XIX Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 24 aprile 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Stefani Alberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di SVIMEZ sulle tematiche relative allo stato di attuazione e alle prospettive del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale) :
Stefani Alberto , Presidente ... 3 
Giannola Adriano , presidente di SVIMEZ ... 3 
Stefani Alberto , Presidente ... 8 
Aloisio Vincenza  ... 8 
Guerra Maria Cecilia (PD-IDP)  ... 8 
Stefani Alberto , Presidente ... 9 
Giannola Adriano , presidente di SVIMEZ ... 9 
Stefani Alberto , Presidente ... 9

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO STEFANI

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante il resoconto stenografico, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di SVIMEZ sulle tematiche relative allo stato di attuazione e alle prospettive del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, di Adriano Giannola, presidente di SVIMEZ, e di Luca Bianchi, direttore generale di SVIMEZ, sulle tematiche relative allo stato di attuazione delle prospettive del federalismo fiscale.
  Ricordo che allo svolgimento della relazione potranno seguire eventuali domande da parte dei parlamentari e, quindi, la replica degli auditi.
  Nel ringraziarli per la disponibilità dimostrata, cedo la parola ai nostri ospiti.

  ADRIANO GIANNOLA, presidente di SVIMEZ. Buongiorno. Grazie dell'ospitalità.
  In merito allo stato di salute del federalismo fiscale, nella nostra relazione partiamo dall'ultimo verbale della Commissione parlamentare, risalente al 2021, registriamo i progressi e i problemi e, infine, ci riferiamo all'atto attualmente in discussione alla Camera, vale a dire il disegno di legge Calderoli, analizzando le tematiche e le problematiche.
  Constatiamo che già nell'ultima relazione si identificavano perduranti inadempienze riferite alla legge complessiva, la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, che dovrebbe inquadrare il processo di attuazione del federalismo simmetrico e cooperativo. Poniamo particolare attenzione ai due pilastri di questo federalismo in costruzione, che sono la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e la perequazione infrastrutturale. Tra le tante questioni, questa è sostanzialmente quella più significativa. A nostro avviso sono questioni che dovrebbero progredire indipendentemente, anzi a nostro avviso dovrebbero essere propedeutiche all'attuazione dell'articolo 116, comma 3, della Costituzione che stabilisce che tutto quel processo deve essere in armonia con l'articolo 119, esplicitato e attuato nel progetto attraverso la citata legge n. 42 del 2009.
  Da questo punto di vista notiamo che il disegno di legge Calderoli, venendo all'oggi, rovescia sostanzialmente questa impostazione e, di fatto, declassa i due pilastri a mere attuazioni formali, a mere prese d'atto dell'esistenza di questi due fattori, per noi propedeutici, evitando di darne effettiva sostanza. Basti pensare che si prevede un'autonomia immediatamente concedibile per quelli che non sono temi LEP, di fatto posponendo l'attuazione della legge n. 42 del 2009 a tempi da venire (si parla di un biennio, di un anno e via dicendo) ma intanto partendo con tutto il resto, il che pregiudica a nostro avviso – magari lo vedremo meglio alla fine – la coerenza dell'intervento, perché incide su molti aspetti, uno dei quali secondo noi è particolarmentePag. 4 rilevante, ossia il superamento del criterio della spesa storica. Infatti, nella misura in cui si trasferiscono funzioni attraverso un'intesa tra Stato e regioni, quell'intesa irrevocabilmente fissa la spesa storica, che invece dovrebbe essere superata, per ammissione di tutti, come criterio generale. Quindi, da questo punto di vista troviamo già un'incongruenza e, anzi, un elemento di ostacolo alla normale procedura di attuazione del disegno federalista di tipo cooperativo – se vogliamo, liberale alla Buchanan –, vale a dire sostanzialmente quello che garantisce i LEP e tende alla perequazione da tutti i punti di vista.
  Scorrendo il documento, che metteremo a disposizione della Commissione, verifichiamo alcuni aspetti positivi sui LEP, che riteniamo tuttavia insufficienti. Sono elementi positivi che riscontriamo soprattutto nella legge di bilancio per il 2021, con cui si introducono i LEP per l'assistenza sociale, che successivamente sono stati integrati con i LEP sugli asili nido. Quindi, ci sono chiari segnali positivi, che complessivamente tuttavia segnano ritardi e difficoltà per tutto il resto. Basti pensare alla stessa valutazione dell'ormai noto Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (CLEP), che non arriva a definire i LEP, ma che anzi rinvia ad altri il compito di definirli e, quindi, poi di procedere nel senso della legge n. 42 del 2009. Per non parlare del fatto che nel disegno di legge Calderoli non se ne parla nella misura in cui non sono definiti e ci si limita a precisare che entreranno in funzione solo quando ci saranno adeguate risorse, quindi li si sottopone al vincolo di bilancio, che dal punto di vista oggettivo è ovvio, ma con ciò dicendo che intanto si procede a prescindere da quello che è un elemento costitutivo fondamentale per disegnare un quadro armonico e bilanciato.
  L'unico aspetto che rimane chiaro in tutto questo è che è l'equilibrio di bilancio che determina se, quando e come i LEP potranno essere introdotti, ma intanto si procede. Ripeto, questa disarmonia alla fine ha un effetto sostanziale, vale a dire l'effetto che abbiamo ricordato prima: la natura dell'intesa di per sé, una volta che si procede, come prevede il disegno di legge Calderoli sulla base del concetto «a risorse date a legislazione vigente», rende irreversibile l'operazione – questo in teoria, poi tutto può avvenire, però il principio è esattamente quello – e, quindi, mina la coerenza di un processo di attuazione graduale e armonioso, come prevede l'articolo 119 della Costituzione che è precondizione rispetto all'articolo 116, comma 3. Non è una cosa ex post, ma è una cosa che dovrebbe essere ex ante. Quindi, questa inversione e questa accelerazione sono improprie rispetto allo spirito di ciò che dovrebbe animare la costruzione di un sistema di federalismo simmetrico e cooperativo rispetto a un federalismo asimmetrico e rafforzato, che non tiene conto del quadro complessivo delle esigenze. Questo dal punto di vista dei LEP.
  Anche dal punto di vista infrastrutturale, a maggior ragione, ci sembra che ci siano stati progressi formali, perché dopo anni – se non sbaglio sempre nel 2010 – si definisce la metodologia per fare la ricognizione dei divari infrastrutturali, soprattutto quella prevista proprio nella legge n. 42 del 2009 con riferimento al Mezzogiorno, per creare uno dei due fondi, ovverosia il Fondo di perequazione infrastrutturale, cosa che non è mai avvenuta. Comunque, nel 2010 si mette in moto questo processo, ma dobbiamo aspettare il 2021 per arrivare a cercare di definire in concreto il procedimento per valutare la perequazione infrastrutturale come ingrediente fondamentale e ineliminabile del discorso complessivo. Questa cosa, poi, viene contraddetta nel 2023 dalla legge di bilancio. Infatti, finalmente istituito – direi timidamente istituito – il Fondo di perequazione infrastrutturale con circa 4 miliardi di euro, con l'ultima legge di bilancio esso viene definanziato e ridotto a circa 800 milioni di euro. Sostanzialmente ci sembra un'inversione di tendenza rispetto alla timida attuazione iniziata negli anni recenti.
  Da questo punto di vista, quindi, concordiamo con la valutazione espressa dalla Commissione nell'ultima relazione del 2021, vale a dire che le inadempienze e le difficoltà di procedere forse sono al netto superioriPag. 5 agli adempimenti e al progredire del modello di federalismo cooperativo e simmetrico, laddove invece si imprime un'accelerazione molto forte alla parte asimmetrica e rafforzata, che non è negata, ma che dovrebbe essere propedeuticamente connessa al procedere dei due pilastri fondamentali, i LEP e il riequilibrio infrastrutturale. Queste cose rimangono e rimangono pesantemente a condizionare l'intero processo.
  Il momento, peraltro, è molto delicato, perché siamo alla vigilia dell'approvazione definitiva del testo del disegno di legge Calderoli, già approvato in Senato, che prevede una via preferenziale per avviare l'aspetto asimmetrico e rafforzato del disegno di federalismo. Da questo punto di vista l'urgenza, invece, di procedere armoniosamente ci sembra emerga dalla riflessione che si può fare sui vari tentativi che dal 2018 sono in campo per mettere in moto il federalismo asimmetrico. Mi riferisco sia alle preintese del Governo Gentiloni, sia ai tentativi del Governo Conte I, sia successivamente al tentativo della prima legge quadro dell'allora Ministro per gli affari regionali e le autonomie Francesco Boccia, il quale, resosi conto di questa situazione, in un'audizione presso una Commissione d'indagine parlamentare sul ruolo della spesa storica e sui suoi limiti, dice con molta chiarezza, non come suo risultato, ma come risultato consolidato di anni di evidenze, che da quando è stata fatta la legge ad oggi abbiamo assistito a una costante evasione del principio di perequazione. E il Ministro aggiunge esplicitamente che a conti fatti ogni anno abbiamo 60 miliardi di euro di sperequazione e che, se dovessimo risarcire per questa inadempienza, sarebbero più di dieci anni di costante evasione di questo criterio. Quindi, occorre una legge quadro che ci dia le regole per arrivare alla parte asimmetrica del federalismo per quello che riguarda le regioni a statuto ordinario.
  È evidente, quindi, considerato quanto detto sul disegno di legge Calderoli, quale sia la legge necessaria per avviare questo processo, che anche l'allora Ministro Boccia tentò di portare avanti con il discorso dei LEP da fare in un anno, mentre il Ministro Calderoli parla di due anni, partendo contemporaneamente con tutte le possibili funzioni sulle quali si può trovare l'intesa, esattamente all'opposto dell'impostazione precedente. Dobbiamo fare una legge con ordine, poi procedere ordinatamente alla propedeuticità dei due pilastri e contemporaneamente vedere che spazi ci sono per l'autonomia differenziata. Qui, invece, si è invertito completamente il processo, e notoriamente mettere il carro davanti ai buoi comporta rischi rilevanti.
  Nella nostra memoria è presente una sezione a tal riguardo, di cui adesso non intendo assolutamente parlare, ma in qualche modo è il mestiere della SVIMEZ che ci dice che dobbiamo dare evidenza di quello che affermiamo. E lo facciamo per la sanità, per i trasporti, per i diritti civili e sociali di cittadinanza, riportando la sintesi di quanto è grande lo squilibrio e di quanto è pesante la situazione, che invece si derubrica facendo intanto tutto il resto, che non è un resto, perché dovrebbe essere un ex post o perlomeno un percorso parallelo. Il percorso, invece, è asimmetrico, pesantemente simmetrico, e riguarda proprio i diritti.
  Con questo non voglio fare un processo alle intenzioni, ma soltanto sottolineare che occorre verificare questa inversione della prassi, che ci sembra fuori. Ciò che formalmente mette, non dico a rischio, ma chiaramente in sofferenza il procedimento è che di fatto si costituzionalizza la spesa storica. È un precedente molto pericoloso a nostro avviso, perché si parte da cose che forse possono apparire normali e si può arrivare, sulla base di un principio che ormai diventa consolidato, a mantenere situazioni di inadempienza che tanto ormai sono state consolidate.
  Costituzionalizzare la spesa storica per tante funzioni che incidono anche su quello che riguarda la gestione di tutti quei servizi legati ai diritti di cittadinanza, pensiamo alla gestione del personale – tutte funzioni che sono non LEP di per sé, ma che possono essere delegate in un processo di autonomia – determina uno sconquasso strutturale – altro che riequilibrio, uno squilibrio – che può accentuare fenomeni Pag. 6particolarmente rilevanti. Pensiamo all'emigrazione non solo dei giovani, ma anche dei professionisti, che possono trovarsi a scegliere tra alternative su un'offerta della loro professionalità in una regione rispetto a un'altra. Allora, mettere in moto «processi di mercato» in cui i banditori sono tanti, ognuno con un'offerta diversa, secondo me sul territorio ha effetti non dico di confusione ma di selezione avversa. Pertanto, questa definizione di spesa storica per le funzioni che possono immediatamente essere oggetto di intesa è una bomba messa nel sistema, che alla fine, se deflagra, deflagra, non credo facendo il bene di nessuna delle varie regioni a livello complessivo.
  Sul disegno di legge Calderoli aggiungo una nota che, a mio avviso, ne evidenzia la struttura razionale e la finalità conclusiva. Il disegno di legge Calderoli ha un altro elemento caratterizzante, di cui non so se si è discusso in Parlamento, ma non mi risulta: una volta che venisse messo in moto il disegno, è evidente che diventa subito palese l'esigenza di confrontarsi con l'eterogeneità con cui le regioni possono gestire le funzioni delegate. Entro certi limiti – adesso non voglio entrare nel dettaglio tecnico – le regioni acquisiscono una sovranità anche rispetto a competenze che già hanno, una sovranità che di fatto viene sottratta al Governo centrale, perché l'intesa, in qualche misura irreversibile e non emendabile al momento che arriva alla prova, una volta approvata, quella è. È un trattato tra Stati. È evidente, allora, che la prima obiezione logica è la eterogeneità: come fa un sistema, un privato, se ciascuna regione raggiunge una propria intesa su una funzione, a confrontarsi con le diverse interpretazioni di una stessa funzione, oppure con le diverse strutture salariali, e via dicendo? È chiaro che è una complicazione.
  Io credo che sia un passaggio critico corretto quando si parla di «Stato arlecchino», ma non ritengo che sia un pericolo. Il pericolo è che per rispondere a questa ovvia considerazione – penso a Confindustria, che si è detta subito contraria per questo motivo, non perché ha alcunché contro l'autonomia – il disegno di legge Calderoli spinge in una direzione molto semplice, vale a dire che in Costituzione le regioni autonome possono mettersi assieme e organizzare una visione coerente e comune, con organismi comuni, per gestire interessi comuni. Su tutte queste materie è chiara la richiesta almeno delle tre regioni che vengono messe immediatamente di nuovo in corsa: razionalmente ed efficientemente quelle tre regioni non potranno che diventare un'unica regione dal punto di vista degli accordi su questi aspetti altrimenti distonici.
  Ricordiamoci che si tratta di trasferimenti di sovranità, non formalizzati in alcun modo, ma nei fatti. Ma, allora, mi chiedo: che rapporto ci può essere tra un gruppo di regioni partecipi del federalismo rafforzato rispetto a organismi esterni? Qui si parla di rapporti con l'estero, di rapporti con l'Unione europea. A chi guarderà Bruxelles, a Milano o a Roma, quando queste funzioni faranno tendenzialmente capo ad una capitale organica? A Milano, o a Venezia, o a Bologna, che so. Anzi, speriamo Bologna. Io mi sono laureato a Bologna. È chiara l'asimmetria che si sta mettendo nel sistema? Altro che rafforzata! Qui c'è un'asimmetria che di fatto diminuisce il ruolo dello Stato, che governa – io dicevo – sui sette colli di Roma, sul Vesuvio e così via, ma non governa certo sulla laguna. Questa è una cosa che va tenuta in conto. Può essere benefica, non entro nel merito, è un dato di fatto. E quel dato di fatto è previsto tranquillamente dalla Costituzione, all'articolo 117, comma 8, e non mi risulta che ci sia stata alcuna discussione a tal proposito. Questo, però, non è un fantasma, è la realtà, rispetto alla quale necessariamente ci si dovrà mettere in cammino se si vuole tenere una certa direzione. Tra il virtuale e il reale, qui bisogna parlare di che cos'è la realtà e di che cos'è la virtualità. Rimangono virtuali i LEP, rimane virtuale la perequazione infrastrutturale, che sono le premesse. Ricordiamoci che con il Piano nazionale di ripresa e resilienza si voleva intervenire sulla perequazione infrastrutturale e sui diritti di cittadinanza.Pag. 7
  Credo, pertanto, che la valutazione sullo stato di salute del federalismo sia molto problematica. Più che di stato di salute, si tratta di un'effervescenza che sta portando forse non tanto verso l'adeguamento e la realizzazione della legge n. 42 del 2009, il cui compito è il superamento della spesa storica, ma piuttosto in altre direzioni. Di questo è bene che ci sia consapevolezza.
  Adesso non entro sul coordinamento della finanza pubblica, sulla sostanza di quello che doveva essere propedeutico all'attuazione del 116, comma 3, della Costituzione. Ci sono mille motivi per dire che gli effetti possono essere molto problematici. Ne cito uno solo: visto che dei LEP si parla per dire che saranno attuati, semmai saranno definiti, con buona pace del CLEP, che non li definisce, ma lascia ai politici il compito, con buona pace di tutto questo, noi, come SVIMEZ, dal 2018, come fatto quasi accademico, perché sapevamo che non si sarebbe andati avanti, abbiamo provato a vedere l'impatto sulla finanza pubblica. L'impatto sulla finanza pubblica è particolarmente incidente. Troverete una tabella nella nostra memoria. Non entro nel merito.
  Pensando alla richiesta delle compartecipazioni, noi facciamo una critica al concetto di finanziare le funzioni delegate con compartecipazione di aliquote e via dicendo, perché ciò irrigidisce la finanza pubblica. Prendiamo il caso del 2018, quando si chiedeva che – e quella rimane come richiesta – tra il 70 per cento e l'80 per cento delle risorse erariali rimanessero sui territori. Di fatto, è un modo di recuperare quello che concettualmente non ha fondamento, ma che nella sostanza diventa l'obiettivo, cioè quello che loro chiamano «residuo fiscale», che non è un'ingiustizia fiscale. È semplicemente l'applicazione della progressività delle imposte e del diritto dei cittadini di avere gli stessi servizi dovunque essi si trovino. Da questo compare quello che si chiama «residuo fiscale». Come Buchanan ha dimostrato, è un principio di equità, semplicemente, quello che sta alla base di questo risultato aritmetico. Se abbiamo la progressività delle imposte e i diritti di cittadinanza, è evidente che i territori più ricchi avranno maggiore erogazione, cioè un maggiore ammontare di risorse erariali date allo Stato e minori ruoli di spesa pubblica pro capite, perché già il reddito è più alto. Ma non entriamo nel merito di questo.
  Detto questo, chiedere la compartecipazione di aliquote di risorse erariali fisse, tipo IVA, IRPEF e così via, con simulazioni anche molto sofisticate, porta a una riduzione almeno del 30 per cento del gettito erariale che rimane allo Stato, determinando ulteriori problemi di sperequazione nella spesa e nella erogazione dei servizi, nel senso di vincoli oggettivi che vengono imposti rispetto, invece, a gradi di libertà che vengono da altre regioni.
  Non entro nel merito. Nella relazione queste cose vengono articolate in modo più preciso, più ordinato. Non so se Luca Bianchi vuole aggiungere qualcosa. Questa è la nostra valutazione. Il malato c'è ed è abbastanza grave, se lo vogliamo vedere come un aspetto rilevante della situazione.
  Ultima annotazione, anzi un suggerimento. Rispetto al tema «costituzionalizzazione della spesa storica» attraverso le intese, sia pure per una funzione – cosa che costituisce un precedente pericolosissimo –, se ne esce, a mio avviso, con un atteggiamento razionale, chiamiamolo così, dicendo: le intese sono irreversibili, l'intesa ha una sua natura, la legge rafforzata ha delle caratteristiche, ed è anche giusto che le abbia. Se io faccio un accordo, non è che il giorno dopo lo cambio: al di là di tutte le Commissioni paritetiche, è una cosa, a mio avviso, abbastanza ridicola. Ovviamente, c'è il problema del controllo. Rispetto a questo tema, che è molto delicato, il problema di evitare la costituzionalizzazione della spesa storica deve essere risolto nell'intesa, non nella legge di accompagnamento che dice come si procede, poi quella è, e ogni due anni facciamo i conti. Pensate al nord rispetto al centro, al governo centrale. Qual è il peso relativo contrattuale, a un certo punto, quando avviene quello che avviene con l'articolo 117, comma 8, della Costituzione? Cambia lo scenario, oggettivamente. Al di là delle forme.Pag. 8
  Nell'intesa occorre specificare che quella non è spesa storica e che non sarà, quindi, in base all'intesa, irreversibile. È l'intesa che lo deve dire. Il criterio con cui ci arrivano le risorse deve essere coerente con la legge n. 42 del 2009, il cui compito è superare la spesa storica. Quindi, non possiamo introdurlo dall'esterno, ma all'interno dell'intesa, di tutte le intese, deve essere inserito il rispetto dell'attuazione del federalismo simmetrico, che prevede il superamento della spesa storica.
  Dopodiché, possiamo calcolare tutte le percentuali, contrattare e così via, ma sapendo che quel principio è interno a quell'accordo, che è un accordo tra Stati, sostanzialmente, in cui, anzi, lo Stato che concede si indebolisce rispetto allo Stato che riceve.
  Per tranquillità, coerenza e unione nazionale, questo principio, che è nella legge delegata di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, deve entrare nell'intesa, deve essere oggetto dell'intesa.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Tenete conto che alle ore 9 è previsto l'avvio dei lavori delle Commissioni permanenti, quindi dobbiamo concludere assolutamente prima di quell'orario.

  VINCENZA ALOISIO. Signor presidente, la ringrazio. Intervengo per ringraziare il professor Giannola e per puntualizzare tre aspetti. Quanto al primo, i LEP sono realmente inapplicabili, perché non c'è la copertura nel bilancio, e restano sospesi già da tanto tempo, dal 2001. Per quanto riguarda la costituzionalizzazione della spesa storica, vorrei mettere in evidenza che esiste già questo aspetto nel federalismo che hanno attuato. Nella sanità e anche per quanto riguarda i servizi sociali, soprattutto gli asili nido, dal 2001 in poi le regioni del sud hanno rispetto alle regioni del nord, ad esempio la Liguria – questo è un mio pallino; io ho lavorato in sanità – una differenza di circa il 30 per cento dell'assegnazione pro capite per i cittadini: invece di 180 euro pro capite assegnati alla Liguria, alle regioni del sud ne vengono assegnati 121-126. Questo calcolo sulla differenza della spesa storica è stato fatto dal Ministro Boccia, che, se non sbaglio, è arrivato a 850 miliardi di euro. Sono stati assegnati meno soldi al sud. Penso agli asili, alla spesa storica che veniva assegnata agli asili. Se un comune non aveva un servizio, non veniva assegnata. Questo è assurdo.
  Noi dovremmo anche riuscire a risolvere questo gap. È chiaro, poi, quello che ha detto il professor Giannola, in merito ai due limiti che esisteranno. Si è parlato di perequazione, e di asimmetria. Certo, è una asimmetria l'assegnazione dei fondi in base alla spesa storica. Già esiste dal 2001.
  Per quanto riguarda, poi, la criticità dei vari cittadini, che avranno difficoltà a confrontarsi, ogni regione avrà le sue norme, le sue leggi, quindi sarà difficilissimo confrontarsi. Ci saranno, allora, tanti staterelli? La mia domanda è: come si può superare questo aspetto? Professor Giannola, lei già ha fatto un accenno, ossia che dovrebbe essere considerata all'interno delle funzioni questa differenza.
  Grazie.

  MARIA CECILIA GUERRA. Signor presidente, la ringrazio.
  Ringrazio anch'io per questa ricchissima relazione, che leggeremo con cura. Volevo ricordare che, effettivamente, il Partito Democratico ha sottolineato il rischio della macroregione, a cui si faceva riferimento. Non è passato inosservato, perché è macroscopico.
  Volevo anche fare una domanda, una sottolineatura sul tema della costituzionalizzazione della spesa storica. Mi sembra che, nell'ambito del federalismo asimmetrico, questo tema assuma un rilievo ancora più drammatico. Se già il federalismo simmetrico si poneva il tema di superare la spesa storica perché sperequata, perché inefficiente, ora noi la cristallizziamo per alcune regioni. È come se noi salvaguardassimo le regioni che arrivano per prime a chiedere i soldi, così come li stanno ricevendo dallo Stato sulla base della spesa storica, e gli altri si arrangiano. Una volta che quella parte lì è assegnata, non si torna Pag. 9indietro. Quindi, si crea un vincolo a tutta la possibile redistribuzione, che sarebbe, invece, attualmente capibile all'interno del bilancio dello Stato. Si irrigidisce, cioè, il bilancio dello Stato tra funzioni LEP e funzioni non LEP, mettendo in salvaguardia l'esistente per le funzioni non LEP, lasciando, quindi, quello che resta per le funzioni LEP, ma in più lo si irrigidisce in modo asimmetrico, cioè mettendo in salvaguardia alcune regioni che poi con le altre beneficeranno eventualmente della migliore realizzazione dei LEP su tutto il territorio nazionale.
  È una cosa gravissima, esplosiva. In questo dibattito, ricordo, il Parlamento è veramente umiliato, l'opposizione in modo particolare, perché la fretta di un partito di portare a casa una bandierina ha compresso in modo drammatico il dibattito alla Camera e in Commissione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, lascio la parola ai nostri ospiti per le risposte. Chiedo di essere il più possibile brevi. Grazie.

  ADRIANO GIANNOLA, presidente di SVIMEZ. Rispondo molto rapidamente. Concordo con le osservazioni fatte. Gli squilibri attuali, che sono evidenti a tutti, i criteri che, bene o male, supervedono alla distribuzione delle risorse, che non sono adeguate, evidentemente, alle esigenze complessive, erano alla base del discorso secondo cui il federalismo non sta bene, quindi dobbiamo attuare correttamente la legge n. 42 del 2009, almeno i princìpi, e rivedere, allora, il tema dei livelli essenziali di assistenza (LEA), che apparentemente sono oggettivi. Ma nella sostanza, quando diciamo che l'ammontare è questo e tu sei inadempiente, creiamo le famose differenze.
  Questi aspetti credo siano un'evidenza che rimane. Come diceva anche l'onorevole Guerra, è evidente che questa evidenza che rimane, in un discorso in cui si va per intese, quindi per trattati bilaterali irreversibili, è molto pericolosa.
  Chi alza il ponte (quindi, chi è fuori è fuori e chi è dentro è dentro) rappresenta un segno di grande crisi più che di grande forza o grande progresso. Se crescessimo al 3 per cento, si potrebbe fare un discorso del tipo «premiamo i più forti, i più veloci». Qui i più forti e i più veloci, nel sistema delle regioni italiane, non è che siano così evidenti, soprattutto nella prospettiva che il PNRR dell'Unione europea ci ha indicato: riducete i divari e aumentate la coesione sociale. Una cosa del genere non aumenta la coesione sociale e non riduce i divari, anzi li accentua, come ci diceva l'allora Ministro Boccia, che bene o male aveva comunque l'atteggiamento intermedio di gestire una situazione che, chiaramente, può andare fuori controllo.
  Detto questo, auspico una presa di consapevolezza del Parlamento su questo aspetto: il delegato che va a trattare sull'intesa deve capire che è nell'intesa che i princìpi fondamentali del federalismo simmetrico vanno salvaguardati. Se non vengano salvaguardati lì, forse non cade il mondo, ma cadrà il mondo se quell'intesa viene fatta in un certo modo. Poi l'economia tende ad aumentare i divari automaticamente. Non è per cattiveria. È per natura che questo succede.
  Il problema, secondo me, è ancora aggredibile se viene ribadito e confermato il principio che nell'intesa ci sia la coerenza costante con i princìpi della legge n. 42 del 2009, che sono stati stabiliti tempo fa e che più o meno avevano questo obiettivo. Quindi, chi è delegato a trattare, questa cosa la deve mettere come stella polare dell'intesa stessa.
  Credo che su questo l'interesse nazionale sia abbastanza chiaro.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Se nessun altro desidera intervenire, ringraziamo i nostri ospiti.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.