Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2
Audizione del Cardinale Baldassare Reina, Vicario Generale per la Diocesi di Roma:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2
Reina Baldassare , Vicario Generale per la Diocesi di Roma ... 2
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 10
Iaria Antonino (M5S) ... 11
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 11
Ciani Paolo (PD-IDP) ... 11
De Palma Vito (FI-PPE) ... 12
Perissa Marco (FDI) ... 13
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 15
Reina Baldassare , Vicario Generale per la Diocesi di Roma ... 15
Trincia Giustino , direttore della Caritas Diocesana di Roma ... 15
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 16
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO
La seduta comincia alle 12.05.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Cardinale Baldassare Reina,
Vicario Generale per la Diocesi di Roma.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Cardinale Baldassare Reina, Vicario Generale per la Diocesi di Roma, accompagnato dal direttore della Caritas Diocesana, dottor Giustino Trincia.
Eminenza, siamo veramente grati per questo momento di incontro e di confronto, che fa parte del percorso che la nostra Commissione sta portando avanti, di analisi, approfondimento, proposta e presenza nelle periferie del nostro Paese; un lavoro che ci sta portando costantemente a contatto con le realtà periferiche, in particolare delle città metropolitane del nostro Paese, che presentano alcuni tratti comuni, a volte anche sorprendentemente comuni, e che al tempo stesso presentano peculiarità legate alle singole aree.
Ci tengo a dire che in tutte le realtà che abbiamo visitato abbiamo sempre riscontrato un ruolo eccezionale, straordinario, di presenza e di impegno delle parrocchie. Questo è anche un momento, credo, importante per ringraziare le parrocchie, in particolare nelle aree oggetto di interesse della nostra Commissione, che portano avanti, spesso in condizioni non semplici, un lavoro eccezionale.
Cedo la parola al Cardinale Reina per lo svolgimento della sua relazione.
BALDASSARE REINA, Vicario Generale per la Diocesi di Roma. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti.
Onorevoli deputati, desidero anzitutto ringraziarvi per questa possibilità di ascolto e di incontro e portare a ognuno di voi il saluto della nostra Diocesi, del suo Vescovo, il Santo Padre Papa Francesco, del nostro Consiglio Episcopale, oltre che mio personale.
La Commissione parlamentare d'inchiesta di cui fate parte, presieduta dall'onorevole Alessandro Battilocchio, che saluto e ringrazio per l'invito, ha assunto su di sé un compito al tempo stesso gravoso per la quantità e la complessità del perimetro di lavoro che si è dato, quello sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, ma ricco di attese e di speranze di quanti – e noi tra questi – scorgono in questa apertura istituzionale all'ascolto approfondito, quello dell'inchiesta e al confronto di tante realtà attive nella società italiana un presupposto essenziale per discernere le strade migliori da percorrere, tutti insieme, per dare risposte adeguate e, direi, necessariamente corali agli appelli, alle richieste di intervento e di aiuto, alle proposte e ai suggerimenti che stanno emergendo attraverso il vostro lavoro.
Tra l'altro, informo gli onorevoli deputati di alcune iniziative che abbiamo intrapreso come Vicariato. Abbiamo già incontrato presidenti di municipi, deputati e senatori eletti nei collegi romani, proprio per metterci in ascolto del grido della nostra città.Pag. 3
Tutto ciò è un patrimonio di straordinario valore per i lavori parlamentari, grazie soprattutto a ciò che sta emergendo dal vostro ascolto: indicazioni e suggerimenti per le scelte istituzionali da compiere all'altezza delle necessità e delle esigenze del Paese. Per noi è forte la convinzione che, di fronte ai complessi e a volte antichi problemi di Roma, occorra partire dal punto di vista della povera gente, perché quello più vicino a promuovere l'interesse generale, il bene comune e, al tempo stesso, quello più in grado di favorire ponti, alleanze, collaborazioni e sinergie tra le diverse anime, tra le tante sensibilità presenti nella nostra città.
Il più delle volte la voce delle città e delle loro periferie resta confinata nel cono d'ombra dell'emergenza o dei fatti estremi di cronaca, destinato a suscitare clamore per qualche ora, per uscire presto dalle luci della ribalta, salvo alimentare un sentimento diffuso di perdita di fiducia nel domani, nella possibilità di risolvere problemi, nell'azione delle istituzioni pubbliche.
La Chiesa di Roma, proprio in questo tempo ormai prossimo alla Pasqua, sente come suo compito quello di farsi interprete di un diffuso grido di dolore, che proviene dalla città, ma al tempo stesso quello di annunciare che proprio la Pasqua, con il Cristo risorto che ha sconfitto la morte, è l'occasione per affermare il principio che la vita è più forte della morte, l'amore è più forte dell'odio, la speranza è più forte della rassegnazione o della disperazione.
Le molte persone che non si limitano alla lamentela e alla protesta, che operano nei diversi ambienti della città per indicare e costruire vie d'uscita possibili, necessarie e urgenti, per rendersi disponibili a fare la loro parte, a unire piuttosto che a dividere, e a farsi prossimi a chi è nel bisogno, sono i migliori ambasciatori della Pasqua e della speranza.
Il contributo che desidero portare qui oggi è frutto di un percorso che noi chiamiamo «Sinodale», in quanto caratterizzato dall'apporto di molti, avviato da tempo, che trae origine da molteplici fonti, come il confronto avviato con la visita pastorale a numerose comunità parrocchiali, con diversi sacerdoti (penso, in particolare, ai parroci impegnati nelle periferie classiche della città), dal contributo di informazione, di dati ed esperienze provenienti dalla Caritas Diocesana (ecco la presenza del nostro direttore, il dottor Trincia, con i suoi rapporti annuali sulla povertà), dalla testimonianza viva di altre significative esperienze di carità, dal confronto con amministratori pubblici e operatori economici, del mondo della formazione e della ricerca.
Non a caso, proprio nel 2024, facendo la memoria del convegno sui «Mali di Roma» del 1974, abbiamo proposto un percorso chiamato «Ricucire lo strappo», che si è snodato attraverso l'ascolto della città, delle sue periferie, interrogandoci su quattro aspetti (abitare, lavoro, salute ed educazione), incontrando le comunità cristiane di quattro periferie (Tor Vergata, Castelverde, Bastogi e Castel di Leva), un itinerario che abbiamo seguito consci che – come ci dice Papa Francesco – le periferie non sono solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali.
L'ISTAT parla, infatti, di una perifericità diffusa, che non riguarda esclusivamente le aree più esterne, ma investe una parte significativa del territorio. Allo stesso tempo, e vorrei sottolinearlo, non tutte le aree di periferia sono necessariamente sinonimo di esclusione, marginalità e disagio socioeconomico, e molte sono le testimonianze di luce e di speranza che provengono proprio dai quartieri considerati ai margini.
Evitare una sempre maggiore differenza e separazione tra il centro di Roma e le periferie e facilitare a queste ultime l'attenzione alla bellezza e all'identità che caratterizza Roma sono solo alcuni cenni della lettera apostolica «La vera bellezza», in forma di motu proprio, con cui lo scorso 4 ottobre il nostro Vescovo Papa Francesco ha dato una rilettura del senso pastorale da attribuire alla presenza sul territorio da parte della Diocesi di Roma, riducendo l'organizzazione territoriale della Diocesi solo in riferimento ai quattro punti cardinali ed evitando, così, di isolare il precedente settore centro da tutto il resto della vita ecclesiale e pastorale della Diocesi, Pag. 4dunque della città. Possiamo intendere questo come un segno che va proprio nella direzione di quella preziosa opera di ricucitura che invochiamo da tempo.
Cosa ha da dire in maniera più specifica la nostra Chiesa locale a questa Commissione parlamentare e cosa possiamo mettere a disposizione per concorrere ad alleviare le ferite della città di Roma? Mi preme richiamare l'attenzione su alcuni punti, che sono le grida di dolore che abbiamo ascoltato, che richiedono il massimo impegno da parte dei soggetti coinvolti, le istituzioni pubbliche, il mondo delle imprese, della ricerca, della formazione e dell'informazione, oltre naturalmente il più ampio tessuto sociale del volontariato, del terzo settore della città e della nostra presenza.
Si vanno delineando, con tratti sempre più marcati, molte esperienze di città all'interno di un unico grande territorio che si chiama «Roma». Il comune di Roma si estende su una superficie di quasi 1.300 chilometri quadrati, con una popolazione di 2,8 milioni di residenti; altrettante – si stima – sono le persone che ogni giorno arrivano nella nostra Capitale per lavorare o studiare, per turismo o per usufruire dei servizi amministrativi e sanitari della Capitale.
Nel recente rapporto sulla povertà della Caritas della Diocesi di Roma, al quale rinvio per accedere ai molti dati disponibili, si confermano due tendenze che fanno di Roma lo specchio di quanto avviene nel Paese: da una parte, vi è una proliferazione delle disuguaglianze, che porta inevitabilmente al rafforzamento della polarizzazione tra coloro che possono molto e quanti possono poco o nulla; dall'altra, la presenza di più città nella città che tra loro non si conoscono, non parlano e camminano su strade parallele, che appunto non si incontrano.
La città reale e quella da copertina: la prima è quella che per certi aspetti – si pensi alla mancanza di case dignitose e alle migliaia di persone senza dimora e in precarie condizioni abitative – più si avvicina, purtroppo, a quella di cinquant'anni fa, quando la comunità cristiana venne chiamata a riflettere sulle sue responsabilità dal convegno passato alla storia come i «Mali di Roma»; vi è, poi, una seconda città, quella che in termini di benessere economico, in base agli indicatori dell'ISTAT, vede Roma, insieme a Bologna, seconda solo a Milano tra i capoluoghi delle città metropolitane.
Le statistiche ufficiali parlano di un trend positivo per la crescita economica post pandemica, accompagnato da una crescita dell'occupazione, con una dinamica salariale che vede una perdita di potere d'acquisto molto importante. Per questo la povertà, sia in termini assoluti che relativi, continua ad aumentare. Complessivamente, la quota di persone che si trova in almeno una delle tre condizioni di disagio economico e sociale (famiglie a bassa intensità di lavoro, famiglie a rischio di povertà e famiglie in condizioni di grave deprivazione materiale), a Roma, è del 17,7 per cento. La città dei redditi così profondamente diseguali, in cui si assiste a profonde differenze tra generazioni, generi, nazionalità e aree di residenza, dove i giovani restano i più penalizzati, nonostante i figli da crescere, insieme alle donne e agli stranieri, mentre sugli anziani, sugli uomini e sui cittadini italiani si concentrano gli stipendi e le pensioni più alte. Le marcate differenze dei redditi si riscontrano nei Municipi, nell'età e nel genere dei percettori, nella cittadinanza o nazionalità di nascita. Il II Municipio è quello con il più alto reddito medio individuale, superiore ai 43 mila euro, seguito dal I Municipio, nel quale i cittadini in media percepiscono un reddito di 39.233 euro; il VI Municipio è quello nel quale la media dei redditi risulta più bassa (17.751 euro), ampiamente al di sotto (meno 33 per cento) del reddito medio registrato nei 15 Municipi, pari a 26.568 euro.
Vi è, poi, la città storica, in cui vivono gli anziani, e quella delle periferie per i giovani. La prima, il centro, che sprigiona tanta potenza attrattiva con uno straordinario e costante afflusso turistico da tutto il mondo, una preziosa risorsa per la crescita economica della città, che però non sembra un'opportunità per le famiglie, sempre più si sta trasformando in una città Pag. 5museo a beneficio dei turisti e dell'indotto da loro generato. La seconda, quella delle periferie, in cui maggiormente vivono i giovani, continua a crescere, ma con problemi sempre maggiori, potendo disporre di minori beni e servizi, situazioni che ci interrogano quanto a capacità di rispondere alle attese di senso di appartenenza e di giustizia, che provengono da persone alla ricerca di un pieno riconoscimento del loro essere risorsa.
Una quota significativa della popolazione romana (il 25 per cento) si concentra in solo 14 zone urbanistiche su 155 esistenti. Tra queste, Torre Angela è particolarmente popolosa, con circa 85 mila residenti, e si trova al di fuori del Raccordo Anulare, insieme a Ostia Nord e Borghesiana. Altre zone urbanistiche densamente popolate includono Primavalle, Centocelle, Don Bosco, Tuscolano Sud, Torpignattara, Ostia Nord, Gordiani e Torrino, tutte aree della prima periferia (quella storica) e quelle degli insediamenti oltre il Grande Raccordo Anulare.
Allo stesso tempo, è forte la diversificazione per età. Con un indice di vecchiaia pari a 187 nel 2021 (era 148 nel 2011), in più della metà delle zone urbanistiche (82 su 155), situate prevalentemente all'interno del Grande Raccordo Anulare, l'indice di vecchiaia è superiore alla media comunale. In 13 zone urbanistiche, prevalentemente fuori dal Raccordo, l'indice di vecchiaia è, invece, inferiore a 100. I giovani fino a ventiquattro anni rappresentano il 21,9 per cento della popolazione totale di Roma. La percentuale di giovani è più elevata in alcune periferie, come Magliana (oltre il 30 per cento), Borghesiana (26 per cento) e Torre Angela (25,1 per cento).
La città multietnica e la città eterna: la prima caratterizzata dall'incontro tra culture, spesso problematico per la convivenza civile; la seconda in grado di dimostrare il grande animo di accoglienza civile e religiosa della città.
La città con i servizi e quella in attesa: quella dove scuole, centri sportivi, servizi di assistenza e cura della salute, luoghi di incontro, di vita culturale e religiosa e sportivi sono presenti in modo concentrato e quella che, invece, è in attesa di servizi, come quelli assicurati dai medici di medicina generale (che però sono ormai sempre di meno), di accesso a prestazioni e cure sanitarie fondamentali, sempre più frustrata da liste d'attesa interminabili, a fronte delle quali o hai la possibilità di accedere al privato, oppure devi semplicemente attendere, se non rinunciare alle cure.
La città visibile e quella che non viene percepita: la prima che presenta una straordinaria offerta di carattere culturale e turistico, unica al mondo; la seconda è quella dei senza dimora, degli accampati, di chi vive in insediamenti occupati, quella dei precari, del lavoro giornaliero e, comunque, a termine, dove la forza contrattuale sta tutta sul lato dell'offerta, che determina livelli retributivi, orari e luoghi di lavoro, quella che noi, in fondo, conosciamo più direttamente e che frequentiamo, quotidianamente, in ogni settore della città.
Carissimi onorevoli parlamentari, desidero ora portare la vostra attenzione su alcune grandi aree di sofferenza della città, che ci sembrano prioritarie, anche se collegabili ad altre non meno rilevanti, come quelle dell'aggravarsi della difficoltà di accesso al sistema sanitario nazionale, con le famose liste di attesa di cui prima, e dell'emergenza salute mentale, oppure dell'ancora aperta questione lavorativa, con una Capitale che presenta, sì, un tasso di occupazione del 70,6 per cento, un dato di oltre cinque punti superiore alla media nazionale e a quella regionale, ma con una forte prevalenza di lavori instabili (il 18,8 per cento di lavoratori atipici, rispetto al dato nazionale del 17 per cento), in cui i lavoratori dipendenti regolari con bassa paga rappresentano il 13,5 per cento, rispetto al dato nazionale del 10,4 per cento. Mi riferisco alla povertà abitativa, alla povertà culturale ed educativa, alla questione della sicurezza e alla integrazione sociale. Sono tre grandi aree di intervento urgente, molto interconnesse tra loro, che vanno, dunque, affrontate con un approccio non più settoriale, ma integrato e sinergico.
Prima area di intervento: la povertà abitativa. Secondo la recente ricerca (marzo Pag. 62025) realizzata dall'Università «La Sapienza» di Roma e promossa dal sindaco di Roma, professor Roberto Gualtieri, e dall'assessore al patrimonio e alle politiche abitative della città, dottor Andrea Tobia Zevi, un totale approssimativo di circa 114 mila nuclei familiari può essere stimato come in condizione di fragilità abitativa a Roma e, pertanto, sovraesposto al rischio di grave disagio abitativo. Ripeto, 114 mila nuclei familiari. In questo totale si trovano i nuclei in conclamate situazioni di grave emergenza, identificati come popolazioni speciali, circa 22 mila famiglie. Tutto ciò in presenza di circa 160-200 mila appartamenti privati vuoti e non utilizzati.
Il problema è complesso e ha radici lontane. Certo non aiuta minimamente rilevare come proprio in certe grandi aree periferiche venga segnalata la presenza di abitazioni di proprietà pubblica che risultano non abitate, in attesa di assegnazione, facilmente esposte a possibili occupazioni abusive, spesso colluse con le attività criminali presenti nel territorio, quali spaccio e prostituzione, a volte in pessime condizioni di manutenzione, di idonea riqualificazione strutturale degli edifici, o con molte barriere architettoniche e con impianti degli ascensori non funzionanti, che isolano soprattutto le molte persone anziane che vivono da sole e tante persone disabili. Nel frattempo, dilagano gli affitti brevi, che rendono molto di più ai proprietari rispetto agli affitti lunghi, ovvero ai regolari contratti di affitto, e che stanno stravolgendo il tessuto sociale di molti quartieri, non solo quelli centrali.
A luglio 2024, il dossier dell'ISTAT segnala che, in dieci anni, la popolazione residente nel I Municipio è scesa del 38 per cento, ossia di oltre 20 mila persone, trasferitesi altrove, nel mentre sul web l'offerta di affitti brevi arriva a 35 mila, tra case vacanze e miniappartamenti, senza considerare il mercato irregolare.
È superfluo aggiungere i molti altri dati disponibili per rappresentare la drammaticità della questione abitativa a Roma, per affrontare la quale l'auspicio è che si possa assistere a una decisa e urgente iniziativa politica e amministrativa che metta insieme, superando le comprensibili e legittime differenze, i diversi poli di responsabilità a livello locale, regionale e nazionale.
La Chiesa di Roma, da parte sua, ha posto questa stessa molteplice forma di povertà tra le proprie priorità di animazione pastorale, con l'impegno a rafforzare, proprio nell'anno del Giubileo della Speranza, la testimonianza della carità operante nelle nostre comunità ecclesiali e religiose, ad ogni livello.
Alcune proposte: introdurre nell'anno giubilare una moratoria per gli sfratti per morosità incolpevole, prevedendo forme di indennizzo per i piccoli proprietari oppure accordi pattizi su base volontaria tra le parti, con forme di mediazione delle istituzioni e del terzo settore; rifinanziare adeguatamente a livello nazionale il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli; introdurre idonee misure per regolamentare, prima, e scoraggiare, poi, gli affitti brevi e per incentivare, viceversa, gli affitti di durata regolare, rafforzando pure le garanzie per i proprietari di rapido recupero degli immobili alla scadenza dei contratti di locazione e istituendo un apposito fondo di garanzia per i piccoli proprietari di immobili; assicurare, vincolando regioni ed enti locali a idonee misure di cooperazione, il pieno utilizzo degli alloggi di edilizia popolare pubblica, rendendo molto più rapido il processo di loro assegnazione o riassegnazione e controllando periodicamente l'effettivo loro utilizzo da parte degli aventi diritto; stanziare idonee risorse a destinazione vincolata per le necessarie opere di manutenzione o di riqualificazione strutturale degli edifici o di rimozione delle barriere architettoniche nei complessi di edilizia residenziale pubblica; salvaguardare la legalità, prevenendo e contrastando le occupazioni abusive di immobili promosse con finalità chiaramente illegali e prevedendo contestuali forme di assistenza alloggiativa per quei nuclei familiari costretti a reperire un alloggio e privi di reali alternative; disincentivare le speculazioni per ottenere risarcimenti nel caso di grandi immobili occupati, attraverso una norma che vieti di lasciare vuote Pag. 7intere strutture, esponendole a prevedibili occupazioni illegali; stabilire modalità di sgombero con ricoveri alternativi per famiglie indigenti, prive di alternative, che si troverebbero, altrimenti, prive di una dignitosa sistemazione abitativa; sostenere adeguatamente la diffusione e l'integrazione delle forme di housing pubblico sociale e privato; rafforzare la rete di strutture destinate alla prima accoglienza per persone senza fissa dimora o in gravi condizioni di precarietà abitativa, attraverso la collaborazione con enti del terzo settore e del volontariato.
Seconda area di intervento: la povertà culturale ed educativa. È un triste fenomeno, molto cresciuto negli anni e che coinvolge sia gli adulti sia i giovani, con tutte le gravissime conseguenze che derivano per gli uni e per gli altri, ancora di più. È urgente intervenire sui modelli culturali di riferimento dominati dall'individualismo, dalla ricerca del successo e della visibilità ad ogni costo, dal consumismo senza ormai limiti. Tale povertà è strettamente collegata al diffondersi delle dipendenze, su tutte quelle dalle droghe, in particolare tra i giovani, e di alcune gravi patologie sociali ed economiche, come quelle del sovraindebitamento, che è in costante crescita. Per quanto riguarda il ricorso al gioco d'azzardo a Roma, secondo l'Agenzia delle entrate, nel solo primo semestre del 2024 sono state fatte scommesse, tra canali fisici e on-line legali, per oltre 4 miliardi di euro, risorse enormi sottratte all'economia reale e almeno concausa di tanti tracolli familiari, con la ripresa dell'usura di prossimità.
Sulla povertà educativa c'è da alzare il velo sull'impossibilità per molti, a partire da tanti giovani di seconda generazione, di capire, di potersi muovere e di fare scelte consapevoli rispetto al contesto sociale e culturale nel quale sono immersi. I volti di questa povertà, che creano le precondizioni dell'esclusione sociale, sono davvero numerosi. Comprendono l'accesso limitato a risorse educative, la ridotta qualità dell'insegnamento soprattutto nelle aree svantaggiate della città, la mancanza della possibilità di fare sport, arte, musica o corsi di approfondimento, il basso contesto socioeconomico e culturale delle famiglie, che influiscono negativamente sul tempo e sulle risorse da dedicare allo studio, la mancanza di un adeguato sostegno psicologico ed emotivo, con la presenza di situazioni di stress o instabilità familiare, le condizioni di salute inadeguate, la povertà linguistica e di stimoli soprattutto per i minori e i giovani, le limitate prospettive future e aspirazioni, che possono ridurre le motivazioni.
Il fenomeno più preoccupante è quello della dispersione scolastica, nelle sue molteplici varianti, abbandono, uscita precoce dal sistema formativo, assenteismo, frequenza passiva o accumulo di lacune, con tutte le conseguenze in termini di esclusione sociale che ne possono derivare. A Roma la percentuale di popolazione senza licenza media è del 2,3 per cento, con il valore massimo registrato nella zona di Santa Palomba. La quota di giovani che non studia e non lavora è un altro indicatore della difficoltà di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e della società. La percentuale di giovani di 18-24 anni con la sola licenza media e non inseriti in percorsi di studio o formazione è inferiore alla media nazionale, il 4,7 per cento a Roma contro il 10,5 per cento in Italia, e a quella dei grandi comuni metropolitani. Nella Capitale i giovani che non lavorano e non studiano nella fascia di età 15-29 anni rappresentano il 10,7 per cento, mentre raggiungono il 16,1 per cento in Italia. Questo dato viene superato in alcune zone, come Grottarossa Ovest, Santa Palomba e Magliana, dove supera il 30 per cento.
Su questo versante è indispensabile avviare un intervento di lungo periodo per promuovere i valori della legalità, della sobrietà e del senso civico, creando e/o rafforzando i luoghi sani di incontro, di socializzazione e di apprendimento culturale e di studio (l'importanza dei doposcuola).
Alcune proposte: lasciare le scuole aperte il pomeriggio ed eventualmente anche nelle ore serali, facendole diventare centri culturali a disposizione del territorio; coinvolgere le associazioni del territorio per realizzarePag. 8 doposcuola e attività sportive per i ragazzi e corsi di formazione per gli adulti, come quelli dell'apprendimento dell'italiano da parte di stranieri adulti; promuovere progetti finalizzati, con la collaborazione di istituzioni pubbliche e realtà del volontariato, all'integrazione dei giovani NEET (Not in Education, Employment or Training); favorire il più possibile il tempo pieno nelle scuole, venendo così incontro anche ai bisogni alimentari delle famiglie e alle esigenze lavorative dei genitori in condizioni di particolare disagio; investire sulla sicurezza e la manutenzione degli edifici scolastici e, in particolare, rafforzare gli impianti sportivi per consentire l'accesso alle attività sportive a bambini e ragazzi; promuovere una più stretta collaborazione tra la rete dei doposcuola, dei centri sportivi delle parrocchie e delle associazioni locali e le istituzioni pubbliche; rafforzare gli aiuti economici per il diritto allo studio per le famiglie e le persone in difficoltà; rafforzare il collegamento dei percorsi scolastici e l'accesso al mondo del lavoro; rilanciare e potenziare il servizio civile universale, quale opportunità di formazione e di socializzazione attorno ad alcuni grandi princìpi di solidarietà e della convivenza civile; stanziare idonee risorse per il sostegno alle famiglie con figli minorenni che vivono situazioni di vulnerabilità; rafforzare l'offerta di percorsi educativi per giovani e adulti, rivolti alla diffusione dei princìpi della legalità, della solidarietà e dell'integrazione sociale.
Terza area di intervento: la sicurezza e l'integrazione sociale. Sale forte dalla città, soprattutto nelle periferie geografiche e non, la richiesta di fare qualcosa per superare il senso di paura, di ansia e di preoccupazione di abitanti limitati, nelle relazioni e nella possibilità di vivere la semplice quotidianità del quartiere, dal fare esperienza di una progressiva e quotidiana appropriazione del territorio da parte delle organizzazioni criminali. In alcuni casi, le stesse caratteristiche urbanistiche e infrastrutturali dei grandi complessi di insediamento dell'edilizia popolare sembrano rendere le piazze dello spaccio veri e propri fortini inespugnabili. Il passaggio dal giorno alle prime ore del buio, non di rado, suscita un clima quasi da coprifuoco e i più fragili, in primis gli anziani, le donne, i bambini e i ragazzi, diventano ancora più fragili.
Cresce, purtroppo, la tentazione di prendersela con i più poveri della città, con i migranti. È una contrapposizione senza senso, del tutto ideologica, quella tra la giusta domanda di maggiore sicurezza e di maggiore presenza attiva delle forze dell'ordine, alle quali rinnoviamo la nostra gratitudine per il servizio che assicurano anche in condizioni di grandi difficoltà, e il dovere della solidarietà nei confronti dei più poveri e dell'accoglienza dei migranti, dei diversi da noi. Sicurezza, accoglienza e integrazione sociale sono, in realtà, tutte parti di un unico progetto integrato di vivibilità della città, che richiede, per essere realizzato, l'apporto dei singoli e delle comunità, delle istituzioni pubbliche, di quelle sociali, economiche e religiose.
La risposta in molti contesti è stata una crescente richiesta di misure repressive, che da sole, nel tempo, per quanto in alcuni casi necessarie, offrono solo una risposta immediata alla paura diffusa, ma che rischiano di amplificare il problema invece che risolverlo.
Esiste, allora, una strada che possa coniugare queste tre esigenze? La risposta sta nella capacità di affrontare il problema con una visione di lungo periodo, evitando risposte emergenziali e polarizzazioni ideologiche. Il primo passo è riconoscere che sicurezza, solidarietà e integrazione sociale non sono in contrapposizione, ma tre aspetti della stessa questione: il modo in cui costruiamo la nostra città e il modello di convivenza che vogliamo adottare.
Per garantire sicurezza ai cittadini e, al tempo stesso, proteggere i diritti dei più vulnerabili è necessario investire in politiche abitative adeguate, in servizi di supporto sociale e in percorsi di inclusione lavorativa. Occorre anche ripensare alla sicurezza non solo in termini di controllo, ma come capacità di prevenire le cause del disagio: quartieri illuminati, spazi pubblici vissuti, presìdi sociali diffusi, seri investimenti di contrasto alla povertà culturale ed educativa sono strumenti che rendono le Pag. 9città più sicure, più di qualsiasi misura repressiva estrapolata da tutto il resto. La prevenzione passa attraverso la costruzione di comunità coese, dove il cittadino non si sente abbandonato dallo Stato e il povero o il migrante, che non di rado coincidono, non si sente un intruso nella città.
È fondamentale un nuovo approccio culturale che superi la retorica dell'emergenza. La Chiesa, attraverso la sua opera di evangelizzazione e di annuncio, quindi, di Cristo risorto, le sue opere di carità e la sua presenza nei territori più difficili, desidera continuare a essere un ponte, un terreno di incontro e di facilitazione di relazioni per costruire fratellanza, attraverso la promozione dell'ascolto e della cooperazione reciproca.
Il messaggio evangelico non è un'utopia ingenua, ma una visione profonda della realtà umana, che tiene insieme giustizia e misericordia. Una città che accoglie i poveri e si prende cura di loro è, in definitiva, una città più sicura per tutti.
Passiamo alle proposte: rafforzare la presenza stabile delle forze dell'ordine nei quartieri maggiormente esposti alla criminalità, promuovendone un rapporto più stretto di collaborazione con le associazioni e le realtà del territorio, in funzione di una maggiore proattività da parte dei diversi soggetti; promuovere percorsi di educazione alla legalità, all'uso consapevole del denaro (educazione finanziaria), di prevenzione delle dipendenze da alcol, droghe e gioco d'azzardo (scommesse online e su rete fisica), puntando sulla collaborazione tra istituzioni pubbliche, con particolare riferimento a scuole, aziende sanitarie locali e Municipi, enti del volontariato e del terzo settore; sostenere appositi programmi di coinvolgimento degli abitanti nella valorizzazione e nella protezione del territorio, promuovendo l'associazionismo e la sua messa in rete con le istituzioni pubbliche; prevedere un adeguato potenziamento della rete pubblica di illuminazione, di trasporto, di raccolta e smaltimento dei rifiuti e degli impianti sportivi, in particolare nelle periferie; creare idonei luoghi di aggregazione e di socializzazione con idonea offerta di carattere culturale e ricreativa, soprattutto per i giovani e per gli anziani; coinvolgere il volontariato nella custodia e manutenzione degli spazi pubblici, a partire dalle aree verdi; stanziare idonee risorse a destinazione vincolata per le necessarie opere di manutenzione o di riqualificazione strutturale degli edifici o di rimozione delle barriere architettoniche nei complessi di edilizia residenziale pubblica; rafforzare programmi di riabilitazione e di reinserimento sociale di persone, in particolare giovani, che hanno avuto problemi con la giustizia, puntando – anche in questo caso – alla collaborazione tra istituzioni pubbliche, organizzazioni no-profit e volontariato; evitare la concentrazione della presenza di persone coinvolte in programmi alternativi di sconto pena in una medesima area; potenziare la rete dei servizi socioassistenziali e di carattere sanitario sul territorio, con una scelta privilegiata per i servizi di assistenza domiciliare, soprattutto per persone anziane, sole o non autosufficienti.
Concludo facendo cenno al nostro impegno per il futuro. La situazione delle periferie romane continua a essere un terreno al tempo stesso di sofferenza e di speranza, di contraddizioni e di opportunità. Il popolo di Dio che abita la città eterna è chiamato a esercitare una responsabilità piena per promuovere e sostenere il bene che vi è presente nelle sue molteplici vesti, assicurando vicinanza, presenza e sostegno verso coloro che vivono ai suoi margini. Al centro dell'impegno della Chiesa vi è la fedeltà al suo principale mandato, quello missionario, di annuncio, quindi, del messaggio di salvezza, testimoniato a tutti i figli di Dio attraverso la proposta di percorsi di ascolto della parola di Dio e la promozione della preghiera e della testimonianza della carità, aperta a quanti sono interessati a percorsi di carattere spirituale e alla crescita di senso per la propria esistenza.
Crediamo molto nel ruolo decisivo per la coesione sociale che può essere svolto da un percorso di ascolto, di incontro e di riconoscimento reciproco, con una forte attitudine a stabilire relazioni collaborative Pag. 10con le tante risorse buone e generose che ci sono a Roma e che hanno a cuore il bene comune. La Chiesa di Roma si offre, in tal senso, come spazio di incontro e di confronto tra quanti sono desiderosi del bene delle città, delle sue comunità locali.
Le comunità parrocchiali, a partire da quelle presenti nelle periferie romane, come veniva ricordato prima, confermano la loro disponibilità, anzi il desiderio di dare il loro contributo, promuovendo e rendendosi disponibili all'incontro con le realtà del territorio, disponibili a promuovere e nutrire le relazioni di bene tra le persone e contribuire, per quanto possibile, a costruire risposte percorribili a problemi tralasciati, a volte per decenni, e che interpretano l'esigenza di andare oltre la denuncia e le contrapposizioni ideologiche e di superare ogni forma di rassegnazione.
Desideriamo mettere a disposizione anche ambienti, locali per consentire ad associazioni e realtà del territorio circostante che ne sono sprovviste di potersi incontrare e di realizzare qualche iniziativa, contribuire alla grande questione della povertà culturale ed educativa accogliendo gli insegnanti disponibili a realizzare dei doposcuola, come l'insegnamento, ad esempio, dell'italiano, e per fare i compiti del doposcuola; si desidera continuare nell'offerta di occasioni di impegno di volontariato nei diversi ambiti di servizio alle comunità.
Oltre all'offerta di servizi e di solidarietà di prossimità immediata, attraverso le nostre opere segno, per venire incontro alle necessità di base delle persone e delle famiglie in difficoltà, desideriamo continuare a promuovere, attraverso la rete territoriale della Caritas Diocesana e di altre realtà di carità disponibili a collaborare, un servizio gratuito di informazione, assistenza e consulenza, per facilitare l'accesso di persone e di famiglie in difficoltà ai servizi della pubblica amministrazione e di pubblica utilità, sulla scorta delle informazioni pubblicate online dal manuale operativo dei diritti della Caritas Diocesana di Roma.
Continueremo, inoltre, a svolgere quella funzione di stimolo nei confronti delle istituzioni pubbliche, di raccolta di dati e di informazioni e di analisi della realtà, per essere maggiormente efficaci nel sollecitare e nel monitorare gli interventi pubblici, necessari e urgenti, sulle principali aree di povertà delle periferie romane, per sollecitare l'esercizio di quelle indeclinabili responsabilità di intervento e di gestione dei problemi che appartengono alle istituzioni pubbliche.
Saremo, infine, attenti, sul piano della comunicazione, a promuovere una narrazione delle periferie romane che, accanto agli indubbi e gravi problemi, sappia far emergere anche il buono che c'è e i segni di speranza esistenti, dai quali è imprescindibile partire se si vuole costruire e uscire dalla logica della sola denuncia e protesta.
Grazie per l'attenzione.
PRESIDENTE. Grazie davvero, Eminenza. È stata una relazione molto completa, che tra l'altro rafforza il concetto che richiamavo in apertura, ossia una presenza molto forte da parte delle parrocchie all'interno delle realtà periferiche. La ringrazio di cuore, perché i dati che ci ha fornito sono per noi materiale prezioso nell'opera di approfondimento e di analisi. Ha presentato anche una serie di proposte, che ovviamente raccogliamo. Siamo una Commissione parlamentare, quindi dobbiamo non solo raccogliere informazioni e dati, ma anche fare proposte concrete, quindi gli spunti di riflessione sono per noi particolarmente importanti.
Lei ha parlato di questo momento di riflessione che avete promosso nel 2024: «Ricucire lo strappo». Ciò che stiamo verificando nelle città che visitiamo è proprio la presenza di questo strappo, di questa cesura, di questa distanza per cui per tanti, troppi anni, le istituzioni sono state probabilmente deboli nella loro azione. Spesso le istituzioni sono state rappresentate dal parroco di frontiera, se non dal maresciallo dei carabinieri della piccola stazione o, magari, dall'insegnante volenterosa e audace della scuola di periferia. Questo tipo di strappo, quindi, va sicuramente ricucito. Ben venga questo approfondimento, che per noi rappresenta parte di un percorso che stiamo facendo.Pag. 11
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questi o formulare osservazioni.
ANTONINO IARIA. Grazie, presidente.
La ringrazio per averci portato la sua relazione, molto completa e anche complessa, che approfondiremo.
Vorrei rivolgere due domande. La prima riguarda il patrimonio immobiliare della Chiesa, in particolare dell'area romana. Uno dei temi fondamentali dell'emergenza abitativa, dei problemi legati alla necessità di case popolari, ma anche alla capacità di riuscire a fare politiche di sgombero, è quello di trovare alloggi temporanei per le persone sgomberate, specialmente famiglie.
Del patrimonio immobiliare della Chiesa che lei gestisce o conosce, vorrei chiederle quanto è utilizzato in convenzione con il comune per ospitare persone temporaneamente in emergenza abitativa o che vengono eventualmente sgomberate. Lo chiedo perché uno dei temi importanti che vediamo in tutte le periferie riguarda le questioni legate alla gestione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, ma anche della Chiesa, che, se messo in una rete, tutto in uno stesso ambito per fare un discorso comune, potrebbe essere rivalorizzato per dare una mano specialmente nello sviluppo delle periferie.
È chiaro che il patrimonio immobiliare romano è molto più complesso rispetto ad altri, perché, oltre agli edifici di culto, avete anche una serie di edifici utilizzati anche a reddito, ma sicuramente di questi avrete anche una parte che lavora in convenzione con il comune per questo tema.
Passo alla seconda domanda. Il rapporto Caritas 2024 fornisce dati molto preoccupanti rispetto alla richiesta di accesso alle mense, eccetera. Nelle nostre visite, nelle varie città, ogni volta che parlavamo con le parrocchie i parroci ci confermavano questo tema, con un incremento di richiesta di quasi il 21 per cento dal 2023 al 2024.
Questo tema – faccio sempre questa domanda e lei sicuramente è un ottimo interlocutore per rispondere – è legato anche, secondo me, al fatto che misure come il reddito di cittadinanza siano state depotenziate o eliminate. A prescindere da uno strumento o un altro, lei pensa che lo Stato debba porsi questo problema in maniera forte, perché il tema è reale?
Possiamo fare gli auguri al Santo Padre? È stato bello vederlo di nuovo. Tra l'altro, vorrei mandare un messaggio a Corona dicendogli di scansarsi con tutte le sue «gufate».
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, collega Iaria. In apertura, il Cardinale ha portato i saluti di Papa Francesco a cui, a nome di tutta la Commissione, rivolgiamo gli auguri di pronta guarigione. Lui è un combattente, lo abbiamo visto già in grande ripresa.
PAOLO CIANI. Eminenza, buongiorno. Grazie della sua presenza e della relazione. Più che rivolgerle domande, vorrei fare qualche considerazione.
Innanzitutto, a lei va il mio ringraziamento non solo per la sua presenza, ma, lo diceva il presidente in apertura, perché nella nostra azione di riflessione e anche di presenza nelle periferie italiane, vediamo la presenza della Chiesa, nelle sue varie sfaccettature (nell'intervento di chi mi ha preceduto emergeva una scarsa conoscenza della pluralità della presenza dei cristiani, ecclesiale, eccetera, perché si pensa che un cardinale sia proprietario di tutti gli ordini religiosi). Su questo poi sarà lei a rispondere. Mi scuso solo perché il presidente citava la presenza delle parrocchie, della Caritas, ma la presenza dei cristiani che noi troviamo nelle periferie è una presenza plurale, chiaramente istituzionale, ma anche di tante associazioni, le più diverse, ordini religiosi, eccetera. Questa è una prima cosa che volevo non solo testimoniare, ma di cui volevo rendere conto.
Nel portarci il saluto del Papa, che chiaramente ricambiamo con affetto, c'è anche una sottolineatura. Questa, Eminenza, è una Commissione speciale del Parlamento dedicata alle periferie. Penso che sulle periferie il pensiero di Papa Francesco sia un pensiero molto specifico, che lo ha anche caratterizzato durante il suo pontificato. Mi ha colpito che il Papa, qualche anno fa, Pag. 12ha incontrato l'ANCI e in quell'incontro ha parlato molto esplicitamente delle periferie. Ha usato una espressione che mi ha sempre colpito: «dalle periferie si vede meglio la totalità». È vero. Purtroppo, tanti le periferie non le conoscono nemmeno, però è vero che dalla periferia si capisce un po' meglio il tutto. Questo è qualcosa che Papa Francesco ci ha dimostrato, in questi anni, con grande chiarezza.
Il terzo punto è evidentemente scevro da ogni polemica, perché, Eminenza, questa Commissione prova il più possibile a operare in maniera comune e positiva. Però, evidentemente, è anche una Commissione «politica». Purtroppo, noi vediamo che alcuni dei temi che lei ha toccato con grande interesse, secondo me, per esempio il terzo, quello su sicurezza e integrazione sociale, è un tema che purtroppo talvolta la politica tratta in maniera un pochino strumentale. Di questo, nelle periferie, ne fanno le spese gli abitanti. Questa è una cosa che purtroppo dobbiamo notare con dispiacere, perché quello che lei diceva, dell'intersecarsi positivo di sicurezza, accoglienza e integrazione, talvolta non è così percepito, così raccontato e alcune contrapposizioni sono anche frutto, purtroppo, di una narrazione di altro tipo su questi temi.
Gli aspetti che lei ha toccato sono aspetti che noi abbiamo constatato a Roma, ma spesso anche nelle altre periferie d'Italia dove ci siamo recati e su cui evidentemente vorremmo intervenire. Anche in questo senso la ringrazio di tutte le proposte che lei ci ha fatto, alcune in maniera specifica, perché effettivamente sono proposte su cui se trovassimo un accordo, in termini anche parlamentari, potremmo incidere: alcune misure di cui lei parlava, rispetto alla crisi delle abitazioni, come per esempio finanziare in maniera maggiore il Fondo affitti o il Fondo per la morosità incolpevole, come la moratoria per gli sfratti, con anche l'attenzione dei locatari, sono misure su cui, se trovassimo un accordo, potremmo operare in termini parlamentari e legislativi; come altre suggestioni che lei ci ha fornito, come per esempio quella sui beni abbandonati, che è un argomento che noi constatiamo in tante periferie e che non riusciamo ancora bene ad affrontare, che poi sono fonte di degrado, spesso occupati o comunque che creano perplessità.
Passo a un altro tema che volevo sottolineare. Chiaramente lei ha parlato molto di Roma, che ha una cintura di periferie, anche geografiche, molto significative. L'altro aspetto che noi stiamo constatando, e in parte ora riguarda anche alcuni quartieri di Roma, sono le periferie al centro delle città. Ci sono dei luoghi – in questo senso non sono solo le periferie esistenziali – di povertà, di solitudine di tanti anziani, vi è il tema del barbonismo domestico. Ci sono dei luoghi di sofferenza e di periferia anche nei quartieri più centrali delle città, e lo stiamo constatando anche in alcuni quartieri di questa nostra città, e parlo da romano.
Grazie mille.
VITO DE PALMA. Mi scuso per il ritardo. Arrivare da Taranto e combinare i trasporti non è molto semplice. Volevo fare alcune riflessioni. Non ho ascoltato la sua relazione, ma da quello che sento è stata abbastanza interessante, quindi mi riprometto di riprenderla. Così come mi associo, anch'io, ad un abbraccio virtuale al Santo Padre di pronta guarigione.
Parto da un presupposto. Eminenza, io sono di parte, purtroppo, nel senso che io sono cresciuto in parrocchia e anche la scelta politica l'ho maturata in parrocchia. Questa riflessione non è proprio scevra da condizionamenti.
Faccio qualche piccola riflessione. Come Commissione abbiamo svolto una serie di visite in diverse città metropolitane. Devo riconoscere che senza il presidio sociale delle parrocchie e della Chiesa, in generale, noi avremmo oggi una totale disattenzione, non voglio essere così categorico, però noi avremmo oggi situazioni veramente di notevole difficoltà.
Le parrocchie hanno questo presidio quasi istituzionale. Ricordo ancora a Catania la presenza all'interno di quartieri di grosse difficoltà. Ricordo il quartiere Librino. Ricordo le suore che stavano per andar via, perché i capi clan della zona non volevano assolutamente che i propri figli potessero essere accompagnati in un processoPag. 13 di semplice doposcuola. Poi hanno maturato, invece, la scelta di affiancare i propri figli alle suore, in maniera volontaria, perché ritenevano che, in un processo anche di modernizzazione della malavita, meglio un figlio con un po' di cultura piuttosto che un figlio senza cultura. Siamo arrivati ad un paradosso. In questo presidio sociale, in questa presenza educativa nei quartieri con gli oratori, anche l'attività di integrazione e di accoglienza, c'è tanto che dovrebbe fare lo Stato. Talvolta, lo Stato non lo fa e se lo fa, lo fa anche con una diversa sensibilità, perché quello che viene fatto, magari, viene fatto con attività di volontariato, utilizzando parti del corpo umano, in particolar modo la parte di sinistra, che è quella del cuore, che porta a una incisività maggiore in questa realtà.
La riflessione generale che le chiedo, anche dall'alto della sua esperienza, approfittando anche della presenza del direttore della Caritas, le istituzioni e le parrocchie come possono potenziare ancor di più questo meccanismo? Chiedo un suggerimento per questa Commissione. Nell'attività di redazione di questo processo di constatazione finale, cosa la politica può fare di più per sostenere questo processo indispensabile d'ausilio?
Grazie.
MARCO PERISSA. Faccio solo alcune brevissime considerazioni.
Intanto rivolgo un sentito ringraziamento a Sua Eminenza per la relazione che ha presentato – Giustino Trincia, buongiorno e ben trovato – che ovviamente acquisiamo, perché era così densa di dettagli ed argomenti che sarà opportuno rileggerla con calma per metterla a fuoco. Non c'è molto da aggiungere rispetto a quello che ha detto lei, né tantomeno rispetto a quello che hanno detto i colleghi. È chiaro che resta, per esperienza personale, anche grazie al lavoro della Commissione, tra le tantissime cose condivisibili, nella quasi totalità delle cose condivisibili, forse quella più importante, quando lei fa riferimento alla trasposizione del concetto di periferia da un luogo geografico ad una trasversalità nelle nostre città.
Abbiamo riscontrato con il lavoro di questa Commissione che, effettivamente, il concetto inteso in senso lato di periferia, quindi non soltanto geografico, anche nella sua definizione di disagio, perché purtroppo questo ha assunto nell'immaginario collettivo, è un concetto che abbiamo ritrovato e ritroviamo nella città di Roma, in particolar maniera anche nelle cosiddette zone di semicentro. Invece, in quelle che geograficamente vengono definite periferia abbiamo riscontrato, anche noi, una grande presenza di talento, di cultura popolare, di arte, di capacità espressiva che, poi, viene schiacciata anche nell'immaginario collettivo proprio dall'altra definizione, quella che ne dà e ne trasferisce un'accezione negativa.
Se posso, con rispetto, prendo ad esempio il radicamento della Chiesa. Lei parla di 155 zone urbanistiche. Adesso sono curioso, perché io ne contavo 162, quindi voglio andare ad approfondire dove mi sono perso qualcosa. La Chiesa, per esempio, è riuscita a portare la sua presenza praticamente ovunque, anche di più che ovunque rispetto alla città di Roma. È una città che invece si è sviluppata, nel corso degli anni, creando quella distanza che diceva lei, cioè tra i quartieri che hanno e quelli che aspettano. Parlavamo in Commissione d'inchiesta proprio la settimana scorsa, con il Ministro Giuli, di come, per esempio, andare a concepire dei luoghi di espressione artistica, culturale, popolare e di incontro che siano sostenibili per i quartieri. Noi abbiamo anche le grandi chiese a Roma. Io ho la fortuna di abitare davanti a Santa Maria Ausiliatrice. Ne rimango colpito più o meno tutte le mattine. Però, abbiamo anche tantissime chiese di quartiere. Noi abbiamo affrontato in regione il dibattito sui cinema, apertura e chiusura, dieci anni, sette anni o nove anni.
Forse la chiave di volta per uscire da questo dibattito, che ha contraddistinto l'azione politica della regione Lazio, su questo tema, nell'ultimo mese, è proprio quello di andare a realizzare delle sale sostenibili, che possano portare elementi di socialità e anche cultura all'interno delle periferie, cioè quartieri che non hanno bisogno della Pag. 14«Città del rugby», di questa cattedrale in un quartiere logisticamente periferico come Spinaceto: dicevamo anche con il presidente e con altri colleghi, quando abbiamo fatto questo sopralluogo, che quello è un progetto che è stato concepito per fallire. Bisogna essere onesti intellettualmente. Il titolare di quella assegnazione ha concepito quel progetto per prendere più stato avanzamento lavori possibili e, poi, mandare fallita la società che lo doveva costruire, per fare in modo che le banche eseguissero la garanzia fideiussoria del Campidoglio e qualcuno pagasse il mutuo al posto del costruttore. Quel progetto non è mai stato disegnato per esistere.
Se noi, oggi, portassimo a compimento quel progetto, così come è stato immaginato, porteremmo in quel territorio una gigantesca cattedrale che non avrebbe poi la popolazione, l'utenza o la clientela, non lo so, chiamiamola come vogliamo, per poterla autoalimentare. Dovremo – come sta facendo il Ministro Abodi, d'accordo con la presidente del Municipio IX, Titti Di Salvo – cercare di ripensare quell'idea, per fare in modo che quello che arriva, da un lato è quello di cui Spinaceto ha bisogno proprio in termini di servizio, ma dall'altro che sia architettonicamente concepito affinché qualunque gestore, domani, possa gestirlo con l'utenza di quartiere e non con l'idea di costruire una pista di pattinaggio sul ghiaccio lunga 150 metri e con un soffitto a 40 che, poi, solo per tenere in piedi il ghiaccio, bisognerebbe ospitare una Olimpiade all'anno, sostanzialmente.
L'idea è quella di sviluppare dei poli attrattivi che possano essere immaginati, da un lato nel rispetto di quello di cui il quartiere ha bisogno, ma dall'altro che siano sostenibili rispetto all'utenza a cui possono essere destinati.
Sull'emergenza abitativa, lo dico a fattor comune, come regione Lazio – non faccio il consigliere regionale, ma ho seguito ampiamente il tema – stiamo mettendo a punto una riforma strutturale, sia della legge istitutiva che di quella di funzionamento delle ATER. Ovviamente, vale per tutte le ATER regionali, con particolare riferimento a quella di Roma.
Farà un percorso di Aula, non so che cosa ne uscirà da questa legge, ma il testo d'ingresso prevede, sostanzialmente, l'acquisizione da parte delle ATER di quei poteri che andrebbero a sostituire quelli che una volta erano esercitati dalle cooperative, in base alla legge n. 167 del 1962.
Quando il comune di Roma fa riferimento ai 125.000 nuclei familiari a rischio abitativo, fa riferimento sia a quelli di estrema povertà, cioè quelli che avrebbero bisogno di ERP o ATER, sostanzialmente, quindi non solo dell'alloggio popolare, ma dell'alloggio a canone sociale, quello da 7 euro al mese a Roma, poi la legge questo lo modificherà per portarlo alla media nazionale, sia a tutta quell'altra fascia che, pur non essendo considerabile (termine terribile) così povera da avere diritto ad una casa popolare, non ha neanche la possibilità di accedere all'edilizia di proprietà e si trova con contratti precari, in condizioni di locazione, in zone per forza periferiche, perché poi, l'ha detto lei meglio di tutti, qui al centro ci sono solo B&B. Quindi, se vuoi andare a vivere in affitto, devi fare almeno sette stazioni della metropolitana da Termini e, poi, cominci a trovare qualche cosa.
Credo che, per esempio, anche questo possa ridare e restituire all'azienda regionale e quindi, poi, anche a Roma Capitale i giusti strumenti per rimettere in moto un processo di edificabilità residenziale convenzionata, che a Roma è fermo da almeno un decennio. Spero anche che, nella collaborazione tra pubblico e privato, che noi innestiamo all'interno della riforma regionale che abbiamo previsto, ci sia anche la possibilità di fare quel match di mercato – scusate se uso sempre parole bruttissime – tra domanda e offerta, cioè andare a censire – insieme al Campidoglio e all'azienda regionale – quali sono le esigenze logistiche e le opportunità economiche delle famiglie in lista d'attesa e capire se (lo dico male) vuoto per pieno, attraverso l'intermezzo delle istituzioni, parte di quei 200.000 alloggi liberi possono essere destinati all'accoglienza di persone e famiglie che ne hanno bisogno. Comunque, da parte nostra, come Commissione di cui sono vicepresidente – ogni tanto mi ricordo che Pag. 15faccio il vicepresidente – ma soprattutto come gruppo di Fratelli d'Italia, su questo c'è la totale e ampia disponibilità.
Grazie ancora.
PRESIDENTE. Do la parola al Cardinale Reina per la replica.
Se alcuni dati non sono ancora disponibili, potete inviarceli successivamente.
BALDASSARE REINA, Vicario Generale per la Diocesi di Roma. Dico qualcosa sul patrimonio immobiliare e poi lascio la parola a Giustino Trincia per la domanda sul reddito di cittadinanza.
Il patrimonio immobiliare che noi vediamo a Roma risponde a diversi soggetti, perché c'è quello di proprietà del Vaticano, della Santa Sede, quello degli istituti religiosi, perché moltissime case sono di proprietà degli istituti religiosi, che hanno una loro autonomia avendo personalità giuridica, quindi lì si può fare ben poco. Di fatto, quelli del Vicariato sono per lo più immobili istituzionali. I pochi che abbiamo a reddito ci servono per finanziare delle opere che portiamo avanti con la nostra Caritas.
Faccio soltanto un esempio che è un'opera segno. Abbiamo una struttura molto bella, a Monte Mario, in via Vergerio. Potete immaginare l'interesse da parte del Policlinico Gemelli, perché siamo a due passi. Abbiamo preferito destinarla all'emergenza abitativa. Realizzeremo 20 appartamenti, che partono da 60 metri quadri. Li metteremo nella disponibilità delle persone che, o hanno perso la casa, o fanno fatica a trovarla. Questo per dire l'impegno.
Insieme a questo – è la cosa che mi sta più a cuore sottolineare – c'è l'impegno di tantissime parrocchie. Quando è scoppiata la guerra in Ucraina, nel febbraio del 2022, Papa Francesco fece appello a tutte le parrocchie romane per accogliere gli ucraini e tutte le parrocchie romane risposero accogliendo diversi nuclei familiari a seconda della disponibilità.
Da parte nostra avvertiamo il problema e insieme ad avvertirlo proviamo a porre in essere delle azioni conseguenti. Io sono molto grato dell'incontro di questa mattina e spero che la collaborazione continui. Noi facciamo quello che ci compete, facciamo la Chiesa, non scendiamo nell'agone politico che vive di differenze e speriamo, mai, di divisioni. Vorremmo tanto mettere al centro la dignità della persona umana. Come si diceva prima, bisogna starci nelle periferie. Io cerco di andarci molto spesso, non dico ogni giorno, ma quasi. Lì ti accorgi come alcune delle nostre discussioni si sgonfierebbero in un istante, se davvero ci calassimo in quel territorio.
Proprio ieri parlavo con il parroco del Quarticciolo. Mi raccontava di un suo parrocchiano, una persona con qualche ritardo mentale, che era stato avvicinato da una banda di magrebini e gli avevano spaccato il muso, senza che questo avesse fatto nulla. Me lo raccontava con le lacrime agli occhi. Questa cosa mi ha molto colpito, perché ritorno all'idea di prima: bisogna starci nel territorio per vivere le sofferenze. Vi ringrazio, perché capisco che questa Commissione lo ha fatto in qualche occasione, per esempio a Primavalle, quando ci fu un femminicidio: ero stato interpellato, perché all'epoca ero il vescovo del settore ovest di Roma. Purtroppo, non sono riuscito a rendermi presente, quindi capisco che questo è il vostro impegno precipuo. Abbiamo bisogno, mai come in questi tempi, di alleanze, di alleanze positive e sane, nel rispetto delle competenze e delle specificità di ognuno. Abbiamo bisogno di alleanze. Penso alla politica, penso alla pubblica amministrazione, penso alla Chiesa, alla scuola, che è un presidio importantissimo, alle Forze dell'ordine. Insieme davvero potremmo fare tanto.
Darei la parola a Giustino per i dati più specifici riguardanti le mense.
GIUSTINO TRINCIA, direttore della Caritas Diocesana di Roma. Buon pomeriggio a tutti.
Rispondo per flash, rispetto al rapporto 2024 sulle mense. Quel più 21 per cento è dovuto almeno a tre fattori. Il primo è legato alla perdita del potere di acquisto, che ha inciso notevolmente. Il secondo è il lavoro precario. Il terzo – questo è ciò che dice la Caritas a livello nazionale e che sosteniamo nei rapporti – è che sicuramentePag. 16 i criteri piuttosto restrittivi di accesso a misure come quelle del reddito cittadinanza, un impatto evidentemente lo hanno avuto. Questo accade non solo a Roma, ma un po' in tutta Italia. È chiaro che servono misure più aderenti alla realtà, misure non assistenzialistiche, fini a sé stesse, che siano in grado di promuovere l'uscita dalle condizioni di emergenza.
Mi limito a questo, perché per il resto c'è il rapporto che si può scaricare. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie davvero per questo momento.
Concludiamo così come abbiamo iniziato, mandando un saluto a Papa Francesco e ricordando un'altra delle sue frasi, che a me piace moltissimo, con la quale ha rivolto un invito alla politica: «Dedicatevi alle periferie, perché le periferie sono l'inizio e non la fine delle nostre città».
Questo è un po' lo spirito con il quale noi stiamo portando avanti l'impegno parlamentare. Grazie, Eminenza.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.15.