Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 3
Audizione del consulente della Commissione Antonio Rosario Derinaldis:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 3
Derinaldis Antonio Rosario ... 3
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 6
Ruffino Daniela (AZ-PER-RE) ... 6
De Maria Andrea (PD-IDP) ... 6
De Palma Vito (FI-PPE) ... 7
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 7
Derinaldis Antonio Rosario ... 7
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 8
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO
La seduta comincia alle 12.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Audizione del consulente della Commissione Antonio Rosario Derinaldis.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del consulente della Commissione, dottor Antonio Rosario Derinaldis, che si occupa della materia oggetto dei nostri lavori di approfondimento e di analisi.
Nei mesi scorsi abbiamo iniziato questo lavoro di approfondimento e di conoscenza legato alle periferie, coinvolgendo i rappresentanti istituzionali e il terzo settore, tutti gli ambiti interessati da questa tematica, quindi alla ripresa dei nostri lavori proseguiamo la serie di audizioni dei nostri consulenti.
Ringrazio dunque a nome dei colleghi, anche di quelli collegati da remoto, il dottor Rosario Derinaldis, al quale do la parola.
ANTONIO ROSARIO DERINALDIS, consulente della Commissione. Innanzitutto permettetemi di ringraziare il presidente della Commissione Battilocchio, l'Ufficio di Presidenza e, in particolare, il caro amico segretario della Commissione Andrea De Maria, tutti e tutte voi, componenti di questa importante ed autorevole Commissione.
Già precedentemente, quando abbiamo fatto la riunione dei consulenti, ho avuto modo di esprimere delle riflessioni in pochissimi minuti. È ovvio che su un tema così delicato come quello del degrado delle città e delle periferie personalmente non ho una ricetta, però spero di poter esprimere in pochi minuti una serie di considerazioni e riflessioni che molte volte abbiamo fatto attraverso una serie di pubblicazioni a carattere scientifico.
Oltre che occuparmi della Città della Conoscenza come responsabile delle relazioni istituzionali dell'Università e della ricerca, da docente di Sociologia della conoscenza in un istituto universitario a Salerno, cultore della materia a Tor Vergata in Psicologia generale e da pochi mesi anche presidente di una grande rete associativa che si occupa dei diritti delle persone anziane e del dialogo intergenerazionale, ho avuto modo ancora di più di approfondire attraverso la ricerca e l'indagine i grandi temi delle periferie delle città.
Questa è una piccola nota che volevo dire. Da quando sono docente di Sociologia della conoscenza, ho sempre pensato di presentare agli studenti la relazione della Commissione della XVII legislatura. Quando è nata la Commissione, in cui ricordo che c'era l'onorevole De Maria, ho fatto miei quei lavori, seppur brevi, e ogni volta che apro le mie lezioni spiego sempre ai ragazzi il lavoro straordinario che fu fatto in quel momento.
Ovviamente, adesso la Commissione ha più tempo, quindi può dare vita ancor di più a un mega rapporto. Devo dire che quando iniziai a leggerla, la relazione della Commissione della XVII legislatura mi aprì la testa come una scatoletta, perché permette tutta una serie di riflessioni e di idee. Certo, poi venne il Covid, quindi, purtroppo Pag. 4tante cose non si potevano fare, però quel rapporto fu importante perché mise in evidenza dei fenomeni dirompenti.
Era il 2017 e questi fenomeni dirompenti che emersero nelle periferie erano la longevità, il disagio giovanile, la crisi del ceto medio urbano e il multiculturalismo, che sono quattro assi sui quali, se il Paese interviene con delle strategie nazionali con dei piani d'azione, non risolve il problema, però sicuramente da un colpo molto forte al degrado delle città e delle periferie.
Delle fonti Istat del 2017 che avevano lavorato su quel dossier (da appassionato ho letto le 450 pagine, poi c'è stato anche un abstract molto breve, su cui avevano lavorato anche gli onorevoli Morassut, Causi, Rampelli, che avevano fatto delle annotazioni) la cosa che colpiva era che 21 milioni di residenti erano nelle 14 aree metropolitane e di questi 21 milioni circa 9 milioni nei comuni capoluogo, quindi gli altri 12 milioni erano presenti all'interno dei 1260 comuni dell'hinterland. Suddivisi come? Circa il 61,5 per cento nelle aree periferiche, il 14,9 nelle aree centrali e un 23 per cento addirittura nelle aree attrattive.
Questi dati ci davano poi una fotografia rispetto all'Agenda urbana europea, ossia che Milano, Roma e Napoli erano tre città italiane tra le più popolose, accanto ad altre città come Berlino, Parigi, Madrid, Londra. Quel rapporto è stato quindi fondamentale, perché ci ha lasciato una fotografia straordinaria. Infatti, quando poi arriva la delibera del 23 marzo 2022 che istituisce questa Commissione, questa e non può far altro che guardare agli obiettivi dell'Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, che rimane un perno centrale anche nella fase post-pandemica.
Quei fenomeni dirompenti ci hanno fatto riflettere su tante cose, nel senso che noi oggi siamo nelle condizioni, a mio avviso, di poter incrociare l'obiettivo 4, cioè la qualità dell'educazione, quindi la quality of education, come in qualche modo possiamo incrociare l'obiettivo 11, quello di creare delle città che possano essere sostenibili, accessibili, ma nello stesso tempo sicure e soprattutto – la parola più bella – inclusive, perché è proprio questo, cioè realizzare un momento di trasferimento dei saperi, creare delle città intergenerazionali e fare in modo che le città possano essere delle civic university.
La mia è una metafora, nel senso che così come le università e il mondo educativo nelle città spesso hanno cercato di dare vita alla terza missione come volano dello sviluppo socioeconomico di un territorio, molte volte la periferia può essere anche un luogo che può accogliere le università, il mondo della formazione, per trasferire i saperi, nello stesso tempo creando anche una coproduzione della conoscenza, quindi prende piede sempre di più l'ipotesi di dare vita alle Città della conoscenza.
Non tutte le università lo stanno facendo, lo fa Tor Vergata, l'ha fatto l'Alma Mater di Bologna, però sarebbe molto bello immaginare in prospettiva di avere una strategia, un piano d'azione per la civic university ad impatto sociale, cioè fare in modo di far incontrare la ricerca civica, l'università con i territori, con le periferie. Alcune realtà stanno accadendo, però può diventare sempre di più una prassi. Questo potrebbe essere un primo punto, anche perché noi abbiamo il padre della civic university, il professor John Goddard, che nell'Università di Newcastle a livello europeo sta cercando di portare avanti questo progetto, cioè l'idea di una civic university abbinata alle periferie.
C'è poi un altro grande tema, a mio avviso, la longevità, che è un pilastro che emerge dalla relazione. Come sapete, nel pianeta allo stato attuale abbiamo 761 milioni di popolazione anziana, da qui al 2050 saremo 1 milione e 600.000, quindi abbiamo queste percentuali che oscillano, dall'11 per cento nel 2021 arriveremo al 22 per cento, con un dato italiano sempre più in aumento, per cui oggi siamo intorno al 22,9 per cento, da qui al 2050 la popolazione anziana over 65 supererà il 36 per cento.
Questo dato, che mette in evidenza la longevità, ci fa guardare alla città e alle periferie in un altro modo, cioè il fatto che la pedagogia, la sociologia, parte della medicina mettano in evidenza come la popolazione sia cambiata, perché mentre prima Pag. 5si parlava dell'over 65, oggi sappiamo che la popolazione attiva è dai 15 ai 74, e forse dai 75 anni possiamo utilizzare la parola «anziano» o forse sarebbe opportuno creare anche un paradigma nuovo sulla semantica, quindi cancellare la parola «anziano» e pensare alla persona in età matura, persona in età adulta.
Questo per dirvi cosa? Che forse è il tempo di immaginare un modello nuovo, quello delle città della longevità, perché questo è un tema al quale la pedagogia, la sociologia, l'architettura, il mondo della giurisprudenza, la politica possono guardare come un tema nuovo, perché se è vero che la prospettiva di vita è quella di un'età media a 82 anni, con l'avvento anche dell'intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie, con le città che stanno cambiando, forse noi possiamo pensare di trasformare il concetto di invecchiamento attivo, poi invecchiamento in salute, poi invecchiamento trasversale, le generazioni si stanno parlando fra di loro, forse sarebbe opportuno immaginare delle longevity city, cioè delle città della longevità.
Forse non è abbastanza, forse avremmo bisogno di città pronte alla longevità, perché non tutte le città sono pronte alla longevità, come mette in evidenza anche un altro obiettivo dell'Agenda 2030, che è l'obiettivo del benessere e della salute, l'obiettivo 3.
L'invito che posso modestamente fare in base agli studi e alle ricerche fatti è che forse sarebbe opportuno immaginare di dare vita a una strategia nazionale per le città pronte alla longevità. Dico questo perché le Nazioni Unite avevano dato vita a un piano di azione internazionale sulle città amiche delle persone anziane e del dialogo intergenerazionale. Ad un certo punto ci si è accorti che non è sufficiente soltanto parlare di anziani, ma bisogna parlare a tutta la popolazione, a tutte le età, perché la longevità potrebbe essere un obiettivo.
Questo chiama a raccolta le amministrazioni locali, la società civile, gli enti locali, la politica, le Istituzioni parlamentari, ma soprattutto anche i cittadini, la parte civica e, come diceva anche lei, Presidente, il ruolo centrale del Terzo settore, che è diventato determinante nel cercare di compartecipare, di fare una co-programmazione insieme e quindi dar vita a soluzioni che allo stato attuale non necessariamente ci sono.
Immaginare però che anche a livello politico, a livello di città si possano creare degli interventi e dei programmi che possano guardare in prospettiva alle città della longevità può mettere insieme una trasversalità di servizi, di opportunità, di iniziative.
Questo cambia anche l'approccio del welfare, che spesso viene richiamato all'interno della delibera della Commissione, e cambia anche il welfare, un welfare che non è soltanto plurimo, ma inizia a diventare un welfare pluridimensionale di prossimità, perché alla fine abbiamo bisogno di mobilità, servizi, trasporti, inclusione, per dare risposte ai problemi della solitudine, all'isolamento con la partecipazione e i servizi della salute, quindi pensare che una città della longevità possa essere una città per tutti. Certo, questo porta anche impegno, iniziative, progettualità, avvisi pubblici, progetti da fare insieme alla politica.
C'è poi l'avvento dell'intelligenza artificiale, il ruolo centrale che può avere una hi-tech city, che sia di supporto, non come obiettivo. Per questo spesso si è pensato che in alcune periferie mancano degli sportelli di alfabetizzazione digitale e dell'uso responsabile delle nuove tecnologie, perché questo ha creato molte volte isolamento, però nello stesso tempo può creare anche un coliving.
Come dicevo prima, non c'è una ricetta specifica, però le cose stanno cambiando così rapidamente che sta cambiando anche il volto delle periferie, che sono anche tutte le cose che accadono e molte volte leggiamo sui giornali, però nello stesso tempo c'è anche una fenomenologia sociale che sta cambiando. Il ruolo della Commissione a mio avviso è anche questo: cercare di individuare delle soluzioni nuove su una fenomenologia sociale che è completamente ex novo.
Tutto parte – ripeto – da quella famosissima e importante relazione, che può essere un continuum oggi, perché oggi viviamoPag. 6 una situazione nuova, perché c'è la velocità del disagio, il superamento delle disuguaglianze e magari fare in modo che possano esserci programmi nuovi, soluzioni nuove, strategie nazionali muove. Questa non è soltanto l'importanza della rigenerazione urbana e ambientale, ma inizia a esserci un appello a quello che ci insegnava un famosissimo sociologo urbano, Henri Lefebvre, che è il diritto alla città, come se in qualche modo cercassimo di dare vita a questo appello. C'è un diritto alla città, che poi diventa anche una promozione anche dei diritti umani e del rispetto della dignità della persona.
PRESIDENTE. Grazie mille, dottor Derinaldis, per questo contributo pieno di spunti e di punti sui quali potremo continuare a lavorare.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questi o formulare osservazioni.
DANIELA RUFFINO. Grazie, presidente. Ho ascoltato con interesse il suo intervento, dottor Derinaldis. Alcune considerazioni. La prima è il fatto importantissimo che lei si rivolga ai ragazzi e possa raccogliere i loro pensieri a fronte di quello che ha acquisito nella lettura delle relazioni della precedente Commissione.
Oggi le periferie possono essere purtroppo vissute in maniera minore rispetto alla città. Ci sono molti interventi da fare, a partire dalla cura e dall'attenzione alla popolazione, e chi vive le periferie purtroppo si porta dietro questo carico enorme.
Sorrido e mi piace il suo pensiero rispetto alla modifica della semantica «anziano», persona giovane o adulta, ma, dall'altro lato, anche legato ai nostri giovani, però torno sempre sul tema del benessere perché mi piace pensare alla città, che comprende anche la periferia, amica degli abitanti, di chi la vive. Penso soprattutto in questi giorni ai ragazzi che vivono le periferie e che vivranno il primo giorno di scuola, a cosa troveranno. Troveranno gli insegnanti, i sostegni, una famiglia pronta ad accompagnarli a scuola se non fisicamente, almeno con una cartella dotata di quanto serve.
Spero che con questo lavoro che faremo in Commissione (affido questo pensiero a lei) potremo fare dei passi, riuscendo a migliorare le condizioni di vita, tanto da rendere chi vive la periferia un cittadino con maggiori esperienze, con esperienze magari più vissute, ma in grado di essere trasferite a chi vive la città. Grazie.
ANDREA DE MARIA. Grazie, presidente, un saluto e un ringraziamento al dottor Derinaldis sia per la sua presenza, sia per aver accettato il ruolo di consulente della Commissione.
Anche io ho trovato molto interessanti le considerazioni che il dottor Derinaldis ha fatto, che non voglio riprendere. Credo siano molto utili per il nostro lavoro. Gli chiedevo di approfondire un tema che, visti i tempi, è stato accennato, ma mi interessava venisse approfondito, che riguarda il ruolo della rete associativa, considerato che il dottor Derinaldis presiede anche un'importante rete associativa di volontariato di un'importante organizzazione sindacale e ha una grande esperienza sia nel campo della formazione e dell'università che nel campo della costruzione dell'associazionismo.
Come vede il ruolo delle realtà associative rispetto alle azioni nelle periferie e anche come noi dal punto di vista dell'azione istituzionale possiamo interfacciarsi in modo migliore e più efficace con la rete associativa e la sua funzione? Devo dire che in tutte le missioni che stiamo facendo, sia nella Commissione precedente che in questa (tra l'altro, il presidente Battilocchio ha dato veramente un'impronta di grande impegno alla nuova Commissione) registriamo sempre il valore della rete associativa sul territorio anche per prevenire le situazioni di degrado e di criminalità come elemento fondamentale di coesione sociale e di promozione della qualità urbana, quindi gli chiedevo un'opinione su questo tema anche rispetto a come noi dal ruolo istituzionale possiamo meglio interfacciarci con la rete associativa.
Tra l'altro, essendo nel caso del dottor Derinaldis la realtà associativa legata a un grande sindacato, sono realtà che forse vivono di più anche l'interfaccia con le Pag. 7Istituzioni e quindi mi interessava questo elemento. Grazie.
VITO DE PALMA. Grazie e buongiorno a tutti.
Volevo velocemente riprendere un concetto che il dottor Derinaldis ha citato nella parte finale, riprendendo un concetto del sociologo Lefebvre, il diritto alle città, ossia quanto è importante oggi il diritto delle nostre città di riappropriarsi del diritto alla socializzazione, alla libertà, alla possibilità di avere spazi verdi e di vedere le comunità crescere con i propri figli in maniera spontanea.
Io sono un parlamentare del sud, della provincia di Taranto, e personalmente insieme ai miei coetanei siamo cresciuti, come si usa dire da noi, in mezzo alla strada, nel senso che siamo cresciuti all'interno del quartiere utilizzando mezzi poveri ma importanti per la socializzazione, giocando a calcio nella piazzetta adiacente la propria via. Quanto è importante il diritto alle città all'interno di questo principio, questa necessità di riappropriarsi di questi luoghi? Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola al dottor Derinaldis per la replica.
ANTONIO ROSARIO DERINALDIS, consulente della Commissione. Mi sono appuntato gli interventi in ordine. Ringrazio innanzitutto tutti voi per avermi ascoltato e riprendo quello che diceva l'onorevole Ruffino. Sì, il concetto del benessere amico degli abitanti è una cosa molto importante, perché il ruolo delle istituzioni educative è determinante e sicuramente questo ci fa ricordare come la qualità dell'educazione, richiamata dall'obiettivo 4 dell'Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, ci riporti anche al nostro diritto all'educazione per tutti e per tutte le età.
Onorevole De Maria, grazie. Le reti associative hanno un ruolo determinante, perché la rete associativa è chiamata nei singoli territori, nelle singole città al tavolo in sede di co-programmazione, co-progettazione, co-costruzione degli interventi, che non è soltanto il bando pubblico di partecipazione, l'avviso pubblico, ma è anche un modo di partecipare alle soluzioni di innovazione sociale.
Questo non solo perché lo richiede il nuovo Codice del terzo settore, in particolare all'articolo 41 sulle reti associative, ma perché è un modo di agire insieme alle parti sociali, agli enti locali.
C'è un'altra area che molte volte viene dimenticata, la politica, perché la politica partitica o associativa di ispirazione partitica molte volte non viene considerata al tavolo in grandi alleanze che io chiamo trasformative, che non sono soltanto quelle generative, che sono insite alle reti associative, ma possono collaborare insieme, chiamate al tavolo a seconda ovviamente delle singole realtà di periferia in cui le associazioni sono presenti, per insieme cercare una coproduzione degli interventi.
Questo crea una novità di partecipazione sociale e civica completamente dal basso, perché alla fine le reti associative cosa sono? Non sono Stato, non sono mercato, ma sono terzi, sono enti privati di interesse pubblico. Questo sarebbe molto bello, perché in questo modo hai la rete informale, ma hai anche tutto un altro grande mondo, che sono le parti sociali, le comunità civiche, quindi sicuramente insieme le reti associative possono dare tanto, anche perché ci sono tante specificità.
Credo che ormai non ci sia più la tuttologia, che ormai tante reti si stiano sviluppando per settori, per dimensione, quindi questa reciprocità non fa che creare uno scambio e dar vita a quello che la sociologia chiama la «generatività sociale», perché siamo arrivati ad un momento in cui al centro c'è la persona, perché abbiamo una grande crisi nelle periferie, nelle città, ma anche nei piccoli borghi che si stanno spopolando, una nuova crisi che tutti insieme possiamo tentare di superare: la crisi centrata sulla persona.
Questo forse è il tema principale e da Papa Francesco con il Laudato sí ai giorni nostri, con tutti gli interventi che ci possono essere alla fine rimane questo, il rispetto della dignità della persona umana e il superamento delle disuguaglianze sociali, perché al centro abbiamo questa grande Pag. 8crisi che va superata, che è la crisi centrata sulla persona.
Onorevole De Palma, anche io sono della provincia di Taranto – vivo a Roma dal 1992 ma sono anche io della provincia di Taranto – e la sua domanda mi ha riempito di gioia, perché il concetto di diritto alla socializzazione o alla socialità è proprio quello che nel 1967 ci aveva indicato come strada Henri Lefebvre con il diritto alla città, che non è un diritto costituzionale, ma è un appello, è un richiamo, è un manifesto per dire che abbiamo diritto ad una città che faccia la città.
Come diceva uno dei padri della rigenerazione urbana citato in più di qualche convegno in cui ci è capitato di essere relatori insieme all'onorevole De Maria, il professor Alessandro Bianchi, centro e periferia sono un'unica città. Questa espressione mi ha colpito, perché quando uno inizia un'attività di carattere politico ma anche di volontariato e di impegno nelle periferie, nelle reti associative oppure nel lavoro di ognuno il concetto del diritto alla città è proprio quello, cioè il servito alla socialità, agli spazi verdi, all'inclusione.
Richiamo quanto dicevo prima, perché spesso si dice friendly city, città amichevoli, ma amichevoli nella loro trasversalità, perché non è soltanto un problema di bambini o di anziani, è un problema di quello che la psicologia oggi chiama il life-span psychology, la psicologia dell'arco della vita, perché abbiamo bisogno di città che accompagnino tutto l'arco della vita.
Io non sono un architetto e non mi occupo di spazi verdi, però tutto ciò che è green non può far altro che aiutarci nella socialità. Come diceva lei prima, noi siamo stati abituati a giocare in strada, anch'io giocavo a pallone per strada vicino casa, disegnavamo con i gessetti il campetto ed era un momento straordinario. Certo, oggi in alcune periferie possiamo ancora farlo, in altre non ci sentiamo sure, come si suol dire. Però, riprendere l'obiettivo 11 dell'Agenda è proprio questo, cercare di immaginare un grande programma nazionale sul diritto alla città visto a 360 gradi dal punto di vista sociale, economico, lavorativo, ambientale.
Mi viene in mente il paradigma dell'approccio dell'ecologia integrale a proposito anche di spazi verdi che diceva Papa Francesco, ci sono tre paradigmi che potremmo tentare di applicare nelle politiche pubbliche, quello del contrasto alla povertà, quello della salvaguardia della natura e quello di mettere al centro la persona vista nella sua trasversalità di età cronologica, di età psicologica e di età sociale.
PRESIDENTE. Grazie mille, dottor Derinaldis.
Se non ci sono altri interventi o altre richieste, dichiaro chiusa l'audizione, dando appuntamento al dottor Derinaldis a future, prossime occasioni, in cui potremo insieme approfondire alcune delle tematiche evidenziate nel corso di questa nostra audizione.
Grazie e buon lavoro a tutti.
La seduta termina alle 12.30.