Sulla pubblicità dei lavori:
Bicchielli Pino , Presidente ... 3
Audizione di Francesco Arcangelo Violo, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi:
Bicchielli Pino , Presidente ... 3
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 3
Bicchielli Pino , Presidente ... 18
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 18
Bicchielli Pino , Presidente ... 19
Santillo Agostino (M5S) ... 19
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 20
Bicchielli Pino , Presidente ... 21
D'Alfonso Luciano (PD-IDP) ... 21
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 22
Bicchielli Pino , Presidente ... 22
Buonguerrieri Alice (FDI) ... 22
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 24
Bicchielli Pino , Presidente ... 25
Buonguerrieri Alice (FDI) ... 25
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 25
Bicchielli Pino , Presidente ... 25
Buonguerrieri Alice (FDI) ... 26
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 26
Bicchielli Pino , Presidente ... 26
Romeo Nadia (PD-IDP) ... 26
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 27
Bicchielli Pino , Presidente ... 27
Colombo Beatriz (FDI) ... 27
Violo Francesco Arcangelo , Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ... 28
Bicchielli Pino , Presidente ... 28
Comunicazioni del presidente:
Bicchielli Pino , Presidente ... 28
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PINO BICCHIELLI
La seduta comincia alle 14.35
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna, se non vi sono obiezioni, sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
(Così rimane stabilito)
Audizione di Francesco Arcangelo Violo, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Francesco Arcangelo Violo, presidente del Consiglio nazionale dei geologi, che saluto e ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
L'Ordine nazionale dei geologi rappresenta un interlocutore tecnico di primo riferimento per il nostro lavoro e siamo certi che saprà fornirci un primo orientamento e un supporto ulteriore nel prosieguo dei lavori, anche in considerazione dei diversi geologi che forniranno il loro contributo come collaboratori esterni della Commissione.
Lascio ora la parola al presidente Violo.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Signor presidente, onorevoli deputati, a nome del Consiglio nazionale esprimo vivo apprezzamento per l'iniziativa di convocare in questa audizione la rappresentanza istituzionale dei geologi italiani. Come sapete, i geologi svolgono Pag. 4un ruolo fondamentale alle materie trattate in questa autorevole Commissione. Volevo preliminarmente spiegare la metodologia che abbiamo utilizzato per la presentazione di questa prima relazione, che è consistita, nell'ambito degli obiettivi prefissati, nell'evidenziare delle criticità riscontrate nel quadro normativo vigente e nella proposizione di eventuali correttivi ivi indicati e già proposti e forniti dal Consiglio nazionale dei geologi in precedenti audizioni parlamentari sui temi che verranno trattati.
Abbiamo anche allegato dei documenti che fanno parte di giornate di studio e di approfondimento proprio su questi temi. In particolare segnalo il tavolo tecnico 4, che è venuto fuori da una ricerca che il Centro studi e il Consiglio nazionale dei geologi hanno eseguito proprio sulla base di questi studi che sono stati presentati all'ultimo congresso nazionale dei geologi che si è tenuto tra Palermo e Genova nel 2024, quindi di recente.
Lì troverete degli approfondimenti che riguardano in particolare i temi della pianificazione in tema di difesa del suolo e in tema di pianificazione e di assetto idrogeologico.
Il rischio idrogeologico in Italia, come sapete, è determinato da un assetto geomorfologico del nostro Paese particolare e peculiare. Questa peculiarità, però, è resa ovviamente ancor più vulnerabile da uno sviluppo antropico che negli ultimi anni, negli ultimi decenni si è sviluppato in maniera disordinata e anche spesso speculativa. Altri fattori, quale l'assenza di manutenzione del territorio, ma anche ovviamente i cambiamenti climatici in atto che causano sempre più frequenti piogge alluvionali, e tutte le attività che hanno portato in questi anni a una seria politica di prevenzione dei rischi geologici, fanno sì che negli ultimi anni abbiamo un susseguirsi di eventi sempre più frequenti che, proprio per quello che dicevo prima, hanno Pag. 5avuto un impatto molto forte sul territorio e quindi hanno determinato danni ingenti e purtroppo anche la perdita di vite umane.
L'Italia è praticamente tutta coinvolta, purtroppo, dal dissesto idrogeologico, anche le regioni che prima sembravano essere esenti da criticità di questo tipo.
Andando avanti, cercando di velocizzare l'illustrazione della mia relazione dico che rispetto ad alcuni anni fa le difficoltà registrate in merito all'attuazione degli interventi sono più organizzative che finanziarie. Spesso le risorse finanziarie sono stanziate, ma non vengono efficacemente utilizzate, perché i progetti non sono progetti cantierabili, ma anche perché a volte i cambiamenti di indirizzo politico e soprattutto le difficoltà autorizzative non facilitano la messa in opera di adeguate misure di prevenzione.
Sovente accade nello specifico che gli interventi sono finanziati in modo, però, non funzionale rispetto all'effettivo raggiungimento dell'obiettivo. Ad esempio, un tema che noi evidenziamo come geologi è che molto spesso non vengono finanziate adeguatamente le attività di indagine e i monitoraggi che servono prima di progettare l'opera di sistemazione idraulica, di sistemazione di versante, ma anche post operam. Dopo specificherò meglio quanto è importante proprio per mitigare il rischio idrogeologico la gestione dei rischi e la gestione del rischio residuo che avviene sempre dopo l'esecuzione e la costruzione di un'opera di intervento di mitigazione.
Mi avete detto che è stato già audito l'ISPRA, quindi avete tutti i loro dati, quindi non andrò su questi a soffermarmi. Sapete che il 94 per cento dei comuni in Italia ha almeno un'area a rischio frana o a rischio alluvione o a rischio erosione costiera. Il 18,4 per cento del territorio nazionale è occupato da un'area a rischio.Pag. 6
Andando a guardare il repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo, quello che viene chiamato ReNDiS, notiamo che dal 1999 al 2022 sono stati ultimati quasi 8.000 lavori per un importo di 4,5 miliardi circa, su un totale di circa 25.000 interventi complessivi di difesa del suolo del valore totale di 17,17 miliardi. Ancora c'è tanto da fare, a fronte di una spesa – questo è un dato importante – per riparare i danni dal 2012 al 2023 che è praticamente triplicata, raggiungendo i 3,3 miliardi l'anno. Sappiamo anche che tale valore è destinato a essere incrementato ulteriormente negli anni successivi, anche perché sappiamo nel 2023 stesso, come negli anni a seguire, quanti eventi alluvionali catastrofici sono avvenuti. Pensiamo all'Emilia-Romagna, alla Toscana, alle Marche, e nei giorni scorsi abbiamo visto anche l'esempio del Piemonte e del Veneto. Ancora purtroppo questi eventi accadono, con un impatto veramente importante.
Tra l'altro, se vediamo i dati includendo nel conteggio dei danni anche i terremoti, vediamo che in ottant'anni la spesa è stata superiore ai 350 miliardi al valore del 2023, con una media annua tra il 1944 e il 2009 di 4,2 miliardi, che comunque dai dati ultimi che abbiamo ricavato da un report di ANCE e del CRESME è salita a 6 miliardi l'anno tra il 2010 e il 2023. Vediamo quanto sono importanti i dati relativi alla spesa per i danni sia per fenomeni alluvionali, ma in questo caso anche per i terremoti catastrofici che sono avvenuti nel nostro Paese.
Un'altra criticità che volevamo evidenziare è la durata media complessiva delle fasi di attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, che è di circa cinque anni. Un lavoro da quando si inizia a progettare a quando viene concluso ha una durata media di cinque anni. In questo ovviamente incidono le lentezze burocratiche e spesso la ridondanza dei Pag. 7procedimenti autorizzativi nonostante i recenti interventi normativi di semplificazione che sono stati emanati e attuati.
Per questo segnalo appunto gli allegati 1 e 2 alla relazione dove abbiamo inserito uno studio fatto dal Consiglio nazionale dei geologi sulla storia normativa in materia di difesa del suolo, che è stato, per aggiornarlo ai tempi più recenti, integrato con l'elencazione dei provvedimenti vigenti dal 2020 in materia di semplificazione.
Esiste infatti un problema di frammentazione delle competenze che crea anche queste dilatazioni dei tempi. Dobbiamo pensare che sono almeno quattro i ministeri che hanno competenza in materia, a cui si aggiungono i distretti idrografici, le regioni, i comuni, i consorzi, i commissari per il dissesto idrogeologico, che spesso non sono coordinati nella loro azione e nelle azioni di attività di prevenzione.
Di conseguenza noi diciamo che è fondamentale programmare dei piani di intervento pluriennali e continuativi di queste azioni di prevenzione dei rischi geologici definendo sia le priorità, ovviamente, ma anche che vengano realizzati in coordinamento con la pianificazione, con i piani di assetto idrogeologico. Non sempre c'è corrispondenza tra il finanziamento e la pianificazione in quel settore dove ci sono le più elevate criticità e dove è necessario prioritariamente intervenire.
Come dicevo prima, sulla questione del rischio residuo la gestione del rischio idrogeologico in genere è una questione di elevata complessità. I processi non sono facilmente semplificabili e vanno affrontati definendo modelli geologici affidabili che devono presentare l'attenta valutazione del rischio residuo fin dalla progettazione per una corretta gestione dello stesso anche post operam. Sappiamo che qualsiasi intervento, anche strutturale, si vada a fare sul territorio non risolve mai il problema in maniera esaustiva. C'è sempre un rischio residuo da gestire Pag. 8e questo ovviamente va fatto valutandolo, programmando le attività, come ad esempio l'attività di monitoraggio post operam.
Voglio evidenziare che la mancanza di una valutazione di una attività che gestisca il rischio residuo, ma anche una non cogenza della normativa tecnica della necessità di quantificare il rischio residuo, rappresenta frequentemente una criticità della normativa tecnica vigente.
Riteniamo che la prima occasione importante che si sta presentando è la prossima revisione dell'aggiornamento delle norme tecniche per la costruzione del 2018 che è iniziata da poco, che ci vede anche coinvolti, nonché auspicabilmente la riforma del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, il Testo unico per l'edilizia, e il decreto legislativo n. 152 del 2006, il cosiddetto Codice dell'ambiente, dove chiediamo che vengano effettuati specifici focus sugli aspetti geologico-tecnici, idrogeologici e geomorfologici.
L'altra questione che ha reso talvolta le opere di mitigazione del rischio idrogeologico non completamente efficaci nel passato è che capitava si intervenisse in maniera puntuale, in maniera molto circoscritta e questo non faceva altro che spostare il rischio e la pericolosità in un'altra zona del bacino idrografico. Quindi, un'altra questione che va posta attraverso linee guida per la progettazione degli interventi di contrasto al dissesto idrogeologico, ma anche attraverso una serie di attività di formazione e aggiornamento che noi facciamo come Consiglio nazionale dei geologi e come Consigli nazionali delle professioni tecniche più in generale, è quella che bisogna sempre tenere in considerazione l'equilibrio del bacino idrografico per quanto riguarda le alluvioni e l'ambito territoriale e geomorfologico significativo per il rischio frane. Ovviamente, tale approccio vale anche per gli interventi di contrasto all'erosione costiera. Da quello che ho detto si evince che comunque Pag. 9non esiste una soluzione unica, ma bisogna applicare un ventaglio di soluzioni che devono comprendere sia interventi strutturali che non strutturali. Andranno adottate ed effettuate tutte le azioni di adattamento agli eventi meteorologici. È importante particolarmente effettuare una pianificazione e una programmazione delle attività di adattamento a questi eventi meteorologici estremi che diventano sempre più frequenti.
Volevo mettere l'accento, oltre alle azioni strutturali che ovviamente sono basilari ed essenziali, come le opere di sistemazione idraulica dei versanti per evitare che si verifichino e si riattivino fenomeni franosi o comunque per mitigarne gli effetti, su una serie di azioni non strutturali che bisogna mettere in campo.
Ovviamente non può essere esaustiva questa equazione, però voglio evidenziare alcune attività importanti di tipo istituzionale. C'è la necessità di aggiornare e fare sempre un approfondimento continuo dei Piani di assetto idrogeologico e di gestione delle alluvioni.
Sappiamo che i PAI redatti dall'ex autorità di bacino, che rappresentano sicuramente uno strumento di pianificazione di eccellenza a livello europeo, sono soggetti a un'evoluzione continua proprio per le dinamiche geomorfologiche del territorio, ma ancor più adesso anche in relazione ai cambiamenti climatici che non ci consentono di stare fermi e di avere pause su questo tema. Vanno risolte alcune criticità. Una che noi riteniamo sia da risolvere urgentemente è quella della disomogeneità che caratterizza attualmente i Piani di assetto idrogeologico. Questo va fatto anche utilizzando le nuove metodologie, anche le metodologie innovative che la scienza con le nuove conoscenze sta portando avanti. Penso ai rilevamenti satellitari e anche a tutte le nuove tecnologie di monitoraggio rispetto alle nuove conoscenze.Pag. 10
I PAI che sono stati redatti risalgono ormai agli inizi degli anni Duemila, quindi devono essere resi omogenei e aggiornati perché sono importanti per la programmazione degli interventi strutturali e anche per tutte le attività di pianificazione delle emergenze. Aggiornarli, quindi, è una necessità imprescindibile.
C'è la necessità, inoltre, di redigere dei Piani di gestione delle frane. Sappiamo che ci sono state delle direttive, la Direttiva Acqua, la Direttiva Alluvioni, ma non esiste a livello europeo una Direttiva Frane né un Piano di gestione che riguarda il problema delle frane, quindi il problema dei rischi geologici e geomorfologici. Su questo bisogna intervenire.
Qui segnalo un altro allegato a questa relazione, l'allegato 3, che comprende gli atti del congresso nazionale dei geologi, in maniera specifica quelli del tavolo 4. Il tavolo affronta questi problemi e fornisce delle proposte su come risolvere questa criticità, oltre a delle proposte di modifiche normative in questo caso del decreto legislativo n. 152, che ha una omogeneizzazione soprattutto dei Piani di assetto idrogeologico, anche per far sì che i comuni nella pianificazione urbanistica recepiscano obbligatoriamente i dettati di questi Piani di assetto idrogeologico.
Un altro tema che volevamo segnalare è quello della necessità di completamento della carta geologica d'Italia, del progetto CARG (CARtografia Geologica). I finanziamenti ancora sono parziali, quindi c'è la necessità di completare questa cartografia che produce dei dati che consentono la conoscenza fisica e geologica del nostro territorio e del nostro sottosuolo per garantire la cura e la tutela del territorio, oltre che aiutare nella prevenzione dei rischi geologici.
È necessario avere una pianificazione urbanistica comunale sempre aggiornata. Come dicevo prima, deve assolutamente recepire finalmente in maniera cogente quanto indicato nei Pag. 11Piani di assetto idrogeologico affinché vengano individuate le aree pericolose e quindi lo sviluppo dei territori venga fatto in maniera compatibile dal punto di vista geomorfologico e sostenibile relativamente all'assetto geologico del terreno.
Altri strumenti che vanno utilizzati – qui ci sono anche norme che sono in fase di discussione a livello nazionale – sono quelli della rigenerazione urbana. Le attività di rigenerazione urbana devono avere una finalità di prevenzione dei rischi geologici, quindi non solo una rigenerazione degli edifici, ma anche una riqualificazione del territorio all'interno dei centri storici delle città. Bisogna anche prevedere, nei casi più problematici, attività di delocalizzazione. Non sempre è possibile rimanere nella situazione attuale, quindi vanno attuate delocalizzazioni dove il rischio è così elevato che non trova alcuna soluzione nel mitigarlo.
L'altra questione importante è quella della redazione e attuazione dei Piani di protezione civile. Sappiamo quanto sono importanti questi nella gestione delle emergenze al fine di ridurre il danno, ma anche e soprattutto in termini di salvaguardia della vita umana. Molti comuni li hanno redatti, ma sappiamo che spesso non vengono adeguatamente aggiornati con la ciclicità necessaria per mancanza di fondi dedicati. Questa è un'attività che va fatta. La norma va resa ancora più cogente e perentoria così da imporre l'adozione alle amministrazioni locali dei Piani di protezione civile.
Riteniamo opportuno, affinché siano dei Piani di protezione civile di qualità ed efficaci per conseguire gli obiettivi prefissi, che il modello di intervento, che rappresenta il fulcro di questi piani, sia sottoposto a verifiche e validazioni da parte di soggetti terzi, al fine di verificarne l'effettiva qualità ed efficacia.
Un'altra questione, più a livello generale, riguarda l'informazione alla cittadinanza dei rischi. I cittadini devono essere Pag. 12sempre più informati sui possibili scenari di rischio che si possono verificare durante le emergenze e, quindi, essere in grado di adottare comportamenti di autoprotezione che portino a salvare la vita umana. Sappiamo quanto spesso comportamenti non corretti comportino la perdita di vite umane, basti pensare alle tragedie che si sono verificate nei sottopassi o nei seminterrati allagati, o a quelle causate da comportamenti scorretti di cittadini che attraversano i ponti con le auto durante gli eventi di piena. Quindi, l'informazione dei cittadini sui rischi e, quindi, le esercitazioni vanno sempre più implementate. Anche su questi temi che ho menzionato rimando all'allegato 4, che specifica meglio questi aspetti, che sono gli stessi che abbiamo ribadito anche in fase di audizione su alcuni provvedimenti legislativi.
Un altro tema importante riguarda il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che finalmente è stato approvato, come sapete, con decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica il 21 dicembre 2023. È uno strumento importantissimo, che ci consente di indirizzare le istituzioni e tutti i livelli di governo del territorio ai fini dell'integrazione della tematica dell'adattamento degli strumenti di programmazione e pianificazione settoriale. Però, anche qui dobbiamo segnalare alcune criticità che andrebbero risolte. In particolare, le azioni previste dal Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici dovrebbero meglio identificare le priorità di intervento, che spesso non vengono indicate, definendo anche i criteri per i piani regionali e locali e determinando le relative risorse finanziarie. Questo Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, infatti, detta importanti attività per la mitigazione del rischio, tuttavia non ci sembra, purtroppo, che siano previste risorse finanziarie. Chiaramente, senza risorse finanziarie queste importanti attività Pag. 13sono destinate a restare sulla carta e a risultare inattuabili sul territorio rispetto alle finalità prefisse.
Un'altra questione importante che vogliamo evidenziare è la necessità, tra le azioni strategiche e non strutturali di prevenzione e gestione del rischio idrogeologico, di attivare i presìdi territoriali. Noi intendiamo come presìdi territoriali le attività di monitoraggio osservativo strutturali del territorio operate da tecnici esperti attraverso l'osservazione diretta e in tempo reale dell'evoluzione dei fenomeni in atto e dell'insorgenza di fenomeni precursori potenzialmente pericolosi per la pubblica e privata incolumità, in grado di dare efficacia alle misure non strutturali di previsione, prevenzione, mitigazione e gestione del rischio idrogeologico, che peraltro sono già previste nell'attuale quadro normativo. In altri termini, vi è la necessità che tecnici ed esperti, per esempio in fase di allerta, conoscendo bene il territorio e, quindi, le zone a più elevata criticità, sappiano indirizzare le attività di emergenza in maniera più efficace e più immediata e, quindi, prevenire eventuali pericoli soprattutto per salvaguardare la vita umana. Non solo, questi presìdi territoriali permanenti sono utili anche in fase di programmazione delle attività e degli interventi di mitigazione del rischio in periodo di pace perché, conoscendo bene le criticità, sanno bene indirizzare questi interventi dove servono in maniera prioritaria.
Un'altra questione importante, che rappresenta l'altra faccia della medaglia del dissesto idrogeologico e della crisi climatica, è quella della scarsità idrica. Sappiamo che i cambiamenti climatici causano eventi meteorologici estremi sempre più frequenti, ma questi eventi non sempre sono determinati dalla caduta di abbondanti piogge, bensì anche da periodi molto prolungati di severa siccità nel nostro territorio, dove sappiamo che l'acqua è estremamente importante, ragion per cui bisogna Pag. 14intervenire con una gestione adattiva della risorsa idrica. Noi riteniamo che occorra intervenire sul ciclo naturale dell'acqua con azioni mitigatrici rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici, per cui sarebbe opportuno conservare le acque superficiali quando sono presenti in abbondanza e utilizzarle opportunamente, avendone cura di conservarle, nei periodi siccitosi. Questa azione può determinare utili conseguenze anche sulle attività di mitigazione del rischio idrogeologico, perché la creazione di strutture che immagazzinano l'acqua nei periodi di abbondanza va a beneficio della mitigazione del rischio idrogeologico.
Un'altra questione che poniamo alla vostra attenzione, rispetto a cui abbiamo presentato un documento in audizione sul famoso «decreto siccità», attualmente ancora in vigore, riguarda la necessità di avere una conoscenza più approfondita della risorsa idrica superficiale e sotterranea presente nel nostro Paese. Difatti, ad oggi ci sono regioni che hanno piani di tutela delle acque non aggiornati e piani di monitoraggio quali-quantitativo degli acquiferi sotterranei non esaustivi. Questa è un'altra attività che va sicuramente implementata, proprio perché dati certi e conoscenze certe ci consentono di costruire bilanci idrogeologici affidabili, il che, a sua volta, ci consente di programmare e pianificare l'utilizzo della risorsa idrica in maniera ottimale. Tra l'altro, uno degli strumenti previsti dal «decreto siccità», poi convertito in legge, è proprio quello del sistema di immagazzinamento con ricarica delle falde acquifere. Noi lo riteniamo uno strumento importante. Tra l'altro, quel decreto stabilisce che le regioni devono indicare le aree idonee a questa attività di ricarica, azione che va necessariamente portata avanti, ovviamente ove sussistano le condizioni idonee, perché è uno strumento che può essere utile per mitigare gli effetti dei periodi di siccità, anche con costi molto Pag. 15più bassi rispetto ad altre iniziative di tipo strutturale e non strutturale.
Abbiamo visto che è stata presentata una delega al Governo per la revisione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque, il famoso regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 – abbiamo una regolamentazione sulle acque che risale a più di novant'anni fa – quindi auspichiamo che questa delega al Governo vada a celere approvazione.
Concludo richiamando alcuni aspetti inerenti al rischio sismico, dato che la vostra Commissione tra i suoi temi, accanto a quello del rischio idrogeologico, annovera anche il tema del rischio sismico, e ponendo l'attenzione su una questione in particolare, di specifica competenza dei geologi, quella delle faglie attive e capaci (FAC) e degli studi di microzonazione sismica.
Come sapete, il nostro territorio ha un'elevata pericolosità dal punto di vista sismico e una diffusa fagliazione superficiale, che talvolta si esplica in faglie definite attive e capaci, che sono in grado di deformare in modo permanente il suolo nella sua superficie topografica, per cui in presenza di strutture e infrastrutture non in grado di assorbire tale dislocazione si corre il rischio che si determinino danni importanti. La pericolosità per fagliazione superficiale è presente ampiamente in tutto il territorio italiano, sull'Appennino e sulle Alpi, ma anche nell'area orientale della Sicilia. A tal riguardo sono state portate avanti molte attività nei decenni scorsi. Ricordo che il Dipartimento della protezione civile e la Conferenza delle regioni e delle province autonome hanno pubblicato, nel 2008, gli indirizzi e i criteri per la microzonazione sismica, in cui viene affrontato il tema della pericolosità da fagliazione superficiale, e nel 2015 le linee guida per la gestione del territorio in aree interessate da Pag. 16faglie attive e capaci. Tali linee guida sono state recepite da alcune regioni, però non da tutte.
Gli studi di microzonazione sismica che sono stati condotti negli ultimi quindici anni in Italia hanno consentito di raccogliere preziose informazioni conoscitive per la riduzione del rischio sismico. Tra i prodotti realizzati con gli studi di microzonazione sismica di primo livello vi è quello della mappatura delle faglie attive e capaci, con la relativa definizione delle zone di attenzione, di suscettibilità e di rispetto, che costituiscono dei vincoli per l'uso del suolo. Tuttavia, sappiamo che questa mappatura con studi di primo livello non può essere svolta in maniera precisa e di dettaglio, quindi su questo bisogna lavorare. Gli studi di microzonazione sismica, che sono svolti prevalentemente da geologi professionisti, spesso incontrano difficoltà nella mappatura delle faglie attive e capaci e nella riduzione delle incertezze procedendo dagli studi di microzonazione sismica di primo livello agli studi di terzo livello, proprio perché c'è una complessità tecnica dell'attività sia per gli insufficienti fondi messi a disposizione rispetto alla complessità degli approfondimenti degli studi di terzo livello, sia perché c'è la necessità, al fine di rendere più efficaci gli studi di microzonazione sismica ed essere, dunque, di grande aiuto ai professionisti, di disporre di dati di base di riferimento che contengano le faglie attive e capaci selezionate a seguito di approfonditi studi di dettaglio e mappate alla scala utile per gli studi di microzonazione sismica. Sappiamo che le faglie attive e capaci sono spesso individuate nell'unico catalogo nazionale esistente, che è il catalogo ITHACA, gestito dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ma la scala non di dettaglio di questo catalogo non è utile a una definizione tale da consentire una individuazione precisa delle faglie attive e capaci. Pertanto, riteniamo che sia necessario un Pag. 17lavoro di aggiornamento del catalogo ITHACA, che così revisionato e implementato potrà davvero rappresentare un supporto di base per il lavoro dei professionisti nell'ambito delle attività di pianificazione territoriale a scala comunale e di prevenzione del rischio sismico, con la microzonazione sismica di terzo livello.
Queste attività devono essere svolte e finanziate e, ovviamente, devono coinvolgere anche enti di ricerca importanti, proprio al fine di realizzare una mappatura efficace, quali l'INGV (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), l'ISPRA, il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) eccetera, ma anche le università italiane, così da rendere questa mappatura di base utile ai professionisti negli studi di microzonazione sismica e, di conseguenza, di pianificazione territoriale. Ma bisogna anche finanziare gli studi di microzonazione sismica di terzo livello, che spesso non vengono finanziati in maniera adeguata, perché condurre uno studio di microzonazione sismica di terzo livello, che necessita di indagini geofisiche, sismiche e geotecniche particolari, ha dei costi.
Concludendo su questo specifico argomento, riteniamo che ci sia l'urgenza di un programma nazionale che porti all'individuazione delle faglie attive e capaci, per consentire la riduzione del relativo rischio su tutto il territorio in modo organico e standardizzato. Anche su questo c'è un allegato, su cui si possono fare degli approfondimenti, una nota che abbiamo inviato qualche tempo fa al Dipartimento della protezione civile, a cui segnalavamo queste criticità attinenti alle faglie attive e capaci.
Mi fermo qui. Resto a disposizione per eventuali domande. Ricordo soltanto che il Consiglio nazionale dei geologi, come inizialmente ha sottolineato lei, presidente, è un ente pubblico e, quindi, è sempre impegnato in attività connesse al rischio Pag. 18idrogeologico e sismico, come previsto dal nostro ordinamento, per cui siamo disponibili a fornire ogni utile supporto, anche con un coinvolgimento diretto in questa Commissione, ovviamente nei limiti previsti dalla vigente normativa.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Violo per la sua precisa e puntuale relazione, sicuramente preziosa per il nostro lavoro. Tra l'altro, ricordo ai colleghi che in casella troveranno la relazione scritta e tutti gli allegati – di questo la ringraziamo – che sono molto utili e contengono informazioni per noi importanti. Ovviamente quello di oggi è semplicemente un primo approccio, ma riteniamo che per i lavori di questa nostra Commissione le vostre competenze e le vostre capacità specifiche possano rappresentare un supporto prezioso, quindi cercheremo di trovare insieme una modalità di relazione costante.
Prima di dare la parola ai colleghi, faccio solo presente che alle 16 dobbiamo essere in Aula e abbiamo anche un Ufficio di presidenza, quindi direi di darci una precisa tempistica e di fissare in circa quaranta minuti la nostra discussione.
Le vorrei fare prima io una domanda, presidente, se i colleghi consentono. Poiché la nostra è una Commissione d'inchiesta e siccome lei prima ha fatto un passaggio precisando che alcune regioni non hanno aggiornato i piani di tutela delle acque, vorrei che ci dicesse quali sono queste regioni. Se adesso non dispone di queste informazioni, le chiedo di farci pervenire l'elenco.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Ci sono alcune regioni che stanno provvedendo ad aggiornare i piani di tutela delle acque. Vi posso portare l'esempio, purtroppo, della mia regione, la Calabria. Però, proprio in questi giorni ho visto che il Distretto idrografico dell'Appennino meridionale, che ha competenza anche Pag. 19sulla regione Calabria, ma sta facendo la stessa cosa per le regioni Campania, Puglia, Basilicata e Molise, sta portando avanti delle iniziative per far sì che si predispongano i piani di studio e monitoraggio quali-quantitativo delle falde acquifere. A tali attività sono anche state destinate delle risorse finanziarie, attività sicuramente propedeutiche all'aggiornamento dei piani di tutela delle acque.
Se vuole, potrò darle in seguito indicazioni più precise. Posso solo anticiparle che la situazione è a macchia di leopardo, con regioni più virtuose, che aggiornano i piani di tutela delle acque in maniera costante, e regioni meno virtuose.
PRESIDENTE. Certamente, è utile.
Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
AGOSTINO SANTILLO(intervento in videoconferenza). Sulla scorta di quanto da lei richiesto, presidente, rispetto al piano di tutela delle acque, nel ringraziare il presidente Violo per la sua relazione, le chiederei quali sono le regioni italiane che presentano i piani stralcio per l'assetto idrogeologico più vetusti e a che punto è l'omologazione tra i vari piani, dal momento che soprattutto nelle zone di confine spesso si registrano differenti valutazioni, probabilmente dovute non tanto al reale effetto sul territorio quanto a chi ha predisposto il piano di assetto idrogeologico.
Inoltre, poiché ha toccato anche il tema delle faglie attive e capaci, le chiederei se può dirci oggi quanto vale il rischio sismico e idrogeologico sullo Stretto di Messina e a quanto, invece, arriverebbe la stessa area, come rischio, qualora fosse costruita un'infrastruttura importante come il ponte.
Altre due domande rapide. Vorrei sapere se fate già ricorso all'intelligenza artificiale nella modellistica e nella simulazione Pag. 20dei fenomeni con matrice terra e a che punto sono le interazioni, e se ci sono costantemente, con gli altri esperti che utilizzano più la matrice acqua, quindi idraulici e idrologi. Infine, vorrei sapere se è possibile, secondo lei, riuscire ad arrivare a definire una lista di fenomeni che danno luogo al dissesto idrogeologico. Si sente parlare di alluvioni, di esondazioni, di colate rapide di fango, di crolli, di frane, di erosione costiera, di rischio desertificazione. Secondo lei, non è giunto il momento di dare, oltre che una definizione più ampia, anche una lista vera e propria di fenomeni che danno luogo al dissesto idrogeologico? Se esiste, ci può dire dove la troviamo?
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Un po' di domande articolate. Per quanto riguarda i Piani di assetto idrogeologico, come ho detto, è un problema. Come sappiamo, i Piani di assetto idrogeologico sono stati redatti dalle ex Autorità di bacino regionali, che dopo sono state accorpate nei sette distretti idrografici adesso vigenti in Italia. Questo porta che all'interno dei distretti idrografici abbiamo – come dicevo prima – una disomogeneità: abbiamo regioni che hanno più Autorità di bacino regionali, quindi c'è una disomogeneità anche per aree contigue.
Sappiamo che la norma che ha portato alla redazione dei piani stralcio risale a subito dopo il tragico evento di Sarno, per cui per la maggior parte sono stati redatti in quegli anni, all'inizio degli anni Duemila, e avevano come indicazione specifica quella di mappare il rischio, mentre adesso c'è la necessità, nell'aggiornamento e nell'adeguamento dei Piani di assetto idrogeologico, di ragionare in termini di pericolosità, ma anche in termini di suscettibilità di un'area a franare. Su questo, alcuni PAI, per quanto riguarda il rischio frane, sono in fase di aggiornamento e quelli vigenti, ripeto, risalgono, per quanto Pag. 21riguarda il rischio frane, soprattutto agli inizi degli anni Duemila.
Dopo, se vuole, anche su questo potrò eventualmente indicare precisamente quali sono quelli più aggiornati e meno aggiornati. Sicuramente ce ne sono alcuni che vanno aggiornati. Per esempio, il distretto idrografico dell'Appennino meridionale attualmente ha presentato il nuovo PAI per quanto riguarda il rischio alluvioni e so che tra qualche mese presenterà l'aggiornamento per quanto riguarda il rischio frane. Noi portiamo come esempio nel documento il fatto che il distretto idrografico dell'Appennino settentrionale si è aggiornato utilizzando anche metodologie innovative, tecnologie innovative, che secondo noi sono quelle da seguire.
Non vorrei parzializzare l'indicazione di chi è aggiornato o meno, però anche su questo potrò essere più preciso in seguito.
PRESIDENTE. La ringrazio e le chiedo di far pervenire agli uffici dati più precisi.
Prego, presidente D'Alfonso.
LUCIANO D'ALFONSO. Grazie, presidente.
Grazie, presidente, per quello che ci ha ricostruito. Il documento, per quanto mi riguarda, lo trovo un ottimo strumento di lavoro, che non può essere collocato su una libreria, perché richiede un prosieguo. Per quanto riguarda questo prosieguo, le faccio due domande essenziali. Non ha toccato il rischio esondazione dal mare. C'è una direttiva antipatizzata, ancorché vigente, la direttiva europea 2014/89/UE, che affronta il rischio naturalissimo di esondazione dal mare in ragione delle quote di livello. Io so che il ministero competente (non cito quale, perché ce l'ho in simpatia) ha dato incarico a una università pensando che si tratti di un adempimento di convegnistica, invece si tratta – come lei scrive nella relazione utilmente – di recepire e di Pag. 22inibire urbanisticamente. Noi rischiamo, sugli strumenti di programmazione e di uso del suolo, l'atteggiamento dell'asino di Buridano: programmiamo, pianifichiamo, ma poi non lo caliamo nelle vene decisionali degli organi autorizzativi. Questo accade per i piani di bacino: vengono redatti, presentati tipograficamente, con belle serate, slide e catering, però poi non vengono recepiti negli strumenti urbanistici comunali, e non è una questione riguardante gli uni o gli altri, ma è una questione che accomuna l'Italia.
Passo alla domanda. Sulla direttiva 2014/89/UE, voi, che siete più capienti delle istituzioni, perché non avete l'incombenza delle emergenze istituzionali, ci aiutate a non perdere il bandolo della matassa, visto che nessuno se ne sta occupando?
Secondo aspetto. Per quanto riguarda il recepimento degli elementi inibitori contenuti nei piani di bacino che devono essere recepiti dai comuni, aiutateci a scrivere una norma in base alla quale i comuni che non recepiscono non hanno diritto a partecipare a piani di riparto dei fondi: fondi FSC impediti ai comuni che non recepiscono. Altrimenti facciamo una inutile liturgia documentale.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Il tema che indicava il presidente è importante. Ovviamente noi siamo disponibili a dare il nostro contributo. Il tema dell'erosione costiera, ma anche dei fenomeni di allagabilità che provengono dal mare (sappiamo quante volte il mare crea questi problemi, anche per questioni di quote topografiche) è un tema importante, sul quale ovviamente siamo disponibili a dare il nostro contributo.
PRESIDENTE. È iscritta l'onorevole Buonguerrieri.
ALICE BUONGUERRIERI(intervento in videoconferenza). Grazie, presidente.Pag. 23
Ringrazio il presidente Violo per la relazione, scusandomi di non essere lì in presenza, anzi in una situazione abbarbicata, perché siamo impegnati anche in altre Commissioni.
Le sottopongo due domande in particolare, poi se ci sarà spazio magari ne aggiungo qualcun'altra. Tra i vari articoli, presidente Violo, che ho avuto modo di leggere, mi ha interessato in particolare uno, tra i tanti, in cui ho rinvenuto una dichiarazione del presidente della Fondazione Centro studi del Consiglio nazionale geologi, Lorenzo Benedetto, che dal mese di marzo del 2023 – onestamente non so se lo è ancora oggi – ha ricoperto anche il ruolo di vicepresidente della Struttura tecnica nazionale di supporto al Dipartimento di protezione civile, il quale ha dichiarato che l'evento in particolare in Emilia-Romagna, ma credo che il ragionamento si possa estendere anche alla Toscana, le due regioni che conosco meglio rispetto alle altre, è stato intenso, sì, ma non il più estremo che si potesse verificare, anche in base ai dati a disposizione. Aggiungo che ci sono anche studi internazionali scientifici, cito tra tutti l'Imperial College, che dicono la stessa cosa: si è trattato di piogge sicuramente intense e prolungate, ma ciò che fa la differenza è sempre, solo e in particolare il comportamento dell'uomo.
Le faccio questa premessa per chiederle quanto, secondo lei, per la sua esperienza e le sue competenze, ha inciso la mancata prevenzione, quindi la mancata manutenzione, nello specifico la mancata pulizia dei fiumi, la mancata costruzione delle casse di espansione o di laminazione nelle regioni più colpite dall'alluvione, tra cui ovviamente mi sento di citare la mia regione, la regione Emilia-Romagna, e la Toscana. Questa è la prima domanda.
La seconda domanda che le sottopongo è la seguente: se e in quale modo il Consiglio nazionale dei geologi supporta le Pag. 24regioni nella prevenzione del rischio idrogeologico e, se sì, se ci sono state segnalazioni che il vostro Consiglio ha licenziato e che non hanno avuto riscontro e, in questo caso, da parte di quali regioni in particolare. Lo dico perché siamo a conoscenza di segnalazioni da parte dei territori e anche da parte di amministrazioni in relazione a dei pericoli di dissesto, che poi, purtroppo, hanno comportato gravi danni in tempo di alluvione del maggio 2023 o dell'ottobre 2024, che non sono stati riscontrati. Vorrei capire se anche voi avete questa funzione e se si è verificato lo stesso episodio.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Per quanto riguarda l'alluvione della Romagna, le dichiarazioni del presidente del Centro studi del Consiglio nazionale ovviamente hanno una base, però dobbiamo dire che anche se non sono valori eccezionali lì c'è stata una concomitanza di eventi, nel giro di quindici giorni, soprattutto nella prima fase, quella di maggio, che hanno creato una condizione particolare. La seconda perturbazione è andata a incidere su un terreno che era stato saturato dall'evento precedente, di quindici giorni prima, e anche per questo ha avuto un impatto fortissimo sul territorio. Come dicevo prima, non è solo questo. Se andate a guardare la mappatura, il PAI-Idraulico di quell'area, potete vedere che è un'area in cui il rischio alluvioni era conosciuto ed era evidente. Il problema, quindi, era conosciuto.
L'altro problema – che è stato citato, anche se in via generale, ma va visto in casi particolari – è che anche quell'area è stata intensamente antropizzata, e questo porta a una maggiore esposizione dei beni, non solo immobili, degli edifici, delle strutture. Come sappiamo, vi è la questione delle aziende agricole, che sono state coinvolte in maniera importante. Tale questione è spesso sottovalutata, perché l'impatto dell'alluvione Pag. 25è stato più evidente e perché quella è l'area più antropizzata, più ricca nella pianura, per cui la parte attinente alle frane non è bene attenzionata. In quegli stessi eventi abbiamo avuto decine di migliaia di frane che si sono riattivate o attivate con frane di nuova generazione, che mettono in ginocchio tutta quella fascia dell'Appennino romagnolo dal punto di vista della viabilità. Anche lì c'è un problema di attività di prevenzione e abbiamo avuto un evento così importante che ha attivato frane che prima non erano state mappate. C'è un problema, quindi, da un lato, di un evento sicuramente importante e, dall'altro, dell'antropizzazione disordinata e intensa del territorio. Nonostante l'Emilia-Romagna sia una regione all'avanguardia dal punto di vista delle attività di prevenzione, questo non è stato sufficiente perché ci sono le situazioni di quei famosi fiumi pensili, che vanno sicuramente risolte.
PRESIDENTE. Non so se la collega Buonguerrieri vuole riservarsi delle domande dopo o le vuole fare adesso.
ALICE BUONGUERRIERI(intervento in videoconferenza). Più che altro credo non abbia risposto – se non mi è sfuggito nulla – alla mia seconda domanda, cioè se e in che modo il Consiglio nazionale dei geologi supporta le regioni, se fa anche attività di segnalazione di criticità e, se sì, se vi sono segnalazioni che hanno mancato di riscontro da parte delle regioni.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. No, tra i nostri compiti non c'è quello di supportare le regioni, ma, quando il ministero, il Governo ce lo chiede, quello di supportare nelle fasi normative in materia di difesa del suolo.
PRESIDENTE. Vuole aggiungere qualcosa, onorevole Buonguerrieri?
Pag. 26ALICE BUONGUERRIERI(intervento in videoconferenza). A questo punto, chiedo se il Consiglio nazionale dei geologi, per comprenderne l'attività, interagisce non soltanto con il Governo quando gliene viene fatta richiesta, ma anche con la regione, e ho capito di no. Chiedo allora se interagisce con la protezione civile durante l'alluvione e se c'è stata un'interazione, con i comuni, in particolare, anche sulla sensibilizzazione al rischio idraulico e idrogeologico, cioè se c'è questa attività di relazione da parte del Consiglio nazionale dei geologi con gli enti più locali.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. L'interazione c'è attraverso gli Ordini territoriali e gli Ordini regionali con le regioni, che sono la nostra emanazione territoriale a livello ordinistico. Gli Ordini territoriali, ovviamente, hanno interlocuzioni con gli enti locali, regioni, comuni, eccetera, ma noi come Consiglio nazionale abbiamo attività con i ministeri, con il Governo e con il Dipartimento di protezione civile nazionale. Come lei ha precisato, noi costituiamo la Struttura tecnica nazionale, che è formata dal Consiglio nazionale delle professioni tecniche, che afferisce al sistema di protezione civile nazionale.
PRESIDENTE. Onorevole Romeo, prego.
NADIA ROMEO. Grazie, presidente.
Semplicemente una domanda, visto che abbiamo tempi ristretti, che ho rivolto anche a ISPRA la settimana scorsa, ma mi hanno detto che loro non se ne occupano. Tra i fenomeni del rischio idrogeologico c'è anche quello della subsidenza, di cui si parla molto poco. Ci sono regioni, come il Veneto e l'Emilia-Romagna, che sono altamente toccate da questo fenomeno e a forte rischio. Vorrei capire se voi ve ne siete occupati, in che termini e se avete relazioni in merito.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Sì, assolutamente, è un tema importante. La subsidenza è un fenomeno che in alcune regioni d'Italia, come l'Emilia-Romagna, ma non solo, va sicuramente attenzionato. Le cause sono molteplici, però mi riservo di approfondire anche questo tema. Ci sono altri temi da approfondire, come quello del sinkhole, degli sprofondamenti che colpiscono molte città italiane (Roma, Napoli e altre), oltre a quello della subsidenza.
PRESIDENTE. Ho iscritta l'onorevole Colombo.
BEATRIZ COLOMBO(intervento in videoconferenza). Grazie, presidente.
Vorrei rivolgere una domanda. Ha già risposto in parte alla domanda dell'onorevole Buonguerrieri. Giustamente, come presidente dell'Ordine nazionale dei geologi, lei fa ferimento ai ministeri. Noi in questa Commissione abbiamo l'intento di andare un po' più nello specifico, perché dobbiamo cercare di capire bene – ci divideremo anche in gruppi di lavoro territoriali – le esigenze dei territori, per poi stilare una relazione. Questo è l'incipit per chiedere anche a lei, come presidente nazionale, se ci può consigliare – la richiesta che vorremmo fare anche noi – di audire magari anche i presidenti degli Ordini dei geologi regionali, che mi sembra di capire, dalla sua risposta, siano quelli che si rapportano con le regioni. Anche a me risulta che, a un certo punto, riporto l'esempio della regione Toscana, siano state diverse le segnalazioni ignorate proprio dall'Ordine dei geologi della Toscana, che hanno più volte denunciato pubblicamente la scarsa considerazione del loro ruolo nelle decisioni strategiche, soprattutto in materia di prevenzione e gestione delle emergenze. Le chiedo se questo le risulta sia successo anche nella regione Emilia-Romagna, dove, Pag. 28per quanto risulti, anche dalle sue parole, una regione virtuosa, i rischi idrogeologico e sismico sono importanti e dove, a un certo punto, anche per il lavoro del geologo, molte risorse non sono state sufficienti, quelle stanziate per una prevenzione negli anni passati, anche a seguito di alcune segnalazioni da parte vostra. Non so se mi può dare qualche accenno in più in merito a queste due regioni.
FRANCESCO ARCANGELO VIOLO, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Noi siamo disponibili a fare approfondimenti e a coinvolgere, su temi specifici che riguardano regioni particolari, anche i presidenti degli Ordini territoriali. Questo sicuramente sì. Nelle successive fasi, anche nel rapporto di collaborazione che si può instaurare con il mondo ordinistico dei geologi, noi, che coordiniamo gli Ordini territoriali, possiamo essere d'aiuto a coinvolgerli nelle prossime audizioni per dare risposte alle vostre domande specifiche.
PRESIDENTE. Aggiungo che, man mano che andiamo avanti nell'inchiesta ed entriamo nei dettagli, quindi nello specifico di alcuni territori, ovviamente saranno coinvolti e dovremo coinvolgere i responsabili di quei territori, a qualsiasi livello.
Ringrazio il presidente Violo e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 15.35, riprende alle 15.50.
Comunicazioni del presidente.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna, se non vi sono obiezioni, sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Comunico che nella riunione odierna dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stato deliberato l'affidamento – fatta salva l'acquisizione delle prescritte Pag. 29autorizzazioni – di incarichi di consulenza a tempo parziale e non retribuiti a Elena Bartoli, Alessandro Trigila, Emanuele Tumminieri.
La seduta termina alle 15.55.