Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||||
Titolo: | Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sugli appalti pubblici e sulle concessioni, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici - A.C. 3194 | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 319 | ||||||
Data: | 02/07/2015 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Delega al Governo
per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sugli
appalti pubblici e sulle concessioni, nonché per il riordino della disciplina
vigente in materia di contratti pubblici A.C.3194 |
Schede di
lettura |
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n. 319 |
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2 luglio 2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento ambiente ( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Servizio Biblioteca – Osservatorio della legislazione straniera ( 066760-2278 – * bib_segreteria@camera.it |
§
Le
schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi. §
Le parti
relative alla legislazione comparata sono state curate dal Servizio
Biblioteca. |
|
La
documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari. |
File:
Am0147.doc |
INDICE
§
Articolo 1, comma 1, alinea (Finalità della delega e principi e criteri
direttivi generali)
§
Princìpi e
criteri direttivi specifici previsti dall’art. 1, comma 1, del ddl di delega
§
Le direttive oggetto di recepimento
§
Articolo 1, comma 1, lettera a) (Divieto di “gold plating”)
§
Art. 1, comma 1, lettere c) e d) (Riordino del quadro normativo e
semplificazione dei procedimenti)
§
Articolo 1, comma 1, lettera e) (Recepimento degli strumenti di flessibilità
delle direttive)
§
Articolo 1, comma 1, lettera f) (Semplificazione e digitalizzazione delle
procedure di affidamento)
§
Articolo 1, comma 1, lettera g) (Divieto di affidamenti in deroga)
§
Articolo 1, comma 1, lettera i) (Rispetto dei criteri di sostenibilità
energetica e ambientale)
§
Articolo 1, comma 1, lettera l) (Trasparenza, pubblicità e tracciabilità
delle procedure di gara)
§
Articolo 1, comma 1, lettere o), p) e rr) (Attribuzione all’ANAC di poteri e funzioni)
§
Articolo 1, comma 1, lettera t) (Qualificazione delle stazioni appaltanti)
§
Articolo 1, comma 1, lettera u) (Miglioramento dell’efficienza di CONSIP)
§
Articolo 1, comma 1, lettera z) (Contenimento del ricorso alle varianti in
corso d’opera)
§
Art. 1, comma 1, lettera cc) (Istituzione di un albo nazionale delle
commissioni giudicatrici)
§
Art. 1, comma 1, lettera dd) (Pubblicità e trasparenza nei contratti
sotto soglia)
§
Art. 1, comma 1, lettere ll) e mm) (Partenariato pubblico privato e studi di
fattibilità)
§
Art. 1, comma 1, lettera nn) (Revisione del sistema di qualificazione
degli operatori)
§
Articolo 1, comma 1, lettera oo) (Revisione della disciplina in materia di
avvalimento)
§
Articolo 1, comma 1, lettera tt) (Pubblicità e trasparenza degli affidamenti
in house)
§
Articolo 1, comma 1, lettera zz) (Previsione di criteri per i contratti di
concessione)
§
Articolo 1, comma 1, lettere bbb) e ccc) (Affidamento delle concessioni autostradali)
§
Articolo 1, comma 1, lettera fff) (Partecipazione dei portatori qualificati di
interessi)
§
Articolo 1, comma 1, lettera hhh) (Disciplina del subappalto)
§
Articolo 1, comma 4 (Attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province
autonome)
§
Articolo 1, comma 5 (Adozione di disposizioni integrative e correttive)
§
Articolo 1, comma 8 (Sistema di garanzia globale di esecuzione)
§
Articolo 1, comma 9 (Clausola di invarianza finanziaria)
§
Francia
§
Germania
§
Spagna
Articolo 1, comma 1, alinea
(Finalità della delega e principi e
criteri direttivi generali)
Il comma
1 delega il Governo ad adottare un
decreto legislativo per:
§
l’attuazione delle direttive 2014/23/UE,
sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, 2014/24/UE, sugli
appalti pubblici, e 2014/25/UE, sulle
procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia,
dei trasporti e dei servizi postali (una sintesi delle direttive oggetto di
recepimento è riportata nel box in calce alla presente scheda);
§
e il riordino complessivo della disciplina
vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture.
La finalità di riordino della normativa
vigente in materia di contratti pubblici è stata inserita nel corso dell’esame
al Senato. Conseguentemente, è stato modificato il titolo del disegno di legge.
Il termine
per l’adozione della delega è
fissato entro sei mesi dall’entrata
in vigore del provvedimento in esame. Le modalità e le procedure per
l’esercizio della delega sono disciplinate nei commi 2 e 3 del disegno di legge
alla cui scheda di commento si rinvia.
Si consideri che il comma 3 del disegno di legge
richiama l’art. 31 della legge n. 234 del 2012, che disciplina le procedure per
l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con la legge di
delegazione europea, il quale dispone, tra l’altro, la proroga di tre mesi
della scadenza dei termini per l'espressione dei predetti pareri parlamentari,
qualora i medesimi termini scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza
dei termini di delega previsti ai commi 1 (per cui, di norma, i decreti devono
essere adottati entro il termine di due mesi antecedenti a quello di
recepimento delle previste direttive) o 5 (che disciplina i termini per
l’adozione di disposizioni integrative o correttive dei decreti emanati) o
successivamente.
Il decreto legislativo deve essere adottato
nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32
della legge
24 dicembre 2012, n. 234, che reca norme generali sulla
partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e
delle politiche dell'Unione europea. L’articolo 32, infatti, elenca i principi
e i criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto
dell'Unione europea.
Si tratta dei seguenti:
a)
le
amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti
legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio
della massima semplificazione dei
procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle
funzioni e dei servizi;
b)
ai fini di un
migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori
interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti
modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativi con l'indicazione
esplicita delle norme abrogate, fatti salvi i procedimenti oggetto di
semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;
c)
gli atti di recepimento di direttive dell'Unione
europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di
regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive
stesse;
d)
al di fuori dei
casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare
l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono
previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni
dei decreti stessi e sono dettate le specifiche disposizioni in materia;
e)
al recepimento di
direttive o all'attuazione di altri atti dell'Unione europea che modificano
precedenti direttive o atti già attuati con legge o con decreto legislativo si
procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata,
apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo
di attuazione della direttiva o di altro atto modificato;
f)
nella redazione
dei decreti legislativi delegati si tiene conto delle eventuali modificazioni
delle direttive dell'Unione europea comunque intervenute fino al momento
dell'esercizio della delega;
g)
quando si
verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o
comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i
decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di
coordinamento, rispettando i principi di sussidiarietà, differenziazione,
adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri
enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi
decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità
nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti
responsabili;
h)
qualora non siano
di ostacolo i diversi termini di recepimento, vengono attuate con un unico decreto legislativo le direttive
che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli
stessi atti normativi;
i)
è assicurata la
parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri
Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un
trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.
Oltre al rispetto dei principi e dei criteri
direttivi generali, l’adozione del decreto legislativo deve rispettare i
principi e i criteri direttivi specifici elencati nelle lettere da a) a mmm) e
oggetto di trattazione nelle successive schede di lettura. Nella seguente
tabella sono, inoltre, sintetizzati e aggregati per tematiche i singoli
principi e criteri.
La disposizione in esame, infine, prevede che
nell’esercizio della delega si tengano
in considerazione le migliori pratiche adottate in altri paesi dell’Unione
europea.
Il considerando n. 78 della direttiva n. 24 incoraggia
le amministrazioni aggiudicatrici ad avvalersi del Codice europeo di buone
pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici
(SEC(2008)2193), che già nel 2008 ha evidenziato le norme e le prassi nazionali
che favoriscono un adeguato coinvolgimento delle PMI negli appalti al fine di
fornire alle autorità aggiudicatrici degli Stati membri orientamenti generali
sull’applicazione del quadro legislativo europeo per consentire una
partecipazione effettiva delle PMI alle procedure di aggiudicazione degli
appalti.
In materia di modifiche in corso riguardanti ambiti
disciplinati dal Codice dei contratti, si ricorda infine l’A.C. n. 3123 (Legge
di delegazione europea 2014), che prevede il recepimento della direttiva
2014/55/UE, sulla disciplina per la fatturazione elettronica nei contratti
pubblici, e l’A.C. 2475 recante disposizioni in materia di servizi, anche
integrati, di gestione degli immobili e disciplina delle gare di appalto ad
essi relative (all’esame delle Commissioni riunite VIII e X). Al Senato,
invece, sono in corso di esame l’A.S. n.1936, già approvato in prima lettura
dalla Camera, volto a modificare in particolare l’articolo 17 del Codice dei
contratti pubblici in materia di contratti segretati o che esigono particolari
misure di sicurezza, e l’A.S. n. 1676 (recante disposizioni in materia
ambientale per promuovere misure di green
economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, cd.
collegato ambientale) che modifica il Codice dei contratti pubblici in materia
di “appalti verdi” (articolo 10) e di criteri ambientali minimi (CAM) negli
appalti pubblici (articoli 12 e 13).
Divieto di gold plating Divieto di
introduzione/mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi
richiesti dalle tre direttive dell’UE.
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Nuovi testi di Codice e Regolamento Compilazione di
un unico Codice per appalti e concessioni e relativo regolamento. Abrogazione
espressa testi previgenti.
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Riordino norme e semplificazione procedimenti al fine di
predisporre procedure non derogabili e rendere certi i tempi realizzativi
delle opere, nonché salvaguardare una specifica normativa per i servizi
sostitutivi di mensa.
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Riordino/semplificazione contratti su beni
culturali ivi inclusi
quelli di sponsorizzazione, prevedendo altresì modalità innovative per
appalti di lavori/servizi/forniture e concessioni di servizi, comunque
rispettose del D.Lgs. 42/04.
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Semplificazione/digitalizzazione degli affidamenti Promozione di
sistemi informatici sperimentati e di soluzioni innovative, con particolare
riguardo alle opere strategiche.
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Divieto di affidamenti in deroga ad esclusione
di singole fattispecie connesse ad urgenze di protezione civile per calamità
naturali.
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Recepimento strumenti flessibili delle direttive
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Sostenibilità energetica/ambientale (acquisti
verdi)
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Trasparenza e tracciabilità delle procedure di gara anche al fine
di evitare corruzione e conflitti d'interesse, tramite unificazione banche
dati presso ANAC, tassatività dei casi di procedura negoziata senza bando,
conti dedicati, sistema di penalità e premialità.
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Attribuzione all’ANAC di poteri e funzioni di promozione
dell'efficienza; di facilitazione allo scambio di informazioni; di vigilanza
(poteri di controllo, raccomandazione, intervento
cautelare, deterrenza e sanzionatorio); nonché di
adozione di atti di indirizzo (con relazione al Parlamento) quali
linee-guida, bandi-tipo, … anche vincolanti.
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Pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara principalmente
tramite strumenti di tipo informatico, ma anche in non più di due quotidiani
nazionali e locali.
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Riduzione oneri in gara e semplificazione verifiche Per ridurre gli oneri è possibile usare il DGUE. La verifica sui
requisiti generali di qualificazione dovrà avvenire con unica banca
dati centralizzata presso il MIT e revisione AVCPass.
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Requisiti di capacità
tecnica/economico-finanziaria
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Determinazione dei costi standard
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Qualificazione delle stazioni appaltanti (SA) tramite
l’introduzione di apposito sistema gestito dall'ANAC.
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Miglioramento dell’efficienza delle gare CONSIP anche tramite
ricorso sempre più ampio a gare telematiche.
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Centralizzazione committenze e riduzione SA Aggregazione
delle committenze di livello regionale (per affidamenti sopra-soglia) o
sub-provinciale (per affidamenti sotto-soglia di importo superiore a 100.000
euro).
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Contenimento delle varianti in corso d’opera in particolare
nella fase esecutiva con specifico riferimento alle opere strategiche (L.
443/2001). Possibile rescissione del contratto per variazioni superiori a
determinate soglie.
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Offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV) quale regola
generale di aggiudicazione. Il massimo ribasso resta utilizzabile solo in
casi eccezionali tassativamente previsti (in cui non rientrano i contratti
relativi a servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e
scolastica).
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Rafforzamento dei controlli delle stazioni
appaltanti Nel caso di
opere strategiche è vietato attribuire al general
contractor compiti di responsabile o direttore dei lavori e si prevede l’obbligo
di forme di contabilità esecutiva e di collaudo analoghe a quelle previste
per appalti pubblici di lavori.
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Albo nazionale obbligatorio dei commissari
di gara tenuto e
disciplinato dall’ANAC, da cui sorteggiare i componenti da assegnare alle commissioni
giudicatrici.
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Pubblicità e trasparenza nei contratti sotto-soglia assicurando la
valutazione comparativa tra almeno 5 offerte e una adeguata rotazione degli
affidamenti.
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Albo dei
responsabili, direttori lavori e collaudatori nazionale e
obbligatorio, tenuto dal MIT, da cui sorteggiare i soggetti aventi i
requisiti per ricoprire tali ruoli.
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Valorizzazione
della fase progettuale mediante: promozione
qualità architettonica/tecnico-funzionale; ricorso all'appalto integrato solo
per lavori ad alto tasso innovativo; messa a gara del progetto esecutivo;
esclusione massimo ribasso per affidare servizi d’ingegneria/architettura e
tecnici.
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Semplificazione
sistema di validazione
dei progetti stabilendo la
soglia di importo sotto la quale la validazione è competenza del responsabile
unico del procedimento (RUP) e vietando lo svolgimento contemporaneo
dell'attività di validazione con quella di progettazione.
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Partenariato
Pubblico Privato e Studi Di Fattibilità Riordino/ampliamento
delle forme di PPP, da incentivare con strumenti finanziari innovativi e
supporto alle SA. SDF che consentano di porre a gara progetti con accertata
copertura finanziaria (al fine di accelerare le procedure di PPP).
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Semplificazione
dei sistemi di garanzia
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Revisione
della qualificazione degli operatori in base a
criteri di trasparenza, di verifica delle capacità dell'impresa, nonché
criteri reputazionali definiti dall'ANAC.
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Revisione dell’avvalimento
mediante: obbligo di indicazione dettagliata di risorse/mezzi prestati; verifiche rafforzate, anche per escludere
l’avvalimento a cascata; divieto
di avvalimento per qualificazione/esperienza necessarie per eseguire
le prestazioni da affidare.
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Limitazione
del ricorso all’arbitrato E’ prevista una razionalizzazione dei metodi di
risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale che
dovrà tradursi nella limitazione del ricorso agli arbitrati e nella riduzione
dei costi ad essi connessi.
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Favorire
l’accesso al mercato dei contratti pubblici per giovani
professionisti, pmi ed imprese di nuova costituzione, vietando aggregazioni
artificiose dei contratti e prevedendo la suddivisione in lotti adeguati alle
micro e pmi.
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Autotutela
in gara Prima di
attivare le procedure di commissariamento (di cui all’art. 32 del D.L.
90/2014), l’ANAC potrà prescrivere alla SA di valutare se sussistono le
condizioni per procedere in autotutela per la gara.
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Valorizzazione
di esigenze sociali e ambientali Introduzione di
criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte che tengano conto:
dell’utilizzo, nell'esecuzione dell'appalto, di manodopera locale; degli
aspetti della territorialità e della filiera corta; delle ricadute
occupazionali.
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Pubblicità/trasparenza
degli affidamenti in house Istituzione, a
cura dell'ANAC, di un elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house ovvero che esercitano
funzioni di controllo o di collegamento rispetto ad altri enti, tali da
consentire gli affidamenti diretti.
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Appalti di
servizi ad alta intensità di manodopera Disciplina
specifica, per appalti con costo della manodopera che supera la metà del
contratto, che prevede: "clausole sociali" per la stabilità
occupazionale; riferimento al CCNL più favorevole ai lavoratori; esclusione
del massimo ribasso.
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Contratti
collettivi negli appalti pubblici di lavori Si intendono in
vigore quelli stipulati dalle associazioni dei datori/prestatori di lavoro
più rappresentative sul piano nazionale e quelli con ambito d’applicazione
strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto.
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Disciplina
organica delle concessioni mediante il riordino
delle norme vigenti e la previsione di criteri per le concessioni escluse dal
diritto dell’UE (indicate nella sez. II della direttiva n. 2014/23). Si
prevede altresì: l’introduzione di criteri per vincolare la concessione alla
piena attuazione del piano finanziario e degli investimenti in opere
pubbliche; l’obbligo per i concessionari di affidare i contratti superiori a
150.000 euro mediante procedura ad evidenza pubblica (ad esclusione delle
concessioni in essere o di nuova aggiudicazione affidate con finanza di
progetto o con gare ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'UE).
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Affidamento
delle concessioni autostradali Si prevede:
l’avvio di procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento delle nuove
concessioni almeno 24 mesi prima della scadenza di quelle in essere; il
divieto di clausole e norme di proroga; una disciplina transitoria per
l'affidamento delle concessioni scadute o prossime alla scadenza, onde
assicurare il massimo rispetto del principio dell'evidenza pubblica e,
qualora l'amministrazione aggiudicatrice eserciti sul concessionario un
controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, dei principi dettati
dall'art. 17 della direttiva n. 23 per le concessioni in house.
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Concorrenzialità/trasparenza
negli affidamenti e parità di
trattamento, anche tramite la sperimentazione di procedure/sistemi
informatici già usati per aste telematiche.
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Promozione
di modalità/strumenti telematici e di proc.
telematiche d'acquisto, per garantire il miglior rapporto qualità/prezzo
anziché l’indicazione di uno specifico prodotto.
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Trasparenza
nella partecipazione dei portatori di interessi nei processi
finalizzati a programmazione e aggiudicazione dei contratti, e in fase
esecutiva.
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Dibattito
pubblico nelle grandi opere aventi impatto
sull'ambiente o sull'assetto del territorio.
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Subappalti Obbligo per il concorrente di: indicare, nell’offerta, le parti che intende
subappaltare e i nomi dei subappaltatori; dimostrare l'assenza in capo ai
medesimi di motivi di esclusione; sostituire
i subappaltatori per i quali siano verificate cause di esclusione. Obbligo,
per la SA, di pagamento diretto dei subappaltatori in caso di inadempimento
dell'appaltatore o anche su richiesta del subappaltatore e se la natura del
contratto lo consente, per servizi/forniture/lavori forniti.
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Le proposte
legislative della Commissione europea[1] da cui sono
scaturite le direttive sono state presentate il 20 dicembre 2011, nel quadro
delle iniziative volte a favorire il completamento del mercato unico. Dopo un
lungo ed articolato negoziato, le proposte sono state approvate dal Parlamento europeo il 15 gennaio 2014 e dal Consiglio l'11 febbraio 2014. Le
direttive sono entrate in vigore il 18
aprile 2014.
Le proposte
legislative sono state esaminate dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei
deputati nell'ambito del processo di formazione della normativa dell'Unione
europea ("fase ascendente") nel 2012. Per quanto concerne l'esame
alla Camera dei deputati, l'VIII Commissione (ambiente, territorio e lavori
pubblici), in data 28 novembre 2012, ha approvato un documento finale sulle
proposte COM(2011)895 e COM(2011)896 (Doc XVIII, n 66), che contiene anche il parere
fornito, lo stesso giorno, dalla XIV Commissione politiche dell'Unione europea.
La Commissione europea ha risposto con lettera del 2 agosto 2013.Sulla proposta COM(2011)897 sempre
l'VIII Commissione ha approvato un documento finale (Doc VIII, n. 67) il 12 dicembre 2012. La XIV
Commissione aveva formulato il proprio parere l'11 dicembre 2012. La Commissione europea ha
risposto con lettera datata 31 luglio 2013. Per quanto concerne l'esame
presso il Senato della Repubblica, la 14a Commissione (politiche dell'Unione
europea) il 18 dicembre 2012 ha approvato una risoluzione sulle proposte
COM(2011)895 e COM(2011)896 (Doc XVIII-bis n.89) che è stata
oggetto di una risposta della Commissione europea l’11 luglio 2013. Sulla
proposta COM(2011)897, la 14a Commissione ha approvato, sempre in data 18
dicembre 2012, la risoluzione Doc XVIII-bis, n 90, oggetto di
risposta della Commissione europea con lettera datata 14 maggio 2013.
La direttiva
2014/24/CE sugli appalti pubblici, la direttiva
2014/25/CE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua,
dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (settori speciali) e la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione si applicano solo ai
contratti con importo pari o superiore a determinate soglie, riscrivono per la
quarta volta la normativa europea sui contratti pubblici e sostituiscono la direttiva
2004/18/CE e la direttiva
2004/17/CE, che vengono
conseguentemente abrogate. Rispetto a tali direttive, maggiormente focalizzate
sugli aspetti economici delle offerte al fine di garantire la tutela della
concorrenza e la parità di trattamento degli operatori, le direttive di “quarta
generazione” sono basate su un approccio nuovo in quanto connettono il settore
degli appalti alla Strategia Europa 2020 e li rendono funzionali a sviluppare
un’economia della conoscenza e dell’innovazione. L’integrazione di nuovi
obiettivi nella disciplina degli appalti si ripercuote, da un lato, sulla
portata della regolazione e, dall’altro, sul ruolo degli operatori economici e
soprattutto delle pubbliche amministrazioni nell’affidamento delle commesse.
La revisione
della disciplina europea, si è resa, altresì, necessaria per chiarire alcuni
aspetti alla luce, tra l’altro, dell’evoluzione della giurisprudenza della
Corte di giustizia: ciò ha riguardato, ad esempio, l’ambito di applicazione
della disciplina (definizione di organismo di diritto pubblico, appalti misti,
disciplina dell’in house).
Le direttive
sono state approvate dopo una fase di consultazione e una lunga discussione in
seno alle istituzioni europee, che è durata più di due anni e che ha visto
anche contrapporsi posizioni diverse in ordine ad alcune questioni sulle quali
sono stati raggiunti compromessi in sede di negoziato.
Il termine
per il recepimento delle direttive negli Stati membri è il 18 aprile 2016 anche
se termini differenziati sono previsti per taluni istituti come si vedrà di
seguito.
La
direttiva sugli appalti pubblici
La revisione della normativa europea sugli appalti
pubblici è finalizzata ad accrescere l’efficienza della spesa pubblica,
facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese
(PMI) e consentendo un miglior uso degli appalti per sostenere il conseguimento
di obiettivi ambientali e sociali, nonché di soluzioni innovative. Le novità
riguardano l’ambito di applicazione, la fase di scelta del contraente, dalle
procedure di affidamento ai criteri di selezione delle offerte, e l’esecuzione
del contratto.
Relativamente all’ambito di applicazione, è di fatto integrato l’elenco
dei servizi assoggettato alla direttiva (allegato XIV) attraverso la
soppressione della distinzione tra i cosiddetti “servizi A”, soggetti
integralmente alla disciplina europea, e i “servizi B”, la cui aggiudicazione
deve rispettare unicamente le disposizioni sulle specifiche tecniche e sulla
trasmissione di un avviso relativo al risultato dell’aggiudicazione degli
appalti.
Per quanto riguarda invece l’esclusione dall’ambito di applicazione, la
direttiva codifica, sulla base dei principi consolidati della giurisprudenza
europea, la disciplina che riguarda la cooperazione pubblico – pubblico e gli
affidamenti in house (articolo 12). Su tale disciplina però, il testo
definitivo della direttiva differisce da quello proposto dalla Commissione
relativamente a due condizioni necessarie per l’affidamento: la prima riguarda
l’effettuazione di “oltre l’80 %” delle attività della persona giuridica
controllata nello svolgimento dei compiti affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici
controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni
aggiudicatrici (i testi della Commissione fissavano un limite minimo del 90% in
linea con alcune pronunce dalla Corte di giustizia europea); la seconda, nel
confermare il divieto di partecipazione diretta di capitali privati nella
persona giuridica controllata, consente in via eccezionale forme di
partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di
veto.
La nuova regolazione europea si basa, in primo luogo,
sulla semplificazione e sulla flessibilità di utilizzo delle procedure e degli
strumenti a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici, a cui è
attribuita maggiore discrezionalità nella scelta delle soluzioni più adeguate.
Si amplia il ventaglio delle procedure di aggiudicazione con l’inserimento
della procedura competitiva con negoziazione
(articolo 29), che si aggiunge al già esistente dialogo competitivo, e
del partenariato per l’innovazione (articolo 31) cui le amministrazioni possono
far ricorso nel caso in cui abbiano un’esigenza di prodotti, servizi o lavori
innovativi che non può essere soddisfatta acquistando prodotti, servizi o
lavori disponibili sul mercato.
Relativamente ai criteri di aggiudicazione, netta
preferenza nei confronti dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che è
individuata seguendo un approccio costo/efficacia, che può includere il miglior
rapporto qualità/prezzo valutato in relazione a criteri ambientali, qualitativi
o sociali connessi all’oggetto dell’appalto (articolo 67, paragrafo 2). Si
tratta certamente di uno degli aspetti, che connota la finalità di utilizzare
in maniera strategica gli appalti, in quanto la preferenza nei confronti
dell’offerta economicamente più vantaggiosa si accompagna a nuove modalità per
la sua individuazione. Lo dimostra anche la nuova definizione del costo in cui
sono compresi tutti i costi o parti di essi legati al ciclo di vita (life cycle cost) di un prodotto, di un
servizio o di un lavoro (articolo 68) incluse le esternalità ambientali.
La semplificazione delle procedure è agevolata dal
ricorso generalizzato ai mezzi elettronici di comunicazione e informazione
(articolo 22 e articolo 37, paragrafo 3) anche se gli Stati membri possono
rinviare l’applicazione di tali regole fino al 18 ottobre 2018. La direttiva
dedica una specifica sezione alle tecniche e agli strumenti per gli appalti
elettronici quali i sistemi dinamici di acquisizione (articolo 34), le aste
elettroniche (articolo 35) e i cataloghi elettronici (articolo 36). Va peraltro
ricordato che la diffusione degli appalti elettronici nell’Unione europea è
anche oggetto di una specifica strategia presentata dalla Commissione il 20
aprile 2012 , che è finalizzata al completamento della transizione verso tale
tipologia di appalti entro la metà del 2016.
Nella prospettiva delle semplificazione delle
procedure si prevede altresì:
-
il crescente utilizzo delle autodichiarazioni attraverso l’introduzione
del documento di gara unico europeo (DGUE) (articolo 59);
-
una nuova disciplina del cosiddetto “soccorso istruttorio” attraverso la
possibilità, per le amministrazioni aggiudicatrici, di chiedere agli operatori
economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le
informazioni o la documentazione entro un termine adeguato, a condizione che
tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di
trattamento e trasparenza (articolo 56, paragrafo 3);
-
la possibilità, per le amministrazioni aggiudicatrici, nelle procedure
aperte di decidere di esaminare le offerte prima di verificare l’assenza di
motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione (articolo 56,
paragrafo 2). In tal caso, le amministrazioni garantiscono che la verifica
dell’assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione
sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto
sia aggiudicato ad un offerente che avrebbe dovuto essere escluso o che non
soddisfa i criteri di selezione;
-
la creazione di un registro on
line dei certificati e di altre forme di prova documentali (articolo 61).
Rispetto alla precedente direttiva, resta confermata
l’attenzione sugli strumenti di aggregazione della domanda finalizzata a
ottenere economie di scala, nonché un miglioramento e una maggiore
professionalità nella gestione degli appalti (considerando 59). La scelta di
ricorrere a tali strumenti rimane però nella piena disponibilità degli Stati
membri: è pertanto confermata la possibilità di ricorrere alle centrali di
committenza nella duplice veste di soggetti presso cui le amministrazioni
aggiudicatrici possono acquistare forniture e servizi o di soggetti che
aggiudicano contratti mediante i quali le amministrazioni possono acquistare
lavori, forniture e servizi (articolo 37). Nel contempo, sono disciplinati due
nuovi istituti: gli appalti congiunti occasionali (articolo 38) e gli appalti
che coinvolgono amministrazioni aggiudicatrici di Stati membri diversi
(articolo 39).
La partecipazione delle piccole e medie imprese agli
appalti pubblici rientra tra gli obiettivi generali delle nuove direttive. In
proposito, le direttive disciplinano la possibilità per le amministrazioni
aggiudicatrici di decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti
separati determinando le dimensioni e l’oggetto dei lotti (articolo 46); la
facoltà di non ricorrere alla suddivisione in lotti deve essere motivata e la
motivazione deve essere riportata nei documenti di gara. Requisiti
eccessivamente severi relativi alla capacità economica e finanziaria spesso
costituiscono un ostacolo ingiustificato alla partecipazione delle PMI agli
appalti pubblici: per tale ragione, la direttiva, nel sottolineare la necessità
di stabilire requisiti attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto,
richiede che i requisiti di fatturato minimo annuo degli operatori economici
non superino il doppio del valore stimato dell’appalto, salvo in circostanze
debitamente motivate relative ai rischi specifici connessi alla natura dei
lavori, servizi o forniture (articolo 58, paragrafo 3). Sono, altresì,
introdotte norme in favore dei subappaltatori sotto il profilo dei pagamenti
anche se la loro introduzione è demandata agli Stati membri che possono
prevedere, su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo
consente, che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca i pagamenti dovuti
direttamente al subappaltatore per i servizi, le forniture o i lavori forniti
all’operatore economico cui è stato aggiudicato l’appalto pubblico (articolo
71, paragrafo 3) e possono prevedere disposizioni di diritto interno più
rigorose in materia di responsabilità, anche nel quadro del diritto interno in
materia di pagamenti diretti ai subappaltatori, ad esempio prevedendo pagamenti
diretti ai subappaltatori senza la necessità che questi ultimi facciano
richiesta di pagamento diretto (articolo 71, paragrafo 7). Anche la fissazione
dei termini per la partecipazione e la presentazione delle offerte, che
dovrebbero essere quanto più brevi possibile, non dovrebbe creare indebiti
ostacoli all’accesso delle PMI (considerando 80) e, pertanto, dovrebbe tenere
conto in particolare della complessità dell’appalto e del tempo necessario per
preparare le offerte (articolo 47, paragrafo 1). Più in generale, le
amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate ad avvalersi del
Codice europeo di buone pratiche, di cui al documento di lavoro dei servizi
della Commissione del 25 giugno 2008, dal titolo «Codice europeo di buone
pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici», che fornisce
orientamenti sul modo in cui dette amministrazioni possono applicare la
normativa sugli appalti pubblici in modo tale da agevolare la partecipazione
delle PMI (considerando 78).
Sul fronte dell’esecuzione del contratto, oltre alle
norme in materia di subappalto, la direttiva introduce nuove disposizioni
relative alle modifiche dei contratti durante il loro periodo di validità
(articolo 72) e alla risoluzione del contratto (articolo 73), che riprendono le
principali pronunce della Corte di giustizia europea in merito.
La nuova attenzione al rispetto degli obblighi in
materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro è enfatizzata tra i
principi generali per l’aggiudicazione degli appalti (articolo 18) e trova
conferma nell’ampliamento delle cause di esclusione dalla partecipazione alle
procedure di appalto (articolo 57) – in cui sono incluse anche le violazioni
della normativa in materia ambientale e sociale – e nella verifica delle
motivazioni in ordine a offerte che appaiono anormalmente basse (articolo 69)
oltre che nelle altre misure cui si è precedentemente fatto cenno.
Da ultimo, risultano rafforzati gli obiettivi della
lotta ai conflitti di interesse, alla corruzione e ai favoritismi: in tal
senso, va letta l’introduzione di specifiche disposizioni volte: ad obbligare
gli Stati ad adottare misure adeguate per prevenire, individuare e porre
rimedio in modo efficace ai conflitti di interesse nell’aggiudicazione degli
appalti (articolo 24); a considerare “irregolari” le offerte in relazione alle
quali vi sono prove di corruzione o collusione (articolo 26, paragrafo 4, e 35,
paragrafo 5), a escludere gli operatori economici colpevoli di gravi illeciti
professionali o al verificarsi di un conflitto di interessi (articolo 57,
paragrafo 4, lettere c ed e). La direttiva contempla comunque la possibilità,
per gli operatori economici che si trovino in una delle situazioni elencate
nell’articolo 57 riguardante i motivi di esclusione, di fornire prove del fatto
che le misure da essi adottate sono sufficienti a dimostrare la loro
affidabilità (articolo 57, paragrafo 6), nonostante l’esistenza di un
pertinente motivo di esclusione, non escludendo gli operatori economici dalle
procedure d’appalto nel caso in cui le prove medesime siano ritenute
sufficienti (cosiddetto self cleaning).
La
direttiva sulle procedure d’appalto nei settori speciali
La quarta riscrittura della normativa europea nel
settore degli appalti è caratterizzata da un avvicinamento della disciplina dei
settori “speciali” a quella dei settori ordinari. Ciononostante, le norme per i
cosiddetti settori “speciali”, in cui sono compresi acqua, energia, trasporti e
servizi postali, continuano a essere contenute in una direttiva ad hoc
(direttiva 2014/25/UE).
Gran parte delle novità già segnalate per i settori
ordinari è riprodotta nella disciplina applicabile ai settori speciali: ciò
vale, a titolo esemplificativo, per le nuove procedure riguardanti i
partenariati per l’innovazione (articolo 49), i criteri ambientali e sociali
attraverso il rispetto degli obblighi in tale ambito (articolo 36, paragrafo
2), i criteri di aggiudicazione dell’appalto (articolo 82), i costi del ciclo
di vita (articolo 83), la fase di esecuzione dei contratti (articoli 87-90).
Permane un regime specifico che riguarda, in generale,
i sistemi di qualificazione degli operatori economici (articolo 77),
l’accessibilità di norme e criteri oggettivi per l’esclusione e la selezione
degli offerenti o dei candidati agli operatori economici interessati (articolo
78), nonché norme ad hoc per i vari settori speciali.
Anche nel caso dei settori speciali intervengono,
infine, modifiche volte a chiarire l’ambito di applicazione della nuova
disciplina: la nozione di diritti speciali o esclusivi è, infatti, più
articolata rispetto alla precedente direttiva (articolo 4, paragrafo 3).
La direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione
La direttiva 2014/23/UE reca, per la prima volta, una
disciplina unitaria sull’aggiudicazione dei contratti di concessione che, in
conseguenza dell’esame presso le istituzioni europee, è stata modificata
rispetto al testo proposto dalla Commissione.
In primo
luogo, è infatti esplicitamente riconosciuto il principio di libera
amministrazione delle autorità pubbliche, per cui le autorità nazionali,
regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri
lavori o la prestazione dei propri servizi per garantire, in particolare, un
elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento
e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi
pubblici (articolo 2). A tal fine, le predette autorità possono decidere di
espletare i loro compiti d’interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse
o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a
operatori economici esterni.
E’, altresì,
fatta salva la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del
diritto dell’Unione, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico
generale, mentre la direttiva esclude dal suo ambito di applicazione i servizi
non economici d’interesse generale (articolo 4).
Ciò premesso,
la direttiva per la prima volta detta regole generali unitarie per le
concessioni di lavori – in precedenza disciplinate nell’ambito della direttiva
2004/18 sugli appalti pubblici - e di servizi alle quali, nella precedente
disciplina, si applicavano solo i principi generali del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (libertà di circolazione delle merci, di
stabilimento e di fornire servizi, parità di trattamento, non discriminazione,
riconoscimento reciproco, trasparenza e proporzionalità). I principi generali
per l’aggiudicazione delle concessioni richiamano le novità già esaminate per
le direttive sugli appalti pubblici laddove si fa riferimento al rispetto degli
obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro (articolo
30, paragrafo 3), alla disponibilità elettronica dei documenti di gara
(articolo 34), alla lotta alle frodi, al clientelismo e alla corruzione, nonché
alla prevenzione dei conflitti di interesse (articolo 35).
Rientrano
nell’ambito di applicazione della direttiva solo le concessioni il cui valore
sia pari o superiore a 5.186.000 euro (articolo 8, paragrafo 1). Rispetto alla
direttiva 2004/18, sono fissati i criteri per il calcolo del valore stimato
delle concessioni. In particolare, il valore di una concessione è costituito
dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del
contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o
dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto
della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi.
Rilevante è
la nuova definizione di “concessione” qualificata come un contratto a titolo
oneroso in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più
enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori ovvero la fornitura e la
gestione di servizi ad uno o più operatori economici il cui corrispettivo
consista unicamente nel diritto di gestire i lavori o i servizi oggetto del
contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo. L’elemento che qualifica
l’aggiudicazione di una concessione, rispetto al contratto di appalto, è il
trasferimento al concessionario di un “rischio operativo” legato alla gestione
dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul
lato dell’offerta, o entrambi (articolo 5).
Il capitolo
delle esclusioni dalla direttiva è stato ampliato rispetto alla proposta
originaria della Commissione. Le principali esclusioni riguardano in sintesi:
l’acquisto o la locazione di terreni, fabbricati esistenti o altri beni
immobili; l’acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi
destinati ai servizi di media audiovisivi o radiofonici; i servizi legali; la
protezione civile (articolo 10); le concessioni aggiudicate a un’impresa
collegata (articolo 13); le concessioni in house (articolo 17). Ulteriori
specifiche esclusioni riguardano il settore idrico, in particolare le
concessioni aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate alla
fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il
trasporto o la distribuzione di acqua potabile e per alimentare tali reti con
acqua potabile (articolo 12). Secondo il considerando 15 della direttiva,
inoltre, taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico
di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di
diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in
particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti,
mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente
aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire
lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai
sensi della direttiva.
La direttiva
prevede esplicitamente una durata limitata delle concessioni (articolo 18). Per
le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non
supera il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il
concessionario recuperi gli investimenti effettuati nell’esecuzione dei lavori
o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito tenuto conto degli
investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici.
L’aggiudicazione
delle concessioni deve rispettare i principi della parità di trattamento, non
discriminazione e trasparenza (fissati dall’articolo 3). Per tale ragione, le
amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori, che intendono
aggiudicare una concessione, dovrebbero rendere nota tale intenzione per mezzo
di un bando (articolo 31), le cui modalità di pubblicazione sono disciplinate
dalla direttiva.
Le
concessioni sono aggiudicate sulla base di criteri oggettivi che siano conformi
ai principi precedentemente richiamati e assicurino una valutazione delle
offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un
vantaggio economico complessivo per l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente
aggiudicatore (articolo 41). La direttiva sottolinea che i criteri di
aggiudicazione, in cui possono essere inclusi criteri ambientali, sociali o
relativi all’innovazione, sono connessi all’oggetto della concessione e non
attribuiscono una incondizionata libertà di scelta all’amministrazione
aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore.
La direttiva,
infine, disciplina anche la fase di esecuzione delle concessioni regolando il
subappalto (articolo 42), la modifica dei contratti in corso di validità
(articolo 43), la risoluzione (articolo 44), nonché il monitoraggio
sull’attuazione della direttiva (articolo 45). Di particolare rilevanza la
disciplina della modifica dei contratti in corso di validità che, sulla scorta
di quanto accade per gli appalti pubblici, elenca i casi in cui è possibile
modificare le concessioni senza una nuova procedura di aggiudicazione e le
fattispecie in cui la modifica è considerata “sostanziale” determinando,
pertanto, la necessità di una nuova aggiudicazione.
Articolo 1,
comma 1, lettera a)
(Divieto di “gold plating”)
Il primo principio e criterio direttivo specifico di cui alla lettera a) è il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle tre direttive che si intendono recepire. Si tratta del cosiddetto divieto di “gold plating” già ricompreso tra i principi e i criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea - di cui all’art. 32, comma 1, lettera c), della legge 234/2012 - il cui rispetto è richiamato nell’alinea del comma 1.
Alla stregua di quanto previsto dal principio generale, la lettera a), nel richiamare i livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee, fa riferimento all’articolo 14, commi 24-ter e 24-quater, della legge 246/2005, che definisce tali livelli. Il riferimento al comma 24-quater è stato aggiunto nel corso dell’esame al Senato.
In particolare, costituiscono (comma 24-ter) livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive:
a) l'introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l'attuazione delle direttive;
b) l'estensione dell'ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari;
c) l'introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l'attuazione delle direttive.
Il comma 24-quater impone all'amministrazione di dare conto delle circostanze eccezionali, valutate nell'analisi d'impatto della regolamentazione, in relazione alle quali si rende necessario il superamento del livello minimo di regolazione europea.
Si ricorda che l'articolo 14 del D.L. 133/2014 (c.d. “sblocca Italia”) stabilisce che non possono essere richieste da parte degli organi competenti modifiche dei progetti delle opere pubbliche rispondenti a standard tecnici più stringenti rispetto a quelli definiti dal diritto europeo e prescritti dagli organi europei, senza che le stesse siano accompagnate da una stima dei sovraccosti necessari e da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria per il gestore dell'infrastruttura o dell'opera, corredata da stime ragionevoli anche in termini di relativi tempi di attuazione (divieto di overdesign[2]).
Si osserva che il divieto di cui alla lettera a)
andrebbe valutato alla luce di taluni principi e criteri direttivi specifici della
delega che sembrano introdurre ulteriori adempimenti rispetto a quelli previsti
dalle direttive ovvero che sembrano limitare la portata di talune disposizioni
delle direttive medesime.
Art. 1, comma 1,
lettere b) e iii), e commi 2 e 3
(Nuovo codice degli appalti pubblici e
delle concessioni)
La lettera b) del comma 1 prevede la compilazione di un unico testo normativo denominato «codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione», che dovrà sostituire il vigente Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) di cui la lettera iii) del comma 1 prevede l’espressa abrogazione dalla data di entrata in vigore del nuovo codice.
Si
osserva che, dal punto di vista formale, andrebbe valutata l’opportunità di
sostituire la parola “compilazione” in considerazione del carattere innovativo,
e non solo ricognitivo, del nuovo codice.
Il termine
“compilazione” era utilizzato anche nella lettera a) del comma 1 dell’articolo
25 della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004), che delegava il Governo
a recepire le direttive n. 17 e n. 18 del 2004.
Il nuovo codice, oltre a recare le disposizioni
in materia di procedure di affidamento, di gestione e di esecuzione degli
appalti pubblici e dei contratti di concessione disciplinate dalle tre
direttive, dovrà – secondo quanto precisato nel corso dell’esame al Senato –
contenere una disciplina adeguata anche
per gli appalti di servizi e forniture.
Il Codice dei
contratti pubblici e il Regolamento attuativo ed esecutivo del Codice
contengono la disciplina applicabile agli appalti di forniture e servizi nei
settori ordinari e speciali. Le definizioni di appalti pubblici di forniture e
servizi sono riportate nei commi 9 e 10 dell’articolo 3 del Codice.
Ai sensi del
comma 1 dell’articolo 32 del Codice, le norme del titolo I (contratti di
rilevanza comunitaria) della parte II (contratti nei settori ordinari), nonché
quelle della parte I (principi comuni), IV (contenzioso) e V (disposizioni
finali) si applicano in relazione ai servizi e forniture, affidati dalle amministrazioni
aggiudicatrici, di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 28
del medesimo Codice.
Agli appalti di
servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si
applicano invece le norme del titolo II della parte II del Codice.
Il nuovo codice, inoltre, dovrà garantire l'effettivo coordinamento e l'ordinata transizione tra la previgente e la nuova disciplina, al fine di evitare incertezze interpretative ed applicative, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il riferimento all’”ordinata transizione” è stato inserito nel corso dell’esame al Senato.
L’articolo 253 del decreto legislativo n. 163 del 2006 contiene le norme transitorie finalizzate a regolare l’effettiva applicazione delle disposizioni del Codice che sono articolate in più di trentacinque commi, alcuni dei quali sono stati aggiunti dopo l’entrata in vigore del Codice.
Al fine di “garantire l’effettivo coordinamento” tra la vecchia e la nuova disciplina si dovrebbe tenere conto anche del fatto che, nel corso degli anni, la normativa in materia di appalti pubblici e di concessioni è stata modificata non solamente attraverso le novelle del decreto legislativo n. 163 del 2006, ma anche attraverso disposizioni contenute in vari provvedimenti d’urgenza, che hanno delineato un complesso quadro normativo.
Il comma 2 prevede nell'esercizio della delega di cui al comma 1 e in via preliminare alla redazione dello schema di decreto legislativo, il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentita l’Autorità nazionale anticorruzione, per lo svolgimento delle consultazioni delle principali categorie di soggetti pubblici e privati destinatari della nuova normativa. Il coinvolgimento dell’Autorità è stato previsto a seguito di una modifica approvata nel corso dell’esame al Senato.
A tale fine il comma in esame stabilisce la necessità di definire - senza specificare con quale strumento - le metodologie e le modalità operative per lo svolgimento di tali consultazioni, secondo gli standard internazionali di partecipazione ai processi di regolazione e tenuto conto della disciplina interna dell'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR).
L'AIR è
disciplinata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre
2008, n. 170, Regolamento recante disciplina attuativa dell'analisi dell'impatto
della regolamentazione (AIR), emanato a norma dell'articolo 14, comma 5, della
legge 28 novembre 2005, n. 246 e consiste nella preventiva valutazione degli
effetti della regolazione sull'ordinamento.
Le modalità operative delle consultazioni devono prevedere, oltre che incontri collegiali, anche la presentazione, da parte delle principali categorie di soggetti pubblici e privati destinatari della nuova normativa, di documentazione in merito ai princìpi e criteri direttivi che il Governo è tenuto a rispettare nell'esercizio della delega.
La disposizione
definisce nel dettaglio tutta la procedura endogovernativa di elaborazione
dello schema di decreto legislativo, prevedendo che la sua adozione venga
preceduta – nel breve termine di sei mesi indicato dal comma 1, estendibile
fino a nove a norma del comma 3, ultimo periodo – dalla definizione delle
metodologie e delle modalità operative per lo svolgimento delle consultazioni e
da queste ultime.
Il comma 3 stabilisce che il decreto legislativo di cui al comma 1 deve essere corredato della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti.
L'articolo 17,
comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza
pubblica) prevede che i disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo,
gli emendamenti di iniziativa governativa, che comportino conseguenze
finanziarie, siano corredati di una relazione tecnica, predisposta dalle
amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle
finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna
disposizione, nonché delle relative coperture, con allegato un prospetto
riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del
saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa delle
amministrazioni pubbliche e dell'indebitamento netto del conto consolidato
delle pubbliche amministrazioni.
Lo schema di decreto legislativo è adottato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia e dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato che si pronunziano entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere.
Sullo schema di decreto legislativo è altresì acquisito il parere delle Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica competenti per materia e per i profili finanziari, da esprimere entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.
Il comma 3 prevede un’ulteriore fase qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari; in tal caso, infatti, il testo viene ritrasmesso alle Camere con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni e il Governo rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi venti giorni dalla data della nuova trasmissione, il decreto può essere comunque adottato in via definitiva dal Governo, anche in mancanza di un nuovo parere.
Il
comma 3 riprende il modello già delineato nelle leggi nn. 42 e 196 del 2009,
prevedendo che il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri
parlamentari, ritrasmetta il testo alle Camere
con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni; tale
meccanismo - diversamente dalla consolidata prassi del «doppio parere
parlamentare» - non è finalizzato all'espressione di un nuovo parere da parte
delle Commissioni parlamentari ma dà vita ad una fase che si apre con
comunicazioni del Governo «davanti a ciascuna Camera» e che si è conclusa, nei
casi in cui tale procedura è stata attivata, in attuazione della legge n. 42
del 2009, con l’approvazione di risoluzioni da parte delle Assemblee[3]. Per
tale ragione, in considerazione della formulazione della norma, non è chiaro,
al secondo periodo, l’inciso “anche in mancanza di nuovo parere”.
L’ultimo periodo del comma 3, infine, come anticipato nella scheda di commento del comma 1, rinvia per il computo dei termini per l’espressione dei pareri parlamentari (rectius: per l’esercizio della delega) all’applicazione dell’articolo 31, comma 3, della legge n. 234 del 2012, a norma del quale se il termine per l'espressione del parere parlamentare scade nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.
Tale meccanismo non permette di individuare il
termine per l’esercizio della delega in modo univoco; al riguardo, come
peraltro già segnalato dal Comitato per la legislazione in numerosi precedenti
(si veda da ultimo il parere reso nella seduta dell’11 giugno 2015 sul disegno
di legge C. 3098), andrebbe valutata
l’opportunità di prevedere, in luogo dello scorrimento del termine di delega,
un termine univoco entro il quale il Governo deve trasmettere alle Camere gli
schemi dei decreti legislativi.
Art. 1, comma 1, lettere c) e d)
(Riordino del quadro normativo e
semplificazione dei procedimenti)
La lettera c) prevede che la delega sia attuata attraverso la ricognizione e il riordino del quadro normativo vigente nelle materie degli appalti pubblici e delle concessioni, ai fini di:
§ una significativa riduzione e razionalizzazione del complesso delle disposizioni legislative, amministrative e regolamentari vigenti. Si tratta di una finalità che incrocia l’esigenza di garantire un effettivo coordinamento tra la vecchia e la nuova normativa esplicitata nella lettera b). Il riferimento alla ricognizione del quadro normativo e alla riduzione delle disposizioni è stato inserito nel corso dell’esame al Senato;
§ un maggiore livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti.
La medesima lettera specifica, sulla base delle integrazioni approvate nel corso dell’esame al Senato, che in tale opera di riordino e semplificazione siano tenuti in debita considerazione gli aspetti peculiari dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e dei diversi settori merceologici e di attività, salvaguardando una specifica normativa generale di settore per quanto riguarda il settore dei servizi sostitutivi di mensa.
I servizi di mensa sono inclusi tra i servizi specifici di cui all’Allegato XIV della direttiva n. 24 a cui si applica, ai fini dell’aggiudicazione, la disciplina del Capo I del titolo III quando il loro valore è pari o superiore alla soglia di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 (750.000 euro).
La disciplina dei servizi sostitutivi di mensa nella normativa vigente è contenuta nell’art. 285 del D.P.R. 207/2010 (regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti), che ha sostituito il D.P.C.M. 18 novembre 2005.
La determinazione n. 5 del 2011 dell’allora Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha trattato le questioni interpretative concernenti le procedure di gara per l’affidamento del servizio sostitutivo di mensa tramite buoni pasto.
La lettera d) prevede, inoltre, che la semplificazione ed il riordino del quadro normativo vigente devono mirare:
• alla predisposizione di procedure non derogabili riguardanti gli appalti pubblici e i contratti di concessione. Si segnala, in proposito, che il criterio di cui alla lettera g) vieta espressamente l’affidamento di contratti attraverso procedure derogatorie rispetto a quelle ordinarie fatta eccezione per le urgenze di protezione civile;
Andrebbe
valutata l’opportunità di un coordinamento tra la lettera d), che fa
riferimento alla non derogabilità delle procedure riguardanti i contratti
pubblici, e la lettera g), che vieta l’affidamento in deroga rispetto alle
procedure ordinarie, anche allo scopo di specificarne la rispettiva portata.
• al conseguimento di una significativa riduzione e certezza dei tempi relativi alla realizzazione delle opere pubbliche.
Un’analisi dei tempi di attuazione delle opere pubbliche è contenuta nel rapporto intitolato “I tempi di attuazione e di spesa delle opere pubbliche - Rapporto 2014” pubblicato dal Nucleo Tecnico di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici nello scorso ottobre e disponibile al link www.governo.it/governoinforma/documenti/DPS-Uver_Rapporto_2014.pdf.
Articolo 1, comma 1, lettera e)
(Recepimento degli strumenti di
flessibilità delle direttive)
La lettera e) prevede genericamente il recepimento degli strumenti di flessibilità previsti dalle tre direttive. Le nuove direttive, come già anticipato nel box che riporta il contenuto della nuova disciplina europea, introducono una flessibilità di utilizzo delle procedure e degli strumenti a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici, a cui è attribuita maggiore discrezionalità nella scelta delle soluzioni più adeguate.
In tale ambito, vanno considerate le nuove procedure disciplinate dalle direttive tra le quali la procedura competitiva con negoziazione (articolo 29), che si aggiunge al già esistente dialogo competitivo, e del partenariato per l’innovazione (articolo 31) cui le amministrazioni possono far ricorso nel caso in cui abbiano un’esigenza di prodotti, servizi o lavori innovativi che non può essere soddisfatta acquistando prodotti, servizi o lavori disponibili sul mercato.
La direttiva 2014/24/UE, sugli appalti pubblici (considerando 42) reputa indispensabile che le amministrazioni aggiudicatrici dispongano di maggiore flessibilità nella scelta di una procedura d’appalto che prevede la negoziazione; le amministrazioni aggiudicatrici (considerando 61) dovrebbero beneficiare di una maggiore flessibilità quando aggiudicano appalti nell’ambito di accordi quadro conclusi con più di un operatore economico e in cui sono riportati tutti i termini. Al considerando 109 (analogamente al considerando 115 della direttiva 2014/25/UE, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali) è esplicitato che le amministrazioni aggiudicatrici si trovano a volte ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato l’appalto, in particolare quando l’esecuzione dell’appalto copre un periodo lungo. In questo caso è necessaria una certa flessibilità per adattare il contratto a tali circostanze, senza ricorrere a una nuova procedura di appalto. Al considerando 120 (analogamente al considerando 126 della direttiva 2014/25/UE) in tema di concorsi di progettazione, soprattutto nel settore della pianificazione territoriale, dell’urbanistica, dell’architettura, dell’ingegneria o dell’elaborazione di dati, la direttiva auspica che tali strumenti flessibili potrebbero essere utilizzati anche per altri scopi, ad esempio per ottenere programmi di ingegneria finanziaria atti a ottimizzare il sostegno alle PMI nel contesto dell’iniziativa Risorse europee congiunte per le micro, le piccole e le medie imprese (JEREMIE) o di altri programmi dell’Unione a sostegno delle PMI in un determinato Stato membro.
La direttiva 2014/23/UE, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (considerando 68) definisce le concessioni accordi complessi di lunga durata con i quali il concessionario assume responsabilità e rischi tradizionalmente assunti dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori e rientranti di norma nell’ambito di competenza di queste ultime. Per tale ragione, fatta salva l’osservanza della direttiva e dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, dovrebbe essere lasciata alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori un’ampia flessibilità nel definire e organizzare la procedura di selezione del concessionario. Tuttavia, al fine di garantire parità di trattamento e trasparenza durante l’intera procedura di aggiudicazione, è opportuno prevedere garanzie minime per quanto riguarda la procedura di aggiudicazione, ivi comprese informazioni sulla natura e l’ambito di applicazione della concessione, la limitazione del numero di candidati, la diffusione delle informazioni ai candidati e agli offerenti e la disponibilità di registrazioni appropriate. È altresì necessario disporre che vengano rispettate le condizioni iniziali previste dal bando di concessione, per evitare disparità di trattamento tra i potenziali candidati.
Articolo 1,
comma 1, lettera f)
(Semplificazione e digitalizzazione delle
procedure di affidamento)
La lettera f) esplicita genericamente il criterio della semplificazione, dell’armonizzazione e della progressiva digitalizzazione delle procedure in materia di affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, attraverso la promozione di reti e sistemi informatici già sperimentati in altre procedure competitive e di soluzioni innovative nelle materie disciplinate, con particolare riguardo allo sviluppo delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici di preminente interesse nazionale.
Andrebbe
valutata l’opportunità di un coordinamento con il numero 2) della lettera l)
che fa riferimento alla “digitalizzazione delle procedure”.
L’obiettivo della progressiva digitalizzazione delle procedure di gestione degli appalti è al centro della Comunicazione della Commissione europea COM(2012) 179 def., intitolata “Una strategia per gli appalti elettronici”. Con la successiva comunicazione del 26 giugno 2013 (COM(2013) 453 def.) intitolata “Appalti elettronici end-to-end per modernizzare la pubblica amministrazione”, la Commissione europea ha analizzato lo stato di attuazione degli appalti elettronici (e-procurement) “end-to-end” (dalla pubblicazione elettronica dei bandi al pagamento elettronico) nell’UE, secondo quanto previsto dalla citata strategia del 2012, e indicato le azioni da adottare dall’Unione europea e dagli Stati membri per completare la transizione verso gli appalti elettronici end-to-end.
Si segnala altresì che all’interno di tale strategia si colloca anche la recente direttiva 2014/55/UE che disciplina la fatturazione elettronica nel settore dei contratti pubblici. La delega per il recepimento di tale direttiva è contenuta nel disegno di legge di delegazione europea 2014 (A.C. 3123)[4].
Le tre direttive in materia di appalti pubblici e di concessioni sono finalizzate all’utilizzo di mezzi elettronici. La direttiva n. 24 precisa, infatti, che i mezzi elettronici di informazione e comunicazione possono semplificare notevolmente la pubblicazione degli appalti e accrescere l’efficacia e la trasparenza delle procedure di appalto; per tale ragione, dovrebbero diventare la norma per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel corso delle procedure di appalto in quanto aumentano enormemente le possibilità degli operatori economici di partecipare a procedure d’appalto nell’ambito del mercato interno (considerando n. 52 delle direttive n. 24 e n. 62 della direttiva n. 25, si veda anche in tal senso il considerando n. 74 della direttiva n. 23) Relativamente all’articolato delle direttive, si ricorda che l’art. 33, paragrafo 2, della direttiva n. 23, prevede l’obbligo di trasmissione elettronica dei bandi e degli avvisi all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea per la successiva pubblicazione da parte del medesimo ufficio. Il successivo articolo 34 impone alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di offrire un accesso gratuito, illimitato e diretto, per via elettronica, ai documenti di gara a decorrere dalla data di pubblicazione di un bando di concessione o, se quest'ultimo non include un invito a presentare offerte, dalla data di invio di un invito a presentare offerte. Il testo del bando di concessione o dell'invito deve indicare l'indirizzo Internet presso il quale i documenti relativi alla concessione sono accessibili.
Disposizioni analoghe a quelle citate si rinvengono nell’art. 51, paragrafo 2, e nell’art. 53, paragrafo 1, della direttiva n. 24.
Nella direttiva n. 24 inoltre, un intero capo (il capo II del Titolo II, comprendente gli articoli 33-39) disciplina le tecniche e gli strumenti per gli appalti elettronici e aggregati (accordi quadro, sistemi dinamici di acquisizione, aste elettroniche, cataloghi elettronici, ecc.).
L’articolo 22 della medesima direttiva, rubricato “Regole applicabili alle comunicazioni”, dispone, tra l’altro, che gli Stati membri provvedono affinché tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni di cui alla presente direttiva, in particolare la trasmissione in via elettronica, siano eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici in conformità con quanto disposto dal presente articolo”. Il paragrafo 4 di tale articolo prevede che, per gli appalti pubblici di lavori e i concorsi di progettazione, gli Stati membri possono richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, quali gli strumenti di simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi.
L’art. 59, paragrafo 2, dispone che il DGUE è fornito esclusivamente in forma elettronica. L’articolo 61 disciplina invece il Registro online dei certificati (e-Certis).
Con riferimento alle citate disposizioni, l’art. 90 della direttiva n. 24 prevede che, in deroga al termine del 18 aprile 2016, gli Stati membri possano rinviare l'applicazione dell'articolo 22, paragrafo 1, fino al 18 ottobre 2018, eccettuati i casi in cui l'uso dei mezzi elettronici è obbligatorio ai sensi di altre disposizioni della direttiva richiamate nel medesimo articolo.
L’articolo 90 consente inoltre il rinvio (fino all’aprile o ottobre 2018, a seconda delle disposizioni) anche dell'applicazione di alcune disposizioni dell’art. 59 e dell’art. 61.
Disposizioni analoghe sono contenute nella direttiva n. 25.
L’art. 66 del Codice dei contratti pubblici disciplina le modalità di pubblicazione degli avvisi e dei bandi Per quanto riguarda i sistemi dinamici di acquisizione, le aste elettroniche, ecc., le relative disposizioni sono attualmente collocate in specifici articoli del Codice: si ricordano in particolare l’art. 60 (sistemi dinamici di acquisizione) e l’art. 85 (ricorso alle aste elettroniche).
Relativamente alle disposizioni per la realizzazione delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici, si ricorda che esse sono contenute nel Capo IV del Titolo III della Parte II del Codice dei contratti pubblici (vale a dire negli articoli 161-194 del D.Lgs. 163/2006).
Articolo 1, comma 1, lettera g)
(Divieto di affidamenti in deroga)
La lettera g) prevede il divieto espresso di affidamento di contratti attraverso procedure derogatorie rispetto a quelle ordinarie, ad eccezione di singole fattispecie connesse ad urgenze di protezione civile determinate da calamità naturali, per le quali devono essere previsti adeguati meccanismi di controllo e di pubblicità successiva.
Preliminarmente appare opportuno segnalare che la direttiva n. 24, alle sezioni 3 e 4 delle disposizioni generali, provvede a disciplinare rispettivamente le esclusioni e le situazioni specifiche nelle quali la direttiva non si applica.
L’attuale Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) prevede, nel Titolo II della parte I, contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del codice, che riprendono tra l’altro le esclusioni disciplinate dalle direttive n. 17 e n. 18 del 2004.
Ciò premesso, si ricorda che l’art. 17 stabilisce, ad esempio, che le disposizioni del Codice relative alle procedure di affidamento possono essere derogate:
a) per i contratti al cui oggetto, atti o modalità di esecuzione è attribuita una classifica di segretezza;
b) per i contratti la cui esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza, in conformità a disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.
Con riferimento alle c.d. opere strategiche (incluse nel programma avviato dalla legge n. 443/2001), l’art. 194 stabilisce, con riferimento ai commissari straordinari eventualmente nominati per la loro realizzazione, che, nell'esercizio dei poteri e compiti ai medesimi attribuiti, tali commissari provvedono “nel limite dell'importo approvato per l'opera dai soggetti competenti alla relativa realizzazione, anche in deroga alla normativa vigente nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e della normativa comunitaria”.
Numerose disposizioni derogatorie sono state altresì emanate, di volta in volta, con provvedimenti emanati per la gestione delle emergenze di protezione civile.
In proposito si richiama il disposto dell’art. 255, secondo cui ogni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute.
Alcun esempi recenti di deroga sono contenuti nelle seguenti disposizioni:
§ l’art. 4, comma 5-ter, del D.L. 74/2012 (adottato in seguito al sisma del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) dispone che per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione delle opere pubbliche e dei beni culturali danneggiati dagli eventi sismici del maggio 2012 i soggetti attuatori, in deroga all'articolo 91, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, possono affidare gli incarichi di servizi tecnici, per quanto attiene a progettazione, coordinamento sicurezza lavori e direzione dei lavori, di importo compreso tra euro 100.000 e la soglia comunitaria per gli appalti di servizi, fermo restando l'obbligo di gara ai sensi dell'articolo 57, comma 6, del medesimo codice, fra almeno dieci concorrenti scelti da un elenco di professionisti e sulla base del principio di rotazione degli incarichi;
§ l’art. 33, comma 6, del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. decreto sblocca Italia), che, in via straordinaria, per l'espletamento di tutte le procedure ad evidenza pubblica relative a programmi di bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale (ivi incluso il comprensorio Bagnoli-Coroglio) contemplati dal medesimo articolo 33, prevede il dimezzamento di tutti i termini previsti dal Codice, ad esclusione di quelli processuali;
§ una serie di disposizioni relative all’Expo 2015 di Milano (O.P.C.M. 3623/2007; O.P.C.M. 3840/2010; D.L. 43/2013; D.L. 47/2014).
Per quanto riguarda le emergenze di protezione civile, occorre richiamare l’art. 5 della L. 225/1992, che, nel disciplinare lo stato di emergenza e il potere di ordinanza dispone, tra l’altro, che per l'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze di protezione civile “in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico” (comma 2). Il comma 4-ter del medesimo articolo prevede che almeno dieci giorni prima della scadenza dello stato di emergenza venga emanata una nuova ordinanza di protezione civile volta a favorire e regolare il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi, conseguenti all'evento, che si rendono necessari successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Con tale ordinanza “possono essere altresì emanate, per la durata massima di sei mesi non prorogabile e per i soli interventi connessi all'evento, disposizioni derogatorie a quelle in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi”. Il successivo comma 5 stabilisce che “le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate”.
Si segnala, infine, che un riferimento al
regime derogatorio alla normativa vigente per consentire l'effettività delle
misure contenute nella normativa speciale adottata per la durata dello stato di
emergenza è presente nei criteri di delega delle proposte di legge 2607, 2972 e
3099, che delegano il Governo al riordino delle disposizioni in materia di
protezione civile.
Articolo 1, comma 1, lettera h)
(Riordino e semplificazione delle norme
in materia di contratti relativi a beni culturali)
La lettera h) prevede il riordino e la semplificazione della normativa specifica in materia di contratti relativi a beni culturali, ivi inclusi quelli di sponsorizzazione, anche tenendo conto della particolare natura di quei beni e delle peculiarità delle tipologie degli interventi, prevedendo, altresì, genericamente modalità innovative per le procedure di appalto relative a lavori, servizi e forniture e di concessione di servizi, comunque nel rispetto delle disposizioni di tutela previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 42/2004).
La disciplina relativa ai contratti relativi ai beni culturali è contenuta nel capo II del titolo IV della parte terza del Codice (artt. 197-205 del D.Lgs. 163/2006) e negli articoli 239-251 del Regolamento, costituenti il Titolo XI della Parte seconda del D.P.R. 207/2010.
Relativamente ai contratti di sponsorizzazione, si fa notare che essi rientrano tra i contratti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione del Codice. Tali contratti sono disciplinati dall’art. 26, secondo cui hanno ad oggetto lavori, servizi o interventi di restauro e manutenzione di beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 42/2004. Tale articolo è stato modificato dall’art. 20 del D.L. 5/2012. Tra le modifiche apportate si ricorda in particolare il nuovo comma 2-bis dell’art. 26, che precisa che ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali vengono applicate anche le nuove norme di cui all’art. 199-bis, introdotto dalla lett. h) del comma 1 del medesimo articolo 20, e che riguarda la disciplina delle procedure per la selezione dello sponsor[5].
Articolo 1, comma 1, lettera i)
(Rispetto dei criteri di sostenibilità
energetica e ambientale)
La lettera i) prevede misure volte a garantire il rispetto dei criteri di sostenibilità energetica e ambientale nell'affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione.
Si fa notare che tutte e tre le direttive, come chiaramente esplicitato nei considerando delle medesime, sono orientate verso una adeguata integrazione dei requisiti in materia ambientale nelle procedure” di appalto e di aggiudicazione delle concessioni, e nell’articolato delle stesse si ritrovano numerose disposizioni in materia. Tale enunciazione viene riproposta nell’articolato tra i principi generali per l'aggiudicazione degli appalti e delle concessioni (v. articolo 18 della direttiva n. 24 e art. 30 della direttiva n. 23).
Rispetto alle precedenti “direttive appalti”, le nuove direttive, infatti, sono basate su un approccio nuovo in quanto connettono il settore degli appalti alla Strategia Europa 2020 e li rendono funzionali a sviluppare un'economia della conoscenza e dell'innovazione.
Relativamente ai criteri di aggiudicazione, netta preferenza nei confronti dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che è individuata seguendo un approccio costo/efficacia, che può includere il miglior rapporto qualità/prezzo valutato in relazione a criteri ambientali, qualitativi o sociali connessi all'oggetto dell'appalto (articolo 67, paragrafo 2, della direttiva n. 24). Si tratta certamente di uno degli aspetti, che connota la finalità di utilizzare in maniera strategica gli appalti, in quanto la preferenza nei confronti dell'offerta economicamente più vantaggiosa si accompagna a nuove modalità per la sua individuazione. Lo dimostra anche la nuova definizione del costo in cui sono compresi tutti i costi o parti di essi legati al ciclo di vita (life cycle cost) di un prodotto, di un servizio o di un lavoro (articolo 68 della direttiva n. 24) incluse le esternalità ambientali.
La nuova attenzione al rispetto degli obblighi in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro è enfatizzata tra i principi generali per l'aggiudicazione degli appalti (articolo 18 della direttiva n. 24) e trova conferma nell'ampliamento delle cause di esclusione dalla partecipazione alle procedure di appalto (articolo 57 della direttiva n. 24) – in cui sono incluse anche le violazioni della normativa in materia ambientale e sociale – e nella verifica delle motivazioni in ordine a offerte che appaiono anormalmente basse (articolo 69 della direttiva n. 24) oltre che nelle altre misure cui si è precedentemente fatto cenno.
Per quanto riguarda la normativa nazionale, l’art. 2, comma 2, del Codice dei contratti pubblici dispone che il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile.
Si ricorda altresì il testo vigente dell’art. 83 del medesimo Codice, secondo cui quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto. Lo stesso articolo, nell’elencare a titolo esemplificativo i citati criteri, fa riferimento alle caratteristiche ambientali e al contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto.
Si fa altresì notare che disposizioni in materia di “acquisti verdi” sono contenute al di fuori del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006). A partire dall'art. 52, comma 56, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (finanziaria 2002), come modificato dall'art. 23 della legge 31 luglio 2002, n. 179, che ha introdotto l'obbligo, per gli uffici e gli enti pubblici, e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, di coprire il fabbisogno annuale dei manufatti e beni indicati in apposito decreto ministeriale, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo.
Un altro importante tassello per l'implementazione di un sistema di acquisti verdi è rappresentato dai commi 1126-1128 dell'articolo 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) che hanno previsto la definizione di un Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione. Nel comma 1127 vengono inoltre indicate le categorie merceologiche per le quali dovranno essere perseguiti gli obiettivi di sostenibilità ambientale: arredi; materiali da costruzione; manutenzione delle strade; gestione del verde pubblico; illuminazione e riscaldamento; elettronica; tessile; cancelleria; ristorazione; materiali per l'igiene; trasporti.
Il Piano d'azione (indicato con l'acronimo PAN GPP) è stato approvato con il citato D.M. 11 aprile 2008 ed è stato aggiornato dal D.M. 10 aprile 2013. Il Piano, che rappresenta il principale strumento della strategia europea su consumo e produzione sostenibili (COM(2008)397 def.), ha previsto la definizione, con appositi decreti ministeriali, di criteri ambientali minimi (CAM) da utilizzare negli appalti pubblici per l'acquisto delle diverse tipologie di prodotti/servizi.
Ulteriori interventi di questo tipo sono stati effettuati con il D.Lgs. 115/2008 e con il D.Lgs. 24/2011.
Per quanto riguarda infine i provvedimenti in corso di esame parlamentare, specifiche disposizioni in materia di “appalti verdi” sono contenute nel c.d. collegato ambientale, all’esame del Senato (A.S. 1676).
Articolo 1, comma 1, lettera l)
(Trasparenza, pubblicità e tracciabilità
delle procedure di gara)
La lettera l) è finalizzata all’armonizzazione delle norme in materia di
trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle
fasi ad essa prodromiche e successive, anche
al fine di concorrere alla lotta alla corruzione, di evitare i conflitti
d'interesse e di favorire la trasparenza nel settore degli appalti pubblici e
dei contratti di concessione.
I predetti obiettivi vengono specificati, ai numeri da 1) a 5, prevedendo che nell’esercizio della delega
§ siano individuati espressamente i casi nei quali, in via eccezionale, è possibile ricorrere alla procedura negoziata senza precedente pubblicazione di un bando di gara (numero 1);
Sulla base di quanto affermato nel 50° considerando, l’articolo 32 della direttiva n. 24 individua i casi (che ai sensi dell’art. 26, paragrafo 6, sono tassativi: tale paragrafo dispone infatti che gli Stati membri non consentono l'applicazione della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara in casi diversi da quelli di cui all'art. 32) in cui gli Stati membri possono (si tratta quindi di una procedura a recepimento facoltativo) prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici aggiudichino appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando.
Il ricorso a questa procedura è limitato al triennio successivo alla conclusione dell'appalto iniziale.
Per quanto riguarda la normativa nazionale, la disciplina della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara relativamente agli appalti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea è attualmente contenuta nell’art. 57 del Codice.
L’art. 122, comma 7, disciplina la procedura negoziata senza bando per gli importi dei lavori sotto la soglia di rilevanza europea, e segnatamente per i lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro, mentre la procedura negoziata per i lavori sui beni culturali è ammessa per lavori di importo complessivo non superiore a un milione di euro (art. 204 del Codice).
§ siano disciplinate le suddette procedure di gara e le relative fasi, sia mediante l'unificazione delle banche dati esistenti in tale ambito presso l’Autorità nazionale anticorruzione, sia con la definizione di idonee misure quali la previsione di poteri di vigilanza e controllo sull'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici e di contratti di concessione, con particolare riguardo alla fase di esecuzione della prestazione, finalizzati ad evitare la corruzione e i conflitti d'interesse ed a favorire la trasparenza, e la promozione della digitalizzazione delle procedure stesse, in funzione della loro tracciabilità (numero 2). Con riferimento alla citata unificazione delle banche dati, nel corso dell’esame al Senato, è stato specificato che dall’unificazione resta esclusa la banca dati centralizzata che la successiva lettera r) affida alla gestione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
I principi di pubblicità, trasparenza e tracciabilità sono più volte affermati dalle nuove direttive appalti. In particolare si richiama il 126° considerando della direttiva n. 24, secondo cui la tracciabilità e la trasparenza del processo decisionale nelle procedure di appalto è essenziale per garantire procedure leali nonché combattere efficacemente la corruzione e le frodi.
Relativamente alle banche dati esistenti, si ricorda che l’art. 62-bis del D.Lgs. 82/2005 (inserito dall'art. 44, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235), al fine di favorire la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dagli obblighi informativi ed assicurare l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa per l'allocazione della spesa pubblica in lavori, servizi e forniture, anche al fine del rispetto della legalità e del corretto agire della P.A. e prevenire fenomeni di corruzione, ha previsto l’istituzione della «Banca dati nazionale dei contratti pubblici» (BDNCP) presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (poi “assorbita” dall’ANAC). L’articolo 6-bis, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163 stabilisce, al fine di semplificare le procedure amministrative previste nel medesimo Codice, che la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure disciplinate dal medesimo Codice deve essere acquisita esclusivamente attraverso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP).
L’art. 6-bis del Codice stabilisce anche che nella BDNCP confluiscono i dati previsti dall'articolo 7 del Codice, ovvero tutti i dati che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a comunicare all'Osservatorio dei contratti pubblici.
Al fine di agevolare gli operatori del settore, l’allora Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha elaborato e predisposto un sistema per la verifica on line dei requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento c.d. “AVCPass” (Authority Virtual Company Passport), disciplinato dalla delibera n. 111 del 20 dicembre 2012, attuativa del citato art. 6-bis.
Le motivazioni alla base delle norme e dei provvedimenti finora ricordati sono essenzialmente quelle di pervenire, tramite una completa informatizzazione del sistema di verifica dei requisiti, ad una semplificazione delle procedure di gara e quindi, conseguentemente, ad una riduzione dei costi, nonché ad un miglioramento delle procedure di vigilanza: la verifica immediata on line della correttezza delle informazioni rese dalle imprese consentirà di rilevare quasi in tempo reale eventuali criticità e/o fenomeni di illegalità. Questo viene ribadito nella relazione alla delibera n. 111 del 2012, ove l’Autorità sottolinea che “il sistema AVCPASS potrà contribuire al superamento del modello di partecipazione basato sulla autodichiarazione del possesso dei requisiti attualmente vigente che, come noto, determina notevoli oneri amministrativi ed è all’origine di buona parte del contenzioso giurisdizionale”.
La Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia prevista dal c.d. Codice antimafia (D.Lgs. 159/2011) è stata disciplinata dal D.P.C.M. 193/2014, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 7 gennaio 2015. L’articolo 6 di tale regolamento dispone l’attivazione di collegamenti telematici tra la Banca dati nazionale e alcuni sistemi informativi, tra cui l'osservatorio dei contratti pubblici e la BDNCP.
Per le finalità di contrasto alla criminalità organizzata e la prevenzione di infiltrazioni criminali, con il “Piano straordinario contro le mafie”, varato con legge n. 136 del 13 agosto 2010, è stato introdotto lo strumento della tracciabilità dei flussi finanziari, che è disciplinato principalmente dall’art. 3 e dall’art. 6 della medesima legge n. 136, come modificati dal D.L. 187/2010. Per un approfondimento si rinvia alla determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011 intitolata “Linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136”.
§ sia assicurata comunque la trasparenza degli atti ed il rispetto della regolarità contributiva, fiscale e patrimoniale dell'impresa appaltatrice. Si segnala in proposito che le norme vigenti (codice degli appalti) recano specifiche disposizioni in materia della sola regolarità fiscale delle imprese che intendono partecipare ad un appalto (numero 3);
L’attuale assetto normativo (articolo 38, comma 1, lettera g) del codice appalti, di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006) prevede che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi i soggetti che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse. Il comma 2 dell’articolo 38 chiarisce che si intendono gravi le violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore a diecimila euro ovvero alla maggior soglia specificata con decreto ministeriale (ai sensi dell'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602). Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili.
Come chiarisce il richiamato comma 2 dell’articolo 38, e come anche ribadito in più occasioni dalla stessa Agenzia delle Entrate (tra cui risoluzione n. 50/E del 2011), l’interessato attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva resa in conformità alle disposizioni del D.P.R. n. 445 del 2000 (Testo unico in materia di documentazione amministrativa).
L’amministrazione ricevente può verificare la veridicità della dichiarazione resa dall’interessato richiedendo all’amministrazione di competenza il rilascio dell’attestazione di regolarità fiscale.
L’articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 stabilisce, infatti, che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad effettuare controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate dagli interessati. I controlli possono essere effettuati, tra l’altro, chiedendo all’amministrazione di competenza “... conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi ”.
L’Agenzia delle entrate con le circolari n. 34 del 2007 e n. 41 del 2010 ha fornito chiarimenti in ordine al rilascio delle attestazioni di regolarità fiscale da parte dei competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate.
In particolare, gli uffici dell’Agenzia territorialmente competenti, al fine di corrispondere alla stazione appaltante che richieda il rilascio dell’attestazione di regolarità fiscale per il controllo dell’autocertificazione prodotta dall’interessato, utilizzano apposito modello approvato con Provvedimento del Direttore Agenzia delle Entrate del 25 giugno 2001, destinato alla “Certificazione dei carichi pendenti risultanti al sistema informativo dell’anagrafe tributaria”. L’irregolarità fiscale rilevante ai fini dell’esclusione dalle procedure di affidamento può dirsi integrata qualora in capo al contribuente sia stata definitivamente accertata una qualunque violazione relativa agli obblighi di pagamento di imposte e tasse amministrate dall’Agenzia delle Entrate. L’irregolarità fiscale deve, peraltro, considerarsi venuta meno (e, dunque, non rappresentare causa ostativa alla partecipazione) nel caso in cui, alla data di richiesta della certificazione, il contribuente abbia integralmente soddisfatto la pretesa dell’amministrazione finanziaria, anche mediante definizione agevolata. La definitività dell’accertamento consegue, come noto, all’inutile decorso del termine per l’impugnazione, ovvero, qualora sia stata proposta impugnazione, al passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale. In ossequio alla norma di cui all’articolo 38 del Codice dei contratti pubblici, pertanto, gli uffici dell’Agenzia devono segnalare alle stazioni appaltanti richiedenti esclusivamente le violazioni rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse che siano definitivamente accertate.
In merito alla responsabilità fiscale nel settore degli appalti, si segnala che l'articolo 28 del D. Lgs. n. 175 del 2014 (decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali) supera la precedente disciplina della responsabilità solidale dell'appaltatore con il subappaltatore per i debiti fiscali, a tal fine eliminando la residua ipotesi superstite di responsabilità solidale, ovvero quella concernente il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore. In tema di responsabilità solidale del committente e dell'appaltatore per i trattamenti retributivi da corrispondere ai lavoratori (comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto), si prevede che il committente convenuto in giudizio per il pagamento dei trattamenti retributivi sia tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d'imposta, compreso il versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente.
Ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del D.P.R. 207/2010, il DURC attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell'edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili. Il DURC è stato introdotto dal D.Lgs. 494/1996 (ora articolo 90 del D.Lgs. 81/2008) per i cantieri temporanei o mobili laddove si è previsto che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, fosse tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva. In seguito, tale obbligo è stato esteso dapprima alle ipotesi di imprese affidatarie di un appalto pubblico (tenute alla presentazione del documento alla stazione appaltante a pena di revoca dell'affidamento) e, successivamente, per l’accesso da parte delle imprese ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie.
L’applicazione del DURC è stata poi generalizzata a settori e situazioni ulteriori dall’articolo 1, comma 1176, della L. 296/2006. Le modalità di rilascio del documento, i contenuti analitici della certificazione e le tipologie di pregresse irregolarità previdenziali relative al rapporto di lavoro che non impediscono il rilascio della certificazione, sono state disciplinate con il D.M. 24 ottobre 2007. Le stazioni appaltanti pubbliche hanno l’obbligo di acquisire d’ufficio (come previsto dall’articolo 16-bis, comma 10, del D.L. 185/2008), anche attraverso strumenti informatici, il DURC presso gli istituti o gli enti abilitati al rilascio ad ogni fine di legge. Sulla base delle novità introdotte dall’articolo 31 del D.L. 69/2013 la procedura compensativa (introdotta dal comma 3 del medesimo articolo), in virtù della quale si procede al rilascio del DURC in presenza di crediti certificati nei confronti delle P.A. di importo pari ai versamenti contributivi dovuti, è estesa anche alle procedure di appalto pubblico e di appalti privati in edilizia.
§ sia previsto obbligatoriamente il ricorso a conti dedicati per le imprese aggiudicatrici di appalti pubblici attraverso i quali regolare tutti i flussi finanziari dei pagamenti verso tutti i prestatori d'opera e di lavoro e verso tutte le imprese che entrano a vario titolo in rapporto con l'impresa aggiudicatrice in relazione agli appalti assegnati (numero 4);
Si ricorda che l’art. 36 del D.L. 90/2014 ha disposto che il controllo dei flussi finanziari relativi alla realizzazione di infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi venga attuato secondo le modalità e le procedure, anche informatiche, individuate dalla delibera CIPE 5 maggio 2011, n. 45. Per un migliore inquadramento si rinvia al commento relativo all’art. 36 del D.L. 90/2014.
§ sia previsto un sistema amministrativo, regolato sotto la direzione dell'ANAC, di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di appalti pubblici e di servizi, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi (numero 5).
Si tratta di una disposizione che sembra riprendere la finalità sottesa ad una disposizione contenuta nel testo vigente del regolamento adottato dall’AGCM sul rating di legalità. L’art. 3, comma 4, di tale regolamento dispone che, ai fini dell’incremento del punteggio, l’impresa “potrà conseguire un segno + ove abbia denunciato all’autorità giudiziaria o alle forze di polizia taluno dei reati previsti dal presente Regolamento, commessi a danno dell’imprenditore o dei propri familiari e collaboratori; l’attribuzione del segno + di cui al presente comma è subordinata all’esercizio dell’azione penale in relazione ai fatti di reato denunciati”.
Si ricorda inoltre che in materia di rating di legalità è in atto una collaborazione tra AGCM e ANAC (protocollo d’intesa dell’11 dicembre 2014).
Si ricorda, inoltre, che nell’ordinamento non vige un obbligo generalizzato di denunciare i reati. Infatti, la denuncia è obbligatoria solo nei seguenti casi:
§ per il pubblico ufficiale e l'incaricato di un pubblico servizio, che abbiano avuto conoscenza del reato nell'esercizio o a causa delle proprie funzioni; dalla violazione dell'obbligo deriva l'applicazione di una sanzione penale (artt. 361-363 c.p.);
§ per il medico e tutti gli esercenti una professione sanitaria, che abbiano prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d'ufficio; anche in questo caso l'omissione di referto è punita dalla legge penale (art. 365 c.p.);
§ per il cittadino, ma solo se ha avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, punito con l'ergastolo (art. 364 c.p.); la pena è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1.032 euro.
La norma di delega, dunque, pare prefigurare l'introduzione di un ulteriore obbligo di denuncia, seppur limitato ad alcune specifiche categorie di reati, a carico delle imprese titolari di appalti pubblici. Peraltro, ragioni sistematiche inducono a ipotizzare che anche la violazione di tale obbligo di denuncia debba essere penalmente sanzionata.
In
considerazione di quanto precedentemente rilevato, andrebbe, pertanto, valutato
se fare riferimento alla “denuncia obbligatoria”.
Articolo 1, comma 1, lettera m)
(Definizione dei requisiti di capacità
tecnica ed economico-finanziaria)
La lettera m) prevede la definizione dei requisiti di capacità economico-finanziaria, tecnica, ivi compresa quella organizzativa, e professionale che gli operatori economici devono possedere per partecipare alle procedure di gara, tenendo presente l'interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti.
I citati requisiti sono disciplinati da tutte e tre le direttive.
In particolare, per quanto riguarda la direttiva n. 24, si fa notare che l’articolo 58 è contenuto nel Titolo II, capo III, sezione III, sottosezione 1 intitolata “Criteri di selezione qualitativa” e comprendente gli articoli 57-64.
L’art. 58 stabilisce, al paragrafo 1, che i criteri di selezione possono riguardare:
a) l’abilitazione all'esercizio dell'attività professionale;
b) la capacità economica e finanziaria;
c) le capacità tecniche e professionali.
Lo stesso paragrafo 1 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre agli operatori economici, come requisiti di partecipazione, unicamente i criteri di cui ai paragrafi 2, 3 e 4. Le amministrazioni aggiudicatrici limitano i requisiti a quelli adeguati per assicurare che un candidato o un offerente abbia la capacità giuridica e finanziaria e le competenze tecniche e professionali necessarie per eseguire l'appalto da aggiudicare. Tutti i requisiti sono attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto. Tale ultimo principio viene ribadito anche per gli appalti divisi in lotti.
Lo strumento che la direttiva n. 24 utilizza per la dimostrazione del possesso dei criteri di selezione definiti a norma dell'articolo 58 (nonché delle cause di esclusione contemplate dall’art. 57) è il Documento di gara unico europeo (DGUE). L’art. 59 stabilisce infatti che, al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte, le amministrazioni aggiudicatrici accettano il documento di gara unico europeo (DGUE) che consiste in un'autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l'operatore economico in questione soddisfa, tra l’altro, i “pertinenti criteri di selezione definiti a norma dell'articolo 58”.
Gli articoli del Titolo II, capo III, sezione III, sottosezione 1 intitolata “Qualificazione e selezione qualitativa” e comprendente gli articoli 77-81, della direttiva n. 25, relativa ai settori speciali, disciplinano, tra l’altro, i criteri di selezione qualitativa (art. 78), nonché l’uso dei motivi di esclusione e dei criteri di selezione previsti in via generale dalla direttiva n. 24 (art. 80).
In materia di concessioni rilevano gli artt. 36-38 della direttiva n. 25, che disciplinano i requisiti tecnici e funzionali, le garanzie procedurali e la selezione e valutazione qualitativa dei candidati.
Le disposizioni nazionali in materia di valutazione dei requisiti sono contenute nel Capo II (intitolato “Requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento”) del Titolo I della Parte II del Codice. In particolare nell’art. 38 sono elencati i requisiti di ordine generale (le c.d. cause di esclusione, quali ad esempio procedure fallimentari, misure di prevenzione, sentenze di condanna, ecc.), mentre l’art. 39 riguarda i requisiti di idoneità professionale. Tale articolo 39 dispone che i concorrenti alle gare, se cittadini italiani o di altro Stato membro residenti in Italia, possono essere invitati a provare la loro iscrizione nel registro della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o nel registro delle commissioni provinciali per l'artigianato, o presso i competenti ordini professionali. Ulteriori disposizioni sono dettate per i cittadini di un altro Stato membro non residente in Italia.
L’art. 40 disciplina invece la qualificazione per eseguire lavori pubblici, mentre gli artt. 41-42 riguardano la capacità economica e finanziaria, nonché tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi.
Articolo 1, comma 1, lettera n)
(Revisione delle norme in materia di
pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara)
La lettera n), in tema di pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara, ne richiede la revisione, in modo che avvenga principalmente tramite strumenti di pubblicità di tipo informatico e da prevedere in ogni caso la pubblicazione degli stessi avvisi e bandi in non più di due quotidiani nazionali e in non più di due quotidiani locali, con spese a carico del vincitore della gara.
Con riferimento all’obbligo di pubblicazione sui quotidiani, si ricorda che tale obbligo è stato eliminato, con decorrenza 1° gennaio 2016, dall’art. 26 del D.L. 66/2014. Fino a tale data continua invece ad applicarsi la disciplina previgente, che è contenuta rispettivamente nel comma 7 dell’articolo 66 e nel comma 5 dell’articolo 122 del Codice dei contratti rispettivamente per i contratti di importo superiore e inferiore alla soglia europea. Per i contratti cd. sopra soglia tale disciplina invece prevede l’obbligo di pubblicazione “per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti”, mentre per i contratti cd. sotto soglia dispone la pubblicazione degli avvisi e dei bandi, relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro, “per estratto, a scelta della stazione appaltante, su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno dei quotidiani a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i lavori”. Le spese relative a tale pubblicazione, ai sensi dell’articolo 34, comma 35, del decreto-legge 179/2012, sono rimborsate alla stazione appaltante dall'aggiudicatario, entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione.
Articolo 1, comma 1, lettere o), p) e rr)
(Attribuzione all’ANAC di poteri e
funzioni)
La lettera o) prevede un ampliamento delle funzioni dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) in funzione del miglioramento dell'efficienza, del sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche, della facilitazione dello scambio di informazioni tra stazioni appaltanti e di vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione.
Il rafforzamento delle funzioni dell’Autorità include anche poteri di controllo, raccomandazione, di intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio, nonché di adozione di atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante.
E’ fatta salva l'impugnabilità di tutte le decisioni e gli atti assunti dall'ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa.
La norma recepisce le proposte avanzate nel corso dell’audizione del Presidente dell’ANAC tenutasi in data 8 gennaio 2015, presso l’8a Commissione del Senato, nell’ambito dell’esame del presente disegno di legge.
Nel documento consegnato nel corso dell’audizione citata[6], sono tra l’altro considerate necessarie misure amministrative di soft law e, in particolare, atti interpretativi, linee guida, determinazioni e bandi-tipo, anche con efficacia vincolante. Nello stesso documento viene suggerita l’attribuzione di tali poteri e funzioni proprio all’ANAC e di estenderli anche a poteri di raccomandazione e di intervento cautelare.
L’Autorità è titolare delle funzioni di governance del settore cui fa riferimento l’articolo 83 della direttiva n. 24.
Relativamente all’adozione dei bandi tipo, l’articolo 64, comma 4-bis, del Codice dei contratti pubblici dispone che i bandi sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli (bandi-tipo) approvati dall’Autorità, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l’indicazione delle cause tassative di esclusione. Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”.
La successiva lettera p) prevede l’individuazione dei casi in cui, con riferimento agli atti di indirizzo di cui alla lettera o), l’ANAC è tenuta (immediatamente dopo la loro adozione) a trasmettere alle Camere apposite relazioni. Tale testo è stato così modificato nel corso dell’esame in Assemblea al Senato. Nel testo approvato in sede referente, infatti, era previsto che tali atti di indirizzo, nei casi individuati, fossero trasmessi alle Camere per l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.
L'articolo 19 del decreto-legge 90/2014 ha soppresso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) e ne ha trasferito i compiti e le funzioni all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). A tal fine è stata prevista la presentazione, entro il 31 dicembre 2014, da parte del Presidente dell'ANAC, di un piano di riordino dell'Autorità stessa, da approvare con apposito D.P.C.M[7].
Nelle more dell'approvazione di tale piano, il Presidente dell'ANAC provvede allo svolgimento dei compiti alla stessa attribuiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie della soppressa AVCP (comma 8). Nella relazione annuale al Parlamento l'Autorità anticorruzione evidenzia le possibili criticità del quadro normativo ed amministrativo che rendono il sistema dell'affidamento dei lavori pubblici vulnerabile a fenomeni di corruzione (comma 5-ter).
Per quanto riguarda le attribuzioni spettanti all'ANAC, l’art. 19 in questione affida all’Autorità, oltre a quelle ereditate dall'AVCP e disciplinate dall’articolo 6 del Codice dei contratti pubblici, ulteriori nuove funzioni. In particolare:
· il potere sanzionatorio in caso di omessa adozione da parte delle amministrazioni degli atti di pianificazione in materia di anticorruzione e trasparenza, nonché il compito di ricevere notizie e segnalazioni di illeciti (commi 5-6). Per le controversie aventi ad oggetto le sanzioni è competente il tribunale in composizione monocratica; inoltre, si richiede all'ANAC di rendicontare ogni sei mesi e pubblicare sul sito le somme versate a titolo di pagamento delle sanzioni;
· le funzioni in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione (articolo 1 della L. 190/2012);
· il potere di ricevere notizie e segnalazioni relative ad anomalie ed irregolarità relative a contratti pubblici da parte di ogni avvocato dello Stato;
· le funzioni di cui all’art. 13 del d.lgs. 33/2013 concernenti la definizione di criteri, modelli e schemi standard per l'organizzazione, la codificazione e la rappresentazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, nonché per l'organizzazione della sezione "Amministrazione trasparente" dei siti istituzionali.
Al Presidente dell'Autorità è assegnato il compito di formulare proposte per la gestione degli appalti dell'Expo 2015 (comma 7); di segnalare le violazioni degli obblighi di comunicazione e di pubblicazione punite con specifiche sanzioni amministrative dall'art. 47 del D.Lgs. 33/2013 all'autorità competente (ufficio periferico del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, prefetto).
L’articolo 32 del D.L. 90/2014 detta una serie di misure per la prevenzione della corruzione e a tal fine definisce nuove norme per la gestione di imprese aggiudicatarie di appalti pubblici indagate per specifici delitti contro la PA, in relazione all’attività delle quali si registrino rilevanti anomalie o comunque situazioni sintomatiche di condotte illecite (v.infra). La disciplina si applica anche ai concessionari di lavori pubblici e ai contraenti generali. Ulteriori misure, specifiche per l’Expo 2015, sono state dettate dall’art. 30.
Ulteriori misure relative all’ANAC sono state recentemente introdotte dalla L. 69/2015. L'articolo 7 pone in capo al P.M. che esercita l'azione penale per reati contro la pubblica amministrazione obblighi informativi nei confronti del Presidente dell'ANAC. L'articolo 8 modifica la c.d. legge Severino (L. 190/2012):
§ attribuendo all'ANAC compiti di vigilanza anche sui contratti pubblici ai quali non si applica il c.d. Codice degli appalti (es. i contratti secretati);
§ prevedendo obblighi informativi semestrali a carico delle stazioni appaltanti (sui bandi di gara, i partecipanti, l''importo di aggiudicazione, i tempi di completamento dell'opera, l'importo delle somme liquidate) nei confronti dell'ANAC;
§ prevedendo analoghi obblighi informativi all'ANAC da parte dei giudici amministrativi quando, nelle controversie sull'aggiudicazione dell'appalto, rilevino anche sommariamente elementi di scarsa trasparenza delle procedure.
La lettera rr), infine, prevede la revisione della disciplina dettata
dal citato art. 32 del D.L. n. 90 del 2014, così da consentire all'ANAC, prima di attivare la procedura di sostanziale
commissariamento dell'impresa, di invitare
le stazioni appaltanti a procedere in autotutela per la gara, fissando un
termine entro il quale la decisione sull'esperibilità dell'autotutela deve
essere assunta. Solo se mancano le condizioni per procedere in autotutela, si
potranno attivare le procedure previste dal D.L. 90/2014.
Si ricorda che l'articolo 32 del D.L. 90/2014, nell'ambito dell'attività di prevenzione della corruzione, detta una serie di misure per la gestione di imprese aggiudicatarie di appalti pubblici indagate per delitti contro la PA, in relazione ad attività per le quali si registrino rilevanti anomalie o comunque situazioni sintomatiche di condotte illecite, ovvero in presenza di fatti gravi e accertati, anche in seguito a denunce di illeciti da parte di dipendenti della pubblica amministrazione.
In tali ipotesi, il Presidente dell'ANAC può - dopo aver informato il PM - proporre al Prefetto competente o di assumere direttamente il controllo dell'impresa attraverso un'amministrazione straordinaria temporanea (fino all'esecuzione del contratto) oppure di imporre all'impresa di rinnovare gli organi sociali.
Il Prefetto – fatte le proprie valutazioni - provvede con decreto alla rinnovazione degli organi sociali se l'impresa non si adegua spontaneamente entro 30 giorni; nei casi più gravi, entro 10 gg. nomina fino ad un massimo di 3 amministratori in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità previsti dalla legge. Con il collaudo dell'opera, la misura cessa.
L'amministrazione straordinaria temporanea è considerata di pubblica utilità e gli amministratori rispondono per eventuali diseconomie solo in caso di dolo o colpa grave. Ipotesi di revoca del decreto di nomina degli amministratori sono l'adozione di provvedimento di sequestro, confisca o amministrazione giudiziaria dell'impresa aggiudicatrice dell'appalto. La cessazione delle misure si produce anche con l'archiviazione del procedimento.
Durante l'amministrazione straordinaria, i pagamenti all'impresa non sono sospesi ma l'utile d'impresa derivante dal contratto di appalto pubblico (determinato dagli amministratori in via presuntiva) deve essere accantonato in un apposito fondo.
Art. 1, comma 1, lettere r) e s)
(Riduzione degli oneri dei soggetti
partecipanti e semplificazione delle procedure di verifica dei requisiti)
La lettera r) prevede:
§ la riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, con attribuzione a questi ultimi della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda, purché non attenga agli elementi oggetto di valutazioni sul merito dell'offerta;
§ la semplificazione delle procedure di verifica da parte delle stazioni appaltanti, con particolare riguardo all'accertamento dei requisiti generali di qualificazione, costantemente aggiornati, attraverso:
- l'accesso a un'unica banca dati centralizzata gestita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
- la revisione e semplificazione dell'attuale sistema AVCpass, garantendo a tal fine l'interoperabilità tra i Ministeri e gli organismi pubblici coinvolti e prevedendo genericamente l'applicazione di specifiche sanzioni in caso di rifiuto all'interoperabilità.
L’esame congiunto delle lettere l) ed r) sembra configurare un sistema con due banche dati di riferimento: una banca dati centralizzata, risultante dall’unificazione presso l’ANAC di tutte le banche dati del settore (quindi presumibilmente una banca dati che si configurerà come il risultato del confluire nella BDNCP delle altre banche dati esistenti), e una banca dati centralizzata presso il MIT, che sembra avere come funzione principale quella di consentire l’aggiornamento e la verifica dei requisiti generali di qualificazione.
L’articolo 6-bis del Codice, al fine di semplificare le procedure amministrative, prevede che la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) provveda alla acquisizione della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario, per la partecipazione alle procedure di affidamento dei medesimi contratti. L’art. 6-bis del Codice stabilisce anche che nella BDNCP confluiscono i dati previsti dall'articolo 7 del Codice, ovvero tutti i dati che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a comunicare all'Osservatorio dei contratti pubblici.
Al fine di agevolare gli operatori del settore, l’allora Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha elaborato e predisposto un sistema per la verifica on line dei requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento c.d. “AVCPass” (Authority Virtual Company Passport), disciplinato dalla delibera n. 111 del 20 dicembre 2012, attuativa del citato art. 6-bis.
Le motivazioni alla base delle norme e dei provvedimenti finora ricordati sono essenzialmente quelle di pervenire, tramite una completa informatizzazione del sistema di verifica dei requisiti, ad una semplificazione delle procedure di gara e quindi, conseguentemente, ad una riduzione dei costi, nonché ad un miglioramento delle procedure di vigilanza: la verifica immediata on line della correttezza delle informazioni rese dalle imprese consentirà di rilevare quasi in tempo reale eventuali criticità e/o fenomeni di illegalità. Questo viene ribadito nella relazione alla delibera n. 111 del 2012.
Sulle criticità del sistema AVCPass si è soffermato il succitato documento consegnato dal Presidente dell’ANAC nel corso della sua audizione presso l’8a Commissione del Senato. Sulle medesime criticità l’ANCI ha predisposto e reso pubblico un documento trasmesso all’ANAC nel dicembre 2014[8].
Si ricorda, infine, che con la risoluzione 7/00285, l’VIII Commissione (Ambiente) ha impegnato il Governo, tra l’altro, ad adottare le necessarie iniziative, per quanto di competenza, affinché il sistema della banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) sia reso pienamente interoperabile con i servizi informatizzati delle stazioni appaltanti fruitrici e allo stesso tempo alimentatrici del sistema stesso, senza che ciò comporti – per queste ultime – costi di adeguamento.
Nell’87° considerando della direttiva n. 24 si legge che “la Commissione mette a disposizione e gestisce un sistema elettronico - e-Certis, che è attualmente aggiornato e verificato su base volontaria dalle autorità nazionali. L'obiettivo di e-Certis è agevolare lo scambio di certificati e altri documenti probatori, spesso richiesti dalle amministrazioni aggiudicatrici. L'esperienza acquisita finora indica che l'aggiornamento e la verifica su base volontaria sono insufficienti a garantire che e-Certis possa esprimere il suo pieno potenziale per semplificare e agevolare gli scambi di documentazione a favore delle PMI. La manutenzione dovrebbe pertanto essere resa obbligatoria in una prima fase. Il ricorso ad e-Certis sarà reso obbligatorio in una fase successiva”.
L’art. 61 della medesima direttiva, rubricato “Registro online dei certificati (e-Certis)”, stabilisce che gli Stati membri garantiscono che le informazioni concernenti i certificati e altre forme di prove documentali introdotte in e-Certis e stabilite dalla Commissione siano costantemente aggiornate e che le amministrazioni aggiudicatrici ricorrono a e-Certis ed esigono in primo luogo i tipi di certificati o le forme di prove documentali che sono contemplati da e-Certis, nonché che la Commissione mette a disposizione su e-Certis il DGUE in tutte le versioni linguistiche.
La lettera s) prevede che, al fine di ridurre gli oneri documentali, per i partecipanti alle gare è possibile utilizzare il documento di gara unico europeo (DGUE) o analogo documento predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) per autocertificare il possesso dei requisiti.
L’84° considerando della direttiva n. 24 ricorda che molti operatori economici, non da ultimo le PMI, ritengono che un ostacolo principale alla loro partecipazione agli appalti pubblici consista negli oneri amministrativi derivanti dalla necessità di produrre un considerevole numero di certificati o altri documenti relativi ai criteri di esclusione e di selezione. Limitare tali requisiti, ad esempio mediante l'uso di un documento di gara unico europeo (DGUE), consistente in un'autodichiarazione aggiornata, potrebbe comportare una notevole semplificazione a vantaggio sia delle amministrazioni aggiudicatrici che degli operatori economici”.
Tali considerazioni vengono riprese dall’art. 59, secondo cui, al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte, le amministrazioni aggiudicatrici accettano il documento di gara unico europeo (DGUE) che consiste in un'autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi. Tale DGUE, sempre secondo l’art. 59, conferma che per l'operatore economico in questione sono soddisfatti i criteri di selezione e non ricorrono motivi di esclusione.
Articolo 1, comma 1, lettera t)
(Qualificazione delle stazioni
appaltanti)
La lettera t), che riprende parzialmente il contenuto della lettera g) del disegno di legge originario, individua gli obiettivi di razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso criteri di qualità, efficienza, professionalizzazione delle stazioni appaltanti, prevedendo l'introduzione di un apposito sistema, gestito dall'ANAC, di qualificazione delle medesime stazioni appaltanti, teso a valutarne l'effettiva capacità tecnico-organizzativa sulla base di parametri obiettivi.
Il tema della qualificazione delle stazioni appaltanti è collegato a una riforma del sistema in cui, anche in conseguenza del recepimento, si dovrebbe fare maggiore ricorso a un uso più flessibile degli strumenti e a modalità innovative nella gestione e nell’esecuzione degli affidamenti.
Articolo 1, comma 1, lettera u)
(Miglioramento dell’efficienza di CONSIP)
La lettera u) prevede la revisione e il miglioramento dell’efficienza delle procedure di appalto di CONSIP S.p.A., al fine di migliorare la qualità degli approvvigionamenti e di ridurre i tempi di espletamento delle gare, anche attraverso un ricorso sempre più ampio alle gare di tipo telematico.
Si rammenta che
la CONSIP S.p.A. (Concessionaria
Servizi Informatici Pubblici) è un organismo a struttura societaria interamente
posseduto dal Ministero dell’Economia, con il compito di svolgere attività di
consulenza, assistenza e supporto nell'ambito degli acquisti di beni e servizi
delle amministrazioni pubbliche.
In tale ambito
la società, in qualità di centrale di
committenza nazionale, realizza il Programma di razionalizzazione degli
acquisti nella PA attraverso l'utilizzo di tecnologie informatiche e di
strumenti innovativi per gli acquisti della PA (convenzioni, Mercato
elettronico della PA, accordi quadro, Sistema dinamico d'acquisto, gare in
modalità ASP[9]). A tale scopo essa, sulla base di specifiche
convenzioni, supporta singole amministrazioni su tutti gli aspetti del processo
di approvvigionamento. Inoltre, su affidamenti operati attraverso provvedimenti
di legge o atti amministrativi, sviluppa iniziative che coinvolgono sia le
proprie competenze nel procurement,
sia la propria capacità di gestire progetti complessi e innovativi nell'ambito
della Pubblica Amministrazione. Tali funzioni, tra loro integrate, che fondano
i propri risultati sulla ricerca dell'innovazione e sull'applicazione delle
tecnologie ICT ai processi e all'organizzazione della P.A. http://www.consip.it/.
La funzione di
centrale di committenza della società, già
potenziata dall’articolo 29 del decreto-legge n. 201 del 2011, con il quale
si è disposto che tutte le amministrazioni pubbliche centrali e gli enti di
previdenza possono avvalersi di Consip S.p.A. nella sua qualità di centrale di
committenza, e poi ampliata
dall’articolo 4 del decreto-legge n.95 del 2012, con cui si è disposto che
Sogei S.p.A., sulla base di apposita convenzione disciplinante i relativi
rapporti, si avvale di Consip S.p.A., nella sua qualità di centrale di
committenza, per le acquisizioni di beni e servizi ed in tema di amministrazione
digitale, è stata da ultimo estesa dal decreto-legge
n.66 del 2014. In particolare l’articolo 9, per un miglioramento del
programma di razionalizzazione degli acquisti della P.A., ha previsto
l’istituzione, nell’ambito dell’anagrafe unica delle stazioni appaltanti
operante presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, di un
elenco dei soggetti aggregatori, del quale fanno parte Consip S.p.A. e una
centrale di committenza regionale qualora costituita. Inoltre, prevede che,
alternativamente all’obbligo per le regioni di costituire entro il 31 dicembre
2014, ove non esistente, un soggetto aggregatore, le stesse possono stipulare
con il Ministero dell'economia e delle finanze apposite convenzioni sulla cui
base Consip S.p.A. svolge attività di centrale di committenza per gli enti del
territorio regionale. Dispone infine che con distinti DPCM[10] è istituito il
tavolo tecnico dei soggetti aggregatori e sono individuate le categorie di beni
e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali le amministrazioni
statali centrali e periferiche, nonché le regioni, gli enti regionali, i loro
consorzi e associazioni, e gli enti del servizio sanitario nazionale ricorrono
a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative
procedure.
Inoltre il medesimo articolo 9 ha disposto che il
Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di Consip S.p.A. nella sua
qualità di centrale di committenza per lo svolgimento di procedure di gara
finalizzate all'acquisizione di beni e di servizi da parte delle autorità di
gestione, di certificazione e di audit istituite presso le singole
amministrazioni titolari dei programmi di sviluppo cofinanziati con fondi
dell'Unione europea.
Articolo 1, comma 1, lettera v)
(Centralizzazione delle committenze e
riduzione delle stazioni appaltanti)
La lettera u) articola ulteriormente il criterio di cui alle lettere t) e u) in vista del contenimento dei tempi e piena verificabilità dei flussi finanziari, mediante:
§ la centralizzazione delle committenze e la riduzione del numero delle stazioni appaltanti, effettuate sulla base del sistema di qualificazione di cui alla lettera t);
§ la possibilità, a seconda del grado di qualificazione conseguito, di gestire contratti di maggiore complessità e fatto salvo l'obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere alle seguenti forme di aggregazione delle committenze:
- di livello almeno regionale (o di provincia autonoma) per gli affidamenti di importo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria;
- di livello sub-provinciale per gli affidamenti “sotto-soglia” di importo superiore a 100.000 euro. Per tale finalità la lettera v) prevede la definizione di ambiti ottimali territorialmente omogenei e la garanzia della tutela dei diritti delle minoranze linguistiche come prevista dalla Costituzione e dalle disposizioni vigenti.
L’art. 3, comma 34, del Codice definisce «centrale di committenza» un'amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.
Ai sensi dell’art. 2, numero 16), della direttiva 2014/24/UE, una «centrale di committenza» è un'amministrazione aggiudicatrice che fornisce attività di centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie.
Tali concetti
sono a loro volta così definiti dai precedenti numeri 14) e 15):
(14) «attività di
centralizzazione delle committenze»: attività svolte su base permanente, in una
delle seguenti forme:
a)
l'acquisizione di
forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici;
b)
l'aggiudicazione
di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi
destinati ad amministrazioni aggiudicatrici;
15) «attività di
committenza ausiliarie»: attività che consistono nella prestazione di supporto
alle attività di committenza, in particolare nelle forme seguenti:
a)
infrastrutture
tecniche che consentano alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare
appalti pubblici o di concludere accordi quadro per lavori, forniture o
servizi;
b)
consulenza sullo
svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto;
c)
preparazione e
gestione delle procedure di appalto in nome e per conto dell'amministrazione
aggiudicatrice interessata;
L’art. 33-ter del decreto-legge 179/2012 prevede, presso l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA), obbligando le stazioni appaltanti:
§ a richiedere l’iscrizione all’AUSA presso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP);
§ ad aggiornare annualmente i dati identificativi.
L’articolo 9 del D.L. 66/2014 dispone l’istituzione di un “elenco dei soggetti aggregatori” nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, di cui fanno parte Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione (commi 1, 2, 5 e 6). Si prevede, altresì, l’istituzione di un “Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori”[11] che effettua analisi ai fini dell’individuazione delle categorie dei beni e dei servizi, nonché delle soglie, al di sopra delle quali si prevede il ricorso a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative procedure (commi 2-3). È demandata, inoltre, all’ANAC un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, e la pubblicazione sul proprio sito web dei prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi (commi 7-8). Viene, infine, previsto l’utilizzo di risorse per finanziare le attività dei soggetti aggregatori, per il potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria e per il finanziamento delle attività svolte da Consip S.p.A. nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni (commi 9-10).
Il comma 4 del citato articolo 9 definisce invece una nuova disciplina per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture per i comuni non capoluogo di provincia. In base al nuovo testo del comma 3-bis dell’art. 33 del Codice, così riscritto dal citato comma 4, nell’acquisizione di lavori, beni e servizi, i comuni non capoluogo di provincia dovranno optare, a decorrere dal 1° settembre prossimo (tale decorrenza è stata prevista dall’art. 23-ter, comma 1, del D.L. 90/2014), per una delle seguenti opzioni alternative:
§ procedere nell'ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti;
§ costituire un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalersi dei competenti uffici, anche delle province;
§ ricorrere ad un soggetto aggregatore o alle province;
§ utilizzare, per l’acquisto di beni e servizi, gli strumenti elettronici di acquisto gestiti dalla CONSIP o da altro soggetto aggregatore di riferimento.
L’art. 23-ter, comma 3, del D.L. 90/2014, oltre a fissare la succitata data di decorrenza al 1° settembre 2015, ha altresì disposto che i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro.
Con riferimento alle convenzioni Consip, ulteriori disposizioni sono state dettate dall’art. 10 del medesimo D.L. 66/2014, che ha disciplinato la procedura per la pubblicazione dei prezzi delle “prestazioni principali” oggetto delle citate convenzioni.
L’Autorità nazionale anticorruzione (con la determinazione n. 3 del 25 febbraio 2015, pubblicata sulla G.U. n. 65 del 19 marzo 2015) ha reso indicazioni interpretative sugli obblighi di cui all'art. 33, comma 3-bis del Codice, sul rapporto tra stazione unica appaltante e soggetto aggregatore (centrale unica di committenza).
Il Ministro dell’economia e delle finanze, con lettera in data 30 marzo 2015, ha inviato al Parlamento la relazione concernente i risultati ottenuti in materia di razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi per le pubbliche amministrazioni, riferita all’anno 2014 (Doc. CLXV, n. 3).
A tale relazione, che analizza l’attuazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti avviato con l’art. 26 della legge finanziaria per il 2000 (legge 488/1999), si rinvia per una ricostruzione completa del quadro normativo che si è stratificato nel corso degli anni in materia di processi di acquisto delle Pubbliche Amministrazioni e di sviluppo di modelli di e-Procurement.
Articolo 1, comma 1, lettera z)
(Contenimento del ricorso alle varianti
in corso d’opera)
La lettera z) prescrive l’introduzione di misure volte a contenere il ricorso a variazioni progettuali in corso d'opera, che dovranno essere volte a distinguere le variazioni sostanziali e quelle non sostanziali. Il criterio di cui alla lettera v) prevede, inoltre, che le misure di contenimento delle varianti dovranno applicarsi, in particolare, alla fase di esecuzione dei lavori e dovranno essere specificamente riferite alle infrastrutture strategiche disciplinate dalla c.d. legge obiettivo (L. 443/2001).
La stessa lettera provvede, inoltre, a
specificare che ogni variazione in corso
d'opera deve essere:
§ motivata;
§ giustificata da condizioni impreviste e imprevedibili;
§ e debitamente autorizzata dal RUP (responsabile unico del procedimento), con particolare riguardo all'effetto sostitutivo dell'approvazione della variazione rispetto a tutte le autorizzazioni e gli atti di assenso comunque denominati.
La medesima lettera dispone, altresì, che dovrà essere sempre assicurata la possibilità, per l'amministrazione committente, di procedere alla rescissione del contratto quando le variazioni superino determinate soglie rispetto all'importo originario, e dovrà al contempo essere garantita la qualità progettuale e la responsabilità del progettista in caso di errori di progettazione.
La disciplina delle varianti in corso di esecuzione per i lavori è contenuta nell’articolo 132 del Codice dei contratti pubblici. Su tale disciplina è intervenuto l’articolo 37 del decreto-legge 90/2014. Il comma 1 di tale articolo sottopone, infatti, al controllo dell’ANAC l’effettuazione di alcune tipologie di varianti consentite dal Codice dei contratti pubblici introducendo l’obbligo di trasmissione all’ANAC, entro 30 giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante, di alcune tipologie di varianti in corso d’opera, al fine di consentire alla stessa ANAC di effettuare le valutazioni e adottare gli eventuali provvedimenti di competenza. L'applicazione di tale disposizione è limitata alle varianti in corso d’opera resesi necessarie:
§ per cause impreviste e imprevedibili accertate nei modi stabiliti dal Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. 207/2010), o per l'intervenuta possibilità di utilizzare materiali, componenti e tecnologie non esistenti al momento della progettazione che possono determinare, senza aumento di costo e alterazione dell’impostazione progettuale, significativi miglioramenti nella qualità dell'opera o di sue parti e sempre che non alterino l'impostazione progettuale (lett. b) del comma 1 dell’art. 132 del Codice);
§ per la presenza di eventi inerenti alla natura e alla specificità dei beni sui quali si interviene, o di rinvenimenti imprevisti o non prevedibili in fase progettuale (lett. c) del comma 1 dell’art. 132 del Codice);
§ per impreviste difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore (lett. d) del comma 1 dell’art. 132 del Codice).
L’art. 132 del Codice ammette varianti in corso
d’opera, sentito il progettista e il direttore dei lavori, oltre che nei casi
succitati, anche per esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni
legislative e regolamentari, nonché per il manifestarsi di errori/omissioni del
progetto esecutivo che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione
dell'opera o la sua utilizzazione (lettere a) ed e) del comma 1), nonché nei
casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati (lettera e-bis), introdotta dall’art. 34, comma 5,
lett. a), del D.L. 133/2014). Il comma 3 dell’art. 132 stabilisce che non sono
considerati varianti gli interventi disposti dal direttore dei lavori per
risolvere aspetti di dettaglio[12].
Il citato obbligo di trasmissione all’ANAC è limitato alle sole varianti:
§ relative ad appalti "sopra soglia" (cioè di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea di 5.186.000 euro);
§
Per gli appalti
“sotto soglia” il comma 2 dell’art. 37 prevede una diversa disciplina. Per tali
appalti, infatti, l’obbligo di comunicazione scatta per tutte le varianti in
corso d'opera contemplate dall'art. 132 del Codice e la comunicazione deve
essere inviata all'Osservatorio (tramite le sezioni regionali), entro 30 giorni
dall'approvazione da parte della stazione appaltante. Come il comma 1, anche il
comma 2 è finalizzato a consentire le valutazioni e gli eventuali provvedimenti
di competenza dell'ANAC.
§ e di importo eccedente il 10% dell'importo originario del contratto.
Il comma 1 dell’art. 37 del decreto-legge 90/2014 prevede che la variante sia trasmessa all’ANAC unitamente:
§ al progetto esecutivo;
§ all’atto di validazione;
§ ad apposita relazione del responsabile del procedimento.
Il procedimento di approvazione delle varianti è disciplinato dettagliatamente dall’articolo 161 del Regolamento: in particolare, i commi 9 e 10 imputano al responsabile del procedimento o all’organo decisionale della stazione appaltante, previo parere dell’organo consultivo che si è espresso sul progetto, emanare l’atto conclusivo consistente nell’approvazione della variante.
Nel caso di affidamento a contraente generale, si applica una speciale disciplina prevista dal comma 5 dell’articolo 176 del Codice.
Per quanto riguarda invece la nuova disciplina europea, nella direttiva n. 2014/24/UE si legge, nel 48° considerando, che, in considerazione dell'importanza dell'innovazione, occorre incoraggiare le amministrazioni aggiudicatrici a consentire varianti quanto più spesso possibile e che occorre pertanto attirare l'attenzione di tali autorità sulla necessità di definire i requisiti minimi che le varianti devono soddisfare prima di indicare che possono essere presentate varianti.
L’art. 45 della direttiva n. 24 consente alle amministrazioni aggiudicatrici di autorizzare o esigere la presentazione da parte degli offerenti di varianti; a tal fine, esse indicano nel bando di gara o, se un avviso di preinformazione è utilizzato come mezzo di indizione di una gara, nell’invito a confermare interesse se autorizzano o richiedono le varianti o meno. In mancanza di questa indicazione, le varianti non sono autorizzate e sono collegate all’oggetto dell’appalto (par. 1). Le amministrazioni aggiudicatrici che autorizzano o richiedono le varianti menzionano nei documenti di gara i requisiti minimi che le varianti devono rispettare, nonché le modalità specifiche per la loro presentazione, in particolare se le varianti possono essere presentate solo ove sia stata presentata anche un’offerta, che è diversa da una variante (par. 2). Nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture o di servizi, le amministrazioni aggiudicatrici che abbiano autorizzato o richiesto varianti non possono respingere una variante per il solo fatto che, se accolta, configurerebbe, rispettivamente, o un appalto di servizi anziché un appalto pubblico di forniture o un appalto di forniture anziché un appalto pubblico di servizi (par. 3).
La disciplina delle varianti, per gli appalti nei settori speciali, è contenuta nell’articolo 64 della direttiva 2014/25/UE.
Art. 1, comma 1, lettere aa) e bb)
(Utilizzo del criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa)
La lettera aa) prevede l’utilizzo, per l'aggiudicazione degli appalti pubblici e delle
concessioni, del criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa (OEPV), misurata sul "miglior rapporto qualità/prezzo".
La preferenza per tale criterio di aggiudicazione si accompagna alla regolazione espressa dei casi e delle soglie di importo entro
le quali è consentito il ricorso al solo
criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso
d'asta.
La nuova disciplina europea introduce innovazioni importanti sotto il profilo dei criteri di aggiudicazione, in quanto strettamente collegati alla finalità generale di utilizzo strategico degli appalti che le direttive si prefiggono.
Nel 90° considerando della direttiva n. 24 viene sottolineato che “occorre stabilire esplicitamente che l'offerta economicamente più vantaggiosa dovrebbe essere valutata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, che dovrebbe sempre includere un elemento relativo al prezzo o al costo. Analogamente occorre precisare che tale valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa potrebbe essere effettuata anche soltanto sulla base del prezzo o di un approccio costo/ efficacia” e che “al fine di incoraggiare maggiormente l'orientamento alla qualità degli appalti pubblici, dovrebbe essere consentito agli Stati membri di proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo per valutare l'offerta economicamente più vantaggiosa qualora lo ritengano appropriato”.
L’articolo 67 della direttiva n. 24 elenca i criteri di aggiudicazione dell'appalto e stabilisce che, fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di taluni servizi, le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’aggiudicazione degli appalti sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che è individuata sulla base del prezzo o del costo, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita conformemente all’articolo 68, e può includere il miglior rapporto qualità/prezzo, valutato sulla base di criteri, quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto pubblico in questione. Gli Stati membri possono prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici non possano usare solo il prezzo o il costo come unico criterio di aggiudicazione o limitarne l’uso a determinate categorie di amministrazioni aggiudicatrici o a determinati tipi di appalto.
I medesimi criteri sono fissati, per gli
appalti nei settori speciali, nell’articolo
82 della direttiva n. 25.
Per le concessioni, invece, l’articolo 41 della direttiva n. 23 prevede che sono aggiudicate sulla base di criteri oggettivi che siano conformi ai principi della parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza e assicurino una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore. L’articolo 41 dispone, inoltre, che i criteri di aggiudicazione sono connessi all’oggetto della concessione, non attribuiscono una incondizionata libertà di scelta all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore, possono includere, tra l’altro, criteri ambientali, sociali o relativi all’innovazione.
Per quanto riguarda la normativa nazionale vigente, nel Codice dei contratti pubblici (artt. 81-83 del D.Lgs. 163/2006), la selezione delle offerte viene effettuata seguendo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Le amministrazioni aggiudicatrici possono, pertanto, scegliere liberamente tra tali due criteri di volta in volta, in relazione alle caratteristiche specifiche del singolo contratto (art. 81). Si tratta di una disposizione innovativa rispetto al previgente sistema delineato dalla legge “Merloni” (legge n. 109/1994), che predeterminava i casi in cui era possibile l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa determinando di fatto il ricorso ordinario al criterio del prezzo più basso.
La determinazione del criterio del prezzo più basso è stabilita nel bando di gara, a seconda che si tratti di contratti da stipulare a misura (determinato mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari) o di contratti da stipulare a corpo (determinato mediante ribasso sull'importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari) (art. 82).
Il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa prevede invece la valutazione di un insieme di elementi
tecnici ed economici (prezzo, qualità, pregio tecnico; caratteristiche
estetiche, ecc.) (art. 83).
La medesima lettera aa) prevede la determinazione delle modalità più agevoli di individuazione ed esclusione delle offerte anomale, con particolare riguardo ad appalti di valore inferiore alle soglie di rilevanza europea
Relativamente alle offerte anormalmente basse, l’art. 69 della direttiva n. 24 (art. 84 della direttiva n. 25) stabilisce che le amministrazioni aggiudicatrici impongono agli operatori economici di fornire spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse rispetto a lavori, forniture o servizi ed indica gli argomenti a cui possono riferirsi le citate spiegazioni.
Per quanto riguarda la normativa nazionale, l’articolo 86 del Codice fissa i criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse, a seconda che si faccia ricorso al criterio del prezzo più basso o al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che si applicano a tutti i contratti del Codice (ossia quelli sopra e sotto soglia). L’articolo 87 del Codice elenca in via semplificativa le offerte ammesse e quelle non ammesse. L’articolo 88 del Codice disciplina il procedimento di verifica e di esclusione delle offerte anomale.
La lettera bb) riserva, infine, l’utilizzo esclusivo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per l’aggiudicazione dei contratti pubblici relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, escludendo in ogni caso l'applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta.
I servizi sociali e di ristorazione (relativamente ai codici del Vocabolario comune per gli appalti pubblici – CPV ivi elencati) sono inclusi tra i servizi specifici di cui all’Allegato XIV della direttiva n. 24 a cui si applica, ai fini dell’aggiudicazione, la disciplina del Capo I del titolo III quando il loro valore è pari o superiore alla soglia di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 (750.000 euro).
Nella Determinazione n. 7 del 2011 dell’allora Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, recante le Linee guida per l'applicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa
nell'ambito dei contratti di servizi e
forniture, si fa espresso riferimento agli appalti relativi ai servizi
socio - sanitari ed educativi e, più in generale, ai servizi sociali, per i
quali l’Autorità esprime l’indicazione di ricorso preferenziale al criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa poiché in tali settori “occorre
garantire la piena espressione della progettualità degli operatori economici e
del terzo settore, tenendo conto della qualità e delle caratteristiche delle
prestazioni offerte e della qualificazione del personale”.
Art. 1, comma 1, lettera cc)
(Istituzione di un albo nazionale delle
commissioni giudicatrici)
La lettera cc) prevede la creazione, presso l'Autorità nazionale anticorruzione, di un albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici di appalti pubblici e concessioni i quali, ai fini dell'iscrizione, debbono possedere specifici requisiti di moralità, di competenza e di professionalità nello specifico settore a cui si riferisce il contratto. Nell’esercizio della delega dovranno essere disciplinate le cause di incompatibilità e di cancellazione dall’albo.
Si prevede, inoltre, che l'assegnazione dei componenti alle commissioni giudicatrici avvenga mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno doppio rispetto ai componenti da nominare e comunque nel rispetto del principio di rotazione.
Si demanda, infine, a una determinazione dell’Autorità la disciplina generale per la tenuta dell'albo, comprensiva dei criteri per il suo aggiornamento.
L’art. 84 del Codice dei contratti
pubblici prevede la nomina da parte della stazione appaltante di una apposita
commissione giudicatrice, per lo
svolgimento delle attività necessarie all’individuazione della migliore offerta
presentata, composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque,
e presieduta da un dirigente (o, in sua assenza, da un funzionario con funzioni
apicali) della stazione appaltante; in caso di carenza di organico idoneo
interno all’amministrazione il Codice consente l’affidamento dell’incarico a
figure professionali esterne in possesso dei necessari requisiti e che non
versino nelle condizioni di incompatibilità di cui all’art. 84, commi 4, 5 e 6,
del citato Codice.
Nell’ambito dei servizi di ingegneria e architettura
disciplinati negli artt. 90-112-bis del Codice dei contratti pubblici,
relativamente alle procedure dei concorsi
di progettazione (artt. 99-110), intese a fornire alla stazione appaltante soprattutto
nel settore della pianificazione territoriale, dell'urbanistica,
dell'architettura, dell'ingegneria o dell'elaborazione di dati, un piano o un
progetto, (sulla base della definizione di cui all’art. 3, comma 41, del
Codice), interviene nella selezione una commissione
giudicatrice, a cui si applicano le disposizioni di cui all'articolo 84,
nei limiti di compatibilità (art. 106). In particolare, se ai partecipanti a un
concorso di progettazione è richiesta una particolare qualifica professionale,
almeno un terzo dei membri della commissione deve possedere la stessa qualifica
o una qualifica equivalente.
Art. 1, comma 1, lettera dd)
(Pubblicità e trasparenza nei contratti
sotto soglia)
La lettera dd) prevede la garanzia di adeguati livelli di pubblicità e trasparenza delle procedure anche per gli appalti pubblici e i contratti di concessione sotto la soglia di rilevanza europea assicurando, anche nelle forme semplificate di aggiudicazione:
§ la valutazione comparativa tra più offerte in numero almeno pari a cinque;
§ una adeguata rotazione degli affidamenti;
§ la facoltà per le imprese pubbliche dei settori speciali di cui alla direttiva 2014/25/UE di applicare la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, adottati in conformità ai principi dettati dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea a tutela della concorrenza.
I contratti
pubblici di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea devono
rispettare i principi del Tratto a tutela della concorrenza e, segnatamente, i
principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento,
proporzionalità.
Il considerando n. 3 della direttiva n. 25
rileva che, per gli appalti il cui valore è inferiore alla soglia che fa
scattare l’applicazione di disposizioni di coordinamento a livello di Unione, è
opportuno fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia
dell’Unione europea relativa alla corretta applicazione delle norme e dei
principi del TFUE.
Ai contratti
pubblici aventi per oggetto lavori, servizi, forniture, di importo inferiore
alle soglie di rilevanza europea, si applicano oltre alle disposizioni della
parte I (norme comuni), della parte IV (contenzioso) e della parte V
(disposizioni finali), anche le disposizioni della parte II (contratti nei
settori ordinari), in quanto non derogate dalle norme del Titolo II (artt. 121-125) della parte II del Codice dei contratti
pubblici, che disciplina i contratti di importo inferiore alle soglie di
rilevanza europea riportate nell’articolo 28 del Codice.
In particolare,
il comma 7 dell’articolo 122 del Codice
prevede che i lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro
possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del
procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di
trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura negoziata
senza previa pubblicazione del bando; l'invito è rivolto, per lavori di importo
pari o superiore a 500.000 euro, ad almeno dieci soggetti e, per lavori di
importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti se sussistono
aspiranti idonei in tali numeri.
L’articolo 123 del Codice, che disciplina
la procedura ristretta semplificata per gli appalti di lavori, prevede che, per
gli appalti aventi ad oggetto la sola esecuzione di lavori di importo inferiore
a un milione e cinquecentomila di euro, le stazioni appaltanti hanno facoltà,
senza procedere a pubblicazione di bando, di invitare a presentare offerta
almeno venti concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in
relazione ai lavori oggetto dell'appalto, individuati tra gli operatori
economici iscritti nell'elenco disciplinato nel medesimo articolo.
L’articolo 125 del Codice disciplina i lavori,
i servizi e le forniture in economia provvedendo a regolare le fattispecie
riguardanti gli affidamenti mediante cottimo fiduciario che avvengono nel
rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa
consultazione di almeno cinque operatori, per i lavori di importo pari
superiore a 40.000 euro e fino a 200.000 euro e per servizi o forniture di importo
pari o superiore a quarantamila euro e fino alle soglie di rilevanza europea.
Per quanto
riguarda i settori speciali, l’articolo 238 del Codice dispone che gli
enti aggiudicatori che sono amministrazioni aggiudicatrici applicano le
disposizioni della parte III del Codice (dedicata proprio ai settori speciali)
per l'affidamento di appalti di lavori, forniture e servizi di importo
inferiore alla soglia comunitaria, che rientrano nell'ambito delle attività
previste dagli articoli da 208 a 213 (gas, energia termica ed elettricità,
acqua, servizi di trasporto e postali, prospezione ed estrazione di petrolio,
gas, carbone e altri combustibili solidi, porti e aeroporti). Il comma 6
dell’articolo 238 del Codice, con una disposizione che è ripresa alla fine della
lettera dd), prevede che per gli altri enti aggiudicatori, ossia per le imprese
pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi per gli
appalti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alla soglia europea,
applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale,
comunque, deve essere conforme ai principi dettati dal Trattato a tutela della
concorrenza.
Art. 1, comma 1, lettera ee) e ff)
(Rafforzamento del controllo delle
stazioni appaltanti e istituzione di un albo dei responsabili, dei direttori
dei lavori e dei collaudatori)
Le lettere ee) e ff) prevedono, rispettivamente, il rafforzamento della funzione di controllo della stazione appaltante sull'esecuzione delle prestazioni e la creazione di un Albo nazionale dei soggetti che operano nella fase di direzione dei lavori.
In particolare, il criterio di cui alla lettera ee) è volto al rafforzamento della funzione di controllo della stazione appaltante sull'esecuzione delle prestazioni attraverso un potenziamento dei poteri di verifica e di intervento del responsabile del procedimento e del direttore nei contratti di lavori, nonché del direttore dell'esecuzione nei contratti di servizi e forniture. Tale rafforzamento, secondo quanto dispone la norma, dovrà essere attuato mediante verifiche effettive e non meramente documentali.
Ai sensi dell’articolo 9 del Codice dei contratti pubblici, le fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione di ogni singolo intervento sono eseguite sotto la diretta responsabilità e vigilanza di un responsabile del procedimento, nominato dalle amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito dei propri dipendenti di ruolo fatta eccezione per le situazioni di inadeguatezza dell’organico. Le funzioni e i compiti del responsabile del procedimento sono disciplinati dall’articolo 10 del Codice e dettagliati nel regolamento.
Il Codice in via generale stabilisce che l’esecuzione dei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi, forniture, è diretta dal responsabile del procedimento o da altro soggetto, nei casi e con le modalità stabilite dal Regolamento di cui al D.P.R. n. 207 del 2010 (art. 119, comma 1).
Per quanto riguarda i lavori, caratterizzati da maggiore complessità, di regola il direttore dei lavori e il responsabile del procedimento sono soggetti distinti; il regolamento stabilisce le tipologie e gli importi massimi per i quali il responsabile del procedimento può coincidere con il direttore dei lavori (art. 119, comma 2).
Quanto ai servizi e alle forniture invece, c’è coincidenza tra le due figure fatta eccezione per quelli di particolare importanza, per qualità e importo delle prestazioni, la cui individuazione è demandata al regolamento, per i quali il direttore dell'esecuzione del contratto deve essere un soggetto diverso dal responsabile del procedimento (art. 119, comma 3).
Il criterio di cui alla lettera ee) reca specifiche previsioni per la normativa riguardante le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale attraverso:
§ il divieto, negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale, di attribuzione dei compiti di responsabile o direttore dei lavori allo stesso contraente generale o soggetto collegato.
Tale divieto, ai sensi dell’art. 1, comma 7, del
presente provvedimento, decorrerà comunque dalla data di entrata in vigore del
presente provvedimento.
L’attuazione della lettera ee) andrà,
pertanto, coordinata con la norma di diretta applicazione di cui al comma 7.
§ l’obbligo per i soggetti che realizzano insediamenti produttivi strategici privati o infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale di adottare forme di contabilità esecutiva e di collaudo analoghe a quelle previste per gli appalti pubblici di lavori.
Il capo IV del
Titolo III della parte II del d.lgs. 163/2006 (artt. 161-194) regola la progettazione, l'approvazione dei
progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente
interesse nazionale, nonché l'approvazione secondo quanto previsto
dall'articolo 179 dei progetti degli insediamenti produttivi strategici e delle
infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale,
individuati a mezzo del programma di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge
21 dicembre 2001, n. 443 (cd. Legge Obiettivo). Inoltre, l’articolo 176 prevede la possibilità per il soggetto aggiudicatore
di assegnare, con il contratto di cui all'articolo 173, comma 1, lettera b), cioè
in affidamento unitario, in deroga a quanto previsto all'articolo 53 che
dispone sulla tipologia e sull’oggetto dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture, la realizzazione dell’infrastruttura ad un contraente generale, che provvede tra
l’altro alla direzione dei lavori.
Il collaudo per
i lavori pubblici nel Codice è disciplinato in due soli articoli, ossia
nell’articolo 120 e nell’articolo 141 in quanto è il regolamento a disciplinare
in maniera dettagliato il collaudo con modalità ordinarie e semplificate.
Una specifica
disciplina è prevista per le infrastrutture
strategiche per le quali l’articolo
178 del Codice prevede, al comma 1, che al collaudo si provvede con le modalità e nei termini previsti
dall'articolo 141 del Codice che rinvia, in più parti, al regolamento. L’articolo 180, inoltre, dispone che i
soggetti aggiudicatori indicano negli atti di gara le disposizioni del
regolamento che trovano applicazione con riguardo all'esecuzione, alla
contabilità e al collaudo. Per le infrastrutture di grande rilevanza o
complessità, il soggetto aggiudicatore può autorizzare le commissioni di
collaudo ad avvalersi dei servizi di supporto e di indagine di soggetti
specializzati nel settore (art. 178, comma 2).
La contabilità
dei lavori pubblici è regolamentata nel Titolo IX del regolamento di cui al
D.P.R. 207/2010 (artt. 178-214).
Si
osserva che andrebbe valutata l’opportunità di chiarire il riferimento alla
“contabilità esecutiva”.
La lettera ff) prevede l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un albo nazionale obbligatorio dei soggetti che, sulla base di specifici requisiti di moralità, di competenza e di professionalità, possono ricoprire i ruoli di responsabile dei lavori, direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale.
La nomina dei suddetti soggetti nelle procedure di appalto deve avvenire mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno triplo per ciascun ruolo da ricoprire.
Si prevede, infine, che le spese di tenuta dell'albo sono poste a carico dei soggetti interessati.
Si
osserva che andrebbe valutato se fare riferimento al “responsabile del
procedimento” anziché al “responsabile dei lavori” considerato che la normativa
vigente provvede a definire la figura del RUP, che assume, tra l’altro, il
ruolo di responsabile dei lavori, ai fini del rispetto delle norme sulla
sicurezza e salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro (art. 10, comma 2, del
D.P.R. 207/2010).
Articolo 1,
comma 1, lettera gg)
(Valorizzazione della fase progettuale
negli appalti e nelle concessioni di lavori)
Il criterio di cui alla lettera gg) è finalizzato alla valorizzazione della fase progettuale negli appalti pubblici e nelle concessioni di lavori attraverso:
§ la promozione della qualità architettonica e tecnico-funzionale, anche attraverso lo strumento dei concorsi di progettazione;
Gli articoli
78-82 della direttiva n. 24 regolano i concorsi di progettazione negli
appalti pubblici nei settori ordinari, mentre gli articoli 95-98 contengono le
corrispondenti norme per i settori speciali.
Nella normativa nazionale il concorso di progettazione
è disciplinato dagli articoli 99-107 del
Codice dei contratti pubblici, per gli appalti nei settori ordinari, e
dagli articoli 235-237 per gli appalti nei settori speciali.
§ la limitazione del ricorso all'appalto integrato ai casi in cui l'appalto o la concessione di lavori abbiano per oggetto opere per le quali siano necessari lavori o componenti caratterizzati da notevole contenuto innovativo o tecnologico che superino in valore il 70 per cento dell'importo totale dei lavori;
Rispetto alla disciplina europea, che lascia
libertà di scelta all’amministrazione aggiudicatrice, tale previsione sembra
restringere l’utilizzo di tale forma di appalto. Al riguardo, sembrerebbe
opportuno un chiarimento.
Si segnala che nella definizione europea di “appalti di lavori” rientra non solo la sola esecuzione di lavori, ma anche il contratto avente ad oggetto l’esecuzione e la progettazione (art. 1, n. 6, della direttiva n. 24).
Il considerando n. 8 della direttiva n. 24 sottolinea che,”vista la diversità degli appalti pubblici di lavori, è opportuno che le amministrazioni aggiudicatrici possano prevedere sia l’aggiudicazione separata che l’aggiudicazione congiunta di appalti per la progettazione e l’esecuzione di lavori e che la direttiva non è intesa a prescrivere un’aggiudicazione separata o congiunta degli appalti”.
Dello stesso tenore rispettivamente la definizione di “appalti di lavori” di cui alla lettera b) del paragrafo n. 2 della direttiva n. 2004/18 e il considerando n. 9 della medesima direttiva.
In merito alla normativa nazionale, si ricorda che l’art. 19 della legge 109/1994, abrogato
dall’art. 257 del Codice dei contratti, limitava l’appalto integrato nel caso
di lavori la cui componente impiantistica o tecnologica incideva per più del 60
per cento del valore dell'opera (comma 1, lettera b) n. 2).
Il comma 2 dell’art. 53 del Codice dei contratti invece prevede che negli appalti relativi a lavori il decreto o la determina a contrarre stabilisce, motivando in ordine alle esigenze tecniche, organizzative ed economiche, se il contratto ha ad oggetto::
-
la progettazione
esecutiva e l'esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo
dell'amministrazione aggiudicatrice;
-
previa
acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la progettazione
esecutiva e l'esecuzione di lavori sulla base del progetto preliminare
dell'amministrazione aggiudicatrice.
Quando il contratto ha per oggetto anche la
progettazione, ai sensi del comma 2, il comma 3 dell’art. 53 stabilisce che gli
operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti,
ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell'offerta, o
partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione. Il
bando indica i requisiti richiesti per i progettisti, secondo quanto previsto
dal capo IV (artt. 90-112-bis), parte
II, titolo I del d.lgs. 163/2006, relativo ai servizi attinenti
all'architettura e all'ingegneria (in particolare, sulla progettazione e i concorsi
di progettazione), e l'ammontare delle spese di progettazione comprese
nell'importo a base del contratto.
§ la previsione di norma della messa a gara del progetto esecutivo e l’esclusione, per l'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e di tutti i servizi di natura tecnica, del ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta.
Il capo IV del titolo I della parte II del Codice dei
contratti pubblici racchiude tutte le norme riguardanti i servizi attinenti
all'architettura e all'ingegneria (artt. 90-112-bis). L’articolo 91
disciplina le modalità di affidamento degli incarichi di progettazione; in
particolare, il comma 4 dell’articolo 91
del Codice prevede che le progettazioni definitiva ed esecutiva sono di norma
affidate al medesimo soggetto, pubblico o privato, salvo che in senso contrario
sussistano particolari ragioni, accertate dal responsabile del procedimento, e
che l'affidamento può ricomprendere entrambi i livelli di progettazione, fermo
restando che l'avvio di quello esecutivo resta sospensivamente condizionato
alla determinazione delle stazioni appaltanti sulla progettazione definitiva.
La Determinazione n.
4, del 25 febbraio 2015) dell’Autorità reca le più recenti linee guida per l'affidamento dei
servizi attinenti all'architettura ed all'ingegneria
Articolo 1, comma 1, lettera hh)
(Riassetto, revisione e semplificazione
dei sistemi di garanzia per l'aggiudicazione e l'esecuzione degli appalti pubblici)
La lettera
hh) è volta al riassetto, alla revisione e alla semplificazione dei sistemi di
garanzia per l'aggiudicazione e l'esecuzione degli appalti pubblici di lavori,
servizi e forniture.
La
finalità principale della revisione e della semplificazione è la salvaguardia dell'interesse pubblico alla
conclusione dei lavori nei costi, nei tempi e nei modi programmati, anche
in caso di fatti imprevisti ed imprevedibili e non imputabili alla stazione
appaltante.
La
norma prevede, inoltre, che la nuova disciplina dei sistemi di garanzia debba entrare in vigore contestualmente a
strumenti attuativi preventivamente concordati con gli istituti bancari e
assicurativi che devono assumersi i rischi d'impresa.
Il sistema delle
garanzie di esecuzione e delle coperture assicurative è disciplinato dall’articolo 113 del Codice dei contratti,
che si applica agli appalti di lavori, servizi e forniture. In base al comma 1
di tale articolo, L'esecutore del contratto è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento
dell'importo contrattuale, la cui mancata costituzione determina la decadenza
dell'affidamento e l'acquisizione della cauzione provvisoria di cui
all'articolo 75 da parte della stazione appaltante, che aggiudica l'appalto o
la concessione al concorrente che segue nella graduatoria. La garanzia copre
gli oneri per il mancato od inesatto adempimento e cessa di avere effetto solo
alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del
certificato di regolare esecuzione (art. 113, comma 5). Il citato articolo 75 regola invece le garanzie a corredo dell’offerta.
Ulteriori
disposizioni in materia di garanzie sono specificamente previste solo per i
lavori e sono disciplinate dall’articolo
129 del Codice.
Fermo restando
quanto disposto dall'articolo 75 e dall'articolo 113, l'esecutore dei lavori è
altresì obbligato a stipulare una polizza
assicurativa che tenga indenni le stazioni appaltanti da tutti i rischi di
esecuzione da qualsiasi causa determinati, salvo quelli derivanti da errori di
progettazione, insufficiente progettazione, azioni di terzi o cause di forza
maggiore, e che preveda anche una garanzia di responsabilità civile per danni a
terzi nell'esecuzione dei lavori sino alla data di emissione del certificato di
collaudo provvisorio o di regolare esecuzione (articolo 129, comma 1).
Per i lavori il
cui importo superi gli importi stabiliti con decreto del Ministro delle
infrastrutture 1° dicembre 2000, l'esecutore è inoltre obbligato a stipulare,
con decorrenza dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio
o del certificato di regolare esecuzione, una polizza indennitaria decennale, nonché una polizza per
responsabilità civile verso terzi, della medesima durata, a copertura dei
rischi di rovina totale o parziale dell'opera, ovvero dei rischi derivanti da
gravi difetti costruttivi (art. 129, comma 2).
Con il comma 3
dell’articolo 129, infine, si demanda al Regolamento di cui al D.P.R. 207/2010
la disciplina della garanzia globale di
esecuzione (performance bond). L’istituzione
e la definizione del sistema di garanzia globale di esecuzione, nonché le
modalità di presentazione, l’oggetto, la durata, l’attivazione, i rapporti tra
le parti) sono contenute negli articoli 129-136. La garanzia globale è
obbligatoria per gli appalti di progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori
di ammontare a base d'asta superiore a 75 milioni di euro, per gli affidamenti
a contraente generale di qualunque ammontare, e, ove prevista dal bando o
dall'avviso di gara, per gli appalti di sola esecuzione di ammontare a base
d'asta superiore a 100 milioni di euro. L’art. 357 comma 5 del Regolamento prevedeva
l’applicazione di tale istituto ai bandi o avvisi di gara pubblicati a partire
dall’8 giugno 2012; tuttavia, il termine è stato dapprima prorogato di un anno
dal D.L. 73/2012 e infine dall’art. 21 del D.L. 69/2013 al 30 giugno 2014. L’applicazione
di tale istituto ha riscontrato diverse criticità, come evidenziato dalla
risposta del Governo all’interrogazione n. 5-05279 in cui è stata manifestata”, in ogni caso, nelle more
della revisione e semplificazione della disciplina vigente in sede di
recepimento delle direttive UE 23, 24 e 25 del 2014 in materia di appalti
pubblici, l'intenzione di produrre ogni sforzo per non interrompere la
realizzazione di opere in corso, valutando al riguardo ogni azione possibile,
anche in sinergia con ANAC”.
L’articolo 1, comma 8, del presente disegno
di legge dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo previsto al comma 1, cessano di applicarsi le disposizioni in
materia di sistema di garanzia globale, di cui all'articolo 129, comma 3, del
D.Lgs. 163/2006.
Articolo 1, comma 1, lettera ii)
(Revisione e semplificazione del sistema
di validazione dei progetti)
La lettera
ii) prevede la revisione e la semplificazione della disciplina vigente riguardante
il sistema della validazione dei progetti stabilendo:
§ la soglia di importo al di sotto della quale
la validazione è competenza del responsabile unico del procedimento (RUP);
§ il divieto,
al fine di evitare conflitti di interesse, dello svolgimento contemporaneo dell'attività di validazione con quella di
progettazione.
L’articolo 112 del Codice stabilisce che,
nei contratti relativi a lavori, le stazioni appaltanti verificano, nei termini
e con le modalità stabiliti nel regolamento, la rispondenza degli elaborati
progettuali ai documenti di cui all'articolo 93, commi 1 e 2, e la loro
conformità alla normativa vigente. Nei contratti aventi ad oggetto la sola
esecuzione dei lavori, la verifica di cui al comma 1 ha luogo prima dell'inizio
delle procedure di affidamento. Nei contratti aventi ad oggetto l'esecuzione e
la progettazione esecutiva, ovvero l'esecuzione e la progettazione definitiva
ed esecutiva, la verifica del progetto preliminare e di quello definitivo
redatti a cura della stazione appaltante hanno luogo prima dell'inizio delle
procedure di affidamento, e la verifica dei progetti redatti dall'offerente
hanno luogo prima dell'inizio dell'esecuzione dei lavori.
Il Codice fa
sempre riferimento alla verifica e non alla validazione a differenza di quanto
previsto nel vecchio regolamento di cui al D.P:R. n. 554 del 1999 in cui erano
separatamente trattati la verifica del progetto preliminare e la validazione
del progetto esecutivo. Solamente con riguardo alle infrastrutture strategiche,
nella sezione IV dell’Allegato XXI del
Codice, rubricata “validazione dei progetti”, vengono utilizzati i due
termini; in particolare, l’articolo 27 di tale allegato specifica che la
verifica di cui all'articolo 112, denominata anche validazione, è finalizzata
ad accertare la sussistenza, nel progetto a base di gara, dei requisiti minimi
di appaltabilità, nonché la conformità dello stesso alla normativa vigente.
Ai sensi del
comma 5 dell’articolo 112, il regolamento disciplina le modalità di verifica
dei progetti attenendosi ai seguenti criteri:
a) per i lavori
di importo pari o superiore a 20 milioni di euro, la verifica deve essere
effettuata da organismi di controllo accreditati ai sensi della norma europea
UNI CEI EN ISO/IEC 17020;
b) per i lavori
di importo inferiore a 20 milioni di euro, la verifica può essere effettuata
dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti ove il progetto sia stato
redatto da progettisti esterni o le stesse stazioni appaltanti dispongano di un
sistema interno di controllo di qualità, ovvero da altri soggetti autorizzati,
secondo i criteri contenuti nella Parte II, Titolo II, Capo II del regolamento
D.P.R. 207/2010 (artt. 44-59).
L’art. 47 del Regolamento definisce, per
le suddette verifiche, importi ancora inferiori, con una duplice soglia legata
alla tipologia di opera, per opere a rete d'importo inferiore alla soglia di
rilevanza europea e per opere puntuali, d'importo inferiore a 1 milione di
euro. In tale ambito le verifiche sono eseguite dal responsabile del
procedimento, qualora non sia stato anche progettista, o dagli uffici tecnici
della stazione appaltante anche non dotati di un sistema interno di controllo
di qualità.
Le verifiche
devono essere effettuate su tutti i livelli di progettazione e contestualmente
allo sviluppo degli stessi (art. 54, comma 1, del regolamento). E’ il
regolamento poi a fare riferimento esplicitamente alla validazione del progetto all’articolo 55 laddove precisa che la
validazione del progetto posto a base di gara è l'atto formale che riporta gli esiti delle verifiche e che la
validazione è sottoscritta dal responsabile del procedimento e fa preciso
riferimento al rapporto conclusivo, di cui all'articolo 54, comma 7, del
soggetto preposto alla verifica ed alle eventuali controdeduzioni del
progettista.
Il responsabile
del procedimento, acquisiti i pareri della conferenza di servizi nonché, ove
previsto, il parere del proprio organo consultivo, conclude le attività di
verifica relative al livello di progettazione da porre a base di gara con
l'atto formale di validazione di cui all'articolo 55. (art. 59).
Il comma 5 dell’art. 49 del Regolamento,
infine, prevede che l'affidamento dell'incarico di verifica sia incompatibile
con lo svolgimento per il medesimo progetto della progettazione, del
coordinamento della medesima, della direzione lavori, del coordinamento della
sicurezza e del collaudo.
Andrebbe valutato se fare riferimento non
solo alla validazione, ma anche alla verifica dei progetti in considerazione di
quanto disposto dalle norme vigenti del Codice e del Regolamento in precedenza
richiamate.
Art. 1, comma 1, lettere ll) e mm)
(Partenariato pubblico privato e studi di
fattibilità)
Le
lettere ll) e mm), sono volte, rispettivamente, alla razionalizzazione ed all’estensione
delle forme di partenariato pubblico-privato (PPP), nonché alla riduzione dei
tempi procedurali delle forme di attraverso la predisposizione di studi di
fattibilità.
In
particolare, la lettera ll) prevede la razionalizzazione
e l’estensione delle forme di partenariato pubblico privato (PPP),
con specifico riguardo alla finanza di progetto e alla locazione finanziaria di
opere pubbliche o di pubblica utilità, da incentivare mediante il ricorso a
strumenti finanziari innovativi e specifici ed il supporto tecnico alle
stazioni appaltanti, garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti.
L’articolo 3, comma 15-ter, del Codice dei contratti pubblici definisce i contratti di
partenariato pubblico privato come i contratti aventi per oggetto una o più
prestazioni, quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la
manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di
un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico
di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei
rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico
privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione
finanziaria, l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società
miste, il contratto di disponibilità. Possono rientrare altresì tra le
operazioni di partenariato pubblico privato l’affidamento a contraente generale
ove il corrispettivo per la realizzazione dell’opera sia in tutto o in parte
posticipato e collegato alla disponibilità dell’opera per il committente o per
utenti terzi.
L’articolo 153 del Codice disciplina l’affidamento
in finanza di progetto (project financing), che consente, in
alternativa all'affidamento mediante concessione di lavori pubblici, di affidare
una concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilità, mediante
pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che
contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei
soggetti proponenti. L’affidamento in finanza di progetto si articola di fatto
in quattro procedure: procedura a gara unica (commi 1-14) o a doppia gara
(comma 15) su iniziativa delle amministrazioni aggiudicatrici; procedura a
iniziativa privata a seconda che si tratti di opere contenute nell’elenco
annuale delle opere pubbliche (comma 16) o di opere non presenti nella
programmazione triennale dei lavori pubblici ovvero negli strumenti di
programmazione approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della
normativa vigente (comma 19).
Ai sensi dell’articolo 160-bis del Codice, per la realizzazione, l'acquisizione ed il
completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti
all'applicazione del presente codice possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria, che costituisce
appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere
meramente accessorio rispetto all'oggetto principale del contratto medesimo.
Nel corso della
legislatura sono state approvate alcune misure per rendere operative le
agevolazioni per la realizzazione delle infrastrutture mediante contratti di partenariato pubblico-privato
(PPP) e consentirne l'applicazione a un novero più ampio di opere.
La modifica più
importante è la riduzione dapprima da 500 a 200 milioni di euro (art. 19, comma
3, del D.L. 69/2013) e successivamente da 200 milioni di euro a 50 milioni di
euro del valore dell'opera infrastrutturale al di sopra del quale viene
concesso il credito d'imposta - a
valere sull'IRES e sull'IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione
dell'opera stessa - in caso di realizzazione mediante contratti di partenariato
pubblico-privato (art. 11 del D.L. 133/2014). Il credito d'imposta è cumulabile
con l'esenzione dal pagamento del canone di concessione nella misura necessaria
al raggiungimento dell'equilibrio del piano economico finanziario dell'opera.
Nel complesso le due misure non potranno superare il 50 per cento del costo
dell'investimento. Le due misure sono alternative alla
"defiscalizzazione" prevista dall'articolo 18 della legge n. 183 del
2011, consistente nella possibilità di compensare le imposte con quanto dovuto dalla
PA a titolo di contributo pubblico a fondo perduto, misura che è di fatto
divenuta operativa con la pubblicazione della delibera del CIPE 1/2013, con cui
sono stati definiti i requisiti, i criteri e le modalità di applicazione di
tale disciplina.
L’articolo 157
del Codice dei contratti pubblici consente alle società di progetto (di cui
all’articolo 156 del medesimo Codice) e alle società titolari di un contratto
di PPP di emettere, oltre alle obbligazioni, anche altri titoli di debito
aventi scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di
pubblica utilità, anche in deroga ai limiti previsti dal Codice civile in tema
di limiti quantitativi all'emissione di obbligazioni (project bond). L'articolo
13 del decreto legge n. 133 del 2014 ha, da ultimo, modificato la normativa
riguardante tali strumenti relativamente al sistema delle garanzie prestate e
al regime fiscale rendendo, tra l’altro, permanente l'applicazione
dell'aliquota agevolata al 12,5 per cento sugli interessi delle obbligazioni di
progetto emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi
di pubblica utilità.
La
lettera mm), prevede la predisposizione di studi
di fattibilità che consentano di porre
a gara progetti con accertata copertura finanziaria derivante dalla verifica
dei livelli di bancabilità dell'opera, garantendo altresì l'acquisizione di
tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e atti di assenso comunque
denominati entro la fase di aggiudicazione. La predisposizione degli studi è
finalizzata ad agevolare e ridurre i tempi delle procedure di PPP.
Nel
corso degli ultimi anni sono stati evidenziati alcuni problemi legati alla
complessità delle procedure di PPP, alla difficoltà di definire per via
contrattuale l’allocazione del rischio tra le parti, nonché alla chiusura del
finanziamento (financial closing).
Alcune innovazioni normative sono state volte ad agevolare la bancabilità dei
progetti da realizzare in partenariato pubblico privato (ad esempio, l’articolo
42, commi 1, 3 e 4, del decreto legge n. 201 del 2011, l’articolo 50 del D.L.
2/2012, l’articolo 19 del D.L. 69/2013).
Nella normativa
vigente i contenuti dello studio di fattibilità sono disciplinati dall’articolo
14 del regolamento.
Art. 1, comma 1, lettera nn)
(Revisione del sistema di qualificazione
degli operatori)
La lettera nn), il cui testo riprende il contenuto della lettera l) del disegno di legge originario modificata al Senato, prevede la revisione del vigente sistema di qualificazione degli operatori economici in base a criteri di omogeneità e trasparenza.
Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto, quale ulteriore criterio, quello della verifica delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali organiche all'impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite.
L’articolo 40 del Codice dei contratti pubblici rinvia al regolamento la disciplina del sistema di qualificazione unico per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro. Il sistema di qualificazione è attuato dalle SOA (società organismi di attestazione) autorizzati dall’ANAC. Nessuna qualificazione è prevista per coloro che partecipano a gare in materia di forniture di beni e/o di servizi, pertanto la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese deve essere verificata per ciascuna gara.
L’ANAC al fine di fornire agli operatori del mercato indicazioni aggiornate e puntuali in materia di attività di qualificazione, ha pubblicato (nell’ottobre scorso) il Manuale sull’attività di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro, che aggiorna, integra e razionalizza circa 300 atti tra Determinazioni, Comunicati e Deliberazioni emanati dal 1999. Il Manuale individua criteri rigorosi per l’utilizzo delle cessioni di rami di azienda ai fini del rilascio dell’attestato di qualificazione; fornisce elementi dettagliati e stringenti per la valutazione dei lavori privati; introduce verifiche più puntuali ai fini dell’accertamento dell’indipendenza di giudizio delle SOA e della vigilanza sulla loro attività; al fine di integrare il predetto Manuale, sono stati predisposti atti tipo diretti a standardizzare le istanze, le dichiarazioni e la documentazione da chiedere alle SOA.
Per quanto riguarda la nuova disciplina europea, l’articolo 64 della direttiva n. 24, che riprende l’articolo 52 della direttiva 2004/18/CE. prevede, in via generale, che gli Stati membri possono istituire o mantenere elenchi ufficiali di imprenditori, di fornitori, o di prestatori di servizi riconosciuti o prevedere una certificazione da parte di organismi di certificazione conformi alle norme europee in materia di certificazione di cui all’allegato VII.
La stessa lettera dispone che la revisione del sistema di qualificazione dovrà avvenire:
§ introducendo misure di premialità connesse a criteri reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili e su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell'esecuzione dei contratti e la gestione dei contenziosi;
Si fa notare che il riferimento alla gestione dei contenziosi è stato inserito durante l’esame al Senato. Sempre durante lo stesso esame è stato precisato che le citate misure di premialità dovranno essere regolate da un'apposita disciplina generale fissata dall'ANAC con propria determinazione;
Il tema dei criteri reputazionali, ossia riguardanti
ad esempio la storia imprenditoriale dell'azienda, è una questione su cui negli
ultimi anni si è dibattuto. Si veda ad esempio una segnalazione dell’Autorità del 2012 e, da ultimo, l’audizione del Presidente dell’Autorità svoltasi al Senato nell’ambito dell’esame del disegno
di legge in commento, che si è pronunciato non solo in merito a tali criteri,
ma anche al raccordo con la normativa in materia di rating di legalità (v. infra).
§ assicurando gli opportuni raccordi con la normativa vigente in materia di rating di legalità;
L’articolo 5-ter del decreto-legge 1/2012 al fine di promuovere l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, ha attribuito all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) i compiti di:
§ segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie al perseguimento del sopraindicato scopo anche in rapporto alla tutela dei consumatori, nonché di procedere, in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell'interno;
§ elaborare ed attribuire, su istanza di parte, un rating di legalità:
- per le imprese operanti nel territorio nazionale che
raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola
impresa o al gruppo di appartenenza, secondo i criteri e le modalità stabilite
da un regolamento dell'AGCM;
- al fine dell'attribuzione del rating, possono essere chieste informazioni a tutte le P.A.;
- del rating attribuito
si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle P.A.,
nonché in sede di accesso al credito bancario, secondo le modalità stabilite
con decreto dei Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo
economico;
- gli istituti di credito che omettono di tener conto del
rating attribuito in sede di
concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca
d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta.
Il regolamento attuativo è stato approvato con provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 14 novembre 2012, n. 20075, modificato, da ultimo, il 4 dicembre 2014. Il Ministero dell’economia e delle finanze (D.M. 20 febbraio 2014, n. 57) ha adottato il Regolamento concernente l'individuazione delle modalità in base alle quali si tiene conto del rating di legalità attribuito alle imprese ai fini della concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e di accesso al credito bancario.
§ prevedendo in ogni caso la decadenza delle attestazioni in caso di procedure di fallimento oppure la sospensione in caso di concordato «con riserva» o «con continuità aziendale».
Le SOA hanno l'obbligo di dichiarare la decadenza dell'attestazione di qualificazione qualora accertino che la stessa sia stata rilasciata in carenza dei requisiti prescritti dal regolamento, ovvero che sia venuto meno il possesso dei predetti requisiti; in caso di inadempienza l'Autorità procede a dichiarare la decadenza dell'autorizzazione alla SOA all'esercizio dell'attività di attestazione (art. 40, comma 9-ter, del Codice).
Con determina dell’8 aprile 2015, l’Autorità nazionale anticorruzione si è pronunciata in ordine agli effetti della domanda di concordato preventivo (c.d. concordato "in bianco") sulla disciplina degli appalti pubblici al fine di evitare che le imprese in crisi si vedano preclusa la possibilità della continuità aziendale proprio nel momento in cui preannunciano la presentazione del relativo piano.
Andrebbe
valutata l’opportunità di un coordinamento tra il criterio di cui alla presente
lettera e quello di cui alla lettera s), che consente l’utilizzo del documento
di gara unico europeo (DGUE).
Articolo 1, comma 1, lettera oo)
(Revisione della disciplina in materia di
avvalimento)
La lettera oo) prevede la revisione della disciplina vigente in materia di avvalimento:
§ nel rispetto dei princìpi dell'UE e di quelli desumibili dalla giurisprudenza amministrativa in materia;
§ imponendo che il contratto di avvalimento indichi nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l'oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara;
§ rafforzando gli strumenti di verifica circa:
- l'effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell'impresa ausiliaria;
- l'effettivo impiego delle risorse medesime nell'esecuzione dell'appalto, al fine di escludere la possibilità di ricorso all'avvalimento a cascata;
§ prevedendo che non possa essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell'esperienza tecnica e professionale necessarie per eseguire le prestazioni da affidare.
Rispetto
alla disciplina europea dell’avvalimento, che consente agli operatori economici
di fare affidamento sulla capacità economica e finanziaria e sulle capacità
tecniche e professionali di altri soggetti, tale criterio prevede che non possa
essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e
dell’esperienza tecnica e professionale. Al riguardo, sembrerebbe opportuno un
chiarimento.
Le direttive 17 e 18/2004 hanno regolato l’istituto dell’avvalimento. In particolare, ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 47 e nel paragrafo 3 dell’articolo 48 della direttiva 18, rispettivamente riguardanti la capacità economica e finanziaria e le capacità tecniche e professionali, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell'impegno a tal fine di questi soggetti.
L’articolo 49 del Codice disciplina l’avvalimento dando attuazione alla normativa europea. Al comma 1, dispone che il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, in relazione alla specifica gara di lavori, servizi o forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e organizzativo, attraverso i requisiti di altro soggetto. La disciplina nazionale dell’avvalimento è stata recentemente oggetto di una modifica, operata dall’art. 21 della L. 161/2014 (legge europea 2013-bis), che ha modificato il comma 6 del citato art. 49 al fine di adeguarne le disposizioni al dettato della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 10 ottobre 2013 nella Causa C-94/12, in particolare riguardo alla possibilità di avvalersi di più imprese ausiliarie, al fine di raggiungere la classifica richiesta nel bando di gara (avvalimento cosiddetto multiplo o plurimo).
Con riferimento alle disposizioni delle nuove
direttive, si fa notare che la direttiva
n. 24 si occupa dell’avvalimento all’articolo
63, rubricato “Affidamento sulle capacità di altri soggetti”. Le
disposizioni in esso contenute, seppur limitandosi comunque ai profili
essenziali, appaiono più articolate rispetto a quelle dettate all’interno degli
articoli 47-48 della precedente direttiva 2004/18/CE. Per
quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria
stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e i criteri relativi alle
capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo
4, si ribadisce che un operatore economico può, se del caso e per un
determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a
prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Per
quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e
professionali di cui all’allegato XII, parte II, lettera f), o alle esperienze
professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia fare
affidamento sulle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono i
lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste.
Articolo 1, comma 1, lettera pp)
(Metodi di risoluzione delle controversie
alternativi al rimedio giurisdizionale)
La
lettera pp), che riprende il contenuto della lettera l) del disegno di legge
originario, è volta alla razionalizzazione
dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio
giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto.
Nel
corso dell’esame al Senato, è stato precisato che tale razionalizzazione dovrà
tradursi nella limitazione del ricorso
alle procedure arbitrali e nella riduzione
dei costi ad esse connessi
La parte IV del
Codice dei contratti pubblici contiene le norme e le procedure relative al contenzioso (artt. 239-246-bis), in cui
sono state introdotte le disposizioni previste nel D.Lgs 53/2010, che ha
recepito la cd. "direttiva ricorsi" (dir. 2007/66/CE) e che ha
riformato la disciplina del contenzioso in materia di appalti pubblici,
rafforzando gli strumenti di definizione delle liti alternativi al processo,
attraverso misure volte ad agevolare il ricorso all'accordo bonario e sull’arbitrato,
quale sistema preferenziale di risoluzione delle controversie negli appalti
pubblici.
In tale ambito,
l’art. 240 prevede, in materia di accordo bonario, l'esclusione
dell'applicazione di tale disciplina ai contratti affidati a contraente generale
e la previsione di un limite ai compensi della commissione chiamata a formulare
la proposta di accordo bonario, mentre l’art. 241 in materia di arbitrato
prevede il deferimento agli arbitri delle controversie su diritti soggettivi,
derivanti dall'esecuzione dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e
di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo
bonario previsto dall'articolo 240.
Per quanto
riguarda specificatamente le risoluzioni
delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, nell’ambito
delle procedure di contenzioso in materia di contratti pubblici, il D.Lgs.
163/2006 affida all’ANAC una rilevante funzione consultiva in sede di
pre-contenzioso. Inoltre presso l’Autorità è operante la Camera arbitrale per i
contratti pubblici.La lettera n) del comma 7 dell’articolo 6 del D.Lgs.
163/2006 stabilisce che l’Autorità, “su iniziativa della stazione appaltante e
di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a
questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente
formulando una ipotesi di soluzione”. La disciplina della procedura di
pre-contenzioso affidata all’Autorità è stata recentemente riscritta ed è ora
contenuta nel Regolamento sul procedimento per la soluzione delle
controversie, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2014.
L’art. 242,
comma 1, del D.Lgs. 163/2006 affida alla camera arbitrale per i contratti
pubblici (istituita presso l’Autorità, ai sensi dell’art. 241, comma 7, del
medesimo decreto) compiti di formazione e tenuta dell'albo degli arbitri, di
redazione del codice deontologico dei medesimi. Qualora non si raggiunga
l’accordo tra le parti per la nomina del terzo arbitro, l’art. 241, comma 15,
stabilisce che esso sia nominato dalla camera arbitrale, sulla base di criteri
oggettivi e predeterminati, tra gli arbitri iscritti all’albo.
Occorre ricordare, inoltre, che in merito alla disciplina relativa alla nomina degli arbitri contemplata dall’art. 241 è recentemente intervenuta la Determinazione dell’AVCP n. 6 del 18 dicembre 2013 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2014) contenente “Indicazioni interpretative concernenti le modifiche apportate alla disciplina dell’arbitrato nei contratti pubblici dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.
Si segnala, infine, che l'A.C. 2953, disegno di legge delega per la riforma del processo civile, in corso d'esame in Commissione giustizia alla Camera, contiene un criterio di delega opposto: l'art. 1, co. 2, lett. e), infatti, delega il Governo a potenziare l'istituto dell'arbitrato, anche attraverso l'eventuale estensione del meccanismo della translatio iudicii ai rapporti tra processo e arbitrato nonché attraverso la razionalizzazione della disciplina dell'impugnativa del lodo arbitrale.
Articolo 1, comma 1, lettera qq)
(Miglioramento delle condizioni di
accesso al mercato dei contratti pubblici)
La lettera
qq) è finalizzata al miglioramento delle condizioni di accesso al mercato degli
appalti pubblici e dei contratti di concessione, anche con riferimento ai servizi di architettura e ingegneria e
agli altri servizi professionali dell'area tecnica.
La
norma specifica che i soggetti interessati da un migliore accesso al mercato
dei contratti pubblici sono non solo le piccole
e medie imprese e le imprese di
nuova costituzione, come era previsto nel testo iniziale del disegno di
legge, ma anche i piccoli e medi
operatori economici e i giovani
professionisti.
La
norma precisa inoltre che la finalità del miglioramento dell’accesso al mercato
dei contratti pubblici deve essere attuata anche attraverso:
§ il divieto
di aggregazione artificiosa degli appalti, prevedendo in particolare che la
dimensione degli appalti ed il conseguente valore delle gare e dei lotti in cui
queste risultino eventualmente suddivise siano adeguati al fine di garantire
l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie
imprese;
§ l’introduzione di misure premiali per gli appaltatori e i concessionari che
coinvolgano i predetti soggetti nelle procedure di gara.
Andrebbe
valutata l’opportunità di un chiarimento in ordine alla portata di tali misure
in relazione al “coinvolgimento” dei soggetti ivi individuati.
Facilitare l’accesso delle PMI al mercato degli appalti pubblici è una
delle finalità principali della nuova disciplina europea, cui le direttive
fanno accenno in più punti (si rinvia al relativo box).
Nel Codice dei contratti pubblici sono state introdotte norme di
principio per favorire la suddivisione degli appalti in lotti funzionali,
purché tale frazionamento sia possibile ed economicamente conveniente,
prevedendo che le stazioni appaltanti indichino, nella determina a contrarre,
la motivazione circa la mancata suddivisione dell'appalto in lotti (art. 2,
commi 1-bis e 1-ter).
Si ricorda che l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura ed
all’ingegneria è disciplinato dall’art. 91 del Codice dei contratti pubblici in
relazione all’importo dei relativi corrispettivi: inferiore ovvero pari o
superiore a 100.000 euro.
Le nuove linee guida per l'affidamento dei servizi attinenti
all'architettura all'ingegneria (Determinazione n. 4 del 25
febbraio 2015) dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), e in particolare la
relazione AIR che accompagna tale documento, affronta alcuni aspetti relativi
alle difficoltà di accesso al mercato da parte dei giovani professionisti e
degli studi di minore dimensione.
L’articolo 80 della direttiva n. 24
detta norme sull’organizzazione dei concorsi di progettazione precisando
che, quando ai concorsi di progettazione è ammessa la partecipazione di un
numero limitato di partecipanti, le amministrazioni aggiudicatrici stabiliscono
criteri di selezione chiari e non discriminatori.
Articolo 1, comma 1, lettera ss)
(Valorizzazione delle esigenze sociali e
di sostenibilità ambientale)
La lettera
ss), esplicitamente finalizzata alla valorizzazione delle esigenze sociali e di
sostenibilità ambientale, prevede l’introduzione di criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte da
attribuire alle imprese tenendo conto:
§ dell’utilizzo, anche parziale, nell'esecuzione
dell'appalto di manodopera o personale a livello locale;
§ degli aspetti della territorialità e della filiera corta;
§ delle ricadute
occupazionali a cui si attribuisce un peso specifico.
La
norma, nel fare riferimento ai predetti criteri, ribadisce le finalità di
semplificazione e di miglioramento dell’accesso al mercato delle piccole e
medie imprese già richiamate nella lettera qq).
Anche
se la norma non lo chiarisce, i suddetti criteri dovrebbero integrare le
valutazioni delle offerte nell’ambito dell’aggiudicazione secondo l’offerta
economicamente più vantaggiosa a cui il disegno di legge attribuisce una netta
preferenza (si veda la lettera aa). Le direttive, infatti, fanno riferimento a
“criteri quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali, connessi
all’oggetto dell’appalto pubblico” (articolo 67, paragrafo 2, della direttiva
n. 24).
Andrebbe, pertanto, valutata l’opportunità di
chiarire la relazione tra i criteri citati nella norma e le modalità di
aggiudicazione nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In tale
ambito, andrebbe chiarito come debba intendersi il “peso specifico” attribuito
alle ricadute occupazionali.
Il paragrafo 1 dell’articolo 18
della direttiva n. 24 prevede che le
amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di
parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e
proporzionata. La concezione della procedura di appalto non ha l’intento di
escludere quest’ultimo dall’ambito di applicazione della direttiva né di
limitare artificialmente la concorrenza. Si ritiene che la concorrenza sia
limitata artificialmente laddove la concezione della procedura d’appalto sia
effettuata con l’intento di favorire o svantaggiare indebitamente taluni
operatori economici.
Il paragrafo 3 dell’articolo 18, inoltre, prevede che gli Stati membri adottano misure adeguate per
garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici,
rispettino gli obblighi applicabili in
materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto
dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle
disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del
lavoro elencate nell’allegato X (che elenca le convenzioni internazionali in
materia sociale e ambientale).
In tale ambito, l’articolo 70 della
medesima direttiva 2014/24/UE stabilisce
che le amministrazioni aggiudicatrici
possono esigere condizioni particolari in merito all'esecuzione
dell'appalto, purché collegate
all'oggetto dell'appalto ai sensi dell'articolo 67, paragrafo 3, e indicate
nell'avviso di indizione di una gara o nei documenti di gara. Dette condizioni possono comprendere considerazioni
economiche, legate all'innovazione, di ordine ambientale, sociale o relative
all'occupazione.
Ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo 67, i criteri di aggiudicazione
sono considerati connessi all’oggetto dell’appalto pubblico ove riguardino
lavori, forniture o servizi da fornire nell’ambito di tale appalto sotto
qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori
coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi
lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva
del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro
contenuto sostanziale.
Nel considerando 97 della
medesima direttiva n. 24 si
specifica, tuttavia, che la condizione di un collegamento con l'oggetto
dell'appalto esclude criteri e condizioni riguardanti la politica aziendale
generale, che non può essere considerata un fattore che caratterizza il
processo specifico di produzione o fornitura dei lavori, delle forniture o dei
servizi oggetto dell'acquisto. Le amministrazioni aggiudicatrici non dovrebbero
pertanto avere la facoltà di imporre agli offerenti di attuare una determinata
politica aziendale di responsabilità sociale o ambientale.
L’attribuzione di misure premiali alle
offerte, pur nel rispetto della valorizzazione delle finalità sociali e
ambientali di cui sono portatrici in generale le nuove direttive, andrebbe
valutata alla luce dei principi generali della normativa europea sugli appalti
e del TFUE che riguardano, tra l’altro, la parità di trattamento e la non
discriminazione.
Articolo 1, comma 1, lettera tt)
(Pubblicità e trasparenza degli
affidamenti in house)
La lettera tt), finalizzata a garantire adeguati livelli di
pubblicità e trasparenza nelle procedure riguardanti gli appalti pubblici e i
contratti di concessioni tra enti nell'ambito del settore pubblico (cosiddetti
affidamenti in house), prevede:
§ l'istituzione, a cura dell'Autorità nazionale anticorruzione,
di un elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house ovvero che esercitano funzioni di controllo o di
collegamento rispetto ad altri enti, tali da consentire gli affidamenti
diretti;
§ l'iscrizione nel suddetto elenco a
domanda, a seguito del riscontro dei requisiti previsti. Sembrerebbe
trattarsi, pertanto, di un elenco a partecipazione facoltativa.
La domanda di iscrizione consente all'ente aggiudicatore, sotto la
propria responsabilità, di affidare direttamente appalti o concessioni all’ente
con affidamento in house o soggetto
al controllo singolo o congiunto o al collegamento.
La Corte di giustizia dell’Unione europea
ha ritenuto coerente il modello in
house con le direttive in materia di contratti pubblici attraverso alcune
pronunce[13], escludendolo dal
campo di applicazione delle medesime direttive,
qualora, da un lato, l'ente pubblico eserciti sulla sua controparte
contrattuale, soggetto giuridicamente distinto da esso, un controllo analogo a
quello da esso esercitato sui propri servizi e qualora, dall'altro, tale
soggetto realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente
pubblico (v., in tal senso, sentenza Teckal, cit., punto 50). Anche il Consiglio di Stato (sez. V, 10
settembre 2014, n. 4599) ha ritenuto che l’affidamento
diretto in house costituisca una delle tre normali forme organizzative
degli stessi (che si aggiunge alla procedura di gara semplice e a quella a
doppio oggetto, il cd. partenariato pubblico-privato istituzionalizzato
cosiddetto PPPI), qualificando tale scelta
come discrezionale, ancorché motivata
in maniera adeguata e salvo che non
sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed
arbitrarietà ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico
travisamento dei fatti.
I requisiti
dell’in house delle tre nuove
direttive europee innovano in più aspetti la linea giurisprudenziale europea
finora sviluppata, secondo quanto indicato rispettivamente, dall’art. 12,
paragrafo 1, della direttiva 2014/24 sui settori ordinari, dall’art. 28,
paragrafo 1, della direttiva 2014/25 sulle procedure d’appalto nei settori
speciali e dall’art. 17, paragrafo 1, della direttiva 2014/23 sui contratti di
concessione.
In particolare, l’articolo
12 e l’articolo 17 dettano le condizioni necessarie (e che devono essere tutte
coesistenti) per l’affidamento in house.
Il controllo congiunto è disciplinato dall’art.
12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, dall’art. 28, paragrafo 3, della
direttiva 2014/25 e dall’art. 17, paragrafo 3, della direttiva 2014/23. Tra le
fattispecie escluse dall’applicabilità delle direttive rileva, inoltre, la cooperazione tra amministrazioni
aggiudicatrici (o enti aggiudicatori) disciplinata dall’art. 12, paragrafo 4,
della direttiva 2014/24, dall’art. 28, paragrafo 4, della direttiva 2014/25 e
dall’art. 17, paragrafo 4, della direttiva 2014/23. In sintesi, non si applica
la disciplina su appalti e concessioni quando un contratto è concluso
esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici e sono soddisfatte
le condizioni ivi previste.
Da ultimo, in
base alla normativa oggi vigente, contenuta nell'art. 34, commi 20-25, del D.L.
n. 179 del 2012, la scelta delle modalità di affidamento del servizio in
house viene rimessa all'ente affidante, in particolare, sulla base di
una relazione, da rendere pubblica sul sito internet dell'ente
stesso, che deve dare conto delle ragioni
e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento
europeo per la forma di affidamento
prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio
pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche (se
previste).
Articolo 1, comma 1, lettera uu)
(Disciplina specifica per gli appalti
pubblici di servizi ad alta intensità di manodopera)
La lettera uu) prevede l’introduzione di una disciplina specifica
per gli appalti pubblici di servizi, diversi da quelli aventi natura
intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di
manodopera, definiti come quelli nei quali il costo della manodopera è pari
almeno al 50 per cento dell'importo totale del contratto. In proposito, si
prevede:
§ l'introduzione di "clausole sociali" per la stabilità
occupazionale del personale impiegato;
§ il riferimento, per ciascun comparto merceologico o di attività, al contratto collettivo nazionale di lavoro
che presenta le migliori condizioni per i lavoratori;
§ l’espressa esclusione del ricorso al solo criterio di aggiudicazione del
prezzo o del costo, inteso come criterio
del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta.
Si richiamano brevemente due disposizioni della direttiva n. 24 di cui
si è dato conto nella trattazione della lettera ss). Si tratta del paragrafo 3
dell’articolo 18, in base al quale gli Stati
membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici,
nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino
gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro
stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti
collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto
ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X (che elenca le
convenzioni internazionali in materia sociale e ambientale).
L’articolo 70 stabilisce,
inoltre, che le amministrazioni
aggiudicatrici possono esigere condizioni particolari in merito
all'esecuzione dell'appalto, purché collegate
all'oggetto dell'appalto ai sensi dell'articolo 67, paragrafo 3, e indicate
nell'avviso di indizione di una gara o nei documenti di gara. Dette condizioni possono comprendere considerazioni
economiche, legate all'innovazione, di ordine ambientale, sociale o relative
all'occupazione.
La Determinazione n. 7 del 24 novembre 2011 dell'Autorità nazionale anticorruzione
contiene le linee guida per l'applicazione dell'offerta economicamente più
vantaggiosa nell'ambito dei contratti di servizi e forniture, definisce tra
l’altro i servizi di pulizia come
servizi ad alta intensità di lavoro e per tale fattispecie di servizi
fornisce gli elementi per la valutazione
dell’offerta.
Il 26 febbraio 2014, l’Autorità ha pubblicato, ai sensi
dell'articolo 64, comma 4-bis, del
Codice dei contratti pubblici il bando
tipo n. 1 relativo all'affidamento dei servizi di pulizia e igiene
ambientale degli immobili nei settori ordinari, corredato da una nota
illustrativa e da tre allegati, che ne costituiscono parte integrante, e che
costituisce il quadro giuridico di riferimento sulla base del quale le stazioni
appaltanti sono tenute a redigere la documentazione di gara per l'affidamento
dei servizi di pulizia.
In tale documento, si sottolinea che la stazione appaltante
ha facoltà di inserire tutte le particolari clausole di esecuzione che, nel
rispetto della disciplina europea in materia di appalti, possono riguardare
aspetti ambientali o sociali (cfr. art. 69, commi 1 e 2 del D.Lgs 163/2006). In
tale ambito, potrà rientrare, ad esempio, la c.d. “clausola sociale” relativa al riassorbimento del personale
impiegato dal precedente aggiudicatario. Per costante giurisprudenza (cfr.
parere dell’Autorità AG 25/13), tuttavia, la clausola sociale non deve
essere intesa come un obbligo di totale riassorbimento dei lavoratori del
pregresso appalto, ma viceversa, deve prevedere che le condizioni di lavoro
siano armonizzabili con l’organizzazione dell’impresa subentrante e con le
esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto.
Nell’eventuale applicazione della clausola appare, quindi, opportuno procedere
ad una adeguata considerazione delle mutate condizioni del nuovo appalto, del
contesto sociale e di mercato o del contesto imprenditoriale in cui dette
maestranze si inseriscono.
Si ricorda, inoltre, che il Ministero dell'ambiente con il
D.M. 6 giugno 2012 ha pubblicato la Guida
per l'integrazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici.
In generale, si ricorda che la materia della successione
negli appalti tra imprese trova la propria disciplina nell’ambito della
contrattazione collettiva. Tuttavia, la stabilità del rapporto di lavoro,
garantita tramite il contratto collettivo, può risultare non abbastanza
tutelata proprio in virtù del fatto che il contratto collettivo presenta
un’efficacia soggettivamente limitata, quindi le clausole di tutela sono
opponibili all’impresa subentrante solamente nel caso in cui essa applichi lo
stesso contratto collettivo o un altro contratto che contempli analogo obbligo.
Sul versante normativo, l’articolo 7, comma 4-bis, della L. 31/2008, dispone
che al fine di garantire il livello di occupazione e l’invarianza del
trattamento economico complessivo dei lavoratori, in caso di cambio di appalto
di servizi, l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a
seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l’applicazione delle
disposizioni di cui all’articolo 24 della L. 223/1991 (che dispone la procedura
che il datore di lavoro deve seguire in caso voglia effettuare licenziamenti
collettivi) nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a
parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali
di settore.
Allo stesso tempo, l’articolo 29, comma 3, del D.Lgs.
276/2003 ha stabilito che l’acquisizione del personale già impiegato
nell'appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore (in forza di legge,
di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto
d'appalto) non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda, e
quindi che il passaggio del dipendente da una azienda all’altra in caso di
cambio appalto può avvenire, diversamente da quanto prevede l’articolo 2112
c.c., senza riconoscere l’anzianità del lavoratore o la sua retribuzione o il
suo livello di inquadramento, salvo che il contratto collettivo preveda
condizioni di miglior favore (disponendo, per esempio, che il rapporto prosegua
a parità di condizioni).
Merita segnalare, infine, che la questione dei cambi di
appalto nei settori ad alta intensità di manodopera è stata oggetto,
nell’attuale legislatura, di un’indagine conoscitiva (specificamente sui call
center) della XI Commissione, la quale nel documento conclusivo ha osservato
che “nel momento in cui un committente, alla scadenza contrattuale, intende
procedere all'affidamento del servizio a un nuovo appaltatore, si assiste
spesso alla entrata in crisi dell'azienda che fino a quel momento aveva avuto
la gestione del servizio, con gravi ricadute occupazionali. Fermo restando
quanto detto poc'anzi in merito al ruolo degli incentivi nella genesi di tali
dinamiche, occorre chiarire che la questione non si presta ad essere affrontata
con strumenti legislativi. In particolare, l'estensione delle procedure
previste dall'articolo 2112 del codice civile ai trasferimenti d'azienda appare
difficilmente praticabile, ove si considerino la diversità di situazioni che
vengono in gioco e gli ostacoli di ordine prettamente giuridico che si
frappongono a tale ipotesi. Posto che non sembra in discussione la corretta
trasposizione della direttiva n. 2001/23/CE, la strada che appare più
agevolmente praticabile è quella della definizione di precise regole
procedurali di confronto sindacale per la gestione delle crisi conseguenti a
cambi di appalto, che possa anche condurre a configurare clausole sociali volte
ad assicurare tutela occupazionale per i lavoratori dell'impresa uscente”.
Si segnala, infine, che l’articolo 12 della proposta di
legge n. 2475, il cui esame è stato avviato presso le Commissioni VIII e XI,
(nei settori interessati) prevede l’obbligo, per l’assuntore subentrante
(indipendentemente dal contratto collettivo nazionale di lavoro – CCNL - cui lo
stesso soggetto aderisca) ad assumere, senza periodo di prova, i lavoratori
dipendenti e i soci lavoratori dell'assuntore cessante che siano impiegati
nell'appalto da almeno quattro mesi e, comunque, dal maggior termine
eventualmente previsto dal CCNL cui aderisce l'assuntore uscente (comma 1).
Articolo 1, comma 1, lettera vv)
(Contratti collettivi nazionale e di
settore negli appalti pubblici di lavori)
La lettera vv) reca la previsione di una disciplina specifica per
gli appalti pubblici di lavori che stabilisca che per contratti collettivi
nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si
eseguono le prestazioni devono intendersi quelli stipulati dalle associazioni
dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente
connesso con l'attività oggetto dell'appalto e svolta dall'impresa, anche in
maniera prevalente
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 36, primo comma, della L. 300/1970 ha stabilito l’obbligo di inserimento, nei provvedimenti di concessione di benefici accordati dalla normativa vigente agli imprenditori che esercitano professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di una clausola esplicita che obblighi il beneficiario o l’appaltatore ad applicare (o far applicare) nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona.
Inoltre, l’articolo 118, comma 6, del D.Lgs. 163/2006 dispone, ai fini della tutela retributiva dei dipendenti, che l'affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni.
Lo stesso principio dell'applicabilità del contratto collettivo, anche territoriale, pertinente ai lavori oggetti del singolo appalto, viene confermato dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato sent. n. 6320/2004) e dalla stessa ANAC (Parere sulla normativa 10-08 del 17 aprile 2008), che hanno ribadito l’obbligo, per l'impresa che opera nei contratti pubblici, di osservare integralmente il trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi nazionali e territoriali in vigore per il settore e ciò al fine di assicurare l'uniforme trattamento delle maestranze nell’esecuzione di lavori oggetto di contratti pubblici e, quindi, anche la parità di trattamento tra i concorrenti della medesima gara.
Articolo 1,
comma 1, lettera zz)
(Previsione di criteri per i contratti di
concessione)
La lettera zz) è finalizzata a definire una disciplina organica
dei contratti di concessione, per un verso, mediante l'armonizzazione e la
semplificazione delle disposizioni vigenti e, per l’altro, attraverso la
previsione di criteri per le concessioni escluse dall’ambito di applicazione
delle direttive europee, ossia quelle indicate nella sezione II della direttiva
2014/23/UE.
Più in particolare, la lettera zz) prevede che nell’attuazione
della delega vengano inseriti:
§ criteri per vincolare la
concessione alla piena attuazione del
piano finanziario e al rispetto dei
tempi previsti dallo stesso per la realizzazione degli investimenti in
opere pubbliche;
§ criteri volti a disciplinare le
procedure di fine concessione e le
modalità di indennizzo in caso di
subentro.
Le disposizioni in materia di concessioni di lavori pubblici sono contenute nella Parte II
(Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori
ordinari) Titolo III (Disposizioni ulteriori per i contratti relativi ai lavori
pubblici) Capo II (Concessioni di lavori pubblici) del Codice dei contratti
pubblici (artt. 142-151). Disposizioni in materia di risoluzione e di subentro
sono contenute rispettivamente negli articoli 158 e 159. Nell’ambito dei lavori
relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi di preminente
interesse nazionale, l’art. 174, stabilisce, tra l’altro, che il prezzo
eventualmente da accordare al concessionario e la durata della concessione sono
determinati, nel bando di gara, sulla base del piano economico finanziario e
costituiscono parametri di aggiudicazione della concessione.
Per le concessioni
di servizi, è invece l’art. 30 che stabilisce in via generale la non
applicazione della disciplina del Codice, con l’esclusione di quanto dettato
dal medesimo articolo 30, che definisce la concessione di servizi, come la
controprestazione a favore del concessionario consistente unicamente nel
diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio,
anche attraverso un prezzo stabilito in sede di gara.
La direttiva n. 23
stabilisce le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori o
servizi indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, con
valore stimato pari o superiore a 5.186.000 euro come indicato all'articolo 8.
Nella sezione II
della direttiva sono elencati i casi di
esclusione (art. 10-17), per cui la disciplina della direttiva medesima non
si applica. A titolo di esempio, ricadono in tale ambito le esclusioni
riguardanti il settore delle comunicazioni elettroniche, idrico, le attività
direttamente esposte alla concorrenza nonché ovviamente le concessioni tra enti
nell’ambito del settore pubblico di cui si è parlato in occasione del commento
della scheda relativa alla lettera tt).
L’art. 18 della
direttiva 2014/23 stabilisce che il limite
per la durata della concessione deve essere stimato dall'amministrazione
aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi
richiesti al concessionario. Per le concessioni ultraquinquennali, la durata
massima della concessione non supera il periodo di tempo in cui si può
ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti
effettuati nell'esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul
capitale investito tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli
obiettivi contrattuali specifici.
In materia di risoluzione
delle concessioni, l’articolo 44 della direttiva 2014/23 prevede che sia
assicurata per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori la
possibilità, alle condizioni fissate dal diritto nazionale applicabile, di
porre termine alla concessione in vigenza della stessa, se una o più condizioni
determinate sono soddisfatte.
Si segnala, infine, che il disegno di legge di legge
recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche (A.C. 3098), all’articolo 15, delega il Governo al riordino della
disciplina in materia di servizi pubblici locali di interesse economico
generale.
Art. 1, comma 1, lettera aaa)
(Affidamenti dei contratti pubblici
relativi alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro)
La
lettera aaa) prevede l’obbligo per i concessionari - pubblici e
privati - di lavori o di servizi pubblici, già esistenti o di nuova
aggiudicazione, di affidare tutti i contratti di lavori, servizi e
forniture relativi alle concessioni di
importo superiore a 150.000 euro mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Il
riferimento a tali tipologie di procedure andrebbe specificato. La soglia di
150.000 euro è stata inserita a seguito di una modifica approvata
dall’Assemblea del Senato rispetto al testo approvato dalla Commissione di
merito.
Per le concessioni in essere, si prevede un periodo transitorio di adeguamento al predetto obbligo della durata
non superiore a dodici mesi.
Rispetto al testo approvato dalla Commissione in sede referente, a
seguito di una modifica approvato dall’Assemblea del Senato, sono escluse dalla disposizione:
§ le concessioni in essere o di nuova aggiudicazione affidate con la
formula della finanza di progetto (di
cui all’articolo 153 del Codice dei contratti pubblici);
§ le concessioni in essere affidate con procedure di gara ad evidenza
pubblica, secondo il diritto dell’Unione europea.
Quanto all’ambito dei soggetti a
cui non si applica il predetto obbligo, andrebbe valutata l’opportunità di un
chiarimento atteso che, per quanto riguarda le concessioni affidate con la
formula della finanza di progetto, la norma provvede a escludere sia quelle in
essere sia quelle di nuova aggiudicazione, mentre, relativamente alle
concessioni affidate con le procedure di evidenza pubblica, vengono menzionate
solo le concessioni in essere.
Andrebbe, altresì, valutata
l’opportunità di un chiarimento in ordine alle norme in materia di affidamento
di contratti di appalto applicabili alle concessioni escluse. La norma fa
infatti rinvio alle disposizioni “vigenti alla data di entrata in vigore della
legge delega”, termine diverso da quello di entrata in vigore del decreto
legislativo di cui al comma 1.
Al fine di valutare la portata della norma appare utile
fornire un quadro della normativa nazionale vigente e della disciplina
europea.
Concessionari
Relativamente all’ambito
soggettivo di applicazione della disposizione che fa riferimento a soggetti
pubblici e privati, merita segnalare che la normativa europea e nazionale
distingue tra i concessionari che sono amministrazioni aggiudicatrici e tra i
concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici. A tal fine, si
ricorda che nel novero delle «amministrazioni
aggiudicatrici» rientrano le: le amministrazioni dello Stato; gli enti
pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di
diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati,
costituiti da detti soggetti (art. 3, comma 25, del Codice). In tale ambito,
rileva anche la definizione di «organismo
di diritto pubblico», che è qualsiasi organismo, anche in forma societaria:
istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale,
aventi carattere non industriale o commerciale; dotato di personalità
giuridica; la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato,
dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico
oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui
organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri
dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali
o da altri organismi di diritto pubblico (art. 3, comma 26, del Codice).
Appalti di lavori affidati dai concessionari
Relativamente
ai lavori affidati dalle concessionarie autostradali, profilo che si distingue
da quello delle modalità di selezione delle concessionarie medesime per le
quali si rinvia alla scheda di commento delle lettere bbb) e ccc), la direttiva
2004/18 provvede a una regolamentazione degli appalti di lavori differente a
seconda che si tratti di lavori affidati da concessionari che sono
amministrazioni aggiudicatrici e da concessionari che non lo sono. Tale
distinzione è riprodotta nelle norme del Codice dei contratti pubblici di
seguito riportate.
In particolare, nel caso di appalti di lavori affidati dai concessionari che sono amministrazioni aggiudicatrici, l’art. 148 prevede che il concessionario sia tenuto a rispettare le disposizioni dettate dal Codice medesimo in
relazione ai lavori che sono eseguiti da terzi (art. 62 della direttiva 18).
Nel caso di appalti di lavori affidati dai concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, l’art. 149 del Codice reca invece le disposizioni in materia di pubblicità applicabili agli appalti
aggiudicati a terzi (art. 63 della
direttiva 18). L’art. 146 del Codice
dei contratti, che riprende il disposto dell’articolo 60 della direttiva n.
2004/18/UE, prevede, infatti, la possibilità
a carico della stazione appaltante di:
a) imporre al concessionario di lavori
pubblici di affidare a terzi appalti
corrispondenti ad una percentuale non inferiore al 30% del valore globale
dei lavori oggetto della concessione. Si ricorda, inoltre, che in base alla
norma transitoria di cui al comma 25 dell’art. 253 del Codice i titolari di concessioni già assentite alla data del
30 giugno 2002, ivi comprese quelle rinnovate o prorogate ai sensi della
legislazione successiva, sono tenuti ad
affidare a terzi una percentuale minima del 60 per cento dei lavori,
agendo, esclusivamente per detta quota, a tutti gli effetti come amministrazioni
aggiudicatrici. Ai sensi dell’art. 51, comma 2, del D.L. 1/2012, come
modificato dall'art. 4, comma 1, lett. b), del D.L. 83/2012, la citata soglia
del 60% (elevata dal 40% al 50% dall’articolo 51, comma 1, del D.L. 1/2012 e
dal 50% al 60% dall’articolo 4, comma 1, lettera a, del D.L. 83/2012), è
operativa a decorrere dal 1° gennaio 2014.
L’articolo 5 del D.L. 133 del 2014, che ha dettato una
nuova disciplina per le modifiche dei rapporti concessori in essere finalizzate
a procedure di aggiornamento o revisione anche mediante l'unificazione di
tratte interconnesse, contigue ovvero tra loro complementari, ai fini della
loro gestione unitaria, prevede, al comma 3, che l'affidamento dei lavori, nonché delle forniture e dei servizi, ulteriori rispetto a quelli previsti
dalle vigenti convenzioni, avviene nel
rispetto delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal codice di
cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Le nuove direttive europee
Si rinvia al box in calce alla scheda di commento del comma
1 per una disamina delle principali innovazioni riguardanti le concessioni.
Le nuove direttive non riproducono le disposizioni delle
precedenti direttive relativamente agli appalti di lavori aggiudicati dai
concessionari.
Per quanto riguarda le norme sull’esecuzione dei contratti,
il paragrafo 2 dell’articolo 47 della direttiva 2014/23 prevede che, nei
documenti di gara, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore
possono chiedere o possono essere obbligati da uno Stato membro a chiedere
all’offerente o al candidato di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti
della concessione che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori
proposti (si vedano anche il par. 2 dell’articolo 71 della direttiva n. 24 e
nel par. 2 dell’articolo 88 della direttiva n. 25).
Articolo 1, comma 1, lettere bbb) e ccc)
(Affidamento delle concessioni
autostradali)
Le lettere bbb) e ccc) riguardano l’affidamento delle concessioni autostradali. In particolare, la lettera bbb) prevede l’avvio delle procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento delle nuove concessioni autostradali non meno di 24 mesi prima della scadenza di quelle in essere.
Si prevede, inoltre,una revisione del sistema delle concessioni autostradali, con particolare riferimento all'introduzione di un divieto di clausole e disposizioni di proroga, in conformità alla nuova disciplina generale dei contratti di concessione;
La successiva lettera ccc) prevede l’introduzione di una disciplina transitoria per l'affidamento delle concessioni autostradali che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al presente articolo, siano scadute o prossime alla scadenza, al fine di assicurare il massimo rispetto del principio dell'evidenza pubblica. Nel corso dell’esame al Senato tale criterio di delega, dopo essere stato introdotto, è stato integrato al fine di prevede che, nei casi di concessione in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sul concessionario un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi (concessioni in house), sia assicurato il massimo rispetto dei principi desumibili dall'articolo 17 della direttiva 2014/23/UE, che regolano la concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico (analogamente a quanto previsto dall’art. 12 della direttiva n. 24 per gli appalti pubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico).
Secondo quanto riportato nell’ultima relazione della Struttura di Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali (SVCA) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), intitolata “Relazione sulle attività 2013”, la rete autostradale italiana (la cui estensione complessiva è pari a 7.447 Km, di cui 6.784 Km in esercizio e 663 Km in programmazione o esecuzione) è affidata in concessione a società con diversi concedenti:
§ il MIT, subentrato ad Anas S.p.A. in tale ruolo a far data dal 1° ottobre 2012. Al Ministero, che opera attraverso la SVCA istituita con Decreto Ministeriale n. 341 del 1 ottobre 2012, fa capo la maggior parte della rete in concessione. La rete autostradale a pedaggio data in concessione dal MIT (che si sviluppa per 5.830 Km ed è tutta in esercizio) è gestita da 24 società[14];
§ l’Anas S.p.A., società pubblica sottoposta alla vigilanza del MIT, che gestisce alcune tratte direttamente, mentre per altre svolge il ruolo di concedente in via indiretta, partecipando al 50% al capitale sociale in società regionali;
§ alcune società regionali che svolgono il ruolo di concedente di infrastrutture poste esclusivamente nel territorio della Regione cui fanno riferimento.
Per quanto riguarda la rete data in concessione dal MIT, il rapporto tra il concedente (che fino al 30 settembre 2012 era ANAS S.p.A.) e le società concessionarie è stato disciplinato, fino al 2007, da atti convenzionali stipulati conformemente ad uno schema-tipo predisposto dall’allora Ministero dei Lavori Pubblici.
Con
l’art. 2, commi 82 e ss., del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, fu attuata una
riforma del settore che - come sottolinea l’Autorità di regolazione dei
trasporti a pag. 48 del suo “Primo Rapporto Annuale al
Parlamento” del luglio 2014 – istituì «la “convenzione unica”, comprendente
in un unico testo gli atti convenzionali ed i successivi atti aggiuntivi
adottati, con la quale vennero limitati gli incrementi tariffari in funzione
degli investimenti effettivamente realizzati; furono, inoltre, previste
clausole innovative in base alle quali, in caso di perdurante e grave
inadempimento, si prevedeva la decadenza della concessione. Questo tentativo fu
però contrastato, sia in sede giurisdizionale sia con denunce alla Commissione
europea che comportarono l’avvio di una procedura di infrazione. L’infrazione
comunitaria fu poi chiusa con l’approvazione ex lege delle convenzioni uniche
sottoscritte nel 2007, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 101/2008
(di conversione del D.L. 59/2008). Una successiva approvazione “in blocco”
delle convenzioni stipulate tra il 2009 ed il 2010 si ebbe con la legge
191/2009. Dall’elenco delle concessionarie italiane attualmente in vigore
(Tabella 22, riportata qui a lato),
si può notare come la durata delle concessioni sia solitamente molto lunga e la
scadenza in molti casi ancora lontana. Inoltre, fino alla fine degli anni ’90
tutte le concessione sono state periodicamente prorogate (generalmente senza
bando di gara), giustificando i rinnovi con la necessità di effettuare nuovi
investimenti e, quindi, di permettere il recupero del capitale necessario».
Le uniche eccezioni sono rappresentate dalle seguenti concessioni scadute, per le quali la SVCA segue le problematiche connesse al loro riaffidamento:
§ A21 Piacenza-Cremona-Brescia, già gestita dalla Società concessionaria Centro Padane;
§ A3 Napoli-Salerno, già gestita dalla Società concessionaria Autostrade Meridionali;
§ A22 Modena-Brennero, già gestita dalla Società concessionaria Autostrada del Brennero.
Sulla materia delle concessioni è ulteriormente intervenuto l’art. 5 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia) che – al fine di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento e adeguamento delle autostrade nazionali, nonché per assicurare tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti – prevede che i concessionari di tratte autostradali nazionali avviino una procedura di modifica del rapporto concessorio, articolata in due fasi e secondo una tempistica predeterminata. La procedura, come modificata sulla base delle proroghe di termini operate dall’art. 8, comma 10, del D.L. 192/2014, prevede che:
§ entro il 30 giugno 2015 il concessionario sottopone al MIT le modifiche del rapporto concessorio in essere finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione anche mediante l'unificazione di tratte interconnesse, contigue o tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria. Entro la medesima data il concessionario sottopone al medesimo Ministro un nuovo piano economico-finanziario (PEF) corredato di idonee garanzie e di asseverazione da parte di soggetti autorizzati;
§ entro il 31 dicembre 2015 deve intervenire la stipulazione di un atto aggiuntivo o di un’apposita convenzione unitaria.
Il comma 4-bis dell’articolo in questione ha subordinato l’attuazione delle citate disposizioni al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell'Unione europea.
Con riferimento
ai principi dettati dalla giurisprudenza europea, vale la pena ricordare la
sentenza della Corte di Giustizia 13 aprile 2010, C-91/08, ove viene
sottolineato che “qualora le modifiche apportate alle disposizioni di un
contratto di concessione di servizi presentino caratteristiche sostanzialmente
diverse da quelle che abbiano giustificato l’aggiudicazione del contratto di
concessione iniziale e siano, di conseguenza, idonee a dimostrare la volontà
delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale contratto, devono
essere concessi, conformemente all’ordinamento giuridico interno dello Stato
membro interessato, tutti i provvedimenti necessari per reintrodurre la
trasparenza nel procedimento, ivi compresa anche la possibilità di un nuovo
procedimento di aggiudicazione (v., per analogia con il settore degli appalti
pubblici, sentenze 5 ottobre 2000, causa C-337/98, Commissione/Francia, Racc.
pag. I-8377, punti 44 e 46, nonché 19 giugno 2008, causa C-454/06, Pressetext
Nachrichtenagentur, Racc. pag. I-4401, punto 34)”.
La nuova direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 reca norme sull’aggiudicazione dei contratti di concessione anche sulla base della giurisprudenza elaborata in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. La direttiva ribadisce il principio (già contenuto nel primo paragrafo dell’articolo 58 della direttiva 2004/18/CE), in base al quale le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che intendono aggiudicare una concessione rendono nota tale intenzione per mezzo di un bando di concessione.
A differenza della direttiva 2004/18, l’articolo 43 della direttiva n. 23 detta una dettagliata disciplina per la modifica dei contratti di concessione durante il periodo della loro validità. I paragrafi 1 e 2 elencano tassativamente i casi in cui le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione.
Ai sensi dell’art. 54, la direttiva n. 2014/23/UE non si applica all'aggiudicazione di concessioni per le quali è stata presentata un'offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014.
Si segnala, infine, che l’VIII Commissione sta svolgendo un’indagine conoscitiva in materia di concessioni autostradali.
Articolo 1, comma 1, lettera qq)
(Concorrenzialità, trasparenza e parità di trattamento nelle procedure di
affidamento)
La lettera ddd) prevede l’individuazione, in tema di procedure di affidamento, di modalità volte a garantire i livelli minimi di concorrenzialità, trasparenza e parità di trattamento richiesti dalla normativa europea anche tramite la sperimentazione di procedure e sistemi informatici già adoperati per aste telematiche.
Si ricorda in proposito che l’articolo 76 della direttiva n. 24, che stabilisce i principi per l'aggiudicazione degli appalti, dispone che “gli Stati membri introducono norme a livello nazionale per l'aggiudicazione degli appalti ai sensi delle disposizioni del presente capo, al fine di garantire il pieno rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici da parte delle amministrazioni aggiudicatrici. Gli Stati membri sono liberi di determinare le norme procedurali applicabili fintantoché tali norme consentono alle amministrazioni aggiudicatrici di prendere in considerazione le specificità dei servizi in questione”.
Per quanto riguarda la sperimentazione e la promozione di strumenti telematici (a cui fa riferimento anche il successivo criterio di delega) si richiamano alcune considerazioni svolte nei considerando nn. 68 e 72 della medesima direttiva n. 24. Nel 68° considerando si legge che “si assiste al costante sviluppo di nuove tecniche di acquisto elettronico, ad esempio attraverso cataloghi elettronici. I cataloghi elettronici sono un formato per la presentazione e organizzazione delle informazioni in un modo comune per tutti gli offerenti e che si presta al trattamento elettronico. Le offerte presentate in forma di foglio elettronico potrebbero essere un esempio. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter esigere cataloghi elettronici in tutte le procedure disponibili ove sia richiesto l'uso di mezzi di comunicazione elettronici. I cataloghi elettronici consentono un aumento della concorrenza e dell'efficacia della commessa pubblica, in particolare in termini di risparmi di tempo e denaro. Occorre tuttavia stabilire alcune norme in modo che il loro utilizzo avvenga nel rispetto della presente direttiva e dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza”.
Nel considerando n. 72, invece, viene sottolineato che i mezzi di comunicazione elettronici sono particolarmente idonei a sostenere pratiche e strumenti di centralizzazione delle committenze grazie alle possibilità da essi offerte per il riutilizzo e il trattamento automatico dei dati e per la riduzione dei costi legati all'informazione e alle transazioni. L'uso dei mezzi di comunicazione elettronici deve pertanto, come prima fase, essere reso obbligatorio per le centrali di committenza e, al tempo stesso, favorire la convergenza delle pratiche in tutta l'Unione. A ciò dovrebbe seguire l'obbligo generale di utilizzare mezzi di comunicazione elettronici in tutte le procedure di appalto, dopo un periodo di transizione di trenta mesi.
Articolo 1, comma 1, lettera eee)
(Promozione
di strumenti telematici e di procedure interamente telematiche d'acquisto)
La lettera eee) prevede la promozione di modalità e strumenti telematici e di procedure interamente telematiche d'acquisto, garantendo il soddisfacimento dell'obiettivo del miglior rapporto qualità/prezzo piuttosto che l'indicazione di uno specifico prodotto.
Oltre a quanto richiamato in precedenza sugli strumenti elettronici (considerando 68 e 72 della direttiva n. 24), si richiama in questa sede il 90° considerando, secondo cui “l'aggiudicazione dell'appalto dovrebbe essere effettuata applicando criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento per garantire un raffronto oggettivo del valore relativo delle offerte al fine di determinare, in condizioni di effettiva concorrenza, quale sia l'offerta economicamente più vantaggiosa. Occorre stabilire esplicitamente che l'offerta economicamente più vantaggiosa dovrebbe essere valutata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, che dovrebbe sempre includere un elemento relativo al prezzo o al costo”. Tali argomentazioni integrano quelle esposte nel considerando precedente, ove si legge che “per evitare confusione con il criterio di aggiudicazione attualmente noto come «offerta economicamente più vantaggiosa» nelle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, occorre utilizzare un termine diverso per tradurre tale concetto, il «miglior rapporto qualità/prezzo». Di conseguenza, dovrebbe essere interpretato conformemente alla giurisprudenza relativa a tali direttive, salvo in presenza di soluzioni chiaramente diverse nella sostanza nella presente direttiva”.
L’articolo 67, che disciplina i criteri di aggiudicazione dell'appalto, traduce quanto esposto nei considerando stabilendo che “le amministrazioni aggiudicatrici procedono all'aggiudicazione degli appalti sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa” e che “l'offerta economicamente più vantaggiosa dal punto di vista dell'amministrazione aggiudicatrice è individuata sulla base del prezzo o del costo, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita … e può includere il miglior rapporto qualità/prezzo, valutato sulla base di criteri, quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali, connessi all'oggetto dell'appalto pubblico in questione”.
Articolo 1, comma 1, lettera fff)
(Partecipazione
dei portatori qualificati di interessi)
La lettera fff), che riprende il contenuto della lettera o) del disegno di legge originario, prevede la trasparenza nella partecipazione dei portatori qualificati di interessi nell'ambito dei processi decisionali finalizzati alla programmazione e all'aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione, nonché nella fase di esecuzione del contratto. Nel corso dell’esame al Senato, è stato espunto il riferimento all’”eventuale” partecipazione ed è stata prevista la partecipazione anche nella fase di esecuzione del contratto.
La necessità del principio in commento nell’impianto della legge delega è stato sottolineato nell’ambito della citata audizione del Presidente dell’ANAC al Senato.
Nell'ordinamento italiano la disciplina della rappresentanza di interessi è oggetto, da anni, di iniziative legislative il cui esame, più volte avviato, non è giunto a compimento.
Il 30 luglio 2014, è iniziato presso la
Commissione affari costituzionali del Senato l'esame di alcune proposte di
leggi di iniziativa parlamentare e di due petizioni popolari in materia di
attività di rappresentanza interessi (A.S. 281 e abb.).
Da ultimo, l'8 aprile 2015, la Commissione ha adottato l'A.S. 1522 quale testo base per il seguito dell'esame.
Articolo 1, comma 1, lettera ggg)
(Dibattito
pubblico delle comunità locali e acquisizione dei consensi)
La lettera ggg) demanda al legislatore delegato di introdurre forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali aventi impatto sull'ambiente o sull'assetto del territorio.
La medesima lettera richiede altresì la previsione di una procedura di acquisizione dei consensi tecnici e amministrativi necessari per realizzare un'opera che sia semplice, vincolante e non modificabile nel tempo.
Al
riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire se e con quali modalità
la predetta procedura andrà a incidere sul procedimento di approvazione del
progetto preliminare delle infrastrutture strategiche.
L’introduzione di una disciplina riguardante il
dibattito pubblico, sulla scorta di quanto previsto nella legislazione
francese, era stata prospettata in alcuni aggiornamenti del Programma delle
infrastrutture strategiche allegati ai Documenti di economia e finanza e alle relative Note di aggiornamento.
In Francia i grandi
progetti infrastrutturali di portata nazionale, con un’incidenza rilevante
sull’ambiente o sulla gestione del territorio, devono essere oggetto, prima
ancora di eventuali procedure di valutazione d’impatto ambientale e di ogni
inchiesta pubblica, di una particolare forma strutturata di “concertazione pubblica”, la procedura di “dibattito pubblico”.
La procedura del “dibattito
pubblico”, introdotta nell’ordinamento francese con la c.d. Loi Barnier del 1995, interviene “a
monte” del processo decisionale di un progetto e si pone in un momento
temporale dell’elaborazione in cui il progetto può ancora essere modificato,
del tutto o in parte.
Il débat public ha l’obiettivo di
legittimare democraticamente la decisione successiva e permette al maître d’ouvrage o all’ente proponente
di informare la popolazione e i
soggetti interessati sul progetto, ascoltare
e ricevere informazioni e suggerimenti su
tutti gli aspetti del progetto, aggiungere maggiore
chiarezza e nuovi spunti al fine di identificare gli attori da coinvolgere
nelle successive fasi della concertazione e gli elementi chiave per eventuali
modifiche, sospensioni o ritiro del progetto.
Un’autorità amministrativa indipendente, la Commission
nationale du débat public (CNDP), ha il compito di decidere
sull’opportunità di organizzare il “dibattito pubblico”, previo parere dei
ministri competenti. La CNDP ha anche il compito di vigilare sulla
partecipazione del pubblico al processo di elaborazione di tutti i progetti di
gestione o di infrastrutture d’interesse nazionale, che “presentino
implicazioni socio-economiche o abbiano impatti significativi sull’ambiente o
sulla gestione del territorio” (Code de l’Environnement, art. L. 121-1).
Dalla data di apertura - pubblicata insieme al
calendario dei lavori - il dibattito pubblico deve concludersi entro quattro
mesi; tale periodo può essere prolungato dalla CNDP per altri due mesi al
massimo con decisione motivata.
Nei cinque anni successivi alla
“concertazione” e alle valutazioni d’impatto ambientale potrà essere avviata un’inchiesta pubblica (enquête
publique), sempre a carico del maître
d’ouvrage o dell’ente proponente, che risponde anch’essa ad esigenze di
informazione ambientale del grande pubblico sul progetto prima
dell’approvazione definitiva. Tuttavia, a differenza del “dibattito pubblico”,
nell’inchiesta pubblica il progetto non può subire modifiche significative
senza dare luogo ad una nuova procedura di enquête publique e il proponente può in ogni caso decidere
di non tener conto delle conclusioni dell’enquête.
Si
segnala infine che una specifica disciplina sul dibattito pubblico è prevista
dal disegno di legge n. 1845, il cui esame è stato avviato dall’8a
commissione del Senato.
Articolo 1, comma 1, lettera hhh)
(Disciplina del subappalto)
La lettera hhh) prescrive l’introduzione di una disciplina specifica per il subappalto, prevedendo in particolare i seguenti obblighi per il concorrente:
§ indicare in sede di offerta sia le parti del contratto di lavori che intende subappaltare, sia una terna di nominativi di subappaltatori per ogni tipologia di lavorazioni prevista in progetto;
§ dimostrare l'assenza in capo ai subappaltatori indicati di motivi di esclusione e di sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza di tali motivi.
La medesima lettera prevede anche l’obbligo per la stazione appaltante di procedere al pagamento diretto dei subappaltatori in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore o anche su richiesta del subappaltatore, e se la natura del contratto lo consente, per i servizi, le forniture o i lavori forniti.
Tale criterio di delega richiede quindi al Governo di provvedere all’attuazione delle disposizioni contemplate dall’art. 71 della direttiva n. 24 e per le quali la medesima direttiva prevede un recepimento facoltativo.
Il paragrafo 2 di tale articolo 71[15] dispone infatti che nei documenti di gara l'amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all'offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell'appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”, mentre il successivo paragrafo 3 stabilisce che “gli Stati membri possono prevedere che, su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente, l'amministrazione aggiudicatrice trasferisca i pagamenti dovuti direttamente al subappaltatore per i servizi, le forniture o i lavori forniti all'operatore economico cui è stato aggiudicato l'appalto pubblico (il contraente principale). Tra tali misure possono rientrare idonei meccanismi che consentano al contraente principale di opporsi a pagamenti indebiti. Gli accordi concernenti tale modalità di pagamento sono indicati nei documenti di gara”.
A tali disposizioni si accompagna la norma contenuta nel paragrafo 7 del medesimo articolo, secondo cui gli Stati membri possono prevedere disposizioni di diritto interno più rigorose in materia di responsabilità, anche nel quadro del diritto interno in materia di pagamenti diretti ai subappaltatori, ad esempio prevedendo pagamenti diretti ai subappaltatori senza la necessità che questi ultimi facciano richiesta di pagamento diretto.
Relativamente ai motivi di esclusione la lettera b) del paragrafo 6 dell’art. 71 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistono motivi di esclusione dei subappaltatori e che “in tali casi le amministrazioni aggiudicatrici impongono all'operatore economico di sostituire i subappaltatori in merito ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi obbligatori di esclusione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre o essere obbligate da uno Stato membro a imporre che l'operatore economico sostituisca i subappaltatori in relazione ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.
La possibilità per l'amministrazione aggiudicatrice di chiedere o essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all'offerente di indicare, nella sua offerta, anche i subappaltatori proposti, è stata contemplata anche dalla precedente direttiva 2004/18/CE (art. 25), ma non è stata recepita dall’art. 118 del Codice, che prevede solamente l’obbligo, per i concorrenti che intendono avvalersi del subappalto, all'atto dell'affidamento, di indicare “i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo”. La conoscibilità dei subappaltatori è garantita, dal medesimo comma 2 dell’art. 118, solamente nella successiva fase di esecuzione. Quale condizione per la subappaltabilità dell’opera, infatti, viene previsto che “l'affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni” e che “al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante l'affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti dal codice in relazione alla prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all'articolo 38” e che non sussista, nei confronti dell'affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dalla legislazione antimafia.
Diverso discorso deve essere fatto per il pagamento diretto dei subappaltatori, che è già contemplato dall’art. 118 del Codice. Il comma 3 di tale articolo dispone infatti che “nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento. Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori …, nonché al subappaltatore o al cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite”[16].
L’art. 13, comma 2, dello Statuto delle imprese (L. 180/2011), al fine di favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese (MPMI), impone alla pubblica amministrazione e alle autorità competenti, purché ciò non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari, di provvedere a suddividere, nel rispetto del Codice dei contratti pubblici, gli appalti in lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento.
Articolo 1, comma 1, lettere q), lll) e mmm), e comma 6
(Regolamento di attuazione del nuovo
Codice degli appalti pubblici e delle concessioni)
Alcuni criteri e direttivi specifici riguardano l’adozione di un regolamento recante la disciplina esecutiva e attuativa del nuovo Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione.
In particolare, la lettera lll) prevede l’emanazione di un nuovo regolamento, che sia ispirato a princìpi di razionalizzazione e semplificazione amministrativa.
Quanto alle modalità di adozione, la medesima lettera prevede che l’adozione avvenga con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 400/1988.
Il citato articolo 17, comma 1, della legge 400/1988, dispone che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare, tra l’altro, l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi.
Uno dei principi e dei criteri direttivi specifici si occupa esplicitamente dei contenuti del nuovo regolamento, infatti la lettera q) prevede che il regolamento disponga la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di lavori, di servizi e di fornitura.
L’art. 7, comma 4, lettere b) e c), del D.Lgs. 163/2006. prevede che l’Osservatorio dei contratti pubblici determini annualmente i costi standardizzati per tipo di lavoro, servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali, facendone oggetto di una specifica pubblicazione.
La lettera mmm) prevede l’espressa abrogazione delle disposizioni del vigente Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice (D.P.R. 207/2010), con effetto dalla data di entrata in vigore del nuovo regolamento. La stessa lettera prevede altresì l’individuazione di un apposito regime transitorio, al fine di assicurare l'ordinato passaggio tra la previgente e la nuova disciplina.
La previsione dell’emanazione di un nuovo regolamento in sostituzione dell’attuale è stata inserita nel corso dell’esame al Senato.
Il comma 6 disciplina l’adozione del regolamento su proposta
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti i Ministri
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei beni e delle
attività culturali e del turismo, dello sviluppo economico e dell'economia e
delle finanze. Alla medesima procedura dovrà farsi ricorso in caso di modifiche
e integrazioni del regolamento medesimo.
Sullo
schema di regolamento il Consiglio di Stato e le competenti Commissioni
parlamentari esprimono parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione,
decorsi i quali il regolamento può essere emanato.
Si
prevede, infine, che il regolamento entri in
vigore contestualmente al decreto legislativo di cui al comma 1.
Il vigente
Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici
(D.P.R. 207/2010) è stato emanato ai sensi dell’art. 5 del Codice dei contratti
pubblici.
Il comma 3
dell’art. 5 del D.Lgs 163/2006 prevede che il regolamento è adottato con
decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri, sentito il Consiglio di Stato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1,
della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Il comma 4
dell’articolo 5 prevede che il regolamento è adottato su proposta del Ministro
delle infrastrutture, di concerto con i Ministri delle politiche comunitarie,
dell'ambiente, per i beni culturali e ambientali, delle attività produttive,
dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, e previo parere
del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Al comma 5
del medesimo art. 5 sono specificate in dettaglio le materie per le quali il
regolamento detta disposizioni di attuazione ed esecuzione.
Ai sensi
dell’art. 359 del D.P.R. n. 207, la maggior parte delle disposizioni del
regolamento è entrata in vigore 180 giorni dopo la pubblicazione (8 giugno
2011). Quindici giorni dopo la pubblicazione, il 25 dicembre 2010, sono invece
entrate in vigore le sanzioni per le imprese e per le SOA contenute negli
articoli 73 e 74. Diversi termini temporali sono stati previsti per specifiche
norme, alcuni dei quali prorogati, tra l’altro, dal D.L. 73/2012. Si ricorda,
infatti, che alcune modifiche del regolamento sono state adottate nel corso
degli anni tramite disposizioni contenute in provvedimenti d’urgenza.
Articolo 1, comma 4
(Attuazione delle direttive da parte
delle regioni e delle province autonome)
Il comma 4 dispone che l'attuazione delle direttive oggetto della delega è disciplinata dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi desumibili dalle disposizioni della presente legge che costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale.
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di
Bolzano com’è noto, hanno competenza legislativa in molteplici materie elencate
nei rispettivi statuti speciali e nelle norme di attuazione. Anche la
competenza cosiddetta ‘esclusiva’ si esplica – secondo le esatte diciture
contenute negli statuti stessi - “in armonia con la Costituzione e i principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi
internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali
delle riforme economico-sociali della Repubblica”.
Il comma in
esame qualifica le norme contenute nel presente provvedimento come “norme
fondamentali di riforma economico-sociale”. Alle autonomie speciali, in ragione
delle competenze statutarie ad esse attribuite, non possono automaticamente
applicarsi le norme di attuazione che lo Stato dovrà emanare in attuazione
della delega contenuta nel testo in esame. Esse sono tuttavia tenute a dare
applicazione alle direttive in linea con quanto disposto dal presente disegno
di legge e - benché il comma in esame non espliciti la cosiddetta clausola di
salvaguardia - possono farlo esclusivamente nel rispetto delle disposizioni
contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione.
Si ricorda
peraltro che l’articolo 4 del Codice dei
contratti disciplina in modo dettagliato l’applicazione delle norme sugli
appalti pubblici alle autonomie speciali.
La norma
individua innanzitutto due limiti fondamentali alla potestà normativa di tali
enti: i vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e le disposizioni relative a
materie di competenza esclusiva dello Stato. Per quanto concerne le materie
oggetto di competenza concorrente, le autonomie speciali esercitano la potestà
normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel Codice dei
contratti pubblici in tema di programmazione di lavori pubblici, approvazione
dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi, organizzazione
amministrativa, compiti e requisiti del responsabile del procedimento e
sicurezza del lavoro. Le autonomie speciali non possono, inoltre, prevedere una
disciplina diversa da quella statale in materia di: qualificazione e selezione
dei concorrenti; procedure di affidamento e criteri di aggiudicazione;
subappalto; poteri di vigilanza affidati all'Autorità; attività di
progettazione e piani di sicurezza; stipulazione ed esecuzione dei contratti.
Più in generale
il comma 4 stabilisce che la disciplina statale si applica alle regioni nelle
quali non sia ancora in vigore la ‘propria’ normativa di attuazione; la
disciplina statale adottata perde efficacia a decorrere dalla data di entrata
in vigore della normativa di attuazione adottata dalla singola regione o
provincia autonoma.
La norma di
chiusura, infine, contiene la clausola
di salvaguardia, vale a dire che le regioni a statuto speciale e le
province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione secondo
le disposizioni contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione.
Articolo 1, comma 5
(Adozione
di disposizioni integrative e correttive)
Il comma 5 prevede l’adozione di disposizioni integrative e correttive da
parte del Governo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e dei criteri
direttivi sulla base dei quali deve essere esercitata e della procedura per
l’adozione del medesimo decreto legislativo.
Si ricorda che
il comma 3 dell’articolo 25 della legge n. 62 del 2005 prevedeva che, entro due
anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dal comma
1, potessero essere emanate disposizioni correttive ed integrative.
Si rammenta,
inoltre, che l’articolo 31 della legge n. 234 del 2012, al comma 5, in merito
ai tempi e alle procedure previste per l’adozione di disposizioni integrative e
correttive dei decreti legislativi emanati in attuazione della legge di
delegazione europea, prevede un termine di ventiquattro mesi.
Articolo 1,
comma 7
(Divieto di attribuzione delle funzioni di responsabile o di direttore
dei lavori al contraente generale)
Il comma 7 contiene una disposizione applicabile già a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, che vieta, negli appalti pubblici di lavori, affidati a contraente generale, l'attribuzione di compiti di responsabile o di direttore dei lavori allo stesso contraente generale.
Il
suddetto divieto si applica anche alle procedure di appalto già bandite alla
data di entrata in vigore della presente legge, incluse quelle già espletate
per le quali la stazione appaltante non abbia ancora proceduto alla
stipulazione del contratto con il soggetto aggiudicatario.
La medesima previsione è oggetto del criterio direttivo di cui all’articolo 1, comma 1, lettera ee), del disegno di legge in esame.
Si rinvia alla
scheda di commento della lettera ee) per una disamina delle norme del Codice e
del Regolamento riguardanti il contraente generale.
Articolo 1, comma 8
(Sistema di garanzia globale di
esecuzione)
Il comma 8 dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, cessano di applicarsi le disposizioni in materia di sistema di garanzia globale di esecuzione (performance bond)., di cui all'articolo 129, comma 3, del vigente Codice.
Si ricorda che la lettera hh) del comma 1 del
disegno di legge delega prevede, nell’ambito dei principi e criteri direttivi
specifici per l'esercizio
della delega, il riassetto, la revisione e la semplificazione dei sistemi di garanzia
per l'aggiudicazione e l'esecuzione degli appalti pubblici di lavori, servizi e
forniture.
Si rinvia alla
scheda di commento della lettera hh) per una disamina delle norme del Codice e
del Regolamento riguardanti il sistema di garanzia globale di esecuzione.
Andrebbe valutata l’opportunità di un
coordinamento tra il presente comma e la citata lettera hh) del comma 1 atteso
che con l’entrata in vigore del nuovo Codice il vigente Codice dei contratti
pubblici sarà abrogato.
Articolo 1,
comma 9
(Clausola di invarianza finanziaria)
Il comma 9 reca, in primo luogo, una
clausola di invarianza finanziaria ai sensi della quale dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. Si precisa, inoltre, che le amministrazioni interessate provvedono
agli adempimenti di rispettiva competenza con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Conformemente
a quanto previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e
finanza pubblica, nel caso in cui il decreto legislativo determini nuovi o
maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, lo stesso
decreto legislativo è emanato solo successivamente o contestualmente alla data
di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti
risorse finanziarie.
L’articolo 17,
comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 prevede che le leggi di delega
comportanti oneri recano i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi
decreti legislativi.
Qualora, in sede
di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non
sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti
dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al
momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.
I decreti
legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo
successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che
stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
A ciascuno
schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, predisposta
dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e
delle finanze, ai sensi del comma 3, che dà conto della neutralità finanziaria
del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei
corrispondenti mezzi di copertura.
In Francia non
risultano ancora recepite nel diritto interno le direttive europee recentemente
adottate in materia di appalti pubblici (direttiva 2014/23/UE; direttiva 2014/24/UE; direttiva 2014/25/UE). I testi normativi di recepimento sono stati
comunque previsti da disposizioni legislative già approvate o in attesa di
approvazione in Parlamento.
In particolare, si
rileva che l’art. 42
della legge n. 2014-1545 del 20
dicembre 2014 relativa alla semplificazione della vita delle imprese (Loi n. 2014-1545 du 20 décembre 2014 relative à la
simplification de la vie des entreprises) dispone che il Governo
sia autorizzato a recepire mediante ordinanza[17], ai sensi dell’art. 38 Cost. due direttive: la direttiva
2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014,
sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; la direttiva
2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014,
sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua,
dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva
2004/17/CE. L’art. 42 della
legge n. 2014-1545 prevede inoltre che l’ordinanza in questione provveda, in
particolare, ad una razionalizzazione di alcuni aspetti dell’insieme dei contratti di appalti pubblici (marchés publics). È in particolare
prevista una razionalizzazione delle regole generali di stipulazione e di
esecuzione di tali contratti e una razionalizzazione del quadro giuridico
applicabile ai “contratti globali” (contrats
globaux) e “settoriali” (contrats
sectoriels). L’art. 42 della legge dispone anche che l’ordinanza chiarisca
su quali basi sono decise le autorizzazioni di occupazione delle proprietà
degli enti pubblici e il loro rapporto con il diritto degli appalti pubblici.
Con specifico riferimento ai “contratti globali”, l’ordinanza dovrà anche
stabilire le modalità di elaborazione delle valutazioni preliminari alla loro
stipulazione, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza giuridica e finanziaria
di questi contratti. Inoltre, l’ordinanza dovrà chiarire le condizioni del
possibile ricorso ai “contratti globali” in modo tale da limitarne l’utilizzo e
stabilire in particolare una soglia minima finanziaria per cui è possibile
stipularli. Con l’ordinanza dovranno anche essere assunte le misure di
armonizzazione del diritto interno in seguito al recepimento del diritto
comunitario, in modo tale da rispettare la gerarchia delle norme, la coerenza
redazionale dei testi, correggere eventuali errori e abrogare le disposizioni
divenute senza oggetto. L’art.42 della legge stabilisce infine che le norme
poste dall’ordinanza si applicheranno ai contratti in materia di appalti
pubblici che saranno stipulati a partire dal 1° gennaio 2016.
Anche per la direttiva
2014/23/UE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di
concessione, è prevista una simile procedura di recepimento da parte del
Governo mediante ordinanza. In particolare, l’art. 57 del projet de loi pour la croissance, l’activité
et l’égalité des chances économiques, recentemente approvato con
modifiche in prima lettura al Senato (Testo approvato n. 99, 12 maggio 2015),
stabilisce che il Governo è autorizzato ad adottare mediante ordinanza, entro
un termine di nove mesi a partire dalla promulgazione della legge in questione,
ogni misura necessaria per la trasposizione della direttiva 2014/23/UE.
L’ordinanza dovrà disporre la semplificazione delle regole comuni alle
differenti tipologie dei contratti di concessione (contrats de concession), previsti dalla normativa comunitaria,
aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di un’opera o la gestione di un
servizio. L’ordinanza dovrà inoltre procedere all’armonizzazione e
all’adattamento delle regole particolari proprie di questi contratti,
considerando il loro oggetto, il loro valore finanziario e le specificità delle
persone che sono sottoposte alle sue regole. Il progetto di legge è stato trasmesso il 13 maggio 2015 all’Assemblea
nazionale per l’esame in seconda lettura (cfr. iter
del disegno di legge sul sito del Senato).
Sulla tempistica
prevista per la trasposizione delle direttive europee soprarichiamate è
disponibile una scheda
della Direzione Affari Giuridici del Governo.
In Germania il Ministero
federale per l’economia e l’energia (Bundesministerium für Wirtschaft und
Energie - BMWi), al quale compete la determinazione dei principi e delle
regole concernenti gli appalti pubblici, è attualmente impegnato in una vasta
opera di modernizzazione della materia. Gli elementi portanti (c.d. Eckpunkte)
di questa riforma, presentati dal Ministero il 19 novembre 2014, sono stati
deliberati dal Consiglio dei Ministri del Governo federale il 7 gennaio 2015.
Alla fine di aprile il Ministero federale per l’economia e l’energia ha
predisposto una bozza di progetto di
legge (Referentenentwurf) che, ai sensi del
§ 47 del Regolamento comune dei ministeri federali (Gemeinsame
Geschäftsordnung der Bundesministerien – GGO), è stato inoltrato ai
competenti ministeri dei Länder, alle rappresentanze dei Länder
presso lo Stato federale, alle associazioni comunali e a gruppi di esperti e
specialisti per acquisirne il parere. A questa fase di “partecipazione
pubblica” (Beteiligung) ad una riforma che tocca anche gli interessi
degli enti locali seguirà il procedimento legislativo presso entrambe le
Camere, che avrà inizio il prossimo autunno.
Tra i motivi ispiratori della riforma vi è in
primo luogo l’attuazione delle tre nuove direttive europee sugli appalti
(2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE)[18]
che dovranno essere recepite nell’ordinamento tedesco entro il 18 aprile 2016.
La necessità di adeguarsi alle normative europee impone un riordino del sistema
finora vigente e la creazione di una disciplina più semplice, più flessibile e
più facilmente applicabile. Il fulcro del progetto di legge governativo, che
riguarda in particolare gli appalti sopra la soglia comunitaria, è
rappresentato dalla novella della parte quarta della legge a tutela della
concorrenza (GWB).
La normativa sugli appalti[19]
disciplina l’assegnazione di commesse pubbliche alle imprese, allo scopo di
procurare ai committenti pubblici mezzi materiali e servizi al prezzo più
vantaggioso e alle migliori condizioni. Le disposizioni relative alla procedura
da seguire devono garantire la concorrenza, la trasparenza e la parità di
trattamento. La struttura e il contenuto della normativa tedesca sugli appalti
è attualmente parecchio complessa: in molti casi fattispecie paragonabili tra
loro sono disciplinate più volte e in modo diverso, come accade per le
disposizioni sull’esclusione dalla procedura di gara (ad esempio nel caso di
condanna a causa di reati economici), suddivise in una molteplicità di norme.
La riforma ha lo scopo di rendere più semplice e agevole l’applicazione pratica
di tali disposizioni mediante la ricongiunzione e l’uniformazione di diverse
norme, in particolare di quelle che riguardano gli appalti di forniture e
servizi. Le proposte di riforma del Ministero prevedono una rielaborazione
basilare e una migliore sistematizzazione della materia, pur
continuando a tener conto delle particolarità di alcune prestazioni, ad esempio
in campo edilizio.
In aggiunta alla norme di tipo strutturale,
diventeranno più semplici, più rapide e più efficienti anche quelle relative
alla procedura di gara (Vergabeverfahren): i termini di scadenza
diventeranno più brevi e anche le trattative con le offerte saranno rese
più agevoli. I servizi in campo sociale, come ad esempio quelli per
l’integrazione delle persone in cerca di lavoro, potranno essere assegnati con
una procedura più snella, così come avverrà per l’assegnazione di concessioni.
Ai fini di una maggiore efficienza sarà incentivato l’utilizzo di mezzi
elettronici, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione tra
committenti e appaltatori o lo scambio di documenti.
Oltre a sviluppare aspetti innovativi dal
punto di vista sociale ed ecologico, la riforma punterà sul rispetto del
principio della economicità. Il Governo federale, da parte sua, garantirà
che, nell’esecuzione di appalti pubblici, le imprese osservino gli obblighi
previsti dalla normativa vigente nel settore sociale e in quello del lavoro.
Per quanto riguarda l’applicazione delle nuove norme a livello di enti locali,
lo scopo è quello di realizzare una maggiore chiarezza e certezza del diritto,
escludendo determinati settori dalla disciplina sugli appalti, come ad esempio
l’assegnazione di concessioni per l’erogazione di acqua potabile.
Infine, in concomitanza con la modernizzazione
della disciplina sugli appalti e nell’ambito di una più efficace lotta contro
la corruzione e la criminalità economica (Eckpunkte n. 9), è prevista,
su tutto il territorio federale, l’introduzione di un registro di esclusione
dagli appalti (Vergabeausschlussregister). Mediante tale registro
tutti i committenti pubblici verranno a conoscenza dei reati compiuti dagli
offerenti e gli offerenti inaffidabili non potranno ottenere commesse
pubbliche.
Il Regno Unito ha
recepito la direttiva europea sugli appalti pubblici (2014/24/UE) con le Public Contracts
Regulations 2015, la cui
tempestiva adozione è stata perseguita dal legislatore britannico nel
presupposto che le relative misure siano idonee a semplificare il quadro
normativo degli appalti pubblici e a stimolare la crescita economica. Le Regulations, entrate in vigore il 26
febbraio 2015 (e destinate ad applicarsi in modo “asimmetrico” nelle diverse
regioni del Paese a motivo delle competenze ad esse attribuite dalle legge di devolution), sono state precedute
nell’approvazione da una consultazione pubblica, conclusasi con il documento di
replica pubblicato dal Cabinet Office (Government response to the consultation on UK
transposition of new EU Procurement Directives: Public Contracts Regulations
2015, del 30 gennaio
2015).
La tecnica normativa utilizzata nella
redazione delle Regulations (adottate
nella forma dello Statutory Instrument)
si è avvalsa, per un verso, di clausole generali e di rinvio alle regole e
definizioni riportate nei testi normativi dell’Unione Europea, in modo da
assicurare la costante adeguatezza del diritto interno in materia di appalti (procurement law) agli aggiornamenti
delle discipline europee (è il caso, ad esempio, dei limiti di valore degli
appalti soggetti a revisione biennale da parte della Commissione, oppure della
nozione legislativa europea di dispositivi tecnici o di modalità operative
riferite alla firma digitale o alla rete pubblica di telecomunicazione). Per
altro verso, la disciplina di recepimento ha trasposto taluni passaggi della
direttiva in termini ritenuti coerenti con la tradizione giuridica nazionale al
fine di superare l’ambiguità di formulazione delle norme da recepire; in altri
casi, infine, la trasposizione ha preservato il tenore indeterminato di
previsioni sulla cui interpretazione si è sviluppata una cospicua
giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Le principali previsioni del testo
normativo di recepimento, nel complesso orientate a perseguire la trasparenza
nel settore e la parità di trattamento degli operatori, sono dirette ad
imprimere una maggiore dinamicità agli
appalti e perseguono la speditezza
e la semplificazione delle relative
procedure. In particolare, è accresciuto lo spazio dell’autonomia negoziale
dell’appaltante (procurer) e
dell’appaltatore (supplier) circa la
definizione dei termini contrattuali degli appalti la cui soglia di valore
economico, per la fornitura di determinati beni e servizi, sia inferiore a
750.000 euro; si contemplano nuove forme di accordo relativamente alla
costituzione di collaborazioni tra l’appaltante pubblico e il contraente
privato per la produzione di beni o servizi a carattere innovativo (Innovative Partnership); è previsto il
ricorso a modalità elettroniche di
esperimento delle gare (Dynamic
Purchasing Systems), nonché di comunicazione tra le parti contraenti; sono
enumerati requisiti minimi per le imprese partecipante alle gare (regolarità
fiscale e contributiva, coperture assicurative, compatibilità ambientale,
obblighi di sicurezza e di prevenzione sanitaria per i dipendenti); è previsto
un più ampio ricorso alle auto-certificazioni nelle gare entro predeterminate
soglie di valore economico, salva la produzione documentale successivamente
richiesta all’aggiudicatario. Gli adempimenti prescritti dalle Public Contracts Regulations 2015 per la
partecipazione alle gare per appalti pubblici sono descritti, con maggior
dettaglio, nella guida
predisposta allo scopo dal Crown
Commercial Service.
Sono altresì poste
norme il cui obiettivo, senza pregiudicare la semplificazione procedurale, è
quello di prevenire la corruzione. Si segnalano, a questo
riguardo, le previsioni in materia di: conflitto di interesse nelle procedure
di gara; temporanea esclusione dagli appalti delle imprese condannate per reati
di corruzione (materia di decisioni a carattere obbligatorio o discrezionale, a
seconda dei casi, da parte del contraente pubblico); adozione di misure di
ravvedimento (self-cleaning measures)
da parte delle stesse imprese, le cui inadempienze - riscontrate in relazione a
precedenti appalti pubblici - possono precluderne, in ogni caso, la
partecipazione alle gare.
Oltre a trasporre
nel diritto interno la direttiva 2014/24/UE, le Regulations del 2015 consolidano nella parte terza del testo
normativo, con minime modifiche, le già vigenti norme di attuazione della
direttiva sulle procedure di ricorso nel settore degli appalti pubblici
(direttiva 89/665/CE, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE). Esse,
inoltre, contengono (nella parte quarta) previsioni non contemplate dalla
direttiva da recepire, il cui fine è quello di agevolare le piccole e medie imprese in relazione
alla loro partecipazione agli appalti pubblici: si dispone, tra l’altro, la
pubblicità centralizzata dei bandi delle gare di appalto attraverso siti
Internet a ciò dedicati (Contracts Finder Portal); l’eliminazione di adempimenti di certificazione
per gli appalti di minore importo; l’uniformità dei requisiti di
pre-qualificazione per partecipare agli appalti di valore più elevato; il
frazionamento dei contratti affinché le imprese di piccole dimensioni possano
accedere all’aggiudicazione di singoli lotti.
Le due ulteriori direttive sugli appalti adottate nel 2014 dall’Unione
Europea (la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti
erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi
postali, e la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di
concessione) sono, mentre si scrive, in attesa di trasposizione; il loro
recepimento comporterà la revisione della normativa vigente, costituita, per
gli appalti di servizi, dalle Utilities
Contracts Regulations 2006.
La Spagna ha iniziato il
procedimento di trasposizione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e
2014/25/UE mediante la pubblicazione delle bozze
di due progetti di legge provvisori, disponibili sul sito del Ministero
delle finanze e delle pubbliche amministrazioni:
Borrador de
anteproyecto de Ley de contratos del sector público (17 aprile 2015);
Borrador de
anteproyecto de Ley sobre procedimientos de contratación en los sectores del
agua, la energía, los transportes y los servicios postales (17 aprile 2015).
[1] COM(2011)895, COM(2011)896, COM(2011)897.
[2] Con il termine overdesign si intende la progettazione e la realizzazione di un'opera in maniera sovradimensionata, ossia con criteri di dimensionamento, sicurezza, accessibilità, portati all’eccesso considerati superiori rispetto alle reali necessità e a quanto richiederebbe il suo utilizzo tipico.
[3] In questa legislatura, l’esame dello schema di decreto legislativo (poi decreto legislativo n. 51 del 2013) contenente disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma capitale, si è concluso con l’approvazione di risoluzioni al Senato (il 3 aprile 2013) e alla Camera (il 9 aprile 2013).
[4] Per un commento sintetico della direttiva 2014/55/UE, tratto dal dossier relativo all’A.C. 3123, si veda http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Testi/ID0018a.htm#_Toc421093503.
[5] Per un approfondimento si rinvia al commento dell’art. 20 del D.L. 5/2012 tratto dal dossier del Servizio studi sul ddl di conversione A.C. 4940-A.
[6] Disponibile all’indirizzo internet:
[7] Il testo del piano presentato è disponibile sul sito web dell’ANAC al link:
www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/PianoRiordino.
[8]www.anci.it/Contenuti/Allegati/Documento%20ANCI%20criticit%C3%A0%20AVCpass%2025%20novembre%20definitivo.docx
[9] Acronimo che individua il sistema informatico di negoziazione in modalità Asp (Application Service Provider) delle Pa e degli altri soggetti pubblici che si avvalgono di Consip. Larticolo 9 del D.L. n.95/2012, più avanti citato, prevede in proposito che Il ministero dell’economia possa mettere a disposizione tale sistema per le amministrazioni pubbliche che ricorrono alla Consip medesima.
[10] Poi emanati rispettivamente l’11 ed il 14 novembre del 2014.
[11] L’istituzione del tavolo tecnico è avvenuta con il D.P.C.M. 14 novembre 2014, pubblicato nella G.U. n. 15 del 20 gennaio 2015. Nella medesima G.U. è stato inoltre pubblicato il D.P.C.M. 11 novembre 2014, con cui sono stati disciplinati i requisiti per l'iscrizione nell'elenco dei soggetti aggregatori, insieme con il relativo elenco recante gli oneri informativi. In merito all’applicazione di tale ultimo decreto, l’ANAC ha emanato la determinazione n. 2 dell’11 febbraio 2015 (pubblicata nella G.U. n. 51 del 3 marzo 2015). Si ricorda altresì che la conferenza delle Regioni ha approvato il documento predisposto da ITACA (Istituto per l'innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale) e intitolato “Elementi guida per l’attuazione degli obblighi di aggregazione della domanda pubblica di cui al decreto legge n. 66 del 2014”, disponibile al link www.regioni.it/download/conferenze/391036/.
[12] La norma chiarisce che tali interventi devono essere contenuti entro un importo non superiore al 10% per i lavori di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, non superiore al 10% per i lavori di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro e al 5% per tutti gli altri lavori delle categorie di lavoro dell'appalto e che non comportino un aumento dell'importo del contratto stipulato per la realizzazione dell'opera. Sono inoltre ammesse (sempre ai sensi del comma 3), nell'esclusivo interesse dell'amministrazione, le varianti, in aumento o in diminuzione, finalizzate al miglioramento dell'opera e alla sua funzionalità, sempreché non comportino modifiche sostanziali e siano motivate da obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili al momento della stipula del contratto. L'importo in aumento relativo a tali varianti non può superare il 5% dell'importo originario del contratto e deve trovare copertura nella somma stanziata per l'esecuzione dell'opera al netto del 50% dei ribassi d’asta conseguiti.
[13] A partire dalla sentenza 18 novembre 1999, causa C 107/98, Teckal, con ulteriori approfondimenti per specifiche fattispecie, come quelli che emergono dalle sentenze 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle, e 10 settembre 2009, causa C-573/07, Sea s.r.l., fino alla sentenza della Grande Sezione del 9 giugno 2009 causa C 480/0 Commissione c. Germania.
[14] I rapporti concessori in essere sono però 25, dato che SATAP S.p.A. risulta titolare della concessione per la A21 Torino-Piacenza e la A4 Torino-Milano.
[15] Le norme dell’articolo 71 della direttiva n. 24 perseguono gli obiettivi definiti nel considerando 105 della medesima direttiva, ove si legge che è “necessario garantire una certa trasparenza nella catena dei subappalti, in quanto ciò fornisce alle amministrazioni aggiudicatrici informazioni su chi è presente nei cantieri edili nei quali si stanno eseguendo i lavori per loro conto o su quali imprese forniscono servizi negli edifici, infrastrutture o aree, ad esempio municipi, scuole comunali, infrastrutture sportive, porti o autostrade, dei quali le amministrazioni aggiudicatrici sono responsabili o su cui hanno un controllo diretto. Dovrebbe essere chiarito che l'obbligo di fornire le necessarie informazioni grava in ogni caso sul contraente principale, in virtù di clausole specifiche che l'amministrazione aggiudicatrice dovrà inserire in tutte le procedure di appalto, o in virtù di obblighi che gli Stati membri imporranno al contraente principale mediante disposizioni di applicazione generale” (considerazioni analoghe sono svolte nel 72° considerando della direttiva n. 23 e nel 110° considerando della direttiva n. 25).
[16] Le disposizioni del secondo periodo del comma 3 dell’art. 118 si applicano, in base al disposto dell’art. 15 della L. 180/2011, anche “alle somme dovute agli esecutori in subcontratto di forniture le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture”.
[17] Secondo il cronoprogramma stabilito dalla Direzione Affari Giuridici del Governo, l’ordinanza in questione dovrebbe essere emanata entro il mese di giugno del 2015 (vedi link all’ultimo capoverso della presente scheda).
[18] Sul sito internet del Ministero federale per l’economia e l’energia è disponibile un documento in lingua inglese con i commenti del Governo federale sul libro verde della Commissione europea, del 18 maggio 2011, concernente la modernizzazione della politica degli appalti pubblici (Comments of the German Federal Government on the European Commission green paper on the modernisation of public procurement policy).
[19] Il corpus disciplinare di base del settore degli appalti pubblici è costituito dai Regolamenti sugli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, introdotti nel 1926 e più volte modificati, che contengono norme dettagliate in merito alle procedure delle gare e che sono così suddivisi: Vergabe- und Vertragsordnung für Leistungen (VOL) per i servizi e le forniture; Vergabe- und Vertragsordnung für Bauleistungen (VOB) per le opere (a sua volta suddiviso in tre parti: VOB/A per la fase di aggiudicazione; VOB/B per la fase dell’esecuzione; VOB/C per le prescrizioni tecniche generali); Vergabeordnung für freiberufliche Leistungen (VOF) relativo alle procedure delle gare per servizi forniti da liberi professionisti. L’aspetto peculiare delle disposizioni regolamentari, molto semplici nella parte che disciplina l’aggiudicazione, è rappresentato dall’intreccio tra normativa giuridica e normativa tecnica, con netta prevalenza di quest’ultima. Oltre che nei Regolamenti citati e nel Regolamento sulla concessione delle opere pubbliche (Vergabeverordnung - VgV) del 9 gennaio 2001, le direttive comunitarie riguardanti gli appalti pubblici nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (“settori speciali”), nonché nei settori dei lavori, delle forniture e dei servizi (“settori classici”), sono state recepite nell’ordinamento tedesco mediante la legge contro le restrizioni alla concorrenza (Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen - GWB) del 26 agosto 1998.