione dei suddetti interventi, a condizione che non rivestano carattere strutturale e previa comunicazione agli enti locali proprietari degli edifici.

La norma deroga alla normativa vigente ai sensi della quale l'attività di manutenzione ordinaria degli edifici (e non solo, v. subito infra), fra cui rientra quella in oggetto, spetta agli enti locali, ferma restando la possibilità di affidarla alle istituzioni stesse, previa richiesta da parte di queste ultime e messa a disposizione delle necessarie risorse da parte dei medesimi enti locali.

 

Alla manutenzione ordinaria degli edifici scolastici (così come invero alla manutenzione straordinaria, nonché alla loro realizzazione e fornitura) provvedono, ai sensi dell'art.3 della legge 11 gennaio 1996, n.23, gli enti locali.

Più in dettaglio, il comma 1, lettera a), dell'art.3 demanda ai comuni siffatta competenza con riferimento agli edifici da adibire a sede di scuole materne, elementari e medie. La successiva lettera b) affida alle province (e s'intende anche alle città metropolitane a seguito della loro istituzione ai sensi della legge n.56 del 2014), la richiamata competenza con riguardo agli edifici da destinare a sede di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, di conservatori di musica, di accademie, di istituti superiori per le industrie artistiche, nonché di convitti e di istituzioni educative statali.

Rientra nell'ambito di competenza degli enti locali anche l'effettuazione delle spese varie di ufficio e per l'arredamento e quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell'acqua e del gas, per il riscaldamento e per i relativi impianti (comma 2).

Si prevede inoltre (comma 3) che per "l'allestimento e l'impianto di materiale didattico e scientifico che implichi il rispetto delle norme sulla sicurezza e sull'adeguamento degli impianti", l'ente locale competente sia tenuto a fornire il proprio parere preventivo sull'adeguatezza dei locali ovvero ad assumere formale impegno ad adeguare tali locali contestualmente all'impianto delle attrezzature.

Ciò premesso, agli enti locali è consentito delegare alle singole istituzioni scolastiche, su loro richiesta, funzioni relative alla manutenzione ordinaria degli edifici destinati ad uso scolastico e, conseguentemente, mettere a disposizione le conseguenti risorse finanziarie per far fronte a tali attività (comma 4).

 

Va peraltro aggiunto che il citato DM n.129/2018, all'art. 39, specifica che le istituzioni scolastiche, anche al difuori dell'ipotesi della delega da parte dell'ente locale, possono in ogni caso procedere all'affidamento di interventi, indifferibili ed urgenti, di piccola manutenzione e riparazione degli edifici scolastici e delle loro pertinenze, nella misura strettamente necessaria a garantire lo svolgimento delle attività didattiche. In tali casi, le istituzioni scolastiche anticipano i fondi necessari all'esecuzione degli interventi, dandone immediata comunicazione all'ente locale competente, ai fini del rimborso.

Infine, alle istituzioni è consentito effettuare anche interventi di manutenzione straordinaria tramite fondi proprie e comunque d'intesa con l'ente proprietario.

 


 

Articolo 55-bis
(Regime transitorio di accesso alla professione di perito industriale)

 

L’articolo 55-bis, inserito dalla Camera dei deputati, proroga fino al 31 dicembre 2024 la disciplina transitoria che consente l’accesso alla professione di perito industriale ai diplomati.

 

 

Si ricorda che la professione di perito industriale trova i propri fondamenti normativi nel R.D. 11 febbraio 1929, n. 275 e nella legge n. 17 del 1990, come da ultimo modificata dall'art. 1-septies del D.L. n. 42 del 2016.

L'esercizio della professione è riservato agli iscritti nell'albo professionale, al quale si accede, previo superamento di un esame di stato:

- con il diploma di istituto tecnico industriale (rilasciato dagli Istituti Tecnici di cui al DPR n. 88 del 2010), congiunto al praticantato svolto per almeno 18 mesi;

- con il diploma di laurea triennale congiunto ad un tirocinio di 6 mesi (che può essere svolto anche, in tutto o in parte, durante il corso di studi secondo modalità stabilite con le convenzioni stipulate fra gli ordini o collegi e le università). L'art. 55 del D.P.R. n. 328 del 2001 ha infatti stabilito che le classi di laurea che danno titolo all'accesso alla professione sono le seguenti: le classi 4, 7, 8 (sezione edilizia); la classe 9 (sezione elettronica e telecomunicazioni); la classe 10 (sezioni: elettronica ed automazione; costruzioni aeronautiche; cronometria; industria cartaria; industrie cerealicole; industria navalmeccanica; industria ottica; materie plastiche; meccanica; metallurgia; tessile con specializzazione produzione dei tessili; tessile con specializzazione confezione industriale; termotecnica); la classe 16 (sezione: industrie minerarie); la classe 20 (sezione tecnologie alimentari); la classe 21 (sezioni: chimica conciaria; chimico; chimica nucleare; industria tintoria); la classe 23 (sezioni: arti fotografiche; arti grafiche); la classe 25 (sezioni: energia nucleare; fisica industriale); la classe 26 (sezione informatica) e la classe 42 (sezione disegno di tessuti). 

I diplomati possono fregiarsi del titolo di perito industriale, i laureati di quello di perito industriale laureato.

 

Con l'intervento del 2016 (art. 1-septies del D.L. n. 42 del 2016), il legislatore ha stabilito che "il titolo di perito industriale spetta a coloro che siano in possesso della laurea di cui all'articolo 55, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328".

Per questa ragione, l'accesso alla professione per i diplomati è consentito solo fino alla sessione d'esame del 2021. L'art. 1-septies comma 2, del D.L. n. 42 del 2016 ha stabilito infatti che «conservano efficacia ad ogni effetto di legge i periodi di praticantato, i titoli di studio maturati e validi ai fini dell'ammissione all'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della libera professione, nonché i provvedimenti adottati dagli organi professionali dei periti industriali e dei periti industriali laureati secondo le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per un periodo di cinque anni dalla medesima data [29 maggio 2016]. Per il medesimo periodo, conservano il diritto di accedere all'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della libera professione anche i soggetti che conseguono un titolo di studio valido a tal fine ai sensi della normativa previgente».

 

La disposizione in commento interviene sull’art. 1-septies del decreto-legge n. 42 del 2016 sostituendo il riferimento al periodo di cinque anni con la data del 31 dicembre 2024. Conseguentemente, l’accesso alla professione di perito industriale da parte di coloro che siano in possesso del diploma di istituto tecnico industriale – ad oggi limitato alla sessione d’esame 2021 - sarà consentito fino a tutto il 2024.

 

 


 

Articolo 55-ter
(Semplificazione incasso assegni)

 

L’articolo 55-ter, inserito dalla Camera dei deputati, reca disposizioni sulla circolazione degli assegni mediante copia informatica. In particolare, si consente di utilizzare la firma digitale per attestare la conformità della copia informatica dell'assegno all'originale cartaceo, nel caso il girante per l’incasso sia stato delegato dalla banca negoziatrice a trarre copia per immagine dei titoli ad essa girati.

 

Più in dettaglio, la disposizione in commento integra l’articolo 66 delle norme sugli assegni bancari (R.D. n. 1736 del 1933), il quale dispone che – salvi gli assegni bancari al portatore - qualsiasi assegno bancario può essere emesso in diversi esemplari (duplicati).

Inoltre, l’articolo 66 prevede che le copie informatiche di assegni cartacei sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all'originale è assicurata dalla banca negoziatrice mediante l'utilizzo della propria firma digitale e nel rispetto delle disposizioni attuative e delle regole tecniche dettate, rispettivamente, dal MEF e dalla Banca d’Italia (D.M. 3 ottobre 2014, n. 205 e regole tecniche della Banca d’Italia).

 

Le norme in esame aggiungono tre commi alla fine dell’articolo 66, in particolare prevedendo che il girante per l'incasso possa attestare la conformità della copia informatica dell'assegno all'originale cartaceo mediante l'utilizzo della propria firma digitale, quando sia stato delegato dalla banca negoziatrice a trarre copia per immagine dei titoli ad essa girati.

Inoltre, la banca negoziatrice delegante assicura il rispetto delle disposizioni attuative e delle regole tecniche sopra menzionate, nonché la conformità della copia informatica all'originale cartaceo.

Infine si dispone che il girante per l'incasso debba inviare alla banca negoziatrice la copia informatica generata ai sensi dei commi precedenti con modalità che assicurano l'autenticazione del mittente e del destinatario, la riservatezza, l'integrità e l'inalterabilità dei dati e danno certezza del momento dell'invio e della ricezione del titolo.

 


 

Articolo 56
(Norme in materia di attuazione dei programmi di competenza del Ministero della salute ricompresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e in materia di edilizia sanitaria)

 

L'articolo 56 concerne l'attuazione dei programmi di competenza del Ministero della salute ricompresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) - ovvero, in base alla norma di rinvio di cui al precedente articolo 14, comma 1, ricompresi nel Piano nazionale per gli investimenti complementari[34] - nonché, in base alle modifiche inserite dalla Camera dei deputati, l'attuazione dei programmi (finanziati con risorse statali) di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico[35]. Il comma 1 riguarda i programmi di edilizia sanitaria che siano ricompresi nel PNRR (o nel Piano nazionale per gli investimenti complementari), nonché, in base alla modifica operata dalla Camera dei deputati, gli altri programmi suddetti di edilizia o di ammodernamento, limitatamente, però, al periodo di attuazione del PNRR[36]; riguardo a tale ambito complessivo, il comma 1 pone varie deroghe alle disposizioni statali, regionali e degli enti locali in materia di edilizia. Il comma 2 prevede che ai programmi di competenza del Ministero della salute ricompresi nel PNRR (o nel Piano nazionale per gli investimenti complementari), nonché, in base alla modifica operata dalla Camera, agli altri programmi suddetti di edilizia e di ammodernamento, si applichino gli istituti della programmazione negoziata - intesa istituzionale di programma, accordo di programma quadro, patto territoriale - e la disciplina del contratto istituzionale di sviluppo.

 

Si ricorda che sul PNRR italiano la Commissione europea ha presentato al Consiglio europeo una proposta di valutazione positiva, la quale è stata approvata - con una decisione di esecuzione[37] - dal medesimo Consiglio il 13 luglio 2021. In base a tale approvazione, la Commissione conclude con lo Stato membro interessato un accordo.

Il PNRR costituisce un atto necessario ai fini dell'attivazione, in favore del nostro Paese e secondo le indicazioni poste dal medesimo Piano, delle risorse del Dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il suddetto Dispositivo è previsto dal regolamento 2021/241/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, e consente, come noto, l'attribuzione di risorse europee agli Stati membri sia a fondo perduto sia a titolo di prestiti[38].

Ai fini del riconosciuto delle suddette risorse, il relativo intervento deve essere completato entro il 31 agosto 2026[39].

Riguardo ai programmi compresi nel PNRR di competenza del Ministero della salute, si rinvia - oltre che al testo della suddetta decisione di esecuzione e del relativo allegato - al dossier dei Servizi Studi di Camera dei deputati e Senato della Repubblica, "Il Piano nazionale di ripresa e resilienza - Aggiornato al 15 luglio 2021".

 

Il comma 1 del presente articolo 56 concerne, come detto, i programmi di edilizia sanitaria ricompresi nel PNRR (o nel Piano nazionale per gli investimenti complementari) e di competenza del Ministero della salute, nonché, in base alla modifica operata dalla Camera dei deputati, i programmi (finanziati con risorse statali) di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, limitatamente al periodo di attuazione del PNRR. Gli interventi di quest'ultimo Piano, come detto, devono essere completati entro il 31 agosto 2026. Potrebbe valutarsi l'opportunità di chiarire se si intenda far riferimento a tale data.

Il comma 1 prevede, in primo luogo, per i programmi in esame rientranti nell'ambito delle fattispecie oggetto del permesso di costruire, che quest'ultimo sia rilasciato in deroga alla disciplina urbanistica e alle disposizioni di legge statali e regionali in materia di localizzazione delle opere pubbliche. In secondo luogo, si prevede che, qualora i medesimi programmi rientrino nelle fattispecie oggetto della segnalazione certificata di inizio attività, essi possano essere eseguiti in deroga alle disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali, fermo restando il rispetto delle disposizioni, nazionali o regionali, igienico-sanitarie, antisismiche, di prevenzione incendi e di statica degli edifici, di tutela del paesaggio e dei beni culturali, sui vincoli idrogeologici e sul risparmio energetico. Potrebbe valutarsi l'opportunità, considerata la formulazione letterale di quest'ultima deroga, di chiarire se resti fermo l'obbligo della segnalazione certificata di inizio attività nonché di formulare le norme di salvezza summenzionate anche con riferimento alle precedenti deroghe, relative al permesso di costruire.

Si ricorda che il permesso di costruire, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del citato testo unico, e successive modificazioni, è richiesto per gli interventi di nuova costruzione e per quelli di ristrutturazione urbanistica, nonché per gli interventi di ristrutturazione edilizia ivi individuati alla lettera c)[40]; i commi 2 e 3 dello stesso articolo 10 prevedono che le regioni possano assoggettare ulteriori interventi al permesso di costruire (anziché alla segnalazione certificata di inizio attività). Il comma 1 del presente articolo 56 richiama il solo comma 1 del suddetto articolo 10; si consideri l'opportunità di valutare se occorra richiamare l'intero articolo 10.

Gli interventi che rientrano nell'ambito della segnalazione certificata di inizio attività sono individuati dall'articolo 22 del suddetto testo unico, e successive modificazioni, ferme restando le eventuali disposizioni regionali di ampliamento dell'ambito del permesso di costruire ovvero di estensione (ai sensi del comma 4 del citato articolo 22) dell'ambito della segnalazione certificata di inizio attività ad ulteriori tipologie di intervento.

Si ricorda altresì che, ai sensi dell'articolo 23, comma 01, del medesimo testo unico, per i suddetti interventi di ristrutturazione edilizia, di cui al citato articolo 10, comma 1, lettera c), nonché, in presenza di particolari condizioni, per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica, si può ricorrere alla segnalazione certificata di inizio attività - in alternativa al permesso di costruire -. Potrebbe valutarsi l'opportunità di chiarire in quale dei due ambiti di deroghe di cui al comma 1 del presente articolo 56 rientrino queste fattispecie, considerato che il citato articolo 23 non viene richiamato.

Potrebbe essere considerata l'opportunità di valutare se le deroghe di cui al comma 1 alle disposizioni regionali richiedano una specificazione, nella presente sede legislativa ovvero nell'ambito di procedimenti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, dei relativi motivi o degli ambiti oggetto delle deroghe medesime.

Le norme urbanistiche ed edilizie rientrano[41] nell'ambito della materia "governo del territorio", la quale afferisce alla sfera di attribuzione legislativa concorrente fra Stato e regioni[42].

La consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale ammette che lo Stato possa avocare a sé competenze spettanti alle regioni in un quadro regolamentare in cui sia rispettato il principio di leale collaborazione; tale orientamento è stato espresso per la prima volta con la sentenza n. 303 del 2003[43], che, da un lato, ha riconosciuto la legittimità dell'attrazione allo Stato, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, delle funzioni amministrative e delle correlative funzioni legislative e, dall'altro, ha affermato che "l’attrazione allo Stato di funzioni amministrative da regolare con legge non è giustificabile solo invocando l’interesse a un esercizio centralizzato di esse, ma è necessario un procedimento attraverso il quale l’istanza unitaria venga saggiata nella sua reale consistenza e quindi commisurata all’esigenza di coinvolgere i soggetti titolari delle attribuzioni attratte, salvaguardandone la posizione costituzionale".

 

Il comma 2 concerne, come detto, i programmi di competenza del Ministero della salute ricompresi nel PNRR (o nel Piano nazionale per gli investimenti complementari) nonché, in base alla modifica operata dalla Camera dei deputati, i programmi (finanziati con risorse statali) di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. Il comma prevede che a tali programmi si applichino gli istituti della programmazione negoziata - intesa istituzionale di programma, accordo di programma quadro, patto territoriale - e la disciplina del contratto istituzionale di sviluppo.

Si ricorda, in via di sintesi, che il richiamato articolo 2, comma 203, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, definisce:

-        l'intesa istituzionale di programma come l'accordo tra amministrazione centrale ed amministrazione regionale o delle province autonome, con il quale tali soggetti si impegnano a collaborare, sulla base di una ricognizione programmatica delle risorse finanziarie disponibili, dei soggetti interessati e delle procedure amministrative occorrenti, per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi, d'interesse comune o funzionalmente collegati;

-        l'accordo di programma quadro come l'accordo, promosso dalle amministrazioni summenzionate, con enti locali ed altri soggetti, pubblici e privati, in attuazione di un'intesa istituzionale di programma, per la definizione di un programma esecutivo di interventi, di interesse comune o funzionalmente collegati;

-        il patto territoriale come l'accordo, promosso da enti locali, parti sociali o altri soggetti, pubblici o privati, relativo all'attuazione di un programma di interventi contraddistinto da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale.

Il contratto istituzionale di sviluppo, di cui all'articolo 6 del D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88, e successive modificazioni, e all'articolo 7, comma 1, del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123, è stipulato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro competente con le regioni e le altre amministrazioni competenti per l'attuazione di un complesso di interventi; esso definisce anche il cronoprogramma, le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e di monitoraggio e le sanzioni per le eventuali inadempienze.

Le suddette norme sul contratto istituzionale di sviluppo, richiamate dal comma 2 del presente articolo 56, fanno riferimento per la stipulazione del contratto al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato per il Sud e la coesione territoriale, mentre altre norme[44] - non richiamate dal suddetto comma 2 - prevedono la stipulazione di contratti istituzionali di sviluppo da parte dell'Amministrazione competente. Potrebbe valutarsi l'opportunità di chiarire quale sia, ai fini in oggetto di cui al comma 2, il soggetto competente, a livello di amministrazione centrale, alla stipulazione del contratto istituzionale di sviluppo.

Si ricorda altresì che, in base all'articolo 10, comma 3, lettera e), del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125, e successive modificazioni, l'Agenzia per la coesione territoriale promuove il ricorso ai contratti istituzionali di sviluppo nonché l'attivazione dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa-Invitalia S.p.A. in qualità di centrale di committenza.

 

 

 


 

Articolo 56-bis
(Iniziative di elevata utilità sociale nel campo dell'edilizia sanitaria valutabili dall'INAIL)

 

L’articolo 56-bis, inserito dalla Camera dei deputati, dispone che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 30 settembre 2021, possono essere individuate ulteriori iniziative di investimento immobiliare di elevata utilità sociale nel campo dell'edilizia sanitaria. Tali iniziative sono valutate dall'INAIL nell'ambito dei propri piani triennali di investimento.

 

L’articolo 56-bis, inserito dalla Camera dei deputati, prevede che in relazione alle esigenze di ammodernamento delle strutture sanitarie e di ampliamento della rete sanitaria territoriale, anche conseguenti all'emergenza epidemiologica da COVID-19, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 30 settembre 2021, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, possono essere individuate iniziative di investimento immobiliare di elevata utilità sociale nel campo dell'edilizia sanitaria, ulteriori rispetto a quelle di cui all'articolo 25-quinquies del decreto legge n. 162 del 2019[45] (comma 1).

 

L’art. 1, comma 317, della legge di stabilità 2015 (190/2014) ha previsto che con apposito D.P.C.M. fossero individuate iniziative di elevata utilità sociale valutabili nell'ambito dei piani di investimento 2016/2018 dell'INAIL, da finanziare a valere sulle risorse autorizzate nei predetti piani, con l'impiego di quota parte delle somme detenute dal medesimo Istituto presso la Tesoreria centrale dello Stato. Le iniziative valutabili nell'ambito dei Piani triennali di investimento dell’INAIL (riferibili a progetti relativi alla realizzazione di nuove costruzioni, all’acquisizione di immobili nuovi o all’acquisizione di immobili da ristrutturare quali: strutture sanitarie e assistenziali; strutture scolastiche; uffici pubblici; residenze universitarie; altre tipologie di immobili destinati ad utilizzo con finalità sociali) sono state rese note il 27 gennaio 2016 con la pubblicazione in G.U. del D.P.C.M. 23 dicembre 2015 (Allegato A).

Successivamente, l’art. 1, commi 602 e 603, della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016) ha autorizzato l’INAIL ad effettuare investimenti immobiliari nel campo dell’edilizia sanitaria, valutabili nell’ambito dei propri piani triennali 2016-2018 di investimento immobiliare, da individuarsi con D.P.C.M. da adottarsi entro il 30 giugno 2017 anche con riferimento alle sinergie tra i servizi sanitari regionali e l’INAIL. Successivamente, con D.P.C.M. del 24 dicembre 2018 - su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - sono state individuate le iniziative da finanziare nel campo dell’edilizia sanitaria per un importo complessivo di euro 2.646.000.000, di cui 1.065.000.000 euro di economie derivanti dagli importi delle iniziative archiviate rispetto a quelle inizialmente previste per la realizzazione delle 202 richieste di investimento individuate con il D.P.C.M. del 23 dicembre 2015.

Infine, allo scopo di consentire la prosecuzione e il concreto sviluppo delle iniziative di investimento in strutture sanitarie da parte dell’INAIL, l’art. 25-quinquies, del citato D.L. n. 162/2019, al comma 3, ha prorogato al 30 giugno 2020 il termine per la rimodulazione degli interventi di investimento in strutture sanitarie di cui all’Allegato A del D.P.C.M. del 24 dicembre 2018.

In ultimo, il D.P.C.M. 4 febbraio 2021 D.P.C.M. 4 febbraio 2021, all’Allegato A, ha aggiornato le iniziative urgenti di elevata utilità sociale nel campo dell'edilizia sanitaria valutate nell'ambito dei piani triennali di investimento dell'INAIL individuate nell'elenco allegato al D.P.C.M. 24 dicembre 2018. Inoltre, l’Allegato B allo stesso decreto ha individuato quale iniziativa urgente di utilità sociale la realizzazione di un nuovo polo scientifico-tecnologico facente capo all'Istituto superiore di sanità.

 

Le iniziative di cui supra sono valutate dall'INAIL nell'ambito dei propri piani triennali di investimento, a valere sulle risorse allo scopo autorizzate, ai sensi dell'art. 8, comma 15, del decreto legge n. 78 del 2010[46].

 

Il citato art. 8, comma 15, del decreto legge n. 78 del 2010 prevede che le operazioni di acquisto e vendita di immobili da parte degli enti pubblici e privati che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza, nonché le operazioni di utilizzo, da parte degli stessi enti, delle somme rivenienti dall'alienazione degli immobili o delle quote di fondi immobiliari, siano subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.


 

Articolo 56-ter
(Misure di semplificazione in materia di agricoltura e pesca)

 

L’articolo 56-ter, inserito dalla Camera dei deputati, introduce alcune misure di semplificazione al fine di accelerare l'esecuzione degli interventi in materia di agricoltura e pesca ricompresi nel PNRR e garantirne l'organicità.

La prima misura consente ad alcuni soggetti, relativamente al settore agricolo, il rilascio della perizia tecnica attestante che i beni strumentali acquistati dall'impresa possiedono caratteristiche tecniche tali da includerli negli elenchi dei beni agevolabili in base agli allegati A e B della legge di bilancio per il 2017 (L. 232/2016) e sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. I beni strumentali in questione sono quelli cha dànno diritto alla fruizione dello specifico credito d'imposta introdotto dalla legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019). I soggetti abilitati al rilascio della perizia sono: i dottori agronomi o forestali, gli agrotecnici laureati o i periti agrari (lettera a)).

La seconda misura stabilisce l'efficacia in tutto il territorio nazionale dell'accertamento eseguito da una regione rispetto alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della qualità di imprenditore agricolo professionale (IAP) (lettera b)).

 

Con riferimento alla lettera a), viene modificato il comma 195 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2020.

 

Al riguardo si ricorda che i commi 184-197 dell'articolo 1 della legge di bilancio hanno introdotto un nuovo credito d’imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi, il quale riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni investimenti, anche i professionisti. Il credito viene riconosciuto con aliquota differenziata secondo la tipologia di beni oggetto dell’investimento e copre gli investimenti in beni strumentali nuovi, ivi compresi i beni immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0. Le norme in esame chiariscono il regime transitorio applicabile ad alcuni investimenti in beni strumentali effettuati nel 2020, al fine di evitare la sovrapposizione dell’agevolazione introdotta con la disciplina di superammortamento e iperammortamento.

Il comma 195, qui novellato, ha previsto obblighi di conservazione documentale a carico dei beneficiari dell’agevolazione in parola, ai fini dei successivi controlli. In particolare, i soggetti che si avvalgono del credito d'imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l'effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all'acquisizione dei beni agevolati devono contenere l'espresso riferimento alle disposizioni della presente legge. In relazione agli investimenti previsti dai commi 6 e 7 (di cui agli allegati A e B della legge di bilancio 2017, beni individuati nell’ottica di Industria 4.0), le imprese sono inoltre tenute a produrre una perizia tecnica semplice rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato da cui risulti che i beni possiedono caratteristiche tecniche tali da includerli negli elenchi di cui ai richiamati allegati A e B e sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Per i beni di costo unitario di acquisizione non superiore a 300.000 euro, l'onere documentale di cui al periodo precedente può essere adempiuto attraverso una dichiarazione resa dal legale rappresentante ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445 del 2000).

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al dossier n. 181/5, Volume I, del 2 aprile 2020, pp. 301-314.

 

Con riferimento alla lettera b), si novella l'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 99/2004.

 

L'articolo 1, comma 1, del d.lgs. 99/2004, stabilisce che, ai fini dell'applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l'attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257/1999, i requisiti testé indicati sono ridotti al venticinque per cento.

Il comma 2 dell'articolo 1, qui novellato, demanda alle regioni l'accertamento ad ogni effetto del possesso dei requisiti di cui al comma 1. È fatta salva la facoltà dell'INPS di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del regolamento di semplificazione per l'iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri ai fini previdenziali (DPR n. 476/2001).


 

Articolo 56-quater
(Licenza obbligatoria in caso di emergenza sanitaria nazionale)

 

Il presente articolo è stato inserito dalla Camera dei deputati. Esso novella il codice della proprietà industriale (di cui al D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), introducendo, per i casi di dichiarazione di stato di emergenza nazionale[47] motivato da ragioni sanitarie, una fattispecie di concessione di licenze obbligatorie per l’uso non esclusivo di brevetti rilevanti a fini di produzione di medicinali o di dispositivi medici. La licenza obbligatoria è concessa, a determinate condizioni e con alcuni vincoli, con decreto ministeriale ed ha validità limitata al perdurare del periodo emergenziale o fino ad un massimo di dodici mesi dalla cessazione dello stesso stato di emergenza. Il suddetto decreto definisce anche - tenendo conto del valore economico dell'autorizzazione - l'adeguata remunerazione del titolare dei diritti di proprietà intellettuale.

 

Più in particolare, la licenza prevista dalla novella di cui alla lettera a) del comma 1 - la quale inserisce l'articolo 70-bis nel suddetto codice - è riconosciuta - fermo restando il rispetto degli obblighi internazionali ed europei[48] - nei casi in cui, nell'ambito di uno stato di emergenza suddetto, sussista l'esigenza di far fronte a comprovate difficoltà nell'approvvigionamento di specifici medicinali o dispositivi medici, ritenuti essenziali. La licenza non è alienabile ed il relativo uso è diretto prevalentemente all'approvvigionamento nel mercato interno dei prodotti in questione. Si rileva che le novelle non inseriscono il richiamo del nuovo articolo 70-bis nella norma del suddetto codice posta dall'articolo 70, comma 4-bis, secondo la quale le disposizioni del medesimo articolo 70 - concernente le attuali fattispecie di licenza obbligatoria[49] - e degli articoli "da 71 a 74 e 81-octies si applicano anche ai diritti sul brevetto europeo con effetto unitario relativamente al territorio nazionale". Potrebbe valutarsi l'opportunità di un chiarimento circa gli effetti del mancato inserimento nel suddetto comma 4-bis del richiamo del nuovo articolo 70-bis.

Sempre in base alla novella di cui alla lettera a), i suddetti decreti di concessione della licenza obbligatoria sono emanati dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; nel caso di medicinali, i decreti sono emanati previo parere dell'Agenzia Italiana del Farmaco in merito all'essenzialità e alla disponibilità del farmaco (rispetto all'emergenza in oggetto); nel caso di dispositivi medici, i decreti sono emanati pervio parere dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, in merito alle medesime condizioni di essenzialità e disponibilità. In entrambi i casi, prima dell'emanazione del decreto, deve essere sentito il titolare dei diritti di proprietà intellettuale. I medesimi decreti, come detto, definiscono anche - tenendo conto del valore economico dell'autorizzazione - l'adeguata remunerazione del suddetto titolare dei diritti.

La novella di cui al numero 1) della successiva lettera b) estende alla nuova fattispecie suddetta la norma del citato codice che subordina la possibilità di licenza obbligatoria alle condizioni che il soggetto richiedente si sia rivolto al titolare del brevetto e non abbia potuto ottenere da quest'ultimo una licenza contrattuale ad eque condizioni.

La novella di cui al numero 2) della lettera b) costituisce un intervento di coordinamento, al fine di specificare che gli eventuali decreti di variazione di una licenza obbligatoria concessa ai sensi della nuova disciplina sono emanati in base alle stesse procedure suddette.

 

Si ricorda che l'articolo 31 dell'Accordo (concluso in seno all'Organizzazione mondiale del commercio) sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (cosiddetto Accordo TRIPs, ratificato dall'Italia in base alla legge di autorizzazione n. 747 del 29 dicembre 1994) consente la previsione, da parte di uno Stato, di una licenza obbligatoria per i casi in cui il soggetto aspirante utilizzatore abbia cercato di ottenere l'autorizzazione del titolare secondo eque condizioni e modalità commerciali e le sue iniziative non abbiano avuto esito positivo entro un ragionevole periodo di tempo oppure in altre fattispecie, nelle quali è possibile derogare a tale preventiva procedura, tra le quali il caso di un'emergenza nazionale. In tutte le ipotesi, secondo il medesimo articolo 31, l'uso derivante dalla licenza obbligatoria non è esclusivo né alienabile ed è autorizzato prevalentemente per l'approvvigionamento nel mercato interno (dello Stato medesimo che riconosce la licenza obbligatoria)[50]; il titolare del brevetto, inoltre, deve ricevere un equo compenso, tenuto conto del valore economico dell'autorizzazione.

 

Si ricorda che, in base alla disciplina interna già vigente (di cui all'articolo 70 del citato codice della proprietà industriale, e successive modificazioni), una licenza obbligatoria di un brevetto può essere concessa, trascorsi tre anni dalla data di rilascio del brevetto o quattro anni dalla data di deposito della domanda (qualora  questo termine scada successivamente al precedente) in uno dei seguenti casi: qualora il titolare del brevetto o il suo avente causa non abbia, direttamente o a mezzo di uno o più licenziatari, attuato l'invenzione brevettata, producendo nel territorio dello Stato o importando oggetti prodotti in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero in uno Stato membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, ovvero l'abbia attuata in misura tale da risultare in grave sproporzione con i bisogni del Paese; qualora l'attuazione dell'invenzione sia stata, per oltre tre anni, sospesa o ridotta in misura tale da risultare in grave sproporzione con i bisogni del Paese. La licenza obbligatoria non viene concessa se la mancata o insufficiente attuazione è dovuta a cause indipendenti dalla volontà del titolare del brevetto o del suo avente causa. Non sono comprese in quest'ultima ipotesi la mancanza di mezzi finanziari e, qualora il prodotto stesso sia diffuso all'estero, la mancanza di richiesta nel mercato interno del prodotto brevettato od ottenuto con il procedimento brevettato.

Si ricorda altresì che le norme in materia di licenza obbligatoria possono trovare anche per i certificati complementari di protezione, in base all'equiparazione di questi ultimi ai brevetti (cfr. l'articolo 81, comma 1, del suddetto codice, e successive modificazioni).

 

 


 

Articolo 57
(Zone Economiche Speciali)

 

L’articolo 57, modificato quanto alle coperture finanziarie nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, interviene su alcune procedure riguardanti il funzionamento, e la governance delle ZES, relative a: la composizione del Comitato di indirizzo, la nomina dei Commissari straordinari per le ZES, cui viene conferita anche la funzione di stazione appaltante; il supporto amministrativo alla loro attività anche attraverso l’Agenzia per la Coesione e l’introduzione dell’autorizzazione unica in ottica di semplificazione; l’incremento del limite al credito d’imposta per gli investimenti nelle ZES, esteso all’acquisto di immobili strumentali agli investimenti.

 

In dettaglio, il comma 1 dell’art. 57 apporta numerose modifiche al decreto-legge n. 91 del 2017 che ha definito le procedure e le condizioni per istituire Zone economiche speciali (ZES) in alcune aree del Paese, in particolare nelle regioni definite dalla normativa europea come "meno sviluppate" o "in transizione", definendone le procedure e le condizioni.

Le modifiche sono di seguito descritte.

Il Commissario del governo nelle ZES (comma 1, lettera a)

La lettera a) del comma 1, apporta una serie di modifiche all’articolo 4 del DL n. 91/2017, incidendo sulle procedure di gestione delle ZES, in particolare relative alla figura del commissario del governo:

1)    si novella il comma 6, secondo periodo, eliminando il rinvio alle procedure previste dall’art. 11 della legge n. 400/1988 per la nomina del commissario straordinario del governo (che presiede il Comitato di indirizzo delle ZES, che è l’organo di amministrazione delle ZES), e introducendo, tra i componenti del Comitato di indirizzo, un rappresentante dei consorzi di sviluppo industriale (di cui all'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317), ovvero di quelli costituiti ai sensi della vigente legislazione delle regioni a statuto speciale, presenti sul territorio”;

Attualmente la nomina, secondo l’art. 11 della legge n. 400/88, è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, con definizione con il medesimo decreto dei compiti del commissario e delle dotazioni di mezzi e di personale e comunicazione al Parlamento della nomina. Nel decreto è stabilito il trattamento retributivo del Commissario;

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati aggiunti i numeri 1-bis e 1-ter alla lettera a) che hanno introdotto, dopo il terzo periodo del comma 6, che disciplina le ZES interregionali, la disposizione secondo la quale nel caso in cui i porti inclusi nelle ZES rientrino nella competenza territoriale di più Autorità di sistema portuale, al Comitato di indirizzo partecipano i presidenti di ciascuna Autorità di sistema portuale (n. 1-bis).

 

Tale disposizione si affianca a quella, già prevista dalla normativa vigente, secondo la quale qualora i porti inclusi nell'area della ZES rientrino nella competenza territoriale di un'Autorità di sistema portuale con sede in altra regione, al Comitato partecipa il Presidente dell'Autorità di sistema portuale che ha sede nella regione in cui è istituita la ZES.

 

Il n. 1-ter modifica inoltre il sesto periodo del comma 6, che recita che il Comitato di indirizzo si avvale del segretario generale dell'Autorità di sistema portuale per l'esercizio delle funzioni amministrative gestionali di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di far riferimento a “ciascuna Autorità di sistema portuale” invece che all’Autorità di sistema portuale.

 

2)    si introduce il nuovo comma 6-bis che innova le procedure per la nomina del Commissario: la nomina avviene sempre con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ma questo viene adottato su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, d’intesa con il Presidente della Regione interessata.

Si ricorda che con la legge di bilancio per il 2020 (art. 1, co. 316 della legge n. 160 del 2019) è stata modificata la governance delle Zone economiche speciali, stabilendo che il soggetto per l'amministrazione dell'area ZES, ossia il Comitato di indirizzo, sia composto anche da un Commissario straordinario del Governo, che lo presiede. Precedentemente il Comitato di indirizzo era invece presieduto dal Presidente dell'Autorità di sistema portuale.

 

La lettera a) del comma 1 prevede inoltre che nel caso di mancato perfezionamento dell'intesa nel termine di sessanta giorni dalla formulazione della proposta, il Ministro per il sud e la coesione territoriale sottopone la questione al Consiglio dei ministri che provvede con deliberazione motivata.

Nel decreto è stabilita la misura del compenso spettante al Commissario, previsto dal comma 6, nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 66 del 2014 (ossia un compenso massimo di € 240.000,00 lorde).

Si dispone altresì che i Commissari nominati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge cessano, ove non confermati, entro sessanta giorni dalla medesima data.

 

3)    si sostituisce il comma 7-quater prevedendo che l’Agenzia per la Coesione territoriale supporti l’attività dei Commissari e garantisca, sulla base degli orientamenti della cabina di regia delle ZES (prevista dall’articolo 5, comma 1, lettera a-quater), il coordinamento della loro azione nonché la pianificazione nazionale degli interventi nelle ZES, tramite proprio personale amministrativo e tecnico a ciò appositamente destinato, con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente. Si prevede inoltre che la medesima Agenzia fornisca supporto ai singoli Commissari, con personale tecnico e amministrativo in numero adeguato alle esigenze operative e dotato di idonee competenze, attraverso specifiche iniziative di rafforzamento amministrativo, al fine di garantire efficacia e operatività dell’azione commissariale, con oneri a carico del Programma operativo complementare al Programma nazionale Governance e capacità istituzionale 2014 – 2020 (che prevede di mettere a disposizione personale tecnico e amministrativo individuato ai sensi dell’art. 7, co. 6 del decreto legislativo n. 165/2001). Il Commissario straordinario si avvale inoltre delle strutture delle amministrazioni centrali o territoriali e di società controllate dallo Stato o dalle regioni.

 

L’articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 dispone che le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza di specifici presupposti di legittimità (indicati dalle lettere da a) a d) del comma citato). La relazione tecnica quantifica in 10 unità di personale a livello locale (1 project manager, e 3 unità senior, 3 unità middle e 3 unità junior di presidio) per ciascuna ZES e 8 unità a livello centrale (1 project manager, e 2 unità senior, 2 unità middle e 3 unità junior di presidio). Il costo è coperto ai sensi del comma 3.

 

Si ricorda che il decreto-legge n.76 del 2020 ha attribuito ulteriori funzioni al commissario straordinario del Governo, per le quali può avvalersi del supporto dell'Agenzia per la Coesione territoriale:

a) assicurare il coordinamento e l'impulso, anche operativo, delle iniziative volte a garantire l'attrazione, l'insediamento e la piena operatività delle attività produttive nell'ambito della ZES, ferme restando le competenze delle amministrazioni centrali e territoriali coinvolte nell'implementazione dei piani di sviluppo strategico, anche nell'ottica di coordinare le specifiche linee di sviluppo dell'area con le prospettive strategiche delle altre ZES istituite e istituende, preservando le opportune specializzazioni di mercato;

b) operare quale referente esterno del Comitato di indirizzo per l'attrazione e l'insediamento degli investimenti produttivi nelle aree ZES;

c) contribuire a individuare, tra le aree identificate all'interno del piano di sviluppo strategico, le aree prioritarie per l'implementazione del piano, e curarne la caratterizzazione necessaria a garantire gli insediamenti produttivi;

d) promuovere la sottoscrizione di appositi protocolli e convenzioni tra le amministrazioni locali e statali coinvolte nell'implementazione del piano strategico, volti a disciplinare procedure semplificate e regimi procedimentali speciali per gli insediamenti produttivi nelle aree ZES.

Il Commissario può anche stipulare, previa autorizzazione del Comitato di indirizzo, accordi o convenzioni quadro con banche e intermediari finanziari.

 

4)     si introduce il nuovo comma 7-quinquies, in base al quale il Commissario straordinario può assumere le funzioni di stazione appaltante fino al 31/12/2026 e operare con poteri straordinari in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, ai fini della più efficace e tempestiva realizzazione degli interventi del PNNR relativi alla infrastrutturazione delle ZES; viene fatto salvo il rispetto dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del Codice degli appalti (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), nonché delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE.  Si dispone che per l'esercizio di queste funzioni il Commissario straordinario provveda anche a mezzo di ordinanze.

 

Il comma 2 dell’art. 57 dispone che l'efficacia di tali disposizioni, da attuare con le risorse previste per la realizzazione di progetti compresi nel PNRR, sia subordinata alla definitiva approvazione del PNRR da parte del Consiglio dell'Unione europea

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 135 del 2018 aveva introdotto per le ZES, la riduzione di un terzo dei termini procedurali relativi:

-        alla conclusione dei procedimenti amministrativi, previsti dall'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, sul procedimento amministrativo e dei procedimenti concernenti le segnalazioni certificate di inizio attività;

-        alle procedure di VIA (Valutazione d'Impatto Ambientale), VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e AIA (Autorizzazione Ambientale Integrata);

-        in materia di AUA (Autorizzazione Unica Ambientale);

-        in materia di autorizzazione paesaggistica;

-        in materia edilizia;

-        in materia di concessioni demaniali portuali;

-        l’obbligo della procedura della conferenza di servizi decisoria semplificata, con termini ridotti della metà per la conclusione di procedimenti che coinvolgano altre amministrazioni con poteri di assenso;

-         a cura del Comitato di indirizzo della ZES (su impulso del Commissario straordinario del Governo in base al successivo DL 76/20220), il raccordo tra gli sportelli unici istituiti ai sensi della normativa vigente e lo sportello unico di cui alla legge n. 84 del 1994 – SUA (il quale, per tutti i procedimenti amministrativi ed autorizzativi concernenti le attività economiche, ad eccezione di quelli concernenti lo Sportello unico doganale e dei controlli e la sicurezza, svolge funzione unica di front office rispetto ai soggetti deputati ad operare in porto).

 

5)    si aggiunge il nuovo comma 8-bis, in base al quale le Regioni devono adeguare la propria programmazione o la riprogrammazione dei fondi strutturali alle esigenze di funzionamento e sviluppo della ZES, nonché concordare le relative linee strategiche con il Commissario, garantendo la massima sinergia delle risorse materiali e strumentali approntate per la piena realizzazione del piano strategico di sviluppo.

 

Riduzione dei termini dei procedimenti e benefici fiscali per gli investimenti (comma 1, lettera b)

La lettera b) del comma 1 apporta una serie di modifiche all’articolo 5 del DL 91/2017, in materia di termini dei procedimenti e benefici fiscali per le attività nelle ZES. In dettaglio:

1) si modifica la lettera a-bis) del comma 1, introducendo il riferimento al nuovo procedimento di autorizzazione unica (previsto dal nuovo articolo 5-bis, introdotto dalla successiva lett. c) del comma 1), per quanto riguarda i termini di adozione delle autorizzazioni di competenza di più amministrazioni che devono essere adottati con la conferenza semplificata (articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990) ed i cui termini sono ridotti della metà. Si prevede che siano altresì ridotti alla metà i termini di cui all’articolo 17-bis, comma 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241, che disciplina il silenzio e l'inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici;

2) si modifica la lettera a-ter), prevedendo che il Comitato di indirizzo, su impulso del Commissario, assicuri il raccordo tra gli sportelli unici e i nuovi procedimenti di autorizzazione unica introdotti con il nuovo articolo 5-bis;

3) si introduce il nuovo comma 1-bis, in base al quale i termini (di cui al comma 1) previsti per il rilascio di autorizzazioni, approvazioni, intese, concerti, pareri, concessioni, accertamenti di conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, nulla osta ed atti di assenso, comunque denominati, degli enti locali, regionali, delle amministrazioni centrali nonché di tutti gli altri competenti enti e agenzie, sono da considerarsi perentori. Decorsi inutilmente tali termini, gli atti si intendono resi in senso favorevole.

4) si sostituisce il comma 2, in materia di benefici fiscali per gli investimenti nelle ZES, aumentando da 50 milioni a 100 milioni di euro il limite massimo, per ciascun progetto di investimento, a cui viene commisurato il credito d’imposta previsto; si estende inoltre il credito d’imposta all’acquisto di immobili strumentali agli investimenti, anche mediante contratti di locazione finanziaria.

L’autorizzazione unica (comma 1, lettera c)

La lettera c) aggiunge un nuovo articolo 5-bis al DL n. 91/2017, relativo all’Autorizzazione unica. In dettaglio il nuovo articolo prevede che:

- le opere per la realizzazione di progetti infrastrutturali nelle zone economiche speciali (ZES) da parte di soggetti pubblici e privati siano considerati di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti (comma 1), fatto salvo quanto previsto in materia di autorizzazione di impianti e infrastrutture energetiche ed in materia di opere ed altre attività ricadenti nella competenza territoriale degli aeroporti;

- i progetti all’interno delle ZES siano soggetti ad autorizzazione unica, nel rispetto delle normative vigenti in materia di valutazione di impatto ambientale, che, ove necessario, costituisce variante agli strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale, ad eccezione del piano paesaggistico regionale; si tratta dei progetti inerenti alle attività economiche ovvero l’insediamento e l’esercizio di attività industriali, produttive e logistiche, che non soggetti a segnalazione certificata di inizio attività;

- l'autorizzazione unica sia rilasciata dal Commissario straordinario della ZES in esito ad apposita conferenza di servizi, in applicazione dell'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed in essa confluiscono tutti gli atti di autorizzazione, assenso e nulla osta comunque denominati, previsti dalla vigente legislazione in relazione all'opera da eseguire, al progetto da approvare o all'attività da intraprendere; alla conferenza di servizi siano convocate tutte le amministrazioni competenti, anche per la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, demaniale, antincendio, della salute  dei cittadini e preposte alla disciplina doganale;

- il rilascio dell'autorizzazione unica, sostituisca ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominati e consenta la realizzazione di tutte le opere, prestazioni e attività previste nel progetto;

Si prevede infine che le previsioni di cui ai commi da 2 a 5 del nuovo articolo 5-bis si applichino altresì alle opere e altre attività all'interno delle ZES e ricadenti nella competenza territoriale delle Autorità di sistema portuali e, in tal caso, l'autorizzazione unica prevista di citati commi sia rilasciata dall'Autorità di sistema portuale.

 

Il comma 3, modificato dalla Camera dei deputati provvede infine alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, lettera a), numero 3 (anch’esso oggetto di novella) che ha ad oggetto l’attività di supporto ai Commissari da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale.

Il testo novellato prevede che gli oneri, pari a 4,4 milioni per il 2023 e 8,8 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2034, siano coperti quanto a 4,4 milioni di euro per l'anno 2021, a 8,8 milioni di euro per l'anno 2022 e a 4,4 milioni di euro per l'anno 2023, a carico del Programma operativo complementare al Programma nazionale Governance e capacità istituzionale 2014-2020 e, quanto a 4,4 milioni di euro per l'anno 2023 e a 8,8 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2034, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Fondo per le esigenze indifferibili).

 

Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, lettera b), numero 4, (incremento ed estensione del credito di imposta nelle ZES) che sono valutati in 45,2 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, il comma 4 provvede si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC), ciclo di programmazione 2021-2027.

 

 

 

 

La disciplina delle ZES

Si ricorda che le ZES si possono istituire in regioni con PIL pro capite inferiore al 75% della media europea: in Italia sono le regioni Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania, mentre sono regioni in transizione (con PIL pro capite tra il 75% e il 90% della media europea) le regioni Sardegna, Abruzzo e Molise.

La Zona economica speciale è definita come un'area geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale facente parte della rete globale delle Reti di trasporto transeuropee, definite dal regolamento (UE) n.1315 dell'11 dicembre 2013.

Lo scopo delle Zone economiche speciali è quello di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese. Tali imprese sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché alle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa ZES e beneficiano di speciali condizioni. In particolare, le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o effettuano investimenti incrementali all'interno delle ZES possono usufruire di riduzione dei termini dei procedimenti e di semplificazione degli adempimenti rispetto alla normativa vigente

 

Per approfondimenti sulle ZES si veda il relativo paragrafo pubblicato sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 


 

 

Articolo 58
(Semplificazione del processo di attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne)

 

L’articolo 58 interviene sul procedimento di attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), prevedendo che all’attuazione degli interventi si provveda mediante nuove modalità che saranno individuate da una apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), anziché mediante lo strumento dell’Accordo di programma quadro, come previsto dalla normativa previgente.

 

A tal fine l’articolo 58 modifica l’articolo 1, comma 15, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di bilancio per il 2014) il quale, nel disciplinare l'attuazione degli interventi destinati alle aree interne del Paese, prevedeva, nel testo previgente, la cooperazione tra i diversi livelli istituzionali mediante la sottoscrizione di accordi di programma-quadro.

La legge n. 147 del 2013, che regolamenta il contributo delle risorse nazionali alla Strategia definita nell’Accordo di Partenariato 2014-2020, stabilisce che l’attuazione degli interventi venga perseguita mediante la sottoscrizione di Accordi di Programma Quadro, come definiti dall’articolo 2, comma 203, lettera c), della legge n. 662 del 1996, tra le diverse amministrazioni interessate, con il coordinamento del Ministro per la Coesione territoriale che si avvale, a tal fine, dell’Agenzia per la Coesione territoriale.

 

Secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa del decreto-legge in esame (A.C. 3146), a partire dal 2014 e fino al 18 marzo 2021, sono stati sottoscritti 46 Accordi di Programma Quadro (di cui 3 in fase di perfezionamento), mentre ancora 7 sono in condivisione preliminare e 17 in fase di istruttoria; tuttavia, l’estrema complessità della procedura per la sottoscrizione degli Accordi si è rivelata non del tutto adeguata alle finalità assegnate allo strumento, tanto più in considerazione dell’estensione dell’ambito di operatività della Strategia con l’avvio del nuovo periodo di programmazione delle risorse europee e nazionali 2021-2017. Nella Relazione si sottolinea, altresì, il lentissimo avanzamento finanziario nell’utilizzo delle risorse: ad ottobre 2020 i pagamenti erano pari a circa il 5% del totale del costo programmato. Oggi il valore delle risorse destinate ai 46 accordi di programma fin qui sottoscritti è pari a oltre 834 milioni di euro.

 

L’articolo 58 ha, dunque, lo scopo di modificare il processo di attuazione degli interventi previsti della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), prevedendo a tal fine una apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), che definirà le modalità e le forme di cooperazione tra le diverse amministrazioni interessate, da realizzarsi con il coordinamento del Ministro per la Coesione territoriale che si avvale, a tal fine, dell’Agenzia per la Coesione territoriale.

Nelle more di adozione di tale delibera del CIPESS, e comunque non oltre il termine del 31 dicembre 2021, la norma dispone che la cooperazione tra le amministrazioni continuerà ad essere perseguita mediante il ricorso alla sottoscrizione dello strumento dell’Accordo di programma quadro.

 

La Strategia nazionale per le aree interne del Paese costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell’ambito dell’Accordo di Partenariato, e rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana.  La Strategia, che ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali.

Per la Strategia Nazionale per le Aree Interne il legislatore ha stanziato risorse nazionali, a partire dall'esercizio 2014, per complessivi 481,2 milioni per il periodo 2015-2023, a valere sulle risorse del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 della legge n. 187 del 1983, c.d. Fondo IGRUE).

Il processo di selezione delle aree è stato completato nel corso del 2017 e ha interessato 72 aree, composte da 1.060 Comuni, da poco meno di 2 milioni abitanti (dato al 2020) e un territorio di circa 51mila kmq, pari ad un sesto del territorio nazionale. Come illustrato nell’ultima Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, allegata al DEF 2021, al 31 dicembre 2020, le aree interne che hanno definito strategie d’area sono 71, con un totale di investimenti programmati di circa 1,167 miliardi di euro. Lo sforzo, che ha accumunato Amministrazioni centrali, Regioni e comunità locali, ha consentito di approvare, nel corso del 2020, 24 strategie di area (un terzo delle aree interne selezionate), portando a conclusione la fase di sperimentazione definita nell’Accordo di partenariato 2014-2020.

I finanziamenti statali sono stati assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9, 10 agosto 2016, n. 43, 7 agosto 2017, n. 80 e 25 ottobre 2018, n. 52.

Inoltre, con la Delibera CIPE n. 14/2019 sono state assegnate ai Patti per il Sud ulteriori risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 in favore delle Regioni, per un importo complessivo pari a 80 milioni di euro destinati all’attuazione di un “Piano straordinario di messa in sicurezza delle strade nei piccoli comuni delle aree interne”. Per tale finalità, a ciascuna Regione del Sud è stato destinato un importo pari a 10 milioni di euro.

 


 

 

Articolo 59
(Proroga del termine per la perequazione infrastrutturale)

 

L’articolo 59, modificato dalla Camera dei deputati, interviene sulla disciplina vigente in materia di perequazione infrastrutturale (articolo 22 della legge n.42 del 2009) prorogando (dal 30 giugno) al 31 dicembre 2021 il termine entro cui deve essere effettuata la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali esistenti nel Paese ed entro cui sono definiti gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

 

Preliminarmente si segnala che la norma in esame novella l'articolo 1, comma 815, della legge n.178/2020 (legge di bilancio 2021), che a sua volta ha sostituito l'articolo 22 della legge n.42/2009. Potrebbe valutarsi in proposito l'opportunità di riferire la novella direttamente all'articolo 22, comma 1, della legge n.42/2009.

 

Ai sensi dell'unico comma di cui si compone l'articolo in esame, la proroga è disposta nelle more di una ridefinizione, semplificazione e razionalizzazione del procedimento finalizzato alla perequazione infrastrutturale di cui all’articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42, sì da rendere palese l'intenzione del legislatore di modificare nuovamente la disciplina recata al medesimo articolo.

 

La modifica introdotta alla Camera è diretta a sopprimere le disposizioni che sono state introdotte nell'articolo 59, nel testo trasmesso alle Camere (e tuttora vigente) con il quale si mirava a semplificare le procedure  in materia di perequazione infrastrutturale.

 

Per un raffronto puntuale tra il testo dell'articolo 22 della legge n.42 del 2009 previgente, quello (vigente) risultante dalle modifiche introdotte dall’articolo 59 in esame e quello derivante dalle modifiche introdotte dalla Camera dei deputati si rinvia al testo a fronte al termine della presente scheda.

 

Il testo dell'articolo 59 nel testo del decreto-legge trasmesso alle Camere

La disciplina introdotta con il decreto-legge conferma, nel complesso, l'impianto introdotto con il citato articolo 1, comma 815, l. 178/2020, basato sulla ricognizione della dotazione infrastrutturale del Paese, sull'individuazione del divario tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e sulla conseguente adozione di misure volte ad assorbirlo, attraverso interventi finanziati da un fondo con una dotazione pari a 4,6 miliardi di euro.

Il nuovo comma 1 dell'art.22 della L. n.42/2009 distingue due tipologie di ricognizione infrastrutturale dirette ad assicurare il recupero del divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, anche infra-regionali:

i) una prima tipologia, riguardante le infrastrutture statali (primo periodo), è demandata ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, da adottarsi, entro e non oltre il 30 novembre 2021, sentite le amministrazioni competenti. Nello specifico, con il predetto provvedimento si effettua, limitatamente alle infrastrutture statali, la ricognizione del numero e della classificazione funzionale delle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, nonché del numero e dell'estensione, con indicazione della relativa classificazione funzionale, delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali;

ii) una seconda tipologia di ricognizione, che riguarda le infrastrutture non di competenza statale. A tal fine la disposizione prevede che gli enti territoriali, nonché gli "altri soggetti pubblici e privati" siano tenuti a effettuare la ricognizione, per quanto di rispettiva competenza, entro il 31 ottobre 2021. Le Regioni e le province autonome sono tenute a comunicare gli esiti della ricognizione effettuata dagli enti territoriali (afferenti al medesimo territorio) entro il 31 dicembre 2021.

La disposizione in esame innova la disciplina previgente (che rivivrebbe a seguito della modifica introdotta dalla Camera dei deputati) in cui la ricognizione era posta in capo esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri e non si distingueva fra la ricognizione delle infrastrutture statali e quella delle altre infrastrutture. A tal fine si aveva riguardo ad uno o più D.P.C.M (e non al decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), da adottare su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale. Nel testo previgente il coinvolgimento degli enti territoriali era limitato alla previsione secondo cui la ricognizione si sarebbe avvalsa dei dati e delle informazioni forniti dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.

Il termine per l'adozione del provvedimento statale con cui si procede alla ricognizione, ora fissato per il 30 novembre 2021, nel testo previgente era il 30 giugno 2021.

Si segnala inoltre che nel testo previgente del citato art.22:

i) nel novero delle infrastrutture oggetto della ricognizione erano incluse anche le reti idrica, elettrica e digitale, nonché di trasporto e distribuzione del gas (comma 1, lettera a)).

ii) il provvedimento statale avrebbe dovuto altresì definire gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture (comma 1, lettera b));

iii) la ricognizione avrebbe dovuto tener conto, in particolare, dei seguenti elementi: estensione delle superfici territoriali; valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno; deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo; densità della popolazione e densità delle unità produttive; particolari requisiti delle zone di montagna; carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio; specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione (comma 1-bis);

iv) al Presidente del Consiglio dei ministri (o al Ministro dallo stesso delegato) erano demandati, anche per il tramite della Struttura di missione Investitalia e del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri, il coordinamento delle attività propedeutiche all'emanazione dei citati DPCM con cui definire la modalità di effettuazione della ricognizione nonché, in collaborazione con i Ministeri competenti, la definizione degli schemi-tipo per la ricognizione e degli standard di riferimento (comma 1-ter).

 

Il comma 1-bis dell'art.22 della L. 42/2009, introdotto dall'articolo in esame (e che verrebbe meno a seguito delle modifiche approvate dalla Camera dei deputati), demanda ad una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS):

i) la definizione dei criteri di priorità e le azioni da perseguire per il recupero del divario infrastrutturale risultante dalla richiamata ricognizione. A tal fine la delibera tiene conto: delle carenze della dotazione infrastrutturale sussistenti in ciascun territorio; dell'estensione delle superfici territoriali e della specificità insulare; della densità della popolazione e delle unità produttive.

I parametri da ultimo richiamati erano indicati, nel testo previgente, come criteri sulla base dei quali effettuare la ricognizione. Quanto ai criteri di priorità per l'assegnazione dei finanziamenti, la loro individuazione era demandata ai DPCM senza ulteriore specificazione (v.infra).

Ai sensi dell'art.1-bis del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, con l'obiettivo di rafforzare il coordinamento delle politiche pubbliche in materia di sviluppo sostenibile di cui alla risoluzione A/70/L.I adottata dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle nazioni unite il 25 settembre 2015, a decorrere dal 1° gennaio 2021 il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha assunto la denominazione di Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS);

ii) l'individuazione dei Ministeri competenti e della quota di finanziamento, con ripartizione annuale, a valere sulle risorse del Fondo perequativo infrastrutturale (disciplinato dal comma 1-ter, v. infra). A tal fine si tiene conto di quanto già previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dal Piano complementare.

Come noto, il PNRR si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU) elaborato dall’Unione Europea per sostenere lo sviluppo dei Paesi a seguito della crisi pandemica. La principale componente del programma NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza, che ha una durata di sei anni (dal 2021 al 2026). Il PNRR presentato dall’Italia si compone di una serie di investimenti e di riforme, cui sono destinate risorse pari a 222,1 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi sono finanziate attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 30,6 miliardi attraverso il Fondo complementare. Quest'ultimo è stato istituito con il decreto legge n.59 del 2021, a valere sullo scostamento pluriennale di bilancio chiesto dal Consiglio dei ministri ed approvato dal Parlamento il 22 aprile scorso. Il totale dei fondi previsti ammonta a di 222,1 miliardi (cui vanno aggiunti 13 miliardi resi disponibili dal Programma React-EU per gli anni 2021-2023).

 

La richiamata delibera del CIPESS è adottata, entro il 31 marzo 2022, su proposta del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con i Ministri per gli affari regionali e le autonomie, dell'economia e delle finanze, e per il Sud e la coesione territoriale, sentiti i Ministri competenti, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

 

Nel testo approvato con l'articolo 1, comma 815, della legge di bilancio per il 2021 (che riacquisirebbe vigenza con le modifiche introdotte dalla Camera dei deputati) l'individuazione sia delle infrastrutture necessarie a colmare il deficit di servizi rispetto agli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale, sia dei criteri di priorità per l’assegnazione dei finanziamenti era demandata ad ulteriori DPCM (comma 1-quater dell'art.22 della l.n.42/2009). Siffatti decreti avrebbero dovuto essere adottati entro sei mesi dalla ricognizione della dotazione infrastrutturale, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza unificata.

 

Il comma 1-ter dell'art.22 della L. 42/2009, secondo quanto previsto nel testo originario dell'articolo 59 in esame) disciplina il Fondo perequativo infrastrutturale per il finanziamento delle infrastrutture necessarie ad assorbire il divario infrastrutturale. La disposizione recepisce il contenuto presente nel testo previgente del comma 1-quater del medesimo articolo, introdotto con la legge di bilancio per il 2021. Detto Fondo, istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ha una dotazione complessiva di 4,6 miliardi di euro per gli anni dal 2022 al 2033, così ripartita: 100 milioni per l’anno 2022, 300 milioni per ciascuno degli anni 2023-2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2028-2033.

È altresì confermato che al Fondo non si applica l’articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016[51], che introduce, al fine di favorire il riequilibrio territoriale, un criterio di assegnazione preferenziale di risorse a favore degli interventi nei territori delle regioni del Mezzogiorno.

La disposizione da ultimo richiamata stabilisce che le Amministrazioni centrali dello Stato siano tenute ad assicurare l'obiettivo di destinare agli interventi nelle regioni del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento (corrispondente, cioè, 34 per cento degli stanziamenti complessivi).

Rispetto al testo introdotto con l'art.1, comma 815, della legge di bilancio per il 2021, risulta invece innovativo l'ultimo periodo del comma 1-ter, con cui si prevede che il Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri possa stipulare una apposita convenzione per il supporto tecnico–operativo alle attività di competenza nel limite massimo di 200.000 euro per il 2021.

La convenzione è stipulata ai sensi degli articoli 5 e 192 del Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50.

L’articolo 5 del Codice dei contratti reca i principi comuni in materia di esclusione, dall'ambito di applicazione del codice stesso, di una concessione o di un appalto pubblico aggiudicati (da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore) a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato.

Il comma 1 individua le condizioni che devono essere contestualmente soddisfatte affinché si ricada nella fattispecie di affidamento in house, che, in quanto tale, non rientra nella disciplina del Codice: un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore deve esercitare sulla persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (lett. a), inteso come "un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata", che può essere esercitata da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dal soggetto aggiudicatore; oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuato nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore (lett. b); nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata (lett. c).

Ai sensi dell'art.192 del Codice degli appalti, per quanto rileva in questa sede, si prevede che ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuino preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche (comma 2). Inoltre, si dispone in ordine alle forme di pubblicità degli atti connessi all'affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione tra enti nell'ambito del settore pubblico, da assicurarsi tramite pubblicazione nel profilo del committente nella sezione Amministrazione trasparente in formato open-data (comma 3).

 

Il nuovo comma 1-quater dell'art.22 della L.42/2009, introdotto dall'articolo 59 del presente decreto-legge (che verrebbe meno a seguito delle modifiche introdotte dalla Camera dei deputati), affida a ciascun Ministero competente, cui sono assegnate risorse del Fondo, il compito di adottare un Piano che individui:

i)      gli interventi da realizzare, che non devono essere già oggetto di integrale finanziamento a valere su altri fondi nazionali o comunitari e che devono essere corredati del Codice unico di progetto (art. 11, comma 2-bis, della legge n. 3 del 2003).

Il Codice Unico di Progetto (CUP) è il codice che identifica un progetto d'investimento pubblico ed è lo strumento centrale per il funzionamento del Sistema di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici (MIP). Ai sensi del richiamato art.11, comma 2-bis, gli atti amministrativi, adottati dalle Amministrazioni pubbliche, che dispongono un finanziamento o autorizzano l'esecuzione di progetti di investimento pubblico sono nulli in assenza dei corrispondenti codici unici che costituiscono elemento essenziale dell'atto stesso.

ii)    l'importo del relativo finanziamento;

iii)  i soggetti attuatori, in relazione al tipo e alla localizzazione dell'intervento;

iv)  il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie alla realizzazione degli interventi;

v)    le modalità di revoca e di eventuale riassegnazione delle risorse in caso di mancato avvio nei termini previsti dell'opera da finanziare.

Il predetto Piano è approvato, entro 30 giorni dalla delibera del CIPESS, con decreto del Ministro competente d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Esso è altresì comunicato alla Conferenza Unificata Stato-Regioni.

Il comma 1-quinquies conferma i contenuti già presenti nel testo previgente (al comma 1-sexies), ai sensi del quale il monitoraggio della realizzazione degli interventi è effettuato attraverso il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229[52]. A tal fine, si precisa che la classificazione degli interventi dovrà avvenire sotto la voce “Interventi per il recupero del deficit infrastrutturale legge di bilancio 2021”.

Il citato D.lgs. n. 229 contempla specifici obblighi di monitoraggio per le amministrazioni pubbliche e per i soggetti, anche privati, che realizzano opere pubbliche.

 

Il comma 2 dell’articolo 59, soppresso in esito all'esame presso la Camera dei deputati, reca infine la copertura degli oneri in esso recati, quantificati in di 200.000 euro, che sono posti a carico del Fondo per le esigenze indifferibili (di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014).

 

§   La perequazione infrastrutturale nel testo introdotto con la legge di bilancio per il 2021

Nella scheda di approfondimento che segue si dà conto delle principali novità introdotte con la legge di bilancio per il 2021 rispetto alla versione precedente dell'articolo 22 della legge n.42/2009, che - a seguito delle modifiche introdotte dalla Camera dei deputati - tornerebbe ad essere la disciplina di riferimento della perequazione infrastrutturale, a meno del diverso termine (del 31 dicembre 2021, e non 30 giugno 2021) entro cui, come detto, andrebbe conclusa la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali esistenti e la definizione degli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

 

L’articolo 1, comma 815, della legge di bilancio 2021 aveva recentemente riscritto l'art.22 della L.42/2009, che era rimasto a lungo inattuato. Dopo aver dato conto delle novità introdotte con l'articolo in esame, in questa sede si dà conto degli aspetti innovativi introdotti con l'ultima legge di bilancio rispetto alla disciplina originaria.

Il comma 1 dell'art.22, come novellato con la legge di bilancio, demandava, come detto, ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri il compito di effettuare una ricognizione delle dotazioni infrastrutturali esistenti, mentre nel testo originario veniva attribuito al Ministro dell'economia e delle finanze, "d'intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia" una "ricognizione degli interventi infrastrutturali", sulla base delle norme vigenti.

Con l'art.1, comma 815, si specifica che la finalità degli interventi perequativi, consistente nel recupero del deficit infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, riguarda anche infra-regionali. Tale ultimo riferimento ai territori intraregionali, ancorché potenzialmente desumibile dalla disciplina originaria, veniva reso esplicito. La novità (mantenuta anche nel testo riformulato da ultimo dall'art.59 del presente decreto-legge) consiste nello specificare che la perequazione deve essere intesa non come volta a beneficiare esclusivamente le regioni con minore grado di sviluppo infrastrutturale, bensì come diretta a colmare eventuali divari strutturali riguardanti territori anche situati all'interno di regioni che, nelle restanti parti, siano adeguatamente dotate di capitale fisico.

Nel testo originario era disciplinata una fase transitoria (definita agli articoli 20 e 21 della medesima legge n.42/2009) nella quale individuare, sulla base della richiamata ricognizione, interventi perequativi che tengano conto anche della virtuosità degli enti nell'adeguamento al processo di convergenza ai costi o al fabbisogno standard. Siffatti interventi da effettuare nelle aree sottoutilizzate avrebbero dovuto essere individuati nell'allegato infrastrutture al Documento di programmazione economico-finanziaria.

Quanto agli ambiti oggetto della ricognizione, essi erano sostanzialmente confermati rispetto a quelli già previsti: strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, nonché rete stradale, autostradale, ferroviaria, portuale, aeroportuale[53], idrica, elettrica e digitale e di trasporto e distribuzione del gas.

Risultava invece innovativa la scelta di precisare che la ricognizione si avvale dei dati e delle informazioni forniti dalla Conferenza delle regioni e delle Province autonome.

Ai medesimi DPCM è demandata altresì la definizione degli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

Il comma 1-bis dell'art.22 della legge n.42 del 2009, anch'esso introdotto con la legge di bilancio, riguardava i parametri su cui operare la ricognizione infrastrutturale. Esso riproduceva tendenzialmente i contenuti della disposizione originaria, di cui al comma 1, secondo periodo, dell'art.22 medesimo (venuti meno nel testo ora vigente).

Ai fini della ricognizione, si sarebbe dovuto tener conto, in particolare:

a)     dell'estensione delle superfici territoriali;

b)     della valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;

c)     del deficit infrastrutturale e del deficit di sviluppo;

d)     della densità della popolazione e della densità delle unità produttive;

e)     di particolari requisiti delle zone di montagna;

f)      delle carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;

g)     della specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

Ai sensi del comma 1-ter dell'art.22 della legge n.42/2009, risultante dal comma 815, il coordinamento delle attività propedeutiche all’emanazione dei richiamati DPCM spettava al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro dallo stesso delegato, anche per il tramite della Struttura di missione Investitalia e del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tali aspetti presentavano un carattere innovativo rispetto alla disciplina previgente, così come la previsione secondo cui il Presidente del Consiglio (o il Ministro delegato), in collaborazione con i Ministeri competenti e avvalendosi delle anzidette strutture, era chiamato a definire gli schemi-tipo per la ricognizione e gli standard di riferimento.

Il comma 1-quater dell'art.22 della l.n.42/2009 risultante dalle modifiche introdotte con la legge di bilancio per il 2021, contenente disposizioni precedentemente non previste, demandava ad ulteriori DPCM l'individuazione sia delle infrastrutture necessarie a colmare il deficit di servizi rispetto agli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale, sia dei criteri di priorità per l’assegnazione dei finanziamenti.

Tali decreti avrebbero dovuto essere adottati, entro sei mesi dalla richiamata ricognizione della dotazione infrastrutturale, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza unificata.

Fra i principali elementi di novità introdotte nell'ultima manovra economica, vi è la previsione, come detto confermata anche dall'art.59 del presente decreto-legge, con cui è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il “Fondo perequativo infrastrutturale” per il finanziamento delle infrastrutture necessarie ad assorbire il divario infrastrutturale, con la dotazione complessiva, pari a 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033.

Anche i commi 1-quinquies e comma 1-sexies dell'art.22 della l.n.42/2009, relativi, rispettivamente, alla ripartizione del Fondo perequativo infrastrutturale e al monitoraggio della realizzazione degli interventi presentavano carattere innovativo.


 

Art. 22 - legge n. 42 del 2009

Testo previgente

Testo risultante dall'art. 59 D.L. 77/2021 (nel testo trasmesso alle Camere)

Testo risultante dall'art. 59 D.L. 77/2021 (nel testo modificato dalla Camera dei deputati)

1. Al fine di assicurare il recupero del deficit infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, anche infra-regionali, entro e non oltre il 30 giugno 2021, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale:

a) è effettuata la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali esistenti riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, nonché la rete stradale, autostradale, ferroviaria, portuale, aeroportuale, idrica, elettrica e digitale e di trasporto e distribuzione del gas. La ricognizione si avvale dei dati e delle informazioni forniti dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;

b) sono definiti gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

 

1. Al fine di assicurare il recupero del divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, anche infra-regionali, con decreto adottato entro e non oltre il 30 novembre 2021 il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentite le amministrazioni competenti, effettua, limitatamente alle infrastrutture statali la ricognizione del numero e della classificazione funzionale delle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, nonché del numero e dell'estensione, con indicazione della relativa classificazione funzionale, delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali. In relazione alle infrastrutture di cui al primo periodo non di competenza statale, la ricognizione è effettuata dagli enti territoriali, nonché dagli altri soggetti pubblici e privati competenti, entro e non oltre la data del 31 ottobre 2021. La ricognizione effettuata dagli enti territoriali è comunicata dalle singole Regioni e dalle Province autonome, entro e non oltre la data del 31 dicembre 2021, al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

1. Al fine di assicurare il recupero del deficit infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, anche infra-regionali, entro e non oltre il 31 dicembre 2021, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale:

a) è effettuata la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali esistenti riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, nonché la rete stradale, autostradale, ferroviaria, portuale, aeroportuale, idrica, elettrica e digitale e di trasporto e distribuzione del gas. La ricognizione si avvale dei dati e delle informazioni forniti dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;

b) sono definiti gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

 

1-bis. La ricognizione di cui al comma 1, lettera a), è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

a) estensione delle superfici territoriali;

b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;

c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo;

d) densità della popolazione e densità delle unità produttive;

e) particolari requisiti delle zone di montagna;

f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;

g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

 

1-bis. La ricognizione di cui al comma 1, lettera a), è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

a) estensione delle superfici territoriali;

b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;

c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo;

d) densità della popolazione e densità delle unità produttive;

e) particolari requisiti delle zone di montagna;

f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;

g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

1-ter. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro dallo stesso delegato, anche per il tramite della Struttura di missione Investitalia e del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, coordina le attività propedeutiche all'emanazione dei decreti di cui al comma 1 e, in collaborazione con i Ministeri competenti, definisce gli schemi-tipo per la ricognizione di cui al comma 1, lettera a), e gli standard di riferimento di cui al comma 1, lettera b).

 

1-ter. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro dallo stesso delegato, anche per il tramite della Struttura di missione Investitalia e del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, coordina le attività propedeutiche all'emanazione dei decreti di cui al comma 1 e, in collaborazione con i Ministeri competenti, definisce gli schemi-tipo per la ricognizione di cui al comma 1, lettera a), e gli standard di riferimento di cui al comma 1, lettera b).

1-quater. Entro sei mesi dalla ricognizione di cui al comma 1, lettera a), con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuate le infrastrutture necessarie a colmare il deficit di servizi rispetto agli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale, nonché stabiliti i criteri di priorità per l'assegnazione dei finanziamenti.

1-bis. All'esito della ricognizione di cui al comma 1, con delibera del Comitato interministeriale per  la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), su proposta del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con i Ministri per gli affari regionali e le autonomie, dell'economia e delle finanze, e per il Sud e la coesione territoriale, sentiti i Ministri competenti, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo  28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 marzo 2022, sono stabiliti i criteri di priorità e le  azioni da perseguire per il recupero del divario risultante dalla ricognizione predetta, avuto riguardo alle carenze della dotazione infrastrutturale sussistenti in ciascun territorio, all'estensione delle superfici territoriali e alla specificità insulare, alla densità della popolazione e delle unità produttive,  e si individuano i Ministeri competenti e la quota di finanziamento con ripartizione annuale, tenuto conto di quanto già previsto dal PNRR e dal Piano complementare di cui al decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, a valere sulle risorse del fondo cui al comma 1-ter.

1-quater. Entro sei mesi dalla ricognizione di cui al comma 1, lettera a), con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuate le infrastrutture necessarie a colmare il deficit di servizi rispetto agli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale, nonché stabiliti i criteri di priorità per l'assegnazione dei finanziamenti.

1-quater (secondo periodo). Per il finanziamento delle infrastrutture necessarie di cui al periodo precedente, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito il "Fondo perequativo infrastrutturale" con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Al predetto Fondo non si applica l'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18.

1-ter. Per il finanziamento degli interventi di cui al comma 1-quater, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito il "Fondo perequativo infrastrutturale" con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Al predetto Fondo non si applica l'articolo 7- bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18. Il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri per il supporto tecnico - operativo alle attività di competenza, può stipulare apposita convenzione ai sensi degli articoli 5 e 192 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nel limite massimo di 200.000 euro per l'anno 2021.

1-quater (secondo periodo). Per il finanziamento delle infrastrutture necessarie di cui al periodo precedente, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito il "Fondo perequativo infrastrutturale" con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Al predetto Fondo non si applica l'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18.

 

1-quater. Entro trenta giorni dalla delibera CIPESS di cui al comma 1-bis, ciascun Ministero competente, assegnatario delle risorse di cui al comma 1-bis individua, in un apposito Piano da adottare con decreto del Ministro competente d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, gli interventi da realizzare, che non devono essere già oggetto di integrale finanziamento a valere su altri fondi nazionali o comunitari, l'importo del relativo finanziamento, i soggetti attuatori, in relazione al tipo e alla localizzazione dell'intervento, il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione, nonché le modalità di revoca e di eventuale riassegnazione delle risorse in caso di mancato avvio nei termini previsti dell'opera da finanziare. Gli interventi devono essere corredati, ai sensi dell'articolo 11, comma 2 bis, della legge 16 gennaio 2003, n. 3 del Codice unico di progetto. Il Piano di cui al primo periodo è comunicato alla  Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

1-quinquies. Alla ripartizione del Fondo di cui al comma 1-quater si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che individua gli interventi da realizzare, l'importo del relativo finanziamento, i soggetti attuatori e il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione.

 

1-quinquies. Alla ripartizione del Fondo di cui al comma 1-quater si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che individua gli interventi da realizzare, l'importo del relativo finanziamento, i soggetti attuatori e il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione.

1-sexies. Il monitoraggio della realizzazione degli interventi finanziati di cui al comma 1-quater è effettuato attraverso il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificando gli interventi sotto la voce "Interventi per il recupero del deficit infrastrutturale legge di bilancio 2021”.

1-quinquies. Identico

1-sexies. Il monitoraggio della realizzazione degli interventi finanziati di cui al comma 1-quater è effettuato attraverso il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificando gli interventi sotto la voce "Interventi per il recupero del deficit infrastrutturale legge di bilancio 2021”.

 


 

 

Articolo 60
(
Rafforzamento del ruolo dell’Agenzia per la coesione territoriale)

 

L’articolo 60 rafforza il ruolo dell’Agenzia per la coesione territoriale ai fini dell’esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienze o ritardi, da parte delle amministrazioni pubbliche responsabili dell'attuazione dei fondi strutturali, che determinino rischi di definanziamento.

 

In particolare, l’articolo 60 interviene sulle modalità di esercizio dei poteri ispettivi e di monitoraggio nell’utilizzo dei fondi strutturali o del Fondo per lo sviluppo e la coesione, nonché sul potere sostitutivo in caso di inerzia o ritardo nell'attuazione degli interventi, attraverso un rafforzamento del ruolo dell’Agenzia per la coesione territoriale.

A tal fine viene modificato l’articolo 12 del decreto-legge n. 133 del 2014.

 

L’articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 133 del 2014 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri esercita i poteri ispettivi e di monitoraggio volti ad accertare il rispetto della tempistica e degli obiettivi dei piani, programmi ed interventi finanziati dall'UE o dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche avvalendosi delle amministrazioni statali e non statali dotate di specifica competenza tecnica.

Il successivo comma 3 stabilisce che in caso di accertato inadempimento, inerzia o ritardo nell'attuazione degli interventi, il Presidente del Consiglio dei ministri esercita i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 69 del 2013[54].

 

Una prima modifica riguarda il comma 2 dell’articolo 12, prevedendo che l’esercizio dei poteri ispettivi e di monitoraggio, volti ad accertare il rispetto della tempistica e degli obiettivi dei programmi finanziati dall'UE o dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, possa essere esercitato, oltre che dal Presidente del Consiglio dei ministri (come già previsto), anche dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale, in quanto delegato dal Presidente del Consiglio, che si avvale dell’Agenzia per la coesione territoriale, oltre che delle amministrazioni statali e non statali dotate di specifica competenza tecnica.

Analogamente, viene modificato il comma 3 dell’articolo 12, prevedendo che, in caso di accertato inadempimento, inerzia o ritardo nell'attuazione dei suddetti interventi, i poteri sostitutivi possono essere esercitati oltre che dal Presidente del Consiglio dei Ministri, anche dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale, in quanto ministro delegato, per il tramite dell'Agenzia per la coesione territoriale.

La norma, come riformulata, prevede inoltre che l'Agenzia possa assumere le funzioni di soggetto attuatore, avvalendosi di una centrale di committenza ai fini dell'effettiva realizzazione degli interventi.

 

 


 

Articolo 60-bis
(Accelerazione dei procedimenti relativi ai beni confiscati alle mafie)

 

L’articolo 60-bis, inserito dalla Camera dei deputati, modifica la disciplina relativa alla destinazione dei beni immobili confiscati alla criminalità, con particolare riferimento alla possibilità di reinvestire i proventi dell’utilizzo dei beni con finalità di lucro per sostenere le spese di manutenzione straordinaria dei beni stessi e di prevedere, in caso di revoca della destinazione, un procedimento di valorizzazione dei beni volto a consentire il loro successivo reimpiego con finalità sociali.

 

La disposizione, che modifica l’art. 48 del Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011), è finalizzata ad accelerare il procedimento di destinazione dei beni confiscati alla criminalità, anche per consentire il tempestivo svolgimento delle attività previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

Si ricorda, infatti, che il PNRR prevede, nell’ambito della Missione 5 (Coesione e inclusione), Componente 3 (Interventi speciali per la coesione territoriale), un investimento volto alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. In particolare, «L'investimento mira ad attuare la Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati. La misura deve promuovere lo sviluppo economico, sociale e civile delle zone colpite dalla criminalità organizzata prevedendo la riqualificazione di beni confiscati alle mafie. Mediante la riqualificazione a favore della comunità e un uso più efficace ed efficiente dei beni confiscati per fini economici, sociali ed istituzionali il progetto deve creare le condizioni per un'economia di mercato trasparente. Allo stesso tempo ci si attende che il progetto garantisca maggiori opportunità di benessere e di occupazione nelle regioni dell'Italia meridionale, nel rispetto della legalità e della giustizia sociale. La valorizzazione dei beni confiscati deve essere orientata a uno dei seguenti scopi: creazione di strutture, residenze sociali/sanitarie, centri diurni, coabitazione sociale a sostegno dell'alloggio/inclusione sociale delle persone che vivono in condizioni di esclusione (individui a rischio povertà, senza fissa dimora, vittime di violenza, anziani, persone con disabilità, Rom); riqualificazione di spazi pubblici volta a migliorare i servizi sociali per i cittadini (asili nido, centri ricreativi, servizi socio-educativi per la prima infanzia, centri diurni per minori, palestre, laboratori); creazione di spazi di incontro socioculturale per i giovani gestiti da associazioni di volontariato (biblioteche, spazi per musica e altre attività comunitarie); utilizzo di beni come caserme, stazioni di polizia, sedi di protezione civile per promuovere la legalità e la sicurezza territoriale. Questo investimento è sinergico con altri fondi dell'UE. Gli interventi sui beni confiscati saranno aggiudicati mediante notifica di appalti pubblici» (cfr. p. 481 dell’Allegato al PNRR approvato dal Consiglio europeo).

Più in particolare, la valorizzazione di almeno 100 beni confiscati alle mafie è un obiettivo che il nostro Paese deve raggiungere entro il secondo trimestre 2025; la valorizzazione di 200 beni entro il secondo trimestre 2026 (p. 487 dell’Allegato).

 

In particolare, la lettera a) modifica il comma 3 dell’art. 48, relativo alla destinazione dei beni immobili, con particolare riferimento alla possibilità per gli enti territoriali di utilizzare i beni per finalità di lucro, nel rispetto del vincolo di reimpiego dei proventi per finalità sociali (lett. c), settimo periodo).

La disposizione estende il possibile reimpiego dei proventi del bene confiscato alle spese di manutenzione straordinaria delle quali necessitino beni confiscati alla criminalità e utilizzati per finalità sociali.

 

La lettera b) interviene sul comma 13 dell’art. 48, in base al quale i provvedimenti di destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali, deliberati dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, sono immediatamente esecutivi. Il decreto-legge specifica, aggiungendo un ulteriore periodo, che il trasferimento del bene al patrimonio dell’ente territoriale si perfeziona con la notifica all’ente del provvedimento di destinazione. L’ente dovrà effettuare la trascrizione del provvedimento entro i 10 giorni successivi alla notifica. Tale disciplina troverà applicazione in relazione ai provvedimenti di destinazione degli immobili agli enti territoriali:

§  per finalità istituzionali o sociali ovvero economiche, con vincolo di reimpiego dei proventi per finalità sociali (comma 3, lett. c), primo periodo);

§  per essere adibiti a centri di cura e recupero di tossicodipendenti, quando l’immobile sia stato confiscato per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (comma 3, lett. d).

 

Infine, la lettera c) inserisce nell’art. 48 del Codice antimafia il comma 15-quinquies, per disciplinare l’ipotesi di revoca della destinazione.

La nuova disposizione prevede, anzitutto, che l’Agenzia nazionale abbia 60 giorni per provvedere a una nuova destinazione del bene, seguendo la procedura ordinaria.

Trascorso invano detto termine, il bene sarà mantenuto al patrimonio dello Stato e sarà dato in gestione all’Agenzia del demanio, che dovrà:

§  provvedere alla regolarizzazione del bene confiscato “avvalendosi del successivo art. 51, comma 3-ter”;

L’art. 51 del Codice antimafia prevede che l’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, possa richiedere, senza oneri, i provvedimenti di sanatoria, consentiti dalle vigenti disposizioni di legge delle opere realizzate sui beni immobili che siano stati oggetto di confisca definitiva.

Potrebbe valutarsi se mantenere l’opera di regolarizzazione all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni confiscati, come previsto dall’art. 51, comma 3-ter.

§  provvedere alla rifunzionalizzazione e valorizzazione del bene confiscato, mediante l’utilizzo delle risorse ad essa attribuite per gli interventi su beni appartenenti al patrimonio dello Stato.

L’opera di regolarizzazione e valorizzazione è volta a consentire la successiva assegnazione del bene, a titolo gratuito, agli enti ed alle associazioni di cui alla lettera c) del comma 3 (v. sopra), per le finalità ivi previste.


 

Articolo 61
(Modifiche alla disciplina del potere sostitutivo)

 

L’articolo 61 introduce modifiche alla legge sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990) in materia di poteri sostitutivi attivabili in caso di inerzia dell’amministrazione a provvedere. Con una prima modifica, si prevede che il potere sostitutivo può essere attribuito non solo ad una figura apicale, ma anche ad un’unità organizzativa. In secondo luogo, si introduce la possibilità che l’attivazione del potere sostitutivo possa avvenire anche d’ufficio, oltre che su istanza del privato.

 

Con l’articolo 61 si apre il Titolo VI del decreto legge in esame, che introduce alcune modifiche alla legge 7 agosto 1990 n. 241, che reca le norme generali sul procedimento amministrativo.

 

La legge 241/1990 sancisce regole generali valide per tutti i procedimenti amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali. Tale disciplina è stata oggetto negli anni di un continuo processo di revisione da parte del legislatore per adeguare la fisionomia normativa degli istituti alle esigenze emerse nella prassi applicativa e nella giurisprudenza.

L’intervento di maggior rilievo si è avuto nel corso della XIV legislatura, in particolare ad opera della legge n. 15/2005, che ha ampiamente novellato la legge introducendo l’intero Capo IV-bis, che disciplina l’efficacia e l’invalidità del provvedimento, nonché gli istituti di autotutela amministrativa.

Nella XVI legislatura ulteriori correzioni a vari aspetti della disciplina generale del procedimento sono state apportate dalla legge n. 69/2009, nonché da alcune disposizioni del D.L. 5/2012 (c.d. decreto Semplifica Italia) e della L. 190/2012 (c.d. legge anticorruzione), con la duplice finalità di rafforzare gli strumenti di tutela a disposizione dei privati nei confronti delle pubbliche amministrazioni e dei privati che esercitano funzioni amministrative, nonché di assicurare maggiore certezza e celerità per l’adozione del provvedimento finale.

Nel corso della XVII legislatura è stato approvato un ulteriore pacchetto di riforme, animato dall'intento di semplificare l’organizzazione della pubblica amministrazione, riconducibile in prevalenza alle disposizioni della legge n. 124/2015 e dei decreti attuativi. Gli interventi hanno riguardato la disciplina della conferenza di servizi, il regime delle autorizzazioni amministrative e la segnalazione certificata di inizio attività (c.d. SCIA), i termini dei procedimenti, nonché la disciplina dell’autotutela amministrativa (revoca, sospensione, annullamento d'ufficio degli atti amministrativi). Tra le novità di rilievo, vi è la previsione in via generale del meccanismo del silenzio assenso anche nei rapporti tra amministrazioni o tra amministrazioni e gestori di beni o servizi pubblici.

Nell’attuale legislatura il decreto-legge n. 76 del 2020 (articolo 12) ha stabilito alcune modifiche alla legge generale in funzione di semplificazione e accelerazione dell’azione amministrativa.

 

In dettaglio l'articolo 61 modifica l’articolo 2 della legge n. 241 del 1990 che disciplina la conclusione del procedimento, con la finalità, esplicitata nella relazione illustrativa, di rafforzare il potere sostitutivo già previsto dalla legge nei casi di mancato rispetto del termine per provvedere.

Ai sensi del vigente art. 2, co. 9-bis e seguenti, L. 241/1990, infatti, qualora il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, l’interessato può rivolgersi ad una figura interna all’amministrazione, titolare del potere sostitutivo, che appunto si sostituisce al dirigente o al funzionario inadempiente e conclude il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario.

In ogni caso, il provvedimento finale deve essere adottato entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto.

 

A tale disciplina sono apportati due correttivi.

Con la modifica introdotta dalla lettera a) al comma 9-bis, primo periodo, del citato articolo 2, è introdotta la facoltà per l’organo di governo di individuare, ai fini dell’attribuzione del potere, “un’unità organizzativa”, in luogo di una figura apicale dell’amministrazione. Ciascuna amministrazione potrà quindi scegliere tra una figura apicale ovvero un’unità organizzativa.

Conseguentemente, viene precisato, al terzo periodo, che l’indicazione del soggetto “o dell’unità organizzativa” è oggetto di un obbligo di pubblicità sul sito internet istituzionale dell’amministrazione.

 

Resta confermato quanto stabilito dal secondo periodo dell’art. 2, co. 9-bis, che prevede alcuni criteri suppletivi ove l’organo di governo non provveda all’individuazione: infatti, in tal caso, il potere sostitutivo si intende attribuito al dirigente generale. In mancanza di questi, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione.

 

Non è invece oggetto di modifica il quarto periodo del comma 2-bis, in base al quale, in caso di ritardo, il “soggetto” titolare del potere sostitutivo comunica senza indugio il nominativo del responsabile per valutare l’opportunità di avviare il procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza a tali disposizioni, assume, oltre alla propria responsabilità, anche quella del responsabile. In proposito andrebbe valutata l’opportunità di riformulare anche il testo del quarto periodo, aggiungendo il riferimento all’unità organizzativa che può essere titolare del potere sostitutivo.

 

La lettera b) sostituisce integralmente il comma 9-ter dell’articolo 2, il quale, nella formulazione previgente al decreto, garantisce al privato in attesa del provvedimento dell’amministrazione, ove il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, la possibilità di rivolgersi direttamente al titolare del potere sostitutivo (individuato ai sensi del comma precedente) affinché concluda il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario.

Con la modifica, oltre ad introdurre il riferimento all’unità organizzativa in alternativa al responsabile individuale, è introdotta la possibilità, che decorso il termine, il potere sostitutivo possa essere attivato anche d’ufficio e non più, come finora, solo su istanza del privato interessato.

 

 

La disciplina generale dei termini dei procedimenti amministrativi

 

La legge generale sul procedimento amministrativo (L. 241/1990, art. 2) stabilisce un principio di carattere generale in base al quale tutti i procedimenti che conseguono obbligatoriamente ad una istanza e quelli attivati d’ufficio devono necessariamente concludersi con un provvedimento espresso adottato in termini definiti.

Ciascuna amministrazione statale fissa i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza con singoli regolamenti adottati nella forma di decreto del Presidente della Consiglio su proposta del Ministro competente. In ogni caso, il termine non può eccedere i 90 giorni. Anche gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza, sempre nel limite dei 90 giorni.

In mancanza di determinazione di termini, il procedimento deve concludersi entro 30 giorni, a meno che un diverso termine sia stabilito per legge. È ammessa in generale la possibilità per la PA di sospendere il termine per un periodo non superiore a 30 giorni

La legge ammette, inoltre, anche la possibilità di prevedere termini superiori ai 90 giorni in considerazione della «sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento». In questi casi, tuttavia, il termine massimo di durata non può oltrepassare comunque i 180 giorni (ad esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione). I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

Oltre alla disciplina generale dei termini procedimentali per le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali prevista dalla L. 241 del 1990, occorre considerare che esistono norme speciali previste da leggi di settore.

La legge disciplina anche le conseguenze del mancato rispetto dei termini procedimentali e del tardivo adempimento da parte dell’amministrazione procedente.

Oltre alla attivazione del potere sostitutivo oggetto della disposizione in esame, la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente (art. 2, co. 9, L. 241 del 1990).

Per i casi di ritardo doloso o colposo del termine di conclusione del procedimento, la legge prevede il risarcimento del danno ingiusto cagionato in favore del privato (c.d. danno da ritardo ex art. 2-bis, co. 1, L. 241 del 1990).

Dal 2013 la legge prevede anche l’ipotesi di un indennizzo da ritardo determinato dalla pubblica amministrazione (che può essere sia quella che ha dato avvio al procedimento, sia altra amministrazione, che intervenga nel corso del procedimento e che abbia causato il ritardo), ma anche dai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative, nella conclusione di procedimenti ad istanza di parte: a differenza del risarcimento l’indennizzo non può essere richiesto nei procedimenti avviati d'ufficio, presuppone il decorso del tempo quale mero nesso causale e deve essere preceduto dall'attivazione del potere sostitutivo (art. 2-bis, co. 1-bis, L. 241 del 1990).

 

 

 


 

Articolo 62
(Modifiche alla disciplina del silenzio assenso)

 

L’articolo 62 introduce, nei casi di formazione del silenzio assenso, l’obbligo per l’amministrazione di rilasciare in via telematica, su richiesta del privato, un’attestazione dell’intervenuto accoglimento della domanda entro dieci giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente il termine, l’attestazione dell’amministrazione può essere sostituita da una autodichiarazione del privato.

 

Come esplicitato nella relazione illustrativa, la finalità della norma è “consentire la piena operatività e il rafforzamento dell’efficacia del silenzio assenso” riconoscendo il diritto dell’interessato ad un’attestazione che ne dimostri l’avvenuta formazione.

A tal fine la disposizione in esame introduce un nuovo comma 2-bis all’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 che include il silenzio assenso tra gli istituti di semplificazione amministrativa, generalizzando il ricorso all’istituto.

Si ricorda che tale norma stabilisce che nei procedimenti a istanza di parte, esclusi quelli per i quali opera la SCIA-segnalazione certificata di inizio attività, volti al rilascio di provvedimenti amministrativi, «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine per provvedere (indicato ai sensi dell’art. 2, co. 2 e 3 della medesima L. 241), il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indice una conferenza di servizi. I termini per la formazione del silenzio assenso decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990, con la domanda l'interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti.

Il silenzio assenso non opera per gli atti e i procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, a quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, alla salute e alla pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con appositi D.P.C.M adottati su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione dell’istituto, si ricorda infine che un elenco dei casi di silenzio-assenso è contenuto nel D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222 (c.d. SCIA 2), che riporta nella tabella A allegata la ricognizione delle attività e dei procedimenti nei settori del commercio e delle attività assimilabili, dell'edilizia e dell'ambiente (per un totale di 246 attività/procedimenti). Per ciascun procedimento o attività, la tabella indica il regime amministrativo applicabile (autorizzazione, silenzio assenso, SCIA, SCIA unica, SCIA condizionata, comunicazione) l'eventuale concentrazione dei regimi e i riferimenti normativi.

 

Nei casi in cui equivale ad accoglimento della domanda, il silenzio ha valore di provvedimento e, pertanto, l’amministrazione può, in via di autotutela, annullare o revocare l’atto implicito di assenso (art. 20, comma 3, L. 241 del 1990).

La disciplina del silenzio assenso opera dunque attualmente in sostanza come un incentivo a provvedere, ma non offre totale certezza al privato in merito alla valutazione compiuta da parte dell’amministrazione sull’istanza presentata dall’interessato.

 

Infatti, il decorso dei termini per la formazione del silenzio assenso, senza che l’amministrazione abbia emanato un provvedimento di diniego, potrebbe essere compatibile sia con una valutazione positiva dell’istanza da parte dell’amministrazione, sia con un’istruttoria ancora non completa o con una pura inerzia, che comunque consentirebbe all’amministrazione di intervenire in via di autotutela.

 

Con il nuovo comma 2-bis si intende ridurre i profili di incertezza riconoscendo in capo all’istante la possibilità di richiedere all’amministrazione una attestazione telematica che dichiari l’intervenuto accoglimento della domanda. In base alla disposizione, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’art. 47 del dPR 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico sulla documentazione ammnistrativa).

 

La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà è il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, a sua diretta conoscenza e non ricompresi nell'elencazione dell'articolo 46 (dichiarazione sostitutiva di certificazione) L'atto deve essere sottoscritto con firma autenticata (articolo 47 del D.P.R. 445/2000).

Con la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà l’interessato non sostituisce una certificazione, ma un atto di notorietà, che appartiene alla categoria delle verbalizzazioni. Ai sensi dell’art. 47 del testo unico, con la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà possono essere attestati:

§  stati, fatti e qualità personali a diretta conoscenza dell’interessato;

§  stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui si abbia diretta conoscenza, con dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante. Tale principio risponde ad esigenze di certezza del diritto e di rispetto della privacy;

§  fatti, qualità personali e stati a conoscenza del diretto interessato, non compresi nell’elenco dei dati autocertificabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione;

§  lo smarrimento di documenti di riconoscimento o attestanti stati e qualità personali dell’interessato, ai fini del rilascio dei duplicati di documenti, nei casi in cui la legge non preveda la denuncia all’autorità giudiziaria.

 


 

Articolo 63
(Annullamento d’ufficio)

 

L’articolo 63, modificato dalla Camera dei deputati, riduce da diciotto a dodici mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all’annullamento di ufficio dei provvedimenti amministrativi di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

 

A tal fine, la disposizione modifica l’articolo 21-nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che disciplina in via generale, nell’ambito dei procedimenti di autotutela della pubblica amministrazione, l’annullamento d’ufficio, con il quale l’amministrazione rimuove il provvedimento di primo grado. L’annullamento può essere disposto dallo stesso organo che ha emanato il provvedimento o da altro organo previsto dalla legge.

Secondo la giurisprudenza consolidata, che è stata recepita nella legge n. 241/1990 con la riforma del 2005, i presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d'ufficio, che ha effetti ex tunc, sono:

a) l’illegittimità originaria del provvedimento, ex art. 21-octies comma 1 della legge 241/1990, ossia nei casi classici di provvedimento illegittimo per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza[55];

b) l’interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità;

c) l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari. Ne risulta che l’annullamento è provvedimento discrezionale, chiamato a ponderare l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi dei soggetti coinvolti.

L’esercizio di questo potere discrezionale non esime l’amministrazione dal dare conto della sussistenza dei menzionati presupposti.

 

Ai sensi dell’art. 21-nonies, co. 1, della L. 241 del 1990 l’annullamento d’ufficio va adottato «entro un termine ragionevole», decorso il quale l’amministrazione decade dal potere. Ciò a garanzia della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo di coloro ai quali il provvedimento di primo grado da eliminare abbia recato vantaggio.

Per eliminare incertezze nei rapporti giuridici rispetto alla valutazione discrezionale della ragionevolezza del termine, la legge n. 124 del 2015 (art. 6) ha specificato che tale termine non deve essere comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione del provvedimento di primo grado per i casi di annullamento d’ufficio dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, anche ove si tratti di provvedimenti formatisi a seguito di silenzio-assenso.

La disposizione in esame abbrevia tale termine a dodici mesi, motivando nella relazione illustrativa del provvedimento che ciò è funzionale a “consentire un più efficace bilanciamento tra la tutela del legittimo affidamento del privato interessato e l’interesse pubblico”.

 

Per completezza, si ricorda, che in deroga alla previsione dell’art. 21-nonies, co. 1, il D.L. 34 del 2020 (art. 264, co. 1, lett. b)) ha ridotto a tre mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all’annullamento d’ufficio dei provvedimenti illegittimi “adottati in relazione all’emergenza Covid-19”. La deroga è stata temporalmente delimitata fino al 31 dicembre 2020.

 

Con una modifica introdotta dalla Camera dei deputati per ragioni di coerenza interna del testo normativo, la modifica del termine da diciotto a dodici mesi è stata introdotta anche al comma 2-bis dell’articolo 21-nonies, il quale dispone che i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, «possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1».

 

 


 

Articolo 63-bis
(Modifiche all'articolo 3 della legge 20 novembre 2017, n. 168, in materia di trasferimenti di diritti di uso civico e permute aventi ad oggetto terreni a uso civico)

 

L’articolo 63-bis, inserito dalla Camera dei deputati, al comma 1 introduce i nuovi commi 8-bis, 8-ter e 8-quater all'articolo 3 della L. n. 168/2017 (Norme in materia di domini collettivi).

Il nuovo comma 8-bis consente l'autorizzazione, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dei trasferimenti di diritti di uso civico e permute aventi ad oggetto terreni a uso civico appartenenti al demanio civico in caso di accertata e irreversibile trasformazione, a condizione che i predetti terreni: a) abbiano irreversibilmente perso la conformazione fisica o la destinazione funzionale di terreni agrari, boschivi o pascolativi per oggettiva trasformazione prima della generale apposizione del vincolo paesaggistico alle zone gravate da usi civici, stabilita con la legge n. 431/1985 (di conversione del D.L 312/1985), poi abrogata, e le eventuali opere realizzate siano state autorizzate dall'amministrazione comunale; b) siano stati utilizzati in conformità ai vigenti strumenti di pianificazione urbanistica; c) non siano stati trasformati in assenza dell'autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa.

Il nuovo comma 8-ter prevede che i trasferimenti di diritti di uso civico e le permute hanno ad oggetto terreni di superficie e valore ambientale equivalenti che appartengono al patrimonio disponibile dei comuni, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I trasferimenti dei diritti e le permute comportano la demanializzazione di tali terreni, i quali sono sottoposti al vincolo paesaggistico in base all'articolo 142, comma 1, lettera h), del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004). 
Il nuovo comma 8-quater prevede che i terreni dai quali sono trasferiti i diritti di uso civico sono sdemanializzati e su di essi è mantenuto il vincolo paesaggistico.

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

Al riguardo, si ricorda che l'articolo 3, qui novellato, definisce i beni collettivi (comma 1) che costituiscono il patrimonio civico (comma 2) e afferma la loro inalienabilità, indivisibilità, inusucapibilità e perpetua destinazione agro-silvo-pastorale (comma 3). Su tali beni è inoltre imposto il vincolo paesaggistico (comma 6).

In particolare, il comma 1 qualifica i seguenti beni come beni collettivi: le terre di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni o associazioni agrarie comunque denominate (lett. a); le terre, con le costruzioni di pertinenza, assegnate in proprietà collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di soggetti pubblici e privati (lett. b); le terre derivanti da scioglimento delle promiscuità ai sensi dell'art. 8 della legge n. 1766 del 1927, sul riordinamento degli usi civici. Si fa riferimento alla disposizione che ha sciolto senza compenso tutte le comunioni per servitù reciproche e per condominio attribuendo a ciascun Comune o a ciascuna frazione una parte delle terre in piena proprietà, corrispondente in valore all'entità ed estensione dei reciproci diritti sulle terre, tenuto conto della popolazione, del numero degli animali mandati a pascolare e dei bisogni di ciascun Comune e di ciascuna frazione; le terre derivanti da conciliazioni nelle materie regolate dalla predetta legge n. 1766 del 1927 (lett. c). Si ricorda che l'art. 29 della legge n. 1766/1927 prevede la possibilità in ogni fase del procedimento si liquidazione degli usi civici, di promuovere un esperimento di conciliazione, sia per iniziativa del commissario, sia per richiesta delle parti, le quali, per questo oggetto, potranno farsi rappresentare da persona di loro fiducia munita di speciale mandato; le terre derivanti dallo scioglimento di associazioni agrarie (lett. c), ovverosia le "associazioni di cui alla legge n. 397 del 1894", il cui elenco indica a titolo esemplificativo le Università Agrarie del Lazio, ricomprendendo, però, tutte le Associazioni od Università agrarie d'Italia; le terre derivanti dall'acquisto ai sensi dell'articolo 22 della medesima legge n. 1766 del 1927 e dell'articolo 9 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (lett. c); il riferimento all'art. 22 della legge del 1927 sembra richiamare la possibilità, in caso di terreni poco estesi e necessità di divisione tra più famiglie, di aumentare la massa da dividere, consentendo a Comuni e associazioni di fruire delle agevolazioni per l'acquisto di nuovi terreni; l'art. 9 della legge del 1971 prevede che le Regioni, le Comunità montane e i comuni possano acquistare ed espropriare terreni compresi nei rispettivi territori montani non più utilizzati a coltura agraria o nudi o cespugliati o anche parzialmente boscati per destinarli alla formazione di boschi, prati, pascoli o riserve naturali; le terre derivanti da operazioni e provvedimenti di liquidazione o da estinzione di usi civici (lett. c); le terre derivanti da permuta o da donazione (lett. c); le terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, su cui i residenti del comune e della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati (lett. d); le terre collettive comunque denominate, appartenenti a famiglie discendenti dagli antichi originari del luogo, nonché le terre collettive disciplinate da talune disposizioni di legge (lett. e); i corpi idrici sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici (lett. f).

In base al comma 2, tutti tali beni, con la sola eccezione delle terre di proprietà pubblica o privata sui quali gli usi civici non siano stati ancora liquidati (lett. d), costituiscono il patrimonio antico dell'ente collettivo, detto anche patrimonio civico o demanio civico.

L'utilizzazione di tale patrimonio dovrà essere effettuata in conformità alla destinazione dei beni e secondo le regole d'uso stabilite dal dominio collettivo (comma 5)

I commi 3 e 6 definiscono il regime giuridico dei beni collettivi prevedendo: inalienabilità; indivisibilità; inusucapibilità; perpetua destinazione agro-silvo-pastorale; la loro sottoposizione a vincolo paesaggistico. L'art. 142 del Codice dei beni culturali (d.lgs. n. 42 del 2004), appositamente richiamato, prevede infatti che siano di interesse paesaggistico e sottoposti alla disciplina della tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici, «le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici» (comma 1, lett. h). Il provvedimento precisa che, con l'imposizione del vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici, l'ordinamento giuridico garantisce l'interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. Inoltre, la proposta di legge precisa che il vincolo è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici.

Il comma 4 stabilisce che, in relazione alle proprietà collettive di organizzazioni montane, anche unite in comunanze, comunque denominate, ivi comprese le comunioni familiari montane e le regole cadorine, sono fatte salve le previsioni dell'art. 11, terzo comma, della legge n. 1102/1971. Il primo comma di tale disposizione stabilisce l'inalienabilità, indivisibilità e vincolatività delle attività agro-silvo-pastorali come patrimonio antico delle comunioni, trascritto o intavolato nei libri fondiari. Il riferimento alla salvezza delle previsioni del terzo comma dell'art. 11 è alla possibilità di libera contrattazione dei soli beni acquistati dalle comunioni montane dopo il 1952; per tutti gli altri beni la legge regionale determinerà limiti, condizioni, controlli intesi a consentire la concessione temporanea di usi diversi dai forestali, che dovranno comunque essere autorizzati anche dall'autorità forestale della regione.

Il comma 7 prevede che, entro un anno dall'entrata in vigore della legge in esame - nell'ambito del riordino della disciplina delle comunità montane di cui al comma 4 - le regioni debbano, nel rispetto degli statuti di tali organizzazioni, esercitare le competenze loro attribuite dalla legge 97 del 1994 (art. 3, comma 1, lett. b), nn. da 1 a 4) cioè disciplinare con legge i profili relativi ai seguenti punti: 1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività diverse da quelle agro-silvopastorali, assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro-silvopastorale compreso l'eventuale maggior valore che ne derivasse dalla diversa destinazione dei beni; 2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell'organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate; 3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati, con annotazioni nel registro dei beni immobili, nonché degli elenchi e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti aventi diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali organizzazioni, singole o associate; 4) le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni, comuni e comunità montane, garantendo appropriate forme sostitutive di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni stesse, nonché garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale.

Decorso il citato termine annuale, ai citati adempimenti provvedono con atti amministrativi - poi resi esecutivi con deliberazione della Giunta regionale - gli enti esponenziali delle collettività titolari sul territorio dei ben collettivi.

Il comma 7 stabilisce, infine, l'abrogazione della norma transitoria di cui al comma 2 dell'art. 3 della citata legge del 1994 che prevede che, fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali indicate al comma 1, continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge 97/1994, in quanto con essa compatibili.

Il comma 8 stabilisce che nell'assegnazione di terre-beni collettivi ai sensi della legge in esame, gli enti esponenziali delle collettività debbano dare priorità ai giovani agricoltori, come definiti a sensi della normativa UE.

Il Regolamento (CE) n. 1305/2013 definisce un giovane agricoltore come una persona di età non superiore a 40anni al momento della presentazione della domanda, che possiede adeguate qualifiche e competenze professionali e che si insedia per la prima volta in un'azienda agricola in qualità di capo dell'azienda; l'insediamento può avvenire individualmente o insieme ad altri agricoltori, indipendentemente dalla sua forma giuridica (art. 2).

 


 

Articolo 64, commi da 1 a 6
(Istituzione del Comitato nazionale per la valutazione della ricerca e altre misure in materia di attività e progetti di ricerca)

 

L’articolo 64, commi da 1 a 6, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, introduce varie novità in materia di attività e progetti di ricerca, con particolare riferimento all’assetto delle competenze.

Nello specifico:

·       il comma 1 modifica le procedure di valutazione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST);

·       i commi da 2 a 4 istituiscono il Comitato nazionale per la valutazione della ricerca (CNVR), in sostituzione del Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR);

·       il comma 5 modifica le competenze dell’Agenzia nazionale per la ricerca, in particolare sopprimendo quelle relative alla valutazione dell’impatto dell’attività di ricerca;

·       il comma 6 incrementa di € 5 mln per il 2021 e di € 20 mln annui a decorrere dal 2022 le risorse del Fondo per la valutazione e la valorizzazione dei progetti di ricerca.

 

Procedure di valutazione dei progetti di ricerca finanziati dal FIRST

 

Il comma 1 modifica le procedure di valutazione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), di cui all’art. 1, co. 870, della L. 296/2006[56].

 

Nello specifico, elimina la previsione in base alla quale la valutazione dei progetti di ricerca fondamentale libera e fondamentale di tipo strategico finanziati a carico del FIRST è effettuata tramite appositi comitati, tenendo conto, in particolare, dei principi della tecnica di valutazione tra pari.

A tal fine, novella l’art. 20 della L. 240/2010.

 

Il citato art. 20 della L. 240/2010 – come risultante dalle modifiche apportate, da ultimo, prima dell’intervento in esame, dall'art. 63, co. 4, del D.L. 83/2012 (L. 134/2012) – aveva disposto, per quanto qui maggiormente interessa, che i progetti di ricerca fondamentale libera e fondamentale di tipo strategico finanziati a carico del FIRST sono assoggettati a valutazione tramite appositi comitati, secondo criteri stabiliti con decreto ministeriale di natura non regolamentare, tenendo conto in particolare dei principi della tecnica di valutazione tra pari.

La relazione illustrativa all’A.C. 3146 evidenziava che le modifiche sono volte a rendere più flessibili gli strumenti posti nella disponibilità del Ministro dell’università e della ricerca per l’adozione del decreto che deve indicare i criteri per la valutazione dei progetti di ricerca.

 

L'art. 1, co. 870, della L. 296/2006 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca (MUR) il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) nel quale sono confluite le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) delle università, nonché le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB), e, per quanto di competenza del MUR, del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). In virtù dell'art. 60 del D.L. 83/2012 (L. 134/2012), come modificato dall'art. 1, co. 260, della L. 208/2015, a valere sul FIRST sono ammissibili i seguenti interventi:

·     interventi di ricerca fondamentale, diretti a sostenere l'avanzamento della conoscenza;

·     interventi di ricerca industriale, estesi a eventuali attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, orientati a favorire la specializzazione del sistema industriale nazionale;

·     appalti pre-commerciali di ricerca e sviluppo sperimentale, anche attraverso interventi cofinanziati con pubbliche amministrazioni, in risposta a esigenze di particolare rilevanza sociale;

·     azioni di innovazione sociale;

·     interventi integrati di ricerca e sviluppo sperimentale, infrastrutturazione, formazione di capitale umano di alto livello qualitativo, di trasferimento tecnologico e spin off di nuova imprenditorialità innovativa, finalizzati in particolare allo sviluppo di grandi aggregazioni (cluster) tecnologiche pubblico-private di scala nazionale;

·     interventi nazionali di ricerca fondamentale o di ricerca industriale inseriti in accordi e programmi comunitari e internazionali;

·     attività di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, diffusione di tecnologie, fino all'avvio e comunque finalizzate a nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico, per l'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca da parte di soggetti assimilati in fase d'avvio, su progetto o programma, anche autonomamente presentato, da coloro che si impegnano a costituire o a concorrere alla nuova società.

Con il DM 593/2016 l’allora MIUR ha stabilito nuove procedure per regolare l’utilizzo e la gestione del FIRST con riferimento al sostegno alle attività di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale e delle connesse attività di formazione del capitale umano, nonché di ricerca fondamentale, inserite in accordi e programmi europei e internazionali.

Per ulteriori dettagli, si veda qui.

Con il DM 679/2019 sono state definite nuove disposizioni procedurali per gli interventi diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale, per adeguare le disposizioni previste dal DM 594/2016 (per ulteriori dettagli, si veda qui) con particolare riferimento alle modalità procedurali di valutazione, al fine di garantire una maggiore trasparenza nell'iter valutativo dei progetti.

 

Istituzione del Comitato nazionale per la valutazione della ricerca (CNVR)

 

I commi da 2 a 4 istituiscono il Comitato nazionale per la valutazione della ricerca (CNVR), in sostituzione del Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNGR).

A tal fine, il comma 2 sostituisce l’art. 21 della L. 240/2010, che aveva previsto l’istituzione del CNGR al fine di promuovere la qualità della ricerca e assicurare il buon funzionamento delle procedure di valutazione tra pari previste dal già citato art. 20 della stessa L. 240/2010.

 

L'art. 21 della L. 240/2010 – come risultante dalle modifiche apportate, da ultimo, prima dell’intervento in esame, dall’art. 1, co. 551, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) – aveva istituito il Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR), composto da 7 studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica internazionale, appartenenti a una pluralità di aree disciplinari, tra i quali almeno 2 donne e 2 uomini, nominati dal Ministro, il quale sceglieva in un elenco – con validità biennale – composto da non meno di 10 e non più di 15 persone, definito da un comitato di selezione. Il comitato di selezione, istituito con decreto del Ministro, era composto da 5 membri di alta qualificazione, designati, uno ciascuno, dal Ministro, dal presidente del Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), dal vice presidente del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR), dal presidente dell'European Research Council (ERC), dal presidente dell'European Science Foundation (ESF).

I componenti del CNGR restavano in carica per un triennio e non potevano essere nuovamente nominati prima che fossero trascorsi almeno 5 anni. Essi cessavano automaticamente dalla carica al compimento del settantesimo anno di età. Se uno dei componenti cessava dalla carica prima della scadenza del proprio mandato, il componente che veniva nominato in sostituzione restava in carica per la durata residua del mandato. Il predetto componente era scelto dal Ministro nel medesimo elenco, purché nello stesso fosse comunque possibile ottemperare a quanto previsto. In caso contrario, si procedeva a costituire un nuovo elenco con le stesse modalità indicate.

I dipendenti pubblici potevano essere collocati in aspettativa per la durata del mandato.

Il CNGR definiva le proprie regole di organizzazione e funzionamento ed eleggeva al proprio interno il presidente, a maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti[57].

Con riguardo ai compiti, in particolare, il CNGR:

·       indicava i criteri generali per le attività di selezione e valutazione dei progetti di ricerca, tenendo in massima considerazione le raccomandazioni approvate da organismi internazionali cui l'Italia aderisce in virtù di convenzioni e trattati;

·       nominava gli studiosi che facevano parte dei comitati di selezione previsti dal già citato art. 20 della L. 240/2010 e coordinava le attività dei comitati suddetti;

·       con specifici accordi di programma dotati di adeguata copertura degli oneri da essi derivanti, poteva provvedere all'espletamento delle procedure di selezione dei progetti o programmi di ricerca attivati da enti pubblici o privati.

Inoltre, esso aveva assorbito i compiti delle Commissioni di garanzia previste per il finanziamento degli investimenti sulla ricerca di base (FIRB) e per i programmi di ricerca di interesse nazionale (PRIN).

Nell'esercizio delle sue funzioni, il CNGR si avvaleva delle risorse umane, strumentali e finanziarie del MUR.

Infine, doveva predisporre rapporti specifici sull'attività svolta e una relazione annuale in materia di valutazione della ricerca, da trasmettere al Ministro, il quale doveva curare la pubblicazione e la diffusione dei rapporti e delle relazioni del CNGR.

Qui il sito ufficiale del CNGR.

 

Successivamente, l’art. 1, co. 551, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021), al fine di semplificare lo svolgimento delle attività di selezione e di valutazione dei programmi e dei progetti di ricerca, nonché di valutazione dell'attuazione e dei risultati dei medesimi, ha stabilito che il MUR si avvale di esperti tecnico-scientifici e professionali, individuati singolarmente o organizzati in comitati o in commissioni, per le attività di analisi tecnico-scientifiche, finanziarie e amministrativo-contabili e per le conseguenti attività di verifica, monitoraggio e controllo. Gli oneri derivanti, compresi quelli di cui all'art. 5 del D.L. 212/2002 (L. 268/2002[58]), sono stati posti a carico, nel limite massimo del 7%, delle risorse destinate al finanziamento dei programmi e dei progetti di ricerca (al riguardo, si veda, infra, quanto dispone il co. 6 del testo in esame).

Ha stabilito, inoltre, che tali disposizioni si applicano anche alle spese per il funzionamento e per i compensi relativi alle procedure di selezione e di valutazione dei progetti di ricerca del CNGR[59].

 

Rispetto a tale quadro, il comma 2 – eliminando, innanzitutto, in conseguenza di quanto disposto dal comma 1, il riferimento alla valutazione tra pari – istituisce il CNVR che si differenzia dal CNGR, in particolare, per una più ampia composizione, diversi meccanismi di scelta dei componenti, un limite di mandato temporalmente più lungo e non rinnovabile, ulteriori compiti, l’eliminazione del limite di età per l’esercizio del mandato.

In particolare, dispone che il CNVR è composto da 15 studiosi (anziché 7), italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica internazionale, appartenenti a una pluralità di aree disciplinari, nominati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di cui (nel testo come modificato dalla Camera dei deputati):

- 3 componenti sono scelti dal Ministro dell’università e della ricerca (senza più la previsione di previa definizione di un elenco da parte di un comitato di selezione);

-  12 componenti sono designati, 2 ciascuno, e nel rispetto del principio della parità di genere, dal Consiglio universitario nazionale (CUN), dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca (CONPER)[60], dall’ERC e dall’Accademia nazionale dei lincei, nonché, 1 ciascuno, dall’ESF e dal Consiglio nazionale dei ricercatori e dei tecnologi[61].

Il CNVR è regolarmente costituito con almeno 10 componenti.

L’incarico di componente del CNVR è di durata quinquennale (anziché triennale), non rinnovabile (neanche dopo il trascorso di alcuni anni). Non è più previsto un limite massimo di età per l’esercizio del mandato.

Il compenso dei componenti del Comitato è stabilito nel decreto di nomina, nel limite previsto dal citato art. 1, co. 551, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021).

 

Con riguardo ai compiti del CNVR, lo stesso comma 2, con riferimento a quelli previamente attribuiti al CNGR, dispone che:

- nell’indicazione dei criteri generali per le attività di selezione e valutazione dei progetti di ricerca, il CNVR, oltre che tenere in massima considerazione le raccomandazioni approvate da organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte (come già previsto con riferimento al CNGR), deve rispettare i principi definiti con il decreto del Ministro dell’università e della ricerca di cui al già citato art. 20 della L. 240/2010;

- lo svolgimento, ora possibile anche parzialmente, delle procedure di selezione dei progetti o programmi di ricerca di altri enti, pubblici o privati, avviene previo accordo o convenzione con essi (anziché con specifici accordi di programma, come previsto con riferimento al CNGR).

Altresì, attribuisce al CNVR gli ulteriori compiti di:

- nominare i componenti dei comitati di valutazione, qualora previsti dal medesimo decreto di cui all’art. 20 della L. 240/2010;

- definire i criteri per la individuazione e l’aggiornamento di liste di esperti tecnico-scientifici e professionali per l’affidamento di incarichi di valutazione tecnico-scientifica dei progetti di ricerca, istituite con decreto del Ministro dell’università e della ricerca.

Si intenderebbe che si tratti di liste riferite agli esperti di cui all’art. 1, co. 551, della L. 178/2020 (v. ante).

 

Inoltre, – mutatis mutandis –, lo stesso comma 2 conferma che:

- in caso di cessazione di un componente del CNVR prima della scadenza del proprio mandato, il componente che viene nominato in sostituzione resta in carica per la durata residua del mandato;

- i dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa per la durata del mandato;

- il CNVR definisce le proprie regole di organizzazione e funzionamento ed elegge al proprio interno il presidente, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti;

- il CNVR predispone rapporti specifici sull'attività svolta e una relazione annuale in materia di valutazione della ricerca, che trasmette al Ministro, il quale cura la pubblicazione e la diffusione dei rapporti e delle relazioni del CNVR;

- nell’esercizio delle sue funzioni, il CNVR si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie del MUR.

 

Il comma 3, primo e secondo periodo, dispone che, in sede di prima applicazione, il CNVR è composto dai componenti del CNGR in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge ed è integrato nella sua piena composizione dal Ministro dell’università e della ricerca nel rispetto del principio della parità di genere.

Sono fatti salvi gli atti inerenti le procedure valutative del CNGR in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

In conseguenza delle novità, il comma 4 novella l’art. 1, co. 551, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021), sostituendo il riferimento al CNGR con il CNVR.

A sua volta, il comma 3, terzo periodo, stabilisce che il riferimento al CNGR, ovunque ricorra, deve intendersi al CNVR.

 

Modifica delle competenze dell’Agenzia nazionale per la ricerca

 

Il comma 5 modifica le competenze dell’Agenzia nazionale per la ricerca (ANR), in particolare sopprimendo quelle relative alla valutazione dell’impatto dell’attività di ricerca.

 

Preliminarmente, si sottolinea che relazione illustrativa all’A.C 3146 evidenziava che, in relazione agli obiettivi posti dal PNRR, alla luce della mancata attivazione dell’Agenzia, tali compiti non possono non essere esercitati che dal Ministero. In altro punto, tuttavia, la stessa relazione illustrativa sottolineava che i medesimi compiti, per i medesimi motivi, devono essere necessariamente posti in capo al Comitato nazionale per la valutazione della ricerca (CNVR) (v. ante).

Al riguardo, potrebbe valutarsi se sia opportuno un chiarimento.

 

L’art. 1, co. 240-248 e 250-252, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020), al fine di potenziare la ricerca svolta da università, enti e istituti di ricerca pubblici e privati, ha istituito l’ANR, sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio e del Ministero (ora) dell’università e della ricerca, dotata di autonomia statutaria, organizzativa, tecnico-operativa e gestionale.

In particolare, l’Agenzia:

·     promuove il coordinamento delle attività di ricerca di università, enti e istituti di ricerca pubblici, incrementando la sinergia e la cooperazione tra di essi e con il sistema economico-produttivo, pubblico e privato (co. 241);

·     favorisce l’internazionalizzazione delle attività di ricerca (co. 241);

·     promuove e finanzia progetti di ricerca da realizzare in Italia ad opera di soggetti pubblici e privati, anche esteri, altamente strategici per lo sviluppo sostenibile e l’inclusione sociale (co. 242, lett. a));

·     valuta l’impatto dell’attività di ricerca, tenendo conto dei risultati dell’attività dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), in particolare al fine di incrementare l’economicità, l’efficacia e l’efficienza del finanziamento pubblico nel settore, incluse le risorse pubbliche del Fondo nazionale per l’innovazione[62] gestito da Cassa Depositi e Prestiti, nonché per attrarre finanziamenti provenienti dal settore privato (co. 242, lett. b));

·     definisce un piano di semplificazione delle procedure amministrative e contabili relative ai progetti di ricerca (co. 242, lett. c)).

 

In particolare, il comma 5 abroga la lett. b) del co. 242 dell’art. 1 della L. 160/2019 che, come già detto, aveva attribuito all’Agenzia la valutazione dell’impatto dell’attività di ricerca, tenendo conto dei risultati dell’attività dell’ANVUR.

 

Al riguardo, si ricorda che, nel Dossier del Servizio Studi n. 230/3 vol. I, del 17 dicembre 2019, si era evidenziata, con riferimento allo specifico punto, l’opportunità di esplicitare meglio il rapporto fra le competenze dell’ANR e quelle dell’ANVUR.

Si era, infatti, ricordato che l’ANVUR, ente di ricerca con personalità giuridica di diritto pubblico, è stata istituita dall’art. 2, co. 138 e ss., del D.L. 262/2006 (L. 286/2006), al fine di razionalizzare il sistema di valutazione della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, nonché dell'efficienza ed efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione. I risultati delle attività di valutazione dell'ANVUR costituiscono criterio di riferimento per l'allocazione dei finanziamenti statali alle università e agli enti di ricerca.

 

In base alle disposizioni istitutive, gli organi dell'ANR sono costituiti da direttore, comitato direttivo, comitato scientifico e collegio dei revisori dei conti. In particolare:

·     il direttore – che dura in carica 4 anni – è il legale rappresentante dell'Agenzia, la dirige e ne è responsabile, presiede il comitato direttivo e svolge gli ulteriori compiti attribuitigli dallo statuto.
Egli è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ed è scelto dallo stesso tra studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e all’estero e con pluriennale esperienza in enti o organismi, pubblici o privati, operanti nel settore della ricerca, nell’ambito di una rosa di 25 nominativi, preventivamente selezionati da una Commissione di valutazione;

·     il comitato direttivo, i cui compiti non sono stati indicati, è composto da 8 membri, anche in questo caso selezionati tra studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e all’estero e con pluriennale esperienza in enti o organismi, pubblici o privati, operanti nel settore della ricerca, nell’ambito di una rosa di 25 nominativi, preventivamente selezionati da una Commissione di valutazione. Di tali membri, uno è scelto dal Ministro dell’università e della ricerca, uno dal Ministro dello sviluppo economico, uno dal Ministro della salute, uno dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, uno dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), uno dal CUN, uno dalla Consulta dei Presidenti degli enti pubblici di ricerca e uno dall'Accademia dei lincei. La composizione del comitato direttivo deve assicurare la parità di genere. Anche i membri del comitato direttivo sono nominati con DPCM e durano in carica per 4 anni;

·     il comitato scientifico vigila sul rispetto dei principi di libertà e autonomia della ricerca scientifica ed è composto da 5 membri nominati dal direttore all'interno di una rosa di 25 nominativi, preventivamente selezionati da parte di una Commissione di valutazione sulla base di criteri di competenza e professionalità. La composizione del comitato scientifico deve garantire una rappresentanza del genere meno rappresentato non inferiore al 45%;

·     il collegio dei revisori dei conti svolge le funzioni di controllo amministrativo e contabile ed è composto da 3 membri effettivi e 2 supplenti, nominati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca. Un membro effettivo, che assume le funzioni di Presidente, e un membro supplente sono designati dal Ministro dell'economia e delle finanze. I componenti del collegio durano in carica 3 anni e possono essere rinnovati una sola volta.

 

La Commissione di valutazione incaricata di selezionare la rosa nell’ambito della quale sono scelti il direttore dell’Agenzia e i membri del comitato direttivo è istituita con DPCM ed è composta da 5 membri di alta qualificazione scelti - a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 76/2020 (art. 19, co. 6, che ha modificato l’art. 1, co. 245, della L. 160/2019) – uno dal Ministro dell'università e della ricerca, uno dal presidente del Consiglio direttivo dell’ANVUR, uno dal presidente dell'European Research Council, uno dal presidente dell'European Science Foundation, uno dal presidente della CRUI, d’intesa con il presidente della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca.

La definizione delle procedure e delle modalità per l'individuazione dei componenti della Commissione di valutazione incaricata di selezionare la rosa nell’ambito della quale sono scelti i membri del comitato scientifico, invece, è stata demandata allo statuto.

Lo statuto dell’Agenzia, che ne disciplina le attività e le regole di funzionamento, deve essere approvato con DPCM, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che sarebbe dovuto essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Il medesimo DPCM definisce, altresì, la dotazione organica dell’Agenzia, nel limite massimo di 34 unità complessive, di cui 3 dirigenti di seconda fascia, nonché i compensi spettanti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo.

Al personale dell’Agenzia si applicano le disposizioni del d.lgs. 165/2001 – recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – ed il contratto collettivo del comparto Istruzione e Ricerca[63].

 

Al contempo, la stessa L. di bilancio 160/2019 aveva autorizzato, sempre al fine di potenziare la ricerca svolta da università, enti e istituti di ricerca pubblici e privati, la spesa di € 25 mln per il 2020, € 200 mln per il 2021 e € 300 mln annui a decorrere dal 2022, di cui € 0,3 mln nel 2020 e € 4 mln annui a decorrere dal 2021 destinati alle spese per il funzionamento e il personale dell'ANR.

Successivamente, le risorse per il 2021 sono state ridotte di € 96,5 mln dal D.L. 162/2019 (L. 8/2020)[64] e di € 78,5 mln dal D.L. 41/2021 (L. 69/2021)[65].

Al riguardo, la relazione tecnica all’A.S. 2144, relativo al D.L. 41/2021, evidenziava che la riduzione del Fondo “lascia, in ogni caso, invariati per il 2021 i 25 milioni di euro che sono stati ritenuti necessari per finanziare i progetti di ricerca e l’operatività dell’agenzia nel suo primo anno di vita: attività, queste, che avrebbero dovuto prendere avvio nel 2020 e che potranno realizzarsi solo a partire dall’anno in corso, previa adozione del DPCM – previsto dal comma 251 della legge n. 160 del 2019 e tuttora non adottato – per l’approvazione dello statuto recante la disciplina dell’attività e del funzionamento dell’agenzia medesima”.

Sul punto, tuttavia, si veda quanto disposto dal co. 6 del testo in esame.

 

Disposizioni relative al Fondo per la valutazione e la valorizzazione dei progetti di ricerca

 

Il comma 6 incrementa di € 5 mln per il 2021 e di € 20 mln annui a decorrere dal 2022 le risorse del Fondo per la valutazione e la valorizzazione dei progetti di ricerca.

L’incremento è disposto in relazione alle accresciute esigenze in tema di selezione e valutazione dei programmi e dei progetti di ricerca connessi all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che il Fondo per la valutazione e la valorizzazione dei progetti di ricerca è stato istituito nello stato di previsione del MUR, con una dotazione di € 10 mln annui a decorrere dal 2021, dall’art. 1, co. 550, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021).

In particolare, il Fondo è stato finalizzato a consentire al MUR la possibilità di avvalersi, con modalità definite mediante convenzione, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa-Invitalia per i servizi di supporto specialistico e le attività di analisi, di valutazione economica e finanziaria nonché per la verifica, il monitoraggio e il controllo connessi agli interventi nel settore della ricerca, con particolare riferimento alla programmazione strategica del Programma nazionale per la ricerca (PNR) e dei progetti finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e tramite il Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

In particolare, il comma 6 dispone che il Fondo è incrementato di € 5 mln per il 2021 e di € 20 mln annui a decorrere dal 2022.

Le risorse incrementali, nonché le somme eventualmente non impiegate per l’attivazione delle convenzioni con Invitalia, sono finalizzate:

§  a promuovere l’attività di valutazione degli esperti tecnico-scientifici e professionali – di cui, come già detto ante, lo stesso MUR si avvale, ai sensi dell’art. 1, co. 551, della stessa L. 178/2020, per lo svolgimento delle attività di selezione e di valutazione dei programmi e dei progetti di ricerca, nonché di valutazione dell'attuazione e dei risultati dei medesimi – anche in deroga al limite massimo del 7% delle risorse destinate al finanziamento dei programmi e dei progetti di ricerca, di cui allo stesso art. 1, co. 551;

§  alla stipula di accordi o convenzioni con enti ed istituzioni, anche esteri, di riconosciuto prestigio nell’ambito della valutazione della ricerca, in ordine allo svolgimento di attività di supporto specialistico e di analisi, di valutazione economica e finanziaria ovvero di verifica, monitoraggio e controllo sugli interventi nel settore della ricerca, con particolare riferimento a quelli previsti dal PNRR.
Al riguardo, la relazione illustrativa all’A.C. 3146 faceva presente che le accresciute esigenze determinate dal PNRR impongono che l’Amministrazione si rivolga, oltre che ad Invitalia, anche ad altri soggetti valutatori, quali ad esempio quelli appartenenti ad istituzioni di ricerca internazionali o a fondazioni di ricerca, per accedere alle loro banche dati e/o al loro supporto specialistico.

 

Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, co. 240, della L. 160/2019, relativamente alla quota destinata ai compiti dell’Agenzia nazionale per la ricerca in materia di valutazione dell’impatto di attività di ricerca, ora soppressi dal co. 5 dell’articolo in esame.


 


 

Articolo 64, commi da 6-bis a 6-sexies
(
Rafforzamento delle risorse umane del Ministero dell'università e della ricerca e del Ministero dell'istruzione)

 

 

I commi da 6-bis a 6-sexies, inseriti dalla Camera dei deputati, recano disposizioni volte a incrementare le risorse umane del Ministero dell'università e della ricerca e del Ministero dell'istruzione.

 

Preliminarmente, si rileva che gli ambiti di intervento dei commi da 6-bis a 6-sexies dell'articolo 64 non paiono prevalentemente riconducibili all'oggetto della rubrica del medesimo articolo 64 (“Semplificazione delle procedure di valutazione dei progetti di ricerca ed ulteriori misure attuative del PNRR nel campo della ricerca”).

Potrebbe valutarsi, dunque, una diversa collocazione delle disposizioni in esame.

 

Ai sensi del comma 6-bis - anche al fine di supportare l’attività del Comitato nazionale per la valutazione della ricerca di cui all’articolo 21 della legge n. 240 del 2010, come modificato dal comma 2 dell'art. 64 (si veda in proposito la scheda di lettura relativa all'articolo 64, commi 1-6) -  il Ministero dell’università e della ricerca è autorizzato ad assumere 69 unità di personale a tempo indeterminato, da inquadrare nell'Area III, posizione F1, del comparto funzioni centrali. L'autorizzazione è concessa nei limiti della dotazione organica, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nel presupposto che le assunzioni non decorrano prima del 1° gennaio 2022.

Il reclutamento avviene tramite le procedure concorsuali pubbliche e con le modalità di cui all'articolo 1, comma 938, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021) e in esito alla prova scritta di cui al quarto periodo dell'articolo 1, comma 939, della medesima legge.

Si ricorda che il richiamato comma 938 disciplina procedure concorsuali per il reclutamento, da parte del Ministero dell'università e della ricerca, di unità da inquadrare nell'Area III, posizione economica F1, del comparto Funzioni centrali (comma 937).

Tali procedure sono rivolte a soggetti in possesso di qualificata professionalità nelle discipline scientifiche, economiche e giuridiche.

Per la partecipazione alle procedure sono richiesti la laurea magistrale o specialistica nonché uno dei seguenti titoli: dottorato di ricerca; master universitario di secondo livello; diploma di scuola di specializzazione post universitaria.

Le procedure, da svolgere in forma telematica e decentrata, si articolano nelle seguenti fasi: valutazione dei titoli; prova orale; attività di lavoro e formazione; prova scritta.

Quanto al comma 939, esso disciplina le modalità con cui devono essere svolte le valutazioni riferite alle richiamate fasi di svolgimento della selezione, ed in particolare il quarto periodo, richiamato dal comma 6-bis,  stabilisce che la prova scritta consiste nella soluzione di quesiti a risposta multipla, con predeterminazione dei relativi punteggi.

 

Ai sensi del secondo periodo del comma in esame, per l’espletamento delle procedure concorsuali previste dal comma è autorizzata, per l’anno 2021, la spesa di euro 100.000.

Gli oneri derivanti dalle suddette disposizioni sono pari a euro 100.000 per l’anno 2021 e a euro 2.760.845 a decorrere dall’anno 2022 e alla relativa copertura si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo dell’università.

 

Il comma 6-ter incrementata, nei limiti della dotazione organica del Ministero dell'università e della ricerca, di 15 unità di personale in via transitoria (per gli anni dal 2021 al 2027) la dotazione complessiva del personale di diretta collaborazione (di cui all'articolo 9 del D.P.C.M. 30 settembre 2020, n. 165 "Regolamento concernente l'organizzazione degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'università e della ricerca").  

 

Ai sensi del citato Regolamento, il contingente di personale degli Uffici di diretta collaborazione è stabilito complessivamente in 60 unità ed entro tale limite il Ministro, con proprio provvedimento, individua i dipendenti da inserire nel decreto degli Uffici di diretta collaborazione, scegliendoli prioritariamente tra i dipendenti del Ministero ovvero di altre amministrazioni pubbliche. Nell'ambito del citato contingente complessivo - che la disposizione intende incrementare di 15 unità - sono compresi, per lo svolgimento di funzioni attinenti ai compiti di diretta collaborazione, 5 unità di personale di livello dirigenziale non generale. Il Ministro può individuare altresì collaboratori estranei all'amministrazione assunti con contratto a tempo determinato in numero non superiore a 20 e  non più di 15 esperti o consulenti di alta professionalità o specializzazione.

 

Per i medesimi anni 2021-2027, in aggiunta al contingente degli Uffici di diretta collaborazione di cui al citato articolo 9, comma 1 del regolamento di cui al DPCM n. 165 del 2020 (cioè le 60 unità cui si aggiungono le ulteriori 15), presso l'Ufficio di Gabinetto del Ministero dell'università e della ricerca è istituito un posto di funzione di livello dirigenziale generale, assegnato alle dirette dipendenze del Capo di gabinetto.

 

La dotazione finanziaria inerente alle risorse disponibili per gli uffici di diretta collaborazione del Ministero dell'università e della ricerca, di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 1 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 12 del 2020, è incrementata di euro 30.000 euro per il 2021 e di euro 90.000 per ciascuno degli anni dal 2022 al 2027.

Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma, pari a 118.476,61 euro per l'anno 2021 e di 337.407,12 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2027, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’università.

 

Il comma 6-quater autorizza il Ministero dell'istruzione ad assumere, nel biennio 2021-2022, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, un contingente di alta professionalità pari a 50 unità, da inquadrare nell'Area III, posizione economica F3.

Potrebbe valutarsi l'opportunità di specificare se si tratti di personale a tempo indeterminato.

Tale misura è assunta per le finalità di sviluppo, sperimentazione e messa a regime dei sistemi e delle nuove funzionalità strumentali di gestione amministrativa e contabile finalizzate a rendere più efficiente ed efficace l'azione amministrativa e per potenziare le attività a supporto degli uffici scolastici regionali e degli uffici centrali, nonché al fine di avviare tempestivamente le procedure di attuazione e monitoraggio degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e di supportare gli enti locali nell'attuazione degli interventi di edilizia scolastica.

La disposizione in esame autorizza altresì il Ministero, ai fini del reclutamento in esame, a bandire, senza il previo svolgimento delle previste procedure di mobilità, apposite procedure concorsuali pubbliche per titoli ed esame orale.

Si prevede che i candidati, ai fini dell'accesso alle procedure di reclutamento, debbano vantare: i) il possesso del titolo di studio previsto per il profilo professionale di inquadramento; ii) la conoscenza della lingua inglese; iii) il possesso del titolo di dottore di ricerca pertinente al profilo professionale richiesto.

L'indicazione dei titoli da valutare e i relativi punteggi attribuibili sono stabiliti nei bandi di selezione. Questi ultimi prevedono lo svolgimento di un esame orale, anche finalizzato ad accertare la conoscenza della lingua inglese, nonché dell'eventuale altra lingua straniera tra quelle ufficiali dell'Unione europea a scelta del candidato. Il livello di conoscenza linguistica richiesta non può essere inferiore al livello di competenza B2 di cui al «Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (CEFR)». L'esame è svolto nelle sedi e secondo le modalità, indicate dall'Amministrazione nei bandi, che possono prevedere anche l'utilizzo di strumenti informatici e digitali, nel rispetto dei principi inerenti allo svolgimento in modalità decentrata e telematica delle procedure concorsuali, garantendo l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità, e le modalità di composizione delle commissioni esaminatrici.

Ai sensi dell'ultimo periodo del comma, per l’espletamento delle procedure concorsuali previste dal presente comma è autorizzata, per l’anno 2021, la spesa di euro 100.000.

 

Il comma 6-quinquies reca l'autorizzazione di spesa per le richiamate assunzioni del Ministero dell'istruzione, pari euro 100.000 per l’anno 2021 e di euro 2.236.523 a decorrere dall'anno 2022, stabilendo che ai relativi oneri si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione.

 

Il comma 6-sexies - al fine di garantire la funzionalità degli uffici del Ministro dell'istruzione - è previsto - l'adeguamento della struttura organizzativa del Ministero dell'istruzione, con regolamento (ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della legge n.400 del 1988), con cui apportare modifiche ai regolamenti di organizzazione vigenti e prevedere l’istituzione di tre posizioni dirigenziali di livello generale (con conseguente incremento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia).

 

La dotazione finanziaria per gli uffici di diretta collaborazione è pertanto incrementata di euro 300.000 per l'anno 2021 e di euro 800.000 annui a decorrere dall'anno 2022.

Ai fini dell’attuazione del comma in esame è autorizzata la spesa nel limite massimo di euro 547.400 per l’anno 2021 e di euro 1.542.200 annui a decorrere dall’anno 2022, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione.


 

Articolo 64, comma 6-septies
(Contributo alla Fondazione “I Lincei per la scuola”)

 

L’articolo 64, comma 6-septies, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, proroga per il 2021 il contributo di € 250.000 in favore della Fondazione “I Lincei per la scuola”, che ha sede presso l’Accademia Nazionale dei Lincei.

 

Preliminarmente, si evidenzia che l’oggetto del comma 6-septies dell’articolo 64 non è riconducibile all’ambito delineato dalla rubrica del medesimo articolo 64 (“Semplificazione delle procedure di valutazione dei progetti di ricerca ed ulteriori misure attuative del PNRR nel campo della ricerca”).

Potrebbe valutarsi, dunque, l’opportunità di una diversa collocazione della disposizione in esame.

 

In base allo Statuto, l’Accademia Nazionale dei Lincei è un’istituzione di alta cultura che ha lo scopo di promuovere, coordinare, integrare e diffondere le conoscenze scientifiche e che, in particolare, si compone di due Classi:

-      Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali;

-      Scienze Morali, Storiche e Filologiche.

È sottoposta alla vigilanza del Ministero (ora) della cultura.

 

La Fondazione “I Lincei per la Scuola” – che ha sede presso l’Accademia Nazionale dei Lincei – è nata con atto costitutivo il 23 giugno 2015. In base allo Statuto, la Fondazione si propone, d’intesa con il Ministero (ora) dell’istruzione, di promuovere e coordinare un progetto per una nuova didattica della scuola.

Da ultimo, il 25 gennaio 2021 il Ministero dell’istruzione e la Fondazione hanno siglato l’“Accordo di collaborazione per lo sviluppo dell’innovazione didattica e digitale nella scuola italiana” – di durata triennale –, finalizzato a instaurare e disciplinare una collaborazione per favorire:

a) la ricerca e la sperimentazione di nuovi processi di apprendimento-insegnamento basati sull’utilizzo delle tecnologie digitali nella didattica, il pensiero computazionale, l’intelligenza artificiale, i big data, la cybersicurezza, la valorizzazione delle discipline STEAM (Science, Technology, Engineering, Art and Mathematics), l’educazione ai media;

b) l’attuazione di percorsi formativi pilota, da realizzarsi anche in rete con uno o più Poli formativi della Fondazione “I Lincei per la scuola”, in favore dei docenti delle istituzioni scolastiche italiane in presenza e/o on line;

c) la promozione di percorsi di qualificazione, di integrazione e di scambio di conoscenze e buone pratiche sulla didattica digitale, anche in rete con i referenti PNSD presso gli Uffici scolastici regionali, gli animatori digitali, i team per l’innovazione digitale, le équipe formative territoriali, i poli formativi innovativi “Future Labs”, coordinati dal Ministero dell’istruzione;

d) la sperimentazione di iniziative per la valorizzazione dei talenti degli studenti, attraverso azioni didattiche congiunte.

 

In particolare, il comma 6-septies proroga per il 2021 il contributo di € 250.000 in favore della Fondazione “I Lincei per la scuola”, previsto dall’art. 1, co. 385, lett. h), della L. 208/2015.

Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione.

 

L’art. 1, co. 385, lett. h), della L. 208/2015, ha autorizzato un contributo di € 250.000 per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018 in favore della Fondazione “I Lincei per la scuola” presso l’Accademia Nazionale dei Lincei.

Successivamente, il contributo è stato prorogato per il 2019 dall’art. 1, co. 406, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) e per il 2020 dall’art. 7, co. 10-duodecies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020).


 

Articolo 64, commi 7 e 7-bis
(Cofinanziamento di investimenti su nuove sedi e strutture già esistenti delle istituzioni AFAM)

 

L’articolo 64, comma 7, autorizza la spesa di € 12 mln per il 2021 da assegnare alle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) a titolo di cofinanziamento di interventi di investimento finalizzati alla rigenerazione delle periferie urbane disagiate attraverso la realizzazione di nuove sedi, ovvero finalizzati alla tutela di strutture di particolare rilievo storico ed architettonico delle medesime istituzioni.

Il comma 7-bis reca le modalità di copertura degli oneri.

 

Preliminarmente, si evidenzia che l’oggetto dei commi 7 e 7-bis dell’articolo 64 non è riconducibile all’ambito delineato dalla rubrica del medesimo articolo 64 (“Semplificazione delle procedure di valutazione dei progetti di ricerca ed ulteriori misure attuative del PNRR nel campo della ricerca”).

Potrebbe valutarsi, dunque, l’opportunità di una diversa collocazione delle disposizioni in esame.

 

Il sistema dell’alta formazione artistica e musicale è costituito, in base all’art. 2 della L. 508/1999, da Accademie di belle arti, Accademia nazionale di arte drammatica, Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, Conservatori di musica, Accademia nazionale di danza e Istituti musicali pareggiati.

 

Con specifico riferimento agli interventi di edilizia delle istituzioni AFAM, si ricorda, anzitutto, che l’art. 1, co. 131, della L. 311/2004 (L. finanziaria 2005) ha autorizzato, a decorrere dal 2005, la spesa di € 10 mln annui per la realizzazione di interventi di edilizia (e per l'acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza) a favore delle istituzioni AFAM[66].

Nel prosieguo, i co. 2-bis e 2-ter dell’art. 10 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), inseriti dall’art. 1, co. 173, della L. 107/2015, hanno previsto che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di immobili di proprietà pubblica adibiti all’attività delle medesime istituzioni, e di immobili adibiti ad alloggi e residenze per studenti delle stesse, nonché la costruzione di nuovi edifici, le istituzioni AFAM possono essere autorizzate dal Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell’università e della ricerca, a stipulare mutui trentennali, con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, la società Cassa depositi e prestiti e i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria. A tale fine, sono stanziati contributi pluriennali pari a € 4 mln annui per la durata dell'ammortamento del mutuo a decorrere dal 2016, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al citato art. 1, co. 131, della L. 311/2004.

La disciplina applicativa è stata definita con decreto 6 aprile 2018 del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con l’allora Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che, in particolare, ha previsto l’assegnazione di un contributo diretto alle Istituzioni (Programmi A) per la complessiva somma di € 16 mln, relativa alla quota degli anni 2016, 2017, 2018, 2019[67], e la stipula di mutui (programmi B), per l’importo complessivo di € 4 mln annui (comprensivi della quota capitale e degli interessi), a decorrere dal 2020, previa presentazione della richiesta da parte delle Istituzioni, valutazione dei programmi presentati e approvazione della graduatoria finale[68].

 

In base al comma 7-bis, alla copertura del relativo onere si provvede:

§  quanto a € 8 mln per il 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al già citato art. 1, co. 131, della L. 311/2004, “come rifinanziata dall’articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2019, n. 160”;

§  quanto a 4 mln per il 2021, mediante utilizzo delle somme, conservate nel conto dei residui, di cui all’autorizzazione di spesa recata dallo stesso art. 1, co. 131, della L. 311/2004 “come rifinanziata dall’articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2019, n. 160”. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 14, della L. 160/2019 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per gli anni dal 2020 al 2034, il Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese.

Il co. 25 dello stesso art. 1 ha affidato la ripartizione del fondo ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, sulla base di programmi settoriali presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato per le materie di competenza.

 

Nella seduta della VII Commissione della Camera dell’8 settembre 2020, ai fini dell’espressione dei rilievi alla V Commissione sullo schema di DPCM (AG 188), il relatore aveva fatto presente che, sulla base dei chiarimenti inviati dal MUR, per quanto riguarda lo stesso Ministero la quota di competenza del Fondo era riconducibile a tre ambiti, dei quali, per quanto qui interessa, uno relativo a finanziamenti per interventi di edilizia destinati alle Istituzioni AFAM statali, per complessivi € 48 mln.

Le risorse sono state dunque ripartite con DPCM 23 dicembre 2020, che ha assegnato al MUR complessivi € 1.006,9 mln per il periodo 2020-2034, di cui € 52,9 mln per il 2021.

 

La formulazione utilizzata, dunque, sembrerebbe far intendere che, con successivo decreto ministeriale di riparto, una parte delle risorse del DPCM 23 dicembre 2020 attribuite al MUR siano state appostate sul citato cap. 7312.

 

Potrebbe valutarsi se sia opportuno di un chiarimento.

 

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 535, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca un Fondo, con una dotazione di € 7 mln per il 2021, destinato a coprire le spese per interventi strutturali e di messa in sicurezza, nonché per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, relativi ad edifici di particolare valore storico-artistico che non sono di proprietà dello Stato e ospitano conservatori di musica.

I criteri e modalità di erogazione delle risorse sono stati definiti con Decreto interministeriale n.150 dell’11 febbraio 2021.


 

Articolo 64, commi 8 e 9
(Interventi per alloggi e residenze per studenti universitari e delle istituzioni AFAM)

 

L’articolo 64, comma 8, innalza (dal 50) al 75% del costo totale la quota massima di cofinanziamento dello Stato per la realizzazione di interventi per alloggi e residenze per studenti universitari e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), di cui alla L. 338/2000.

Il comma 9 precisa che agli oneri derivanti si fa fronte con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e che, pertanto, l’efficacia delle disposizioni è subordinata alla definitiva approvazione dello stesso.

 

Preliminarmente, si evidenzia che l’oggetto dei commi 8 e 9 dell’articolo 64 non è riconducibile all’ambito delineato dalla rubrica del medesimo articolo 64 (“Semplificazione delle procedure di valutazione dei progetti di ricerca ed ulteriori misure attuative del PNRR nel campo della ricerca”).

Potrebbe valutarsi, dunque, l’opportunità di una diversa collocazione delle disposizioni in esame.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1 della L. 338/2000, dettando disposizioni in materia di alloggi e residenze per gli studenti universitari, ha previsto il concorso dello Stato alla realizzazione di interventi necessari al recupero o all’adeguamento di immobili, ovvero alla costruzione degli stessi o all’acquisto di aree da utilizzare per la costruzione di alloggi e residenze universitarie da parte di regioni, province autonome, enti per il diritto allo studio, collegi e consorzi universitari, cooperative di studenti senza fini di lucro e organizzazioni non lucrative di utilità sociale operanti nel settore del diritto allo studio[69], a tal fine stanziando 60 miliardi di lire per ciascuno degli anni dal 2000 al 2001 e rimettendo alla legge di bilancio la determinazione dell’ammontare della spesa per gli anni successivi[70]. Il cofinanziamento si attua attraverso un contributo non superiore al 50% del costo totale previsto da progetti esecutivi immediatamente realizzabili.

La definizione delle procedure e delle modalità per la presentazione dei progetti e per l’erogazione dei finanziamenti è stata rimessa ad un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentite la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e la Conferenza Stato-regioni. I soggetti sopra citati elaborano progetti per la realizzazione degli interventi, attenendosi alle indicazioni individuate con il decreto. Previa istruttoria di una apposita commissione istituita presso il MUR[71], il Ministro individua i progetti ammessi al cofinanziamento e procede alla ripartizione dei fondi con un piano a carattere triennale. Le somme attribuite con il piano sono effettivamente erogate sulla base degli stati di avanzamento dei lavori, secondo i tempi e le modalità previsti nei progetti. Il piano prevede anche le modalità di revoca dei finanziamenti concessi nel caso in cui non siano rispettate le scadenze previste nei progetti presentati per il cofinanziamento e l’assegnazione dei finanziamenti stessi a progetti ammessi con riserva.

Da ultimo, è intervenuto il DM 29 novembre 2016, n. 937, con il quale è stato emanato il c.d. IV bando, che, in particolare, ha disposto che:

§  potevano presentare richiesta di cofinanziamento: regioni; organismi regionali di gestione per il diritto allo studio universitario; organismi e aziende regionali per l'edilizia residenziale pubblica; università statali, ad esclusione delle università telematiche, e loro enti strumentali aventi personalità giuridica, ovvero fondazioni universitarie di cui all'art. 59, co. 3, della L. 388/2000; università non statali legalmente riconosciute, ad esclusione delle università telematiche, e loro enti strumentali aventi personalità giuridica, ovvero fondazioni e associazioni senza scopo di lucro promotrici delle suddette università e ad esse stabilmente collegate; istituzioni AFAM e loro enti strumentali aventi personalità giuridica; collegi universitari legalmente riconosciuti; cooperative di studenti il cui statuto preveda tra gli scopi la costruzione e/o la gestione di strutture residenziali universitarie; organizzazioni non lucrative di utilità sociale provviste di riconoscimento giuridico, il cui statuto preveda tra gli scopi la costruzione e/o la gestione di strutture residenziali universitarie; fondazioni e istituzioni senza scopo di lucro con personalità giuridica, di diritto italiano o europeo, il cui statuto preveda tra gli scopi l'housing sociale e/o la costruzione e/o la gestione di strutture residenziali universitarie;

§  sono ammissibili al cofinanziamento:

- A1) interventi di manutenzione straordinaria, recupero, ristrutturazione edilizia ed urbanistica, restauro, risanamento, all'interno dei quali possono essere comprese operazioni di abbattimento delle barriere architettoniche e adeguamento alle vigenti disposizioni in materia antisismica e di igiene e sicurezza, di immobili adibiti o da adibire a strutture residenziali universitarie, nell'ambito dei quali è obbligatorio effettuare interventi di efficientamento e/o miglioramento energetico, ove non si attesti che l'immobile risulti essere già stato oggetto di tali ultimi interventi;

- A2) interventi di efficientamento e/o miglioramento energetico di strutture residenziali universitarie;

- B) interventi di nuova costruzione o ampliamento di strutture residenziali universitarie;

- C) acquisto di edifici da adibire a strutture residenziali universitarie[72].

 

Lo stesso art. 1 della L. 338/2000 ha, altresì, disposto che gli alloggi e le residenze hanno la finalità di ospitare gli studenti universitari – con priorità per quelli capaci e meritevoli privi di mezzi – ma anche quella di offrire agli altri iscritti alle università servizi di supporto alla didattica e alla ricerca e attività culturali e ricreative. A tal fine, la definizione degli standard minimi qualitativi degli interventi, nonché le linee guida relative ai parametri tecnici ed economici per la loro realizzazione è stata affidata ad un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da emanare sentiti il Ministro dei lavori pubblici e la Conferenza Stato-regioni.

Da ultimo, è intervenuto il DM 28 novembre 2016, n. 936.

Qui la pagina dedicata sul sito del Ministero.

 

Il 16 giugno 2021 il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha trasmesso la relazione sullo stato di avanzamento degli interventi per alloggi e residenze per studenti universitari oggetto di cofinanziamento, aggiornata al 31 gennaio 2021 (NN 06, n. 233).

Sui posti alloggio disponibili, si vedano anche i dati presenti nel FOCUS “Il Diritto allo Studio Universitario nell’anno accademico 2019-2020”, edito dal Ministero ad aprile 2021.

 

In particolare, il comma 8, al fine di innalzare la quota massima di cofinanziamento statale (dal 50) al 75% del costo totale dell’intervento, novella l’art. 1, co. 2, della L. 338/2000.

 

Il comma 9 dispone che agli oneri derivanti si fa fronte con le risorse previste per l’attuazione di progetti compresi nel PNRR e che, pertanto, l’efficacia delle disposizioni resta subordinata alla definitiva approvazione del medesimo PNRR da parte del Consiglio dell’Unione europea.

Al riguardo, si ricorda che, successivamente all’approvazione del decreto-legge, il 13 luglio 2021 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato la valutazione del PNRR italiano, sulla base della proposta della Commissione, mediante l'adozione della decisione di esecuzione di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) 2021/241.

In particolare, la misura di riforma Alloggi per gli studenti (M4C1-R1.7-27,28,29,30) destina all’intervento € 960 mln, attribuiti a titolo di prestito, di cui € 40 mln nel 2022, € 160 mln nel 2023, € 320 mln nel 2024, € 280 mln nel 2025, € 160 mln nel 2026.

L’obiettivo dell’intervento è quello triplicare i posti per gli studenti fuorisede, portandoli da 40.000 a oltre 100.000 entro il 2026.

 

La relazione illustrativa all’A.C. 3146 sottolineava che, aumentando la quota di cofinanziamento dal 50% al 75%, si determina un ampliamento delle possibilità di coinvolgimento degli investitori privati che, soprattutto in alcune aree svantaggiate del Paese, non hanno aderito finora ai bandi promossi ai sensi della L. 338/2000.


 

Articolo 64-bis
(Misure di semplificazione nonché prime misure attuative del PNRR in materia di Alta formazione artistica, musicale e coreutica)

 

 

L’articolo 64-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, introduce varie disposizioni finalizzate (in base al co. 1) ad accelerare l’esecuzione degli interventi in materia di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Alcune di esse (co. 2 e 10) riguardano i titoli di studio rilasciati da tali istituzioni e vertono, essenzialmente, in materia di equipollenze degli stessi.

Altre (co. 3, 4, 5, 6 e 9) riguardano la procedura per la definizione della dotazione organica e il reclutamento del personale.

Infine, una (co. 8) riguarda l’istituzione di corsi di studio da parte di istituzioni AFAM statali in sedi decentrate, e un’altra (co. 7) riguarda gli organi, prevedendo, in particolare, la possibilità di loro rimozione, con conseguente commissariamento.

 

Preliminarmente, si ricorda che il sistema dell’alta formazione artistica e musicale (AFAM) è costituito, in base all’art. 2 della L. 508/1999, da Accademie di belle arti, Accademia nazionale di arte drammatica, Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, Conservatori di musica, Accademia nazionale di danza e Istituti musicali pareggiati.

In base allo stesso art. 2, le istituzioni AFAM sono dotate di personalità giuridica e godono di autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile.

 

Finalità generale delle disposizioni

 

Il comma 1 dispone che le misure previste dall’articolo 64-bis in esame sono adottare al fine di accelerare l’esecuzione degli interventi in materia di alta formazione artistica, musicale e coreutica previsti nel PNRR.

 

Al riguardo, si rappresenta che riferimenti ad interventi in materia di alta formazione artistica, musicale e coreutica si riscontrano, nel PNRR, solo nell’investimento “Didattica e competenze universitarie avanzate (M4C1-I 3.4-23)” - al quale sono attribuiti, a fondo perduto, € 500 mln - nell’ambito del quale si prevede, fra l’altro, il sostegno a 5 progetti di internazionalizzazione delle istituzioni AFAM.

 

Potrebbe valutarsi, dunque, l’opportunità di chiarire il riferimento, presente nella rubrica e nel comma 1 dell’articolo in esame, agli interventi in materia di alta formazione artistica, musicale e coreutica ricompresi nel PNRR.

 

Disposizioni in materia di titoli di studio

 

I commi 2 e 10 recano disposizioni relative ai titoli di studio rilasciati dalle istituzioni AFAM.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, in base all’art. 2, co. 5, della già citata L. 508/1999 – come modificato dall’art. 3, co. 10, del D.L. 80/2021, in corso di esame –, le istituzioni AFAM rilasciano diplomi accademici di primo e di secondo livello, nonché di perfezionamento, di specializzazione e di dottorato di ricerca in campo artistico e musicale.

Successivamente, l’art. 1 della L. 228/2012 ha disposto, per quanto qui maggiormente interessa:

- l’equipollenza fra i diplomi accademici di primo livello rilasciati dalle Istituzioni AFAM ai sensi della L. 508/1999 e i titoli di laurea rilasciati dalle università appartenenti alla classe L-3Discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda - al fine esclusivo della partecipazione ai pubblici concorsi (co. 102);

- l’equipollenza fra i diplomi finali rilasciati dalle istituzioni AFAM al termine dei percorsi formativi del previgente ordinamento, conseguiti entro il 31 dicembre 2021, congiuntamente al possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado, e i diplomi accademici di secondo livello, secondo una tabella di corrispondenza poi determinata con DM 331/2019 (co. 107 e 107-bis)[73];

- che i diplomi accademici di secondo livello rilasciati dalle Istituzioni AFAM costituiscono titolo di accesso ai concorsi di ammissione ai corsi o alle scuole di dottorato di ricerca o di specializzazione attivati dalle università in ambito artistico, musicale, storico-artistico o storico-musicale (co. 104).

 

In particolare, il comma 2, lett. a), riguarda la classe di laurea alla quale sono equipollenti i diplomi accademici di primo livello. La novità è costituita dalla previsione che i diplomi accademici rilasciati dagli ISIA sono equipollenti ai titoli di laurea appartenenti alla classe L-4-Disegno industriale. Resta confermata per gli altri diplomi accademici di primo livello l’equipollenza ai titoli di laurea rilasciati dalle università appartenenti alla classe L-3.

Inoltre, lo stesso comma 2, lett. a), dispone che le medesime equipollenze sono sancite (oltre che al fine dell’ammissione ai concorsi pubblici) anche al fine dell’accesso ai corsi di laurea magistrale.

Ai fini indicati, sostituisce l’art. 1, co. 102, della L. 228/2012.

 

Lo stesso comma 2, lett. b), dispone che i diplomi accademici di secondo livello costituiscono titolo di accesso (oltre che ai concorsi di ammissione ai corsi o alle scuole di dottorato di ricerca o di specializzazione attivati dalle università in ambito artistico, musicale, storico-artistico o storico-musicale) anche a borse di studio (post lauream), assegni di ricerca e ogni altro bando per attività di formazione, studio, ricerca o perfezionamento negli stessi ambiti.

A tal fine, novella l’art. 1, co. 104, della L. 228/2012.

 

Il comma 10 differisce (dal 31 dicembre 2021) al 31 dicembre 2022 il termine entro cui è possibile conseguire i diplomi accademici rilasciati all’esito dei percorsi formativi dell’ordinamento previgente alla L. 508/1999, ai fini dell’equipollenza – congiuntamente al possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado – ai diplomi accademici di secondo livello.

A tal fine, novella l’art. 1, co. 107-bis, della L. 228/2012.

 

Disposizioni in materia di istituzione di corsi di studio da parte di istituzioni AFAM statali in sedi decentrate

 

Il comma 8 disciplina a livello legislativo la possibilità di autorizzare l’istituzione di corsi di studio delle istituzioni AFAM statali in sedi diverse dalla loro sede legale[74].

 

In particolare, dispone che, nelle more dell’emanazione del regolamento relativo alle procedure, ai tempi e alle modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell'offerta didattica nel settore, di cui all’art. 2, co. 7, lett. g), della L. 508/1999, l’istituzione di corsi di studio delle istituzioni AFAM statali in sedi diverse dalla loro sede legale può essere autorizzata, senza oneri a carico del bilancio dello Stato e ferma restando la dotazione organica dell’istituzione, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, previo parere favorevole dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

Le procedure per l’autorizzazione, nonché i requisiti di idoneità delle strutture, di sostenibilità e di adeguatezza delle risorse finanziarie, e di conformità dei servizi assicurati nelle sedi decentrate devono essere definiti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare, su proposta dell’ANVUR, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Per quanto concerne le istituzioni AFAM statali che hanno già attivato corsi in sedi decentrate, lo stesso comma 8 dispone che esse, ove non già autorizzate sulla base di specifiche disposizioni normative, richiedono l’autorizzazione entro 12 mesi dalla data di adozione del decreto del Ministro di natura non regolamentare di cui si è appena detto.

Decorso tale termine, i titoli di studio rilasciati presso sedi decentrate non autorizzate non hanno valore legale. Le istituzioni interessate assicurano comunque agli studenti il completamento dei corsi presso la propria sede legale, ovvero presso altra istituzione AFAM, con riconoscimento dei crediti formativi acquisiti (art. 6, co. 5, DPR 212/2005).

 

Per completezza, si ricorda che l’art. 64, co. 7, del decreto-legge in esame autorizza la spesa di € 12 mln per il 2021 da assegnare alle istituzioni AFAM a titolo di cofinanziamento di interventi di investimento finalizzati alla rigenerazione delle periferie urbane disagiate attraverso, tra l’altro, la realizzazione di nuove sedi.

 

Disposizioni in materia di procedura per l’approvazione della dotazione organica del personale

 

Il comma 6 prevede che le disposizioni recate dall’art. 8, co. 5, del regolamento emanato con DPR 143/2019, relative alla definizione della dotazione organica del personale docente e non docente delle istituzioni AFAM con decreto del Ministero (ora) dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con (ora) il Dipartimento della funzione pubblica del Ministero della pubblica amministrazione, si applicano a decorrere dall’a.a. 2021/2022 (invece che dall’a.a. 2022/2023).

A tal fine, novella l’art. 3-quater del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) che – come modificato dall’art. 6, co. 2, del D.L. 183/2020 (L. 21/2021) – ha differito all’a.a. 2022/2023 l'avvio dell'applicazione del DPR 143/2019, emanato ai sensi dell’art. 2, co. 7, lett. e), della L. 508/1999, recante le procedure e le modalità per la programmazione e il reclutamento del personale docente e del personale amministrativo e tecnico del comparto AFAM[75].

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 8, co. 5, del DPR 143/2019 ha novellato l’art. 7, co. 7, del DPR 132/2003, che ha disposto che la definizione dell'organico del personale docente e non docente deve essere approvata dal Ministero (ora) dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.

In particolare, come si è avuto modo di riscontrare, il riferimento, in tale formulazione, ad un Ministro, ha determinato la necessità di adozione di decreti a firma di 3 Ministri[76].

A seguito della novella introdotta dal DPR 143/2019, invece, la definizione dell'organico del personale del personale docente e non docente deve essere approvata con decreto (direttoriale) del Ministero (ora) dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e (ora) con il Dipartimento della funzione pubblica del Ministero per la pubblica amministrazione.

 

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 888, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) ha disposto un incremento, dal 1° novembre 2021, delle dotazioni organiche delle istituzioni AFAM statali.

A tal fine, il co. 889 ha autorizzato una spesa di € 12 mln per il 2021 e di € 70 mln annui dal 2022[77].

A sua volta, il co. 890, nel disporre circa l'attribuzione di incarichi a tempo indeterminato per i profili di docente nelle more della piena attuazione DPR 143/2019, ha previsto che i criteri e le quantità numeriche, suddivise fra personale docente e non docente, da assegnare a ogni istituzione AFAM sono definite con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Disposizioni inerenti il reclutamento del personale

 

I commi 3, 4, 5 e 9 recano disposizioni relative al reclutamento del personale delle istituzioni AFAM.

 

In particolare, il comma 4 dispone che, nelle more della piena attuazione del già citato DPR 143/2019, le assunzioni a tempo indeterminato presso le istituzioni AFAM statali sono autorizzate (invece che con DPR[78]), con DPCM, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

In argomento, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 654, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), richiamato dal testo, ha disposto che, a decorrere dall'anno accademico 2018-2019, il turn over del personale delle istituzioni AFAM è pari al 100% dei risparmi derivanti dalle cessazioni dal servizio dell'a.a. precedente, a cui si è aggiunto, per il triennio accademico 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, un importo non superiore al 10% della spesa sostenuta nell'a.a 2016-2017 per la copertura dei posti vacanti della dotazione organica con contratti a tempo determinato.

 

Successivamente, l’art. 2 del già citato DPR 143/2019 ha disposto, al co. 1, che le istituzioni, nell'ambito della propria autonomia didattica e organizzativa, predispongono piani triennali per la programmazione del reclutamento del personale docente e tecnico-amministrativo, a tempo indeterminato e determinato. La programmazione deve tener conto dell'effettivo fabbisogno di personale per il migliore funzionamento delle attività didattiche e dei servizi amministrativi, della propria dotazione organica, considerati i posti già vacanti e quelli disponibili nel triennio per cessazioni dal servizio, nonché degli equilibri di bilancio.

L’art. 3 ha disposto che la programmazione del reclutamento del personale si conforma a determinati criteri, tra cui (lett. c), punto 1), la destinazione al reclutamento a tempo indeterminato, con riferimento a ciascun anno accademico, di una spesa complessiva pari al 100% dei risparmi derivanti dalle cessazioni dal servizio dell'a.a. precedente, individuati con DPCM, su proposta del Ministro (ora) dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

A sua volta, il comma 3 dispone che, sempre nelle more della piena attuazione del DPR 143/2019[79], le istituzioni AFAM possono reclutare, nei limiti delle facoltà assunzionali autorizzate, personale amministrativo a tempo indeterminato nei profili di collaboratore e di elevata professionalità EP/1 ed EP/2 con procedure concorsuali svolte ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. 165/2001.

L'art. 35 del d.lgs. 165/2001 disciplina le modalità di reclutamento del personale nelle P.A., specificando, tra l'altro, che le assunzioni avvengono mediante procedure selettive conformi ai principi  a esso stesso richiamati – tra cui imparzialità, oggettività, trasparenza e rispetto delle pari opportunità – e avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo.

Le P.A. possono altresì avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico: con riserva dei posti, nel limite massimo del 40% di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato con specifici requisiti; per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio, l'esperienza professionale del suddetto personale a tempo determinato.

 

Nel merito, si ricorda, preliminarmente, che, in base all’art. 1 del CCNL 16 febbraio 2002, il personale delle Istituzioni AFAM è inquadrato nelle seguenti aree professionali:

a) area della docenza, articolata, in base all’art. 20, in professori di prima fascia e professori di seconda fascia[80];

b) area dei servizi generali, tecnici e amministrativi.

Successivamente, l’art. 13 del CCNL del 4 agosto 2010 ha disposto che, in base al nuovo sistema di classificazione del personale amministrativo e tecnico, lo stesso personale è articolato nelle aree prima (coadiutore), seconda (assistente), terza (collaboratore), EP1 (Elevate Professionalità: Direttore di ragioneria e di biblioteca), EP2 (Elevate Professionalità: Direttore amministrativo).

 

Per quanto concerne l’accesso ai ruoli dell’(ex) personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni AFAM, l’art. 1-quater, co. 1, quarto periodo, del D.L. 250/2005 (L. 27/2006) – di cui l’art. 8 del DPR 143/2019 prevede l’abrogazione – ha autorizzato le medesime istituzioni, nelle more dell’adozione del regolamento sul reclutamento del personale, ad applicare la disciplina prevista per il personale della scuola dal d.lgs. 297/1994.

In particolare, per quanto qui maggiormente interessa, l’art. 552, co. 5-bis, del d.lgs. 297/1994, aggiunto dall'art. 6, co. 2, lett. c), della L. 124/1999, ha disposto che la disciplina in materia di concorsi per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli a tempo indeterminato recata dallo stesso art. 552 si applica anche ai responsabili amministrativi dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza e che i relativi concorsi sono indetti dal “Ministero della pubblica istruzione e svolti a livello regionale o interregionale, affidandone l'organizzazione ad un ufficio dell'amministrazione scolastica periferica. L'ufficio che ha curato lo svolgimento delle procedure concorsuali provvede anche all'approvazione delle relative graduatorie e all'assegnazione della sede ai vincitori. I conseguenti contratti di assunzione a tempo indeterminato sono stipulati dal dirigente dell'ufficio scolastico periferico della provincia nella quale ha sede l'Accademia o il Conservatorio di assegnazione”.

Tali disposizioni si sono, però, rivelate inapplicabili a seguito del riconoscimento dell’autonomia alle istituzioni AFAM, operata con la L. 508/1999.

A fronte di ciò, ancora in seguito, l’art. 19, co. 3-bis, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – di cui pure l’art. 8 del DPR 143/2019 prevede l’abrogazione – ha disposto (unicamente) la possibilità di assunzione a tempo indeterminato, al maturare di 3 anni di servizio, e nel rispetto del regime autorizzatorio, per il personale che abbia superato un concorso pubblico per l'accesso a tempo determinato all'area "Elevata professionalità" o all'area terza di cui al già citato CCNL 4 agosto 2010.

 

Il comma 5 dispone che, nelle Accademie di belle arti accreditate quali scuole di restauro ai sensi dell’art. 29, co. 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), il reclutamento di docenti per gli insegnamenti tecnici di restauro, anche a valere su graduatorie nazionali o di istituto[81], è subordinato al possesso dei requisiti individuati per il corpo docente dal regolamento emanato in attuazione dello stesso art. 29, co. 9, del d.lgs. 42/2004  e dall’inserimento nell’elenco dei restauratori di beni culturali in uno o più settori di competenza coerenti con il settore artistico-disciplinare cui afferisce l’insegnamento.

Si tratta, in particolare, dei seguenti insegnamenti:

·       ABPR 24 Restauro per la pittura;

·       ABPR 25 Restauro per la scultura;

·       ABPR 26 Restauro per la decorazione;

·       ABPR 27 Restauro dei materiali cartacei;

·       ABPR 28 Restauro dei supporti audiovisivi;

·       ABPR 72 Tecniche della pittura per il restauro;

·       ABPR 73 Tecniche della scultura per il restauro;

·       ABPR 74 Tecniche di formatura e di fonderia per il restauro;

·       ABPR 75 Tecniche della decorazione per il restauro;

·       ABPR 76 Tecniche e tecnologie grafiche per il restauro[82].

 

Preliminarmente, si ricorda che, in base all’art. 29, co. 8 e 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'insegnamento del restauro è impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. 368/1998, nonché da centri istituiti mediante appositi accordi tra il Ministero e le regioni, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati, e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato.

In attuazione delle disposizioni citate, è intervenuto il regolamento emanato con DM 26 maggio 2009, n. 87, che ha definito i criteri e livelli di qualità cui si adegua l'insegnamento del restauro, nonché le modalità di accreditamento, i requisiti minimi organizzativi e di funzionamento dei soggetti che impartiscono tale insegnamento, le modalità della vigilanza sullo svolgimento delle attività didattiche e dell'esame finale, il titolo accademico rilasciato a seguito del superamento di detto esame, nonché le caratteristiche del corpo docente.

Nello specifico, l’art. 3 del DM 87/2009 ha previsto che i docenti delle discipline tecniche di restauro teorico e di laboratorio o di cantiere sono scelti tra i restauratori di beni culturali individuati ai sensi dell'art. 182 del d.lgs. 42/2004, che siano in possesso di uno dei seguenti requisiti:

a) abbiano svolto attività di docenza per almeno un biennio continuativo presso le scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. 368/1998, nonché presso le università, ed abbiano altresì maturato un’esperienza professionale di restauro, connotata dalla responsabilità diretta nella gestione tecnica degli interventi, di almeno 4 anni;

b) abbiano svolto attività di docenza per almeno un triennio continuativo presso corsi di restauro attivati dalle scuole di restauro regionali, ovvero presso corsi di restauro attivati dalle accademie di belle arti, della durata di almeno tre anni, ed abbiano altresì maturato un'esperienza professionale di restauro, connotata dalla responsabilità diretta nella gestione tecnica degli interventi, di almeno 5 anni;

c) abbiano maturato un'esperienza professionale di restauro, connotata dalla responsabilità diretta nella gestione tecnica degli interventi, di almeno 12 anni;

d) siano docenti universitari;

e) siano docenti delle accademie di belle arti afferenti ai settori scientifico-disciplinari ABPR 24, ABPR 25, ABPR 26, ABPR 27, ABPR 28;

f) si siano diplomati all'estero e si trovino in una delle situazioni sopra citate ed abbiano ottenuto il riconoscimento dell'equipollenza del titolo, dell'istituzione e dell'attività professionale.

 

Infine, il comma 9 reca un’interpretazione autentica dell’art. 1, co. 655, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), specificando che le disposizioni ivi contenute sono finalizzate al superamento del precariato e che – come già disposto con decreto ministeriale – possono essere inseriti nelle graduatorie nazionali ad esaurimento ivi previste coloro che hanno maturato il requisito, riferito agli anni accademici di insegnamento, nelle istituzioni AFAM statali italiane.

 

Preliminarmente, si ricorda che il citato art. 1, co. 655, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha disposto che i docenti che non fossero già titolari di contratto a tempo indeterminato nelle Istituzioni AFAM, che avessero superato un concorso selettivo per l'inclusione nelle graduatorie di istituto e avessero maturato, fino all’a.a. 2017/2018, almeno 3 anni accademici di insegnamento, anche non continuativi, negli ultimi 8, presso le medesime Istituzioni, sono inseriti in graduatorie nazionali ad esaurimento utili per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo indeterminato e determinato.

Successivamente, l’art. 3-quater, co. 3, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) ha previsto l’inserimento nelle suddette graduatorie anche dei soggetti che maturano la richiesta esperienza triennale entro l’a.a. 2020/2021.

Ancora nel prosieguo, tuttavia, l’art. 1, co. 890, primo periodo, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021), ha fatto riferimento alle “graduatorie” costituite ai sensi dell’art. 3-quater, co. 3, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020).

Con DM 645 del 31 maggio 2021 è stata, dunque, definita la disciplina relativa all’inserimento in nuove graduatorie nazionali.

In particolare, l’art. 2 del DM 645/2021 ha disposto che il personale docente è inserito, a seguito di domanda e successiva valutazione della stessa, nelle suddette graduatorie se in possesso di tutti i seguenti requisiti:

-   non essere già titolare di contratto a tempo indeterminato nelle Istituzioni AFAM statali;

-   aver superato un concorso selettivo ai fini dell’inclusione nelle graduatorie di istituto per il settore artistico disciplinare per il quale presenta domanda;

-   aver maturato nelle Istituzioni AFAM statali, a decorrere dall’a.a. 2013/2014 (1 novembre 2013) e fino all’a.a. 2020/2021 (31 ottobre 2021) incluso, almeno 3 anni accademici di insegnamento, anche non continuativi.

 

Disposizioni in materia di organi

 

Il comma 7 reca disposizioni riguardanti gli organi delle istituzioni AFAM.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che, in base all’art. 4 del DPR 132/2003, gli organi necessari delle istituzioni AFAM sono: il presidente; il direttore; il consiglio di amministrazione; il consiglio accademico; il collegio dei revisori; il nucleo di valutazione; il collegio dei professori; la consulta degli studenti. Fatta eccezione per il collegio dei professori, essi durano in carica 3 anni e possono essere confermati consecutivamente una sola volta.

In particolare:

- il direttore è responsabile dell'andamento didattico, scientifico ed artistico dell'istituzione e ne ha la rappresentanza legale in ordine alle collaborazioni e alle attività per conto terzi che riguardano la didattica, la ricerca, le sperimentazioni e la produzione. Convoca e presiede il consiglio accademico (art. 6);

- il consiglio di amministrazione, in attuazione delle linee di intervento e sviluppo della didattica, della ricerca e della produzione definite dal consiglio accademico, stabilisce gli obiettivi ed i programmi della gestione amministrativa e promuove le iniziative volte a potenziare le dotazioni finanziarie dell'istituzione (art. 7);

- il consiglio accademico, fra l’altro, determina il piano di indirizzo e la programmazione delle attività didattiche, scientifiche, artistiche e di ricerca, tenuto conto delle disponibilità di bilancio, e assicura il monitoraggio ed il controllo di tali attività; delibera il regolamento didattico ed il regolamento degli studenti, sentita la consulta degli studenti; esercita le competenze relative al reclutamento dei docenti (art. 8);

- il collegio dei revisori vigila sulla legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa ed espleta i controlli di regolarità amministrativa e contabile (art. 9);

- il nucleo di valutazione verifica la rispondenza dei risultati agli obiettivi (art. 10);

- il collegio dei professori svolge funzioni di supporto alle attività del consiglio accademico (art. 11);

- la consulta degli studenti esprime i pareri previsti dallo statuto e dai regolamenti e può indirizzare richieste e formulare proposte al consiglio accademico ed al consiglio di amministrazione, con particolare riferimento all'organizzazione didattica e dei servizi per gli studenti (art. 12)

 

In argomento, si ricorda, per completezza, che, da ultimo, l’art. 33, co. 2-bis, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha previsto, inserendo nell’art. 2 della L. 508/1999 il co. 8-bis, che, sulla base di accordi di programma con il MUR, le istituzioni AFAM possono sperimentare, anche in deroga DPR 132/2003, e comunque nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al co. 8 del medesimo art. 2, propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo.

 

In particolare, il comma 7 disciplina i casi in cui gli organi necessari delle istituzioni AFAM possono essere rimossi, prevedendo anche la possibilità di un commissariamento. Si introducono, così, disposizioni in parte raffrontabili con quelle vigenti per gli atenei[83].

In particolare, gli organi delle istituzioni AFAM possono essere rimossi, previa diffida, nei seguenti casi:

-        gravi e persistenti violazioni di legge;

-        quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi o dei servizi indispensabili dell’istituzione;

-        in caso di dissesto finanziario, quando la situazione economica dell’istituzione non consenta il regolare svolgimento dei servizi indispensabili, ovvero quando l’istituzione non possa far fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti di terzi.

Alla rimozione degli organi – nonché alla nomina di un commissario che esercita le funzioni dell’organo o degli organi rimossi, nonché gli ulteriori, eventuali, compiti finalizzati al ripristino della ordinata gestione dell’istituzione – si provvede con decreto del Ministro dell’università e della ricerca.

Al riguardo, si ricorda che, da ultimo, rispondendo, il 18 giugno 2021, nell’Assemblea della Camera, all’interpellanza urgente 2-01248, relativa all’adozione di iniziative volte ad assicurare il buon andamento e la regolarità della gestione del Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che “al fine di porre rimedio al cattivo funzionamento degli organi di un ente pubblico dotato di particolare autonomia, quale il Conservatorio in questione, l'Avvocatura generale dello Stato aveva avuto modo di chiarire in un caso molto simile, l'insussistenza, nel quadro normativo di riferimento, dell'attribuzione in capo al Ministero di potere di commissariamento che venisse esercitato, non già per ipotesi di impossibilità di costituzione o funzionamento dell'organo, bensì per mere deficienze amministrative dello stesso. In tale contesto, tuttavia, vista la complessità della vicenda, il Ministero ha, pertanto, ritenuto di formulare una nuova richiesta di parere, chiedendo, in particolare, se l'esercizio del potere di commissariamento possa trovare una propria fonte di legittimazione nella teoria dei cosiddetti poteri impliciti, che l'ordinamento attribuisce alla pubblica amministrazione, in considerazione della stretta connessione degli stessi all'esercizio stesso della funzione di vigilanza, al fine di assicurare la continuità di gestione e il regolare funzionamento dell'ente vigilato”.

 


 

Articolo 64-ter
(Proroga degli organi degli Enti parco nazionali)

 

L’articolo 64-ter, introdotto dalla Camera dei deputati, al fine di agevolare la programmazione degli interventi del PNRR nelle aree protette, prevede che la durata in carica del presidente e del consiglio direttivo di ciascun ente parco nazionale, ove il rispettivo mandato non risulti scaduto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, è prorogata fino alla scadenza dell’organo nominato in data più recente.

 

 

Tra le misure previste dal PNRR in materia di ambiente, si segnalano, per le aree protette, la linea di investimento per la digitalizzazione dei parchi nazionali (M2C4.3-I.3.2) a cui sono destinati 100 milioni di euro, finalizzata all'implementazione di procedure standardizzate e digitalizzate per la modernizzazione, l'efficienza e l'efficacia d'azione delle aree protette.

L’art. 9 della legge 394/1991 (Legge quadro sulle aree protette) dispone (al comma 2) che sono organi dell'Ente parco nazionale, tra gli altri, il Presidente e il Consiglio direttivo. Lo stesso articolo disciplina le procedure per la nomina di tali organi e dispone (al comma 12) che “gli organi dell'Ente parco durano in carica cinque anni”.

La legge 394/1991 è stata recentemente novellata in più punti dall’art. 55 del D.L. 76/2020. In particolare, la lettera a) del comma 1 ha inserito il divieto di nominare Presidente dell'Ente parco chi ha ricoperto tale carica per due mandati consecutivi e ha definito il termine di 5 anni per la durata dell'iscrizione all'albo dei soggetti idonei a ricoprire la carica di direttore dell'Ente parco. La norma in questione inoltre ha, tra l’altro, previsto che negli organismi di gestione e direzione delle aree naturali protette deve essere rispettato il criterio della parità di genere.

Per approfondimenti sulla normativa e l’attività parlamentare in materia di aree protette si rinvia al tema “Aree protette”, nonché alla sezione “Enti pubblici vigilati” del sito web del Ministero della transizione ecologica, ove, tra l’altro, è possibile reperire l’elenco di tutti i provvedimenti di nomina degli organi degli enti parco nazionale emanati negli ultimi anni.


 

Articolo 64-quater
(Fruizione delle aree naturali protette)

 

L’articolo 64-quater, introdotto dalla Camera dei deputati, consente agli enti di gestione delle aree naturali protette di regolamentare l’accesso a specifiche aree o strutture in cui sia necessario il contingentamento dei visitatori, affidando il servizio di fruizione di tali aree o strutture, previo esperimento di procedure di evidenza pubblica, a soggetti in possesso di adeguata formazione e prevedendo la corresponsione di un contributo all’ente di gestione da parte dei visitatori.

 

La finalità della norma, enunciata nella stessa disposizione, è quella di consentire una migliore allocazione delle risorse attribuite dal PNRR agli enti di gestione delle aree naturali protette.

Come già ricordato nel commento all’art. 64-ter, tra le misure previste dal PNRR in materia di ambiente, si segnalano, per le aree protette, la linea di investimento per la digitalizzazione dei parchi nazionali (M2C4.3-I.3.2) a cui sono destinati 100 milioni di euro, finalizzata all'implementazione di procedure standardizzate e digitalizzate per la modernizzazione, l'efficienza e l'efficacia d'azione delle aree protette.

Nel documento predisposto da Federparchi per l’audizione informale presso la 13a Commissione del Senato svolta nella seduta del 2 marzo 2021 viene sottolineato che poiché “i parchi sono straordinari attrattori turistici sarebbe utile implementare la gestione diretta di servizi di qualità legati alla fruizione. In altri paesi del mondo (Stati uniti, Canada, Australia), ma anche europei (Svezia, Germania) i parchi gestiscono, anche con il concorso di privati, strutture ricettive, di consumo e servizi di accoglienza ed accompagnamento. Queste attività consentono ai parchi di avere una buona quantità di entrate proprie che da una parte riduce la necessità di intervento economico da parte dello stato e dell’altra fornisce risorse aggiuntive da investire nella tutela. Peraltro sarebbe anche una risposta al rilievo ricorrente che la Corte dei Conti fa nel rapporto annuale sui bilanci dei parchi nazionali dove sottolinea l’assoluta insufficienza media delle entrate proprie realizzate dagli enti”.

L’ultima relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli Enti sottoposti a controllo in applicazione della legge 21 marzo 1958, n. 259 e relativa a ventidue enti parco nazionali è stata trasmessa al Parlamento nel luglio 2020 (Doc. XV, n. 317).


 

Articolo 64-quinquies
(Misure di semplificazione in materia di ricerca clinica)

 

L’articolo 64-quinquies, inserito dalla Camera dei deputati, modifica la normativa in materia di formazione medica e di formazione continua del personale operante presso le strutture sanitarie e socio-sanitarie, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, elencando con riferimento al completamento della prima, anche la ricerca clinica e la comunicazione al paziente, e, con riferimento alla seconda, l’attività di comunicazione tra medico e paziente.

 

L’articolo 64-quinquies, inserito durante l’esame presso la Camera dei deputati, modifica come segue la normativa vigente del D. Lgs. n. 502 del 1992[84], decreto legislativo di riordino della materia sanitaria:

-        all’articolo 16, comma 1, di detto decreto legislativo, aggiunge anche la ricerca clinica e la comunicazione al paziente, tra le attività che determinano il completamento della formazione medica, nella quale rientrano  anche la medicina preventiva, le guardie, l’attività di pronto soccorso, l’attività ambulatoriale e l’attività operatoria per le discipline chirurgiche;

 

Sulla ricerca clinica, si segnala che alcune deleghe previste dalla L. n. 3 del 2018 (v. Dossier del Servizio studi) sono state, per la parte di competenza in materia, attuate dal D. Lgs. n. 52 del 2019, che, con specifico riferimento alla ricerca, ha previsto la semplificazione delle procedure per l’utilizzo a scopo di ricerca clinica di materiale biologico/clinico residuo da precedenti attività diagnostiche o terapeutiche, sulla base di apposite linee di indirizzo redatte dall’ISS. È inoltre previsto l’obbligo per il promotore (casa farmaceutica), in caso di cessione dei dati o risultati della sperimentazione a fini registrativi, di rimborsare tutte le spese e pagare le tariffe precedentemente non pagate per l'iniziale qualificazione dello studio quale studio senza scopo di lucro[85].  L’AIFA (Agenzia italiana del farmaco), inoltre, nel cura l’applicazione delle direttive europee e delle normative nazionali sulla sperimentazione clinica, favorisce la ricerca internazionale, promuove la rete informatica e culturale dei Comitati Etici locali, garantisce il funzionamento dell'Osservatorio Nazionale sulle Sperimentazioni Cliniche (OsSC) per verificare il grado di innovatività e le aree della ricerca pubblica e privata in Italia.

Con riferimento alla comunicazione al paziente, l’importanza di acquisire e rafforzare le competenze in tale materia di comunicazione si è andata affermando in quanto nel Sistema sanitario è presente una complessa interazione tra molteplici elementi, umani, tecnologici, organizzativo/gestionali, e pertanto è necessaria per arrivare a definizioni di percorso comuni e condivise sulla base del rispetto della conoscenza e della carica emozionale di chi deve essere informato e curato. 

 

-        all’articolo 16-bis, comma 1, inserisce anche la comunicazione tra il medico e il paziente, tra le attività a cui dare rilevanza per il conseguimento di appositi crediti formativi ai fini dell'aggiornamento periodico del personale operante presso le strutture sanitarie e socio-sanitarie impegnato nella sperimentazione clinica dei medicinali, oltre allo specifico riferimento alla medicina di genere e a quella riguardo all’età pediatrica.

 

Tale aggiornamento è realizzato attraverso il conseguimento di appositi crediti formativi su percorsi assistenziali multidisciplinari e multiprofessionali nonché su percorsi formativi di partecipazione diretta a programmi di ricerca clinica.

 

Il comma 2, infine, detta la clausola di salvaguardia per gli oneri a carico della finanza pubblica.

 

 


 

Articolo 65
(Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali ed autostradali
)

 

L'articolo 65 prevede alcune modifiche all'articolo 12 del decreto-legge n. 109 del 2018 con l'obiettivo di definire meglio le competenze e le attività dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA), eliminando possibili profili di interferenza o sovrapposizioni con le attività svolte dagli enti gestori o concessionari, dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, in qualità di concedente, nonché dalla Commissione permanente per le gallerie, istituita presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici.

 

In particolare, si prevede che, fermi i compiti, gli obblighi e le responsabilità degli enti proprietari e dei soggetti gestori in materia di sicurezza, l'Agenzia promuove e assicura la vigilanza sulle condizioni di sicurezza del sistema ferroviario nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali, sia direttamente sulla base dei programmi di cui alla lettera a) del comma 4 del citato decreto-legge n. 109 del 2018, sia nelle forme e secondo le modalità indicate nei successivi commi da 3 a 5 del decreto stesso.

 

Nel complesso le modifiche normative, come accennato in precedenza, intervengono per meglio precisare e definire le funzioni già attribuite a legislazione vigente alla citata Agenzia, con riferimento alla sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali, fermi restando i compiti e le responsabilità dei soggetti gestori.

 

Si tratta, in particolare, delle seguenti principali attività:

 

1)    esercizio dell'attività ispettiva finalizzata alla verifica dell’attività di manutenzione svolta dai gestori, nonché l'attività ispettiva e di verifica a campione sulle infrastrutture, obbligando i gestori a mettere in atto le necessarie misure di controllo del rischio, in quanto responsabili dell'utilizzo sicuro delle infrastrutture, nonché all’esecuzione dei necessari interventi di messa in sicurezza, dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ed alla Commissione permanente per le gallerie di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264, per le valutazioni e le eventuali iniziative di competenza;

 

2)    promozione dell’adozione da parte dei gestori delle reti stradali ed autostradali di Sistemi di Gestione della Sicurezza per le attività di verifica e manutenzione delle infrastrutture certificati da organismi di parte terza riconosciuti dall'Agenzia;

 

3)    tenuta dell’elenco dei soggetti che possono effettuare i controlli della sicurezza stradale;

 

4)    classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti, nonché classificazione della sicurezza della rete esistente, anche al fine di definire, con proprio provvedimento, criteri e modalità per l’applicazione delle misure di sicurezza;

 

5)    effettuazione, in attuazione del programma annuale di attività, anche sulla base delle segnalazioni effettuate dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili o di altre pubbliche amministrazioni, delle ispezioni di sicurezza anche compiendo verifiche sulle attività di controllo già svolte dai gestori eventualmente effettuando ulteriori verifiche in sito;

 

6)     adozione delle misure di sicurezza temporanee da applicarsi ai tratti di rete stradale interessati da lavori stradali, fissando le modalità di svolgimento delle ispezioni volte ad assicurare la corretta applicazione delle stesse;

 

7)     proposta al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili dell'adozione del piano nazionale per l'adeguamento e lo sviluppo delle infrastrutture stradali e autostradali nazionali ai fini del miglioramento degli standard di sicurezza, da sviluppare anche attraverso il monitoraggio sullo stato di conservazione e sulle necessità di manutenzione delle infrastrutture stesse.

 

Si prevede, infine, che l’Agenzia adotti, entro il 31 dicembre di ciascun anno, il programma delle attività di vigilanza sulle condizioni di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali, da espletarsi nel corso dell’anno successivo, dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile ed alla Commissione permanente per le gallerie di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264.

Inoltre si prevede che relativamente alle attività dell’anno 2021, il citato programma è adottato entro il 31 agosto 2021.

Da ultimo si dispone che entro il 31 gennaio di ciascun anno, l’Agenzia trasmette al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile e alle competenti Commissioni parlamentari una relazione sulle attività svolte nel corso dell’anno precedente.

 

 


 

 

Articolo 65-bis
(Proroga della concessione di esercizio della tratta italiana della ferrovia Domodossola-Locarno)

 

L’articolo 65-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, proroga fino al 31 dicembre 2031 la concessione della tratta italiana della ferrovia Domodossola-Locarno.

 

In particolare viene modificato l'articolo 3, comma 9, della legge n. 194 del 1998, che disponeva la proroga della durata della concessione ferroviaria della citata linea fino al 31 agosto 2021.

Precedentemente il decreto-legge n. 670 del 1996 aveva prorogato la medesima concessione fino al 31 dicembre 1997.

La linea ferroviaria Domodossola-Locarno rientra tra le linee ferroviarie isolate individuate dall'allegato al decreto ministeriale 347 del 2019. La costruzione e gestione della medesima è disciplinata da una Convenzione internazionale tra l'Italia e la Confederazione Svizzera stipulata in data 12 novembre 1918, con ratifiche scambiate il 10 febbraio 1923, e resa esecutiva con legge 16 dicembre 1923, n. 3195, (qui il testo della Convenzione).

Secondo la citata convenzione "i due Governi si impegnano a far assicurare l'esercizio della ferrovia a scartamento ridotto da Locarno (Svizzera) a Domodossola (Italia) in base alle concessioni date in Svizzera alla «Società delle tramvie di Locarno», alla «Società della ferrovia Locarno–Pontebrolla–Bignasco (linea della Vallemaggia)» e alla «Società delle Ferrovie Regionali Ticinesi» per il tronco da Locarno a Camedo (frontiera italiana) e in Italia alla «Società Subalpina di Imprese Ferroviarie» per il tronco da Domodossola alla frontiera svizzera. 

La Ferrovia venne aperta al traffico il 25 novembre 1923.

La Società Subalpina di Imprese Ferroviarie è, sulla base di questa disposizione, che non risulta modificata, tutt'ora concessionaria della rete.

La ferrovia internazionale collega la Val d'Ossola a Locarno sul Lago Maggiore con un impegnativo tracciato di montagna lungo la Valle Vigezzo italiana e le Centovalli svizzere. Ha una lunghezza di 32,3 chilometri nel territorio italiano e prosegue dal confine svizzero a Locarno per 19,9 chilometri nel territorio elvetico.

Da un punto di vista dell'inquadramento normativo peraltro la rete ferroviaria in questione e i servizi su essa resi (essendo una rete ferroviaria isolata adibita al trasporto passeggeri, ed esercitando l'imprese ferroviaria unicamente servizi di su tale rete) sono esclusi, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera a) dall'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 112 del 2015, che ha recepito la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico.

 

Si ricorda che al medesimo scopo è stata presentata ed esaminata presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati la proposta di legge A.C. 2663. L’esame si è concluso il 12 maggio 2021, con il conferimento del mandato al relatore.

 

L’attuazione delle disposizioni dell’articolo in commento sarà assicurata nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 66, comma 1
(Proroga del termine per la modifica con maggioranza ordinaria degli statuti degli Enti del Terzo Settore)

 

L’articolo 66, comma 1, proroga al 31 maggio 2022 (precedentemente 31 maggio 2021) il termine entro il quale gli enti del Terzo settore possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria, al fine di adeguarli alle nuove disposizioni introdotte dal Codice del terzo settore,

 

Pertanto, entro la data del 31 maggio 2022, ODV (Organizzazioni di Volontariato), ed APS (Associazioni di Promozione Sociale), iscritte nei rispettivi registri, dovranno verificare l'adeguatezza del proprio statuto ed apportare le relative modifiche con le modalità previste per l’assemblea ordinaria (anziché straordinaria), al fine di rendere gli statuti conformi alla disciplina del Codice del Terzo settore (D. Lgs. 117/2017). Per le Onlus, si ricorda che la relativa disciplina sarà definitivamente abrogata solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in cui sarà operativo il Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) e a quello in cui la Commissione europea avrà dato la propria autorizzazione al nuovo regime fiscale del Terzo settore. Nel periodo transitorio, un ente iscritto all'anagrafe Onlus potrà continuare ad applicare le disposizioni fiscali contenute nel D. Lgs. n. 460 del 1997. Si ricorda inoltre che, nel caso in cui una Onlus decida di non iscriversi al RUNTS, dovrà devolvere il proprio patrimonio, mentre l'iscrizione al RUNTS le permetterà di entrare a far parte degli enti del Terzo settore (ETS) senza soluzione di continuità con la vecchia qualifica e di mantenere l'intero patrimonio detenuto, continuando a perseguire i propri fini con la nuova qualifica di ETS.

In via generale si rammenta che il Codice del Terzo settore prescrive l'obbligo, per gli enti qualificati nello statuto come ETS, di iscriversi nel RUNTS e di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. L'iscrizione al RUNTS dà diritto ad accedere alle agevolazioni previste per il Terzo settore e dà la possibilità di stipulare convenzioni con le amministrazioni pubbliche per lo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale.

Il decreto 15 settembre 2020, istitutivo del RUNTS, ha definito le procedure di iscrizione degli enti, le modalità di deposito degli atti, le regole per la predisposizione, la tenuta e la conservazione del Registro. Il RUNTS, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma gestito su base territoriale da ciascuna Regione e Provincia autonoma, non è ancora operativo. Si sottolinea che la proroga in esame non ha alcun effetto sull’avvio della operatività del Registro, in quanto, come sottolineato dalla Relazione illustrativa, ha esclusivamente la finalità di concedere agli ETS maggior tempo per l’adeguamento in modalità semplificata dei loro statuti.

Articolo 66, commi 01 e 1-bis
(Enti religiosi civilmente riconosciuti)

 

I commi 01 e 1-bis dell’articolo 66, inseriti durante l'esame presso la Camera dei deputati, estendono agli enti religiosi civilmente riconosciuti l’applicazione della disciplina recata dal Codice del Terzo settore, oltre che per il ramo dedicato allo svolgimento delle attività d’interesse generale anche per la parte di realizzazione delle eventuali attività diverse. Inoltre prevedono che i beni che compongono il patrimonio destinato del ramo Ente terzo settore o Impresa sociale dell’ente religioso siano indicati nel regolamento, anche con atto distinto ad esso allegato. Per le obbligazioni contratte in relazione alle attività di interesse generale e alle attività diverse, gli enti religiosi civilmente riconosciuti rispondono nei limiti del patrimonio destinato. Gli altri creditori dell’ente religioso civilmente riconosciuto non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo svolgimento delle attività di interesse generale e delle attività diverse.

 

 

I commi 01 e 1-bis, inseriti dalla Camera dei deputati, modificano, rispettivamente, la disciplina degli enti religiosi civilmente riconosciuti contenuta nel Codice del Terzo settore (D.Lgs. n. 117 del 2017) e nella Revisione della disciplina in materia di impresa sociale (D. Lgs. n. 112 del 2017).

 

In base alla nuova disciplina concordataria e alla legge n. 222 del 1985[86], ad essa collegata, si considerano enti religiosi civilmente riconosciuti gli enti (con personalità giuridica) aventi un legame organico con la confessione religiosa di appartenenza. Il secondo requisito, costituito dalla nazionalità dell’ente, ovvero dalla sua sede in Italia, vale ad identificare l’area territoriale di operatività del medesimo ente, essenziale per determinarne e giustificarne la soggezione all’ordinamento giuridico italiano. Il terzo requisito dell’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e? il fine di religione o di culto.

Il Codice del Terzo settore e la Revisione della disciplina in materia di impresa sociale hanno dettato una nuova disciplina, inserendo tra i soggetti del Terzo Settore o dell’Impresa sociale anche gli enti religiosi civilmente riconosciuti “limitatamente allo svolgimento delle attività di interesse generale”. Pertanto, la Riforma sul Terzo settore ha preso a riferimento l’eventuale parte dell’ente religioso civilmente riconosciuto impegnata in attività d’interesse generale, e, “limitatamente” a tale parte, o ramo sociale (Ente del Terzo settore - ETS o Impresa sociale - IS) dell’ente, ha previsto l’applicazione della normativa sugli ETS o sull’IS, nel rispetto di determinate condizioni e, al contempo, della identità giuridica dell’ente. Pertanto, gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che gestiscono una o più attività di interesse generale hanno facoltà di entrare nel perimetro del Terzo settore (in qualità di Ente del Terzo settore - ETS o Impresa sociale - IS) con tutte le attività di interesse generale; o con solo alcune delle attività di interesse generale da esso gestite, ma possono anche continuare a gestire queste attività senza avvalersi delle disposizioni dei decreti della Riforma del Terzo settore.

L’art. 4, comma 3, del Codice del Terzo settore ha inoltre richiesto che, per le attività del ramo sociale, gli “enti religiosi civilmente riconosciuti” adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata; tale regolamento, “ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti”, deve recepire le norme del Codice, per essere poi depositato nel Registro unico nazionale (Runts)[87]. Ai sensi dell’art. 2 della Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, anche per la costituzione del ramo IS gli enti religiosi civilmente riconosciuti devono adottare un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, da depositare presso il registro delle imprese e nel quale vanno recepite le norme del D. Lgs. n. 112 del 2017.

Infine, per vedersi riconoscere lo status di ente del terzo settore o di impresa sociale, gli enti religiosi civilmente riconosciuti devono dotarsi di un patrimonio destinato allo svolgimento delle attività di interesse generale come individuate dal regolamento e devono predisporre scritture contabili separate. Il patrimonio destinato può consistere di beni fisici, crediti e disponibilità finanziarie, che consentano eventualmente anche una separazione di responsabilità patrimoniale in seno all’ente religioso distinguendo di fatto quanto patrimonio è destinato alla finalizzazione delle attività istituzionali di religione o culto e quanto di converso destinato al sostentamento delle opere di interesse generale nella forma di ETS o IS.

 

Più in particolare, l’introdotto comma 01, alla lettera a) estende, agli enti religiosi civilmente riconosciuti, l’applicazione della disciplina recata dal Codice del Terzo settore oltre che per il ramo dedicato allo svolgimento delle attività d’interesse generale anche per la parte di realizzazione delle eventuali attività diverse.

 

Le attività di interesse generale sono definite dall’art 5 del Codice del Terzo Settore come uno degli elementi, insieme all’assenza di fini di lucro, che concorrono a definire l’identità di un Ets[88].

Alle attività diverse, il Codice del Terzo settore dedica l’art.6, stabilendo che queste siano consentite dall’atto costitutivo o dallo statuto e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il MEF, tenendo conto dell'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale. Il Ministero del Lavoro e delle politiche, con un comunicato stampa del 30 aprile 2020, ha annunciato la firma del decreto che definisce i due tratti caratterizzanti delle attività diverse previste dalla Riforma del Terzo Settore per gli ETS: la strumentalità e la secondarietà. Il primo ricorre nel caso in cui l’attività sia funzionalmente orientata alla realizzazione di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dell’ente. Per la secondarietà, invece, sarà necessario rispettare i parametri quantitativi, da utilizzare alternativamente: i ricavi da attività diverse non dovranno essere superiori o al 30% delle entrate complessive dell’ente oppure al 66% dei costi complessivi. In caso di superamento dei predetti limiti l’ente potrà riequilibrare il rapporto tra attività secondarie e istituzionali nell’esercizio successivo.

 

La successiva lettera b) del comma 01 prevede che i beni che compongono il patrimonio destinato del ramo ETS dell’ente religioso siano indicati nel regolamento, anche con atto distinto ad esso allegato. Per le obbligazioni contratte in relazione alle attività di interesse generale e alle attività diverse, gli enti religiosi civilmente riconosciuti rispondono nei limiti del patrimonio destinato. Gli altri creditori dell’ente religioso civilmente riconosciuto non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo svolgimento delle attività di interesse generale e delle attività diverse.

L’intervento legislativo è attuato modificando l’art. 4, comma 3, del Codice del Terzo settore.

 

Infine, l’aggiunto comma 1-bis integra l’art. 1, comma 3, del D.Lgs. n. 112 del 2017 prevedendo anche per il ramo IS degli enti religiosi civilmente riconosciuti che i beni che compongono il patrimonio destinato siano indicati nel regolamento, anche con atto distinto ad esso allegato. Per le obbligazioni contratte in relazione alle attività d’impresa di interesse generale, gli enti religiosi civilmente riconosciuti rispondono nei limiti del patrimonio destinato. Gli altri creditori dell’ente religioso civilmente riconosciuto non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo svolgimento delle attività d’impresa di interesse generale.

 

Il D.Lgs. 112 del 2017 si rivolge a tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa d’interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e altri soggetti interessati alle loro attività. L’art. 1 del D.Lgs del 2017 ha esteso le sue previsioni anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti, limitandole al ramo IS di tali enti, impegnato nello svolgimento delle attività d’impresa d’interesse generale indicate all’art. 2 del medesimo D. Lgs. 112, ovvero: Le attività d'impresa d’interesse generale, elencate dall’art. 2 del D. Lgs. n. 112 del 2017 sono: interventi e servizi sociali; interventi e prestazioni sanitarie; prestazioni sociosanitarie; educazione, istruzione e formazione professionale; salvaguardia e miglioramento dell'ambiente e utilizzazione razionale delle risorse naturali;  tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio; formazione universitaria e post-universitaria;  ricerca scientifica di particolare interesse sociale; organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale;  radiodiffusione sonora a carattere comunitario; attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso; formazione extra-scolastica e contrasto della povertà educativa; servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore;  cooperazione allo sviluppo; commercio equo e solidale; inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori; alloggio sociale; accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti; microcredito; agricoltura sociale; attività sportive dilettantistiche; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

 


 

Articolo 66, comma 02
(Atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato)

 

 

L’articolo 66, comma 02, inserito durante dalla Camera dei deputati, dispone in materia di ammissione come associati alle organizzazioni di volontariato dei gruppi comunali, intercomunali e provinciali di protezione civile.

 

Il comma 02 dell’art. 66 esclude i gruppi comunali, intercomunali e provinciali di protezione civile dal computo della quota percentuale del 50 per cento che, ai sensi dell’art. 32, comma 4 del Codice del Terzo settore[89], si applica nel caso in cui gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato prevedano l'ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o di enti senza scopo di lucro.

 

Il citato comma 4 dell’articolo 32 prevede infatti che gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato possono prevedere l'ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, a condizione che il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle organizzazioni di volontariato.


 

 

Articolo 66, comma 2
(Carta europea della disabilità)

 

Il comma 2 dell'articolo 66 integra la disciplina in materia di "Carta europea della disabilità in Italia". Le nuove disposizioni sono intese a circoscrivere l'ambito delle informazioni, relative al soggetto titolare della Carta, accessibili, per i soggetti erogatori di beni o servizi, tramite la Carta medesima.

 

Si ricorda che la Carta in esame è stata introdotta dall'articolo 1, comma 563, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e dal relativo D.P.C.M. attuativo del 6 novembre 2020[90]. La Carta è intesa ad agevolare l’accesso a benefìci, supporti ed opportunità utili alla promozione dei diritti delle persone con disabilità (con possibili agevolazioni anche in altri Paesi che riconoscano la Carta). Il suddetto D.P.C.M. del 6 novembre 2020 ha definito i criteri per il rilascio della Carta nonché le modalità per l’individuazione degli aventi diritto e per la realizzazione e la distribuzione della stessa a cura dell’INPS[91].

Il presente comma 2 dell'articolo 66 - novellando il citato comma 563 - prevede, in primo luogo, che l'INPS consenta ai soggetti erogatori di beni o servizi in favore delle persone con disabilità l'accesso, attraverso lo strumento della Carta e su richiesta dell'interessato, alle informazioni - strettamente necessarie per le finalità in oggetto - contenute nei verbali di accertamento dello stato di invalidità o di disabilità, previsti da ogni normativa. Il riferimento ai verbali è stato così riformulato dalla Camera dei deputati, mentre il testo originario della novella faceva riferimento - mediante il richiamo della L. 15 ottobre 1990, n. 295 - ai soli verbali delle commissioni mediche (costituite presso le aziende sanitarie locali) competenti per l'accertamento delle invalidità civili o della condizione di handicap; tale formulazione originaria non appariva esaustiva, in quanto l'ambito dei soggetti che possono richiedere la Carta concerne anche altre categorie[92]. La riformulazione operata dalla Camera ha altresì specificato che il riferimento ai suddetti soggetti erogatori concerne esclusivamente le pubbliche amministrazioni, gli enti territoriali e le associazioni di tutela delle persone con disabilità maggiormente rappresentative e capillarmente diffuse a livello territoriale, che eroghino beni o servizi in favore delle persone con disabilità, e che l’accesso in oggetto è temporaneo e limitato al disbrigo delle pratiche connesse all’erogazione di detti beni o servizi.

 La novella, inoltre, demanda all'INPS di individuare, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, la tipologia di dati soggetti al trattamento, le operazioni eseguibili - necessarie al funzionamento della Carta e all'accesso alle predette informazioni - nonché le misure per garantire la tutela dei diritti fondamentali dell'interessato.

Le novelle in esame - come rileva la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto[93] - sono intese a recepire alcune osservazioni espresse dal Garante per la protezione dei dati personali, in sede di valutazione dello schema di convenzione (attuativa della Carta) tra la Presidenza del Consiglio dei ministri-Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, l'INPS e l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

 

Si ricorda che, in base all'articolo 2 del citato D.P.C.M. del 6 novembre 2020, hanno diritto a richiedere la Carta: gli invalidi civili (di qualsiasi età); i portatori di handicap grave; i ciechi civili; i sordi civili; gli invalidi al lavoro; gli invalidi sul lavoro; i soggetti aventi alcune delle minorazioni contemplate dalle norme sui trattamenti di guerra.

Il medesimo D.P.C.M. prevede che la produzione della Carta spetti all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (ad esso la produzione della singola Carta è affidata da parte dell'INPS, dopo che quest'ultimo abbia verificato la sussistenza dei requisiti del richiedente).

 

 

 


 

Articolo 66-bis
(Modifiche di disposizioni legislative)

 

L’articolo 66-bis, inserito dalla Camera dei deputati, reca alcune modificazioni e abrogazioni di disposizioni normative, accomunate dalla finalità di consentire una più rapida attuazione normativa mediante eliminazione dei provvedimenti di secondo grado ivi previsti.

 

In particolare, il comma 1 prevede che all’articolo 5, comma 2, primo periodo, della legge n. 395 del 1990 (Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria), le parole «individuate con decreto del Ministro» siano soppresse. In sostanza, viene eliminata la previsione concernente l’adozione di un decreto del Ministro della giustizia volto ad individuare le strutture del Ministero, diverse dagli istituti penitenziari, cui poter adibire personale del Corpo di polizia penitenziaria.

 

La disposizione novellata individua i compiti istituzionali del Corpo di polizia penitenziaria, stabilendo in particolare che il Corpo attende ad assicurare l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e garantisce l’ordine e tutela la sicurezza all’interno degli istituti penitenziari e delle strutture del Ministero della giustizia individuate con decreto del Ministro. Presumibilmente, all’individuazione delle strutture alle quali destinare la polizia penitenziaria potrà provvedere lo stesso Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, chiamato a gestire il proprio personale anche in ragione delle contingenze, senza l’impiego del più rigido strumento del decreto ministeriale.

 

Il comma 2 modifica l’articolo 56, comma 1-bis, secondo periodo, del decreto legislativo n. 443 del 1992 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria), eliminando la necessità di un decreto del Ministro della giustizia per l’individuazione delle modalità che assicurano l’adozione del sistema del doppio certificato nella disciplina degli accertamenti medico-legali previsti per il personale di Polizia penitenziaria.

 

L’articolo 56 dell’Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, infatti, nel disciplinare gli accertamenti medico-legali prevede che il personale di Polizia penitenziaria, che per ragioni di salute non ritenga di essere in condizione di prestare servizio, deve darne tempestiva notizia telefonica al capo dell’ufficio, reparto o istituto da cui dipende, trasmettendo nel più breve tempo possibile il certificato medico recante la prognosi, nonché, alla competente articolazione sanitaria, il certificato medico da cui risultano sia la prognosi che la diagnosi, affinché, nell’esercizio delle funzioni previste dalla legge, venga verificata la persistenza dell’idoneità psico-fisica ad attività istituzionali connesse alla detenzione o all’uso delle armi, ovvero comunque connotate da rischio o controindicazioni all’impiego. Viene inoltre stabilito che, con decreto del Ministro della giustizia, siano disciplinate le modalità che assicurano l’adozione del sistema del doppio certificato, in modo che quello recante la diagnosi sia destinato unicamente all’articolazione sanitaria competente e non confluisca nel fascicolo personale del dipendente.

La novella non elimina la previsione del doppio certificato, che permane a tutela della privacy del personale, ma solo la previsione in base alla quale spetta al decreto ministeriale l’individuazione delle modalità del doppio certificato.

 

Il comma 3 abroga il comma 3-bis dell’articolo 64 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale, che reca la previsione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la pubblica amministrazione, con cui si stabilisce la data a decorrere dalla quale le pubbliche amministrazioni utilizzano esclusivamente le identità digitali ai fini dell'identificazione degli utenti dei propri servizi on-line.

 

In proposito, si ricorda che l’art. 24 del decreto-legge n. 76/2020 ha stabilito che dal 28 febbraio 2021 le pubbliche amministrazioni utilizzano esclusivamente le identità digitali e la carta di identità elettronica ai fini dell’identificazione dei cittadini che accedono ai propri servizi in rete. Pertanto l’adozione del provvedimento previsto dal Cad parrebbe superata dalla norma sopravvenuta.

 

Il comma 4 dispone che all’articolo 241-bis, comma 4-octies, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sia soppressa la previsione di un decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, volto a definire le modalità di vigilanza da parte dell’ISPRA sul rispetto della normativa sui rifiuti.

 

L’art. 241-bis del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006) disciplina la bonifica di siti contaminati in aree militari. Nello specifico il comma 4-octies, oggetto della soppressione in esame, recentemente introdotto dall'art. 1, comma 304, lett. b), della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) dispone che l’ISPRA provvede alle attività di vigilanza sul rispetto della normativa sui rifiuti avvalendosi delle ARPA, secondo le modalità definite con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.  Come specificato dal medesimo comma 4-octies dell’art. 241-bis, in tale ambito, la disciplina per la vigilanza della normativa sui rifiuti è regolata dalle disposizioni dell’articolo 9 del decreto del Ministro della difesa di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 22 ottobre 2009 nell’ambito dell’Amministrazione della difesa e viene assicurata, secondo la vigente normativa, dal Comando Carabinieri Tutela dell’Ambiente (C.C.T.A.) e dal Corpo delle Capitanerie di Porto, ai sensi dell’articolo 195, comma 5, del d.lgs. n.152 del 2006.

 

Il comma 5 abroga il comma 343 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di bilancio 2015), il quale prescrive l’adozione di un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per la rideterminazione dei compensi dei componenti degli organi degli enti pubblici di ricerca, al fine di realizzare una riduzione del Fondo ordinario degli enti di ricerca (FOE) pari a € 916.000 per l’anno 2015 e a € 1.000.000 dall’anno 2016.

Al riguardo, si ricorda che nella premessa del DM 10 agosto 2015, n. 599, con il quale era stato operato il riparto del Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal MUR (FOE) per il 2015, si evidenziava che gli effetti del co. 343 citato “sono contenuti nelle assegnazioni ordinarie del presente decreto nelle more del perfezionamento del decreto”. Nel prosieguo, il decreto non è intervenuto.

 

Il comma 6 prevede la soppressione dell’ultimo periodo del comma 38, dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di bilancio 2016), il quale rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la disciplina dei termini e delle modalità di attuazione delle disposizioni del medesimo comma 38 limitatamente agli aspetti di natura fiscale connessi alla remunerazione dell’attività degli agenti di assicurazione persone fisiche iscritti all’albo quando gli stessi operano in forma societaria.

Il medesimo comma abroga altresì il comma 937 dell’articolo 1 della citata legge di bilancio 2016 che prevede limitazioni nell’attuazione della pubblicità audiovisiva di giochi che consentano vincite in denaro, in coerenza con i principi previsti dalla raccomandazione (UE) 2014/478 della Commissione europea. La medesima disposizione stabilisce che i criteri per l’attuazione della predetta raccomandazione siano individuati con uno specifico decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottare, di concerto con il Ministro della salute, sentita l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

A tale proposito, si segnala che sulla materia è intervenuto successivamente l’articolo 9 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 che ha introdotto un generale divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, dei giochi o scommesse con vincite di denaro nonché del gioco d’azzardo. La norma, infatti, stabilisce che è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d'azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media.

Per una panoramica dettagliata della disciplina del contrasto del gioco d’azzardo si rinvia alla consultazione del tema web presente sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Il comma 7 abroga il comma 4 dell’articolo 19 della legge 28 luglio 2016, n. 154 relativa all’accesso da parte dei produttori del settore del latte e dei prodotti lattiero caseari alle informazioni contenute nel fascicolo aziendale e nella banca dati nazionale dell’anagrafe zootecnica utilizzando le funzionalità inter alia del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).

 

Si ricorda in proposito che sulle registrazioni dei quantitativi prodotti e sull’accesso al SIAN è più di recente intervenuto l’articolo 224, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che ha previsto, al posto di un unico decreto, l’adozione di distinti decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, differenziando il settore del latte vaccino e il settore del latte ovi-caprino per l’attuazione delle disposizioni monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari.

 

Il comma 8 abroga l’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, che dispone l’adozione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un decreto che stabilisca le informazioni da inserire nella “banca dati delle politiche attive e passive” di cui all’articolo 8 del decreto-legge n. 76 del 2013.

 

Il comma 9 prevede l’abrogazione della lettera a) del comma 4 dell’articolo 3 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 recante revisione dei ruoli delle Forze di polizia. In particolare, la disposizione di cui si propone l’abrogazione prevede l’emanazione di un provvedimento di individuazione delle classi di laurea triennale cui sono preordinati i corsi per la nomina a vice ispettore di polizia e per la nomina a vice ispettore tecnico.

 

In proposito, si ricorda infatti che il successivo D.Lgs. n. 172 del 2019, nel modificare l’articolo 27-ter del D.P.R. 335/1982, ha inserito direttamente in norma primaria le caratteristiche della laurea triennale cui è preordinato il corso per la nomina a vice ispettore di polizia e vice ispettore tecnico, stabilendo che una volta ottenuta la nomina, “gli allievi vice ispettori frequentano, presso l’apposito istituto, un corso della durata non inferiore a due anni, preordinato anche all'acquisizione di crediti formativi universitari per il conseguimento di una delle lauree triennali a contenuto giuridico di cui all'articolo 5-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 (...)”.

 

Il comma 10 prevede l’abrogazione dell’articolo 78, comma 3, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 recante Codice del terzo settore. Il comma in commento prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze siano stabilite le modalità di attuazione di quanto disposto dal comma 1 del medesimo art. 78 relativo al regime fiscale del c.d. social lending.

 

A tale proposito si ricorda che il citato comma 1 prevede già che i soggetti gestori delle piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme di Peer to Peer Lending), nel caso in cui i prestiti erogati attraverso le piattaforme siano stati destinati al finanziamento e al sostegno delle attività di interesse generale (indicate all’articolo 5 del Codice del Terzo settore) operano, sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche per il loro tramite, una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta con l'aliquota prevista per le obbligazioni pubbliche (12,5%).

 

Il comma 11 abroga l’articolo 20, comma 3, D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 74, che detta misure per l’implementazione di modalità di identificazione digitale e di archiviazione elettronica del sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).

 

In particolare la disposizione rimette ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali la definizione delle modalità per il completamento della realizzazione del sistema informativo nazionale unico ed il conseguente sviluppo di apposite funzionalità di identificazione digitale e di archiviazione elettronica, stabilendo altresì la possibilità di associare alla documentazione elettronica necessaria per la costituzione o l'aggiornamento del fascicolo aziendale e per la presentazione delle dichiarazioni e delle domande da parte dell'agricoltore anche la corrispondente documentazione cartacea sino all'adozione del citato decreto.

 

Il comma 12 dispone l’abrogazione del comma 20-ter dell’articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020. Tale disposizione, inserita in sede di conversione nell’ambito delle misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare, prevede che fino alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione del contagio da COVID-19, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l’avvocato certifica l’autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all’atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia.

 

La norma, dettata nel contesto del c.d. lockdown nazionale, durante il quale erano preclusi gli spostamenti, può ritenersi oggi superata. Si ricorda peraltro che in base all’art. 83 del codice di procedura civile la procura alle liti può essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata; che può essere anche apposta in calce o a margine di una serie di atti di parte e che si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici. È altresì previsto dal codice che se la procura è stata conferita su supporto cartaceo il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne può trasmettere copia informatica autenticata con firma digitale.

 

Il comma 13 abroga l’articolo 19, comma 13, del decreto legislativo 7 settembre 2018, n. 114, che rimette ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la definizione delle procedure di applicazione delle misure da adottare per le violazioni accertate dall’amministrazione in merito al possesso dei requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna.

 

Si segnala che la corrispondente previsione vigente nell’ambito della navigazione marittima di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 14 giugno 2011, n. 104 non contiene disposizioni procedurali ai fini applicativi né rimanda all’emanazione di alcun decreto attuativo.

 

Il comma 14 dispone l’abrogazione dell’articolo 15, comma 2, secondo periodo, del decreto legge 28 settembre 2018, n. 109 (conv. L. n. 130 del 2018), che prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la rimodulazione della dotazione organica dell’ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito dell’autorizzazione ad assumere ulteriori unità di personale ai sensi dell’articolo 1, comma 277, della legge 28 dicembre 2015, n. 108.

 

Si ricorda che la rimodulazione della dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili è avvenuta con il D.P.C.M 23 dicembre 2020, recante la riorganizzazione dell’ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha tenuto specificamente conto delle unità di personale di cui è stata autorizzata l’assunzione con la norma richiamata.

 

Il comma 15 dispone l’abrogazione dell’articolo 6, comma 1, lettera c), numero 1, del decreto legislativo 5 ottobre 2018, n. 126 che prevede un decreto del Ministro dell’interno per l’individuazione delle classi di appartenenza dei corsi di laurea magistrale e specialistiche a contenuto giuridico necessarie per la partecipazione al concorso per l’accesso alla carriera dei funzionari di Polizia.

 

Si ricorda infatti che il successivo D.lgs. 172 del 2019 (articolo 7, comma 1, lettera c), n. 2)) ha previsto che per l’accesso alla carriera dei funzionari di Polizia mediante pubblico concorso sia necessario un diploma di laurea “a contenuto giuridico” intendendosi con tale locuzione il possesso di una laurea conseguita “sulla base di un numero di crediti formativi universitari in discipline afferenti al settore scientifico-disciplinare IUS non inferiore a due terzi del totale, considerando esclusivamente i crediti acquisiti mediante superamento di esami in trentesimi”.

 

Infine, il comma 16 sopprime il secondo periodo del comma 373 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 che prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la rimodulazione della dotazione organica dell’ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito dell’autorizzazione ad assumere 50 unità di personale, ai sensi dell’articolo 1, comma 372 della legge 145/2018.

 

La rimodulazione della dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili è avvenuta con il D.P.C.M 23 dicembre 2020 (v. sub comma 14).

 

 

Le precedenti azioni di riduzione dello stock normativo

 

Con la delega prevista dall’articolo 14 della legge 246/2005 lo Stato si è posto per la prima volta l’obiettivo di ridurre drasticamente lo stock normativo. Tale obiettivo è stato perseguito facendo ordine nella massa dei provvedimenti emanati dall’Unità d’Italia fino al 31 dicembre 1969, attraverso la ricognizione di tutte le disposizioni di cui si è ritenuta indispensabile la permanenza in vigore. Tutte le altre disposizioni sono considerate abrogate, a meno che non interessino alcuni settori esclusi dalla cosiddetta “ghigliottina” (cioè l’abrogazione generalizzata). Nel rispetto di tale principio, il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, ha fatto salvi circa 3.300 atti normativi di rango primario anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si è ritenuta indispensabile la permanenza in vigore.

Esso è stato preceduto da altri due interventi legislativi che, agendo in maniera speculare rispetto al meccanismo taglia-leggi ed utilizzando anche il lavoro di ricognizione effettuato a quel fine, abrogano espressamente poco più di 30.000 atti normativi, anche successivi al 1970. Si tratta dell’articolo 24 del decreto-legge n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008 e del decreto-legge n. 200/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9/2009.

Tale procedura di abrogazione generalizzata è stata ricondotta nell’alveo della delega “taglia-leggi” attraverso le modifiche ad essa apportate dalla legge 69/2009 ed ha condotto alla adozione del decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, che abroga all’incirca 37.000 atti normativi.

Infine, l’articolo 62 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, ha disposto che, dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione, “sono o restano abrogate” le disposizioni riportate nella tabella A, allegata al decreto, che contiene un elenco di 298 atti di varia natura.

 

 


 

Articolo 66-ter
(Assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare)

 

 

L’articolo 66-ter, introdotto dalla Camera dei deputati, autorizza le Amministrazioni competenti alla corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare, pur in assenza del decreto che annualmente accerta il numero degli assegni che potranno essere liquidati a tale titolo agli altri aventi diritto.

 

Più in dettaglio, la norma interviene sull’articolo 1 della legge n. 288 del 2002, che reca disposizioni sulla corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare.

 

Si ricorda che tale assegno compete ad alcuni invalidi di guerra e per servizio militare, qualora gli enti preposti non siano in grado di procedere, entro un determinato termine temporale, all’assegnazione dell’accompagnatore.

 

Scopo della novella legislativa è quello di prevedere che nelle more dell'adozione del richiamato decreto annuale le Amministrazioni preposte all’erogazione dell’assegno sostitutivo continuano ad erogare i pagamenti sulla base del decreto emanato nell'annualità precedente.

 

La disposizione precisa che resta fermo quanto previsto dall'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ai sensi del quale il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base delle informazioni trasmesse dai Ministeri competenti, provvede al monitoraggio degli oneri derivanti dalle leggi che recano previsioni di spesa.

 


 

Articolo 66-quater
(Semplificazione delle segnalazioni relative a banconote e monete sospette di falsità)

 

L’articolo 66-quater, inserito dalla Camera dei deputati, stabilisce che i gestori del contante sono tenuti a trasmettere al MEF per via telematica, non oltre il quindicesimo giorno lavorativo successivo all’individuazione della banconota o moneta sospetta di falsità, i dati e le informazioni relativi al ritiro dalla circolazione di banconote sospette di falsità.

La norma introduce altresì una soglia minima pecuniaria alla sanzione amministrativa prevista nel caso di inadempimento degli obblighi di trasmissione ovvero, in caso di violazione della disciplina, al gestore del contante responsabile è applicabile una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 fino a 5.000 euro secondo la gravità della violazione.

 

Preliminarmente si ricorda che in base all’articolo 2 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 28 aprile 2016 sono gestori del contante, obbligati al ritiro dalla circolazione di banconote e monete sospette di falsità e alla compilazione dei relativi verbali tramite il Sistema informatizzato rilevazioni falsificazioni euro-SIRFE:

§  le banche;

§  nei limiti della prestazione di servizi di pagamento che coinvolgano l'uso del contante, Poste Italiane S.p.a., gli istituti di moneta elettronica, gli istituti di pagamento e gli altri prestatori di servizi di pagamento, (art. 114-sexies) del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385);

§  gli altri operatori economici che partecipano alla gestione e distribuzione delle banconote e monete al pubblico, compresi:

o   i soggetti (cc.dd. società di servizi) che svolgono professionalmente l'attività di contazione, di verifica dell'autenticità e dell'idoneità delle banconote e monete, inclusi quelli autorizzati alle attività di trasporto e di custodia del contante;

o   i soggetti che esercitano professionalmente l'attività di cambiavalute, consistente nella negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta;

o   altri soggetti, che partecipano a titolo accessorio alla gestione e distribuzione al pubblico di banconote mediante distributori automatici, nei limiti di tale attività;

o   le filiali italiane di soggetti esteri rientranti nelle categorie di operatori di cui al presente articolo.

A tale proposito si ricorda che dal 18 settembre 2017 il sistema Sirfe è stato sostituito dal Simec-Sistema monitoraggio euro carte. Tale applicativo informatico registra la trasmissione dei dati e delle informazioni sui casi di sospetta falsità dell’euro (inserimento elettronico dei verbali nel sistema direttamente da parte dei gestori del contante, monitoraggio della situazione in tempo reale con verifica dell’esito dell’attività peritale condotta da Banca d’Italia e Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Ipzs). Per una ricostruzione in materia di Antifalsificazione si rinvia alla scheda pubblicata sul portale del MEF-Dipartimento del tesoro.

 

L’articolo in esame, lettera a), introduce un termine nel testo della norma (comma 152 dell’articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262) che disciplina la trasmissione al MEF da parte dei gestori del contante delle informazioni relative al ritiro delle banconote sospette di falsità.

La norma specifica che i gestori del contante sono tenuti a trasmettere per via telematica al Ministero dell'Economia e delle finanze o agli enti gestori i dati e le informazioni relativi al ritiro dalla circolazione di banconote e di monete metalliche in euro sospette di falsità, non oltre il quindicesimo giorno lavorativo successivo all’individuazione della banconota o moneta sospetta di falsità.

 

La lettera b), introduce una soglia minima pecuniaria alla sanzione amministrativa prevista nel caso di inadempimento degli obblighi di trasmissione delle informazioni relative al ritiro delle banconote sospette.

La disposizione, modificando il comma 153 dell’articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, stabilisce che in caso di violazione degli obblighi della trasmissione sopra citata al gestore del contante responsabile è applicabile una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 fino a 5.000 euro (il testo previgente indicava solamente il tetto massimo della sanzione pecuniaria applicabile: fino 5.000 euro) secondo la gravità della violazione.


 

 

Articolo 66-quinquies
(Destinazione di parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della strada all’acquisto di mezzi per finalità di protezione civile)

 

L’articolo 66-quinquies, introdotto dalla Camera dei deputati, aggiunge un’ulteriore possibile destinazione per le risorse acquisite dagli enti locali a seguito dell’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del Codice della strada prevedendo che tali risorse possano essere destinate anche all’acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature per finalità di protezione civile di competenza dell'ente interessato.

 

In particolare viene modificato l’articolo 208, comma 5-bis, del Codice della strada.

 

Tale norma dispone, nella formulazione attuale che la quota dei proventi di cui alla lettera c) del comma 4 che può anche essere destinata ad assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratti a tempo determinato e a forme flessibili di lavoro, ovvero al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187 (guida sotto l’effetto di alcol o di stupefacenti) e all'acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale, destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale.

La lettera c) del comma 4 prevede che il 50% della quota delle sanzioni rilevate da regioni, province e comuni sia destinata ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell'ente, all'installazione, all'ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all'articolo 36 (piani urbani del traffico e piani del traffico per la viabilità extraurbana), a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all'educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di polizia provinciale e di polizia municipale, a interventi a favore della mobilità ciclistica, oltre che alle finalità di cui al comma 5-bis dell’articolo 208, sopra descritte.

 


 

Articolo 66-sexies
(Clausola di salvaguardia)

 

L’articolo 66-sexies reca la consueta clausola di salvaguardia che fa salve le prerogative delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano prevedendo che a queste ultime le disposizioni del presente decreto si applicano compatibilmente con gli statuti speciali e con le relative norme di attuazione.

 

 


 

Articolo 67
(Entrata in vigore)

 

L'articolo 67 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 1° giugno 2021.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del disegno di legge di conversione del presente decreto, la medesima legge di conversione (la quale apporta modifiche al decreto-legge) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


 

Allegato I
(Opere, impianti e infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC)

 

L’allegato I introduce, nel testo del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), il nuovo allegato I-bis alla parte seconda. In tale nuovo allegato sono elencate, come indicato nel titolo dello stesso, le opere, gli impianti e le infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC che, in virtù dell’art. 17, sono sottoposti all’istruttoria di VIA (valutazione di impatto ambientale) da parte della Commissione tecnica PNRR-PNIEC.

 

Con il Regolamento (UE) 2018/1999 è stato istituito un sistema di Governance dell'Unione dell'Energia, che mira a pianificare e tracciare le politiche e misure messe in atto dagli Stati Membri dell'UE al fine del raggiungimento degli obiettivi in materia di sicurezza energetica, mercato interno dell’energia, efficienza energetica, decarbonizzazione, nonché ricerca, innovazione e competitività, che rappresentano le 5 dimensioni in cui è articolata la strategia dell’Unione dell’energia. Il meccanismo di governance è basato principalmente sulle strategie a lungo termine e sui piani nazionali integrati per l'energia e il clima (PNIEC) che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030. Nell'ambito di questo inquadramento, il 31 dicembre 2019 è stato inviato alla Commissione il testo definitivo del PNIEC dell'Italia con orizzonte al 2030 (peraltro ora in fase di revisione a seguito dell’innalzamento al 55 per cento degli obiettivi UE di riduzione delle emissioni al 2030), il cui obiettivo è quello di realizzare una nuova politica energetica che assicuri la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica e accompagni tale transizione.

Su tali cinque dimensioni si sviluppa il PNIEC italiano che, come evidenziato nello stesso piano, “condivide l’approccio olistico proposto dal Regolamento Governance, che mira a una strategia organica e sinergica sulle cinque dimensioni dell’energia”.

Per approfondimenti in materia si rinvia alla scheda web Governance europea e nazionale su energia e clima.

 

L’elenco delle opere, degli impianti e delle infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC, recato dall’allegato I-bis, è organizzato secondo le dimensioni dell’Unione dell’energia.

 

1 Dimensione della decarbonizzazione

Rientrano in tale dimensione: le infrastrutture per il phase out della generazione elettrica alimentata a carbone (1.1); i nuovi impianti per la produzione di energia e vettori energetici da fonti rinnovabili, residui e rifiuti, nonché ammodernamento, integrali ricostruzioni, riconversione e incremento della capacità esistente, relativamente alla generazione di energia elettrica e termica nonché alla produzione di carburanti sostenibili (1.2); infrastrutture e impianti per la produzione, il trasporto e lo stoccaggio di idrogeno (1.3); altre opere funzionali alla decarbonizzazione del sistema energetico e dell'industria (1.4).

2 Dimensione dell'efficienza energetica

Rientrano in tale dimensione: la riqualificazione energetica profonda di zone industriali o produttive, aree portuali, urbane e commerciali (2.1); reti di telecalore/teleriscaldamento/teleraffrescamento (2.2); impianti di Cogenerazione ad Alto Rendimento (2.3); impianti di recupero di calore di scarto (2.4).

3 Dimensione della sicurezza energetica

Rientrano in tale dimensione:

- per il settore elettrico (3.1): lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale; la riqualificazione delle reti di distribuzione; lo sviluppo della capacità di accumulo elettrochimico e pompaggio;

- per il settore del gas (3.2): il miglioramento della flessibilità della rete nazionale e regionale di trasporto e ammodernamento delle stesse reti finalizzato all' aumento degli standard di sicurezza e controllo; impianti per l'integrazione delle fonti di gas rinnovabili attraverso l'utilizzo delle infrastrutture esistenti del sistema gas per il relativo trasporto/stoccaggio/distribuzione; impianti per la diversificazione della capacità di importazione; infrastrutture di stoccaggio/trasporto/distribuzione di GNL e GPL e impianti di liquefazione di GNL;

- per il settore dei prodotti petroliferi (3.3): interventi per la riconversione delle raffinerie esistenti e nuovi impianti per la produzione di prodotti energetici derivanti da fonti rinnovabili, residui e rifiuti, nonché l'ammodernamento e l'incremento della capacità esistente anche finalizzata alla produzione di carburanti rinnovabili non biologici o da carbonio riciclato; interventi di decommissioning delle piattaforme di coltivazione di idrocarburi ed infrastrutture connesse.

 

 

 

 



[1]     Deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

[2]     Ai sensi del comma 292 - a decorrere dal 1 gennaio 2020 - nei contratti di fornitura di energia elettrica, gas e servizio idrico nonché di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259/2003), in caso di emissione di fatture a debito in relazione alle quali sia accertata dall'autorità competente – ovvero, debitamente documentata mediante apposita dichiarazione, presentata autonomamente anche con modalità telematiche - l'illegittimità della condotta del gestore e dell'operatore interessato, per violazioni relative alle modalità di rilevazione dei consumi, di esecuzione dei conguagli o di fatturazione nonché per addebiti di spese non giustificate e di costi per consumi, servizi o beni non dovuti, l'utente ha diritto ad ottenere, oltre al rimborso delle somme eventualmente versate, anche il pagamento di una penale pari al 10 per cento dell'ammontare contestato e non dovuto e, comunque, per un importo non inferiore a 100 euro.

Il comma 293 prevede che il gestore ovvero l'operatore interessato provvede al rimborso delle somme indebitamente percepite o comunque ingiustificatamente addebitate e al pagamento della penale attraverso, a scelta dell'utente, lo storno nelle fatturazioni successive o un apposito versamento, entro un termine in ogni caso non superiore a 15 giorni dall'accertamento ovvero dal riscontro positivo alla dichiarazione autonomamente trasmessa dall'utente.

Il comma 294 attraverso una novella all'articolo 1 del D.L. 7/2007[2] (L. 40/2007), prevede che nei contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica (di cui al comma 1-bis del medesimo articolo), il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni.

In caso di emissione di fatture a debito nei riguardi del consumatore per conguagli riferiti a periodi maggiori di due anni, qualora l'Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia aperto un procedimento per l'accertamento di violazioni del codice del consumo (d.lgs. 206/2005), relative alle modalità di esecuzione dei conguagli e di fatturazione adottate dall'operatore interessato, l'utente che ha presentato un reclamo riguardante il conguaglio, nelle forme previste dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha diritto alla sospensione del pagamento finché non sia stata verificata la legittimità della condotta dell'operatore. L'operatore deve comunicare all'utente l'avvio di tale procedimento e informarlo dei conseguenti diritti. È in ogni caso diritto dell'utente, all'esito della predetta verifica, ottenere, entro un termine in ogni caso non superiore a tre mesi, il rimborso dei pagamenti effettuati a titolo di indebito conguaglio.

In caso di violazione di quanto sopra prescritto da parte dell’operatore, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ordina all'operatore stesso la cessazione della condotta e il rimborso delle eventuali somme indebitamente percepite o comunque ingiustificatamente addebitate agli utenti, indicando il termine entro cui adempiere, in ogni caso non inferiore a trenta giorni.

La violazione delle disposizioni citate è sanzionata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni applicando una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 58.000 ad euro 1.160.000.

Il comma 295 opera un coordinamento con la disciplina previgente.

[3]     D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 104, Attuazione della direttiva (UE) 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi.

[4]     Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza

[5]     R.D. 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

[6]     Attuazione della direttiva 2008/51/CE, che modifica la direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi.

[7]     In merito, si ricorda, in primo luogo, il regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione al COVID-19 (certificato COVID digitale dell'Ue). Inoltre, il regolamento (UE) 2021/954 ha esteso il quadro suddetto ai cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti o residenti nello "spazio Schengen". Entrambi i regolamenti sono stati adottati il 14 giugno 2021.

      Il quadro del certificato digitale Ue comprende tre tipi di certificati: il certificato di vaccinazione, il certificato del test (indicante il risultato e la data di un test molecolare di amplificazione dell'acido nucleico o di un test antigenico rapido) e il certificato di guarigione (comprovante che il titolare risulti guarito da un'infezione da SARS-CoV-2). Tali certificati devono essere rilasciati, in formato digitale o cartaceo (o in entrambi i formati), e comprendere un codice a barre interoperabile, contenente le informazioni necessarie per verificare l'autenticità, la validità e l'integrità del medesimo certificato. Le informazioni figuranti nei certificati devono essere presentate almeno nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato membro di rilascio e in inglese. Il certificato viene rilasciato ai cittadini dell'Ue e ai loro familiari, indipendentemente dalla loro nazionalità, ed è valido in tutti gli Stati membri; può inoltre applicarsi all'Islanda, al Liechtenstein, alla Norvegia e alla Svizzera. Il regolamento (UE) 2021/953 precisa, tuttavia, che il certificato non è una precondizione per esercitare il diritto alla libera circolazione e non deve essere considerato un documento di viaggio. Per le eventuali restrizioni (quarantena o esecuzione di un test) adottate dagli Stati membri e valide anche per gli ingressi di viaggiatori in possesso di un certificato, si prevede che lo Stato membro pubblichi tali misure almeno 24 ore prima dell'entrata in vigore delle stesse. I Paesi dell'Unione devono accettare i certificati di vaccinazione rilasciati in altri Stati membri a persone a cui sia stato somministrato un vaccino autorizzato dall'Ema (spetta ai Paesi dell'Unione decidere se accettare anche i certificati delle vaccinazioni effettuate con gli altri prodotti, utilizzati in base alle procedure di autorizzazione di emergenza nazionali o rientranti in quelli elencati dall'Oms per uso di emergenza).

      La disciplina europea sul "certificato COVID digitale dell'Ue" trova applicazione per il periodo 1° luglio 2021-30 giugno 2022. I certificati che siano stati rilasciati da uno Stato membro prima del 1º luglio 2021 sono accettati dagli altri Stati membri fino al 12 agosto 2021.

[8]     Riguardo al Sistema Tessera Sanitaria, cfr. il relativo portale.

[9]     Società il cui capitale è controllato per intero dal Ministero dell'economia e delle finanze.

[10]   Riguardo al suddetto punto di accesso, cfr. l'articolo 64-bis del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

[11]   Applicazione per il tracciamento di contatti tra persone e che fa riferimento ad una piattaforma istituita presso il Ministero della salute. Riguardo a tale applicazione, cfr. l'articolo 6 del D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2020, n. 70, e successive modificazioni.

[12]   Il citato D.P.C.M. 17 giugno 2021 è efficace (ai sensi dell'articolo 19, comma 4, dello stesso) dal 17 giugno 2021 (giorno di pubblicazione del medesimo decreto nella Gazzetta Ufficiale).

[13]   Anagrafe istituita dal D.M. 17 settembre 2018. Si ricorda che essa è alimentata dalle corrispondenti anagrafi regionali (o delle province autonome).

[14]   Ai sensi dell'articolo 34-ter, comma 5, della L. 31 dicembre 2009, n. 196.

[15]   Si ricorda che i residui passivi consistono nelle somme già impegnate (sotto il profilo contabile) e non ancora spese (in termini di cassa) e che essi sono soggetti a perenzione qualora il pagamento non si verifichi.

[16]   Si ricorda che la classe A concerne i medicinali rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, mentre la classe H concerne i medicinali la cui somministrazione, oltre ad essere a carico del Servizio sanitario nazionale, è riservata alle strutture ospedaliere o è subordinata ad altre particolari condizioni.

[17]   In base alla norma oggetto di novella, il termine del 31 luglio ha già trovato applicazione per il 2020 (con riferimento ai fatturati dell'anno 2019).

[18]   Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della regione Calabria e per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario.

[19]   Misure urgenti per la graduale ripresa delle attivita' economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87/2021.

[20]   Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87/2021.

[21]   Si ricorda che anche quest'ultimo riparto viene adottato con delibera del CIPE, su proposta del Ministro della salute, previa intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e dell'articolo 115, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

[22]   Intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome sancita dalla relativa Conferenza permanente il 18 dicembre 2019.

[23]   In base al citato comma 576, gli accordi dovevano essere conclusi entro il 31 dicembre 2016.

[24]   Si ricorda che tale quota è pari, a seconda dei casi, a due o tre punti percentuali del totale del finanziamento medesimo (cfr., al riguardo, l'articolo 2, comma 68, lettera c), della L. 23 dicembre 2009, n. 191, e l'articolo 15, comma 24, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135).

[25]   Comitato di cui all'articolo 9 dell'intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome sancita dalla relativa Conferenza permanente il 23 marzo 2005.

[26]   Si tratta degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro, dei profughi italiani rimpatriati, dei figli orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno del genitore medesimo dal coniuge, dall'altra parte dell'unione civile o dalla persona legata da relazione affettiva e stabile convivenza, nonché di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria.

[27]   In base a tale disposizione, devono essere pubblicati nella richiamata sezione "Amministrazione trasparente" del profilo del committente tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, alla composizione della commissione giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti ove non considerati riservati ovvero secretati ai sensi della normativa vigente.

[28]   Si ricorda che in base a quanto riportato nel PNRR nel periodo 2024-2026 si attende un incremento pari al 3,2 per cento dell’occupazione giovanile e al 4 per cento di quella femminile.

[29]   Si tratta delle attività di estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardiania dei cantieri; servizi funerari e cimiteriali; ristorazione, gestione delle mense e catering; servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.

[30] Le eccezioni previste riguardano: i casi di affidamento a contraente generale, finanza di progetto, affidamento in concessione, partenariato pubblico privato, contratto di disponibilità, locazione finanziaria, nonché delle opere di urbanizzazione a scomputo.

[31]   Le procedure di affidamento, in cui ogni operatore economico interessato può presentare un'offerta, previa pubblicazione di un bando o avviso di indizione di gara (art. 60 del Codice dei contratti pubblici).

[32]   Nel 2006, in esito alle disposizioni della legge 5 marzo 1997, n.59, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112 e della legge 11 febbraio 1994, n. 109, con il DPR 27 aprile 2006, n.204, si è provveduto al riordinamento del Consiglio superiore dei lavori pubblici quale Organo di consulenza obbligatorio del Governo e Organo di consulenza facoltativo per le regioni e gli altri enti pubblici competenti in materia di lavori pubblici.

[33] Per dettagli sul contenuto del regolamento, si rinvia alla Nota UE n. 67/1, pubblicata dal Servizio studi del Senato della Repubblica nel febbraio 2021.

[34]   Per quest'ultimo Piano, cfr. l'articolo 1 del D.L. 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni dalla L. 1° luglio 2021, n. 101.

[35]   Riguardo a questi ultimi programmi, viene richiamata la normativa generale di cui all'articolo 20 della L. 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni.

[36]   Riguardo all'individuazione di tale periodo, cfr. infra.

[37]   Riguardo al relativo testo, cfr. infra.

[38]   Il suddetto Dispositivo costituisce, per quantità di risorse allocate, il maggiore tra gli strumenti finanziari del programma Next Generation EU e, più in generale, il maggiore tra gli strumenti definiti dal Quadro finanziario pluriennale europeo 2021-2027.

[39]   Cfr. l'articolo 18, comma 4, lettera i), del regolamento 2021/241/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021.

[40]   Per i suddetti interventi di ristrutturazione, nonché, in presenza di particolari condizioni, per gli altri interventi summenzionati, si può ricorrere alla segnalazione certificata di inizio attività - in alternativa al permesso di costruire - ai sensi dell'articolo 23, comma 01, del suddetto testo unico.

[41]   Ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

[42]   Nelle materie di legislazione concorrente spetta (ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione) "alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato".

[43]   Sentenza depositata il 1° ottobre 2003.

[44]   Cfr. l'articolo 9-bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

[45]   Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 8/2020.

[46]   Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010

[47]   Per la disciplina sulla dichiarazione di uno stato di emergenza nazionale, cfr. l'articolo 24 del D.Lgs.  2 gennaio 2018, n. 1, e successive modificazioni.

[48]   In merito, cfr. infra.

[49]   Riguardo ad esse, cfr. infra.

[50]   Quest'ultimo vincolo può essere escluso ai fini della produzione intesa all'esportazione di farmaci verso alcuni Paesi; la possibilità di tale esclusione è prevista dal successivo articolo 31-bis, il quale è stato inserito dal Protocollo del 6 dicembre 2005 (Protocollo accettato dall'Unione europea ed entrato in vigore il 23 gennaio 2017). A livello di Unione europea, la procedura di concessione di licenze obbligatorie per brevetti e certificati complementari di protezione concernenti la fabbricazione e la vendita di prodotti farmaceutici, se destinati all'esportazione verso alcuni Paesi importatori che ne abbiano bisogno per affrontare problemi di salute pubblica, è disciplinata dal regolamento (CE) n. 816/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006.

[51]   "Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno".

[52]   Recante "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti".

[53]   Nel testo previgente, invero, si faceva riferimento "alle strutture portuali ed aeroportuali".

[54]   D.L. n. 69 del 2013, art. 9, co. 2: Al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dall'ordinamento dell'Unione europea per i casi di mancata attuazione dei programmi e dei progetti cofinanziati con fondi strutturali europei e di sottoutilizzazione dei relativi finanziamenti in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi, il Governo, allo scopo di assicurare la competitività, la coesione e l'unità economica del Paese, esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione secondo le modalità procedurali individuate dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, dagli articoli 5 e 11 della legge n. 400 del 1988, e dalle disposizioni vigenti in materia di interventi sostitutivi finalizzati all'esecuzione di opere e di investimenti nel caso di inadempienza di amministrazioni statali ovvero di quanto previsto dai contratti istituzionali di sviluppo e dalle concessioni nel caso di inadempienza dei concessionari di servizi pubblici, anche attraverso la nomina di un commissario straordinario, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il quale cura tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche necessarie per l'autorizzazione e per l'effettiva realizzazione degli interventi programmati, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate.

[55]   In un secondo momento è stata infatti esclusa esplicitamente la possibilità di procedere ad annullamento di ufficio nei casi di cui all’articolo 21-octies, co. 2, della legge 241/1990, ossia dei provvedimenti che presentino vizi cd. formali o relativi alla mancata comunicazione di avvio del procedimento (tale modifica è stata introdotta dall’art. 25, co. 1, lett. b-quater, D.L. 133/2014).

[56]   Il Fondo è allocato sui capp. 7245 e 7345 dello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca.

[57]   Qui il regolamento di funzionamento del CNGR.

[58]   L’art. 5, co. 1, del D.L. 212/2002 (L. 268/2002) ha affidato ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione degli importi dei compensi a componenti di commissioni e comitati, nonché ad esperti, incaricati delle procedure di selezione e della valutazione di programmi e progetti di ricerca non conclusi alla data della sua entrata in vigore, ove i rispettivi piani finanziari prevedono spese per attività istruttorie e di valutazione.

      A sua volta, il co. 2 dello stesso art. 5, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 551, della L. 178/2020, ha disposto che il decreto interministeriale disciplina anche la corresponsione dei compensi nelle procedure di selezione e di valutazione dei programmi e progetti di ricerca successive alla data dell’entrata in vigore dello stesso D.L. 212/2002.

[59]   Conseguentemente, ha abrogato l'art. 21, co. 3, della L. 240/2010, secondo cui:

- il decreto del Ministro che nomina i componenti del CNGR determinava le indennità spettanti ai suoi componenti;

- la spesa per il funzionamento del CNGR e per i compensi relativi alle procedure di selezione e valutazione dei progetti di ricerca era compresa nell'ambito dei fondi riguardanti il finanziamento dei progetti o programmi di ricerca, per un importo massimo non superiore al 3% dei predetti fondi.

[60]   L’istituzione della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca – cui partecipano di diritto tutti i presidenti degli enti o loro delegati – è stata prevista dall’art. 8, co. 1-5, del d.lgs. 218/2016. In particolare, la Consulta è convocata dal Presidente ogni qual volta lo ritenga necessario e almeno una volta all'inizio e alla fine di ogni anno per la condivisione e la verifica delle scelte programmatiche annuali generali di ciascun ente e della loro coerenza con il Programma nazionale della ricerca (PNR). Inoltre, essa formula proposte per la redazione, l'attuazione e l'aggiornamento del PNR alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai Ministeri vigilanti; elabora, per quanto di competenza, proposte alla Presidenza del Consiglio dei ministri sulle tematiche inerenti la ricerca; relaziona periodicamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai Ministeri vigilanti sullo stato di attuazione della Carta europea dei ricercatori e del codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori.

[61]   L’istituzione presso il MUR del Consiglio nazionale dei ricercatori e dei tecnologi è stata prevista dall’art. 8, co. 7, del d.lgs. 218/2016. Esso è composto dai rappresentanti dei ricercatori e tecnologi eletti negli organi scientifici e di governo dei singoli enti e formula pareri e proposte ai Ministeri vigilanti e alla Presidenza del Consiglio sulle tematiche attinenti la ricerca.

[62]   Il Fondo nazionale per l'innovazione è un soggetto multifondo che opera esclusivamente attraverso metodologie di c.d. Venture Capital secondo modalità dettate con DM 27 giugno 2019.

[63]   L'ultimo CCNL del comparto Istruzione e ricerca è relativo al periodo 2016-2018.

[64]   L’art. 6, co. 5-septies, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha incrementato il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 96,5 mln per il 2021 al fine – previsto dal co. 5 sexies – dell’assunzione di ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B, a decorrere dal 2021, allo scopo attingendo al “Fondo per l'Agenzia nazionale per la ricerca – ANR”.

[65]   L’art. 33, co. 1 e 2, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021) ha incrementato di € 78,5 mln per il 2021 il “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca”, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca dal D.L. 18/2020 (L. 27/2020) e incrementato, da ultimo, dalla L. di bilancio 2021, allo scopo attingendo al medesimo “Fondo per l'Agenzia nazionale per la ricerca – ANR”.

[66]   Le risorse sono appostate sul cap. 7312 dello stato di previsione del MUR. Da ultimo, lo stanziamento relativo al triennio 2019-2021, pari complessivamente a € 3.242.385, è stato ripartito con DM n. 86 del 20 maggio 2020. Qui l’allegato.

[67]   Con decreto MIUR 1146 del 13 dicembre 2019 è stata approvata la graduatoria finale. L’autorizzazione all'utilizzo dei contributi pluriennali è stata disposta con decreto interministeriale MUR-MEF n. 657 del 18 settembre 2020. Qui l’allegato.

[68]   Con decreto MUR n. 645 del 10 settembre 2020 è stata approvata la graduatoria finale, che indica l’importo massimo dell’investimento finanziabile per ogni istituzione.

[69]   Nel prosieguo, l’art. 144, co. 18, della L. 388/2000 ha disposto che gli interventi di cui L. 338/2000 possono essere effettuati anche da fondazioni e istituzioni senza scopo di lucro operanti nel settore del diritto allo studio.

[70]   Le risorse sono appostate sul cap. 7273 dello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca che, in base al DM 30 dicembre 2020, di riparto in capitoli del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e per il triennio 2021-2023, per il 2021 ha una dotazione pari a € 34,8 mln.

[71]   Da ultimo, la Commissione è stata istituita, con durata triennale, con DM 321/2019. Alcuni membri sono stati sostituiti, da ultimo, con DM 158/2021.

[72]   Con esclusione dell'acquisto, da parte di cooperative di studenti, organizzazioni non lucrative di utilità sociale e fondazioni di edifici già adibiti a tale scopo.

[73]   Il co. 107 aveva previsto l’equipollenza per i diplomi finali rilasciati, entro la data di entrata in vigore della legge, al termine dei percorsi formativi del vecchio ordinamento. Successivamente, il co. 107-bis (inserito dall'art. 1, co. 10-ter, del D.L. 210/2015-L. 21/2016 e successivamente modificato dall'art. 4, co. 5-ter, del D.L. 244/2016-L. 19/2017) ha differito il termine ultimo “di validità” – rectius: “di conseguimento” – dei suddetti diplomi ai fini dell’equipollenza. In particolare, ciò si era reso necessario dal momento che – come evidenziato dal rappresentante del Governo il 22 gennaio 2015, nella risposta, presso la VII Commissione della Camera, all’interrogazione 5-03705 – corsi del vecchio ordinamento hanno continuato a funzionare, sia pure ad esaurimento, anche dopo l'entrata in vigore della L. 228/2012.

[74]   Per le istituzioni AFAM non statali – che, in presenza di determinati requisiti, possono rilasciare i titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica (ex art. 11 DPR 212/2005) – la possibilità di istituire corsi in sedi decentrate è stata esplicitamente prevista da circolari attuative (si v., in primis, nota 8093 del 20 giugno 2016). Da ultimo, con nota 1071 del 1 febbraio 2021 è stato disposto che l’istanza per una nuova sede decentrata, ancorché relativa a corsi con ordinamento didattico omologo a quello già approvato per la sede centrale, può in ogni caso essere presentata solo a seguito della prima valutazione periodica positiva della sede centrale. A tal fine, le relative istanze sono corredate di relazione tecnica predisposta secondo quanto indicato nell’allegato B. L’istanza per ulteriori corsi nella nuova sede decentrata può essere presentata solo successivamente alla prima valutazione positiva della stessa sede decentrata.

[75]   Al contempo, ha differito al 31 dicembre 2021 il termine per l'approvazione della prima programmazione triennale del reclutamento.

[76]   A titolo di esempio, si v. il D.I. 30 aprile 2018, relativo alla determinazione della dotazione organica del personale docente e tecnico-amministrativo dell’Accademia di Belle Arti di Torino.

[77]   La relazione tecnica all’A.C. 2790 evidenziava, al riguardo, che le risorse autorizzate determinano un ampliamento di organico, per ogni istituzione AFAM, pari, in media, a 2 coadiutori, 3 assistenti amministrativi, 0,93 collaboratori amministrativi, 1 direttore di biblioteca, 12 docenti.

[78]   L’art. 3, co. 58, della L. 350/2003 ha disposto che, in attesa della completa attuazione della L. 508/1999, al personale delle istituzioni AFAM si applica, in materia di assunzioni, la disciplina autorizzatoria di cui all’art. 39, co. 3-bis, della L. 449/1997.

      Quest’ultimo ha disposto che, a decorrere dal 1999, la disciplina autorizzatoria di cui al co. 3 dello stesso articolo – che ha previsto la determinazione del Consiglio dei ministri – si applica alla generalità delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e riguarda tutte le procedure di reclutamento e le nuove assunzioni di personale.

      In base all’art. 1, co. 1, lett. ii), della L. 13/1991, con DPR sono adottati gli atti per i quali è intervenuta la deliberazione del Consiglio dei Ministri.

[79]   Con riferimento a quanto previsto dal comma 3, si ricorda che, in base all’art. 7 del DPR 143/2019, il reclutamento del personale amministrativo e tecnico del comparto AFAM si svolge mediante procedure selettive volte a garantire l’efficacia, l’efficienza, l’economicità e la celerità dell’espletamento, improntandosi a criteri di imparzialità, oggettività e trasparenza. I requisiti generali per la partecipazione alle procedure selettive e i criteri per la formazione delle commissioni sono quelli previsti dalla normativa vigente per l’accesso al pubblico impiego (d.lgs. 165/2001 e DPR 487/1994). I bandi di concorso, oltre a indicare i profili professionali e i titoli di studio richiesti, nonché le principali funzioni da svolgere, indicano anche i punteggi previsti per lo svolgimento delle selezioni, riservando, in caso di selezioni per titoli ed esami, almeno i due terzi del punteggio alla valutazione delle prove.

[80]   Da ultimo, l’art. 98 del CCNL del 19 aprile 2018, relativo al nuovo comparto Istruzione e Ricerca, ha disposto, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 1, co. 653, della L. 205/2017, che la qualifica dei professori di seconda fascia è mantenuta ad esaurimento, fatta salva l’eventuale immissione in ruolo del personale dalle graduatorie in essere, sulla base della normativa vigente.

[81]   Con riferimento all’accesso ai ruoli a tempo indeterminato del personale docente nelle Istituzioni AFAM, si ricorda, preliminarmente, che, già prima della L. 508/1999, l’art. 270, co. 1, del d.lgs. 297/1994 (come modificato dall'art. 3, co. 1, lett. a), della L. 124/1999) – di cui l’art. 8 del DPR 143/2019 ha previsto l’abrogazione, avendo dettato una nuova disciplina – ha disposto, riprendendo concetti presenti in norme previgenti, che ai ruoli si accede attingendo annualmente, per il 50% dei posti, alle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami (d’ora in avanti, GET) e, per il restante 50%, alle graduatorie nazionali permanenti (d’ora in avanti, GNE). Tali graduatorie nazionali permanenti sono divenute poi ad esaurimento, a seguito di quanto disposto dall’art. 2, co. 6, della L. 508/1999.

Nel caso di insegnamenti per i quali le graduatorie GNE e GET sono esaurite, per l’accesso ai ruoli a tempo indeterminato si attinge, nell’ordine da ultimo determinato dall’art. 1, co. 890, primo periodo, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021):

·     alle graduatorie nazionali (ora) ad esaurimento di cui all'art. 2-bis del D.L. 97/2004 (L. 143/2004), in cui sono stati inseriti, previa valutazione dei titoli artistico-professionali e culturali, i docenti precari che avessero un servizio di 360 giorni nelle Istituzioni AFAM. Tale possibilità, prevista per l’a.a. 2013/2014 dall’art. 19, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), è poi stata estesa agli a.a. successivi. Da ultimo, è stata estesa all'a.a. 2021/2022 dall’art. 6, co. 1, del D.L. 183/2020 (L. 21/2021);

·     alle graduatorie nazionali (ora) ad esaurimento di cui all’art. 19, co. 2, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), in cui sono stati inseriti i docenti che non fossero già titolari di contratto a tempo indeterminato nelle Istituzioni AFAM, che avessero superato un concorso selettivo per l'inclusione nelle graduatorie di istituto e che avessero maturato almeno 3 anni accademici di insegnamento presso le medesime Istituzioni alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Tale possibilità è stata prevista dall’art. 1, co. 653, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018);

·     alle graduatorie nazionali ad esaurimento istituite dall’art. 1, co. 655, della stessa L. 205/2017, in cui sono stati inseriti i docenti che non fossero già titolari di contratto a tempo indeterminato nelle Istituzioni AFAM, che avessero superato un concorso selettivo per l'inclusione nelle graduatorie di istituto e avessero maturato, fino all’a.a. 2017/2018, almeno 3 anni accademici di insegnamento, anche non continuativi, negli ultimi 8, presso le medesime Istituzioni;

·     alle graduatorie nazionali ad esaurimento formate a seguito di quanto disposto dall’art. 3-quater, co. 3, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), che ha previsto l’inserimento nelle graduatorie nazionali ad esaurimento di cui all’art. 1, co. 655, della L. 205/2017 dei soggetti che maturano la richiesta esperienza triennale entro l’a.a. 2020/2021 (al riguardo v., più ampiamente, infra).

[82]   Al riguardo, si ricorda che, sulla base dell’art. 3-quinquies del D.L. 180/2008 (L. 1/2009) – che ha rimesso ad appositi decreti ministeriali la determinazione degli obiettivi formativi e dei settori artistico-disciplinari entro i quali le Istituzioni AFAM individuano, autonomamente, gli insegnamenti da attivare –, per le Accademie di belle arti i settori artistico-disciplinari, nonché le aree disciplinari, sono stati individuati con DM 3 luglio 2009, n. 89, integrato con D.I. 30 dicembre 2010, n. 302, che ha istituito il corso di diploma accademico di secondo livello di durata quinquennale abilitante alla professione di restauratore di beni culturali.

[83]   La dichiarazione dello stato di dissesto e il conseguente commissariamento è disciplinata, per le università, dal d.lgs. 199/2011.

[84]   Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421

[85]   Sulla sperimentazione clinica, si veda in particolare quanto disposto dal Ministero della salute, sul proprio sito (v. link).

[86]   Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.

[87]   Agli enti religiosi civilmente riconosciuti è dedicato l’art. 14 del decreto n. 106 del 2020 sulle procedure di iscrizione degli ETS nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, nel quale sono indicate in modo specifico le disposizioni che il regolamento deve recepire.

[88]   L’elenco – aggiornabile con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - delle 26 tipologie di attività comprende: interventi e servizi sociali; interventi e prestazioni sanitarie; prestazioni sociosanitarie; educazione, istruzione e formazione professionale; salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio; formazione universitaria e post-universitaria; ricerca scientifica di particolare interesse sociale; attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale; radiodiffusione sonora a carattere comunitario; attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso; formazione extra-scolastica; servizi strumentali per il terzo settore; cooperazione allo sviluppo; commercio equo e solidale; inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro; alloggio sociale; accoglienza e integrazione dei migranti; agricoltura sociale; attività sportive dilettantistiche; beneficenza e cessione di denaro, beni e servizi; promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti; adozione internazionale; protezione civile; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

[89]   Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106.

[90]   Il D.P.C.M. è stato emanato di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e dei trasporti e per i beni e le attività culturali e per il turismo, come previsto dal citato comma 563 (nonché sentito il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione).

[91]   Si ricorda che il citato comma 563 prevede che le caratteristiche tecniche della Carta siano conformi alle indicazioni operative elaborate dalla Commissione europea ai fini del reciproco riconoscimento dello stato di disabilità dei cittadini negli Stati membri dell’Unione europea.

[92]   Riguardo alle categorie interessate, cfr. infra.

[93]  La relazione illustrativa è reperibile nell'A.C. n. 3146.