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Seduta del 18/1/2011


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Audizione di Francesco Postorino, quale persona informata di fatti oggetto dell'inchiesta.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul fenomeno delle navi a perdere e, in particolare sulla morte del capitano Natale De Grazia, di Francesco Postorino.
Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, i lavori della Commissione proseguiranno in seduta segreta e che comunque eventualmente saranno poste alla fine le domande che richiederanno una segretazione della risposta per non interrompere l'audizione.
Naturalmente le siamo molto grati della sua presenza e della sua disponibilità. Tra le molte cose di cui la Commissione si sta occupando vi è la vicenda delle cosiddette navi a perdere e, all'interno di questa vicenda, della morte di Natale De Grazia. Sappiamo che lei ha già svolto delle attività in sede giudiziaria, si è fatto promotore, se non sbaglio, di una denuncia dopo una prima archiviazione e ha reso anche delle dichiarazioni.
La inviterei adesso a fornire alla Commissione le notizie che sono a sua conoscenza, cioè le attività che svolgeva il capitano De Grazia, la vicenda relativa alla sua scomparsa e ciò che comunque può essere utile complessivamente alla Commissione per ricostruire il ruolo che fu fondamentale del capitano De Grazia, così fondamentale che dopo la sua scomparsa praticamente si sciolse il gruppo di indagine anche con situazioni che a noi paiono in qualche misura meritevoli di attenzione, come nomine rapidissime e pensionamenti anticipati. Le lascerei la parola ancora ringraziandola e poi i commissari e io stesso eventualmente le porremo delle domande.

FRANCESCO POSTORINO. Della vicenda ero a conoscenza in maniera marginale perché non conoscevo notizie dettagliate di questa indagine. Sapevo che mio cognato partecipava con la procura di Reggio Calabria all'indagine relativa all'affondamento di navi in quanto lavoravamo nello stesso ufficio.

PRESIDENTE. Anche lei è un militare?

FRANCESCO POSTORINO. No, io sono un civile. Lavoravamo insieme nel senso che lui era caposezione e io ero impiegato civile. Sapevo, quindi, che collaborava con la procura di Reggio Calabria per quanto riguarda questa indagine. Non ero a conoscenza di notizie dettagliate. Mi aveva accennato che erano in corso queste indagini


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con la procura di Reggio Calabria. Mi ricordo che una volta mi chiamò dalla procura e mi chiese di segnarmi un nome legato all'affondamento della Rigel e di trovargli il fascicolo relativo. Mi chiese di custodirlo e di consegnarlo nelle sue mani, cosa che avvenne appena lui rientrò in ufficio. Altri accenni erano al fatto che l'indagine era un po' delicata, che avevano ricevuto pressioni e minacce, ma non sapevo molto di più sull'indagine.
Ultimamente l'ho visto turbato. Circa dieci o quindici giorni prima della sua morte non era soddisfatto del comportamento di alcune persone che facevano parte del pool, che secondo lui lavoravano un po' remando contro, rallentando le indagini.
Per quanto riguarda l'esposto, è stato fatto assieme agli altri componenti della famiglia perché a seguito della sua morte non abbiamo il risultato dell'autopsia e questo non ci è parso molto chiaro. In pratica, si sarebbe trattato della morte per arresto cardiaco di una persona che sprizzava salute da tutti i pori e che qualche mese prima era stata sottoposta a visita medica per l'avanzamento di grado. Quando abbiamo letto l'autopsia, quindi, che era in palese contraddizione con la perizia del nostro perito, abbiamo ritenuto che c'era qualcosa che non andava. Tra la perizia del perito d'ufficio e quello di parte, infatti, c'era una contraddizione: secondo il primo mio cognato doveva essere una persona che si reggeva a mala pena in piedi perché parlava di un cuore stanco, ammalato, cosa non era vera perché, ripeto, qualche mese prima era stato sottoposto a visita per l'avanzamento di grado e anche perché nella comunicazione dei carabinieri che accompagnavano mio cognato era descritto in maniera dettagliata il percorso del viaggio, che si erano fermati a cenare in un ristorante, era detto cosa avevano mangiato, che avevano bevuto anche del vino, del limoncello; tuttavia, nella perizia del perito del tribunale dall'esame tossicologico non risultavano tracce di alcol.
Questa è una cosa che ci lascia tuttora col dubbio. Secondo me e secondo la famiglia le cose non sono andate come è stato scritto.

PRESIDENTE. Intanto, le rivolgeremo un po' di domande perché la questione è sicuramente di grande importanza. Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ALESSANDRO BRATTI. Rispetto alle preoccupazioni manifestate, suo cognato le aveva parlato di qualche cosa in maniera specifica? O era lei in generale a vederlo preoccupato? Era una sensazione sua?

FRANCESCO POSTORINO. Quando ha iniziato a partecipare a questa indagine lo vedevo pieno di entusiasmo. Mi aveva riferito che, dopo circa un mese, una volta, mentre stavano andando a Catanzaro per che questa indagine - non so se in macchina c'era anche il procuratore - sono stati affiancati da una macchina che aveva forse cercato di buttarli fuori strada. Successivamente sì, mi aveva parlato di un personaggio e non ho capito se era stato avvicinato mentre lui si trovava col maresciallo Scimone oppure si era avvicinato al maresciallo per fare delle pressioni, un certo Anghessa, un noto faccendiere, ben conosciuto.

ALESSANDRO BRATTI. Le ha fatto nome e cognome di questo Anghessa?

FRANCESCO POSTORINO. Sì.

PRESIDENTE. Sull'episodio Anghessa non è ancora sufficientemente chiaro che cos'è accaduto. Cosa le ha descritto suo cognato?

FRANCESCO POSTORINO. Non è entrato nei particolari. Mentre si parlava mi ha detto che c'era stato questo avvicinamento, non ho capito se si era avvicinato a lui mentre si trovava col maresciallo Scimone o si era avvicinato al maresciallo Scimone in modo che facesse pressione su


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di lui. Inizialmente non si sentiva preoccupato. Quando mi aveva accennato che c'era questa indagine in corso, infatti, io gli avevo detto di stare attento, ma lui non si sentiva sottoposto a minaccia perché ha sempre sostenuto di essere solo un tecnico e che se c'era qualcuno da colpire non era lui, un tecnico, capitano di Marina di lungo corso, esperto di carichi di navi, in coordinate.

ALESSANDRO BRATTI. Non le aveva mai parlato dell'indagine che stava svolgendo? Rispetto anche all'ultimo viaggio, ad esempio, non le disse dove stava andando, cosa andava a fare? Avevate quella sintonia di dialogo oppure no? Le parlava delle cose che stava facendo?

FRANCESCO POSTORINO. In maniera marginale, non dettagliata. So che aveva fatto dei viaggi al nord, erano stati a Brescia, aveva incontrato, mi sembra, un colonnello della Guardia forestale, un certo Martini o Marino, non ricordo, però non è mai entrato nei dettagli dell'indagine. So che aveva incontrato a Messina, mi sembra qualche settimana prima della morte, un ammiraglio dello Stato maggiore, ma non so se appartenesse ai Servizi, non so chi fosse.

CANDIDO DE ANGELIS. Nel corso dell'autopsia voi avete nominato un perito di parte.

FRANCESCO POSTORINO. Il dottor Asmundo.

CANDIDO DE ANGELIS. In base a quale criterio lo avete nominato? Lo chiedo perché mi sembra che anche il perito di parte sostanzialmente abbia confermato la perizia effettuata dal perito nominato dal tribunale. Benché su nostra sollecitazione non ci sia stata una sicurezza al 100 per cento, comunque non sembra che la morte possa essere avvenuta per motivi esterni.

FRANCESCO POSTORINO. Non so chi ha indicato il perito di parte a mia cognata, che lo ha nominato, ma dall'esame delle due perizie, a mio avviso il perito d'ufficio descrive il cuore stanco di una persona anziana.

CANDIDO DE ANGELIS. Non proprio, parla di stress.

FRANCESCO POSTORINO. Il perito di parte non parla di un cuore stanco e di una persona anziana. Durante l'autopsia il perito di parte, quando descrive le coronarie, parla addirittura, se non sbaglio, di coronarie lisce e lucenti.

CANDIDO DE ANGELIS. Il capitano non aveva mai riferito in famiglia di segnali strani, eventuali minacce?

FRANCESCO POSTORINO. Quelle che ho descritto. Se c'è stato dell'altro, non l'ha detto a me o alla moglie, magari per non farla preoccupare. Non so se ci siano state altre minacce.

PRESIDENTE. Sulla domanda del senatore De Angelis vorrei farle presente che abbiamo sentito il perito d'ufficio e il vostro consulente e sono arrivati alla stessa identica conclusione, e cioè che la causa della morte è naturale, non è indotta dall'esterno. Per questo stiamo cercando di capire quello che è accaduto.

FRANCESCO POSTORINO. È stata fatta una seconda autopsia.

PRESIDENTE. Sì, noi li abbiamo sentiti qua, e il vostro consulente ha detto di concordare pienamente con il perito d'ufficio che dice che la causa della morte è naturale. Poi, che la causa della morte sia naturale per stress, o sia naturale per invecchiamento, tutto questo dal nostro punto di vista, che è quello delle indagini sulla presenza della criminalità nel traffico dei rifiuti, non cambia nulla. Quello che avrebbe cambiato la prospettiva era un dubbio sulla causa della morte. Lei, però, non può dire più di quello che sa, ovviamente.


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Su questo punto, il vostro consulente e il perito d'ufficio vi hanno chiesto certificati medici pregressi? Lei ha detto che due mesi prima, se ricordo bene, era stato visitato per il passaggio di grado: questi documenti sono stati esaminati dai consulenti? Glieli avete dati? Ve li hanno richiesti?

FRANCESCO POSTORINO. Non credo che siano stati chiesti. Sono documenti interni della Marina.

PRESIDENTE. Sono interni all'amministrazione. Li chiederemo noi.
Lei, però, ci ha detto anche prima che il capitano ha sì ricevuto pressioni e minacce, però ultimamente appariva particolarmente turbato: le risultano le ragioni di questo aggravamento della sua preoccupazione? Glielo avete chiesto?

FRANCESCO POSTORINO. Era turbato più che altro perché sulla stampa erano uscite delle notizie che dovevano essere riservate.

PRESIDENTE. Quindi era turbato non per la sua persona, ma perché c'erano state delle violazioni di segreti.
Prima ci ha detto che le ha chiesto di prelevare il fascicolo della Rigel e di custodirlo personalmente: gli ha chiesto perché? Sembrerebbe che temesse che qualcosa potesse essere alterato: quando l'ha visto gli ha chiesto perché esistesse quel problema?

FRANCESCO POSTORINO. No, non l'ho chiesto, forse si fidava di me.

PRESIDENTE. Il punto è proprio che si fidava di lei.

FRANCESCO POSTORINO. Mi ha chiesto di prendere il fascicolo e consegnarlo personalmente a lui.

PRESIDENTE. E lei non ha avuto la naturale curiosità di sapere come mai addirittura la chiamasse per prendere il fascicolo?

FRANCESCO POSTORINO. No, mi trovavo in ufficio, lui si trovava in procura e mi ha chiesto di prendere questa pratica.

PRESIDENTE. E di conservarla, non di portargliela in procura.

FRANCESCO POSTORINO. No, di tenerla e quando sarebbe tornato l'avrei consegnata a lui per evitare, magari, di lasciarla in giro. Almeno, io ho interpretato così.

PRESIDENTE. Dov'era questo fascicolo?

FRANCESCO POSTORINO. Era negli archivi dei sinistri.

PRESIDENTE. Quindi non era in giro, era negli archivi.
Lei ha accennato anche al fatto che lui si lamentava che c'era nel suo gruppo chi remava contro: che cosa intende dire con questo? C'era qualcuno che non svolgeva le indagini?

FRANCESCO POSTORINO. Ultimamente si era lamentato del maresciallo Scimone, nei confronti del quale aveva iniziato a perdere un po' di stima e si fidava un po' meno.

GERARDO D'AMBROSIO. Quello che mi stupisce nella vicenda dell'accertamento della morte è che sia stato nominato lo stesso perito. Anche quando è stata disposta la riapertura dell'indagine da parte del magistrato è stato nominato perito lo stesso medico legale nominato in precedenza. Ora, credo che una cosa del genere, come ha stupito me, dovesse stupire molto di più voi che avevate richiesto la riapertura. È stato fatto presente al magistrato?

FRANCESCO POSTORINO. Sì. Se non sbaglio, la seconda autopsia è stata eseguita il 19 giugno 1997. In pratica, è stato notificato a Nocera che il magistrato aveva disposto la seconda autopsia il 18 giugno alle ore 14.00.


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GERARDO D'AMBROSIO. È stata notificata al suo avvocato?

FRANCESCO POSTORINO. No, è stata notificata a me e al fratello del capitano De Grazia.

GERARDO D'AMBROSIO. E voi cosa avete fatto? Avete reclamato? Avete spedito un telegramma?

FRANCESCO POSTORINO. No, il magistrato aveva disposto in quel modo. Ci ha trovato un po' spiazzati perché aveva disposto già l'autopsia, quindi l'indomani mattina alle 9.00 era già prevista la riesumazione della salma.

GERARDO D'AMBROSIO. Cosa disse il suo consulente? Non fece presente neanche lui al magistrato che c'era questa anomalia? Non ha fatto presente niente?

FRANCESCO POSTORINO. No. Per quella seconda autopsia non c'è stata nemmeno la possibilità di nominare subito un consulente. Era stato nominato un certo Bellantoni o Bellantonio.

GERARDO D'AMBROSIO. Voi non avevate un consulente di parte nella seconda autopsia?

FRANCESCO POSTORINO. Era stato indicato un secondo consulente, un certo Bellantonio, se non sbaglio, però è stata mia cognata a seguire la vicenda e io non so come sia andata a finire. So soltanto che della seconda autopsia mia cognata non ha mai ricevuto la perizia.

PRESIDENTE. Lei, o sua cognata insieme a lei, quando foste avvisati del malore o del decesso del capitano?

FRANCESCO POSTORINO. Io quella notte ero fuori Reggio. È stato avvisato il fratello dal comandante Bellantoni, allora comandante in seconda della capitaneria di porto perché da Nocera avevano chiamato lui. Il comandante Bellantoni avvisò il fratello, forse era l'una, l'una e mezza di notte, e il fratello avvisò mio suocero. Io ho ricevuto la telefonata verso le tre da mio suocero. Mi trovavo a Stilo. Sono rientrato e quando sono arrivato a casa, alle cinque, mia cognata dormiva e non sapeva niente. Sono dovuto andare io a dirle che il marito aveva avuto un incidente stradale con la macchina e che era grave. Non le ho detto subito che era morto. Poco prima che arrivassi a Nocera ho cercato di addolcirle la pillola, per quanto possibile in questi casi, e alla fine le ho detto come erano andati i fatti.

PRESIDENTE. Lei si è poi recato sul posto?

FRANCESCO POSTORINO. Sì.

PRESIDENTE. Con chi ha parlato? Lei dice di aver parlato col maresciallo Moschitta: che diceva?

FRANCESCO POSTORINO. Diceva che durante il viaggio avevano fatto alcune tappe e si erano fermati a mangiare a Campagna, se non sbaglio, in un ristorante proprio vicino allo svincolo dell'autostrada. Ha descritto cosa avevano mangiato e che lui aveva concluso con il dolce, se non sbaglio a base di ricotta, e poi aveva bevuto un limoncello. Partiti da Campagna, almeno da quello che racconta il maresciallo Moschitta, all'altezza del casello di Salerno lo aveva visto accasciare la testa. Lui pensava che si stesse addormentando. L'ha chiamato, poi si è accorto che era tutto sudato e quando ha capito che aveva avuto un malore, si sono fermati e hanno cercato di rianimarlo. Non so se abbiano chiamato i carabinieri o il 118, in ogni caso hanno chiamato i soccorsi.

ALESSANDRO BRATTI. Da quello che è di sua conoscenza, com'era il rapporto tra il comandante e i suoi due collaboratori più stretti, soprattutto Moschitta?

FRANCESCO POSTORINO. So che avevano un buon rapporto. L'unica lamentela


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era riferita al fatto che era un po' seccato per alcune cose che erano uscite fuori e che dovevano rimanere segrete.

PRESIDENTE. Che cosa le disse in particolare del maresciallo Scimone? Non le disse altro? Non le parlò dei rapporti con i servizi segreti da parte di Scimone?

FRANCESCO POSTORINO. Mi disse soltanto che era seccato perché erano uscite fuori delle cose riservate.

PRESIDENTE. Lei è stato ascoltato dal pubblico ministero anche sul maresciallo Scimone, si ricorda?

FRANCESCO POSTORINO. Sì.

PRESIDENTE. Si ricorda cosa ha detto al pubblico ministero?

FRANCESCO POSTORINO. Mi ricordo di aver detto queste stesse cose.

PRESIDENTE. Al pubblico ministero ha detto che suo cognato le aveva riferito in qualche occasione di un comportamento strano del maresciallo Scimone del Nucleo operativo dei carabinieri di Reggio Calabria. «Mi confessò in modo esplicito di essersi accorto che un suo collaboratore nelle indagini passava informazioni riservate ai servizi deviati. Quando, sulla base dei sospetti da lui esplicitati in precedenza, gli feci il nome del maresciallo Scimone, lui mi confermò facendo un cenno con la testa». Non le ha solo detto, quindi, che non si comportava bene, le ha detto che aveva rapporti e passava notizie ai servizi deviati. Questo oggi l'ha dimenticato? È la verità o non lo è? Non è una notizia di quelle che si dimenticano che ci sia un collaboratore del capitano De Grazia che passa notizie ai servizi deviati.

GERARDO D'AMBROSIO. «Deviati» ha un significato in più. Non dice che passava notizie ai servizi segreti, ma ai servizi segreti deviati, che mi pare una cosa molto diversa dal passare notizie ai servizi segreti visto che anche i carabinieri di solito sono in contatto diretto con i servizi segreti, ci sono i centri di controspionaggio, i centri Cs, fatti dai carabinieri, sono presso i nuclei dei carabinieri.

PRESIDENTE. Dei servizi deviati il senatore D'Ambrosio sa parecchio per la sua esperienza precedente di magistrato.

GERARDO D'AMBROSIO. Per piazza Fontana, ma il termine «deviati» nacque allora per indicare i servizi che si occupavano di cose che non erano di competenza dei servizi segreti. Ora, se avesse parlato di servizi segreti non ci sarebbe niente di strano, in fin dei conti può anche succedere che un maresciallo dei carabinieri riferisca ai servizi segreti, ma che abbia usato il termine «deviati» mi stupisce: lei è sicuro che abbia usato questo termine?

FRANCESCO POSTORINO. Sì.

PRESIDENTE. Questo è quanto ha riferito al pubblico ministero.
Il capitano De Grazia durante il viaggio in cui purtroppo è deceduto aveva con sé una borsa, qualcosa?

FRANCESCO POSTORINO. Sì, aveva una borsa portadocumenti, che hanno preso in consegna Moschitta e l'altro collaboratore.

PRESIDENTE. Chiederemo anche questo a Moschitta.
Voi lavoravate nello stesso ufficio, avevate un rapporto di parentela: il capitano De Grazia l'ha mai informata di ciò che stava cercando di scoprire, delle indagini che svolgeva? Le ho già chiesto della Rigel, che era un fatto singolare.

FRANCESCO POSTORINO. Sì. Lui ha iniziato a collaborare con la procura, se non sbaglio nel mese di aprile del 1995. Subito dopo era partito per andare fuori Reggio per questa missione e mi aveva detto che stava collaborando e che erano emerse notizie degli affondamenti di navi con carichi di rifiuti, però non in maniera


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dettagliata. Aveva anche accennato alla tecnologia inventata da Comerio dei missili per l'affondamento delle scorie radioattive. Ho saputo in seguito che c'era anche la Rigel e dell'affondamento sospetto dopo che gli ho consegnato il fascicolo. Ho appreso altre notizie più che altro dalla stampa.

PRESIDENTE. Lei accennava prima a una vicenda legata a una perquisizione, a un contrasto che vi sarebbe stato tra il capitano De Grazia e il maresciallo Scimone.

FRANCESCO POSTORINO. Più che a un contrasto mi aveva accennato del fatto che durante una perquisizione il maresciallo Scimone aveva tenuto un certo comportamento con una segretaria e lui non lo aveva gradito.

PRESIDENTE. Quello che sta dicendo non ci consente di capire cosa è successo, non l'avrebbe capito nemmeno lei. Quali fatti le ha descritto?

FRANCESCO POSTORINO. Mi ha detto che durante questa perquisizione aveva notato che il maresciallo Scimone non stava tenendo un comportamento...

ALESSANDRO BRATTI. Faceva il galante, il galletto, il furbo o si trattava di altre questioni?

FRANCESCO POSTORINO. Ricordo solo che mi riferì che aveva usato un atteggiamento un po' galante con una segretaria, però non so se facesse il furbo.

PRESIDENTE. Scusi, lei ha detto al pubblico ministero «si riferì a una strana condotta del maresciallo Scimone durante una certa perquisizione o un sopralluogo a Roma o nelle vicinanze senza però chiarirmi altro». Allora, tutto si può dire tranne che sia un comportamento strano fare la corte a una segretaria, mi pare un comportamento naturale.

FRANCESCO POSTORINO. Strano in questo senso, non in un altro.

PRESIDENTE. Siamo uomini di una certa esperienza, nessuno lo definirebbe mai un comportamento strano. Oltretutto, abbiamo la relazione di quello che è accaduto, non era un comportamento strano, ma un contrasto su come era stato steso un verbale e così via, quindi non è un comportamento strano. Aggiungo che, se a chiunque dotato di un minimo di attenzione e curiosità, soprattutto un parente, fosse stato detto che qualcuno aveva tenuto un comportamento strano, questi avrebbe osservato che, visto che gli veniva riferito, evidentemente doveva trattarsi di una cosa che lo aveva colpito. Cosa voleva dire strano? Lei non si è incuriosito e non gli ha chiesto che cosa significasse «strano»?

FRANCESCO POSTORINO. No, mi è sembrato di capire che avesse avuto un comportamento strano con una segretaria. L'ho attribuito al fatto che volesse fare il galante, ma non mi riferì altro.

CANDIDO DE ANGELIS. Siccome noi abbiamo come Commissione molto a cuore questa indagine, e ci ha molto colpito - ci lavoriamo da circa un anno e mezzo, abbiamo fatto tante audizioni, fuori sono stati anche ascoltati dei pentiti, è diventata centrale nel lavoro di questa Commissione - la morte di suo cognato. Sin dall'inizio, ritenevate strana questa morte o eravate convinti che non fosse stata naturale: perché non avete spinto sulla seconda autopsia, o comunque, quando avete saputo della seconda autopsia, non vi siete opposti o in qualche modo, tramite avvocato, non siete intervenuti con forza?
Assieme a questa sua dichiarazione sui servizi deviati, queste circostanze fanno quasi pensare che non dico che eravate convinti di certe cose, ma che avevate dei forti sospetti. Ritengo che avreste dovuto agire con maggiore energia. Qui abbiamo ascoltato bene e a fondo i periti, li abbiamo interrogati per circa un'ora e mezza


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e mi sembra che le risultanze siano quelle che diceva poco fa il presidente. Mi sembra che non aveste tutti questi grandi dubbi neanche su qualche figura equivoca che gravitava intorno al capitano De Grazia: mi spiega questa situazione? Avete dei dubbi sulla effettiva morte del capitano?

FRANCESCO POSTORINO. Personalmente ho dei dubbi. Per il resto, secondo me è stato un errore della famiglia. Io sono cognato perché abbiamo sposato due sorelle. Quello che ho sempre rimproverato a mia cognata è che dal primo momento doveva farsi affiancare da un legale. È un errore della famiglia, l'ho sempre detto a mia cognata, che non si è mai fatta affiancare da un legale per farsi consigliare su come condurre questa battaglia. Se fosse stato un mio cognato diretto, marito di una mia sorella, mi sarei comportato in maniera diversa, avrei martellato fino alla noia. Riconosco che c'è stata un po' di leggerezza, non quell'atteggiamento aggressivo che secondo me doveva essere mantenuto da noi familiari, principalmente dalla moglie e dai fratelli.

PRESIDENTE. Mi scusi, la domanda del senatore De Angelis va al di là di quello che sta dicendo e ha il seguente tenore: visto che era morto in circostanze apparentemente normali - ci si può sentir male, avere una congestione - perché voi invece avevate motivo di pensare che potesse esserci dietro questa morte un comportamento criminoso, illecito? Ciò che alla Commissione interessa capire da lei è perché vi eravate formati la convinzione che potesse essere stato ammazzato anziché essere morto naturalmente. Dovevate avere degli elementi. Avete mosso una prima volta il vostro consulente, poi avete chiesto la riapertura delle indagini: doveva esserci una convinzione radicata che poteva esserci qualcuno interessato a eliminare il capitano, cosa che peraltro si è obiettivamente verificata nel momento in cui con la sua morte, come dicevo prima, si è conclusa qualunque indagine.
Non ci ha poi spiegato meglio a chi si riferiva quando parlava di persone che tendevano a bloccare le indagini. Ha detto che non era soddisfatto di chi remava contro.

FRANCESCO POSTORINO. Mi riferivo al fatto del maresciallo Scimone.

PRESIDENTE. Uno che diffonde delle notizie non rema contro. Si rema contro quando si cerca di ritardare o bloccare le indagini. Potrà avere effetti negativi il fatto che si diffonda una notizia, ma non si rema contro.

FRANCESCO POSTORINO. Lui era innervosito dal fatto che erano uscite fuori delle notizie che dovevano rimanere riservate.

PRESIDENTE. Allora che notizie erano?

FRANCESCO POSTORINO. Questo non lo so.

PRESIDENTE. Scusi, ma non possiamo accettare che un parente, capitano di Marina, dica che c'è qualcuno che diffonde notizie per bloccare delle indagini e nessuno gli chieda di che notizie stia parlando.

FRANCESCO POSTORINO. No, si riferiva a notizie che dovevano rimanere riservate, ma non facevo domande. Se lui mi diceva qualcosa lo ascoltavo, però non andavo a chiedere.

PRESIDENTE. La ringraziamo anche se devo dirle che non siamo molto convinti delle notizie della sua testimonianza.

FRANCESCO POSTORINO. Convinti?

PRESIDENTE. Non siamo convinti perché le domande che la Commissione le ha rivolto erano le più ovvie del mondo, soprattutto quella del vostro sospetto che potesse esserci stato un fatto criminoso dietro.


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FRANCESCO POSTORINO. Il sospetto è nato quando dalla prima perizia emergevano due modi di vedere il cuore di una persona: secondo la perizia della dottoressa Del Vecchio sembrava il cuore di una persona malata; secondo quella del dottore di parte la morte era riconducibile ad arresto cardiocircolatorio, però non descriveva il cuore di una persona malata. Il sospetto era avvalorato dal fatto che, a dispetto della relazione che hanno fatto i carabinieri che erano con lui, nell'esame tossicologico non sono risultate tracce di alcol, mentre i carabinieri avevano dichiarato che avevano bevuto del vino bianco, non ricordo bene, e del limoncello.

PRESIDENTE. Che distanza c'è tra il luogo in cui hanno mangiato e quello in cui si sono accorti che stava molto male?

FRANCESCO POSTORINO. Tra Campagna e il casello di Salerno forse ci saranno una ventina di chilometri, ma non lo so con precisione.

ALESSANDRO BRATTI. Se non ho capito male, lei dice che la famiglia sospetta che probabilmente possa non essere un incidente a causa di questa perizia, dopodiché, come veniva ricordato, viene riaffidata la perizia alla stessa persona che aveva eseguito la prima e sembra che le proteste della famiglia non siano convinte. Protesto di più se sono un familiare e sono convinto proprio a causa di quella perizia e mi viene il dubbio che non sia un incidente, ma che ci sia qualcos'altro. E se mi viene il dubbio che ci sia qualcos'altro, non penso che possa essere solo per una differenza di perizie, significa che avevo la sensazione che ci fosse qualche minaccia. Se capita in una situazione normale, non mi preoccupo che forse possa esserci qualcosa di diverso da una morte naturale.
Rispetto alla prima perizia si dice addirittura che è questa la ragione che mi fa scattare la molla per dire che c'è qualcosa che davvero non quadra; poi la perizia viene riaffidata allo stesso medico che ha eseguito la prima e di fatto non si protesta. Mi sembra che emerga questo.

FRANCESCO POSTORINO. Sono d'accordo.

ALESSANDRO BRATTI. È strano, è molto strano, oppure è subentrata una sorta di rassegnazione successiva.

FRANCESCO POSTORINO. Questo non so dirglielo. Ripeto che non c'è stata da parte della famiglia la pressione giusta. Quando il magistrato ha affidato la seconda perizia allo stesso medico bisognava farsi sentire, cosa che non è stata fatta.

PRESIDENTE. La ringraziamo. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta, sospesa alle 13,55, riprende alle 14.

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