Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Consiglio europeo straordinario - Bruxelles, 24 e 25 maggio 2021
Serie: Documentazione per le Commissioni - Attività dell'Unione europea   Numero: 49
Data: 27/05/2021
Organi della Camera: XIV Unione Europea, III Affari esteri, XII Affari sociali, VIII Ambiente


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Consiglio europeo straordinario - Bruxelles, 24 e 25 maggio 2021

27 maggio 2021


Indice

|I. COVID-19|II. Cambiamenti climatici|III. Bielorussia|IV. Russia|V. Regno Unito|VI. Medio oriente|VII. Mali|


Il 24 e 25 maggio scorso, su invito del presidente Charles Michel, ha avuto luogo a Bruxelles una riunione straordinaria del Consiglio europeo, in presenza.
Le conclusioni vertono sui seguenti temi:
I. Covid-19;
II. Cambiamenti climatici;
III. Bielorussia,
IV: Russia;
V. Regno Unito;
VI. Medio oriente;
VII. Mali.

I. COVID-19

Il Consiglio europeo ha adottato delle conclusioni nelle quali:
  • indica che il ritmo delle vaccinazioni ha registrato un'accelerazione in tutta l'UE e dovrebbe essere mantenuto. Questa evoluzione, unitamente al miglioramento della situazione epidemiologica generale, consentirà una graduale riapertura delle nostre società. Tuttavia, è necessario restare vigili di fronte alla comparsa e alla diffusione di varianti e intraprendere le azioni che si renderanno necessarie. Fondamentali a questo proposito saranno i lavori in corso volti a intensificare la produzione di vaccini e assicurare un approvvigionamento adeguato in tutta l'UE;
  • rileva che è opportuno proseguire gli sforzi per garantire un approccio coordinato in vista dell'estate. In tale contesto, il Consiglio europeo accoglie con favore l'accordo raggiunto sul certificato COVID digitale UE e ne chiede la rapida attuazione. Al fine di agevolare la libera circolazione nell'UE chiede, come passo successivo, la revisione entro metà giugno della raccomandazione del Consiglio sui viaggi all'interno dell'UE. Accoglie con favore la revisione della raccomandazione del Consiglio relativa ai viaggi non essenziali verso l'UE;
  • ritiene che solo una risposta globale su scala mondiale consentirà di contenere l'impatto della pandemia. L'UE è il maggiore esportatore nel mondo di vaccini anti COVID-19 e continuerà ad adoperarsi per aumentare le capacità mondiali di produzione di vaccini al fine di soddisfare il fabbisogno globale. Il Consiglio europeo chiede che siano intensificati i lavori per garantire un accesso globale ed equo ai vaccini anti COVID-19 e sostiene il ruolo guida di COVAX a tale riguardo. L'UE e i suoi Stati membri sono determinati ad accelerare la condivisione dei vaccini per sostenere i paesi bisognosi, con l'obiettivo di donare almeno 100 milioni di dosi entro la fine dell'anno, e a contribuire allo sviluppo delle capacità produttive locali in linea con la dichiarazione di Roma del vertice mondiale sulla salute.


La situazione epidemiologica

Per monitorare l'andamento della pandemia il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) pubblica periodicamente mappe basate sui dati comunicati dagli Stati membri in ottemperanza alla raccomandazione del Consiglio dell'Ue del 13 ottobre 2020, come modificata dalla raccomandazione del Consiglio del 28 gennaio 2021 (l'ultimo aggiornamento è del 21 maggio 2021). L'Ecdc pubblica inoltre statistiche quotidiane sui contagi e sui decessi nel mondo, nell'Ue, nello Spazio economico europeo (See) e nel Regno Unito.
Il Consiglio ha chiesto agli Stati membri di fornire ogni settimana all'Ecdc i dati disponibili su: numero di nuovi casi registrati per 100.000 abitanti negli ultimi 14 giorni; numero di test per 100.000 abitanti effettuati nell'ultima settimana ( tasso di test effettuati); percentuale di test positivi riscontrati nell'ultima settimana ( tasso di positività dei test). La raccomandazione prevede una mappatura delle zone di rischio: rosso scuro (rischio molto elevato), rosso (rischio elevato), arancione (rischio medio), verde (rischio basso).

La strategia dell'UE per i vaccini

La Strategia dell'Ue per i vaccini contro la Covid-19 è stata presentata dalla Commissione europea il 17 giugno 2020 al fine di accelerare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di vaccini efficaci e sicuri. La Commissione ha previsto un  approccio centralizzato in ambito europeo per garantire l'approvvigionamento e sostenere lo sviluppo di vaccini disponibili per tutti i cittadini dell'Ue (come stabilito nella comunicazione della Commissione dal titolo " Preparazione per le strategie di vaccinazione e la diffusione di vaccini contro la Covid-19", del 15 ottobre 2020, la chiave di ripartizione proporzionale per l'assegnazione dei vaccini agli Stati membri è basata sulla popolazione). La vaccinazione contro il Covid-19 ha avuto inizio il 27 dicembre 2020 in tutta l'Unione europea. Finora sono stati autorizzati dall'Agenzia europea per i medicinali ( Ema) i vaccini prodotti da BioNTech/Pfizer il 21 dicembre 2020, Moderna il 6 gennaio 2021, AstraZeneca il 29 gennaio 2021 e Janssen Pharmaceutica NV l'11 marzo 2021. In base a quanto reso noto dalla Commissione europea, entro il 30 maggio nell'Ue verranno consegnate 300 milioni di dosi di vaccino, saranno somministrate 245 milioni di dosi e il 46% della popolazione adulta avrà ricevuto almeno la prima dose (vd. anche il Covid-19 Vaccine Tracker, a cura dell'Ecdc). Per approfondimenti sulla strategia vaccinale dell'Ue si rimanda, da ultimo, al dossier europeo del Servizio studi del Senato n. 118, " Videoconferenza dei membri del Consiglio europeo, 25 e 26 Marzo 2021".
Per quanto concerne l' Italia, l'attività di somministrazione delle vaccinazioni è iniziata a fine dicembre 2020 (non esiste un obbligo specifico di adesione alla campagna di vaccinazione). I dati relativi alle vaccinazioni effettuate vengono aggiornati costantemente su una pagina internet interistituzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministro della salute e del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19 (Commissario di cui all'articolo 122 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni), disaggregati per categorie e per fasce di età.

Solidarietà internazionale

L'Unione europea e i suoi Stati membri hanno avviato una collaborazione per assistere i Paesi partner, anche nel vicinato, sul fronte sanitario, economico e sociale. Per conseguire questo obiettivo di solidarietà, sono state adottate numerose misure e iniziative. L'8 aprile 2020 l'Ue ha lanciato l'iniziativa " Team Europa", con l'obiettivo di sostenere i Paesi partner nelle esigenze umanitarie urgenti legate alla pandemia. In particolare, il sostegno di "Team Europa" si concentra sui seguenti aspetti: la risposta (in termini di emergenza) alle esigenze umanitarie; il rafforzamento dei sistemi sanitari, idrici e igienico-sanitari; l'attenuazione delle conseguenze socioeconomiche della pandemia. Il bilancio mobilitato, pari a 40,5 miliardi di euro, comprende risorse provenienti dall'Ue, dai suoi Stati membri e dalle istituzioni finanziarie, in particolare la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo.
In occasione della presidenza di turno del G20 assunta dall'Italia, il 21 maggio 2021 si è tenuto un vertice mondiale sulla salute (" Global Health Summit"), organizzato congiuntamente dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. Il vertice ha riunito i leader del G20, i capi di organizzazioni internazionali e regionali e i rappresentanti degli organismi sanitari a livello mondiale, al fine di condividere gli insegnamenti tratti dalla pandemia. Al termine è stata approvata la " Dichiarazione di Roma", nella quale i leader del G20 si sono impegnati ad adottare una serie di azioni volte ad accelerare la fine della crisi da Covid-19 in ogni parte del mondo e a migliorare la preparazione a eventuali future pandemie. In tale occasione, Ursula von der Leyen ha inoltre annunciato un' iniziativa, nell'ambito di Team Europa, sulla produzione e l'accesso ai vaccini, agli altri farmaci e alle tecnologie sanitarie in Africa. L'obiettivo principale consiste nel contribuire alla creazione di un contesto favorevole alla produzione locale di vaccini in Africa, con un 1 miliardo di euro a carico del bilancio dell'Ue e di alcune istituzioni europee, fra cui la Banca europea per gli investimenti (BEI). Tale importo dovrebbe essere ulteriormente incrementato con i contributi degli Stati membri dell'UE. 
Il programma Covax è uno dei tre pilastri del progetto concernente la collaborazione ACT (Access to Covid-19 Tools) - Accelerator, avviata nell'aprile 2020 dall'Oms assieme ad altri partner, fra cui la Commissione europea, per fronteggiare la pandemia. La suddetta collaborazione ha l'obiettivo di fornire un accesso equo alla diagnostica, ai trattamenti e ai vaccini contro il Covid-19. Nell'ambito di tale collaborazione, il programma Covax è dedicato all' accesso ai vaccini in tutti i Paesi del mondo, indipendentemente dal livello di reddito; esso è guidato, oltre che dall'Oms, da Gavi (Alleanza per i vaccini) e dalla Coalizione per l'innovazione in materia di preparazione alle epidemie (Cepi). La Commissione europea ha aderito al programma Covax il 31 agosto 2020 e attraverso Team Europa l'ha inizialmente sostenuto con un contributo di 853 milioni di euro, divenendone il soggetto donatore principale. Il programma Covax prevede l'acquisto, entro la fine del 2021, di 2 miliardi di dosi di vaccino, di cui oltre 1,3 miliardi per i Paesi a basso e medio reddito. Alla data della stesura del presente dossier, la Commissione rende noto che sono stati raccolti impegni per 5,18 miliardi di euro a sostegno del programma, di cui oltre 2,2 miliardi di euro provenienti da "Team Europa". Inoltre, nella comunicazione del 19 gennaio 2021 "Fare fronte comune per sconfiggere la Covid-19", la Commissione europea ha annunciato di voler istituire un meccanismo europeo di condivisione con i Paesi terzi delle dosi di vaccino acquistate dall'Ue, anche attraverso Covax; particolare attenzione sarebbe posta ai Balcani occidentali, al vicinato orientale e meridionale e all' Africa, con interventi rivolti principalmente agli operatori sanitari e alle esigenze umanitarie, in una prospettiva di solidarietà e sicurezza sanitaria all'interno e all'esterno dell'Unione.

Certificato verde digitale (Certificato Covid-19 dell'UE)

Al fine di facilitare la libera circolazione all'interno dello spazio Schengen durante la pandemia di Covid-19, il 17 marzo 2021 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per agevolare la libera circolazione durante la pandemia di Covid-19 ("certificato verde digitale"). Il quadro del certificato verde digitale comprende tre tipi di certificati, il certificato di vaccinazione, il certificato del test (indicante il risultato e la data di un test molecolare di amplificazione dell'acido nucleico o di un test antigenico rapido) e il certificato di guarigione (comprovante che il titolare risulta guarito da un'infezione da SARS-CoV-2). Tali certificati dovrebbero essere rilasciati, gratuitamente, in formato digitale o cartaceo (o in entrambi i formati), e comportare un codice a barre interoperabile contenente le informazioni fondamentali necessarie per verificarne l'autenticità, la validità e l'integrità. Il certificato verde digitale sarà rilasciato ai cittadini dell'Ue e ai loro familiari, indipendentemente dalla loro nazionalità, e sarà valido in tutti gli Stati membri; potrà inoltre applicarsi all'Islanda, al Liechtenstein, alla Norvegia e alla Svizzera.
La proposta è integrata dalla proposta di regolamento su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per i cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti o regolarmente residenti nel territorio degli Stati membri durante la pandemia di Covid-19. Obiettivo di quest'ultima è far sì che gli Stati membri applichino le norme stabilite nel regolamento su un certificato verde digitale anche ai cittadini di Paesi terzi che non rientrano nell'ambito di applicazione di tale regolamento, ma che risiedono o soggiornano regolarmente nei loro territori e hanno il diritto di spostarsi in altri Stati membri ai sensi del diritto dell'Ue.
Il "certificato verde digitale" è previsto come misura temporanea, e dovrebbe pertanto essere sospeso una volta che l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) avrà dichiarato la fine dell'emergenza sanitaria internazionale Covid-19; la sua applicazione potrà riprendere qualora l'Oms dichiari un'altra pandemia dovuta alla diffusione del SARS -CoV -2, a una sua variante, o a malattie infettive simili con un potenziale epidemico (per approfondimenti si rimanda alla Nota su atti dell'Unione europea n. 76 " Il certificato verde digitale", a cura del Servizio Studi del Senato). La Commissione europea ha esortato Parlamento europeo e Consiglio ad adottare al più presto le proposte di regolamento, per le quali è prevista la procedura legislativa ordinaria.
Sulle proposte si sono pronunciate la 12 a Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato della Repubblica, che, con la risoluzione approvata nella seduta del 29 aprile 2021 ( doc. XVIII, n. 23), ha espresso parere favorevole con condizioni ed osservazioni, nonché, ai fini della verifica del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, la 14 a Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea), che, nella risoluzione approvata nella seduta del 14 aprile 2021 ( doc. XVIII-bis, n. 8), ha ritenuto le proposte conformi al principio di sussidiarietà, esprimendo, tuttavia, osservazioni in ordine al rispetto del principio di proporzionalità.
Il Consiglio dell'Ue ha adottato il suo mandato negoziale il 14 aprile 2021. In occasione del dibattito in plenaria del 24 marzo 2021, il Parlamento europeo ha approvato la decisione di accelerare l'istituzione del certificato digitale verde attraverso il ricorso alla cd. "procedura d'urgenza", di cui all' articolo 163 del suo regolamento interno; il Parlamento in seduta plenaria ha quindi adottato il mandato negoziale nella sessione del 29 aprile. Il 20 maggio i colegislatori hanno raggiunto un accordo politico. Il testo concordato - confermato dalla Commissione per le libertà civili (LIBE) del Parlamento europeo - sarà esaminato dall'Assemblea del Parlamento europeo durante la sessione plenaria di giugno (7-10 giugno 2021) e potrà essere successivamente approvato dal Consiglio. L'entrata in vigore è prevista per il 1° luglio 2021.
Il testo di compromesso si differenzia dalla proposta della Commissione per i seguenti elementi principali: 1) è stata accolta la dicitura proposta dal Parlamento europeo di " certificato Covid-19 dell'Ue" in luogo di "certificato verde digitale"; 2) il regolamento resterà in vigore per 12 mesi dalla sua adozione; 3) viene specificato che il certificato non sarà una precondizione per esercitare il diritto alla libera circolazione e non sarà considerato un documento di viaggio; 4) gli Stati membri sono incoraggiati a garantire che i test abbiano prezzi abbordabili e siano ampiamente disponibili. Al fine di sostenere la disponibilità di "test abbordabili e accessibili", la Commissione europea si è impegnata a mobilitare "almeno 100 milioni di euro" - nell'ambito dello Strumento per il sostegno di emergenza - per l'acquisto di test per l'infezione da SARS-CoV-2 intesi al rilascio di certificati Ue. Di tale finanziamento dovrebbero beneficiare in particolare le persone che quotidianamente o frequentemente attraversano le frontiere per andare al lavoro o a scuola, visitare parenti stretti, ricevere cure mediche o per prendersi cura dei propri cari, così come i lavoratori essenziali (nuovo considerando 30- bis); 5) sono state introdotte modifiche in alcuni considerando e negli articoli 1 e 10 per chiarire ulteriormente che i Paesi Ue non devono imporre ulteriori restrizioni di viaggio, come la quarantena, l'autoisolamento o i tamponi, "a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica" in risposta alla pandemia da Covid-19; tali misure dovranno essere notificate agli altri Stati membri e alla Commissione al più tardi 48 ore prima. La decisione se i viaggiatori in possesso di un certificato debbano osservare una quarantena o sottoporsi a un test continua tuttavia a spettare ai Governi nazionali. Questi dovranno precisare i motivi delle restrizioni, la loro portata, la data di inizio e la durata. Le informazioni dovranno essere pubblicate 24 ore prima dell'entrata in vigore delle misure; 6) i Paesi Ue dovranno accettare i certificati di vaccinazione rilasciati in altri Stati membri per le persone che hanno ricevuto un vaccino autorizzato dall'Ema. Spetterà ai Paesi Ue decidere se accettare anche i certificati delle vaccinazioni effettuate con gli altri prodotti, utilizzati in base alle procedure di autorizzazione di emergenza nazionali o rientranti in quelli elencati dall'Oms per uso di emergenza; 7) i cittadini i cui certificati siano stati rilasciati prima del 1º luglio potranno viaggiare all'interno dell'Ue utilizzando tali certificati per un periodo di sei settimane (articolo 14); 8) vengono rafforzate le disposizioni in materia di protezione dei dati (sulla base del parere congiunto del Garante europeo della protezione dei dati e del Comitato europeo per la protezione dei dati e in linea con le norme dell'Ue in materia di protezione dei dati); 9) i test molecolari saranno accettati come prova di guarigione; i test antigenici rapidi, i test sierologici o altri metodi convalidati potrebbero essere accettati successivamente, se si avranno dati scientifici a disposizione (articolo 7); 10) è stato introdotto un nuovo articolo sulla dimensione internazionale del certificato in oggetto , articolo che intende chiarire i termini di validità dei certificati di vaccinazione e degli altri documenti rilasciati ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari, come pure ai cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti o residenti nell'Ue, da parte di un Paese terzo (art. 7a).

Approccio coordinato alla restrizione dei viaggi

Riguardo ai viaggi all'interno dell'Ue, si ricorda che, come già accennato, la raccomandazione del Consiglio dell'Ue del 13 ottobre 2020 è stata modificata dalla raccomandazione del Consiglio del 28 gennaio 2021. La raccomandazione aggiornata ha previsto l'aggiunta di un nuovo colore (il rosso scuro) alle categorie esistenti; questo colore si applica alle zone in cui il virus circola a livelli molto elevati, anche a causa di varianti più infettive. Gli Stati membri dovrebbero scoraggiare fortemente tutti i viaggi non essenziali verso le zone rosse e quelle rosso scuro e imporre ai viaggiatori provenienti da una zona classificata come rosso scuro di sottoporsi a un test per l'infezione da Covid-19 prima dell'arrivo e/o di sottoporsi a quarantena/autoisolamento.
Riguardo ai viaggi da Paesi extra Ue, si ricorda che, sulla base di una proposta della Commissione, il 20 maggio 2021 il Consiglio ha aggiornato l'approccio in materia. Il Consiglio raccomanda agli Stati membri di allentare alcune delle attuali restrizioni, in particolare per quanti sono già completamente vaccinati con un vaccino autorizzato dall'Ema (tale misura potrebbe essere estesa ai vaccini che hanno completato l' iter previsto per l'inserimento nell'elenco per l'uso di emergenza dell'Oms). Il Consiglio ha inoltre aggiornato la soglia utilizzata per stabilire l'elenco dei Paesi extra Ue con una buona situazione epidemiologica, dai quali dovrebbero essere consentiti viaggi non essenziali, aumentando da 25 a 75 il numero di casi di Covid-19 per 100.000 abitanti negli ultimi 14 giorni. Viene tuttavia introdotto un "freno di emergenza": qualora la situazione epidemiologica di un Paese terzo o di una regione peggiori rapidamente, in particolare qualora sia stata individuata una variante che desti preoccupazione o interesse, gli Stati membri dovrebbero adottare una restrizione temporanea urgente di tutti i viaggi verso l'Ue. Il "freno di emergenza" non dovrebbe applicarsi ai cittadini dell'Ue, ai soggiornanti di lungo periodo dell'Ue e a talune categorie di viaggiatori essenziali, che dovrebbero tuttavia essere sottoposti a test e misure di quarantena adeguati, anche se pienamente vaccinati.

II. Cambiamenti climatici

Il Consiglio europeo ha adottato delle conclusioni nelle quali:
  • ribadisce le conclusioni del 10 e 11 dicembre 2020 e accoglie con favore l'accordo raggiunto dai colegislatori in merito alla legge sul clima;
  • invita la Commissione a presentare rapidamente il suo pacchetto legislativo unitamente a un esame approfondito dell'impatto ambientale, economico e sociale a livello degli Stati membri;
  • dichiara che l'UE si compiace del rinnovato impegno degli Stati Uniti a favore dell'accordo di Parigi. Sottolinea di essere pronta a sfruttare lo slancio mondiale e invita i partner internazionali, in particolare i membri del G20, a innalzare il proprio livello di ambizione in vista della COP 26 di Glasgow;
  • indica che tornerà sulla questione al momento opportuno dopo la presentazione delle proposte della Commissione.

Le conclusioni del 10-11 dicembre 2020

Nella riunione del 10-11 dicembre 2020 il Consiglio europeo ha approvato un obiettivo UE vincolante di riduzione nazionale netta delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Il nuovo obiettivo era stato proposto dalla Commissione europea nel settembre scorso nella Comunicazione " Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l'Europa", che delinea il Piano per l'obiettivo climatico 2030 dell'UE. Tale Piano si colloca all'interno del Green Deal europeo, la strategia di crescita dell'UE per un'Europa climaticamente neutra entro il 2050, presentata nel dicembre 2019. Il Piano mira a rivedere il Quadro 2030 il clima e l'energia, adottato dal Consiglio europeo nell'ottobre 2014, che aveva fissato un obiettivo di riduzione del 40% entro il 2030. Tale obiettivo rappresenta anche l'NDC (contributo volontario di riduzione dei gas climalteranti) dell'Ue presentato nell'ambito l'accordo di Parigi sul clima, entrato in vigore dal 2021.
Il Consiglio europeo ha chiesto inoltre ai co-legislatori di tenere conto di questo nuovo obiettivo nella proposta di legge europea sul clima e di adottare quest'ultima in tempi rapidi. Ha quindi chiamato tutto gli Stati membri a partecipare a tale sforzo "alla luce di considerazioni di equità e solidarietà", tenendo conto dei diversi punti di partenza e delle specifiche situazioni nazionali e sfruttando al meglio le risorse provenienti dal QFP e dal NextGenerationEU.

La "Legge sul clima"

Dopo mesi di triloghi, lo scorso 21 aprile i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Ue hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla proposta di legge europea sul clima presentata dalla Commissione europea nel marzo 2020 e successivamente modificata nel settembre 2020. Prima di passare alle fasi formali della procedura di adozione, l'accordo politico provvisorio dovrà essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento (si veda il Comunicato stampa del Consiglio).
L'accordo provvisorio è stato approvato dal Coreper il 4 maggio e dalla Commissione ambiente (ENVI) del Parlamento europeo il 10 maggio scorso. Dovrebbe quindi essere votato dal Parlamento europeo presumibilmente a fine giugno per poi essere approvato definitivamente anche dal Consiglio dell'Ue.
L'accordo (per ora disponibile in lingua inglese) introduce nella legislazione l'obiettivo della neutralità climatica dell'UE per il 2050 e un obiettivo collettivo di riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
L'obiettivo al 2030 è stato uno dei punti più sensibile del negoziato. Il Parlamento europeo, ad esempio, chiedeva un obiettivo lordo di riduzione del 60% rispetto ai livelli del 1990. Per quanto riguardo l'obiettivo al 2050, sempre il PE proponeva di applicarlo a ciascuno Stato membro singolarmente (e non solo all'UE nel suo complesso). Entrambe le proposte sono state respinte.
Nel fissare l'obiettivo al 2030 l'accordo precisa che le istituzioni e gli Stati membri daranno priorità a riduzioni rapide e prevedibili delle emissioni e, allo stesso tempo, al miglioramento degli assorbimenti dai pozzi naturali. Viene specificato che il contributo degli assorbimenti di carbonio dovrebbe essere limitato all'equivalente di 225 milioni di tonnellate di CO2. Ciò al fine di impedire agli Stati membri di concentrarsi troppo sugli assorbimenti di CO2, che sono oggetto di molte critiche, e concentrarsi principalmente sul raggiungimento di sufficienti riduzioni delle emissioni entro il 2030.
L'accordo inoltre istituisce un comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici e prevede l'uso di un bilancio dell'UE per i gas a effetto serra per fissare l'obiettivo intermedio per il 2040.
In particolare, il Comitato sui cambiamenti climatici sarà composto da 15 esperti scientifici ad alto livello di cittadinanza diversa, con un massimo di due per Stato membro, per un mandato di quattro anni. Sarà indipendente e si occuperà, tra l'altro, di fornire consulenza scientifica e riferire in merito alle misure dell'UE, agli obiettivi climatici e ai bilanci indicativi per i gas a effetto serra e alla loro coerenza con la legge europea sul clima e gli impegni internazionali dell'UE nel quadro dell'accordo di Parigi.
La Commissione potrà, se del caso, proporre un obiettivo climatico intermedio per il 2040, al più tardi entro sei mesi dal primo bilancio globale effettuato nel quadro dell'accordo di Parigi. Nel contempo pubblicherà una previsione del bilancio indicativo dell'Unione per i gas a effetto serra per il periodo 2030-2050, unitamente alla metodologia sottostante utilizzata. Il bilancio è definito come il volume totale indicativo delle emissioni nette di gas a effetto serra (espresso in CO₂ equivalente e comprensivo di informazioni separate sulle emissioni e sugli assorbimenti) che si prevede saranno emesse nel periodo in questione senza compromettere gli impegni assunti dall'Unione nel quadro dell'accordo di Parigi.
La Commissione dialogherà inoltre con i comparti economici che sceglieranno, su base volontaria, di elaborare tabelle di marcia indicative per il conseguimento dell'obiettivo della neutralità climatica dell'Unione per il 2050. La Commissione monitorerà l'elaborazione di tali tabelle di marcia, agevolerà il dialogo a livello dell'UE e condividerà le migliori pratiche tra i pertinenti portatori di interessi.
L'accordo provvisorio fissa inoltre un obiettivo indicativo in base al quale l'UE dovrà adoperarsi per raggiungere emissioni negative dopo il 2050.
Prevede poi che la Commissione dovrà valutare la coerenza di qualsiasi progetto di misura o proposta legislativa, comprese le proposte di bilancio, con l'obiettivo di neutralità climatica e gli obiettivi per il 2030 e il 2040 prima della loro adozione. In caso di incoerenza, la Commissione sarà tenuta a motivare.

Revisione del Quadro 2030 delle politiche in materia di clima ed energia: il pacchetto 'FIT for 55'

Nel Piano per l'obiettivo climatico al 2030, la Commissione europea ha prospettato una serie di interventi necessari in tutti i settori dell'economia e l'avvio della revisione dei principali strumenti legislativi in materia di clima per conseguire l'obiettivo di riduzione del 55%, preparandosi a presentare proposte legislative dettagliate al riguardo. In tale ottica la Commissione europea ha annunciato la presentazione, il prossimo 14 luglio, del cd. pacchetto 'FIT for 55', che dovrebbe modificare il Quadro 2030 delle politiche in materia di clima ed energia.
Il Quadro 2030 fissava un obiettivo, ormai superato, di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40% entro 2030, attraverso tre atti legislativi fondamentali:
  1. la direttiva sullo scambio quote delle emissioni ( direttiva (ue) 2018/410), cd "direttiva ETS", che stabilisce un massimale e un sistema di scambio per i grandi impianti industriali e per il settore del trasporto aereo per ridurre le emissioni del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005;
  2. il regolamento sulla condivisione degli sforzi ( regolamento (ue) 2018/842) che fissa obiettivi vincolanti per le emissioni di gas a effetto serra per gli Stati membri per i settori non ETS al fine di una riduzione del 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005;
  3. il regolamento relativo all'uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicultura ( regolamento (ue) 2018(841) relativo all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l'energia.
Il Quadro prevede inoltre:
  • la produzione di almeno il 32% dell'energia da fonti rinnovabili (direttiva (ue) 2018/2001);
  • un miglioramento dell'efficienza energetica pari almeno al 32,5% (direttiva (ue) 2018/2002)
  • l'innalzamento delle interconnessioni elettriche al 15% in ciascuno Stato membro per migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento;
  • limiti vincolanti alle emissioni di carbonio prodotte dalle autovetture, dai furgoni e dai camion (regolamento (ue) 2019/631).
 
Con il pacchetto di misure cosiddetto "FIT for 55", inizialmente previsto entro giugno 2021, la Commissione europea sarebbe orientata, tra l'altro, a:
  • estendere il sistema ETS alle emissioni prodotte dal trasporto su strada e dagli edifici, nonché a quelle prodotte dal trasporto marittimo (rivedendo la direttiva (ue) 2018/410)
  • portare l'obiettivo di energia da fonti rinnovabili al 38,5%, (rivedendo la direttiva (ue) 2018/2001, come previsto dal Piano climatico 2030);
  • innalzare l'obiettivo di efficienza energetica al 36% (rivedendo la direttiva (ue) 2018/2002, come previsto dal Piano climatico 2030);
  • rivedere la direttiva (ue) 2003/96 sulla tassazione sull'energia al fine di correggere le esenzioni e riduzioni fiscali settoriali che di fatto incoraggiano ancora l'uso di combustibili fossili;
  • rivedere gli obiettivi sulla condivisione degli sforzi e nel quadro dell'EU ETS per garantire che nel suo complesso entro il 2030 si realizzi la riduzione del 55% delle emissioni di gas a effetto serra (regolamento (Ue) 2018/842);
  • rivedere il regolamento relativo all'uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicultura (regolamento (ue) 2018(841);
  • rivedere e rafforzare le norme in materia di Co2 per autovetture e furgoni, modificando il regolamento (ue)2019/631.
 
Nel dibattito del Consiglio europeo svolto il 25 maggio si sarebbero registrate posizioni contrastanti in merito alla revisione delle attuali norme, con particolare riferimento al regolamento sulla condivisione degli sforzi e ai criteri da utilizzare per calcolare l'impegno dei singoli Stati. Alcuni paesi dell'Est, guidati dalla Polonia, avrebbero chiesto di tenere conto delle loro specificità per attenuare l'impatto della transizione ecologica, mentre alcuni paesi più ricchi opterebbero per una maggiore convergenza e condivisione degli oneri. Pertanto, dopo un lungo scambio di vedute il Consiglio europeo ha convenuto di attendere la presentazione del pacchetto della Commissione e di rinviare la discussione.
Il testo delle conclusioni approvato, infatti, a differenza della bozza che era stata trasmessa nei giorni precedenti, non contiene indicazioni sui criteri su cui si dovrebbe basare il nuovo regolamento sulla condivisione degli sforzi. Al riguardo, il progetto di conclusioni faceva riferimento al mantenimento dei criteri del regolamento attuale, sul quale anche l'Italia avrebbe espresso riserve rilevando l'opportunità di un aggiornamento.
Il regolamento sulla condivisione degli sforzi fissa riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all'azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell'accordo di Parigi. Gli obiettivi riguardano le emissioni prodotte dalla maggior parte dei settori che non rientrano nel sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (EU ETS), quali i trasporti, l'edilizia, l'agricoltura e i rifiuti (settori non ETS) che rappresentano quasi il 60% delle emissioni totali dell'UE. Tali obiettivi spaziano dallo 0% al -40% rispetto ai livelli del 2005 e sono calcolati in base al PIL pro capite. Per l'Italia è fissato un obiettivo di riduzioni pari a - 33%.

L'Accordo di Parigi

L' Accordo di Parigi sul clima, adottato con decisione 1CP/21 e in vigore dal 2021, prevede un'azione globale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra allo scopo di contenere a lungo termine l'aumento di temperatura del pianeta al di sotto dei C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per contenerlo a 1,5.
Fondamentali in vista del raggiungimento di tali obiettivi sono gli INDC, ovvero i contributi volontari degli Stati in termini di riduzione delle emissioni nazionali climalteranti e di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici.
Gli INDC sono stati presentati dagli Stati al momento dell'adesione, e devono essere rinnovati ogni 5 anni sulla base di un meccanismo di revisione degli impegni assunti. Quelli presentati dall'Ue al momento dell'adesione prevedevano una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030, sulla base del Quadro 2030 per le politiche dell'energia e del clima.
Facendo seguito alle Conclusioni del Consiglio europeo del 11-12 dicembre 2020, l'Ue ha inviato all'UNFCCC il proprio NDC, che contiene l' obiettivo aggiornato e rafforzato di ridurre almeno del 55% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (si veda il Comunicato del Consiglio del 18 dicembre 2020).
 
Nell'ambito del Green deal europeo la Commissione europea ha annunciato, tra l'altro, l'intenzione di:
  • dispiegare una "Diplomazia del Green Deal" più energica, attraverso tutti i canali diplomatici bilaterali e multilaterali (Nazioni Unite, G7, G20, OMC) al fine di persuadere gli altri attori a fare la loro parte nella promozione di uno sviluppo più sostenibile;
  • continuare a prodigarsi affinché l'accordo di Parigi resti il caposaldo della lotta ai cambiamenti climatici. Tappa fondamentale sarà la Conferenza delle Parti di Glasgow del 1°-12 novembre prossimo (CoP26), dove si valuteranno i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi a lungo termine. La CoP26 doveva tenersi nel novembre 2020, tuttavia è stata rimandata a causa della pandemia di Covid-19. Sarà ospitata dal Regno Unito in collaborazione con l'Italia.

III. Bielorussia

Il Consiglio europeo ha adottato delle conclusioni nelle quali:
  • condanna fermamente l'atterraggio forzato del volo Ryanair a Minsk (Bielorussia) il 23 maggio 2021, che ha messo in pericolo la sicurezza aerea, e la detenzione da parte delle autorità bielorusse del giornalista Raman Pratasevich e di Sofia Sapega;
  • esige che Raman Pratasevich e Sofia Sapega siano rilasciati immediatamente e che sia garantita la loro libertà di circolazione;
  • chiede all'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale di indagare con urgenza in merito;
  • invita il Consiglio ad adottare quanto prima ulteriori inserimenti in elenco di persone ed entità sulla base del quadro delle sanzioni già esistente;
  • chiede al Consiglio di adottare ulteriori sanzioni economiche mirate e invita l'Alto rappresentante e la Commissione a presentare quanto prima proposte a tal fine;
  • chiede a tutti i vettori con sede nell'UE di evitare il sorvolo della Bielorussia;
  • chiede al Consiglio di adottare le misure necessarie per vietare il sorvolo dello spazio aereo dell'UE da parte delle compagnie aeree bielorusse e impedire ai voli operati da tali compagnie aeree di accedere agli aeroporti dell'UE;
  • esprime solidarietà alla Lettonia a seguito dell'espulsione ingiustificata di diplomatici lettoni;
  • indica che continuerà a occuparsi della questione.
Il 23 maggio, il volo Ryanair FR4978, diretto da Atene a Vilnius in Lituania, in sorvolo nello spazio aereo bielorusso è stato costretto da un aereo dell'aviazione militare bielorussa ad un atterraggio di emergenza verso l'aeroporto di Minsk, a seguito del quale le autorità bielorusse hanno proceduto al l'arresto del giornalista e attivista bielorusso Roman Protasevich, fondatore del canale Telegram "Nexta" legato all'opposizione bielorussa. Insieme a lui è stata arrestata anche la fidanzata, una cittadina russa di 23 anni, Sophia Sapega.
In una dichiarazione del 24 maggio 2021, l'Alto Rappresentante Borrell, ha condannato il dirottamento del volo Ryanair FR4978,   chiesto l'immediata liberazione di Roman Pratasevich e indicato la necessità di condurre un'indagine internazionale per accertare eventuali violazioni delle regole dell'aviazione internazionale.
Il 24 maggio la Bielorussia ha espulso l'ambasciatore della Lettonia, Einars Semanis, insieme a tutti i dipendenti della rappresentanza diplomatica della Lettonia eccetto uno.
A margine del Consiglio europeo, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha indicato di aver sospeso il piano di sostegno per un valore di circa 3 miliardi di euro in preparazione per la Bielorussia, fintanto che il paese non rispetterà i valori democratici.
Il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, nel suo discorso in apertura del Consiglio europeo il 24 maggio, ha sottolineato la necessità di una risposta forte e comune in merito agli avvenimenti in Bielorussia ed ha chiesto una immediata inchiesta internazionale e la liberazione degli arrestati.
I presidenti delle Commissioni affari esteri dei Parlamenti di Repubblica Ceca, Irlanda, Lettonia, Lituania, del Bundestag tedesco, della House of Commons del Regno Unito, del Senato Polacco e del Senato degli Stati Uniti e della Camera dei deputati italiana hanno firmato una lettera di condanna del dirottamento aereo, chiedendo una immediata inchiesta da parte dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile   (International Civil Aviation Organization, ICAO) e, nella attesa dei risultati, la sospensione della Bielorussia dall'ICAO, il divieto di sorvolo nello spazio aereo bielorusso, l'adozione di sanzioni da parte dell'UE e della NATO e l'immediato rilascio di Roman Protasevich.
Si ricorda che l'UE, sulla base delle conclusioni  del Consiglio europeo del 19 agosto 2020, non riconosce i risultati delle elezioni presidenziali nella Repubblica di Bielorussia del 9 agosto  2020 ritenendo che non siano state libere né regolari.
Il Consiglio dell'UE, sin dall'ottobre 2020, ha progressivamente introdotto misure restrittive (divieto di viaggio e il congelamento dei beni nell'UE) nei confronti di 7 entità giuridiche e 88 persone - tra cui il Presidente bielorusso Alexandr Lukashenko, suo figlio nonchè consigliere per la sicurezza nazionale Viktor Lukashenko - quali responsabili di  repressione e intimidazioni contro manifestanti pacifici, membri dell'opposizione e giornalisti all'indomani delle elezioni presidenziali 2020 in Bielorussia, nonché di irregolarità commesse nel processo elettorale. Le misure restrittive sono state rinnovate dal Consiglio dell'UE, il 25 febbraio 2021, fino al 28 febbraio 2022. Il 10 maggio 2021, l'Alto Rappresentante, Josep Borrell aveva indicato l'intenzione di proporre al Consiglio l'adozione di ulteriori misure restrittive nei confronti delle autorità bielorusse per la repressione e intimidazione nei confronti di giornalisti ed esponenti della società civile.

IV. Russia

Il Consiglio europeo ha svolto un dibattito strategico sulla Russia ed ha adottato delle conclusioni con le quali:
  • condanna le attività illegali, provocatorie e destabilizzanti della Russia contro l'UE, i suoi Stati membri e non solo. Ribadisce l'unità e la solidarietà dell'UE di fronte a tali atti nonché il suo sostegno ai partner orientali;
  • esprime solidarietà alla Repubblica ceca e ne sostiene la risposta;
  • ribadisce il proprio impegno a favore dei cinque principi che guidano la politica dell'UE nei confronti della Russia ed invita l'alto rappresentante e la Commissione a presentare una relazione sui rapporti UE-Russia, in linea con tali principi, in vista della sua riunione del giugno 2021;
  • indica che l'UE continuerà a coordinarsi con i partner che condividono gli stessi principi.

I 5 Principi guida della politica UE nei confronti della Russia

Attualmente, le relazioni tra UE e Russia si basano sui seguenti cinque principi guida:
  • piena attuazione degli accordi di Minsk, come elemento chiave per qualsiasi cambiamento sostanziale nelle relazioni tra l'UE e la Russia;
  • rafforzare le relazioni con i partner orientali dell'UE e i paesi dell'Asia centrale;
  • rafforzare la resilienza dell'UE alle minacce russe, incluse le minacce ibride;
  • impegnarsi in modo selettivo con la Russia su questioni di politica estera, in alcune questioni internazionali come l'Iran e il processo di pace in Medio Oriente e altre aree di interesse per l'UE;
  • sostenere la società civile russa e impegnarsi nei contatti tra le persone e in particolare tra i giovani.

Recenti sviluppi delle relazioni tra l'UE e la Russia

Una discussione globale e strategica sulle relazioni UE-Russia è stata è stata svolta dal Consiglio affari esteri dell'UE del 22 febbraio 2021, nel corso del quale è emersa una valutazione condivisa sul fatto che la Russia sta compiendo una  deriva che la porta sempre più vicino a uno Stato autoritario con un allontanamento dall'Europa. I Ministri degli esteri dell'UE nel corso della discussione si sono concentrati sulla necessità di respingere le violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani, contenere la disinformazione e gli attacchi informatici, impegnarsi nel dialogo con la Russia su questioni di interesse nell'UE.
Si ricorda che, il 2 marzo 2021, il Consiglio dell'UE ha adottato misure restrittive nei confronti di 4 personalità responsabili dell'arresto di Alexei Navalny, facendo per la prima volta ricorso al nuovo regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani, approvato il 7 dicembre 2020 .
Il 30 aprile 2021, la Russia - come ritorsione alle misure restrittive adottate dall'UE per il caso Navalny – ha vietato l'ingresso nel territorio russo nei confronti di 8 tra esponenti politici e funzionari dell'UE, tra i quali il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, la Vicepresidente dalla Commissione europea, Vera Juorova, responsabile per i valori e la trasparenza.
Nella stessa giornata, il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli e la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta nella quale si indica che:
  • la decisone della Russia è inaccettabile, priva di qualsiasi giustificazione giuridica e di qualsiasi fondamento e prende di mira direttamente l'Unione europea, non solo le persone coinvolte;
  • tale decisione è l'ultima e sorprendente dimostrazione di come la Russia abbia scelto di scontrarsi con l'UE invece di accettare di correggere la traiettoria negativa delle relazioni bilaterali;
  • l'UE si riserva il diritto di adottare misure appropriate in risposta alla decisione delle autorità russe
In occasione della riunione del 6 maggio 2021, il Consiglio affari esteri ha discusso sulla situazione ai confini dell'Ucraina. In particolare i ministri hanno discusso del rafforzamento militare della Russia nella Crimea annessa illegalmente e sul confine ucraino. Il Consiglio non ha adottato conclusioni, ma ha ribadito la posizione dell'UE secondo cui la Russia deve allentare la sua pressione e che la piena attuazione degli accordi di Minsk è fondamentale per una soluzione politica duratura.
Al termine dell'ultimo Consiglio affari esteri del 10 maggio 2021, che non ha adottato conclusioni, l' Alto Rappresentante, Josep Borrell, ha indicato che all'interno del Consiglio è emerso un consenso sulla necessità di non continuare l'escalation nelle relazioni con la Russia. Borrell ha indicato che l 'UE deve trovare un approccio forte con la Russia, ma allo stesso tempo cercare di non aumentare le tensioni. Borrell ha, inoltre, indicato, che per il momento l'UE non ha all'ordine del giorno di proseguire l'escalation delle relazioni con la Russia, con eventuali espulsioni di diplomatici russi. Una richiesta in tal senso era stata avanzata dal Primo Ministro della Repubblica Ceca, Andrej Babiš, in occasione del Vertice sociale che si è svolto a Porto il 7 maggio 2021.
Si ricorda che la Repubblica Ceca è attualmente impegnata in una disputa con la Russia per un attacco condotto a un deposito di munizioni ceco nel 2014, che il Governo ceco sostiene sia stato condotto da agenti russi. Lo scorso aprile, il Governo ceco ha espulso 18 diplomatici russi. In risposta, la Russa ha espulso 20 diplomatici cechi.
Il Presidente Putin ha poi firmato, il 23 aprile 2021, un decreto relativo ad una lista di paesi ostili nei confronti dei quali ha posto delle limitazioni di impiego di personale del luogo per le proprie ambasciate (la lista, secondo quanto indicato da alcune agenzie stampa, comprenderebbe i seguenti paesi: Australia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania Moldova, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Stati Uniti e Ucraina). L'Alto Rappresentante Borrell ha rilasciato, il 15 maggio 2021, una dichiarazione nella quale indica che l'Unione europea: deplora le misure previste dal decreto  del 23 aprile; ritiene infondate le accuse di azioni ostili; considera il decreto incompatibile con la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 per quanto riguarda i doveri dello Stato ospitante per garantire il funzionamento delle missioni diplomatiche e chiede alla Russia di rivedere la sua decisione, per evitare un ulteriore deterioramento delle relazioni con l'UE.

Risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2021

Il Parlamento europeo ha approvato, il 29 aprile 2021, una risoluzione sulla Russia, il caso di Alexei Navalny, il dispiegamento militare ai confini con l'Ucraina, nella quale, in particolare:
  • deplora l'attuale situazione delle relazioni UE-Russia causata dall'aggressione e dalla continua destabilizzazione dell'Ucraina da parte della Russia, i comportamenti ostili e gli attacchi manifesti nei confronti degli Stati membri e delle società dell'UE che si sono tradotti, tra l'altro, in interferenze nei processi elettorali, nel ricorso alla disinformazione, negli attacchi informatici, nell'uso di armi chimiche, nonché il significativo deterioramento della situazione dei diritti umani e del rispetto del diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica in Russia;
  • chiede che l'Unione riduca la sua dipendenza dall'energia russa ed esorta pertanto le istituzioni dell'UE e tutti gli Stati membri a interrompere il completamento del gasdotto Nord Stream 2 e a chiedere la cessazione della realizzazione delle controverse centrali nucleari costruite dalla società russa Rosatom (progetti sono in corso, in particolare, in Bielorussia, Finlandia, Slovacchia e Turchia e Ungheria);
  • sottolinea che gli Stati membri dell'Unione europea non dovrebbero più accogliere ricchezze e investimenti russi di dubbia provenienza; invita la Commissione e il Consiglio a intensificare gli sforzi per limitare gli investimenti strategici del Cremlino all'interno dell'UE;
  • chiede il rilascio immediato e incondizionato di Alexei Navalny.


V. Regno Unito

Il Consiglio europeo, nelle conclusioni:
  • si compiace che l'accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione UE-Regno Unito sia entrato in vigore il 1º maggio 2021 ed invita ad attuare pienamente e in modo effettivo tale accordo insieme all'accordo di recesso e ai relativi protocolli;
  • indica che i due accordi consentono all'UE di avere un partenariato quanto più stretto possibile con il Regno Unito, pur riconoscendo che un paese non appartenente all'UE non può godere degli stessi vantaggi di uno Stato membro e che le relazioni devono sempre essere basate su un equilibrio di diritti e obblighi. Le relazioni con il Regno Unito dovrebbero rimanere reciprocamente vantaggiose e non possono in alcun caso compromettere l'integrità del mercato unico, l'unione doganale o l'autonomia decisionale dell'UE. Il Consiglio europeo invita il Regno Unito a rispettare il principio di non discriminazione tra gli Stati membri;
  • invita la Commissione a proseguire gli sforzi tesi a garantire la piena attuazione degli accordi, anche nei settori dei diritti dei cittadini dell'UE e della pesca e per quanto riguarda la parità di condizioni, avvalendosi appieno degli strumenti previsti dagli accordi e in costante coordinamento e permanente dialogo con il Consiglio e i suoi organi preparatori conformemente alla prassi consolidata;
  • indica che il Consiglio europeo continuerà a occuparsi della questione e l'UE resterà unita nel suo dialogo con il Regno Unito.
L' Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l'UE e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è entrato definitivamente in vigore il 1° maggio 2021 (in attesa della pronuncia del Parlamento europeo l'accordo era entrato provvisoriamente in vigore il 1° gennaio 2021).
Si ricorda, quindi, che a partire dal 1° gennaio 2021:
  • è terminato il periodo transitorio, previsto dall ' Accordo di recesso del Regno Unito dalla UE, iniziato il 1° febbraio 2020 e che, a partire da tale data, il Regno Unito non fa più parte dell'Unione doganale dell'UE e del mercato unico; cessa pertanto la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali tra il Regno Unito e l'Unione europea;
  • il quadro delle relazioni tra UE e Regno Unito è regolato da:
    a) il nuovo Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione;
    b) dall'Accordo di recesso del Regno Unito dall'UE che ha disciplinato anche per il futuro alcune situazioni giuridiche connesse alla precedente partecipazione del Regno Unito all'UE: la liquidazione finanziaria degli obblighi esistenti da parte del Regno Unito, i diritti dei cittadini del Regno Unito residenti nell'UE e dei cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito e la regolamentazione dei confini tra Irlanda ed Irlanda del Nord.
Per una sintesi del contenuto dell'Accordo l'accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l'UE e il Regno Unito si rinvia al dossier a cura dell'Ufficio Rapporti con l'UE della Camera e del Servizio studi del Senato.

Risoluzione del Parlamento europeo del 28 aprile 2021 sull'esito dei negoziati UE-Regno Unito

Nella risoluzione sull'esito dei negoziati UE-Regno Unito, approvata il 28 aprile 2021, il Parlamento europeo, in particolare:
  • ribadisce che il recesso del Regno Unito dall'UE è un errore storico e ricorda che l'UE ha sempre rispettato la decisione del Regno Unito, pur insistendo sul fatto che il Regno Unito deve accettare le conseguenze dell'uscita dall'UE e che un paese terzo non può godere degli stessi diritti e vantaggi di uno Stato membro;
  • deplora la limitatezza del campo di applicazione dell'accordo, dovuta alla mancanza di volontà politica del Regno Unito di impegnarsi in settori importanti, segnatamente la politica estera, di difesa e di sicurezza esterna ed altresì la decisione del Regno Unito di non partecipare a Erasmus+;
  • condanna le più recenti azioni unilaterali intraprese dal Regno Unito in violazione dell'accordo di recesso e invita la Commissione a proseguire la procedura di infrazione nei confronti del Regno Unito avviata il 15 marzo 2021;
  • ricorda che l'elaborazione del protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord rispecchia un equilibrio politico estremamente delicato e sensibile e insiste sul fatto che le proposte o le azioni suscettibili di alterare tale equilibrio non dovrebbero essere adottate senza un'adeguata consultazione preliminare di una o dell'altra parte.

Disputa tra UE e Regno Unito sull'applicazione del Protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord dell'accordo di recesso

Si segnala che negli ultimi mesi è emersa una disputa tra il Regno Unito e l'UE circa l'applicazione delle disposizioni del Protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord, allegato all'accordo di recesso del Regno unito dall'UE entrato in vigore il 1° febbraio 2020.
Il protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord, allegato all' Accordo di recesso del Regno Unito dall'UE entrato in vigore il 1° febbraio 2020,  prevede che al territorio del Regno Unito dell'Irlanda del Nord si applicherà un regime diverso da quello previsto per il resto del Regno Unito, allo scopo di non ripristinare un confine fisico tra l'Irlanda e l'Irlanda del Nord.
A tal fine, le disposizioni relative al confine tra Irlanda del Nord e Irlanda, prevedono che l'Irlanda del Nord, pur facendo parte del territorio doganale del Regno Unito, rimanga per 4 anni allineata agli standard europei per quanto riguarda la legislazione sulle merci, le norme sanitarie e fitosanitarie ("norme SPS"), le norme sulla produzione/commercializzazione dei prodotti agricoli, sull'IVA e sulle accise, sulle merci e le norme in materia di aiuti di Stato.
Le disposizioni del Protocollo prevedono che, al fine di evitare controlli doganali tra Irlanda e Irlanda del Nord, tutte le merci che entrano nel territorio dell'Irlanda del Nord saranno soggette al codice doganale dell'UE, ma i dazi doganali europei si applicheranno alle merci in ingresso dal Regno Unito o da Paesi terzi nell'Irlanda del Nord solo se tali merci rischiano di entrare nel mercato unico dell'UE.
L'articolo 16 del Protocollo, relativo alle misure di salvaguardia, prevede che se dall'applicazione del protocollo derivano gravi difficoltà economiche, sociali o ambientali che rischiano di protrarsi nel tempo, o una diversione degli scambi, l'Unione o il Regno Unito possano prendere opportune misure di salvaguardia unilateralmente con una portata e durata limitata a quanto strettamente necessario per porre rimedio alla situazione. In tale caso, se una misura di salvaguardia crea uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi ai sensi del presente protocollo, l'altra parte può prendere misure di riequilibrio proporzionate, purché strettamente necessarie a correggere tale squilibrio.
Il Governo del Regno Unito, il 3 marzo 2021, ha annunciato la decisione unilaterale di estendere il periodo di grazia provvisorio relativo alla flessibilità di alcuni controlli previsti dal protocollo sulle merci in transito dal territorio della Gran Bretagna all'Irlanda del Nord, in particolare per i prodotti agricoli e alimentari - inizialmente previsto fino al 1° aprile 2021 - fino al 1° ottobre 2021.
La Commissione europea, il 15 marzo 2021, ha inviato una lettera di costituzione in mora per violazione delle disposizioni sostanziali del diritto dell'UE relativamente alla circolazione delle merci e ai trasferimenti di animali da compagnia applicabili in virtù del protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord. In questo modo si avvia una procedura formale di infrazione di cui all'articolo 12, paragrafo 4, del protocollo, in combinato disposto con l'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. La lettera chiede al Regno Unito di attuare rapidamente azioni correttive per ripristinare il rispetto delle disposizioni del protocollo.
Si ricorda che, a norma dell'articolo 12, paragrafo 4, del protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord, le istituzioni dell'UE, in particolare la Commissione europea e la Corte di giustizia dell'Unione europea, dispongono dei poteri di vigilanza e di esecuzione previsti dai trattati dell'UE in relazione alle disposizioni del protocollo.
Al temine dell'incontro svolto il 16 aprile 2021 con il negoziatore per il Regno Unito, David Frost, il Vicepresidente Šefčovič ha rilasciato una dichiarazione nella quale ha indicato di aver insistito in particolare su:
  • il fermo impegno dell'UE nei confronti dell'accordo del Venerdì Santo (Belfast) e del popolo dell'Irlanda del Nord;
  • il fatto che le soluzioni possono essere trovate solo attraverso azioni e organismi comuni e non attraverso azioni unilaterali;
  • percorsi concordati di comune accordo verso il pieno rispetto del protocollo, che includano punti finali chiari, scadenze, tappe fondamentali e mezzi per misurare i progressi sono fondamentali per la piena attuazione del protocollo sull'Irlanda e Irlanda del Nord.
    Il Vicepresidente Šefčovič ha, altresì, dichiarato che le azioni legali in corso della Commissione contro il Regno Unito per violazione delle disposizioni sostanziali del protocollo, nonché l'obbligo di buona fede ai sensi dell'accordo di recesso, continueranno per tutto il tempo necessario.
Il 14 maggio la Commissione europea ha comunicato di aver ricevuto una lettera del Governo del Regno Unito di risposta alla lettera di messa in mora del 15 marzo 2021.
Spetta ora alla Commissione europea, esaminate le osservazioni trasmesse dal Regno Unito, decidere se procedere con l'emissione di un parere motivato o meno.
Si ricorda che a norma dell'articolo 12, paragrafo 4, del protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del nord, la Corte di giustizia dell'Unione europea dispone dei pieni poteri previsti dai trattati, compresa la possibilità di imporre il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità. In assenza di soluzione, l'UE potrebbe deferire la controversia a un arbitrato vincolante, che potrebbe portare, in ultima analisi, anche all'imposizione di sanzioni finanziarie da parte del collegio arbitrale. In caso di mancato pagamento o di inosservanza persistente, l'UE potrebbe sospendere gli obblighi derivanti dall'accordo di recesso (fatta eccezione per la parte dell'accordo relativa ai diritti dei cittadini) o dall'accordo sugli scambi e la cooperazione, a norma dell'articolo 749, paragrafo 4, ad esempio imponendo dazi sulle importazioni di merci dal Regno Unito.
David Frost nel corso di una audizione presso la House of Commons, svoltasi il 17 maggio 2021, avrebbe dichiarato che, in caso di mancanza di accordo con l'UE sui controlli per le merci in transito dal Regno Unito all'Irlanda del nord, il Governo del Regno Unito è pronto a considerare un'azione unilaterale di sospensione delle disposizioni del Protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord.

Riconoscimento del diritto di residenza permanente ai cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito ai sensi dell'accordo di recesso

Secondo gli ultimi dati forniti dal Servizio per l'azione esterna dell'UE (SEAE), sulla base delle indicazioni raccolte dalla Delegazione UE nel Regno Unito, le domande presentate da cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito per il riconoscimento del diritto di residenza permanente al 29 aprile 2021 ammontavano a circa 5,3 milioni, con 4,97 milioni di domande trattate. Gli Stati Membri aventi il maggior numero di richiedenti sono, nell'ordine, la Polonia, la Romania, l'Italia (con 441.310 domande accolte – dati al 25 febbraio 2021), il Portogallo e la Spagna.
L' ambasciatrice del Regno Unito, Jill Morris, in occasione di una audizione presso la Commissione affari esteri il 20 maggio 2021, ha indicato che il 95% delle domande dei cittadini italiani residenti nel Regno Unito è stato accolto, con il riconoscimento del diritto di residenza permanente. L'ambasciatrice ha anche annunciato che è in corso di negoziazione un accordo bilaterale di cooperazione tra Regno Unito ed Italia, che potrebbe essere concluso entro la fine del 2021.
Delle domande il cui iter è stato completato, il 56% ha ricevuto il "settled status" mentre il 44% ha ricevuto il "pre-settled status" (in massima parte perché gli interessati non hanno maturato i cinque anni di residenza previsti dall'Accordo).
Si ricorda che la libera circolazione delle persone, secondo quanto previsto dall'Accordo di recesso, è terminata il 31 dicembre 2020; fino a tale data era ancora possibile stabilirsi e lavorare nel Regno Unito senza permessi particolari. I cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito entro il 31 dicembre 2020 potranno presentare la domanda di residenza fino al 30 giugno 2021. Ai sensi dell 'articolo 15 dell'accordo di recesso del Regno Unito dall'UE, i cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito (circa 3,2 milioni, di cui circa 700.000 italiani) e i cittadini del Regno Unito residenti nell'UE (circa 1,2 milioni) possono continuare ad esercitare i diritti attualmente garantiti dalle normative europee, sulla base dei princìpi di parità di trattamento e di non discriminazione (si tratta in particolare di diritti di residenza, di lavoratori e liberi professionisti, diritti di riconoscimento di qualifiche professionali, diritti di prestazioni sanitarie, sociali e pensionistiche). I cittadini dell'UE già residenti nel Regno Unito, che vorranno garantirsi lo status di residenti e l'accesso a sanità pubblica e sicurezza sociale, dovranno chiedere un permesso di permanenza e dovranno avere vissuto nel Regno Unito per almeno cinque anni. I cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito da meno di 5 anni avranno un " presettled status", che diventerà " settled status ", cioè residenza definitiva, una volta maturati, anche successivamente al 31 dicembre 2020, i cinque anni di residenza nel Regno Unito.
Si segnala che, secondo quanto riportato da alcune fonti stampa, si sono verificati vari casi di cittadini dell'UE – tra i quali anche cittadini italiani - trattenuti, alcuni per diversi giorni, nei centri di immigrazione nel Regno Unito, a seguito del diniego di ingresso in quanto sprovvisti di visto per lavoro, e successivamente rimpatriati nei rispettivi paesi di origine.
Si ricorda che 'accordo di recesso prevede  l'esenzione dell'obbligo di visto di corto soggiorno (fino a 90 giorni in un periodo di 180 giorni). Il Regno Unito ha introdotto, con validità a partire dal 1° gennaio 2021, un nuovo sistema di immigrazione a punti per lavoratori qualificati  che prevede le seguenti condizioni:  disporre di un'offerta di lavoro da uno sponsor autorizzato dall'  Home Office al livello di competenza richiesto; uno  stipendio minimo pari a £ 25.600 (circa 28.300 euro al cambio attuale); conoscenza della  lingua inglese a livello intermedio B1 (secondo il quadro comune europeo di riferimento per le lingue).

VI. Medio oriente

Il Consiglio europeo ha discusso sulla situazione in Medio oriente con riferimento ai recenti scontri tra Israele e Stato Palestinese, adottando delle conclusioni con le quali:
  • accoglie con favore il cessate il fuoco che dovrebbe porre fine alla violenza ed indica che l'UE proseguirà a lavorare con i partner internazionali per riavviare un processo politico;
  • ribadisce il suo fermo impegno per la soluzione dei due Stati.
Ministri degli affari esteri dell'UE hanno discusso sui recenti scontri tra Israele e gruppi armati palestinesi della Striscia di Gaza in occasione della riunione straordinaria in video conferenza convocata dall'Alto Rappresentante, Josep Borrell, il 18 maggio scorso, senza però riuscire ad approvare una dichiarazione comune per il veto espresso dall'Ungheria. L'Ungheria aveva già bloccato il 16 maggio una dichiarazione sugli scontri in Medio Oriente da parte dell'ambasciatore dell'UE alle Nazioni Unite ed al Consiglio di sicurezza.
L'Alto Rappresentante ha poi rilasciato il 21 maggio 2021 una sua dichiarazione nella quale, un particolare:
  • accoglie con favore l'annunciato cessate il fuoco che pone fine alla violenza a Gaza e nei dintorni ed esprime apprezzamento per il ruolo di facilitazione svolto da Egitto, Qatar, Nazioni Unite, Stati Uniti e altri paesi;
  • si rammarica per la perdita di vite umane negli ultimi giorni, indicando che la situazione nella Striscia di Gaza è da lungo tempo insostenibile;
  • indica che solo una soluzione politica porterà una pace sostenibile e porrà fine una volta per tutte al conflitto israelo-palestinese. Ed a tale fine L'UE è pronta a sostenere pienamente le autorità israeliane e palestinesi negli sforzi per ripristinare un orizzonte politico verso una soluzione a due Stati e rinnova il suo impegno con i principali partner internazionali, compresi gli Stati Uniti, e altri partner nella regione, nonché con il quartetto del Medio Oriente.

VII. Mali

Il Consiglio europeo ha adottato delle conclusioni nelle quali:
  • si associa alla dichiarazione dell'ECOWAS e dell'Unione africana, condanna con forza il rapimento del presidente della transizione del Mali e del primo ministro e ne chiede il rilascio immediato;
  • indica che l'UE è pronta a prendere in esame misure mirate contro i leader politici e militari che ostacolano la transizione maliana.
Nella serata del 24 maggio 2021, il Presidente di transizione del Mali, Bah N'Daw, e il Primo ministro, Moctar Ouane, sono stati condotti da un gruppo di uomini armati dell'esercito nella base militare di Kati, alle porte di Bamako. Il Presidente e il Primo Ministro avevano formato pochi giorni prima il nuovo esecutivo che, in 18 mesi, avrebbe dovuto portare il Mali ad una transizione completa verso un governo civile. Lo scorso mese di agosto i militari avevano costretto alle dimissioni, in seguito alle proteste popolari, l'allora presidente Ibrahim Boubacar Keita.
Il comitato locale di monitoraggio della transizione, composto da ECOWAS (Comunità economica dell'Africa occidentale), Unione africana e MINUSMA (Missione dell'ONU per la stabilizzazione del Mali), con membri della comunità internazionale, tra cui Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Unione europea, ha rilasciato una dichiarazione nella quale:
  • esprime la profonda preoccupazione per la situazione in Mali segnato dall'arresto del presidente della transizione, del presidente del Consiglio e di alcune altre autorità;
  • condanna il tentato colpo di stato avvenuto in seguito alla pubblicazione del decreto di nomina dei membri del governo da parte del Presidente di transizione su proposta del Presidente del Consiglio;
  • chiede il rilascio immediato e incondizionato di queste autorità e sottolineano che gli elementi militari che le detengono saranno ritenuti personalmente responsabili della loro sicurezza;
  • riafferma il fermo sostegno alle autorità di transizione e chiedono che la transizione riprenda il suo corso e si concluda nei tempi previsti. La comunità internazionale rifiuta in anticipo qualsiasi atto imposto dalla coercizione, comprese le dimissioni forzate;
  • attende la visita di una delegazione dell'ECOWAS e invitano tutte le parti interessate a estendere la piena cooperazione agli sforzi in corso per la ripresa immediata del normale corso della transizione;
  • sottolinea che l'azione sconsiderata svolta oggi comporta il rischio di indebolire la mobilitazione della comunità internazionale a favore del Mali.
Si ricorda che in Mali l'UE ha istituito – a partire dal 2013 e con un mandato rinnovato fino al maggio 2024 - la missione militare EUTM Mali e - a partire dal 2015 con un mandato rinnovato fino al dicembre 2023 -  la missione civile EUCAP Sahel Mali.
La missione EUTM Mali ha il mandato di supportare l'addestramento e la riorganizzazione delle forze armate del Mali al fine di consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l'integrità territoriale, la riduzione della minaccia rappresentata dai gruppi terroristici e per fornire assistenza militare alla forza congiunta del G5 Sahel e alle forze armate nazionali nei paesi del G5 Sahel. La direzione militare della missione è esercitata dalla Francia. La missione conta circa 1.000 unità. Attualmente la consistenza massima annuale autorizzata dall' Italia per il contingente nazionale impiegato nella missione è di 12 militari.
Alla missione EUTM Mali partecipano 22 Stati membri dell'UE (Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Ungheria) e 3 Stati non membri dell'UE (Georgia, Moldova, Montenegro).
La missione civile Eucap Sahel Mali ha il mandato di supportare il Mali nell'assicurare l'ordine democratico e costituzionale e la realizzazione delle condizioni per una pace duratura, oltre al mantenimento dell'autorità statale nel paese. La missione fornisce consiglio strategico ed addestramento per le tre forze di sicurezza del Mali, cioè la Polizia, la Gendarmerie e la Guardia Nazionale, coordinandosi coi partner internazionali. Attualmente la consistenza massima annuale autorizzata dall' Italia per il contingente nazionale impiegato nella missione è di 16 militari.
Alla missione, partecipano oltre all'Italia, 15 Stati membri dell'UE e 3 stati non membri dell'UE.