Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Incontro dei Presidenti delle Commissioni per gli affari europei dei Parlamenti nazionali con la Vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Margrethe Vestager
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE   Numero: 37
Data: 08/10/2021
Organi della Camera: XIV Unione Europea


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Incontro dei Presidenti delle Commissioni per gli affari europei dei Parlamenti nazionali con la Vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Margrethe Vestager

8 ottobre 2021


Indice

|Obiettivi della politica digitale dell'UE|Le principali iniziative volte a regolare il mercato unico digitale|La tassazione dell'economia digitale|Concorrenza e aiuti di Stato|


Il 12 ottobre prossimo si svolgerà, in videoconferenza, l'incontro informale tra la Vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Margrethe Vestager, e i presidenti delle Commissioni per gli affari europei dei Parlamenti nazionali.
Nel corso della videoconferenza dovrebbero essere approfonditi i seguenti temi:
  1. la legge sui servizi digitali (Digital services act –DSA);
  2. la legge sui mercati digitali (Digital markets act –DMA);
  3. altre questioni di attualità nell'ambito delle competenze della Vicepresidente della Commissione europea.
Margrethe Vestager è uno dei tre Vicepresidenti esecutivi della Commissione europea, incaricata della priorità "Un'Europa pronta per l'era digitale". È inoltre Commissaria per la concorrenza ed è stata Commissaria per la concorrenza anche nell'ambito della Commissione Juncker (2014-2019).

Obiettivi della politica digitale dell'UE

Le iniziative della Commissione europea nell'ambito del processo di trasformazione digitale dell'UE ruotano attorno ad una serie di obiettivi generali che sono stati definiti con precisione (anche con riferimento alle scadenze temporali) nella cosiddetta Bussola per il decennio digitale.
Varie misure messe in campo negli ultimi mesi sono state concepite con l'obiettivo di superare debolezze strategiche, vulnerabilità e dipendenze ad alto rischio. In particolare, il programma di trasformazione digitale dell'UE avviato dalla Commissione prevede obiettivi da realizzare entro il 2030 articolati in quattro punti cardinali: capacità digitali a livello di infrastrutture e di istruzione/competenza, imprese e servizi pubblici. Sono ambiti di intervento in cui si registrano ancora significativi gap rispetto a concorrenti extraeuropei, con particolare riguardo al volume di investimenti nel settore digitale.
In tale contesto, ricorre frequentemente il concetto di sovranità digitale, che riassume una serie di iniziative che vanno dalla creazione del cloud europeo, alla leadership nei settori della intelligenza artificiale etica, delle t ecnologie quantistiche e del calcolo ad alte prestazioni.
A tal proposito, secondo la Commissione europea, anche a seguito della crisi causata dalla pandemia da Covid - 19, per la ripresa occorrerebbe un fabbisogno pari a 125 miliardi di euro all'anno in termini di investimenti e di sviluppo di competenze nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per colmare il divario con i principali concorrenti negli Stati Uniti e in Cina.
Inoltre la Commissione europea ha precisato che la posizione degli attori europei è ben al di sotto del peso dell'UE nell'economia mondiale in settori tecnologici chiave quali i processori, le piattaforme web e le infrastrutture cloud.
Tra i dati più significativi sottolineati dalla Commissione europea si ricordano i seguenti:
  • il 90 per cento dei dati dell'UE sarebbe gestito da imprese statunitensi;
  • meno del 4 per cento delle principali piattaforme online è rappresentato da soggetti europei;
  • i microchip fabbricati in Europa rappresentano meno del 10 per cento del mercato europeo.
Sul piano della capacità digitali la Commissione europea sta elaborando iniziative, tra l'altro, con l'obiettivo di:
  • raggiungere un volume di 20 milioni di specialisti impiegati nell'UE nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, con una convergenza tra donne e uomini, oltre a una soglia adeguata di competenze di base già prevista nel piano di azione per l'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali;
  • ottenere una copertura con una rete gigabit per tutte le famiglie europee, e la copertura del 5G per tutte le zone abitate;
  • una produzione UE di almeno il 20 per cento su scala mondiale di semiconduttori e di processori all'avanguardia.
Si segnala in proposito che, nel discorso sullo stato dell'Unione del 15 settembre 2021, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato l'intenzione di presentare una legge europea sui semiconduttori, considerato che l'Unione dipende attualmente dai chip di ultima generazione fabbricati in Asia e che una legge europea in materia avrebbe lo scopo di creare un ecosistema europeo dei chip all'avanguardia, inclusa la produzione, in modo da garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e sviluppare nuovi mercati per una tecnologia europea innovativa.
La Commissione europea ha infine stabilito entro il 2030 i seguenti obiettivi nel settore dei servizi pubblici:  
  • 100 per cento dei servizi pubblici principali disponibili online per le imprese e i cittadini europei;
  • 100 per cento dei cittadini europei dotati di accesso alle cartelle cliniche (cartelle elettroniche);
  • 80 per cento dei cittadini dotati di identificazione digitale.
In termini di risorse finanziarie si ricorda che, solo nell'ambito del programma Europa digitale del QFP 2021-2027, è prevista una dotazione di circa 7,6 miliardi di euro articolati in 5 obiettivi: calcolo ad alte prestazioni; intelligenza artificiale; cibersicurezza e fiducia; competenze digitali avanzate; implementazione e impiego ottimale delle capacità digitali e interoperabilità. Inoltre, si ricorda che almeno il 20 per cento delle risorse del Dispositivo per la ripresa e la resilienza dovrà essere destinato in ogni paese alla transizione digitale, nell'ambito dei relativi piani (PNRR).

Le principali iniziative volte a regolare il mercato unico digitale

Nell'ambito di una azione più ampia volta a conformare i vari settori del mercato digitale ai valori dell'UE, con particolare riguardo ai diritti fondamentali, sono state presentate una serie di proposte di regolamento che, secondo un approccio funzionale, disciplinano aspetti socioeconomici decisivi nel mondo delle tecnologie dell'informazione e comunicazione.
Le iniziative della Commissione europea si sono incentrate sulla realizzazione di un mercato dei servizi digitali unico aperto e competitivo basato sui valori europei: in tal senso, vengono in considerazione le precondizioni necessarie rispetto agli obiettivi dell'UE del rispetto dei diritti fondamentali nonché la contendibilità dei mercati. A tale ambito devono essere ricondotte, in particolare, le due proposte di regolamento presentate nel dicembre 2020 dalla Commissione europea, che recano discipline rispettivamente nel settore dei servizi e dei mercati digitali; il corpus regolativo mira, da un lato, ad accrescere e armonizzare le responsabilità delle piattaforme online e dei fornitori di servizi d'informazione, rafforzando anche il controllo sulle politiche di contenuto delle piattaforme nell'UE,  dall'altro, a introdurre regole per assicurare l'equità dei mercati digitali nell'ottica di una contendibilità delle significative posizioni delle grandi piattaforme online (spesso riconducibili a soggetti extra UE).
La Commissione europea ha altresì inteso avviare l'iter legislativo di un regime europeo sulla governance dei dati , anche nell'ottica di creare una capacità europea di estrazione del valore dei dati, allo stato appannaggio quasi esclusivo di competitor extraeuropei, nonché di una disciplina che declini secondo i valori dell'UE l'impiego dei sistemi di intelligenza artificiale, quale tecnologia volta a pervadere in maniera esponenzialmente crescente non soltanto la maggior parte dei processi socioeconomici, ma anche le dinamiche della vita democratica.
Le proposte citate sono tuttora all'esame delle Istituzioni legislative.

La legge sui servizi digitali (Digital services act - DSA)

La proposta di regolamento COM(2020)825 relativo a un mercato unico dei servizi digitali (Digital services act ) è stata concepita per i seguenti obiettivi: il mantenimento di un ambiente online sicuro; il miglioramento delle condizioni per i servizi digitali transfrontalieri innovativi; il conferimento di maggiore potere agli utenti e la protezione dei loro diritti fondamentali online; l'istituzione di una vigilanza efficace sui servizi digitali e la previsione di strumenti di cooperazione tra le autorità competenti.
In particolare,  secondo il principio generale per cui "ciò che è illecito offline deve essere illecito anche online", la nuova disciplina introduce, tra l'altro: disposizioni sulla moderazione dei contenuti, comprese  norme sulla rimozione o la restrizione all'accesso a contenuti/prodotti/servizi illegali; una protezione più efficace dei diritti degli utenti online e sistemi interni di gestione dei reclami (tra l'altro meccanismi per le segnalazioni da parte degli utenti e nuovi obblighi in materia di tracciabilità dei venditori); un quadro generale di "enforcement" della normativa in particolare grazie al coordinamento tra le autorità nazionali, e in particolare mediante la designazione della nuova figura del "digital services coordinator" .
Il nuovo regime aggiorna i principi base contenuti nella direttiva e-commerce ( direttiva 200/31/CE), rivedendo ed uniformando i doveri di vigilanza dei prestatori di servizi di intermediazioni online e introducendo un regime per le piattaforme online che ospitano e diffondono i contenuti.
In particolare, si prevede un sistema di distribuzione bilanciata e proporzionata delle responsabilità e dei doveri in capo ai diversi prestatori di servizi digitali differenziati (secondo uno schema di cerchi concentrici) in funzione della categoria e della dimensione dell'operatore digitale.
In linea di massima, sono confermati i regimi di limitata responsabilità per i cosiddetti servizi di mere conduit e di caching, in quanto normalmente contraddistinti da elementi di fornitura neutra dei servizi, mediante un trattamento puramente tecnico e automatico delle informazioni fornite dal destinatario del servizio.
Per mere conduit si intende un servizio di semplice trasporto, consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire accesso a una rete di comunicazione.
Per caching si intende un servizio di memorizzazione temporanea, consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite dal destinatario del servizio, che comporta la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni al solo scopo di rendere più efficiente il successivo inoltro delle informazioni ad altri destinatari su loro richiesta.
In secondo luogo, i prestatori di servizi di hosting devono predisporre procedure di notifica e risposta per i contenuti illegali e prevedere la possibilità di contestare le decisioni di moderazione dei contenuti assunte sulle proprie piattaforme.
Il servizio di hosting consiste nel memorizzare informazioni fornite da un destinatario del servizio su richiesta di quest'ultimo.
Le piattaforme online (prestatori di un servizio di hosting che, su richiesta di un destinatario del servizio, memorizzano e diffondono al pubblico informazioni, a meno che tale attività sia una funzione secondaria e puramente accessoria di un altro servizio) sono sottoposte a speciali doveri relativi alla gestione del contenzioso interno ed esterno sull'applicazione di termini e condizioni del servizio, nonché a particolari obblighi di ricevere, conservare, verificare parzialmente e pubblicare le informazioni sugli operatori commerciali che utilizzano i loro servizi.
In particolare, tali piattaforme online devono inoltre garantire che le notifiche presentate da enti cui è stato riconosciuto lo status di segnalatori attendibili siano trattate in via prioritaria. Esse devono inoltre informare le autorità di contrasto competenti qualora vengano a conoscenza di informazioni che destino il sospetto di gravi reati comportanti una minaccia per la vita o la sicurezza delle persone. Qualora le piattaforme online consentano ai consumatori di concludere contratti a distanza con gli operatori commerciali, esse sono tenute a ricevere, memorizzare e pubblicare informazioni specifiche sugli operatori commerciali che utilizzano i loro servizi, dopo aver fatto quanto possibile per valutare l'attendibilità di tali informazioni. Tali piattaforme online hanno anche l'obbligo di organizzare la propria interfaccia in modo da consentire agli operatori commerciali di rispettare il diritto dell'Unione in materia di tutela dei consumatori e sicurezza dei prodotti. Tali soggetti sono inoltre obbligati a pubblicare relazioni sulle loro attività riguardanti la rimozione delle informazioni che si ritiene costituiscano contenuti illegali o contrari alle loro condizioni generali e la disabilitazione dell'accesso alle stesse.
Le piattaforme online molto grandi, individuate secondo un parametro quantitativo (numero di destinatari attivi mensili medi del servizio nell'Unione pari o superiore a 45 milioni), oltre a rispettare gli obblighi testé descritti, sono obbligate a condurre una valutazione dei rischi sistemici causati da o relativi al funzionamento e all'uso dei loro servizi e ad adottare misure ragionevoli ed efficaci volte a mitigare tali rischi, sottoponendosi altresì a un audit esterno e indipendente. Relativamente all'ottemperanza dei rispettivi obblighi da parte delle piattaforme online di grandi dimensioni, la proposta di regolamento prevede nuovi poteri di sorveglianza e sanzione in capo alla Commissione europea.
In particolare, la Commissione può adottare decisioni di non conformità e infliggere sanzioni pecuniarie e penalità di mora per le violazioni del regolamento commesse dalle piattaforme online di dimensioni molto grandi, oltre che per la comunicazione di informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti nel contesto dell'indagine.
Per approfondimenti sul contenuto della proposta di regolamento si rinvia al dossier n. 51 predisposto dall'Ufficio rapporti con l'UE della Camera dei deputati. Il 23 giugno 2021 la IX Commissione (Trasporti) della Camera dei deputati ha approvato un documento finale sulla proposta di regolamento.  
L'iter presso le istituzioni europee
La proposta di regolamento è stata assegnata alla Commissione Mercato interno e protezione dei consumatori (IMCO) del Parlamento europeo, mentre la discussione in sede di Assemblea Plenaria è indicativamente stabilita nel dicembre del 2021.
Nel gennaio 2021, la Commissione IMCO ha nominato relatrice Christel Schaldemose (S&D Danimarca), che ha presentato il suo progetto di relazione il 28 maggio 2021, con il quale mira a introdurre norme più rigorose sui mercati online per proteggere meglio i consumatori, ulteriori misure e requisiti di trasparenza per garantire la protezione degli utenti e rafforzare le disposizioni di attuazione e applicazione per garantire che nessuno Stato membro diventi un rifugio sicuro per le piattaforme online; la relatrice ha altresì suggerito di introdurre un divieto di pubblicità mirata, per aumentare la trasparenza in questo campo e per dare maggiore controllo all'utente per quanto riguarda i sistemi di raccomandazione.
La Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE), la Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE) e la Commissione giuridica (JURI) sono Commissioni associate. La Commissione Libertà civili (LIBE) e la Commissione Cultura (CULT) hanno adottato i loro pareri rispettivamente nel luglio 2021 e nel settembre 2021. La Commissione ITRE ha pubblicato il suo progetto di parere il 27 maggio 2021.
In particolare, il parere approvato dalla LIBE il 28 luglio 2021 reca una serie di emendamenti che si concentrano su una migliore tutela dei diritti fondamentali e sulla lotta contro i contenuti illegali nell'era digitale. Secondo la LIBE:
  • il targeting comportamentale e personalizzato per le pubblicità non commerciali e politiche dovrebbe essere gradualmente eliminato per tutelare gli utenti e garantire l'esistenza dei media tradizionali, e dovrebbe essere sostituito dalla pubblicità contestuale. Lo stesso dovrebbe applicarsi al targeting basato su dati sensibili o al targeting di minori. Il targeting comportamentale e personalizzato per le pubblicità commerciali dovrebbe essere possibile solo se gli utenti l'hanno scelto liberamente, senza essere esposti a modelli "occulti" o al rischio di essere esclusi dai servizi, e senza essere importunati da banner per l'accettazione dei cookies se hanno già fatto una scelta chiara nelle impostazioni del proprio browser o dispositivo;
  • le autorità pubbliche dovrebbero avere accesso alla documentazione delle attività personali online solo per indagare su sospetti di reati gravi e per prevenire gravi minacce alla sicurezza pubblica, previa autorizzazione giudiziaria;
  • la decisione sulla legittimità dei contenuti dovrebbe spettare a un'autorità giudiziaria indipendente e non alle autorità amministrative;
  • gli strumenti automatizzati di moderazione dei contenuti e i filtri dei contenuti non dovrebbero essere obbligatori. Le piattaforme online dovrebbero utilizzarli solo eccezionalmente per effettuare controlli ex ante al fine di bloccare temporaneamente i contenuti manifestamente illegali e che non tengono conto del contesto, prevedendo la verifica umana di ogni decisione automatizzata. Secondo la LIBE gli algoritmi non possono identificare in modo affidabile i contenuti illegali e comportano abitualmente la soppressione di contenuti legittimi, compresi contenuti giornalistici.
 
In sede di Consiglio dell'UE sono state avviate discussioni per trovare una posizione comune sulla DSA; la Presidenza portoghese ha pubblicato una relazione sullo stato di avanzamento il 12 maggio 2021. Sebbene gli Stati membri siano generalmente favorevoli alla proposta, proseguono gli approfondimenti per trovare una posizione comune su una serie di punti controversi (tra l'altro, le questioni relative all' enforcement del nuovo regime, nonché le disposizioni in materia di moderazione dei contenuti). Il Consiglio è stato informato dei progressi compiuti finora nell'esame della proposta di regolamento in occasione della riunione del Consiglio "Competitività" del 27-28 maggio 2021. La Presidenza portoghese ha, infine, diffuso una proposta di testo di compromesso il 16 giugno 2021. La Presidenza slovena sta lavorando per concludere i negoziati tra le delegazioni degli Stati membri.

La legge sui mercati digitali (Digital markets act - DMA)

La proposta di regolamento COM(2020)842 (Digital markets act ) mira a realizzare mercati delle piattaforme equi e contendibili, stabilendo un regime in un settore in cui alcune piattaforme online si sono affermate come elementi strutturali fondamentali dell'economia digitale, fungendo da intermediari per la maggior parte delle transazioni tra consumatori e imprese. L'importanza di tali piattaforme ha assunto dimensioni tali da consentire loro di fungere da gatekeeper (soggetti che hanno un impatto significativo sul mercato interno, in quanto importanti punti di accesso dei clienti e detengono, attualmente o in un futuro prossimo, una posizione consolidata e duratura nelle loro operazioni). Secondo la Commissione europea, il fenomeno determina una serie di criticità quali: a) debole contendibilità dei mercati delle piattaforme e debole concorrenza su tali mercati; b) pratiche commerciali sleali nei confronti degli utenti commerciali; c) quadri di regolamentazione e di vigilanza frammentati per quanto riguarda gli operatori commerciali attivi in tali mercati.
 
Il nuovo regime delinea il perimetro di applicazione soggettiva stabilendo una serie di criteri qualitativi per individuare le piattaforme online di grandi dimensioni che esercitano una funzione di controllo dell'accesso, vale a dire di "gatekeeper". Si tratta, in linea di massima, di piattaforme detentrici di una posizione consolidata e duratura nell'ambito delle proprie attività (attuale o anche prevedibile nel prossimo futuro), con un impatto significativo sul mercato interno, e che rivestono il ruolo di intermediazione tra un'ampia base di utenti finali e un gran numero di imprese. Il potere di identificare tali soggetti regolati è concentrato nelle mani della Commissione europea, la quale ritiene i requisiti soddisfatti ove siano raggiunti determinati parametri quantitativi soglia. Tra i parametri si ricordano, tra l'altro, il fatturato dell'impresa o la sua capitalizzazione media, e i dati relativi a utenti commerciali e finali che si servono della piattaforma di intermediazione. La Commissione, sulla base di un'istruttoria più articolata, può individuare i soggetti regolati anche nel caso in cui le citate soglie quantitative non siano raggiunte.
In ogni caso i soggetti interessati hanno lafacoltà di presentare argomenti contrari a tale designazione, con l'effetto di avviare un'indagine ad hoc da parte della Commissione europea.
Il regolamento assegna alle piattaforme annoverate tra i gatekeeper una serie di obblighi e divieti.
Tra i più significativi, si ricordano: l'obbligo di consentire agli utenti commerciali di accedere ai dati che generano utilizzando la piattaforma; l'obbligo di fornire alle imprese che fanno pubblicità sulla piattaforma gli strumenti e le informazioni necessarie per consentire a inserzionisti e a editori verifiche indipendenti dei messaggi pubblicitari ospitati dalla piattaforma; l'obbligo di permettere agli utenti commerciali di promuovere la loro offerta e concludere contratti con clienti al di fuori della piattaforma; la predisposizione di propri servizi interoperabili per i terzi in situazioni specifiche.
L'insieme dei divieti imposti ai gatekeeper include, tra l'altro, quello di riservare ai propri servizi e prodotti un trattamento favorevole in termini di classificazione rispetto a servizi o prodotti analoghi offerti da terzi sulla loro piattaforma; il divieto di impedire ai consumatori di mettersi in contatto con le imprese al di fuori della piattaforma; il divieto di impedire agli utenti di disinstallare software o applicazioni preinstallati se lo desiderano; il divieto di impedire la portabilità.
Alla Commissione europea sono conferiti poteri che impattano su doveri e divieti a carico dei gatekeeper codificati nel regolamento. Si tratta delle facoltà di: specificazione di alcuni obblighi; sospensione degli obblighi, in determinati casi di rischio per la redditività del soggetto regolato; esenzione per motivi di interesse pubblico. Infine la Commissione può, tramite atto delegato, aggiornare gli obblighi/divieti imposti al gatekeeper, nel caso in cui individui la necessità di stabilire nuovi obblighi riguardanti pratiche sleali o che limitano la contendibilità dei servizi di piattaforma di base. Di particolare rilievo appare l'obbligo a carico dei gatekeeper di informare la Commissione europea in merito a progetti di concentrazioni che coinvolgano un altro fornitore di servizi di piattaforma di base o di qualsiasi altro servizio nel settore digitale.
La Commissione europea dispone inoltre di poteri differenziati di attuazione del regolamento. Anzitutto poteri di indagine rispettivamente volti a prevedere: la designazione del gatekeeper in determinati casi; l'intervento della Commissione in caso di inosservanza sistematica degli obblighi stabiliti nel regolamento; l'individuazione di nuovi servizi di piattaforma di base (in sostanza, per ampliare il campo di applicazione del regolamento) o di nuove pratiche potenzialmente sleali o ritenute in grado di limitare i mercati di tali piattaforme. Il regolamento assegna alla Commissione altresì poteri investigativi per monitorare il rispetto del regolamento, tra i quali i poteri di audizioni e di ispezione in loco, nonché di accesso a banche dati e ad algoritmi. Infine tra i poteri di enforcement il regolamento conferisce alla Commissione europea, tra l'altro, l'adozione di misure cautelari e l'accertamento delle violazioni cui si ricollega un regime sanzionatorio (sempre di competenza della Commissione europea), che contempla ammende fino al 10 per cento del fatturato mondiale totale annuo dell'impresa che trasgredisce e penalità di mora fino al 5 per cento del fatturato medio giornaliero (realizzati a livello globale nell'esercizio precedente).
Sulla proposta, il 23 giugno 2021 la IX Commissione (Trasporti) della Camera dei deputati ha approvato un documento finale .
Per approfondimenti si rinvia al dossier n. 52 predisposto dall'Ufficio rapporti con l'UE della Camera dei deputati.
L'iter presso le istituzioni europee
La proposta di regolamento è stata assegnata alla Commissione Mercato interno e protezione dei consumatori (IMCO) del Parlamento europeo . La discussione in sede di Assemblea Plenaria è indicativamente stabilita nel dicembre del 2021.
La Commissione IMCO ha nominato relatore Andreas Schwab (PPE, Germania). Le Commissioni per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE) e per i problemi economici e monetari (ECON) sono Commissioni associate (ai sensi dell'articolo 57 del regolamento del Parlamento europeo) e saranno coinvolte nell'elaborazione delle relazioni IMCO e nei negoziati di trilogo.
Si ricorda che il 1° giugno 2021 il relatore Andreas Schwab ha presentato il suo progetto di relazione , con il quale ha proposto, tra l'altro: che le norme dell'UE sui gatekeeper riguardino esclusivamente le società più grandi; alcune modifiche riguardanti il processo di indagine di mercato e l'imposizione  dei rimedi strutturali; la creazione di un gruppo di  alto livello di regolatori digitali per facilitare la cooperazione e il coordinamento tra la Commissione e gli Stati membri nelle loro decisioni di esecuzione.
La Commissione ECON ha pubblicato il suo progetto di parere nel luglio 2021. La Commissione ITRE ha pubblicato il suo progetto di parere nel settembre 2021.
 
In sede di Consiglio dell'UE sono state avviate discussioni per trovare una posizione comune sul DMA, in merito alle quali la Presidenza portoghese ha pubblicato una relazione sullo stato di avanzamento il 17 maggio 2021. Sebbene gli Stati membri siano generalmente favorevoli alla proposta, sono in corso approfondimenti su una serie di punti controversi quali, tra l'altro, il ruolo degli Stati membri nell'applicazione del regolamento; l'impiego degli atti delegati; la designazione dei gatekeepers; gli obblighi previsti dal regime e il meccanismo del dialogo normativo.
Il Consiglio è stato informato dei progressi compiuti finora circa l'iter di esame della proposta di regolamento in occasione del citato Consiglio "Competitività" del 27-28 maggio 2021.
In tale contesto, si ricorda che Germania, Francia e Paesi Bassi hanno pubblicato il 27 maggio 2021 una posizione comune con la quale si chiede, tra l'altro, di tener conto in modo più esplicito del ruolo degli ecosistemi, di specificare meglio la relazione del DMA con il diritto europeo sulla concorrenza, e di rafforzare il ruolo degli Stati membri nell'applicazione delle nuove regole.
Si segnala altresì che le Autorità nazionali garanti della concorrenza hanno pubblicato nel giugno 2021 un documento congiunto con il quale hanno chiesto, tra l'altro, un maggiore coinvolgimento nell'applicazione delle future regole sulla concorrenza. In particolare la Francia, la Germania, i Paesi Bassi propongono due emendamenti volti rispettivamente a introdurre la possibilità di imporre obblighi su misura, e a rafforzare il ruolo delle autorità nazionali.

Legge sulla governance dei dati

È all'esame delle Istituzioni legislative europee una proposta di regolamento COM(2020)767 relativo alla governance europea dei dati (Governance data act) volto a realizzare i seguenti obiettivi: i) rendere disponibili i dati del settore pubblico per il riutilizzo, in situazioni in cui tali dati sono soggetti a diritti di altri; ii) facilitare la condivisione dei dati tra le imprese (a fronte di remunerazione); iii) regolamentare la figura degli "intermediari di condivisione dei dati personali"; iv) favorire l'uso dei dati su base altruistica.
Al Parlamento europeo (PE), la proposta di regolamento è stata assegnata alla Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE), che ha adottato la sua relazione il 22 luglio 2021. La decisione della Commissione di avviare negoziati interistituzionali è stata confermata dalla Plenaria il 15 settembre 2021.  In sede di Consiglio, il 1° ottobre 2021 la Presidenza ha ottenuto il sostegno unanime dalle delegazioni degli Stati membri su un testo di compromesso, ricevendo il mandato per l'apertura dei negoziati con il Parlamento europeo.

Intelligenza artificiale

Il 21 aprile 2021 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento COM(2021)206 , che stabilisce regole armonizzate sull'intelligenza artificiale (legge sull'intelligenza artificiale).
La proposta, oltre a sancire nel diritto dell'UE una definizione tecnologicamente neutrale dei sistemi di IA, include regole per l'immissione sul mercato, la messa in servizio e l'uso dei sistemi di intelligenza artificiale nell'Unione secondo un approccio basato sul rischio articolato su quattro livelli:
  • rischio inaccettabile: una serie di sistemi dell'IA che ledono i valori dell'UE (ad esempio, sistemi che consentono alle autorità di assegnare punteggi sociali) sono vietati;
  • sistemi di IA ad alto rischio: un insieme di sistemi di IA (elencati in allegato alla proposta), che hanno un impatto negativo sulla sicurezza delle persone o sui loro diritti fondamentali; al fine di garantire la fiducia e un livello elevato e coerente di protezione della sicurezza e dei diritti fondamentali, a tali sistemi si applicherebbe una serie di requisiti obbligatori (compresi meccanismi di valutazione di conformità); 
  • sistemi di IA a rischio limitato, che sono soggetti a una serie limitata di obblighi (ad esempio di trasparenza);
  • sistemi di IA a rischio minimo: tutti gli altri sistemi di IA che possono essere sviluppati e utilizzati nell'UE senza obblighi legali aggiuntivi rispetto alla legislazione esistente.

La tassazione dell'economia digitale

Da qualche anno in sede OCSE/G20 sono in corso i lavori per una riforma del sistema fiscale internazionale, al fine di adeguarlo alle caratteristiche dell'economia globale e digitale.
I lavori si articolano su due pilastri volti a introdurre nuove norme sulla riallocazione dei profitti delle grandi imprese multinazionali (pilastro 1) e un'aliquota minima globale dell'imposta sulle società multinazionali (pilastro 2).

Qual è il problema?

Le norme fiscali internazionali vigenti causano due problemi principali.
In primo luogo, prevedono che gli utili di una società straniera possano essere tassati in un altro Paese solo se la suddetta società straniera abbia una presenza fisica nel territorio. Ciò poteva avere senso in passato, quando l'economia ruotava attorno a fabbriche, magazzini e beni fisici, ma nell'economia odierna e digitale le grandi imprese multinazionali spesso commerciano su larga scala in giurisdizioni dove hanno presenza fisica scarsa o nulla.
In secondo luogo, la maggior parte dei Paesi si limita a tassare il reddito nazionale delle loro multinazionali, ma non il reddito estero, supponendo che gli utili aziendali di società straniere siano tassati nel luogo in cui questi vengono conseguiti. La crescita tuttavia di beni immateriali e la capacità delle imprese di trasferire i profitti verso giurisdizioni che impongono bassi o nulli livelli di tassazione fanno sì che i profitti delle grandi imprese multinazionali spesso sfuggano alla tassazione. Ciò è ulteriormente complicato dalla concorrenza fiscale messa in atto da diversi Paesi che offrono una tassazione ridotta - o spesso nulla - per attirare investimenti diretti stranieri.
Per tali motivi, secondo l'OCSE, tra il 4 e il 10 per cento del gettito globale relativo all'imposizione societaria sfugge al fisco (tra i 100 e i 240 miliardi di dollari l'anno).
Secondo i dati del Parlamento europeo, inoltre, in media le imprese digitali sono soggette a un'aliquota fiscale effettiva di solo il 9,5% rispetto al 23,2% applicato ai modelli imprenditoriali tradizionali.

Qual è la soluzione prospettata?

Il 1° luglio 2021 è stato raggiunto un accordo con la sottoscrizione di una " Dichiarazione su una soluzione a due pilastri per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia" ( comunicato stampa dell'OCSE).
L'accordo è stato confermato in occasione della riunione del 9-10 luglio 2021 a Venezia dei Ministri delle finanze e dei Governatori delle banche centrali del G20 ( comunicato ) e deve ora ottenere l'approvazione definitiva al G20 dei Capi di Stato e di Governo che si terrà a Roma il 30 e il 31 ottobre 2021.
In data 8 ottobre 2021 la Dichiarazione risultava sottoscritta da 134 Paesi su 140 , che rappresentano oltre il 90% del PIL mondiale. Oltre a Kenya, Nigeria e Sri Lanka, non hanno ancora firmato tre Stati membri dell'UE: Irlanda, Ungheria e Estonia. Occorre tuttavia segnalare che l'Irlanda e l'Estonia hanno dichiarato che aderiranno all'accordo.
Principali elementi dell'accordo
Il primo pilastro intende garantire una più equa distribuzione dei profitti e dei diritti di tassazione fra i Paesi in cui operano le grandi imprese multinazionali, incluse le grandi aziende digitali, ripartendo il diritto di tassazione tra i Paesi in cui esse svolgono attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che abbiano una presenza fisica lì.
Si applicherà alle grandi imprese multinazionali (escluse quelle che operano nel settore estrattivo e nel settore finanziario regolamentato) con un fatturato globale superiore a 20 miliardi di euro e redditività (rapporto utili ante tassazione-ricavi) superiore al 10%.
In pratica, una quota tra il 20 e il 30% dei profitti oltre il margine del 10% verrà riattribuita ai Paesi dove le grandi multinazionali vendono i loro prodotti e forniscono i loro servizi, indipendentemente dalla presenza fisica nel territorio, e potranno essere tassati.
L'OCSE si aspetta che ogni anno saranno ricalcolati i diritti di tassazione su oltre 100 miliardi di dollari di profitti.
L'introduzione delle nuove regole comporterà anche il recesso delle misure unilaterali adottate a livello nazionale, come le tasse sui servizi digitali.
Il secondo pilastro cerca di contrastare la concorrenza fiscale attraverso l'introduzione di un'aliquota minima globale pari ad almeno il 15% sulle società multinazionali, comprese quelle che operano nell'economia digitale, con ricavi superiori a 750 milioni di euro l'anno.
Si cerca in tal modo di contrastare il dumping fiscale, ossia lo spostamento dei profitti laddove le aliquote fiscali sono più basse o inesistenti, aiutando gli Stati a proteggere le proprie basi imponibili.
L'OCSE si aspetta che ciò si traduca in circa 150 miliardi di dollari di entrate fiscali globali aggiuntive all'anno.
Mentre il primo pilastro dovrebbe applicarsi a circa 100 multinazionali, quelle più grandi e redditizie, il secondo dovrebbe invece applicarsi a centinaia di imprese multinazionali.

Le iniziative a livello dell'UE

Anche a livello di UE ci si sta confrontando da qualche anno sulla necessità di introdurre un sistema equo di tassazione effettiva della cd. economia digitale alla luce del fatto che le maggiori imprese multinazionali del web hanno spesso sede legale al di fuori dall'Unione europea e che vi è difficoltà ad applicare nei loro confronti i principi ordinari della tassazione su base territoriale.
Nel marzo 2018 la Commissione europea aveva presentato due proposte legislative in materia di tassazione dell'economia digitale, volte ad adeguare le norme fiscali europee ai nuovi modelli imprenditoriali della realtà digitale, al fine di assicurare che le imprese che operano nell'UE paghino le tasse nel luogo in cui sono generati gli utili e il valore.
Si trattava di: una proposta di direttiva recante norme per la tassazione delle società che hanno una presenza digitale significativa COM(2018)147 ; una proposta di direttiva relativa al sistema comune d'imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali COM(2018)148 (imposta sui servizi digitali - ISD).
Le proposte erano state presentate anche con l'intento di imprimere uno slancio alla discussione internazionale e attenuare i rischi immediati, oltre che di evitare una frammentazione nella regolamentazione degli Stati membri.
In seguito, sia a causa delle difficoltà intervenute nel corso dei negoziati, sia per la ripresa dei suddetti lavori in sede OCSE/G20, gli Stati membri hanno convenuto di accantonare momentaneamente le proposte dell'UE e di portare avanti prioritariamente i negoziati a livello internazionale, per poi eventualmente ritornare a cercare una soluzione europea in caso di un loro fallimento o del mancato raggiungimento di un accordo.

Concorrenza e aiuti di Stato


Aiuti di Stato

L'epidemia da COVID-19 rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica a livello mondiale, ma anche un grave shock per le economie mondiali.
Tra le misure adottate in sede europea a sostegno del sistema economico dei diversi Stati membri, duramente colpiti dalla crisi, rientra l'adozione di norme maggiormente flessibili in materia di aiuti di Stato. Con la Comunicazione della Commissione " Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak - COM 2020/C 91 I/01", gli Stati membri sono stati autorizzati ad adottare misure di sostegno al tessuto economico in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato.
Il Temporary Framework è stato esteso ed integrato il 3 aprile, con la Comunicazione C(2020) 2215 final per consentire di accelerare la ricerca, la sperimentazione e la produzione di prodotti connessi alla pandemia e tutelare i posti di lavoro durante la pandemia. Il Framework è stato ulteriormente modificato ed esteso con la Comunicazione dell'8 maggio (C(2020 3156 final), al fine di agevolare l'accesso al capitale e alla liquidità per le imprese colpite dalla crisi. Il 29 giugno, è stata adottata la terza modifica del Quadro, per sostenere ulteriormente le micro e piccole imprese, le startup e incentivare gli investimenti privati.
Con il protrarsi della crisi pandemica, il 13 ottobre 2020 la Commissione ha adottato una quarta modifica ( Comunicazione C(2020)7127 final ) volta a prorogare le disposizioni del Quadro fino al 30 giugno 2021, ad eccezione delle misure di ricapitalizzazione, prorogate fino al 30 settembre 2021, nonché ha esteso ulteriormente le tipologie di aiuti di Stato ammissibili. Il sostegno per i costi fissi non coperti delle imprese a causa della pandemia è stato incluso, a date condizioni, nei regimi consentiti.
Il 28 gennaio 2021 la Commissione, con la Comunicazione C 2021/C 34/06, ha prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2021 il Quadro delle misure di aiuto (sia quelle in scadenza al 30 giugno 2021, sia quelle per la ricapitalizzazione la cui scadenza era fissata al 30 settembre 2021).
Sono stati inoltre aumentati i massimali degli aiuti di importo limitato e dei costi fissi non coperti, ed è stata consentita la conversione degli strumenti rimborsabili concessi nell'ambito del Quadro (garanzie, prestiti agevolati, anticipi rimborsabili) in altre forme di aiuto, quali le sovvenzioni dirette, a condizione che siano rispettate le condizioni del Quadro stesso.
Con riferimento alla disciplina non emergenziale sugli aiuti di Stato, il 2 luglio 2020 la Commissione ha prorogato la validità di alcune norme che sarebbero altrimenti scadute alla fine del 2020.
Contestualmente, vi ha apportato, previa consultazione con gli Stati membri, alcuni adeguamenti, nonché alcune estensioni mirate per garantirne la certa applicazione durante la crisi da coronavirus e nella prospettiva del passaggio dalla fase di gestione dell'emergenza alla fase di attuazione delle misure per la ripresa.
In proposito, il 21 dicembre 2020 e l'11 febbraio 2021, la Commissione europea ha anche pubblicato dei modelli di orientamento per aiutare gli Stati membri a elaborare i loro Piani nazionali per la ripresa e la resilienza in conformità alle norme in materia di aiuti di Stato.
Contestualmente all'adozione dei modelli di orientamento, la Commissione ha avviato una procedura di consultazione per una estensione dell'ambito di applicazione del Regolamento n. 651/2014/UE GBER - Regolamento generale di esenzione per categoria ( General Block Exemption Regulation ) per consentire un'attuazione senza ostacoli del programma InvestEU, del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, nonché di altri fondi dell'UE e dei fondi nazionali destinati alla ripresa e al conseguimento degli obiettivi digitali e verdi dell'UE. A seguito della procedura di consultazione, è stato adottato il Regolamento 2021/1237/UE . L'applicazione temporale del GBER è stata prorogata di tre anni, dunque, fino al 31 dicembre 2023.
Con la Comunicazione (2021/C 153/01) , sono stati poi adottati i nuovi orientamenti concernenti gli aiuti di Stato a finalità regionale per il periodo 1° gennaio 2022 - 31 dicembre 2027.
 
Il 7 giugno 2021 la Commissione ha aperto una consultazione pubblica (chiusa il successivo 2 agosto), invitando le parti interessate a commentare una proposta di revisione della Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020 ( 2014/C 200/01 ). Per tener conto della maggiore importanza della protezione dell'ambiente, tali orientamenti sono stati rinominati "Linee guida degli aiuti di Stato per il clima, la tutela dell'ambiente e l'energia 2022".
La proposta della Commissione, la cui adozione è prevista per la fine del 2021, contiene le seguenti modifiche:
  • ampliamento del campo di applicazione a tutte le tecnologie in grado di realizzare il Green Deal, compreso il sostegno alle energie rinnovabili e a nuove aree quali mobilità pulita, efficienza energetica negli edifici, circolarità e biodiversità. Le norme riviste permetterebbero di coprire fino al 100% del funding gap (differenza tra costi ammissibili e risultato operativo dell'investimento) e di introdurre nuovi strumenti di aiuto, come i Carbon Contracts for Difference, consentendo una riduzione dell'impatto della volatilità del prezzo del carbonio sugli investimenti; 
  • maggiore flessibilità delle norme esistenti, con l'introduzione di una valutazione semplificata delle misure trasversali collocata in un'unica sezione delle Linee guida e l'eliminazione dell'obbligo di notifica individuale dei grandi progetti "verdi" nell'ambito di regimi di aiuto precedentemente approvati; 
  • introduzione di salvaguardie per garantire che gli aiuti siano effettivamente diretti laddove è necessario migliorare la protezione del clima e dell'ambiente, limitati a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi ambientali e non distorsivi della concorrenza o dell'integrità del mercato unico. In alcune circostanze, ad esempio, gli Stati membri che istituiscono un regime di aiuto dovranno consultare le parti interessate sulle sue caratteristiche principali; 
  • allineamento con la legislazione e le politiche europee pertinenti nei settori dell'ambiente e dell'energia, in particolare attraverso l'eliminazione graduale dei sussidi ai combustibili fossili, per i quali è improbabile una valutazione d'impatto positiva in relazione alle norme sugli aiuti, dati i significativi effetti negativi sull'ambiente. Le misure che prevedono nuovi investimenti nel gas naturale saranno coperte dalle Linee guida solo nella misura in cui sarà dimostrato che i medesimi sono compatibili con gli obiettivi climatici dell'Unione per il 2030 e il 2050.

Proposta di regolamento per porre rimedio alle distorsioni causate dalle sovvenzioni estere nel mercato unico

Il 5 maggio 2021 la Commissione europea ha proposto un nuovo strumento normativo per affrontare la questione dei potenziali effetti distorsivi causati dalle sovvenzioni estere nel mercato unico. La proposta legislativa fa seguito all'adozione di un Libro bianco (giugno 2020) e alla consultazione dei portatori di interessi (conclusa a settembre 2020). L'obiettivo è quello di allineare il regime applicabile alle sovvenzioni concesse dai governi dei Paesi terzi a quello delle sovvenzioni concesse dagli Stati membri, che sono soggette a controlli rigorosi. Il nuovo strumento viene considerato un elemento chiave per realizzare la strategia industriale dell'UE , promuovendo un mercato unico equo e competitivo e creando così le condizioni adeguate perché l'industria europea possa prosperare.
Il regolamento proposto conferisce alla Commissione il potere di controllare i contributi finanziari concessi dalle autorità pubbliche di un Paese terzo che vanno a vantaggio delle imprese che svolgono un'attività economica nell'UE e, se del caso, di porvi rimedio mediante l'attivazione di tre strumenti:
  1. uno strumento di intervento basato sulla notifica per controllare le concentrazioni che comportano un contributo finanziario da parte di un governo non UE, là dove il fatturato UE della società da acquisire (o di almeno una delle parti partecipanti alla fusione) sia pari o superiore a 500 milioni di euro e il contributo finanziario estero risulti di almeno 50 milioni di euro;
  2. uno strumento di intervento basato sulla notifica per controllare le offerte nel quadro di appalti pubblici che comportano un contributo finanziario da parte di un governo non UE, se il valore stimato dell'appalto è pari o superiore a 250 milioni di euro; e,
  3. uno strumento di intervento per controllare tutte le altre situazioni di mercato, le concentrazioni minori e le procedure di appalto pubblico in cui la Commissione può agire di propria iniziativa o richiedere notifiche ad hoc.
Il regolamento prevede che l''acquirente o l'offerente siano tenuti a notificare in via preliminare qualsiasi contributo finanziario ricevuto da un governo non UE in relazione a concentrazioni o appalti pubblici per importi superiori alle soglie di cui sopra. In attesa dell'esame da parte della Commissione, che dovrebbe prendere la sua decisione entro termini predeterminati, l'efficacia della concentrazione e l'aggiudicazione dell'appalto sarebbero sospesi. La procedura di valutazione delle concentrazioni è modellata sulla legislazione europea vigente in materia, con una doppia fase di controllo (preliminare e approfondita), e presenta similitudini anche nelle tempistiche, fissate rispettivamente a un massimo di 25 giorni per la fase preliminare e fino a 90 giorni per la fase più approfondita. In tema di appalti, invece, è previsto un massimo di 60 giorni per l'esame preliminare e fino a 200 per la seconda fase. Viene prevista la possibilità di effettuare ispezioni da parte della Commissione anche nel territorio di uno Stato terzo, sulla base del consenso di quest'ultimo e dell'impresa interessata. La decisione della Commissione potrebbe comportare un divieto a concludere le operazioni ovvero prevedere misure di riparazione o impegni a carico dei soggetti coinvolti. Ove un'impresa non rispettasse gli obblighi di notifica, la Commissione potrebbe comminare sanzioni e riesaminare l'operazione come se fosse stata notificata. Lo strumento generale di controllo del mercato consentirà inoltre alla Commissione di esaminare altre tipologie di situazioni di mercato, come gli investimenti in nuovi settori o le concentrazioni e gli appalti al di sotto delle soglie indicate qualora vi siano elementi per sospettare la presenza di una sovvenzione estera.
La cura dell'effettività delle norme tese a contrastare le distorsioni causate dalle sovvenzioni estere nel mercato unico prevede l'accentramento esclusivo delle competenze in capo alla Commissione su tutti e tre gli strumenti di intervento.

Revisione delle regole sulla concorrenza

Il 12 luglio 2021 la Commissione ha pubblicato un documento di lavoro recante i risultati della valutazione relativa alla "Comunicazione sulla nozione di mercato rilevante", con la quale vengono indicate le modalità con cui la Commissione individua l'ambito geografico e merceologico oggetto d'indagine antitrust, incluse le operazioni di concentrazione.
Secondo la Commissione, i risultati della valutazione condotta hanno confermato che la Comunicazione vigente (risalente al 1997) resta tutt'oggi valida e, allo stesso tempo, è emersa la necessità di aggiornare gli indici e le tecniche codificate nella Comunicazione, per adattarli ai mutati contesti di mercato e ai recenti sviluppi della giurisprudenza UE. Molti degli adeguamenti richiesti riguardano i mercati digitali e, in particolare, la definizione dei mercati a multi-versante, la definizione degli ecosistemi, il ruolo dei dati e la comparazione tra concorrenza on-line e off-line.
In generale, verranno revisionate le tecniche di valutazione per adattarle ai contesti digitali, nei quali molto spesso il corrispettivo prestato non è quantificabile in termini prettamente monetari, bensì consiste nell'accesso a un determinato target di clienti o nella cessione dei dati personali degli utenti.
Un altro possibile aspetto di revisione attiene alle modalità di definizione dei mercati geografici in un contesto di globalizzazione e di pressioni concorrenziali derivanti dalle importazioni.
Altri adeguamenti riguarderanno le tecniche quantitative di definizione del mercato, il calcolo delle quote e la valutazione della concorrenza non di prezzo, ma basata, per esempio, sull'innovazione.
Nell'ambito dell'esercizio di revisione delle regole di concorrenza è stata anche avviata una consultazione pubblica (affiancata da consultazioni mirate), conclusa il 5 ottobre 2021, sulla revisione dei Regolamenti di esenzione per alcune categorie di accordi in materia di Ricerca & Sviluppo e di specializzazione (Horizontal Block Exempion Regulations n. 1217 e 1218 del 2010 - HBERs) e dei relativi orientamenti di accompagnamento.
La consultazione fa parte del processo di revisione in corso, avviato nel settembre 2019, i cui risultati preliminari hanno evidenziato l'utilità del Regolamento e dei relativi orientamenti, sia per le autorità nazionali sia per l'autovalutazione da parte delle imprese. Dalla valutazione è emersa, al tempo stesso, la necessità di alcuni chiarimenti dei documenti in consultazione e di adeguamenti alle evoluzioni di mercato, soprattutto in ambito digitale e per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità.
Conclusa la valutazione del Regolamento di esenzione per categoria degli accordi verticali relativi alla fornitura e alla distribuzione di beni e servizi (n. 330/2010 - VBER) e dei relativi orientamenti, con la pubblicazione di un documento di lavoro della Commissione l'8 settembre 2020, cui ha fatto seguito la valutazione di impatto iniziale e una consultazione pubblica chiusa il 26 marzo scorso, la Commissione ha avviato una nuova consultazione pubblica delle bozze di revisione del VBER e dei relativi orientamenti, che si è conclusa il 17 settembre 2021. I nuovi testi dovrebbero essere approvati entro giugno 2022, previa consultazione sulle bozze finali del Comitato Consultivo tra fine 2021 e inizio 2022. Il Regolamento VBER codifica le categorie di accordi tra soggetti operanti a un livello diverso della filiera, che sono esentati dal divieto di cui all'articolo 101 TFUE perchè si presume apportino sufficienti elementi di efficienza.
Le modifiche allo studio includono adeguamenti resi necessari dalla digitalizzazione dei mercati e dal forte sviluppo del commercio on-line. Le aree di intervento riguardano il chiarimento di alcune nozioni, tra cui, per esempio, la distinzione tra vendite attive e passive, soprattutto nel contesto on-line, la codificazione della giurisprudenza e alcune misure di semplificazione a beneficio delle PMI.
Nella revisione degli orientamenti emerge un particolare rigore nei confronti delle piattaforme. Sono infatti esclusi dalle esenzioni gli operatori ibridi, ossia i fornitori di servizi di intermediazione on-line che al tempo stesso operano in concorrenza con i terzi che offrono beni o servizi tramite le loro piattaforme. Sono, inoltre, considerate hard core restrictions non esentabili le misure imposte dalle piattaforme che si prefiggano, direttamente o indirettamente, di impedire agli acquirenti o ai loro clienti un utilizzo efficace di Internet per vendere i loro beni o servizi on-line. Sono ad esempio considerate restrizioni fondamentali ai sensi del VBER le restrizioni dell'uso dei siti Internet di confronto dei prezzi o alla possibilità di inserire segnalazioni e rimandi a pagamento tra i risultati dei motori di ricerca.

Relazione annuale sul mercato unico 2021

A seguito dell'invito del Consiglio volto a valutare la resilienza del mercato unico, la Commissione ha pubblicato una prima Relazione annuale sul mercato unico in cui analizza l'impatto della crisi sul mercato unico, che viene osservato definendo 14 ecosistemi industriali (tra loro interdipendenti). La relazione include anche indicatori chiave di prestazione per analizzare gli sviluppi economici e monitorare i progressi compiuti. Il perseguimento degli obiettivi della politica industriale dell'UE si baserà sul monitoraggio di tali indicatori, in particolare per quanto riguarda il contributo dell'industria alle transizioni verde e digitale, alla resilienza ed all'autonomia strategica dell'Unione. Il Rapporto fornisce anche elementi dettagliati sullo stato di attuazione del Piano d'azione per l'applicazione delle regole del mercato interno.
I quattordici ecosistemi industriali europei, scelti dalla Commissione in quanto settori economici più intensamente integrati a livello unionale sono: aerospazio e difesa; agro-alimentare; costruzioni; industrie culturali e creative; digitale; elettronica; industrie energivore; energia; salute; mobilità e trasporti; economia di prossimità e sociale e sicurezza civile; commercio; tessile; turismo. L'analisi di tali ecosistemi viene effettuata indicando: i) i possibili finanziamenti nel quadro di programmi europei; ii) il quadro regolamentare di sostegno, con riguardo ad esempio alle norme sulla standardizzazione dei prodotti, l'uso strategico degli appalti pubblici, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale; iii) le opportunità di sviluppo di partenariati internazionali; iv) le alleanze industriali europee, promosse dalla Commissione e animate dall'industria; v) le altre iniziative UE di sostegno, come l'Enterprise Europe Network e la futura rete dei "Digital innovation hubs".