Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 5 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    con l'articolo 10 del decreto-legge n. 109 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge 1o ottobre 2014, n. 141, sono state autorizzate le elezioni per il rinnovo dei Comites, dopo che erano state ripetutamente rinviate in attesa di una riforma complessiva dei nostri organi di rappresentanza all'estero, ma anche, più prosaicamente, per la difficoltà di reperire i fondi necessari;
    l'articolo 10 del citato decreto-legge n. 109 del 2014 introduce nuove disposizioni per il rinnovo dei suddetti comitati con l'ammissione al voto dei soli elettori che ne facciano preventiva richiesta iscrivendosi ad appositi registri elettorali presso i consolati di riferimento;
    la necessità di tenere le elezioni entro il 2014 per l'asserita impossibilità di trasferire fondi allo scopo accantonati all'esercizio finanziario 2015 non ha concesso un ragionevole lasso di tempo non solo per una informazione capillare agli aventi diritto, ma anche per tutti gli adempimenti tecnici e burocratici per la predisposizione delle liste dei candidati e per la relativa sottoscrizione di fronte ai funzionari consolari;
    in poco più di due settimane (il termine per la presentazione delle liste scadeva infatti il 19 ottobre), nonostante la fattiva collaborazione della maggior parte delle sedi all'estero che con encomiabile senso di responsabilità hanno messo a disposizione il personale dipendente anche al di fuori dei normali orari di servizio, in molte circoscrizioni non è stato possibile presentare nemmeno una lista;
    i tempi ristrettissimi infatti, coniugati con la normativa che vuole la sottoscrizione da parte di almeno 100 cittadini nelle circoscrizioni con meno di 50.000 iscritti all'AIRE e di almeno 200 cittadini nelle circoscrizioni con più di 50.000 iscritti, hanno vanificato gli sforzi di numerosi cittadini che avrebbero voluto partecipare alla competizione elettorale;
    quale conseguenza di quanto sopra sono state forzatamente annullate le elezioni in quelle circoscrizioni dove non è stato possibile presentare alcuna lista, tra cui Bucarest, Edimburgo, Detroit, Chicago, San Francisco, Praga, Bangkok, Oslo, Vienna, Atene, Stoccolma, Lisbona, Madrid, Barcellona, Nizza, Dublino, Perth, San José di Costarica, solo per citarne alcune;
    la circostanza rappresenta un grave vulnus della democrazia in quanto, per complicazioni non dipendenti dalla volontà dei cittadini, molti sono stati privati del loro diritto di voto attivo e passivo;
    ritenuto doveroso porre rimedio alla situazione venutasi a creare in modo da ripristinare il diritto ad una cittadinanza attiva dei nostri connazionali all'estero;
    sono state presentate in Parlamento delle proposte di legge di riforma degli organi di rappresentanza all'estero,

impegna il Governo:

   a prevedere, a carico del bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per l'anno 2015, i Fondi necessari per l'indizione di nuove elezioni per il rinnovo dei Comites, da tenere non prima di sei mesi e non oltre i dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio, in quelle circoscrizioni in cui, per i motivi in premessa, non è stato possibile tenerle alla data stabilita del 19 dicembre 2014, stabilendo che, in via eccezionale e transitoria, venga prorogata in tali circoscrizioni la vigenza in carica dei vecchi comitati e che quelli eletti nel corso del 2015 restino in carica fino al 19 dicembre 2019 in concomitanza della scadenza del mandato dei comitati regolarmente eletti il 19 dicembre 2014;
   ad avviare immediatamente l’iter di riforma degli organi di rappresentanza all'estero, nominatamente dei Comites e del CGIE.
(7-00513) «Tacconi, Fitzgerald Nissoli, Gianni Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    al fine di assicurare una gestione unitaria di tipo privatistico all'area tecnico-industriale del Ministero della difesa, è stata istituita, con decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, articolo 22, l'Agenzia industrie difesa che opera secondo i princìpi del mercato e della libera concorrenza;
    l'Agenzia industrie difesa è un ente con personalità giuridica di diritto pubblico istituito come strumento di razionalizzazione e ammodernamento delle unità industriali del Ministero della difesa. L'AID opera secondo criteri industriali sotto la vigilanza del Ministro della difesa, con la missione di portare all'economica gestione gli stabilimenti industriali assegnati in gestione, in una logica di creazione di valore sociale ed economico per lo Stato e la collettività;
    con i decreti ministeriali in data 24 aprile 2001 e 24 ottobre 2001, è stata trasferita all'Agenzia la gestione dei seguenti stabilimenti:
     a) stabilimento militare ripristini e recuperi di Noceto (PR);
     b) stabilimento militare munizionamento terrestre di Baiano (PG);
     c) stabilimento militare propellenti di Fontana Liri (FR);
     d) stabilimento militare spolette di Torre Annunziata (NA);
     e) stabilimento militare chimico farmaceutico di Firenze;
     f) stabilimento militare produzione cordami di Castellammare di Stabia (NA);
     g) stabilimento grafico militare di Gaeta (LT);
     h) arsenale militare di Messina;
    l'articolo 2190 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66 e successive modificazioni prevede che qualora per le unità produttive e industriali dell'Agenzia industrie difesa «non risultasse conseguito con il bilancio 2014 per il complesso delle unità produttive, ovvero il bilancio di esercizio a tale data non fosse presentato al Ministero della difesa» di procedere «alla liquidazione, ai sensi della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, di quelle unità che non hanno conseguito la capacità di operare secondo criteri di economica gestione e alla conseguente riduzione dell'Agenzia»: nessuna di queste aziende si trova in una situazione di pareggio di bilancio e la prospettiva concreta è quella dello loro la chiusura;
    la Camera dei deputati ha approvato in data 29 aprile 2014 l'Ordine del giorno 9/02215-AR/022 presentato dal deputato Bernini Paolo nel quale si impegnava il Governo «ad avviare le necessarie iniziative affinché lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze avvii la produzione di medicinali cannabinoidi anche stipulando con lo stesso una apposita convenzione». Il Governo ha dato seguito all'ordine del giorno con la stipula di una convenzione tra il Ministero della salute e l'Istituto in questione. È interesse della collettività che l'Istituto farmaceutico, al pari delle altre aziende del Ministero della difesa, restino operative, per far fronte agli impegni preposti,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative necessarie ad apportare le opportune modificazioni al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e successive modificazioni, finalizzate ad estendere le disposizioni di cui all'articolo 2190 fino al 31 dicembre 2016, circa i dati di bilancio, i contratti stipulati e le posizioni dirigenziali.
(7-00512) «Basilio, Paolo Bernini, Artini, Rizzo, Frusone, Corda, Tofalo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, CECCONI, CIPRINI, LUIGI DI MAIO, ROSTELLATO, BECHIS, GALLINELLA, MUCCI, DA VILLA, DAGA, SEGONI, DE ROSA, BUSTO, ZOLEZZI, MANNINO, MICILLO, VIGNAROLI, BASILIO e BARBANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 31 ottobre 2014 un articolo di Repubblica.it ha titolato: «Allarme Indesit, Whirlpool non esclude tagli e chiusure»;
   nell'articolo si leggono alcuni estratti del documento sull'offerta pubblica di acquisto dai quali si desume che non viene esclusa la chiusura di alcuni stabilimenti;
   in particolare, nel documento sull'offerta pubblica di acquisto (Opa) si legge che Whirlpool «sta valutando varie opzioni al fine di integrare le attività e le società del gruppo. Tali opzioni sono finalizzate a permettere al gruppo integrato di beneficiare di una struttura societaria ed economica più efficiente e potrebbero includere operazioni straordinarie come fusioni infragruppo e trasferimenti di cespiti o aziende o rami d'azienda, nonché la riorganizzazione delle attività produttive e distributive e il consolidamento di alcune funzioni tra i due gruppi»;
   solo pochi mesi fa, luglio 2014, il Presidente del Consiglio Renzi commentando la notizia dell'acquisto delle quote della Indesit da parte dell'azienda americana Whirlpool dichiarava «La considero un'operazione fantastica. Ho parlato personalmente io con gli americani a Palazzo Chigi. Perché non si attraggono gli investimenti e poi si grida “al lupo”, riscoprendo un'autarchica visione del mondo che pensavamo superata. Noi, se ci riusciamo, vogliamo portare aziende da tutto il mondo a Taranto, come a Termini Imerese, nel Sulcis, come nel Veneto. Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale. Se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro, gli imprenditori stranieri in Italia sono i benvenuti»;
   a luglio 2014 era stata depositata una interrogazione a risposta orale (n. 3-00953) alla quale non è stata data risposta nonostante l'elevato numero dei lavoratori coinvolti in questa operazione e nonostante le già gravi condizioni occupazionali del territorio fabrianese e casertano –:
   se non ritengano di dover rendere noti i contenuti dettagliati del piano industriale che Whirlpool ha presentato a luglio 2014 per la Indesit e che avevano convinto il Presidente del Consiglio della bontà della proposta di acquisto e, in particolare, quali positive ricadute a livello occupazionale siano state garantite all'interno del territorio nazionale, con particolare riferimento agli stabilimenti di Fabriano, Comunanza, Teverola e Carinaro;
   se quanto riportato nel documento per l'offerta pubblica di acquisto corrisponda a ciò che era previsto nei piani esposti al Presidente del Consiglio nel mese di luglio 2014 e se quindi lo stesso Presidente fosse a conoscenza già da quella data dei possibili piani di fusione e accorpamento;
   se i contenuti dell'accordo firmatario dalle parti nel dicembre 2013, con particolare riferimento alle garanzie per i lavoratori, siano ancora validi e, nel caso di risposta negativa, cosa intenda fare il Governo per tutelare i livelli occupazionali degli stabilimenti Indesit italiani. (3-01142)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   COSTANTINO e QUARANTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel 1996 viene istituito l'ufficio del Ministro per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   il dipartimento per le pari opportunità è stato poi istituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 405 del 28 ottobre 1997 nell'ambito della stessa Presidenza del Consiglio dei ministri;
   ad oggi, non essendo stata assegnata la delega alle pari opportunità, il titolare di tali funzioni è il Presidente del Consiglio;
   in seguito al terribile sisma che ha colpito L'Aquila in data 6 aprile 2009, è stato emanato il decreto-legge n. 39 del 2009, convertito dalla legge n. 77 del 2009, un provvedimento teso a regolare l'azione istituzionale, compresa quella economica, per affrontare l'emergenza post-terremoto e la complessa opera di ricostruzione, ma che rimane ancora oggi senza concreta attuazione e si presta ad ambigue interpretazioni in più punti;
   il decreto-legge n. 39 del 2009 non chiarisce, infatti, quali siano i soggetti beneficiari dei fondi per la ricostruzione: l'articolo 10, comma 5, sulle agevolazioni per lo sviluppo economico e sociale, prevede: «favorire la ripresa delle attività dei centri di accoglienza, di ascolto e di aiuto delle donne e delle madri in situazioni di difficoltà, ivi comprese quelle derivanti dagli effetti degli eventi sismici è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro, per l'anno 2009, a sostegno degli oneri di ricostruzione o di restauro di immobili a tale scopo destinati situati nei comuni di cui all'articolo 1»;
   lo stesso decreto non nomina direttamente i centri antiviolenza, bensì parla genericamente di centri di accoglienza, ascolto e aiuto per donne e madri in difficoltà;
   nell'ottobre del 2010 il Governo ha approvato il piano nazionale contro la violenza e lo stalking, che prevede azioni di intervento a favore dei centri antiviolenza e fa riferimento agli stessi fondi previsti dal decreto-legge n. 39 del 2009; il punto 2.f del piano, infatti, nella sezione che riguarda le azioni dello Stato, prevede coerentemente con quanto previsto dal decreto-legge n. 39 del 2009 – «interventi di sostegno ai comuni interessati da eventi sismici per la ripresa delle attività, la ricostruzione e il restauro degli immobili adibiti a fornire aiuto alle donne dell'Abruzzo», tra i quali viene citata l'attività dei «Centri antiviolenza e servizi di assistenza, sostegno, protezione e reinserimento delle vittime»;
   conseguentemente, sembrerebbe chiarito che i soggetti beneficiari dei fondi siano i centri antiviolenza;
   in data 8 novembre 2011, il Presidente del Consiglio pro tempore, Silvio Berlusconi, ha emanato l'ordinanza 3978, il cui articolo 10 prevede la destinazione di metà dei fondi previsti dal decreto n. 39 del 2009, pari a 1,5 milioni di euro, «alla diocesi de L'Aquila e alle altre diocesi abruzzesi», affidando l'altra metà degli stessi alla consigliera di parità della regione Abruzzo, Letizia Marinelli;
   la consigliera regionale di parità, Letizia Marinelli, dopo l'ordinanza 3978/2011 che prevedeva la gestione di metà dei 3 milioni di euro sotto sua responsabilità, ha proposto la realizzazione di una casa-rifugio per donne vittime di violenza e di un centro poliedrico per «persone che vivono in condizioni di disagio». Ad oggi non risulta tuttavia emesso un bando, né si hanno notizie su modalità e tempi di realizzazione dei progetti proposti;
   solo 3 anni dopo, nell'agosto del 2012, mentre la città de L'Aquila si trovava ancora in pieno stato di emergenza è entrata in vigore una legge sulla ricostruzione, la cosiddetta «legge Barca», che sancisce la fine della fase dell'emergenza in Abruzzo, al 31 agosto dello stesso anno;
   il 14 agosto 2012 il presidente della regione Abruzzo ha emanato il decreto n. 134, in attuazione dell'ordinanza 3978, che fa riferimento ad una nota consegnata lo stesso giorno alla regione dall'Arcidiocesi de L'Aquila sul progetto Samaria «In rete per una nuova vita» per la realizzazione di un centro antiviolenza e di aggregazione;
   l'azione del presidente della regione Abruzzo risponde ad un'ordinanza del Governo, in ragione della carica di Commissario delegato per la ricostruzione, incarico che fino al gennaio 2010 era in capo alla protezione Civile che poi è stato ricoperto da Gianni Chiodi fino a tutto agosto 2012;
   nel settembre del 2012 la Corte dei conti ha bocciato il decreto regionale e bloccato l'assegnazione dei fondi all'Arcidiocesi poiché il progetto Samaria prevedeva l'acquisto di un immobile situato a L'Aquila e il completamento di un immobile a Pescara, dunque fuori dalla zona interessata dagli aiuti del decreto stesso, di proprietà della fondazione Abruzzo-Pescara;
   la Corte dei Conti ha rilevato che non solo la spesa prevista per l'acquisto e il completamento di immobili ammonta a circa 956 mila euro, su un totale di 1,5 milioni di euro stanziati, e perciò «l'acquisizione di un immobile di proprietà ovvero la realizzazione di consistenti interventi di ristrutturazione non può ritenersi coerente con la ratio sottesa al finanziamento pubblico»;
   alla fine di novembre del 2013, con il voto di fiducia del Senato, viene approvato il maxi emendamento alla legge di stabilità, con un pacchetto di misure per la ricostruzione post terremoto, tra cui lo sblocco dei 3 milioni di euro stanziati nel decreto-legge n. 39 del 2009 e ancora non allocati, attribuendoli alla provincia dell'Aquila, d'intesa con il comune;
   a tutt'oggi tali stanziamenti non sono mai stati richiesti dalla provincia e quindi materialmente giacciono, ancora separati, nelle casse della regione (1,5 milioni di euro attribuito alla consigliera di parità) e dell'ufficio speciale per la ricostruzione dell'Aquila-USRA (1,5 milioni di euro del progetto Samaria bocciato dalla Corte dei Conti);
   Governo e regione, attribuendo fondi all'Arcidiocesi, hanno di fatto privato i centri antiviolenza già presenti sul territorio delle risorse necessarie per la ricostruzione e il riavvio delle attività così come previsto dal decreto n. 39 del 2009, ignorando il fatto che esistessero delle strutture nell'area del cratere riconosciute all'interno del suo stesso database come centri e servizi antiviolenza, e dunque negando l'identità specifica dei centri antiviolenza;
   come spiega il dossier di Action Aid «Dove sono finiti i soldi per le donne de L'Aquila ?» e conferma la visita effettuata in data 27 ottobre 2014, in qualità di parlamentare, presso la struttura, il centro antiviolenza de L'Aquila esiste dal 2007 ed è parte della rete DI.RE. Prima del terremoto, in mancanza di una propria sede, era ospitato nel palazzo dell'AIED, localizzato in «zona rossa»; ora è inagibile. Gestito dall'Associazione Melusine, attivo a L'Aquila dal 1987, opera al momento in un appartamento che condivide con la biblioteca dell'associazione e il consultorio AIED, offrendo servizi di ascolto, assistenza psicologica, medica e consulenza legale alle donne che subiscono violenza, garantendo gratuità, riservatezza e anonimato;
   sono passati più di 5 anni dal terremoto che ha devastato la vita delle cittadine e dei cittadini aquilani e le mobilitazioni, nonché le preziose attività del Comitato Terre-Mutate, movimento fondato da donne aquilane e promosso da diverse realtà attive sul territorio, incluso il centro antiviolenza de L'Aquila, non sono servite, così come non sono serviti numerosi decreti, varie interrogazioni parlamentari e leggi di stabilità. Ad oggi i fondi non risultano ancora assegnati;
   l'articolo 6 della legge regionale n. 31 del 2006 dell'Abruzzo contro la violenza sulle donne riconosce compiti e professionalità a specifiche ai centri antiviolenza, le cui caratteristiche sono descritte come segue: «i centri sono dotati di strutture e personale con specifiche competenze professionali, composto esclusivamente da donne, in grado di offrire assistenza alle diverse tipologie di violenza subite dalle donne»;
   la legge n. 31 del 2006 è stata redatta tenendo conto dei contenuti del trattato internazionale più completo in materia di diritti delle donne – la CEDAW (Convenzione ONU per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne), in particolare la raccomandazione generale 19 sulla violenza contro le donne che specifica l'obbligo istituzionale di istituire e supportare servizi per le vittime di violenza attraverso personale altamente specializzato e competente in materia di salute, supporto legale e psicologico –:
   quali siano le informazioni della Presidenza del Consiglio sulla mancata allocazione dei fondi e quali iniziative si intendano assumere al fine di renderli al più presto fruibili – vista l'urgenza in cui ancora versano i cittadini e le cittadine de L'Aquila – con ciò chiarendo definitivamente che per «centri di accoglienza, ascolto e aiuto per donne e madri in difficoltà» si intende l'unico centro antiviolenza della città colpita dal sisma, vista la sua funzione svolta in questi anni, nonché le competenze acquisite.
(5-03978)


   TONINELLI e COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – Premesso che:
   il Presidente del Consiglio in carica ha mostrato quella che agli interroganti appare un'inclinazione del tutto particolare nell'interpretazione del principio della meritocrazia di cui a parole si fa costantemente portavoce e paladino. Si pensi, ad esempio, ai sospetti mai fugati sulla natura del diploma di laurea dell'affidatario della strategica Agenzia per l'agenda digitale;
   la nomina dell'Avvocato Antonella Manzione alla direzione del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio suscita pesanti dubbi, logici prima che giuridici. Nessuno infatti in questa sede può dubitare della qualità del lavoro dell'avvocato Manzione quale comandante dei vigili urbani, ma l'ufficio giuridico e legislativo della Presidenza del Consiglio sembra richiedere competenze tipologicamente ben diverse, relative all'attività normativa, di studio e ricerca, sulla qualità della regolazione, sulla preparazione dei Consigli dei ministri. Queste funzioni diventano tanto più importanti nel momento in cui si prende atto della realtà per cui, pur configurando ciò, a giudizio degli interroganti, una vera e propria patologia costituzionale, il Consiglio dei ministri è divenuto il principale organo di produzione normativa, essendo stato trasformato di fatto il Parlamento in una mera «Camera di ratifica» di decreti- legge regolarmente convertiti con il ricorso al voto di fiducia;
   sotto il profilo più strettamente giuridico, la stessa Corte dei conti in sede di verifica ha posto in dubbio la legittimità della nomina, per motivi che non sono stati resi noti;
   la selezione è avvenuta in assenza di avvisi pubblici e altre forme di pubblicità;
   infine, il curriculum vitae dell'avvocato Manzione non risulta agli interroganti presente sul sito istituzionale, in contrasto con la legge sulla trasparenza –:
   se intenda fornire chiarimenti sull'attribuzione all'avvocato Manzione dell'incarico di capo del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri sotto il profilo dei titoli, della pubblicità del procedimento di selezione, dell'eventuale presenza nell'ambito delle risorse umane dell'organo di professionalità maggiormente idonee a ricoprire l'incarico, sia per i titoli sia sotto il profilo delle esigenze di economia delle risorse pubbliche. (5-03979)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 1964 nasce l'Alisarda, nata e legata al progetto della Costa Smeralda;
   nel 2010 avveniva il trasferimento di ramo d'azienda da «Meridiana» non quotata in borsa a «Meridiana fly»;
   questo matrimonio con Eurofly, che per l'occasione cambiò nome in Meridiana fly appunto, compagnia milanese quotata in borsa con un passato nei charter;
   la sede e la dirigenza rimase quella della vecchia Meridiana;
   l'unione avrebbe dovuto, fu detto, in un periodo di difficoltà del trasporto aereo essere una opportunità aziendale, differenziando gli obiettivi ed aumentando la «massa critica»;
   in quell'occasione furono abbassati gli stipendi e fu peggiorato il contratto per i lavoratori;
   l'istituto della solidarietà, nel periodo di crisi, fu utilizzato per gestire soprattutto d'inverno le eccedenze di personale, rispetto alle mancanze di personale annose dell'estate;
   il 10 febbraio 2011, veniva aperta la procedura di mobilità ed il 23 giugno 2011 seguiva la ratifica ministeriale della Cassa integrazione guadagni straordinaria;
   i presupposti erano di una ristrutturazione aziendale, rinnovo della flotta e ricerca di nuove opportunità di mercato;
   il 18 luglio 2011, invece, veniva annunciato, sorprendentemente per un'azienda in crisi, la nascita di un nuovo gruppo con Air Italy, una compagnia già praticamente fallita;
   a novembre si siglava un accordo di crisi valido un anno con una ulteriore riduzione del 8 per cento della retribuzione per tutti i lavoratori;
   tale accordo creò una frattura tra i rappresentanti di alcune sigle ed i rappresentati che rimasero contrari allo stesso e lasciarono le sigle stesse;
   la retribuzione piloti era attestata a circa il 18 per cento sotto quella di Easyjet spesso nominata come riferimento;
   questo accordo non fu sottoscritto da Apm, USB e Up le quali sigle furono estromesse dall'azienda dai tavoli sindacali e furono vittime di varie vessazioni;
   la più clamorosa fu la «black-list» nella quale il «fuori servizio» (voli gratuiti non in servizio per i naviganti su eventuali posti liberi da passeggeri paganti su aerei delle compagnie partecipanti, in uso da decenni nella maggior parte delle compagnie mondiali) fu tolto ad alcuni singoli;
   tale comportamento fu giudicato illecito dal tribunale di Tempio Pausania;
   il 27 dicembre 2011 viene allargata la disponibilità Cassa integrazione guadagni straordinaria «dovendo l'azienda dismettere altri 9 aerei» oltre a quelli dismessi nel 2011;
   subito dopo gli aeromobili Air Italy iniziarono a volare su tratte Meridiana fly;
   il 31 dicembre 2012 veniva aperta la procedura di mobilità con successiva apertura della Cassa integrazione guadagni straordinaria anche in Air Italy;
   l'abbandono volontario di alcune rotte in «continuità territoriale», nocciolo storico di Meridiana e perdita disastrosa di rotte storiche poi prese da altri con attivo costituisce scelta grave e devastante sul piano strategico ed economico;
   il 25 novembre 2013, ai piloti ed assistenti di volo di Meridiana fly sono pervenute tramite posta aziendale le comunicazioni Job posting 767 PNT Job posting 737 PNT con l'evidente intenzione di travasare personale, proponendo assunzioni a tempo indeterminato in Air Italy;
   vengono inviate segnalazioni al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il 20 dicembre 2013 ed il 13 febbraio 2014 nelle quali si analizza e si quantifica l'entità della cessione di attività da Meridiana fly ad Air Italy;
   la Cassa integrazione guadagni straordinaria a Meridiana fly ed Air Italy fu poi sospesa da parte del ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   il 1o aprile 2014 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ripristina Cassa integrazione guadagni straordinaria;
   si ignorano le motivazioni e eventuali limitazioni imposte;
   risulta all'interrogante che venga anche concessa in Air Italy (concessione Cassa integrazione guadagni straordinaria il 9 gennaio-giugno 2014);
   nella relazione di bilancio Air Italy 2013 si legge che sono stati conseguiti ricavi di wet lease attivo verso Meridianafly pari a 59,4 milioni di euro;
   è evidente che questi sono a carico della collettività avendo Meridianafly utilizzato più cassaintegrazione di quanta non ne avrebbe utilizzata impiegando propri aeromobili ed equipaggi anziché fare wet lease;
   il paradosso è che nella relazione finanziaria dello stesso anno (Meridiana relazione finanziaria 2013) si legge che «la CGU Meridiana fly-Air Italy corrispondente al settore “Trasporto Aereo”» e «la Società nel suo complesso considerata come un'unica cash generating unit (“CGU”) che svolge attività di holding»;
   il 29 maggio 2014 l'azienda inizia attività di cessione della propria attività ad altri operatori fuori dal gruppo come Neos e altri (aziende rumene, slovacche, e altro) (wet lease estivo 2014);
   il 15 settembre 2014 viene aperta la procedura di licenziamento collettivo solo in Meridiana fly (Meridiana fly procedura di licenziamento collettivo e di collocazione in mobilità);
   niente di tutto questo accade nella controllata Air Italy, mentre continuano anche a volare aerei rumeni e slovacchi sulle tratte Meridiana fly;
   il 24 settembre 2014 la stessa viene revocata la mobilità e la procedura di licenziamento collettivo;
   l'esposizione aziendale sfugge dalle reali motivazioni della crisi, sulla quale APM fornisce alcuni dati incontrovertibili e circostanziati;
   il 27 ottobre 14, dopo il fallimento in sede governativa degli incontri, viene nuovamente aperta la procedura di licenziamento;
   l'ENAC (Ente nazionale per l'aviazione civile) quale «unica autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile in Italia» non risulta che abbia contestato né rilevato il fatto che il piano Meridianafly, dopo 1634 licenziamenti, opererebbe decine di voli giornalieri con solo 2 aerei;
   tutto evidentemente impossibile tecnicamente;
   in questo scenario e in questo puntuale quadro d'insieme si aggiunge la palese corresponsabilità della regione Sardegna che ha avvallato nei giorni scorsi la gravissima decisione del Ministro delle infrastrutture dei trasporti di revocare il decreto sulla continuità territoriale dalla Sardegna verso Bologna, Verona, Torino e Napoli;
   un atto lesivo del diritto alla mobilità da e per la Sardegna;
   diritto cancellato e negato facendo venir meno un rilevante compito affidato alla compagnia Meridiana che svolgeva il servizio;
   la decisione di procedere al licenziamento di massa dei lavoratori di Meridiana costituisce un fatto economico e sociale di una gravità inaudita che rischia di creare gravissime ripercussioni anche sul piano dell'ordine pubblico;
   due lavoratori sono asserragliati da oltre venti giorni sulla torre faro davanti all'aeroporto di Olbia e uno di loro ha iniziato lo sciopero della fame;
   il pericolo della posizione e la gravità delle condizioni a 40 metri rischiano di provocare una situazione anche sul piano clinico gravissime per tutti e due i lavoratori di Meridiana;
   l'atteggiamento complice di regione e Governo rischia di provocare reazioni durissime nell'opinione pubblica sarda –:
   se non intenda il Presidente del Consiglio dei ministri convocare e presiedere personalmente un tavolo tra le parti assumendosi la responsabilità politica e istituzionale della vertenza che mette a rischio 1634 lavoratori;
   se non intenda attivare tutte le possibili sinergie al fine di predisporre un piano strategico di un'azienda italiana che potrebbe funzionalmente svolgere un ruolo importante e rilevante nello scenario dello sviluppo economico;
   se non intenda il Governo reiterare i decreti relativi alla continuità territoriale affidando per sette mesi alla compagnia già aggiudicataria la proroga del servizio pubblico sino alla nuova imposizione dell'onere del servizio pubblico e l'indizione delle nuove gare d'appalto;
   se non intenda svolgere in Europa un'azione funzionale al riconoscimento anche per le tratte richiamate in premessa;
   se non intenda escludere dal tavolo di confronto chiunque abbia svolto attività consulenziale nelle procedure di gara d'appalto e/o al servizio della compagnia medesima e che appaio ora in palese conflitto d'interessi rispetto ad un ruolo pubblico;
   se il Governo non intenda intervenire con l'Enac per verificare il piano operativo proposto e la regolarità dell'utilizzo reiterato di equipaggi stranieri per svolgere servizi di continuità territoriale;
   se non intenda far conoscere le date e le frequenze con le quali compagnie straniere hanno svolto il servizio di continuità territoriale se per le stesse sia stato effettuato un puntuale controllo sul piano tecnico, giuridico e finanziario. (5-03977)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, VIGNAROLI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, DI VITA, D'UVA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con l'ordine del giorno n. 9/2447/9 firmato dai deputati Zolezzi, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Sibilia – accolto in sede di conversione in legge del decreto 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di commissari per il completamento di opere pubbliche – la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a verificare la corretta e completa pubblicazione, nell'apposita sezione del sito web del dipartimento della protezione civile, dei rendiconti relativi agli stati di emergenza e alle relative gestioni commissariali che risultano conclusi;
   con lo stesso ordine del giorno, la Camera ha, altresì, impegnato il Governo a far sì che – come stabilito dall'articolo 5, comma 5-bis, della legge 4 febbraio 1992, n. 225 – i rendiconti presentati dai commissari delegati allo scadere della dichiarazione dello stato di emergenza, Si riferiscano all'intero periodo durante il quale è stato dichiarato lo stesso stato di emergenza e non soltanto all'ultimo esercizio finanziario;
   in riscontro a una richiesta di accesso agli atti presentata dal deputato Claudia Mannino avente come oggetto, tra gli altri documenti, il rendiconto di cui all'articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992 concernente lo stato di emergenza nel settore della bonifica e del risanamento dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati in Sicilia, il Capo del dipartimento della protezione civile, con nota del 20 agosto 2014, ha comunicato che lo stesso rendiconto – riferito a uno stato di emergenza cessato il 31 dicembre del 2012 – «non risulta agli atti di questo Dipartimento»;
   i cittadini siciliani, che hanno avuto a che fare per decenni con una struttura commissariale preposta alla gestione dello stato di emergenza nel settore della bonifica e del risanamento dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, convivono ancora con i problemi ambientali e sanitari che quella gestione commissariale avrebbe dovuto fronteggiare e risolvere, così come è dimostrato dal fatto che il termine entro il quale doveva essere chiusa la contabilità speciale n. 2854, appositamente aperta per lo stato di emergenza in questione, è stato spostato dal 4 febbraio 2014 al 4 giugno 2015, con l'ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 158 del 19 marzo 2014;
   solo la pubblicazione, e dunque la piena consultabilità, dei rendiconti consolidati relativi agli stati di emergenza può contribuire ad assicurare ai cittadini siciliani – come a tutti coloro che abitano in territori nei quali sono stati dichiarati e prorogati, per anni, stati di emergenza – l'irrinunciabile diritto a conoscere le modalità con le quali sono stati esercitati i poteri straordinari delegati, da parte dei commissari delegati che, per più di un decennio, hanno gestito lo stato di emergenza richiamato sopra, nonché quelle con le quali sono state utilizzate le risorse appositamente messe a disposizione sulla contabilità speciale n. 2854, durante l'intera gestione commissariale –:
   se intenda accertare il fatto che il commissario delegato cessato dall'incarico allo scadere dello stato di emergenza nel settore della bonifica e del risanamento dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati in Sicilia, abbia predisposto il rendiconto di cui all'articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992, e in che modo ritenga possibile procedere nel caso in cui lo stesso rendiconto non sia stato elaborato;
   con quali tempi intenda dare seguito all'ordine del giorno richiamato in premessa, verificando che tutti i rendiconti consolidati relativi agli stati di emergenza e alle gestioni commissariali – una volta conclusi – vengano pubblicati nell'apposita sezione web del dipartimento della protezione civile. (4-06754)


   LUPO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la città di Palermo è la quinta città italiana per numero di abitanti, ed è il principale centro urbano della Sicilia e dell'Italia insulare;
   alla fine degli anni Ottanta, Palermo è stata selezionata come città per lo svolgimento dei mondiali di calcio «Italia 90»; per l'occasione fu costruito lo stadio comunale «De la Favorita» oggi rinominato «Renzo Barbera»; solo qualche anno più tardi, era l'agosto 1997, l'Italia e Palermo furono selezionate per lo svolgimento della manifestazione internazionale denominata «XIX Universiade», dal 1998, anno in cui lo sciopero dei vigili urbani mandò all'aria la Palermo Supermarathon che poi non fu mai più riproposta; ad oggi la città, ha subito una continua escalation di malfunzionamenti e di infrastrutture carenti tanto che la città è stata esclusa dalla rosa di candidati a «Capitale europea dello sport 2016». Gli osservatori hanno bocciato la candidatura perché rispetto a dieci anni fa hanno riscontrato una regressione drammatica dell'impiantistica;
   le condizioni degli impianti sportivi palermitani risultano essere disastrose, diverse strutture non godono dell'agibilità e altre sono abbandonate al vandalismo e al degrado. Solo a titolo esemplificativo, si citano le condizioni degli impianti sportivi comunali più significativi: il PalaMangano, edificio che dispone di una copertura lignea e fonoassorbente che consentirebbe l'utilizzo dell'edificio non solo per eventi sportivi ma anche musicali, è stato dichiarato inagibile dalla commissione comunale di vigilanza per i luoghi di pubblico spettacolo vista l'assenza dell'impianto UPS a norma; lo stadio di baseball soprannominato «Diamante», è costantemente preda del vandalismo, basti pensare che ultimamente è stato sottratto dalla struttura persino l'ascensore; i malviventi sono entrati indisturbati con un camion nella struttura e ne sono usciti senza che nessuno si accorgesse di nulla; la piscina comunale, oltre a subire continui atti vandalici, possiede un sistemi di riscaldamento a gas dal costo di gestione di centinaia di migliaia d'euro l'anno ma non è mai stato previsto alcuno investimento per l'ottimizzazione energetica né tantomeno un banale impianto di video sorveglianza per scongiurare i raid vandalici; il velodromo presenta all'interno un prato inesistente e spalti inagibili, tanto da costringere gli spettatori a sedersi per terra lungo il campo; in ultimo, il Palasport «Fondo Patti» negli anni è stato vittima di raid che hanno visto ladri e vandali depredare tubi e cavi in rame, arredi e quant'altro si potesse riciclare come materiale di seconda mano; negli anni la struttura è servita da discarica abusiva e da magazzino per il mobilio delle famiglie sfrattate dai quartieri limitrofi. Va sottolineato che nella struttura lavorano 10 custodi a cui è affidata la sorveglianza, ciò nonostante recentemente a causa dell'incuria e della mancata vigilanza si è sviluppato all'interno dell'edificio un incendio che ha devastato definitivamente il parquet;
   ai sensi della legge 24 dicembre 2007, n. 2441 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l'Osservatorio nazionale per l'impiantistica sportiva, quale organismo di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali per lo sport;
   all'interno dei siti internet istituzionali non risultano notizie né delle riunioni del suddetto Osservatorio, l'ultima risale al 12 aprile 2012, né risultano esiti del progetto esecutivo avviato il 27 settembre 2011 dove tra gli obiettivi principali si indicano: «a) cura una ricognizione aggiornata e ripartita per ambito territoriale degli impianti sportivi esistenti, delle relative modalità di gestione e del loro effettivo utilizzo, anche al fine di predisporre un'analisi dei loro costi e benefici; b) provvede alla rilevazione costante degli elementi informativi concernenti gli impianti sportivi, con particolare riferimento al loro stato di manutenzione ed alla loro conformità alle norme di sicurezza, costituendo un'apposita banca dati» –:
   quali siano gli esiti dell'attività dell'Osservatorio nazionale per l'impiantistica sportiva, che avrebbe dovuto indicare il rapporto costi-benefici degli impianti sportivi ed effettuare una ricognizione delle relative modalità di gestione nonché del loro effettivo utilizzo, con particolare riguardo alla situazione degli impianti sportivi della città di Palermo. (4-06755)


   BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ospedaliera di Crema ha ricoperto, con incarico temporaneo di collaboratore sanitario, infermiere, categoria D dal 1o aprile 2014 al 30 settembre 2014 numerosi posti vuoti in organico;
   allo scadere del termine pare non sia stato rinnovato il contratto solo per una collaboratrice sanitaria, infermiera, categoria D, giovane madre, nonostante la positiva valutazione da parte dei responsabili del reparto presso i quali ha prestato servizio;
   successivamente l'azienda ospedaliera ad ottobre 2014 ha previsto assunzioni a contratto determinato per una serie di posti da infermiera, categoria D, compreso quello che era stato coperto dalla giovane madre sopraindicata –:
   se i Ministri intendano verificare tale situazione e appurare che non vi siano stati elementi di discriminazione per l'origine territoriale dell'interessata o per la condizione di giovane madre con compiti di allattamento. (4-06758)


   BECHIS e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 novembre 2014 sul Fatto Quotidiano online è apparso un articolo dal titolo, riferendosi ad Antonio Agostini, «“Ha gestito fondi Ue tra illeciti e mancati controlli”. Ora Renzi lo vuole al nucleare» a firma di Thomas Mackinson e Andrea Palladino che si riporta in seguito:
  «Inadeguato a gestire programmi così complessi (...), con profili di illegittimità suscettibili di determinare una configurazione di danno erariale e circostanze penalmente rilevanti». Così gli ispettori della Ragioneria Generale dello Stato descrivono il lavoro di direzione espletato al Ministero dell'Istruzione da Antonio Agostini, l'uomo che oggi il Governo Renzi ha indicato come candidato più idoneo a presiedere l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, per gestire quel che resta dello sgangherato fardello del nucleare italiano tra centrali da smontare, depositi per scorie da costruire, rifiuti pericolosissimi da movimentare.
  Il rapporto, che pubblichiamo in esclusiva, è il frutto di sei mesi di lavoro da parte degli Ispettori del Mef che nel novembre 2011 erano stati chiamati dall'allora ministro Profumo a far luce sulle notizie di un sistema deviato di assegnazione delle risorse comunitarie per la ricerca e lo sviluppo gestito dalla Direzione generale che faceva capo proprio ad Agostini. Una vicenda rivelata due anni fa dal Fatto Quotidiano sulla base della segnalazione di un anonimo su cui sono poi arrivati pesanti riscontri, ora all'attenzione della Procura della Repubblica di Roma, della Corte dei Conti e dell'Antifrode europea. Gli ispettori nelle 153 pagine confermano che quel dossier era un vaso di Pandora e che la gestione di quella partita strategica per l'Italia è stata connotata da «procedure opache», «scarsi controlli», «valutazioni inesistenti», «conflitti d'interesse» che hanno permesso di attribuire centinaia di milioni di euro a chi non ne aveva i titoli: società sprovviste in partenza dei requisiti di ammissibilità, spesso sull'orlo del fallimento, anche grazie a sistemi di controllo affidati agli amici degli amici. Alcune società beneficiarie, conferma il rapporto, «non avevano neppure un'attività, una sede o personale». Altre erano state bocciate in sede di valutazione finanziaria, molti progetti finanziati non avevano superato il controllo preliminare di valutazione tecnica.
  «Lavori – si legge nelle carte del Mef – condizionati da continui interventi della direzione generale tesi ad orientarne l'operato e non sempre nella giusta direzione (...) caratterizzata da un'eccessiva confidenza nelle proprie capacità tecniche e di valutazione o a una non adeguata ponderazione delle proprie prerogative e delle connesse responsabilità». E infatti venivano ammessi in graduatoria soggetti «sprovvisti di garanzie tecnico-finanziarie» e progetti «privi di validità sostanziale delle proposte», a scapito naturalmente di altre. Operando così una «grave distorsione nell'uso delle risorse ottenute». Con quali effetti? Nelle conclusioni, a pagina 123, gli ispettori mettono nero su bianco l'alto prezzo che rischia di pagare l'Italia per tutto questo: grazie ad assegnazioni a beneficiari illegittimi e ad erogazioni conferite come aiuti di Stato mascherati, c’è il rischio concreto che l'Europa chieda di «rettificare», cioè pretenda «la restituzione di buona parte delle somme erogate», cancellando così quel poco di ricerca che ancora rimane nel Paese. Il tutto, chiarisce più volte l'indagine, era gestito dal vertice politico-amministrativo incarnato da Agostini, l'uomo indicato dal governo Renzi per occuparsi del nucleare mentre è sotto la lente di tre autorità pubbliche.
  POCHE ORE PER UNA NOMINA NUCLEARE – In queste mani sta per finire l'Isin, l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, la nuova autorità italiana che nel solco della direttiva Euratom 2011 dovrà risolvere il rebus dello smantellamento di diverse centrali e di impianti di produzione, senza avere ancora un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e in un tessuto territoriale letteralmente allergico a tutto ciò che contenga la parola nucleare. Chi metterci a capo è questione di ore. Il 6 ottobre, su proposta del ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, il Consiglio dei ministri ha indicato il nome di Agostini. La mancanza di requisiti specifici e l'eco degli articoli scritti allora hanno sollevato l'obiezione di alcuni parlamentari delle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera chiamate ad esprimere un parere entro l'8 novembre. Al Governo hanno chiesto ulteriori elementi di valutazione e di audire lo stesso Agostini oggi alla Camera e al Senato. A quei dubbi il ministro Boschi ha risposto inoltrando un cv più dettagliato: classe 1964, laurea in giurisprudenza, avvocato, ex ufficiale dei Carabinieri fino al 1992, quando inizia la carriera alla Presidenza del Consiglio dei ministri (dal 1996 con qualifica e funzioni dirigenziali) «con esperienze in affari strategici e responsabilità operative, a livello nazionale e internazionale, nel campo della controproliferazione e controllo all'export di armamenti, beni e materiali strategici», Agostini fuori ruolo è stato anche segretario generale dell'Agenzia spaziale italiana. L'ex ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, lo chiamò al Miur dove ha ricoperto l'incarico di dg della Direzione per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca. Ora è segretario generale del ministero dell'Ambiente, stipendio lordo 214.827,11 euro l'anno.
  CHI È DAVVERO AGOSTINI? – Ma quello che conta non sta scritto lì. Agostini il «corvo del Miur» lo raccontava così: «È il dominus del sistema. Organizza progetti e affari, coltivando interessi con decrescente scrupolo. Aggiusta gare di appalto e bandi. Nomina amici e soci in affari tra gli esperti valutatori. Colloca ovunque amici e parenti, specie nell'ufficio adibito ai controlli. Svia le attività amministrative degli uffici e indirizza le valutazioni dei comitati». Un sistema, in altre parole, sembrava aver infettato uno dei principali centri di spesa del Governo: la Direzione Generale della Ricerca facente capo ad Antonio Agostini.
  Ufficio che poteva contare su un tesoro di 6,2 miliardi di contributi comunitari a fondo perduto, 3 miliardi di budget statale e un miliardo l'anno di fondi ordinari per gli enti di ricerca. Una montagna di soldi, anche per il Sud, in parte già finiti al centro di alcune inchieste per truffa, dal dissesto dell'Idi romana al Gruppo Silva che dirottava al nord i fondi europei per il meridione. Quelle carte senza nome, per la prima volta, spostavano la latitudine delle indagini in corso: dai singoli soggetti esterni beneficiari dei fondi europei alle strutture politico-amministrative preposte all'erogazione e al controllo dentro il ministero. L'indomani della notizia il ministro Profumo chiese alla Ragioneria Generale dello Stato di distaccare due ispettori del Mef per fare luce sulla gestione Agostini al Miur. In sei mesi di indagine riusciranno a passarne al setaccio 17 progetti finanziati su 362, solo il 4,7 per cento del totale. Ma il risultato è comunque sconvolgente: il rapporto conferma in pieno l'esistenza di un sistema deviato e deviante che per anni ha attribuito illegittimamente centinaia di milioni di euro, destinati tra l'altro a fertilizzare due territori particolarmente bisognosi di interventi pubblici, come la ricerca e lo sviluppo in quattro regioni svantaggiate del Sud Italia. Tra i progetti analizzati spiccano casi clamorosi, come quello dell'associazione Comitato Ev K2 Cnr. Sponsorizzato direttamente da Mariastella Gelmini, per gli ispettori del Mef aveva le garanzie bancarie falsificate. Nonostante questo il finanziamento è arrivato a destinazione, senza alcuna denuncia alle autorità competenti.
  Anche se è tutto nero su bianco sembra non contare. Quel rapporto, trasmesso fin dall'ottobre 2013 dal ministro Carrozza alla Procura di Roma e poi alla Corte dei Conti è stato ignorato dal Governo, deliberatamente o meno. Fatto sta che neppure il ministro Stefania Giannini ha alzato un dito quando è balenata la nomina di Agostini, anche se aveva il dossier tra le mani e ancora in carico i programmi Pon 2007-2013 le cui attività si chiuderanno del tutto nel 2016. Circostanze che aprono ora interrogativi su chi davvero abbia fatto pressioni per quel nome, chi l'abbia protetto finora fino alla promozione all'incarico di segretario generale del Ministero dell'Ambiente. E in ultimo alla proposta per la presidenza dell'Isin.» –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e cosa intenda fare in merito. (4-06760)


   GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   Banca Monte dei Paschi di Siena Spa è stata una delle due banche italiane «bocciate» dall'EBA in sede di esami su asset e resistenza alle avversità, i cosiddetti stress test;
   la Banca Monte dei Paschi ha sempre subito l'ingerenza della politica ed in particolare del PDS-DS-PD, come emerso dalle intercettazioni e dagli interrogatori del processo relativo all'acquisizione della Banca Antonveneta da parte della Banca MPS;
   nonostante questo ufficialmente il Presidente del Consiglio dei ministri ha sempre evitato di parlare del Monte dei Paschi;
   in data 2 settembre 2013 su Il Corriere di Siena si legge, a pagina 1: «Monte dei Paschi, il Sindaco di Siena chiede l'okay di Matteo Renzi. Ed è lo stesso sindaco di Firenze a svelarlo, sul palco della festa democratica di Genova, di fronte ad una platea di migliaia di persone. «Adesso vi svelo un particolare, ieri mi ha mandato un messaggino il sindaco di Siena Valentini, «Matteo, allora vado a dritto sulle nomine, okay ?». E io gli ho risposto: «Bruno, ma che c'entro io con le nomine del Monte Paschi». Perché la politica non deve mettere bocca in queste cose»;
   il 3 novembre sul quotidiano La Repubblica, edizione fiorentina, a pagina I e III è però apparso un articolo dal titolo «Mps, Lotti convoca Rossi e Parrini»;
   nell'articolo si legge che «Da Palazzo Chigi si apprende che l'operazione salvataggio della banca più antica del mondo punterà alla costituzione di un consorzio di banche» e che «proprio per mettere a punto l’«exit strategy», dopo gli «stress test» che hanno rilevato per il Monte una sottocapitalizzazione di 2,1 miliardi di euro, si terrà oggi un vertice informale. Un vertice presieduto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, con il governatore Enrico Rossi, il segretario regionale del Pd Dario Parrini e anche gli esponenti dem senesi»;
   in data 4 novembre 2014 su un altro quotidiano toscano, Il Tirreno, a pagina 6, si legge: «Di sicuro la politica regionale e nazionale è concentrata sul salvataggio della banca. E sulla possibilità che Mps resti un patrimonio finanziario (e non solo) toscano e italiano. Infatti lunedì 3 novembre in serata i vertici del Pd – che coincidono con il governo nazionale e regionale – si sono incontrati proprio nella sede del partito a Siena. Lapidario il commento del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti: «Il Governo sta facendo già la sua parte e con questa presenza vogliamo segnalare la vicinanza al territorio». Oltre a Lotti sono presenti Enrico Rossi, presidente della regione Toscana; Bruno Valentini, sindaco di Siena, Dario Parrini, segretario regionale del Pd toscano; Niccolò Guicciardini segretario provinciale del Pd e altri rappresentanti locali dei democratici senesi. “È normale che il partito e il Governo si occupino della terza banca d'Italia – sottolinea Lotti – anche se è difficile sapere quale possa essere la soluzione migliore per Mps. Vedremo cosa deciderà il cda mercoledì 5 novembre. Non ci occupiamo di Mps solo in maniera negativa ma anche positiva.”»;
   sempre l'Agenzia di stampa online AgenziaImpress.it, raggiungibile al sito internet www.agenziaimpress.it, riportava in data 4 novembre 2014 un articolo di Andrea Frullanti dal titolo «Mps, riunione notturna del “gotha” del Pd locale e nazionale», nella quale si leggeva: «Il Governo sta facendo già la sua parte con questa presenza vogliamo segnalare la vicinanza al territorio». Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti, poco prima di entrare nella riunione notturna – che si è tenuta nella sede del Pd provinciale, a Siena in Via Rosi – sulla situazione di Banca Monte dei Paschi alla luce dei risultati degli stress test della Bce. Oltre a Lotti, presenti Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana; Bruno Valentini, sindaco di Siena, Dario Parrini, segretario regionale del Pd toscano; Niccolò Guicciardini segretario provinciale del Pd e altri rappresentanti locali dei democratici senesi, e tra l'altro, sullo stesso sito, è stato inserito un video contenente alcune dichiarazioni del sottosegretario Lotti, visibile all'indirizzo internet https://www.youtube.com// –:
   se la notizia dell'incontro con il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti, risulti confermata, posto che tale incontro ad avviso dell'interrogante rientra in una forma di grave ingerenza della politica ed in particolare del Governo nelle vicende di una banca quotata in borsa. (4-06762)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Villa Reale di Monza è stata costruita per volontà dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria tra il 1777 e il 1780 come residenza estiva per il figlio Ferdinando d'Asburgo, governatore generale della Lombardia austriaca, lungo la direttrice Milano-Vienna;
   l'architetto prescelto fu il Piermarini, allievo del Vanvitelli, l'autore della reggia di Caserta;
   con l'incoronazione di Napoleone nel 1805, la Villa divenne residenza del figliastro Eugenio di Beauharnais. La caduta di Napoleone riconsegnò la Villa Reale nelle mani degli austriaci, tra il 1857 e il 1859 il palazzo ritornò a essere sede di una corte sfarzosa durante il breve soggiorno monzese dell'ultimo rappresentante della casa d'Austria, Massimiliano I d'Asburgo, fratello di Francesco Giuseppe;
   quando il Lombardo-Veneto venne annesso allo Stato del Piemonte, la storia della Villa finì per incrociarsi inevitabilmente con il destino dei Savoia, diventando residenza privilegiata di Umberto I e ritornando così al suo ruolo originario di residenza di villeggiatura. Nel 1900 Umberto fu assassinato proprio a Monza da Gaetano Bresci mentre assisteva a una manifestazione sportiva; in seguito al luttuoso evento il nuovo re Vittorio Emanuele III non volle più utilizzare la Villa Reale, facendola chiudere e trasferire al Quirinale gran parte degli arredi;
   nel 1934 con regio decreto Vittorio Emanuele III fece dono della Villa ai Comuni di Monza e di Milano. Le vicende dell'immediato dopoguerra della Seconda Guerra Mondiale provocarono occupazioni, ulteriori spoliazioni e decadimento del monumento;
   attualmente la Villa Reale è di proprietà congiunta del Comune di Monza, della Regione Lombardia e del Demanio dello Stato;
   nel 2003 la Regione Lombardia, il Comune di Monza, proprietari pro quota parte del complesso Villa Reale di Monza, indicono un Concorso internazionale di progettazione per il recupero e la valorizzazione della Villa Reale e dei Giardini di pertinenza;
   risulta all'interrogante che alcuni arredi della Villa Reale si trovino presso ambasciate italiane all'estero;
   sarebbe opportuno che questi arredi siano rassegnati alla Villa Reale per fare in modo che, almeno una parte degli stessi possa tornare alla sua sede storica –:
   se sia vero che presso alcune ambasciate italiane all'estero si trovino arredi della Villa Reale di Monza e se non ritengano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, di assumere le necessarie iniziative per la restituzione di questi arredi alla Villa Reale di Monza. (4-06752)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la risoluzione n. 7-00365 (Duranti, Piras) sulla mancata attuazione del «Piano Brin», piano pluriennale di ammodernamento e messa in norma degli arsenali e degli stabilimenti di lavoro con lo scopo di assicurare la funzionalità e la piena operatività delle basi della Marina, con particolare riferimento, all'Arsenale di Taranto, è stata accolta dal Governo con l'approvazione in Commissione difesa in data 7 agosto 2007;
   nello specifico, il Governo si è impegnato:
    a) ad aprire un tavolo istituzionale nazionale con le parti interessate, comprese le rappresentanze sindacali dello stabilimento, volto ad accertare in maniera dettagliata lo stato attuale di avanzamento dei lavori e il cronoprogramma dei lavori programmati;
    b) ad approfondire le principali problematiche riguardanti l'applicazione della normativa in materia di lavori pubblici, le tempistiche e i vincoli da rispettare, nonché i ritardi dovuti alla riduzione dei termini per la perenzione dei fondi e le conseguenze sull'andamento dei lavori e sulle imprese partecipanti;
    c) a mettere in atto nel transitorio quanto ritenuto necessario per tutelare le condizioni di lavoro dei dipendenti dello stabilimento militare;
   a quanto risulta all'interrogante, ad oggi nessuno degli impegni suddetti è stato mantenuto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere per attuare al più presto gli impegni assunti dal Governo con la risoluzione n. 7-00365. (5-03964)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel carcere di Oristano-Massama negli ultimi giorni ulteriori 14 detenuti comuni sono stati trasferiti di tutta urgenza con giustificazioni che appaiono all'interrogante fittizie con l'effetto di liberare il terzo braccio a favore dei capi mafia e affini che sono giunti e che giungeranno nelle prossime ore;
   tre dei quattro bracci sono da qualche giorno già totalmente occupati dai vertici e subalterni di camorra, mafia e ’ndrangheta;
   il piano di trasformare Oristano nella prima «cayenna» sarda della malavita organizzata va avanti senza indugi con il silenzio di tutti;
   nelle prossime ore è previsto un contingente di detenuti del noto clan dei casalesi;
   un agire silenzioso e a giudizio dell'interrogante arrogante, che non tiene conto di disposizioni e «pseudo impegni»;
   nelle scorse settimane l'interrogante aveva denunciato la situazione gravissima del carcere di Oristano e l'assoluta carenza di personale;
   la decisione di svuotare il terzo braccio di Oristano, trasformandolo per 3/4 in un carcere destinato all'alta sicurezza con capi mafia di ogni genere, è una decisione gravissima considerata la carenza di personale nella struttura carceraria;
   due mesi fa l'interrogante con una visita ispettiva nella struttura riscontrava che erano in servizio appena un agente per ogni singolo braccio con 55 detenuti;
   una situazione inaccettabile che mette a rischio la stessa sicurezza degli agenti penitenziari costretti ad operare in situazioni estreme;
   nonostante non siano stati fatti trasferimenti verso Cagliari/Uta la situazione resta gravissima proprio per la ormai totale trasformazione di quel carcere in struttura di massima sicurezza e nel contempo di estrema debolezza;
   l'arrivo dato per scontato di un contingente di camorristi in arrivo da altre carceri italiane conferma che il Dap Sardegna ha di fatto deciso di attuare un piano  inaccettabile ai danni delle strutture carcerarie dell'isola –:
   se non intenda revocare il piano di trasformare, a giudizio dell'interrogante, in modo subdolo, il carcere di Massama in un istituto di massima sicurezza;
   se non ritenga di dover assumere iniziative che consentano alla struttura di Oristano di disporre di personale sufficiente a garantire il livello ottimale di sicurezza;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per bloccare tutte le procedure di trasferimento di ulteriori detenuti legati alla malavita organizzata nelle carceri sarde già costrette ad ospitare un carico insopportabile di criminalità organizzata che reitera pericolosi rischi di infiltrazione nel tessuto sociale della Sardegna. (5-03969)


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con la circolare datata 29 ottobre 2014 sono stati revocati tutti i distacchi degli agenti penitenziari verso altre sedi. Dal 2 novembre gli agenti saranno tutti in servizio nel carcere di Uta;
   sono restate senza personale soprattutto le strutture di Iglesias, Quartucciu, Isili che sono impossibilitate a restare aperte per svuotamento degli organici;
   per il 16 novembre 2014 sarebbe stata pianificata, ad avviso dell'interrogante, in modo del tutto arbitrario, illegittimo, l'apertura del carcere di Uta, a quanto risulta senza collaudi e con le imprese ancora impegnate nel carcere cantiere;
   risulta del tutto in alto mare il cantiere del 41-bis, lo spazio dedicato ai capi mafia è ancora senza muri e risulta un vero cantiere come testimoniano le immagini dell'area del 41-bis riprese dentro il carcere;
   la spregiudicatezza di questi atteggiamenti si evince dalla stessa determinazione che riguarda il carcere di Iglesias che viene di fatto reso inutilizzabile, come denunciano gli stessi sindacati a partire dall'Ugl;
   l'interrogante aveva già denunciato nei mesi scorsi le gravissime carenze, proprio per l'impossibilità di coprire al minimo i turni di sicurezza all'interno della struttura di Iglesias;
   il trasferimento di 9 agenti da Iglesias a Cagliari e di 10 da Isili comunicata formalmente nei giorni scorsi mette nel lastrico sul piano della sicurezza sia il carcere di Iglesias che quello di Isili;
   il direttore del carcere di Iglesias ha persino messo nero su bianco che la struttura è insicura e non può funzionare;
   il piano ruota intorno all'apertura del carcere di Uta che dopo lo slittamento di anni viene prevista per il 16 novembre 2014;
   si aggiunge l'assenza di un centro clinico compiutamente allestito, visto che la tac non sarebbe stata ancora sistemata come richiesto e soprattutto non sarebbe stato definito il distacco totale del carcere dall'area del 41-bis;
   il tentativo di apertura di Uta senza collaudi è la dimostrazione più evidente di un piano che il Ministero della giustizia vuole portare avanti senza ritegno e nel silenzio della regione e del suo presidente che sembra accettare senza obiezioni le decisioni assunte a Roma che secondo l'interrogante sono contro la Sardegna;
   la situazione venutasi a creare in diversi istituti tra cui Iglesias e Isili e l'impossibilità di arrivare in tempi brevi all'apertura del carcere di Uta impone la revoca immediata e urgente di tutti i provvedimenti che avevano trasferito il personale nel carcere di Cagliari/Uta;
   risulta evidente che si tratta di una distrazione rilevante di risorse umane con ripercussioni gravi sul piano della sicurezza oltre che distrazione economica che costituisce di fatta un possibile danno erariale;
   la situazione dell'organico di Polizia Penitenziaria del distretto Sardegna, come più volte e a più riprese denunciato dall'interrogante e dall'Ugl risulta deficitario di circa 500 unità in base al decreto ministeriale e di 900 unità in base ad uno studio effettuato dalle organizzazioni sindacali;
   tutto il personale è stato trasferito prematuramente a Cagliari proprio perché la stessa struttura a quanto consta all'interrogante appare ancora priva delle certificazioni basilari sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, come la certificazione prevenzione incendi, nonché del piano di evacuazione, l'istituto è carente di tutti i mobili d'arredo per gli uffici e le sale colloqui, nonché degli arredi del reparto femminile –:
   se non ritenga di dover intervenire al fine dell'immediata revoca dei provvedimenti di trasferimento di quel personale, attraverso cessazione di distacco, per evitare imminenti rischi di sicurezza;
   se non ritenga di dover evitare un ulteriore danno per la non corretta gestione del personale in carico al DAP Sardegna;
   se non intenda intervenire per garantire la sicurezza delle strutture carcerarie sarde che risulta non solo carente ma che sta provocando reiterate situazioni di autolesionismo da parte dei detenuti legate anche all'assenza di personale in numero adeguato. (5-03980)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO e SARRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con nota del 9 ottobre 2014, indirizzata ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali del comparto ministeri e dirigenza penitenziaria, il vice capo vicario del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Luigi Pagano, ha comunicato di avere attivato le procedure finalizzate alla soppressione della Scuola di formazione e aggiornamento del Corpo di polizia e del personale dell'amministrazione penitenziaria di Aversa;
   a sostegno di tale decisione, nella nota suddetta, sono state richiamate «le direttive del Governo per la riduzione delle spese non vincolate, l'attuale numero di scuole di formazione e aggiornamento di cui dispone l'Amministrazione, la riduzione strutturale delle autorizzazioni ad assumere, l'esigenza di proporzionare le risorse umane e materiali impegnate nel settore della formazione del personale»;
   per di più, è stato precisato sempre nella nota in questione, la cessazione della scuola di Aversa «è stata pensata» anche con riferimento alla necessità di porre a disposizione del neoistituito Tribunale Napoli-nord, allocato nello stesso immobile della Scuola, ulteriori spazi;
   la notizia della soppressione della scuola di Aversa è stata accolta con grande amarezza e, soprattutto, con forti e stizzite reazioni da parte non solo degli aversani ma di tutto il popoloso Agro, che ha visto e vede nella Scuola una istituzione di cui menar vanto, oltre che un prestigioso e visibile presidio di legalità ed una leva non secondaria per lo sviluppo di un territorio che oramai da tempo si sente tradito, abbandonato e vilipeso;
   va ricordato che la città di Aversa, sin dal 2002, grazie anche al costante impegno dell'allora senatore Pasquale Giuliano ospita la Scuola di formazione e aggiornamento del corpo di polizia e del personale dell'amministrazione penitenziaria ed è allocata (da poco più di un anno, insieme al tribunale di Napoli-nord) nello splendido complesso monumentale di impronta vanvitelliana denominato «Castello aragonese», che ha beneficiato negli anni passati di onerosi e consistenti interventi, i quali, oltre a riportarlo all'antico splendore, ne hanno notevolmente migliorato funzionalità e accoglienza;
   il complesso formativo della Scuola per la formazione e aggiornamento del personale di polizia penitenziaria di Aversa viene inaugurata nel 2002 quale polo culturale – avanguardistico – nell'aggiornamento e formazione del personale di polizia penitenziaria nel meridione, specificamente nella zona cosiddetta «calda» dell’interland casertano;
   fine di tale realizzazione, con ingenti impegni di spesa per ristrutturare lo storico castello Aragonese cittadino, risultava essere quello di avere un sito di formazione e aggiornamento che costituisse vanto e prestigio nel panorama penitenziario, garantendo, al contempo, una presidio di sicurezza in un territorio alquanto denso di criminalità;
   tale polo formativo, in più di dieci anni di attività, ha mantenuto fede all'impegno di elevare lo spessore formativo e culturale del personale di polizia penitenziaria, costituendo anche una preziosa risorsa ed un cospicuo vantaggio della cittadina aversana e di tutto il meridione, in considerazione che la maggior parte delle nuove leve e del personale penitenziario già in servizio proviene proprio da quelle regioni;
   del resto nella Campania l'altra scuola di formazione di Portici è anch'essa destinata ad essere soppressa atteso che è collocata nell'area cosiddetta «rossa» dell’interland vesuviano in un sito storico, sottoposto, non solo a vincolo, ma, per le cui condizioni, di inagibilità, interessanti gran parte del plesso, eventuali ristrutturazioni comporterebbero grande impegno economico;
   l'istituzione del sito formativo di Aversa aveva come fine la riunione delle due scuole con concentrazione del personale e delle attività;
   di fatti anche per il personale della «Banda musicale» della polizia penitenziaria attualmente ospitata a Portici era stata creata in Aversa un'apposita sala per le esercitazioni;
   le esigenze esposte nella nota del dottor Pagano sono in gran parte fondate, ma comunque tali da non giustificare in alcun modo la soppressione di una scuola diventata per la didattica e per i numerosi convegni e seminari che ospita frequentemente punto di riferimento nazionale e prestigioso luogo di crescita professionale, culturale e sociale;
   ferme restando le giustificate e condivisibili necessità di porre a disposizione del tribunale Napoli-nord ulteriori spazi, risulta all'interrogante che l'amministrazione comunale di Aversa, a conferma del forte sostegno dato sempre alla Scuola e allo scopo di scongiurarne la soppressione, ha messo a disposizione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria un capiente e prestigioso edificio sito all'interno del complesso della «Maddalena», esteso vari ettari e adibito nel lontano passato ad ospedale psichiatrico. Per di più, risulta all'interrogante, sempre l'amministrazione comunale di Aversa si è dichiarata pronta e disposta a ristrutturare a proprie cure e spese, secondo le indicazioni che è pronta a recepire, l'intero suddetto immobile per adattarlo alle esigenze della scuola;
   è di tutta evidenza che tale immediata e concreta disponibilità consente all'Amministrazione penitenziaria di mantenere in vita, a costo zero, la scuola ad Aversa, anche tenendo presente le richiamate direttive governative di un generale e severo programma di ristrutturazione del comparto didattico, e soprattutto di «ripagare» un territorio che ha in ogni momento mostrato sostegno, calore e riconoscenza al Corpo di polizia penitenziaria –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti più sopra esposti;
   se il Ministro interrogato abbia realmente disposto di sopprimere la scuola di polizia penitenziaria di Aversa;
   se, in caso positivo, alla luce della pronta e concreta disponibilità offerta dall'amministrazione comunale di Aversa, non ritenga di rivedere una decisione che penalizza una città ed un territorio che hanno sempre entusiasticamente e concretamente mostrato vicinanza, sostegno ed attaccamento alla scuola penitenziaria;
   se alla luce delle sopra accennate novità che incidono significativamente anche sui conti economici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non si ritenga di soprassedere rispetto alla volontà di chiudere un così importante presidio di formazione e di legalità. (4-06743)


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, sono state abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi raggiunti;
   nell'ambito del più ampio processo di liberalizzazione dell'esercizio delle attività libero-professionali, con il successivo decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 all'articolo 9, sono state abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, stabilendo che il compenso professionale debba essere determinato sulla base di parametri – da stabilirsi con successivo decreto – soltanto nei casi nei quali lo stesso compenso deve essere liquidato da parte di un organo giurisdizionale;
   lo stesso articolo 9 è stato integrato con una disposizione contenuta nel decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, in base alla quale i parametri stabiliti dal decreto richiamato al punto precedente – da definirsi di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – trovano applicazione, anche ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria;
   nell'articolo 9, come modificato successivamente con il citato decreto-legge 83 del 2012 è stato, però, precisato che «i parametri individuati – riferendosi a quelli da stabilire con il successivo decreto non possono condurre alla determinazione di un importo a base di gara superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del presente decreto»;
   alla luce di quest'ultima disposizione, il decreto ministeriale 31 ottobre 2013, n. 143 – con il quale è stato approvato il regolamento recante determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura ed all'ingegneria – all'articolo 1 comma 4, precisa che «il corrispettivo – da intendersi quello calcolato sulla base dei criteri stabiliti dallo stesso Regolamento – non deve determinare un importo a base di gara superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto-legge», riferendosi al decreto legge n. 83 del 2012;
   alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 83 del 2012, le tabelle vigenti per il calcolo della tariffa Architetti e Ingegneri per opere pubbliche sono quelle contenute nel decreto del Ministro della giustizia, di concerto il Ministro dei lavori pubblici, del 4 aprile 2001;
   le ragioni alla base di un provvedimento che introduce dei parametri per calcolare il compenso professionale da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria, precisando però che gli stessi parametri vadano applicati a condizione che non determinino un importo del compenso – da porre a base di gara – superiore a quello calcolato sulla base delle tabelle adottate nel 2001 –:
   se siano a conoscenza del numero dei casi nei quali le stazioni appaltanti hanno dovuto provvedere a disapplicare – ai fini del calcolo del corrispettivo da porre a base di gara – i parametri del decreto ministeriale 31 ottobre 2013, n. 143 e delle modalità con le quali, in quegli stessi casi, hanno provveduto a determinare l'importo dello stesso corrispettivo;
   se non ritengano necessario stabilire – anche con un'apposita iniziativa normativa ovvero modificando il decreto ministeriale adottato il 31 ottobre del 2013 – in che modo le stazioni appaltanti devono procedere nei casi nei quali l'importo del corrispettivo professionale, calcolato con i paramenti del decreto ministeriale n. 143/2013, sia maggiore a quello determinato in applicazione delle tabelle adottate nel 2001;
   se ritengano che la disciplina legislativa e regolamentare richiamata nelle premesse – in base alla quale per il calcolo delle prestazioni professionali fornite da architetti e ingegneri nell'ambito dei contratti pubblici valgono, di fatto, le regole stabilite 13 anni fa – offra le garanzie necessarie rispetto alla necessaria qualità della progettazione, anche in relazione al fatto che la bassa qualità di quest'ultima determina spesso problemi, ritardi e contenziosi lunghi e onerosi, in fase di esecuzione dei lavori per realizzazione delle opere pubbliche. (4-06749)


   CHIARELLI e PELILLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del Ministero della giustizia, alcuni mesi fa, si era fatto riferimento alla possibile soppressione delle sedi distaccate delle corti d'appello di Bolzano, Sassari e Taranto, «là dove necessario – si vociferava – per rispettare gli standard minimi di efficienza»;
   l'avvocatura ionica si è opposta e si oppone con forza a questa ipotesi poiché la soppressione, a fronte di un grave disservizio per cittadini ed avvocati, non comporterebbe chissà quale risparmio al Governo e perché la sezione distaccata di Taranto mantiene gli standard di efficienza richiesti;
   dati statistici dimostrano che il numero di procedimenti giudiziari, in tale sede non è assolutamente diminuito rispetto a quando fu istituita la sezione distaccata;
   negli incontri con il Governo, interloquendo con il Ministro, i sottoscritti Parlamentari hanno presentato una attenta valutazione di argomentazioni e di dati, sfociati nell'intesa con il Governo a confermare lo stop alla chiusura della corte d'appello sede staccata di Taranto;
   di tale importante e soddisfacente risultato, si è data comunicazione attraverso una nota stampa, volta soprattutto a rassicurare le preoccupazioni della magistratura, dell'avvocatura e di tutti i dipendenti – lavoratori della corte d'appello, sezione staccata di Taranto;
   la camera penale di Taranto ha tuttavia proclamato uno sciopero dal 9 al 19 novembre, di tutti gli iscritti per protestare contro la paventata chiusura della corte d'appello sede staccata di Taranto, contro le logiche del risparmio e della spending review;
   il decreto-legge 132 del 2014 sul processo civile, in corso di conversione in legge, com’è noto, non ha previsto la soppressione delle sedi distaccate delle corti d'appello, di Bolzano, Sassari e Taranto –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se reputi che ci siano i presupposti per ritenere fondate tali preoccupazioni sulla chiusura della sezione staccata di Taranto, magari oggetto di futuri provvedimenti del Governo;
   come intenda intervenire al fine di rispondere a queste agitazioni che tra pochi giorni rischiano di rallentare ulteriormente la macchina della giustizia in una provincia già vessata, come quella di Taranto. (4-06750)


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel nuovo carcere di Uta non c’è traccia, di certificati di prevenzione antincendio; all'interrogante non risultano certificati di collaudo né l'obbligatorio certificato di agibilità inesistente;
   si tratterebbe, qualora le notizie fossero confermate di palesi omissioni se il carcere dovesse essere aperto senza che siano poste in essere le dovute attività in materia di sicurezza, agibilità e collaudi;
   il tentativo del Dap di trasferire detenuti e agenti nel nuovo carcere di Uta è un atto grave soprattutto perché ignora normative obbligatorie in materia di sicurezza e prevenzione;
   queste circostanze se confermate dimostrano con quale spregiudicatezza si stia operando nel settore carcerario in Sardegna e in particolar modo nel nuovo carcere di Uta;
   risultano evidenti a tutti i ritardi strutturali evidenti anche dalla parte esterna dell'istituto con gru e mezzi pesanti ovunque;
   inoltre sono stati rilevati:
    a) problemi di infiltrazioni in tettoie;
    b) assenza di collegamenti con la rete nei vari uffici e operai ancora nel cantiere;
    c) situazioni ancora al limite dentro le celle dove gli oscurini delle celle sono ancora estraibili;
    d) la presenza di un vero e proprio cantiere aperto nella struttura relativo al 41 bis;
    e) gru sull'area, cantiere a cielo aperto, con mezzi di ogni genere in circolazione;
   una situazione paradossale nel luogo dove si scontano le pene sul quale manifestano le più evidenti violazioni di legge in materia di sicurezza sul lavoro, con certificazioni mancanti;
   risultano all'interrogante inesistenti anche le autorizzazioni di competenza del comune di Uta, dell'Asl e comando provinciale dei vigili del fuoco;
   è gravissimo operare con tale spregiudicatezza sulla pelle dei lavoratori e degli agenti penitenziari;
   posto che attività sono ancora in corso non risultano in ogni caso dichiarazioni delle imprese installatrici che attestino la conformità degli impianti installati negli edifici alle leggi vigenti in materia, ovvero certificati di collaudo degli stessi, relative agli impianti elettrico, elettronico, protezione scariche atmosferiche, riscaldamento e climatizzazione, ascensori, montacarichi, scale mobili, radiotelevisivo, protezione antincendio, idrico, gas;
   non risulta disponibile il certificato prevenzione incendi rilasciato dal comando provinciale dei vigili del fuoco, e considerato che gli stessi estintori così come verificato dall'interrogante non risultano collaudati significa si è ben lungi dal poterlo ottenere;
   non risulta disponibile il certificato di collaudo statico e lo stesso dicasi per il rispetto delle norme di igiene edilizia;
   risulta assente a quanto consta all'interrogante, la dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche;
   si tratta di un quadro tecnico-amministrativo che costituisce elemento sostanziale con il quale è impossibile perpetrare forzature solo con l'obiettivo di cancellare negligenze del dap e la gestione di questa vicenda;
   appare evidente che quanto era stato affermato ossia che i lavori erano stati ultimati la fine del giugno 2013, non corrisponde alla realtà;
   in realtà tutto risultava allora in alto mare e oggi il cantiere è ancora visibile a chiunque;
   il 30 ottobre 2013, era stata effettuata la consegna al Ministero della giustizia dei plessi detentivi maschile e femminile, tutti i servizi, gli alloggi e la caserma;
   il risultato che dopo un anno da quella formale consegna niente è stato fatto;
   quel che è più grave è il quadro finanziario di questo carcere che ha raggiunto l'esorbitante cifra di 94,5 milioni di euro, a fronte di una disponibilità per euro 89,8 milioni, oltre 3 milioni di euro già a carico di Piano carceri per i lavori di completamento degli allacci, sono stati stanziati 1,4 milioni di euro per maggior costi dei materiali e 3,3 milioni di euro derivanti da una transazione del 28 marzo 2013, stipulata con l'appaltatore;
   il commissario è stato autorizzato con la variazione al Piano del 18 luglio 2013 all'utilizzo delle maggiori somme per 4,7 milioni di euro per Uta;
   si tratta, secondo l'interrogante, di un pozzo senza fondo senza collaudi e senza autorizzazioni –:
   se non intenda verificare la sussistenza di tutte le certificazioni necessarie per l'utilizzo in piena sicurezza sostanziale e formale dell'istituto;
   se non ritenga di comunicare lo stato dell’iter delle relative autorizzazioni e dei collaudi necessari;
   se sia compatibile l'apertura di un carcere con all'interno un vero e proprio cantiere con mezzi pesanti e gru;
   se non ritenga di dover trasformare la struttura destinata al regime di 41-bis ad una struttura dedicata ai casi detentivi gravati da tossicodipendenze al fine di favorire una rifunzionalizzazione in chiave di recupero di una delle casistiche più gravi preoccupanti del sistema penitenziario sardo. (4-06759)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il dottor Pietro Ciucci ha ricoperto il ruolo di presidente e direttore generale dell'ANAS spa a partire dall'agosto 2006 fino al 1o settembre 2013;
   nel 2011 viene altresì nominato amministratore unico con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
   per tali incarichi avrebbe percepito le relative remunerazioni;
   dopo aver raggiunto l'età pensionabile lo stesso il 1o settembre 2013 è andato in quiescenza ovviamente percependo la relativa pensione;
   si noti bene che tale scelta coincide fatalmente con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 39 del 2013 concernente il divieto di cumulo di cariche;
   attualmente il dottor Ciucci è: presidente, amministratore unico e svolge funzioni di direttore generale;
   in base al decreto ministeriale 24 dicembre 2013 n. 166 dal 1o aprile 2013 è previsto un tetto per l'amministratore delegato: di 311.658 euro e un tetto per il ruolo di presidente di 93.497,56 euro. Una nota precisa che il Cda di ANAS del 2013 ha stabilito per il presidente-ad un compenso di 301mila euro;
   dai media si è appreso che nel 2012 Ciucci, in qualità di amministratore unico, avrebbe guadagnato 750mila euro, di cui 500mila di retribuzione fissa e 250mila di retribuzione variabile;
   importo che lo stesso ha successivamente ridotto dandone ampia e dettagliata comunicazione ai media attraverso varie interviste, sottacendo completamente la parte relativa alla suo trattamento previdenziale, tra l'altro pagato con i contributi versati dall'ANAS stessa;
   nel 2013 la Corte dei conti ha condannato il dottor Pietro Ciucci ed i 3 condirettori generali, avvocato Leopoldo Conforti, ingegnere Alfredo Bajo e dottor Stefano Granati ed altri dirigenti, al risarcimento di un danno erariale per circa 38 milioni di euro per aver stipulato un accordo economico con relativo riconoscimento di circa 47 milioni di euro, con la società Comeri (Astaldi), contraente di un lotto di lavori sulla strada statale 106 Jonica in Calabria;
   la stessa Procura regionale ha affermato che dai comportamenti di ANAS è derivato un danno alle finanze pubbliche, sotto forma di riconoscimento al contraente generale Comeri di importi non dovuti;
   ANAS spa, nel rispetto della direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze, ha introdotto nel proprio statuto i nuovi criteri e i requisiti di onorabilità degli amministratori pubblici;
   infatti gli amministratori che nel corso del mandato avessero ricevuto la notifica di un decreto che dispone il giudizio o di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale, avrebbero dovuto darne immediata comunicazione all'organo di amministrazione, che poi avrebbe deliberato sulla permanenza in carica dell'amministratore incriminato;
   l'attenzione del pubblico italiano verso questioni del genere non è stata mai così alta: in tempi di profonda crisi e di tasse che si abbattono con una ferocia tipica da periodo di austerity e rigore, gli italiani sono stufi di apprendere come, a dispetto delle varie promesse di frenare la spesa pubblica, i manager pubblici rimangono in qualche modo intoccabili;
   anche dall'estero arrivano notizie preoccupanti sull'operato, dei vertici ANAS spa che opera tramite la società ANAS International enterprise spa con presidente il dottor Ciucci ed amministratore delegato Alfredo Baji la quale gestisce importanti opere infrastrutturali in vari paesi esteri;
   sotto il periodo di comando del dottor Ciucci l'organigramma di ANAS spa si è arricchita di una moltitudine di direttori centrali che hanno causato un ingolfamento dell'azienda resa difatti una creatura monolitica e un contestuale aumento dei costi;
   non sono note, inoltre, le modalità utilizzate per la scelta dei funzionari e dei dirigenti e la determinazione delle loro retribuzioni;
   sarebbe buona politica attuare una giusta alternanza nei vertici delle aziende a partecipazione pubblica, specialmente in quelle che rivestono un ruolo strategico, sia nazionale che internazionale, con incisivi e delicati impatti sul tessuto economico per l'indotto generato dalla propria attività istituzionale –:
   se i ministri interpellati siano a conoscenza di questi fatti;
   se in passato per tali incarichi il dottor Ciucci abbia percepito remunerazioni diverse;
   se il dottor Ciucci al momento del pensionamento abbia ricevuto una liquidazione, se questa gli fosse dovuta e quale sia l'importo della medesima;
   se siano state corrisposti al dottor Ciucci ulteriori emolumenti e, in tal caso, di quale importo e a quale titolo;
   se si voglia accertare come abbia agito l'organo preposto al controllo e alla sorveglianza di ANAS spa e se lo stesso abbia ricevuto comunicazione della condanna del dottor Ciucci e degli altri condirettori per danno erariale;
   se la sentenza della Corte dei conti abbia avuto l'esito dalla stessa deciso cioè se i condannati al danno abbiano, versato nelle casse dell'ANAS la cifra corrispondente al danno erariale dalla stessa Corte determinato;
   se la predetta situazione non si fosse generata quali azioni i Ministri intendano intraprendere per il recupero delle somme dovute;
   se ravvedano gli estremi per valutare la necessità di un ricambio della governance stante il lungo permanere della stessa.
(2-00741) «Marco Di Stefano, Minnucci, Tidei, Ferro, Marroni, Bray, Paola Bragantini, Melilli, Brandolin, Borghi, Gregori, Grassi, Mazzoli, Miccoli, Boccadutri, Lattuca, D'Incecco, Sbrollini, Carlo Galli, Richetti, Lodolini, Pelillo, Bonaccorsi, Argentin, Fregolent, Boccuzzi, Carella, Galperti, Fiano, Ferrari».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   DORINA BIANCHI, PISO e SAMMARCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 2014, n.80, recante misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per l'Expo 2015, introduce una specifica disciplina volta ad impedire che chiunque occupi abusivamente un immobile possa chiedere la residenza e l'allacciamento ai pubblici servizi (gas, luce, acqua ecc.); la norma stabilisce la nullità ex lege degli effetti degli atti emessi in violazione della nuova normativa (comma 1);
   la disposizione originale che letteralmente prevedeva una nullità «ex tunc» è stata integrata da un testo che pone problemi interpretativi. La norma recita: «A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli atti aventi ad oggetto l'allacciamento dei servizi di energia elettrica, di gas, di servizi idrici e della telefonia fissa, nelle forme della stipulazione, della volturazione, del rinnovo, sono nulli, e pertanto non possono essere stipulati o comunque adottati, qualora non riportino i dati identificativi del richiedente e il titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell'unità immobiliare in favore della quale si richiede l'allacciamento»;
   non è possibile giuridicamente applicare soluzioni diverse a fattispecie identiche, appare opportuno chiarire:
    se — come sembra — il riferimento agli atti nulli vada inteso in relazione a quelli stipulati in violazione degli obblighi di esibizione documentale dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione (che, quindi, colpisce i contratti ab origine);
    se l'articolo 5 introduca un obbligo di sanatoria — mediante l'esibizione dei titoli che attestino la proprietà, la locazione, ecc. — di contratti già in corso alla citata data di entrata in vigore, consentendo, in difetto, all'ente o al proprietario dell'immobile occupato di richiedere la nullità dei medesimi contratti di somministrazione e la conseguente cessazione dell'erogazione –:
   quale sia l'interpretazione del Ministro interrogato su quanto esposto in premessa. (5-03972)


   ZARATTI, PELLEGRINO, SCOTTO, AIRAUDO, PLACIDO, RICCIATTI, FERRARA, MARCON, DURANTI, PIRAS, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DANIELE FARINA, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MATARRELLI, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, SANNICANDRO e ZACCAGNINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Parlamentare Sinistra Ecologia Libertà ha presentato nei giorni scorsi una interrogazione (segnatamente l'atto n. 4-06614) nell'ambito della quale chiedeva al il Ministro interrogato di rispondere ai seguenti due quesiti:
    1) se non intendesse correggere immediatamente quello che si auspica si tratti un grossolano errore contenuto nella tabella n. 1 della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) ovvero la tabella delle revoche e delle riassegnazioni della legge obiettivo ove compare come «reimpiego di legge obiettivo», l'importo di 1 miliardo e 287 milioni di euro (segnatamente 1.287.324.000 euro) quale assegnazione alla Società Stretto di Messina SpA (decreto-legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102; del 3 agosto 2009);
    2) di chiarire in via definitiva che questo Governo non intenda in alcun modo riaprire il dossier teso alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
   successivamente alla pubblicazione di tale interrogazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e non già il Responsabile del Dicastero in questione – che si è completamente astenuto dal chiarire il punto politico della vicenda, ossia se intenda o meno archiviare definitivamente il dossier relativo al Ponte sullo Stretto di Messina –, ha diffuso un comunicato stampa nel quale si legge: «Un'errata lettura di una tabella dell'allegato infrastrutture del Def ha indotto a ipotizzare un rifinanziamento del Ponte sullo Stretto di Messina. Si tratta della tabella Revoche e reimpieghi, pubblicata sul sito del Cipe per obbligo di legge sin dal gennaio scorso e riportata all'inizio dell'allegato infrastrutture. Il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito dalla legge n. 9 del 21 febbraio 2014) stabilisce, all'articolo 13, comma 1-bis, che venga pubblicata un'anagrafe dei provvedimenti aventi forza di legge con i quali siano state revocate le assegnazioni disposte con delibere Cipe per la realizzazione di interventi infrastrutturali. Il termine reimpieghi indica non lo stanziamento di risorse a un'opera, ma l'indicazione storica di risorse revocate e non utilizzate né utilizzabili». Aggiungendo: «A riprova che per il Ponte sullo Stretto di Messina non sono state assegnate risorse basta consultare la tabella 2 dell'allegato infrastrutture «Stato dell'arte e degli avanzamenti del programma infrastrutture strategiche» dove alla voce «Ponte Stretto Messina» (pagina 70) non risultano stanziamenti»;
   al riguardo, si evidenzia che il citato articolo 13, comma 1-bis del decreto-legge n. 145 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 21 febbraio 2014) prevede che «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in un'apposita sezione del proprio sito web istituzionale, il CIPE pubblica un'anagrafe dei provvedimenti aventi forza di legge con i quali, a far data dal 1o gennaio 2010, sono state revocate le assegnazioni disposte con proprie delibere. Nell'anagrafe, da aggiornare con cadenza almeno trimestrale, per ogni provvedimento devono essere indicati la consistenza delle risorse revocate, le finalità alle quali tali risorse sono state destinate con il provvedimento di revoca e con gli atti successivi previsti dallo stesso provvedimento, nonché lo stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario sia degli interventi a beneficio dei quali sono state riassegnate le risorse revocate, sia di quelli oggetto delle delibere di assegnazione revocate»;
   in buona sostanza, non esiste nessuna «tabella revoche e reimpieghi, pubblicata sul sito del Cipe», ma, come già evidenziato nella precedente interrogazione n. 4-06614, l’«Anagrafe revoche e riassegnazioni» curata dal CIPE. L'anagrafe, in particolare, riporta delle tabelle e per ogni provvedimento indica:
    1) la consistenza delle risorse revocate;
    2) le Finalità alle quali tali risorse sono state destinate;
    3) lo stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario sia degli interventi a beneficio dei quali sono state riassegnate le risorse revocate, sia di quelli oggetto delle delibere di assegnazioni revocate. Nella prima tabella compaiono le indicazioni sui provvedimenti di revoca delle risorse e le relative fonti finanziarie, sugli importi revocati e il loro destinatario originale, sugli interventi interessati dalle revoche e i connessi stati di avanzamento procedurale, fisico e finanziario, sulle eventuali finalità cui le risorse sono destinate dal provvedimento di revoca e alcune note informative di interesse. Nella seconda tabella compaiono le indicazioni sui provvedimenti di riassegnazione delle risorse revocate, i relativi importi e il destinatario, gli interventi e gli stati di avanzamento procedurale, fisico e finanziario. Le due tabelle sono collegate attraverso un codice identificativo della fonte normativa che mette in relazione gli atti di revoca con quelli di riassegnazione ad altre opere;
   inoltre, che il termine «reimpieghi» indichi non lo stanziamento di risorse a un'opera, ma l'indicazione storica di risorse revocate e non utilizzate né utilizzabili appare ad avviso degli interroganti del tutto opinabile e da dimostrare, considerato che tale definizione di «reimpieghi di legge obiettivo» non appare contemplato da alcuna fonte normativa di rango primario, né tanto meno specificato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2014 come, invece, ne caso dovrebbe quale criterio di lettura della tabella. Per altro, appare chiaro che se la lingua italiana ha un senso il termine «reimpiego» significa, «impiego di nuovo di un qualcosa» ovvero «riassegnazione» (tanto è vero che la relativa tabella è intitolata a pagina 27 della Nota di aggiornamento al DEF 2014 «1. tabella delle revoche e delle rassegnazione di legge obiettivo», e quindi «rifinanziamento» a fronte di una revoca di erogazione di risorse precedentemente stabilita;
   ma soprattutto si evidenzia che tutta la tabella 1 di pagina 27 della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) presenta innumerevoli incongruenze, soprattutto se verificata con l'Anagrafe disponibile sul sito del CIPE;
   per numerose righe della tabella 1, incluso il Ponte sullo Stretto di Messina, la voce e l'importo riportati nella colonna «revoche» corrispondono, infatti, esattamente a quanto riportato nella colonna «reimpieghi», il che appare inconcepibile visto che l'Anagrafe disponibile sul sito del CIPE appare aggiornata alla data del 31 luglio 2014, mentre la nota di aggiornamento al DEF 2014 è stata trasmessa successivamente alla Presidenza della Camera il 3 ottobre 2014, con dati aggiornati al mese di settembre 2014. In particolare, questo rappresenta un modo di procedere nella redazione dei provvedimenti di massima valenza per la programmazione economica finanziaria forniti al Parlamento assolutamente inaccettabile e senza scusanti, se si considera che questi documenti vengono, poi, opportunamente osservati da parte delle competenti sedi europee;
   inoltre, si evidenzia che non esiste alcun obbligo di legge per cui la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) debba riportare la tabella 1 delle revoche e delle riassegnazioni di legge obiettivo, nella considerazione che relativamente ai contenuti dell'allegato infrastrutture con cui si aggiorna il Programma delle infrastrutture strategiche (PIS), l'articolo 1, comma 1-bis, della legge 443/2001 dispone chiaramente ed espressamente che (comma 1-bis) «Il programma da inserire nel Documento di programmazione economico-finanziaria deve contenere le seguenti indicazioni: a) elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare; b) costi stimati per ciascuno degli interventi; c) risorse disponibili e relative fonti di finanziamento; d) stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati; e) quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi»;
   a questo punto sorge il seguente dubbio: tanto più che non esiste alcun obbligo di legge per allegare la predetta tabella 1 alla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche), ma lo si fa comunque, non si comprendono i motivi per cui lo si faccia in modo errato, considerato che la predetta tabella appare, come si è detto, del tutto sballata ed incongruente con quanto risulta, ad oggi, pubblicato dal sito del CIPE aggiornato alla data del 31 luglio 2014;
   non si tratta quindi secondo gli interroganti di una «Errata lettura di una tabella della Nota di Aggiornamento del DEF 2014», ma dell'inserimento, nell'ambito di tale delicatissimo documento di una tabella di riferimento completamente errata;
   il Ministero ha rassicurato che nella tabella 2 dell'Allegato infrastrutture «Stato dell'arte e degli avanzamenti del programma infrastrutture strategiche», alla voce «Ponte Stretto Messina», non risultano stanziamenti. Pur tuttavia, considerati gli errori contenuti nella citata nota di aggiornamento, appare chiaro che la questione relativa al Ponte sullo Stretto di Messina debba essere chiarita in primo luogo dal punto di vista politico, perché il Governo come avrebbe potuto compiere grossolani errori nel riportare i dati nella tabella 1, potrebbe anche averlo fatto formalizzando i dati della tabella 2;
   inoltre, considerato che in numerosi articoli di stampa nazionale e locale dello scorso mese si legge che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha dichiarato che «Il Ponte sullo Stretto di Messina è assolutamente indispensabile e necessario» e in risposta ad interrogazioni parlamentari presentate da altri deputati ha ribadito che «l'idea del ponte sullo stretto di Messina non può, su un piano strategico e trasportistico, ritenersi archiviata»;
   in questi ultimi giorni, sul quotidiano on-line «Siciliainformazioni.com» è apparso un articolo della redazione intitolato «Resuscita il Ponte sullo Stretto ? Cordata straniera lo vuole realizzare» dove si legge chiaramente che anche altri esponenti dell'attuale Esecutivo non intendono in alcun modo archiviare il dossier relativo alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina;
   in particolare, detta intenzione, viene ora manifestata non solo dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, On. Ministro Lupi (NCD), ma anche dal viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, On. Riccardo Necini (PSI) rivelando la possibilità di investitori stranieri pronti a realizzarlo;
   in tale articolo si legge «Il ponte di Messina è un'opera che non può dirsi archiviata: «Potrebbero esserci capitali stranieri interessati a realizzarlo». Lo dice il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Riccardo Nencini, che puntualizza come la sua «non è un'affermazione generica». Nencini vuole «mettere il punto interrogativo accanto alla frase «il ponte di Messina è un'opera archiviata». Anche perché si tratta di una infrastruttura «segnata da un fattore simbolico eccessivo», perché «collegata al nome e al cognome Silvio Berlusconi». Un'opera che, evidenzia, «ha generato nel tempo una frattura tra chi sta di qua e di chi sta là senza possibilità di ragionare sui contenuti». Per questo «fuori dai simboli», secondo il viceministro, «la domanda da porsi è se vi sia una utilità vera di quel ponte, una utilità per la mobilità delle persone e delle cose e quindi per la civiltà di un Paese»;
   i massimi rappresentati del Governo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti continuano, dunque, a confermare che il dossier relativo alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina non risulta affatto archiviato e che vi potrebbe essere addirittura una cordata straniera pronta a realizzarlo;
   rimane, infine, da chiarire quale sia il senso delle dichiarazioni recentemente rese dall'amministratore Delegato di Salini-Impregilo, capofila del consorzio Eurolink che si trova in contenzioso con lo Stato per il pagamento delle penali. A margine dell'assemblea della predetta società, infatti, come riportato dalla stampa nazionale, l'A.D. di Salini-Impregilio ha dichiarato: «Siamo disponibilissimi a rinunciare alla penale, se il progetto ripartisse», sottolineando di non aver ricevuto alcuna richiesta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, ma di averne parlato con lui poco tempo prima;
   in particolare non appare chiaro quanto ammontino complessivamente ad oggi le penali che lo Stato dovrebbe pagare per la mancata realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina –:
   se il Governo non intenda correggere immediatamente gli errori contenuti nella tabella n. 1 della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) chiarendo in via definitiva la volontà politica dell'attuale Esecutivo nel riaprire il dossier teso alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, quali siano gli investitori stranieri interessati alla sua realizzazione e, infine, a quanto ammontino complessivamente, ad oggi, le penali che lo Stato dovrebbe pagare per la mancata realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. (5-03973)


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, SEGONI, TERZONI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione europea nel suo «libro bianco» non richiede che il corridoio TEN1 (Berlino-Palermo) sia realizzato con autostrada a pedaggio (in Germania non lo sono), ma che venga garantita una «continuità di larghezza di carreggiata»;
   la convenzione tra ANAS spa e Società autostrada tirrenica (SAT) spa del 2009 prevede la cessione della tratta della strada statale 1 Aurelia, compresa tra Civitavecchia e Rosignano, in favore della SAT spa e che il nuovo tracciato autostradale si svilupperà interamente in sovrapposizione all'attuale sede della strada statale 1 così che, attraverso semplici opere di allargamento dell'asse stradale in alcuni tratti e l'installazione di caselli, una tratta di oltre 200 km di strada pubblica verrà convertita in autostrada a pagamento;
   il progetto dell'ANAS spa del 2001 prevedeva la messa in sicurezza e il «raddoppio» dell'Aurelia, garantendo a titolo gratuito una viabilità sicura in linea con le richieste dell'Unione europea e con un irrisorio impatto ambientale sul territorio e che, nello specifico, tale progetto garantiva, oltre all'ammodernamento della superstrada Aurelia (che avrebbe dovuto avere una «sezione stradale tipo», costituita da quattro corsie più una d'emergenza) anche la realizzazione di una strada complanare provinciale e il miglioramento della viabilità delle strade poderali per gli accessi singoli (nel dettaglio, nella relazione redatta da ANAS spa, si indicava che «il solo contributo (pubblico), necessario e richiesto, per la realizzazione in gestione privata, è confrontabile con il totale del costo stimato per la realizzazione ANAS se la strada fosse ampliata con una sezione di metri 23,00 ed inoltre non graverebbe sui viaggiatori un pedaggio» ed inoltre che «quale sia l'opzione tecnica e gestionale della autostrada privata, si renderebbe necessaria la costruzione di un sistema stradale parallelo (esteso da Civitavecchia a Rosignano) ed adeguato, come livello di servizio al rango di alternativa alla viabilità pedaggiata, quindi più ampia di un tipo VI CNR, per quanti non volessero o non potessero assoggettarsi alle condizioni di transito oneroso» e, infine, che «obbiettivo non secondario del presente rapporto è quello di mostrare come la continuità della gestione pubblica dell'Aurelia ammodernata sia la migliore garanzia delle economie generali, nonché della salvaguardia delle relazioni sociali ed economiche come consolidatesi nel tempo, nonché alla salvaguardia ambientale dei vasti territori attraversati)»;
   il progetto presentato da SAT spa è caratterizzato da molte criticità irrisolte, in prima istanza la creazione di una viabilità complanare adeguata, con sezioni stradali caratterizzate da doppie corsie di ampiezza pari a 3,25 metri e banchine per lato, (indispensabile in quanto alternativa all'Aurelia), che consenta il collegamento idoneo tra le aree interessate, soprattutto per quanto riguarda i lotti che in questa fase sono più avanti con i lavori, nello specifico il lotto 6A (tratta Tarquinia – Civitavecchia) e il lotto 6B (tratta Tarquinia – Ansedonia);
   la complanare alternativa alla futura autostrada, in nome della sicurezza stradale e di una appropriata gestione del cantiere stradale, sarebbe dovuta essere stata realizzata ancor prima della cantierizzazione dell'Aurelia (operazione questa che ha reso particolarmente rischiosa la percorrenza per lunghi tratti della SS1 con sezioni di corsia stradali strettissime a doppio senso di marcia);
   per il Lotto 6A, contestualmente agli attuali lavori in corso e, almeno, prima della chiusura degli accessi sulla S.S. Aurelia della strada vicinale Melledra – Farnesiana/Cencelle e quella di Pian Boaro, risulta indispensabile la realizzazione di adeguate complanari e la costruzione di un nuovo ponte o la messa a norma del preesistente ponte a tre archi sul fiume Mignone per evitare disagi e gravi problemi di sicurezza stradale alle comunità coinvolte (si segnala a tal proposito che i mezzi privati, pesanti ed agricoli delle comunità rurali del lotto in interesse per transitare dalle aree agricole a quelle commerciali metteranno senza dubbio a rischio la sicurezza stradale e che i residenti allungheranno i chilometri ed i tempi di percorrenza con notevoli oneri economici e aumento dell'inquinamento da parte degli stessi mezzi e che, per evitare ciò, oltre alla realizzazione di complanari, sarebbe determinante che il ponte sul fiume Mignone possieda adeguate dimensioni di sezione tali da garantire il passaggio simultaneo in totale sicurezza di un mezzo agricolo e di camion di medie dimensioni);
   per il lotto 6B è analoga la problematica relativa alla mancanza di una viabilità complanare adeguata (nel progetto presentato da SAT spa il basilare principio di garanzia di un diritto fondamentale di mobilità non è stato garantito da inizio a fine lotto e nello specifico quattro sono i punti in cui si palesa maggiormente il problema: al km 3 lungo il rettilineo di Pescia Romana; al km 17 lungo il tratto presso il fiume Arrone; al km 19 presso lo svincolo di Riva dei Tarquinia; al km 23 lungo il rettilineo finale prima di Tarquinia);
   in questa sede si danno per assodate le altre innumerevoli incongruenze e perplessità sul progetto presentato da SAT spa, già evidenziate nel corso delle molteplici attività di ispettorato che hanno coinvolto questo Ministero e che, pertanto, non verranno riproposte ulteriormente –:
   in nome del basilare diritto alla sicurezza stradale e dell'incolumità di moltissimi viaggiatori, quali azioni concrete intenda intraprendere affinché SAT spa realizzi una viabilità complanare adeguata parallela alla attuale SS1 Aurelia, prima che avvenga la chiusura degli accessi sulla strada statale Aurelia della strada vicinale Melledra – Farnesiana/Cencelle e quella di Pian Boaro. (5-03974)


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'Accordo di Programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e regione Marche per l'attuazione del «Programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile» prot. 8088 del 28 giugno 2013, all'articolo 5 – Modalità di trasferimento delle risorse statali – è stabilito che le risorse statali in conto capitale debbano essere trasferite alla regione Marche per il tramite della Tesoreria provinciale dello Stato in diverse tranches, di cui quella finale (in cui sono state accorpate due tranches da 30 per cento per un totale del 60 per cento dell'importo prefissato) «entro 30 giorni dalla data di comunicazione da parte del Responsabile provinciale (nel caso di specie “regionale”) dell'attuazione dell'Accordo di Programma dell'avvenuto avanzamento del programma (ovvero lavori eseguiti) per importo pari al 70 per cento del finanziamento complessivo Stato/Regione»;
   l'accordo è stato approvato con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 009762 del 31 luglio 2013;
   il Ministero ha erogato nei primi mesi dell'anno la prima tranche corrispondente al 40 per cento del totale del finanziamento;
   attualmente, a distanza di mesi e mesi dall'ultimazione lavori si è in ancora in attesa che venga erogato alla regione Marche il residuo 60 per cento;
   la regione Marche in data 28 maggio ha infatti comunicato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il superamento del 90 per cento dei lavori il che, a norma del soprarichiamato articolo 5 dell'Accordo di programma regione/Ministero, ha creato la condizione per l'erogazione del totale del finanziamento nel tempo di 30 giorni;
   le risorse richieste dalla regione Marche risultano iscritte sul conto residui del Capitolo 7438, pagina 2, dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la relativa richiesta di integrazione di cassa per utilizzare le somme di cui trattasi predisposta dalla competente direzione generale per la condizione abitativa, è ferma dal 19 giugno presso il dipartimento per le infrastrutture ed i sistemi informativi e statistici, per gli adempimenti di natura contabile che precedono la sottoscrizione del provvedimento finale;
   vi sono 18 famiglie che, avendo i requisiti di reddito ed avendo aderito all'avviso del comune di Monte Roberto, sono in attesa del perfezionamento delle procedure per poter entrare negli appartamenti già pronti;
   inoltre, è inutile dirlo, vi sono le gravi ripercussioni finanziarie per la ditta costruttrice determinata dall'ingiustificato ritardo nel trasferimento del contributo da parte dello Stato con evidenti e negative ripercussioni occupazionali –:
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda intervenire per superare questa grave situazione esposta in premessa e trasferire con urgenza le necessarie risorse dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla regione Marche. (5-03975)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la galleria «Privati» collega, nella provincia di Napoli, Gragnano con la Statale Sorrentina ed è il prosieguo della galleria «Varano»;
   si tratta di una galleria percorsa quotidianamente da centinaia di autoveicoli e da mezzi pesanti diretti verso Sorrento;
   la suddetta galleria è soggetta a continui lavori di manutenzione, proprio per migliorare la circolazione e la sicurezza;
   una delle uscite di emergenza della galleria «Privati» conduce fino a via Rivo San Pietro, nel Comune di Castellammare di Stabia, nei pressi del bivio con via Panoramica;
   tale uscita d'emergenza dovrebbe essere utilizzata come via di fuga in caso di incidenti che causano la chiusura delle uscite principali;
   i lavori relativi all'uscita di sicurezza in questione non sono mai stati completati, ed anzi, ad oggi l'uscita si è trasformata in una discarica abusiva a cielo aperto;
   la messa in sicurezza dei terreni sovrastanti non è stata mai effettuata per cui si verificano continui smottamenti;
   adiacente a tale uscita scorre il Rivo San Pietro, che è spesso otturato dal cedimento di pezzi di terreno, così da causare, in passato, l'allagamento di via Rivo San Pietro;
   l'ingresso dell'uscita di sicurezza, oltre che dai vari rifiuti e dal terreno franato, è completamente ed interamente ostruito da erbacce e rovi;
   i fatti narrati sono riportati, tra l'altro, nell'articolo pubblicato dalla testata giornalistica online «Reportweb» il 1o novembre 2014 con il titolo «Uscita di emergenza della galleria Privati», nell'articolo pubblicato dal sito di informazione «Stabia 24» il 2 novembre 2014 dal titolo «Castellammare, Giovedi (Sel) interroga Cuomo: “Uscita d'emergenza ’Privati’ ostruita dal degrado”» e nell'articolo pubblicato dal quotidiano online «Vivi Centro» il 1o novembre 2014 dal titolo «Uscita di emergenza galleria Pozzano. Pericolo sottovalutato» –:
   quali misure si intendano prendere allo scopo di prevenire eventuali disastri, giacché si tratta di un'uscita di emergenza di una galleria molto trafficata;
   quali siano le motivazioni alla base della mancata ultimazione dei lavori dell'uscita d'emergenza della galleria «Privati». (5-03963)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la revoca della continuità territoriale aerea dalla Sardegna per Verona, Torino, Bologna e Napoli è l'ennesima mazzata per il sistema dei trasporti per l'isola;
   la revoca del decreto da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la regione è secondo l'interrogante l'ennesimo via libera alla speculazione aerea su quelle tratte, considerato che è falso che su quelle rotte esiste concorrenza;
   è stata decisa una revoca secondo l'interrogante senza un progetto, senza una strategia, ma che può avere l'effetto di consentire alle compagnie aeree di continuare a speculare sulla Sardegna;
   si tratta un atteggiamento di Governo e regione sempre che non pare proteso a tutelare e garantire un servizio pubblico quale la continuità territoriale tra la Sardegna e il continente;
   la politica dei trasporti di questo governo e questa giunta regionale risulta
fallimentare;
   una politica dei trasporti travolta da incapacità e poteri forti;
   la decisione di revocare il decreto sulla cosiddetta continuità territoriale 2 è un ritorno indietro di 14 anni e non tiene in minimo conto delle conquiste fatte sul fronte del collegamento con altre realtà con le quali si era instaurata una connessione rilevante, a partire dagli emigrati sardi;
   si passa da un fallimento all'altro, dalla continuità territoriale aerea a quella marittima, frutto di una strategia comune tra Governo e regione confusa e incapace che sta continuando a mettere in ginocchio la Sardegna;
   prima il Governo si è reso corresponsabile di una convenzione vergognosa con la Tirrenia e ora con questa revoca della continuità aerea per le rotte con Torino, Verona, Bologna e Napoli pregiudica gli interessi sardi;
   a Bruxelles Governo e regione sono andati a fare l'ennesimo regalo alle compagnie aeree rinunciando, senza alcun tipo di reazione, alla continuità territoriale sulle rotte richiamate;
   tutto questo è avvenuto senza alcun tipo di pronunciamento dell'Unione europea che aveva solo chiesto dei chiarimenti;
   la realtà è che anche questo governo e la stessa Regione sono secondo gli interroganti incapaci di affrontare i poteri forti e ciò va a scapito dei diritti dei Sardi e della Sardegna –:
   se non ritenga di dover ripristinare immediatamente la continuità territoriale tra la Sardegna, Verona, Torino, Bologna, Napoli;
   se non ritenga di dover affidare in regime di proroga le stesse rotte e alle stesse condizioni precedenti le rotte alle compagnie già impegnate sino allo svolgimento di nuove procedure di imposizione di oneri di servizio pubblico ed eventualmente nuove gare d'appalto;
   se non ritenga di dover proporre un'articolata e compiuta risposta alla Commissione europea al fine di garantire il mantenimento dell'onere del servizio pubblico su tutte le rotte già individuate di connessione tra la Sardegna e il continente. (5-03970)

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A35, nota anche con la sigla BreBeMi, collega dal 23 luglio 2014 le città di Milano e Brescia con un percorso posizionato geograficamente più a sud rispetto al tracciato dell'autostrada A4. L'A35 è gestita dalla omonima società BreBeMi. Il tracciato è inoltre più corto della più famosa e sopraccitata autostrada A4 di circa quattro chilometri con tempi di percorrenza analoghi, se non superiori a causa dell'accesso al capoluogo di regione lombardo esclusivamente possibile solo viabilità ordinaria;
   il pedaggio del predetto tratto è di euro 9.10 anziché 6.70 del percorso della Milano-Venezia;
   la BreBeMi, secondo quanto si apprende da numerose agenzie di stampa e dai social media, da articoli di Libero Quotidiano, Wall Street Italia e da Affari & Finanza di Repubblica del 3 novembre 2014, è la prima autostrada italiana costruita con capitale quasi interamente «privato» e pare rivelarsi un flop essendo praticamente «traffic free» ovvero non centrando le minime previsione di traffico e relativi pedaggi che rendono sostenibile finanziariamente l'opera;
   il progetto è stato finanziato dalle banche e pure con denaro pubblico, come ad esempio gli 830 milioni di euro concessi dalla Cassa depositi e prestiti. Senza dimenticare che attraverso la sua controllata Sace, la stessa Cassa «copre» con un'assicurazione i 700 milioni di finanziamento garantito dalla Bei – Banca europea degli investimenti;
   a fronte del detto mancato introito di traffico si apprende che la società concessionaria della A35 abbia chiesto formalmente al Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ordine: uno sconto di tasse per 429 milioni, un aumento del periodo di concessione da venti a trent'anni o proprio la restituzione della concessione allo Stato su questo tratto autostradale –:
   se quanto sopra riportato dalla stampa sia conforme al vero. Se il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto e per quanto di competenza con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, intenda, ove veritiere, ottemperare alle richieste della società concessionaria BreBeMi e se tale aggravio di spesa sia compatibile con le restrizioni di bilancio che gravano sui cittadini italiani;
   se sia possibile valutare economicamente l'impatto ambientale di un'opera che ha consumato territorio e che risulta ampiamente sotto utilizzata. (4-06742)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUBINATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 il comando della stazione carabinieri di Asolo (TV) si trasferiva nella nuova sede, realizzata e finanziata dal comune, sita in via dei Tartari a Casella d'Asolo (TV);
   nel corso del 2013 alla stazione di Asolo si aggregava anche la stazione dei carabinieri di Onè di Fonte (TV), accorpando così nella nuova struttura due stazioni e due comandanti, in attesa della soppressione definitiva della stazione di Onè;
   per precedenti accordi con la prefettura di Treviso e il Ministero dell'interno non veniva richiesto all'Arma dei carabinieri di pagare nemmeno il precedente canone locatorio di 4.648,12 euro annui;
   sulla base però di un atto di impegno stipulato tra il comune di Asolo e il Ministero dell'interno il 20 agosto 2013, le spese di conduzione e gestione delle utenze della nuova caserma venivano poste a carico del Ministero (articoli 6 e 7);
   tuttavia, quest'ultimo, ad oggi, non ha mai provveduto al pagamento delle spese di propria competenza, di cui si è dovuto di conseguenza interamente far carico il comune di Asolo;
   nonostante i vari solleciti inviati alla prefettura di Treviso (l'ultimo dei quali in data 15 settembre 2014) e nonostante quest'ultima abbia a sua volta sollecitato (l'ultima nota è datata 14 luglio 2014) il Dipartimento della pubblica sicurezza, la direzione centrale servizi tecnico logistici e gestione patrimoniale, il servizio gestione contratti e forniture, la divisione accasermamento Arma carabinieri, l'Agenzia del demanio filiale Veneto e il comando provinciale dei carabinieri di Treviso a farsi carico delle spese di gestione e conduzione della caserma saldando il pregresso, il comune di Asolo non ha ricevuto riscontro alcuno;
   l'amministrazione comunale ha sinora sborsato per il pagamento delle utenze e della gestione della locale stazione dei carabinieri (gas metano, servizi di manutenzione, acquisto materiale, fornitura di energia elettrica e acquedotto, asporto rifiuti) la somma di 57.556,61 euro;
   si tratta di una cifra considerevole per un comune di soli 9.000 abitanti, divenuta peraltro non più sostenibile da parte dell'ente che, attualmente, per far fronte a questa spesa si vede costretto a tagliare i servizi ai cittadini –:
   se non ritengano di doversi adoperare per giungere in tempi rapidi ad una soluzione della vicenda esposta, reperendo le risorse atte a far fronte all'impegno assunto nei confronti del comune di Asolo per il pagamento delle spese di competenza dello Stato per la conduzione e gestione della locale stazione carabinieri, ivi compreso il rimborso di quelle sinora anticipate dall'ente locale. (5-03961)


   MARTELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi i muri in prossimità dell'ingresso della moschea e del centro culturale islamico di Marghera sono stati imbrattati da simboli riportanti svastiche, invettive e insulti indirizzati contro l'Isis e contro i musulmani;
   i responsabili della moschea che, nelle scorse settimane, hanno anche manifestato contro il terrorismo islamico e la violenza praticata dal gruppo jihadista, ha o espresso le loro preoccupazioni e, soprattutto, la sorpresa per essere diventati oggetto di insulti;
   gli stessi hanno anche riferito alle forze dell'ordine, denunciando l'accaduto, di aver ricevuto da qualche tempo lettere di minacce alle quali, fino ad ora, non avevano dato rilevanza ma che, ovviamente, in conseguenza dell'accaduto assumono un profilo diverso;
   bisogna evitare, assolutamente, che si insinui nella comunità quel grossolano e pericoloso sillogismo tra musulmani e terrorismo;
   senza generare allarmismi si tratta di episodi da non sottovalutare, soprattutto, in considerazione della delicata fase internazionale –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga altresì opportuno rafforzare le misure di controllo del territorio al fine di evitare il ripetersi di tali episodi e di favorire un clima di dialogo ed integrazione isolando sul nascere focolai estremistici. (5-03967)


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi un'operazione di lotta alla criminalità nella provincia di Viterbo è stata in modo offensivo e del tutto inappropriato definita «Operazione MAMUTHOUES»;
   tale gravissima associazione tra l'operazione e i Mamuthones offende la Sardegna e i Sardi;
   il Ministro dell'interno deve, per conto dei soggetti che si sono resi artefici di tale associazione, rivolgere formali e sostanziali scuse alla Sardegna e ai protagonisti di quell'antica tradizione popolare che ha il nome di Mamuthones;
   non si possono infangare nobili e storiche tradizioni popolare della Sardegna denominando in questo modo operazioni contro la criminalità;
   i Mamuthones non hanno e non possono avere nessun legame con la malavita e ogni riferimento è totalmente inappropriata e fuori luogo;
   il solo associare le due cose è un atto grave e offensivo per il popolo sardo;
   si è tornati alla tribalità di una comunicazione di Stato offensiva e discriminatoria dove l'arresto di criminali viene associato ad una comunità come quella sarda solo in funzione dell'anagrafe;
   l'origine dei Mamuthones non ha niente a che vedere con l'associazione fatta con l'arresto di diversi malviventi e chiunque abbia avuto quella malsana idea di denominare in chiave sarda quell'operazione deve chiedere pubblicamente scusa;
   si tratta di fatti esecrabili che non possono essere tollerati e che vanno immediatamente stigmatizzati;
   testimonianze orali riportate da diversi studi attestano che i Mamuthones sfilavano già nel XIX secolo ma alcuni sostengono invece che il rito risalga all'età nuragica, come gesto di venerazione per gli animali, per proteggersi dagli spiriti del male o per propiziare il raccolto;
   fra le ipotesi avanzate sull'origine della rappresentazione vi sono anche una celebrazione della vittoria dei pastori di Barbagia sugli invasori saraceni fatti prigionieri e condotti in corteo;
   la maschera facciale del mamuthone nera e di legno è un simbolo delle tradizioni popolari della Sardegna e non si può infangare con associazioni fuori luogo, gravi e lesive dell'onorabilità del popolo sardo;
   tale associazione procura alla comunità sarda un evidente danno morale che qualora non intervenisse un intervento del Ministro dell'interno dovrà essere perseguito in tutte le sedi opportune –:
   se non intenda il Ministro dell'interno rivolgere formali scuse al Presidente della regione e all'associazione «Mamuthones» che tutela e promuove le tradizioni popolare;
   se non ritenga di dover dare direttive precise per evitare che in futuro si possano associare operazioni contro il crimine tradizioni popolari, o comunità locali. (5-03971)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGANI e PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da anni, in diverse aree della provincia di Ravenna, il servizio di radio – telecomunicazione effettuato con le apparecchiature radio in dotazione, sia quelle automontate che quelle portatili, è gravato da notevoli disturbi tali da non consentire le comunicazioni stesse ed in alcuni casi da precluderle totalmente per la presenza di svariate «zone d'ombra»;
   tale disfunzione incide fortemente sulla sicurezza degli operatori di polizia, soprattutto sui poliziotti delle volanti che sono costretti a sopperire a tale deficit con l'utilizzo dei telefoni cellulari privati e durante gli interventi sono costretti ad agire con entrambe le mani impegnate sia con apparecchio portatile che telefonino per poter comunicare con la centrale operativa della questura;
   la questura di Ravenna, nel tentativo di risolvere la situazione, ha interessato l'ufficio regionale competente, la zona telecomunicazioni di Bologna, che ha stimato in 160/200 mila euro il costo per il ripristino ed adeguamento degli impianti di trasmissione radio, cifra non disponibile per la mancanza di fondi –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tali disfunzioni;
   quali interventi di competenza si intendano adottare, con la massima urgenza, per risolvere questi problemi che incidono inevitabilmente sulla sicurezza ed incolumità dei cittadini vittime di reato, determinando un crescente malcontento ed un profondo senso di frustrazione d abbandono tra i poliziotti in servizio nella questura di Ravenna. (4-06747)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Fism (federazione italiana scuole materne) ha proclamato in Veneto uno sciopero nella settimana dal 17 al 22 novembre;
   le ragioni dello sciopero sono da rinvenire nel credito che le scuole vantano di circa 50 milioni di euro dallo Stato e dalla Regione, per nidi e materne;
   in Veneto le scuole paritarie associate alla Fism sono 1.073 e accolgono circa ottantatremila bambini, cioè il sessantuno per cento di tutti i bambini veneti in età compresa tra i tre e i sei anni, in 287 scuole ci sono anche servizi per la prima infanzia, nidi, micronidi, per un totale complessivo di novantunomila bambini tra zero e sei anni;
   se non dovessero arrivare risposte in merito ai trasferimenti attesi le scuole dopo lo sciopero potrebbero essere costrette a dover aumentare le rette con ulteriore aggravio a carico delle famiglie;
   la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 50/2008, ha ribadito che le prestazioni erogate dalle scuole paritarie «inseriscono a diritti fondamentali dei destinatari», il che impone allo Stato di garantire «continuità nella erogazione delle risorse finanziarie» –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere con la massima urgenza, in considerazione del servizio svolto da questi istituti, per scongiurare la sospensione delle attività da parte delle scuole e provvedere, per quanto di propria competenza, alla immediata erogazione del contributo statale ordinario al fine di garantire il buon funzionamento di questi istituti. (3-01141)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 14, comma 6, della legge n. 104 del 1992 l'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati;
   il comma 2 dell'articolo 6 del decreto ministeriale 13 giugno 2007 specifica che «(...) nell'attribuzione dei posti di sostegno relativi a ogni ordine e grado di scuola, ove si esauriscono i rispettivi elenchi di sostegno, prima di assegnare i posti stessi ad aspiranti privi di titolo di specializzazione, le relative supplenze vengono conferite, secondo modalità annualmente definite con provvedimento ministeriale, ad aspiranti inclusi nelle competenti graduatorie che risultino comunque in possesso del predetto titolo di specializzazione, anche se conseguito successivamente ai termini previsti per l'inclusione negli elenchi medesimi»;
   in base all'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 30 settembre 2011 negli attuali corsi di specializzazione sul sostegno «La programmazione è definita annualmente dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 5 del decreto del medesimo Ministro 10 settembre 2010, n. 249, sulla base della programmazione regionale degli organici del personale docente della scuola e del fabbisogno specifico di personale specializzato per il sostegno didattico degli alunni con disabilità»;
   l'attuale normativa non garantisce la sicura precedenza di docenti specializzati;
   l'attuale corso di specializzazione sul sostegno, istituito tramite decreto ministeriale 30 settembre 2011 permette ai docenti iscritti nelle sole graduatorie d'istituto di fare domanda presso venti scuole della provincia scelta. Nonostante l'equivalenza del titolo giuridico, i docenti che lo conseguiranno otterranno una differente spendibilità dello stesso, a seconda del loro collocamento in graduatoria ad esaurimento o in graduatoria d'istituto;
   è necessario garantire agli alunni con disabilità la presenza di un docente altamente qualificato in grado di far fronte alle esigenze dell'alunno e della famiglia e un maggiore controllo sulle chiamate rispetto alla messa a disposizione, una volta esauriti gli elenchi di sostegno provinciali e di istituto. Qualora ciò non avvenisse si rischierebbe di assegnare le cattedre sul sostegno a docenti non specializzati solamente perché inseriti in graduatoria d'istituto di scuole dove si sia esaurito il personale specializzato. È necessario garantire che, prima di giungere a chiamare docenti solamente abilitati sulla propria classe di concorso, vengano convocati i docenti in possesso di titolo specifico, a tutela della disabilità –:
   come il Ministro intenda far fronte alle assunzioni in posti di sostegno una volta esauriti i docenti in graduatorie ad esaurimento, essendo disponibili docenti con titolo specifico, altamente formati a seguito del decreto ministeriale 30 settembre 2011, istituendo a questo scopo un elenco unico provinciale e non diviso per aree di docenti specializzati per le attività di sostegno agli alunni con disabilità, e da scorrere in subordine agli elenchi dei docenti specializzati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, secondo il punteggio nelle suddette graduatorie d'istituto, e superando il limite delle venti scuole stabilito dall'articolo 5, comma 6, del decreto ministeriale n. 131 del 2007, in modo da garantire la sicura precedenza rispetto ai docenti non specializzati. (5-03960)


   ROCCHI e CAROCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   I dirigenti scolastici fanno parte integrante della dirigenza dello Stato; svolgono funzioni di gestione, amministrazione e controllo delle istituzioni scolastiche autonome assumendo responsabilità in ordine alle attività negoziali, alla gestione di risorse pubbliche, alle relazioni sindacali ed ai rapporti di lavoro per i quali assumono funzioni di datore di lavoro. Le funzioni direttive si sommano a quelle connesse alla complessità della mission educativa che vede il dirigente scolastico non solo come attuatore di progettazione didattica, ma come promotore di innovazioni, di relazioni interne ed esterne, per la formazione e valorizzazione dei docenti;
   nel 2000 il sistema scolastico nazionale vedeva circa 12.000 dirigenti; il progetto di progressiva razionalizzazione della rete scolastica ha determinato un sensibile calo del loro numero tanto che fra il 2011 e 2012 si è passati da 10.400 dirigenti a 8.000. Un calo di oltre il 25 per cento a fronte di incrementi sia della popolazione scolastica che dei plessi amministrati;
   nonostante l'assunzione di alcune centinaia di vincitori dell'ultimo, travagliato, concorso (bandito nel 2011), più di mille scuole, anche normodimensionate, sono oggi prive di un dirigente e, conseguentemente, affidate a reggenza, istituto che, oltre ad aumentare sensibilmente oneri e responsabilità dei dirigenti, difficilmente può supplire alla continuità gestionale e progettuale di cui ogni scuola ha bisogno;
   il trattamento economico dei dirigenti scolastici è formato da tre componenti: lo stipendio tabellare, la retribuzione di posizione e quella di risultato presente nelle retribuzioni di tutti i dirigenti pubblici. Nonostante le funzioni già definite dall'articolo 25, decreto legislativo n. 165 del 2001 ed i connessi i carichi di lavoro e livello delle responsabilità, è proprio la retribuzione di posizione e di risultato ad essere fortemente sperequata rispetto a quella riconosciuta ad altri comparti della dirigenza pubblica. Ad oggi risultano differenze di circa 30.000 euro annui, senza valutare gli effetti delle decurtazioni retributive che si stanno conducendo proprio a danno della retribuzione di risultato. L'ultimo rinnovo contrattuale (relativo al periodo 2006-2009) è stato siglato nel luglio 2010 e da allora bloccato, come tutti quelli del pubblico impiego;
   l'indennità di posizione e di risultato vengono erogati a carico del Fondo unico nazionale alimentato dalla RIA (retribuzione individuale di anzianità dei dirigenti cessati dal servizio per collocamento in pensione) ed è oggetto di contrattazione regionale integrativa. Il fondo in questione, per effetto dell'articolo 9, decreto-legge n. 78 del 2010 non può superare quello determinato al 31 dicembre 2010;
   l'ufficio centrale di bilancio ha di fatto bloccato la registrazione dei contratti regionali integrativi relativi l'anno scolastico 2012-2013 poiché intende applicare allo stesso Fondo Unico Nazionale una riduzione corrispondente al taglio di 2400 sedi dirigenziali e, parallelamente, rifiuta di far entrare nella base di calcolo la RIA dei dirigenti cessati dal servizio dal 2010;
   si evidenzia come tale modalità di calcolo generi una riduzione della consistenza del fondo più che proporzionale rispetto alla riduzione corrispondente al minor numero di dirigenze. Si calcola che tale modalità dia luogo a cali retributivi individuali medi di circa 2000 euro (per 2012-13) e di 3000 euro (2013-2014). Ne consegue che a fronte di un'attività professionale già fortemente sperequata, e con carichi sempre maggiori, si risponda con riduzioni retributive per di più operate sulla base di interpretazioni unilaterali dell'Ufficio centrale di bilancio;
   gli uffici scolastici regionali, in conseguenza del visto negato alla registrazione dei contratti integrativi, hanno assunto autonomi comportamenti di autotutela. Si assiste pertanto a difformità notevoli tra le decisioni dei vari uffici che, ciascuno per proprio conto e senza alcun coordinamento, hanno disposto la non corresponsione di, tutta o parte dell'indennità di risultato, decurtazioni sulle indennità di reggenza, a procedere a trattenute stipendiali per di indennità già corrisposte che, per altro, potrebbero essere oggetto di contenzioso presso la magistratura del lavoro. È altamente probabile che se gli interessati intendessero procedere per via giudiziale per le ritenute arbitrariamente operate, protrebbero avere sentenze favorevoli a danno della pubblica amministrazione. È inoltre altamente probabile che stesso giudizio favorevole potrebbero ottenere davanti a mancate retribuzioni per prestazioni svolte e frutto di unilaterali interpretazioni dell'Ufficio centrale di bilancio;
   oltre alla consistente perdita retributiva, appare intollerabile una situazione nella quale si cumulano gli effetti di interpretazioni restrittive dell'Ufficio centrale di bilancio e quelli di comportamenti «fai da te» degli Uffici scolastici regionali;
   alla vigilia dell'avvio di un vasto programma, «Buona scuola», che restituisce centralità alla qualità dell'istruzione, all'esigenza di innovazione tecnologica e didattica, alla necessità di formare e valorizzare le risorse professionali esistenti, il ruolo del dirigente scolastico diventa punto di riferimento essenziale per l'implementazione dei miglioramenti attesi;
   interpretare al meglio il ruolo di dirigente scolastico significa mettere ogni energia possibile nella pianificazione e controllo di risorse umane finanziarie e tecnologiche, curare la dimensione organizzativa e quella relazionale, intervenire nell'area della valutazione degli apprendimenti, delle performance professionali. I dirigenti scolastici dimostrano ogni giorno di sapersi confrontare con la crescente complessità della dimensione gestionale e con quella educativa, anche con risorse sempre più scarse. Incoraggiano i processi di miglioramento e del proprio operato sanno di poter e dover rispondere ed hanno dunque buon titolo per richiedere altra considerazione del loro ruolo, anche sul piano retributivo –:
   quali azioni intendano, di concerto o autonomamente, attivare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed il Ministro dell'economia e delle finanze per dirimere la situazione pendente con l'Ufficio centrale di Bilancio e relativa alla determinazione del Fondo unico nazionale che tenga conto delle quote di RIA non attribuite al fondo dal 2010, per uniformare il comportamento degli uffici scolastici regionali così da evitare sconcertanti sperequazioni territoriali in ordine a richieste di restituzione di indennità già percepite e per poter operare una rapida determinazione e liquidazione delle indennità relative ad attività lavorative già svolte. (5-03965)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.— Per sapere – premesso che:
   la corretta redazione delle seconde fasce di istituto per la scuola secondaria di secondo grado, in cui confluiscono oggi gli abilitati attraverso i percorsi tirocini formativi attivi (TFA) e percorsi abilitanti speciali (PAS), richiede di far luce su alcuni aspetti che possono configurarsi come una vera e propria violazione del diritto al lavoro nei confronti di quei cittadini che regolarmente hanno concluso il loro percorso formativo, così come stabilito dal decreto ministeriale n. 249 del 2010, e successive modifiche;
   il decreto ministeriale n. 81 del 2013, infatti, specifica che il requisito di accesso ai percorsi abilitanti speciali è almeno un triennio di servizio svolto nelle scuole statali e/o paritarie tra il 1999 ed il 2012;
   tale decreto è stato successivamente impugnato affinché per l'accesso ai corsi potesse essere valutato anche il servizio maturato nell'anno scolastico 2012/2013;
   nonostante nessuna sentenza al riguardo sia, ad oggi, passata in giudicato, gli uffici scolastici regionali hanno permesso comunque la frequenza dei corsi PAS, ed il successivo conseguimento del titolo, a tutti coloro che si trovano nella situazione di cui sopra in assenza di pareri di importanti organi consultivi come il CNPI;
   attraverso la circolare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca lasciava intendere che avrebbe opportunamente modificato il decreto ministeriale n. 81 del 2013, a favore di questi aspiranti. Modifica che, di fatto, non ha mai seguito il suo iter anche per la mancanza dei fondamentali pareri di cui sopra;
   l'aspetto più delicato della questione è che, pur in assenza di tale regolare modifica del decreto, gli aspiranti che hanno conseguito il titolo abilitante, evidentemente «con riserva», sono addirittura stati inseriti a pieno titolo nelle graduatorie di seconda fascia degli istituti, esattamente come i docenti in possesso dei requisiti specificati nei decreti ministeriali n. 249 del 2010 e n. 81 del 2013;
   oggi tali docenti (con il requisito dell'anno di servizio 2012/2013) stanno prendendo le supplenze nonostante la loro posizione sia sotto la «riserva» di giudizio del tribunale che ha consentito loro la frequenza del corso, ma non si è espresso sulla legittimità del requisito;
   questo è avvenuto nonostante il Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, adunanza di sezione del 20 febbraio 2014, Numero Affare 00396/2014 abbia addirittura bloccato la modifica del decreto ministeriale n. 81 del 2013, predisposta dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per far conseguire l'abilitazione mediante PAS anche a coloro che avessero terminato il terzo anno di servizio entro il 2012/2013;
   deve pertanto considerarsi quantomeno sospesa la legittimità del titolo abilitante nelle predette condizioni, e deve essere ribadito che non rientra nei poteri e nelle competenze degli uffici scolastici regionali, degli uffici scolastici provinciali e dei singoli istituti l'inserimento in seconda fascia di persone che abbiano conseguito il titolo abilitante con qualsivoglia riserva, ivi compresi gli aspiranti docenti di cui sopra;
   risulta poi che, in alcune province del Paese, siano già giunte opportune segnalazioni e atti di diffida che mettono in luce l'illegittimità generata da tale situazione. È pur vero che la questione, in assenza di direttive da parti degli uffici centrali, rischia di trovare solo soluzioni frammentarie, dovute alla buona volontà presente in singole specifiche realtà territoriali, e generare per contro ulteriori iniquità e disparità di trattamento sul territorio nazionale;
   si prospetta anche, in suddette condizioni di inserimenti palesemente illegittimi nelle fasce di istituto, il rischio che i dirigenti scolastici, non prontamente informati dal Ministero, stipulino contratti di lavoro con tali aspiranti alle supplenze in stato di «riserva» non segnalato e, conseguentemente, si mettano essi stessi nella condizione di abuso di atto di ufficio –:
   cosa il Ministero intenda fare per chiarire ufficialmente la situazione, in un'ottica di tutela dei cittadini e dei lavoratori, anche e soprattutto alla luce delle caratteristiche di urgenza dovute alla pubblicazione delle graduatorie definitive su tutto il territorio nazionale delle seconde fasce degli istituti di ogni ordine e grado. (5-03966)


   PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a novembre 2012 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato il documento «Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione», che illustra le ragioni della scelta per un'educazione interculturale della scuola italiana: l'interculturalità costituisce lo sfondo da cui prende avvio la specificità di percorsi formativi rivolti ad alunni stranieri, nel contesto di attività che devono connotare l'azione educativa nei confronti di tutti. La scuola, infatti, è un luogo centrale per la costruzione e condivisione di regole comuni, e del rispetto delle forme democratiche di convivenza e, soprattutto, può trasmettere i saperi indispensabili alla formazione della cittadinanza attiva rimuovendo le cause della discriminazione, della violenza e dell'intolleranza a partire dalle giovani generazioni;
   il 19 febbraio 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato la nuova edizione delle «Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri», frutto di un lungo lavoro di raccolta ed elaborazione di dati e di esperienze, a cura della direzione generale per lo studente del ministero, nelle quali si conferma la scelta dell'educazione interculturale della scuola italiana;
   tra i punti cruciali nell'inserimento degli alunni stranieri, le «Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri» evidenziano le attività di sostegno linguistico che costituiscono una delle chiavi per un'inclusione efficace dell'alunno straniero, affermando che è comunque essenziale l'inserimento nella classe di appartenenza. Inoltre, il documento, nel dettagliare le fasi del sostegno linguistico, richiama alla formazione dei docenti ed alla necessità che il tema dell'inserimento degli alunni stranieri sia affrontato in un'ottica di interculturalità adattando gli strumenti e le modalità della formazione, ed entro una logica di costruzione di una larga condivisione tra il corpo docente ed i genitori italiani e stranieri degli alunni;
   in quest'ottica che vede la scuola svolgere un ruolo primario nella promozione della cultura delle differenze e del rispetto reciproco spiace dover constatare ancora gravi episodi di inadempienze formative nei confronti di bambini extracomunitari;
   si apprende la notizia di una cittadina extracomunitaria costretta a trasferire il proprio figlio, iscritto alla prima classe sezione A della scuola primaria Andrea del Sarto di Firenze, in altro istituto scolastico a causa di un approccio «insofferente» della docente incaricata alle ovvie difficoltà mostrate dal piccolo a parlare e a capire l'italiano;
   come riportato dal quotidiano «La Nazione» di Firenze del 9 giugno 2013, l'istituto Andrea del Sarto di Firenze era già assurto alle cronache per un altro gravissimo episodio: un bambino extracomunitario di 10 anni era stato oggetto, durante l'orario scolastico, in più occasioni ed in giorni diversi, di gravi atti di bullismo da parte di alcuni compagni di classe senza che nessun educatore incaricato di controllare e sorvegliare le classi si rendesse conto che il gioco fosse travalicato nella violenza: percosse con pugni, morsi, calci e svariate offese verbali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in tal caso, quali iniziative intenda assumere in modo da evitare che si ripetano casi similari, in evidente contraddizione con la legislazione vigente in materia di integrazione interculturale scolastica. (5-03976)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 29 e 31 ottobre sono stati effettuati i test di ingresso alle scuole di specializzazione di medicina;
   le selezioni hanno interessato 12.168 candidati;
   il Consorzio interuniversitario incaricato di somministrare i test ha ammesso «“un errore nella fase di codifica delle domande durante la fase di importazione” di queste ultime nel data-base utilizzato per la generazione dei quiz. A causa di questo errore sono stati invertiti i quesiti delle prove del 29 ottobre con quelli del 31 ottobre»;
   le nostre istituzioni ministeriali sono state coperte da sconcerto e ridicolo al punto da rendere indifferibile una globale rivisitazione di tutte le modalità di accesso alla formazione in medicina e chirurgia;
   il caos determinato ed il grave ed irreparabile danno causato ai medici partecipanti, non è sanabile né attraverso l'improbabile ripetizione delle prove, né con la semplicistica «neutralizzazione» delle domande errate –:
   se il Ministro non ritenga di prevedere l'unificazione delle prove per l'anno accademico 2013-2014 celebrate sostanzialmente con un anno di ritardo per deficienze non imputabili ai poveri medici aspiranti specialisti e quelle per l'anno 2014-2015 che in via di principio dovrebbero già essere bandite e di consentire così la più ampia partecipazione alle scuole di specializzazione di tutti i candidati penalizzati dall'inversione delle prove ad opera del consorzio Cineca e per conto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. (4-06744)


   LAVAGNO, ZAN, PILOZZI, PIAZZONI e MARZANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   all'Istituto tecnico industriale statale Pininfarina di Moncalieri, in provincia di Torino, una professoressa di religione ha dedicato l'intera ora di lezione a convincere gli alunni che essere gay è «un problema psicologico da cui è dimostrato scientificamente che si può guarire»;
   secondo fonti giornalistiche, la professoressa infatti ha raccontato agli alunni la storia di un medico che, dopo essere stato omosessuale, si è sposato «e ha anche avuto dei figli grazie alla psicanalisi». L'episodio riportato parla di un uomo che, traumatizzato nella prima infanzia dalla vista del cadavere della madre, si sarebbe sentito attratto dalle persone del suo sesso «per timore di essere abbandonato da quelle dell'altro» e che dopo diversi mesi di terapia si sarebbe «convertito» all'eterosessualità;
   la docente ha poi detto di aver espresso la sua contrarietà alle adozioni per le coppie dello stesso sesso e riconosciuto che però anche in queste vi possa essere «amore per i figli, soprattutto se si tratta di due donne con un forte istinto materno»;
   la denuncia è stata raccolta dal preside dell'istituto, Stefano Fava, che ha contattato la docente e chiesto chiarimenti. Questa ha confermato solo in parte: parlando con il preside, ha spiegato di aver illustrato le diverse teorie sull'omosessualità;
   il preside fa sapere che aprirà una specie d'indagine interni per verificare l'accaduto e se sia il caso di prendere dei provvedimenti coinvolgendo l'ufficio scolastico regionale;
   inoltre, il presidente di Arcigay Torino Marco Giusta, fa sapere che non è la prima volta che nelle, scuole della provincia di Torino si verificano episodi di questo tipo;
   Don Carrega, delegato della Diocesi per le questioni per gli omosessuali, fa sapere che l'omosessualità non è una materia che rientra nei programmi scolastici, e che la questione rientra puramente nell'ambito del confronto personale che ogni docente ha con i suoi allievi;
   Vittorio Lingiardi dell'università La Sapienza di Roma, durante il convegno internazionale di due giorni organizzato lo scorso settembre per la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, fa sapere che adolescenti gay, lesbiche, bisessuali o con orientamento sessuale non definito, hanno una propensione maggiore al suicidio, rispetto ai coetanei eterossessuali –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e come intende procedere per contrastare casi analoghi di omofobia dei docenti negli istituti statali. (4-06756)


   RICCIATTI e ZARATTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 ottobre 2014 il Ministro alle riforme costituzionali e ai rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi trasmetteva alla Camera dei Deputati il curriculum vitae del dottor Antonio Agostini che riportava tra le diverse competenze ed esperienze una laurea in giurisprudenza, l'abilitazione alla professione forense, il servizio come ufficiale dei Carabinieri fino al 1992, e la successiva carriera alla Presidenza del Consiglio dei ministri (dal 1996 con qualifica e funzioni dirigenziali) «con esperienze in affari strategici e responsabilità operative, a livello nazionale e internazionale, nel campo della controproliferazione e controllo all'export di armamenti, beni e materiali strategici», nonché l'incarico, in posizione di fuori ruolo, di segretario generale e di segretario del Consiglio di amministrazione dell'Agenzia spaziale italiana;
   nel corso della seduta del 28 ottobre 2014 delle Commissioni Riunite (VIII e X), il collega on. Filiberto Zaratti sollevava dubbi sulla compatibilità del profilo del dottor Antonio Agostini rispetto a quanto stabilito dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 45 del 4 marzo 2014, che al comma 5 prevede che «il Direttore è scelto tra persone di indiscussa moralità e indipendenza, di comprovata e documentata esperienza e professionalità ed elevata qualificazione e competenza nei settori della sicurezza nucleare, della radioprotezione, della tutela dell'ambiente e sulla valutazione di progetti complessi e di difesa contro gli eventi estremi naturali o incidentali [...]»;
   in data 4 novembre 2014 la testata Il Fatto Quotidiano ha pubblicato in esclusiva un rapporto redatto dagli ispettori del Ministero dell'economia e delle finanze a seguito di una indagine interna svolta sull'operato del dottor Antonio Agostini, nel periodo di direzione espletato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dove emerge che l'odierno candidato all'ISIN sarebbe stato: «inadeguato a gestire programmi così complessi (...), con profili di illegittimità suscettibili di determinare una configurazione di danno erariale e circostanze penalmente rilevanti»;
   il rapporto degli ispettori del Ministero dell'economia e delle finanze, che oggi sarebbe – da quanto si apprende – all'attenzione della procura della Repubblica – di Roma, della Corte dei conti e dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode, è stato elaborato nel corso di sei mesi di indagini a partire dal novembre 2011, su impulso dell'allora titolare del dicastero dell'istruzione il Ministro Profumo, per verificare le notizie su un presunto sistema deviato di assegnazione delle risorse comunitarie per la ricerca e lo sviluppo gestito dalla direzione generale che faceva capo allo stesso dottor Agostini; nello specifico l'articolo riferisce di come la gestione di quei fondi per la ricerca «è stata connotata da “procedure opache”, “scarsi controlli”, “valutazioni inesistenti”, “conflitti d'interesse” che hanno permesso di attribuire centinaia di milioni di euro a chi non ne aveva i titoli: società sprovviste in partenza dei requisiti di ammissibilità, spesso sull'orlo del fallimento, anche grazie a sistemi di controllo affidati agli amici degli amici. Alcune società beneficiarie, conferma il rapporto, “non avevano neppure un'attività, una sede o personale”. Altre erano state bocciate in sede di valutazione finanziaria, molti progetti finanziati non avevano superato il controllo preliminare di valutazione tecnica»;
   diversi elementi che se fossero confermati metterebbero definitivamente in discussione la compatibilità del candidato all'ISIN non solo sotto il profilo della competenza ma anche della «indiscussa moralità», richiesta espressamente dal decreto legislativo n. 4 del 2014 già citato;
   nell'articolo di stampa si legge, inoltre, che detto rapporto, «trasmesso fin dall'ottobre 2013 dal Ministro Carrozza alla Procura di Roma e poi alla Corte dei Conti è stato ignorato dal governo, deliberatamente o meno. Fatto sta che neppure il Ministro Stefania Giannini ha alzato un dito quando è balenata la nomina di Agostini, anche se aveva il dossier tra le mani e ancora in carico i programmi Pon 2007-2013 le cui attività si chiuderanno del tutto nel 2016. Circostanze che aprono ora interrogativi su chi davvero abbia fatto pressioni per quel nome, chi l'abbia protetto finora fino alla promozione all'incarico di segretario generale del Ministero dell'Ambiente. E in ultimo alla proposta per la presidenza dell'Isin» –:
   se il Ministro interrogato non fosse a conoscenza del suddetto rapporto redatto dagli ispettori del Ministero dell'economia e delle finanze e trasmesso sin dall'ottobre 2014 al precedente responsabile del dicastero e quali chiarimenti intenda fornire in ordine a tale vicenda. (4-06761)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BECHIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ritiene che il personale addetto alle ispezioni del lavoro, nonostante sia oggettivamente in grave carenza di risorse e tutele, stia svolgendo un ottimo lavoro al fine di garantire sia elevati standard di sicurezza sia una giusta redistribuzione del reddito oltre ad evitare inutili costi sociali ed economici alla collettività;
   dalla stampa si apprende quanto segue:
    «GRUGLIASCO 30/10/14 . LAVORATORI IN NERO AI MERCATI GENERALI, MULTE ED ESPULSIONI – Controlli di polizia e carabinieri, nella notte, al Centro agro-alimentare torinese (Caat) di Grugliasco. I militari della compagnia di Rivoli e del nucleo ispettorato lavoro hanno trovato due lavoratori in nero e hanno sanzionato una ditta per 12 mila euro. La polizia, invece, ha portato in questura per identificazione otto stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno. Uno è stato denunciato perché trovato in possesso di hashish, mentre cinque sono stati espulsi dal territorio nazionale.» –:
   se il Ministro interrogato ritenga di adottare ogni più opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di garantire tutte le risorse e le tutele necessarie al personale addetto alle ispezioni;
   se il Ministro interrogato intenda dare la giusta pubblicità ad ogni singola azione di successo, come quella riportata in premessa, al fine di aumentare il senso di protezione da parte dei cittadini che si sentono lasciati soli nella lotta al lavoro sommerso. (4-06741)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel settembre 2014 il Ministro della difesa e quello della salute hanno firmato un accordo per avviare la coltivazione di marijuana a uso terapeutico nello stabilimento chimico militare di Firenze;
   la prima raccolta è stata prevista per il 2015;
   dovrebbe trattarsi di un progetto pilota, con l'obiettivo di saggiare la possibilità di estendere la coltivazione di canapa in alcune aree d'Italia;
   questa notizia ha acceso le speranze di centinaia di agricoltori, perché in alcune aree del Paese, in cui la crisi è durissima, vi sono centinaia di ettari di campi abbandonati e la cannabis potrebbe essere una soluzione per riconvertire la sofferente floricoltura locale;
   il sindaco di Sanremo, ad esempio, ha già avviato l’iter per chiedere al Ministero competente l'autorizzazione a far partire un progetto a riguardo, anche grazie alla presenza, sul territorio, di un centro di ricerca avanzatissimo nell'ibridazione delle piante;
   in Emilia Romagna, poi, già da tempo viene prodotta la canapa sativa, cioè quella a basso contenuto di THC, che ha sostituito la barbabietola da zucchero, scomparsa dai terreni emiliani da quando il 90 per cento degli zuccherifici ha chiuso;
   la sperimentazione voluta dai due Ministeri firmatari dell'accordo nasce per rendere disponibili farmaci a prezzi più accessibili, ma anche per arginare la diffusione e il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali, che è in rapida espansione;
   secondo uno studio di Coldiretti l'Italia è all'avanguardia nelle ricerche sulle possibili applicazioni terapeutiche di linee di canapa dotate di profili specifici e puri di diversi cannabinoidi utilizzabili nel settore farmaceutico, grazie soprattutto alle ricerche che il Cra Cin di Rovigo realizza dal 2002;
   in tale centro di ricerca si fanno studi nel settore della genetica dei cannabinoidi per selezionare le piante migliori e per analizzare nuove applicazioni;
   tuttavia il centro è già stato commissariato ed è destinato a chiudere per via della spending review richiesta dallo Stato ai Ministeri;
   in tal modo l'intero accordo tra i due Ministeri verrebbe meno, giacché l'ospedale militare di Firenze dovrà essere istruito sulla coltivazione della canapa dal Cra Cin di Rovigo;
   si tratta dell'unico luogo in Italia dove la canapa indica, quella vietata in Italia, può crescere legalmente, essendo coltivata a fini scientifici;
   se l'eventuale chiusura del Cra Cin avvenisse prima che tutte le competenze del centro di ricerca di Rovigo, accumulate in 12 anni di studi e lavoro, vengano trasferite allo stabilimento chimico militare fiorentino, verrebbe messa a repentaglio l'intera sperimentazione;
   sembrerebbe che solo un intervento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali possa salvare il polo veneto;
   il fallimento del progetto fiorentino per la coltivazione della cannabis getterebbe ulteriormente nello sconforto le decine di coltivatori che sugli eventuali sviluppi di questo progetto ripongono molte aspettative;
   il centro di Rovigo, peraltro, ha i conti in ordine;
   la struttura costa 40 mila euro l'anno, a cui si aggiungono gli stipendi di 6 persone (1 ricercatore, 3 tecnici e 2 amministrativi), ma ha entrate superiori ai 150 mila euro l'anno;
   laddove il Cra Cin di Rovigo non fosse in grado di continuare ad operare, il programma di produzione della cannabis medicinale non potrebbe essere avviato;
   la coltivazione di cannabis può generare da subito un business da 1,4 miliardi e garantire diecimila posti di lavoro dai campi ai flaconi;
   lo studio della Coldiretti afferma che la campagna italiana potrebbe mettere a disposizione da subito mille ettari di terreni protetti;
   si tratta di ambienti chiusi, dove possono essere effettuate le procedure di controllo per evitare il rischio di abusi;
   il calcolo di Coldiretti tiene conto della disponibilità di circa mille ettari di terreno in serra, della produzione di sostanza secca di infiorescenze e foglie sommitali, del numero di cicli di coltivazione possibili all'anno e della resa in principio attivo che, secondo il Ministero della salute, viene attualmente importato con un costo di circa 15 euro al grammo;
   si potrebbe evitare l'importazione e avviare un progetto di filiera italiana che unisce l'agricoltura all'industria farmaceutica;
   in attesa del via libera su vasta scala della coltivazione di cannabis indica a scopo terapeutico, in Italia sta aumentando la coltivazione della variante canapa sativa;
   nel 2014 c’è stato un aumento del 150 per cento dei terreni coltivati con questa varietà di canapa, che è assolutamente legale perché non contiene il principio attivo psicotropo della marijuana;
   a Crispiano, in provincia di Taranto, a fine agosto è stato inaugurato un maxi impianto di trasformazione della canapa industriale, che diventerà il punto di riferimento per il centro-sud del Paese;
   si tratta del secondo stabilimento nato in Italia, insieme a quello sito a Carmagnola, in Piemonte, dove viene lavorata la canapa proveniente dalle campagne del Nord;
   i fatti narrati sono riportati, tra l'altro, nell'articolo pubblicato dall'edizione online del settimanale d'informazione L'Espresso il 31 ottobre 2014 dal titolo «Cannabis terapeutica, la sperimentazione a rischio stop» –:
   se corrisponda a verità la possibilità di una chiusura del Cra Cin di Rovigo all'interno della spending review imposta dal Governo;
   quali misure intenda il Ministro prendere per salvaguardare il Cra Cin di Rovigo, le importanti conoscenze di cui esso è portatore, i suoi lavoratori e la sua funzione nel processo di realizzazione del citato accordo tra il Ministero della difesa ed il Ministero della salute. (4-06746)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MIOTTO, CAPONE e D'INCECCO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la fondazione Maugeri, che gestisce diverse strutture sanitarie in varie regioni, con sede principale a Pavia, ha disdettato il contratto di categoria nazionale della sanità pubblica per i dirigenti medici e sanitari, circa 600 professionisti, per sostituirlo con il contratto della sanità privata, rompendo trattative in corso con l'obiettivo condiviso di ridurre i costi di gestione;
   si tratta di un atto grave che non solo rompe un sistema di relazioni sindacali, ma peggiora le condizioni organizzative e retributive liberamente negoziate tra le parti, con la motivazione di dover fare fronte ad impreviste riduzioni delle entrate, per decisione di alcune regioni, nonché di aumento dei costi legali e finanziari, in nessun modo imputabili alle categorie chiamate in causa. Una scelta del genere non potrà non comportare un decremento della qualità delle prestazioni erogate dai differenti Istituti della fondazione, sia per perdita di motivazione degli operatori, sia per naturale migrazione delle competenze più elevate verso altre strutture sanitarie. Oltre ad un contenzioso legale gigantesco, i cui costi potranno solo peggiorare la situazione finanziaria della Fondazione stessa;
   le strutture della Fondazione sono ubicate in diverse regioni, da alcune delle quali sono state accreditate, e finanziate, anche in virtù del requisito dell'adozione di un contratto di lavoro pubblico per il proprio personale;
   le organizzazioni sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione degli operatori interessati, ritenendo assolutamente improponibile una disdetta o una modifica unilaterale del contratto di lavoro degli attuali dipendenti, assunti con il contratto di categoria nazionale della area medica e sanitaria dipendente del Sistema sanitario nazionale, il rispetto e la garanzia del quale, oltretutto, ricadono direttamente nelle responsabilità del Sistema sanitario, nazionale;
   considerati i rapporti che intercorrono tra Ministero della salute ed IRCCS per quanto riguarda la nomina degli organismi statutari, nonché l'accreditamento delle strutture ed il loro finanziamento con il fondo sanitario nazionale, il conflitto sorto all'interno delle strutture sanitarie gestite dalla Maugeri non può essere ricondotto alla semplice dinamica delle relazioni fra datore di lavoro e rappresentanze sindacali dei lavoratori –:
   quali siano le iniziative che il Governo intenda assumere per scongiurare la disdetta di un contratto in essere, mentre è impedita la stipula di un contratto nuovo, a garanzia del diritto alla salute dei cittadini e della dignità del lavoro degli operatori. (5-03968)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Ebola è un virus, diffuso in quattro nazioni africane (Guinea, Congo, Sierra Leone e Liberia) e da qualche settimana approdato – parliamo di casi isolati :in Europa e Stati Uniti. Alle nostre latitudini, la malattia viene trasmessa attraverso il contatto con i fluidi corporei di persone già ammalate. Diversa è la situazione in Guinea dove l'origine dell'epidemia è da ricondurre a una malattia trasmessa da animali della filiera alimentare;
   l'epidemia si è diffusa facilmente in questi paesi per l'abitudine delle comunità rurali di affidarsi alla caccia per assicurarsi un adeguato apporto di proteine animali. Il primo contatto del virus con l'uomo viene attribuito al contatto tra un bambino e un pipistrello infetto, che ha dato il via alla malattia. Altre persone che hanno esposto le mucose (bocca, naso, occhi, vagina) o ferite aperte al contatto con i fluidi del malato (muco, sangue, lacrime, saliva, vomito e feci) sono state contagiate;
   il contatto tra uomo e pipistrello o altri animali come antilopi, pipistrelli, roditori e volpi è piuttosto diffuso negli Stati falcidiati dall'Ebola: come conferma uno studio pubblicato su Biological Conservation. Dall'indagine, condotta su 577 ghanesi cacciatori, fornitori e consumatori si evidenzia che in queste areee il consumo di carne di pipistrello è molto diffuso per ragioni di gusto e di relativa convenienza economica – e manca la consapevolezza dei rischi correlati. «Non è facile ridurre al minimo le insidie per queste popolazioni – afferma Marcus Rowcliffe, ricercatore all'Istituto di zoologia di Londra e co-autore della pubblicazione – la caccia è estremamente diffusa in alcuni momenti dell'anno e risulta meno impegnativa rispetto alla gestione quotidiana e continuativa di un allevamento di animali domestici». Lo studio ha svelato anche le principali modalità di cattura e consumo degli animali, la maggior parte dei quali appartiene alla specie Eidolon Helvum, noti come pipistrelli della frutta paglierino. Una larga parte della popolazione, soprattutto nelle comunità rurali, entra in contatto con il sangue di questi animali essendo consumati crudi, affumicati, alla griglia o cotti nelle zuppe;
   l'ospite naturale dell'Ebola è sconosciuto, ma è ormai certo che l'infezione colpisce i mammiferi, scimmie e maiali compresi, come conferma un'indagine epidemiologica – consultabile sul sito del World Health Organization – compiuta nelle Filippine nel 2009;
   esiste, dunque, in Africa, un rischio sanitario legato al consumo di alimenti di origine animale mentre alle nostre latitudini il rischio dovrebbe essere pressoché da escludere non essendoci importazione di queste carni dai paesi coinvolti;
   per evitare pericolose derive, la Commissione europea ha dato mandato all'Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) di verificare l'eventuale esistenza di traffico illegale di carne selvatica, proveniente da africani residenti in Europa;
   in Italia il commercio di animali esotici e dei loro prodotti derivati – inclusi quelli rigorosamente protetti – raggiunge un giro d'affari di circa 2 miliardi di euro all'anno; l'Italia si caratterizza come uno dei nodi cardine di smistamento illegale di, specie protette e prodotti derivati verso altri Paesi dell'Unione europea e verso Paesi terzi. Nell'Unione europea il commercio di specie di flora e fauna protetta e dei loro prodotti derivati raggiunge la stima di circa 100 miliardi di euro all'anno. Secondo l'organizzazione TRAFFIC (Trade Records Analysis of Flora and Fauna in Commerce) – programma svolto in collaborazione tra il WWF e l'Unione mondiale per la conservazione (IUCN) – all'inizio degli anni ’90 il commercio internazionale di prodotti derivati da fauna e flora selvatica si aggirava intorno ai 160 miliardi di dollari all'anno, raggiungendo nel 2009 la stima di 323 miliardi di dollari, inferiore solo al traffico di armi e droga;
   la Lav propone di introdurre nel nostro ordinamento giuridico due autonome ipotesi delittuose che riguardano: la «cattura, il prelievo, la detenzione, il traffico e la commercializzazione di specie di flora e fauna protette» e il «Commercio e traffico illecito di parti di specie, flora e prodotti derivati» –:
   di quali elementi informativi disponga il Governo in merito al traffico illegale di carne selvatica, proveniente da africani residenti in Europea e quali sono, ad oggi, i nostri mezzi di controllo e contrasto;
   quali iniziative di natura normativa intenda intraprendere al fine di inasprire le pene per il prelievo, la detenzione, il traffico e la commercializzazione di specie, parti di specie e prodotti derivati di flora e fauna così da uniformarle ai più restrittivi strumenti vigenti negli ordinamenti giuridici degli altri Paesi, anche europei, che prevedono pene detentive fino a 7 anni di reclusione. (4-06745)


   GIULIETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi della legge 24 giugno 2010, n. 107 «Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordo-cieche» la sordocecità è definita come disabilità specifica unica, sulla base degli indirizzi contenuti nella Dichiarazione scritta sui diritti delle persone sordo-cieche del Parlamento europeo, del 1 aprile 2004;
   in data 11 ottobre 2013 da diversi parlamentari è stata presentata una proposta di legge recante «Disposizioni per la rimozione delle barriere della comunicazione, per il riconoscimento della LIS, della LIS tattile e per la promozione dell'inclusione sociale delle persone sorde e sordo-cieche» e che ancora non è stata calendarizzata dalla commissione competente;
   è fondamentale individuare gli strumenti primari per rimuovere le barriere comunicative che impediscono per le persone sordo-cieche in ogni ambito della vita quotidiana, l'accesso all'informazione, ai servizi e in generale alle risorse della nostra società;
   il riconoscimento della Lingua Italiana dei segni (LIS) e LIS tattile come strumento necessario e fondamentale per rimuovere le barriere sopra citate –:
   quali strumenti il Governo intenda mettere in atto per il riconoscimento della lingua italiana dei Segni (LIS) e LIS tattile.
(4-06757)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUCCI, LIUZZI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 26 settembre 2014 il consiglio d'amministrazione del gruppo Telecom Italia spa, presieduto da Giuseppe Recchi, ha dato mandato all'amministratore delegato Marco Patuano di trattare l'acquisto della partecipazione dal fondo infrastrutturale F2i pari al 53,8 per cento di Metroweb Italia (il restante 46,2 per cento è detenuto dal Fondo strategico italiano – Fsi);
   sembra che Telecom Italia spa avrebbe ingaggiato Roberto Sambuco – già capo del dipartimento telecomunicazioni presso il Ministero dello sviluppo economico, ora senior advisor della merchant bank Vitali & Associati, nonché marito di Rossella Lehnus, responsabile pianificazione strategica e sviluppo business di Infratel Italia, già consigliere per le reti e l'innovazione del Ministero dello sviluppo economico – per farsi assistere nell'operazione;
   ad avviso degli interroganti la concentrazione in capo ad un unico operatore della proprietà di tutte le reti fisse attualmente esistenti potrebbe compromettere il processo di sviluppo della concorrenza nel settore delle telecomunicazioni e l'acquisizione dell'unica rete fissa in fibra ottica oggi esistente da parte dell'operatore già proprietario della rete fissa in rame potrebbe condizionare lo sviluppo strategico della rete di nuova generazione agli interessi commerciali del proprietario della più arretrata rete in rame;
   fonti stampa riportano anche un possibile intervento della Cassa depositi e prestiti per lo sviluppo di una rete in fibra nazionale con Metroweb; una tale concentrazione in cui Telecom Italia sarebbe in maggioranza, in assenza di una separazione tra servizi e rete, rideterminerebbe una situazione in cui lo Stato realizza investimenti con fondi pubblici a beneficio di un soggetto privato;
   sembra che l'Associazione movimento consumatori abbia inviato un esposto all'Agcom, perché dia il via ad un'istruttoria sulla trattativa che, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe in corso tra Telecom Italia Spa e Metroweb per l'acquisizione di quote di controllo di quest'ultima –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra segnalato;
   se il Ministro non ritenga che un investimento effettuato con i fondi pubblici della Cassa depositi e prestiti in una rete che avrebbe carattere di monopolio non debba condurre ad una società a maggioranza pubblica;
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro affinché sia fatta chiarezza sull'intera vicenda, venga garantito e tutelato il processo di sviluppo della concorrenza nel settore delle telecomunicazioni e si eviti la ri-monopolizzazione da parte di un privato, con fondi pubblici, della rete in fibra ottica.
(5-03962)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PISICCHIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Bari Fonderie Meridionali spa (BFM), fondata nel 1961 con il nome di Breda Fucine Meridionali spa, è considerata da decenni come uno dei più importanti produttori europei di cuori fusi di acciaio al manganese per scambi ferroviari. Fra i clienti più importanti si ricordano le Ferrovie dello Stato;
   attualmente la BFM è la più grande fonderia nell'Italia Meridionale che si estende su un'area di oltre 130.000 metri quadrati, di cui 44.000 al coperto, e recentemente viene considerata anche come un rispettato fornitore di getti speciali per altri impieghi, prevalentemente per il settore della lavorazione del petrolio e del gas naturale;
   da aprile 2012 la BFM fa parte della holding DT, appartenente ad un noto produttore ceco delle strutture di scambi ferroviari e tranviari, che ha utilizzato la fabbrica nelle condizioni in cui era senza essere riuscita, nonostante le sollecitazioni delle organizzazioni sindacali, a utilizzare gli strumenti finanziari regionali dedicati al rilancio dell'attività;
   la zona industriale di Bari è stata già coinvolta in una drammatica vertenza, non ancora risolta, quella della OM Carrelli, oggi si presenta una nuova situazione di crisi che investe la BFM spa;
   con provvedimento del 26 agosto 2014, il giudice Baldo Pisani del tribunale di Bari ha disposto il sequestro dell'area fonderia al fine di provvedere nell'arco temporale che va dal 15 ottobre 2014 al 15 gennaio 2015 ad una bonifica ambientale, a seguito della scoperta di rifiuti «tombati» dalla precedente gestione;
   le organizzazioni sindacali a seguito di questa notizia, hanno chiesto una immediata riunione con l'azienda che si è svolta l'11 settembre 2014. L'azienda, nonostante le difficoltà gestionali evidenziate, ha in quella sede manifestato la volontà di affrontare e superare le criticità;
   a meno di un mese di distanza risulterebbe un cambio di posizione dell'azienda che sarebbe giunta ad annunciare che gli azionisti starebbero valutando ogni ipotesi;
   Fim, Fiom e Uilm di Bari e provincia, unitamente alle lavoratrici e lavoratori della Bari Fonderie Meridionali, non intendono rassegnarsi e assistere passivamente alla chiusura della fabbrica, alla perdita di altri posti di lavoro, alla dilapidazione cieca e dissennata del patrimonio industriale barese e alla caduta nella disperazione e povertà di tante altre famiglie;
   le lavoratrici e i lavoratori della BFM spa, a seguito di un'assemblea tenutasi nella giornata del 23 ottobre 2014, insieme alle segreterie territoriali di Fim, Fiom e Uilm, hanno annunciato uno sciopero, ad oltranza a cominciare dal 23 ottobre 2014, con presidio e assemblea permanente davanti ai cancelli dell'azienda –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito delle prerogative istituzionali che lo hanno visto spesso protagonista di interventi risolutivi in favore di analoghe situazioni di difficoltà di aziende italiane, al fine di scongiurare un nuovo dramma sociale per il territorio barese, anche con l'intento di proteggere il futuro dell'importante sito industriale del Mezzogiorno. (4-06748)


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso settembre l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha adottato (rispettivamente in data 23 e 30) la delibera n. 480/14/CONS relativa alla «Modifica del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale DVB-T in attuazione dell'articolo 6, comma 8, della legge 21 febbraio 2014, n. 9» e la Delibera n. 494/14/CONS concernente i «Criteri per la fissazione da parte del ministero dello sviluppo economico dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri»;
   con la prima determinazione l'AGCOM ha rivisto, in senso restrittivo, il piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive alla luce delle interferenze con paesi confinanti con l'effetto di eliminare dalla pianificazione 76 frequenze  in dodici  regioni italiane entro il 31 dicembre 2014;
   con la seconda decisione ha dettato i criteri generali per la fissazione da parte del Ministero dello sviluppo economico dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri (ai sensi dell'articolo 35 del Codice delle comunicazioni elettroniche). In particolare, i criteri per la determinazione dei contributi dovuti per la concessione dei diritti di uso da parte delle emittenti locali creeranno degli importi difficilmente sostenibili dalla stragrande maggioranza delle emittenti, il cui probabile effetto porterà alla chiusura di centinaia di imprese ed innumerevoli licenziamenti (si parla della chiusura dell'80 per cento delle emittenti locali e il licenziamento di oltre 1.000 addetti). Occorre altresì aggiungere che oltre ai citati contributi per l'utilizzo delle frequenze vengono richieste alle emittenti televisive anche dei contributi relativi ai diritti amministrativi per l'attività di operatore di rete (di cui all'articolo 34 del Codice delle comunicazioni elettroniche);
   a tal proposito si ricorda che nel nostro Paese l'emittente televisiva locale è attualmente presente con oltre 400 operatori di rete e oltre 3.000 fornitori di servizi media; si tratta di una realtà storica importantissima per lo svolgimento del servizio pubblico nel territorio che sta tuttavia vivendo un momento difficilissimo specie se le citate delibere saranno così attuate dal Ministero dello sviluppo economico;
   tale situazione non può non far preoccupare da un lato in termini di ricaduta occupazionale per i tanti giornalisti, tecnici e personale amministrativo che lavorano da anni nel campo e che difficilmente potranno trovare una propria riallocazione lavorativa, dall'altro in termini di pluralismo informativo già fortemente penalizzato;
   attualmente dunque entrambe le determinazioni dell'Autorità sono sul tavolo del Ministero dello sviluppo economico affinché ne declini le disposizioni rendendole operative –:
   se intenda innanzitutto, assumere iniziative normative per estendere anche per il 2014 il regime transitorio previsto dall'articolo 27, comma 9, della legge n. 448 del 1999 e successivamente per provvedere ad adottare una nuova norma che semplifichi ed unifichi tutte le voci contributive richieste tenendo nella giusta considerazione la posizione dei differenti soggetti del mercato;
   se intenda assumere iniziative normative per rinviare, almeno alla data del 30 giugno 2015, l'esclusione delle 76 frequenze locali vigilando comunque affinché siano posti in essere tutti gli strumenti atti a garantire la continuità delle trasmissioni delle imprese coinvolte che operano sulle frequenze oggetto di dismissione.
(4-06751)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento Perugina Nestlé con sede in Perugia rappresenta un marchio e una azienda «storica» della città di Perugia così come le Acciaierie Speciali Terni lo sono per la città di Terni; lo stabilimento della Perugina occupa circa 1.000 dipendenti;
   recentemente le rappresentanze sindacali unitarie hanno denunciato agli organi di informazione (Corriere e Giornale dell'Umbria) il preoccupante calo della produzione, la dismissione di produzioni perché considerate troppo costose e fuori mercato, la perdita di commesse, la mancata assunzione dei lavoratori stagionali anche nei periodi di «picco» dell'attività produttiva e il ricorso da parte dell'azienda agli ammortizzatori sociali e ai contratti di solidarietà per sopperire al calo della produzione;
   a giugno 2014 si è insediato il nuovo Direttore dello stabilimento monsieur Francois Pointet; eppure rimane forte la preoccupazione tra i lavoratori per il proprio futuro occupazionale dovuta soprattutto dall'incertezza delle future scelte aziendali e dalla assenza di chiare strategie industriale di investimento tese al rilancio dell'attività dello stabilimento e della sua competitività sul mercato;
   il temuto ridimensionamento dell'attività dello stabilimento perugino avrebbe pesanti ricadute economiche e sociali in termini occupazionali in un territorio quale quello umbro già marcatamente colpito dalla crisi industriale in atto –:
   se i Ministri siano a conoscenza della situazione economica e produttiva dello stabilimento della Perugina Nestlé con sede in Perugia;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno aprire un tavolo di confronto che veda protagonisti le rappresentanze dei lavoratori e l'azienda finalizzati alla individuazione e condivisione delle linee guida di un piano industriale che abbia come obiettivi prioritari la salvaguardia dei livelli occupazionali e il potenziamento produttivo dello stabilimento perugino con idonei investimenti così da scongiurare l'ipotesi di un temuto ridimensionamento.
(4-06753)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Scuvera e altri n. 2-00740, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Porta.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mucci n. 5-03683, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Liuzzi.

  L'interrogazione a risposta scritta Scotto n. 4-06441, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carloni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Scuvera e Lenzi n. 5-03927, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carnevali.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Giorgia Meloni n. 3-01137, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Corsaro.

  L'interrogazione a risposta scritta Totaro n. 4-06726, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cirielli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Dorina Bianchi n. 5-03762 del 9 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Scotto n. 4-06717 del 3 novembre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Carrescia n. 5-03934 del 4 novembre 2014.

Ritiro di una firma da una interpellanza.

  Interpellanza urgente Scuvera e altri n. 2-00740, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2014: è stata ritirata la firma del deputato Amendola.