Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 106 dell'8/2/2007
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(Misure per il risanamento ambientale nel territorio di Gela con riferimento ai carburanti utilizzati nell'impianto petrolchimico Eni-Agip di Gela - n. 2-00333)

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di illustrare l'interpellanza Oliva n. 2-00333 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7), di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, a Gela, antichissimo insediamento di popolazioni elleniche approdate stabilmente in Sicilia, parte non secondaria di quella civiltà mediterranea generatrice di una cultura, che si è irradiata informando di sé la nascita e lo sviluppo di altri popoli e nazioni europee; a Gela, ridotta oggi miseramente ad un esecrabile scempio di brutalità urbanistica che ne ha distrutto l'identità e violato la dignità, tristemente segnata dalla violenza criminale organizzata, devastata sul piano ambientale e della salubrità dei cittadini, come altre parti delle coste dell'isola, dalle terribili conseguenze, che derivano dall'attività incontrollata degli stabilimenti petrolchimici; a Gela oggi si uccide con il consenso dello Stato.
L'abominio più orrendo ed esecrabile che uno stato di diritto, moderno e democratico per autodefinizione, possa compiere, ovvero la legittimazione di atti che possono provocare la morte delle persone, si è bellamente realizzato, separando il diritto al lavoro da quello alla salute, in modo consapevole e determinato, in danno di migliaia di cittadini siciliani, che sono stati in tal modo privati anche del più elementare dei loro diritti civili, quello di essere considerati e tutelati quali cittadini dello Stato aventi gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri.
Con il decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 57 dell'8 marzo 2002, venivano adottati provvedimenti urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet coke) negli impianti di combustione.
Tali disposizioni normative intervenivano a modificare il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e introducevano la novità di una deroga a tale regime, consentendo l'uso del pet coke nell'ambito del luogo di produzione per alimentare impianti di combustione. Nondimeno, con le nuove disposizioni il limite delle emissioni inquinanti in atmosfera veniva portato ad un livello pari a cinque volte superiore rispetto a quello previsto ad esempio per gli inceneritori; uno degli elementi su cui tecnicamente veniva fondata l'esigenza della novazione normativa consisteva nel


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fatto che a Gela, negli impianti ENI-Agip, veniva adottata la tecnica più evoluta a disposizione, unico esempio in Italia, che permetteva una combustione ambientalmente sicura di pet coke. In realtà tale tecnica, più comunemente intesa come sistema snox, non risolve adeguatamente il problema della emissione dei metalli, che costituiscono un pericoloso ed insidioso effetto collaterale dell'utilizzo del pet coke.
Nella fase di conversione in legge del decreto in parola il Governo espresse un orientamento favorevole rispetto ad un ordine del giorno che, ad onta dell'ampia formulazione e dunque della universale applicazione sul territorio nazionale delle nuove disposizioni, delimitava l'ambito di applicazione delle medesime misure esclusivamente alla realtà industriale del petrolchimico di Gela.
Sotto tale profilo nella sostanza, anche se non nella forma, le disposizioni in parola venivano a costituire una sorta di lex specialis, che però dispiegava strabicamente effetti positivi solo per una delle parti in causa, ovvero l'ENI-Agip, ma non riconosceva granché proprio a coloro che sarebbero stati i beneficiari ab origine (od almeno per tali erano stati fatti passare), ovvero i lavoratori dell'impianto, che in definitiva non venivano ad acquisire sul piano formale né garanzie in ordine alla stabilità e certezza del posto di lavoro, né forme retributive coerenti con il gravissimo rischio incombente, avendo davanti a sé lo spettro terribile di un probabile futuro di malattie tumorali.
Dunque, la giustificazione di fondo dell'iniziativa del Governo, che aleggia in tutto il dibattito parlamentare svoltosi nella circostanza (aprile 2002) sia alla Camera dei deputati sia al Senato, risiedeva nel fatto che, a seguito dell'intervento della magistratura che aveva posto sotto sequestro gli impianti di stoccaggio del pet coke, l'ENI-Agip aveva sospeso l'attività di tutto l'impianto e ne minacciava definitivamente la chiusura, per ragioni di antieconomicità gestionale, provocando in tal modo la perdita del posto di lavoro di migliaia di addetti ed un conseguente impoverimento, se non annichilimento, delle attività di indotto che insistono sul territorio e, quindi, delle condizioni economiche complessive di Gela. A tali eventi, non riuscendo a poter contare su alternative valide (che, comunque, non pervenivano da alcun lato) si opponevano con forza tutta la cittadinanza, le forze politiche e sociali di ogni colore ed appartenenza ed anche la stessa regione siciliana, trovando poi sostegno nell'azione del Governo ed in una sorta di variegata maggioranza realizzatasi per l'occorrenza in Parlamento.
Orbene, a parte il fatto che proprio nel 2000 il bilancio d'esercizio dell'ENI-Agip aveva registrato un avanzo netto di 14mila miliardi delle vecchie lire e proprio per questo si era avviata la stagione della sua privatizzazione, vi è pure da considerare come in Italia ben sei centrali termoelettriche su sette funzionino a gas e non si riesce a capire perché mai, proprio a Gela, debba essere denegata tale possibilità ovvero quella di individuare altre soluzioni praticabili, come, ad esempio, l'uso delle biomasse.
Naturalmente, lo stato di cose descritto si aggrava ogni giorno di più per effetto dei considerevoli danni alla salute, che l'immissione in atmosfera delle sostanze nocive sopradescritte, in particolare i metalli, con buona pace del sistema snox, provoca e si è costretti a registrare numerose malformazioni ed un'altissima percentuale di patologie tumorali, senza contare il contributo non secondario all'implemento dell'effetto serra, con buona pace dei propositi di Barroso in ordine alle misure che vorrebbe adottassero i paesi membri dell'Unione europea per conseguire una riduzione del 20 per cento delle emissioni inquinanti.
L'interpellanza che presentiamo è diretta, anzitutto, al signor ministro dell'economia che, purtroppo, non vediamo rappresentato. Siamo venuti a conoscenza di un atto che ci preoccupa, in quanto la dice lunga su quale ruolo abbia in realtà l'ENI nel nostro paese. Sembrerebbe che, pur a fronte della nostra richiesta, il ministro per l'economia abbia lasciato correre la


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questione adducendo come giustificazione il fatto che non sarebbe competente a svolgere alcunché nella materia.
Siamo preoccupati di ciò, perché nel sito ufficiale dell'ENI risulta (basta andare a consultarlo) che proprio il ministro dell'economia, in tale qualità, ha la rappresentanza del 30,30 per cento, diretta e indiretta, delle azioni dell'ENI e quindi è il socio di maggioranza. Come insegna il codice civile, l'attività gestionale è delegata al consiglio di amministrazione, ma la politica, la proiezione, la programmazione dell'ENI dovrebbe essere delegata all'assemblea, dunque al ministro dell'economia, che ha la piena e totale responsabilità. Se non ce l'ha, ha la piena e totale irresponsabilità.
Sia chiaro, dunque, che ci troviamo di fronte ad un'incapacità di interlocuzione e davanti al fatto sorprendente che l'ENI non risponde a nessuno, pur essendo nominalmente una sorta di società per azioni dove lo Stato dovrebbe, attraverso importanti istituzioni come il Governo, esercitare un determinato ruolo. In prima persona il ministro dell'economia e non, quindi, solo il ministro dell'ambiente, al quale abbiamo rivolto l'interpellanza per conoscenza, deve dirci cosa intende fare a Gela con il petrolchimico e con l'uso del pet coke.
Siamo in possesso di tutto il dibattito parlamentare, che si è svolto nella precedente circostanza e attendiamo che proprio questo Governo, che è ricco di uomini, che in quella circostanza si ersero a difesa di Gela e delle sue prerogative, inverta questa rovinosa marcia per il popolo siciliano e per i cittadini di Gela.
Infatti, vedete, il danno che è stato fatto non è solo limitato - e già è tanto, tantissimo e gravissimo! - alla situazione ambientale e alla salubrità dei cittadini, ma è stata messa la Sicilia e dunque Gela in particolare nella condizione di non avere più proiezione, possibilità di inserimento nei processi di trasformazione e dello sviluppo corretto della chimica italiana.
Prima ancora del ministro dell'ambiente su questo ci deve rispondere il ministro dell'economia; è su queste cose che deve darci una risposta il Governo e la chiediamo a gran voce, sapendo che già nei prossimi giorni insceneremo come deputati non solo nazionali, ma anche europei e regionali, delle manifestazioni mirate proprio a Gela; e proprio a Gela chiederemo conto anche al governo regionale delle azioni che deve intraprendere, insieme a quello nazionale, affinché questo sconcio abbia a finire.
Come è stato possibile - mi chiedo da cittadino, prima ancora che da parlamentare - che un Parlamento scientemente abbia votato, convertendolo in legge, un decreto-legge solo per Gela e solo sotto la spinta emotiva del posto di lavoro, sapendo che il pet coke è veleno allo stato puro? È una vergogna nazionale! È qualcosa che resterà negli annali come esempio brutale di come possano essere trattate le popolazioni del sud!
Se è vero che vi è un nuovo Governo in questa nazione, se è vero che questo Governo guarda diversamente agli interessi dei meridionali e, segnatamente, a quelli dei siciliani, si assumano oggi, non domani o dopodomani, i provvedimenti per derogare a tutto questo!
Si abroghino quelle norme, si riporti Gela nella condizione di partecipare come tutti gli altri luoghi, come è accaduto per esempio a Porto Marghera, vicino a Venezia, e anche altrove. Si portino i siciliani nella condizione di avere pari dignità, pari diritti, pari opportunità prima di tutto e semplicemente sul piano della propria vita.
Questa ENI, che si trincera dietro l'antieconomicità e che registra vergognosamente sulle spalle e sul sangue dei cittadini 14 mila miliardi di avanzo, venga riportata alla condizione di essere diretta dallo Stato e non di esercitare un ruolo di cui, a questo punto, ci sfugge fino in fondo la reale consapevolezza e che, probabilmente, dovrebbe essere oggetto di ben altra attenzione da parte del Parlamento e di ben altre mirate e qualificate iniziative: ma questo è un capitolo che - state tranquilli - apriremo più avanti!


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Allora, il ministro dell'economia e delle finanze rinsavisca, cambi i tecnici, che non sanno neppure leggere le carte che gli sottopongono...

PRESIDENTE. Deve concludere...

GIUSEPPE MARIA REINA. ...si assuma la responsabilità che gli compete dinanzi alla nazione e, se non vuole rispondere qui, in Parlamento oggi, risponda dall'alto del seggio che occupa assumendo le opportune iniziative, chiedendo conto e ragione all'ENI della condotta finora seguita e intervenendo per modificarla. Noi chiediamo l'abrogazione di tali misure e la riconversione dell'impianto senza che debbano patire i lavoratori, i cittadini ed il sistema economico che è coinvolto.

PRESIDENTE. Onorevole Reina, mi permetto di ricordarle che, con la sua interpellanza, lei si è rivolto al ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non già al ministro dell'economia e delle finanze.

GIUSEPPE MARIA REINA. Che significa? Non è così! È stato cambiato. Le dico che nella versione originaria l'interpellanza era rivolta al Ministero dell'economia e delle finanze. È così! Come sanno bene gli uffici di segreteria con i quali oggi mi sono lamentato, mi sono trovato dinanzi ad una modifica in seguito alla quale, all'improvviso, il ministro dell'ambiente...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole. In ogni caso, è presente il sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio, che è autorizzata a rispondere a tutte le questioni da lei sollevate.
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha, dunque, facoltà di rispondere.

LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto indicato nell'interpellanza esposta dall'onorevole Reina sull'utilizzo del pet coke negli impianti di combustione presso il petrolchimico di Gela e sull'urgenza di procedere ad un piano di risanamento ambientale, si rappresenta quanto segue.
Anzitutto, il Ministero dell'ambiente non può non condividere le impostazioni generali seguite dagli interroganti, le preoccupazioni sull'urgenza, l'analisi politica complessiva.
In secondo luogo, con riferimento alle competenze proprie del Ministero, appare anzitutto urgente ripristinare l'inclusione del pet coke tra i rifiuti e conseguentemente applicare la normativa di riferimento. Come è ricordato nel testo dell'interpellanza, infatti, questo scarto di lavorazione è stato elevato a rango di combustibile solo ed esclusivamente con l'intento di evitare conseguenze sociali determinate dall'intervento della magistratura, pur dovuto, in riferimento alle pratiche di gestione del residuo da parte dell'azienda proprietaria degli impianti. Va però evidenziato come tale provvedimento sarebbe opportuno fosse accompagnato da un più ampio coinvolgimento delle istituzioni nazionali e locali, dei soggetti economici coinvolti e dei sindacati, al fine di evitare il ripetersi di incresciose tensioni sociali come quelle che hanno ispirato l'intervento di cui si chiede la revisione. In questo senso, bene hanno fatto gli interpellanti a mettere in evidenza la necessità di evitare che l'uso del ricatto occupazionale finisca con il produrre distorsioni normative che non solo non sono sufficienti ad offrire una maggiore garanzia sotto il profilo lavorativo ma per di più espongono i lavoratori stessi e la popolazione in generale ad ulteriori elementi di rischio sanitario. È pertanto intenzione del Ministero dell'ambiente riaprire un tavolo di trattative specifiche sull'uso del pet coke indirizzato a garantire il rispetto della salute dentro e fuori gli impianti, nonché la corretta interpretazione delle normative europee in merito alla definizione di «combustibile» e di «rifiuto».
Per quanto poi attiene agli interventi di bonifica dell'area industriale in oggetto, già inclusa tra quelle ad elevato rischio di


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crisi ambientale ai sensi della legge n. 462 del 1998, il Ministero dell'ambiente ha concordato con le autorità regionali quattro linee di intervento prioritario che riguardano la potabilizzazione delle acque, il disinquinamento del suolo e del sottosuolo, l'abbattimento dell'inquinamento atmosferico e la garanzia della massima sicurezza dei luoghi di lavoro.
Su questi interventi, si è in attesa di ricevere le indicazioni di ciascuna delle amministrazioni coinvolte anche in merito alle risorse economiche disponibili ed agli strumenti tecnici più efficaci da usare per il rapido raggiungimento degli obiettivi. Va però rilevato che, nelle more degli interventi urgenti necessari, il problema dell'impatto complessivo del sito industriale di Gela-Priolo-Melilli sull'intero territorio, ed in particolare il preoccupante dato relativo all'incidenza di malformazioni neonatali che si riscontra nella popolazione residente nell'area interessata, può e deve essere affrontato nelle più alte sedi istituzionali.
È evidente, infatti, come non si possa più dilazionare un'azione di programmazione produttiva che, da una parte, garantisca i lavoratori e, dall'altra, ponga le condizioni per una trasformazione radicale dell'assetto produttivo, in un'ottica di maggiore integrazione tra le vocazioni naturali, ben ricordate nell'interpellanza, e le produzioni industriali.
A tale riguardo, l'applicazione della direttiva europea sulle migliori pratiche impiantistiche e politiche ambientali integrate - che sarà oggetto del lavoro della neonominata commissione nazionale IPPC sulla prevenzione e controllo dell'inquinamento - può rappresentare un significativo punto di partenza. Il compito di detta commissione, infatti, sarà quello di esaminare lo stato dell'arte delle diverse tecnologie produttive in un'ottica di valutazione dei miglioramenti possibili, al fine di garantire il rispetto rigoroso delle norme sui limiti emissivi nei diversi comparti ambientali.
È necessario, quindi, vedere in questo processo l'opportunità di dare avvio ad una riqualificazione industriale e produttiva più compatibile con le esigenze sociali complessive.

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, non posso, se non altro per il modo cortese con cui è stata fornita la risposta da parte del rappresentante del Governo, che ritenermi per una parte soltanto soddisfatto. Ribadisco che lo faccio non tanto per assolvere ritualmente ad una funzione, ma perché vorrei ricordare in questa sede che i siciliani hanno offerto un contributo notevole allo Stato unitario.
Noi non abbiamo mai sognato avventure secessioniste. Abbiamo sempre pensato all'Italia come ad uno Stato importante. Avremmo voluto, da chi ha governato questo paese in tutti questi anni, a prescindere dal colore politico, che vi fosse un'attenzione diversa per la nostra terra che era una terra di confine, di frontiera, per la sua storia.
Per tale motivo, abbiamo rivendicato a gran voce, prima ancora della Costituzione, l'autonomia della nostra regione; tale autonomia, tuttavia, ha senso ed è funzionale soltanto nell'ambito dello Stato unitario nel quale crediamo.
Vogliamo, pertanto, che gli atti che si compiono restituiscano ai siciliani la dignità e l'orgoglio di sentirsi prima di tutto italiani, come tutti gli altri!
A Gela si deve una riparazione, con un atto forte e serio dello Stato e del Governo.
Come forza politica, il Movimento per l'autonomia non è qui per rivendicare oziose prese di posizioni che appartengono a questo o a quello schieramento.
Se dal Governo verranno forti elementi di inversione di tendenza reale, noi li accompagneremo con la nostra attenzione e con il nostro consenso, perché siamo qui per servire non i partiti, ma la gente ed il popolo che ci ha eletto.
Attendiamo, quindi, nei prossimi giorni, signor sottosegretario, e non nelle prossime settimane, l'intesa con il ministro per


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l'economia - che ha la responsabilità, lo ribadisco, di controllare in sede societaria l'attività dell'ENI - affinché si trovi il modo di assumere le iniziative legislative e gli interventi più appropriati per risolvere questo delicato problema che va inquadrato anche nell'ottica delle problematiche riferite a malformazioni ed a patologie tumorali che sono determinate, nell'intero territorio isolano, dalla presenza di raffinerie, centrali di trasformazione del petrolio, stabilimenti petrolchimici e quant'altro.
Bisogna agire con mano ferma, determinata, con un intervento chirurgico deciso, se vogliamo salvare ancora qualcosa di quella che un tempo era considerata una delle più belle terre della nostra Europa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

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