Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato , Servizio Commissioni
Titolo: Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia D.L. 69/2013 ' A.C. 1248-B - Schede di lettura e profili finanziari
Riferimenti:
AC N. 1248-B/XVII   DL N. 69 DEL 21-GIU-13
Serie: Progetti di legge    Numero: 36    Progressivo: 3
Data: 07/08/2013
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2013 0069   ECONOMIA NAZIONALE
POLITICA ECONOMICA     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti
per il rilancio dell’economia

D.L. 69/2013 – A.C. 1248-B

Schede di lettura e profili finanziari

 

 

 

 

 

 

n. 36/3

 

 

 

7 agosto 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it @CD_bilancio

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Verifica delle quantificazioni n. 27

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

§      Le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§      Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

 

 

 

 

Avvertenza

 

Il disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato, dispone la conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”.

Il presente Dossier esamina le norme introdotte o modificate dal Senato.

 

 

 

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: D13069c.doc


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Rafforzamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese) 3

§      Articolo 2 (Finanziamenti per l'acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese) 6

§      Articolo 3 (Rifinanziamento dei contratti di sviluppo) 8

§      Articolo 4, comma 7-bis (Deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti) 10

§      Articolo 5 (Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica ed estensione della c.d. Robin Hood Tax) 11

§      Articolo 6, commi 4-bis e 4-ter (Riconversione del comparto bieticolo-saccarifero) soppressi 13

§      Articolo 7, comma 1-ter (Vigilanza sull’Ente nazionale per il microcredito) soppresso  15

§      Articolo 9, comma 3-bis (Accelerazione nell’utilizzazione dei fondi comunitari e Piano città) 17

§      Articolo 11-bis (Misure economiche di natura compensativa alle televisioni locali) 18

§      Articolo 12-bis (Limiti ai compensi degli amministratori delle società che svolgono servizi di interesse generale, controllate dalle PP.AA.) soppresso. 19

§      Articolo 12-bis (Sostegno alle imprese creditrici dei comuni dissestati) 20

§      Articolo 13-bis, comma 2 (Ricorso a prodotti open source nelle piattaforme accreditate per gli acquisti di beni e servizi ICT) 24

§      Articolo 14, commi 1-bis e 1-ter (Disposizioni in materia di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni) 25

§      Articolo 17 (Misure per favorire la realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico) 27

§      Articolo 18, commi 8 e 8-ter (Interventi per l’edilizia scolastica) 31

§      Articolo 18, comma 8-septies (Esclusioni dai limiti  di acquisto di mobili e arredi destinati ad uso scolastico e per i servizi all’infanzia) 33

§      Articolo 18, comma 9-bis (Prosecuzione programmi annuali «6000 Campanili») soppresso  35

§      Articolo 19, comma 5-bis (Canoni demaniali marittimi) 36

§      Articolo 20 (Pagamento delle sanzioni del codice della strada) 38

§      Articolo 25, comma 11-quater (Inquinamento acustico dei luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile) 39

§      Articolo 25 comma 11-sexies (Trasporto pubblico locale della Regione Calabria) 40

§      Articolo 25-bis (Sede dell’Autorità dei trasporti) 41

§      Articolo 26-ter (Anticipazione del prezzo nei contratti di appalto) 43

§      Articolo 29-bis (Disposizioni transitorie in materia di incompatibilità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148) 44

§      Articolo 29-ter (Disposizioni transitorie in materia di incompatibilità di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39) 47

§      Articolo 30, comma 1, lettera 0a) (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati) 50

§      Articolo 30, comma 1, lettera f) (SCIA per modifiche della sagoma nelle zone omogenee A) 53

§      Articolo 30, commi 3 e 3-bis (Proroga dei termini di inizio e fine lavori nei titoli abilitativi in edilizia e nelle convenzioni di lottizzazione) 54

§      Articolo 30, comma 5-ter (Liberalizzazioni esercizi commerciali) 55

§      Articolo 30, comma 5-quater (Estensione della disciplina sulla sospensione dei pagamenti ai subcontratti di forniture) 56

§      Articolo 30-bis (Semplificazioni in materia agricola) 58

§      Articolo 31 (Disposizioni in materia di D.U.R.C.) 60

§      Articolo 32 (Disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro) 61

§      Articolo 33 (Semplificazione del procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia) 63

§      Articolo 35, comma 1-bis (Limitazione delle spese per il personale “precario” nelle Regioni) 64

§      Articolo 40, comma 1-bis (Personale delle fondazioni lirico sinfoniche) 66

§      Articolo 41, commi 1, 3-lett. b) e 6-ter (Disposizioni in materia ambientale) 68

§      Articolo 41-bis, comma 7 (Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo) 70

§      Articolo 41-quater (Disciplina dell’utilizzo del pastazzo) 71

§      Articolo 42, comma 7-bis (Soppressione del libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi) 73

§      Articolo 42, comma 7-ter (Soppressione della certificazione di idoneità fisica per l’esercizio dell’impresa di revisione dei veicoli) 74

§      Articolo 42-bis (Certificazione per l'attività ludico motoria e amatoriale e l’attività sportiva non agonistica) 75

§      Articolo 44, comma 4-quinquies (Gestione delle modifiche dei foglietti illustrativi dei farmaci) 78

§      Articolo 46, commi 1-bis e 1-quinquies (EXPO Milano 2015) 79

§      Articolo 46-ter (Disposizioni in favore dell’Esposizione universale di Milano del 2015) 80

§      Articolo 49, comma 2-bis (Proroga e differimento di termini in materia di spending review) 84

§      Articolo 49-bis (Misure per il rafforzamento della spending review) 87

§      Articolo 49-quinquies (Misure finanziarie urgenti per gli enti locali) 88

§      Articolo 50 (Modifiche alla disciplina della responsabilità fiscale negli appalti) 91

§      Articolo 52 (Disposizioni per la riscossione mediante ruolo) 93

§      Articolo 54-bis (Modifiche alla legge 6 novembre 2012, n. 190 in materia di anticorruzione) 94

§      Articolo 54-ter (Modifiche al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di incompatibilità e incandidabilità) 99

§      Articolo 56-bis (Semplificazione delle procedure in materia di trasferimenti di immobili agli enti territoriali) 103

§      Articolo 56-ter (Piani di azionariato) 106

§      Articolo 56-quater (Diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede nei servizi di investimento) 108

§      Articolo 56-quinquies (Altri soggetti operanti nell'attività di concessione di finanziamenti) 110

§      Articolo 57-bis (Personale scolastico collocato fuori ruolo per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica) 112

§      Articolo 58, comma 3-bis (Spesa per missioni di università e enti di ricerca) 114

§      Articolo 59 (Piano nazionale per il sostegno al merito e alla mobilità degli studenti universitari meritevoli e privi di mezzi) 116

§      Articolo 59-bis (Programma nazionale per il sostegno degli studenti capaci e meritevoli) soppresso  120

§      Articolo 60 (Sistema di finanziamento delle università e dell’ANVUR e procedure di valutazione delle attività amministrative delle università e degli enti di ricerca) 121

§      Articolo 61 (Copertura finanziaria) 123

§      Articolo 73 (Formazione presso gli uffici giudiziari) 129

§      Articolo 76 (Divisione della comunione) 131

§      Articolo 79 (Semplificazione della motivazione della sentenza civile) soppresso  132

§      Articolo 82 (Concordato preventivo) 133

§      Articolo 84-ter (Compensi per gli amministratori di società controllate dalle pubbliche amministrazioni) 134

Profili finanziari

§      Articolo 1, comma 5-ter – Contributi su base volontaria al Fondo di garanzia per piccole e medie imprese. 141

§      Articolo 3, comma 4-bis – Rifinanziamento contratti di sviluppo. 142

§      Articolo 4, comma 7-bis – Norme in materia di concorrenza nel mercato del gas naturale e nei carburanti 142

§      Articolo 5, comma 5 – Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica  143

§      Articolo 6, commi 4-bis e 4-ter – Gasolio per il riscaldamento nelle coltivazioni sotto serra  143

§      Articolo 7, comma 1-ter – Vigilanza sull’ente nazionale per il microcredito. 143

§      Articolo 11-bis – Misure economiche di natura compensativa per le televisioni locali 144

§      Soppressione articolo 12-bis (testo approvato dalla Camera) – Compensi per gli amministratori di società che svolgono servizi di interesse generale. 145

§      Articolo 12-bis- Sostegno alle imprese creditrici dei comuni dissestati 145

§      Articolo 13-bis, comma 2 – Prodotti open source. 146

§      Articolo 14, commi 1-bis e 1-ter – Trasmissioni di documenti a mezzo fax. 147

§      Articolo 17 – Fascicolo sanitario elettronico. 147

§      Articolo 18, comma 8 – Messa in sicurezza e costruzione di edifici scolastici 148

§      Articolo 18, comma 8-ter – Commissari in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali 149

§      Articolo 18, comma 8-septies – Spese a uso scolastico e a servizi per l’infanzia  149

§      Articolo 18, comma 9-bis – Programmi annuali “6.000 campanili” 150

§      Articolo 19, comma 5-bis – Sospensione pagamento canoni demaniali marittimi 151

§      Articolo 25, comma 11-sexies – Efficientamento dei servizi di trasporto nella regione Calabria  151

§      Articolo 25-bis – Sede dell’autorità di regolazione dei trasporti 152

§      Articolo 26-ter– Anticipazione del prezzo di appalto. 153

§      Articolo 30, comma 1, lettera f) – Segnalazione certificata di inizio attività. 153

§      Articolo 30, comma 3 – Termine di inizio e fine lavori nel permesso di costruire  154

§      Articolo 30, comma 3-bis – Termine di inizio e fine lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione  154

§      Articolo 30-bis – Semplificazioni in materia agricola. 154

§      Articolo 31, comma 1-bis, – DURC per lavori privati di manutenzione in edilizia  155

§      Articolo 32, comma 1, lettera f) – Verifiche periodiche per le attrezzature di lavoro  155

§      Articolo 32, comma 7-bis – Criterio del prezzo più basso. 155

§      Articolo 33, comma 2-bis – Rilascio di documenti attraverso strumenti informatici 156

§      Articolo 35, comma 1-bis, – Meccanismi premiali relativi alle regioni 156

§      Articolo 41, commi 1 e 3 - Acque sotterranee. 157

§      Articolo 41-bis, comma 7- Materiali da scavo. 158

§      Articolo 41-quater - Disciplina dell’utilizzo del pastazzo. 158

§      Articolo 42-bis – Certificati sanitari 159

§      Articolo 46-ter – Disposizioni in favore dell’EXPO 2015. 159

§      Articolo 46, comma 1-bis – Modifica della copertura del contributo in favore di Expò Milano 2015  161

§      Articolo 46, commi da 1-quater a 1-sexies – Soppressione dell’esclusione dal patto di stabilità interno delle spese di pubblicità relative a Expò 2015. 162

§      Articolo 49, comma 2-bis. 162

§      Articolo 49-quinquies – Misure finanziarie urgenti per gli enti locali 164

§      Articolo 50 – Modifica alla disciplina della responsabilità fiscale negli appalti 164

§      Articolo 52 – Disposizioni per la riscossione mediante ruolo. 165

§      Articolo 54-bis e 54-ter – Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. 165

§      Articolo 56-bis – Trasferimento di immobili agli enti territoriali 166

§      Articolo 56-ter – Piani di azionariato. 167

§      Articolo 56-quater - Diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede nei servizi di investimento  168

§      Articolo 56-quinquies – Società cooperative. 169

§      Articolo 57-bis, comma 2 – Collocamenti fuori ruolo già adottati 169

§      Articolo 58, comma 3-bis – Riduzione di costi negli apparati amministrativi 170

§      Articolo 59 e soppressione articolo 59-bis– borse di mobilità. 171

§      Articolo 60 – fondo per il  finanziamento ordinario delle università. 171

§      Articolo 61 – Copertura finanziaria. 172

§      Articolo 84-ter – Compensi per gli amministratori di società controllate dalle pubbliche amministrazioni 173

 

 

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Rafforzamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese)

 

L'articolo 1, volto a potenziare gli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, è stato oggetto di modifica da parte del Senato limitatamente al comma 3 e al comma 4. E' stato altresì inserito nel corso dell'esame in Senato, un nuovo comma 5-ter.

 

Il comma 3 è stato soppresso nel corso dell'esame in Senato. In seguito a tale soppressione viene ripristinata la riserva del 30 per cento dell’importo di rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, per gli interventi di controgaranzia del Fondo a favore dei Confidi previsto dal comma 3 dell’articolo 11 del D.L. 185 del 2008. Tale riserva era infatti oggetto di abrogazione nel testo approvato in prima lettura dalla Camera.

Il comma 3 dell’articolo 11 del D.L. 185 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009, riserva il 30% dell’importo di rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, agli interventi di controgaranzia del Fondo a favore dei Confidi previsto dall’articolo 13 del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003. Con il termine “confidi” si intendono i consorzi con attività esterna, le società cooperative, le società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative, che svolgono l'attività di garanzia collettiva dei fidi al fine di agevolare le imprese nell’accesso ai finanziamenti, a breve medio e lungo termine, destinati allo sviluppo delle attività economiche e produttive. Il comma 20 del richiamato articolo 13 dispone che i confidi che riuniscono complessivamente non meno di 15.000 imprese e garantiscono finanziamenti complessivamente non inferiori a 500 milioni di euro possono istituire, anche tramite le loro associazioni nazionali di rappresentanza, fondi di garanzia interconsortile destinati alla prestazione di controgaranzie e cogaranzie ai confidi.

 

Il comma 4, nel testo del decreto legge n. 63 del 2013, non modificato in prima lettura dalla Camera, era volto ad abrogare l’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 39 del D.L. 201/2011, il quale prevede che una quota pari all'80 per cento delle disponibilità finanziarie del Fondo stesso sia riservata ad interventi non superiori a cinquecentomila euro d’importo massimo garantito per singola impresa. In seguito alla modifica apportata dal Senato la disposizione citata non è più oggetto di abrogazione, ma è riformulata nel senso di limitare la quota di riserva dall'attuale 80 per cento al 50 cento.

 

Il comma 5-ter, introduce la possibilità che la quota del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese destinata alla microimprenditorialità, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 39, comma 7-bis del decreto legge n. 201 del 2011, sia alimentata anche da contributi su base volontaria, previa assegnazione all'entrata del bilancio dello stato.

L'articolo 39, comma 7-bis, del D.L. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è volto ad assicurare alla micro-imprenditoria l’accesso a garanzie su micro-crediti.

Nel dettaglio, la disposizione riserva una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (di cui all’art. 2, comma 100, lettera a) della legge 662/1996) ad interventi di garanzia a favore del micro-credito per la micro-imprenditoria. L’apertura di questa linea di garanzia deve comunque avvenire nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica.

L’attività di erogazione di microcredito alla micro-imprenditoria è disciplinata dall’articolo 111 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al D.Lgs. 385/1993.

La norma qualifica come micro-credito alla micro-imprenditoria la concessione di finanziamenti finalizzati all'avvio o all'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa e destinati a persone fisiche o società di persone o società cooperative. La concessione di questa tipologia di finanziamenti è riservata (in deroga all’art. 106, comma 1, del TUB) a soggetti iscritti in un apposito elenco tenuto dall'organismo creato ad hoc (di cui al successivo articolo 113 del TUB). Per i finanziamenti di micro-credito alla micro-imprenditoria sono prescritte le seguenti caratteristiche (comma 1 dell’articolo 111):

§       siano di ammontare non superiore a euro 25.000,00 e non siano assistiti da garanzie reali;

§       siano finalizzati all'avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all'inserimento nel mercato del lavoro;

§       siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati.

Per essere iscritti nell’elenco dei soggetti abilitati al microcredito in esame, devono ricorrere le seguenti condizioni (articolo 111, comma 2, TUB):

§       forma di società di capitali;

§       specifico ammontare di capitale versato, non inferiore a quello stabilito dalle disposizioni di attuazione;

§       requisiti di onorabilità dei soci di controllo o rilevanti, nonché di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali;

§       oggetto sociale limitato alle sole attività di concessione di microcredito, come illustrate supra, nonché alle attività accessorie e strumentali;

§       presentazione di un programma di attività.

I soggetti iscritti all’albo possono erogare, in via non prevalente, anche finanziamenti anche a favore di persone fisiche in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché i finanziamenti concessi siano di importo massimo di euro 10.000, non siano assistiti da garanzie reali, siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di bilancio familiare, abbiano lo scopo di consentire l'inclusione sociale e finanziaria del beneficiario e siano prestati a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato (comma 3 dell’articolo 111).

E’ prevista anche (comma 4 dell’articolo 111) in una sezione speciale dell’elenco dei soggetti abilitati al microcredito, nella quale sono iscritti i soggetti giuridici senza fini di lucro in possesso delle specifiche caratteristiche individuate dalle norme secondarie di attuazione; tali soggetti possono svolgere le attività di microcredito o di credito a soggetti in condizioni di vulnerabilità sociale (rispettivamente, commi 1 e 3 dell’articolo 111) a condizione che i finanziamenti siano concessi a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato. L'iscrizione nella sezione speciale è subordinata al possesso di requisiti di onorabilità e professionalità e alla presentazione di un programma di attività (comma 2, lettere c) ed e)).

Le disposizioni attuative sono demandate al Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia.

La norma rimanda poi a successivo decreto non regolamentare del Ministro dello Sviluppo economico, adottato dopo aver sentito l’Ente nazionale per il microcredito, la definizione di una serie di aspetti specifici quali:

§       la percentuale delle risorse del Fondo di garanzia per le PMI da destinare al microcredito;

§       le tipologie di operazioni ammissibili;

§       le modalità di concessione, i criteri di selezione, l’ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione di questa garanzia.

Infine, all’Ente nazionale per il microcredito è demandato il compito di stipulare convenzioni con soggetti e istituzioni nazionali ed europee per accrescere le risorse del Fondo per le piccole e medie imprese da destinare al micro-credito per la micro-imprenditoria.

La definizione delle modalità di attuazione nonché la modalità di contribuzione da parte di enti, associazioni, società o singoli cittadini è rimessa a decreto ministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

 


 

Articolo 2
(Finanziamenti per l'acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese)

 

L'articolo 2 introduce un meccanismo incentivante per le micro, piccole e medie imprese che effettuano investimenti, anche tramite leasing, di macchinari, impianti, attrezzature ad uso produttivo, nonché per l’acquisto di beni strumentali d'impresa. I soggetti destinatari della misura agevolativa sono le micro, piccole e medie imprese ai sensi della Raccomandazione 2003/361/Ce della Commissione del 6 maggio 2003.

Le modiche apportate dal Senato, limitate al comma 1, eliminano il riferimento all’acquisto ed estendono la misura agevolativa anche agli investimenti in hardware, in software e in tecnologie digitali.

 

Il meccanismo incentivante di cui all'articolo 2 prevede innanzitutto l'intervento di Cassa depositi e prestiti presso la gestione separata della quale viene costituito un plafond che sarà utilizzato dalla medesima Cassa per fornire, fino al 31 dicembre 2016, provvista dalle banche per la concessione di finanziamenti alle imprese che intendono effettuare investimenti per rinnovare i propri macchinari.

Per l’intervento della Cassa depositi e prestiti sono richiamate le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4-bis, del D.L. 5/2009, che consentono l'utilizzo delle risorse rivenienti dal risparmio postale e attribuite a Cassa depositi e prestiti S.p.A. per iniziative a favore delle piccole e medie imprese attraverso l'intermediazione di soggetti autorizzati all'esercizio del credito (comma 2).

I finanziamenti sono erogati dalle banche che aderiscono alla convenzione da stipulare tra il Ministero dello sviluppo economico (sentito il Ministero dell'economia e delle finanze), Cassa depositi e prestiti S.p.A. e ABI.

A tale convenzione (o convenzioni) è rimessa altresì la disciplina di dettaglio, per quanto attiene, in particolare, alle modalità operative per la concessione dei finanziamenti agevolati, dei contratti tipo di finanziamento e cessione del credito, incluse le attività di monitoraggio e di rendicontazione svolte dalle banche. (comma 7).

Durante l’esame presso la Camera è stato previsto che i finanziamenti possano essere erogati anche dagli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività di leasing finanziario purché garantiti da banche.

I finanziamenti bancari avranno durata non superiore a cinque anni e saranno erogati fino ad un massimo di 2 milioni di euro per impresa, anche frazionato in più iniziative. Si prevede, inoltre, la possibilità che il finanziamento copra l'intero costo dell'investimento (comma 3).

La seconda parte dell’intervento consiste nell’erogazione di un contributo statale alle imprese che accedono ai predetti finanziamenti bancari per coprire parte degli interessi (comma 4).

Il contributo è infatti calcolato in rapporto agli interessi sui finanziamenti bancari. E’ rimessa ad un decreto dello Sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione della misura massima del contributo nonché la definizione delle condizioni di accesso e le modalità di funzionamento (commi 4 e 5).

Per quanto riguarda l’erogazione dei contributi è autorizzata (comma 8, secondo periodo) la spesa di:

§       7, 5 milioni di euro per il 2014

§       21 milioni di euro per il 2015

§       35 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2019

§       17 milioni di euro per l’anno 2020

§       6 milioni di euro per l’anno 2021.

E’ inoltre prevista la possibilità che i finanziamenti, fino all'80 per cento del loro ammontare, siano assistititi dalla garanzia del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, a valere sulle risorse finanziarie già disponibili nel Fondo stesso. E’ demandata a decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle modalità priorità di accesso e delle modalità di concessione della garanzia (comma 6).

Durante l’esame in prima lettura alla Camera, gli incentivi previsti sono stati estesi anche alle piccole e medie imprese agricole e del settore della pesca, compatibilmente con la normativa comunitaria in materia (comma 8-bis).


 

Articolo 3
(
Rifinanziamento dei contratti di sviluppo)

 

Le modifiche apportate nel corso dell'esame in Senato all'articolo 3, che attribuisce 150 milioni di euro una tantum per il finanziamento dei contratti di sviluppo nel settore industriale, riguardanti territori regionali attualmente privi di copertura finanziaria, consistono nell'introduzione di un nuovo comma 4-bis.

 

Il nuovo comma specifica che il decreto del Ministro dello sviluppo economico - di cui al comma 4 del medesimo articolo 3 - cui è rimessa la definizione delle modalità e dei criteri per l'attuazione degli interventi di cui all’art. 43 del D.L. 112/2008, deve prevedere che l'importo complessivo delle spese e dei costi ammissibili degli investimenti oggetto del contratto di sviluppo, non sia inferiore a 20 milioni di euro con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1 lettera a), dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 7,5 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

E' inoltre specificato che nell'ambito del programma di sviluppo oggetto del contratto, i progetti di investimento del proponente devono prevedere spese ammissibili di importo non inferiore a dieci milioni di euro a parte eventuali progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1, lettera a) dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 3 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

 

Il D.M. 24 settembre 2010 ha attuato l'art. 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 dettando le disposizioni in merito ai criteri e modalità di concessione di agevolazioni finanziarie tramite i contratti di sviluppo. Il Contratto di Sviluppo favorisce la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni, proposti da imprese italiane ed estere. Finanzia investimenti nei settori industriale, turistico e commerciale. È rivolto alle imprese italiane alle imprese estere che hanno una sede stabile in Italia. È sottoscritto da una o più imprese, Invitalia e da eventuali Amministrazioni pubbliche. È composto da uno o più progetti di investimento ed eventuali progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale inoltre può comprendere la realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico.

L'articolo 3, comma 1, del citato D.M. specifica che la proposta di contratto di sviluppo può avere ad oggetto diversi programmi. In particolare la lettera a) del medesimo comma riguarda il programma di sviluppo industriale definendolo un'iniziativa imprenditoriale finalizzata alla produzione di beni e/o servizi, per la cui realizzazione sono necessari uno o più progetti d'investimento ed, eventualmente, progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, come individuati nel Titolo IV, strettamente connessi e funzionali tra di loro in relazione al processo di produzione dei prodotti finali.

Il titolo IV stabilisce nel dettaglio la disciplina dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale specificando, tra l'altro che le agevolazioni relative ai progetti di sviluppo industriale possono essere concesse a fronte di progetti di sviluppo sperimentale che possono prevedere anche attività di ricerca industriale. In ogni caso, la parte di sviluppo sperimentale deve essere, in termini di costi agevolabili, prevalente rispetto a quella di ricerca industriale.

Ai sensi del D.M. 24 settembre 2010 per «ricerca industriale» si intende: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Comprende la creazione di componenti di sistemi complessi necessaria per la ricerca industriale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera b). Per «sviluppo sperimentale» si intende: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e altro, allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati.

 


 

Articolo 4, comma 7-bis
(Deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti)

 

Il comma 7-bis modifica la disciplina della deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti sostituendo il parametro dei ricavi con quello dei volumi d’affari. Le percentuali di riduzione forfetaria del reddito e gli scaglioni di riferimento non sono modificati.

 

La deduzione forfettaria in favore dei distributori di carburante, originariamente disposta dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 448/1998 e successivamente prorogata nel tempo, è stata introdotta a regime dall’articolo 34 della legge n. 183 del 2011.

Essa si sostanzia in una deduzione forfetaria dei ricavi indicati all'articolo 85, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986), ovvero dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante. L'agevolazione viene concessa per tener conto dell’incidenza delle accise sul reddito di impresa dei soggetti distributori.

 

La riduzione forfetaria del reddito deve essere effettuata per un importo pari alle seguenti percentuali dell'ammontare lordo dei ricavi:

§      1,1 per cento dei ricavi fino a 1.032.000,00 euro;

§      0,6 per cento dei ricavi oltre 1.032.000,00 euro e fino a 2.064.000,00 euro;

§      0,4 per cento dei ricavi oltre 2.064.000,00 euro.

 

Il comma 7-bis in commento, ai fini del calcolo della deduzione forfettaria in favore dei distributori di carburante, sostituisce il parametro dei ricavi con quello del volume d’affari per la cui definizione si rimanda all’articolo 20 del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell’IVA), da ultimo modificato dalla legge n. 228 del 2012.

L’articolo 20 definisce volume d'affari del contribuente l'ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate, registrate o soggette a registrazione con riferimento a un anno solare, tenendo conto delle variazioni dell’imponibile o dell’imposta. Non concorrono a formare il volume d'affari le cessioni di beni ammortizzabili, compresi quelli indicati nell'articolo 2424 del codice civile, voci B.I.3) (diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno) e B.I.4) (concessioni, licenze, marchi e diritti simili) dell'attivo dello stato patrimoniale, nonché i passaggi di cui al quinto comma dell'articolo 36 (soggetti che esercitano più attività).

 


 

Articolo 5
(
Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica ed estensione della c.d. Robin Hood Tax)

 

Nel corso dell'esame in Senato le modifiche apportate all'articolo 5 hanno interessato solo il comma 5, già oggetto di riformulazione nel corso dell'esame presso la Camera, con riferimento al regime di deroga per gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti, in merito alla modalità di determinazione delle tariffe concesse agli impianti in regime Cip6. La modifica del Senato è tesa a specificare che la platea dei termovalorizzatori destinatari della deroga è limitata a quelli in esercizio da non più di otto anni.

 

L’articolo 5 reca una serie di interventi diversi che impattano sui prezzi dell'energia elettrica. I commi 3, 4 e 5 modificano le modalità di determinazione delle tariffe concesse agli impianti in regime Cip6, prevedendo una parziale deroga per gli impianti di termovalorizzazione.

In particolare:

§      per l'anno 2013, il valore del costo evitato di combustibile da riconoscere in acconto fino alla fissazione del valore annuale di conguaglio, è determinato, per la componente convenzionale relativa al prezzo del combustibile, sulla base del paniere di riferimento di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99, in cui il peso dei prodotti petroliferi sia progressivamente ridotto in ciascun trimestre (80% per il primo trimestre, 70% per il secondo trimestre, 60% per il terzo e quarto trimestre). Il complemento al cento per cento è determinato in base al costo di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all'ingrosso come definito dalla deliberazione del 9 maggio 2013, n. 196/2013/R/GAS e degli ulteriori provvedimenti dell'Autorità per l'energia elettrica e del gas (comma 3);

§      dal 2014, il valore del CEC è aggiornato trimestralmente in base al costo di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all'ingrosso, ferma restando l'applicazione dei valori di consumo specifico di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 20 novembre 2012 (comma 4);

§      è prevista una deroga per agevolare gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti, per i quali il valore del CEC è determinato tenendo conto di un peso dei prodotti petroliferi paniere di riferimento pari al 60% (comma 5).

 

Nel testo originario del decreto, la deroga valeva per i termovalorizzatori più recenti (in esercizio convenzionato da un periodo inferiore a otto anni), fino al completamento dell'ottavo anno di esercizio.

Durante l’esame alla Camera il comma 5 è stato sostituito prevedendosi che i termovalorizzatori devono essere già in esercizio (senza specificare da quanto tempo). Si è inoltre previsto di limitare il calcolo agevolato del CEC fino al completamento del quarto anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad eccezione degli impianti situati in zone di emergenza relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti, per i quali il calcolo agevolato del CEC fino al completamento dell’ottavo anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In base a tale formulazione del comma 5, la deroga non valeva più solo per i termovalorizzatori di più recente costruzione, bensì per tutti i termovalorizzatori in esercizio ammessi al regime CIP 6. Per questo motivo la modifica approvata dal Senato specifica che la platea dei termovalorizzatori beneficiari della deroga è limitata a quelli in esercizio da non più di otto anni.

 

Si ricorda che il meccanismo noto come “CIP 6consiste in un incentivo a favore dei produttori di energia elettrica con impianti alimentati da fonti rinnovabili o assimilate che, avvalendosi di un’apposita convenzione, cedono al GSE (Gestore del sistema elettrico) l’energia prodotta ad un prezzo di ritiro superiore a quello di mercato. La differenza di prezzo viene recuperata attraverso un’apposita voce di costo (componente A3) nella bolletta degli utenti. Tale sistema di incentivazione di fatto non è andato a sostegno in via prioritaria delle fonti rinnovabili vere e proprie in quanto ne hanno beneficiato soprattutto gli impianti utilizzanti fonti assimilate tra cui i termovalorizzatori, alimentati da rifiuti. L'incentivo ai kWh prodotti da impianti Cip 6 è calcolato tenendo costo del tipo di tecnologia e del costo evitato del combustibile (CEC): il produttore Cip 6 riceve il valore del quantitativo di gas che sarebbe stato necessario a produrre con il metano il kWh generato dall’impianto.


 

Articolo 6, commi 4-bis e 4-ter
(Riconversione del comparto bieticolo-saccarifero)
soppressi

 

Il Senato ha soppresso i commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 6, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, che, novellando l’articolo 29 del D.L. n. 5 del 2012, recavano disposizioni in materia di progetti di riconversione del comparto bieticolo-saccarifero.

 

Nel corso del 2006, con l’approvazione di un pacchetto di tre regolamenti, anche il settore dello zucchero, come in precedenza già disposto per altri, è stato toccato da una profonda riforma allo scopo di renderlo adeguato con gli impegni giuridici e politici assunti dall'Unione europea a livello internazionale.

Il regolamento n. 319/2006 ha previsto una specifica forma di aiuto, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinata ad ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione negli Stati membri che hanno rinunciato ad almeno il 50% della propria quota produttiva: in tali Stati è concesso un aiuto temporaneo nazionale ai produttori di barbabietole da zucchero rimasti attivi. Il quinquennio di validità dell’aiuto decorre dall’anno in cui è stata raggiunta la riduzione del 50%, ma può essere erogato al più tardi nella campagna di commercializzazione 2013/2014.

L’Italia ha posto in atto un processo di ristrutturazione concordato in sede di tavolo di filiera bieticolo-saccarifera, e formalizzato nell’accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2006. Con tale accordo sono stati definiti gli impegni alla riconversione degli stabilimenti e si è giunti alla dimissione di 15 dei precedenti 19 impianti attivi, con una riduzione della produzione nazionale del 70%.

Per consentire la riconversione degli stabilimenti, in gran parte rivolti alla produzione di energia, l’articolo 2 del D.L. n. 2/2006 ha fondamentalmente disposto:

§       la istituzione di un Comitato interministeriale, allargato a tre presidenti regionali, con il compito di approvare (entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, ossia entro il 26 febbraio 2006) il Piano per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera, di coordinare le misure comunitarie e nazionali previste per la riconversione del settore e di formulare direttive per l’approvazione dei progetti di riconversione (commi 1 e 2);

§       la presentazione (entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, ossia entro il 13 marzo 2006), da parte delle imprese saccarifere, di progetti di riconversione, soggetti all’approvazione del Ministero delle politiche agricole e forestali (comma 3).

Il Comitato, istituito con D.P.C.M. del 30 ottobre 2006, ha approvato 13 progetti di riconversione nella propria riunione del 19/3/2008; ma già nel 2009 (verbale del 9/9/2009) il Comitato, prendendo atto che 7 progetti avevano problemi di attuazione, dichiarava i progetti di riconversione di interesse nazionale, e prendeva altresì in considerazione l’ipotesi di un commissariamento dei progetti con problemi di realizzazione.

Con il decreto-legge n. 5/2012, al fine di accelerare la riconversione di tale settore, è stato previsto (art. 29) che i progetti approvati dall’apposito Comitato interministeriale rivestano carattere di interesse nazionale, anche ai fini della definizione e del perfezionamento dei processi autorizzativi e dell’effettiva entrata in esercizio (comma 1 dell’art. 29); il Comitato veniva, quindi, abilitato a disporre le norme idonee nel quadro delle competenze amministrative regionali atte a garantire l’esecutività degli stessi progetti e a nominare, nei casi di particolare necessità, un commissario ad acta per l’attuazione degli accordi definiti in sede regionale (comma 2).

Con sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 2013, il comma 2 dell’articolo 29 è stato dichiarato illegittimo in quanto attributivo di una potestà regolamentare o amministrativa (la Corte chiarisce che dalla norma non è facilmente definibile la natura della potestà attribuita) che non trova riscontro nella ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e regioni (intervenendo l’art. 29 su materia riguardante l’agricoltura, attribuita alla competenza residuale delle regioni, e sulla quale è esclusa la potestà regolamentare ed amministrativa dello Stato) ed in quanto configurante un potere sostitutivo statale, che non trova giustificazione nella disciplina di cui all’articolo 120 della Costituzione, in riferimento al mancato rispetto della normativa comunitaria.

 

Per far fronte a tale rilievi, le disposizioni introdotte dai soppressi commi 4-bis e 4-ter intervenivano sui commi 1 e 2 dell’articolo 29 del D.L. n. 5 del 2012, prevedendo:

§       al comma 1, un riferimento, non più ai progetti di riconversione “che rivestono carattere nazionale anche ai fini della definizione e del perfezionamento dei processi autorizzativi e dell’effettiva entrata in esercizio” quanto a quelli che rivestono carattere strategico e costituiscono una priorità a carattere nazionale in quanto strettamente connessi ai profili di sviluppo economico di tali insediamenti produttivi;

§       al comma 2, sostituendo l’intero comma, in modo da prevedere che tali progetti riguardino la realizzazione di iniziative di riconversione industriale, in prevalenza attinenti alla produzione di energia da fonti rinnovabili e finalizzati al reimpiego dei lavoratori dipendenti dalle imprese saccarifere. Il Comitato interministeriale può nominare, per l’attuazione di tali progetti, un Commissario ad acta per l’esecuzione degli accordi per la riconversione industriale.


 

Articolo 7, comma 1-ter
(Vigilanza sull’Ente nazionale per il microcredito)
soppresso

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso il comma 1-ter dell’articolo 7, inserito nel corso dell’esame alla Camera, il quale attribuiva la vigilanza sull’Ente nazionale per il microcredito, istituito dal decreto-legge n. 70 del 2011, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il D.L. n. 70 del 2011 ha costituito l’Ente nazionale per il microcredito, soggetto di diritto pubblico che persegue l’obiettivo dello sradicamento della povertà e della lotta all’esclusione sociale in Italia, ed in ambito internazionale, nei paesi in via di sviluppo e nelle economie in transizione. L’Ente nazionale per il microcredito è così stato denominato dall’articolo 8, comma 4-bis del D.L. 70 del 2011, ad esito del riordino del Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito; esso è stato dunque costituito nella forma di ente pubblico non economico e dotato di ampie forme di autonomia; svolge funzioni di coordinamento nazionale in materia con compiti, tra l’altro, di valutazione e monitoraggio degli strumenti microfinanziari promossi in sede europea. L’ente è dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, patrimoniale, contabile e finanziaria.

La legge finanziaria 2008 (articolo 2, commi 185, 186 e 187 della legge n. 244 del 2007) aveva attribuito al Comitato personalità giuridica di diritto pubblico, consentendo ad esso di svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per agevolare l’esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo, d’intesa con il Ministero degli affari esteri.

In particolare, il comma 186 aveva dotato il Comitato di un fondo comune, unico ed indivisibile, attraverso cui esercitare autonomamente ed in via esclusiva le attribuzioni istituzionali. La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è stata disciplinata dal regolamento di contabilità richiamato dalle disposizioni in esame (D.P.C.M. 27 novembre 2008), approvato su proposta del presidente del Comitato.

Il fondo comune è costituito da contributi volontari degli aderenti o di terzi, donazioni, lasciti, erogazioni conseguenti a stanziamenti deliberati dallo Stato, dagli enti territoriali e da altri enti pubblici o privati, da beni e da somme di danaro o crediti che il Comitato ha il diritto di acquisire a qualsiasi titolo secondo le vigenti disposizioni di legge. Rientrano anche nel fondo i contributi di qualunque natura erogati da organismi nazionali od internazionali, governativi o non governativi, ed ogni altro provento derivante dall’attività del Comitato.

Successivamente, il comma 4-bis dell'articolo 2 del decreto legge n. 78 del 2009 ha autorizzato – a decorrere dall’anno 2010 - la spesa annua di 1,8 milioni di euro in favore del Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito, al fine di consentire la promozione, la prosecuzione e il sostegno di programmi di microcredito e microfinanza finalizzati allo sviluppo economico e sociale del Paese e di favorire la lotta alla povertà, nonché per il funzionamento del Comitato medesimo.

Il comma 31 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha poi disposto il trasferimento della vigilanza sul Comitato nazionale permanente per il microcredito al Ministero per lo sviluppo economico.

Con il D.L. n. 70 del 2011 sono state trasferite all'Ente nazionale per il microcredito le risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per interventi a favore del Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito.

Il D.L. n. 179 del 2012 (articolo 23, comma 10-bis) ha previsto che potranno confluire al fondo comune dell’Ente nazionale per il microcredito (unico ed indivisibile), destinato ex lege all’esercizio autonomo ed in via esclusiva delle attribuzioni istituzionali, anche le risorse stanziate dal citato D.L. 78/2009 (1,8 milioni di euro annui) per la promozione, la prosecuzione e il sostegno di programmi di microcredito e microfinanza volti allo sviluppo economico e sociale del Paese e al contrasto alla povertà, nonché stanziati per il funzionamento del Comitato medesimo.

Il contributo annuo di cui al D.L. 78/2009 viene dunque qualificato onere inderogabile (per effetto del rinvio all’articolo 10, comma 15, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98) categoria tra cui rientrano esclusivamente le spese cosiddette obbligatorie, ossia le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione.

Il citato contributo può essere destinato anche alla costituzione di fondi di garanzia e fondi rotativi dedicati ad attività di microcredito e microfinanza in campo nazionale ed internazionale.


 

Articolo 9, comma 3-bis
(Accelerazione nell’utilizzazione dei fondi comunitari e Piano città)

 

La modifica al comma 3-bis dell’articolo 9 prevede, per accelerare le procedure di certificazione delle spese europee relative ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali europei 2007-2013 e con riguardo gli interventi del Piano nazionale per le città, il coinvolgimento anche del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, insieme al Ministro della coesione territoriale e al Ministro degli affari regionali e delle autonomie locali, nell’istituzione del tavolo tecnico per sostenere le autorità competenti nelle procedure amministrative per il finanziamento di tali interventi e nella stipula della convenzione volta a definire le linee di indirizzo per la stipula degli accordi diretti tra comuni e autorità di gestione dei suddetti programmi, nonché il raccordo tra le attività di supporto alla stipula degli accordi medesimi e le misure di assistenza tecnica o le azioni di sistema dei programmi di capacity building della programmazione regionale unitaria.

Si ricorda che il citato comma 3-bis, inserito nel corso dell’esame alla Camera, prevede, per accelerare le procedure di certificazione delle spese comunitarie sui programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 ed evitare il disimpegno automatico delle somme medesime, che le autorità di gestione dei programmi operativi regionali o nazionali, che abbiano disponibilità di risorse sui relativi assi territoriali o urbani, attingono direttamente agli interventi candidati dai comuni al Piano nazionale per le città previsto dall'articolo 12 del D.L. n. 83/2012, stipulando accordi diretti con i comuni proponenti, a condizione che tali interventi risultino coerenti con le finalità dei programmi operativi.


 

Articolo 11-bis
(Misure economiche di natura compensativa alle televisioni locali)

 

L’articolo 11-bis - introdotto nel corso dell’esame alla Camera e modificato al Senato - è volto a qualificare a fini fiscali come contributi in conto capitale e quindi come “sopravvenienze attive” le misure economiche compensative percepite dalle emittenti televisive locali a titolo risarcitorio a seguito del volontario rilascio delle frequenze di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 gennaio 2012.

Nel corso dell’esame al Senato è stata soppressa la specificazione per la quale le somme in questione erano considerate contributi in conto capitale “in quanto erogati in relazione ad uno specifico investimento”.

Il decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 gennaio 2012 ha previsto, ai sensi dell’articolo 1, comma 9, della legge n. 220/2010, misure economiche compensative, per complessivi 174.684.709, nei confronti delle emittenti televisive locali che hanno rinunciato ai propri diritti d’uso ai fini della destinazione della banda 790-862 Mhz alla telefonia mobile (c.d. “dividendo digitale esterno” determinato dal passaggio delle trasmissione alla tecnica digitale terrestre).

Si ricorda che per sopravvenienze si intendono, nella vita dell’impresa, quegli eventi di carattere economico riferiti ad elementi di reddito imputati ad esercizi precedenti; sono dunque elementi che rettificano il reddito di precedenti esercizi. A seconda del fatto che le genera, si qualificano come sopravvenienze attive o passive. In genere, le sopravvenienze sono tassate secondo il criterio di competenza.

L'articolo 88, comma 3, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) ricomprende, tra le sopravvenienze attive, i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità.

Tali proventi concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell'esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto. Per essi non si applica, dunque, il criterio di competenza, ma quello di cassa.


 

Articolo 12-bis
(Limiti ai compensi degli amministratori delle società che svolgono servizi di interesse generale, controllate dalle PP.AA.)
soppresso

 

Il Senato ha soppresso larticolo 12-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, che recava modifiche all’articolo 23-bis del D.L. n. 201/2011 (legge n. 214/2011)[1], relativo alla disciplina dei compensi per gli amministratori e per i dipendenti delle società non quotate controllate dalle pubbliche amministrazioni.

La soppressione è da mettere in relazione all’introduzione, nel corso dell’esame al Senato, di un nuovo articolo, l’articolo 84-ter rubricato “Compensi per gli amministratori di società controllate dalle pubbliche amministrazioni”, che interviene nella medesima materia, seppure recando una disciplina per molti profili differente da quella prima approvata dalla Camera dei Deputati mediante l’articolo 12-bis ora soppresso.

 

Si ricorda, in particolare, che il comma 1 dell’articolo 12-bis recava una modifica al comma 5-bis dell’articolo 23-bis del D.L. n. 201/2011, che disciplina l’assoggettamento al limite retributivo del trattamento economico spettante al primo presidente della Corte di Cassazione ai compensi degli amministratori con deleghe delle società non quotate a controllo pubblico diretto e indiretto.

La modifica era volta a limitare l’applicazione del predetto tetto alle sole società, comunque non quotate e a controllo pubblico, che non svolgono servizi di interesse generale, anche di rilevanza economica, di cui all’articolo 4, comma 3, del D.L. n. 95/2012 (legge n. 135/2012). Veniva, pertanto, escluso dal tetto retributivo il trattamento economico degli amministratori dotati di particolari cariche delle società che svolgono servizi di interesse generale.

La modifica sembrava, inoltre, comportare che fossero esclusi dal limite, oltre che i trattamenti economici degli amministratori on delega, anche i trattamenti retributivi dei dipendenti delle società che svolgono servizi di interesse generale, posto che il comma 5-ter dell’articolo 23-bis del D.L. n. 201/2011 considera il tetto retributivo applicabile anche al trattamento economico annuo onnicomprensivo dei dipendenti delle medesime società di cui al comma 5-bis.

L’articolo 12-bis disponeva, tuttavia, che gli emolumenti di tutti gli amministratori, con deleghe o senza, delle citate società fossero adottati sulla base di criteri determinati dal Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con le amministrazioni vigilanti, aderenti alle migliori pratiche internazionali e tener conto dei risultati aziendali.


 

Articolo 12-bis
(Sostegno alle imprese creditrici dei comuni dissestati)

 

Il nuovo articolo 12-bis (già articolo 12-ter del testo approvato dalla Camera) come riformulato nel corso dell’esame al Senato, destina una quota annua, fino all’importo massimo di 100 milioni di euro (in luogo dei 150 milioni previsti nel testo dell’articolo come introdotto alla Camera), delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 35/2012 per il pagamento dei debiti pregressi degli enti locali, in favore dei comuni che abbiano deliberato il dissesto finanziario negli ultimi due anni, al fine di consentire a tali enti di provvedere al pagamento dei debiti commerciali da essi maturati al 31 dicembre 2012 nei confronti delle imprese.

In particolare, l’articolo in esame inserisce un nuovo comma (17-sexies) nell’articolo 1 del D.L. n. 35[2], che riserva una quota annua, fino all’importo massimo di 100 milioni di euro, delle risorse complessivamente autorizzate, per gli anni 2013 e 2014, dal comma 10 del predetto decreto-legge, a valere sullo specifico accantonamento di somme relative agli enti locali[3].

L’articolo, come riformulato, precisa, inoltre, che tale riserva di somme in favore dei comuni dissestati è posta a valere sulle risorse destinate agli enti locali non ancora erogate dalla Cassa depositi e prestiti.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 35 del 2013 ha istituito un apposito Fondo con obbligo di restituzione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012 dalle amministrazioni locali, ripartito in tre Sezioni, specificamente destinate alle regioni, agli enti locali e agli enti del servizio sanitario che non possono farvi fronte per carenza di liquidità[4].

In particolare, la Sezione destinata ad assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti degli enti locali, reca una dotazione finanziaria di 1.800 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

Ai fini dell'immediata operatività della "Sezione enti locali”, tali somme sono trasferite su apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell'economia e delle finanze, gestito da Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale è allo scopo autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto. Per regolamentare i rapporti tra Ministero dell’economia e C.d.P. è stato stipulato in data 12 aprile 2013 apposito addendum alla Convenzione del 23 dicembre 2009, che definisce i criteri e le modalità per la gestione della Sezione da parte di Cassa.

 

Secondo quanto risulta dalla Relazione depositata dal Ministro dell’economia e finanze Fabrizio Saccomanni nel corso dell’Audizione tenutasi presso la Commissione bilancio della Camera in data 3 luglio 2013 e dal comunicato stampa diffuso dallo stesso Ministero dell’economia il 16 maggio 2013, le domande presentate dagli enti locali, positivamente verificate dalla Cassa Depositi e Prestiti, sono state 1.508, per un importo complessivo di circa 5,76 miliardi di euro.

L’importo effettivamente concesso, tenuto conto del plafond disponibile di 3,6 miliardi di euro - 1,8 miliardi per il 2013 e 1,8 miliardi per il 2014 - è stato determinato secondo il criterio proporzionale, sulla base di una percentuale pari a circa il 62% dell’importo richiesto[5].

Alla data del 3 luglio 2013 risultano effettuate erogazioni per un ammontare di 1,562 miliardi di euro. Ulteriori 60 erogazioni, pari a 40 milioni di euro, risultano già disposte ma non ancora materialmente effettuate.

 

Tale riserva di somme è specificamente destinata ai comuni che:

§      hanno deliberato il dissesto finanziario nei ventiquattro mesi precedenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame;

§      hanno aderito alla procedura semplificata di accertamento e liquidazione dei debiti prevista dall’articolo 258 del testo unico enti locali (TUEL)[6], di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

sul punto, si ricorda che il Ministero dell’economia e finanze - Dipartimento del Tesoro, con Nota inviata a Cassa Depositi e prestiti in data 7 maggio 2013 ha espressamente chiarito che hanno la possibilità di formulare istanza di anticipazione di liquidità a valere sulla apposita Sezione del Fondo anche gli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto ai sensi dell’articolo 246 del TUEL;

§      presentino apposita istanza.

 

In base alla nuova formulazione introdotta dall’articolo, tali somme sono messe a disposizione dell’organo straordinario di liquidazione, al fine di provvedere non al pagamento dei debiti tout court dell’ente – come originariamente previsto dalla norma - bensì specificamente al pagamento dei debiti commerciali maturati al 31 dicembre 2012, con le modalità indicate dal citato articolo 258 del TUEL, nei limiti dell’anticipazione erogata, entro centoventi giorni dalla disponibilità delle risorse.

La norma, come riformulata al Senato, esclude espressamente i debiti fuori bilancio non riconosciuti entro la medesima data – presumibilmente da intendersi alla data del 31 dicembre 2012 - ai sensi dell’articolo 194 del TUEL.

L’esclusione dei debiti fuori bilancio non riconosciuti dal novero di quelli che possono essere estinti con l’anticipazione di liquidità risulta in linea con quanto già chiarito nella citata Nota inviata dal Ministero dell’economia e finanze a Cassa depositi e prestiti, con la quale il Ministero ha precisato che possono essere inclusi tra i debiti oggetto dell’anticipazione di liquidità dell’apposita Sezione enti locali del Fondo anche i debiti ”fuori bilancio” purché riconosciuti, prevedendo le relative coperture finanziarie con le procedure previste dall’articolo 194 del TUEL, entro il 31 dicembre.

Per quanto concerne la procedura di erogazione delle somme, l’articolo 12-ter rinvia ad un apposito decreto del Ministro dell’interno[7] la definizione dei criteri per il riparto e l’attribuzione della somma stanziata tra i comuni dissestati beneficiari nonché, come precisato nella nuova formulazione dell’articolo in esame, la relativa sua restituzione, ai sensi del comma 13 dell’articolo 1 del D.L. n. 35/2013.

 

Il citato comma 13 definisce le modalità con le quali Cassa depositi procede all’anticipazione di liquidità agli enti locali a valere sulle risorse della specifica Sezione del Fondo ad essi destinata, nonché le modalità attraverso le quali gli stessi enti provvederanno alla restituzione delle anticipazioni. Ciò avverrà attraverso la predisposizione di un piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e di quota interessi, con durata fino ad un massimo di 30 anni. Le restituzioni avvengono con rate annuali, entro il 30 settembre di ciascun anno.

Le restituzioni sono versate annualmente da Cassa depositi e prestiti all’entrata del bilancio statale, distinte per la quota capitale e per quota interessi. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato.

Per le erogazioni relative all’anno 2013, il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni è pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro (BTP) a 5 anni in corso di emissione, rilevato dal MEF - Dipartimento del Tesoro all’8 aprile 2013 (data di pubblicazione del provvedimento in G.U.) e pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero. Per le erogazioni relative all’anno 2014, il tasso di interesse da applicare alle anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei BTP a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del MEF entro il 15 gennaio 2014.

In caso di mancata corresponsione della rata di ammortamento entro il 30 settembre di ciascun anno, l'Agenzia delle Entrate provvede a trattenere le somme non corrisposte, per i comuni, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria, per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori.


 

Articolo 13-bis, comma 2
(Ricorso a prodotti open source nelle piattaforme accreditate per gli acquisti di beni e servizi ICT)

 

La modifica all’articolo 13-bis, aggiungendo un periodo al comma 2, obbliga le pubbliche amministrazioni a ricorrere prioritariamente a prodotti informatici open source, che non comportino oneri di spesa, nell’utilizzo di piattaforme e soluzioni di acquisto on line accreditate.

Nel linguaggio informatico il concetto di open source e software libero individua un modello volontario di licenza e sub-licenza per lo sfruttamento del diritto d'autore su un programma per elaboratore, che si fonda sulla diretta accessibilità al sottostante codice sorgente e sulla libera modificabilità del software concesso in uso secondo tale modello.

La licenza di tipo open source, quindi, esprime la rinunzia volontaria del titolare del copyright ad utilizzare le facoltà escludenti tipiche di esso, così favorendo l'interesse degli altri operatori/utenti, sia a fruire della conoscenza del codice sorgente, sia ad utilizzare i prodotti sviluppati sulla base del primo[8].

Si rammenta che l’articolo 13-bis, inserito nel corso dell’esame alla Camera, prevede, al comma 1, un decreto interministeriale per la definizione di linee guida per l'accreditamento di conformità alla normativa in materia di contratti pubblici, di servizi, soluzioni e piattaforme tecnologiche per le aste on-line e per il mercato elettronico da utilizzare per gli acquisti di beni e servizi delle tecnologie della comunicazione e della informazione (ICT[9]). Al comma 2, si prevede, invece, la possibilità di usare piattaforme e soluzioni di acquisto on-line accreditate anche ponendole in competizione tra loro, ed al comma 3 l’inserimento degli operatori, che mettono a disposizione soluzioni e tecnologie accreditate, nell'elenco dei fornitori qualificati del Sistema Pubblico di Connettività (SPC) istituito dall'art. 82 del D.Lgs. 82/2005.


 

Articolo 14, commi 1-bis e 1-ter
(Disposizioni in materia di digitalizzazione delle
pubbliche amministrazioni)

 

Il comma 1-bis dell’articolo 14 esclude la trasmissione via fax delle comunicazioni di documenti tra pubbliche amministrazioni.

Il comma 1-ter prevede che le pubbliche amministrazioni procedono alla consultazione degli archivi dell'amministrazione certificante finalizzata all'accertamento d'ufficio di stati, qualità e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini esclusivamente per via telematica, escludendo l’utilizzo del fax.

 

In particolare, il comma 1-bis modifica l’articolo 47 del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005) escludendo in ogni caso la trasmissione di documenti a mezzo fax.

 

Il principio dell’obbligo dell’utilizzo delle procedure e delle reti informatiche nelle comunicazioni delle pubbliche amministrazioni era già contenuto nella delega al Governo del 2009 per la modifica del codice dell’amministrazione digitale (L. 69/2009, art. 33, comma 1, lett. m).

Tale principio è stato realizzato con il decreto di attuazione della delega che ha introdotto l’obbligo di utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni o di comunicare in cooperazione applicativa (in ogni caso in forma digitale), mentre la disposizione previgente prevedeva che tali comunicazioni avvenissero “di norma” tramite e-mail (art. 47, comma 1, del D.Lgs. 82/2005, modificato dall’art. 32, comma 1, lett. c), D.Lgs. 235/2010).

Si ricorda, in proposito, che l’art. 31 del citato decreto di attuazione (D.Lgs. 235/2010) ha modificato l’art. 45 del TU CAD prevedendo che i documenti trasmessi dai cittadini alla pubblica amministrazione soddisfano il requisito della forma scritta solamente se inviati con mezzo telematico o informatico, escludendo il fax in precedenza espressamente incluso.

 

Anche prima della modifiche apportate al codice, le diverse disposizioni in materia di posta elettronica certificata avevano sancito “l’obbligo di utilizzo della posta elettronica da parte delle amministrazioni pubbliche con riferimento sia alla posta elettronica semplice, da utilizzarsi per le comunicazioni ordinarie interne alle amministrazioni e tra amministrazioni, sia a quella certificata, da prendere a modello per tutte le comunicazioni ufficiali da e verso i cittadini e le imprese (Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica, Circolare 18 febbraio 2010, n. 1/2010/DDI, Uso della Posta Elettronica Certificata nelle amministrazioni pubbliche).

 

Alla luce della normativa vigente, che già prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazione di comunicare attraverso la posta elettronica o comunque con mezzi informatici, non appare chiara la portata normativa della norma introdotta dalla disposizione in esame.

 

Il successivo comma 1-ter, modifica l’art. 43 del testo unico della documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000).

 

L’art. 43, comma 1, del testo unico prevede che le amministrazioni pubbliche sono tenuti ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di certificazione (art. 46 TU) e di atto di notorietà (art. 47 TU) nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti.

 

Gli articoli 46 e 47 del TU riguardano rispettivamente le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà.

Per quanto riguarda la prime, si tratta di dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni, che comprovano una serie di stati, qualità personali e fatti dell’interessato, quali la data e il luogo di nascita, residenza, cittadinanza, godimento dei diritti civili e politici ecc.

L’atto di notorietà concerne invece stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato. Esso è stato sostituito dalla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, e consiste in una dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate, anche per via telematica, unitamente a una fotocopia di un documento di identità del sottoscrittore. Il comma 3 dell’art. 47 prevede che fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

 

Le pubbliche amministrazioni accertano d'ufficio di stati, qualità e fatti e controllano le dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini attraverso la consultazione diretta degli archivi dell'amministrazione certificante. Per l'accesso ai propri archivi l'amministrazione certificante rilascia all'amministrazione procedente apposita autorizzazione in cui vengono indicati i limiti e le condizioni di accesso volti ad assicurare la riservatezza dei dati personali ai sensi della normativa vigente.

In questi casi l'amministrazione procedente opera d'ufficio ai sensi e può procedere anche per fax e via telematica.

La modifica introdotta nel comma in esame prevede appunto il solo mezzo telematico per l’accertamento presso altre amministrazioni.

Articolo 17
(Misure per favorire la realizzazione del
Fascicolo sanitario elettronico)

 

A fronte di situazioni regionali molto diverse, l’articolo 17 stabilisce termini temporali certi per l’utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico-FSE su tutto il territorio nazionale. L’intervento legislativo apporta modifiche all’articolo 12 del decreto legge 179/2012, che istituisce il FSE, e affida alle regioni e alle province autonome il compito di realizzarlo, sulla base di criteri unitari a livello nazionale, da definirsi con decreti attuativi interministeriali.

 

L’articolo 17, che è stato già modificato nel corso dell’esame alla Camera, stabilisce che:

§      entro e non oltre il 31 marzo 2014, l’Agenzia per l’Italia digitale e il Ministero della salute, anche avvalendosi di enti pubblici di ricerca, rendono disponibili Linee guida, sulla base delle quali deve essere redatto il piano di progetto regionale per la realizzazione del FSE. Tale previsione, non presente nel testo originario, è stata introdotta alla Camera;

§      entro il 30 giugno 2014 - entro il 31 dicembre 2013 nel testo originario - le regioni e province autonome, sono tenute a presentare all’Agenzia per l’Italia digitale i piani di progetto per la sua realizzazione. L’Agenzia per l’Italia digitale ha il compito, insieme al Ministero della salute, di valutare ed approvare i piani di progetto regionali entro 60 giorni. In base ai piani presentati, l’Agenzia per l’Italia digitale cura la progettazione e la realizzazione della piattaforma tecnologica centrale - infrastruttura centrale nel testo originario - della quale, regioni e province autonome, possono avvalersi per l’attuazione del FSE. L’Agenzia digitale rende disponibile la piattaforma tecnologica centrale avvalendosi della Sogei. Successivamente, l’Agenzia e il Ministero della salute sono responsabili di monitorare che la realizzazione dei FSE sia conforme ai piani regionali presentati;

§      entro il 30 giugno 2015 - nel testo originario entro il 31 dicembre 2014 - le regioni e le province autonome devono provvedere all’istituzione del FSE.

 

L’articolo 17 è stato nuovamente modificato nel corso dell’esame al Senato. E’ stato fra l’altro istituito il dossier farmaceutico quale parte specifica del FSE, si è tornati a parlare di infrastruttura centrale, ed è divenuto più incisivo il ruolo delle regioni e delle province autonome nella definizione, realizzazione ed utilizzo dell'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità per il FSE.

Nel dettaglio, nel corso dell’esame al Senato, sono state apportate le seguenti modifiche all’articolo 12 del decreto legge 179/2012:

§      la nuova lettera b), introdotta dal Senato, inserisce dopo il comma 2 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012, il comma 2-bis che istituisce il dossier farmaceutico quale parte specifica del FSE. Il dossier farmaceutico è istituito per favorire la qualità, il monitoraggio, l'appropriatezza nella dispensazione dei medicinali e l'aderenza alla terapia ai fini della sicurezza del paziente. E’ aggiornato a cura della farmacia che effettua la dispensazione;

§      la lettera d), prevede che i decreti attuativi interministeriali, di cui al comma 7 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012, definiscano anche i contenuti del dossier farmaceutico. A tal fine, sostituisce, al comma 7 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012 le parole: ''i contenuti del FSE e'' con ''i contenuti del FSE e del dossier farmaceutico nonché''.

 

Al proposito si ricorda che il comma 7 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012 prevede l’emanazione di un decreto attuativo interministeriale per la definizione dei dati contenuti nel FSE, per le garanzie e le misure di sicurezza da adottare nel trattamento dei dati personali, nonché per le modalità ed i diversi livelli di accesso. Il decreto attuativo interministeriale, la cui emanazione era prevista entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 179/2012, non risulta emanato. Inoltre, durante l’esame parlamentare alla Camera, l’introdotta lettera c) ha previsto che, in luogo di un solo decreto interministeriale, siano emanati uno o più decreti.

 

§      la lettera e) - lettera c) nel testo originario - incide sul comma 15 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012. Con le modifiche apportate al Senato, si torna a parlare di infrastruttura centrale, e diviene più incisivo il ruolo delle regioni e delle province autonome nella definizione, realizzazione ed utilizzo dell'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità per il FSE. In particolare, per l’attuazione delle disposizioni in materia di FSE, le regioni e le province autonome possono realizzare infrastrutture tecnologiche condivise a livello sovra-regionale, e avvalersi, anche mediante riuso, delle infrastrutture tecnologiche per il FSE già realizzate da altre regioni, o dei servizi da queste erogate, ovvero partecipare alla definizione, realizzazione ed utilizzo dell'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità per il FSE conforme ai criteri stabiliti dai decreti attuattivi interministeriali (di cui al comma 7 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012), e resa disponibile dall'Agenzia per l'Italia digitale;

Il comma 15 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012, come modificato dall’articolo 17, comma 1, lettera c) del decreto legge 69/2013 nel testo originario, prevede che, per l’attuazione delle disposizioni in materia di FSE, le regioni e le province autonome possono realizzare, anche grazie ad appositi accordi di collaborazione, infrastrutture tecnologiche condivise a livello sovra-regionale, e avvalersi, anche mediante riuso, delle infrastrutture tecnologiche per il FSE già realizzate da altre regioni, o dei servizi da queste erogate, ovvero avvalersi dell’infrastruttura centrale per il FSE fruibile, in modalità cloud computing, e conforme a quanto stabilito dal decreto attuativo interministeriale, e resa disponibile dall’Agenzia per l’Italia digitale avvalendosi della Sogei, società di Information & Communication Technology del Ministero dell'Economia e delle Finanze (società di cui all’articolo 83, comma 15 del decreto legge 112/2008). Nel corso dell’esame alla Camera, era stato previsto che la piattaforma tecnologica centrale -non più infrastruttura centrale come nel testo originario - per il FSE , fosse conforme ai criteri di interoperabilità stabiliti dai decreti attuativi interministeriali.

 

§      la lettera f) - nel testo originario lettera d) - inserisce nel corpo dell’articolo 12 i commi da 15-bis a 15-quinquies che definiscono le fasi procedurali per la realizzazione del FSE.

 

Il comma 15-ter, come sostituito nel corso dell’esame al Senato, prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale, sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni e dalle province autonome, nell'ambito dei rispettivi piani, curi, in accordo con il Ministero della salute, con le regioni e le province autonome, la progettazione e la realizzazione dell'infrastruttura nazionale necessaria a garantire l'interoperabilità dei fascicoli regionali;

 

Il comma 15-ter, nel testo originario, dispone che l’Agenzia per l’Italia digitale, sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni nell’ambito dei rispettivi piani, sia responsabile della progettazione e della realizzazione dell’infrastruttura centrale per il FSE. Nel corso dell’esame alla Camera, era stato previsto che l’Agenzia per l’Italia digitale, sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni e dalle province autonome, nell’ambito dei rispettivi piani, curasse, in accordo con il Ministero della salute e con le regioni, la progettazione e la realizzazione della piattaforma tecnologica centrale per il FSE.

 

Il comma 15-quater chiarisce che l’Agenzia per l’Italia digitale e il Ministero della salute operano congiuntamente, per le parti di rispettiva competenza, al fine di:

a)   valutare e approvare, entro 60 giorni, i piani di progetto presentati dalle regioni e province autonome per la realizzazione del FSE, verificandone la conformità ai criteri stabiliti dai decreti attuativi interministeriali di definizione del FSE. Con modifica introdotta al Senato, è stato altresì stabilito che l'approvazione dei piani di progetto sia condizionata alla verifica della piena fruibilità dei dati regionali a livello nazionale per indagini epidemiologiche, valutazioni statistiche, registri nazionali e raccolta dati a fini di programmazione sanitaria nazionale.

 

Si ricorda che la successiva lettera b) del comma 15-quater prevede che l’Agenzia per l’Italia digitale e il Ministero della salute debbano monitorare che le regioni e le province autonome realizzino il FSE conformemente ai piani di progetto approvati. Con modifica introdotta in sede referente alla Camera, si stabilisce infine che la realizzazione del FSE in conformità a quanto disposto dai decreti attuativi interministeriali è ricompresa tra gli adempimenti cui sono tenute le regioni per l’accesso al finanziamento integrativo a carico del SSN da verificarsi da parte del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA.

 

Infine, il comma 15-quinquies, sostituito nel corso dell’esame al Senato, reca l’autorizzazione di spesa per la progettazione e la realizzazione dell'infrastruttura nazionale necessaria a garantire l'interoperabilità dei fascicoli regionali (progetto FSE di cui al comma 15-ter, come modificato al Senato) da realizzarsi entro il 31 dicembre 2015. A tal fine, è autorizzata una spesa non superiore ai 10 milioni di euro per il 2014 e a 5 milioni di euro a decorrere dal 2015, da definire su base annua con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze su proposta dell'Agenzia per l'Italia digitale.

Il comma 15-quinquies, nel testo originario, reca l’autorizzazione di spesa per la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura centrale di FSE. Per il 2014 è autorizzata una spesa non superiore ai 10 milioni di euro e, a decorrere dal 2015, di 5 milioni di euro, da definirsi su base annua con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta dell’Agenzia per l’Italia digitale. Nel corso dell’esame alla Camera, era stato specificato che l’autorizzazione per la piattaforma tecnologica era da definirsi coerentemente con le esigenze avanzate dalle regioni.


 

Articolo 18, commi 8 e 8-ter
(Interventi per l’edilizia scolastica)

 

Nel corso dell’esame al Senato, sono stati modificati i commi 8 e 8-ter dell’articolo 18, che recano disposizioni concernenti l’edilizia scolastica.

In particolare, la modifica al comma 8 è volta a prevedere che le risorse dell’INAIL - fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 - siano destinate a un piano di interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e di costruzione di nuovi edifici scolastici, da realizzare anche con gli strumenti previsti dall'articolo 53, comma 5, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5. Si ricorda che il comma 8, come modificato nel corso dell’esame alla Camera, prevedeva, invece, che le predette risorse fossero destinate agli interventi del piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, previsto dall’articolo 53, comma 5, del decreto-legge 5/2012, demandato alla deliberazione del CIPE e non ancora adottato (v. infra). La modifica approvata al Senato sembra, pertanto, volta, per un verso, ad ampliare e a rendere eventuale il ricorso alle misure previste dal comma 5 dell’articolo 53 - relativamente agli interventi da attuare nelle more della definizione di un Piano nazionale per l’edilizia scolastica (ivi inclusa anche l’adozione dal parte del CIPE di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici) – al fine di realizzare un piano di interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e di costruzione di nuovi edifici scolastici.

Si segnala che le risorse dell’INAIL cui fa riferimento la norma provengono dagli investimenti immobiliari del piano di impiego dei fondi disponibili di cui all'articolo 65 della legge 153/1969[10], secondo un programma concordato tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, d'intesa con i Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti, e sentita la Conferenza unificata.

Si segnala, inoltre, che l’articolo 53 del D.L. 5/2012 prevede l’approvazione di un “Piano nazionale di edilizia scolastica” entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore (comma 1). Nelle more dell’approvazione di tale Piano, il comma 5 ha individuato i seguenti interventi urgenti:

§       approvazione, da parte del CIPE (su proposta dei Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata), di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche favorendo interventi diretti al risparmio energetico e all’eliminazione delle locazioni a carattere oneroso, nell’ambito delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione dall’art. 33, comma 8, della L. 183/2011 e pari a 100 milioni di euro per l’anno 2012. Tale Piano non è ancora stato approvato;

§       applicazione anche nel triennio 2012-2014 delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 626, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), con estensione dell’ambito di applicazione alle scuole primarie e dell’infanzia, subordinatamente al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica. Il comma 626, nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), ha previsto la definizione, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, da parte dell’INAIL, d'intesa con i Ministri del lavoro e dell’istruzione e con gli enti locali competenti, di indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Lo stesso comma ha demandato all’INAIL la determinazione dell'entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità di cui al comma, la definizione dei criteri e delle modalità per l'approvazione dei singoli progetti, nonché l’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti. In attuazione di tale disposizione la delibera del Consiglio di Indirizzo e di Vigilanza dell'INAIL n. 8 del 3 aprile 2007 ha determinato in 100 milioni di euro per il triennio 2007/2009 l'entità delle risorse da destinare alle finalità di cui al citato comma 626.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stato, altresì, aggiunto al comma 8-ter un secondo periodo, che prevede, fino al 31 dicembre 2014, che i sindaci e i presidenti delle province, interessati dai piani per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle scuole statali, per le finalità di cui ai commi 8 e 8-ter, operino in qualità di commissari governativi con poteri derogatori rispetto alla normativa vigente, che sono definiti con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si demanda, pertanto, a D.P.C.M. il compito di individuare le disposizioni, che potrebbero essere anche di rango primario, cui i commissari possono derogare.

 

Il citato comma 8-ter prevede, per l’anno 2014, la spesa di 150 milioni di euro al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui sia stata censita la presenza di amianto, nonché di garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico.


 

Articolo 18, comma 8-septies
(Esclusioni dai limiti  di acquisto di mobili e arredi destinati ad uso scolastico e per i servizi all’infanzia)

 

Il comma 8-septies dell’articolo 18, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni volte ad escludere le spese per acquisto di mobili e arredi destinati all'uso scolastico e ai servizi all'infanzia dalle misure di contenimento di tali tipologie di spese, introdotte per le amministrazioni pubbliche, per gli anni 2013-2014, dall’articolo 1, comma 141, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilità per il 2013).

Si ricorda che il citato comma 141 dell’articolo unico della legge n. 228/2012 – di cui si propone la novella - prevede che le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione come individuate dall’ISTAT annualmente, ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge n. 196/2009[11] - nonché le Autorità indipendenti e la CONSOB, non possono effettuare, negli anni 2013 e 2014, spese per l’acquisto di mobili e arredi in misura superiore al 20 per cento della spesa sostenuta per gli stessi beni in media negli anni 2010 e 2011.

È fatta salva l’ipotesi che l’acquisto di tali beni sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili.

A tal fine, il comma 141 prevede che il collegio dei revisori dei conti o l’ufficio centrale del bilancio provveda a verificare preventivamente i risparmi realizzabili, i quali devono essere superiori alla minore spesa derivante dall’applicazione dei limiti posti dalla norma stessa.

La violazione dell’obbligo di riduzione della spesa per acquisto di mobili e arredi sancito dal comma 141 è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

Per gli enti e le amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria, il successivo comma 142 dispone l’obbligo del versamento annuale, entro il 30 giugno di ciascun anno, ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, delle somme derivanti da tali misure di riduzione della spesa. Tale obbligo non ricorre per gli enti e gli organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

L'applicazione delle suddette misure di contenimento della spesa costituisce, per le Regioni, condizione per l'erogazione da parte dello Stato della quota dei trasferimenti erariali di cui all'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 174/2012[12] (comma 145).

L’esclusione degli acquisti di mobili e arredi destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia dalle sopradescritte misure di contenimento della spesa si aggiunge a quelle già previste dal successivo comma 144 della legge n. 228/2012, il quale stabilisce la non applicazione dei limiti all’acquisto di arredi, mobilio nonché di autovetture di servizio - di cui, rispettivamente, ai commi 141 e 143 della legge n. 228/2012 per gli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza.

Si ricorda, infine, che la medesima legge n. 228/2012 prevede, al successivo comma 165, che i limiti all’acquisto di mobili ed arredi di cui al comma 141 non si applicano neppure agli investimenti connessi agli interventi speciali realizzati per promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, per rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs. n. 88 del 2011[13].


 

Articolo 18, comma 9-bis
(Prosecuzione programmi annuali «6000 Campanili»)
soppresso

 

È stato soppresso il comma 9-bis dell’articolo 18, inserito nel corso dell’esame alla Camera, che prevedeva, d'intesa con la Conferenza unificata, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la definizione delle modalità e dei criteri per la prosecuzione fino al 2020 dei programmi annuali «6000 Campanili».

Si rammenta che la norma prevedeva, per la suddetta prosecuzione, l’utilizzo degli stanziamenti del Fondo per lo sviluppo e la coesione per gli anni 2014-2020 nell’ambito della nuova programmazione dei fondi strutturali.


 

Articolo 19, comma 5-bis
(Canoni demaniali marittimi)

 

Il comma 5-bis dell’articolo 19 prevede la sospensione, fino al 15 settembre 2013, del pagamento dei canoni demaniali marittimi. La sospensione ha effetto anche qualora i relativi importi siano stati iscritti al ruolo esattoriale e siano state emesse cartelle di pagamento da parte degli agenti incaricati alla riscossione. Conseguentemente sono sospesi anche i provvedimenti amministrativi relativi al mancato pagamento dei canoni, anche con riferimento all’eventuale sospensione, revoca o decadenza della concessione. Entro dieci giorni dall’entrata in vigore della disposizione le amministrazioni competenti dovranno trasmettere all’agente della riscossione i codici tributo interessati dalla sospensione.

In particolare, la disposizione precisa che si fa riferimento ai canoni demaniali di cui all'articolo 03 del decreto-legge n. 400/1993, così come modificato dai commi 251 e 252 dell’articolo unico della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007).

 

L’articolo 03 del decreto-legge n. 400/1993, come sostituito dal comma 251 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007 ha ridefinito le modalità di determinazione dei canoni demaniali marittimi. In particolare si prevede una classificazione delle aree sottoposte, in base agli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, al pagamento dei canoni di concessione (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei) in due aree: A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica).

Il comma 252 ha invece previsto che le misure dei canoni demaniali marittimi, come ridefinite dal comma 251, si applichino anche, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

Per quanto concerne più in generale la materia dei canoni demaniali marittimi, si ricorda che da ultimo:

§      l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;

La disposizione interveniva sull’articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194/2009. Tale disposizione aveva prorogato la durata delle concessioni in essere fino al 31 dicembre 2015, nelle more del riordino complessivo della materia che doveva essere effettuato con il decreto legislativo attuativo dell’articolo 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010), al fine di superare il sistema del rinnovo automatico delle concessioni, oggetto della procedura di infrazione comunitaria 2008/4908. Il termine per l’esercizio della delega è scaduto il 17 aprile 2013, senza che il decreto legislativo sia stato adottato. Per ulteriori elementi si rinvia all’approfondimento Le concessioni demaniali marittime all’interno della sezione temi dell’attività parlamentare sul sito internet della Camera dei deputati.

§      l’articolo 1, comma 547 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha esteso le previsioni dell’articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, come sopra modificato, alle concessioni aventi ad oggetto: A) il demanio marittimo, per concessioni con finalità sportive; B) il demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalità turistico-ricreative e sportive; C) i beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto.

Si ricorda infine che con riferimento al tema del rinnovo automatico delle concessioni è da ultimo intervenuta la sentenza n. 171 del 4 luglio 2013 della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Liguria n. 24/2012, che ha disposto la proroga automatica delle concessioni per il demanio marittimo in caso di mareggiate e/o eventi atmosferici eccezionali che provochino danni agli stabilimenti balneari o ai beni demaniali, a favore del soggetto già titolare della concessione, senza alcuna determinazione della durata temporale e rimettendo le modalità attuative della proroga all'intervento regolamentare regionale. In particolare, la Corte ha rilevato che la legge della Regione Liguria determinava una violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, determinandosi altresì una disparità di trattamento tra operatori economici, in violazione dell'art. 117,secondo comma, lettera e), della Costituzione (tutela della concorrenza).


 

Articolo 20
(Pagamento delle sanzioni del codice della strada)

 

L’articolo 20 interviene in materia di sicurezza stradale.

 

Il Senato ha modificato il comma 5-bis, introdotto alla Camera, che novella in più punti l'articolo 202 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285). In particolare si prevede il pagamento in misura ridotta del 30 per cento delle sanzioni per violazioni al Codice della Strada nel caso di pagamento effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione, con l’esclusione delle violazioni più gravi - cioè a quelle per cui è prevista la sanzione accessoria della confisca del veicolo (dell'articolo 210, comma 3) o della sospensione della patente di guida - nonché la possibilità di utilizzo di strumenti di pagamento elettronico.

Nel corso dell’esame al Senato è stata soppressa la disposizione che consentiva il pagamento in misura ridotta del 30% anche nel caso in cui il trasgressore non sia incorso, per il periodo di due anni, in violazioni di norme di comportamento del codice da cui derivino decurtazioni del punteggio della patente.

Mentre il testo licenziato dalla Camera prevedeva due casi per i quali era prevista la possibilità di pagare una sanzione ridotta (pagamento effettuato entro 5 giorni dalla contestazione o dalla notificazione, oppure conducente che non fosse incorso nella c.d. “perdita di punti patente” per il periodo di due anni, con conseguente impossibilità di beneficio per tali conducenti che avrebbero dovuto pagare la sanzione piena), il testo modificato dal Senato prevede la possibilità per tutti i conducenti di beneficiare della sanzione ridotta, se pagata entro i 5 giorni.


 

Articolo 25, comma 11-quater
(Inquinamento acustico dei luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile)

 

La modifica al comma 11-quater dell’articolo 25 è volta ad inserire nella disciplina sull’inquinamento acustico le emissioni sonore derivanti dai luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile. La modifica nel novellare la normativa vigente in materia di inquinamento acustico, va ad integrare quanto era già stato disposto nel comma 11-quater a proposito delle aviosuperfici.

 

Secondo quanto comunicato per le vie brevi dagli uffici del Coni, le discipline olimpiche si riconducono esclusivamente alle Federazioni sportive riconosciute a tal fine dallo stesso Comitato olimpico.

Il citato comma 11-quater, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, infatti, inserisce nella disciplina sull’inquinamento acustico le emissioni sonore derivanti dalle attività delle aviosuperfici[14], modificando l’art. 11, comma 1, della legge quadro sull’inquinamento acustico n. 447 del 1995. Tale legge prevede l’emanazione di regolamenti di esecuzione distinti per sorgente sonora avente origine dal traffico veicolare, ferroviario, marittimo ed aereo, dagli autodromi, dalle piste motoristiche di prova e per attività sportive, da natanti, da imbarcazioni di qualsiasi natura, nonché dalle nuove localizzazioni aeroportuali, inserendo come sorgente sonora le attività delle aviosuperfici.

Conseguentemente:

§       le attività delle aviosuperfici vengono di fatto assimilate, per le emissioni sonore prodotte, alle attività motoristiche, disciplinate dal regolamento di cui al D.P.R. 3 aprile 2001, n. 304, in conseguenza della novella apportata dalla norma all’articolo 1, comma 1, del citato D.P.R.;

§       non si applicano alle aviosuperfici, come per le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali e marittime, i valori limite differenziali di immissione, relativi agli ambienti abitativi, a seguito di una modifica all’art. 4, comma 3 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 (determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore);

§       sono applicati anche alle aviosuperfici i criteri di misura del rumore emesso dagli aeromobili nelle attività aeroportuali in conseguenza della modifica dell'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 31 ottobre 1997 sulla metodologia di misura del rumore aeroportuale.

In conseguenza della modifica approvata nel corso dell’esame al Senato, pertanto, le medesime disposizioni estese alle aviosuperfici andrebbero ad applicarsi anche ai luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile.


 

Articolo 25 comma 11-sexies
(Trasporto pubblico locale della Regione Calabria)

 

L’articolo 25, comma 11-sexies, introdotto durante l’esame alla Camera e modificato dal Senato, autorizza, previo parere (e non più assenso, come previsto dal testo approvato dalla Camera) dei Ministri della coesione territoriale, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia (il Ministro dell’economia non era contemplato dal testo approvato dalla Camera), la regione Calabria ad attingere, nel limite massimo di 40 milioni di euro per il biennio 2013-2014 (e non 100 milioni, come previsto dal testo approvato dalla Camera), alle risorse del Fondo sviluppo e coesione assegnate alla Calabria per il cofinanziamento nazionale delle politiche di coesione dell’Unione europea, per operazioni di potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro, compreso l’acquisto di materiale rotabile automobilistico e ferroviario.

Le risorse saranno rese disponibili previa rimodulazione degli interventi previsti nell’ambito della programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

La disposizione è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione del settore del trasporto pubblico locale previsti dall’articolo 16-bis del decreto-legge n. 95/2012 (cfr. infra).

 

Si ricorda che invece il testo approvato dalla Camera, oltre a prevedere un limite massimo di spesa autorizzata di 100 milioni di euro, finalizzava le risorse a:

§      nel limite di 40 milioni di euro, interventi per l’efficientamento dei servizi di trasporto, compreso l’acquisto di materiale rotabile automobilistico e ferroviario;

§      nel limite di 60 milioni di euro, per garantire la copertura degli oneri di parte corrente nelle more della produzione degli effetti di efficientamento e di razionalizzazione previsti dal già sopra richiamato articolo 16-bis del decreto-legge n. 95/2012.

 


 

Articolo 25-bis
(Sede dell’Autorità dei trasporti)

 

L’articolo 25-bis, introdotto al Senato, prevede che la sede dell'Autorità di regolazione dei trasporti, istituita con il decreto-legge n. 201/2011, sia stabilita in un immobile di proprietà pubblica nella città di Torino, laddove idoneo e disponibile: si prevede a tal fine l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel termine del 31 dicembre 2013.

In tal senso il comma 5-bis provvede infatti a novellare l'articolo 37, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale prevede attualmente che la sede dell'Autorità sia definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senza individuarne l’ubicazione.

Si segnala peraltro che con D.P.C.M. dell'11 maggio 2012 è stata già individuata come sede dell’Autorità dei trasporti la città di Roma. La designazione da parte del Presidente del Consiglio è avvenuta a seguito dell’esame delle candidature presentate dalle città di Roma, Bologna e Verona anche in base alla distribuzione sul territorio nazionale delle altre Autorità di regolazione di settore.

 

L'Autorità dei trasporti, istituita dall’articolo 37 del decreto legge n. 201/2011, come modificato dall’articolo 36 del decreto-legge n. 1/2012, è un organo collegiale composto da un presidente e due componenti, nominati secondo le procedure di cui all'articolo 2, comma 7, della legge n. 481/1995 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità). In base a tale disposizione, il presidente e i due componenti sono individuati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente. Le designazioni effettuate dal Governo sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari. In nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle predette Commissioni a maggioranza dei due terzi dei componenti. Le Commissioni possono procedere all'audizione delle persone designate. I componenti durano in carica sette anni, senza possibilità di conferma. All’Autorità sono affidati compiti significativi di regolazione, di promozione e tutela della concorrenza, nel settore dei trasporti stradali, sia nazionali che locali, nel trasporto ferroviario, aereo, marittimo, nonché nel settore portuale.

 

Si ricorda che le procedure previste per l’istituzione dell’Autorità dei trasporti sono ancora in fase di completamento.

Una prima designazione dei componenti è stata effettuata l'8 giugno 2012 dal Consiglio dei Ministri, ma la relativa richiesta di parere parlamentare, trasmessa il 13 giugno 2012, non ha avuto il pronunciamento delle competenti Commissioni parlamentari. Nella seduta della IX Commissione trasporti della Camera del 19 settembre 2012 il rappresentante del Governo ha chiesto un rinvio della votazione, considerando che il suo risultato non sarebbe stato "funzionale al buon esito della procedura" e rilevando la necessità di "ripensare alla composizione della terna".

Nella riunione del Consiglio dei ministri del 12 luglio 2013 si è proceduto, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, alla designazione di una nuova terna per gli incarichi di Presidente e componenti l'Autorità, che ha ricevuto, nella giornata del 30 luglio 2013, il prescritto parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato.

 


 

Articolo 26-ter
(Anticipazione del prezzo nei contratti di appalto)

 

L’articolo 26-ter, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, è stato modificato nel corso dell’esame al Senato.

In particolare, al comma 1 viene introdotto, in luogo della possibilità, l’obbligo di corresponsione in favore dell’appaltatore dell’anticipazione del 10 per cento dell’importo contrattuale, fino al 31 dicembre 2014, che deve essere previsto e pubblicizzato nella gara di appalto. La norma approvata dalla Camera prevedeva, invece, la facoltà di anticipazione purché la stessa fosse già prevista e pubblicizzata nella gara di appalto.

La norma, che introduce di fatto una deroga ai divieti vigenti di anticipazione del prezzo con una norma transitoria che si applicherà fino al 31 dicembre 2014, si applica ai contratti di appalto relativi a lavori, disciplinati dal decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), affidati a seguito dello svolgimento di procedure di gara bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.

I commi 2 e 3, inseriti nel corso dell’esame al Senato, stabiliscono specifici criteri per la compensazione dell’anticipazione del 10 per cento nei contratti di appalto relativi a lavori di durata pluriennale.

In particolare, il comma 2 stabilisce che l'anticipazione deve essere compensata fino alla concorrenza dell'importo sui pagamenti effettuati nel corso del primo anno contabile.

Il comma 3, nel caso di contratti sottoscritti nel corso dell'ultimo trimestre dell'anno, stabilisce che l'anticipazione è corrisposta nel primo mese dell'anno successivo ed è compensata nel corso del medesimo anno contabile.


 

Articolo 29-bis
(Disposizioni transitorie in materia di incompatibilità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148)

 

L’articolo 29-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera e modificato dal Senato, reca una disposizione transitoria relativa all’applicazione dell’art. 13, comma 3, primo periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148).

La disposizione in commento esclude i comuni tra i 5.000 e i 20.000 abitanti le cui elezioni si siano tenute prima della data di entrata in vigore del decreto 138/2011 (17 settembre 2011) dall’applicazione dell’incompatibilità tra le cariche di deputato, di senatore e di membro del Governo, con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali superiori a 5.000 abitanti.

 

L’art. 13, comma 3, ha stabilito una causa di incompatibilità tra le cariche di deputato, di senatore e di membro del Governo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 215 del 2004, ossia ministro, viceministro, sottosegretario, commissario straordinario di governo, (primo periodo) e di membro del Parlamento europeo (terzo periodo) con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti (in pratica, sindaco di comune con più di 5.000 abitanti e presidente di provincia). E’ stato disposto anche il divieto di cumulo delle indennità derivanti dall’esercizio contemporaneo delle cariche incompatibili nel periodo precedente l’opzione (quarto periodo).

La disposizione, inoltre, prevede (secondo periodo) che l’incompatibilità (per quanto riguarda parlamentari e membri del Governo) si applichi a decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del decreto (che si ricorda sono state indette il 22 dicembre 2012 e si sono svolte il 24 e 25 febbraio 2013).

Per i parlamentari europei la incompatibilità si applica, invece, a decorrere dalla data di indizione delle elezioni europee successive alla data di entrata in vigore del decreto (le elezioni europee, che si svolgeranno il 22-25 maggio 2014[15], saranno indette con decreto del Presidente della Repubblica nel mese di marzo 2014[16]).

 

Ed è sulla decorrenza della norma che interviene, senza novellare il decreto-legge n. 138, l’articolo in esame: questo esclude l’applicazione di tale causa di incompatibilità agli enti territoriali tra i 5.000 e i 20.000 abitanti le cui elezioni si siano tenute prima della data di entrata in vigore del decreto 138/2011 (17 settembre 2011).

In altre parole, i sindaci (dei comuni tra 5.000 e 20.000 abitanti) eletti prima del 17 settembre 2011, che sono anche parlamentari o membri di Governo, se non hanno già optato, potranno cumulare le due cariche fino alla scadenza naturale della carica locale, mentre chi è stato eletto dopo dovrà optare, se non lo ha già fatto, in quanto la incompatibilità è scattata con le elezioni politiche di febbraio.

Per i comuni con più di 20.000 abitanti rimane ferma la normativa vigente.

Dal momento che la disposizione si riferisce al primo periodo del comma 3 dell’art. 13, l’esclusione dall’incompatibilità sembrerebbe applicarsi esclusivamente ai parlamentari nazionali e ai membri del Governo e non anche ai membri italiani del Parlamento europeo, la cui disciplina è recata dal terzo periodo. Il terzo periodo richiama peraltro a sua volta le “incompatibilità di cui al primo periodo”, rendendo possibile una interpretazione di segno opposto, nel senso dell’applicabilità della disciplina anche ai membri italiani del Parlamento europeo. Si valuti l’opportunità di un chiarimento al riguardo.

 

Si consideri inoltre che il termine di decorrenza degli effetti della disposizione che si intende integrare, come si è detto, è già superato e che presumibilmente sono già state effettuate alcune opzioni: con l’entrata in vigore della disposizione in esame si potrebbe avere una evidente disparità di condizione tra chi ha esercitato l’opzione e chi no.

 

Si ricorda, inoltre, che la Corte costituzionale ha anticipato, in un certo senso, il principio ispiratore dell’incompatibilità introdotta dal decreto-legge 138, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4 della L. 60/1953 (relativa alle incompatibilità parlamentari), nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20 mila abitanti (sent. 277/2011).

La Camera dei deputati ha recepito la sentenza della Corte costituzionale con la decisione della Giunta delle elezioni adottata nella seduta del 14 dicembre 2011 che ha accertato l'incompatibilità con il mandato parlamentare delle cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti ricoperte da 6 deputati.

La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha, invece, ritenuto di non applicare gli effetti della sentenza a due senatori/sindaci sui quali la Giunta si era già pronunciata in precedenza (seduta del 21 dicembre 2011).

Successivamente, la Corte Costituzionale ha ribadito l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20 mila abitanti dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 63 del testo unico enti locali (D.Lgs. 63/267) nella parte in cui non prevede tale incompatibilità (sent. 120/2013).

Per quanto riguarda le province si ricorda che dal 2011 non si svolgono più le consultazioni per il rinnovo dei consigli provinciali e per l’elezione dei presidenti di provincia. Infatti, l'art. 23 del decreto-legge n. 201/2011 (poi dichiarato incostituzionale sent. 3 luglio 2013) aveva previsto la loro elezione di secondo grado, rinviando la determinazione delle modalità di elezione di tali organi a legge dello Stato che avrebbe dovuto essere approvata entro il 31 dicembre 2013. Nel frattempo agli organi politici in scadenza si sono sostituiti gestioni commissariali.


 

Articolo 29-ter
(Disposizioni transitorie in materia di incompatibilità di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39)

 

L’articolo 29-ter, introducendo una disposizione transitoria relativa al decreto legislativo 39/2013 (che non viene novellato), stabilisce che le nuove cause di incompatibilità previste dal decreto non si applicano alle situazioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

 

Considerata la complessità della disciplina contenuta nel decreto legislativo e degli effetti che le disposizioni ivi previste producono, si valuti l’opportunità di mantenere nella stessa fonte normativa tutte le successive modifiche e, pertanto, di formulare la disposizione in esame in forma di novella del D.Lgs. 39/2013.

Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 aprile 2013, n. 92 ed entrato in vigore il 4 maggio 2013 attua la delega contenuta nei commi 49 e 50 dell’art. 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (la c.d. legge anticorruzione) in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati di diritto pubblico (per una disamina degli aspetti principali del decreto legislativo si rinvia al dossier del Servizio studi della Camera Inconferibilità e incompatibilità di incarichi. Decreto legislativo n. 39 del 2013, Documentazione e ricerche n. 24, 4 giugno 2013, dove sono anche evidenziati alcuni dubbi interpretativi).

 

Il decreto legislativo 39/2013 prevede fattispecie di:

§      inconferibilità, cioè di preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, nonché a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. g);

§      incompatibilità, da cui consegue l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. h).

 

Le nuove forme di incompatibilità sono regolate dai capi V e VI.

Si prevede l’incompatibilità tra gli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti in controllo pubblico e:

§      cariche in enti di diritto privato regolati o controllati da pubbliche amministrazioni, nonché lo svolgimento di attività professionali (capo V);

§      cariche elettive e di governo a livello statale, regionale e locale (capo VI).

Mentre l’inconferibilità è una fattispecie relativamente nuova per il nostro ordinamento (se si eccettuano le incompatibilità ex post di cui alla legge 215/2004, relativa ai membri del governo e poche altre norme), l’incompatibilità invece è prevista in numerose disposizioni già vigenti, alle quali si aggiungono e spesso si sovrappongono quelle introdotte dal decreto 39/2013 ponendo la questione del loro coordinamento.

Un’altra questione riguarda più in generale il procedimento sanzionatorio: si prevede, in caso di incompatibilità, da un lato, la decadenza dall’incarico entro 15 giorni dalla contestazione. Sono però fatte salve le disposizioni che prevedono il collocamento in aspettativa non retribuita dei dipendenti pubblici in caso di incompatibilità (art. 9, rispettivamente, commi 1 e 2).

 

Si consideri che il termine di opzione tra le cariche, o della scelta del collocamento in aspettativa è già decorso e che presumibilmente sono già state effettuate alcune opzioni: con l’entrata in vigore della disposizione in esame si potrebbe avere una evidente disparità di condizione tra chi ha esercitato l’opzione e chi no.

 

La vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità è effettuata, secondo l’art. 15, dal responsabile del piano anticorruzione di ciascun soggetto, con obbligo di segnalazione delle eventuali violazioni all'Autorità nazionale anticorruzione (CIVIT), all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché alla Corte dei conti, per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

In particolare la CIVIT, a seguito di segnalazione o d'ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell'incarico e segnalare il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

Inoltre, la CIVIT esprime pareri sulla interpretazione e applicazione delle nuove disposizioni su richiesta delle amministrazioni interessate (ma si veda in proposito l’art. 54-ter del presente decreto-legge che riconduce tale compito consultivo nell’ambito ministeriale).

La complessità delle nuove disposizioni, il mancato coordinamento con la normativa vigente e talune difficoltà interpretative hanno provocato la presentazione di numerose richieste di chiarimento (oltre cento, come riferisce il comunicato della CIVIT del 25 luglio 2013), anche in relazione all’assenza di una disciplina transitoria.

 

Ed è appunto su quest’ultima questione che interviene l’articolo in commento, introducendo una disciplina transitoria che fa salve le situazioni giuridiche preesistenti alla entrata in vigore del decreto legislativo.

 

In tema di efficacia nel tempo delle norme su inconferibilità e incompatibilità degli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico di cui al D.Lgs. n. 39/2013 si è espressa la CIVIT nell’ambito del potere interpretativo conferitole dal decreto legislativo stesso (Delibera 27 giugno 2013, n. 46).

La CIVT ha ritenuto che il D.Lgs. n. 39/2013 non pone alcun problema di retroattività e, conseguentemente, di violazione dell’invocato principio tempus regit actum. Le norme del decreto – in particolare, gli artt. da 4 a 8 – non incidono sulla validità del preesistente atto di conferimento degli incarichi, mentre ben può la legge sopravvenuta disciplinare ipotesi di incompatibilità tra incarichi e cariche con il conseguente obbligo di eliminare la situazione divenuta contra legem attraverso apposita procedura. Gli incarichi e le cariche presi in esame dalla nuova disciplina sul punto, infatti, comportano l’espletamento di funzioni e poteri che si protraggono nel tempo (quali, ad esempio, atti di gestione finanziaria, atti di amministrazione e gestione del personale, ecc.). Trattandosi di un “rapporto di durata”, dunque, il fatto che l’origine dell’incarico si situa in un momento anteriore non può giustificare il perdurare nel tempo di una situazione di contrasto con la norma, seppur sopravvenuta.

Deve concludersi, pertanto, nel senso che la nuova disciplina è di immediata applicazione. Ne deriva che non è in questione l’applicazione del principio della irretroattività della legge, quanto piuttosto l’eventuale differimento dell’efficacia delle norme sulla incompatibilità, che avrebbe richiesto una possibile ma necessariamente espressa previsione da parte del legislatore. Ma ciò non è avvenuto. Inoltre, secondo la CIVIT, «La soluzione adottata dal legislatore secondo l’interpretazione ora prospettata non contrasta, d’altra parte, con il richiamato principio della tutela dell’affidamento. Si deve rilevare, infatti, che tale soluzione si ispira chiaramente a principi di ragionevolezza, perché il protrarsi di situazioni di incompatibilità oggettivamente in contrasto con la nuova disciplina finirebbe col differire nel tempo la sua efficacia e, quindi, il perseguimento della finalità di prevenzione della corruzione che il legislatore ha attribuito alla disciplina in esame, e creerebbe una disparità di trattamento tra i dirigenti a cui è stato conferito l’incarico prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 39/2013 e i dirigenti a cui è stato conferito successivamente».

 

Si fa presente che anche gli articoli 54-bis e 54-ter (alle cui schede si fa rinvio) intervengono in materia, incidendo sul potere consuntivo della CIVIT.


 

Articolo 30, comma 1, lettera 0a)
(Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati)

 

È stata introdotta la lettera 0a) al comma 1 dell’articolo 30, che inserisce nel D.P.R. 380/2001 l’articolo 2-bis rubricato disposizioni derogatorie in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

 

In particolare, il nuovo articolo 2-bis consente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, di prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al D.M. n. 1444/1968, che, all’articolo 9, fissa i limiti di distanza tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee (v. infra). Sulla base di quanto disposto dalla norma in commento, le regioni e le province autonome possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario (anche se non esplicitamente menzionato, la norma dovrebbe riferirsi all’assetto complessivo e unitario del territorio) o di specifiche aree territoriali.

 

La norma precisa che le regioni e le province autonome potranno esercitare i predetti poteri derogatori ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile[17] e alle disposizioni integrative.

 

Il D.M. 1444/68 detta nel suo complesso una serie di disposizioni volte fissare limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti.

L’articolo 9 del D.M. 1444/68 fissa le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee (zone A; Nuovi edifici ricadenti in altre zone; zone C). L’ultimo comma di tale articolo ammette distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi dell’articolo 9 nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

Si segnala che la Corte costituzionale, nella sentenza 232/2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 50, comma 8, lettera c), della legge della regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11, recante norme per il governo del territorio. La Corte ha ricordato che l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato. I suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi.

Nella sentenza n. 114/2012, la Corte costituzionale ha, altresì, dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 15 del 2011 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 – Legge finanziaria 2012). In proposito, si riporta il punto 8.3 del considerato in diritto della sentenza in cui si specifica che “la censura verte sul mancato richiamo al rispetto delle norme sulle distanze fra edifici, integrative del codice civile e, in particolare, dell’art. 9 del citato D.M. n. 1444 del 1968. In tale ambito, questa Corte ha in più occasioni precisato che le norme in materia di distanze fra edifici costituiscono principio inderogabile che integra la disciplina privatistica delle distanze. In particolare, data la connessione e le interferenze tra interessi privati e interessi pubblici in tema di distanze tra costruzioni, l’assetto costituzionale delle competenze in materia di governo del territorio interferisce con la competenza esclusiva dello Stato a fissare le distanze minime, sicché le Regioni devono esercitare le loro funzioni nel rispetto dei principi della legislazione statale, potendo, nei limiti della ragionevolezza, fissare limiti maggiori. Le deroghe alle distanze minime, poi, devono essere inserite in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio, poiché la loro legittimità è strettamente connessa agli assetti urbanistici generali e quindi al governo del territorio, non, invece, ai rapporti tra edifici confinanti isolatamente considerati (sentenza n. 232 del 2005)”. La Corte prosegue rilevando che “nel caso di specie, la norma in questione, attraverso il mero richiamo delle norme del codice civile, è suscettibile di consentire l’introduzione di deroghe particolari in grado di discostarsi dalle distanze di cui all’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell’art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, recante «Legge urbanistica» (introdotto dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente, per giurisprudenza consolidata, un’efficacia precettiva e inderogabile. In quanto tali deroghe non attengono all’assetto urbanistico complessivo delle zone di cui si verte, il mancato richiamo alle norme statali vincolanti per la Provincia, determina l’illegittimità costituzionale delle relative norme per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, avendo invaso la competenza statale in materia di ordinamento civile”.

Da ultimo, si segnala che con la sentenza 6/2013 la Corte costituzionale è ritornata sulla questione delle distanze minime tra edifici dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge della regione Marche 31/1979. Ad avviso della Corte, “il punto di equilibrio tra la competenza legislativa statale in materia di «ordinamento civile» e quella regionale in materia di «governo del territorio», come identificato dalla Corte costituzionale, trova una sintesi normativa nell’ultimo comma dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, che la Corte costituzionale ha più volte ritenuto dotato di «efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato» (sentenza n. 114 del 2012; ordinanza n. 173 del 2011; sentenza n. 232 del 2005). Quest’ultima disposizione consente che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo «nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche». Le deroghe all’ordinamento civile delle distanze tra edifici sono, dunque, consentite nei limiti ora indicati, se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio”.

 

Sulla base della giurisprudenza costituzionale precedentemente citata, andrebbe quindi valutata la portata normativa delle disposizioni in commento che consentono alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di introdurre disposizioni in deroga al D.M. 1444/68 il cui articolo 9, secondo un orientamento consolidato della Corte, costituisce “principio inderogabile che integra la disciplina privatistica delle distanze”. La norma, inoltre, per come è formulata, sembrerebbe finalizzata a consentire alle regioni e alle province autonome di dettare le predette disposizioni derogatorie nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario del territorio o di specifiche aree territoriali richiamando, pertanto, i principi affermati dalle citate sentenze della Corte, principi che la Corte sembra strettamente collegare e ricavare, per un verso, dall'art. 873 cod. civ., che regola le distanze delle costruzioni su fondi finitimi, e, per l’altro dall'ultimo comma dell'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (sent. 232/2005), che fissa distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche.

Si ricorda, infine, che le regioni e le province autonome hanno dettato una propria disciplina, diversificata da regione a regione, degli strumenti urbanistici, nell’ambito della normativa concorrente sul governo del territorio, e che pertanto nell’ambito dei predetti strumenti andrebbero individuati quelli che a livello regionale sono “funzionali a un assetto complessivo e unitario” del territorio.

Articolo 30, comma 1, lettera f)
(SCIA per modifiche della sagoma nelle zone omogenee A)

 

La lettera f) del comma 1 dell’articolo 30, che inserisce un articolo 23-bis nel D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia), è stata modificata in più punti. Le modifiche hanno riguardato il comma 4 del nuovo articolo 23-bis, che era stato modificato nel corso dell’esame alla Camera.

Una prima modifica riguarda il termine, differito dal 31 dicembre 2013 al 30 giugno 2014, entro cui i comuni devono individuare, con propria deliberazione, le aree, comprese all'interno delle zone omogenee A) di cui al D.M. 1444/1968, e in quelle equipollenti secondo l’eventuale diversa denominazione adottata nelle leggi regionali, nelle quali non è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma.

Si ricorda che le citate zone A, ai sensi dell’art. 2 del D.M. 1444/1968, includono “le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”.

Viene inoltre inserito un periodo che prevede - in caso di inutile decorso del termine concesso ai comuni e in mancanza di intervento sostitutivo della regione nei termini previsti dalla normativa vigente – che la succitata deliberazione venga adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Si osserva che l’attribuzione a un Commissario di nomina ministeriale del potere di adottare in via sostitutiva la delibera comunale deve essere valutata alla luce del riparto di competenze costituzionali in materia di governo del territorio. Si segnala, inoltre, che non appare chiara la normativa vigente cui fa riferimento la norma relativamente ai termini per l’intervento sostitutivo della regione.

 

Nell’ultimo periodo del comma 4, viene eliminata la scadenza del 30 giugno 2014, oltrepassata la quale, in assenza della deliberazione comunale, non avrebbe trovato applicazione la SCIA per interventi con modifica della sagoma.

Tale ultima modifica sembra essere conseguente al fatto che le modifiche testé commentate rendono certa l’emanazione della delibera comunale; per tale ragione, non sembrerebbe necessario prevedere una data limite oltre la quale far cessare la disciplina transitoria.


 

Articolo 30, commi 3 e 3-bis
(Proroga dei termini di inizio e fine lavori nei titoli abilitativi in edilizia e nelle convenzioni di lottizzazione)

 

La modifica al comma 3 dell’articolo 30 è volta ad introdurre alcune condizioni per l’applicabilità della disposizione che prevede, salva diversa disciplina regionale e previa comunicazione del soggetto interessato, la proroga di due anni dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori relativi ai permessi di costruire, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all'entrata in vigore del decreto legge.

Si ricorda che il successivo comma 4 estende tale disposizione anche alle denunce di inizio attività (DIA) e alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA) presentate entro lo stesso termine.

La modifica apportata dal Senato integra il citato comma 3, al fine di introdurre alcune condizioni per l’operatività della proroga.

Viene infatti previsto che essa operi:

§      purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato;

§      e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell'interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati.

 

Il comma 3-bis proroga di 3 anni il termine di validità, nonché i termini di inizio e fine dei lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. 1150/1942, o degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012.

Si ricorda che l’art. 28 della L. 1150/1942 consente - nei comuni forniti di programma di fabbricazione ed in quelli dotati di piano regolatore generale fino a quando non sia stato approvato il piano particolareggiato di esecuzione - la lottizzazione di terreno a scopo edilizio, che può essere autorizzata dal comune previo nulla osta del provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, nonché la competente Soprintendenza.

Lo stesso articolo dispone, tra l’altro, che l’autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda, tra l’altro, “i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere”.


 

Articolo 30, comma 5-ter
(Liberalizzazioni esercizi commerciali)

 

Nel corso dell'esame in Senato è stato introdotto, nell'articolo 30, il nuovo comma 5-ter.

Con tale comma si interviene sull'articolo 31, comma 2 del decreto-legge n. 201 del 2011 ove si chiamano le Regioni e gli enti locali ad adeguare i propri ordinamenti al principio generale della libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli, esclusi quelli connessi alla tutela della salute dell'ambiente e dei beni culturali - stabilendo per le Regioni e gli enti locali stessi la possibilità di prevedere, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali.

L'articolo 31, comma 2 del D.L. 201 del 2011 specifica che costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali. La disposizione prevede inoltre che le Regioni e gli enti locali debbano adeguano i propri ordinamenti a tali prescrizioni entro il 30 settembre 2012. Tale disposizione va peraltro letta in combinato con quanto disposto dall'articolo 34, comma 4, del medesimo D.L. 201/2011, il quale dispone che l'introduzione di un regime amministrativo volto a sottoporre a previa autorizzazione l'esercizio di un'attività economica deve essere giustificato sulla base dell'esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità. Ciò vuol dire che l'accesso al mercato, in seguito all'intervento di liberalizzazione, di qualunque impresa commerciale può essere condizionato solo dal rispetto delle norme urbanistiche e da una valutazione di compatibilità con la tutela dei lavoratori della salute e dell'ambiente e dei beni culturali. Sulla base di tale disposizione non possono più essere posti dalle Regioni contingenti e altre limitazioni territoriali e cambia (alla luce dell'art. 34, comma 4) il criterio delle Regioni per l'autorizzazione di nuovi sviluppi commerciali.


 

Articolo 30, comma 5-quater
(Estensione della disciplina sulla sospensione dei pagamenti
ai subcontratti di forniture)

 

Il comma 5-quater dell’articolo 30, inserito nel corso dell’esame al Senato, novella l'art. 15 della L. 180/2011, il quale reca una disposizione di applicazione dell'art. 118, comma 3, secondo periodo, del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) in tema di subappalto.

Il comma 3 dell’art. 118 del Codice dispone che nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro 20 giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate.

Il secondo periodo del comma 3 dispone poi che, qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il citato termine di 20 giorni, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari.

L’art. 15 della L. 180/2011 ha successivamente esteso l’applicazione delle citate norme, dettate dal secondo periodo del comma 3 dell’art. 118 del Codice, anche alle somme dovute agli esecutori in subcontratto di forniture con posa in opera le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture.

Prima di tale norma, invece, l’applicabilità del citato secondo periodo era limitata ai subappalti, come definiti dal comma 11 dell’art. 118, vale a dire “qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare”.

Si ricorda, in proposito, che ai sensi dell’art. 14 del Codice un contratto misto avente per oggetto la fornitura di prodotti e, a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione è considerato un «appalto pubblico di forniture».

Sul punto si è anche espressa l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP), che ha chiarito, con la delibera n. 81 del 6 ottobre 2011, che “ai fini della individuazione della normativa applicabile, occorre (…) sempre fare riferimento al criterio basato sulla valutazione della prevalenza funzionale delle rispettive prestazioni, nel senso, che quando l’appalto è funzionale alla realizzazione o alla modificazione di un’opera di ingegneria civile si applica la normativa dei lavori pubblici quale sia l’importo economico della fornitura e del lavoro. Viceversa è configurabile un contratto di fornitura con posa in opera nel caso in cui con il contratto di fornitura si intenda conseguire una prestazione avente per oggetto una merce, un prodotto, che autonomamente soddisfano il bisogno per la loro stessa natura. In tal caso gli eventuali lavori di posa e installazione del bene fornito sono di carattere accessorio e strumentale rispetto all’uso dello stesso”.

Il nuovo comma 5-quater sopprime le parole “con posa in opera'', estendendo, in tal modo, la portata della disposizione recata dall’art. 15 della L. 180/2011 a tutti gli esecutori in subcontratto di forniture le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture.


 

Articolo 30-bis
(Semplificazioni in materia agricola)

 

L'articolo 30-bis, introdotto al Senato modifica la disciplina legislativa vigente in materia di esercizio della vendita diretta, intervenendo su più punti dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del. 2001.

In primo luogo (lett. a) modificando il secondo periodo del comma 2 si stabilisce che anche per la vendita diretta esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non sia richiesta la comunicazione di inizio attività (al pari di quanto oggi già previsto per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità).

Si rammenta che anche il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 è intervenuto sull'articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001 modificando però soltanto il primo periodo del comma 2 allo scopo di favorire la vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante. Quest'ultima, infatti, pur essendo sempre soggetta a comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione, può ora essere effettuata a decorrere dalla data di invio della medesima comunicazione.

Interviene, inoltre, introducendo dopo il comma 4 dell'art. 4 del D.Lgs: 228/2001 (lett. b) un ulteriore comma, il 4-bis, il quale prevede che l'attività di vendita diretta se svolta mediante il commercio elettronico, può essere iniziata contestualmente all'invio della comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione.

Con l’introduzione del comma 8-bis (lettera c) si prevede che nell’ambito dell’esercizio della vendita diretta è consentito il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell'imprenditore agricolo, escludendo però il servizio assistito di somministrazione e mantenendo al contempo l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

Infine il comma 8-ter stabilisce che la vendita diretta da parte dell’impresa agricola non comporta cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge la vendita e può esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati.

Nel complesso si tratta di norme volte a semplificare attività e modalità connesse alla vendita diretta dei prodotti agricoli allo scopo di favorire l’impresa agricola, che in questo modo ha la possibilità di integrare la propria redditività. La previsione che l’impresa agricola per effettuare la vendita diretta dei propri prodotti non è obbligata a dover richiedere al comune il cambio di destinazione d’uso dei locali interessati alla vendita rappresenta inoltre una semplificazione rilevante in quanto comporta risparmi per l’impresa sia in termini economici sia di tempo.

Si segnala che in data 20 maggio 2013 presso la XIII Commissione (Agricoltura) è iniziato l’esame della proposta di legge A.C. 77Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità.” (Realacci ed altri) il quale contiene nel suo articolato identiche disposizioni.


 

Articolo 31
(Disposizioni in materia di D.U.R.C.)

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto il comma 1-bis all’articolo 31, che ha recato specifiche disposizioni di semplificazione in materia di Documento unico di regolarità contributiva (DURC)[18].

 

In particolare, il nuovo comma prevede l’esenzione dall’obbligo di richiesta del DURC agli istituti o enti abilitati al rilascio in caso di lavori privati di manutenzione in edilizia, realizzati direttamente in economia dal proprietario dell’immobile, senza ricorso ad imprese.


 

Articolo 32
(Disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro)

 

L’articolo 32, reca numerosi interventi di semplificazione in materia di lavoro, attraverso una serie di novelle al D.Lgs. 81/2008, in materia di sicurezza sul lavoro, al D.Lgs. 136/2006, in materia di pubblici appalti, ed al D.P.R. 1124/1965, concernente l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

 

Nel corso dell’esame al Senato:

§      è stata introdotta la lettera b-bis), che modificando l’articolo 31, comma 1, del D.Lgs. 81/2008, prevede che l’obbligo del datore di lavoro di organizzare il servizio di prevenzione e protezione sia svolto prioritariamente all'interno della azienda o della unità produttiva (il testo attuale dispone tale obbligo solamente all’interno di esse);

§      in materia di appalti pubblici, modificando il comma 7-bis (che ha introdotto il comma 3-bis all’articolo 82 del D.Lgs. 163/2006, inerente il criterio di determinazione del costo più basso negli appalti pubblici), si prevede che, al fine della determinazione del costo complessivo, il costo del personale debba essere valutato, oltre che sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, anche considerando le voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello;

Ai sensi del richiamato articolo 82 del D.Lgs. 163/2006, il prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, è determinato nel seguente modo: spetta al bando di gara stabilire se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a misura, sia determinato mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari; oppure se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a corpo, sia determinato mediante ribasso sull'importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari. Per i contratti da stipulare parte a corpo e parte a misura, il prezzo più basso è determinato mediante offerta a prezzi unitari.

§      modificando la lettera f) del comma 1, che è intervenuta sull’articolo 71 del D.Lgs. 81/2008, concernente le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, si prevede:

-        che l’obbligo di verifica da parte dell’INAIL sull’efficienza delle attrezzature (comma 11 dell’articolo 71 del D.Lgs. 81/2008) debba essere effettuato entro 45 giorni dalla messa in servizio dell’attrezzatura (e non più dalla data della richiesta da parte del datore di lavoro);

-        una semplificazione della procedura da seguire nel caso in cui l’INAIL (che secondo le nuove disposizioni può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati), entro il suddetto termine di 45 giorni, non provveda alla verifica. In particolare, si prevede che decorso tale termine il datore di lavoro possa avvalersi, su propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati (seguendo le modalità individuate nel D.M. 11 aprile 2011, emanato in attuazione dell’articolo 71, comma 13). Le verifiche successive vengono effettuate, sempre a seguito di libera scelta del datore di lavoro, dalle ASL o dall’ARPA (se previsto con legge regionale) o da soggetti pubblici o privati abilitati, sempre secondo le modalità di cui al richiamato D.M. 11 aprile 2011;

Il testo licenziato dalla Camera dei deputati disponeva l’obbligo, per l’INAIL, le ASL e l’ARPA, di comunicare al datore di lavoro, entro 15 giorni dalla richiesta, l’eventuale impossibilità di effettuare le verifiche di propria competenza, senza fornire adeguata motivazione. In questo caso il datore di lavoro poteva avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati alle verifiche. Era altresì previsto che l’INAIL, le ASL o l’ARPA, potessero avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati.

§      la soppressione della nuova formulazione del comma 12 dell’articolo 71, in base alla quale i soggetti privati abilitati alle verifiche richiamate acquistavano la qualifica di incaricati di pubblico servizio unicamente per l’effettuazione delle verifiche di cui al comma 11.


 

Articolo 33
(Semplificazione del procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia)

 

L’articolo 33, modificato nel corso del’esame del Senato, introduce alcune disposizioni per il procedimento per l'acquisto della cittadinanza dello straniero nato in Italia.

Il comma 1, non modificato al Senato, prevede che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana - da parte dello straniero nato in Italia e ivi residente per diciotto anni ininterrottamente - all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della pubblica amministrazione, e che egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.

Il comma 2, non modificato al Senato, riguarda la dichiarazione per l'acquisto della cittadinanza italiana, prevedendo che gli ufficiali di stato civile debbano comunicare all'interessato, al compimento del diciottesimo anno di età, presso la sede di residenza che risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il predetto diritto entro il diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto potrà essere esercitato anche oltre il termine fissato dalla legge. Gli ufficiali sono tenuti ad inviare la comunicazione nel corso dei 6 mesi precedenti il compimento del 18° anno di età.

Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto un comma 2-bis, che prescrive (a decorrere da tre mesi dall'entrata in vigore della legge) l'acquisizione e la trasmissione di dati e documenti in via esclusivamente informatica, da parte degli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza.

 

Si ricorda che l’obbligo dell’utilizzo delle procedure e delle reti informatiche nelle comunicazioni delle pubbliche amministrazioni è già presente nell’ordinamento (art. 47, comma 1, del D.Lgs. 82/2005, modificato dall’art. 32, comma 1, lett. c), D.Lgs. 235/2010) che ha introdotto l’obbligo di utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni o di comunicare in cooperazione applicativa (in ogni caso in forma digitale).

 

In materia interviene altra disposizione del provvedimento in esame (art. 14, co. 1-bis e 1-ter) cui si rinvia.


 

Articolo 35, comma 1-bis
(Limitazione delle spese per il personale “precario” nelle Regioni)

 

Il comma 1-bis dell’articolo 35, introdotto dal Senato, estende l'osservanza del parametro secondo cui il rapporto tra spesa per il personale e spesa corrente deve essere uguale o inferiore alla media nazionale (descritto all'art. 6, comma 20 del D.L. 78/2010) alle limitazioni alle spese per il personale “precario” (di cui all'art. 9, comma 28, del medesimo D.L. 78/2010) cui le regioni debbono adeguarsi in quanto principio di coordinamento della finanza pubblica.

 

La norma in esame reca una modifica all'articolo 6, comma 20, del decreto legge 78/2010[19] il quale dispone diverse misure di riduzione dei costi degli apparati amministrativi.

Tra le misure recate dall'articolo 6 si ricordano la riduzione dei costi degli organi collegiali (commi 1-5); la riduzione del 10% del compenso degli organi di amministrazione e controllo di società non quotate del conto della P.A. e di società totalmente possedute dalle amministrazioni pubbliche (comma 6) e i limiti per le amministrazioni pubbliche del conto P.A., incluse le autorità indipendenti, alle spese per studi, incarichi di consulenza, relazioni pubbliche,convegni, mostre, pubblicità, missioni, formazione e per autovetture (commi 7-14).

 

In particolare la norma recata al comma 20 del citato articolo 6, dispone sull’applicazione delle disposizioni recanti norme di risparmio degli apparati amministrativi contenute nell’articolo stesso da parte delle regioni e delle province autonome, nonché degli enti del servizio sanitario nazionale.

La norma, nel primo periodo, qualifica come disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica le disposizioni dell’articolo stesso, escludendone l’applicazione diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale. Il secondo periodo del comma dispone una redistribuzione, tra le regioni a statuto ordinario del 10% dei trasferimenti per il c.d. “federalismo amministrativo”, a vantaggio delle regioni che abbiano contenuto i compensi dei consiglieri regionali e che abbiano applicato “volontariamente” le misure di contenimento della spesa recate dallo stesso articolo 6.

Il terzo periodo del comma 20 dispone sul 'parametro' da seguire per valutare se una regione abbia o meno adempiuto alle misure di risparmio degli apparati amministrativi indicate nel citato articolo 6.

Le regioni a statuto ordinario sono considerate adempienti se, oltre al rispetto del patto di stabilità, hanno registrato un rapporto fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno, che sia uguale o inferiore alla media nazionale.

 

La norma in esame aggiunge un inciso dopo questo periodo.

Il parametro – vale a dire che il rapporto sopra citato fra spesa di personale e spesa corrente deve essere uguale o inferiore alla media nazionale - deve essere applicato anche per dare attuazione alla disposizione contenuta al comma 28 dell'articolo 9 del D.L. 78/2010 vale a dire per le limitazione alle spese per il personale precario della pubblica amministrazione. Si ricorda che le regioni, le province autonome e gli enti del servizio sanitario nazionale sono tenute a dare attuazione alle disposizioni sul contenimento della spesa per il personale, in quanto principio di coordinamento della finanza pubblica, come esplicitato al terzo periodo del medesimo comma 28.

 

L’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha disposto la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di assumere personale attraverso fattispecie contrattuali “flessibili” a condizione che venga rispettato il limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009, in particolare:

§       per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;

§       per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio di cui all'art. 70, comma 1, lettera d) del D.Lgs. 276/2003.

La disposizione si applica a partire dall’anno 2011 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non economici, alle università e agli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, le C.C.I.A.A.. Inoltre, i contenuti della disposizione in esame costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Inoltre, si consente agli enti locali, a decorrere dal 2013, di superare tale limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, fermo restando che la spesa complessiva non possa comunque superare la spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

Il mancato rispetto dei limiti di cui al comma in esame costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.


 

Articolo 40, comma 1-bis
(Personale delle fondazioni lirico sinfoniche)

 

Il comma 1-bis, introdotto al Senato, reca una norma di interpretazione autentica (con effetto, pertanto, retroattivo) dell’articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge n. 64/2010, al fine di chiarire che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di contratti di lavoro a termine.

 

Si ricorda che già con il D.Lgs. n. 367 del 1996 è stata prevista la trasformazione obbligatoria in fondazioni di diritto privato degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, per eliminare rigidità organizzative e creare disponibilità di risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo. Più recentemente il D.L. 345/2000 (L. 6/2001) ha disciplinato la trasformazione di tali enti in fondazioni lirico-sinfoniche (complessivamente, 14).

In attesa di una riforma organica, da ultimo, il D.L. 64/2010 (L. 100/2010) ha previsto uno o più regolamenti di delegificazione ai fini della revisione dell’assetto ordinamentale e organizzativo di tali fondazioni.

In particolare, l’articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge n.64/2010, prevede che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, continua ad applicarsi l'articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426[20], anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.

Il contratto di lavoro a tempo determinato è disciplinato dal decreto legislativo 368/2001, adottato in attuazione della direttiva 1999/70/CE 28 giugno 1999 (relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato) che ha riformato interamente la disciplina dell'apposizione del termine al contratto di lavoro, abrogando la precedente normativa in materia (L. 230/1962, articolo 8-bis del D.L. 17/1983, articolo 23 della L. 56/1987. Con tale provvedimento è stata modificata profondamente la precedente impostazione normativa (in base alla quale il rapporto di lavoro a termine era vietato, tranne nei casi tassativi indicati dalla legge e dai contratti collettivi) ammettendo di regola il contratto a tempo determinato, salvo i casi in cui è espressamente vietato. Su tale impianto normativo è successivamente intervenuta la L. 247/2007, che ha modificato il D.Lgs. 368/2001 stabilendo, in primo luogo, che il contratto di lavoro subordinato sia stipulato normalmente a tempo indeterminato, nonché un limite massimo di durata (pari a 36 mesi, comprensivo di proroghe e rinnovi), nell'ipotesi di successione di contratti a termine, oltre il quale il contratto si considera a tempo indeterminato. Da ultimo, sulla materia sono intervenute la legge 92/2012 (di riforma del mercato del lavoro) e l’articolo 7 del decreto-legge n.76/2013.

Per quanto concerne, in particolare, il profilo oggetto della disposizione in commento, l’articolo 5 del D.Lgs. 368/2001 (modificato sostanzialmente dall’articolo 1, comma 9, della L. 92/2012), prevede che nel caso in cui il rapporto di lavoro continui dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro sia tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato (a decorrere dalla scadenza dei predetti termini).


 

Articolo 41, commi 1, 3-lett. b) e 6-ter
(Disposizioni in materia ambientale)

Comma 1 (Disciplina delle acque di falda emunte)

Il comma 1 del nuovo testo dell’art. 243 del D.Lgs. 152/2006, introdotto dal comma 1 dell’art. 41, è stato riscritto al fine di apportare alcune precisazioni alla procedura contemplata per l’emungimento delle acque sotterranee, come appare chiaro dall’esame del seguente testo a fronte:

 

Testo approvato dalla Camera

Testo approvato dal Senato

1. Al fine di impedire e arrestare l'inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione, anche tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento,

1. Al fine di impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell’inquinamento delle acque, anche tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate ed adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall’articolo 242,

o isolare le fonti di contaminazione dirette o indirette, o, in subordine, procedere alla bonifica tramite barriera fisica o idraulica, con emungimento e trattamento; in tale ultima evenienza deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità alle finalità generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza.

o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette;

 

in caso di emungimento e trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità alle finalità generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella Parte Ill del presente decreto.

 

Viene, infatti, chiarito che la prevenzione si riferisce all’inquinamento delle acque.

Inoltre viene eliminata la parte della disposizione relativa alla bonifica tramite barriera fisica o idraulica. L’attività di bonifica viene richiamata, infatti, nel trattamento, laddove si fa riferimento alle procedure operative ed amministrative dettate dall’art. 242 del D.Lgs. 152/2006 nell’ambito della disciplina concernente la bonifica dei siti contaminati, per eliminare o isolare le fonti di contaminazione e non, come prevedeva il testo approvato dalla Camera in prima lettura, come attività residuale.

L’utilizzo delle acque emunte nei cicli produttivi, nella nuova formulazione del comma, non è limitato al caso di “bonifica tramite barriera fisica o idraulica, con emungimento”, ma viene esteso a tutti i casi di emungimento e trattamento delle acque sotterranee.

Comma 3 (matrici materiali di riporto)

Il comma 3, lettera b) è stato modificato al fine di chiarire che le disposizioni in materia di matrici materiali di riporto dettate dall’art. 3 del D.L. 2/2012, come novellato dal comma 3 in commento, si applicano fatti salvi gli accordi di programma per la bonifica sottoscritti prima dell’entrata in vigore della disposizione e conformi alle norme in materia di bonifica vigenti al tempo della sottoscrizione.

Comma 6-ter (Situazione di criticità nella gestione dei rifiuti in Campania)

Il comma 6-ter consente ai commissari ad acta - previsti dal precedente comma 6 per il superamento della situazione di criticità nella gestione dei rifiuti in Campania – di promuovere la conclusione di accordi di programma fra i soggetti istituzionali interessati, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al fine di assicurare lo svolgimento di una serie di attività.

La modifica apportata dal Senato è volta a introdurre correttamente precisazioni rispetto alla formulazione approvata dalla Camera.

Gli accordi di programma sono infatti disciplinati dall’art. 34 del D.Lgs. 267/2000, mentre l’art. 15 della L. 241/1990 prevede che, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 14 che disciplina la conferenza di servizi, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

La modifica approvata dal Senato provvede, pertanto, a chiarire che gli accordi cui la norma fa riferimento possono essere di due differenti tipi:

§      accordi di programma ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs. 267/2000;

§      accordi tra i soggetti istituzionali interessati, ai sensi dell'art. 15 della L. 241/1990.

 


 

Articolo 41-bis, comma 7
(Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo)

 

L’articolo 41-bis reca disposizioni volte a disciplinare l’utilizzo, come sottoprodotti, dei materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti, in deroga a quanto previsto dal D.M. 161/2012.

La disciplina introdotta si applica sia ai piccoli cantieri (per l’espresso richiamo all’art. 266, comma 7, del D.Lgs. 152/2006[21]), sia ai materiali da scavo derivanti da attività ed opere non soggette ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) o a valutazione di impatto ambientale (VIA).

La disciplina dettata dal D.M. 161/2012 si applica quindi solo ai materiali da scavo derivanti da attività ed opere soggette a AIA o VIA (come disposto dall’art. 41, comma 2, del decreto-legge).

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto il comma 7, volto a precisare che la definizione di “materiali da scavo” dettata dall’art. 1, comma 1, lett. b), del D.M. 161/2012, integra, a tutti gli effetti, le corrispondenti disposizioni del D.Lgs. 152/2006.

Si fa notare in proposito che nel testo della parte IV del citato D.lgs. 152/2006 (quella relativa ai rifiuti) non si fa mai riferimento al termine “materiali da scavo”, ma sempre all’espressione “terre e rocce da scavo”.

Secondo la lettera b) del comma 1 dell’art. 1 del D.M. 161/2012, sono materiali da scavo “il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un'opera quali, a titolo esemplificativo: scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.); perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.; opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, ecc.); rimozione e livellamento di opere in terra; materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e marini; residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un'opera e non contenenti sostanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide)”.

La stessa lettera b) dispone altresì che “i materiali da scavo possono contenere, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente Regolamento, anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato”.


 

Articolo 41-quater
(Disciplina dell’utilizzo del pastazzo)

 

L’articolo 41-quater, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede al primo periodo l’emanazione di un decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, volto a consentire la produzione, la commercializzazione e l’uso del pastazzo quale sottoprodotto della lavorazione degli agrumi ad uso agricolo e zootecnico e a non applicare pertanto la disciplina concernente i rifiuti.

Con il termine “pastazzo” si fa riferimento, nel linguaggio comune, al principale residuo del processo di trasformazione degli agrumi, costituito da scorze, porzioni di polpa e semi.

 

Lo stesso articolo disciplina le modalità per l’emanazione del decreto, prevedendo che essa avvenga:

§      d’intesa con i Ministri dello sviluppo economico e delle politiche agricole, alimentari e forestali;

§      entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Il secondo periodo prevede l’emanazione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, di un ulteriore decreto ministeriale, ai sensi dell’art. 184-bis, del D.Lgs. 152/2006, volto a stabilire i criteri qualitativi e quantitativi per l’utilizzo delle sostanze prodotte nel corso della lavorazione degli agrumi, nel medesimo o in altri cicli di produzione.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 184-bis detta le seguenti condizioni alle quali una sostanza o oggetto può essere considerato un sottoprodotto e non un rifiuto:

a)    la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b)    è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c)    la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d)    l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

 

Il comma 2 del medesimo articolo prevede che, sulla base delle condizioni previste al comma 1, il Ministero dell’ambiente possa emanare decreti, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria, per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti.

Si ricorda altresì che sull’utilizzo del pastazzo è da tempo in atto un contenzioso proprio sulla sua qualificazione come rifiuto o come sottoprodotto.

Si segnala in proposito la recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 28764 del 4 luglio 2013) che ha confermato, in sede cautelare, il sequestro preventivo di un'area dove era stata depositata un'importante quantità di pastazzo, disposto dal GUP del Tribunale di Siracusa, in quanto discarica abusiva di rifiuti speciali.

Per la Suprema Corte il Giudice siciliano ha ben applicato il D.Lgs. 152/2006 nell'escludere che il pastazzo potesse costituire un sottoprodotto, vista l'impossibilità di reputare come certo il successivo utilizzo (criterio b) previsto dall’art. 184-bis succitato) sia come mangime per gli animali, data la notevole sproporzione tra il materiale depositato e il numero dei capi di bestiame allevati dall'azienda, sia come ammendante vegetale ai sensi della L. 748/1984, a causa del riscontrato processo di fermentazione della sostanza depositata.

 

Ai sensi del D.Lgs. 360/1999 (recante la disciplina relativa alla circolazione di materie prime per mangimi), il pastazzo può essere utilizzato come materia prima per la preparazione di mangimi, essendo contemplato nell'allegato Il, parte A, capo II, lettera e), punto 5.02, del medesimo decreto.

Un ulteriore utilizzo può essere quello di ammendante ai sensi della L. 748/1984, sostituita dal D.Lgs. 217/2006, a sua volta sostituito dal D.Lgs. 75/2010 recante “Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”.

In una nota indirizzata alle aziende del settore (nota prot. 14843 del 1° marzo 2012), alcune delle quali destinatarie dei provvedimenti di sequestro e interessate direttamente dalla sentenza richiamata, la Regione Sicilia sottolinea che al fine di garantire un impiego certo del sottoprodotto (condizione di cui alla lettera b) dell’art. 184-bis) del D.Lgs. 152/2006), deve essere “verificata la rispondenza agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche, di sicurezza e di settore e deve essere attestata la destinazione del sottoprodotto ad effettivo utilizzo in base a tali standard e norme tramite una dichiarazione del produttore o detentore, controfirmata dal titolare dell'impianto dove avviene l'effettivo utilizzo”.

 

Si fa infine notare che comunque la disciplina prevista dall'articolo in commento non potrà comunque derogare alle condizioni previste dall’art. 5 della direttiva rifiuti 2008/98/CE, per considerare una sostanza come sottoprodotto. Tali condizioni sono, infatti, nella sostanza le medesime dettate dal citato art. 184-bis.


 

Articolo 42, comma 7-bis
(Soppressione del libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi)

 

Il comma 7-bis dell’articolo 42, introdotto nel corso dell’esame al Senato, abroga l’articolo 14 della legge 283/1962[22] recante la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande unitamente all’articolo 37 del D.P.R. 327/1980[23] recante il relativo regolamento di esecuzione. Nello specifico viene abolito l’obbligo per il personale addetto alla preparazione, produzione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari di essere munito di apposito libretto di idoneità sanitaria.

 

L’obbligo del libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi è stato stabilito dalla Legge 283/1962 e dal relativo regolamento d’esecuzione recato dal D.P.R. 327/1980. Il libretto, obbligatorio per il personale addetto alla preparazione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari, è rilasciato dall’autorità sanitaria competente, previa visita medica e accertamenti. Lo stesso personale è tenuto annualmente a visite mediche di controllo e a eventuali speciali misure profilattiche. L’Oms, già nel 1989 (Technical Report Series 785/1989), ha segnalato che gli accertamenti sanitari di routine sugli alimentaristi sono di chiara inefficacia in termini di risultati per la prevenzione e rappresentano uno spreco di risorse umane ed economiche. Il decreto legislativo 155/1997, che ha recepito la Direttiva europea 43/93 sull’igiene dei prodotti alimentari, ha modificato e integrato il quadro legislativo: in particolare rende responsabile il titolare dell’azienda dell’obbligo di informazione e aggiornamento del proprio personale alimentarista. In seguito a questo decreto, molte Regioni e Province autonome hanno modificato la normativa sul libretto sanitario per alimentaristi[24].


 

Articolo 42, comma 7-ter
(Soppressione della certificazione di idoneità fisica per l’esercizio
dell’impresa di revisione dei veicoli)

 

Il comma 7-ter dell’articolo 42, introdotto nel corso dell’esame al Senato sopprime, con disposizioni di rango legislativo, la lettera f) del comma 1 dell’articolo 240 del regolamento di esecuzione del codice della strada (DPR n. 495/1992), la quale prevede che il titolare delle imprese di autoriparazione concessionarie delle attività di revisione dei veicoli debba essere fisicamente idoneo all'esercizio dell'attività in base a certificazione rilasciata dal competente organo sanitario del comune di esercizio dell'attività.

 

Si ricorda che l’articolo 80, comma 8, del codice della strada (decreto legislativo n. 285/1992) prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di assicurare in relazione a particolari e contingenti situazioni operative degli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri, il rispetto dei termini previsti per le revisioni periodiche dei veicoli a motore (individuati con decreto del Ministro) capaci di contenere al massimo 16 persone compreso il conducente, ovvero con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, può per singole province individuate con proprio decreto  affidare  in concessione quinquennale le suddette revisioni ad  imprese  di autoriparazione che svolgono la propria attività nel campo della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista ovvero ad imprese che, esercendo in prevalenza attività di commercio di veicoli, esercitino altresì con carattere strumentale o accessorio, l'attività di autoriparazione.


 

Articolo 42-bis
(Certificazione per l'attività ludico motoria e amatoriale e
l’attività sportiva non agonistica)

 

Il nuovo articolo 42-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, abolisce l’obbligo di certificazione per l’attività ludico motoria e amatoriale previsto dall’articolo 7, comma 11, del decreto legge 158/2012[25] e dal conseguente Decreto del Ministero della salute 24 aprile 2013[26]. Per l'attività sportiva non agonistica rimane l'obbligo di certificazione presso il medico o pediatra di base anche se non sono più obbligatori accertamenti sanitari quali l’elettrocardiogramma. Sono infatti i medici o i pediatri di base a stabilire annualmente, dopo anamnesi e visita, ulteriori accertamenti, se ritenuti necessari.

Si rileva che la normativa vigente in materia è di recentissima approvazione. In particolare il decreto 24 aprile 2013, pubblicato sulla G.U. il 20 luglio 2013, ha definito nel dettaglio le diverse tipologie di attività sportive e la corrispondente certificazione richiesta. Intervenendo in tale ambito, la norma in esame abroga l’obbligo di certificazione per l’attività amatoriale ludico-motoria di cui all’articolo 2 del D.M. 24 aprile 2013, mentre le norme recate dall’articolo 3 dello stesso decreto, che definiscono l’attività sportiva non agonistica e la certificazione per questa richiesta, vengono modificate. A normativa vigente, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del D.M. 24 aprile 2013, è previsto l’obbligo della preventiva misurazione della pressione arteriosa e l’effettuazione di un elettrocardiogramma a riposo, refertato secondo gli standard professionali esistenti. La norma in esame, pur lasciando fermo l’obbligo di certificazione per l’attività sportiva non agonistica, lascia invece al medico di medicina generale o al pediatra la libertà di stabilire la necessità di ulteriori accertamenti. Restano ferme le ulteriori disposizioni in materia di attività di particolare ed elevato impegno cardiovascolare e sull’utilizzo dei defibrillatori.

 

Il decreto legge 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) all’articolo 7, comma 11, prevede, al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un'attività sportiva non agonistica o amatoriale, che il Ministro della salute, con decreto adottato di concerto con il Ministro delegato al turismo ed allo sport, disponga garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l'effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego, da parte delle società sportive sia professionistiche sia dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita.

Il D.M. 24 aprile 2013, che raccoglie le risultanze del gruppo di lavoro in materia, istituito con decreto del Ministro della salute in data 14 febbraio 2013 e del corrispondente gruppo di lavoro del Consiglio superiore di sanità, prevede diversi tipi attività sportiva e reca all’articolo 5 l’obbligo per le società sportive dilettantistiche e professionistiche a dotarsi di defibrillatori semiautomatici, nel rispetto delle modalità indicate dall’Allegato E, Linee guida sulla dotazione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dipositivi salvavita. Di seguito vengono riassunte le disposizioni recate dal decreto per le diverse tipologie di attività.

 

Attività amatoriale

Ai sensi dell’articolo 2 del D.M. 24 aprile 2013, è definita amatoriale, l'attività ludico-motoria, praticata da soggetti non tesserati alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline associate, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, individuale o collettiva, non occasionale, finalizzata al raggiungimento e mantenimento del benessere psico-fisico della persona, non regolamentata da organismi sportivi, ivi compresa l'attività che il soggetto svolge in proprio, al di fuori di rapporti con organizzazioni o soggetti terzi. Sono pertanto esclusi dall’obbligo di certificazione medica: coloro che svolgono attività amatoriale in forma autonoma; coloro che svolgono attività amatoriale, anche in contesti organizzati, in via occasionale, a scopo prevalentemente ricreativo e in modo non ripetitivo; coloro che svolgono un’attività sportiva amatoriale con ridotto impegno cardiovascolare - quali le bocce, escluse le bocce in volo, biliardo, golf, pesca sportiva di superficie, caccia sportiva, sport di tiro, ginnastica per anziani, “gruppi cammino” e attività assimilabili, e chi pratica attività ricreative come ballo o giochi da tavolo o simili.Per tali soggetti, pur nonn sussistendo l’obbligo di certificazione, il comma 6 dell’articolo 2, raccomanda un controllo medico all’avvio dell’attività ludico-motoria, ai fini della valutazione di eentuali fattori di rischio.

Coloro che praticano attività ludico-motoria in contesti organizzati e autorizzati all'esercizio devono sottoporsi a controlli medici periodici ai fini della certificazione attestante l'idoneità all'attività ludico-motoria secondo quanto previsto nell'allegato A che individua tre classi di soggetti:

Classe A: uomini fino ai 55 anni e donne fino ai 65 anni, senza evidenti patologie e fattori di rischio, possono essere visitati da un medico abilitato alla professione e il certificato ha valenza biennale; Classe B: soggetti che riportano almeno due delle seguenti condizioni: età superiore ai 55 anni per gli uomini e ai 65 per le donne con anamnesi nota per almeno due delle seguenti condizioni: ipertensione arteriosa, elevata pressione arteriosa differenziale nell’anziano, l’essere fumatori, ipercolesteloremia, ipertrigliceridemia, glicemia alterata a digiuno o ridotta tolleranza ai carboidrati o diabete di tipo II compensato, obesità addominale, familiarità per patologie cardiovascolari, altri fattori di rischio a giudizio del medico. Per tali soggetti è richiesta una certificazione da parte di un medico di medicina generale, un pediatra o un medico dello sport, i quali dovranno effettuare un elettrocardiogramma a riposo ed eventualmente altri esami necessari secondo il giudizio clinico. Il certificato è rinnovato ogni anno; Classe C: soggetti con patologie croniche conclamate diagnosticate (ad esempio: cardiologiche, pneumologiche, neurologiche, oncologiche in atto, diabetologiche di tipo I o di tipo II scompensate), che i quali devono ricorrere a un medico di medicina generale, un pediatra di libera scelta, un medico dello sport o allo specialista di branca, i quali effettueranno esami e consulenze specifiche e rilasceranno a proprio giudizio un certificato annuale o a valenza anche inferiore all’anno.

Per il caso di attività amatoriale il certificato andrà esibito all’atto di iscrizione o di avvio delle attività all’incaricato della struttura o del luogo dove si svolge l’attività.

 

Attività non agonistica

Il D.M. 24 aprile 2013 abroga, all’articolo 7, il D.M. 28 febbraio 1983, Norme per la tutela sanitaria dell'attività sportiva non agonistica. L'attività agonistica resta regolata dalla legislazione vigente in materia, principalmente dal il D.M. 18 febbraio 1982, Norme per la tutela sanitaria dell'attività sportiva agonistica.

Ai sensi dell’articolo 3, l'attività sportiva non agonistica è quella praticata dagli alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dalle scuole nell’ambito delle attività parascolastiche, dai partecipanti ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale e dalle persone che svolgono attività organizzate dal Coni o da società affiliate alle Federazioni o agli Enti di promozione sportiva (che non siano considerati atleti agonisti). Questi soggetti devono sottoporsi a un controllo medico annuale effettuato da un medico di medicina generale o un pediatra di libera scelta, relativamente ai propri assistiti, oppure da un medico dello sport. La visita dovrà prevedere la misurazione della pressione arteriosa e un elettrocardiogramma a riposo.

 

Attività di particolare ed elevato impegno cardiovascolare

Ai sensi dell’articolo 4, sono previte regole più stringenti per chi partecipa ad attività ad elevato impegno cardiovascolare come manifestazioni podistiche oltre i 20 km o le gran fondo di ciclismo, nuoto o sci: in questo caso verranno effettuati accertamenti supplementari.

 

Defibrillatori

Si ricorda cha la materia è in parte regolata dal D.M. 18 marzo 2011, Determinazione dei criteri e delle modalità di diffusione dei defibrillatori automatici esterni. L’articolo 5 del decreto 24 aprile 2013 prevede che, le società sportive dilettantistiche e quelle sportive professionistiche, devono dotarsi di defibrillatori semiautomatici. Sono escluse le società dilettantistiche che svolgono attività a ridotto impegno cardiocircolatorio. Le società dilettantistiche hanno 30 mesi di tempo per adeguarsi, quelle professionistiche 6 mesi. Gli oneri sono a carico delle società, ma queste possono associarsi se operano nello stesso impianto sportivo, oppure possono accordarsi con i gestori degli impianti perché siano questi a farsene carico. Il decreto ministeriale contiene linee guida dettagliate sulla dotazione e l’utilizzo dei defibrillatori. Dovrà essere presente personale formato e pronto a intervenire e il defibrillatore deve essere facilmente accessibile, adeguatamente segnalato e sempre perfettamente funzionante. I corsi di formazione sono effettuati dai Centri di formazione accreditati dalle singole Regioni.


 

Articolo 44, comma 4-quinquies
(Gestione delle modifiche dei foglietti illustrativi dei farmaci)

 

Il comma 4-quinquies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede, per i casi di modifiche apportate al foglietto illustrativo, una procedura di autorizzazione, da parte dell'AIFA, della vendita al pubblico delle scorte dei medicinali già immesse nel ciclo distributivo. L’autorizzazione viene subordinata alla consegna al cliente, a cura del farmacista, di un foglietto sostitutivo conforme a quello autorizzato. L’intervento legislativo è attuato con l’aggiunta, nel corpo dell’articolo 37 del D.Lgs. 219/2006[27], del comma 2.

Il comma in esame intende fronteggiare il fenomeno del ritiro dei farmaci per modifiche dei foglietti illustrativi, evitando gli oneri e le procedure amministrative a carico di tutti gli operatori coinvolti nella filiera del farmaco, nonché la quasi certa distruzione dei farmaci interessati.

 

Secondo la normativa vigente, qualora intervenga una qualsiasi variazione dell'Autorizzazione all’immissione in Commercio (AIC) di un farmaco, deve essere modificato anche il corrispondente foglietto illustrativo. Conseguentemente, non possono essere più immesse sul mercato confezioni del farmaco aventi un foglio illustrativo non modificato. Le conseguenze della modifica del foglio illustrativo di un farmaco sulla sua circolazione è in parte regolamentata dall’articolo 37 del D.lgs. n. 219/2006 che prevede che nei casi di variazioni minori di tipo IA e IB, definite a norma del Regolamento CE n. 1084/2003, è concesso lo smaltimento delle scorte del medicinale oggetto di modifica salvo che l’AIFA, per motivi di salute pubblica o di trasparenza del mercato, stabilisca un termine per il ritiro dal commercio delle confezioni per le quali è intervenuta la modifica. Nei casi di variazione di tipo II, l’AIFA, quando a ciò non ostano motivi di salute pubblica o di trasparenza del mercato, può concedere un termine per il ritiro dal commercio delle confezioni per le quali è intervenuta la modifica. L’AIFA, sentite le associazioni dell’industria farmaceutica, adotta e rende noti criteri generali per l’applicazione delle disposizioni.

A partire dal maggio 2013, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha reso disponibili dei nuovi applicativi. Nel dettaglio gli strumenti di nuova attivazione sono: Portale Variazioni, Banca Dati degli Stampati (BDS), Portale Stampati. Ai fini della norma ora illustrata, risulta di particolare interesse la Banca Dati Stampati che, consentirà, in ottemperanza alla normativa vigente la pubblicazione, da parte dell’AIFA, della versione più aggiornata degli stampati dei medicinali autorizzati. Sarà pertanto disponibile agli operatori del settore, nonché ai cittadini, un archivio elettronico nel quale saranno presenti, oltre ai riassunti delle caratteristiche del prodotto, anche i fogli illustrativi dei farmaci autorizzati. L’AIFA prevede che i nuovi sistemi informativi saranno operativi alla fine del 2013.


 

Articolo 46, commi 1-bis e 1-quinquies
(EXPO Milano 2015)

 

Il comma 1-bis dell’articolo 46 assegna al Ministero degli affari esteri un contributo di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Tale contributo è destinato alle attività di organizzazione logistica e comunicazioni relative alla partecipazione all’Expo 2015, a sostegno della presentazione delle iniziative della cooperazione italiana particolarmente nell’ambito della sicurezza alimentare. La norma fa esplicito riferimento alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo, nell’ambito della quale il contributo viene erogato.

Nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso il secondo periodo del comma 1-bis, che poneva la copertura del relativo onere finanziario a carico del fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili conferiti dallo Stato ad uno o più fondi immobiliari, di cui all'articolo 1, comma 139, della legge n. 228 del 2012.

La copertura di tale onere è ora posta, nell’ambito dell’articolo 61, lettere b) e d-bis), a valere, quanto a 1,5 milioni per l’anno 2014, sul fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo utilizzando l’accantonamento del Ministero degli affari esteri, e quanto a 1,5 milioni per l’anno 2015 sulle risorse del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (art. 10, co. 5, del D.L. 282/2004).

 

Il Senato ha altresì modificato il comma 1-quinquies, il quale prevede che le azioni indicate nel programma “City Operations” (finalizzato alla realizzazione dell'evento "Expo 2015", approvato con deliberazione della Giunta Comunale di Milano del 15 giugno 2013) finanziate con quota parte del gettito derivante dall'applicazione dell'imposta di soggiorno nel Comune di Milano (fino all’80 per cento del gettito medesimo) e le relative spese, finanziate con le entrate derivanti dall’imposta di soggiorno, non sono sottoposte ai limiti di spesa previsti dall'articolo 6 del D.L. n. 78 del 2010 (che reca misure di riduzione della spesa delle P.A. per studi e consulenze, per pubbliche relazioni, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, per missioni, di formazione, per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché il divieto di spese per sponsorizzazioni) né sono contabilizzate ai fini del rispetto del patto di stabilità interno del Comune di Milano.

La modifica introdotta dal Senato è volta ad escludere tale ultima ipotesi, facendo pertanto rientrare le azioni e le relative spese finanziate con il gettito dell’imposta di soggiorno nei vincoli del Patto di stabilità interno.

Resta confermata l’esclusione di tali spese dai limiti previsti dall'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010.


 

Articolo 46-ter
(Disposizioni in favore dell’Esposizione universale
di Milano del 2015)

 

L’articolo 46-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede ulteriori interventi in favore dell’Esposizione universale di Milano del 2015, che riguardano il possibile coinvolgimento della Consip s.p.a., in qualità di centrale di committenza, la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato da parte delle società in house degli enti locali soci di EXPO s.p.a., la revoca dei finanziamenti statali per opere il cui progetto definitivo non è stato approvato.  

 

In particolare, il comma 1 consente alla società EXPO s.p.a., per lo svolgimento delle attività di propria competenza, di avvalersi di Consip[28] S.p.A., nella sua qualità di centrale di committenza[29], mediante la stipula di un’apposita convenzione, che preveda il rimborso delle relative spese a carico della società EXPO medesima e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 2 consente assunzioni di personale a tempo determinato, necessario per la realizzazione di opere infrastrutturali essenziali e altre opere previste, nonché per la prestazione di servizi e altre attività, tutte strettamente connesse all'evento EXPO Milano 2015, fino alla conclusione delle medesime e comunque con durata non oltre il 31 dicembre 2015, da parte delle società in house[30] degli enti locali soci di EXPO s.p.a.

Sugli affidamenti diretti alle società in house, particolari caratteristiche assumono alcune procedure di affidamento diretto adottate a favore delle società in house degli enti locali soci, quale strumento giuridico autorizzato dalla disciplina specifica dettata per Expo e adottato dalla Società per la realizzazione di particolari progetti e/o servizi. Ai fini della realizzazione delle opere di competenza di EXPO, infatti, l’art. 4, comma 9, del D.P.C.M. 22 ottobre 2008[31] (ora sostituito dall’articolo 5, comma 9, del D.P.C.M. 6 maggio 2013 con il quale all’art. 8 è stato abrogato il D.P.C.M. 22 ottobre 2008), prevede che la Società “ può anche avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti pubblici interessati e può disporre di personale comandato dagli stessi [...]”. In conformità a tale previsione, ed al fine di adottare celermente le procedure a evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori di costruzione del sito espositivo, la Società ha deciso di avvalersi delle competenze, nonché degli uffici tecnici e amministrativi, di Metropolitane Milanesi S.p.A. e di Infrastrutture Lombarde S.p.A[32].

L’art. 5 del D.P.C.M. 6 maggio 2013 ha individuato i soci della società EXPO 2015 s.p.a: il Ministero dell’economia e delle finanze, il comune di Milano, la regione Lombardia, la provincia di Milano e la Camera di commercio di Milano, secondo le quote stabilite dal Ministero dell'economia e delle finanze. Altri enti locali o enti pubblici, secondo le procedure previste dalla normativa vigente sulle società per azioni, possono aderire alla EXPO 2015, previa definizione della rispettiva quota di partecipazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. 

 

Le assunzioni sono effettuate anche in deroga agli specifici vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di personale e nei limiti delle risorse finalizzate alla realizzazione delle opere, fermo restando il conseguimento complessivo dei risparmi di spesa previsti a legislazione vigente. 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 4, commi 9-10 del D.L. 95/2012 ha disposto specifiche limitazioni nelle assunzioni per le società pubbliche che abbiano conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90%, con esclusione di quelle quotate e le loro controllate, nonché misure di contenimento della spesa per il personale dipendente dalle società medesime. In particolare, per tali società è stata disposta l’applicazione delle disposizioni limitative delle assunzioni previste per l’amministrazione pubblica controllante (considerando comunque che per talune amministrazioni, quali enti di ricerca, o per taluni enti territoriali, sussistono differenziazioni rispetto alle misure di contenimento dettate per la generalità della P.A.). Allo stesso tempo continua ad applicarsi l’articolo 18, comma 2, del D.L. 112/2008 (secondo cui le società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità), salva comunque l’applicazione della disposizione più restrittiva in precedenza richiamata. Infine, è stato ridotto il ricorso a rapporti di lavoro di tipo temporaneo, stabilendo che le società in oggetto possano ricorrere a personale a tempo determinato o a contratto solo entro il limite del 50% della spesa sostenuta per tali finalità nell'anno 2009.

 

Il comma 3 reca una disposizione interpretativa dell’articolo 19, comma 2, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Bureau International des Expositions sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione Universale di Milano del 2015, fatto a Roma l'11 luglio 2012, ratificato con la legge n. 3 del 2013.

 

L’articolo 19 dell’Accordo indica le agevolazioni fiscali in favore dell'Organizzatore, cioè della Società «Expo 2015 S.p.A.» che ha il compito, secondo le competenze delineate dalla normativa italiana, di porre in essere interventi infrastrutturali e organizzativi necessari per la realizzazione dell'Expo Milano 2015. In particolare il comma 2 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 (IVA), si applicano anche alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti appaltatori nei confronti dell'Organizzatore.

 

Il quinto comma dell’articolo 17 del D.P.R. n. 633 disciplina il meccanismo della reverse charge (inversione contabile), in base al quale il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi, se soggetto passivo nel territorio dello Stato, è tenuto all'assolvimento dell'imposta in luogo del cedente o prestatore[33].

Previsto originariamente per le operazione del mercato dell’oro e dell’argento, il sesto comma dell’articolo 17 lo ha esteso:

a)    alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;

a-bis) alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;

b)    alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative, nonché dei loro componenti ed accessori;

c)    alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;

d)    alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere.

 

Il settimo comma dell’articolo 17 attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze la facoltà di estendere il meccanismo della reverse charge, mediante propri decreti, a ulteriori tipologie, purché rientranti fra quelle alle quali il predetto meccanismo risulta applicabile in virtù dell'autorizzazione prevista, in via generale, nella normativa comunitaria.

Il decreto del Ministero dell'economia del 10 luglio 2012 (G.U. n. 203 del 31 agosto 2012) ha disposto l’applicazione dell'inversione contabile alle prestazioni edili rese nell'ambito dell'Expo Milano 2015.

 

La disposizione in esame estende, in via interpretativa, le disposizioni di cui all’articolo 17, comma quinto del D.P.R. n. 633 del 1972 (reverse charge), anche alle prestazioni di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria previste al Capo IV, Sezione I (artt. da 90 a 96), del D.Lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).

 

Il comma 4 prevede l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10 per cento (in luogo del 22 per cento) in relazione ai diritti per l’accesso all’Expo 2015 di Milano.

Al riguardo si ricorda che l’articolo 19 dell’Accordo, al comma 3, dispone che, ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, le prestazioni rese dall'Organizzatore per l'accesso all'Expo Milano 2015 non rientrano fra quelle esenti dall’imposta ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 22), del D.P.R. n. 633 del 1972, cioè le prestazioni proprie delle biblioteche, discoteche e simili e quelle inerenti alla visita di musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici e zoologici e simili.

 

Il comma 5 demanda, al fine di garantire la tempestiva realizzazione delle opere dell’EXPO 2015 indispensabili per l’evento, a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la revoca dei finanziamenti statali delle opere connesse all’Evento, già incluse nel D.P.C.M. 22 ottobre 2008, il cui progetto definitivo non è stato approvato dal CIPE alla data di entrata in vigore delle legge di conversione del decreto legge. La revoca dei finanziamenti statali avviene su richiesta del Commissario unico del Governo per l’EXPO[34], sentiti gli enti territoriali interessati, fino alla concorrenza del contributo in conto impianti dovuto dai soci inadempienti. 

Le opere connesse, già elencate in allegato al D.P.C.M. 22 ottobre 2008, sono ora elencate nell’allegato 2 del D.P.C.M. 6 maggio 2013, con il quale all’art. 8 è stato abrogato il D.P.C.M. del 2008. L’allegato 1 reca, invece, il dettaglio degli investimenti per opere infrastrutturali «essenziali» di Expo Milano 2015.

Il monitoraggio sullo stato di avanzamento delle opere “essenziali”, “connesse”,  e “necessarie”  (queste ultime non inserite nel dossier di candidatura di Expo), sui costi, sulle risorse disponibili e sulla loro ripartizione è effettuato dal Tavolo Lombardia (vedi tabelle).


 

Articolo 49, comma 2-bis
(Proroga e differimento di termini in materia di spending review)

 

L’articolo 49 reca norme di proroga o differimento di termini in materia di spending review. L’articolo è stato modificato anche nel corso dell’esame referente alla Camera.

Il comma 2-bis in esame, inserito nel corso dell’esame al Senato, sostituisce il comma corrispondente come inserito alla Camera. Nello specifico il comma 2-bis apporta modificazioni all’articolo 15 del decreto legge 95/2012[35] (c.d. Spending Review). In particolare:

§      la lettera a) modificando l’articolo 15, comma 8, lettera d), del D.L. n. 95/2012, stabilisce che, per il monitoraggio complessivo della spesa sostenuta per l'assistenza farmaceutica ospedaliera invece di fare riferimento ai dati rilevati dai modelli CE, si faccia riferimento ai dati trasmessi nell’ambito del nuovo sistema informativo sanitario ai sensi del decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004, Istituzione, presso l'Agenzia italiana del farmaco, di una banca dati centrale finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo, ovvero ai dati trasmessi dalle aziende farmaceutiche all’NSIS che costituiscono il flusso informativo della tracciabilità del farmaco istituito ai sensi del DM 15 luglio 2004.

La lettera a) riprende letteralmente il contenuto del comma 2-bis come inserito alla Camera.

 

L’articolo 5-bis del D.Lgs. 540/1992[36], prevede l’istituzione presso il Ministero della salute di una Banca dati centrale che, partendo dai dati di produzione e fornitura dei bollini numerati dei prodotti medicinali, raccoglie e registra i movimenti delle singole confezioni. Inoltre, tutti gli attori della filiera (produttori, depositari, grossisti, farmacie aperte al pubblico, centri sanitari autorizzati all’impiego di medicinali, aziende sanitarie locali e smaltitori) sono tenuti ad archiviare e trasmettere a tale Banca dati il codice prodotto ed il numero identificativo (numerazione progressiva del bollino) di ciascun pezzo uscito e la relativa destinazione, mentre coloro che ricevono sono tenuti ad archiviare il codice prodotto ed il numero identificativo di ciascun pezzo ricevuto. Il DM 15 luglio 2004 ha istituito la Banca dati dati per il monitoraggio dei medicinali nel canale distributivo, disciplinata dal decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004 definendone le regole per l’alimentazione, in attuazione del modello teorico definito dalla Legge comunitaria 2001[37]. Il campo di applicazione decreto ministeriale è rappresentato da tutti i prodotti medicinali ad uso umano immessi in commercio in Italia, disciplinati dal D. Lgs. 219/2006 , compresi anche l’ossigeno e gli altri gas medicinali dotati di AIC.

Si rileva che, successivamente, ai fini del monitoraggio dei consumi di medicinali in ambito ospedaliero è stato emanato il Decreto Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali 4 febbraio 2009, Istituzione del flusso informativo per il monitoraggio dei consumi di medicinali in ambito ospedaliero che prevede l’istituzione di una banca dati dedicata a partire dal 1 ottobre 2009 e ne disciplina il flusso informativo di alimentazione. Nell’aprile 2013, il Ministero della salute ha predisposto un documento in materia Monitoraggio dei consumi di medicinali in ambito ospedaliero (DM 4 Febbraio 2009): Linee guida per la predisposizione e la trasmissione dei file al NSIS.

 

§      la lettera b) aggiunge un periodo al comma 14 dell’articolo 15 del decreto legge 95/2012 in materia di riduzioni di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera, fornite da privati accreditati.

 

Il comma 14 stabilisce una riduzione della spesa complessiva annua dello 0,5 per cento per il 2012, dell’1 per cento per il 2013 e del 2 per cento dal 2014, rispetto al valore di spesa consuntivato nel 2011, per l’acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera, fornite da privati accreditati. Per conseguire tale obiettivo, la Regione o la Provincia autonoma applica, a tutti i contratti ed accordi, o agli eventuali atti di programmazione, vigenti nel 2012, una riduzione, in percentuale fissa, del volume delle attività prestate e del relativo importo erogato. La misura di contenimento della spesa si aggiunge alle misure adottate dalle Regioni o dalle Province autonome. La rideterminazione della spesa conseguita nel 2012 costituisce il parametro per la riduzione della spesa sanitaria regionale riguardante gli acquisti delle prestazioni sanitarie presso gli operatori privati accreditati, a partire dall’esercizio 2013.

 

Nello specifico, la lettera b) prevede che, qualora nell’anno 2011 talune strutture private accreditate siano rimaste inoperative a causa di eventi sismici o per effetto di situazioni di insolvenza, la riduzione di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie fornite da privati accreditati, ai sensi dell’articolo 15, comma 14, del decreto legge 95/2012, sia calcolata rispetto a quella consuntivata per l'anno 2011 integrandola con i tetti di spesa fissati nel medesimo anno con gli atti di programmazione regionale per le strutture private accreditate rimaste inoperative a causa di eventi sismici od anche per effetto di situazioni di insolvenza. La regione deve comunque assicurare, adottando misure di contenimento dei costi su altre areee della spesa sanitaria, il rispetto del’obiettivo finanziario previsto.

Al proposito si rinvia all’Ordine del Giorno G10.101 all’A.S. 890 di conversione in legge del decreto legge 76/2013 in materia di interventi occupazione, coesione sociale, IVA e misure finanziarie. L’Ordine del giorno, accolto dal Governo, evidenziava come, a causa del concomitante perdurare degli effetti del terremoto e della inoperatività di alcune strutture private in stato di grave insolvenza, nel corso del 2011 il Servizio Sanitario Regionale Abruzzese non fosse stato in grado di erogare le prestazioni messe a budget, causando in tal modo notevoli disagi ai cittadini della regione, costretti ad una mobilità passiva nelle regioni limitrofe, con probabili aggravi di costo per il SSN. Per tale ragione, impegnava il Governo a valutare l'opportunità, anche in considerazione dei vincoli di bilancio, di assumere iniziative volte a prevedere che la riduzione di spesa di cui al comma 14 dell’articolo 15, fosse calcolata rispetto a quella consuntivata per l'anno 2011 integrandola con i tetti di spesa fissati nel medesimo anno con gli atti di programmazione regionale per le strutture private accreditate rimaste in operative a causa di eventi sismici od anche per effetto di situazioni di insolvenza, ciò al fine di evitare un taglio ben superiore a quello previsto dalle norme sulla spending review.

 

Conseguentemente la rubrica dell’articolo 49 viene sostituita come di seguito “Proroga e differimento termini in materia di spending review e ulteriori disposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario”.


 

Articolo 49-bis
(Misure per il rafforzamento della spending review)

 

L’articolo 49-bis reca una nuova disciplina dell’attività volta alla razionalizzazione della spesa pubblica, che sostituisce – semplificandola e rifondendola in un unico articolo, quello in esame – la disciplina attualmente disposta dagli articoli da 1 a 6 del decreto legge n. 52/2012[38], che vengono conseguentemente abrogati.

In particolare, la nuova disciplina conferma gli organi cui è affidata l’attività di razionalizzazione della spesa pubblica già previsti dal D.L. 52, individuati nel Comitato interministeriale (nel quale peraltro, rispetto alla attuale composizione, viene inserito anche il Ministro dell’interno) ed nel Commissario straordinario, la cui durata, prevista in un solo anno dalla disciplina vigente[39], viene ora estesa a tre anni.

Nel corso dell’esame al Senato è stato modificato il comma 3, relativo alla nomina del Commissario straordinario, specificando che esso debba essere scelto tra persone, oltre che dotate di comprovata esperienza e capacità in materia economica, anche dotate di comprovata capacità di organizzazione amministrativa.


 

Articolo 49-quinquies
(Misure finanziarie urgenti per gli enti locali)

 

L’articolo 49-quinquies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca alcune modifiche agli articoli del Testo unico degli enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che disciplinano la nuova procedura pluriennale di riequilibrio finanziario degli enti locali per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario.

Gli articoli 243-bis, 243-ter e 243-quater del TUEL che ne recano la disciplina sono stati introdotti di recente dall’articolo 3, comma 1, lettera r) del D.L. n. 174/2012[40], al fine di consentire agli enti locali di disporre di uno strumento ordinamentale aggiuntivo rispetto a quelli già disciplinati dal TUEL - per gli enti strutturalmente deficitari e per gli enti in stato di dissesto finanziario - volto ad evitare la dichiarazione di dissesto finanziario dell’ente, sostenendo le politiche autonome di risanamento degli enti medesimi.

 

In particolare, la nuova procedura consente ai comuni e alle province per i quali sussistano, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, condizioni di squilibrio strutturale in grado di provocare il dissesto finanziario, la predisposizione di un piano pluriennale di riequilibrio finanziario, di durata massima di 10 anni, che deve indicare tutte le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio strutturale del bilancio e per assicurare l'integrale ripiano del disavanzo di amministrazione e il finanziamento dei debiti fuori bilancio.

Tale facoltà si configura soltanto nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 del TUEL - che prevedono, tra l’altro, la possibilità di ripianare il disavanzo di amministrazione con l’utilizzo di tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili, e di finanziare debiti fuori bilancio mediante rateizzazione della durata massima di tre anni - non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate. L’articolo 243-bis del TUEL specifica, inoltre, che la procedura non possa essere iniziata qualora la sezione regionale della Corte dei Conti abbia già provveduto, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149, ad assegnare un termine per l'adozione delle misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge n. 266/2005[41].

Il piano è sottoposto a istruttoria da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali e successiva approvazione (o diniego) da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, nonché a un monitoraggio del suo stato di attuazione.

A supporto della procedura si prevede, per tutto il periodo di durata del piano di riequilibrio, la facoltà, per l’ente, di deliberare le aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima consentita, anche in deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legislazione vigente, nonché quella di procedere all'assunzione di mutui per la copertura di debiti fuori bilancio riferiti a spese di investimento, anche in tal caso in deroga ai limiti massimi della capacità di indebitamento previsti dalla legislazione vigente.

Qualora si sia avvalso della facoltà di deliberare le aliquote o tariffe nella misura massima prevista e abbia previsto l’impegno ad alienare i beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i suoi fini istituzionali alla rideterminazione della propria dotazione organica ai sensi dell'articolo 259, comma 6, del TUEL, l’ente può, infine, accedere, ad un apposito Fondo di rotazione, all’uopo istituito. Attraverso tale Fondo, lo Stato può concedere anticipazioni, a valere sulla relativa dotazione, a sostegno del risanamento degli enti locali che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario

 

Le novelle disposte dall’articolo in esame riguardano il comma 5 dell’articolo 243-bis del TUEL, relativo alla delibera del piano di riequilibrio da parte del Consiglio dell’ente.

In particolare, la norma vigente prevede che la delibera del piano da parte del Consiglio dell'ente locale debba avvenire entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di esecutività della precedente delibera consiliare di ricorso alla procedura riequilibrio finanziario pluriennale.

La novella disposta dall’articolo in esame specifica che, in caso di inizio mandato, qualora la delibera del piano di riequilibrio risulti già presentata dalla precedente amministrazione – sia essa ordinaria o commissariale - e non risulti ancora intervenuta la delibera della Corte dei conti di approvazione o di diniego, di cui all'articolo 243-quater, comma 3, sopradescritto, viene data facoltà all'amministrazione in carica di rimodulare il piano di riequilibrio, presentando la relativa delibera nei 60 giorni successivi alla sottoscrizione della relazione di inizio mandato, di cui all'articolo 4-bis, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149[42].

 

Si ricorda, che l’articolo 4-bis del D.Lgs. n. 149/2011 stabilisce, al fine di garantire il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, che le province e i comuni sono tenuti a redigere una relazione di inizio mandato, volta a verificare la situazione finanziaria e patrimoniale e la misura dell'indebitamento dei medesimi enti. La relazione di inizio mandato, predisposta dal responsabile del servizio finanziario o dal segretario generale, è sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco entro il novantesimo giorno dall'inizio del mandato. Sulla base delle risultanze della relazione medesima, il presidente della provincia o il sindaco in carica, ove ne sussistano i presupposti, possono ricorrere alle procedure di riequilibrio finanziario vigenti.

 

Una ulteriore novella riguarda il comma 2 dell’articolo 243-quater, che disciplina la procedura di esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale.

La novella è volta a coordinare il comma 2 dell’articolo 243-quater con la nuova formulazione del comma 1 del medesimo articolo, come sostituito, di recente, dall’articolo 10-ter del D.L. n. 35/2013.

L’articolo 10-ter citato, infatti, ha riformulato il comma 1 dell’articolo 243-quater semplificando la procedura di esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ed in particolare eliminando la sottocommissione nominata appositamente dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (di cui all'articolo 155 del TUEL) per l’esame del piano, affidando lo svolgimento dell’istruttoria sul piano di riequilibrio direttamente alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali.

Conseguentemente, la novella apportata dall’articolo in esame al comma 2 dell’articolo 243-quater intende, pertanto, allinearsi alla nuova modalità di istruttoria, eliminando il riferimento alla sottocommissione e sostituendolo con quello alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, di cui all'articolo 155 del TUEL.


 

Articolo 50
(
Modifiche alla disciplina della responsabilità fiscale negli appalti)

 

L’articolo 50 reca modifiche all’articolo 35, comma 28 del D.L. n. 223/2006 in tema di responsabilità solidale dell’appaltatore. In particolare viene meno la responsabilità solidale dell’appaltatore per il versamento dell’Iva da parte del subappaltatore, mentre rimane per il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente.

 

Si segnala che nel corso dell’esame al Senato è stata ripristinata la formulazione originaria del decreto ed è stata soppressa la disposizione, introdotta nel corso dell’esame alla Camera, che prevedeva l’esclusione della responsabilità solidale con l’acquisizione del Documento unico di regolarità tributaria (DURT) relativo al subappaltatore, attestante l'inesistenza di debiti tributari per imposte, sanzioni o interessi, scaduti e non estinti dal subappaltatore alla data di pagamento del corrispettivo o di parti di esso.

La modifica prevedeva che il rilascio del DURT avvenisse da parte dell’Agenzia delle entrate per via digitale e certificata. A tal fine si assegnava al Direttore dell’Agenzia delle entrate, di intesa con l’INPS, il compito di stabilire le modalità organizzative e attuative. L’avvio del nuovo sistema di rilascio doveva avvenire entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. In attesa della messa a regime delle procedure di fatturazione elettronica, i soggetti iscritti avrebbero dovuto trasmettere per via digitale, con cadenza periodica, i dati contabili e i documenti primari relativi alle retribuzioni erogate, ai contributi versati e alle imposte dovute.

 

La disciplina della responsabilità solidale negli appalti (modificata da ultimo dall’articolo 13-ter del D.L. n. 83 del 2012, il quale ha altresì aggiunto i commi 28-bis e 28-ter), in sintesi, prevede la responsabilità dell'appaltatore e del committente per il versamento all'erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell'imposta sul valore aggiunto (ora eliminata) dovuta dal subappaltatore e dall'appaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del contratto. La responsabilità è esclusa se l'appaltatore/committente acquisisce la documentazione attestante che i versamenti fiscali, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore/appaltatore; tale documentazione può consistere anche nella asseverazione rilasciata da CAF o da professionisti abilitati. Sia l'appaltatore che il committente possono sospendere il pagamento del corrispettivo dovuto al subappaltatore/appaltatore fino all'esibizione della predetta documentazione. L'inosservanza delle modalità di pagamento previste a carico del committente è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti prescritti non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dal subappaltatore. Tale responsabilità, comunque, è limitata all’ipotesi in cui, pur in assenza della presentazione della documentazione, tali versamenti non risultino eseguiti dall’appaltatore o dall’eventuale subappaltatore.

E’ infine prevista l'applicazione delle predette norme ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che operano nell'ambito di attività rilevanti a fini IVA, dai soggetti IRES, dallo Stato e dagli enti pubblici, escludendo le stazioni appaltanti.

L'Agenzia delle entrate con la circolare 2/E del 1° marzo 2013 ha fornito, dopo la precedente circolare n.40/E del 2012, ulteriori chiarimenti sulle problematiche interpretative sorte sull'articolo 13-ter del D.L. n. 83 del 2012. In particolare, per quanto riguarda l'ambito oggettivo di applicazione, è stato escluso che l'articolo 13-ter trovi applicazione soltanto in relazione ai contratti stipulati dagli operatori economici del settore edilizio, avendo invece una portata generale. Non rientrano nel campo applicativo della norma le tipologie contrattuali diverse dal contratto di appalto di opere e servizi (gli appalti di fornitura di beni, il contratto d'opera, il contratto di trasporto, il contratto di subfornitura, le prestazioni rese nell'ambito del rapporto consortile).

Si segnala che Confindustria ha presentato nel marzo 2013 una formale denuncia (complaint) alla Commissione europea per sostenere l'incompatibilità con il diritto comunitario delle regole che riguardano nello specifico la responsabilità solidale dell'appaltatore per quanto riguarda il versamento all'erario dell'Iva dovuta dal subappaltatore. Analoga denuncia è stata presentata dall’Associazione italiana dei dottori commercialisti di Milano.


 

Articolo 52
(Disposizioni per la riscossione mediante ruolo)

 

L’articolo 52, comma 1, modifica e integra la disciplina della riscossione delle imposte contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973, prevedendo una serie di misure finalizzate ad agevolare i contribuenti in difficoltà economica o con momentanea carenza di liquidità.

Nel corso dell’esame al Senato, con una modifica al comma 1, lettera g), è stato individuato un ulteriore limite alla espropriazione immobiliare. Mediante l’inserimento della lettera a-bis) al comma 1 dell’articolo 72 (espropriazione immobiliare) del D.P.R. 602/1973, si prevede che, ferma la facoltà di intervento nella procedura espropriativa iniziata da creditori privati, l'agente della riscossione non dà corso all’espropriazione per uno specifico paniere di beni definiti “beni essenziali” che deve essere individuato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in accordo con l’Agenzia delle entrate e l’ISTAT.

 

Si osserva al riguardo che facendo riferimento a un “paniere di beni” la norma sembra riguardare beni mobili. In tal caso andrebbe riferita non all’articolo 72, ma all’articolo 62 del D.P.R. 602/1973.

 


 

Articolo 54-bis
(Modifiche alla legge 6 novembre 2012, n. 190 in
materia di anticorruzione)

 

L’articolo in esame, interviene sulla disciplina dei poteri consultivi e della pubblicità degli atti della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche - Autorità nazionale anticorruzione (CIVIT) in materia di anticorruzione introdotta dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 (cd. “legge anticorruzione”).

 

Analogamente all’articolo 54-ter (alla cui corrispondente scheda di lettura si fa rinvio), la disposizione è finalizzata a circoscrivere l’ambito di applicazione del potere consultivo della CIVIT i cui pareri sono limitati ai soli atti (direttive, atti di indirizzo, circolari) del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Attualmente tutti gli organi dello Stato e tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono titolati a presentare richieste di parere alla Commissione che ha la facoltà (ma non l’obbligo) di rendere il parere. Una modifica introdotta dal Senato ha reso i pareri divengono comunque obbligatori.

A seguito di una modifica del Senato, l’oggetto dell’attività consultiva non muta rispetto alla disciplina vigente: la CIVIT esprime pareri in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico (il testo della Camera limitava i pareri alle direttive adottate in attuazione della legge anti-corruzione e dei relativi decreti applicativi).

Il Senato ha altresì soppresso le modifiche alla legislazione vigente introdotte dalla Camera relative ai pareri facoltativi espressi dalla CIVIT in materia di autorizzazioni allo svolgimento di incarichi esterni da parte di dirigenti dello Stato e di enti pubblici nazionali, modifiche volte a indirizzare i predetti pareri alla Presidenza del consiglio- Dipartimento della funzione pubblica.

Infine, qualora la Commissione faccia richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, o ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani anticorruzione (di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 1 della legge 190) o dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa o ancora ordini la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati, la Commissione stessa, ed anche le amministrazioni interessate, oltre a darne notizia nei rispettivi siti web, li devono anche comunicare tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica.

 

La CIVIT con comunicato del 26 luglio 2013 ha reso di noto di aver temporaneamente sospeso le proprie decisioni sulle richieste di parere pervenute ai sensi dell’art. 16 comma 3 del D.Lgs. 39/2013 nelle more dell’approvazione definitiva della legge di conversione del decreto in esame (si veda in proposito la scheda relativa all’art. 54-ter).

 

La tabella che segue mette a confronto del disposizioni vigenti con le modifiche introdotte alla Camera e quelle del Senato dall’articolo in esame.

 

Legge 6 novembre 2012, n. 190
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità
nella pubblica amministrazione.

Testo vigente

A.S. 974

A.C. 1248-B

Art. 1
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Identico

Identico

1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Identico

Identico

2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e successive modificazioni, di seguito denominata «Commissione», opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1 del presente articolo. In particolare, la Commissione:

Identico

Identico

a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;

Identico

Identico

b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c);

Identico

Identico

c) analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto;

Identico

Identico

d) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico;

d) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica sulle direttive adottate per assicurare l'uniforme applicazione della presente legge e dei decreti legislativi da questa previsti, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico;

d) esprime parere obbligatorio sugli atti di direttiva e di indirizzo, nonché sulle circolari del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico;

e) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dal comma 42, lettera l), del presente articolo;

e) esprime pareri facoltativi su richiesta della Presidenza del Consiglio - Dipartimento della Funzione pubblica, in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dal comma 42, lettera l), del presente articolo;

Identico al testo vigente

f) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dai commi da 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti;

Identico

Identico

g) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

Identico

Identico

 

2-bis. La Commissione trasmette tempestivamente i pareri di cui al comma 2, lettere d) ed e) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica. Il Ministro della pubblica amministrazione e la semplificazione, tenuto conto dei detti pareri, emana proprie direttive nelle materie di cui al comma 2, lettere d) ed e).

La disposizione introdotta dalla Camera è stata soppressa dal Senato.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dai commi da 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dai commi da 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma e li comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dai commi da 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma e danno tempestiva comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica.

7

Articolo 54-ter
(Modifiche al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di incompatibilità e incandidabilità)

 

L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame alla Camera e modificato dal Senato, interviene sulla disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico recata dal D.Lgs. 39/2013, circoscrivendo il potere consultivo dell’Autorità nazionale anticorruzione – CIVIT e limitando al solo Dipartimento della funzione pubblica l’iniziativa di attivare il procedimento sanzionatorio in caso di violazione alle norme sulla inconferibilità.

In particolare, la disposizione:

§      restringe al solo Dipartimento della funzione pubblica il potere di segnalazione alla CIVIT ai fini della sospensione della procedura di conferimento dell'incarico in caso di violazione delle norme in materia. Attualmente non è precisata la fonte della segnalazione. Resta comunque salva la possibilità per l’Autorità di agire d’ufficio;

§      restringe alle sole direttive e alle circolari ministeriali, concernenti l’interpretazione delle disposizioni del decreto 39 e la loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, l’oggetto dei parere della CIVIT, che - a seguito di una modifica introdotta dal Senato - diventano obbligatori. Attualmente qualunque amministrazione od ente interessato può presentare richiesta di parere. Una norma analoga è contenuta nell’art. 54-bis del presente provvedimento, cui si rinvia.

 

La tabella che segue mette a confronto le disposizioni vigenti con le modifiche introdotte alla Camera e al Senato dall’articolo in esame.

 

D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39
Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190.

Testo vigente

A.S. 974

A.C. 1248-B

Art. 16
Vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione.

Identico

Identico

1. L'Autorità nazionale anticorruzione vigila sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l'esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi.

Identico

Identico

2. L'Autorità nazionale anticorruzione, a seguito di segnalazione o d'ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell'incarico con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull'atto di conferimento dell'incarico, nonché segnalare il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative. L'amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico che intenda procedere al conferimento dell'incarico deve motivare l'atto tenendo conto delle osservazioni dell'Autorità.

2. L'Autorità nazionale anticorruzione, a seguito di segnalazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica o d'ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell'incarico con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull'atto di conferimento dell'incarico, nonché segnalare il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative. L'amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico che intenda procedere al conferimento dell'incarico deve motivare l'atto tenendo conto delle osservazioni dell'Autorità.

Identico A.C. 1248-A

3. L'Autorità nazionale anticorruzione esprime pareri, su richiesta delle amministrazioni e degli enti interessati, sulla interpretazione delle disposizioni del presente decreto e sulla loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.

3. L'Autorità nazionale anticorruzione esprime pareri, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica, sulla interpretazione delle disposizioni del presente decreto e sulla loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. Il Ministro della pubblica amministrazione e la semplificazione, tenuto conto dei pareri espressi dalla Commissione, emana proprie direttive sull'interpretazione delle disposizioni del presente decreto e sulla loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.

3. L'Autorità nazionale anticorruzione esprime pareri obbligatori sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti l’interpretazione delle disposizioni del presente decreto e la loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità degli incarichi e di incompatibilità.

 

Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 aprile 2013, n. 92, attua la delega contenuta nei commi 49 e 50 dell’art. 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (la c.d. legge anticorruzione) in materia di dell’inconferibilità e dell’incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati di diritto pubblico. La norma di delega non prevedeva il parere parlamentare e sullo schema di decreto non è stato richiesto il parere del Consiglio di Stato.

Il decreto legislativo 39/2013 prevede fattispecie di:

§      inconferibilità, cioè di preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, nonché a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico;

§      incompatibilità, da cui consegue l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico.

 

Per il contenuto della norma di delega e del decreto legislativo si può vedere il dossier del Servizio studi della Camera Inconferibilità e incompatibilità di incarichi. Decreto legislativo n. 39 del 2013, Documentazione e ricerche n. 24, 4 giugno 2013, dove sono anche evidenziati alcuni dubbi interpretativi.

E proprio su questo punto interviene la disposizione in esame, modificando l’art. 16, comma 3, del decreto, con una disposizione che incide sia sulla fase di input, in quanto restringe all’ambito ministeriale il potere di rivolgersi all’Autorità per sollecitare pareri interpretativi su propri atti, la seconda nella fase di output, prevedendo che i pareri sono resi ai ministri (in primo luogo si presume quello della pubblica amministrazione) che a loro volta potranno tenerne conto nell’emanazione di direttive interpretative.

In pratica, si intende sollevare l’organo tecnico (l’Autorità) dal ruolo interpretativo che viene spostato all’organo politico (Ministro) previa consultazione dell’organo tecnico.

 

Il decreto legislativo 39 presenta diversi aspetti problematici, alcuni dei quali come si è detto rilevati nel dossier del Servizio studi. Ciò ha provocato la richiesta di numerosi pareri alla CIVIT (circa 100) prevalentemente da parte degli enti locali.

L’Autorità finora ha reso alcuni pareri, in particolare con le delibere n. 46, 47, 48, 57 e 58 del 2013 (consultabili sul sito della CIVIT: www.civit.it).

 

La CIVIT con comunicato del 26 luglio 2013 ha reso di noto di aver temporaneamente sospeso le proprie decisioni sulle richieste di parere pervenute ai sensi dell’art. 16 comma 3 del D.Lgs. 39/2013 nelle more dell’approvazione definitiva della legge di conversione del decreto in esame.

 

Come si legge nel comunicato: “Gli interventi normativi prospettati, infatti, incidono sulle funzioni che sono state attribuite alla CIVIT dalla legge n. 190/2012 e dai decreti delegati; in particolare, con riferimento alla materia dell’inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, assegnano all’Autorità un ruolo meramente consultivo per la emanazione di direttive da parte dell’Esecutivo. La Commissione ha manifestato al Presidente del Consiglio, alla Presidente della Camera dei deputati e ai Presidenti dei gruppi parlamentari la propria profonda preoccupazione per le prospettate modifiche normative che rappresentano un vulnus all’esercizio in autonomia e indipendenza delle funzioni attribuite dalla legge 190/2012, che ha individuato nella CIVIT l’Autorità nazionale anticorruzione, in attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite in materia di lotta alla corruzione e della Convenzione di Strasburgo, proprio in quanto Autorità indipendente”.

 

Si segnala che l’art. 29-ter del presente provvedimento (cui si fa rinvio) interviene, per altri aspetti, sulla disciplina recata dal D.Lgs. 39/2013.


 

Articolo 56-bis
(Semplificazione delle procedure in materia di trasferimenti di immobili agli enti territoriali)

 

L’articolo 56-bis interviene in merito al c.d. “federalismo demaniale”, di cui al decreto legislativo n. 185 del 2010 (attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale), relativamente al trasferimento, a titolo non oneroso, agli enti territoriali di taluni beni dello Stato, mobili e immobili, che non fossero espressamente esclusi dal trasferimento dal decreto legislativo stesso.

In particolare il comma 2 definisce la tempistica per il trasferimento degli immobili non esclusi dal trasferimento:

§      dal 1° settembre 2013 e fino al 30 novembre 2013, i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni che intendono acquisire la proprietà di tali beni presentano all'Agenzia del demanio, con le modalità tecniche da definire a cura dell'Agenzia medesima, una richiesta di attribuzione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente che identifica il bene, ne specifica le finalità di utilizzo e indica le eventuali risorse finanziarie preordinate a tale utilizzo;

§      nei 60 giorni dalla ricezione della richiesta l'Agenzia del demanio, verificata la sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della richiesta, ne comunica l'esito all'ente interessato.

§      in caso di esito positivo si procede al trasferimento con successivo provvedimento dell'Agenzia del demanio;

§      in caso di esito negativo, l'Agenzia comunica all'ente interessato i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta. Entro 30 giorni dalla comunicazione del motivato provvedimento di rigetto, l’ente può presentare nuova richiesta. Il Senato ha specificato che la richiesta di riesame del provvedimento dovrà essere corredata da elementi e documenti idonei a superare i motivi ostativi esposti dall’Agenzia del demanio.

 

Il comma 7 prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provvederà ad una riduzione delle risorse spettanti a qualsiasi titolo alle regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà beni immobili utilizzati a titolo oneroso, in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente al trasferimento dei beni. Il Senato ha integrato la disposizione, prevedendo che qualora non sia possibile l’integrale recupero delle minori entrate per lo Stato in forza della riduzione delle risorse, si procede al recupero da parte dell’Agenzia delle entrate a valere sui tributi spettanti all’ente ovvero, se risultassero non sufficienti, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte dell’ente interessato.

 

Il Senato ha sostituito il comma 10 dell’articolo 56-bis relativamente all’utilizzo delle risorse nette derivanti a ciascun ente territoriale dall'eventuale alienazione degli immobili che a qualunque titolo facessero parte del proprio patrimonio disponibile ovvero dall'eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi immobili fossero stati conferiti.

Il testo, introdotto dalla Camera, rinviava a quanto disposto dall’articolo 9, comma 5, del D.Lgs. n. 85 del 2010: tali risorse nette derivanti sarebbero state acquisite dall’ente territoriale per un ammontare pari al 75 per cento delle stesse, al fine di essere destinate alla riduzione del debito dell’ente e, in assenza del debito o comunque per la eventuale parte restante, a spese di investimento. La quota residua del 25 per cento sarebbe invece stata destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

 

La nuova formulazione licenziata dal Senato specifica che la disciplina prevista dall’articolo 9, comma 5, del D.Lgs. n. 85 del 2010 si applica alle risorse nette derivanti a ciascun ente territoriale dall'eventuale alienazione degli immobili che sono stati trasferiti ai sensi del presente articolo ovvero dalla eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui tali immobili siano conferiti, come già considerato dallo stesso D.Lgs. n. 85 sul federalismo demaniale.

In sostanza viene meno, rispetto al testo approvato dalla Camera, l’obbligo di versare al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato il 25 per cento delle risorse nette derivanti, ad esempio, dall’alienazione di un immobile già facente parte del patrimonio disponibile dell’ente.

 

Tuttavia il Senato ha introdotto un nuovo comma 11 che, in considerazione dell’esigenza prioritaria di riduzione del debito pubblico, destina al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, con le modalità previste dall’articolo 9, comma 5, del D.Lgs. n. 85, il 10 per cento delle risorse nette derivanti dalla alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente.

A titolo esemplificativo, si ricorda quanto previsto dall’articolo 23-ter, comma 1, lettera g), del D.L. n. 95 del 2012, in base al quale la totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione ed alienazione degli immobili di proprietà delle regioni e degli enti locali trasferiti agli appositi fondi comuni d'investimento immobiliare è destinata alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento».

 

L’ultimo periodo del comma 11 ribadisce che per la parte di risorse non destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato si applica quanto disposto dall’articolo 1, comma 443, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), ai sensi del quale i proventi da alienazioni di beni patrimoniali disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito.

 

Si segnala che, con sentenza n. 63 del 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 66, comma 9, secondo periodo, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, nella parte in cui si prevede che gli enti territoriali, in assenza di debito pubblico, o per la parte eventualmente eccedente, debbano destinare le risorse derivanti delle operazioni di dismissione di terreni agricoli al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. La Corte ha sottolineato come la disciplina, non essendo finalizzata ad assicurare l’esigenza del risanamento del debito degli enti territoriali e, quindi, non essendo correlata alla realizzazione del ricordato principio fondamentale, si risolve in una indebita ingerenza nell’autonomia della Regione.


 

Articolo 56-ter
(Piani di azionariato)

 

L’articolo 56-ter, inserito nel corso dell’esame al Senato, sostituendo una precedente versione approvata alla Camera, prevede che entro il 30 settembre 2013 i Ministri dello sviluppo economico, della giustizia, dell’economia e delle finanze e del lavoro presentino al Parlamento una relazione sulla disciplina, sulle esperienze e sulle prospettive dell’azionariato diffuso, ovvero la partecipazione anche azionaria dei dipendenti agli utili dell’impresa.

Lo scopo dichiarato della norma è quello di individuare le opportune misure, anche normative e di incentivazione fiscale, volte a diffondere l’azionariato diffuso in ambito nazionale, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 46 della Costituzione.

L’articolo 46 della Costituzione prevede che «Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende».

Tra le iniziative parlamentari volte a dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione si segnalano quelle risalenti agli anni Novanta (A.C. n. 5744, Alemanno e altri, della XIII legislatura), quelle della XIV legislatura (A.C. n. 2023, Cirielli ed altri; A.C. n. 4039,Delbono e altri), quella XV legislatura (A.S. n. 1177, Treu, Adragna e altri) e quella della XVI (A.S. n. 1531 Adragna e altri).

La materia della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese è regolata anche dal diritto dell’Unione europea, che, a grandi linee, comprende:

§      il regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che istituisce lo statuto della Società europea (SE) e la direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che prevede il coinvolgimento dei lavoratori alle decisioni societarie a livello di vigilanza e di sviluppo delle strategie di impresa (ma non di gestione corrente, che resta di competenza della direzione aziendale);

§      la direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce il sistema dell’informazione e della consultazione dei lavoratori;

§      la raccomandazione n. 92/443/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1992, concernente la promozione della partecipazione dei lavoratori subordinati ai profitti e ai risultati dell’impresa;

§      la direttiva 2003/72/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, che accompagna il regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, istitutivo della Società cooperativa europea.

Da ricordare inoltre la direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, relativa all’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, direttiva trasfusa nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74.

Per completezza di riferimenti normativi occorre ricordare che il codice civile già prevede (articolo 2349) speciali categorie di azioni da assegnare ai lavoratori, con esclusione del diritto di opzione dei soci (articolo 2441, quarto comma). L’azionariato dei lavoratori viene sostenuto da apposite esenzioni fiscali e contributive entro limiti fissati dalla legge e purché le azioni non siano cedute o ritrasferite per almeno tre anni (articolo 51, comma 2, lett. g), del D.P.R. n. 917 del 1986 – TUIR).

 

I piani di azionariato diffuso prevedono l’acquisto a un prezzo vantaggioso rispetto al valore di mercato da parte dei dipendenti di una società delle azioni della società in cui lavorano o di sue controllate. In sostanza si tratta di una forma di retribuzione e incentivazione che le aziende utilizzano come strumento di fidelizzazione per i propri dipendenti, rendendoli partecipi del rischio d'impresa e, contemporaneamente, cercando di stimolarne l'impegno professionale e la produttività in modo da generare valore a beneficio di tutti. Quando i dipendenti ricevono le azioni a titolo gratuito, si parla di piano di stock grant.

 

Si segnala che la precedente formulazione dell’articolo 56-ter, inserita nel corso dell’esame alla Camera, prevedeva l’esonero dal pagamento del bollo sulle comunicazioni alla clientela relative ai prodotti e agli strumenti finanziari, a decorrere dall’anno 2014, per i piani di partecipazione, anche azionaria, dei dipendenti agli utili di impresa nel settore del commercio e della distribuzione, qualora fossero stati costituiti prima del 7 dicembre 2011.

 


 

Articolo 56-quater
(Diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede nei
servizi di investimento)

 

L’articolo 56-quater, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modificando l’articolo 30, comma 6 del TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998) estende la disciplina del diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede a determinati servizi di investimento, tra i quali la negoziazione in proprio per i contratti sottoscritti dal 1° settembre 2013.

 

La norma inserisce dopo il secondo periodo del comma 6 dell’articolo 30 del TUF una disposizione di interpretazione autentica che considera già applicabile la prima parte del comma 6 (diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede) ai servizi di investimento di cui all’articolo 1, comma 5, lettere c), c-bis) e d).

Si rammenta che i primi due periodi del comma 6 prevedono che l'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede sia sospesa per sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore.

Il comma 5 dell’articolo 1 del TUF definisce "servizi e attività di investimento", quando hanno per oggetto strumenti finanziari, anche:

§      la sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente (lettera c));

§      il collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente (lettera c-bis));

il servizio di sottoscrizione e/o collocamento consiste nella distribuzione di strumenti finanziari, nell’ambito di un’offerta standardizzata, sulla base di un accordo con l’emittente (o offerente). Il collocamento, o la sottoscrizione, possono avvenire "con" o "senza" assunzione a fermo o assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente. Nel caso di collocamento "senza", l’intermediario assume solo l’obbligo di ricercare presso il pubblico i soggetti interessati alla sottoscrizione o all’acquisto degli strumenti finanziari da collocare; il rischio di un insuccesso nel collocamento grava solo sull’emittente. Nel caso in cui l’intermediario sottoscriva o acquisti egli stesso preventivamente i titoli, o comunque presti una garanzia per la riuscita dell’operazione, assume su di sé il rischio del buon esito dell’operazione

§      la gestione di portafogli (lettera d));

attraverso il servizio di gestione di portafogli l’intermediario impiega in tutto o in parte il patrimonio del cliente in strumenti finanziari. L’intermediario decide quali strumenti finanziari compongono il portafoglio al fine di valorizzarlo, provvedendo anche a tutte le operazioni necessarie per acquistarli o venderli. Il cliente può ordinare di acquistare o vendere determinati titoli. Prima di prestare il servizio, l’intermediario deve valutare che il servizio offerto (o richiesto) sia adeguato per il cliente e cioè che, sulla base delle informazioni acquisite dal cliente stesso, corrisponda ai suoi obiettivi di investimento senza esporlo a rischi da lui non sopportabili o non comprensibili.

 

A decorrere dal 1° settembre 2013 la suddetta facoltà di recesso è attribuita anche nei casi che il comma 5 dell’articolo 1 definisce negoziazione per conto proprio (lettera a)).

La negoziazione per conto proprio è l’attività con cui l’intermediario, su ordine del cliente, gli vende strumenti finanziari di sua proprietà ovvero li acquista direttamente dal cliente stesso. Nell’attività di negoziazione per conto proprio l’intermediario:

§      impegna "posizioni proprie" e cioè soddisfa le esigenze di investimento o di disinvestimento della clientela con strumenti finanziari già presenti nel proprio portafoglio;

§      entra nel contratto di compravendita come controparte diretta dei clienti;

§      esegue gli ordini dei clienti.


 

Articolo 56-quinquies
(Altri soggetti operanti nell'attività di concessione di finanziamenti)

 

L’articolo 56- quinquies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, attraverso una novella all’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 141 del 2010, modifica il comma 7 dell’articolo 112 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia).

 

Il D.Lgs. n. 141 del 2010, oltre a dare attuazione alla direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha modificato il testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. In particolare il D.Lgs. 141 del 2010 ha unificato la disciplina degli intermediari finanziari, ovvero di quei soggetti che esercitano nei confronti del pubblico l'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma. Si è passati in sostanza da un sistema in cui la vigilanza in capo a tali soggetti era graduata in base alle dimensioni operative degli stessi - con iscrizione in due elenchi separati, ex articoli 106 e 107 del TUB - alla riconduzione ad unum della disciplina di tutti gli intermediari, assoggettati complessivamente ad autorizzazione preventiva da parte di Banca d'Italia, con forme di vigilanza equivalente e con iscrizione in un unico albo.

È prevista pertanto l’istituzione dell’albo unico degli intermediari finanziari che esercitano nei confronti del pubblico l’attività di concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma, la cui tenuta è affidata alla Banca d’Italia (articolo 106 del TUB). Nell’albo unico si devono iscrivere anche i confidi di maggiori dimensioni e le agenzie di prestito su pegno, mentre è prevista l’iscrizione in una sezione separata del medesimo albo delle società fiduciarie controllate da una banca o aventi un capitale versato non inferiore al doppio di quello previsto dal codice civile per le società per azioni (art. 199 del TUF).

L’articolo 112 interviene in merito agli altri soggetti (diversi dagli intermediari finanziari) operanti nell'attività di concessione di finanziamenti. Il comma 7 dell’articolo 112 (come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 169 del 2012) stabilisce che i soggetti diversi dalle banche, già operanti alla data di entrata in vigore della presente disposizione i quali, senza fine di lucro, raccolgono tradizionalmente in ambito locale somme di modesto ammontare ed erogano piccoli prestiti (c.d. “casse peota”) possono continuare a svolgere la propria attività, in considerazione del carattere marginale della stessa, nel rispetto delle modalità operative e dei limiti quantitativi determinati dal CICR, essendo eliminato l’obbligo di iscriversi in una apposita sezione dell’elenco degli esercenti il microcredito. Possono inoltre continuare a svolgere la propria attività, senza obbligo di iscrizione nell'albo di cui all'articolo 106, gli enti e le società cooperative costituiti entro il 1° gennaio 1993 tra i dipendenti di una medesima amministrazione pubblica, già iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del D.Lgs. n. 358 del 1993 vigente alla data del 4 settembre 2010, ove si verifichino le condizioni di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro del tesoro del 29 marzo 1995.

 

L’articolo 56-quinquies inserisce, all’articolo 112, comma 7 del TUB, un capoverso, disponendo che, in attesa di un riordino complessivo degli strumenti di intermediazione finanziaria, e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, possono continuare a svolgere la propria attività, senza obbligo di iscrizione nell’albo di cui all’articolo 106 (albo intermediari) del TUB, le società cooperative previste dal capo I (articolo 2511 e seguenti) del titolo VI del libro V del codice civile, esistenti alla data del 1° gennaio 1996 e le cui azioni non siano negoziate in mercati regolamentari, che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma esclusivamente ai propri soci, a condizione che non raccolgano risparmio sotto qualsiasi forma tecnica, il volume complessivo dei finanziamenti a favore dei soci non sia superiore a 15 milioni di euro, l’importo unitario del finanziamento sia di ammontare non superiore a 20.000 euro e i finanziamenti siano concessi a condizioni più favorevoli di quelli presenti sul mercato.


 

Articolo 57-bis
(Personale scolastico collocato fuori ruolo per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica)

 

L’articolo 57-bis, introdotto durante l’esame alla Camera, fa salvi i provvedimenti di collocamento fuori ruolo per compiti connessi con l’autonomia scolastica adottati per l’a.s. 2013/2014 sulla base delle disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità 2013.

Al Senato è stato specificato che l’autorizzazione di spesa prevista costituisce un limite massimo di spesa ed è stato ridotto l’importo per il 2014.

 

In particolare, il comma 1, novellando l’art. 1, co. 58, della L. 228/2012 (L. di stabilità 2013) – che, in relazione alla riduzione dei contingenti di collocamenti fuori ruolo disposti dal comma 57 aveva fatto salvi i provvedimenti già adottati per l’a.s. 2012/2013 sulla base del testo dell'art. 26, co. 8, della L. 448/1998 vigente prima della data della sua entrata in vigore - fa salvi anche quelli adottati per l’a.s. 2013/2014, ma limitatamente a quelli disposti per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica (e non anche, dunque, per quelli disposti per le associazioni professionali del personale direttivo e docente e per gli enti cooperativi da esse promossi, nonché per gli enti che operano nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica).

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 26, co. 8, della L. 448/1998, nel testo come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 57, della L. 228/2012 dispone, al primo periodo, che il contingente di docenti e dirigenti scolastici di cui l’amministrazione scolastica centrale e periferica può avvalersi per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica è di 150 unità. Prima di tale, ultima, modifica, il contingente era di 300 unità, ai sensi dall’art. 4, co. 68, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011).

 

Si ricorda, altresì, che, a seguito di quanto disposto dalla L. 228/2012, il MIUR, con Nota prot.n. 2980 del 25 marzo 2013 aveva comunicato che tutte le posizioni di comando in essere sarebbero cessate a decorrere dal 31 agosto 2013 e che, a partire dall’a.s. 2013/2014, il personale comandato doveva riprendere servizio nella propria sede di titolarità oppure, nel caso di collocamenti fuori ruolo per periodi superiori a 5 anni, presso la sede determinata in accordo con l’U.S.R. competente, fatta salva la possibilità di partecipare alla nuova procedura di selezione indetta dai Dipartimenti e dalle Direzioni generali dell’Amministrazione centrale e periferica e di collocarsi in posizione utile all’ottenimento del rinnovo del comando.

 

Il comma 2, come modificato al Senato, dispone che per l’attuazione del comma 1 è autorizzata una spesa nel limite massimo di 1,1 milioni di euro per il 2013 e 2,2 milioni di euro per il 2014 (invece che 2,6 previsti nel testo approvato dalla Camera), al cui onere si provvede:

§      per il 2013, mediante corrispondente riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente iscritti, nell’ambito delle spese rimodulabili, nel Programma Iniziative per lo sviluppo del sistema di istruzione scolastica e per il diritto allo studio della Missione Istruzione scolastica dello stato di previsione del MIUR;

§      per il 2014, mediante utilizzo dei risparmi di spesa di cui all’art. 58, co. 5 (alla cui scheda si rinvia).


 

Articolo 58, comma 3-bis
(Spesa per missioni di università e enti di ricerca)

 

Il comma 3-bis dell’articolo 58, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni volte ad escludere la spesa per missioni effettuata dalle università e dagli enti di ricerca finanziata con risorse derivanti da finanziamenti di soggetti pubblici, espressamente destinati ad attività di ricerca, dalle misure di contenimento di tale tipologia di spesa, introdotte per le pubbliche amministrazioni, a decorrere dal 2011, dal comma 12 dell’articolo 6 del D.L. n. 78/2010[43], che viene, a tal fine, novellato.

Nell’ambito delle numerose misure di contenimento recate dall’articolo 6 del D.L. n. 78/2010 - finalizzate alla riduzione delle spese sostenute dalle pubbliche amministrazioni appartenenti al conto economico consolidato della P.A.[44], incluse le autorità indipendenti[45] - il comma 12 dispone, in particolare, limiti alle spese per missioni, anche all’estero, delle pubbliche amministrazioni.

Più in dettaglio, il comma 12 sancisce, a decorrere dal 2011, il divieto di effettuare spese per missioni per un ammontare superiore al 50% della spesa sostenuta nel 2009.

La violazione del limite costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. La norma dispone che il limite di spesa può essere superato soltanto in casi eccezionali, previa adozione di un provvedimento motivato adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell'ente.

Sono escluse dalla riduzione:

§       le missioni internazionali di pace e delle Forze armate;

§       le missioni delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco;

§       le missioni del personale di magistratura;

§       le missioni strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonché con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico;

§       la spesa effettuata per lo svolgimento di compiti ispettivi;

§       la spesa effettuata dalle università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell'Unione europea ovvero di soggetti privati.

Si segnala che l’articolo 46 del decreto legge in esame (cfr. la relativa scheda di lettura) esclude, altresì, dall’applicazione dei vigenti limiti di spesa per missioni - nonché dei limiti fissati per le spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza - in via straordinaria, fino al 31 dicembre 2015, le spese effettuate dagli enti locali coinvolti nell’organizzazione del grande evento EXPO Milano 2015.

 


 

Articolo 59
(Piano nazionale per il sostegno al merito e alla mobilità degli studenti universitari meritevoli e privi di mezzi)

 

L’articolo 59 - che nel testo approvato dalla Camera riguardava le borse per la mobilità degli studenti universitari - è stato modificato durante l’esame al Senato includendo, in particolare, la previsione di un Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci e meritevoli e privi di mezzi e modificando, conseguentemente, la rubrica (nella quale, tuttavia, il riferimento specifico agli studenti “universitari” non è presente).

Conseguentemente, è stato soppresso l’articolo 59-bis - inserito durante l’esame alla Camera - che istituiva un Programma nazionale per il sostegno degli studenti capaci e meritevoli.

 

Per quanto concerne il comma 1, il Senato ha eliminato la locuzione “nelle more della revisione del sistema del diritto allo studio universitario” che, come osservato nel dossier del Servizio Studi n. 36/2 del 23 luglio 2013, non appariva chiaro in relazione al fatto che la delega a tal fine conferita dall’art. 5 della L. 240/2010 è stata esercitata con il d.lgs. 68/2012.

Inoltre, ha introdotto una specifica con riferimento alla regione di residenza.

Pertanto, il comma 1, come modificato, dispone che, al fine di promuovere l’eccellenza e il merito degli studenti universitari, nonché di incentivarne la mobilità, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto il MIUR emana un bando per l’erogazione di borse per la mobilità a favore di studenti meritevoli (v. infra) che, per l’a.a. 2013/2014, intendano iscriversi a corsi di laurea o a corsi di laurea magistrale a ciclo unico presso università statali o non statali italiane - con esclusione delle università telematiche - che hanno sede in regione diversa da quella di residenza “degli studenti stessi e delle famiglie di origine” (espressione presente anche nel comma 4, come modificato al Senato).

In base alla formulazione letterale, dunque, la disposizione può applicarsi solo agli studenti per i quali la residenza coincida con quella della famiglia di origine.

Al riguardo, sembrerebbe opportuno un chiarimento, anche in considerazione del fatto che il comma 2 fa riferimento, invece, alla “residenza dello studente”.

Inoltre, ricordato che la potestà legislativa in materia di diritto allo studio universitario spetta esclusivamente alle regioni, occorre valutare la necessità di un coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni ai fini della redazione del bando (più ampiamente, si veda quanto osservato, al riguardo, nel dossier del Servizio Studi n. 36 del 1 luglio 2013, in relazione al coinvolgimento di tale organo previsto dal testo dell’art. 59 del D.L.).

Per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico, cui si accede con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore, si vedano l’art. 6, co. 3, del DM 270/2004, il DM 249/2010 e il DM 2 marzo 2011.

 

In base al comma 3, non modificato al Senato, l’ammissione al beneficio è disposta sulla base di criteri di merito ed economici, identici a quelli già previsti dal decreto-legge.

Con riferimento al criterio di merito, è richiesto il possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado conseguito in Italia nell’a.s. 2012/2013, con votazione almeno pari a 95/100. Valori superiori, come si vedrà infra, rilevano ai fini della graduatoria di ammissione al beneficio.

Le condizioni economiche dello studente sono individuate sulla base dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

 

Il comma 2, non modificato al Senato, dispone che il bando definisce l’importo delle borse di mobilità – eventualmente differenziato in base alla distanza fra residenza dello studente (v. ante) e sede dell’università prescelta –, le modalità per la presentazione telematica delle domande e i criteri per la formulazione di una graduatoria nazionale, che, in base al comma 4, è formata dai soggetti in possesso dei requisiti indicati al comma 3, fino ad esaurimento delle risorse.

Sempre il comma 4 dispone che, ai fini della formazione della graduatoria nazionale, in caso di parità di punteggio prevale il candidato che presenta il valore più basso relativamente alla condizione economica, quindi quello che ha conseguito il voto più alto nel diploma.

Infine, lo stesso comma 4 dispone – a seguito delle modifiche intervenute al Senato - che la comunicazione della graduatoria e l’assegnazione delle borse è effettuata dal MIUR entro 45 giorni dalla data del bando (e non più, come nel testo approvato alla Camera, entro il 3 settembre 2013) e, comunque, non oltre il 30 settembre 2013. L’assegnazione diventa efficace all’atto dell’effettiva immatricolazione dello studente, momento nel quale, ai sensi del comma 7 - non modificato al Senato -, il MIUR assegna le risorse all’università di riferimento, che provvede alla conseguente erogazione.

 

Il mantenimento del diritto alla corresponsione della borsa di studio per gli anni accademici successivi al primo è subordinato, in base al comma 5, non modificato al Senato, oltre che alla permanenza del requisito della residenza fuori sede, esclusivamente a requisiti di merito. In particolare, occorre aver acquisito almeno il 90 per cento dei crediti formativi universitari previsti dal piano di studi per l’anno di riferimento, aver riportato negli esami una media pari almeno a 28/30 e nessun voto inferiore a 26/30.

In ogni caso, è necessario presentare ogni anno una apposita domanda.

 

Il comma 6, non modificato al Senato, dispone che le borse di mobilità sono cumulabili con le borse di studio assegnate ai sensi del d.lgs. 68/2012.

 

Il comma 8, non modificato al Senato, reca un’autorizzazione di spesa (sostitutiva di quella prevista dal comma 1 del testo dell’articolo 59 del D.L., di pari importo, ma da iscrivere sul FFO) per 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, e per 7 milioni di euro per l’anno 2015, da iscrivere sul Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti (che, tuttavia, in base all’art. 60, co. 1, del D.L. - alla cui scheda si rinvia - confluisce, a decorrere dal 2014, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali e nel contributo statale per le università non statali legalmente riconosciute).

Occorrerebbe, dunque, coordinare tale previsione con quella recata dall’art. 60, co. 1, del D.L.

 

Il comma 9, non modificato al Senato, dispone il mantenimento in bilancio, nel conto dei residui, delle risorse già impegnate negli anni 2011 e 2012 e non ancora pagate finalizzate a interventi del Fondo per il merito - istituito dall’art. 4 della L. 240/2010 (il cui decreto attuativo, come evidenzia anche la relazione tecnica, non è stato adottato) e destinato alla promozione dell’eccellenza e del merito fra gli studenti universitari dei corsi di laurea e di laurea magistrale, per la cui gestione l’art. 9, co. 3-14, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) ha istituito la Fondazione per il merito – ai fini del loro versamento all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Le suddette somme, indicate nel limite di 17 milioni di euro, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato nella misura di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 7 milioni per l’anno 2015.

 

L’art. 9, co. 15, del D.L. 70/2011 ha autorizzato per il 2011 la spesa di 9 milioni di euro a favore del Fondo per il merito e di 1 milione di euro per la costituzione del fondo di dotazione della Fondazione per il merito, nonché di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2012 a favore della stessa Fondazione.

Dal DM 16 aprile 2012, n. 71, recante i criteri di ripartizione del FFO per il 2012, sono stati altresì destinati a sostegno del Fondo 9 milioni di euro, nell’ambito degli interventi a favore degli studenti.

Il Governo, intervenendo nella seduta delle Commissioni riunite I e V dell’8 luglio 2013 in risposta ai chiarimenti dalle stesse richiesti, ha confermato che si fa riferimento proprio a queste risorse.

 

Alla compensazione degli effetti finanziari dall’anno 2014, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, derivanti dalla rifinalizzazione delle somme destinate al Fondo, si provvede a valere su quota parte delle risorse che si rendono disponibili ai sensi dell’articolo 58, per effetto della riduzione degli stanziamenti destinati alle convenzioni per i servizi esternalizzati.

 

Il comma 10, non modificato al Senato, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 11, introdotto al Senato, dispone che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è adottato un Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci e meritevoli e privi di mezzi.

Il Piano definisce la tipologia degli interventi e i criteri di individuazione dei beneficiari, è triennale, e può essere aggiornato annualmente, anche in relazione alle risorse disponibili, che sono determinate ogni anno con la legge di stabilità.

Non è previsto un termine per la prima emanazione del Piano, ma si intenderebbe che lo stesso possa rappresentare una sorta di continuazione dell’intervento disposto per il 2014 con i commi 1-10.


 

Articolo 59-bis
(Programma nazionale per il sostegno degli
studenti capaci e meritevoli)
soppresso

 

L’articolo 59-bis, inserito durante l’esame alla Camera, è stato soppresso al Senato, in connessione con l’inserimento, nell’art. 59, del comma 10-bis.

L’articolo soppresso prevedeva l’istituzione, a decorrere dal 2014, di un Programma nazionale di sostegno allo studio degli studenti capaci e meritevoli, finalizzato, in particolare, alla concessione di borse di studio in favore degli studenti che frequentano l’ultimo anno della scuola secondaria, di un corso di laurea o di un corso di laurea magistrale, per l’iscrizione e la frequenza, relative, rispettivamente, a un corso di laurea, a un corso di laurea magistrale e a un corso di dottorato di ricerca.

Il programma doveva essere adottato con un decreto ministeriale, doveva essere realizzato attraverso la Fondazione per il merito istituita dall’art. 9 del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) e doveva essere finanziato utilizzando il 20% della “quota premiale” del Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO), destinata dall’art. 2 del D.L. 180/2008 all’incremento qualitativo delle università statali, sulla quale è intervenuto il co. 01 dell’art. 60, introdotto sempre durante l’esame alla Camera.


 

Articolo 60
(Sistema di finanziamento delle università e dell’ANVUR e procedure di valutazione delle attività amministrative delle università e
degli enti di ricerca)

 

L’articolo 60 è stato modificato durante l’esame al Senato nella parte relativa all’incremento della quota di finanziamento premiale delle università a valere sul Fondo di finanziamento ordinario (FFO) - che era stata introdotta durante l’esame alla Camera - scaglionando lo stesso incremento.

Non hanno subito modifiche le ulteriori disposizioni che prevedono che:

§      a decorrere dal 2014, nel FFO e nel contributo alle università non statali legalmente riconosciute confluiscono le risorse attualmente destinate alla programmazione dello sviluppo del sistema universitario, alle borse di studio post laurea, nonché al Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti;

§      il sistema di valutazione delle attività amministrative delle università e di 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR è svolto dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR);

§      all’ANVUR sono attribuite ulteriori risorse e sono apportate modifiche al suo regolamento di organizzazione (DPR 76/2010).

 

Il comma 01, come modificato dal Senato, dispone che la quota del FFO destinata, ai sensi dell’art. 2 del D.L. 180/2008 (L. 1/2009), alla promozione e al sostegno dell’incremento qualitativo delle attività delle università statali e al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse, è determinata in misura non inferiore al 16% per il 2014, al 18% per il 2015 e al 20% per il 2016, con successivi incrementi annuali non inferiori al 2% e fino ad un massimo del 30%.

Il testo approvato dalla Camera prevedeva, invece, che la quota premiale, a partire dal 2014, fosse determinata in misura non inferiore al 20%, con incrementi annuali non inferiori all’1% e fino ad un massimo del 30%.

Si modificano, dunque, implicitamente, le disposizioni recate dai commi 1 e 1-bis dell’art. 2 citato, in base ai quali gli incrementi annuali della originaria quota del 7% del FFO destinata al finanziamento premiale sono disposti in misura compresa tra lo 0,5% e il 2%.

 

Con riferimento ai criteri di ripartizione, il comma dispone che almeno tre quinti della quota premiale sono ripartiti tra le università sulla base dei risultati conseguiti nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR) e un quinto sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento, effettuate ogni 5 anni dall’ANVUR.

In tal caso, si modifica, anzitutto, il meccanismo di individuazione delle modalità di ripartizione delle risorse definito dal comma 2 dell’art. 2 del D.L. 180/2008 – che ha previsto l’intervento di un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (nei fatti, tale ripartizione è stata, poi, operata con il decreto con cui annualmente è ripartito il FFO: per il 2012, si veda l’all. 1 del DM 71/2012) – procedendo a tale individuazione con la norma primaria.

Sembrerebbe, inoltre, che si intervenga sui parametri di riferimento per la ripartizione come definiti dal già citato co. 1 dell’art. 2 del D.L. 180/2008.

Si ricorda infatti, che il co. 1 dell’art. 2 del D.L. 180/2008 dispone che la quota premiale è ripartita prendendo in considerazione: la qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi; la qualità della ricerca scientifica; la qualità, l'efficacia e l'efficienza delle sedi didattiche. A questo riguardo, sono presi in considerazione i parametri relativi all'incidenza del costo del personale sulle risorse complessivamente disponibili, nonché il numero e l'entità dei progetti di ricerca di rilievo nazionale ed internazionale assegnati all'ateneo.

Sul punto, sarebbe auspicabile un chiarimento.

Al riguardo, si rammenta, peraltro, che l'art. 5, co. 1, lett. c), e 5, della L. 240/2010 – in attuazione del quale è stato emanato il d.lgs. 49/2012 (v. infra) – ha previsto l'attribuzione di una quota non superiore al 10% del FFO correlata alla valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, da effettuare in base a meccanismi elaborati dall’ANVUR.

Ulteriori novità sembrerebbero essere costituite dalla previsione di un intervento quinquennale della VQR e della valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei e dall’affidamento esplicito di quest’ultima all’ANVUR.

Si ricorda, infatti, che l’introduzione di un sistema di valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei è stata operata dall’art. 9 del d.lgs. 49/2012, - secondo quanto disposto dall’art. 5, co. 1, lett. c), e 5, della L. 240/2010 – che, tuttavia, non ha definito né la cadenza temporale, né il soggetto al quale la stessa è affidata. Peraltro, in attesa del completamento della disciplina (in particolare, l’art. 9 prevede che la ponderazione dei criteri e la definizione dei parametri per la valutazione è stabilita con decreto di natura non regolamentare emanato dal MIUR, sentita l’ANVUR), continuano ad applicarsi, ai sensi dell’art. 29, co. 14, della L. 240/2010 le disposizioni vigenti, recate dal DM 345/2011.

 

Per quanto concerne la valutazione della qualità della ricerca, il 16 luglio 2013 è stato pubblicato il rapporto sulla VQR 2004-2010.

Da ultimo, il comma 01 dispone che l’applicazione delle previsioni da esso recate non può determinare la riduzione della quota del FFO spettante a ciascuna università, per ciascun anno, in misura maggiore del 5% rispetto all’anno precedente.

Per il commento degli altri commi dell’art. 60 si rinvia al dossier del Servizio Studi n. 36/2 del 23 luglio 2013.


 

Articolo 61
(Copertura finanziaria)

 

L’articolo 61, come modificato nel corso dell’esame al Senato, provvede in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti da alcuni articoli del provvedimento, quantificati complessivamente pari a 41,1 milioni di euro per l’anno 2013, 104,7 milioni di euro per l’anno 2014, 62,9 milioni di euro per l’anno 2015, 75,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, 57,4 milioni di euro per l’anno 2020, 46,4 milioni di euro per l’anno 2021 e a 40,4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022.

Gli oneri sono derivanti dalle seguenti disposizioni:

§       articolo 2, comma 8, che stanzia un contributo alle imprese per il periodo dal 2014 al 2021 per coprire quota parte degli interessi derivanti dall’accensione di finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari ad uso produttivo;

§       articolo 11, che estende al 2014 il credito imposta nel settore cinematografico nel limite massimo di spesa di 45 milioni;

§       articolo 17, che reca misure per favorire la realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico;

§       articolo 18, comma 8-septies, introdotto dal Senato, che esclude le spese per acquisto di mobili e arredi destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia dalle misure di contenimento di tali tipologie di spese per gli anni 2013-2014;

§       articolo 22, comma 3, che reca l’incremento di 20 milioni di euro annui del Fondo adeguamento porti;

§       articolo 23, che riduce la tassa sulle unità da diporto per favorire il rilancio del settore;

§       articolo 32, comma 7-ter, che riconosce il pagamento in misura ridotta dei contributi previdenziali ed assicurativi alle cooperative e relativi consorzi presenti nel settore dell’agricoltura;

§       articolo 42-ter, che interviene in materia di benefici previdenziali per i soggetti esposti all’amianto;

§       articolo 46, comma 1-bis, modificato dal Senato, che assegna al Ministero degli affari esteri un contributo di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, per le attività di organizzazione relative alla partecipazione all’Expo 2015. Tali oneri, che nel testo licenziato dalla Camera erano scontati all’interno dell’articolo 46 a valere sul Fondo per i canoni di locazione, sono ora posti, dal Senato, a carico dell’articolo 61 in esame, con l’utilizzo, nell’anno 2014, dell’accantonamento del Fondo speciale di parte corrente e, per il 2015, del Fondo per interventi strutturali di politica economica;

§       articolo 46-bis, che reca un rifinanziamento di 5 milioni di euro per gli anni 2013-2014 per il rilancio del settore agricolo;

§       articolo 56, che prevede lo slittamento del versamento dell’imposta sulle transazioni finanziarie.

Rispetto al testo licenziato dalla Camera, tra le norme onerose indicate dall’articolo in esame è stato eliminato il riferimento all’articolo 56-ter, concernente i piani di azionariato, in virtù della nuova formulazione approvata dal Senato, che ne esclude l’onerosità.

 


A tali oneri complessivi si provvede:

a)         quanto a 2,4 milioni di euro per l’anno 2013, a 12 milioni di euro per l’anno 2014, a 57,9 milioni di euro per l’anno 2015, a 71,9 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, a 53,9 milioni di euro per l’anno 2020, a 42,9 milioni di euro per l’anno 2021 e a 36,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 5, comma 1 (Robin tax), e 55 (rimborsi IVA agenzie di viaggio con sede extra UE);

b)        quanto a 7,65 milioni di euro per l’anno 2013 e a 1,5 milioni per l’anno 2014, mediante corrispondente riduzione, per i medesimi anni, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo utilizzando, quanto a 2,65 milioni per l’anno 2013 l'accantonamento relativo al medesimo Ministero dell’economia, quanto a 2 milioni per l’anno 2013 l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e quanto a 3 milioni per l’anno 2013 e a 1,5 milioni per l’anno 2014 l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;

c)         quanto a 20,75 milioni di euro per l’anno 2013, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 14, comma 1, del D.L. n. 179/2012, che reca il rifinanziamento di 150 milioni di euro per l’anno 2013 del Piano nazionale banda larga[46];

Si ricorda che l’art. 14, comma 1 ha autorizzato, per l’anno 2013, la spesa di 150 milioni da iscrivere nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per il completamento del Piano nazionale banda larga, definito dal Ministero dello sviluppo economico – Dipartimento per le comunicazioni; autorizzato dalla Commissione europea con l’atto: aiuto di Stato n. SA.33807 (2011/N) – Piano nazionale banda larga Italia. Le risorse dovranno essere utilizzate nelle aree dell’intero territorio nazionale definite dal medesimo regime d’aiuto (vale a dire tutte le aree individuate come in digital divide ai sensi del Piano) e si dovrà tenere conto delle singole specificità territoriali e della copertura delle aree a bassa densità abitativa;

d)         quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2013, mediante corrispondente riduzione della quota di pertinenza statale dell’otto per mille IRPEF, di cui all’articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222.

Si ricorda che ai sensi dell'art. 47, commi 2 e 3, della legge n. 222/1985, una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.

In merito alle risorse dell’otto per mille IRPEF di competenza statale, si ricorda che nella legge di bilancio 2013-2015 (legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in capitoli dei programmi di spesa), la quota dell’otto per mille IRPEF di pertinenza statale, iscritta sul cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero dell’economia, risulta pari a 13,8 milioni di euro nel 2013, 86,1 milioni nel 2014 e a 95,7 milioni nel 2015.

Rispetto allo stanziamento iscritto in bilancio, si segnala che le risorse dell’otto per mille IRPEF dello Stato per l’anno 2013 sono state oggetto, in corso di esercizio, di riduzione per circa 1,1 milioni di euro, a seguito di tagli lineari operati in attuazione delle clausole di salvaguardia finanziaria contenute nell’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 78/2010 e nell’articolo 16, comma 3, del D.L. n. 98/2011.

Anche le risorse per gli anni 2014 e 2015 destinate all’otto per mille di pertinenza statale sono state, di recente, oggetto di riduzioni, ai sensi dell’articolo 12, comma 3, lettera c-sexies) del D.L. n. 35/2013 (riduzione di 2,1 milioni di euro per l'anno 2014 e di 35,8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015) e dell’articolo 21, comma 3, lettera d), del D.L. n. 63/2013 (riduzione di 35 milioni di euro per l’anno 2015).

d-bis) quanto a 15,9 milioni di euro nell'anno 2014 e a 3,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo finalizzato ad escludere dall'ambito di applicazione dell'IRAP alcune categorie di persone fisiche, istituito dall'articolo 1, comma 515, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013.

Si ricorda che il comma 515 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo con dotazione di 188 milioni di euro per il 2014, di 252 milioni di euro per il 2015 e di 242 milioni di euro a decorrere dal 2016, volto a esentare dall’IRAP, a decorrere dal 2014, le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni, che non si avvalgono di lavoratori dipendenti o assimilati e che impiegano anche in locazione beni strumentali di ammontare massimo determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Si segnala che il D.L. 28 giugno 2013, n. 76 dispone, all’articolo 12, comma 1, lettera e), a copertura degli oneri da esso recati, una riduzione di 150 milioni nel 2014 e di 120 milioni nel 2015 del Fondo IRAP in questione.

d-ter)  quanto a 0,3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 mediante riduzione del Fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili conferiti dallo Stato ad uno o più fondi immobiliari, di cui all’articolo 1, comma 139, della legge n. 228 del 2012.

Il Fondo, istituto a decorrere dall'anno 2013 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (cap. 3074) presenta una dotazione di 249 milioni di euro per l'anno 2013, di 846,5 milioni per l'anno 2014, di 590 milioni per l'anno 2015 e di 640 milioni a decorrere dall'anno 2016. Si ricorda che il presente D.L. in esame dispone, all’articolo 12, una ulteriore riduzione del Fondo di 6 milioni nel 2013.

Si segnala che la dotazione del Fondo risulta inoltre utilizzata a copertura finanziaria dal D.L. n. 76 del 2013, che all’articolo 12, dispone a tal fine una riduzione del Fondo di 91,05 milioni di euro per l’anno 2013, di 209,15 milioni per l’anno 2014, di 6,15 milioni per gli anni dal 2015 al 2017 e di 6 milioni a decorrere dall’anno 2018.

d-quater) quanto a 1,5 milioni di euro per l’anno 2015 mediante riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (ISPE).

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004[47] al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Per quanto concerne le risorse finanziarie, si ricorda che nella legge di bilancio 2013-2015 (Legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in capitoli dei programmi di spesa) il Fondo presentava una dotazione pari a 16,9 milioni per il 2013, 14,4 milioni per il 2014 e a 29,7 milioni per il 2015.

Si ricorda che a dotazione del Fondo per l’anno 2013 è stata via via ridotta di 16,9 milioni di euro, a copertura di una serie di disposizioni legislative intercorse successivamente all'approvazione della legge di bilancio, e di recente incrementata di 98,6 milioni di euro dall’articolo 7-bis, comma 4, del D.L. n. 43/2013. Esso risulta, da ultimo ridotta di 98 milioni di euro per il 2013 a copertura finanziaria di parte degli oneri recati dal D.L. n. 76/2013. Alla data attuale, sul capitolo di bilancio per l’anno 2013 residua una disponibilità di circa 600.000 euro.

Si ricorda infine, che a valere sulle risorse del Fondo è stata posta la copertura finanziaria degli oneri relativi all’indennità da corrispondersi al Commissario straordinario per gli interventi di spending review, pari a 150.000 euro per l'anno 2013[48], 300.000 euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e a 200.000 euro per l'anno 2016, dall’articolo 49-bis del provvedimento in esame;

e)         quanto a 75 milioni per l’anno 2014 mediante l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante (di cui all’allegato I del testo unico accise), in modo tale da compensare il predetto onere nonché quello correlato ai rimborsi di cui al penultimo periodo della presente lettera.

L’allegato I al D.Lgs. n. 504 del 1995 elenca i prodotti assoggettati ad imposizione e le relative aliquote: per la benzina e la benzina con piombo è prevista una accisa pari a 564 euro per mille litri, mentre per il gasolio usato come carburante è indicata in 423 per mille litri. Tuttavia negli ultimi anni è stato previsto che la copertura degli oneri recati da numerosi provvedimenti legislativi fosse posta a valere sull’aumento di tali aliquote, rinviandone la determinazione ad una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (al fine di conseguire un gettito pari all’onere da coprire), mentre in altri casi l’ammontare dell’aliquota dell’accisa è stata fissata direttamente dalla disposizione legislativa[49]. Da ultimo, la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), all’articolo 1, comma 487, conferma, con decorrenza dal 1° gennaio 2013, quanto disposto con la determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane 9 agosto 2012, n. 88789, che ha fissato l’aliquota di accisa sulla benzina a 728,40 euro per mille litri e quella sul gasolio usato come carburante a 617,40 euro per mille litri.

La misura dell’aumento - tale da determinare maggiori entrate per 75 milioni nel 2014 - è stabilita con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane da adottare entro il 31 dicembre 2013; il provvedimento è efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell’Agenzia.

Viene disposto il rimborso del maggior onere derivante dagli aumenti di accisa sul gasolio, nei confronti di:

§      soggetti esercenti le attività di trasporto merci (articolo 5, comma 1 del decreto-legge n. 452 del 2001) con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate[50];

§      enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto pubblico locale (di cui al D.Lgs. n. 422/1997, e relative leggi regionali di attuazione, norme richiamate dall’art. 5, comma 2 del D.L. 452/2001);

§      imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale, (di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822[51], al Regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio del 16 marzo 1992[52], e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997, tutti richiamati dall’articolo 5, comma 2 del D.L. 452/2001);

§      enti pubblici e imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone (articolo 5, comma 2 del D.L. 452/2001).

Il rimborso viene disposto con le modalità previste dall’articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo, del decreto legislativo n. 26 del 2007, ai sensi del quale esso può venir effettuato anche in compensazione, a seguito della presentazione di apposita dichiarazione ai competenti Uffici dell'Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti da apposito regolamento (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci).

 

Da ultimo, la lettera e) conferma quanto disposto dall’articolo 24, comma 1, della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), ai sensi del quale le somme relative all’eventuale minor utilizzo delle risorse stanziate per le agevolazioni fiscali (finanziate attraverso l’aumento dell’aliquota dell’accisa sui taluni prodotti petroliferi), in favore delle imprese operanti nel settore cinematografico, ai sensi dell’art. 1, commi da 325 a 337 della legge n. 244/2007 e successivamente prorogate (tax credit esterno e interno, ovvero credito d’imposta per le spese sostenute da imprese esterne ed interne alla filiera del cinema; credito d’imposta per le imprese che si avvalgono di manodopera italiana), individuate con decreto dei Ministri per i beni e le attività culturali e dell’economia e delle finanze, sono riassegnate ogni anno con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze allo stato di previsione del MIBAC, ai fini del rifinanziamento del Fondo per la produzione, la distribuzione l'esercizio e le industrie tecniche (di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 28/2004).

 

La Tabella che segue indica gli oneri complessivi e le risorse utilizzate a copertura per il triennio 2013-2015 ai sensi dell’articolo in esame, come modificato nel corso dell’esame al Senato:

milioni di euro

Art./comma

 

2013

2014

2015

 

ONERI

41,1

104,7

62,9

2, co. 8

Contributo imprese per copertura quota parte interessi su finanziamenti bancari per acquisto nuovi macchinari

0

7,5

21,0

11

Credito imposta settore cinematografico

0

45,0

0

17

Fascicolo sanitario elettronico

0

10,0

5,0

18, co. 8-septies

Esclusione delle spese per acquisto di mobili e arredi destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia dalle misure di contenimento

0,3

0,3

 

22, co. 3

Fondo adeguamento porti

20,0

20,0

20,0

23

Nautica da diporto (minori entrate)

1,20

11,9

11,9

32, co. 7-ter

Riduzione contributi previdenziali ed assicurativi a cooperative e consorzi presenti nel settore dell’agricoltura

1,25

2,5

2,5

42-ter

Benefici previdenziali per i soggetti esposti all’amianto

0,5

1,0

1,0

46, co. 1-bis

Finanziamento Ministero affari esteri per EXPO 2015

 

1,5

1,5

46-bis

Rifinanziamento settore agricolo

5,0

5,0

0

56

Slittamento versamento imposta sulle transazioni finanziarie (minori entrate)

6,75

0

0

56

Oneri per interessi slittamento versamento imposta sulle transazioni finanziarie

6,10

0

0

61

COPERTURA

41,1

104,7

62,9

a)

Maggiori entrate Robin tax (art. 5, co. 1) al netto riduzione componente A2 tariffa elettrica (co. 2)

0

0

45,9

a)

Maggiori entrate Agenzie di viaggio (art. 55)

2,4

12,0

12,0

b)

Fondo speciale di parte corrente

7,65

1,5

0

c)

Piano nazionale banda larga

20,75

0

0

d)

Otto per mille IRPEF Stato

10,00

0

0

d-bis)

Fondo IRAP

0

15,9

3,5

d-ter)

Fondo canoni di locazione

0,3

0,3

 

d-quater)

Fondo interventi strutturali di politica economica (ISPE)

 

 

1,5

e)

Aumento aliquota accisa benzina e gasolio

0

75,0

0

 

Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 73
(Formazione presso gli uffici giudiziari)

 

L’articolo 73 detta un’articolata disciplina volta a consentire l’accesso a stage formativi teorico-pratici della durata di 18 mesi presso gli uffici della magistratura ordinaria e amministrativa dei più meritevoli fra i laureati in giurisprudenza, all’esito di un corso almeno quadriennale.

 

Il comma 12 dell’articolo, soppresso nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che l’esito positivo dello stage presso l’ufficio giudiziario costituisce titolo idoneo per l’accesso al concorso in magistratura ordinaria.

Analogo effetto è attribuito al positivo svolgimento del tirocinio forense, di durata pari a 18 mesi, presso l’Avvocatura dello Stato, ferma restando la necessità del possesso dei requisiti di merito di cui al comma 1 dell’art. 73 (cioè una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110[53]).

Il D.Lgs. 160/2006 ha strutturato il concorso in magistratura come concorso di secondo grado. In particolare, i laureati in giurisprudenza, per l’accesso al concorso, debbano avere conseguito il diploma presso le scuole di specializzazione per le professioni legali (art. 2, co. 1, lett. h); il corso presso tali scuole ha durata biennale. Ai sensi dello stesso art. 2 del D.Lgs. 160 (co. 1, lett. f) hanno accesso al concorso in magistratura gli avvocati già iscritti all’albo (non incorsi in sanzioni disciplinari) che, quindi, hanno superato l’esame di Stato.

 

Al Senato, il testo delle Commissioni riunite aveva integrato il comma 12, con l’aggiunta, ai fini dell’accesso al concorso in magistratura - sia all’esito positivo dello stage che al positivo svolgimento del tirocinio forense di 18 mesi presso l’Avvocatura dello Stato - del positivo superamento del primo anno delle scuole di specializzazione per le professioni legali. L’Assemblea del Senato ha in fine, come accennato, deliberato la soppressione dell’intero comma 12.

 

Analoga soppressione da parte del Senato ha riguardato il comma 12-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera per coordinare la normativa del decreto-legge con quella che già prevede attività formativa di laureati in giurisprudenza presso uffici giudiziari.

Il comma 12-bis prevedeva, infatti, che coloro che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame svolgono già attività di formazione professionale negli uffici giudiziari ordinari e amministrativi indicati dal comma 1 dell’art. 73 (sulla base di convenzioni stipulate dai capi degli uffici giudiziari con le facoltà universitarie di giurisprudenza, con le scuole di specializzazione per le professioni legali e con i consigli dell'ordine degli avvocati) sono ammessi a domanda, da proporre entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, allo stage formativo previsto dall’art. 73 purché in possesso dei requisiti prescritti dal citato comma 1.

Il comma 12-bis precisava che il possesso del requisito dell'età anagrafica (30 anni) deve sussistere al momento dell'inizio dell'attività di formazione professionale svolta nonché che il periodo di formazione professionale già svolto presso gli uffici giudiziari è computato per le finalità previste dai commi 13, 14 e 15 (ovvero per l’accesso alla professioni di avvocato e notaio; come titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi indetti dall'amministrazione della giustizia, dall'amministrazione della giustizia amministrativa e dall'Avvocatura dello Stato; come titolo di preferenza per la nomina di giudice onorario di tribunale e di vice procuratore onorario).

 


 

Articolo 76
(Divisione della comunione)

 

L’articolo 76 novella la disciplina della divisione giudiziale nelle comunioni, ereditarie e non, e permette ai condividenti, se d’accordo, di rivolgersi al tribunale per ottenere la nomina di un professionista (in origine esclusivamente di un notaio, nel testo in esame anche un avvocato) che si occupi dell’intera procedura di divisione.

La nuova normativa intende favorire una sollecita decisione sulle divisioni e sgravare il giudice civile da compiti che, in assenza di contestazioni, possono essere svolti anche da notai o avvocati.

La nuova disciplina introdotta dall’articolo 76, con l’introduzione di un nuovo art. 791-bis c.p.c., stabilisce che in assenza di contestazioni sul diritto alla divisione, sulle quote o su altre questioni pregiudiziali alla divisione stessa, le parti della comunione possono chiedere, con ricorso congiunto al tribunale competente, la nomina di un notaio del circondario, cui affidare le operazioni di divisione (in presenza di beni immobili, è necessaria la trascrizione ai sensi dell’art. 2646 c.c.).

Nel corso dell'esame in prima lettura presso la Camera dei deputati è stato approvato un emendamento che aggiunge alla nomina dei notai la possibile nomina di avvocati prevedendo, per entrambi, potere di autentica delle firme.

Il Senato ha soppresso tale ultima previsione che in particolare sembrava attribuire anche agli avvocati un potere generale di autentica (già proprio dei notai) non previsto dalla legge. La modifica del Senato precisa ora che l’eventuale autentica del notaio o dell’avvocato avviene su richiesta delle parti e si riferisce alle sottoscrizioni poste in calce al ricorso congiunto ex art. 791-bis c.p.c.


 

Articolo 79
(Semplificazione della motivazione della sentenza civile)
soppresso

 

L’articolo 79 del decreto-legge - soppresso nel corso dell’esame al Senato - novella i primi due commi dell’art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, modificando la disciplina relativa alle motivazioni della sentenza.

Il testo previgente dell’art. 118 Disp. att. c.p.c. stabiliva che la motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi.

Debbono essere esposte concisamente e in ordine le questioni discusse e decise dal collegio ed indicati le norme di legge e i principi di diritto applicati. Nel caso previsto nell'articolo 114 del codice debbono essere esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata la decisione

In base all’articolo 79, nelle motivazioni della sentenza il giudice deve esporre in modo conciso i fatti decisivi e i princìpi di diritto su cui la decisione è fondata, anche con esclusivo riferimento a precedenti conformi, mediante rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa

La nuova norma, come modificata dalla Camera, esclude i precedenti conformi a fondamento della decisione.


 

Articolo 82
(Concordato preventivo)

 

L’articolo 82 è volto ad offrire maggiori garanzie di carattere informativo per i creditori e per il tribunale nel concordato preventivo in bianco (o con riserva). Con tale forma di concordato, prevista dall’art. 161, sesto comma, della L. fallimentare, sono anticipati gli effetti protettivi del patrimonio dell'impresa in crisi, già al momento del deposito contenente la domanda di concordato al tribunale da parte del debitore (il debitore potrà compiere gli atti di ordinaria amministrazione e, se autorizzato dal tribunale, anche quelli urgenti, di straordinaria amministrazione). La proposta di concordato e la documentazione prescritta potrà essere presentata successivamente.

La disposizione, già emendata durante l'esame alla Camera (attraverso l'introduzione di un ulteriore comma 3-bis), è stata ulteriormente modificata dal Senato, al comma 1, con la esplicita previsione della motivazione del decreto del giudice che fissa il termine entro cui presentare la proposta di concordato, con relativi piano e documentazione (e che può prevedere la nomina di un commissario giudiziale).


 

Articolo 84-ter
(Compensi per gli amministratori di società controllate dalle pubbliche amministrazioni)

 

L’articolo 84-ter stabilisce alcuni limiti agli emolumenti degli amministratori di società controllate dalle pubbliche amministrazioni, modificando a tal fine l’articolo 23-bis del D.L. n. 201/2011 (legge n. 214/2011)[54].

Si rammenta che un analogo articolo, che anche esso interveniva nella materia, recando una disciplina per molti profili differente da quella ora approvata dal Senato, era stato introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei Deputati mediante l’articolo 12-bis (ivi rubricato come” Compensi per gli amministratori di società che svolgono servizi di interesse generale”) che, in relazione al nuovo articolo ora introdotto presso l’altro ramo del Parlamento, è stato contestualmente soppresso.

L’articolo 23-bis reca, ai commi da 1 a 5, norme in materia di compensi degli amministratori rivestiti di particolari cariche (sostanzialmente, gli amministratori con deleghe) nelle società non quotate controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze[55]. In tali commi si dispone che tali società siano classificate per fasce, sulla base di appositi indicatori dimensionali e qualitativi, e per ciascuna fascia sia determinato, con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze[56], il compenso massimo al quale i rispettivi consigli di amministrazione dovranno far riferimento per la determinazione degli emolumenti di cui all’articolo 2389, terzo comma, del codice civile.

L'articolo 2389, terzo comma c.c. prevede che la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

Si prevede inoltre, al comma 4, che per le società non quotate controllate dalle società di cui al comma 1 (vale a dire dalle società controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze), nella determinazione di tali emolumenti da parte dei consigli di amministrazione non può essere superato il limite massimo stabilito dal sopradetto decreto ministeriale per la società controllante né, comunque, quello costituito dal trattamento economico del primo presidente di Cassazione[57]. Il comma 5-bis estende tali limiti agli emolumenti anche alle società non quotate controllate dalle altre pubbliche amministrazioni[58] e, da ultimo, il comma 5-ter ricomprende nei limiti medesimi anche i dipendenti delle società non quotate medesime.

 

L’articolo 84-ter in esame aggiunge tre ulteriori commi all’articolo 23-bis ora illustrato, mediante i quali vengono posti limiti ai compensi degli amministratori con riferimento a due specifiche tipologie di società, quotate e non quotate, controllate (direttamente o indirettamente) dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs n.165/2001, diversificati a seconda che si tratti di società che emettono esclusivamente strumenti finanziari quotati, diversi dalle azioni (ad es. titoli obbligazionari), e le società che emettono titoli azionari quotati.

Sia i titoli obbligazionari che quelli azionari costituiscono, comunque, titoli quotati sui mercati finanziari.

La differenziazione tra i due tipi di società non è stabilita in apposite norme, risultando tuttavia desumibile dalle caratteristiche della struttura operativa e dalla attività sui mercati finanziari delle società in questione. Facendo riferimento alla società controllate dal Ministero dell’economia e finanze – che costituiscono la parte più significativa della società controllate dalla amministrazioni pubbliche – possono infatti riscontrarsi:

a)   società che emettono esclusivamente strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni, costituite ad esempio dalla Poste Italiane s.p.a., dalla CDP- Cassa Depositi e Prestiti s.p.a e dalle FS-Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., società non quotate che producono emissioni obbligazionarie;

b)   società quotate, quali Enel s.p.a,, Eni s.p.a. e Finmeccanica s.p.a., che emettono titoli azionari.

I nuovi commi in esame dettano una disciplina sui limiti agli emolumenti da corrispondere agli amministratori differenziata tra i due diversi tipi di società controllate, prevedendo che:

§      per quelle che emettono esclusivamente strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni, nonché per le società dalle stesse controllate, il compenso per l’amministratore delegato e per il presidente del consiglio d’amministrazione non possa essere superiore al 75 per cento del trattamento economico complessivo, a qualunque titolo determinato, nel corso del mandato antecedente al rinnovo (comma 5-quater).

Si osserva che poiché la disciplina sui limiti ai compensi dettata dell’articolo 23-bis sopra illustrata si applica alle società non quotate tout court e che la disciplina medesima non viene modificata dai 3 nuovi commi ora introdotti, sembra da supporre che questi ultimi costituiscano una disciplina speciale rispetto a quella vigente;

§      per quelle che emettono titoli azionari quotati, in sede di rinnovo degli organi di amministrazione, all’assemblea degli azionisti debba essere sottoposta un proposta di remunerazione degli amministratori con delega delle società medesime – nonché delle controllate – conforme ai criteri di cui al comma 2 dell’articolo 23-bis in commento; la proposta deve essere assentita dall’azionista di controllo pubblico (comma 5-quinquies);

Il comma 2 dell’articolo 23-bis, in particolare, dispone che l’importo massimo dei compensi per gli amministratori - che ai sensi del comma 1 è indicato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sulla base delle fasce di classificazione delle società non quotate stabilite con il medesimo decreto – venga rideterminato con ulteriore decreto del Ministro dell’economia almeno ogni tre anni, in relazione ai mutamenti di mercato, al tasso di inflazione programmato e nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica.

Potrebbe presumersi che le differenze tra le procedure volte al contenimento dei compensi degli amministratori tra le due tipologie di società, stabilite direttamente in norma per le società che emettono strumenti finanziari diversi dalle azioni, e rimesse, invece, – ma con specifici vincoli volti a conseguire comunque il contenimento dei compensi - all’assemblea degli azionisti per quelle che emettono titoli azionari, sia riconducibile alla necessaria autonomia decisionale che deriva dalla natura privatistica di società quotate sul mercato azionario che contraddistingue le seconde.

Si dispone infine (comma 5-sexies) che le disposizioni recate dai commi 5-quater e 5-quinquies si applichino limitatamente al primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo alla data di conversione in legge del decreto-legge in esame (ovvero, se si è già provveduto al rinnovo, ai compensi eventualmente ancora da determinare in via definitiva). Se ne prevede inoltre la non applicabilità qualora, nei dodici mesi precedenti la medesima data, siano già state applicate riduzioni dei compensi in questione dell’amministratore delegato o del presidente del consiglio di amministrazione almeno pari a quanto previsto nelle nuove disposizioni in esame.

 


Profili finanziari

 


PREMESSA

 

Si esaminano di seguito i profili finanziari delle modifiche introdotte dal Senato.

Si ricorda che il testo originario del provvedimento è corredato di relazione tecnica (cfr. C. 1248).

Sul testo modificato in prima lettura dalla Camera dei deputati (S. 974), il Governo ha presentato una relazione tecnica aggiornata. La RGS ha verificato positivamente tale relazione, ad eccezione delle parti riferite agli articoli 11-bis, 12-ter, 25, comma 11-sexies, 46, commi 1-bis, 1-quater, 1-quinquies, e 1-sexies, 56-ter e 57-bis.

In particolare, con riferimento agli articoli 11-bis e 56-ter, la RT ha individuato oneri privi di copertura. Con riferimento, invece, ai restanti articoli, la RT ha condizionato la verifica positiva a determinate modifiche espressamente indicate.

Tutte le predette norme sono state successivamente oggetto di modifica da parte del Senato. Si rinvia sul punto alle relative schede, di seguito riportate.

Si segnala infine che, al momento della predisposizione del presente dossier, non è ancora disponibile la relazione tecnica, con i relativi allegati, aggiornata alla luce dell’esame svolto presso il Senato. Durante tale esame sono state peraltro presentate relazioni tecniche, riferite a specifiche disposizioni, di cui si dà conto nelle schede riferite ai singoli articoli.

Articolo 1, comma 5-ter – Contributi su base volontaria al Fondo di garanzia per piccole e medie imprese

Le norme, introdotte dal Senato, inseriscono all’articolo 1 il comma 5-ter. Le disposizioni prevedono che a favore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese possano affluire, previa assegnazione all’entrata del bilancio dello Stato, contributi su base volontaria da destinare alla microimprenditorialità. Con decreto del Ministero dell’economia sono definite le modalità di attuazione della presente norme nonché le modalità di contribuzione di enti, associazioni società o singoli cittadini.

 

Le norme non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare.

 

Articolo 3, comma 4-bis – Rifinanziamento contratti di sviluppo

La norma, introdotta dal Senato, inserisce all’art. 3 il comma 4-bis al fine di stabilire che il decreto MISE da emanare ai sensi del comma 4 preveda anche un valore minimo di investimento oggetto di agevolazione. Tale valore minimo è indicato con riferimento a ciascuna tipologia di investimento, e non include il costo di opere infrastrutturali ove previste.

Si prevede infine che, fatto salvo quanto stabilito per l’investimento proposto dal soggetto proponente, l’importo degli investimenti ammissibili di ciascun progetto non può essere inferiore a 1 milione di euro.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica,

 

In merito ai profili quantificazione non si hanno osservazioni da formulare, nel presupposto che siano comunque rispettati i limiti complessivi di spesa per la concessione delle agevolazioni.

Articolo 4, comma 7-bis – Norme in materia di concorrenza nel mercato del gas naturale e nei carburanti

La norma, introdotta nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina fiscale concernente la deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti distribuzione di carburanti, sostituendo il riferimento ai ricavi lordi[59] di cui all’art. 85, comma 1, lett. a) del TUIR, con il volume d’affari di cui all’art. 20, comma 1, del decreto IVA.

Il nuovo valore di riferimento per la determinazione della misura della deduzione non include le cessioni di beni strumentali che, invece, concorrono alla formazione dei ricavi lordi previsti dalla normativa vigente, per la quota non imputabile alle plusvalenze.

La relazione tecnica riferita alla norma che ha introdotto la norma vigente ha stimato un onere, in termini di competenza, del beneficio pari a 65 milioni annui.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica,

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che le disposizioni appaiono suscettibili di determinare effetti negativi di gettito nelle ipotesi in cui il volume di affari risulti inferiore ai ricavi lordi considerati a normativa vigente. Infatti, la riduzione del valore di riferimento comporta il diritto ad una maggiore deduzione forfetaria con conseguente riduzione della base imponibile fiscale.

Andrebbe chiarito se tale riduzione incida in modo apprezzabile sul gettito tributario atteso.

Articolo 5, comma 5 – Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica

La modifica, introdotta nel corso dell’esame al Senato, interviene sul comma 5 il quale prevede una deroga alla determinazione del valore del costo evitato di combustibile per taluni impianti. In particolare, in base alla modifica, il criterio previsto in deroga viene applicato agli impianti in esercizio da non più di otto anni (in luogo della precedente formulazione che era riferita agli impianti già in esercizio).

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare, tenuto conto che non risultano ascritti effetti finanziari alle disposizioni contenute nei commi da 3 a 8.

Articolo 6, commi 4-bis e 4-ter – Gasolio per il riscaldamento nelle coltivazioni sotto serra

La modifica introdotta dal Senato sopprime commi 4-bis e 4-ter, recanti disposizioni in materia di riconversione del comparto bieticolo-saccarifero. I commi erano stati introdotti nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera.

 

La relazione tecnica riferita al testo approvato dalla Camera osservava che le disposizioni – ora soppresse – avevano carattere ordinamentale e risultavano prive di effetti finanziari.

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 7, comma 1-ter – Vigilanza sull’ente nazionale per il microcredito

La modifica introdotta dal Senato sopprime il comma 1-ter che attribuiva alla Presidenza del Consiglio dei ministri la vigilanza sull’Ente nazionale per il microcredito. La disposizione stabiliva che le nuove funzioni dovevano essere svolte senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata all’emendamento introduttivo del comma 1-ter ha evidenziato che, nonostante la clausola di invarianza finanziaria, la disposizione appariva suscettibile di determinare oneri per la finanza pubblica privi di copertura.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 11-bis – Misure economiche di natura compensativa per le televisioni locali

La modifica introdotta dal Senato interviene sulla disposizione che qualifica le misure economiche compensative - percepite dalle emittenti televisive locali a titolo risarcitorio a seguito del volontario rilascio delle frequenze di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 gennaio 2012 - come contributi in conto capitale di cui all’articolo 88, comma 3, lettera b) del TUIR[60]. In particolare, viene soppresso l’inciso che precisava che tale qualificazione dipendeva dalla circostanza che i contributi medesimi erano “erogati in relazione ad uno specifico investimento”.

Resta invariata la disposizione che prevede che detti contributi partecipano alla formazione del reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi esercizi non oltre il quarto.

 

La relazione tecnica riferita al testo approvato dalla Camera dei deputati evidenziava in proposito che la disposizione comportava "effetti negativi, al momento non quantificabili, non essendo disponibili informazioni circa la tempistica delle erogazioni delle misure compensative percepite dalle emittenti televisive locali a seguito del volontario rilascio delle frequenze".

Una successiva relazione tecnica, allegata all’emendamento 12-ter.1000, presentato presso il Senato, precisa invece che, da informazioni reperite presso gli operatori del settore e dall’approfondimento sulle scelte delle imprese effettuato dal MISE risulta che la quasi totalità dei contributi (circa 165 milioni su 174,7 milioni) è stata effettivamente erogata a tutt’oggi (di cui circa 102 milioni nel 2012) e che quasi tutte le società che hanno ricevuto le stesse misure compensative le hanno già considerate fiscalmente come contributi in conto capitale, imputandole in quote costanti al reddito dell’esercizio in cui sono state incassate e nei successivi quattro anni. La RT afferma, quindi, che poiché la disposizione interviene su comportamenti delle emittenti televisive già nei fatti coerenti con la stessa, si stima che non ci siano effetti negativi che potrebbero eventualmente derivare in sede di dichiarazione 2013 (anno d’imposta 2012) da un ricalcolo dell’imposta rispetto al versamento già effettuato.

 

In merito ai profili di quantificazione, sarebbe utile una conferma in merito a quanto chiarito nell’ultima RT presentata al Senato.

Soppressione articolo 12-bis (testo approvato dalla Camera) – Compensi per gli amministratori di società che svolgono servizi di interesse generale

La modifica introdotta dal Senato sopprime l’art. 12-bis introdotto dalla Camera, che recava una nuova disciplina in materia di limitazioni al trattamento economico degli amministratori e dipendenti di società controllate da pubbliche amministrazioni. Il Senato ha dettato una nuova disciplina in materia all’art. 84-ter, al quale si rinvia.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili finanziari non si hanno osservazioni da formulare, non essendo ascritti effetti finanziari alle disposizioni soppresse. Si rinvia in proposito alla scheda relativa alla disciplina dettata dal successivo art. 84-ter.

Articolo 12-bis- Sostegno alle imprese creditrici dei comuni dissestati

La norma, approvata dal Senato, riformula, come novella al DL n. 35/2013, una disposizione introdotta dalla Camera dei deputati, riguardante la destinazione agli enti locali dissestati di una quota delle risorse destinate dal citato provvedimento al pagamento dei debiti delle amministrazioni locali.

Le modifiche riguardano in particolare:

§      la riduzione da 150 mln a 100 mln dell’importo massimo dell’ammontare annuo destinato ai comuni dissestati;

§      una più puntuale specificazione dell’ammontare di riferimento (risorse dell’autorizzazione di spesa di cui alla “Sezione per assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, non erogate nel 2013 e nel 2014) di cui il predetto importo massimo di 100 mln annui costituisce una quota parte;

§      la restrizione al pagamento dei soli debiti commerciali al 31 dicembre 2012, con esclusione di quelli fuori bilancio non riconosciuti entro la medesima data, della finalità cui possono essere destinate le risorse in questione (laddove il testo approvato dalla Camera operava un generico riferimento al pagamento dei debiti);

§      la previsione che con decreto ministeriale siano disciplinati, non solo i criteri e le modalità di riparto delle somme tra gli enti beneficiari, ma anche le modalità di restituzione.

 

La relazione tecnica, riferita al testo approvato dalla Camera dei deputati evidenziava in proposito che la formulazione della disposizione non risultava corretta in quanto il riferimento, per la destinazione di risorse in favore dei comuni dissestati, all'accantonamento relativo agli enti locali, previsto dall'articolo 1, comma 10, del decreto-legge n. 35 del 2013, risultava improprio.

La citata disposizione, infatti, non prevede più l'accantonamento del 10 per cento relativo agli enti locali (soppresso in sede di conversione in legge del medesimo decreto legge n- 35/2013), bensì contiene un riferimento alla Sezione di cui all'articolo 2, comma l, del medesimo decreto legge n. 35/2012 e cioè la Sezione del fondo destinata alle regioni e alle province autonome (e non già agli enti locali), che peraltro risulta già insufficiente a coprire le richieste di liquidità presentate dalle predette regioni e province autonome al tavolo di verifica per il pagamento dei debiti al 31 dicembre 2012.

 

Pertanto, la relazione tecnica condizionava la positiva verifica della disposizione a una riformulazione del relativo testo, nel senso recepito dalla norma attualmente in esame.

 

Al riguardo, al fine di acquisire indicazioni quantitative sull’effettivo ammontare di risorse attribuibile agli enti locali dissestati, nell’ambito dell’importo massimo di 100 mln annui per il 2013 e il 2014 indicato dalla norma in esame, sarebbe utile un chiarimento in merito all’ammontare delle risorse della “Sezione per assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali” non attribuite agli enti locali entro il 15 maggio 2013, in sede di attuazione del DL 35/13 [61].

Articolo 13-bis, comma 2 – Prodotti open source

     Le modifiche, introdotte dal Senato, intervengono sull’articolo 13-bis, comma 2, introdotto dalla Camera, specificando che le pubbliche amministrazioni, nell’utilizzo di beni e servizi delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, si rivolgano prioritariamente verso prodotti open source che non comportino oneri di spesa.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 14, commi 1-bis e 1-ter – Trasmissioni di documenti a mezzo fax

Le norme, introdotte dal Senato, inseriscono i commi 1-bis e 1-ter nell’articolo 14 del provvedimento in esame. In particolare, le disposizioni modificano l’articolo 47, comma 2, lettera c), del D. Lgs. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale), specificando, ai fini della verifica della provenienza delle comunicazioni, che sia in ogni caso esclusa la trasmissione di documenti a mezzo fax. Viene altresì modificato l’articolo 43 del DPR 445/2000, specificando che l’amministrazione procedente operi l'acquisizione d'ufficio di documenti esclusivamente per via telematica.

 

Le norme non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che l’invarianza finanziaria delle norme introdotte dal Senato appare garantita solo nell’ipotesi che ogni amministrazione interessata sia dotata delle necessarie strumentazioni tecniche. Sul punto appare utile acquisire conferma da parte del Governo.

Articolo 17 – Fascicolo sanitario elettronico

Le modifiche, introdotte nel corso dell’esame al Senato[62], intervengono sull’articolo 17, prevedendo che:

§      all’interno del fascicolo sanitario elettronico, per favorire la qualità, il monitoraggio, l’appropriatezza nella dispensazione dei medicinali e l’aderenza alla terapia ai fini della sicurezza del paziente, sia istituita una sezione specifica dedicata al dossier farmaceutico (comma 1, lett. a-bis e b-bis);

§      le regioni e province autonome possano partecipare alla definizione, realizzazione ed utilizzo dell’infrastruttura nazionale per l’interoperabilità dei fascicoli regionali, resa disponibile dall’Agenzia per l’Italia digitale (lett. e, cpv. 15 e 15-ter)

§      l’approvazione dei piani per la realizzazione dei FSE regionali da parte dell’Agenzia sia condizionata alla piena fruibilità a livello nazionale dei dati regionali, ai fini di indagini epidemiologiche, valutazioni statistiche, registri nazionali e raccolta dati ai fini della programmazione nazionale (let.t e, cpv. 15-quater);

§      l’autorizzazione di spesa di 10 milioni per il 2014 e 5 milioni annui a decorrere dal 2015 sia riferita al “progetto FSE”, come indicato nella relazione tecnica, e non solo alla realizzazione dell’infrastruttura centrale. Si prevede, inoltre, che il suddetto progetto debba essere realizzato entro il 31 dicembre 2015 (lett. e, cpv. 15-quinquies) anziché entro il 30 giugno 2015, come previsto dal testo approvato dalla Camera (nel testo iniziale il termine era stabilito al 31 dicembre 2014).

Si ricorda che, secondo la RT riferita al testo iniziale del provvedimento in base al quale l’istituzione del FSE doveva avvenire entro il 31 dicembre 2014, la progettazione e realizzazione dell’infrastruttura centrale comporta una spesa una tantum in conto capitale di 5 milioni nel 2014, mentre gli oneri relativi all’attività ordinaria di gestione dei servizi telematici e dei servizi di sicurezza sono pari, complessivamente, a 5 milioni annui a decorrere dal 2014.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

Al riguardo, andrebbe acquisita conferma della idoneità del profilo temporale dell’autorizzazione di spesa di cui alla lettera e), cpv. 15-quinquies, rispetto ai tempi di realizzazione del progetto.

Articolo 18, comma 8 – Messa in sicurezza e costruzione di edifici scolastici

Le modifiche, introdotte dal Senato, intervengono sull’articolo 18, comma 8, del provvedimento in esame.

Si ricorda che il testo del suddetto comma 8 approvato alla Camera prevedeva che l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), destinasse fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 agli interventi del piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici di cui all’articolo 53, comma 5, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. DL 5/2012, secondo un programma concordato tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti.

In particolare, le modifiche prevedono che l’INAIL destini le risorse, fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016, a un piano di intereventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche con strumenti previsti dall'articolo 53, comma 5, del DL 5/2012.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che le modifiche apportate al Senato ampliano le finalizzazioni degli interventi a valere sulle risorse INAIL, comprendendo anche la costruzione di nuovi edifici scolastici. Tale finalità sembra non omogenea rispetto alle specifiche attività dell’Istituto. Sul punto appare utile acquisire l’avviso del Governo.

Appare, inoltre, opportuna una conferma che la nuova destinazione non incida sulle dinamiche di spesa già scontate nei tendenziali ai fini dei saldi di cassa.

Articolo 18, comma 8-ter – Commissari in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali

Le modifiche, introdotte dal Senato, intervengono sull’articolo 18, comma 8-ter, del provvedimento in esame introdotto dalla Camera, inserendovi un secondo periodo. Le norme specificano che, fino al 31 dicembre 2014, i sindaci e i presidenti delle province interessati operino in qualità di commissari governativi al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto, nonché di garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico, come disposto dal primo periodo del medesimo comma 8-ter.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto – su cui appare utile acquisire conferma – che ai commissari governativi non spetti alcun compenso o emolumento per l’attività svolta e che all’esercizio dei relativi computi e al relativo supporto organizzativo si faccia fronte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 18, comma 8-septies – Spese a uso scolastico e a servizi per l’infanzia

Le norme, introdotte dal Senato, intervengono sull’articolo 1, comma 141, della L. 228/2012 (Legge di stabilità 2013).

Detto comma 141 prevede che le amministrazioni pubbliche, nonché le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), non possano effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, salvo che l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili.

Le modifiche intervenute al Senato, in particolare, derogano al limite di cui all’articolo 1, comma 141, della Legge di stabilità 2013, nel caso in cui l’acquisto di mobili e arredi sia destinato all’uso scolastico e dei servizi dell’infanzia.

Conseguentemente, le disposizioni quantificano un onere, pari a 300 mila euro per gli anni 2013 e 2014, a valere sulla corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili conferiti dallo Stato ad uno o più fondi immobiliari[63].

 

Si ricorda che il prospetto riepilogativo relativo alla legge di stabilità 2013 ascriveva all’articolo 1, comma 141, i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2013

2014

2015

2013

2014

2015

2013

2014

2015

Minori spese in conto capitale

 

 

5,0

5,0

0

5,0

5,0

0

5,0

5,0

0

 

Le norme non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno acquisire dal Governo i dati e gli elementi sottostanti la quantificazione dei minori risparmi derivanti dalla deroga - concessa per l’acquisto di mobili e arredi destinato all’uso scolastico e dei servizi dell’infanzia - al limite disposto dall’articolo 1, comma 141, della L. 228/2012.

Articolo 18, comma 9-bis – Programmi annuali “6.000 campanili”

La modifiche, introdotte durante l’esame al Senato, sopprimono il comma 9-bis dell’articolo 18, introdotto dalla Camera. Tale comma prevedeva che entro sei mesi dalla data di conversione in legge del decreto in esame fossero definiti le modalità e i criteri per la prosecuzione fino al 2020 dei programmi annuali «6.000 Campanili». Per le risorse necessarie era previsto l’utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione per gli anni 2014-2020.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare.

Articolo 19, comma 5-bis – Sospensione pagamento canoni demaniali marittimi

La norma, introdotta dal Senato, prevede che, sino alla data del 15 settembre 2013, siano sospesi i pagamenti dei canoni per le concessioni demaniali marittime anche qualora i relativi importi siano stati iscritti al ruolo esattoriale e siano state emesse cartelle di pagamento da parte degli agenti incaricati della riscossione. Inoltre, sino alla stessa data, è prevista la sospensione dei procedimenti amministrativi avviati dalle amministrazioni competenti e gli effetti dei medesimi, relativi alla sospensione, revoca o decadenza della concessione demaniale marittima derivante dal mancato versamento del canone demaniale marittimo nella misura determinata dall‘articolo 1, comma 251 della l. n. 296/2006

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, pur rilevando che la sospensione ha carattere infrannuale, andrebbero esclusi effetti di cassa riconducibili alla sospensione prevista dalla norma.

Articolo 25, comma 11-sexies – Efficientamento dei servizi di trasporto nella regione Calabria

La modifiche, introdotte dal Senato, sostituiscono l’articolo 25, comma 11-sexies, inserito durante l’esame alla Camera. In particolare, le disposizioni riducono, per il biennio 2013-2014, da 100 a  40 milioni di euro il limite, a valere sulle risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, che la regione Calabria è autorizzata a utilizzare per operazioni di potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro, compreso l’acquisto di materiale rotabile automobilistico e ferroviario.

La riduzione da 100 a 40 milioni del limite complessivo consegue alla soppressione del limite di spesa di 60 milioni relativo alla copertura di oneri correnti. Si segnala che alle disposizioni del comma 11-sexies non venivano ascritti effetti finanziari nella RT riferita al testo approvato dalla Camera.

 

Si segnala che la RT relativa al testo approvato dalla Camera non era stata verificata positivamente con riferimento al comma 11-sexies in esame. La verifica negativa era motivata dal fatto che la norma, nella parte in cui destinava le risorse della programmazione regionale del Fondo di sviluppo e coesione, finalizzate a investimenti, a copertura di oneri di parte corrente, determinava una dequalificazione della spesa. Inoltre si segnalava che non vi era certezza che l’onere non si protraesse negli anni successivi al 2014, con conseguente necessità di ulteriore copertura, seppure limitata a due anni.

 

Le modifiche introdotte dal Senato non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 25-bis – Sede dell’autorità di regolazione dei trasporti

Normativa previgente. L’art. 37, comma 1, del D.L. n. 201/2011 ha previsto l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti, con sede da definire con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il termine del 30 aprile 2012. Con D.P.C.M. dell’11 maggio 2012 è stata individuata nella città di Roma la sede della medesima Autorità. Nelle premesse al citato decreto si precisa che "l’individuazione della predetta sede è idonea, nell’ambito dell’attuale fase di contenimento dei costi e razionalizzazione della spesa delle pubbliche amministrazioni, ad assolvere anche alla funzione di limitare i costi di organizzazione e di funzionamento dell'Autorità di regolazione dei trasporti, evitando l'apertura di uffici, e il conseguente dislocamento del personale, in più sedi nel territorio nazionale”.

 

La norma, introdotta dal Senato, novella il citato art. 37, comma 1, disponendo che la sede dell’Autorità di regolazione dei trasporti sia individuata sempre con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; si precisa peraltro che la sede è individuata in un immobile di proprietà pubblica nella città di Torino, laddove idoneo e disponibile. É inoltre prorogato al 31 dicembre 2013 il termine per tale individuazione.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe chiarito se l’utilizzo dell’immobile di proprietà pubblica sia o meno disposto a titolo gratuito e quali siano le implicazioni finanziarie per l’ente che metterà a disposizione l’immobile medesimo, anche in ragione delle considerazioni espresse dalle premesse del citato D.P.C.M. dell’11 maggio 2012, che motivavano la scelta della sede di Roma con la necessità del contenimento dei costi.

Andrebbe inoltre meglio precisato il significato del termine “disponibile” anche al fine di escludere che possa trattarsi di immobile già inserito in programmi di valorizzazione e/o dismissione cui siano ascritti effetti positivi per la finanza pubblica.

 

Articolo 26-ter– Anticipazione del prezzo di appalto

L’art. 26-ter, introdotto durante l’esame del provvedimento presso la Camera, ha previsto, nei contratti di appalto relativi a lavori, la possibilità, per le gare bandite fino al 31 dicembre 2014, di corrispondere in favore dell’appaltatore un’anticipazione pari al 10 per cento dell’importo contrattuale, in deroga ai divieti sanciti di anticipazione del prezzo.

 

Le modifiche, introdotte dal Senato:

§      trasformano la facoltà di corrispondere l’anticipazione del 10% in obbligo (sempre limitato alle gare bandite entro il 31 dicembre 2014);

§      introducono due commi aggiuntivi con i quali si dispone che, nel caso di contratti relativi a lavori di durata pluriennale, l’anticipazione va compensata fino a concorrenza dell’importo su pagamenti effettuati nel corso del primo anno contabile mentre nel caso di contratti sottoscritti nel corso dell’ultimo trimestre dell’anno, l’anticipazione è effettuata nel primo mese dell’anno successivo ed è compensata nel corso del medesimo anno contabile.

 

La relazione tecnica riferita al testo approvato dalla Camera affermava che dalla disposizione non si ravvisano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Le modifiche del Senato non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbero chiariti gli effetti in termini di cassa delle disposizioni introdotte precisando se gli stessi possano incidere in modo apprezzabile sulle dinamiche di spesa già scontate ai fini dei tendenziali, anche in considerazione del carattere non più facoltativo della corresponsione dell’anticipazione.

Articolo 30, comma 1, lettera f) – Segnalazione certificata di inizio attività

Le modifiche, introdotte dal Senato, intervengono sull’articolo 30, comma 1, lett. f) del provvedimento in esame (cpv. art. 23-bis, comma 4,) con specifico riguardo alla disposizione, come formulata dalla Camera, che assegna ai comuni l’individuazione, con propria deliberazione, da adottare entro il 31 dicembre 2013, delle aree nelle quali non è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività per interventi di demolizione e ricostruzione comportanti modifiche della sagoma.

Le modifiche introdotte: specificano che i comuni “devono individuare” le predette aree; sostituiscono il termine del 31 dicembre 2013 con quello del 30 giugno 2014; dispongono che, decorso tale termine, in mancanza di un intervento sostitutivo delle regioni, la predetta deliberazione è adottata da un Commissario nominato dal Ministro per le infrastrutture ed i trasporti.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma – che l’attività del commissario possa svolgersi senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

Articolo 30, comma 3 – Termine di inizio e fine lavori nel permesso di costruire

Le modifiche, introdotte dal Senato, intervengono sull’articolo 30, comma 3, del provvedimento in esame, che proroga di 2 anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori fissati relativi al permesso di costruire. La modifica precisa che la proroga si applica purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato e che i titoli abitativi non risultino in contrasto con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare atteso il carattere ordinamentale della norma.

Articolo 30, comma 3-bis – Termine di inizio e fine lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione

Le norme, introdotte al Senato, inseriscono il comma 3-bis dell’articolo 30, nel provvedimento in esame, che proroga di 3 anni il termine di validità, nonché quelli di inizio e di fine lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione oppure di accordi similari comunque denominati, stipulati sino al 31 dicembre 2012.

 

Le norme  non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 30-bis – Semplificazioni in materia agricola

Le norme, introdotte al Senato, intervengono sul D.Lgs. 228/2001, in materia di orientamento e modernizzazione del settore agricolo.

Le norme introducono, tra l’altro, all’articolo 4 il comma 8-ter, disponendo che l’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli non comporti cambio di destinazione d’uso del locali interessati e che la stessa può esercitarsi su tutto il territorio comunale, a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati.

Le norme non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 31, comma 1-bis, – DURC per lavori privati di manutenzione in edilizia

La norma, introdotta dal Senato, inserisce all’articolo 31 del provvedimento in esame il comma 1-bis. Le norme dispongono che, in caso di lavori privati di manutenzione in edilizia realizzati senza ricorso a imprese, direttamente in economia dal proprietario dell’immobile, non sussiste l’obbligo della richiesta del documento di regolarità contributiva (DURC) agli istituti o agli enti abilitati al rilascio.

 

Le norme non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare.

Articolo 32, comma 1, lettera f) – Verifiche periodiche per le attrezzature di lavoro

Le modifiche introdotte al Senato sostituiscono integralmente l’articolo 32, comma 1, lettera f), del provvedimento in esame. In particolare, le disposizioni estendono la possibilità per il datore di lavoro di avvalersi, ai fini della verifica delle attrezzature di lavoro, di soggetti pubblici o privati abilitati. Viene confermata la previsione che le verifiche sono effettuate a titolo oneroso e che le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare.

Articolo 32, comma 7-bis – Criterio del prezzo più basso

Le modifiche introdotte al Senato intervengono sull’articolo 32, comma 7-bis, del provvedimento in esame introdotto dalla Camera, che ha inserito l’articolo 82, comma 3-bis nel D. Lgs. 163/2006 (Codice degli appalti pubblici), in materia di criterio del prezzo più basso. Le modifiche dispongono che detto prezzo sia determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base anche delle voci retributive della contrattazione integrativa di secondo livello.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno acquisire elementi di valutazione circa la portata applicativa della norma. La determinazione del prezzo, al netto delle voci retributive della contrattazione integrativa di secondo livello, potrebbe infatti comportare l’innalzamento dell’importo degli appalti con maggiori oneri a carico delle amministrazioni pubbliche interessate. In proposito appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

Articolo 33, comma 2-bis – Rilascio di documenti attraverso strumenti informatici

La norma introdotta dal Senato, prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, gli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza acquisiscono e trasmettono dati e documenti attraverso gli strumenti informatici.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno un chiarimento circa l’effettiva possibilità per le amministrazioni interessate di far fronte, nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, agli adempimenti previsti nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, quindi, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 35, comma 1-bis, – Meccanismi premiali relativi alle regioni

Normativa vigente. L’articolo 6, il comma 20, del DL 78/2010, in materia di contenimento delle spese regionali, prevede specifici parametri il cui rispetto determina l’attribuzione alle regioni a statuto ordinario di una quota dei trasferimenti erariali. A tal fine si considerano adempienti le regioni a statuto ordinario che hanno registrato un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno e che hanno rispettato il patto di stabilità interno.

Il successivo articolo 9, comma 28, del DL 78/2010 dispone, tra l’altro, che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Le disposizioni costituiscono principi generali cui si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del SSN.

 

Le norme introdotte al Senato inseriscono all’articolo 35 il comma 1-bis, che interviene sull’articolo 6, comma 20, del DL 78/2010.  Le norme introdotte specificano che il rispetto del parametro indicato dal medesimo comma 20 è considerato ai fini della definizione, da parte della regione, della puntuale applicazione della disposizione recata, in termini di principio, dall’articolo 9, comma 28, del DL 78/2010.

 

Le norme, introdotte durante l’esame presso il Senato, non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, appare utile una conferma che la disposizione non incida su risparmi eventualmente già scontati ai fini dei tendenziali.

Articolo 41, commi 1 e 3 - Acque sotterranee

Le modifiche, introdotte dal Senato:

§      specificano le modalità tecniche di svolgimento delle procedure volte ad impedire l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati (comma 1);

§      precisano che vanno comunque adottate le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell’inquinamento (comma 1);

§      in merito al comma 3, che precisa che lo scarico delle acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo, fanno salvi gli accordi di programma per la bonifica sottoscritti prima dell’entrata in vigore della presente disposizione, che rispettano le norme in materia di bonifica vigenti al tempo della sottoscrizione (comma 3).

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riguardo alle modifiche al comma 3, andrebbe acquisita conferma della loro compatibilità con l’ordinamento europeo. Riguardo al comma 1, non si hanno osservazioni ad formulare nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma - che le misure di sicurezza e prevenzione siano comunque a carico dei soggetti responsabili.

 

Articolo 41-bis, comma 7- Materiali da scavo

Normativa previgente

Il DM n. 161 del 10 agosto 2012, reca il regolamento per la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo. All’art. 1, co. 1, lett. b)  il decreto reca una definizione  dei «materiali da scavo»

 

La norma, introdotta dal Senato, dispone che la definizione dei materiali da scavo di cui all’art. 1, co. 1, lett. b) del citato DM n. 161/2012 integra le corrispondenti disposizioni del D. Lgs n. 152/2006 (c.d. codice dell’ambiente)

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni ad formulare nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma - della conformità all’ordinamento europeo.

Articolo 41-quater - Disciplina dell’utilizzo del pastazzo

La norma, introdotta dal Senato, demanda ad un decreto (da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del DL in esame) del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro delle politiche agricole, la definizione di disposizioni che consentano la produzione, la commercializzazione e l’uso del pastazzo quale sottoprodotto della lavorazione degli agrumi ad uso agricolo e zootecnico, sottraendolo in modo definitivo alla disciplina dei rifiuti. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del DL in esame sono stabiliti i criteri quantitativi e qualitativi per l’utilizzo delle sostanze prodotte nel corso della lavorazione degli agrumi nel medesimo o in altri cicli di produzione.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, al fine di evitare l’applicazione di eventuali sanzioni, andrebbe confermata la compatibilità delle previsioni in esame con l’ordinamento europeo.

 

Articolo 42-bis – Certificati sanitari

Le norme, introdotte durante l’esame presso il Senato[64], abrogano l’obbligo di certificazione per l’attività ludico motoria e amatoriale prevista dall’articolo 7, comma 11, del D.L. 158/2012 e del DM di attuazione 24 aprile 2013.

Resta fermo l’obbligo di certificazione presso il medico o il pediatra di base per l’attività sportiva non agonistica:

 

La norma non risulta corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, atteso che il rilascio dei certificati di idoneità fisica già rientrano nell’attività dei medici di medicina generale, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 46-ter – Disposizioni in favore dell’EXPO 2015

Le norme, introdotte durante l’esame presso il Senato[65], prevedono che:

§      la società Expo Spa possa avvalersi di Consip nella sua qualità di centrale di committenza, mediante stipula di apposita convenzione che preveda il rimborso delle relative spese a carico di Expo Spa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 1);

§      le società in house degli enti locali soci di Expo Spa possono procedere, anche in deroga a vincoli specifici, ad assunzioni a tempo determinato del personale necessario per la realizzazione delle opere connesse all’evento fino alla conclusione delle stesse e comunque non oltre il 31 dicembre 2015, nei limiti delle risorse finalizzate a tali opera (comma 2);

§      in relazione all’Accordo 11 luglio 2012 tra l’Italia e il Bureau International des Expositions, le disposizioni dell’articolo 17, comma quinto, del DPR 633/1972 (IVA) (reverse charge), si applicano anche alle prestazioni di servizi (Progettazione interna ed esterna) attinenti all’architettura e all’ingegneria di cui al Capo IV, sez I, del D.lgs 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). (comma 3).

L’articolo 19 dell’Accordo indica le agevolazioni fiscali in favore dell'Organizzatore, cioè della Società «Expo 2015 S.p.A.», che ha il compito di porre in essere interventi infrastrutturali e organizzativi necessari per la realizzazione dell'Expo Milano 2015. In particolare il comma 2  prevede che le disposizioni di cui all'articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633/1972, si applicano anche alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti appaltatori nei confronti dell'Organizzatore.

Oltre alle tipologie indicate nei commi quinto e sesto dell’articolo 17 del D.P.R. n. 633, attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze la facoltà di estendere il meccanismo della reverse charge (inversione contabile), mediante propri decreti, a ulteriori tipologie, purché rientranti fra quelle alle quali il predetto meccanismo risulta applicabile in virtù dell'autorizzazione prevista, in via generale, nella normativa comunitaria.

Già con il decreto del Ministero dell'economia del 10 luglio 2012 (G.U. n. 203 del 31 agosto 2012) si stabilisce che gli appaltatori non dovranno addebitare in fattura l'imposta per le prestazioni edili rese alla società titolare delle aree espositive e alla società che gestisce l'evento. L'imposta sarà, invece, applicata direttamente dalle società committenti con il meccanismo dell'inversione contabile. Il provvedimento estende, così, quanto previsto dall'articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633/1972 anche alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti appaltatori nei confronti della società titolare delle aree e della società di gestione dell'Esposizione Universale;

 

§      ai diritti di accesso all’Esposizione si applica, ai fini IVA, l’aliquota ridotta del 10 per cento (in luogo del 22 per cento) (comma 4).

L’articolo 19 dell’Accordo, al comma 3, dispone che, ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, le prestazioni rese dall'Organizzatore per l'accesso all'Expo Milano 2015 non rientrano fra quelle esenti dall’imposta ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 22), del D.P.R. n. 633 del 1972, cioè le prestazioni proprie delle biblioteche, discoteche e simili e quelle inerenti alla visita di musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici e zoologici e simili;

§      i finanziamenti statali relativi ad opere connesse all’evento, il cui progetto definitivo non è stato approvato dal CIPE alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, sono revocati (comma 5).

 

La norma non risulta corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che le disposizioni di cui al comma 2 comportano una deroga ai limiti di assunzione del personale previsti dalla legislazione. Andrebbero quindi valutate le conseguenze finanziarie di tali disposizioni rispetto alle previsioni di spesa scontate nei tendenziali.

Si rileva, inoltre, che l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta sui diritti di accesso all’Esposizione (comma 4) appare suscettibile di determinare minori entrate. Andrebbero in proposito acquisiti elementi volti a verificare se si tratti di riduzioni di gettito di ammontare apprezzabile.

Nulla da osservare, infine, sui restanti commi.

 

Articolo 46, comma 1-bis – Modifica della copertura del contributo in favore di Expò Milano 2015

La modifica, introdotta dal Senato, interviene sulla norma di copertura del contributo per Expò 2015 di 1,5 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015, finalizzato a promuovere la presentazione delle esperienze di Cooperazione italiana maturate nel campo della alimentazione, della sovranità alimentare e dell'accesso alle risorse alimentari. Si ricorda che, nel testo approvato dalla Camera, la copertura era rinvenuta a valere sul fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili conferiti dallo Stato ad uno o più fondi immobiliari[66].

Per la descrizione delle nuove disposizioni di copertura e per le relative osservazioni si rinvia alle considerazioni sulla copertura finanziaria (cfr. infra).

 

La relazione tecnica, riferita al testo approvato dalla Camera dei deputati, evidenziava in proposito che la precedente copertura risultava carente in quanto la riduzione del fondo avrebbe potuto incidere sulla realizzazione della connessa operazione di dismissioni immobiliari, per la parte relativa al conferimento di immobili in uso ad Uffici statali.

La relazione segnalava in particolare che la predetta operazione risulta già scontata nei tendenziali di finanza pubblica e in relazione a questa è stata prevista a legislazione vigente una riduzione del debito e della conseguente spesa per interessi passivi. Il fondo risulta già parzialmente utilizzato nei soli anni 2013 e 2014 nel limite del margine che consente di conseguire il risparmio per interessi considerato nelle previsioni di finanza pubblica. L’ulteriore utilizzo del predetto fondo appare dunque suscettibile di determinare oneri, connessi alla mancata riduzione dei predetti interessi passivi, che andrebbero quantificati e coperti. Inoltre, ulteriori riduzioni del Fondo di cui al comma 139 dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2013, già ridotto da provvedimenti adottati successivamente alla sua istituzione, renderebbero più complesso il raggiungimento dell'obiettivo di abbattimento del debito indicato nel DEF 2013 e il conseguimento del percorso di riduzione del rapporto debito pubblico/PIL previsto dall'ordinamento europeo e dalla legge rafforzata n. 243 del 2012, rispetto alla soglia del 60%.

Pertanto, la relazione tecnica condizionava la positiva verifica della disposizione a una riformulazione del relativo testo, nel senso recepito dalla norma attualmente in esame.

 

Al riguardo, nel rinviare alle considerazioni svolte con riferimento al successivo art. 61, in materia di copertura finanziaria, si rileva l’opportunità di acquisire informazioni aggiornate in merito degli effetti attualmente scontati nelle previsioni di finanza pubblica con riferimento ai risparmi per spesa di interessi e alla riduzione del debito attesi dalle operazioni di dismissione immobiliare correlate all’attuale dotazione del fondo per i canoni di locazione, anche in considerazione delle riduzioni finora operate.

Si ricorda in proposito che nella Nota di aggiornamento al DEF 2012 veniva indicato un obiettivo di riduzione del rapporto debito/PIL di un punto percentuale annuo (cumulato) per gli esercizi 2013-2015, da raggiungersi mediante un piano di dismissione e valorizzazione degli asset patrimoniali dello Stato, i cui corrispondenti effetti in termini di risparmi di spesa per interessi erano scontati negli andamenti tendenziali. Parallelamente veniva proposto, nel testo iniziale della legge di stabilità per il 2013, la dotazione del fondo per i canoni di locazione sopra ricordata in nota.

Articolo 46, commi da 1-quater a 1-sexies – Soppressione dell’esclusione dal patto di stabilità interno delle spese di pubblicità relative a Expò 2015

La modifica introdotta dal Senato sopprime una disposizione inserita durante l’esame presso la Camera, la quale, nel prevedere la possibilità, per i comuni della provincia di Milano, di destinare per gli anni 2013, 2014 e 2015 fino all’80 per cento del gettito dell’imposta di soggiorno al programma «City Operations», finalizzato alla realizzazione dell’evento «Expo 2015», escludeva le spese finanziate con le predette entrate sia dalle disposizioni di cui all'art. 6 del D.L. 78/2010, inerenti limiti ai costi degli apparati amministrativi, sia dal patto di stabilità interno.

 

La relazione tecnica riferita al testo approvato dalla Camera evidenziava che, permesso che le ampie deroghe alle misure di contenimento delle spese di cui all'art. 6 D.L. 78/2010 potrebbero compromettere l'applicazione di regole uniformi, ancorché non direttamente incidenti sulla finanza pubblica, l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese connesse al predetto programma determinava effetti negativi in termini di indebitamento netto e di fabbisogno non quantificati e privi di idonea compensazione finanziaria.

Pertanto, la relazione tecnica condizionava la positiva verifica della disposizione a una riformulazione del relativo testo, nel senso recepito dalla norma attualmente in esame.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 

Articolo 49, comma 2-bis

Le modifiche,[67] introdotte dal Senato, intervengono sul comma 2-bis dell’art. 49, inserito dalla Camera, che a sua volta modifica l’articolo 15 del D.L. 95/2012.

La modifica del Senato riguarda in particolare il comma 14 di tale articolo.

L’articolo 15, comma 14, del D.L. 95/2012 stabilisce una riduzione complessiva degli acquisti da erogatori privati (volumi e corrispettivo) per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera in misura tale da ridurne la spesa, rispetto al valore registrato a consuntivo nel 2011, dello 0,5 per cento per il 2012, dell’1 per cento per il 2013 e del 2 per cento a decorrere dal 2014. La  misura è aggiuntiva rispetto alle misure di riduzione già eventualmente assunte dalle regioni o dalle province autonome. Il livello di spesa 2012 così rideterminato costituisce il valore di riferimento per l’applicazione della manovra correttiva già prevista dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del D.L. 98/2011[68]. Secondo la RT allegata al provvedimento la misura determina un livello di risparmio pari a circa 70 milioni per il 2012, 140 milioni per il 2013 e 280 milioni a decorrere dal 2014.

La disposizione in esame prevede che, qualora nel 2011, le strutture private accreditate siano rimaste non operative a causa di eventi sismici o per effetto di situazioni di insolvenza, le percentuali di riduzione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera di cui al primo periodo del comma 14 possono essere riviste per tener conto degli atti di programmazione regionale riferite a tali strutture, purché la regione assicuri, attraverso altre forme di contenimento della spesa sanitaria, gli obiettivi di risparmio ad essa assegnati sulla base della disposizione citata.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, appaiono utili chiarimenti in merito ai seguenti profili. Si osserva innanzitutto che non sono specificate le regioni interessate dal provvedimento, né gli eventi sismici e le “situazioni di insolvenza” che avrebbero causato l’inattività di alcune strutture private accreditate. Non è chiaro inoltre se la norma possa avere una valenza retroattiva, applicandosi anche alla riduzione delle percentuali di spesa previste per l’esercizio 2012 ormai chiuso. Dovrebbe, infine, essere chiarito se e in quale misura, a fronte della platea dei soggetti interessati dalla norma, le regioni coinvolte siano comunque in grado di conseguire i risparmi attesi e come si intenda assicurare il rispetto di tale vincolo.

Su tali aspetti appare, pertanto, opportuno un chiarimento da parte del Governo.

Articolo 49-quinquies – Misure finanziarie urgenti per gli enti locali

La norma introdotta nel corso dell’esame in seconda lettura al Senato, modificando l’articolo 243-bis del D. Lgs. n. 267/2000, in materia di procedura di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali in dissesto finanziario, prevede che qualora, in caso di inizio mandato, la delibera del piano di riequilibrio finanziario pluriennale risulti già presentata dalla precedente amministrazione, ordinaria o commissariale, e non risulti ancora intervenuta la delibera della Corte dei conti di approvazione o di diniego di cui all’articolo 243-quater, comma 3, l’amministrazione in carica ha facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio, presentando la relativa delibera nei 60 giorni successivi alla sottoscrizione della relazione di inizio mandato provinciale e comunale, di cui all’articolo 4-bis del D.Lgs. n. 149/2011.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 50 – Modifica alla disciplina della responsabilità fiscale negli appalti

La modifica, introdotta dal Senato, ripristina la formulazione dell’articolo contenuta nel testo originario del decreto legge in esame.

In particolare, rispetto alla normativa vigente prima della data di entrata in vigore del decreto legge, viene meno la responsabilità solidale dell’appaltatore per il versamento dell’Iva dovuta dal subappaltatore, responsabilità che permane invece per gli obblighi di versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, la norma originaria era stata integrata al fine di prevedere, tra l’altro, un ulteriore alleggerimento della responsabilità solidale in caso di presentazione del Documento unico di regolarità tributaria (DURT).

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 52 – Disposizioni per la riscossione mediante ruolo

La modifica, introdotta dal Senato, interviene sulla disciplina della riscossione al fine di prevedere l’emanazione di un decreto del MEF diretto ad individuare un paniere di beni, definiti “beni essenziali”, da escludere dall’esercizio dell’attività di espropriazione.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione appare opportuna una conferma diretta a precisare che tale esclusione non comporti effetti finanziari negativi dovuti ad una riduzione dell’efficacia dell’attività di riscossione.

Articolo 54-bis e 54-ter – Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche

Le modifiche, introdotte dal Senato, sostituiscono integralmente gli articoli 54-bis e 54-ter del provvedimento in esame, introdotti durante l’esame presso la Camera dei deputati. Le disposizioni modificano gli articoli 1, comma 2, lettera d), della L. 190/2012 e 16 del d.lgs. n. 39 del 2013 in materia di prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. In particolare, si dispone che la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche[69] esprima parere obbligatorio sugli atti di direttiva e di indirizzo, nonché sulle circolari del Ministro per la pubblica amministrazione in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti regolanti il rapporto di lavoro pubblico (articolo 54-bis).

Si prevede, inoltre, che l’Autorità nazionale anticorruzione esprima pareri obbligatori sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti l’interpretazione delle disposizioni del medesimo articolo 16 del d.lgs. n. 39 del 2013 e la loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità degli incarichi e di incompatibilità (articolo 56-ter).

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto – sul quale appare opportuno acquisire conferma dal Governo – che agli eventuali adempimenti aggiuntivi la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche farà fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Articolo 56-bis – Trasferimento di immobili agli enti territoriali

Le modifiche, introdotte durante l’esame presso il Senato[70], riguardano l’articolo 56-bis del provvedimento in esame, e prevedono che:

§      in caso di rigetto della richiesta di assegnazione di immobili, l’ente possa presentare all’Agenzia del demanio una richiesta di riesame (comma 2);

§      in caso di acquisizione di immobili utilizzati dallo Stato a titolo oneroso, qualora non sia possibile l’integrale recupero delle minori entrate statali attraverso la riduzione delle risorse trasferite a qualunque titolo dallo Stato all’ente territoriale, si proceda al recupero da parte delle Agenzia delle entrate a valere sui tributi spettanti all’ente o, se non sufficienti, al versamento delle somme dovute da parte dell’ente medesimo (comma 7).

Viene inoltre sostituito il comma 10[71] ed aggiunto il comma 10-bis relativi alla destinazione dei proventi derivanti da dismissioni immobiliari.

Si ricorda che in via generale gli enti locali possono utilizzare le entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali al finanziamento degli investimenti, nonché al risanamento di squilibri di bilancio di parte capitale (articoli 199 e 193 del DLgs 267/2000, TUEL e articolo 1, comma 443, della legge 228/2012) Con riferimento all’alienazione di beni trasferiti dallo Stato, l’articolo 9, comma 5, del D. Lgs. 85/2010 (federalismo demaniale), prevede che il 75 per cento del ricavato è acquisito dall’ente per essere destinato alla riduzione del debito dell’ente medesimo o per la parte restante a spese di investimento, mentre il 25 per cento è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

Il nuovo comma 10 prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 5, del D. Lgs .85/2010 alle risorse nette derivanti dall’eventuale alienazione da parte degli enti territoriali degli immobili statali trasferiti ai sensi dell’articolo in esame, ovvero dalla cessione di quote dei fondi immobiliari. Nel caso, invece, di alienazione di beni rientranti nell’originario patrimonio immobiliare disponibile, è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato il 10 per cento delle risorse nette, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata alla riduzione del debito dell’ente. Per la parte non destinata alla riduzione del debito pubblico resta fermo quanto disposto dall’articolo 1, comma 443, della legge 228/2012 (comma 10-bis).

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che il comma 10-bis, pur richiamando il carattere eccezionale della situazione economica, sembra introdurre una nuova disciplina a regime circa l’utilizzo da parte degli enti territoriali dei proventi da dismissione, prevedendosi che, nel caso di alienazione di beni rientranti nell’originario patrimonio immobiliare disponibile, il 10 per cento delle relative entrate siano destinate al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

Non appare chiara la formulazione della norma nella parte riferita alla restante quota dei proventi netti, che sembrerebbe riferirsi alla quota del 90 per cento dei proventi medesimi. In proposito sarebbe utile un chiarimento.

Andrebbe infine acquisita conferma che la disposizione sia compatibile con il conseguimento degli obiettivi complessivi di riduzione del debito pubblico scontati nelle previsioni tendenziali.

Articolo 56-ter – Piani di azionariato

La modifica, introdotta dal Senato, sostituisce integralmente l’articolo 56-ter del provvedimento in esame, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati.

In proposito si rileva che l’articolo 56-ter , come approvato dalla Camera, prevedeva che, a decorrere dall'anno 2014, il bollo sulle comunicazioni alla clientela relative ai prodotti e agli strumenti finanziari non si applicasse ai piani di partecipazione, anche azionaria, dei dipendenti agli utili delle impresa che operano nel settore del commercio e della distribuzione, purché detti piani siano stati costituiti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011. A tal fine veniva autorizzata la spesa di 3 milioni di euro a decorrere dal 2014. La RT riferita al testo approvato alla Camera dei deputati verificava non positivamente detta disposizione in quanto suscettibile di determinare oneri privi di copertura finanziaria. In particolare la RGS sottolineava che la disposizione in esame introduceva un’agevolazione che agisce sul versante delle entrate (minore imposta di bollo) ponendo una "sorta di tetto di spesa" (3 milioni di euro su base annua a decorrere dal 2014), il cui funzionamento (modalità di fruizione e relativo monitoraggio necessari al fine del rispetto dello stesso limite di spesa) non risultava chiaro. Peraltro, secondo la RT,  tale meccanismo di monitoraggio, oltre che oneroso, sarebbe stato molto complesso da gestire, sia per l'amministrazione finanziaria che per gli intermediari presso cui sono "depositati" i titoli, a fronte di un risparmio che sarebbe potuto risultare anche, di modestissima entità per ciascun contribuente. Secondo la RT, ne consegue, che, in mancanza di un monitoraggio e di una procedura che consenta l'effettivo rispetto del limite di spesa, l'onere della disposizione sarebbe potuto essere superiore all'importo dell' autorizzazione di spesa.

II testo modificato prevede che i Ministri dello sviluppo economico, della giustizia, dell’economia e delle finanze e del lavoro presentino al Parlamento entro il 30 settembre 2013, una relazione sulla disciplina, sulle esperienze e sulle prospettive dell’azionariato diffuso, ovvero della partecipazione, anche azionaria, dei dipendenti agli utili di impresa, al fine di individuare le opportune misure normative e di incentivazione fiscale, volte a favorire la diffusione delle predette esperienze in ambito nazionale e la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende ai sensi dell’articolo 46 della Costituzione.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 56-quater - Diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede nei servizi di investimento

La norma, introdotta nel corso dell’esame al Senato[72], modificando l’articolo 30, comma 6, del TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998), estende la disciplina del diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede a determinati servizi di investimento, tra i quali la negoziazione in proprio per i contratti sottoscritti dal 1° settembre 2013.

La norma inserisce dopo il secondo periodo del comma 6 dell’articolo 30 del TUF una disposizione di interpretazione autentica che considera già applicabile la prima parte del comma 6 (diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede) ai servizi di investimento di cui all’articolo 1, comma 5, lettere c), c-bis) e d).

Si rammenta che i primi due periodi del comma 6 prevedono che l'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede sia sospesa per sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore.

Il comma 5 dell’articolo 1 del TUF definisce "servizi e attività di investimento", quando hanno per oggetto strumenti finanziari, anche: sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente (c)); collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente (c-bis)); gestione di portafogli (d)).

A decorrere dal 1° settembre 2013 tale facoltà di recesso è attribuita anche nei casi che il comma 5 dell’articolo 1 definisce negoziazione per conto proprio (lett. a)).

 

La norma non risulta corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 56-quinquies – Società cooperative

La norma, introdotta  nel corso dell’esame al Senato, prevede che, in attesa di un riordino complessivo degli strumenti di intermediazione finanziaria e, comunque, non oltre il 31/12/2014, possono continuare a svolgere la propria attività, senza obbligo di iscrizione all’albo di cui all’art. 106 del d.lgs. n. 385/1993, le società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro V del codice civile, esistenti alla data del 1° gennaio 1996 e le cui azioni non siano negoziate in mercati regolamentati, che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma esclusivamente nei confronti dei propri soci, a condizione che:

§      non raccolgano risparmio sotto qualsivoglia forma tecnica;

§      il volume complessivo dei finanziamenti a favore dei soci non sia superiore a quindici milioni di euro;

§      l’importo unitario del finanziamento sia di ammontare non superiore a 20.000 euro;

§      i finanziamenti siano concessi a condizioni più favorevoli di quelli presenti sul mercato.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 57-bis, comma 2 – Collocamenti fuori ruolo già adottati

La modifica, approvata dal Senato, interviene sull’art. 57-bis[73] che ha fatto salvi anche per l’anno scolastico 2013-2014 i provvedimenti di collocamento fuori ruolo riguardanti non più di centocinquanta tra docenti e dirigenti scolastici utilizzati dalla amministrazione scolastica centrale e periferica individuati ai sensi dell’articolo 26, comma 8, primo periodo,  della legge n. 448/1998.

Il testo licenziato dalla Camera prevedeva che gli oneri, pari a 1,1 milioni di euro per l'anno2013 e 2,6 milioni di euro per l'anno 2014, si provvedesse, nell'anno 2013 mediante corrispondente riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente iscritti, nell’ambito delle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel programma «Iniziative per lo sviluppo del sistema istruzione scolastica e per il diritto allo studio» della missione «Istruzione scolastica» dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e, per l’anno 2014, mediante utilizzo dei risparmi di spesa di cui all’articolo 58, comma 5.

Le modifiche introdotte al Senato  prevedono che l’onere sia espressamente configurato come limite di spesa e che per il 2014 sia rideterminato in 2,2 milione di euro ossia nel doppio della somma quantificata per il 2013.

La relazione tecnica riferita al testo approvato dalla Camera, presentata presso il Senato, rileva che il fuori ruolo del personale scolastico disposto per l’anno 2013-2014 ha efficacia dal 1° settembre del 2013 al 31 agosto 2014. L’onere per il 2013, pertanto, si riferisce a quattro mesi mentre quello per il 2014 a otto. La relazione tecnica, conseguentemente, valuta che l’onere per il 2014 deve essere assunto pari a 2,2 milioni di euro ossia al doppio dell’importo quantificato per l’anno 2013.

La medesima relazione tecnica ravvisava, inoltre, l’opportunità di stabilire che l’onere fosse espressamente configurato come limite di spesa. Pertanto, nel corso del esame presso il Senato in seconda lettura, si è provveduto a riformulare la norma di copertura sostituendo la dicitura “pari a” con “si provvede nel limite di spesa di”.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare in quanto nella nuova formulazione lo stanziamento è definito come limite di spesa. Si osserva peraltro che non sono esplicitati i parametri alla base della definizione di tale limite.

Si ricorda in proposito che la RT allegata alla norma della legge finanziaria 2013 (riguardante l’anno scolastico 2012/2013) che dimezzava da 300 a 150 unità le unità fuori ruolo (lo stesso contingente potenzialmente interessato dalla disposizione in esame), quantificava a un risparmio di 3,7 mln per l’intero anno scolastico.

Articolo 58, comma 3-bis – Riduzione di costi negli apparati amministrativi

La norma, introdotta dal Senato, interviene sulla vigente disposizione[74] che stabilisce, a decorrere dal 2011, limiti annuali di spesa per le missioni delle amministrazioni pubbliche,  fissandoli in misura pari al 50% di quella sostenuta per l’anno 2009. La modifica introdotta è diretta ad ampliare le tipologie cui non si applica il predetto limite di spesa.

In particolare, si dispone che il limite di spesa – oltre a non applicarsi alla spesa effettuata per compiti ispettivi e a quella effettuata dalle università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell’Unione europea e di soggetti privati – non si applica anche a quella relativa a finanziamenti di soggetti pubblici destinati ad attività di ricerca.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, pur considerando che alla norma originaria non erano stati ascritti effetti finanziari, andrebbe verificato se siano state successivamente previste riduzioni delle previsioni di bilancio per spese di missione in considerazione delle disposizioni ore modificate. In tale ipotesi infatti la norma potrebbe determinare effetti negativi per la finanza pubblica.

Articolo 59 e soppressione articolo 59-bis– borse di mobilità

La modifica, introdotta dal Senato, interviene sull’articolo 59 del testo approvato alla Camera, in materia di borse di mobilità. In particolare, si prevede che la comunicazione della graduatoria e l'assegnazione delle borse siano effettuate dal Ministero dell'istruzione entro 45 giorni dal bando  e comunque non oltre il 30 settembre 2013 (anziché entro il 3 settembre 2013). Viene, inoltre, previsto che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è adottato un Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci e meritevoli e privi di mezzi, che definisce la tipologia degli interventi e i criteri di individuazione dei beneficiari. Il suddetto Piano è triennale e può essere aggiornato annualmente anche in relazione alle risorse disponibili. Le risorse stanziate per l’attuazione del Piano sono determinate annualmente con la legge di stabilità.

Conseguentemente è soppresso l’ articolo 59-bis in materia di programma nazionale per il sostegno degli studenti capaci e meritevoli.

 

Le modifiche non sono corredate di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 60 – fondo per il  finanziamento ordinario delle università

La modifica introdotta dal Senato interviene sulle quote percentuali del fondo per il finanziamento ordinario delle università destinate alla promozione e al sostegno dell’incremento qualitativo delle attività delle università statali e al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse, di cui all’articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, lasciando comunque invariata la quota massima pari al 30 per cento.

 

La modifica non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe confermata la sostenibilità del meccanismo di riparto del fondo indicato dalla norma ad invarianza di risorse.

 

 

Articolo 61 – Copertura finanziaria

In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che la disposizione in esame è stata modificata al fine di:

-       provvedere alla copertura degli oneri derivanti dall’articolo 18, comma 8-septies mediante l’utilizzo, nella misura di 300.000 euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, del Fondo da ripartire per provvedere alla spesa dei canoni di locazione degli immobili adibiti ad uffici pubblici (capitolo 3074– Ministero dell’economia e delle finanze). Tali risorse presentano natura corrente e sono state utilizzate, più volte, negli ultimi provvedimenti esaminati dalle Camere. Appare, comunque, opportuno acquisire l’avviso del Governo in ordine all’idoneità della copertura prevista, in considerazione del fatto che nella relazione tecnica riferita al testo del decreto-legge n. 76 del 2013 aggiornata ai sensi dell’articolo 17, comma 8, della legge n. 196 del 2009, lo stesso ha evidenziato che l’ulteriore utilizzo del suddetto fondo potrebbe pregiudicarne le finalità incidendo sulla realizzazione della connessa operazione di dismissioni immobiliari per la parte relativa al conferimento di immobili in uso ad uffici statali, dalla quale è attesa una riduzione del debito e della conseguente spesa per interessi passivi;

-       sostituire la copertura originariamente prevista ai sensi dell’articolo 46, comma 1-bis a carico del Fondo da ripartire per provvedere alla spesa dei canoni di locazione degli immobili adibiti ad uffici pubblici (capitolo 3074– Ministero dell’economia e delle finanze) con l’utilizzo, nell’anno 2014, dell’accantonamento del Fondo speciale di parte corrente relativo allo stato di previsione del ministero degli affari esteri e, per il 2015, del Fondo per interventi strutturali di politica economica (capitolo 3075 – Ministero dell’economia e delle finanze). Al riguardo, si rileva che sia l’accantonamento del Fondo speciale che il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica recano le necessarie disponibilità;

-       tenere conto delle modifiche apportate all’articolo 56-ter,concernente i Piani di azionariato, che ne escludono l’onerosità, eliminando la relativa copertura finanziaria a valere sul Fondo da ripartire per l'esclusione dall'ambito di applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive delle persone fisiche esercenti attività commerciali ovvero arti e professioni che non si avvalgono di lavoratori dipendenti o assimilati (capitolo 2870– Ministero dell’economia e delle finanze), di cui all’articolo 1, comma 515, della legge 24 dicembre 2012 n. 228.

Articolo 84-ter – Compensi per gli amministratori di società controllate dalle pubbliche amministrazioni

 

Normativa vigente L’art. 2389 cod.civ. stabilisce che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea (primo comma). Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione (secondo comma).

La remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche (terzo comma).

L’art. 23-bis del decreto legge n. 201/2011 stabilisce che con apposito decreto ministeriale sia definita una classificazione per fasce, sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, delle società non quotate direttamente controllate dal MEF; per ciascuna fascia deve essere determinato il compenso massimo per gli amministratori (comma 1). La classificazione per fasce deve essere rideterminata almeno ogni tre anni (comma 2).

Gli emolumenti determinati ai sensi dell’art. 2389 cod civ., terzo comma, possono includere una componente variabile che non può risultare inferiore al 30% della componente fissa (comma 3). Nella determinazione degli emolumenti da corrispondere ai sensi del richiamato terzo comma dell’art. 2389 cod.civ., i consigli di amministrazione delle società non quotate, controllate dalle società di cui al comma 1, non possono superare il limite massimo indicato dal decreto del MEF da emanare ai sensi del comma 1 (comma 4).

Il compenso stabilito ai sensi dell’art. 2389 cod.civ., terzo comma, non può essere superiore al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione (comma 5-bis).

Il trattamento economico annuo onnicomprensivo dei dipendenti delle società non quotate controllate, anche indirettamente, dalle pubbliche amministrazioni non può essere superiore al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione (comma 5-ter).

All’articolo 23-bis del d.l. n. 201/2011 non sono stati ascritti effetti finanziari.

All’articolo 2, commi 20-quater e 20-quinquies del decreto legge n. 95/2012 (che hanno introdotto i commi 5-bis e 5-quater) non sono stati ascritti effetti finanziari.

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni in materia di compensi per gli amministratori di società controllate, anche indirettamente, dalle pubbliche amministrazioni.

Sulla medesima materia, nel corso dell’esame in prima lettura presso la Camera dei deputati, era stato introdotto l’articolo 12-bis, soppresso nel corso dell’esame al Senato.

 

A tal fine, inserendo i commi da 5-quater a 5-sexies all’articolo 23-bis del decreto legge n. 201/2011, si dispone che:

§      nelle società che emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati e nelle società dalle stesse controllate, il compenso al presidente del consiglio di amministrazione e agli amministratori delegati di cui all’art. 2389 cod.civ., terzo comma, non può essere superiore al 75% del trattamento economico complessivo determinato nel corso del mandato antecedente il rinnovo(art. 23-bis, comma 5-quater);

§      nelle società che emettono titoli azionari quotati nei mercati regolamentati, in sede di rinnovo degli organi di amministrazione è sottoposta all’approvazione dell’assemblea una proposta in materia di remunerazione degli amministratori con deleghe (art. 23-bis, comma 5-quinquies).

Le disposizioni si applicano limitatamente al primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame (art. 23-bis, comma 5-sexies).

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto che alle norme che hanno introdotto e modificato la disciplina in argomento non sono stati ascritti effetti finanziari ai fini della determinazione dei saldi di finanza pubblica.

Le disposizioni appaiono suscettibili di determinare indirettamente effetti positivi per la finanza pubblica, connessi ad un’eventuale maggiore redditività delle aziende partecipate da pubbliche amministrazioni. Effetti diretti, peraltro verificabili a consuntivo, potrebbero invece scaturire dalle norme medesime solo qualora una o più delle società interessate siano comprese nel comparto della P.A. ai fini del conto economico consolidato. In proposito sarebbe utile acquisire elementi informativi.



[1]     D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[2]     Decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, recante Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

[3]     Poiché la dotazione finanziaria dell’accantonamento del Fondo relativo agli enti locali è disposta per gli anni 2013 e 2014, l’espressione “quota annua” contenuta nell’articolo 12-ter in esame si deve intendere applicabile limitatamente a tale biennio.

[4]     Più in dettaglio, il citato comma 10 articola il Fondo per il pagamento dei debiti in tre distinte sezioni, denominate rispettivamente:

§       "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali", con una dotazione di 1.800 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014;

§       “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari", con una dotazione di circa 2.528 milioni di euro per il 2013 e 3.728 milioni per il 2014;

§       “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale", con una dotazione di 5.000 milioni per l'anno 2013 e di 9.000 milioni per l'anno 2014”.

[5]     Si ricorda che il comma 13 ha comunque concesso alla Conferenza Stato - città ed autonomie locali la possibilità, entro il 10 maggio 2013, di individuare modalità di riparto diverse dal criterio proporzionale sopra indicato. Da quanto risulta dall’Addendum il criterio adottato è quello proporzionale.

[6]     In base all’articolo 258 del TUEL, l'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità semplificata di liquidazione. Attraverso tale procedura semplificata, l'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, può definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti assistiti da privilegio.

Effettuati gli accantonamenti, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione.

[7]     Di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

[8]     Sentenza della Corte Costituzionale 122/2010.

[9]     Information and Communication Technology.

[10]    L’articolo 65 della L. 153/69 dispone che i soggetti richiamati compilino annualmente un piano di impiego dei fondi disponibili (ossia le somme eccedenti la normale liquidità di gestione), approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Se non per particolari esigenze di bilancio, la percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare il 40%, né essere inferiore al 20% dei fondi disponibili. Anche i piani relativi agli investimenti immobiliari devono essere approvati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[11]    L’ultimo elenco degli enti ed organismo facenti parte del conto economico consolidato della P.A. è stato pubblicato dall’ISTAT nella G.U. n. 226 del 27 settembre 2012.

[12]    Si ricorda che il citato articolo 2, comma 1, del D.L. n. 174/2012, condiziona l’erogazione dei trasferimenti alle Regioni all’adozione da parte delle stesse di un insieme di misure di riduzione dei costi della politica, alcune già previste dalla normativa vigente. In particolare, la disposizione prevede che, a decorrere dal 2013, una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni – esclusi quelli destinati al finanziamento del servizio sanitario nazionale ed al trasporto pubblico locale - è erogata solo a condizione che la regione, con le modalità previste dal proprio ordinamento, adotti, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie, una serie di misure di contenimento dei costi degli apparati politici. Tra tali misure, si ricordano la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali, la riduzione e il divieto di cumulo di indennità ed emolumenti percepiti dagli stessi, la pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo; la riduzione dei contributi ai gruppi consiliari.

[13]    Il D.Lgs. n. 88 del 2011 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42), conformemente al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, disciplina la destinazione delle risorse aggiuntive e l’effettuazione di interventi speciali, finalizzati alla promozione dello sviluppo economico e alla coesione sociale e territoriale, nonché alla rimozione degli squilibri economici e sociali. Il D.Lgs. n. 88/2011 individua gli strumenti procedurali idonei a creare le condizioni per rendere più efficace la politica di coesione e a stabilire le regole di programmazione per conseguire risultati più incisivi in materia di interventi speciali.

Si ricorda che l’articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale stabilisce i principi e criteri direttivi per l’attuazione del quinto comma dell’art. 119 della Costituzione, in base al quale si prevede che lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.

[14]    Ai sensi dell’art. 1 del D.M. 1° febbraio 2006 (Norme di attuazione della L. 2 aprile 1968, n. 518, concernente la liberalizzazione dell'uso delle aree di atterraggio), per aviosuperficie si intende un'area idonea alla partenza e all'approdo di aeromobili, che non appartenga al demanio aeronautico.

[15]    Si veda la decisione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'Unione europea del 14 giugno 2013.

[16]    I comizi elettorali per la elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il decreto di convocazione dei comizi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il cinquantesimo giorno antecedente quello della votazione (art. 7, commi 1° e 2°, L. 18/1979).

[17]    Si ricorda che l’articolo 873 del Codice civile, collocato nella sezione VI del Capo II del Titolo II del Libro III, dispone che le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri e che nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.

[18]    Il DURC è stato introdotto dal D.Lgs. 494/1996 per i cantieri temporanei o mobili laddove si è previsto che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, fosse tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva. Questa norma è ora riprodotta all’articolo 90 del D.Lgs. 81/2008. In seguito, tale obbligo è stato esteso dapprima alle ipotesi di imprese affidatarie di un appalto pubblico, tenute alla presentazione del documento alla stazione appaltante a pena di revoca dell'affidamento (articolo 2 del D.L. 210/2002) e, successivamente, per l’accesso da parte delle imprese ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie.

[19]    D.L. 31 maggio 2010 n. 78 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n. 122) Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.

[20]    L'articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 426/1977, vieta i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Le assunzioni attuate in violazione di tale divieto sono nulle di diritto, ferma la responsabilità personale di chi le ha disposte.

[21]    Si ricorda che il citato comma 7 ha previsto l’emanazione (a tutt’oggi non avvenuta) di un decreto volto a semplificare le procedure relative ai “materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale”.

[22]    L. 30 aprile 1962, n. 283, Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

[23]    D.P.R. 26 marzo1980, n. 327, Regolamento di esecuzione della L. 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

[24]    Informazioni tratte da Epicentro - Il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica, che da conto anche delle diverse situazioni regionali.

[25]    D.L. 13 settembre 2012, n. 158, Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 8 novembre 2012, n. 189.

[26]    D.M. 24aprile 2013, Disciplina della certificazione dell'attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla dotazione e l'utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita, pubblicato sulla G.U. 20 luglio 2013, n. 169.

[27]    D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219, Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonchè della direttiva 2003/94/CE.

[28]    La Concessionaria servizi informatici pubblici - CONSIP S.p.A. è stata istituita in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 414 del 1997. Tale società – il cui capitale è interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze – è la struttura di servizio per agli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A.

[29]    Ai sensi dell’art. 3, comma 34 del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), la «centrale di committenza» è un'amministrazione aggiudicatrice che: acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

[30]    Si ricorda che nel diritto europeo, che ha elaborato il modello dell’in-house providing, la questione della partecipazione delle società in house è considerata prevalentemente nella giurisprudenza della Corte di giustizia laddove vengono richiesti due requisiti necessari perché esse possano essere titolari di affidamenti diretti in deroga rispetto al metodo di scelta del contraente mediante gara pubblica: il requisito del controllo analogo e il requisito dell’attività prevalente L’orientamento della Corte è stato fatto proprio dalla giurisprudenza nazionale. La Corte costituzionale, nella sentenza 439 del 2008, ha fissato i parametri di rilievo costituzionale che deve rispettare la legislazione in tema di società in house, con riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia.  

[31]    Interventi necessari per la realizzazione dell'EXPO Milano 2015.

[32]   Corte dei Conti, Determinazione 60/2013 gestione finanziaria dell’Expo 2015 S.p.A. per gli esercizi 2011 e 2012.

[33]    Quest'ultimo soggetto emette fattura senza addebitare l'imposta ed applica la norma che prevede l'applicazione del regime del reverse charge. Il destinatario della cessione di beni o della prestazione del servizio deve integrare la fattura ricevuta con l'indicazione dell'aliquota propria della operazione messa in essere dal cedente o prestatore del servizio, della relativa imposta e inoltre deve registrare il documento sia nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi, che nel registro degli acquisti a tal punto da rendere neutrale l'effetto della imposta.

[34]    Nominato ai sensi dell’art. 14 del D.L. 112/2008 come modificato dall’art. 5 del D.L. 43 /2013. 

[35]    D.L. 6 luglio 2012, n. 95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 7 agosto 2012, n. 135.

[36]    Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 540, Attuazione della direttiva 92/27/CEE concernente l'etichettatura ed il foglietto illustrativo dei medicinali per uso umano.

[37]    LEGGE 1 marzo 2002, n. 39, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge comunitaria 2001.

[38]    D.L. 7 maggio 2012, n. 52, recante “Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94.

[39]    Periodo ormai decorso, per cui l’organo (cui sono stati preposti prima il dr. Bondi e poi il dr. Canzio) ha ora cessato l’attività.

[40]    Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012 (legge n. 213/2012)

[41]    L’articolo 1, comma 168, della legge finanziaria 2006 (L. n. 266/2005) stabilisce che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, qualora accertino comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno, adottano specifica pronuncia e vigilano sull'adozione da parte dell'ente locale delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto medesimo

[42]    Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[43]    Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (legge n. 122/2010).

[44]    La ricognizione delle amministrazioni pubbliche facenti parte del conto economico consolidato della P.A. è effettuata, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 196/2009 dall’ISTAT, sulla base del Sec95, il sistema europeo dei conti. L'ultimo elenco degli enti ed organismo facenti parte del conto economico consolidato della P.A. è stato pubblicato dall’ISTAT nella G.U. n. 226 del 27 settembre 2012.

[45]    La norma citata reca riduzioni di spesa per studi e consulenze (comma 7), per pubbliche relazioni, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (comma 8), per missioni (comma 12), di formazione (comma 13), per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture (comma 14), nonché il divieto di spese per sponsorizzazioni (comma 9). La norma prevede, altresì, che ai medesimi principi di riduzione si devono conformare anche le società inserite nel conto economico consolidato dell'ISTAT (comma 11).

[46]    Si ricorda che la lettera c) del testo originario prevedeva la copertura finanziaria (di 19 milioni di euro per l’anno 2013 e di 7,4 milioni di euro per l’anno 2014) a valere sulla riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 10, sesto periodo, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante misure di sostegno all'emittenza televisiva locale.

[47]    Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica.

[48]    Rispetto ai 78.000 euro previsti dalla normativa previgente di cui all’articolo 15 del D.L. 52/2012.

[49]    Determinazione 5 aprile 2011, n. 41102, Determinazione 28 giugno 2011, n. 77579, Determinazione 28 ottobre 2011, n. 127505, articolo 34, comma 4, della legge n. 183 del 2011, articolo 15, commi 1 e 2, del D.L. n. 201 del 2011, Determinazione 7 giugno 2012, n. 69805 e Determinazione 9 agosto 2012, n. 88789.

[50]    Il richiamato comma 1 indica veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate.

[51]    Recante la disciplina degli autoservizi di linea (autolinee) per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli in regime di concessione all'industria privata.

[52]    Relativo alla fissazione di norme comuni per i trasporti internazionali di viaggiatori effettuati con autobus.

[53]    Nel testo iniziale del decreto-legge il voto di laurea minimo era 102/110; l’aumento a 105 è frutto di un emendamento approvato alla Camera.

[54]    D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[55]    Si ricorda che l’articolo 3, comma 12, lettera b), della legge n. 244/2007 prevede, per le società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato, che - previa delibera dell'assemblea dei soci, sulle materie delegabili -al Presidente possano essere attribuite deleghe operative da parte dell'organo di amministrazione, che provvede a determinarne in concreto il contenuto ed il compenso ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile, e che – fermo restando quanto ora descritto - l'organo di amministrazione possa delegare proprie attribuzioni a un solo componente, al quale possono essere riconosciuti compensi ai sensi del già citato articolo 2389 del codice civile unitamente al Presidente nel caso di attribuzione di deleghe operative.

[56]    Al momento non ancora adottato.

[57]    Sulla base delle procedure previste dal DPCM 23 marzo 2012, che ha stabilito tale limite con riferimento all’anno 2011, prevedendo che lo stesso fosse aggiornato annualmente sulla base di apposite comunicazioni del Ministro della giustizia al Ministro della pubblica amministrazione ed al Ministro dell’economia e finanze, tale limite risulta ora stabilito, con riferimento all’anno 2012, in 302.937 euro.

[58]    La norma fa riferimento all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs n.165/2001: si tratta di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999.

[59]    La norma stabilisce misure di deduzione di valore decrescente al crescere dei ricavi conseguiti.

[60]    Di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

[61]    Ai sensi dell’art. 1, comma 13, del DL n. 35/2013.

[62]    Emendamenti 17.1, 17.2 e 17.3.

[63]    Di cui all’articolo 1, comma 139, della L. 228/2012 (Legge di stabilità 2013).

[64]    Emendamento 42.0.1.

[65]    Emendamento 46.0.1000 del Governo come modificato dai subemendamenti 46.0.1000/1 e 46.0.1000/2.

[66]    Di cui all'art. 1, comma 139, legge 228 del 2012 (Legge di Stabilità 2013).

[67]    Emendamento 56-ter.0.1000 del Governo.

[68]    L’articolo 17, comma 1, lett. a) del D.L. 98/2011 prevede che nelle more del perfezionamento delle attività poste in capo all’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, istituito ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 163/2006, concernenti la determinazione dei prezzi standardizzati, l’Osservatorio, avvalendosi anche della CONSIP elabori prezzi di riferimento di beni e servizi sanitari e non sanitari al fine di mettere a disposizione delle regioni ulteriori strumenti operativi di controllo e razionalizzazione della spesa. Le regioni adottano tutte le misure necessarie a garantire il conseguimento degli obiettivi di risparmio programmati (750 milioni nel 2012 e 1.100 milioni decorrere dal 2014), intervenendo anche sul livello di spesa per gli acquisti delle prestazioni sanitarie presso gli operatori privati accreditati.

[69]    Di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

[70]    Emendamenti 7.1000 e 56-bis.1000  Testo 2 del Governo.

[71]    Il comma 10 dell’articolo 56-bis nel testo approvato dalla Camera, con riferimento all’alienazione di immobili che rientrano “a qualunque titolo” nel patrimonio disponibile dell’ente ovvero alla cessione di quote dei fondi immobiliari cui gli immobili sono conferiti, prevedeva l’applicazione dell’articolo 9, comma 5, del D. Lgs. 85/2010.

[72]    Emendamento 56-ter.0.1000 del Governo.

[73]    Introdotto in prima lettura nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati.

[74]    Articolo 6, comma 12, del decreto legge n. 78/2010.