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Seduta del 18/1/2011


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Audizione di Domenico Scimone, quale persona informata di fatti oggetto dell'inchiesta.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del maresciallo Domenico Scimone, che ringrazio per la sua presenza. L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul fenomeno delle navi a perdere, in particolare sulla morte del capitano Natale De Grazia.
Avverto il maresciallo Scimone che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che eventualmente ci segnalerà qualora alcuni passaggi della sua audizione debbano restare riservati.
La ringrazio ancora per la sua disponibilità e la sua presenza. Credo che potremmo partire con una domanda generale. Lei è stato collaboratore del capitano De Grazia. Vorremmo sapere per quanto tempo ha lavorato con lui e in quali attività di inchiesta.

DOMENICO SCIMONE. Vi ringrazio per avermi convocato e spero di essere abbastanza chiaro su questa attività di indagine che è stata fatta, di cui si è chiacchierato molto, a volte a sproposito.


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L'indagine iniziò nel 1994 con l'esposto di Legambiente. Ero presso la sezione di polizia giudiziaria ed ero lo stretto collaboratore del dottor Francesco Neri, per cui sin dalla fase embrionale di questa indagine ho trattato personalmente il fascicolo ed ero detentore di tutti gli atti del fascicolo processuale.
Il capitano De Grazia subentra insieme al maresciallo Moschitta, qualche giorno prima o dopo, a seguito della vicenda della motonave Korabi, che era l'aspetto navale di questa indagine. La motonave Korabi salpò dal porto di Durazzo con destinazione Palermo con un carico di granulato di ferro, polvere usata per pulire le stive delle navi, commissionata da Durazzo ai cantieri di Palermo.
Arrivata a Palermo, non so per quale motivo fu fatta stranamente una misurazione radioattiva. Pare che sia risultato tre volte il fondo naturale, per cui questa nave fu respinta dal porto di Palermo con il carico a bordo. Aspettava da parte di Durazzo l'eventuale destinazione di questo carico ad altro porto, per cui ha navigato da Palermo fino all'ingresso dello Stretto di Messina con molta lentezza, impiegando tre o quattro giorni, fuori da ogni logica navale.
Rimase all'ancora al largo di Pentimele, sotto Reggio Calabria, in attesa di avere la comunicazione circa la destinazione di questo carico, che non poteva scaricare a Palermo.
In quell'occasione la Guardia di Finanza, venuta a conoscenza che la nave era stata respinta a Palermo, si precipitò a fare i controlli su questa nave.
Da un esame audiometrico effettuato dai pompieri, unici specialisti del settore presenti a Reggio Calabria, è emerso che queste radioattività non c'era più. Attenzione: si tratta di materiale ferroso proveniente da Paesi dell'Est, e il fatto che non abbiamo rilevato radioattività a bordo non significa che non ci fosse. Può darsi che gli strumenti fossero tarati diversamente da come erano tarati a Palermo.
L'esito comunque fu negativo. Ricordo perfettamente che a bordo era stato trovato un motore fuoribordo, della cui presenza il comandante non ha saputo dare giustificazione.
La nave ripartì credo destinata a Malta, perché non c'erano elementi per poterla trattenere.
Svolsi tutti gli accertamenti possibili su questo motore, tanto che recatomi a Palermo riscontrai che era stato rubato. Di conseguenza cominciammo a diramare le ricerche su tutto le Capitanerie di Porto. Proprio con questo aggancio il capitano De Grazia venne inserito nel pool per fare queste attività di indagine.
Appena avuto notizia che la nave stava andando a Pescara, ci siamo recati lì per arrestare il comandante per il reato di ricettazione, unico reato penale per poter fermare questa nave.
Fu quindi arrestato e interrogato, c'era un enorme equipaggio con marinai che sparivano quando scendevano a terra, era una forma di ingresso clandestino nel nostro Stato. Non ha saputo fornire alcuna giustificazione del carico e da quel momento in poi cominciammo a lavorare con il comandante De Grazia.
Con lui abbiamo continuato estendendo l'attività di indagine e, poiché con il comandante facevamo regate veliche insieme - eravamo amici sin da bambini, lui era a Reggio Calabria e io a Messina - ed eravamo rivali sotto questo profilo, avendo entrambi conoscenza della materia nautica, abbiamo ricostruito quasi 14 viaggi di navi, sulla base degli elementi raccolti dai Lloyds - tutti affondamenti - viaggi dei quali conoscevamo il porto di partenza, ma non il porto di destinazione. In base al rapporto tra velocità e tempo abbiamo stabilito che in quella zona dovevano esserci navi affondate e in più abbiamo acquisito elementi su navi effettivamente affondate tra cui la Rigel, su cui abbiamo scoperto che c'era un'inchiesta aperta di La Spezia finalizzata alla truffa contro l'assicurazione.
La Rigel parte dal porto di La Spezia, fa un carico strano e affonda al largo di Capo Spartivento.


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ALESSANDRO BRATTI. Carico strano in che senso?

DOMENICO SCIMONE. Carico strano perché c'è la bolla di carico, perché c'erano dei container carichi di cemento - ai fini della truffa va bene, ma il cemento a noi dava altre indicazioni. Granulato di marmo alla rinfusa su un carico di container, scarti di polimero - il volgarissimo ABS, gli scarti di plastica - e tanta altra roba presente nel piano di carico.
Questa nave affonda al largo di Capo Spartivento, da quello che abbiamo potuto capire facendo il punto d'arrivo con il capitano De Grazia impiega sette o otto ore per affondare. Conoscendo il mare e le navi abbiamo capito subito cosa fosse successo: il comandante per affondare la nave è andato giù nella stiva, nella sentina ed ha aperto degli sportelli di scarico, che quando si lavora nei bacini servono a scaricare le acque delle sentine, e ha cominciato a imbarcare acqua.
Questi hanno un sistema di autocontrollo: nello sbandamento della nave questi coperchi si sono chiusi e invece di avere un flusso di 6.000 litri al secondo imbarcavano poca acqua. Ecco perché ha impiegato tanto tempo per affondare.
Questo affondamento fu dichiarato e l'equipaggio abbandonò la nave. Un'altra nave prese l'equipaggio al largo di Capo Spartivento, Ventimiglia, ovvero fuori dalle acque nazionali, in acque internazionali, laddove c'è Augusta come soccorso navale, per cui anche la nave che aveva caricato l'equipaggio avrebbe dovuto segnalare alla Capitaneria o al servizio navale di Augusta che aveva a bordo un carico di naufraghi, ma non è stato segnalato così come anche a Siracusa.
La nave passa da Malta e va a finire in Tunisia, a Tunisi, sbarca l'equipaggio e va via. Attenzione: per il comandante greco della Rigel fu spiccato un ordine di cattura internazionale mai eseguito.
Con il comandante De Grazia avevamo già stabilito che, se il comandante non vuol far ritrovare la nave, non indica il punto di affondamento esatto: quello era l'enigma di questa nave, per cui andarla a cercare era impossibile perché sarebbe stato necessario considerare un'area molto vasta, tenendo conto anche delle correnti - ha impiegato 7 ore - superiore alle 40 miglia di distanza dalla costa. Era impossibile cercarla perché non c'è strumentazione adatta per poterla cercare.
Il fascicolo fu mandato alla procura di Reggio Calabria a seguito di una segnalazione di appartenenza ai clan mafiosi e lì si sono svolte le ricerche della Rigel, senza esito, avendo peraltro trascritto erroneamente negli atti le coordinate originarie dichiarate dal comandante, cui noi non avevamo dato fede perché per noi non avevano senso.
Il giorno della morte di De Grazia che è la cosa più grave ci eravamo visti di mattina, alle 9.00, con De Grazia e Moschitta. Il programma era il seguente: io dovevo andare a La Spezia con Moschitta per acquisire documentazione presso la dogana, De Grazia con la mia macchina della sezione della polizia giudiziaria insieme al mio autista avrebbe dovuto recarsi a Crotone per sentire il signor Cannavale, quello che ha demolito la nave Jolly Rosso. Si doveva quindi occupare della ricostruzione della Jolly Rosso, mettendo a verbale le dichiarazioni di questo signore.
Alle 10.30-11.00 mi telefona De Grazia dicendomi che visto che si trattava di un atto di polizia giudiziaria in cui non era ferrato come me che ne facevo tutti i giorni, preferiva andare con Moschitta perché avendo navigato per tanti anni sapeva dove mettere le mani nelle dogane e leggere le polizze di carico.
Ho risposto che non c'erano problemi: lui sarebbe andato a La Spezia mentre io mi sarei recato a Crotone. Intendevo partire verso le cinque del mattino per andare verso Crotone, mentre non so per quale motivo De Grazia decise di partire quella sera, nonostante avessi consigliato loro di partire presto la mattina seguente, arrivando con calma, senza partire di notte.
Avevano però ribattuto che tanto avrebbe guidato l'autista, che si sarebbe riposato dopo mentre loro visionavano gli


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atti. Alle 19.00 ho sentito Moschitta: mi ha detto che stavano partendo e che era tutto a posto.
La mattina alle 5.00 sono partito per Crotone. Mentre stavo mettendo a verbale, verso le 8.30-9.00, mi ha chiamato un collega della sezione di polizia giudiziaria di cui facevo parte, che mi chiede: «che è successo a De Grazia, è morto?».
Ho pensato a un incidente stradale e ho subito chiamato al telefono. Quando mi ha risposto Moschitta ho sperato che fosse un'invenzione. Ho chiesto se De Grazia fosse morto e lui mi ha chiesto chi me lo avesse detto e mi raccomandò di non preoccuparmi.
Continuai quel verbale nonostante ciò e, finito il verbale verso le 19.00, partimmo con la macchina e scoppiò una gomma, per cui alle 19.30 feci aprire un garage per aggiustarla. Partiti da Crotone e arrivati all'autostrada di Lamezia Terme, mi vidi passare davanti il carro funebre e dietro l'autovettura Ritmo del reparto operativo.
Avendo riconosciuto la macchina, mi sono messo dietro e siamo andati ad accompagnarlo fino a casa.
Questa è la realtà dei fatti. Nessuno poteva conoscere il programma di De Grazia: ha deciso lui quando partire, dove fermarsi a mangiare, per cui non c'è un mistero: è morto, su questo ci sono dubbi, quale sia la causa della morte non lo so perché ho assistito anche all'autopsia effettuata a Reggio Calabria e per un attimo quando hanno aperto la bara non era lui, poi mi sono reso conto che era lui.
Questa è la realtà dei fatti.

ALESSANDRO BRATTI. Quindi la missione a La Spezia che doveva fare lei ma poi ha fatto De Grazia era molto specifica: bisognava parlare con qualcuno delle dogane, non c'erano altri contatti presi...

DOMENICO SCIMONE. Dovevamo fare alcuni accessi ad atti doganali, ma era tutto finalizzato a una serie di accertamenti e, se non ricordo male, Moschitta avrebbe voluto parlare forse con qualcuno della Guardia forestale, ma non ne sono sicuro.

PRESIDENTE. Se però doveva andare lei e poi avete cambiato programma, lei avrebbe dovuto sapere esattamente cosa doveva fare. Era lei il destinatario della missione, per cui aveva il programma che doveva mettere in atto, dopodiché è cambiato, per cui ci dica lei che cosa doveva fare a La Spezia.

DOMENICO SCIMONE. Il programma era andare a La Spezia presso la dogana, acquisire tutta la documentazione dei carichi.

PRESIDENTE. Siete andati in tre da Reggio Calabria a La Spezia per acquisire della documentazione? Ci faccia capire perché non ci pare che la cosa sia molto trasparente, anche perché non è una missione normale partire in tre la sera per andare a prendere dei documenti che giacciono tranquillamente alla dogana.
Noi abbiamo notizie diverse su quello che doveva essere fatto a La Spezia, almeno stiamo verificandole anche attraverso di lei.

DOMENICO SCIMONE. Sul viaggio a La Spezia c'erano due programmi: il mio di acquisire documentazione presso la dogana e quello di Moschitta, che avrebbe dovuto svolgere un'attività che stava seguendo lui e che in questo momento non ricordo di preciso. Doveva sentire forse qualcuno...

PRESIDENTE. Chi era il più alto in grado?

DOMENICO SCIMONE. Il maresciallo Moschitta, ma comunque lui faceva parte del Nucleo operativo: era aggregato a noi per questa attività, ma sempre come Nucleo operativo.

PRESIDENTE. E lei andava insieme a lui ignorando quello che Moschitta avrebbe fatto mentre lei guardava la documentazione? Non sono esperto di situazioni militari ma ho la sensazione che il


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programma fosse di conoscenza comune. Lei invece non sapeva quello che Moschitta doveva fare?

DOMENICO SCIMONE. Se non ricordo male, doveva sentire delle persone in merito a un aspetto della vicenda che stava curando lui come Nucleo operativo.
Io mi ero occupato invece della ricostruzione della Jolly Rosso e di un'altra nave, per cui era necessario acquisire queste bolle di carico, tra cui anche quelle della Rigel, come è stato fatto successivamente, perché dopo la morte di De Grazia sono andato a prendere questa documentazione.

ALESSANDRO BRATTI. Visto che lei ha un'esperienza come ufficiale di polizia giudiziaria, non le pare che partire in tre...

DOMENICO SCIMONE. Poi sarebbero due perché uno è l'autista.

ALESSANDRO BRATTI. Partire comunque in due - tra l'altro De Grazia vuole andare a tutti i costi - solo per acquisire documenti dimostra forse che ritenevano particolarmente interessante l'altro pezzo dell'indagine, andare a parlare con qualcuno.

DOMENICO SCIMONE. Che io sappia no, perché io non dovevo andare a parlare con nessuno e nemmeno Moschitta doveva andare a parlare con nessuno: se non ricordo male, doveva sentire alcune persone in merito ad alcuni spostamenti in qualcosa che era riscontrato nei suoi atti, che aveva fatto lui e che poi ha depositato come nota informativa, che adesso non ricordo ma che qualche anno fa ricordavo perfettamente.
Doveva andare a sentire delle persone: su questo non ci sono dubbi. Io dovevo andare lì a prendere questa documentazione, ma De Grazia voleva perché temeva che, se fossi andato io, mi avrebbero preso in giro. De Grazia sapeva come muoversi nella dogana, leggere tra le bolle di carico.
Effettivamente era così, perché, se nelle bolle di carico avessi letto «granulato di marmo», non avrei saputo se c'era quella o un'altra polizza di carico, mentre lui conosceva tutti gli altarini delle dogane, perché da buon comandante della nave se doveva far passare un carico per un altro, sapeva come muoversi.
Non ho esitato a riconoscere che, vista la sua esperienza come marittimo e come comandante di nave, era più logico che andasse lui in dogana. Cosa che successivamente ho fatto io. Ho preso in originale gli atti della Rigel e della Jolly Rosso.

PRESIDENTE. Questo significa che lei era perfettamente in grado di prendere questi atti, visto che poi li ha presi...

DOMENICO SCIMONE. Sì.

PRESIDENTE. Ci sembra una soluzione un po' approssimativa che sia stato fatto un programma per andare a La Spezia, programma in cui lei aveva una funzione, che poi invece vada il capitano De Grazia e proprio andando a La Spezia capiti quanto è accaduto.
A noi risulterebbe che a La Spezia c'era un'indagine estremamente importante, che riguardava una nave che trasportava probabilmente materiale radioattivo. Questo le risulta?

DOMENICO SCIMONE. Assolutamente no. L'unica nave era stata proposta come operazione dal fantomatico Aldo Anghessa, che si è affiancato a queste attività di indagine, ma che abbiamo subito scartato completamente.
Si trattava infatti di una persona che dopo gli arresti domiciliari aveva un potenziale di uomini, uno dei quali mi aveva affiancato qualificandosi come «uomo di Aldo Anghessa» per chiedermi notizie.

PRESIDENTE. Le chiederei di rallentare perché non ho capito quasi nulla. Vorrei quindi chiederle di ripartire da zero illustrando la proposta di Anghessa.

DOMENICO SCIMONE. A proposito dell'unica nave carica di rifiuti, nelle note dichiarazioni per cui chiamò a mezzo


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telegramma il procuratore Neri chiedendo di essere sentito in merito a questa vicenda delle navi, indagine che aveva preso piede, Anghessa offrì al procuratore e a tutta l'equipe di far trovare una nave carica di rifiuti.
La proposta era quella di fungere da confidente indicandoci una nave. Si trattava di una lama a doppio taglio, per cui abbiamo subito respinto questa proposta, anche perché la fonte confidenziale non avrebbe fatto trovare armi o droga: sequestrando una nave carica di rifiuti radioattivi avremmo dovuto chiederci dove metterla.

PRESIDENTE. Secondo la sua logica vi viene indicata una nave carica di rifiuti radioattivi, ma siccome non sapete dove metterla la lasciate lì? Ci faccia capire.

DOMENICO SCIMONE. No, non viene indicata la nave: ci è stato proposto di farci trovare una nave.

PRESIDENTE. Quale è la differenza?

DOMENICO SCIMONE. La differenza è notevole perché parliamo di Aldo Anghessa, per cui nulla esclude che si procuri una nave, la riempia di rifiuti e ce la faccia trovare.

PRESIDENTE. Non ci racconti cose di questo genere, perché, se uno dichiara di essere in grado di farvi trovare una nave, voi proponete di effettuarne la ricerca. Non ci racconti che stando agli arresti domiciliari si sarebbe procurato una nave, l'avrebbe riempita di rifiuti radioattivi e l'avrebbe fatta affondare in modo da farvela trovare: non ci racconti queste cose perché non siamo dei ragazzini.
Oltretutto chiedersi dove si sarebbe potuta mettere l'eventuale nave trovata è esattamente il contrario di quanto sostiene: prima ha detto che non eravate andati a cercarla perché non si sapeva dove metterla, adesso dice di non aver ascoltato Anghessa perché magari ne avrebbe affondata una per farcela trovare. Non prenda in giro una Commissione parlamentare d'inchiesta.

CANDIDO DE ANGELIS. Lei considera scontato anche in base ai calcoli effettuati con De Grazia che queste navi affondate esistano?

DOMENICO SCIMONE. Sulla base del calcolo da noi effettuato sì, ci sono.

CANDIDO DE ANGELIS. Lei dà per scontata l'esistenza di queste navi nel tratto di mare adiacente le coste calabresi. Vorrei sapere se si sia fatto un'idea di quale organizzazione abbia fatto questa operazione.

DOMENICO SCIMONE. No, non abbiamo idea di quale potrebbe essere l'organizzazione. Quando abbiamo mollato l'indagine non c'era un riferimento specifico: stavamo tutti aspettando di accertare più fatti, perché c'erano tante circostanze strane da chiarire: 14 navi, come la Rigel, la Jolly rosso, il cui affondamento è certo, sulla base degli elementi forniti dai registri dei Lloyd.

CANDIDO DE ANGELIS. Non è detto che siano tutti rifiuti radioattivi: possono anche essere rifiuti speciali per i quali a quei tempi non c'erano discariche adatte. C'era anche un problema da risolvere in quel momento, perché possono anche essere rifiuti non radioattivi ma comunque pericolosi: il problema di fondo era l'esigenza di smaltire qualcosa.
Sembra strano che non abbiate ragionato su chi potesse pilotare un'operazione del genere.

DOMENICO SCIMONE. No, perché stavamo ricostruendo alcuni fatti strani di navigazione di navi. Che queste navi avessero dei rifiuti lo dimostra il carico della Rigel, perché gli scarti di polimero sono già un rifiuto, poi il resto del carico è tutto un mistero certamente finalizzato alla truffa.


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Secondo le dichiarazioni di Marino Ganzerla le famose navi a perdere non erano una scoperta in quanto si usa fare in questo modo: smaltire i rifiuti tramite l'affondamento delle carrette.
Allo stato della nostra attività di indagine, però, non eravamo ancora giunti a concludere se si trattasse di rifiuti radioattivi o normali: erano strani gli affondamenti, per cui dovevamo cercare di capire cosa trasportassero. Quella era una serie di accertamenti che avremmo dovuto fare in seguito.

PRESIDENTE. Prima ha detto «al punto in cui erano le indagini che abbiamo mollato». Vorremmo sapere perché le indagini si sono fermate.

DOMENICO SCIMONE. Perché tutta l'indagine sulle navi passa per competenza alla procura distrettuale. Il 24 giugno 1996, a seguito di una segnalazione non ricordo da parte di quale organo, si afferma che i Morabito di Africo erano soliti smaltire rifiuti tossici nocivi.

PRESIDENTE. C'era quindi un'ipotesi investigativa. Prima le è stato chiesto chi potesse esserci dietro tutto ed effettivamente c'era un'ipotesi investigativa.

DOMENICO SCIMONE. L'ipotesi investigativa riguardava più persone da verificare. Criminalità organizzata in generale c'era, su questo non ci sono dubbi, ma era necessario accertare quale fosse.

PRESIDENTE. Torniamo ad Anghessa. Ci siamo fermati al fatto che voleva indicarvi una nave piena di rifiuti radioattivi.

DOMENICO SCIMONE. Quando Aldo Anghessa ha chiesto di essere sentito in merito ci siamo informati sul personaggio, apprendendo che doveva essere preso con le pinze.
Le sue dichiarazione sono state registrate e trascritte: ha delineato un quadro generale delle sue conoscenze con nomi e cognomi, una dichiarazione abbastanza pesante. Dichiarò anche che non avremmo mai portato avanti questa indagine perché avrebbero eliminato la polizia giudiziaria e il magistrato sarebbe stato trasferito con incarico superiore, dichiarazioni del tutto gratuite.

CANDIDO DE ANGELIS. Mi sembra però che fosse molto credibile perché questo è successo.

DOMENICO SCIMONE. Se avete conoscenza di questo personaggio, sapete che Aldo Anghessa è stato indiziato più volte e arrestato anche nel corso dell'operazione «Cheque to cheque» perché procurava armi. Si tratta di un faccendiere.

PRESIDENTE. Guardi che solitamente i confidenti non sono...

CANDIDO DE ANGELIS. Poiché un'ipotesi investigativa sulla criminalità organizzata aveva evidenziato che dei faccendieri lavoravano a questo business, stiamo cercando di capire se anche altre situazioni abbiano contribuito a determinate malefatte.
Vorremmo quindi sapere se tra le vostre ipotesi vi fossero anche altre situazioni.

DOMENICO SCIMONE. La nostra ipotesi investigativa che la criminalità organizzata fosse interessata ai rifiuti era palese, ma allo stato dell'indagine non avevamo ancora alcuna certezza. Nel momento in cui arriva questa nota informativa in cui con la fotografia del bidone si segnala che i Morabito di Africo, non indicando precisamente il noto Morabito... Si chiamavano tutti Morabito e Scriva ad Africo...

CANDIDO DE ANGELIS. Maresciallo, ad Africo sapete bene chi sono i Morabito!

DOMENICO SCIMONE. Sì, va bene, ma si dice che i Morabito, in generale, si occupavano di smaltimento dei rifiuti. A quel punto non avevamo più competenza


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perché eravamo procura circondariale, per cui dovevamo spogliarci del fascicolo, cosa che è stata fatta.
L'attività era però tutta in fase di accertamento. Situazioni in cui la criminalità organizzata, la 'ndrangheta, la camorra e la mafia si occupavano da tempo dello smaltimento dei rifiuti erano note a tutti, ma specifici nominativi ancora non erano stati verificati: c'erano dei sospetti e già Legambiente aveva dato un'indicazione di appartenenti alle cosche mafiose dediti allo smaltimento illecito di rifiuti.
Parlo del fascicolo n.2114, che riportava fatti in fase di accertamento, ma non ancora certi. Nel momento in cui fossimo stati certi, in qualità di procura circondariale presso la pretura non avremmo più avuto competenza, perché all'ingresso della criminalità organizzata avremmo per forza dovuto spogliarci del fascicolo.

ALESSANDRO BRATTI. In quella fase avete mantenuto i rapporti con il nucleo di Brescia?

DOMENICO SCIMONE. Brescia era un nucleo della Guardia forestale molto preparato.

ALESSANDRO BRATTI. Chiedo scusa, vorrei anche chiederle un'altra cosa. Nel momento in cui smettete l'indagine qual è la tempistica rispetto alla morte del capitano De Grazia?

DOMENICO SCIMONE. In seguito alla morte di De Grazia c'è stato praticamente un terremoto, perché a quel punto sono tornate alla mente le dichiarazioni di Aldo Anghessa e tutte le altre. C'è stato un momento di sbandamento e sei o sette mesi dopo la morte di De Grazia fu diffusa questa notizia dei Morabito e a quel punto abbiamo dovuto alzare le mani.
Io mi sono offerto anche di collaborare con la DDA in qualità di polizia giudiziaria per conoscere il fascicolo, che ho catalogato e consegnato personalmente.
Tempo fa, questa Commissione o la precedente indagava sulla sparizione del fascicolo processuale riguardante la Jolly Rosso, la nota informativa che avevo fatto io e che conteneva le fotografie di quando era stata prelevata da Cannavale, demolita completamente e asportata, corredata da una nota informativa in cui avevo raccolto le dichiarazioni dei vari equipaggi della Jolly Rosso.
Si riteneva che questa nota informativa fosse sparita, ma sono andato in procura a cercarla ed è uscito fuori questo fascicolo che in un primo momento era sparito. Si creano allarmi troppo facilmente, perché è un fascicolo grosso.
Ho anche sentito dire una cosa stranissima: che il comandante De Grazia avrebbe trovato tra gli atti di Comerio il certificato di morte di Ilaria Alpi. Non mi risulta.

ALESSANDRO BRATTI. Ce l'ha detto il procuratore.

DOMENICO SCIMONE. Non era il certificato di morte di Ilaria Alpi perché sapete bene che il certificato di morte non è stato redatto in Somalia: Ilaria Alpi fu portata su una nave italiana e il primo certificato di decesso è stato fatto dal medico della nave. Credo che poi il Comune di Roma abbia redatto l'ultimo certificato.
Comerio aveva una «fascetta», la notizia ANSA della morte di Ilaria Alpi, che De Grazia aveva trovato mentre cercavamo nelle carte e che mi aveva fatto vedere. Era una notizia ANSA, non un certificato di morte.

PRESIDENTE. Per caso era proprio la notizia della morte di Ilaria Alpi.

ALESSANDRO BRATTI. Era un po' curioso che in un fascicolo avesse solo quella notizia...

DOMENICO SCIMONE. Era un fascicolo della Somalia. Lui aveva dei fascicoli tra cui questo, Somalia, in cui c'erano tutte le proposte di smaltimento dei rifiuti, i suoi progetti, i contatti con i vari ministri, roba di questo genere e c'era questa striscia.


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ALESSANDRO BRATTI. Se la roba di Ilaria Alpi è dentro un fascicolo che riguarda la Somalia, che riguarda gli intrallazzi tra Comerio, non è un caso che sia lì. Non si trattava di un qualunque risultato calcistico: se l'ha messo, aveva un nesso logico.

DOMENICO SCIMONE. Sì, sono d'accordo con voi: avrà avuto un suo nesso logico, ma è necessario andarci piano perché si tratta di una strisciata di una notizia ANSA che possono avere tutti.

PRESIDENTE. Guardi, non perdiamo tempo: il problema non è che lui ne fosse in possesso, ma che fosse messo lì dentro relativamente a un fascicolo che evidentemente riguarda il traffico di rifiuti con la Somalia.

DOMENICO SCIMONE. Sì, era strano.

PRESIDENTE. No, ma lei ha detto che era una notizia ANSA, per cui si poteva lasciar perdere.

DOMENICO SCIMONE. Ho detto che si trattava di una notizia ANSA, non del certificato di morte.

PRESIDENTE. Sì ma è ancora più significativo del certificato di morte, perché significa che Comerio aveva trovato questo collegamento tra la morte di Ilaria Alpi, che in quel momento nessuno pensava riguardasse i rifiuti, e il traffico di rifiuti con la Somalia. Questo è il dato che risulta dall'accostamento tra la notizia e il fascicolo.
Comunque purtroppo alle 15.00 dobbiamo interrompere e ci sono altre domande perché abbiamo lasciato indietro alcune cose rispetto alla precedente audizione.

CANDIDO DE ANGELIS. Almeno a livello ipotetico, perché difficilmente credo che potremmo sapere di più, lei chiude il quadro come l'abbiamo chiuso noi: il suo ragionamento è che le navi ci sono, sicuramente è implicata la 'Ndrangheta - probabilmente a seconda dei luoghi le varie famiglie si interessavano direttamente.
Dichiara che il momento della morte di De Grazia è stato traumatico, perché c'è stato un terremoto, le indagini si sono fermate e lì è finito tutto.
Lei ha fatto immaginare tante cose con il collegamento con i Morabito, per cui vorrei sapere se lei pensa che De Grazia sia morto per motivi esterni o di morte naturale. Una morte naturale non fa scoppiare un terremoto: in un infarto o un incidente automobilistico il caso ci ha messo la mano ma si va avanti.
Si verifica un terremoto se la morte avviene non in maniera naturale, ma per cause esterne. Poi si verifica il teorema Anghessa, colonnelli che diventano capi dei vigili di Milano, magistrati che vengono trasferiti, qualcuno che si stava interessando in maniera forte improvvisamente muore, è chiaro che si verifica un terremoto. È sbagliato quello che sto dicendo?

DOMENICO SCIMONE. No, è giustissimo.

CANDIDO DE ANGELIS. Lei ha dei dubbi sulla morte di De Grazia?

DOMENICO SCIMONE. Non ho certezze sulla morte di De Grazia.

CANDIDO DE ANGELIS. Però ha dei dubbi.

DOMENICO SCIMONE. Forti dubbi, ma avere dubbi non significa parlare così. De Grazia è morto, su questo non ci sono dubbi, ma per che cosa sia morto non lo so perché l'autopsia non è stata in grado di stabilire nemmeno la causa della morte.

GERARDO D'AMBROSIO. Lei ha parlato di un'autopsia che sarebbe stata fatta a Reggio Calabria.

DOMENICO SCIMONE. Sì, è stata fatta a Reggio Calabria dal dottor Aldo Barbaro.


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GERARDO D'AMBROSIO. Noi sappiamo che il cadavere era a Nocera Inferiore...

DOMENICO SCIMONE. A Nocera Inferiore è stata fatta una ricognizione cadaverica, è stata chiesta l'autopsia - lo ricordo perfettamente - ma non gli è stata fatta. La salma è arrivata a Reggio Calabria e lì è stata fatta l'autopsia.

GERARDO D'AMBROSIO. Quindi la prima autopsia è stata fatta non a Nocera, ma a Reggio Calabria.

DOMENICO SCIMONE. Che io sappia a Nocera Inferiore è stata fatta una ricognizione cadaverica, non l'autopsia.

GERARDO D'AMBROSIO. Che è una cosa ben diversa, per cui si spiega anche perché viene affidata la perizia alla stessa persona.

DOMENICO SCIMONE. Quando poi la salma è arrivata a Reggio Calabria l'ho portata io in camera mortuaria e ho assistito all'autopsia del dottor Aldo Barbaro.

PRESIDENTE. Un uomo? Ma noi sappiamo che il perito è una donna...

GERARDO D'AMBROSIO. Questo a Nocera. Qui si dice che la donna che avrebbe fatto la perizia a Nocera Inferiore avrebbe fatto solo una ricognizione cadaverica, che è una cosa diversa.
Ha fatto anche la perizia la seconda volta, quando c'è stata la richiesta di riapertura dell'istruttoria.

PRESIDENTE. La perizia di Aldo Barbaro è a noi del tutto ignota. La prima era non una ricognizione cadaverica, ma una perizia, perché è quello che è stato fatto la prima volta è stato ripetuto la seconda volta.

GERARDO D'AMBROSIO. L'ispezione di cadavere è esterna, per cui evidentemente si sbaglia nel dire che è stata fatta la ricognizione perché noi abbiamo le due perizie...

PRESIDENTE. Però non abbiamo Aldo Barbaro. Lei è certo che ci fu una perizia fatta dal dottor Aldo Barbaro?

DOMENICO SCIMONE. Sì, a Reggio Calabria.

GERARDO D'AMBROSIO. Il maresciallo dice che a Reggio Calabria fu fatta la perizia ed è evidente che la perizia può essere fatta se non ne è stata fatta una precedente. Sostiene infatti che a Nocera Inferiore era stata fatta solo una ricognizione esterna.
A noi risulta che anche prima che il cadavere venisse trasferito a Reggio Calabria fu fatta una perizia a Nocera Inferiore.

PRESIDENTE. Soprattutto è rilevante che questa perizia fatta dal dottor Aldo Barbaro non esiste negli atti che ci hanno mandato: nessuno ce ne ha mai parlato. I periti che abbiamo audito hanno sempre sostenuto di aver effettuato l'autopsia la prima e la seconda volta. Una perizia di Aldo Barbaro non è mai emersa.

GERARDO D'AMBROSIO. Per questo sono rimasto stupito quando ha affermato di aver assistito alla perizia a Reggio Calabria.

PRESIDENTE. Chiederemo ai magistrati. Lei ha assistito?

DOMENICO SCIMONE. Sì, certo, l'ho portato io. Ho infatti detto che quando hanno aperto la bara per un attimo non l'ho riconosciuto perché il suo viso era scuro e gonfio o forse così mi è sembrato per la mia situazione emotiva.

CANDIDO DE ANGELIS. Da quanto era morto?

DOMENICO SCIMONE. La salma è stata portata da Nocera Inferiore a casa,


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dove è rimasta per poche ore, e poi è stata portata in camera mortuaria all'ospedale forse l'indomani mattina.

GERARDO D'AMBROSIO. E quindi poi la perizia è stata fatta lì all'ospedale?

DOMENICO SCIMONE. Sì, all'ospedale.

GERARDO D'AMBROSIO. Quindi a Nocera Inferiore la salma non sarebbe proprio rimasta...

DOMENICO SCIMONE. Io l'ho incontrata a Lamezia Terme. Credo che la morte sia avvenuta intorno alle 2.00 di notte, io ho avuto la notizia alle 8.00 e alle 19.00 tornando l'ho incontrato per strada.

GERARDO D'AMBROSIO. Non ci siamo come tempi, perché la salma sarebbe tornata a Nocera...

DOMENICO SCIMONE. No, la salma proveniva da Nocera e andava a casa. Da casa sarebbe poi giunta all'ospedale di Reggio Calabria, dove è stata fatta l'unica autopsia cui ho assistito.

GERARDO D'AMBROSIO. Un'autopsia completa?

DOMENICO SCIMONE. Sì.

PRESIDENTE. Quindi il corpo era integro quando lei lo ha visto...

DOMENICO SCIMONE. Sì, certo. Nel momento in cui è stata aperta la bara per un attimo ho avuto uno sbandamento e sono uscito fuori. Poi mi sono fatto forza, sono tornato dentro e il cadavere era già stato aperto.

GERARDO D'AMBROSIO. Aperto nel senso che era già stato praticato il taglio anatomico?

DOMENICO SCIMONE. Sì. Sono rientrato in una fase già avanzata dell'autopsia del dottor Barbaro.

CANDIDO DE ANGELIS. Risulta che lei era presente anche alla riesumazione?

DOMENICO SCIMONE. No, non sono mai stato presente alla riesumazione.

GERARDO D'AMBROSIO. Questa cosa è stranissima perché tra l'altro non ci sarebbero stati neanche i tempi per fare un'autopsia.

DOMENICO SCIMONE. Credo che il maresciallo Moschitta sia il più documentato sulla vicenda perché ha accompagnato a Nocera la salma di De Grazia, non l'ha mollata un attimo ed è tornato insieme. Di conseguenza, nessuno può essere più chiaro di lui perché io non c'ero: so di una lamentela per quanto riguarda l'autopsia perché mi ricordo che quando la salma è arrivata a Reggio Calabria è stata fatta l'autopsia, di cui ricordo l'esame istologico perché avevamo dubbi sulla morte.

ALESSANDRO BRATTI. Dubbi sulla morte significa che voi, al di là delle cose che sono venute fuori, avevate comunque la sensazione di fare un'indagine in una situazione ambientale difficile.

DOMENICO SCIMONE. Dopo le dichiarazioni di Aldo Anghessa si verifica questo fatto qua...

ALESSANDRO BRATTI. Solo relativamente alla questione di Aldo Anghessa o c'erano...

DOMENICO SCIMONE. Quella dichiarazione era piuttosto pesante. In un momento di questo genere avrebbe messo in allarme chiunque, noi più di tutti quanti.

ALESSANDRO BRATTI. Solo da lì avevate indicazioni che vi mettevano in apprensione oppure avevate anche la sensazione che altro si muovesse attorno?

DOMENICO SCIMONE. Non ho mai avuto paura di questa indagine, non ho


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mai avuto paura quando ho avuto a che fare con i latitanti o quando Aldo Anghessa ha fatto le sue dichiarazioni.

PRESIDENTE. A chi sono state rese le dichiarazioni di Aldo Anghessa, in modo che possiamo recuperarle?

DOMENICO SCIMONE. Sono agli atti della procura distrettuale.

PRESIDENTE. Quindi le avete assunte voi?

DOMENICO SCIMONE. Sì, c'è sia il nastro perché è stato registrato, sia una dichiarazione riportata in sintesi.

PRESIDENTE. Noi abbiamo molti altri aspetti da approfondire anche peraltro dopo che avremo cercato di acquisire questo materiale, per cui necessariamente dovremmo risentirla in un'altra audizione, in quanto ci scusiamo ma la sua deposizione sta diventando di particolare importanza. Abbiamo ancora qualche minuto.

GERARDO D'AMBROSIO. Un'ultima domanda per sapere se lei sia mai stato avvicinato da esponenti dei servizi segreti naturalmente prima della morte del De Grazia.

DOMENICO SCIMONE. Cosa intendiamo per servizi segreti? Abbiamo tirato in ballo noi Sismi e Sisde perché Comerio aveva in progetto delle telemine.

GERARDO D'AMBROSIO. Quindi voi avete riferito ai servizi segreti...

DOMENICO SCIMONE. Sì, d'accordo con il magistrato che non può interferire direttamente. Lo abbiamo rappresentato al magistrato e mi ricordo perfettamente che, vista la situazione di pericolo - le telemine riguardano la sicurezza dello Stato - abbiamo deciso di informare il Sismi, che è venuto, ha consultato gli atti delle telemine, ha collaborato pienamente con noi, ci ha confermato molti nominativi citati da Marino Ganzerla che giravano attorno a Comerio e ci ha portato anche alcune documentazioni però tramite noi, tramite PG, non tramite autorità giudiziaria.
Sono venuti due membri del Sismi e posso farvi il nome di uno, ma ritengo opportuno che sia segretato.

PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio.

(La Commissione procede in seduta pubblica).

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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