Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Titolo: | Disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale - D.L. 1/2013 ' A.C. 5714 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 742 | ||||
Data: | 21/01/2013 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici | ||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni
urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei
rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale D.L. 1/2013 – A.C. 5714 |
Schede di
lettura |
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n. 742 |
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21 gennaio 2013 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Ambiente ( 066760-9253 / 066760-4548 – * st_ambiente@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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File: D130001.doc |
INDICE
§
Articolo 1, commi 1, 2 e
3 (Proroghe di termini in materia di
gestione dei rifiuti)
§
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
§
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
§
Articolo 2 (Proroga di gestioni commissariali di talune
emergenze ambientali)
§
Articolo 3 (Entrata in vigore)
Articolo 1, commi
1, 2 e 3
(Proroghe di termini in materia di
gestione dei rifiuti)
1. Il termine di cui al comma 2-ter dell'articolo 11 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, e successive modificazioni, è differito al 30 giugno 2013. A partire dalla scadenza del termine di cui al primo periodo si applicano le disposizioni dell'articolo 14, comma 27, lettera f), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.
2. Il termine di cui all'articolo 6, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, e successive modificazioni, come da ultimo prorogato dall'articolo 13, comma 6, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n.216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, è differito al 31 dicembre 2013.
3. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo 1, ai commi 1 e 2, reca proroghe di termini concernenti rispettivamente la fase transitoria nell’ambito della disciplina speciale concernente la gestione dei rifiuti nella regione Campania – relativamente alle funzioni svolte dai comuni - e l’entrata in operatività del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti con PCI (Potere calorifico inferiore) superiore a 13.000 kJ/Kg.
Si tratta di termini scaduti il 31 dicembre 2012, che sono stati oggetto negli anni passati di proroga in occasione dell’emanazione di provvedimenti d’urgenza appositamente volti al differimento dei termini e intervenuti sempre alla fine dell’anno di scadenza. La proroga di tali termini non è stata inserita nella legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013)[1] e, pertanto, con il decreto legge in commento è vigente dal 15 gennaio 2013, ossia dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto legge.
Gestione dei rifiuti nella
regione Campania (comma 1)
Il comma 1 proroga al 30 giugno 2013 la durata della fase transitoria prevista, sino al 31 dicembre 2012, dall’art. 11, comma 2-ter, del decreto-legge n. 195 del 2009[2], durante la quale le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite, secondo le attuali modalità e forme procedimentali, dai comuni della regione Campania in luogo del subentro in tali funzioni da parte delle province, come previsto dal comma 2 del medesimo articolo 11.
Si ricorda in proposito che, nell’ambito della legislazione emanata per fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania, l’art. 11 del decreto-legge n. 195 del 2009, ai commi 2 e 3, ha attribuito alle amministrazioni provinciali, anche per il tramite di specifiche società provinciali, tutte le attività di raccolta, di trasporto, di trattamento, di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
In particolare, il comma 2, sulla base delle previsioni di cui alla legge della regione Campania 28 marzo 2007, n. 4, e successive modificazioni, e tenuto conto delle indicazioni di carattere generale di cui alla determinazione del Sottosegretario di Stato adottata in data 20 ottobre 2009 inerente al ciclo di gestione integrata dei rifiuti, per evitare soluzioni di continuità rispetto agli atti compiuti nella fase emergenziale, dispone che le amministrazioni provinciali, anche per il tramite delle relative società,…….. subentrano, fatto salvo quanto previsto dal comma 2-ter, nei contratti in corso con soggetti privati che attualmente svolgono in tutto o in parte le attività di raccolta, di trasporto, di trattamento, di smaltimento ovvero di recupero dei rifiuti. La norma, infine, precisa che, in alternativa, le amministrazioni provinciali possono affidare il servizio in via di somma urgenza, nonché prorogare i contratti in cui sono subentrate per una sola volta e per un periodo non superiore ad un anno con abbattimento del 3 per cento del corrispettivo negoziale inizialmente previsto.
Relativamente alla predetta norma, si segnala che è stata rimessa la questione di legittimità costituzionale con le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale per la Campania del 07/09/2011 nn. 29 e 30[3].
La proroga - fino al 31 dicembre 2011 - della disciplina gestionale speciale è stata disposta sia dal decreto-legge n. 225 del 2010 e dal successivo D.P.C.M. 25 marzo 2011 sia dall’art. 1-bis del decreto-legge n. 196 del 2010[4]. Successivamente, l'art. 13, comma 5, lett. d), del decreto-legge dicembre 216 del 2011[5] ha fissato la scadenza del termine al 31 dicembre 2012. Le precedenti proroghe hanno però inciso anche su ulteriori disposizioni dell’articolo 11 del decreto legge n. 195 del 2009 e precisamente sui commi 5-bis, 5-ter e 5-quater del predetto articolo 11, che riguardano le modalità di calcolo e la riscossione della TARSU e della TIA.
La norma prevede, inoltre, che, a partire dalla scadenza del termine del 30 giugno 2013, si applicheranno, anche sul territorio della Regione Campania, le disposizioni di cui all’art. 14, comma 27, lettera f), del decreto legge n. 78/2010[6], che attribuisce ai comuni l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi. La norma è stata modificata dal Senato proprio per rinviare più correttamente dal punto di vista formale alla norma novellata, ossia all’articolo 14, comma 27, lettera f), del decreto legge n. 78/2010, e non alla norma novellante, cioè all’art. 19, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 95 del 2012[7], che ha sostituito tale disposizione.
Si ricorda che l’articolo 19 del D.L. 95/2012 definisce le funzioni fondamentali dei comuni modificando la disciplina dell’obbligatorio esercizio di funzioni, e novella quella dell’unione di comuni contenuta nel Testo unico per gli enti locali. In particolare, il comma 1, lett. a), individua le funzioni fondamentali dei comuni in conformità all’art. 117, comma secondo, lett. p), Cost., che attribuisce in via esclusiva allo Stato la competenza normativa in materia. L’individuazione delle funzioni fondamentali è compiuta attraverso una modifica dell’art. 14, comma 27, del D.L. 78/2010 che aveva definito le stesse funzioni mediante rinvio ad altra fonte normativa, a fini di coordinamento della finanza pubblica, di contenimento delle spese funzionali e di esercizio in forma obbligatoriamente associata di funzioni dei comuni. La fonte oggetto di rinvio, cioè l’art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009, aveva definito le funzioni fondamentali dei comuni solo in via provvisoria ed esclusivamente ai fini perseguiti dalla disciplina complessiva in essa contenuta, vale a dire determinazione dei fabbisogni e delle spese degli enti locali.
In particolare, l’art. 14, comma 27, lettera f), del D.L. 78/2010, sostanzialmente modificato dall’articolo 19, comma 1, lettera a), del D.L. 95/2012, fa riferimento all'organizzazione e alla gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e alla riscossione dei relativi tributi, mentre l’art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009 faceva riferimento, alla lettera e), alle funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato.
Si segnala, infine, che l’art. 14 del D.L. 201/2011, modificato da ultimo dal comma 387 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013, ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni, e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni. Sulla disciplina concernente la TARES incide l’articolo 1-bis del decreto, introdotto nel corso dell’esame al Senato, alla cui scheda di commento si rinvia.
Per quanto concerne l’attività parlamentare svolta nella presente legislatura, si segnala che la proposta di legge di iniziativa parlamentare A.C. 4661[8] è volta a introdurre disposizioni per reintegrare le competenze dei comuni campani nella gestione dei rifiuti.
Divieto di smaltimento in
discarica dei rifiuti con PCI (Potere calorifico inferiore) superiore a 13.000
kJ/Kg. (comma 2)
Il comma 2 proroga di un ulteriore anno, cioè al 31 dicembre 2013, il termine – previsto dall'art. 6, comma 1, lettera p), del D.Lgs. 36/2003 - di entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti (urbani e speciali) con PCI (Potere calorifico inferiore) superiore a 13.000 kJ/Kg.
Si ricorda che l’art. 6 del citato D.Lgs. n. 36, con cui è stata data attuazione alla direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, ha, infatti, indicato tra i rifiuti che non possono essere ammessi in discarica, alla lettera p) del comma 1, anche i rifiuti con PCI > 13.000 kJ/kg che dovranno, invece, essere smaltiti in appositi impianti di termovalorizzazione, ai fini di potenziare il recupero energetico. Occorre ricordare che tale divieto non era previsto dalla direttiva comunitaria n. 31, ma è stato introdotto con la finalità di potenziare il recupero energetico dei rifiuti attraverso processi di termovalorizzazione.
Si ricorda inoltre che l’art. 2, comma 4-sexiesdecies, del D.L. 225/2010 ha integrato il testo della citata lettera p) prevedendo che il divieto di smaltimento in discarica in esso contemplato non si applica ai rifiuti provenienti dalla frantumazione degli autoveicoli a fine vita (c.d. fluff) e dei rottami ferrosi “per i quali sono autorizzate discariche monodedicate che possono continuare ad operare nei limiti delle capacità autorizzate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225”, cioè alla data del 27 febbraio 2011[9].
Si ricorda che il termine oggetto del comma era stato prorogato al 31 dicembre 2011 dal D.P.C.M. 25 marzo 2011, che a sua volta aveva differito il termine in precedenza fissato dal D.L. 225/2010. Il termine è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2012 dal citato decreto-legge n. 216 del 2011.
Clausola di invarianza
finanziaria (comma 3)
Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria volta a specificare che dall’attuazione dell’articolo 1 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Con una lettera di messa in mora del 29 settembre 2011 la Commissione europea invita l’Italia a conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia dell’UE del marzo 2010 (causa C-297/08) che la riconosce responsabile di non aver stabilito una rete adeguata e integrata di impianti per lo smaltimento dei rifiuti in Campania.
Nel mese di giugno 2012 l’Italia ha trasmesso alla Commissione europea un programma per la gestione dei rifiuti in Campania fino al 2016. Ai rilievi sollevati dalla Commissione europea l’Italia ha fornito una risposta nel mese di settembre. Contatti tra la Commissione europea e le autorità italiane sono tuttora in corso e, secondo fonti di stampa, la Commissione potrebbe, in base al suo esame, decidere ''rapidamente nel corso dei prossimi mesi'' se le misure prese sono sufficienti o se invece proseguire con la procedura d'infrazione, con cui l'Italia rischia, secondo quanto riportato in un comunicato stampa del Ministero dell’ambiente del 17 dicembre 2012, una multa da 180 milioni di euro.
Si ricorda che, in seguito alla procedura d’infrazione avviata a carico dell’Italia, nel 2007 la Commissione europea ha deciso di sospendere il pagamento di 135 milioni di contributi Ue che dal 2006 al 2013 avrebbero dovuto finanziare i progetti relativi ai rifiuti, e di altri 10,5 milioni del periodo 2000-2006 che sono stati aboliti.
Il 31 maggio 2012 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato (p.i. 2011_4021) in relazione alla non conformità alla normativa europea sulle discariche di rifiuti (direttiva 1999/31/CE in combinato disposto con la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE) della discarica di Malagrotta e di altre discariche laziali.
La Commissione contesta la mancata istituzione nella Regione Lazio di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati che tengano conto delle migliori tecniche disponibili (art. 16, paragrafo 1 direttiva 2008/98/CE).
Inoltre, secondo la Commissione, la
discarica di Malagrotta e i subATO di Rieti e di Latina evidenziano un deficit nella capacità di assolvere
all’obbligo di pretrattamento meccanico biologico previsto dall’art. 6,
lettera a), della direttiva 1999/31/CE, che dispone per i rifiuti urbani
conferiti in discarica un trattamento che comprenda un’adeguata selezione delle
diverse frazioni dei rifiuti e la necessaria stabilizzazione della frazione organica
in essi contenuta. Infine, la Commissione rileva la mancata attuazione delle misure idonee ad evitare i disagi causati
dai rifiuti maleodoranti (art. 13 direttiva 2008/98/CE).
Il 24 ottobre 2012 la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea (p.i. 2003/2077) per la mancata attuazione di una precedente sentenza della Corte di giustizia dell’aprile 2007, che imponeva all’Italia di bonificare centinaia di discariche illegali e incontrollate di rifiuti[10].
La Commissione contesta all’Italia che, nonostante alcuni significativi progressi, le violazioni rilevate nella sentenza dell’aprile 2007 sussistono ancora in quasi tutte le regioni italiane (ad eccezione della Valle d’Aosta, della Sicilia e della Provincia di Trento) e le misure in vigore non sono sufficienti per risolvere il problema a lungo termine. In particolare, la Commissione osserva che: 255 discariche – 16 delle quali contenenti rifiuti pericolosi - devono ancora essere bonificate e soltanto 31 discariche problematiche saranno bonificate entro la fine del 2012; un calendario completo per l’ultimazione dei lavori è stato definito unicamente per 132 discariche su 255; la Commissione non dispone di informazioni da cui risulti che l’Italia abbia istituito un sistema di controllo adeguato per evitare l’apertura di nuove discariche illegali.
Nel ricorso la Commissione chiede alla Corte di irrogare all’Italia, per l’inadempimento della sentenza sopra richiamata, un’ammenda forfettaria di 56 milioni di euro (28.089,60 euro per ogni giorno trascorso tra le 2 sentenze della Corte) e un’ammenda giornaliera di 256.819,20 euro per ogni giorno successivo alla seconda sentenza che sarà emessa dalla Corte, fino al giorno della regolarizzazione dell’infrazione.
In un audizione svolta presso le Commissioni riunite VIII
Ambiente e XIV politiche UE il 21 novembre 2012 il Ministro dell’Ambiente,
Corrado Clini ha precisato che secondo
il Governo i siti da ripristinare
sono 234, di cui 148 con interventi in corso, 77 con interventi programmati
e 9 sotto sequestro.
Articolo 1, comma 2-bis
(Modifica della disciplina concernente
l’indicazione dei costi di gestione dei RAEE all’acquirente)
2-bis. All'articolo 10, comma 2, primo
periodo, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, le parole: «Fino al 13
febbraio 2011 e, per le apparecchiature rientranti nella categoria 1
dell'allegato 1A, fino al 13 febbraio 2013» sono soppresse.
L’articolo 1, comma 2-bis, introdotto durante l’esame al Senato, novella il comma 2 dell’art. 10 del D.Lgs. 151/2005 in materia di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
La vigente formulazione del comma 2 dell’art. 10 citato consente al produttore di apparecchiature elettriche ed elettroniche di indicare esplicitamente all'acquirente, al momento della vendita di nuovi prodotti, i costi sostenuti per la raccolta, il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei RAEE storici (c.d. eco-contributo RAEE).
Tale possibilità è però limitata temporalmente. La norma prevede infatti che la citata indicazione possa essere apposta fino al 13 febbraio 2011 e, per le apparecchiature rientranti nella categoria 1 dell'allegato 1A (vale a dire i grandi elettrodomestici), fino al 13 febbraio 2013.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera q), del medesimo decreto legislativo, sono «RAEE storici» quelli derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato prima del 13 agosto 2005.
Il comma 2 dispone altresì che il distributore indica separatamente all'acquirente finale il prezzo del prodotto ed il costo, identico a quello individuato dal produttore, per la gestione dei rifiuti storici. I costi indicati dal produttore non possono superare le spese effettivamente sostenute per il trattamento, il recupero e lo smaltimento.
Con la novella recata dal comma in commento vengono soppresse le limitazioni temporali citate, per cui sarà sempre possibile, per il produttore (e quindi di conseguenza per il distributore) indicare esplicitamente all’acquirente di nuovi prodotti il c.d. eco-contributo RAEE (ECR). Tale modifica rende, pertanto, permanente la previsione precedentemente descritta.
La citata modifica appare in linea con la nuova normativa dell’UE in materia di RAEE recata dalla direttiva 2012/19/UE.
La disposizione del comma 2 dell’art. 10 recepisce pressoché integralmente il dettato dall’art. 8, par. 3 della direttiva 2002/96/CE, in base al quale gli Stati membri provvedono affinché, per un periodo transitorio di otto anni (dieci anni per la categoria 1 dell'allegato I A) dall'entrata in vigore della direttiva, i produttori possano indicare agli acquirenti, al momento della vendita di nuovi prodotti, i costi della raccolta, del trattamento e dello smaltimento inoffensivo per l'ambiente. I costi indicati non superano le spese effettivamente sostenute.
I termini di otto e dieci anni indicati dalla direttiva, entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione nella G.U.U.E., avvenuta il 13 febbraio 2003, corrispondono esattamente al 13 febbraio 2011 e al 13 febbraio 2013, cioè i termini indicati dalla norma nazionale.
Nella nuova direttiva RAEE (direttiva 2012/19/UE), la quale ha abrogato la precedente direttiva 2002/96/CE, l’indicazione del costo di gestione dei RAEE viene svincolata da limiti temporali. L’art. 14, par. 1, dispone che “Gli Stati membri possono esigere che i produttori siano tenuti ad indicare agli acquirenti, al momento della vendita di nuovi prodotti, i costi della raccolta, del trattamento e dello smaltimento ecocompatibile. I costi indicati non superano la migliore stima delle spese effettivamente sostenute”.
La norma reca un contenuto identico al comma 5 dell’articolo 17 della proposta di legge di iniziativa parlamentare A.C. 4240, recante modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia ambientale che, dopo essere stata approvata in prima lettura dalla Camera il 16 febbraio 2012 e dal Senato il 9 maggio 2012, è stata nuovamente modificata dalla Camera ed approvata in sede legislativa dall’VIII Commissione il 21 dicembre 2012 e trasmessa al Senato (A.S. 3162-B).
Si segnala, da ultimo, che la clausola di invarianza prevista dal comma 3 dell’articolo 1 è ovviamente riferita anche alla previsione in commento.
In riferimento all’art 1, comma 2-bis si segnala che talune disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 151/2005 di trasposizione della direttiva 2002/96/CE relativa ai rifiuti di apparecchiature
elettriche ed elettroniche (direttiva RAEE) - non completamente sanate da
interventi successivi (ad esempio l’articolo 21 della legge 96/2010) - sono
oggetto di contestazione da parte della Commissione europea che, a tale
proposito, il 24 novembre 2011 ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora complementare (p.i. 2009/2264). La Commissione ha infatti reiterato i rilievi
inerenti:
· definizione
di produttore, (art. 3, comma
1, lettera i) del decreto legislativo) riferita solo al mercato nazionale
invece che a quello europeo (per analoghe ragioni tali disposizioni non sono
ritenute dalla Commissione conformi alla direttiva 2002/95/CE, relativa alla restrizione dell’uso di determinate
sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche);
· finanziamento
relativo ai RAEE provenienti dai nuclei domestici: la Commissione ritiene che la trasposizione italiana
della direttiva proroghi illegittimamente l’entrata in vigore dell’obbligo (13
agosto 2005) per i produttori di finanziare la gestione ecologicamente corretta
dei RAEE, non consentendo di attuare il principio di responsabilità del produttore
che rappresenta uno degli obiettivi principali della direttiva stessa.
Articolo 1-bis
(Proroga del termine di versamento della
prima rata del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi per il 2013)
1. All'articolo 14, comma 35, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, al settimo periodo,
le parole: «ad aprile» sono sostituite dalle seguenti: «a luglio».
L’articolo 1-bis posticipa,
per il solo anno 2013, al mese di luglio
il termine di versamento della prima
rata del tributo comunale sui
rifiuti e sui servizi (TARES), precedentemente fissato al mese di aprile
dalla legge di stabilità 2013, ferma restando la facoltà per il comune di
posticipare ulteriormente tale termine.
Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) è stato istituito dall’articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, a decorrere dal 1° gennaio 2013, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, nonché dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni. Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali che non siano detenute o occupate in via esclusiva. A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.
La tariffa, che deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (comma 11), è composta da:
§ una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti;
§ una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione;
§ i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.
Alla tariffa così determinata si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato (comma 13), a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione per un importo massimo di 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell'immobile e della zona ove è ubicato. Sono previste specifiche ipotesi di riduzioni tariffarie, salva la facoltà, per il consiglio comunale, di deliberare ulteriori riduzioni ed esenzioni. Il consiglio comunale determina, con apposito regolamento, la disciplina per l'applicazione del tributo e approva le tariffe.
Il comma 387 dell’articolo unico della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) ha in parte modificato la disciplina della TARES.
E’stato in primo luogo modificato il comma 1 dell’articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, al fine di recepire la sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina sui servizi pubblici locali[11].
Il servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento deve essere pertanto svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale[12].
In secondo luogo, viene chiarita la base imponibile sulla quale applicare il tributo (comma 9).
E’ quindi disposta l’applicazione a regime dei criteri del DPR 158 del 1999, che ha dettato le norme per la elaborazione del metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo da coprirsi con le entrate tariffarie e per la determinazione della tariffa di riferimento relativa alla gestione dei rifiuti urbani, riportato nell'allegato 1 a tale decreto. Viene pertanto abrogato il comma 12 dell’articolo 14 del D.L. 201/2011, che demandava ad un regolamento la definizione dei criteri per l'individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa.
Quanto alla determinazione della superficie tassabile, la norma rinvia l’applicazione del criterio della superficie catastale previsto per le unità immobiliari a destinazione ordinaria al momento in cui sarà effettuato l’allineamento tra i dati catastali relativi a tali unità e i dati riguardanti la toponomastica e la numerazione civica di ciascun comune (comma 9-bis).
In prima applicazione, pertanto, la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.
Ai fini dell'applicazione del tributo si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini delle tariffe rifiuti applicate dai comuni: la TARSU (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui al decreto legislativo 13 novembre 1993, n. 507), la TIA 1 (Tariffa di igiene ambientale prevista dall'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) o la TIA 2 (articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).
L’art. 238 del D.Lgs. 152/2006 disciplina la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (comunemente indicata come “tariffa integrata ambientale” o TIA2) prevedendo, tra l'altro, che chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Contemporaneamente all’istituzione della TIA2, l'art. 238 ha disposto l'abrogazione della TIA1, vale a dire la precedente "tariffa Ronchi" (istituita dall’art. 49 del D.Lgs. 22/1997 e comunemente indicata come “tariffa d’igiene ambientale”).
L'attuazione della TIA2 è stata tuttavia differita (dal comma 11 dell’art. 238 citato) fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, a tutt’oggi non ancora emanato. Nelle more dell’emanazione di tale decreto è stata disposta (sempre ai sensi del comma 11 citato) l’applicazione delle norme regolamentari vigenti, e quindi fatta salva l'applicazione della “tariffa Ronchi” nei comuni che l'avevano già adottata.
Alcuni comuni, poi, applicano ancora la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993), soppressa dall’art. 49, comma 1, del cd. decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997), a decorrere dai termini indicati dal citato D.P.R. 158/1999, entro i quali i comuni avrebbero dovuto provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa. Il comma 1-bis del medesimo art. 49 ha comunque consentito ai comuni di deliberare, in via sperimentale, l'applicazione della tariffa anche prima dei citati termini. Termini però che, per effetto di successive proroghe legislative operate nei confronti delle disposizioni dell’art. 11 del D.P.R. 158/1999, non sono mai diventati operativi.
Ai fini dell'attività di accertamento, il comune, per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, può considerare come superficie assoggettabile al tributo quella pari all'80 per cento della superficie catastale. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato – città ed autonomie locali e l’Anci sono stabilite le procedure di interscambio dei dati tra i comuni e la predetta Agenzia. Resta invece confermato che per le altre unità immobiliari la superficie assoggettabile al tributo rimane quella calpestabile.
Per favorire il predetto allineamento dei dati, viene poi introdotto l’obbligo - al comma 34 del citato articolo 14 - di indicare nella dichiarazione delle unità immobiliari a destinazione ordinaria i dati catastali, il numero civico di ubicazione dell'immobile e il numero dell'interno.
Ai sensi del comma 35, in deroga alla normativa per l’affidamento dei servizi di riscossione da parte dei comuni (articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), questi ultimi possono affidare, fino al 31 dicembre 2013, la gestione del tributo o della tariffa ai medesimi soggetti che attualmente svolgono, anche disgiuntamente, il servizio di gestione dei rifiuti e di accertamento e riscossione della TARSU, della TIA1 o della TIA 2.
Il versamento è effettuato esclusivamente al comune - in quattro rate trimestrali, scadenti nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre - tramite il sistema dei versamenti unitari con compensazione con il modello F24, nonché tramite bollettino di conto corrente postale. I comuni possono variare la scadenza e il numero delle rate di versamento. Per l'anno 2013, il termine di versamento della prima rata è comunque posticipato ad aprile (ora a luglio, secondo le modifiche introdotte dalla norma in commento), ferma restando la facoltà per il comune di posticipare ulteriormente tale termine. E’ inoltre consentito il pagamento in unica soluzione entro il mese di giugno di ciascun anno.
Con uno o più decreti del direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Direttore dell'Agenzia delle entrate e sentita l’Anci, sono stabilite le modalità di versamento, assicurando in ogni caso la massima semplificazione degli adempimenti da parte dei soggetti interessati, prevedendo anche forme che rendano possibile la previa compilazione dei modelli di pagamento. Per l'anno 2013, fino alla determinazione delle tariffe, a seguito della quale si effettuerà il conguaglio, l'importo delle corrispondenti rate è determinato in acconto, commisurandolo all'importo versato, nell'anno precedente, a titolo di TARSU o di TIA 1 oppure di TIA 2.
Per l'anno 2013, il pagamento della maggiorazione a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni è effettuato in base alla misura standard, pari a 0,30 euro per metro quadrato. Anche in tal caso, l'eventuale conguaglio riferito all'incremento della maggiorazione fino a 0,40 euro è effettuato al momento del pagamento dell'ultima rata.
Articolo 2
(Proroga di gestioni commissariali di
talune emergenze ambientali)
1. In deroga
al divieto di proroga o rinnovo di cui all'articolo 3, comma 2, del
decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge
12 luglio 2012, n. 100, atteso il permanere di gravi condizioni di emergenza
ambientale e ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di evitare il
verificarsi di soluzioni di continuità nelle gestioni delle medesime emergenze
ambientali, fino al 31 dicembre 2013 continuano a produrre effetti le
disposizioni, di cui all'articolo 11 dell'ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3891 del 4 agosto 2010, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2010, l'ordinanza del Presidente del Consiglio
dei Ministri n. 3554 del 5 dicembre 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 288 del 12 dicembre 2006, e successive modificazioni, l'ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3998 del 20 gennaio 2012, e successive
modificazioni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 26 gennaio 2012, e
le disposizioni di cui all'articolo 2 dell'ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 4023 del 15 maggio 2012, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 137 del 14 giugno 2012, nonché
le disposizioni di cui all'articolo 17 dell'ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3738 del 5 febbraio 2009, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 2009, e successive modificazioni. Fino allo
stesso termine continuano a produrre effetti i provvedimenti rispettivamente
presupposti, conseguenti e connessi alle ordinanze di cui al presente comma.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse già previste per la copertura finanziaria delle richiamate ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il comma 1 dell'articolo 2 proroga al 31 dicembre 2013, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali previsto dal D.L. 59/2012[13], le gestioni commissariali riguardanti:
§ gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania e dei Laghetti di Castelvolturno (art. 11 dell'O.P.C.M. 3891/2010);
§ la situazione di inquinamento determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova (O.P.C.M. 3554/2006);
§ il naufragio della nave da crociera Costa Concordia nel comune dell’Isola del Giglio (O.P.C.M. 3998/2012 e art. 2 dell’O.P.C.M. 4023/2012).
Nel corso dell’esame al Senato, l’applicabilità della disposizione in esame è stata estesa alla gestione commissariale relativa:
§ all’emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie (art. 17 dell’O.P.C.M. 3738/2009).
La norma dispone che, sino allo stesso termine, continuino a produrre effetti non solo le disposizioni citate, ma anche i provvedimenti connessi.
La proroga viene giustificata, dallo stesso comma, atteso il permanere di gravi condizioni di emergenza ambientale e alla luce della straordinaria necessità e urgenza di evitare il verificarsi di soluzioni di continuità nelle gestioni delle emergenze ambientali citate.
Come accennato la proroga recata dal comma avviene in deroga al divieto di proroga o rinnovo di cui all’art. 3, comma 2, del D.L. 59/2012, secondo il quale le gestioni commissariali che operano, ai sensi della L. 225/1992, non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012. Per la prosecuzione dei relativi interventi si applicano, quindi, i nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’art. 5 della citata legge n. 225/1992 (introdotti dal D.L. 59/2012), sentite le amministrazioni locali interessate. Conseguentemente, con apposite ordinanze dovranno essere individuate le amministrazioni che subentreranno, con poteri ordinari, alle attuali gestioni commissariali.
Di seguito si ricordano nel dettaglio le gestioni commissariali a cui il comma fa riferimento.
Bonifica delle
aree di Giugliano in Campania e dei Laghetti di Castelvolturno
L'art. 11, comma 1, dell'O.P.C.M. n.
3891 del 2010[14], dispone che il dott. Mario Pasquale De Biase,
Commissario delegato per il completamento della liquidazione della struttura
commissariale creata per fronteggiare le criticità in materia di bonifiche dei
suoli, delle falde, dei sedimenti inquinati e di tutela delle acque
superficiali della regione Campania, ai sensi dell'art. 9, comma 6,
dell'O.P.C.M. 3849/2010, provvede, avvalendosi in qualità di Soggetto attuatore
della Società Sogesid S.p.A., e nel rispetto delle determinazioni assunte da
parte dell'Autorità giudiziaria, alla realizzazione degli interventi urgenti di
messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano (Napoli) e dei Laghetti
di Castelvolturno (Caserta).
Si rammenta inoltre, che con
Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 settembre 2012[15] è stata prorogata, fino al 31 dicembre 2012, la
gestione commissariale per le bonifiche dei suoli, delle falde e dei sedimenti
inquinati e tutela delle acque superficiali della regione Campania. Si era
inoltre previsto che almeno dieci giorni prima del 31 dicembre 2012, il Capo
del Dipartimento della Protezione Civile provvedesse ad adottare, di concerto
con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, un'ordinanza per favorire e
regolare il subentro dell'Amministrazione pubblica competente in via ordinaria
a coordinare gli interventi che saranno necessari.
Inquinamento nello
stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto
Con il D.P.C.M. 23
novembre 2006[16] è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione
alla grave situazione determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel
comune di Cogoleto in provincia di Genova, in conseguenza della presenza di
cromo esavalente ubicato all'interno del medesimo stabilimento, con la
conseguente necessità di messa in sicurezza dei rifiuti industriali pericolosi.
L’O.P.C.M. n.
3554 del 2006[17], i cui effetti sono prorogati dalla norma in commento,
reca disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave
situazione di emergenza determinatasi nello stabilimento Stoppani. Con l’art. 1
di tale ordinanza l'avvocato Giancarlo Viglione - Vice Capo di Gabinetto del
Ministero dell'ambiente - era stato nominato Commissario delegato per il superamento
dello stato di emergenza e con l’articolo 9 dell’O.P.C.M. n. 3721 del 2008[18] la dott.ssa Anna Maria Cancellieri è stata nominata
Commissario delegato in sostituzione dell'avvocato Viglione. Successivamente
con O.P.C.M. n. 3981 del 2011[19] il Prefetto di Genova è stato nominato Commissario
delegato in sostituzione della dott.ssa Anna Maria Cancellieri.
Con D.P.C.M. 17
dicembre 2010[20], lo stato d'emergenza, è stato prorogato fino al 31
dicembre 2011 e successivamente con D.P.C.M. 23 dicembre 2011[21] è stato nuovamente prorogato fino al 31 dicembre 2012.
Naufragio
della nave da crociera Costa Concordia
Con D.P.C.M. 20
gennaio 2012[22] è stato dichiarato lo stato di emergenza per il
naufragio della nave Costa Concordia nel comune dell’Isola del Giglio fino al
31 gennaio 2013. Commissario delegato per l'emergenza è stato nominato il Capo
Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli, come stabilito dall'O.P.C.M.
3998/2012[23]. I compiti del Commissario delegato sono i seguenti:
- coordinamento
degli interventi strettamente connessi al superamento del contesto
emergenziale;
- controllo
sull'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica posti in
essere dai privati connessi con il recupero della nave;
- intimazione e
diffida ad adempiere nei confronti dei soggetti responsabili per lo svolgimento
degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica di loro
competenza, eventuale esercizio del potere sostitutivo, in caso di inadempienza
nonché rivalsa per le spese a tal fine sostenute;
- eventuali
attività di messa in sicurezza e bonifica delle aree pubbliche o, comunque, di
competenza della pubblica amministrazione;
- ricognizione
dei costi sostenuti dalle Amministrazioni, dagli Enti pubblici e dalle altre
strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile intervenute sino
all'adozione dell’ordinanza;
- controllo che
la rimozione del relitto venga effettuata in condizioni di sicurezza per la
tutela delle matrici ambientali.
All'articolo 2
della predetta ordinanza, gli interventi sono dichiarati indifferibili, urgenti
e di pubblica utilità e il Commissario delegato per l'attuazione degli stessi
provvede, ove necessario, alle occupazioni di urgenza delle aree occorrenti. Il
Commissario delegato si avvale del Dipartimento della protezione civile, nonché
di altri Enti e Soggetti a specifica competenza tecnica segnalati dal Ministero
delle infrastrutture e trasporti e dal Ministero dell'ambiente della tutela del
territorio e del mare, a valere sulle risorse indicate dalla stessa ordinanza e
fatto salvo l'esercizio del diritto di rivalsa nei confronti dell'armatore.
Ulteriori
disposizioni inerenti la rimozione e il recupero della nave da crociera Costa -
Concordia nel territorio del comune dell'Isola del Giglio sono state dettate
con l’O.P.C.M. n. 4023/2012[24]. L’articolo 2, i cui effetti sono prorogati dalla
norma in commento, prevede l’istituzione, da parte del Commissario delegato, di
un Osservatorio di monitoraggio.
Emergenza
idrica nel territorio delle isole Eolie
L’art. 17 dell’O.P.C.M. 3738/2009[25], richiamato dall'articolo
in commento, dispone, al fine di assicurare la risoluzione del contesto
emergenziale in atto nel territorio delle isole Eolie, limitatamente
all'emergenza idrica, la nomina a Commissario delegato dell'avvocato Luigi
Pelaggi in sostituzione del Prefetto di Messina nominato con O.P.C.M.
3646/2008.
L’emergenza di cui trattasi è stata dichiarata per la prima volta con il
D.P.C.M. 14 giugno 2002[26] e poi successivamente
prorogata più volte. Da ultimo il D.P.C.M. 20 gennaio 2012[27] ha prorogato lo stato di
emergenza nel territorio delle isole Eolie fino al 31 dicembre 2012.
Il comma 2 precisa che alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione dell’articolo 2 si provvede con le risorse già previste per la copertura finanziaria delle richiamate ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Si rileva che la relazione tecnica fornisce elementi di informazione in
ordine agli aspetti finanziari inerenti alla bonifica delle aree nella regione
Campania, alle attività in corso all’interno dello stabilimento Stoppani e alla
gestione commissariale concernente il naufragio della nave Costa Concordia. La
relazione evidenzia – in base ai dati da essa forniti – la congruità delle
risorse tuttora disponibili a fronte degli oneri derivanti dalla prosecuzione
al 31 dicembre 2013 degli effetti delle ordinanze in commento.
Analoga precisazione non viene fornita in ordine all’emergenza idrica
nel territorio delle isole Eolie in considerazione del fatto che si tratta di
una disposizione inserita nel corso dell’esame parlamentare. In proposito, si
ricorda che la 5a Commissione del Senato ha espresso
sull’emendamento 2.1, che ha introdotto tale proroga, parere di semplice
contrarietà.
Articolo 2-bis
(Modifica della disciplina per la
concessione di contributi per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione
degli immobili nei territori colpiti dal sisma del maggio 2012)
1. All'articolo 3, comma 1, alinea, del
decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge
1o agosto 2012, n. 122, dopo le parole: «possono essere concessi contributi»
sono inserite le seguenti: «, anche in modo tale da coprire integralmente le
spese occorrenti per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli
immobili,».
L’articolo 2-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, novella l’articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 74 del 2012[28], che disciplina, tra l’altro, la concessione di contributi per la ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. Si tratta di contributi che i Presidenti delle regioni colpite dal sisma possono definire, d’intesa tra di loro e con propri provvedimenti coerenti con i criteri stabiliti dal D.P.C.M. previsto dall’art. 2, comma 2, del decreto legge n. 74 del 2012[29] sulla base dei danni effettivamente verificatisi ed entro il limite delle risorse finalizzate disponibili nelle contabilità speciali intestate ai presidenti delle Regioni interessate e aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione di cui allo stesso art. 2 del decreto legge n. 74.
In particolare, la norma prevede la possibilità di concessione dei contributi di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 74 del 2012 anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili. Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che la norma è volta a modificare i parametri per la concessione dei contributi al fine di consentire un incremento delle percentuali di sostegno rispetto al costo sostenuto[30] e conseguentemente un maggiore utilizzo dei predetti contributi.
Si ricorda che con il D.L. n. 74/2012 sono state adottate le prime disposizioni urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012 che hanno interessato i territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara Mantova, Reggio Emilia e Rovigo. Ulteriori disposizioni in favore dei territori colpiti dai citati eventi sismici sono state previste negli articoli 10 e 67-septies del decreto legge n. 83 del 2012[31], negli articoli 7 e 3-bis del decreto legge n. 95 del 2012[32] e negli articoli 11 e 11-bis del decreto legge n. 174 del 2012[33], nonché, tra l’altro, nei commi da 365 a 379 della legge L. 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013)[34].
In particolare, l’art. 3 del decreto-legge n. 74/2012 reca disposizioni in ordine alla definizione dei criteri per la concessione di contributi e finanziamenti per la ricostruzione e la riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo, nonché a favore delle imprese. Viene quindi precisato che con provvedimenti adottati dai presidenti delle regioni interessate vengono definite priorità, modalità e percentuali entro le quali possono essere concessi contributi nel limite delle risorse allo scopo finalizzate a valere sulle disponibilità delle contabilità speciali di cui all'articolo 2, fatte salve le peculiarità regionali. I contributi sono concessi, al netto di eventuali risarcimenti assicurativi, con provvedimenti adottati dai soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5, del decreto legge n. 74 del 2012: si tratta dei presidenti delle regioni interessate, che possono avvalersi per gli interventi dei sindaci dei comuni e dei presidenti delle province interessati dal sisma, adottando idonee modalità di coordinamento e programmazione degli interventi stessi. Tra i contributi elencati nell’articolo 3 si segnalano in questa sede:
- i contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa, ad uso produttivo e per servizi pubblici e privati e delle infrastrutture, dotazioni territoriali e attrezzature pubbliche, distrutti o danneggiati, in relazione al danno effettivamente subito (lett. a);
- i contributi per i danni agli edifici di interesse storico-artistico (lett. d).
L’art. 3-bis, comma 1, del decreto legge n. 95 del 2012 prevede che i contributi di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.L. n. 74 del 2012, destinati ad interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo nelle zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 possano essere concessi, su domanda degli interessati, mediante finanziamenti agevolati. La concessione sotto forma di finanziamento agevolato è prevista nei limiti stabiliti dai Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto con propri provvedimenti e avviene su apposita domanda del soggetto interessato. A tal fine si prevede che i soggetti autorizzati all'esercizio del credito operanti nei territori colpiti dal sisma possono contrarre finanziamenti, secondo contratti-tipo definiti mediante convenzione con l’Associazione Bancaria Italiana. Tali contratti sono assistiti dalla garanzia dello Stato, fino ad un massimo di 6 miliardi di euro, e prevedono l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 7, lettera a), secondo periodo, del decreto-legge n. 269 del 2003.
Il comma 2 dell’articolo 3-bis prevede, inoltre, per i beneficiari dei finanziamenti agevolati, un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, in misura pari, per ciascuna scadenza di rimborso, all’importo ottenuto sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, con modalità di fruizione del credito d’imposta affidate a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, nel limite annuo di 450 milioni di euro. Il credito d’imposta è revocato, in tutto o in parte, nell’ipotesi di risoluzione totale o parziale del contratto di finanziamento agevolato.
Si segnala, infine, che sul sito web della Regione Emilia Romagna sono pubblicati tutti gli atti che il Commissario delegato sta adottando per la ricostruzione. Per quanto riguarda la regione Veneto i provvedimenti del Commissario delegato sono pubblicati sul sito internet dedicato al sisma del 2012 e, per la regione Lombardia, sulla pagina web dedicata agli enti locali .
Articolo 3
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
L’articolo 3 prevede l'entrata in vigore del decreto-legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
[1] La legge di stabilità, infatti, al comma 388 dell’articolo 1 ha fissato al 30 giugno 2013 il termine di scadenza dei regimi giuridici indicati nella tabella 1 allegata. Il successivo comma 394 prevede che tale termine possa essere ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2013 con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Ulteriori proroghe sono contenute anche in altre disposizioni della legge di stabilità (a titolo di esempio si citano i commi 412 e 421 dell’articolo 1).
[2] D.L. 30 dicembre 2009, n. 195, Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26.
[4] Riguardo a tale termine, prima del comma in esame ci si è trovati di fronte a due diverse fonti normative, volte a prorogare – in forme e modi differenti – i medesimi termini. La proroga disposta dal D.L. 225/2010 è entrata in vigore prima della fine dell’anno 2010, mentre quella recata dall’art. 1-bis del D.L. 196/2010 è entrata in vigore in data 25 gennaio 2011 (cioè il giorno successivo alla pubblicazione in G.U. della legge di conversione n. 1 del 2011). Il D.L. 225/2010 è poi stato successivamente convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, che è entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.
[5] D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14.
[6] D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitività economica, conv. con modifiche dalla legge
31 luglio 2010, n. 122.
[7] D.L. 06 luglio 2012, n. 95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
[8] http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/Am0261a.htm.
Nella seduta del 13 novembre 2012 (www.camera.it/824?tipo=C&anno=2012&mese=11&giorno=13&view=&commissione=08&pagina=data.20121113.com08.bollettino.sede00010.tit00020#data.20121113.com08.bollettino.sede00010.tit00020)
la Commissione ha votato gli emendamenti alla proposta di legge.
[9] La legge di conversione (L. 10/2011) è stata pubblicata nella G.U. 26 febbraio 2011, n. 47, S.O. e, secondo quanto previsto dal proprio articolo 1, è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
[10] Con la sentenza del 26 aprile 2007 (causa
C-135/05) la Corte aveva accertato che la Repubblica italiana era venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli
artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442/CEE, relativa ai
rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE, dell'art. 2,
n. 1, della direttiva 91/689/CEE, relativa ai
rifiuti pericolosi, e dell'art, 14, lett. a)-c), della direttiva 1999/31/CE, relativa alle
discariche di rifiuti.
[11] Con sentenza n. 199 del 2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 4 del D.L. 138/2011, rilevando che, nonostante il titolo «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea», la disciplina in esso contenuta abbia la stessa ratio di quella abrogata, di drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, e riproduca alla lettera, in buona parte, svariate disposizioni dell’art. 23-bis (e del relativo regolamento attuativo D.P.R. n. 168 del 2010) abrogate col suddetto referendum del giugno 2011.
Poiché l’illegittimità è dichiarata sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni, cioè anche quelle apportate dai D.L. 1/2012 e 83/2012, l’intera disciplina contenuta nell’art. 4 risulta caducata dalla sentenza. Restano salve, invece, le disposizioni contenute nell’art. 3 bis, introdotto dal D.L. 1/2012 in tema di ambiti ottimali e di sottoposizione al patto di stabilità, nonché controllo degli enti territoriali del rispetto dei relativi vincoli, delle società in house.
La sentenza ribadisce il principio già affermato in precedenti pronunce per cui il legislatore “conserva il potere di intervenire nella materia oggetto di referendum senza limiti particolari che non siano quelli connessi al divieto di far rivivere la normativa abrogata”.
[12] Si ricorda che sussiste una situazione giuridica definibile di “privativa” allorché una determinata attività o servizio possano, o debbano a seconda dei casi, essere esercitati esclusivamente dal soggetto che ne detiene il diritto. L’art. 198 del D.Lgs. 152/2006 prevede che i comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali (ATO), alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Si ricorda, infatti, che l’art. 202 ha previsto che l'Autorità d'ambito ottimale (AATO) aggiudichi il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
[13] D.L. 15 maggio 2012, n. 59, Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, convertito dalla legge 12 luglio 2012, n. 100.
[14] Pubblicata nella G. U. 21 agosto 2010, n. 195.
[15] Pubblicata nella G. U. 25 settembre 2012, n. 224.
[16] Pubblicato nella G. U. 25 novembre 2006, n. 275.
[17] Pubblicata nella G. U. 12 dicembre 2006, n. 288.
[18] Pubblicata nella G. U. 27 dicembre 2008, n. 301.
[19] Pubblicata nella G. U. 24 novembre 2011, n. 274.
[20] Pubblicato nella G. U. 4 gennaio 2011, n. 2.
[21] Pubblicato nella G. U. 4 gennaio 2012, n. 3.
[22] Pubblicato nella G. U. 26 gennaio 2012, n. 21.
[23] Pubblicata nella G. U. 26 gennaio 2012, n. 21.
[24] Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 giugno 2012, n. 137.
[25] Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 2009, n. 39.
[26] Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 giugno 2002, n. 143.
[27] Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 gennaio 2012, n. 25.
[28] D.L. 6 giugno 2012, n. 74, Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012, convertito dalla legge n. 122 del 2012.
[29] Si tratta del D.P.C.M. 4 luglio 2012 con cui è stata determinata la ripartizione delle risorse del Fondo per la ricostruzione di cui all’articolo 2 del D.L. 74/2012 sulla base dei livelli di danneggiamento riscontrati nelle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, al netto delle risorse di copertura degli interventi, di cui all'art. 20, comma 1, del decreto legge medesimo che non sono effettuati dai Presidenti delle regioni mediante le relative contabilità speciali. Le risorse sono state così ripartite: 95% in favore della Regione Emilia-Romagna; 4 % in favore della Regione Lombardia; 1 % in favore della Regione Veneto. La ripartizione per gli anni successivi al 2012 verrà rideterminata all'esito della definitiva e asseverata valutazione dei danni da parte dalle Regioni interessate, ivi inclusi eventuali conguagli relativi all'anno 2012.
Sono stati anche individuati i criteri generali per la concessione di contributi per la riparazione, ripristino e ricostruzione degli immobili danneggiati ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge. Al fine di assicurare la parità di trattamento dei soggetti danneggiati dagli eventi sismici, ciascun Presidente di Regione, nel limite massimo delle risorse annualmente disponibili finalizzate allo scopo, può riconoscere: a) ai proprietari ovvero agli usufruttuari o ai titolari di diritti reali di garanzia che si sostituiscano ai proprietari, degli immobili colpiti dal sisma in cui era presente un'abitazione principale, un contributo per la riparazione con miglioramento sismico o per la ricostruzione delle strutture e delle parti comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1117 del codice civile, fino all'80% del costo ammesso e riconosciuto. Ai fini del riconoscimento del contributo il Commissario delegato può tener conto della presenza di più abitazioni principali nell'ambito di un unico edificio; b) ai proprietari, ovvero agli usufruttuari o ai titolari di diritti reali di garanzia che si sostituiscano ai proprietari delle abitazioni principali, per le riparazioni o la ristrutturazione con miglioramento sismico o la ricostruzione degli edifici distrutti, un contributo nel limite massimo dell'80% del costo ammesso e riconosciuto; c) ai titolari delle attività produttive un contributo per la riparazione o la ricostruzione degli immobili destinati ad uso produttivo e degli impianti fino all'80% del costo ammesso e riconosciuto. Il contributo è erogato nel periodo temporale di quattro anni dal riconoscimento del contributo. Con provvedimenti dei Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono disciplinate le erogazioni dei suddetti contributi.
[30] Si vedano in proposito le sedute della 13a Commissione ambiente del Senato e dell’Assemblea del Senato del 16 gennaio 2013.
[31] D.L. 22 giugno 2012, n. 83, Misure urgenti per la crescita del Paese, convertito dalla legge n. 134 del 2012.
[32] D.L. 6 luglio 2012, n. 95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito dalla legge n. 135 del 2012.
[33] D.L. 10 ottobre 2012 n. 174, Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.
[34] Pubblicata nella G.U. 29 dicembre 2012, n. 302, S.O.