902.
giovedì 21 dicembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

Sigle dei gruppi parlamentari:
PARTITO DEMOCRATICO: PD;
MOVIMENTO 5 STELLE: M5S;
FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE: FI-PDL;
ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI: MDP-LU;
ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD-NOI CON L'ITALIA: AP-CPE-NCD-NCI;
LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI: LNA;
SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI: SI-SEL-POS-LU;
NOI CON L'ITALIA-SCELTA CIVICA PER L'ITALIA-MAIE: NCI-SCPI-MAIE;
DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO: DES-CD;
FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE: FDI-AN;
MISTO: MISTO;
MISTO-CIVICI E INNOVATORI-ENERGIE PER L'ITALIA: MISTO-CI-EPI;
MISTO-DIREZIONE ITALIA: MISTO-DI;
MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE: MISTO-MIN.LING.;
MISTO-UDC-IDEA: MISTO-UDC-IDEA;
MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-TUTTI INSIEME PER L'ITALIA: MISTO-AL-TIPI;
MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) - INDIPENDENTI: MISTO-PSI-PLI-I.

La seduta comincia alle 9 ... 1

PRESIDENTE ... 1

MANNINO Claudia (MISTO), Segretaria ... 1

Missioni ... 1
PRESIDENTE ... 1

Modifica nella denominazione e nella composizione di gruppi parlamentari ... 1
PRESIDENTE ... 1

Disegno di legge: S. 2960 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (Approvato dal Senato) (A.C. 4768-A); Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (A.C. 4768/I) (Discussione) ... 1
PRESIDENTE ... 1

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4768-A) ... 2
PRESIDENTE ... 2, 5, 7, 9, 11, 12, 14, 17, 18, 21, 23, 25, 28, 29, 30, 33, 35, 36, 37, 38, 41
ALBINI Tea (MDP) ... 18
BOCCIA Francesco (PD), Relatore per la maggioranza ... 2
CATALANO Ivan (MISTO-CIPI) ... 28
D'INCA' Federico (M5S), Relatore di minoranza ... 7
FASSINA Stefano (SI-SEL-POS) ... 30
FOSSATI Filippo (MDP) ... 33
GALGANO Adriana (MISTO-CIPI) ... 35
GIORGETTI Alberto (FI-PDL) ... 13, 14
MARCHI Maino (PD) ... 38
MARCON Giulio (SI-SEL-POS), Relatore di minoranza ... 11
MARGUERETTAZ Rudi Franco (MISTO-MIN.LING.) ... 29
MELILLA Gianni (MDP), Relatore di minoranza ... 9
MENORELLO Domenico (MISTO-CIPI) ... 37
MUCCI Mara (MISTO-CIPI) ... 24, 25
PAGLIA Giovanni (SI-SEL-POS) ... 25
PALESE Rocco (FI-PDL), Relatore di minoranza ... 5
RICCIATTI Lara (MDP) ... 36, 37
SIMONETTI Roberto (LNA) ... 17
ZOLEZZI Alberto (M5S) ... 21, 23

(Repliche - A.C. 4768-A) ... 41
PRESIDENTE ... 41
MORANDO Enrico, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze ... 41

Preavviso di votazioni elettroniche ... 43
PRESIDENTE ... 43

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 13,05 ... 44

Si riprende la discussione ... 44
PRESIDENTE ... 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52
BOCCIA Francesco (PD), Presidente della V Commissione ... 44
BOCCIA Francesco (PD) ... 44
GUIDESI Guido (LNA) ... 49
MARCHI Maino (PD) ... 50, 51
MARCON Giulio (SI-SEL-POS) ... 50
MONCHIERO Giovanni (MISTO-CIPI) ... 49
PALESE Rocco (FI-PDL) ... 46, 47, 51
RAMPELLI Fabio (FDI-AN) ... 48, 49
SCOTTO Arturo (MDP) ... 47
SORIAL Girgis Giorgio (M5S) ... 44, 45
TABACCI Bruno (DES-CD) ... 52
TANCREDI Paolo (AP-CPE-NCD) ... 51

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15 ... 52

Missioni ... 52
PRESIDENTE ... 52

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 4768-A/R ... 52
PRESIDENTE ... 52
FANUCCI Edoardo (PD), Vicepresidente della V Commissione ... 52

La seduta, sospesa alle 15,01, è ripresa alle 15,35 ... 52

PRESIDENTE ... 52, 53
PALESE Rocco (FI-PDL), Vicepresidente della V Commissione ... 52

(Posizione della questione di fiducia – Articolo 1 - A.C. 4768-A/R) ... 53
PRESIDENTE ... 53
FINOCCHIARO Anna, Ministra per i Rapporti con il Parlamento ... 53

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI ... 1

La seduta comincia alle 9 ... 1

PRESIDENTE ... 1

MANNINO Claudia (MISTO), Segretaria ... 1

PRESIDENTE ... 1

Missioni ... 1
PRESIDENTE ... 1

Modifica nella denominazione e nella composizione di gruppi parlamentari ... 1
PRESIDENTE ... 1

Disegno di legge: S. 2960 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (Approvato dal Senato) (A.C. 4768-A); Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (A.C. 4768/I) (Discussione) ... 1
PRESIDENTE ... 1

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4768-A) ... 2
PRESIDENTE ... 2
BOCCIA Francesco (PD), Relatore per la maggioranza ... 2
PRESIDENTE ... 5
PALESE Rocco (FI-PDL), Relatore di minoranza ... 5
PRESIDENTE ... 7
D'INCA' Federico (M5S), Relatore di minoranza ... 7
PRESIDENTE ... 9
MELILLA Gianni (MDP), Relatore di minoranza ... 9
PRESIDENTE ... 11
MARCON Giulio (SI-SEL-POS), Relatore di minoranza ... 11
PRESIDENTE ... 12
GIORGETTI Alberto (FI-PDL) ... 13
PRESIDENTE ... 14
GIORGETTI Alberto (FI-PDL) ... 14
PRESIDENTE ... 17
SIMONETTI Roberto (LNA) ... 17
PRESIDENTE ... 18
ALBINI Tea (MDP) ... 18
PRESIDENTE ... 21
ZOLEZZI Alberto (M5S) ... 21
PRESIDENTE ... 23
ZOLEZZI Alberto (M5S) ... 23
PRESIDENTE ... 23
ZOLEZZI Alberto (M5S) ... 23
PRESIDENTE ... 23
MUCCI Mara (MISTO-CIPI) ... 24
PRESIDENTE ... 25
MUCCI Mara (MISTO-CIPI) ... 25
PRESIDENTE ... 25
PAGLIA Giovanni (SI-SEL-POS) ... 25
PRESIDENTE ... 28
CATALANO Ivan (MISTO-CIPI) ... 28
PRESIDENTE ... 29
MARGUERETTAZ Rudi Franco (MISTO-MIN.LING.) ... 29
PRESIDENTE ... 30
FASSINA Stefano (SI-SEL-POS) ... 30
PRESIDENTE ... 33
FOSSATI Filippo (MDP) ... 33
PRESIDENTE ... 33
FOSSATI Filippo (MDP) ... 33
PRESIDENTE ... 35
GALGANO Adriana (MISTO-CIPI) ... 35
PRESIDENTE ... 36
RICCIATTI Lara (MDP) ... 36
PRESIDENTE ... 37
RICCIATTI Lara (MDP) ... 37
PRESIDENTE ... 37
MENORELLO Domenico (MISTO-CIPI) ... 37
PRESIDENTE ... 38
MARCHI Maino (PD) ... 38
PRESIDENTE ... 41

(Repliche - A.C. 4768-A) ... 41
PRESIDENTE ... 41
MORANDO Enrico, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze ... 41

Preavviso di votazioni elettroniche ... 43
PRESIDENTE ... 43

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 13,05 ... 44

Si riprende la discussione ... 44
PRESIDENTE ... 44
BOCCIA Francesco (PD), Presidente della V Commissione ... 44
PRESIDENTE ... 44
BOCCIA Francesco (PD) ... 44
PRESIDENTE ... 44
SORIAL Girgis Giorgio (M5S) ... 44
PRESIDENTE ... 45
SORIAL Girgis Giorgio (M5S) ... 45
PRESIDENTE ... 46
PALESE Rocco (FI-PDL) ... 46
PRESIDENTE ... 47
PALESE Rocco (FI-PDL) ... 47
PRESIDENTE ... 47
SCOTTO Arturo (MDP) ... 47
PRESIDENTE ... 48
RAMPELLI Fabio (FDI-AN) ... 48
PRESIDENTE ... 49
RAMPELLI Fabio (FDI-AN) ... 49
PRESIDENTE ... 49
RAMPELLI Fabio (FDI-AN) ... 49
PRESIDENTE ... 49
GUIDESI Guido (LNA) ... 49
PRESIDENTE ... 49
MONCHIERO Giovanni (MISTO-CIPI) ... 49
PRESIDENTE ... 50
MARCON Giulio (SI-SEL-POS) ... 50
PRESIDENTE ... 50
MARCON Giulio (SI-SEL-POS) ... 50
PRESIDENTE ... 50
MARCHI Maino (PD) ... 50
PRESIDENTE ... 51
MARCHI Maino (PD) ... 51
PRESIDENTE ... 51
TANCREDI Paolo (AP-CPE-NCD) ... 51
PRESIDENTE ... 51
PALESE Rocco (FI-PDL) ... 51
PRESIDENTE ... 51
TABACCI Bruno (DES-CD) ... 52
PRESIDENTE ... 52
TABACCI Bruno (DES-CD) ... 52
PRESIDENTE ... 52

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15 ... 52

Missioni ... 52
PRESIDENTE ... 52

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 4768-A/R ... 52
PRESIDENTE ... 52
FANUCCI Edoardo (PD), Vicepresidente della V Commissione ... 52
PRESIDENTE ... 52PRESIDENTE ... 52
PALESE Rocco (FI-PDL), Vicepresidente della V Commissione ... 52
PRESIDENTE ... 52
PALESE Rocco (FI-PDL), Vicepresidente della V Commissione ... 52
PRESIDENTE ... 53

La seduta, sospesa alle 15,01, è ripresa alle 15,35 ... 52

(Posizione della questione di fiducia – Articolo 1 - A.C. 4768-A/R) ... 53
PRESIDENTE ... 53
FINOCCHIARO Anna, Ministra per i Rapporti con il Parlamento ... 53
PRESIDENTE ... 53

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CLAUDIA MANNINO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 13 dicembre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Coppola, Pes, Sanga e Sereni sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centoquindici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella denominazione e nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile, con lettera pervenuta in data 20 dicembre 2017, ha reso noto che il gruppo ha modificato la propria denominazione in “Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile-Liberi e Uguali”.

Comunico, inoltre, che il presidente del gruppo parlamentare Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista, con lettera pervenuta in data 20 dicembre 2017, ha reso noto che il gruppo ha modificato la propria denominazione in “Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista-Liberi e Uguali”.

Comunico, infine, che, con lettera pervenuta in data 20 dicembre 2017, la deputata Maria Gaetana Greco, già iscritta al gruppo parlamentare Partito Democratico, ha chiesto di aderire al gruppo parlamentare Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista-Liberi e Uguali. La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Discussione del disegno di legge: S. 2960 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (Approvato dal Senato) (A.C. 4768-A); Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (A.C. 4768/I) (ore9,07).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4768-A: Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020; Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (A.C. 4768/I).

Avverto che il nuovo schema recante la ripartizione dei tempi, predisposto a seguito della cessazione della componente politica del gruppo Misto FARE!-Pri-Liberali, è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 13 dicembre 2017 (Vedi l’allegato A della seduta del 13 dicembre 2017).

Ricordo che l’esame in Assemblea del provvedimento si articolerà nei termini seguenti: una volta conclusa la discussione sulle linee generali, l’Assemblea procederà all’esame degli articoli e degli emendamenti ad essi riferiti e, successivamente, all’esame degli ordini del giorno. Avrà poi luogo, ai sensi dell’articolo 21, comma 12, della legge n. 196 del 2009 e successive modificazioni, l’esame della seconda Nota di variazioni che sarà presentata dal Governo, cui seguiranno le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4768-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista-Liberi e Uguali ne hanno chiesto l’ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell’articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la Commissione Bilancio (V Commissione) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, presidente della Commissione Bilancio, onorevole Boccia.

FRANCESCO BOCCIA, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. È stato un lavoro molto lungo, complesso, articolato, non semplice, ma, se siamo arrivati fin qui, è grazie all’impegno che tutte le forze politiche hanno concentrato e dedicato a questo lavoro. Voglio ringraziarli in apertura di questa mia relazione, perché c’è stata, nonostante alcuni momenti più critici, una grande disponibilità di tutte le forze politiche, soprattutto di opposizione, nel comprendere e nel tollerare i fisiologici ritardi che erano connessi alla mole di lavoro concentrata in un tempo ridottissimo. La Camera dei deputati quest’anno ha visto dimezzare il tempo a disposizione, per una serie di ragioni che tutti quanti conosciamo, e in poco tempo abbiamo dovuto concentrare un massa di lavoro che era davvero molto, molto imponente.

Nella relazione di apertura di questa discussione generale vorrei ricordare i tanti interventi importanti che alla fine, grazie all’aiuto di tutti, siamo riusciti a concentrare in questa, che non è solo la legge di bilancio 2018, che si riferisce al bilancio 2018-2020, è anche, di fatto, l’ultimo grande vagone legislativo della legislatura. Ed era inevitabile che, intorno alla legge di bilancio 2018-2020, si concentrassero le attenzioni di tutto il Paese, a volte in maniera anche impropria, perché molti dei problemi irrisolti, molte delle urgenze connesse a vicende e ad emergenze non strettamente riferibili alla legge di bilancio, le amministrazioni centrali, le associazioni di categoria, datoriali o del lavoro, ritenevano che fosse opportuno, essendo questa l’ultima grande misura possibile, risolverli con una norma dentro la legge di bilancio.

Alcune cose sono state fatte, alcune cose sono state recepite, anche ai limiti dei confini della legge di bilancio; per altre era tecnicamente impossibile, perché risultavano norme nettamente fuori dal perimetro della legge di bilancio. Abbiamo fatto tutto il possibile. Quello che viene fuori, però, è un insieme di norme che consentono al Paese di guardare avanti con ottimismo e di guardare avanti anche ritenendo di essere un Paese più agile, più snello, più moderno, più europeo.

Sono state tante le norme che hanno fatto riferimento a riforme che hanno caratterizzato questa legislatura. Vorrei iniziare dall’alto numero di semplificazioni fiscali; abbiamo provato a fare sintesi di una buona parte dei lavori fatti qui a Montecitorio dalla VI Commissione. Il calendario fiscale ha avuto un restyling, che da tempo veniva richiesto da molti degli attori che si erano confrontati: siamo passati dal 730 compilato da CAF e intermediari, con una data chiara, che è il 23 luglio, allo spesometro, alle comunicazioni dei dati, che ora per tutti sarà, solo e comunque, il 30 settembre, per non parlare del modello 770 e per le CU dei redditi, tutte il 31 ottobre, come i redditi IRAP, con l’invio telematico il 31 ottobre . Abbiamo evitato che ci fosse quello che molti professionisti chiamano “il caos dei calendari” applicato al loro lavoro e alla vita dei contribuenti italiani.

Abbiamo affrontato, anche perché non era possibile fare diversamente, per le ragioni che richiamerò ora, il lavoro in Commissione, dividendo per aree tematiche l’imponente legge di bilancio che era arrivata prima da Palazzo Chigi, attraverso l’impianto licenziato dal Consiglio dei ministri, e poi dal Senato. Questo aspetto voglio sottolinearlo in questa mia relazione.

Noi abbiamo avuto - io l’ho chiamata così, scherzandoci un po’ in Commissione - una legge di bilancio che aveva due teste e io mi auguro che questo non ricapiti più in futuro, soprattutto per la riforma della legge di bilancio che abbiamo approvato a larghissima maggioranza l’anno scorso e che ci ha consentito di superare le regole che avevano caratterizzato la vecchia legge di stabilità. La legge stabilità non esiste più, oggi abbiamo la legge di bilancio, non a caso abbiamo lavorato su un unico provvedimento, abbiamo messo insieme in un unico provvedimento numeri e parole - la vecchia stabilità e il vecchio disegno di legge di bilancio - e abbiamo anche ridefinito i confini della legge di bilancio.

Devo dire, facendo un’autocritica collettiva, che, per il 2018, noi non abbiamo rispettato fino in fondo le regole che ci eravamo dati con la nuova legge di bilancio. Io auspico che, dalla prossima legislatura, questo non accada più. Quest’anno non è accaduto.

Il Governo, con grande senso di responsabilità, nell’ultima legge di bilancio della legislatura aveva inviato alle Camere una manovra, che il Premier Gentiloni aveva definito snella, dal punto di vista della quantificazione economica, perché questa è una manovra snella, voglio ricordarlo.

È una manovra che vale l’1,2 di PIL, di cui lo 0,9 era andato per disinnescare le clausole di salvaguardia.

Quindi, stiamo parlando di una manovra netta di 5 miliardi e mezzo, non di più, e poi con una serie di misure. Era una manovra thin, snella, agile, ma piena di articoli. Quindi positivo il grande rispetto del premier Gentiloni per il Parlamento, perché di solito, a fine legislatura, si fanno manovre dal punto di vista economico-finanziario che sono quasi dei mostri.

Invece, il Governo non ha approfittato della condizione in cui eravamo, però ci ha inviato una legge di bilancio con oltre cento articoli. E io penso che questo sia stato un errore. Come ho detto più volte in Aula – l’ho ribadito nelle discussioni che abbiamo fatto -, ritengo che il Paese abbia bisogno di fare quel salto di qualità. Oggi ha una legge di bilancio, che consente al Parlamento di ricevere 10, 12, 15 grandi temi (fisco, previdenza, sicurezza, scuola), che poi possono essere legati a disegni di legge collegati, che i singoli ministeri definiscono nei tre-quattro mesi successivi nelle Commissione di merito. Quando avremo fatto questo, il Paese sarà maturato definitivamente anche nel rapporto con la società e con i corpi intermedi, perché concentrare ogni misura in un momento dell’anno, che va tra metà novembre e fine dicembre, trasforma la legge di bilancio, inevitabilmente, in un momento di grande tensione e di grande pressione per tutti.

Come dicevo, abbiamo ricevuto una legge di bilancio, che era fatta da due teste, quella del Consiglio dei ministri e poi - lo ha ricordato il Viceministro Morando in apertura dei nostri lavori in Commissione - un altro testo, fatto solo di articoli aggiuntivi, che ci è arrivato dal Senato.

Quindi, noi abbiamo dovuto lavorare su due testi, quello del Consiglio dei ministri e quello del Senato. La Camera è intervenuta sui testi che ha ricevuto. Ha inserito anche la Camera alcuni alcuni commi , però, di fatto, tutto questo ha comportato interventi molto complessi, che devo dire sono stati omogeneizzati dal lavoro straordinario degli uffici.

Continuo con i contenuti della manovra. Sono stati fatti interventi, che erano molto attesi nel Paese, sugli enti locali e sulle regioni. Sono stati contenuti i tagli alle regioni. È arrivata una riduzione di tagli con 200 milioni di aiuti pieni diretti e altri 100 sono in termini di saldo netto da finanziarie e 75 milioni al trasporto dei disabili, misura votata come tante altre all’unanimità.

Sono state tante, Presidente, le misure votate in Commissione all’unanimità. È ripartito il turnover per le città metropolitane, le province hanno più fondi, sono stati fatti interventi votati anche lì all’unanimità per le città in dissesto.

Sono state date risposte a tutte le città italiane, indipendentemente dal colore politico. Questo ci tengo a sottolinearlo, perché nel dibattito fuori dalla Commissione, spesso, sono state raccontate vicende che non rispecchiavano la realtà.

La misura sulle città, per evitare che chi era in pre-dissesto potesse andare in dissesto, è stata votata all’unanimità e ha messo dentro città, che vanno da Caserta, Terni, Foggia, Catania, Messina, anche se poi le polemiche maggiori sono state fatte su Napoli. Non sono state fatte differenze e alla città di Napoli sono state date le stesse opportunità date a tutta la città. E io penso che sia stato giusto consentire a una grande città, come Napoli, di continuare ad avere la possibilità di programmare i propri investimenti e assicurare i servizi.

Poi siamo intervenuti su scuole e università. Penso agli scatti di stipendio per i professori, al fondo di accesso agli atenei, alla stabilizzazione ATA, alle assunzioni per gli Atenei virtuosi, alla proroga di molte graduatorie. Lavori che, ovviamente, ci hanno portato, come dicevo prima, proprio a causa delle caratteristiche della legge di bilancio a passare da un’area all’altra, come se passassimo da un pezzo all’altro dello Stato: dagli enti locali alle regioni, dall’ambiente all’agricoltura, dalle infrastrutture ai trasporti passando per la sicurezza.

Sono stati fatti interventi che hanno dato risposte definitive ad alcuni corpi che li aspettavano da anni. Ho parlato prima delle graduatorie della scuola, ma siamo intervenuti sulle graduatorie delle forze dell’ordine, siamo intervenuti sui vigili del fuoco, siamo intervenuti su temi, rispetto ai quali il dibattito in Parlamento ha spesso costretto il Governo a dare delle risposte emergenziali.

Penso a temi di come quelli che hanno caratterizzato le risposte date ai professionisti. Abbiamo ritoccato in meglio, precisandolo ancora di più, l’equo compenso, misura che era entrata nel decreto fiscale, che era stata sostenuta da tante forze politiche.

Siamo intervenuti sugli abusi edilizi, ipotizzando un fondo ad hoc per aiutare i comuni negli interventi di demolizione.

Siamo intervenuti anche sulle pensioni. Questo è un aspetto importante. Il Governo ha fatto un accordo con le organizzazioni sindacali e quell’accordo è stato trasformato in un intervento, che il Parlamento ha difeso, ha difeso perché era evidente che c’erano tante altre categorie che ritenevano di potere essere catalogate, tra quelle che necessitavano delle deroghe. Abbiamo difeso tutti insieme quell’accordo - alcune forze politiche hanno sostenuto la necessità di riaprirlo, ma le forze di maggioranza lo hanno difeso quell’accordo perché era giusto coniugare gli equilibri di finanza pubblica con un accordo che aspettavamo da tempo.

E, infine, signor Presidente, siamo intervenuti su alcuni aspetti, che erano un po’ più delicati, ma che hanno caratterizzato il nostro dibattito in maniera molto, molto chiara.

Tema detrazioni figli, bonus bebè. Ho letto anche oggi su alcuni giornali che non aveva senso togliere il bonus bebè per i prossimi anni, salvo concentrarlo sul 2018. Io penso invece che, con grande serietà, abbiamo il dovere di limitare gli interventi attraverso i bonus e fare un’operazione, come quella che è stata fatta quest’anno, grazie anche ad alcune forze politiche di maggioranza, che avevano posto come conditio sine qua non la presenza di alcune poste di bilancio, nel bilancio 2018-2020. Aver concentrato le risorse del bonus bebè, da un lato, e averle accompagnate ad un aumento della detrazione sui figli, che passa dagli attuali 2.840 euro a 4 mila euro, io penso che vada nella direzione giusta, perché ci consente di guardare al futuro, concentrando le risorse sulle famiglie e su chi è indietro su un meccanismo automatico. Se sei sotto col reddito, hai quei diritti garantiti. E io penso che questo si faccia andando anche oltre il bonus. E queste misure, questo combinato disposto detrazioni figli - bonus bebè, io penso che sia un risultato importante.

Siamo intervenuti sul fondo risparmiatori. Il Governo ha dato il via libera - e il Parlamento del Governo - al raddoppio della dote del fondo per i risparmiatori vittime dei crack bancari.

Siamo intervenuti con un grande piano idrico sull’adozione di un piano nazionale di interventi nel settore, che sarà finanziato con risorse derivanti dall’applicazione del servizio idrico. E anche qui sarà importante aggregare le tante aziende italiane che si occupano di risorse idriche, se vogliamo garantire intanto agli italiani che l’acqua non vada dispersa, esattamente come accade oggi e come accade oggi soprattutto nel Mezzogiorno, e per farlo ci vogliono aziende sane, bacini su cui si fanno investimenti e, soprattutto, ci vuole lungimiranza e un orizzonte davanti condiviso. E il Piano degli invasi che abbiamo approvato, anche questo con grande convinzione e con il voto di tante forze politiche, garantirà per i prossimi cinque anni investimenti che vanno direttamente sulle reti.

Infine, siamo intervenuti sugli effetti del digitale sull’organizzazione della nostra economia. Io penso sia riduttivo parlare di web tax e chi lo fa è rimasto con gli occhi sul passato. Aveva senso parlare di web tax nel 2012-2013, quando è iniziata questa legislatura, perché in quel momento era evidente che stava cambiando qualcosa nel modello di produzione dei beni e dei servizi. E stava cambiando qualcosa perché per la prima volta nella storia moderna del capitalismo non era così scontato che all’aumento del PIL ci fosse un correlato aumento del gettito fiscale. Quando lo abbiamo detto in quest’Aula nel 2013 erano in tanti a dire che provavamo a fermare il vento con le mani, che la libertà della rete, la presunta libertà della rete, non si doveva fermare neanche di fronte alle regole fiscali. Poi è cambiato tutto. In questi cinque anni di legislatura, permettetemi di dirlo, è cambiato tutto. Anche quelli del ‘ci penserà l’Europa o ci penserà il mondo’ hanno cambiato posizione. È evidente oggi che bisogna allineare le regole fiscali online alla vita quotidiana, che è anche fatta da regole fiscali off-line. Non esiste un’altra vita online e non solo sul fisco, anche sulle regole connesse alla sicurezza, alla privacy, al commercio e quindi la web tax cosiddetta di quest’anno altro non è che l’allineamento e il rafforzamento del concetto di stabile organizzazione che era partito nel 2013 e che nel 2018 ci vedrà finalmente - e ho finito signor Presidente - in Europa, dopo l’ultimo consiglio ECOFIN del 5 dicembre, probabilmente, con l’IVA sul commercio elettronico condivisa.

Di lì, parte un’altra storia e parte un’altra vicenda, e accanto a queste riflessioni fatte dal Parlamento abbiamo lasciato tracce del lavoro che spetterà fare alla prossima legislatura, con la norma sul FinTech, con la norma che incide sul trasporto, sulla logistica connessa attorno al commercio elettronico - e ho chiuso - e con la norma fatta sul trattamento dei dati personali.

Chiudo, signor Presidente, ringraziando ancora gli uffici per il lavoro straordinario che ci hanno consentito di fare in queste condizioni e auspicando un dibattito in discussione generale fino alle dichiarazioni di voto finale in linea con il confronto che c’è stato in Commissione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Palese.

ROCCO PALESE, Relatore di minoranza. Sì, grazie Presidente. Non c’è dubbio che quello che ha auspicato il relatore di maggioranza, il Presidente della Commissione bilancio, poco fa, e cioè che partirà una nuova storia nella prossima legislatura, questo è sicuro, ed è esattamente l’opposto di quello che è stato fatto con questa legge di stabilità. Su questo non ci sono dubbi, ci sono certezze, per un motivo molto semplice: perché questa legge di bilancio è costruita totalmente sulle sabbie, anzi forse anche meno delle sabbie, non ci sono basi.

Lo abbiamo già sottolineato nel contesto di altri interventi, anche nella Commissione: il bilancio dello Stato del 2018 sostanzialmente è costruito in parte in debito per eliminare la clausola di salvaguardia, circa 11 miliardi di aumento del debito pubblico, a cui questa maggioranza in questa legislatura ha contribuito a superare ogni tipo di record continuamente, ed altri problemi riguardano la situazione delle entrate dall’evasione fiscale. Io non penso che le modifiche e il rafforzamento dovuto alla cosiddetta fattura elettronica possano contribuire alla realizzazione di circa 6 miliardi di euro di entrate dall’evasione fiscale nel 2018, perché erano 5,1, però poi, dopo, per consentire altre distribuzioni a pioggia di natura totalmente elettoralistica e totalmente contro gli interessi del Paese e contro le tasche dei cittadini, per distribuire e per poter rafforzare il potere clientelare degli enti decentrati si sono aumentate altre misure, attraverso meccanismi e congegni che forse non si riuscirà neanche a mettere in essere per la situazione e contrastare l’evasione fiscale nel contesto del settore carburanti e quant’altro, si arriva a circa 6 miliardi; e altri 2 miliardi e passa riguardanti riduzioni di spending review nei ministeri, di cui non è che ci sia molta traccia, e poi bisogna vedere anche se saranno realizzate.

Davanti a una situazione del genere sono state completamente ignorate anche le raccomandazioni che sono venute dall’Unione Europea a dicembre, con cui si parlava e si pretendeva - e sarà così, sarà così! - una correzione già in partenza di 5 miliardi di euro. Davanti ad una situazione del genere, qual è stata la risposta? Quella di un aggravamento totale della situazione di base, attraverso l’introduzione di misure di ogni genere e di ogni grado, per le quali non so quante ore o quanti giorni occorreranno - chiaramente e soprattutto per quello che riguarda la filiera istituzionale del Paese, regioni, comuni, province e quant’altro, e poi tutto il Paese - per poterle leggere: uscirà fuori un libro, non una legge di stabilità, un libro, dove c’è tutto, di tutto e il contrario di tutto.

Quindi, io penso che sicuramente la prossima legislatura si aprirà con questo grave problema: questo Governo e questa maggioranza hanno piazzato una bomba a orologeria non sotto il prossimo Governo, ma sullo Stato, sulla Repubblica, sulla tenuta della Repubblica, dello Stato dei conti pubblici dello Stato. Questo è stato fatto con questa legge di bilancio, altro che bilancio, questa è una legge che sfascia i conti pubblici, che sbilancia in maniera incredibile quello che era stato costruito. E i binari saranno due: o la situazione pre-troika, come in Grecia, oppure la nuova legislatura inizierà con un Governo che necessariamente dovrà abbattere, definanziare per l’80 per cento tutta la sciatteria e tutto quello che è stato stabilito da questa legge di stabilità e anche una serie di abrogazione di norme. E qui esiste un grave problema perché, chiaramente, una volta che le leggi vanno in vigore ci sono anche terzi e si vanno ad instaurare diritti soggettivi di terzi, che poi, forse, non possono essere neanche toccati.

Cioè, è stato fatto questo; in un contesto incredibile e qui, sì, che vanno ringraziati gli uffici e quant’altro, che hanno dovuto sottostare a un ritmo forsennato, a un ritmo di delirio normativo e di delirio, un delirio totale da parte del Governo e della maggioranza, nel contesto dei lavori che si sono svolti all’interno della Commissione, a dover stare dietro continuamente a migliaia e migliaia di emendamenti e quant’altro, dove il Vice Ministro Morando ha fatto quello che ha potuto, bisogna dirlo chiaramente, ha tentato di porre dighe, bandiere, eccetera, ma è stato travolto anche lui, alla fine è stato travolto anche Morando. Ed è un dato evidente, non è che si può girare intorno alle parole o ai fatti, sono circostanze e fatti, che, purtroppo, sono avvenuti all’interno di questa situazione.

Io penso che anche le poche cose interessanti che c’erano all’interno: non c’è dubbio che, se dovessi dare un giudizio, è nettamente migliore il giudizio del testo che è uscito dal Consiglio dei ministri, piuttosto che quello che è stato stravolto, completamente disastrato, dalla Commissione e dalla maggioranza, sull’interno testo che si è avuto come risultanza. È vero che qualche norma di carattere generale, proposta anche dall’opposizione, e alcune cose di natura settoriale proposte dalle opposizioni hanno avuto riscontro. Ma noi avremmo voluto che ci fosse, per esempio, più attenzione su alcuni argomenti; noi avevamo condiviso alcune questioni, ne cito una per tutte: la situazione del superticket. Veramente, se ci sono state le condizioni per tirar fuori tutte quelle micro norme settoriali che ci sono state, tutti quegli interventi a pioggia che ci sono stati, di natura localistica, di natura generale, i più svariati, non si è avuta la possibilità - e certo che c’era la possibilità - di tirar fuori l’eliminazione del superticket. Noi avremmo voluto che anche quella correzione in corso d’opera, riferita a un aumento che, secondo noi, non si realizzerà, ma comunque voi l’avete fatta, rispetto alla situazione dell’evasione fiscale, che quelle risorse, quei 4 o 500 milioni di euro potessero essere stati utilizzati per l’eliminazione del superticket, perché quella sì che è un’esigenza generale del Paese e delle fasce più deboli. Non l’avete fatto, è lì la prova, è lì la prova più grossa, lo ripeto, è lì la prova che, invece, tutto quello che avete fatto non è nell’interesse della gente e del Paese, ma sorge per scopi elettoralistici, solo per situazioni di clientele e di beghe all’interno dalla maggioranza!

Per questo la nostra valutazione è non solo di totale contrarietà, questa è una legge non per il Paese, ma contro il Paese e va totalmente bocciata, dalla prima fino all’ultima parola.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, Federico D’Incà.

FEDERICO D'INCA', Relatore di minoranza. Presidente, colleghi, riteniamo necessaria una premessa per rilevare la nostra indignazione nello svolgimento dei lavori di quest’ultima sessione di bilancio della XVII legislatura, ormai prossima alla chiusura.

Noi del MoVimento 5 Stelle, approdati in Parlamento per la prima volta, abbiamo vissuto, per cinque anni, un modo di operare della sessione di bilancio con tempi e modi deprecabili, caratterizzati da attese infinite, dallo stillicidio di presentazioni continue e, soprattutto, notturne di emendamenti del Governo. Ciò non è rispettoso nei confronti sia di tutti i dipendenti della Camera e dei deputati, sia degli uffici dei ministeri, sottoposti a ritmi e orari massacranti e non umani che non consentono di lavorare con lucidità e massima proficuità. A loro va il nostro sincero ringraziamento.

Per quanto concerne, invece, la continua proliferazione di emendamenti del Governo e del relatore, per noi è il sintomo di una mancanza di visione politica unanime della maggioranza che ha sostenuto i Governi succedutisi in questa tesa legislatura. La nostra prima esperienza ci ha subito fatto comprendere e insegnato cosa nel futuro dobbiamo modificare per la sessione di bilancio; mi riferisco, soprattutto, alla tendenza di inserire, a tutti i costi e all’ultimo minuto, norme localistiche di aggiustamento, lacunose, che necessitano in continuazione di norme interpretative, di modifica, di integrazione o di proroga.

Nonostante la riforma del bilancio dello Stato, nonostante l’evidente dichiarata mancanza di sufficienti risorse, anche in quest’ultima sezione di bilancio c’è stata una forte tendenza all’introduzione di norme localistiche e microsettoriali, indotta dall’evidente apertura della campagna elettorale. Chi più porta a casa, più ha la speranza di riconfermarsi la poltrona per la XVIII legislatura, senza alcun interesse a far sì che nella destinazione delle limitate risorse sia data priorità ad interventi urgenti e condivisi dalla collettività.

Chiusa questa premessa, per quanto concerne il contenuto della legge di bilancio presentata dal Governo e modificata dal Senato e dalla Commissione bilancio della Camera, noi abbiamo presentato iniziative per migliorare il testo e destinare risorse idonee a fronteggiare le criticità che i cittadini soffrono e abbiamo supportato col nostro voto favorevole tutte le iniziative positive delle varie forze politiche.

In materia di finanza locale, il Governo ha adottato misure che si possono interpretare come passi indietro, rispetto agli interventi approvati con il sostegno di questa maggioranza; mi riferisco alle misure di riparazione delle annose problematiche correlate allo squilibrio finanziario delle province e delle città metropolitane che sono state private, pesantemente, delle risorse minime e indispensabili per svolgere le importanti funzioni attribuite dalla legge stessa. Con la legge in esame, il Governo ha aumentato le risorse alle medesime, oltre a quelle già stanziate con il recente decreto-legge n. 50 del 2017, ma non riesce a coprire l’intero gap, valutato in circa 650 milioni.

Evidenziamo le criticità delle situazioni finanziarie delle regioni sottoposte a regimi di riduzione di spesa molto rigide negli anni passati, per la crisi e la recessione economica; anche in merito il Governo ha fatto un passo indietro, attribuendo loro un contributo di 2 miliardi per sostenere la stabilità finanziaria, nel testo iniziale, poi, aumentato di 100 milioni con una modifica in Commissione e portato da 100 a 300 milioni.

Oltre a questo, delle numerose nostre proposte emendative di miglioramento della disciplina relativa ai comuni, ci pregiamo di aver contribuito all’inserimento della norma che consente ai comuni oggetto di fusione di poter armonizzare le aliquote interne, derogando al blocco della leva fiscale a parità di gettito, nonché l’importante emendamento in materia di riscossione delle entrate degli enti locali, dando maggiore autonomia agli stessi; ad aver inserito un comma che modifica le norme, di cui all’articolo 36, comma 1-ter del d.l. n. 112 del 2008, consentendo la semplificazione e l’utilizzo della firma digitale per sottoscrivere alcune tipologie di atti di imprese e di società; ad aver presentato ed appoggiato la norma approvata che finanzia il Fondo di sostegno ai comuni svantaggiati appartenenti alle aree territoriali di confine con il Friuli Venezia Giulia. Inoltre, per quanto concerne le nostre proposte di sbocco del turnover nella misura del 100 per cento nei comuni che presentano un rapporto fra dipendenti e popolazione inferiore alla media di riferimento e che contribuirebbe non solo a creare posti di lavoro a livello territoriale, ma anche a innescare un rinnovamento generazionale negli uffici comunali, rileviamo che non sono state approvate misure degne di dare, appunto, importanza a questo turnover che deve esserci all’interno dei nostri comuni.

In ambito fiscale, notiamo che sarebbe stato meglio evitare l’introduzione di una norma che riforma in modo drastico le agenzie fiscali. La riforma è di tipo ordinamentale e ci chiediamo come sia stato possibile inserirla nella legge di bilancio che niente dovrebbe avere a che fare con le regole degli enti pubblici. La norma in questione offre maggiore autonomia alle agenzie delle entrate e delle dogane per il reclutamento e la gestione del personale, maggior autonomia che nella descrizione di questo testo normativo appare, difatti, alquanto incostituzionale. In merito a ciò va esaminata la sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale, con la quale la Consulta fece decadere diverse centinaia di dirigenti incaricati, dichiarandoli illegittimi, per via di una norma incostituzionale che consentiva l’affidamento di incarichi dirigenziali senza concorso.

Per questo motivo, Presidente, il controllo dell’Agenzia delle entrate è un controllo politico, in mano a pochi, e continuerà ad essere così. I partiti politici che da sempre hanno deciso i nomi dei diversità direttori hanno consentito ad essi di costruirsi una rete di dirigenti incaricati o nominati, molto fidati nell’eseguire i compiti impartiti e ciò consente di non escludere che il condizionamento sia stato trasferito anche nei comportamenti e negli atti. Il numero di indagati per reati contro il patrimonio nelle agenzie è pari a 340 unità e contribuisce, quindi, a darne prova.

Per quanto concerne la normativa in materia di attività produttive il gruppo del MoVimento 5 Stelle sottolinea che nella legge di bilancio in esame non si è intervenuto sul ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Tant’è vero che la Commissione dell’Unione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia per ritardi sistematici nei pagamenti pubblici ai fornitori. La compensazione dei debiti e dei decreti nei confronti della pubblica amministrazione come richiesto dal MoVimento 5 Stelle è nata per alleggerire professionisti ed imprese dal problema dei ritardi dei pagamenti; sono 100.000 le imprese fallite in Italia dall’inizio della crisi ad oggi, una su quattro è saltata perché lo Stato è un cattivo pagatore. Tra le norme per lo sviluppo, voglio ricordare il Fondo per gli interventi volti a favorire lo sviluppo del capitale immateriale, della competitività e della produttività. Sicuramente è un passo avanti che, però, deve rimanere patrimonio comune nei prossimi anni, per riuscire in qualche maniera a poter far sì che abbiamo continuamente la possibilità di poter dare sempre più forza all’innovazione e alla ricerca.

Inoltre, esprimiamo soddisfazione per l’approvazione dell’emendamento sulla proroga dell’applicazione della cosiddetta Bolkestein sul commercio ambulante, ma riteniamo sarebbe auspicabile escludere tale settore dall’applicazione della direttiva europea. Bisogna tutelare la tipicità del commercio ambulante italiano, composta da 160.000 operatori, ambulanti e micro imprese del settore, escludendo dalle norme di attuazione della direttiva in materia servizi del mercato interno. Oltre a questo, Presidente, in generale il presente disegno di legge stanzia somme cospicue per interventi localistici e - lo ricordo ancora una volta - dal forte sentore propagandistico ed elettorale, mentre si è scelto di non impiegare adeguate risorse, ad esempio, per il fondo dei lavoratori usuranti, come pure non si è voluto agevolare il ricorso del worker buyout, cioè dei lavoratori che decidono in maniera condivisa di rilevare la propria azienda in crisi, al fine di garantire i livelli di occupazione e di produttività.

Voglio chiudere il mio intervento, Presidente, dicendo che noi, domenica sera, avevamo praticamente soltanto analizzato 500 pagine delle 825 che componevano il testo, quindi, mancavano circa 295 pagine al termine. Inoltre, mancava tutta una serie di emendamenti del Governo e del relatore e molti nelle 500 pagine erano accantonati. Questo per definire la lentezza con cui si sono svolti i lavori e la mancanza di organizzazione interna. Oltre a questo, consapevoli delle ridotte possibilità di apportare contributi sostanziali alla legge di bilanciato per il 2018, auspichiamo che la prossima legislatura garantisca sessioni di bilancio in cui le forze politiche abbiano l’opportunità di una serie proficua di confronti per adottare le soluzioni migliori che i cittadini attendono. Soluzioni che siano le migliori per garantire e stabilizzare lo sviluppo sostenibile del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Melilla.

GIANNI MELILLA. Relatore di minoranza. Grazie, signor Presidente. Il disegno di legge, o meglio la bozza del bilancio di previsione dello Stato, è stata discussa in Commissione in modo caotico e incivile. È un rito che fa danni al Paese su cui è necessario intervenire. Vorrei ricordare che i deputati, i parlamentari rappresentano la nazione e non il loro collegio. C’è un Regolamento della Camera da rivedere, che deve disciplinare in modo diverso le procedure, la presentazione degli emendamenti, la centralità della Commissione nell’ordinare il dibattito e nello scegliere le soluzioni normative in modo - ripeto - non più caotico e incivile con sedute fiume, anche notturne, che indeboliscono sicuramente la razionalità nelle scelte che vengono compiute. È un problema di cui dobbiamo farci carico tutti e dispiace che, in questa legislatura, da parte di alcuni gruppi, si sia boicottato il processo di riforma del Regolamento della Camera.

Detto questo, questo disegno di legge non è quello che noi auspicavamo, perché mira a conservare la situazione economica e sociale di profonda disuguaglianza che vive il nostro Paese e non punta, invece, sul cambiamento, in particolare su due grandi temi, Viceministro: la sanità e il lavoro. Solo su questi vorrei parlare, lasciando il testo scritto della mia relazione di minoranza per un esame più approfondito, per chi lo voglia fare, di tutte le posizioni del gruppo di MDP-Articolo 1 su questo disegno di legge.

L’articolo 32 della Costituzione è chiaro: tutti i cittadini hanno diritto all’assistenza sanitaria. Per tanti anni questo diritto non c’è stato, soprattutto nel dopoguerra. Nel 1948 solo una parte aveva diritto all’assistenza sanitaria, erano solo due terzi dei cittadini italiani che avevano una mutua professionale o una assicurazione. C’è stato un lungo cammino della libertà, per usare il titolo di un grande libro di Nelson Mandela. Un lungo cammino della libertà ci ha portato a dare l’assistenza sanitaria a tutti gli italiani, e non solo a tutti gli italiani, ma anche chi veniva in Italia da altri Paesi ha avuto diritto all’assistenza sanitaria. Oggi non è più così. Oggi dobbiamo fare i conti con 14 milioni di italiani poveri, o a rischio di povertà, per i quali le cure sanitarie non sono più un diritto, perché non hanno i mezzi economici per assicurarsele. Il superticket era un paradigma di questa situazione, era un po’ un simbolo. Vorrei citare i dati delle schede di dimissione ospedaliera, i famosi SDO. Ci dicono che 500.000 cittadini italiani nel 2017 sono stati costretti a lasciare la loro regione di residenza per andare a curarsi. Non c’è più una omogeneità nazionale, vi sono differenze di qualità nel sistema sanitario delle venti regioni e province autonome. Il 40,7 dei malati calabresi di tumore hanno scelto un ospedale non calabrese, sono andati al nord a curarsi; il 38,6 dei malati oncologici del Molise, il 28,6 dei malati di tumore della Basilicata, e potremmo citare tutte le regioni meridionali.

La Lombardia, l’anno scorso, ha avuto 17.000 malati oncologici delle altre regioni italiane, soprattutto del sud. L’Emilia, più 6.000 malati oncologici provenienti da altre regioni. La Toscana, più 4.000. Spostarsi per i malati oncologici è pesante; questi viaggi della speranza sono costosi, pensiamo ai familiari che devono seguirli. C’è una iniquità anche dal punto di vista della spesa sanitaria, perché un miliardo e mezzo di euro si sono spostati dal Sud al Nord e nel frattempo la sanità privata avanza. Un terzo delle spese dei cittadini ormai sono a carico dei bilanci delle famiglie, non sono più assicurati dallo Stato.

La vicenda dei ticket è emblematica: ormai per molte tipologie di accertamenti diagnostici si spende di meno, andando al privato che non rivolgendosi al pubblico, perché i ticket non rendono più competitivo il Servizio sanitario pubblico rispetto a quello privato; per non parlare delle liste di attese. Il diritto alla salute lega l’uguaglianza e la libertà. L’uguaglianza perché le cure mediche vanno assicurate a tutti, indipendentemente da età, sesso e provenienza. La salute è un bene indisponibile, cui nessuno può rinunciare per motivi economici, sociali ed etnici. Il diritto alla salute non è solo un diritto fondamentale dell’individuo, questo va chiarito, è un diritto della collettività, perché una comunità è sana se tutti i suoi cittadini possono aspirarlo ad esserlo. C’è, quindi, una relazione tra salute individuale e salute sociale, che i più sottovalutano. Quando il corpo umano, con i suoi bisogni e fragilità, è posto al centro delle dinamiche politiche, il nodo tra salute pubblica e privata si esalta ancora di più, si evidenzia ancora di più. La salute e il lavoro sono il cuore della democrazia, la sostanza dell’inveramento della Costituzione. Ebbene, su salute e lavoro, noi abbiamo in Italia una situazione di disuguaglianza. La disoccupazione, la povertà, l’incertezza previdenziale, hanno determinato un’enorme dilatazione della precarietà, cioè di una condizione esistenziale che sta minando alle radici la convivenza civile e democratica, la partecipazione dei cittadini alla politica, il loro ritrovarsi nelle regole democratiche. Noi dobbiamo sapere che questo male oscuro del disincanto, della sfiducia, può sfociare apertamente in un qualcosa di spiacevole per la democrazia.

Questa legge di bilancio non affronta questi grandi temi della salute e del lavoro, per questo noi l’abbiamo contrastata. Naturalmente ci sono alcune rondini che non fanno primavera. Si è intervenuto per sanare alcune situazioni di precarietà, penso all’Afam, ai vigili del fuoco, però il taglio complessivo di questo disegno di legge non fa i conti con la necessità di cambiare il Paese, e non di conservare l’attuale situazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Marcon.

GIULIO MARCON. Relatore di minoranza. Grazie, signor Presidente. Intanto vorrei - siamo a fine legislatura - ringraziare il presidente della Commissione Boccia, che è stato un interlocutore costruttivo e aperto alle minoranze, con il quale abbiamo lavorato bene insieme. Vorrei ringraziare anche il Viceministro Morando, che è stato un avversario leale e disponibile anche lui in ascolto delle proposte, delle critiche anche dure che le opposizioni hanno fatto in questi anni. Poi, ovviamente, un ringraziamento a molti colleghi che sono qui presenti con i quali abbiamo lavorato in Commissione.

Io non potrò svolgere una relazione sui contenuti, almeno su tutti i contenuti della legge di bilancio, però abbiamo depositato la relazione, lì si potranno leggere tutte le nostre critiche, le nostre proposte. Mi soffermerò solo su alcuni punti nei sette minuti e mezzo che ho. Riprenderei intanto la definizione del presidente Boccia, che diceva: una legge di bilancio a due teste. Io direi una legge di bilancio a tre teste.

Abbiamo avuto il testo uscito da Palazzo Chigi, il testo uscito dal Senato aggiuntivo e poi un testo aggiuntivo uscito anche dalla Camera dei deputati. Quindi, come posso dire, una sorta di mostro a tre teste potremmo dire. Sappiamo che nella mitologia ci sono diversi casi di mostri a tre teste. C’è Cerbero, che aveva tre teste, simbolo della distruzione del passato, del presente e del futuro, potremmo dire del passato dei diritti dei lavoratori, del presente dell’economia e del futuro delle giovani generazioni. Poi nella Divina Commedia c’è Gerione, che è un altro mostro a tre teste, nel canto diciassettesimo che è il canto dell’inferno in cui si parla degli usurai, quindi tema che ha vedere anche un po’ con la finanza e, diciamo, con i temi che la legge di bilancio affronta. Gerione è uno di questi mostri a tre teste del quale Dante dice, appunto, il peggio possibile, dice che è una fiera dalla coda aguzza che passa i monti e rompe i muri e l’armi! Ecco colei che tutto il mondo appuzza. E faceva riferimento, appunto, agli usurai, faceva riferimento, come posso dire, a un meccanismo di frode finanziaria per certi versi che noi abbiamo subito in questi anni e della quale, diciamo, la Legge di bilancio ha in questi anni, prima la Legge di stabilità, parlato in più di una occasione. Quindi una Legge di bilancio che è stata un po’ uno zibaldone, per certi versi, deludendo le aspettative della riforma della legge fatta un anno e mezzo fa e che ci ha lasciato molto delusi. Una legge di bilancio piccola, piccola. Con sobrietà il Presidente Boccia diceva una legge di bilancio timida e io direi molto modesta, una legge di bilancio piccola, piccola perché sappiamo che tre quarti della legge di bilancio è stata occupata dal rinvio delle clausole di salvaguardia. Poche misure, poco incisive che sono sulla lunghezza d’onda del lavoro fatto in questi anni, lavoro insomma che noi abbiamo contrastato, una linea di indirizzo che noi riteniamo sbagliata e la riteniamo sbagliata anche alla luce dei dati macro economici perché è vero che l’Italia si è un po’ ripresa nell’ultimo anno, è vero che si è ripresa molto meno di altri Paesi europei. Direi che fanno fede le parole non di un esponente di Sbilanciamoci o di Sinistra Italiana ma dell’ex responsabile dell’ufficio studi di Bankitalia, Pierluigi Ciocca, quando Ciocca dice che sono “dati di una ripresa ciclica non consolidata nelle componenti della domanda, e mediocre, sia in assoluto sia nel confronto internazionale. Soprattutto mediocre rispetto a un crollo che dai picchi ciclici trimestrali di dieci anni fa, che si commisura negli scarti negativi seguenti: -6,8 per cento del PIL, -4,2 per cento dei consumi privati, -27 per cento gli investimenti, -21,4 per cento la voce industriale, -2 per cento l’occupazione” eccetera eccetera.

Non sto qui a fare tutta la citazione, visto che mi mancano tre minuti, ma solo per dire che le scelte di questi anni, e questa legge di bilancio è coerentemente sulla scia delle scelte fatte, hanno depresso gli investimenti pubblici, hanno depresso la domanda, la politica economica è stata fondata prevalentemente sull’offerta, quindi sul lato dell’offerta, e questa si è dimostrata, come posso dire, una scelta sbagliata, io direi fallimentare, una scelta che non è stata accompagnata da una politica industriale perché si è pensato che la politica industriale la fanno le imprese. Basta dargli un po’ di sgravi e poi ci penseranno le imprese a fare la politica industriale. Ci siamo inventati, recentemente, Industria 4.0 ma ricordo che già vent’anni fa, quindici anni fa, era allora Ministro dello Sviluppo economico Bersani, c’erano delle previsioni e delle proposte che poi erano contenute in una legge ad hoc che non hanno trovato soluzione. Quindi io direi che, al di là, diciamo dell’ispirazione generale che noi abbiamo criticato e contestato, poi la legge contiene delle misure specifiche e devo dire che anche qui c’è una delusione perché alcune, a nostro giudizio, sono delle micro norme, altre sono delle norme ordinamentali camuffate da norme finanziarie, alcune sono delle norme localistiche. Cioè proprio il contrario di quello che noi avevamo pensato che si dovesse fare riformando la Legge di bilancio.

E poi ci sono alcune norme specifiche. In conclusione il Presidente Boccia ricordava la web tax e potremmo dire che la montagna ha partorito un topolino perché, rispetto alle aspettative e alle attese che tutti avevamo, e abbiamo sostenuto nel corso degli anni le proposte e l’idea che anche il Presidente Boccia c’ha sottoposto, quello che abbiamo visto, come risultato, in questa Legge di bilancio è assai modesto e inferiore alle attese che tutti noi avevamo avuto.

Avevamo attese sulla questione lavoro e previdenza. Il Partito Democratico ci aveva detto “vedrete”, quando ha rinviato in Commissione la proposta di legge sull’articolo 18, “che in legge di bilancio ci saranno alcune misure e questo è il motivo per cui rinviamo la legge in Commissione, perché in Legge di bilancio faremo alcune scelte”. Queste scelte non sono state fatte, il Governo ha dato parere negativo ad alcuni degli emendamenti presentati non da noi, ma da esponenti del Partito Democratico e della Commissione Lavoro, anche qui a testimonianza, come posso dire, di una non volontà di affrontare temi drammatici che per noi diventano e sono centrali.

Voglio dire questo in conclusione, noi abbiamo fatto un po’ di conti, come si dice la politica dei bonus. Noi in questi cinque anni abbiamo avuto qualcosa, e chiudo, come una sessantina di miliardi, 62 miliardi di bonus di vario genere, e non faccio qui l’elenco; ecco per noi quei soldi sarebbe stato meglio spenderli in altro modo, spendere per gli investimenti pubblici, spendere in una politica per il lavoro, spendere per una politica a sostegno della domanda. Questo non è successo e questo è il risultato a cui siamo di fronte: una Legge di bilancio che fa galleggiare il Paese, che non affronta i temi drammatici che il Paese ha di fronte, che non affronta i temi del lavoro ed è per questi motivi che Sinistra Italiana Possibile voterà contro la legge, grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che non intende intervenire. A questo punto è iscritto a parlare l’onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Grazie Presidente. Presidente mi rivolgerò soprattutto a lei, non ovviamente in forma, diciamo così, di interlocuzione con gli altri colleghi ma proprio alla Presidenza per esprimere alcune considerazioni che sono, io credo, necessarie alla luce del lavoro che è stato fatto in Commissione in questi giorni e per ciò che credo dovrà la prossima legislatura, a mio avviso, affrontare per migliorare gli esiti di un’azione normativa che, dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, è stata sicuramente imponente ma compulsiva, non ordinata. Un’attività normativa, sulla Legge di bilancio, che ha prodotto, a nostro modo di vedere, un elefante i cui effetti però, per quello che riguarda gli obiettivi che dovrebbero essere quelli della Legge di bilancio, sono effetti minimali.

Presidente noi dovremo interrogarci, innanzitutto, sui limiti e sugli strumenti a nostra disposizione relativamente all’attività emendativa. La legge di bilancio è regolata da una normativa molto puntuale che prevede la necessità di avere un testo che sia caratterizzato da alcune quantità, da alcune quantità che hanno alcune caratteristiche che, dal nostro punto di vista, sono state totalmente travolte dall’attività emendativa, non solo come avevamo dichiarato rispetto all’informazione che avevamo durante l’attività e la discussione del decreto fiscale per ciò che veniva modificato al Senato, ma è stata travolta anche in questa sede, Presidente. Travolta perché, sugli aspetti connessi alle inammissibilità relativamente alle norme microsettoriali, all’attività ordinamentale, norme ordinamentali, abbiamo avuto, nell’attività compulsiva della Commissione, meccanismi che hanno determinato la possibilità di discutere questi emendamenti che, a nostro modo di vedere, non sono risultati sufficientemente efficaci. Non voglio nemmeno, sarebbe facile, Presidente, dire responsabilità della Presidenza, del Presidente Boccia, della Presidenza della Camera. Credo che sarebbe sterile, inutile, credo che sarebbe anche sciocco tra di noi non guardare la realtà e capire che quel tipo di attività emendativa è stata funzionale a tentare di risolvere i problemi di natura politica posti dai Gruppi parlamentari.

Il problema è, Presidente, che se i problemi di natura politica che vengono poi, diciamo, trasferiti in attività emendativa sono in numero ridotto possiamo affermare che abbiamo rispettato le regole del bilancio; se invece questi elementi diventano la maggioranza degli interventi dobbiamo porci degli interrogativi per il futuro. Perché, vede Presidente, nelle tanto vituperate Leggi finanziarie, cui i giornali si sono sempre concentrati, “Legge finanziaria, assalto alla diligenza” e quant’altro, abbiamo modificato le regole, lo abbiamo fatto insieme; queste regole però purtroppo, quanto meno questa volta, non sono riuscite minimamente a presidiare la Legge di bilancio e gli obiettivi ad essa connessa.

Io non voglio parlare di mostro a due teste, tre teste o altre cose. Credo che il testo uscito dalla Commissione sia un testo che modifica profondamente non solo il testo mandato dal Governo al Senato, ma arriva a stravolgere completamente la manovra e non tanto sui numeri e sugli obiettivi generali, perché è vero che questa manovra, tutto sommato, impatta con una quantità di risorse che è più limitata rispetto ad altri interventi, ma noi dobbiamo vedere anche la qualità degli interventi che sono stati inseriti in questa legge di bilancio.

Nel merito entrerò dopo, resta il fatto che noi dovevamo presidiare in modo diverso le ammissibilità, perché vede, Presidente, si è creata anche un’altra fattispecie che io vorrei segnalare in questa sede relativamente alla nostra attività emendativa. Noi presidiavamo le ammissibilità attraverso regole che ci siamo dati; abbiamo superato anche, ormai, diciamo così, la discrezionalità applicativa di queste regole rispetto alla logica politica della maggioranza, soprattutto, più che dell’opposizione, attraverso i cosiddetti segnalati. Questo argomento dei segnalati che, presidente Boccia, ci siamo trascinati in tutta la legislatura ormai, non può essere più gestita esclusivamente secondo prassi. Noi non possiamo andare avanti ritenendo che, sulla base dei precedenti, sia utile effettuare un’attività segnalativa che sia misurata rispetto ai gruppi parlamentari e alla rappresentanza dei gruppi parlamentari, perché è evidente che questa attività diventa il vero filtro, Presidente… richiamavo la sua attenzione ….

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, stiamo risolvendo un problema di ordine degli interventi, onorevole Giorgetti, mi creda, le chiedo scusa.

ALBERTO GIORGETTI. Io non voglio disturbarla perché so che sono cose importanti, però volevo la sua attenzione su questo argomento. Se noi, di fatto, affermiamo una prassi relativamente ai segnalati e, arrivo a dire, in questo caso, rispetto alla quantità pazzesca di emendamenti, arrivare addirittura all’ipotesi - così come è avvenuto nelle ultime ore, Presidente Boccia - dei super segnalati, noi non possiamo più procedere secondo regole che ci siamo dati e che risultano efficaci. Insomma, ci sono tre livelli di ammissibilità, alla fine: il livello che riguarda i regolamenti che regolano l’attività di presentazione emendativa relativa alle coperture, estraneità di materia, microsettorialità; il passaggio successivo dei cosiddetti segnalati che pongono un argine su tutti gli altri e che, a mio modo di vedere, comprimono la credibilità parlamentare, perché dove sta scritto che noi dobbiamo ogni volta rincorrere l’emendamento di serie B - perché di questo si tratta - del fascicolo originale rispetto all’emendamento di serie A che il gruppo decide, in una logica di discrezionalità politica, di mettere nei segnalati? E perché deve essere considerato approvato solo l’emendamento di serie A rispetto a quello di serie B? C’è un problema regolamentare, noi questo dobbiamo affrontarlo. Dobbiamo affrontarlo perché dà una dignità diversa ai deputati (e questo è inaccettabile, francamente); dà una responsabilità che non è e non deve essere nelle corde dei capigruppo, piuttosto che dei gruppi parlamentari in Commissione. Noi dobbiamo affrontare questo tema regolamentare, perché poi se andiamo a vedere i segnalati, Presidente, troveremo una serie di emendamenti che sono sostanzialmente identici. Parlo di me stesso, così non c’è dubbio rispetto ad altri colleghi, e il mio limite porta dire nelle relazioni che il fatto di presentare emendamenti che sono frutto di problemi che vengono dai territori. Allora, nel momento in cui ci troviamo ad avere più emendamenti segnalati che sono figli delle relazioni che sono assolutamente legate a necessità di territorio, piuttosto che di problemi del Paese, noi non possiamo considerare dieci emendamenti che trattano un solo tema nella quota dei segnalati, e quindi quelli affrontano un problema e quelli che sono fuori dal fascicolo non lo affrontano. È un problema serio che noi dobbiamo affrontare, perché poi, Presidente, questo argomento dell’attività emendativa sostanzialmente analoga, così come della presentazione di una serie di emendamenti che prima arrivano al Governo su un versante, poi si ripresentano in Commissione in un altro modo, piuttosto che da procedure di carattere parlamentare che ritornano più volte a una valutazione che viene più volte fatta sullo stesso emendamento, è un altro argomento che noi dobbiamo porre alla nostra attenzione e regolamentare in termini procedurali, perché questo sgombrerebbe il terreno da un dispendio di energie pazzesco di uffici e deputati che partecipano ai lavori della Commissione e che darebbe ordine ai nostri lavori. Perché punto sul tema dell’ordine? Perché nell’attività così compulsiva degli ultimi due giorni della legge di bilancio di quest’anno, io sfido chiunque ad avere oggi una relazione tecnica che sia in grado di darci la certezza - oggi, figuriamoci ieri - che quel testo è un testo che tiene rispetto agli obiettivi di finanza pubblica che ci siamo dati e ai limiti che dobbiamo rispettare.

Mi auguro che il lavoro fatto non presti il fianco a dubbie interpretazioni sull’argomento, ma lei mi insegna, Presidente, che più sono le quantità trattate, più lo si fa in modo compulsivo in base alle richieste della maggioranza (prima che dell’opposizione), più la probabilità di approvare degli emendamenti dopo che abbiamo messo in Costituzione la necessità del rispetto all’articolo 81 e il tema dei vincoli europei, la nostra determinazione a fare un lavoro che sia in grado di dire che per davvero questi emendamenti sono coperti, rischia di franare. Io non vorrei che nelle prossime ore dovessimo tornare ancora sull’argomento della tenuta dell’attività emendativa. Non lo auspico, perché credo che sia un vulnus su cui, mi auguro, tutte le forze parlamentari nei prossimi tempi possano lavorare per superare questi problemi.

Poi c’è il tema del bicameralismo, Presidente. Noi dobbiamo tornare a porci questo argomento, quanto meno per la legge di bilancio. Nel momento in cui in uno dei rami del Parlamento si decide di effettuare un’attività ponderosa - e, mi permetto di dire, in questo caso è avvenuto non solo al Senato, è avvenuto soprattutto alla Camera - è evidente che le relazioni tra i due rami del Parlamento devono essere più strette e devono avere una forma di collaborazione diversa rispetto al passato. Non possono esserci regole troppo diverse e, mi permetto di dire, nel momento in cui andiamo a discutere, come abbiamo fatto in questa legge di bilancio, considerando la seconda lettura quella definitiva, è evidente che ci deve essere un accordo col Senato, perché nulla vieta, Presidente, al Senato di dire - così come abbiamo fatto noi più volte – ma come, abbiamo mandato una legge di bilancio alla Camera che aveva certe caratteristiche, torna al Senato che ce l’hanno stravolta, e perché non fare l’ulteriore lettura su quegli argomenti? Dove sta scritto? Qual è il limite, quello del Presidente della Repubblica che decide di sciogliere le Camere? Credo che su un argomento così delicato che riguarda i conti pubblici e la prospettiva del Paese non bastino le buone volontà, né gli elementi di necessità raccolti sul terreno, perché gli strumenti straordinari sulla base dei quali il Governo può decidere di intervenire, anche a Camere sciolte, rispetto a quelle che sono problematiche di natura finanziaria, piuttosto che esigenze di necessità ed urgenza del Paese, esistono già in Costituzione. Quindi, il fatto di concepire come “l’ultimo treno per Yuma” la legge di bilancio che abbiamo discusso in questi giorni, credo che sia un errore politico, ma anche istituzionale su cui evidentemente tutti noi dobbiamo riflettere e richiamarci a una maggiore sobrietà. La sobrietà non è solo nelle quantità delle risorse che vengono discusse, ma nel ricorso all’attività normativa. Noi abbiamo normato in questa legge di bilancio una serie di questioni - i cui effetti scopriremo nel tempo - che, a mio modo di vedere, dovevano trovare anche nella nostra attività, diciamo così, un autocontrollo diverso, un’autolimitazione diversa. Non abbiamo e non dobbiamo mettere il Governo nelle condizioni di dover valutare in dieci minuti, di notte, con gli Uffici stressati e distrutti da ore e ore di lavoro, un intervento che rischia di determinare effetti di natura soggettiva nel tempo per i prossimi anni.

Al di là delle quantità, Presidente, quanti diritti soggettivi abbiamo attivato in questa legge di bilancio a chiusura della legislatura? Parlo dei diritti soggettivi di quelli incomprimibili, di quelli che nel tempo non possono essere modificati e su cui scarichiamo, nelle prossime legislature e nei prossimi governi, tutti quei temi che oggi non vanno liquidati con la manovra elettoralistica; no, non ci sta bene! C’è anche la manovra elettoralistica, ma qui c’è un intervento ampio che allarga i perimetri, per esempio delle assunzioni nella pubblica amministrazione, che è un intervento eccessivamente pesante! Noi abbiamo avuto nei giorni scorsi una, credo, interessante ricognizione sul lavoro che era stato fatto dal commissario Cottarelli in materia di verifica della spesa pubblica, in cui si vede come l’attività emendativa, soprattutto, devo dire trasversalmente, dei Governi che hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita del nostro Paese, un’azione particolare a chiusura della legislatura, per quello che riguarda le assunzioni nel pubblico impiego e i contratti. Ora, noi non possiamo continuare a lavorare in deroga! Quanti emendamenti abbiamo provato che dicono: “in deroga alle normative vigenti….”, oppure “in deroga alle liste dei concorsi già effettuati…”, “in deroga rispetto….”, “per il 2018, in fase sperimentale…”; quanti interventi abbiamo fatto, Presidente, a livello di attività emendativa, di ristrutturazione delle carriere in alcune realtà della pubblica amministrazione? Ebbene, stamattina uno dei quotidiani pone, per esempio, il tema di un emendamento passato in Commissione (un emendamento che francamente non ho visto e non ho capito, non ricordo ma, evidentemente, nell’attività compulsiva di queste ultime ore sarà stata una disattenzione mia) in cui di fatto si creano le condizioni per cui l’Agenzia delle entrate nominerà una serie di posizioni con delle professionalità nuove: ma come possiamo pensare di valutare gli aspetti di natura giuslavoristica e gli aspetti, le implicazioni dei costi nel tempo in agenzie che sono sostanzialmente autonome? O le potenzialità che riguardano dipendenti, assunzioni e carriere che rischiano di incidere in modo pesante per quello che riguarda la contabilità pubblica nei prossimi anni? Ho citato questi esempi, Presidente, perché tutto questo dimostra non tanto, ovviamente, che questa legge di bilancio, come non abbiamo ribadito, come ha ribadito il mio collega Rocco Palese nella sua relazione di minoranza, è una legge di bilancio che dal punto di vista degli obiettivi e dell’attività svolta non ci convince, ma perché questo modo di lavorare è un modo di lavorare che creerà problemi oggi, ma ne creerà anche per il futuro. Quindi, noi dobbiamo cercare di intervenire per asciugare questa attività e portarla a un dibattito in cui il Parlamento non si deve occupare delle carriere all’interno dell’Agenzia delle entrate! Il Parlamento io credo si debba occupare (dovremmo cercare di occuparci) della riflessione sugli aggregati, della riflessione su quelle che sono le leve fondamentale di crescita, o meno, nel Paese della domanda interna piuttosto che degli effetti su alcuni comparti.

Su questo vorrei porre un’ultima riflessione (poi ci torneremo più avanti, nella discussione, ovviamente, dei singoli emendamenti, ma anche negli interventi che riguarderanno il voto finale): vede, Presidente, qui noi continuiamo a lavorare mantenendo al centro della nostra attività soprattutto un aggregato, che è quello della pubblica amministrazione; continuiamo a dire: si è aperto un dibattito sull’opportunità della riduzione fiscale nei prossimi anni. Io ho apprezzato anche, e non condivido; noi siamo culturalmente in una dimensione diversa e lavoreremo per avere un programma, una coalizione vincente che consenta di poter ridurre la pressione fiscale. E’ però evidente che in questi anni lo sforzo maggiore che è stato fatto nelle varie leggi di bilancio, dal nostro punto di vista, è uno sforzo che si è concentrato nel dare risposte ad un settore che è, soprattutto, quello della pubblica amministrazione - nella sua versione più allargata - che consenta di determinare consenso piuttosto che sostenere l’altra realtà che è quella che nel Paese dovrebbe garantire le risorse pubbliche alle casse dello Stato (Commenti del viceministro Morando)…viceministro Morando, su questo noi non siamo molto convinti perché è evidente che la crescita che c’è stata è una crescita che è determinata dal nostro punto di vista (poi ognuno ovviamente resta della propria opinione e sarà occasione di dibattito nella prossima campagna elettorale) da fattori che sono soprattutto, noi li consideriamo così, esogeni. Quanto meno, l’attività rispetto agli spazi che aveva il Governo in merito alle deroghe che sono state garantite dall’Europa nelle confronti della spesa pubblica, avrebbe dovuto determinare, generare una crescita diversa. Insomma, sentire lo “stretto” di Padoan a noi non ha mai convinto e non crediamo che quella sia la soluzione giusta per il governo dei conti pubblici. Concludo Presidente per dire, quindi, che è una manovra che, per mille motivi, non affronta, appunto, la sfida del Paese nella crescita, non dà le risposte alle categorie che non sono state tutelate, va a ipertutelare coloro che hanno già avuto presidi in una logica elettoralistica. Presidente, io credo che noi dobbiamo lavorare sul versante regolamentare per fare in modo che questo “assalto al treno per Yuma” non si ripeta più, nell’interesse del Paese, nell’interesse del corretto rapporto tra maggioranza e opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giorgetti. Ne approfitto per scusarmi ancora con lei se ero…. onorevole Giorgetti, le sto rispondendo…le dicevo che ne approfitto per scusarmi ancora con lei se ero distratto ma, siccome ci sono parecchi iscritti, stiamo, a seconda dei tempi…. e quindi ero occupato in quello; ovviamente, ho però ascoltato le sue parole e lei può ben immaginare, onorevole Giorgetti (ci conosciamo perché siamo qui da parecchio tempo) quanto io sia particolarmente attento ai problemi regolamentari. E’ del tutto evidente che lo svolgimento in Commissione non ha, diciamo, nessun dubbio dal punto di vista del profilo regolamentare, ma i temi che lei pone sono dei temi veri che credo siano condivisi anche dal Presidente Boccia (che si è trovato in queste condizioni a gestire i lavori in Commissione) e che probabilmente riguardano anche tante altre parti Regolamento. Forse l’auspicio che potremmo fare, che certo non è realizzabile nei giorni che ci rimangono in questa legislatura, è che effettivamente sia possibile rimettere mano al Regolamento su alcune parti relativamente a questioni così evidenti che non si tengono più nei lavori di Commissione e trovare le forme regolamentari attraverso le quali porre rimedio ai problemi che lei pone e che certamente sono dei problemi reali. Per quanto riguarda il bicameralismo non mi pronuncio, ma lei sa come avrei risolto io la questione. Bene, è iscritto a parlare l’onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Grazie Presidente, grazie Ministro soprattutto per le modalità di attività che ha utilizzato per lo svolgimento della Commissione bilancio, che si è protratta oltremodo con una serie infinita di rallentamenti, di soste dovute soprattutto a una pressione non tanto della minoranza ma quanto dalla maggioranza; questo dà la misura di quanto questo sistema politico che si è creato sia malato (sia malato dal un punto di vista istituzionale, quindi interno alla Camera dei deputati, al Parlamento, alle istituzioni) e di quanto le politiche di cinque anni di questa maggioranza non siano riuscite a dare quelle risposte di serietà al Paese. Mi riferisco alle tante promesse, alle tante necessarie riforme che, poi, alla fine, non si sono avverate, non si sono realizzate. Questa non è solo una legge di bilancio formale, una legge di bilancio economico- finanziaria, ma di fatto è lo specchio politico del bilancio conclusivo di questi cinque anni di mandato che avete ricevuto e che in parte vi siete costruiti; c’è stata la non vittoria, diciamo così, di Bersani sulla quale però avete costruito i cinque anni di governo a maggioranza del Partito Democratico: ebbene, questa legge di bilancio ne è la sintesi.

Scompare, di fatto, la spending review, perché ci sono 16 mila assunzioni nel comparto della scuola; di ogni Ministero avete aumentato le spese legate ai temi delle assunzioni, del miglioramento economico. Sono tutte situazioni che saranno oggettive e saranno tutte valide, però, più dipendenti alla difesa, più dipendenti al MEF, al MIUR, all’Agenzia delle entrate, all’ANAC, all’Antimafia, al Ministero dei trasporti, all’ENAC, alle province, alle città metropolitane, alle regioni, nelle scuole, all’ATA, la proroga degli LSU, alla Grande Pompei che si assume: c’è qualcosa che non funziona.

Se questa è la sintesi di questo bilancio, c’è una sorta di liberi tutti, in funzione di una campagna elettorale che non vi vede protagonisti per la vittoria, un assalto di tutti i deputati di maggioranza nei confronti del presidente Boccia e del Governo, che non so come siano riusciti a resistere a queste forti pressioni che sono culminate in questo fascicolo, che non è la legge di bilancio: sono 488 pagine di emendamenti della sola Commissione bilancio della Camera, senza contare gli emendamenti che sono venuti fuori nella discussione in prima lettura al Senato. Come dicevo, emendamenti che hanno portato a stravolgere quella snellezza, che doveva essere propria della legge di bilancio, dove, oltre a questo grande centro per l’impiego che è diventata la legge di bilancio, si è andati talmente nel dettaglio che abbiamo citato la strada provinciale 103 Antica di Cassano, da finanziare per la provincia di Milano. Ecco, da grande legge-quadro a legge particolare, che norma le strade provinciali.

Avevate la possibilità di lasciare il segno e doveva essere una legislatura di grandi riforme. Non siete riusciti a modificare la Costituzione, perché siete andati contro tutte le parti sociali, il 60 per cento dei cittadini, contro i partiti politici, avete creato divisione, avete creato un dibattito politico che non va più nei temi, ma si focalizza sulle e-mail di Carrai, la Boschi, il mondo delle banche. Io credo che questo sia il vero motivo del perché non siete più competitivi da un punto di vista elettorale, perché vi siete esclusi dalle necessità dei cittadini e vi siete trincerati dentro 488 pagine di emendamenti, per salvare quel poco di potere che i cittadini vi toglieranno il 4 marzo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Albini. Ne ha facoltà.

TEA ALBINI. Grazie. Signor Presidente, dopo avere esaminato centinaia di emendamenti, soprattutto della maggioranza, che a nostro parere non hanno migliorato questa legge di bilancio, ci sentiamo di dire con estrema chiarezza che questa non è la legge che noi vorremmo, ma soprattutto non lo è in rapporto alle esigenze del Paese. Come ha ripetuto più di una volta il Ministro Padoan, siamo in un sentiero stretto; anche noi lo riteniamo, per questo avremmo fatto scelte diverse, perché quel sentiero stretto non fossero sempre i soliti a percorrerlo.

Per allargare un po’ la strada, avremmo dato spazio a misure concrete sul lavoro ed ecco perché riteniamo insufficienti le risorse dedicate agli investimenti, che, a nostro giudizio, sono l’unica leva capace di creare sviluppo, crescita ed occupazione, occupazione vera, quella buona, quella, per intendersi, a tempo pieno ed a tempo indeterminato, capace di dare sicurezza e certezza alle nostre famiglie e, in particolare, ai nostri giovani.

Avremmo dato spazio ad un fisco più giusto, invece assistiamo ancora una volta all’assenza di misure che lo rendano equo e solidale. Il nostro sistema fiscale non riesce o non vuole davvero far pagare di più a chi ha di più e, di converso, ci sembra che anche sul fronte della lotta all’evasione i risultati siano poco significativi. Anche per questo le certezze che lo Stato riesce a dare ai giovani, alle donne, ai precari, a chi ha meno, sono davvero modeste, per non dire inconsistenti.

Ci sembra di poter dire con sufficiente contezza, che abbiamo perso un’altra occasione per affrontare le grandi disuguaglianze del nostro Paese. I lavoratori attenderebbero certezze sul fronte dei diritti, compreso quello di salari dignitosi, anche se apprezziamo il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici e di una previdenza certa ed equa, con ammortizzatori sociali giustamente finanziati e, soprattutto, con una politica industriale che non si affidi ad incentivi o decontribuzione a carico dello Stato, ma che nella ricerca e nell’innovazione trovi la chiave per il proprio sviluppo e la propria competitività.

Tutta la legge di bilancio si compone di tanti piccoli e medi interventi, che avranno un riscontro alquanto limitato. Si è visto nel decreto fiscale, per le spese e le coperture. Dopo aver sterilizzato l’aumento dell’IVA e delle accise, ci si è affidati ad anticipi di imposte e alla rottamazione delle cartelle. Abbiamo detto in quella sede di discussione del decreto cosa ne pensavamo della rottamazione delle cartelle, che ancora una volta umilia il cittadino onesto e premia chi riesce ad evadere, magari per grandi o grandissime cifre. Vale la pena ricordare che nel 2018 si prevedono introiti per circa 2 miliardi dalla lotta delle evasione, a fronte di un’evasione annua stimata intorno ai 111 miliardi. Il recupero su questo fronte garantirebbe, da solo, più d’una manovra, per questo riteniamo insufficiente l’impegno sul tema.

Signor Presidente, come dicevo poc’anzi, siamo di fronte ad una manovra che, per il 75 per cento, serve a scongiurare l’aumento dell’IVA e delle accise, ma che non sarà esaustiva, perché per la totale neutralizzazione dovranno essere previsti 12 miliardi nel 2019 e 19 nel 2020. Era comunque necessario farlo, ma di fatto, ad essere benevoli, il risultato non ci sembra esaltante, vedendo l’assenza di misure efficaci sul fronte, appunto, degli investimenti e del lavoro.

Relativamente al tema degli investimenti, assistiamo ad una diminuzione di investimenti pubblici, che sono passati da 54 miliardi nel 2009 a 36 nel 2016, pari ad una diminuzione del 35 per cento. Autorevoli fonti internazionali sostengono, a ragione, che gli investimenti pubblici producono un moltiplicatore fra il 2 e il 3 per cento, assolutamente imparagonabile, per valore assoluto, al sistema di decontribuzioni e di incentivi, che invece vengono utilizzati anche qui, il cui impatto non supera lo 0,8 per cento. Noi sosteniamo, e non da ora, che occorre una politica di investimenti capaci di mettere in sicurezza il nostro territorio, di valorizzare le nostre risorse naturali, che nella ricerca e nell’innovazione possa, con un adeguato piano di investimenti pubblici, coprire le esigenze e le aspettative del nostro Paese.

Sul fronte degli investimenti privati, riteniamo debba essere fatta chiarezza sui comportamenti di quegli imprenditori che, godendo di facilitazioni ed incentivi, decidono poi di delocalizzare la propria impresa, frodando di fatto lo Stato. Sarebbe più giusto che questi soggetti restituissero - qui davvero si può dire - il maltolto, rendendo alla collettività quelle risorse che potrebbero servire ad altro tipo di politiche.

Tutti i nostri emendamenti che affrontavano in modo organico il tema sono stati respinti. Ciò non toglie che il problema rimane e ci sembra ancora più grave, perché vediamo che si procede ancora con incentivi, per aumentare gli utili delle grandi società, a scapito di quelle piccole imprese, ossatura della nostra economia, che si sono viste rinviare ancora di un anno l’entrata in vigore dell’imposta sul reddito imprenditoriale. Eppure queste piccole imprese possono ancora garantire lavoro, perché il lavoro rimane il tema centrale per ogni agenda politica.

Se esaminiamo i risultati tanto enfatizzati in queste ultime settimane, vediamo che il famoso milione di posti di lavoro creati sono effetto delle decontribuzioni e non di altro - tanto per non far nomi, il Jobs Act -, ma non è un buon lavoro, è lavoro part-time, per pochi mesi, per pochi giorni o per poche ore. Non era la strada giusta da scegliere, se su cento contratti di lavoro stipulati nell’ultimo anno, solo dieci sono a tempo indeterminato. Nell’ultimo mese i contratti a tempo indeterminato sono pari a zero. Quale sicurezza possiamo dare ai nostri giovani, a quei giovani che si trovano di fronte a proposte di falsi stage o di lavori sottopagati, magari parzialmente al nero, o, come di recente, frutto della cosiddetta “Buona scuola”, a lavori non pagati, che si ammantano del titolo di alternanza scuola-lavoro?

Signor Presidente, non abbiamo fatto niente, in questa legge, per contrastare tutto ciò, ma chiediamo comunque che si mettano in atto tutte le misure di controllo necessarie per colpire con durezza questi deprecabili comportamenti. Per noi è la certezza che manca in questa legge, certezza ai ricercatori del mondo universitario, che avrebbero bisogno di tutto il sostegno possibile per svolgere quella funzione che gli è propria, di motori nella ricerca e nell’innovazione.

Tornando alla manovra, potremmo definirla “manovra bonus. Si capisce, fra pochi mesi si vota, ma non va bene comunque. Siamo in presenza di messaggi spot, che non risolvono e che in larga massima sono misure temporanee, che non hanno niente di strutturale.

Per il bonus bebè, noi avremmo preferito, ad esempio, la possibilità di dare certezza alle neomamme di potere rientrare al lavoro, a prescindere dall’età, alle stesse condizioni dei colleghi maschi più giovani. Potevamo chiamare questa misura bonus, visto che questo nome piace tanto, in luogo degli 80 euro, che oggi ci sono e domani chissà.

Forse un asilo nido in più ed una flessibilità d’orario diversa aiuterebbe meglio e avrebbe consentito alla mamma lavoratrice di Ikea di affrontare più serenamente le condizioni di madre di un bimbo disabile. Questo sarebbe per noi il vero bonus bebè.

Oppure trasformare il famoso bonus per i diciottenni in copertura effettiva delle borse di studio e porre fino al dramma dell’idoneo non beneficiario. I messaggi promozionali durano lo spazio di un attimo, o meglio, lo spazio di una campagna elettorale. Poi i problemi restano.

Noi chiediamo il vero taglio ai super ticket, il reale e strutturale finanziamento del “Dopo di noi”, dei centri antiviolenza, del caregiver. Occorre dare certezza alle categorie più fragili della nostra gente. Bene, un po’ di soldi in più se le nostre regioni saranno in condizioni di utilizzarli, ma rimane il problema di un Servizio sanitario universale pubblico, che possa fare davvero curare anche quei 10 milioni di italiani che sono costretti a non farlo più.

In questa legge di bilancio troviamo, invece, una variazione rispetto al fondo del 2017, inferiore perfino al PIL nominale. E, di fatto, si conferma che siamo di fronte ad un definanziamento del Servizio sanitario nazionale, la cui universalità è fortemente compromessa e ci allontana nel rapporto spesa-PIL dalla media europea.

Signor Presidente, nel 2018, i dipendenti della pubblica amministrazione avranno finalmente il rinnovo contrattuale e un parziale sblocco assunzionale per coprire il turnover. E se lo Stato finanzierà questo maggiore onere con propri residui, gli enti locali dovranno fare fronte con proprie risorse nell’anno di competenza. Ora, delle due l’una, o forse nemmeno mezza: se l’ente locale finanzierà il rinnovo contrattuale, sarà molto difficile che riesca a coprire anche parzialmente il turnover. Tralascio la condizione che si determinerà nei bilanci degli enti, in virtù dell’accantonamento in apposito fondo delle risorse necessarie per coprire il rinnovo contrattuale, e mi soffermo solo sul fatto che continuiamo a infierire sugli enti locali, disconoscendo nei fatti il ruolo e la funzione. Apprezziamo il passo avanti fatto con l’emendamento del Governo, che accoglie alcune delle difficoltà di regioni, province e città metropolitane. Ma sono anni che gli enti locali contribuiscono in modo sostanziale ai conti pubblici con tagli e riduzioni. Lo stesso rigore non si è preteso in tutti i settori dello Stato, creando di fatto gravissime difficoltà a chi, sul territorio, tutti i giorni, deve fare fronte ai bisogni della propria gente. Le vecchie e nuove povertà, i servizi al cittadino, la gestione dei servizi pubblici, il disagio abitativo, la gestione del territorio, la scuola, l’assistenza alle categorie più fragili e non solo, sono i problemi che tutti i giorni i sindaci devono affrontare, con risorse sempre più limitate e con l’impossibilità di avere, tra l’altro - questa è una mia fissazione direi -, quell’autonomia impositiva, che consentirebbe almeno di misurare il bisogno con le risorse.

Non si può generalizzare così. Non tutto può trovare risposta nelle decisioni centralizzate, che non tengono conto delle singole specificità dei territori e delle condizioni dei singoli enti. Signor Presidente, abbiamo apprezzato alcune modifiche che sono state apportate alla legge, anche grazie al lavoro di grande responsabilità, che come Articolo 1-MDP abbiamo svolto in Commissione.

In particolare, l’intervento per le città in pre-dissesto, il cosiddetto salva-Napoli, e gli interventi per limitare la precarietà dei lavoratori della sanità, dei vigili del fuoco, dell’Afam, lasciando, purtroppo, però scoperta la seconda fascia e l’incremento del fondo per il CNR.

Molto meno apprezzata è stata la mancata occasione per una reale e incisiva web tax. Ma soprattutto abbiamo visto con stupore il maldestro tentativo di modificare la recente pessima legge elettorale, utilizzando in modo assolutamente improprio la legge di bilancio, che ci ha costretto a porre, insieme agli altri partiti di opposizione, una questione pregiudiziale, che ha costretto il capogruppo del PD a modificare l’emendamento sulle firme e a ritirare l’emendamento sulle province.

Signor Presidente, molte cose le ha già evidenziato il collega Melilla, nella sua relazione di minoranza, molte altre verranno dette dal collega Fossati e dalla collega Ricciatti, che interverranno a breve e che troveranno ulteriore spazio nelle dichiarazioni di voto successive. Per cui vorrei chiudere con un auspicio, dopo aver partecipato ai lavori della Commissione in questi ultimi giorni. E mi consenta un inciso, di ringraziare il Viceministro Morando e il presidente Boccia per la non facile - mi creda - e non semplice conduzione dei lavori. E non aggiungo altro sulla qualità dei lavori della Commissione.

Ecco, signor Presidente, io spero che vi possano essere giorni migliori, dove emendare una proposta di legge di bilancio non rappresenti il bisogno di intercettare il maggior numero di consensi elettorali, a prescindere da tutto e da tutti, ma con grande serenità si vadano a individuare i bisogni e le aspettative di questo nostro Paese e di tutte quelle donne e di quegli uomini, che modestamente rappresentiamo (Applausi Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista-Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ZOLEZZI. Grazie Presidente. Io mi soffermerò su alcuni aspetti, legati al settore ambientale, un settore che, a mio parere, spesso non è compreso. In realtà, ha degli effetti anche sull’economia e sull’occupazione del Paese, molto più importanti di quello che anche in questa legge di bilancio è stato assegnato.

In particolare, segnalo che ci sono oltre 200 miliardi di euro di fatturato per le aziende cosiddette green, che però, se si va a vedere gli impatti ambientali di altre aziende, più o meno green, e i fatturati di queste, si arriva, in totale, tra le aziende che hanno autorizzazioni ambientali, a oltre 600 miliardi di euro all’anno in Italia. Quindi, oltre un terzo del prodotto interno lordo nazionale riguarda l’ambiente e gli impatti ambientali.

Per cui, è stato comunque piuttosto sorprendente vedere che ancora una volta qualcuno ha proposto, in particolar modo dal Governo, l’emendamento per rendere strategico il Trans Adriatic Pipeline. Questo TAP, questo modo di fare arrivare gas, da zone geo-politicamente instabili è, tra l’altro, non per utilizzarlo in Italia, ma soprattutto per farlo utilizzare da altri Paesi esteri. Non è con le fonti fossili, non è con il fare arrivare qualcosa dall’estero, che si può avere autonomia. Visto che l’autonomia piace - ci sono stati anche dei referendum regionali su questo - diventare hub del gas non crea autonomia. Per cui, bene che non sia passato.

Segnalo un tema particolare, quello dei limiti planetari. Uno dei limiti planetari è il limite del fosforo. Secondo Steffen e Rockstrom, dopo il ciclo dell’azoto, dopo la biodiversità, numero quindi di specie che sta scomparendo, il terzo limite più sovvertito è quello del fosforo. Il clima arriva molto dopo. Questo per dare l’idea dell’importanza, da un punto di vista pratico, di questo limite. Per cui bene che sia stato approvato un mio emendamento, riformulato dal relatore, che riguarda appunto l’istituzione di una piattaforma italiana del fosforo. Questo materiale non è sintetizzabile chimicamente, ma serve all’organismo umano, animale e vegetale. La nostra energia, la contrazione muscolare, deriva da una molecola, che è l’adenosintrifosfato, l’ATP, che ci dà forza. In agricoltura è necessario aggiungere fosforo ai fertilizzanti e l’Italia oggi lo importa in particolare dal Marocco, così come anche tutta l’Europa lo sta importando, miniere dove si lavora in condizioni infernali. E questo è un ulteriore spunto all’emigrazione da quei Paesi, perché economia circolare vuol dire anche ragionare su questi aspetti.

Nella comunicazione europea (2015) 614 si parla, appunto, della necessità di arrivare a un’autonomia e a un’autosufficienza nel ciclo del fosforo. Questo emendamento, approvato qui in legge di bilancio, stanzia 100 mila euro, dotazione in capo al Ministero dell’ambiente, per studiare la filiera nazionale, ridurre gli sprechi e l’inquinamento e andare verso sistemi sostenibili di recupero, anche mettendo a punto provvedimenti legislativi. Quindi, direi che è un buon grimaldello, per iniziare a parlare del tema e per cercare di risolvere questo limite.

Si iniziò in Italia, in realtà, a recuperare il fosforo intorno al 2000, a Treviso, poi l’attività fu interrotta.

È partita poi in Germania e a Berlino, oggi, un depuratore da 1,3 milioni di abitanti equivalenti recupera il fosforo, prima per limitare incrostazioni di struvite, ma poi ora riesce anche a donare ai campi e all’agricoltura fosforo di buona qualità, senza per forza doverlo importare. Faremo una serie di convegni, il primo sarà a Mantova, al Mamu, il 28 gennaio 2018, poi a Milano il 29 e qui a Roma, in sala Tatarella, il 30 gennaio, con i referenti della piattaforma europea, già esistente, del fosforo e quella tedesca, per rafforzare appunto questa piattaforma italiana che ha preso vita con questa legge di bilancio.

Al mondo si spandono circa 22 milioni di tonnellate di fosforo puro sui campi, che vanno a finire in mare. Non vengono recuperati, si accumulano nelle profondità oceaniche e si depositano, così come l’azoto, che ha un ciclo ancora più sovvertito. Torneranno disponibili fra qualche milione di anni, ma soprattutto questo fosforo, nel mare, nei fiumi e nei laghi, determina eutrofizzazione, riduzione dell’ossigeno a disposizione per alcune specie come i pesci, e questo seleziona specie aliene, come per esempio la noce di mare, una forma di vita di poco più di dieci centimetri a forma ovale, che pian piano si sta nutrendo di tutte le larve dei pesci. Infatti, questo emendamento è stato opportunamente inserito nel capitolo pesca, questa forma di vita sta proliferando abbondantemente nel mare Adriatico e rischia, appunto, di limitare la pesca, che ha un fatturato, anche questa, di oltre 30 miliardi di euro all’anno.

Col ciclo del fosforo sovvertito in pochi anni la nostra specie può scomparire. È per questo che è necessario guardare al futuro anche in politica. A livello locale, l’Italia è una delle nazioni che ha il ciclo più sovvertito; localmente contribuisce a quei 14 milioni di tonnellate di fosforo disperso contro i 6,2 che sarebbero sostenibili a livello locale.

Si può recuperare fosforo dalle acque e dai fanghi di depurazione civile e industriale. Purtroppo, in questi mesi, la regione Lombardia, che è una delle regioni che ha maggiore smaltimento di fanghi, ha votato una proposta per elevare il limite di sostanze inquinanti dentro ai fanghi, invece che andare al contrario: gli idrocarburi addirittura cento volte più che in precedenza, forse perché il Governatore ha un nome che è abbastanza patognomonico dei fanghi.

E si può recuperare il fosforo dai pannolini, si può recuperare dai fanghi industriali, come sta facendo un’azienda in provincia di Bologna, la Pizzoli. Dai pannolini si può recuperare, ma manca il decreto di End of Waste e questo è uno stimolo, c’erano altri emendamenti, ma potendone segnalare pochi, non abbiamo potuto discuterli. La mancanza del decreto End of Waste per i pannolini - e ricordiamo lo stabilimento in provincia di Treviso che vorrebbe partire - è un grosso limite e speriamo che questo tavolo tecnico annunciato dal Ministro Galletti produca presto questo decreto, perché è impossibile che un’eccellenza italiana non parta. È possibile compostare i pannolini, usare pannolini lavabili e, quindi, recuperare poi il fosforo dalle acque di depurazione.

Ricordiamo che, proprio in provincia di Treviso, c’è una gestione dei rifiuti pubblica consortile, che porta 111 euro a persona, ben lontano da quello che potrebbe fare un’autorità per i rifiuti fuori dal Ministero dell’ambiente, come purtroppo è stato scritto in questa legge di bilancio. Questa autorità rischia di livellare verso l’alto le tariffe dei rifiuti per i cittadini e le imprese, come è successo per l’acqua, riducendo trasparenza e virtuosità tecnica del settore.

A Mantova, che è una realtà simile, si spende il doppio: 215 euro a persona, dove una multi-utility privata, perché ha un socio privato quindi è privata, gestisce tutto, dall’energia ai funerali, con i costi più elevati d’Italia. Il 70 per cento delle quote è in mano al comune di Mantova, che ha aperto la discarica di Mariana Mantovana a 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti, con un fatturato previsto, per la filiera, di mezzo miliardo in danni ambientali: altro che l’elemosina del piano periferie o del palazzo del Podestà a Mantova da assegnare alle associazioni magari con le regole indicibili di Mattia Palazzi, ultimo cittadino di Mantova. Come farà ora con l’emendamento sul Plasmix proposto da Vignaroli e approvato, che assegna un credito di imposta per 5 milioni a chi acquista prodotti a base di plastiche miste, quelle che ora vengono bruciate negli inceneritori o vanno in discarica?

Con questo emendamento si può mettere una pietra tombale sull’inceneritore di pulper a Mantova. Il pulper, lo scarto plastico della carta, può diventare un bancale, come propone Versalis, che lavora proprio a Mantova ma non lo dice che fa queste robe, o soft balls, come sta facendo Marenghi, presidente di Confindustria Mantova nella sua cartiera; spero che smetta di difendere, a questo punto, l’inceneritore che vuol costruire Progest a Mantova.

Basta incenerimento e sì al recupero di materia, basta leggere i comunicati roboanti di Confindustria carta, basta leggere che i demolitori d’auto vogliono bruciare tutti i loro rifiuti. Il mercato deve essere stimolato al recupero di materia, deve essere fatta informazione sulla gestione rifiuti, sugli incentivi fortissimi, deve essere recuperato l’organico come materia, c’è poca informazione, anche questo è in un emendamento purtroppo non segnalato. La filiera dei rifiuti sarà chiusa, con la raccolta porta a porta, come sarà diffusa presto in tutta la città di Roma, dove poi verranno costruiti a breve tre impianti di compostaggio.

L’inceneritore emette diossine, che sono interferenti endocrini, come lo sono i Pfas. Chissà se i Ministri Galletti e Lorenzin diranno quello che pensano sul fatto che, mentre parlo, vengono ancora prodotti Pfas alla Miteni di Trissino; non sono riusciti a trovare i soldi per tutelare 15 lavoratori della linea Pfas e chiuderla, non sono stati trovati. E allora dobbiamo ricordarci che da 580 mila nascite nel 2008, siamo passati a 480 mila: non c’entra solo la povertà, gli interferenti endocrini riducono la riproduzione. Avremo, dall’anno prossimo, miliardi di euro in sanzioni dell’Unione Europea per la qualità dell’aria e 50 miliardi li paghiamo ogni anno per i danni sanitari. Non abbiamo potuto presentare emendamenti sui rifiuti ospedalieri, si può ridurre del 75 per cento il costo della gestione e del 50 per cento il volume. Essi costituiscono circa il 25 per cento delle diossine emesse in tutta Italia, peccato che al Senato sia ferma la proposta sui referti epidemiologici...

PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi...

ALBERTO ZOLEZZI. Trenta secondi. La proposta sui referti epidemiologici è ferma e ricordo anche un altro emendamento sulle auto elettriche come accumulatori, che è stato proposto e approvato. Bene la mobilità elettrica, peccato che siano rimasti in questa legge di bilancio 9 miliardi in grandi opere inutili e azzardate, che abbiamo provato a bloccare ma non ci siamo riusciti.

PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi, siamo un minuto oltre il suo tempo. Uno, oltre.

ALBERTO ZOLEZZI. Sì, ricordo che in Italia ci sono 1400 miliardi di denaro in conti correnti, vuol dire che c’è poca fiducia nelle banche e bisogna stimolare, invece, questa fiducia per investimenti e strategie ambientali che vogliono dire futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Colleghi, la Presidenza ha deciso di inserire l’onorevole Mucci nella discussione generale anche se non si è iscritta nel tempo perché penso che sia una seduta importante, nella quale, come vedete, un po’ di piccole limature sulla procedura regolamentare, anche con i tempi assegnati all’onorevole Zolezzi, possano essere tollerate in questa giornata. Quindi, se non vi sono obiezioni, la parola all’onorevole Mucci. Ovviamente il tempo va a decremento dei tempi che erano già assegnati al gruppo.

MARA MUCCI. Grazie Presidente anche per questa sensibilità. Allora, gli emendamenti proposti in questa legge di bilancio sono la sintesi di cinque anni di lavoro e vanno a toccare le aree tematiche a me più care e a noi più care come gruppo. Ad esempio, l’attenzione a innovazione e digitalizzazione. Abbiamo chiesto, con un emendamento trasversale a tutte le forze politiche e anche a seguito della Commissione d’inchiesta di cui sono vicepresidente, un fondo per l’istituzione di un’apposita struttura per l’organizzazione, l’innovazione e le tecnologie, per l’assunzione di personale a tempo indeterminato di livello dirigenziale, assumendolo in via prioritaria con le competenze previste dall’articolo 17 del Codice dell’amministrazione digitale, ed un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro da destinare alle amministrazioni che costituiscano questa struttura per l’innovazione e l’organizzazione della struttura stessa e l’innovazione tecnologica. I contributi sono finalizzati ad agevolare il processo di digitalizzazione, come dicevo, e gli enti destinatari avranno una destinazione del 30 per cento rispetto a questo fondo per il personale e un ordine di priorità in arrivo alle richieste fino a esaurimento del fondo. Questo meccanismo è funzionale e fondamentale per l’innovazione e il progresso digitale del nostro Paese, che deve partire dal basso e, quindi, dagli enti locali stessi, perché abbiamo notato che negli enti locali mancano le competenze e mancano anche le conoscenze in base alla normativa e, quindi, la normativa resta non attuata. Servono, quindi, delle sanzioni, che ho chiesto espressamente con emendamenti, perché se si continua a non ottemperare la normativa è del tutto evidente che gli obiettivi di digitalizzazione non si raggiungeranno mai. Emendamento bocciato, anche se era assolutamente trasversale, perché tutti ci siamo resi conto della grossa lacuna e delle falle su questo tema.

Oneri di urbanizzazione secondaria: con questo emendamento volevo ristabilire l’equilibrio nella destinazione degli oneri di urbanizzazione, perché, Presidente, le chiese e gli altri edifici religiosi non fanno parte del patrimonio comunale; quelle di particolare interesse storico ricevono già denari attraverso l’8 per mille e, quindi, non ci spieghiamo perché la maggior parte dei comuni va a destinare di default queste somme a un patrimonio privato, le chiese appunto e altri edifici religiosi, mentre potrebbe essere fatta un’analisi in seno a questi fondi.

Quindi, si potrebbero, ad esempio, mettere al sicuro le scuole, perché magari ritenuto prioritario in un certo territorio. Si parla di una partita di 93 milioni di euro potenziali su cui già si è espresso il TAR Toscana che dice che non si può destinare automaticamente questi fondi in una sola direzione, come si fa, ad oggi.

Per quanto riguarda il tema ambiente, un altro a noi molto caro, ho ottenuto con un emendamento un contributo annuo a favore dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 per l’istituzione e il funzionamento, presso l’università, di un centro di formazione manageriale per la sostenibilità e i cambiamenti climatici per promuovere la formazione specialistica nel settore indicato, perché è prioritario creare delle competenze. Ricordo la semplificazione della tracciabilità dei rifiuti, anche qui in ottica di digitalizzazione e informatizzazione degli adempimenti. Alcuni emendamenti tendevano a un risparmio economico per quanto riguarda la PEC, perché ancora si utilizza la posta ordinaria; questo, ad esempio, per il caso degli agenti di riscossione che effettuano le comunicazioni tramite servizio ordinario, invece che utilizzare la PEC. Sulle partite IVA, che è un altro tema a me molto caro, ho proposto la compensazione degli acconti IVA dovuti per le liquidazioni periodiche di chiusura dell’ultimo mese, dell’ultimo trimestre dell’anno con i crediti vantati dalle imprese stesse non prescritti, certi, liquidi ed esigibili; è necessario ristabilire un patto tra le imprese e la pubblica amministrazione, se ci sono dei crediti devono andare in compensazione con i debiti…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

MARA MUCCI. Mi avvio a concludere, Presidente. L’emendamento sul vitalizio è stato dichiarato inammissibile, ma era fondamentale portare a casa questa partita in questa legislatura e, quindi, mi dispiace. La digitalizzazione è un tema a me caro che porterò anche nella prossima (Applausi dei deputati del gruppo ApplausiMisto-Civici e Innovatori-Energie PER l’Italia)

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mucci, abbiamo ampiamente dato. È iscritto a parlare l’onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Noi veniamo, come credo sia noto a quest’Aula e persino al Governo, da alcuni anni di recessione profondissima in questo Paese, una recessione che non è stata solo e semplicemente economica, ma è arrivata a toccare nel profondo tutta la società italiana. È quel periodo lungo, quasi decennale, sotto certi aspetti, che abbiamo chiamato “crisi”, quel periodo in cui noi abbiamo perso un quarto della nostra produzione industriale, punti e punti di PIL, in cui abbiamo visto peggiorare tutti gli indici di bilancio dello Stato, abbiamo visto crollare gli investimenti pubblici e quelli privati; quella crisi che ci ha consegnato un Paese sotto certi aspetti piegato sotto il profilo economico, anche se in modo molto diseguale, cioè piegato, in alcuni punti, in modo forse persino irrimediabile, in altri, invece, con capacità di resistenza e di crescita persino imprevista.

Ma la crisi ha colpito soprattutto la società italiana perché ha aumentato in modo esponenziale le disuguaglianze; ci consegna un Paese di poveri, un Paese in cui un terzo della popolazione, di fatto, vive in condizione di povertà assoluta o relativa, cosa a cui non eravamo più abituati dagli anni Cinquanta; c’era voluta la seconda guerra mondiale, l’ultima volta, per consegnarci un Paese afflitto dalla povertà di massa. Oggi, siamo di nuovo, in parte, pur con condizioni diverse, di nuovo, in quella situazione. Ci ha consegnato un Paese in cui la disoccupazione è stabile sopra il 10 per cento; a me ha colpito molto, un paio di settimane fa, accendere la radio la mattina, mentre salivo in macchina, e ascoltare il notiziario - lo posso dire – insomma, della radio della Confindustria con la giornalista che apriva il telegiornale dicendo: oggi una buona notizia, disoccupazione stabile all’11,1 per cento. Dico che mi ha colpito, perché significa che un pezzo della classe dirigente di questo Paese ha introiettato il fatto che se la disoccupazione sta sopra il 10 per cento, ma si limita a non crescere, questa è già di per sé una buona notizia per l’economia; per noi, questa non è una notizia positiva, ma è, invece, il ricordo di una tragedia vera, anche perché all’interno di questi dati sulla disoccupazione ci sono donne e uomini che hanno perso il lavoro in età avanzata e a cui la riforma Fornero rende il miraggio della pensione sempre più lontano e, comunque, troppo lontano rispetto alle proprie legittime aspettative di vita, ma c’è anche un terzo, più di un terzo dei nostri giovani per i quali, di fatto, “lavoro” è ormai una parola che fa rima con “espatrio”, perché l’unica possibilità per trovare condizioni di lavoro adeguate, minimamente adeguate a quelle che sono le proprie aspettative - ma tante volte non è nemmeno una questione di aspettative, è proprio una questione di possibilità pura e semplice - di trovare la possibilità di inserirsi nel lavoro e quindi nella vita, ebbene, questa possibilità, per un numero sempre crescente di ragazzi e ragazze, in Italia, ha a che fare con l’avere un passaporto in mano e, possibilmente, un titolo di studio.

Questo è lo stato del Paese che - si dice - ha ufficialmente agganciato la ripresa. Ora, io non voglio negare che questo sia accaduto, questo è un dato oggettivo, l’economia ha ripreso a crescere; lo fa meno, molto meno di quello che è la media europea, lo fa meno, molto meno, di altri Paesi cosiddetti avanzati, nelle nostre stesse condizioni, ma ha ripreso a crescere e questo è un dato di fatto, però, questo, paradossalmente, dovrebbe portare tutti noi a preoccuparci molto di più, perché è molto chiaro chi ha pagato la crisi, e l’ho detto prima, la crisi, in questo Paese, è stata fatta pagare ai più deboli e ai lavoratori e alle lavoratrici, punto, non ha pagato nessun altro, gli altri, ci dicono i dati sulla ricchezza, si sono, appunto, arricchiti all’interno della crisi, quindi, quella è stata una scelta che noi definiremo di “destra” in senso classico; davanti ad una recessione, davanti ad una crisi economica, al fatto che le risorse apparentemente calano, si è scelto di fare politiche che le hanno concentrate in poche mani e nelle mani di chi già aveva di più. Ma, ora, che la ripresa in teoria dovrebbe ricominciare, almeno per gocciolamento, dando per ammesso che chi governa questo Paese sia liberista, perché, questo, è, almeno per gocciolamento qualcosa dovrebbe arrivare a tutti, mentre, invece, quello che vediamo è che la disuguaglianza continua a crescere, che quel po’ di lavoro che si crea è lavoro mal pagato, precario e, soprattutto, cresce nei segmenti più poveri della produzione, cresce nel commercio, cresce nei servizi a basso valore aggiunto. Cioè, non c’è una ripresa trainata da settori forti e innovativi, c’è una ripresa debole, che crea lavoro povero. E questo accade - noi riteniamo – perché, tra le altre cose, si è scelto di destrutturare il mercato del lavoro, si è scelto, ancora una volta, di investire, come possibilità di crescita economica, esclusivamente sull’abbattimento del costo del lavoro, cioè sul fatto che chi lavora debba guadagnare di meno, essere perennemente esposto a ricatto e, quindi, meno forte sul piano della capacità di lottare e conquistare diritti e salario, perché questo è il senso di aver abolito l’articolo 18, non è un altro: abolisci le tutele, abbatti il potere contrattuale dei sindacati e dei lavoratori e, di conseguenza, abbassi il costo del lavoro. Abbiamo lanciato un messaggio, a chi eventualmente volesse investire in Italia, per cui in Italia si deve investire perché c’è grande disponibilità di manodopera a basso costo. Quando si lancia questo tipo di messaggio, arrivano quel tipo di investitori e, quindi, anche la cosiddetta ripresa, anziché generare una ripresa del benessere diffuso, non fa altro che generare un aumento della capacità di profitto per pochi, ma chi era disoccupato rimane disoccupato, chi era povero rimane povero, chi aveva difficoltà a trovare lavoro continua ad avere difficoltà a trovare lavoro, chi era precario rimane precario e, allora, a questo punto, io devo dire che anche il prezzo della ripresa viene fatto, di nuovo, esattamente, pagare a chi ha bisogno di lavorare per vivere. Questa è la sintesi estrema della condizione in cui siamo.

Davanti a questo, la politica di bilancio di un governo come vorremmo noi, anche senza promettere o gridare ai miracoli, si porrebbe esattamente due obiettivi fondamentali: ridurre le disuguaglianze e restituire in parte a chi ha pagato prima; ciò significa: lavoratori, pensionati e disoccupati. Peraltro, ridurre le disuguaglianze e restituire in parte a lavoratori, disoccupati e pensionati, significa esattamente la stessa cosa. Quindi diciamo che dovrebbe essere persino abbastanza semplice come programma politico, dovrebbe essere, per esempio, un programma politico che si concentra molto sul lato fiscale, un programma politico che abbia l’obiettivo di intervenire lì dove si deve intervenire.

Dove sono aumentate le disuguaglianze? Non tanto nei redditi. I redditi ufficialmente in questo Paese sono sempre bassi, anche quelli di chi in realtà può poi permettersi di comprare una barca. Le barche continuano a essere detassate, non siamo riusciti nemmeno a fare questo, a porre rimedio a quell’emendamento vergognoso dello scorso anno che portò gli yacht a non pagare le tasse in questo Paese. Le disuguaglianze sono cresciute a livello di patrimonio. Noi oggi siamo in una condizione in cui in Italia dieci famiglie, dieci persone fisiche, possiedono 96 - guardavo i dati ieri - miliardi di dollari; dieci persone fisiche! La cifra di 96 miliardi di dollari è sostanzialmente la ricchezza che ha il 35 per cento della parte più povera della popolazione italiana. Più povera non significa povera, vuol dire più povera; cioè 20 milioni contro dieci persone. Con una differenza, che mentre i patrimoni e la ricchezza di quei 20 milioni cala, anno dopo anno, quella di quelle dieci persone aumenta. Quindi, ci veniva facile pensare che si potesse inserire una tassa di successione, una piccola patrimoniale, per recuperare un po’ di denaro da chi lo ha, per destinarlo a politiche, per esempio, nei confronti di chi è in povertà. Questo non si è fatto.

Si è fatto il reddito di inclusione, elemento che noi abbiamo giudicato anche positivamente. L’idea che lo Stato dia un contributo monetario a chi non arriva nemmeno a superare la soglia di povertà assoluta, è un elemento minimo, basilare, eravamo d’accordo tutti. Ma si deve fare per tutti, perché fare, come fa il Governo, la gerarchia fra i poveri è veramente una cosa scandalosa da un punto di vista politico. Se tu hai persone che in questo Paese sono in povertà assoluta (che vuol dire che fai fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, per essere chiari), tu non puoi dire che a qualcuno il pranzo con la cena glielo fai mettere assieme, perché ci puoi mettere 300 milioni, e gli altri dovranno intanto continuare ad accontentarsi solo del pranzo perché arriveremo, forse, poi. Avete creato una gerarchia fra i poveri. Qualcuno un po’ meno povero viene ricompreso, accompagnato leggermente, un passo al di qua della soglia di povertà, e gli altri rimangono di là, in attesa che ci si ricordi del fatto che gli unici che hanno diritto ad avere un investimento immediato e massiccio di 20 miliardi di euro continuano a essere le banche; 20 miliardi di euro per salvare il sistema bancario. È giusto salvare il sistema bancario, ma anche lì, se si fa anche qualcosa per i poveri, perché altrimenti la cosa stride, stride da un punto di vista politico: 20 miliardi contro 300 milioni? La povertà di 10 milioni di persone contro il diritto di continuare, per qualcuno persino con le ruberie, perché non siamo stati nemmeno capaci di colpire i responsabili del crac di alcuni istituti di credito, stride e stride molto. Non c’è bisogno di essere populisti per capirlo, c’è bisogno semplicemente di avere gli occhi per guardare la realtà. Quindi, almeno quello sforzo avremmo chiesto: permettere alle persone in povertà assoluta, a tutte le persone in povertà assoluta, a tutti i bambini e le bambine di questo Paese in povertà assoluta, di uscire da quella soglia, di recuperare la condizione minima di dignità. Non si è voluto farlo.

Avevamo detto: “si tratta finalmente di introdurre un principio per cui le multinazionali in Italia pagano le tasse”. Qui c’è un elemento nuovo di cui vale la pena discutere: è stata introdotta finalmente la cosiddetta web-tax. Dico “finalmente”, perché sono stati cinque anni di battaglie fatte non da tantissimi devo dire, dal nostro gruppo parlamentare e da alcuni esponenti isolati della maggioranza, come il presidente Boccia e il presidente Mucchetti al Senato. Alcuni anche nella maggioranza hanno lavorato su questo e, infatti, siamo arrivati ad un primo risultato che però non può essere accolto con grida di trionfo per almeno alcune buone ragioni. Noi avevamo proposto una cosa semplice, che le imprese multinazionali che non pagano le tasse in Italia, perché ufficialmente, nonostante facciano affari per miliardi in Italia, continuano a dire di non avere nulla a che fare con questo Paese, pagassero un’imposta aggiuntiva del 3 per cento su tutto il fatturato prodotto in Italia. Tutte le imprese multinazionali, perché non è un punto di chi vende pubblicità o di chi vende libri; il punto è se paga o meno le tasse in Italia. Si era scelto al Senato di fare una cosa: il 6 per cento, ma solo sui servizi digitali, sostanzialmente la pubblicità e poco altro (i film, ad esempio), comunque contenuti esclusivamente digitali, non il commercio elettronico. Su questo per noi c’era un punto essenziale di disaccordo, perché uno mi deve spiegare per quale motivo Google e Facebook devono giustamente essere in qualche modo portate a contribuire un po’ all’economia italiana in termini fiscali, visto gli affari che fanno qui da noi, ma Amazon no, per esempio, quando è del tutto evidente che crea molto più danno all’economia italiana chi si inserisce con l’obiettivo di conquistare il monopolio sulle reti commerciali, chi contribuisce a devastare il tessuto commerciale delle nostre città, chi fa chiudere le piccole librerie, chi fa chiudere i piccoli negozi, e lo fa, tra l’altro, perché può permettersi il dumping fiscale, perché su quel libro le tasse non le paga sulla distribuzione, mentre invece chi ha una piccola libreria all’angolo delle nostre strade le paga. Quindi, uno può permettersi di fare lo sconto e l’altro no e competere sul prezzo. Ma non sta competendo sul prezzo, sta competendo sul fatto che non paga le tasse. Quindi, si era deciso di tenere fuori tutti quelli che hanno questo tipo di responsabilità, che è molto più grave di limitarsi a non pagare le tasse sulla pubblicità. Noi abbiamo detto: inseriamo anche loro, cosa molto semplice. Il 3 per cento è sufficiente, meno di 6, ma inseriamo anche loro. Poi si era detto al Senato, e su questo eravamo d’accordo: inseriamo un credito di imposta, perché ovviamente, dato che si vanno a trattenere alla fonte queste tasse, chi già le paga in Italia non può essere colpito due volte, perché altrimenti il rischio è che non diventi una tassa sulle multinazionali che non pagano le tasse in Italia, ma diventi una tassa sulle transazioni web, e questa è una cosa di cui nessuno di noi sente il bisogno.

Alla Camera cosa si è deciso di fare? Si era partiti dicendo: estendiamo, alla Camera, anche al commercio elettronico. Bene, d’accordo, ma manteniamo - dicevamo noi - il credito d’imposta. Si è invertita la cosa: si è abbassata, dimezzata la tassa messa al Senato, da 6 a 3, ma si è tenuto fuori il commercio elettronico, si è tenuto dentro solo i servizi, e si è tolto il credito d’imposta, con il risultato che ora questa tassa rischiano di pagarla anche imprese italiane che già pagano, perché sono soggette al fisco di questo Paese, e per le multinazionali dei servizi digitali si è dimezzata. Io non credo che sia un grandissimo risultato. Non credo fosse ottimale la tassa inserita al Senato, credo che alla Camera si sia ulteriormente peggiorata, probabilmente perché si è attivata qualche lobby e credo che lobby che valgono alcuni miliardi di euro, anche solo sul mercato italiano, qualche peso possono averlo.

D’altra parte, possono stare tranquilli tutti, perché una cosa su cui Camera e Senato, la maggioranza in generale, era d’accordo e non ha battuto ciglio, è che comunque questa tassa comincerà a essere pagata dal 2019. Quindi, intanto sul 2018 possono continuare a stare sereni e tranquilli, e magari sperare che al prossimo turno elettorale vinca le elezioni qualcuno di quelli che la sposta al 2020, al 2021, al 2022, e se ne parlerà nell’anno del mai, come si dice dalle nostre parti. Potrebbe essere però, anche, che le elezioni le vinca, o almeno abbia un risultato abbastanza elevato - questo è ciò che noi di Liberi e Uguali auspichiamo -, chi lancia un messaggio molto chiaro a questo Paese: noi vogliamo una politica fiscale e di sviluppo finalmente a misura, a uso e consumo, di chi in questo Paese lavora, non di chi in questo Paese cerca solo ed esclusivamente di arricchirsi attraverso la rendita finanziaria, attraverso la speculazione, attraverso la rendita fondiaria, attraverso la fuga dalle tasse. Quelli noi li vogliamo colpire e non abbiamo alcuna paura di dirlo. Vogliamo colpire chi ogni giorno si arricchisce senza lavorare, per restituire risorse a chi vive di lavoro. Siamo i soli a volerlo fare? Credo di sì, ma credo che fuori di qui, invece, possa esserci una maggioranza d’accordo su questo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile-Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Catalano. Ne ha facoltà.

IVAN CATALANO. Grazie Presidente. Viceministro Morando, i lavori in Commissione sulla legge di stabilità sono stati caratterizzati dalla completa mancanza di rispetto nei confronti del lavoro serio di molti. Il lavoro di otto giorni no stop è stato vanificato dalle mance che a livello territoriale e politico troppi colleghi hanno voluto distribuire, in barba all’interesse generale che quella norma avrebbe dovuto salvaguardare, ma questo alla fine è una cosa che non è una novità.

Duole, infatti, ammettere che proprio su questioni che il Governo aveva indicato come fondamentali si è di fatto fallito. Con un colpo di mano degno di un’improbabile Banda Bassotti composta dagli onorevoli Albini, Gregorio Fontana e Tabacci, è stato cancellato il diritto di competere fra notai nel loro territorio. Altro che concorrenza e innovazioni, è stata approvata una norma in pieno contrasto col diritto comunitario e l’articolo 51 comma 1 del Trattato di Funzionamento dell’Unione europea. Il Governo ha sempre fatto della difesa delle giovani generazioni una bandiera, ma con un colpo di spugna ha permesso la cancellazione dei diritti dei giovani notai, di quei giovani notai che di fronte ai costi elevati della burocrazia portano avanti idee innovative per efficientare il sistema. Ci aspettavamo di più da questo Governo, di più per i giovani, per le professioni, per la concorrenza, per l’innovazione ma ormai il tempo è scaduto. Grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Catalano io non l’ho interrotta lei però riferendosi a dei colleghi non può parlare di “Banda Bassotti” qua dentro. Può essere in disaccordo ovviamente, può contestare nel merito ma la parola “Banda Bassotti” rivolta a suoi colleghi non gliela consento. È iscritto a parlare l’onorevole Marguerettaz, ne ha facoltà.

RUDI FRANCO MARGUERETTAZ. Grazie Presidente, nel mio intervento focalizzerò la mia attenzione sulla questione che riguarda la mia regione, la Valle d’Aosta, e approfitterò del tempo a disposizione per anticipare anche la dichiarazione di voto. Voglio innanzitutto sottolineare un fatto che giudichiamo positivamente. Il Governo, per voce del viceministro Morando, ha pubblicamente riconosciuto che in questi anni alla Valle d’Aosta è stata chiesta una compartecipazione eccessiva al ripianamento del debito dello Stato. Questa affermazione, che condividiamo senz’altro avendola più volte denunciata all’interno di quest’Aula e non solo, è certamente suffragata dai fatti. Un dato per tutti fornito in questi giorni dalla regione: negli ultimi sei anni la Valle d’Aosta ha concorso alla finanza pubblica dello Stato per un totale di un miliardo e 256 milioni di euro. Un dato che se vogliamo capire meglio dobbiamo rapportare a quella che è la popolazione valdostana e ne dedurremmo che, appunto, fatta la proporzione tra questa cifra e la popolazione valdostana, ad ogni valdostano, dall’ultimo neonato al più anziano, e come se fossero stati prelevati in questi anni la bellezza di circa 10.000 euro a testa.

Dunque, il confronto tra la regione e il Governo alla luce di questa Legge di bilancio si è svolto con un comune obiettivo: quello di rendere più equa questa situazione. Dirò più avanti le contrarietà sulle traduzioni concrete di questa volontà ma sono certo della buona fede che ha guidato l’azione del Governo e riconosco lo sforzo fatto nel reperire le risorse finanziarie che hanno portato alla formulazione dell’emendamento che ci riguarda. Per spiegare meglio però perché non condividiamo l’emendamento governativo, così come è stato formulato, è bene fare qualche passo indietro. All’origine di queste iniquità che descrivevo, c’è il decreto legge n. 95 del 2012 sul quale grava una sentenza dalla Corte costituzionale, la n. 77 del 2015. Tale sentenza, riferendosi al contributo richiesto alla regione, afferma che, virgolettato, “esso è espressamente circoscritto, temporalmente, fino al 2017”. Ora, sulla base di questa sentenza è in corso un nuovo ricorso conto il decreto del MEF del 9 maggio scorso che si basa sostanzialmente su una diversa interpretazione dell’applicabilità, o meno, di questa legge nell’anno in corso. Su questo contenzioso avremo la sentenza nel prossimo mese di marzo ma una cosa appare chiara, almeno a me che non sono un fine giurista ma un semplice montanaro, che se quella sentenza dice che il contributo è espressamente circoscritto fino al 2017 non si può certo pensare che vi siano altri accantonamenti a carico della regione dal 2018 in avanti. Ora stranamente l’emendamento governativo, dove ho l’impressione che la mano del funzionariato forse abbia prevalso su quella della politica, pur prevedendo una riduzione, anche significativa, degli accantonamenti riconferma fino al 2020 e oltre, facendo, a mio avviso paradossalmente, esplicito riferimento alla sentenza della Corte costituzionale che, come dicevo, li circoscrive fino al 2017. È quindi prevedibile, dati i precedenti, che questa impostazione genererà altri contenziosi dai quali ne deriverà che, delle due l’una, o lo Stato o la regione dovranno rimettere mano ai loro bilanci.

Ecco perché, signor Presidente, signori del Governo, il mio voto alla manovra sarà un voto di astensione mentre confermo la volontà di rinnovare, se sarà posta come immagino, la fiducia al Governo. Un voto di fiducia che vuole essere un auspicio soprattutto. Io, appunto, mi auguro che, anche perché credo sia interesse sia dello Stato sia dalla regione Valle d’Aosta, si utilizzi anche quest’ultimo scampolo di legislatura per continuare un confronto e trovare soluzioni diverse da quelle che oggi discutiamo. Si darebbe tra l’altro, così, seguito anche all’ordine del giorno del senatore Laniece, accolto dal Governo come raccomandazione, che ad oggi risulta disatteso. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei. È iscritto a parlare l’onorevole Fassina, ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Grazie Presidente. Prima di entrare nel merito di alcune misure che sono state oggetto della nostra discussione e in alcuni casi hanno trovato parziale accoglimento, in altri sono rimaste fuori, vorrei richiamare l’attenzione di tutti noi sul senso della sessione di bilancio perché a me pare che in queste settimane il senso vero della sessione di bilancio sia piuttosto scomparso dalla nostra discussione. Eppure non molto tempo fa abbiamo convenuto sulla necessità di modificare quella che era la Legge di stabilità, siamo passati appunto a quella che abbiamo chiamato Legge di bilancio per orientare l’attenzione del Governo e del legislatore sugli obiettivi fondamentali di finanza pubblica, sugli obiettivi fondamentali, sul piano macroeconomico, l’attenzione del Governo e del legislatore, quindi, sui programmi rilevanti ai fini del raggiungimento degli obiettivi fondamentali sul piano macroeconomico e di finanza pubblica. È stato un atto, a mio avviso, giusto, direi necessario per un’Assemblea legislativa che, appunto, vuole concentrare la discussione e l’iniziativa politica e programmatica sulle questioni fondamentali, delle quali abbiamo evidente bisogno, poi dirò rapidamente. Invece subito dopo l’approvazione della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza ci siamo smarriti e questo grazie, innanzitutto, all’impostazione che il Governo ha voluto dare ai due principali strumenti della sessione di bilancio. Quest’anno erano due: il decreto, nato fiscale e cresciuto mostruosamente come una sorta di omnibus, dove hanno trovato ospitalità provvedimenti più diversi e poi il disegno di Legge di bilancio. Ci siamo persi in un groviglio di micro interventi settoriali che hanno completamente rimosso la necessità politica di concentrare l’attenzione del legislatore, appunto, sulle questioni fondamentali di una sessione di bilancio che viene a cadere in un momento molto particolare. In teoria questa sessione di bilancio sarebbe potuta essere una sessione che faceva tesoro dell’esperienza e dei risultati politici ed economici dei tre anni di Governo Renzi e delle principali misure da quel Governo portate avanti.

In particolare penso agli interventi sul mercato del lavoro, penso alla scelta di concentrare i margini della cosiddetta flessibilità di bilancio sulla distribuzione di interventi a pioggia, piuttosto che concentrarla su pochi capitoli fondamentali. Eppure i risultati economici, i dati economici parlano chiaro (parlavano chiaro anche prima dell’avvio della sessione di bilancio), in particolare quelli sull’occupazione, che certamente è aumentata; anche qua, con una elasticità analoga a quella che si è riscontrata in media dell’eurozona e quindi con una variazione più contenuta, significativamente più contenuta di quella media dell’Eurozona, perché, appunto, il PIL, la variazione del PIL è stata decisamente più contenuta di quella media dell’eurozona. Eppure l’occupazione è aumentata. Qualcuno, in modo molto disinvolto, ha parlato e continua a parlare di un milione di posti di lavoro in più, poi, quando si entra nel merito, ci si accorge, ad esempio, che quel milione di posti di lavoro in più corrisponde a un miliardo e duecento milioni di ore di lavoro in meno rispetto al 2008, quindi si tratta di occupazione precaria, di occupazione a tempo parziale, di occupazione sottopagata o addirittura gratuita. Stamattina, la solita rubrica di Gramellini sul Corriere della Sera riporta un esempio estratto dal sito del Ministero del lavoro, dal famoso e sbandierato programma Garanzia giovani, dove, appunto, viene offerto un lavoro per il quale si richiede alle ragazze bella presenza (è uno dei requisiti ufficialmente richiesti), e si propongono 5 euro all’ora di compenso per venti ore di lavoro settimanali.

Si sarebbe potuto fare tesoro di questa esperienza e si sarebbe potuto far tesoro anche dei risultati del referendum elettorale, dove si è visto che la politica dei bonus a pioggia, in particolare quelli rivolti ai giovani, poi ha portato l’80 per cento di quella generazione a votare no. Invece si è continuato, si è continuato su quella scia senza nessuna capacità di correzione di un andamento che, è evidente, non è riuscito a fare la differenza. Siamo stati nel trend storico dell’ultimo quarto di secolo, niente più e niente di meno. Su quella scia ci sono dei dati assolutamente inequivocabili, la serie storica è inequivocabile, la dinamica del PIL agganciata più o meno, con uno scarto del 40 per cento rispetto a quella media dell’Eurozona e così il tasso di variazione dell’occupazione. Invece si è andati avanti sbandierando successi, sbandierando l’efficacia delle cosiddette riforme dei mille giorni e poi dei giorni che sono venuti dopo con il Governo Gentiloni. Si sarebbero potute fare correzioni, le abbiamo indicate più volte e ora qua non voglio tornarci. La questione fondamentale sono gli investimenti pubblici, gli investimenti pubblici come motore di riqualificazione del tessuto produttivo e dell’assetto infrastrutturale, della tenuta e della qualità del nostro territorio, in particolare del Mezzogiorno. Invece si è andati avanti come nulla fosse, si andati avanti perdendo un’altra occasione, si è andati avanti con i bonus, con il rinvio dell’operatività degli aumenti dell’Iva, le famose clausole di salvaguardia, che si ritroverà sulle spalle chi verrà dopo, una zavorra molto, molto rilevante in un quadro macro economico, in particolare per quanto riguarda la politica monetaria, che non sarà quello che abbiamo avuto in questi anni.

Sarebbe stata anche l’occasione per fare alcune correzioni, innanzitutto sul lavoro. Guardate, lo abbiamo detto in Commissione e lo vogliamo ripetere in quest’Aula, qua, al di là delle questioni di merito, c’è un punto politico che noi insistiamo a sottolineare. Quando qualche settimana fa abbiamo discusso qua una proposta di legge fatta insieme ai colleghi di Articolo 1 che prevedeva correzioni significative al Jobs Act, in particolare per quanto riguarda la sanzione in caso di licenziamento illegittimo, il partito di maggioranza, il suo capogruppo, la relatrice avevano preso l’impegno ad utilizzare la sessione di bilancio per correggere un elemento che incentiva il licenziamento, perché di questo si tratta, l’ha riconosciuto anche il presidente Damiano nel suo intervento in Commissione l’altra sera. L’impegno era che si sarebbe intervenuti nella approvazione della legge di bilancio per raddoppiare l’indennità di licenziamento e questo impegno politico è poi solennemente caduto, non c’è stato nessun intervento. Quindi si conferma che a un imprenditore oggi conviene più licenziare che pagare la cassa integrazione, con tutti gli effetti che questo comporta in termini di ulteriore precarizzazione del mercato del lavoro.

Si sarebbe potuto fare un intervento circoscritto nella sua portata: la stabilizzazione dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca, che sono un patrimonio importante per questo Paese, oltre a rilevare come questione che riguarda le singole persone che lavorano con titoli molto rilevanti, si sarebbe potuto dare un contributo. Dopo quasi due mesi di mobilitazione, il CNR occupato e tante manifestazioni, gli si è dato un contentino, come se non fossero in grado di cogliere la portata della misura che è stata proposta e la giustificazione della mancata stabilizzazione degli 8800 ricercatori e ricercatrici precari è stata che non ci sono risorse.

Come abbiamo scritto nei nostri emendamenti e abbiamo ripetuto più volte, non è una questione di risorse, è una questione di volontà politica, perché, ad esempio, se si fosse cancellato il bonus elettorale per i diciottenni, che è dato in modo indiscriminato, si sarebbe potuto fare un bel pezzo di strada; se si fosse reintrodotta la Tasi che è stata eliminata per tutti soltanto al top 5 per cento, quindi confermando la cancellazione per il restante 95 per cento, avremmo recuperato molte più risorse di quelle che sono necessarie a stabilizzare gli 8.800 ricercatori. Quindi, è stata una scelta politica, si sono privilegiati alcuni interessi rispetto ad altri, si è privilegiata la rendita rispetto alla produzione.

Così anche è caduto lungo la strada il tentativo di ridurre la durata dei contratti a termine. Unico dato positivo, frutto di un’iniziativa importante che abbiamo portato avanti insieme a tanti colleghi, anche in parte della maggioranza, è stato l’intervento per rinviare l’applicazione della direttiva Bolkestein sul commercio ambulante: almeno quello siamo riusciti a farlo, prendendo un po’ di tempo per costruire, per quanto ci riguarda, un’iniziativa legislativa che porti all’esclusione del commercio ambulante dall’ambito della Bolkestein.

Poi c’è il capitolo – non ne voglio citare tanti, vado rapidamente alle conclusioni - che riguarda le pensioni, dove in un lungo percorso di confronto con le organizzazioni sindacali, si era costruito un pacchetto di interventi che è stato larghissimamente disatteso.

Continuare a difendere in modo generalizzato l’innalzamento dell’età pensionabile in connessione all’aumento dell’aspettativa di vita è profondamente iniquo perché, purtroppo, l’aspettativa media di vita è come la media dei polli di Trilussa, perché se tu hai fatto l’operaio per 35 anni hai un’aspettativa di vita che è, diciamo, quattro o cinque anni inferiore a quella di uno che ha fatto un lavoro impiegatizio per lo stesso numero di anni. Quindi, quella media è una media insopportabile sul piano della giustizia sociale, e bisogna fare un intervento che non può essere, non può essere limitato a qualche migliaia di casi di figure drammaticamente colpite! Si sarebbe dovuto appunto sganciare, rompere quell’automatismo e costruire un sistema differenziato che consentisse di riconoscere i diversi percorsi lavorativi. Si è completamente abbandonato il capitolo degli esodati: lo so che abbiamo fatto tante salvaguardie, ma l’ingiustizia compiuta nel 2011 è stata enorme, e nonostante le otto salvaguardie sarebbe stato necessario intervenire ancora, perché il prossimo anno vi saranno almeno otto mila persone che non avranno né pensione, né stipendio e saranno molto lontani dal raggiungimento di quell’età! Abbiamo insistito sulla necessità di rifinanziare lo strumento “opzione donna” che consentiva a migliaia di donne che sono state espulse dal mercato del lavoro, che sono lontane dalla pensione, di poter accedervi con un sacrificio, perché quel meccanismo prevede l’applicazione del sistema contributivo. Tutto questo è avvenuto, guardate, in un quadro a mio avviso inaccettabile sul piano morale, perché noi qualche anno fa abbiamo definito, all’inizio della legislatura, un fondo dove si sono accumulati i risparmi, diciamo, delle diverse salvaguardie in ragione agli effettivi utilizzi. Quel fondo, a fine settembre, aveva una disponibilità di quasi 800 milioni! Quegli ottocento milioni sono stati presi e sono stati utilizzati per altro, mentre sarebbero, secondo quello che era la specificità di quel fondo, dovuti finire alla nona salvaguardia e ad “opzione donna”. Sulla web tax ha detto molto chiaramente il mio collega Paglia che mi ha preceduto e quindi non dico nulla; dico che siamo di fronte all’ennesima occasione persa, allo smarrimento del senso della sessione di bilancio e per questo Sinistra italiana - Sinistra Ecologia Libertà-Possibile voterà contro la fiducia e contro il provvedimento, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile-Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Fossati. Ne ha facoltà.

FILIPPO FOSSATI. Grazie, Presidente. Noi abbiamo chiesto con tutte le nostre forze che questa legge di bilancio producesse una svolta, che ci fosse un’inversione di rotta, che guardasse agli esclusi, a quella grande parte del Paese che non ce la fa, che ha visto aumentare la precarietà nel lavoro e nella vita, precarietà che le sedicenti riforme dei mille giorni hanno contribuito spesso ad aumentare. Non bonus, abbiamo chiesto, ma misure strutturali sugli investimenti, sul lavoro, sulla sanità e le politiche sociali e l’abbiamo fatto direttamente al Presidente del Consiglio Gentiloni, che ci aveva risposto, ci ha risposto, che tutto sarebbe stato fatto per rispondere a queste esigenze. Ebbene, voi dite basta, maggioranza e Governo, all’austerità, sostenete che la politica debba recuperare spazi di manovra, di decisione sulle cose che servono ai cittadini e al Paese. Sono passate diverse settimane da quel dialogo e la domanda che possiamo fare, l’affermazione è: ma fate qualcosa! Fate qualcosa! Ce lo avete detto voi! Volevate farne anche il cuore di un’alleanza elettorale che puntava su lavoro e sanità come campi di questa inversione di rotta. Fate qualcosa! La sanità, avevate detto; nuove risorse per il fondo sanitario, per i livelli essenziali di assistenza, per i contratti e le assunzioni nella sanità, l’abolizione del super ticket: l’avete detto voi!

Una tassa sul fumo, avete detto alla Camera, seicento milioni sarebbe stata una cifra importante; bene, tutti d’accordo, il sostegno era pieno, il risultato è che è andata in fumo la tassa e per la sanità non c’è ancora niente.

C’è la politica degli spiccioli: qualcosa, alla fine del torneo della legge di bilancio, esce sempre; abbiamo un fondo accessori riattivato per i medici (30 milioni su almeno 500 che servirebbero per il contratto, fermo da otto anni), 60 milioni su 800 per il super ticket: questa è stata la risposta, con la beffa di finalizzarli a fragilità sociali e a persone che dovrebbero rifare l’istruttoria, chissà, per uno sconto. Una stabilizzazione a rate per i ricercatori degli istituti di ricerca scientifica, senza accesso alla dirigenza, che rischia di dividere e frantumare il lavoro medico ed essere un precedente per altre stabilizzazioni discriminanti. E poi ancora sul sociale: il finanziamento del Rei che arriva a 2 miliardi e rotti, su almeno 7 che ne servirebbero per rispondere alla povertà assoluta; e qui, guardate, stiamo scherzando con il dolore! Abbiamo i comuni d’Italia pieni di persone che chiedono come fare domanda, e sono quei 4 milioni che stanno sotto il livello di povertà assoluta, e nessuno sa neanche come rispondergli! Vengono sbalzati da ufficio ad ufficio! E poi, la politica degli spiccioli qualche volta è anche sottrazione degli spiccioli, come sul “dopo di noi”: bella legge, ma anch’essa sotto finanziata, e qui non si sono trovati, con questa legge di bilancio, neanche quei cinque milioni….

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Fossati. Onorevole Airaudo, siamo pochi in aula, capisce… grazie. Onorevole Fossati, prego.

FILIPPO FOSSATI. …che avevate prelevato da lì soltanto pochi mesi fa. Certo, quindi, ci sono bei disegni: abbiamo visto, abbiamo votato, spesso grazie al Parlamento, roboanti annunci ma con risorse talmente insufficienti che tradiscono il disegno e colpiscono i cittadini invece che aiutarli perché non aprono, nella realtà del Paese, nessuna strada nuova. La verità è un’altra: che questo Governo non ha capito, non ha voluto capire, non ha voluto muoversi in un senso moderno: la sanità, il sociale, la risposta ai bisogni di salute, alla dignità della vita dei cittadini, non sono un costo, non si calcolano in relazione al PIL, ma sono una risorsa preziosa. Devono essere un luogo di investimenti in un Paese civile, perché è una condizione per lo sviluppo. Andremo dai cittadini - ormai la campagna elettorale si approssima - e chiederemo un mandato per cambiare strada radicalmente perché, vede, Presidente, la strada sbagliata continua e si aggrava: la tentazione per un verso liberista e per un verso oligarchica riappare nei punti più strani. Bisogna guardare, per esempio, il pacchetto sport del Governo: certo, è piccola cosa rispetto al complesso della manovra di finanza pubblica, ma interessa milioni di persone ed è un paradigma di quello che può avvenire. Vedete, nel mondo dello sport ci sono due grandi famiglie legate ma che hanno le loro particolarità: c’è un mondo associativo straordinario (si parla di 100.000 associazioni sportive di base, piccole che muovono qualche milione di persone in questo Paese e qualche centinaio di migliaia di volontari) e c’è poi il grande sport, per lo spettacolo, quello importante per chi lo vede (mentre lo sport di base è importante per chi lo fa, questa è la differenza). Ebbene, noi apriamo il pacchetto, il pacco, e vediamo la massima apertura del Governo per lo sport di vertice: nuova disciplina dei diritti, contribuzione e pensioni per gli atleti professionisti, interventi che vanno anche qualche volta oltre, forse, la funzionalità e il ruolo di un Governo. Ad esempio, sulla suddivisione interna dei diritti tra la serie A e la serie B forse si potrebbe anche fare a meno di intervenire, ma va bene perché si dice: dobbiamo aggiustare la legge perché bisogna andare in Europa anche sulla suddivisione dei diritti televisivi.

Ebbene, salvo, appunto, che l’Europa spesso fa la cosa giusta, cioè preleva dai diritti dello sport spettacolo, dello sport miliardario una quota e la ridistribuisce allo sport di base perché, se la catena c’è, se non alimenti lo sport di base, se non alimenti lo sport dei cittadini, difficilmente mantieni una dignità anche allo sport di vertice.

Noi, invece, facciamo il contrario: allo sport di vertice lasciamo tutti i diritti televisivi e aggiungiamo anche un po’ di risorse pubbliche per lo sport professionistico. Si dice: sì, ma già abbiamo fatto un fondo presso la Presidenza del Consiglio per gli investimenti strutturali, per gli impianti, e noi scopriamo, sappiamo, che questo fondo sta finanziando le ristrutturazioni, gli interventi in diversi impianti sportivi nelle periferie, ma sappiamo anche che questo fondo è gestito in proprio finora dal Ministro e dal presidente del CONI e i comuni, che sono gli unici che sanno dove i soldi dovrebbero andare e quali sono le priorità del territorio, non possono scegliere e devono soltanto dire grazie.

Si dice: facciamo anche un fondo per gli interventi sullo sport, gestito dal Governo, oltre la massa di soldi che diamo al CONI, di cui solo una parte arriva allo sport vero, alle federazioni, poi scopriamo che questo fondo - spiccioli, venti milioni - serve anch’esso per finanziare grandi eventi e qualche spicciolo, come specchietto per le allodole, per la maternità delle atlete. Ci siamo chiesti e abbiamo proposto: e perché non per le allenatrici o per le altre figure del mondo sportivo? O qualche spicciolo ancora per la disabilità.

Ma arriva il bello, cioè l’idea della società dilettantistica lucrativa: già un ossimoro, io non capisco come possa essere una cosa dilettantistica e lucrativa, ma tant’è. L’attività dilettantistica in questo Paese, per legge, una legge di questo Governo, di pochi mesi fa, la legge-quadro sul terzo settore, è un’attività di interesse generale. Su quell’attività si muove il terzo settore, si muove il volontariato, perché fare sport a livello di base, in modo dilettantistico appunto, è qualcosa che ha un forte valore sociale, un forte valore per la salute, se si fa bene.

Anche l’impresa si muove in questo settore, già adesso; avete presente il mondo del fitness, avete presente il mondo delle organizzazioni degli eventi sportivi, ed esiste nella nostra normativa anche un qualche modo per premiare l’impresa che si muovesse bene in questi campi.

Avete approvato, due finanziarie fa, l’impresa Benefit. Certo, qualcosa deve fare: deve avere bassi profitti, presentare un bilancio sociale, dimostrare l’impatto sociale della sua attività, se vuole avere delle agevolazioni.

La via di Lotti è un’altra. Prendo le aziende del fitness, e qualcuno in particolare, quelle più forti, prendo Confindustria, le associazioni dei gestori di impianti e degli organizzatori di eventi, e gli regalo vantaggi fiscali incredibili: il 50 per cento dell’IRES, il 50 per cento dell’IVA, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa per i dipendenti, con contributi abbattuti e in parte agevolati. Basta un timbro: essere sportivi. Chi lo dà questo timbro? Il CONI, che ha preparato una delibera, che elenca un campo sterminato di attività riconoscibili da esso: 380. Ci sono tutte le novità delle palestre, tutti i giochi: morra, ruzzola e ruzzolone compresi, il cronometrismo, la medicina sportiva. Si apre un mercato immenso per un’attività speculativa e di rapina: un regalo, che avrà l’effetto di portare concorrenza verso quelle decine di migliaia di società sportive, la cui unica risorsa è quella del volontariato delle persone che, in modo appassionato, tentano di tirare avanti la baracca. Per queste associazioni sportive non c’è niente in questa legge di bilancio, niente nei programmi del Ministero.

Io credo che questo sia un segno. Noi ci rivolgiamo a un pezzo di Paese, al pezzo vincente, e anche in un piccolo settore - piccolo forse, e non tanto, per il prodotto interno lordo che produce, ma molto forte per l’attenzione dei cittadini - noi chiudiamo gli occhi di fronte a chi, nel Paese, lavora, fa, si mette a disposizione e cerca di tenere unito il tessuto sociale. Questa è l’eredità di questa legge di bilancio. Contro questa impostazione noi daremo battaglia in tutte le sedi (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista-Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

ADRIANA GALGANO. Grazie, Presidente, Vice Ministro Morando. In questa legge di stabilità, un successo di Civici e Innovatori- Energie PER l’Italia è sicuramente l’approvazione del nostro emendamento sulla creazione delle zone logistiche semplificate nelle zone portuali ancora non disciplinate. Lo scopo di queste zone, infatti, è quello di creare condizioni favorevoli per lo sviluppo delle imprese già operanti e l’insediamento di nuove. Ci sono più di 3.500 zone nel mondo e 30 milioni di occupati grazie ad esse ed era ora che, dopo cinque anni di nostre battaglie, ce ne dotassimo pure noi.

Riteniamo, invece, un profondo errore non aver accolto le nostre proposte in tema di sigarette elettroniche. Si è voluto intervenire in modo non sostanziale, lasciando in piedi una normativa stupidamente punitiva del settore e dei suoi consumatori: un profondo errore, perché lo sviluppo di questo settore rappresenta una grande opportunità per la riduzione del cancro al polmone, come evidenziano importanti oncologi e studi di livello internazionale. Auspichiamo, quindi, che ci sia possibilità di rivedere tale normativa a breve.

Oggi abbiamo sentito parlare di un presunto assalto alla diligenza di deputati della maggioranza. Noi abbiamo visto approvare emendamenti, chiamiamoli eufemisticamente, di spesa, piuttosto specifici sia a maggioranza che a minoranza. La quasi totalità dei nostri emendamenti, invece, era a costo zero, a favore di cittadini, occupazioni, giovani generazioni.

Tra questi, il nostro che considero più importante era quello che chiedeva 2 milioni di euro per le microimprese fondate da donne vittime di violenza, donne che, una volta sfuggita la violenza domestica, non hanno di che mantenersi e per le quali l’autoimpiego costituisce una grande opportunità anche di riscatto. Non si sono voluti trovare i 2 milioni di euro per questo scopo, nonostante il parere favorevole del Ministero dello sviluppo economico: questione di scelta, ci è stato detto. Noi consideriamo questa scelta vergognosa.

Infine, altra pagina non edificante, è quella relativa al nostro emendamento sulla riclassificazione dei farmaci. Esso avrebbe consentito, prima di tutto, ai cittadini di essere certi che i farmaci che utilizzano sono i più efficaci e appropriati. La legge dice che deve essere fatto periodicamente e tutti sono concordi nel ritenere che questo deve essere fatto annualmente perché sia efficace. Nonostante il parere positivo del Governo, il PD ha ritenuto opportuno bocciarlo: un’altra scelta miope, perché i cittadini e le imprese sono stufi di essere soggetti a continue scadenze obbligatorie, mentre enti pubblici e pubblica amministrazione continuano a godere di zone franche e possono agire quando ritengono più opportuno. Ringraziamo il Governo, di cuore, per il parere positivo e, anche su questo, ci auguriamo che ci sia modo di intervenire a breve con maggior lungimiranza.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.

LARA RICCIATTI. Grazie, Signor Presidente. Signor Vice Ministro, chiudete questa legislatura con una legge di bilancio elettoralistica, vuota di contenuti, che in soldoni abdica, per l’ennesima volta, alla prospettiva, alla politica, direbbe qualcuno. Avete scelto di non decidere, vi siete seduti dalla parte dell’indifferenza, non un segnale sul lavoro, né sul versante dei diritti di chi lavora né per chi in questo Paese cerca di resistere alla crisi e chiede alla politica e alle istituzioni una risposta. Nemmeno questa volta è arrivata, nemmeno questa volta l’avete fornita, signor Vice Ministro.

Il CNA nei giorni scorsi ha promosso una protesta, chiamandovi “quelli del bla bla bla”. Avete fatto tante chiacchiere e ancora una volta non avete prodotto alcun fatto. Anzi, vi caricate una responsabilità ben più grave. Per cinque anni avete preso in giro - diciamocelo -, in maniera anche un po’ sfacciata, gli artigiani, gli imprenditori, chi lavora, chi produce. Avete fatto finta di indignarvi davanti a quelle aziende che, a un certo punto della loro attività, sceglievano di abbassare le saracinesche in Italia per andare a delocalizzare altrove, dove, magari, il costo del lavoro e i diritti sono inferiori e il profitto è maggiore. Avete gridato allo scandalo, quando quegli episodi erano illuminati dai riflettori delle Tv e degli organi di informazione e per cinque anni - cinque! -, perché tutto ci manca, ma non la testardaggine della perseveranza, e quindi per cinque anni abbiamo presentato emendamenti e voi, per cinque anni, ci avete respinto questi testi alla legge di bilancio, che andavano a contrastare questi fenomeni. Ve lo abbiamo scritto in tutte le salse: proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno.

Approvate una norma che dice, in maniera chiara, che a chi in questo Paese prende i soldi pubblici dallo Stato e poi delocalizza succede che si restituiscono quei soldi, ci si pagano le tasse e anche l’IVA.

E quei soldi li usiamo per sostenere le lavoratrici e i lavoratori, vittime di delocalizzazione. Siamo andati anche oltre nei nostri testi, con un’altra proposta. Si utilizzano quei soldi, quel fondo, per favorire la costituzione di cooperative di lavoratrici e lavoratori, che vogliono rilevare l’impresa, per non far morire livelli di know-how e per far restare attive le maestranze. Abbiamo segnalato e siamo intervenuti ovunque. Niente da fare, silenzio, muro. Voto contrario, il tempo di un’alzata di mano: respinto, avanti.

Sarete ricordati come quelli delle lacrime di coccodrillo e come quelli che hanno permesso, in silenzio e chinando la testa, di spalancare le porte del nostro sistema industriale ai colossi stranieri. Sono venuti in Italia, hanno fatto shopping di aziende e di produttività e se ne sono andati, lasciando in questo Paese moria di intelligenza e disoccupazione. La responsabilità è tutta la vostra. Avete accompagnato alla porta del sistema produttivo italiano anche quegli imprenditori che richiedevano azioni mirate, per provare a sopravvivere alla crisi, perché gliel’abbiamo chiesto noi, politica e istituzioni: restate in Italia e provate a sopravvivere. Non una risposta sul riconoscimento del made in, non un sostegno per fare ricerca, innovazione e sviluppo. Vi avevamo chiesto di defiscalizzare i campionari per le nostre aziende che si occupano, ad esempio, di moda, uno dei grandi brand che ci fanno grandi nel mondo. Niente, avete fatto spallucce.

Le aziende italiane chiedevano e continuano a chiedere il made in e voi continuate a restare indifferenti, incapaci, come siete stati, di approvare al Senato una legge, approvata in quest’Aula all’unanimità, quella sulla tracciabilità volontaria. Sicché non avete portato a casa il risultato durante il semestre italiano di Presidenza italiana dell’Unione europea e non siete riusciti a girare i veti stranieri a livello nazionale.

Avete bocciato in Commissione bilancio un emendamento approvato in Commissione attività produttive, che stanziava più soldi per favorire l’internazionalizzazione delle imprese. Ma come si fa, signor Viceministro, a non capire che, davanti alle sfide della globalizzazione, la risposta deve essere alla pari e non di retroguardia e che deve mettere nelle condizioni tutte quelle aziende di sopravvivere alla crisi, puntando sui mercati esteri, dato che il mercato interno è fermo e stagnante.

Guardate, iniziamo a pensare che questa sia miopia politica e assenza di prospettiva. Siete quelli delle approvazioni senza impegno. Finché si fanno le chiacchiere, gli ordini del giorno e le risoluzioni voi approvate. Quando è ora di finanziare però i fatti che avete votato, allora siete sempre indisponibili. Le poche risorse che avevamo le avete stanziate per industria 4.0, però avete escluso gli artigiani, i piccoli; avete commesso l’errore e siete andati dietro a Confindustria. Quando Boccia sostiene che piccolo non è più bello, significa che non avete sotto gli occhi il Paese reale. Signor Viceministro, “piccolo” è il 90 per cento del sistema produttivo italiano! È a loro che bisogna puntare, se vogliamo risollevare le sorti di questo Paese. Basta con questo chinare la testa davanti a Confindustria.

Era l’occasione questa per alzarla la testa, davanti al Paese, e non l’avete fatto. Un grande vuoto c’è stato, anche in questa legge di bilancio, fatta di spot e assente di misure strutturali. Manca la politica industriale. Questa è stata la legislatura e sarete ricordati come quelli delle grandi crisi, incapaci però di produrre una prospettiva e una soluzione. In questa legislatura, avete provato a mettere le mani, col decreto concorrenza, al sistema industriale e avete fatto un disastro. Avete messo sul lastrico mille farmacisti titolari di parafarmacia. Questa era l’ultima occasione per salvarli e, invece, costringerete anche loro a chiudere la loro attività produttiva.

State per mettere la fiducia su questo testo. Per l’ennesima volta priverete questo Parlamento di poter discutere di prospettiva. Guardate, non saremo noi a punirvi con il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Onorevole Ricciatti, bisogna concludere però, perché siamo ampiamente oltre.

LARA RICCIATTI. Sarà il Paese qua fuori che vi punirà. E allora sarà troppo tardi per capire cosa avete combinato (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista-Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Menorello. Ne ha facoltà. Onorevole Menorello, lei ha tre minuti, però il Presidente, oggi, diciamo in vista delle festività natalizie, è stato molto largo con tutti, quindi cercherà di tollerare anche la sua sicura esuberanza tempistica.

DOMENICO MENORELLO. Grazie Presidente, vedrò di stupirla. Signor rappresentante del Governo, abbiamo appena il tempo, per alcuni appunti di giudizio sul lavoro parlamentare dei Civici e Innovatori-Energie PER l’Italia e su questa legge di stabilità, che se, da un lato, vede una maggior prudenza della precedente sul piano della spesa pubblica, dall’altro, è stata inopinatamente trasformata in un pericoloso e trasversale suk normativo.

Sul piano dei contenuti dobbiamo stigmatizzare l’inversione di direzione nelle comunque sparute politiche per la natalità, con la precarizzazione del relativo assegno, che dovrebbe invece diventare non solo strutturale, ma anche e soprattutto progressivo, all’aumentare dei figli in ciascun nucleo familiare.

Molto grave poi è il decremento di risorse per le scuole libere. Il capitolo 1479, istituito nel 2017 per i 582 mila bambini delle scuole dell’infanzia, quest’anno è stato tout-court fatto sparire. E intanto, in Veneto, chiudono 12 scuole paritarie dell’infanzia all’anno. Per questo siamo soddisfatti dell’approvazione almeno del nostro emendamento 54-ter.24, che consentirà a tutti gli enti formativi accreditati dalle regioni di partecipare al programma operativo nazionale. Da oggi sarà più facile per gli enti di formazione liberi supportare i giovani, attraverso progetti di orientamento e di lotta all’abbandono degli studi.

Cambiando campo, va apprezzata l’introduzione del principio relativo alla necessità di ristorare il danno ingiusto, patito da troppi risparmiatori per la mala gestione di tante banche italiane, come impongono d’altronde gli stessi articoli 47 e 1 della Costituzione. Certo, le somme stanziate sono semplicemente simboliche, ma il principio è stato finalmente introdotto.

E siamo soddisfatti del cambiamento del testo iniziale anche nel senso proposto dal nostro emendamento 100-bis.4. Ora il danno ingiusto può essere non solo accertato con un giudicato - che nel caso delle banche liquidate non avrebbe mai potuto tecnicamente arrivare - ma anche con una procedura presso la camera arbitrale di ANAC.

Questi miglioramenti li dobbiamo alla capacità di tanti comitati e associazioni di risparmiatori, colpiti dal fallimento del sistema bancario italiano, che soprattutto in alcune regioni, come in Veneto, stanno con tenacia e pazienza lottando, per ottenere atti di giustizia. È davvero sorprendente come, in una circostanza così tragica per tante famiglie e imprese, che hanno visto sprecare e dilapidare i loro risparmi, vi sia una nuova capacità di solidarietà operosa e fattiva, che ha ottenuto anche la prima breccia normativa, scritta al comma 651, come emendato, di questa legge.

Sì, la società italiana vive ancora, si attiva, è vivace, crea solidarietà e fatti di bene, al di là di ogni aspettativa. Questa è la sussidiarietà reale, da cui solo può trarre speranza la politica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l’Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Grazie Presidente. Quando ho fatto il mio primo intervento da deputato in quest’Aula, il 31 luglio 2006, l’Aula era semideserta, come oggi, in cui farò l’ultimo intervento. Ma si sa che è così nella discussione generale, sempre. E forse dovremmo farci qualche riflessione, in un’auspicabile riforma del Regolamento della Camera.

E mentre mi accingo a tornare più stabilmente nel reggiano, mi fa piacere ritrovare in questa legge di bilancio il più alto simbolo della resistenza reggiana: i fratelli Cervi. Sono destinate stabilmente risorse all’Istituto e Museo Cervi, così come alla Fondazione dell’ex campo di Fossoli, al Comitato di Marzabotto, al parco di Sant’Anna di Stazzema e al museo della Risiera di San Sabba. È una delle tante iniziative positive che ritroviamo in questa legge di bilancio, l’ultima della legislatura.

Allora, bisogna cominciare da un bilancio della legislatura. Tutte le volte che ha governato il centrodestra, ha lasciato il Paese in condizioni peggiori di come lo ha trovato: 1994-1996, per fortuna, dopo i primi disastri di Berlusconi, c’è stato il Governo Dini; 2001-2006, da una crescita al 3 per cento troppo bassa, secondo Tremonti, grazie a lui, siamo andati a zero; 2008-2013, alla fine del 2011 l’Italia ha rischiato il fallimento, dopo che tra 2006-2008 si era aperta una fase di crescita.

Sì, c’è stata la crisi più grave dal 1929, ma anche una gestione della crisi nella logica dell’ ha da passà ‘a nuttata, non accorgendosi che non era una parentesi, ma un profondo cambiamento dell’economia mondiale. In quegli anni la recessione è stata la più pesante d’Europa in Italia, dopo la Grecia.

Questo il bilancio dei Governi di centrodestra. Per quale fenomeno miracolistico dovrebbero essere, dopo il fallimento del passato, la soluzione del futuro?

E il bilancio di questa legislatura: dalla recessione alla crescita, previsioni sempre azzeccate e sempre in meglio il risultato finale, nel 2017 in particolare, dove raccogliamo maggiormente il frutto delle politiche di riforma di questi anni. Ci avviciniamo al 2 per cento, superato in questi primi diciassette anni di questo secolo e millennio solo nel 2006, con il secondo Governo Prodi, non per caso.

Siamo fanalino di coda in Europa? Sì, ma dagli anni Novanta. Bisogna guardare ai processi, alle dinamiche. Le dinamiche sono queste, si riduce ogni trimestre la differenza tra il livello di crescita italiana e quello della media europea. Insomma, il ritmo di crescita è in costante rafforzamento, nell’export, nella domanda interna, negli investimenti delle imprese, nella produzione, nei consumi e nell’occupazione, lontani ancora da raggiungere condizioni soddisfacenti, ma quasi un milione di posti in più non sono un risultato da poco.

Come sostenere l’occupazione, soprattutto quella stabile, è ancora oggetto di discussione, ma alcune certezze ci sono, secondo me. La prima è che il lavoro lo creano le imprese e le imprese vanno aiutate. Secondo, meglio incentivi strutturali che contingenti, è quello che facciamo con questa legge di bilancio, ma anche quello che abbiamo fatto con quella per il 2015, in riferimento al taglio dell’IRAP. Terzo, gli incentivi messi nel 2015 hanno funzionato e hanno avuto un effetto positivo, pur dovendo essere trasformati in strutturali.

Tutto ciò è avvenuto grazie anche alle politiche economiche del Governo, quelle per il lavoro, per la scuola, le politiche sociali, comprese le pensioni, dove siamo intervenuti notevolmente nella scorsa legge di bilancio e anche in questa, la giustizia, per “Industria 4.0”, con le misure fiscali che hanno ridotto le tasse a chi le paga recuperando fasce ampie di evasione fiscale e riducendo la pressione fiscale. Sul versante della finanza pubblica, siamo stati dentro il sentiero stretto indicato dal Ministro Padoan: l’equilibrio stretto tra misure per sostenere la crescita e il miglioramento delle condizioni della finanza pubblica.

In questa Aula, pochi mesi fa, tutti i gruppi parlamentari si sono espressi contro l’austerity europea, contro il fiscal compact nei trattati; qualcuno, come i 5 Stelle, vorrebbe andare anche oltre il 3 per cento nel rapporto deficit-PIL, guai al giorno in cui ciò avvenisse: i mercati ci darebbero subito non il cartellino giallo, che in questa legge di stabilità abbiamo dato con l’accordo di tutti al sindaco di Napoli, ma direttamente il cartellino rosso. Avremmo un aumento degli interessi sul debito pubblico con effetti devastanti per il bilancio dello Stato e per le parti più deboli della società, quelle che hanno più bisogno dello Stato.

Ebbene, di fronte a questo quadro è paradossale che Forza Italia e altri dicano che eliminiamo gli aumenti IVA e accise già previsti con un aumento del debito pubblico: no, in questi anni abbiamo sempre deciso e ottenuto di ridurre il deficit più gradualmente rispetto alle previsioni, ma l’abbiamo sempre ridotto, non aumentato. E anche nel 2018 sarà così, in base alla legge di bilancio che stiamo per approvare. Chiuderemo il 2017 al 2,1 per cento e nel 2018 andremo all’1,6 per cento, e secondo me sotto questo livello non si può andare. È quasi pareggio di bilancio, ma al pareggio non credo che arriveremo. Non so se potremo tornare vicino al 3, ma molto sotto all’1,5 per cento non credo sia praticabile. Già con il livello di deficit del 2017, il debito pubblico si è stabilizzato in rapporto al PIL e comincerà a scendere. L’elemento determinante è la crescita: se è alta il debito cala, se è bassa il debito sale.

È una legge in cui finanziamo il rinnovo dei contratti pubblici, farlo calando il deficit si avvicina al miracolo. È una legge in cui ridiamo fiato agli enti territoriali, comuni, province e regioni, per il 2018 e per gli anni successivi. Poi, il tema dell’autonomia tributaria e fiscale degli enti territoriali è tutto sul tavolo della prossima legislatura, però stiamo avviando il regionalismo differenziato, con l’avvio degli accordi tra Governo, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Regioni in più salute permetteranno anche di affrontare meglio l’aumento minore delle necessità del Fondo sanitario nazionale. Riconosco che è un aumento minore delle necessità ed è per me una profondissima preoccupazione, nego anche sotto tortura che sia un taglio o un definanziamento, perché ci sono risorse in più.

Con questa legge di stabilità, il Governo ha scelto, in particolare, oltre al disinnesco delle clausole di salvaguardia, di intervenire sul lavoro in particolare per i giovani e per l’aumento delle risorse per la lotta alla povertà. Sono scelte di cui c’è ancora il segno forte nella legge di bilancio, che non si perde, questo segno, con l’aumento ponderoso degli interventi inseriti con il lavoro parlamentare, come ha ricordato il presidente Boccia, molti con voti unanimi, molti anche proposti dalle opposizioni, più di trenta ad esempio gli emendamenti dei 5 Stelle approvati. Lo dico soprattutto, che rimane questo segno forte nella legge di stabilità, a quelli che si pongono alla sinistra del PD: si pongono loro, io credo che la sinistra più di sinistra sia quella di Governo, non quella che fa di tutto per fare andare al Governo la destra già pregustando le future manifestazioni contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Il centrodestra aveva azzerato i fondi delle politiche sociali, tutti i fondi, e tagliato pesantemente sulla scuola. In questa legislatura abbiamo fatto esattamente il contrario e investito fortemente sulla cultura in tutti i campi. Se si partisse da questa consapevolezza, si potrebbe tutti insieme migliorare e correggere anche i limiti e gli errori di questi anni.

Se, invece, si va alle elezioni come se fosse una gara tra PD e Liberi e Uguali, senza considerare che ci sono anche gli altri due poli, io la considero una scelta suicida e pazzesca, e mi dispiace molto che a farla siano dirigenti che in passato ho fortemente apprezzato e sostenuto, come Bersani, Errani e D’Alema.

Infine, una riflessione per il prossimo Parlamento, anzi per i prossimi parlamentari: la riforma della legge di bilancio e di contabilità approvata un anno fa poteva funzionare con un sistema che superasse il bicameralismo perfetto. Sempre un anno fa gli italiani hanno deciso che, pur di mandare a casa un leader, si poteva anche rinunciare a una riforma fondamentale per far funzionare meglio la democrazia e le istituzioni. Rispetto, ovviamente, il voto degli italiani, anche se mi viene in mente una battuta di Benigni nel film Il mostro: con il sistema bicamerale il film procedurale di quest’anno e di quelli precedenti si ripeterà anche in futuro, con qualunque Governo e maggioranza. Mi sbaglierò, ma sono convinto di questo dopo dodici anni di esperienza in Commissione bilancio.

E, allora, penso che occorra cambiare radicalmente, anche per la spinta emendativa che Openpolis dà a ogni parlamentare, come sottolineava il relatore durante la scorsa legge di bilancio, onorevole Guerra, rischiando di trasformare la sessione di bilancio in un film horror. Il cambio radicale è una legge di bilancio inemendabile. Il Governo presenta il suo progetto, le Camere discutono parallelamente, cioè usando entrambe tutto il tempo per un mese e mezzo, danno indirizzi per modifiche e integrazioni, il Governo raccoglie questi indirizzi e presenta il progetto definitivo e poi le Camere votano, prendere o lasciare. Se non si arriva a questa modifica, inutile meravigliarsi di vedere sempre lo stesso film, è scoprire l’acqua calda meravigliarsi del “semplicemente ovvio”.

Nonostante questo, il risultato oggi all’esame dell’Aula di questa legge di bilancio è molto buono. Dà tante risposte a tanti bisogni. Si può fare di meglio, ma i tanti che criticano sono spesso parlamentari che hanno avuto occasione di essere al Governo e di meglio francamente non mi sembra abbiano fatto, sia alla mia destra che alla cosiddetta mia sinistra.

Per questo, la legge di bilancio merita l’approvazione del Parlamento e ringrazio il Governo, in modo particolare il Vice Ministro Morando, per la disponibilità al confronto con tutti i gruppi parlamentari e con tutto il Parlamento e per l’enorme lavoro svolto in questa sessione di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 4768-A)

PRESIDENTE. La ringrazio. Ora avrebbero facoltà di replicare i relatori, ma sono tutti abbondantemente andati oltre il tempo che era loro assegnato. Quindi, se ci sono proprio cose fulminee che i relatori intendono dire, posso dare qualche secondo. No, bene. Prendo atto che il relatore per la maggioranza Boccia e i relatori di minoranza, Palese, D’Incà, Melilla e Marcon rinunciano alle repliche.

A questo punto, se il Governo intende intervenire per la replica, do la parola al senatore Morando. Prego, ne ha facoltà.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Cercherò di essere molto rapido.

Il disegno di legge di bilancio uscito dal Consiglio dei ministri è stato, sì, modificato in modo assai radicale nella lettura del Senato, prima, e della Camera, poi, ma ciò che a mio avviso deve essere, prima di tutto, rilevato è che le architravi della proposta uscita dal Consiglio dei ministri hanno retto il confronto parlamentare. Quali erano queste architravi? In primo luogo, l’utilizzo di una quantità molto grande di risorse per neutralizzare gli aumenti dell’IVA e delle accise, previsti, a legislazione vigente, dal 1° gennaio 2018. Ora, io continuo ad insistere su questo punto, è curioso, ma è un fatto, che nessuno, nel dibattito politico italiano, ha proposto di fare una scelta diversa, nessuno; eppure, nel confronto europeo, in particolare, sono state molte le voci che si sono levate per sostenere che sarebbe stata una scelta altrettanto ragionevole e altrettanto difendibile, almeno in parte, consentire un aumento delle aliquote IVA, e, adesso, lo posso dire senza scandalizzare nessuno, perché la legislatura è terminata, io, personalmente, sono tra questi; io avrei fatto, almeno parzialmente, scattare le aliquote, gli aumenti di aliquota IVA previsti, per utilizzare integralmente quelle risorse per ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sui produttori. Ma lei cercherebbe invano, signor Presidente, in questo volume, un solo emendamento che proponga questa soluzione. Nessuno ha presentato questa proposta.

Il secondo architrave della legge di bilancio uscita dal Consiglio dei ministri è rappresentato dalla conferma e dal rafforzamento dell’enorme intervento, dal lato del capitale, per il rafforzamento delle capacità competitive del nostro sistema economico, super ammortamento, iper ammortamento, credito di imposta automatico per le spese in ricerca, credito di imposta automatico per le spese per gli investimenti nel Mezzogiorno, a cui si è aggiunto un credito di imposta automatico per le attività di formazione del personale delle imprese. Anche in questo caso, vi è un sacco di proposte, come si dice, guardi qua e questi sono solo gli emendamenti segnalati, ce ne sono altri 4.000 più o meno che abbiamo dovuto trascurare, anche in questo caso c’è l’articolo preciso sul super ammortamento e l’iper ammortamento e la conferma di questa scelta, ma lei non troverà, signor Presidente, anche se si mette a guardarli tutti, non troverà un emendamento che dice di abbandonare questa scelta, perché non si può abbandonare, sarebbe suicida e, quindi, questo secondo architrave della proposta del Governo esce assolutamente confermato.

Poi, c’è un terzo architrave, meno rilevante sotto il profilo quantitativo, purtroppo, e cioè un tentativo di rafforzare la capacità competitiva del Paese dal lato del lavoro; come si sa, la produttività totale dei fattori è data dalla produttività del capitale più la produttività del lavoro; dal lato del lavoro c’è un terzo architrave della proposta che è rappresentato, in particolare, dagli interventi a favore della occupazione giovanile, oltre che da una serie di agevolazioni sul versante delle politiche per la formazione. È la formazione ciò che, sostanzialmente, consente un rafforzamento della componente lavoro nella fase che noi conosciamo e che noi viviamo che è quella della società della conoscenza.

Questi gli architravi che escono confermati pienamente non solo dal fatto che erano nel testo e rimangono nel testo, ma dal fatto che abbiamo discusso migliaia di proposte emendative e non ce n’è una sola volta a mettere in discussione queste tre scelte. Poi, si possono anche raccontare barzellette sopra al fatto che sarebbero state presentate proposte del tutto alternative; del tutto alternative dove, se si lasciano inalterate le tre scelte fondamentali che il Governo ha fatto al momento dell’approvazione del disegno di legge di bilancio in Consiglio dei ministri?

Certo, durante l’esame parlamentare, è stato ancora il Governo a proporre una innovazione particolarmente significativa della legge di bilancio, quando ha proposto, e il Parlamento ha accolto, di inserire nella legge di bilancio il contenuto dell’accordo raggiunto con le parti sociali in materia di pensioni. E qui voglio dire che c’è un punto rilevante di evoluzione della vicenda politica italiana a proposito di relazioni con le parti sociali, perché avrà pure un significato il fatto che la legislatura - che si è aperta con una lunga fase nella quale l’elemento della conflittualità ha teso a prevalere su quello della convergenza - si chiude attraverso un accordo su un tema particolarmente complesso e difficile che ha interessato la maggioranza delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni sindacali che rappresentano la maggioranza dei lavoratori italiani. Anche se, naturalmente, è un limite serio di quell’accordo il fatto che il principale sindacato italiano non abbia condiviso quella proposta.

Una volta detto questo, allora, bisogna esaminare quali siano state le ulteriori iniziative che il Parlamento, invece, ha adottato in sede di modificazione del testo. Naturalmente, io non ho il tempo di elencarle tutte, ma ne cito due per tutte: da un lato, il drastico, lo ripeto, drastico intervento di ridimensionamento del contributo delle autonomie regionali e locali all’opera di consolidamento fiscale nel nostro Paese. È come se noi avessimo riflettuto sopra al fatto che c’era bisogno di chiudere la legislatura attraverso una sorta di riapertura della prospettiva per quello che riguarda la finanza locale in Italia. Ed è stato grazie al lavoro parlamentare che questa riapertura di prospettiva è stata resa possibile, con emendamenti approvati all’unanimità; adesso, tutti dicono che la legge di bilancio fa schifo, ma lei non troverà uno solo di questi interventi che non sia stato votato all’unanimità. Basta guardare gli emendamenti che sono stati proposti, dove tutti avevano proposto di ridurre di 300 milioni la partecipazione delle regioni al consolidamento fiscale; tutti avevano proposto di ridurre grossomodo di 100 milioni la partecipazione delle province con emendamenti uguali anche nelle cifre, non soltanto nella scelta di indirizzo, anche nelle cifre, uguali a quelli che sono stati approvati dal Governo, con il consenso del Governo sono stati approvati dalla maggioranza con voto quasi sempre unanime.

Secondo, abbiamo creato le condizioni, anche, per la rivoluzionaria scelta della fatturazione elettronica obbligatoria; non ne parla nessuno, io sono letteralmente esterrefatto, ma la fatturazione elettronica obbligatoria anche per le transazioni commerciali tra privati introduce potenzialmente una vera e propria rivoluzione nel fisco italiano, da cui possiamo finalmente attenderci una riduzione del livello assoluto e relativo di evasione fiscale in Italia. Ebbene, io riconosco che il disegno di legge del Governo che compiva questa scelta era debole su un punto fondamentale; si può fare davvero la rivoluzione della fatturazione elettronica obbligatoria anche tra privati se si riducono drasticamente e contestualmente si semplificano gli adempimenti dei contribuenti. Ci ha pensato, in particolare, la Camera dei deputati, su questo punto, a realizzare un intervento di qualità che consentirà di far partire dal 2019 la fatturazione elettronica obbligatoria, in un contesto di drastico ridimensionamento e di semplificazione degli adempimenti fiscali.

In terzo luogo, la Camera dei deputati ha finalmente alzato - e io veramente sono personalmente felice di questo, perché ero stanco di sentire famiglie, di sentire persone che ti fermano per strada per dire: ma non vi vergognate di avere tenuto ancora il livello di reddito dei figli che consente di rimanere a carico dei genitori a 2.840 euro che è la traduzione in euro dei vecchi 5 milioni che c’erano prima dell’introduzione dell’euro, sono passati vent’anni e ancora state là.

Ma non capite che così spingete anche il più onesto e il più tranquillo dei giovani che vuole lavorare legalmente, quando fa il lavoretto estivo durante l’università, lo spingete al nero, perché nessuno rinuncia a rimanere a carico dei genitori in quelle condizioni. Bene, la Camera dei deputati ha portato a 4.000 euro questa soglia, con il voto unanime di tutti i parlamentari della Commissione bilancio e, quindi, va a tutti loro il merito. Ma perché dire che non si è fatto nulla di rilevante per il Paese se poi, per esempio, si è fatta una scelta che io considero assolutamente importante come questa?

Ho concluso, signor Presidente, perché gli esempi sarebbero molti, ma non ho il tempo per fare tutti quelli che vorrei. Il deputato Palese ha concluso la sua relazione paventando, anche a causa di questa legge di bilancio, l’arrivo della troika. Non credo che sia una previsione fondata. Il Paese è tornato a crescere in un contesto di crescente stabilità della finanza pubblica, con l’indebitamento che, come ha detto poco fa il deputato Marchi, continua a scendere e con l’avanzo primario che si conferma su valori tra i più elevati in Europa, e nella serie storica meno elevato soltanto di quelli realizzati dalla Germania. Una minaccia però c’è, e con questo concludo, non possiamo far finta di non vederla, e anche questo è un elemento stupefacente del confronto politico italiano: la minaccia è rappresentata dal fatto che forze politiche che possono prevalere nella prossima campagna elettorale, per un verso il centrodestra, propongono l’adozione in Italia della doppia moneta, una per il mercato interno e una per il mercato esterno. Lei la ricorda, signor Presidente, la vicenda dei mutui in ECU? Cittadini italiani che avevano il reddito in lire e che avevano contratto, e dovevano pagare, il debito in ECU. Sono stati rovinati perché, da che mondo è mondo, la moneta cattiva scaccia quella buona. È una regola fondamentale che non ha mai avuto un’eccezione nella storia economica del Paese. Volete un vero rischio, onorevole Palese, per l’Italia? È la doppia moneta che voi proponete ufficialmente come la soluzione dei problemi del Paese. Per non parlare di chi propone, nel pieno di un’operazione di rilancio dell’Unione europea che si realizzerà sull’asse Macron-Merkel, di mettere l’Italia nel ghetto del referendum contro l’euro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,30).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Ricordo che all’ordine del giorno è previsto che le votazioni abbiano luogo non prima delle ore 13, sospendo pertanto la seduta che riprenderà a tale ora.

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 13,05.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e il Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunciato.

Ricordo, inoltre, che l’articolo 21, comma 1-quinquies, della legge n. 196 del 2009, in attuazione dell’articolo 15, comma 2, della legge n. 243 del 2012, nel definire i limiti al contenuto della prima sezione del disegno di legge di bilancio, prevede, in particolare, che la stessa non deve contenere norme di delega.

Alla luce di ciò, in base alla prassi applicativa della disciplina regolamentare in materia di ammissibilità delle proposte emendative e alle responsabilità e ai relativi poteri della Presidente della Camera, deve considerarsi espunto dal testo del provvedimento il comma 370-ter dell’articolo 1, che reca la proroga delle deleghe legislative di cui all’articolo 8, comma 6, della legge n. 724 del 2015 e all’articolo 1, comma 5, secondo periodo, della legge n. 2 del 2012. Avverto che a I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA, presidente della V Commissione. Grazie Presidente. Presidente, chiedo all’Assemblea di disporre un breve rinvio in Commissione per non più di due ore - saremo nella condizione di tornare in Aula per le 15 - del provvedimento, al fine di consentire un rapido riesame di alcune disposizioni che presentano problemi dal punto di vista finanziario, anche alla luce di rilievi fatti dal Ministero dell’economia, per garantire la piena tenuta del testo. Mi sono stati preannunciati per le vie brevi, le chiedo, pertanto, di disporre un breve rinvio in Commissione.

PRESIDENTE. Colleghi, di norma, come sapete, per prassi regolamentare, sulla proposta di rinvio in Commissione si interviene uno a favore ed uno contro. Ora, però, ci sono più… Onorevole Palese, se dovessi fare uno a favore e uno contro, lei non potrebbe parlare perché l’ha chiesto prima l’onorevole Sorial. Se lei mi fa finire di parlare, vedrà che cerchiamo di accontentarla, visto il periodo che stiamo… Allora, stavo dicendo che per prassi parlano uno a favore e uno contro, ma visto, però, che ci sono richieste diverse per parlare su questo argomento, il Presidente decide di dare la parola ad uno per gruppo.

Resta inteso, però, che le due ore le consideriamo, qualora passi il rinvio in Commissione, dal momento in cui il presidente Boccia ha fatto la sua proposta. Quindi, qualora passasse il rinvio, noi comunque riconvocheremo l’Aula alle ore 15.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Sorial, che vuole parlare contro, come poi anche l’onorevole Palese. Ne ha facoltà

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie Presidente. Presidente, io sono allibito. Io vorrei rappresentare qua all’Aula quello che noi, membri dalla Commissione bilancio, nonché tutti gli altri membri delle Commissioni che hanno passato queste giornate, queste nottate, con noi in Commissione bilancio, hanno potuto vedere con i loro occhi e hanno potuto sentire dalle loro orecchie ciò che è stato rappresentato in maniera più che degna anche sulla loro pelle e sulla stanchezza di ognuno di loro. Noi abbiamo vissuto nella Commissione bilancio e ne sono orgoglioso... Io lavorerei qua ogni singolo giorno, anche il lunedì e il venerdì, rispetto a quello che sono gli ordini del giorno dei lavori dall’Aula e della Commissione, quindi, sono più che fiero che per una settimana la Commissione bilancio abbia lavorato sulla legge di bilancio, ma sono allibito per il come si sia lavorato in Commissione bilancio. Noi che siamo, fino a prova contraria, una repubblica democratica parlamentare, abbiamo il compito, come membri del Parlamento, di valutare, discutere e votare le proposte parlamentari che sono arrivate su questa legge di bilancio in seconda lettura. L’abbiamo fatto in una condizione di disorganizzazione la più totale e guardi non ne do anche completamente la colpa semplicemente alla Commissione, ma per il modo con cui il Governo ha utilizzato questa legge di bilancio.

Ci siamo ritrovati a dover interrompere varie volte durante le giornate, perché da parte del Governo non c’erano i pareri, nonostante abbiamo iniziato una settimana fa. Noi abbiamo ricevuto le risposte ad alcuni emendamenti accantonati, che avevamo accantonato una settimana fa, ieri all’alba - questo per farvi capire la situazione - ma, soprattutto nella disorganizzazione più totale, nell’impreparazione più totale nel momento in cui il calendario di questi lavori sono stati scelti e definiti dalla Presidenza dalla Camera, dalla Presidenza della Commissione bilancio e non sono stati minimante rappresentati.

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Sorial, pregherei il Governo di... Grazie. Prego onorevole Sorial.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. E non sono stati minimamente rappresentati, anzi sono stati ritardati per ben due giorni, dato che noi saremmo dovuti essere stati convocati qua in quest’Aula, a parlare della legge di bilancio già due giorni fa, invece ci ritroviamo qui e vedremo come andranno i lavori nelle prossime ore.

Ora, a fronte di tutto questo, a fronte di un’incompetenza la più totale da parte di chi avrebbe dovuto gestire - e mi riferisco al Governo - una legge di bilancio che è l’ultima legge di bilancio di questa legislatura, che invece è stata trattata come un assalto alla diligenza, con ministeri che discutevano di pochi milioni di euro, di come dividerli, litigavano tra di loro per metterli a copertura delle loro proposte senza minimamente considerare quelle delle opposizioni, senza minimamente considerare quelle del Parlamento, a fronte di tutto ciò, ora ci viene detto: guardate che abbiamo sbagliato i conti. C’è un’ammissione di incompetenza da parte di questo: Governo che ammette “abbiamo sbagliato i conti”. Ora si darà la giustificazione a tutto questo “ah, perché si è lavorato la notte e la notte la Ragioneria non può fare i conti; ah, ma abbiamo votato tutte le ore”. Ma allora gli incompetenti chi sono? Io penso che oggi si è dimostrato che gli incompetenti stanno da quella parte del tavolo della Presidenza, voglio dire da quella parte del tavolo del Governo. Stanno proprio lì, per il semplice motivo che hanno dimostrato di non essere riusciti a gestire quella che è una semplice legge di bilancio. Ci viene detto addirittura che per motivi tecnici, per motivi tecnici, alcuni emendamenti non sono stati votati (faccio riferimento, per esempio, a una riformulazione sull’emendamento sull’equo compenso), ma io lo capisco, lo capisco che non sono stati votati, perché ritrovarci ieri mattina, dopo essere entrati in Commissione alle 11 del mattino del martedì, ritrovarci ieri mattina dopo 24 ore ancora lì in Commissione a discutere e votare gli emendamenti, è chiaro che qualcosa magari si sia perso, ma è chiaro, perché non c’è una minima visione e una minima programmazione di come gestire la legge di bilancio. È per questo che oggi ci ritroviamo pure qua a discutere del fatto che alcuni emendamenti non siano stati votati, alcune riformulazioni non siano state votate, Bravi, complementi al Governo, chapeau, ci abbassiamo il cappello davanti a cotanta incompetenza. Avete dimostrato, avete ammesso la vostra totale impreparazione da questo punto di vista, quindi siamo allibiti per questo motivo. Noi naturalmente siamo contrari a un ragionamento del genere, nonostante, glielo dico Presidente, noi siamo favorevoli ad alcuni di questi emendamenti: l’emendamento sull’equo compenso, per intenderci, ha una riformulazione che ci vede a favore, però naturalmente pensare una cosa del genere è veramente fuori luogo. Noi comunque sappiamo che questo verrà messo ai voti da parte della Presidenza e quindi avendo voi la maggioranza, avete un’ampia maggioranza qui alla Camera, la voterete, ma io, Presidente, per come abbiamo lavorato - e lo faccio, guardi, in maniera molto chiara anche in difesa dalla Presidenza della Commissione bilancio, lei si si renda conto di quale atto sto facendo - ma nonostante tutto ciò noi ci rendiamo conto veramente (e questo è un attacco al Governo) di come questa legge di bilancio sia stata gestita.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sorial. Ha chiesto di parlare l’onorevole Palese, ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Sì grazie, signor Presidente. Già nell’intervento che ho fatto personalmente evidenziando a lei, signor Presidente, e all’Aula quello che era successo e che cosa è stato apportato come modifiche e integrazioni al testo licenziato dal Senato, noi avevamo già evidenziato tutte le cose che sostanzialmente non andavano e che ci sarebbe stato uno sfondamento dei conti pubblici, che ci sarebbe stata una necessità incredibile per la prossima legislatura di intervenire definanziando tutte le spese fuori controllo che andranno a sfondare il bilancio dello Stato della Repubblica.

Adesso viene avanzata una proposta rispetto all’andamento dei lavori, come è stato evidenziato poco fa, ma anche come ha evidenziato in maniera opportuna il collega Giorgetti nell’intervento in discussione generale, dicendo a lei, signor Presidente, che procedere in questa maniera non è proprio più possibile rispetto all’andamento dei lavori della Commissione. Detto questo, noi siamo contro, Presidente, per un motivo molto semplice: noi abbiamo paura, non politicamente, abbiamo paura per il Paese di tornare in Commissione. Chi ci dice che non arrivi ancora una valanga di emendamenti e di modifiche da parte del Governo? Chi ci assicura che non accada quello che è accaduto a partire da ieri mattina alle quattro fino alle dieci e mezzo, quando sono stati ripescati più di 250 interventi rispetto a questa cosa? Non dobbiamo tornare più in Commissione, cerchiamo di apportare le modifiche. Sarà questo Governo a fare un decreto-legge di modifica, di correzione, quello che sarà, e torneremo subito dopo, anche la prossima settimana, ad approvare noi pure il decreto di correzione, ma non andiamoci in Commissione, perché sono sicuro che alle 15, non per responsabilità nostra, noi non torneremo qui, così come è successo per giorni e giorni: noi eravamo pronti a venire in Aula già quando era convocata l’Aula, martedì scorso alle 9,30, e questo non è stato possibile non solo per l’andamento dei lavori, per una sciatteria incredibile da parte della maggioranza e da parte del Governo. L’ho detto e lo ripeto che il Viceministro ha tentato di porre un argine, ma alla fine è stato travolto lui, il Governo, ma quello che più va detto qui in questa Aula è che è stato travolto il Paese, sono travolti i conti pubblici del Paese in maniera irrimediabile. Lo ripeto, noi avremo una prospettiva, la prossima legislatura, su cui è stata posta una bomba ad orologeria, non sotto la sedia del prossimo Governo e della prossima maggioranza, ma della Repubblica, perché con questa legge di bilancio - che tutto è, questa è una legge di “sfonda bilancio”, non una legge di bilancio - accadrà che arriverà la troika, oppure il Governo si dovrà assumere la responsabilità di definanziare tutto quello che è stato distribuito solo per mance elettorali, solo per marchette, solo per convenienze di natura politica e di regolamento di conti all’interno della maggioranza e del PD in particolare, rispetto a tutto quello che è accaduto all’interno della Commissione, tanto da fare anche una proposta. Noi avanziamo, signor Presidente, una proposta: siamo disponibili se il Governo si assume la responsabilità di porre la fiducia sul testo licenziato dal Senato; forse faremmo il 30 per cento di danno rispetto al 100 per cento che contiene questo provvedimento. Auspichiamo che possa avvenire ciò e in questo caso saremmo anche disponibili a tornare in Commissione, altrimenti noi voteremo contro, perché sono sicuro che si corre il pericolo di aggravare il danno, perché finora è successo esattamente questo, in queste ore all’interno della Commissione. Pertanto io esprimo, a nome e per conto del gruppo di Forza Italia, la netta contrarietà a tornare in Commissione, avanzando anche delle proposte, sia quella di mettere la fiducia sul testo del Senato, sia quella di procedere e approvarlo con l’impegno del Governo di fare subito un decreto-legge e assumersi la responsabilità, il Governo - perché è colluso rispetto a tutto quello che è successo ed è colluso anche rispetto a questi errori - a porre riparo lui e non costringendo invece l’Aula e tutti i parlamentari a correre dietro alle vostre mance, mancette e tutto quello che avete fatto per scopi solo elettorali. Avete fatto più danno voi, voi sì che avete colpito al cuore, come le Brigate Rosse (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), il cuore dello Stato e dei conti pubblici dello Stato…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore…

ROCCO PALESE. Poi torneremo in quest’Aula e vedremo quello che accadrà dopo la seduta della Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, noi voteremo a favore del ritorno in Commissione perché, vorrei ricordarlo innanzitutto ai colleghi della maggioranza, la responsabilità non può essere una categoria usata a geometrie variabili, magari come un randello nei confronti delle opposizioni e di chi porta avanti delle critiche. Ma ci devono essere alcune cose chiare e su questo richiamiamo l’impegno diretto del Presidente della Commissione bilancio. Non si può immaginare di tornare in Commissione e riaprire la legge di bilancio perché questo sarebbe un atto grave nei confronti del lavoro che si è fatto fino ad oggi e sarebbe l’ennesimo trucchetto attraverso cui risolvete i vostri problemi.

Signor Presidente, qualche collega, durante queste lunghe nottate che hanno attraversato la Commissione bilancio, a un certo punto ha tirato in causa, rispetto al clima, rispetto alle modalità, rispetto al traffico, il suk arabo come metafora. Io invece vorrei tessere l’elogio del suk arabo perché almeno quando ci vai sai dove sono i tappeti persiani, sai dove sono le pelli lavorate, sai dove sono le spezie: invece, in questa Commissione bilancio, non si sapeva dove finiva il lavoro, dove iniziava il fisco e dove finivano le marchette (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista - Liberi e Uguali). Vedete, e chiudo, non è solo una questione di incapacità: quella c’è! C’è un’idea della funzione parlamentare che, purtroppo, si è perduta ed è il testamento di questa legislatura, il testamento che ci racconta di parlamentari, di deputati, di gruppi che hanno smarrito l’idea che siamo qui a rappresentare la nazione; invece, siamo qui molto spesso per rappresentare interessi - micro e macro - di qualche territorio, di qualche comitato di quartiere o di qualche giglio magico! E allora, signor Presidente, signori del Governo, se c’è un filo rosso che attraversa questa esperienza, se ci troviamo di fronte alle contorsioni finali di un racconto, di una narrazione, di un Governo e di una maggioranza, il filo rosso si chiama questione morale, che non è mai una questione soltanto esclusivamente giudiziaria, ma è un’idea dell’autonomia della politica rispetto ad alcuni poteri consolidati, che siano le banche, che siano le lobbies, che siano pezzi del mondo dell’impresa, e anche in questo passaggio, anche in questa ultima legge di bilancio, come sempre, avete servito gli interessi dei pochi e avete dimenticato gli interessi dei molti (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista -Liberi e Uguali)!

PRESIDENTE. Grazie, Onorevole Scotto; lo dico anche in favore di chi deve intervenire dopo: vorrei solo precisare dal punto di vista della Presidenza e confermare quello che ha detto l’onorevole Boccia che non si riapre nessuna discussione in Commissione; c’è semplicemente da prendere nota del documento che manderà la Ragioneria generale che si è reso necessario perché alcune decisioni, che sono già state prese dalla Commissione, mancano sostanzialmente di un’adeguata copertura ma, tecnicamente, ci si limita esclusivamente a esaminare ciò che manda la Ragioneria generale in funzione di questo.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. La ringrazio, Presidente. Colleghi deputati, viceministro, rappresentanti del Governo, penso davvero che, in coda alla legislatura, si sia toccato il fondo. Lo spettacolo effettivamente che è stato dato - l’hanno detto altri colleghi, ma è purtroppo la triste realtà - nel lavoro in questa sessione di bilancio in Commissione è stato terribile.

Abbiamo visto di tutto di più, abbiamo cominciato malissimo, arrivando tardi per ragioni che sono tutte imputabili a un governo irresponsabile e ad una maggioranza che non gli è stata da meno, e siamo arrivati, proprio in ragione del fatto che il ritardo si era accumulato, a immaginare comunque che ci sarebbero stati i tempi efficientati, regolamentati adeguatamente, almeno in sede di Commissione, dal presidente della Commissione, dal rappresentante del Governo, capaci di capire, fin dal principio, che in questo ritardo i giochi erano finiti e che bisognava cominciare a fare sul serio, che non si poteva proseguire quella tiritera.

Noi abbiamo assistito preoccupati, ma non ci siamo voltati dall’altra parte: abbiamo tentato di far comprendere con una grande serenità, ma evidentemente senza efficacia, che le attese, i rinvii, le convocazioni alle nove del mattino per iniziare la Commissione alle tredici, non avrebbero portato bene al lavoro della Commissione. Abbiamo infatti avuto una sequenza di riformulazioni bizzarre, con alcuni emendamenti saltati; abbiamo avuto una produzione in quantità e in tempo reale di emendamenti da parte del Governo (oltretutto in maniera disconnessa, cioè distante anche dalle aree tematiche che venivano via via affrontate); abbiamo avuto inizialmente - o, forse, come al solito, ma la gravità non differisce - pareri difformi su emendamenti identici (forse qualcuno ha notato più la firma dell’emendamento che non il contenuto) e quando dico identici dico letteralmente identici! Abbiamo avuto anche confronti serrati tra correnti interne al Partito Democratico fatti non già a colpi di confronti dialettici, ma cercando di stiracchiare la manovra di bilancio da una parte e dall’altra con emendamenti territoriali, con marchette, con segnali di tipo elettoralistico che sono stati davvero imbarazzanti, fino a una sensazione, che si è diffusa, di voler assecondare quella pessima costumanza per provare ad alzare il prezzo anche nella dialettica tra maggioranza e Governo, per spuntare qualche posizione in più, qualche emendamento in più, qualche marchetta in più e presentarsi più attrezzati nel proprio futuro collegio elettorale; abbiamo avuto tre nottate, praticamente, anche se soltanto una di queste lo è stata fino in fondo e fino al mattino, ma la cosa incredibile è che quella che è durata fino al mattino si sarebbe dovuta interrompere alle ventitré, massimo a mezzanotte; e questo lo sa perché glielo dico, Presidente? E’ questione anche che le compete, perché siamo stati convocati dalla Presidente Boldrini in una Conferenza dei presidenti di gruppo che, notoriamente, non è un Parlamento ridotto in sedicesimo ma è una conferenza che ha titolo a discutere e a decidere sull’ordine del giorno e sul calendario. Ebbene, quella Conferenza dei presidenti di gruppo aveva deciso che si sarebbero ricominciati i lavori in Commissione alla presenza del presidente Boccia il mattino, lavorando per due, tre ore perché era improponibile stressare ulteriormente le strutture, i funzionari, i dipendenti oltre che i parlamentari, perché la materia era troppo delicata per essere sottoposta a rischio di macroscopici errori. Questo aveva deciso la Conferenza dei presidenti di gruppo, mentre il lavoro…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Rampelli…

FABIO RAMPELLI. … No, perché qualcuno si deve assumere le proprie responsabilità…

PRESIDENTE. Però lei, onorevole, lo poteva dire nei cinque minuti che aveva. Adesso deve concludere.

FABIO RAMPELLI. Qualcuno ha deciso di fare l’esatto opposto di quello che è stato deciso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, e questi sono i risultati. Ora io penso che se ne possa venire a capo in qualunque modo, ma non tornando in Commissione.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rampelli. Ha chiesto di parlare l’onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Consumiamo il fine legislatura (e speriamo che prima o poi arrivi questo fine legislatura) con la ciliegina sulla torta da parte di questa maggioranza, ciliegina sulla torta che era tra l’altro stata ampiamente prevista all’interno della discussione svolta in Commissione bilancio in questi giorni ed in queste notti, dove l’opposizione - con un atteggiamento di altissima responsabilità - chiamava alle proprie responsabilità maggioranza e Governo rispetto al “marchettificio” in corso, perché, se oggi noi dovessimo espungere ciò che nella legge di bilancio non ci sta per questioni regolamentari, noi approveremmo un testo che è un terzo rispetto a quello che è uscito dalla Commissione e la cosa più incredibile è che chi ha portato avanti i lavori della Commissione in maniera - me lo si permetta - molto disordinata e chi ha inserito e ha fatto inserire ciò che non poteva starci all’interno della legge di bilancio è lo stesso primo firmatario di quella legge, che è la legge Boccia, che non permette ciò che è successo in Commissione. È una cosa alquanto incredibile, la ciliegina sulla torta di una fine legislatura e siamo arrivati al punto che solitamente, quando la maggioranza commette un errore, l’opposizione ne gode e lo strumentalizza politicamente, ma siamo talmente imbarazzati per voi che non riusciamo neanche a essere felici per l’errore e le responsabilità che vi state prendendo in questo momento.

Voi avete portato in Aula una legge di bilancio che non ha le coperture necessarie per essere approvata e poi vi chiedete per quale motivo l’Europa vi scrive tutte le volte: un “marchettificio” unico, non c’è niente di programmatico, di strutturale, niente, un “marchettificio” unico, collegio per collegio, una legge di bilancio che si è basata sulla legge elettorale, questo avete fatto. Ed oggi, con l’irresponsabilità, l’incapacità che avete qui dimostrato e che avete dimostrato in tutti questi cinque anni, noi non saremo corresponsabili di questa situazione, noi il ritorno in Commissione non lo votiamo. Votate questa legge di bilancio, assumetevi le vostre responsabilità rispetto a chi dovrà vigilare su tutto quello che avete combinato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. In tutta onestà siamo molto contrariati anche noi da questo episodio che, stamattina, quando me ne è stata preannunciata l’ipotesi mi sono messo a ridere, perché mi sembra veramente una cosa incredula. È assolutamente normale essere contrariati, lo è un po’ meno essere contrari a ripristinare i conti, perché non si può essere a favore di un bilancio che non pareggia. Quindi, il ripristino dei conti è una necessità alla quale ci dobbiamo piegare e alla quale non possiamo dirci estranei o fare l’opposizione. Io vorrei solo ricordare a qualche collega che è intervenuto prima con una veemenza, forse rapportata alla gravità dell’errore, ma non certo al suo contenuto, io vorrei ricordare che quando governava la parte politica di uno dei colleghi più veementi non è che l’Europa ci mandasse dei rimproveri, l’Europa si proponeva l’esclusione dall’euro e il trasferimento in Africa, ricordo che lo spread veleggiava attorno ai 600 punti e che l’economia era semplicemente al prefallimento.

Quanto al valoroso collega Rocco Palese, che con me ha fatto le notti, io sono assolutamente certo che riuscirà a vigilare nelle prossime due ore sul fatto che il Governo non ci faccia passare nessunissima orribile regalia come quella che, mi sembra di ricordare, sia passata in un momento in cui eravamo tutti distratti, di un milione e mezzo ad una onlus di cui non ricordo il nome, ma ricordo perfettamente la collocazione geografica. Io direi, nell’esprimere un voto, voto ovviamente a favore di un rinvio in Commissione, che sono certo che nelle prossime due ore in Commissione avremo occasione di verificare che non compaiano nuovi emendamenti e nuove regalie (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l’Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Grazie, Presidente. Il gruppo di Sinistra Italiana-Possibile voterà contro il rinvio in Commissione. Votiamo contro il rinvio in Commissione, perché non vogliamo essere corresponsabili di quello che si è verificato in questi giorni, ovvero una legge di bilancio Frankenstein, una specie di grande zibaldone in cui c’è tutto e il contrario di tutto, una figuraccia clamorosa rispetto al punto in cui siamo arrivati oggi. Ed è per questi motivi che noi diciamo al Governo, diciamo alla maggioranza, in questo caso, di prendersi le proprie responsabilità.

Pensiamo che è stato fatto un errore nell’impostare la sessione di bilancio in questo modo, pensiamo che è stato fatto un errore avere tre leggi di bilancio diverse, perché una è quella uscita da Palazzo Chigi…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Marcon. Colleghi! Prego onorevole.

GIULIO MARCON. Abbiamo avuto tre leggi di bilancio: una è quella che è uscita da Palazzo Chigi, poi ne è uscita un’altra, aggiuntiva, al Senato e qui ne abbiamo aggiunta una terza: questo è un mostro a tre teste, che ha prodotto i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Per cui noi pensiamo che ci possano essere altre soluzioni tecniche per concludere in modo rapido la discussione della legge di bilancio, pensiamo che non vada votato a favore del rinvio in Commissione, anche perché noi vogliamo votare al più presto possibile, e per votare intendo le elezioni politiche. Quindi, non vogliamo dare alibi per altri ritardi ed è per questo motivo che voteremo contro il rinvio in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile– Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Grazie, Presidente. In questa coda al mio ultimo intervento di questa mattina devo esprimere ulteriormente la mia preoccupazione sullo stato della politica italiana, perché, vedete, evocare, come ho sentito in quest’Aula, frasi come “Governo irresponsabile”, “totale impreparazione del Governo”, “questione morale”, la più buona è “legge di bilancio che non ha coperture”, “sfondamento”, “sciatteria”, per arrivare fino al paragone con le Brigate rosse, per una cosa che non si sa nemmeno cosa sia - perché nessuno lo sa - dà poca credibilità alle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se vogliamo continuare a rovinare la politica, facciamoci del male così.

Ho sentito per le vie brevi il presidente Boccia, le correzioni che dovremmo fare non riguardano le coperture del 2018 e del 2019; le coperture ci sono, quindi nessun sfondamento, nessuna impreparazione da parte del Ministro, del Vice Ministro Morando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quando ci sarà un parlamentare in quest’Aula, che avrà la preparazione del Vice Ministro Morando, secondo me, sarà passato il tempo, saremo in quello che Keynes definiva lungo periodo, per tutti quanti. Si tratta di piccole correzioni tecniche; insomma, ridimensioniamo la cosa rispetto a quello che è e che è quasi sempre avvenuto.

PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

MAINO MARCHI. In poco tempo in Commissione si potranno mettere a posto le cose, era del tutto normale che succedesse, per la valanga di proposte che sono venute da tutti i gruppi parlamentari. Ho ricordato questa mattina che più di trenta, ad esempio, sono state le approvazioni proposte dai 5 Stelle, ma questo riguarda tutti i gruppi, ovviamente maggiormente la maggioranza, però riguarda tutti i gruppi. Credo che siamo dentro una situazione del tutto normale e che si possa con molta tranquillità, senza riaprire la legge di bilancio, fare piccole correzioni, andare al voto favorevole per tornare in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Tancredi. Io la supplico, perché dobbiamo chiudere, altrimenti il tempo della Commissione alla fine lo stiamo consumando in Aula, quindi la pregherei, visto che non si era prenotato. Prego, ne ha facoltà.

PAOLO TANCREDI. Presidente, mi dispiace, io mi ero prenotato, probabilmente non mi aveva visto, pensavo che il commesso mi avesse visto. Mi scuso, ma sarò brevissimo. Abbiamo affrontato un lavoro in Commissione - nessuno l’ha detto - di una settimana o poco più, avevamo una legge di bilancio corposa a fine legislatura, avevamo poche risorse, perché i 20 miliardi di risorse disponibili sono stati utilizzati per lo più per disinnescare le clausole di salvaguardia. Io credo che certamente c’è stata un po’ di confusione, Presidente; sono dieci anni che faccio leggi di bilancio, c’è sempre stata questa confusione, ma c’è stata molta, molta considerazione delle proposte anche della minoranza.

Mi dispiace qualche tono forte, tipo l’onorevole Palese, a cui voglio dire, lui ha fatto una proposta, se togliessimo solo gli emendamenti firmati da lui, probabilmente andremo in avanzo con il bilancio, perché lui ha firmato diverse e tantissime proposte emendative che sono state poi approvate. Quindi, io non accetto i toni che sono stati usati dall’onorevole Palese. Io credo che tranquillamente possiamo tornare in Commissione e mettere a posto questo piccolo disguido; è successo altre volte, non succederà niente nemmeno questa volta.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tancredi. Ha chiesto di parlare l’onorevole Palese. Io non le potrei ridare la parola, ma siccome ho saputo per quale ragione lei me la chiede, gliela do volentieri per qualche secondo. Grazie.

ROCCO PALESE. Sì, Presidente, io intendevo scusarmi con lei e con l’Aula. I conti sono stati terremotati, indipendentemente dal riferimento che è stato fatto alla situazione del terrorismo. Solo questo. Però le assicuro che gli emendamenti firmati da me e approvati da me non sfondano i conti pubblici.

PRESIDENTE. Allora, colleghi, a questo punto dobbiamo porre in votazione… Ha chiesto di parlare l’onorevole Tabacci. Onorevole Tabacci, su che cosa? Scusi, abbiamo fatto l’elenco, ho fatto parlare tutti, la pregherei di essere rapido, perché sto passando alla messa in votazione.

BRUNO TABACCI. Presidente, spero che lei stia scherzando.

PRESIDENTE. No, no, sto dicendo sul serio, onorevole Tabacci.

BRUNO TABACCI. Allora guardi, era solo per annunciare il voto favorevole per sfinimento.

PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, adesso apprezzo la sua battuta, le stavo solo dicendo che ho fatto parlare tutti, quindi evidentemente bastava alzare la mano e chiedere di intervenire. Bene.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio del provvedimento in Commissione nei termini precisati dal presidente Boccia.   Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione)

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva per 158 voti di differenza.

A questo punto, presidente Boccia, io sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15. Vorrei che fosse nella consapevolezza collettiva.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, l’onorevole Amoddio è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoundici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 4768-A/R.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Fanucci per la V Commissione (Bilancio). Ne ha facoltà.

EDOARDO FANUCCI , Vicepresidente della V Commissione. Presidente, chiediamo il rinvio fino alle 15,30. Ci prendiamo del tempo.

PRESIDENTE. Bene, la ringrazio. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,30.

La seduta, sospesa alle 15,01, è ripresa alle 15,35.

PRESIDENTE. Avremmo bisogno del presidente della Commissione che ci illumina sui lavori della Commissione. Però, non lo vedo in Aula. Mi dicono che la riunione della Commissione è terminata e ho visto anche dei colleghi. Ho bisogno del presidente, non dell’onorevole Pilozzi. Ci sono il vicepresidente Palese e il Vice Ministro Morando. Onorevole Palese, lei è in grado di informarci sull’esito della Commissione?

ROCCO PALESE , Vicepresidente della V Commissione. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. A lei la parola.

ROCCO PALESE , Vicepresidente della V Commissione. Grazie, Presidente. La riunione della Commissione è già finita. Ha preso atto della nota della Ragioneria, ha approvato gli emendamenti del relatore direttamente connessi e collegati con quanto richiesto dalla Ragioneria e il provvedimento è stato modificato, rispetto a come è giunto in Aula, rispettando esattamente tutte le prescrizioni, le annotazioni e quanto messo in essere per iscritto con documenti adeguati e distribuiti da parte della Ragioneria generale dello Stato.

Pertanto, le modifiche sono state approvate e il provvedimento è già corretto con le approvazioni delle modifiche, con le soppressioni e con le integrazioni richieste dalla Ragioneria generale dello Stato.

PRESIDENTE. Quindi, sulla base di quanto ci ha riferito il vicepresidente della V Commissione (Bilancio), a seguito del rinvio deliberato dall’Assemblea, la Commissione ha predisposto un nuovo testo.

Resta inteso che, come da prassi, si intendono ripresentati gli emendamenti già presentati in Assemblea, ove ancora riferibili al nuovo testo approvato dalla Commissione.

(Posizione della questione di fiducia – Articolo 1 - A.C. 4768-A/R)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la Ministra per i Rapporti con il Parlamento, senatrice Finocchiaro.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. A nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei Ministri, pongo la questione di fiducia sull’approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell’articolo 1 del disegno di legge n. 4768-A/R, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e Bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020, già approvato dal Senato, nel testo modificato dalla Commissione a seguito del rinvio deliberato dall’Assemblea, ad esclusione delle disposizioni espunte dalla Presidenza.

PRESIDENTE. A seguito della posizione dalla questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 16 per definire l’articolazione del dibattito fiduciario. La seduta riprenderà al termine di tale riunione. Sospendo la seduta.