Sulla pubblicità dei lavori:
Pittalis Pietro , Presidente ... 3
Audizione dell'on. Silvio Lai, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura:
Pittalis Pietro , Presidente ... 3
Lai Silvio (PD-IDP) , già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura ... 3
Pittalis Pietro , Presidente ... 14
Frijia Maria Grazia (FDI) ... 14
Pittalis Pietro , Presidente ... 15
Bonafè Simona (PD-IDP) ... 15
Pittalis Pietro , Presidente ... 16
Malaguti Mauro (FDI) ... 16
Pittalis Pietro , Presidente ... 16
Lai Silvio (PD-IDP) , già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura ... 16
Pittalis Pietro , Presidente ... 16
Lai Silvio (PD-IDP) , già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura ... 16
Pittalis Pietro , Presidente ... 18 ... 18
ALLEGATO ... 19
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIETRO PITTALIS
La seduta comincia alle 20.20.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Ci sono, infatti, vari commissari che sono collegati.
Ricordo inoltre che, qualora l'audito dovesse ritenere che taluni argomenti sui quali intende riferire richiedano di essere assoggettati a un regime di segretezza, la Commissione valuterà le modalità più opportune per consentirgli di farlo, tenuto conto che le modalità di partecipazione da remoto non sono compatibili con la segretezza della seduta.
Audizione dell'on. Silvio Lai, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'onorevole Silvio Lai, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince, costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura. L'onorevole Lai è accompagnato dal dottor Marco Ciarafoni.
Ringrazio l'onorevole Lai per aver accolto l'invito alla presente audizione. Le attività e i risultati della Commissione d'inchiesta che ha lavorato nel corso della XVII legislatura sono stati fondamentali, in quanto hanno permesso una prima ricostruzione dei fatti di questa tragedia, ricostruzione poi portata avanti nella legislatura successiva.
Lascio quindi la parola, per lo svolgimento della sua relazione, all'onorevole Silvio Lai.
SILVIO LAI, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura. Grazie, Presidente, per questa opportunità. Penso sia davvero importante il fatto che si possa partire e fare un lavoro che ha una continuità con quello che è stato svolto nella XVII e XVIII legislatura. Ringrazio anche i commissari per la partecipazione, sia quelli qui presenti sia quelli collegati.
Ho riflettuto su come svolgere questa comunicazione e ho pensato di utilizzare, con il permesso del Presidente, le slide che sono state proiettate alla fine dei venti mesi della prima Commissione Moby Prince, quella della XVII legislatura. Ciò al fine di rendere più veloce la comunicazione e lasciare le slide nella disponibilità della Commissione, anche per avere un quadro più sintetico di quello che è stato quel lavoro e di dove siamo arrivati in quella legislatura.
La Commissione ha potuto lavorare venti mesi e i quesiti che sono stati posti alla Commissione sostanzialmente sono questi dieci: i tempi di sopravvivenza; i punti di collisione; la rotta del Moby Prince e la dinamica della collisione; il ruolo del personalePag. 4 della petroliera prima e dopo la collisione; le attività precedenti la collisione a carico della petroliera; l'armamento del traghetto e della petroliera; l'efficienza dei sistemi di sicurezza a bordo del traghetto e l'inefficacia dei soccorsi; il proscioglimento di Vincenzo Onorato; i depistaggi e gli occultamenti; il ruolo delle navi in rada.
Su questi dieci quesiti abbiamo provato a fare una struttura di indagine, aiutati da una serie di consulenti, che segnalo qui sono stati diversi: il dottor Fabio Scavone, che è stato il magistrato che ci ha aiutato e che è stato scelto sulla base di una competenza soprattutto in ambito marittimo, e che ha svolto le funzioni di coordinamento dei consulenti; il generale della Guardia di finanza Angelo Senese; il professor Antonio Scamardella, ingegnere navale, e il dottor Sebastiano Ackermann dell'università degli studi di Napoli; il maggiore Paride Minervini, che è un esplosivista; l'ingegner Antonio La Malfa, che è il comandante regionale dei Vigili del fuoco delle Marche; il professor Gian Aristide Norelli e la professoressa Mazzeo, che erano i medici legali che ci hanno seguito; il dottor Francesco Dall'Olio, magistrato; l'avvocato Margherita Zurru e il dottor Stefano Paparelli, che da commercialista ha analizzato i bilanci delle aziende coinvolte nell'evento. Inoltre, la Commissione ha approfondito il tema dei soccorsi anche con il professor Guizzi e ha acquisito il parere scientifico del professor La Torre, mentre sul tema dell'esplosione, su segnalazione del RaCIS (Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche), ha audito il professor Romolo.
A queste collaborazioni sono seguiti quattro incarichi specialistici. Il primo incarico è stato affidato alla Guardia di finanza, che con i reparti speciali dello SCICO (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) e del ROAN (Reparto operativo aeronavale), lo SCICO per la parte scientifica, il ROAN per le indagini sul campo finanziario, si è occupata di acquisire la documentazione fiscale e assicurativa e di verificare, con il servizio marittimo della Guardia di finanza, le rotte e i carichi della petroliera coinvolta. Il secondo incarico è stato affidato al RaCIS di Roma per effettuare la valutazione dei filmati originali, acquisiti da parte della Commissione dal tribunale e dalla procura di Livorno. Il terzo alla Polizia scientifica per la lettura digitale del «bobinone» acquisito dagli archivi del tribunale. Infine, il quarto alla Marina Militare per l'analisi della rada di Livorno.
Perché questi quattro incarichi? È importante sottolineare che la scelta della Commissione è stata quella di evitare di chiedere a corpi dello Stato che fossero stati coinvolti nelle prime indagini, e né Guardia di finanza, né Marina Militare, né il RaCIS avevano fatto parte dei gruppi che si erano occupati dell'indagine durante il periodo immediatamente dopo l'evento. Quindi, con questa scelta abbiamo cercato di evitare che ci fosse un possibile tentativo di proteggere il lavoro svolto dai colleghi trenta o venti anni prima. Quindi, c'è una scelta precisa in questo aspetto.
Sostanzialmente, quando abbiamo iniziato il lavoro, la descrizione dei fatti era quella che veniva fuori dalle indagini giudiziarie e dagli esiti dei processi: nella nebbia un traghetto colpisce una petroliera che si trova regolarmente ancorata, un impatto dovuto alla scarsa visibilità, alla velocità del traghetto e anche alla sfortuna, il traghetto diventa subito ingovernabile, un incendio scoppia velocemente e uccide tutti in meno di trenta minuti, i soccorsi non possono nulla per evitare una tragedia così imprevedibile. Questo è lo stato dell'arte all'inizio della Commissione Moby Prince ed è quello nell'ambito del quale abbiamo dovuto analizzare quali erano gli elementi che potevano non confermare o confermare questi fatti, anche perché dall'altra parte avevamo nella disponibilità una serie di indagini, però di parte, che erano quelle delle associazioni dei parenti delle vittime, che ci davano degli elementi. Tant'è vero che su questo fatto abbiamo anche evitato di coinvolgere i consulenti dei parenti delle vittime come nostri consulenti per evitare che apparisse in qualche modo una Commissione di parte, nello scegliere quelli come consulenti della Commissione. Abbiamo,Pag. 5 invece, acquisito tutti gli archivi, che quindi fanno parte della documentazione della Commissione, che i parenti delle vittime, con i loro consulenti, avevano acquisito e abbiamo audito gli esperti indicati dai parenti delle vittime, ma non li abbiamo acquisiti come soggetti esperti della Commissione; anche perché sarebbero venuti in possesso di una serie di documentazioni che non era corretto, secondo noi, che loro potessero in quel momento acquisire.
Il quadro iniziale, al di là dei singoli quesiti, è un quadro in cui la responsabilità va tutta quanta a una serie di fatti esterni, sfortuna, sopravvalutazione delle proprie risorse e sottovalutazione del contesto esterno, che alla fine attribuisce la responsabilità di quello che avviene soprattutto al traghetto e all'equipaggio del traghetto, che però non si può neanche difendere.
Primo tema, la nebbia. Questo è stato uno dei primi elementi che noi abbiamo analizzato. Lo abbiamo affrontato con una serie di fattori che hanno portato a queste conclusioni specifiche sulla nebbia. Quelle che mettiamo in questa slide sono esattamente le conclusioni presenti nel testo formale della Commissione. Noi diciamo che la Commissione non concorda con le risultanze cui è pervenuta l'autorità giudiziaria in esito ai vari procedimenti che hanno riguardato la tragedia e in particolare dissente – così era scritto sulla sentenza – sulla riconducibilità della stessa (la tragedia) alla presenza della nebbia e alla condotta colposa in termini di imprudenza e negligenza avuta dal comando del traghetto Moby Prince. La presenza di nebbia nelle fasi antecedenti e immediatamente successive alla collisione non è, infatti, confermata né dai numerosi testimoni oculari dello scenario da noi auditi, né dai documenti acquisiti sulle condizioni meteo, né dalla documentazione video riguardante i momenti immediatamente successivi all'impatto. La nebbia non ha avuto, come già più volte enunciato nel corpo di questa relazione, alcuna incidenza sul verificarsi della collisione. La nebbia, di contro, ha immotivatamente costituito una, se non la principale causa di giustificazione del conclamato caos organizzativo che ha contraddistinto la fase dei soccorsi coordinati dalla Capitaneria di porto.
Tre sono gli elementi che ci hanno portato a dire di no. Primo: abbiamo acquisito tutti i dati sugli eventi atmosferici (sono presenti, fanno parte della documentazione) e non c'era nessun segnale di nebbia né nelle previsioni, né negli esiti dei dati da noi acquisiti. Secondo: abbiamo sentito una decina di testimoni oculari, alcuni dei quali poi deceduti in questi ultimi anni, che confermavano l'assenza di nebbia. Terzo: il filmato D'Alesio mostra con nettezza, pur essendo un filmato di molti anni fa, che le condizioni meteo non erano quelle di una nebbia. Chi parla di nebbia ne parla sempre dopo l'evento, quindi confonde (in questo è proprio netto il dipanarsi del tempo prima e dopo l'evento) il fumo con la nebbia. Dopo sì che c'è stato il fumo che si è diffuso nella rada, ma prima non c'era assolutamente.
Questi tre elementi – le analisi scientifiche, le testimonianze e il filmato D'Alesio – ci dicono che non c'era una nebbia precedentemente al tragico evento. Qui ci sono delle immagini tratte dal filmato D'Alesio, poi analizzate dal RaCIS, che lo confermano: se ci fosse stata la nebbia, quella fiamma non sarebbe così netta. Stiamo parlando sempre di filmati di trent'anni fa, ma per comunicarvi anche gli elementi oggettivi.
Secondo punto: la posizione della petroliera Agip Abruzzo. Dalle conclusioni (parto dalle conclusioni, poi vi illustro le modalità con cui si è arrivati a tali conclusioni) emerge che la Commissione ritiene che la petroliera Agip Abruzzo si trovasse in zona di divieto di ancoraggio, quindi non in zona corretta di ancoraggio come hanno detto le tre sentenze, e che, dunque, la sua posizione non sia stata correttamente riportata nel corso delle indagini giudiziarie e del processo. Durante la fase delle indagini e del processo, pur avendo gli elementi per correttamente apprezzare l'esatto punto di ancoraggio dell'Agip Abruzzo, non è stato poi coerentemente sviluppato tale dato, stravolgendone, anzi, le risultanze e facendo in modo di riportare il punto di ancoraggio in Pag. 6area esterna a quella di interdizione. La Commissione ha ricostruito, attraverso una specifica consulenza, la posizione che più rappresenta quella che era tenuta dalla petroliera, grazie all'analisi di fattori che convergono su una posizione interna all'area interdetta. Tale posizione, pur non essendo direttamente collegabile all'impatto e alle possibili cause di esso, costituisce comunque un elemento non adeguatamente posto in evidenza e analizzato nel corso delle indagini.
Le analisi della posizione della petroliera sono frutto di una serie di dati, nei quali il professor Scamardella in particolare dell'Università di Napoli, assistito dal suo ricercatore, ha situato quelle che erano le posizioni date, che sono quelle tre, dal comandante della petroliera in particolare a seconda dei momenti: il primo punto nell'immediato impatto, quando lui chiamava i soccorsi, ed era nel punto di interdizione; il secondo punto nel momento in cui hanno lasciato la nave; il terzo punto nel momento successivo al salvataggio. È registrato nei libri di bordo.
Le analisi – in questo momento non ve le ricostruisco totalmente –, ma questa serie di analisi ha comprovato che anche con una catena di ancoraggio lunga come doveva essere quella della nave, la posizione unica possibile di ancoraggio della nave era in un punto di interdizione e non poteva assolutamente essere al di fuori del punto d'interdizione. Al massimo, arrivava una parte della coda della nave nel punto giusto, ma non la nave nella sua interezza in un punto di ancoraggio ben preciso.
Vi mostro adesso alcune immagini, che sono frutto di trasferimento su file per slide, che sono state registrate e scattate dal maggiore Minervini – si è immerso lui, insieme ai sommozzatori della Marina Militare – nel punto esatto indicato dal professor Scamardella. Lì sono stati trovati dei rottami di dimensione molto ampia assolutamente compatibili con una parte dei rottami dovuti all'impatto tra il traghetto e la petroliera. Soltanto un evento di questo genere è stato registrato nel porto di Livorno negli ultimi quarant'anni. Non si è potuto fare in tempo – vi dico la verità, questa immersione è avvenuta una settimana prima della conclusione della legislatura – a tirare su i rottami, ma la Marina Militare ha fatto due immersioni finalizzate alla fotografia e al dimensionamento di questo rottame.
Inoltre, accanto alla posizione geografica ricavata attraverso le varie comunicazioni, a conferma, secondo noi, di un'alterazione della comunicazione del punto di fonda, si è registrato che in tutti i viaggi precedenti il comandante di Agip Abruzzo annota costantemente nel libro di bordo il punto di fonda, mentre non annota il punto di fonda, oppure non c'è perché è stata successivamente modificata, della giornata nella quale si è fermata a Livorno. Questo è abbastanza significativo, perché lui si è trovato in una condizione assolutamente normale, era arrivato anche un giorno prima nella rada, quindi non aveva nessun elemento di urgenza o di emergenza tale da far saltare l'annotazione nel libro di bordo di una cosa di questo genere. Peraltro, nei giorni 9 e 10 aprile sul giornale di bordo si annota la frase «frequente controllo del punto di fonda», ma il punto di fonda non viene mai annotato. Questo noi l'abbiamo giudicato, con tutti questi elementi, una condizione di alterazione, che non è stata sufficientemente approfondita durante i processi, ma invece poteva essere tranquillamente ricavata, perché è stata certamente una modalità, successiva all'evento, di copertura di una posizione sbagliata della petroliera, anomala; il perché poi lo vedremo.
Terzo punto: turbativa nella navigazione. La posizione della petroliera Agip Abruzzo, pur non essendo direttamente collegabile all'impatto o alle possibili cause di esso, costituisce comunque un elemento non adeguatamente posto in evidenza e analizzato nel corso delle indagini. La Commissione ritiene che ci debba essere stata un'alterazione nella rotta di navigazione del Moby Prince tra le cause dell'impatto, per fattori interni o esterni al traghetto, difficili da ricostruire a distanza di ventisei anni, ma che avrebbero potuto essere affrontati allora, alla presenza fisica del traghetto.Pag. 7
Noi siamo in qualche modo sicuri, ma non abbiamo le prove che ci sia stata un'alterazione, perché la petroliera si trovava in una zona dove non doveva essere, ma il traghetto non avrebbe comunque dovuto attraversare quella rotta. Quindi, o nel movimento la petroliera in qualche modo si è trovata a essere in parte un ostacolo con una deviazione del traghetto, oppure c'era un ostacolo, che poteva essere un qualche altro natante, di cui però non abbiamo prove. Noi abbiamo cercato di affermare soltanto gli elementi fattuali, che avevano una prova che fosse utilizzabile anche in teoria in un processo, quindi non possiamo dire che c'era un altro natante, ma poteva esserci. Così come potrebbe essere dovuto al fatto che il sistema di navigazione del Moby Prince aveva la necessità di essere revisionato: ospitava al suo interno già il nuovo timone, ma non era stato montato, perché era previsto un aggiornamento della struttura del timone da lì a qualche giorno. Quindi, uno di questi potrebbe essere stato in qualche modo un elemento di alterazione.
Abbiamo qui individuato anche dei possibili approfondimenti. Poteva essere la velocità del Moby Prince, poteva essere un'esplosione a bordo del Moby Prince, poteva essere un'avaria, di cui ho parlato, poteva essere la famosa bettolina, ovvero un natante che alterava, o un possibile altro ostacolo esterno. Quindi, abbiamo provato ad approfondire tutti questi elementi.
Arriviamo all'esplosione. Noi abbiamo recuperato dal tribunale i tamponi analizzati, durante il processo, dagli esplosivisti, ma non è stato possibile ripetere le analisi in quanto era stato condotto un tipo di analisi che ha condizionato e compromesso i reperti, per cui non erano riutilizzabili. È stato possibile soltanto valutare, da parte del nostro esplosivista, le analisi fatte nel tempo per capire l'esito sulla base delle fotografie (sono molte le fotografie) della zona possibile dell'esplosione. Ebbene, l'esito dell'approfondimento della Commissione porta a condividere l'ipotesi di una esplosione da gas, che è suffragata dalle fotografie del locale nel quale è avvenuta l'esplosione, ma non di una bomba. Questo perché il modello di deflagrazione di una bomba e quello da gas sono totalmente diversi, perché quello da gas è una compressione verso l'esterno di tutte le pareti di un luogo chiuso, quello di una bomba ha un punto di partenza, e nelle fotografie non c'è la possibilità di individuare un punto di partenza. Al contrario, c'è un'alterazione complessiva del locale dove c'è stata l'esplosione. Da questo elemento si deduce che l'esplosione non può essere avvenuta prima, ma è, invece, avvenuta a causa della propagazione dell'incendio e, quindi, del possibile sviluppo di gas in zone chiuse. Qui stiamo parlando di una zona a prua della nave, dove si è sviluppato l'incendio, che potrebbe essere stato l'origine del possibile sviluppo di gas. Questo, però, non ha influito, secondo la valutazione della Commissione, proprio per questo motivo, sull'impatto. Naturalmente il gas è stato alimentato dagli idrocarburi.
Potete qui vedere una serie di fotografie realizzate dal RaCIS, che poi ci ha redatto una relazione. Dall'analisi del video D'Alesio emerge, da una parte, il fatto che non c'era la nebbia, altrimenti non si distinguerebbero i bordi delle navi, dall'altra il fatto che ci sono due punti di fuoco, uno più alto e uno più basso. Questi punti di fuoco sono stati analizzati in termini di proporzione e di altezza e riportano a un fatto: per oltre 5-7 minuti c'è una parte alta, che è la petroliera, che ha un punto di fuoco alto e una parte bassa, che è il ponte del Moby Prince, perché è più basso della petroliera, che ha un secondo punto di fuoco. Questo significa che per oltre 5-7 minuti le due navi sono rimaste incastrate l'una nell'altra, il che dimostra che era possibile individuarle e che era impossibile che dall'altra parte, come è stato detto, l'equipaggio della petroliera non capisse che c'era una nave attaccata.
Questo incastro giustifica anche un terzo elemento: il traghetto – anche qui, analisi del professor Scamardella, basate sulle fotografie della penetrazione del traghetto nella petroliera – non poteva staccarsi minimamente da solo, perché la profondità dell'incastro era talmente elevata da richiedere certamente un movimento attivo della Pag. 8petroliera, che però era spenta (lì è totalmente spenta, non è l'impatto ad aver causato lo spegnimento, era spenta già da prima la luce della petroliera, poi vedremo perché); quindi c'è sicuramente un movimento del traghetto che si distacca per allontanarsi dall'incendio dovuto al versamento di idrocarburi. E qui c'è un pezzo di sfortuna: l'unica cisterna piena di materiale infiammabile era la cisterna 6. Bastava semplicemente uno spostamento dell'impatto di 40-50 centimetri che non sarebbe successo tutto quello che è successo. Poi andiamo su altri elementi.
L'analisi del RaCIS, che è quella che viene riportata nella slide successiva, in qualche modo conferma questi elementi che vi dicevo, quindi la presenza di un fuoco nel livello di impatto della petroliera e la presenza di un fuoco sul ponte del Moby Prince, che quindi viene investito di questo materiale infiammabile a prua. Tra l'altro, tra le cose che confermano, secondo il RaCIS, l'assenza della nebbia vi è il fatto che nel video si vede chiaramente la proiezione dei due incendi sul mare. Dunque, la superficie del mare è libera e si vedono le luci del fuoco riflesse sul mare, cosa che non si vedrebbe se ci fosse la nebbia. Al contrario, successivamente si vede il fumo che si espande.
Andiamo avanti. Sempre il RaCIS ha analizzato un video, girato da una famiglia che era imbarcata sul Moby Prince, di cui non si è salvato nessuno, padre, madre e due bambine, la famiglia Canu, e gli accertamenti miravano a capire se ci fosse stata un'esplosione. Il video Canu è sempre stato considerato una sorta di prova dell'esistenza di un'esplosione e, quindi, di un attentato nella nave. In realtà, le analisi del RaCIS escludono questo aspetto. Sono in qualche modo un effetto della decelerazione della velocità di scorrimento del nastro, che diventa progressiva sino al suo arresto. Quindi, le analisi del RaCIS cancellano totalmente, anch'esse, l'ipotesi di un'esplosione che abbia causato l'impatto del Moby Prince.
Andiamo avanti. Bettolina e bunkeraggio notturno. Noi abbiamo approfondito anche questo aspetto andando ad analizzare le regole e le prassi del porto di Livorno. In sostanza, la possibilità di bunkeraggio notturno era formalmente vietata, ma in realtà veniva effettuata. Il bunkeraggio è il rifornimento delle navi da parte delle bettoline, gasolio che veniva trasportato. Quindi, per quanto il personale della petroliera abbia fatto dichiarazioni contrastanti, da alcune di queste è emerso che una bettolina era attesa sicuramente la sera prima e che era attesa anche la sera in cui c'è stato l'impatto.
Questa vicenda è delicata, perché si connette al fatto che nella cisterna 6, quella trovata aperta, che è quella anche sfondata, sia stato trovato, dopo l'impatto e, quindi, l'incendio, con il recupero della petroliera, un manicotto inserito all'interno, con la cisterna aperta, come se qualcuno stesse mettendo o prelevando del gasolio o altro materiale da quella bettolina nel momento in cui c'è stato l'impatto.
Arriviamo alle possibili avarie. L'ingegner Mignogna, che è stato consulente già nel procedimento di primo grado, che è stato sentito da noi in audizione, ha effettuato alcune valutazioni sul movimento del timone, perché quando il traghetto è stato riportato al porto (peraltro sono salite su delle persone, tra l'altro in maniera disordinata), il timone, una volta riacceso il quadro, è ritornato rapidamente da una posizione in cui era a 30 gradi a dritta a una posizione ordinaria. Questo sta a significare che si trovava in una posizione laterale, come se stesse in qualche modo ruotando. Questo fatto per l'ingegner Mignogna era un dato che comportava, come giudizio, il fatto che al timone non ci fossero avarie. Non nascondo che in quel momento dire che ci fossero state avarie al timone significava responsabilizzare l'armatore del traghetto. Questo può avere anche condizionato chi diceva delle cose.
Andiamo avanti: l'impatto. Sull'impatto è stata fatta una ricostruzione piuttosto importante. Alla fine siamo arrivati a questa conclusione molto precisa, anche con la posizione della nave: quella grande è la petroliera, l'altra è il traghetto. Sono esattamente le dimensioni proporzionali. Naturalmente rispetto alla costa sono quelle Pag. 9più piccole. La ricostruzione dell'impatto serviva anche a sciogliere il nodo seguente: l'impatto è avvenuto sul lato destro della nave con la nave rivolta verso sud o sul lato sinistro della nave con la nave rivolta verso nord? Se fosse avvenuto da sud, vorrebbe dire che il Moby Prince era andato, aveva avuto un problema e stava ritornando. In realtà, tutti gli elementi di analisi ci dicono che il traghetto non stava ritornando indietro, che quella era la posizione ed era in un punto di divieto, perché quel triangolo che vedete in alto è il cono di divieto di ancoraggio, ovvero il cono di uscita e di entrata delle navi al porto di Livorno. In quel momento le navi non potevano essere ancorate in quello spazio, perché da lì dovevano uscire le navi.
La posizione del Moby Prince è una posizione alterata nella navigazione perché il Moby Prince sarebbe dovuto uscire ancora in avanti, nel punto largo del cono d'ombra, del cono di divieto, in questa direzione, mentre invece si è trovato a girare.
Questa virata è sicuramente dovuta a quelle problematiche che dicevamo, ovvero un ostacolo nella navigazione, una possibile rottura del timone, qualcosa che l'ha portato a deviare e a infilarsi esattamente nella cisterna 6 piena di idrocarburi. La petroliera lì non ci doveva stare. Lì non doveva passare il Moby Prince, perché doveva andare dritto, ma la petroliera lì non ci doveva stare.
Questa è la foto della prua del Moby Prince. Guardate di quanto è entrata dentro la petroliera. Questa, invece, è la petroliera. Vedete dov'è la falla? È l'entrata triangolare di tutto quel pezzo di prua. In qualche modo è visibile uno spazio talmente profondo, che è quello che giustifica le conclusioni del professor Scamardella sull'impossibilità che si potessero staccare da sole.
Queste sono altre foto che mostrano la dimensione della petroliera, che quindi non poteva essere un ostacolo invisibile. Era spenta la luce, perché il video lo dice. Era spenta per fare che cosa? Chissà. Sicuramente, però, era una dimensione talmente grande che non poteva essere colpita per caso.
Questo è il Moby Prince dopo l'impatto. Il periodo di incaglio è quello di cui vi ho parlato prima, quindi un periodo lungo di incaglio e di mantenimento, comprovato ancora dal video D'Alesio.
Il moto del traghetto è importante perché, in realtà, diverse testimonianze confermano il moto del traghetto retrogrado, marcia indietro, verso sinistra, che è coerente con la posizione del timone a dritta. Un comandante che mette in quella posizione il timone significa che vuole ruotare intorno a una zona per essere recuperato. La marcia indietro è compatibile con il fatto che l'incendio fosse sulla prua e che quindi il tentativo di andare all'indietro fosse per evitare la propagazione del fuoco dalla prua alla poppa. Era ragionevole, quindi, sia per la protezione del Moby Prince sia per il richiamo e l'attesa dei soccorsi.
Il fatto che tutto fosse molto ben organizzato lo dimostrano i luoghi dove sono state trovate le persone. Vi faccio una sintesi: il caporale macchina e il direttore della macchina sono stati trovati nella zona macchine, perché mantenevano perfettamente funzionante sino alla morte il motore; il comandante con l'ufficiale di coperta erano al timone, quindi gestivano il timone; il secondo ufficiale stava con il gruppo delle vittime più importante, quello in cui c'era tutto l'equipaggio del Moby Prince e tutto il gruppo dei passeggeri, nel settore del salone deluxe. I tre principali soggetti del sistema dei soccorsi erano perfettamente nei luoghi dove dovevano essere, chi a comandare il timone, chi a proteggere il personale e i passeggeri e chi a gestire le macchine.
Paradossalmente, le uniche due cose che sono in qualche modo alterate rispetto a questo, sono un passeggero tedesco che è stato trovato in un posto non doveva essere, ma perché stava cercando qualcosa nella macchina, nel garage; e colui che si è salvato, che siccome era stato imbarcato il giorno prima, in realtà non era stato istruito sulle manovre antincendio del personale. Quindi, lui all'inizio era con una persona Pag. 10più esperta, poi si è perso ed è finito a prua. È stato trovato a prua, nell'angolo in fondo sulla destra, istintivamente il luogo più lontano dal fuoco.
Passo ai soccorsi. Qui c'è il punto più delicato. Noi l'abbiamo in qualche modo affrontato con le parti che vi ho già rappresentato, ma anche con altri elementi.
I due importanti professori di medicina legale confermano due fattori sulle vittime. Il primo, che non è stata svolta nessuna autopsia. L'elenco dei documenti disponibili presso il tribunale consiste soltanto in osservazioni dei cadaveri finalizzate al riconoscimento. Le indagini sono state fatte male, perché non è stata fatta nessuna autopsia su nessuno dei cadaveri, come se fosse un incidente, dando per scontato che fosse un incidente.
La seconda cosa è che i diversi gradi di inspirato di CO2 nel sangue mostrano una durata in vita molto differente tra tutte le vittime. Quelli del salone deluxe hanno superato l'ora, di quelli che si trovavano in altre posizioni alcuni hanno superato anche le due ore di sopravvivenza. Questo significa che non è vero che sono morti tutti in mezz'ora, questo significa che la nave era organizzata in attesa di soccorsi che non sono arrivati e il pasticcio dei soccorsi comporta delle responsabilità precise, che noi riteniamo di aver esaminato.
Non è dato comprendere – secondo capoverso – come e per quali motivi il comando della Capitaneria di Livorno non sia riuscito a correlare l'avvenuta partenza di un'unica nave dal porto con la collisione, né a richiedere informazioni al personale presente nella torre dell'avvisatore marittimo. È di palmare evidenza che se ciò fosse stato fatto si sarebbe tempestivamente apprezzato che l'altro natante coinvolto nella collisione era proprio il traghetto Moby Prince. Inoltre, anche quando, con incredibile ritardo, ci si imbatté nel traghetto incendiato, non ci sono stati tentativi di spegnere l'incendio a bordo del traghetto, né di prestare soccorso ai passeggeri del traghetto.
I Vigili del fuoco e la Capitaneria di porto erano tutti intorno alla petroliera. Il traghetto viene trovato per caso, semplicemente perché quando succedono questi eventi nei porti ci si attiva tutti, anche a rischio di fare un pasticcio e di essere in qualche modo una problematica. È stato trovato da un gommone di 12 metri che veniva utilizzato come supporto alle navi.
Nella successiva slide vi riportiamo gli orari in sequenza, come sono stati registrati, sui soccorsi. Sono importanti da vedere semplicemente perché prima che i due ormeggiatori dicano che la nave è il Moby Prince passano esattamente un'ora e venti minuti: la collisione è delle 10.25, solo a mezzanotte meno un quarto i due ormeggiatori trovano il Moby Prince e trovano in qualche modo un sopravvissuto.
Qui c'è un punto che noi segnaliamo nell'ultima frase, perché mentre in un primo momento gli ormeggiatori trasmettono il fatto che ci sono ancora persone vive come diceva il sopravvissuto, un quarto d'ora dopo sono gli stessi ormeggiatori che comunicano che secondo il naufrago sono tutti morti. C'è qualcosa che non ha funzionato anche in quello che è avvenuto in quel momento.
La Capitaneria non svolge, dalle analisi che noi abbiamo fatto, nessuna attività vera di organizzazione dei soccorsi. Nessuna, perché le regole dei soccorsi prevedono che prima di tutto tu analizzi i soggetti possibili coinvolti, analizzi le forze che tu hai e le forze che sarebbero necessarie; e quindi richiedi un aiuto esterno, come avrebbe dovuto fare la Capitaneria di porto chiedendo alla Marina di intervenire, che sarebbe in qualche modo potuta arrivare in un tempo di 30-40 minuti, perché quella Capitaneria non aveva gli strumenti, i natanti, l'organizzazione per gestire un evento di questa dimensione e quindi c'è stato un danno importante.
Della sopravvivenza vi ho parlato, quindi direi di andare avanti. Questa è una ricostruzione effettuata dai Vigili del fuoco su tutto il modello di propagazione dell'incendio, che conferma il fatto – questa è una foto a colori, la relazione dei Vigili del fuoco è molto approfondita – che nella nave c'erano spazi di sopravvivenza, perché c'erano delle zone isolate che potevano Pag. 11consentire e confermare la sopravvivenza a sessanta minuti come minimo.
Qui ci sono una serie di foto che abbiamo voluto in qualche modo far intravedere. Questo è il garage. Perché vi faccio vedere le altre? Perché, come vedete, l'incendio non si è propagato totalmente in tutti gli ambiti della nave. Quella è la gestione dei comandi, quella è una cabina, quelli sono materiali che non sono andati a fuoco. Quindi, c'è la conferma che ci fossero spazi di «vivibilità» che potevano essere utilizzati.
In realtà, il salone deluxe si è rivelata una trappola, perché sino a quel momento nessuna nave passeggeri era pensata per proteggersi da un incendio esterno che aggrediva l'interno, perché anche le porte tagliafuoco erano porte che tendevano a isolare incendi interni che andavano avanti. Quindi, anche le porte, che sono REI 30, che possono far sopravvivere trenta minuti, e che poi sono state all'origine del soffocamento per fumo delle persone e successivamente di bruciatura dei cadaveri, in realtà si inseriscono nel modello di protezione della nave, che non prevedeva assolutamente la possibilità di un incendio esterno. Era assolutamente un evento non prevedibile sino a quel momento.
Noi abbiamo anche audito, in una condizione riservata, il superstite. Lo abbiamo fatto in modo riservato perché è una persona sconvolta da quello che gli è successo, sconvolta anche nelle successive condizioni della vita. Non ricorda la direzione del moto del Moby Prince, si ricorda una direzione rotatoria verso sinistra, che è compatibile anche con la marcia indietro. Sino a mezz'ora prima del suo salvataggio, quindi vuol dire anche quarantacinque minuti dopo, era con un'altra persona che era ancora viva, quindi quarantacinque minuti dopo l'impatto c'era un'altra persona viva, che era viva insieme a Bertrand. Non tutta la nave andava a fuoco, infatti lui si è fermato ad attendere i soccorsi in un luogo dove il fuoco non c'era, ed era nel ponte superiore.
Ricorda – questo è un altro punto essenziale – un aspetto in merito alla gestione della plancia, a differenza di quello che si diceva, cioè che erano distratti dalla partita Juventus-Barcellona. In realtà, la partita finiva dopo dieci minuti e il comandante Chessa era un appassionato di Formula 1, non gliene «fregava» niente del calcio. Quando lui va in plancia per dare da mangiare, perché ha portato dei panini, ricorda chiaramente il comandante, il primo ufficiale e il timoniere lì, attenti a gestire l'uscita della nave. Quindi, nega assolutamente l'ipotesi di distrazione.
Dell'indagine medico-legale vi ho già parlato.
Qui c'è, invece, la provenienza della petroliera, che è una questione molto «delicata», perché è uno dei due punti che riteniamo qualificanti nell'analisi che abbiamo svolto. Sto andando verso la conclusione, perdonatemi per la lunghezza, ma penso sia assai utile.
La Commissione ha acquisito – pagandoli, nel senso che i Lloyd's li danno soltanto a pagamento – dai Lloyd's di Londra tutti i registri. Tu li puoi acquisire decidendo quali sono le navi di cui ti interessa il percorso e in quali giorni. Noi abbiamo acquisito, sostanzialmente, di tutte le navi che erano in rada in quel momento, da dove provenivano nei sette giorni precedenti. Qui c'è un punto delicatissimo per la petroliera, nel senso che dagli atti processuali risulta una partenza dall'Egitto il 4 aprile con arrivo a Livorno il 9 aprile, cioè in soli cinque giorni. Tenete conto che normalmente servono dieci giorni per partire dall'Egitto e arrivare a Livorno. Gli archivi dei Lloyd's hanno fornito invece alla Commissione delle informazioni differenti, che sono: il viaggio dell'Egitto parte il 7 marzo con arrivo a Fiumicino il 17, e questo confermerebbe i dieci giorni di viaggio dall'Egitto; una presenza a Genova sino al 21 marzo, quindi si arriva a Fiumicino, si va a Genova e si sta lì sino al 21 marzo, da cui poi l'Agip Abruzzo arriva a Livorno. Quindi, non cinque giorni di viaggio dall'Egitto, ma addirittura un percorso che dura un mese, che è fatto da dieci giorni nel viaggio dall'Egitto all'Italia, e di un passaggio che porta a Fiumicino, Genova e Livorno.
Secondo dati qualificati che abbiamo acquisito, quindi, l'Agip Abruzzo arriva da Pag. 12Genova e non da Sidi Kerir. Questo può portare a valutare come non corretta l'informazione denunciata durante il processo circa la dimensione e la tipologia del carico, che poteva dunque essere differente dal dichiarato, perché Livorno non è un luogo in cui tu scarichi del petrolio: tu vai a Sidi Kerir per prendere il petrolio, ma a Livorno non lo scarichi, mentre lo puoi scaricare a Fiumicino.
Il punto che in qualche modo a noi è sembrato importante sottolineare è che questa ricostruzione rende possibile l'ipotesi che la cisterna trovata aperta dopo l'incidente potesse contenere non tanto del grezzo, ma del materiale più raffinato in corso di trasferimento su una bettolina. Naturalmente – critica nei confronti delle indagini – non si capisce perché questi dati forniti dalla petroliera ai magistrati non siano stati verificati come noi abbiamo invece fatto.
L'ultimo punto riguarda l'accordo assicurativo. Sull'accordo assicurativo il dato è soprattutto questo. Noi abbiamo trovato – devo dire la verità, dopo quasi un anno di lavoro alla Commissione, perché non sempre siamo stati assistiti, almeno nel primo momento, perché ci sono state delle difficoltà all'inizio –, ma quando poi la Commissione ha mantenuto un profilo molto severo e oggettivo sui fatti che in qualche modo stava acquisendo siamo riusciti a costruire una collaborazione anche maggiore con le forze dell'ordine.
Tra queste, il gruppo della Guardia di finanza ha ispezionato gli uffici di ENI andando a cercare gli archivi Agip, che naturalmente sono archivi del momento nel quale Agip era un armatore di petroliere. Lì abbiamo trovato degli accordi assicurativi, che qui sono citati, che vi sintetizzo in questo modo: l'accordo assicurativo firmato tre mesi dopo l'evento prevede che l'armatore della Moby, quindi Navarma, si accolli i costi di risarcimento dei passeggeri e si impegni a non accusare Agip. Agip si impegna a sopportare i costi del possibile inquinamento mantenendo il profilo del «c'era il petrolio, quindi il porto è inquinato» (in realtà era del tutto limitata questa parte) e si impegna a non confliggere, in sede di giudizio, con Navarma. Questo tre mesi dopo.
È chiaro – queste sono le nostre conclusioni – che questo fatto ha prodotto una serie di effetti. Il primo è che Navarma ha potuto incassare immediatamente, senza attendere l'esito del processo, 20 miliardi di lire di assicurazioni sul traghetto, fatto che ha consentito naturalmente a Navarma di non fallire come altri soggetti implicati in eventi come questi (penso, per esempio, a Itavia e al caso dell'attentato che ha prodotto la caduta dell'aereo) e ha consentito a Navarma di poter riprendere la propria attività. Quindi, c'era una convenienza; così come c'era una convenienza dall'altra parte, evidentemente, nel non avere un'ostilità che poteva in qualche modo far emergere e la posizione erronea della petroliera ed eventualmente anche i movimenti, diversi da quelli registrati da Lloyd's, della petroliera.
Dopo questo evento sono successe delle cose. Agip non ha continuato il suo mestiere di armatore. Lì finisce l'avventura di Agip come armatore. Da quel momento in poi, anche le attività legate allo spostamento di idrocarburi e di petrolio avvengono tramite terzi. Quindi, l'evento in qualche modo ha generato dentro la struttura aziendale una scelta di riorientamento delle attività.
L'altra cosa che è successa è che sono state modificate le normative relative ai soccorsi grazie a una revisione delle funzioni, distinte tra Marina Militare e Capitanerie di porto. Le Capitanerie di porto sono state dotate di strumentazioni che in quel momento non avevano. Un radar del porto esisteva in una sede privata, che era quella degli ormeggiatori, che non sono stati contattati, ma non esisteva presso la Capitaneria di porto. Non solo, la Capitaneria di porto in quel momento era presidiata soltanto da militari di leva. Quindi, c'era un livello di attenzione all'emergenza molto basso e relativamente inadeguato.
Il percorso giudiziario si capisce da quello che vi ho detto. Il percorso giudiziario è stato fortemente condizionato dal fatto che non esisteva più un interesse a confliggere da parte dei due soggetti principali, che si Pag. 13proteggevano a vicenda in un contesto nel quale il porto a Livorno è un elemento fondante per l'economia della città. Quindi, era in qualche modo necessario evitare che ci potessero essere conseguenze economiche di un evento fortuito, causato anche da responsabilità, ma non certamente voluto, perché non emerge da nessuna parte una sorta di volontà di generare una strage.
Non ci sentiamo nelle conclusioni della prima Commissione di dire che c'è stato dolo. Colpe sì, il dolo noi non l'abbiamo trovato. Le colpe sono diventate più gravi naturalmente nelle fasi successive, quando il lavoro di modifica della realtà, alterazione della realtà, insabbiamento di alcune questioni è diventato in qualche modo palese.
Noi abbiamo svolto anche una riflessione con il magistrato che ci ha aiutato. I nostri consulenti, tre in particolare, sono fondamentali, sono stati anche richiamati alla consulenza nella seconda Commissione. Il magistrato e la Guardia di finanza, in particolare, sono certamente coloro che hanno una maggiore conoscenza della struttura. In realtà, quello che emerge è che il sistema giudiziario italiano in quel caso ha fallito, tant'è vero che noi abbiamo pensato che ci fossero in qualche modo degli esiti che potevano essere modificativi della legislazione italiana.
In particolare, di fronte a questo tipo di disastri, la procura territorialmente competente non sempre è in grado di gestire eventi di questo genere. La procura di Livorno aveva tre magistrati che si occupavano di tutto. Quello che seguiva il Moby Prince seguiva anche il furto, seguiva anche eventi minori, fatto che in qualche modo ha portato a tre anni di indagini e alla fine al fatto che lo stesso magistrato che ha svolto tre anni di indagini poi non ha seguito il processo, si è fatto trasferire alla procura del lavoro.
Una delle proposte che noi abbiamo avanzato è che, in caso di eventi di questo genere (è successo anche per l'evento ferroviario in Toscana assegnato a una procura troppo piccola, la procura di Viareggio), la norma dovrebbe portarli su procure più grandi o su procure dedicate ai grandi disastri.
Così come è stato un elemento contrastante, che poi ha condizionato tutto il processo, il fatto che l'indagine sommaria successiva all'evento sia stata effettuata dalla Capitaneria di porto: cioè il soggetto che in qualche modo era oggetto di possibile indagine, ha svolto l'inchiesta sommaria.
Noi chiediamo di prestare attenzione alla possibile modifica dell'articolo 578 del codice della navigazione, perché non si può attribuire allo stesso soggetto che deve prestare i soccorsi anche il controllo su un'eventuale assenza di soccorsi.
L'ultimo punto riguarda il tentativo che noi abbiamo fatto di chiedere agli Stati Uniti se esistevano coperture radar americane. Siamo andati anche alla sede NATO di Bruxelles per verificare questo aspetto. La NATO di Bruxelles ci ha detto che la NATO di per sé non ha suoi strumenti di rilevazione diretti, ma utilizza quelli degli Stati alleati, degli Stati che costituiscono la NATO.
Abbiamo fatto una giornata di lavoro con loro, a seguito della quale ci scrivono che in quel momento tutti i radar militari non si trovavano rivolti nella zona della base Camp Darby, ma in realtà, siccome era in corso la guerra del Golfo, la linea di demarcazione dell'attività militare della NATO era sostanzialmente dalla Sicilia in giù, dalla Sicilia verso est.
Non ci sono radar, o per lo meno noi non li abbiamo trovati, che possano darci degli elementi in più sulla modifica della rotta e sul perché la rotta del Moby Prince è stata modificata. Nello sfondo c'era rimasta l'idea di provare una missione negli Stati Uniti, aiutati però, e qui c'è il tema del sistema militare americano, per andare ad audire i radaristi e i comandanti delle due navi americane che erano lì in rada, che peraltro si sono allontanate nel momento dell'incendio per paura di un'espansione dell'incendio, noi immaginiamo, ma che potevano avere i radar in quel momento accesi e quindi potenzialmente darci un'analisi che noi non abbiamo acquisito attraverso altre modalità.Pag. 14
Così come a noi era rimasta la necessità di analizzare il «bobinone», che è stato analizzato dalla seconda Commissione, quindi lì non si è trovato niente. E comunque di recuperare, se è possibile, invece, quel pezzo di rottame che abbiamo fotografato nella rada di Livorno, perché potrebbero esserci ancora presenti delle tracce che comproverebbero un fatto semplicemente, perché anche a distanza di tempo ci possono essere: che lì non c'era petrolio, ma c'era gasolio e che quel gasolio forse era l'oggetto dello scambio con la bettolina e che la petroliera era a luci spente e si stava facendo un traffico che era purtroppo frequente e che forse lega tutto quanto, ma di cui non abbiamo le prove. Per questo noi non l'abbiamo specificato nella relazione.
PRESIDENTE. Grazie al presidente Silvio Lai per questa ricostruzione assolutamente utile anche per i commissari, per capire bene come si è pervenuti a quelle conclusioni che sono state poi riprese dalla Commissione presieduta dall'onorevole Andrea Romano. È tutto materiale nella nostra disponibilità per proseguire in quel lavoro che speriamo consenta di accertare gli aspetti che sono rimasti ancora da approfondire.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
Onorevole Frijia, che si è prenotata.
MARIA GRAZIA FRIJIA. Grazie, Presidente. Vorrei ringraziare l'onorevole Lai che è stato veramente esaustivo. Sono rimasta ad ascoltare attentamente tutto il percorso che ha fatto la Commissione da lei presieduta. Ho colto tanti aspetti che effettivamente destano perplessità. Grazie per il lavoro che è stato fatto e grazie per essere qui con noi questa sera.
Secondo lei, su che cosa ci dobbiamo concentrare, dobbiamo concentrare il nostro lavoro? Nel suo intervento, ad esempio, non si parla invece di quello di cui si è parlato nella scorsa audizione: lei parla di una bettolina, ma nell'altra Commissione si parlava, invece, di un natante un po' sospetto. Questo dai lavori della prima Commissione che si è tenuta sulla Moby Prince non si evince.
Passo all'altra domanda. Lei parlava, prima, del fatto che gli ormeggiatori avevano i radar, che, però, non sono mai stati recuperati, neanche durante il percorso giudiziario. Non si potevano recuperare questi tracciati? In questo io non sono espertissima. Potrebbe essere interessante ascoltare in Commissione gli ormeggiatori, che sono una corporazione, per capire se qualcuno ha un ricordo e ci può raccontare qualcosa dal loro punto di vista.
Quanto è accaduto quella notte sembra quasi una tempesta perfetta. I radar non erano indirizzati, quindi non si sono potute recuperare tracce in questo senso; la Agip Abruzzo era lì, in un posto dove non doveva stare; il traghetto andava in una direzione verso cui non doveva andare; i soccorsi sono arrivati dopo. Io mi pongo una domanda. Io non lo so, non ho approfondito il tema, ma abito a La Spezia: è possibile che nessuno veda un traghetto che va a fuoco? In un porto, in una rada, benché grande, si vede. Sembra quasi, ripeto, una tempesta perfetta. Sicuramente evidenzia il fatto che c'è qualcosa, che poi si è sommato, probabilmente, alla colpa – come dice lei –, non tanto al dolo di una situazione che si è venuta a creare.
La mia domanda, in base anche alla sua esperienza, è: su cosa ci dobbiamo concentrare per non disperdere energie? Nella precedente Commissione si era detto: andiamo a chiedere i tracciati radar, andiamo alla SNAM. Però già precedentemente questi dati non sono stati forniti, non sono state fornite risposte. Vale la pena concentrarsi e percorrere quella strada, che magari non ci porta a nulla, perché magari continueranno a non rispondere, o è meglio provare a capire in altri modi che cosa può essere avvenuto quella sera? Se veramente è tutto frutto di un caso o di alcuni errori, mettiamola così, umani, se ci sono delle vie che ci possono portare ad approfondire la verità.
In questo momento, magari perché sono stata appena eletta, non ho l'esperienza parlamentare giusta, non riesco a comprendere da quale bandolo della matassa ripartirePag. 15 per capire realmente cosa è avvenuto. La cosa più grave, che mi colpisce tantissimo in questa vicenda, al di là di tutto l'incidente, riguarda i soccorsi. Com'è possibile che nessuno sia stato in grado di salvare non dico tutte, però una parte di quelle persone? È impossibile, è inconcepibile. Al di là del dolo o della colpa, le vite si devono salvare.
Potrebbe essere interessante anche provare a risentire - magari voi lo avete fatto - la Capitaneria di porto o qualcuno che possa andare a recuperare dei documenti.
Quello che emerge (e mi taccio), e di questo anche le siamo grati, dal mio punto di vista, è che alla fine della Commissione – oltre al risultato in termini di lati oscuri che sono emersi e che sono stati evidenziati – si sia voluto concludere con una visione in grado di guardare a un miglioramento o, comunque, a un'esperienza che si deve trarre da un qualcosa di negativo, in questo caso questa tragedia, per fare in modo che un domani questa cosa possa non essere più gestita in questa maniera. Anche quello, secondo me, è un bel valore aggiunto che la prima Commissione può aver portato in generale al settore della navigazione o degli incidenti in mare, quindi al comparto più in generale. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frijia.
Direi che possiamo dare la parola all'onorevole Bonafè, poi risponderà il presidente Lai.
SIMONA BONAFÈ. Signor Presidente, cercherò di essere breve. Intanto, anch'io ringrazio il presidente Lai per la relazione molto dettagliata, molto precisa, che – mi pare di poter dire – recupera un lavoro analitico importante, molto rigoroso, che è stato svolto dalla prima Commissione; e che ha potuto, effettivamente, confutare la verità giudiziaria, che è stata costruita, sostanzialmente, su un elemento che non c'era (la nebbia), che il lavoro della prima Commissione ha potuto una volta per tutte fugare. La verità giudiziaria, sempre in maniera frettolosa, ha teso a considerare l'evento come frutto della negligenza del comandante della Moby Prince, che ha anche perso la vita e che, quindi, di fatto, non poteva nemmeno difendersi. Mi pare che il lavoro della prima Commissione sia andato proprio in quella direzione: mettere alcuni elementi sul tavolo. Elementi che, se non sbaglio, ha poi ripreso la seconda Commissione.
Rimangono ancora molti punti interrogativi, molte domande e molte questioni da sciogliere. Penso alla provenienza dell'Agip Abruzzo e, di conseguenza, all'effettivo carico di questa nave. Credo che la seconda Commissione abbia stabilito che la deviazione del traghetto è stata dovuta alla presenza di un ostacolo, di una terza nave. Mentre la prima Commissione ha lasciato aperte più ipotesi, la seconda Commissione ha definito meglio la presenza di questa terza nave.
Come diceva la collega prima, siamo tutti animati dalla volontà di poter, con questa terza Commissione, veramente arrivare alla verità storica. Il presidente Romano, che è intervenuto prima di lei, ha usato una frase molto efficace: ha detto che siamo – mi sembra – al 90 per cento di verità, ci manca quel 10 per cento, che forse, però, è il più complicato.
Io ho la stessa necessità che ha manifestato la collega prima, cioè di capire da lei, presidente Lai, vista la sua esperienza, visto il lavoro davvero molto importante che avete fatto, ed eravate i primi a cimentarvi in questa operazione, che tipo di suggerimento ci può dare rispetto a come proseguire questi lavori e, soprattutto, come arrivare a quel 10 per cento che oggi ci manca.
Non solo, le vorrei porre un'altra domanda. Lei ha parlato di insabbiamento su alcune questioni. Vorrei capire se lei si è fatto un'idea dei motivi di questo insabbiamento, e immagino di sì. Anche per capire se effettivamente, nei lavori di questa Commissione, si può andare un po' più a fondo.
Ho una terza domanda, che avrei voluto porre al presidente Romano, ma me ne sono ricordata tardi, quindi la pongo a lei. Nel corso dei lavori della sua Commissione ci sono state interferenze di persone che hanno, in qualche modo, provato ad alterare i lavori che voi stavate facendo? Nel Pag. 16caso in cui ci siano state, come vi siete posti? Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bonafè.
Onorevole Malaguti.
MAURO MALAGUTI. Signor Presidente, mi unisco anch'io ai ringraziamenti per i lavori svolti fino a questo momento.
Ho due considerazioni. Se ho capito bene, le famiglie delle vittime non hanno avuto risarcimenti. Li hanno avuti? Ho capito.
Non è stato poi possibile ricercare delle immagini satellitari per vedere se era presente il terzo natante? Magari chiedendo a chi ha i satelliti in orbita, quindi Stati Uniti e Russia.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Malaguti.
Do la parola al presidente Silvio Lai.
SILVIO LAI, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura. Vado per ordine e lascio per ultimo il tema dell'insabbiamento, sul quale, poi, chiederei al Presidente, se mi permette...
PRESIDENTE. Di secretare.
SILVIO LAI, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», costituitasi presso il Senato nella XVII legislatura. Esatto. È un punto un po' delicato, sul quale non ci sono fatti, però è giusto che alcune ipotesi la Commissione le conosca.
Parto dalle prime domande dell'onorevole Frijia. Il tema dell'ostacolo alla navigazione. Noi ci siamo fermati, lo diceva l'onorevole Bonafè, e sono d'accordo su questo, su un punto. Noi abbiamo ipotizzato sicuramente un'alterazione della navigazione. Che questo fosse in qualche modo legato alla presenza di un natante, di una bettolina (che è un natante, ma leggermente più piccolo), a un blocco del timone o anche al combinato disposto tra i due... Uno si trova di colpo un ostacolo davanti, deve evitarlo, ruota un timone che non è perfettamente funzionante (perché doveva essere cambiato), il timone temporaneamente si blocca e ti fa finire su una petroliera. È vero che hanno anche il radar, ma in questo caso c'era una zona buia, dove era la petroliera. I radar della Moby Prince, devo dire la verità, un paio di auditi dicevano che non erano sempre perfettamente funzionanti. Sono tutte navi che navigano molto a vista: magari arrivavi in porto e non funzionava, il giorno dopo funzionava, o lo facevi funzionare.
Devo dire la verità. Non ci siamo meravigliati del fatto che potesse esserci una direzione di marcia, con la petroliera messa in un punto in cui non doveva essere; a un certo punto, un ostacolo improvviso fuoriesce dalla petroliera; tu, per evitarlo, ruoti il timone e vai a finire sulla petroliera, perché non riesci a raddrizzarlo per evitare l'ostacolo. Quindi, un combinato disposto tra la presenza di un natante che non ci doveva essere, la bettolina, che giustificherebbe alcune cose, o natanti più grandi, per ipotesi più impegnative, che nel tempo sono state oggetto di ipotesi (traffico d'armi e tutta questa parte). Questo è quel che potrebbe essere successo. Noi non siamo arrivati a poter certificare la presenza del natante. La seconda Commissione ha fatto questo passo in avanti, che secondo me è importante.
Tra le due-tre cose che si possono cercare di fare, ho iniziato ad accennarlo prima, in realtà, la ricerca di possibili radar che registravano o possibili testimonianze dirette di persone che noi non abbiamo potuto audire perché oggi sono negli Stati Uniti potrebbe essere un filone. Noi abbiamo anche cercato radar satellitari, ma dobbiamo considerare la copertura satellitare di quel momento. Salto da una domanda all'altra, ma perché è coerente. In realtà, in questo momento la quantità di satelliti presenti nel cielo è 3 mila volte superiore a quelli che c'erano in quel momento. In quel momento, vi erano satelliti concentrati in parte molto piccola su cose Pag. 17civili e in parte molto più importante su obiettivi militari, molto importanti e molto strategici. Non erano certamente la rada di Livorno. Questo, però, non vuol dire che non si possa cercare in quella direzione.
L'elemento importante che posso suggerire alla Commissione è di provare ad esplorare la parte che noi non siamo riusciti a esplorare, ovvero la ricerca ulteriore di tracciati radaristici o di immagini satellitari, sui quali, secondo noi, si può fare ancora un approfondimento. Cosa che permetterebbe di certificare la presenza dell'ostacolo oppure la presenza di una rottura del timone, quindi la traiettoria della nave, che noi abbiamo ricostruito, ma che non sappiamo da cosa sia stata causata. Questo è certamente un elemento importante.
I radar che avevano gli ormeggiatori non erano radar che registravano, attenzione: erano radar che osservavano e permettevano di visionare la presenza di navi, entrate, che loro avevano perché sono quelli che nel porto di Livorno consentono l'attracco e la ripartenza delle navi. Il porto di Livorno è uno dei pochi porti che ha ancora l'osservatore marittimo, per esempio, la torre marittima. Anzi, forse è stato smontato di recente. Quindi, ha un ulteriore ausilio, proprio perché è un porto importante sul piano commerciale. È l'avvisatore marittimo, per esempio, che ha capito subito che era il Moby Prince, ma nessuno lo ha cercato. Nessuno di quelli che doveva coordinare i soccorsi ha chiamato immediatamente l'avvisatore marittimo.
Io mi faccio questo film. Avviene l'evento. Chi si dovrebbe far carico di coordinare i soccorsi è la Capitaneria di porto. Nella Capitaneria di porto ci sono due ragazzi che fanno servizio militare. La prima cosa che fanno è chiamare il comandante. Il comandante si trova a La Spezia per salutare il comandante del settore nord-est, quindi sta, in qualche modo, festeggiando, come si festeggia un pensionamento. Viene avvisato dell'accaduto e arriva al porto esattamente quaranta minuti dopo. Quando arriva al porto si fa imbarcare da una motovedetta della Capitaneria di porto, che era già uscita, quindi la sottrae dalla ricerca delle navi, e si fa portare sul luogo. Errore: lui si sarebbe dovuto trovare in una cabina di controllo in cui osservava, gestiva e indirizzava tutto.
Non solo, c'è un altro elemento che ha condizionato. La petroliera, colpevolmente o non colpevolmente, colposamente, ha attratto su di sé l'attenzione, perché ha detto: «Andiamo a fuoco. Siamo stati urtati da una bettolina». Andare a fuoco una settimana dopo che c'era stato l'incendio di una petroliera nel porto di Genova ha fatto preoccupare tutti della possibile esplosione della petroliera. Quindi, il comandante della petroliera, in qualche modo, ha mirato a proteggere, contrastando le leggi del mare, se stesso, senza preoccuparsi o anzi disinteressandosi del traghetto. Secondo grave errore e fatalità.
Terza fatalità: non ha funzionato la radio del Moby Prince. Tra le registrazioni radio che ci sono si sente un gracchiare. Il Moby Prince all'uscita ha comunicato bene che stava lasciando il porto e che era tutto tranquillo. A un certo punto, urta la petroliera e chiede aiuto. Questo aiuto, però, viene in qualche modo soffocato da una trasmissione difettosa, che non riesce a far percepire cosa è successo.
Quindi, tre eventi che, insieme, hanno contribuito a una disastrosa gestione. Noi la chiamiamo «inesistenza di soccorsi», se tu non ti fermi e dici «tu fai questo, tu fai questo, tu fai quest'altro». La prima cosa che devi fare è individuare le navi che sono uscite dal porto. Negli ultimi venti minuti era uscita una sola nave, che era il Moby Prince. Era chiaramente individuabile nel Moby Prince e doveva essere cercato il traghetto, dove c'erano 140 persone, e non la petroliera, dove c'erano 40 persone, tutte quante, tra l'altro, attrezzate per salvataggi in mare, per potersi salvare.
Aggiungo una cosa. La rada. Qui stiamo parlando di una distanza che, a vista, è quella delle immagini del video D'Alesio. Tu vedi sullo sfondo una nave, la vedi molto piccola, dell'altezza di un centimetro, però la vedi. Però stiamo parlando delle dieci di notte. La prima cosa che abbiamo fatto è andare in rada a Livorno, alle dieci di notte, per fare il tragitto del Moby Prince e Pag. 18capire qual era la visibilità. Siamo di notte. E la nave non era illuminata, mentre invece la petroliera normalmente è illuminata come un campo di calcio, con i riflettori; invece non era illuminata nel video D'Alesio. Quindi, c'era anche quell'alterazione della visibilità. Inoltre, effettivamente, tutti quelli che erano a terra, che non erano coinvolti nei soccorsi o erano coinvolti come ormeggiatori, sapevano che era il Moby Prince. Addirittura, in una caserma di fronte al punto dell'impatto ci sono dei militari che osservano, che sanno che c'è l'impatto del traghetto e avvertono la Capitaneria, ma non vengono coinvolti in questa fase.
Perché è giusto il termine «tempesta perfetta»? Perché, accanto al totale errore nella gestione dei soccorsi, la «fatalità» anche soltanto della cisterna e del fatto che prendono l'unica cisterna piena... È questo che rende non credibile l'ipotesi di una premeditazione: è semmai ipotizzabile una serie pazzesca di sottovalutazioni, di errori di valutazione, di fatalità.
Mi sembra di aver risposto a tutto, salvo alla domanda alla quale vorrei rispondere in secretazione.
PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che sono collegati che, dopo l'audizione del presidente Lai, avremo l'ufficio di presidenza, per coloro che debbono partecipare in detta qualità.
Disponiamo per l'audizione secretata.
(La Commissione concorda. I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Silvio Lai per, devo dire senza retorica, il preziosissimo contributo offerto ai lavori della Commissione. Se nel corso dei nostri lavori avessimo ancora bisogno anche del suo supporto la disturberemo. Grazie.
Dispongo che la documentazione sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.
Dichiaro quindi conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 21.50.
Pag. 19ALLEGATO