Sulla pubblicità dei lavori:
Pittalis Pietro , Presidente ... 2
Audizione di Luciano Scalettari e Luigi Grimaldi, autori del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata»:
Pittalis Pietro , Presidente ... 2
Grimaldi Luigi , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 3
Scalettari Luciano , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 5
Grimaldi Luigi , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 5
Pittalis Pietro , Presidente ... 10
Scalettari Luciano , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 10
Pittalis Pietro , Presidente ... 13
Ghirra Francesca (AVS) ... 13
Pittalis Pietro , Presidente ... 13
Frijia Maria Grazia (FDI) ... 13
Pittalis Pietro , Presidente ... 14
Fede Giorgio (M5S) ... 14
Pittalis Pietro , Presidente ... 14
Grimaldi Luigi , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 14
Pittalis Pietro , Presidente ... 16
Scalettari Luciano , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 16
Pittalis Pietro , Presidente ... 16
Scalettari Luciano , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 17
Grimaldi Luigi , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 17
Scalettari Luciano , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 17
Grimaldi Luigi , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 18
Ghirra Francesca (AVS) ... 18
Grimaldi Luigi , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 18
Scalettari Luciano , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 18
Grimaldi Luigi , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 18
Scalettari Luciano , autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata» ... 18
Pittalis Pietro , Presidente ... 18 ... 19
Sulla pubblicità dei lavori:
Pittalis Pietro , Presidente ... 19
Comunicazioni del Presidente:
Pittalis Pietro , Presidente ... 19
ALLEGATO: Appunti di Luigi Grimaldi ... 20
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIETRO PITTALIS
La seduta comincia alle 19.40.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
Ricordo, inoltre, che, qualora gli auditi dovessero ritenere che taluni argomenti sui quali intendono riferire richiedano di essere assoggettati a un regime di segretezza, la Commissione valuterà le modalità più opportune per consentire loro di farlo, tenuto conto che le modalità di partecipazione da remoto non sono compatibili con la segretezza della seduta.
Audizione di Luciano Scalettari e Luigi Grimaldi, autori del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata».
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Luciano Scalettari e Luigi Grimaldi, autori del libro 1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata.
Vorrei preliminarmente dedicare qualche parola di presentazione ai nostri ospiti.
Luigi Grimaldi, 65 anni, inchiestista freelance e scrittore investigativo dal 1990. Il traffico internazionale d'armi, la criminalità mafiosa e transnazionale e il ruolo dei servizi segreti nei misteri d'Italia sono da sempre al centro della sua attività. Ha collaborato con quotidiani e settimanali come il Gazzettino di Venezia, Liberazione, Avvenimenti, Famiglia Cristiana e con la trasmissione di Rai3 Chi l'ha visto?
Per quasi un decennio, fino al 2022, è stato autore di importanti servizi per trasmissioni di Italia 1 (Mediaset) Le Iene. Tra i titoli più significativi delle sue pubblicazioni ricordo Traffico d'armi: il crocevia jugoslavo, con Michele Gambino, Editori Riuniti, del 1995; Da Gladio a Cosa Nostra, Edizioni Kappa Vu, del 1993; 1994, con Luciano Scalettari, Chiarelettere, 2010; Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Depistaggi e verità nascoste a 25 anni dalla morte, con Luciano Scalettari, Round Robin, 2019.
Luciano Scalettari, 63 anni, giornalista, dal 1989 vicecaporedattore di Famiglia Cristiana e già inviato speciale per il settimanale. Si è occupato in particolare di attualità africana, inchieste di approfondimento, volontariato e terzo settore. Ha co-fondato nel 2019 e presiede ResQ - People Saving People, l'associazione che, attraverso la nave ResQ People, è dedicata alla ricerca e al soccorso dei naufraghi migranti nel Mediterraneo centrale.
Per quanto riguarda la Moby Prince, l'aspetto più pregnante della loro ricerca è rappresentato dall'approfondimento del ruolo della flotta Shifco nel traffico internazionale d'armi e combustibile verso la Croazia e la Somalia, con particolare riguardo alla presenza dell'ammiraglia 21 Oktoobar II nel porto di Livorno il 10 aprile 1991.Pag. 3
Invito, quindi, i nostri ospiti a svolgere la loro relazione.
LUIGI GRIMALDI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Signor Presidente, la ringrazio.
L'amico Luciano mi cede l'inizio. Vorrei fare una premessa, prima di entrare nel vivo del discorso, per chiarire i contorni di quello che sto per raccontarvi; altrimenti alcune cose potrebbero essere poco comprensibili, poco fruibili dal punto di vista del lavoro che immagino voi stiate facendo e vi apprestiate a fare anche nel prossimo futuro.
La questione è questa. Parleremo molto di traffico internazionale d'armi, almeno dal mio punto di vista. Vorrei definire il contesto in cui io vedo, per una più che trentennale attività di ricerca e di documentazione in questo campo, un tema poco raccontato, poco conosciuto, anche dal mondo dell'informazione. Quando si parla di traffico internazionale di armi, si parla, in questo caso, di traffico internazionale di armi da guerra, di quantitativi di armi che viaggiano a container. Non parliamo delle armi della criminalità organizzata, che pure ha i suoi traffici pericolosissimi di armi. Parliamo di attività che sono diverse da come sono raccontate nei romanzi: sono molto meno suggestive di quelle che vediamo nei film, nei romanzi.
Chi fa traffico d'armi? Dove c'è una guerra c'è un traffico d'armi, se no la guerra non si può fare. Se ci sono diverse fazioni, ci sono più traffici d'armi, oppure gli stessi fornitori riforniscono contemporaneamente fazioni opposte tra di loro.
Chi fa il traffico d'armi? Non basta essere dei criminali o grandi criminali per fare il traffico d'armi. Il traffico d'armi lo fa chi ha la possibilità sistemica di gestire la logistica di questi traffici, cioè chi, indipendentemente dai controlli, indipendentemente dall'embargo, indipendentemente da mari più o meno grandi e dalla presenza di autorità che verificano il rispetto degli embarghi che sono stabiliti dalle organizzazioni internazionali, come l'ONU, sa già che ha la possibilità di passare. Questa non è una cosa nuova: è una cosa sistematica, che esiste da sempre. Chi ha fatto il giornalista come me, prima di me e meglio sicuramente di me lo ha sempre detto. Non cito nessuno, ma ci sono autorevoli colleghi che hanno girato il mondo e sono, anche loro, molto esperti di questo argomento.
Le stesse nazioni che decretano e sostengono gli embarghi gestiscono questo genere di attività. Chi fa il traffico d'armi non fa solo quello, ma utilizza questi canali, che hanno una sorta di salvacondotto, che non si sa poi da chi sia concesso, però esiste, anche per altri tipi di attività. Li usano per il traffico di droga, li usano per il traffico di esseri umani, li usano per ogni attività lucrosa.
Non stiamo parlando, quindi, di un'attività di banditi: stiamo parlando di attività fatte da strutture che si muovono in zone grigie, zone che in molti sanno che ci sono, ma in cui nessuno va realmente a ficcare il naso, soprattutto in Europa. Negli Stati Uniti è un po' diverso: anche gli Stati Uniti utilizzano spesso e volentieri questo genere di canali, solo che a differenza di noi soprattutto europei... Non vorrei dire «italiani», perché mi sembra brutto. A differenza degli altri, quando questi soggetti, queste catene che mettono anche loro in piedi non servono loro più, se ne liberano, fanno pulizia. È gente che, comunque, per quanto sia stata utile, finisce dietro le sbarre; cosa che, invece, non avviene in altre zone del mondo.
Chiarito questo, presumo di raccontarvi una serie di cose che so essere tutte vere, che vengono dal tipo di mondo che vi ho descritto. Cosa c'entra questo con la tragedia del Moby Prince? Io mi occupo della tragedia del Moby Prince dal 1995 e me ne occupo perché l'anno precedente, nel 1994, avevo una collaborazione sia con il Gazzettino di Venezia sia con la trasmissione di Rai3 Chi l'ha visto?. Stavo cercando di lavorare, di documentarmi, di produrre informazione sul tema del traffico d'armi in relazione alla guerra nell'ex Jugoslavia. Facendo questo lavoro ho acquisito delle informazioni, raccolto dei documenti, identificato delle persone e, nel momento in cui il 20 marzo 1994 vengono uccisi Ilaria Alpi Pag. 4e Miran Hrovatin in Somalia, io so chi sono le persone che vedo nel video e che sono lì sul luogo del delitto, perché sono persone coinvolte in attività di traffico internazionale di armi e di rifiuti tossici.
È complicato, ma lo smaltimento di rifiuti tossici, come hanno documentato le Commissioni parlamentari che si occupano del ciclo dei rifiuti, viene utilizzato dai Paesi poveri per pagare carichi di armi: io ti do una nave di armi, tu mi dai delle aree dove io posso smaltire illegalmente rifiuti che, smaltiti in maniera regolare, mi costerebbero moltissimo.
Facendo questo tipo di lavoro, a un certo punto scopro che Ilaria Alpi quando viene uccisa si sta occupando di una flotta peschereccia, di pescherecci oceanici regalati dall'Italia alla Somalia attraverso la cooperazione internazionale allo sviluppo. Ilaria si stava occupando di questa flotta, che si chiama Shifco. Segnatamente, viene ritrovato nei bloc-notes che lascia a Roma il nome del presidente di questa società, un nome di cui parleremo molto stasera, che si chiamava (perché mi risulta morto, anche se non ho dati certi su questo) Omar «Mugne» o «Munie». Mi sono fatto un promemoria segnandomi dei nomi, perché i nomi somali, siccome non esiste una grafia uniforme per la Somalia, sono complicatissimi da gestire. Magari poi vi lascio i fogli e, se avete qualcosa da domandarmi, sono naturalmente sempre a disposizione. Si scrive «Mugne», «Munye» con la «y», con la «i». Insomma, è complicato; bisogna orientarsi con un po' di fatica.
Facendo questo lavoro, avanzo un'ipotesi e dico: non sarà che questa nave ammiraglia, quella che si muove tra l'Italia e la Somalia, tra altri Paesi e la Somalia, era a Livorno la sera del disastro del Moby Prince? Mi procuro la documentazione dei Lloyd's di Londra relativa alle soste di questa nave e vedo che questa nave è effettivamente a Livorno la sera del disastro del Moby Prince. Decido di approfondire.
Da quel momento ho cominciato a contattare gli avvocati, i familiari delle vittime, a fare interviste, a raccogliere informazioni, e ho continuato praticamente per tutta la vita: non direi tanto la mia vita professionale, quanto la mia vita come persona, perché il Moby Prince è una di quelle storie, di quelle vicende umane, soprattutto, delle quali quando cominci a occuparti non riesci più a farne a meno. Ti «prende» la storia di queste 140 persone morte su quel traghetto senza giustizia, davanti al porto di Livorno, dove la vicenda poteva avere tutto un altro andamento. Quando cominci a frequentare questa vicenda, ti prende al punto che poi non la abbandoni più. Quindi, preparatevi anche voi, perché mi sa che questa è la sorte un po' di tutti quelli che ho conosciuto che se ne sono occupati.
Che cosa metto insieme? Cercherò di raccontarvelo nell'ordine cronologico in cui si sono svolte le cose, non nell'ordine in cui le ho scoperte, un po' perché ci sarebbero degli accavallamenti difficilissimi da seguire (sono difficili per me che li ho vissuti, immagino per qualcun altro), ma soprattutto perché tutto questo lavoro di ricerca è durato trent'anni e continua tuttora. Anzi, alla fine vi dirò una cosa che non è strettamente aderente alla questione della nave 21 Ottobre, ma è attinente alla questione del disastro, della collisione tra la Moby Prince e l'Agip Abruzzo. In quel momento, alla fine, chiederò che si proceda in seduta segreta, non perché sia un particolare segreto, ma perché ho la preoccupazione, avendone viste di tutti i colori in questi trent'anni, che, dal momento in cui io rendo pubblica questa cosa, è possibile che evapori. Siccome è meglio che non evapori, toccherà fare così, per essere sicuri, se non altro.
Questo collegamento, questa vicenda tra il disastro del Moby Prince e le vicende della nave Shifco 21 Ottobre II... Diciamo, intanto, che tipo di nave è. Magari mi ripeto, perché lo sapete: è una «nave fattoria», cioè appartiene a una flotta peschereccia ma non pesca. È una nave appoggio per i pescherecci oceanici, che stanno sempre in mare e vengono assistiti da questa «nave madre», chiamiamola così, che è la più grande di questa flotta di cinque navi. Cosa fa la nave madre? Va dai pescherecci mentre questi sono al lavoro in mare, nell'Oceano Indiano, carica nelle celle frigoriferePag. 5 il pescato e rifornisce di ogni cosa (acqua potabile, attrezzature, sposta personale, magari, e soprattutto carburante) le navi che stanno lavorando. Questa nave è una nave fattoria, quindi ha le gru come un cargo, ma è anche una piccola nave cisterna. «Piccola» si fa per dire, perché ha una capacità di 1.250 metri cubi di carico di nafta leggera, quella che viene usata per i motori dei pescherecci oceanici, che corrisponde (se non ho sbagliato i conti, ma sicuramente ci sarà qualcuno che per voi potrà verificarlo meglio di me) a mio avviso a circa 1.800 tonnellate: il che significa una bettolina di discrete dimensioni, non diciamo grandissima ma nemmeno piccola. Questo è già un dato interessante.
Bisogna sapere che il 27 gennaio 1991 crolla in Somalia il regime di Siad Barre. Da anni quel Paese è dilaniato da una guerra civile, ma c'è uno Stato che è rappresentato dal regime di questo presidente. Il regime crolla, il dittatore fugge, il Paese rimane completamente nel caos. «Rimane nel caos» significa che le fazioni, che fino a quel momento erano unite nel combattere il dittatore, cominciano a combattersi tra di loro per avere il controllo del Paese; quindi si innesca una guerra civile, che continuerà 25 anni. Correggimi se sbaglio, tu sai più di me sull'Africa, ma insomma...
LUCIANO SCALETTARI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Va avanti ancora oggi.
LUIGI GRIMALDI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Va avanti, per certi versi, tuttora.
La Somalia di Siad Barre era una sorta di regione aggiunta dell'Italia, una propaggine italiana. La Somalia non aveva e non ha una sua lingua ufficiale: la lingua ufficiale era l'italiano, la Gazzetta Ufficiale della Repubblica di Somalia era scritta in italiano, i film al cinema erano in italiano, tutta la classe dirigente somala si forma quasi esclusivamente nelle accademie militari della Guardia di finanza e dei Carabinieri in Italia. Come tutte le cose, anche quello che è stato il malaffare, la corruzione, lo sperpero di denaro pubblico che abbiamo avuto in Italia negli anni Ottanta e Novanta, soprattutto negli anni Ottanta, è presente in Somalia; anzi molto di più, perché in Somalia la corruzione non è l'eccezione, è la regola.
Vi faccio un esempio. Le fazioni che si combattono sono dirette una da Ali Mahdi e l'altra dal signore della guerra, il generale Farah Aidid. Farah Aidid, a un certo punto, dopo la caduta di Siad Barre, si presenta in Italia perché vuole intentare una causa ad alcuni esponenti del Partito Socialista, dell'associazione di solidarietà italo-somala, perché, mentre lui era ancora nelle grazie del dittatore ed era un alto funzionario dell'Esercito della Somalia, erano stati fatti degli acquisti di armamenti e lui non aveva ricevuto le tangenti che erano state concordate. A quel punto, gli hanno spiegato che in Italia non puoi fare causa a una persona perché non ti ha pagato la tangente: se hai preso la tangente vai in galera; se qualcuno te l'ha promessa, bisogna vedere se anche lui è destinatario di qualche provvedimento, di qualche attività dell'autorità giudiziaria. Questa vicenda della causa è incredibile: conosco questa storia da anni e non riesco ancora a capacitarmi di come qualcuno abbia potuto pensare e incoraggiare in Italia questo tipo di azione.
Il 27 gennaio 1991 crolla, in questa situazione, in questo quadro, il regime di Siad Barre. Il 15 marzo 1991 la nave 21 Ottobre arriva nel porto di Livorno e si ormeggia all'interno del porto. Qualche settimana dopo, diciamo tra metà febbraio e metà marzo, arriva in Italia un profugo speciale, che è l'ex generale (mantiene il grado e si fa chiamare ancora «generale») Ahmed Osman, detto Anaghel. Viene ricevuto in un grande albergo di Roma dall'allora colonnello Luca Rajola Pescarini del Sismi, responsabile per l'Africa della Seconda divisione del Sismi, praticamente quello che si chiamava «Ufficio R», che si occupava delle attività del servizio all'estero, e da un tale che si chiama Giorgio Giovannini. Questo Giorgio Giovannini era Pag. 6stato ai tempi di Siad Barre nominato console onorario per la Jugoslavia e l'Ungheria dal Governo somalo di Siad Barre. Questo Giorgio Giovannini, però, svolgeva un'attività particolare: faceva da mediatore, da procacciatore, da broker (si direbbe al giorno d'oggi) nelle forniture di armamenti alla Somalia, armamenti che provenivano da quella che allora era la Jugoslavia e che di lì a poco sarebbe diventata, come sappiamo, la ex Jugoslavia.
Agli atti di varie istituzioni, per esempio la Commissione d'inchiesta sul delitto Alpi-Hrovatin, nei cui archivi c'è moltissimo materiale che potrebbe, a mio avviso, essere interessante per l'attività che voi svolgete, c'è anche la testimonianza del vice di questo generale Anaghel, che abbiamo appena nominato, che va a stabilirsi a Carpi quando arriva in Italia, dopo essere stato ricevuto, come vi ho detto, a casa di questo Giorgio Giovannini. Va proprio a casa sua e rimarrà lì fino alla fine del maggio 1992, quindi per più di un anno. Il vice di questo generale, testimoniando, dice: «Giovannini era un trafficante d'armi con la Jugoslavia, era un fornitore di armi. Io non ho mai potuto occuparmi, pur essendo un generale della polizia somala, di questa cosa, perché il suo amico era il mio comandante, il generale Osman Anaghel».
Perché il fatto che questi si trasferiscono in Italia per noi è interessante? Perché in quelle settimane – stiamo parlando del periodo che va tra la fine di febbraio e la metà di aprile, quindi siamo a cavallo – c'è una nave, un intero carico di armi in ballo. Perché «in ballo»? Perché sono delle armi che sono state comprate e pagate da Siad Barre, ma non consegnate. Quando la nave parte per andare a fare la consegna, il Governo di Siad Barre si vaporizza, crolla, il dittatore fugge. Per cui, questa nave non ha un padrone. Giovannini racconta sempre alla Commissione: «Il figlio di Siad Barre mi ha chiesto se potevo dirottare questa nave». Questi personaggi non mentono mai, però ti dicono le cose in modo che siano incomprensibili o vengano sicuramente mal interpretate. Dice: «Io non potevo spostare la nave. Non so che fine abbia fatto». Se c'è in giro una nave con un milione di dollari di armi che non ha un padrone, io sono sicuro che, in caso di una guerra, soprattutto in un Paese come la Somalia, un padrone lo trova. Ma che giro ha fatto questa nave?
Nella mia attività, a un certo punto, scopro che, indagando sul delitto Alpi-Hrovatin, la DIGOS di Udine incontra una fonte somala, che viene accompagnata in questura da un alto ufficiale della Guardia di finanza. Questa fonte somala (poi vi lascio anche il nome) è un ex allievo dell'Accademia della Guardia di finanza in Italia ed è un importante agente dei servizi segreti di Siad Barre, che si è rifugiato in Italia dopo il tracollo. Che cosa racconta? Se avete pazienza, vi leggo un pezzettino della relazione di servizio della DIGOS, che mi pare parli da sola. Si legge: «Da fonte confidenziale, ritenuta attendibile, abbiamo appreso in data odierna quanto segue: al porto di Livorno avrebbe fatto scalo per lunghi periodi un peschereccio battente bandiera somala, di colore bianco, con una scritta nera, chiamato Shifco, che sarebbe, in realtà, stato utilizzato per traffico internazionale di armi. Il capitano sarebbe un tale Mugne, un cittadino somalo di circa 50 anni, con doppio passaporto italo-somalo. Secondo quanto appreso, questi avrebbe in passato acquistato armi nella ex Jugoslavia, vendendole, poi, all'ormai deposto regime di Siad Barre, facendo ritorno in Italia con carichi di pesce. Dopo la caduta del dittatore», quindi dopo il gennaio 1991, «il Mugne avrebbe allacciato analoghi rapporti d'affari con la fazione di Ali Mahdi», che è uno dei due signori della guerra che si combattono dal momento in cui crolla il regime. «L'unica differenza» questo è importantissimo «consisteva nel fatto che le armi erano di provenienza polacca». Non ve lo dico adesso, ma questa cosa è di un'importanza straordinaria, per il momento in cui viene fatta questa deposizione e per quello che poi potremo dire.
Poi afferma: «Dell'illecito traffico sarebbe a conoscenza tal Forchetto Mohamed, cittadino somalo, residente a Roma, legato con rapporti di parentela all'ex capo di gabinetto di Siad Barre, che aveva lavorato sulla nave allo scopo di fornire al Pag. 7passato regime ogni utile informazione sull'attività di Mugne». Come sempre, chi controlla i controllori? La mano destra controlla la sinistra, e viceversa. È così, credo, anche da noi. Questo è il tipo di ambiente di cui stiamo parlando.
Dai movimenti di questa nave registrati dai Lloyd's esiste un'unica grande, lunga sosta che questa nave fa a Livorno, proprio nel periodo del disastro di cui stiamo parlando, del traghetto della Navarma.
Siamo arrivati al 15 marzo, quando arriva la nave. Il 20 marzo arrivano a Livorno i tre principali dirigenti della Shifco, che sono due italiani, Florindo Mancinelli e Ennio Malavasi, e Omar Said Mugne, quello di cui abbiamo già parlato fin dall'inizio.
Il Forchetto, di cui racconta la DIGOS di Udine, questo testimone, non sta parlando del 1994, che è l'anno in cui vengono uccisi Ilaria e Miran, ma sta parlando del 1991, perché è ad aprile 1991 che c'è la sosta a Livorno di questa nave. Il 23 marzo Mohamed Forchetto sbarca dalla nave, abbandona la 21 Oktoobar II Shifco in seguito a una sorta di ammutinamento che avviene a bordo della nave. Arriva l'accoltellamento del capitano della nave, Nicola Mandekic, a cui segue la denuncia di tre persone, e tra queste non c'è questo Forchetto che avrebbe commesso l'accoltellamento, e tutto l'equipaggio chiede asilo politico in Italia.
Prima vi ho detto una cosa inesatta e mi correggo. Il 23 marzo avviene questa situazione, il giorno 6 aprile arriva lo «stato maggiore» della Shifco di cui vi ho detto prima: Mancinelli, Malavasi e Omar Mugne. Sono lì i primi di aprile, esattamente il giorno adesso non lo so. Lo posso cercare, se se vi serve essere più precisi.
Il 6 aprile Mugne lascia il porto di Livorno. Gli altri due hanno un permesso di accesso al porto che scade il 10 aprile, ma lui il 6 se ne va. Sappiamo, però, dove va e lo sappiamo perché è tenuto d'occhio da una sezione del Sismi, cioè del servizio segreto militare italiano, che ci racconta (anche questo è un documento che è agli atti della Commissione d'inchiesta sul caso Alpi-Hrovatin) che si sposta a Reggio Emilia con altre persone. Possiamo leggere l'informativa, almeno qualche riga, che scrive il Sismi su questo argomento: «L'ambasciatore somalo Yussuf Ali Osman, che sarebbe ambasciatore presso la Santa Sede, noto anche come Ali Hussein, l'addetto militare somalo Mohamed Hassan Hussein e Omar Mugne hanno soggiornato presso l'albergo Astoria di Reggio Emilia nei giorni 6 e 7 aprile, con partenza il giorno 8 aprile. Per il momento», continua l'informativa del Sismi, «non si è avuta notizia dell'incontro dei somali con Giovannini Giorgio». Ve lo ricordate? È quello a casa del quale qualche settimana prima è andato questo generale somalo, Anaghel. «Il sospetto è che Mugne, l'addetto militare e l'ex ambasciatore siano impegnati nell'organizzazione di un traffico d'armi».
Perché è particolarmente interessante questa cosa agli atti? Non solo perché il 10 c'è il disastro, ma perché il 9 aprile, cioè il giorno prima, è il giorno in cui formalmente la Croazia dà vita al proprio esercito.
Tenete presente che parte dell'equipaggio della 21 Ottobre, che non è coinvolto nell'ammutinamento e che non chiede asilo politico, è croato. Lo stesso comandante e vicecomandante e alcuni degli ufficiali che sono a bordo della 21 Ottobre sono croati. Anzi, vi dirò subito che io non ho potuto verificarlo, ho cercato di farlo e poi se volete vi dico anche come è andata. Io ho cercato di rintracciare il comandante della 21 Ottobre di quei giorni, che si chiama Nicola Mandekic, cittadino croato, e non sono riuscito a rintracciarlo. Ho scoperto che all'inizio degli anni Duemila a Fiume un alto funzionario dei servizi segreti croati si chiama Nicola Mandekic, ma non ho potuto accertare se si tratti della stessa persona o di un caso di omonimia. Mi sono confrontato con alcuni giornalisti croati per cercare di raccogliere delle informazioni: inizialmente sembrava tutto abbastanza semplice, ma da un certo momento in poi sono tutti scomparsi, non sono mai più riuscito a contattarli e non mi hanno più risposto.
C'è di più, perché dopo l'uccisione di Ilaria Alpi la Procura di Roma naturalmente indaga sulla uccisione di Alpi e Hrovatin. Uno dei magistrati che ha la delega Pag. 8per svolgere questa indagine è il dottor Pititto.
Il dottor Pititto riesce a fare una cosa non facile: riesce a interrogare l'ultima persona interrogata dai due giornalisti italiani, che saranno poi uccisi qualche giorno dopo, che è il sultano di Bosaso. Riesce a interrogarlo. In quel momento il dottor Pititto non si rende bene conto perché ha giustamente in mente altro: lui ha in mente il 1994, l'uccisione dei due giornalisti. Non si rende bene conto di cosa gli sta dicendo in quel momento il sultano di Bosaso. Vi leggo un pezzettino della deposizione.
A domanda risponde: «Ilaria mi aveva chiesto se la nave sequestrata», che è una nave Shifco, che era sequestrata a Bosaso e sulla quale Ilaria Alpi era andata a indagare, «trasportasse delle armi».
A domanda risponde: «Noi non siamo sicuri che le navi Shifco abbiano effettuato traffico d'armi. Verso marzo-aprile del 1991 i nostri miliziani ci hanno informato che da una nave della Shifco stavano sbarcando materiale militare. Dissero a me personalmente e ad altri che da una delle navi della Shifco stavano sbarcando materiale militare. So che dissero che si trattava di una nave della Shifco. Il giorno dopo noi del Comitato di difesa chiedemmo ulteriori informazioni e ci fu risposto che la nave stava ancora scaricando del combustibile. In altre occasioni noi domandammo nuovamente se la nave da cui era stato sbarcato il materiale militare e da cui si stava scaricando il combustibile fosse una nave Shifco e ci fu confermato che si trattava di una nave di tale società».
Possiamo già cominciare a rispondere a delle domande, a porci delle domande e a cercare ulteriori risposte. La nave Shifco che sta a Livorno il 10 aprile 1991 è una nave dedita al traffico internazionale di armi o no? Il sospetto, con questi materiali, con queste informazioni, è legittimo, secondo me, più che legittimo. Finché non emerge qualcosa che cambia completamente le carte in tavola e ci dà invece una conferma, ci dà la certezza che le navi Shifco fossero impiegate nel traffico d'armi, che è il risultato di un'inchiesta dei commissari delle Nazioni Unite incaricati di monitorare il rispetto dell'embargo delle armi verso la Somalia.
Naturalmente questi ispettori vanno cercando di ricostruire nei minimi dettagli un episodio di traffico d'armi che necessariamente deve essere riferito al 1992, perché è nel 1992 che viene decretato l'embargo delle armi verso la Somalia. Nel 1991 l'embargo ancora non c'è. Però, nel compiere questo lavoro, nel redigere le loro relazioni, gli ispettori raccolgono delle informazioni e dei dati riferiti al periodo precedente, 1990 e 1991, che per noi possono essere interessanti.
Intanto loro si occupano della ricostruzione. Non vi leggo, perché vi lascerò poi gli appunti, l'estratto di questa parte della relazione delle Nazioni Unite, ma cercano i soldi che si muovono dietro i traffici e per i quali vengono fatti i traffici, perché non si tratta di benefattori. Ricostruiscono i movimenti di una cifra di 70 milioni di dollari, che tra la fine del 1990 e l'inizio del 1991 incredibilmente vengono donati alla Somalia dal Kuwait, che sta in un mare di guai, perché Saddam invade il Paese, c'è la guerra.
Nonostante questo, non si sa bene come, le regala 70 milioni di dollari. Alla caduta di Siad Barre, il governatore della Banca centrale della Somalia, che ha accantonato questi soldi, li consegna di fatto a due personaggi, a uno in particolare, legati alla fazione di Ali Mahdi. Li consegna in due tranche, una tranche da 20 milioni di dollari e una tranche da 50 milioni di dollari. Il conto era aperto in Svizzera; le autorità svizzere, però, non hanno mai collaborato con l'ONU per la ricostruzione nel dettaglio dei movimenti di questo conto corrente. L'ONU, però, scrive: «È probabile almeno che una parte di quel denaro sia stata utilizzata da Ali Mahdi per effettuare acquisti di armi dal trafficante d'armi Monzer al-Kassar».
Io ho letto, ma non ho mai potuto avere il foglio in mano perché era proibitissimo, un dispaccio del Sisde che transita negli archivi del Ministero dell'interno il 7 dicembre 1992. Questo sì è interessante da leggere, perché tratta dello stesso movimento di soldi di cui parlano gli ispettori dell'ONU. Afferma il Sisde: «Il direttore Pag. 9delle aviolinee somale di Ali Mahdi, unitamente a [omissis], rappresentante della aviolinee, contatta Giorgio Giovannini per acquisto di armi per Ali Mahdi, assegno di cui si conosce importo depositato presso Banco San Paolo Roma, fondo proveniente dal conto privato di Guled», che sarebbe quello che delle due tranche aveva 20 milioni di dollari, «aperto dallo stesso con i soldi intascati dalle predette aviolinee». «Sia Guled che [omissis] sono della stessa etnia di Ali Mahdi. Giovannini è stato contattato da Guled nel 1991; in quella circostanza assegno depositato presso Banco San Paolo di Roma. Giovannini ha un ufficio a Budapest che provvede all'assistenza dei familiari di Siad Barre». Vi ricordate la nave di cui vi ho raccontato all'inizio, quella rimasta senza un padrone? Che il milione di dollari che viaggia su questa nave non si sa di chi sia, perché l'esercito di Siad Barre non c'è più, lui non comanda più. Che il figlio di Siad Barre chiede a Giovannini se può dirottarla da qualcun altro, perché evidentemente vuole monetizzare quel carico.
Noi non sappiamo cosa sia successo, però sappiamo da questi documenti del Sisde, e probabilmente ce ne sono altri a cui non avevo la possibilità di accedere, ma probabilmente voi sì, che provvede al mantenimento della famiglia di Siad Barre. Generosità? Amicizia? Oppure mi chiedo io, mi faccio una domanda: non saranno mica i soldi di quella nave? Qui c'è questa nave che si muove tra l'Italia e la Somalia e stiamo parlando sempre nel periodo tra marzo e aprile 1991, che è la stessa cosa che ci racconta il sultano di Bosaso.
Il riferimento a Monzer al-Kassar è estremamente interessante. Vi do alcune indicazioni per capire. Era detto il principe di Marbella, è stato uno dei più importanti trafficanti d'armi al mondo. È stato uno dei protagonisti dello scandalo Iran-Contra, quindi con un'attività di partenariato con la CIA, con i servizi segreti americani; ma allo stesso tempo era anche il fornitore delle armi ad Abu Nidal per il sequestro della nave Achille Lauro. È uno con un metro di pelo sullo stomaco, che sta con chiunque lo faccia lavorare.
Praticamente gli ispettori dell'ONU affermano che i traffici di armi che fa Monzer al-Kassar nel 1992 – loro raccontano un episodio del 1992 perché non possono raccontare un episodio precedente, perché, ripeto, non c'era l'embargo ancora sulla Somalia – vengono fatti con l'utilizzo di una nave della Shifco.
Raccontano di una nave carica di armi che parte dalla Polonia – ve l'ho citata prima, perché c'è questo ufficiale dei servizi segreti somali che va a raccontare questo alla Polizia, riferendosi al 1991, perché lui parla di Livorno e del 1991, perché non ci sono dubbi su questo – e va in Lettonia. C'è un gioco di prestigio con i certificati di destinazione finale di queste armi e queste armi ripartono: un set parte per la Croazia e un altro parte contemporaneamente o subito dopo per la Somalia.
Gli ispettori dell'ONU ricostruiscono tutto, chi è il comandante di una nave, chi è il comandante dell'altra, chi è l'ufficiale di collegamento che viaggia tutto il tempo con le navi finché al largo della Somalia queste armi passano dalla prima nave alla nave Shifco. Praticamente, per accelerare un attimo questo racconto, forse un po' troppo dettagliato, viene fuori che questa è un'attività che va avanti in questo modo, con questi stessi protagonisti, e cioè gli ufficiali dei servizi segreti polacchi coinvolti in questo caso, Monzer al-Kassar ed evidentemente anche la Shifco a questo punto, dagli anni Ottanta. C'è, quindi, una continuità che ricomprende sicuramente, visto che sappiamo del 1992, anche il 1991.
Naturalmente in Italia di tutto questo si è parlato poco o nulla, mentre, per chi ha indagato per esempio sulle questioni del Moby Prince, ma anche sul delitto Alpi, questa è una questione importante. A me non risulta che la relazione dell'ONU, che pure è disponibile su Internet, sia mai stata formalmente acquisita da nessuno. È un'inerzia che dimostra, secondo me, sicuramente una non comprensione del contesto in cui, a mio avviso, matura o «contribuisce» a maturare il disastro della Moby Prince.
Dico questo perché, per esempio, in Lettonia, in Polonia ci sono stati dei processiPag. 10 e delle condanne. Gli ispettori dell'ONU hanno svolto le loro inchieste, hanno effettuato le loro verifiche, acquisendo i materiali giudiziari che erano disponibili: casi chiusi, con nomi, cognomi, date, indirizzi, manifesti di carico, certificati di destinazione finale. C'è tutto, non è che manca qualche cosa. Ma non sono gli unici, perché anche la magistratura argentina si è occupata di questa vicenda; anche quella cilena, anche in Cile ci sono state delle condanne per questo tipo di attività.
Si possono sapere i nomi delle società, i nomi delle persone in maniera certa. Poi c'è l'inchiesta (di questa io non ho documentazione, ma l'ho seguita sulla stampa spagnola, argentina e polacca) svolta da un magistrato svizzero, il procuratore di Ginevra Laurent Kasper-Ansermet. Il mio francese è terribile, per cui chiedo pietà e perdono. Cosa scopre quest'inchiesta? Scopre che al-Kassar, cioè quello che lavora con la Shifco e con questi personaggi della Polonia nei traffici internazionali di armi, alla fine del 1990 ha acquistato un enorme lotto di esplosivo commerciale americano che si chiama T4, fabbricato dalla Unión Española de Explosivos e commercializzato dalla Explosivos de Alicante, utilizzando una falsa identità che si sa anche qual è. L'inchiesta della magistratura ginevrina risale al 1996. La società attraverso la quale al-Kassar acquista questa enorme quantità di esplosivo è la Cenrex, la stessa società polacca che fa i traffici con la Shifco.
C'è poi anche un'inchiesta, un brandello dell'inchiesta che riguarda questa cosa, anche delle autorità croate, perché la magistratura croata scopre che questo al-Kassar era un frequentatore assiduo di Varsavia e ha incassato i soldi delle armi vendute alla Croazia tramite un personaggio di cui vi lascio anche il nome, che ha utilizzato un conto che gli è stato prestato da un alto esponente dell'OLP su richiesta del Governo yemenita. È estremamente interessante che sia il Governo yemenita, perché quando Mugne, alla caduta del Governo di Siad Barre, si impadronisce della flotta somala, che l'Italia ha regalato alla Somalia per sviluppare la pesca, non per fare il traffico d'armi, le abbiamo pagate noi quelle navi; prende le navi ma non va in Somalia, perché in Somalia c'è la guerra, per cui, se sbaglia fazione, gli sparano. Non va neanche in Italia, perché ancora non sa come andrà a finire con le autorità italiane: se troveranno degli accordi, se la flotta continuerà a esistere, se l'Italia vuole indietro le navi. Lui non lo sa. Siamo nei primissimi momenti del 1991, tra gennaio e aprile. E dove va? Va nello Yemen, dove fonda una società con il figlio del presidente Saleh.
Capite ora quello che vi dicevo all'inizio, le zone grigie, i meccanismi complessi, difficili da ricostruire e difficili anche, secondo me, da comprendere? Io ci ho messo anni per orientarmi, ancora non so se è vero che mi oriento. C'è un ginepraio dal quale è difficile uscire. Poi Luciano Scalettari, se ho dimenticato qualcosa, mi correggerà.
Io avrei terminato; poi posso rispondere dando ulteriori particolari e dettagli. Vorrei consegnarvi una cosa, ma lo facciamo dopo.
PRESIDENTE. Grazie.
Do la parola a Luciano Scalettari.
LUCIANO SCALETTARI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Buonasera a tutti.
Io non ho molto da aggiungere, nel senso che Luigi ha grosso modo riassunto tutte le principali questioni che avevamo affrontato in quel libro che è del 2010, quindi ormai è di ben quattordici anni fa. È drammaticamente attuale, e dico «drammaticamente» perché i quadri che venivano tratteggiati non erano propriamente positivi.
Luigi ha citato molti nomi, molte situazioni, molti fatti. È stato molto dettagliato. Potrei dare un elemento di cornice generale, che forse giustifica ancora di più la serie di elementi specifici di cui parlava Luigi.
Lo dico molto sinteticamente così poi, magari, se ci sono domande o cose più specifiche rispondiamo. Alla fine, il quadro che ha tratteggiato Luigi Grimaldi attraverso tutta questa serie di fatti è dentro la Pag. 11situazione per cui, a partire di fatto dalla primavera del 1991 - ma in realtà con eventi che si stavano preparando anche negli anni precedenti -, in quel periodo abbiamo a livello internazionale due grandi situazioni geopolitiche che attirano tutta l'attenzione internazionale e che sono davvero i due snodi degli equilibri che si andranno in qualche modo a creare successivamente, ossia da un lato la ex Jugoslavia e dall'altro la Somalia.
Consideriamo che quello che inizia ad accadere in Somalia in quel momento, e siamo esattamente nella primavera del 1991, con tutta un'evoluzione camaleontica della guerra somala successiva, ha poi sviluppi che portano a cambiamenti profondi nel conflitto somalo, che continua ancora tutt'oggi. Essi nascono in quel momento e influenzano tutto quello che sarà dopo, trasformando quel Paese da una realtà abbastanza saldamente filo-occidentale a una realtà estremamente legata ed estremamente influenzata dall'estremismo islamico e dai Paesi della penisola araba, con fiumi di denaro che negli anni spostano la collocazione del Paese dal punto di vista geopolitico.
Questi fatti a cui faceva nello specifico riferimento Luigi Grimaldi (ossia la flotta Shifco, le licenze di pesca, il ruolo che anche l'Italia ha a partire dal 1984-85 rispetto alla Somalia e poco dopo avrà anche rispetto alla ex Jugoslavia - ma teniamo presente che in quel momento l'Italia ha un ruolo molto importante rispetto alla Somalia) sono davvero di una rilevanza cruciale.
Prima Luigi Grimaldi faceva riferimento, ad esempio, alla denuncia che era stata presentata davanti a Gemma Gualdi, magistrata della Procura di Milano. Gemma Gualdi vede arrivare innanzi una denuncia che viene da uno dai due signori della guerra, dal generale Farah Aidid, e da suo nipote, che è quello della tangente di cui si diceva prima. La denuncia è nei confronti di Bettino Craxi e di Paolo Pillitteri per tangenti non pagate. Come si fa a pensare di sporgere una denuncia per «tangenti non pagate»? In realtà la cosa è estremamente furba, perché in quel momento, in quella fase storica ricordiamo che la situazione dell'Italia è quella di un Paese che sta esplodendo.
Ricordiamo tutto quello che succede in Italia in quel periodo. È il momento di esplosione di consenso della Lega, è il momento delle bombe del 1992 e 1993, è il momento in cui il Presidente della Repubblica dell'epoca teme un colpo di Stato, è il momento in cui, di fatto, si arriva alla disintegrazione della Prima Repubblica con Mani Pulite. L'Italia in quel momento esplode. Questa è anche la ragione per cui tante di queste notizie vengono volutamente rese pubbliche. Perché in quel momento emergono tutte queste cose? Mi spiego meglio. In quel momento si creano le condizioni perché poi molti di questi fatti divengano di dominio pubblico - anche se poi si tratta di un dominio pubblico relativo -, in altre parole è il tentativo di far uscire determinate notizie.
Faccio un esempio apparentemente molto particolare, ma secondo me sintomatico per dire quello che era il clima di quel momento e la situazione caotica in Italia e in Somalia. Nel 1993, se ricordate, c'è quella fase in cui in particolare gli americani, che stanno conducendo l'operazione Restore Hope in Somalia (che per noi si chiama operazione Ibis I e Ibis II), mettono una taglia sul generale Farah Aidid.
Un nostro collega, che lavorava a Radio Popolare, a Milano, trova i canali per tentare di fare un'intervista al generale somalo. Ci riesce, ed è uno scoop, in quel momento, rilevante, perché gli americani avevano messo una considerevole taglia sulla testa del generale e uno sconosciuto giornalista italiano riesce a intervistarlo. La notizia non è questa, però, bensì il fatto che, nel momento in cui sta salendo sull'aereo per uscire dalla Somalia e rientrare in Italia, quindi a intervista già fatta, in mano a questo collega viene messo un plico. A noi giornalisti quando mettono in mano un plico e stiamo per salire su un aereo ci viene la febbre, naturalmente, ci preoccupiamo molto. Anche lui si preoccupa molto, per cui si affretta ad aprire questo plico, all'interno del quale ci sono i passaporti fotocopiati e alcuni documenti di società italiane, che negli anni successivi Pag. 12si scoprirà essere società che stavano tentando di realizzare traffici internazionali di rifiuti tossici con la Somalia.
Questo è semplicemente un episodio per dire come la situazione di guerra civile stava esplodendo nel Paese africano, ma contemporaneamente era anche di cambiamento, di trasformazione, di destabilizzazione in Italia, e apriva a una serie di possibilità di fare emergere verità scomode... Anzi, come si può dire? In qualche modo si cercava di togliere il coperchio a diverse pentole. C'era chi, per accusare qualcun altro, faceva uscire e tentava di orientare in maniera molto decisa l'uscita di notizie. Questo è il contesto di allora.
Le cose che ha raccontato Luigi Grimaldi, riferite al 1991, quindi la presenza della nave Shifco nel teatro di Livorno del 10 aprile, del disastro del Moby Prince, sono cose che, in realtà, emergono a partire dal 1992, 1993 e 1994 e, queste nello specifico, dopo la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, quindi dopo il 1994.
La stessa insistenza dei due giornalisti, di Ilaria Alpi fondamentalmente (come sappiamo tutti, Miran Hrovatin si trova a farle da cameraman quasi occasionalmente, nel senso che i due erano stati insieme soltanto una volta in un viaggio della giornalista, sempre da inviata, nell'ex Jugoslavia, peraltro poco precedente all'ultimo viaggio in cui vengono assassinati i due giornalisti), nasce sicuramente da soffiate, da «dritte» che le vengono date, che sono unidirezionali, nel senso che si vuole far emergere il marcio che c'è nei progetti di cooperazione italiana, in particolare nel progetto dei pescherecci Shifco.
Se interessa, possiamo anche approfondirla di più, ma forse ci porterebbe lontano la storia della Shifco, che è molto complicata e articolata. La parte interessante, perché va a incrociare direttamente la vicenda del Moby Prince, è quella già riferita da Luigi. È però una storia interessantissima. Luigi ha citato più volte Said Omar Mugne. Said Omar Mugne non è solo quello che è in relazione con un trafficante del livello di Monzer al-Kassar (tra l'altro, anche Monzer al-Kassar viene citato con duecentocinquanta nomi diversi, pseudonimi ma anche varianti del nome: al-Kassar, al-Kazar. È difficile ricostruire, perché anche il suo nome viene scritto in tanti modi). Contemporaneamente, Said Omar Mugne è anche una figura di altissima rilevanza nel contesto della guerra civile somala, dei rapporti con l'Italia; è una figura chiave, un ingegnere che ha studiato in Italia, all'Università di Bologna. Rientra in Somalia come funzionario stipendiato di una cooperativa della Lega delle cooperative, che poi andrà in liquidazione nel 1995, appena dopo la morte di Ilaria Alpi.
Sono figure che, in realtà, giocano ruoli davvero molto rilevanti nei rapporti tra Italia e Somalia di quel momento. Come diceva prima Luigi, va sempre considerato il fatto che nessuna di queste figure è esente da presenze in Italia, dal fatto che parlano benissimo l'italiano, ma soprattutto sono perfettamente inserite nei meccanismi dei servizi militari, a seconda dei casi, o politici o dei rapporti con i politici in Italia. È una cosa che oggi non c'è più, ma in quel momento tra gli stessi uomini dei servizi italiani si diceva appunto che la Somalia era una dépendance. Non avevamo nemmeno bisogno di mandare uomini dei servizi in Somalia, perché c'erano già i somali che avevano studiato in Italia.
Il libro che abbiamo scritto insieme, su cui abbiamo lavorato tre anni, a partire dal 2007-2008, è uscito nel 2010. Avevamo già collaborato, ma il sodalizio si cementa nel momento in cui decidiamo di mettere mano a questo libro, che, alla fine, insieme all'editore abbiamo deciso di intitolare così, 1994. In realtà, i primi percorsi, pur conoscendoci, pur scambiandoci spesso informazioni, erano stati percorsi diversi: io molto a partire dall'Africa, dalla Somalia, poi dal caso Alpi, insieme anche ad altri due colleghi di Famiglia Cristiana, Alberto Chiara e Barbara Carazzolo, e Luigi per i percorsi che ha descritto.
La cosa curiosa è che poi ci troviamo a scrivere, quindi in qualche modo anche a mettere insieme i nostri archivi, le nostre conoscenze reciproche, e andiamo a ritrovare tutta una serie di elementi che ognuno dei due ha rintracciato per conto proprio, parzialmente. Poi alcune cose che ha detto Pag. 13Luigi, soprattutto precedenti alla stesura del libro, sono cose che aveva già portato lui in dote al libro, quindi mi è sembrato giusto anche per questo motivo che cominciasse lui. Come abbiamo visto, aveva molte cose da raccontare.
Credo che questa sia, però, una cosa fondamentale, al di là delle singole e specifiche cose che sono state riferite da Luigi Grimaldi. Questo quadro generale sembra un film: sembra di raccontare una vicenda, con tutti i suoi addentellati, corollari, ricadute, elementi che, peraltro, vanno a finire su altre vicende. Il nostro libro doveva essere una controinchiesta sui deliri della Commissione Taormina sul caso Alpi, nasce come inchiesta che mette a nudo l'azione di fatto - nessuno va a discutere la volontà o meno - depistante di quella Commissione parlamentare rispetto al caso Alpi-Hrovatin.
In realtà, ne esce 1994, perché dal caso Alpi troviamo questi elementi che vanno a finire sul Moby Prince, che riguardano la Shifco, ma vanno a finire anche su Gladio nel momento in cui scopriamo la figura, il ruolo e la rilevanza di Vincenzo Li Causi, altra persona assassinata, senza che sia mai stato individuato un responsabile, in Somalia nel 1993. Con alcune figure andiamo a finire sulle bombe del 1992-93. Alla fine, l'elemento che mette insieme queste vicende era il 1994, perché è l'anno che noi abbiamo definito «lungo sei anni», perché alcuni dei fatti iniziano nel 1988 (l'omicidio Rostagno, per esempio) e hanno tutti questi fili rossi che collegano gli elementi.
Nello specifico, quello che ha detto Luigi a noi sembra molto rilevante e crediamo meriti sicuramente ulteriori ricerche e ulteriori indagini.
PRESIDENTE. Grazie a Luciano Scalettari. Chiedo se ci siano colleghi che intendono porre domande.
Intanto, ne pongo prima una io. Vorrei chiedervi se avete indagato le ragioni per le quali la nave 21 Oktoobar si trovava nel porto di Livorno il 10 aprile 1991. Questa è una domanda per capire se avete svolto accertamenti da questo punto di vista.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
Prego, la collega Ghirra.
FRANCESCA GHIRRA. Signor Presidente, ringrazio lei per aver organizzato questa audizione e i nostri ospiti per questo resoconto puntuale di quello che capitava in quegli anni, una situazione piuttosto complessa e articolata.
Vorrei concentrarmi su una questione che riguarda la presenza della nave nel porto di Livorno. Avete detto che il 15 marzo è certificata la sua presenza e poi avete parlato però genericamente di una lunga sosta. Di fatto, dai tracciati radar e i documenti che abbiamo avuto modo di vedere finora non mi pare sia stata rilevata o certificata la sua presenza. Vorrei chiedervi conferma di questo o se, invece, c'è una testimonianza del fatto che la notte del 10 aprile la 21 Ottobre fosse ancorata o transitasse nelle acque della rada del porto di Livorno.
Avrei, poi, fatto come seconda la stessa domanda che ha posto il Presidente. Grazie.
PRESIDENTE. L'onorevole Frijia. Prego.
MARIA GRAZIA FRIJIA. Signor Presidente, ringrazio lei e i nostri ospiti. È stato interessante: sembrava veramente di essere in un film o nel racconto di un film. Comunque, è un quadro, anche storico, della situazione che si viveva allora, che era veramente una situazione delicata e complessa, e ce l'avete anche un po' raccontato.
In funzione di tutto quello che ci avete raccontato, quindi del fatto che probabilmente c'era questa attività particolare in quella zona, in quei momenti, che probabilmente magari c'era questa imbarcazione che era lì o è stata lì, e c'erano navi in mare quella notte in generale, vorrei capire, in tutto questo racconto, se vi siete fatti un'idea del ruolo della Moby Prince e del ruolo del peschereccio all'interno del contesto dell'incidente. Al di là del fatto che si fotografa questa attività illecita, particolare, che c'era, mettiamo anche il caso che Pag. 14la nave ci fosse, il 21 Ottobre, la collegate alla Moby Prince? Come? Perché? Che ruolo aveva il Moby Prince in questa vicenda?
Avete sottolineato il fatto che il peschereccio trasportava anche petrolio, carburante. Aveva un ruolo limitato a quello – ipoteticamente, vi sarete fatti un'idea – o aveva anche un altro ruolo? Questo mi domando. Durante il percorso nelle nostre Commissioni è emerso che ci poteva essere un'attività legata al traffico di carburante in maniera non tanto trasparente. C'era solo quel ruolo o c'erano altri ruoli? In base alle vostre indagini, alle vostre idee e al vostro pensiero su questa vicenda. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie.
Il vicepresidente Fede, che è collegato da remoto. Prego.
GIORGIO FEDE(intervento in videoconferenza). Signor Presidente, purtroppo sono fuori e spero non ci siano disturbi nell'audio.
Innanzitutto, ringrazio per l'esposizione, che è stata molto chiara e – aggiungo, come hanno detto anche i colleghi – avvincente; quindi ha ricostruito il quadro delle situazioni di quegli anni, evidenziandole molto bene sulla base di appunti e report qualificati di DIGOS, servizi e quant'altro. Indubbiamente, è l'ennesima conferma che quel giorno nella rada di Livorno c'era una nebbia, ma non era meteorologica, bensì legata alle tante circostanze opache che sono transitate per quel luogo.
Quello che, però, vorrei chiedere è se effettivamente ci possa essere un elemento probatorio che certifichi l'interazione con l'evento, con il disastro del Moby Prince e dell'Agip Abruzzo. Abbiamo sentito, anche attraverso altre ricostruzioni, l'ipotesi, che potrebbe essere supportata, di una nave che attraversa con una rotta e induce i mezzi presenti a una manovra, che poi porta alla collisione. Abbiamo avuto conferma dalle informazioni della presenza, certificata dai registri, di questa nave della Shifco. Lei ha ricostituito bene tutte le storie che conoscevamo dalle cronache, quindi Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, i traffici conseguenti delle società e di quegli Stati.
Alla fine, però, sono una serie di illazioni, di ipotesi indiziarie. Ovviamente non è questo il suo compito, ci mancherebbe. Quello che mi piacerebbe sapere... E sarebbe chiaramente la soluzione, quindi mi rendo conto che è anche banale, ma non possiamo non tener conto di queste circostanze, però bisognerebbe poi capire come poterle collegare con l'evento. Il punto nodale della Commissione d'inchiesta è quello di accertare una verità. Da questi fatti, sicuramente conclamati, dobbiamo capire se c'è una relazione causa-effetto che abbia portato alla tragedia di cui stiamo parlando. Questo mi rendo conto che è difficile da certificare, però sarebbe importante capire in quale direzione muoversi per avere un elemento che dia una certezza maggiore. Grazie.
PRESIDENTE. Mi sembra non ci siano altri interventi, nemmeno da remoto.
Do la parola a Luigi Grimaldi. Prego.
LUIGI GRIMALDI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Signor Presidente, prima di rispondere subito alle domande che sono state poste, premetto che tutta una serie di cose strettamente collegate al disastro non le ho dette perché non so esattamente il lavoro che avete fatto fino adesso. So cosa hanno fatto le altre Commissioni, dove hanno finito, ma non ho idea delle consapevolezze che avete già acquisito o che cercate. Invece, dalle domande che mi sono state poste mi oriento e posso rispondere.
Perché è a Livorno la 21 Ottobre? La 21 Ottobre, formalmente, è lì per effettuare delle riparazioni. Io ho letto gli atti della Procura di Livorno, della Commissione di inchiesta, di chi si è occupato di questa vicenda: non si capisce esattamente che riparazioni siano. Quello che si sa, per quelle che sono le informazioni che ho raccolto io, non ha molto senso. D'altronde, la ricerca è stata fatta in un futuro, rispetto a quando sono avvenuti gli eventi, talmente Pag. 15lontano che se c'è gente che dice: «Sono passati più di vent'anni, non ricordo cosa abbiamo fatto, non ricordo che lavori erano», è difficile dare loro torto. Fatto sta che non si sa esattamente perché fosse lì. Certamente una parte di questa risposta starà in quella parte che ho detto prima e che abbiamo deciso di rimandare alla fine.
La sosta della 21 Ottobre è certificata, nel senso che non è soltanto sancita dai documenti dei Lloyd's di Londra, che monitorano gli approdi di tutte le navi in tutto il mondo (parlando di navi i Lloyd's di Londra sono la Bibbia, sono il Vangelo), ma è anche certificata dalle indagini che ha svolto la Procura di Livorno. È certificata dal fatto che, per esempio, c'è una testimone, moglie di un ufficiale della Capitaneria, che aveva l'abitazione di fronte a dov'era ormeggiata la 21 Ottobre, che ha ricordato... Forse negli anni ha dato versioni diverse, nel senso che sono passati molti anni e quindi ha fatto un po' di confusione, ma non cambia la sostanza. Di essere andata a dormire con questa nave di fronte alla finestra e di essersi alzata la mattina con questa nave, che doveva essere ferma in porto per lavori, ormeggiata da un'altra parte, o viceversa. Questo è molto interessante. Senonché la signora non sa dire... Si sa che la nave è quella, perché la posizione di ormeggio era quella lì, però, al di là di questo, oltre questo passaggio, non si è andati.
Sul discorso del ruolo, che hanno posto più interventi, e della relazione con il disastro, nel 1995 chiusi la mia prima inchiesta per il settimanale Avvenimenti sul disastro del Moby Prince, sulla base degli elementi che allora erano disponibili (stiamo parlando di prima del processo, prima delle inchieste ministeriali), in cui scrivevo che, secondo me, dagli elementi che avevo raccolto io, c'era stata una deviazione per evitare una nave o per un altro evento di turbativa della navigazione, che è l'ipotesi su cui mi pare abbia chiuso anche la precedente Commissione d'inchiesta.
Feci questa ipotesi partendo dal presupposto che la 21 Ottobre fosse a Livorno. Sicuramente in parte è un'illazione, ma è un po' come dire che se io vedo Jack lo Squartatore sul marciapiede e nella casa di fronte c'è uno squartato, posso legittimamente sospettare che sia stato Jack lo Squartatore. Poi, è chiaro che il mestiere dei giornalisti non è trovare le prove: è dare delle indicazioni dicendo la verità, perché, per carità, non si può barare, non si può imbrogliare, soprattutto in questo genere di cose. Ma, diciamo, stiamo parlando di dati di fatto.
Vengo al problema del rapporto tra la 21 Ottobre e il disastro. Non farò il nome (lo farò magari dopo nell'altra parte), ma nel corso della mia attività, nel più recente dei servizi che ho fatto sul Moby Prince, l'ho fatto per Le Iene... Se non sbaglio l'ultimo era nel 2022 o nel 2021, se non ricordo male, ma comunque si può verificare facilmente, i servizi sono tuttora on line. Io ero autore, quindi non ho effettuato le riprese, non ero presente sul posto, ma ho lavorato sul materiale. C'è una parte di materiale che non è stato montato, trasmesso. Non so se Mediaset lo abbia conservato, però chi se ne è occupato, la «iena» Gaetano Pecoraro e chi era con lui in quel momento, dovrebbe ricordarlo. Non l'abbiamo fatto perché non l'abbiamo capito, nel senso che ancora non conoscevamo le conclusioni delle due Commissioni precedenti.
Abbiamo intervistato un ufficiale dell'Agip Abruzzo senza che lui sapesse di essere intervistato. È stato registrato in video e in audio e io ho visto il video e l'audio di questa intervista. Abbiamo intervistato il primo ufficiale dell'Agip Abruzzo, per una parte a sua insaputa, poi gli è stato detto che era stato registrato e poi è stato ripreso anche a telecamera e microfono manifesti. Sapeva di parlare con un giornalista, entrambi lo sapevano, quindi non è stato violato il codice deontologico, e questo risulta anche dalle registrazioni.
La cosa importante è che il primo dei due con cui ho parlato, che è stato sentito più volte da tutte le varie Commissioni che si sono occupate del caso, dalla magistratura, dalla Capitaneria di porto, nell'inchiesta della Marina Militare, ha sempre detto una cosa e ce l'ha anche ripetuta. Lui ha sempre detto: «Io non ero in plancia quando Pag. 16c'è stata la collisione, ma subito dopo la collisione mi sono portato in plancia a disposizione del comandante. Quando sono andato su effettivamente, nella nebbia», lui dice la nebbia, ma sappiamo nel fumo, «ho visto una nave in fiamme che ci sfilava vicina, molto vicina». Poi aggiunge una cosa. Io ho letto tutte le sue testimonianze, spero che se voi lo sentirete la ripeta; non ne ho idea, devo presumere di sì. Ci ha dato un'ulteriore spiegazione che poi nel tempo per me ha avuto senso. In quel momento mi sembrava una scusa per non rispondere, perché quello che gli veniva chiesto era: «Se non c'era la nebbia, come cavolo avete fatto a non vedere il traghetto o a dire che era un traghetto? Come avete fatto a non vederlo?» Questa era la domanda.
Invece, lui ci dice un'altra cosa: «Questa nave che io ho visto, in fiamme, non avrei mai detto che era il Moby Prince, che era un traghetto, perché era una nave diversa, era una nave fattoria. Ricordo benissimo le fiamme sulle incastellature», e fa il gesto così quando ce lo racconta. Cosa vuol dire questo? Se ipotizziamo una terza nave che era presente nell'area della collisione, che ha interagito con le due navi, con il Moby Pince e l'Agip Abruzzo, vuol dire che questo signore ha visto la terza nave, perché una nave fattoria non è confondibile con un traghetto, ma nemmeno con una bettolina. È una nave completamente diversa, che ha precise caratteristiche. Quando un uomo di mare dice «una nave fattoria» sta parlando – facciamo l'ipotesi – come un ciclista che distingue fra una bicicletta e un motorino: sono due cose che stanno su due pianeti diversi e che non si possono confondere. Poi dopo vi dico chi è questa persona, secondo me culturalmente e professionalmente estremamente attendibile.
Ripeto, nelle sue deposizioni lui ha sempre detto: «Non avrei mai detto che la nave che ho visto, che ho intravisto, fosse il Moby Prince». Il problema è che nessuno gli ha fatto mai la domanda successiva: «Dicci esattamente cosa hai visto», perché questo bisognava chiedergli.
Cosa c'entra il Moby Prince? Abbiamo detto della terza nave, della turbativa e del contesto dell'incidente. In quel momento la rada del porto di Livorno è un posto, secondo me, complicatissimo. Lo è per ragioni geopolitiche, lo ricordava prima Luciano, ma c'è di più: in quel momento l'Italia è di fatto retrovia di tre guerre, una che finisce, una che si inasprisce e una che comincia.
La guerra che finisce è quella del Golfo, l'ultimo giorno è l'11 aprile, e tutti i materiali militari che sono partiti o ritornati dall'Iraq sono passati dal porto di Livorno, non da altri, tutti.
La guerra nell'ex Jugoslavia sta per deflagrare. Ma, come abbiamo visto, la Croazia si è già procurata il suo esercito, lo sta armando, lo sta organizzando e così devo immaginare anche le altre repubbliche dell'ex Jugoslavia: perché le guerre sono come le collisioni, bisogna essere in due per farle. Non si può dire che uno fa il traffico e l'altro no: tutti, altrimenti la guerra non succede.
Poi c'è la guerra in Somalia. Livorno, rispetto alla Somalia, ha un ruolo importante, è uno dei punti di riferimento portuali non tanto della Shifco, quanto dei movimenti di aiuti umanitari, commerciali. A Livorno, per esempio, c'è una società che si chiama Progresso S.r.l., che è legatissima alla Somalia, di cui è socio, per esempio, un altissimo funzionario del Ministero del commercio estero della Somalia, che lavora di concerto con il massimo responsabile della Banca nazionale somala di cui parlavamo prima. Questo è già un altro collegamento importante con Livorno.
La chiusura del cerchio è poi quella che vi devo ancora dire.
PRESIDENTE. Passiamo in seduta segreta.
LUCIANO SCALETTARI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Vorrei aggiungere alcune cose a corollario di quello che diceva adesso Luigi Grimaldi. Sono tre, esattamente. Quando scrivevamo il libro...
PRESIDENTE. Chiedo scusa, non siamo ancora in seduta segreta. Lo dico per i Pag. 17colleghi che sono collegati. Luciano Scalettari ha chiesto di poter aggiungere alcune cose.
LUCIANO SCALETTARI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Sì, molto rapidamente.
Il ruolo che mi trovo ad avere adesso non di giornalista, ma quello che è stato citato all'inizio, di presidente di un'associazione che gestisce, come associazione armatrice, una nave, mi ha permesso in questi ultimi tre o quattro anni di avere qualche conoscenza in più che non avevo rispetto al mare e a quello che accade in mare.
Penso che ancora oggi, nonostante siano passati molti anni, che cosa ci facesse la 21 Oktoobar II, quali riparazioni avesse o non avesse fatto, tutto quello che accadde o viene volutamente occultato o si ritrova, nel senso che è tutto documentato. Quello che si fa su una nave è tutto documentato, anche il bullone o gli ingressi in porto: qualunque cosa lascia traccia. Io credo che ancora oggi sia possibile ricostruire una parte delle cose che purtroppo, in tutti questi anni, non sono state ricostruite rispetto alla presenza lì della 21 Oktoobar II.
L'altra cosa che mi viene da aggiungere è rispetto a un elemento probatorio - che non c'è, altrimenti avremmo scritto un altro libro, probabilmente, che avrebbe proseguito 1994: essendo una questione che seguiamo, il caso Alpi da un lato, ma sicuramente anche la vicenda del Moby Prince dall'altro, è chiaro che se avessimo trovato una connessione probante certa o certificata da prove l'avremmo sicuramente già scritto e pubblicato. Però, va anche detto, e questo lo dico per aver fatto da consulente di una Commissione parlamentare, che una Commissione parlamentare arriva molto lontano, ha veramente una forte capacità investigativa. Se mette in atto la propria forza investigativa, può davvero trovare delle cose ulteriori che ancora non sono state indagate. Peraltro, anche le due Commissioni precedenti lo confermano, nel senso che a differenza di quella sventurata Commissione di cui feci parte io, le Commissioni sul Moby Prince hanno lavorato sempre con molta sintonia interna e senza spaccature, e questo dà ancora più forza al lavoro di una Commissione parlamentare.
L'ultima cosa che vorrei sottolineare è ciò che è accaduto all'indomani della morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin. Nel maggio 1994, quindi appena dopo il duplice omicidio avvenuto il 20 marzo 1994 (ma a ben tre anni dalla tragedia del Moby Prince), il 21 maggio 1994 viene presa a verbale una fonte, che poi scomparirà (e non è un caso che scompaia, è il nome a cui faceva riferimento Luigi Grimaldi prima), la quale mette a verbale alcune frasi che prima lui ha citato: «Al porto di Livorno avrebbe fatto scalo per lunghi periodi un peschereccio battente bandiera somala di colore bianco con scritta nera chiamato Shifco»; che non è vero, non c'è la scritta Shifco, c'è la scritta 21 Oktoobar II ovviamente, quindi la notizia viene riferita in modo impreciso.
Ebbene, questa identica frase, fotocopiata con le stesse virgole, la si ritrova anche in un documento che è di provenienza Sisde e che è dello stesso periodo. La si voleva far uscire, questa cosa, a tutti i costi. Siamo a due mesi dall'omicidio Alpi, ma si fa riferimento a Livorno e alla presenza del peschereccio. Tra l'altro, in questa informativa si fa riferimento al periodo maggio-giugno 1993, visto personalmente dalla fonte che dà luogo al verbale. Non fa quindi riferimento in questo caso a una presenza del 1991. Gli elementi della presenza del 1991 li raccontava prima Luigi Grimaldi.
Tutto questo paragrafo lo ritroviamo pari pari in un altro documento.
LUIGI GRIMALDI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Non c'è nel 1993 la 21 Ottobre a Livorno. È questo il problema.
LUCIANO SCALETTARI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Non c'è, ma c'è nel 1991. Le rotte Pag. 18sono tante. Non ci sono lunghe presenze in altri posti. Le navi della Shifco si muovono e toccano diversi porti...
LUIGI GRIMALDI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Lunghe presenze vuol dire 15 marzo-28 maggio.
FRANCESCA GHIRRA. Però del 1991.
LUIGI GRIMALDI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Sì. Certo.
LUCIANO SCALETTARI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Però del 1991, ed è la prima volta che quella nave arriva in quel porto, nel porto di Livorno. Mi sembra rilevante.
LUIGI GRIMALDI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Anche il nome, scusami. La fonte fa il nome di Mohamed Forchetto, dice che era lì per spiare per conto di Siad Barre. Ma Mohamed Forchetto sbarca e chiede asilo politico il 23 marzo 1991 dalla 21 Ottobre. Quindi, non può essere il 1993 se ci mette a bordo Forchetto. Rendo l'idea?
Lui racconta un evento del 1991 e dice: «Io quella nave l'ho vista l'ultima volta nel 1993». È trascritto male perché è uno straniero che parla un italiano probabilmente non precisissimo e va letto conoscendo altri fatti per vedere la coerenza di quello che viene raccontato.
La cosa cui accennava Luciano è molto interessante. Secondo me non è lavoro da giornalisti, è lavoro da Commissione: nel senso che il giudice Pititto mette alle strette il sultano di Bosaso sul 1994 e lo fa imbestialire, si capisce leggendo il verbale che il giudice Pititto perde la pazienza, perché lui gli risponde una cosa del 1991. Quale cosa del 1991? Marzo-aprile. Fa la stessa cosa che la fonte che va alla DIGOS di Udine fa, cioè vengo a raccontarvi di Ilaria Alpi, ma di cosa vi parlo? Di Livorno e del 1991.
Non so se rendo l'idea. Mi assumo la responsabilità di quello che dico. Sembra un meccanismo ricattatorio: voi volete sapere di Ilaria Alpi? Noi vi mettiamo sul piatto quello che è successo a Livorno nel 1991. Questo è il meccanismo, perché questo che va a testimoniare alla DIGOS di Udine non è una brava persona, secondo me. Il sultano di Bosaso non è una brava persona.
Quello che loro dicono va interpretato alla luce di un contesto, come dicevo all'inizio, difficile, un meccanismo sempre di ombre e di specchi, perché questo è il mondo che io vedo intorno al disastro del traghetto e soprattutto alla mancata verità.
LUCIANO SCALETTARI, autore del libro «1994. L'anno che ha cambiato l'Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata». Giusto a completamento, nel 2006 una delle ultime persone che viene sentita dalla Commissione Alpi-Hrovatin (io mi ero già dimesso da un anno a quel punto) è il sultano di Bosaso, che adesso mi risulta essere morto, poco dopo tra l'altro, tre o quattro anni dopo.
Nel 2006 era ancora vivo e vegeto e lo fanno venire in Italia per testimoniare. Purtroppo temo che la Commissione Alpi-Hrovatin in quel frangente non vi sia stata d'aiuto, perché sulla questione del 1991 e di quello che il sultano aveva riferito a Pititto non pongono nessuna domanda, né Taormina, né i commissari presenti.
Essendomi dimesso (la seduta era secretata in quel momento, è chiaro) decisi di raggiungere, attraverso fonti somale, il sultano e riuscii a intervistarlo il giorno dopo la sua deposizione in Commissione. Nella lista di domande che gli posi io, le cose del 1991 le confermò. Purtroppo, però, la Commissione non gliele chiese e oggi non possiamo più chiedergliele.
PRESIDENTE. Passiamo in seduta segreta.
Pag. 19(La Commissione concorda. I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, io intanto ringrazio i nostri ospiti, Luciano Scalettari e Luigi Grimaldi, per il contributo ai lavori della Commissione, che ritengo davvero utile, senz'altro. Là dove avessimo anche necessità di qualche ulteriore precisazione a seguito di questa audizione, disporremo della vostra pazienza e anzi proprio della vostra disponibilità ed eventualmente procederemo a una nuova audizione, là dove si ritenesse necessario.
Dispongo che la documentazione sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.
Intanto vi ringrazio. Dichiaro quindi conclusa l'audizione.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che, sulla base di quanto convenuto nell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi di martedì 18 giugno 2024, ho scritto una lettera all'Ambasciatore statunitense e una a quello francese al fine di reiterare le richieste di acquisizione delle fotografie satellitari e delle tracce radar in possesso delle autorità in questione con riferimento alla notte dell'incidente.
All'Ambasciata francese ho anche chiesto dell'eventuale esistenza di registrazioni di comunicazioni via radio relative alla notte dell'incidente, in possesso delle autorità francesi.
Ho informato dell'iniziativa, con lettera, anche il Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani.
Questo mi pareva doveroso comunicarvi. Per il prosieguo poi ci sentiremo nei prossimi giorni, per impostare il seguito dei lavori. Grazie.
La seduta termina alle 21.40.
Pag. 20ALLEGATO