XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie

Resoconto stenografico



Seduta n. 31 di Mercoledì 17 luglio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della Fondazione Charlemagne:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 3 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 3 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 6 
De Palma Vito (FI-PPE)  ... 6 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 6 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 6 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 8 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 8 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 9 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 9 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 9 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 10 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 10 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 10 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 10 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 10 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 10 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 10 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 10 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 10 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 10 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 10 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 11 
Mancini Stefania , consigliere delegato della Fondazione Charlemagne ... 11 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Fondazione Charlemagne.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Stefania Mancini, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne.
  Prosegue il lavoro della nostra Commissione, che ormai va avanti dall'estate scorsa, un lavoro di approfondimento, di proposta e di presenza sul territorio, incentrato ovviamente sulla situazione nelle periferie.
  La vostra Fondazione sta portando avanti una serie di progetti molto interessanti. Uno degli obiettivi che ci poniamo è quello di conoscere meglio, valorizzare e promuovere le buone pratiche presenti nel nostro Paese, che nelle nostre visite esterne riscontriamo costantemente. Quindi, per noi l'audizione odierna è di particolare interesse e auspichiamo anche che sia l'inizio di una bella interazione.
  Passo la parola alla dottoressa Stefania Mancini.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Signor presidente, grazie per la possibilità di essere auditi.
  Consentitemi di spendere due parole sulla Fondazione Charlemagne. È una delle tante fondazioni che esistono in Italia a carattere privato. Noi viviamo delle rendite di un patrimonio che ci è stato concesso da due persone. Siamo iscritti regolarmente a tutto quello che la legge prevede e prevedeva. Partecipiamo, perché siamo stati tra i creatori, alla rete italiana delle fondazioni private, di cui io sono presidente, che oggi sono 170 fondazioni private, di origine aziendale, di origine di comunità e di origine familiare.
  Fondazione Charlemagne lavora a Roma, in Italia, e all'estero da oltre ventidue anni ed è stato molto interessante l'incontro con le periferie del mondo, scoprendo che in molte periferie del mondo vi è una serie di percorsi che riescono ad arginare o a contenere la brutalità della povertà, la difficoltà della partecipazione democratica e quella integrità che noi definiamo della dignità della persona. Da lì abbiamo investito per alcuni anni con il Global fund for community foundation (Fondo globale delle fondazioni di comunità) per comprendere in queste periferie, che hanno anche tratti simili alle periferie italiane, intendo le periferie delle città che sono state valutate, studiate e monitorate anche dalle precedenti Commissioni sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, e abbiamo scoperto una serie di dati interessanti, che per quanto riguarda Roma o altre periferie italiane potevano essere dei lumi da accendere su percorsi.
  Da qui abbiamo iniziato, casualmente durante il Covid, in quanto era già stato programmato, a concentrare le nostre attività sulla città di Roma, però con l'ambizione di un programma di percorsi e non di progetti, un programma che si estendesse Pag. 4alle periferie della città, con una serie di strumenti che abbiamo messo a disposizione della città.
  Il primo strumento è l'ascolto. Noi siamo in giro nelle periferie, ascoltiamo le esigenze di quello che è in generale il terzo settore, ma che si distingue fra cooperative e organizzazioni di volontariato, ma anche parrocchie, e cerchiamo di capire di tali esigenze quali possano avere un percorso o già lo hanno di supporto alla comunità in ambito sociale, in ambito ambientale e in ambito culturale. Questo perché una riflessione importante è che nelle periferie bisogna alimentare le comunità, occorrono programmi comunitari, altrimenti gli interventi calati dall'alto poi si sgretolano in povertà ulteriori.
  Da qui partono alcuni progetti e alcuni percorsi. Oggi ne abbiamo circa novanta in città. Siamo presenti come progettazione in tutti i municipi della città, però abbiamo inserito anche altri strumenti. Uno di questi è colloquiare con i presidenti dei municipi, perché i nostri municipi hanno come densità abitativa dati piuttosto particolari rispetto ad altre città italiane. Abbiamo, infatti, municipi che sfiorano i 300 mila abitanti. Però, questi municipi hanno anche una densità importante del tasso di giovani. Pertanto, questi sono luoghi che vanno assolutamente ascoltati, tutelati e stimolati con prospettive diverse rispetto alle politiche abituali.
  Questo significa che noi andiamo dai presidenti dei municipi, conosciamo i loro assessori e proponiamo loro un cammino di affiancamento, cammino che si consolida in un protocollo d'intesa, che è uguale per tutti i municipi, dove si ventila una serie di attività fatte insieme e dove spesso aiutiamo il municipio a supportare i propri dirigenti in una formazione e in una capacitazione del proprio personale facendo anche degli scambi e cercando di allargare i loro orizzonti. Per esempio, abbiamo portato il personale del municipio X a Torino dove ci sono delle buone pratiche. In più, siamo di supporto al municipio. I municipi a Roma non hanno, purtroppo, un'autonomia finanziaria. Noi siamo assolutamente a favore di un decentramento, cosa che ha funzionato in tantissimi Paesi e in tantissime megalopoli. Ad oggi su quindici municipi istituiti nel 1975 a Roma noi abbiamo accordi con nove municipi. Ciò non toglie che lavoriamo anche nei municipi dove non abbiamo accordi, perché il protocollo d'intesa viene dopo un po' che ci si conosce.
  Un ulteriore strumento è l'accordo con le tre università pubbliche di Roma, per cui i tre atenei, e con alcuni dipartimenti, che hanno proposto alla fondazione di finanziare alcune ricerche, ricerche di tipo azione, quelle che studiano i territori. Per esempio, sono emerse quelle che a Roma si chiamano le «mappe della diseguaglianza». A Roma c'è un lavoro incredibile che viene raccontato tramite delle mappe, mappe che incrociano i dati sociologici, economici e culturali, della comunità educante, della prossimità ma anche delle carenze, e sono fatti per municipio. Una volta incrociati questi dati per municipio, noi possiamo essere stimolati come fondazione o a scendere in campo ulteriormente in alcuni municipi oppure a cercare di fare quello che faremo dal prossimo anno e che vi racconterò fra un attimo, ovvero delle campagne di advocacy e di sensibilizzazione presso il comune.
  Un altro strumento è quello di un rapporto con gli enti che supportiamo non solo di tipo economico, perché noi eroghiamo fondi, ma anche di tipo strategico, tipico delle fondazioni, che oggi sono gli enti filantropici strategici che sono visti dalla Commissione europea e dal Consiglio d'Europa come degli attori strategici per l'attuazione del piano di economia sociale. Pertanto, noi rientriamo in tutte le caselle di sviluppo, che sono macro di tipo europeo, e poi scendiamo nei territori sempre con queste informazioni.
  In più, oltre all'erogazione ai soggetti che lavorano in periferia, diamo un pacchetto formativo gratuito, per cui gli enti del terzo settore che vogliono accedere alla nostra formazione, che non è fatta solo dalla fondazione, ma ci avvaliamo di professori e tecnici, entrano in un percorso annuale di formazione. Tale formazione è sulla capacitazione, sulla capacità di fare Pag. 5lobby, sulla governance, sull'accountability dei gruppi, dimodoché ci sia una trasparenza totale di questi soggetti del terzo settore, e sulla loro capacità di fare comunità di pratiche, ossia di creare relazioni con altri gruppi che lavorano in altre periferie.
  Un altro strumento che mettiamo a disposizione è il cofinanziamento. Se questi gruppi riescono a entrare nel percorso di un finanziamento pubblico o anche di un finanziamento privato dove c'è la premialità del cofinanziamento, noi siamo disposti a dare un'erogazione aggiuntiva per aiutarli a entrare nei percorsi finanziati da altre strutture, che siano pubbliche o private.
  Tutto questo si chiama programma «Periferiacapitale», che ha dimensione internazionale, proprio perché non possiamo parlare solo fra di noi. A gennaio 2024 abbiamo invitato le fondazioni di comunità di dieci capitali europee e mondiali, tra cui Kiev, Parigi, Madrid, Londra, Amsterdam e Bucarest e altre. Li abbiamo invitati per fare una jam session tra percorsi comunitari a Roma. Abbiamo fatto visitare loro i programmi di comunità nelle periferie romane e abbiamo fatto assaggiare un pensiero – che forse è anche andato male - urbanistico, di alcune periferie e fotografare la distanza tra le esigenze, tra i bisogni del territorio e le mancanze di alcune risposte, che non ci sono.
  Tutto questo perché vorremmo portare anche dei fondi europei su programmi comunitari per le periferie attraverso i soggetti del terzo settore, con l'aiuto delle fondazioni. Questa è la dimensione internazionale.
  Passiamo ai numeri. Abbiamo adesso 19 programmi culturali, 15 ambientali nella sola città di Roma, accordi con l'Università Roma Tre, con La Sapienza e con Tor Vergata, accordi con LabSus, che è il laboratorio della sussidiarietà fondato dal professor Arena, che ha ottenuto nel 2014 a Bologna – adesso finalmente a Roma – i patti di collaborazione. Siamo totalmente nel quadro del partenariato pubblico-privato, perché ci piace lavorare profondamente in aiuto e in servizio delle istituzioni. Abbiamo 26 programmi sociali e la maggiore densità l'abbiamo nel Municipio I, che non è considerato periferia, però ci sono sacche di periferia. Bisogna capire che la periferia è anche la periferia dell'essere umano. Ci sono sacche di povertà, di isolamento molto importante.
  Io sono stata critica – lo confesso – anche in alcuni articoli su questa nuova moda di parlare di Roma come la città dei quindici minuti, che sta un pochino offuscando quello che può essere l'approccio della città.
  Adesso vorrei fare un salto sull'Italia, se mi è concesso. Le fondazioni di cui io sono presidente, questa associazione di 170 fondazioni, sono particolarmente attente alle periferie. Quello che mi piace condividere in questa sede è quel volto italiano molto propositivo, che sta lavorando per le periferie con fondi privati, che sta attivando i fondi pubblici nelle periferie e che sta arrivando anche ad avere un pensiero, forse, diverso dal passato, dove non c'è bisogno di somme ingenti. Un conto sono le spese strutturali per rimettere a posto stabili, edifici e quant'altro; un conto sono gli aiuti dal basso, i cammini, che fanno pian piano emergere tutta una serie di risposte utili.
  Vi faccio un esempio. La povertà ci ha portato anche a una grossa mancanza di accesso alla sanità. Pensiamo alle persone mediamente povere o che sono a rischio. Basta che entri una persona della famiglia che ha un problema, tipo l'Alzheimer, e quella famiglia se è monoreddito o anche bireddito cade nella povertà, non ha più accesso a niente, anche se è proprietaria di una casa, e non riescono a farsi curare. Purtroppo, c'è il fenomeno degli ambulatori sociali nelle periferie, a Quarticciolo, a Bastogi, un piccolo quartiere di una periferia.
  Noi che cosa stiamo facendo? Li aiutiamo, li assistiamo, diamo loro i fondi, però da settembre iniziamo a fare una politica di contrasto per le politiche sbagliate, cioè dobbiamo portare dei segnali di tutela verso i nostri beneficiari, di tutela dovuta dal comune, nel caso di Roma, o dai comuni, nel caso di periferie di altre città.

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  PRESIDENTE. Ringraziamo la dottoressa Mancini, che ci ha fornito una serie di informazioni, alcune delle quali potremo approfondire insieme. Lei ci ha parlato di 19 programmi culturali, 15 programmi ambientali, di collaborazioni con le università e di 90 progetti in tutti i Municipi della Capitale. Parliamo di una presenza molto operativa.
  Vorrei, se possibile, qualche informazione in più su questi protocolli d'intesa che voi fate con i Municipi, perché mi sembra un aspetto interessante. Anche perché, come dicevo prima, noi siamo alla ricerca sempre di buone pratiche che, magari, possono essere esportate anche nelle altre città. Qualche informazione in più, quindi, su questi protocolli d'intesa.
  Lei ci ha parlato di queste mappe della disuguaglianza. Anche su queste, le chiedo se magari ci può dare qualche informazione in più.
  Chiedo ai colleghi se hanno qualche domanda da porre.

  VITO DE PALMA. Ho ascoltato l'intervento e, in particolar modo, stavo sfogliando questo opuscolo. Mi ha colpito in particolar modo la frase di Gandhi, quindi sono entrato nella lettura. In che maniera vi è questa possibilità di utilizzare la vostra esperienza quale rigenerazione sociale sul territorio? Inoltre – mi è sfuggita la parte iniziale – questo può avvenire soltanto qui a Roma Capitale oppure avete la possibilità di stimolare il dibattito e le azioni anche sul territorio fuori dal discorso romano?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Le chiediamo qualche informazione in più anche su questo summit che voi avete fatto nel mese di gennaio. Uno degli aspetti che stiamo approfondendo è capire, in particolare nell'ambito più vicino a noi, che è quello europeo, nel resto d'Europa, pur essendo molte le peculiarità legate a ciascun Paese, c'è la possibilità di creare un fil rouge con il quale fare anche un bilancio su come si è affrontata la tematica delle periferie.
  Mi ricollego molto a quello che diceva lei: non è più un discorso di periferia come luogo lontano dal centro. Oggi il concetto è diventato molto più sfumato e diffuso allo stesso tempo, perché parliamo di periferie sociali. Qualche informazione in più su questo summit che avete promosso a gennaio con altre dieci capitali europee, perché è un qualcosa di interessante. Anche noi stiamo impostando alcune azioni in ambito sovranazionale, sempre per uno scambio di informazioni e di possibili buone pratiche.
  Un altro aspetto mi interessa molto. Lei ha parlato di scambi promossi nei Municipi. È una cosa che ha riguardato gli amministratori dei Municipi? Lei ha citato Torino e Roma. Anche su questo, magari, qualche informazione in più mi sembra interessante.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Seguo l'ordine con cui sono state poste le domande e le riflessioni, per poi, magari, procedere in una seconda fase a fornirvi proprio i documenti, che sono documenti oggettivi, che possono essere anche oggetto di una riflessione e di migliorie.
  I protocolli d'intesa riguardano i tre ambiti possibili di azione (sociale, ambientale e culturale) e mettono a disposizione le professionalità, le expertise di Fondazione Charlemagne per migliorare gli interventi del Municipio, che partono dal Municipio, dall'amministratore locale, nei confronti del terzo settore e del territorio in questi tre ambiti. Una volta firmato il protocollo, abbiamo anche una serie di interventi e di attivazioni con i singoli assessori che sono più interessati in questi temi.
  Non vi nascondo che a volte siamo anche un po' una ciambella di salvataggio. Quando c'è qualcosa da organizzare velocemente in Municipio e mancano pochissimi fondi, arriviamo noi. Non è questo il nostro approccio preferito, ma anche esprimere una vicinanza in quella che è una mancanza di autonomia dei Municipi di capacità finanziaria, che è una mancanza che preoccupa soprattutto per una gestione migliorata della città e delle città in generale.Pag. 7
  Rispetto al protocollo d'intesa, mi farebbe piacere condividere con voi il documento.
  Per quanto riguarda le mappe delle diseguaglianze, che piano piano pubblichiamo nel nostro sito, sono mappe che incrociano dati importanti. Non si può più nascondere che in alcune periferie i tassi di dispersione scolastica sono tornati indietro di 30-40 anni, non si può nascondere che non c'è accesso alla sanità pubblica, non si può nascondere che, piuttosto che mandare il figlio a scuola vestito male, non lo mando più. Questo non riguarda persone migranti che vivono qui, questo non riguarda persone di comunità rom o sinti. Questo riguarda italiani nati qui.
  Questo fenomeno non riguarda una povertà generale. Sono tante povertà che si vanno a cumulare. In alcuni casi, sono povertà evitabili nel momento in cui decido di entrare in un'area urbana e avere, per esempio, un abbraccio di comunità educante. Non nascondo che le fondazioni italiane stanno ragionando anche su questo: come si può contrastare la povertà educativa? Queste mappe analizzano e incrociano dati rilevati con un approccio statistico, e sono disponibili, sono le mappe della diseguaglianza a Roma. Forse ci potrebbe interessare avere le stesse mappe anche in altre città, perché sono sempre promosse dai dipartimenti di sociologia, economia, dai dipartimenti di ricerca delle università pubbliche.
  Noi abbiamo enfatizzato molto il ruolo delle accademie pubbliche. Ci interessa utilizzare tutti gli strumenti a disposizione nei territori che sono già previsti e gli istituti, per metterli a lavorare in una certa maniera.
  Per quanto riguarda l'esportabilità, sì, laddove ce ne fosse bisogno, noi pian piano stiamo costruendo questo modello, che forse non è l'unico al mondo, però parte dal basso. Abbiamo deciso, i primi anni, di non ricevere finanziamenti pubblici volutamente, non perché vogliamo essere rivoluzionari, ma perché vogliamo poter avere non ingerenza dall'alto rispetto a delle tematiche. Siamo stati definiti «gentili e prossimi» dai nostri interlocutori, una qualità che va contro anche questa accelerazione che c'è nel mondo e anche nel nostro Paese rispetto a dei valori che, a volte, vengono vissuti male. Invece no, si parte dal basso, si fanno percorsi più lunghi, si ascolta. Il nostro atteggiamento è andare nei territori, ascoltare e mandare l'esperto che fa una sua valutazione. Questo lo stiamo raccontando un po' in tutta Italia, e piace, indubbiamente. Però in Italia, in alcune periferie, ci sono casi incredibili, molto buoni.
  Passo al quarto punto. Lei parlava del summit internazionale. Lo sfondo da cui abbiamo attinto rispetto agli interlocutori invitati a Roma si chiama ECFI (European Community Foundation Initiative), un'iniziativa che conta 900 fondazioni di comunità solo in Europa. La madre internazionale, invece, è il Global Fund for Community Foundation, dove parliamo di numeri giganteschi. Perché questo? Perché le fondazioni di comunità o le organizzazioni di comunità, che a volte gestiscono anche 40 milioni di euro, hanno bilanci anche molto importanti o bilanci molto piccoli, riescono ad aggregare intorno a loro le varie componenti che sono necessarie per un territorio: la piccola impresa o la media impresa che ha sede in quel territorio, gli istituti scolastici, gli istituti previdenziali piuttosto che gli istituti di welfare, il terzo settore e la partecipazione attiva dei cittadini. Abbiamo casi di studio in altre capitali europee che hanno storie ventennali. Io sono contro i modelli, però quello che stiamo facendo è proprio questo: invitare questo tipo di strutture a capire Roma che via potrebbe avere. Roma ha una difficoltà abbastanza importante rispetto ad altre città italiane.
  Se questa Commissione dovesse avere desiderio di iniziare a interloquire con una serie di delegati che ci sono in Europa, che poi vengono ascoltati anche presso le istituzioni europee, il nostro ruolo, in questo caso, sarebbe metterci a vostra disposizione, crearvi tutti i contatti, magari darvi anche dei suggerimenti, che potrete accogliere o meno. Sono temi che sono stati dibattuti molto bene all'estero. Credo che l'Italia abbia bisogno di questi temi, perché sono anche molto interessanti.Pag. 8
  Noi lo abbiamo fatto a gennaio a livello europeo, invece a marzo del 2023 lo abbiamo fatto con il Global Fund, con la dimensione internazionale, invitando anche il gruppo della generatività italiana, capitanato dal professor Magatti. Abbiamo anche mischiato: abbiamo portato le organizzazioni sarde a visitare, da Cagliari, le nostre periferie a Roma, abbiamo cercato proprio di capire quali sono i fili rossi. Siamo anche disponibili a condividere tutta una serie di risultati, di riflessioni, a cui possiate essere interessati, proprio in un'ottica di servizio alla vostra Commissione.

  PRESIDENTE. Vicepresidente Ruffino, la vediamo ma non la sentiamo. Proveremo a ricollegarci in un secondo momento.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Vorrei aggiungere che ci sono luoghi che hanno bisogno anche di altri strumenti.
  Corviale, forse, la conoscete tutti: ci sono grossi investimenti che verranno fatti nei prossimi mesi che derivano dal PNRR. Va tutto molto bene, però, poi, accanto a quegli investimenti, forse c'è bisogno di un dialogo importante con il territorio. Da gennaio fino ad ora sono successi diversi eventi, sotto gli occhi di tutti i bambini e della popolazione di lì, spari per strada eccetera. La sicurezza è durata due giorni. Questo non significa invocare una sicurezza alternativa a tutto il resto, però le cose vanno di pari passo. Nel momento in cui investo parecchi milioni di euro per rimettere a posto uno stabile, devo occuparmi anche del resto. Non so se lo avete mai visitato, è uno stabile che non lascia speranza. Possiamo decidere di pitturarlo, di fare tutto quello che vogliamo, però non c'è speranza, come isolamento esistenziale, non c'è speranza anche sull'alternarsi del fatto che i giovani vanno via e restano gli anziani, che sono preda di tutto quello che non vorremmo, di organizzazioni che, forse, non sono neanche troppo sane, che ti garantiscono una serie di tutele. Lì c'è bisogno – non si può generalizzare – di attenzionare dei luoghi. Il Presidente Mattarella due anni fa, un anno e mezzo fa, è andato lì per l'inaugurazione del nuovo campo a 11, e la gente ci guardava dallo stabile. Ha dato un segnale. Bisogna continuare a dare segnali di una presenza. La continuità è fondamentale, non ha colore politico, è una continuità al servizio del territorio e delle persone.
  Bisogna capire anche, per esempio dalle mappe o dagli interlocutori territoriali... Là sotto ci sono due campi di calcio che sono un campo dei miracoli. Si sopravvive a tutto lì. Stanno lavorando, sono riusciti a portare finanziatori dalla Corea, alcune fondazioni coreane stanno finanziando il campo dei miracoli, si chiama così, di calcio sociale, che ha tutta una sua filosofia, perché fa scendere i bambini da quello stabile, che è Corviale, che è una cosa terrificante. Vi potrei portare l'immagine di altri luoghi. Anche lì, va rispettato il come si parla di questi luoghi, perché se io sono una persona che abita al settimo ponte del Laurentino 38 ho bisogno che di me si parli con rispetto, non solo perché sono un abitante della periferia. Lì abbiamo diverse associazioni. Una componente importante di queste associazioni sono i volontari.
  Noi lavoriamo con metà dei nostri gruppi, che sono ad alta composizione di volontari, volontari professionali, cioè persone che hanno un loro lavoro, un loro percorso e che decidono di spendersi per il territorio la sera, lavorando, facendo qualcosa.
  Anche questa è una premialità importante, che nulla va a levare ai professionisti di cui c'è bisogno. Ci sono dei luoghi romani che forse varrebbe la pena conoscere perché sono simbolo delle periferie d'Italia. Abbiamo anche la fortuna di avere le periferie di Roma che possono essere al pari di periferie molto importanti italiane, e anche molto diverse.
  Anche qui – questo è un elemento importantissimo – non si può avere un Piano unico per le periferie. Siccome c'è tantissima gente che si vuole impegnare per questo tema, secondo me, si può fare molto.
  Credo che da parte nostra e anche di altre fondazioni che rappresento e che stanno lavorando in periferia di altre città sarebbe veramente molto importante metterciPag. 9 al vostro servizio a lavorare con voi, per quello che serve.

  PRESIDENTE. Molto bene. Abbiamo affrontato una serie di temi molto importanti e di estremo interesse per il lavoro della nostra Commissione.
  Noi, dottoressa, siamo tra l'altro una Commissione un po' particolare, composta per la gran parte da ex amministratori comunali. C'è, quindi, una particolare attenzione, che mi sembra emerga però anche dal vostro modus operandi, al rapporto con gli enti locali, perché molto spesso gli amministratori territoriali si sono trovati ad essere un po' il punto di primo contatto della comunità con l'istituzione, e a volte, in alcuni casi, anche l'unico contatto istituzionale per le comunità locali.
  Per quello che stiamo riscontrando anche nelle nostre visite esterne, questa è una fase nella quale c'è una grande attenzione per la periferia, anche legata a dei fondi – è una fase straordinaria da questo punto di vista – utilizzabili con dei piani che noi stiamo conoscendo meglio. Un po' in tutte le grandi città c'è un'azione molto forte.
  La richiesta che ci fanno, e mi ricollego anche a quello che diceva lei, è di dare continuità e sostenibilità a questo tipo di interventi, perché adesso c'è una luce molto forte sulle periferie. Quello che ci chiedono gli abitanti è di proseguire con questa azione, di renderla sempre più efficace, ma soprattutto di rendere gli interventi sostenibili anche in prospettiva. Non deve essere solo una fase, ma deve essere un'attenzione che consenta di recuperare almeno una parte di quel gap di attenzione e di interesse che è durato per tantissimi anni e che ha portato in molti casi a delle situazioni difficili da recuperare.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. C'è comunque una riflessione da fare un domani sui residui o sulle disponibilità del budget della legge n. 266 del 1997, che prevede anche la possibilità di avere dei fondi. Milano li sta usando. In secondo luogo bisogna vedere quali sono i programmi cittadini che hanno funzionato. C'è una grossa differenza nelle città dove c'è la presenza o meno di strutture importanti. A Milano il lavoro sulle periferie è stato fatto, promosso molto d'intesa, per esempio, fra gli investimenti di Fondazione Cariplo e gli enti del terzo settore, generando anche tutti i percorsi di welfare che non erano previsti politicamente e pubblicamente.
  Anche qui, secondo me, potrebbe valere la pena di raccogliere a chiamata gli esempi migliori utilizzati. La componente delle persone che hanno lavorato nell'amministrazione territoriale è fondamentale, perché noi adesso lavoriamo anche con molti presidenti di municipio che vengono da storie del territorio e lì stiamo investendo terribilmente.

  PRESIDENTE. Ci lascerete, quindi, un po' di materiale che trasmetterò ai colleghi.
  Ci tengo a ringraziarvi per questo importante contributo. La nostra intenzione è quella di proseguire questa sinergia e questa collaborazione e di spostarla poi anche sui territori.
  Abbiamo parlato, e credo sia un lavoro evidente, di numeri importanti per la città di Roma. Abbiamo già fatto una serie di visite esterne e alcune le faremo anche la settimana prossima. Parlare, però, di novanta progetti significa creare una cornice efficace anche nell'azione, con un filo comune che può essere incisivo per le comunità.
  Vi chiediamo magari di aggiornare questa chiacchierata, anche in momenti successivi che noi promuoveremmo con i nostri consulenti che si occupano di alcuni settori e tematiche specifiche, perché mi sembra che ci sia un lavoro veramente importante che va sostenuto, va fatto conoscere sempre di più e va valorizzato.
  Vi riporto una richiesta che in genere arriva dai colleghi del resto d'Italia. Roma ha una forte attenzione, ma anche una forte presenza di entità che lavorano sul territorio. Magari si potrebbe estendere questo tipo di attenzione anche in altri territori, ed estendere questa comunicazione anche in uno scambio di pratiche che può essere sicuramente molto utile.

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  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Noi abbiamo terminato una ricerca sulle reti di mutualità. Solo su Roma sono stati censiti 5.600 gruppi ed enti del terzo settore. Non è poco. Lo abbiamo fatto con il DICEA, il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale dell'Università Sapienza. Il professor Riccardo Troisi e Monica Di Sisto, di Fairwatch, hanno svolto questa ricerca.
  Abbiamo, poi, tra queste reti di mutualismo, estrapolato alcuni percorsi che sono partiti per esempio dal Quarticciolo e che hanno portato alla nascita dei poli civici in città, che sono reti formali, ma non troppo, di oltre trenta o quaranta organizzazioni, che hanno anche un importante fare dal punto di vista occupazionale.
  Ci sono anche i dati. Queste sono tutte censite, noi le mettiamo a disposizione. Anche questo è importante.

  PRESIDENTE. Questi dati sono da acquisire. Diceva che sono 5.600 realtà...

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Sì, circa. Non sono poche, solo a Roma.

  PRESIDENTE. Credo, poi, di varie tipologie.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Per varie tipologie, noi intendiamo quelle che un tempo erano associazioni non profit, cooperative sociali, mutue, cioè quelle di mutuo aiuto e poi abbiamo le organizzazioni di volontariato. Oggi il quadro normativo è modificato. Si parla in generale di terzo settore con delle caratteristiche. C'è una migrazione prevista, in alcuni casi automatica in alcuni casi non automatica, di tutte queste in quello che si chiama RUNTS, Registro unico nazionale del terzo settore, dove sono registrate tutte.
  La novità rispetto al passato è che le fondazioni, che adesso chiamiamo enti filantropici, sono migrate anche loro nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore, RUNTS, quelle che vogliono aderire. È uno strumento molto interessante, perché uno va lì, digita e trova tutto; trova vita, morte e miracoli di tutte queste organizzazioni. Si possono anche estrapolare per territorio, per Regioni, salvare i dati e inizia a lavorarli. C'è veramente tutto. Come Fondazione abbiamo invitato tutti a migrare nel RUNTS. Non tutte le fondazioni lo fanno, però il 90 per cento sì. Anche questo è un dato importante.

  PRESIDENTE. Le chiedo un'ultima cosa, se possibile, sulla collaborazione con le università. Lei ha parlato della collaborazione con tre università.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. La facciamo per dipartimenti e non attraverso il Rettorato.

  PRESIDENTE. È finalizzata all'acquisizione di dati?

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. No, è finalizzata a disegnare nuove ricerche che finanziamo noi, oppure a valorizzare borse di studio ancora non previste per studenti, oppure, infine, a cercare di creare una comunità di pratiche di un polo universitario che si dedica alla città, non solo sui temi dell'urbanistica, ma anche su altri temi.

  PRESIDENTE. Per noi sarebbe importante, se è possibile, acquisire sia uno degli accordi con i municipi e anche uno con queste università. Sarebbe interessante acquisirlo come materiale, che può essere utile per il nostro lavoro.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Vi mandiamo anche le ricerche fatte sulla città, così nel caso, quando andate in qualche periferia di Roma, se avete desiderio di conoscere alcune realtà, a partire dall'Idroscalo, possiamo mettervi in contatto con coloro che gestiscono tutte le tendenze del territorio, e conoscono le problematiche. Abbiamo anche dei luoghi romani dove, per esempio, ci sono 500 case e non ci sono Pag. 11i servizi naturali di acqua. Abbiamo delle realtà molto particolari in città.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la dottoressa e la Fondazione.
  Ci tengo a farle i complimenti per questa mole enorme di lavoro, che probabilmente va fatto conoscere sempre di più, perché rappresenta un esempio importante positivo di presenza nella nostra città e non solo. Quindi, già vi preannuncio che utilizzeremo questo tipo di canale con voi per ulteriori momenti di approfondimento, di analisi e di proposta.

  STEFANIA MANCINI, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne. Grazie infinite, presidente.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.