Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Interventi per l'editoria, per l'emittenza radiofonica e televisiva locale e per i giornalisti, nonchè disposizioni relative al servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale - A.C. T.U. 3317-3345-B - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3317/XVII   AC N. 3345/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 369    Progressivo: 2
Data: 20/09/2016
Descrittori:
EDITORIA   GIORNALISTI
RADIOTELEVISIONE   SERVIZIO RADIOTELEVISIVO
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


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Interventi per l'editoria, per l'emittenza radiofonica e televisiva locale e per i giornalisti, nonchè disposizioni relative al servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale

20 settembre 2016
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali|Incidenza sull'ordinamento giuridico|Collegamento con lavori legislativi in corso|


Contenuto

Il progetto di legge, risultante dall'approvazione in un testo unificato, da parte dell'Assemblea della Camera, il 2 marzo 2016, degli A.C. 3317 e 3345, è stato modificato durante l'esame al Senato, conclusosi il 15 settembre 2016. In particolare, il numero degli articoli è aumentato da 7 a 10.

In quella sede sono stati abbinati gli A.S. 282, 453, 454, 1236, che, al termine dell'esame, sono risultati assorbiti.

Esso, in particolare, Sintesi del contenutoistituisce un nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e delega il Governo a ridefinire la disciplina del sostegno pubblico all'editoria e all'emittenza radiofonica e televisiva locale (al contempo recando alcune disposizioni precettive), nonché la disciplina relativa a profili pensionistici dei giornalisti e a composizione e competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Reca, inoltre, disposizioni inerenti i giornalisti, nonché il sistema distributivo e la vendita dei giornali. Infine, disciplina la procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e la durata della stessa e fissa un limite massimo retributivo per amministratori, dipendenti, collaboratori e consulenti del soggetto affidatario della medesima concessione.

Il quadro normativo generale in materia di editoria

 

La prima Il quadro normativo generale in materia di editoriadisciplina organica degli interventi a sostegno dell'editoria è stata dettata con la L. 416/1981, successivamente modificata ed integrata da numerosi interventi – tra i quali, principalmente, la L. 67/1987, la L. 250/1990, e la L. 62/2001 – che hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario. A causa di ciò, negli anni più recenti – pur in presenza di nuove norme dirette a singole situazioni – sono stati compiuti tentativi di razionalizzazione. In particolare, il regolamento emanato, in attuazione dell'art. 44 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), con DPR 223/2010 - la cui vigenza è decorsa dal bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie - ha disposto la semplificazione della documentazione per accedere ai contributi e del procedimento di erogazione degli stessi, ha incluso fra i requisiti per l'accesso ai contributi una percentuale minima di copie vendute su quelle distribuite, ha previsto nuove modalità di calcolo per i contributi diretti, riferite all'effettiva distribuzione della testata (invece che al previo criterio della tiratura), e ha introdotto parametri connessi all'occupazione professionale sia per l'accesso ai contributi, sia per il calcolo degli stessi. Inoltre, il DPR ha stabilito che le somme stanziate nel bilancio dello Stato per l'editoria costituiscono limite massimo di spesa e sono destinate prioritariamente ai contributi diretti. In caso di insufficienza delle risorse, i contributi sono erogati mediante riparto proporzionale tra gli aventi diritto (ai sensi di quanto già disposto dalla L. 191/2009).

 

L'ammontare dei contributi diretti all'editoria erogati dal 2003 al 2015, con l'indicazione dei destinatari, è pubblicato sul sito del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Per quanto qui più direttamente interessa, si ricorda che l'art. 29, co. 3, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) aveva disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all'editoria di cui alla L. 250/1990 dal 31.12.2014, "con riferimento alla gestione 2013" e la revisione del DPR 223/2010, con decorrenza dall'1.1.2012, al fine di ottenere economie di spesa e una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse. Aveva anche disposto che il risparmio conseguito, compatibilmente con le esigenze del pareggio del bilancio, doveva essere destinato alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva.

 

Le modifiche al DPR 223/2010 sono poi state apportate, con intervento normativo primario, dal D.L. 63/2012 (L. 103/2012), con il quale è stata dettata una disciplina transitoria, nelle more di una più compiuta ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale. In particolare, sono stati ridefiniti i requisiti di accesso ai contributi e i criteri di calcolo degli stessi e sono state emanate disposizioni a sostegno dell'editoria digitale e della modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita di quotidiani e periodici. Le disposizioni sono decorse a partire dai contributi relativi all'anno 2012 o, in alcuni casi, 2013.

 

Quasi contestualmente all'emanazione del D.L. 63/2012, il Governo aveva presentato un disegno di legge (A.C. 5270) che prevedeva una delega per la definizione - a regime - di nuove forme di sostegno all'editoria e per lo sviluppo del mercato editoriale.
Durante l'esame parlamentare era stato adottato, il 7 dicembre 2012, un nuovo testo del disegno di legge che prevedeva l'istituzione di un Fondo per il pluralismo dell'informazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da utilizzare per i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, per sostenere l'innovazione tecnologica, per incentivare l'avvio di nuove imprese editrici e per sostenere i trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione.
L'esame del provvedimento non è stato però concluso entro la fine della XVI legislatura.

 

Un ulteriore intervento normativo è stato operato con la legge di stabilità 2014: in particolare, l'art. 1, co. 261, della L. 147/2013 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il "Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria" – con una dotazione di € 50 mln per il 2014, € 40 mln per il 2015, € 30 mln per il 2016 – destinato ad incentivare gli investimenti delle imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all'innovazione tecnologica e digitale, a promuovere l'ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media ed a sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali.

Alla ripartizione annuale delle risorse del Fondo si provvede con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega per l'informazione, la comunicazione e l'editoria, da adottare entro il 31 marzo di ciascun anno, di concerto con altri Ministri (lavoro e politiche sociali; sviluppo economico; economia e finanze), sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore delle imprese editrici e delle agenzie di stampa.

 Il decreto relativo al 2014, del 30 settembre 2014, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 258 del 6 novembre 2014.
In base al decreto, le risorse effettivamente disponibili per il 2014 sono state pari ad € 20.918.394, a seguito di alcuni accantonamenti, nonché di quanto disposto dall'art. 1-bis del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) che, nel rifinanziare l'accesso alla pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti, ha posto i relativi oneri a carico della dotazione del Fondo straordinario. In particolare, a seguito di tale previsione normativa, la dotazione del Fondo straordinario è stata decurtata, per il 2014, di € 25 milioni.
Per il 2015 è intervenuto il DPCM 10 novembre 2015, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 4 del 7 gennaio 2016.
In base al decreto, le risorse effettivamente disponibili per il 2015 sono state pari ad € 6.500.000,00, anche in tal caso per effetto, tra l'altro, di quanto disposto dall'art. 1-bis del D.L. 90/2014.

Da ultimo, l'art. 1, co. 160, lett. b), della L. 208/2015 (L. stabilità 2016) ha destinato, per il triennio 2016-2018, parte delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI (a seguito delle modifiche apportate alla disciplina del canone dall'art. 1, co. 152-159, della stessa L. 208/2015), fino a € 50 mln annui, al Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, contestualmente istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, in cui sono confluite – in base al co. 162 – tutte le risorse iscritte nel medesimo stato di previsione relative ai contributi in favore delle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale. Il co. 163 ha demandato la definizione dei criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo a un regolamento di delegificazione, emanato su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Per ulteriori approfondimenti, si veda, in particolare, il dossier del Servizio Studi Camera n. 369 del 5 novembre 2015.

 1) Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione

 

L'art. 1 – per il quale il Senato ha modificato il co. 4 e aggiunto (l'attuale) co. 5 – istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale (di seguito: Fondo) che sostituisce, fra l'altro, il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione di cui – come si è già visto – la legge di stabilità 2016 ha previsto l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico, destinandolo (solo) al sostegno dell'emittenza televisiva e radiofonica locale.

 In base ai co. 1-3 dell'art. 1, il Fondo è Finalità del Fondofinalizzato ad assicurare la piena attuazione dei principi di cui all'art. 21 della Costituzione in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione, e ad incentivare l'innovazione dell'offerta informativa e dei processi di distribuzione e vendita, la capacità delle imprese editoriali di investire e di acquistare posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editrici, anche nel settore dell'informazione digitale.

Nel Fondo Risorse che affluiscono al Fondoconfluiscono:

a)     le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica, anche digitale, comprese - in base al testo - quelle del Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria, la cui dotazione, però, come si è già visto, termina nel 2016, anno per il quale, in base all'art. 10, co. 3, le risorse destinate al sostegno dell'editoria restano nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La maggior parte delle risorse per interventi di sostegno ai settori dell'informazione e dell'editoria, di competenza del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio, sono allocate nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Si tratta, in particolare, dei capitoli: 2183, Fondo occorrente per gli interventi dell'editoria; 7442, Fondo occorrente per gli investimenti del Dipartimento dell'editoria; 1501, Somme finalizzate alla corresponsione alle concessionarie dei servizi di telecomunicazioni dei rimborsi per le agevolazioni tariffarie per le imprese editrici; 2190, Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria. Per il 2016, si tratta, complessivamente, in base al disegno di legge di assestamento (A.C. 3974), di € 157,9 mln.

b)     le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale, iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, già fatte confluire - come si è visto - nel Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico dall'art. 1, co. 162, della L. 208/2015.

 

Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, gli stanziamenti del Fondo sono allocati sul capitolo 3125. Per il 2016, si tratta, in base allo stesso disegno di legge di assestamento, di € 48,1 mln.

 

In base al già citato art. 10, co. 3, in sede di prima applicazione, per l'esercizio finanziario 2016, le risorse relative alle lett. a) e b) sono mantenute, rispettivamente, nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per essere destinate agli interventi già programmati a valere su di esse.

 

Al Fondo affluiscono, altresì:

 

c)     quota parte – fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018 – delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI. A tal fine, l'art. 10, co. 1, novella l'art. 1, co. 160, lett. b), della L. 208/2015;

 

d)     le somme derivanti dal gettito annuo di un contributo di solidarietà, pari allo 0,1 per cento del reddito complessivo dei soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (art. 73 del DPR 917/1986), a carico:

  • dei concessionari della raccolta pubblicitaria sulla stampa quotidiana e periodica e sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi e digitali;
  • delle società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione che svolgono raccolta pubblicitaria diretta; in tal caso, la percentuale è calcolata sulla parte di reddito complessivo corrispondente ai ricavi derivanti da tale attività;
  • degli altri soggetti che esercitano l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, compresa la rete internet.

Le somme di cui alla lett. d) sono versate all'entrata del bilancio dello Stato - secondo modalità determinate, in base all'art. 10, co. 2, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge -, per essere destinate al Fondo.

 

In base all'art. 10, co. 4, ulteriori risorse affluiranno al Fondo successivamente (v. infra).

 

Il co. 4 dell'art. 1 dispone che ilRipartizione del Fondo Fondo è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze. Come si evince dall'ultimo periodo del co. 5 dello stesso art. 1, peraltro, con tale DPCM si provvede anche alla ripartizione delle risorse fra le diverse finalità.

Tuttavia, in base al co. 6 del medesimo art. 1, la destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri è stabilita annualmente con (altro) DPCM.

Si tratterebbe di un aspetto da chiarire.

Nel corso dell'esame al Senato, nel co. 4 è stata soppressa la previsione che sul DPCM si esprimessero le Commissioni parlamentari competenti.

Inoltre, il Senato ha previsto che le somme non impegnate in ciascun esercizio possono essere impegnate in quello successivo.

In base alla relazione tecnica aggiornata presentata al Senato, tale modifica è finalizzata ad applicare a tutte le risorse che confluiscono nel Fondo lo stesso regime contabile, posto che già l'art. 1, co. 160, ultimo periodo, della L. 208/2015 prevede che le eventuali maggiori somme derivanti dal canone RAI destinate al Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, non impegnate in ciascun esercizio, possono esserlo in quello successivo.

 

Si stabilisce sin d'ora, peraltro, che le risorse derivanti dal canone RAI e dal contributo di solidarietà sono ripartite al 50% fra Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dello sviluppo economico, mentre i criteri di ripartizione delle ulteriori risorse tengono conto delle proporzioni (attualmente) esistenti fra le risorse destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica e quelle destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale.

Inoltre, si dispone che il DPCM può prevedere che una determinata percentuale del Fondo sia destinata al finanziamento di progetti comuni che incentivino l'innovazione dell'offerta informativa nel campo dell'informazione digitale attuando obiettivi di convergenza multimediale.

I requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei finanziamenti sonoDisciplina per l'accesso al Fondo fissati con un ulteriore DPCM, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sul quale – a seguito delle modifiche apportate durante l'esame al Senato – si prevede che si esprimano le Commissioni parlamentari competenti per materia; il termine per l'espressione del parere è fissato in 60 giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.

Qualora il Presidente del Consiglio dei ministri non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi "sulle osservazioni" del Presidente del Consiglio dei ministri entro 10 giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il decreto può comunque essere adottato.

Occorre chiarire se sopravvive l'art. 1, co. 163, della L. 208/2015 e, in caso positivo, chiarire come si coordini la nuova previsione, recata dal testo in esame, con quella citata, in base alla quale, come si è già visto,  i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo destinate alle emittenti radiofoniche e televisive locali devono essere definiti con un regolamento di delegificazione (art. 17, co. 2, L. 400/1988), emanato su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Inoltre, occorre fare riferimento all'espressione del parere definitivo delle Commissioni parlamentari, e non all'espressione del parere "sulle osservazioni del Presidente del Consiglio". (in tal senso, v. anche art. 2, co. 8).


 

Il co. 5 dell'art. 1, introdotto dal Contributo per servizi di telefonia e connessione datiSenato, prevede l'erogazione di un contributo – da concedere nel limite delle risorse a ciò destinate dal DPCM che fissa anche i criteri di ripartizione delle risorse fra Presidenza del Consiglio e Ministero dello sviluppo economico – per il sostegno delle spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati.

Il contributo sostituisce le riduzioni tariffarie previste - a determinate condizioni - per le imprese editrici (art. 28, co. primo-terzo, della L. 416/1981), nonché per le imprese di radiodiffusione sonora, anche a carattere locale (art. 11 della L. 67/1987 e artt. 7 e 8 della L. 250/1990) e per le imprese di radiodiffusione televisiva a carattere locale (art. 23, co. 3, della L. 223/1990).

Qui la pagina dedicata del sito del Ministero dello sviluppo economico.
Qui la pagina del sito del Dipartimento per l'informazione e l'editoria dedicata alle agevolazioni alle imprese radiofoniche nazionali e locali.
Qui la pagina del sito del Dipartimento per l'informazione e l'editoria dedicata alle agevolazioni alle imprese televisive locali.

 

I soggetti beneficiari, i requisiti di ammissione, le modalità, i termini e le procedure per l'erogazione del nuovo contributo sono definiti con un regolamento di delegificazione, emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico.

Sullo schema di regolamento è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro 60 giorni dalla ricezione, decorsi i quali il regolamento è comunque emanato.

Dalla data di entrata in vigore del regolamento sono abrogate le disposizioni vigenti, anche legislative, con esso incompatibili, alla cui ricognizione si procede con lo stesso regolamento.

Infine, il medesimo regolamento stabilisce procedure amministrative semplificate al fine di ridurre i tempi di conclusione dei provvedimenti di liquidazione delle riduzioni tariffarie previste dall'art. 28, co. primo-terzo, della L. 416/1981, anche relativamente agli anni pregressi.

 

Al contempo, il co. 4 dell'art. 10, sempre introdotto dal Senato, dispone – come già accennato – che le risorse per le riduzioni tariffarie per le imprese editrici confluiscono nel Fondo nell'esercizio finanziario successivo a quello di entrata in vigore del regolamento di delegificazione, al netto di quelle occorrenti per l'erogazione dei benefici già maturati alla data di entrata in vigore del regolamento stesso.

In base a tali modifiche, dunque, si passerà da un rimborso alle concessionarie dei servizi di telecomunicazione (relativo, dunque, a spese obbligatorie) a un contributo corrisposto direttamente all'impresa editoriale (per il quale è previsto un tetto di spesa).

 

2) Ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici e sostegno agli investimenti delle imprese editrici e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale

2.1. Delega al Governo

L'art. 2, co. 1-2 (ad eccezione delle lett. l) ed m)), delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati, in particolare, a ridefinire la disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici e del sostegno agli investimenti delle imprese editrici, nonché, in base alle modifiche introdotte dal Senato, dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, finalizzati anche all'innovazione dell'offerta informativa.

Più puntualmente, il Senato ha modificato i co. 1, 2, lett. a), capoverso e punti 2) e 3), lett. e), punti 1, 2 e (nuovo) 4, e lett. n).

In Criteri direttivi per la revisione della disciplina dei contributi diretti e il sostegno agli investimentiparticolare, nell'ambito dei principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega, si prevede (co. 2, lett. a)) la ridefinizione della platea dei beneficiari dei contributi diretti alle imprese editrici, stabilendo innanzitutto quale condizione necessaria per il finanziamento l'esercizio esclusivo, in ambito commerciale (specifica, quest'ultima, introdotta dal Senato), di un'attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale.

Con riferimento alla veste giuridica, si prevede l'ammissione al finanziamento di:

  • imprese editrici costituite come cooperative giornalistiche, individuando criteri relativi alla compagine societaria e alla concentrazione delle quote in capo a ciascun socio;
  • enti senza fini di lucro, ovvero – a seguito delle modifiche apportate dal Senato – imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto;
  • limitatamente a un periodo di cinque anni (invece dei tre previsti nel testo approvato dalla Camera) dalla data di entrata in vigore della legge, imprese editrici di quotidiani e periodici, il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro.

Inoltre, si prevede (co. 2, lett. b)) il mantenimento del finanziamento, con la possibilità di definire criteri specifici inerenti sia ai requisiti di accesso, sia ai meccanismi di calcolo dei contributi, per:

  • imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione delle minoranze linguistiche;
  • imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e ipovedenti, prodotti con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico, braille e supporti informatici: in tal caso, si definisce già il criterio della misura proporzionale alla diffusione e al numero delle uscite delle relative testate;
  • associazioni dei consumatori, a condizione che risultino iscritte nell'elenco di cui all'art. 137 del d.lgs. 206/2005.

Con riferimento alle ultime due fattispecie, si tratta di enti senza fine di lucro (ai quali fa riferimento, come si è visto, anche il co. 2, lett. a));

  • imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all'estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all'estero.
In base alla normativa vigente, beneficiano dei contributi le imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all'estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990), le imprese editrici di periodici italiani pubblicati all'estero, nonché di pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero (art. 26, L. 416/1981; art. 1-bis, D.L. 63/2012-L. 103/2012).

Sono, invece, esclusi esplicitamente dal finanziamento (co. 2, lett. c)):

  • organi di informazione di partiti o movimenti politici e sindacali;
  • periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico;
  • imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in mercati regolamentati.

Con riferimento agli ulteriori requisiti (co. 2, lett. d)) - che, in base al co. 2, lett. b), potrebbero non applicarsi alle categorie ivi indicate - , i criteri direttivi attengono a:

  • riduzione (da 3 o 5) a 2 anni dell'anzianità di costituzione dell'impresa e di edizione della testata;
  • regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti collettivi nazionali o territoriali di lavoro stipulati tra le organizzazioni o le associazioni sindacali dei lavoratori dell'informazione e delle telecomunicazioni e le associazioni dei relativi datori di lavoro, comparativamente più rappresentative;
  • edizione della testata in formato digitale dinamico e multimediale, eventualmente anche in parallelo con l'edizione in formato cartaceo;
  • obbligo di dare evidenza, nell'edizione, di tutti i contributi e finanziamenti ricevuti, a qualsiasi titolo;
  • obbligo di adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell'immagine e del corpo della donna.

Per quanto concerne il calcolo dei contributi (co. 2, lett. e)), occorre anzitutto evidenziare che il Senato ha soppresso il superamento della distinzione fra testata nazionale e testata locale. Nello specifico, i principi e criteri direttivi – che, anche in tal caso, in base al co. 2, lett. b), potrebbero non applicarsi alle categorie ivi indicate – riguardano:

  • previsione di un tetto massimo al contributo liquidabile a ciascuna impresa, legato all'incidenza percentuale del contributo sul totale dei ricavi e fino alla misura massima del 50%;
  • graduazione del contributo in funzione del numero di copie annue vendute, che deve essere comunque non inferiore - in base alle modifiche introdotte dal Senato - al 30% delle copie distribuite per la vendita per le testate locali e al 20% per le testate nazionali, prevedendo, in particolare, più scaglioni cui corrispondono quote diversificate di rimborso dei costi di produzione e per copia venduta;
  • previsione – introdotta durante l'esame al Senato – di riduzione del contributo pubblico per le imprese editrici che superano, nel trattamento economico del personale, dei collaboratori e degli amministratori, il limite massimo retributivo di € 240.000 annui, di cui all'art. 13, co. 1, del D.L. 66/2014(L. 89/2014).

L'art. 13 del D.L. 66/2014 ha previsto che, a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di Cassazione è fissato in € 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. Sono inclusi nel computo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta.
A loro volta, gli artt. 23-bis (compensi per gli amministratori e per i dipendenti delle società controllate dalle PA) e 23-ter (emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali), richiamati dalla predetta disposizione, stabiliscono che il trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione costituisca parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate.

La disposizione in esame fa dunque riferimento, per la prima volta, ad un tetto retributivo per le imprese private.

Andrebbe valutata l'opportunità di specificare maggiormente il riferimento alla qualifica di "collaboratore" di un'impresa.

  • valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione digitale dell'offerta e del modello imprenditoriale, anche mediante la previsione di un aumento delle relative quote di rimborso e previsione di criteri di calcolo specifici per le testate on line che producono contenuti informativi originali, tenendo conto del numero dei giornalisti, dell'aggiornamento dei contenuti e del numero effettivo di utenti unici raggiunti;
  • previsione di criteri premiali per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore a 35 anni, per l'attivazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro, e per azioni di formazione e aggiornamento del personale.

Relativamente all'erogazione dei contributi, i criteri direttivi attengono alla previsione di regole quanto più possibile omogenee e uniformi per le diverse tipologie di imprese destinatarie, e alla semplificazione del connesso procedimento amministrativo, al fine di addivenire a tempi di liquidazione minori (co. 2, lett. f) e g)).

Si segnala che nella lett. f) si fa riferimento anche ai requisiti di accesso che, tuttavia, sono già oggetto di disciplina nelle lett. da a) a d).

Ulteriori criteri direttivi attengono all'introduzione di incentivi agli investimenti in innovazione digitale dinamica e multimediale, anche attraverso investimenti strutturali in piattaforme digitali avanzate, comuni a più imprese editoriali, nonché all'assegnazione di finanziamenti, mediante bandi annuali, per progetti innovativi presentati da imprese editoriali di nuova costituzione (co. 2, lett. h) e i)).

Nell'ambito della delega, si prevede, inoltre, l'incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici, nonché - in base alle modifiche introdotte durante l'esame al Senato - sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, riconoscendo un particolare beneficio agli inserzionisti di micro, piccola o media dimensione e alle start up innovative (co. 2, lett. n)).

Procedura di adozione dei decreti legislativiQuanto alla procedura di adozione, i co. 1 e 3 dell'art. 2 dispongono che i decreti legislativi sono emanati ai sensi dell'art. 14 della L. 400/1988, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico.

In base al co. 7, primo periodo, dell'art. 2, all'attuazione della delega recata dal co. 1 del medesimo articolo si provvede nel limite delle risorse disponibili sul Fondo.

In base al co. 8 dello stesso art. 2 – che si applica anche agli schemi emanati in attuazione della delega recata dal co. 4 ( v. infra) –, gli schemi dei decreti legislativi, preliminarmente deliberati dal Consiglio dei Ministri, devono essere corredati dalla relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria e sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. I pareri sono resi entro 60 giorni, decorsi i quali i decreti possono comunque essere emanati.

Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere corredato con le osservazioni e le eventuali modifiche, nonché con i necessari elementi integrativi di informazione e di motivazione.

I pareri delle Commissioni parlamentari sono espressi, in tal caso, entro 20 giorni, decorsi i quali i decreti sono comunque adottati.

2.2. Disposizioni non oggetto di delega

L'art. 3, co. 1-3, reca Novità applicabili a decorrere dai contributi 2016disposizioni precettive che si applicano a decorrere dai contributi per le imprese editrici relativi all'anno 2016.

Il Senato ha modificato il co. 1, lett. c).

In particolare, relativamente al calcolo dei contributi:

  • si dispone che il contributo massimo liquidabile a ciascuna impresa è pari al 50% dell'ammontare complessivo dei ricavi riferiti alla testata per cui si chiede il contributo, al netto del contributo medesimo (co. 1, lett. a)).
Ad esempio, il contributo per un'impresa i cui ricavi, riferiti alla testata, ammontano a 1.500.000 euro, non può superare l'importo di 500.000 euro (1.500.000 – 500.000 = 1.000.000 / 2 = 500.000).

Si prevede, dunque, l'applicazione, a decorrere dai contributi 2016, di un meccanismo di calcolo analogo, in parte, a quello previsto dal criterio direttivo recato dall'art. 2, co. 2, lett. e), punto 5;

  • si elimina la attuale riserva di risorse (pari al 5% dell'importo stanziato per i contributi diretti sul pertinente capitolo del bilancio del Dipartimento per l'informazione e l'editoria) destinata ai periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società con maggioranza del capitale detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro (co. 1, lett. b)).

In virtù di tale soppressione, la suddetta categoria di imprese concorrerà nella ripartizione generale delle risorse da destinare ai contributi diretti.

 

Relativamente all'erogazione dei contributi, il co. 1, lett. c), stabilisce che le somme da corrispondere annualmente a ciascuna impresa sono erogate in due rate. A seguito delle modifiche introdotte dal Senato, la prima, versata entro il 30 maggio, è pari al 50% del contributo calcolato per l'impresa (e non più al 30% del contributo erogato all'impresa nell'anno precedente, come previsto nel testo approvato dalla Camera); la seconda è liquidata entro il termine di conclusione del procedimento.

Specifica, inoltre, che, all'atto dei pagamenti, l'impresa deve essere in regola con le attestazioni rilasciate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con i versamenti previdenziali e non deve risultare inadempiente in esito alla verifica di cui all'art. 48-bis del D.P.R. 602/1973 (in materia di riscossione delle imposte sui redditi).

 

In materia di modalità e tempistica relative alle domande per l'ammissione ai contributi, il co. 3 dispone che le domande, sottoscritte dal legale rappresentante dell'impresa, sono presentate esclusivamente per via telematica dal 1° al 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento dei contributi, secondo le modalità indicate nel sito internet del Dipartimento per l'informazione e l'editoria, già corredate di parte della documentazione.

Si tratta dei documenti istruttori o delle dichiarazioni sostitutive attestanti: l'assetto societario; il numero dei giornalisti dipendenti associati; la mutualità prevalente; il divieto di distribuzione degli utili; l'anzianità di costituzione e di edizione della testata; la periodicità e il numero delle uscite; l'insussistenza di situazioni di collegamento o di controllo previste dall'art. 3, co. 11-ter, della L. 250/1990, e dall'art. 1, co. 574, della L. 266/2005; l'iscrizione nel registro delle imprese; gli estremi delle posizioni contributive presso istituti previdenziali; la proprietà o la gestione della testata.
Si prevede, inoltre, che, nel medesimo termine, le imprese devono far pervenire un campione di numeri della testata edita.
Per l'ulteriore documentazione, rimane fissato il termine del 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento del contributo.
Più nello specifico, si tratta di: bilancio di esercizio, corredato della nota integrativa e degli annessi verbali; prospetti dei costi e delle vendite.

Tale documentazione integrativa deve essere certificata da soggetti iscritti nel registro dei revisori legali, istituito presso il MEF.

 

L'art. 3, co. 4, reca, invece, previsioni che si applicano a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della legge.

In particolare:

  • in materia di requisiti per l'accesso ai contributi, l'art. 3, co. 4, lett. a) – non modificato dal Senato - dispone che sono abrogate le disposizioni volte a facilitare l'accesso ai contributi per le cooperative di giornalisti, recate dall'art. 1, co. 7-bis, del D.L. 63/2012.
La norma citata ha previsto che, a decorrere dai contributi relativi al 2012, alle cooperative di giornalisti che subentrano al contratto di cessione in uso ovvero acquistano una testata che ha avuto accesso, entro il 31 dicembre 2011, ai contributi, non sono richiesti i requisiti relativi ai tempi minimi di costituzione come cooperative giornalistiche e di edizione della testata, nonché, nel caso di subentro al contratto di cessione in uso della testata, il requisito relativo alla proprietà della testata (art. 1, co. 460, lett. a), L. 266/2005).

 

  •  L'art. 3, co. 4, lett. b) – non modificato dal Senato -, introduce nell'ordinamento la Definizione di testatadefinizione di testata – che, come tale, identifica il prodotto editoriale –, intesa come il titolo del giornale, della rivista o di altra pubblicazione periodica, avente una funzione e una capacità distintiva nella misura in cui individua una pubblicazione.

A tal fine, novella l'art. 1, co. 3, della L. 62/2001.

La relazione illustrativa all'A.C. 3317 evidenziava che la definizione introdotta è conforme a quanto sancito dal Consiglio di Stato (Sez. III) con la sentenza n. 4665 del 19 settembre 2013, con cui è stato accolto il ricorso per la riforma della sentenza del TAR Lazio n. 5838 del 26 giugno 2012, che aveva annullato la delibera con cui l'AGCOM aveva inflitto una sanzione amministrativa per violazione dell'obbligo di comunicare la variazione concernente la pubblicazione di una nuova testata quotidiana, ritenendo (il TAR) che – malgrado la diversa denominazione – si fosse, di fatto, in presenza di una mera edizione locale di una testata nazionale già registrata.

 

  • L'art. 3, co. 4,  lett. c), introdotto (Ulteriore) definizione di quotidiano on linedurante l'esame al Senato,  aggiunge nell'art. 1 della stessa L. 62/2001 il co. 3-bis, contenente la definizione di "quotidiano on line". Quest'ultimo è inteso come testata giornalistica che:

- sia regolarmente registrata presso la cancelleria di un tribunale;

- abbia un direttore responsabile iscritto all'Ordine dei giornalisti come pubblicista o come professionista;

- pubblichi i propri contenuti giornalistici prevalentemente on line;

- non sia esclusivamente una mera trasposizione telematica di una testata cartacea;

- produca principalmente informazione;

- abbia una frequenza di aggiornamento quotidiano;

- non si configuri esclusivamente come aggregatore di notizie.

In materia si ricorda, preliminarmente, che l'introduzione del prodotto realizzato su supporto informatico (oltre che cartaceo) nella nozione di "prodotto editoriale" è stata operata proprio dall'art. 1, co. 1, della L. 62/2001, sia pure ai fini di cui alla medesima legge. Il co. 3 dello stesso art. 1 ha previsto che al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all'art. 2 della L. 47/1948 (relative alle indicazioni obbligatorie sugli stampati) e che il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall'art. 5 della medesima L. 47/1948 (concernenti l'obbligo di registrazione presso la cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione il giornale o il periodico devono essere pubblicati).
In base all'art. 16 della medesima L. 62/2001, tuttavia, dall'obbligo di registrazione sono esentati "i soggetti tenuti all'iscrizione al registro degli operatori di comunicazione", iscrizione che è esplicitamente prevista quale condizione per l'inizio delle pubblicazioni. Tra questi, ai sensi dell'art. 1, co. 6, lett. a), n. 5), della L. 249/1997, vi sono le "imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l'editoria elettronica e digitale"
Sull'argomento si ricorda che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella relazione al Parlamento riferita al 2002, mise in rilievo i problemi di coordinamento tra la previsione recata dall'art. 16 della L. 62/2001 – che fa riferimento, sostanzialmente, agli editori tenuti all'iscrizione al ROC – e le disposizioni di cui all'art. 5 della L. 47/1948, che si riferisce ai proprietari che hanno l'obbligo di registrare le testate presso i tribunali. A tali incertezze, evidenziava la relazione, "si è tuttavia posto rimedio attraverso un'interpretazione restrittiva della norma di nuova introduzione, individuando l'ambito di operatività esclusivamente nei confronti di coloro che sono, allo stesso tempo, editori e proprietari della testata, cosicché solo per questi opera il regime di esenzione dall'obbligo di registrazione presso i tribunali" .
In seguito, peraltro, l'art. 7, co. 3, del d.lgs. 70/2003 – con cui è stata data attuazione alla direttiva 2000/31/UE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico – ha disposto che la registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla L. 62/2001.
Ma, sull'argomento, occorre anche ricordare che, nel frattempo, l'art. 153, co. 3, L. 388/2000, ha disposto che i quotidiani e i periodici telematici organi di movimenti politici devono essere comunque registrati presso i tribunali.
Da ultimo, l'art. 3, co. 4, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012) ha disposto che, a decorrere dai contributi relativi all'anno 2013, per testate in formato digitale si intendono quelle migrate a un sistema digitale di gestione di contenuti unico, dotate di un sistema di gestione di spazi pubblicitari digitali, anche attraverso soggetti concessionari di spazi pubblicitari digitali, di un sistema che consenta l'inserimento di commenti da parte del pubblico, con facoltà di prevedere registrazione e moderazione, di un sistema di distribuzione di contenuti attraverso dispositivi mobili. Nel caso in cui la pubblicazione sia fruibile, in tutto o in parte, a titolo oneroso, le testate devono essere altresì dotate di un sistema di pubblicazione che consenta la gestione di abbonamenti e di contenuti a pagamento, nonché di una piattaforma che consenta l'integrazione con sistemi di pagamento digitali.

 

Occorrerebbe, dunque, coordinare le nuove previsioni con quelle recate dall'art. 3, co. 4, del D.L. 63/2012.

 

3) Innovazione del sistema distributivo e altre disposizioni per la vendita dei giornali

 

3.1. Delega al Governo

 

L'articolo 2, co. 1 e 2, lett. l) ed m) – lettere non modificate dal Senato –, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati a innovare il sistema distributivo.

I principi e Criteri direttivi per l'innovazione del sistema distributivocriteri direttivi attengono a:

  • attuazione del processo di progressiva liberalizzazione della vendita di prodotti editoriali, favorendo l'adeguamento della rete alle mutate condizioni, mitigando gli effetti negativi di breve termine, assicurando agli operatori parità di condizioni, in particolare con divieto di sospensioni arbitrarie delle consegne, e garantendo il pluralismo delle testate in tutti i punti vendita, anche mediante l'introduzione di parametri qualitativi per l'esercizio dell'attività e di una disciplina della distribuzione territoriale che assicuri l'accesso alle forniture di prodotti editoriali senza che ciò sia condizionato a servizi o prestazioni aggiuntive.
    Resta ferma l'applicazione dell'art. 9 della L. 192/1998, in materia di divieto di abuso di dipendenza economica.
L'art. 9 della L. 192/1998 vieta l'abuso, da parte di una o più imprese, dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. La dipendenza economica è la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. L'abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto.
Il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica è nullo;
  • promozione, di concerto con le regioni, di un regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti di vendita, e rimozione degli ostacoli che limitano la possibilità di ampliare l'assortimento e l'intermediazione di altri beni e servizi;
  • promozione di sinergie strategiche tra punti vendita, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di nuove formule imprenditoriali e commerciali;
  • completamento dell'informatizzazione delle strutture, al fine di costituire una rete integrata dei punti vendita.
In materia, si ricorda, per completezza, che l'art. 12 del D.L. 210/2015 (L. 21/2016) ha prorogato (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2016 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre.
  • previsione di misure atte ad escludere, per i canali di vendita telematici, la discriminazione on line/off line di prodotti editoriali vendibili e la limitazione dell'impresa editoriale nella propria autonomia di definizione di contenuti, prezzi, formule commerciali e modalità di pagamento.

Per la procedura di adozione, si rinvia a quanto già illustrato nel paragrafo 2.1.

3.2. Disposizioni non oggetto di delega

L'art. 8 – non Definizione di pubblicazione regolaremodificato dal Senato – limita, anzitutto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, la previsione relativa alla garanzia della parità di trattamento delle diverse testate da parte dei punti vendita esclusivi (artt. 2 e 4 d.lgs. 170/2001), alle (sole) "pubblicazioni regolari", e in occasione della loro prima immissione nel mercato.

A tal fine, si stabilisce che per pubblicazioni regolari si intendono quelle che:

  • sono registrate presso il tribunale (v. ante).
  • sono diffuse al pubblico con periodicità regolare;
  • rispettano tutti gli obblighi previsti dalla L. 47/1948 (fra i quali, il possesso, da parte del proprietario o della persona che esercita l'impresa giornalistica, se diversa dal proprietario, dei requisiti per l'iscrizione nelle liste elettorali politiche e la pubblicazione di rettifiche);
  • recano stampati sul prodotto, in posizione visibile, la data, la periodicità effettiva, il codice a barre e la data di prima immissione nel mercato.

Dispone, inoltre, che le imprese di distribuzione si adeguano a tali previsioni, nell'adempimento dell'obbligo, indicato dall'art. 16, primo comma, della L. 416/1981, in base al quale le stesse imprese devono garantire, a parità di condizioni rispetto ai punti di vendita serviti e al numero di copie distribuite, il servizio di distribuzione a tutte le testate giornalistiche che ne facciano richiesta.

 

4) Ridefinizione della composizione e delle attribuzioni del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti e della disciplina in materia di prepensionamenti dei giornalisti. Delega al Governo

 

L'art. 2, co. 4-6, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati alla razionalizzazione della composizione e delle attribuzioni del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, nonché alla revisione della disciplina del prepensionamento dei medesimi giornalisti.

Il Senato ha modificato il co. 5, lett. b), punto 3.

 

I principi e criteri direttivi per l'Criteri direttivi per la revisione della disciplina sul Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalistiesercizio della delega riguardante il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti attengono a:

  • riordino delle competenze in materia di formazione;
  • riordino del procedimento disciplinare. In particolare, si prevede l'alternatività dei ricorsi avverso la decisione del Consiglio territoriale dell'Ordine dei giornalisti, escludendo l'attuale possibilità di cumulo delle impugnative, prima davanti all'organo di disciplina nazionale, poi davanti al giudice ordinario. E' peraltro fatta salva la possibilità di presentare il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica quando si sia optato per la via "amministrativa", con il ricorso al Consiglio nazionale dell'Ordine.

Si rammenta che, in base all'art. 69 della L. 69/2009, il decreto del Presidente della Repubblica su un ricorso ha natura sostanzialmente giurisdizionale. Tuttavia, in base alla normativa vigente, tale ricorso è alternativo alla giurisdizione amministrativa, mentre contro le decisioni del consiglio dell'Ordine dei giornalisti viene adito il giudice ordinario.
Si valuti, pertanto, la disposizione alla luce dell'art. 24 della Costituzione che garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi.

  • a seguito delle modifiche introdotte durante l'esame al Senato, riduzione del numero dei componenti fino ad un massimo di 60 (a fronte di un massimo di 36 previsti dal testo approvato dalla Camera), di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti, purché, per entrambi i profili (e non più, solo, i pubblicisti, come nel testo approvato dalla Camera), gli stessi giornalisti abbiano una posizione previdenziale attiva presso l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Inoltre, al Senato è stato inserito l'obbligo di avere, in ciascuno dei due gruppi, almeno un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute.
La L. 69/1963, istituendo l'Ordine dei giornalisti, cui appartengono i giornalisti professionisti e i pubblicisti, iscritti nei rispettivi elenchi dell'albo, ha affidato le funzioni relative alla tenuta dell'albo, e quelle relative alla disciplina degli iscritti, per ciascuna regione o gruppo di regioni, ad un Consiglio dell'Ordine (art. 1: si tratta di una previsione su cui interviene l'art. 6 del testo in commento, introdotto dal Senato). Qui l'elenco dei Consigli regionali.
I componenti di ogni Consiglio regionale o interregionale restano in carica tre anni e possono essere rieletti. Qualora uno dei componenti del Consiglio venga a mancare, lo sostituisce il primo dei non eletti del rispettivo elenco. I componenti così eletti rimangono in carica fino alla scadenza del Consiglio (art. 7).
Al contempo, la L. 69/1963 ha istituito il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, con sede presso il Ministero della giustizia (art. 16). La disciplina relativa alla durata in carica dei membri del Consiglio nazionale è identica a quella già vista per i Consigli regionali o interregionali (art. 17).
L'attuale Consiglio nazionale è stato convocato per l'insediamento per il triennio 2013-2016 il 18 giugno 2013.
In seguito, l'art.12-quater del D.L. 210/2015 (L. 21/2016) ha prorogato al 31 dicembre 2016 la durata in carica dei componenti del Consiglio nazionale e dei componenti dei Consigli regionali, presumibilmente in relazione alla delega prevista dal provvedimento in esame.
Dal sito del Consiglio nazionale risulta che i componenti dello stesso eletti per il triennio 2013-2016 sono 156, equamente ripartiti fra giornalisti professionisti e giornalisti pubblicisti.
  • adeguamento del sistema elettorale, garantendo la massima rappresentatività territoriale.

I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega in Criteri direttivi per la revisione della disciplina del prepensionamento dei giornalistimateria di revisione della disciplina del prepensionamento dei giornalisti attengono a:

  • innalzamento – nella direzione di un progressivo allineamento con la disciplina generale vigente in materia di pensioni – dei requisiti di anzianità anagrafica e contributiva per l'accesso ai trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti (di cui all'art. 37, co. 1, lett. b), L. 416/1981), prevedendo, in ogni caso, il divieto di mantenere un rapporto di lavoro con il giornalista che abbia ottenuto il trattamento pensionistico;
  • revisione della procedura per il riconoscimento degli stati di crisi delle imprese editoriali ai fini dell'accesso agli ammortizzatori sociali e ai prepensionamenti dei giornalisti.

Quanto alla Procedura di adozione dei decreti legislativiprocedura di adozione, i commi 4 e 6 dispongono che i decreti legislativi sono emanati ai sensi dell'articolo 14 della L. 400/1988, sempre entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze e, per l'intervento sul Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, il Ministro della giustizia, sentito lo stesso Consiglio nazionale. Per gli altri aspetti della procedura, si applica quanto previsto dal co. 8 (v. ante).

L'art. 2, co. 7, secondo periodo, dispone che dall'attuazione della delega recata dal co. 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

5) Esercizio della professione di giornalista e Consigli territoriali dell'Ordine dei giornalisti

 

L'art. 5 – non Esercizio della professione di giornalistamodificato dal Senato – dispone che nessuno può assumere il titolo di giornalista, né esercitare la relativa professione, se non è iscritto nell'elenco dei professionisti o in quello dei pubblicisti dell'albo istituito presso l'ordine regionale o interregionale competente.

A tal fine, novella l'art. 45 della L. 69/1963, in base al cui primo periodo è già previsto che nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo professionale.

Rimangono ferme, altresì, le sanzioni già previste, ossia la reclusione fino a sei mesi o la multa da € 103 a € 516 (previste per l'esercizio abusivo di una professione dall'art. 348 c.p.) - e la sanzione amministrativa pecuniaria da € 154 a € 929 (prevista, per l'usurpazione di titoli ed onori, unitamente alla sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta le violazioni, dall'art. 498 c.p.), ove il fatto non costituisca reato più grave.

 

L'art. 6, introdotto durante l'Consigli dell'Ordine dei giornalisti nelle province autonomeesame al Senato, prevede la costituzione di Consigli dell'Ordine dei giornalisti anche nelle province autonome di Trento e di Bolzano (presumibilmente sostitutivi del Consiglio dell'Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige).

A tal fine, novella l'art. 1, quinto comma, della già citata L. 69/1963 (v. ante).

 

Si segnala che in numerosi altri articoli della L. 69/1963 - incluso l'art. 45, novellato dall'art. 5 del testo in commento – permane il riferimento solo ai Consigli regionali e interregionali. La questione deve essere valutata, in particolare, con riferimento alle disposizioni relative alla composizione dei Consigli territoriali.

 

6) Differimento della durata della Commissione per l'equo compenso dei giornalisti free-lance

L'art. 4 – non Commissione per l'equo compenso dei free lancemodificato dal Senato - prevede che la Commissione per la valutazione dell'equo compenso nel lavoro giornalistico (decaduta, a legislazione vigente, il 17 giugno 2016) dura in carica fino all'approvazione della (nuova) delibera che definisce l'equo compenso e al completamento degli ulteriori adempimenti in materia.

Al fine di promuovere l'equità retributiva dei giornalisti iscritti all'albo, non titolari di un rapporto di lavoro subordinato in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive, la L. 233/2012 ha previsto l'istituzione, presso il Dipartimento per l'informazione e l'editoria, della Commissione per la valutazione dell'equo compenso nel lavoro giornalistico. Alla Commissione è stata affidata la definizione dell'equo compenso – intendendo per tale la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione, nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato - e la redazione di un elenco dei quotidiani, dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive che garantiscono il rispetto di un equo compenso. Il termine di durata della Commissione è stato stabilito in 3 anni.
La Commissione, costituita con DPCM 17 giugno 2013, ha adottato una prima delibera il 19 giugno 2014, ma essa è stata annullata con sentenza del TAR per il Lazio n. 5054 del 7 aprile 2015 , confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1076 del 16 marzo 2016.

 

7) Ricorso alle agenzie di stampa da parte di regioni, province, città metropolitane e comuni

 

L'art. 7, introdotto durante Ricorso alle agenzie di stampa da parte degli enti territorialil'esame al Senato, estende a regioni, province, città metropolitane e comuni l'autorizzazione ad avvalersi dell'Agenzia nazionale stampa associata (ANSA) o di altre agenzie di informazione per l'effettuazione dei servizi di diramazione di notizie e di comunicati, di trasmissione diretta agli stessi soggetti di informazioni nazionali ed estere, di trasmissione di notizie dall'estero e per l'estero, in concorso con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per quanto riguarda il servizio estero, già prevista per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'autorizzazione è concessa nell'ambito delle risorse già destinate a questo scopo nel bilancio degli enti interessati.

A tal fine, novella sia l'art. 2, primo comma, della L. 237/1954, sia l'art. 55, co. 24, della L. 449/1997, che ha interpretato autenticamente l'art. 2 citato.

In particolare, l'art. 55, co. 24, della L. 449/1997 ha previsto che l'art. 2 della L. 237/1954 va interpretato nel senso che, al fine di un più razionale uso delle risorse e per garantire alle amministrazioni dello Stato una più completa informazione attraverso la più ampia pluralità delle fonti, la Presidenza del Consiglio è autorizzata ad acquistare dalle agenzie di stampa, mediante appositi contratti, notiziari ordinari e speciali, servizi giornalistici e informativi, ordinari e speciali, e loro raccolte anche su supporto informatico, nonché il servizio di diramazione di notizie e di comunicati degli organi centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato. Ha, altresì, previsto che tali prestazioni rientrano nei servizi che possono essere aggiudicati a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell'art. 7, co. 2, lett. b), del d.lgs. 157/1995.

Dall'ordine del giorno G5.300, presentato al Senato e poi ritirato in relazione alla prevista approvazione dell'art. 7, emergerebbe che la finalità dell'intervento è quella di estendere la disciplina dell'acquisto di servizi giornalistici ed informativi tramite procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara, come avviene attualmente per la Presidenza del Consiglio, anche agli enti territoriali che si avvalgono dei medesimi servizi, i quali, invece, in assenza di una specifica normativa, procedono all'acquisto tramite gara pubblica.

 

8) Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e limite massimo retributivo per amministratori, dipendenti, collaboratori e consulenti del soggetto affidatario della concessione.

 

L'art. 9, introdotto durante l'esame al Senato, disciplina la procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e la durata della stessa e introduce il limite massimo retributivo di € 240.000 annui per dipendenti, collaboratori e consulenti del soggetto affidatario della concessione.

 

A La disciplina vigente sull'affidamento della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimedialelegislazione vigente, l'art. 45 del d.lgs. 177/2005 – come modificato dall'art. 1 della L. 220/2015 - prevede che il  servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale è affidato per concessione a una società per azioni, che lo svolge sulla base di un contratto nazionale di servizio stipulato con il Ministero dello sviluppo economico, previa delibera del Consiglio dei Ministri, e di contratti di servizio regionali e, per le province autonome di Trento e di Bolzano, provinciali, con i quali sono individuati i diritti e gli obblighi della società concessionaria.
Prima di ciascun rinnovo del contratto nazionale di servizio, l'AGCOM e il Ministro dello sviluppo economico fissano, con propria deliberazione, sulla base degli indirizzi deliberati dal Consiglio dei Ministri, le linee guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo, definite in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali.
Il contratto nazionale di servizio deve essere rinnovato - a seguito della L. 220/2015 - ogni cinque anni (invece dei 3 precedentemente previsti) "nel quadro della concessione che riconosce alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa il ruolo di gestore del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale".
Per il rinnovo 2013-2015, le linee-guida sono state approvate con delibera AGCOM del 29 novembre 2012, n. 587/12/CONS (G.U. 13 dicembre 2012, n. 290).
Lo schema di contratto di servizio 2013-2015 è stato trasmesso alle Camere per l'espressione del prescritto parere della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (art. 1, co. 6, lett. b), n. 10), L. 249/1997), il 19 settembre 2013 (Atto del Governo n. 31). Il parere, favorevole con condizioni, è stato espresso nella seduta del 7 maggio 2014.
Al riguardo, intervenendo nell'ambito della discussione del ddl di riforma della RAI (L. 220/2015), il rappresentante del Governo ha evidenziato (seduta della 8^ Commissione del Senato del 3 giugno 2015) che erano in corso approfondimenti rispetto alla prima versione predisposta dal Governo precedente.
L'ultimo contratto nazionale di servizio approvato si riferisce al triennio 2010-2012 (D.M. 27 aprile 2011, G.U. 27 giugno 2011, n. 147).
 A sua volta, l'art. 49 dello stesso d.lgs. 177/2005 – come modificato dall'art. 216, co. 24, del d.lgs. 50/2016 – prevede che la concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, fino al 31 ottobre 2016, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa.
In particolare, le modifiche introdotte dall'art. 216, co. 24, del d.lgs. 50/2016, hanno prorogato l'affidamento della concessione alla RAI (dal 6 maggio 2016) al 31 ottobre 2016, al fine di consentire lo svolgimento della consultazione pubblica sugli obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, prevista dall'art. 5, co. 5, della L. 220/2015 e propedeutica all'affidamento della concessione, e nelle more dell'aggiornamento della disciplina relativa al medesimo affidamento.
Il 17 maggio 2016 è stata avviata la consultazione pubblica "CambieRai", strutturata in 36 domande elaborate dal Ministero dello sviluppo economico con la collaborazione tecnica di Istat. Il comunicato stampa del Governo del 18 maggio 2016 evidenziava che le risposte, analizzate in forma aggregata e anonima, avrebbero formato, insieme con le proposte prodotte dai tavoli tecnici (distribuiti in 4 macro-aree: Sistema Italia, Industria creativa, Digitale, Società italiana), la base per la stesura della relazione che avrebbe accompagnato la nuova bozza di convenzione tra lo Stato e la Rai.
Il 27 luglio 2016 è stato pubblicato il report della consultazione pubblica, alla quale hanno partecipato 11.188 persone, delle quali 9.156 hanno completato e inviato il questionario.

 

In particolare, – novellando, con l'La nuova disciplina per l'affidamento della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimedialeinserimento dei commi da 1-bis a 1-septies, l'art. 49 del d.lgs. 177/2205 – dispone, anzitutto, che l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale ha durata pari a 10 anni e ribadisce – richiamando l'art. 5, co. 5, della L. 220/2015 – che lo stesso è preceduto da una consultazione pubblica sugli obblighi dello stesso servizio.

 

Si valuti l'opportunità di abrogare il co. 5 dell'art. 5 della L. 220/2015, inserendone il contenuto direttamente nell'art. 49 del d.lgs. 177/2005.

La concessione è affidata con DPCM, da adottare previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con lo stesso DPCM è approvato lo schema di convenzione.

Lo schema di decreto e lo schema di convenzione, insieme con una relazione del Ministro dello sviluppo economico sugli esiti della consultazione pubblica, sono trasmessi per il parere alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Il parere è reso entro 30 giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali gli stessi atti possono essere adottati. Essi sono sottoposti ai competenti organi di controllo e, successivamente, pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

La convenzione con la società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale è stipulata dal Ministero dello sviluppo economico.

 

Fino alla data di entrata in vigore del DPCM, e comunque per un periodo non superiore a 90 giorni dal 31 ottobre 2016, data di scadenza della concessione in atto – dunque, sostanzialmente, fino al 31 gennaio 2017 – continuano a trovare applicazione la concessione "e la relativa convenzione già in atto".

 

Si ricorda che l'ultima convenzione tra il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e la RAI è stata adottata, per un periodo di 20 anni, con DPR 28 marzo 1994.
Pertanto, formalmente, la convenzione è scaduta nel 2014.

 

Si valuti, dunque, il riferimento alla "convenzione già in atto".

 

Ulteriormente novellando l'art. 49 del d.lgs. 177/2005, il testo prevede che agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate, si applica il "tetto" retributivo, pari a € 240.000, fissato dal già citato art. 13 del D.L. 66/2014 (L. 89/2014).
Ai fini del rispetto di tale limite, non si applicano le esclusioni previste dall'art. 23-bis del D.L. 201/2011 (. L. 214/2011).

L'art. 23-bis, co. 1, del D.L. 201/2011 ha affidato ad un decreto ministeriale (DM 23 dicembre 2013, n. 166) la definizione degli indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni dello Stato e dalle altre amministrazioni pubbliche, ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate.

E' tale esclusione che non opererà nel caso di specie.


Per completezza, si ricorda, infatti, che il d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, recante "Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica", adottato in attuazione della L.124/2015, di riforma della pubblica amministrazione, ha disposto, all'art. 28, l'abrogazione dei co.5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies del citato art. 23-bis del D.L. 201/2011, che recavano specifiche previsioni per le società direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati, nonché per le società dalle stesse controllate e per le società emittenti titoli azionari quotati nei mercati regolamentati.

Relazioni allegate o richieste

Le proposte di legge erano corredate di relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

L'intervento con legge è necessario perché si modificano previsioni normative primarie e si conferiscono deleghe al Governo.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso l'"ordinamento della comunicazione" fra le materie di legislazione concorrente, per le quali la potestà legislativa spetta alle regioni, salva la determinazione dei principi fondamentali, che spetta allo Stato.

Rileva, peraltro, la materia "tutela della concorrenza", attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. e), Cost.).


Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L'art. 21 Cost. sancisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione. Inoltre, dispone, fra l'altro, che la legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

La libertà di manifestazione del pensiero rappresenta il principio sul quale si fonda la tutela del pluralismo informativo, inteso come rappresentazione aperta alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali, religiose e alla pluralità di modi, forme e linguaggi e appartenenze di cui la società si compone. Ritenuta uno dei principi fondamentali dell'ordinamento, rientrante tra i diritti primari e involabili dell'uomo garantiti dall'art. 2 della stessa Costituzione, tale libertà è stata oggetto di approfondita riflessione riguardo al contenuto coperto dalla garanzia costituzionale, che si ritiene debba includere non soltanto il pensiero, ma anche le notizie e in generale l'informazione.

Nell'ambito della libertà di informazione è stata inoltre operata una distinzione tra profilo attivo, definito come libertà di informare, di comunicare e diffondere idee e notizie, e profilo passivo, inteso come libertà di informarsi, di essere informati e di accedere alle informazioni. Quest'ultimo, riconosciuto quale interesse generale all'informazione indirettamente protetto dall'art. 21, va garantito attraverso un sistema di "pluralità delle fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee" (Corte cost., sentenza 105/1972).

L'esigenza di un'informazione dai contenuti plurali viene ricondotta al principio della pluralità delle fonti informative, cioè del pluralismo informativo, considerato dal giudice costituzionale "valore centrale" di ogni ordinamento democratico (Corte Cost., sentenza 826/1988), in quanto "l'informazione, nei suoi aspetti attivi e passivi […] esprime […] una condizione preliminare (o, se vogliamo, un presupposto insopprimibile) per l'attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico" rappresentando un generale diritto di accesso alle fonti notiziali (Corte cost., sentenza 348/1990). L'esistenza di un principio pluralistico rappresenta un "ineludibile imperativo costituzionale", che si articola, da un lato, nel pluralismo esterno, ovvero la garanzia della più ampia possibilità di ingresso nel mercato dei mezzi di comunicazione, attraverso misure volte ad impedire processi di concentrazione di risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o pochi, e dall'altro nel pluralismo interno dei mezzi di informazione sotto il controllo pubblico, che si concretizza nell'obbligo di imparzialità e di apertura del mezzo alle diverse tendenze sociali, politiche, culturali e religiose. La libertà di informazione viene connotata come diritto sociale alla informazione pluralistica che, al pari di altri diritti (alla salute, allo studio, all'ambiente, ecc.), fonda interventi positivi dello Stato. Secondo il giudice costituzionale, il diritto all'informazione garantito dall'art. 21 deve essere qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle fonti, che comporta tra l'altro il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti; dall'obiettività e imparzialità dei dati forniti; dalla completezza, correttezza e continuità dell'attività informativa; e, infine, dal rispetto della dignità umana, dell'ordine pubblico, del buon costume" (Corte cost., sentenza 112/1993).


Incidenza sull'ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L'art. 1, co. 4 e 6, prevede l'emanazione di tre DPCM. Un ulteriore DPCM è previsto dall'art. 9.

L'art. 1, co. 5, prevede l'emanazione di un regolamento di delegificazione.

L'art. 2 prevede l'emanazione di vari decreti legislativi.

L'art. 10, co. 2, prevede l'emanazione di un DM.

Per l'oggetto degli atti indicati, si veda Par. Contenuto.


Collegamento con lavori legislativi in corso

 Non risultano lavori legislativi in corso sulla materia.

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