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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 20 gennaio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    con l'avvento delle nuove tecnologie, della rete, dei social e dei personal media si è ormai di fronte a nuovi modelli di business per la fruizione e il consumo di opere creative e dell'ingegno. Opere, peraltro, sempre più immateriali grazie alle tecnologie digitali: una moltitudine di contenuti spesso difficilmente schematizzabili in comparti separati (musica, teatro, cinema, opere letterarie e figurative, spettacolo dal vivo in generale), considerata la continua commistione di linguaggi e creatività. Stessa riflessione si può fare relativamente ai vari supporti: le opere dell'ingegno oggi possono assumere diverse forme, dal digitale all'analogico, dall'immateriale al materiale, dall'on-line all’off-line;
    non vi è alcun dubbio, quindi, che ci sia anche la necessità di rivedere e riformare con urgenza e profondamente l'attuale normativa in materia per rispondere alle molteplici iniziative in sede europea, per definire un nuovo sistema di collecting nell'ambito di un mercato unico e transfrontaliero e per garantire più efficienza e trasparenza nel mercato comune della gestione dei diritti d'autore;
    la presente mozione intende impegnare il Governo, così come previsto dalla direttiva proposta del Parlamento europeo «sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online del mercato interno», a promuovere un'iniziativa legislativa al fine di disciplinare l'attività e indurre a comportamenti virtuosi quali «trasparenza, pubblicità, equità, imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione»;
    concetti condivisibili e più volte richiamati dalla direttiva comunitaria, che tuttavia non si sofferma sulla forma giuridica delle società di collecting, perché tale ruolo prescrittivo spetta agli Stati membri e, in particolare, oggi compete a questo Parlamento;
    per questo occorre rivedere l'attuale normativa di riferimento risalente a oltre settanta anni or sono, la legge speciale 22 aprile 1941, n. 633, sulla «Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio», che inevitabilmente dimostra in molte parti tutta la sua obsolescenza, anche laddove ha stabilito che, in tutte questi anni, l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (Siae);
    oggi si può dire che la Siae, sebbene da sempre operante in regime monopolista, non risponda ai comportamenti virtuosi sopra richiamati. Anzi, proprio per questo è utile aprire una riflessione attenta sul perché si sono rivelate mancanze, errori e insufficienze;
    la Società italiana degli autori ed editori è in Europa quella con più dipendenti e con un rapporto raccolta/costi molto basso. Come denuncia la Federazione degli autori, negli anni gli autori italiani sono stati privati di centinaia di milioni di euro per permettere di finanziare una struttura elefantiaca, burocratica ed inefficiente, guidata da un vertice attento a tutto tranne che ai proventi economici degli stessi autori;
    la minor efficienza della Siae, secondo l'istituto Bruno Leoni, rispetto agli organismi esteri equivalenti, costa agli autori, ai discografici e ai fruitori di opere musicali protette complessivamente circa 13,5 milioni di euro annui. I bassi tassi di efficienza della Siae si ripercuotono negativamente sull'industria culturale italiana e sulla capacità di diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione;
    il nuovo statuto della Siae, approvato durante il commissariamento, peraltro di una durata molto lunga ed inusuale, ha creato una piena subordinazione della Siae alle multinazionali discografiche, tagliando fuori le arti con meno successo commerciale dalla rappresentanza. Nel sistema elettorale ideato, ogni associato esprime un voto per ogni euro raccolto a suo favore. In altri termini, ogni associato esprime un numero di voti pari al numero di euro guadagnati, un'alchimia che trasforma il reddito in partecipazione azionaria. Il risultato di tale progettazione è scontato: poche decine di associati esprimono ciascuno milioni di voti. Così il nucleo duro nelle multinazionali e nei pochi grandi editori musicali nazionali hanno il controllo della Siae. Somiglia già ad una privatizzazione senza che i soci di maggioranza mettano a rischio un proprio euro nella costituzione del capitale sociale. Il rischio imprenditoriale è del tutto assente;
    come riportato ed evidenziato dalla stampa, la Siae, nel bilancio 2012, ha compensato le perdite di oltre 25 milioni di euro in meno rispetto all'anno precedente con ricavi percepiti da attività che nulla hanno a che vedere con le finalità e gli scopi principali della società: come i soldi incassati dall'Agenzia delle entrate per lo svolgimento di attività ispettive e dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Risorse economiche che sono servite a far quadrare i conti durante la gestione commissariale e che hanno permesso di chiudere in utile il bilancio 2012;
    il bilancio della Siae deriva solo per il 50 per cento dall'attività istituzionale e per il restante si affida a rendite finanziarie, plusvalenze (come se fosse una finanziaria) e un'operazione immobiliare attualmente sottoposta ad indagine;
    la Siae continua a manifestare una profonda arretratezza: dalle nuove tecnologie riesce ad incassare la modesta somma di 5/6 milioni di euro all'anno. Nonostante servizi carenti la società presenta costi per gli associati tra i più elevati tra i Paesi comunitari. Tutto ciò, unito alla mancata produttività, è riscontrabile in tutti i bilanci presentati in confronto alle società di collecting europee, ed una carente trasparenza di gestione non fa altro che prefigurare la forte necessità di cambiare lo stato delle cose nell'ente pubblico Siae;
    se la Siae è carente sotto tutti gli aspetti elencati, la responsabilità va ascritta anche all'indifferenza degli organi di vigilanza e all'inerzia del Parlamento;
    perciò non è il tempo ora per alcuna operazione gattopardesca: cambiare tutto per non cambiare niente, tutelando l'attuale status quo e gli interessi dei più importanti associati alla Siae, dimenticando l'aiuto mutualistico e solidale della società, ovvero la creazione di prospettive di affermazione per autori emergenti, intelligenze e creatività che dovrebbero continuare a garantire linfa vitale alla cultura del Paese;
    la specificità giuridica italiana ha un pregio: la Siae è unica per le diverse forme di creatività, mentre all'estero si tende piuttosto a creare diverse società per ogni forma espressiva: una per la musica, una per le arti figurative, una per il cinema e così via. Ciò vuol dire che la Siae rappresenta l'unico referente per gli utenti. Questa natura giuridica ha permesso di attuare politiche solidaristiche: le arti più ricche e che hanno successo commerciale (come, ad esempio, la musica) sostengono quelle più povere (le arti figurative);
    provvedimenti normativi per la creazione di società di collecting per le diverse forme di espressione di creatività indebolirebbero la capacità di tutela di quelle definite «più povere», affievolendo, in particolare, le tutele per cinema e teatro che sono patrimonio imprescindibile «della cultura nazionale», ma anche quelle degli autori e dei (piccoli) produttori italiani del settore della «musica»;
    pur non ignorando i giudizi negativi sul funzionamento della Siae, l'eventuale ipotizzata costituzione di distinti organismi, il primo come ente pubblico economico e l'altro quale società privatizzata con autonome strutture organizzative ed amministrative, finirebbe per creare aree di duplicazione dei costi. Tra l'altro, il primo organismo «manterrebbe in esclusiva le funzioni di enforcement dei diritti, ovvero le funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto del pagamento dei diritti d'autore sul territorio» ed avrebbe, di conseguenza, la necessità di conservare una propria struttura organizzativa, mentre il secondo, il soggetto privatizzato, dovrebbe mantenere una rete diffusa e capillare, che per definizione ha costi elevati, ed inoltre dovrebbe generare utili adeguati per gli investitori e coprire l'ammortamento per l'acquisto di un bene ad elevato valore aggiunto e che ha costituito negli anni un rilevantissimo investimento finanziario per l'ente pubblico Siae;
    in sostanza, la soluzione dei problemi sul tappeto non è sicuramente quella di creare, da un lato, una società in concorrenza (a questo punto imperfetta) con i competitor e, dall'altro, una bad company pubblica con rami territoriali che abbia il compito di vigilanza e controllo sul pagamento dei diritti d'autore;
    tutto ciò alla luce anche di una viziata analisi sul contesto europeo: nelle diverse realtà dell'Unione europea non esiste un esempio in cui si sia sviluppato un modello concorrenziale; in tutti i Paesi, come è riconosciuto, esistono consolidati accentramenti «di fatto»;
    inoltre, una società privata, come viene prefigurata, deve avere come obiettivo principale il profitto ed è, quindi, evidente che deve puntare alle manifestazioni di maggior successo e, quindi, maggiormente remunerative. La raccolta del «piccolo diritto» rappresenta al contrario una perdita nel rapporto costi/benefici. L'ente pubblico, agendo nella logica dell'interesse pubblico, è tenuto a raccogliere e a distribuire tutto il diritto d'autore che si genera sul territorio di competenza. Tale approccio è stato di fondamentale aiuto anche per gli autori oggi di maggior successo all'inizio della loro carriera;
    la direttiva europea va nella direzione giusta, richiedendo il rispetto degli standard europei che stabiliscono un miglioramento della gestione e una maggiore trasparenza nello svolgimento delle attività,

impegna il Governo:

   ad assumere un'iniziativa normativa urgente al fine di correggere l'operato dei commissari, che a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, hanno trasformato sostanzialmente le funzioni della società e creato una società di autori saldamente controllata da un piccolissimo gruppo di soci, e di restituire la Siae a logiche di equilibrio e democrazia;
   a valutare l'opportunità di adottare un'iniziativa normativa per una profonda rivisitazione della legge n. 633 del 1941 per:
    a) rispondere all'obiettivo principale della proposta di direttiva europea, ovvero quello di «promuovere una maggiore trasparenza e migliorare la governance delle società di gestione collettiva, introducendo obblighi di informazione più rigorosi e rafforzando il controllo delle loro attività da parte dei titolari di diritti, in modo da incentivare l'offerta di servizi migliori e più innovativi»;
    b) regolamentare una società di collecting che preveda una migliore gestione del repertorio, imponga di versare i compensi più rapidamente, garantisca chiarezza riguardo alle fonti di entrate provenienti dalla gestione dei diritti ed elabori annualmente una relazione di trasparenza.
(1-00315) «Costantino, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Migliore, Di Salvo».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 22 aprile 1941, n. 633, sul diritto d'autore, stabilisce che sia la Siae, ente pubblico economico, cioè un ente pubblico con un capitale proprio ed autonomia giuridica, a detenerne il monopolio;
    concedere le licenze di utilizzo di un'opera per conto dell'autore, incassare i proventi del diritto d'autore e redistribuirli tra gli aventi diritto, sono attività totalmente affidate a questo ente; pertanto, non c’è concorrenza, non c’è competizione di mercato ed è espressamente vietato dalla legge costituire un'azienda con le stesse competenze;
    in base ad una delibera della Commissione europea, nel 2008, il diritto d'autore e diritto connesso possono essere gestiti in regime di concorrenza sui territori nazionali e a livello transnazionale. Un'ulteriore proposta del luglio del 2012 su iniziativa del Commissario europeo Michel Barnier ha dettato la linea sulla «gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno». In base a tale delibera viene abolito, di fatto, il monopolio in tema di intermediazione dei diritti d'autore e connessi e liberalizzato il mercato: di conseguenza, ogni autore (o artista e casa discografica) ha oggi facoltà di «spacchettare» i suoi diritti, aderendo a molteplici società di collecting e assegnando a ciascuna di esse la gestione di uno specifico diritto;
    da molti anni la Siae, ente nato per tutelare i diritti degli autori di opere intellettuali, in realtà tutela quasi esclusivamente gli interessi dei grandi editori, producendo provvedimenti che – in ragione dei soli fini lucrativi di questi – determinano una politica del diritto d'autore aggressiva e repressiva, in contrasto con lo spirito e la filosofia dei nuovi mezzi e delle nuove tecnologie, quali quelli informatici, che promuovono, al contrario, la condivisione ed il libero scambio di materiale testuale, video ed audio, e dunque di idee, opere e creazioni, che non va necessariamente in direzione di un lucro, ma molto più spesso verso finalità di arricchimento sociale e culturale. Abolire o rivedere profondamente il ruolo della Siae porterebbe grandi benefici a tutti, sia che si tratti di artisti che di consumatori;
    non si può non precisare che, oltre ad una contorta ed inefficiente gestione dei diritti degli artisti italiani, la Siae acquisisce il cosiddetto «equo compenso»; essa, inoltre, ha di recente incominciato a pretendere il pagamento di una licenza per il diritto d'autore anche ai siti web che pubblicano trailer cinematografici; infine, il 65 per cento degli artisti registrati alla Siae alla fine dell'anno percepisce in ripartizione dei diritti meno di quanto versa all'ente per la quota di iscrizione;
    è conclamato che i ricavi della Siae non vengono correttamente distribuiti, quindi per le realtà medio-piccole i risparmi, a partire dal costo del bollino per arrivare alla tassazione sui live, superano di gran lunga gli eventuali ricavi;
    peraltro, come si ricorda, nella XVI legislatura il Ministro per i beni e le attività culturali pro tempore era stato costretto a procedere al commissariamento della Società italiana degli autori ed editori, considerata l'impossibilità di funzionamento degli organi deliberativi e la mancata approvazione del bilancio preventivo con i danni da ciò scaturenti;
    l'inefficienza ed i costi di gestione della Siae sono noti: stando al bilancio 2010 la Siae, infatti, poteva contare su 1346 dipendenti e 56 dirigenti, quindi un numero assolutamente sproporzionato per le attività attribuite a tale organismo dalla legge;
    fare musica dal vivo, in linea con tutte le normative, è sempre più difficile, in quanto un groviglio di permessi, licenze ed autorizzazioni rende oneroso e complicato organizzare momenti di ascolto live: sia per chi la musica la fa che per chi la ospita; la Siae dichiara di avere fondi a sostegno degli artisti emergenti, ma di questi fondi non vi è traccia; piuttosto, essa aveva un fondo per una previdenza ad artisti che hanno smesso di lavorare, fondi che erano finanziati dagli stessi artisti e con la ristrutturazione della società sono stati azzerati;
    inoltre, non può non destare dubbi il fatto che nel 2012, per la prima volta, dopo i bilanci in perdita degli ultimi 20 anni, i conti della società sono tornati in attivo grazie ad una serie di interventi posti in essere dalla gestione commissariale;
    è un dato innegabile che un ente pubblico economico, chiamato a svolgere importanti funzioni pubblicistiche nel settore dei diritti di autore, regga i propri conti, ormai, prevalentemente, grazie ad attività e soluzioni finanziarie che non hanno niente a che vedere con il diritto d'autore;
    non può costituire una giustificazione l'affermazione del direttore generale della società, secondo la quale «negli ultimi anni la crisi ha cominciato a farsi sentire anche nei settori di interesse della Siae»;
    riportando i dati ricavati da un'inchiesta giornalistica al riguardo, l'analisi della gestione dei diritti d'autore da parte della Siae, come sintetizzata dai punti che seguono, appare alquanto deprimente;
    dai dati pubblicati dalla Cisac – l'associazione di tutte le più grandi collecting society del mondo – nel suo rapporto 2013, ancorché basato sui dati 2011, si evince che, nel 2011, infatti, nel mondo le collecting society hanno complessivamente incassato, a titolo di diritti d'autore, 7,6 miliardi di euro ovvero l'1 per cento in più di quanto incassato l'anno precedente;
    la crisi, dunque, non c'entra con le difficoltà della Siae e non può divenire alibi di inefficienze come quella relativa alla raccolta dei diritti d'autore per gli utilizzi attraverso i canali digitali. Mentre, infatti, nel mondo tale raccolta ha fatto registrare, nel 2011, un aumento del 55 per cento, in Italia – sebbene il bilancio della Siae si riferisca all'esercizio 2012 – è diminuita in percentuale superiore rispetto a quella di ogni altro settore;
    nel 2012, infatti, la Siae, ha incassato – a titolo di diritti d'autore – oltre 25 milioni di euro in meno rispetto a quanto incassato nel 2011;
    c’è da preoccuparsi se si considera che la Siae, nel 2012, ha visto diminuire ulteriormente anche i già esigui risultati relativi ai diritti riscossi in ambito multimediale in assoluta controtendenza rispetto a quanto accade nel resto del mondo. Una società di raccolta e gestione dei diritti d'autore che, nell'era di internet, vede contrarre gli incassi per le utilizzazioni on-line è una società fuori dal tempo;
    anche la rete territoriale della Siae comincia a vacillare: infatti, nel 2012, ha raccolto oltre 10 milioni di euro di diritti d'autore in meno rispetto a quanti ne aveva raccolti nel 2011, anche se i costi della produzione sono – anche se marginalmente – aumentati;
    dunque, è evidente che, a ripianare le perdite, nel 2012, hanno contribuito i compensi incassati quali corrispettivi dei servizi che la Siae ha erogato all'Agenzia delle entrate ed all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gli straordinari proventi finanziari percepiti grazie alla lentezza nel riparto tra gli aventi diritto di quanto di loro competenza e, infine, attraverso le enormi plusvalenze generate dal conferimento straordinario del proprio patrimonio immobiliare nel fondo Norma;
    anche per la selezione dei mandatari, il principio di trasparenza, che dovrebbe rappresentare, in un momento come questo e dopo tante polemiche, la parola d'ordine nella gestione di una procedura di selezione tanto importante, invece, risulta del tutto assente;
    nell'avviso pubblico si legge, addirittura, che «La valutazione sarà compiuta in forma riservata» e che «non verrà formata una graduatoria finale»; quindi la Siae seleziona i suoi ventotto nuovi «prefetti» sul territorio, attraverso una selezione celere e assai poco trasparente;
    l'ultima modifica dello statuto della Siae è stata approvata dal consiglio di gestione il 9 novembre 2012 e ha creato malcontento tra gli associati in quanto sono state adottate regole al limite dell'illegittimità;
    infatti, l'articolo 11, comma 2, dello statuto prevede che «ogni associato ha diritto ad esprimere nelle deliberazioni assembleari almeno un voto e poi un voto per ogni euro (eventualmente arrotondato per difetto) di diritti d'autore percepiti nella predetta qualità di Associato a seguito di erogazioni della società nel corso dell'esercizio precedente»;
    con la nuova formulazione dello statuto, gli autori che ricevono più compensi (che sono anche i più ricchi e conosciuti) di fatto hanno in mano la gestione dell'ente, non solo dal punto di vista economico riguardo ai compensi del diritto d'autore, ma anche riguardo alle varie forme di tutela e promozione della cultura. In questo modo si perde di vista la realtà, dato che non sempre gli autori e gli editori che storicamente hanno contribuito maggiormente alla crescita economica e culturale del nostro Paese sono stati anche i più ricchi;
    il più ricco, diventa, automaticamente anche l'autore ed editore più attivo e produttivo e, per questo, quello più meritevole di governare un ente al quale, il nuovo statuto, attribuisce ruoli e funzioni di tutela e promozione della cultura che vanno ben al di là della semplice gestione economica dei compensi da diritto d'autore intermediato;
    il nuovo statuto della Siae, infatti, relega l'arte e la cultura a semplici strumenti di produzione economica e finanziaria e cela una visione del sistema culturale di inaudita povertà sotto il profilo ideologico e politico;
    è ingiustificabile la scelta di consegnare la Siae nelle mani di un gruppo di associati, trasformando gli altri in quelli che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono figuranti, tecnicamente impossibilitati a partecipare democraticamente alla vita dell'ente ed annullando, preventivamente e matematicamente, il loro peso in qualsiasi delibera assembleare;
    l'assetto del nuovo statuto – che, tra l'altro, non contiene nessuna previsione idonea a superare le tante ragioni di inefficienza che hanno condotto la società nell'attuale situazione di crisi – è iniquo ed illegittimo;
    il sistema attuale della tutela del diritto d'autore e la riscossione e ripartizione risultano obsoleti rispetto alle nuove tecnologie e ai nuovi mercati, che dunque impongono una modernizzazione del sistema;
    grazie alle tecnologie odierne non appare più adeguato il monopolio della Siae; le dinamiche sono cambiate e, inoltre, l'eccessiva burocrazia non facilita di certo il compito; la nascita delle etichette indipendenti nonché dei supporti digitali che hanno «facilitato» il lavoro concernente le facoltà intellettive stanno sottoponendo a dura prova le fondamenta dell'ente Siae;
    in questi ultimi anni sono nate organizzazioni trasversali che si occupano di creative common sotto vari punti di vista; infatti, una determinata avanguardia culturale ed economica di questo decennio è sicuramente rappresentata da chi non ritiene più la tutela ferma del copyright un meccanismo adeguato a rispondere ai nuovi schemi economici, oltre che culturali; tema, questo, che tocca l'idea stessa di proprietà intellettuale, che ha dei costi altissimi sulle produzioni e che rappresenta un ostacolo allo sviluppo reale della società;
    il permanere del monopolio della Siae in materia di diritti d'autore non ha, in questo particolare momento storico, più ragione di esistere e la sua compatibilità con l'ordinamento comunitario e con i principi di concorrenza che lo ispirano appare alquanto dubbia;
    è indispensabile portare avanti nuove tecnologie, perché i tempi sono cambiati e le nuove forme di fruizione, accesso e distribuzione dei contenuti creativi sono profondamente evoluti e fluidi;
    è doveroso dare la possibilità ad artisti di poter scegliere quali licenze utilizzare per la propria opera e scegliere metodi alternativi di tutela come licenze creative common, copyleft e fair use;
    non si può non tener conto degli esempi di altri Paesi, come la Francia e l'Inghilterra, dove sono presenti varie società di collecting che, di fatto, gestiscono piccole porzioni di mercato, oppure della Grecia dove il mercato è totalmente libero e l'intervento statale è finalizzato soltanto alla prevenzione degli abusi;
    non si può perdere di vista il fatto che le società di collecting agiscono per la realizzazione degli interessi degli iscritti che possono essere meglio attuati con una regolamentazione di libero mercato dei diritti piuttosto che di monopolio,

impegna il Governo:

   ad intervenire, adottando le opportune iniziative normative volte a superare il monopolio della Siae in materia di diritti di autore, affinché l'attività di amministrazione ed intermediazione dei diritti d'autore diventi finalmente libera e in linea con la normativa europea;
   ad attivarsi affinché le funzioni relative alla gestione di servizi di accertamento e riscossione di imposte, contributi e diritti, relativi al diritto d'autore (anche in regime di convenzione con enti pubblici) siano esercitate da società di rappresentanza private autorizzate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in grado di operare in regime di concorrenza;
   a considerare l'opportunità che anche le funzioni di vigilanza sugli associati prevedano necessariamente nuove forme di controlli moderni e digitali, con inevitabili vantaggi anche in termini economici per la Siae, oltre che di efficienza e trasparenza;
   a prevedere forme di pubblicità tali da assicurare la trasparenza e l'immediata conoscibilità, anche con la pubblicazione, accessibile via internet, di una banca dati di tutte le opere rappresentate, in modo che si possa verificarne l'incidenza opera per opera, in via automatizzata;
   in attesa di una riforma della normativa in materia di diritti d'autore e della disciplina del relativo mercato, a predisporre un piano immediato di interventi che preveda soluzioni efficaci per consentire la rielaborazione dello statuto della Siae;
   a prevedere forme di tutela più incisive per gli artisti e, dunque, per la cultura in generale;
   a prevedere strumenti tali da consentire agli autori di scegliere, per ogni singola opera, da quale società di rappresentanza essere rappresentati, nonché di scegliere se utilizzare l'opera in altro modo, ad esempio offrendola in libera promozione o vendendola ad un singolo acquirente;
   a tenere conto delle nuove tecnologie, garantendo agli autori la possibilità di scegliere liberamente le nuove licenze open, come creative common, copyleft e fair use;
   a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative tese a favorire la liberalizzazione del settore dell'editoria on-line; inoltre, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad equiparare sul piano fiscale il libro elettronico a quello cartaceo, ammettendo quindi entrambe le edizioni di un medesimo prodotto editoriale a beneficiare dello stesso trattamento fiscale;
   ad adottare le necessarie misure tese a sburocratizzare immediatamente le procedure per gli spettacoli dal vivo, con inevitabili vantaggi occupazionali, favorendo il relativo indotto e la fruizione della cultura e fornendo nuove prospettive per i giovani.
(1-00316) «Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Marzana, D'Uva, Di Benedetto, Vacca, Simone Valente, Nuti».


   La Camera,
   premesso che:
    in un contesto caratterizzato dall'avvento di nuove tecnologie digitali e accompagnato dal progressivo acuirsi della dimensione globale dei mercati, l'attuale sistema normativo italiano, concernente il diritto d'autore, incentrato sull'attribuzione dell'esclusiva a favore di un unico operatore, la Siae, appare inadeguato;
    nell'ordinamento giuridico italiano l'attività di intermediazione è legislativamente affidata in via esclusiva alla Siae, società caratterizzata da natura pubblicistica ed alla quale è attribuito un regime di monopolio legale;
    nel nostro Paese, pertanto, è ormai avvertita come necessaria l'esigenza di superare il monopolio nell intermediazione del diritto d autore che la legge attribuisce alla Siae, stante l'opportunità di rendere più efficiente e trasparente il mercato della gestione del diritto d'autore stesso. L'attribuzione di un vero e proprio monopolio legale restringe ingiustificatamente l'iniziativa economica dei soggetti terzi che potrebbero entrare sul mercato. È, quindi, fondamentale ed auspicabile valutare la possibilità di riconsiderare il monopolio legale della Siae, riconoscendo la possibilità ai singoli di associarsi attraverso la creazione di collecting society;
    è, altresì, da considerare che l'articolo 39 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, ha chiarito i dubbi sulla liberalizzazione dei diritti connessi ed ha recepito la possibilità per gli artisti di scegliere liberamente a chi rivolgersi per l'intermediazione degli stessi. La liberalizzazione, ha tuttavia, riguardato esclusivamente i diritti connessi. L'attività d'intermediazione della Siae è rimasta, tuttavia, intatta;
    occorre, quindi, procedere all'apertura del settore ad una concorrenza controllata che rifletta i cambiamenti tecnologici intervenuti nel mercato europeo e che potrebbero introdurre criteri di efficienza ed economicità che soltanto un sistema di concorrenza e libero mercato può garantire;
    infatti, è necessario intervenire per rendere il mercato più competitivo in funzione di un sistema che possa offrire servizi migliori e condizioni economiche più favorevoli agli autori, favorendo la nascita di nuovi soggetti e consentendo l'accesso alle imprese per evitare di limitare l'iniziativa economica;
    le società di gestione collettiva svolgono un ruolo fondamentale per la gestione dei diritti. Quindi, è necessario che le stesse abbiano una migliore governance e maggiore trasparenza. La gestione dei diritti collettivi fornita ai membri e agli utilizzatori deve diventare più efficace, accurata, trasparente e responsabile. Una gestione che non è in grado di stare al passo con i tempi incide negativamente sulla disponibilità di nuove offerte per i consumatori e fornitori di servizi, poiché inibisce la prestazione di servizi innovativi;
    occorre, altresì, un quadro normativo europeo chiaro ed omogeneo per le società collettive di gestione dei diritti che differiscono, oggi, da uno Stato membro all'altro. Anche le prassi e le modalità di controllo sull'utilizzo dei fondi raccolti e della ripartizione a favore degli aventi diritto variano notevolmente e sono spesso carenti dal punto di vista della trasparenza;
    pertanto, è necessario valutare l'opportunità di riconsiderare l'esclusiva stabilita dall'articolo 180 della legge 22 aprile 1941, n 633, sul diritto d'autore a favore della Siae, favorendo anche nel nostro Paese la nascita di società che lascino finalmente liberi gli autori di negoziare autonomamente i proventi del proprio ingegno. Infatti, il mantenimento di monopoli pubblici o privati costituisce un grave freno allo sviluppo di iniziative economiche ed è, quindi, indispensabile procedere all'introduzione, ovunque sia possibile, di elementi di concorrenza che cancellino le rigidità esistenti;
    in tale contesto appare opportuno adottare, a livello europeo, come del resto si sta facendo, una normativa che renda il mercato della gestione collettiva dei diritti d'autore e connessi unico e a far sì che i diritti siano gestiti in modo trasparente e nell'interesse prevalente di tutti i titolari dei diritti. Pare, quindi, opportuno valutare la necessità di procedere verso un modello concorrenziale della gestione del diritto d'autore, in modo che ogni titolare sia libero di rivolgersi ad una qualsiasi società di intermediazione per affidarle il mandato di gestire i propri diritti e di poter revocare tale mandato in ogni momento,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di assumere iniziative per riconsiderare l'esclusiva stabilita dall'articolo 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633, sul diritto d'autore, salvaguardando le competenze del personale della Siae, al fine di raggiungere, in modo graduale, un sistema che favorisca la nascita di nuovi soggetti che possano operare sul mercato;
   a predisporre effettivi controlli sulla governance delle società di gestione collettiva dei diritti per assicurare la massima trasparenza nella raccolta e nella distribuzione del compenso per l'utilizzo dei diritti d'autore.
(1-00317) «Tancredi, Dorina Bianchi».


   La Camera,
   premesso che:
    la funzione istituzionale della Siae consiste nell'attività di intermediazione per la gestione dei diritti d'autore, concedendo le autorizzazioni per l'utilizzazione delle opere protette, riscuotendo i compensi per diritto d'autore e ripartendo i proventi che ne derivano;
    la legge 9 gennaio 2008, n. 2, ha modificato la configurazione giuridica della Siae, riconoscendone la natura di «ente pubblico economico a base associativa», a fronte dell'attività imprenditoriale retribuita nel campo dell'intermediazione dei servizi esercitata, a scopo di lucro, da questo organismo: è un ente pubblico in quanto la legge le attribuisce l'esclusività dell'attività di riscossione e possiede una rilevanza costituzionale per la promozione della cultura, anche se riscuote denaro dai privati e lo ripartisce, in parte, fra privati operando, di fatto, come un'impresa;
    la gestione dei servizi attinenti alla tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi dovrebbe essere informata ai principi della massima trasparenza nella ripartizione dei proventi tra gli aventi diritto;
    i criteri di ripartizione dei proventi spettanti ai titolari dei diritti d'autore sono annualmente predeterminati dalla commissione per la musica interna alla Siae, ma nel tempo sono stati sollevati diversi dubbi circa la ripartizione degli stessi, che avviene in maniera proporzionale al numero di vendite delle opere degli iscritti, cioè secondo una percentuale calcolata sul loro fatturato e non su una valutazione reale dell'utilizzo delle opere al di là della vendita nei negozi;
    per i locali da ballo con strumenti meccanici, ovvero le discoteche, la Siae incassa il 5 per cento sui biglietti venduti, oltre ad una quota forfetaria sulle consumazioni, che molto probabilmente i gestori rincarano sul costo al pubblico di biglietti e consumazioni;
    la Siae distribuisce il 50 per cento di tali incassi non fra gli autori delle musiche effettivamente suonate nelle discoteche, ma sulla base di rilevamenti a campione sui brani più eseguiti nelle discoteche stesse: nella pratica ciò vuol dire che l'autore di un brano molto suonato in discoteca, se non inserito nel campione di autori selezionato dalla Siae, non rientra nella ripartizione dei proventi derivanti dal diritto d'autore;
    il collegio giudicante della terza sezione del Tar del Lazio, nella sentenza del 10 maggio 2002, ha evidenziato che «la remunerazione degli autori non può in modo diretto provenire, per legge, se non dai proventi ritratti dallo sfruttamento solo delle loro opere di ingegno»;
    il 50 per cento degli incassi provenienti dalle discoteche alla Siae viene, quindi, distribuito fra gli autori, cioè coloro che scrivono i testi e le musiche, e gli editori, cioè le case discografiche piccole e anche molto grandi;
    l'altro 50 per cento degli incassi provenienti dalle discoteche viene destinato, per circa la metà, ai dischi più suonati in Italia, a prescindere dal fatto che vengano suonati o meno nelle discoteche, e il rimanente alle balere e in minima parte ai locali;
    per i concerti dal vivo, nei quali è prevista la compilazione della lista di tutti i brani suonati, la Siae incassa il 10 per cento del prezzo del biglietto e provvede a distribuire questo incasso fra tutti gli autori dei brani suonati;
    ci sono state numerose lamentele da parte dei musicisti perché la lista dei brani viene compilata a mano, solitamente alla fine dei concerti a tarda notte ed è sufficiente un errore di distrazione per invalidare tutta la lista, con la conseguenza di raccogliere i soldi, dovuti agli autori dei brani suonati, in un fondo cassa della Siae che viene poi ripartito fra i soci;
    nel caso in cui un concerto sia ad ingresso libero, la Siae esige il 10 per cento delle sponsorizzazioni e, nel caso in cui non ci fossero sponsor, la Siae esige una cifra forfettaria;
    un piccolo comune che volesse organizzare una serata di musica in piazza per i propri cittadini, senza biglietti d'ingresso e senza sponsor, chiedendo ai più volenterosi di suonare gratuitamente, sarebbe costretto comunque a pagare una tassa alla Siae;
    in media, per ogni cd che viene venduto in Italia, ogni casa discografica versa alla Siae circa il 9 per cento del prezzo per acquistare il diritto d'autore, ma se il cd viene ascoltato in un locale, la Siae esige un ulteriore pagamento;
    la tutela del diritto d'autore non deve minacciare la libertà d'espressione di gruppi musicali o teatrali e la libertà di fruizione di tutti quei contenuti che rappresentano il patrimonio culturale della società contemporanea;
    i gestori di locali pubblici, che siano supermercati o discoteche, che abbiano una radio o un impianto di diffusione musicale, sono soggetti al pagamento di una tassa alla Siae, che poi probabilmente verrà scaricata sul costo dei prodotti in vendita;
    in base ad un'apposita convenzione stipulata con il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, è affidata alla Siae la collaborazione con gli uffici delle entrate e con gli uffici che si occupano di iva nell'accertamento delle imposte che riguardano le attività dello spettacolo e di intrattenimento, e per l'espletamento di questa funzione la Siae ha diritto ad un compenso;
    gli ispettori della Siae hanno il diritto di entrare nei locali pubblici in cui c’è diffusione musicale per controllare i brani suonati e per svolgere funzioni erariali per conto dello Stato, controllando perfino i registratori di cassa; sono state raccolte diverse lamentele per i metodi poco professionali utilizzati dagli ispettori della Siae durante i controlli nei locali pubblici;
    la Siae appare imporre tariffe sensibilmente più elevate rispetto a quelle praticate dalle altre società di autori degli altri Stati membri dell'Unione Europea per l'utilizzo delle opere musicali tutelate dal diritto d'autore; il menzionato comportamento può configurare un elemento significativo per la sussistenza di un abuso di posizione dominante, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 287 del 1990;
    il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, all'articolo 39 stabilisce che «l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore, in qualunque forma attuata, è libera, al fine di favorire la creazione di nuove imprese nel settore della tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori». Tale liberalizzazione non ha interessato anche l'attività di intermediazione dei diritti di autore,

impegna il Governo:

   ad incentivare la nascita di nuove società di gestione collettiva dei diritti d'autore, riconoscendo la loro attività economicamente rilevante a prescindere dallo stato giuridico e dalle modalità di finanziamento, con il duplice fine di garantire una maggiore scelta di rappresentazione per gli autori e gli editori e, al contempo, di garantire un mercato concorrenziale ed una pluralità degli operatori in direzione di una maggiore efficienza nella gestione, secondo una logica di trasparenza dei costi e dei servizi;
   a valutare la possibilità di intervenire con una riorganizzazione e razionalizzazione della Società italiana degli autori ed editori, anche mediante la cessione al Corpo della guardia di finanza della gestione di servizi di accertamento e riscossione di imposte, contributi e diritti, anche in regime di convenzione con pubbliche amministrazioni, regioni, enti locali e altri enti pubblici o privati, nonché mediante l'eventuale trasformazione in società per azioni;
   ad intervenire con le apposite iniziative normative al fine di abbassare la percentuale spettante alla Siae da parte dei comuni che organizzano piccole feste musicali per la cittadinanza, e da parte di quanti diffondono musica a diverso titolo nei propri esercizi pubblici, con il fine ultimo di limitare i prezzi sul mercato dei prodotti, apportando un vantaggio per le piccole e medie imprese e soprattutto per i cittadini;
   ad assumere iniziative dirette ad apportare le necessarie modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, specificando una quota forfetaria giornaliera per i compensi dovuti alla Siae che non superi i 10 euro giornalieri, nei casi in cui l'utilizzazione del supporto sia inserita all'interno di una manifestazione gratuita, sia essa un festival o un concerto musicale o uno spettacolo di danza, cinematografico o teatrale o una rievocazione storica, purché organizzato da una sola parrocchia o una sola pro loco in frazioni o comuni sotto i 3.000 abitanti;
   ad intervenire con apposite iniziative normative per semplificare gli adempimenti e gli obblighi amministrativi posti in capo ai gestori delle discoteche e dei locali da ballo, anche attraverso l'eliminazione dei compensi corrisposti alla società di gestione collettiva dei diritti d'autore non strettamente legati alle esecuzioni musicali, come, ad esempio, la quota forfettaria richiesta in percentuale sugli incassi del locale;
   in tale ambito, a provvedere ad una semplificazione in materia di documentazione amministrativa, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, anche attraverso il riconoscimento delle autocertificazioni e delle dichiarazioni sostitutive per le prestazioni gratuite, ai fini contributivi dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (Enpals) e dei diritti d'autore della Siae;
   a mettere in atto ogni azione necessaria al fine di rispondere nel miglior modo possibile ai criteri e alle necessità di raccolta dei diritti d'autore e connessi nell'era della multimedialità e delle «fruizioni multipiattaforma» e di semplificare gli accordi con gli utilizzatori terzi di repertori (televisione, radio, web ed altri).
(1-00318) «Caparini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Giancarlo Giorgetti, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    la Carta europea dei diritti delle donne nello sport è stata proposta per la prima volta dalla UISP nel 1985 e trasformata nella risoluzione delle donne nello sport nel 1987 dal Parlamento europeo;
    la Carta rappresenta il primo tentativo per il riconoscimento e la rivendicazione delle pari opportunità di uomini e donne nello sport in ambito europeo;
    la Carta del 1985 evidenziava una grave disparità numerica tra uomini e donne impiegate in questo settore e sottolineava la necessità di rimuovere le enormi barriere culturali che impedivano il reale coinvolgimento delle donne nello sport;
    a distanza di quasi 30 anni, nonostante i progressi e l'incremento della partecipazione femminile al mondo dello sport, permangono delle differenze in termini di pari opportunità: sia per quanto riguarda il coinvolgimento delle donne in ruoli e posizioni di vertice e leadership all'interno di enti, federazioni e società sportive, sia per la persistenza di stereotipi di genere nella stessa pratica sportiva;
    la Carta è articolata in capitoli tematici: la pratica dello sport; la leadership; il mondo dell'educazione; ricerca e comunità scientifiche; donne, sport e media; spettatori e tifosi;
    la Uisp ha messo a punto una nuova «Carta europea dei diritti delle donne nello sport», dove il documento dell’’85 è stato rivisitato e aggiornato con una particolare attenzione al superamento di tutte le forme di discriminazione culturali, religiose e relative all'orientamento sessuale, al tema della multiculturalità e della disabilità;
    nella risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 2 febbraio 2012 sulla dimensione europea dello sport si invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere gli organismi europei per la promozione e l'attuazione delle raccomandazioni della Carta europea dei diritti delle donne nello sport;
    una nuova risoluzione, approvata dal Parlamento europeo il 12 marzo 2013, individua inoltre nell'attività motoria e sportiva un'importante risorsa per la promozione della salute, nonché il superamento degli stereotipi di genere;
    ognuno ha il diritto di praticate sport in ambienti sani che garantiscano la dignità umana. Donne e uomini di età differenti e diverse provenienze sociali e culturali devono avere le stesse opportunità di praticare sport;
    le donne devono avere le stesse opportunità degli uomini di partecipare ai processi decisionali a tutti i livelli e nell'intero sistema sportivo e devono essere rappresentate con la pari eguaglianza nei diversi organismi dirigenziali e in tutte le posizioni di potere;
    le donne devono avere le stesse possibilità degli uomini di diventare membri delle comunità scientifiche e influenzare teorie, metodi e sistemi di ricerca, nonché avere un uguale trattamento a tutti i livelli e in ogni campo delle scienze sportive;
    l'Italia deve avvertire la stessa necessità dell'Europa a votare una risoluzione al fine di superare le barriere culturali e stereotipi che ancora dominano il mondo dello sport e al superamento di preconcetti oggi ancora esistenti nei confronti del giornalismo sportivo femminile,

impegna il Governo:

   a valorizzare la pratica dello sport da parte delle donne;
   ad adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a favorire una equilibrata rappresentanza di genere in seno agli organismi dirigenziali e decisionali delle organizzazioni sportive;
   a coordinare, insieme agli Stati membri, una campagna per la promozione e l'adozione della Carta europea dei diritti delle donne nello sport;
    a promuovere iniziative al fine di incoraggiare maggiormente la partecipazione delle donne alla pratica sportiva, garantendo la parità di accesso alle attività sportive, in particolare per le ragazze e le donne, inclusi i gruppi svantaggiati;
   a promuovere iniziative per far sì che alle donne, lo stesso trattamento economico degli uomini, sia negli organismi dirigenziali e decisionali di enti e organizzazioni sportive, sia nelle discipline sportive praticate.
(1-00319) «Vezzali, Balduzzi, D'Agostino, Galgano, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Monchiero, Oliaro, Sottanelli, Vargiu, Vecchio, Adornato, Binetti, Bonaccorsi, Bossa, Buttiglione, Carocci, Carrescia, Coppola, Costantino, Coccia, D'Ottavio, Cinzia Maria Fontana, Lodolini, Moscatt, Narduolo, Pastorino, Porta, Quintarelli, Raciti, Rampi, Rocchi, Rossi, Sanga, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Santerini, Sbrollini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 18 novembre 2013 il ciclone «Cleopatra» ha inferto alla regione Sardegna ingenti danni e devastazioni causando la morte di 16 persone, il ferimento di una quantità impressionante di uomini e registrando circa 2.700 sfollati;
   quasi 500 chilometri di viabilità provinciale sono stati coinvolti in crolli, frane, ostruzioni e allagamenti, la rete idrica ed elettrica è stata danneggiata e il sistema fognario è stato intasato a causa dell'ingorgo di raccolta delle acque;
   quanto alle strade diversi sono stati i tratti interessati: è stata chiusa la strada statale 196 (Villasor-Guspini); è risultata impraticabile anche la strada statale 293 di Giba nel tratto compreso fra i chilometri 17 e 29; sempre nel Medio Campidano era critica la situazione tra Nuoro e Orosei, nonché sulla strada statale 129 (Trasversale sarda) dove è crollato un ponte; è stata chiusa anche la strada statale 389 Nuoro-Lanusei dal chilometro 27 al chilometro 40, in provincia dell'Ogliastra. Altri tratti interessati che comportano temporanee inagibilità sono: la strada statale 131 (Carlo Felice), la strada statale 198 e la strada statale 125 (Orientale sarda). Lo stesso per la strada statale 127 (Settentrionale sarda) dove è anche crollato un ponte. Così come altri ponti sono crollati sulla strada Nuoro-Oliena, mentre sulla Nuoro-Orgosolo è crollato il ponte presso la diga di Cumbidanovu in costruzione, nel territorio di Orgosolo;
   una particolare situazione di disagio si continua a vivere a causa dell'interruzione della viabilità sulla strada provinciale n. 73, importante arteria di collegamento dell'Alto Nuorese, dove, in assenza di lavori di ripristino le popolazioni dei comuni di Lula, Onanì, Bitti, Ossida, Nule e Bentutti si trovano a vivere quotidianamente situazioni di estrema difficoltà;
   questa importante arteria è ancora chiusa al traffico, di conseguenza si registrano le seguenti criticità:
    si lamenta il rallentamento dell'attività delle aziende del settore commerciale, artigianale e alberghiero, con particolare attenzione al lavoro svolto dai pastori e dalle aziende allevatrici di bestiame, che a causa delle problematiche dei collegamenti con i fondi, subiscono importanti perdite economiche;
    i lavoratori sono costretti a subire pesanti aggravi in termini di spese di mobilità per raggiungere il posto di lavoro con gravi ripercussioni a livello economico;
    la popolazione anziana è particolarmente sofferente in quanto, quella bisognosa di cure presso strutture sanitarie, di accertamenti o solo di semplici analisi presso l'ospedale di Nuoro, si trova costretta a massacranti spostamenti e, nei casi più difficili, a non avere la disponibilità immediata di cure ed assistenza;
    anche gli studenti e gli insegnanti subiscono notevoli ripercussioni a causa dei disagi provocati dalle distanze che inevitabilmente si sono dilatate e a causa delle difficoltà di raggiungere scuole o istituti universitari dal momento che anche la rete ferroviaria è deficitaria;
    infine risultano compromessi anche gli spostamenti da e per l'aeroporto di Olbia e il porto marittimo;
   il Governo a seguito della dichiarazione dello stato di calamità ha stanziato diverse somme a favore delle popolazioni della Sardegna, così come sono state previsti stanziamenti nella legge di stabilità;
   per quanto, nello specifico, riguarda le strade, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nelle loro visite alle zone colpite dall'alluvione, nei giorni immediatamente seguenti hanno annunciato lo stanziamento di 50 milioni di euro per il ripristino della viabilità;
   il regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, dell'11 novembre 2002, ha istituito il fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE) allo scopo di far fronte alle grandi catastrofi naturali e offrire un aiuto finanziario agli Stati colpiti;
   il fondo può intervenire principalmente qualora, su richiesta di uno Stato membro, si verifichi, sul territorio di tale Stato, una catastrofe naturale grave, con serie ripercussioni sulle condizioni di vita dei cittadini, sull'ambiente naturale o sull'economia di una o più regioni o di uno o più Stati;
   gli interventi urgenti ammessi al Fondo sono i seguenti:
    a) ripristino immediato delle infrastrutture e delle attrezzature nei settori dell'elettricità, delle condutture idriche e fognarie, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell'istruzione;
    b) realizzazione di misure provvisorie di alloggio è organizzazione dei servizi di soccorso destinati a soddisfare le necessità immediate della popolazione;
    c) messa in sicurezza immediata delle infrastrutture di prevenzione e misure di protezione immediata del patrimonio culturale;
    d) ripulitura immediata delle zone danneggiate, comprese le zone naturali;
   l'attivazione del Fondo di solidarietà europeo di cui sopra spetta al Governo nazionale, che deve richiedere le sovvenzioni entro dieci settimane dall'evento calamitoso;
   la domanda d'intervento deve essere presentata dallo Stato alla Commissione entro 10 settimane a partire dal primo danno subito e deve contenere informazioni relative ai danni totali provocati dalla catastrofe e al suo impatto sulla popolazione e sull'economia in questione, la stima dei costi relativi alla messa in sicurezza, ripristino e ripulitura delle zone interessate dal disastro, la presenza di eventuali altre fonti di finanziamento europee, nazionali o internazionali –:
   se il Governo si sia attivato, nei tempi previsti, presso la Commissione europea, per accedere ai finanziamenti del Fondo di solidarietà per le grandi calamità dell'Unione europea (FSUE), al fine di richiedere una contribuzione straordinaria per affrontare i terribili danni prodotti dall'alluvione che ha colpito la regione Sardegna;
   quali iniziative concrete il Ministro interrogato abbia posto in essere e abbia intenzione di attivare al fine di ripristinare, in tempi rapidi la viabilità stradale non solo della strada provinciale n. 73 ma anche delle altre vie di comunicazione che continuano a provocare disagi alla popolazione, compromettendo, non solo la quotidiana esistenza, ma anche un'economia ed un sistema produttivo già fragile a causa della recessione e che verrebbe ulteriormente danneggiato. (4-03206)


   BENI, LENZI, AMATO, MURER, CAPONE, IORI, PATRIARCA, FOSSATI, SCUVERA e D'INCECCO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   come annunciato in diverse occasioni, entro la fine di settembre 2013 sarebbe dovuto uscire il nuovo bando del servizio civile nazionale per la selezione di circa 14.700 giovani volontari, ma ad oggi vi è ancora molta incertezza sulla data effettiva;
   il ritardo sarebbe da attribuire al mancato invio delle graduatorie definitive da parte di alcune regioni;
   a preoccupare le centinaia di organizzazioni ed enti coinvolti, oltre al ritardo, è la questione legata all'apertura del bando agli stranieri residenti in Italia, che già causò il blocco del bando del settembre 2011 per il ricorso avanzato da un giovane straniero contro il requisito di cittadinanza italiana previsto per l'accesso al servizio civile nazionale;
   la sentenza del tribunale di Milano del 12 gennaio 2012, accogliendo quel ricorso, ha riconosciuto il carattere discriminatorio del requisito relativo alla cittadinanza italiana;
   la sentenza ha, di fatto, messo in evidenza l'esigenza di una revisione legislativa dell'attuale normativa che regola il servizio civile nazionale, del resto più volte sollecitata dalle organizzazioni del settore ma mai attuata;
   nonostante questo precedente abbia provocato, tra l'altro, un ingente spreco di risorse investite dalle organizzazioni sociali e dagli enti locali per dare seguito ai relativi progetti, il Governo non ha mai fornito chiarimenti in merito alla pronuncia del tribunale di Milano, neppure in vista dell'emanazione del nuovo bando;
   le mancate risposte da parte del Governo, sebbene più volte evocate, potrebbero di fatto esporre anche il nuovo bando al rischio di ulteriori ricorsi;
   data la rilevanza strategica del ruolo che il servizio civile nazionale svolge per la promozione e il rafforzamento del senso civico, dei valori democratici e della coesione sociale, è indispensabile che le istituzioni si attivino quanto prima per superare le criticità che ostacolano la piena operatività di uno strumento prezioso per l'intera collettività –:
   quali urgenti iniziative intendano assumere al fine di superare le criticità riscontrate in premessa e garantire la piena operatività del servizio civile nazionale consentendo ai giovani coinvolti di mettere al servizio della comunità il proprio impegno civico. (4-03209)


   PASTORELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta all'interrogante, la società ADR Aeroporti di Roma spa ha avviato una procedura di selezione, n. 40/2013, per la selezione di un operatore, a cui affidare in regime di sub concessione pluriennale, a decorrere 1o gennaio 2014, l'attività di progettazione, sviluppo, gestione operativa e commerciale, degli spazi pubblicitari siti negli aeroporti internazionali «Leonardo da Vinci» di Fiumicino e «Giovan Battista Pastine» di Ciampino, fissando nel 5 luglio 2013 il termine ultimo per la presentazione delle domande;
   l'interrogante non ha riscontrato notizie pubbliche in merito agli ulteriori sviluppi della vicenda –:
   di quali informazioni disponga il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri interrogati, per quanto di Loro competenza, in merito ai fatti riferiti in premessa.
(4-03212)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 2 gennaio alle ore 15.45, la Signora Maria Francesca Martinico, impiegata presso la Camera dei deputati, stava tornando a casa dopo il lavoro. La casa della signora si trova in zona Castelnuovo di Porto. Nel tragitto, a pochi isolati da casa è collocato un passaggio a livello della linea Roma-Viterbo segnalato dalla croce di Sant'Andrea (unico segnale di pericolo) provvisto di segnale luminoso e acustico. Si premette che detti segnali, utilizzati in diversi passaggi a livello di tutta Italia e rimanenza dei primi anni del 1900, sono non del tutto funzionanti e comunque rimangono l'unico segnale di pericolo. Bisogna considerare che di giorno il segnale luminoso è difficilmente distinguibile dato il riverbero della luce e il segnale acustico non sempre funziona bene. La macchina della signora Martinico stava attraversando il passaggio a livello in zona S. Antonio (27 km della via Flaminia) quando, a forte velocità, è sopraggiunto il treno n. 706 partito da Piazzale Flaminio e della linea Roma-Viterbo. Il treno investiva in pieno la macchina Nissan Micra della Martinico con lei dentro, la vettura aveva quasi del tutto passato la ferrovia quando è stata agganciata dietro, trasportata per alcuni metri e poi, sganciandosi, è finita nella scarpata;
   la Martinico risulta essere deceduta sul colpo lasciando marito e due figli, di cui uno minorenne;
   si aggiunge che la causale addotta dall'Atac, cioè della probabile distrazione umana, declinando quindi ogni responsabilità, non può essere ritenuta una giustificazione per quanto accaduto;
   secondo fonti di stampa, soprattutto on line, all'interrogante risulta che nel medesimo passaggio, pochi mesi prima (maggio 2013) un treno si sia scontrato con un pullman scolastico che solo per un caso fortunato e perché vuoto in quel momento non ha recato danni alle persone;
   nella medesima zona, in anni precedenti, in altri punti della tratta ferroviaria sono avvenuti incidenti simili e precisamente a Riano (25 km della via Flaminia) e Rignano Flaminio. Tutti passaggi segnalati esclusivamente dalla Croce di Sant'Andrea;
   in ultimo si fa presente che queste zone oramai sono di intenso traffico e, viceversa, questa linea ferroviaria è nata nei primi anni del 1900 è stata mai rimodernata, nonostante i diversi proponimenti declamati più volte –:
   se intendano fornire chiarimenti su quanto avvenuto;
   come intendano adoperarsi nei confronti delle Ferrovie dello Stato e per quanto di competenza delle aziende di trasporto locali che gestiscono i passaggi a livello, affinché si adottino le necessarie misure di sicurezza;
   ritenendo obsolete le motivazioni addotte riguardo i costi elevati che tale misura comporterebbe in tutta Italia e ritenendo la sicurezza dei cittadini un bene inalienabile e fondamentale al di là del mero calcolo economico, se non reputino i Ministri interrogati indispensabile e inderogabile agire affinché, sia sulla linea Roma-Viterbo che nel resto d'Italia in situazioni analoghe (dove molti passaggi a livello delle varie tratte ferroviarie sono segnalati solo dalla croce di Sant'Andrea ed ogni anno si segnalano numerosi incidenti anche mortali) il Governo affronti uno sforzo economico ulteriore, di aiuto alle regioni nello specifico, e affinché si avviino quelle procedure di sicurezza, di cui si parla da diverso tempo per dotare tutti i passaggi a livello locali, regionali e nazionali di sbarre che precludano il passaggio all'arrivo del treno. (4-03204)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 17 dicembre 2013 ricorrerà il triste anniversario dell'incidente della Grimaldi Lines nel mar Tirreno. Con mare e vento forza nove, nell'area del Banco di Santa Lucia, ad ovest dell'isola di Gorgona, caddero in acqua dalla nave cargo «Venezia» della Grimaldi Lines due bilici carichi di bidoni contenenti sostanze tossiche ed altamente infiammabili, al contatto con l'aria;
   ad oggi secondo le più recenti notizia di stampa sarebbero ancora 71 i fusti in mare;
   la stampa locale e nazionale diede ampio risalto alla tragica vicenda con articoli apparsi su La Repubblica, Il Tirreno e, tra gli altri, dal sito Panorama.it. Nell'incidente furono dispersi 198 fusti per un totale di 40 tonnellate di sostanze tossiche nei fondali del Tirreno, a circa 20 miglia dalla costa di Livorno all'interno del parco nazionale dell'arcipelago toscano: cuore del Santuario internazionale di mammiferi marini Pelagos;
   è importante precisare quanto segue: sembrerebbe che solo dopo quattro giorni la capitaneria di porto di Livorno abbia inviato bollettini e segnalazioni ai comuni rivieraschi interessati, precisando che: «(...) Chiunque avvistasse i fusti, sia pescherecci che cittadini a riva, ci avverta subito, non li tocchi se sono asciutti... »; inoltre il comandante della guardia costiera livornese sottolineò che i fusti «(...) sono nocivi e se non vengono tenuti costantemente bagnati possono infiammarsi (...)»;
   si tratterebbe di catalizzatori di ossidi di cobalto: barrette piccole e granulose, di solito utilizzate per desolforizzare benzina e gasolio;
   a seguito di quanto accaduto all'epoca nei confronti dell'armatore proprietario del Grimaldi partì una diffida affinché si impegnasse a ritrovare e rimuovere dal mare i fusti;
   risultano poi alcune incongruenze rispetto alla ricostruzione dell'accaduto da parte della Grimaldi Lines. Il comandante del cargo «Venezia», secondo quanto appare dalla stampa, dichiara di essersi accorto di aver perso i semirimorchi solo all'arrivo nel porto di Genova: tale dichiarazione è in evidente contrasto da quanto risulta dalle strutture di sicurezza dei porti: l'allarme è infatti stato lanciato subito dopo l'incidente;
   fonti dell'Arpa Toscana e dell'Ispra, l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, riunitisi, il 30 dicembre 2011, in un tavolo tecnico convocato d'emergenza in prefettura a Livorno a cui hanno partecipato anche, asl, regione Toscana, Marina militare e i vigili del fuoco rivelano che: «[...] per fortuna non sono facilmente solvibili in acqua, ma sono soggette ad autocombustione se secche, e comunque sono effettivamente tossiche per la fauna marina...»;
   le sopraddette rassicurazioni, peraltro sommarie, non risultano all'interrogante del tutto sufficienti sia per la vaghezza dei resoconti da parte delle autorità competenti sia per i ritardi nel recupero del pericoloso materiale disperso in mare dopo quasi un mese dall'incidente;
   in particolare da anni Legambiente Arcipelago Toscano ha chiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di impegnarsi fortemente nella ricerca e nella difficile azione di recupero dei fusti che potrebbero essersi inabissati fra l'isola di Gorgona e il banco di Santa Lucia, in un punto dove i fondali arrivano fino a 400 metri di profondità;
   l'interrogante ha presentato un atto di sindacato ispettivo anche nella passata XVI legislatura senza ottenere alcuna risposta nonostante i ripetuti solleciti –:
   se i Ministri interrogati intendano chiarire con la massima urgenza quali sia lo stato del monitoraggio dell'area in cui occorse l'incidente e quali siano le iniziative ancora in atto per arrivare al completo recupero dei fusti tossici onde escludere definitivamente qualsiasi rischio per la salute dei cittadini e dell'ambiente e in quale modo si intenda assicurare alle autorità competenti, viste anche le possibili difficoltà tecniche causate dalle grandi profondità, le risorse necessarie per recuperare i fusti tossici così come avvenuto in altre situazioni sospette;
   se e in quale modo la compagnia Grimaldi Lines sia stata chiamata a concorrere al recupero dei fusti e a sostenere i relativi costi;
   se intendano urgentemente informare i cittadini su quali siano realmente le sostanze solide inorganiche autoriscaldanti disperse in mare;
   se intendano chiarire se sia stata accertata la dinamica e le responsabilità dell'incidente e determinare l'impatto di questo ennesimo inquinamento marino in modo da impedire che esso si ripeta in un'area importante che il Parco nazionale dell'arcipelago toscano e il Santuario Pelagos proteggono. (5-01908)


   LUPO, BUSTO, GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, GAGNARLI, BENEDETTI, DI BENEDETTO, NUTI, DI VITA, CANCELLERI, MANNINO e MARZANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 19 giugno 2009 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato, ai sensi della direttiva 79/409/CEE, l'elenco delle zone di protezione speciale (ZPS), presenti nel territorio nazionale, tra le quali risulta inserita, con codice ITA070029 la zona denominata «Biviere di Lentini, tratto mediano e foce del Fiume Simeto e area antistante la foce»;
   in base all'articolo del «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche» (decreto del Presidente della Repubblica 357/1997), alle zone di protezione speciale – che sono comprese nella Rete «Natura 2000» – trovano applicazione gli obblighi previsti derivanti dagli articoli 4 e 5 dello stesso regolamento;
   in data 18 novembre 2013, i funzionari dell'Assessorato territorio e ambiente Dipartimento regionale dell'ambiente della regione Sicilia, con D.D.G. n. 874, decretano giudizio di compatibilità positivo per il «Progetto di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi sita in C.da Armicci, comune di Lentini (Salerno)» committente società Pastorino S.r.L, da realizzarsi in una zona che dista 750 metri dal Lago di Lentini e 2,1 chilometri dal centro abitato;
   nel «considerato» del D.D.G. n. 874 viene confermato il giudizio di compatibilità anche se: «le tipologie progettuali indicate nell'allegato A e B ricadono, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette»;
   nel lago di Lentini secondo alcuni censimenti della Lega italiana protezione uccelli (LIPU), sono state censite venticinquemila presenze di volatili, appartenenti a centocinquanta specie diverse, quindici delle quali vi nidificano –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e se non ritenga urgente intraprendere – per quanto di competenza – azioni mirate a tutelare le zone di protezione speciali istituite dallo stesso Ministero;
   se il Ministro sia a conoscenza delle misure – che la regione siciliana è tenuta ad adottare in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 – finalizzate ad evitare il degrado della zona di protezione speciale in questione, nonché la perturbazione delle specie per cui la zona è stata designata;
   se non ritenga che, in caso di realizzazione nelle immediate vicinanze della zona di protezione speciale «Biviere di Lentini, tratto mediano e foce del Fiume Simeto e area antistante la foce» del progetto di discarica approvato dalle competenti regionali, non si possa incorrere in una ipotesi di infrazione comunitaria, rispetto agli obblighi fissati dalla direttiva 79/409/CEE. (5-01914)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'area del nolano – da molti oggi definita «Campania infelix» – è un territorio che confina a sudest con Tufino e a nordovest con Acerra. Tale territorio, ormai, può ben definirsi una delle pattumiere ufficiali della Campania, nonché dell'Italia intera. Infatti, l'area del nolano è divenuta oggi lo sversatoio privato delle ecomafie locali e nazionali, nel contrasto delle quali sia la magistratura che le forze dell'ordine, senza un adeguato impianto normativo, poco possono fare;
   è scandaloso ripercorrere l'immobilismo che ha caratterizzato nel corso degli ultimi decenni l'atteggiamento delle autorità di governo di ogni livello per un territorio definito con un termine ormai quasi di moda «il triangolo della morte»;
   gli abitanti dell'area nolana stanno pagando un pesantissimo tributo umano soprattutto a livello di patologie oncologiche la cui incidenza desta preoccupazione e raccapriccio soprattutto con riferimento a soggetti di giovane età che sempre più spesso vengono «inspiegabilmente» colpiti da mali incurabili;
   il danno – già di per sé rovinoso per una intera comunità – diviene beffa nel momento in cui si ottiene la «legalizzazione della tossicità» di un luogo, così come accade nell'inferno delle discariche di Palenzano 1 e 2, ovvero le più grandi discariche «autorizzate» mai aperte nell'area nolana;
   tali siti si trovano nel comune di Tufino (Napoli) in località «Schiava», nelle vicinanze della strada provinciale per Visciano. Le discariche sono state realizzate in una vecchia cava di tufo esaurita, tipicamente caratterizzata dalle pareti a scarpa verticale. Furono aperte dall'allora prefetto delegato all'emergenza rifiuti attraverso poteri in deroga a lui conferiti con decreto, proprio per sopperire all'emergenza. Napoli e il napoletano soffocavano nell'immondizia e il nolano a qualcuno sembrò uno spazio «adatto» per portarceli. Nella stessa zona è presente un'altra cava di tufo, ancora in funzione, in un'area a rischio sottoposta a vincolo idrogeologico dal Piano stralcio per l'assetto idrogeologico dell'autorità di bacino nord-occidentale della Campania (2010);
   così come si legge da un reportage pubblicato sul sito web www.formatoa3.it tali siti, esauriti per il conferimento dei rifiuti (sarebbero stati aperti per quattro lunghi anni dal 1996 al 1999), allo stato attuale sono in fase di gestione post operativa: Palenzano 1 presenta una copertura superficiale costituita da «capping finale» (strato di terra, argilla, terra, seminagione di erba e alberi vari); Palenzano 2 presenta invece una copertura superficiale provvisoria in terreno, nelle more della realizzazione del capping finale. All'interno di Palenzano 1 è realizzato un impianto di captazione del biogas, gestito dal Consorzio Asia e affidato alla ditta «Asja Elettrogas». La captazione avviene tramite pozzi verticali collegati ad una centrale di aspirazione. Nel piazzale è presente una centrale a metano cha ha la funzione di supporto. L'energia elettrica prodotta viene venduta all'ENEL. Accanto alle discariche è stato realizzato uno stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti (STIR), accessibile attraverso una rotatoria realizzata appositamente nelle vicinanze dello svincolo dell'autostrada A16 Napoli-Canosa;
   sempre secondo quanto si legge nel sopracitato reportage, queste differenti funzioni restituiscono l'immagine di un luogo fortemente sfigurato, in cui alla preesistente vocazione agricola si sono sostituite funzioni espulse dai centri cittadini a livello regionale e provinciale, incompatibili sia con la presenza antropica che con quella naturale. La questione assume pertanto uno sfondo caratterizzato da un triplice ordine di problematiche: al problema discariche, infatti, oggi parzialmente rimosso con la chiusura degli impianti, si aggiungono le scomode presenze della cava ancora in funzione e dello STIR, nel quale non arrivano materiali frutto di una raccolta differenziata corretta, ma anche una frazione organica non composta altamente nociva;
   tali siti, infatti, ad oggi sono stati ricoperti, ma non bonificati e, come spesso accade, nell'opinione pubblica non c’è l'adeguata consapevolezza del fatto che sono state lì interrate ingentissime quantità di rifiuti speciali, molti dei quali pericolosi. Da fonti di stampa, l'interrogante avrebbe addirittura appreso la presenza di rifiuti ospedalieri del presidio sanitario nolano, nonché di altri rifiuti tossici provenienti dall'Italia settentrionale;
   in tali discariche, pertanto, il percolato prodotto dai rifiuti si infiltra sotto il terreno nell'indifferenza generale;
   così come sostenuto da fonti di stampa, infatti, si sarebbe in presenza di una bomba ecologica sotterrata, che non solo sarebbe pronta ad esplodere da un momento all'altro, ma che nel frattempo starebbe dando i suoi frutti contaminati che avvelenano le popolazioni residenti nell'area;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa (in particolare dall'articolo «Palenzano, la terra dei veleni», pubblicato sul sito web www.ilgiornalelocale.eu a firma di Bianca Bianco), si calcola che nel corso dei quattro anni in cui Palenzano 1 e Palenzano 2 sono state aperte (come si è detto dal 1996 al 1999 circa), i due siti abbiano accolto 1,250 milioni di metri cubi di rifiuti di ogni tipo. Nel frattempo il percolato, gli scarichi dei camion, i rifiuti, la puzza, si erano già mangiati frutteti e noccioleti, la ricca agricoltura di quelle terre;
   negli anni, gli agricoltori della zona avrebbero visto morire le piante e le coltivazioni, così come sarebbe stato certificato da una consulenza alla facoltà di agraria di Portici nel quale gli studiosi avrebbero accertato la morte dei noccioleti;
   sempre secondo quanto si apprende dal sopracitato articolo, a diciassette anni dall'apertura di Palenzano 1 e 2, a tredici dalla loro chiusura, con danni ambientali conclamati, natura sfigurata e (forse) un incremento delle patologie tumorali e del sangue negli abitanti della zona, non si parla ancora di bonifica. Per Palenzano 1 fu sostenuto che era stata bonificata, ma non è del tutto vero, dal momento che non è possibile confondere la bonifica con una «messa in sicurezza»;
   sempre secondo il reportage pubblicato sul sito web www.formatoa3.it restituire dignità a questi luoghi, coincide necessariamente con una presa di posizione nei confronti di tutte queste problematiche, interpretate come facce di uno stesso problema: politiche settoriali e gestione errata dell'emergenza rifiuti, a livello regionale e di Governo centrale, hanno determinato un danno ambientale di valore altissimo per questi territori un tempo noti per la produzione di noci e ciliegie –:
   quali siano le informazioni in possesso del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alle vicende delle discariche di Palenzano 1 e 2 e se il Ministro stesso non sia intenzionato ad attivare tutti i poteri in suo possesso affinché si addivenga nel più breve tempo possibile ad una effettiva e completa bonifica dei siti indicati, dal momento che una pericolante «messa in sicurezza» non può essere considerata una garanzia definitiva per il territorio interessato;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga, altresì, doveroso, sempre nell'ambito delle sue competenze e anche per il tramite del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, verificare il corretto funzionamento dell'impianto di captazione del biogas e la compatibilità ambientale dello stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti (STIR), effettuando soprattutto il monitoraggio delle tipologie di rifiuti che vengono «smaltite» in detto impianto;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'ambito delle sue competenze, non ritenga di dover avviare un'ampia campagna di riqualificazione di un territorio che un tempo rappresentava una delle zone più fertili di tutto il territorio nazionale;
   se il Ministro della salute, nell'ambito dei suoi poteri, non sia intenzionato a porre in essere una indagine epidemiologica per verificare se sussista una alterazione statistica nell'incidenza delle patologie che possono essere causate dall'esposizione della cittadinanza ai materiali altamente nocivi tutt'oggi presenti all'interno delle discariche di Palenzano 1 e 2. (4-03202)


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 183 comma 1 del decreto 152 del 2006 definisce «rifiuto» qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;
   ai sensi dell'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006, «la gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento»;
   il comma 3 del suindicato articolo stabilisce che, «con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall'ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse»;
   l'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 «Testo Unico in Materia Ambientale», così come modificato dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 205 del 2010, non consente l'abbruciamento dei residui vegetali, quali paglia, sfalci, potature, foglie ed altro materiale agricolo e forestale naturale non pericoloso, in quanto gli stessi devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati. La combustione sul campo dei residui vegetali configura, pertanto, l'ipotesi di reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente ai sensi dell'articolo 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   tra le «Linee guida dell'attività operativa 2013» dell'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato, si legge, infatti, che: «... paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, se non utilizzato in agricoltura o per la produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana, devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati: pertanto la combustione sul campo dei residui vegetali configura reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente dall'articolo 256 comma 1 del decreto legislativo numero 152 del 2006»;
   l'articolo 177, comma 7 del decreto legislativo 152 del 2006, così come modificato dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, prevede che «Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione»;
   la regione Lazio ha adottato un regolamento (il 7/2005) che prevede all'articolo 91 il divieto di accendere fuochi nel periodo a rischio di incendi ma all'articolo 92 indica «Condizioni per l'uso del fuoco» stabilendo che, in deroga alle disposizioni di cui al precedente articolo 91, l'uso del fuoco è consentito per l'abbruciamento del materiale vegetale di risulta dei lavori di manutenzione dei castagneti da frutto, degli oliveti e dei terreni saldi e pascolivi, dando indicazioni sulle modalità dell'abbruciamento;
   il settore programmazione agricola forestale della regione Toscana, con nota protocollo n. 63866 G/70 del 6 marzo 2013, ha chiarito che «gli abbruciamenti e il reimpiego del materiale ligno-cellulosico nel ciclo culturale di provenienza, comunque sono anche regolati dalle norme AIB di cui agli articoli 58-69 del regolamento forestale» della Toscana. È quindi evidente che, sulla base di dette disposizioni, il taglio della vegetazione e le successive operazioni, eseguite in conformità a quanto indicato nel regolamento forestale (compreso l'eventuale abbruciamento con reimpiego della cenere o triturazione), rientrano nell'ambito del normale ciclo colturale agro-forestale e non rappresentano una violazione della normativa sui rifiuti»;
   la regione Campania con delibera di giunta n. 100 del 13 marzo 2012, avente ad oggetto «Elenco criteri di gestione obbligatoria e delle norme e degli standard per il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche ed ambientali ai sensi del regolamento (Ce) n. 73/09», ha stabilito che, «conformemente alle normative regionali in materia di protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania (legge regionale n. 8/96 modificata dalla legge regionale n. 24/05) ed in materia economica, bonifica montana e difesa del suolo, è vietata la bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati, dal 1o giugno fino al 30 settembre di ciascun anno. Dal 1o ottobre al 30 maggio dell'anno successivo la bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati è consentita, nel rispetto della normativa vigente in materia anticendio e forestale, quando la distanza dai boschi è superiore di mt. 50 dai medesimi, purché il terreno su cui l'abbruciamento si effettua venga preventivamente circoscritto ed isolato con una striscia arata della lunghezza minima di metri 5. Comunque non si deve procedere all'abbruciamento quando spira il vento»;
   nel medesimo provvedimento, la regione Campania prevede delle deroghe a quanto suindicato nei seguenti casi: nei castagneti da frutto è consentita la ripulitura del terreno da ricci, dal fogliame, dalle felci mediante la loro raccolta, concentramento ed abbruciamento. L'abbruciamento è consentito dal 1o settembre al 30 marzo e dovrà essere effettuato dall'alba alle ore 9. Il materiale raccolto in piccoli mucchi è bruciato con le opportune cautele su apposite radure predisposte nell'ambito del castagneto»;
   alla luce di quanto suesposto, è piuttosto evidente una distonia tra quanto disposto dalle leggi nazionali, e l'applicazione delle stesse operata dal Corpo forestale dello Stato, e quanto disposto, invece, dalla normative regionali;
   a giudizio dell'interrogante occorre fare le dovute distinzioni per evitare che taluni coltivatori e piccole aziende agricole paghino per i tanti ed eccessivi abbruciamenti illeciti: un conto sono i cumuli la cui combustione provoca fumi quasi sempre tossici, e un altro sono i cumuli di dimensione modeste proveniente dallo sfalcio e dalla potatura o abbruciamenti di necessità, come potrebbero intendersi quelli derivanti dalla castinicoltura;
   a giudizio dell'interrogante, occorre farsi carico delle enormi difficoltà nelle quali incorrono i coltivatori e le piccole aziende agricole che, nonostante le autorizzazioni concesse dai comuni in attuazione di leggi e regolamenti regionali, hanno subito contravvenzioni dagli agenti del Corpo forestale dello Stato che hanno sanzionato l'abbruciamento di piccoli residui vegetali derivanti dalla lavorazione degli alberi e delle piante;
   tali provvedimenti hanno contribuito ad acuire lo stato di crisi nel quale versano i coltivatori e le piccole aziende agricole, già duramente colpite dalla congiuntura economica negativa –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover promuovere un'iniziativa normativa, anche urgente, che consenta e disciplini l'abbruciamento di piccole quantità di materiale vegetale di risulta dei lavori di manutenzione degli alberi e delle piante da frutto. (4-03203)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FICO, D'AMBROSIO, COLLETTI, D'INCÀ, SIBILIA, DI BENEDETTO, DI BATTISTA, CASTELLI e MICILLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2001 il comune di Massa Lubrense avviava una procedura di project financing per la ristrutturazione dell'area portuale di Marina Lobra (Massa Lubrense);
   nel 2002 veniva indetta la conferenza dei servizi per l'esame del progetto preliminare presentato dal progetto promotore; all'esito della conferenza si registrava la mancata acquisizione della prevista valutazione di impatto ambientale (VIA), nonché dei saggi archeologici preventivi richiesti dalla competente soprintendenza archeologica di Pompei (i saggi sono divenuti poi obbligatori con il decreto legislativo n. 163 del 2006); la conferenza si chiudeva altresì in difetto degli indispensabili pareri urbanistici da parte delle autorità provinciali e regionali;
   ciononostante, la procedura veniva portata avanti, nel periodo 2003-2010 l'amministrazione di Massa Lubrense espletava la gara per l'aggiudicazione dell'opera, conclusasi con l'assegnazione allo stesso soggetto promotore (SIMA Srl);
   nel 2006 veniva emanato il decreto legislativo n. 163 del 2006, che impone tassativamente l'effettuazione di indispensabili saggi archeologici preventivi, da parte di qualsiasi soggetto che voglia realizzare un'opera pubblica in determinati territori sottoposti a specifica tutela; la ratio di questa norma è quella di contenere, già nella fase di studio preliminare, il dispendio di risorse pubbliche nonché di scongiurare danni al patrimonio culturale e archeologico irrimediabilmente sanabili;
   successivamente, quando ormai la realizzazione dell'opera era stata aggiudicata al soggetto promotore nella gara di cui al terzo punto, ma non era stata ancora indetta la conferenza dei servizi per l'approvazione del progetto definitivo, il sindaco di Massa Lubrense firmava con il soggetto promotore una convenzione, dinanzi al notaio Trimarchi di Castellammare di Stabia, per la realizzazione dell'opera non ancora definitivamente approvata;
   in seguito all'aggiudicazione dell'opera, la SIMA Srl iniziava a proporre a potenziali acquirenti l'acquisto di posti barca e posti auto mediante la sottoscrizione di contratti con diritti di prelazione i quali, secondo autorevoli pareri legali, sarebbero peraltro del tutto carenti di legittimazione attiva; è di conseguenza probabile che la SIMA Srl abbia ricevuto corrispettivi derivanti dalla sottoscrizione di tali contratti, ma si ignora se le eventuali somme siano stare registrate in bilancio;
   in data 13 maggio 2001 l'amministrazione procedente indiceva ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 241 del 1990 una conferenza dei servizi per l'esame del progetto definitivo di ristrutturazione dell'area portuale di Massa Lubrense e rimessaggio, con sistemazione per la balneazione, del litorale Chiaia presentato dal soggetto promotore;
   la conferenza si chiudeva nel 2011, ancora una volta, con la mancata acquisizione della valutazione di impatto ambientale, necessaria già nella fase preliminare; con il parere contrario dell'autorità di bacino del Sarno, in quanto l'intero progetto sarebbe realizzato su un'area a pericolosità elevata e dunque non risulta compatibile con il Piano di Stralcio per l'Erosione Costiera riguardante la penisola sorrentina (PSAI); con il parere negativo da parte del settore Urbanistica della regione Campania, in quanto il progetto non risulta conforme al piano urbanistico territoriale (PUT); con il parere negativo da parte della sovrintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei, la quale ravvisava la necessità di procedere all'esecuzione di saggi archeologici preventivi, dei quali non esiste traccia nei verbali e nei relativi allegati della conferenza; soprintendenza beni ambientali e paesaggistici, sempre a firma dell'architetto Teresa Caputo;
   a margine, merita sottolineare che un parere drasticamente contrario è stato espresso anche dalle associazioni ambientaliste WWF Italia e ItaliaNostra;
   nonostante il copioso elenco di pareri contrari, o addirittura mancanti, il comune di Massa Lubrense con determina dirigenziale del 29 dicembre 2011 rigettava i pareri contrari e riteneva comunque acquisiti quelli mancanti;
   in risposta a tale incomprensibile decisione del comune di Massa Lubrense, a febbraio 2012 il settore urbanistica della regione Campania inviava una nota, di concerto con l'Autorità di bacino del Sarno e del settore urbanistica della provincia di Napoli, al comune medesimo, articolando una serie di motivazioni a dimostrazione della palese illegittimità della predetta determina dirigenziale e del conseguente intento del comune di proseguire nella procedura; con questa nota la regione chiedeva quindi di annullare in autotutela la determina, in quanto illegittima;
   nei mesi successivi il comune richiedeva un parere legale sulla vicenda, rilasciato a distanza di poche settimane con esito positivo;
   l'autorità di bacino presentava quindi ricorso al TAR contro la determina; ad esso si aggiungevano i ricorsi della PRO LOCO di Massa Lubrense, soggetto interessato in quanto in possesso di una concessione demaniale, e dei privati le cui proprietà si vorrebbero espropriare per la realizzazione di un'opera palesemente illegittima e pericolosa;
   la settima sezione del TAR Campania, a distanza di appena 9 giorni dall'udienza di merito, emetteva una sentenza di rigetto del ricorso dell'autorità di bacino di Sarno in quanto il dissenso di quest'ultima non era stato acquisito in sede di conferenza bensì a mezzo fax;
   l'autorità di bacino di Sarno proponeva quindi ricorso al Consiglio di Stato che, esaminate le tesi del ricorrente e delle controparti (Comune di Massa Lubrense e soggetto promotore) emetteva una immediata sospensiva della procedura amministrativa in attesa della prossima udienza di merito fissata per il 21 gennaio 2014;
   nella stessa data saranno discussi, poiché i giudizi sono stati riuniti, anche i ricorsi della PRO LOCO di Massa Lubrense e dei privati, anch'essi rigettati dal TAR con motivazioni altrettanto discutibili rispetto a quelle utilizzate per rigettare il ricorso dell'autorità di bacino di Sarno;
   appare infine indispensabile precisare che le motivazioni con cui il TAR Campania ha rigettato il ricorso dell'autorità di bacino di Sarno (cioè la trasmissione del parere a mezzo fax) e che oggi il comune di Massa Lubrense vorrebbe che il Consiglio di Stato ribadisse, sono le stesse al vaglio della magistratura sarda in relazione al ben noto disastro idrogeologico di poche settimane fa –:
   se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero dei beni e attività culturali e del turismo siano a conoscenza di questa situazione e quali iniziative intendano intraprendere per quanto di competenza affinché siano impediti gli interventi in questione in quanto ad avviso degli interroganti palesemente illegittimi, nonché pericolosi ed incompatibili con le esigenze di tutela paesistica ed ambientale del sito. (4-03216)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dall'inizio dell'anno in corso risulta non più operativo lo sportello di Equitalia (ex ritimat) di Pisticci;
   la cittadinanze è stata informata attraverso un cartello affisso davanti all'ingresso il quale invita i cittadini ad effettuare gli eventuali pagamenti e adempimenti di competenza o via internet o presso gli sportelli operativi di Matera o Policoro;
   la chiusura rappresenta una ulteriore penalizzazione del comprensorio di Pisticci che serve un ambito ben più vasto della sola municipalità che comunque per numero di abitanti è seconda solo al capoluogo di provincia;
   va tenuto presente che a Pisticci sono operativi gli uffici dell'Agenzia delle entrate, uffici per i quali nella precedente legislatura ho presentato un ordine del giorno finalizzato ad evitarne la soppressione nel processo di riorganizzazione;
   non si comprende pertanto la ragione per cui si è deciso di procedere alla soppressione degli uffici di Equitalia presso Pisticci anche in considerazione del fatto che la prossimità di una struttura del genere evita ulteriori disagi e disservizi a chi è costretto a risolvere una serie di contenziosi –:
   quali siano le ragioni che hanno determinato tale soppressione e se, in relazione invece alla centralità comprensoriale del comune di Pisticci e alla non irrilevante presenza dell'Agenzia delle entrate, sia possibile ripristinare l'operatività dello sportello di Equitalia. (5-01910)


   PISANO, BARBANTI, CANCELLERI, TOFALO, DE LORENZIS, SIBILIA, SILVIA GIORDANO, CRISTIAN IANNUZZI, SPADONI, LIUZZI, BECHIS e LOREFICE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Salerno è capoluogo di provincia e conta 131.763 abitanti residenti (cfr. bilancio demografico anno 2013 Istat);
   l'articolo 3, comma III, del decreto Ministero dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, attuativo dell'articolo 82, comma VIII, del decreto legislativo n. 267 del 2000, prevede «per i sindaci di Comuni Capoluogo di Provincia con popolazione da 100.001 a 250.000 abitanti, la corresponsione dell'indennità di funzione prevista per i sindaci dei Comuni con popolazione da 250.001 a 500.000 abitanti», come da Tabella A del medesimo decreto;
   la tabella A del medesimo decreto prevede la corresponsione di un'indennità per i sindaci di comuni capoluogo di provincia pari ad 11.200.000 lire mensili (euro 5.784,32);
   l'articolo 2, comma II, del medesimo decreto prevede l'equiparazione dell'indennità del sindaco della città capoluogo di provincia a quella del presidente della provincia, secondo gli importi indicati nella medesima Tabella A;
   la provincia di Salerno conta 1.092.349 abitanti residenti;
   l'indennità dovuta al presidente della provincia di Salerno, ai sensi del disposto della Tabella A, è pari ad 13.500.000 lire (euro 6.972,17) mensili;
   in forza dell'articolo 5, comma VII, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, «gli importi delle indennità già determinate ai sensi dell'articolo 82 comma VIII, sono diminuiti, per un periodo non inferiore a tre anni, di una percentuale pari al 7 per cento per i comuni con popolazione tra 15.001 e 250.000 abitanti»;
   pertanto il Sindaco di Salerno, in forza delle succitate normative, percepisce l'importo di euro 79.064,00 annui;
   ai sensi dell'articolo 4 comma V del decreto Ministero dell'interno 4 aprile 2000, n. 119: «al vice-sindaco di comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti è corrisposta una indennità mensile di funzione pari al 75 per cento di quella prevista per il Sindaco» applicando i parametri previsti nel medesimo articolo 4 comma V;
   pertanto il vice-sindaco del comune di Salerno dovrebbe percepire l'importo di euro 42.802 (pari al 75 per cento dell'indennità di funzione spettante al Sindaco) come previsto tabella 2 articolo 4 comma V del decreto ministeriale n. 119 del 2000;
   ai sensi dell'articolo 4 comma IX del decreto Ministero dell'interno 4 aprile 2000, n. 119: «agli Assessori di comuni con popolazione tra i 50.000 ed i 250.000 abitanti è corrisposta una indennità mensile di funzione pari al 60 per cento di quella prevista per il Sindaco» come da articolo 4 comma IX;
   pertanto gli assessori del comune di Salerno – stante l'applicazione dei criteri e parametri previsti dall'articolo 4 del citato decreto ministeriale n. 119 – dovrebbero percepire l'importo di euro 46.685,64 (pari al 60 per cento dell'indennità di funzione spettante al sindaco);
   in ossequio al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, il comune di Salerno ha pubblicato sul proprio sito istituzionale i Redditi degli Amministratori Comunali 2012, relativi al periodo di imposta 2011;
   dalla lettura degli stessi dati si evince che:
    a) il sindaco del comune di Salerno dottor De Luca Vincenzo ha dichiarato di percepire, a titolo di «compenso derivante dall'indennità di carica di amministratore», l'importo annuale di euro 79.064,00, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto ministeriale n. 119 del 2000;
    b) il vice-sindaco del comune di Salerno professoressa Avossa ha dichiarato di percepire, a titolo di «compenso derivante dall'indennità di carica di amministratore», l'importo annuale di euro 58.169,00, superiore, pertanto, di euro 15.567 rispetto all'indennità prevista per detta funzione dalle normative succitate;
    c) gli assessori del comune di Salerno hanno formalmente dichiarato di percepire, a titolo di «compenso derivante dall'indennità di carica di amministratore» importi annuali di varia entità ed in particolare:
     I) euro 50.245,00 (Calabrese Gerardo, Cascone Luca, Picarone Francesco), superiore di euro 16.164 annui rispetto a quello previsto dalle normative succitate;
     II) euro 50.413,00 (De Maio Domenico, Guerra Ermanno, Maraio Vincenzo), superiore di euro 16.332 annui rispetto a quello previsto dalle normative succitate;
     III) euro 59.092,00 (Buonaiuto Alfonso, assessore al Bilancio), superiore di euro 25.011 annui rispetto a quanto previsto dalle normative succitate;
   la situazione sin qui prospettata, risulta essere maggiormente aggravata se si considera che le medesime irregolarità riguardanti le erogazioni per le indennità di funzione sono riscontrabili in capo ai consiglieri comunali i quali percepiscono – stante quanto dichiarato sul sito istituzionale ai sensi del decreto legislativo n. 33 del 2013 – una indennità complessiva annua superiore ai parametri stabiliti dal decreto ministeriale n. 119 del 2000 per euro 133.203,00 complessivi;
   pertanto dai dati succitati, emerge l'erogazione in favore del vice-sindaco, degli assessori e dei consiglieri comunali di importi annui superiori rispetto a quelli previsti per legge, in misura complessiva di euro 279.602,00;
   ancora ad avviso degli interroganti la determinazione del compenso derivante dalle indennità di carica dovute a vice-sindaco ed assessore, rispettivamente nella misura del 75 per cento e 60 per cento, non andrebbe calcolata in relazione all'importo effettivo percepito dal sindaco di comune capoluogo di provincia, a seguito dell'adeguamento di cui all'articolo 1 comma II del decreto Ministero dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, ma in relazione a quello effettivamente dovuto per il sindaco, senza tener conto di tale «effetto premiante» così come prevede l'articolo 12 del decreto ministeriale n. 119 del 2000;
   inoltre anche i gettoni di presenza dei consiglieri comunali sono stati ridotti in misura percentuale minore a quanto effettivamente dovuto e vanno calcolati, a parere di chi scrive, in relazione all'indennità dovuta al sindaco, senza tener conto dell'adeguamento agli importi previsti per il presidente della provincia (cfr. articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000 modificato con legge n. 122 del 2010) e tale incongrua corresponsione viene periodicamente adottata attraverso atti di determina dirigenziale del comune di Salerno come ad esempio la determina n. 366/13 oppure la n. 781/13;
   ad ogni modo la situazione contabile del comune di Salerno, relativamente agli emolumenti delle indennità di carica di amministratori e consiglieri, non risulta essere conforme al dettato normativo ma anzi risulterebbe, dai dati su esposti, integrativa del danno erariale la cui fattispecie è prevista e sanzionata dall'articolo 3 comma XLIV legge n. 244 del 2007 –:
   se intenda compiere accertamenti sulla situazione in premessa meglio specificata, dando incarico ai servizi ispettivi di finanza pubblica;
   se intenda qualora accogliesse la richiesta di cui al punto precedente, rendere noti i risultati di dette verifiche;
   se, nel caso di riscontro positivo in merito alle irregolarità sopra meglio puntualizzate, intenda adire per quanto di competenza l'autorità giudiziaria contabile. (5-01915)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOGGIA, NACCARATO e MURER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) prevede per i produttori agricoli che hanno realizzato o che prevedono di realizzare, in caso di inizio di attività, un volume d'affari non superiore a 7 mila euro annui l'esonero dal versamento dell'IVA e da tutti gli obblighi documentali e contabili;
   in seguito, l'articolo 36, comma 8-bis, del decreto-legge n. 179 del 2012 ha assoggettato tali produttori agricoli, esonerati dalla dichiarazione IVA, all'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA (cosiddetto «spesometro»);
   da ultimo, nel corso dell'esame al Senato della legge 27 dicembre 2013, n. 147, legge di stabilità per il 2014, tale obbligo è stato eliminato – abrogando il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge n. 179 del 2012 – allo scopo di sollevare le piccole e piccolissime imprese agricole da un adempimento burocratico palesemente superfluo;
   purtroppo, durante il successivo esame alla Camera della citata legge di stabilità 2014, è stato ripristinato l'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA da parte dei produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA;
   il mantenimento di un adempimento burocratico gravoso e inutile per le imprese con un giro d'affari di dimensioni così ridotte si configura ad avviso degli interroganti come un vero e proprio aggravio gratuito, tanto più in un momento di diffusa difficoltà per gli imprenditori, e contribuisce alla percezione di uno Stato ostile e vessatorio nei confronti dei suoi cittadini –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere con urgenza iniziative normative per eliminare l'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA per i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA, abrogando il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge n. 179 del 2012. (4-03208)


   ZOLEZZI e BARONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in merito alla concessione per i giochi d'azzardo alcune società rimasero escluse dalle gare del 1999;
   il decreto-legge n. 223 del 2006, cosiddetto «decreto Bersani» (misure di contrasto del gioco illegale) ha proceduto a una riforma del settore del gioco in Italia, con la finalità di adeguarlo alle regole dell'Unione;
   molte delle società escluse in precedenza presentarono ricorso;
   i ricorrenti nei procedimenti principali gestiscono «centri di trasmissione dati» («CTD»), per conto della Goldbet Sportwetten GmbH, società di diritto austriaco, con sede ad Innsbruck, con licenza di bookmaker rilasciata dal Governo del Tirolo. L'organizzazione delle scommesse compete solamente alla richiamata società. Infatti dopo aver ricevuto la proposta di scommessa inoltrata dal CTD, la Goldbet può accettare o meno la scommessa, mentre al titolare del CTD spetta esclusivamente il compito di mettere in contatto lo scommettitore e il bookmaker straniero. Il servizio offerto sarebbe, dunque, solo quello di proporre agli scommettitori la connessione e la trasmissione dati, inoltrando al bookmaker la scommessa;
   le istanze di autorizzazione di polizia da parte dei CTD sono state respinte sulla base del fatto che la Goldbet non era titolare in Italia della concessione rilasciata dai monopoli di Stato. Sono stati proposti ricorsi dinanzi al TAR Toscana, deducendo la violazione del principio del mutuo riconoscimento fra Stati membri a causa del rifiuto di concedere alle società, debitamente autorizzate in altri Stati membri, l'autorizzazione ad esercitare in Italia. Lo SNAI, (Sindacato nazionale agenzie ippiche spa), la Stanley International Betting Ltd e la Stanleybet Malta Ltd sono intervenuti a sostegno del convenuto, il Ministero dell'interno. Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte europea se il diritto Unione europea ammetta una normativa nazionale che imponga alle società interessate l'obbligo di ottenere un'autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione sempre rilasciata dallo Stato e che ne limiti il rilascio a coloro che sono già in possesso della concessione;
   secondo la Corte di giustizia dell'Unione europea la licenza di pubblica sicurezza serve per l'attività di gestione e di raccolta delle scommesse (Corte di giustizia dell'Unione europea, sezione III, sentenza 12 settembre 2013 n. C-660/11) oltre a una concessione previa pubblica gara di legge;
   dunque i CTD non potrebbero esercitare attività di gioco di azzardo, anche se la normativa resta incerta;
   dalle dichiarazioni di stampa di Francesco Ginestra, presidente dell'Associazione giochi e scommesse (Agisco), nata sulle ceneri di Assosnai, si evince che gli esercizi irregolari in Italia per l'attività di gestione e di raccolta delle scommesse, fra cui molti CTD, siano circa seimila, un numero superiore a quello dei punti legali, con un'evasione che si aggira attorno ai 400 milioni di euro, un'immensa cifra sottratta al Paese;
   i volumi del gioco regolare risultano in diminuzione, mettendo a rischio circa 25 mila posti di lavoro;
   analoghe dichiarazioni sono state rese da Roberto Fanelli, direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
   da numerose testimonianze risulta che i CTD non svolgano in tutto il Paese il mero ruolo di gestione e trasmissione dati e scommesse, ruolo che non sarebbe comprensibile vista la crescita del volume di affari delle scommesse nei CTD e la diffusione comunque crescente delle reti domestiche, ma risulta che avvenga cessione di denaro contante agli scommettitori e vincite in percentuali maggiori rispetto ai punti legali dovute anche alla diversa tassazione, con chiara tendenza a rivolgersi a tali punti per le scommesse; mancando per questi esercizi la concessione di pubblica sicurezza, non si può escludere che anche minorenni ricorrano a tali centri; tali centri oltretutto possono sorgere a distanze minime rispetto alle scuole e agli altri punti di rispetto considerati dalla normativa per gli esercizi di gestione scommesse regolari;
   la mancanza della autorizzazione di pubblica sicurezza funge quindi da aggravante dell'illegalità di queste attività;
   sono in corso indagini della magistratura su questi fatti;
   il settore del gioco d'azzardo è legato a notevoli criticità sociali, non ultima la ludopatia, di cui tenterà di occuparsi a breve una proposta di legge del nostro gruppo parlamentare degli interroganti;
   l'illegalità in tale settore è foriera di ulteriori problemi di ordine sociale e fiscale –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti esposti;
   se e come i Ministri interrogati intendano porre in essere interventi normativi finalizzati ad impedire ai Centri trasmissione dati (CTD) di operare in contrasto con le regole, scongiurando consistenti danni erariali nonché significativi disagi sociali per le ragioni sopra esposte. (4-03214)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di realizzazione del nuovo carcere di Camerino è inserito in un piano straordinario penitenziario, deliberato dal Consiglio dei ministri già nel 2010 e affidato ad un commissario straordinario, per fornire una risposta concreta alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri italiane che riguarda anche il territorio marchigiano;
   a tal proposito il 17 novembre 2010 è stata sottoscritta una specifica intesa tra la regione Marche ed il commissario delegato per l'emergenza da sovraffollamento degli istituti presenti sul territorio nazionale ed il 12 aprile 2012 si è svolta la conferenza di servizi che ha dato il via libera al progetto di costruzione di nuovi 450 posti, nel territorio camerte;
   dopo più di un anno di mancata esecuzione dell'opera progettata, il 18 luglio 2013, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha approvato una rimodulazione della programmazione degli interventi e dell'impegno delle risorse del piano carceri, prevedendo, tra l'altro, l'espunzione dal predetto piano del nuovo istituto penitenziario di Camerino;
   con nota del 26 settembre 2013, inviata al sindaco di Camerino, il responsabile della struttura amministrativa – ufficio del commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie – ha chiarito, in seguito ai numerosi interventi e appelli promossi dalle istituzioni marchigiane, che l'amministrazione penitenziaria ha ritenuto tale opera di edilizia penitenziaria non più ascrivibile tra quelle considerate urgenti, lasciando tuttavia aperta la possibilità di un intervento futuro, nel caso dovessero emergere nuove esigenze;
   la città di Camerino, che già vive momenti difficili a seguito della soppressione del suo tribunale ha subito un altro devastante colpo per l'economia e la vita di un territorio da sempre fiore all'occhiello per l'economia del nostro Paese, ma non per questo privo di situazioni emergenziali che necessitano di una pronta risoluzione;  
   rinunciare all'edificazione del nuovo carcere ha comportato, a giudizio dell'interrogante, un cattivo uso di denaro pubblico per la città di Camerino, dal momento che sono state effettuate spese per la predisposizione del progetto, indagini geologiche ed altri atti per garantire il completamento, nei tempi utili, dell’iter necessario in vista della pubblicazione del bando di gara –:
   se il Ministro interrogato, tenendo conto dei fatti sopra evidenziati, non ritenga opportuno rivedere la nuova e più recente rimodulazione del piano carceri, ed intervenire per quanto di propria competenza, affinché possa essere autorizzata nuovamente la costruzione del carcere di Camerino. (5-01909)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il tachigrafo digitale, di cui al regolamento CEE n. 3821/85, registra i dati relativi ai tempi di guida e di riposo dei conducenti di autoveicoli e la velocità dell'automezzo;
   la normativa europea in materia è attualmente oggetto di revisione: il 19 luglio 2011, la Commissione europea ha presentato una comunicazione COM(2011)454 corredata di una proposta di regolamento COM(2011)451 volta a rendere i tachigrafi digitali più funzionali, garantendo l'osservanza delle regole dei tempi di guida e di riposo con l'utilizzo di sistemi di localizzazione satellitari;
   le misure adottate in seguito alla proposta di regolamento dovrebbero, nelle intenzioni della Commissione, migliorare la sicurezza dei conducenti e contribuire a ridurre frodi ed oneri amministrativi per un importo stimato in 515 milioni di euro l'anno;
   il Parlamento europeo ha sostenuto l'introduzione del tachigrafo intelligente in quanto ritiene che contribuirà a favorire il rispetto delle regole succitate, riducendo al contempo, nel medio e lungo periodo, gli oneri amministrativi per le imprese di autotrasporto;
   la direttiva n. 2009/4/CE impedisce l'installazione di dispositivi che possano alterare le attestazioni del tachigrafo digitale;
   ai sensi del decreto ministeriale n. 361 del 2003 «Disposizioni attuative del regolamento (CE) n. 2135/98 del Consiglio del 24 settembre 1998, modificativo del regolamento (CEE) n. 38/21/85 del Consiglio, relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada», il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è l'autorità competente per il rilascio dell'omologazione, delle autorizzazioni per le operazioni di monitoraggio e di riparazione dell'apparecchio di controllo;
   gli open data rappresentano il motore per l'innovazione e la crescita, come richiamato dal codice dell'amministrazione digitale (CAD), di cui al decreto legislativo n. 235 del 2010 e dalla Commissione Europea nell'ambito dell'Agenda digitale europea;
   gli open data costituiscono un modello di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, e hanno un valore economico considerevole in quanto possono favorire lo sviluppo di una nuova generazione di servizi informativi –:
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non intenda intervenire, coordinando la propria attività con gli altri Ministri interrogati secondo le rispettive competenze, ai fini della realizzazione di un unico dispositivo open hardware e open source per il monitoraggio degli spostamenti, che racchiuda al suo interno le funzionalità di eCall, SISTRI, e UIRNET nonché di tachigrafo digitale;
   se non si intenda intervenire ai fini della individuazione di un ente terzo, che potrebbe essere anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, cui delegare la gestione dei dati raccolti. (5-01912)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a quanto ci risulta, al chilometro 60+00 della strada statale n. 4, Salaria, si verificano sinistri automobilistici con cadenza quasi quotidiana;
   la causa di tali incidenti risiederebbe nella particolare conformazione ad «S» di quel tratto, nonché nell'evidente stato di incuria del medesimo;
   la stessa procura della Repubblica, competente per quel tratto di strada, sta valutando iniziative volte a verificare il reale stato di manutenzione di quel tratto stradale, al fine di accertare eventuali responsabilità;
   l'attuale situazione rischia di precipitare a fronte del possibile peggioramento delle condizioni atmosferiche legate alla stagione e alle particolari condizioni climatiche di quella zona;
   a fronte di tutto ciò non è dato vedere all'orizzonte iniziative che possano risolvere in modo definitivo tale problema;
   a fare le spese di tale inerzia sono i cittadini e, in particolare, coloro che si muovono lungo tale strada statale per lavoro, essendo quest'ultima l'unico collegamento, sebbene per niente valorizzato, tra la provincia di Rieti e l'area metropolitana di Roma –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, in merito ai fatti riferiti in premessa;
   se e come il Ministro intenda intervenire, per quanto di competenza, eventualmente di concerto con gli enti locali, al fine di eliminare, o comunque limitare, la pericolosità del tratto della strada statale n. 4 di cui alla premessa;
   se il Ministro, di concerto con gli enti locali, non ritenga opportuno controllare le condotte dei rispettivi uffici competenti sinora adottate ed i fatti riportati in premessa, al fine di verificare eventuali responsabilità amministrative. (4-03211)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCON. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio comunale di Caorle, in provincia di Venezia, ha deciso a maggioranza, durante la seduta del 23 dicembre 2013, di stralciare dal nuovo programma di governo della giunta, il punto che prevedeva la possibilità di rivedere una particolare previsione urbanistica: quella del villaggio delle cosiddette terme, una speculazione di 240 mila metri cubi, che solo per un decimo avrebbe riguardato il centro termale, ma che si sostanzia bensì nell'ennesimo complesso residenziale e commerciale a pochi passi dal centro storico della cittadina;
   nonostante le smentite del sindaco, i consiglieri comunali Marco Favaro e Alessandro Borin hanno denunciato pubblicamente come dietro questo cambio di rotta vi siano state delle pesantissime minacce, anche di morte, indirizzate al sindaco e ai citati consiglieri, i quali avevano promosso il suddetto punto del programma;
   una serie di episodi alquanto preoccupanti si sono susseguiti a Caorle negli anni: un attentato incendiario a due auto della polizia municipale nel giugno del 2013, il lancio di una molotov contro l'auto di un residente nell'ottobre dello stesso anno, l'incendio dell'auto di un avvocato nel 2011;
   tali episodi si collocano in un contesto quale il litorale veneziano, che ha visto verificarsi negli ultimi anni una dissennata cementificazione evidentemente intrecciatasi con l'operatività di organizzazioni criminali. Fenomeni d'infiltrazione mafiosa che, come ha ricordato alla Commissione parlamentare antimafia, durante un'audizione svolta nel 2012, il procuratore capo Delpino, «potrebbero risalire già agli anni ’70, quando le spiagge di Jesolo ed Eraclea vedevano molteplici, e non facilmente giustificabili, passaggi di società nella proprietà degli alberghi» –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per fare chiarezza su questo grave episodio nonché quali siano le direttive date e seguite concretamente dalle autorità locali di pubblica sicurezza per impedire che le amministrazioni locali del litorale veneziano siano in futuro soggette a minacce o intimidazioni di tal genere. (4-03213)


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in località Ponte Verucchio, in provincia di Rimini, nella notte fra giovedì 16 e venerdì 17 gennaio 2014 un incendio doloso ha distrutto due mezzi della ditta Emir spa, specializzata nella lavorazione di sabbia, ghiaia e pietrisco, all'interno della cava di proprietà del Gruppo CBR-Società Cooperativa Braccianti Riminese di cui fa parte la stessa Emir spa;
   altri quattro inneschi con ordigni incendiari inesplosi sono stati rinvenuti sotto altrettante macchine operatrici, di cui sono state irrimediabilmente compromesse le centraline di funzionamento;
   nella cava di Ponte Verucchio Emir spa impiega 12 operai, i cui posti di lavoro sarebbero oggi a rischio se tutti gli ordigni incendiari fossero esplosi come era nelle intenzioni degli attentatori;
   su un gabbiotto all'interno della cava è stata rinvenuta la scritta «Cmc ecoterrorista. Solidarietà a Niccolò, Claudio, Chiara, Mattia e alla lotta No Tav»;
   il gruppo Cmc è una delle aziende impegnate nei lavori dell'Alta Velocità in Val di Susa, di cui Emir spa detiene oggi una quota che può essere definita irrisoria;
   la scritta di rivendicazione fa riferimento ai quattro attivisti No tav arrestati il 9 dicembre con l'accusa di aver organizzato gli attacchi del 14 maggio 2013 al cantiere di Chiomonte, per i quali nei giorni immediatamente precedenti all'attentato incendiario di Ponte Verucchio i giudici del Riesame avevano respinto la richiesta di arresti domiciliari con la motivazione che è ravvisabile la finalità di terrorismo «tenuto conto che l'azione è idonea, per contesto e natura, a cagionare grave danno al Paese» ed «è stata posta in essere allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di un'opera pubblica di rilevanza internazionale»;
   nel 2009 la medesima cava, allora di proprietà della ditta Sic del gruppo Cmc, era stata teatro di un altro attentato, con il danneggiamento di un nastro trasportatore, rivendicato poi a Bologna da gruppi No Tav;
   sul posto è intervenuta l'Arma dei carabinieri con il reparto investigazioni scientifiche, che indaga sull'accaduto –:
   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda nei suoi dettagli;
   quali iniziative di competenza intenda assumere in modo da scongiurare nuovi rischi di attentati contro le aziende e i loro lavoratori;
   se non ritenga doveroso promuovere ogni iniziativa di competenza per contribuire ad assicurare al più presto i colpevoli alla giustizia. (4-03215)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si è da poco concluso un approfondito studio statistico, condotto da un ricercatore di origini italiane presso l'università di Chicago e finanziato dalla National Science Foundation, che ha analizzato la ricorrenza dei medesimi cognomi nelle università italiane;
   lo studio di fatto appare confermare su base scientifica che gli atenei italiani sono inquinati dalla piaga del nepotismo;
   per misurare la diffusione reale del fenomeno nell'accademia italiana, il ricercatore ha utilizzato un database di pubblico dominio creato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, (Cineca), contenente nomi e cognomi di oltre 61.000 professori e ricercatori occupati in 84 sedi universitarie italiane;
   partendo da una semplice analisi di frequenza sui cognomi presenti nel database, si è scoperto che più di 27.000 cognomi distinti appaiono almeno una volta, e la ricerca ha voluto rilevare se particolari cognomi ricorressero più spesso di quanto atteso in un dato settore;
   per questo il ricercatore ha creato un programma che esegue un milione di estrazioni casuali per scoprire la probabilità di ottenere il numero di cognomi riscontrato nei dati reali. Per fare un esempio: fra i 10.783 accademici in medicina sono stati rilevati 7.471 cognomi distinti. D'altro canto, in un milione di estrazioni casuali dal pool completo dei cognomi, il programma non ha mai ottenuto meno di 7.471 cognomi distinti: una frequenza così bassa ha quindi suggerito l'esistenza di pratiche di assunzione nepotistiche;
   il calcolo è stato ripetuto per ventotto settori disciplinari e la più alta probabilità di nepotismo è emersa per ingegneria industriale, legge, medicina, geografia e pedagogia. All'altra estremità si trovano i campi con distribuzioni di nomi più vicine a quelle casuali – e perciò con la più bassa probabilità di nepotismo: linguistica, demografia e psicologia;  
   in un esperimento successivo, il ricercatore ha esaminato la distribuzione geografica del nepotismo in Italia. Con questo modello, ha testato la probabilità di avere lo stesso cognome di un altro professore nello stesso settore disciplinare e osservato come i valori ottenuti varino da Nord a Sud. È pur vero che il modello ha riscontrato un accentuato gradiente Nord-Sud, con la probabilità di nepotismo che aumenta andando verso Sud, per culminare nelle Isole. È però altrettanto evidente che nella parte alta della classifica ci sono prestigiose università del Nord: Modena e Reggio Emilia (15o posto), Parma (23o), San Raffaele di Milano (25o), Genova (29o), seguite immediatamente da Ferrara e Pavia;
   al secondo posto nella classifica stilata dalla ricerca, si trovano due atenei della medesima regione: Cagliari e Sassari. L'Università sarda, mediante un comunicato stampa, ha chiarito che «autorevoli osservatori, già due anni fa, hanno fatto notare che la sola ricorrenza dei cognomi non è di per sé un criterio oggettivo, specie in un'isola come la nostra, in cui i cognomi sono spesso gli stessi senza che questo dimostri parentela o consanguineità». Questo tuttavia mal si concilia sul fatto che da anni, ormai, i concorsi per ricercatori a Sassari sono contestati, una contestazione a bando. Da ultimo, molto risalto è stato dato all'assegnazione di un posto a demoetnoantropologia che ha visto, tra i sei candidati (su circa una ventina) ammessi agli orali, diversi parenti di professori universitari, tra i quali spiccava pure la nipote del rettore dell'università di Sassari, Antonio Mastino, figlia della sorella e di un altro professore universitario, Giulio Paulis, ordinario di glottologia ed ex preside di lettere del vicino ateneo di Cagliari;
   la ricerca condotta negli USA conferma ancora una volta i motivi per i quali la legge n. 240 del 2010, meglio nota come «riforma Gelmini», volta a contrastare il nepotismo dilagante, è stata ed è così osteggiata dal baronato delle università italiane;
   basti ricordare l'espressa previsione, contenuta nella riforma, di ricorrere nelle procedure di abilitazione scientifica nazionale a parametri oggettivi e universalmente accettati dal mondo scientifico internazionale, quali gli indicatori bibliometrici, e basti ricordare il decreto ministeriale 7 luglio 2012, n. 76, emanato in attuazione dell'articolo 16 della legge n. 240 del 2010, che prevede espressamente questi indicatori bibliometrici e aggiunge che «ottengono una valutazione positiva dell'importanza e dell'impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all'abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno due indicatori (...)»;
   nonostante una normativa come quella appena citata che cerca di contrastare il nepotismo, accadono fatti apparentemente inspiegabili quali la recente emanazione della circolare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, 11 gennaio 2013, n. 754, con la quale è stata data indicazione alle commissioni esaminatrici della procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per numerose aree disciplinari, nel senso opposto alla ratio normativa riformatrice: la circolare, infatti, specifica che anche i canditati privi di indicatori bibliometrici superiori alle mediane avrebbero potuto conseguire l'abilitazione e, viceversa, non conseguirla candidati titolari di indicatori superiori alle mediane, ad avviso dell'interrogante favorendo di fatto procedure poco trasparenti nella selezione dei candidati –:
   se il Ministro interrogato non reputi opportuno assumere iniziative per istituire un'apposita Commissione etica nazionale, atta a verificare, anche alla luce di quanto esposto dalla recente ricerca statistica dell'università di Chicago, la corretta applicazione della «riforma Gelmini» in materia di contrasto al nepotismo universitario, al fine di vagliare eventuali casi di favoritismo all'interno delle università italiane. (5-01913)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUPO, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la superficie forestale nazionale è pari a 10.467.533 ettari, corrispondente al 34,7 per cento della superficie territoriale. Il bosco rappresenta l'83,7 per cento della superficie forestale complessiva, le altre terre boscate il 16,3 per cento;
   il bosco è una risorsa produttiva fondamentale per il nostro Paese, l'utilizzo programmato delle risorse forestali favorisce, infatti, lo sviluppo di un'economia e di un'imprenditoria locale multifunzionale dedicata a più segmenti della filiera bosco-legno comprendente anche aspetti turistici, artigianali, gastronomici. I benefìci della gestione del bosco a filiera ricadono sul territorio locale con ritorni di tipo economico, ma anche sociale e ambientale;
   secondo i dati del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali le attività connesse alla filiera del legno, siano esse aziende atte alla trasformazione industriale o alla commercializzazione del prodotto, vedono un coinvolgimento di circa 80 mila imprese per oltre 500 mila unità lavorative;
   il legname utilizzato dalle imprese nazionali arriva per il 70 per cento da Paesi esteri a fronte di oltre un terzo della nostra superficie nazionale ricoperta da boschi;
   utilizzare in maniera sostenibile le aree boschive consentirebbe a garantire una corretta gestione di tutte quelle aree che sono ad oggi a rischio idrologico;
   nel 2012 il Corpo forestale dello Stato ha rilevato più di 800 illeciti penali e oltre 4000 illeciti amministrativi a fronte di circa 40.000 controlli effettuati, i reati vanno dalla violazione della normativa in materia di tutela ambientale ed idrogeologica, al taglio abusivo in zona vincolata, sino al furto;  
   il prelievo legnoso nazionale nell'ultimo decennio è circa 8 milioni di metri cubi, secondo dati Istat, a fronte di una disponibilità di 37 milioni di metri cubi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti citati in premessa, e se abbia avviato o intenda avviare «tavoli tecnici» per la stesura di linee programmatiche complessive di gestione della superficie boschiva in Italia, affinché possa essere utilizzata in maniera concreta, corretta e sostenibile con il duplice intento di garantire una corretta gestione delle aree a rischio idrogeologico e allo stesso tempo rendere redditizia la filiera del legno in Italia. (5-01911)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in Sicilia è attivo il Piano di sviluppo rurale 2007/2013 la cui dotazione finanziaria è di 2.173.000.000 euro, quasi pari al prodotto interno lordo agricolo annuo siciliano, corrispondente a circa 2.5 miliardi di euro;
   l'assessorato per le risorse agricole e alimentari della regione siciliana ed il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali hanno promosso in Sicilia una massiccia campagna pubblicitaria – dallo slogan «Coltiviamo Sviluppo» – riguardante i risultati conseguiti dal Piano di sviluppo rurale (PSR) 2007/2013, che trovano tuttavia scarso riscontro nel tessuto produttivo siciliano;
   la ricaduta economica del Piano di sviluppo rurale, infatti, non ha determinato risultati tangibili in termini di valore aggiunto. Il prodotto interno lordo agricolo regionale anzi nel periodo considerato, secondo i dati forniti dal servizio statistico della regione siciliana, sarebbe sceso di almeno l'1,5 per cento mediamente per anno; dunque lo slogan principale della campagna «Coltiviamo Sviluppo» appare, agli interroganti, del tutto inappropriato;
   la campagna pubblicitaria «Coltiviamo Sviluppo» è stata disposta con fondi le cui finalità sono quelle di favorire lo sviluppo rurale e non già la visibilità degli assessorati e dei Ministeri della Repubblica Italiana –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e se la dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale possa essere utilizzata, come appare dai dati esposti, per attività di mera pubblicità istituzionale non supportata da reali risultati raggiunti;
   se sia a conoscenza di quale sia l'entità delle risorse investite nella campagna pubblicitaria «Coltiviamo Sviluppi»;
   quali siano i risultati e la gestione finanziaria del piano di sviluppo rurale della regione siciliana. (4-03210)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, MANTERO e BATTELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la dottoressa Rosa Gatti ricopre il ruolo di direttore generale presso l'Università degli studi di Genova, percependo circa 163 mila euro lordi come compenso;
   ha tenuto banco sui media, poco tempo fa, il caso «auto-blu». Diversi giornali hanno riportato e documentato il fatto che la dottoressa si reca da casa (Rapallo) a lavoro in via Balbi (sede dell'università) facendosi venire a prendere da un'auto blu in dotazione all'università;
   la dottoressa ha dichiarato che se non facesse così non arriverebbe in tempo in ufficio per via del traffico e dei treni che sono sempre in ritardo;
   il procuratore regionale della Corte dei conti, Ermete Bogetti, ha deciso di avviare un'inchiesta per accertare l'eventualità di un danno erariale, dando mandato alla Guardia di finanza di acquisire tutti gli atti e le delibere inerenti al tema negli uffici universitari;
   l'università ha in dotazione un'auto blu, ad uso esclusivo del rettore, ed un'auto «di servizio» che è quella utilizzata dalla dottoressa Gatti tutte le mattine. Il costo di gestione delle due autovetture costa annualmente 22.000 euro all'UNIGE;
   l'ateneo ha sotto contratto tre autisti per l'utilizzo delle due autovetture;
   l'utilizzo dell'auto di servizio pare sia previsto all'interno del contratto che lega il direttore generale all'università. In linea teorica il direttore generale dovrebbe utilizzare tutti i mezzi necessari al perseguimento degli obiettivi, ma l'auto di servizio che va a prendere la dottoressa ogni mattina non può essere considerato come tale, ma secondo gli interroganti un privilegio;
   ad avviso degli interroganti la dottoressa a sta usando tale mezzo per scopo personale e non strettamente collegato alle esigenze della carica da essa ricoperta –:
   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa, quante siano complessivamente le auto blu in dotazione alle università italiane e se il Governo non intenda avviare iniziative, anche normative, per pervenire alla completa rimozione delle auto blu dalle università. (5-01916)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ARLOTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il diabete è una patologia cronica che si divide in diabete di tipo 1, rappresentato per la quasi totalità dalla forma immunomediata (cioè mediata da una disregolazione del sistema immunitario del soggetto) e diabete di tipo 2, dovuto invece ad un deficit di secrezione dell'insulina da parte delle cellule del pancreas od alla condizione di resistenza dei tessuti all'azione della stessa insulina;
   circa il 90 per cento della popolazione diabetica è affetta da diabete tipo 2, mentre solo una minoranza è affetta da diabete tipo 1;
   secondo l'OMS sono circa 346 milioni le persone affette da diabete in tutto il mondo e i decessi per diabete sono destinati a raddoppiare tra il 2005 e il 2030;
   secondo l'Oms Europa, 52 milioni di persone in Europa soffrono di diabete, arrivando in alcuni Stati a tassi del 10-14 per cento della popolazione a causa dell'invecchiamento generale e della diffusione di condizioni a rischio come sovrappeso e obesità, scorretta alimentazione, sedentarietà e disuguaglianze economiche;
   secondo il rapporto «Il diabete in Italia 2000-2011» dell'Istat in Italia il numero di persone con diabete è aumentato in 12 anni di quasi la metà, passando da 2,15 a 3,27 milioni di persone (5,5 per cento degli italiani, tra cui 5,5 per cento delle donne e 5,4 per cento degli uomini), con poco meno di 100 mila casi in più ogni anno, e il numero delle persone decedute per il diabete è passato da 17.547 nel 2000 a 20.760 nel 2009;
   si calcola che in Italia oggi 3 milioni di persone abbiano il diabete di tipo 2, pari al 4,9 per cento della popolazione;
   secondo le stime di alcuni studi scientifici, i pazienti che sono affetti da diabete mellito, ma non sanno di esserlo, rappresentano circa il 3 per cento della popolazione italiana;
   un'indagine conoscitiva sul diabete effettuata la scorsa legislatura dalla 12a Commissione permanente (igiene e sanità) del Senato ha evidenziato che il diabete tipo 2 è una delle sfide più ardue per i sistemi sanitari dei Paesi occidentali, a causa dell'aumento dell'obesità e dell'invecchiamento della popolazione;
   il nostro Paese si trova nella peculiare situazione, forse unica al mondo, di avere una legge a tutela dei diritti delle persone con diabete mellito (legge n. 115 del 1987), e di avere posto con il piano sanitario nazionale 2011-2013 il diabete, insieme ad altre malattie croniche non trasmissibili, fra le priorità per il Sistema sanitario nazionale;
   la stessa legge n. 115 del 1987 prevede, all'articolo 2, comma 3, che «Il Ministro della sanità, sentito l'Istituto superiore di sanità, presenta annualmente al Parlamento una relazione di aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di diabete mellito e di diabete insipido, con particolare riferimento ai problemi concernenti la prevenzione» –:
   a quale punto sia l’iter di presentazione della relazione annuale di aggiornamento o sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di diabete;
   quali iniziative intenda assumere il Ministro, anche considerato il prossimo semestre europeo presieduto dall'Italia e visto che nei semestri precedenti sono stati stanziati fondi per progetti sull'alimentazione per il diabete di tipo 2, affinché vi sia un impegno anche sulla cura definitiva del diabete di tipo 1;
   quali azioni siano in programma per garantire cure sempre più appropriate alle persone affette da diabete e per la prevenzione di tale patologia. (4-03207)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   GALLINELLA, GAGNARLI, COZZOLINO, SIBILIA e LOREFICE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane è stata istituita dall'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 ;
   l'Agenzia ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali delle aziende italiane con l'estero – con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti – e opera al fine di accrescere l'internazionalizzazione delle stesse nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali; in particolare, promuove la cooperazione nei settori industriale, agricolo e agroalimentare, della distribuzione e del terziario;
   l'ICE attraverso le sue 93 sedi estere opera in sinergia con le organizzazioni imprenditoriali e gli altri soggetti pubblici e privati interessati, assicurando un supporto coordinato alle imprese e reti nazionali che si impegnano ad internazionalizzare le proprie realtà produttive, con l'obiettivo di promuovere l'immagine del prodotto italiano nel mondo e l'Italia quale destinazione degli investimenti esteri;
   lo stanziamento di 1 milione di euro da parte della legge di stabilità per il 2014 seppur destinato a supportare attività di collaborazione con le università siciliane per il sostegno all'avvio, da parte di giovani provenienti dai Paesi extraeuropei del bacino del Mediterraneo, di piccole attività imprenditoriali nei Paesi di origine, non sembra corrispondere appieno agli obiettivi di internazionalizzazione del sistema Italia nel suo complesso;
   l'intera attività dell'Agenzia, nonché i compensi dei funzionari e del personale che vi opera sono dettagliatamente visibili sul sito della Gazzetta amministrativa nonostante manchino però – al momento della consultazione da parte dell'interrogante, 16 gennaio 2014 – alcune informazioni importanti quali ad esempio il bilancio, di previsione e consuntivo;
   dai dati a disposizione – compensi dei funzionari, investimenti, immobili di proprietà e in affitto – si evince, in ogni caso, che le risorse a disposizione sono ingenti –:
   quale sia il costo annuale complessivo dell'Agenzia e, di rimando quali siano i benefìci economici che tale ente è in grado di apportare realmente alle imprese italiane;
   quante imprese italiane abbiano beneficiato, nel 2013, dell'attività dell'ente, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese agricole ed agroalimentari;
   se non ritenga necessario integrare le attività di promozione dei prodotti e delle aziende italiane all'estero, con servizi di supporto alla eventuale risoluzione di controversie commerciali o anche con la predisposizione di adeguati incentivi economici alle imprese che decidono di investire all'estero o di immettervi un proprio prodotto;
   se l'elargizione decretata dall'ultima legge di stabilità sia stata conseguenza di un progetto elaborato dall'Agenzia ICE e dalle università siciliane per le finalità suesposte. (4-03205)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Covello n. 5-01878, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Magorno.

  L'interrogazione a risposta orale Santelli n. 3-00564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Galati.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in commissione Rossomando n. 5-01896, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 153 del 16 gennaio 2014.

   ROSSOMANDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 17 dicembre 2013, presso il carcere Lorusso e Cotugno (Ex Vallette) di Torino, un agente di polizia penitenziaria ha esploso colpi d'arma da fuoco rivolti ad un collega, uccidendolo, e in seguito ha usato la stessa pistola verso sé stesso, ferendosi gravemente. L'agente, giunto in ospedale in condizioni disperate, è anch'esso deceduto poco dopo;
   dalle prime indagini e dalle notizie di cronaca emergono alcune ipotesi, ancora da accertare, sulle ragioni che avrebbero scatenato il grave episodio: il timore di un provvedimento disciplinare o un diverbio tra colleghi sui turni natalizi. Non può essere ignorata la difficilissima situazione in cui operano i lavoratori degli istituti di pena e, nel caso di specie, di quello torinese, afflitto da una cronica mancanza di personale e dal sovraffollamento dei detenuti;
   i sindacati piemontesi della polizia penitenziaria Uilpa Penitenziari, Osapp, Sinappe, Fns-Cisl, Ugl Penitenziari, Cnpp e Cgil, che a seguito dei fatti hanno dichiarato lo stato di agitazione chiedendo al direttore del penitenziario un incontro sindacale urgente, denunciano da tempo la grave situazione di tensione, dovuta alle ormai croniche mancanze di risorse umane e materiali;
   l'assetto delle professionalità tutte che operano nelle nostre carceri necessita di essere affrontato come questione che inerisce alle condizioni di lavoro di un comparto importante quale quello delle professioni penitenziarie e allo stesso tempo alla praticabilità degli interventi che si stanno mettendo in campo sul sistema di esecuzione delle pene –:
   quali iniziative urgenti ritenga di porre in essere al fine di dare risposta in tempi celeri alle problematiche che affliggono da tempo le carceri italiane e, in particolare, il carcere Lorusso e Cotugno (Ex Vallette) di Torino, anche al fine di evitare il ripetersi di nuovi episodi drammatici, quali quelli recentemente verificatisi e, in particolare, quale sia lo stato di adeguamento delle piante organiche e degli interventi sull'assetto organizzativo dell'amministrazione penitenziaria centrale e periferica. (5-01896)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Pes n. 4-03135 del 14 gennaio 2014.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Beni e altri n. 5-01109 del 2 ottobre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03209;
   interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-02915 dell'11 dicembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01908.