Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio - D.L. 113/2016 - A.S. 2495
Riferimenti:
AC N. 3926/XVII   DL N. 113 DEL 24-GIU-16
Serie: Progetti di legge    Numero: 466    Progressivo: 2
Data: 26/07/2016
Descrittori:
CONTRIBUTI PUBBLICI   DECRETO LEGGE 2016 0113
ENTI LOCALI   SISTEMAZIONE DEL TERRITORIO
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS N. 2495/XVII     

MISURE FINANZIARIE URGENTI PER GLI ENTI TERRITORIALI E IL TERRITORIO

 

D.L. 113/16 - A.S. 2495

 

luglio 2016

 

 

 

 

Servizio Studi - Dossier n. 346/2

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Servizio del Bilancio - Elementi di documentazione n. 55/2

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Servizio Studi - Progetti di legge n. 466/2

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I N D I C E

Schede di lettura

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Disposizioni relative al Fondo di solidarietà). 7

Articolo 1-bis (Semplificazione del processo di determinazione delle capacità fiscali)  11

Articolo 1-ter (Misure straordinarie di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati)  15

Articolo 2 (Applicazione graduale riduzioni del Fondo di solidarietà comunale). 17

Articolo 2-bis (Disposizioni sul dissesto delle amministrazioni provinciali). 19

Articolo 3 (Contributo straordinario in favore del Comune de L'Aquila). 21

Articolo 3-bis (Disposizioni concernenti i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012)  29

Articolo 4 (Fondo per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti)  31

Articolo 5 (Disposizioni concernenti le vittime dell'alluvione verificatasi il 5 maggio 1998 a Sarno)  35

Articolo 5-bis (Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro ferroviario di Andria-Corato). 39

Articolo 6 (Disposizioni relative alla restituzione dei finanziamenti contratti a seguito del sisma del maggio 2012 per il pagamento di tributi, contributi previdenziali e assistenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria). 43

Articolo 6-bis (Misure urgenti per la funzionalità e il potenziamento del corpo nazionale dei vigili del fuoco). 51

Articolo 7 (Rideterminazione delle sanzioni per le città metropolitane, province e comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'anno 2015). 55

Articolo 7-bis (Finanziamento delle funzioni fondamentali delle province). 59

Articolo 8, commi 1 e 1-bis (Riparto del contributo alla finanza pubblica di province e città metropolitane). 61

Articolo 8, commi 1-ter e 1-quater (Riparto dei contributi a favore di province e città metropolitane). 65

Articolo 9, comma 1 (Prospetto verifica pareggio di bilancio). 67

Articolo 9, commi da 1-bis a 1-quater (Semplificazione comunicazioni contabili). 69

Articolo 9, commi da 1-quinquies a 1-octies (Sistema sanzionatorio per mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione dei documenti contabili degli enti territoriali)  71

Articolo 9-bis (Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di approvazione dei bilanci degli enti locali  e delle loro variazioni). 75

Articolo 9-ter (Fondo per l’estinzione anticipata dei mutui dei comuni). 79

Articolo 10 (Attuazione dell’Intesa in Conferenza Stato–Regioni dell’11 febbraio 2016)  81

Articolo 10-bis (Modifica all’art. 7 della legge 5 giugno 2003 n. 131 in materia di pareri della Corte dei Conti alle Regioni e agli enti locali). 89

Articolo 11 (Regione Siciliana). 91

Articolo 12 (Regione Valle d'Aosta). 97

Articolo 13 (Addizionali e compartecipazioni regionali ai tributi statali e posticipo riduzione contributi alle Regioni a Statuto ordinario). 99

Articolo 13-bis (Dilazione del pagamento). 105

Articolo 13-ter (Riduzione dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco per l'anno 2016)  109

Articolo 14 (Interventi per gli enti locali in crisi finanziaria). 111

Articolo 15 (Piano di riequilibrio finanziario). 115

Articolo 15-bis (Norme relative alla disciplina del dissesto). 119

Articolo 16 (Disposizioni in materia di personale). 121

Articolo 17 (Personale insegnante ed educativo). 127

Articolo 18 (Servizio riscossione enti locali). 133

Articolo 19 (Copertura finanziaria Fondo contenziosi e Valle d’Aosta). 137

Articolo 20 (Tempestività nei pagamenti). 139

Articolo 21 (Misure di governo della spesa farmaceutica e di efficientamento dell'azione dell'Agenzia italiana del farmaco). 147

Articolo 21-bis (Semplificazione delle procedure autorizzative per le apparecchiature a risonanza magnetica). 155

Articolo 21-ter (Nuove disposizioni in materia di indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da talidomide). 157

Articolo 22 (Dotazione finanziaria per  la realizzazione degli interventi attuativi della sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014 relativa alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077. Disposizioni per gli interventi dei commissari straordinari ai sensi della direttiva 91/271/CEE in materia di trattamento delle acque reflue urbane)  159

Articolo 23 (Misure di sostegno a favore dei produttori di latte e prodotti lattiero-caseari)  171

Articolo 23-bis (Misure per la competitività della filiera e il miglioramento della qualità dei prodotti cerealicoli e lattiero-caseari). 179

Articolo 24, commi 1-3-sexies (Disposizioni in materia culturale). 181

Articolo 24, commi 3-septies e 3-octies (Validità della proroga delle concessioni demaniali marittime). 191

Articolo 25 (Entrata in vigore). 195

 

 

 


Articolo 1
(Disposizioni relative al Fondo di solidarietà)

 

 

L’articolo 1 contiene alcune disposizioni che riguardano il Fondo di solidarietà comunale. Il comma 1 precisa che l’accantonamento di 80 milioni di euro destinato ai comuni che necessitano di compensazioni degli introiti derivanti dalla TASI, è da considerarsi come importo massimo da destinare a tale finalità. Il comma 2 consente l’utilizzo nell’anno 2016 delle disponibilità residue dell’importo accantonato nel 2015 sul Fondo, fermo restando la finalità di utilizzo. Il comma 3 interviene sulle modalità di ripartizione della quota parte del Fondo di solidarietà comunale che viene accantonata e redistribuita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali ed i fabbisogni standard.

 

In particolare, il comma 1 è volto a precisare che l’accantonamento di 80 milioni di euro costituito a valere sul Fondo di solidarietà comunale, destinato ai comuni che necessitano di compensazioni degli introiti derivanti dalla TASI, è da considerarsi come importo massimo da destinare a tale finalità.

A tal fine, il comma 1 modifica le disposizioni recate dal comma 380-sexies dell’articolo 1 della legge n. 228/2012, relativo ai criteri di riparto della quota incrementale del Fondo di solidarietà comunale assegnata dalla legge di stabilità per il 2016 quale ristoro del mancato gettito delle esenzioni IMU/TASI, a valere sulla quale è stata prevista la costituzione del suddetto accantonamento.

 

Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale, disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-octies, della legge di stabilità per il 2013 - come successivamente integrati, da ultimo, dal comma 17 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2016 - costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalità di perequazione, alimentato con quota parte del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi. Il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno. Nella legge di bilancio per gli anni 2016-2018 (legge n. 209/2015 e relativo D.M. 31dicembre 2015 di ripartizione in capitoli dei programmi di spesa), il Fondo (cap. 1365/Interno) presenta una dotazione pari a 6.398,6 milioni di euro per il 2016 e a 6.077,7 milioni per gli anni 2017 e 2018.

 

La legge di stabilità per il 2016, all’articolo 1, comma 17, prevede l’incremento del Fondo di 3.767,45 milioni a decorrere dal 2016, quale misura compensativa del minor gettito derivante ai comuni dall’IMU e dalla TASI dall'attuazione del nuovo regime di esenzione.

Nell’ambito di tale quota incrementale, il citato comma 17, alla lettera f) – che introduce il comma 380-sexies nell’articolo 1 della legge n. 228/2012 - prevede la costituzione di un accantonamento di 80 milioni di euro a decorrere dal 2016, da destinare ai soli comuni per i quali il riparto della suddetta quota incrementale del Fondo non assicura il ristoro di un importo equivalente del gettito della TASI sull’abitazione principale stimato ad aliquota di base.

Il riparto dell’accantonamento di 80 milioni è pertanto finalizzato a garantire a ciascun comune l’equivalente del gettito ad aliquota base della TASI sull’abitazione principale.

 

Il comma 2 è volto a consentire l’utilizzo nell’anno 2016 delle disponibilità residue dell’importo accantonato nel 2015 sul Fondo di solidarietà comunale per le finalità di cui all’articolo 7 del D.P.C.M. 10 settembre 2015 - recante la definizione e la ripartizione delle risorse del Fondo per l’anno 2015 – fermo restando la finalità di utilizzo.

 

Si rammenta che il citato articolo 7, comma 1, del D.P.C.M. 10 settembre 2015 ha accantonato, a valere sulla dotazione complessiva del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2015 (pari a 4.778,7 milioni), un importo di 20 milioni di euro da destinare ad eventuali conguagli ai singoli comuni derivanti da rettifiche dei valori utilizzati in sede di riparto. Le relative assegnazioni devono essere disposte, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, con apposito decreto del Ministro dell’interno.

Nella seduta della Conferenza Stato-città e autonomie locali dell’8 giugno 2016 è stata approvata la ripartizione di una quota pari a 8,9 milioni di euro dell’accantonamento in questione, per provvedere ad esigenze di rettifiche, in favore di 28 comuni.

 

Il comma 3 interviene sulle modalità di ripartizione della quota parte del Fondo che viene accantonata e redistribuita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali ed i fabbisogni standard, come approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento.

In particolare, il comma 3 integra le disposizioni recate dal comma 380-quater dell’articolo 1 della legge n. 228/2012, che disciplina il riparto della quota perequativa del Fondo, introducendo la previsione di un correttivo statistico finalizzato a limitare le variazioni, in aumento e in diminuzione, delle risorse attribuite a ciascun comune sulla base dei criteri perequativi in luogo dei criteri ordinari, di cui al comma 380-ter della medesima legge.

 

Si ricorda che la previsione, a partire dal 2014, di accantonamenti percentuali nell’ambito del Fondo di solidarietà comunale da ripartirsi tra i comuni sulla base di criteri perequativi è finalizzata a consentire il passaggio graduale dal criterio della distribuzione delle risorse in base alla spesa storica ad un criterio di distribuzione basato su fabbisogni e capacità fiscali. Con il D.L. n. 78/2015 (art. 3, co. 3), il criterio perequativo è stato precisato nel senso di considerare la differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, al fine di superare le situazioni di criticità di quegli enti sottodotati in termini di capacità fiscali standard.

La quota percentuale del Fondo da ripartirsi in funzione perequativa - pari al 10 per cento nel 2014 e al 20 per cento nel 2015 - è stata innalzata al 30 per cento per l'anno 2016, al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018, dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 17, lett. e)).

Si rammenta, infine, che i criteri e le modalità di alimentazione e di riparto del Fondo sono rinviate ad annuali D.P.C.M., da emanarsi su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. Secondo quanto disposto dall’ultima legge di stabilità per il 2016, i termini per l’emanazione dei suddetti decreti sono fissati al 30 aprile 2016 per l'anno 2016 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni 2017 e successivi (comma 17, lettera c) della legge n. 208 del 2015). La definizione e la ripartizione delle risorse del Fondo di solidarietà per il 2016 è stata effettuata con il D.P.C.M. 18 maggio 2016 (G.U. n. 134 del 10 giugno 2016, S.O. n. 18).

 

La necessità di un correttivo statistico ai fini della distribuzione delle risorse del Fondo di solidarietà è stata sottolineata nell’Accordo del 24 marzo 2016 raggiunto in sede di Conferenza Stato-Città e autonomie locali, relativo alle modalità di riparto del Fondo per l’anno 2016, per mitigare gli effetti della distribuzione tra i comuni della quota del 30 per cento del Fondo con il meccanismo della perequazione, in favore dei comuni che in sede di prima assegnazione hanno registrato un differenziale negativo tra la dotazione standard del Fondo di solidarietà comunale e la dotazione storica del Fondo in percentuale delle risorse complessive di riferimento inferiore o uguale al 2%.

 

Secondo quanto definito nella Nota metodologica del Ministero dell’economia, facente parte integrante dell’Accordo, la dotazione complessiva del Fondo di solidarietà dei comuni delle regioni a statuto ordinario è ripartita per una quota pari al 70 per cento (circa 1,9 mld) secondo il criterio di compensazione delle risorse storiche e per una quota pari al 30 per cento (563,3 milioni) secondo il criterio basato sulle risorse standard. Si aggiunge il rimborso relativo alle agevolazioni/esenzioni IMU e TASI disposte dalla legge di stabilità (3,5 mld).

Per quanto riguarda i criteri applicativi della perequazione, di cui all’art. 1, comma 380-quater, della citata legge n. 228 del 2012, nella Nota si esplicita l’opportunità di introdurre un correttivo finalizzato a contenere gli errori statistici nell’attribuzione delle risorse con il meccanismo della perequazione. Tale correttivo prevede di determinare il guadagno pro-capite conseguente all’applicazione del meccanismo perequativo nella misura massima del valore corrispondente al novantanovesimo percentile della distribuzione dei differenziali pro-capite positivi tra la dotazione determinata con il meccanismo della compensazione storica e la dotazione determinata attraverso il criterio della perequazione. Le risorse così recuperate sono riassegnate, sino ad esaurimento, ai comuni che presentano in percentuale delle risorse complessive di riferimento un differenziale negativo tra la dotazione determinata attraverso il criterio della perequazione e quella risultante con il meccanismo della compensazione storica. In particolare si prendono a riferimento i comuni per i quali tale differenziale negativo risulta inferiore o uguale al -6,5% con riferimento alla dotazione standard calcolata a regime, percentuale corrispondente al -1,95% con riferimento alla quota di perequazione del 30% prevista dalla legge per l’anno 2016 in proporzione dell’ampiezza del differenziale medesimo. Ai fini del correttivo, le risorse complessive di riferimento sono quelle indicate dal D.P.C.M. di approvazione del FSC 2015.

Si evidenzia infine che nell’ambito delle attività di revisione della metodologia dei fabbisogni standard e di aggiornamento delle capacità fiscali applicabili a decorrere dal 2017, il Governo concorda con l’ANCI sull’opportunità di valutare gli strumenti tecnici più idonei ad assicurare la non influenza delle spese e dei gettiti afferenti il servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani ai fini dell’applicazione della perequazione.

Per quanto concerne i fabbisogni standard, si sottolinea, infine, che questi sono stati approvati con riferimento a tutte le funzioni comunali con i D.P.C.M. 21 dicembre 2012 (funzioni di polizia locale), D.P.C.M. 23 luglio 2014 (funzioni generali di amministrazione, gestione e controllo) e D.P.C.M. 27 marzo 2015 (funzioni di istruzione pubblica, nel campo della viabilità e dei trasporti, di gestione del territorio e dell'ambiente e nel settore sociale). Per quel che concerne le capacità fiscali, la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e la stima delle capacità fiscali per singolo comune delle Regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 1, comma 380-quater della legge n. 228 del 2012 sono state adottate con il D.M. Economia 11 marzo 2015, come di recente integrato dal D.M. 13 maggio 2016. Si tratta, in sintesi, del gettito potenziale da entrate proprie di un territorio, date la base imponibile e l'aliquota legale.

Per gli anni 2015 e 2016, tuttavia, l'ammontare della capacità fiscale da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione del criterio di riparto del Fondo è determinata in misura fissa, pari alle risorse nette spettanti ai comuni a titolo di IMU, TASI nonché a titolo di Fondo di solidarietà netto, ed equivale al 45,8 per cento della capacità fiscale complessiva dei comuni (art. 1, co, 17, lettera f) della legge di stabilità 2016).


Articolo 1-bis
(Semplificazione del processo di determinazione
delle capacità fiscali)

 

 

L’articolo 1-bis, introdotto durante l'esame presso al Camera dei deputati, modificando il comma 5-quater dell’articolo 43 del decreto-legge n. 133 del 2014, introduce delle modifiche procedurali al procedimento di adozione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle Regioni a statuto ordinario, disciplinato dall’articolo 43, comma 5-quater, del decreto-legge n. 133 del 2014. La nota metodologica e la stima delle capacità fiscali sono adottate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da trasmettere alle Camere per l'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Con le modifiche introdotte dall’articolo in esame al primo periodo del comma 5-quater si prevede che la nota metodologica e la stima delle capacità fiscali possono essere adottate anche separatamente.

Nel caso in cui la nota metodologica e la stima delle capacità fiscali (o il loro aggiornamento) siano adottate congiuntamente, si prevede che qualora l’intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza in cui l’oggetto è posto all’ordine del giorno, il decreto è comunque inviato alle Camere per il parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Tale condizione richiama quella prevista dall’articolo 3, comma 3, del D.Lgs. n. 281 del 1997 per le intese in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Nel caso in cui, non essendo necessaria la revisione della procedura di calcolo, siano rideterminate le sole capacità fiscali, al fine di considerare le novità normative intervenute, il tax gap e la variazione dei dati assunti a riferimento, si prevede che qualora l’intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza in cui l’oggetto è posto all’ordine del giorno, il decreto è comunque adottato. In tal caso, pertanto, lo schema di decreto non è inviato alle Camere per il parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per materia.


 

 

Le capacità fiscali

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009 distingue le spese che investono i diritti fondamentali di cittadinanza, quali sanità, assistenza, istruzione e quelle inerenti le funzioni fondamentali degli enti locali - per le quali si prevede l'integrale copertura dei fabbisogni finanziari - rispetto a quelle che, invece, vengono affidate in misura maggiore al finanziamento con gli strumenti propri della autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali, ossia un finanziamento delle funzioni che tiene conto dei livelli di ricchezza differenziati dei territori.

Per le funzioni concernenti i diritti civili e sociali, spetta allo Stato definire i livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e di appropriatezza; ad essi sono associati i fabbisogni standard necessari ad assicurare tali prestazioni.

Le funzioni diverse da quelle fondamentali devono invece essere finanziate secondo un modello di perequazione delle capacità fiscali, che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l'ordine delle rispettive capacità fiscali. In tal senso un fondo perequativo (ora Fondo di solidarietà comunale, che ha sostituito il Fondo sperimentale di riequilibrio) è diretto a ridurre le differenze tra le capacità fiscali, tenendo anche conto della dimensione demografica e della partecipazione degli enti locali a forme associative. La legge delega evidenzia come debba essere garantita la trasparenza delle diverse capacità fiscali e delle risorse complessive per abitante prima e dopo la perequazione, in modo da salvaguardare il principio dell'ordine della graduatoria delle capacità fiscali e la sua eventuale modifica a seguito dell'evoluzione del quadro economico territoriale.

In tale ambito, l'articolo 1, comma 380-quater, della legge n. 228 del 2012 (come modificato dall'articolo 14 del D.L. n. 16 del 2014), dispone che, con riferimento ai comuni delle regioni a statuto ordinario, una quota percentuale dell'importo attribuito a titolo di Fondo di solidarietà comunale deve essere ripartito tra i comuni sulla base delle capacità fiscali nonché dei fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento. Detta quota percentuale, originariamente fissata al 10 per cento, è stata innalzata, a decorrere dall'anno 2015, al 20 per cento, dall'articolo 1, comma 459 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015). Con la legge di stabilità per il 2016 (legge n.208 del 2015) la quota in esame è stata ulteriormente innalzata al 30 per cento per l'anno 2016, al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018.

Con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 11 marzo 2015 (pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta ufficiale n. 68 del 23 marzo 2015) sono state adottate la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e la stima delle capacità fiscali per singolo comune delle Regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 1, comma 380-quater della legge n. 228 del 2012. Si tratta, in sintesi, del gettito potenziale da entrate proprie di un territorio, date la base imponibile e l'aliquota legale.

La nota metodologica illustra i metodi di calcolo scelti per la stima della capacità fiscale e la loro armonizzazione con i metodi statistici utilizzati per la stima dei fabbisogni standard, in ottemperanza alla legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 380-quater.

La stima della capacità fiscale è stata effettuata da un gruppo di lavoro congiunto ANCI – MEF (Dipartimento Finanze e Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) mediante l'individuazione delle singole componenti di entrata (imposte, tasse e tariffe sui servizi comunali) e la determinazione della migliore tecnica di stima, date le informazioni disponibili, per ciascuna tipologia di entrata.

Le capacità fiscali rappresentano, in sintesi, il gettito potenziale da entrate proprie del territorio di riferimento, date la base imponibile e l'aliquota legale.

Il dato sintetico emerso dalla stima è che la capacità fiscale residuale per fascia di popolazione (espressa in euro per abitante) è crescente rispetto alla dimensione dei Comuni, ordinati in base alla popolazione residente. Allo stesso modo, la capacità fiscale residuale per Regione (euro per abitante) è decrescente via via che ci si muove dal nord verso il sud della penisola.

La capacità fiscale media standard dei comuni delle regioni a statuto ordinario è risultata pari a 604 euro per abitante, di cui circa il 50% dovuto alla tassazione immobiliare in tutte le regioni a statuto ordinario. Si pongono al di sopra della media i comuni molto grandi (oltre 100.000 abitanti) e molto piccoli (meno di 1.000 abitanti).

Con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 13 maggio 2016 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 119 del 23 maggio 2016) è stata adottata un'integrazione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e dell'aggiornamento della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle Regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 1, comma 380-quater, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. L'aggiornamento si è reso necessario per effetto dei cambiamenti normativi in materia tributaria, in particolare per le variazioni intervenute in materia di IMU/TASI, e per tener conto dei nuovi redditi imponibili che costituiscono una base per il calcolo delle capacità fiscale dei comuni.

 

 

 


Articolo 1-ter
(Misure straordinarie di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati)

 

 

L’articolo 1-ter, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede l’attivazione di strutture di accoglienza temporanee esclusivamente dedicate ai minori non accompagnati, in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati.

 

A tale fine, la disposizione in esame, al comma 1, modifica l’articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (cd. decreto accoglienza) che disciplina le misure di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati.

 

Si ricorda in proposito che l’art. 19, D.Lgs. n. 142/2015 detta alcune disposizioni specificamente destinate ai minori non accompagnati, recependo le previsioni dell’articolo 24 della direttiva 2013/33/UE, con l’obiettivo di rafforzare complessivamente gli strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento secondo le indicazioni emerse nell’Intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata il 10 luglio 2014 sul piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari.

In particolare, la nuova disciplina distingue tra prima e seconda accoglienza. E stabilisce il principio in base al quale il minore non accompagnato non può in nessun caso essere trattenuto presso i centri di identificazione ed espulsione e i centri governativi di prima accoglienza (in prima battuta, gli attuali CARA).

L’accoglienza ad hoc dei minori si fonda innanzitutto sull’istituzione di strutture governative di prima accoglienza per le esigenze di soccorso e di protezione immediata di tutti i minori non accompagnati.

Tali strutture sono istituite con decreto del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza unificata e sono gestite dal medesimo Ministero, anche in convenzione con gli enti locali.

Nelle strutture di prima accoglienza i minori sono accolti per il tempo strettamente necessario alla identificazione e all’eventuale accertamento dell’età, nonché a ricevere tutte le informazioni sui diritti del minore, compreso quello di chiedere la protezione internazionale. In ogni caso, i minori restano in tali strutture non oltre sessanta giorni. All’interno delle strutture è garantito un colloquio con uno psicologo dell’età evolutiva, accompagnato se necessario da un mediatore culturale.

Per la prosecuzione dell’accoglienza del minore, il decreto conferma quanto già stabilito dalla normativa previgente, distinguendo in relazione alla domanda di protezione internazionale (comma 2).

Infatti, i minori non accompagnati richiedenti protezione internazionale hanno accesso alle misure di accoglienza predisposte dagli enti locali nell’ambito del Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati - SPRAR.

Per i minori non accompagnati non richiedenti protezione internazionale è prevista la possibilità di accedere ai servizi di accoglienza finanziati con il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo di cui all’art. 1-septies del D.L. n. 416/1989 (conv. L. n. 39/1990, c.d. legge Martelli), nei limiti dei posti e delle risorse disponibili, possibilità introdotta con la legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 183, L. 190/2014) e confermata dal c.d. decreto accoglienza (art. 19, co. 2, D.Lgs. n. 142/2015). A tal fine, gli enti locali che partecipano alla ripartizione del Fondo prevedono specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non accompagnati.

In caso di temporanea indisponibilità nelle strutture di cui sopra, l'assistenza e l’accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dal comune dove si trova il minore (art. 19, co. 3, D.Lgs. n. 142/2015), secondo gli indirizzi stabiliti dal Tavolo di coordinamento nazionale istituito ai sensi dell’articolo 15 del D.Lgs. n. 142/2015 presso il Ministero dell’interno, cha ha il compito di programmare gli interventi del sistema di accoglienza, compresi i criteri di ripartizione regionale dei posti disponibili. I comuni che assicurano l’attività di accoglienza accedono ai contributi disposti dal Ministero dell’interno a valere sul Fondo nazionale per i minori non accompagnati.

 

Aggiungendo un nuovo comma 3-bis all’articolo 19, la disposizione prevede che in presenza di due condizioni - ossia: in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati; qualora i comuni non riescano a garantire l’accoglienza ai sensi del comma 3 dell’articolo 19 - il Prefetto disponga l’attivazione di strutture ricettive temporanee esclusivamente dedicate ai minori non accompagnati, con una capienza massima di 50 posti per ciascuna struttura, in cui sono assicurati i servizi garantiti per le strutture di prima accoglienza ai sensi dell’articolo 19, comma 1 (si v. supra).

La disposizione rinvia alle modalità di cui all’articolo 11 del decreto accoglienza. A differenza di tale ultima disposizione, tuttavia, il nuovo comma 3-bis sembrerebbe trovare applicazione per tutti i minori non accompagnati, a prescindere dalla qualificazione di richiedenti protezione internazionale.

 

Vale ricordare che l’intervento del Prefetto in via straordinaria è già previsto dall’articolo 11 del decreto accoglienza che, nel caso di temporanea disponibilità di posti all’interno nei centri governativi o nei centri SPRAR, determinata da arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti protezione internazionale, autorizza il prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, a disporre l’accoglienza in strutture temporanee appositamente allestite.

 

In tali strutture possono essere accolti solo i minori di età inferiore agli anni quattordici per il tempo strettamente necessario al trasferimento nelle strutture di seconda accoglienza previste dal decreto accoglienza.

Infine la disposizione introduce l’obbligo in capo al gestore della struttura di comunicare la presenza del minore non accompagnato nelle strutture di accoglienza temporanee e in quelle di prima accoglienza al comune in cui si trova la struttura, per esigenze di coordinamento con i servizi predisposti nel territorio.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale all’attuazione delle misure previste si provvede nei limiti degli stanziamenti di bilancio allo scopo previsti a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 2
(Applicazione graduale riduzioni del Fondo di solidarietà comunale)

 

 

L’articolo 2 reca disposizioni per una applicazione graduale a partire dal 2017 del taglio di risorse a titolo di Fondo di solidarietà comunale, introdotto per finalità di contenimento della spesa pubblica dai commi 435 e 436 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015, nei confronti di quei comuni colpiti da eventi sismici che ne sono stati esentati negli anni 2015 e 2016, nonché per un progressivo aumento del taglio per quelli che ne hanno avuto finora una applicazione ridotta.

 

La norma riguarda, nello specifico, i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo), esentati dal taglio, e i comuni danneggiati dagli eventi sismici del 21 giugno 2013 (territori delle province di Lucca e Massa Carrara), ai quali la riduzione del Fondo di solidarietà negli anni 2015-2016 si è applicata nella misura del 50 per cento.

 

Si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 435, legge n. 190/2014) ha definito il concorso dei comuni al contenimento della spesa pubblica, stabilendo una riduzione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.

In merito alla distribuzione del peso del contributo tra i comuni, il comma 436, come novellato dal D.L. n. 78/2015, prevede per gli anni 2015 e 2016 che, fermo restando l’obiettivo complessivo di contenimento della spesa per l’intero comparto comunale nella misura di 1.200 milioni, la riduzione dei trasferimenti a titolo di Fondo di solidarietà:

§  non si applichi nei confronti dei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo), come individuati dalle lettere a) e b) del citato comma 436;

§  si applichi nella misura del 50% per i comuni danneggiati dagli eventi sismici del 21 giugno 2013 nel territorio delle province di Lucca e Massa Carrara, ai sensi della lettera c) del comma 436.

 

L’articolo in esame - introducendo i due nuovi commi 436-bis e 436-ter alla legge di stabilità n. 190/2014 – dispone, fermo restando l’obiettivo complessivo di contenimento della spesa per l’intero comparto comunale nella misura di 1.200 milioni:

§  una applicazione graduale, a partire dal 2017, del contributo alla finanza pubblica a valere sul Fondo di solidarietà nei confronti dei suddetti comuni finora esentati, nella misura del 25 per cento nel 2017, 50 per cento nel 2018, 75 per cento nel 2019, e del 100 per cento a decorrere dal 2020 dell’importo della riduzione non applicata (comma 436-bis);

§  un incremento graduale della misura a carico dei quei comuni cui la riduzione del Fondo di solidarietà è stata finora applicata nel limite del 50 per cento, in misura pari al 60 per cento nel 2017, 80 per cento nel 2018 e del 100 per cento a decorrere dal 2019 (comma 436-ter).

 

 


Articolo 2-bis
(Disposizioni sul dissesto delle amministrazioni provinciali)

 

 

L’articolo 2-bis, inserito durante l’esame presso la Camera dei deputati, interviene sulla disciplina del dissesto degli enti locali di cui all’articolo 255 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), introducendo ivi una specifica deroga concernente le amministrazioni provinciali.

L’articolo 255 del TUEL, nel dettare le regole per l’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento dell’ente dissestato da parte dell'organo straordinario di liquidazione, dispone che lo stesso provveda all'accertamento della massa attiva costituita da un contributo dello Stato, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio disponibile. Esso provvede altresì a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall'ente e non ancora riscossi, nonché all'accertamento delle entrate tributarie per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto per legge, ed infine, ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, proceda alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell'ente, avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali beni. Tale articolo precisa inoltre, al comma 10, che non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese.

 

L’articolo 2-bis in esame interviene con riferimento a tale ultimo comma, disponendo che in deroga a quanto dallo stesso disposto, per le amministrazioni provinciali in stato di dissesto l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata competa all’organo straordinario di liquidazione.

 

 


Articolo 3
(Contributo straordinario in favore del Comune de L'Aquila)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 3 prevedono l’assegnazione di un contributo straordinario, per l’esercizio 2016, a copertura delle maggiori spese e delle minori entrate, in relazione alle esigenze connesse alla ricostruzione a seguito del sisma del 6 aprile 2009, nel limite complessivo di 18,5 milioni di euro, così ripartito:

§  16 milioni di euro per il Comune dell’Aquila (comma 1);

§  2,5 milioni di euro per gli altri comuni del cratere sismico (comma 2). Tale importo è stato incrementato di 1 milione di euro nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati (il testo iniziale prevede infatti un contributo pari a 1,5 milioni di euro. In conseguenza di una modifica approvata nel corso dell'esame presso la Camera, inoltre, si specifica che tale contributo è comprensivo di una quota pari a 500 mila euro finalizzata alle spese di personale impiegato presso gli UTR – Uffici Territoriali per la Ricostruzione – per l’espletamento delle pratiche relative ai comuni fuori cratere.

 

Il contributo straordinario assegnato al Comune dell’Aquila viene destinato, per quanto concerne le maggiori spese, per:

a)   esigenze dell’Ufficio tecnico;

b)  esigenze del settore sociale e della scuola dell’obbligo ivi compresi gli asili nido;

c)   esigenze connesse alla viabilità;

d)  esigenze per il trasporto pubblico locale;

e)   ripristino e manutenzione del verde pubblico.

Relativamente alle minori entrate, il medesimo contributo previsto per il Comune dell’Aquila è destinato al ristoro - per le entrate tributarie - delle tasse per la raccolta di rifiuti solidi urbani (nel corso dell’esame presso la Camera è stata soppressa la parte del testo in cui si precisa che tali tasse afferiscono agli esercizi precedenti al 2016) e - per le entrate extra-tributarie - dei proventi derivanti da posteggi a pagamento, servizi mense e trasporti e installazioni di mezzi pubblicitari (comma 1).

 

Il contributo straordinario assegnato agli altri comuni del cratere, pari a 2,5 milioni di euro, viene interamente trasferito al Comune di Fossa che a sua volta lo ripartisce tra i singoli beneficiari, previa verifica da parte dell’Ufficio Speciale per la ricostruzione dei comuni del cratere degli effettivi fabbisogni (comma 2).

 

La norma in esame stabilisce inoltre che il citato contributo straordinario è attribuito a valere sulle risorse previste dall'articolo 7-bis, comma 1, del D.L. n. 43 del 2013, come rifinanziato dalle successive disposizioni che sono via via intervenute.

 

L'articolo 7-bis del D.L. n. 43/2013 ha autorizzato la spesa di 197,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2019, per la concessione di contributi a privati per la ricostruzione o riparazione di immobili danneggiati, prioritariamente adibiti ad abitazione principale, ovvero per l'acquisto di nuove abitazioni, sostitutive dell'abitazione principale distrutta, prevedendo altresì che tali risorse siano assegnate ai comuni interessati con delibera del CIPE in relazione alle effettive esigenze di ricostruzione, previa presentazione del monitoraggio sullo stato di utilizzo delle risorse allo scopo finalizzate e ferma restando l'erogazione dei contributi nei limiti degli stanziamenti annuali iscritti in bilancio. Per consentire la prosecuzione degli interventi previsti senza soluzione di continuità, il CIPE può altresì autorizzare l'utilizzo, nel limite massimo di 150 milioni di euro per l'anno 2013, delle risorse destinate agli interventi di ricostruzione pubblica, di cui al punto 1.3 della delibera del CIPE n. 135/2012 del 21 dicembre 2012, in via di anticipazione, a valere sulle suddette risorse pari a 197,2 milioni di euro, fermo restando, comunque, lo stanziamento complessivo di cui al citato punto 1.3.

La suddetta autorizzazione è stata rifinanziata successivamente dalle seguenti disposizioni. La legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), in tabella E, ha provveduto al rifinanziamento del citato art. 7-bis del decreto-legge n. 43/2013 nella misura di 300 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2014 e 2015 (nell’ambito della missione sviluppo e riequilibrio territoriale). L'articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 133 del 2014 ha disposto il rifinanziamento, nella misura di 250 milioni di euro per l’anno 2014, in termini di sola competenza. La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), in tabella E, reca il rifinanziamento nella misura complessiva di 5.100 milioni di euro per il periodo 2015-2020, di cui 200 milioni di euro per l'anno 2015, 900 milioni di euro per l'anno 2016, 1.100 milioni di euro per il 2017 e 2.900 milioni di euro per gli anni 2018 e seguenti.

Con la delibera CIPE del 20 febbraio 2015, n. 22/2015 sono state assegnate le risorse per la ricostruzione di immobili privati e per servizi di natura tecnica e assistenza qualificata previste dalle seguenti disposizioni: decreto-legge n. 43/2013, legge n. 147/2013, decreto-legge n. 133/2014, e legge n. 190/2014, a valere sulle annualità 2014-2016 per complessivi euro 1.126.482.439,78.

Con la delibera CIPE del 6 agosto 2015, n. 78/2015 sono state assegnate le risorse per la copertura delle spese obbligatorie, di cui al decreto-legge n. 43/2013 e alla legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), a valere sulle annualità 2014-2016 per complessivi euro 43.133.915,00 (euro 28.818.528,00 per esigenze relative al territorio del Comune dell'Aquila ed euro 14.315.387,00 per esigenze relative al territorio degli altri comuni del cratere e fuori cratere).

Si ricorda altresì che la norma in esame è analoga a quelle disposte per gli esercizi precedenti:

§  dall’art. 23, comma 12-septies, del D.L. n. 95/2012 (per l’esercizio 2012), che, al fine di concorrere ad assicurare nel Comune dell'Aquila e negli altri comuni del cratere la stabilità dell'equilibrio finanziario, anche per garantire la continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ha assegnato un contributo straordinario per il solo esercizio 2012, sulla base dei maggiori costi sostenuti e/o delle minori entrate conseguite, derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite di euro 26.000.000 per il Comune dell’Aquila, 4.000.000 per gli altri comuni e 5.000.000 per la provincia dell’'Aquila mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39;

§  dall’art. 1, comma 289, della L. n. 228/2012 (per il 2013), che, al fine di concorrere ad assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario nel Comune dell'Aquila e negli altri comuni del cratere, nonché per garantire la continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ha assegnato un contributo straordinario per il solo esercizio 2013, sulla base dei maggiori costi sostenuti e/o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite di 26 milioni di euro per il Comune dell'Aquila, di 4 milioni di euro per gli altri comuni e di 5 milioni di euro per la provincia dell'Aquila;

§  dal comma 350 dell’art. 1 della L. 147/2013 (per il 2014), che, al fine di concorrere ad assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario nel Comune dell'Aquila, negli altri comuni del cratere e nella provincia dell'Aquila, nonché per assicurare la continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ha assegnato un contributo straordinario per l'esercizio 2014, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite di 24,5 milioni di euro in favore del Comune dell'Aquila, di 3,5 milioni di euro a beneficio degli altri comuni del cratere e di 3 milioni di euro in favore della provincia dell'Aquila;

§  dal comma 446 dell’art. 1 della L. 190 del 2014, che,  al fine di concorrere ad assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario nel Comune dell'Aquila, negli altri comuni del cratere e nella provincia dell'Aquila, ha assegnato un contributo straordinario per l'anno 2015, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite di 17 milioni di euro in favore del Comune dell'Aquila, di 2,5 milioni di euro a beneficio degli altri comuni del cratere e di 1,5 milioni di euro in favore della provincia dell'Aquila;

§  e dall’art. 11, comma 15 del D.L. 78 del 2015 (per il 2015), che, in relazione alle esigenze connesse alla ricostruzione a seguito del sisma del 6 aprile 2009, ha assegnato al Comune dell’Aquila un contributo straordinario di 8,5 milioni di euro per l'anno 2015, a valere sulle risorse di cui all'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, e successivi rifinanziamenti, e con le modalità ivi previste. Tale contributo è destinato: a) per l'importo di 7 milioni di euro per fare fronte a oneri connessi al processo di ricostruzione del Comune dell'Aquila; b) per l'importo di 1 milione di euro a integrare le risorse stanziate per le finalità di cui all'articolo 1, comma 448, della legge 23 dicembre 2014, n. 190; c) per l'importo di 0,5 milione di euro a integrare le risorse di cui alla lettera b) e da destinare ai comuni, diversi da quello dell'Aquila, interessati dal suddetto sisma.

 

Si ricorda infine che l'O.P.C.M. n. 3754/2009 ha stabilito, all'art. 1, che il Commissario delegato individua con proprio decreto i comuni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito la regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 che, sulla base dei dati risultanti dai rilievi macrosismici effettuati dal Dipartimento della protezione civile in collaborazione con l'INGV, hanno risentito un'intensità MCS uguale o superiore al sesto grado. Si prevede, inoltre, che con successivi decreti il Commissario delegato aggiorni l'elenco dei comuni interessati sulla base dell'ulteriore attività di rilevazione macrosismica in corso di effettuazione e aggiornamento. In attuazione di tale articolo è stato emanato il decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 che ha individuato i comuni interessati dagli eventi sismici, ovvero quei comuni che hanno risentito di un'intensità MCS uguale o superiore al sesto grado. Con il decreto n. 11 del 17 luglio 2009 del Commissario delegato sono stati inseriti otto comuni.

 

Per una disamina delle norme emanate nel corso della XVII legislatura riguardanti il sisma del 2009 avvenuto in Abruzzo si rinvia al relativo tema web.

 

Nel corso dell’esame presso la Camera, sono stati inseriti i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 2-bis, con finalità diverse.

In particolare, la lettera a) del comma 1-bis interviene sulle disposizioni della lettera a) del comma 1 dell’art. 3 del D.L. n. 39/2009 al fine di integrare la disciplina ivi prevista, relativa alla concessione di contributi a fondo perduto per la ricostruzione dell’abitazione principale distrutta (o dichiarata inagibile o danneggiata) dal sisma o per l’acquisto di una nuova abitazione sostitutiva. In particolare l’integrazione in esame è volta a disciplinare il trasferimento dei diritti nei casi di acquisto di abitazioni sostitutive.

La lettera a) in questione prevede che il contributo statale concesso per tali finalità sia determinato in ogni caso in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, la ricostruzione o l’acquisto di un alloggio equivalente e che l’equivalenza sia attestata secondo le disposizioni dell’autorità comunale, tenendo conto dell’adeguamento igienico-sanitario e della massima riduzione del rischio sismico. Nel caso di ricostruzione, l’intervento deve essere realizzato nell’ambito dello stesso Comune.

L’art. 3-bis, comma 1, del D.L. 5 agosto 2010, n. 125, ha interpretato la presente lettera nel senso che i contributi in questione sono concessi ai privati, o ai condomìni costituiti da privati, a titolo di indennizzo per il ristoro, in tutto o in parte, dei danni causati dal sisma del 6 aprile 2009 ad edifici di proprietà privata. Lo stesso articolo ha quindi conseguentemente escluso l’applicazione delle procedure del Codice dei contratti pubblici allora vigente (D.Lgs. n. 163/2006, oggi sostituito dal D.Lgs. n. 50/2016).

 

Il comma in esame aggiunge alcuni periodi alla fine della lettera a) in questione, prevedendo che:

l’acquisto dell'abitazione sostitutiva comporta contestuale trasferimento al patrimonio comunale dell'abitazione distrutta. Nel caso la nuova abitazione sia sostitutiva di un appartamento in condominio, viene previsto che il trasferimento in questione riguardi i diritti del condomino (sia quelli sulle parti comuni, sia quelli sulle parti di sua esclusiva proprietà, in virtù del richiamo dell’ultimo comma dell’art. 1128 c.c.);

L’art. 1128 c.c., ultimo comma, che disciplina la cessione agli altri condomini dei diritti del condomino che non intenda partecipare alla ricostruzione dell'edificio, riguarda infatti “i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta”.

Viene poi disciplinato il trasferimento dei diritti ai condòmini nel caso in cui alcuni di essi (indicati d’ora in poi come condòmini “uscenti”) abbiano optato non di partecipare alla ricostruzione ma per una nuova abitazione sostituiva. A tal fine la norma distingue due differenti casi:

§  se la volumetria dell'edificio ricostruito, in conseguenza dell'acquisto dell'abitazione equivalente da parte di alcuno dei condomini, è inferiore rispetto a quella del fabbricato demolito, i diritti (sia quelli sulle parti comuni, sia quelli sulle parti di esclusiva proprietà, in virtù del richiamo dell’ultimo comma dell’art. 1128 c.c.) dei condòmini “uscenti” sono proporzionalmente trasferiti di diritto agli altri condomini;

§  se l'edificio è ricostruito con l'originaria volumetria a spese dei condòmini, i diritti dei condòmini “uscenti” sono trasferiti a coloro che hanno sostenuto le spese citate.

 

Relativamente ai trasferimenti succitati, la lettera a) in esame dispone altresì che gli atti pubblici e le scritture private autenticate ricognitivi dei trasferimenti al patrimonio comunale o agli altri condòmini, nonché quelli con i quali vengono comunque riassegnate pro diviso agli originari condòmini o loro aventi causa le unità immobiliari facenti parte dei fabbricati ricostruiti, costituiscono titolo per trasferire sugli immobili ricostruiti, riacquistati o riassegnati, con le modalità di cui al secondo comma dell'articolo 2825 c.c., le ipoteche e le trascrizioni pregiudizievoli gravanti su quelli distrutti o demoliti.

La richiamata disposizione codicistica prevede che, se nella divisione [c.c. 1111] sono assegnati a un partecipante beni diversi da quello da lui ipotecato, l'ipoteca si trasferisce su questi altri beni, col grado derivante dall'originaria iscrizione e nei limiti del valore del bene in precedenza ipotecato, quale risulta dalla divisione, purché l'ipoteca sia nuovamente iscritta con l'indicazione di detto valore entro novanta giorni dalla trascrizione [c.c. 2643] della divisione medesima [c.c. 2964].

Viene altresì disposto che gli immobili demoliti o dichiarati inagibili costituenti abitazione principale del de cuius non sono soggetti all'imposta di successione, né alle imposte e tasse ipotecarie e catastali.

 

La lettera b) del comma 1-bis modifica l’ultimo periodo del comma 5-bis dell’art. 14 del D.L. n. 39/2009, al fine di disporre l’inapplicabilità di tutte le agevolazioni previste dall’art. 3 del medesimo D.L. n. 39/2009 (e non solo delle agevolazioni consistenti nella concessione di contributi a fondo perduto, come prevede il testo attualmente vigente) agli edifici civili privati dichiarati beni culturali o di particolare interesse paesaggistico, ricostruiti a valere sulle risorse stanziate dal comma 1 del medesimo art. 14 per il finanziamento dei piani di ricostruzione dei centri storici.

Il testo attualmente vigente del comma 5-bis dell’art. 14 in questione prevede che, nell’ambito dei piani di ricostruzione dei centri storici delle città colpite dal sisma, predisposti dai sindaci (d’intesa con il presidente della regione Abruzzo - Commissario delegato e con il Presidente della provincia nelle materie di sua competenza) e finanziati con le risorse stanziate dal comma 1 del medesimo art. 14, sia possibile ricostruire gli edifici civili privati dichiarati beni culturali (ai sensi dell’art. 10, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 42/2004) o di “particolare interesse paesaggistico attestato dal competente vice commissario d’intesa con il sindaco”, a valere sulle predette risorse, nei limiti definiti con ordinanza commissariale, tenuto conto della situazione economica individuale del proprietario. Per tali edifici lo stesso comma esclude la concessione dei contributi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) ed e), cioè i contributi a fondo perduto di cui si è detto sopra (lett. a), nonché dei contributi, concessi anche con le modalità del credito di imposta, “per la ricostruzione o riparazione di immobili diversi da quelli adibiti ad abitazione principale, nonché di immobili ad uso non abitativo distrutti o danneggiati” (lett. e).

Il richiamato art. 10, comma 3, lettera a) del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) dispone che rientrano tra i beni culturali, quando sia intervenuta l’apposita dichiarazione prevista dal Codice stesso, le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da Stato, regioni, enti pubblici territoriali, enti o istituti pubblici o persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.

 

Il comma 1-quater abroga gli ultimi due periodi del comma 5 dell’art. 67-quater, del D.L. 83/2012, al fine di disciplinare le modalità per usufruire delle agevolazioni previste dal medesimo comma per la riparazione e per il miglioramento sismico delle unità immobiliari private diverse da quelle adibite ad abitazione principale ubicate nei centri storici, distrutte o danneggiate dal sisma del 6 aprile 2009.

Il citato comma 5, in considerazione del particolare valore del centro storico del capoluogo del Comune dell'Aquila, ha riconosciuto, alle unità immobiliari private diverse da quelle adibite ad abitazione principale ivi ubicate, distrutte o danneggiate dal sisma del 6 aprile 2009, un contributo per la riparazione e per il miglioramento sismico, pari al costo, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, degli interventi sulle strutture e sugli elementi architettonici esterni, comprese le rifiniture esterne, e sulle parti comuni dell'intero edificio, nonché per gli eventuali oneri per la progettazione e per l'assistenza tecnica di professionisti abilitati. Tali benefici sono estesi dalla norma anche agli edifici con un unico proprietario, mentre non sono concedibili alle unità immobiliari costruite, anche solo in parte, in violazione delle vigenti norme urbanistico-edilizie o di tutela paesaggistico-ambientale, a meno che non sia intervenuta sanatoria.

In virtù dell’art. 11, comma 7-bis, del D.L. 78/2015, le citate previsioni si applicano anche ai centri storici delle frazioni del Comune dell'Aquila e degli altri comuni del cratere, limitatamente agli immobili che in sede di istruttoria non risultino, alla data del 15 agosto 2015, già oggetto di assegnazione di alcuna tipologia di contributo per la ricostruzione o riparazione dello stesso immobile.

 

Oltre alla disciplina richiamata, l’art. 67-quater in questione prevede ulteriori disposizioni, che sono oggetto di abrogazione da parte del comma in esame. In virtù di tale abrogazione:

§  è eliminata la condizione che vincolava la fruizione dei benefici in questione al conferimento della delega volontaria al Comune, da parte del proprietario, “delle fasi della progettazione, esecuzione e gestione dei lavori”. Tale delega, secondo il disposto della lettera c) del comma 2 dell’art. 67-quater, deve essere rilasciata dai proprietari previa rinuncia ad ogni contributo o indennizzo ad essi spettante”;

§  viene altresì eliminata, in caso di mancata concessione della delega di cui sopra, la possibilità per il Comune di procedere all'occupazione temporanea degli immobili.

 

Anche il comma 1-ter interviene sulle disposizioni dell’art. 67-quater, del D.L. 83/2012, ma limitatamente a quelle del comma 2, lettera a), che riguardano gli interventi singoli o in forma associata da parte dei privati, aventi ad oggetto uno o più aggregati edilizi. La disciplina vigente prevede che tali interventi debbano essere iniziati entro il termine inderogabile stabilito dal Comune, decorso il quale il Comune si sostituisce al privato inadempiente e, previa occupazione temporanea degli immobili, affida, mediante procedimento ad evidenza pubblica, la progettazione e l'esecuzione dei lavori, in danno del privato per quanto concerne i maggiori oneri. La modifica prevista dal comma in esame è volta a sopprimere il riferimento al ricorso a procedure di evidenza pubblica, ma consente al Comune di continuare i “procedimenti in essere per la ricostruzione privata” e con quelli provvedere ad affidare la progettazione e l'esecuzione dei lavori, sempre in danno del privato per quanto concerne i maggiori oneri.

 

Il comma 2-bis, al fine di garantire la trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche, prevede la pubblicazione, entro il 31 dicembre 2016, da parte dei comuni dell’Aquila e del cratere sismico, sul proprio sito web, delle modalità di utilizzo delle risorse derivanti dai contributi straordinari concessi dai commi 1 e 2 dell'articolo in esame (pari complessivamente a 18,5 milioni di euro per il solo esercizio 2016) e dei risultati conseguiti.

Attualmente, sulla pagina web del Comune del'Aquila, si segnala la sezione dedicata al tema 'Ricostruzione'  con dati aggiornati a marzo 2016 e a cura del settore Ricostruzione privata e dall’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila (Usra) riguardanti le pratiche della città capoluogo e delle frazioni interessate dal sisma del 2009.

 

 

 


Articolo 3-bis
(Disposizioni concernenti i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012)

 

 

L’articolo 3-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, detta disposizioni riguardanti i comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 volte a prorogare i termini per la comunicazione delle spese sostenute per fronteggiare la ricostruzione e ad autorizzare l’assunzione di personale con contratto di lavoro flessibile in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente.

In particolare, il comma 1, attraverso una modifica all’articolo 1, comma 441 della L. 208/2015 (Stabilità 2016), proroga al 30 settembre 2016 (in luogo dell’attuale 30 giugno 2016) il termine entro il quale le regioni devono comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze e ai comuni interessati gli importi delle spese che gli enti territoriali colpiti dal sisma del maggio 2012 hanno sostenuto per fronteggiare gli eventi sismici e la ricostruzione con le risorse derivanti da donazioni e dagli indennizzi assicurativi.

Il richiamato comma 441 dell’articolo 1 della L. 208/2015 esclude per il 2016 dal saldo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (che ai sensi del comma 710 non deve essere negativo) delle regioni e degli enti locali le spese che gli enti territoriali colpiti dal sisma del maggio 2012 hanno sostenuto per fronteggiare gli eventi sismici e la ricostruzione con le risorse derivanti da donazioni ed erogazioni liberali e dagli indennizzi derivanti da polizze assicurative, puntualmente finalizzate a fronteggiare gli eccezionali eventi sismici e la ricostruzione, nel limite massimo di 15 milioni di euro, così ripartito:

§  12 milioni per l'Emilia-Romagna;

§  1,5 milioni per ciascuna delle regioni Lombardia e Veneto.

A copertura dell’onere si provvede mediante riduzione dello stanziamento previsto per il credito di imposta e per i finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione (art.3-bis del D.L. n. 95 del 2012[1]).

 

Il comma 2, al fine di assicurare il completamento delle attività connesse alla situazione emergenziale conseguente al sisma del 20 e 29 maggio 2012, autorizza, per gli anni 2017 e 2018, i Commissari delegati, ossia i Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, i comuni colpiti dal sisma e le prefetture delle province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia  ad assumere personale con contratto di lavoro flessibile, in deroga ai vincoli in materia di personale attualmente previsti da specifiche disposizioni[2], entro i medesimi limiti di spesa previsti per gli anni 2015 e 2016 e con le modalità di cui al comma 8 dell’articolo 3-bis del D.L. n. 95/2012[3].

Ai conseguenti oneri si provvede mediante utilizzo delle risorse già disponibili sulle contabilità speciali dei Presidenti delle regioni in qualità di Commissari delegati per la ricostruzione (senza pregiudizio degli interventi e risorse finanziarie già programmate e da programmare, ai sensi del D.L. n. 74/2012, in favore delle popolazioni dei territori colpiti dal sisma del 2012).

Il D.L. 74/2012 ha dettato un'articolata disciplina degli interventi per la ricostruzione, l'assistenza alle popolazioni e la ripresa economica nel territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012. Il decreto, che ha previsto misure per le imprese, i privati e gli enti locali, è stato modificato da numerose disposizioni per lo più contenute in provvedimenti d’urgenza, che hanno inciso sui vari interventi previsti. Per una disamina delle norme adottate nella passata e nella presente legislatura a fronte degli eventi sismici del mese di maggio 2012, si rinvia rispettivamente al dossier di inizio legislatura e al tema web Terremoti della Camera.

 

 


Articolo 4
(Fondo per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti)

 

 

L'articolo 4 del decreto-legge prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, di un “Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti” con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2019. Tale fondo è destinato a comuni che si trovino a dover sostenere spese connesse a sentenze esecutive di risarcimento conseguenti a calamità naturali o cedimenti strutturali verificatisi prima dell’entrata in vigore del decreto-legge o ad accordi transattivi ad esse collegate, il cui onere risarcitorio sia superiore alla metà del proprio bilancio di parte corrente come risultante dai rendiconti dell’ultimo triennio (comma 1). Tale intervento è destinato quindi ad evitare il dissesto finanziario di comuni che si trovano a dover sostenere spese per condanne relative a eventi calamitosi verificatisi talvolta diversi anni prima.

Si osserva che, letteralmente, gli accordi transattivi risultano riferiti  esclusivamente alle calamità naturali e non anche ai cedimenti strutturali.

 

Il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento, differisce, per i comuni che hanno sostenuto spese connesse a sentenze esecutive di risarcimento conseguenti a calamità naturali, comunicate al Ministero dell’interno secondo la procedura di cui al successivo comma 2, al 30 settembre 2016 i termini per l’approvazione:

§  della variazione di assestamento generale - che secondo le norme generali deve essere deliberata dall'organo consiliare dell'ente entro il 31 luglio di ciascun anno – con la quale si attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva ed il fondo di cassa, al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio (di cui all’articolo 175, comma 8, del TUEL);

§  della delibera che dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio che, secondo le norme di cui all’articolo 193, comma 2, del TUEL, va adottata con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 31 luglio di ciascun anno.

L’articolo 193, comma 2, del TUEL prevede che, almeno una volta all’anno, entro il 31 luglio di ciascun anno, il Consiglio dell’ente locale provveda, con propria deliberazione, a dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio, ovvero - in caso di accertamento negativo - ad adottare contestualmente le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui, i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio, le iniziative necessarie ad adeguare il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui.

Tale deliberazione – che costituisce verifica sul mantenimento, anche in corso di gestione, degli equilibri stabiliti nel bilancio previsionale, come deliberato entro il 31 dicembre dell’anno precedente - è allegata al rendiconto del relativo esercizio finanziario.

 

Il comma 2 disciplina le modalità di domanda e assegnazione delle risorse contenute nel fondo. Gli enti interessati sono tenuti a comunicare, al Ministero dell’interno, con modalità telematiche individuate dallo stesso Ministero la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 entro il termine perentorio di 15 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto (il riferimento originario, all’entrata in vigore del decreto-legge, è stato modificato nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento) ed entro il 31 marzo per ciascuno degli anni dal 2017 al 2019. Successivamente, la ripartizione avviene con D.P.C.M. su proposta del Ministro dell’Interno e di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da adottare entro 90 giorni dal termine di invio delle richieste. Le richieste sono soddisfatte per  un massimo dell'80% delle stesse. In caso di fabbisogno eccedente la disponibilità, si procede a riparto proporzionale; in caso opposto, le disponibilità residue sono automaticamente assegnate alle disponibilità di detto fondo per l’anno successivo.

 

L'articolo 194, comma 1, del testo unico degli enti locali (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) stabilisce che il riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio debba essere effettuato dall'ente locale con deliberazione consiliare. Ai sensi della citata disposizione sono riconoscibili i debiti relativi a: sentenze esecutive (lettera a); copertura di disavanzi di consorzi, aziende speciali ed istituzioni (lettera b); ricapitalizzazione di società di capitali (lettera c); procedure espropriative o di occupazione di urgenza per opere di pubblica utilità (lettera d); acquisizione di beni e servizi in violazione degli obblighi dei primi tre commi dell'art. 191 del TUEL, nei limiti dell'utilità e dell'arricchimento dell'Ente (lettera e).

La giurisprudenza della Corte dei conti ha sottolineato la sostanziale diversità tra la fattispecie concernente le sentenze esecutive e le altre ipotesi previste dall'art. 194 TUEL (SSRR n. 12/2007/QM, richiamata dal Parere 13 maggio 2015, n. 177 della Sezione di controllo per la regione Siciliana): in relazione alla sentenza esecutiva il Consiglio comunale non ha alcun margine di discrezionalità nel riconoscimento e nella quantificazione del debito fuori bilancio maturato. Nel parere n. 177 del 2015 richiamato la Corte ribadisce, comunque, la necessità della deliberazione, in assenza di disciplina specifica applicabile alle sentenze esecutive. Inoltre, "la delibera del Consiglio serve per riportare all'interno del sistema del bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato al di fuori delle normali procedure di programmazione e di gestione delle spese. Sulla base di tali considerazioni la Corte dei conti ribadisce la competenza esclusiva del Consiglio comunale nel riconoscimento del debito fuori bilancio e nega, conseguentemente, la possibilità di pagamento del debito nascente da sentenza esecutiva prima del riconoscimento formale da parte del Consiglio stesso. Inoltre, "l'eventuale previsione in bilancio di uno specifico stanziamento per liti, arbitraggi, transazioni e quant'altro non elimina perciò la necessità che il Consiglio deliberi anche sulla riconoscibilità dei singoli debiti formatisi al di fuori delle norme giuscontabili (pr. cont. 1-105; Sezione controllo per la Basilicata, delibera n. 6/2007/PAR)".

Per quanto riguarda la conclusione di accordi transattivi, la deliberazione del consiglio sulla proposta di transazione è richiesta per quelle passività in relazione alle quali non è stato assunto uno specifico impegno di spesa, vale a dire quelle che possono generare un debito fuori bilancio nei casi previsti dalle lettere a), d) ed e) dell’art. 194, co. 1 del TUEL. Gli altri casi sono i seguenti: - accordi che comportano variazioni di bilancio; - accordi che comportano l’assunzione di impegni per gli esercizi successivi (art.42, co. 2, lett. i) del TUEL); - accordi che incidono su acquisti, alienazioni immobiliari e relative permute (art. 42, co. 2, lett. l) del TUEL. Si veda a tale proposito Corte dei conti- sez. reg. di controllo per il Piemonte, Delibera n. 345/2013/SRCPIE/PAR).

 

La disposizione in esame del decreto-legge è finalizzata, tra l'altro, a prevenire le situazioni di dissesto finanziario dei comuni. A tale proposito si ricorda che il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 ("Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012"), all’articolo 3, comma 1, lettera r), ha inserito, nel TUEL, l’art. 243-bis recante una procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Si tratta di una nuova fattispecie che si aggiunge alle situazioni, elencate dagli artt. 242 e 244 del testo unico, di enti in condizioni strutturalmente deficitarie ed enti in situazioni di dissesto finanziario. La procedura disciplinata dall'articolo 243-bis e dai successivi 243-ter e 243-quater si applica agli Enti locali per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, anche in considerazione di pronunce delle competenti sezioni della Corte dei conti. Il comma 7 dell'articolo 243-bis stabilisce che, ai fini della predisposizione del piano di riequilibrio, "l'ente è tenuto ad effettuare una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell'articolo 194". Sulle modalità di tale ricognizione si sofferma la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti nelle "Linee guida" sui piani di riequilibrio contenute nella deliberazione 20 dicembre 2012, n. 16/SEZAUT/2012/INPR. In occasione del citato parere n. 177 del 2015, la Corte dei conti ha poi sottolineato come la ricognizione dei debiti fuori bilancio effettuata in vista della predisposizione del piano di riequilibrio non sia assimilabile al riconoscimento degli stessi debiti ex art. 194 del TUEL: il testo del comma 7, art. 243-bis del TUEL, si riferisce, infatti, a "debiti riconoscibili", essendo il riconoscimento atto successivo alla ricognizione.


Articolo 5
(Disposizioni concernenti le vittime dell'alluvione verificatasi il 5 maggio 1998 a Sarno)

 

Il movimento franoso che ha colpito Sarno e i comuni limitrofi tra il 5 ed il 6 maggio 1998, ha causato la morte di 160 persone, 137 delle quali nel solo comune di Sarno.

Si ricorda che con sentenza della Corte di Cassazione (cfr. Cassazione penale – III sezione – 7 maggio 2013, n. 19507) sono stati respinti i ricorsi avverso la sentenza del 20 dicembre 2011 della Corte d’appello di Napoli, n. 6233, che è risultata quindi confermata. Tale sentenza, che ribaltava la precedente sentenza di assoluzione della Corte di appello, ha riconosciuto il sindaco del comune di Sarno responsabile del reato di cui agli artt. 113, 40 e 589, commi 1 e 3, del codice penale (omicidio colposo) perché, secondo l'imputazione, cagionava la morte di 137 persone in quanto, a fronte di eventi catastrofici, per colpa generica e per la violazione del piano di protezione civile del comune di Sarno, approvato il 12 luglio 1995, della L. 22 febbraio 1992, n. 225, art. 15, commi 3 e 4, nonché della relativa direttiva applicativa del Presidente del consiglio dei ministri, dipartimento della protezione civile, del dicembre 1996, non valutava l'accaduto nella sua oggettiva gravità.

 

Il comma 1 dell’articolo 5 sostituisce i commi 458 e 459, nonché i commi da 461 a 464 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016.

 

Si ricorda che i previgenti commi 458 e 459 della legge di stabilità 2016, in vigore dal 1 gennaio 2016, prevedevano, rispettivamente: l'assegnazione al capo del Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di 7,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 per speciali elargizioni in favore dei familiari delle vittime dell'alluvione verificatasi il 5 maggio 1998 a Sarno, a totale indennizzo della responsabilità civile a carico dello Stato e del comune di Sarno (co. 458); l'attribuzione al sindaco del comune di Sarno, d'intesa con il capo del Dipartimento della protezione civile, del compito, nei limiti dell'autorizzazione di spesa prevista, di individuare i familiari delle vittime e di determinare la somma spettante e la quota di rimborso delle eventuali spese legali sostenute e documentate, stabilendo il limite di importo di 100.000 euro per ciascuna delle vittime.

 

Rispetto alla previgente disposizione, che prevedeva l'assegnazione delle risorse al capo del dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il nuovo comma 458 prevede che la medesima somma di 7,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 sia invece assegnata alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Salerno, per la stipulazione delle transazioni con i familiari delle vittime dell'evento di Sarno.

 

Si ricorda che, ai sensi del comma 460 della legge di stabilità, che non risulta modificato dal decreto-legge in esame, le elargizioni spettanti ai familiari delle vittime sono assegnate e corrisposte secondo il seguente ordine:

a)   al coniuge superstite, con esclusione del coniuge rispetto al quale sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del coniuge cui sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato, e ai figli se a carico;

b)   ai figli, in mancanza del coniuge superstite o nel caso di coniuge rispetto al quale sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di coniuge cui sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato;

c)    i genitori;

d)   ai fratelli e alle sorelle se conviventi a carico;

e)    ai conviventi a carico negli ultimi tre anni precedenti l'evento;

f)     al convivente more uxorio.

 

La norma specifica, rispetto al testo oggetto di modifica, che le somme assegnate, ove non impegnate nel 2016, possono esserlo nell'esercizio successivo.

 

Il nuovo comma 459 modifica l'autorità incaricata delle attività di elargizione, prevedendo che sia la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Salerno, nei limiti dell'autorizzazione di spesa prevista, ad individuare i familiari delle vittime, indicando per tale attività di individuazione il termine del 31 dicembre 2016. La Prefettura medesima determina, inoltre, la somma spettante nel limite di euro 100.000 per ciascuna delle vittime, nonché la quota di rimborso delle eventuali spese legali sostenute e documentate. La norma prevede che, in tale attività, la Prefettura potrà procedere avvalendosi anche dell'INPS, dell'INAIL e di altri enti competenti in materia infortunistica e previdenziale. Inoltre, rispetto alla disciplina previgente al decreto-legge in esame, viene previsto che il rimborso delle spese legali sia definito previa acquisizione del parere di congruità dell'Avvocatura dello Stato.

 

In base al nuovo testo dei commi 461, 462, 463 e 464, recati dall'articolo in esame, che sostituiscono i testi previgenti, si stabilisce che:

§  qualora sia intervenuto il decesso dei soggetti beneficiari di cui al comma 460 già richiamato, gli eredi in successione legittima hanno diritto al pagamento pro quota della medesima somma, nei limiti individuati ai sensi dei già richiamati commi 459 e 460; si prevede la previa presentazione della documentazione attestante la qualità di erede e la quota di partecipazione all'asse ereditario, secondo le disposizioni vigenti in materia di successione legittima (nuovo comma 461);

Al riguardo si segnala che viene indicato il rispetto dei 'limiti individuati ai sensi dei commi 459 e 460', risultando il solo comma 459 stabilire un limite all'indennizzo riconoscibile a ciascun beneficiario (fissato in 100.000 euro, più le spese legali), mentre il comma 460 provvede a stabilire l'ordine da rispettare nelle elargizioni spettanti ai familiari delle vittime ivi indicati.

§  la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Salerno, acquisito il parere dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'articolo 14 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, congiuntamente con il comune di Sarno stipula appositi atti transattivi con i familiari delle vittime ovvero, ove questi ultimi siano deceduti, con i soggetti a questi succeduti. La disposizione prevede che resti ferma l'applicazione delle norme vigenti in materia di prescrizione (nuovo co. 462);

Al riguardo, si segnala che l'articolo 14 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato) disciplina il previo parere del Consiglio di Stato prima dell'approvazione di atti di transazione diretti a prevenire od a troncare contestazioni giudiziarie; mentre l'attività consultiva dell'Avvocatura dello stato trova invece fondamento nell'articolo 13 del regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611 (Testo Unico sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), ove si prevedono, tra l’altro, le funzioni  dell’Avvocatura in ordine alla predisposizione di transazioni d'accordo con le Amministrazioni interessate o alla espressione di pareri sugli atti di transazione redatti dalle Amministrazioni.

§  le transazioni in questione siano stipulate a totale soddisfazione di ogni pretesa nei confronti delle Amministrazioni statali e territoriali individuate nella citata sentenza della Corte di cassazione penale del 7 maggio 2013 e tengano conto di quanto eventualmente già percepito a seguito di sentenze riguardanti la responsabilità civile dello Stato e del comune di Sarno (nuovo comma 463);

§  i procedimenti giudiziari in corso, anche in sede di esecuzione, siano sospesi fino alla conclusione degli accordi transattivi e, successivamente alla stipulazione degli atti di transazione, che deve intervenire entro e non oltre il 31 dicembre 2017, tutti i processi sono estinti ai sensi della normativa vigente. La relazione illustrativa al provvedimento riferisce che la norma ha il precipuo scopo di far cessare l'annoso contenzioso in essere, stabilendo così che la transazione, una volta intervenuta, determini l'estinzione del processo.

La disposizione prevede che ove le parti private non intendano stipulare gli accordi transattivi ne danno comunicazione scritta alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Salerno e i processi in corso proseguono su istanza delle parti.

Ai sensi della disposizione sostitutiva della norma previgente, appare quindi configurarsi una nuova causa di sospensione dei processi, che parrebbe operare automaticamente, salvo che le parti in causa presentino istanza di prosecuzione; inoltre, rispetto alla norma oggetto di integrale sostituzione, si segnala come la disposizione sostitutiva del comma 464 in esame preveda, all'atto di transazione, l'estinzione dei processi, con una formula che fa riferimento, in generale, alla normativa vigente ('ai sensi della normativa vigente'), senza la previsione di una dichiarazione di estinzione degli stessi.

Sul piano fiscale, si prevede l'esenzione delle transazioni da ogni imposta o tassa e, ricalcando il testo già vigente, che le relative somme siano assegnate in aggiunta a ogni altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto a qualsiasi titolo ai sensi della normativa vigente.

La norma stabilisce che, a seguito della stipulazione degli atti transattivi, la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Salerno trasmetta poi un elenco riepilogativo al Ministero dell'interno e al Ministero dell'economia e delle finanze (nuovo co. 464).

 

Si ricorda, in sintesi, che la disciplina previgente, in vigore dal 1 gennaio 2016, prevedeva, al comma 461, che qualora fosse intervenuto il decesso dei soggetti beneficiari, gli eredi avessero diritto al pagamento della medesima somma, previa presentazione di documentazione attestante la qualità di erede e la quota di partecipazione all'asse ereditario, secondo le disposizioni vigenti in materia di successione legittima. Il comma 462, nel testo previgente, affidava al capo del Dipartimento della protezione civile, in conformità con l'atto del sindaco del comune di Sarno, il compito di adottare i provvedimenti di elargizione; si specificava, al comma 463, che l'indennizzo corrisposto comprendesse tutte le somme dovute a qualsiasi titolo ai destinatari e tenesse conto di quanto eventualmente già percepito a seguito di sentenze riguardanti la responsabilità civile dello Stato e del comune di Sarno, con la previsione che i contenziosi aperti fossero 'dichiarati estinti' a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità per il 2016, recante le suddette disposizioni. Infine, il comma 464, nel testo previgente, stabiliva l'esenzione da ogni imposizione fiscale per le elargizioni di indennizzo in parola, prevedendone l'assegnazione in aggiunta ad ogni altra somma cui i soggetti beneficiari avessero diritto a qualsiasi titolo ai sensi della normativa vigente.

 

Il comma 2 dell'articolo 5 stabilisce la non cumulabilità degli interventi previsti dalla norma in esame, rispetto agli interventi disciplinati dall'articolo 4 del decreto-legge in esame, in materia di Fondo a valenza quadriennale per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità naturali o cedimenti.

 

Il comma 3 prevede il riversamento all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione al Ministero dell'interno, delle somme già trasferite al Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, relative alle speciali elargizioni in favore dei familiari delle vittime dell'alluvione verificatasi il 5 maggio 1998 a Sarno, pari a euro 1.875.000.

 

Il comma 3-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera, prevede la presentazione alle Camere, da parte del Ministro dell’interno, entro il 31 dicembre di ciascuno degli anni 2016 e 2017, di un’apposita relazione annuale che evidenzi l'effettivo utilizzo delle risorse assegnate previste dal comma 458.

 

 


Articolo 5-bis
(Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro ferroviario di Andria-Corato)

 

 

Nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento è stato introdotto l’articolo 5-bis che prevede la corresponsione di speciali erogazioni per i familiari delle vittime del disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio 2016 sulla tratta Andria-Corato e per coloro che siano stati gravemente feriti nel medesimo disastro ferroviario.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2016 in favore delle famiglie delle vittime e di coloro che, a seguito del disastro ferroviario sopra ricordato, abbiano subito lesioni gravi o gravissime (comma 1), stabilisce le modalità secondo le quali le somme sono ripartite ed assegnate (commi 2-7) e indica la relativa copertura finanziaria (commi 8 e 9).

 

Ai sensi del codice penale (art. 583) la lesione personale si considera grave se dal fatto deriva una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni che supera i 40 giorni o una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo. La lesione personale è gravissima, se dal fatto deriva una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, una permanente e grave difficoltà della favella ovvero la deformazione o lo sfregio permanente del viso.

 

Il comma 2 stabilisce che spetta alla Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con i sindaci dei comuni di residenza delle vittime e dei soggetti che hanno subito lesioni personali gravi e gravissime, individuare le famiglie beneficiarie e attribuire le somme a ciascuna famiglia o soggetto.

 

Il comma 3 prevede che alle famiglie delle vittime è attribuita una somma non inferiore a duecentomila euro che viene determinata anche valutando lo stato di “effettiva necessità”.

 

Il comma 4 individua i criteri secondo i quali sono stabilite le somme da erogare a coloro che hanno subito una lesione grave o gravissima. In tal caso la somma è calcolata in proporzione alla gravità della lesione e tenuto conto dello stato di effettiva necessità ed attribuita “nel limite di spesa complessivo previsto dal comma 1”.

 

Tale ultimo inciso appare superfluo alla luce di quanto previsto dall’ultimo periodo del medesimo comma 4.

 

L’ultimo periodo del comma 4 prevede che “all’attribuzione delle speciali elargizioni previste nel presente articolo” si provvede nel limite dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 1.

 

I commi 5 e 6 stabiliscono le modalità secondo le quali sono attribuite le somme spettanti ai familiari delle vittime di cui al comma 3. Si prevede in particolare il seguente ordine:

a)   al coniuge superstite (con esclusione del coniuge rispetto al quale sia stata pronunciata sentenza, anche non definitiva, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del coniuge al quale sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato);

b)  ai figli, precisando che l’assegnazione delle somme avviene solo nel caso in cui il coniuge manchi ovvero risulti escluso dal beneficio ai sensi di quanto previsto dalla lettera a);

c)   ai genitori;

d)  ai fratelli e alle sorelle (se conviventi e a carico);

e)   ai conviventi a carico negli ultimi tre anni precedenti l’evento;

f)    al convivente more uxorio.

Nel caso in cui vi siano figli nati da rapporti di convivenza more uxorio allora il convivente more uxorio è equiparato al coniuge superstite con riguardo all’ordine di assegnazione delle risorse di cui al comma 3.

 

Si segnala che provvidenze sostanzialmente analoghe a quelle previste dal presente articolo sono state riconosciute anche ai familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro ferroviario di Viareggio ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 106 del 2010.

Successivamente, il testo di tale disposizione è stato integrato dalla legge n. 107 del 2012 che ha previsto, oltre alla fattispecie (disciplinata anche dall’articolo in commento, al comma 6) concernente il convivente more uxorio con prole, anche l’ipotesi (non disciplinata dall’articolo di cui si tratta) di coesistenza del coniuge legalmente separato (senza addebito) e del convivente more uxorio con prole stabilendo, in particolare, che la somma complessiva non inferiore a euro 200.000 sia aumentata in misura pari all'importo attribuito al convivente. Il medesimo decreto legislativo n. 107 ha inoltre disciplinato il caso di mancanza dei beneficiari di cui al comma 3 del decreto legislativo 106 del 2010 (corrispondenti a quelli indicati dal comma 5 dell’articolo in commento). Al ricorrere di tale ipotesi è stabilita l’attribuzione di una speciale elargizione ai parenti della vittima entro il terzo grado, nell'ordine di priorità derivante dal grado di parentela.

Il comma 7 stabilisce che le elargizioni di cui al comma 1 sono corrisposte con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Si precisa che tali elargizioni sono esenti da ogni imposta e tassa e sono assegnate in aggiunta ad ogni altra somma cui i soggetti abbiano diritto a qualsiasi titolo ai sensi della normativa vigente.

 

I commi 8 e 9 individuano la copertura finanziaria. In particolare si dispone la riduzione di 10 milioni di euro dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, legge di stabilità 2015 (comma 8) e si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 9).

 

L’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, con la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

 


Articolo 6
(Disposizioni relative alla restituzione dei finanziamenti contratti a seguito del sisma del maggio 2012 per il pagamento di tributi, contributi previdenziali e assistenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria)

 

 

L’articolo 6 dispone il differimento del pagamento della rata dei finanziamenti agevolati accordati ai soggetti danneggiati dal sisma del maggio 2012 in Emilia, Lombardia e Veneto, per il pagamento di tributi, contributi e premi assicurativi: il pagamento della rata in scadenza il 30 giugno 2016 deve essere effettuato entro il 31 ottobre 2016. I pagamenti delle successive rate avvengono il 30 giugno e il 31 dicembre di ciascun anno, a decorrere dal 30 giugno 2017 e fino al 30 giugno 2020.

Il comma 4-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, estende l’applicazione delle norme che dispongono agevolazioni a favore delle imprese danneggiate dal sisma del maggio 2012 anche alle imprese ricadenti nel comune di Offlaga, in provincia di Brescia, ove risulti l'esistenza del nesso causale tra i danni e gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012.

Il comma 4-ter, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede che le risorse stanziate per il 2016 (5 milioni di euro) dalla legge di stabilità 2016 per la messa in sicurezza delle strutture destinate alla produzione agricola nei territori colpiti dal sisma (3,5 milioni di euro alla Lombardia e 1,5 milioni di euro al Veneto) sono destinati anche alla ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo e a favore delle imprese.

 

A seguito del sisma del 20 e 29 maggio 2012 nelle regioni dell'Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto in una prima fase si è provveduto a sospendere fino al 30 novembre il pagamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria.

Successivamente a favore di determinate categorie di soggetti (imprese e lavoratori autonomi) sono stati previsti dei finanziamenti agevolati per il pagamento di tributi, contributi previdenziali e premi dovuti per effetto della sospensione degli adempimenti da maggio a novembre del 2012 e degli oneri dovuti dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013 (articolo 11, comma 7, del decreto-legge n. 174 del 2012). I soggetti finanziatori (le banche) hanno stipulato contratti tipo definiti da apposite convenzioni tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana (Plafond Moratoria Sisma 2012 – Fase 1).

Il legislatore è intervenuto nel tempo da un lato per estendere la platea dei soggetti ammessi a tali finanziamenti agevolati e per coprire un periodo più ampio fino al 15 novembre 2013 (nel corso della conversione del decreto-legge n. 174 del 2012, con la legge n. 228 del 212 e con il decreto-legge n. 43 del 2013), e dall’altro lato per differire, con diversi interventi simili a quello in esame, il termine per la restituzione del debito da parte dei soggetti finanziati. Conseguentemente l’ABI e la CDP da un lato hanno stipulato una seconda Convenzione Plafond Moratoria Sisma 2012 (Fase 2) e dall’altro lato hanno aggiornato le due Convenzioni con diversi addendum per tenere conto delle diverse proroghe.

 

Il comma 1 dell’articolo 6 dispone che il pagamento della rata dei finanziamenti agevolati contratti ai sensi della normativa richiamata in scadenza il 30 giugno 2016 è differito per pari importo al 31 ottobre 2016. I pagamenti delle successive rate avvengono il 30 giugno e il 31 dicembre di ciascun anno, a decorrere dal 30 giugno 2017 e fino al 30 giugno 2020.

 

Il comma 2 prevede che i Commissari delegati alla ricostruzione provvedano alla rideterminazione dell’entità dell’aiuto di Stato nell’ambito delle decisioni della Commissione europea e alla verifica dell’assenza di sovra compensazioni dei danni subiti per effetto degli eventi sismici del maggio 2012, tenendo conto anche degli eventuali indennizzi assicurativi, rispetto alle decisioni della Commissione.

Con le decisioni della Commissione europea C(2012) 9853 final e C(2012) 9471 final del 19 dicembre 2012, adottate ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione ha valutato la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato degli interventi disposti in seguito al sisma del 20 e del 29 maggio (D.L. 74 del 2012, D.L. 83 del 2012 e D.L. 95 del 2012).

Con la decisione C(2014) 2356 finale del 7 aprile 2014 la Commissione europea ha ricondotto l’aiuto di stato presente nell’articolo 11, commi 7 e seguenti, del decreto-legge n. 174 del 2012, così come modificato dall’articolo 6 del decreto-legge n. 43 del 2013, nell’ambito delle decisioni della Commissione europea n. C(2012) 9853 final e C(2012) 9471 final del 19 dicembre 2012.

Con la decisione C(2015) 7802 del 13 novembre 2015 la Commissione ha approvato il regime di aiuti relativo ai prestiti agevolati alle imprese agricole danneggiate dal terremoto del maggio 2012 in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto quale modalità di ristoro del danno nell’ambito del regime approvato con la decisione C(2012) 9471 final del 19 dicembre 2012.

Si ricorda che l’articolo 108 TFUE attribuisce alla Commissione un ruolo di controllo sui regimi di aiuti esistenti presso gli Stati membri (paragrafo 1) nonché di verifica dei progetti di nuovi aiuti o di modifica degli aiuti esistenti (paragrafo 3). Allorché riscontri un’incompatibilità dell’aiuto, essa può adottare una decisione con cui viene ordinato allo Stato di sopprimere o modificare la misura. Nel caso in cui lo Stato non si conformi alla decisione, la Commissione ha la possibilità di adire direttamente la Corte di giustizia senza attivare la procedura pre-contenziosa di infrazione.

 

Il comma 3 prevede l’adeguamento delle convenzioni che regolano i finanziamenti agevolati da parte della Cassa depositi e presiti e l’Associazione bancaria italiana, in coerenza con il differimento disposto dal comma 1. Si tratta delle citate convenzioni Plafond moratoria sisma 2012 (Fase 1 e Fase 2). I finanziamenti contratti sono assistiti dalle garanzie dello Stato senza ulteriori formalità e con i medesimi criteri e modalità operative stabiliti nei decreti emanati in attuazione della normativa citata.

I decreti ministeriali del 14 novembre 2012 e 28 novembre 2012 hanno disciplinato la concessione delle garanzie dello Stato sui finanziamenti previsti dal D.L. n. 174 del 2012 e hanno definito i criteri e le modalità operative delle garanzie stesse. Il decreto ministeriale 9 agosto 2013 ha disciplinato la concessione delle garanzie dello Stato sui finanziamenti di cui al combinato disposto dell'articolo 11, commi 7 e 7-bis, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, dell'articolo 6, commi 2 e 3, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, e di cui all'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

Le garanzie dello Stato sono elencate nell'allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze recante l’elenco delle garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti (ai sensi dell'articolo 31 della legge di contabilità e finanza pubblica).

 

Il comma 4 indica le modalità di copertura dell’onere finanziario, corrispondente ai maggiori interessi derivanti dal differimento del rimborso dei finanziamenti, i quali determinano un incremento del credito d’imposta riconosciuto alle banche finanziatrici. 

Si prevede che la Cassa depositi e prestiti comunichi, entro il 15 novembre 2016, al Commissario delegato e al Ministero dell’economia e delle finanze l’effettivo onere risultante dal differimento previsto dal comma 1. Conseguentemente le risorse disponibili sulla contabilità speciale di cui all’articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 74 del 2012 (intestata al Presidente della regione Emilia-Romagna), ricorrendo eventualmente alla ridefinizione degli interventi programmati, sono versate per un corrispondente importo all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

La relazione tecnica stima tali oneri in un importo massimo di circa 3 milioni di euro.

Tali finanziamenti agevolati sono assistiti dalla garanzia dello Stato. I soggetti finanziati devono restituire la sola quota capitale del finanziamento, a partire dal 1° luglio 2013 secondo un piano di ammortamento, mentre le spese e gli interessi sono accollati dallo Stato, attraverso un credito d'imposta riconosciuto ai soggetti finanziatori pari per ciascuna scadenza di rimborso all'importo relativo agli interessi e alle spese dovuti. Tale credito d'imposta non costituisce una agevolazione nei confronti dei soggetti finanziatori, ma piuttosto il rimborso da parte dello Stato degli interessi e delle spese necessarie alla gestione dei finanziamenti.

I finanziamenti agevolati in questione sono:

§  finanziamento ai titolari di reddito di impresa (anche commerciale) che hanno i requisiti per accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati, in aggiunta ai predetti contributi, per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013 (articolo 11, comma 7, del D.L. n. 174 del 2012);

§  finanziamento richiesto dai titolari di reddito di lavoro autonomo, nonché dagli esercenti attività agricole per il pagamento dei tributi, contributi e premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013, se dotati dei requisiti per accedere ai contributi ulteriori previsti dalla normativa limitatamente ai danni subiti in relazione alle attività dagli stessi rispettivamente svolte articolo 11, comma 7-bis, lett. a), del D.L. n. 174 del 2012);

§  finanziamento richiesto dai titolari di reddito di lavoro autonomo, dagli esercenti attività agricole nonché dai titolari di reddito di lavoro dipendente, proprietari di una unità immobiliare adibita ad abitazione principale classificata nelle categorie B, C, D, E e F della classificazione AEDES (articolo 11, comma 7-bis, lett. b) del D.L. n. 174 del 2012);

§  finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013 (articolo 1, comma 367, della legge n. 228 del 2012);

§  finanziamento per il pagamento, senza applicazione delle sanzioni, dei tributi, contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dovuti dal 1° luglio 2013 al 15 novembre 2013 (articolo 6, comma 3, del D.L. n. 43 del 2013).

L’ABI e la Cassa depositi e prestiti hanno sottoscritto il 5 novembre 2012 la convenzione (Plafond moratoria sisma 2012 - Fase 1) che definisce le regole sulla base delle quali la Cdp mette a disposizione delle banche un Plafond di 6 miliardi di euro per la concessione di finanziamenti agevolati a favore dei titolari di reddito d’impresa che hanno i requisiti per accedere all’agevolazione, per la dilazione del pagamento di tributi, contributi previdenziali e assistenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria, dovuti allo Stato per effetto della sospensione degli adempimenti da maggio a novembre del 2012 e degli oneri dovuti dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013, in attuazione dell’art. 11 del decreto legge n. 174 del 2012. A seguito delle disposizioni introdotte nel corso della conversione del decreto legge n. 174 che hanno ampliato la platea dei soggetti beneficiari (articolo 11, comma 7-bis), il 18 novembre 2012 ABI e Cdp hanno provveduto ad aggiornare la convenzione. I singoli finanziamenti hanno durata massima di due anni e sono garantiti dallo Stato. Sul sito della Cassa depositi e prestiti e dell’Agenzia delle entrate è possibile trovare ulteriori informazioni sull'agevolazione.

L’ABI e la Cassa depositi e prestiti hanno sottoscritto il 31 luglio 2013 la convenzione (Plafond moratoria sisma 2012 - Fase 2) a favore dei soggetti danneggiati dal sisma del maggio del 2012, per il pagamento di tributi, contributi previdenziali e assistenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti dal 1° luglio 2013 al 15 novembre 2013, in attuazione delle disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 43 del 2013 e dalla legge n. 228 del 2012. In particolare, l’articolo 6, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 43 del 2013 prevede che possono accedere alla nuova iniziativa: i soggetti aventi diritto che hanno già ottenuto un finanziamento agevolato ai sensi della convenzione ABI–Cdp del 5 novembre 2012 (Fase 1); i soggetti che, pur avendone diritto, non hanno presentato richiesta di accesso al finanziamento agevolato ai sensi della convenzione ABI-Cdp del 5 novembre 2012 entro l’originario termine del 30 novembre 2012 riaperto dalla norma fino al 31 ottobre 2013; i nuovi soggetti ammessi al finanziamento agevolato dall’art. 1, comma 365, della legge n. 228/2012.

Il decreto-legge n. 150 del 30 dicembre 2013 (articolo 2, comma 8) ha prorogato di un anno - rispetto alla durata biennale originariamente prevista – il periodo per la restituzione del debito per quota capitale relativo ai finanziamenti concessi per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi da parte dei contribuenti interessati. La norma ha previsto che i soggetti finanziati devono restituire la sola quota capitale del finanziamento, secondo un piano di ammortamento originariamente previsto in due anni, prorogato in un anno dalla norma in esame, comprensivo della rata non corrisposta alla scadenza del 31 dicembre 2013, mentre le spese e gli interessi sono accollati dallo Stato. La copertura dei maggiori oneri per interessi e per le spese di gestione strettamente necessarie derivanti dalla modifica dei contratti di finanziamento e dalla connessa rimodulazione dei piani di ammortamento dei finanziamenti, è prevista nel rispetto dei limiti dell'autorizzazione di spesa originariamente previsti dall'articolo 11, comma 13, del decreto-legge n. 173 del 2012 (risorse già stanziate per la copertura degli interessi dei contratti vigenti negli importi di 145 milioni di euro per l’anno 2013 e 70 milioni per il 2014). Non sono stati pertanto previsti ulteriori stanziamenti.

Il decreto-legge n. 4 del 2014 (articolo 3-bis) ha previsto la possibilità di differire sino a due anni la restituzione del debito per quota capitale per i finanziamenti agevolati in esame. Anche in tal caso non sono previste ulteriori coperture, dovendosi provvedere nel rispetto dei limiti dell'autorizzazione di spesa già previste. Si demanda alla Cassa depositi e prestiti Spa e all'Associazione bancaria italiana di adeguare le convenzioni sulla base delle quali vengono stipulati i contratti tipo in coerenza con le disposizioni introdotte. In osservanza di tale norma il 26 maggio 2014, ABI e Cdp hanno sottoscritto un addendum alle convenzioni Plafond moratoria sisma 2012 (Fase 1 e Fase 2) ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 4 del 2014, che ha previsto la proroga biennale del termine di restituzione dei finanziamenti agevolati.

Il decreto-legge n. 74 del 2014 (articolo 1, comma 9-ter) ha previsto per i soggetti che hanno contratto i finanziamenti agevolati in esame, la possibilità di richiedere la sospensione del pagamento dovuto per la restituzione del debito per quota capitale per un periodo non superiore a 12 mesi con conseguente rimodulazione delle rate in quote costanti. La stessa norma ha individuato la copertura dell’onere, quantificato in 26 milioni di euro per gli anni 2014 e 2015, mediante le risorse disponibili nella sopra citata contabilità speciale istituita per la ricostruzione del sisma 2012 ed intestata al Presidente della regione Emilia-Romagna.

Il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10, commi 11-ter e 11-quater) ha disposto la sospensione automatica del pagamento dovuto per la restituzione del debito per quota capitale, per un periodo non superiore a 12 mesi, per i soggetti che hanno contratto i finanziamenti agevolati in esame. Agli oneri per gli interessi derivanti dai finanziamenti rimodulati si provvede per il 2015 a valere sul Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 ovvero sulle risorse disponibili nella contabilità speciale istituita per la ricostruzione del sisma 2012 ed intestata al Presidente della regione Emilia-Romagna. Si demanda alla Cassa depositi e prestiti Spa e all'Associazione bancaria italiana di adeguare le convenzioni sulla base delle quali vengono stipulati i contratti tipo in coerenza con le disposizioni introdotte. In osservanza di tale norma ABI e Cdp hanno sottoscritto il 31 marzo 2015 un ulteriore addendum alle convenzioni Plafond moratoria sisma 2012 (Fase 1 e Fase 2) che ha previsto la sospensione di ulteriori 12 mesi dell’avvio del rimborso del capitale e l’allungamento di un ulteriore anno del termine di restituzione dei finanziamenti agevolati.

 

Il comma 4-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera, estende l’applicazione delle norme che dispongono agevolazioni a favore delle imprese danneggiate dal sisma del maggio 2012 anche alle imprese ricadenti nel comune di Offlaga, in provincia di Brescia, ove risulti l'esistenza del nesso causale tra i danni e gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. Dall’attuazione di tale estensione non devono derivare nuovi o maggio oneri per la finanza pubblica.

Le norme richiamate sono le seguenti.

D.L. n. 74 del 2012:

§  art. 2, Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate;

§  art. 3, ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo; contributi a favore delle imprese; disposizioni di semplificazione procedimentale;

§  art. 10, Fondo di garanzia per le PMI in favore delle zone colpite dagli eventi sismici del maggio 2012;

§  art. 11, sostegno delle imprese danneggiate dagli eventi sismici del maggio 2012.

D.L. n. 95 del 2012:

§  art. 3-bis, credito di imposta e finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione;

D.L. n. 83 del 2012:

§  art. 67-octies, credito d'imposta in favore di soggetti danneggiati dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012.

 

Il comma 4-ter, inserito nel corso dell’esame alla Camera, prevede che le risorse stanziate per il 2016 (5 milioni di euro) dalla legge di stabilità 2016 per la messa in sicurezza delle strutture destinate alla produzione agricola nei territori colpiti dal sisma (3,5 milioni di euro alla Lombardia e 1,5 milioni di euro al Veneto) sono destinati anche agli scopi di cui alle lettere a), b) e b-bis) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 74 del 2012.

Tali lettere prevedono:

a) la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa, ad uso produttivo e per servizi pubblici e privati e delle infrastrutture, dotazioni territoriali e attrezzature pubbliche, distrutti o danneggiati, in relazione al danno effettivamente subito; (19) (33)

b) la concessione, previa presentazione di perizia giurata, di contributi a favore delle attività produttive, industriali, agricole, zootecniche, commerciali, artigianali, turistiche, professionali, ivi comprese le attività relative agli enti non commerciali, ai soggetti pubblici e alle organizzazioni, fondazioni o associazioni con esclusivo fine solidaristico o sindacale, e di servizi, inclusi i servizi sociali, socio-sanitari e sanitari, aventi sede o unità produttive nei comuni interessati dalla crisi sismica che abbiano subito gravi danni a scorte e beni mobili strumentali all'attività di loro proprietà. La concessione di contributi a vantaggio delle imprese casearie danneggiate dagli eventi sismici è valutata dall'autorità competente entro il 31 dicembre 2014;

b-bis) la concessione, previa presentazione di perizia giurata, di contributi per il risarcimento dei danni economici subiti da prodotti in corso di maturazione ovvero di stoccaggio ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari, in strutture ubicate nei territori interessati dal sisma.

 


Articolo 6-bis
(Misure urgenti per la funzionalità e il potenziamento del corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 6-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede alcune misure finalizzate al potenziamento dell’attività dei vigili del fuoco, quali:

§  l’autorizzazione all’assunzione straordinaria di 193 vigili del fuoco nei ruoli iniziali del Corpo per l’anno 2016 (comma 1);

§  l’ampliamento di 400 unità della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e all’autorizzazione all’assunzione di un corrispondente numero di unità di personale (comma 2);

§  l’autorizzazione della spesa di 10 milioni per l’ammodernamento dei mezzi e dei dispositivi di protezione individuale del Corpo dei vigili del fuoco (commi 3 e 4).

 

L'articolo 6-bis, comma 1, autorizza l'assunzione straordinaria di 193 vigili del fuoco nei ruoli iniziali del Corpo per l’anno 2016. La disposizione ha l’obiettivo di assicurare la piena efficienza organizzativa del dispositivo di soccorso pubblico del corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in situazioni emergenziali.

 

Le assunzioni sono a valere sulle facoltà assunzionali previste per l’anno 2017. Per tale anno la normativa vigente prevede che possano essere effettuate assunzioni per una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso del medesimo periodo.

 

Una disposizione analoga è stata introdotta dall’art. 16-ter, comma 3, del D.L. 78/2015 che ha autorizzato, in deroga al turn-over, l’assunzione di 250 unità per l'anno 2015.

 

L’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. n. 112/2008 (comma successivamente modificato dal decreto legge n. 95 del 2012) ha stabilito disposizioni speciali per il turn over del comparto sicurezza: esso prevede che per il biennio 2010-2011 i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono procedere, secondo specifiche modalità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. Tale facoltà di assumere è fissata nella misura del 20% per il triennio 2012-2014, del 50% nel 2015 e del 100% a decorrere dal 2016 (le ultime autorizzazioni  ad assumere sono state disposte con i D.P.C.M. 8 settembre 2014 e 4 dicembre 2015).

In deroga a tali percentuali, l’articolo 1, comma 91, della L. 228/2012 ha stabilito che le assunzioni nel Comparto difesa-sicurezza e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco possano essere incrementate con specifico decreto, fino al 50% per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70% per il 2015.

La legge di stabilità 2014 (L. 147, 2013, art. 1, comma 464) ha introdotto una ulteriore deroga ai limiti suesposti, prevedendo l’effettuazione di assunzioni aggiuntive nel Comparto Sicurezza e del Comparto Vigili del fuoco e soccorso. Tali assunzioni possono essere effettuate a condizione che il turn over complessivo relativo allo stesso anno non sia superiore al 55% (con un incremento quindi pari al 5%), e che il contingente complessivo di assunzioni sia corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 50 milioni di euro per il 2014 e a 120 milioni a decorrere dal 2015, con riserva di assunzione di 1.000 unità per la Polizia di Stato, 1.000 unità per l'Arma dei carabinieri e 600 unità per il Corpo della Guardia di Finanza .

 

Le assunzioni sono autorizzate in deroga alle disposizioni ordinarie sulle procedure di reclutamento ed in particolare all’art. 66, comma 10, DL 112/2008: prevede che le assunzioni effettuate nell’ambito del turn over stabilito dal medesimo art. 66 siano autorizzate secondo le modalità di cui all'articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165/165 (adozione delle procedure di reclutamento sulla base di programmazione triennale del fabbisogno di personale; autorizzazione con D.P.C.M. dell'avvio delle procedure concorsuali e le relative), previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e delle conseguenti economie e dall'individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverate dai relativi organi di controllo.

Per queste assunzioni è previsto si attinga per metà alla graduatoria selettiva per titoli ed accertamento idoneità motoria riservata al personale volontario (indetta con decreto ministeriale n. 3747 del 27 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 72 dell'11 settembre 2007) e per metà alla graduatoria di concorso pubblico (a 814 posti di vigile del fuoco indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 90 del 18 novembre 2008); il termine di validità delle due graduatorie erano state da ultimo prorogate dall’art. 8 del decreto-legge 101/2013.

In caso di incapienza della prima graduatoria sopra citata (2007), si attingerà alla seconda (del 2008).

Le residue facoltà assunzionali per 2017, risultanti all’esito delle assunzioni disposte dall’articolo in esame, possono essere effettuate a decorrere dal 15 dicembre 2017.

Alla copertura dei relativi oneri, quantificati in 21.000 euro per il 2016, si provvede tramite utilizzo di una corrispondente somma dell’autorizzazione di spese disposta nel 2009 per il potenziamento delle esigenze operative del Dipartimento della protezione civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si tratta di una autorizzazione di spesa di 1,5 milioni di euro per l'anno 2009 e di 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, finalizzata ad assicurare la piena operatività del Servizio nazionale di protezione civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (D.L. 39/2009, art. 7, comma 4-bis).

 

Il comma 2 incrementa di 400 unità la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Attualmente, la dotazione organica del ruolo dei vigili del fuoco (che comprende le qualifiche di vigile del fuoco, vigile qualificato, vigile esperto e vigile coordinatore) è di 19.523 unità nell’ambito di una pianta organica complessiva di 36.691 unità del corpo nazionale (D.Lgs. 217/2005, Tabella A).

 

Contestualmente all’ampliamento della pianta organica, la disposizione autorizza l’assunzione di un corrispondente numero di unità di personale.

Analogamente a quanto previsto dal comma 1, per l’assunzione dei 400 vigili del fuoco si prevede il ricorso alle due graduatorie da ultimo prorogate dall’art. 8 del decreto-legge 101/2013.

Alla copertura dei relativi oneri (determinato nei limiti massimi di 5.203.860 euro per il 2016, 15.611.579 per il 2017 e 16.023.022 per il 2018 e successivi) si fa fronte con una corrispondente riduzione della spesa per il personale volontario dei vigili del fuoco (spesa che viene di conseguenza rimodulata dalla disposizione in esame).

 

Il comma 3 autorizza una spesa di 10 milioni per l’ammodernamento dei mezzi e dei dispositivi di protezione individuale del Corpo dei vigili del fuoco per ciascuno anno dal 2016 al 2018.

Ai suddetti oneri si provvede con una corrispondente riduzione del fondo speciale di conto capitale iscritto nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, utilizzando parzialmente l’apposito accantonamento relativo al Ministero dell’interno (comma 4).

 


Articolo 7
(Rideterminazione delle sanzioni per le città metropolitane, province e comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'anno 2015)

 

 

L’articolo 7, come risultante dalle modifiche introdotte nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è volto ad attenuare le sanzioni previste a carico degli enti locali che non hanno rispettato il Patto di stabilità interno per il 2015. In particolare l’articolo incide sulla sanzione consistente nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio, che viene:

i)                   disapplicata nei confronti delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna che non hanno rispettato il Patto suddetto;

ii)                ridotta nei confronti dei comuni che non hanno rispettato il Patto medesimo (e del tutto esclusa nei confronti dei comuni estinti a seguito di fusione), ferme restando le rimanenti sanzioni.

Il testo originario dell’articolo, si ricorda, faceva riferimento solo alle città metropolitane e alle province delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna che non hanno rispettato il Patto di stabilità 2015, escludendo per le stesse la sanzione della riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio.

 

Ai fini dell’illustrazione del contenuto dell’articolo in esame si rammenta che le misure sanzionatorie per il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità sono recate dal comma 26 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011 e consistono, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza:

a)   nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio[4] o del fondo perequativo, destinate all’ente locale appartenente alle regioni a statuto ordinario, in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato (ovvero nella riduzione, nella stessa misura, dei trasferimenti erariali destinati all’ente locale della regione Siciliana o della regione Sardegna);

b)  nel divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all’importo annuale medio degli impegni effettuati nell’ultimo triennio;

c)   nel divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti;

d)  nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (ovvero di concludere contratti di servizio con soggetti privati che si configurino sostanzialmente come elusivi del divieto di assumere personale);

e)   nella riduzione del 30% delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

 

In riferimento alle suddette sanzioni, il comma 1 dell’articolo 7 in esame stabilisce che la sanzione della riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 26, lettera a), dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e successive modificazioni, non trova applicazione nei confronti delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'anno 2015.

Si rammenta che disposizioni analoghe, volte a contenere la riduzione delle risorse spettanti alle province e città metropolitane come sanzione in caso di mancato rispetto del patto, sono state già previste negli anni precedenti, in considerazione del processo riordino di tali enti in corso ai sensi della legge n. 56 del 2014 adottata in attesa della riforma costituzionale del Titolo V. Da ultimo, lo scorso anno, il D.L. n. 78/2015 ha introdotto all’articolo 1, comma 7, un limite alla riduzione delle risorse del Fondo di riequilibrio provinciale applicabile agli enti inadempienti al patto 2014 nella misura del 20% dello scostamento tra saldo obiettivo e saldo finanziario effettivamente conseguito nel 2014 (anziché essere commisurata all’effettivo scostamento tra il risultato e l’obiettivo programmatico predeterminato, come previsto dalla normativa vigente) e comunque entro l’importo massimo corrispondente al 2 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo.

Il comma 2 dispone l’attenuazione nei confronti dei comuni della sanzione operante sulla riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale. A tale scopo esso stabilisce che nel 2016, ai comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno per l'anno 2015, la sanzione suddetta (di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31, sopra indicata), ferme restando le rimanenti sanzioni, si applica nella misura del 30 per cento della differenza tra il saldo obiettivo del 2015 ed il saldo finanziario conseguito nello stesso anno.

Si rammenta che analoghe misure, volte a porre un limite massimo all'applicazione della suddetta sanzione finanziaria nei confronti dei comuni in caso di mancato rispetto del patto, sono state già previste negli anni precedenti. Da ultimo, nel 2015, il comma 7 del D.L. n. 78/2015 ha disposto che essa si applichi nella misura del 20% dello scostamento tra saldo obiettivo e saldo finanziario effettivamente conseguito nel 2014.

Il successivo comma 3 stabilisce inoltre che la sanzione suddetta – sempre con riferimento a quella da applicare nell'anno 2016 ai comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità 2015 - sia ridotta di un importo pari alla spesa per edilizia scolastica sostenuta nel corso dell'anno 2015, purché non già oggetto di esclusione dal saldo valido ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno. A tale fine, dispone il comma in esame, i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'anno 2015 comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, mediante il sistema web della Ragioneria generale dello Stato, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame, le spese sostenute nell'anno 2015 per l'edilizia scolastica.

Quanto al comma 4, con esso si dispone la piena disapplicazione della sanzione in questione nei confronti dei comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'anno 2015 e che nell'anno 2016 risultino estinti a seguito di fusione.

Il comma 5 interviene sulla disciplina, recata al comma 20 del citato articolo 31 della legge 183/2011, in materia di termini e modalità di comunicazione del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, con effetti volti ad incidere sul divieto di assunzione di personale stabilito a titolo sanzionatorio dalla lettera d) dell’articolo 31 della L.183/2011 (anche essa sopra riportata).

A tal fine, la norma interviene modificando il comma 20 dell’articolo 31 medesimo, che, nel testo vigente, dispone che: i) ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto l’ente locale deve inviare alla Ragioneria Generale dello Stato entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento una certificazione del saldo finanziario conseguito; ii) la mancata trasmissione entro il suddetto termine costituisce inadempimento al patto di stabilità interno. Inadempimento che comporta l’applicazione delle sanzioni sopra indicate, ivi compresa ovviamente quella di cui alla lettera d).

La disposizione introdotta alla Camera interviene aggiungendo un periodo al comma 20 appena richiamato, in virtù del quale la sanzione di cui al comma 26, lettera d), non trova applicazione qualora la certificazione, riferita all'anno 2015, sia stata trasmessa entro il 30 aprile 2016 (quindi oltre il 31 marzo) e abbia attestato il rispetto del patto di stabilità interno.

 


Articolo 7-bis
(Finanziamento delle funzioni fondamentali delle province)

 

 

Con riferimento all’anno 2016, l’articolo 7-bis, introdotto nel corso dell’esame presso al Camera dei deputati, opera una duplice destinazione di risorse alle province, finalizzata sia all’esercizio delle funzioni fondamentali delle stesse sia, più specificamente, alla manutenzione della rete viaria.

In particolare il comma 1 destina un contributo alle province delle regioni a statuto speciale di 48 milioni di euro per l’anno 2016 per il finanziamento delle funzioni fondamentali, a valere sul Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente, iscritto sul capitolo 1319 dello stato di previsione del Ministero dell’interno.

In tale Fondo, si ricorda, confluiscono le risorse di parte corrente attribuite agli enti locali in conseguenza degli effetti recati dal D.Lgs. n. 112/1998, concernente il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali. Nella legge di bilancio per il 2016-2018, il relativo capitolo di bilancio presenta una dotazione pari a 68,5 milioni di euro per il 2016, e a 55,8 milioni per il 2017 e 2018.

Con riguardo alle funzioni fondamentali, si rammenta che secondo quanto dispone il comma 85 dell’articolo 1 della legge n.56/2014, le funzioni in questione sono le seguenti:

a)    pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b)   pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

c)    programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

d)   raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

e)    gestione dell'edilizia scolastica;

f)    controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

Ai sensi del comma 86, le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri esercitano altresì le seguenti ulteriori funzioni fondamentali:

a) cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo;

b) cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti.

 

Il comma 2 stabilisce che, sempre con riferimento all’anno 2016, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica le risorse di cui all’articolo 1, comma 656, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, quantificate in 100 milioni di euro per l’anno 2016, sono assegnate alle province delle regioni a Statuto ordinario per l’attività di manutenzione straordinaria della relativa rete viaria.

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 68, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Si tratta delle risorse autorizzate nell’importo di 335 milioni di euro per l'anno 2014 e di 150 milioni di euro per l'anno 2015 per la manutenzione straordinaria della rete stradale per l'anno 2014, la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS Spa.

Il comma 656 richiamato, si rammenta, autorizza la società ANAS S.p.A. a stipulare accordi, previa intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fino ad un massimo di 100 milioni di euro, a valere sulle risorse assegnate all’ANAS medesimo dalla legge n.147/2013 (legge di stabilità 2014) al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale per l'anno 2014 .

 

Il comma 3 prevede infine che le risorse di cui ai commi 1 e 2 siano ripartite secondo criteri e importi da definire previa intesa in Conferenza Stato-città-autonomie locali entro il 30 settembre 2016.

 

 


Articolo 8, commi 1 e 1-bis
(Riparto del contributo alla finanza pubblica di province e città metropolitane)

 

 

L’articolo 8, comma 1, reca la ripartizione tra le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario dell’ammontare della ulteriore riduzione della spesa corrente che grava nei confronti di tali enti per l’anno 2016, ai sensi dell’articolo 1, comma 418, della legge di stabilità 2015, rispetto al taglio operato nel 2015.

Il taglio incrementale per il 2016, quantificato in complessivi 900 milioni di euro rispetto al 2015, viene ripartito, dal comma 1, nella misura di 650 milioni a carico degli enti di area vasta e delle province montane e per i restanti 250 milioni a carico delle città metropolitane e di Reggio Calabria.

A tal fine è novellato il comma 418 della legge n. 190/2014.

 

Si ricorda che i commi 418-420 della legge n. 190/2014 definiscono l’importo e le modalità del concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica.

In particolare, il comma 418 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l’anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l’anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017. Il 90% delle riduzioni di spesa ivi richieste sono a carico degli enti appartenenti alle Regioni a statuto ordinario (900 milioni) e il restante 10% a carico degli enti della regione Siciliana e della regione Sardegna (100 milioni).

A tal fine è richiesto che ciascuna provincia e città metropolitana versi un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.

Sono escluse da tale normativa soltanto le province che risultano in stato di dissesto finanziario alla data del 15 ottobre 2014. Tale istituto si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).

La norma prevede che l'ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascun ente deve conseguire sia definito con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'interno da emanare entro il 15 febbraio 2015, di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il supporto tecnico della SOSE S.p.A., tenendo conto anche della differenza tra spesa storica e fabbisogni standard.

Si ricorda altresì la procedura per il recupero delle somme predette nei confronti delle province e delle città metropolitane interessate in caso di mancato versamento all’entrata del bilancio dello Stato, che impegna l’Agenzia delle entrate, la quale vi provvede, entro il 30 aprile di ciascun anno, a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (di cui all'articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997), riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle province e alle città metropolitane medesime ovvero, in caso di incapienza, a valere sui versamenti dell’imposta provinciale di trascrizione, in tal caso secondo le modalità definite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno (comma 419).

 

Per quanto riguarda l’individuazione degli enti territoriali, si segnala che:

§  la legge 7 aprile 2014, n. 56, che ha istituito le città metropolitane e riordinato le province, definisce “enti territoriali di area vasta” sia le città metropolitane che le province (art. 1, commi 2 e 3). Inoltre, la legge determina poi le funzioni fondamentali delle province definendole nuovamente quali “enti con funzioni di area vasta” (comma 85);

§  per province montane si intendono le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri a cui la medesima legge n. 56/2014 dedica disposizioni particolari (art. 1, commi 3, 52, 57 e 86);

§  in relazione al riparto del contributo a carico delle città metropolitane, la disposizione in esame ha individuato esplicitamente Reggio Calabria, trattandosi dell’unica delle 10 città metropolitane previste dalla legge (L. n. 56/2014) a non essere stata ancora costituita. La medesima legge ha, infatti, rinviato la prima istituzione della città metropolitana di Reggio Calabria, le cui procedure inizieranno a partire da luglio 2016.

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, stabilisce l'ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascuna provincia e città metropolitana deve conseguire complessivamente nell’anno 2016 e del corrispondente versamento all’entrata del bilancio dello Stato, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge n. 190/2014, secondo gli importi indicati nella tabella 1 allegata al presente decreto.

Come sopra già ricordato, si tratta di una riduzione complessiva della spesa corrente di tali enti di 2 miliardi di euro per l’anno 2016, di cui il 90% a carico degli enti appartenenti alle Regioni a statuto ordinario e il restante 10% a carico degli enti della regione Siciliana e della regione Sardegna.

 

Per quel che concerne i criteri di ripartizione del contributo in questione tra i singoli enti del comparto, nella relazione illustrativa dell’emendamento del governo con il quale è stato introdotto il comma 1-bis, si precisa che il riparto dell’incremento del concorso alla finanza pubblica a carico delle province e delle città metropolitane è stato effettuato secondo una metodologia volta a tener conto della divergenza tra spesa storica e spesa standard delle singole province e città metropolitane per funzioni fondamentali, nonché della differenza tra talune voci di spesa non comprimibili da parte degli enti e talune voci di entrata aventi carattere di generalità e continuità. In particolare – si legge nella relazione tecnica – tale ultimo aspetto è finalizzato a tenere in debita considerazione il principio sancito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 65/2016 che ha sottolineato la necessità di riduzioni sostenibili e della definizione di un “significativo criterio di orientamento nell’individuazione degli obiettivi e degli ambiti di riduzione delle risorse impiegate, segnando il limite al di sotto del quale la spesa – sempreché resa efficiente - non sarebbe ulteriormente comprimibile”.

Per maggior dettaglio, si rinvia a quanto definito in sede di Conferenza Stato-Citta del 22 e 30 giugno 2016.

 

 


Articolo 8, commi 1-ter e 1-quater
(Riparto dei contributi a favore di province e città metropolitane)

 

 

I commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 8 stabiliscono il riparto tra le singole province e le città metropolitane delle Regioni a statuto ordinario dei contributi disposti per il 2016 in favore di tali enti ai sensi dei commi 754 e 764 della legge di stabilità per il 2016, finalizzati, rispettivamente, al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all’edilizia scolastica e al mantenimento della situazione finanziaria corrente delle province per il 2016.

 

In particolare, il comma 1-ter stabilisce la ripartizione tra i singoli enti del contributo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016 attribuito in favore delle province e delle città metropolitane delle Regioni a statuto ordinario, disposto ai sensi del comma 754 della legge n. 208/2015, finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all’edilizia scolastica, secondo gli importi indicati nella tabella 2 allegata al decreto-legge in esame.

 

La norma prevedeva che tale contributo fosse ripartito con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, da adottare entro il 28 febbraio 2016, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, tenendo anche conto degli impegni desunti dagli ultimi tre rendiconti disponibili relativi alle voci di spesa connesse alle funzioni relative alla viabilità e all’edilizia scolastica.

Per quel che concerne i criteri di ripartizione del contributo in questione tra i singoli enti del comparto, cfr. le riunioni della Conferenza Stato-città del 22 e del 30 giugno 2016.

 

Il comma 1-quater stabilisce la ripartizione tra i singoli enti del contributo complessivo di 39,6 milioni di euro nell'anno 2016 attribuito in favore delle province delle Regioni a statuto ordinario che non riescono a garantire il mantenimento della situazione corrente per l’anno 2016, corrispondente alla quota del 66 per cento del Fondo autorizzato ai sensi del comma 764 della legge n. 208/2015, secondo gli importi indicati nella tabella 3 allegata al decreto-legge in esame.

 

Si ricorda che il comma 764 dispone che - nelle more del processo di riordino delle funzioni e del trasferimento definitivo del personale delle province - venga costituito (nello stato di previsione del Ministero dell'interno) un Fondo, finalizzato esclusivamente alla corresponsione del trattamento economico a tale personale, che sia in soprannumero e in attesa di collocazione. A tale Fondo sono stati destinati 60 milioni. Dei 60 milioni del complessivo stanziamento, il 66 per cento (ossia 39,6 milioni) sono previsti come destinati alle province delle Regioni a Statuto ordinario che non riescano a garantire il mantenimento della situazione finanziaria corrente per il 2016. Tale stanziamento loro assegnato è previsto sia ripartito – entro il 28 febbraio 2016 – con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il MEF e il Ministro delegato per gli affari regionali, secondo modalità e criteri definiti nella Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

Per quel che concerne i criteri di ripartizione dei contributi in questione tra i singoli enti del comparto, si rinvia alle citate riunioni della Conferenza Stato-città del 22 e 30 giugno 2016.

 


Articolo 9, comma 1
(Prospetto verifica pareggio di bilancio)

 

 

L'articolo 9 limita l'obbligo di pareggio di bilancio per il 2016 per regioni, province autonome, città metropolitane e province alla sola sede del rendiconto. Dispone inoltre che nel saldo di bilancio delle regioni non rilevano, ricorrendone alcuni presupposti, gli impegni del perimetro sanitario del bilancio.

In particolare il comma 1 inserisce il comma 712-bis e per effetto di una modifica introdotta durante l'esame presso la Camera dei deputati, il comma 712-ter nella legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208).

Il comma 712-bis prevede che per l'anno 2016 le regioni, le province autonome, le città metropolitane e le province conseguono il saldo di pareggio di bilancio di cui al comma 710 – che, si rammenta  viene stabilito come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali - solo in sede di rendiconto, quindi non in sede di bilancio di previsione.

Inoltre, sempre limitatamente al 2016, i medesimi enti non sono tenuti ad allegare il prospetto - previsto dal comma 712 - contenente le previsioni triennali ai fini della verifica del rispetto del saldo di pareggio[5].

In particolare, il comma 712 della legge di stabilità 2016 ha previsto, con decorrenza dall'anno 2016, che al bilancio di previsione è allegato un prospetto obbligatorio contenente le previsioni di competenza triennali rilevanti in sede di rendiconto ai fini della verifica del rispetto del saldo di pareggio. A tal fine, il prospetto allegato al bilancio di previsione non considera gli stanziamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità e dei fondi spese e rischi futuri concernenti accantonamenti destinati a confluire nel risultato di amministrazione.

Il prospetto concernente il rispetto del predetto saldo è definito con decreto del Ministero dell'economia, su proposta della Commissione per l'armonizzazione contabile degli enti territoriali. Con riferimento all'esercizio 2016, si prevedeva che il prospetto dovesse essere allegato al bilancio di previsione già approvato mediante delibera di variazione del bilancio approvata dal Consiglio entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 11, comma 11, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Al momento, tuttavia tale decreto non risulta ancora emanato.

Si ricorda inoltre che il comma 463 della legge di stabilità 2016 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) 463 aveva già previsto per le sole regioni a statuto ordinario l'obbligo di conseguire per il 2015 nella sola sede di rendiconto il pareggio di bilancio.

Il nuovo comma 712-ter della legge di stabilità 2016 dispone che nel saldo di pareggio di bilancio previsto dal comma 710 della legge suddetta non rilevano gli impegni del perimetro sanitario del bilancio, qualora gli stessi siano finanziati dagli utilizzi del risultato di amministrazione relativo alla gestione sanitaria formatosi nell’esercizio 2015.

La nozione del perimetro sanitario di bilancio attiene al bilancio delle regioni, secondo quanto dispone l’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 118/2011[6] in materia di armonizzazione contabile.

Tale comma prevede che nell'ambito del proprio bilancio le regioni garantiscono un'esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale, al fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio e le risorse indicate negli atti di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard e di individuazione delle correlate fonti di finanziamento. A tal fine le regioni adottano un'articolazione in capitoli tale da garantire, sia nella sezione dell'entrata che nella sezione della spesa, ivi compresa l'eventuale movimentazione di partite di giro, separata evidenza delle grandezze di entrata  e di spesa.

Le entrate ricomprendono:

a.       il finanziamento sanitario ordinario corrente quale derivante dalle fonti di finanziamento definite nell'atto formale di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard e di individuazione delle relative fonti di finanziamento;

b.      il finanziamento sanitario aggiuntivo corrente, quale derivante dagli eventuali atti regionali di incremento di aliquote fiscali per il finanziamento della sanità regionale, dagli automatismi fiscali intervenuti ai sensi della vigente legislazione in materia di copertura dei disavanzi sanitari, da altri atti di finanziamento regionale aggiuntivo, ivi compresi quelli di erogazione dei livelli di assistenza superiori rispetto ai LEA, da pay back e da iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale;

c.       il finanziamento regionale del disavanzo sanitario pregresso;

d.      il finanziamento per investimenti in ambito sanitario.

La spesa attiene alla:

a.       spesa sanitaria corrente per il finanziamento dei LEA, ivi compresa la mobilità passiva programmata per l'esercizio e il pay back;

b.      spesa sanitaria aggiuntiva per il finanziamento di livelli di assistenza sanitaria superiori ai LEA;

c.       spesa sanitaria per il finanziamento di disavanzo sanitario pregresso;

d.      spesa per investimenti in ambito sanitario.

 


Articolo 9, commi da 1-bis a 1-quater
(Semplificazione comunicazioni contabili)

 

 

I commi da 1-bis a 1-quater, dell’articolo 9, introdotti durante l’esame presso la Camera dei  deputati, modificano alcune norme contabili al fine di semplificare alcuni obblighi di comunicazione previsti a carico delle amministrazioni pubbliche

Vengono in particolare abrogate talune disposizioni concernenti l’inserimento delle variazioni di bilancio nella banca dati delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 13 della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009.

Tale norma stabilisce, al comma 1,  che al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica e per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale, le amministrazioni pubbliche provvedono a inserire in una banca dati unitaria istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, accessibile all'ISTAT e alle stesse amministrazioni pubbliche, i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all'attuazione della legge n. 196/2009 medesima.

In particolare il comma 1-bis dispone che quanto dispone il comma 1 dell’articolo 13 in ordine all’inserimento nella banca dati suddetta delle “variazioni di bilancio” non si applicano agli enti pubblici territoriali, né a quelli non territoriali.

Quanto ai commi 1-ter ed 1-quater, gli stessi fanno riferimento, rispettivamente:

§  all’articolo 18, comma 2, della legge n. 118/2011[7] nella parte in cui dispone che le regioni e gli enti locali trasmettono i loro bilanci preventivi, “le relative variazioni” ed i bilanci consuntivi alla banca dati unitaria di cui all’articolo 13 sopra citato (comma 1-ter);

§  all’articolo 24, comma 2, del decreto legislativo n.91 del 2011[8], ove si dispone che le amministrazioni pubbliche previste dal decreto medesimo trasmettono i loro bilanci preventivi, “le relative variazioni” ed i bilanci consuntivi alla banca dati unitaria sopradetta (comma 1-quater).

Ciascuno dei due commi in commento dispone la abrogazione delle parole “le relative variazioni”.

 


Articolo 9, commi da 1-quinquies a 1-octies
(Sistema sanzionatorio per mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione dei documenti contabili degli enti territoriali)

 

 

I commi da 1-quinquies a 1-octies dell’articolo 9, aggiunti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, sono volti ad introdurre un sistema sanzionatorio nei confronti degli enti territoriali in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione di determinati documenti contabili (quali il bilancio di previsione, il rendiconto ed il bilancio consolidato) nonché per l’invio di tali documenti alla Banca dati delle pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 13 della legge di contabilità nazionale.

 

In particolare, il comma 1-quinquies stabilisce il divieto per gli enti territoriali di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, fino al rispetto dei predetti adempimenti, compresa la stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della sanzione medesima, in caso di mancato rispetto dei termini previsti per:

§  l'approvazione del bilancio di previsione, ordinariamente fissato al 31 dicembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 1, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000, o entro i termini previsti in caso di autorizzazione dell’esercizio provvisorio. La prima applicazione della norma riguarda, ai sensi del successivo comma 1-octies, il bilancio di previsione 2017-2019;

§  l'approvazione del rendiconto, fissato al 30 aprile dell’esercizio successivo a quello di riferimento, ai sensi dell’articolo 227, comma 2, del TUEL. La prima applicazione della norma riguarda, ai sensi del comma 1-octies, il rendiconto 2016;

§  l'approvazione del bilancio consolidato, fissato al 30 settembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 8, del Testo unico, per gli enti tenuti a tale adempimento. La prima applicazione della norma riguarda, ai sensi del comma 1-octies, il bilancio consolidato 2016;

§  l'invio dei relativi dati entro 30 giorni dalla loro approvazione alla Banca dati delle pubbliche amministrazioni[9], di cui all'articolo 13 della legge n. 196/2009, compresi i dati aggregati per voce del piano dei conti integrato. Il comma 1-octies specifica che per le Autonomie speciali ed i loro enti che applicano il decreto legislativo n. 118 del 2011 sull’armonizzazione dei bilanci a decorrere dall'esercizio 2016, la sanzione per il ritardo dell'invio dei bilanci e dei dati aggregati per voce del piano dei conti integrato alla Banca dati delle pubbliche amministrazioni decorre, rispettivamente, dall'esercizio in cui sono tenuti all'adozione dei nuovi schemi di bilancio con funzione autorizzatoria, del bilancio consolidato e del piano dei conti integrato.

 

Il comma 1-quinquies precisa altresì che resta comunque ferma l’applicazione, per gli enti locali che non rispettano i termini per l'approvazione dei bilanci di previsione e dei rendiconti, la procedura di cui all'articolo 141 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), che prevede lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali.

 

L’articolo 141 del TUEL considera la mancata approvazione nei termini del bilancio di previsione una delle cause di scioglimento dei consigli comunali e provinciali (comma 1, lettera c). In tale ipotesi, l’articolo 141 prevede che i consigli vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, e che venga affidato ad un Commissario ad acta il compito di approvare il documento contabile (comma 2).

A seguito della riforma costituzionale del 2001 e del venir meno dei CO.RE.CO, in caso di mancata adozione del bilancio è prevista l'applicazione della procedura disciplinata dall’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004, che attribuisce al prefetto i poteri di impulso e sostitutivi (prima spettanti al soppresso Comitato regionale di controllo) relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio di previsione degli enti locali, ovvero di provvedere all'approvazione del bilancio stesso, in caso di inadempimento dell'ente locale agli obblighi fondamentali di approvazione del bilancio di previsione e dei provvedimenti necessari al riequilibrio di bilancio.

In particolare, la procedura prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio di previsione dell’ente locale deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, il Prefetto nomina un commissario affinché predisponga d'ufficio lo schema di bilancio per sottoporlo al consiglio.

In tale caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta, il Prefetto assegna al consiglio un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

Tale disciplina, si ricorda, è stata introdotta per la prima volta nel 2002, con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002, in via transitoria, in quanto diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi a seguito della riforma costituzionale del 2001. A seguito della cessazione dei CO.RE.CO. (Comitati regionali di controllo), ed in assenza di una apposita disposizione transitoria, era sorto, infatti, il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente[10].

Tale normativa, confermata nell’anno successivo dall’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004, ed estesa anche ai casi di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio di bilancio, è stata annualmente prorogata, da ultimo al 2016 dall’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 210/2015 (proroga termini).

Con il D.L. n. 174/2012 (articolo 3, comma 1, lettera l) l’applicazione della procedura in questione è stata estesa anche alle ipotesi di mancata approvazione del rendiconto di gestione entro i termini previsti dal TUEL (articolo 227, comma 2-bis, del TUEL).

 

In relazione ai termini di riferimento per l'approvazione del rendiconto delle Regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, il comma 1-sexies stabilisce che la sanzione di cui al comma 1-quinquies si applica in caso di ritardo oltre il 30 aprile nell’approvazione preventiva del rendiconto da parte della Giunta, per consentire la parifica da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti. La sanzione non si applica, invece, in caso di ritardo nell’approvazione definitiva del rendiconto da parte del Consiglio.

Il comma 1-septies stabilisce infine che per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano la sanzione di cui al comma 1-quinquies si applica in caso di ritardo sia in caso di ritardo nella trasmissione dei dati relativi al rendiconto approvato in Giunta per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, sia in caso di ritardo nella trasmissione dei dati relativi al rendiconto definitivamente approvato in Consiglio.

 

 


Articolo 9-bis
(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di approvazione dei bilanci degli enti locali  e delle loro variazioni)

 

 

L’articolo 9-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, dispone alcune modifiche al Testo unico degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL), a fini di armonizzazione e semplificazione delle regole contabili di cui agli articoli 174 e 175 del TUEL medesimo.

In particolare, la norma di cui alla lettera a) del comma 1 riguarda la presentazione dei documenti di programmazione da parte della Giunta all’organo consiliare entro il 15 novembre di ogni anno.

La modifica all’articolo 174, comma 1, del TUEL è volta a precisare (n.2 della lettera a) che la presentazione del bilancio di previsione e del Documento Unico di Programmazione (DUP), corredati dei rispettivi allegati, è disciplinata dal regolamento di contabilità. Tra i documenti da presentare da parte della Giunta all’organo consiliare è altresì espunta la relazione dell'organo di revisione (n.1 della lettera a).

Le due modifiche sembrerebbero essere tra loro consequenziali, sulla base di quanto esposto dall’ANCI nella audizione tenutesi sul decreto-legge in esame presso la Commissione bilancio lo scorso 5 luglio. Nella documentazione depositata viene in particolare osservato come a seguito della prima delle due suddette modifiche, la presentazione dei documenti di programmazione da parte della Giunta all’organo consiliare non necessita più del parere del collegio dei revisori (o revisore unico) dei conti, in quanto, secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità degli enti locali, il parere potrà essere presentato dal collegio dei revisori (o revisore unico) dei conti, in qualità di organo di collaborazione del Consiglio, prima dell’avvio dell'iter di discussione in Consiglio dei documenti ai fini della loro approvazione.

 

Le lettere b) e c) del comma 1 modificano l’articolo 175 del TUEL, relativo alle variazioni al bilancio di previsione degli enti locali, finalizzate ad una maggiore flessibilità nella sua gestione.

In particolare, la lettera b) aggiunge, tra le variazioni del bilancio di previsione non aventi natura discrezionale, che si configurano come meramente applicative delle decisioni del Consiglio, che l’organo esecutivo approva con provvedimento amministrativo anche le variazioni compensative tra macroaggregati dello stesso programma di spesa all’interno della stessa missione (nuova lettera e-bis) del comma 5-bis).

 

Si ricorda che in base all’articolo 175 del TUEL, le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare, salvo quelle previste dai commi 5-bis e 5-quater, che sono approvate, rispettivamente, dall’organo esecutivo e dai responsabili della spesa. In particolare, il comma 5-bis indica le seguenti variazioni del bilancio che possono essere approvate direttamente dall'organo esecutivo, con provvedimento amministrativo:

a)    variazioni riguardanti l'utilizzo della quota vincolata e accantonata del risultato di amministrazione nel corso dell'esercizio provvisorio consistenti nella mera reiscrizione di economie di spesa derivanti da stanziamenti di bilancio dell'esercizio precedente corrispondenti a entrate vincolate, secondo le modalità previste dall'art. 187, comma 3-quinquies;

b)   variazioni compensative tra le dotazioni delle missioni e dei programmi riguardanti l'utilizzo di risorse comunitarie e vincolate, nel rispetto della finalità della spesa definita nel provvedimento di assegnazione delle risorse, o qualora le variazioni siano necessarie per l'attuazione di interventi previsti da intese istituzionali di programma o da altri strumenti di programmazione negoziata, già deliberati dal Consiglio;

c)    variazioni compensative tra le dotazioni delle missioni e dei programmi limitatamente alle spese per il personale, conseguenti a provvedimenti di trasferimento del personale all'interno dell'ente;

d)   variazioni delle dotazioni di cassa, salvo quelle previste dal comma 5-quater, garantendo che il fondo di cassa alla fine dell'esercizio sia non negativo;

e)    variazioni riguardanti il fondo pluriennale vincolato, effettuata entro i termini di approvazione del rendiconto in deroga al comma 3.

 

La lettera c) aggiunge, tra le variazioni che possono essere effettuate, nel rispetto di quanto previsto dai regolamenti di contabilità, dai responsabili della spesa o, in assenza di disciplina, dal responsabile finanziario, le variazioni relative a stanziamenti riferiti a operazioni di indebitamento già autorizzate e perfezionate, in caso di variazioni di esigibilità della spesa, e le variazioni a stanziamenti correlati ai contributi a rendicontazione. Le suddette variazioni di bilancio sono comunicate trimestralmente alla Giunta (nuova lettera e-bis) del comma 5-quater).

Con riferimento alle variazioni indicate dal comma 5-quater, che possono essere effettuate, nel rispetto di quanto previsto dai regolamenti di contabilità, dai responsabili della spesa o, in assenza di disciplina, dal responsabile finanziario, possono effettuare, si tratta delle seguenti:

a)    variazioni compensative del piano esecutivo di gestione fra capitoli di entrata della medesima categoria e fra i capitoli di spesa del medesimo macroaggregato, escluse le variazioni dei capitoli appartenenti ai macroaggregati riguardanti i trasferimenti correnti, i contribuiti agli investimenti, ed ai trasferimenti in conto capitale, che sono di competenza della Giunta;

b)   variazioni di bilancio fra gli stanziamenti riguardanti il fondo pluriennale vincolato e gli stanziamenti correlati, in termini di competenza e di cassa, che sono comunicate trimestralmente alla giunta;

c)    variazioni di bilancio riguardanti l'utilizzo della quota vincolata del risultato di amministrazione derivanti da stanziamenti di bilancio dell'esercizio precedente corrispondenti a entrate vincolate, in termini di competenza e di cassa;

d)   variazioni degli stanziamenti riguardanti i versamenti ai conti di tesoreria statale intestati all'ente e i versamenti a depositi bancari intestati all'ente;

e)    variazioni necessarie per l'adeguamento delle previsioni, compresa l'istituzione di tipologie e programmi, riguardanti le partite di giro e le operazioni per conto di terzi.

 

Sempre sulla base di quanto desumibile dalla documentazione ANCI prima citata, tale modifica migliora la flessibilità di bilancio in sede gestionale, in quanto consente di equiparare le variazioni di fondo pluriennale vincolato contenenti risorse da indebitamento alle variazioni relative agli stanziamenti correlati a mutui di tipo flessibile, cosi come agli stanziamenti correlati a trasferimenti "a rendicontazione", che prevedono l’erogazione in funzione della spesa. In sostanza, una volta finanziata un'opera e avviato l'iter realizzativo, le variazioni di cronoprogramma, che rappresentano eventi di natura meramente gestionale, dovrebbero avere il medesimo trattamento e la medesima flessibilità, a prescindere dalle caratteristiche delle fonti di finanziamento[11].

 

Il comma 2 modifica l’articolo 51, comma 4, del D.Lgs. n. 118/2011, con riferimento alle variazioni del bilancio gestionale delle regioni.

La modifica è volta, come per gli enti locali, a garantire maggiore flessibilità di bilancio, ricomprendendo nella disciplina anche le variazioni di bilancio, in termini di competenza e di cassa, relative a stanziamenti riguardanti le entrate da contributi a rendicontazione o riferiti a operazioni di indebitamento già autorizzate o perfezionale, necessarie a seguito delle variazioni di esigibilità della spesa.

In merito, si ricorda che la norma citata prevede che, salva differente previsione definita dalle Regioni nel proprio ordinamento contabile, i dirigenti responsabili della spesa (o, in assenza di disciplina, il responsabile finanziario della Regione) possono effettuare variazioni del bilancio gestionale compensative fra capitoli di entrata della medesima categoria e fra i capitoli di spesa del medesimo macroaggregato; le variazioni di bilancio riguardanti la mera reiscrizione di economie di spesa derivanti da stanziamenti di bilancio dell'esercizio precedente corrispondenti a entrate vincolate; le variazioni necessarie per l'adeguamento delle previsioni, compresa l'istituzione di tipologie e programmi, riguardanti le partite di giro e le operazioni per conto di terzi; le variazioni degli stanziamenti riguardanti i versamenti ai conti di tesoreria statale intestati all'ente e i versamenti a depositi bancari intestati all'ente; le variazioni di bilancio riguardanti il fondo pluriennale vincolato escluse quelle previste dall'art. 3, comma 4, di competenza della giunta.


Articolo 9-ter
(Fondo per l’estinzione anticipata dei mutui dei comuni)

 

 

L’articolo 9-ter, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, istituisce un Fondo per l’erogazione di contributi per l’estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte dei Comuni, con dotazione complessiva di 110 milioni nel triennio 2016-2018.

A tal fine  il comma 1 dell’articolo dispone l’istituzione presso lo stato di previsione del Ministero dell’interno del suddetto Fondo, destinato all’erogazione di contributi per l’estinzione, totale o parziale, di mutui e prestiti obbligazionari contratti dai comuni, con dotazione di 14 milioni di euro per l’anno 2016 e 48 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

L’intervento operato dall’articolo in esame sembrerebbe riconducibile ad una problematica più volte sollevata in tempi recenti dalle associazioni territoriali degli enti locali[12], in cui viene rilevato come il mutamento delle condizioni dei mercati finanziari, i cui tassi attivi e passivi si sono ormai fortemente ridotti, renda particolarmente onerosi gli indennizzi per l’estinzione anticipata dei mutui da parte degli enti locali medesimi presso l’ente concedente, vale a dire presso la Cassa depositi e prestiti.

Al fine di accedere al contributo, gli enti locali interessati dovranno trasmettere le rispettive richieste entro il 31 ottobre, quanto all’anno 2016, ed entro il 31 marzo per ciascuno dei due anni successivi, secondo criteri e modalità da stabilirsi con D.M. interno, sentita al Conferenza Stato-città ed autonomie locali[13], da emanarsi entro il 30 settembre 2016 (comma 2).

Ai sensi del comma 3, agli oneri derivanti dall’istituzione del Fondo si provvede:

§  per l’anno 2016, mediante riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 540, della legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014): si tratta di un Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020, finalizzato alla concessione di un contributo in conto interessi ai comuni, alle province e alle città metropolitane su operazioni di indebitamento attivate nell'anno 2015, il cui ammortamento decorre dal 1° gennaio 2016;

§  per gli anni 2016 e 2017 mediante utilizzo delle risorse iscritte sul fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente, di alla legge n.59 del 1997, iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

Il Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente è iscritto sul capitolo 1319 dello stato di previsione del Ministero dell’interno; su di esso confluiscono le risorse di parte corrente attribuite agli enti locali in conseguenza degli effetti recati dal D.Lgs. n. 112/1998, concernente il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali. Nella legge di bilancio per il 2016-2018, il relativo capitolo di bilancio presenta una dotazione pari a 68,5 milioni di euro per il 2016, e a 55,8 milioni per il 2017 e 2018. 

Il comma 4 dispone che la dotazione del fondo istituito dall’articolo in esame possa essere ulteriormente aumentata, per l’anno 2016, fino ad un massimo di 26 milioni di euro mediante le risorse derivanti dall’applicazione della sanzione di cui all’articolo 31, comma 26, lettera a) della legge n.183 del 2011.

Si tratta di una delle sanzioni previste per mancato rispetto del patto di stabilità interno: la lettera a), in particolare dispone che in tal caso l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, è assoggettato ad una riduzione  del fondo sperimentale di riequilibrio (ora per i comuni Fondo di solidarietà comunale) in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato.

Il comma 4 in esame precisa che si fa riferimento al mancato rispetto del patto del patto di stabilità interno per il 2016[14] e che la riduzione opera sul Fondo di solidarietà comunale di cui all’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012, Fondo che ha soppresso il previgente Fondo sperimentale di riequilibrio.

 

 

 


Articolo 10
(Attuazione dell’Intesa in Conferenza Stato–Regioni dell’11 febbraio 2016)

 

 

L’articolo 10 reca una serie di interventi legislativi che recepiscono proposte normative presentate dalle regioni, e condivise dal Governo, in sede di intesa, sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta dello scorso 11 febbraio, concernente la determinazione delle modalità ai fini del concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni e delle province autonome, in attuazione della legge 28 dicembre 2015, n.208 (legge di stabilità per il 2016).

 

Il comma 1 prevede che le risorse derivanti dall’applicazione delle decurtazioni di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) 11 marzo 2013 siano destinate, per il 2016, ad incrementare la dotazione del fondo per il trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, per un importo pari a 74.476.600 euro (o nei limiti dello stanziamento iscritto in bilancio).

Il D.P.C.M. 11 marzo 2013 reca i criteri e le modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. L’articolo 3 del D.P.C.M. stabilisce che il 90 per cento dell’importo spettante a ciascuna Regione (che si ottiene sulla base delle percentuali di riparto recate nella tabella 1 allegata allo stesso decreto e aggiornata con cadenza triennale) sia attribuito sulla base del raggiungimento di obiettivi di efficientamento complessivo del sistema, in termini di qualità e appropriatezza del servizio reso, del progressivo incremento del rapporto fra ricavi da traffico e costi operativi, di adeguatezza dei livelli occupazionali).

 

La finalizzazione delle risorse di cui al comma 1 è operata in deroga rispetto a quanto recato all’articolo 4, comma 3, del citato D.P.C.M.

Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del D.P.C.M. le risorse del Fondo, che non sono ripartite secondo i criteri di cui all’articolo 3, sono “destinate ad investimenti diretti a migliorare la qualità e la sicurezza dei servizi di TPL e ferroviari regionali, ovvero ad ammortizzatori sociali per i lavoratori del settore”. Il successivo comma 4 dispone che, a tal fine, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, si provvede al riparto, con cadenza biennale, di tali risorse tra le regioni, in relazione al grado di raggiungimento degli obiettivi (nel medesimo biennio di riferimento).

In altri termini, la disposizione di cui al comma 1, operando una deroga all’articolo 4 del decreto ministeriale 11 marzo 2013, consentirà alle regioni (che avranno perseguito gli obiettivi di efficienza) di poter disporre di risorse aggiuntive per il finanziamento del trasporto pubblico senza soggiacere ai vincoli di spesa contemplati nel D.P.C.M. (che circoscrive le maggiori risorse ad investimenti per migliorare la sicurezza dei trasporti), in tempi più rapidi (nel D.P.C.M. si prevede che il riparto abbia cadenza biennale) e in via automatica (rispetto all’esigenza di una previa valutazione in al grado di raggiungimento degli obiettivi in termini di miglioramento della sicurezza dei trasporti prevista dal D.P.C.M.).

 

Il comma 2 introduce un comma aggiuntivo dopo il comma 710 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) disponendo che, a partire dall’anno 2017, alle regioni che hanno rispettato il vincolo del pareggio di bilancio previsto dall’articolo 1, comma 710, della legge n. 208 del 2015 (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali) e che, al contempo, registrano una saldo finale di cassa non negativo, siano assegnate le risorse rivenienti dalle sanzioni versate al bilancio dello Stato dalle regioni che non si sono attenute agli obblighi di equilibrio di bilancio dettati al medesimo articolo 1, comma 710.

L’entità delle richiamate risorse assegnate a titolo di premialità per il perseguimento del pareggio di bilancio, sia in termini di competenza che di cassa, è determinata dalle eventuali risorse incassate dal bilancio dello Stato alla data del 30 giugno dalle regioni inadempienti, secondo quanto previsto dal comma 723, lettera b).

La legge di stabilità per il 2016, ai commi 707 e seguenti, ha determinato il superamento della disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali nonché la cessazione dell’applicazione delle disposizioni della legge n. 190 del 2014 relative al conseguimento del pareggio di bilancio da parte delle regioni. Ha altresì introdotto, ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica da parte di regioni, dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle province autonome di Trento e di Bolzano, l’obbligo in capo a tali enti di conseguire il pareggio di bilancio, inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

Quanto al richiamato art 1, comma 723, lettera b), esso stabilisce che la Regione che non consegue il pareggio di bilancio (nei termini di cui al comma 710) è tenuta a versare all'entrata del bilancio dello Stato l'importo corrispondente allo scostamento registrato, entro sessanta giorni dal termine previsto per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del pareggio di bilancio. Qualora la Regione non proceda a detto versamento, lo scostamento è recuperato a valere sulle giacenze del medesimo ente depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale. Inoltre, trascorsi infruttuosamente trenta giorni dal termine di approvazione del rendiconto della gestione per la trasmissione della certificazione da parte della Regione, il citato comma 723, lettera b), dispone il blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non è acquisita.

Ai sensi del comma 710-bis, secondo periodo, introdotto dal comma 2 in esame, anche per il 2016 è previsto un analogo meccanismo di premialità finanziaria in favore delle regioni che hanno registrato il pareggio di bilancio. Nello specifico, si prevede che alle regioni che hanno rispettato i vincoli di bilancio nell’esercizio finanziario 2015 (previsti dal comma 463 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190) sono assegnate le risorse rivenienti dalle sanzioni applicate alle regioni che non hanno conseguito l’equilibrio di bilancio.

Il citato comma 463 impone alle regioni a statuto ordinario di conseguire in sede di rendiconto: un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali; nonché un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti (con modalità differenti di calcolo dei citati saldi a seconda che la Regione abbia o meno partecipato alla sperimentazione riguardante i principi contabili di cui al (titolo I del) decreto legislativo n.118 del 2011 (recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”).

Ai sensi della lettera a) del comma 474 dell’articolo 1 della legge n.190 del 2014 (richiamata dal comma 2 in commento), la Regione che non abbia conseguito il pareggio di bilancio (in termini di pareggio dei due saldi recati al comma 463) è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro i successivi sessanta giorni dal termine previsto per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del pareggio di bilancio, un terzo dell'importo corrispondente al maggiore degli scostamenti registrati dai due saldi di cui al medesimo comma 463 rispetto all'obiettivo del pareggio e, nei due esercizi successivi, entro il 31 gennaio di ciascun anno, i restanti due terzi equiripartiti. Qualora la Regione non ottemperi a tale obbligo, nei successivi sessanta giorni, si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine per la trasmissione della certificazione, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non è acquisita. Nel caso in cui lo scostamento registrato nell'esercizio 2015 dall'obiettivo di cassa di cui al comma 463, lettera b) (v. supra), rispetto all'obiettivo del pareggio, sia maggiore dello scostamento registrato dagli altri saldi, il versamento di cui al primo periodo è effettuato, fino a un importo pari al 3 per cento degli impegni correnti registrati nell'ultimo consuntivo disponibile.

 

Il terzo periodo del comma 710-bis, introdotto dal comma 2 in esame, demanda ad apposita intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni il riparto delle predette risorse fra ciascuna Regione interessata.

 

Il quarto periodo del comma 710-bis disciplina le modalità per la trasmissione alla Ragioneria generale dello Stato delle informazioni riguardanti il monitoraggio condotto al termine dell’esercizio finanziario del saldo di bilancio e la certificazione dell’avvenuto conseguimento dell’equilibrio di bilancio, sia in termini di cassa che di competenza, seguendo la procedura stabilita da appositi decreti ministeriali, adottati ai sensi del comma 719 dell’articolo 1 delle legge di stabilità per il 2016 (nel testo è richiamato il comma 720, che a sua volta richiama il comma 719).

Il citato comma 719 dispone che per il monitoraggio degli adempimenti relativi agli obblighi di pareggio di bilancio “e per l'acquisizione di elementi informativi utili per la finanza pubblica”, gli enti territoriali “trasmettono al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le informazioni riguardanti le risultanze del saldo di cui al comma 710, con tempi e modalità definiti con decreti del predetto Ministero sentite, rispettivamente, la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.

In proposito, si segnala che lo schema di decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, concernente il monitoraggio e la certificazione del rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano è stato sottoposto all’esame della Conferenza Stato-Regioni, che, nella seduta dello scorso 23 giugno, ha espresso parere favorevole, subordinato all’inserimento, dopo il comma 712 dell’articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, di un comma aggiuntivo che, limitatamente all’anno 2016, circoscriva l’obbligo di conseguimento dell’equilibrio di bilancio per regioni e province autonome solo in sede di rendiconto (richiesta è stata effettivamente recepita all’articolo 9 del decreto-legge in esame).

 

L’ultimo periodo del comma 710-bis, introdotto dal comma 2 in commento, dispone che ai fini della determinazione dell’equilibrio di bilancio in termini di cassa concorre l’anticipazione erogata dalla tesoreria statale per il finanziamento della sanità registrata nell’apposita voce delle partite di giro, al netto delle relative regolazioni contabili imputate al medesimo esercizio.

Si rammenta che il vincolo del perseguimento del pareggio di bilancio è disciplinato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, con cui sono stati novellati gli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. Essa ha introdotto il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato, al netto degli effetti del ciclo economico (che possono giustificare avanzi nei periodi favorevoli e disavanzi nelle fasi avverse), vietando in ogni caso il ricorso al debito, salvo eventi eccezionali e previa autorizzazione delle Camere a maggioranza assoluta (art.81 Cost.). Inoltre, la citata riforma costituzionale ha imposto, in modo generalizzato a tutte le pubbliche amministrazioni (“in coerenza con l’ordinamento europeo”), un vincolo di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito (art 117 Cost.) e, per quanto attiene alle disposizioni in commento, ha subordinato l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa degli enti territoriali al “rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci”, previsto il concorso dei medesimi enti “ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea” e reso più stringente il ricorso al finanziamento degli investimenti tramite indebitamento, disponendo l’obbligo di definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio.

Alla richiamata legge costituzionale è stata data attuazione mediante la legge "rinforzata" 24 dicembre 2013, n. 243 (recante “Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione”). Essa reca una specifica disciplina, al capo IV (articoli da 9 a 12), riguardante l’equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e concorso dei medesimi enti alla sostenibilità del debito pubblico, la cui entrata in vigore era rinviata al 1 gennaio 2016.

 

Il comma 3 introduce un comma aggiuntivo (dopo il comma 688) all’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), riguardante la disciplina del disavanzo da debito autorizzato e non contratto. Detto comma aggiuntivo autorizza le sole Regioni che nell’anno 2015 hanno rispettato i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali (così come previsti dall’art.4, comma 4, decreto legge n. 78 del 2015) ad avvalersi, per l’anno 2016, delle disposizioni in materia di contabilizzazione degli investimenti finanziati da debito autorizzato e non contratto di cui all’articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 118 del 2011 (“Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”).

Il richiamato art. 40, comma 2, dispone che, a decorrere dal 2016, il disavanzo di amministrazione[15] derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento, risultante dal rendiconto 2015, può essere coperto con il ricorso al debito che può essere contratto solo al fine di corrispondere ad effettive esigenze di cassa.

A beneficiare di detta disciplina sono le regioni che hanno registrato indicatori di tempestività dei pagamenti rispettosi dei termini di pagamento di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n.231 del 2002 e successive modificazioni, tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 4, comma 4, del decreto legge n.78 del 2015.

Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n.231 del 2002 le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore a quello previsto per le transazioni fra operatori privati[16], quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini non possono essere superiori a sessanta giorni.

L’articolo 4, comma 4, del decreto legge n.78 del 2015, dispone che ai fini del calcolo dei tempi medi di pagamento, non possano essere tenuti in considerazione i pagamenti effettuati con il ricorso alle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari disposti da specifiche norme (si tratta dell'articolo 32, comma 2, nonché dall'articolo 1, commi 1 e 10, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64).

Ai fine del comma in esame, occorre altresì che gli indicatori annuali di tempestività dei pagamenti siano calcolati e resi pubblici secondo quanto stabilito dal D.P.C.M. 22 settembre 2014, recante “Definizione degli schemi e delle modalità per la pubblicazione su internet dei dati relativi alle entrate e alla spesa dei bilanci preventivi e consuntivi e dell'indicatore annuale di tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni”.

 

Il comma 4 stabilisce che - fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, comma 7, del decreto legge n. 35 del 2013 - le risorse presenti nei conti intestati alle regioni, relativi sia alla gestione ordinaria, sia alla gestione sanitaria, concorrono complessivamente alla gestione della liquidità regionale e che anticipazioni di tesoreria possono essere consentite a condizione che si verifichi una carenza globale dei fondi.

La relazione illustrativa chiarisce che la norma in esame è volta a “disciplinare il corretto funzionamento della gestione di liquidità delle Regioni al fine di evitare che le stesse sostengano oneri aggiuntivi rispetto a quelli che avrebbero sostenuto se non fosse stata operata la suddivisione dei conti tra quello ordinario e quello sanitario”.

Si ricorda che l’articolo 3, comma 7, del citato D.L.. n. 35 del 2013 ha imposto alle regioni, ai fini dell’accesso delle regioni stesse alle quote premiali del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, l’erogazione, da parte del medesimo ente al proprio  Servizio sanitario regionale  entro  la fine dell’anno, di almeno il 90 per cento delle somme che la Regione incassa dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario  regionale, nonché delle somme che le stesse destinano, a valere su risorse proprie, al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.

 

Il comma 5 riconosce agli enti pubblici strumentali delle Regioni la facoltà di contrarre anticipazioni di cassa, con il fine esclusivo di far fronte a temporanee deficienze, per un importo non superiore al 10 per cento dell’ammontare complessivo delle entrate di propria competenza derivanti dai trasferimenti correnti a qualunque titolo dovuti dalla Regione.

In proposito, si segnala che l'articolo 69, comma 9, del decreto legislativo. n. 118 del 2011 consente alle regioni di contrarre anticipazioni di cassa per un importo non eccedente il 10 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate di competenza del Titolo "Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa". La norma introdotta dal comma 5 del provvedimento in esame estende tale possibilità di ricorrere ad anticipazioni di cassa agli enti strumentali delle Regioni, accogliendo una richiesta in tal senso proveniente dalle autonomie territoriali.

 

Al riguardo, si segnala che rispetto a quanto concordato in sede di Intesa tra il Governo, le regioni e le provincie autonome dell’11 febbraio scorso, la disposizione recata al comma 5 è circoscritta ai soli enti strumentali regionali “pubblici”. Tale precisazione potrebbe creare difficoltà interpretative in ordine all’effettiva applicazione della stessa, con specifico riferimento alle società strumentali che, pur essendo partecipate o interamente possedute dalla Regione, non presentano natura pubblicistica[17].

 

I commi 6 e 7 intervengono sulla disciplina relativa alla tassa automobilistica in caso di leasing, con conseguenti effetti finanziari che interessano le regioni, destinatarie del relativo gettito.

La tassa automobilistica (denominata anche “bollo auto”) è un tributo locale che grava sugli autoveicoli e motoveicoli immatricolati nella Repubblica italiana ed il cui gettito spetta alla Regione di residenza del soggetto passivo.

 

Il comma 6 modifica l’articolo 9 del decreto legge n.78 del 2015, abrogando il comma 9-bis e, al contempo, disponendo che il comma 9-quater si applichi a decorrere dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame.

L’articolo 9, comma 9-bis, recava disposizioni interpretative dell’articolo 5, ventinovesimo comma, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53. Nello specifico stabiliva che in caso di locazione finanziaria il soggetto tenuto al pagamento della tassa automobilistica era esclusivamente l'utilizzatore; quanto alla eventuale responsabilità solidale della società di leasing, essa era configurabile solo nell’ipotesi in cui questa avesse provveduto, in base alle modalità stabilite dall'ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria.

Il comma 9-quater disponeva che il comma 3 dell'articolo 7 della legge n. 99 del 2009 (peraltro riformulato dal comma 9-ter) - secondo cui la competenza e il gettito della tassa automobilistica sono determinati in relazione al luogo di residenza dell'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria del veicolo - si applicasse ai veicoli per i quali la scadenza del termine utile per il pagamento fosse successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n.78 del 2015.

 

Con l’intervento normativo recato al comma 6 del decreto la richiamata disciplina di cui al comma 9-quater si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame (25 giugno 2016).

 

Il comma 7 ha introdotto, all’articolo 7 (Semplificazione e razionalizzazione della riscossione della tassa automobilistica per le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano) della legge n. 99 del 2009, dopo il comma 2, un comma aggiuntivo ai sensi del quale: i) a decorrere dal 1° gennaio 2016, gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, sulla base del contratto annotato al PRA e fino alla data di scadenza del contratto medesimo, sono tenuti in via esclusiva al pagamento della tassa automobilistica regionale; ii) è configurabile la responsabilità solidale della società di leasing solo nella particolare ipotesi in cui questa abbia provveduto, in base alle modalità stabilite dall'ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria.

Si tratta di disposizioni riproduttive dei contenuti riguardanti le modalità di individuazione del soggetto passivo della tassa già recate nell’abrogato articolo 9, comma 9-bis, del decreto legislativo n. 78 del 2015, che tuttavia - a differenza di quest’ultimo che dettava un’interpretazione autentica di una disciplina risalente al 2009 -  sono vigenti a decorrere dal 1 gennaio 2016 (quindi con un’efficacia dall’anno finanziario in corso).

Nella relazione illustrativa si fa presente che la disciplina in commentointerviene nel contenzioso in essere tra le Regioni e le Società di leasing sul mancato pagamento della tassa automobilistica a partire dall’anno d’imposta 2009, a seguito dell’entrata in vigore della legge 99/2009. Le modifiche di cui ai commi 6 e 7 mirano, pertanto, ad evitare che gli effetti della modifica del soggetto passivo decorrano ex tunc”. Al riguardo, occorre tener presente che a seguito dell’approvazione della disposizione di cui all’articolo 9, comma 9-bis, del decreto-legge n.78 del 2015, di carattere interpretativo, si era avviato un contenzioso, che ha interessato alcune regioni, in ordine alla possibilità o meno di considerare le società di leasing soggetti passivi della tassa (con dirette conseguenze in ordine alla Regione titolare del gettito) a partire dal 2009.

Si rammenta che prima delle richiamate modifiche normative introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2015, la competenza territoriale degli uffici del pubblico registro automobilistico e dei registri di immatricolazione era individuata sulla base del luogo di residenza del proprietario (e non quindi dell’utilizzatore) del veicolo. Quindi il gettito della tassa spettava alla Regione di residenza del proprietario del veicolo (mentre ora compete alla Regione di residenza del locatario).

 

 


Articolo 10-bis
(Modifica all’art. 7 della legge 5 giugno 2003 n. 131 in materia di pareri della Corte dei Conti alle Regioni e agli enti locali)

 

 

L’articolo 10-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, consente alle regioni e agli enti locali di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica direttamente alla Sezione delle autonomie della Corte dei Conti, mentre attualmente tali pareri possono essere rilasciati, su richiesta, solo dalle sezioni regionali di controllo.

 

La disposizione intende modificare l’art. 7, comma 8 della L. n. 131/2003, che riconosce alle Regioni la facoltà di richiedere alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica. Le stesse richieste possono essere formulate anche da comuni, province e città metropolitane (di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali – CAL).

L’articolo aggiuntivo prevede, in aggiunta alla predetta facoltà, la possibilità per gli enti territoriali di richiedere un parere in materia di contabilità pubblica direttamente a livello centrale alla Sezione delle autonomie della Corte dei conti, che è la Sezione centrale di cui fanno parte tutti i Presidenti delle Sezioni regionali di controllo e che svolge compiti di coordinamento nei confronti dell’azione delle medesime.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 6, co. 4, del D.L. n. 174/2012 (L. n. 213/2012), al fine di prevenire o risolvere contrasti interpretativi rilevanti per l'attività di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla quale le Sezioni regionali di controllo si conformano.

 

Legittimate a richiedere tali pareri sono innanzitutto le regioni, tramite la Conferenza delle Regioni e delle province autonome o la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle province autonome.

 

Per quanto riguarda le due Conferenze delle regioni, esistono già, sulla base delle forme di collaborazione previste dalla normativa vigente (quali quelle previste dal medesimo art. 7, comma 8, L. n. 131/2003), rapporti istituzionali riconosciuti tra la Corte dei conti, da una parte, e la Conferenza delle Regioni e la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali, dall’altra. Si segnala in particolare che i Presidenti delle due Conferenze sono invitati e partecipano alle adunanze con cui la Sezione delle autonomie adotta linee guida per gli enti regionali (cfr. ad esempio la Deliberazione n. 19/SEZAUT/2016/INPR).

 

Per gli enti locali (comuni, province e città metropolitane) la richiesta di parere alla Sezione delle autonomie può essere presentata dalle rispettive componenti rappresentative nell’ambito della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

L’articolo in esame recepisce una condizione posta dalla Commissione per le questioni regionali nel parere espresso sul decreto in esame in data 7 luglio 2016.

La condizione trae origine da un’audizione della Corte dei conti svolta dalla Commissione medesima nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al ‘sistema delle conferenze’ in data 28 giugno 2016, in cui il Presidente della Corte dei conti ha rilevato l’opportunità di un coordinamento a livello centrale dei pareri espressi in materia di contabilità pubblica, al fine di evitare orientamenti difformi delle sezioni regionali (il Presidente ha parlato di “diaspora nell’attività consultiva”).

 

 


Articolo 11
(Regione Siciliana)

 

 

L'articolo 11 reca disposizioni che regolano i rapporti finanziari tra Stato e regione Siciliana, in attuazione del recente Accordo in materia di finanza pubblica firmato tra il Governo e la regione Siciliana il 20 giugno 2016, nelle more dell’approvazione delle modifiche da apportare dal 2016 alle norme di attuazione allo statuto della regione Siciliana.

Si segnala in proposito che in data 25 maggio 2016 la Commissione paritetica (istituita ai sensi dell’articolo 43 dello statuto della regione Siciliana) ha approvato uno schema di decreto legislativo di attuazione dello statuto, che modifica le norme di attuazione dello statuto (art. 2 D.P.R. n. 1074/1965) nella parte relativa alla determinazione della compartecipazione IRPEF spettante alla Regione. Lo schema di decreto legislativo è in attesa dell’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri[18].

 

L’articolo richiama l’art. 1, comma 685, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), che fa riferimento alle “more dell'adeguamento delle norme di attuazione dello statuto della regione Siciliana alle modifiche intervenute nella legislazione tributaria, al fine di omogeneizzare il comparto delle autonomie speciali, in modo da addivenire, tra l'altro, a un chiarimento sulla compartecipazione regionale e sulla revisione della percentuale di compartecipazione al gettito tributario, alla ridefinizione delle competenze secondo il principio della leale collaborazione istituzionale”.

 

Il comma 1 assegna, quindi, alla regione Siciliana, a titolo di acconto sulla compartecipazione spettante alla Regione per il 2016, un importo pari a 5,61 decimi dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), determinata con riferimento al gettito maturato nel territorio regionale (al netto degli importi attribuiti, per compartecipazioni al predetto gettito, alla Regione, in applicazione della legislazione vigente).

Secondo quanto indicato nella relazione tecnica, l'importo assegnato è pari ad un importo di circa 500 milioni di euro, corrispondente alla variazione positiva della compartecipazione IRPEF determinata dal calcolo con il nuovo metodo del “maturato”.

 

Si ricorda che, a legislazione vigente, la compartecipazione IRPEF della regione Siciliana risulta pari ai 10 decimi del gettito riscosso nel suo territorio.

L’Accordo in materia di finanza pubblica tra lo Stato e la regione Siciliana (punto 6) prevede che, ai fini dell’adeguamento delle norme di attuazione dello statuto della regione Siciliana alle modifiche intervenute nella legislazione tributaria, il gettito dell’IRPEF di spettanza della Regione sia calcolato in applicazione del criterio del “maturato”, in luogo del “riscosso”, in modo da attribuire alla Regione entrate pari a 5,61 decimi per l’anno 2016, a 6,74 decimi per l’anno 2017 e a 7,10 decimi a decorrere dall’anno 2018.

Il contenuto dell’Accordo riprende quanto previsto dallo schema di decreto legislativo approvato dalla Commissione paritetica in data 25 maggio 2016.

 

Secondo la relazione tecnica il gettito della compartecipazione IRPEF da attribuire alla regione Sicilia per il 2016, calcolato a legislazione vigente con il metodo dei 10 decimi del “riscosso”, è stimato in circa 3.941 milioni di euro. L’importo della compartecipazione calcolato con il nuovo metodo dei 5,61 decimi del “maturato” è stimato per il 2016 in circa 4.441 milioni di euro. La variazione positiva è dunque pari a 500 milioni di euro.

 

In base a quanto previsto dal comma 1, l'erogazione avviene direttamente da parte della Struttura di gestione individuata dal decreto del Ministro delle finanze n. 183 del 1998, ossia da parte del Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, Direzione centrale per la riscossione.

 

Secondo la relazione illustrativa, la necessità di anticipare, già a partire dal 2016, gli effetti delle normativa di attuazione dello Statuto in itinere deriva, dai numerosi inviti ricavabili dalla giurisprudenza della Corte costituzionale che, a più riprese, ha sottolineato come: "molte delle difficoltà e dei contrasti che insorgono in ordine al regime di ripartizione delle entrate fra Stato e regione Siciliana, e di riscossione delle entrate nella regione Siciliana, sono da addebitarsi alla mancanza di una normativa di attuazione dello Statuto che tenga conto delle profonde trasformazioni intervenute nel sistema tributario e nei rapporti finanziari fra Stato e Regione" (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 66 del 2001 e, più di recente, le sentenze n. 241 del 2012 e n. 155 del 2015).

 

Il comma 2 provvede alla copertura degli oneri in termini di saldo netto da finanziare, quantificati nella relazione tecnica in 500 milioni di euro per l'anno 2017 (trattandosi di regolazioni contabili, l’onere ricade nell’esercizio successivo). A tale onere si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato nel 2017 delle somme non richieste dalle regioni nell'ambito dell'operazione di ristrutturazione del debito regionale prevista dal D.L. n. 66/2014 (giacenti sulla contabilità speciale di cui all'articolo 45, comma 2, del D.L.).

 

Il comma 3 prevede che, al fine di assicurare la neutralità finanziaria in termini di fabbisogno, la regione Siciliana possa utilizzare le risorse aggiuntive derivanti dai decimi di compartecipazione al gettito IRPEF, di cui al comma 1, solo per esigenze indifferibili legate, in caso di carenza di altra liquidità disponibile, esclusivamente al pagamento delle competenze fisse al personale dipendente e delle rate di ammortamento di mutui che scadono nello stesso esercizio finanziario. È comunque previsto l'obbligo di reintegro, nel medesimo anno, con il gettito rinveniente dalle entrate devolute.

Il comma 3 recepisce quanto previsto dal punto 8 dell’Accordo in materia di finanza pubblica tra lo Stato e la regione Siciliana.

 

Il comma 4, infine, stabilisce che la regione Siciliana debba garantire, per l'anno 2016, un saldo positivo pari a 227.879.000, in base alle modalità individuate dalla legge di stabilità per il 2016.

 

La legge di stabilità 2016 prevede che, ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, gli enti territoriali devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (art. 1, comma 710, L. 208/2015).

 

Nel caso di mancato rispetto degli obblighi di cui ai commi 3 e 4, si applicano le sanzioni già previste dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 723, L. 208/2015).

 

Le sanzioni sono: obbligo di versare all'entrata del bilancio dello Stato, l'importo corrispondente allo scostamento registrato; divieto di impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, superiori all'importo dei corrispondenti impegni effettuati nell'anno precedente; divieto di indebitamento per gli investimenti; divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo; obbligo di rideterminare di una riduzione del 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza del presidente, del sindaco e dei componenti della giunta rispetto all'ammontare del 30 giugno 2014.

 

Lo stesso comma 4, infine, stabilisce che non si applicano alla regione Siciliana le disposizioni in materia di patto di stabilità interno che risultino in contrasto con quanto previsto dal comma medesimo.

 

Il comma 4 recepisce quanto previsto dal punto 1 dell’Accordo in materia di finanza pubblica tra lo Stato e la regione Siciliana.

 

Il medesimo punto 1 prevede altresì che per il 2017 la regione Siciliana si impegna a garantire un saldo positivo pari ad euro 517.512.000, e, a decorrere dal 2018, il pareggio di bilancio.

 

 

STATUTO DELLA REGIONE SICILIANA
E NORME DI ATTUAZIONE:

la questione del “riscosso” e del “maturato”

 

 

Gli articoli 36 e 37 dello Statuto speciale della regione Siciliana definiscono il regime delle entrate tributarie di spettanza della Regione.

 

L’art. 36 prevede che al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati della medesima (primo comma). Sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto (secondo comma).

In base all’art. 37, per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi (primo comma). L'imposta relativa a detta quota compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima (secondo comma).

 

Il D.P.R. n. 1074 del 1965 contiene le norme di attuazione dello Statuto in materia finanziaria.

 

In particolare l’art. 2, primo comma, del D.P.R. 1074/1965 dispone che, ai sensi del primo comma dell'articolo 36 dello Statuto, spettano alla regione Siciliana, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime.

L’art. 4 stabilisce che nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della Regione.

 

Questione ampiamente dibattuta e fonte di un notevole contenzioso è l’interpretazione dell’articolo 2 del D.P.R. 1074/1965, in particolare, per il richiamo a “tutte le entrate erariali riscosse nell’ambito del suo territorio”, occorre considerare il cosiddetto principio della territorialità della riscossione, che fa esclusivo riferimento al luogo in cui avviene l’operazione contabile (metodo del “riscosso”), o invece il principio della capacità fiscale, che fa riferimento al luogo dove matura il presupposto della imposizione fiscale (metodo del “maturato”).

Nel primo caso vanno attribuite alla Regione le entrate tributarie, quali l’IRPEF, riscosse nel territorio regionale. Questa tesi, seguita dal Ministero dell’economia, si basa sulla considerazione che, quando lo Statuto vuole attribuire alla Regione anche entrate maturate nella Regione, ma riscosse altrove, lo prevede espressamente, come all’articolo 37, che riguarda le imprese industriali e commerciali.

Nel secondo caso, invece, devono essere attribuite alla Regione non solo le entrate riscosse in Sicilia, ma anche quelle che maturano nell’ambito regionale, come ad esempio, nel caso dell’Irpef, le ritenute fiscali sul reddito dei dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici statali che risiedono e lavorano nella Regione.

 

La Corte Costituzionale si è pronunciata con la sentenza 116/2010, riconoscendo il principio della territorialità della riscossione e avallando dunque il metodo del “riscosso”.

 

Da segnalare peraltro un passaggio della sentenza n. 207 del 2014, nella quale, sia pure a titolo di obiter dictum, la Corte ha affermato che l’articolo 2 del D.P.R. 1074/65 va inteso nel senso che deve essere assicurato alla Regione il gettito derivante dalla capacità fiscale che si manifesta nel suo territorio, e cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati, in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito o della collocazione nell’ambito regionale del fatto cui si collega il sorgere dell’obbligazione tributaria. Ciò che rileva, quindi, è che venga assicurato che alla Regione giunga il gettito corrispondente alla sua capacità fiscale".

 

 


Articolo 12
(Regione Valle d'Aosta)

 

 

L'articolo 12 prevede l'attuazione di parte dell'Accordo firmato il 21 luglio del 2015 tra il Presidente della regione autonoma Valle d'Aosta e il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

In particolare, in attuazione di quanto previsto dal punto 7 del citato Accordo, vengono attribuite alla regione autonoma Valle d'Aosta risorse pari a 70 milioni di euro per l'anno 2016 al fine di assicurare una parziale compensazione della perdita di gettito subita dalla Regione stessa, per gli anni dal 2011 al 2014, con riguardo all'accisa sull'energia elettrica e alle accise sugli spiriti e sulla birra.

L'Accordo in questione, firmato dal Presidente della Regione Augusto Rollandin e dal Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, ha l’obiettivo di riequilibrare i contributi della Regione e regolare le controversie e i rapporti finanziari pendenti tra il Governo e la regione autonoma Valle d’Aosta.

L’Accordo interviene, infatti, in diversi ambiti: dal Patto di stabilità interno ai contenziosi pendenti Stato-Regione; dai trasferimenti aggiuntivi, ai rapporti finanziari pendenti, fino all’armonizzazione dei bilanci della Regione e degli enti locali.

 

Per quanto riguarda i rapporti finanziari pendenti, oggetto del punto 7 dell’Accordo, si segnala che la legge n. 690 del 1981, recante la revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta, ha attribuito alla Regione stessa delle quote di gettito di una serie di imposte percepite nel territorio regionale.

In particolare, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, della citata legge, sono attribuite alla regione Valle d'Aosta:

 

a)   l'intero gettito dell'accisa sull'energia elettrica;

b)  i nove decimi delle accise sugli spiriti e sulla birra;

c)   i nove decimi della sovraimposta di confine, inclusa quella sugli oli minerali.

 

La legge in questione, inoltre, assicura alla regione Valle d'Aosta ulteriori quote di gettito e proventi erariali afferenti il territorio  regionale con particolare riguardo a prodotti energetici (accise sulla benzina, sugli oli da gas, sui gas petroliferi liquefatti e sul gas naturale per autotrazione, erogati dagli impianti di distribuzione situati nel territorio della Regione, nonché dell’accisa sugli stessi per uso combustibile da riscaldamento e delle accise sugli altri prodotti energetici immessi in consumo da depositi fiscali ubicati nella Regione. Ulteriori quote di gettito vengono assicurate dalle imposte sulle assicurazioni diverse da quelle corrisposte sui premi per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (RC auto), dal gettito dell'imposta sugli intrattenimenti, dai proventi del lotto  e dall’accisa sui tabacchi.

 

 

 


Articolo 13
(Addizionali e compartecipazioni regionali ai tributi statali e posticipo riduzione contributi alle Regioni a Statuto ordinario)

 

 

L’articolo 13 modifica alcune disposizioni del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) al fine di rinviare all'anno 2018 i meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali (attribuzione della compartecipazione IVA in base al principio di territorialità; fiscalizzazione dei trasferimenti statali; istituzione dei fondi perequativi).

 

Si tratta di un rinvio che va ricondotto alla circostanza che il riassetto tributario delle regioni a statuto ordinario costituisce una parte della riforma del federalismo fiscale (legge 5 maggio 2009, n. 42) rimasta per lo più incompiuta, per mancanza dei provvedimenti attuativi. L’operazione di “fiscalizzazione” dei trasferimenti statali prevista nel provvedimento che ha dato attuazione alla delega sulla fiscalità regionale - costituito dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n.68 - non si è infatti finora realizzata, né è intervenuto il decreto che avrebbe dovuto individuare i trasferimenti statali da sopprimere.

 

Si ricorda che il D.L. n. 78/2015 (articolo 9, comma 9) aveva già provveduto, nelle more del riordino della fiscalità locale, ad una prima proroga al 2017.

Si rammenta che la disciplina dettata originariamente dal decreto legislativo 68/2011 prevedeva - a decorrere dall'anno 2013 e con riferimento all'anno di imposta precedente - la rideterminazione dell'addizionale regionale all’IRPEF con D.P.C.M. da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo. La rideterminazione della nuova aliquota di base dovrà garantire la neutralità del gettito complessivo delle regioni a statuto ordinario. In particolare, dovrà assicurare a queste ultime un gettito il cui ammontare coincida con l’importo ottenuto dalla somma tra il gettito assicurato dall’aliquota di base dell’addizionale IRPEF prevista dal d.lgs. n. 446/1997, i trasferimenti statali soppressi (di cui all’articolo 7 del D.Lgs. n. 68/2011) e la compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina soppressa (di cui all’articolo 8, comma 4 del D.Lgs. n. 68/2011). All'aliquota così determinata si aggiungono le percentuali indicate nell'articolo 6, comma 1 del D.Lgs. n. 68/2011 (le quali individuano la misura massima di incremento dell’aliquota di addizionale regionale IRPEF che le regioni, nell’ambito dell’autonomia tributaria loro attribuita, hanno la facoltà di deliberare). Sino alla rideterminazione effettuata con il D.P.C.M., l’aliquota di base dell’addizionale regionale IRPEF è fissata in misura pari allo 0,9%. Qualora le regioni esercitino la facoltà di aumentare l’aliquota di base, l’incremento della misura non può essere superiore: allo 0,5%, per l’anno 2013 (art. 5, co. 1, lettera a)); all’1,1%, per l’anno 2014 (art. 5, co. 1, lettera b)); al 2,1% a decorrere dal 2015 (art. 5, co. 1, lettera c)). Con D.P.C.M. devono essere contestualmente ridotte, per le regioni a statuto ordinario e (sempre secondo il testo originario del decreto legislativo) a decorrere dall'anno di imposta 2013, le aliquote dell'IRPEF di competenza statale, mantenendo pertanto inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente.

 

In particolare, le modifiche recate dall’articolo 13 in esame al D.Lgs. n. 68 del 2011 sono le seguenti:

a)  viene novellato l’articolo 2, comma 1, posticipando al 2018 la decorrenza iniziale del meccanismo di rideterminazione dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), previsto dal D.Lgs. n. 68 al 2013, nonché l’identico termine stabilito per la contestuale rideterminazione delle aliquote Irpef di competenza statale (lettera a)).

Si segnala che, in seguito alla proroga di un anno (dal 31 luglio 2016 al 31 luglio 2017) del termine di emanazione del D.P.C.M. di individuazione dei trasferimenti erariali da sopprimere in modo tale da garantire al complesso delle regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti al gettito assicurato dall'aliquota di base vigente, di cui all’articolo 7, comma 2, del citato D.Lgs. n. 68/2011 (operata dalla lettera c), punto 2) dell’articolo in esame), slitta conseguentemente anche il termine di emanazione del decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei Ministri – da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di emanazione del citato D.P.C.M.;

 

b)  con il punto 1) della lettera b) viene novellato l’articolo 4, comma 2, estendendo fino al 2017 le modalità di calcolo dell’aliquota di compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che, sulla base della normativa vigente, spetta a ciascuna Regione a statuto ordinario, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE. che la norma citata limitava ai soli anni 2011 e 2012, quale periodo transitorio previsto dal D.Lgs. n. 68/2011.

Si rammenta che l’articolo 4 del D.Lgs. n. 68/2011 prevedeva, nel testo originario, un periodo transitorio di soli due anni (2011 e 2012) in cui continua ad applicarsi la disciplina della compartecipazione regionale IVA prevista dal D.Lgs. n. 56 del 2000, ai sensi della quale: la misura delle aliquote di compartecipazione può essere rideterminata annualmente, al fine di garantire la compensazione dei trasferimenti soppressi, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni; la base imponibile cui applicare l’aliquota di compartecipazione IVA corrisponde al gettito IVA complessivo realizzato nel penultimo anno precedente a quello in considerazione, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE. Tale periodo è poi stato esteso fino al 2016 dall’articolo 9, comma 9, del D.L. n. 78/2011.

Viene inoltre posticipato all’anno 2018 il termine iniziale da cui decorrerà la modalità a regime di determinazione dell’aliquota di compartecipazione, secondo i principi recati dall’articolo 15, comma 3 del medesimo D.Lgs. n. 68, secondo il quale la percentuale di compartecipazione all'IVA è stabilita al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola Regione.

Secondo il testo originario dell’articolo 4, comma 2, del D.Lgs. n. 68/2011, qui novellato, a decorrere dal 2013 (termine spostato al 2017 dall’articolo 9, comma 9, del D.L. n. 78/2015) l’aliquota di compartecipazione è determinata ai sensi di quanto previsto dall’art. 15 comma 3 e 5 del decreto medesimo. Tali norme stabiliscono che la compartecipazione sarà fissata con D.P.C.M. in misura pari al livello minimo assoluto del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni rilevato in una sola Regione. Alle regioni nelle quali il gettito tributario non risulta sufficiente a garantire la copertura finanziaria di tale fabbisogno è riconosciuta una quota del fondo perequativo istituito, con decorrenza 2013, dal comma 5 del citato articolo 15, (decorrenza anch’essa dapprima spostata al 2017 dal citato D.L. n. 78/2015, e successivamente al 2018 dalla lettera d) dell’articolo in esame).

Con il punto 2) della lettera b) si posticipa al 2018 anche il termine iniziale – inizialmente fissato al 2013 e poi differito al 2017 dal D.L. n. 78/2015 - contenuto nel comma 3 del medesimo articolo 4, a decorrere dal quale le modalità di compartecipazione IVA alle regioni a statuto ordinario saranno stabilite in conformità al principio di territorialità.

Il comma 3 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 68 prevede che tale principio tenga conto del luogo di consumo, identificandolo con quello in cui avviene la cessione di beni; nel caso di servizi il luogo di prestazione può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore. Nel caso di cessione degli immobili si fa riferimento alla loro ubicazione. I criteri di attuazione vengono definiti con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri.

c)   viene novellato l’articolo 7, comma 1, posticipando al 2018[19] la soppressione dei trasferimenti dallo Stato alle regioni a statuto ordinario e fissando al 31 luglio 2017[20]  il termine di emanazione del relativo D.P.C.M. di individuazione dei trasferimenti statali da sopprimere (lettera c)).

Si rammenta che la norma prorogata dispone la soppressione di tutti i trasferimenti statali, sia di parte corrente che e in conto capitale (limitatamente a quelli non finanziati tramite il ricorso all'indebitamento), spettanti alle regioni a statuto ordinario[21]. I trasferimenti soppressi dovranno essere compensati con le entrate derivanti dall'incremento dell'addizionale IRPEF come disciplinato dall'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 68/2011 (ora modificato – quanto ai termini di decorrenza - dalla precedente lettera a).

Il D.P.C.M. soppressivo dei trasferimenti dovrà essere adottato sulla base delle valutazioni della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale. Il D.P.C.M. dovrà, inoltre, essere accompagnato da una relazione tecnica che ne illustri le conseguenze di carattere finanziario e su di esso dovranno esprime il parere le Commissioni di Camera e Senato competenti per i profili finanziari. Eventuali ulteriori trasferimenti da sopprimere dovranno essere individuati con le medesime modalità;

 

d)  viene infine novellato l’articolo 15, commi 1 e 5, spostando all’anno 2018 i termini iniziali (inizialmente previsti per il 2013 e successivamente prorogati al 2017) relativi rispettivamente alle fonti di finanziamento delle spese regionali ed alla istituzione del fondo perequativo (lettera d)).

Quanto al finanziamento delle spese regionali il comma 1 dell’articolo 15 del decreto legislativo n. 68/2011 elenca le entrate regionali che, a decorrere ora dal 2018 dovranno coprire le spese per le funzioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nella sanità, nell'assistenza, nell'istruzione e nel trasporto pubblico locale (conto capitale).

Si tratta in sintesi delle seguenti entrate:

§  compartecipazione all'IVA;

§  quote dell'addizionale IRPEF, come ridefinita ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 del D.Lgs.68. Il gettito dell'addizionale IRPEF così rideterminata dovrà finanziare – insieme alle altre voci - non solo le funzioni attinenti ai LEP ma anche altre funzioni non attinenti ai LEP;

§  l'IRAP fino alla data della sua sostituzione con altri tributi. Il comma 2 specifica – in analogia con quanto fatto per l'addizionale IRPEF – che il gettito deve essere calcolato con riferimento all'aliquota base senza considerare le eventuali variazioni apportate dalle regioni e su base imponibile uniforme;

§  quote del fondo perequativo definito dal successivo comma 5 del decreto legislativo;

§  entrate proprie, nella misura stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il 2010 per il servizio sanitario nazionale. Si tratta delle entrate delle aziende sanitarie (ticket e altro) che annualmente entrano a far parte del finanziamento del servizio sanitario nazionale.

Quanto al fondo perequativo, ai sensi del comma 5 esso è alimentato da una compartecipazione all'IVA, tale da assicurare la copertura integrale di tutte le spese individuate dall'articolo 14 comma 1 del D.Lgs. n. 68/2011, cioè le spese per la sanità, l'assistenza, l'istruzione e il trasporto pubblico locale (limitatamente alle spese in conto capitale). Nel primo anno di funzionamento queste spese sono computate in base alla spesa storica (o dei costi standard ove fossero già stati stabiliti), mentre nei quattro anni successivi si deve progressivamente arrivare a calcolarle sulla base dei costi standard.

 


Articolo 13-bis
(Dilazione del pagamento)

 

 

L’articolo 13-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, consente ai contribuenti decaduti, alla data del 1° luglio 2016, dal beneficio della rateizzazione dei debiti tributari di essere riammessi alla rateizzazione, fino a un massimo di ulteriori 72 rate mensili, presentando apposita richiesta entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. Il nuovo piano è concesso anche se, all’atto della presentazione della richiesta, le rate scadute non sono state integralmente saldate. Si decade dalla nuova rateizzazione in caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive.

La possibilità di ottenere un nuovo piano di rateizzazione, a condizione che le rate scadute siano integralmente pagate all’atto della domanda, è estesa anche alle dilazioni concesse, a qualsiasi titolo, in data antecedente al 22 ottobre 2015.

I debitori decaduti, dal 15 ottobre 2015 al 1° luglio 2016, dai piani di rateizzazione concessi a seguito di definizione di accertamenti con adesione o di omessa impugnazione degli stessi, possono ottenere, a semplice richiesta (da presentare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame), la concessione di un nuovo piano di rateizzazione anche se, all’atto della presentazione della richiesta stessa, le rate eventualmente scadute non siano state saldate.

Inoltre si eleva a regime, da 50.000 a 60.000 euro, l’importo delle somme iscritte a ruolo oltre il quale la dilazione può essere concessa solo se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

 

In particolare, il comma 1 prevede che il debitore decaduto alla data del 1° luglio 2016 dal beneficio della rateizzazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, concessa in data antecedente o successiva al 22 ottobre 2015 (data entrata in vigore del D.Lgs. n. 159 del 2015, il quale ha riformato la disciplina della riscossione dei tributi, in attuazione della delega fiscale n. 23 del 2014), può nuovamente rateizzare l’importo dovuto, sino ad un massimo di 72 rate - fatti salvi i piani di rateizzazione con un numero di rate superiore a 72 già approvati - anche se, all’atto della presentazione della richiesta, le rate scadute non siano state integralmente saldate. Si decade dalla nuova rateizzazione in caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive.

 

La nuova richiesta di rateazione deve essere presentata, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 

La rateizzazione contemplata dalla norma è quella prevista dall’articolo 19, commi 1, 1-bis e 1-quinquies del D.P.R. n. 602 del 1973, recentemente modificati dal D.Lgs. n. 159 del 2015. Il comma 1 stabilisce che per ottenere la dilazione è sufficiente che il contribuente dichiari di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà: in tal caso l'agente della riscossione deve concedere la rateizzazione; ove le somme siano di importo superiore a cinquantamila euro (elevato a sessantamila dalla norma in commento), la dilazione può essere concessa solo se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. Il comma 1-bis stabilisce che la dilazione può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza, in caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà. Il comma 1-quinquies prevede che la rateizzazione può essere aumentata fino a centoventi rate mensili nel caso in cui il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica.

La norma in esame richiama l’applicazione, in quanto compatibili, delle norme che condizionano l’iscrizione dell’ipoteca o del fermo amministrativo al mancato accoglimento della richiesta o in caso di decadenza (articolo 19, comma 1-quater, del D.P.R. n. 602 del 1973) e che individuano la scadenza e la modalità di pagamento delle rate (articolo 19, comma 4, del D.P.R. n. 602 del 1973).

 

Il comma 2 estende a regime la possibilità di ottenere un nuovo piano di rateizzazione, a condizione che le rate scadute siano integralmente pagate all’atto della domanda, anche alle dilazioni concesse, a qualsiasi titolo, in data antecedente al 22 ottobre 2015 (giorno di entrata in vigore del D.Lgs. n. 159 del 2015).

Si ricorda, infatti, che l’articolo 15, comma 5, del D.Lgs. n. 159 del 2015 prevede che la citata possibilità (disciplinata dall’articolo 19, comma 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dal D.Lgs. n. 159) si applica alle dilazioni concesse a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso D.Lgs. n. 159.

 

Il comma 3 consente ai debitori decaduti, dal 15 ottobre 2015 al 1° luglio 2016, dai piani di rateizzazione concessi a seguito di definizione di accertamenti con adesione (disciplinati dal D.Lgs. n. 218 del 1997) o di omessa impugnazione degli stessi, di ottenere, a semplice richiesta (da presentare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame), la concessione di un nuovo piano di rateizzazione anche se, all’atto della presentazione della richiesta stessa, le rate eventualmente scadute non siano state saldate.

Si ricorda che il D.Lgs. n. 159 del 2015 ha introdotto la possibilità che le somme iscritte a ruolo non ancora versate, oggetto di piani di rateazione concessi dagli agenti della riscossione e decaduti nei 24 mesi antecedenti al 22 ottobre 2015, possano, a semplice richiesta del contribuente, da presentarsi inderogabilmente entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, essere ripartite fino a un massimo di 72 rate mensili. E' stata introdotta così la possibilità per il contribuente di chiedere un ulteriore piano di rateazione, nel caso di decadenza del primo piano di rateazione concesso, anche con riferimento ai piani decaduti nei 24 mesi antecedenti all'entrata in vigore del decreto (articolo 15, comma 7). Tale disposizione non riguardava, tuttavia, le somme definite a seguito di accertamenti con adesione o acquiescenza.

Per effetto della legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 134 a 138 della legge n. 208 del 2015) anche i contribuenti decaduti nei tre anni antecedenti al 15 ottobre 2015 dal beneficio della rateazione di somme dovute a seguito di accertamenti con adesione possono essere riammessi al piano originario di dilazione. L'Agenzia delle entrate, con la circolare 13/E del 22 aprile 2016, ha fornito i chiarimenti in ordine all'applicazione di tale disciplina, precisando, in particolare, le modalità e i termini degli adempimenti necessari a consentire la riammissione al beneficio.

 

Il comma 4, modificando l’articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, eleva a regime, da 50.000 a 60.000 euro, l’importo delle somme iscritte a ruolo oltre il quale la dilazione può essere concessa solo se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

 

Si segnala che l’articolo in esame attua quanto previsto dalla risoluzione n. 7-00976, a prima firma Pelillo, approvata dalla Commissione VI della Camera il 24 maggio 2016.

 

 


Articolo 13-ter
(Riduzione dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco per l'anno 2016)

 

 

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato introdotto l’articolo 13-ter che stabilisce, al comma 1, la sospensione dell’applicazione dell’incremento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco stabilita dall’articolo 13, comma 23, del decreto-legge n. 145 del 2013, dal primo settembre al 31 dicembre 2016.

 

L’articolo 13, comma 23 del decreto-legge n. 145 del 2013, prevede un aumento dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco volta ad assicurare la copertura finanziaria necessaria a mantenere, nel suo assetto attuale, il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione del settore del trasporto aereo (di seguito anche: Fondo speciale). A tal fine, con l’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio del Fondo fino al 2018, è prolungata di tre anni l’operatività delle norme (articolo 2, commi 47 e 48 della legge n. 92/2012) che prevedono la devoluzione al Fondo medesimo delle maggiori entrate derivanti dall’incremento dell’addizionale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili.

L’importo dell’incremento è stato determinato, sempre ai sensi della sopra citata disposizione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 29 ottobre 2015 che ha stabilito che la misura dell'incremento è pari a euro 2,50 per l'anno 2016, euro 2,42 per l'anno 2017 e euro 2,34 per l'anno 2018.

Si ricorda che il Fondo speciale è stato istituito presso l’INPS ai sensi dell’articolo 1-ter, comma 1, del decreto-legge n. 249 del 5 ottobre 2004.

 

Il comma 2 individua la copertura finanziaria dell’intervento, il cui costo è stimato pari a 60 milioni di euro.

Le coperture individuate sono:

a)   il versamento all’entrata di una quota dell’avanzo di amministrazione del Fondo speciale pari a 25 milioni di euro.

b)  la riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, previsto dall’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) per 35 milioni di euro.

Il comma 2 prevede anche la compensazione in termini di indebitamento netto per 25 milioni di euro per l’anno 2016. Tale compensazione è ottenuta mediante la riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, istituito dall’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008.

Tale norma istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (di seguito anche: MEF) è istituito un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

Il comma 3 stabilisce che alle minori entrate per l’INPS, derivanti dai mancati introiti dell’incremento dell’addizionale comunale, provvede il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (di seguito anche: Ministero del lavoro) nel cui stato di previsione viene iscritto l’importo di 60 milioni di euro per l’anno 2016. Il comma 4 autorizza il MEF alle modifiche agli stati di previsione interessati dagli interventi.

I commi 5 e 6 disciplinano il regime dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco per il 2019.

Si stabilisce, in particolare, che l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco, che era stata incrementata, ai sensi dell’articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge n. 7 del 2005 – citato dalla disposizione - di 3 euro a passeggero (e rispetto alla quale per gli anni 2016-2018 sono applicati gli ulteriori incrementi di cui al citato decreto ministeriale del 29 ottobre 2015, che cessano di operare proprio dal 2019) sia ulteriormente incrementata di 32 centesimi di euro per passeggero (comma 5). Il gettito di tale incremento è acquisito al patrimonio netto dal Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione del settore del trasporto aereo.

Secondo la relazione tecnica allegata al testo si valuta che, a fronte di un traffico aereo di 79 milioni di passeggeri per l’anno 2019 (considerato prendendo a riferimento il traffico stimato per l’anno 2018), dal citato incremento possano derivare 25 milioni di euro di risorse aggiuntive per il Fondo citato.

Il comma 6 stabilisce infine che l’incremento indicato al comma 5 può essere rideterminato in riduzione tenuto conto:

a)   dell’andamento e delle prestazioni del Fondo speciale;

b)  dell’occupazione del personale del settore del trasporto aereo.

Ai fini della predetta rideterminazione l’INPS trasmette al MEF e al Ministero del lavoro una relazione relativa all’aggiornamento della situazione economico finanziaria del Fondo sul periodo di 8 anni ai sensi delle norme sull’equilibrio finanziario dei Fondi (viene in particolare richiamato il DLgs 148/2015, art. 35, comma 3).

L’articolo 35 appena citato fissa l’obbligo di bilancio in pareggio per i fondi di solidarietà bilaterali (art. 26), bilaterali alternativi (art. 27) e residuali (art. 28). In particolare il comma 3 stabilisce che i Fondi di solidarietà bilaterali e residuali hanno obbligo di presentazione, sin dalla loro costituzione, di bilanci di previsione a otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente Documento di economia e finanza e della relativa Nota di aggiornamento.

 


Articolo 14
(Interventi per gli enti locali in crisi finanziaria)

 

 

L’articolo 14 mira a facilitare il risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario, mediante la disponibilità di risorse finanziarie destinate al pagamento dei debiti pregressi, tramite la concessione di anticipazioni di liquidità da destinare all’incremento di massa attiva della gestione liquidatoria e restituire in base ad un piano di ammortamento. Si prevede, a tal fine, un contributo triennale (dal 2016 al 2018) per un massimo di 150 milioni annui per i comuni – nonché, come aggiunto dalla Camera dei deputati, anche per le province e le città metropolitane - che hanno dichiarato il dissesto dal 1° settembre 2011 al 31 maggio 2016, e un contributo biennale (dal 2019 al 2020) di pari importo massimo annuo per gli enti che hanno dichiarato il dissesto dal 1° giugno 2016 al 31 dicembre 2019.

Durante l'esame presso la Camera dei deputati è stato poi prolungato di un anno il periodo per il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio da parte dei comuni dissestati e fissato un limite dell’anticipazione per province e città metropolitane

 

In particolare, il comma 1 prevede, al primo periodo, per i comuni - nonché, a seguito di una modifica introdotta dalla Camera dei deputati, per le province e le città metropolitane - che hanno deliberato il dissesto finanziario nel periodo 1° settembre 2011 - 31 maggio 2016, e che abbiano aderito alla procedura semplificata prevista dall’articolo 258 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), la concessione, su richiesta dell’ente interessato di una anticipazione fino a 150 milioni di euro annui dal 2016 al 2018, a destinare all’incremento della massa attiva destinata al pagamento dei debiti ammessi alla gestione liquidatoria.

L’articolo 258 prevede che il commissario liquidatore, valutata la massa passiva dell’ente da ammettere al pagamento, può proporre all'ente locale dissestato – che deve esprimersi deliberazione di giunta entro trenta giorni - l'adozione della modalità semplificata di liquidazione prevista dall’articolo medesimo. Acquisita l'adesione dell'ente, il liquidatore delibera (ai sensi dell’articolo 255 del TUEL) l'accensione di un mutuo in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti in nome e per conto dell'ente, al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell'interno. L'ente locale dissestato è a sua volta tenuto a deliberare l'accensione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, con oneri a proprio carico o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide per un importo che consenta di finanziare, insieme al ricavato del mutuo a carico dello Stato, tutti i debiti di cui ai commi ammessi alla liquidazione.

La disposizione in esame prevede altresì, al secondo periodo, per i comuni (e, analogamente, province e città metropolitane) che hanno deliberato il dissesto finanziario nel periodo 1° giugno 2016 - 31 dicembre 2019, e che abbiano aderito alla procedura semplificata prevista dall’articolo 258 del TUEL (D.Lgs. n.267/2000), la concessione, su richiesta dell’ente interessato di una anticipazione fino a 150 milioni di euro annui per il 2019 e il 2020, da destinare all’incremento della massa attiva destinata al pagamento dei debiti ammessi alla gestione liquidatoria.

La ripartizione dell'anticipazione avviene, nei limiti della massa passiva censita, in base ad una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati Istat.

L’anticipazione viene concessa con decreto annuale non regolamentare del Ministero dell'interno nel limite di 150 milioni di euro per ciascun anno, a valere sulla dotazione del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali (articolo 243-ter del T.U.E.L, di cui al decreto legislativo n. 267/2000).

L'importo attribuito è erogato all'ente locale, il quale entro 30 giorni deve metterlo a disposizione dell'organo straordinario di liquidazione, che a sua volta provvede al pagamento dei debiti ammessi, nei limiti dell'anticipazione erogata, entro novanta giorni dalla disponibilità delle risorse.

La restituzione dell'anticipazione è effettuata con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi, in un periodo massimo di venti anni a decorrere dall'anno successivo a quello in cui è erogata la medesima anticipazione, mediante operazione di girofondi sull'apposita contabilità speciale intestata al Ministero dell'interno. Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del tesoro a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze.

In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme sono recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell'interno, con relativo versamento sulla predetta contabilità speciale.

Per quanto espressamente disciplinato nell’articolo 14 in esame, si rinvia al decreto del Ministro dell'interno 11 gennaio 2013 (recante “Accesso al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”), che disciplina la concessione dell’anticipazione prevista dall'articolo 243-ter del decreto legislativo n. 267/2000.

 

Nel corso dell'esame presso la Camera dei  deputati, è stato aggiunto il comma 1-bis, con il quale in determinate fattispecie si prolunga il periodo per il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio da parte dei comuni in stato di dissesto.

A tale scopo la norma interviene sul comma 1-ter dell’articolo 259 del TUEL (D.Lgs. n.267/2000), che reca la disciplina relativa all’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.

L’articolo 259 stabilisce, ai commi 1 ed 1-bis, che il consiglio dell'ente locale presenti al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di nomina dell’organo straordinario di liquidazione, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. Il successivo comma 1-ter dispone che nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel caso in cui il riequilibrio del bilancio sia significativamente condizionato dall'esito delle misure di riduzione di almeno il 20 per cento dei costi dei servizi, nonché dalla razionalizzazione di tutti gli organismi e società partecipati, i cui costi incidono sul bilancio dell'ente, l'ente può raggiungere l'equilibrio, in deroga alle norme vigenti, entro il termine dei tre anni, compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto; negli enti locali il termine per il raggiungimento dell’equilibrio è fissato a quattro anni.

Fino al raggiungimento dell'equilibrio e per i tre esercizi successivi, l'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente dovrà trasmettere al Ministero dell'interno, entro 30 giorni dalla scadenza di ciascun esercizio, una relazione sull'efficacia delle misure adottate e sugli obiettivi raggiunti nell'esercizio.

Il comma 1-ter in esame prolunga di un anno tale termine, disponendo che esso sia esteso a cinque anni.

 


Articolo 15
(Piano di riequilibrio finanziario)

 

 

L’articolo 15 concerne la possibilità per gli enti locali, in alcuni casi, di rimodulare o riformulare il Piano di riequilibrio finanziario. Con il comma 1, modificato durante l'esame presso la Camera dei deputati, si proroga al 30 settembre 2016 il termine entro il quale gli enti locali che nel corso del 2013 o del 2014 (nonché del 2015, come disposto presso la Camera) hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l’approvazione possono - ferma restando la durata massima decennale del piano - provvedere a rimodularlo o riformularlo. Con il comma 2, si concede agli enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario o ne hanno conseguito l’approvazione la facoltà di riformularlo o rimodularlo - con delibera da adottarsi entro la data del 30 settembre 2016 - per tenere conto dell’eventuale disavanzo risultante dal rendiconto approvato o dei debiti fuori bilancio. La durata originaria del piano deve comunque restare invariata.

 

Il piano di riequilibrio pluriennale

L’articolo 243-bis del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) stabilisce che gli enti locali per i quali sussistano squilibri di bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ed, entro i successivi novanta giorni (decorrenti dalla data di esecutività della delibera) approvare un piano di riequilibrio della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. Questo deve contenere tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio, alcune delle quali dettate espressamente dalla norma.

Una volta approvato, il piano deve essere trasmesso alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (prevista dall’articolo 155 del TUEL) ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, ai fini dell’approvazione dello stesso secondo le procedure stabilite dall’articolo 243-quater.

Ai fini del riequilibrio l’ente interessato può avvalersi, anche di una apposita anticipazione, prevista dall’articolo 243-ter: questa è erogata dallo Stato a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, con predeterminati massimali (300 euro per abitante per i comuni e 20 euro per abitante per le province) e deve essere restituita entro 10 anni.

In caso di accesso al Fondo, l’ente locale deve adottare alcune specifiche misure di riequilibrio statuite dall’articolo 243-bis, consistenti nella riduzione delle spese per il personale, di quelle per prestazioni di servizi e di trasferimenti, nonché nel blocco dell’indebitamento.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 15 in esame interviene sull’articolo 1, comma 714 della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) per prorogare al 30 settembre 2016 (dunque di tre mesi, dato che il termine inizialmente previsto era fissato in 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di stabilità) il termine entro il quale gli enti locali oggetto della disposizione possono provvedere a rimodulare o riformulare il Piano di riequilibrio. Inoltre esso, con modifica introdotta alla Camera dei deputati, estende agli anni dal 2013 al 2015anziché ai soli anni 2013 e 2014 come ora previsto nel comma 714 – il periodo di presentazione  del piano di riequilibrio finanziario (o di conseguimento della relativa approvazione) per accedere alle misure previste dal comma 714 medesimo.

Si ricorda che il comma 714 reca misure concernenti gli enti locali che nel corso del 2013 o del 2014 (ora anche anno 2015, ai sensi del comma 1 in esame) hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’articolo 243-bis del TUEL. o ne hanno conseguito l’approvazione.

Tale differenziazione della posizione soggettiva degli enti locali interessati – che viene riproposta anche nel comma 714-bis introdotto dalla norma in esame - è da ricondurre alla circostanza che alla fase di presentazione del piano, che interviene con l’approvazione dello stesso entro i novanta giorni successivi alla deliberazione di ricorrere alla procedura di riequilibrio, segue una fase approvativa presso la Corte dei conti ai sensi dell’articolo 243-quater, sulla cui durata possono incidere anche contenziosi innanzi alle Sezioni riunite del medesimo giudice contabile.

Per gli enti locali in questione il comma 714 stabilisce che gli stessi:

§  possono ripianare la quota di disavanzo applicato al piano di riequilibrio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 2 aprile 2015;

§  entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità (termine attualmente prorogato al 30 settembre dalla norma in esame), i medesimi enti, ferma restando la durata massima decennale del piano di riequilibrio, possono provvedere a rimodularlo o riformularlo “ in coerenza con l'arco temporale di trenta anni previsto per il riaccertamento straordinario dei residui” previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, sull’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi. In particolare l’articolo 3 prevede che gli enti territoriali devono provvedere annualmente, al riaccertamento dei residui attivi e passivi, verificando, ai fini del rendiconto, le ragioni del loro mantenimento;

§  possono effettuare la restituzione delle anticipazioni di liquidità erogate a valere sul fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter - nonché le specifiche anticipazioni previste dall’articolo 243-quinquies per gli enti locali per infiltrazioni e condizionamento di tipo mafioso - in un periodo massimo di trenta anni.

 

Il comma 2 dell’articolo 15 in esame integra la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015), inserendo il comma 714-bis. Tale nuovo comma riguarda gli enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l'approvazione ai sensi dell'articolo 243-bis del TUEL sopra illustrato, per i quali si dispone che gli enti medesimi possono provvedere - con delibera consiliare da adottarsi entro la data del 30 settembre 2016 - a rimodulare o riformulare il piano stesso. Tale facoltà è consentita con riferimento alla circostanza in cui tali enti si trovino ad affrontare nel corso della gestione del piano nuovi disavanzi o debiti fuori bilancio, e non riescano ad assorbirli nel periodo previsto dagli articoli 188 (per il disavanzo) e 194 (per i debiti fuori bilancio) del TUEL Nel procedersi alla riformulazione o rimodulazione, per gli enti interessati rimangono comunque fermi:

·        la durata originaria del piano;

·        l’obbligo per l'ente di effettuare una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell'articolo 194 del TUEL;

·        la possibilità di provvedere al finanziamento dei debiti fuori bilancio anche mediante un piano di rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano di riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto con i creditori.

Pertanto, il ripiano del disavanzo o la copertura di nuovi debiti fuori bilancio può avvenire anche in un periodo più ampio rispetto a quanto previsto dagli articoli 188 e 194 del TUEL, ma senza superare la durata del piano.

Si ricorda che l’articolo 188 del TUEL prevede che il disavanzo di amministrazione possa anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio. L'eventuale ulteriore disavanzo formatosi nel corso del periodo considerato nel piano di rientro deve essere coperto non oltre la scadenza del piano di rientro in corso. L’articolo 194 (riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio) prevede che per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.

 

Si prevede, infine, che durante il perfezionamento e l’approvazione del nuovo piano riformulato o rimodulato si sospendono:

·        la possibilità per la Corte dei conti di assegnare il termine per l'adozione delle eventuali misure correttive adottate dall'ente locale in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno (articolo 243-bis, comma 3, del TUEL);

·        le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente (articolo 243-bis, comma 4, del TUEL).

 

 


Articolo 15-bis
(Norme relative alla disciplina del dissesto)

 

 

L’articolo 15-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, reca modifiche al testo unico enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000, relativamente alle procedure per la liquidazione e il pagamento della massa passiva e per la liquidazione dei debiti degli enti locali dissestati.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1 – che modifica l’articolo 256 del TUEL - è volta a consentire agli enti in dissesto, per i quali la massa attiva non è sufficiente al pagamento dell’intera massa passiva, di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’articolo 243-bis del TUEL, per il pagamento del residuo debito.

Si ricorda che il comma 12 dell’articolo 256 del TUEL – che viene qui novellato – prevede che nel caso in cui l'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, sia tale da compromettere il risanamento dell'ente, il Ministro dell'interno, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.

Tra queste, la lettera a) in esame prevede la possibilità per l’ente in condizioni di dissesto di attivare la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, attualmente riservata agli enti locali per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario (situazione di c.d. predissesto).

 

La procedura di riequilibrio finanziario prevista dall’articolo 243-bis del TUEL, attivata con deliberazione consiliare, prevede che entro i successivi 90 giorni (decorrenti dalla data di esecutività della delibera) l’ente approvi un piano di riequilibrio della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario, che deve contenere tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio. Il piano deve essere trasmesso alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (prevista dall’articolo 155 del TUEL) ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, ai fini della sua approvazione da parte della Corte, secondo le procedure stabilite dall’articolo 243-quater.

Ai fini del riequilibrio l’ente interessato può avvalersi di una apposita anticipazione, prevista dall’articolo 243-ter, erogata dallo Stato a valere sull’apposito Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, con predeterminati massimali (300 euro per abitante per i comuni e 20 euro per abitante per le province), che deve essere restituita entro 10 anni.

In caso di accesso al Fondo, l’ente locale deve adottare alcune specifiche misure di riequilibrio statuite dall’articolo 243-bis, consistenti nella riduzione delle spese per il personale, di quelle per prestazioni di servizi e di trasferimenti, nonché nel blocco dell’indebitamento.

 

La lettera b) modifica l’articolo 258 del TUEL, che reca modalità semplificate di accertamento e di liquidazione dei debiti, al fine di ricomprendere anche l’Erario tra i creditori dell’ente dissestato per i quali l’organo straordinario di liquidazione può proporre un accordo transattivo per il pagamento di una quota parte del credito vantato.

A tal fine è modificato il comma 3 dell’articolo 258.

 

Il comma 3 dell’articolo 258 prevede che l'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, possa definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. A tal fine, l’organo straordinario di liquidazione propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a 30 giorni. Ricevuta l'accettazione, l'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento nei trenta giorni successivi.

 


Articolo 16
(Disposizioni in materia di personale)

 

 

L’articolo 16, comma 1, abroga la previsione (contenuta nell’art. 1, c. 557, lett. a), della L. 296/2006) secondo cui gli enti sottoposti al Patto di stabilità interno procedono, ai fini del contenimento della spesa di personale, alla riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, sono stati introdotti quattro nuovi commi, relativi alla spesa di personale per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità (comma 1-bis), alle procedure di mobilità concernenti il personale soprannumerario delle province (comma 1-ter), a specifici contratti a tempo determinato stipulati dagli enti locali, i quali sono esclusi dai vincoli di spesa normativamente fissati (comma 1-quater) e alla disapplicazione dei vincoli alle assunzioni a tempo determinato nei comuni istituiti a seguito di fusioni (comma 1-quinquies).

 

L’articolo 16 (la cui rubrica è stata modificata nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, passando da “spese di personale” a “disposizioni in materia di personale”) al comma 1 abroga la previsione (contenuta nell’art. 1, c. 557, lett. a), della L. n. 296/2006) secondo cui gli enti sottoposti al Patto di stabilità interno, ai fini del contenimento della spesa di personale, procedono alla riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti.

 

L’articolo 1, comma 557, della L. n. 296/2006 contiene disposizioni volte al contenimento della spesa del personale degli enti sottoposti al Patto di stabilità interno[22], evidenziando innanzitutto che la riduzione di tali spese include gli oneri riflessi e l'IRAP ed esclude gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali[23]. Allo stesso tempo, vengono indicati i principi sui quali modulare le azioni volte al contenimento dei costi; in particolare, la lettera a) del citato comma 557 disponeva, nella versione previgente al provvedimento in esame, la riduzione dell’incidenza percentuale delle spese per il personale sul totale delle spese correnti, attraverso una parziale reintegrazione dei cessati e il contenimento del lavoro flessibile. Le altre azioni contemplate dal richiamato comma 557 volte al contenimento della spesa di personale, che continuano ad essere in vigore, consistono nello snellimento delle strutture con accorpamento di uffici e la riduzione della percentuale delle posizioni dirigenziali (lettera b)) e nel contenimento della crescita della contrattazione integrativa anche in coerenza con le disposizioni dettate per le amministrazioni statali (lettera c)).

La norma, come evidenziato nella Relazione illustrativa, si pone in continuità con l’abrogazione (da parte dell’art. 3, c. 5, del D.L. n. 90/2014) dell’art. 76, c. 7, del D.L. n. 112/2008 che stabiliva il divieto, per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale fosse pari o superiore al 50% delle spese correnti, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale.

La disposizione in esame sembrerebbe voler risolvere le problematicità emerse anche in sede di esame della Corte dei conti che auspicava un intervento legislativo risolutivo[24].

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, sono stati introdotti quattro nuovi commi, il comma 1-bis (relativo alla spesa di personale per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità), comma 1-ter (relativo alle procedure di mobilità concernenti il personale soprannumerario delle province), comma 1-quater (in base al quale i contratti a tempo determinato stipulati dagli enti locali per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, non rientrano nei vincoli di spesa normativamente fissati), comma 1-quinquies (relativo alle condizioni per poter disapplicare i vincoli alle assunzioni a tempo determinato nei comuni istituiti a seguito di fusioni).

 

Il comma 1-bis, aggiungendo un periodo all’articolo 1, comma 228, della L. 208/2015 (relativo alle limitazioni al turn over nella P.A. per il triennio 2016-2018), dispone (fermo restando quanto stabilito dall’articolo 1, comma 562, della L. 296/2006), per gli enti che nel 2015 non erano sottoposti alla disciplina del patto di stabilità interno, che qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, come definito per il triennio 2014-2016 dal D.M. 24 luglio 2014, la limitazione percentuale al turn over venga innalzata al 75% (in luogo dell’attuale 25%) nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti

 

La normativa sulle limitazioni alle facoltà assunzionali a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni è stata caratterizzata negli ultimi anni da molteplici interventi. Per quanto attiene alle amministrazioni dello Stato (ed altri enti ed organismi individuati di volta in volta) la disciplina della limitazione del turn over è stata caratterizzata dalla fissazione di percentuali massime di reintegrazione dei cessati e dal ripetuto prolungamento del periodo di applicazione delle limitazioni.

Per quanto attiene, in particolare, al triennio 2016/2018, la percentuale di limitazione alle assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale per specifiche amministrazioni dello Stato e per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno è stata ridotta, dall'articolo 1, commi 227-228, della L. 208/2015 (stabilità 2016), nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente.

 

L’articolo 1, comma 562, della L. 296/2006 ha imposto agli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno un duplice limite (sembrerebbe a regime) in tema di spesa per il personale. Da un lato, tali enti non devono superare l’ammontare della spesa per il personale effettuata nel 2004 (a tal fine le spese di personale si considerano al lordo degli oneri contributivi e dell’IRAP, mentre non comprendono gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali). Dall’altro, i medesimi enti possono effettuare assunzioni di personale (è da intendersi: a tempo indeterminato) nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente avvenute nell'anno precedente.

 

Il D.M. 24 luglio 2014 determina, per il triennio 2014-2016, la media nazionale per classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per i comuni e le province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto finanziario e per quelli che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Più specificamente, il rapporto medio dipendenti-popolazione è pari a 1/78 per i comuni fino a 499 abitanti, ad 1/103 per i comuni da 500 a 999 abitanti, ad 1/123 per i comuni da 1.000 a 1.999 abitanti, 1/137 per i comuni da 2.000 a 2.999 abitanti, ad 1/143 per i comuni da 3.000 a 4.999 abitanti e ad 1/151 per i comuni da 5.000 a 9.999 abitanti.

 

Il comma 1-ter prevede che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, i Comuni e le città metropolitane delle regioni in cui sia stato ricollocato il 90% del personale soprannumerario delle province possano riattivare le procedure di mobilità.

 

La disciplina della mobilità del personale pubblico è contenuta sostanzialmente negli articoli 29-bis (mobilità intercompartimentale), 30 (mobilità volontaria e obbligatoria) e da 33 a 34-bis (mobilità collettiva) del D.Lgs. 165/2001. Inoltre, l’articolo 31 dello stesso decreto legislativo disciplina il passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività.

La disciplina della mobilità volontaria (istituto che permette di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, dietro domanda di trasferimento e con assenso dell'amministrazione di appartenenza) è stata significativamente modificata (con contestuale nullità delle clausole contrattuali in contrasto con la nuova disciplina) dall’articolo 4, comma 1, del recente D.L n. 90/2014, il quale ha disposto, in primo luogo, la possibilità (in via sperimentale), di trasferimenti anche in mancanza dell’assenso dell’amministrazione di appartenenza, a condizione che l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell’amministrazione di provenienza. Oltre a ciò, le sedi delle pubbliche amministrazione ubicate nel territorio dello stesso comune o a una distanza inferiore a 50 chilometri dalla sede di prima assegnazione sono considerate come medesima unità produttiva, con la conseguenza che all’interno di tale area i dipendenti sono tenuti a prestare la loro attività lavorativa, previo accordo tra le amministrazioni interessate o anche in assenza di accordo, quando sia necessario sopperire a carenze di organico. E’ stato inoltre istituito il portale per l’incontro tra domanda e offerta di mobilità, nonché l’obbligo, per le amministrazioni che intendano avvalersi della mobilità, della pubblicazione sul proprio sito istituzionale, per un periodo minimo di 30 giorni, del bando che indica i posti che si intendano coprire.

La mobilità collettiva (che si verifica nelle ipotesi di soprannumero o eccedenze di personale) è regolamentata da una specifica disciplina alla quale devono attenersi le amministrazioni (con conseguente divieto di assunzioni in caso di mancata osservanza della stessa). Scopo dell’istituto è verificare la possibilità di applicare le norme in materia di collocamento a riposo d'ufficio al compimento dell'anzianità massima contributiva del personale interessato, oppure di pervenire alla ricollocazione totale (o parziale) del personale in soprannumero o di eccedenza nell'ambito della stessa amministrazione (o presso altre amministrazioni comprese nell'ambito della Regione o in quello diverso determinato dai contratti collettivi nazionali), anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del rapporto di lavoro.

Infine, al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione delle pubbliche amministrazioni del personale non dirigenziale (cd. mobilità intercompartimentale) il D.P.C.M. 26 giugno 2015 ha individuato la corrispondenza fra i livelli economici di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione. Il richiamato D.P.C.M., in particolare, ha precisato l’obbligo per le amministrazioni di equiparare le aree funzionali e le categorie di inquadramento del personale appartenente ai diversi comparti di contrattazione, tenendo conto delle mansioni, dei compiti, delle responsabilità e dei titoli di accesso relativi alle qualifiche ed ai profili professionali (per i quali è comunque vietato l’accesso a quelli con superiore contenuto professionale nonché il rispetto della fascia economica di riferimento).

 

Il comma 1-quater dispone che i contratti a tempo determinato stipulati dagli enti locali per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, non rientrino nei vincoli di spesa normativamente fissati.

Più specificamente, si dispone che le spese sostenute per le suddette tipologie contrattuali stipulate con i soggetti sopra richiamati non rientrino nel più generale vincolo di spesa previsto dall’articolo 9, comma 28, del D.L n. 78/2010, secondo cui le spese per il personale a tempo determinato sostenute dagli enti locali non possono superare il 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

 

In generale, il comma 28 dell’articolo 9 del D.L. 78/2010 ha ridotto del 50% (60% per gli enti locali in sperimentazione di cui all’articolo 36[25] del D.Lgs. 118/2011) rispetto alla spesa sostenuta nell’anno 2009 la spesa di specifiche pubbliche amministrazioni (inoltre, i contenuti della disposizione costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del S.S.N.):

§  per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;

§  per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio.

Vengono poi individuate una serie di deroghe ed eccezioni all’applicazione di tali limiti di spesa (ad es. le limitazioni previste dal comma in oggetto non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della L. 296/2006, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente), il mancato rispetto dei quali costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Il comma 28 specifica che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

Infine, con l’ultimo periodo è stato stabilito che per le amministrazioni che nell'anno 2009 non abbiano sostenuto spese per le finalità previste dal comma in esame, il limite del 50% vada riferito alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.

 

Infine, il comma 1-quinquies (modificando la lettera a) dell’articolo 1, comma 450, della L. n. 190/2014), interviene sui vincoli stabiliti dalla normativa vigente per le assunzioni con contratti a tempo determinato nei comuni istituiti a seguito di fusioni, nei primi 5 anni dalla fusione.

In particolare, viene soppressa la condizione che, ai fini della disapplicazione (per i richiamati comuni) dei vincoli stabiliti dalla normativa vigente per le assunzioni con contratti a tempo determinato (fermo restando il limite della spesa complessiva per il personale sostenuta dai singoli enti nell’anno precedente la fusione, ed i vincoli generali sull’equilibrio dei bilanci) richiede che il rapporto della spesa personale sulla spesa corrente sia inferiore al 30%.

 


Articolo 17
(Personale insegnante ed educativo)

 

 

L’articolo 17 reca disposizioni in materia di assunzioni (in deroga alla normativa vigente) a tempo indeterminato effettuate dai comuni relativamente al personale educativo e scolastico delle scuole d’infanzia e degli asili nido[26] (attraverso l’introduzione dei nuovi commi  228-bis e 228-ter nella L. 208/2015), rese possibili sia mediante un apposito piano triennale straordinario, sia ricorrendo a specifiche procedure di stabilizzazione (nel triennio scolastico 2016-2018) di contingenti dello stesso personale impiegato a tempo determinato.

Nel corso dell’esame presso la Camera, sono stati introdotti due ulteriori commi (il 228-quater e il 228-quinquies nella L. 208/2015), con i quali viene riconosciuta (comma 228-quater) agli enti locali e alle istituzioni locali la facoltà (comunque non oltre il 31 dicembre 2019): di esperire procedure concorsuali finalizzate a valorizzare specifiche esperienze professionali maturate all'interno dei medesimi enti ed istituzioni locali che gestiscono i servizi per l'infanzia; di prorogare le graduatorie vigenti per un massimo di 3 anni a partire dal 1° settembre 2016; e di superare la fase preselettiva per coloro che abbiano maturato un'esperienza lavorativa di almeno 150 giorni di lavoro nell'amministrazione che bandisce il concorso.

Infine, si prevede che le disposizioni di cui ai precedenti commi 228-bis e 228-ter trovino applicazione anche per i comuni che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno nel 2015 (comma 228-quinquies).

 

Il nuovo comma 228-bis dell’articolo 1 della L. n. 208/2015, al fine di garantire la continuità e assicurare la qualità del servizio educativo nei citati istituti degli enti locali, riconosce ai comuni la facoltà (in analogia con quanto disposto dalla L. 107/2015 per il sistema nazionale di istruzione e formazione) di procedere, nel triennio 2016-2018, ad un piano triennale straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale insegnante ed educativo, per consentire il mantenimento dei livelli di offerta formativa, nei limiti delle disponibilità di organico e della spesa di personale sostenuta per assicurare i relativi servizi nell’anno educativo e scolastico 2015-2016 (fermo restando il rispetto degli obiettivi del saldo non negativo, in termini di competenza).

 

L’art. 1, commi 95-104 della L. n. 107/2015 ha previsto l'avvio, per l'a.s. 2015/2016, di un piano straordinario di assunzioni di docenti a tempo indeterminato, rivolto a vincitori ed idonei del concorso del 2012 (bandito con D.D. n. 82/2012, pubblicato nella GU - 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012) e agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (di cui all’art. 1, co. 695, lett. c), L. 296/2006).

In particolare, è stato previsto che il piano sarebbe stato avviato solo dopo aver proceduto, per lo stesso a.s., alle ordinarie operazioni di immissione in ruolo effettuate attingendo per il 50% alle graduatorie dei concorsi e per il 50% alle graduatorie ad esaurimento (art. 399 d.lgs. 297/1994) e sarebbe stato finalizzato, anzitutto, a coprire i posti comuni e di sostegno rimasti vacanti e disponibili all'esito delle precedenti immissioni. Inoltre, per lo stesso a.s., il MIUR è stato autorizzato a coprire ulteriori posti destinati al potenziamento dell'offerta formativa e alla copertura delle supplenze temporanee fino a 10 giorni nella scuola primaria e secondaria, e ulteriori posti di potenziamento per il sostegno. Dall'a.s. 2016/2017, questi posti confluiranno nell'organico dell'autonomia e ne costituiranno i posti per il potenziamento.

Per la prima fase del piano straordinario è stata prevista la conclusione con l'assunzione entro il 15 settembre 2015. Per le fasi successive, è stata prevista la presentazione della domanda di assunzione, l'espressione dell'ordine di preferenza fra tutte le province, e, se si era in possesso della specializzazione, fra posti di sostegno e posti comuni. La decorrenza giuridica delle assunzioni è stata fissata al 1° settembre 2015, mentre la decorrenza economica è stata fissata dalla presa di servizio presso la sede assegnata, variabile fra il termine della relativa fase (se i destinatari non fossero stati impegnati in contratti di supplenza o fossero stati titolari di supplenze brevi e saltuarie), il 1° luglio 2016 (se i destinatari fossero stati titolari di supplenze fino al termine delle attività didattiche) e il 1° settembre 2016 (se i destinatari fossero stati impegnati in supplenze annuali).

Il piano straordinario di assunzioni è stato indetto con decreto direttoriale n. 767 del 17 luglio 2015.

Il 14 gennaio 2016, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata 5-07353, il rappresentante del Governo ha fatto presente che le operazioni di nomina si sono concluse tutte nei tempi previsti ed in particolare: le fasi O (ordinarie operazioni di immissioni in ruolo) e A (prima fase del piano straordinario), entro il mese di luglio 2015; la fase B (copertura dei posti di organico di diritto rimasti vacanti e disponibili dopo la fase A), il 2 settembre 2015; la fase C (copertura dei posti per il potenziamento dell'offerta formativa) il 10 novembre 2015. All'esito delle operazioni O, A e B, a livello nazionale, sono risultati immessi in ruolo su posti comuni 24.370 docenti e su posti di sostegno 14.241 docenti. All'esito della fase C, funzionale all'immissione in ruolo dell'organico per il potenziamento, le immissioni in ruolo sono state pari a 44.677, cui se ne debbono aggiungere 2.788 sul sostegno. Al termine delle operazioni, le proposte di nomina in ruolo accettate sono state complessivamente 86.076.

 

Il nuovo comma 228-ter dell’articolo 1 della L. 208/2015 prevede che i comuni, nel triennio scolastico 2016-2018, come specificato nel corso dell’esame presso la Camera, possano effettuare procedure di stabilizzazione di contingenti di personale educativo e scolastico impiegato a tempo determinato nelle scuole d’infanzia e degli asili nido, sempre per consentire, come evidenziato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, il mantenimento dei livelli di offerta formativa.

In primo luogo, si dispone (al fine di ridurre il ricorso ai contratti a termine nonché valorizzare la professionalità acquisita dal personale citato) la possibilità per i comuni di assumere, nei richiamati istituti scolastici, personale inserito in proprie graduatorie (adottate ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del D.L. n. 101/2013, nonché dell'articolo l, comma 558, della L. n. 296/2006, e dell'articolo 3, comma 90, della L. n. 244/2007), nonché personale inserito in altre (si suppone ulteriori) proprie graduatorie definite a seguito di prove selettive per titoli ed esami.

 

L’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 101/2013, al fine di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al contempo, di ridurre il numero dei contratti a termine, ha previsto la possibilità per le P.A., dal 1° settembre 2013 fino al 31 dicembre 2018, nel limite massimo del 50% delle risorse disponibili per le assunzioni, di bandire procedure concorsuali (per titoli ed esami) per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale.

Le procedure concorsuali sono riservate esclusivamente ai soggetti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 519 e 558 della L. 296/2006 e all’articolo 3, comma 90, della L. 244/2007[27], nonché ai soggetti che al 1° settembre 2013 avessero maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione emanante il bando, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici.

È inoltre stata prevista una specifica procedura per il personale non dirigenziale delle province (in possesso dei richiamati requisiti), il quale può partecipare ad una procedura selettiva indetta da un'amministrazione avente sede nel territorio provinciale (anche se non dipendente dall'amministrazione che emana il bando).

Le procedure concorsuali possono essere avviate unicamente sulle risorse per assunzioni relative al quadriennio 2013-2016, anche considerate complessivamente e non anno per anno, e in misura non superiore al 50% (delle suddette risorse), mentre le relative graduatorie sono utilizzabili per le assunzioni nel quadriennio 2013-2016.

Tali procedure concorsuali sono alternative a quelle previste dall’articolo 35, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 165/2001[28]. Resta, infine, ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore.

 

Il secondo periodo del nuovo comma 228-ter prevede la possibilità, per i comuni interessati, di utilizzare le risorse destinate all’assunzione di personale di cui all’articolo 9, comma 28 del D.L. n. 78/2010[29] (si tratta di personale assunto con contratti a tempo determinato e con altre tipologie contrattuali flessibili) per assunzioni a tempo indeterminato volte al superamento dei medesimi contratti a termine, con contestuale e definitiva riduzione di tale valore di spesa dal tetto di cui al predetto articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010.

Tali risorse possono essere utilizzate, fermo restando il rispetto degli obiettivi del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate e le spese finali[30], e le norme di contenimento della spesa di personale, qualora le amministrazioni richiamate possano sostenere a regime la spesa di personale di cui all'articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, riferita ai soli contratti a tempo determinato sottoscritti con il personale educativo e scolastico delle scuole d’infanzia e degli asili nido, in misura non superiore all'ammontare medio relativo al triennio anteriore al 2016.

 

Il terzo e quarto periodo del nuovo comma 228-ter prevedono altresì la possibilità per i comuni di avviare (sotto specifiche condizioni) una ulteriore procedura di stabilizzazione del personale insegnante ed educativo in possesso di specifici requisiti. In particolare, la stabilizzazione (da effettuarsi mediante procedure selettive per titoli ed esami) riguarda il personale che abbia maturato, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, tre anni di servizio, anche non continuativi, con contratto a tempo determinato alle dipendenze del l'amministrazione che indice le procedure di reclutamento, nel limite massimo del 50% delle facoltà di assunzione definite nel piano triennale (di cui al precedente comma 228-bis, vedi supra) e al netto di quelle utilizzate per lo scorrimento delle graduatorie in precedenza richiamate (in riduzione della spesa di cui all'articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010).

Ulteriore condizione per le assunzioni concerne la composizione delle graduatorie compilate in relazione alle citate procedure selettive di stabilizzazione, le quali devono essere costituite da un numero di soggetti pari, al massimo, al numero dei posti per i quali queste sono bandite, maggiorato del 10%.

Infine, si dispone che nelle more del completamento delle procedure di stabilizzazione (e comunque non oltre il 31 dicembre 2019, termine prorogato di 1 anno nel corso dell’esame presso la Camera, in luogo del 31 dicembre 2018 originariamente previsto) resta valida l’esclusione dei contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze dalla disciplina generale (ai sensi dell’articolo 29, comma 2, lettera c), del D.Lgs. n. 81/2015) relativa al contratto a tempo determinato (contenuta nello stesso D.Lgs. n. 81/2015).

 

Si ricorda, al riguardo, che la Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 3 del 2 settembre 2015, recante la disciplina applicabile ai rapporti di lavoro a tempo determinato del personale delle scuole comunali, con particolare riferimento ai limiti di durata, emanata al fine di chiarire l'ambito di applicazione dell'articolo 29, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 e dell'articolo 1, commi 131 e 132, della L. n. 107/2015, ha evidenziato l’applicabilità dell'esclusione dalla disciplina generale del lavoro a tempo determinato (posta dal richiamato D.Lgs. n. 81/2015), e, al contrario, la non diretta applicabilità della disciplina speciale della L. n. 107/2015 (che ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, A.T.A., presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di 36 mesi). La circolare, nello specifico, sottolinea come la richiamata disposizione sia inserita “in una legge che prevede un piano straordinario di assunzioni, con l'ampliamento dell'organico delle istituzioni scolastiche statali, volto tra l'altro a consentire un ricorso molto più limitato ai rapporti di lavoro a tempo determinato nel settore. Essa fa riferimento al solo personale delle istituzioni scolastiche cd educative statali”. I comuni, non tenuti all’osservanza della L. n. 107/2015, possono comunque tener conto nella gestione del proprio personale, dell’orientamento (indicato nella stessa legge) volto al superamento del precariato nel settore scolastico attraverso un percorso di assunzioni, predisponendo misure volte al superamento del precariato nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e nei limiti della sostenibilità finanziaria.

 

Nel corso dell’esame presso la Camera, inoltre, sono stati introdotti due nuovi commi (il 228-quater e il 228-quinquies) nell’articolo 1 della L. 208/2015.

In particolare, il nuovo comma 228-quater riconosce la facoltà agli enti locali e alle istituzioni locali (nei tempi in precedenza stabiliti e comunque non oltre il 31 dicembre 2019), nell'ambito della propria autonomia organizzativa, di esperire specifiche procedure concorsuali finalizzate a valorizzare specifiche esperienze professionali maturate all'interno dei medesimi enti ed istituzioni locali che gestiscono i servizi per l'infanzia.

Inoltre, tali enti ed istituzioni possono altresì prevedere, anche contestualmente:

§  la proroga delle graduatorie vigenti per un massimo di 3 anni a partire dal 1° settembre 2016;

§  il superamento della fase preselettiva per coloro che abbiano maturato un'esperienza lavorativa di almeno 150 giorni di lavoro nell'amministrazione che bandisce il concorso[31].

 

Il nuovo comma 228-quinquies, infine, prevede che le disposizioni di cui ai precedenti commi 228-bis e 228-ter trovano applicazione anche per i comuni che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno nel 2015.


Articolo 18
(Servizio riscossione enti locali)

 

 

L’articolo 18 proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2016 il termine di operatività delle vigenti disposizioni in materia di riscossione delle entrate locali, superando la precedente scadenza a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero dovuto cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è stato aggiunto il comma 1-bis, volto a consentire ai gestori di servizi di trasporto pubblico regionale e locale il ricorso alla riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti derivanti dalla constatazione di irregolarità di viaggio accertate a carico degli utenti, ivi incluse le relative sanzioni.

 

La disposizione di cui al comma 1 in esame interviene - come esplicitato nel testo - nelle more del riordino della disciplina della riscossione delle entrate, al fine di consentire la prosecuzione del servizio senza soluzione di continuità da parte degli enti locali.

Si modifica l’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013, così posticipando dal 30 giugno 2016 al 31 dicembre 2016:

§  il termine entro cui le società agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;

§  il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l’attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 

Si evidenzia che il termine originario era stato fissato dalla legge di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011 nel 1° gennaio 2012. L’articolo 7, lettera gg-ter), del citato decreto-legge, con riferimento all’attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa), consentiva fino a tale termine ad Equitalia e alle società per azioni dalla stessa partecipata di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 10, comma 13-octies, del decreto-legge n. 201 del 2011 e al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012.

Successivamente il comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 (nella sua formulazione originaria) consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. Sul comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 è intervenuto l’articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni. Tale diverso termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali. Il decreto-legge n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio delle funzioni relative alla riscossione.

Il nuovo termine è stato rinviato dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) al 31 dicembre 2014, dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 642 della legge n. 190 del 2014) al 30 giugno 2015 e dal decreto-legge n. 78 del 2015 (articolo 7, comma 7) al 31 dicembre 2015. Da ultimo, il decreto-legge n. 210 del 2015 (articolo 10, comma 1) ha differito il termine al 30 giugno 2016.

 

Si ricorda che la legge delega sulla riforma fiscale (legge n. 23 del 2014) dedicava specifica attenzione al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell’ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intendeva procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei concessionari, all’emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Tuttavia, il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega, senza che tale norma sia stata attuata.

 

La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. n. 70/2011

Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies), del decreto-legge n. 70/2011 stabilisce che a partire da una specifica data – come si è visto, da ultimo il 30 giugno 2016 - Equitalia Spa e le società da essa partecipate cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate.

Dal momento di tale cessazione spetterà dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o dall’affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:

§  la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo;

§  le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. n. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.

Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati  questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione – entro la prima decade del mese.

 

Il vigente sistema di riscossione delle entrate locali

A seguito della riforma della riscossione operata dal decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare, ai sensi del comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.A. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).

In alternativa, ai concessionari è stato consentito di scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai sensi del successivo comma 25, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi sia diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Infine, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 

Il comma 1-bis, come detto, attribuisce ai gestori di servizi di trasporto pubblico regionale e locale la facoltà di ricorrere alla riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti derivanti dalla constatazione di irregolarità di viaggio accertate a carico degli utenti e dalla successiva irrorazione di sanzioni.

 

Al riguardo, si segnala che la normativa vigente (articolo 17, comma 3-bis, del d.lgs. n.46/1999) prevede la possibilità per sole società per azioni a partecipazione pubblica di chiedere al Ministro dell'economia e delle finanze l’autorizzazione alla riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti. Tale autorizzazione viene rilasciata previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti.

 

Attualmente la riscossione dei crediti derivanti dall’accertamento delle irregolarità di viaggio è soggetta alle disposizioni in materia di sanzioni amministrative previste dalla legge n. 689 del 1981. L'applicazione della sanzione avviene secondo il seguente schema: accertamento, contestazione-notifica al trasgressore; pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all'autorità amministrativa; archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento da parte dell'autorità amministrativa; eventuale opposizione all'ordinanza ingiunzione davanti all'autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale); accoglimento dell'opposizione, anche parziale, o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione); eventuale esecuzione forzata per la riscossione delle somme.

Dal punto di vista procedimentale, occorre innanzitutto che la sanzione sia accertata dagli organi di controllo competenti o dalla polizia giudiziaria (art. 13). La violazione dev'essere immediatamente contestata o comunque notificata al trasgressore entro 90 giorni (art. 14); entro i successivi 60 giorni l'autore può conciliare pagando una somma ridotta pari alla terza parte del massimo previsto o pari al doppio del minimo (cd. oblazione amministrativa o pagamento in misura ridotta, art. 16). In caso contrario, egli può, entro 30 giorni, presentare scritti difensivi all'autorità competente; quest'ultima, dopo aver esaminato i documenti e le eventuali memorie presentate, se ritiene sussistere la violazione contestata determina l'ammontare della sanzione con ordinanza motivata e ne ingiunge il pagamento (cd. ordinanza-ingiunzione, art. 18).

Entro 30 giorni dalla sua notificazione l'interessato può presentare opposizione all'ordinanza ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso al giudice di pace (art. 22, 22-bis). L'esecuzione dell'ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere o con un'ordinanza di convalida del provvedimento o con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento. Il giudice ha piena facoltà sull'atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito.

In caso di condizioni economiche disagiate del trasgressore, l'autorità che ha applicato la sanzione può concedere la rateazione del pagamento (art. 26)

Decorso il termine fissato dall'ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l'autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l'esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).

 


Articolo 19
(Copertura finanziaria Fondo contenziosi e Valle d’Aosta)

 

 

L’articolo 19 individua la copertura degli oneri relativi all'istituzione del Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti (articolo 4) e alle disposizioni, contenute nell'articolo 12, concernenti la regione Valle d'Aosta.

 

Il comma 1 provvede alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 4 e 12 del presente decreto, pari complessivamente a 90 milioni di euro per l'anno 2016 e a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2019, mediante una corrispondente riduzione, rispettivamente, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come rifinanziata dalle maggiori entrate rivenienti dall'articolo 11 del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, e della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, come rifinanziato dalle maggiori entrate rivenienti dall'articolo 11 del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59.

Il comma 200 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 ha istituito un ulteriore Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione, con la dotazione iniziale di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo – istituito presso il MEF - è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze (ad oggi risultano emanati i D.P.C.M. 6 e 12 novembre 2015).

Il decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica, al comma 5 dell'articolo 10 ha disposto, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, l'istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze di un apposito «Fondo per interventi strutturali di politica economica» (FISPE).

Entrambi i Fondi in parola, più volte rifinanziati ed utilizzati con finalità di copertura, sono stati recentemente incrementati, come indicato espressamente dalla norma, con quota-parte delle maggiori entrate rivenienti dall'articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016, recante modifiche alla disciplina in materia di attività per imposte anticipate. In particolare, al Fondo di cui al comma 200 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 sono stati destinati 100 milioni di euro per il 2016, mentre al FISPE sono stati destinati, limitandoci agli anni rilevanti per la presente disposizione, 101,7 milioni di euro per il 2017, 128 milioni di euro per il 2018 e 104,8 milioni di euro per il 2019.

 

Il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l'attuazione del presente decreto.

 


Articolo 20
(Tempestività nei pagamenti)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 20 fissa tempi certi per l’approvazione in via definitiva del decreto di riparto delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale. In tal modo si permette alle regioni di poter programmare in maniera più soddisfacente le attività economiche e gestionali dei propri servizi sanitari, fra queste il rispetto della regolarità dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale. A tal fine, secondo la procedura indicata dal D.Lgs. 68/2011, vengono indicati i termini certi per l’individuazione delle regioni in equilibrio economico e per la definizione dei pesi nonché per l’individuazione delle regioni di riferimento (regioni benchmark); adempimenti propedeutici per la determinazione dei costi standard e dei fabbisogni sanitari regionali, ovvero per il riparto fra le regioni del fabbisogno sanitario nazionale, che, dal 2017, dovrà essere adottato in via definitiva al massimo entro il termine del 30 settembre dell’anno di riferimento.

Il successivo comma 2, per l'esercizio finanziario 2016, in relazione alla tardiva definizione del riparto delle risorse destinate al SSN per il 2014 ed il 2015 ed al ritardo nella determinazione della compartecipazione all’IVA, autorizza l’erogazione alle regioni della quota di finanziamento SSN 2014 e 2015 (ad esclusione della quota premiale) non ancora trasferita alle regioni a titolo di anticipazioni di tesoreria.

Il comma 2-bis - inserito dalla Camera - concerne l’attuazione del programma di informatizzazione del Servizio sanitario nazionale.

 

Determinazione dei fabbisogni sanitari regionali standard secondo le procedure previste dal D.Lgs. n. 68/2011

 

Il D.Lgs. n. 68/2011 prevede, all’art. 26, comma 1, che, a decorrere dal 2013, il fabbisogno sanitario nazionale standard - ossia l’ammontare di risorse necessarie per assicurare i livelli essenziali di assistenza (Lea) in condizione di efficienza e appropriatezza -, è determinato, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria. In sede di determinazione sono distinte la quota destinata complessivamente alle regioni a statuto ordinario, comprensiva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale ai sensi degli articoli 1, comma 34 e 34-bis, della legge 662/1996, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni.

Il fabbisogno sanitario nazionale standard così individuato viene ripartito tra le regioni. Ai sensi dell’art. 27, comma 4, del D.Lgs. 68/2011, per la predisposizione del riparto, e la conseguente individuazione dei fabbisogni standard regionali, devono essere individuati, e poi applicati, i valori di costo rilevati nelle regioni di riferimento (regioni benchmark).

La procedura di individuazione delle regioni di riferimento, prevista dall’articolo 27, comma 5, del D.Lgs. 68/2011, è articolata in tre fasi: definizione dei criteri di qualità, appropriatezza ed efficienza in sede di Conferenza Stato-Regioni e pubblicazione degli stessi in un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (di cui alla Delibera del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2012); individuazione, da parte del Ministro della salute, di concerto con il MEF, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, delle cinque migliori regioni eleggibili che abbiano garantito l’erogazione dei Lea in condizione di equilibri economico, che rispettino criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficienza e che non siano assoggettate a piani di rientro; scelta, da parte della Conferenza Stato-Regioni, tra le cinque regioni eleggibili, di tre regioni quali regioni di riferimento per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard del settore sanitario.

Con nota 1104 del 16 dicembre 2015, il Ministero della salute, di concerto con il Mef, acquisito il parere favorevole del Sottosegretario per gli affari regionali, ha trasmesso alla Segreteria della Conferenza Stato-Regioni la documentazione relativa alle cinque regioni eleggibili: Marche, Emilia Romagna, Umbria, Lombardia e Veneto. Nel corso della seduta del 17 dicembre 2015, la Conferenza Stato-Regioni ha provveduto ad individuare le tre regioni di riferimento: Marche, Umbria e Veneto.

Per quanto riguarda invece la determinazione dei costi standard, essi sono calcolati a livello aggregato per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza (collettiva, distrettuale e ospedaliera) in condizione di efficienza ed appropriatezza quali “media pro capite pesata del costo registrato dalle regioni di riferimento” (art. 27, comma 6, D.Lgs. 68/2011).

Si ricorda che nei riparti 2014 e 2015, la popolazione pesata regionale è stata calcolata utilizzando i pesi del riparto del Fondo sanitario nazionale anno 2011.

 

Di seguito viene indicata in modo sintetico la tempistica dell’intervento legislativo di cui al comma 1, che prevede:

 

solo per il 2016:

§  l’erogazione alle regioni del finanziamento Ssn, riferito agli anni 2014 e 2015, eccedente la quota premiale, non trasferito nel corso degli esercizi di riferimento.

 

dal 2016:

§  l’individuazione, entro il 15 settembre dell’anno precedente a quello di riferimento, delle cinque regioni, fra le quali sono scelte le tre regioni di riferimento (regioni benchmark) per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. Qualora i dati relativi alle regioni in equilibrio economico e i dati relativi ai pesi non siano disponibili in tempo utile a garantire il rispetto del termine, le regioni in equilibrio e i pesi sono individuati rispettivamente sulla base dei risultati e dei valori ultimi disponibili;

§  l’individuazione, entro il 30 settembre dell’anno precedente a quello di riferimento, delle tre regioni di riferimento per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

 

dal 2017:

§  la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali entro il 15 febbraio dell'anno di riferimento. La determinazione è aggiornata in caso di eventuale ridefinizione del livello del finanziamento per il Ssn;

§  se l’intesa di riparto non viene raggiunta entro il 15 febbraio, la determinazione in via provvisoria dei costi e dei fabbisogni standard è fissata da un decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF entro il 15 marzo dell’anno di riferimento;

§  qualora non venga raggiunta l'intesa di riparto, la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard è adottata in via definitiva entro il 30 settembre dell'anno di riferimento.

 

A seguire l’intervento legislativo è analizzato più nel dettaglio.

 

Tempistica per la determinazione dei fabbisogni sanitari regionali standard

 

Il comma 1 dell’articolo in commento apporta all'articolo 27 del D.Lgs. n. 68/2011 le seguenti modifiche:

 

a) dopo il comma 1 è inserito il comma 1-bis che, a decorrere dal 2017, stabilisce che:

a)  la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali avviene entro il 15 febbraio dell'anno di riferimento ed è aggiornata in caso di eventuale ridefinizione del livello del finanziamento per il Servizio sanitario nazionale;

L’art. 27, comma 1, del D.Lgs. 68/2011 stabilisce che il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di monitoraggio paritetica di supporto della Conferenza Stato-Regioni (STEM) determina annualmente i costi e i fabbisogni standard regionali. Si ricorda che compito della STEM è quello di favorire “un’autovalutazione regionale” e “l’avvio di un sistema di monitoraggio” dello stato dei servizi sanitari regionali.

 

b)  se l’intesa di riparto non viene raggiunta entro il 15 febbraio dell’anno di riferimento, si provvede in via provvisoria alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard con decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF, da adottarsi entro il 15 marzo dell'anno di riferimento. Il decreto fa riferimento alla proposta di riparto  del Ministero della salute presentata in Conferenza Stato-Regioni, ed assegna alle singole regioni il valore regionale individuato nella medesima proposta, al netto dello 0,5 per  cento. Con il medesimo decreto si provvede all'assegnazione alle regioni del 95 per cento del finanziamento degli obiettivi strategici e prioritari (obiettivi contenuti nel Piano sanitario nazionale) sui quali far convergere, in accordo con le Regioni, una quota del Fondo sanitario nazionale;

La Relazione al provvedimento sottolinea che lo 0,5% non viene corrisposto per mantenere un margine finanziario congruo sul quale le regioni possono eventualmente chiedere di applicare forme di riequilibrio.

 

c)   sulla base del decreto di determinazione provvisoria dei costi e dei fabbisogni standard il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad erogare alle regioni:

1)  le risorse previste dallo stesso decreto a titolo di anticipazione del finanziamento indistinto nelle percentuali del 97 o 98% delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta (ai sensi dell’art., comma 68, lettera b), della legge finanziaria 2010);

L’articolo 2, comma 68, lettera b) della legge finanziaria 2010 (legge 191/2009) autorizza il MEF a concedere alle regioni a statuto ordinario e alla regione Siciliana anticipazioni, con riferimento al livello del finanziamento a cui concorre ordinariamente lo Stato, da accreditare sulle contabilità speciali infruttifere presso le competenti sezioni di tesoreria provinciale dello Stato. Il livello di tale finanziamento è fissata al 97 per cento delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta, al netto delle entrate proprie e, per la regione Siciliana, della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria. Per le regioni che risultano adempienti nell'ultimo triennio rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa vigente, la misura della citata erogazione del finanziamento è fissata al livello del 98 per cento; tale livello può essere ulteriormente elevato compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica;

2)  le risorse previste a titolo di obiettivi di piano sanitario nazionale nelle percentuali d'acconto del 70% stabilite dall'articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

L’art. 1, comma 34, della legge 662/ 1996 prevede che il CIPE, su proposta del Ministro della sanità, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni può vincolare quote del Fondo Sanitario Nazionale alla realizzazione di obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati del Piano Sanitario Nazionale, da assegnare alle Regioni per la predisposizione di specifici progetti;

Successivamente, come stabilito dal successivo articolo 34-bis, il CIPE provvede a ripartire tra le regioni le quote vincolate del Fondo sanitario nazionale all'atto dell'adozione della propria delibera di ripartizione delle somme spettanti alle regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta di Fondo sanitario nazionale di parte corrente. Al fine di agevolare le regioni nell'attuazione dei progetti di cui al comma 34, il MEF provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell'importo complessivo annuo spettante a ciascuna Regione, mentre l'erogazione del restante 30 per cento è subordinata alla stipula di una intesa, in sede di Conferenza Stato- regioni, sulla ripartizione delle predette quote vincolate per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel comma. Le mancate presentazione ed approvazione dei progetti comportano, nell'anno di riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell'anno successivo, dell'anticipazione del 70 per cento già erogata.

 

d)  qualora non venga raggiunta l'intesa di riparto entro il 30 settembre dell'anno di riferimento, è adottata, con decreto del  Ministro della salute, di concerto  con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard in via definitiva;

 

e)   la determinazione definitiva dei costi e dei fabbisogni standard non può comportare per la singola Regione un livello del finanziamento inferiore al livello individuato in via provvisoria con il richiamato decreto interministeriale, ferma restando la rideterminazione dei costi e dei fabbisogni standard, e delle relative erogazioni in termini di cassa, eventualmente dovuta ad aggiornamento del livello complessivo del finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

 

Tempistica per l’individuazione delle regioni di riferimento (regioni benchmark)

 

La lettera b) del comma 1 dell’articolo in commento inserisce nel corpo dell'art. 27 del D.Lgs. 68/2011 il comma 5-bis con l’intento di accelerare la procedura di individuazione delle regioni di riferimento. A decorrere dall'anno 2016 il Ministro della salute, di concerto con il MEF, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, indica le cinque regioni eleggibili entro il termine del 15 settembre dell'anno precedente a quello di  riferimento e la Conferenza Stato-Regioni individua le tre regioni di riferimento entro il termine del 30 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento. Qualora non sia raggiunta l'intesa sulle tre regioni entro tale termine, le stesse sono automaticamente individuate nelle prime tre.

 

Tempistica per l’individuazione delle regioni in equilibrio economico e per la definizione dei pesi

 

La lettera c) del comma 1 dell’articolo in commento aggiunge al comma 7 dell’art. 27 del D.Lgs. n. 68/2011, in fine, un ulteriore periodo con lo scopo di favorire il rispetto dei termini per l’individuazione delle regioni di riferimento. Più in particolare, a decorrere dal 2016, qualora i dati relativi alle regioni in equilibrio economico e i dati relativi ai pesi non siano disponibili in tempo utile a garantire il rispetto del termine di cui al comma 5-bis, la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali è effettuata individuando le regioni in equilibrio e i pesi sulla base rispettivamente dei risultati e dei valori ultimi disponibili.

 

Erogazione delle somme a titolo di compartecipazione IVA

 

Come sottolineato dalla relazione del disegno di legge di conversione del presente decreto, negli esercizi 2014 e 2015 la tardiva acquisizione dell’intesa, in sede di Conferenza Stato-Regioni, sulla determinazione del fabbisogno sanitario delle regioni e sull’individuazione delle relative fonti di finanziamento non ha consentito l’erogazione alle regioni stesse, in termini di cassa, delle quote di finanziamento Ssn 2014 e 2015 eccedenti la quota premiale. Pertanto, il livello di anticipazioni di tesoreria non è stato misurato sul finanziamento del Ssn dell’esercizio di riferimento, ma piuttosto sul livello del finanziamento del secondo esercizio precedente a quello di riferimento, come previsto dalla legge finanziaria 2010 (art. 2, comma 68, legge 191/2009) e dalla Spending review (art. 15, comma 24, decreto-legge 95/ 2012).

 

L'art. 2, comma 68, della legge 191/2009, come prorogato dall'art. 15, comma 24, del decreto legge 95/2012, autorizza il MEF a concedere alle regioni a statuto ordinario e alla Sicilia anticipazioni rispetto al livello del finanziamento statale del SSN. L'erogazione è fissata al livello del 97 per cento (98 per cento per le regioni che hanno rispettato gli adempimenti previsti dalla vigente normativa nell'ultimo triennio) delle somme dovute in rapporto alla quota indistinta, al netto delle entrate proprie e, per la Sicilia, della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria. Le anticipazioni sulla quota di finanziamento condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali è fissata nelle misure del 3 per cento e del 2 per cento rispettivamente per le regioni che accedono all'erogazione nella misura del 97 per cento e per quelle che accedono all'erogazione nella misura del 98 per cento ovvero in misura superiore. All'erogazione di quest’ultima quota si provvede a seguito dell'esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla normativa vigente .

 

Ciò ha comportato un trasferimento di cassa inferiore al trasferimento che si sarebbe registrato se l’intesa fosse intervenuta in corso d’anno: la quota così rimasta non trasferita eccede il valore della cosiddetta quota premiale del finanziamento, il cui trasferimento è invece subordinato alla verifica positiva degli adempimenti regionali in ambito sanitario. Poiché, ai sensi della legislazione vigente, l’erogazione delle quote rimaste non trasferite è effettuabile solo in seguito al perfezionamento dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di determinazione delle quote di compartecipazione all’IVA delle regioni per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015, il comma 2 della proposta normativa in commento, di efficacia limitata all’anno 2016, consente, nelle more del predetto perfezionamento, di eseguire comunque i pagamenti delle quote di finanziamento non condizionate alla verifica con esito positivo degli adempimenti, al fine di favorire la regolare gestione di cassa delle regioni ed evitare ad esse un aggravio di oneri da ritardo dei pagamenti. Il livello dell’erogazione è determinato nei limiti delle disponibilità di cassa per il medesimo esercizio 2016. Sono autorizzati, in sede di consuntivazione dei dati riferiti ai due esercizi, eventuali necessari recuperi, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti per gli esercizi successivi.

 

La Relazione tecnica al provvedimento quantifica la quota eccedente la quota premiale in circa 1,5 miliardi di euro per il 2014 e in circa 2,4 miliardi di euro per il 2015. Come sottolineato dalla Corte dei conti: “Il ritardo con il quale viene approvato in via definitiva il riparto del FSN comporta una gestione “provvisoria” tra le contabilità speciali delle anticipazioni ricevute, con regolazioni contabili che intervengono in esercizi successivi”. La Corte ricorda inoltre che, nel 2014, le erogazioni effettuate dallo Stato alle Regioni, al netto del finanziamento pregresso e delle anticipazioni di liquidità, hanno rappresentato poco più del 96% del totale delle risorse fabbisogno indistinto. Per il 2014, i provvedimenti definitivi del CIPE sono stati adottati il 29 aprile 2015 In base alla Delibera CIPE n. 52 del 2015, le fonti di finanziamento indistinto dei LEA (ante-mobilità) sono rappresentate per l’87,8% dall’imposizione fiscale diretta (Irap e Irpef) ed indiretta (Iva e accise – D.Lgs. n. 56/2000), per l’1,9% dai ricavi ed entrate proprie convenzionali delle aziende sanitarie, dall’8,1% dalla partecipazione delle Regioni a statuto speciale e dalle province autonome e, infine, per il 2,3% dalla voce relativa al fondo sanitario nazionale. Si ricorda ancora che i trasferimenti agli enti sanitari regionali da parte delle Regioni (che a loro volta ricevono erogazioni dallo Stato), costituiscono la principale fonte di finanziamento per le attività svolte; pertanto, ritardi e/o riduzioni dei trasferimenti possono riflettersi in criticità nella gestione degli enti stessi (Corte dei conti, Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni Esercizio 2014, febbraio 2016).

 

Ai fini dell'effettiva razionalizzazione ed efficacia della spesa sanitaria, il comma 2-bis, inserito dalla Camera, impegna all’attuazione del programma di informatizzazione del Servizio sanitario nazionale, come previsto dall'articolo 15 del Patto per la salute 2014-2016, entro e non oltre le scadenze programmate dall'Agenda digitale - alcune delle quali risultano però già scadute -, con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, alle ricette digitali, alla dematerializzazione di referti e cartelle cliniche e alle prenotazioni e ai pagamenti on line.

 

Come sottolineato nel Rapporto del maggio 2016 dell’Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano “gli investimenti per la digitalizzazione della Sanità italiana nel 2015 si attestano a 1,34 miliardi di euro, pari all'1,2% della spesa sanitaria pubblica, circa 22 euro per abitante, mostrando una sostanziale stabilità rispetto al 2014 (1,37 miliardi di euro). Nel dettaglio, 930 milioni di euro sono stati spesi dalle strutture sanitarie, 320 milioni dalle Regioni, 70 milioni dai 47mila Medici di medicina Generale e 18 milioni direttamente dal Ministero della salute. Se da un lato appare positiva la conferma del budget 2014, quando molti attori avevano dovuto effettuare investimenti per aggiornare e mettere a norma applicazioni e infrastrutture, dall'altro non si vede l'atteso recupero verso livelli di investimento confrontabili a quelli degli altri Paesi europei. Il principale ambito di investimento delle aziende sanitarie è la Cartella Clinica Elettronica ma appaiono rilevanti per le direzioni strategiche anche i sistemi di gestione documentale e i servizi digitali al cittadino. Nel 2015 è stato dematerializzato il 40% dei referti e il 9% delle cartelle cliniche. Il 16% dei referti è stata consegnata on line al cittadino mentre le prenotazioni e i pagamenti effettuati via web sono rispettivamente, il 12% e l’8% del totale”.

Merita ricordare che l’articolo 15 del Nuovo Patto per la salute 2014-2016 impegnava le Regioni e il Governo a concordare entro agosto 2015 un “Patto per la sanità digitale”, ossia un piano strategico teso all’impiego sistematico dell’innovazione digitale in sanità. Il Patto nasce con l’obiettivo di disegnare un Master Plan quinquennale per la sanità elettronica, identificando i possibili ambiti di attivazione di iniziative di partenariato pubblicoprivato capaci di innescare un circuito virtuoso di risorse economiche destinate a finanziare gli investimenti necessari a realizzare una molteplicità di interventi, fra i quali vengono evidenziati come prioritari la diffusione del  Fascicolo sanitario elettronico (FSE),  soluzioni e servizi per la continuità assistenziale ospedaleterritorio, le prenotazioni e i pagamenti  on line delle prestazioni, nonché il teleconsulto e la telerefertazione.

Il 7 luglio 2016 è stata stipulata, in sede di Conferenza Stato-Regioni, l’Intesa sul Patto per la sanità digitale, il cui articolo 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Per quanto riguarda l’attuazione dell’Agenda digitale sanitaria[32], si ricorda che il D.P.C.M. 29 settembre 2015, n. 178, Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico, ha definito i contenuti minimi del Fse, comuni per tutti i fascicoli istituiti da Regioni e province autonome. Da gennaio 2016, a partire dalle Regioni che hanno già sviluppato il fascicolo regionale, il processo di implementazione entra nella sua fase operativa.

Per quanto riguarda le ricette digitali, il primo gennaio 2016 è entrato in vigore il D.P.C.M. del 14 novembre 2015, Definizione delle modalità di attuazione del comma 2 dell'articolo 13 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modifiche, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in materia di prescrizioni farmaceutiche in formato digitale, che disciplina alcuni aspetti riguardanti la ricetta farmaceutica dematerializzata.

 

 


Articolo 21
(Misure di governo della spesa farmaceutica e di efficientamento dell'azione dell'Agenzia italiana del farmaco)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 21 prevede una revisione del "sistema di governo" del settore farmaceutico, da compiersi entro il 31 dicembre 2016. I commi da 2 a 9, i commi da 13 a 15 ed il comma 23 concernono i criteri e le procedure per il ripiano - con riferimento alle quote a carico delle aziende farmaceutiche - del superamento, negli anni 2013-2015, del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale e di quello per la spesa farmaceutica ospedaliera[33]. I commi da 10 a 12 riguardano la determinazione delle quote a carico dei grossisti e dei farmacisti, con riguardo al ripiano del superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale per gli anni 2013 e 2015. Il comma 16 modifica, a decorrere dal 2016, la norma vigente su una specifica rimodulazione, con riferimento ai farmaci innovativi, delle quote di riparto tra le aziende farmaceutiche per il ripiano del superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale. I commi da 17 a 21 riguardano le quote di ripiano per l'eventuale superamento nel 2016 dei due suddetti limiti di spesa farmaceutica. Il comma 22 prevede l'accesso diretto da parte dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ad alcuni flussi informativi nonché la pubblicazione di alcuni dati di monitoraggio.

La Camera ha inserito il comma 23-bis, che pone l’obbligo per l’AIFA di concludere entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le negoziazioni, ancora pendenti al 31 dicembre 2015, per la determinazione dei prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale (SSN).

 

Si ricorda che, ai fini in oggetto, l'assistenza farmaceutica territoriale comprende sia la somministrazione di medicinali sulla base della disciplina convenzionale con le farmacie (al lordo delle quote di partecipazione alla spesa a carico degli assistiti) sia la distribuzione diretta (da parte del Servizio sanitario nazionale), incluse la distribuzione per conto[34] e la distribuzione in dimissione ospedaliera.

Il limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale è pari (a decorrere dal 2013) all'11,35% del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato[35], al netto degli importi corrisposti dal cittadino per l'acquisto di farmaci ad un prezzo diverso da quello massimo di rimborso stabilito dall'AIFA[36].

Il limite di spesa per la spesa farmaceutica ospedaliera è pari (sempre a decorrere dal 2013) al 3,5% della medesima base di calcolo (valida per il computo dell'altro limite). Nel computo di tale spesa non rientrano la distribuzione per conto e la distribuzione in dimissione ospedaliera (le quali, come detto, rientrano nel computo del limite per l'assistenza farmaceutica territoriale) né altre componenti, individuate dall'art. 15, commi 5 e 6, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135 (tra le quali la spesa ospedaliera per i farmaci non ammessi al rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale).

Per i casi di superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale, il ripiano è ripartito tra aziende farmaceutiche, grossisti e farmacisti, secondo la disciplina di cui all'art. 5, comma 3, del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222, e successive modificazioni. Per i casi di superamento dell'altro  limite, una quota pari al 50 per cento (del valore eccedente a livello nazionale) è a carico delle aziende farmaceutiche (secondo i criteri e le modalità di cui all'art. 15, comma 8, del citato D.L. n. 95 del 2012, e successive modificazioni) ed il restante 50 per cento è a carico delle sole regioni nelle quali si sia superato il limite, in proporzione ai rispettivi valori eccedenti[37].

 

Comma 1 - Norma programmatica

Il comma 1 prevede una revisione del "sistema di governo" del settore farmaceutico, da compiersi entro il 31 dicembre 2016.

 

Commi da 2 a 9, commi da 13 a 15 e comma 23 - Quote di ripiano a carico delle aziende farmaceutiche per gli anni 2013-2015

I commi da 2 a 9, i commi da 13 a 15 ed il comma 23 del presente articolo 21 concernono, come accennato, le quote a carico delle aziende farmaceutiche per il superamento di entrambi i limiti nell'anno 2013 e nell'anno 2015 e del solo limite per la spesa farmaceutica ospedaliera per il 2014 (anno in cui non si è verificato un superamento dell'altro limite). Come ricordano le relazioni illustrativa e tecnica allegate al disegno di legge di conversione del decreto in esame, le procedure per la corresponsione di tali quote non sono state ancora espletate dall'AIFA, anche a causa di diverse sentenze di annullamento del TAR del Lazio.

Il comma 2 prevede che, entro 15 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, l’AIFA pubblica sul proprio sito internet l’elenco provvisorio contenente gli importi dovuti a titolo di ripiano da parte delle aziende farmaceutiche titolari di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Entro i successivi 15 giorni le predette aziende farmaceutiche corrispondono provvisoriamente la quota di ripiano a proprio carico nella misura del 90 per cento per gli anni 2013 e 2014 e dell’80 per cento per l’anno 2015.

Entro 15 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, l’AIFA provvede a dare accesso completo alle aziende farmaceutiche, alle aziende della filiera distributiva e alle relative associazioni di categoria, ai dati relativi alla spesa farmaceutica aggregati per singola AIC, per mese, per Regione e con riferimento ai dati della distribuzione diretta e per conto di fascia “A” aggregati per azienda sanitaria (comma 4). Entro 15 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4 le aziende interessate, fermo l’obbligo di versamento in via provvisoria di cui al comma 2, possono chiedere la rettifica dei dati previa trasmissione all’AIFA di adeguata documentazione giustificativa. Come specificato dalla Camera, l'istanza di rettifica è pubblicata sui siti istituzionali della Regione interessata e dell'AIFA (comma 5). Nel caso di mancata istanza di rettifica, i dati diventano definitivi sia per l'azienda sia per le regioni e province autonome (comma 9). Entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 5, dopo aver effettuato, come specificato dalla Camera, le opportune verifiche, l'AIFA approva e pubblica, con determina del direttore generale, tenuto conto delle istanze di rettifica formulate dalle aziende, il documento recante il monitoraggio della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera per gli anni 2013, 2014 e 2015, che accerti il superamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale e del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera (comma 6).

Ai sensi del comma 8, il conguaglio è determinato dall'AIFA entro il 15 settembre 2016 ed è versato dalle aziende farmaceutiche entro il 15 ottobre 2016 (termine che è posto anche per la corresponsione all'azienda dell'importo eccedente, qualora la misura dell'acconto sia risultata superiore a quella delle quote a carico dell'azienda). La determinazione della quota annua definitiva (a carico di ciascuna azienda farmaceutica) è operata, secondo i commi 7 e 8, in proporzione all'entità del superamento del budget attribuito dall'AIFA all'azienda sulla base dei seguenti criteri. Si prende in considerazione il fatturato (dell'azienda) dell'anno precedente quello di riferimento[38] (accertato mediante la procedura suddetta), fatturato che viene aumentato o diminuito applicando la variazione percentuale corrispondente al rapporto tra il valore assoluto della somma dei due limiti di spesa farmaceutica dell'anno di riferimento e la spesa medesima verificatasi nell'anno precedente, e tenendo conto delle risorse incrementali rese disponibili dalla riduzione di spesa complessiva prevista per effetto delle decadenze di brevetto di tutte le aziende che avvengono nell'anno di riferimento. L'importo del budget annuo aziendale così determinato è ridotto (in proporzione allo stesso importo) in base alle risorse complessivamente attribuite dall'AIFA (ai sensi delle norme richiamate nel quarto periodo del comma 7) per i farmaci innovativi[39] e per i fondi di garanzia.

Inoltre, ai sensi del comma 15, la quota percentuale annua di ripiano a carico di ciascuna azienda è eventualmente incrementata, in relazione alle seguenti fattispecie:

§  per coprire il superamento, per i farmaci innovativi, delle risorse preordinate dall'AIFA in favore dei medesimi (tale incremento è ripartito tra le aziende secondo i criteri di cui al primo e al secondo periodo del comma 15);

§  ai fini di un riparto tra tutte le aziende della quota di superamento del budget assegnato (ai sensi del precedente comma 7) dall'AIFA ad un'azienda e che sia imputabile alla spesa ospedaliera per un farmaco orfano[40] (i criteri di tale riparto sono posti dal terzo periodo del comma 15).

Il quarto periodo del comma 15 pone una norma di chiusura per le nuove aziende farmaceutiche, rappresentate da quelle che abbiano distribuito in commercio per la prima volta (nell'anno oggetto del ripiano) uno o più farmaci - ad esclusione di quelli orfani o innovativi (e sempre che - come specificato dalla Camera - siano coperti da brevetto)  -, per i quali non sia disponibile alcun dato di fatturato relativo all'anno precedente. Tali aziende farmaceutiche partecipano al ripiano stesso nella misura massima del 10 per cento della variazione positiva del fatturato dei medesimi medicinali.

I commi 13 e 23 pongono, con riferimento ai ripiani in esame, norme contabili, mentre il comma 14 dispone l'applicazione, per il caso di mancata corresponsione, da parte delle aziende farmaceutiche, delle somme dovute a titolo di acconto o di conguaglio ai sensi dei commi in oggetto, della norma sanzionatoria vigente per il mancato versamento delle quote di ripiano (a carico delle medesime aziende) per il superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale. In base ad essa, i prezzi dei farmaci ancora coperti da brevetto sono ridotti in misura tale da coprire l'importo dovuto, incrementato del 20 per cento, nei successivi sei mesi[41].

 

Commi da 10 a 12 - Quote di ripiano a carico della filiera distributiva del farmaco per gli anni 2013 e 2015

 

I commi da 10 a 12 concernono la determinazione delle quote a carico dei grossisti e dei farmacisti, con riguardo al ripiano del superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale per gli anni 2013 e 2015. Nel testo originario, il comma 10 faceva letteralmente riferimento anche al 2014, anno in cui, tuttavia, non si è verificato il superamento del limite (come risulta anche dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto); la Camera, correggendo tale errore materiale, ha soppresso il riferimento al 2014.

Si ricorda che le quote di ripiano in oggetto sono recuperate tramite una riduzione provvisoria, in misura determinata dall'AIFA ed applicata per 6 mesi, delle quote di spettanza sul prezzo di vendita dei medicinali (con conseguente incremento dello sconto in favore del Servizio sanitario nazionale).

I commi da 10 a 12 in esame prevedono che, qualora dalle procedure esperite ai sensi dei precedenti commi 2, 4, 5, 6 e 9, emerga una variazione positiva del fatturato per medicinali di fascia A (ammessi al rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale), l'AIFA determini un incremento della riduzione suddetta - riduzione già disposta dall'AIFA nella misura di 0,64 punti percentuali -. L'eventuale incremento è determinato in via provvisoria e successivamente in via definitiva, in relazione alle omologhe modalità (rispettivamente, provvisoria e definitiva) delle procedure summenzionate di calcolo del fatturato.

 

Comma 16 - Rimodulazione, con riferimento ai farmaci innovativi, delle quote del ripiano a carico delle aziende farmaceutiche per il superamento del limite di spesa

 

Il comma 16 modifica, a decorrere dal 2016, la norma vigente sulla rimodulazione, con riferimento ai farmaci innovativi[42], delle quote del ripiano a carico delle aziende farmaceutiche per il superamento del limite di spesa.

In merito, la norma vigente prevede che la quota di spesa per farmaci innovativi eventualmente eccedente le risorse all'uopo preordinate dall'AIFA in sede di attribuzione dei budgets aziendali[43] sia ripartita, ai fini del ripiano, al lordo IVA, tra tutte le aziende, in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto; tuttavia, qualora il fatturato derivante dalla distribuzione commerciale di un farmaco innovativo sia superiore a 300 milioni di euro, il 20 per cento (della quota di sforamento in oggetto) è posto a carico dell'azienda titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio.

La novella di cui al comma 16 eleva, dal 2016, la quota percentuale dal 20 al 50 per cento (fermo restando che essa si applica solo qualora il fatturato in oggetto sia superiore a 300 milioni di euro).

 

Commi da 17 a 21 - Quote di ripiano per l'eventuale superamento dei limiti di spesa farmaceutica nel 2016

 

I commi da 17 a 21 concernono la determinazione delle quote di ripiano per l'eventuale superamento nel 2016 del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale e di quello per la spesa farmaceutica ospedaliera (come detto, il precedente comma 1 prospetta una revisione del "sistema di governo" del settore farmaceutico, da compiersi entro il 31 dicembre 2016).

Riguardo alle aziende farmaceutiche, il valore del budget (per ogni azienda) è determinato, entro i termini di cui ai commi 17 e 18, rispettivamente in via provvisoria ed in via definitiva, in misura pari ai due valori (provvisorio e definitivo) del budget assegnato per il 2015 in base alle procedure di cui ai precedenti commi 2, 4, 5, 6 e 7.

Entro il 31 ottobre 2016, l'AIFA definisce l'eventuale superamento dei due limiti di spesa farmaceutica con riferimento al periodo 1° gennaio-31 luglio 2016 e l'importo della quota imputabile a ciascuna azienda, sulla base dell'eventuale superamento del budget summenzionato (comma 19). La quota di ripiano deve essere versata dalle aziende farmaceutiche entro il 15 novembre 2016. La determinazione circa l'eventuale superamento dei due limiti con riferimento all'intero anno 2016 e circa l'importo della quota imputabile (sulla base del suddetto criterio) a ciascuna azienda è operata dall'AIFA entro il 31 marzo 2017 (comma 20). L'eventuale corrispondente quota di conguaglio deve essere versata dalle aziende farmaceutiche entro il 30 aprile 2017.

Entro i medesimi termini temporali del 31 ottobre 2016 e del 31 marzo 2017, l'AIFA definisce altresì - in caso di superamento, rispettivamente per il periodo 1° gennaio-31 luglio 2016 e per l'intero anno 2016, del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale - la misura della riduzione provvisoria delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita dei medicinali (con conseguente incremento dello sconto in favore del Servizio sanitario nazionale)[44] (commi 19 e 20).

Il secondo periodo del comma 19 ed il comma 21 pongono norme contabili per le regioni e le province autonome, in relazione alle procedure in esame per il 2016.

Si osserva che nei commi in esame, relativi al 2016:

§  non si specifica, per il caso di mancato versamento nei termini prescritti della quota provvisoria o di quella definitiva da parte dell'azienda farmaceutica, se si applichi la norma sanzionatoria prevista dalla disciplina vigente per la mancata corresponsione delle quote di ripiano per il superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale o quella vigente per il mancato versamento delle quote di ripiano per il superamento del limite di spesa farmaceutica ospedaliera[45];

§  non si pone una norma di chiusura che espliciti l'eventuale diritto delle singole aziende farmaceutiche, nonché dei grossisti e dei farmacisti, alla parziale o totale restituzione - qualora, in seno alle procedure di cui al comma 20, emergano i relativi presupposti - delle quote di ripiano provvisoriamente corrisposte ai sensi del comma 19.

 

Comma 22 - Accesso da parte dell'AIFA ai flussi informativi inerenti al monitoraggio dell'assistenza farmaceutica

 

Il comma 22 prevede che l'AIFA abbia accesso diretto, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ai flussi informativi inerenti al monitoraggio dell'assistenza farmaceutica del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, secondo modalità da concordare con il Ministero della salute.

Con una modifica approvata dalla Camera è stato inoltre disposto che l’AIFA renda pubblici i dati raccolti nei registri di monitoraggio di cui all’articolo 15, comma 10, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135), relativi ai medicinali soggetti a rimborsabilità condizionata (costituiti dai medicinali il cui rimborso, in base alla negoziazione tra AIFA ed azienda farmaceutica, è subordinato agli esiti di una fase di studio sugli effetti del medicinale).

 

Il citato comma 10 prevede che al fine di incrementare l'appropriatezza amministrativa e l'appropriatezza d’uso dei farmaci il comitato ed il tavolo di verifica degli adempimenti di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 verificano annualmente che da parte delle Regioni si sia provveduto a garantire l'attivazione ed il funzionamento dei registri dei farmaci sottoposti a registro e l'attivazione delle procedure per ottenere l'eventuale rimborso da parte delle aziende farmaceutiche interessate. I registri dei farmaci di cui al presente comma sono parte integrante del sistema informativo del Servizio sanitario nazionale.

 

Comma 23 – Istituzione del Fondo per payback 2013-2014-2015

 

Il comma 23 istituisce presso il Ministero dell'economia e delle finanze un apposito Fondo denominato “Fondo per payback 2013-2014-2015” al quale sono riassegnati gli importi versati all'entrata del bilancio dello Stato dalle aziende farmaceutiche titolari di AIC. I predetti importi, a carico delle aziende farmaceutiche, sono quelli relativi alle quote di ripiano, come determinati, in via provvisoria ai sensi di quanto disposto al comma 2 e in via definitiva ai sensi di quanto disposto ai commi 8 e 9, e sono attribuiti, a conclusione delle procedure disciplinate dai commi da 2 a 15, alle regioni e alle province autonome entro il 20 novembre 2016, nei limiti delle risorse disponibili. Le somme del Fondo eventualmente non impegnate alla chiusura dell'esercizio, possono esserlo in quelli successivi. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della salute, da emanarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalità operative di funzionamento del Fondo.

 

Comma 23-bis – Termine per l’AIFA per concludere le negoziazioni ancora pendenti al 31 dicembre 2015 per la determinazione del prezzo dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale

 

Il comma 23-bis, inserito dalla Camera, dispone che, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l'AIFA concluda le negoziazioni, ancora pendenti al 31 dicembre 2015, per la determinazione dei prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale (SSN).

Più in particolare, l'articolo 48, comma 33, del decreto legge 269/2003 stabilisce che dal 1° gennaio 2004 tutti i prezzi dei farmaci rimborsati dal SSN devono essere  determinati tramite contrattazione da svolgersi tra AIFA e le aziende farmaceutiche secondo le modalità fissate dalla deliberazione 1 febbraio 2001 n. 3 del CIPE. La Deliberazione CIPE ha infatti stabilito i criteri fondamentali in base ai quali deve svolgersi la contrattazione: il rapporto costi-efficacia, i prezzi esteri della specialità medicinale, le previsioni di mercato interno e l’impatto che l’introduzione del nuovo farmaco può esercitare sull’impresa, in termini di composizione del fatturato, investimenti, risvolti occupazionali ed esportazioni. 

 

Nel testo del comma non risulta del tutto comprensibile il riferimento “a contenziosi” posto in relazione con l’articolo 48, comma 33, del decreto-legge 269/2003, che si riferisce, come sopra illustrato, alle negoziazioni, fra AIFA e aziende farmaceutiche titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), finalizzate a determinare il prezzo del farmaci rimborsati dal SSN.

 

 

 


Articolo 21-bis
(Semplificazione delle procedure autorizzative per le apparecchiature a risonanza magnetica)

 

 

L’articolo 21-bis è stato inserito dalla Camera. Esso apporta alcune modifiche al regolamento di cui al D.P.R. 8 agosto 1994, n. 542 (Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di autorizzazione all'uso diagnostico di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare sul territorio nazionale).

Vengono disposte innanzitutto una serie di abrogazioni (comma 1).

In particolare vengono abrogati:

il comma 2 dell’articolo 4, che prevede che la collocazione di apparecchiature R.M. con valori di campo statico di induzione magnetica superiore a 2 Tesla, è consentita esclusivamente presso grandi complessi di ricerca e studio ad alto livello scientifico (università ed enti di ricerca, policlinici, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), ai fini della validazione clinica di metodologie di R.M. innovative;

il comma 1 dell’articolo 5 che prevede che le apparecchiature R.M. con valore di campo statico di induzione magnetica non superiore a 2 Tesla sono soggette ad autorizzazione all'installazione da parte della Regione o provincia autonoma;

il comma 1 dell’articolo 6 che prevede che le apparecchiature R.M. con valore di campo statico di induzione magnetica superiore a 2 Tesla, sono soggette ad autorizzazione all'installazione ed all'uso da parte del Ministero, sentito il Consiglio superiore di sanità, l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza nel lavoro, la lettera a) del comma 2 del medesimo articolo, che prevede che la domanda di autorizzazione ministeriale debba essere corredata dal progetto della ricerca scientifica e clinica programmata, la lettera f) del comma 3, che prevede che tra gli elementi da inserire nella relazione sui risultati della ricerca da inviare al Ministero debbano essere compresi anche i controlli di sicurezza e soglie di esposizione specifici per campi superiori a 2 Tesla, nonché il comma 4, che prevede che le apparecchiature R.M. con valori di campo statico di induzione magnetica superiori a 4 Tesla possono essere autorizzate esclusivamente per specifiche, motivate esigenze di ricerca sperimentale scientifica o clinica, ed utilizzate limitatamente agli arti; l'autorizzazione è concessa per ogni singolo protocollo di studio proposto e con definizione del periodo temporale necessario al suo svolgimento.

Viene poi disposto che le apparecchiature a risonanza magnetica (RM) con valore di campo statico di induzione magnetica non superiore a 4 tesla siano soggette ad autorizzazione all’installazione da parte della Regione e provincia autonoma, mentre quelle con valore superiore a 4 tesla sono soggette all’installazione e all’uso da parte del Ministero della salute, sentiti il Consiglio superiore di sanità, l’Istituto superiore di sanità e l’INAIL (commi 2 e 3). La collocazione di questi ultimi è consentita esclusivamente presso grandi complessi di ricerca e studio ad alto livello scientifico quali università ed enti di ricerca, policlinici, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ai fini della validazione clinica di metodologie di R.M. innovative. La domanda di autorizzazione ministeriale deve essere corredata dal progetto della ricerca scientifica e clinica programmata, da cui risultino le motivazioni che rendono necessario l’uso di campi magnetici superiori a 4 tesla. L’autorizzazione ha validità di cinque anni ed è rinnovabile (commi 2 e 3).

Viene poi demandata al Ministero della salute, con regolamento da adottare sentita la Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. n. 46/1997 (Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici), la definizione della disciplina per l’installazione, l’utilizzo e la gestione delle apparecchiature a RM con valore di campo statico di induzione magnetica superiore a 4 tesla da parte delle strutture sanitarie, assicurando l’adeguamento allo sviluppo tecnologico e all’evoluzione delle conoscenza scientifiche (comma 4).

Viene poi posta la clausola di invarianza degli oneri finanziari (comma 5).

 

Si osserva che l’articolo in esame reca modifiche ad un atto con valore regolamentare.

 

 


Articolo 21-ter
(Nuove disposizioni in materia di indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da
talidomide)

 

 

L’articolo 21-ter è stato inserito dalla Camera. Esso è diretto, in primo luogo, ad estendere le categorie dei soggetti beneficiari di indennizzo per i danni da sindrome da talidomide, riconoscendolo - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto - ai soggetti affetti da tale sindrome nella forma dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, nati nella fascia temporale compresa tra il 1958 e il 1966, invece che tra il 1959 e il 1965, come previsto dalla normativa vigente (comma 1). In secondo luogo, sempre a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’indennizzo viene riconosciuto anche ai soggetti che, ancorché nati fuori dal periodo sopra indicato, presentano malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide; questi ultimi soggetti, per l’accertamento del nesso causale tra l’assunzione del farmaco in gravidanza e le menomazioni nelle forme sopra indicate, possono chiedere di essere sottoposti a giudizio sanitario (ai sensi dell’articolo 2 del D.M. n. 163/2009) (comma 2).

 

L'indennizzo è attualmente disciplinato dal comma 1-bis dell'articolo 31 del decreto-legge n. 207/2008 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14/2009. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 2 ottobre 2009, n. 163, (recante il Regolamento di esecuzione dell'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da Talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco), che prevede che l'indennizzo consista in un assegno mensile vitalizio, del quale vengono stabilite le modalità di determinazione; l'importo è corrisposto mensilmente e posticipatamente per metà al soggetto danneggiato e per l'altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato allo stesso assistenza continuativa. Vengono poi stabilite le modalità di presentazione delle domande ai competenti organi ministeriali, entro il termine di dieci anni dall'entrata in vigore della legge 244/2007 (1° gennaio 2018), e le modalità ed i termini entro i quali deve essere dato seguito alle stesse. Nel caso di aggravamento delle infermità o delle lesioni può essere presentata domanda di revisione.

 

Entro sei mesi dall'entrata in vigore dell’articolo 21-ter in commento il Ministro della salute apporta con proprio regolamento le necessarie modifiche al decreto ministeriale n. 163 del 2009, sopra ricordato, fatti salvi gli indennizzi già erogati e le procedura in corso; con il regolamento citato si provvede altresì a definire i criteri di inclusione ed esclusione delle malformazioni ai fini dell’accertamento del diritto all’indennizzo per i soggetti nati fuori dal periodo temporale indicato.

Viene poi disciplinata la copertura degli oneri derivanti dalla disposizione in esame a valutati in 3.960.000 euro annui a decorrere dal 2016, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, allo scopo parzialmente utilizzando quanto a 3.285.000 euro annui a decorrere dal 2016, l'accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze e, quanto a 675.000 euro annui a decorrere dal 2016, l'accantonamento relativo al Ministero della salute (comma 5).

In conformità all'articolo 17, comma 12, della legge 196/2009, il Ministro della salute provvede al monitoraggio degli oneri e riferisce in proposito al Ministro dell’economia e delle finanze. Qualora si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito quello della salute, provvede alla riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente di cui all’articolo 21, comma 5, lettere b) e c)  della legge n. 196/2009 (comma 6).

Viene poi stabilito che il Ministro dell’economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all’adozione delle misure citate e che è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio (comma 7).

 

Si ricorda che l’articolo in esame recepisce il contenuto del testo unificato di alcune proposte di legge già approvato dalla Camera in sede legislativa ed attualmente all'esame del Senato (A.S. 2016).

 

 


Articolo 22
(Dotazione finanziaria per  la realizzazione degli interventi attuativi della sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014 relativa alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077. Disposizioni per gli interventi dei commissari straordinari ai sensi della direttiva 91/271/CEE in materia di trattamento delle acque reflue urbane)

 

L’articolo 22 persegue due differenti finalità. Una prima finalità (perseguita dai commi 1-7) è quella di far confluire, nella contabilità speciale di una struttura commissariale, appositamente costituita, tutte le risorse ancora non impegnate destinate alla messa a norma delle discariche abusive oggetto della sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell’UE del 2 dicembre 2014 (relativa alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077), al fine esplicitato nella norma di garantire la dotazione finanziaria necessaria per la realizzazione dei necessari interventi di bonifica delle discariche medesime. A tal fine, la norma prevede la revoca delle predette risorse (comma 1), disciplina il loro trasferimento nella contabilità speciale commissariale (commi 2 e 3), regola gli adempimenti del commissario straordinario (commi 5 e 6) e consente alle amministrazioni locali e regionali di contribuire alla messa a norma delle discariche con proprie risorse (comma 7). Nel corso dell’esame presso la Camera sono state apportate alcune modifiche ai commi 5 e 6 volti a rendere più stringenti e ad estendere gli adempimenti informativi del Commissario, che dovranno essere resi anche alle commissioni parlamentari competenti. Sempre al fine di garantire la massima trasparenza, è stata prevista la pubblicazione sul sito internet del Ministero dell'ambiente dei dati e degli elementi di informazione relativi alle attività conseguenti al contenzioso europeo in atto (comma 7-ter). Sono state introdotte, nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, ulteriori disposizioni (comma 7-bis) per il finanziamento delle bonifiche nei siti non oggetto della procedura di infrazione n. 2003/2077.

Una seconda finalità (perseguita dal comma 8) è quella di disciplinare, al fine di accelerarle, le procedure per l’impegno e l’utilizzo delle risorse destinate dalla legislazione vigente all’attuazione degli interventi di depurazione delle acque necessari per conformarsi alle norme della direttiva 91/271/CEE in materia di trattamento delle acque reflue urbane.

 

Messa a norma delle discariche abusive oggetto della procedura di infrazione n. 2003/2077 (commi 1-7)

Per comprendere la portata delle disposizioni dettate dai primi sette commi è necessario premettere una ricostruzione della vicenda e della normativa nazionale adottata nel corso della presente legislatura.

 

Le discariche oggetto della sentenza, le norme emanate, gli interventi in corso e i pagamenti effettuati e da effettuare

Come sottolineato nell’aprile scorso dal Ministro dell’ambiente, in risposta all’interrogazione parlamentare n. 4/10778, “il caso in parola riguarda la mancata esecuzione della prima sentenza di condanna del 26 aprile 2007 per violazione della direttiva rifiuti 75/442/CE modificata dalla direttiva 91/156/CEE, della direttiva 91/689 CEE e della direttiva 1999/13/CE in riferimento a 200 discariche presenti sul territorio di 18 regioni italiane[46]”.

Con la successiva sentenza del 2 dicembre 2014, la Corte di giustizia dell'UE - nell'ambito della causa C-196/13, promossa dalla Commissione per l'inerzia dell'Italia ad adottare tutte le misure necessarie per conformarsi alla richiamata sentenza del 26 aprile 2007 - ha condannato l'Italia al pagamento, per le suddette violazioni, di una sanzione forfettaria di 40 milioni di euro e di una penalità semestrale da pagarsi fino all'esecuzione completa della sentenza, il cui importo iniziale (pari a 42,8 milioni di euro) sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma conformemente alla sentenza (la detrazione prevista è di 200.000 euro per ogni discarica messa a norma; tale importo è raddoppiato per le discariche contenenti rifiuti pericolosi).

Prima ancora dell’emanazione della sentenza di condanna definitiva, nella prima legge di stabilità della legislatura in corso (L. 147/2013) sono state inserite disposizioni per cercare di pervenire alla chiusura del contenzioso in atto a livello europeo. L'art. 1, comma 113, della L. n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha disposto a tal fine l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, di un Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive individuate dalle competenti autorità statali in relazione alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077, con una dotazione complessiva di 60 milioni di euro (30 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015). Tale dotazione è stata recentemente aumentata di 30 milioni di euro (10 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018) dal comma 839 della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015). Lo stesso comma 839 ha previsto che il Ministero dell'ambiente provveda alla pubblicazione nel sito internet istituzionale di un cronoprogramma degli interventi attuativi previsti nel piano e ad indicare progressivamente quelli effettivamente realizzati.

Nella medesima risposta, il Ministro dell’ambiente (in linea con quanto affermato in precedenza, nel corso della sua audizione del 1° marzo 2016 presso la Commissione Ambiente della Camera) ha fornito indicazioni in merito all’evoluzione delle attività in corso, sottolineando che “a seguito della disamina della documentazione ricevuta dalle Regioni e trasmessa a giugno 2015 dalle autorità italiane, con la nota del 13 luglio 2015 SG-Greffe (2015) D/7992, la Commissione europea ha riconosciuto la messa a norma di 14 discariche ed un errore di censimento. Alla data del 13 luglio 2015, rimanevano pertanto in procedura di infrazione ancora 185 discariche”. Nei mesi successivi, sempre secondo quanto ricordato dal Ministro, il Ministero ha avviato, tra l’altro, un costante lavoro d'impulso delle attività con le amministrazioni regionali competenti al fine del completamento degli interventi ancora in corso e della certificazione di quelli completati, nonché l’istruttoria per procedere alla diffida dei soggetti inadempienti. Tale attività ha portato all’inoltro alla Commissione europea di documentazione attestante la chiusura dei procedimenti per 35 siti e ulteriori atti ritenuti utili a dimostrare la sussistenza di 3 errori di censimento. A seguito della disamina della documentazione ricevuta, ricorda il Ministro dell’ambiente nella citata risposta, “con la decisione ENV.D2/GM/vf/ARES (2016) dell'8 febbraio 2016, la Commissione europea ha riconosciuto la messa a norma di 29 discariche e 1 errore di censimento, escludendoli dal pagamento della penalità semestrale”. Ciò ha portato a 155 il numero di discariche su cui intervenire. Di queste, ben 151 discariche sono state oggetto di diffida, mentre “in altri 4 casi di discariche che ricadono all'interno di siti d'interesse nazionale di bonifica, sono in corso approfondimenti istruttori”.

In proposito, nel corso della citata audizione del 1° marzo 2016, il Ministro ha ricordato che “in molti casi i termini imposti con le diffide sono scaduti, ma le amministrazioni interessate non hanno avviato o completato le attività prescritte. In tali casi è senz'altro ipotizzabile l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato. Il Ministero dell'ambiente ha, pertanto, comunicato le informazioni necessarie alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine della valutazione dell'opportunità, da parte del Consiglio dei Ministri, di procedere all'esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni inadempienti e al loro conseguente commissariamento”.

Con riferimento ai poteri di diffida si ricorda che, con l’obiettivo di renderli più incisivi, il comma 814 dell’art. 1 della L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha previsto (tra l’altro) che, nel caso di violazione della normativa europea accertata con sentenza della Corte di giustizia dell'UE di condanna al pagamento di sanzioni, “ove per provvedere ai dovuti adempimenti si renda necessario procedere all'adozione di una molteplicità di atti anche collegati tra loro, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, sentiti gli enti inadempienti, assegna a questi ultimi termini congrui per l'adozione di ciascuno dei provvedimenti e atti necessari. Decorso inutilmente anche uno solo di tali termini, il Consiglio dei ministri, sentito il soggetto interessato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro competente per materia, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario” (nuovo comma 2-bis dell’art. 41 della L. n. 234/2012).

Riguardo invece ai pagamenti eseguiti dall’Italia per le sanzioni inflitte dalla sentenza del 2 dicembre 2014, nella citata audizione del 1° marzo 2016, il Ministro dell’ambiente ha ricordato che “in data 24 febbraio 2015 il Ministero dell'economia e delle finanze ha provveduto al pagamento della somma forfettaria di 40 milioni di euro e, in data 11 marzo 2015, dei relativi interessi di mora”. Successivamente lo stesso Ministero ha provveduto al pagamento delle penalità semestrali, nella misura risultante dalla riduzione (accertata dalla Commissione UE) delle discariche non conformi (per quanto detto in precedenza). La prima penalità semestrale, per un ammontare di 39,8 milioni di euro, è stata pagata in data 24 agosto 2015. Successivamente, in data 8 febbraio 2016, la Commissione Europea, dopo aver riconosciuto la messa a norma di ulteriori discariche ed escluso i relativi siti dal computo della penalità semestrale, ha contestualmente notificato l’ingiunzione di pagamento della seconda penalità per le discariche restanti, per un ammontare di 33,4 milioni di euro.

A fronte di tali pagamenti, in virtù del comma 813 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015), il Ministero dell'economia e delle finanze può attivare “il procedimento di rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna, anche con compensazione con i trasferimenti da effettuare da parte dello Stato in favore delle amministrazioni stesse” (nuovo comma 9-bis dell’art. 43 della L. n. 234/2012).

In data 24 marzo 2016 il Governo ha informato la Conferenza Stato-Regioni relativamente alla quantificazione degli oneri finanziari e sull’attivazione della citata procedura di rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili. Successivamente il Ministero dell’economia e delle finanze ha provveduto a notificare con apposita nota indirizzata alle Regioni e agli Enti locali interessati l’attivazione della procedura di rivalsa. In risposta, la Conferenza delle Regioni ha approvato, in data 26 maggio 2016, un documento che esprime la posizione delle Regioni in cui viene manifestata la “contrarietà rispetto alle determinazioni assunte”.

 

Relativamente allo stato di attuazione degli interventi, al fabbisogno e alle risorse impegnate per le bonifiche, nel documento consegnato dal Ministro dell’ambiente nel corso della sua audizione del 18 febbraio 2015 presso la Commissione ambiente della Camera, si legge che:

§  40 interventi sono stati finanziati con la delibera CIPE 60/2012 per discariche ricadenti sul territorio della regione Calabria (tale delibera ha assegnato alla regione Calabria, per la realizzazione dei citati 40 interventi, l’importo di 42,9 milioni di euro a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione 2007-2013);

§  44 interventi sono stati finanziati con il Piano Straordinario previsto dal comma 113 della L. 147/2013 (approvato con il D.M. 9 dicembre 2014, non pubblicato in G.U.);

§  7 siti ricadono all’interno di Siti di Interesse Nazionale di Bonifica;

§  48 (di cui 2 all’interno di Siti di Interesse Nazionale di Bonifica) per i quali le Regioni hanno comunicato l’avvenuto ripristino.

 

Nella successiva “Relazione recante l’indicazione dei dati relativi alla gestione dei rifiuti, alla connessa dotazione impiantistica nelle varie aree del territorio nazionale e ai risultati ottenuti nel conseguimento degli obiettivi prescritti dalla normativa nazionale e comunitaria, nonché l’individuazione delle eventuali situazioni di criticità e delle misure atte a fronteggiarle (Doc. CCXXXIV, n. 1), presentata nel febbraio 2016, viene precisato (a pag. 59) che “A fronte di un fabbisogno stimato di euro 118.558.237,2744 per il finanziamento degli interventi da ultimare, è stata data parziale copertura finanziaria con il Piano straordinario previsto dall'art. 1, comma 113, della L. n. 147 del 2013 per un importo di euro 60.152.002,92, con il quale è stata data copertura agli interventi nelle discariche presenti nelle regioni della Sicilia, Puglia, Veneto e Abruzzo. Le somme residue che non trovano attualmente copertura finanziaria né nazionale né regionale ammontano ad euro 58.406.234,35”. Tale relazione (redatta nel mese di dicembre 2015) non tiene però conto del rifinanziamento di 30 milioni di euro operato dal comma 839 della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

Ulteriori elementi informativi sono contenuti nel documento consegnato dal Ministro dell’ambiente nella seduta del 18 dicembre 2014, ove si legge che il piano (approvato con D.M. 9 dicembre 2014) riguarda 45 discariche: gli interventi relativi a 29 discariche, coperti con i 60 milioni del Fondo previsto dal comma 113 “saranno attuati attraverso gli Accordi di Programma Quadro già stipulati tra il Ministero dello sviluppo Economico, il Ministero dell’ambiente e le Regioni Abruzzo, Puglia, Sicilia e Veneto” (tali interventi costituiscono la sezione attuativa del Piano), mentre “le ulteriori iniziative individuate (per un totale di 16 discariche), che ricomprendono, tra l’altro, gli interventi in sostituzione e in danno da effettuare nei confronti dei privati inadempienti nelle discariche interessate dalla presenza di rifiuti pericolosi in Emilia-Romagna, Liguria ed Umbria, potranno essere finanziate solo attraverso il reperimento delle risorse, 54 milioni di euro, che vanno sommati ai 7 che risultano già disponibili da parte delle regioni” (tali interventi costituiscono la sezione programmatica del Piano). Nello stesso documento viene sottolineato che “per ulteriori 6 aree di discarica oggetto della procedura d’infrazione 2003/2077 ricadenti all’interno dei Siti di bonifica di Interesse Nazionale (SIN) di Venezia, Mantova, Serravalle Scrivia e Priolo, è stata fatta richiesta, in via programmatica, di copertura finanziaria dei relativi interventi nell’ambito della ripartizione del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) per il periodo 2014-2020”.

 

Le risorse convogliate nella contabilità del nuovo Commissario straordinario (commi 1-4)

 

Il comma 1 dell'articolo in esame prevede la revoca di tutte le risorse finanziarie statali destinate, a qualsiasi titolo, alla messa a norma delle discariche abusive oggetto della succitata sentenza del 2 dicembre 2014, e non impegnate alla data della sua entrata in vigore, ancorché già trasferite alle amministrazioni locali e regionali o a contabilità speciali.

Tali risorse sono assegnate ad uno specifico conto di contabilità speciale, intestato al commissario straordinario nominato ai sensi del comma 2-bis dell’art. 41 della L. 234/2012 (v. supra), ed aperto presso la sezione di Tesoreria provinciale dello Stato di Roma, ai sensi degli artt. 8 e 10 del D.P.R. n. 367/1994.

 

In tale contabilità, ai sensi dei commi 2 e 3, devono confluire anche, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge:

§  le risorse del Piano Straordinario, sia della sezione attuativa che di quella programmatica (v. supra), previsto dal comma 113 della legge di stabilità 2014, n. 147/2013 (comma 2);

§  le risorse destinate alle regioni dalla delibera CIPE n. 60/2012 nonché i fondi ordinari del Ministero dell’ambiente già trasferiti ai bilanci regionali (comma 3).

Con riferimento alla citata delibera CIPE 60/2002, si ricorda che essa ha assegnato alla regione Calabria, per la realizzazione di 40 interventi di bonifica, l’importo di 42,9 milioni di euro a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2007-2013.

Riguardo ai fondi del Ministero dell’ambiente già trasferiti ai bilanci regionali, la norma specifica che si tratta dei fondi relativi a “APQ 8 Lazio, Serravalle Scrivia e Campo sportivo Augusta”.

Si fa notare che il riferimento all’APQ8 Lazio, più che al vero e proprio Accordo di Programma Quadro “Aree sensibili: difesa del suolo - tutela della costa - sistemi della depurazione e reti fognarie" (APQ8) riguardante una serie di materie afferenti a settori ambientali diversi, sembra essere inerente all’APQ "Bonifica dei siti inquinati e gestione dei rifiuti" - Stralcio dell'AQP8, siglato il 22 marzo 2002. Nel quadro finanziario dell’accordo, le risorse finanziarie provenienti dal Ministero dell’ambiente sono quantificate in 13,8 milioni di euro.

Per quanto riguarda invece il sito inquinato di interesse nazionale (SIN) di Serravalle Scrivia, una ricostruzione dettagliata delle risorse e degli interventi previsti e finalizzati anche all’attuazione della sentenza di condanna del 2 dicembre 2014 della CGUE è fornita nello schema di accordo di programma tra Ministero dell'ambiente, regione Piemonte, provincia di Alessandria e comune di Serravalle Scrivia per la bonifica ed il ripristino ambientale del sito di interesse nazionale Ecolibarna di Serravalle Scrivia, approvato con la deliberazione della Giunta regionale del Piemonte 30 marzo 2015, n. 45-1274.

Relativamente alla bonifica del Campo sportivo, utili elementi informativi si ritrovano nella delibera n. 93 del 2015 della regione Sicilia, con la quale la stessa Regione ha manifestato il proprio apprezzamento per l’APQ “SIN Priolo - Ambiente”. Dal testo dell’accordo si desume che l’intervento di messa in sicurezza del campo sportivo Fontana di Augusta (mediante lavori di copertura) è inserito tra gli interventi cantierabili per un costo, coperto con fondi del Ministero dell’ambiente derivanti dalla delibera CIPE n. 1/2006, pari a 6,57 milioni di euro.

 

Andrebbe valutato se specificare, ai commi 2 e 3, che la norma si applica solo alle risorse non ancora impegnate sulla scorta di quanto dispone in generale il comma 1 con riguardo a tutte le risorse da trasferire alla struttura commissariale.

In base al comma 4 le somme trasferite sulla contabilità speciale sono destinate a finanziare la realizzazione degli interventi di adeguamento delle discariche abusive oggetto di commissariamento e, in ragione di tale finalità, decadono gli eventuali vincoli di destinazione esistenti su tali somme.

 

Monitoraggio degli interventi e delle risorse trasferite (commi 5-6)

 

Il comma 5 prevede che il commissario straordinario fornisca al CIPE, entro il 30 settembre 2016, un’informativa sulle risorse trasferite sulla contabilità speciale ad esso intestata.

Nel corso dell’esame presso la Camera è stato precisato che l’informativa dovrà essere fornita anche alle Commissioni parlamentari competenti.

 

Il comma 6 prevede che il Commissario straordinario provveda a comunicare gli importi impegnati per la messa a norma delle discariche abusive ai fini dell’esercizio, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, dell’azione di rivalsa (v. supra).

In base alle modifiche apportate nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, la comunicazione di cui sopra dovrà essere effettuata semestralmente (e non annualmente, come prevede il testo vigente) e dovrà essere inviata non solo al Ministero dell’economia e delle finanze (come prevede il testo vigente), ma anche al Ministero dell'ambiente e alle Commissioni parlamentari competenti.

Il comma in esame è stato inoltre integrato, sempre nel corso dell’esame presso la Camera, al fine di prevedere, da parte del Commissario, la presentazione di un dettagliato report sullo stato di avanzamento dei lavori sulla messa a norma delle discariche abusive oggetto della sentenza di condanna.

 

Ulteriori risorse regionali per la messa a norma delle discariche abusive (comma 7)

 

Il comma 7 stabilisce che le amministrazioni locali e regionali possono contribuire alle attività di messa a norma delle discariche abusive con proprie risorse previa sottoscrizione di specifici accordi (ai sensi dell’art. 15 della L. n. 241/1990) con il Commissario straordinario.

La sottoscrizione di tali accordi però non preclude l’esercizio del potere di rivalsa da parte dell’amministrazione statale.

L’art. 15 citato dispone, al comma 1, che anche al di fuori delle ipotesi di accordo codificate, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune. I successivi commi disciplinano le modalità di stipula e la disciplina cui sono soggetti tali accordi.

 

Finanziamento delle bonifiche dei siti non oggetto della procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077 (comma 7-bis)

 

Il comma 7-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera, prevede una serie di modifiche al comma 6 dell’art. 7 del D.L. 133/2014, al fine di estendere le disposizioni destinate al finanziamento di interventi in materia di risorse idriche, da esso contemplate, anche alla bonifiche dei siti non oggetto della procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077.

Una prima modifica, prevista dalla lettera a), prevede che il Fondo per il finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche, istituito dal comma 6 in questione presso il Ministero dell’ambiente, sia destinato anche al finanziamento delle bonifiche nei siti non oggetto della procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077.

La successiva lettera b) amplia il perimetro delle risorse che possono essere revocate al fine di finanziare il Fondo suddetto, aggiungendo – a quelle della delibera CIPE n. 60/2012, già contemplate dal testo vigente – quelle previste dalla delibera CIPE del 3 agosto 2012, n. 87/2012. Viene altresì specificato che le risorse revocabili sono quelle destinate ad interventi nel settore della depurazione delle acque e delle bonifiche nei siti non oggetto della procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077

Il testo vigente del comma 6 prevede che il Fondo in questione sia alimentato mediante la revoca delle risorse già stanziate dalla delibera CIPE 30 aprile 2012, n. 60/2012, destinate ad interventi nel settore idrico per i quali, alla data del 30 settembre 2014, non risultino essere stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti e per i quali, a seguito di specifiche verifiche tecniche effettuate dall'ISPRA, risultino accertati obiettivi impedimenti di carattere tecnico-progettuale o urbanistico ovvero situazioni di inerzia del soggetto attuatore. La medesima disciplina si applica quindi, in virtù della lettera in esame, anche alle risorse della delibera CIPE n. 87/2012, limitatamente a quelle destinate ad interventi nel settore della depurazione delle acque e delle bonifiche nei siti non oggetto della procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077.

Tale delibera n. 87/2012 ha assegnato l’importo complessivo di 1,06 miliardi di euro ad una serie di interventi a carattere ambientale per la manutenzione straordinaria del territorio (inquadrati nei settori delle bonifiche/rifiuti/sistema idrico integrato, della difesa del suolo e della forestazione) delle Regioni del Mezzogiorno, presentati dalle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.

 

Un’ulteriore modifica riguarda il criterio di revocabilità delle risorse. La disciplina vigente, che attualmente prevede la revoca delle risorse non vincolate al 30 settembre 2014 e per, le quali l’ISPRA abbia effettuato le verifiche previste (v. supra), viene modificata al fine di disporre che sono revocabili le risorse relative ad interventi (nei settori delle acque e delle bonifiche succitati) per i quali non siano stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti alla data del 30 giugno 2016.

 

La lettera c) apporta una modifica consequenziale a quelle recate dalla lettera precedente. La lettera in esame infatti interviene nella parte del comma 6 in questione - ove si lasciano ferme le disposizioni della delibera CIPE n. 60/2012 su cui non incide il medesimo comma 6 - al fine di estendere tale clausola anche al disposto della delibera CIPE n. 87/2012.

Il testo vigente del comma 6 stabilisce che, per quanto non diversamente previsto dal medesimo comma, restano ferme le previsioni della stessa delibera del CIPE n. 60/2012 (nonché della delibera del CIPE del 30 giugno 2014, n. 21/2014), relative al monitoraggio, alla pubblicità, all'assegnazione del codice unico di progetto e, ad esclusione dei termini, alle modalità attuative.

 

La lettera d) dispone l’abrogazione dei periodi quarto, quinto e sesto del comma 6 in esame, ove sono dettate norme relative all’utilizzo delle risorse del Fondo, in parte superate e in parte incompatibili con l’ampliamento del Fondo.

I periodi in questione prevedono, infatti, che i Presidenti delle Regioni o i commissari straordinari comunichino al Ministero dell'ambiente l'elenco degli interventi, di cui al comma 6, entro il 31 ottobre 2014 e che entro i successivi sessanta giorni l’ISPRA proceda alle verifiche di competenza riferendo allo stesso Ministero.

Si tratta quindi di disposizioni procedurali ormai superate, la cui abrogazione si rende necessaria nel momento in cui il Fondo viene rialimentato con le nuove revoche, previste dal comma in esame, su risorse non vincolate al 30 giugno 2016.

Il sesto periodo dispone che l'utilizzo delle risorse del Fondo è subordinato all'avvenuto affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato nell'Ambito territoriale ottimale, il quale è tenuto a garantire una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato commisurata all'entità degli investimenti da finanziare.

L’abrogazione di tale disposizione sembrerebbe motivata dal fatto che tale criterio non sarebbe applicabile agli interventi di bonifica dei siti non oggetto della procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077.

 

Monitoraggio dell’attività posta in essere per la chiusura del contenzioso europeo sulle discariche abusive (comma 7-ter)

 

Il comma 7-ter, inserito nel corso dell’esame presso la Camera, al fine di garantire la massima conoscenza degli atti conseguenti alla procedura di infrazione 2003/2077 e alla sentenza di condanna del 2 dicembre 2014, prevede l’istituzione, sul sito web del Ministero dell'ambiente, di una apposita sezione informativa intitolata «discariche abusive», dove sono riportate le seguenti informazioni:

a)   l'elenco delle discariche oggetto della condanna o l'elenco aggiornato semestralmente dalla Commissione UE e inviato al Governo italiano;

b)  l'ammontare della multa forfettaria e delle multe semestrali comunicate dalla Commissione europea al Governo italiano;

c)   l'attuazione, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, del procedimento di rivalsa (v. supra) a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna;

d)  lo stato dell'arte delle bonifiche aggiornato ad ogni semestre successivo alla sentenza;

e)   le risorse finanziarie impegnate per ogni discarica abusiva oggetto della sentenza, in quanto utilizzate dal commissario straordinario disciplinato dall’articolo in commento.

 

Il comma 7-quater prevede l’aggiornamento almeno semestrale delle informazioni succitate, a partire dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Viene altresì previsto che le informazioni siano anche riportate nei siti web istituzionali degli enti territoriali  nei cui territori si trovano le discariche oggetto della sentenza della Corte.

 

Utilizzo delle risorse per la realizzazione di depuratori per il trattamento delle acque reflue urbane al fine di adeguarsi alla direttiva 91/271/CEE (comma 8)

 

Il comma 8 detta disposizioni finalizzate a disciplinare, al fine di accelerarle, le procedure per l’impegno e l’utilizzo delle risorse destinate dalla legislazione vigente all’attuazione degli interventi di depurazione delle acque necessari per conformarsi alle norme della direttiva 91/271/CEE in materia di trattamento delle acque reflue urbane, per il cui mancato rispetto la Corte di Giustizia ha emesso due sentenze di condanna nei confronti dell’Italia (sentenza 19 luglio 2012, causa C-565/10; sentenza 10 aprile 2014, causa C-85/13) ed è altresì stata attivata dalla Commissione europea una nuova procedura di infrazione n. 2014/2059.

Le disposizioni contemplate dal comma in esame intervengono sulle modalità mediante le quali gli attuali commissari, previsti dal comma 7 dell’art. 7 del D.L. n. 133/2014, devono utilizzare le risorse ad essi assegnate.

 

Il comma 7 dell’art. 7 del D.L. 133/2014 e la successiva attuazione

Il comma 7 dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto-legge sblocca Italia), per accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione, oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione europea in ordine all'applicazione della direttiva 91/271/CEE ha consentito la possibilità di attivare la procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo, anche con la nomina di appositi commissari straordinari, disciplinando i poteri dei commissari medesimi (tale possibilità di attivazione del potere sostitutivo, prevista inizialmente fino al 31 dicembre 2014, è stata successivamente prorogata dal comma 4 dell'articolo 9 del D.L. 192 del 2014, fino al 30 settembre 2015).

In merito all'attuazione delle disposizioni del citato comma 7, il Ministero dell'ambiente ha trasmesso alla Camera una nota che dà conto dell'attuazione dell'ordine del giorno n. 9/2629-AR/221, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 29 ottobre 2014, con cui la Camera ha impegnato l'esecutivo ad attuare le citate disposizioni. In tale nota si legge che "nel mese di novembre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha incontrato i rappresentanti delle regioni Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania" e vengono indicati, quali impianti per i quali si sono riscontrate le maggiori criticità, quelli nei comuni di Acireale, Misterbianco, Augusta, Monte Tauro e Agnone, nonché dell'isola di Ischia. Per tali interventi la nota sottolinea che "il Ministero dell'ambiente ha avviato le procedure previste dall'articolo 7, comma 7, del decreto-legge n. 133/2014, convertito in legge 11 novembre 2014, n. 164, valutando anche la nomina di appositi commissari straordinari". Nella seduta dell'11 giugno 2015, in risposta all'interrogazione 5/05774, il rappresentante del Governo ha fornito l'elenco delle procedure di cui al citato comma 7 (potere sostitutivo) attivate dal Ministero dell'ambiente.

Nel documento consegnato dal Ministro dell’ambiente nel corso della sua audizione del 1° marzo 2016 presso l’VIII Commissione della Camera dei deputati, si legge che la procedura prevista dal comma 7 dell’art. del D.L. 133/2014 ha portato, tra l’altro, “alla nomina di appositi commissari straordinari per interventi finanziati con la delibera CIPE n. 60/2012, che interessano le Regioni: Basilicata (6 agglomerati – 8 interventi – importo € 23,7 mln), Campania (4 agglomerati – 4 interventi – importo € 180,332 mln), Calabria (11 agglomerati – 5 interventi – importo € 27,3 mln) e Sicilia ( 36 agglomerati – 64 interventi € 772,08 mln )”.

Con riferimento alle risorse stanziate nella delibera CIPE 60/2012, nella recente relazione del Ministro dell’ambiente relativa alla procedura d'infrazione n. 2004/2034 (trasmessa al Parlamento nel gennaio 2016), viene ricordato che con tale delibera sono stati destinati oltre un miliardo e 643 milioni di euro al finanziamento di 183 interventi individuati dalle Regioni (tramite specifici accordi di programma quadro sottoscritti nel 2013 tra i Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico e le Regioni meridionali) e ritenuti dalle stesse prioritari nel settore idrico ed a risolvere le situazioni di maggiore criticità nel Sud del Paese (Basilicata - Calabria - Campania - Puglia - Sardegna - Sicilia). Dei 183 interventi in argomento 121 interessano agglomerati che sono stati interessati o attualmente ancora coinvolti nella procedura d'infrazione 2004/2034”.

Sullo stato degli investimenti per la chiusura del contenzioso europeo in atto si rinvia alla sezione “infrazioni” del “Portale dell’acqua” realizzato dalla struttura di missione “Italiasicura”.

 

Il comma in esame introduce due nuovi commi (7-bis e 7-ter) dopo il comma 7 dell’art. 7 del D.L. n. 133/2014.

Il nuovo comma 7-bis detta una disposizione che pare applicarsi ai commissari straordinari (di cui al comma 7, ovviamente) che assicurano la realizzazione degli interventi con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012.

Si fa notare che tali risorse non sono le uniche risorse destinate dallo Stato alla finalità in questione.

Si ricorda infatti che il comma 112 dell'art. 1 della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente un fondo per il finanziamento di un piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, finalizzato prioritariamente a potenziare la capacità di depurazione dei reflui urbani, con una dotazione complessiva di 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016 (10 milioni per il 2014; 30 milioni per il 2015 e 50 milioni per l'esercizio 2016). Tale piano è stato approvato con D.M. Ambiente n. 271 del 13 novembre 2014, non pubblicato in G.U.

Con riferimento alle risorse della delibera CIPE n. 60/2012, si ricorda che il comma 6 dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (c.d. sblocca Italia), al fine di realizzare interventi relativi alle risorse idriche, prevede l'istituzione di un fondo, presso il Ministero dell'ambiente, finanziato mediante le revoche delle risorse stanziate dalla delibera CIPE n. 60/2012 per interventi nel settore idrico per i quali, alla data del 30 settembre 2014, non siano stati assunti atti giuridicamente vincolanti e risultino accertati (sulla base di verifiche tecniche effettuate dall'ISPRA) oggettivi impedimenti tecnico-progettuali o urbanistici ovvero situazioni di inerzia del soggetto attuatore. Lo stesso comma disciplina in dettaglio la procedura per la revoca delle risorse e per il loro successivo utilizzo. Viene prevista inoltre l'emanazione di un apposito D.P.C.M. che, in particolare, stabilisca i criteri, le modalità e l'entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione. L'art. 1, comma 12, lettera b), del D.Lgs. 22 gennaio 2016, n. 10, ha poi integrato il citato comma 6 dell'art. 7, al fine di specificare le necessarie modalità di trasferimento delle risorse revocate. Viene infatti stabilito che le somme provenienti dalle revoche sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al predetto fondo.

Finalità analoghe, a quelle previste dalle norme succitate, sono perseguite dall'art. 58 della legge n. 221/2015, recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, c.d. collegato ambientale) che istituisce un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione.

Si segnala che nella relazione illustrativa si precisa che i commissari in questione “assicurano la realizzazione degli interventi loro affidati prioritariamente con le risorse assegnate dalla delibera CIPE n. 60/2012”, mentre la disposizione dettata dal nuovo comma 7-bis, per come è formulata, sembra destinata a disciplinare le risorse, a disposizione dei Commissari, derivanti dalle revoche delle risorse di cui alla delibera CIPE n. 60/2012.

 

Rispetto a tali risorse, il nuovo comma 7-bis dispone che i commissari devono:

§  procedere senza indugio al loro impegno con le procedure ad evidenza pubblica previste dal nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), prescindendo comunque dall'effettiva disponibilità di cassa;

§  informare, in merito all'esito di tali procedure di evidenza pubblica, il competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'ambiente e l'Agenzia per la coesione territoriale.

 

Anche le norme del comma successivo sembrano riguardare le sole risorse derivanti dalla delibera CIPE n. 60/2012.

Il successivo comma 7-ter disciplina infatti il funzionamento delle contabilità speciali detenute dai commissari, stabilendo che queste siano direttamente alimentate, per la quota coperta con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012:

§  con un anticipo fino al 20% del quadro economico di ciascun intervento su richiesta dei medesimi commissari;

§  e poi con successivi trasferimenti per i SAL (stati avanzamento lavori), fino al saldo conclusivo, verificati dal commissario.

 

Al fine di dar conto degli interventi affidati e di verificare la coerenza delle dichiarazioni rese, il nuovo comma 7-ter prevede altresì che i commissari hanno l'obbligo di aggiornare la banca dati unitaria del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, di cui all'articolo 1, comma 703 della L. n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), secondo le specifiche tecniche di cui alla circolare n. 18 del 30 aprile 2015 del medesimo Ministero.

Si ricorda che il richiamato articolo 1, comma 703, della legge n. 190/2014 rimanda al sistema di monitoraggio unitario previsto dalla legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147). Tale norma prevede che il monitoraggio degli interventi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo 2014/2020 a valere sui fondi strutturali, sul FEASR e sul FEAMP, nonché degli interventi complementari previsti nell'ambito dell'Accordo di Partenariato finanziati dal Fondo di Rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, sia assicurato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato attraverso le funzionalità del proprio sistema informativo. L’invio dei dati deve avvenire sulla base di un apposito protocollo di colloquio telematico (Protocollo Unico di Colloquio) definito nella circolare n.18 del 30 aprile 2015. Tale documento, richiamato espressamente dalla norma in esame, definisce in modo omogeneo e univoco le informazioni da rilevare per tutti i progetti di investimento pubblico a vario titolo finanziati - dai Fondi Comunitari, dal Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC), da altre fonti nazionali - al fine di monitorare l’attuazione della politica regionale e la valutazione di efficacia dell’impianto programmatico.

 


Articolo 23
(Misure di sostegno a favore dei produttori di latte e prodotti lattiero-caseari)

 

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2016 per favorire la stipula degli accordi e l’adozione delle decisioni riguardanti la pianificazione della produzione nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari secondo quanto stabilito dall'articolo 1 del regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/559 della Commissione dell' 11 aprile 2016[47].

 

In sostanza - come riportato nella relazione tecnica al disegno di legge di conversione depositato dal Governo - il sostegno viene garantito attraverso il suddetto incentivo per quelle aziende che riducono i loro volumi produttivi di latte consegnato alle imprese in trasformazione. “L’obiettivo - prosegue la relazione tecnica – è quello di procedere ad una stabilizzazione del mercato nazionale attraverso una riduzione del 3,5% del livello produttivo del secondo semestre 2016, con un sostegno finanziario garantito alle cooperative, che rappresentano circa il 70% della produzione nazionale di latte”.

La relazione illustrativa ricorda che il settore lattiero caseario sta attraversando, da tempo, una profonda crisi dovuta ad una serie di cause non strettamente connesse tra loro, ivi indicate.

Tra queste, in sintesi, vengono in particolare riportate:

§  l’eccesso di offerta di prodotto nei mercati esteri;

§  la crisi commerciale con la Russia;

§  la cessazione dal 1° aprile 2015 del regime delle quote latte - introdotto nel 1984 – che ha comportato l’esigenza di una ristrutturazione progressiva della produzione lattiera nelle aziende europee, con investimenti finalizzati all’aumento delle relative capacità produttive;

§  la grave crisi economico-finanziaria, che ha portato nell’Unione europea una contrazione generalizzata dei consumi e, specialmente, del latte;

§  la permeabilità del mercato europeo alla concorrenza di prodotti extraeuropei, spesso realizzati a costi nettamente inferiori;

§  una conseguente progressiva riduzione delle quotazioni del latte, con costante diminuzione dei prezzi pagati agli allevatori.

 

Si ricorda che il citato articolo 1 del regolamento di esecuzione n. 2016/559 prevede che le organizzazioni di produttori riconosciute, le loro associazioni e le organizzazioni interprofessionali riconosciute nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari sono autorizzate a stipulare accordi misti volontari e ad adottare decisioni comuni sulla pianificazione del volume di latte prodotto nel corso di un periodo di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento 2016/559. La relazione illustrativa indica il periodo di riferimento dal 13 aprile 2016 al 12 ottobre 2016.

 

Al comma 2, si prevede che le misure di sostegno indicate al comma 1 siano individuate e definite con decreto del Ministro delle politiche agricole e alimentari, da adottare entro 30 giorni  dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, in conformità con la normativa europea.

 

Il comma 3 dispone, poi, che il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, istituito dall’articolo 58, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 sia rifinanziato di 6 milioni di euro per l'anno 2016 e di 4 milioni di euro per l’anno 2017, al fine di consentire l'acquisto e la distribuzione gratuita di latte.

 

La legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha finanziato, con 10 milioni di euro, il Fondo destinato a sostenere programmi annuali di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti.

Il Fondo, istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, è stato previsto dal co. 1 dell'art. 58, del D.L. 83/2012.

Il Fondo Nazionale Indigenti è stato rifinanziato in legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), per 12 milioni di euro per il 2015, a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi in favore della famiglia (articolo 1, comma 131) e in legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) con 2 milioni di euro per l'anno 2016 e 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.

A livello comunitario, il Regolamento (UE) n. 223/2014 dell'11 marzo 2014 ha istituito il Fondo di aiuti europei agli indigenti che ha sostituito il Programma europeo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (PEAD), concluso a fine 2013. Ai sensi del medesimo Regolamento, per l'Italia, la dotazione contemplata è di 595 milioni (prezzi del 2011), pari a circa 670 milioni di euro a prezzi correnti. E' inoltre previsto un cofinanziamento da parte dello Stato, che non era previsto dal precedente programma, il quale era finanziato invece con i fondi agricoli europei. Tale cofinanziamento è pari a 118,3 milioni di euro.

L'attuazione del Programma Operativo per il periodo 2014-2020 prevede un coordinamento fra il Fondo nazionale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Mipaaf e l' Agenzia per le erogazioni in Agricoltura (AGEA), che opera in qualità di Organismo intermedio, a cui è delegata la gestione degli interventi per la distribuzione degli aiuti alimentari. Il programma italiano di aiuti 2014-2020, finanziato attraverso le risorse FEAD ed il relativo cofinanziamento, è stato elaborato di concerto tra Ministero del Lavoro e Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) ed è stato approvato dalla Commissione UE nel dicembre 2014. In data 8 agosto 2014 è stato comunque  approvato un piano di riparto delle risorse FEAD per iniziali 40 milioni di euro, anticipati dal Governo italiano a valere sul Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, in attesa dell'approvazione da parte della Commissione del Programma operativo.

 

Il comma 4 prevede che le misure individuate dai commi 1 e 3, siano applicabili previa notifica alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (che regola il regime degli aiuti di Stato), effettuata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Il comma 5 reca la copertura finanziaria delle misure di sostegno dei produttori di latte e di prodotti lattiero-caseari, previste al comma 1, pari – come anticipato - a 10 milioni di euro per l'anno 2016. La predetta copertura viene individuata mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3, commi 1 e 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (legge n. 116 del 2014).

 

Come ricorda anche la relazione tecnica al disegno di legge di conversione depositato dal Governo, si tratta di risorse previste per la fruizione di due crediti di imposta per investimenti nel settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura, rispettivamente, per la realizzazione di infrastrutture di e-commerce e per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie, nonché per la cooperazione di filiera.

Tali fondi, che ammontano, a norma del comma 5 del predetto art. 3 del D.L. 91/2014 – per quanto concerne l’anno 2016 - a 1 milione di euro per la prima tipologia di investimenti e a 9 milioni di euro per la seconda, sono – prosegue la relazione tecnica – per l’anno 2016 “da considerarsi come non utilizzati, in quanto, impregiudicata la fruizione dei crediti d’imposta da parte dei richiedenti, in conseguenza all'attivazione di tali strumenti solo nell'anno 2015 - a fronte di una copertura a decorrere dal 2014 -, le coperture per il 2016 sono integralmente disponibili. Per le richieste pervenute nel corso del 2015 sono state infatti impiegate le risorse non utilizzate nel 2014, mentre per le richieste pervenute nel corso del 2016 e attualmente in corso di valutazione potranno essere utilizzate le risorse previste per il 2015…”.

 

Il comma 6 dispone la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla distribuzione gratuita di latte agli indigenti, di cui al comma 3. A tal fine, i 6 milioni di euro previsti per l'anno 2016 sono coperti mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della legge 23 dicembre 1999, n. 499 -relativa al finanziamento delle attività di competenza del MIPAAF- , mentre ai 4 milioni di euro per l'anno 2017 si fa fronte mediante corrispondente riduzione del fondo di conto capitale iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera d), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (legge n. 89 del 2014).

 

Si ricorda che nella legge di bilancio per il periodo 2016-2018 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4 della legge n. 499 del 1999 (allocata nel cap. 7810 del MIPAAF) presenta stanziamenti di 25 milioni di euro per il 2016 e di 10 milioni di euro per il 2017, mentre il fondo di cui all’articolo 49, comma 2, lettera d) del D.L. 66/2014 (allocato nel cap. 7851 sempre del MIPAAF, destinato al ripiano dei debiti nei confronti degli enti territoriali, istituito in esito al riaccertamento straordinario dei residui passivi) presenta stanziamenti per 0,5 milioni di euro per il 2016 e 14 milioni di euro per il 2017.

 

Il comma 6-bis, introdotto durante l’esame della Camera dei deputati, prevede la concessione di un contributo alle imprese che operano nel settore suinicolo e della produzione del latte bovino destinato alla copertura dei costi sostenuti per interessi sui mutui bancari negli anni 2015 e 2016.

Le risorse sono reperite sul Fondo di investimenti per il settore lattiero caseario, previsto dalla legge di stabilità per il 2015. Le modalità del contributo saranno determinate con decreto adottato ai sensi del comma 214 dell’art. 1 della legge di stabilità 2015. Il comma richiamato fa riferimento al decreto di riparto del Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario, già adottato con DM 18 aprile 2016.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 214, della legge n. 190 del 2014 (Legge di stabilità 2015) ha istituito, presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario, dotato di 8 milioni di euro nel 2015 e 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2016 e 2017, e finalizzato alla ristrutturazione del settore lattiero caseario ed al miglioramento della qualità del latte bovino.

La norma ha escluso dal contributo i produttori che non risultano in regola con il pagamento delle multe legate all’eccesso di produzione di latte rispetto alle quote assegnate in sede europea nonché i produttori che hanno aderito al programma di rateizzazione, ma non hanno adempiuto nei tempi ai previsti pagamenti.

Per la definizione dei criteri e delle modalità di accesso ai contributi si è rinviato ad un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente Stato regioni. Il decreto in esame, come già accennato, è stato adottato con D.M. 18 aprile 2016.

Ai sensi del comma 216, gli interventi ammessi al contributi potranno beneficiare delle garanzie concesse da ISMEA.

Con il decreto-legge n. 51 del 2015, recante disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionali e di razionalizzazione delle strutture ministeriali, (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91) sono state apportate le seguenti modificazioni al Fondo in esame:

§  con l’articolo 2, comma 4, è stato aggiunto un ulteriore periodo al comma 214 con il quale è stato previsto che il decreto attuativo delle disposizioni di cui al comma 214 possa prevedere, a valere sulle disponibilità del Fondo, anche il finanziamento di attività di ricerca pubblica finalizzata al miglioramento della qualità del latte e dei prodotti lattiero caseari, nonché di campagne promozionali e di comunicazione istituzionale per il consumo e la valorizzazione del latte fresco e dei prodotti lattiero caseari, nel rispetto della normativa europea;

§  con l’articolo 4, comma 3, è stata prevista la riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma 214, per la copertura degli oneri derivanti dal finanziamento del Piano olivicolo-oleario, per un importo pari a 4 milioni per il 2015 e 12 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017;

§  con l’articolo 5, comma 3, è stata disposta la riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma 214 per la copertura degli oneri conseguenti all’incremento del Fondo di solidarietà nazionale per sostenere gli interventi a favore delle imprese danneggiata dal batterio della Xylella fastidiosa, per un importo pari a 1 milione di euro per l’anno 2015.

 

Infine, la legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha previsto in Tabella E un definanziamento per il 2016 di 23 milioni, rispetto a quanto previsto a legislazione vigente per il Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario. Resta intatta la previsione per il 2017.

 

Il comma 6-ter, introdotto durante l’esame della Camera dei deputati, prevede che le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale nella filiera (produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione) del settore lattiero possono stipulare, per conto delle imprese accordi-quadro per la disciplina dei contratti di cessione di latte crudo. È esclusa tale facoltà nel caso in cui le stesse imprese siano vincolate a conferire il latte a cooperative o organizzazioni di produttori riconosciute. Il disposto normativo definisce cosa debba intendersi per  associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale: sono tali le associazioni che svolgono le proprie attività in almeno cinque regioni e che rappresentano una quota delle attività economiche, pari al almeno il 20% del settore a livello nazionale.

 

Si ricorda, al riguardo, che il comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge n.51/2015 ha disposto che i contratti, stipulati o eseguiti nel territorio nazionale, aventi ad oggetto la cessione di latte crudo siano stipulati obbligatoriamente in forma scritta ed abbiano una durata non inferiore ai dodici mesi, salvo rinuncia espressa formulata dall’agricoltore cedente. E’ stato, altresì, previsto inoltre, che, al fine di rendere operativo il ruolo dell’Autorità garante nel perseguire pratiche commerciali sleali nella filiera del latte, l’Istituto dei servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), elabori mensilmente i costi medi di produzione del latte crudo, tenendo in considerazione la collocazione geografica dell’allevamento e della destinazione finale del latte crudo, anche avvalendosi dei dati resi disponibili dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria sulla base della metodologia elaborata approvata dal MIPAAF.

 

Il comma 6-quater, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, novella l’articolo 1 del decreto legge n. 51 del 2015 (legge n. 91 del 2015) – in materia di quote latte, aggiungendovi i commi da 4-bis a 4-sexies.

Al riguardo, si ricorda – in sintesi – che l'articolo 1 (commi 1-6) del decreto-legge n. 51 del 2015, ha previsto la possibilità per i produttori di latte bovino di pagare in tre rate annuali – previste, rispettivamente, per il 30 settembre 2015, il 30 settembre 2016 ed il 30 settembre 2017 - senza interessi, il prelievo (cosiddetta “multa”) dovuto a causa dell'eccedenza di latte prodotto nell'ultima campagna lattiero-casearia di applicazione del regime delle quote latte (1° aprile 2014 - 31 marzo 2015). Tale disciplina ha inoltre richiesto la prestazione da parte del produttore di fideiussione bancaria o assicurativa a copertura delle rate relative agli anni 2016 e 2017. Le domande per accedere alla rateizzazione dovevano essere presentate ad Agea entro il 31 agosto 2015 e potevano essere oggetto di rateizzazione solo per importi superiori a 5.000 euro.

 

Il nuovo comma 4-bis stabilisce che il pagamento dell’importo del prelievo supplementare sul latte bovino, dovuto per il medesimo periodo 1° aprile 2014 - 31 marzo 2015, come risultante dai calcoli quantitativi e dalle restituzioni di fine periodo sia effettuato a favore dell’Agenzia per le erogazioni in Agricoltura (Agea), in misura corrispondente al prelievo dovuto all’Unione europea, maggiorato del 5% accantonato.

 

Il comma 4-bis in commento precisa che tale disposizione avviene in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, comma 1, del regolamento (CE) 595/2004 della Commissione del 30 marzo 2004. In base a tale disposto, ogni anno, anteriormente al 1° ottobre, l'acquirente o, in caso di vendite dirette, il produttore, versa all'autorità competente l'importo del prelievo dovuto, secondo le modalità stabilite dallo Stato membro; gli acquirenti sono responsabili della riscossione del prelievo sulle eccedenze per le consegne dovuto dai produttori. Gli Stati membri possono decidere che il pagamento dell'importo del prelievo dovuto relativo al periodo annuale a decorrere dal 1° aprile 2014 sia effettuato in tre rate annuali senza interesse e che la prima rata, corrispondente a 1/3 dell'importo complessivo dovuto, sia versata entro il 30 settembre 2015. Entro il 30 settembre 2016 sono versati almeno 2/3 dell'importo complessivo dovuto e entro il 30 settembre 2017 è saldato l'importo complessivo.

 

Questa disposizione (combinata con quelle successive) appare, di fatto, una deroga all’articolo 9, comma 4-quater, del suddetto D.L. n. 49 del 2003, in base al quale, ai fini della restituzione del prelievo delle quote latte pagate in eccesso – a decorrere da un determinato periodo - le somme residue delle restituzioni (al netto del prelievo nazionale dovuto all’Unione europea per esubero produttivo e del 5% di tale importo che viene accantonato) confluiscono nel fondo per gli interventi lattiero caseari istituito presso il MIPAAF, introdotto dall’articolo 8-bis del d.l. n. 5 del 2009 (legge n. 33/2009).

 

Si segnala, inoltre, che con una nota stampa del MIPAAF del 12 agosto 2015 sono stati indicati – tra l’altro - i seguenti dati sulla ripartizione del prelievo delle quote latte per il periodo 2014/2015: l'importo complessivo del prelievo confermato, che ammonta a 103,71 milioni di euro, risultava così ripartito:

§  30,53 milioni di euro sono pagati alla UE per il superamento della quota nazionale;

§  1,53 milioni di euro sono accantonati ai sensi della legge 119/03 (di conversione del D.L. n. 49 del 2003);

§  71,65 milioni di euro, una volta effettivamente incassati, saranno destinati al fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi della legge 33/2009 (di conversione del D.L. n. 5 del 2009).

 

Il nuovo comma 4-ter poi - introdotto anch’esso dalla novella in commento - dispone che i produttori di latte che avevano aderito alla rateizzazione prevista dal predetto decreto-legge n. 5 del 2009 (art. 1, comma 1), ricevano dall’AGEA, successivamente al 1° ottobre 2016 ed entro il 31 dicembre 2016, la restituzione di quanto versato in eccesso rispetto a quanto disposto dal nuovo comma 4-bis e non siano tenuti al pagamento delle ulteriori rate in eccesso. Le garanzie prestate dai produttori ai fini della rateizzazione, ai sensi del comma 2 del medesimo art. 1 del D.L. 51/2015, sono restituite entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

Il comma 4-quater, inoltre, dispone che i produttori che non hanno aderito alla rateizzazione di cui sopra e hanno già provveduto al versamento integrale dell’importo del prelievo supplementare loro imputato, o comunque in misura superiore rispetto a quanto disposto dal comma 4-bis, ricevono dall’AGEA, successivamente al 1° ottobre 2016 ed entro il 31 dicembre 2016, la restituzione di quanto versato in eccesso rispetto a quanto disposto dal comma 4-bis.

 

Il successivo nuovo comma 4-quinquies dell’art. 1 del D.L. 51/2015 prevede che i produttori che non hanno aderito alla rateizzazione citata e che non hanno versato l’importo del prelievo supplementare loro imputato, o comunque hanno versato un importo inferiore rispetto a quanto disposto dal nuovo comma 4-bis, versino all’AGEA quanto dovuto, entro il 1° ottobre 2016. I produttori di latte che non rispettano quest’ultimo termine di versamento del 1° ottobre 2016 sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 15.000.

 

Il nuovo comma 4-sexies, introduce, quindi,  una norma strumentale alle citate nuove disposizioni, prevedendo che l’AGEA ridetermini gli importi dovuti dai produttori di latte ai sensi del predetto comma 4-bis, individuando quelli a cui spettano le restituzioni previste dai citati commi 4-ter e 4-quater e quelli ancora tenuti al versamento del dovuto ai sensi del suddetto comma 4-quinquies, e ne dia comunicazione alle competenti Amministrazioni regionali per i conseguenti adempimenti.

 

Viene inoltre novellato il comma 5 dell’articolo 1 del D.L. 51 del 2015 (con l’eliminazione del riferimento alla rateizzazione), prevedendosi così che alle compensazioni finanziarie effettuate dalla Commissione europea sui rimborsi a valere sul Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) si faccia fronte mediante anticipazioni a favore dell’AGEA, a carico del fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, di cui all’art. 5 della legge n. 183 del 1987.

 

In conseguenza delle citate novelle, viene infine sostituito il comma 6 dell’art. 1 del D.L. n. 51 del 2015, nel senso di prevedere che il suddetto fondo di rotazione venga reintegrato da AGEA delle anticipazioni effettuate a valere sulle risorse derivanti dai versamenti del prelievo supplementare effettuati dai produttori e non oggetto di restituzione (eliminandosi i riferimenti alla rateizzazione e all’escussione delle fideiussioni).

 

Il comma 7, infine, prevede che, al fine di garantire l'efficace gestione dei servizi del sistema informativo agricolo nazionale (SlAN), l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) provveda, sino all’espletamento da parte di CONSIP di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento a terzi del sistema informativo, ad utilizzare i servizi della  SIN S.p.A., una società il cui 51 per cento di capitale è di proprietà dell’AGEA, mentre il restante 49 per cento appartiene ad un consorzio privato (RTI).

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione depositato dal Governo ricorda che il 20 settembre 2016 scade il termine della partecipazione del socio privato alla predetta società e che la disposizione in esame serve, quindi, a garantire la continuità del servizio sino all’aggiudicazione definitiva dello stesso al nuovo fornitore, senza che si possano verificare medio tempore interruzioni del sistema informativo SIAN, il quale consente la gestione e l’implementazione delle funzioni di supporto al corretto e tempestivo pagamento e controllo “dei circa 6 miliardi di euro di aiuti europei (FEAGA e FEARS) annualmente destinati ai produttori agricoli italiani…”. La disposizione di cui al comma 7 in commento – riferisce la relazione tecnica – non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


Articolo 23-bis
(Misure per la competitività della filiera e il miglioramento della qualità dei prodotti cerealicoli e lattiero-caseari)

 

 

L’articolo 23-bis, introdotto dalla Camera dei deputati in sede di conversione del decreto-legge, istituisce un Fondo per il miglioramento della qualità e della competitività delle imprese appartenenti al comparto cerealico, obiettivi che si prevede di realizzare con il sostegno ai contratti e agli accordi di filiera, con il trasferimento alle imprese delle nuove conoscenze legate alla ricerca e alle nuove tecnologie applicate, nonché con interventi volti a migliorare la struttura del comparto.

La dotazione del Fondo è di 3 milioni di euro per il 2016 e di 7 milioni di euro per il 2017. Un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni entro 45 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, definirà i criteri e le modalità di ripartizione del Fondo. Gli interventi saranno attuati, secondo il comma 2, conformemente alla normativa europea sugli aiuti de minimis.

La copertura degli oneri secondo il comma 3 è rinvenuta, quanto a 2,5 milioni di euro per il 2016, attraverso la riduzione di spesa prevista dall’art. 4 della L. n. 499/1999; quanto a 500.000 euro per il 2016 e 7 milioni di euro per il 2017, mediante riduzione del Fondo di conto capitale iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in base a quanto previsto dall’art. 49, co. 2, lett. d), del D.L. n. 66/2014; il comma 4 autorizza il MEF ai conseguenti decreti.

 

Si ricorda che nella legge di bilancio per il periodo 2016-2018 l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della legge n. 499 del 1999 (allocata nel cap. 7810 del MIPAAF) presenta stanziamenti di 25 milioni di euro per il 2016 e di 10 milioni di euro per il 2017, mentre il fondo di cui all'articolo 49, comma 2, lettera d) del D.L. 66/2014 (allocato nel cap. 7851 sempre del MIPAAF, destinato al ripiano dei debiti nei confronti degli enti territoriali, istituito in esito al riaccertamento straordinario dei residui passivi) presenta stanziamenti per 0,5 milioni di euro per il 2016 e 14 milioni di euro per il 2017.

Le predette autorizzazione di spesa, peraltro - come noto - vengono già parzialmente utilizzate al comma 6 dell’articolo 23 del presente provvedimento, a copertura degli oneri derivanti dalla distribuzione gratuita di latte agli indigenti. A tal fine, i 6 milioni di euro ivi previsti per l'anno 2016 sono coperti mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della legge n. 499 del 1999, mentre ai 4 milioni di euro per l'anno 2017, sempre destinati alla distribuzione di latte agli indigenti, si fa fronte mediante corrispondente riduzione del suddetto fondo di cui all’articolo 49, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 66 del 2014 (legge n. 89 del 2014).

 

Quanto alla disciplina del contributo de minimis, si ricorda che essa è disciplinata  dal Reg. (UE) 18 dicembre 2013, n. 1408/2013. Si tratta di quegli aiuti di piccolo ammontare concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola (di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari) che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un’alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici.

L'articolo 49 del D.L. n. 66/2014 ha previsto un programma straordinario di riaccertamento dei residui passivi e delle partite debitorie iscritte nel conto del patrimonio dello Stato corrispondenti a residui andati in perenzione agli effetti contabili, al fine di consentire la cancellazione di quelli tra essi ormai non più esigibili dai terzi - per il venir meno dei presupposti dell'obbligazione giuridica sottostante - e la conseguente iscrizione delle corrispondenti somme quali nuovi stanziamenti in bilancio. Ai sensi del comma 2 del citato articolo 49, si è provveduto alla costituzione, con le predette somme, di fondi da iscrivere negli stati di previsione delle Amministrazioni interessate, da ripartire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, per il finanziamento di nuovi programmi di spesa, di programmi già esistenti e per il ripiano dei debiti fuori bilancio (lettere a) e b)) e per trasferimenti e/o compartecipazioni statutarie alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali (lettera d)).

A disegno di legge di bilancio 2015-2017 sono stati dunque istituiti, per quanto concerne lo stato di previsione del Mipaaf, i seguenti capitoli:

§  Cap. 2350 Fondo di parte corrente per il finanziamento di nuovi programmi di spesa, di programmi già esistenti e per il ripiano dei debiti fuori bilancio (ai sensi dell’articolo 49, lettere a) e b) del D.L. n. 66/2014);

§  Cap. 7850 Fondo di conto capitale per il finanziamento di nuovi programmi di spesa, di programmi già esistenti e per il ripiano dei debiti fuori bilancio (ai sensi dell’articolo 49, lettere a) e b) del D.L. n. 66/2014);

§  Cap. 7851 Fondo di conto capitale destinato al ripiano dei debiti nei confronti degli enti territoriali (ai sensi dell’articolo 49, lettera d) del D.L. n. 66/2014).

 

La legge di stabilità ha utilizzato le risorse iscritte a BLV 2015-2017 sui predetti fondi, a copertura di una serie di misure in essa contenute, quali, in particolare, oltre a quella qui in esame, la realizzazione del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti e, specificamente, l’istituzione, ai commi 202 e 203, di un Fondo per le politiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela, in Italia e all'estero, delle imprese e dei prodotti agricoli e agroalimentari, con dotazione iniziale di 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016.

 

A legge di bilancio 2015-2017, le risorse che risultano iscritte sui predetti Fondi sono le seguenti:

§  capitolo 2350 reca uno stanziamento di 600.000 euro per il 2016;

§  capitolo 7850 reca uno stanziamento di 10 milioni per il 2015 e di 8,8 milioni per il 2016

§  capitolo 7851 di 45 milioni per il 2015, di 50 milioni per il 2016 e di 100 milioni per il 2017.

 


Articolo 24, commi 1-3-sexies
(Disposizioni in materia culturale)

 

 

L’articolo 24 introduce innanzitutto elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che hanno avuto la possibilità di presentare un piano di risanamento, ai sensi dell’art. 11 del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013).

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame presso la Camera, prevede, altresì, la revisione dell’assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche, reca disposizioni relative ai contributi per lo spettacolo dal vivo e (re)introduce le istituzioni culturali fra i soggetti ai quali non si applica il limite massimo di cinque componenti degli organi di amministrazione, previsto dall’art. 6, co. 5, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010).

 

Interventi per le fondazioni lirico-sinfoniche (commi da 1 a 3-quater)

 

Si ricorda preliminarmente che la legge n. 800 del 1967 ha riconosciuto quali enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – e 2 istituzioni concertistiche assimilate: l'Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma e l'Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora, Fondazione teatro lirico di Cagliari). Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a seguito della legge n. 310 del 2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari.

Con il D.Lgs. 367/1996, gli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale sono stati trasformati in fondazioni di diritto privato.

Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche sono quattordici.

 

L’articolo 11, co. 1 e 2, del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013) ha previsto la possibilità di presentare un piano di risanamento per le fondazioni lirico-sinfoniche che versassero in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale e, in particolare, che:

§  si trovassero nelle condizioni di amministrazione straordinaria, di cui all’art. 21 del D.Lgs. n. 367/1996;

§  fossero state in regime di amministrazione straordinaria nel corso degli ultimi due esercizi, non avendo ancora terminato la ricapitalizzazione;

§  non potessero far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte di terzi.

Per il piano di risanamento sono stati indicati i contenuti inderogabili, fra i quali:

§  la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al cinquanta per cento di quella in essere al 31 dicembre 2012 e una razionalizzazione del personale artistico;

§  l'individuazione di soluzioni, compatibili con gli strumenti previsti dalle leggi di riferimento del settore, idonee a riportare la fondazione, entro i tre esercizi finanziari successivi, nelle condizioni di attivo patrimoniale e almeno di equilibrio del conto economico;

§  la cessazione dell'efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore, l'applicazione esclusiva degli istituti giuridici e dei livelli minimi delle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio previsti dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro e la previsione che i contratti collettivi dovevano in ogni caso risultare compatibili con i vincoli finanziari stabiliti dal piano. Nelle more della definizione del procedimento di contrattazione collettiva nel settore lirico-sinfonico (di cui all'art. 2 del D.L. 64/2010), le fondazioni lirico-sinfoniche che avessero presentato il piano di risanamento potevano negoziare ed applicare nuovi contratti integrativi aziendali, compatibili con i vincoli finanziari stabiliti dal piano, purché tali nuovi contratti prevedessero l'assorbimento senza ulteriori costi per la fondazione di ogni eventuale incremento del trattamento economico conseguente al rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro.

Il piano doveva essere presentato ad un commissario straordinario, appositamente nominato[48], entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, e doveva assicurare gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari (ovvero, in base al co. 14, entro l’esercizio 2016). Il piano sarebbe dovuto essere approvato, su proposta motivata del commissario straordinario, sentito il collegio dei revisori dei conti, con decreto MIBACT-MEF, entro 30 giorni dalla sua presentazione[49].

In base al citato co. 14, infatti, le fondazioni che non avessero presentato il piano di risanamento entro i termini previsti, o per le quali il piano di risanamento non fosse stato approvato nei termini previsti, ovvero che non avessero raggiunto entro l’esercizio 2016 le condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, dovevano essere poste in liquidazione coatta amministrativa.

 

Per facilitare il percorso di risanamento, il co. 6 dello stesso art. 11 del D.L. n. 91/2013 ha previsto la possibilità di accedere a un fondo di rotazione, per la concessione di finanziamenti di durata fino a un massimo di 30 anni, in favore delle (sole) fondazioni che fossero nelle condizioni di cui al co. 1.

 

Successivamente, l’art. 1, co. 355, della L. n. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha prorogato (dal 2016) al 2018 – senza novellare l’art. 11, co. 14, del D.L. n. 91/2013 – il termine per il raggiungimento dell’equilibrio strutturale di bilancio per le fondazioni che avevano già presentato il piano di risanamento, previa predisposizione, da parte delle stesse - entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (dunque, entro il 31 marzo 2016) – di un’integrazione del piano, relativa al periodo 2016-2018, pena la sospensione dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS).

Ha altresì previsto che il predetto piano – rectius: l’integrazione del piano – doveva essere approvato con decreto interministeriale MIBACT-MEF.

Inoltre, il co. 356 del medesimo articolo ha esteso a tutte le fondazioni la possibilità di accedere al suddetto fondo di rotazione, stabilendo che quelle interessate potevano presentare – entro il 30 giugno 2016 – un piano triennale per il periodo 2016-2018, secondo le indicazioni del citato art. 11 e delle linee guida relative ai piani di risanamento[50]. In particolare, ha specificato che il piano doveva prevedere la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al 50% di quella in essere al 31 dicembre 2015 e la rinegoziazione e ristrutturazione del debito esistente alla medesima data[51].

A tal fine, ha incrementato di 10 milioni di euro per il 2016 la dotazione del Fondo di rotazione (inizialmente pari a € 75 mln per il 2014, e successivamente incrementata per il 2014 di € 50 mln dall’art. 5, co. 6, del D.L. 83/2014 - L. 106/2014).

 

L’articolo 24, comma 1, lett. a), b), e d) – novellando l’art. 11, co. 1, alinea e lett. a), e il co. 14, del D.L. n. 91/2013 –, e il comma 2 – novellando l’art. 1, co. 355, della L. n. 208/2015 – sostituiscono il previgente riferimento al raggiungimento dell’equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con il riferimento al raggiungimento del pareggio economico in ciascun esercizio e del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro il 2018.

 

Dunque, si sostituisce alla nozione di equilibrio strutturale del bilancio – che, per come desumibile dall’ordinamento interno, esclude dal risultato economico annuale le componenti di carattere temporaneo o comunque non ripetibili negli esercizi successivi, che quindi non potrebbero concorrere al risultato nominale del bilancio – la più elastica nozione di pareggio economico, che fa riferimento al bilanciamento tra entrate e spese nel loro complesso.

Tale modifica intende assicurare – secondo la relazione illustrativa – una valutazione razionale del conseguimento degli obiettivi strutturali del bilancio della fondazione secondo un’ottica di maggiore flessibilità, tenuto conto della particolare natura delle fondazioni e del loro patrimonio.

Poiché la nozione di pareggio economico è per sua natura riferita alla singola annualità di bilancio, e di per sé può non essere sufficientemente indicativa dei possibili futuri andamenti economici dell’ente, le norme affiancano a tale nuovo indicatore anche un elemento previsivo, costituito dal “tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario”.

 

Il comma 1, lett. c) - novellando l’art. 11, co. 9, lett. a), dello stesso D.L. n. 91/2013 – opera la stessa sostituzione con riferimento ai contenuti della negoziazione per la ristrutturazione del debito della fondazione necessaria per accedere – nelle more del perfezionamento del piano di risanamento – alle anticipazioni (per l’annualità 2013) finalizzate ad evitare, a causa della carenza di liquidità, la compromissione della gestione anche ordinaria della fondazione.

 

In particolare, l’art. 11, co. 9, del D.L. n. 91/2013 ha previsto la possibilità, nelle more del perfezionamento del piano di risanamento, di ottenere anticipazioni per il 2013 (fino a € 25 mln) per le fondazioni che versavano in una situazione di carenza di liquidità tale da pregiudicare la gestione anche ordinaria, a determinate condizioni, tra cui l’avvio della negoziazione per la ristrutturazione del debito della fondazione nella misura sufficiente ad assicurare, tra l’altro, la sostenibilità finanziaria del piano di risanamento, gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario.

Durante l’esame alla Camera non è stata esplicitata la motivazione della novella, riferita, come si è visto, ad anticipazioni relative all’annualità 2013.

 

Il comma 3 chiarisce le modalità con cui le fondazioni lirico-sinfoniche in fase di risanamento possono accedere all’istituto della transazione fiscale, che consente di comporre stragiudizialmente i debiti tributari di un ente in crisi: in particolare, l’accesso all’istituto è consentito anche ove le fondazioni lirico-sinfoniche non abbiano proposto il piano di risanamento che introduce il concordato preventivo, come disciplinato dalla legge fallimentare. Resta fermo l’obbligo per detti enti, al fine di usufruire della transazione fiscale, di presentare i già citati piani di risanamento previsto ex lege.

 

A tale scopo, le norme in esame aggiungono un periodo alla fine dell’art. 5, co. 1-bis, del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014), disposizione che ha consentito alle Agenzie fiscali, a specifiche condizioni, di esperire la transazione fiscale (ai sensi dell’art. 182-ter della legge fallimentare, R.D. n. 267/1942) nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche in stato di crisi.

 

In sintesi, la transazione fiscale consente al debitore di proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, con alcune eccezioni (tributi che sono risorse proprie dell'Unione europea) e limiti (con riguardo all’IVA e alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento). La transazione fiscale viene proposta con il piano di risanamento che introduce il concordato preventivo, secondo l’articolo 160 della medesima legge fallimentare. Inoltre, la transazione fiscale può essere proposta anche nell'ambito delle trattative che precedono la stipula dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (di cui all'articolo 182-bis della medesima legge fallimentare).

 

Il vigente art. 5, co. 1-bis del D.L. n. 83/2014 a tale scopo richiede:

§  che le fondazioni lirico-sinfoniche abbiano presentato i piani di risanamento definitivi ai sensi del richiamato art. 11 del D.L. n. 91/2013;

§  che la transazione fiscale sia necessaria ai fini della realizzazione dei predetti piani.

 

Per l’accesso alla transazione fiscale i piani di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche devono essere corredati di tutti gli atti richiesti dalla legge vigente (di cui all’art. 11, comma 2 del D.L. n. 91/2013) e, in particolare, del referto del collegio dei revisori dei conti. Si richiede poi il rispetto delle norme che fissano il contenuto inderogabile di detti piani (comma 1, lettere a), g) e g-bis) dell’art. 11, rispettivamente concernenti: le informazioni sulla rinegoziazione e ristrutturazione del debito della fondazione; le informazioni relative al trattamento economico e giuridico del personale; l'obbligo per la fondazione, nella persona del legale rappresentante, di verificare che nel corso degli anni non siano stati corrisposti interessi anatocistici agli istituti bancari che hanno concesso affidamenti).

 

Come anticipato sopra, dunque, le norme in commento chiariscono che l’accesso alla transazione fiscale nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche è consentito anche se tali fondazioni non hanno presentato lo specifico piano di risanamento che introduce il concordato preventivo, di cui all'art. 160 della legge fallimentare (R.D. n. 267/1942).

Di conseguenza i predetti enti possono accedere all’istituto se hanno presentato gli speciali piani di risanamento previsti dalla legge.

 

Il concordato preventivo è un mezzo di soddisfacimento delle ragioni dei creditori, previsto dalla legge fallimentare (disciplinato all’articolo 160 e ss.gg.) alternativo al fallimento di cui impedisce la dichiarazione e le conseguenze personali patrimoniali. Il concordato preventivo si sostanzia in un accordo tra l'imprenditore e la maggioranza dei creditori – regolato da un giudice delegato nominato dal tribunale, coadiuvato da un commissario giudiziale - finalizzato a risolvere la crisi aziendale e ad evitare il fallimento mediante una soddisfazione – anche parziale – dei creditori. L'imprenditore che si trova in stato di crisi può quindi proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma; b) l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. Nel corso della XVI e XVII legislatura il concordato è stato riformato per concedere alle imprese in crisi un accesso più rapido alle procedure di risanamento, consentendo tra l'altro l'accesso a nuovi mezzi finanziari, garantendo la continuità aziendale ed estendendo talune tutele già nella fase preliminare di negoziazione con i creditori; dall'altra, garantire maggior rigore (con correlate sanzioni anche penali) in materia di attestazioni del professionista.

 

I commi 3-bis e 3-ter, introdotti durante l’esame alla Camera, prevedono la revisione, con uno o più regolamenti di delegificazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell’assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche[52], al fine di garantire il consolidamento e la stabilizzazione del risanamento economico-finanziario e prevenire il verificarsi di ulteriori condizioni di crisi.

In particolare, si prevede che le attuali fondazioni lirico-sinfoniche possano essere inquadrate, alternativamente – dopo il 31 dicembre 2018 –, come “fondazione lirico-sinfonica” o “teatro lirico-sinfonico”, e che da ciò conseguono diverse modalità organizzative, di gestione e di funzionamento.

Più nello specifico i principi e i criteri direttivi - rectius: le norme generali regolatrici della materia - per l’emanazione dei regolamenti sono così definiti:

§  individuazione dei requisiti che le fondazioni lirico-sinfoniche devono possedere alla data del 31 dicembre 2018 ai fini del suddetto inquadramento, prevedendo fra gli stessi anche:

il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario.

Si rileva che tale previsione del comma 3-bis di raggiungimento “dell’equilibrio economico-finanziario” appare differire da quella di cui ai commi 1 e 2 di conseguimento del “tendenziale equilibrio economico e finanziario”;

la capacità di autofinanziamento e di reperimento di risorse private a sostegno delle attività;

la realizzazione di un numero “adeguato” di produzioni e coproduzioni;

il livello di internazionalizzazione;

la specificità della storia e della cultura operistica e sinfonica italiana.

§  definizione delle modalità per l’accertamento dei requisiti e l’attribuzione della qualifica;

§  definizione delle diverse modalità di organizzazione, gestione e funzionamento, secondo principi di efficienza, efficacia, sostenibilità economica, valorizzazione della qualità e, in particolare, previsione che l’eventuale mantenimento della partecipazione e della vigilanza dello Stato si applica alle sole fondazioni lirico-sinfoniche.

Si segnala che quanto previsto alla lett. a) del comma 3-bis sembrerebbe sostanzialmente presente anche nella lett. b) dello stesso comma.

I regolamenti sono adottati entro il 30 giugno 2017, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Sui relativi schemi si esprimono, entro 60 giorni dalla ricezione, la Conferenza unificata, il Consiglio di Stato e le competenti Commissioni parlamentari. Decorso il termine, i regolamenti sono emanati.

Dalla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni regolamentari sono abrogate le disposizioni vigenti, anche legislative, con esse incompatibili, alla cui ricognizione si procede in sede di emanazione dei medesimi regolamenti.

 

Rispetto alla disciplina generale relativa ai regolamenti di delegificazione - recata dall’art. 17, co. 2, della L. 400/1988 - si riscontra il raddoppio del termine per l’espressione dei pareri (da 30 a 60 giorni) e, come da prassi invalsa, il rinvio dell’individuazione delle disposizioni da abrogare al momento dell’adozione del regolamento.

 

Il comma 3-quater, sempre introdotto durante l’esame alla Camera, prevede, inoltre, alcune misure di contenimento della spesa e di risanamento da adottare nelle more della revisione prevista dai co. 3-bis e 3-ter, al fine di perseguire l’obiettivo della sostenibilità economico-finanziaria delle fondazioni lirico-sinfoniche.

In particolare, si stabilisce che:

§  il tetto massimo fissato per il trattamento economico per le missioni all’estero dei dipendenti delle fondazioni (art. 3, co. 6, D.L. 64/2010 – L. 100/2010) è ridotto del 50%.

Per le missioni all’estero dei dipendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche, l’art. 3, co. 6, del D.L. 64/2010 prevede l’applicazione delle disposizioni in materia di massimale del trattamento economico per i dipendenti della P.A., di cui alla lettera D (Gruppo IV) della tabella A allegata al D.M. 27 agosto 1998[53];

§  la disciplina del rapporto di lavoro subordinato non si applica alle collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni lirico-sinfoniche “di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367”.

A tal fine, si novella l’art. 2, co. 2, del D.Lgs. 81/2015, aggiungendo la fattispecie descritta a quelle per le quali già era prevista la non applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato[54].

Al riguardo, si segnala che – a differenza di quanto avviene nel comma 3-bis –nella lett. d) del co. 3-quater non è presente il riferimento alle fondazioni lirico-sinfoniche di cui alla L. 310/2003 (Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari).

 

Ulteriori disposizioni si applicano solo nel caso in cui (annualmente) non sia raggiunto il pareggio di bilancio. In tale ipotesi:

§  al personale, anche direttivo, delle fondazioni non sono riconosciuti eventuali contributi o premi di risultato e altri trattamenti economici aggiuntivi previsti dalla contrattazione di secondo livello;

§  le fondazioni devono prevedere riduzioni dell’attività, compresa la chiusura temporanea o stagionale, con conseguente trasformazione del rapporto di lavoro del personale, anche direttivo, da tempo pieno a tempo parziale, allo scopo di assicurare, a partire dall’esercizio immediatamente successivo, la riduzione dei costi “e il conseguimento dell’equilibrio economico-finanziario”.

Al riguardo, come già segnalato per il comma 3-bis, si rileva che la previsione di conseguimento “dell’equilibrio economico-finanziario” recata dal comma 3-quater appare differire dalla previsione di conseguimento del “tendenziale equilibrio economico e finanziario” di cui ai commi 1 e 2.

Componenti degli organi di amministrazione delle istituzioni culturali (comma 3-quinquies)

 

Il comma 3-quinquies, introdotto durante l’esame alla Camera, (re)introduce le istituzioni culturali fra i soggetti ai quali non si applica il limite massimo di cinque componenti degli organi di amministrazione, previsto dall’art. 6, co. 5, del D.L. n. 78/2010 (L. 122/2010).

In particolare, sembrerebbe intendersi che le istituzioni culturali non soggette a tale limite siano solo quelle che ricadono nel territorio di più province e che comprovino la gratuità dei relativi incarichi.

A tal fine, novella l’art. 1, co. 420, della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), già modificato dall’art. 16-bis, co. 1, del D.L. n. 78/2015 (L. n. 125/2015).

 

In particolare, il testo iniziale dell’art. 1, co. 420, della L. n. 147/2013 stabiliva che il limite massimo di cinque componenti degli organi di amministrazione, previsto dall’art. 6, co. 5, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010), non si applicava alle istituzioni culturali, a condizione che comprovassero la gratuità dei relativi incarichi e che la maggioranza dei componenti dell’organo fosse costituita dai membri designati dai fondatori pubblici.

Successivamente, l’art. 16-bis, co. 1, del D.L. n. 78/2015 (L. n. 125/2015), novellando l’art. 1, co. 420, della L. n. 147/2013, ha trasformato la deroga al limite massimo di cinque componenti degli organi di amministrazione a favore delle istituzioni culturali, in una deroga riguardante più specificamente le associazioni e fondazioni costituite al fine di gestire beni inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità – istituita dalla Convenzione dell’UNESCO sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale dell’umanità del 23 novembre 1972 (la cui autorizzazione alla ratifica è intervenuta con la L. n. 184/1997) - e che ricadono nel territorio di più province, fermo restando l’obbligo di dimostrazione della gratuità dei relativi incarichi.

 

 

Interventi per lo spettacolo dal vivo (comma 3-sexies)

 

Il comma 3-sexies, introdotto durante l’esame alla Camera, reca una interpretazione autentica dell’art. 9, co. 1, del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013), che ha previsto la rideterminazione con decreto ministeriale dei criteri per l’erogazione e delle modalità per la liquidazione e l’anticipazione dei contributi allo spettacolo dal vivo.

 

Più specificamente, l’art. 9, co. 1, del D.L. n. 91/2013 (L. 112/2013) ha affidato al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo la rideterminazione con proprio decreto, con effetto dal 1° gennaio 2014, dei criteri per l’erogazione e delle modalità per la liquidazione e l’anticipazione dei contributi allo spettacolo dal vivo. Per la rideterminazione, ha richiamato le modalità di cui all’art. 1, co. 3, della L. 239/2005, che, con riferimento all’emanazione dei decreti ministeriali – non aventi natura regolamentare – previsti dall’art. 1, co. 1, del D.L. 24/2003 (L. 82/2003), e relativi ai criteri e alle modalità di erogazione dei contributi alle attività dello spettacolo a valere sul Fondo unico dello spettacolo (FUS), di cui alla L. 163/1985, nonché alle relative aliquote di ripartizione annuale, ha previsto l’intesa con la Conferenza unificata[55].

Il medesimo art. 9, co. 1, ha disposto, altresì, che i criteri di assegnazione tengono conto dell'importanza culturale della produzione svolta, dei livelli quantitativi, degli indici di affluenza del pubblico nonché della regolarità gestionale degli organismi e che il decreto stabilisce che i pagamenti a saldo sono disposti a chiusura di esercizio a fronte di attività già svolte e rendicontate.

È conseguentemente intervenuto, previa intesa della Conferenza unificata nella seduta del 12 giugno 2014, il DM 1° luglio 2014, poi modificato con DM 5 novembre 2014, con DM 3 febbraio 2016 e, da ultimo, con DM 5 febbraio 2016.

 

Al riguardo, si ricorda che il TAR Lazio, con sentenza n. 7479 del 28 giugno 2016, ravvisando la natura sostanziale di regolamento del DM 1° luglio 2014, lo ha ritenuto illegittimo in quanto emanato in violazione delle disposizioni procedimentali di cui all’art. 17 della L. 400/1988 (che prevede, tra l’altro, il parere obbligatorio del Consiglio di Stato), pur senza che la legge attributiva del potere – l’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 – contenesse alcuna indicazione espressa sotto il profilo formale, rilevante alla stregua di disciplina speciale. Secondo il Collegio, infatti, l’Amministrazione, nell’attuare la previsione legislativa, ha posto in essere una vera e propria “ristrutturazione” del sistema del finanziamento dello spettacolo.

La medesima sentenza ha, altresì, annullato anche i successivi atti che avevano portato all’assegnazione dei contributi relativi all’annualità 2015, in favore delle attività teatrali di prosa, ritenendo l’illegittimità anche sostanziale dell’intero sistema di valutazione stabilito dall’art. 5 del DM 1° luglio 2014.

Con comunicato stampa del 2 luglio 2016, è stata data notizia che, nello stesso giorno, “su richiesta del Mibact, il Consiglio di Stato ha già sospeso con provvedimento d'urgenza la sentenza del TAR del Lazio che annullava il decreto ministeriale riguardante i contributi a valere sul Fondo Unico per lo Spettacolo. Non vi sarà quindi al momento alcun blocco all'erogazione dei contributi statali alle attività di prosa, danza e musica”.

 

In particolare, il comma 3-sexies dispone che l’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 si interpreta nel senso che:

§  il decreto ministeriale ivi previsto ha la stessa natura non regolamentare prevista per i decreti di cui all’art. 1, co. 1, del D.L. n. 24/2003;

§  le regole tecniche di riparto sono basate sull’esame comparativo di appositi programmi di attività pluriennale presentati dagli enti dello spettacolo e possono definire apposite categorie tipologiche dei soggetti ammessi alla presentazione della domanda per ciascuno dei settori di attività (danza, musica, teatro, circo, spettacolo viaggiante).


Articolo 24, commi 3-septies e 3-octies
(Validità della proroga delle concessioni demaniali marittime)

 

 

I commi 3-septies e 3-octies dell’articolo 24, introdotti nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, intervengono in materia di concessioni demaniali marittime, sia sotto il profilo della proroga delle concessioni, che relativamente ai procedimenti pendenti per il pagamento dei canoni demaniali ed al termine per il riordino complessivo della materia.

 

Sulla materia delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico ricreative si è intervenuti a più riprese, a partire dalla XVI Legislatura, fino a disporre, in attesa della revisione complessiva della legislazione nazionale in materia, la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015, operata dall’articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, come modificato dall’articolo 34-duodecies del decreto-legge 179/2012.

L'articolo 1, comma 547 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha quindi esteso le previsioni dell'articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, come sopra modificato, alle concessioni aventi ad oggetto:

§  il demanio marittimo, per concessioni con finalità sportive;

§  il demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalità turistico-ricreative e sportive;

§  i beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto.

In materia è intervenuta inoltre a livello comunitario la Direttiva 2006/123/CE “Bolkestein” c.d. Direttiva Servizi” che prevede che dal 1o gennaio 2016 le concessioni demaniali non potranno più essere rinnovate automaticamente, ma dovranno essere oggetto di un bando con procedura pubblica alla scadenza di ogni concessione. Pertanto in relazione alla conformità a tale normativa europea del citato intervento di proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere, nelle more della riforma complessiva del sistema, sono state sollevate questioni interpretative da alcuni giudici nazionali (si ricordano tra queste la sentenza n. 2401 del 26 settembre della quarta sezione del Tar della Lombardia che con riferimento alla proroga del termine di durata delle concessioni sino al 31 dicembre 2020 ha rimesso alla Corte di Giustizia europea la questione pregiudiziale in relazione all'interpretazione della normativa comunitaria e la analoga decisione del TAR per la Sardegna del 12 febbraio 2015 (v. infra)).

La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è quindi recentemente pronunciata, con sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14), sulla questione della proroga delle concessioni demaniali marittime e lacuali, stabilendo che il diritto comunitario (articolo 49 TFUE ) non consente che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati.

La sentenza della Corte di Giustizia ha ad oggetto l’articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, che in Italia ha disposto una proroga automatica e generalizzata della data di scadenza, come detto rinviata al 31 dicembre 2020 dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012, delle concessioni rilasciate, anche senza previa procedura di selezione, per lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi e lacustri (spiagge in particolare).

Nella sentenza della Corte di Giustizia UE - che riguarda due controversie relative alle concessioni lacuali del Lago di Garda e del Lago di Idro, ed alle concessioni di beni del demanio marittimo nel comune di Loiri Porto San Paolo in Sardegna - la Corte sottolinea, anzitutto, che spetta al giudice nazionale verificare, ai fini dell'applicazione della direttiva c.d. "Servizi" n. 2006/123/CE, se le concessioni italiane debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali; in tale caso il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare un'adeguata pubblicità) e non può pertanto essere compatibile con una proroga automatica, anche se gli Stati membri possono tenere conto, nello stabilire la procedura di selezione, di motivi imperativi di interesse generale, quali, in particolare, la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei titolari delle autorizzazioni di modo che essi possano ammortizzare gli investimenti effettuati.

La Corte ha stabilito inoltre, che l'articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.

Per ulteriori approfondimenti si veda il testo della Sentenza.

 

Il comma 3-septies dell’articolo 24 interviene proprio sulla questione della proroga delle concessioni disponendo la validità ex lege, dei rapporti concessori già instaurati e pendenti in base all’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009. Si tratta della norma, sopra illustrata, che ha prorogato fino al 31 dicembre 2020 la durata delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative in essere alla data di entrata in vigore del decreto (30 dicembre 2009) e in scadenza entro il 31 dicembre 2015.

 

Il nuovo comma 3-octies novella invece il comma 484 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) che ha recentemente disposto la sospensione fino al 30 settembre 2016 dei procedimenti amministrativi pendenti alla data del 15 novembre 2015, quindi dei procedimenti (relativi alla decadenza, revoca e sospensione delle concessioni demaniali) sui quali fosse iniziato un contenzioso alla suddetta data, relativi alle concessioni demaniali marittime con finalità turistiche ricreative esclusivamente riferibili alla conduzione delle pertinenze demaniali e ai procedimenti rispetto ai quali sussistessero contenziosi sull’applicazione dei criteri di calcolo dei canoni.

In base alla novella apportata dal comma 3-octies, viene infatti disposta la sospensione fino al complessivo riordino della disciplina dei canoni demaniali marittimi, anziché fino al 30 settembre 2016, dei procedimenti pendenti relativi alle concessioni demaniali e di quelli su cui sussistono contenziosi relativamente ai canoni.

 

Si ricorda infatti che, relativamente al pagamento dei canoni demaniali marittimi, l'articolo 19, comma 5-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, ha previsto la sospensione, fino al 15 settembre 2013, del pagamento dei canoni, in quanto a partire dal 2006, in base all’articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si era disposto un forte aumento degli stessi, legandone la  determinazione alla superficie proporzionata alla media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI dell'Agenzia delle Entrate) per la zona di riferimento. La sospensione disposta nel 2013 è stata consentita anche nell’ipotesi che i relativi importi fossero stati iscritti al ruolo esattoriale e fossero state emesse cartelle di pagamento da parte degli agenti incaricati alla riscossione, sospendendosi altresì i provvedimenti amministrativi relativi al mancato pagamento dei canoni, anche con riferimento all'eventuale sospensione, revoca o decadenza della concessione.

Successivamente l'articolo 1, commi 732 e 733, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha trovato una soluzione normativa al forte contenzioso derivante dall'applicazione dei suddetti criteri per il calcolo dei canoni delle concessioni demaniali, stabilendo una procedura di definizione agevolata dei numerosi contenziosi pendenti alla data del 30 settembre 2013, attraverso:

a)    il versamento in un'unica soluzione di un importo pari al 30 per cento delle somme dovute o, in alternativa

b)   il versamento fino a un massimo di nove rate annuali di un importo pari al 60 per cento, oltre agli interessi legali.

 

Più recentemente, l'articolo 12-bis del D.L. n. 66 del 2014 ha previsto che i canoni delle concessioni demaniali marittime, dovuti a partire dall'anno 2014, vadano versati annualmente entro il 15 settembre. Contestualmente si è previsto che gli enti gestori intensifichino i controlli sull'adempimento del pagamento.

Con Decreto 2 dicembre 2015 (G.U. del 9/2/2016) il Ministero delle infrastrutture e trasporti ha aggiornato gli importi, relativi all'anno 2016, delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime. Gli importi delle misure unitarie dei canoni sono state ridotte dell'1,6% rispetto al 2015 (da € 356,04 a € 350,35), in quanto ancorati alla media di due indici rilevati dall'ISTAT.

Si ricorda infine che il comma 484 della legge di stabilità 2016 ha peraltro previsto che la sospensione dei procedimenti pendenti relativamente ai canoni non sia applicabile per i beni pertinenziali oggetto di procedimenti giudiziari penali, che rimangono pertanto esclusi anche dalla proroga disposta dal comma 3-octies in commento.

 

Con la novella del comma 3-octies viene inoltre eliminato il riferimento alla data del 30 settembre 2016 come termine previsto per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime.

 

Si ricorda infatti che attraverso una modifica del comma 732 dell'articolo unico della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), il termine temporale previsto per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime era stato prorogato prima dal 15 maggio 2014 al 15 ottobre 2014, quindi al 30 settembre 2016, proprio dal comma 484 dalla legge di stabilità 2016.

 

Si ricorda infine che il D.L. n. 78 del 2015 (articolo 7, commi da 9-septiesdecies a 9-duodevicies) ha demandato alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori. Tale adempimento è propedeutico all'adozione della disciplina relativa alle concessioni demaniali marittime.

 

 


Articolo 25
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 25 reca la consueta clausola di entrata in vigore del decreto-legge. Esso è dunque in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Dal momento che la pubblicazione è avvenuta nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2016, il decreto-legge è in vigore dal 25 giugno 2016.

 

 



[1]              L’art. 3-bis (rubricato “Credito di imposta e finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione”) ha autorizzato, al comma 6, ai fini dell'attuazione del medesimo articolo, la spesa massima di 450 milioni di euro annui a decorrere dal 2013.

[2]              Più specificamente, il testo richiama l’art. 1, c. 557 e 562, della L. 296/2006 e l’art. 9, c. 28, del D.L. 78/2010. L’articolo 1, comma 557, della L. 296/2006, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 previste dai commi 655-693 dello stesso provvedimento, ha attuato una revisione, a partire dall’anno 2007, della disciplina relativa agli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno relativi al contenimento delle spese per il personale, in particolare prevedendo che le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 98 della L. 311/2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206, della L. 266/2005 non si applichino più, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, ferma restando la loro applicazione per gli anni 2005 e 2006[2]. Il successivo comma 562 ha invece imposto agli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno un duplice limite in tema di spesa per il personale. Da un lato, tali enti non devono superare l’ammontare della spesa per il personale effettuata nel 2008. A tal fine le spese di personale si considerano al lordo degli oneri contributivi e dell’IRAP, mentre non comprendono gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali. Dall’altro, i medesimi enti possono effettuare assunzioni di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente avvenute nell'anno precedente (compreso il personale stabilizzato).

                L’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha ridotto del 50%, rispetto alla spesa sostenuta nell’anno 2009, la spesa delle pubbliche amministrazioni per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio. La disposizione si applica (sia pur con una serie di deroghe ed eccezioni specificamente individuati) a partire dall’anno 2011, alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non economici, alle università e agli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001. Inoltre, i contenuti richiamati costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del S.S.N..

[3]              In particolare, il comma 8 ha disposto una specifica deroga ai fini dell’assunzione, per il biennio 2012-2013, per le strette finalità connesse alla situazione emergenziale prodottasi a seguito del sisma del 20 e 29 maggio 2012, con contratti di lavoro flessibile di un contingente massimo di 170 unità di personale per i comuni colpiti dal sisma individuati dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 74/2012, e di un contingente massimo di 50 unità di personale da parte della struttura commissariale istituita presso la Regione Emilia Romagna, ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 del richiamato D.L. 74. Lo stesso comma ha stabilito altresì che, nei limiti delle risorse impiegate per le assunzioni destinate ai comuni, non operano i vincoli assunzionali contenuti in specifiche disposizioni normative. Si tratta dei vincoli di cui all’articolo 1, commi 557 e 562, della L. 296/2006 e all’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010.

[4]Ora, per i comuni, sostituito dal Fondo di solidarietà comunale di cui all’ articolo 1, comma 380, della legge n.228/2012.

[5]              Secondo la relazione illustrativa, la norma risponde all'esigenza di rendere più flessibile la gestione degli stanziamenti di bilancio e favorire in particolare gli investimenti. La norma estende la facoltà anche alle Città metropolitane e alle Province in considerazione delle deroghe straordinarie alla gestione finanziaria di tali enti, quali l'autorizzazione a predisporre il bilancio di previsione per la sola annualità 2016 e ad applicare l'avanzo libero e vincolato al bilancio di previsione per garantire gli equilibri finanziari (art. l, comma 756 della legge di stabilità 2016) .

[6]              Recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli artt. 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[7]              Recante la disciplina dell’armonizzazione contabili delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi.

[8]              Recante la disciplina dell’armonizzazione contabile per le amministrazioni pubbliche diverse da quelle territoriali e dagli enti del SSN.

[9]              Le modalità di trasmissione dei bilanci e dei dati contabili degli enti territoriali e dei loro organismi ed enti strumentali alla banca dati delle pubbliche amministrazioni è disciplinata dal D.M. economia 12 maggio 2016.

[10]             Si ricorda che il testo tutt’ora vigente del comma 2 dell’articolo 141 del TUEL prevede, infatti, che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, sia l'organo regionale di controllo a nominare un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio un termine, non superiore a 20 giorni, per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

[11]             Più in dettaglio l’ANCI rileva altresì come il fondo pluriennale vincolato può attualmente essere formato anche da mutui di tipo tradizionale sottoscritti dagli enti locali. In realtà gli enti locali possono attingere a forme di indebitamento anche di tipo flessibile che prevedono la disponibilità delle somme in relazione alle esigenze di spesa e non in unica soluzione al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo. Tale tipologia di mutuo viene registrata nel momento della sottoscrizione ma imputata – ai sensi del par. 3.19 (aperture di credito) del principio contabile all. 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011 – in relazione alla spesa secondo il cronoprogramma. Pertanto, con riferimento alla flessibilità del bilancio, è opportuno equiparare le variazioni di fondo pluriennale vincolato contenenti risorse da indebitamento alle variazioni relative agli stanziamenti correlati a mutui di tipo flessibile, cosi come agli stanziamenti correlati a trasferimenti "a rendicontazione", che prevedono l’erogazione in funzione della spesa.

[12]             Si fa qui riferimento alla documentazione presentata dall’ANCI nella audizione tenutesi sul decreto-legge in esame presso la Commissione bilancio lo scorso 5 luglio.

[13]             Di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n.281/1997.

[14]             Che costituisce l’ultimo hanno in cui vige il Vincolo del Patto di stabilità, atteso che dal 2016 vige il nuovo vincolo dell’equilibrio di bilancio, di cui ai commi 707 e seguenti della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

[15]             Il disavanzo da debito autorizzato e non contratto si genera nei casi in cui si verifica solo la spesa di investimento e non la correlata entrata costituita dalla contrazione del debito (al fine di risparmiare i relativi oneri finanziari).

[16]             L’articolo 4, comma 2, prevede che il periodo di pagamento nelle transazioni commerciali non può superare i seguenti termini: “a) trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. (…) b) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento; c) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; d) trenta giorni dalla data dell'accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell'accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data”.

[17]             La circostanza che la pubblica amministrazione decida di costituire o comunque acquisire la partecipazione in società per lo svolgimento di un'attività riconducibile ad un'attività strumentale alle proprie finalità istituzionali (ovvero ad un servizio pubblico) non implica autonomamente il conferimento nei confronti di dette società di una natura pubblicistica. Lo status di ente pubblico, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 70 del 1975, richiede infatti un'esplicita previsione legislativa.

[18]             Per quanto concerne le norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, si ricorda che, attualmente, tali norme sono approvate nella forma del decreto legislativo, anche se in passato vi sono stati dei casi in cui le norme attuative avevano assunto la forma del decreto del Presidente della Repubblica (come per il DPR n. 1074/1965).

Per questi decreti legislativi, a differenza dei decreti legislativi disciplinati dall'art. 76 della Costituzione, non è prevista una delega preventiva e specifica da parte del Parlamento, in quanto si ritiene che vi sia una delega permanente contenuta negli Statuti speciali che, come noto, hanno rango costituzionale.

Il procedimento di formazione delle norme di attuazione degli Statuti speciali vede come protagoniste, seppur con alcune differenze tra i singoli statuti, le cosiddette Commissioni paritetiche, all'interno delle quali sono presenti rappresentanti del Governo e delle singole Autonomie.

L'elaborazione delle norme di attuazione degli statuti è affidata, pertanto, alle Commissioni paritetiche i cui testi elaborati devono essere approvati definitivamente da parte del Consiglio dei ministri.

[19]             Tale decorrenza, prorogata al 2017 dall’articolo 9, comma 9, del D.L. 78/2015, era inizialmente fissata al 2013.

[20]             Tale termine di emanazione, prorogato al 31 luglio 2016 dall’articolo 9, comma 9, del D.L. 78/2015, era inizialmente fissata al 21 dicembre 2011.

[21]             Sulla natura dei trasferimenti da sopprimere, la norma fornisce le seguenti indicazioni:

§  devono avere carattere di generalità e permanenza;

§  sono quelli destinati al finanziamento dell'esercizio delle competenze regionali, compresi quelli destinati all'esercizio di funzioni da parte di province e comuni.

[22]             Le misure in questione vanno ora riferite al nuovo vincolo del pareggio di bilancio (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali) introdotto a decorrere dal 2016 dalla legge n. 208/2015. In proposito, infatti, il comma 762 dell’articolo unico della legge medesima stabilisce espressamente che le norme finalizzate al contenimento della spesa di personale che fanno riferimento al patto di stabilità interno si intendono ora riferite agli obiettivi di finanza pubblica derivanti dal nuovo vincolo, come disciplinato dai commi da 707 a 734 dell’articolo unico della legge 208 medesima.

[23]             Alcune disposizioni hanno previsto la possibilità di derogare, in specifici casi, ai suddetti vincoli legislativi e di spesa (tra l’altro, art. 2, c. 551, e art. 3, c. 113, della L. 244/2007, art. 9, c. 5, del D.L.102/2013, art. 1, c. 424, della L. 190/2014 per la ricollocazione del personale delle Province e art. 11, c. 4-ter, del D.L. 90/2014 che, per i comuni colpiti dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, applica, a decorrere dall'anno 2014 e per tutto il periodo dello stato di emergenza, come parametro per i vincoli alla spesa di personale di cui al comma 557 il riferimento alla spesa di personale dell'anno 2011).

[24]             Il fatto che le azioni volte al contenimento della spesa di personale degli enti locali, contenute nell’articolo 1, comma 557, della L. 296/2006, sono definite dallo stesso comma come rivolte, in termini di principio, agli ambiti prioritari di intervento ivi indicati, ha generato dei dubbi circa la natura programmatoria o precettiva delle stesse; in particolare, la previsione di cui alla lett. a) (in base alla quale gli enti locali procedono alla riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti) secondo alcuni avrebbe potuto penalizzare gli enti virtuosi che riducono la spesa corrente, ma non quella di personale, caratterizzata da un maggior grado di rigidità, e premiare invece gli enti in cui il denominatore è più alto, ossia quelli che hanno una spesa corrente maggiore. La Corte dei conti, con la deliberazione 3 maggio 2016, n. 16, si è pronunciata in particolare su due aspetti della questione: la cogenza di quanto disposto dal richiamato comma 557 e la staticità del parametro di riferimento (il triennio 2011-2013) nel calcolo dell’obbligo di riduzione ivi previsto. In relazione al primo aspetto, ha confermato il carattere precettivo delle suddette previsioni, concentrandosi in particolare su quella contenuta nella lettera a) del citato comma 557, ritenendo l’abrogazione dell’art. 76, c. 7, del D.L. 112/2008 (vedi supra) insufficiente a far venir meno la suddetta obbligatorietà, anche in considerazione del fatto che la norma che ha disposto la suddetta abrogazione (art. 3, c. 5, D.L. 90/2014) lascia espressamente ferme le disposizioni contenute nel comma 557. La Corte dei conti ha riconosciuto “che l’attuale normativa potrebbe dar luogo ad effetti iniqui, quali la penalizzazione di enti che siano stati più oculati nella riduzione della spesa corrente complessiva. […] Tuttavia, la risposta alle potenziali problematicità può essere trovata solo a livello legislativo. Pertanto, allo stato, devono confermarsi gli orientamenti già espressi da questa Sezione in relazione alla vigenza e cogenza del comma 557 dell’art. 1 della l. n. 296/2006”. Inoltre, la cogenza delle disposizioni di cui al comma 557 appare confermata anche dalla disposizione secondo cui il mancato rispetto di quanto ivi previsto comporta il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (art. 1, c. 557-ter, L. 296/2006). In relazione al secondo aspetto, bisogna innanzitutto ricordare che il comma 557-quater dell’art. 1 della L. n. 296/2006 (introdotto ad opera del D.L. n. 90/2014) individua un limite di spesa da prendere come riferimento ai fini dell'applicazione di quanto previsto dal citato comma 557: a decorrere dal 2014, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti assicurano il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore del medesimo D.L. n. 90/2014, ossia il triennio 2011-2013. Al riguardo, la Corte dei conti ha specificato che il suddetto parametro di riferimento nel calcolo del più volte richiamato obbligo di riduzione, costituito dal triennio 2011-2013, deve intendersi non in senso dinamico, ma statico, ossia come limite temporale fisso ed immutabile, nel rispetto del tenore letterale dello stesso comma 557-quater che fa espresso riferimento al “triennio precedente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”. Infine, si ricorda che resta ferma per tutti gli enti locali la possibilità di effettuare assunzioni a tempo indeterminato a valere sui residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente (art. 3, c. 5, del D.L. n. 90/2014).

[25]             Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, tuttavia ma per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti.

[26]             Si ricorda che la materia è stata oggetto della recente interrogazione a risposta immediata nella seduta dell’Assemblea della Camera dei deputati n. 640 del 22 giugno 2016, avente come oggetto la tempistica di adozione del provvedimento annunciato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, volto a stabilizzare il personale precario del settore educativo e scolastico (atto n. 3-02329).

[27]             Si tratta:

§  del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno 3 anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data del 1° gennaio 2007, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (articolo 1, comma 519, della L. 296/2006);

§     del personale non dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519 (articolo 1, comma 526, della L. 296/2006);

§  del personale degli enti territoriali (fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno) non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno 3 anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore al 1° gennaio 2007, nonché del personale impiegato in LSU, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (articolo 1, comma 558, della L. 296/2006);

§  del personale di specifiche amministrazioni ammesso alla procedura di stabilizzazione di cui all’articolo 1, comma 526, della L.296/2206, che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 90, lettera a), della L. 244/2007). Il richiamato comma 526 ha ammesso la stabilizzazione del personale non dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519;

§  del personale degli enti territoriali ammessi alla procedura di stabilizzazione di cui all’ articolo 1, comma 558, della L. 296/2006 in possesso dei requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 90, lettera b), della L. 244/2007).

[28]             Un canale “privilegiato” per l’accesso dei c.d. precari della P.A. a contratti a tempo indeterminato è attualmente previsto dall’articolo 35, comma 3-bis, del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dall’articolo 1, comma 401, della L. 228/2012), il quale stabilisce che nel reclutamento di personale mediante concorsi pubblici, le pubbliche amministrazioni possono inserire nei bandi norme volte a garantire una riserva di posti (nel limite massimo del 40%) in favore dei titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato con la P.A. con almeno tre anni di anzianità (alla data di pubblicazione del bando), nonché specifici benefici, con il riconoscimento di un apposito punteggio, in favore dei titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa con la P.A. con almeno tre anni di anzianità (alla data di pubblicazione del bando).

[29]             In generale, il comma 28 dell’articolo 9 del D.L. 78/2010 ha ridotto del 50% (60% per gli enti locali in sperimentazione di cui all’articolo 36 del D.Lgs. 118/2011) rispetto alla spesa sostenuta nell’anno 2009 la spesa di specifiche pubbliche amministrazioni (inoltre, i contenuti della disposizione costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del S.S.N.):

§  per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;

§  per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio.

                Vengono poi fatte individuate una serie di deroghe ed eccezioni all’applicazione di tali limiti di spesa (ad es. le limitazioni previste dal comma in oggetto non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della L. 296/2006, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente), il mancato rispetto dei quali costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Infine, con l’ultimo periodo è stato stabilito che per le amministrazioni che nell'anno 2009 non abbiano sostenuto spese per le finalità previste dal comma in esame, il limite del 50% vada riferito alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.

[30]             Al riguardo, si ricorda che l’articolo 1, comma 710, della L. 208/2015 definisce, per le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano, il concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica. Tale concorso consiste nel conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato per effetto dell'applicazione del patto di solidarietà tra enti territoriali (ai sensi dei successivi commi 728, 730, 731 e 732). Si ricorda, inoltre, che a decorrere dal 1° gennaio 2016, ai sensi dell'articolo 9 della L. 243/2012 i bilanci di regioni, comuni, province, città metropolitane e province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano:

§  un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali (come peraltro previsto dal TUEL per gli enti locali);

§  un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti. 

[31]             Ai sensi ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del D.L. 101/2013, e in applicazione dell'articolo 1, comma 558, della L. 296/2006, e dell'articolo 3, comma 90, L. 244/2007, alle cui schede ricostruttive, nell’ambito dell’articolo in esame, si rimanda.

[32] In questo link è reperibile il dossier del Servizio Studi della Camera sull’attuazione dell’Agenda digitale italiana.

[33]             Riguardo al 2014, si è verificato il superamento del solo limite per la spesa farmaceutica ospedaliera (cfr. infra).

[34]             Cioè, la distribuzione effettuata, per conto della struttura del Servizio sanitario nazionale, da parte della farmacia (in favore dell'assistito).

[35]             Nella base di calcolo sono inclusi gli obiettivi di piano e le risorse vincolate di spettanza regionale e sono escluse le somme erogate per il finanziamento di attività non rendicontate dalle aziende sanitarie.

[36]             Per gli anni 2015 e 2016, la spesa per l'acquisto di farmaci innovativi concorre al raggiungimento del tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale solo per l'ammontare eccedente annualmente l'importo di 500 milioni di euro (art. 1, comma 569, della L. 28 dicembre 2015, n. 208).

[37]             Non è tenuta al ripiano la regione che abbia fatto registrare un equilibrio economico complessivo.

[38]             Per il calcolo del fatturato, si fa riferimento ai prezzi individuati dal terzo periodo del presente comma 7.

[39]             Riguardo alla nozione, ai fini in esame, di farmaco innovativo, cfr. l'art. 5, comma 2, lettera a), del citato D.L. n. 159 del 2007, e successive modificazioni.

[40]             Ai fini in oggetto, la nozione di farmaco orfano è costituita da tutte le fattispecie di cui alle lettere i) ed i-bis) del citato art. 15, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012, e successive modificazioni.

[41]             La norma sanzionatoria prevista dalla disciplina vigente per il mancato versamento delle quote di ripiano (a carico delle aziende farmaceutiche) per il superamento del limite di spesa farmaceutica ospedaliera è leggermente diversa. Essa demanda all'AIFA l'adozione di provvedimenti di riduzione del prezzo di uno o più medicinali dell'azienda interessata in misura e per un periodo di tempo tali da coprire l'importo corrispondente alla somma non versata, incrementato del 20 per cento.

[42]             Come detto, la nozione, ai fini in esame, di farmaco innovativo è posta dall'art. 5, comma 2, lettera a), del D.L. n. 159 del 2007, e successive modificazioni.

[43]             Per i budgets assegnati all'azienda dall'AIFA, con riguardo all'assistenza farmaceutica territoriale ed alla spesa farmaceutica ospedaliera, restano ferme, per gli anni 2016 e seguenti, le norme di cui all'art. 5 del D.L. n. 159 del 2007, e successive modificazioni, e all'art. 15, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012, e successive modificazioni (fatta salva la revisione del "sistema di governo" del settore farmaceutico, da compiersi entro il 31 dicembre 2016 ai sensi del precedente comma 1).

[44]             In merito a tale meccanismo di riduzione, cfr. supra.

[45]             Riguardo a tali norme, cfr. la scheda relativa al precedente comma 14, pure in nota.

[46]             Tali 200 discariche erano così ripartite sul territorio nazionale: Abruzzo 28; Basilicata 2; Calabria 43, di cui 1 di rifiuti pericolosi; Campania 48, di cui 1 di rifiuti pericolosi; Emilia Romagna 1 di rifiuti pericolosi; Friuli Venezia Giulia 3; Lazio 21, di cui 1 di rifiuti pericolosi; Liguria 6, di cui 4 di rifiuti pericolosi; Lombardia 4, di cui 2 di rifiuti pericolosi; Marche 1, di cui 1 di rifiuti pericolosi; Molise 1; Piemonte 1, di cui 1 di rifiuti pericolosi; Puglia 12; Sardegna 1; Sicilia 12, di cui 1 di rifiuti pericolosi; Toscana 6; Umbria 1, di cui 1 di rifiuti pericolosi; Veneto 9.

[47]             Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 12 aprile 2016 ed entrato in vigore – a norma dell’articolo 5 dello stesso regolamento – il giorno successivo.

[48]             Con D.I. 17 gennaio 2014 è stato nominato Commissario straordinario l’ing. Francesco Pinelli, per la durata di un anno, a decorrere dal 22 novembre 2013. L’incarico è stato prorogato senza soluzione di continuità fino al 20 dicembre 2015. Successivamente, l’art. 1, co. 357, della L. 208/2015 ha differito le funzioni del commissario straordinario fino al 31 dicembre 2018, al fine di consentire la prosecuzione dei percorsi di risanamento già avviati e di procedere all’approvazione e al monitoraggio dei nuovi piani di risanamento (v. infra). Ha inoltre previsto la possibilità che la Direzione generale per lo spettacolo conferisca al massimo 3 incarichi di collaborazione, a supporto delle attività del commissario, per la durata massima di 24 mesi.

Con D.I. n. 42 del 22 gennaio 2016 è stato nominato Commissario straordinario, con decorrenza dal 1 febbraio 2016, l’avv. Gianluca Sole (l’incarico ha durata di un anno e può essere rinnovato). Con D.D.G. del 26 maggio 2016 sono stati approvati gli esiti dei lavori della Commissione giudicatrice per la selezione di 3 professionisti a supporto del Commissario.

[49]             Qui i dati presentati dall’ex Commissario straordinario ing. Pinelli durante un’audizione presso la 7a Commissione del Senato il 16 febbraio 2016, comprensivi della data di approvazione dei piani di risanamento riferiti alle Fondazioni: Petruzzelli e Teatri di Bari, Teatro Massimo di Palermo, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Lirico G. Verdi di Trieste, Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, Fondazione Teatro Comunale di Bologna, Fondazione Carlo Felice di Genova.

[50]             In base a quanto riportato nell’Allegato 1 alla prima Relazione semestrale sull’applicazione dei piani di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, le linee guida per la compilazione di piani di risanamento sono state emanate con nota prot. n. 3231 del 19 febbraio 2014.

[51]             Il medesimo comma 356 ha specificato, inoltre, che, al fine dell'erogazione delle risorse, ciascuna delle fondazioni doveva sottoscrivere un contratto conforme al contratto tipo predisposto dal commissario straordinario e approvato dal Ministero dell'economia e delle finanze (art. 11, co. 7, D.L. 91/2013).

[52]             Per completezza, si ricorda che l’intervento di uno o più regolamenti di delegificazione al fine di revisionare l’assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche era stato previsto dall’art. 1 del D.L. 64/2010 (L. 100/2010), abrogato dall’art. 5 del 83/2014 (L. 106/2014), in relazione alla nuova disciplina del settore derivante dall’art. 11 del D.L. 91/2013, come modificato dallo stesso art. 5 del D.L. 83/2014.

[53]             La tabella A, lett. d), del DM 27 agosto 1998 fa riferimento al personale della magistratura ordinaria, di quella militare, ai procuratori dello Stato, al personale civile, a quello militare, a quello delle università e della scuola.

[54]             L’art. 2, co. 1, del d.lgs. 81/2015 dispone che, dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

In base al co. 2, le previsioni di cui al co. 1 non si applicano con riferimento:

a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.

Il co. 4 stabilisce che fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui al co. 1 non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 1° gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al co. 1.

[55]             Dopo la riforma del titolo V della Costituzione l’art. 1, co. 2, del D.L. 24/2003 (L.82/2003), in attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali di cui all’art. 117 della Costituzione definisse gli ambiti di competenza dello Stato, ha stabilito che i criteri e le modalità di erogazione dei contributi alle attività dello spettacolo, previsti dalla L. 163/1985, e le aliquote di ripartizione annuale del FUS fossero indicati annualmente con decreti del Ministro per i beni e le attività culturali non aventi natura regolamentare.

La Corte costituzionale, con sentenza 255/2004, pur confermando la legittimità della norma, in ragione del suo carattere transitorio, ha segnalato l’esigenza di prevedere opportuni strumenti di collaborazione con le autonomie regionali.

Dopo l’intervento del D.L. 314/2004 (L. 26/2005), che confermava per il 2005 la disciplina transitoria, è intervenuta L. 239/2005, che, in linea con quanto richiesto dalla Corte, ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali previsti dal D.L. 24/2003 e ha eliminato la cadenza annuale per l’emanazione di questi ultimi.